Take a Highway To Hell, then the Stairway To Heaven

di WtFerdie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hi, Nick! ***
Capitolo 2: *** James. He can. ***
Capitolo 3: *** Do you ever smile? ***
Capitolo 4: *** This fuckin' life. ***
Capitolo 5: *** I Won't Be Home For Christmas ***
Capitolo 6: *** Mom, Laura and Chris ***
Capitolo 7: *** Josie ***
Capitolo 8: *** I Got You! ***
Capitolo 9: *** Jack&Sally ***
Capitolo 10: *** Jack&Sally (confusion) ***
Capitolo 11: *** Away from home ***
Capitolo 12: *** Happy birthday, Nick. ***
Capitolo 13: *** Or maybe your girlfriend? ***
Capitolo 14: *** I miss you. ***
Capitolo 15: *** Take a Higway To Hell, then the Stairway To Heaven. ***



Capitolo 1
*** Hi, Nick! ***


Era l’intervallo e alcuni miei compagni avevano avuto la grande idea di fottermi il golfino e il giubbotto che avevo lasciato negli spogliatoi durante l’ora di ginnastica. Con la neve alta venti centimetri all’esterno e le fineste aperte mi sembrò perfino di vedere un pinguino girare per i corridoi della scuola.
I caloriferi in classe erano spenti, quindi gironzolai in cerca di uno acceso. Finalmente ne trovai uno. Era in un angolo sperduto, dove nemmeno i prof si radunavano in gruppetti a sparlare degli studenti e di quanto vedono l’ora  di andarsene tre mesi in vacanza, magari ai Caraibi.
Appoggiai la schiena al calorifero e lentamente scivolai verso il basso fino a sedermi. Chiusi gli occhi in attesa del suono della campanella. Mancavano cinque minuti. Pochi ma buoni per rilassarsi. Sentii rumore di passi.
“Cosa vuoi?” sapevo chi era senza nemmeno aprire gli occhi. Era Laura, la mia compagna di banco.
“Nick, perchè te ne stai lì appollaiata? Guarda qui. Era appesa a uno dei rami della quercia che c’è in cortile.” Mi porse il mio golfino.
“Grazie.”
“Tu parli nel sonno. Lo sapevi? Ti ho sentita. Parlavi di un ragazzo. Avanti, descrivimelo.”
La sera prima ero andata a dormire a casa sua perchè i suoi non c’erano e da sola non riusciva a badare alla sorellina di cinque anni.
“Non ricordo com’era”
Invece lo ricordavo benissimo. Aveva i capelli ricci e castani. Potrei dire che sono belli come quelli di Robert Plant suonerebbe un’eresia, quindi dico semplicemente che mi piacciono. Lo rendono buffo! Poi aveva gli occhi color azzurro-grigio. Mi aveva detto il nome, era A...qualcosa. Non ricordo.
 
All’uscita da scuola mi aspettò un grosso pupazzo di neve con indosso il mio giubbotto e i miei occhiali. Dannazione, anche quelli mi avevano fottuto! Avete presente quelle ragazze sempre alla moda, truccate e pettinate alla perfezione che pensano solo ai ragazzi e allo shopping, quelle che tutti amano ? Ecco, io non sono una di loro. Tutti mi considerano la “tomboy” del paese. (Se non sapete che significa “tomboy” andatevelo a cercare) Io mi chiamo Megan, i miei mi chiamano Nick, quelli che mi odiano “sfigata”.
 
Nel tragitto verso casa feci un pezzo insieme a Laura.
“Nick, che fai il 22 sera?”
“Mah... andrò in giro per le vie del paese in mutande gridando ‘Ave, grande Hendrix’.“
“Eh?! Stai scherzando, vero?”
“Certo. Lo farò solo se dopo aver suonato  per otto ore di seguito le mie dita non sentiranno alcun dolore a causa di una mezza dozzina di birre e una bottiglia di vodka.”
Mi guardò per un attimo. Sembrava sconvolta dalla naturalezza delle mie parole.
“Okaaay.....e se invece venissi con me in un pub? Suona un  gruppo. Dicono siano molto bravi.”
“Mmmh. Ci sto!”

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Capitolo 2
*** James. He can. ***


Il 22 dicembre era più freddo del solito e la neve era aumentata; mi arrivava a metà tra la caviglia e il ginocchio. In realtà erano “solo” trenta centimetri ma, per avere sedici anni, sono piuttosto bassa. Feci lo stesso un giretto in paese verso le dieci di mattina.
 
Nella piazza un gruppo di ragazzi aveva improvvisato un campo da battaglia per palle di neve, con tanto di skate utilizzato come scudo. Riconobbi alcuni di loro. La battaglia era impari: erano tre bambini di circa otto anni contro otto della mia età. Mi sarei buttata volentieri nella mischia, ma avevo lo skate a casa. Non mi sembrava il caso di beccarmi la neve dentro la maglietta. Mi incamminai in una vietta dove non avevano ancora spalato la neve. Era come camminare nelle sabbie mobili, ad ogni passo mi veniva da bestemmiare!
 
Qualcuno mi colpì in testa con una palla di neve. Mi girai, era James. Lui è il mio migliore amico e spesso ci troviamo a suonare la chitarra insieme oppure al parco nel tentativo di combinare qualcosa con lo skate. Lui la maggior parte delle volte si ritrova col culo a terra. Così impara a fare il buffone! (La parte bella è che poi quando cerco di aiutarlo a rialzarsi mi tira giù e mi stringe forte.)
“Coglione, mi vuoi far venire il raffreddore?”
Si avvicinò a me e mi tolse la neve dai capelli. In genere odio che la gente me li tocchi. Anzi, odio che la gente mi tocchi. Sarò diventata paranoica a causa delle brutte esperienze avute a scuola. Chissà. Però con lui non ho problemi. In realtà mi rassicura.
“Ti va di suonare un po’?”
“Certo. Se vuoi andiamo a casa mia.”
“E...per tua madre?”
“È al lavoro. Torna sta sera.”
Mi madre lo odia. Ma esattamente non so il perchè. So solo che ogni volta che viene a casa nostra lei trova un pretesto per cacciarlo via. Per fortuna è quasi sempre o al lavoro o fuori con le sue amiche.
 
Suonammo fino alle 16, con qualche pausa per svuotare il frigo da cibo e birra. Non sentivo quasi più le dita della mano sinistra quindi ci mettemmo a giocare un po’ con la PS3.
“Nick, ci sono ancora birre?”
“Ne avevo quattro. Hai bevuto tu l’ultima. “
Fece una smorfia. “Allora vado. Continua tu.”
“Non mi diverto a giocare a Final Fantasy senza di te.”
“Devo portare fuori il cane...in qualche modo. Spero di non perderlo nella neve...”
Prese la chitarra e se ne andò. Se ne deve andare sempre sul più bello, lui. Salii in camera, accesi lo stereo e misi un CD dei Sex Pistols. Cominciai a scavare nell’armadio in cerca della mia maglietta preferita: dei Disturbed, più precisamente di Asylum. Erano mesi che non la trovavo. La indossai e uscii di casa. Era ancora presto ma mi stavo proprio rompendo le palle a starmene in casa. Senza James sembra una tomba. 

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Capitolo 3
*** Do you ever smile? ***


Il pub era completamente vuoto. C’era solo un barista e Christopher, un ragazzo che una volta abitava di fianco a me, poi si trasferì in fondo alla via.  Aveva in mano due bicchieri di birra e altre due erano sul bancone.
“Non le berrai tutte te, mi auguro.”
“Ciao, Nick! Mi dai una mano a portarle di là?”
Le presi e lo seguii.
“Sei qui da sola?”
“Per ora. Viene anche Laura”
“Sono contento che venga!”
Arrivammo in una saletta. C’erano soltanto due chitarre, un basso e un paio di bacchette.
“Quei bastardi! Mi hanno lasciato da solo. Se li trovo...”
“Hey, abbi un po’ di cuore. Prima lasciali suonare, poi fai quello che ti pare.”
“Mmh...solo se vieni con me a cercarli.”
“Ti seguo.”
Girammo a vuoto per una mezz'oretta, quindi tornammo indietro.
 
