La fabbrica dei sogni.

di Bloody Alice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome ~ ***
Capitolo 2: *** Sogni lucidi. ***
Capitolo 3: *** Il BaBao. ***



Capitolo 1
*** Welcome ~ ***


La fabbrica dei sogni

Desclaimer: i personaggi di questa fanfiction non appartengono a me, ma alla Level-5 che si fuma molte canne.
Warning: a chiunque plagerà e/o prenderà indebitamente ispirazione da questa fic verrà tolta la capacità di sognare
Leggendo questa fic si corre il rischio di impazzire. Tra gli altri effetti collaterali vi è vomito, mal di testa, torcibudella (?), apparizzioni improvvise di Giralli fantasma e varia altra roba. Leggete quindi a vostro rischio e pericolo. 

Buona fortuna ~

Titolo: La fabbrica dei sogni.
Genere: Sentimentale, malinconico.
Avvertimenti: OOC, nonsense, AU.
Rating: giallo.
Pairing: het, shonen-ai.
Note: non chiedetemi perché Akane, perché non saprei rispondervi nemmeno io. E la cosa è grave, sotto un certo punto di vista, perché significa che sto scrivendo questa fic puramente a caso.
Ah, questa fic inizia non dal principio –presentazione del protagonista e roba varia- ma parte dall’inizio della storia vera e propria, insomma, quando incomincia l’avventura (?) di Akane. Non so se definirlo propriamente medias res, quindi boh (?).
Note2: ho usato Nvu questa volta, ma solo per avere il font che volevo per il titolo, perché di fatto io Nvu lo odio. Ringrazio la BiscottA che mi ha aiutata a capire (?) questo programma x°
Note3: so che ho già in corso Codename: Bloody Mary e altre millemila fic (?), ma per un gesto egoistico ho voluto pubblicarla. Comunque, non so ogni quanto la aggiornerò, ma sicuramente non anteporrò questa fic a Bloody Mary.
Spero possa piacervi almeno un po’, anche se il prologo è molto corto.
Ps: dite che il titolo della fic è troppo ... "appariscente"? .u.

 

 

 

La fabbrica dei sogni.

 

