Life Is Hard di Weird Rock (/viewuser.php?uid=179984)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 ***
Capitolo 7: *** Chapter 7 ***
Capitolo 8: *** Chapter 8 ***
Capitolo 9: *** Chapter 9 ***
Capitolo 10: *** Chapter 10 ***
Capitolo 1 *** Chapter 1 ***
1
LIFE IS
HARD
Chapter 1
“Se potessi alzare una
mano e toccare il cielo,
prenderei una stella e
te la porterei,
Perché? Perché tu sei
la persona più speciale che ci sia,
la persona migliore
che mi sia capitata,
la persona migliore di
questo mondo,
che è verde, come i
tuoi occhi;
blu, come le tue
labbra quel giorno al laghetto ghiacciato;
bruno, come i tuoi
ricci.
Pensavo di non essere
capace di amare,
pensavo di non poter
essere amata,
ma tu hai cambiato
tutta la mia vita,
mi hai salvata dalla
mia condanna.
Sai, quando ti ho
visto avevo paura di conoscerti,
quando ti ho
conosciuto avevo paura di baciarti,
quando ti ho baciato
avevo paura di amarti,
e ora che ti amo ho
solo paura di perderti.”
Rilessi la mia “lettera” e la ripiegai. L’avrei infilata il
giorno dopo nella borsa da ginnastica di Harry, cercando di non farmi sgamare.
Ripassai mentalmente il piano: fai finta di stare male, entra negli spogliatoi
maschili, metti la lettera nella borsa e vai in infermeria. Tutto era perfetto
ce l’avrei fatta di sicuro.
Era il gran giorno, misi la lettera nella cartella e, mentre
aspettavo Harry, andai in bagno. Mi misi la felpa degli Iron Maiden, la mia
preferita, una maglia bianca di Abercrombie e dei jeans scoloriti. Mi guadai
allo specchio, odiavo i miei capelli rossi: non stavano mai in ordine se li
asciugavo con il phon, ma come dire che a febbraio vado a lasciare asciugare i
capelli in modo naturale! Li legai in una coda di cavallo, lasciando uscire
qualche ciuffo ribelle e passai al make-up. Odiavo truccarmi troppo, ma non
sopportavo l'idea di uscire completamente struccata, quindi misi solo un filo
di matita e il mascara: semplice, però bastava a non farmi sembrare una specie
di zombie dormiente in piedi. Erano le 7.57 perché Harry non era ancora
arrivato? Passava sempre a dieci alle otto, che strano. Lo chiamai su
cellulare, ma rispose sua madre
-Non cercare mai più mio figlio e stagli lontana,
drogata!!!- e riattaccò. Iniziai a piangere, è vero avevo fatto uso di sostanze
stupefacenti, ma erano mesi che non ne toccavo e qual era il motivo? Harry. Lui
mi aiutava, mi distraeva, mi teneva lontana dalla droga, non poteva portarmi via
la mia unica possibilità di salvarmi.
Mi ricomposi in fretta e uscii ma non presi la strada per la
scuola, andai da Jake, il mio migliore “amico”: era un afroamericano
palestrato, pieno di tatuaggi e con i capelli stile Bob Marley. E non era
l’unica somiglianza con il cantante giamaicano: amava il reggae e la marjuana.
Arrivai in periferia a piedi e m’incamminai per quei vicoli
pieni di sporcizie e di mendicanti fino a giungere alla baracca che Jake osava
chiamare casa. Bussai e lui mi aprì
-Kylie entra, piccola, che succede? Credevo che avessi
cambiato amico da tanto che non venivi, non dirmi che sei stata in astinenza
per così tanto tempo?- parlava troppo cavoli non si stava mai zitto…
-Jake stai zitto e dammi della coca e un po’ di marjuana-
dissi forse un po’ arrogante, ma ormai c’era abituato: quando andavo da lui e
avevo un disperato bisogno di farmi ero sempre piuttosto suscettibile.
-Quanto hai?-
-Centodieci ma dieci mi servono per dopo- avrebbe capito di
sicuro.
-Ok tieni fanne buon uso, vedrai che risolverà tutto- mi
porse la bustina e le tre canne, presi il tutto e lo misi nelle tasche del
giubbotto. Gli diedi i cento dollari, tutti i risparmi che mi ero guadagnata
nell’ultimo mese a portare a spasso i cani del vicinato. Salutai Jake e uscii
in strada diretta a casa. Quel giorno a scuola non ci sarei andata, tanto mia
madre lavorava fino alle cinque e non avrebbe potuto obbligarmi ad andarci.
Quando arrivai a casa, accesi il fuoco nel caminetto e
bruciai la lettera, la osservai consumarsi lentamente e ridursi a un mucchietto
di cenere. Finita l’opera, salii in camera, chiusi a chiave ed estrassi la
bustina. Mi sedetti alla scrivania e ne versai parte del contenuto sulla piana
in legno di ciliegio, presi i miei 10 dollari e li arrotolai, infilai
un’estremità nella narice destra, tappai quella sinistra e inspirai profondamente
avvicinandomi alla striscia bianca. La
polverina bruciava nella mia narice ma ora mi sentivo meglio: più forte e
invulnerabile… Però non mi bastava, ne versai altra e continuai a sniffare fino
a finire tutto il contenuto della bustina. Cercai un accendino ma in camera non
c’era così andai verso la cucina per cercarlo, ma nel scendere le scale
inciampai e ruzzolai giù battendo forte la testa. Per un attimo vidi il
soffitto girare poi più nulla, solo nero.
Fine primo capitolo
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Capitolo 2 *** Chapter 2 ***
1
LIFE IS
HARD
Chapter 2
Quando mi svegliai ero in un letto che non era il mio… le
pareti erano tutte bianche: ospedale. Mi misi a sedere di scatto e la flebo
attaccata al mio braccio iniziò ad oscillare pericolosamente, non mi ero
nemmeno accorta di essere attaccata a una flebo. Ma perché ero lì? Non
ricordavo nulla, mi sforzai… Jake, si Jake e se mi ricordavo Jake dovevo
essermi fatta. Fantastico! Non avevo mantenuto il mio giuramento, se Harry
l’avesse scoperto mi avrebbe perdonata di sicuro, peccato che non lo potevo più
vedere, ironia della sorte! La porta si aprì ed entrò mia madre.
-Oddio, Kylie, mi hai fatta stare in pensiero! Prima o poi
mi farai morire di crepacuore se vai avanti così- mi disse stritolandomi in un
abbraccio
-Se non mi molli morirò prima io per soffocamento-
-Oh scusa- mi dispiaceva aver risposto così a mia madre ma
ormai il latte era stato versato, il coniglio era stato impiccato, il toro era
stato macellato, il canarino era gelato, il criceto era stato seppellito e il
coyote non aveva ancora mangiato beep beep.
-Ma cosa mi è successo?- le chiesi
-Sei caduta dalle scale e hai perso conoscenza, il dottore
dice che poco prima avevi fatto uso di stupefacenti, dimmi che si sbaglia ti
prego-
-Non si sbaglia- risposi e mi girai dall’altro lato, lei
sbuffò e poi mi disse
-Non ci posso credere, avevi smesso…- non le risposi tanto
la predica me la sarei beccata comunque. Cambiai discorso.
-Che ora è?- chiesi sbuffando
-Le due e un quarto, ma non cercare di cambiare discorso
signorina-
-E chi cambia discorso? Continua pure con la predica se ti
fa piacere farmi sentire ancora peggio di come sto-
-Ascolta, non so che ti è successo oggi, quindi spiegami vedrai
che capirò- non avrebbe capito, quindi era inutile sprecare fiato; mi rinchiusi
in un silenzio ostinato…
-Va beh ora devo andare, riposati cara- mi disse ed uscì
Volevo dormire, ma non ci riuscivo, odiavo gli ospedali:
puzzano di detersivo ed è tutto bianco, i muri, le lenzuola, i pavinìmenti,
tutto. Trascorse quella che mi sembrò un’eternità e poi la porta si aprì; era
il dottore. Si sedette su una sedia vicino al lettino dov’ero distesa e
cominciò a parlare con il solito tono professionale dei dottori.