Il locale si era riempito parecchio e tutti tavoli erano occupati. Raggiunsi Laura vicino al palco. Dopo circa venti minuti iniziarono a suonare. Non erano bravi...di più! Fecero alcuni pezzi dei Ramones, Pink Floyd e Green Day. Giuro che se avessero suonato anche qualcosa dei Foo Fighters avrei iniziato ad adorarli come dei. Dato che Chris suonava con loro ci ritrovammo tutti insieme a un tavolo. Volevo sotterrarmi. Il bassista si era seduto vicino a me. Cazzo, aveva i capelli ricci, gli occhi color azzurro-grigio ed era pure senza maglia. Devo anche ammettere che ho un problema a parlare con i ragazzi (James e Chris a parte). Proprio non ce la faccio.
“Come ti chiami?” Dio, che voce!
“M-Megan...p-per gli amici Nick. Tu?”
“Adam.” Mi sorrise.
“Bel nome, d-davvero.”
Per fortuna uno dei suoi amici lo prese per un braccio e lo trascinò con sè. Laura mi diede un pizzicotto sulla guancia.
“Giù le mani!”
“Carino quel tipo, no?! Però ha un po’ troppi capelli.”
“Se, come no.”
Stavo morendo di caldo lì dentro, quindi uscii a prendere un po’ d’aria.
 
Ero con la schiena appoggiata al muro e fissavo una falena che volava intorno al lampione.
“Non hai freddo? Qua fuori si gela. Ci vorrebbe un bel fuocherello.” Sorrise.
In realtà non faceva altro che sorride. Cazzo avrà da essere tanto contento?! Misi una mano in tasca, tirai fuori un accendino e lo accesi.
“Questo è tutto il fuoco che ho.”
Sorrise, ancora!
“Per caso fumi?”
“Mmh, no. Non so nemmeno che ci faccio con un accendino... te lo regalo.”
“Figo! Ci sono su i Foo Fighters.” Se lo mise in tasca. “Ma tu non sorridi mai?!”
“Quando ne ho voglia...” A dire la verità quasi mai. Solo con James. È impossibile non ridere alle sue cazzate.
 
Chiacchierammo per qualche minuto ancora. Scoprii che andava alla mia stessa scuola e aveva un anno un più di me. Andai a “raccattare” Laura e la accompagnai a casa sua. Si buttò sul divano.
“Allora, che hai fatto con Mister-Occhi-di-ghiaccio?”
“Quattro chiacchiere.”
“Soltanto? Secondo me c’è altro...”
“Pensala come vuoi.” Aprii la porta d’ingresso.
“Dove vai?”
“A casa.”
“Prima ammetti che ti piace.”
“No.” Uscii.
 
In camera mia ho un letto a castello e spesso mi piace stare sopra, è una specie di rifugio dagli altri. Non riuscivo ad addormentarmi.  Verso le due di notte mi arrivò un SMS da James.
“Scusa l’ora. Puoi accendere il pc?”
Scesi subito dal letto,presi il pc portatile e risalii nuovamente. Lo accesi.
“Eccomi.”
“Scusa, so che è tardi.”
“Tranquillo. Tanto non riuscivo a dormire.”
Restammo svegli fino alle tre e qualcosa del mattino. Aveva la webcam accesa e lo potevo vedere. A un certo punto si addormentò sulla tastiera. Presi il cellulare e gli feci uno squillo.
“Perchè hai chiamato?”
“Ti sei addormentato. Vai a letto.”
“Ok... ci vediamo a natale?”
Spensi il computer e cercai di addormentarmi.

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Capitolo 4
*** This fuckin' life. ***


Le vacanze natalizie erano finite. Ricominciò la scuola, anzi, l’inferno. Molti la pensano come me, ma per diversi motivi. A me non dispiace vedere i prof e tutto quanto. Sono i miei compagni e altri che proprio vorrei non esistessero. Se fosse per me studierei da privatista. Avrei certo meno problemi, ma mia mamma non vuole. Dice che va benissimo quella che frequento. Ancora non capisce che quelli mi voglio morta. Sul serio.
 
Rimasi un po’ a fissare i poster che avevo appeso sul soffitto. Il mio preferito è quello con Dave Grohl  e Taylor Hawkins. Se mai dovessi lasciare questa casa, sicuramente me lo porterei con me. Dopo aver fatto colazione dissi a mia madre che andavo a scuola. E invece andai a casa di James. Era da natale che non lo sentivo. La casa sembrava vuota, nessuno veniva ad aprire. In quel momento passò la vicina, Breanna.  È una donna sulla settantina molto simpatica.
“Cara, stai cercando il giovanotto che abita qua?”
“Si, signora. Sa per caso se non usciti?”
“Oh, cara, non sapevi che si sono trasferiti?”
“Cosa?! T-trasferiti?! Quando?”
“Il giorno dopo qualche giorno dopo natale.”
 
Non poteva essersene andato di punto in bianco. Che figlio di puttana! Poteva anche dirmelo. Presi il cellulare e impostai il ‘numero privato’ e lo chiamai. Rispose subito.
“Chi è?”
“Potevi anche dirmelo. Ti odio!”
“Nick?! Scusa, io volevo dirtelo ma con quello che è successo la notte si natale tua madre era incazzata e ha litigato che con la mia. Dovevamo già trasferirci qui, ma doveva essere tra due mesi. Lei ha voluto partire subito.”
“Fanculo.”
“Se vengo oggi stesso e dormo da te? Al diavolo la scuola. Prendo il treno e arrivo tra un paio d’ore. Sempre se non c’è tua madre però...”
“Oggi ha detto che andava a dormire a casa di un suo collega per lavoro.” Certo..’lavoro’.... Crede che io sia nata oggi?!
“Ti aspetto”
 
Non avevo voglia di andare a scuola. Feci un breve giretto. Lungo il tragitto per casa vidi Adam da l’altra parte del marciapiede. A quanto pare anche lui aveva avuto l’idea di farsi una passeggiata piuttosto che stare in una fottuta classe. Non mi vide. Dovetti fare il giro più lungo perchè c’erano alcune colleghe di mia madre e non volevo farmi vedere da loro. Incontrai Adam per la seconda volta e mi vide, ne ero sicura. Ma non mi salutò lo stesso. Màh. Quando James arrivò per poco non gli saltavo addosso per abbracciarlo. Mi limitai a dirgli “Ciao.” Lo ammetto, sono patetica!
 
“Sai, ho una bella notizia!”
Eravamo seduti sul letto con la luce spenta e ascoltavamo un po’ di musica dal mio vecchio MP3.
“Vuoi dirmi che non te ne vai più? Se non è così allora non dirmi niente fino a domani mattina.”
“Okay.”
Andò a finire che ci addormentammo senza accorgercene. Quando mi svegliai cercai di stiracchiarmi, ma non potei farlo. Avevo le braccia di James intorno a me. Mi sentivo come un’orsetto di peluche. Questo pensiero mi dà un po i brividi, però speravo si svegliasse tardi. E invece no. Sentii che si allontanava un po’.
“Dormito bene?”
“Si...” Si stiracchiò. Aveva gli occhi socchiusi per la luce. Si coprì con una mano per farsi un po’ d’ombra.
“Cosa mi volevi dire ieri?”
“Ieri?! Ehm...ah, sì. Ho conosciuto una ragazza qualche settimana fa.”
“E quindi?”
“Ci siamo messi insieme.”
“Ah. Bello.” Bello un cazzo! Scesi dal letto.
“Qualcosa non va?”
“Eh?! No, va tutto bene...” Mi credette.
 
Alla fine non è molto sveglio quel ragazzo. Infatti quando ha sentito per la prima volta Aliens Exist per poco non cominciava a crederci anche lui. Tutto sommato però non mi dispiacerebbe se esistessero. Magari conoscerei qualcuno e non sarei più tanto sola. A parte James e Laura, gli altri o non mi considerano o mi voglio morta. Bell’affare la vita! È proprio come stare in un’autostrada per l’inferno, ogni giorno peggiora sempre di più. Se non altro un giorno potremo dire di aver sofferto per conquistarci il paradiso. Allora tutti i problemi saranno risolti. Nel frattempo continuo a percorrere questa strada.
 
Dopo aver riaccompagnato James in stazione andai a scuola prima di finire nei guai con mia madre. Però i miei amorevoli fottuti compagni erano in vena di festeggiamenti per il mio ritorno. Prima mi fregarono il portafoglio, per fortuna con solo 5 dollari, poi per poco non mi rompevano qualcosa. Dio, quanto li odio! Durante l’intervallo una tipa grossa il doppio di me mi bloccò nei bagni e mi sbatté contro lavandini. Per poco non ci rimettevo qualche vertebra. Caddi perchè il dolore era troppo acuto.
“Allora, come stai? Hai passato una bella giornata?”
“Se tu...non fossi nata...starei meglio...di adesso.”
Cercai di rialzarmi ma mi diede un calcio al braccio con cui mi stavo aiutando. Picchiai il gomito a terra. Lei mi tirò su prendendomi per la maglietta.
“Ora vado. Non voglio mica arrivare tardi a lezione.” Mi sorrise. Uscì e chiuse la porta. Avevo le fitte alla schiena. Che merda!

