covering your tracks di ducky (/viewuser.php?uid=138888)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** stranger ***
Capitolo 2: *** blue eyes ***
Capitolo 3: *** pancakes and dresses ***
Capitolo 4: *** mysteries ***
Capitolo 5: *** candies ***
Capitolo 6: *** warm breath ***
Capitolo 7: *** surprise ***
Capitolo 8: *** dinner rush ***
Capitolo 9: *** chocolate cookies ***
Capitolo 10: *** young and beautiful ***
Capitolo 11: *** white lights ***
Capitolo 1 *** stranger ***
-Elena attenta!-
Scendo dalla macchina barcollando, trascinando
giù le mie due ingombranti valigie, dietro di me la mia
amica mi regge per un fianco preoccupata per il mio equilibrio alquanto
precario.
Rido come una matta per assurdità seguita a
ruota da quegli idioti dei miei compagni di college.
"Mi sa che non ho ancora smaltito la sbornia, Care"
Sbiascico una risata poggiando la testa sulla spalla della
mia amica che sbuffa divertita guardando gli altri.
Siamo un pugno di ubriachi fermi davanti
all’aeroporto alle 7:45 del mattino.
"Ma non ci aiutate a portare le valigie dentro?, dobbiamo
fare il check-in ed Elena non si regge in piedi"
Ha ragione, sorrido ancora ad occhi chiusi immaginando
unicorni colorati.
"Dolcezza non ci farebbero neanche entrare. Siamo marci ed
abbiamo un bisogno urgente di dormire e smaltire la sbornia."
"Non fare labbrucce, Caroline. Non cambiamo idea"
Con gli occhi semi chiusi accarezzo i capelli della mia
biondina preferita sperando che si rassegni, vorrei solo entrare e
abbracciare uno dei comodi sedili dell’aeroporto per
schiacciare un sonnellino e fermare la testa che gira.
"Ci rivediamo tra due mesi,
bellezze…Non…"
Aggiungono qualcosa ma il rombo del motore e il mio stato
confusionale non mi pemettono di carpire altro, sento solo la dolce e
stanca voce di Caroline che mi invita a raccogliere le valigie per
entrare in aeroporto.
Tre ore e mezza dopo siamo stremate e spalmate
sui divanetti della lounge a trangugiare caffè e ciambelle.
Il cerchio alla testa è simile ad un dirigibile ed il
dopo-sbornia impossibile da gestire.
"Ho voglia di vomitare"
"Non farlo sulle mie ciambelle. Devo ancora assaggiare
quella con ripieno alla marmellata di pesche"
"Elena ti prego. Non scendere nei dettagli, non tengo
giù neanche il caffè"
So come si sente ma nonostante il leggero senso di nausea
il cibo sembra l’unico palliativo al mal di testa. Caroline
ha un aspetto pessimo e sono certa di non essere da meno.
"Maledizione Elena, tra poco più di due ore
saremmo a casa dopo mesi e i miei stenteranno a riconoscermi. Puzzo di
vodka come uno scaricatore di porto ed ho il colorito di uno zombie!"
La ascolto distrattamente quando la voce metallica che
proviene dall’altoparlante posto a qualche metro da noi
annuncia il nostro volo.
Con una forza che non credevo di possedere balzo in piedi
scrollandomi di dosso lo zucchero in polvere delle ciambelle ed aiuto
Caroline ad alzarsi, entrambe penzoliamo senza spiegazione logica verso
il lato sinistro.
"Ci rifacciamo il trucco in aereo e prendiamo qualche
mentina per l’alito. Dai, si torna a casa"
Il caos di voci e risate che ci investe non appena mettiamo
piede all’aeroporto di Atlanta stride con i nostri umori
neri, siamo belle che truccate e semi pettinate ma non dormiamo da
diciotto ore e qualsiasi rumore di sottofondo è fastidioso.
"Merda!"
"Cosa c’è adesso?"
"Avevo completamente dimenticato di aver prenotato il
noleggio dell’auto. I miei pensano ancora che torni domani,
ricordi? silenzio-macchina-sorpresa.
Non avevo previsto la sbronza però"
"Dai ti accompagnano i miei a casa, non preoccuparti"
La mia amica mi regala un sorriso scemo degno di chi ha
tagliato i fili per i collegamenti col mondo esterno.
"Pronto!? Caroline, il noleggio di quell’auto mi
è costato 180$, la guiderò dovessi perdere un
arto adesso"
"Ma non puoi guidare in questo stato!"
La sua voce è stridula e fastidiosamente
autoritaria.
"Posso. Reggo l’alcool meglio di quanto pensi,
principessa" dico non troppo convinta delle mie parole.
Sta per ribattere ma una voce la chiama per poi
raggiungerci velocemente e non con poca fatica Caroline si
fionda finalmente tra le braccia della sua mamma.
"Caroline, tesoro mio mi sei mancata da morire"
La signora Forbes stringe la figlia storcendo un
po’ il naso, probabilmente i litri di profumo che Caroline ha
addosso non riescono a coprire quell’odore forte e pungente
della vodka mista al martini.
"Sicure di stare bene voi due?"
Dannazione, il suo istinto da sceriffo di piccola cittadina
non sbaglia un colpo, Caroline avvampa ed io abbozzo una scusa idiota.
Classico.
"Tutto apposto sceriffo Forbes. Siamo solo un po’
stanche, una bella dormita ci rimetterà in sesto
completamente, vero Care?"
La mia amica mi asseconda quasi fosse in trance e vorrei
prenderla a sberle per farle spiccicare almeno una parola. E’
la figlia di una poliziotta, dannazione.
Dissumulare dovrebbe essere la sua parola d’ordine.
"Vi porto a casa, su"
Spiego velocemente alla mamma di Caroline la storia del
noleggio e prego che non insista, non avrei la forza di battermi
verbalmente con un mastino come lo sceriffo Forbes, per mia fortuna,
seppur scettica e poco convinta, riesco a sgattaiolare via da lei
promettendo alla biondina di chiamarla non appena arrivata a casa.
Per allora sarà già in fase REM dopo aver
dimenticato gli ultimi due giorni della sua vita ma d’altra
parte anch’io, se riesco ad arrivare sana e salva.
Dopo una lunga fila ai parcheggi ed
un male ai piedi da imprecazioni, guido annoiata sulla statale 25 che
collega Atlanta a Mystic Falls, sono le due del pomeriggio di un caldo
sabato di inizio estate e la strada è deserta.
Canto a squarciagola per tenere la mente occupata
l’ultimo singolo dei Maroon 5 tamburellando le dita sullo
sterzo travolta dalla piacevole sensazione di possedere il mondo, o
almeno parte di esso.
Solo io, la strada e l’orizzonte….
E una ruota a terra.
Lo scoppio che invade le orecchie qualche minuto dopo
essermi autoincoronata padrona dell’emisfero terrestre la
dice lunga sulla mia evanescente stella fortunata.
Accosto imprecando di nuovo e scendo da quel rottame che ho
pagato una fortuna.
Non ho la benchè minima idea di come si cambi
una ruota. Sono sola in mezzo al nulla e il mio cellulare è
morto da ore.
Bene Elena, nella migliore delle ipotesi rimarrai qui a
marcire per giorni in compagnia delle palle di fieno che rotolano
sull’asfalto caldo della Georgia. Sei un’idiota.
Mi perdo tra i mille insulti rivolti a me stessa, poggiata
al cofano anteriore del rottame con la testa tra le mani nel tentativo
di pensare a qualcosa di geniale, ma a distrarmi il rumore distante di
una macchina in marcia che si avvicina a me mi regala quel briciolo di
speranza perduto.
Comincio a saltare agitando le braccia come una naufraga su
un isola deserta, quell’auto è la mia nave
nell’oscurità, cavolo ho solo voglia di tornare a
casa.
"Una fanciulla in difficoltà,eh?"
La macchina si ferma sul ciglio della strada, i finestrini
sono già abbassati ed il tizio al volante ha una voce
profonda e calda come l’aria qui fuori.
Indossa un paio di rayban che alza sulla testa rivelando gli
occhi più blu che abbia visto in vita mia.
E’ l’essere umano di sesso maschile più
bello che abbia visto in vita mia.
Deglutisco in modo meccanico osservando quel viso perfetto illuminato
dai raggi del sole pomeridiano, i giochi di luce riflessi dai suoi
occhi e la mascella contratta che disegna un viso dai tratti delicati e
virili.
Curva le labbra in un sorriso storto squadrandomi da capo a
piedi per poi gettare un’occhiata distratta alla mia auto,
cioè a quel rottame che ho noleggiato.
"Ho bucato. Grazie per esserti fermato, non è che
potresti…"
Indico la ruota posteriore con lo sguardo e quel tizio
dagli occhi profondi ed enigmatici ride di me.
"E’ così divertente?" dico stizzita,
sudaticcia e già stanca di lui.
"Non penserai mica che mi sporchi le mani per una
sconosciuta in mezzo al nulla. Posso darti un passaggio se vuoi ma io
la gomma non la cambio, ragazzina"
Stupido idiota presuntuoso. Ho già voglia di
prenderlo a calci.
"Ok. Ciao imbecille."
Mi volto e lo sento ridere di nuovo. Dio, quella risata mi
da i nervi.
"Stai rifiutando la mia offerta di un passaggio, ragazzina?"
"Per quanto ne so potresti essere un maniaco serial killer
germofobico. Non salgo in macchina con te. Imbecille."
Rimarco l’ultima parola ma si affretta subito a
smorzare il senso di soddisfazione che mi da insultarlo.
"Fa come vuoi, buona fortuna ragazzina."
Mette in moto e sfreccia alla velocità della
luce alzando una nuvola di polvere che mi investe completamente.
Stupido. Imbecille. Bellissimo. Imbecille.
Ok, smettila Elena. Prova a cambiare questa maledetta gomma e a far
ripartire questa dannata auto.
Se solo potessi consultare il dott. Internet dal mio
cellulare, maledizione ho bisogno di una guida.
Ho voglia di urlare e lanciare qualcosa qui in mezzo al
nulla, ho fame, ho sonno e devo fare una doccia.
Ci sono 38° qui fuori.
Mordendomi il labbro dalla disperazione decido di prendere
la ruota di scorta dal bagagliaio ma il rumore di un motore e una
macchina che procede in retro marcia verso di me mi fa strabuzzare gli
occhi.
Quel tizio è di nuovo qui, cavolo. Che sia
davvero un maniaco?
"Te lo chiederò per l’ultima volta
ragazzina, sali in macchina. Ti do un passaggio"
"La smetti di chiamarmi ragazzina, imbecille? Mi chiamo Elena.-
"Ed io mi chiamo Damon.
Imbecille. Sali in macchina."
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Capitolo 2 *** blue eyes ***
Sono
inquieta.
Spiaccicata quasi al finestrino di quest’auto fantastica mi
tengo a distanza da quell’ammasso di testosterone al volante,
per quanto ne so il tizio potrebbe davvero essere un maniaco e se lo
fosse, sarebbe comunque il più figo della storia.
Il suo profilo è perfetto, di tanto in tanto serra la
mascella cambiando le marce di questo bolide con quel fare sexy e
deciso allo stesso tempo, i suoi avambracci protesi verso lo sterzo si
tendono rivelando delle belle spalle e un busto da fare invidia ai
migliori modelli.
E’ tanto bello quanto antipatico e sicuro di se.
Non una parola da quando ho accettato mio malgrado il suo ‘gentile’
invito per un passaggio, di tanto in tanto si gira verso di me
increspando le labbra nel suo ghigno malefico per poi incollare di
nuovo gli occhi alla strada.
Accidenti, non ricordavo che questa maledetta statale fosse
così lunga!
"Devo fare benzina, ci fermiamo qualche minuto così magari
puoi darti una rinfrescata nel bagno della stazione di servizio. Non
profumi certo di rosa, ragazzina"
Brutto cafone maleducato, ma chi si crede di essere questo tipo?
Accostiamo alla piccola stazione deserta e prima che abbia il
tempo di replicare mister presunzione scende dall’auto
rivelando il suo splendido fisico, accidenti…è
simile ad un dio greco.
Apro e chiudo la bocca più volte prima di decidermi a
scendere per sentirmi meno idiota ed imbarazzata, continuo a fissarlo
mentre è intento a fare self service alla pompa di benzina.
Estraggo il cellulare dalla tasca con la vana speranza di accenderlo ma
nulla. Batteria morta.
"Hai fame?"
Mi domanda strofinando le mani sui jeans dopo aver finito di rifornire
l’auto.
"No" rispondo senza neanche guardarlo controllando convulsamente
l’orologio.
"E’ stimolante parlare con te" -continua a sfottere, il
padrone dell’universo- "vado a prendermi qualcosa da
mangiare, non dare fuoco alla macchina"
Mi odia e la cosa è reciproca.
Poggiata all’auto nel silenzio di questa vecchia stazione
fantasma il mio stomaco brontola per la fame, la tentazione di entrare
e comprare un panino è forte ma non la darò vinta
al bell’imbusto, mi sporgo per controllare che sia ancora
dentro la piccola e rustica tavola calda dell’autogrill per
infilarmi a metà all’interno dell’auto e
sfilare una sigaretta dal pacco che il tizio tiene nel piccolo
cruscotto vicino alla radio.
Ho desiderato una sigaretta per tutto il tempo che ho dovuto
condividere con il superuomo e poi mi aiuterà sicuramente a
sentire meno fame.
Tiro fuori il mio accendino newyorkese dalla borsa, accendo e mi godo a
pieni polmoni la prima boccata.
Chiudo gli occhi. E' il paradiso.
"Ehi!"
Osservo a bocca aperta la sigaretta toccare terra per poi essere
soffocata da uno stivalone nero con fibbia che la sfracella
letteralmente al suolo.
La mia faccia è simile a quella di una bimba a cui hanno
rotto il gioccattolo preferito la mattina di Natale.
"Non ti hanno mai detto che il fumo uccide, ragazzina?
L’immagine è davvero triste, torna in macchina"
Fa un versetto con le labbra e si allontana da me per raggiungere la
portiera dell’auto.
Frustrata ed arrabbiata scatto avvampando in un moto d’ira
represso.
"Sei impazzito, per caso? O forse sei solo la persona
più maleducata ed irrispettosa del pianeta?"
"Che cosa avrò mai fatto? Il fumo uccide, specie se le
adolescenti come te ne fanno un uso eccessivo…"
Sorride e continua a sfottermi quasi fosse la cosa più
naturale del mondo.
"Ti sembro un adolescente? Ho vent’anni e bado a me stessa
già da un po’, figurati se prendo ordini da un
semi pupazzo gonfiabile che conosco da due ore!"
"Venti? Strano. Non te avrei dati più di 15"
"Sei uno stronzo, lo sai?"
"Si, poco originale. E’ il mio marchio di fabbrica, dolcezza.
Sali in macchina"
"E smettila di ordinarmi di salire su questa stupida macchina!"
Sembro una zitella in preda ad una crisi ormonale, i capelli mi si
appiccicano al viso e mentre urlo li tiro goffamente di lato risultando
meno minacciosa di quanto vorrei in realtà.
La sua inutile e fastidiosa risata è la prova di questo.
"Tu abiti qui?"
"Che c’è, hai da ridire anche sulla mia casa
adesso?"
Scuoto la testa ormai esasperata da lui e mi precipito fuori sfidando
le leggi della fisica per percorrere in breve tempo possibile il
tragitto auto-porta di
casa.
"Ehi ragazzina"
Un piccolo colpo di clacson e la sua fastidiosa voce mi costringono a
voltarmi di nuovo verso di lui.
"Magari un ‘grazie’
o ‘sei stato
gentile Damon’ sarebbero apprezzati, sai?"
Sorrido dolcemente e mi avvicino al suo viso che sporge dal finestrino.
"Grazie, sei stato gentile Damon, buon viaggio verso
l’inferno"
Ricaccio indietro il sorriso falso stampato sul viso e mi volto con la
speranza di non rivederlo mai più mentre la sua sonora
risata mi accompagna alla porta.
"E’ stato un piacere, Elena"
Mi blocco sull’uscio guardandolo ripartire, il cavernicolo ha
memorizzato il mio nome.
"Che significa polverizzata?"
Caroline mi prepara un caffè in pigiama, l’ho
letteralmente buttata giù dal letto senza nessuna remora.
"L’ha sciacciata proprio davanti i miei occhi con la scusa
che il fumo uccide e stronzate varie, un saccente presuntuoso,
arrogante, figlio di…"
"E gli hai detto di abitare qui?"
"Non potevo mica fargli vedere davvero casa mia, quel tipo è
un folle!"
"Adesso si che sono felice di averti come amica"
Caroline fa una smorfia che si trasforma in un sonoro sbadiglio mentre
mi versa una generosa tazza di caffè accopagnato da
biscotti.
Amo questa donna.
"Almeno così sono sicura di non rivederlo più,
quel tipo è irreale"
La mia amica mi ascolta a malapena, penso stia per fare del piano
cucina il suo nuovo letto.