-Signorina Paulsen le abbiamo fatto delle analisi del sangue
ed è risultato che nelle ultime ore ha assunto delle sostanze stupefacenti..-
non feci cenni né dissi nulla, aspettai che continuasse – la cosa è sempre
grave e da evitare, ma nelle sue condizioni lo è ancora di più e le consiglio
vivam..- non capivo
-Quale condizione, scusa? L’adolescenza?- chiesi senza
neppure degnarmi di dargli del lei e con una voce che doveva essere alquanto
odiosa.
-Ma come, non sa di essere incinta?- mi rispose lui.
-È?- fu l’unica cosa che riuscii a dire, pensavo mi stesse
prendendo in giro.
-Lei è incinta, signorina Paulsen, ha una piccola vita nel
suo utero- cercò di spiegarsi meglio, come se fossi così stupida. Mi portai una
mano sulla fronte e mormorai qualcosa come:
-Mi porti un telefono: devo fare una chiamata-
-Certo, signorina-
-E non dica nulla a mia madre- calcai il tono su quel
“nulla”, lui mi guardò e disse
-Ma non pensa che sarebbe giusto fargli sapere?-
-Glielo dirò io al momento opportuno- risposi facendo un
sorriso di convenienza. Lui uscì e poco dopo arrivò un’infermiera con un
cordless in mano. Le chiesi di uscire e poi composi il numero con le dita che
tremavano.
-Pronto?- il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire quella
voce e involontariamente sorrisi.
-Harry? Sono Kylie, puoi..-
-Kylie perché non c’eri oggi a scuola? Scusa se non sono
venuto a prenderti ma.. è una storia pazzesca, non ci crederesti- lo odiavo
quando mi interrompeva
-Harry sto bene, puoi venire in ospedale? Non allarmarti ti
prego, sto benissimo- cercai di dire, più convincente possibile
-Arrivo subito- mi disse, con una punta di preoccupazione
nella voce, così riattaccai evitando di dover dargli spiegazioni.
Intanto che lo aspettavo mi alzai e andai verso la finestra,
tanto per fare qualcosa. Scostai la tenda e non vidi niente di particolare: il
solito giardino di un ospedale, con qualche fiore e albero qua e là, un po’ di
panchine e uomini e donne che spingevano anziani sulle sedie a rotelle. La
porta alle mia spalle si aprì, non mi girai, avrei riconosciuto quei passi
ovunque: Harry.
-Ciao- mi disse – come stai?-
-Adesso meglio-
-Vuoi spiegarmi che è successo e perché mi hai fatto venire
con così tanta fretta?-, si avvicinò a me che nel frattempo mi ero voltata
verso di lui e mi carezzò la guancia, -Mi hai fatto preoccupare-
-Vuoi sapere prima la notizia cattiva o quell’altra?- non
sapevo se essere incinta era una buona notizia
-Quella cattiva- mi rispose, senza esitazioni. “Lo sapevo”
pensai
-Tua madre mi ha impedito di vederti, così mi sono drogata,
sono caduta dalle scale ed ora eccomi qui-
-Come sai che mia madre non vuole più che ci vediamo?
Pensavo l’avesse detto solo a me…- strano che non mi avesse puntualizzato la
rottura del mio giuramento.
-Ti ho chiamato perché ero preoccupata per il tuo ritardo,
ma mi ha risposto lei e mi ha detto di starti lontana-
-Uhm, la buona notizia?- disse, quasi assente.
-Non ho detto che è buona, devi deciderlo tu…- feci un
profondo respiro e continuai – Sono incinta…-
Fine Secondo Capitolo
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Capitolo 3 *** Chapter 3 ***
3
LIFE IS HARD
Chapter 3
Dopo aver detto che ero incinta, Harry si prese la testa fra
le mani e si sedette sul lettino, “Brutto segno” pensai. Non avevo il coraggio
di dire niente, doveva assimilare la notizia e poi dirmi che ne pensava, non
doveva essere semplice per lui…
Dopo un interminabile silenzio mi chiese:
-Ne sei sicura?-
-Sì, cioè no, me l’ha detto poco fa un medico, per questo ti
ho chiamato- risposi.
-Cavoli! I medici non sbagliano mai, quindi tu sei davvero
incinta!- esclamò lui, alzandosi di colpo e abbracciandomi
-Pensavi ti stessi mentendo?- dissi un tantino acida. Ecco
questa era la mia specialità: rovinare i bei momenti con delle affermazioni
stupide, applausi per me, grazie.
-Beh… ecco… è colpa di mia madre… mi ha iniettato il veleno
del dubbio…- tipico di Harry: usare strane espressioni a metà fra poesia e
filosofia che non capisco mai. Infatti subito si spiegò meglio, probabilmente
la mia faccia diceva “Harry, che lingua hai parlato?”
-Mi ha detto che ti saresti inventata qualunque cosa pur di
tenermi vicino, io non le credevo, ma quando hai detto che eri incinta, ho
cominciato ad avere questo dubbio, mi dispiace-
-Uhm quindi pensi che io sia una bugiarda…- non mi ero
accorta di pensare a voce alta, che stupida!
-Aspetta, io non ti reputo bugiarda, perché salti sempre a
conclusioni affrettate?-
-Io non sto facendo conclusioni affrettate, sei tu che non
capisci i miei ragionamenti a voce alta!-
-Ma quali ragionamenti?! Sei una cosa impossibile Kylie!-
-Sei tu la cosa impossibile: stai sbraitando in un locale
pubblico…- gli dissi calmandomi
-Vedi che faccio per te? Mi metto anche a urlare in
ospedale. Mi fai perdere la bussola Ky- scoppiai a ridere
-E pensa che io per te ho provato a scrivere una poesia!!!-
-Uuuh una poesia, la posso leggere?- mi chiese
-Beh, se sei capace di decifrarla dalle ceneri nel caminetto
di casa mia, sì-
-Non penso di essere così bravo- mi rispose e poi ridemmo
insieme.
Appena esaurimmo la risata, Harry appoggiò la sua fronte
sulla mia e mi baciò la punta del naso, dicendomi:
-Proteggi il nostro piccolo- stavo per rispondergli, ma in
quel momento l’infermiera del cordless entrò e disse che l’orario delle visite
era finito e che Harry doveva andarsene. Poi aggiunse che la mattina dopo mi
avrebbero dimessa.
Circa un’ora dopo un’altra infermiera mi disse di andare
alla mensa per la cena, quanto vorrei non esserci mai andata! Ci avevano dato,
minestra di ceci e una poltiglia che loro osavano chiamare polpetta; la cena
peggiore della mia vita. Quando tornai in camera mi sdraiai sul letto e mi
addormentai subito, ma che ci avevano messo in quella minestra?
Il mattino dopo alle sei ero già sveglia, forse per
l’abitudine o forse per la scomodità di quel lettino, comunque quel che conta è
che ero sveglia e che stavo bene. Volevo andarmene, ma insistettero per farmi
aspettare fin le dieci, “per il mio bene” come dicevano loro.
Finalmente alle dieci, dopo mezzora che mia madre era
arrivata, si decisero a lasciarmi andare. Ovviamente mia madre mi portò a casa
e, dopo qualche stupida raccomandazione, se ne andò per andare al lavoro. A
volte odiavo il suo lavoro, il fatto che dovesse lavorare dalla mattina a
pomeriggio inoltrato e sapevo che anche a lei non piaceva lasciarmi sempre
sola, ma quel posto era l’unico che era riuscita a trovare… lei non mi aveva
mai detto perché nessuno le volesse dare un lavoro, ma io ci ero arrivata da
sola: era TUTTA COLPA MIA.
