Il mistero di Eleonora

di PrincipessaLes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Una ragazza misteriosa ***
Capitolo 2: *** 2. Il mistero si infittisce ***
Capitolo 3: *** 3. Una giornata come tante al villaggio...o forse no ***



Capitolo 1
*** 1 Una ragazza misteriosa ***


Buonasera bella gente!!!
Dopo alcuni tentativi di scrittura già pubblicati sul sito nel fandom d Harry Potter, ho deciso di dedcarmi a qualcosa di molto diverso.
Questa fanfiction, dedicata al fandom di Elisa di Rivombrosa, è ambientata circa 15 anni dall fine della terza serie, ""La figlia di Elisa". la storia è incentrata su un mio OC, Eleonora. Eleonora interagirà con molti personaggi già presenti nella serie tv, ma anche con altri personaggi originali.
Nel corso della storia, appariranno molti personaggi nuovi, ognuno legato n modo diverso alla maggior parte degli altri o a personaggi delle serie precedenti alla terza. Se qualche dettaglio della vita di questi personaggi o delle relazioni tra loro non dovesse essere chiaro e questo dovesse ostacolare la comprensione della storia, fate presente qualsiasi dubbio e io vi risponderò molto volentieri.
Detto questo, penso di aver spiegato tutto ciò che c'era da spiegare. Quindi, vi lascio alla storia e spero che sia di vostro gradimento.



"Mammina, guardami, Fabrizio mi ha insegnato a nuotare e io adesso sono diventata brava, guarda dove riesco ad arrivare!"
Agnese alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e vide la figlia che si allontanava dalla riva del laghetto.
 "Letizia, piccina mia, stai attenta, l'acqua è profonda, non ti allontanare troppo, ora sei sola, Fabrizio non è con te, sai che è pericoloso nuotare nell'acqua troppo alta"-le disse sorridendo.
 La bimba annuì, ma, qualche secondo dopo, era già quasi al centro del laghetto.
"Torna subito indietro, quando imparerai ad obbedire?" gridò Agnese preoccupata, ma il rumore della cascata copriva la sua voce.
Agnese si precipitò vero il laghetto pronta a tuffarsi. Nello stesso istante, notò un movimento tra le fronde sulla riva opposta. Qualcuno si tuffò. Prima che Agnese se ne accorgesse, quel qualcuno stava già nuotando verso di lei con Letizia tra le braccia.
                               
Mentre quella figura le si avvicinava, Agnese le venne incontro. Uscì dall'acqua ed appoggiò con delicatezza Letizia sulla sabbia della riva.
"Non dovete preoccuparvi, vostra figlia è salva, è soltanto svenuta."-le disse.
 Agnese annuì sollevata e guardò quella persona. Era una ragazza, una ragazza molto strana. Doveva avere qualche anno in meno di Fabrizio, il figlio di Martino. Sembrava una contadina o, comunque, una popolana. Era esile, aveva la pelle scura, abbronzata dal sole ed i capelli arruffati. Tuttavia, indossava abiti che, a prima vista, sembravano abbastanza eleganti, ma vecchi e molto rovinati: una sottoveste lacera, apparentemente di un tessuto abbastanza prezioso, che sembrava essere stata, almeno un tempo, ricamata e sopra di essa una camicia da uomo, troppo larga e lunga per lei. Agnese la guardò negli occhi. Quegli occhi, quello sguardo le ricordavano qualcuno, ma non riusciva a capire chi...
"Grazie di aver salvato mia figlia"
"Figuratevi, marchesa"
 "Mi conosci, ragazzina?"
 "I miei genitori mi hanno spesso parlato di voi e di vostro fratello, il conte Martino, sono stata a Rivombrosa, anche se non ricordo quasi nulla, ero piccola allora, per me è come se fosse un'altra vita, quella..."
Agnese vide che la ragazza aveva gli occhi lucidi
"Capisco, non c'è bisogno che mi spieghi tutto, se per te è difficile ricordare. Come ti chiami?"
"Eleonora"
 
“Eleonora, bene, me ne ricorderò, da oggi sono in debito con te, hai salvato mia figlia e questa non è una cosa da nulla..."
 "In debito con me... non dite così marchesa! Comunque, credo che vostra figlia abbia bisogno di un dottore, devo andare in paese a chiamarlo?"
"Grazie mille; Eleonora, non avevo pensato a questo. Ma, non puoi certo andare in paese in questo stato..."
 "Certo che no marchesa, aspettate solo un attimo ancora..."
La ragazza si avviò verso un punto dove un torrentello usciva dal lago e, saltando di sasso in sasso, raggiunse la riva opposta. Scomparve tra gli alberi. Agnese si stava chiedendo dove fosse finita quando sentì un rumore di zoccoli. Dal folto degli alberi sulla riva di fronte a lei apparve un cavallo con Eleonora seduta in groppa. La ragazza si era cambiata ed ora indossava un abito molto semplice, da contadina.
 "Vado subito in paese, marchesa"-gridò mentre il cavallo attraversava il laghetto.
Quando la raggiunse, gettò verso di lei un lungo mantello.
"Per vostra figlia, così non prenderà freddo, bagnata com'è, povera piccina..."
 Imboccò il sentiero al galoppo e, dopo pochi secondi, era solo un piccolo punto in lontananza.
 
Eleonora tornò poco dopo accompagnata dal dottore del paese.
"Non preoccupatevi, marchesa, vostra figlia non ha nulla, probabilmente è svenuta per lo spavento... dovreste ringraziare il cielo che questa coraggiosa ragazzina fosse qui in quel momento, altrimenti vostra figlia non ne sarebbe uscita così bene, credetemi..."- disse l'uomo ad Agnese.
Mentre le spiegava cosa fare per evitare ce la bimba prendesse un'infreddatura, Agnese vide che Eleonora era tornata sulla sponda opposta del lago. Poi il medico congedò Agnese e tornò verso il villaggio.
Agnese si voltò verso il laghetto e chiamò Eleonora. In men che non si dica, il cavallo della ragazza apparve tra gli alberi, attraversò il laghetto e la raggiunse. Eleonora saltò a terra con grazia.
"Se permettete, marchesa, io torno a casa, credo di avere qualcosa da fare"
"Se non ti dispiace, mia cara, vorrei che venissi a Rivombrosa con me. Mi piacerebbe molto che tutta la famiglia conoscesse colei che ha salvato Letizia"
 "E sia, verrò con voi, marchesa."
 
Eleonora si chinò, sollevò il braccio di Letizia e le strinse il polso.
"Anche il medico le ha auscultato il cuore..."-disse Agnese
"Ma non vi ha detto niente, almeno per quel che ho sentito io..."-rispose Eleonora-"Comunque, la bimba è molto fredda ed il battito del cuore sembrerebbe rallentato..."
Agnese impallidì
"Non spaventatevi, marchesa, credo sia normale, ma come siete venuta qui?"
"A cavallo, anche Letizia era a cavallo, sai sta imparando ora...perché?"
"Immaginavo, perdonatemi marchesa io non credo sia una buona idea tornare a Rivombrosa a cavallo, voi, se permettete un'osservazione, mi sembrate troppo sconvolta... quanto a vostra figlia, credo sia difficile riportarla fin là a cavallo, forse sarebbe buona cosa chiamare una carrozza..."
 "E come, di grazia?"
 Eleonora non rispose, ma si girò verso il cavallo e staccò dal fianco una sacca, da cui estrasse un pezzo di carta, una penna ed una boccettina d'inchiostro.
 "Prendete, marchesa, chiedete di mandare una carrozza e spiegatene il perché, al resto penserò io..."
Agnese scrisse in fretta, poi diede il biglietto ad Eleonora, che lo chiuse con uno spago e salì in groppa al cavallo. Poi congedò Agnese e partì al galoppo.
Dopo pochi minuti era già ai cancelli di Rivombrosa. Il guardiano la fissò con aria ostile
 "Chi sei tu e cosa ci fai qui?"
"Vi prego, fatemi entrare, mi manda la marchesa Casalegno, è un'emergenza!"
"Ti manda la marchesa Agnese Casalegno? Io non so se crederti, ragazzina, ho capito chi sei, ti ho vista in paese, sei la ragazza che aiuta il dottore. Sono più che sicuro che tu non sia mai stata né a Rivombrosa né a Palazzo Van Necker, non capisco come tu possa conoscere la marchesa..."
"La conosco e basta"- rispose in tono spazientito scendendo da cavallo.
Gli tese il biglietto di Agnese
 "Portatelo subito al conte Ristori, se è qui, ditegli di leggerlo immediatamente, è da parte della marchesa, è un'emergenza vi ripeto! "- aggiunse precipitosamente in tono supplichevole.
"E va bene, mi hai convinto, andrò dal conte, ma guai a te se menti!"
 
Quando il guardiano arrivò da Martino, che era appena tornato da una battuta di caccia con Andrea e Fabrizio, gli spiegò in tutta fretta cos'era successo e gli tese il biglietto. Martino lo lesse e sbiancò. Si voltò verso Andrea
 "Tieni, leggi"- disse concitatamente dandogli il biglietto. Poi si rivolse al figlio: "Fabrizio,corri immediatamente alle stalle, fai preparare una carrozza, più velocemente possibile, è veramente un'emergenza!"
Mentre Fabrizio, confuso, correva verso le stalle, Martino ordinò al guardiano, che era rimasto lì impalato:"Torna immediatamente ai cancelli, fai entrare quella ragazza e portala qui!"
Il guardiano obbedì. Eleonora arrivò da loro proprio mentre Fabrizio tornava dalle stalle. Il ragazzo le venne incontro e la aiutò a scendere a cavallo. I due si guardarono negli occhi per un secondo, ma lei distolse subito lo sguardo.
"Dunque sei tu che hai salvato Letizia..."-le chiese Martino
"Salvarla? L'ho semplicemente aiutata ad uscire dall'acqua."
 "Hai fatto molto di più e siamo tutti in debito con te!"-esclamò Andrea.
 "Non merito tutta questa gratitudine, ho fatto una cosa normale. Credo che chiunque, vedendo una bimba così piccola in pericolo, si sarebbe tuffato a salvarla..."
 "Ma tu sei stata molto coraggiosa, almeno a giudicare da ciò che ha scritto Agnese..."-concluse Martino.
 Nel frattempo, arrivò Emilia, seguita da Angelica, la sorella di Letizia, una bimba di circa 9-10 anni con una massa di riccioli dorati che le incorniciava il viso, in cui spiccavano due occhioni dolci, azzurri come il cielo.
"Che succede? Chi è lei? E soprattutto, dove sono Agnese e Letizia, perché non sono ancora tornate?"-chiese Emilia
"Calmati, Emilia,stiamo andando da loro... saranno qui presto, ora torna in casa. Fabrizio, per favore, stai con loro." –rispose Martino
"Ma padre, io voglio venire con voi..."
 Martino stava per replicare, ma Emilia lo bloccò: "Lascia che venga, se vuole, posso aspettarvi anche da sola..."
 "Rimarrò io con te, credo sia meglio, così ti potrò spiegare la storia"
 Intanto, era giunto un servo ad informare che la carrozza era pronta.
"Andiamo, forza, vieni con noi, ragazzina."-disse Andrea.
 "Perdonate marchese, ma io preferirei tornare là a cavallo, se non vi dispiace..."
 "Capisco, allora ci precederai, ma non preoccuparti, non c'è bisogno che tu ci mostri la strada..."
 Fabrizio la guardò. "E io ti farò compagnia, se non ti dà fastidio..."
 "Assolutamente, anzi, mi farebbe piacere!"
 Fabrizio tornò di corsa nelle stalle ed arrivò dopo qualche secondo in groppa al suo cavallo.
"Allora siamo tutti pronti?"-chiese Andrea. "Dunque possiamo partire."
 
"Ma cos'è successo al laghetto? Perché mio padre e mio zio dicono di essere in debito con te...ma perché? Cos'è successo a Letizia? L'unica cosa che so è che, quando mio padre h letto il messaggio che gli aveva portato il guardiano è impallidito e mi ha mandato subito nelle stalle a far preparare una carrozza...sembrava molto preoccupato, ma non sono riuscito a capirne il perché, tu potresti spiegarmi cos'hai fatto di così particolare?"
"Io? Io ho fatto ciò che credevo giusto, loro hanno ingigantito tutto, facendomi sentire un'eroina... Comunque, non me la sento di spiegarti cos'è accaduto, lo capirai quando saremo arrivati al laghetto."
 "Va bene, capisco, se non ne hai voglia non sarò certo io ad obbligarti. Ma cambiamo discorso, non ci siamo ancora presentati... come ti chiami?"
"Eleonora, il mio nome è Eleonora e il vostro signor conte?"
 "Io mi chiamo Fabrizio, ma non c'è nessun bisogno di darmi del voi, né tanto meno di chiamarmi signor conte, non sono un adulto!"
"Come volete signor conte, cioè... come vuoi tu Fabrizio."
Fabrizio le sorrise.
 "Sai, mi ricordi qualcuno, mi sembra di conoscerti, di averti già vista da qualche parte..."
 "E non ti sbagli, noi ci conosciamo, o meglio,ci conoscevamo tempo fa...ma ormai quella per me è un'altra vita, non potrò mai tornare indietro..."
Gli occhi di Eleonora si riempirono di lacrime.
“Non volevo, scusami, non sapevo..." Fabrizio le prese la mano
"Non fa niente, ora acceleriamo l'andatura se vogliamo arrivare al laghetto prima di questa notte!"
 
Arrivarono al laghetto e scoprirono che Letizia era rinvenuta e parlava con Andrea.
 "Mio dio ti ringrazio, ora posso dire di averla salvata!"-esclamò Eleonora sollevata.
"Agnese mi stava raccontando ciò che è successo, ma forse è meglio terminare il racconto a Rivombrosa, quando Letizia sarà al sicuro e al caldo..."
Giunti a Rivombrosa, salirono in fretta al piano superiore, Martino arrivò loro incontro a metà dello scalone e li condusse nella stanza dove si trovavano Emilia ed Angelica. Vedendoli entrare, Emilia si alzò in piedi come una molla, prese la bimba dalle braccia di Andrea e la depose sul letto dietro di lei. Mentre Agnese sistemava le coperte, Martino chiese ad Eleonora di raccontare tutto. Al termine della storia, Fabrizio esclamò: "Accidenti, che coraggio! Sai, ti ammiro, non credo che nessuna delle ragazze che conosco della mia età avrebbe fatto una cosa del genere, anche se si trattava di salvare una bimba così piccola in pericolo, sono delle ochette svenevoli e nulla più, pensano solo a loro stesse, ai loro vestiti ed alle nuove mode di Parigi..."
Eleonora si fece di bragia ed abbassò gli occhi. Agnese la notò e decise di venirle in aiuto
"Forse è meglio uscire di qui e lasciare tranquilla Letizia, deve ancora riprendersi... Quanto a te, Eleonora, mi farebbe molto piacere se rimanessi con noi. "-disse con un sorriso.
 Emilia la guardò e disse preoccupata: "Credo che dovresti cambiarti. Con quegli abiti così bagnati rischi di ammalarti. Fabrizio, va a chiamare Maria, per favore."
Maria arrivò subito "Accompagna questa ragazza a fare un bagno caldo e di' a Giannina di portarle un abito della sua misura, credo che nel mio guardaroba ci sia ancora un abito che avevo tenuto da quando ero ragazza per avere dei ricordi..."
 
