L'ago del mondo

di Rakyr il Solitario
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: blood tears ***
Capitolo 2: *** 1: Blinded ***
Capitolo 3: *** 2: Push harder ***
Capitolo 4: *** 3: Rough performance, fiend ***
Capitolo 5: *** 4: Good morning, mr. Hyde... ***
Capitolo 6: *** 5: School + demons = hard times ***



Capitolo 1
*** Prologo: blood tears ***


Prologo: Blood tears

“E piango lacrime di sangue
Hai cercato ed hai trovato”
Blind guardian – Blood Tears
Notte, oscurità…
Ombre che silenziosamente si allungano sulle strade, sulle case, inghiottendole nel loro statico tepore.
Nero il cielo a malapena illuminato da quella piccola stella solitaria.
Flebile la luce tremula propagata dal lampione fulminato ai margini della strada, una luce che va e viene, va e viene.
Muri scrostati da intemperie e mai ridipinti, freddi come il buio stesso e decorati da qualche graffitaro con scritte comprensibili solo a lui ed a pochi eletti.
Alberi che lasciano cadere i loro rami ai lati della strada, stanchi della giornata come le persone che li curano minuziosamente.
Un’ombra si staccò dal muro, procedendo silenziosa per il marciapiede sbeccato, le cui crepe si estendevano in un’insolita ragnatela.
Portava un mantello nero come le tenebre più profonde, con il cappuccio tirato fino a metà viso, rivelando solo le labbra sottili ed il naso.
Passò la mano sul principio di barba che gli cresceva sul mento, fermandosi, per poi proseguire.
L’oscurità innanzi a lui vorticò.
Due piccoli vortici che traspiravano crudeltà infernale.
Passò in mezzo a loro non curante mentre un luccichio argentino rischiarava le tenebre.
I vortici si fermarono, rivelando i corpi orrendamente concepiti di due abitanti degli inferi.
La pelle nera tirata sulle ossa d’ossidiana ora cominciava a svanire in una nebbiolina fine che svanì nell’aria.
Dei demoni non c’era più nessuna traccia.
Il ragazzo sorrise, contento per i progressi della sua percezione e per il suo udito.
Procedette camminando rapido senza risparmiare gli esseri che gli intralciavano la strada né mostrare stanchezza.
Il suo viso era una maschera di pietra e ghiaccio, rigida e composta, priva di espressione.
Un altro avversario lo assalì alle spalle, riuscendo solo a sfiorare il cappuccio, che cadde.
Alla scomparsa della creatura si sfiorò le bende sugli occhi, sentendo l’umidità sotto ai polpastrelli.
Se li porto alla bocca.
Il sapore metallico e dolce del sangue gli provocò una smorfia annoiata.
Perché quei dannatissimi occhi non smettevano di sanguinare?!
Sospirò, arresosi alla realtà che non avrebbero smesso finché non fossero stati completi.
Aveva deciso lui quella pena…
Pena, insomma…non faceva male, ma portare quelle bende e provare quella costante fastidiosa sensazione di umido ed appiccicaticcio sul viso era davvero spiacevole.
Sorrise ripensando ai primi tempi, quando era stato costretto ad andare carponi tastando le pareti per riuscire anche solo ad andare dalla camera al bagno.
Ora era diverso, non poteva ancora aprire gli occhi, o almeno così gli era stato detto, ma non ne sentiva nemmeno un gran bisogno.
Il mondo, in qualche maniera, riusciva comunque attraverso le palpebre serrate e la stoffa, dipingendogli davanti figure e paesaggi dai colori insoliti, mentre l’udito lo guidava costantemente in ogni singolo istante della sua vita.
Dopo una settimana dallo straniamento iniziale erano iniziati a comparire i demoni.
Inizialmente solo una macchia d’inchiostro sui quadri delle sue percezioni, una macchia tenace tuttavia, che non svaniva ed attirava l’attenzione.
E pian piano la macchia si era allargata.
Un demone protese la mano artigliata e la lama del ragazzo lo percorse per tutta la lunghezza , tagliando orizzontalmente l’osso ed il corpo del demone.
Aveva preso sembianze macabre, lugubri e tetre, ombre nere proiettate sul solare volto del pianeta.
Ombre che passano sempre inosservate.
Ma non più da lui.
Un'altra creatura perì sotto la spada del ragazzo
Aveva capito che loro, impalpabili, muovevano il mondo al caos, all’estremo della distruzione.
Lo stavano facendo marcire, e in fretta anche.
Nessuno se ne accorgeva tuttavia; nessuno poteva accorgersene.
Soprattutto perché se qualcuno poteva vederli, loro potevano vederlo, e non c’era altro metodo se non morire o difendersi con le unghie ed i denti.
Una testa volò, polverizzandosi nell’atmosfera.
Le luci ormai sembravano tanto distanti, fredde, artificiali mentre combatteva gli esseri di crudeltà e ombra.
Le luci dell’alba apparsero in lontananza, una calda luce soffuse il mondo, scacciando nuovamente le tenebre dal mondo ed illuminando il carminio liquido che macchiava le bende.
Una goccia percorse una guancia, venendo fermata dalla lingua del giovane quando arrivò in prossimità delle labbra.
Fissò senza vederle le lame della spade, i piatti incisi con scene di lotte tra angeli e demoni.
Gli occhi di quelle metalliche creature si illuminarono fugacemente, vivi, pulsanti.
Ma lui questo non lo vide…

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Capitolo 2
*** 1: Blinded ***


1: Blinded

“Sono affondato nella miseria,
spengo la luce,
uccido l’alba”
Mordred’s Song – Blind Guardian