Akane tastò con le mani il terreno su cui era caduta. Era morbido al tatto e anche un po’ appiccicoso. 
Aprì lentamente gli occhi e un bagliore di luce accecante la investì, facendoglieli richiudere subito. Si alzò da terra, mettendosi seduta e riaprì piano gli occhi. La luce le colpì di nuovo il viso, così abbassò il volto e tenne gli occhi socchiusi.
Sentiva sul viso una strana sostanza quasi simile a colla, così si toccò una guancia e guardò meglio: era qualcosa di azzurro.
Si alzò e tenendo lo sguardo puntato a terra spalancò gli occhi, sorpresa. Era … zucchero filato
Akane si trovava su una strada fatta di zucchero filato. Tentò di alzare lo sguardo per vedersi intorno e constatò soddisfatta che quello strano bagliore era scomparso.
Guardando ciò che la circondava notò che tutto intorno a lei era fatto di una sostanza simile allo zucchero filato. 
Era un sentiero di un tenue azzurro pastello, con alberi di un candido bianco. Il cielo era di un delicato giallo e le nuvole erano rosa. La ragazza si mosse e dopo qualche passo si accorse di sprofondare fino alla caviglia in quel singolare sentiero. 
Il terreno era soffice e la gravità era minore rispetto a quella sulla Terra, tanto che invece di camminare davvero saltellava sul terreno soffice.
Continuò ad avanzare nella quiete di quel luogo per chissà quanto. Aveva perso la nozione del tempo, in effetti, e quando diede un sguardo al suo orologio vide che si era fermato, anche se lei ricordava perfettamente che una volta uscita dall’orologiaio funzionava perfettamente.
Sospirò e fece qualche altro passo, sino a quando il sentiero sotto di lei non iniziò letteralmente a risucchiarla. Quella strana sostanza la intrappolò fino alla vita e la fece sprofondare sempre di più. Trattenne il respiro e quando anche l’ultima punta dei suoi capelli fu passata oltre cadde.
Stava cadendo in quello che pareva il vuoto più totale. Urlò a pieni polmoni sentendo il vuoto sotto di sé e continuò a precipitare per interminabili minuti, forse giorni, ore, e dopo un po’ non ebbe più nemmeno la forza di gridare.
Chiuse solo gli occhi e aspettò. Qualche istante più tardi sentì una mano fredda appoggiarsi alla sua guancia.
Aprì nuovamente gli occhi e incrociò quelli di un sorridente Hikaru. Akane non riuscì a trattenere un moto di sorpresa e si ritrasse a quel tocco.
Si guardò intorno, pensando che magari quello era stato solo un sogno e lei era semplicemente svenuta, ma non era così.
Si trovava in un ambiente del tutto diverso dal precedente.
Era un’enorme stanza circolare con mobili dalle forme strane. Un tavolo triangolare verde mela, delle sedie arancioni che assomigliavano a fragole e una grande libreria color rosa shocking. Il pavimento era formato da piastrelle di vari colori e non sembrava morbido come il sentiero di prima.
« Che volo! » esclamò Hikaru, ma più che preoccupato per la caduta della Yamana sembrava entusiasta « Come è stato? » chiese, con gli occhi che brillavano di curiosità.
« Quanto era alto? » borbottò lei ignorando la domanda.
« Circa seimila metri, ma te la sei cavata egregiamente! » rispose Hikaru sorridente. Akane si massaggiò la testa e si chiese come mai non fosse morta dopo una caduta del genere. Si guardò intorno una seconda volta e poi posò nuovamente lo sguardo su Hikaru.
« Come ci sono arrivata qui? »
Il ragazzino la guardò sorpreso « Beh, attraverso lo zucchero filato mobile, mi pare ovvio. In questi giorni stiamo cercando di chiudere i buchi e limitare il problema. L’altro giorno un paio di operai sono precipitati nel vuoto e sono atterrati nella stanza degli incubi. » mormorò Hikaru pensieroso « Brutta cosa » concluse poi, ma senza perdere il sorriso.
Akane lo fissò « Intendo … dove sono adesso. E che ci fai tu qui, Hikaru. » disse, cercando di sembrare calma.
« Io non sono Hikaru » rispose l’altro con disarmante tranquillità.
« C-Cosa?! » esclamò Akane e nel suo tono di voce non nascose una nota isterica.
Era appena arrivata in … qualsiasi posto fosse arrivata, ma era già stanca.
« Sono solo un’emanazione. » spiegò calmo Hikaru, aiutandola ad alzarsi e facendola sedere su un divano ad acqua color lilla.
« … Emanazione? »
« Sì, della tua mente. Sono solo un sogno. » continuò.
La Yamana lo fissò mentre Hikaru si sedeva accanto a lei « Intendi dire che questo è un sogno? »
Hikaru arricciò il naso « Sì e no. » fece alla fine, ma non sembrava troppo convinto nemmeno lui della risposta.
« Quindi? » mormorò Akane guardando le scarpe, ancora ricoperte di zucchero filato. Sentì Hikaru muoversi, accanto a lei.
« Quindi? » ripeté il ragazzino.
« Dove sono. » si spiegò lei, senza spostare lo sguardo.
Il ragazzo si guardò intorno per pochi secondi « Beh, la risposta mi pare ovvia. Sei nella fabbrica. » disse Kageyama.
La Yamana lo fissò attonita « Fabbrica? E di cosa? ».
Hikaru si mise a ridere « Di cosa? Beh, da dove credi che arrivino tutti sogni che fai? » chiese stupito.
Akane fece spallucce. Di fatto non se l’era mai chiesto davvero, visto e considerato che riteneva i sogni solo un frutto della sua mente, nient’altro che fantasie che il suo cervello creava durante la notte.
« Beh, Akane … » disse Hikaru, prendendole la mano e facendola alzare dal divano ad acqua « Benvenuta nella Fabbrica dei Sogni » e il sorriso sul volto del ragazzo si spense per alcuni attimi, per poi tornare nuovamente allegro.

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Capitolo 2
*** Sogni lucidi. ***