Già colpa mia perché nessuno voleva la madre di una tossicodipendente, come non
volevano me e… come non vorranno mio figlio. Quella consapevolezza mi provocò
una fitta di dolore al cuore, come se migliaia di piccoli rasoi stessero
staccando lembi della mia pelle fino a raggiungere il mio cuore. Ora capivo la
madre di Harry, capivo il motivo che l’aveva spina ad impedirmi di vedere suo
figlio: la paura che stando con me si sarebbe distrutto la vita poco a poco. Mi
lasciai cadere sul divano e desiderai con tutta me stessa di piangere e urlare
tutto il mio dolore, ma non ce la facevo; riuscivo solo a singhiozzare e
tremare…
In quel momento mi ritornarono in mente le parole usate da
Harry in ospedale “Proteggi il nostro piccolo” e capii che c’era un solo modo
per farlo, così ordinai mentalmente a me stessa “Non bere, non fumare, non
drogarti e non fare altre cazzate che potrebbero incidere negativamente sulla
salute di tuo figlio” questo sarebbe stato il mio motto per i successivi nove
mesi. Dovevo portare a termine la gravidanza nel migliore dei modi e poi avrei
deciso cosa fare.
Qualcuno che suonava il campanello mi destò dai miei
pensieri, andai con calma verso la porta e quando aprii quasi mi cedettero le
gambe nel vedere la persona che stava dietro il piccolo cancello dipinto di
bianco della nostra casetta. Presi una boccata di aria fresca e m’incamminai a
passo incerto verso il cancelletto, scoppiando a piangere per la felicità.
Finalmente era tornato…
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Capitolo 4 *** Chapter 4 ***
4
LIFE IS HARD
Chapter 4
Gli aprii il cancello con le mani che tremavano e poi gli
saltai al collo abbracciandolo e piangendo lacrime di felicità.
-Ehy, Kylie-la-roccia sta piangendo! È un miracolo!- mi
disse quando mi staccai da lui.
-Sta’ zitto Liam!-
-Noto con piacere che il carattere della mia sorellina è più
acido del solito- disse sorridendo, gli diedi un pugno (leggero) sulla spalla.
-Ahi che male! Ahahah-
-Non prendermi in giro, sai benissimo che non volevo farti
male-
-Lo so benissimo- stavolta fu lui ad abbracciarmi.
Sapevo che potevo fidarmi di lui e che avrei potuto
raccontargli qualunque cosa, lui avrebbe capito. Così entrammo in casa, gli
preparai un espresso coi fiocchi e poi, su sua richiesta, gli raccontai ciò che
mi era successo negli ultimi anni. Gli dissi del mio problema con la droga,
delle notti passate in discoteca, di Harry, di come mi avesse salvato da gran
parte dei miei problemi, di come mi ero accorta di amarlo e tutto il resto,
compresa la mia gravidanza. Mi ascoltò in silenzio, senza interrompermi nemmeno
una volta e, quando ebbi finito, mi chiese se l’avevo detto a nostra madre.
-No, non ho ancora trovato il momento giusto, sai com’è… tra
me e mamma… non c’è una grande sintonia- gli risposi
-Ho capito, ma penso che dovrai dirglielo prima che se ne
accorga da sola-
-Lo penso anch’io, però devo essere io a dirglielo, non tu
ok?-
-Va bene, non le dirò nulla-
-Grazie, grazie, grazie- gli dissi alzandomi dalla sedia su
cui ero seduta e andandolo ad abbracciare dall’altro lato del tavolo.
-Ora che ti ho raccontato gli ultimi due anni della mia
vita, dimmi cos’hai fatto tu tutto questo tempo lontano da noi…- continuai
-Tanti errori: ho provato a iscrivermi a una scuola di
giornalismo, ma non mi hanno preso. Da quel momento ho iniziato a fare dei
lavoretti, ma cambiavo circa ogni settimana, perché non mi piacevano. Poi mi
sono innamorato della mia vicina di appartamento, Amber, che ha occupato gran
parte del mio tempo durante il secondo anno. Un giorno ve la farò conoscere, è
grazie a lei che sono tornato: mi ha fatto capire che mi mancavate molto e che
per me era difficile stare lontano da voi- mi rispose.
-Sarò felice di conoscerla e ne sarà felice anche mamma, a
proposito tra poco arriva, falle una sorpresa: vai ad aprirle quando ti dico
che sta arrivando ok?-
-Ok, mi sembra un’idea stupenda-
-Ah Liam, quando viene la tua ragazza?- gli chiesi
-Quando troverò un appartamento a buon prezzo per noi due-
mi rattristai nel sentire questa risposta: era tornato da così poco e già
voleva andarsene? Non era la stessa cosa, ma avrei voluto che mi dicesse ogni
mattina “Buongiorno principessa”, che tutti i venerdì mangiassimo la pizza
insieme e che la domenica sera guardassimo insieme film d’azione e di guerra come
avevamo sempre fatto prima della sua partenza. Bei tempi quelli.
A volte capisco Peter Pan che non voleva crescere, se fossi
rimasta per l’eternità a dondolarmi su un’altalena forse ora starei meglio. Certo:
sono un mucchio di scemenze, so che è impossibile rimanere piccoli per sempre,
ma sarebbe così bello. Da piccola volevo essere subito grande, ora mi
piacerebbe molto tornare indietro, perché quando andavo in giro con la bocca
sporca di cioccolata non avevo tutte queste preoccupazioni.
Andai automaticamente alla finestra per vedere quando
sarebbe arrivata mamma, mentre il mio cervello formulava quei contorti
pensieri. Quando la vidi all’angolo della strada chiamai Liam:
-Liam sta arrivando va’ ad aprirle!- sbraitai, sicura che
lei non avrebbe sentito. Liam chiuse con forza la porta di camera sua, scese le
scale a cento all’ora e arrivò davanti alla porta col fiatone. Mi misi a
ridere, lui mi guardò storto, poi aprì la porta e uscì in giardino nel momento
esatto che nostra madre aprì il cancello scricchiolante.
-Liam!- urlò lei felicissima, lasciando cadere le borse
della spesa e correndogli incontro per abbracciarlo, con le lacrime agli occhi
e un sorriso che non vedevo da un sacco di tempo. Era bello rivederla sorridere
e inavvertitamente sorrisi anch’io: finalmente eravamo uniti, mancava solo
papà. Al pensiero di mio padre il sorriso svanì dalle mie labbra: lo odiavo.
Era uscito una sera di nove anni fa per comprare delle sigarette e non fece più
ritorno. Avevo solo nove anni e Liam ne aveva undici. Qualche mese dopo
ritrovarono la sua auto in fondo a un lago lì vicino, ma all’interno non c’era
il suo corpo. Da quel giorno non si seppe più nulla di lui, ma io ero convinta
che fosse ancora vivo da qualche parte, bastava sapere dove cercare.
I miei pensieri furono interrotti da Liam e mamma che
entrarono in casa e chiedevano se mi andasse un buon tè.
-Perché no?- risposi entusiasta.
Mamma preparò il tè; quando fu pronto ci sedemmo tutti
insieme al tavolo della cucina e Liam fu costretto da mamma a raccontare tutto
ciò che gli era successo negli ultimi due anni.
Il resto del pomeriggio passò in allegria, anche se io
continuavo a pensare a come avrei potuto dire a mia madre che ero incinta di
Harry.
Fine Quarto Capitolo
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Capitolo 5 *** Chapter 5 ***
5
LIFE IS
HARD
Chapter 5
Erano passate due settimane dal ritorno di Liam, che, mentre
io ero a scuola, cercava un appartamento economico dove stabilirsi con la sua
fidanzata.
-Principessa, la colazione è pronta!- lo sentii dirmi da
dietro la porta della mia camera.
-Arrivo tra un attimo- risposi alzandomi a malavoglia dal
mio letto con le coperte avorio piene di bellissimi gigli bianchi, i miei
fiori preferiti, e dirigendomi in bagno.