"Care, va a dormire. Faccio una doccia al volo se non ti dispiace e
prendo qualche vestito tuo prima di tornare a casa, ok? E ringrazia tua
mamma da parte mia per aver mandato l’agente Harley a
recuperare l’auto a noleggio e le mie valigie"
"Mh. Mh"
E’ andata. L’accompagno su per mano e la riporto a
letto, trattenendomi in camera sua solo per raccattare un jeans e una
maglietta.
"Elena?"
"Cosa?"
"Non mi hai detto come si chiama il tipo irreale, folle e presuntuoso"
sbiascica la frase masticando parole.
"Si chiama Damon. E’ irreale, folle, presuntuoso ed ha gli
occhi blu"
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Capitolo 3 *** pancakes and dresses ***
Mamma
fa i pancakes.
E’ questo il primo pensiero che la mia mente elabora quando
riapro gli occhi immersa tra le soffici e fresche lenzuola
del mio letto.
Casa.
Mi spingo tanto quanto basta per afferrare l’orologio
poggiato distrattamente sul comodino, sono quasi le due del pomeriggio
e mamma prepara i pancakes per me.
Dopo la brutta avventura di ieri, questo è proprio quello
che mi ci vuole per cominciare alla grande i miei due interi mesi di
vacanza, lontana dai ritmi massacranti che la vita universitaria impone.
Scendo le scale di corsa, senza preoccuparmi di vestirmi.
Adoro il mio pigiama, shorts, top e calzini e poi ho voglia di gustarmi
i pancakes ancora caldi ricoperti da una montagna di sciroppo
d’acero, i miei preferiti.
"Ehi principessa, ce la prendiamo comoda"
Papà richiama la mia attenzione dal divano in soggiorno,
sfoglia uno dei suoi tanti giornali, pagine economiche, borse e affari,
gli sorrido e con un balzo lo raggiungo per godermi un po’ di
coccole.
Si, sono sempre stata la cocca di papà e questa lontananza
forzata è terribile, mi manca il calore di una casa e il
poter vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto.
Mi mancano le chiacchere con mamma, gli abbracci di papà, i
consigli di Katherine e persino le litigate con Jeremy.
Il mio bisogno di indipendenza è scemato quando il vuoto
affettivo ha cominciato a riempire le giornate fredde ed uggiose piene
di studio e di stress, lontana chilometri da qui.
"Corri a mangiare o tuo fratello si spazzola via tutto"
Papà accarezza i miei capelli continuando a leggere il suo
giornale, scatto in piedi abbandonando la comoda posizione sul divano
minacciata da quell’idea, urlando a mio fratello e
raggiungendo velocemente la cucina.
"Non mangerò per almeno due giorni, mamma"
Mi sfioro la pancia sentendomi un pallone dopo aver inguirgitato una
decina di pancakes.
Lei sorride togliendo i piatti vuoti da sotto il mio naso, altro
vantaggio dell’essere a casa: non dover litigare con Caroline
per i turni pulizie.
Quello è davvero un incubo.
"Ha chiamato Katherine mentre dormivi, tesoro. Avrebbe voluto tanto
sentirti"
"Le ho mandato un sms ieri sera prima di crollare. Doveva proprio
andare via adesso per questo stage?"
Sbuffo avvilita. Mi manca mia sorella.
"Sono solo due settimane, sai che è un’occasione
importante per lei"
"Si mamma, lo so…avrei solo voluto averla qui"
Mamma sorride di nuovo asciugando le mani su uno dei grembiuli da
cucina che le ho portato direttamente dallo shop store del campus.
A Yale puoi davvero trovare di tutto.
"Elenaaaaaaaa!!"
L’uragano Caroline irrompe in casa mia senza preavviso, mani
e braccia occupate da enormi buste cartonate contenenti
chissà quali nuovi capi d’abbigliamento. Lei si
che da uno schiaffo al consumismo.
"Eccoti, ti ho cercato per tutta casa"
"Sei appena arrivata, Care"
"Appunto! Buongiorno signora Gilbert è così bello
rivederla!"
Con noncuranza si libera delle buste per soffocare mia mamma in uno
degli abbracci/strapazzami di cui solo lei è capace.
"Le rubo Elena, stasera. Siamo in lista per una festa fantastica al
nuovo locale della città. Ci siamo già perse
l’inaugurazione, dobbiamo per forza andare"
"Proprio stasera?"
La mia idea di serata ideale vedeva me sul mio comodo divano a guardare
la tv, abbandonata al totale ozio.
Vorrei tanto rendere partecipe della visione anche la mia amica ma
purtroppo, è già in procinto di incenerirmi con i
suoi occhioni verdi, accesi da una strana e minacciosa luce che mi
costringe a cedere, sotto lo sguardo comprensivo di mamma.
"Andiamo su a prepararci, ho preso un vestito anche per te"
Caroline ha sempre avuto una malsana ossessione per le barbie e le
bambole in generale.
Abbiamo iniziato a collezionarle insieme all’età
di quattro anni e ricordo di essermi fermata più o meno con
l’inizio delle medie.
Lei non ha mai smesso.
Amava vestirle e svestirle, improvvisandosi stilista, sarta e designer.
E’ il suo grande sogno dopotutto, oscurato dai desideri del
padre e dall’illusione che la laurea in legge in
un’università prestigiosa d’America
possa offrirle migliori possibilità per il futuro.
Credo la sua sia ormai una sorta di rassegnazione che sfocia nel
desiderio maniacale del controllo. Il mio.
Ecco perchè mi trovo addosso un vestitino che lascia ben
poco all’immaginazione, abbinato a tacchi chilometrici e
borsetta in pendant.
"Sai cosa urla questa serata?" mi dice dando un ultima sistemata ai
capelli lanciando subito dopo lo specchietto nella sua micro pochette.
"Illuminami…"
"Urla che siamo qui a godercela dopo mesi di lontananza, che
balleremò tutta la notte e NON ci ubriacheremo
perché siamo pessime a reggere l’alcool"
"Sei seria? È quella la parte divertente"
Scuote la testa sorridendo e parcheggiamo la mia auto proprio di fronte
al nuovo locale di cui tutti parlano, persino Jeremy riemerso dal suo
perenne stato apatico ha dato un giudizio positivo a questo posto.
La grande insegna, le luci, la musica che proviene
dall’interno e la lunghissima fila di gente che attende qui
fuori sono tutte opzioni che non avevo considerato.
Pensavo di ritrovarmi nell’ennesimo pub frequentato da gente
di mezza età coperta da nuvole di fumo e concentrata
sull’ultima partita di poker.
Bisogna ammettere invece che questo non è di certo il
classico posto a cui una cittadina tranquilla come Mystic Falls
è abituata.
Quanto e cosa mi sono persa?
"Vieni, Tyler ci ha messe in lista"
Caroline mi trascina lungo la fila e temo per la mia
incolumità fisica notando le occhiatacchie di molti, a lei
però basta un sorriso ed un indicazione alla cartelletta che
un gigantesco bestione pelato tiene tra le mani, per permetterci di
entrare appena due minuti dopo.
"Tyler, eh?"
"Non è come pensi! Credi che abbia perdonato quello stronzo
per avermi tradito con la mia peggior nemica? La vendetta è
un piatto che va servito freddo e fare buon viso a cattivo gioco mi
aiuterà a farla pagare ad entrambi"
E’ splendida stasera, i capelli mossi, un provocante abitino
rosso ed i suoi adorabili occhi verdi che risaltano in un viso poco
truccato.
Non ho mai capito perché Tyler le abbia riservato un
trattamento simile, erano la coppia più ammirata della
scuola e la mia amica non ha certo nulla da invidiare a
quell’antipatica di Allison Williams della classe di biologia.
Probabilmente siamo solo scappate da tutto questo, io con la speranza
che ha il nome di un’ambizione e lei con la sola voglia di
dimenticare.
"Elena il tuo telefono"
"Cosa?"
Alzo la voce e solo adesso mi rendo conto di quanto sia alto il livello
della musica qui dentro.
"Ti squilla il cellulare!"
Indica la mia borsetta urlando per sovrastare il casino e
mi avvio in fretta verso l’uscita prima che smetta di
suonare, è impossibile anche solo provare a rispondere
rimanendo all’interno.
"Pronto? Katherine, mi senti? Kat…"
La linea va via ed impreco mentalmente sbattendo leggermente i tacchi.
Perché non riesco a parlare con mia sorella?
Sto per rientrare sconfitta ma lo stesso armadio umano pelato vestito
di nero e dallo sguardo inquietante, mi blocca.
"Mettiti in fila, signorina"
"Ehm, in realtà sono uscita soltanto mezzo minuto
fa…mi ha vista anche prima quando ha fatto passare me e la
mia amica, la biondina col sorriso fantastico, ricorda?"
"No. Torna in fila" mi dice in un grugnito minaccioso.
Sto per ribattere innervosita da quella situazione quando
improvvisamente vengo brutalmente spinta da due idioti che
cominciano a darsele di santa ragione chissà per quale
assurdo motivo, mi mantengo a malapena in piedi e cerco di mettermi al
riparo da quei pazzi quando la lite diventa una vera e propria ressa
che coinvolge più persone e di nuovo mi ritrovo ad essere
spintonata in preda alla confusione generale.
Perdo l’equilibrio e letteralmente travolta da un gruppo di
folli pregusto già la mia triste caduta
sull’asfalto, strizzo gli occhi inerme quando
inaspettatamente sento due mani afferrarmi i fianchi.
Sbatto violentemente contro il torace di qualcuno e percepisco il suo
pesante sospiro sui miei capelli, provocato probabilmente dalla
violenza dell’impatto.
Le mani affondano sui miei fianchi e la stretta mi fa sobbalzare, la
leggera stoffa del vestito accentua questa sensazione e
l’istinto è quello di mollare un ceffone a
chiunque di questi deficienti si stia approfittando della situazione.
"Stai bene?"
Quella voce. Quegli occhi e adesso le sue mani.
Mi volto velocemente e la sensazione di fastidio scompare lasciando
posto ad uno strano sollievo.
Perché mai? Io odio questo tizio. Mi sono imposta di farlo.
Vorrei dire qualcosa ma finisco solo per annuire lievemente spaventata
a morte.
Stringo la sua mano ancora ferma su uno dei miei fianchi ed
è il riflesso incondizionato di un solo attimo.
"Vieni con me"
SPAZIO
AUTRICE:
Eccomi qui a vincere la timidezza e scrivervi per la prima volta!
Io sono Ele, studio lettere, amo il cinema e sono irrimediabilmente una
telefilm addicted.
Guardo davvero troppe serie tv, sacrificando interi notti
perché con lo studio altrimenti, non troverei il tempo
necessario all’interno della giornata.
Decidermi a pubblicare questa storia non è stato facile. Amo
scrivere ma sono davvero arrugginita e fuori allenamento.
La mia malsana passione per ‘The
vampire diaries’ e Damon ed Elena in
particolare, mi ha portato a concepire questa strano
‘esperimento’, idea nata per caso tra le altre cose.
La storia è un AU in cui sono tutti umani, Elena ha ancora i
genitori e persino una sorella oltre Jeremy.
L’ho chiamata Katherine solo perché adoro il suo
personaggio nella serie ma è chiaro il fatto che per
esigenze narrative non è la gemella di Elena ne tantomeno la
sua sosia quindi, se potete non identificatela col volto della
bellissima Nina :)
Io la immagino più come la splendida Emma Stone ma solo
perché adoro infinitamente quella donna, probabilmente.
Elena ha quasi 20 anni, frequenta Yale
(presto scoprirete cosa studia) e come alcuni di voi mi hanno
già scritto, si prende decisamente meno sul serio rispetto
alla Elena che conosciamo grazie allo show, senza dubbio la mancanza
dell’elemento soprannaturale e di tutte le conseguenze che
questo si porta dietro (sangue, morti, vampiri, licantropi,
doppelganger, ecc, ecc…) aiuta a non causarle un blocco
nervoso, non per il momento almeno :)
Non parlerò di Damon perché non voglio rovinarvi
i prossimi capitoli ma, ne approfitto per ringraziare chiunque abbia
dato una possibilità a questa storia ancora amorfa.
Adoro ogni recensione e mi piacerebbe leggerne molte di più
per avere un riscontro diretto con i vostri pensieri e le
più svariate considerazioni. Grazie ad ognuno di voi, anche
a chi legge semplicemente in silenzio seguendo la storia. Non
immaginate quanto mi renda lieta tutto questo!
Adesso mi eclisso perché sono stata fin troppo prolissa. Per
qualsiasi cosa chiedete pure senza problemi.
Un bacio a tutti!
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Capitolo 4 *** mysteries ***
"Vieni con me"
Trascinata via da quella bolgia infernale mi aggrappo al braccio di
Damon con entrambe le mani per evitare di scivolare a causa dei miei
maledetti tacchi a spillo.
La sua stretta è forte e decisa, lo seguo in silenzio
beccandomi ancora qualche lieve spinta fin quando, fuori da quella
massa, mi convinco a lasciargli la mano e un po’ imbarazzata
sistemo il mio vestito.
Sento i suoi occhi su di me ma è solo un attimo, poi
sparisce.
"Aspetta qui" mi dice prima di allontanarsi senza nessuna spiegazione o
una sillaba in più.
Perché mai dovrei aspettarlo? Mi ripeto mentalmente dandomi
della stupida.
Quel tipo appare e scompare nei momento più strani, non
voglio ripetere l’esperienza terribile di ieri e sorbirmi i
suoi rimproveri quasi fosse mio padre.
Decido di sfidare di nuovo la sorte con il pelatone
all’ingresso nella speranza di poter rientrare, ma
quell’individuo è rimasto immobile davanti al
bagno di sangue appena consumatosi, cosa mi fa credere che possa avere
pena per me e lasciarmi rientrare?
Devo darci un taglio con le domande retoriche.
"Non entra più nessuno stasera"
"Sono sul punto di avere una crisi nervosa, ok? Lasciami passare o mi
metto ad urlare!"
L’armadio umano mi ride in faccia e sono davvero sul punto di
farlo quando improvvisamente ritorna serio salutando in modo
reverenziale chi mi viene vicino bisbigliando al mio orecchio con un
sussurro che mi fa rabbrividire.
"Hai la brutta abitudine di non fare mai ciò che ti si dice,
Elena"
Lo guardo spiazzata ma volge subito lo sguardo verso il bestione che ci
fissa immobile adesso.
"E’ tutto apposto Paz, la signorina è con me"
Il buttafuori annuisce poco convinto lasciandoci passare, guardandomi
storto mentre trionfando rientro nel locale strapompato dalla musica ad
alto volume.
"Siamo passati da ragazzina a signorina? Cosa mi sono persa?"
Lo dico a voce abbastanza alta, anche se per la terza volta stasera il
suo respiro si confonde con il calore del mio viso.
"A volte basta il vestito giusto"
Ammicca con quel suo fare dannatamente sexy, fa l’occhiolino
e passa velocemente ai
raggi-x la mia immagine facendomi arrossire per
compiacersene subito dopo.
"Vieni, ti offro da bere"
"Cosa ti fa pensare che abbia sepolto l’ascia di guerra?"
dico mordendomi istintivamente il labbro inferiore, gesto di cui mi
pento immediatamente quando noto il suo sguardo accendersi.
E’ maledettamente bello illuminato in parte dalle luci
stroboscopiche ed i suoi occhi profondi mi fissano così
intensamente da provocarmi una leggera e piacevole fitta allo stomaco.
"So che l’hai fatto" aggiunge semplicemente, disarmandomi e
facendomi sciogliere in un sorriso.
Sto per accettare il suo invito quando Caroline, ignorando
completamente Damon, si precipita su di me toccandomi preoccupata quasi
fossi finita sotto una macchina.
"Ho appena sentito della rissa li fuori, stai bene?"
"Si, sto bene Care, non preoccupa…"
"Por………gimi i tuoi saluti, tesoro"
bloccata con una frase a metà, fisso adesso la mia amica con
un espressione sconvolta in viso.
Si è appena accorta della presenza di Damon ed ovviamente la
mia salute è passata in secondo piano.
Molla la presa su di me ed allunga la mano verso di lui dopo averlo
chiamato tesoro, sistemandosi con l’altra una ciocca bionda e
fastidiosamente mordiba dietro l’orecchio.
Il suo solito fare da smorfiosa mi scoccia stavolta, persino dopo
averla vista arrossire a causa di un baciamano di circostanza da parte
di mister occhi blu.
"Ho appena invitato Elena a bere qualcosa, vuoi unirti a
noi…."
"Caroline, io sono Caroline e sono la migliore amica della dolcissima Elena"
"Dolcissima
non è l’aggettivo migliore che avrei scelto per
lei ma…piacere comunque Caroline"
Sbuffo infastidita da quella conversazione e sto per girare i tacchi e
lasciarli ai loro convenevoli quando la mia amica mi pizzica il sedere
facendomi sobbalzare e pietrificandomi.