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Capitolo 5
*** I Won't Be Home For Christmas ***


Certe volte penso a dove abbia la testa James. La sera stessa mia mamma era incazzata nera! Quel demente si era dimenticato il cellulare a casa mia. Mia mamma cominciò a urlarmi dietro. Non ascoltai con attenzione e mi persi dei pezzi. Tutto quello che ho capito, è che non posso vederlo o sentirlo.  Bella merda. Ma tanto lei può dire quello che vuole, io faccio quello che è giusto per me. Sicché qualche giorno dopo presi il treno per andare da James.
 
Il treno era un mortorio, forse anche perché erano già le nove di sera. Una donna di fianco a me stava ascoltando le preghiere alla radio. Stava dormendo. Cercai di abbassare il volume ma premetti il pulsante sbagliato. Partì I Won’t Be Home For Christmas. Per fortuna lei non si svegliò. Aspettai che finissero i Blink-182 poi le spendi la radiolina di dubbia provenienza. Mi venne in mente che qualche settimana prima, a Natale, ero uscita con James di nascosto per evitare il cenone con i parenti.
 
Quello fu il giorno in cui mia madre iniziò a odiare profondamente lui e sua madre.
Passammo tutta la sera a ubriacarci e, come se non bastasse, lui comprò una bottiglia di vodka e ce la portammo al parco. Lui la aprì.
“Bene, ragazza mia. Al diavolo tutti quei parenti scassa coglioni. Divertiamoci!”
Poi sentii una voce che mi dava sui nervi ogni volta: mia madre.
“Megan! Adesso sei nei guai!”
Mi afferrò per un braccio. James si alzò e mi prese per l’altro. E prese a parlare.
“Allora. Qui c’è da chiarire una cosa. Lei non mi può portare via la mia Nick. E le spiego il perché.”
Per un certo punto non lo ascoltati. Ero troppo impegnata a osservare la faccia schifata di mia madre. Che ridere! Poi tornai ad ascoltare James.
“Dunque, lei non può separare due persone follemente innamorate!”
A quella frase mi prese un colpo. Speravo lo pensasse davvero, in realtà era solo troppo ubriaco per pensare a ciò che stava dicendo. Quando poi tentò di baciarmi mia madre non ci vide più dalla rabbia. Quindi litigò anche con la madre di James.
 
 Sapevo di rischiare molto andando da lui.  Ma alla fine non m'importava. Avevo bisogno di vederlo. Ho bisogno di lui. Cominciai a far girare lo skate tra le mani. Era vecchiotto e l’immagine sotto era tutta sbiadita. Rimanevano solo due scritte
 “Nick vola il tuo skateboard come solo tu sai fare…. ma occhio a non cadere!
Laura”
e  la mia preferita
“There goes my hero, watch him as he goes. There goes my hero, he's ordinary.
Kudos, your hero.”
Quella canzone mi piace da morire. E James lo sa. Lui sa tutto di me. Diceva di essere il mio Kudos. Infatti senza di lui non valgo niente, combino solo guai. Senza di lui sono un fottuto disastro!
 
James mi venne a prendere in stazione assieme a una ragazza, Kathleen. Lei era una Barbie in persona: capelli biondi tinti, truccata come se indossasse una maschera e l’intelligenza pari a un sasso. Poveri noi… Passarono la serata appiccicati come cozze. Giuro che avrei vomitato. Finalmente se ne andò e rimanemmo solo James ed io. Tutto sommato
“pagherei per essere al posto di Kathleen.”
 Mi portai le mani alla bocca. Speravo di non averlo detto davvero e che James non mi avesse sentita.
“Perché?”
“C-Cosa?”
“Non cambiare discorso. Rispondi.”
“No, niente.”
“Smettila e dimmelo.”
“E tu smettila di essere tanto irritante.”
“Grazie, eh.”
“No scusa. Non volevo dire quello!”
“L’hai fatto.” Se ne andò lasciandomi da sola per la strada. Che merda!

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Capitolo 6
*** Mom, Laura and Chris ***


Una cosa che odio in particolare di mia madre è il fatto che riesce sempre a peggiorare le giornate che mi vanno male. Dopo che James mi aveva lasciato in strada come una cogliona me ne tornai a casa. Arrivai verso le quattro di mattina. Mia madre era seduta sul divano ad aspettarmi; ovviamente non poteva evitare di farmi una scenata.
“Megan! Ti avevo detto che non potevi andare dal tuo amico. Sai adesso che succede?”
“Scusa, ma non ho ancora imparato a prevedere il futuro.”
“Fai poco la spiritosa! Non esci più di casa per un mese.”
“Come vuoi.”
Davvero non mi importava. Non avrei fatto pace facilmente con James, forse. Mi diressi verso la camera, ma lei non aveva ancora finito.
“Megan, se mi disubbidisci ti renderò la vita impossibile.”
“T’ho guarda che novità.”
“Non fare l’ironica con me!”
Mi chiusi in camera.
 
Dato che era domenica non uscii dalla stanza. Verso le sei di cinque del pomeriggio mi mandò un SMS Laura.
“Hai da fare sta sera?”
“Sono agli arresti. Ma vedrò che posso fare, dimmi.”
“Io e Chris ci vediamo davanti al parco per le 18:30… dovrebbe venire con Adam.”
Aprii lentamente la porta della camera e uscii in corridoio per non farmi vedere da mia madre. Passai davanti al bagno. Si stava facendo la doccia. Corsi in camera sua e aprii l’agenda che teneva sul comodino. Aveva una cena… un po’ strana come cena, però. Aveva scritto “dalle 18:30 alle 10:00 (portare cambio per lavoro)”. Già che c’era avrebbe potuto scrivere “notte di passione”. Tornai in camera e risposi a Laura.
“vedrò di arrivare in orario.”
 
Mia madre uscì mezz’ora prima lasciando il tempo di prepararmi, tanto il parco era praticamente dietro casa. Uscii dalla finestra, scavalcai un paio di muretti che accostavano la strada e fui direttamente al punto di incontro. Laura era già arrivata.
“Laura, hai saputo niente di Adam?”
“Hey! Ehm, Christopher ha detto che fa di tutto per togliersi i parenti di torno.”
“Cinque dollari che non arriva.”
“Se la metti così, dieci se arriva.”
Le strinsi la mano. Un quarto dopo arrivò Chris.
“Scusate il ritardo. Sono stato da Adam, non può venire.”
Allungai una mano verso Laura.
“Sgancia la grana, bella.”
 
La serata fu una noia mortale. Finì che la passai a bere mentre i due ci provavano tra di loro. Alla fine me ne tornai a casa lasciandoli da soli.

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Capitolo 7
*** Josie ***


Più passano i giorni di scuola e meno voglia ho di studiare. Soprattutto in inglese. La odio così tanto studiarla che ho ancora il libro imbustato nella plastica con attaccato il prezzo. Penso anche che il mio prof sia stupido: mi ha messo tra quelli con la media più alta. Tutto sommato non me ne dovrei lamentare…
In ogni caso andava sempre meglio, i miei compagni quasi si dimenticarono di pestarmi e alcuni dell’ultimo anno mi chiesero addirittura di aiutarli ad “abbellire” l’auto della preside. Era fantastica! Le disegnammo un macaco su una fiancata con le bombolette spray. Non scoprì mai di chi era la colpa.
La prof di matematica invece era odiosa. Ce l’aveva con me! Entrai in classe con due minuti di ritardo perché ero passata in bagno a togliermi i residui di vernice. Inizialmente non mi disse niente, ma una ventina di minuti dopo mi ritrovai fuori dalla classe senza un motivo, quindi me ne andai al solito calorifero. Ad un certo punto si aprì la porta della classe vicina. Uscirono Adam e un altro ragazzo e si allontanarono. Tornarono dopo un po’ e il ragazzo mi notò.
“Che ci fai qui?”
“Mi hanno cacciata senza motivo. E voi? Perché siete usciti?”
“Siamo andati a prendere una scala per togliere le decorazioni natalizie.” Indicò la scala che aveva in mano Adam, poi continuò “Adesso andiamo in classe. Ciao.”
Adam nemmeno mi salutò.
 
All’intervallo tornai lì con Laura. Non faceva altro che parlare e parlare, non riuscivo a starle dietro. L’avrei strozzata.
“E se chiedessi a Luther come si vestirà Maryanne? Non voglio avere il suo stesso vestito.”
“Ok, ma”
“Spero proprio di non dover cambiare abito! Non voglio cambiare di nuovo smalto.”
“Potresti non met”
“Secondo te è meglio quello lilla o verde-acqua?”
“Ehm, quello”
“Deciso! Metto il vestito blu e lo smalto con i brillantini!”
Era inutile. Non mi ascoltava affatto, quindi parlai di altro.
“Non posso più vedere James… e, gli ho parlato. È ancora arrabbiato.”
“Ma insomma, la mia è una questione di vita o di morte!! Scarpe con il tacco o ballerine?”
Mi allontanai lasciandola parlare da sola.
 
