The heart's melody

di neverenough
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo



<<Quindi è davvero finita?>> chiedo con un filo di voce. Piangere davanti a qualcuno non è una mia abitudine, anche se sono di fronte al mio migliore amico.
<<Sì.>> risponde freddo. <<Hai frainteso tutto quello che c’era tra di noi.>>
<<Non l’ho mai frainteso. Ho solo sperato nel gradino successivo.>> abbasso lo sguardo.
<<Dovevi capire che la scalata era finita.>> mi gira le spalle. <<Mi dispiace.>>
<<Ti prego.. Non andartene..>> le lacrime iniziano a varcarmi le guance. Ciò va contro la mia etica, ma non riesco a fermarle come faccio di solito.
<<Mi dispiace.>> ripete lui iniziando a camminare a testa bassa.
Mi blocco lì e lo guardo sparire all’orizzonte.. e, molto probabilmente, sparirà anche dalla mia vita..


Aprì gli occhi.
Doveva smettere di rivivere quel momento ogni volta che si addormentava, doveva smettere di torturarsi.. ma non era lei a controllare ciò che sognava.
Girò la testa e guardò sua madre, addormentata in una posizione alquanto scomoda su una poltrona che si trovava già in quella camera di ospedale. Lei non meritava tutte quelle notti in bianco dei suoi genitori, lei non meritava nulla di tutto ciò che aveva. Così la pensava.
Era inutile versare lacrime, anche perché non ne aveva più nel suo serbatoio. Ne aveva consumate troppe.
Guardò la sveglia elettronica sul comodino. Segnava la mezzanotte del cinque maggio duemiladodici.
Era iniziato il giorno del suo diciottesimo compleanno, ma non c’era nulla da festeggiare. E, benché quel giorno segnasse l’inizio della sua completa libertà, la maggiore età, quello era l’ultimo dei suoi pensieri.
Erano passati tre mesi precisi: quando aveva dovuto rinunciare al suo migliore amico per un amore non corrisposto.. e quando aveva iniziato a soffrire di un malessere più grande di lei.




Commenti autore:
È solo un’anticipazione ma spero vi piaccia e vi incuriosisca almeno un po’, nonostante sia molto corto ^^"
Spero di trovare qualche recensione, un bacio :*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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Capitolo 1



<<Non puoi liquidarmi così!>> lo bloccò. <<Non puoi comportarti come se non te ne fregasse di nulla.>> continuò imperterrita la bionda.
La guardò per un attimo, facendo incrociare i suoi occhi caramello con quelli indefiniti della ragazza. <<Chi ti ha detto che non sia così?>> chiese duro.
<<Lei era la tua migliore amica! Come puoi ignorare il fatto che sia malata?>> delle lacrime iniziarono a rigarle il volto. Quello di fronte a lei non era la persona che conosceva.
<<Ha deciso lei tutto questo.>> abbassò lo sguardo prima di continuare: <<I suoi sentimenti l’hanno fregata.>>
Le girò le spalle e stava per continuare il suo cammino, ma fu nuovamente bloccato. <<Non ti ho chiesto di tornare il suo migliore amico.>> disse la ragazza singhiozzando. Gli andò incontro e lo costrinse a girarsi. Gli mostrò un contenitore di pillole rosso. <<Devi solo convincerla a prenderle.>> continuò mettendolo nella sua mano. <<Ti prego.>>
Scosse la testa e lasciò cadere il tubicino a terra. <<Mi dispiace, deve capire che deve andare avanti senza di me.>>
<<Tu davvero non capisci!>> gli urlò contro. <<Lei non avrà un futuro senza queste!>>
<<Come posso convincerla a prendere qualcosa se non ci parliamo più!?>> rispose a sua volta urlando. Non ne poteva più di quella situazione. <<E inoltre non hai nemmeno intenzione di dirmi che malattia ha! Diavolo ma ti rendi conto di quanto mi stai sulle palle!?>>
<<E tu non ti rendi conto di quanto sei ridicolo?>> replicò scuotendo la testa.
<<Che sta succedendo? Penn che stai combinando?>> sentì una voce alle proprie spalle e, quando si girò, vide la ragazza dai capelli castano a boccoli fissarli con aria interrogativa.
Si guardarono negli occhi per un istante ma subito ognuno distolse lo sguardo.
<< Callie io..>> disse Penn ma la castana la bloccò.
<<Lascia perdere.>> continuò offesa girandosi e iniziando a camminare.
<<Tu pensaci!>> gli ordinò la bionda iniziando a correre dietro l’amica.
Justin rimase lì, a fissarle mentre si allontanavano e pensando alla discussione appena avuta. Guardò ai suoi piedi e notò il tubicino rosso.