#01
 



« Fabbrica dei sogni? » Akane sbatté le palpebre più volte, si diede un pizzicotto e posò lo sguardo su Hikaru, sempre in piedi davanti a lei, sempre sorridente. Prese delicatamente le guance del ragazzo tra le sue mani senza che lui facesse nulla per impedirlo, poi tirò.
« Ahia. » disse solo Kageyama dopo qualche secondo.
Akane lasciò le guance dell’amico, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Quando li riaprì, parlò « Questo è un sogno. » disse convinta.
« Lucido. » aggiunse Hikaru sorridendo.
La Yamana gli rivolse un’espressione confusa « Lucido? » ripeté e l’altro annuì con vigore, per poi prenderle la mano e trascinarla a gradi passi fuori da quella stanza. Akane si ritrovò in un lungo porticato dal pavimento in marmo azzurro pastello, le pareti di un accesso giallo canarino e colonne verde menta.
« Che posto assurdo. » borbottò lei tra sé e sé « In fondo però è un sogno. » mormorò poi. Hikaru le strinse la mano « Lucido. » aggiunse per la seconda volta, poi si fermò davanti ad un grande portone arancione e blu.
« Questo che è? » chiese la Yamana guardando la targa sopra la grande porta, scritta con caratteri troppo piccoli per vederli.
Hikaru le lasciò la mano e afferrò il batacchio del portone. Il rumore che questo produsse rimbombò per il porticato alcuni secondi, poi qualcuno aprì.
Akane sapeva che Kyousuke aveva un fratello maggiore che non poteva camminare. Così quando si ritrovò di fronte Yuuichi Tsurugi sbatté le palpebre un paio di volte e si diede un pizzicotto così forte sulla guancia che dopo pochi istanti i suoi occhi iniziarono a lacrimare.
Hikaru non fece una piega e riprendendole la mano la trascinò oltre l’ingresso, seguendo Yuuichi. La Yamana guardandosi intorno notò che la stanza era quadrata, con le pareti arancioni e il soffitto blu notte ed era piena di strani macchinari accesi che facevano un rumore assordante.
« Cosa si fa qui? » chiese Akane, e Hikaru la guardò « I sogni, naturalmente. » rispose ovvio. Yamana si guardò intorno « Ah. Ora capisco perché l’hai chiamata fabbrica … quindi in questa stanza si producono tutti i sogni? » domandò.
« Solo una parte. » rispose Yuuichi –o almeno, il ragazzo che sembrava in tutto e per tutto lui- « Qui ci occupiamo dei sogni lucidi ».
Akane sbuffò « Qualcuno vuole spiegarmi cosa significa sogno lucido? » si fermò nel mezzo della stanza, sotto una trave di legno blu cobalto, e da lì all’improvviso scese con un balzo un ragazzo dai capelli arancioni, che atterrò sul pavimento in marmo azzurro pastello con l’eleganza di un felino.
« Il sognatore può esplorare e modificare a piacere il proprio sogno. Ecco in cosa consiste il sogno lucido … ehm … »
« Akane. Akane Yamana. Tu sei …? » borbottò la ragazza, sforzandosi di ricordare. Il ragazzino si avvicinò a Yuuichi, che gli cinse la vita con un braccio « Taiyou Amemiya, molto piacere! » si presentò allegro.
Akane cercò un muro e cominciò a sbatterci contro la testa « Devo svegliarmi, devo svegliarmi, svegliati, svegliati …! » lo ripeté per qualche istante, poi proprio quando stava per dare una testata più forte delle altre Hikaru la fermò.
« Il tuo non è un sogno come tutti gli altri. Sai, entrare nella fabbrica è parecchio complicato.
Ci riescono i bambini di solito, ma ragazzi della tua età no. Probabilmente tu sei … » ma Akane non sentì il resto della conversazione. La vista le si appannò, e l’ultima cosa che udì fu la voce limpida di Taiyou « Ricorda, nasconditi sotto le coperte, così lui non mangerà i tuoi sogni ..! ».

 
Ci fu il suono di un bip. Poi un altro. In successione, altri due, inseguito altri quattro più veloci. Aprì gli occhi e si accorse di vedere leggermente sfocato. Sentì distintamente la mano di qualcuno sulla sua, ma non riusciva che a distinguere una macchia turchese appoggiata a … cos’era quello su cui si trovava? Un letto?
Sentì il rumore ovattato di qualcosa che sbatteva contro la finestra, insieme allo scrosciare più forte della pioggia.
Quando udì anche un tuono sobbalzò e i sensi le si risvegliarono tutti in una volta, così che strinse involontariamente la mano della macchia turchese accanto a lei.
Mise a fuoco l’immagine e notò che la macchia non era altro che l’ammasso di capelli n po’ spettinato di Masaki, che per altro si stava svegliando. Akane rimase a guardarlo, sorpresa, fino a quando il ragazzo, del tutto sveglio, non si accorse delle loro mani intrecciate e si ritrasse di colpo.
« Midori mi ha trascinato qui dicendomi di stare con te mentre parlava con il dottore. » si affrettò a spiegare, leggermente imbarazzato.
Akane gli sorrise « Capisco. » mormorò, poi ebbe un lampo di consapevolezza. « Che ci faccio qui? In ospedale, intendo. » domandò, guardandosi attorno, scrutando le pareti bianche del tutto spoglie. Stava già rimpiangendo lo strano arredamento della fabbrica che aveva sognato …
« Hai avuto un incidente stradale » spiegò Kariya, insolitamente nervoso. Forse per lui parlare di incidenti non era il massimo. Akane ricordava che i genitori del turchese erano morti in un incendio accaduto per sbaglio. Era stato un incidente.
Masaki continuò a parlare, fissando il temporale fuori dalla finestra « Sei rimasta incosciente per cinque giorni, come in una specie di coma. Midori e Aoi erano preoccupate. » spiegò « La rossa si è fatta accompagnare da me per qualche intrinseco motivo che sinceramente non ho capito. Ma fa nulla, quella ragazza in fondo è mezza matta-- »
Una voce femminile decisa proruppe nella stanza « Chi è mezza matta, Kariya? » sbottò Midori, avvicinandosi a lui con fare minaccioso.
« Nulla, Midori. » mormorò Akane. La ragazza guardò l’amica, preoccupata « Dimmi, questo qui ti ha fatto compagnia o ha messo il broncio come per me? » La Yamana allungò la mano verso quella di Kariya e gliela strinse leggermente « Tranquilla. » rispose piano, poi sorrise e Masaki arrossì.
« Ah. » disse la maggiore all’improvviso « Quando sei stata portata qui … in ospedale … hanno dato a me i tuoi abiti e dentro la tua gonna c’era questo. » Midori prese dalla sua borsa un piccolo oggetto circolare. Era un orologio da taschino piccolo, grande la metà del suo palmo, con una copertura in legno dipinto.
Era decisamente particolare. Quando la Yamana lo prese tra le mani notò chiaramente che il legno sembrava essere stato dipinto con colori puramente a caso e nei modi più disparati. « Dove l’hai preso? » chiese Masaki, curioso.
« Un negozietto di cianfrusaglie. » buttò lì lei come risposta, anche se di fatto non aveva idea di come quel piccolo orologio fosse finito nella tasca della sua giacca.
Tra l’altro, constatò quando lo aprì, non funzionava nemmeno, poiché le lancette si muovevano molto più velocemente del normale.
Magari il giorno dell’incidente l’aveva trovato a terra, forse era così, ma non ne era certa, perché i ricordi erano ancora un po’ confusi.
Alla fine, quando venne dimessa, decise di rimettere l’oggetto dove Midori l’aveva trovato, nella tasca della sua gonna, e arrivata a casa, dopo aver fatto la strada con Masaki –lui abitava nella sua stessa via, solo più vicino al centro città-, lo appoggiò sotto al cuscino, colta da chissà quale assurda decisione.
Sua madre la obbligò ad andare a dormire alle otto e quando entrò nel letto ripensò alle parole di Taiyou.
Non aveva idea di chi fosse il lui a cui si riferiva l’Amemiya del suo sogno, ma si mise per bene sotto le coperte, fino a coprire del tutto anche i capelli.