All’ultima ora alcuni miei compagni cominciarono a fare casino dando la colpa a me. Mi ritrovai nuovamente fuori dalla classe. Alla fine delle lezioni non vedevo l’ora di tornarmene a casa e sdraiarmi sul letto. Quasi mi pentii di esserci tornata tanto velocemente. Mia madre mi stava aspettando.
“Sta sera devo andare a cena con un’amica, quindi ti lascio sua figlia. Non è riuscita a trovare una babysitter.”
“Ma… non sarà mica Josephine?!”
Era una bambinetta insopportabile. Sua madre appena ne aveva l’opportunità la scaricava a casa nostra perché nessuno voleva prendersene cura nemmeno a pagamento.
“Tanto è solo per oggi.”
“Ti prego, posso chiamare aiuto? Magari una squadra cinofila o…non so.”
“Se vuoi ti lascio dei soldi per portarla fuori.”
“Posso scaricarla in un parco giochi?”
“No. Non spendere troppo.”
 
Verso le sette di sera suonarono alla porta, prese la borsa e andò ad aprire. Qualcosa tipo un fantasma sgusciò dall’apertura, si fiondò sulle mie gambe stingendole e facendomi quasi cadere. Era la bambina. Cominciò ad urlare “Megaaaaaaan” con una vocina stridula. Cercai di scollarmela di dosso.
“J-Josie, staccati. Mi fai cadere.”
“Gno.” Strinse più forte.
“E… per due dollari?”
Mi fissò.
“Cinque o niente.”
Tirai fuori i soldi e me li strappò di mano, poi corse al divano.
“Ho fame.”
“Vuoi una pizza?”
Scosse velocemente la testa dall’alto verso il basso.
“Megan, ho sete.”
“Abbiamo acqua o succo di mele.”
“Voglio il succo.”
Le riempii un bicchiere. Se lo bevve in un sorso mentre andavo rispondere al telefono.
“Nick, scusa per come mi sono comportato. Ti va di fare pace?”
“James, che diavolo?!”
“Ho combinato un casino. Posso venire da te? Giusto il tempo che i miei si calmino. Domattina ti prometto che me ne vado!”
“No. In ogni caso sono con Josie.”
“Perfetto! Ti do una mano. Sono lì tra due minuti.”
“Ok…come due minuti?”
“Sono già in stazione. A dopo.”
Allora aveva previsto tutto? Sono troppo prevedibile.
 
Quando James arrivò cercammo un modo per corrompere Josie a tenere la bocca chiusa.
“Ti diamo cinque verdoni.”
“Dieci e una barbie.”
“Sei sicura di non essere coinvolta nella mafia infantile?”
“Gno, ho solo cinque anni.”
Mi passasi una mano sulla faccia. I bambini d’oggi guardano troppa TV.
 
La portammo a mangiare la pizza e poi al parco giochi. Per le 20:30 eravamo già di ritorno. Avevo ordine di mettere a letto la “ricattatrice” prima delle nove. La sistemammo in camera mia nel letto a castello. Si addormentò subito con la sua barbie. Io e James andammo in sala a giocare a Il signore degli anelli e verso mezzanotte cominciammo ad avere sonno.
“Devi rimanere qui’?”
“Ti prego, posso?”
“Non saprei dove farti dormire. Mia mamma ha la brutta abitudine di chiudere a chiave la sua stanza e il divano è troppo piccolo.”
“C’è sempre il tuo letto. Tanto Josephine sta di sopra e quello sotto è libero.”
“Mmm…ok.”

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Capitolo 8
*** I Got You! ***


 Non riuscivo a dormire. Io ero dalla parte del muro, lui era su un fianco abbracciato al cuscino. Non so dire se facesse tenerezza o fosse semplicemente patetico. Rimasi a fissarlo. C’era la luce della scrivania accesa per Josie, quindi lo vedevo bene.
Poco dopo si svegliò.
“Come mai sei sveglia?”
“Non riesco a dormire…” guardai l’orologio digitale sulla cassettiera: 5:00. “ti ho svegliato io?”
“Nah, mi prudeva il naso. Se vuoi dormire devi…”
“Cosa?”
“Spegnere il cervello! Se pensi rimani sveglia.” si girò dall’altro lato.
“Secondo te, se mia mamma lo viene a sapere che sei qui, mia madre mi terrà rinchiusa a casa a vita?”
“Solo due anni. Una volta maggiorenne te ne puoi andare.”
“Ma…”
“Tranquilla, abbiamo anche corrotto la Pulce.”
 
Mia madre arrivò e James era già in stazione. (Avevamo fatto colazione insieme, ma quando uscì non mi salutò nemmeno.)
“Che avete fatto ieri sera tu e Josephine?”
“Abbiamo mangiato la pizza e siamo andati al luna park”
“Quanto hai speso?”
“Venti.” Più altri quindici…
Josie si svegliò e scese in cucina.
“Meeeeeg, dov’è Je” si fermò non appena vide mia madre.
“Je,cosa..?” Assunse l’espressione di una che aveva capito; era pronta a farmi un’infuriata. Poi mi venne in mente una scusa.
“J-Jessica! La bambola che le ho comprato ieri.”
Si girò verso la piccola. “Stavi dicendo Jessica?”
Annuì. La presi per mano.
“Vieni, cerchiamo la tua Barbie.”
Stavo sudando freddo.
 
La portai in camera.
“Grazie, Josie, mi hai salvato la vita.” le scompigliai i capelli.
“Non la voglio chiamare Jessica!”
Risi.
“Puoi darle il nome che vuoi. Ti va una cioccolata calda?”
“Siiii!” corse saltellando in cucina. L’avevo scampata bella!
Le preparai la cioccolata promessa. Finita di berla aveva i baffi di cioccolato.
“Buona, Megan!”
Mia madre prese il suo pc e lo infilò in borsa.
“Vado al lavoro. Poi facciamo i conti…” Aveva capito comunque.
“Accompagno Josie e poi vado a suonare da Laura.”
Uscì.
 
Per strada la neve era ancora alta e sotto c’era nascosto uno strato di ghiaccio. Neanche fossimo in Alaska! Josie scivolò e prese una botta alla gamba. Mi toccò portarla in braccio, come se la chitarra in spalle non bastasse…

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Capitolo 9
*** Jack&Sally ***


Collegammo la chitarra e il microfono all’amplificatore.
“Che ti va di provare, Nick?”
“Uhm, riesci a cantare Otherside?”
“Vediamo…”
Si interruppe dopo un po’, era perplessa.
“Laura, che c’è?”
“Manca qualcosa…”
“Bhè provare i Red Hot senza basso…”
“Ok… allora… Cosa proponi?”
“Blink?”
“Ci sono: I Miss You! Ma canti tu la parte bassa di Mark e io quella alta di Tom.”
“Che razza di cantante sei?! ” sghignazzòe cominciai.
“Hello there the angel from my nightmare, the shadow in the background of the morgue. The unsuspecting victim of darkness in the valley. We can live like Jack and Sally if we want. Where you can always find me” mi bloccai e smisi anche di suonare.
“Nick stavi andando bene, che ti prende?”
“È che… possiamo cambiare canzone?”
“Ok.”
 
Finimmo di suonare verso le sei di sera. Ci sedemmo sul divano.
“Che hai? Mi sembri preoccupata. È da quando abbiamo iniziato I Miss You che”
“Vieni con me.” la trascinai fuori casa.
“Dove stiamo andando?”
Continuai a camminare.
“Nick, rispondi!”
“Chiudi quella cazzo di fogna e seguimi.”
“Calmina…”
La verità era che nemmeno io sapevo dove stessi andando.
“Ti ha mai detto nessuno che sei strana?”
“James.”
“Ancora con sto James. Perché non te lo scopi?”
“Taci!”
“Nervosetta… Però hai ragione,mica ti piace Adam?”
Ripensai al giorno di natale. “Merda. Se la vecchia non si fosse intromessa, lui mi avrebbe baciata.”
“Adam???”
Le tappai la bocca con una mano.
“Cazzo urli? Abita qua.” Indicai la casa di fronte a noi. “E poi stavo parlando di James.”
Adam uscì di casa. Attraversai la strada senza guardare. Fortuna che non passarono macchine!
“Nick, mi vuoi dire dove mi stai portando?”
Entrai nel solito pub.
 