<<Callie aspetta! Ti prego stammi a sentire!>>
Lei si bloccò, facendo un lungo respiro, e poi la guardò. Solo adesso notò i suoi occhi lucidi. <<Perché gli stavi parlando?>> chiese nervosamente. <<Sai bene che io lo odio!>>
Penn la guardò alzando il sopracciglio. <<Stai scherzando vero? Sono la tua migliore amica e so chi odi o meno, e lui non fa parte di quelle persone.>>
Si guardarono per un istante e poi scoppiarono a ridere. Già, mentire non le era facile con Penn.
Una volta calmate le risate iniziarono a camminare lentamente verso casa. <<Scusami se gli stavo parlando, e scusami se gli ho accennato della tua..>> si bloccò. Non aveva il coraggio di finire quella frase perché non ci credeva ancora, o meglio non voleva crederci.
Callie la guardò seria. <<Gli hai detto della mia malattia!?>> chiese cercando di non urlare.
L’amica abbassò lo sguardo. <<No.. Cioè, gli ho solo accennato qualcosa ma nulla che gli facesse pensare che.. >>
<<Penn sai bene che non voglio che a scuola si sappia e tu sei la mia migliore amica. Lo sai solo per questo ed è un mio segreto. Mi fido ciecamente di te e quindi non voglio che nessun altro oltre a te ne sappia.>>
Penn sospirò esausta. <<Va bene..>> continuarono il cammino e, poco dopo, tornò ad aprire bocca. <<Però Justin.. lui era il tuo migliore amico..>>
<<Appunto, era.>> la bloccò.
<<Anche se non te lo dice, ci tiene ancora e..>> continuò imperterrita ma fu bloccata drasticamente.
<<Non importa quello che c’era tra di noi e non importa se ci tiene ancora a me. Non ci parliamo più e poi credo che si sia completamente dimenticato di tutto quello che abbiamo passato insieme..>> disse abbassando lo sguardo rattristita. Quella era una ferita che non era riuscita a chiudere nonostante mancavano pochi mesi al compimento di un anno.
<<Non lo noti mai quando ti guarda in mezzo al corridoio o in mensa o..>>
<<Mi guarda?>> alzò la testa stranita. <<Hai messo le lenti a contatto?>>
<<Sì e fidati, tu non te ne accorgi ma spesso ti fissa.>>
<<Non importa.>> disse scuotendo la testa e scrollando dalla mente tutti i pensieri che potevano darle una speranza. <<È stato chiaro. È finita da migliori amici e da qualsiasi altra cosa che potevamo essere..>>
<<Ma ti manca da morire.>> continuò superandola e girando la testa in modo strano.
<<Vuoi fare l’esorcista?>> rise.
<<Sì.>> rispose a sua volta girandosi e inziando a camminare al contrario. <<A proposito, hai pensato al saggio d’inizio primavera?>>
<<Sì, e non so se accettare o rifiutare la proposta della professoressa.>> si fermò davanti al vialetto di casa. <<Vorrei essere io a chiudere il tutto, ma temo di non poterci essere..>>
<<Cosa intendi?>> chiese rabbuiandosi Penn.
<<Se per un motivo o per un altro non posso esserci?>> sospirò. <<Io non lo so..>>
<<Pensa al lato positivo: se ti troveranno dell’auditorium a suonare non ti porteranno in presidenza.>> le sorrise ma Callie non ricambiò.
<<Forse hai ragione.. solo che non ne sono sicura..>>
<<Sei un talento nato! Che c’è di male a condividere una cosa che ami fare e in cui sei la migliore con gli altri?>> la sollecitò. <<E, se per qualche motivo non puoi esserci, troveranno un sostituto o sarò stesso io a sostituirti.>>
Callie si arrese. Alzò la testa e annuì. <<E va bene. Domani lo dirò alla professoressa.>>
L’amica emise un piccolo urlo stridulo e fece un salto, stringendola in un abbraccio. <<Sapevo che avresti accettato.>> Callie sorrise a quel gesto.
Adorava la semplicità e gli strani modi con cui la faceva sempre sorridere, anche nei giorni più bui.

<<Jey.>> lo chiamarono in coro Chaz e Ryan sedendosi sul letto accanto a lui.
<<Cos’è?>> chiese Ryan guardando il tubicino rosso che Justin girava e rigirava nelle mani.
<<Non lo so. Penn insisteva che dovevo convincere alla Traeh di prendere le pillole all’interno.>>
<<Adesso la chiami anche per cognome?>> chiese Chaz storcendo il naso.
<<Poco importa, ormai appartiene al mio passato.>> disse buttandosi alle spalle quel tubicino, come se con quel gesto avesse davvero lasciato tutto quello che c’era stato con la sua ex migliore amica.
<<Non c’è nessuna indicazione sopra?>> chiese Ryan prendendolo e guardandolo attentamente.
<<No, ho già controllato e non c’è nemmeno un’etichetta sopra.>> rispose prendendo il pallone di basket da sotto il letto. <<Probabilmente non servono nemmeno a niente.>>
<<Andiamo? Abbiamo la partita contro quelli dell’ala est.>> disse Chaz e tutti si alzarono, uscendo dalla casa di Justin e dirigendosi campo di basket in cui solitamente giocavano.