 
Riaprì gli occhi e una luce fortissima per poco non la accecò. Davanti a lei vide Hikaru, immobile, che la guardava sorridendo.
« Ah, sei tornata. » constatò « Credo che tu non abbia sentito la fine del mio discorso, Akane. »
« Beh, io … ecco … » la Yamana si guardò intorno e si accorse di essere finita nuovamente nella stanza in cui venivano “fabbricati” i … come si chiamavano? Ah, sì, sogni lucidi.
Vide Taiyou che gironzolava da un macchinario strano all’altro, mentre Yuuichi guardava assorto un mappamondo su cui brillavano delle piccole luci arancioni.
Hikaru parlò « Ritengo sia meglio raccontarti tutto poco alla volta, così riuscirai ad assimilare tutto più facilmente ».
Lei annuì, ancora confusa, e in verità le sembrava anche inutile ribattere, tanto era solamente un sogno.
« Ci sono tra modi per entrare nel mondo dei sogni e, più precisamente, in questa fabbrica. Come avevo detto poco prima che te ne andassi, di solito sono i bambini quelli che riescono a compiere questo viaggio. » spiegò, serio « Tu, considerata la tua età, non puoi essere arrivata qui semplicemente addormentandoti ».
« No, è vero. » confermò Akane « Ho avuto un incidente » disse e Hikaru tornò a sorriderle « Questo è il secondo modo. Tutti quelli che cadono in coma o comunque perdono coscienza dopo un incidente –di qualsiasi tipo- hanno la possibilità di giungere qui. »
« E il terzo modo …? » domandò la ragazza. Sicuramente non poteva essere ripiombata nel coma all’improvviso. Vide Amemiya avvicinarsi a lei « Con il portale » esclamò, ovvio.
La Yamana lo fissò « Portale? » ripeté e Taiyou annuì « Si tratta di un orologio che collega il nostro mondo al tuo. Ha un aspetto un po’ strano, è molto colorato e le lancette si muovono più velocemente dei vostri comuni orologi ».
« L’andamento del tempo qui è diverso rispetto al luogo in cui abiti tu. » continuò calmo Yuuichi, lasciando da parte il mappamondo e porgendo una mano ad Akane per aiutarla a rialzarsi « La fase REM del sogno secondo voi dura solo alcuni minuti, ma in questi pochi minuti ogni individuo può sognare intere giornate, mesi, persino anni. Il tempo non scorre in modo preciso qui. »
Akane si sistemò i pantaloni stropicciati « Va puramente a caso, insomma. » tagliò corto « Comunque, quell’orologio al momento ce l’ho io. L’ho messo sotto il cuscino ».
Hikaru la guardò, serio « Ricordati che non devi separartene mai. Se qualcuno entrasse in possesso di quell’oggetto potrebbe arrivare qui … Per nessun motivo deve arrivare al Babau … » rifletté, pensieroso.
« Ba … cosa scusa? » mormorò Akane confusa.
Hikaru scosse la testa e tornò a sorriderle, anche se non troppo sereno « Nulla. Ogni cosa a suo tempo. Sappi solo che non devi per nessun motivo perdere quell’orologio, è molto, molto importante. » le raccomandò « Posso fidarmi? » chiese.
Akane annuì. Non troppo convinta, ma annuì, e Hikaru le rivolse un altro grande sorriso.