La sveglia suonò impietosa, trapanando le orecchie al corpo ancora addormentato nel letto affianco, che si svegliò, per poi affondare nuovamente la testa nel cuscino.
La sveglia aumentava la frequenza del trillo –Ti odio…- disse con voce roca alzando a malapena il viso dagli occhi sonnacchiosi, per poi lasciarlo ricadere, allungando mollemente una mano per spegnere l’infernale aggeggio.
Una gamba uscì da sotto le lenzuola, seguita da un’altra, ed insieme sollevarono il corpo per aiutarlo a barcollare fino al bagno, dove le braccia intorpidite riuscirono ad afferrare spazzolino e dentifricio, spazzolandolo sui denti.
Una volta capito cosa stava succedendo il ragazzo ordinò ad una mano di sciogliere i nodi delle bende, stupendosi della pigrizia con cui il braccio eseguiva malvolentieri l’azione.
Si doveva ancora abituare a dormire poco e raramente.
Tre ore di sonno gli sarebbero dovute bastare per una giornata o più, o almeno ci provava, tentativo dimostrato dalle occhiaie scure che gli si allungavano sotto agli occhi chiusi.
Sentì il viscidume del sangue che lasciava la stoffa per seguire il flusso del rubinetto e si portò al viso dell’acqua raccolta nelle mani tenute a mo’ di coppa, risvegliandosi del tutto al contatto del fresco liquido che gli scioglieva e toglieva le macchie di sangue solidificate attorno agli occhi, sulle guance e sul naso.
Appena il tempo di cambiare le bende, lasciando quelle ora bagnate ad asciugare al sole primaverile, e suonò il campanello.
-Già tanto tardi?- si chiese, per poi staccare la cornetta del citofono, sentendo tramite essa la voce allegra del suo amico.
Scese ad aprire il cancelletto e la porta della villetta –Ehilà Ste, come va?-
Lui si toccò brevemente le bende, in tono esplicativo –Riesci già a toglierle?-
-No, non ci tengo a provare, non ancora almeno- la voce roca del giovane rifletteva la sua cupa preoccupazione, ricordava ancora le parole dei due esseri…trovava impossibile che fossero persone, erano troppo anormali per esserlo…incarnazioni di luce e ombra, ecco cos’erano…
Un angelo ed un demone gli suggeriva un lato recondito della sua mente, prontamente ignorato dal lato più razionale angeli e demoni non sono altro che leggende, tradizioni per creduloni spaventati dalla Chiesa.
Ora sapeva però quanto quel lato irrazionale, che lui più volte non aveva atteso a chiamare stupido, si fosse avvicinato alla verità.
Angeli e demoni sono tra noi, ma solo pochi possono vederli, ed ancora meno contrastarli…
Ogni tanto udiva le voci serpentine dei malvagi che sussurravano cattiverie all’orecchio delle persone, udendo talvolta i loro rauchi gridolini di trionfo o i loro sibilanti strepiti contro chi aveva una forza di volontà abbastanza forte da contrastarli.
-Che c’è, ti sei incantato?- la voce dell’amico lo riscosse dai pensieri
-Scusa Dany, è che ho dormito poco…- non era una bugia in effetti
-Uff, che noia però a stare sempre con quelle bende addosso, il mondo dev’essere una noia mortale..-
Meno di quanto tu possa immaginare –Sopravvivo-
-Avevi detto che non potevi vedere per un mese a causa di un’infezione…mancherà una settimana al termine di quel periodo, che ti costa...? Sono curioso di vedere se sono cambiati in qualche maniera…e poi credo che potrai vedere anche ora, anche se non perfettamente-
Il ragazzo sbuffò, annoiato –Beh, forse potresti non avere tutti i torti- concesse infine davanti allo sguardo supplichevole dell’amico
Slegò le bende con lentezza, ripensando a ciò che quei due esseri gli avevano detto
Avrebbe potuto perdere la facoltà di vedere i demoni, ma quello non gli importava granchè.
Anche lui in fondo era un po’ curioso di osservare i suoi nuovi occhi, gli occhi della condanna da lui stesso firmata.
Si ordinò di aprire le palpebre, ma i muscoli reduci da un lungo periodo di passiva immobilità erano riluttanti all’obbedienza, fremendo senza far trasparire nemmeno una piccola porzione d’iride.
Al terzo tentativo si alzarono lentamente, come vecchi cancelli arrugginiti che cigolano e ruotano su cardini oliati minimamente.
La luce lo spinse a pararsi il viso con le mani, dando il tempo alle pupille intirizzite di adeguarsi al giorno, assumendo in volto un’espressione buffa, come di un bambino appena sveglio che cerca di mettere insieme alcuni ragionamenti nella sua mente intorpidita dal sonno.
I suoi occhi si fissarono sul volto tondo e gioviale di Daniele, che fischiò per la sorpresa, assumendo un’aria ammirata
-Che c’è?- chiese perplesso il ragazzo
-Beh…se esiste qualcosa che mi fa venire gli occhi così la voglio…-
-Cosa intendi?-
-Osserva da solo, mio caro Ste-
Lentamente si avviò verso il bagno, estasiato dalla percezione riacquisita, per poi osservare la sua immagine riflessa nello specchio.
Riconobbe a stento ciò che era diventato, le guance prima piene erano scavate e davano al volto un’espressione più acuta ed una forma più affilata, sfuggevole ma piacente. I capelli, ribelli come al solito, ricadevano in ciocche scomposte sulle spalle, neri come l’ebano, coprendo la fronte con alcuni fili indisciplinati, la barba era rimasta incolta ed era decisamente troppo lunga sembro un barbone pensò brevemente, per poi prendere un piccolo rasoio elettrico e togliere i peli in eccesso, eliminando l’intricato groviglio che arrivava da basetta a basetta passando da sotto al mento.
Le labbra, prima abbastanza carnose si erano fatte fini.
Ma gli occhi erano la cosa più sconvolgente –Cosa sono diventato?- chiese sottovoce, con voce tremante mentre un occhio destro del color del cielo ed uno sinistro rosso fuoco con un’aguzza pupilla simile a quella di rettili o gatti scrutavano i suoi tratti dall’altra parte dello specchio.
Velocemente rimise le bende, stringendo troppo nella fretta e facendosi male, ricompensato da ferruginose lacrime rosse.
Con più calma aggiustò il bendaggio, e dopo essersi legato alla schiena due katana d’acciaio si avviò con l’amico per le vie della cittadina verso il piccolo bosco in riva ad un fiume che sfruttavano come rifugio per allenarsi nella loro comune passione per le armi.
Tuttavia quegli occhi gli rimasero impressi in mente e nemmeno la vicinanza del suo migliore amico riuscì ad attenuare quella fastidiosa sensazione.
La sensazione di andare incontro al disastro…

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Capitolo 3
*** 2: Push harder ***


2:Push harder

“L’anima è come l’acqua,
ma il tuo destino è come il vento”
Blind Guardian – The new order