In corso c’era un torneo tra i vari quartieri della zona.
Vi erano otto colorazioni diverse di quartieri, ognuno dei quali era diviso in sei o otto squadre circa, distinte con i punti cardinali. Prima del torneo per i colori -che rappresentavano l’intero quartiere di provenienza- vi era un torneo all’interno di ognuno di esso e solo una squadra vincitrice poteva accedere alla finale a otto squadre.
Quello era un torneo che si svolgeva da nove anni circa. Per Justin e i suoi amici era il terzo anno cui partecipavano e, nei due anni precedenti, non erano mai riusciti ad arrivare alla tanto contesa finale, poiché si erano trovati a fronteggiare ragazzi più grandi di loro.
Adesso tutti dovevano compiere diciannove anni e, con il tempo, le loro prestazioni in quello sport erano migliorate.
La cosa che distingueva quel tipo di torneo dai normali, era che si disputava tra ragazzi che erano cresciuti per strada e che non avevano mai fatto parte di una squadra con un istruttore. Tutti avevano imparato da soli o con l’aiuto di qualcuno più grande che gli insegnava le varie tecniche e le regole.
Quei tornei erano estremi, anche dal punto di vista della salute. Solitamente erano predisposti per l’inverno, dove i protagonisti avrebbero dovuto giocare di fronte a ogni tipo di condizione climatica poiché si facevano all’esterno: non importava se pioveva o se nevicava, se vi era ghiaccio o qualsiasi altro problema. Si sarebbe comunque fatto e, se una squadra mancava l’appuntamento, era fuori.
E, quell’anno, era distinto da tutti gli altri per un solo motivo: Justin Bieber sarebbe stato il capitano dell’ala sud del quartiere rosso. Lui avrebbe dovuto portare la squadra alla vittoria.




Commenti autore:
Ed eccoci con il primo capitolo C: Spero vi piaccia e presto la storia inizierà a prendere forma.
Vi ringrazio per le due recensioni del prologo e sono felice che molte persone sono le stesse che seguivano Violet Blood :’)
Vi lascio, fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio :*

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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Capitolo 2



<<È una mia impressione o Bieber ha una ferita sul labbro?>> disse Penn poggiando la schiena contro la fila di armadietti del corridoio.
<<È iniziato il torneo annuale di basket dei ragazzi di strada.>> rispose Callie prendendo alcuni quaderni dal proprio armadietto senza voltarsi. <<Si saranno picchiati o ha sbattuto contro la rete che circonda il campo del parchetto.>> chiuse l’anta e poi guardò l’amica, che era ancora intenta a squadrare i movimenti di Justin e dei suoi amici. <<Andiamo o vuoi prima stuprare qualcuno con lo sguardo?>> disse ironica.
La bionda riportò la propria attenzione sulla ragazza. <<Hei, guarda che non sono niente male!>> si giustificò mentre iniziarono a dirigersi verso l’auditorium.
<<Certo, certo..>> disse poco interessata roteando gli occhi.
<<Cosa ti preoccupa? È da questa mattina che sembri giù!>> sbuffò Penn.
<<Questa storia del saggio.. Non lo so..>>
Quello era uno dei suoi momenti ‘non ce la farò mai’ o ‘non sono in grado’ e la sua migliore amica se ne accorse subito. La fermò mettendosi di fronte a lei e puntandole un dito contro. <<Se c’è una persona che farà un figurone sei tu e non m’importa di quello che pensi. Sei la più brava dell’intera scuola al pianoforte e non c’è nulla di male a partecipare a qualcosa che tutti vedranno.>> disse tutto d’un fiato.
<<Respira!>> rise Callie. <<E poi..>>
<<Signorina Traeh!>> la chiamò la professoressa grassoccia con i capelli biondo cenere. <<Ha riflettuto sulla mia richiesta?>> chiese speranzosa non appena le ragazze la raggiunsero.
<<Sì, ci ha riflettuto e la risposta è sì!>> la anticipò Penn.
<<Ah bene!>> sorrise la donna. <<L’aspetto alla fine delle lezioni per le prove!>> le strinse le guance come solitamente le persone anziane fanno con i bambini piccoli. Callie odiava quel gesto.
<<Ehm.. le dispiace se utilizzo il pianoforte anche negli orari in cui lei non c’è?>>
<<Ma certo tesoro!>> le due si scambiarono uno sguardo interrogativo: tesoro? Ma da dove le era uscito? <<Basta che non rompi niente!>> era più entusiasta lei della ragazza.
<<La ringrazio professoressa Silver, e stia tranquilla: io suono, non distruggo.>> scrollò le spalle.
La professoressa fece una strana risata, simile a quella del Babbo Natale nei film, poi si allontanò entrando in un’aula.
<<Cosa ci ha trovato di divertente nelle mie parole? Era un’affermazione, non una battuta!>> si lamentò la castana.
<<Solo adesso ti sei resa conto che quella professoressa è tutta strana?>> la guardò male l’amica.
Callie non ebbe il tempo di replicare che il suonare della campanella distolse l’attenzione di entrambe dall’argomento di cui stavano parlando. <<Io adesso ho chimica.. tu invece?>> chiese mentre tutti i ragazzi intorno a loro iniziavano ad agitarsi per andare nelle classi.
<<Devo assorbirmi le lezioni del professore di francese.>> rispose fingendosi esausta prima ancora di cominciare.
<<Ok, allora ci vediamo con educazione fisica alla terza ora.>> continuò lei iniziando a incamminarsi verso la propria aula.
Una volta raggiunta la propria classe, si sedette al solito banco vuoto dietro a tutto, vicino alla finestra. Amava quel posto, anche perché era singolo e così evitava di parlare con qualcuno che non gli andava a genio.
Spesso i ragazzi della classe la cercavano solo nel momento dei compiti, dove volevano copiare. Non era la migliore della scuola, ma un minimo s’impegnava per prendere buoni voti e non deludere la propria famiglia. Quella era una delle sue prime priorità.
La professoressa non ritardò ad arrivare e iniziò uno di quei lunghi discorsi che non finivano più e che annoiavano molto.