 
L’ombra si mosse attraverso i muri, strisciò sul pavimento e si infilò sotto il letto, evitando la luce della lampada da notte accesa. Sbucò nuovamente sulla parete più vicina al bambino che dormiva con il cuscino tra le braccia e il peluche dietro la testa.
« Che dolce » sibilò l’ombra, staccandosi dalla parete e appoggiandosi al letto.
Si abbassò sul bambino, lentamente, come un soffio di vento, senza fare rumore. L’ombra cambiò aspetto e prese le sembianze di un uomo magro, con un sorriso orrendo stampato sul volto nero. Aprì la bocca, si videro i lunghi denti appuntiti, poi si gettò sul bambino.
Si udì un urlo, poi altri rumori in successione. Un bambino che piangeva, una madre che veniva a consolarlo.
L’ombra sgusciò fuori dall’abitazione, strisciando nella notte. « Che bel suono. Nulla meglio del pianto di un bambino. » rimase immobile sotto il balcone della casa « Piccolo mio, ti augurerei sogni d’oro … » sussurrò, poi scoppiò in una risata tetra.
« Peccato che non te ne sia rimasto nemmeno uno. »






 






 
/Angolo del Girallo Lallo/
Allora, non ho molto da dire, a parte farvi l’elenco delle cose che mi hanno ispirato questa fic, così, per mettere in chiaro le cose (?). Il titolo “La fabbrica dei sogni” mi è venuto mentre guardavo una pubblicità su Sky e c’era qualcosa simile allo spezzone di un film in cui un personaggio diceva qualcosa tipo “Questa è un fabbrica, ragazzino, da dove credi che vengano tutti i sogni?”.
Poi … il BaBau è una creatura immaginaria inventata per spaventare i bambini e la prima volta che l’ho visto è stato nel film di Tim Burton “A nightmare before Christmas”.
Infine, l’ultima battuta che ho scritto l’ho presa dal film “Rise of Guardians” (Le 5 leggende), un frase detta dall’uomo nero a Sandman, nel momento in cui lo uccide (Sandy çwç). Bene, ecco … non so più cosa dire.
La trama generale di questa storia, almeno nella mia testa, mi piace particolarmente, quindi spero di svilupparla come vorrei.
Mi spiace inoltre di ritardare così tanto il capitolo di Bloody Mary, ma per il prossimo capitolo di quella fic sono proprio bloccata, insomma, temevo che il blocco fosse per tutto, ma mi sono accorta che le idee per le altre fic le ho, perciò per ora mi concentrerò sul resto (ho in mente di scrivere una raccolta di flash, ma devo trovare abbastanza tempo) e poi per Bloody Mary si vedrà, ecco.
Spero che il capitolo, per quanto sia corto, vi sia piaciuto. So che non è una storia ad OC e quindi magari non stuzzica troppo l’attenzione della gente (?), ma io ci provo lo stesso.
Detto questo, vi saluto.
Peace and Love,
Alicchan ~
 

Ps: la tastiera del mio pc sta morendo (la “a”, la “u”, la “s” e la “n” funzionano a intermittenza) quindi probabilmente mi sarò persa degli errori qui e là. Se ce ne sono vi pregherei di avvisarmi. Grazie mille ~

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Capitolo 3
*** Il BaBao. ***





 