Percorse con calma impazienza un tratto di strada asfaltata, per poi sentire il piacevole scricchiolio della ghiaia sotto i piedi.
Si sentiva un rumore continuo, di sciabordio così lieve da risultare quasi impercettibile, in alto gli uccellini cantavano al sole con le loro vellutate e vispe voci, mentre il leggero tepore del sole gli riscaldava la pelle del viso ed i vestiti, piacevolmente, come un massaggio rilassante, sciogliendogli i muscoli tesi e illuminando i suoi cupi pensieri.
Pian piano il tepore si affievolì, sostituito da una quieta e pacata ombra, mentre un alito di vento faceva frusciare le foglie.
Dopo poco il rumore della ghiaia venne sostituito da quello più pacato di passi su un terreno soffice ed erboso…erano arrivati.
Rapidamente colse movimenti ovunque attorno a lui…il lieve movimento delle foglie, dei fili d’erba, di un paio di scoiattoli curiosi che squittivano preoccupati su un alto ramo, alcuni uccelli che si spostavano intimoriti.
Rumore di una corda che si tende. Salto.
Il rumore di una freccia che si conficcava a terra fu recepito con gusto dal ragazzo, gli piaceva non essere considerato alla stregua di un invalido per la sua temporanea cecità, se di cecità si può parlare –Benvenuto Mat…- accolse con un sorriso il grugnito insoddisfatto dell’arciere mentre si abbassava di scatto, evitando di pochi millimetri la punta della lancia di un altro –Rick- disse come saluto, mentre in lontananza udiva il sommesso e ritmico battito di un bastone per terra –Rey, salve- un altro bastone, appesantito però, e che toccava il suolo solo col bordo –Greiz- lo immaginò storcere il naso di fronte a quella storpiatura del suo cognome e soppresse a fatica un sorriso divertito.
Non udì più nulla, solo silenzio –Allora, intendete fissarmi oziando o iniziamo a riscaldarci?!-
Tutto iniziò come un lampo che squarcia le nubi…movimenti, suoni, rumori si accesero, diventarono vivi, palpabili tanto da sentire nitidamente il verso metallico della sua spada nell’aria.
Continuò a combattere, facendo affiorare un po’ di quella capacità che aveva ottenuto di percepire ciò che gli stava intorno.
Il mondo sembrò uscire da quella fessura, colorandola d’arcobaleno mentre da sotto le palpebre chiuse i suoi occhi vedevano il movimento della sua spada, vedevano le rapide sequenze di calci e pugni di ogni altro membro e li anticipavano, quasi come se riuscisse a comprendere appieno a cosa avrebbero portato i movimenti muscolari avversari, mettendosi fuori portata prima di essere colpito o anticipando l’avversario mentre stava vibrando un colpo.
Si sentiva addirittura spiazzato da quelle percezioni così acute, da quel mondo pulsante di energia.
Ogni fibra del suo corpo era scossa da quella realtà, dai vividi colori che silenziosi strisciavano in scie rosse e marroni al di sotto dei suoi piedi, della linfa che fluiva nelle piante, dal sangue che pompava il cuore di un passerotto solitario.
Lui vedeva tutto ora.
E mentalmente si maledisse per questo.
Lo faceva sentire diverso, fuori luogo, una marionetta che anticipa le altre osservando i fili che le muovono.
Tutto ha una fonte, e ora lui lo sapeva per certo…eppure…
Eppure non riusciva più a credere con tutto se stesso all’esistenza di Dio, non dopo aver visto i demoni che lo sfidavano, entrando talvolta nelle chiese a circuire gli uomini…
Se esistevano gli angeli…allora perché non intervenivano? Era diventato cosa?
Un mercenario, un sicario, vogliono che tu ti sporchi le mani lasciandoli puliti subdola fu la voce che lo suggerì.
Forse era vero, forse no, lui capiva solo che delle forze superiori esistevano davvero.
Sennò come definire i due ammantati che gli avevano consegnato quella condanna?
E quello che lo faceva più infuriare era che era stato lui a firmarla.
La spada descrisse un rapido arco innanzi a sé, scalfendo la corteccia di un albero, mentre l’altra scattava di lato per deviare la lama dell’ascia di Greiz, che lo sbalzò comunque indietro, costringendolo a piroettare per terra, rimettendosi in piedi con un movimento delle mani abbastanza veloce da evitargli una bastonata nella schiena.
Continuò fino a che ogni singolo muscolo urlava pietà, udendo distintamente i respiri affannati di tutti i suoi amici.
-Ehi…vieni a scuola oggi?- Rey, come al solito…troppo altruista a volte
-No…non ho intenzione di imparare il braille…- se Dany voleva parlare dei suoi occhi non lo diede a vedere, perché nessun altro fece domande.
Tutti rimasero in silenzio e poté percepire in maniera fin troppo nitida gli sguardi dei suoi compagni d’arme come gli piaceva definirli.
Si era sempre sentito una cosa sola con il gruppo, ma ora si sentiva come se fosse fuori luogo, una spiacevole cacofonia nella normalità.
E ci soffriva…sentiva i propri compagni, quelli che considerava come preziosi fratelli, distanti…troppo distanti, e non sapeva a chi confidare ciò che gli era capitato.
L’avrebbero deriso?
Gli avrebbero dato del pazzo?
Non avrebbero fatto male, in fondo non riusciva a crederci totalmente nemmeno lui.
-Bravi, avete fatto dei notevoli miglioramenti- si complimentò con un sorriso vuoto sulle labbra.
Per un attimo tutti esultarono meritatamente, per poi congedarsi uno ad uno.
L’ultimo fu Dany –Ste…non so, ma non mi sembri più lo stesso, sei più cupo e silenzioso, e non dire che è per la tua fantomatica cecità…ho un brutto presentimento, tutto qui.-
-Non hai motivo di temere, amico- un sorriso sincero sciolse il ghiaccio del precedente
-Beh, quando sarai pronto a dirmi che succede fallo- corse via rimettendo frettoloso i pugnali nei foderi delle anche.
Vorrei dirtelo pensò ma non credo mi crederesti.
Rimase per un po’ nella stessa posizione, con la fronte appoggiata al pomo della spada nell’ombra senza vento.
Eppure prima il vento c’era, una brezza piacevole, ma c’era.
Si arrischiò a alzare minimamente la benda, lasciando che il suo occhio azzurro fissasse le nuvole immobili in cielo, come colte da una paralisi repentina.
Una folata dietro di lui.
Nulla.
Una foglia gli cadde innanzi, aperta a metà.
Altre folate tutto intorno a lui, che rimbalzavano di ramo in ramo, in un cerchio che lo intrappolava.
Ogni volta che si voltava verso l’origine di una, un’altra attirava il suo sguardo altrove.
I suoi occhi non incontravano che la aspra superficie dei tronchi degli alberi.
Tuttavia c’era qualcosa, qualcosa che sfiorava con la vista, sempre ai margini delle sue percezioni.
-Chi sei?- chiese girandosi nella direzione di una fruscio di foglie.
-La domanda che dovresti farti è chi sei tu- rispose sarcastica ed irritante una voce appena dietro alla sua schiena.
Le spade! ma erano troppo lontane.
Percepì lo spostamento dell’aria nitidamente, allontanandosi con un balzo riuscendo ad evitare in extremis un fendente vibrato con due lame che sembravano far crepitare di potere l’aria che le circondava.
Le sue armi erano conficcate nel tronco dietro a quel temibile avversario incappucciato.
-Oh, gli occhi hanno già superato la cecità? Sorprendente capacità di recupero ragazzo-
-Chi sei, perché mi dici questo?-
-Oh, che sbadato, eppure Lux continuava a ripetermelo- si passò una mano sul cappuccio, tirandolo indietro –Il mio nome è Vens e sono uno dei custodi degli Elementi-
Innanzi al giovane stava in piedi un giovane uomo, apparentemente sulla ventina, dai curiosi capelli verdi mediamente lunghi e pesantemente ingellati che contornavano un volto sveglio e piacevole.
Gli occhi rifulgevano di luce viva e ribelle.
In mano due armi simili a sciabole finemente adorne sembrava scuotessero la stessa pigra aria di fine estate.
-Custode degli elementi? Che roba è?- l’espressione sprezzante dello sconosciuto si incrinò, piegò in avanti il busto ed abbassò la testa sbuffando, per poi assumere un’espressione scocciata che sembra più adatta ad un bimbo capriccioso.
-Quindi non ti hanno detto niente?-
-Chi?-
-Quelli che ti hanno dato i tuoi poteri, chi altro?- sospirò rassegnato –Beh, credo mi toccherà ripetere la solita pappardella, tu ascolta bene, non ho voglia di ripeterla due volte-
Prese un respiro ed iniziò a spiegare che loro erano delle sorte di creature mistiche, personificazione degli elementi, in tutto erano in sette, lui incluso, Vens, l’essenza del vento, Focum, il fuoco, Tera, la terra, Aqua, l’acqua, Lux, la luce, Obscuritas, le tenebre ed infine Mors, la morte.
A loro stava il compito di padroneggiare gli elementi e, di tanto in tanto, sceglievano qualcuno che li rappresentasse…tuttavia quel qualcuno avrebbe dovuto batterli in duello.
-Quindi tu hai messo gli occhi su di me?- chiese perplesso Stefano
-Si…- il Custode stava cercando di riprendere il filo del discorso –Dov’ero arrivato?-
L’altro ignorò palesemente la domanda –Quindi sono speciale-
-Beh, se ti dicessi di no mentirei, ma anche si non sarebbe una risposta degna…ti verrà spiegato tutto a tempo debito, quando e se vorranno- si soffermò pensieroso
-Beh, allora non meniamo troppo il can per l’aia- serrò le mani sull’aria, da cui apparvero le spade gemelle che usava per abbattere i demoni e colpì innanzi a sé
-Si, sei proprio degno di accogliere il vento ed il suo potere mutevole, mi assomigli tanto, forse anche un po’ troppo…lo dico per la tua incolumità, non credere comunque che mi preoccupi per te, è solo che se ti succedesse qualcosa di grave credo che i miei superiore mi farebbero patire le pene dell’inferno- lo guardò –Ma tu non farai nulla di azzardato e rischioso vero?-
-No se non ne ho voglia- sorrise
-Mi creerai un mare di guai pare- ricambiò il sorriso –Ma almeno sono certo che ho scelto bene…tienimi testa e ti consegnerò parte dei miei poteri, nelle condizioni in cui ti trovi non puoi battermi-
Le lame cozzarono –Per me parli troppo- l’altro rispose con un ghigno soddisfatto.
Lottarono per lunghissimi minuti, in cui Stefano, nonostante lo straniamento causato dai fulminei attacchi e contrattacchi dell’avversario, resse coraggiosamente, per infine cadere a terra, troppo stanco per muoversi.
-Hai il mio rispetto ragazzo, mi hai fatto divertire un po’- la voce era salda, estranea alla stanchezza –Ti concedo parte dei miei poteri, usali ed allenali al meglio-
Un piccolo vortice di vento lo avvolse –Aspetta!- ma davanti a lui veleggiavano solo poche foglie strappate.
Tese la mano per afferrarne una e rimase sorpreso quando si squarciò a metà.
Sarebbe stato inspiegabile a chiunque.
Ma i suoi occhi avevano visto quella lama di vento che aveva obbedito al suo volere…