Finite le lezioni di chimica e matematica, Callie e Penn s’incontrarono e si diressero verso la palestra che si trovava in un’altra struttura poco distante dalla scuola.
<<Ho sentito dire che oggi manca un professore e quindi la sua classe verrà in palestra per allenarsi con noi.>> la informò l’amica.
<<Scommetto che il gruppo delle scimmiette idiote ne approfitterà per saltarsi l’ora.>> disse arricchiando il naso. Il gruppo delle ‘scimmiette idiote’ era composto dalle ragazze più stupide, carine e popolari della scuola. Quello era un soprannome che le due migliori amiche avevano dato per non essere infastidite da persone che andavo dietro a quel gruppetto.
Continuarono la loro discussione fin quando non misero piede in palestra. Come previsto, il gruppo delle ragazze più popolare era sugli spalti, a commentare i ragazzi più carini che si trovavano lì. Callie scrutò tutti quelli che non facevano parte della sua classe in quell’ora e si pietrificò quando scorse la figura di Justin che parlava sorridendo a Chaz e Ryan.
<<Io me ne vado..>> disse girando su se stessa nel tentativo di uscire dalla palestra. <<No!>> la bloccò Penn. <<Cosa t’importa? Ignorali!>>
Alla castana ci volle un lungo respiro nel tentativo di calmarsi, ma iniziò a sentirsi mancare l’aria. Cercò l’inalatore nella borsa che portava sempre con sé e, quando lo trovò, lo portò alla bocca e respirò nel tentativo di calmarsi.
<<Ah ah ah guardate la sfigata!>> sentì qualcuno urlare. Si girò e vide tutto il gruppo delle ‘scimmiette idiote’ indicarla e ridere di gusto.
Nelle vene iniziò a sentire la voglia di vendetta che si portava dentro da tempo. Spesso era stata il loro zimbello e questo l’aveva fatta sentire male, ma era troppo timida per reagire almeno una volta, e questa non era da meno.
Posò l’inalatore, ignorando il fatto che avesse tutti gli occhi puntati addosso, e si diresse con Penn verso il campo di pallavolo.
Presto entrò anche il professore di educazione fisica che, una volta fatto l’appello delle due classi e aver fatto fare riscaldamento a quelli che volevano partecipare alla partita, divise i ragazzi in due squadre distinte dalle classi.
<<Traeh alla battuta! Bieber tu vai al centro! Missy sotto la rete!>> ordinò il professore e dispose tutti in una postazione predefinita come suo solito fare. A volte la ragazza si chiedeva se avesse uno schema perfetto già in mente, o se li disponeva come capitava.
La partita cominciò e, quando arrivarono a un punteggio pari, Callie si trovava nella posizione di ‘attacco’. Lei era abbastanza brava in quello sport, come nel basket.
Una ragazza della propria squadra alzò la palla in aria e con una schiacciata la spedì nel campo opposto. Subito, come risposta, un bagher troppo alto e lungo, tanto che rinviò la palla nel campo in cui si trovava Callie; un palleggio perfetto la spedì all’alzatore sotto la rete e, quest’ultimo, la buttò in aria, precisamente più avanti da dove si trovava lei.
Era il momento di fare un altro punto per la sua squadra: fece i tre passi –quelli che aveva imparato alle medie- poi unì i piedi e saltò su se stessa; caricò il braccio destro e, poco prima che la palla arrivasse nel punto strategico, vide chi stava accorrendo per fare il muro. Quella fu una mossa sbagliata perché quando vide arrivare Justin alla sua altezza, s’irrigidì notevolmente. Al momento di schiacciare, sbagliò e sfiorò a malapena la palla, che non passò la rete.
Quando mise i piedi a terra barcollò leggermente. Non poteva farle quell’effetto ogni volta che se lo trovava di fronte, non poteva sbagliare una cosa che le veniva bene..
<<Traeh ma si può sapere che fai!?>> gli urlò contro il ragazzo che gli aveva alzato la palla.
<<Ecco io..>> tenne lo sguardo abbassato. Cosa doveva dire?
<<Traeh cosa ti succede?>> sentì una voce sghemba non molto distante da lei. Rialzò lo sguardo e lo fissò. <<Ti sta rammollendo?>> rise e tutti quelli della sua squadra lo seguirono. Era quasi un anno che non si rivolgevano la parola e adesso che lo faceva era solo per deriderla.
Strinse i pugni e, nel frattempo, il punteggio cambiò, portando la squadra avversaria a un solo punto di vantaggio. Fecero la rotazione e il ragazzo dai capelli biondi e gli occhi caramello si ritrovò sotto la rete.
Prima che la parte opposta battesse, Callie si rivolse alla propria squadra: <<Scusatemi se ho fallito. Ripassatemela appena potete..>> poi si girò avanti. <<Te la faccio pagare stronzo.>> sussurrò ma ciò bastò perché Justin la sentisse e sorridesse. Il suo vero scopo era quello: la conosceva bene e sapeva che era una ragazza forte ma allo stessa tempo debole; una ragazza che quando vuole sa tirare fuori le unghie e che sa è sensibile su certe cose. Lui la conosceva bene e.. e scuoté dalla testa tutti i quei pensieri. Non doveva, non poteva!
Solo allora notò che chi aveva battuto della propria squadra aveva fallito, spedendo la palla sotto rete.
La squadra di Callie fece la rotazione e lui si trovò a faccia a faccia con lei. Nei suoi occhi ambra in quel momento leggeva l’odio e la voglia di vendicarsi. Ciò che non riuscì a notare perché spostò lo sguardo, era quel luccichio di nostalgia che da tempo si portava dietro.
L’azione sul campo del biondino iniziò presto e, anche se non era il ruolo che doveva assumere in quella posizione, si trovò a dover schiacciare, ma la palla era troppo avanti sulla rete e, quando lo capì, era troppo tardi. La castana, prevedendo ciò fu pronta e al momento giusto schiacciò. La palla, quasi involontariamente, andò a finire in faccia a Justin, che cadde non appena mise i piedi a terra.
Tutti risero a quella scena.
Il biondino scosse la testa e poi si rialzò. <<Me lo sono meritato.>> sbuffò sonorosamente evitando lo sguardo della ragazza.