"Sono l’autista designata, Damon ed ho promesso un ballo ad
almeno 3 sconosciuti in pista ma, conto su di te per far sciogliere un
po’ questo pezzo di ghiaccio"
Sorride col suo fare da ochetta e si allontana piano mimando
qualcosa come o-r-g-a-n-i-c-o
con le labbra, mi ci vogliono due secondi per capire di aver sbagliato
a leggere il suo labiale.
Scuoto la testa e seguo Damon che sorride compiaciuto da quella
imbarazzante situazione e mi fa strada verso la piccola saletta del bar
molto più intima in cui il frastuono dell’intero
locale per fortuna giunge come ovattato e lontano.
"Conosci bene questo posto" dico guardandomi intorno mentre mi siedo su
uno degli sgabelli attaccati al bancone del bar.
"Abbastanza" risponde semplicemente richiamando il barman.
"Due birre perfavore"
"No, per me una vodka alla pesca, grazie"
"Gusto delicato, vedo" arriccia il naso in quella che dovrebbe essere
una smorfia ma non dice altro e lanciando un’occhiata al
barman permette che si allontani per prepararci da bere.
Perché ho l’impressione che qui dentro tutti
pendano dalle sue labbra?
"Allora Elena, dimmi un po’ di te. Assodato che tu non abbia
quindici anni, cosa fai nella vita? Studi?"
Interrompe il flusso dei miei pensieri fissandomi e rivolgendosi a me,
nessun tono di scherno stavolta.
Solo semplice curiosità, presumo.
"Frequento la facoltà di medicina a Yale" dico con un
pizzico di fierezza nel mio tono di voce.
Aver superato quel test d’ammissione è sicuramente
stata la svolta della mia vita.
"Fino a qualche anno fa frequentavo lo stesso corso. Mi mancavano tre
esami ma ho mollato prima"
Il barman poggia i nostri drink sul bancone e dopo averlo ringraziato,
beve subito un sorso di birra tamburellando leggermente le dita sul
mogano scuro.
"Perché mai avresti mollato medicina?" dico incredula
assaggiando la mia fresca vodka fruttata.
"La vita. Interessi nuovi. Probabilmente non avevo la tua costanza"
Lo dice come se mi conoscesse mentre sorride di nuovo guardandomi negli
occhi.
"Quindi adesso sei una specie di guru in grado di leggere i meandri
nascosti della psiche umana, no? Dimmi, quanta buona dose di
presunzione ci vuole per convincersi di questo?"
Sorrido sfidandolo mantenendo il contatto visivo e il fatto che si
diverta in qualche modo mi soddisfa rendendomi fiera.
"Ouch. La mamma non ti ha mai detto di morderti la lingua ogni tanto?"
Regge il mio gioco e mentre scivolo lentamente dallo sgabello mi
accorgo di nuovo che le distanze tra noi si accorciano troppo
velocemente.
Conosco gli effetti che l’alcool ha su di me, persino in
piccole dosi.
Il vestito è troppo corto ed i suoi occhi fissano
insistentemente il mio viso.
Devo andarmene. Ora.
"No. Ma mi ha sempre detto di non fidarmi troppo degli sconosciuti. Buonanotte Damon e
grazie per il drink"
Scivolo completamente dallo sgabello e sfiorandogli il braccio mi
allontano senza aggiungere altro.
Lo sento ridere alle mie spalle divertito e sorpreso da tutto
ciò.
"Mi semba un buon consiglio. Crudele, ma pur sempre un buon consiglio"
Sorrido allontanandomi senza guardarlo ritornando al locale alla
ricerca di Caroline.
"Due pecorelle!"
Sorreggo la bionda completamente ubriaca appena fuori casa
sua mentre inciampa sui suoi passi, è la seconda sbronza
della settimana.
Continua a giurare di aver bevuto solo due bicchieri e potrei anche
crederle, si ubriacherebbe persino con del succo di frutta.
"Elena! La terza pecorella è li, la vedi?"
"Autista designato, eh?"
Scoppia a ridere reggendosi a me e faccio fatica a trascinarla
tenendomi in equilibrio, è notte fonda e riuscire a
percorrere pochi metri sembra un’impresa impossibile.
"Questa si che è una scena interessante"
"Occhi bluuuu,
prendi la mia pecorella perfavore!"
Sobbalzo presa alla sprovvista per l’ennesima volta da lui e
dai suoi mille e complicati modi di apparire nei momenti più
disparati. Si ferma davanti casa di Caroline e rimane in macchina
guardandoci divertito e interessato allo stesso tempo.
"Ti piace lo spettacolo?"
"Certo che gi piace sciocchina, non ha fatto altro che mangiarti con
gli occhi per tutta la sera"
Caroline sbiascica parole guardando Damon in modo malizioso che gli
risponde di rimando alzando le mani in segno di resa.
"Colpevole" aggiunge con quel ghigno in viso fissandomi ancora.
Maledetta stretta allo stomaco.
"Siete così belli…Elena invitiamolo ad entrare,
dai"
Sfiancata arrivo davanti la porta facendo fatica ad aprirla mentre
Caroline adesso si regge allo stipite esterno.
"Buonanotte Damon"
sospiro rassegnata del fatto che sia ancora li ad osservarci.
"E così è qui che vivete?" scende
dall’auto raggiungendoci nel portico.
La sua presenza mi mette soggezione adesso e infilare la chiave nella
toppa sembra un impresa impossibile. Fallisco miseramente due o tre
tentativi.
"Si, viviamo qui da sole perché siamo belle, indipendenti e
disponibili"
Caroline vende gli ultimi bricioli di dignità rimasta e
finalmente la porta si apre, sospiro di sollievo.
"Pensavo fosse la casa dello sceriffo Forbes"
"Ehi! Quella è mia mamma, sai…e comunque si,
questa è casa sua e a dir la verità solo io vivo
qui perché Elena…"
"Bye - Bye
Caroline" spingo la mia amica dentro non troppo delicatamente e mi
volto sollevata per liquidare Damon una volta per tutte.
"Quanti misteri. Mi intrigano da morire i misteri"
Quando, come, perché è così vicino
adesso?
Mi specchio nei suoi occhi e il mio corpo percepisce la presenza del
suo. Ogni fibra.
Tiene le mani dietro la schiena ma sento tutto bruciare nonostante non
ci sia nessun tipo di contatto tra di noi.
"Ti ho già detto prima che non mi fido degli sconosciuti"
"Ti ho salvata due volte"
"Ed io ho bevuto un drink con te per questo. Nel tuo locale."
Un lampo di sorpresa colpisce il suo viso ed è solo la
conferma di quell’affermazione che sembra già
tanto sicura.
"Come cavolo…"
"…Ho fatto a capirlo? Pendono tutti dalle tue labbra e il
bestione all’ingresso era troppo risoluto nel non voler farmi
passare. Se non gli pagassi lo stipendio avrebbe lasciato fuori
entrambi"
"Misteriosa, sagace, presuntuosa…non vorrei scoprire troppo
di te in una sola sera"
Si avvicina impercettibilmente al mio viso e lentamente chiudo gli
occhi, accarezzata dalla fresca brezza notturna e dal suo respiro.
In attesa di qualcosa che scaldi il mio cuore mentre brividi intensi
scorrono sulla mia pelle come ghiaccio bollente.
"Buonanotte Elena"
Sbarro gli occhi di colpo.
Si allontana col suo calore e quel ghigno malefico stampato in viso,
continuiamo a guardarci incatenati da quel qualcosa che mi serra il
fiato in gola finchè lo vedo entrare in macchina e partire,
inghiottito poco dopo dalla notte.
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Capitolo 5 *** candies ***
5. CANDIES
Mordicchio nervosamente il
tappo della biro cercando di concentrarmi sugli appunti di biochimica.
Gambe incrociate sul letto e schiena poggiata al cuscino nel silenzio
della mia camera in questo caldo lunedì pomeriggio.
Ho saltato il pranzo
per evitare il terzo grado di mamma sulla serata passata al nuovo
locale insieme a Caroline, non chiudo occhio da quasi ventiquattrore
perché il mio cervello non smette di rimuginare sulla
miriade di cose successe da quando ho messo di nuovo piede in questo
Stato.
Quel nome che tormenta
i miei piensieri e il suono della sua fastidiosa risata che mi fa
venire la pelle d’oca.
La morsa allo stomaco
che attanaglia i nervi del mio corpo dal primo sguardo e la scarica
di
elettricità che ci ha incollati più volte
l’uno all’altra la scorsa notte.
Da dove diamine
nascono queste assurde sensazioni?
"Bandiera
bianca. Sventolo e mi vergogno come una ladra"
Il fiume dei miei
pensieri viene interrotto da un braccio che sporge dalla porta
socchiusa sventolando un fazzoletto bianco a pois.
Sorrido leggermente
seppur sia arrabbiata a morte con la testa bionda che fa capolino
subito dopo in un sorriso appena accennato e colpevole.
"Posso?" mi chiede
entrando in punta di piedi.
"Sei già
dentro" rispondo in tono neutro riportando lo sguardo sui libri.
La sento avvicinarsi
piano fin quando non mi raggiunge sedendosi sul letto a pochi
centimetri da me.
"Elena mi dispiace,
ok?" sbotta improvvisamente non reggendo il lungo silenzio, sbuffando
in attesa per poi continuare senza cercare di prendere fiato.
"Rivedere Tyler, quei
due bicchieri che mi hanno dato, i balli, la serata in generale.
Ho una confusione in
testa davvero terribile, ricordo poco e so di averti messa
terribilmente in imbarazzo con occhioni blu ma non ero in me, davvero.
Ti prego, perdonami."
"…Non ha fatto altro
che mangiarti con gli occhi per tutta la sera" mi decido a
guardarla, imitando la sua voce stridula e la sua risatina da ochetta.
"No. L’ho
detto sul serio?" strizza gli occhi vergognandosi terribilmente.
"Tra le altre
cose…volevi persino invitarlo ad entrare nel cuore della
notte"
"Ma lui ti piace, no?"
"Caroline, lo conosco
da due giorni! Non so nulla di lui, a parte il suo nome e che
è il proprietario del locale"
"E’ il
proprietario di che!? Ok. Stop. Ricominciamo. Lui è
bellissimo, Elena.
E’
affascinante, ha un corpo da urlo e ti vuole."
"Di che cosa stai
parlando?"
"Dei suoi occhi. Parlo
di quei fari blu puntati su di te continuamente. E’ cotto,
andato"
"Ma non lo conosci
nemmeno"
"Conosco la categoria"
-dice fiera puntando un dito contro di me sicura delle sue
parole– "cos’è successo dopo?"
"Dopo? Quando con poco
riguardo alla dignità femminile ho dovuto spingerti dentro
per via dei tuoi assurdi deliri?"
"Si, esatto" si morde
le labbra trattenendo una risata ed io, svuotandomi completamente
dell’aria che opprime il mio petto, espiro chiudendo gli
occhi e confessando la verità.
"Stavamo per baciarci"
"CHE COSA!?"
"Shhh" la zittisco
gettando un occhiata alla porta ancora semi aperta mentre recupera
fiato battendo le mani sulle ginocchia.
"Lo conosci da due giorni!"
mi fa il verso ripetendo le mie stesse parole pronunciate poco prima,
l’istinto è quello di guardarla storto ma so che
ha ragione.
"Non è
successo, ok? Lui…lui si è tirato indietro"
"Oh. Questo
è frustrante, ma perché mai l’avrebbe
fatto?"
Mi limito a scrollare
le spalle, la mia mente si ripete la stessa domanda da ore e tutte le
possibili risposte non mi hanno portata a nessuna conclusione che abbia
un po’ di senso.
"Quel tipo
avrà quasi trent’anni Care, io non arrivo ai
venti. Probabilmente mi vede solo come una ragazzina con cui vorrebbe
divertirsi un po’, ma ha sbagliato preda. E comunque non
voglio più parlarne."
Sospiro sconfitta
chiudendo i libri e vedo la mia amica cambiare espressione.
Lo sguardo si accende,
il sorriso le riempie il viso e un senso di eccitazione la pervede.
Non può che
essere per una sola ragione.
"Vestiti, ti porto a
fare shopping"
Mi muovo lentamente
tra gli scaffali del grande centro commerciale di Atlanta, distratta ed
annoiata masticando caramelle gommose.
Mamma si è
unita al nostro pomeriggio di spese e penso si sia appena persa nel
reparto abbigliamento in compagnia di Caroline, se conosco bene quella
bionda iperattiva, potrà ritenersi fortunata a passare li le
prossime due ore.
L’aria
dedicata al settore musicale è sempre piena di gente,
è bello prendere cd a caso e fiondarsi ad una di quelle
macchinette con le cuffie in cui basta far scorrere il codice del cd
per ascoltarlo.
Inondata dalla musica
tutti gli altri rumori sono lontani.
La gente intorno a te
si muove frenetica ma la sensazione è quella di uno slow-motion
generale che ti rasserena e blocca il flusso dei tuoi pensieri quando
è solo la musica a tenerti occupata.
L’unico
intoppo è che non puoi accontentarti di un demo di pochi
secondi.
"Stupido
affare" mi lamento poggiando in malo modo le cuffie
sull’aggeggio rosso che mi ha appena privato della cura
temporanea ai miei problemi.
"Sai, ti basterebbe
comprarlo quel cd"
Mi
pietrifico riconoscendo quella voce.
All’improvviso
ogni muscolo del mio corpo avverte la sua presenza dietro di me e non
sono neanche in grado neanche di masticare
il lungo serpentello gommoso che tengo stretto tra i denti.
"Le tue doti da
stalker sono inquietanti, Mr.
Mistero"
Mi volto sfoggiando
una calma che non ho, mordendo nervosamente la caramella.
Lui è li, a
fissarmi semplicemente con quel sorriso beffardo, divertito ancora una
volta dall’immagine che si ritrova davanti.
"Potrei dire lo
stesso, Miss Elena.
Lieto di constatare che non ci sia nulla che non vada nei tuoi gusti
musicali, però."
Osserva il cd che
tengo in mano. Coldplay.
Se avesse avuto qualcosa da ridire, la nostra strana ed assurda
conoscenza avrebbe potuto concludersi tragicamente proprio in questo
istante e invece, un’altra cosa delle mille già
stilate, va ad aggiungersi alla mia lunga lista immaginaria per cui lo
trovo assolutamente irresistibile.
"Che
c’è? Guadagno punti per questo?"
Come se mi avesse
letto nel pensiero allarga il suo sorriso ed è impossibile
non farsi contagiare quando quegli occhi meravigliosi si strizzano
appena accendendosi di una luce particolare capace di mozzarti il fiato
in gola.
Non ho mai incontrato
nessuno capace di abbassare le mie difese in un attimo come fa lui.
Perché
tutto questo non mi spaventa?
"Eccoti
qui, fuggitiva! Ti cerco da mezz’ora. Guarda cosa ti ho
preso. Questo sostituisce quello grigio che hai comprato
venerdì prima di partire. A chi piace indossare un reggiseno
con su stampato Snoopy?"
La voce di Caroline
arriva alle mie spalle mentre agita tra le mani un sexy push-up nero di
pizzo.
Non mi preoccupa
neanche che metà delle persone presenti abbiano ascoltato
ciò che è appena uscito dalla sua bocca, mi basta
osservare la sua faccia una volta svoltato l’angolo per
leggere nella sua espressione la paura che questo possa essere il suo
ultimo giorno di vita, quando si trova Damon davanti.
-Snoopy, eh-
-Ti prego
non uccidermi- è
una prghiera silenziosa che mi giunge tramite il suo sguardo quando si
paralizza nascondendo il reggiseno dietro la schiena soffocando il
singhiozzo.
E’ una cosa
a cui sono abituata ma che per molti, persino per il medico di fiducia
della famiglia Forbes, non ha spiegazione logica.
Caroline ed il
singhiozzo che le blocca la gola quando si trova in una situazione
spiacevole e non sa come uscirne.
Le volte in cui
succedeva in classe beccata a messaggiare durante la lezione erano
terribilmente imbarazzanti, tutti iniziavano a ridere prendendola in
giro e li avrei volentieri presi a pugni in quel momento, so quanto
questo ‘sintomo’ sia quasi una maledizione per lei
ma adesso la voglia è quella di centrarle un colpo in pieno
stomaco per farla smettere ed uscire da questa surreale situazione.
"Io voto per il pizzo
nero, a meno che tu non voglia far colpo su un dodicenne"
"Non penso siano
affari tuoi su chi voglia far colpo o la
biancheria intima che indosso. Questa conversazione è
inopportuna ed avrei già quattro o cinque motivi per
chiamare la sicurezza e farti sbattere fuori"
Concludo la frase con
un sorriso angelico che stride con il suo ghigno odioso ed
irresistibile.
