Call to Fate.

di Lady Grace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno I. ***
Capitolo 2: *** Giorno II. ***



Capitolo 1
*** Giorno I. ***



N.B: questa storia è stata modificata e l'originale era One day.


 

CALL TOFATE.
Giorno I.

 




Harold Edward Styles è in un ritardo pazzesco. La sveglia non è suonata (o così dice)  ed il suo migliore amico è partito senza di lui. Tomlinson avrebbe potuto avvertirlo, ma siccome è incredibilmente furioso con lui al momento, ha tranquillamente deciso di lasciarlo arrangiare. Ma Louis non deve averci fatto un grosso affare, perché Styles non si arrenderà finché non avrà ottenuto la sua vendetta. Nel giro di qualche secondo un Paul furibondo lo chiamerà, ripetendogli di quanto sia irresponsabile ed infantile, che dovrebbe prendere i suoi impegni con più serietà e che è confinato in appartamento per i prossimi tre giorni. Ma ciò non può interessarlo più di tanto, perché lui uscirà indisturbato dal balcone della camera Zayn e si divertirà tutta la notte. Ma un Harold Edward Styles appena alzato, ancora assonnato e con la maglia al contrario, non è lo spettacolo preferito dai cittadini Londinesi. Oppure sì?
Ma non si preoccupa del suo aspetto tanto quanto di non sapere l’indirizzo dello studio. Dopo aver vagabondato un po’ per la città, decide infine di chiamare l’unica persona che potrebbe dirgli dove andare. Sebben proprio l’unica, però, non lo era.
Digita velocemente il numero dell’amico portandosi il cellulare all’orecchio.
  «Sei un grandissimo figlio di puttana! Ti dispiaceva così tanto svegliarmi stamattina? Cazzo Lou, sai no che Paul mi ammazzerà? Cazzo perché?»
  «Hai detto cazzo due volte.» risponde la voce.
  «E sono i primi di una lunga serie di cazzi che dirò! William dimmi immediatamente dove si trova questo studio di merda prima che ti spacchi quella faccia da cu-»
  «Senti, primo io non sono Lou, o William, o chi per lui, secondo, quanto sei scurrile ragazzo mio!» lo interrompe fastidiosa la voce.
  «Se tu non sei Louis, allora chi sei?»
  «Tua madre no di sicuro.»
  «Ah, ha fatto la battuta.»
  «Sei scazzato tesoro?»
  «No, rispondo a tutte le persone così.»
  «L’avete sentito? Adesso la battuta l’ha fatta lui.»
  «Sei scazzata anche tu, amore.»
  «No, rispondo così a chi mi insulta alle 7:14 del mattino. Soprattutto se sono sconosciuti.»
  «Ok, devo proprio andare.» dice Harold, chiudendo velocemente la chiamata.
 
E ti pareva che per una volta non filasse tutto liscio? No, oltre all’essere nei casini con mezzo management, doveva anche sbagliare numero e chiamare una perfetta sconosciuta puntigliosa ed antipatica. Velocemente digita altri numeri sul cellulare, stavolta sicuro di aver composto quello di Tomlinson.
  «Sai che grandissimo pezzo di merda sei? Hai idea di quante ramanzine sarò costretto a sorbirmi per colpa tua? Vaffanculo Lou!»
  «Sì e anche la Ginevra! Vuoi sapere cos’ha fatto? Ha rovesciato il caffè sul mio nuovo abito! Io stasera come faccio, me lo dici?» E questa adesso chi è?
  «Scusami, devo avere sbagliato numero.»
  «Non ti preoccupare Mr. Lou grandissimo figlio di puttana, dov’è lo studio, faccia da culo, ho fatto la battuta del secolo e str-»
  «Ancora tu?» domanda Harold stizzito.
  «Fino a prova contraria sei tu che hai chiamato.»
  «Oh, devo avere sbagliato ancora numero.» risponde il riccio, ovvio.
  «Grazie per l’informazione, non ci sarei mai arrivata da sola.»
  «Sei così bassa?» ride Harold, realizzando di non essere poi così simpatico.
  «In realtà sono alta un metro e settantasei centimetri, senza tacchi.»
  «Sei una modella?»
  «No.»
  «E perché no?» I fatti tuoi Harold, mai eh?
  «Perché ho un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e mi mancano cinque dita delle mani.»
  «Il senso dell’umorismo no di sicuro.» risponde il riccio, realizzando che quella voce non è poi così fastidiosa come pensava.
  «Sono le sette del mattino, aspetta di sentirmi a quelle di sera!»
  «Magari stasera dovrò chiamare Louis faccia da culo e casualmente sbaglierò numero di nuovo.»
  «E questa è una promessa o una minaccia?»
  «Probabilmente nessuna delle due. Facciamo che sia una casualità.» spiega Harold.
  «Quindi io dovrò semplicemente rispondere normalmente come se non sapessi che sei tu.» Perspicace.
  «Esattamente.» sorride entusiasta Harold.
  «Allora arrivederci, o meglio, a risentirci Lou faccia da culo, stronzo, fig-»
  «Si, ho capito, grazie. Buona giornata.» chiude velocemente la chiamata il riccio, affrettandosi a comporre il numero del vero Louis Tomlinson.
 