#02



 
Il cielo quel giorno sembrava più grigio del solito. Akane si svegliò di malavoglia, fissando il panorama fuori dalla sua finestra. Persino la vista da casa sua, in cima ad una delle collinette più alte di Inazuma-cho, pareva particolarmente triste.
Abbassò lo sguardo verso la coperta blu con stampate stelle arancioni ed ebbe un improvviso flash. Si voltò leggermente e alzò il cuscino con un impeto tale da gettarlo per terra. Prese l’orologio da taschino e lo osservò, aprendolo: le lancette si muovevano più lentamente del giorno prima. Sembrava che un secondo sul quadrante del piccolo oggetto non dovesse passare più. Fece tempo a vestirsi e mangiare due fette biscottate con tanto di marmellata prima che la lancetta più sottile, di un intenso color rame, si spostasse sulla tacca dopo.
Prese la cartella e tenne l’orologio in mano per tutto il tragitto. Lo osservò a intervalli regolari, notando che le lancette si muovevano prima più velocemente, poi rallentavano, poi tornavano a girare vorticosamente.
Akane arrivò a scuola con il mal di testa e convenne che non avrebbe più guardato quell’orologio per il resto della giornata.
Varcò il cancello della Raimon ed entrò nell’edificio principale. Entrata in classe notò che erano in pochi quelli arrivati.
In particolare, la Yamana notò Masaki, che sedeva nel banco dietro il suo, con il viso appoggiato al davanzale della finestra, mentre scrutava pensieroso il cielo.
« Buongiorno, Masaki-kun. » salutò piano e il ragazzo rispose con un’occhiata, per poi tornare a fissare il cielo « Come stai? » domandò dopo alcuni minuti. Akane sorrise « Meglio. Tu invece sembri stanco. »
Kariya annuì, chiudendo gli occhi « Hiroto e Midorikawa … loro … beh, non sono riuscito a dormire, ecco. » mormorò, pensando che forse esplicitare il motivo della sua nottata insonne non era davvero necessario.
La Yamana rimase qualche istante a guardarlo, tanto che il turchese dopo un po’ alzò lo sguardo, arrossendo leggermente « E-Ehi, senti un po’, perché mi fissi in quel modo …? Non ce l’hai qualcosa di più interessante da fare-- » borbottò e Akane scusandosi andò verso la porta, fermandosi appoggiata allo stipite.
Più gente entrava a scuola e più lei si accorgeva che qualcosa non andava. C’erano tantissime facce tristi, il che la lasciò attonita.
Forse anche a causa della depressione che aleggiava sull’intero edificio, insieme alle due ore di matematica, Akane si annoiò enormemente per tutta la mattinata.
La campanella dell’ultima ora suonò e i ragazzi si avviarono a casa più stanchi del solito, sbadigliando e trascinandosi in piccoli gruppi. La Yamana si alzò dalla sedia per ultima, si stiracchiò un po’ e prese la cartella. Scendendo nel cortile vide tra le poche persone rimaste Kirino e Masaki, che parlavano all’ombra di un albero.
Ranmaru disse qualcosa, poi spinse con poca grazia Masaki verso la Yamana e solo quando Kariya le arrivò davanti Akane si fermò « Sì? » fece guardando il ragazzo.
Masaki borbottò qualcosa sul volersi sdebitare con lei, per via del regalo che gli aveva fatto al suo compleanno « So che domani sarà il tuo. » disse, dandole una piccola scatola. Mormorò dei saluti e si voltò, tornando a passi veloci dal suo senpai.
Akane aprì la scatola con calma e vide che al suo interno era riposta una piccola collana con un ciondolo in argento a forma di chiave di violino.
Sorrise e la indossò, sistemandosi poi meglio la cartella sulle spalle, pronta per tornare a casa anche lei, ma udì all’improvviso un rumore, come sibilo, anche osservando intorno a sé, vide che ormai era rimasta sola. Alzò le spalle credendo di essersi immaginata quel suono e così uscì a passi lenti dal cancello principale della scuola.
Il sole sorrideva ad una primavera appena sbocciata e le nuvole candide navigavano nel mare celeste come grandi velieri nell’oceano; Akane si guardò intorno, osservando la via deserta che conduceva alla collina, ogni tanto saltava da un’ombra all’altra sulla strada, canticchiando.
Fu quando atterrò sull’ombra di un grande albero secolare che sentì qualcosa tirarle la cartella: si mise al sole e si voltò, aspettandosi di trovare qualcuno, ma non vide nessuno. Aguzzando la vista, notò una strana incongruenza tra la forma dell’albero e la sua ombra e, a guardar meglio, si accorse che quella sporgenza assomigliava ad un volto di profilo.
« Bonjour, petit mademoiselle. » salutò cordiale una voce. La Yamana sussultò, e arretrò di qualche passo nel momento in cui un’ombra si allargò verso di lei, lentamente, prendendo la forma di un uomo. La figura, stilizzata, inizialmente sdraiata a terra, si sollevò, restando bidimensionale come un disegno e allungando una mano verso la ragazza, che indietreggiò ulteriormente.
« Timida, mademoiselle? » domandò l’ombra con voce calma « Non dovete avere paura, mais non. » continuò, ridacchiando e mostrando appena dei denti che sembravano affilati come rasoi. Akane osservò attentamente l’essere in piedi davanti a lei: a prima vista, dai contorni della figura snella, sembrava indossare una giacca e un paio di lunghi pantaloni e sulla testa un capello.
Le mani avevano dita lunghe, che parevano lame taglienti almeno quanto la sua dentatura. « Chi sei. » chiese, sulla difensiva.
L’ombra rise, mostrando del tutto i denti acuminati, poi si tolse il capello con un gesto fluido ed elegante e fece un profondo inchino
« Je suis Lucifer, incantato, petit mademoiselle. » si presentò, parlando con un accento che, per quanto l’ombra si sforzasse, di francese aveva ben poco « Lei invece come si chiama? » chiese, dolce e gelido al tempo stesso, tanto che ad Akane vennero i brividi.
« Mi chiamo Misaki Uchina. » dichiarò, guardandosi bene dal dire il suo vero nome.
L’ombra scosse piano la testa, contrariato « Mais mademoiselle, non si dicono le bugie. » ribatté fermo, avvicinandosi a lei « Ci vuole un bel coraggio a mentire a Lucifer. » sussurrò poi e fece un altro passo. Akane indietreggiò istintivamente « Se conosce il mio nome, non c’era bisogno di chiederlo, non crede? » sbottò, irritata e contemporaneamente spaventata; subito dopo fece per voltarsi e continuare per la sua strada, ma l’ombra la afferrò per un polso, in una morsa fredda, tenendola stretta.
« Mademoiselle Yamana » sibilò, con un tono di voce che non pareva più pacato come all’inizio « Voi avete qualcosa che io voglio, lo esigo assolutamente ».
« Non so di cosa stiate parlando. » ribatté Akane, sentendosi svenire appena l’ombra accentuò la presa intorno al suo polso « Non si mente a Lucifer. » ripeté l’ombra con calma glaciale « Non si fa. O le conseguenze potrebbero essere trés tragique ».
Lucifer aumentò ancora di più la presa sulla Yamana, avvicinandosi minacciosamente e aprendo la bocca, mostrando i denti, come se volesse divorarla, ma ad uno strano brillio riflesso dal sole sulla chiave di violino che la ragazza portava al collo l’ombra si ritrasse, quasi spaventata, e scomparve.
Si udì un unico eco, un elegante « Au revoir », che non prometteva nulla di buono.
 