"Uh, siamo
suscettibili. Un altro aspetto che viene fuori, è divertente"
"Magari possiamo
andare a prendere un milkshake tutti insieme, eh"
Caroline prova a
smorzare i toni tra un ridicolo singhiozzo e l’altro, noto
Damon trattenere una risata e non posso biasimarlo vista la situazione.
"Dove hai lasciato mia
madre?"
Le dico ricondandomi
solo allora di averle lasciate insieme a vagare per il centro
commerciale.
"Ha incontrato
un’amica e si è fermata a prendere un
caffè al bar"
Maledizione
Caroline!
Hai
appena invitato il tizio capace di distruggere il mio sistema nervoso
con una sola parola, al bar in cui mia madre sta prendendo un
caffè con un’amica?
Quante ragioni
esistono per cui non dovrei farla fuori proprio ora davanti a centinaia
di testimoni pronti ad applaudirmi?
"Magari
un’altra volta dolce barbie,
devo scappare"
Si rivolge a Caroline
e quelle poche parole servono a regolarizzare il mio respiro.
Ci passa davanti ed
evito di guardarlo concentrandomi sulla mia amica che gli fa ‘ciao’ con la manina.
"Potrei
abituarmi a questi incontri casuali. Una buona, sana ed intrigante
abitudine"
Aggiunge
quest’ultima frase troppo vicino al mio orecchio,
è un sussurro veloce prima di andarsene senza voltarsi
indietro.
"Toglie
il fiato"
Caroline rossa in viso
recuperando tutte le sue facoltà motorie lo guarda
allontanarsi riferendosi all’ultimo contatto che la mia mente
fatica ancora ad elaborare.
"Cominciavo seriamente
a sentirmi di troppo…"
"Dammi un buon motivo
per non spedirti in Tibet tipo….adesso"
"Perché ti
offro sempre qualcosa dopo le mie gaffe colossali e perché
un giorno mi ringrazierai per aver fatto in modo che il ragazzo
più figo della terra s’innamorasse perdutamente di
te. Anche se non gli serve di certo il mio aiuto per una cosa del
genere"
"Di che cavolo stai
parlando, adesso?"
"Te lo spiego davanti
al nostro milkshake, andiamo"
Mi prende
sottobbraccio baciandomi la guancia ed improvvisamente le sue uscite
imbarazzanti e poco felici mi appaiono ingenue e divertenti.
E poi…mi
volto soltanto un attimo, quel gesto involontario per cui mi ritrovo a
scontrarmi di nuovo con quello sguardo ormai lontano che mi fa
sprofondare il cuore nello stomaco.
SPAZIO
AUTRICE:
Mi scuso per il
ritardo imperdonabile.
La sessione esami
è vicina ed è davvero difficile trovare un
momento di tranquillità per sedersi al pc e scrivere.
Ringrazio immensamente tutti quelli che hanno
aggiunto la storia tra le seguite, siete davvero tanti e tutto questo
non può che farmi contenta.
Spero in
più recensioni anche per leggere pareri diversi su
questo ‘esperimento’ .
Cosa vi aspettate, se
vi piace qualcosa oppure no.
E’ comunque
gratificante aver ricevuto questo fantastico feedback positivo finora.
Il prossimo capitolo
è già in stesura quindi dovrebbe arrivare presto. Scongiuriamo
gli intoppi.
Un bacio e grazie!
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Capitolo 6 *** warm breath ***
6. WARM BREATH
Le
note di ‘New
York’ degli Snow Patrol mi cullano e chiudo gli
occhi completamente rillassata, distesa a testa in giù al
bordo del letto, i miei capelli toccano terra mentre allungo le gambe
in aria stendendole e dondolandole.
La noia pervade le mie
giornate.
Caroline è già via da una settimana,
‘rapita’ dalla madre per passare qualche giorno in
campagna al casale della nonna e io mi crogiolo tra le lenzuola fresche
tormentata da un fastidiosissimo raffreddore estivo che mi costringe a
letto sin dalla partenza della mia amica, non che mi sia opposta agli
eventi ad essere sincera.
L’ultimo incontro con Damon al centro commerciale mi ha in
qualche modo destabilizzata.
Amo la lettura, è il mio rifugio sicuro dalle stranezze e
dalle ostilità del mondo reale, ho sempre letto romanzi,
storie epiche e cavalleresche, facendomi beffe di principesse, dame e
povere ragazze protagoniste di quei sogni d’amore che solo un
libro può narrare proiettando i desideri nascosti del
profondo di una donna.
In quei romanzi Lui fa la sua comparsa improvvisa e
il mondo si ferma, la fanciulla si innamora perdutamente e lotta contro
e per quell’amore con tutte le proprie forze fino a cambiare,
rendendosi migliore.
Di solito comincia tutto con uno sguardo.
Damon ha lo sguardo di un cavaliere o di un principe, protagonista
indiscusso dei miei incubi ricorrenti.
Quegli occhi sono un meraviglioso oceano di segreti, blu e magnetici
incorniciati in un viso perfetto.
E’ come se il mio cuore mi chiedesse di essere protetto, una
silenziosa preghiera che il mio corpo non intende ascoltare e provo a
convincermi del fatto che, chiusa tra questa mura, non possa correre il
rischio di farmi inchiodare ancora dal suo sguardo rinunciando alle mie
difese.
Sospiro pesantemente, la canzone sfuma e cerco di rimettermi in
posizione verticale.
Obiettivo:
raggiungere il bagno, fare pipì e tornare
velocemente sotto le coperte sino ad ora di cena.
"Qualcuno ha ordinato del the caldo alla pesca?"
Mi volto incredula intenta a cercare sotto al letto una delle mie
orsociabatte che sembra sparita. Caroline è poggiata allo
stipite della porta con il vassoio in mano, sorridente, bellissima e un
po’ abbronzata, mi osserva facendomi sentire una
racchia con il naso rosso, i capelli arruffati e raccolti e le gambe
bianche e smagrite a causa delle zuppe e altri alimenti insipidi e
liquidi ingeriti negli ultimi giorni.
Lei è una dea,
io un cesso.
"Bentornata straniera"
Le sorrido di rimando, recuperando l’ingombrante ciabatta e
dirigendomi speditamente in bagno.
"Torno subito" lei annuisce e raggiunge il comodino poggiando il
vassoio mentre io non riesco più ad ignorare i miei bisogni
fisiologici, osservo il mio riflesso allo specchio intenta a lavarmi le
mani e la parola -cesso- non rende l’idea
per descrivere quanto disprezzi la mia immagine in questo momento.
"Proprio l’anti sesso, eh?"
Caroline è vicina a me adesso, schietta e sincera come
sempre.
"Scusa se un raffreddore terribile mi ha costretta a letto quando fuori
la temperatura e di 40° e questo basta già a farmi
sentire una sfigata"
"Guarda che parlavo di queste ciabattone orrende a forma di orso. I
tuoi piedi sembrano giganti se aggiungiamo le gambe simili a
stuzzicadenti e persino gli shorts ormai divenuti bermuda per quanto ti
vestono larghi"
"Mi sei mancata anche tu, Care"
Due ore dopo aver acconsentito ad un restilyng made by
Caroline, sono seduta in bagno con la testa sollevata a gurdare il
tetto, preda della biondina che di sicuro sa bene come coccolare la
pelle di una ragazza grazie ai suoi bagnoschiuma e creme corpo super
profumati.
Mi sento rinata con un leggero filo di trucco e i capelli perfettamente
lisci, noto che non è comunque riuscita a cancellare i
solchi profondi e neri sotto gli occhi ma ha almeno migliorato il mio
stato da -cesso- a -bidet
lucidato-.
"Mettiti qualcosa addosso adesso, hai bisogno di respirare un
po’ d’aria fresca e uscire da questa stanza"
"Avevo la febbre fino a mezz’ora fa"
"La febbre ti colora un po’ le guance e ti ci vuole, quindi
jeans, maglietta, scarpe e in macchina! Ti aspetto giù"
In macchina Caroline non smette di parlare, di raccontarmi quanto
noiose siano state le sue giornate in campagna e che questo abbia
provocato in lei persino la voglia di mettersi sui libri in piena
estate solo per evitere le chiacchere inutili e piatte con la madre.
"Persino mia nonna non l’ascolta più"
"Tua madre è sola, Care. Dovresti forse provare a capirla"
"Se fosse stata più presente, forse mio padre non avrebbe
preso in considerazione l’opzione di fuggire con
uomo…o forse si, ma ciò non cambia il fatto che
nulla scalfisce Liz Forbes, ‘la
donna senza emozioni’. Magari le regalo una
targa con queste parole incise sopra da mettere sulla scrivania
dell’ufficio, ne andrà fiera vedrai"
Storce il naso infastidita dalla durezza delle sue stesse parole,
Caroline combatte da anni l’indifferenza della madre e sembra
adesso essersi rassegnata all’atteggiamento autoritario e
freddo di Liz, celando la delusione nel sarcasmo amaro che la indurisce
e la disillude prendendosi ogni giorno un piccolo pezzo di lei.
"Ehi aspetta, cosa ci facciamo qui?"
Estrae le chiavi dell’auto slacciandosi la cintura, le sue
chiacchere e la riflessione da psicologa improvvisata mi hanno
distratta dal percorso fatto per arrivare fin qui.
Caroline mi guarda e scrolla le spalle come se nulla fosse.
"Piccolo pitstop. Tyler mi ha chiesto se potevo passare dal locale"
"Quando te l’avrebbe chiesto?"
"Mezz’ora fa, mi ha mandato un messaggio"
"Quindi ora messaggi con lui. Tu odi Tyler!"
"E’ vero, ma non sono una maleducata Elena!"
"Che diavolo ci fa qui, poi?"
"Non te l’ho detto? E’ socio in affari con Mr. occhioni blu,
lui ha comprato il locale e Tyler ed un altro tizio inglese lo aiutano
a gestirlo".
Il chiaro riferimento a Damon mi provoca una serie di brividi freddi,
credevo di aver fatto del mio meglio per evitarlo e adesso grazie a
Caroline mi trovo qui, nel suo locale, senza una buona ragione che
spieghi la mia presenza.
"Lui non c’è, per la miseria! Quel tizio
è tipo lo zio
Paperone di Mystic Falls, vuoi che perda la mattinata in
un locale vuoto? Quelli come lui delegano Elena, non farla troppo lunga
e scendi dall’auto"
Impreco contro di lei slacciandomi furiosamente la cintura di
sicurezza, adesso ha anche la capacità di leggermi nel
pensiero, per la miseria!
Scendo dall’auto e una folata di vento mi scompiglia i
capelli mentre mi decido a seguirla nell’ennesima follia.
Ritornare qui dentro è strano senza la confusione, la musica
a palla e l’odore dell’alcool.
Il locale è davvero enorme e un gruppo di persone sembra
darsi da fare per un altro grande evento che avrà luogo
stasera.
Le pareti dietro di noi sono praticamente tapezzate da manifesti
dedicati alla serata.
"Ehi Care!"
Tyler molla il gruppo di ragazzi e si avvicina a noi con un sorriso a
trentadue denti, indossa un paio di jeans neri con una maglia e una
giacca dello stesso colore, sembra così diverso
dall’idiota che ha fatto del football la sua vita per quasi
cinque anni.
"Elena. E’ un vero piacere avervi qui senza la follia della
scorsa sera. Come state ragazze? Non vi si vede più da
quando siete entrate a Yale,
ci mancate qui"
Caroline soffoca una risata maligna e la prego telepaticamente di non
fare una scenata adesso dopo avermi costretta ad accompagnarla al
più imbarazzante ed ipocrita degli incontri con il suo ex.
La telepatia sembra però funzionare perché
sorride leggermente spostando lo sguardo nello stesso momento in cui il
calore di quella voce mi investe completamente.
Ancora una volta.
"Eccola la mia stalker preferita, mi chiedevo quanto tempo avresti
impiegato prima del prossimo pedinamento. 7 giorni e 4 ore, non male"
Ha contato anche le ore.
Lo guardo, poggiato col gomito al muro proprio di fronte a me, i
capelli scompigliati e quegli occhi di un azzurro accecante e profondo.
Devo andare via da qui.
"Vedo che conoscete già il mio capo nonché socio
in affari, non so ancora dirvi se è un rapporto alla pari ma
quest’uomo è la vera risorsa della
città"
Tyler continua a sorridere guardando Damon con uno sguardo di
venerazione che mi infastidisce mettendomi sulla difensiva, non mi
è mai piaciuto questo ragazzo è vero, ma il finto
buonismo e quell’aura da brav’uomo che si
è cucito addosso mi danno sui nervi.
Solo qualche mese fa ha distrutto e calpestato il cuore della mia
migliore amica senza troppi riguardi alla cortesia.
"Cosa c’è di così urgente, Tyler?"
Caroline taglia corto senza troppi giri di parole, non presta tanta
attenzione nemmeno a Damon e questo la dice lunga su quanto sia tesa in
questo momento.
Mr. –mi-è-piaciuto-spezzarti-il-cuore-
arranca strofinandosi le mani e fissando un punto qualsiasi del
pavimento di fronte a lui.
"Vieni con me piccola stalker, siamo entrambi nel posto sbagliato al
momento sbagliato"
D’improvviso Damon è vicino a me, mi afferra per
un polso e mi trascina quasi verso la piccola saletta del bar in cui mi
ha offerto da bere quando ci siamo incontrati in questo locale per la
prima volta, non ho neanche il tempo materiale per girarmi a guardare
Caroline.
"Lo sai che sei davvero un cavernivolo"
Gli dico d’un fiato, strattonando la sua presa in modo che
molli il mio polso.
"Aria elettrica, momento catartico, parole non dette…sei
davvero così insensibile?"
Si prende gioco di me di nuovo con quel suo sorrisetto beffardo e il
sopracciglio inarcato.
"Se questo significa preservare la mia amica si, spostati!"
Carco di superarlo ma il suo corpo mi sbarra la strada, allarga il suo
sorriso come se fosse una specie di giochetto divertente per lui e i
miei nervi sono sul punto di spezzarsi.
Lo guardo truce per qualche secondo e cerco di sorprenderlo con una
mossa veloce per sgattaiolare dalla porta ma stavolta mi afferra
tenendomi per le spalle e sto per mettermi a urlare prima di realizzare
ciò che accade un istante dopo.
Damon incolla le sue labbra alle mie e il cuore sprofonda nel mio
petto, le preme con forza per poi ammorbidirsi un istante dopo, lo
stesso istante che mi serve per spingerlo via e mollargli un ceffone.
Si tocca subito il volto sorridendo e voltando piano la faccia per
guardarmi con quello sguardo provocatore che accende ogni sinapsi, il
mio corpo è preda di una scarica elettrica pura.
Ricambio il suo sguardo con il fiato corto e quelle iridi blu mi
incollano al parquet senza possibilita di fuga.
Un attimo dopo mi avvento su di lui che mi stringe a se portando le
mani alla base della mia schiena, in punta di piedi mi aggrappo al suo
collo afferrando con forza i suoi capelli morbidi sotto le dita,
è un bacio che mi toglie il fiato.
Il suo corpo emana un calore capace di incendiarmi la pelle, abbasso e
sollevo il petto che si sfrega contro il suo freneticamente mentre le
nostre bocche si confondono insieme.
Quando riporto le piante dei piedi al suolo scossa da questo momento
folle, resto aggrappata al bordo della sua maglia con entrambe le mani
e lui, come se non volesse staccarsi accarezza ancora le mie labbra con
le sue in un modo così dolce da provocarmi uno
stravolgimento dei sensi, apro gli occhi e mi specchio nei suoi.
"Io…io non conosco nemmeno il tuo cognome"
Mi do della stupida mentalmente per quell’idiozia appena
uscita dalle mie labbra consumate, ma la mia mente non riesce ad
elaborare un concetto valido e sensato, tutto si confonde e sfuma ancor
prima di diventare un pensiero ben formulato.
Lo sento sorridere ma non c’è nessuna traccia di
scherno stavolta, porta una delle sue mani ad accarezzarmi il viso
delicatamente e chiudo gli occhi per un istante beandomi di quel
contatto così intimo.
"Potrei dire lo stesso, sai ragazzina?"
Sorride ancora come non ha mai fatto prima senza staccare gli occhi dai
miei, facendomi trasalire per il desiderio che ci leggo dentro.
"E’ Salvatore"
"Cosa?" dico interdetta, con un filo di voce.
"Il mio cognome. Salvatore.
Damon Salvatore"
"Oh, io…"
"Elena! Qui abbiamo finito, andiamo perfavore!"
La voce di Caroline quasi spezzata dalle lacrime mi riporta bruscamente
alla realtà.
Damon mi lascia andare probabilmente conscio della situazione senza
fermarmi e io mi precipito fuori senza guardarlo un ultima volta.
"Caroline! Che succede, ti prego calmati. Cosa ti ha detto?"
Il vento fresco mi investe fuori dal locale portandosi via ogni traccia
di calore presente nel mio corpo.
"Quello stronzo si sposa! Voleva darmi personalmente l’invito
alle sue nozze."