Ringrazio tutti quelli che mi hanno commentato e che mi sostengono, come Romance, Dark Ailbhe, The_Dark_Side, Havoc_fan e Ayleen

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Capitolo 4
*** 3: Rough performance, fiend ***


3: Rough performance, fiend

“Tutti i miei demoni lanciano un incantesimo
Anime di polvere sorgono dalle ceneri”

Kamelot – The spell

Stefano fece come Vens gli aveva consigliato.
Per lungo tempo iniziò a rafforzare la sua concentrazione, cercando di lanciare una di quegli incantesimi, dato che non sapeva come altro definirli, in condizioni sempre più difficili, ad esempio correndo, lottando, stando appeso a testa in giù finchè i muscoli non fossero esausti, impedendo al dolore fisico di influenzarlo, diminuendo la sua capacità di ricorre a quella letale arma.
Aveva anche iniziato ad aggiungere una parte verbale al semplice incantesimo, in modo da semplificare la parte figurativa della magia, rendendo più facile controllare l’effetto di una magia ed impedendo ad una brezza sottile di formare un vortice di vento tagliente e viceversa.
Si allenò anche sulla precisione, per evitare che una tecnica particolarmente potente mancasse miseramente il bersaglio, lasciandolo vulnerabile e intorpidito come dopo un breve sonno.
Non trascurò nemmeno l’allenamento d’arme, a cui però partecipò sempre con quel fastidioso senso di lontananza, talvolta coperto da quello di superiorità per il dono che aveva ricevuto.
Scoprì anche che le sue lame gemelle reagivano alla magia del vento, e riusciva a permearle con essa, rendendole più letali e veloci e cambiandone la forma.
Assomigliavano molto a quelle del Custode, ma la lama ricordava ancora di più un alito di vento, infatti era dotata di rientranze e picchi sempre più alti, simili alle pieghe di un ventaglio semichiuso, con una lama di un curioso verde smeraldo e con la lama di una tonalità più chiara e luminosa.
Usciva poco, solo per allenarsi con i suoi amici e per andare, di notte, in caccia di demoni.
Infine il mese passò, lasciando i suoi occhi del loro originale colore e della loro primitiva acutezza, o forse addirittura maggiore.
Quella mattina d’inizio autunno era particolarmente combattuto se andare o no ad allenarsi con i suoi compagni, il che ultimamente significava umiliare le loro capacità.
Era reale il loro miglioramento, ma si sviluppava in modo laconico e lento.
Talvolta addirittura si arrestava del tutto.
Incrociò malvolentieri i foderi delle due lame dietro alla schiena, lasciandosi al confortevole peso delle cinghie sulle sue spalle.
Negli ultimi giorni si era sorpreso diverse volte a riflettere cose che non aveva mai neanche osato pensare.
Era un’evenienza che lo spaventava, come quella presa suadente e subdola che gli artigliava il cuore e la mente a volte, chiedendo lotta e sangue.
E lui ogni notte gliene dava, impietoso verso le creature abissali.
Sapeva che presto quella creatura era ingorda, ingorda di violenza.
Tuttavia non aveva ancora compreso l’enorme pericolosità di quella sua sconsideratezza.
Si avviò a passo lento verso il loro luogo d’allenamento, con il cappuccio che copriva leggermente gli occhi, permettendogli comunque di vedere
Iniziò ad allenarsi da solo, colpendo solo l’aria immobile, turbandone il profondo sonno in cui versava.
Ma, come un’addormentava, quella semplicemente, si girava da una parte, per poi tornare come prima e riprendere il suo sogno millenario.
-Ehi Ste, come mai hai iniziato di già? Di solito ci aspettavi…- la voce di Rey, gioviale, lo raggiunse
Questi sono combattenti? Sono dei poppanti, ecco che sono! la voce insisteva –Volevo impratichirmi con un paio di schemi- disse poi, faticando a riconoscere la voce roca e ghignante come sua.
Un’impressione.
No.
Anche i suoi amici lo fissavano a metà tra lo stupito ed il preoccupato.
Si schiarì la voce con un colpo di tosse –Va tutto bene- la voce leggermente arrochita era la sua, anche se vi si era unita una nota minacciosa, caotica, che la stava invadendo, come un pericoloso cancro.
Dentro di lui percepì qualcosa fremere di piacere e soddisfazione.
Era come giocare col diavolo, o forse stava facendo proprio quello…
-Tutti si erano fermati un attimo, come se comprendessero qualcosa o se si reputassero un pericolo.
Fu la prima volta che vide le mani di ognuno stringersi allo stesso tempo sulle loro armi.
Ma la cosa che lo stupì di più fu che le sue normali spade d’acciaio erano state sostituite da quelle che gli erano state donate, e che solo la sua destra stringeva l’impugnatura ricoperta di stoffa ruvida dell’impugnatura.
-Su, che aspettate, che cada il sole?-
Parava con facilità allarmante qualsiasi attacco, qualsiasi colpo non era un pericolo per lui.
-Perché?- sussurrò quando ebbe il tempo di abbassare le lame –Mi state prendendo in giro?!- urlò l’ultima parte della frase.
Colpì per uccidere e notò con un ghigno soddisfatto che finalmente qualcuno si stava impegnando davvero.
Daniele schivò il colpo orizzontale rivolto alla sua gola mentre una freccia che puntava al suo viso s’infrangeva sul piatto dell’altra katana.
Era circondato –Che ti prende? Cosa diavolo fai?- sorrise sadico
-Io, nulla…-
-Smetti di fare il deficiente, tu ci stavi per uccidere- lo sguardo di Rick era fermo
-Allora impegnatevi e smettete di usare i guanti con me…- il volto era tetro, cupo, semicoperto dai capelli, mentre il cappuccio gli cadeva sulle spalle -Siete tutti dannatamente deboli!-
Tutti indietreggiarono di un passo…quella voce di sicuro non apparteneva all’amico che avevano sempre conosciuto.
Quella voce non apparteneva nemmeno a questo mondo…
-Vens, qui dispellere terra soles, caedi!*- mosse le braccia con vigore a cerchio attorno a sé, come se dovesse vincere una notevole resistenza e lame di vento sollevarono in aria fili d’erba strappati alla vita mentre la superficie irregolare del suolo si riempiva di cicatrici causate da quelle sferze crudeli e possenti.
Ghignò nuovamente, mentre il suo occhio sinistro, fiammeggiante scrutava compiaciuto la distruzione da lui causata.
Intorno a lui intanto continuavano a vorticare ululanti raffiche di vento impenetrabi…
Una freccia dalla punta infuocata volò verso di lui, facendosi strada tra le raffiche e venne fermata dalla spada di lui.
Il metallo della punta era incandescente e si stava deformando per il calore –Cosa credevi di fa…- la punta s’irradiò di luce –Merda-
Un’esplosione fece cadere il muro di vento furioso e scagliò lontano il ragazzo, mandandolo contro un albero –Bene, allora sarà divertente giocare un po’ con voi.-
Rick calò la lancia in un fendente e dalla punta si staccarono quattro stalattiti affilate di ghiaccio grandi come un pugno che saettarono verso Stefano, costringendolo a piroettare di lato per evitarle, venendo comunque ferito lievemente da una di esse.
Sentì il terreno che gli cedeva sotto ai piedi e rivolse un’occhiata stupita a Greiz, che aveva battuto con violenza il manico della pesante ascia a terra.
Infine udì una melodia alla quale la bestia dentro lui reagì con uno scoppio d’ira, saettando contro Rey mentre lentamente il proprietario del corpo riprendeva il controllo, ricacciandola nel suo territorio. Tuttavia non era abbastanza.
Una mano di dimensioni sovrumane, nera, da cui si protendevano lunghe dita adunche ed artigliate lo strinse –Demente, cosa diavolo stai facendo!- la voce di Dany –Ti credevo forte, risvegliati dannazione!-
Una pressione sulla guancia. Bruciore. La testa spinta di lato per la forza.
L’eco dello schiaffo ricevuto lo sollevò.
Sentì il demone dentro a lui sbraitare di liberarlo.
Non commetterò mai più un errore del genere, si promise, e riuscì a sorridere prima che l’eccessivo dispendio di forze gli facesse chiudere gli occhi, sprofondandolo in un sonno finalmente sereno.