Mentre si avviavano, Maria le chiese:"Che ci fai qui?"
Eleonora le raccontò tutto.
 "Dunque, sei riuscita a rincontrare il conte Ristori, potresti raccontargli di tuo padre, ti accoglierebbe volentieri, ne sono sicura!"
"La mia casa è al villaggio, Maria, questo ormai non è più il mio mondo..."
Gli occhi di Eleonora si riempirono di lacrime. Maria si voltò verso di lei e la abbracciò
"Non piangere, piccina, scusami non volevo ricordarti i tuoi genitori, ma, pensavo che..."
 "So cosa vuoi dire, ma, mi spiace deluderti, non ho detto nulla alla marchesa né a nessun altro, nessuno di loro sa chi sono veramente. Dubito che mi crederebbero, io stessa, al posto loro, non crederei ad una storia del genere, sinceramente..."
 "Ammetto che la tua è una storia molto strana e difficile da credere, ma tu stessa mi hai detto che il conte Fabrizio ti ha riconosciuta, voglio dire ha capito che gli ricordi qualcuno. Questo è già un buon segno, non credi?"
"Potrebbe essere, ma..."
 "Ma? Prova, vedrai che ho ragione. Sono pronta a scommettere qualsiasi cosa che, se in questo momento qualcuno dicesse al conte Ristori chi sei e gli raccontasse la tua storia, lui crederebbe sicuramente, se non ad ogni parola, almeno a metà della storia..."
 "E con questo? Sai che la mia casa è al villaggio, che sono diventata una di voi e dovrei cambiare, diventare un'altra persona per poter tornare a vivere senza difficoltà tra i nobili e sai altrettanto bene che non ne sarei capace!"
Maria la guardò e sospirò
"Non ti offendi se ti dico che sei una ragazza molto strana? Qualunque altra ragazza al tuo posto avrebbe fatto di tutto per farsi riconoscere, tu invece... Mi vuoi spiegare perché butti via così questa possibilità? Fossi in te, ci penserei due volte prima di farlo, sai che non puoi tornare indietro quando hai fatto una scelta... "
"Lo so bene, Maria e mi è molto difficile scegliere. Da una parte, mi converrebbe tornare a vivere come prima della tragedia e mi piacerebbe molto almeno provare. Ma, se ascolto il mio cuore, so che non posso, perché tutti voi del villaggio mi manchereste troppo e, per di più, vivendo tra i nobili, sarebbe inevitabile ricordare come vivevo con i miei genitori e questo mi farebbe soffrire molto."
 "Molte altre ragazze al tuo posto metterebbero a tacere i loro sentimenti piuttosto che rinunciare ad un'opportunità così, ma tu, tu sei unica, Eleonora. Fin da quando sei arrivata al villaggio, sei stata come un raggio di sole per noi! "
 "Smettila, Maria, mi farai commuovere!"-le rispose Eleonora con gli occhi lucidi-"Tutti voi al villaggio mi considerate speciale, preziosa,come se fossi un angelo caduto dal cielo ed io sento di non meritarlo affatto. Ma è inevitabile,voi mi volete molto bene ed io ne voglio altrettanto a voi."- si interruppe e la fissò negli occhi- "Capisci ora perché non riuscirei ad abbandonarvi?"
"Certo che lo capisco, l'ho capito da quando hai iniziato a parlare, per lo stesso motivo nemmeno noi vorremmo che te ne andassi. Ma, credimi, se questo ti fa scartare così un'occasione tanto importante per te, credo che molti al villaggio sarebbero disposti a vivere come zingari nel giardino di Rivombrosa, pur di essere vicini a te senza farti perdere tutte le cose belle che questa nova vita può portarti..."
"Io non chiedo nulla del genere, ma, ora che ci penso, se tornassi tra i nobili, potrei trovare il modo per ripagare completamente tutto ciò che avete fatto per me... Ci penserò, Maria, ci penserò, chissà, magari, tra qualche tempo, dovrai chiamarmi contessina..."-concluse sorridendo
 
Nel frattempo, Andrea chiese ad Agnese di raccontare a sua volta tutta la storia, poiché Eleonora non era stata molto precisa. Agnese raccontò ciò che era successo, comprese tutte le frasi dette da Eleonora. Alla fine del racconto, disse: "Quella ragazza mi sembra molto misteriosa, la frase che ha detto sui suoi genitori e su Rivombrosa mi ha dato l'impressione che nasconda un segreto..."
 "Lo penso anch'io. Sapete, ha detto una cosa del genere anche a me..." -la interruppe Fabrizio.
 "Cosa intendi? Cos'ha detto?"-chiese Martino incuriosito. Fabrizio ripeté le frasi che si erano scambiati mentre cavalcavano verso il laghetto.
 "L'ultima frase che ha detto mi ha dato l'impressione che lei volesse interrompere il discorso, come se avesse paura delle domande che avrei potuto rivolgerle..."-concluse.
"Ma questa è una tua impressione, forse ha interrotto il discorso semplicemente perché per lei è triste ricordare il suo passato, qualunque cosa sia successa..."-intervenne Emilia
 "Potrebbe essere, ma anche a me dà l'impressione di averla già vista. E, comunque sia, mi ricorda qualcuno."-disse Martino
"E anch'io ho avuto questa sensazione quando l'ho vista..."-aggiunse Agnese-"Anzi, ora che ci penso, il suo sguardo mi ricorda Costanza, anche se lei non le assomiglia per nulla..."
 "Costanza? Intendi forse Costanza Granieri Solaro, la sorella di Vittoria?"-chiese Emilia stupita.
"Hai ragione!"-esclamò Martino-"Se non ricordo male. Costanza ed Alessandro avevano...hanno una figlia, che dovrebbe avere qualche anno meno di Fabrizio, a quanto mi ricordo, quindi circa l'età che potrebbe avere Eleonora..."
 "Quanti anni ha Eleonora secondo voi?"-chiese Agnese, alquanto confusa.
 "Non più di tredici o quattordici, credo"-rispose Emilia-"Come la figlia di Costanza e Alessandro, per quello che ricordo, ha due anni meno di Fabrizio, giusto?"
Martino assentì.
 "Esatto, ma non è possibile, non può essere Eleonora, non credo proprio che..."
 
La sua frase fu interrotta dal rumore di qualcuno che bussava alla porta.
"Scusate è permesso?" era la voce di Eleonora.
"Entra, entra pure"
 Nella stanza era calato il silenzio. Il primo a riprendersi dalla confusione fu Fabrizio.
 "Entra pure, Eleonora, aspettavamo proprio te."
 
Eleonora entrò. Indossava un abito che era appartenuto ad Emilia quando era ragazza e che lei aveva conservato per ricordo. Era un abito semplice e leggermente fuori moda, ma le stava molto bene.
A Martino fece una strana impressione.
"Ne sono, sempre più convinto: è il ritratto di Costanza!"-sussurrò ad Emilia.
 "Hai ragione, anche se non le assomiglia fisicamente, dà quell'impressione anche a me"-gli rispose lei guardando Eleonora.
Martino fissò la ragazzina per capire se avesse sentito i loro discorsi.
Fortunatamente, Eleonora stava parlando con Agnese.
 
"Questo abito ti dona molto. Sai, vestita così, mi ricordi un persona che conoscevo... Ma dimmi, Maria ti ha fatta specchiare, hai visto come stati bene?"-disse Agnese ad Eleonora.
 "No, marchesa, non mi sono ancora specchiata. Ma voi mi fate troppi complimenti, io sento di non meritarli. Comunque sia, mi avete fatto venire le curiosità di guardarmi allo specchio per vedere come sto. credo che, se stessi con voi, anche solo per pochi giorni, finirei per diventare vanitosa..."-rispose lei sorridendo.
Agnese la condusse verso lo specchio più vicino. Eleonora si specchiò.
"Dunque, che ne pensi? Ti piace quest'abito?"
Eleonora non rispose. Appena aveva visto il suo riflesso nello specchio, era scoppiata a piangere, mormorando:"Madre, padre, quanto mi mancate, perché ve ne siete andati?"
 
Maria stava ascoltando gli ordini che le impartiva Emilia, che le aveva chiesto di curare Letizia.
Come tutte le altre persone nella stanza, si voltò stupita e confusa verso Eleonora.
Le bastò uno sguardo per capire cosa stesse succedendo alla ragazzina.
"Perdonate, contessa, posso andare un attimo da lei?"-chiese indicando Eleonora.
"Certo che puoi, vai pure, se vuoi aiutarla, non sarò certo io ad impedirtelo..."
Maria le si avvicinò e le accarezzò i capelli. Eleonora si voltò e le gettò le braccia al collo.
Agnese tornò dov'erano tutti gli altri
"Cos'è successo Agnese?"-chiese Emilia preoccupata.
"Non so, Eleonora si è specchiata ed è scoppiata a piangere."-rispose Agnese. "E mentre piangeva, parlava."-aggiunse
"Cosa diceva?-chiese Fabrizio
Quando Agnese ebbe ripetuto la frase che aveva sentito dire da Eleonora, Martino osservò:"Strano, molto strano, perché un specchiandosi si è ricordata dei genitori? E dove sono andati i genitori, sono forse morti?"
 
Intanto, Eleonora parlava con Maria.
"Mi mancano Maria, mi mancano troppo, soltanto vedermi addosso questo abito è bastato a farmi ricordare tutto il mio passato, a farmi ricordare loro e questo mi fa soffrire... Non posso tornare alla stessa vita del passato, non senza di loro! Ma cos'ho fatto io di male per meritare tutto questo? E loro, nemmeno loro avevano colpe per meritare il destino che hanno avuto..."
"Non devi pensarci, Eleonora cara. Devi imparare a sopportare il dolore, a conviverci, anche se è molto difficile... Ora calmati, piccina, è tutto passato, io sono qui e nessuno ti obbliga a rimanere qui se non vuoi..."
 
Eleonora si asciugò le lacrime
"Grazie per queste parole, Maria. Ascolta, dove hai messo la mia sacca?"
"Perché? Ne hai bisogno?"
"Ti ho chiesto dov'è."
"L'ho affidata a Giannina, la riprenderai quando tornerai al villaggio. A che ti serve ora?"
"Mi serve e basta! Ne ho bisogno subito!"
"Perché Eleonora?"
"Perché sì!"
"Forse ho capito di cos'hai bisogno e per questo non credo sia una buona cosa portartela..."
"Cosa vuoi sapere tu di ciò che è giusto per me?"Riguarda me, lo saprò io..."
"Ti conosco bene ormai, lo so meglio di te..."
"Io non ne sarei così sicura..."


Aveva pronunciato queste ultime frasi a voce decisamente alta.
Martino, che l'aveva sentita, disse a Maria: "Se ne ha bisogno, portala qui. Non credo che questo causerà grandi catastrofi..."
"Obbedisco, signor conte, ma..."-si interruppe vedendo lo sguardo di Eleonora-"D'accordo, vado subito!"
Prima di uscire dalla stanza, lanciò un ultimo sguardo ad Eleonora scuotendo la testa e sospirando.
 
"Eleonora ma cosa ti è successo? Perché piangevi?"-chiese Agnese preoccupata quando Maria fu uscita dalla stanza.
"Non è nulla, marchesa, non dovete preoccuparvi per me!"
"Ma ciò che mi hai detto al laghetto quando hai salvato Letizia, quella frase sui tuoi genitori è forse legata alla reazione che hai avuto vedendoti riflessa nello specchio con quest’abito?"
"Vogliate perdonarmi, marchesa, ma è una storia lunga, preferisco non spiegarla. Mi fa troppo male ricordare e, comunque, non servirebbe a niente, ormai non si può modificare il passato e quindi credo che per tutti voi sarebbe meglio non saperne assolutamente nulla..."
"Capisco, se non vuoi non ti obbligo. Sappi però che, se cambierai idea o sentirai il bisogno di parlarne con qualcuno, io ti ascolterò volentieri..."
"Vi ringrazio marchesa, me ne ricorderò. Voi siete molto gentile con me."
"Perché sento che lo meriti! Ma cambiamo discorso, ho notato che conosci alcuni rudimenti di medicina..."
"Ben poco in realtà."
"Ma nessuna ragazza che io abbia conosciuto fino ad ora sa nulla di medicina, dunque tu devi essere una ragazza molto studiosa..."
"Sono solo curiosa e desiderosa di sapere. Leggo qualsiasi libro mi capiti tra le mani."
"So che al villaggio non avete molti mezzi per istruirvi..."
"Purtroppo no marchesa."
"Io considero un vero peccato che una ragazza come te non possa studiare. Una mente come la tua va coltivata, credimi..."
"Lo pensate davvero marchesa?"
"Certo mia cara, per questo ho deciso di venirti incontro."
"Venirmi incontro...cosa significa marchesa?"
"Visto che sono in debito con te perché hai salvato mia figlia, ho deciso di ripagarti dandoti la possibilità di venire a Palazzo Casalegno a seguire le stesse lezioni che segue Angelica, potresti imparare molte cose..." 
"Vi ringrazio, marchesa, non dovete disturbarvi, non merito tutto questo..."-balbettò Eleonora confusa.
 
Maria rientrò nella stanza.
Mentre porgeva la sacca ad Eleonora, le disse:"Tra poco farà buio, è meglio che tu parta al più presto, o non vedrai il sentiero per arrivare al villaggio..."
"Di questo non mi preoccupo, conosco il sentiero come le mie tasche, ormai... Ma tu non torni stanotte?"
"No, ho delle faccende da sbrigare qui. Perché?"
"Sai, non mi fido a tornare, oggi sono successe molte cose, sento di essere troppo sconvolta per tornare a casa da sola, rischierei di farmi male lungo il cammino..."
"Capisco, allora per questa notte è meglio che tu stia con me, se vuoi ti mostrerò dov'è la mia stanza..."