Ma s’accorge di non avere davvero bisogno di sentire la sua voce, perché per fortuna (o sfortuna) riesce a recuperare l’indirizzo dello studio, scritto in maiuscolo sulle note dell’Iphone. E contemporaneamente si dà dello stupido per non essersene accorto prima. Continua a camminare, un po’ più lentamente, perché non ha realmente voglia di andare a provare le nuove canzoni dell’album. Abbiamo tempo, si dice. Improvvisamente il nome di Paul si illumina sulla schermata del cellulare, ma Harold evita accuratamente di rispondere. Proprio quello di cui aveva bisogno era un manager furioso che gli urlava nelle orecchie. Almeno, se quello e tanti altri signori dentro a quello studio non lo amavano, numerose e calorose fan ci pensavano al di fuori: una mandria impazzita di ragazzine ha iniziato ad inseguirlo. Harry corre, il più velocemente possibile, sperando di sfuggire alle loro grinfie. Sembra riuscirci quando entra in uno studio, a pochi metri dal suo, andando a mischiarsi con le persone lì presenti. Sono nella merda, pensa. E non ha del tutto torto.
Dopo qualche secondo mette fuori la testa dalla porta principale, cercando di scoprire se quelle ragazze sono ancora lì o se ne sono andate. Per sua sfortuna nessuna di quelle ha l’aria di volersi muovere. Sbuffa.
 
  «Ha bisogno di qualcosa, signore?» domanda gentile una ragazza dietro di lui. È alta, bionda, abbastanza slanciata e ha l’Oceano Pacifico al posto degli occhi.
  «In realtà io dovrei uscire, e al più presto onestamente, ma ecco… c’è un gruppo di fans appostate qua fuori che non me lo permette.» Anche la ragazza sporge la testa, per controllare se quanto detto dal riccio è vero. Perché non dovrebbe credermi?, si lamenta Harry nella sua testa. La ragazza annuisce.
  «Beh, se vuole c’è un uscita sul retro.» la bionda indica uno stretto corridoio buio, muovendo la mano per spiegargli la strada per la porta.
  «Grazie.» risponde cortese Harry, seguendo le indicazioni dettegli dalla bionda. «Arrivederci.» conclude poi, sorridendole.
  «Sì, arrivederci.» dice quella prima di allontanarsi.
Si ferma, domandandosi se ammettere di aver paura del buio possa essere una buona ragione per farsi accompagnare. Magari da una ragazza bionda. Magari da quella bionda. Scuote il capo, non sono Zayn, si dice.
 
Quando finalmente trova l’uscita, s’incammina fuori da quello studio per raggiungere il proprio. Ogni tanto si guarda indietro, controllando che nessuno lo stia seguendo.
“Studio 6”. Eccolo. Pronto per un Paul adirato, un Louis incagabile ed un gruppo di zombie viventi che vanno sotto il nome di Niall, Liam e Zayn? No, ma deve entrare lo stesso.
Prima però, digita nuovamente il numero di Louis Tomlinson.
  «Pronto?»
  «Mi diresti soltanto il tuo nome? Io sono Harry.»
  «Zoie.» risponde quella.
  «Allora Zoie ci si sente.» sorride il riccio.
  «Ciao Harry.» conclude la ragazza prima di mettere giù.

E il riccio si incammina, perché non ha tempo per richiamarla e discutere su quanto improponibile sia il suo nome.
  
 

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Capitolo 2
*** Giorno II. ***




CALL TO FATE.
Giorno II.