Dopo aver domato i miei capelli e averli raccolti in una
coda, scesi le scale ed entrai in cucina dove trovai Liam che mangiucchiava un
croissant sbriciolando ovunque, mentre cercava sul giornale locale degli
annunci di appartamenti in affitto. La sua ricerca, finora, non aveva dato
frutti. Diciamo che il significato che attribuiva mio fratello alla parola
“economico” era molto più vicino a “gratis”. Io invece ero preoccupata che,
quando avesse trovato qualcosa di suo gradimento, non glielo avessero affittato
per il semplice fatto che era mio fratello. Non volevo vedere soffrire un’altra
persona a causa mia. Anzi altre due persone, perché nel conto includevo anche
la sua ragazza.
Mangiai il pancake che Liam mi aveva preparato controvoglia,
ma la mia ginecologa mi aveva raccomandato di mangiare e di non saltare nessun
pasto.
-Oggi ti accompagno a scuola- mi disse da dietro il giornale.
Harry non veniva più a prendermi da quando sua madre gli aveva impedito di
vedermi.
-Grazie, Liam- fu l’unica cosa che riuscii a dirgli, non ero
molto brava con le parole.
-Forza sbrigati a finire e raggiungimi, prendo io il tuo
casco-
Bevvi la spremuta d’arancia, poi presi la mia giacca di pelle
e uscii nell’aria ancora freddina di marzo. Liam mi aspettava vicino alla sua
moto nera, un colore non molto originale, con già indosso il suo casco. Lo
raggiunsi e partimmo.
Quando entrai a scuola, sentii gli sguardi di tutte le
ragazze addosso. Tutti i giorni la stessa storia: sguardi di odio, perché sto
con Harry; sguardi di scherno, per tutti i problemi che ho; sguardi d’invidia,
per come mi vesto, mi trucco, mi pettino… Sguardi, sguardi, sguardi e ancora
sguardi. Era una cosa insopportabile, ma che potevo farci? Nulla, così mi ero
adeguata. Raggiunsi il mio armadietto a testa alta, passo deciso, ma non
frettoloso, guardando sempre fisso davanti a me, come se potessi aprirmi un
varco tra tutti gli altri studenti solo con lo sguardo. Stavo mettendo via i
libri che non mi servivano la prima ora, quando sentii una voce alla mia
destra:
-Ciao Kylie, come va?- la ragazza che mi aveva parlato era
Winnie, una tizia bionda un po’ paffutella, con il viso spruzzato di lentiggini
e due grandi occhi azzurro cielo. Tutto questo la faceva sembrare una ragazza
dolcissima e infatti lo era: salutava e sorrideva a tutti, non parlava mai male
di nessuno e riusciva sempre a tirarti su di morale con qualche parolina dolce
sul tuo conto. La conoscevo dai tempi delle elementari e forse è sempre stata
la mia unica amica. Mi ricordo che mi ero chiesta molte volte se si chiamava
realmente Winnie o se si faceva chiamare così per rispecchiare la sua dolcezza.
-Malissimo, c’è scuola! Tu?- le risposi scherzando. Lei era
l’unica che capiva al volo quando scherzavo e quando ero seria, infatti mi
rispose:
-Anch’io sto bene. Comunque poco fa ho incontrato Harry che
ti cercava, deve dirti qualcosa di importante- mi voltai di scatto a guardarla.
-Ti ha detto di cosa si tratta?- le chiesi, impaziente.
-No, appena gli ho detto che non ti avevo vista se n’è
andato via di corsa-
-Va beh mi toccherà aspettare, grazie comunque Winnie- lei
sorrise, felice che ogni tanto qualcuno la ringraziasse.
-Di nulla, ora devo andare a lezione. Ci vediamo- e detto
questo sparì tra la massa di studenti nei corridoi.
Quella mattina le ore di lezione passarono molto lentamente,
ero nervosa e impaziente, forse avevo anche un po’ di paura per quello che
Harry doveva dirmi. Ero così nervosa che distrussi la mia povera bic nera a
forza di rosicchiarla. Nei cambi dell’ora avevo cercato Harry nei corridoi, ma
non l’avevo trovato e tutto questo contribuiva ad aumentare la mia ansia.
Alle due suonò la campana che segnalava la fine delle
lezioni. Mi sentii sollevata perché molto probabilmente Harry mi avrebbe
aspettata all’uscita. Come avevo previsto era lì.
Quando arrivai vicino a lui mi disse, sorridendo:
-Stasera vestiti bene che ti porto a cena in un bel posto-
-Non mi anticipi nulla?- dissi facendo una faccia un po’ imbronciata.
Harry mi sfiorò le labbra con le sue, poi si avvicinò al mio orecchio e mi
disse “No” in un sussurro.
-Te lo dirò alle 7 di stasera, quando passerò a prenderti-
continuò facendomi l’occhiolino. Cercai di convincerlo in ogni modo a dirmi
qualcosina su stasera, ma fu tutto inutile. Alla fine lasciai perdere e
tornammo entrambi a casa.
Saltai il pranzo, ero troppo agitata e saltai anche la
merenda; cosa che allarmò Liam, che continuava a dirmi che dovevo mangiare per
due dato che ero incinta e invece io mangiavo meno di prima.
Verso le sei mi feci una doccia e poi entrai (letteralmente)
nell’armadio per cercare qualcosa che non fossero magliette con nomi di band o canottiere
estive. Alla fine misi una maglia bianca della Hollister e un paio di jeans blu
un po’ strappati sul ginocchio e la coscia. Certo, non era un abbigliamento
elegantissimo, ma non mi avrebbe di sicuro portata in uno di quei ristoranti
dove si mangia francese e tutti indossano smoking e lunghi abiti da sera, no?
Questa ipotesi svanì nel momento in cui vidi Harry davanti
alla sua moto vestito con una camicia da taglialegna e dei normalissimi jeans.
Presi il giubbotto di pelle che avevo usato quella mattina e
mi avvicinai a lui.
-Allora, dove mi porti Ragazzo dei Misteri?- gli domandai
scherzosamente.
-A casa mia, ho convinto mia madre a incontrarti…- mi
rispose. In quel momento capii perché non voleva dirmelo prima: sapeva che
avrei inventato qualche scusa per non andarci e ora invece non potevo fare
niente di niente. Riuscii solo a pensare “Cazzo”.
..Fine
quinto capitolo..
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
DDDona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque voglia
aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
|
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Capitolo 6 *** Chapter 6 ***
6
LIFE IS
HARD
Chapter 6
-Stai scherzando?- dissi a Harry appena il mio cervello
riuscì a capire fino in fondo le sue parole. Insomma, perché voleva portarmi da
sua madre? Era matto? Lei mi odiava. Tornai indietro verso casa mia, ma Harry
mi prese per un braccio e mi fece voltare verso di lui.
-Fallo per me- disse a pochi centimetri dal mio viso e
dandomi un bacio a stampo subito dopo. Sapevo che questa cena non avrebbe
portato nulla di buono, ma salii sulla moto con Harry e andammo a casa sua.
Era la prima volta che incontravo sua madre di persona e per
questo ero parecchio nervosa. Sinceramente c’era anche il rischio di incontrare
anche suo padre e sua sorella. Ma non pensavo che fossero venuti da Stratford
per conoscere me, la persona meno degna di nota di tutto il mondo. I due
abitavano lì da quando i genitori avevano divorziato, Harry era stato affidato
alla madre e la sorella al padre.
-Ehy, stai tranquilla, mia madre non morde- mi disse
cingendomi le spalle con un braccio. Scoppiai a ridere, in certe situazioni ci
vuole sempre una risata sdrammatizzante, no? Harry mi sorrise dolcemente e ci
avviamo verso casa sua. La sua “casa” assomiglia più una villa: tre piani,
moltissime stanze vuote, giardino pieno di fiori e piscina all’aperto. “C’è chi
può permetterselo” mi dicevo sempre quando passavo di lì.