"Le stanze della servitù sono molto piccole, Maria"-osservò Martino-"Ho vissuto qualche tempo là e lo so bene. Sei sicura che ci sia spazio anche per Eleonora?"
"Ci sono molte stanze libere qui, potremmo ospitarla noi per questa notte..."-propose Fabrizio.
Eleonora lo guardò stupita.
"Potremmo...buona idea figliolo"-approvò Martino
"Questa notte sarai nostra ospite, dunque."-disse Emilia.
"Non dovete disturbarvi così per me..."-rispose Eleonora
"Nessun disturbo ragazzina,d'altra parte siamo tutti in debito con te!"-concluse Emilia sorridendo dolcemente.
 
"Eleonora, piccina mia, scappa almeno tu, finché puoi..."
"Mamma, mamma, rimani con me, ti prego, mamma, non voglio stare da sola!"
"Devi scappare Eleonora, salvati finché sei in tempo. Io ti raggiungerò non ti devi preoccupare!"
Eleonora tremava di paura e di freddo chiusa nella sua mantellina allacciata fino al collo ma di un tessuto troppo leggero per proteggerla dal vento freddo che spazzava la gelida scogliera portando fino a lei spruzzi d'acqua salmastra dall'oceano e riempiendole gli occhi di sabbia.
A lei la Bretagna non era mai piaciuta: era troppo fredda, c'era troppo vento, nell'oceano non si poteva fare il bagno e quelle scogliere così a picco le facevano molta paura. Voleva tornare a casa, in Piemonte o, perlomeno, andare da Sibilla, in Provenza, in quei luoghi tanto belli che la mamma le aveva spesso descritto e in cui lei credeva abitassero le fate e tutti i personaggi delle fiabe.
Ma non voleva andarci da sola, questo no, voleva la mamma accanto a sè e voleva che papà fosse di nuovo con loro.


Già, papà, ma dov'era finito? Dopo che aveva parlato con quegli uomini, se n'era andato salutandole con sguardo triste e non era più tornato.
Lei e la madre li avevano seguiti lungo lo scalone.
Eleonora ricordava benissimo le ultime parole che aveva detto.
"Prega per me, Costanza."-aveva detto a mamma che lo fissava con le lacrime agli occhi.
Poi si era rivolto a lei.
"Non dimenticare mai tuo padre ed il tuo nome, Eleonora. Un giorno pagheranno per quello che mi hanno fatto e sarai tu a far pagar loro il fio delle loro azioni ".
Eleonora non avrebbe mai dimenticato quelle parole, ne era certa, anche se ancora non ne aveva completamente capito il significato.

La madre la baciò in fronte.
"Scappa Eleonora, io farò di tutto per poterti raggiungere, ma, se non riuscissi, ricorda le parole di tuo padre e sappi che dovrai vendicare anche me..."
Poi chiamò Odette, la serva che le aveva seguita per tutto il viaggio.
"Odette, vieni qui, prendi Eleonora, portala via, al sicuro, lontano da qui, abbi cura di lei..."
Odette le si avvicinò.
"Venite contessina, dobbiamo andare ora."
"Quando ci raggiungerai, mamma?"-chiese Eleonora preoccupata
"Non so Eleonora, ma ora vai, non aver paura, andrà tutto bene, ne sono sicura..."
 
Eleonora si svegliò di soprassalto.
Era stato tutto un sogno. Purtroppo, però, le scene che aveva rivissuto erano accadute realmente...
Poi si guardò in giro in cerca della candela per farsi luce ed andare in cucina a prendere dell'acqua.
In quel momento realizzò di non essere a casa, nel suo letto.

Si stava chiedendo dove fosse, quando sentì qualcuno che bussava leggermente alla porta della stanza.
"Eleonora sei sveglia? Posso entrare? Va tutto bene?"
"Chi è là?"-chiese Eleonora allarmata.
"Stai tranquilla, sono io, Fabrizio, mi ero preoccupato per te..."
Fabrizio? Eleonora ricordò improvvisamente: era a Rivombrosa, non a casa. La sua stanza si trovava accanto a quella di Fabrizio, probabilmente l'aveva sentita parlare nel sonno e si era preoccupato, come Maria i primi tempi che la ospitava...
"Vieni, entra pure, perché sei preoccupato?"

Fabrizio entrò. La candela che reggeva in mano gli illuminava il volto, facendo risaltare i suoi occhi azzurri, gli stessi occhi dell'uomo di cui Eleonora aveva visto il ritratto nello studio del conte Ristori, dove lui le aveva gentilmente fatto lasciare la sua sacca, poiché quella, a suo parere, era la stanza più sicura di tutta la tenuta. Eleonora non lo sapeva, ma quell'uomo era il padre del conte Martino Ristori e della marchesa Casalegno ed il nonno di Fabrizio, di cui lui portava il nome.
Ma queste cose a lei non interessavano.
In quel momento, pensò che Fabrizio sembrava decisamente il protagonista di uno di quei romanzetti che aveva letto quando era stata ospitata a casa di Cosetta, la cugina di Odile, la ballerina con cui era tornata in Piemonte. Quei romanzi erano stati la sua ancora di salvezza nei momenti più bui: immergendosi in quelle storie, riusciva a dimenticare la realtà e non pensare ai genitori che, lo sapeva bene, non avrebbe più rivisto. Quelle storie erano state ed erano ancora il suo punto di riferimento, si identificava nelle protagoniste e cercava di emularle e sognava di incontrare un uomo o un ragazzo come quelli con cui, alla fine di tutte le vicende, le eroine coronavano il loro sogno d'amore.
"E chissà che questo sogno non si stia già avverando..."-penso tra sè. Cercò subito di scacciare questo pensiero-"Non è possibile, è assolutamente fuori discussione, ormai non apparteniamo più allo stesso mondo, Fabrizio ed io..."
 
"Sai, non riuscivo a dormire e mi sono alzato per andare a vedere se riuscivo a trovare dell'acqua da qualche parte."-cominciò a raccontare Fabrizio-"Passando davanti alla porta della tua stanza, ti ho sentita parlare, ma ho pensato di avere immaginato tutto. Poi, quando sono tornato nella mia stanza, ho cercato di riaddormentarmi, ma non riuscivo a prender sonno. Ad un certo punto, ti ho sentita parlare di nuovo. Ascoltando più attentamente, ho sentito che gemevi e singhiozzavi. Allora ho deciso di venire a vedere se stavi bene..."
"Sei molto gentile Fabrizio"-lo ringraziò lei-"Non devi preoccuparti per me, non è nulla, solo un brutto sogno."
"Capisco. Ma è legato a ciò che ti è successo oggi mentre ti specchiavi?"
"Sì, ma preferisco non parlarne...".
La voce di Eleonora si incrinò
"Oh. accidenti a me, alla mia linguaccia irrefrenabile ed alla mia maledetta curiosità!"-esclamò lui precipitosamente-"Scusami, non volevo rattristarti, se non vuoi parlarne, non devi parlarne. Fa come se non avessi parlato..."

Eleonora fece cenno a Fabrizio di tacere, ma non ce ne fu bisogno: si era già zittito. Ai due ragazzi era sembrato di sentire un rumore di passi lungo il corridoio.
Quando il rumore si fu allontanato, entrambi i ragazzi sospirarono sollevati.
"Forse è meglio che tu torni in camera tua."-disse Eleonora a Fabrizio.
"Hai ragione, se scoprissero che sono qui, non so cosa succederebbe..."-rispose lui con un'aria falsamente tragica che fece sorridere Eleonora.
"Allora buonanotte, Fabrizio."
"Buonanotte, Eleonora, se hai bisogno di conforto bussa sul muro e sarò da te..."-concluse Fabrizio sorridendo maliziosamente. 

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Capitolo 2
*** 2. Il mistero si infittisce ***


Di nuovo buonasera carissimi!!!
La storia di Eleonora continua. So che la corrispondenza tra tempo della storia e tempo della narrazione potrebeb sembrare noiosa, ma per questi primi capitoli è assolutamente necessario per spiegare la storia in modo dettagliato.
In questo capitolo appare un nuovo personaggio, un altro mio OC, mademoiselle Ginevra, che avrà un ruolo abbastanza importante anche più avanti.
Il mistero intorno alla figura di Eleonora si infittisce sempre di più. Il suo passato entra in scena prepotentemente attraverso il personaggio di Mademoiselle Ginevra. La sua storia appare semrpe più legata a quella dei personaggi già noti.
Spero che questa storia risulti interessante e che la narrazione non appaia lenta. Per qualsiasi dubbio, chiedete pure. Se volete lasciare un parere, fate pure, accetto anche critiche, purchè sano critiche costruttive.
Detto questo, vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia.


La luce del sole che entrava dalle finestre svegliò Eleonora.
Maria era nella sua stanza. Stava sistemando i suoi abiti.
"Lascia stare, Maria, non ti preoccupare, ci penso io!"-esclamò Eleonora stupita e quasi infastidita-"Non c'è alcun motivo per cui tu mi debba servire, anche se qui a Rivombrosa tu sei la cameriera."
Maria si voltò verso di lei sorridendo.
"Buongiorno e ben svegliata contessina St..."
Eleonora la interruppe.
"Maria, per favore taci. Non farti sentire. Loro non lo devono sapere. Se non lo sanno è molto meglio. Chiaro?"
"Certo,certo, come preferisci. Ma da ieri sei molto aggressiva con me. O forse è solo una mia impressione..."
"Devi scusarmi Maria, ma stare qui mi mette molta agitazione e di conseguenza divento aggressiva."
Eleonora si alzò, prese i vestiti e chiese a Maria: "Sai se loro si sono già svegliati?"
"Il conte Fabrizio è già sveglio ed è in giardino. Il signor conte e la contessa dormono ancora."
"Bene. Andrò anch'io in giardino. Avvisami quando il conte e la contessa si saranno svegliati."
"Certo mia cara. Ora, se permetti, devo andare."
"Vai pure, non devi chiedere il permesso per nulla, non a me perlomeno, non sei la mia serva."
 
Eleonora si vestì in fretta e scese in giardino.
Uscendo dal portone si diresse subito verso le stalle. Entrò e cercò con gli occhi il suo cavallo.
Era molto affezionata a quell'animale. Pegaso, così l'aveva chiamato, era uno dei pochi ricordi che aveva di quando era bambina, una delle poche cose che Odette era riuscita a salvare da quegli uomini che avevano portato via tutto. Lei ed Eleonora avevano percorso miliardi di strade e sentieri in groppa a Pegaso. Eleonora si era molto affezionata ad esso. Qualsiasi viaggio avesse compiuto, aveva sempre voluto portare Pegaso con sé. Quando si era stabilita al villaggio, aveva voluto a tutti i costi che anche Pegaso rimanesse.
Pensando a queste cose, Eleonora si avvicinò al suo cavallo e cominciò ad accarezzarlo.
"Buono, Pegaso, stai buono, non possiamo fare la nostra solita passeggiata mattutina oggi."
Pegaso appariva agitato, insofferente, non era mia stato legato così a lungo. Al villaggio gli avevano costruito un recinto così che fosse chiuso al sicuro, ma potesse comunque muoversi liberamente. Le stalle erano una prigione per lui.

"Buongiorno, Eleonora, non sapevo fossi capace di farti capire anche dai cavalli..."
Quella frase ironica fece voltare Eleonora di scatto.
"Oh, Fabrizio, buongiorno a te. Non so se Pegaso capisca quello che dico, ma sono sicura che a volte capisca le cose molto meglio di certe persone..."
 
"Come mai sei nelle stalle a quest'ora dl mattino?"
Fabrizio sembrava preoccupato.
"Non pensare che io voglia scappare... Volevo solo vedere come stava Pegaso, sai non è abituato a stare legato, non per molto tempo."
"Liberalo per un attimo, allora."
"Io non scappo di sicuro, lui forse sì..."
"Ascolta, io avevo intenzione di andare a fare una passeggiata, visto che dormono ancora tutti. Vuoi venire con me? Ho l'impressione che anche tu ti senta un po' legata... Se vuoi slegarti un attimo, io ti terrò sotto controllo..."
Fabrizio la guardò con aria maliziosa.
"Ma cosa dici Fabrizio?! Comunque, vengo volentieri con te."
 
"Te la cavi abbastanza bene a cavalcare, per essere una ragazza. Cioè, intendevo dire..."
"Non preoccuparti, Fabrizio, guarda che non mi offendo. Comunque, non ti devi stupire che io cavalchi con tanta disinvoltura. Sai, andare a cavallo è uno dei pochi passatempi che mi posso permettere, oltre a leggere, quando ho un momento libero. E, dal momento che di libri al villaggio se ne trovano pochi..."
"Capisco. Sei anche veloce, quasi più di me. Non per vantarmi, ma di solito lascio sempre indietro mio padre e mio zio..."
"Hai detto che sono quasi più veloce di te, forse dovresti togliere quel quasi. Quando cavalco da sola nel bosco, Pegaso non galoppa vola! Più di una volta lui è stato l'unico mezzo che avessi per salvarmi da situazioni non molto belle. Dunque è abituato a viaggiare velocemente e io sono altrettanto abituata a spronarlo."-Eleonora guardò il cavallo di Fabrizio e scosse la testa-"Certo, non userei mai il frustino né quegli inutili e crudeli aggeggi che usate voi, morso e briglie corte. Fanno solo male ai cavalli."

"Sei molto affezionata a Pegaso vero?"
"Certamente. Forse perché è l'unico ricordo che ho del mio passato, di quella che ormai considero un'altra vita."
Fabrizio la guardò. I suoi occhi erano velati di lacrime. Il ragazzo si pentì di averle fatto quella domanda.
Quella ragazza era strana, anzi no, strana non era la parola giusta. Misteriosa, ecco quello che era.
Fabrizio ripensò a quel colloquio tra i suoi genitori e la zia Agnese a proposito del fatto che Eleonora dava loro l'impressione di averla già vista, conoscerla già. Cercò di ricordare quella bimba di cui avevano parlato, la figlia del migliore amico di suo padre. Era poco più piccola di lui. Aveva forse la stessa età di Eleonora. La ricordava poco, lei ed i suoi genitori erano praticamente scomparsi anni prima, quando lui era ancora piccolo, poteva avere tutt'al più una decina d'anni. Anche la bambina era piccola. Confrontarla con Eleonora non aveva senso, lo sapeva, eppure... eppure a Fabrizio sembrava di notare una certa somiglianza, per quel poco che ricordava della bambina.
Improvvisamente ebbe come un lampo un'ispirazione: Eleonora, anche la bambina si chiamava Eleonora, ne era sicuro.
 