Mi blocco mentre Caroline si lascia andare ad un pianto isterico e
disperato, la raggiungo di corsa stringendola a me, rassicurandola sul
fatto che andrà tutto bene.
"Saliamo in macchina, coraggio. Guido io."
SPAZIO
AUTRICE:
Ciao a tutti!
Spero vi ricordiate ancora di me :)
Dopo settimane di lunga assenza, eccomi qui di nuovo a continuare
questa storia, sempre che voi lo vogliate.
Purtroppo la sessione invernale all’università si
è portata via tutto il mio tempo e le mie forze ma, adesso
che finalmente respiro di nuovo, sono tornata a scrivere e spero che
sia rimasto qualcuno a leggere.
Come vedete succede qualcosina in questo capitolo,
c’è anche un piccolo grande indizio che ho
lasciato e che spero qualcuno possa individuare.
Scrivetemi, commentate, ditemi cosa non vi
piace…è davvero stimolante per me, oltre che
piacevole, leggere le vostre impressioni riguardo questa storia.
Il prossimo capitolo arriva presto, stavolta è una promessa!
Baci e perdonate ancora l’attesa.
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Capitolo 7 *** surprise ***
7.
SURPRISE
Poggio il
cellulare sul tavolo sorridendo come un idiota felice ed euforica per
la telefonata appena conclusa rientrando dalla veranda in punta di
piedi.
"Elena, chi era al telefono?"
Caroline alza appena la testa dalla massa informe di coperte
e cuscini sul divano, la voce impastata e il viso pallido, i miei
sforzi per evitare di svegliarla sono valsi a poco.
"Era Katherine. Mia sorella è finalmente a casa!
E’ arrivata ieri sera pensando di trovarmi ma mamma le ha
spiegato tutto e quindi ha deciso di chiamare soltanto adesso per
evitare di disturbare"
"Che disastro sono!"
Si solleva mettendosi seduta con lo sguardo basso ed ho paura che
ricominci a piangere, non fa altro da due giorni, da quando ho pensato
di portarla alla casa sul lago dei miei per farla un po’
sfogare, non avrebbe retto gli interrogatori della madre dopo quel
maledetto incontro con Tyler.
"Ehi, non pensarlo nemmeno ok? Non è colpa tua se quello
stronzo ti ha pestato il cuore, di nuovo"
La raggiungo sedendomi al bordo del divano prendendole una mano tra le
mie, sorride appena e mi si scioglie il cuore notando gli occhi lucidi,
fa di tutto per evitare di abbandonarsi ancora alle lacrime.
"Hai dovuto portarmi qui per nascondermi al mondo solo
perché non ho la forza di accettare il fatto che il mio ex
ragazzo si sposa. Non è molto maturo da parte mia, no?"
-allarga timidamente il suo sorriso tirando su col naso prima di
continuare- "so quanto ti manca tua sorella e ti sei persa il suo
ritorno a casa solo perché troppo impegnata a distrarre la
patetica Caroline che non riesce ad andare avanti come hanno fatto
tutti, sei l’amica migliore del mondo e io non posso
approfittarne.
"Ti va di parlarne?" le dico evitando il botta e risposta su chi sia la
migliore delle due.
Sospira e si morde le labbra per strozzare il pianto.
"Ha fatto un discorsone sulle responsabilità e sul
fatto che Allison merita tutto il suo amore e il suo impegno.
Probabilmente è incinta e ha deciso di ricorrere al danno
con un matrimonio riparatore. Tipico di Tyler"
Scrolla le spalle amaramente rassegnata e fa male vederla
così.
"Bhè lasciamolo vivere felice con la donna più
petulante del pianeta, dovrà mettersi i tappi alle orecchie
quando la sentirà russare come un trattore la notte"
La mia amica scoppia improvvisamente a ridere, saltellando col sedere
sul divano.
"Cavolo ti ricordi! Quando la registrammo al campeggio, bocca
spalancata e naso a risucchiare tutta l’aria che poi le si
bloccava in gola…non ho mai sentito nessuno russare in quel
modo!"
"Sono traumi difficili da dimenticare"
Annuisce e rimane in silenzio un attimo sfumando la sua risata prima di
guardarmi negli occhi decisa, recuperando un po’ della sua
luce nello sguardo.
"Sai che c’è? Hai ragione, avevo bisogno di
buttare fuori la zavorra che Tyler mi ha lasciato addosso, purificare
me stessa da quella storia ormai satura e finita che mi ha riempito di
insicurezze e paure ma, non posso amare qualcuno che ha avuto
così poco rispetto per me. Penso di non essere
più innamorata di lui da tempo, avevo solo bisogno di
piangerci su ed ammetterlo ad alta voce prima di poter andare avanti"
"Sei sicura?" le chiedo cauta, lasciandole il suo tempo.
"Sono sola Elena, ho soltanto te nella mia vita ed il mio disperato
bisogno di amore è un eco continuo alla mia esistenza. So
che c’è mia madre e lei in qualche modo tiene a
me, lo so. E’ comunque lontana miglia da me, non solo
fisicamente. ‘Emozionalmente
danneggiata’ è il nuovo capitolo
della mia vita ma non voglio piangermi addosso. Non voglio. Ho te e
questo basta a darmi la forza per sognare qualcuno migliore di Tyler o
di qualsiasi altro ragazzetto senza cervello disposto a portarmi a
letto promettendomi il mondo. Non voglio più essere
così, non sono più questa persona."
"Lo so"
Fermo il flusso continuo delle sue parole aumentando la stretta delle
nostre mani, è il suo momento catartico, la
‘purificazione’ dai mesi passati
nell’angoscia e nell’attesa e nessuno
più di me sa che merita di meglio.
"Torniamo a casa così posso abbracciare Katherine
anch’io, mi manca quella chioma rossa"
Le stampo un bacio e faccio per alzarmi ma mi trattiene tirandomi
giù sul divano.
"Aspetta, prima dimmi del bacio"
"Cosa!?"
La mi voce è stridula e avvampo spiazzata mentre la mia
amica mi fissa con l’aria di ‘chi sa’
aspettando una risposta.
"Credevi davvero che non me ne fossi accorta? Lingue di fuoco
avvolgevano quella stanza, capelli fuori posto, labbra
consumate…mi fai davvero così cieca?"
Sospiro come a liberarmi di un peso incapace di negare, sarebbe una
battaglia persa in partenza con Caroline.
"Scusa se non te ne ho parlato prima ma…"
"Ti ho già detto che sei la migliore amica del mondo Elena,
dai su…dimmi del bacio"
Abbraccio mia sorella come se non la vedessi da secoli, sono passati
mesi in effetti e questa lontananza forzata ci distrugge.
Distrugge le nostre abitudini, ciò che amavamo fare insieme,
ogni giorno quando vivevamo sotto lo stesso tetto.
"Profumi sempre di buono sorellina e sei bellissima…cavolo
perché sei così figa?"
Si stacca da me facendomi girare in tondo osservandomi da capo a piedi.
"E’ il fascino di Yale
e della facoltà di medicina, si sa che gli architetti sono
sempre un po’ sfigati"
Le dico lisciandomi i capelli e prendendola in giro.
"Ma la sentite la principessa che arie si da? Ci ha appena chiamati
sfigati, papà"
Guardo mio padre mentre storce il muso, era così sicuro del
fatto che anch’io come Katherine seguissi le sue orme.
Laurea alla facoltà di architettura ad Atlanta per poi
aiutarlo nel suo studio e magari ereditarlo un giorno. Non aveva
considerato però il fascino che la medicina ha esercitato su
di me mandando a monte i suoi piani.
Stritolo ancora mia sorella come se non ne avessi abbastanza per poi
trascinarla in cucina a fare una insana scorpacciata di pancakes
preparati da mamma prima di pranzo ma, oppone resistenza svincolandosi.
"Non posso sorellina, devo andare a prendere la
sorpresa"
Sorride soddisfatta afferrando al volo la sua borsa.
"Che sorpresa?"
"Non prendere impegni a pranzo, mamma cucina il tacchino come fosse il
ringraziamento perché è una giornata speciale e
non voglio dirti di più. Devo scappare, perfavore chiedi a
Caroline di rimanere, voglio che mi raccontiate tutto di Yale"
Mi da un bacio veloce prima di scapitollarsi fuori dalla porta di casa
correndo come una dannata.
Torno in cucina incuriosita e trovo la mia amica a strafogarsi di
fragole e cioccolata con mio fratello.
"Ehi nano, va a fare compagnia alla tua amata x-box"
Mi guadagno un’occhiataccia e un gesto poco gentile prima di
rimanere sola con la bionda in cucina.
"Eravamo nel bel mezzo di una gara!"
"E’ occhi ed orecchie di Tyler, perché credi che
si degni di passare un po’ di tempo con noi se non per fare
la spia?"
"Mi sa che quel bacio più che addolcirti ti ha reso acida"
Sorride maliziosa mentre continua a trangugiare fragole spalmata sul
tavolo della mia cucina.
"Shhh vuoi abbassare la voce?"
"Cosa avrò mai detto? Le parole INTENSO e -MIGLIOR-BACIO-DELLA-MIA-VITA-
non le ho mica dette io"
La fulmino con lo sguardo e nello stesso istante mamma indaffaratissima
entra in cucina.
"Care tesoro, è quasi ora di pranzo e il tacchino
è in forno. Rimani con noi, non capita da tempo di stare
tutti insieme"
"Mamma ti prego dammi tregua, faccio prima ad attaccarla al mio
posteriore ormai"
Le faccio una linguaccia restituendole il favore e mi becco un
rimprovero da mamma che continua a pregarla di rimanere.
"La ringrazio signora Gilbert ma dopo la breve gita fuori porta che io
ed Elena ci siamo concesse al lago se non ritorno a casa per pranzo mia
mamma probabilmente sguinzaglierà
l’unità cinofinila di Mystic Falls per riportarmi
indietro…voglio dire, conosce mia madre"
"Si cara, probabilmente hai ragione"
Mia mamma sembra pensarci su prima di rinunciare alla sua opera di
convincimento e concentrarsi sul delizioso tacchino che cuoce in forno.
"Prima di andare però Jeremy mi deve la rivincita!"
La rincorsa verso mio fratello e il tonfo sordo che ne segue sul divano
del salotto da inizio alla guerra di cuscini più violenta di
sempre.
Quasi un’ora dopo il mio stomaco brontola e Jeremy non smette
di lamentarsi con mia madre per il pranzo ritardato, blaterando che
odia le sorprese riferendosi al palese ritardo di Katherine.
Caroline dopo aver fatto razzia di fragole e cioccolata abbraccia mia
madre salutandola e sto per accompagnarla alla porta quando mio padre
ci precede abbandonando pipa e giornale sulla poltrona dello studio.
Non ho fatto neanche caso al campanello.
La porta si apre e il sorriso solare di mia sorella si scontra con i
miei occhi impalati all’ingresso, percepisco Caroline vicina
a me con il giubbino a mezz’aria paralizzata
dall’immagine che si è materializzata davanti.
Katherine è sul ciglio della porta con in mano una bottiglia
di vino, i capelli ondulati le ricadono perfettamente sulle spalle, il
suo rosso sembra molto più acceso oggi, bellissima in un
vestitino azzurro che risalta i suoi dolcissimi occhi verdi. Gli stessi
occhi verdi che cercano i miei come hanno sempre fatto per capire cosa
mi passi per la testa, cosa penso, mentre stringe la mano
dell’uomo che fino a due giorni fa aveva la bocca incollata
alla mia quasi volesse strapparmi il respiro.
"Sorpresa!"
Dice felice tirando dentro Damon, pietrificato ed immobile quasi quanto
me.
Voglio svegliarmi, ditemi che è un incubo.
Il singhiozzo di Caroline è il segnale più reale
possibile del fatto che non sto sognando e che questa è in
realtà la proiezione di una possibile punizione divina per
qualche sbaglio commesso in una vita pecedente, forse.
La mia mente blatera in silenzio e la testa comincia a girare prima di
sentire la presa della mia amica sul braccio sinistro e le parole
confuse rivolte a mia madre.
"Se l’invito è ancora valido, rimango a pranzo con
voi signora Gilbert"
SPAZIO
AUTRICE:
Ciao!
Ho fatto presto stavolta, anzi ne approfitto per avvisarvi che da ora
in avanti la storia verrà aggiornata settimanalmente al
sabato o alla domenica (previo avviso nel caso non riuscissi a postare).
Siete davvero tantissimi a seguirla e questo mi rende stra-felice e vi
chiedo ancora una volta di lasciare un commento se potete, anche
piccolo, credetemi significherebbe il mondo per me.
La storia finalmente entra nel vivo con un colpo di scena, avrei voluto
scrivere del pranzo ma sarebbe venuto fuori un capitolone quindi ho
deciso di spezzarlo ;)
Adesso tocca a voi dirmi se sospettavate qualcosa e che vi aspettate
dai prossimi capitoli.
Grazie a tutti di cuore, specie alle dolcissime ragazze che lasciano
recensioni carinissime che mi spingono a continuare a scrivere questa
fanfiction :)
Alla prossima!
ele
|
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Capitolo 8 *** dinner rush ***
8.
DINNER RUSH
"…E ti
penti mai di aver mollato l’università?"
Jeremy
sfoga la sua curiosità cercando di carpire quante
più informazioni possibili da Damon pur continuando a
masticare avidamente la sua razione di tacchino.
Siamo ai massimi
livelli di conversazione considerato il suo perenne stato di apatia ma,
ha sempre avuto una predilezione per la sua sorellona e non desidera
nulla se non la pura e semplice felicità per Katherine.
E’ quello che voglio anchi’io. L’ho
sempre voluto.
"No, non me ne pento.
Amavo la medicina ma arriva un momento in cui bisogna fare delle scelte
nella vita ed io ho deciso di rischiare mollando quella sicurezza per
una totale incertezza che si è rivelata la mia arma
vincente."
Sento i suoi occhi su
di me ed ignorandolo completamente tracanno il secondo bicchiere di
vino che mi scivola in gola velocemente, allentando per qualche secondo
il groviglio di nervi annidato nello stomaco.
"Ehi vacci piano con
quello"
Caroline bisbiglia al
mio orecchio e percepisco il suo tono preoccupato, la ringrazio
mentalmente per non partecipare a quell’interrogatorio
snervante ed educato cui la mia famiglia sta sottoponendo Damon.
Mi fermo un attimo ad
osservare mia sorella, un lieve sorriso disegnato in volto.
I suoi occhi verdi
brillano di una luce particolare, diversa, e per la prima volta in
questa giornata mi odio per quello che le ho fatto.
Sposta lo sguardo su
di me e mi affretto a ricambiare il sorriso che risulta forse troppo
forzato per il radar di Katherine che, anche stavolta non perde un
colpo, con l’aria preoccupata infatti sposta subito
l’attenzione su di me.
"Sorellina ti senti
bene? Non hai detto una parola da quando ci siamo seduti a tavola"
-tutti si voltano a guardarmi e lei continua con voce
affettuosa– "non è solo bellissima, sa anche
parlare te lo assicuro" aggiunge rivolgendosi a Damon.
Lei mi adora ed io
sono la stronza che ha flirtato e baciato il suo ragazzo.
Penso a un modo doloroso per punirmi quando sento Damon prendere di
nuovo la parola.
"In realtà
ci conosciamo già" dice sommessamente.
‘Brutto
infame dagli occhi di ghiaccio. Non oserà!’
Katherine continua a
fissarmi e la sua espressione muta, è incredula adesso.
"Ho dato un passaggio
a tua sorella qualche giorno fa quando è tornata da Yale…era
rimasta in panne in statale ed io passavo di li…"
Non ho il coraggio di
guardare mia sorella, vorrei soltanto trovare la forza per alzarmi da
questo tavolo e correre via da questa casa.
"Sei rimasta in panne
ed hai accettato il passaggio di uno sconosciuto!? Con tutto il
rispetto Damon…"
Mio padre alza la voce
e so che è arrabbiato.
Maledizione no, non trattarmi come una bambina rendendo questo momento
un inferno, sto già vivendo un incubo!
"Che diavolo ti salta in mente? Avevi detto di essere tornata con lo
sceriffo Forbes, perché non hai chiamato, Elena?"
E’ furioso e
non risparmio uno sguardo truce a Damon che ricambia spiazzato quasi
non si aspettasse una reazione del genere.
Bhe grazie tante per continuare a rovinarmi la giornata o la vita per
quel che vale.
"Sto aspettando una
risposta signorina. E no, Caroline, non provare a fare combutta anche
stavolta"
La mia amica si
zittisce ancora prima di aprire bocca, mortificata dal monito di mio
padre.
"Papà stai
esagerando" scuoto la testa avvilita e furiosa, non sta succedendo
davvero.