 
  «Lou?» chiede Harry stiracchiandosi, dopo una lunga giornata in studio.
  «Perché oggi non mi dici faccia da culo? Mi ero preparata una serie di epiteti poco carini da rifilarti qualora mi avessi presa ad insulti!» si lamenta l’altra.
  «Oddio, non dirmi che ho sbagliato numero ancora, sto parlando con uno sconosciuto?!»
  «A forza di confondere i numeri siamo quasi diventati amici… quindi dire che non stai propriamente chiacchierando con una sconosciuta.»
  «Sono mortificato, davvero.» si scusa Harold, abbozzando un sorrisino sghembo.
  «Per il fatto che hai sbagliato numero nuovamente o perché non hai chiamato ieri alle sette?»
  «Ieri sono stato incredibilmente indaffarato, avrei richiamato davvero se avessi avuto tempo, Zoie!» spiega il riccio, sbadigliando.
  «Allora ti ricordi il mio nome!» esclama quella. Sì, solo perché fa schifo, riflette Harry, evitando accuratamente di pronunciare i suoi pensieri.
  «Sì, del resto non capita tutti i giorni di incontrare qualcuno che ha un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti ed è privo di tre dita delle mani»
  «Sono cinque le dita che mi mancano.»
  «Allora è una ragione in più per non dimenticarsi di te.» risponde il riccio, chiudendo gli occhi.
  «E tu Harry come sei?»
  «Ho tre occhi, la carnagione celeste, ma questo è solo il risultato delle lampade che faccio, tre gambe anche io – anche se suppongo si tratti di qualcosa di diverso rispetto a quanto riguarda te – e poi mangio carne umana.»
  «Buona?» domanda Zoie ridendo.
  «Non sempre, dipende dalla persona  di cui ti cibi.»
  «E delizioso l’argomento che stiamo trattando.» borbotta l’altra.
  «Ancora, lo definirei squisito.» farfuglia poi Harry, ben sapendo che a breve sarebbe crollato. Il riccio si massaggia le tempie e sbadiglia.
  «Non ricordo più la password di Twitter.» si lamenta Zoie dopo un po’, alzando la voce e cambiando discorso.
  «Prova con Harry-figo.»
  «”Non dire stronzate” mi è venuto visualizzato. Pensi che il sito mi stia intimando di non prenderlo in giro?» se la ride la ragazza.
  «No, probabilmente la risposta giusta è “Harrysuperfigo”.» replica il riccio, sbadigliando ancora.
  «Förfall, avevo lasciato il “super” nella tastiera.» Harry la sente digitare velocemente, «Nah, neanche questa. Però adesso dice “modestia stuprami”. Chissà cosa vorrà dire?»
  «Qualcuno dovrebbe spiegar loro che non è una questione di umiltà, miei cari, ma soltanto di realtà.»
  «”La preghiamo di smettere di inventarsi frottole”.»
  «Sempre Twitter?» domanda Harold.
  «No, il mio ego femminile.»
Harry sorride.
  «Voi maschi siete così superficiali e vanitosi, elemosinate continuamente complimenti.»
  «E questa perla è propria sempre del tuo ego o proviene da qualche altra saggia fonte?»
  «Stavolta è tutto merito della mia conoscenza.»
  «Allora deve essere molto limitata per affermare qualcosa del genere.»
  «Oppure tanto sconfinata da non riconoscere le eccezioni.» spiega Zoie, ed Harold può chiaramente sentire uno sbadiglio provenire aldilà del cellulare.
  «Probabilmente.»
  «Il che si riferisce chiaramente a mio fratello. L’unico uomo capace di mettere da parte il proprio orgoglio e trarre importanti insegnamenti dai consigli che gli vengono dati.»
  «Stessa identica cosa che faccio io.»
  «Cinque secondi fa Twitter non era propriamente d’accordo con te.»
  «I social network non sono mai affidabili.»
  «Lei è un santo, Mr. Harry.»
  «Se mi vedessi saresti d’accordo.»
  «Se ti incontrassi ti tirerei un calcio nel culo immediatamente.» Zoie ride. «E probabilmente ti prenderei a parolacce per ricambiare.»
  «Interessante direi…» si gratta il capo Harold, poggiando la testa allo schienale della poltrona. La stanchezza di fa sentire.
  «Però ti farei incontrare Lou.» continua il riccio.
  «Ah, faccia da culo, pezzo di merda, stronz-»
  «Sì, lui.»
  «Allora ci conto.» risponde Zoie.
  «Però tu mi presenti Ginevra.»
  «No.»
Harry sgrana gli occhi. «E perché? È un mostro anche lei?»
  «Direi di sì.»
  «Beh, se sopravvivo alla tua vista il gioco è fatto…»
Zoie sbadiglia ed Harry fa lo stesso, perché sono le due di notte e non hanno ulteriori forze per reggersi in piedi.
  «Beh, Sant. Harry.»
  «Sì Zoie, dimmi…»
  «Io vado.»
  «A letto?» domanda il riccio.
  «Massè, a fanc-»
  «Zoie tu ti lamenti di me per la mia scurrilità, ma ti sei sentita?» Louis Tomlinson entra nella stanza posizionandosi davanti ad Harold. Lo fissa qualche secondo con un’espressione interrogativa, della seria “con chi stai parlando a quest’ora?”. Il riccio scuote il capo e allontana il cellulare dalla bocca. «Arrivo subito.» Tomlinson annuisce.
  «Te l’avevo detto che dopo le sette di sera ero incagabile.» si difende l’altra.
  «Forse avevi ragione.»
  «Io ho sempre ragione.»
Louis muove freneticamente la mano, incitando Harry a chiudere la chiamata.
  «Ma allora sei anche modesta! Sai, penso seriamente che tu sia la ragazza per me.»
Louis ora strabuzza gli occhi. “Chi cazzo è?” sillaba al riccio.
  «Sono già impegnata.»
  «Con chi scusa?»
  «Con il mostro delle caverne!» Harry sghignazza.
  «Beh, siamo abbastanza simili, o no?» Zoie ride. E il cuore di Harold fa un a capriola. No scusate, è solo inciampato sulla terza gamba.
  «Più o meno.»
  «Domani casualmente dovrò richiamare Lou, quindi ti chiedevo se verso le cinque sei libera.» dice Harry, continuando a far aspettare il povero Tomlinson.
  «Se non sono impegnata con MDC direi che è perfetto.»
  «MDC?»
  «Mostro delle caverne!»
  «Oddio scusa, non me lo ricordavo.» Lou sbuffa.
  «Adesso vedrò se perdonarti o no…»
  «Facciamo che me lo dici domani quando chiamerò Lou?»
Il diretto interessato lo fissa con il cipiglio alzato.
  «No comunque davvero, se vuoi posso chiamare anche MDC e chiedergli un appuntamento tanto non-»
Louis Tomlinson esce furioso dalla stanza. Harold continua a non ascoltarlo. Pazienza, domattina si sveglierà in ritardo un’altra volta.
 