Il barista era piuttosto inquietante, ma mi avvicinai comunque al bancone.
“Belle ragazze, cosa desiderate?”
“Ci puoi dare due birre?”
“No. Me ne sono accorto che siete minorenni.”
“Merda! Allora due Coche.” Ci sedemmo.
Dopo un po’ sentii dell’aria gelida alle mie spalle. Era Adam con Chris e un paio di suoi amici; si sedettero al tavolo affianco. Chris e Laura si salutarono, e lui venne al nostro tavolo.
“Che ci fate di bello qua?”
“Se vuoi siediti qui con Laura, io vado a cercare un bar dove non vendano Coca-Cola.”
Lei cercò di fermarmi per un braccio, io la evitai.
“Ma ti vuoi ubriacare?”
“Forse.”
Mi seguì all’uscita.
“Ma è per James? Ammettilo. Ti piace tanto?”
“Che rompicoglioni che sei, smettila di farmi domande! Sai cosa, me ne torno a casa.”
Ovviamente mentii, andai in direzione del parco. Lì incontrai Sally.
 
Non ci parlavo spesso con lei, anzi, a dire la verità, non ricordavo nemmeno come l’avessi conosciuta. Mi portò in un piccolo locale. Era deprimente: cera solo un gruppetto di uomini sulla trentina nascosti da una nebbiolina di fumo.
“Seguimi, sul retro non c’è nessuno.”
“È tuo il locale?”
“Di mio padre.”
Accese lo stereo e mise dentro un CD dei System Of A Down.
“Ti va bene o cambio?”
“No, va benissimo.”
 
Il locale chiuse presto, quindi ci trasferimmo davanti. Prese qualche bottiglia e mischiò parte del contenuto in un bicchiere.
“Assaggia.”
Accettai bicchiere.
“Wow! Cos’è?”
“L’ho creato io. Si chiama Jack&Sally.”
“Mi ricorda una canzone…”
“Infatti.”
Parlammo un po’ di musica e bevemmo parecchio.
“Oltre che carina, simpatica e sorridente, ascolti anche buone musica. Mi lasci senza parole, ragazza!”
Sono sapevo esattamente se lo stessi pensando davvero o fosse l’effetto dell’alcool, fatto sta che la serata diventò sempre più strana. Ci ritrovammo una di fronte all’altra e lei avvicinò il suo viso al mio fino a baciarmi. Non so perché, ma non la respinsi. Inoltre, se devo dirla tutta, baciava anche bene.
Ad un certo punto mi chiamò mia madre al cellulare. Dovevo tornare subito a casa.
“Io vado, è meglio che vada a dormire. Ci vediamo.”
“Ciao.”

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Capitolo 10
*** Jack&Sally (confusion) ***


Una volta giunta all’isolato prima di casa mia cominciò a girarmi la testa; quasi mi parve di vedere James per qualche istante. James… sto così per colpa sua!
Entrai in casa cercando di fare il meno rumore possibile, anche se probabilmente avrei svegliato persino i morti; per fortuna mi accorsi che mia madre non c’era. Mi buttai sul letto sperando di non vomitare. L’idea di sporcare le coperte nuove mi disgustava e inoltre pensare al fatto che avevo fatto tutto questo per non pensare a James mi deprimeva. “Bere per dimenticare.” Se trovo quel coglione che ha detto questa frase giuro che lo squarto vivo! Continuavo a non dimenticare. Non ce la facevo.

Fin da quando lo conosco ho sempre saputo di non essere proprio “il suo tipo”. Bhè, a pensarci bene forse nemmeno lui sa chi possa esserlo. Una volta la ragazza dai capelli rossi che abitava davanti al parco, la volta dopo la ragazza giapponese venuta per uno studio all’estero, poi altre centinaia di ragazze. Una volta si stava prendendo una cotta per una olandese, fino a quando capì che in realtà era UN olandese! Ma io sono sempre rimasta l’amica.
Mi tornò in mente Sally. Mi scappò anche un sorriso. Possibile che provassi qualcosa per lei? Forse avevo bevuto un po’ troppo.
 
Continuai a pensarci anche i giorni seguenti. Se prima avevo un casino in testa, ora forse tanto convinta di averne una non lo ero più. Solo due persone sono capaci di capirmi meglio di me stessa, James e Laura. Di bene in meglio: uno aveva deciso di non parlarmi più da quella volta con Josie, l’altra mi avrebbe disprezzata (se non odiata) a vita.
Pensai che magari andando da Sally avrei capito meglio. Sapevo dove abitasse, sapevo come arrivarci… sono troppo codarda per affrontare la situazione! Nel frattempo avrei cercato di pensare ad altro.

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Capitolo 11
*** Away from home ***


Breanne mi aveva invitata a casa sua per una chiacchierata perché era spesso da sola in casa. Non mi dispiacque affatto, non era una di quelle vecchiette pettegole che ti riempie di domande o che inizia a fare discorsi sulla sua noiosissima vita. Dice ciò che è opportuno da dire.
Mi offrì una tazza di tè, ma dovetti rifiutare. Quando lo bevo sto male…
“Megan, tu suoni la chitarra, se non sbaglio.”
“Si, più o meno.” “Sai vi sentivo suonare, tu e il giovanotto della casa accanto. La mia preferita è quella… come si chiama? Sentivo che la suonavate spesso. Sai anche a mio marito un tempo piaceva cantare quella canzone. Oh mamma, sono passati così tanti anni…” La sua espressione da felice si tramutò in amarezza.
“Provi a canticchiarla.”
“Oh, le parole le ricordo benissimo. Faceva: There's a lady who's sure all that glitters is gold and she's buying a stairway to heaven.”
“Ho capito qual è.”
“Davvero? Saresti così gentile da suonarmela?”
“Certo, passo un attimo a casa..” mi interruppe.
“Ho la chitarra di mio marito da qualche parte nello sgabuzzino, se vuoi.”
“Va benissimo!”
Mi portò la chitarra. Era una acustica molto vecchia, ma tenuta talmente bene da sembrare nuova. Iniziai a suonarla e mi chiese di cantare assieme a lei. Aveva una voce molto delicata, sembrava quasi un sussurro. Era visibilmente commossa, probabilmente le era venuto in mente il marito. Si interruppe.
"Posso chiederti un favore?"
Annuii.
"Terresti tu la chitarra? Sai, qui con gli anni si rovinerebbe visto che non sono capace a suonarla."
"Ma è comunque un ricordo, non potrei..."
"Ti prego."
Alla fine accettai.

Mentre mi dirigevo verso casa mi venne l'assurda idea di chiedere a Laura e James di fare un video di quella canzone e metterla su DVD; così Breanne l'avrebbe visto ogni volta che avrebbe voluto. Presi il cellulare e scorsi i nomi della rubrica (in realtà si e no quattro) fino a James. Lo chiamai, ma non rispose. Che novità. Mi feci il giro dell'isolato prima di tornare a casa sperando chiamasse, ma niente. La macchina di mia madre non c'era. Entrai in casa e chiusi la porta. Mentre andavo in cucina mi squillò il cellulare, risposi.
"Ciao, James"
Nello stesso istante mi si presento davanti lei. Nascosi il cellulare dietro la schiena. Era incazzata. Sapevo avrebbe detto qualcosa su James, quindi portai anticipatamente il discorso da un'altra parte facendo finta di niente.
"Non eri al lavoro?"
"No, non andava la macchina. È dal meccanico."
"Ah... Io vado in camera."
Mi voltai e mi prese il cellulare.
"Questo lo prendo io."
Conoscendola, premette tasti a caso, finché non trovò quelli giusti
"Cosa vuoi fare?"
"Cancello il suo numero."
"Non essere ridicola."
Sapevo il suo numero a memoria ormai.
"Allora non lo riavrai più."
Mise il cellulare in tasca.
"Bene, io esco."

A questo punto non sapevo dove andare. Volevo vedere James, ma con quali soldi? Da Laura non potevo andare. I suoi erano contrari nell'ospitare gente dopo l'ora di cena. La verità è che non ho mai avuto molti amici, anzi, solo James e Laura erano gli unici.
Cominciò a farsi buio ed entrai nel parco. Dopo il tramonto si facevano vedere gli scoiattoli, oltre a drogati e pervertiti, ma non ne ero affatto preoccupata. Al centro del parco c'è un albero piuttosto grande. Mi ci arrampicavo da piccola e segnavo con il pennarello fino a dove riuscivo ad arrivare. Anche gli altri bambini facevano lo stesso, ma il mio era sempre il più alto. Mi sedetti su una panchina , misi i piedi sopra di essa e appoggiai la testa sulle ginocchia. Avrei voluto che James fosse stato con me. Non mi sarei sentita sola. Mi veniva da piangere, ma il mio carattere di merda me lo impediva. Ho sempre pensato che tuttavia piangere non era un segno di debolezza ma, piuttosto, un modo per scaricare la tristezza e le emozioni negative  che ti opprimono. Quella debole ero io che non riuscivo a liberarmi della frustrazione e della rabbia. Tra poche ore avrei fatto 17 anni e già volevo morire. Mandare tutto al diavolo e smettere di esistere mi sembrava forse il modo migliore per lasciarmi il dolore alle spalle.