"Sto esagerando? Le
tue iniziative avventate mi disturbano molto Elena, lo sai"
"Papà
coraggio, è Damon" .mia sorella interviene poggiando una
mano sul braccio di mio padre, sciogliendolo col suo sorriso–
"penso che volesse solo farvi una sorpresa ed ha approfittato della
gentilezza di Damon per non complicare le cose"
Katherine intreccia la
mano con quella del suo ragazzo e la fitta che mi
colpisce lo
stomaco è violenta e fastidiosamente dolorosa, dovrei essere
grata a mia sorella che ha appena intercesso per me nonostante io non
abbia perso tempo a tradirla nel modo più viscido possibile
ma, mentre loro si sorridono complici, io vorrei soltanto scomparire.
"Grazie Damon" mio
padre grugnisce una specie di ringraziamento e minacciato dallo sguardo
severo di mia madre non aggiunge altro concentrandosi di nuovo sul suo
piatto.
Katherine scuote la
testa come a dire di non preoccuparmi ed ormai troppo colpevole mi alzo
da tavola portando i piatti sporchi in cucina, li appoggio
distrattamente al lavabo e mi abbandono al piano cucina reggendomi la
testa tra le mani, soffocando un pianto liberatorio e disperato di cui
ho assoluto bisogno.
"Papà
è solo iperprotettivo" sobbalzo alla voce calma e rilassata
di mia sorella che mi accarezza la schiena con fare confortante.
"Scusa se non ti ho
detto niente…" arranco senza guardarla negli occhi ma la sua
tranquillità mi infonde una pace che non mi merito.
"Non potevi saperlo,
sorellina e capisco l’imbarazzo nel ritrovarti in casa lo
sconosciuto che ti ha dato un passaggio una volta"
Magari fosse solo
questa la verità, sono qui davanti alla persona
più importante della mia vita e vorrei dirle tutto di quel
misterioso sconosciuto che in poche settimane ha stravolto la mia vita,
le mie priorità e i miei bisogni ma non posso per ovvie
ragioni, rovinerei la sua felicità strappandole dal volto il
sorriso che ancora una volta mi rassicura nonostante non riesca proprio
a non odiarmi per quello che ho fatto.
"Bhe che ne pensi?"
dice improvvisamente, sussurrando quasi.
"Che ne penso di cosa?"
"Come di cosa?
Dell’adone in soggiorno che per grazia divina si è
accorto di me e chissà in nome di cosa ha deciso che valga
la pena frequentarmi" è così eccitata, gli occhi
luminosi e accesi.
"Sei splendida Kath,
per quale motivo non dovrebbe frequentarti?"
"No dico, lo hai visto
Elena?"
Si scosta
impercettibilmente come una ragazzina che guarda qualcosa di proibito,
mi fa spazio per fissarlo anch’io un solo attimo insieme a
lei e, maledicendomi, so che ha ragione per quanto riguarda lui.
E’ seduto
imperioso al suo posto, i gomiti poggiati sul tavolo e le mani unite
gli sfiorano le labbra mentre ascolta attento mio padre in
uno dei suoi noiosi discorsoni sull’alta finanza, lo fissa
con i suoi occhi blu, il viso concentrato velato però da una
strana espressione che non gli ho mai visto. E’ bellissimo e
sexy da morire e vorrei sprofondare perché dovrei odiarlo. Devo
farlo.
"Si è un
bel tipo ma tu sei brillante, bellissima, intelligente e perfetta.
Quindi dovrà passare un attento esame per capire se possa
meritarti"
Ride divertita ed
è un suono delizioso che mi distrae dai cattivi pensieri,
poi torna seria in un attimo e inspirando quanto più aria
possibile mi guarda negli occhi.
"Mi piace davvero,
sorellina"
E’ la mia
condanna a morte.
"Arriva
o no questa torta?"
Inspiro a pieni
polmoni la nicotina in una nuvola di fumo che si dissolve in fretta qui
sul portico, è la seconda di fila e Caroline mi guarda
preoccupata ma non dice nulla.
Dopo il dolce,
papà e mamma hanno invitato Damon con molta solerzia a un
giro della casa, ha già visto il portico quindi sono al
sicuro crogiolandomi nell’idea che da qui non passeranno.
"Se ci becca tuo padre
siamo finite"
Sbuffo infastidita
mimando qualcosa di poco carino a Caroline che getta la testa indietro
ridendo, probabilmente scossa dalla scarica di
adrenalina nel fare qualcosa del genere fregandocene delle rigide
regole della noiosa famiglia Gilbert.
Sta per dire qualcosa
ma si blocca violentemente nello stesso momento in cui la sigaretta mi
viene sfilata dalle labbre e calpestata a terra senza alcun riguardo.
E’ un déjà-vù.
"Devi
smetterla con questa merda"
La sua voce è calda e
profonda e mi accarezza impercettibilmente, sbatto le palpebre stupita
e furiosa pronta ad esplodere ma Caroline mi precede.
"E’ la
stessa cosa che le ho appena detto anch’io, ma non mi
riferivo certo alla sigaretta"
Mi incenerisco
anch’io sotto il suo sguardo e per un solo istante penso che
stia per avventarsi su di lui, sono pietrificata e tutto dentro di me
urla di scappare, magari dopo averlo preso a pugni.
"Devo parlare con
Elena" le si rivolge serio, la sua voce è sicura e non
tradisce nessuna emozione.
"Oh te lo scordi bel
faccino"
La mia amica getta
lontano il mozzicone in modo plateale e gli si avvicina pericolosamente.
"Caroline va tutto
bene, perfavore solo un momento"
Fa una smorfia
disgustata e sorpresa e mi guarda pronta a replicare scontrandosi con
il mio sguardo serio e impescrutabile che probabilmente la convince
più di mille parole.
"Non provare a
toccarla" aggiunge semplicemente puntandogli un dito contro prima di
rientrare in casa.
Un lungo
sospiro accompagna la frase più assurda e patetica che abbia
mai sentito in vita mia…
"Elena mi
dispiace…non avevo idea che…" reprimo un sorriso
isterico e finalmente mi volto a guardarlo decisa a non lasciargli
nessun margine di replica.
"Sei il fidanzato di
mia sorella!"
Mi mordo le labbra per
non urlare ed è quasi liberatorio buttarlo fuori dopo tutto
questo tempo.
"Non sapevo fosse tua
sorella, ho incontrato Katherine quattro mesi fa, sapevo avesse una
sorella ma non pensavo che…"
"Mi hai baciata
comunque. Hai flirtato con me e non hai accennato neanche per un
istante ad una fidanzata e quella fidanzata è Katherine, la
migliore ragazza che un essere come te può solo sperare di
incontrare una volta nella vita"
"Tu non
capisci…" mi guarda con i suoi occhi blu e quello che ci
leggo mi fa male, muove una parte di me che deve restare sepolta fin
quando sarò costretta a vederlo in quello che è
appena diventato il periodo di vacanza più doloroso della
mia vita.
Lo blocco di nuovo investendolo con le mie parole anche se abbasso
notevolmente il tono per paura che qualcuno possa assistere a questa
scena pietosa e mortificante.
"Senti, non hai ferito
i miei sentimenti. E’ stato un bacio. Non ha significato
niente. Mi è servito però per capire che razza di
persona sei! Non provare a far del male mia sorella in nessun modo e
stai lontano da me"
Lo oltrepasso dopo
avergli lanciato un ultimo sguardo di fuoco improvvisamente svuotata,
l’ho quasi del tutto superato quando la sua stretta forte ma
delicata mi tira per un braccio avvicinandomi a lui e non riesco a fare
nulla per impedirlo.
"Mi
dispiace…"
E' un sussurro che mi sfiora le orecchie e accarezza i miei capelli,
volto la testa stringendo forte gli occhi e con uno strattone mi libero
correndo verso l’ingresso sbattendo la porta di casa dietro
di me.
Si.
All’improvviso sono vuota.
SPAZIO
AUTRICE:
Hello people!
Rieccomi dopo due
settimane di assenza, lo so…avevo detto che avrei avvisato
ma tra le vacanze pasquali e dei piccoli ‘incidenti di
percorso’ non ho avuto proprio modo. Scusatemi.
Comunque, si riprende
a pieno ritmo se tutto va bene.
Un solo attimo per
ringraziare ancora chi commenta questa storia, la legge soltanto o la
segue/ricorda/mette tra le preferite, siete davvero tanti e sono
così orgogliosa! :)
Detto ciò,
per chiarire un po’ la situazione attuale della storia, ecco
alcuni punti che forse potrebbero avervi un po’ confuso:
1-Elena è
la secondogenita di casa Gilbert, i suoi genitori sono vivi e vegeti ed
ha due fratelli.
La maggiore Katherine e il minore Jeremy.
2-KATHERINE NON
E’ LA KATHERINE DELLA SERIE! Davvero, ho solo preso in
prestito il nome ma in questa storia ad avere volto e fisico della
bellissima Nina è solo Elena, Katherine è
diversa…capelli rossi, occhi verdi…pensatela un
po’ come Emma Stone.
Caratterialmente sono agli antipodi. La Katherine di questa storia
è un vero e proprio angelo e non ha nulla a che vedere con
la badass della serie ;)
3-Damon non sapeva che
Katherine ed Elena fossero sorelle. Questo probabilmente non giustifica
il suo comportamento ma, fa tutto parte della storia, ecco
perché mi piacerebbe sapere cosa pensate in proposito e come
credete si evolverà la situazione adesso che si gioca a
carte scoperte.
Ecco…questo
è tutto per ora, spero di non avervi annoiati o altro:)
Alla prossima!
ele
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Capitolo 9 *** chocolate cookies ***
9.
CHOCOLATE COOKIES
Strizzo gli occhi
pesantemente, l’aria calda di quest’infinito
pomeriggio estivo concilia il mio sonno in una deliziosa nuvola di
pigrizia.
Il calore di una mano
che sfiora il mio viso mi riporta lentamente alla realtà,
l’odore di vaniglia e biscotti al cioccolato è
così forte e piacevole da disegnarmi un sorriso e, la
consistenza di quelle piccole impronte sulla mia faccia, la prima vera
sensazione di calore da settimane ormai.
Mordicchio le piccole
dita e la risata dolce ed adorabile mi fa strabbuzzare gli occhi che si
scontrano con un blu infinito, due fossette appetitose su guanciotte
rosa e codini color oro
tenuti insieme da un paio di fiocchetti di
vellutto rosso.
"Buongiorno
principessa!"
"Buongiorno
dormigliona, lo sai che è pomeriggio?" mi dice tutto
d’un fiato con un tono di rimprovero mentre la riempio di
baci.
"Si, cucciola lo so"
"Stella! Ti avevo
pregato di non disturbare Elena, dovevi aspettarla giù,
piccola impaziente"
"Va tutto bene zia
Jenna, adesso la piccola peste avrà la sua punizione"
Lancia un urletto
eccittato e cerca di scendere giù dal letto ma sono
più veloce e lanciandomi su di lei la tengo ferma facendole
il solletico, la risata piena e spontanea è un suono
meraviglioso.
"Ok, chi è
che ha tre anni fra voi?"
"Io mamma! tre anni e
due mesi…e tu non eri al mio compleanno"
Smette di ridere
mettendo su un piccolo broncio guardandomi seria.
"Cucciola ero
all’università, lo sai che non mi perdono ancora
il fatto di essermelo persa"
"E noi non te ne
facciamo una colpa, tesoro. Lascia perdere quest’impertinente
e scendi giù che c’è la torta al
cioccolato. Tu vieni con me invece, nanerottola. Lasciala vestire in
pace"
"Io rimango qui e
scendo con Elena"
Sfida la sua mamma
puntando i piedini sul materasso, guardo divertita zia Jenna che
fulmina con lo sguardo la sua piccola impertinente decisa a non
mollare, immobile non cede un centimetro.
"Scendiamo subito zia
Jenna, io e Stella scendiamo subito"
L’odore della torta
al cioccolato riempie la cucina, Jenna e Katherine ridono davanti al
forno ed io mi sistemo in silenzio sullo sgabello del bancone con la
piccola Stella che si arrampica su di me per sistemarsi tra le mie
gambe, afferra i pastelli ed inizia ad imbrattare un foglio bianco con
i suoi improbabili schizzi d’arte.
"Cos’è
che avete da sghignazzare voi due?" dico distratta da quei risolini
accarezzando i mordidi capelli della piccola.
"Tua sorella
è felice, Elena. Guardala."
La guardo. Katherine
è raggiante, il vero ritratto della felicità.
Sono passate due
settimane da quell’imbarazzantissimo pranzo in famiglia con
presentazione annessa e non ho più visto Damon da quel
giorno, probabilmente ha evitato di proposito casa nostra e non posso
che essergliene grata per questo, vorrei tanto dimenticare persino che
aspetto abbia.
"Possibile che
soltanto io non abbia ancora visto questo dio greco di cui parlano
tutti? Persino vostra madre ha commentato positivamente il suo aspetto
e sappiamo quanto sia restia mia sorella a sbilanciarsi, specie se
ciò riguarda uno dei vostri pretendenti. Allora?"
Katherine mi guarda
con il suo sorrisetto ebete stampato sulle labbra, potrebbe benissimo
rischiare una paresi facciale da un momento all’altro se non
la smette o probabilmente sono soltanto io ad essere così
egoista da sentirmi allergica alla sua evidente felicità.
"Diglielo Elena!"
"Dirle cosa?"
"Dille quanto
è bello, perfetto, elegante, intelligente, educato
e…"
"Ok, miss ho-preso-una-sbandata-e-adesso-tutto-il-mondo-mi-sembra-colorato, aspetterò di
constatare con i miei occhi, la tua visione mi pare quantomeno
influenzata e tua sorella non si sbilancia più di tanto
quindi magari, qualche difetto questa statua di marmo ce
l’avrà pure"
"Oh contaci!" sussurro
accarezzando i morbidi boccoli della piccola Stella che mi ignora
continuando a disegnare, proprio come quelle due che riprendono i loro
discorsi concitati sull’uomo dei sogni protagonista dei miei
incubi.
Due ore dopo tento
senza successo di finire il mio capitolo di microbiologia nonostante
regni il silenzio in casa.
Papà e
mamma sono fuori per la spesa, Jeremy è alla sua partita di
football del giovedì e Jenna e Katherine hanno approfittato
del lungo pomeriggio per una passeggiata in centro in cerca di abitini
estivi colorati, Stella ovviamente ha declinato con urla e strepiti
l’idea di seguire la sua mamma e adesso è
placidamente addormentata sul divano a pochi passi da me.
Il campanello suona
alla quarta imprecazione contro il libro, mi alzo in fretta
rielaborando nella mia mente l’ultima frase letta pronta ad
insultare mio fratello per aver dimenticato le chiavi.
"Ciao"
Il
respiro e qualsiasi funzione vitale si stoppa per qualche secondo
quando mi ritrovo davanti l’ultima persona che avevo voglia
di vedere.
Mi sovrasta li
sull’uscio, completamente vestito di nero puntandomi addosso
i suoi fari blu illuminati da questo sole cocente di inizio luglio.
"Katherine
è in casa?" chiede impacciato non ottenendo risposta al suo
saluto.
"No" -rispondo secca
ma sentendo ancora addosso i suoi occhi, mi affretto ad
aggiungere– "è uscita con mia zia circa
un’ora fa, sarà qui a momenti"
"Mi lasci qui ad
arrostire al sole, quindi?" il classico sorriso beffardo compare sul
suo viso e per un attimo dimentico le buone maniere.
"L’idea
è quella!" poi, senza guardarlo, gli volto le spalle
tornando in salotto lasciando la porta aperta, quando mi siedo mi
accorgo che mi ha seguita in silenzio.
"Non svegliarla!" mi
affretto a dire in tono sommesso ma duro quando lo scorgo ad osservare
la piccola Stella raggomitolata sul divano, alza le mani in segno di
resa e lanciandogli un ultima occhiataccia riprendo il mio posto con
l’intento di continuare a leggere il mio libro ed ignorarlo.
"Posso?"
Prima ancora che possa
rispondergli mi si siede di fianco poggiando i gomiti sul tavolo, non
ho mai conosciuto qualcuno che emanasse il suo stesso calore corporeo
prima d’ora, è come se riuscisse a far prendere
fuoco a chiunque gli stia vicino, dopo avergli assestato un colpo
letale con il profumo mascolino della sua pelle chiara e perfetta,
ovviamente.
Continuo a ripetermi
che non dovrebbe farmi quest’effetto, che dovrei prendere i
libri e filare di sopra senza voltarmi indietro ma, tenendo la testa
bassa, tento sul serio di concentrarmi su questi dannati alfavirus e il loro
maledettissimo ciclo di
replicazione.
"Chi
è la piccola?" rompe il silenzio indicando col dito la
figura addormentata di Stella sul divano.
"Mia cugina, la figlia
di mia zia Jenna" continuo a tenere gli occhi fissi sulle pagine
davanti a me sperando di non dover aggiungere nient’altro.
"Sei la babysitter
designata?"
"A quanto pare"
"E chi bada a te nel
frattempo?"