Fermai Harry quando stava per aprire la porta per dirgli la
frase più idiota che la mia mente sia stata capace di formulare:
-Come devo salutare tua madre? Con un “salve”, un
“buonasera” o un “ciao”?- si mise a ridere come uno psicopatico e alla fine mi
rispose:
-Penso che “ciao” vada bene, hai qualche altra domanda?-
-Quando si mangia? Ho fame-
-Quando ti decidi a entrare- mi rispose, aprendo la porta e
facendomi segno di andare per prima con una mano. Mi accompagnò in sala da
pranzo dove c’era sua madre seduta a capotavola. Sulla tavola c’erano un
gigantesco piatto di spaghetti, dell’insalata, un tacchino arrosto e della
frutta. “Volete farmi diventare una foca” pensai.
-Salve- dissi sorridendo timidamente alla madre di Harry.
Lei alzò il sopracciglio destro, mi squadrò da testa a piedi e poi mi disse con
un tono più morbido di quello della telefonata di qualche settimana prima:
-Siediti, avrai fame- io annuii e presi posto vicino ad
Harry, che nel frattempo si era seduto a sinistra della madre.
Harry e sua madre riempirono i loro piatti giganteschi di
spaghetti al pomodoro mentre io passai direttamente al tacchino arrosto. Mi
piacevano gli spaghetti, ma non ero abituata a fare una cena così sostanziosa,
così dovendo scegliere tra la pasta, che mangiavo tutti i giorni a casa mia, e
il tacchino, scelsi quest’ultimo dato che non lo mangiavo da molto tempo.
-Non ti piacciono gli spaghetti?- disse la madre di Harry
con un tono di rimprovero rivolta a me, anche se non mi degnava di uno sguardo,
-Harry mi aveva detto che in generale la pasta ti piaceva, oppure non gradisci
il sugo al pomodoro?- continuò con lo stesso tono di prima.
-Mi piacciono entrambi, purtroppo non sono abituata a fare
dei pasti così abbondanti, non vorrei sentirmi male- le risposi sorridendole,
ma lei era troppo concentrata a mescolare il sugo di pomodoro in mezzo alla
pasta. “Beh mi sa che per lei è più importante un piatto di spaghetti rispetto
alla ragazza di suo figlio” pensai, ma era molto probabile che se la serata
sarebbe continuata così quelle parole gliele avrei sbattute in faccia.
Come se mi avesse letto nella mente spostò il suo sguardo su
di me e disse, col tono più odioso che io abbia mai sentito:
-Harry dice che tu non ti droghi più da molto tempo, ma
delle voci dicono che qualche settimana fa ti hanno fatto una lavanda gastrica
per assunzione di stupefacenti-
-Mamma- sibilò Harry subito dopo.
Non riuscii a trattenermi e le risposi:
-Penso che il fatto che lei creda a tutti i pettegolezzi che
ci sono in giro sia un insulto alla sua intelligenza- dopo aver sentito questa
frase Harry si portò una mano alla fronte e capii di aver fatto una grande
scemenza, ma ero felice di aver risposto a tono e non ero minimamente pentita.
-Allora se tutta la faccenda è un pettegolezzo, spiegami
com’è andata- disse Anne. Harry mi guardò come per dire “Pensaci bene alla
risposta”, ma io essendo impulsiva risposi la prima cosa che mi venne in mente:
-Non mi hanno fatto la lavanda gastrica, ma si sono solo
dovuti accertare che non avessi qualche tipo di trauma, dato che ero caduta
dalle scale- Anne fece un sorriso di scherno e continuò dicendomi:
-Caduta dalle scale? A diciott’anni dovresti essere capace
di stare in piedi- aveva capito che c’era sotto qualcosa…
-Esatto, cercavo un accendino per accendermi una canna-
dissi come un’idiota, ma tanto valeva raccontarle la verità. E poi sapevo dove
volevo andare a parare. Harry si coprì la faccia con le mani.
-Beh, la droga c’entrava comunque- disse Anne con un sorriso
trionfante. Avevo ascoltato troppi commenti offensivi , così dissi, con la voce
più accusatrice che riuscii a trovare:
-Già, ma il punto è che mi sono drogata solo perché lei mi
aveva proibito di vedere la persona che amo di più al mondo, ma forse questo
non riesce a capirlo- probabilmente Anne mi avrebbe incenerita con lo sguardo
se avesse potuto.
-Dunque mi stai attribuendo ogni colpa- era più
un’affermazione che una domanda. Dopo una lunga pausa durante la quale riuscii
a calmare la mia rabbia dissi:
-Comunque se l’unico problema per lei è la mia
tossicodipendenza, può stare tranquilla: non toccherò più sostanze
stupefacenti, l’ho promesso a una persona molto importante-
-Immagino che non sia mio figlio, altrimenti lo avresti già
detto o mi sbaglio?- disse la mamma di Harry con un sorriso ipocrita da
prendere a sberle.
-Non si sbaglia- risposi. Harry non capiva più se guardare
me oppure sua madre.
-Quindi la persona in questione, per te, è molto più
importante di Harry?- annuii – e si può sapere chi diavolo è?- chiese lei,
portandosi un bicchiere di Pinot grigio alla bocca. Feci un respiro molto profondo,
cercai gli occhi di Harry che ora erano puntati su di me, aveva capito oppure
no? Appoggiai la mia mano sulla sua e ritornai a guardare sua madre. Forse
sbagliavo a dire quello che volevo dire, ma sentivo dentro di me che Anne
doveva saperlo.
-E’ nostro figlio…
..Fine Sesto Capitolo..
LEGGETE
QUA SOTTO, COMUNICAZIONE DI GRANDE IMPORTANZA
Innanzitutto ringrazio tutte le
persone che recensiscono questa storia, che l’hanno aggiunta alle seguite, alle
ricordate o alle preferite e ringrazio anche tutti i miei lettori silenziosi.
Ora voglio chiedervi una cosa…
Preferireste che il neonato fosse maschio o femmina? E dato che con i nomi non
sono molto brava, me ne suggerite qualcuno?
Grazie ancora a tutti.
-Millo
|
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Capitolo 7 *** Chapter 7 ***
7
LIFE IS
HARD
Chapter 7
Il bicchiere di Pinot grigio scivolò dalla mano di Anne cadendo
sul tappeto persiano e frantumandosi. Lei abbassò lo sguardo sul tavolo,
incapace di guardare sia me, sia Harry.
Ebbi la certezza di aver fatto un’altra grandissima
stronzata. Riuscivo a rovinare sempre tutto, così questa cena finirà male,
molto male, sempre se finirà: Anne potrebbe anche cacciarmi da casa sua. “Morale della favola? Sono una testa di
cazzo” mi dissi mentalmente.
Dopo qualche minuto lei unì le mani, intrecciando le dita
come se stesse pregando, le appoggiò sotto il mento e, tornando a guardarmi con
un’espressione indecifrabile, chiese:
-Da quante settimane?-
-Quasi sette-risposi con la voce tremante. Anne annuì e si
alzò dalla sedia, dicendoci:
-Iniziate pure a mangiare, torno subito- e se ne andò verso
la rampa di scale che portava al piano superiore.
Sospirai sconsolata e dissi rivolta a Harry:
-Forza, dimmi che ho fatto una cazzata- lui mi guardò, mi
sorrise gentilmente e rispose:
-L’hai sorpresa, non se lo aspettava… Solitamente quando mia
madre reagisce così è una cosa positiva- trassi un sospiro di sollievo e, di
comune accordo, iniziammo a mangiare.
Quando Anne tornò cominciammo a conversare e capii che Harry
aveva ragione: ora sembrava sopportarmi di più, perlomeno non continuava a
parlare dei miei problemi con la droga e sorrideva spesso, fece perfino delle
battute. Questo fatto mi lasciò di sasso: durante la prima parte della cena, mi
aveva dato l’impressione che fosse una specie di orso, burbero, scontroso e per
niente cordiale, ma mi sbagliavo e ne sono felice.
Finita la cena Anne ci disse che voleva andare a dormire
perché era stanca, così io e Harry restammo soli.
-Andiamo a farci un giro?- mi chiese lui.
-Perché no?- gli sorrisi, prendemmo le giacche e uscimmo
nell’aria fredda di marzo.