"Forse è meglio cambiare discorso... Mi stavi dicendo che sei abituata a cavalcare molto veloce. Voglio metterti alla prova."
"Mettermi alla prova? E come? Sono curiosa. Se la prova è una gara non pensare che vincere contro di me sia così facile...anche le ragazze sono capaci di far mangiare la polvere ai loro avversari, mettitelo bene in testa, conte Fabrizio Ristori!" Eleonora sorrise e fissò Fabrizio. Un lampo d’orgoglio le illuminò gli occhi.
"Mi stai forse sfidando? Se pensi di farmi paura, ti sbagli di grosso! Allora, che la sfida cominci!"

Fabrizio spronò il suo cavallo. Eleonora lo seguì a ruota. I cavalli prendevano sempre più velocità. Si addentrarono nel bosco.
Ad un certo punto Fabrizio uscì dal sentiero che seguivano. Dopo pochi secondi riapparve sul sentiero. Aveva nettamente superato Eleonora.
"Eh no, Fabrizio, non va bene, questo era un'ingiustizia bella e buona! Se vuoi gareggiare con me, devi gareggiare onestamente."
Eleonora sembrava seccata. Accelerò bruscamente e lo raggiunse quasi subito. Lo affiancò, poi uscì a sua volta dal sentiero, per rientrare quasi subito e tagliargli la strada.
Il cavallo di Fabrizio scartò bruscamente. Il ragazzo riuscì a riprendere il controllo immediatamente, ma rischiò di finire fuori dal sentiero.
"Ahi! Accidenti Freccia che ti succede?"
Il tono di Fabrizio sembrava preoccupato. Eleonora si voltò.
"Tutto bene Fabrizio?"
Fabrizio annuì e spronò il cavallo, che superò nettamente quello di Eleonora. Tanto il cavallo quanto il cavaliere non sembravano avere nessun problema.
"Mi hai ingannato Fabrizio. Sto perdendo la pazienza! Smettila con questi trucchi!"
Eleonora sembrava spazientita.
"Ebbene se è la guerra ciò che vuoi... guerra sia!"
Pegaso partì al galoppo.
 
Eleonora cavalcava alla velocità del vento.
Senza fermarsi, si voltò verso Fabrizio
"Allora, che te ne pare, conte Ristori?"
"Non ho parole, Eleonora. Ma faresti meglio a guardare avanti."

Fabrizio conosceva molto bene quel posto. In quel punto, il sentiero che stavano seguendo si ricongiungeva alla strada maestra. Il punto di congiunzione era però formato da un piccolo dislivello, un ostacolo per chi si avventurasse da quelle parti a cavallo. Un pericolo per chi cavalcava ad una certa velocità. Eleonora ad esempio. Fabrizio rallentò istintivamente l'andatura del cavallo. Eleonora non si era accorta del salto. Il suo cavallo aveva preso troppa velocità.
"La sbalzerà via. Sta correndo un grosso rischio."-pensò Fabrizio.
Eleonora vide il piccolo salto. Afferrò le redini con tutte le sue forze. Conosceva quel salto, ma non l'aveva mai affrontato a questa velocità.
I suoi sforzi furono vani. Pegaso non accennava a rallentare. Eleonora si pentì di averlo spronato con così tanta forza.
"Fermati! Fermati!"
Cercò di fargli cambiare direzione, ma fu tutto inutile.
"Attenta Eleonora!"
Il grido di Fabrizio si perse nel vento, coperto dal rumore degli zoccoli dei cavalli.

Ormai Eleonora era arrivata al salto. Non poteva fare più nulla. Solo pregare e sperare che tutto andasse per il meglio. Altrimenti avrebbe pagato le conseguenze della sua imprudenza. Chiuse gli occhi e strinse con forza le redini.
Anche Fabrizio chiuse gli occhi. Non voleva vedere.
Pegaso saltò.
 
Fabrizio si riscosse. Doveva assolutamente agire, pensò. Eleonora si era cacciata in un guaio? Bene, lui l'avrebbe aiutata a tirarsene fuori. Quasi senza accorgersene, affondò i talloni nei fianchi del suo cavallo. L'animale partì al galoppo.

Anche se aveva gli occhi chiusi, Eleonora capiva che il salto era sempre più vicino. Il cavallo prendeva sempre più velocità.
"Ecco, tra poco salta. Vergine santa, aiutatemi voi. Sono proprio una scervellata"-pensò tra sè.
Improvvisamente, sentì un rumore dietro di sè. Qualcosa le passò di fianco velocemente. Qualcuno tirò le briglie del cavallo. Pegaso scrollò il capo e quella mano perse la presa.

Eleonora riaprì gli occhi. Fabrizio era di fianco a lei.
"Ho cercato di bloccarti, ma non riesco a tenere fermo il cavallo..."
Eleonora stava per rispondere, ma si accorse che ormai era giunta al salto. Doveva concentrarsi su quello e nient'altro, se non voleva rompersi l'osso del collo, pensò.

Fabrizio afferrò il frustino.
"Non sono riuscito a fermarla. Ma non posso lasciare che corra questo pericolo senza far nulla. Devo saltare prima di lei. Devo essere là sotto quando salterà. Se la forza del salto la sbalzerà da cavallo, dovrò essere pronto a prenderla e soccorrerla."
Spronò il cavallo. Superò Eleonora. Mentre il cavallo saltava, chiuse gli occhi. Quando atterrò, tirò le briglie con tutte le sue forze. Il cavallo si fermò.
Fabrizio aprì di nuovo gli occhi. Appena in tempo per vedere che Pegaso era quasi giunto al salto. Fece girare il cavallo e lo portò indietro di qualche passo, alla distanza giusta per impedire la caduta di Eleonora senza rischiare di essere schiacciato da Pegaso mentre atterrava.
 
L'ombra di Pegaso si stagliò sopra Fabrizio.
"Santi del Paradiso proteggetela!"-pensò tra sè.
Si precipitò in avanti. Temeva che la forza del salto la sbalzasse di sella. Fortunatamente, la sua paura si rivelò infondata. Effettivamente, mentre saltava, il corpo di Eleonora si piegò pericolosamente in avanti, ma la ragazza riuscì a raddrizzarsi.

Il cavallo atterrò. Eleonora diede un ultimo strattone alle briglie. Pegaso si fermò. Fabrizio le si avvicinò e la fissò. Era pallida come un cencio. Improvvisamente, lasciò andare le briglie. Si abbandonò sul dorso del cavallo come se stesse svenendo. Fabrizio si spaventò.
"Eleonora, Eleonora. Cos'hai, Eleonora? Cosa ti succede? Rispondi in nome del cielo!"-esclamò concitatamente.
"Ho avuto tanta paura, Fabrizio, sono stata una sciocca."-sussurrò lei, ricadendo in avanti a peso morto.
Il cavallo, infastidito da quel peso che si trovava improvvisamente a sostenere, scartò bruscamente di lato. Eleonora barcollò, rischiando di cadere dal dorso del cavallo. Radunò tutte le sue forze per riuscire a rimanere in equilibrio.
"Credo sia meglio tornare a Rivombrosa. Hai bisogno di qualcosa che ti rimetta in forze..."-osservò Fabrizio preoccupato.

"Fabrizio, Eleonora, cosa ci fate qui? Dovreste essere a Rivombrosa. Soprattutto tu, Fabrizio, è mai possibile che tu non riesca mai a tenerti lontano dai pericoli?"
Una voce imperiosa attirò l'attenzione dei due ragazzi, facendoli voltare. Martino arrivava verso di loro dal sentiero.
"Su, forza, seguitemi, torniamo a Rivombrosa. Fabrizio, tua madre è preoccupata per te. E tu, Eleonora, ascoltami, non seguirlo, combina sempre disastri. Cacciarsi nei guai è il suo mestiere..."

Martino era ormai giunto da loro.
Eleonora respirò profondamente.
"Non dovete essere così duro con lui, signor conte, non ha fatto nulla per meritarlo, non ancora, perlomeno. Ho corso un grosso pericolo, è vero, ma è stata solamente colpa mia..."
"E perché mai?"-chiese Martino stupito.
"Potremmo spiegarlo sulla strada del ritorno..."-intervenne Fabrizio prima che Eleonora potesse aprir bocca-"Credo sia meglio raggiungere Rivombrosa in tutta fretta. Eleonora ha bisogno di riposo."
"Effettivamente è molto pallida."-osservò Martino-"Torniamo subito indietro dunque. Immagino che Emilia stia già pregando la Santa Vergine di proteggerci dai briganti..." Accennò un sorriso amaro.
Fabrizio salì in groppa al suo cavallo e i tre si avviarono verso Rivombrosa.
 
Emilia li aspettava in giardino.
Appena li vide arrivare, corse loro incontro. Il suo sguardo era sollevato ed arrabbiato allo stesso tempo.
"Fabrizio, insomma, possibile che tu debba sempre scomparire così senza avvisare? Mi fai preoccupare molto,lo sai."-esclamò tutto d'un fiato.
Fabrizio smontò da cavallo e le si avvicinò.
"Scusa tanto mamma, non avevo intenzione di farti preoccupare. Semplicemente, questa mattina sentivo il bisogno di fare una passeggiata."-rispose.
Poi si voltò verso Eleonora.
"E poi, Eleonora mi sembrava un'aquila chiusa in una gabbia dorata, che, per quanto sia bella, è troppo piccola per lei; così ho deciso di lasciarla volare libera. Ma non potevo non seguirla, avevo troppo timore che volasse troppo lontana..."

Eleonora arrossì. Le parole di Fabrizio le avevano procurato una strana sensazione, non si era mai sentita così confusa. Cosa intendeva dire? La stava deridendo? Cosa significava quel paragone con l'aquila? Non sapeva se avrebbe dovuto arrabbiarsi o esserne lusingata. Anche quella frase che le aveva detto nelle stalle riguardo al fatto di sentirsi legata, era una presa in giro? E perché aveva detto che aveva paura che lei scappasse? In fin dei conti, a lui cosa poteva importare di una ragazza come lei? Appartenevano a due mondi diversi. Eppure....eppure potremmo appartenere allo stesso, se solo io avessi il coraggio di parlare, pensò tra sè. Ma si arrabbiò con sè stessa per il semplice fatto di averlo pensato. Non sarebbe mai riuscita a tornare alla sua vecchia vita. E, comunque, non l'avrebbe certo fatto per essere considerata da quel ragazzo viziato e borioso che si considerava superiore a lei solo perché lei era una ragazza e che la guardava da sotto in su perché era una del popolo, almeno così pensava lui. Se sapesse chi sono, mi considererebbe diversamente, è proprio un ipocrita, concluse.

Martino guardò Fabrizio con disappunto.
"Cosa significano queste parole figliolo? Perché Eleonora avrebbe dovuto scappare? E poi, non c'era bisogno che tu dicessi queste cose. Non sono scusanti per il tuo comportamento. La tua impressione riguardo ad Eleonora era solo una sensazione e nessuno ti ha assicurato che corrispondesse alla realtà. Inoltre, il paragone che hai fatto potrebbe aver infastidito Eleonora..."
"Non dovete preoccuparvi, signor conte, non mi ha creato nessun problema, anzi, la frase sul fatto di volare libera mi ha fatto piacere, è bello sapere che qualcuno si accorge delle tue esigenze e ti aiuta a soddisfarle. La sensazione di Fabrizio era più che giusta. Avevo proprio bisogno di prendere un po' d'aria e questo è stato il modo migliore..."
 
"Angelica, vieni, Ginevra sta arrivando."
Agnese era in giardino con le bambine, Eleonora e Fabrizio. Erano appena tornati da una passeggiata nel bosco.
Agnese aveva scorto in lontananza la figura di Ginevra, l'istitutrice di Angelica.
"Non è giusto, proprio adesso, mi stavo divertendo tanto. Che noia!"-esclamò Angelica spazientita.
"Non ti lamentare, piccina, queste lezioni sono molto importanti. Corri a cambiarti ora, non vorrai presentarti a lezione in questo stato, spero..."
I vestiti della bambina erano piuttosto sporchi e rovinati. Erano infatti degli abiti vecchi che Agnese le faceva indossare per le passeggiate.
Angelica si avviò verso la sua stanza sbuffando.
Eleonora guardò i propri vestiti.
"Anch'io dovrei cambiarmi."-osservò tra sè e sè- "Non è una buona idea presentarsi in questo modo. Ma non farei in tempo a tornare a Rivombrosa per cambiarmi d'abito."
"Non te ne devi preoccupare. A questo abbiamo già pensato noi."-disse Agnese che aveva sentito le sue riflessioni.

Eleonora la guardò con aria stupita. Agnese si voltò verso Dorina che era lì poco distante.
"Accompagnala nelle mie stanze, per favore."
"Subito, marchesa."-rispose. Poi si volse verso Eleonora."Vieni con me, c'è una sorpresa per te..."
Eleonora la seguì docilmente.
Dorina la condusse nella stanza di Agnese. Mentre camminavano, Eleonora la tempestò di domande, ma lei si limitava a sorridere e ripetere:"La marchesa mi ha chiesto di prepararti una sorpresa, aspetta e vedrai."

Quando entrarono nella stanza di Agnese, Eleonora rimase senza fiato.
Sul letto era adagiato un abito molto elegante, che, almeno a giudicare dalla misura, non apparteneva certo alla marchesa. Anzi, sembrava proprio della sua misura.
"Questo era della marchesa, ma lei non lo usa più e mi ha chiesto di adattarlo alla tua misura, per fartelo indossare quando verrai qui a seguire le lezioni della signorina Ginevra. Su, avanti, provalo, dimmi se ti va bene."
Eleonora si avvicinò al letto e sollevò l'abito. Era bellissimo. Non credeva ai suoi occhi. La marchesa era veramente molto gentile.