"Senti, se vuoi
aspettare qui mia sorella va bene, ma sto cercando di studiare e non ho
proprio tempo e voglia di rimanere a fissare il tuo sorriso
ironico e fastidioso, ok? Potrà anche funzionare con le
altre ma non con me quindi, se vuoi rimanere qui, ti pregherei di fare
silenzio. E’ già difficile concentrarmi con te qui
vicino"
Mi mordo subito le
labbra perché capisco immediatamente che la mia ultima frase
potrebbe benissimo venire fraintesa da Mr. Doppiosenso ma
sembra non farci caso e improvvisamente, anche se con molta lentezza,
si sporge sfiorandomi appena e, con gli occhi fissi sul mio libro,
cerca di leggerlo al contrario.
"Mmm…quindi
non ti stanno simpatici gli alfavirus?"
Perché
dimentico sempre che anche lui in un tempo lontano e di cui non mi
è dato sapere, ha studiato medicina?
La mia mente lo
immagina con il camice e lo stetoscopio al collo, splendente e sicuro
di se come uno dei tanti medici da sogno protagonisti di quelle serie
tv che tolgono il fiato e nel frattempo non mi accorgo del libro che
scivola tra le sue mani e del suo sguardo ora attento e concentrato che
sfoglia velocemente quelle pagine per me confuse e incomprensibili.
"Cosa è che
non ti è chiaro?"
"Non
c’è bisogno che…"
"Elena, non per
vantarmi, ma ero il primo del corso a microbiologia, ricordo ancora
quasi tutto"
Il suo tono
è calmo e sincero e io sono troppo disperata per non
approfittare dell’aiuto anche se è lui a darmelo.
"Riguarda il meccanismo di replicazione.
Non riesco a capire la differenza tra traduzione precoce
e traduzione tardiva.-
"Ok. Non è
semplice in effetti, ma per quello che ricordo la traduzione precoce serve
a dare origine ad un RNA-
poliremasi necessaria per avviare la traduzione vera e
propria, cioè quella tardiva
appunto, che a sua volta produrrà…"
"…la progenie virale"
"Esatto, ragazzina"
Per la prima volta
dopo tempo mi libero in un sorriso, grato, felice, diverso.
Non so, non saprei interpretarlo, mi sciolgo contro i suoi occhi per
quell’attimo che basta a farmi capire che non ho superato la
cosa, non l’ho affrontata e di certo non l’ho
accettata come provo a convincermi da giorni.
Questo ragazzo
bellissimo e intelligente e maledettamente complicato seduto di fronte
a me è il fidanzato di mia sorella e per la prima volta
tutto questo mi sembra sbagliato.
Per la prima volta
vorrei che non lo fosse.
"Elena, senti…"
"Elena
voglio un biscotto!"
Il
momento viene rotto dalla piccola Stella che con gli occhi ancora
socchiusi e la stampa del cuscino sul viso, si arrampica di nuovo sulle
mie gambe stringendo al petto il suo orsetto.
"Ciao. Tu chi sei?"
E’ adorabile
mentre fissa Damon con i suoi occhioni curiosi, regalandogli un sorriso
disarmante.
"Sono Damon, dolce
principessa e tu?" le afferra la manina e gli lascia un piccolo bacio
che riempie Stella di gioia.
"Sono Stella. Hai
assaggiato i miei biscotti?"
La piccola scivola in
fretta dalle mie gambe raggiungendo il bancone della cucina, sembra una
trottola ed il suo entusiasmo è disarmante persino per me
che mi lascio inghiottire da questo istante felice, Damon scatta in
piedi per aiutarla ad avvicinare a se la biscottiera, troppo in alto
per lei, e i suoi risolini di allegria non possono che coinvolgermi.
"Buoni, sono i
biscotti più deliziosi che abbia mai mangiato" è
così buffo con la bocca piena e le mani impiastricciate di
cioccolato.
"Aspetta,
ti prendo un asciugamano"
Raggiungo il cassetto
e ne tiro fuori uno bianco immacolato, glielo porgo e le nostre mani si
sfiorano dopo un tempo che è sembrato infinito, mi fissa
serio adesso, accarezzando piano la pelle della mia mano mentre
sussurra un –grazie-
nello stesso
istante in cui la porta si apre e Stella corre incontro alla sua mamma.
"Sei
già qui?"
Katherine appare in
cucina e mi allontano velocemente verso il tavolo al centro della
stanza per raccogliere distrattamente i miei libri, sentendo ancora lo
sguardo di qualcuno addosso.
"Zia
Jenna, lui è Damon"
"Piacere di
conoscerti, Damon. Ho sentito tanto parlare di te"
Le voci diventano
confuse e comincio a darmi della stupida di nuovo cercando di non
prestare attenzione all’ennesima scenetta di presentazione a
pochi metri da me.
"Adesso che siete
tornate io corro su a studiare" biascico con poca convinzione e troppa
fretta.
"Di già
tesoro? Non ti va di vedere i nostri acquisti? Tua sorella ha
svaligiato questa piccola città"
"Magari dopo zia, devo
proprio finire questo capitolo. Sono su se vi serve qualcosa, ok?
Ehm…grazie per gli alfavirus,
Damon"
Mi volto
velocemente con l’immagine del suo sorriso spento in risposta
al mio tiepido ringraziamento.
-Non puoi farcela, Elena- è un mantra, la
mia maledettissima vocina interiore che, anche stavolta, ha ragione.
SPAZIO
AUTRICE:
Quasi un mese di
assenza è imperdonabile, lo so e mi scuso tantissimo ma i
maledetti esami e il tirocinio pre-laurea non mi hanno lasciato molto
tempo libero e purtroppo ho dovuto sacrificare alcune cose tra cui
appunto, questa storia.
Ma con i miei tempi,
riuscirò a farcela. Promesso!
Grazie ancora a chi
non si è stancato di seguirmi e magari lascerà
qualche recensione.
Un bacio!
ele
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Capitolo 10 *** young and beautiful ***
10.
YOUNG AND BEAUTIFUL
9
giorni. 216 ore.
Damon è tornato ogni pomeriggio dopo quello passato insieme
a studiare.
Le partite alla playstation con Jeremy, le discussioni di finanza con
papà e persino le battutine da ruffiano a mamma e Jenna,
causa di risatine isteriche da parte di entrambe.
Ha conquistato tutti con la parola giusta al momento giusto, con i
gesti eleganti ed educati da risultare stucchevoli ad un occhio attento
e forse fin troppo perfido come il mio.
Avrei preferito che il suo buon senso lo portasse il più
lontano possibile da qui, dal mio spazio personale, dal solo luogo in
cui potevo davvero essere al sicuro da lui, a una perfetta distanza di
sicurezza che avrebbe fatto bene ad entrambi.
-Muoviti Gilbert, sono fuori casa tua!-
L’sms di Caroline arriva puntuale alle cinque di un
tranquillo sabato pomeriggio che trascorro in compagnia di un classico
della letteratura inglese, in camera mia.
Il silenzio pervade la casa e sbuffando, abbandono il romanzo sul letto
e in calzini e shorts, mi precipito fuori perché so bene che
la mia amica odia aspettare.
"Bel pigiamino"
Sussulto presa alla sprovvista e i miei occhi si scontrano con un blu
cobalto luminoso, il sorriso malizioso e sbieco
nell’osservarmi con la mia misera mise da sabato pomeriggio
noioso che grida -‘lasciatemi in pace, oggi leggo e
voglio il mondo fuori’.-
"Non è un pigiama" è l’unica
cosa che riesco a dire mentre tento di assumere
un’espressione seria ed infastidita dalla sua presenza a
pochi passi dalla mia camera.
"Cercavo il bagno" si affretta a colmare un piccolo silenzio
imbarazzante ben interpretando il mio disagio nel trovarmelo davanti
dopo aver cercato di evitare un momento del genere in tutti i modi.
Per nove lunghi giorni.
"E’ proprio dietro di te" lo liquido in fretta e abbassando
lo sguardo mi allontano di pochi passi, le scale non sono mai sembrate
così lontane.
"Grazie ragazzina. Sarei entrato nella tua camera in caso contrario e
quello sarebbe stato davvero imbarazzante"
"Soprattutto perché è anche la camera di
Katherine" l’acidità nella mia voce e la voglia di
ferirlo con proposito non passerebbero inosservate neanche ad un ignaro
spettatore di questo triste incontro consumato tra le scale e il bagno,
al secondo piano di una casa davvero troppo silenziosa, oggi.
Il suo sorriso si spegne a quelle parole e per un attimo odio me stessa
per costringermi a trattarlo così, come se non me ne
importasse niente, come se fosse solo una presenza fastidiosa nella mia
vita, come se non ci passassi le ore a rimuginare su questa assurda
situazione senza trovare alcuna soluzione.
Nessuna, a parte l’odio e il rancore per quello che ha fatto
e che non riesco ancora ad accettare.
"Non puoi odiarmi per sempre, sai?"
"Posso mettermi d’impegno ed accumulare quante più
forze possibili per farlo da qui all’eternità" non
mi muovo di un passo trovando il coraggio per guardarlo negli occhi,
seria come non lo sono mai stata, mentre lui si avvicina
impercettibilmente sciogliendosi di nuovo in un sorriso sghembo appena
accennato.
"Sarebbe solo una perdita di tempo"
"Perché?" deglutisco cercando di mantenere
l’espressione dura disegnata sul mio viso ma la distanza che
si annulla sensibilmente tra di noi, rende difficile questa intenzione.
"Semplicemente perché non puoi" è quasi un
sussurro mentre mi fissa ed è così vicino da
poterlo toccare, da poter distinguere le infinite sfumature colorate in
quelle iridi blu, grandi e luminose.
"Ti sei perso?"
La voce dolce di Katherine arriva alle nostre spalle, sta ancora
salendo gli ultimi gradini e, come scottata, mi allontano velocemente
da Damon, dal suo calore, dai suoi occhi.
"Ehi sorellina, pensavo fossi già uscita"
Mi lascia un bacio veloce sulla guancia e scorgo subito Caroline dietro
di lei con la bocca spalancata, incredula per il siparietto che si
trova davanti, non mi sfugge un occhiataccia lanciata a Damon ma non
posso perdere altro tempo e lasciare che la situazione mi sfugga di
mano.
"Stavo per scendere, Care" mi affretto a raggiungerla spingendola di
nuovo verso le scale ma non è evidentemente la mia giornata
fortunata.
"Mi spiegherete un giorno o l’altro perchè correte
sempre voi due? State già uscendo? Non dovresti
cambiarti prima?"
Mia sorella si riferisce alla misera tenuta che indosso e cerco di
evitare lo sguardo di Damon alle sue spalle con tutte le mie forze, non
c’è rimprovero nella sua voce, solo un ingenua
curiosità e probabilmente la continua ricerca di una
risposta al perché non faccio che evitarla da quando
è tornata a casa.
"Dobbiamo solo organizzarci per stasera, ho voglia di andare a ballare"
Caroline rompe il ghiaccio e la ringrazio mentalmente per la prontezza,
io invece sono pietrificata e due occhi improvvisamente gelidi puntati
su di me, di certo non aiutano a sbloccarmi.
"Ma non sapete nulla della festa al locale di Damon? Ne parla tutta la
città, ingresso libero e drink omaggio. E’ una
questione di marketing ma sarà sicuramente una serata
piacevole. Dovete esserci per forza! E tu non lasciarmi da sola a
convincerle."
Da una leggera gomitata a Damon voltandosi verso di lui ed
istintivamente distolgo lo sguardo volgendolo verso Caroline che scuote
la testa sconfitta, sa benissimo che opporsi a Katherine è
fuori discussione, non la si può fronteggiare
perché non accetterebbe mai un no come risposta.
Damon le sorride accondiscendente aggregandosi al suo invito ed
entrambe annuiamo poco convinte.
"Evviva!
Forse finalmente riusciremo a trascorrere una serata tutti insieme, ci
vediamo alle nove e non fate scherzi voi due"
Ci fa l’occhiolino superandoci, trascinando Damon dietro di
se che mi fissa colpevole guadagnandosi un ennesima occhiataccia da
parte di Caroline, prima di vederli scomparire al piano di sotto.
"Perfetto, ci aspetta un’altra serata con i protagonisti del
dramma dell’anno e ancora una volta tu sarai la sola a starci
da schifo"
Non sopporto la commiserazione nella sua voce, è
ciò che mi spinge a reagire e a non cullarmi sulle classiche
scuse che mi hanno spinto ad andare avanti per inerzia da quando ho
scoperto che mia sorella è la fidanzata dell’uomo
che sogno tutte le notti dal giorno in cui l’ho incontrato su
quella maledetta statale.
"E invece proprio per rendere felice mia sorella, stasera si
farà a modo suo, Caroline. Ti prometto che
penserò soltanto a divertirmi e fanculo i drammi"
"E’ una promessa, Gilbert!"
Will
you still love me
When
I’m no longer young and beautiful?
La prima tappa di Caroline è ovviamente il bar per via dei
drink omaggio.
Ordina due margarita frozen alla fragola e mi raggiunge già
su di giri a causa dell’atmosfera calda e confusa
all’interno del locale, in un caleidoscopio di gente che fa
davvero girare la testa.
Brindiamo alla serata ‘off’ ricordando la nostra
promessa e proprio quando sta per portare alle labbra il suo bicchiere,
qualcuno la urta in malo modo costringendola a rovesciare il drink sul
tappeto morbido blu di camoscio.
"Ehi!"
Sta per fare una scenata ma il ragazzo cui si è imbattuta
non sembra propenso alle scuse, tutt’altro.
"Ti manderò il conto per quello" dice zittendola ancor prima
che esploda in una raffica di insulti che di certo non è
pronto ad ascoltare.
-Klaus!- Qualcuno lo chiama e lo riconosco come il
terzo socio del locale.
Il ragazzo dallo splendido accento inglese a cui Damon ha affidato la
cura e l’amministrazione insieme a Tyler.
"Se lo scorda che gli pago il danno. Quel cretino mi è
venuto addosso apposta!"
Passo a Caroline il mio margarita con l’intenzione di
calmarla e per mia fortuna funziona davvero, lo butta giù
tutto d’un sorso e insieme ci avviamo verso la saletta in cui
ci aspetta Katherine.
Scorgo mia sorella tra la ressa di gente che affolla il locale,
è seduta ad un tavolo e si sporge dal piccolo divanetto su
cui è accomodata per farci segno di raggiungerla.
Io e Caroline abbiamo l’aspetto di due Charlie’s
Angels stasera e la musica che ci accoglie al nostro ingresso non
sembra lasciata al caso.
Forse ho anche osato un po’ di proposito con il mio
abbigliamento ma la dolce e sicura voce di Lana mi dice che posso,
perché sono giovane e ho il permesso di illuminare la scena,
stasera.
Lo devo a me stessa e a ciò che resta della mia autostima.
"Sei uno schianto!"
Katherine mi passa una ciocca dietro l’orecchio mentre mi
urla queste parole per sovrastare il rumore e la confusione che ci
circondano.
Ci invita a sederci stretta nel suo tubino panna semplice e sexy allo
stesso tempo, i capelli rossi e lucenti raccolti in un incantevole coda
di cavallo, ho sempre pensato che la classe e l’eleganza
siano nate con lei rendendola un essere speciale.
Caroline però si precipita subito in pista e mantenendo i
miei buoni propositi per la serata la seguo a ruota prendendo mia
sorella per mano, trascinandola con me.
All that grace, all that body
All that face makes me wanna party
Mi muovo come forse non ho mai fatto in vita mia, svuotando la testa
dai mille pensieri, lasciandomi trasportare dalla musica a palla,
nient’altro.
Caroline si è allontanata un po’ da noi circondata
da una schiera di ragazzi che la osservano ballare ma a cui lei non
sembra badare, credo non si sia accorta neanche di Tyler, seduto ad uno
dei tavoli in compagnia della sua futura sposa.
Lui la fissa di tanto in tanto, alternando sorrisi idioti rivolti alla
sua fidanzata che sembra non fare caso alle occhiate del suo ragazzo
verso un’altra donna.
Gli uomini sono davvero dei tali idioti.
Katherine mi è ancora vicina ma fatica a lasciarsi andare,
cerca con lo sguardo qualcuno e quando sembra trovarlo mi da una
stretta sul braccio urlandomi qualcosa che non comprendo cercando
ancora una volta di sovrastare la musica.
Annuisco distrattamente ed evito di seguirla con gli occhi
perché non ho ancora voglia di imbattermi in lui, mia
sorella non poteva cercare nessun’altro in questa bolgia
infernale ed ho promesso a Caroline che non ci sarebbero stati drammi
stasera, quindi sono intenzionata a rimanere in pista fin quando gli
arti me lo concederanno con il solo intento di evitare il proprietario
del locale ed i suoi occhi di ghiaccio.
Allungo le mani sopra la testa, dondolandomi un po’, Caroline
mi torna vicina ridendo di gusto come una matta e dietro di lei, oltre
la pista, mi accorgo di quel Klaus che ha urtato prima al nostro arrivo.