Akane quella sera andò a dormire prima del solito, ma la madre non le disse nulla di particolare. La quindicenne si svestì in fretta e si mise sotto le coperte, coprendosi con esse sino alla punta dei capelli. Quando sentì sua madre accendere la televisione prese l’orologio da taschino e lo strinse tra le mani, dopo di che si addormentò.
Quando riaprì gli occhi, non era più nella sua stanza, ma era capitata nuovamente nella parte della Fabbrica dei Sogni dedicata ai sogni lucidi. Al contrario della prima volta, notò di essere su un soffice divano blu pastello con cuscini di un vivace arancione.
Si mise seduta e osservò ciò che la circondava.
I macchinari erano in movimento come l’ultima volta e si accorse che da un piccolo buco posto alla fine del percorso fuoriuscivano oggetti simili a sfere di luce, che scomparivano pochi istanti dopo.
Ad un tratto si udì un tonfo improvviso: Akane si voltò e vide dei libri sparsi per terra, mentre poco più in là c’era Taiyou tra le braccia di Yuuichi. Evidentemente il più piccolo doveva essere scivolato.
Amemiya sillabò un « Grazie » e sorrise, per poi baciare Yuuichi a fior di labbra. La Yamana li trovò teneri e contemporaneamente capì che i due non si erano ancora accorti della sua presenza, così tossì, un po’ dispiaciuta, proprio quando Tsurugi stava per intrappolare Taiyou in un affettuoso abbraccio.
Il maggiore dei due alzò lo sguardo e lasciò l’altro ragazzo « Akane, ciao. » salutò cordiale « Hikaru si chiedeva quando saresti arrivata. » continuò e proprio in quel momento il Kageyama della Fabbrica dei Sogni entrò nella stanza.
« Ah, sei qui! » esclamò il ragazzino, andandole incontro « Volevo sapere come stava l’orologio ».
« L’orologio? » borbottò Akane, che in realtà si aspettava un altro tipo di benvenuto « È qui » e lo mostrò ad Hikaru « È tutto intero ».
Kageyama annuì con vigore e poi fece un sospiro di sollievo, si voltò e andò a controllare il mappamondo nel centro della stanza.
« Sentite, ma … i sogni che aspetto hanno nel nostro mondo? » chiese ad un tratto la Yamana. Hikaru smise di osservare le luci arancioni che brillavano sul globo e Taiyou, che intanto era tornato tra le braccia di Tsurugi, si separò dall’altro.
« In che senso? » chiese Amemiya. Akane lo guardò « Oggi credo di aver visto un sogno. Ma ero sveglia, ne sono certa ».
Yuuichi si avvicinò a lei « Com’era questo … sogno? » domandò, così la ragazza lo descrisse per filo e per segno e più andava avanti più gli sguardi dei tre ragazzi diventavano preoccupati.
« Akane » proruppe all’improvviso Hikaru « i sogni non posso entrare nel vostro mondo ».
« Allora quello cos’era? ».
Hikaru fece girare un paio di volte il mappamondo « Vieni con me. » sussurrò, e insieme uscirono dalla stanza dei sogni lucidi « Era un Babao, quello che hai visto. » spiegò una volta giunti nel portico della Fabbrica « Ti ha detto o fatto qualcosa? ».
« All’inizio è stato molto gentile. Troppo. Credo mi seguisse, perché mi ero accorta che c’era qualcosa che mi osservava già nel cortile della scuola. » confessò « Mi ha fatto l’inchino, mi ha sorriso e si è presentato. Aveva un accento francese piuttosto buffo. Poi mi ha minacciata. » continuò tranquilla, mentre Hikaru sobbalzò nel sentire l’ultima frase « Minacciata?! » sbottò « Non ti avrà toccata! » sussurrò, piano, quasi avesse paura di farsi sentire da un ipotetico origliatore.
« Sì, mi ha toccata, qui, sul pols- » iniziò, ma non terminò la frase perché il pallore sul viso di Hikaru la spaventò prima « Toccata … Lui … per quanto … in altri punti? » domandò con un filo di voce.
« Solo sul polso, solo per pochi attimi. Sembrava intenzionato a mangiarmi, quasi, ma quando ha visto la collana che mi ha regalato Masaki si è come spaventato … » disse sovrappensiero la ragazza, stringendo istintivamente tra le mani la chiave di violino.
Hikaru le osservò attentamente prima il polso e in seguito lanciò una veloce occhiata alla collana, infine sospirò « Ah, che sollievo. Allora significa che … L’importante è che tu stia bene e che l’orologio non sia finito in mano a quel Babao. »
« Chi sono i babao, Hikaru? » chiese Akane all’improvviso.
« Ci sono delle regole qui nella Fabbrica. » cominciò serio il ragazzo « Prima di tutto, a nessun essere umano è concesso entrare qui se non per le tre eccezioni che tu sai. Come seconda cosa, ai sogni non è concesso interferire tra di loro. In poche parole, un sogno lucido non può trasformarsi in un incubo per volere dell’incubo stesso. » spiegò.
Akane lo guardò confusa « E allora come fanno le persone ad avere sogni di vari tipi la notte? » domandò, iniziando a camminare avanti e indietro.
« Quel compito spetta al subconscio di ogni singola persona. » disse, mentre si riavvicinava all’ingresso della sala dei sogni lucidi, entrando « Il lavoro non spetta tutto a noi ».
« Ci sono altre regole qui nella fabbrica? ».
Taiyou le si avvicinò, sorridente « Oh, sì, l’ultima è la più importante di tutte! » esclamò « E sarebbe? » fece Akane.
Il fatto che dovesse continuamente porre domande per venire a sapere il più possibile sulla fabbrica era quasi snervante.
Yuuichi sembrò intuirlo e dopo aver abbracciato Taiyou da dietro rispose « Un sogno ha la capacità di passare da questo mondo al vostro, ma ci è proibito. » dichiarò, appoggiando il viso sulla spalla di Amemiya « Vedi, il mondo reale per noi è come il vostro inquinamento per le piante. » disse, cercando di risultare il più chiaro possibile.
« Quindi se voi entrate nel nostro mondo rischiate di morire? E allora perché … »
« Perché abbiamo questa capacità? » finì Taiyou « Le vedi quelle palline che escono dalle macchine di questa stanza? Sono sogni.
I sogni entrano nel mondo reale e per raggiungere le luci che ci sono sul mappamondo. Ogni sezione della fabbrica ha un mappamondo così e sopra di esso delle luci differenti in colore e numero. » disse indicando il globo vicino ad Hikaru, che concluse « Le luci presenti su questo modellino in scala rappresentano i sognatori lucidi di tutto il pianeta in questo momento ».
« I sogni che entrano nel mondo reale per raggiungere le persone non possono deviare dal loro percorso in alcun modo, altrimenti … » cominciò Yuuichi, ma si bloccò e strinse di più a sé Amemiya, che terminò al posto suo « I sogni che entrano nel vostro mondo e vi restano per un tempo superiore a quanto potrebbero diventano Babao ».
« Akane » mormorò ad un tratto Hikaru, avvicinandosi ai macchinari della stanza « Hai detto che il Babao si è … presentato. È una cosa insolita per un div … un Babao. Come ha detto di chiamarsi? ».
« Lucifer. » pronunciò Akane, sforzandosi di non deformare troppo il nome con il suo accento. Hikaru rimase come interdetto, poi lanciò uno sguardo a Yuuichi e Taiyou, ancora abbracciati, e fece un cenno con la testa « Qui ci penso io per un po’. » disse solo.