*
 
Neanche stamattina la sveglia è suonata (o così continua a dire Harold) e dopo essersi fatto una doccia fredda e tre caffè per vedere di svegliarsi più velocemente, Harry Styles corre per le vie di Londra con uno zaino sulle spalle e l’Iphone in mano. Anche stamattina è scientificamente testato che un Paul adirato lo chiamerà, riprendendolo per i suoi continui ritardi, ma è altrettanto provato che a Harry non fregherà niente… e che picchierà Louis Tomlinson per non averlo alzato. Si porta il cellulare all’orecchio.
  «Sei un grandissimo figlio di puttana lo sai?» urla il riccio.
  «Non è colpa mia se non la smettevi di stare al telefono, MCD… o era CDM… oddio non me lo ricordo!» si lamenta Tomlinson.
  «Uno, era MDC, due vaffanculo! Perché non mi hai svegliato?»
  «Tu ieri sera mi hai cagato?»
Harry si sente in colpa… per non trovare altre parolacce da dirgli.
  «Se la smettessi di stare al telefono per ore e dormissi, e mi prestassi attenzione, magari potrei anche iniziare a chiamarti la mattina. Ma a quanto pare sei troppo impegnato…»
  «William era importante.» commenta Harold.
  «Io penso sia molto più importante che tu ti muova e ci raggiunga allo studio adesso. Paul ti vuole parlare riguardo il tour.»
  «Non può dirlo a voi?»
  «Quando vieni qua poi lo senti…» dice Louis, chiudendo la chiamata.
 