Con il classico fascino da lord inglese è poggiato al
bancone del bar, nella penombra a tratti illuminato in modo fioco dalle
luci della pista, fissa la mia amica in un modo così intenso
da togliermi il respiro.
Sto per dirlo a lei quando una voce per niente familiare accarezza
suadente il mio orecchio chiedendomi di ballare, non ho neanche il
tempo materiale per voltarmi e mi ritrovo subito davanti un ragazzone
alto e biondo con due occhi color miele, impossibile da non notare,
belloccio e con un fisico da urlo.
Se dovessi trovargli un difetto mi soffermerei sui suoi lineamenti
forse troppo marcati ma è comunque un bel vedere e Caroline,
ovviamente, nota subito la ghiotta occasione capitatami tra le mani.
Sorrido al tipo in modo educato, in altre circostanze
accetterei forse, ma stasera sono soltanto io e la musica e
non c’è posto per nient’altro.
Mi avvicino per spiegargli una cosa simile a questa patetica
giustificazione perché il suono è veramente
altissimo ma, probabilmente mal interpretando il mio gesto, le mani da
superficie quadrata del tipo mi si artigliano sui fianchi e mi
strattonano così improvvisamente da farmi perdere
l’equilibrio.
Cerco di divincolarmi mantenendo un sorriso forzato, voltando la testa
per cercare Caroline che non vedo più e di cui ho un
disperato bisogno, continuo a urlare ‘no’
ma il tipo che continua a stringermi è probabilmente sordo o
forse solo un vero idiota perché la sua unica reazione al
mio rifiuto è un riso quasi isterico a tratti
raccapricciante.
Elaboro l’ipotesi di mettermi ad urlare ma un suono sordo mi
costringe a chiudere gli occhi per quanto veloce ed inaspettato sia, li
riapro di colpo quando sento le mani del biondo imbecille abbandonare
improvvisamente i miei fianchi ed un tonfo al pavimento proprio vicino
ai miei piedi.
Lui è li, disteso, preda di un delirio carico di
imprecazioni verso Damon furente accanto a me con il pugno ancora
chiuso e già leggermente gonfio.
Mi porto le mani alle labbra per soffocare un gemito di disperazione
che esce comunque violento quando mi decido a guardarlo negli occhi e
ad urlagli contro per questo gesto sconsiderato.
"Che diavolo fai?"
Mi guarda respirando ancora pesantemente, rabbioso come non
l’ho mai visto prima, riduce gli occhi a due fessure e senza
che ne preveda il gesto mi carica sulle spalle come un sacco di patate.
"Aggiungilo alla lista
dei motivi per cui dovrai odiarmi da qui
all’eternità"
E’ la sola cosa che sento tra un pugno e l’altro
sferrato alla sua schiena mentre lo imploro di mettermi giù.
I know you
will, I know you will
I know that
you will
SPAZIO AUTRICE:
Eccomi! :)
Dico subito che il capitolo non è finito ma postarlo tutto
sarebbe stata davvero una cosa interminabile quindi ho deciso di
spezzarlo li dove avrebbe avuto più senso.
Prometto (e lo dico sul serio) che entro la prossima settimana avrete
il resto.
Nel frattempo, grazie a tutti. Siete davvero meravigliosi!
Ps: Se potete ascoltate la canzone di Lana Del Rey ‘Young and
Beautiful’, nella parte del capitolo in cui è
richiesta. L’ho trovata davvero perfetta per quel momento.
Pps: Ho revisionato la storia correggendo un pò di ORRORI di
cui mi vergogno come una ladra, su suggerimento della carinissima
Bloodstream_ ho anche sistemato il carattere, cambiando il layout in
tutti i capitoli.
Non sono brava in queste cose ma spero che adesso vada un pò
meglio di prima :)
Bacio
ele
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Capitolo 11 *** white lights ***
11. WHITE LIGHTS
I fari bianchi illuminano la strada buia verso casa.
In
macchina, il silenzio è quasi più assordante
della musica
che mi ha stravolto i sensi all’interno del locale, prima che
si consumasse la
tragedia di cui, mio malgrado, sono stata protagonista.
Trascinata
fuori da una furia che mi ha trasportato sulle
spalle come niente fosse, attirando lo sguardo di centinaia di persone,
sono
stata scaraventata in macchina senza nessuna spiegazione, urlando cose
di cui
mi vergogno e che sono state sensibilmente ignorate dall’uomo
alla guida di
quest’auto che, adesso, fissa i suoi occhi gelidi sulla
strada, muto e assente
come è mai stato prima.
Mia
sorella gli è seduta accanto, occupa il lato del
passeggero e guarda fisso oltre il finestrino, immobile.
La
paura che il battito ormai feroce e senza tregua del
mio cuore sia udibile ai due, abbastanza da rompere questo silenzio
imbarazzante e carico di parole non dette, mi annienta, confinandomi
sui sedili
posteriori a torturarmi le mani preda di una ansia che si impossessa dei
miei
nervi e della mia facoltà di pensare lucidamente.
Perché lo ha fatto?
Perché ha agito in
questo modo davanti a Katherine?
Magari
avrei impiegato un po’ di fatica in più ma alla
fine avrei saputo gestire quell’ammasso di muscoli che mi si
spalmava addosso, non
avevo bisogno del suo aiuto, non avevo certo bisogno che mi portasse
via da lì
in quel modo, precipitando una situazione già abbastanza
precaria ed assurda che
lui stesso ha creato.
Il momento in cui mi trascinata nell’assurda illusione
che avrei potuto significare qualcosa per lui è in
realtà lo stesso istante in
cui ha spezzato il mio cuore presentandosi come il fidanzato di mia
sorella.
Ha permesso che entrassi, che abbassassi le difese, che
cominciassi a fidarmi di lui, a pensarlo come quel qualcuno di cui non
sono mai
andata alla ricerca ma che ho sempre aspettato.
Prima
di scoprire quanto in realtà mi sbagliassi.
La
vibrazione del mio cellulare fa sussultare Katherine
che non si gira comunque a guardarmi, quasi un rumore esterno che si
infrange
con le pareti dell’auto causando un suono sordo e continuo.
Damon rimane di sasso, sembra evitare lo specchietto
retrovisore di proposito per sfuggire ai miei occhi e ringrazio il cielo
di
questo.
‘Update:
La
gente
la descrive come una scenata di gelosia in piena regola. Io la chiamo follia.
Stai
bene? Sono
così preoccupata da aver passato l’ultima
mezz’ora in preda al panico, in
attesa del taxi. Risultato: unghie consumate e una nuova litigata con
quel
tizio biondo amico del folle che ti sta portando a casa. Evita le
tragedie. Ti
chiamo domani, Care.’
L’sms
della mia amica mi regala un sorriso appena
accennato, sorriso che muore sulle mie labbra quando alzando lo sguardo
dallo
schermo mi scontro due occhi blu resi quasi neri dal buio della notte e
che mi
fissano gelidi attraverso lo specchietto.
Deglutisco sentendo la rabbia ribollire in me pochi
istanti prima che l’auto accosti sul vialetto di casa dopo un
tragitto
sembrato infinito.
Apro
la portiera schizzando fuori così veloce da
rischiare una caduta distesa sull’asfalto, fortunatamente
l’adrenalina che ho in
corpo rende le mie gambe ben salde mentre avanzo speditamente verso
casa.
“Perché lo hai
fatto, Damon?”
La
voce apparentemente calma ma sicura di mia sorella, mi
blocca a ridosso del posteriore dell’auto, impedendomi
qualsiasi altro passo,
il cuore pronto a saltare fuori dal mio petto.
“Fatto
cosa?”
Le
si rivolge altrettanto calmo con una fermezza nella sua
voce tanto affascinante quanto inquietante.
“Lo
sai cosa. Perché hai picchiato quel tizio trascinando
mia sorella fuori dal locale, mettendola in ridicolo davanti a
tutti?”
“Ci stava già pensando lei a mettersi in
ridicolo” -
grida quasi, feroce e in qualche modo ferito- “non ha fatto
altro che muoversi
in quel modo strano tutta la sera attirando le attenzioni di idioti
come quel tipo. Ho
solo evitato l’inevitabile”
“Non ne avevi alcun diritto! Elena è grande
abbastanza da
saper gestire situazioni del genere senza il tuo aiuto o quello di
chiunque
altro. Conosco mia sorella da molto più tempo di te,
è la persona che più stimo
insieme a mio padre. Non ballava per attirare l’attenzione di
un qualche
imbecille, ballava perché ha bisogno dei suoi spazi per
qualcosa che la
tormenta dentro e che non è ancora pronta a dirmi! Quindi ti
prego, da ora in
avanti, di evitare certi scatti impulsivi specie se coinvolgono la
persona che
amo di più al mondo. Buonanotte!-
Katherine
si precipita fuori dall’auto scontrandosi con i
miei occhi, ho la bocca aperta e il mio corpo trema in modo
incontrollabile ma,
pur avendo il viso quasi rigato dalle lacrime, mi sorride mestamente
prendendomi per mano.
“Sei gelida. Dai,
entriamo in casa.”
***
-'Sei uno spreco di tempo
e di
energia, figliolo. Tu distruggi, annulli ciò che di buono ti
circonda.
Chi mai potrebbe amarti'-
Le parole di mio padre pronunciate in una fredda stanza
di ospedale, la notte in cui ho detto addio a mia madre, spesso
risuonano nella
mia testa e, in momenti come questo, mi convinco che abbia sempre avuto
ragione.
Esco
dal vialetto di casa Gilbert ingranando la prima ad
una velocità inaudita, lasciandomi alle spalle la figura
delle due donne che
sto ferendo di più, comportandomi da coglione con entrambe.
Il
giorno in cui conobbi Katherine, mi fu promessa da
quegli occhi verdi e luminosi, una speranza perduta
nell’istante in cui il
cuore di mia madre smise di battere a causa mia.
Il nuovo rifiuto della società, il corpo vuoto, ormai
privo di emozioni e di sogni che si trascinava per strada annullando
ogni
secondo della propria giornata, pronto a farla finita per combattere
quel
rimorso troppo grande da accettare, con cui condividere il resto dei
miei
giorni.
In una notte fredda ed umida fui trovato, raccolto e
rassicurato da chi in seguito mi mostrò che potevo ancora
farcela, che la colpa
di quell’incidente non era da attribuire a me, non quanto il
fatto che fu mia l’idea
di portare fuori mia madre, quando avrebbe solo voluto rimanere in casa
per
recuperare un po’ di sonno perso a causa del lavoro e dei tre
uomini della sua
vita a cui badava a tempo pieno.
Ci
volle un intero anno prima che lei mi trovasse, prima
che mi mostrasse la prospettiva di una vita nuova e diversa che ho
davvero
assaporato solo nell’istante in cui ho incontrato Elena.
Quell’incredibile
giornata afosa e calda di Giugno in cui
mi sono imbattuto nella ragazzina prepotente ed ostinata che ha
sconvolto il
mio mondo, voltandolo di nuovo nel verso giusto, nel verso in cui ero
abituato
a viverci quando il sorriso di mia madre non era ancora qualcosa a cui
pensare
solo ogni tanto, quando faceva troppo male, con rimorso e vergogna.
Katherine
mi ha indicato una possibile via di fuga.
La
sua dolcezza ha sciolto il mio cuore e la sua
timidezza mista ad una fierezza e una ammirevole lealtà, ha
piano piano
nascosto le mie ferite, convincendomi che forse con lei, avrei potuto
farcela.
Avrei potuto lasciare tutto alle mie spalle, avrei potuto
amarla perché era riuscita a vedere in me qualcosa di buono.
Elena è la mia via
di fuga.
Sin
dal momento in cui i suoi occhi hanno incontrato i
miei, ho capito che c’era ancora un'unica cosa per cui valeva
lottare e
rimanere in questo mondo ingrato che mi aveva già tolto
l’affetto di una
famiglia.
Lei.
Con
i suoi sbuffi, le sue battutine taglienti, i rossori
delle sue guance, l’orgoglio contrapposto al sorriso ingenuo
dei suoi vent’anni
che scavano un solco nel mio cuore ogni volta.
Ogni volta in cui, adesso, mi rivolge gli sguardi carichi
di odio e di rancore che mi rendono impossibile persino respirare,
perché ho
sopportato di essere odiato persino dal mio stesso sangue ma non
sopporto
quello sguardo nei suoi occhi.
Non
negli occhi della donna che mi ha regalato la
speranza di potermi rendere migliore.
Ho
incontrato Katherine e quando ho capito che voleva
provarci, ho pensato che avrei potuto prenderla seriamente.
Avrei
potuto rinunciare alle avventure di una notte,
conseguenza di qualche bevuta di troppo.
Abitudini collaudate sull’orlo del baratro che ti spingono
a sperimentare l’estremo, perché la tua vita non
ha più un senso ed un corpo
diverso ogni notte, in cui spingere tutto te stesso per affogare i
dispiaceri
dello schifo di vita che stai vivendo, è la migliore
distrazione cui si può
aspirare.
Una
donna con cui avere una storia seria, rispettandola,
provando ad amarla un giorno nello stesso modo in cui lei ti ama
già.
E’
per questo che devo dire addio alla parte veramente
speciale di questa equazione scombinata che rischia di rovinare la vita
di due
persone unite ancor prima che apparissi io ad incasinarle.
Devo lasciare andare Elena perché è questo che
lei vuole,
perché so di non essere importante quanto sua sorella e
perché so che non
potrebbe mai lasciare che soffrisse a causa sua.
La
gelosia cieca che ha annebbiato tutto di me questa
sera è il sentore di allarme che devo allontanarmi da lei e
da ciò che
significa per me, devo farlo per il suo bene e per quello di Katherine,
la
donna dolce a cui devo la vita e a cui sarò riconoscente per
il resto dei miei
giorni.
E’ la preghiera silenziosa che le leggo negli occhi ogni
qualvolta mi ritrovo a casa sua a stringere la mano di sua sorella,
stretti l’uno
all’altra sul divano.
Ha
il diritto di essere felice e nonostante il pensiero
mi distrugga devo farmi da parte perché ho promesso molto
tempo fa che non
avrei più mandato all’aria la vita delle persone
a cui tengo.
Parcheggio
distrattamente davanti casa e provo a convincermene
completamente.
Stanco,
distrutto, disilluso.
Una
lotta già persa con qualcosa che per la prima volta
in vita mia, pulsa troppo forte dentro di me.
***
“Elena. Dormi?”
Katherine spegne la luce del bagno e in punta di piedi,
con indosso la corta camicia da notte si avvicina al mio letto
sussurrando.
“No,
sono sveglia”
“Bene” –si siede sul materasso e mi volto
per guardarla
negli occhi ancora un po’ lucidi- “è la
nostra prima litigata, sai?”
“Non avreste dovuto…”
“No” –mi interrompe sorridendo pregandomi
di lasciarla
finire- “non è stata colpa tua, sei mia sorella e
mi batterò sempre perché tu
venga rispettata. Sempre. Nessun ragazzo potrà mai cambiare
il fatto che sono
legata a te più che a chiunque altro. Vorrei solo
che…”
“Cosa?”
“Vorrei solo che le cose funzionassero tra te e Damon.
Magari hai tutte le ragioni per non sopportarlo e lui non è
certo un tipo
facile ma…è uno dei buoni, Elena. Lo è
sempre stato con me. Faresti questo per la
tua sorellona? Gli daresti una possibilità?”.
Le
lacrime pungono i miei occhi e la forza disumana che
cerco dentro di me per ricacciarle indietro mi sfinisce strappandomi
una
promessa che devo a mia sorella per tutto quello che ha fatto per me e
che di
certo non mi merito.
“Te lo prometto”
L’abbraccio
in cui affondo è carico di segreti non detti
e parole lasciate in aria.
E’ carico di bugie
verso mia sorella, bugie che
galleggiano nel profondo di me e che nascondono una verità
che mi è ormai
difficile negare persino a me stessa.
SPAZIO
AUTRICE:
La
settimana non è ancora finita
e, anche se ad un orario poco decente, sono riuscita finalmente a
postare questo capitolo che, come avrete potuto notare, dice qualcosa
in più del nostro Damon e del suo passato.
Non
è poi così st***zo, no?
In
realtà scopriamo che Katherine non è arrivata
per caso nella sua vita come invece ha fatto Elena.
Lei
lo ha materialmente salvato dal momento più buio della
sua esistenza e spesso, la riconoscenza enorme che si ha verso qualcuno
che fa per te qualcosa del genere non può essere ignorata.
Ti spinge a legarti a quella persona e...poi le cose diventano
complicate.
Volevo
solo che anche lui avesse il suo 'spazio' nella storia
perchè le cose da ora in avanti si faranno ancora
più complicate e sarà divertente leggere i
pensieri di entrambi, o almeno spero!
Grazie
come sempre a chi commenta sempre e comunque.
Mi
scuso se non ho ancora risposto a qualche recensione, prometto di
farlo domani.
Bacio.
ele
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