*Vento, tu che spazzi la terra, taglia!

Ringrazio tutte le persone che mi commentano (con particolare dedizione alla mia amata Romance) e spero che la storia possa continuare a piacervi.
Vostro
Rakyr Celes

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Capitolo 5
*** 4: Good morning, mr. Hyde... ***


4: Good morning mr. Hyde…

“Benvenuti a morire
Non lo lascerò libero
benvenuti a morire
Guarda lo specchio, dice ciò che sono”

Blind guardian – Welcome to Dying

Buio opprimente. Due sagome. –Sei stato sciocco, ora svegliati-. Un tocco sulla fronte.
Una travolgente sensazione di intorpidimento gli avvolse le membra e si ritrovò nuovamente a lottare contro le sue palpebre.
-Buongiorno bello addormentato…- la voce calda e spensierata di Daniele lo raggiunse assieme alle risate dei suoi amici.
Quando riuscì ad aprire gli occhi li fissò e notò che mancavano Rey e Greiz –Dove sono i due Davide?-
-Greiz era vicino ed è stato investito in pieno da una folata di vento tagliente…a proposito di quello, cosa diavolo ti è saltato in mente?!- Rick lo sgridò
-Dai, avrà avuto le sue ragioni – provò a mitigarlo Dany
-Resta il fatto che non mancava troppo al macellarci- osservò pungente Mat, in disparte
Nella stanza entrarono i due assenti.
Rey si mise accanto a Rick, contento, mentre Greiz colpì Stefano, ancora sdraiato su un letto, con un pugno sul petto, lasciandolo un attimo boccheggiante mentre guardava le braccia, ora sane, del combattente –Credo di essermelo meritato, scusa amico- sorrise triste –E scusate anche tutti voi-
-Troppo tardi- Greiz mise un’espressione stoica, per poi sorridere –Ti abbiamo già perdonato-
Dopo qualche istante, in cui realizzò di essere in casa sua e che erano riusciti ad entrarvi grazie alle chiavi che, durante l’allenamento, aveva in tasca, fece la sua prima domanda –Sembra che non sia l’unica scelta dei Custodi…-
-Già, nessuno di noi l’aveva mai ammesso agli altri…temevamo che nessuno ci potesse credere- intervenne calmo Rey
-Beh, in effetti…- Dany si grattò la testa ridendo.
Stefano si mise seduto, la testa pulsava ancora ed un ronzio sordo e fastidioso gli velava i pensieri –Io ho ottenuto l’appoggio di Vens, il vento imprevedibile e letale-
-Io di Focum, il fuoco e l’esplosione- intervenne sprezzante Mat
-Io di Aqua, l’acqua, anche se uso più che altro la forma ghiacciata- interloquì Rick
-Io di Lux, la luce e la vita che sa infondere- era Rey
-Io di Tera, la terra e la sua devastante forza- Greiz parlò
-Io di Obscuritas, la tenebra che nasconde e incute forza e terrore, fico vero?- tutti guardarono perplessi Dany che rideva con espressione ebete.
Ste ragionò brevemente che mancava un elemento…dov’era Mors? Beh…non importava per ora – Ci alleneremo insieme?- propose
-Accettiamo- risposero tutti entusiasti
-Grazie amici- sorrise allegro, gli occhi verdi lucidi d’emozione.
Misero le loro conoscenze su quel potere insieme, dando modo a tutti di scoprire che le armi a loro donate si trasformavano a piacimento, come aveva scoperto Greiz mentre impugnando l’ascia che gli aveva donato Tera aveva immaginato di utilizzare un martello da guerra si era mutata in esso.
Tuttavia si scoprirono alcune lacune in questo sistema, come l’impossibilità per alcuni di plasmare determinate armi, un esempio fu Dany, che per ore intere si sforzò di mutare le sue daghe, fuse in una spada corta, in una bastarda, ottenendo soltanto un lieve ingrandimento della lama.
Rey invece si scoprì impossibilitato a creare armi che non fossero semplicemente da impatto, ad eccezione per un possente mazzafrusto chiodato.
Scoprirono grazie a Rick e a Stefano che era possibile infondere il potere degli elementi nelle armi, le quali ottenevano una vivace focalizzazione verso quel ramo di magia, eolomanzia, piromanzia, geomanzia che fosse, incrementando la potenza degli incantesimi ed incanalandoli talvolta attraverso loro, come ad esempio Rick aveva fatto creando dalla sua lancia dei giavellotti di ghiaccio tagliente.
Infine Stefano insegnò ai suoi compagni, con l’aiuto di Matteo, alcuni fondamenti della lingua latina, elemento sensazionale ed efficace per il lancio di incantesimi avanzati, come la tempesta di vento evocata dal ragazzo nel bosco.
Giunsero alla conclusione che, oltre agli incantesimi che richiedevano la recitazione di una parte verbale, usualmente accompagnata da gesti e movimenti, esistevano altri incantesimi che semplicemente fluivano dentro di loro, come le principali personificazioni degli elementi o la trasmissione della magia ad una di quelle armi mitiche ed incantate.
Si impegnavano al massimo su ogni cosa, divertendosi ed aiutandosi a vicenda, ridendo la sera tardi della debolezza dei demoni che abbattevano.
Il demone interno ogni tanto tentava uno dei suoi assalti, ma la volontà ora ferrea di Stefano li respingeva uno dopo l’altro.
Tuttavia nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare che le loro bravate infastidissero qualcuno mentre le ombre si allungavano sulla città…
Un baluginio oscuro risplendette nella nebbia di un luogo oscuro, così diverso dalla realtà di ogni giorno.
Un rumore di ossa infrante, quelle che facevano assomigliare quella brulla pianura ad un enorme mausoleo, dove spettri di morte e creature malvagie abitavano.
Un ghigno di gelo tirò le labbra del giovane uomo dagli occhi vacui e dalla carnagione cadaverica che fissava il cielo d’inchiostro, privo di luce se si escludeva un’inquietante luna di un colore rosso carminio.
Una luna di sangue.
-Cacciatori, tremate…perché non sfuggirete alla triste morte- con un’espressione folle e malvagia la creatura fece un cenno con la mano e i demoni si riversarono nel portale che si era appena aperto.
Alcuni rimasero in disparte, indecisi.
Portavano una corazza di un materiale brunito che rifulgeva di tenebra e fissavano scioccamente le immagini dei giovani che svanivano nelle increspature del Lago Tetro, usato spesso per la divinazione.
Con un gesto ne incenerì uno, ed allora gli altri capirono che non era il caso d’indugiare oltre.
Il portale svanì, un’ombra tra le altre nel mondo degli uomini…