Harry mi portò in un parco poco frequentato vicino a casa
sua. Era bellissimo, c’erano fiori notturni rosa e bianchi; laghetti e
ruscelli; lucciole e qualche grillo. Il tutto dava un’atmosfera terribilmente
romantica.
Camminammo sui sentieri di ciottoli, abbracciati come due
koala per scaldarci, ma quando iniziammo a inciampare nei nostri stessi piedi
ci decidemmo a staccarci.
-Guarda, una lucciola- ,dissi quando uno di quegli insettini
luminosi si posò sul dorso della mia mano. Harry fece appena in tempo a vederla
prima che questa volasse via, verso tutte le sue sorelle. Mi rattristai.
-Oh, no è scappata- dissi con una nota di malinconia nella
voce. Le lucciole mi ricordavano tanto mio padre, poiché l’ultima volta che
l’avevo visto era circondato dalle lucciole nel viale davanti a casa mia. Lo
odiavo, ma in un certo senso mi mancava avere una figura paterna accanto a me e
anche se tutti pensavano che sia morto io sentivo che era vivo, di questo ne
ero sicura.
-La mia lucciola, invece non scapperà mai- mi disse Harry
sorridendo. Io sorrisi di rimando e abbassai lo sguardo, arrossendo. Non ero
mai stata molto romantica, quindi non sapevo mai come rispondere alle frasi
carine di Harry.
Dopo mezzora all’aperto decidemmo che sarebbe stato meglio
andare in un posto più caldo, così optammo per un pub lì vicino, non
eccessivamente frequentato.
Passammo due ore lì, poi Harry mi riportò a casa e mi diede
il classico bacio sulla soglia di casa.
-Buonanotte lucciola- sussurrò nel mio orecchio, sorrisi,
era impossibile non farlo.
-‘Notte- risposi dopo poco e rientrai in casa, mentre lui si
avvicinava alla sua moto.
Il giorno dopo feci fatica ad alzarmi dal letto: ero stanca
morta. Dopo vari tentativi di svegliarmi a parole, Liam mise nello stereo che
tengo sulla scrivania un CD dei Metallica e lo accese al massimo.
Forse non avete presente cosa voglia dire svegliarsi con
musica metal a tutto volume… ve lo sconsiglio…
Sobbalzai e con un movimento brusco mi misi a sedere,
liberando il mio corpo dalle coperte. Dopo aver individuato Liam sbraitai:
-Che cazzo ti è venuto in mente?! Spegni quel dannato
aggeggio!!- lui mi disse qualcosa, ma con quel baccano infernale non capii un
cavolo, quindi mi decisi ad alzarmi e a staccare la spina dalla presa di
corrente.
-Buongiorno- mi disse Liam, sarcastico. Gli rivolsi un
sorriso acido e mi rintanai in bagno a prepararmi.
Una volta arrivata nel giardino della scuola vidi Megan, la
ragazza più odiosa e popolare tra tutti gli studenti. Aveva la sgradevole
abilità di carpire il punto debole di ogni persona per poi colpirla proprio
dove avrebbe avuto un effetto peggiore.
-Ma guarda chi c’è, Mrs. Canna- disse con voce acida e il
branco di ochette intorno a lei si mise a ridere.
-Hai la fantasia sotto i piedi, che c’è? Non trovi più l’ispirazione
per nomignoli offensivi? Che peccato…- risposi rivolgendole un sorriso acido e
fissandola negli occhi con espressione di sfida. Lei ridusse gli occhi a due
fessure e mi guardò, gelida. Dopo una lunga pausa, durante la quale non avevamo
smesso di fissarci, rispose:
-Hai messo su qualche chilo ultimamente, se vai avanti così
il tuo caro Harry ti pianterà…- risi di gusto, se solo avesse saputo la verità!
Però quando lei parlava in quel modo della mia relazione con Harry, come se non
avesse fondamento, mi faceva saltare i cinque minuti.
Avevo tre opzioni: raccontarle la verità; andarmene via o
saltarle addosso e strapparle tutti i capelli biondo platino, decisamente
tinti, uno ad uno…
..Fine Settimo Capitolo..
LEGGETE? E’ IMPORTANTE, NE VA DELLA VOSTRA VITA (?)
Bene. Anzitutto ringrazio tutti per le 10 recensioni dell’ultimo
capitolo, vi adoro. E ringrazio tutte le ragazze che leggono, seguono,
ricordano, preferiscono o recensiscono questa storia.
Ora volevo proporvi una cosetta: è una specie di concorso.
Dovete descrivermi con un aggettivo (uno solo altrimenti non vale) Megan. Chi
mi scriverà l’aggettivo più originale vincerà. Nel prossimo capitolo
pubblicizzerò una storia del vincitore in questo spazio in fondo. Spero che l’idea
vi piaccia e che partecipiate.
Baci
-Millo
|
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Capitolo 8 *** Chapter 8 ***
cap8
LIFE IS HARD
Chapter 8
Serrai le mascelle e strinsi forte i pugni, pronta a saltare
addosso a quella vipera, ma, prima di fare qualunque cosa, la fissai per un
lungo istante negli occhi, con aria di sfida…
Già mi immaginavo a strapparle i capelli e a rovinarle il
viso con pugni, schiaffi e graffi, quando sentii qualcuno chiamare il mio nome.
Mi voltai per essere sicura di aver realmente riconosciuto la voce di Harry,
infatti lo vidi mentre mi stava venendo incontro, correndo.
-Non ci sarà sempre lui a salvarti dalle situazioni
spiacevoli, ricordati le miei parole Kylie Tiffany Sisley!- disse Megan
allontanandosi con le sue “fotocopie” a passo svelto.
Maledissi Harry per essersi intromesso, di questo passo non
avrei mai potuto dare una lezione a quella vipera. Quando lui mi raggiunse mi
disse, parlando a scatti a causa del fiatone dovuto alla corsa appena fatta:
-Meno male …che ti ho fermata …in tempo! Non devi fare …scemenze,
…Kylie!-
-Prima o poi la picchio, tanto non mi farà nulla per paura
di rompersi le unghie finte- dissi accennando un risolino dopo l’ultima frase.
-Se la picchi ti buttano fuori dalla scuola, dimentichi che
suo padre è il sindaco? Può far fare quel che vuole alla gente comune come il
preside!- disse Harry alzando un po’ troppo la voce e attirando l’attenzione di
alcune ragazze che probabilmente non vedevano l’ora di portare qualche
“informazione” a Megan per poi entrare nel suo gruppo.
-Vuoi abbassare la voce Harry?- feci un lungo sospiro prima
di continuare, -Comunque la mia reputazione è già rovinata e peggio di così non
può andare, se verrò espulsa almeno mi sarò tolta uno sfizio-
Sapevo che il mio discorso aveva poco senso, anche perché se
mi avessero espulsa dove sarei andata? Harry aveva ragione…
-Capisco che è una persona insopportabile e che fa di tutto
per farti del male, ma devi solo ignorarla e controllare le tue reazioni, non è
molto difficile Kylie… fallo per me- sussurrò lui al mio orecchio mentre mi
abbracciava. Ovviamente il suono della campanella che annunciava l’inizio delle
lezioni, non tardò a dividerci, così ci avviamo entrambi verso le rispettive
classi.
***
Erano ormai due settimane che Megan rompeva con la storia
del grasso e io puntualmente le rispondevo a tono, ma ogni mia risposta, per
quanto acida e crudele potesse essere, non sembrava minimamente sfiorarla, anzi
forse era proprio il motivo per cui continuava a tartassare… il problema a
questo punto era mio perché non ero capace di ignorarla, non sapevo lasciar
perdere e non riuscivo a tappare la mia boccaccia. Ma che ci potevo fare?
Dovevo difendermi in qualche modo, non potevo sempre passare per la vittima… A
volte avrei voluto sbatterle in faccia tutta la verità, ma qualcosa dentro di
me mi ha fermata, il che è assurdo perché prima o poi lo sapranno tutti… che
casino! Forse non volevo solo che mia madre lo sapesse da qualcun altro,
sarebbe stata una cosa orribile.