Provò l'abito. Era perfetto.
"Complimenti, Dorina, hai le mani d'oro. Potresti cucire gli abiti alla regina in persona."-esclamò voltandosi verso Dorina e gettandole le braccia al collo.
"Esageri come sempre, Eleonora."-rispose lei sorridendo.
La guardò ammirata.
"Tu invece stai molto bene con questo abito. Assomigli tutta a tua madre, povera contessa."
"Non mi ci far pensare, Dorina. Preferisco non pensare né a lei né a papà, quanto mi mancano, non meritavano quella fine, proprio no!"
"Certo che no."-concluse Dorina abbracciandola.
"Requemmaterna"-sussurrò commossa.
Eleonora sorrise.
"Tu e il latino litigherete per l'eternità... Comunque hai ragione, requiem aeternam, riposino in pace, loro che possono, io invece devo rassegnarmi a vivere la mia vita ed andare avanti senza di loro..."
 
Eleonora scese le scale in fretta. Imboccò il corridoio a passo svelto per raggiungere il salone il prima possibile. A metà corridoio, però, incontrò Agnese. Fece una profonda riverenza.
"Marchesa... grazie per l'abito, ma soprattutto grazie per il pensiero gentile che avete avuto."
"Non c'è di che, mia cara. Comunque, non devi ringraziare solo me. Io ho semplicemente ascoltato un suggerimento di Fabrizio. L'idea di donarti un abito è stata sua."

Fabrizio. Dunque era stato lui a suggerire quell'idea dell'abito. Ma perchè? Cosa poteva averlo spinto a questo? Perché mai Fabrizio era così gentile con lei? Eleonora non capiva. Non capiva, ma era felice lo stesso. Quando Agnese le aveva detto che l'idea era stata di Fabrizio, Eleonora aveva sentito caldo al cuore al solo pensiero che Fabrizio avesse pensato a lei. Nemmeno di questo capiva il perchè. Si sentì avvampare. Non osò alzare lo sguardo. Si vergognava a mostrare il viso alla marchesa. Non poteva vederla. Non in quello stato.

"Puoi anche alzarti, ragazzina."-disse Agnese
Eleonora si accorse in quel momento di non essersi più alzata da quando aveva fatto la riverenza.
"Certo, marchesa."
"Comunque sia, non c'è nessun bisogno che tu ti inchini così. Non sono certo la regina, io."
"Ma io vi sono molto obbligata, marchesa."
"Il debito che noi tutti abbiamo con te è troppo grande per essere superato in importanza dal dono di un vestito che, per altro, non era nemmeno più adatto a me..."
Agnese le sorrise.
"Ora vai o farai tardi alla lezione!"-aggiunse carezzandole i capelli.
"Vado, marchesa. A presto."

Agnese la guardò allontanarsi. Aveva la netta impressione di conoscerla già. Era impossibile. Eppure...eppure le ricordava qualcuno. Pensò a quello che le aveva detto Fabrizio riguardo al nome ed alla coincidenza che la legava alla figlia di Costanza e Alessandro.
"E se Fabrizio avesse ragione?"-pensò tra sè.
"Riguardo a cosa?"-chiese una voce alle sue spalle.
Agnese si accorse di aver pensato ad alta voce. Si voltò.
"Andrea! Sai, ho un dubbio riguardo ad Eleonora. Ho una strana sensazione... Ora ti spiegherò ciò che mi ha detto Fabrizio. Tu dimmi se le mie idee sono solo frutto della mia fantasia o possono essere fondate."
 
"Accidenti, è vero! Non riesco a pensare che tutto ciò sia una semplice coincidenza! Eppure...eppure è difficile credere che quella ragazzina sia la figlia di Alessando e Costanza. Non trovo in lei nulla che ricordi quella bambina e credo che anche per te e per tutti gli altri sia così..."-osservò Andrea quando Agnese gli ebbe spiegato tutto.
"Quello che dici è vero, ma sono passati alcuni anni da quando Costanza e Alessandro sono partiti e da allora Eleonora è sicuramente cresciuta e credo sia cambiata molto, sono convinta che nessuno di noi la riconoscerebbe se la incontrasse di nuovo...."-ribattè Agnese.
"Sono d'accordo con te. Ma converrai anche tu che la ragazzina che abbiamo ospitato, a giudicare dalla sua situazione e dai suoi comportamenti, potrebbe essere chiunque ma non certo una ragazzina nobile..."
"Forse si è dovuta adattare a questa situazione... Voglio assolutamente scoprire cosa nasconde. "
"Bene, dunque lo sapremo presto tutti, perchè quando ti metti in testa di raggiungere un obiettivo, potrebbe cadere il mondo, ma tu lo raggiungerai ugualmente..."-concluse Andrea sorridendo.
 
"La lezione è finita, bambine. Angelica, puoi uscire, per favore? Vorrei scambiare due parole con Eleonora."
"Sì, mademoiselle. Vado via subito."-rispose Angelica, anche se i suoi occhi tradivano chiaramente una forte curiosità.
 
Quando Eleonora era entrata nel salone, l'istitutrice l'aveva guardata in modo strano. Angelica, precipitosa come al solito, le aveva raccontato il motivo della presenza della ragazza a partire dal "salvataggio" della sorellina. Ginevra era rimasta molto colpita da quel racconto, che Angelica, con la fantasia e l'entusiasmo tipici dei bambini, aveva infiocchettato di particolari degni di un romanzo d'avventura. Eleonora aveva subito precisato che non tutto era vero. Aveva raccontato la sua versione dei fatti, chiarendo le idee a Ginevra, che le aveva comunque espresso la sua sincera ammirazione.
 
Quando Angelica fu uscita, si complimentò nuovamente con Eleonora, ma questa volta aggiunse ai complimenti una frase che lasciò Eleonora molto confusa.
“Sei una ragazzina molo coraggiosa, Eleonora cara. Tua madre sarebbe fiera di te. Sai, ti osservavo da tempo ed ora ho finalmente avuto la conferma delle mie impressioni su di te. Sei cresciuta, ormai, sei cambiata molto, è giunta l’ora che tu riceva ciò che ti è dovuto…”-disse infatti.
Eleonora non capiva.
“Cosa significa tutto ciò? Cosa mi è dovuto? Cosa sapete voi di mia madre? Vi conosco? Ma, soprattutto, chi siete?” –domandò a bruciapelo.
“”Certo che ti conosco Eleonora, anzi”-si fermò e riprese in un sussurro-“contessina Eleonora. Ti ho seguita in tutto il tuo viaggio ed ora è giunto il momento che attendevo da tempo. Tua madre, tempo fa, mi consegnò una cosa per te, un gioiello che ha segnato il destino della tua famiglia. Tu dovrai portare a termine ciò che i tuoi genitori non sono riusciti a compiere.”
“Ma chi siete voi?”
“Come, non mi riconosci? Eppure, sono stata io ad insegnarti a scrivere…”
“Insegnarmi a scrivere? Oh mio dio, ma voi siete… tu sei… Ginevra, come ho potuto non riconoscerti? Scusami, scusami, ma non avrei mai pensato che… Mi sei mancata moltissimo!”-esclamò Eleonora scoppiando in lacrime.
 
Ginevra la abbracciò commossa.
"Sai, ti osservavo da tempo, non ero sicura che fossi tu. Ora ne ho avuto la prova. E sono anche sicura che tu sei pronta per ricevere ciò che tua madre mi aveva affidato affinché lo custodissi fino a che tu fossi stata pronta per riceverlo. Devi portare avanti la sua...anzi la loro missione, sua e du tuo padre, loro ne sarebbero orgogliosi..."
Eleonora la fissò.
"Di cosa parli? Non riesco a capirti... Cosa devi affidarmi?"

Ginevra non rispose. Si limitò a tornare verso la sedia dove aveva appoggiato la sacca in cui teneva tutto l'occorrente per le lezioni. Ne trasse un medaglione riccamente lavorato.
"Lo porto sempre con me. Ora però devo separarmene. Questo è tuo, ti spetta di diritto. Ti servirà, se vorrai seguire le orme dei tuoi genitori. Ti hanno lasciato un'eredità pericolosa, ma è giusto che ciò che avevano scoperto sia conosciuto da tutti. Non so se hai intenzione di rivelare la tua identità al conte Ristori. Se lo farai, ti prego di raccontargli tutto ciò che ti dirò ora."-disse, porgendole il medaglione.

"Ginevra voleva parlare con Eleonora? Perché mai? La conosce forse? Cosa doveva dirle?"
Agnese era confusa. Mademoiselle Ginevra, l'istitutrice di sua figlia era una donna molto riservata e orgogliosa, nessuno a Palazzo Van Necker sapeva nulla di lei. Tutti però si erano accorti subito che intorno a lei aleggiava una certa aria di mistero, un mistero legato al suo passato. Che Eleonora centrasse con questo mistero?
"Non ne ho idea, zia. Angelica mi ha detto soltanto questo. Nemmeno lei ne sa il perchè, da quello che ho capito. Sembrerebbe che non conosca Eleonora, ma non posso certo saperlo, nessuno sa nulla di lei o mi sbaglio?"
Agnese annuì.
"Tanto lei quanto Eleonora sembrano molto misteriose, vorrei scoprire cosa nascondono."
Fabrizio sorrise con aria ironica e tentò di iniziare una frase, ma fu subito bloccato.
"No no, mio caro, risparmiami la solita battuta sulla curiosità femminile. Si capisce benissimo che anche tu non aspetti altro che di scoprire il segreto di Eleonora... o forse il motivo per cui la tormenti è un altro?"-concluse un tono malizioso Agnese.
Fabrizio non rispose nulla. Ma il rossore che apparve sulle sue guance nel sentire quella domanda chiarì ad Agnese ogni dubbio.
 
"Ma mia madre, mia madre è viva?"
"Eleonora, mia cara, mi dispiace lasciarti nel dubbio, ma, purtroppo, non lo so neanch'io..."-rispose Ginevra.
"Prima o poi lo scoprirò da sola..."-replicò Eleonora.
"Già, hai ragione. Ma...te la senti di portare avanti questa missione?"
"Certo. E lo farò da sola in ogni caso, che decida di rivelare la mia identità o meno. Devo fare tutto da sola. Loro lo vogliono."-esclamò decisa la ragazzina.
"Non so se l'abbiano mai voluto, ma ora non hai molta scelta. Se avrai bisogno di qualcuno con cui confidarti, ricordati che sarò sempre disponibile. La mia casa non è che a pochi passi di distanza dalla tua... "
"Come? Tu abiti al villaggio."-Eleonora era confusa-"E non ti ho mai vista in questi anni?"
"Mi avrai vista di sicuro, forse non mi avrai riconosciuta, ma d'altronde è normale, non ti saresti mai aspettata di trovarmi qui..."-Ginevra sorrise e continuò-"Come io non credevo di ritrovare te. Ma ora ci incontreremo più spesso. E forse non solo al villaggio..."
"Già. La marchesa Agnese ci tiene che io venga qui ancora. Si sente in debito con me."
"Mia cara, forse non te ne sei accorta, ma la marchesa non è l'unica che ha piacere che tu resti qui..."
 
"Cosa intendi Ginevra? Chi altri vuole che resti?"
Ad Eleonora parve di vedere un sorriso malizioso apparire sul viso di Ginevra.
"Forse è solo una mia impressione, ma... mentre ti aspettavo ho sentito Fabrizio, cioè il conte Fabrizio, parlare di te. Ho sentito solo poche parole, ma mi è bastato... Sembra che ti apprezzi."
Ginevra si fermò e guardò Eleonora. La ragazzina era arrossita.
"Qualcosa mi dice che ben presto il conte Martino saprà chi sei. Ebbene sì, mia cara, hai trovato il motivo per rimanere a Rivombrosa..."
"Forse lo rivelerò, ma non per ciò che pensi tu..."-intervenne Eleonora-"Non per lui, no di sicuro. Io sospirare per quel damerino pieno di sè? Ti stai sbagliando di grosso! Per caso ti ha dato di volta il cervello? "
Nonostante il tono convinto della ragazzina, Ginevra capì che quella risposta non faceva che darle ragione.
 
"Marchesa, marchesa! Mademoiselle Ginevra vi vuole parlare."
"Grazie, Dorina. Dov'è?"
"Vi aspetta nel salone."

Agnese entrò nel salone.
"Buongiorno, marchesa"-la salutò l'istitutrice.
"Buongiorno a voi, mademoiselle. Volevate parlarmi?"
"Sì marchesa. Volevo dirvi delle cose su Eleonora."
"Su Eleonora?"
"Sì, marchesa. Eleonora è una ragazzina molto intelligente, sa molte cose. Non so come faccia a studiare, ma conosce molte cose. Credo che sia più che giusto darle una possibilità. Non posso forzare le sue decisioni, né le vostre. Ma, se decidesse di non frequentare più le mie lezioni, vi prego di convincerla a venire ancora qui."
"Lo farò di sicuro. Cosa vi induce a pensare che possa decidere di non venire più? sembrava molto felice quando le ho proposto questa cosa..."
"Credo abbia più di un motivo per venire qui... Non chiedetemi nulla marchesa, non posso dirvi altro, se non che è più vicina voi di quanto possiate pensare. Parlerà lei quando e se vorrà... Arrivederci"
"Arrivederci, mademoiselle"-replicò Agnese. Non capiva cosa intendesse dire l'istitutrice, ma non osò fare domande. 

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Capitolo 3
*** 3. Una giornata come tante al villaggio...o forse no ***


Ed ecco qua il terzo capitolo!!!
Questo capitolo potrebbbe apparire un po' lento nella narrazione, perchè descrive semplicemente la vita quotidiana dei personaggi. Oppure, potrebbe sembrare confuso perchè vengono presentati molti personaggi nello stesso capitolo. In entrambi i casi, se volete esprimere la vostra opinione in proposito o anche dare de consigli, io ne sono più che felice. Se c'è qualche aspetto poco chiaro nei legami tra i vari personaggi, vecchi e nuovi, esprimete pure i vostri dubbi e io risponderò.
So che potrebbe sembrare strano il tono confidenziale che i membri delle varie famiglie usano tra loro, in un'epoca in cui si usava ancora dare del voi tra genitori e figli. Si tratta però di una mia "scelta stilistica" per dare ala storia una continuità con la serie tv, in cui questo tono veniva usato molto spesso, così come nelle serie precedenti. Per questo motivo mi è sembrato naturale, nella stesura della storia, utilizzare lo stesso stile presente nelle serie TV, anche se non è del tutto corretto dal punto di vista storico.
Detto questo, vi lascio alla storia. Vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia.