La partità finì con la vittoria della squadra di Justin, e a seguire, ci furono due ore di inglese per Callie.
Camminava da sola verso il suo armadietto, quando vide avvicinarsi il gruppo delle scimmiette idiote, le quali andavano nella direzione opposta. Occupavano la maggior parte del corridoio, costringendo tutti a mettersi sui lati.
La castana abbassò lo sguardo e continuò facendo finta di niente, camminando per conto suo. Peccato che le cinque arpie avevano ben altro in mente per lei e, quando arrivarono a un punto d’incontro, una di loro la spinse contro gli armadietti, facendola sbattere con la spalla e facendole cadere i libri e le penne.
<<Ah ah ah, la sfigata non riesce nemmeno a tenere in mano i propri libri!>> rise una di loro, ma Callie non le guardò. Si abbassò e raccolse silenziosamente i proprie cose mentre il gruppetto si allontanò ridendo.
Non le sopportava ma non faceva mai niente pe uscire da quella situazione.
Stava raccogliendo l’ultimo quaderno quando una mano raccolse la penna nera rotolata un po’ più distante da lei.
Callie alzò lo sguardo e vide un ragazzo dai capelli scuri porgerle la penna. Si alzò e la prese. <<Grazie.>> sussurrò timidamente tenendo lo sguardo basso.
<<Non dovresti farti trattare così..>> disse il ragazzo.
Lei alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi verdi. Scrutò attentamente i suoi lineamenti, le folte sopracciglia e le labbra troppo carnose contornate da una leggera barba. Non era niente male.
<<Poco importa. Ci ho fatto l’abitudine.>> scrollò le spalle. <<Dovresti sapere che quel gruppetto è fatto così e..>>
<<In verità mi sono trasferito da poco..>> disse il ragazzo guardandosi intorno, mostrando la rasatura sopra le orecchie. <<E ancora devo fare conoscenza.>>
<<Beh, allora piacere, io sono Callie..>> sorrise porgendogli la mano per un saluto ‘formale’.
Lui non perse tempo e sorrise a sua volta, prendendole la mano e portandola alle labbra. <<Io sono Steve, incantato di avervi incontrato donzella..>> continuò scoccandole un piccolo bacio, che però fece arrossire la ragazza.
<<Sei strano..>> rise poi trascinando anche lui in quella risata.
<<Pranziamo insieme, ti va?>> chiese e lei, timidamente, annuì.