Peccato che non avessi idea di come dirglielo e mio fratello
che mi ricordava ogni sacrosanto giorno che dovevo parlargliene non mi aiutava
affatto a trovare una soluzione.
Ma la cosa che mi aveva stupita di più di sicuro era il
fatto che Anne non l’avesse detto a nessuno, ma forse voleva solo tenere
nascosto che suo figlio stava per avere un bambino con una drogata…
Mentre i miei pensieri correvano dietro a cosa che non
riuscivo a capire rientrò mia madre dal lavoro, sbattendo la porta forte come
era solita fare.
“Ora o mai più” mi dissi mentalmente mentre lei attraversava
a passi veloci il salottino di casa nostra.
-Mamma..- dissi, incerta.
-Dimmi tesoro- rispose lei
-Siediti, mamma, devo dirti una cosa importante- lei fece
quello che le avevo detto ed iniziò a guardarmi con aria preoccupata.
-Domani sarà uno dei giorni più importanti della mia vita,
sarà una cosa del tutto nuova per me e vorrei che tu fossi presente…- chiusi
gli occhi e feci un profondo respiro, -aspetto un bambino da Harry e domani
avrò la prima ecografia. Voglio che tu sia lì accanto a me, ci sarai?-
Quando riaprii gli occhi e vidi l’espressione stupefatta sul
viso di mia madre ebbi la certezza di aver detto la cosa sbagliata nel momento
sbagliato, cosa che mi differenziava molto da Liam, lui era molto migliore di
me a gestire situazioni di questo genere, avrebbe fatto la cosa giusta.
..Fine
Ottavo Capitolo..
COMUNICAZIONE IMPORTANTISSIMA, SI PREGA DI LEGGERE!
Allora, l’altro capitolo è arrivato a 9 recensioni, ma vi
adoro *w* grazie a tutti voi che recensite, seguite, ricordate, preferite o
semplicemente leggete la mia storia.
Ora mi scuso per l’enorme ritardo, ma non avevo né tempo, né
idee, mi perdonate vero?
Bene, bene, bene…
E la vincitrice del concorso è… *rullo di tamburi* Caactuss
con l’aggettivo EGONITOSA! ( in teoria se cliccate su “Caactus” dovreste andare
direttamente al suo profilo, comunque metto qua il link, per sicurezza: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=196040
) Leggete le sue storie sono bellissime, soprattutto “One in a million” , che
vi consiglio vivamente.
Allora… nel prossimo capitolo ci sarà una nuova entrata, già
citata nei capitoli precedenti… si accettano scommesse (nessun concorso
stavolta però lol).
Spero che dopo la mia lunga assenza abbiate ancora voglia di
recensire la mia storia *faccina cucciolosa*
Ora me ne vado, bacioni a tutti.
_L’autrice_
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Capitolo 9 *** Chapter 9 ***
9
LIFE IS
HARD
Chapter
9
Quando riaprii gli occhi e vidi
l’espressione stupefatta sul viso di mia madre ebbi la certezza di aver detto la
cosa sbagliata nel momento sbagliato, cosa che mi differenziava molto da Liam,
lui era molto migliore di me a gestire situazioni di questo genere, avrebbe
fatto la cosa giusta.
Sempre se una cosa giusta ci fosse stata… insomma
quale madre vorrebbe sapere che la sua figlia diciasettenne, disoccupata e che
vive ancora sotto il suo tetto avrà un pargoletto? E cosa proverebbe nel sapere
che l’ha saputo solo dopo tre lunghi mesi di
gravidanza?
Dopo un lunghissimo silenzio mia madre si passò una
mano sul viso e cominciò a piangere a dirotto. Istintivamente mi alzai e andai
ad abbracciarla. Restammo attaccate come due koala per qualche minuto e quando
lei si calmò mi disse, con la voce tremante:
-Kylie è una cosa stupenda, certo che verrò alla
tua prima ecografia e anche alle successive se lo vorrai, voglio assolutamente
esserti accanto in questo percorso importante…- era visibilmente commossa, non
l’avevo mai vista così euforica da quando papà era sparito ed era magnifico:
ogni volta che sorrideva mi si riempiva il cuore di gioia. All’inizio sorrisi,
contenta della sua gioia, poi mi sgorgarono dagli occhi lacrime di felicità e
finimmo abbracciate sul divano a piangere e ridere contemporaneamente come non
avevamo mai fatto. In quel momento capii di aver ristabilito quel contatto con
mia madre che si era spezzato quando Liam se n’era andato e nel mio cuore si
accese una piccola scintilla di speranza.
Le cose potevano ancora cambiare, la mia vita
poteva migliorare e mio figlio avrebbe potuto avere un
futuro.
*L’indomani*
Mi svegliai di buonora nonostante l’ecografia fosse
fissata per le nove e mezza. Ero ansiosa e non riuscivo a stare ferma. Dopo aver
passato un’oretta a fare avanti e indietro da camera mia al bagno e dal bagno a
camera mia, decisi di scendere in cucina per fare una colazione che assomigliava
molto più a un pranzo: tre cornetti alla crema, cappuccino e pane e marmellata a
volontà. Evidentemente anche il piccolino aveva fame…
Finita la mia abbuffata, mi spaparanzai sul divano
e guardai un po’ di televisione, ma alle otto e mezza non stavo più nella pelle,
così presi un giaccone per me e uno per mia madre e la obbligai a uscire a fare
una passeggiata con me, facendo i capricci come una bambina viziata di nove
anni. Durante l’oretta rimasta prima dell’ecografia le raccontai tutte le mie
paure e preoccupazioni sulla gravidanza, sul parto, sul futuro del
bambino…
Lei si sforzò di darmi ogni suggerimento possibile,
dal fatto di non mangiare troppo perché la sovralimentazione faceva male al
feto, al consiglio di non arrabbiarmi, perché, ogni volta che mi sarei
arrabbiata, il cordone ombelicate avrebbe fatto un giro intorno al collo del
bambino che avrebbe rischiato di soffocare. Ero molto scettica per quest’ultima
cosa, ma anche abbastanza impressionata; la cosa peggiore era che mi arrabbiavo
ogni santissimo giorno con Megan e le sue amiche troiette e a questo punto il
bambino doveva già essere morto… o quasi. Al solo pensiero le mani iniziarono a
sudarmi e la mia preoccupazione salì alle stelle:
-Mamma, con un’ecografia si può capire se un
bambino è sano?- chiesi, con la voce incrinata.
-Si possono trovare delle anomalie nel feto e
calcolarne l’entità… ma cosa intendi per sano,
piccola?-
-Più che sano, volevo dire se si può capire se il
bambino è vivo o morto, per quello che mi hai detto della
rabbia.-
-Oh, sì si vede subito se il bambino è vivo o no,
ma stai tranquilla: quella storia è una leggenda metropolitana, ma quello che
volevo farti capire raccontandotela è che la rabbia non fa mai bene, né alle
donne incinte, né a quelle che non lo sono.- nel sentire queste parole trassi un
respiro di sollievo, mi ero preoccupata inutilmente…
Mia madre guardò
l’orologio:
-Sarà meglio sbrigarsi, manca un quarto d’ora-
disse.
Così iniziammo ad incamminarci verso l’ospedale.
L’attesa nella sala apposita sembrava non finire mai e quando, finalmente, mi
chiamarono ero così felice da non riuscire a capire bene quello che mi
succedeva, finché non vidi nel piccolo schermo nero e grigio qualcosa che si
muoveva ritmicamente: il mio bambino. Scoppiai in lacrime e strinsi forte la
mano di mia madre portandomela alla bocca.
Il mio bambino. Mio e di Harry. Nostro
figlio.
Le calde lacrime mi rigavano le guance, facendomi
sentire stupida perché stavo piangendo di fronte a mia madre e a un perfetto
sconosciuto come una bambina piccola.