Ringrazio vivamente Romance (sei sempre troppo buona con me Amore), Ayleen (sono lusingato), the_fairy_tales (troppo gentile) e Shirahime88 (sono contento che una mia storia possa riuscire ad accattivare un lettore nuovo^^)

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Capitolo 6
*** 5: School + demons = hard times ***


5: School + demons = hard times

“Qua è dove andavo a scuola
il più del tempo avevo di meglio da fare”
Nickelback – Photograph

Si trovava davanti a quell’edificio da diversi minuti ormai.
Le forme squadrate tracciavano cubi e parallelepipedi nella struttura dal tetto piatto.
Una cancellata cingeva il perimetro di quella che pareva una prigione.
Lì Stefano stava, col naso all’insù, gli occhi socchiusi di chi cerca di scrutare le cose più minute, la bocca spalancata come stupita e…
-Etciù!- il ragazzo proruppe in un notevole starnuto che fece voltare le persone circostanti, sollevando risolini divertiti mentre si soffiava il naso e si puliva con un fazzoletto di morbida stoffa.
-Già di primo mattino?- riconobbe all’istante Rick dalla voce
-Finchè questi bastardi tagliano l’erba di prima mattina…dannata allergia…-starnutì di nuovo, reclinando di scatto la testa ed imprecando per un dolore al collo –Dove sono quei dementi di Dany e Greiz?- chiese salutando Rey da lontano con un cenno della mano.
-Mi sembra volessero fare il giro lungo…non so se questo volesse fornir loro una motivazione per saltare la verifica in prima ora…- ridacchiò, allegro.
I rami si mossero impercettibilmente, e Stefano si voltò.
-Cosa succede?- chiese Rey
-Nulla, solo il vento tra le foglie- gli altri si girarono a salutare Matteo, appena sceso dalla macchina e caracollante sotto il peso dello zaino colmo di libri.
Non l’avevano notato perché non era il loro elemento…
Non c’era nemmeno un soffio di vento.
Percepì una riga scura nel suo campo visivo ed una fastidiosa sensazione di appiccicaticcio sulle palpebre.
Si portò le dita agli occhi nonostante sapesse già cosa avrebbe trovato.
Quel liquido viscoso e denso, rosso scuro.
Sangue.
Decisamente un cattivo presagio…
Entrò calmo in aula all’infernale strillo della campanella torturata dalle bidelle, quasi fossero secondini prepotenti. Si sedette in un posto centrale, né troppo avanti, né troppo dietro, in maniera che la professoressa non lo guardasse bieca ad ogni suo singolo movimento da lei non richiesto.
Tutto questo non bastò a nascondersi agli occhi dell’aguzzina che, volendo condividere con lui la gioia di vederlo, lo spostò al primo banco, seguendo ogni singolo movimento di un suo qualsivoglia arto con estrema attenzione, arrivando addirittura a perdere di vista il resto della classe.
Tuttavia lui non ebbe molte difficoltà.
Stranamente la sua prolungata assenza non aveva avuto effetti collaterali sul suo rendimento scolastico, forse anche merito della coscienza insita nei suoi occhi, in particolare all’accondiscendenza del lato angelico, che condivideva ogni sua singola nozione con la mente di chi lo ospitava.
Il demone era invece alquanto riluttante e avido, infatti faceva richieste notevoli in cambio della conoscenza.
Nemmeno una volta furono ascoltate dal ragazzo, troppo impegnato a resistere alla ninna nanna delle parole dalla prof.
Quasi per magia quando le palpebre gli si stavano per chiudere arrivò la salvezza dell’ora d’aria comunemente chiamata ricreazione.
Poté immaginare lo sguardo frustrato della loro prof di arte, inviperita per non essere riuscita a finire il suo discorso, che imprecava con quelli che uscivano a comprare un panino o a fumare una sigaretta sulle scale esterne, o si raccoglievano nel piacente giardinetto a discutere e scherzare.
Lui, dalla sua parte, abbandonò la testa sul banco e chiuse gli occhi –Che palle…ma quella non si può abbattere?- sussurrò piano mentre la psicotica gesticolava scrivendo i compiti alla lavagna e facendo commenti poco gentili su alcuni studenti un tantino svogliati.
Lui non rientrava in quella categoria unicamente perché la sua matita continuava ad incidere il foglio durante le sue spiegazioni.
Nessuno le aveva mai spiegato che quel movimento non aveva nulla a che fare col prendere appunti, ma probabilmente a nessuno interessava, in fondo era un modo come un altro per passare il tempo noioso.
Tra chi urlava, chi scherzava e chi svolgeva altre attività non ben identificate, siesta compresa, la scrittura ed il disegno erano gli hobby più sicuri in assoluto, soprattutto grazie allo scarso acume dell’insegnante.
Provò a cercare il sonno mentalmente, quasi imponendolo al suo corpo.
Ma il sonno non venne, quasi come se il suo stesso organismo avvertisse che avrebbe avuto bisogno di tutta la sua lucidità e reattività di lì a breve.
Non poteva immaginare quanto tali ipotesi fossero state azzeccate.
-Ehi amico, sembri un po’ giù di corda- Dany occupò la totalità del suo campo visivo
-Ho sonno…sicuro che la prof non sparga sonnifero in classe?-
-No, credo sia una reazione chimica comune ad ogni studente sano, l’aver sonno intendo- rispose leggero Rick, mentre Dany rideva dell’osservazione sarcastica.
Un corpo dalla chioma bionda ed ingellata deambulò macabramente per l’aula –Mat, sembri uno zombie- rise Greiz
Lui lo fissò con gli occhi semichiusi per poi sbadigliare ampiamente – Mi dispiace ma non ci posso fare nulla- disse guardando uno stranamente semidormiente Rey, che accennò un sorriso –Che cosa?- chiese a sua volta.
Ste mise il diario sotto la fronte, fissando il banco dietro agli occhi chiusi.
Quel potere non mancava mai di stupirlo.
-Andare a scuola è più fiaccante di uccidere demoni- sbuffò scocciato poi, scostando la sedia quanto bastava per permettergli di alzarsi e facendo un paio di torsioni veloci del busto.
Provò un brivido di piacere ed un sorriso gli increspò le labbra quando le vertebre schioccarono, intorpidite dalla passività di quelle ore sprecate.