""Eleonora, Eleonora, finalmente sei tornata! Ma dove sei stata? I bimbi ti aspettavano con ansia..."
Eleonora scese da cavallo ed abbracciò la donna che le era venuta incontro.
"I bambini. Oh no. Beh, li vedrò più tardi. Ora vorrei riposarmi, ma, soprattutto, schiarirmi le idee. Betta, Betta, sapessi quante cose sono successe..."
"Come vuoi, signorina. Ma è vero che hai dormito a Rivombrosa? E che è stato il figlio del signor conte a proporre di ospitarti per la notte?"
"Certo che ho dormito a Rivombrosa. Dove dovevo dormire sennò, per strada? Comunque, Fabrizio ha semplicemente seguito una riflessione di suo padre, che ha ricordato a Maria quanto siano piccole le stanze della servitù... "
"Fabrizio?"
Elisabetta sorrise maliziosa.
"Non dire nulla, Betta. Sì, è vero, mi ha chiesto lui di chiamarlo per nome e di non dargli del voi. Dice che non ce n'è bisogno, perchè non siamo adulti."
Eleonora era spazientita.
"Si vede che sei stanca. Meglio se ti riposi. Altrimenti rischi di fare del male a qualcuno..."-osservò Elisabetta ironica.
"Bene, allora entro in casa. Potresti per piacere portare tu Pegaso nel recinto?"
"Certo. Appena ti sei ripresa, vieni da me, per favore. I bimbi non vedono l'ora di..."
"Eleonora, Eleonora, ti aspettavo. Dov'eri?"
Un bimbo, all'incirca della stessa età di Angelica, correva verso di loro con aria preoccupata.
"Marzio! Ehi, soldatino, come va?"-lo salutò Eleonora scompigliandogli i capelli.
Il bambino si buttò tra le sue braccia.
"Male, male. Papà è arrabbiato ancora con me. Stavolta neanche la mamma è riuscita a fargli cambiare idea. Io non ne posso più. Scappo di casa. Lo giuro."-esclamò Marzio tutto d'un fiato.
"Non dirlo nemmeno per scherzo. Parlerò io con tuo padre. Di solito mi ascolta."-lo rassicurò Eleonora con aria risoluta.
"Perché non sei mia sorella? Tu mi difendi sempre. E riesci anche a far ragionare papà."
"E stavolta farò anche meno fatica del solito, credo. Ho una cosa che lo farà pensare a faccende più importanti..."
Così dicendo, Eleonora prese per mano Marzio e si diresse verso la sua casa.

Dorina respirò profondamente. Stava perdendo la pazienza.
"A volte proprio non ti capisco. Ma perchè ti ostini così con Marzio? Insomma, se non è nato per diventar soldato, povero figliolo, mettiti il cuore in pace. Piuttosto, guarda questi disegni se non sono bellissimi..."
Aldo sospirò.
"Ma ancora non hai capito cosa significa per me che Marzio diventi soldato? Non hai ancora capito quante possibilità avrebbe di migliorare la sua situazione così?"
"Ma per lui sarebbe un sacrificio. Lascialo in pace, povero angioletto. E non ti ci provare più a bruciare i suoi disegni, altrimenti me ne vado di qui. E Marzio viene con me. Lontano da qui non può che star meglio, di sicuro."
Ad una minaccia del genere, Aldo non riuscì a replicare. Anche perchè, gli occhi di Dorina mandavano lampi.

In quel momento, sentirono bussare alla porta.
"Scusate, è permesso? Sono Eleonora. Vorrei parlare con Aldo."
"Buongiorno, signorina. Bentornata. Ti sei per caso stancata di Rivombrosa? Chissà come sarà dispiaciuto il conte Fabrizio..."
Dorina sorrise maliziosa.
"Mi mancavate già. Ma ora mi è passata la nostalgia. Se andate avanti così, torno subito indietro. Ma non prima di aver aiutato questo innocente a ricordarvi i suoi diritti, prima che scappi di casa..."-soggiunse Eleonora indicando Marzio.
"Tutti che vogliono scappare oggi. Questa casa vi sta stretta? O forse sono io il problema? Ditemi dove sbaglio, forse sono ancora in tempo a cambiare..."
Aldo appariva molto nervoso.
"Ora capisco perchè Marzio ti aspettava con ansia. Cosa ti ha detto? Di cosa mi ha accusato stavolta?"-soggiunse sempre più arrabbiato.
 
"Fabiola! Cos'hai combinato? Guarda come sei conciata!"
Elisabetta guardò sua figlia scuotendo la testa. Tutte le volte che andava a giocare con gli altri bambini, rientrava in casa in uno stato pietoso.
"Ma mamma, anche gli altri si sporcano..."-tentò di rispondere lei.
"Non esistono scuse. Stai crescendo. dovresti smetterla di comportarti come una piccola selvaggia."-la interruppe la madre-"Non dirmi che hai giocato di nuovo a quel gioco dei moschettieri con Marzio. Quando la smetterai con quei giochi da maschiaccio?"
"Ma povero Marzio. Se non gioco più neanch'io con lui, rimane da solo"-protestò Fabiola, cercando di divincolarsi dalla stretta della madre, che la stava portando verso la tinozza per lavarla-"Gli altri bambini lo prendono in giro. Ma non capiscono che lui è solo sensibile..."
Elisabetta sospirò. Era inutile continuare a discutere. Fabiola trovava sempre una buona scusa per giustificarsi. E poi aveva ragione. Marzio era spesso lasciato in disparte dagli altri bambini. Preferiva i suoi disegni ai loro giochi. Era un bambino molto strano. Si trovava veramente bene solo con Fabiola. L'unico modo per far smettere alla figlia di fare quei giochi, pensò Elisabetta, sarebbe stato dividerli. Ma dividerli, significava isolare Marzio. E questo Elisabetta non poteva assolutamente farlo.

Uno scalpiccio di zoccoli fece voltare Eleonora. Dietro di lei arrivava un cavallo al galoppo. In sella a questo cavallo, c'era Nicolò, il figlio di Madame Fanny.
"Eleonora. Buongiorno. Come mai ieri non ti ho vista a casa? Si dice che tu sai stata a Rivombrosa..."
"Buongiorno a voi, signorino Nicolò. Sì, sono stata a Rivombrosa. Ma ora sono tornata qui. Se c'è bisogno di me, sapete dove trovarmi. Ora, però, vorrei riposarmi. Sono accadute molte cose oggi."-rispose Eleonora.
"Non vorrei disturbarti, ma... mia madre ti deve parlare urgentemente."-disse Nicolò.
"Capisco. Potrei anche venire da voi immediatamente, ma dubito che servirebbe. Sono talmente stanca che non credo capirei molto di ciò che ha da dirmi vostra madre."
"Riferirò. A più tardi, dunque."
Nicolò voltò il cavallo e si avviò verso casa.
"Ma perchè deve succedere tutto oggi? Cosa accidenti vorrà Madame Fanny? Spero che non sia qualche problema legato a suo fratello. Ma cos'ho fatto io di sbagliato per essere trattata così dal signor Ludovico?"-borbottò Eleonora tra sé e sé.
 
"Nicolò! Sei tornato finalmente! Hai visto Eleonora da qualche parte?"
Fanny corse verso il figlio.
"Sì, mamma. Ma era molto stanca. Ha detto che non sarebbe riuscita a seguire il tuo discorso. Arriverà più tardi quando si sarà ripresa."-le rispose Nicolò.
"Povera ragazzina. Spero che Ludovico prima o poi capisca che si sbaglia."-sospirò Fanny scuotendo la testa.
"Ma perchè zio Ludovico la tratta così?"-chiese Nicolò.
"Perché vederla lo fa soffrire. Eleonora gli ricorda una ragazza che ha conosciuto tempo fa in Francia e che l'ha fatto molto soffrire."
"Ma non è lei. Voglio dire, che colpa ne ha Eleonora se somiglia a quella ragazza?"
Nicolò non capiva. Quel comportamento da parte dello zio per lui era molto strano. Eleonora non gli aveva fatto nessun torto. Certo non poteva essere considerata una colpa la somiglianza con quella ragazza che l'aveva fatto soffrire.
Fanny sorrise.
"Perché tu non hai mia provato nulla di simile a ciò che ha provato Ludovico. E ti auguro di non fare mai un'esperienza simile..."

Tic. Tic. Tic. Qualcuno o qualcosa picchiettava sulla finestra. Fabiola si arrampicò sul letto per vedere cosa fosse.
Un sasso. Poi un altro. E un altro ancora. Marzio li raccoglieva uno dopo l'altro. Li raccoglieva e li lanciava contro la finestra. Se Fabiola era nella stanzetta, non poteva non accorgersene. Chissà se sarebbe uscita a vedere cosa succedeva.
Un’ ombra. Qualcuno si stava affacciando.
"Chi è? Chi tira i sassi?"
Era Fabiola. Finalmente.
"Fabiola Fabiola, sono io."-rispose Marzio felice-"Sono Marzio. Sei ancora arrabbiata con me?"
"No, no. Ma non posso venire. Sono in punizione. Ho dato una brutta risposta alla mamma."
Fabiola sembrava molto triste.
"Ti ha sgridata ancora per i nostri giochi?"
"Sì, dice che finché non imparo a comportarmi come una brava bambina, mi proibirà di giocare con te."
"Non è giusto! Ma adesso non puoi uscire?"
"No. Posso uscire solo insieme alla mamma per fare delle commissioni. Sono in prigione. Per tre giorni."
"Allora vengo io da te. Se vuoi, ti porto i miei nuovi disegni da vedere."-propose Marzio.
"Portali tutti. Anche quelli vecchi. Voglio vederli ancora. Sono tutti bellissimi."

Marzio sorrise e si avviò verso casa per andare a prendere i disegni. Era felice che Fabiola non fosse più arrabbiata. Ma gli dispiaceva che fosse in punizione. Anche perchè, non aveva nessun altro con cui giocare. Gli altri bambini lo ignoravano. Alcuni lo prendevano anche in giro. Ridevano di lui e della sua passione per il disegno. Altri dicevano che era un debole, una femminuccia. Non capivano che non gli piacevano i loro giochi. Non voleva fare la guerra con le altre bande. Si divertiva solo quando sfidava a duello Fabiola. Le aveva insegnato ad usare lo spadino di legno come un vero soldato. E lei giocava sempre con lui ai moschettieri. Fabiola era una vera amica. Ma sua madre non voleva che facesse quei giochi. Non è giusto, pensò Marzio, i genitori non ci lasciano mai fare quello che vogliamo. A loro non va mai bene quello che decidiamo di fare noi.

Anche Fabiola, nella sua stanzetta, stava pensando la stessa cosa. Sapeva che Marzio più di una volta aveva pensato di scappare di casa. Anche a lei era capitato spesso di tentare la fuga. Ma era sempre stata fermata da Eleonora.                        
 "Sei troppo piccola per affrontare il mondo. E, di sicuro, non puoi pensare di farlo da sola."-le diceva sempre quando lei le confidava di voler andare via da lì.
"Ancora qualche anno, poi me ne vado davvero"-sussurrò Fabiola-"Io e Marzio scappiamo da qui. Non possiamo stare in gabbia ancora tanto.
Prima o poi, lui scapperà per andare a studiare disegno. E allora scapperò anch'io. Andrò a Napoli. I Lazzaroni mi accetteranno di sicuro."
 
"Più vicina a noi di quanto possiamo immaginare. Così ha detto. Questo non può che essere una conferma dei miei dubbi..."-disse Agnese.
"Sono perfettamente d'accordo con te, zia Agnese."-esclamò Fabrizio.
"Parlerà lei, ha detto. Ne dubito. Se è lei, non oso pensare cosa le sia successo per finire in questa condizione... E temo che abbai fin troppi motivi per non volerne parlare."-osservò Andrea.
"Se è lei, devo assolutamente scoprirlo. Avevo promesso ad Alessandro che avrei accolto e protetto sua figlia, se fosse capitato qualcosa a lui e Costanza. Se quella ragazza è sua figlia, non posso permettermi di mancare la mia parola."-affermò Martino risoluto.
"Come? Tu avevi promesso... Ma certo, tu sei stato il padrino di battesimo di quella bambina. Se è rimasta orfana, tu sei la persona a lei più vicina..."-osservò Emilia stupita-"Se quella ragazza fosse la figlia di Alessandro, dovrebbe essere sotto la tua tutela."

"Un momento, un momento. Mi è venuta in mente una cosa."-li interruppe Fabrizio.
"Che c'è figliolo?"-chiese Martino.
"Mademoiselle Ginevra ha detto di conoscere Eleonora, giusto?"
"Non esattamente, ma l'ha lasciato intendere."-rispose Agnese.
"Mademoiselle Ginevra è di origine francese, se non sbaglio. Prima di venire qui, abitava in Francia. E voi, più di una volta, avete raccontato le ultime volte che avete avuto notizie di Alessandro e Costanza, si trovavano in Francia per quella faccenda di cui non hanno ma voluto parlare, o mi sbaglio?"
"No, non sbagli, figliolo. Ma questo non ci aiuta molto, credo..."-cominciò a dire Emilia, ma fu subito interrotta da Martino.
"E invece sì, secondo me tutto ciò non è solo una coincidenza..."
"Mentre passeggiavamo nel bosco, mi ha parlato di un sogno che aveva fatto stanotte, forse questo può esserci d'aiuto..."-intervenne Fabrizio.
"In che modo?"-chiese Martino.
"Ora spiegherò tutto, ma, vi prego, non commentate nulla."-rispose il ragazzo.
 
"Così, questa storia è tornata di nuovo a tormentarmi. Pensavo di essermela lasciata alle spalle, ma, a quanto pare... Vorrei tanto lasciarla perdere, ma non posso permettere che Eleonora se ne occupi da sola, è troppo pericoloso per lei..."
lI capitano Corsini sospirò e si rigirò tra le mani il medaglione.
"Eleonora non se ne occuperà e basta. Una ragazza non può pensare di occuparsi di cose del genere..."-esclamò Dorina.
"Lo penso anch'io, ma lei non vuole saperne. Dice che deve vendicare i suoi genitori. Che loro le hanno lasciato questa missione da compiere, che appartiene a lei e a nessun altro. In realtà, non vorrebbe nemmeno che io la aiutassi. Dice che deve risolvere tutto da sola."
"Ma non può. non può assolutamente. Non si rende conto che è troppo pericoloso per lei?"-replicò Dorina scuotendo la testa.
"Sai anche tu quanto sia testarda quella ragazzina. Comunque, se proprio vorrà risolvere questa questione, avrà bisogno di un appoggio, di qualcuno che la protegga. Deve rivelare la sua identità al conte Ristori. Lui potrà aiutarla anche meglio di quanto possa fare io..."