Commenti autore:
Mi scuso per il netto ritardo ^^" Questi sono stati giorni pessimi e penso che dal capitolo si possa capire.
Non accade molto, anzi in verità niente e avrei voluto aggiungere dell’altro, ma è già troppo lungo, poi sarebbe diventato una palla.
Prendetelo come un capitolo di transizione, ecco.
Vi ringrazio per le recensioni del prologo e del primo capitolo :)
Recensite, un bacio :*

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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Capitolo 3



<<Chi è quel ragazzo?>> chiese nervosamente Ryan mentre stringeva in mano la bottiglia d’acqua di Justin.
<<Prima di tutto, la bottiglia è mia.>> rispose sfilandogliela di mano. Poi alzò lo sguardo e lo puntò precisamente nella direzione che l’amico gli indicava. Riconobbe Callie mentre sorrideva a un ragazzo che non aveva mai visto. Si trovavano dalla parte opposta da dove si trovavano loro e lei sembrava felice.
A Justin venne una fitta allo stomaco ma, evitando qualsiasi pensiero che la riguardasse, guardò altrove e fece finta di essere concentrato a mangiare ciò che c’era nel suo vassoio.
<<Se non mi sbaglio è nuovo..>> disse Chaz al suo fianco.
<<Se non vuole trovarsi con il naso spaccato, è meglio che finisca di fare il casca morto..>> continuò a denti stretti.
<<Non è la tua ragazza, è libera e può fare ciò che vuole.>> lo riprese l’altro dandogli una pacca sulla spalla.
<<La volete finire voi due!>> gli urlò contro il biondino.
Entrambi lo guardarono male, ma nessuno proferì parola.
Resosi conto della cazzata appena fatta, Justin si alzò. <<Scusate, vado a fare un giro.>> dettò ciò si allontanò con la testa abbassata, uscendo dalla mensa e dirigendosi chissà dove.

Callie lo notò e restò a fissarlo, fin quando non scomparve dalla propria vista.
Non si accorse che, in quell’arco di tempo, l’espressione sul suo volto da felice si era trasformata in preoccupata, mentre Steve guardava quella scena perplesso.
<<Ti piace quel ragazzo, non è vero?>> chiese con tono amaro quando la ragazza riportò la propria attenzione su di lui.
<<No.>> rispose scuotendo la testa. <<È solo stato una persona che ha preferito tenermi fuori dalla sua vita.>>
<<Siete stati fidanzati o..>>
<<Non siamo stati niente.>> precisò, mentendo.
<<Da come lo guardavi non sembrava..>> abbassò la testa.
<<Poco importa cosa eravamo o cosa è successo.>> lui la guardò e lei gli regalò un sorriso. <<Non fa parte più della mia vita ed è meglio così.>> continuò fingendo di stare bene e di aver smesso di soffrire.

Sfiorò un tasto del pianoforte.
L’ultima volta che lo aveva fatto, era stata portata in presidenza perché non era stata autorizzata. Tutti si erano meravigliati della sua ‘inflazione’ e credevano che fosse una studentessa modello. In effetti lo era, forse non la migliore nella scuola, ma faceva quanto bastava per trovarsi nelle ‘eccellenze’.
Quel gesto avventato, lo aveva fatto solo perché sentiva la mancanza del suo amato pianoforte, e sentiva un forte desiderio di suonare. Quella era la cosa che le veniva meglio e che più amava fare.
La professoressa Silver, parlava eccitata di diversi brani che avrebbe potuto riprodurre. Parlava di Mozart, Beethoven e tanti altri artisti famosi in tutto il mondo, ma lei aveva tutt’altro per la testa, o meglio, un’altra melodia..

<<E dai sta fermo con quei cuscini!>> disse ridendo e coprendosi il volto con le mani nel tentativo di attenuare il colpo, mentre il biondino era accanto a lei, sul divano, e non smetteva di bombardarla di cuscinate.
Justin si fermò e si sedette accanto alla ragazza. <<E va bene, ti do una tregua.>> disse leggermente affaticato.
<<Io volevo guardare la televisione!>> sbuffò lei fingendo un broncio.
Si guardarono per un attimo e poi scoppiarono a ridere. Si divertivano con semplici gesti e bastava che ognuno fosse accanto all’altro per essere felici.
<<E va bene, vediamo cosa c’è in televisione..>> disse prendendo il telecomando e Callie si appoggiò sulla sua spalla.
Iniziarono a girare invano i vari canali, fin quando non arrivarono a uno in cui stavano trasmettendo un film appartenente alla saga di twilight. Nessuno dei due aveva mai visto i film di quella saga, ma la ragazza bloccò la mano del ragazzo quando stava per cambiare.
Nessuno dei due fiatò e la stanza fu invasa dalla dolce melodia.
Callie chiuse gli occhi e si lasciò cullare, mentre il biondino la guardava interrogativo.
Una volta finita, riaprì gli occhi e sorrise. <<Questa melodia è.. Stupenda..>>