 
Akane rimase dietro Amemiya e Tsurugi, che camminavano poco più avanti, mano nella mano. Ogni tanto Yuuichi si abbassava per dargli un bacio, o sussurrare qualcosa che Akane non riusciva a capire, anche se di fatto non le importava. Li aveva già disturbati abbastanza quel giorno, pensò. Si chiese se anche Taiyou e Yuuichi del suo mondo erano così innamorati. Da come ne parlava Kyousuke, che era sempre molto geloso del fratello e non aveva preso in simpatia Amemiya, pareva proprio di sì.
Sorrise e rimase ad osservarli, fino a quando i due ragazzi non si fermarono davanti ad un grande portone in legno.
Akane lo guardò e vide che era colorato da pennellate di vari colori, tutti di tonalità particolarmente scure. Su un lato del portone, c’era un foglio, su cui vi era una scritta in una calligrafia disordinata, che alternava curve morbide a linee più aggressive, quasi fossero state due persone a scrivere un solo messaggio.
“AAA cercasi secondo addetto stabile per la sotto-sezione sogni macabri. Per informazioni recarsi nella sotto-sezione. Grazie.”
« Se pretende davvero che qualcuno entri in quella stanza per un colloquio si può essere certi che nessuno accetterà mai … » borbottò Taiyou, rabbrividendo.
« Che posto è questo? » domandò ad Akane. « La sezione incubi. » commentò Yuuichi, arricciando il naso, rendendo palese per alcuni istanti che l’idea di varcare quel portone non lo esaltava nemmeno un po’.
La Yamana concordò mentalmente con quella reazione « Perché siamo qui? ».
« Lucifer … » mormorò Taiyou, lasciando la mano del compagno ed avvicinandosi ad Akane « Lucifer lavorava nella sotto-sezione dei sogni macabri ».

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