Sentii qualcuno chiamarmi. Alzai lo sguardo e vidi Sally. Ultimamente ci vedevamo spesso e con lei stavo bene. Sorrisi.
"Ma tu sei sempre al parco a quest'ora?"
"Anche tu, mi pare. No?"
"Hai ragione."
Si sedetti di fianco a me.
"Qualcosa non va?"
Le raccontai tutto. Lei rimase in silenzio un attimo, poi disse una cosa
"La vita è come una grande battaglia nella quale devi lottare. Se non lotti l'avrai persa senza onore. Ricorda: non è finita finchè non sei sottoterra."
Rimasi colpita dalle sue parole. Mi abbracciò.
Alla fine mi propose di rimanere da lei finchè non avessi risolto con mia madre.

La casa era piuttosto piccola e si trovava proprio sopra al locale dei suoi dove lavorava. Andammo in cucina e aprì la mensola degli alcolici.
"Ti va un Jack&Sally?"
"Dipende."
"Da cosa?"
"Va a finire come l'ultima volta che l'abbiamo bevuto?"
Lo dissi in tono scherzoso, ma lei mi rispose seriamente.
"Questo dipende da te."
Sorrise. Cristo. Quella mi lasciava sempre senza parole. Ci mettemmo a guardare un po' di TV. Commentammo tutti i programmi stupidi che trasmettevano e imitammo le voci di alcuni personaggi dei cartoni. Lei era bravissima e mi faceva morire dal ridere.
"Hey, vicino-ino sciocco sciocchino ti sei mai accorto che la tua moglie mogliettina muore dal desiderio di divertirsi con me nel mio letto lettino?!"
Per poco non cadevo dal divano. E poi ancora
"Quando Lois arriva giuro che la picchio, poi la lego al letto e la ricopro di cera." cambiò voce "Di, Stewe, perché non l'ammanetti? Lei odia essere ammanettata. E già che ci sei, sculacciala con la frusta." tornò ad imitare Stewe "È della mia mammina che stai parlando. Non posso credere che tu riesca a trasformare tutto in giochini erotici quando si parla di torturate Lois."
Stavo morendo dalle risate.
"Sally, sei davvero fantastica."
"Hey, non ci starai mica provando con me?!"
"Eh? Cosa?! No no. Dicevo solo che... Imiti davvero bene... I personaggi."
"Mmh."
Iniziammo a sfottere Twilight. Iniziai io e lei mi seguì.
"Oh, Bella, non puoi amare uno come me, senza calore."
"Oh, Edward. Tu forse non sai, a me non importa se sei uno stupido pinguino dello zoo di New York. Io sarò la tua balenottera spiaggiata."
"Oh, baciami Bella."
Mi baciò sul serio. La respinsi. Non subito però. Lei si portò una mano alla bocca.
"Scusa, non dovevo."
"No, tranquilla... È che non sono in vena."
Continuavo a pensare a James.  



SCUSATE IL RITARDO MA HO AVUTO DAVVERO POCHISSIMO TEMPO IN QUESTI MESI. SPERO VI SIA PIACIUTO IL CAPITOLO.
ALLA PROSSIMA c:

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Capitolo 12
*** Happy birthday, Nick. ***


Mia madre iniziava a lavorare alle 7 in punto. 
Ore 7:15
Passai a casa per prendere lo zaino e i libri. In verità nemmeno ci volevo tornare a scuola, ma probabilmente mi sarei annoiata a non fare niente tutto il giorno. Però se anche annoiata sarei rimasta intera...

Ore 7:50 ingresso a scuola.
Sulla lavagna il 'biglietto d'auguri' da parte dei miei compagni. Diceva "Dopo 17 anni sei ancora viva. Ti decidi a schiattare??" 

Ore 11:00 intervallo.
Laura mi fece lo sgambetto mentre passavo davanti a Adam e lui rise sotto i baffi. Che figura di merda. Dopo dopo alcuni miei compagni mi trascinarono nei cessi. Due mi tenevano fermi e una balena si mise davanti a me.
"Dunque? Quanti sono? 17, vero? Beh... Uno" mi diede un pugno allo stomaco "Due" in faccia "Tre" e così via fino al 17. "Buon compleanno, sfigata."
Avevo sangue credo ovunque e gli occhiali spezzati. Togliendomeli mi finirono dei frammenti di vetro nella mano. Mi lavai con l'acqua. Nel frattempo in classe mi avevano fregato astuccio, libri, quaderni e il mio mp3. Il mio mp3 è sacro, per chi non lo sapesse.

Ore 13:30 pranzo.
In mensa alcuni mi lanciarono i vassoi. Ed ero giusto al tavolo da sola, il tavolo affianco a quello dove era seduto Adam. Figura di merda II.
 
Ore 15:00 uscita da scuola.
Fecero più o meno lo stesso dell'intervallo, ma fecero a turno per picchiarmi. Poi mi ridiedero le cose che mi avevano fottuto. I quaderni erano in mezzo ai cespugli. Le prime 100 pagine di storia sparse per i corridoi e il restante nello mio zaino, che usarono per pestarmi.

Tutto sommato non era diverso dagli altri anni. Aumentavano solo i pugni, i calci e i vestiti insanguinati. Non avevo nemmeno il cellulare per chiamare Sally e farmi venire a prendere. Dovetti farmi tutto il pezzo a piedi dolorante. La cosa sorprendente è che ogni anno riesco a sopravvivere. Forse divento più resistente. Pensandoci non avrei voluto farmi vedere da Sally così, quindi cercai di non passare davanti a dove lavorava . Fu inutile perché lei era a casa.
"Oh mio dio! Che ti è successo?"
"Niente di nuovo..."
Mi feci strada verso il bagno. Non volevo il suo aiuto. Venne con me comunque e mi disinfettò le ferite.
"Porca puttana, Sally! Se non riesci a farlo con delicatezza faccio da me!"
"Scusa, mi trema la mano. Perché ti hanno conciata così?"
"È il mio regalo di compleanno da parte loro..."
"E ti capita ogni anno?"
"Da quando ne avevo 5. Ok adesso basta mi stai facendo male."
Presi la pinzetta e tolsi i frammenti di vetro. Erano pochi, ma senza occhiali facevo fatica a vederli. Lei disinfettò.
"Adesso va meglio?"
Le presi il viso con la mano 'buona' e canticchiai.
"Tell me Jimmy I won't feel a thing. So give me novocaine."
In situazioni del genere mi piaceva sempre sdrammatizzare e poi dovevo trovare un modo per tranquillizzarla.

Mi misi dei vestiti puliti e mi sdraiai a pancia in su sul letto. Era morbido. Mi sembrava di essere su una nuvola. Mi guardai un po' in torno quel poco che riuscivo a girare il collo. Notai un piccolo mobile tra l'armadio e il muro. In mezzo era posizionata una collana sopra ad una veste in seta azzurra e circondata da una linea di gesso e sale.
Sally entrò in camera con del ghiaccio avvolto in un fazzoletto. Me lo misi sullo zigomo. Avevo un bel livido.
"Grazie. Ti intendi di Wicca?"
"Si, come lo sai?"
Feci un cenno con la testa indicando il mobiletto.
"Volevo farne uno anche io, solo che non sapevo dove. Mia madre non è molto religiosa... Però credo che dobbiamo essere cristiani. È strano come ragionamento. Se l'avessi fatto me lo avrebbe distrutto."
Si sedette affianco a me.
"Da quanto mi racconti tra te e tua madre non c'è un bel rapporto."
"Già. E tutto da quando lei e mio padre si sono lasciati."
"Mi dispiace..."
Cambiai discorso.
"Senti, è il mio compleanno e non voglio passarlo a farti deprimere. Fanculo tagli e mica tagli. Usciamo!"
Cercai di alzarmi e mi venne una fitta fortissima allo stomaco. La feci ridere un po'.
"Dove credi di andare conciata così?"
"Io esco. Vieni anche tu o mi lasci ai percoli della notte?"
Ci misi cinque minuti buoni ad alzarmi. 
"Te l'ha mai detto nessuno che sei strana?"
"Si, cara. E ne vado fiera."
Ridacchiò e mi raggiunse.
Andammo a mangiare da Apple Bees, il suo preferito. E poi distava neanche 500 metri da casa sua. Ci andammo comunque in macchina. Poi passammo a casa mia.