Harry Styles impreca, maledicendo Louis Tomlinson per non rivelargli mai niente. Finalmente è arrivato allo studio ed un po’ titubante entra. Sulla porta ci sono un Paul leggermente alterato, uno Zayn indifferente, un Niall assonnato ed un bruttissimo figlio di puttana, testa di c- Harold! Ma cosa dici? Il riccio scuote la testa, fulminando con lo sguardo Tomlinson, il quale se la ride sotto ai baffi.
 
  «Il principino si è svegliato, vedo. Grazie Harry per degnarci della tua presenza.» Harold arrossisce.
  «Scusatemi, qualcuno ha dimenticato di svegliarmi.» dice il riccio riferendosi all’amico. E Louis fa per difendersi quando Paul lo interrompe adirato.
  «Harry non accetto più nessuna scusa! La prossima volta che arrivi con anche un centesimo di secondo in ritardo ti butto fuori dalla band!»
Harry ride, perché sia lui che Paul sanno bene che non può farlo.   «Mi dispiace ma davvero non è colpa mia!»
  «E di chi è? Del lupo?» No, ovviamente, di una modella con un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e priva di tre – cinque- dita delle mani. Ma Harold si astiene dal pronunciare quella frase, perché alla fine della giornata vuole rivedersi con gli stessi connotati.
  «Non succederà mai più, promesso.»
Paul ghigna, borbottando qualcosa a lui incomprensibile. «Ed ora fila a fare le prove con gli altri!»
Il riccio ascolta attentamente l’ordine del manager e lo esegue, entrando nella stanza e dirigendosi al microfono. Louis Tomlinson sibila un “ti sta bene” con un sorrisino idiota. Harold preferisce evitare di rispondergli, perché solo Zoie – e la sua finezza - sarebbe in grado di dirgli tutto quello che il riccio vorrebbe urlargli. Harry sorride, ma non esattamente per Tomlinson.
 
*
 
  «Dovremmo parlare.» esordisce Paul riferendosi ad Harry, entrando nella stanza. Il riccio non parla, aspettando che l’altro inizi il discorso.
  «Hai trovato una fidanzata?» il riccio scuote il capo.
  «Non mi piace l’idea, Paul.»
  «Devi farlo. Diamine Harry, puoi prenderti chi vuoi che provvederemo noi ad accordarci, e tu ti lamenti?»
  «E se mi prendessi una modella con un occhio solo, tre gambe, i denti cariati ed ingialliti e priva di tre, no erano cinque, dita delle mani, la paghereste lo stesso?»
Paul sembra pensarci. «Se è bella sì.» Harry sbuffa.
  «Ripetimi perché lo stiamo facendo perché non ci capisco più niente…»
  «Per la pubblicità.»
  «Non mi va. Non potete far fidanzare Niall?»
Paul lo guarda, scuotendo il capo. «Si tratta solo di cinque mesi. Solo cinque mesi.»
  «Sono sei.»
  «Harry ti stanno proponendo un affare: puoi prendere la ragazza più bella che vuoi e sarà tua, tua, Harry, per sei mesi.»
L’interessato alza le spalle. «Non mi interessa realmente.»
  «Ma sai che devi farlo, quindi meglio evitare di rimandare ancora ed ancora.»
Harry si alza e fa per uscire dalla stanza.
  «Cinque mesi. Niente interviste del cazzo, uscite a comando o altre stronzate. Io ci sto, ma decido io di fare quello che voglio.»
Paul si passa una mano tra i capelli. «Troveremo un compromesso. Ogni tanto dovrete pur farvi vedere in pubblico!»
  «Ed entro quando devo trovarla?»
  «Mercoledì prossimo.»
Harold annuisce, fa un cenno a Paul con il capo e sparisce.
 
Esce dallo studio e cerca un taxi, perché vuole disperatamente arrivare a casa. Non ha voglia di pensare a finte fidanzate e finti sentimenti. Almeno, non adesso. Estrae dalla tasca il cellulare e digita il numero di quel Louis Tomlinson… perché Zoie non risponde?
 
  «Le conviene spostarsi dalla strada prima che qualcuno la investa.» dice una signorina alle sue spalle.
Harry si gira e la vede, sempre lei, sempre la ragazza bionda del giorno prima. Il riccio sorride, perché gli è venuta un’idea a dir poco geniale. Chiude la chiamata e ripone l’Iphone nei pantaloni.
 
  «Allora, prima che io muoia, accetterebbe uno Starbucks offerto dal qui presente?»

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