"Buongiorno, madame Fanny. Nicolò mi ha detto che volevate parlarmi..."
"Oh, Eleonora, aspettavo proprio te. Ho alcune cose da dirti. Si tratta di una faccenda importante. Riguarda mio fratello."
"Vostro fratello? "-domandò Eleonora allarmata.
"Non preoccuparti. Non si è lamentato di nulla. Ma ho capito perchè si comporta così con te. Riguarda una faccenda di molti anni fa, una ragazza cui tu assomigli molto e..."
"E?"
"Nicolò. Ludovico ha notato che Nicolò sembra interessato a te. E teme che tu non lo ricambi. Inoltre, gli ricordi una ragazza che l'aveva fatto soffrire. Per questo, ha paura che Nicolò debba affrontare ciò che ha affrontato lui. E cerca in tutti i modi di dividervi."
"Ma... ma io e Nicolò siamo solamente amici... E, comunque, se anche fosse come pensa lui, io l'avrei già capito da tempo e me ne sarei andata. Non voglio che nessuno soffra per colpa mia!"-esclamò Eleonora decisa.
"Lo so. Lo so. Se solo riuscissi a farlo capire a mio fratello..."
 
“Insomma, Ludovico, devi smetterla di trattare così quella ragazzina! Non ha fatto nulla per meritarlo!  So che sei preoccupato per Nicolò. Non ne hai nessuna ragione. Ti assicuro che tra lui ed Eleonora non c’è nulla più di una semplice amicizia. Nicolò è mio figlio, lo conosco da quando è nato, capirei subito se c’è qualcosa di strano nel suo comportamento.”
Fanny era molto arrabbiata con il fratello. Anche lei, inizialmente, non era stata molto contenta di accogliere Eleonora nella loro casa. Ma poi, pian piano, aveva capito che quella ragazzina non meritava di essere trattata duramente come la trattava lei. Purtroppo, però, era troppo tardi. Eleonora si era ormai definitivamente trasferita presso Maria al villaggio e veniva da loro solo per sbrigare qualche lavoretto e fare compagnia alla piccola Carlotta.
Questo era avvenuto tempo prima. Ora Eleonora si era riappacificata con Fanny, ma preferiva rimanere al villaggio. Fanny cercava in ogni modo di riparare agli errori commessi. Per questo, cercava qualsiasi modo per far cambiare idea al fratello riguardo a quella ragazzina.
“Sei tu che devi smetterla di comportarti così con me. Ora che vivi in casa mia, mi devi portare rispetto. Sono io il capofamiglia ora che tuo marito non c’è più. So benissimo com’eri abituata prima. Ma io non  c’entro assolutamente con quel buono a nulla di tuo marito, mettitelo bene in testa.”
Fanny alzò la mano per dare uno schiaffo al fratello, ma si trattenne. Ludovico era, ancora una volta, ubriaco, avrebbe potuto reagire molto male.
“Non ti permettere più di parlare così di mio marito. Gli devi rispetto anche se è morto, anzi a maggior ragione. Comunque, poteva avere i suoi difetti, ma di sicuro era un esempio migliore di te per Nicolò. Sei stato ancora in quella bettola vero? ”
“Non sono cose che ti riguardano, Fanny.”
“Mi riguardano eccome, invece. Riguardano me e anche i miei figli. Ci rovinerai se vai avanti così. Ho sopportato fin troppo. Sono stata a guardare mentre distruggevi te stesso. Non ti permetto di rovinare anche noi.”-sbottò Fanny esasperata.
“Attenta a quello che dici. Questa è casa mia, fino a prova contraria. Posso decidere chi ospitare e chi no.”
“So cosa intendi, ma stai pur certo che non aspetterò le tue decisioni. Se me ne andrò da questa casa, sarà esclusivamente per una decisione mia. Se è questo il bene che vuoi a tua sorella. Io al tuo posto mi vergognerei di essere arrivato a questo punto. Ora capisco perché Eleonora è fuggita da qui.”-esclamò Fanny fuori di sé.
“Eleonora. Giusto. Parliamo di lei.  Dovresti tenere Nicolò lontano da lei.”
“Ti ripeto che non avrebbe senso farlo. Non ne vedo il motivo. Tu vedi la tua storia ripetersi, ma non è così. Nicolò non è te, e ne ringrazio il cielo. E Eleonora non è Viola.”
“Non nominare quel nome.”-intimò Ludovico dandole uno schiaffo sulla bocca-“Tu dici che mi sto distruggendo, ma non sono io. Tu non hai ancora capito. È lei che continua a distruggermi.”
“Tu la ami ancora Ludovico?”
“Non, non la amo, non l’ho mai amata, era solo un’infatuazione. Non è per lei che mi sto distruggendo, ma per il desiderio di vendetta. Voglio ritrovarla e farle pagare tutto ciò che mi ha fatto.”
Ludovico se ne andò, sbattendo dietro di sé la porta della stanza. Fanny rimase lì in piedi confusa. Ora aveva capito perché Ludovico era cambiato così tanto in quegli anni. Aveva sofferto molto, questo lo sapeva, ma non aveva mai capito che soffriva ancora. E quella sofferenza lo faceva impazzire. Ma lui non voleva ammetterlo. Fanny gli voleva bene, era pur sempre suo fratello, in fondo. Voleva aiutarlo. Ma come poteva fare, se lui non accettava il fatto di aver bisogno?
 
“Sofia, Sofia! Torna immediatamente qui! Vuoi smetterla di scappare ogni volta che ti si dice qualcosa che non ti va?”
Primo sospirò e rientrò scuotendo la testa.  Non sapeva più cosa fare con sua figlia. Era una ragazza ribelle e selvatica. Litigavano per ogni minima cosa. Soprattutto negli ultimi tempi. Forse, perché la malattia di Teresa li rendeva molto agitati. Ma non era possibile che Sofia scappasse ogni volta che si arrabbiava.
“MI piacerebbe sapere dove va sempre a nascondersi quella benedetta ragazza. Se scopro che si incontra con qualcuno di nascosto, guai a lei…”
  “Primo, Primo, lasciale vivere la sua vita…”
Primo si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce.
“Teresa, cosa ci fai in piedi? Come stai?”
Teresa sorrise.
“Meglio, meglio. Ma non devi preoccuparti così,  non sono moribonda. Piuttosto, hai di nuovo litigato con Sofia?”
“Non so più cosa fare con lei, non mi ascolta, non obbedisce. Fa sempre di testa sua. Io non riesco più a farla ragionare. Spero solo che non combini qualcosa, un giorno o l’altro…”-rispose Primo preoccupato.
“Ma no, di questo non ti devi preoccupare, è ribelle, questo sì. Ed è anche un po’ selvaggia. Ma ha la testa sulle spalle.”-lo rassicurò Teresa.
“Hai ragione, hai ragione. Ma è meglio cambiar discorso. Ho sentito delle notizie su Eleonora…”-cominciò a dire Primo
“Credo di sapere qualcosa anch’io…”-lo interruppe lei-“Poco fa, è venuta qui Dorina. Mi ha raccontato tutto di Eleonora.”
“Chissà, magari si deciderà a parlare. Per lei sarebbe solo un bene.”
“Non so, non ne sono sicura. Dorina mi ha parlato anche di un’altra cosa. Una cosa legata ai genitori di Eleonora. Quella ragazzina ha deciso di buttarsi in un’impresa più grande di lei. E ho paura che Sofia la seguirà. Sai bene quanto sono legate, se una ha bisogno, può sempre contare sull’altra. E poi, nostra figlia è curiosa, è uno spirito libero, vuole conoscere il mondo, questa sarebbe l’occasione migliore per lei…”
 
Il laghetto era tranquillo e silenzioso. Finalmente, Eleonora aveva trovato un  attimo di pace in quella giornata troppo lunga.
“Se solo me ne fossi andata subito, ieri, tutto questo non sarebbe successo. M ano, come posso pensare solo a me stessa? Se non ci fossi stata io, la marchesa forse non sarebbe riuscita a salvare Letizia. Forse, quella povera bimba sarebbe annegata. Forse…”
Questi erano i pensieri di Eleonora, mentre, legato Pegaso ad un albero, entrava nella minuscola capannuccia che avevano costruito lei, Sofia e i bambini.
Un rumore la distrasse da quei pensieri. Un rumore che si avvicinava sempre più. Lo scalpiccio degli zoccoli di un cavallo. Eleonora uscì allarmata dalla cannuccia e si arrampicò sull’albero dove aveva legato il cavallo per nascondersi. Il cavallo si fermò di fianco a Pegaso, il cavaliere scese e scostò il lungo mantello che l’avvolgeva. Eleonora sospirò di sollievo. Era Sofia.
Mentre la ragazza legava il cavallo all’albero, Eleonora cominciò pian piano a scendere. Quei movimenti spaventarono Sofia che si ritrasse. Quando vide l’amica, però, si mise a ridere.
“Certo che tu sei proprio strana! Che ci facevi lassù?”-esclamò stupita.
“Mi ero nascosta. Non sapevo che eri tu, quindi mi ero un po’…”
“Spaventata.”-completò Sofia sorridendo.
“No no. Solo preoccupata.”-ribattè Eleonora spavalda-“Non ho paura di nessuno, io.”
“Sicura? Allora perchè ti nascondi?”-insistette Sofia.
Le due ragazzine entrarono nella capannuccia ridendo e punzecchiandosi a vicenda.
 
Fabrizio sentì delle voci. Evidentemente, al laghetto c’era qualcuno. Due ragazze, almeno a giudicare dalle voci. Chissà chi erano. All’improvviso, a Fabrizio parve di aver riconosciuto una delle due voci. Ma certo, era Eleonora. Per assicurarsene, si chinò e guardò tra le piante. Sì, era proprio Eleonora.
“Chissà se sarà contenta di vedermi? Voglio proprio vedere come reagirà…”
Cercando di non far rumore, Fabrizio legò Freccia ad un albero e si avviò verso il laghetto.
 
“Che visione! Diana al bagno! Come mai ha una sola ninfa al seguito oggi?”
Eleonora e Sofia rimasero impietrite nell’udire una voce maschile alle loro spalle. Eleonora fu la prima a riprendersi e riconobbe quasi subito quella voce e quel tono ironico. Si voltò arrabbiatissima.
“Fabrizio! Si può sapere che ci fai qui? Ci hai fatte spaventare. Ti sembra questo il modo di comportarsi?”
Sofia si girò a sua volta e rimase di stucco. Quel ragazzo era il conte Fabrizio Ristori e Eleonora gli si rivolgeva in quel modo. Non poteva credere alle sue orecchie.
“Scusa, non volevo farti spaventare. Ho sentito la tua voce e volevo venirti a salutare. Se la mia presenza non è gradita,me ne vado subito.”-ribattè lui contrariato.
“Non volevo dire questo, ma…capisci anche tu che non sono proprio felicissima che tu mi veda in queste condizioni…”-osservò Eleonora arrossendo.
“Di sicuro a me dà meno fastidio.”-commentò lui maliziosamente.
“Sarà meglio che te ne vada, prima che io mi arrabbi seriamente…”
Eleonora lo guardò severamente. Fabrizio se ne andò senza dire nulla, inseguito dalla voce di Eleonora.
“La cortesia dov’è finita? Non si usa più salutare?”
“Oh, arrivederci, Mademoiselle.”-rispose lui sprezzante.
Sul viso di Eleonora passò come un’ombra. La ragazza sospirò, si voltò dalla parte opposta e si mise a nuotare verso l’altra riva.
Per tutto il tragitto verso il villaggio, Sofia cercò di farla parlare, ma senza alcun risultato.
 
"Eleonora, vieni qui, devo chiederti una cosa. Eleonora, Eleonora, ma dove sei finita? Benedetta ragazza, basta perderla di vista un attimo e già è scomparsa..."
Maria raccolse da terra i fogli e li rimise sul tavolo sospirando.
"Rassegnati, Maria, quella ragazza è un uragano. Non fai mai in tempo ad accorgerti quando se ne va. Assomiglia proprio a Sofia. Sarà per quello che sono così amiche... Comunque, dovrebbe essere andata a casa di mia sorella. "
Maria si voltò allarmata. Era Primo.
"Oh, Primo. Sei tu."
"Sì, ero venuto a cercare Ettore. "
"Mi spiace, ma non so dove sia."
"Capisco, allora tornerò più tardi. Comunque, credo che Eleonora non tornerà molto presto..."
Maria era confusa.
"Perché? Come fai a saperlo?"
"Sofia l'ha accompagnata.  L'unica cosa che mi ha detto nei pochi secondi che sono riuscito a vederla in casa è stata che dovevano andare a parlare di una cosa importante. Credo che c'entri coi genitori di Eleonora..."
"Oh mio Dio! I genitori? Aveva parlato anche a me di qualcosa legato ai suoi genitori. Speriamo che non si metta in testa niente di pericoloso..."
 
"Te lo ripeto per l'ultima volta, poi fai come vuoi, ma non venirmi a dire che non ti avevo avisata. So bene che non puoi, anzi meglio, non vuoi lasciar perdere questa storia. Ma sicuramente non puoi nemmeno risolvere tutto da sola. Mademoiselle Ginevra può aver detto quello che vuoi, ma tu sei capace anche di ragionare da sola. Allora, ragiona, usa la testa. Sei intelligente, Eleonora, come puoi non capire una cosa del genere? Io non so più cosa fare con te."
Aldo non sapeva proprio più che fare. Aveva tentato più di una volta di far ragionare Eleonora, ma era stato tutto inutile. Prendeva i suoi consigli ed i suoi tentativi di farle cambiare idea come se lui stesse dicendole che non poteva fare nulla solo perchè era una ragazza.
"Aldo non sta dicendo che non puoi farlo perchè sei una ragazza. Vuole dire che non puoi farlo da sola. Nessuno potrebbe farlo."-intervenne Dorina-"Sai cos'è successo a tuo padre, pace all'anima sua. Questo dovrebbe farti capire che è una pazzia pensare di farcela da sola. Anche perchè tu non sai nemmeno da dove cominciare..."
"Hai ragione, Dorina. Ed è per questo che ne ho parlato con voi. Nessuno può aiutarmi meglio."-esclamò Eleonora convinta.
"E qui ti sbagli."-ribattè Aldo-"Il conte Ristori ti può aiutare anche meglio di noi. Certo, non sa ciò che so io a proposito di questa storia, ma, spesso, è molto più importante essere protetti  che sapere. Certo, anche conoscere il proprio nemico è importante ma... "
"Perché, forse qui non sono abbastanza protetta?"-lo interruppe Eleonora.
"Men di quanto lo saresti a Rivombrosa di sicuro. Comunque, se deciderai di farti riconoscere dal conte, avvisami che ti accompagno a Rivombrosa. So delle cose che tu non sai e che potrebbero esserti utili. Ma non le rivelerò a te soltanto, Non voglio essere responsabile dei rischi che potresti correre..."
 