<<Allora Traeh? Decidi, Mozart o Beethoven?>> la riportò alla realtà la professoressa.
<<Ehm..>> non aveva ascoltato niente di quello che aveva detto: era troppo impegnata a ricordare qualcosa che non le apparteneva più. <<Mozart va bene.>> disse infine insicura.
<<Ottima scelta! Anzi perché non li mettiamo entrambi e..>>
La donna tornò a riempirla d’informazioni e domande cui poi rispondeva da sola, ma Callie aveva ancora altro in mente.
Lei amava suonare, ma ciò che solitamente riproduceva era qualcosa che le andava nel profondo, nell’anima, e la faceva volare ogni volta che si concentrava e pigiava le dita contro la tastiera.
Tutto quello che la professoressa le stava dicendo non rientrava nel proprio interesse, ma lo faceva solo perché, così, poteva suonare senza rischiare.

<<Com’è andata?>> chiese Penn sorridendo.
<<Bene. Dovrò suonare un brano di Mozart e credo abbia detto di fare anche Beethoven..>> rispose mentre aprì la porta. Uscirono dalla scuola e l’aria fredda di Stratford schiaffeggiò il viso di entrambe.
<<Non mi riferivo a quello! Ma a quel ragazzo con cui hai pranzato!>> la rimproverò l’amica.
<<Ah, quello..>> disse abbassando la testa. <<È nuovo e abbiamo fatto semplicemente amicizia..>>
<<Solo questo?>>
Callie roteò gli occhi. Sapeva quello che voleva sentire. <<Mi ha invitato a uscire venerdì..>> sospirò.
<<E tu..>> la guardò con un grande sorriso misto tra il normale e il malizioso. <<Ho accettato..>>
La bionda emise uno strano verso. <<Finalmente!>>
<<Già..>>
<<Hai un appuntamento, dobbiamo andare a fare shopping, dobbiamo trovarti un vestitino e..>> continuò eccitata ma la castana la bloccò.
<<Calmati! Vuoi andare tu a quest’appuntamento?>> la ribeccò.
<<No no, è tuo!>> il silenzio iniziò a regnare ed entrambe camminavano con la testa bassa. <<Cosa c’è che non va?>> chiese infine.
<<Non lo so.. Tutta questa storia.. Io non lo so..>>
<<Ti piace o no?>>
<<Sì, non mi fraintendere. Steve è simpatico, carino, galante ma..>> si bloccò.
<<Ma non è Bieber..>> l’aiuto Penn.
<<Io non lo so.. Mi manca da morire, oggi poi l’ho visto in mensa mentre usciva e..>> sospirò. <<Ed era arrabbiato..>>
<<E allora? Pensa a te stessa una volta tanto! Non mi sembra che lui si faccia tante paranoie se deve uscire con una ragazza!>> aveva ragione e Callie solo allora lo capì: stava aspettando una cosa che se n’era andata e che non sarebbe più tornata.
<<Hai ragione!>> disse determinata. <<Oggi è mercoledì e dopo domani esco con Steve.>>
<<Così ti voglio!>> sorrise l’amica dandole una leggera gomitata per poi continuando con altre sempre nello stesso punto. <<Che dici? Andiamo a vedere per qualche vestitino?>>
Rise. <<Tu sei pazza! Uscirò ma se devo piacergli, dovrà accettarmi per come sono.>>
<<Hai intenzione di andare con felpa e jeans?>> la guardò male.
<<Ehm..>>

Portò la mano al petto e un ricordo lo travolse.

<<Ti piacciono?>> chiese sorridendo con gli occhi speranzosi.
Callie gli sorrise. <<Scherzi? Sono magnifiche! Dove le hai prese?>> disse scrutando attentamente quei due ciondoli a forma di puzzle. S’incastonavano perfettamente tra di loro ed erano unici.
<<Diciamo che ho girato tutta Stratford ma non le ho trovate, così ho cercato su internet e le ho acquistate da lì.>> rispose senza togliersi il sorriso che gli si era dipinto sul volto alla reazione della ragazza. <<Scegli una delle due, così ti aiuto a metterla..>>
<<Tu sei mancino, quindi quella di sinistra la prendo io.>> rise alle sue stesse parole, trascinandolo nella sua risata.
<<Ma che ragionamento è? Non fa una piega!>>
<<Lo so ma ha qualche importanza?>> lo guardò negli occhi e lui si sciolse a quel colore ambrato che alla luce del sole diventavano chiari, quasi come se fossero arancione.
<<Dai vieni qui scema.>> tornò a ridere facendole segno di girarsi e prendendo entrambe le collane.
Prese quella a sinistra e, dopo che lei si spostò i capelli, gliela legò al collo.
<<Adesso tocca a te!>> disse girandosi e stringendo il ciondolo nel pugno.
Justin si girò e lei gliela legò al collo. Anche lui, istintivamente la strinse nel pugno, poi gli porse il mignolo e la guardò negli occhi. <<Migliori amici?>>
Lei sorrise e gli porse il proprio di mignolo, incrociandolo con il suo, ma non proferì parola.