Nonostante tutto ero felice che Harry non fosse
potuto venire: ero lì con mia madre e finalmente eravamo ancora unite, come in
una vera famiglia.
*Il
pomeriggio*
-Come lo chiamiamo?-
-Harry, non è detto che sia maschio, quante volte
te lo devo dire?-
-Mamma dice che è maschio perché la pancia si vede
poco e lei non sbaglia mai…-
-Ma per favore..!-
-Ah così non ci credi eh? Dovrai ricrederti quando
riconosceranno che è un maschietto alla prossima
ecografia.-
-Se sarà così sarò pronta a porgerti le mie dovute
scuse per non aver creduto a tua madre…-
-Sfotti eh?- scoppiai a ridere e appena mi ripresi
dissi:
-Che nomi ti piacciono? A me piace Alyssa per una
bambina, mentre per un maschietto Edward-
-Edward? Ce ne sono troppi… meglio
Brad-
-Sì Brad è un nome carino, ma anche Alex è
bello.-
-Anche di Alex ce ne sono
troppi…-
-Mmmh ok, e se sarà una femmina?
Alyssa?-
-Carino… Oppure Luna o Jenn, ma Jenn è troppo
simile a Jennifer e sono decisamente troppe…-
Il campanello interruppe la nostra discussione:
Liam. Andai ad aprire la porta e vidi il mio “fratellone” con una
ragazza.
-Lei è Amber- mi disse con un largo sorriso sulla
faccia.
..Fine Nono Capitolo..
LEGGETE???
Allora… prima di
tutto mi scuso per il gigantesco ritardo nel posta il capitolo (quasi due mesi
.o.) e vi ringrazio per le 6 recensioni del vecchio
capitolo.
Ora vi chiedo un
paio di cosette…
-Votate per
i nomi e per il sesso del bambino, perché io non ne ho ancora idea
xD
-Amber
volete che sia un’amica per Kylie o una nemica?
SPOILER:
Nel prossimo
capitolo ci sarà anche Zayn :P
Recensite
vi prego!!! Bacioni.
-L’autrice.
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Capitolo 10 *** Chapter 10 ***
10
LIFE IS
HARD
Chapter 10
-Lei è Amber- mi disse
con un largo sorriso sulla faccia.
La somiglianza con quella putt…a di Megan era una cosa
impressionante.
Alta, magra, bionda, forme ovunque, stesso naso, stessi
zigomi, stesso modo di vestire… tutto uguale, tranne gli occhi: quelli di Amber
erano di un caldo color nocciola, invece quelli di Megan erano di un
inespressivo azzurro ghiaccio.
-Ehm… piacere- dissi con un sorriso tirato e allungando la
mano a quella “specie di ragazza”. Lei mi fece un larghissimo sorriso,
mostrando dei perfetti denti bianchi:
-Il piacere è tutto mio, Liam mi ha parlato tantissimo di
te, praticamente è come se ti conoscessi da una vita!- disse con entusiasmo, ma
la sua frase mi lasciò un po’ perplessa: Liam gli aveva parlato davvero così
tanto di me? E cosa gli aveva detto? E perché a me di lei aveva parlato
pochissimo? Lei sapeva della mia tossicodipendenza? E sapeva che ero incinta?
Non sapevo trovare risposta a nessuna di queste domande, ma una bella
chiacchierata a tu per tu con Liam avrebbe risolto tutto. Per il momento, però,
mi limitai a invitarli a entrare e a presentarli a Harry, o meglio,
presentargli Amber.
Nemmeno il mio ragazzo sembrava entusiasta della ragazza di
mio fratello, ma che potevamo farci? Nessuno è perfetto, ma se Liam l’aveva
scelta un motivo doveva esserci.
Passammo buona parte del pomeriggio a parlare con lei, per
conoscerla meglio, credo. Dopo un po’ capii che la somiglianza con Megan era
solo esteriore, come carattere e ideali Amber era totalmente diversa. Lavorava,
ad esempio, e non come modella, come mi sarei aspettata io, faceva la segretaria
nell’ufficio di un avvocato ed era laureata in giurisprudenza. Quell’oca di
Megan non riuscirà mai a laurearsi senza che suo padre ci metta lo zampino.
Cominciavo a sopportarla di più, ma volevo che se ne andasse così da potermi
lasciare sola con mio fratello e potergli chiedere cosa sapesse esattamente di
me Amber.
Peccato che mi tornarono alla mente le parole di Liam:
“Verrà quando avrò trovato un appartamento dove sistemarci”.
“Ossignore, ha già
trovato un appartamento??” quella consapevolezza all’inizio mi spaventò, ma
avrei potuto parlare con mio fratello in ogni momento, non se ne andava chissà
dove.
Dopo circa un’oretta
arrivò anche mamma, così trovai una scusa per uscire a fare un giro con
Harry.
-Ehy Ky che ne dici se per il tuo compleanno andiamo in
Spagna?- disse a un tratto Harry. L’idea era fattibile siccome il mio
compleanno era a luglio, ma non mi convinceva. La Spagna era sempre stato il
posto che preferivo, ma forse non me la sentivo di lasciare qua Liam e la mamma
proprio ora che avevo recuperato il rapporto con loro. Nonostante i miei dubbi
gli risposi:
-Sarebbe perfetto- dandogli un tenero bacio subito
ricambiato dalle sue labbra morbide, al sapore di cannella.
*Qualche giorno dopo*
Sentii qualcuno bussare con poca delicatezza alla porta
principale, quasi volesse buttarla giù.
Era Zayn Malik, il migliore amico di Harry. “Chissà come mai
è qua” fu il mio primo pensiero, insomma non ci parlavamo mai, ci salutavamo a
stento, che ci faceva qui?
Appena aprii la porta mi disse a denti stretti:
-Congratulazioni per il bambino-
-Scusa, ma come sai che sono incinta?-
*flashback di Zayn*
Zayn, Harry e Louis parlavano amabilmente durante
l’intervallo, come facevano ogni giorno. A un certo punto Louis disse:
-Certo che Kylie è ingrassata così tanto da sembrare
incinta!- col suo solito fare da burlone. Harry lo fulminò con lo sguardo e
rispose:
-Non sembra incinta, è incinta…-
I due ragazzi restarono di stucco e nella mente di Zayn
cominciarono a formarsi i primi dubbi. Ripensò alla sera del suo compleanno,
quando alla sua festa Harry e Kylie avevano bevuto un po’ troppo e poi lui e la
rossa erano finiti a letto insieme. Si era sempre sentito in colpa per quella
cosa e per qualche giorno non era più riuscito a guardare Harry in faccia. Non
si spiegava come lei era così tranquilla e, apparentemente, poco preoccupata
del tradimento fatto al ragazzo.
Louis si congratulò col papà e suonò la campanella, così tutti
tornarono nelle loro classi e, mentre quel fesso del professore di filosofia
blaterava su qualche stronzata di Socrate o compagnia bella, nella sua mente si
formò il dubbio che quella notte di passione sfrenata tra lui e Kylie avesse
potuto generare il bambino.
Continuava a scavare nella sua memoria, tentando di
ricordare se avevano usato il profilattico. I ricordi erano confusi, aveva
troppo alcool in corpo, non ricordava pressoché nulla di quello che avevano
fatto…
*Fine del flashback*
Zayn mi raccontò come Harry aveva detto a lui e Louis che
ero incinta e poi mi chiese:
-Può essere figlio mio?-
..Fine
Decimo Capitolo..
.
.
.
Due capitoli nello
stesso mese… è quasi un miracolo! LOL
Allora ringrazio
le 5 ragazze che hanno recensito l’ultimo capitolo, anche se speravo fossero un
po’ di più (cerca di spingervi a recensire il capitolo).
Mi scuso per la
lunghezza (ma quale lunghezza è cortissimo!!!) del capitolo, ma è un capitolo
“di transito” il bello verrà nel prossimo
Ci vediamo al
prossimo capitolo, recensite, recensite, recensite :*
PS: Buon 2013 a
tutti!!!
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