Maria guardò Ettore spazientita.
“Le è successo qualcosa. C’è qualcosa che non va ti dico…”
Ettore scosse la testa.
“Tu ti preoccupi sempre troppo. Sì, d’accordo, ha scoperto qualcosa sui suoi genitori, appunto per questo devi lasciarla in pace, si calmerà da sola.”
“Ma non è solo per quello. Tu non hai visto la sua stanza.”-intervenne Maria-“Il davanzale della finestra era pieno di pezzettini di fogli sbriciolati, il letto quasi tutto disfatto e il cuscino per terra in un angolo tutto piegato su sé stesso. Sarà anche agitata, ma un comportamento così…”
“Un comportamento così è normale per una ragazzina inquieta come lei, considerando anche tutto quello che ha passato oggi…”-la interruppe Ettore.
“Puoi dire quello che vuoi, ma io non cambio idea. Eleonora ha bisogno d’aiuto. Non so perché, ma questo non è un motivo sufficiente per fare finta di niente.”
Ettore stava per rispondere, ma non riuscì ad aprir bocca. La porta si spalancò di colpo facendo entrare nella piccola cucina la brezza pungente della sera. E sulla porta apparve una sagoma avvolta in un mantello.
“Scusate se ho fatto tardi. Spero di non avervi fatti preoccupare.”-disse una voce femminile da sotto il mantello.
“Eleonora!  Finalmente! ”-esclamò Maria-“Vieni dentro e chiudi la porta, che fai entrare il freddo. Comunque, sì, un pochino mi ero preoccupata, ma ormai ti conosco…”
Eleonora entrò e si tolse il mantello. Maria si alzò e si avvicinò al focolare.
“Ti ho tenuto qualcosa di caldo. Dai, siediti, mangia.”
“Grazie, Maria, ma non ho molta fame, a dir la verità. Metto qualcosina sotto i denti, giusto perché sennò mi sento male. Non è che ho mangiato molto oggi…”
“Mi sa che hai dovuto inghiottire qualche boccone amaro, in compenso…”-osservò Maria.
“Cosa te lo fa pensare?”
Eleonora si girò verso di lei stupita.
“Insomma, non posso proprio tenerti nascosto niente. Ma come fai?”
“Non ci vuole molto intuito per capirlo. Mi è bastato vedere in che stato era la tua stanza.”
Guardò Ettore e gli fece un cenno. Lui si alzò a sua volta e se ne andò dalla cucina.
“Sono successe talmente tante cose oggi. Comunque, no, niente bocconi amari. Sì, ho conciato la mia stanza, ma perché ero arrabbiata soltanto con me stessa. Perché non riesco a trattenermi. Perché mi sfogo in un modo sbagliato, al momento sbagliato, con le persone sbagliate. ”
Eleonora sospirò. Maria le prese la mano.
“Ti capisco. Anch’io sono come te. Comunque, secondo me, qualsiasi problema si può risolvere. Spesso, basta parlarne con qualcuno.”
“Hai proprio ragione. Credo che potrebbe essere utile raccontarti tutto. Ma proprio tutto. Per filo e per segno. Magari, questo non mi aiuterà a risolvere tutto. Ma, un passo alla volta, si può arrivare in capo al mondo.”
“E brava Eleonora! Così si ragiona!”
Maria sorrise.
“Allora, cosa ti è successo oggi?”
“Troppe cose tutte insieme Maria. Adesso ti spiego tutto.”
 
“E questi cosa sono?”
Elisabetta guardò confusa i fogli che aveva trovato sul letto di Fabiola.
“I disegni! Santo cielo, mi ero dimenticata. Dammeli, devo metterli via.”
Fabiola balzò in piedi e cercò di prendere i fogli dalla mano della madre.
“Prima dimmi cosa sono.”
“Sono i disegni che Marzio aveva portato da farmi vedere. Mi ha chiesto se potevo tenerli io, perché non si fidava a tenerli da lui. Si, suo papà ne ha già bruciati altri. Marzio ha paura che brucia anche questi…”
Elisabetta sorrise.
“Così li tieni tu. ”-concluse chinandosi verso di lei.
“Sì, posso prenderli ora?”-chiese la bimba impaziente.
“Toh, tienili. Sono proprio belli. Marzio ha molto talento.”
“Sì, è vero. Vuole andare a studiare disegno, solo che suo papà non lo lascia. Ma lui…”-Fabiola si bloccò.
“Vuole scappare di casa, lo so. Guarda che vi ho sentiti oggi. Tu, signorina, vedi di stare al tuo posto. Guai a te se scappi.”
“Ma io voglio vedere dei posti nuovi. Qui è bello, però…”
“Però vuoi vedere il mondo. C’è stata un’altra ragazzina come te qui, che voleva vedere il mondo, sai. E ha finito per cacciarsi nei guai e rischiare grosso.”
“Ma poi è andato tutto bene. E ha trovato pure un bel ragazzo ricciolino che per lei è stato disposto ad abbandonare Napoli, la sua casa, la sua famiglia.”-commentò Fabiola con un sorrisetto malizioso.
“Chiudi quella bocca. Attenta a te, Fabiola. Non ti è bastato il castigo che ti ho dato oggi? Quando smetterai di rispondere a tua madre? ”
Elisabetta diede un buffetto alla figlia.
 
“Ti assomiglia assai”-si intromise una voce maschile alle sue spalle-“Anche lei è una piccola zingarella.”
Elisabetta e Fabiola si voltarono verso la porta della stanzetta.
“Hai ragione, Gennaro. Ma non voglio che faccia le stupidate che ho fatto io.”-rispose Elisabetta.
“Che stupidate? Eri solo un pochetto selvatica…”-disse l’uomo che stava in piedi sulla soglia.
Poi guardò Fabiola.
“Non ti sembra tardi per stare ancora alzata, Fabiola? Va’ a dormire che sennò chi ti sveglia più domani mattina.”
“Va bene, papà”-rispose Fabiola-“Ma non riesco a dormire. Mamma, puoi raccontarmi una storia?”
“Come i bimbetti piccoli. Va bene. Tanto, so benissimo che storia vuoi sentire.”-disse Elisabetta sospirando rassegnata.
“E la ascolto volentieri anch’io.”-commentò l’uomo.
Elisabetta si voltò verso di lui sorridendo.
“Lo so. E io la racconto altrettanto volentieri. In fondo, questa è la nostra storia.”
 
Fabiola conosceva quasi a memoria quella storia, ma non si stancava mai di sentirla raccontare, forse perché era una storia avventurosa e a lei le storie avventurose piacevano molto o forse perché sua madre sapeva raccontarla molto bene.
“Devi sapere, figlia mia, che qualche anno fa qui al villaggio viveva una donna di nome Celeste.”-cominciò a raccontare Elisabetta-“Celeste era zingara e, come tutti gli zingari, amava viaggiare. Da quando si era sposata, però, Celeste aveva rinunciato ad ogni viaggio per rimanere sempre a fianco del marito Angelo che amava molto. Celeste e Angelo vivevano felici al villaggio con la loro bambina. Celeste, però, aveva una grande preoccupazione. Infatti, sua figlia era una  bambina vivace e ribelle. Ma non era questo che preoccupava Celeste. La sua più grande paura, infatti, era che la bimba scappasse di casa. La bimba, forse a causa del sangue zingaro che le scorreva nelle vene, amava viaggiare, come la madre, ed era desiderosa di viaggiare e conoscere il mondo. ”
Fabiola sorrise. La madre raccontava tutto come se si fosse trattato di una favola, invece era una storia vera. La bimba di cui parlava era lei stessa. Fabiola sentiva di assomigliarle molto. Proprio per questo, non capiva perché mai lei ostacolasse così i suoi progetti. anche lei era scappata di casa una volta e ne era ritornata sana e salva, anzi aveva anche trovato un grande amico, un amico che, col tempo, era diventato qualcosa di più.
Elisabetta, infatti, quando aveva circa dodici anni, pochi più di quanti ne aveva ora Fabiola, era scappata di casa. O meglio, era andata in viaggio e non era tornata indietro.                                                                                                                                                                                                                                                           Tutto questo era avvenuto la prima volta che era andata a Napoli. Suo padre Angelo accompagnava sempre la contessa Elisa quando andava a Napoli a trovare Cristiano, l’uomo di cui si era innamorata durante il suo primo viaggio. Cristiano aveva deciso di vivere a Napoli, mentre Elisa non aveva voluto assolutamente lasciare Rivombrosa. La lontananza era stata difficile da sopportare e, col tempo, li aveva aiutati a capire che la loro era stata solo un’infatuazione, difatti Elisa continuava ad amare con tutta sé stessa Fabrizio, il marito ucciso in un agguato, il suo primo ed unico amore. Comunque, il sentimento tra Elisa e Cristiano si era trasformato in una bella amicizia e spesso Elisa si recava a Napoli e portava con sé la figlia Agnese, che era molto  affezionata a Cistiano. 
Quella volta, però, Agnese era ancora convalescente  perché era appena guarita da una malattia contratta al collegio che frequentava. Siccome Elisa era molto preoccupata che gli strapazzi del viaggio potessero indebolire Agnese, che avrebbe potuto ammalarsi di nuovo, aveva chiesto a Celeste  di accompagnarla, poiché si fidava molto delle sue medicine naturali di cui non voleva rivelare i segreti e che, anni addietro, avevano guarito Fabrizio da una ferita grave. Celeste aveva accettato ed aveva deciso di portare con sé Elisabetta, per darle una possibilità di conoscere luoghi diversi senza mettersi nei pericoli e perché non voleva lasciarla a casa da sola. La ragazzina era rimasta affascinata dalla città e aveva deciso che sarebbe tornata lì al più presto. Al ritorno, mentre si trovavano a Genova, aveva incontrato in una locanda una ragazzina come lei che apparteneva al seguito di una dama importante che, guarda a caso, doveva recarsi a Napoli. Avevano fatto amicizia e si erano raccontate tutto l’una dell’altra. La ragazzina era riuscita a nasconderla tra i suoi compagni e Fabiola era così tornata a Napoli, dove aveva salutato la sua amica e si era avviata alla ricerca del palazzo dove viveva Cristiano e dove sperava di venire accolta. Mentre vagava persa per le vie di Napoli, aveva incontrato un uomo che l’aveva fatta spaventare. Sconvolta, si era messa a correre per scappare il più lontano possibile da lui. Correva senza nemmeno guardare dove andava. Così, non si era accorta di un gruppo di persone che usciva da un violetto e si era scontrata con loro prima che potessero vederla. L’uomo contro cui era andata a sbattere l’aveva ripresa bonariamente, sorridendo.
“Regazzi’ stai attenta a dove vai. Ma che hai? Pare che le streghe ti hanno tirata per i capelli…”
Poi, vedendo l’aria spaventata con cui lei lo guardava, si era rivolto alla ragazza che aveva a fianco.
“Immacolata, ascolta, questa ragazzina ha chiaramente bisogno d’aiuto. Ma mi sa che di me non si fida. Parla tu con lei.”
Elisabetta aveva capito subito che poteva fidarsi di loro. Aveva raccontato che non conosceva bene il posto e si era persa. Raccontò anche dello spavento che aveva preso. Allora, l’uomo aveva deciso di ospitarla.
“Ho una figlioletta grande più o meno come te. Mi fai venire in mente lei. E comunque, se hai bisogno, è giusto che ti aiutiamo.”-aveva affermato deciso.
L’aveva portata a casa sua. Ad Elisabetta era sembrato di riconoscere quel luogo. Forse era già stata lì. Quello le sembrava il luogo dove si era fatta portare Elisa uno degli ultimi giorni del soggiorno a Napoli, perché doveva salutare delle persone cui era molto legata. Anche la moglie dell’uomo che aveva deciso di ospitarla le sembrava conosciuta.
Mentre le davano da mangiare, la donna l’aveva fissata attentamente.
“Gaeta’, io l’ho già vista.”-aveva detto ad un certo punto al marito-“Questa ragazzina era venuta già qui. Con Elisa.”
“Isabè’,ma che dici? Non è possibile. Elisa è già tornata a casa. La ragazzina che ci fa qui allora? ”-aveva risposto lui confuso.
“Non lo so proprio. Comunque, sono sicura che è già stata qui. E posso anche dirti chi  è:la figlia di Celeste. ”
“Celeste chi?”
“Ma Celeste la zingara, quella che faceva le medicine per la contessina Agnese.”
“Ora che me lo dici, in effetti, mi sembra proprio che l’abbiamo già vista.”
“Sì, sono io.”-era intervenuta Elisabetta incapace di tacere.
Isabella aveva voluto sapere come mai si trovasse lì. Elisabetta, nonostante non volesse spiegarlo, non era riuscita ad evitarlo.
“Dobbiamo trovare subito un modo per avvertire i tuoi genitori che sei qui. Chissà come saranno preoccupati.”
“Ma io non voglio tornare a casa. E poi, ora sono in viaggio o forse si sono fermati a Genova a cercarmi. Secondo me, è inutile avvertirli subito.”
Elisabetta aveva tanto insistito e supplicato da convincerla ad aspettare qualche giorno.
In quei giorni, era diventata molto amica di Gennaro, il figlio di Isabella.
Poi, Isabella aveva scritto una lettera ad Elisa, perché non sapeva come contattare i genitori di Elisabetta. Angelo si era precipitato a Napoli il più in fretta possibile.
Giunto il momento di salutarsi, Elisabetta e Gennaro erano andati un’ultima volta sulla spiaggia che, in quei giorni, era diventata il loro rifugio. Gennaro aveva raccolto da terra  una conchiglia molto bella.
“Portala a casa tua. Quando avrai nostalgia di Napoli, avvicinala all’’orecchio. Sentirai il rumore del mare e così ti ricorderai di qui, di noi.”
“Di te e dei nostri giochi.”-aveva concluso Elisabetta.
“Promettimi che tornerai qui.”-le aveva detto Gennaro supplichevole.
“Te lo prometto.”
“E se non lo farai, verrò io da te. Una promessa è una promessa.”  

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