-Qualcuno ha qualche spicciolo da prestarmi?- chiese speranzoso Greiz, che per risposta ottenne solo uno sguardo vacuo e come di scherno dei propri compagni –Tirchi…- commentò poi, imbronciato, facendo scoppiare a ridere gli altri.
Tuttavia l’espressione di Stefano continuava a celare una certa irrequietezza d’animo –Che c’è?- chiese Rey
-Temo oggi non avremo tempo per il riscaldamento…- disse pacato
-Che intendi?- intervenne Matteo, per poi riflettere –Intendi i demoni stanotte?-
-Temo non avremo tempo fino a stanotte- sospirò Ste, mettendosi a sedere.
-Ma dai, che idiozie vai dicendo? I demoni non uscirebbero mai di giorno- rise Dany.
-Temo questa convinzione sia fallace…- rispose
-Che intendi?- Rick era preoccupato, la mascella contratta per la tensione
Una goccia di sangue scivolò sulla guancia sinistra infrangendosi con suono cupo sul pavimento.
Tutti trattennero il fiato nel vedere che gli occhi del giovane piangevano lacrime insanguinate.
-Merda, addirittura di giorno vengono a rompere- sbottò infine seccato Dany
La campanella suonò nuovamente e ripresero i loro posti.
L’emorragia si arrestò, ma tutti sapevano che quella premonizione era vera e che quella era la calma prima della tempesta.
La professoressa entrò calma, senza sospettare che esistessero dei demoni peggiori di lei sulla faccia della terra, ed iniziò a tracciare dei segni sulla lavagna.
Il cuore ebbe un sussulto.
Ste portò la sinistra al petto in prossimità del muscolo pulsante.
Era come se fosse stretto in una morsa dolorosa, troppo dolorosa per parere una sensazione naturale.
Sondò il suo elemento e percepì il respiro affannato di altre persone.
Non era l’unico a provare quella sofferenza atroce.
Sembrava stessero strappandogli il cuore dal petto.
-Signorino, come osi distrarti?!- la voce acida della prof lo prese a sberle, ma ora doveva concentrarsi a contenere la pena –Non rispondi nemmeno?! Che insolente!-
Soffocò un “Crepa demente” prima che venisse pronunciato.
Lentamente una macchia rossa apparve sul banco, seguita da un’altra, un’altra, un’altra ancora…
-Che diavolo stai facendo?!- urlò la prof, sembrava quasi più preoccupata per la sua carriera che per lui, ma non ci badò molto.
-Cosa le sembra? Sto sanguinando…- mormorò dalle labbra che si muovevano convulse.
Non era mai stato a cospetto di una presenza tanto malvagia da piegarlo e ridurlo in quello stato.
Era terrorizzato.
Tuttavia i demoni non avevano contato il suo carattere, la sua eterna sete di sfida.
Quel terrore era il suo stimolo, quel terrore lo rendeva forte.
Lentamente gli spasmi diminuirono, ma chiese comunque alla prof di uscire, seguito dai suoi amici.
Mentre faceva un cenno del capo ad un pallido Matteo che scendeva dalle scale sentì dalla porta semichiusa dietro a sé un “Finalmente, non se ne poteva più” dell’insegnante ipocrita.
Lentamente iniziarono a percorrere lo spoglio corridoio.
Ogni passo era un passo più vicino al loro nemico.
Non potevano esitare nemmeno un secondo ed anche gli altri l’avevano capito perché avevano un’espressione seria sul viso.
Lentamente le labbra del giovane si incresparono in un sorriso –Come si suol dire, o la va o la spacca…- dal nulla apparvero le due lame, permeate di vento e di un colore verde smeraldo.
-Siamo con te- disse con voce pacata Rick, che stringeva tra le mani la lancia lunga dalla punta di cristallo e gelo, lunga ed affilata da due lati.
Sentì il tonfo dell’ascia, ora quasi un’unione di rocce di un colore castano leggero, di Greiz contro il suolo, il lieve ronzio del mazzafrusto di Rey, di cui rimaneva solo l’impugnatura, sormontata da un globo di luce fluttuante, il calore dell’arco spinato rosso e fiammeggiante di Matteo e la lieve oscurità portata dalle mani di tenebra di Dany.
Non vi fu preavviso all’assalto infernale.
Riconobbe i demoni che combatteva ogni sera, di sicuro quella non era l’origine della distorsione, erano semplicemente troppo deboli.
Vennero falciati al primo impeto, senza alcun danno per i ragazzi che, imperterriti, continuarono a passo crescente verso il cortile ombroso.
Altri demoni minori li assalirono in gruppo, numerosissimi.
-Gelum, qui acriter totam terram amicis, nos protegi!- urlò Rick, alzando la lancia al cielo.
Una brezza gelida eresse una barriera di cristallino ghiaccio attorno al gruppo, respingendo i demoni.
Alcuni troppo irruenti caddero a terra congelati, spezzandosi all’impatto col suolo.
Un’altra litania lo seguì subito –Lux, qui umbras expellis, refulge!- fece cenno di coprirci gli occhi e lanciò l’incantesimo alzando verso l’altro la mano sinistra.
I cristalli accolsero in loro la luce, amplificandola ad ampiezze insopportabili all’occhio umano e portandola a rivaleggiare col sole. Se qualcuno avesse tenuto gli occhi aperti sarebbe rimasto cieco a vita.
Una volta che la luce fu svanita dei demoni non c’era più alcuna traccia, se non nella polvere che il vento disperdeva.
Tuttavia quella presa insopportabile continuava ad esserci, come una presenza insistente, opprimente.
Fu allora che li videro.
Creature dai volti pieni di piaghe che camminavano avvolti da armature nere. Avevano gli occhi rossi o gialli e fissavano con malvagità l’ambiente intorno a loro.
Ste partì in carica, vibrando un fendente orizzontale con le lame parallele.
Il demone si limitò ad alzare il braccio corazzato, afferrando la lama e scagliando in aria l’avversario –Aire, tuam lievitatem mihi dona!- il corpo iniziò a perdere peso, fino a fluttuare in aria. Una spinta fulminea contro il muro contro il quale stava per cozzare lo riportò sulla traiettoria del nemico, con le due spade che si erano fuse in una lunga e larga lama a singolo taglio a due mani.
Il colpo fu violentissimo.
Tuttavia non fu abbastanza.
Il demone lo parò con la spada lunga che aveva estratto, respingendo l’avversario con forza tale da scagliarlo a terra.