Recuperai il cellulare in camera di mia madre e andammo in camera mia. Con l'aiuto di Sally staccai il poster di Dave e Taylor. Dietro avevo scritto il numero di James. Presi anche lo skate, lo tenne in mano lei.
"Chi è Kudos?"
"È il soprannome che ho dato a James."
Presi una foto appesa al muro.
"È lui James?”
"Si."
"Mi pare di averlo visto in giro. Mica male il ragazzo."
"Hey."
"Tranquilla, non te lo rubo mica."
"Sta già con una."
"E com'è?"
"È un'oca. Carina, ma resta comunque un'oca."
Scendemmo le scale.
"E ti piace? Lui intendo."
No le risposi. Non volevo nemmeno pensarci. Aprii la porta di casa. Mia madre era lì.
"Megan, che ci fai qui? Prima te ne vai e poi torni? Vattene."
"Con piacere."
"E quella chi è?"
Guardò malissimo Sally.
"Non sono affari tuoi."
"Giuro che se avete preso qualcosa di mio ve la faccio pagare."
"Ma chi la vuole, la tua robaccia?!"
"Adesso vivi da tuo padre? Lui ti ha conciata così?"
"No, non so nemmeno dove abiti lui. E comunque torno a casa così tutti gli anni per il mio compleanno. Sei sempre troppo impegnata a pensare a te stessa per accorgertene. Non sai nemmeno quando cono nata."
"Si invece."
"Bene, quanti anni ho."
Non rispose. Non lo sapeva.
Uscimmo e tornammo a casa. A casa di Sally. Lì stavo bene. Con lei stavo bene. 

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Capitolo 13
*** Or maybe your girlfriend? ***


Laura corse da me, aveva il fiatone.
"Nick, ti... hanno... fottuto... bici..."
Dal giorno del mio compleanno era passato un mese e le cose erano peggiorate sempre di più. Mi avevano persino rotto lo skate...e un polso. Per tranquillizarla avevo raccontato a Sally che mi ero fatta male durante gli allenamenti di calcio. Ci credette anche perché io ero portiere. Laura si sedette affianco a me al solito calorifero.
"Mentre tu eri qui ho visto Adam entrare nella nostra classe. Forse ti cerca."
"Vabbe."
"Senti, spiegami sta storia di Adam e James. Non ci sto capendo più nulla."
Sbuffai. Continuava a chiedermi di loro.
"Ma niente, era tanto per distrarmi."
"Ma chi ti piace?"
"Nessuno dei due. Lascia stare. E poi adesso sto con una... Un'altra persona."
Non potevo dirle che era una ragazza.
"E come si chiama? Me lo devi presentare! Da quanto state insieme?"
"Due settimane."
"E com'è?"
"Non sono affari tuoi."

Prima di tornare in classe passai in bagno. Un tizio un prese per un braccio.
"Dove dove credi di andare?"
"In un posto chiamato classe. Quattro mura, una lavagna, una cattedra con un prof dietro, dei banchi...hai presente? Non so se ci sei mai stato."
"Fai poco la spiritosa."
Mi strappò la collana nera con una runa incisa in una placchetta di metallo.
"E questa cos'è? Te l'ha regalata la mammina? O forse la tua ragazza? Si ho viste."
"Dammela."
Mi diede una ginocchiata allo stomaco. Rimasi piegata in due dal dolore. Lui gettò la collana dalla finestra. Mi veniva da vomitare e per di più avevo ginnastica.
Arrivai in palestra con venti minuti di ritardo.
"Ti sembra l'ora di arrivare?”
"Non stavo bene."
"Muoviti e corri. 10 minuti."
Che prof bastardo.

Dopo scuola avevo gli allenamenti. Tecnicamente non avrei potuto farli con il polso ancora ingessato, ma il mio allenatore diceva che almeno qualcosa avrei dovuto farla per 'non perdere il ritmo'. Arrivai a casa esausta. Ero a letto sul punto di addormentarmi. Arrivò Sally e col suo tuffo fece sobbalzare il letto. 
"Sono distrutta."
"A chi lo dici... Che è successo?"
"Uno hanno bevuto troppo e hanno cominciato a fare casino. Li ho dovuto sbattere fuori e non è stato facile. Scuola?"
"Mh."
Presi il ciondolo della collana dalla tasca e glielo mostrai.
"Ho perso la cordicella. Scusami."
"Perchè non lasci quella scuola di merda?“
"Mi mancano solo un paio d'anni. Poi me ne vado al college lontana da tutti."
"Ma almeno reagisci."
"Sono già stata sospesa per rissa. Se picchio qualcuno mi cacciano."
Mi abbracciò forte. Per fortuna era con me.
"Nick, ti amo."
Le diedi un bacio sulla fronte. 

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Capitolo 14
*** I miss you. ***


Mi mancava. Ogni volta che pensavo a lui, a James, stavo male. Avevamo litigato tre settimane prima e non rispondeva alle mie chiamate. Uscii di casa alle 6. Sally dormiva. Le lasciai un bigliettino. Andai in stazione. Non c'era nessuno. Presi il treno e arrivai da James alle 8:45. Mi aprì suo padre. 
"Salve, c'è James? Avrei bisogno di parlargli."
"Sta ancora dormendo. Vado a svegliarlo, alle dieci dobbiamo uscire."
"Le dispiacerebbe se ci pensassi io?"
"Va che è un po' lento."
"Lo so, lo so."
Io avevo una tecnica. Gli presi il cuscino dalle braccia lentamente senza svegliarlo, quindi gli sussurrai all'orecchio "Abbraccia, Kudos." Chiuse le braccia e quando non sentì il cuscino. Si svegliò. Lo abbracciai io mentre si sedeva sul letto.
"Nick che" sbadigliò "che ci fai?"
"Ti prego, ti scongiuro, accetta le mie scuse. Non volevo dirti quelle cose. Non è vero ti odio e tutto il resto. Non è vero che posso cavarmela benissimo senza di te. Non lo pensavo davvero.  Non so perchè le ho dette. Forse per via di mia madre, la scuola o che so io. Ho bisogno di te, se no è come se mi mancasse una parte. Tu sei il mio migliore amico. Facciamo come se non fosse mai successo niente. Tutto come prima."
Sentì le sue braccia circondarmi.
"Mi sei mancata."
"Anche tu. Tanto."
"Stai ancora da tua madre?"
"No, sono andata a vivere da un'altra parte. Non l'ho più vista dal mio compleanno."
"Come sta Laura?"
"Non ci siamo più parlate da quando... Da quando ha saputo che sto con Sally."
"Oh oh! Comunque mi dispiace."
"Tu e quella, beh, la tua ragazza insomma."
"Tutto ok." 
"Ah bene..."
Bene un corno. Stavo male.
"Che hai?"
"Ma niente è che...si ecco ho un problema."
"Che tipo?"
"Prima di mettermi con Sally mi piaceva uno. Solo che mi piace ancora e parecchio."
Mi sentivo così stupida a parlargliene, ma tutto sommato ne avevo bisogno.
"E lei invece?"
"Beh se ci sto assieme..."
"Bel guaio. Ma lui chi è?"
"Non importa, non lo conosci."
"A me importa."
"Non te lo dico comunque."
"Non mi dici mai niente tu. Cattiva."
Fece l'offeso.
"Smettila, mi fai venire in colpa."
"Mmh...ok."

Era ora e ripresi il treno. Prima di andarmene gli promisi che sarei tornata presto. In treno mandai un sms a Sally dicendole che in un'ora sarei arrivata in stazione e di aspettarmi a casa. Ero felice. Avevo chiarito le cose con James. L'avrei rivisto. Mi sembrava troppo bello per essere vero.
Scesi dal treno e uscii dalla stazione. Passai davanti al parco e mi imbattei in un gruppo di compagni di classe.
"Raga, divertiamoci un po'. Come stai, sfigata?"
Due ragazzi mi presero e mi tenevano ferma, tre ragazze ridevano e la solita balena aiutava un'altro a picchiarmi. (Ancora.) Quando non fui più in grado di reggermi in piedi ci si misero anche gli altro e le ragazze. Calci, pugni. Sentivo male ovunque, così tanto da non capire più cosa stessero facendo. Mi si annebbiò anche la vista. 