Uno scricchiolio poco amichevole si levò dalle sue ossa al violento impatto.
Dany era già scomparso nelle ombre, pronto a sbucare da una di esse.
Un colpo di Mat venne intercettato da uno di loro, che si limitò ad afferrare incuriosito la freccia incandescente che stringeva tra le dita e rimandarla al mittente.
La lama di Dany cercò di colpirlo allora, ma venne respinto contro un albero da un suo poderoso calcio. Alzò la mano dalla superficie nera e coriacea e guardò con terrore la lama del demone scalfirla efficacemente, facendola sanguinare.
Rick provò a colpire uno con una finta alle caviglie seguita da un calcio sfruttando l’asta della lancia, ma venne respinto e colpito al petto da una di quelle lame.
Greiz mutò l’ascia in un poderoso maglio, creando una faglia sotto ai piedi delle creature.
Tuttavia ne aveva sottovalutato l’agilità, e si trovò a terra boccheggiante con un notevole taglio sul petto.
-Lux, malem repelli!- il mazzafrusto divenne uno splendente bastone candido, che, percossa la terra con la sua estremità, generò un’esplosione di luce accecante, che riuscì a far vacillare le creature.
Portò tutti in salvo, tuttavia Ste era proprio in mezzo allo schieramento nemico –Non credere che muoia così facilmente- intuì i suoi pensieri Dany, che tamponava la brutta ferita sulla mano, ora normale, con una striscia della sua maglietta.
Tuttavia gli occhi del loro amico erano chiusi.
Era perso, le tenebre…troppo fitte…la luce…no, fa male, è troppo vivida.
Camminava su uno stretto sentiero avvolto da una nebbiolina grigiastra che ne nascondeva i franosi limiti “Oh, dimmi che sotto c’è qualcosa”.
-Non lo sappiamo- una figura uscì dalla luce ed una dalla tenebra –Sembra tu abbia bisogno di noi-
-Chi siete, cosa volete da me?- una porzione di terreno cedette sotto il suo tallone e si tirò avanti, rimanendo in ginocchio.
-Noi siamo te- disse con un sorriso paterno la luce –Sembra tu abbia bisogno del nostro aiuto-
-Perché?- fece un passo avanti sul sentiero e vide la sua rovinosa sconfitta, le ferite, il dolore, la tristezza dei suoi compagni d’arme, dei suoi fratelli.
Lo sguardo si fece deciso, spietato –Dite che siete me?- fissò il terreno –Allora datemi la vostra forza!- urlò poi, fissandoli negli occhi
Ambedue annuirono e l’angelo si avvicinò a lui –Tieni- gli sussurrò in un orecchio mentre gli metteva in mano una collana che terminava con una croce di platino –Indossala, per ora credo smorzerà la presa della mia nemesi sulla tua anima-
Stefano sorrise, capendo che la figura in nero era il demone che l’aveva spinto a quella frenesia omicida –Grazie- disse pacato, indossandola.
Il bianco gli sorrise e tutto prese a vorticare…
-Rey, cosa sta succedendo?- Rick, pallido per l’emorragia ed il dolore guardava quella specie di vortice che si era formato in mezzo ai demoni, proprio nel punto dove era rimasto il loro amico, svenuto.
Un demone venne scagliato via conto un muro col torace sfondato.
Si dissolse prima di toccare terra.
Stefano era ancora vivo, e stava in piedi, fronteggiando fiero le creature oscure.
I suoi occhi erano la cosa più bizzarra, dal verde naturale erano diventati rosso e azzurro.
-Sapete ragazzi, non l’ho mai visto così…mi fa quasi paura…-
Lentamente alzò davanti agli occhi la mano sinistra, ora squamosa ed artigliata e la destra, ricoperta da un guanto d’armatura completa. I capelli corvini fluttuavano attorno al capo, arabescando figure antiche ed arcane.
Con un ghignò fece vorticare furiosamente le lame intrise del potere dell’aria sopra al suo capo.
Il vento iniziò a soffiare, prima brezza leggera, poi sempre più intenso, avvolgendosi in spirali sempre più ampie attorno al giovane.
Nemmeno i demoni riuscirono più a mantenere i pedi ben saldi a terra, venendo trasportati dalle furiose raffiche di quel tornado che si stava formando.
Ste fluttuò sempre più in alt, finchè non fu al livello delle creature infernali –Addio- disse sottovoce, descrivendo con le lame una rotazione completa su sé stesso.
Fu allora che il veno esplose in una terribile onda d’urto, che infranse i vetri della scuola e ne crepò i muri, tramutando i demoni in cenere nella brezza.
Uno solo era ancora a terra, pronto a colpire. Scatto. Parata. Respinto.
Il demone guardò stupito il giovane che brandiva un grande spadone luccicante d’azzurro e verde acqua.
Lo fece roteare davanti a sé in due fendenti obliqui, seguiti da uno orizzontale e da uno verticale che impressero nell’aria uno strano bagliore, come se l’arco dei colpi fosse ancora lì, letale.
Posò la sinistra su di esso, facendo affiorare la magia –Ici!-
Uno scatto fece svanire quelle falci. Un botto. Calma.
Dell’ultimo demone non c’era traccia.
Le mani stavano tornando normale e lui avvertì come una mortale fitta il dolore alla schiena.
Alzò il pollice verso i suoi stupiti amici.
Prima che tutto si oscurasse vide il cielo e sentì il tonfo della sua schiena sul terreno ora accidentato.

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Significato incantesimi (ribadisco che sono scritti in latino da un principiante e quindi possono essere pieni d’errori)

Gelum, qui acriter totam terram amicis, nos protegi! = Gelo, che avvolgi tutta la terra, proteggici!
Lux, qui umbras expellis, refulge! = Luce, che allontani le ombre, rifulgi !
Aire, tuam lievitatem mihi dona! = Aria, donami la tua leggerezza!
Lux, malem repelli! = Luce, respingi il male!
Ici! = Colpisci!

Ringraziamenti
Romance: Amore, sul però credo tu abbia avuto perfettamente ragione...gli eventi ti sembrano ulteriormente incupiti? Ti Amo da morire e non vedo l'ora di rivederti.
Shirahime88: Questo non è che l'inizio, ho avuto una o due idee che credo piaceranno, ma non credo di essere io a doverlo dire^^

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