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Capitolo 15
*** Take a Higway To Hell, then the Stairway To Heaven. ***


GUARDO L'OROLOGIO. ORMAI SONO PASSATE QUASI DUE ORE DA QUANDO MI È ARRIVATO IL MESSAGGIO, DOVE DIAVOLO SI È CACCIATA? SPERO NON SI SIA CACCIATA NEI GUAI. ULTIMAMENTE LA STANNO PRENDENDO DI MIRA PIÙ DEL SOLITO, FORSE A CAUSA MIA. NON ME LO PERDONEREI SE LE SUCCEDESSE QUALCOSA. MI HA DETTO DI ASPETTARLA A CASA, MA NON CE LA FACCIO A RIMANERE QUI UN SECONDO DI PIÙ. PRENDO LA GIACCA ED ESCO DI CASA. DOVEI SEI MEGAN? 
LA STAZIONE NON È VICINA, PERÒ PREFERISCO ANDARE A PIEDI. DI SOLITO LEI FA LE STRADINE CHE A PIEDI TI ACCORCIANO LA STRADA. DOPO UN QUARTO D'ORA ARRIVO DAVANTI AL PARCO. TUTTO IL TEMPO MI SONO GUARDATA ATTORNO MA NON L'HO VISTA, MAGARI SI È FERMATA E NON SI È ACCORTA DEL TEMPO CHE PASSAVA, MAGARI IL TRENO È IN RITARDO E SI È DIMENTICATA DI AVVISARE. VEDO PASSARE UN GRUPPO DI RAGAZZI? LI HO GIÀ VISTI?! SONO PREOCCUPATI TUTTI TRANNE DUE. DUE RAGAZZE PIANGONO. UNA DI LORO PARLA AGLI ALTRI.
"Non avremo esagerato?"
"Cazzi suoi. Non ti preoccupare. Se la caverà come sempre."
CHISSÀ CHE HANNO COMBINATO. 

SONO QUASI ALL'ALTRA ENTRATA DEL PARCO. NON L'HO VISTA. HO CERCATO OVUNQUE. ESCO. VEDO UNA RGAZZA A TERRA IN UN ANGOLO. QUELLA STRADA È SEMPRE DESERTA. NON SI MUOVE. MI AVVICINO PER VEDERE COME STÀ. CRISTO! È MEGAN. 
CAZZO, ORA LI RICONOSCO. LORO SONO DELLA SUA CLASSE. CHIAMO SUBITO UN'AMBULANZA. PIANGO. L'AMBULANZA ARRIVA IN FRETTA, PER FORTUNA. LA CARICANO. 
NON È COSCIENTE. C'È SANGUE OVUNQUE. NON LA RICONOSCO PIÙ. IN OSPEDALE MI DICONO DI ASPETTARE IN CORRIDOIO. CONTINUO A PIANGERE. UN'INFERMIERA MI FA DOMANDE. DEVO FARMI RIPETERE LE COSE PIÙ VOLTE. MI DISTRAGGO OGNI VOLTA CHE VEDO LA PORTA DELLA STANZA APRIRSI. CHIEDO AI MEDICI COME STA. QUEGLI STRONZI MI DICONO DI ASPETTARE, NIENTE DI PIÙ. FANCULO, IO LO VOGLIO SAPERE. MI DICONO DI NON URLARE E STARE CALMA. PER CHI MI HANNO PRESO? UNA STUPIDA CHE NON SA COSA SIA SUCCESSO? NON POSSO CALMARMI. 
VOGLIO VEDERLA. MI DICONO CHE DEVONO FARE PRIMA DEI CONTROLLI. SAPETE DOVE VE LI FICCO STI CONTROLLI?! SE BECCO QUEI RAGAZZI LI MANDO DIRETTAMENTE AL CIMITERO, NON PER UNA SEMPLICE PASSEGGIATINA. SONO INCAZZATA. PER ORA STO QUI. 
UN ALTRO MEDICO. MI DICE CHE LA SITUAZIONE È COMPLICATA E BISOGNA ATTENDERE. MA ANDATE ALL'INFERNO! PIANGO ANCORA E ANCORA. NON PUÒ ESSERE SUCCESSO DAVVERO. NO. È SOLO UN SOGNO. UN INCUBO. PRESTO MI SVEGLIERÒ. LEI SARÀ ACCANTO A ME. 

HO BISOGNO DI LEI.

SONO PASSATI TRE GIORNI. HO AVVISATO LA MADRE. PENSAVA FOSSE UNO SCHERZO. LE HO PASSATO UN MEDICO. CI HA MANDATI A FANCULO. NON SI È DEGNATA DI VENIRE. 
HO CHIAMATO IL PADRE. LUI SI. UNA VOLTA, MA OLTRE NON È DAVVERO RIUSCITO A ESSERCI. 
HO CHIAMATO JAMES. I SUOI LO HANNO PORTATO A SEATTLE PER UNA SETTIMANA. TORNERÀ DOMENICA. TRA DUE GIORNI. HA DETTO DI CHIAMARLO OGNI VOLTA CHE PUÓ, LUI FARÀ LO STESSO PER AVERE NOTIZIE. 
SOLO ORA MI SONO RESA DAVVERO CONTO DI QUANTO SIA SOLA. ADESSO LE HANNO COLLEGATO TUBI OVUNQUE. HA LE COSTOLE FRATTURATE CHE LE RENDONO QUASI IMPOSSIBILE RESPIRARE. NON POSSONO FARE NIENTE. RISCHIANO DI PEGGIORARE LA SITUAZIONE. SEMBRA DI ESSERE SULLE MONTAGNE RUSSE. MIGLIORA E POI PEGGIORA DI BOTTO. STO DA SCHIFO. PIOVE ANCHE. 
HO PRESO L'MP3 DI NICK. PER CURIOSITÀ ASCOLTO UN PAIO DI CANZONI. NE INIZIA UNA TRISTISSIMA E SO ESATTAMENTE QUALE SIA. I MISS YOU. SPENGO L'MP3. MERDA AVEVO APPENA SMESSO DI PIANGERE. RICOMINCIO. MI SENTO UNA FONTANELLA ROTTA. SONO DEBOLE. LEI AVREBBE DETTO TUTTO IL CONTRARIO. CERTO CHE È STRANA.
HO DISTRARMI, AL DIAVOLO. RIPRENDO L'MP3. ADAM'S SONG. MA UNA CAZZO DI CANZONE FELICE CE L'HA?!
ENTRANO DUE RAGAZZI. DICONO DI CHIAMARSI CHRISTOPHER  E ADAM. QUEST'ULTIMO NON È DI MOLTE PAROLE. SI LIMITA A DIRMI CHE DUE GIORNI FA L'HA CERCATA IN CLASSE. AVEVA VISTO COME LA TRATTAVANO. VOLEVA DARLE UNA MANO. MI DÀ UN'ACCENDINO. MI DICE CHE GLIEL'AVEVA REGALATO LA PRIMA VOLTA CHE SI SONO CONOSCIUTI.
RICORDO ANCORA COSA MI DISSE QUANDO L'HO INCONTRATA AL PARCO LA PRIMA VOLTA. PRENDI L'AUTOSTRADA PER L'INFERNO, POI LA SCALINATA PER IL PARADISO. TUTTO SOMMATO LA VITA È COSÌ. TUTTO CIÒ CHE VOLEVA DIRE USANDO DUE SEMPLICI CANZONI È CHE DEVI PRIMA TOCCARE IL FONDO PER ARRIVARE IN ALTO. 

È IL QUARTO GIORNO. MEGAN È FINALMENTE SVEGLIA. LE TOLGONO TUTTO L'ABBRACCIO. LE DICO CHE MI È MANCATA UN SACCO IN QUESTA SETTIMANA. PIANGO. STA VOLTA PER FELICITÀ. NON CI CREDO. 
INFATTI È SOLO UN SOGNO. MI SVEGLIA MIO PADRE. È VENUTO DA ME. HA SAPUTO CHE STA PEGGIORANDO. STO MALISSIMO. NON LA POSSO NEMMENO TOCCARE. DOVE NON HA FERITE HA AGHI E ROBE VARIE. 


IT'S NOT OVER TILL YOU'RE UNDERGROUND. LA VITA È UNA GRANDE BATTAGLIA IN CUI BISOGNA LOTTARE FINO ALL'ULTIMO. C'È CHI PERDE CON ONORE, COMBATTENDO. E CHI È TROPPO CODARDO PER LOTTARE. LEI HA PERSO CON ONORE. CE LA FARÒ IO SENZA DI LEI? SONO TORNATA CASA. LA CASA È PICCOLA, MA DA QUANDO NON C'È LEI MI SEMBRA TROPPO GRANDE. LA RIVOGLIO QUI CON ME. IL VUOTO CE L'HO ANCHE DENTRO. MI MANCA. ADESSO NON SARÀ PIÙ LO STESSO SENZA DI LEI. 
SONO CON JAMES, ENTRAMBI PIANGIAMO.   

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