<<Justin! È tutto il pomeriggio che ti cerco! Che fine hai fatto!?>> disse Ryan raggiungendolo e sedendosi sulla sua stessa panchina.
<<Mi sono fatto un giro e poi ho seguito le lezioni, tutto qui.>> rispose semplicemente scrollando le spalle e togliendo la mano dal petto, per poi infilarla nella tasca del giubbino.
L’amico annuì perplesso. <<Perché quella reazione nella mensa?>>
Justin si aspettava quella domanda. <<Non mi andava di sentir parlare di lei. Tutto qui.>> mentì.
Il ragazzo annuì nuovamente poco convinto. <<Non capisco perché abbiate litigato.. Perché non dici mai niente? E perché eviti sempre argomenti che la riguardano?>>
Il biondino sospirò rumorosamente. Non poteva dichiarargli la verità. <<Mi ha deluso profondamente e non c’è rimedio a quello che ha fatto. E poi è passato quasi un anno, lascia stare.>>
<<Ma cosa ti ha fatto?>> insisté l’altro. Voleva fare chiarezza definitivamente.
<<Sono cose nostre.. personali..>> disse cercando nuovamente di evitare la verità che avrebbe potuto ferirlo.
<<Ma..>>
<<Ryan adesso basta!>> tuonò nervoso. <<Non ho voglia di parlarne, punto e basta!>>
L’amico sbuffò sonoramente. Odiava quando faceva così.
<<Piuttosto, sei andato a prendere l’opuscolo delle partite?>> chiese poi dopo un breve silenzio.
Ryan annuì ed estrasse dalla tasca interna del giubbino un foglio. <<La prossima partita sarà contro quelli dell’ala nord. Si farà venerdì e se vinciamo, dobbiamo vincere un’altra partita contro quelli del nord-ovest e poi andiamo alla finale a colori.>> spiegò riassuntivamente.
<<Bene.>> rispose Justin guardando tutto ciò che c’era scritto sul foglio.




Commenti autore:
Immaginavo che il secondo capitolo non vi sarebbe piaciuto (neanche a me piaceva lol), ma spero che con questo vada meglio.
La storia inizia a prendere forma, così come i personaggi e a breve ci sarà un po’ di movimento C:
Riguardo alla melodia, credo che molti di voi la conoscano già e chi non la conosce, beh, dovrà aspettare perché non la rivelerò per il momento xD
OK, vi lascio.
Recensite, un bacio :*

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


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Capitolo 4



<<Io non ti capisco!>> le disse Penn mentre si legava le scarpe. <<Hai un fisico da paura, sei abbastanza alta, hai il viso di un angelo e continui a non volere vestitini! >>
Callie si alzò con il busto e la guardò. <<Primo, non ho un fisico da paura. Secondo, il mio viso non è quello di un angelo. Terzo, non mi metto in bella mostra solo per far piacere a un ragazzo.>> commentò portando il conto con le dita.
<<Ma perché?>>
<<Sono fatta così.>> scrollò le spalle e tornò ad allacciarsi le scarpe.
Dopo poco si alzò e si guardò allo specchio incollato vicino alla porta.
Scarpe bianche adidas, felpa blu, jeans nero e capelli sciolti.
<<Dovrei mettere un ombretto o una matita?>> chiese passandosi le mani nei capelli per modellarli un po’.
<<Nera!>> rispose l’amica andando in bagno per prendere l’eyeliner, ma quando tornò nella camera aveva tutt’altro in mano. <<E questa matita argentata?>>
Scrollò le spalle. <<Me l’ha comprata mia madre un po’ di tempo fa, ma non l’ho mai messa.>>
<<Questa!>> continuò l’amica porgendogliela. <<Darà luminosità al tuo sguardo.>>
La castana scrollò nuovamente le spalle e, prendendola, la calcò sulle palpebre, contornando gli occhi.
Prese il solito profumo alla cannella, quello che amava tanto, e se lo spruzzò sul collo e poi sui polsi, osservando per un attimo le cicatrici.
<<Tra quanto arriverà?>>
<<Gli ho detto di venire verso le sei.>>
<<Bene, allora io vado. Tra pochi minuti sarà qui. Quando torni chiamami!>> ultimò Penn, poi le diede un bacio sulla guancia ed uscì dalla camera.
Callie si sedette sulla finestra che dava sulla strada principale e guardò l’amica uscire dal vialetto per poi dirigersi verso casa propria, la quale distava pochi isolati.
Dopo meno di sei minuti, un’auto si fermò vicino al vialetto. Vide scendere Steve con la sua chioma scura e, allora, indossò velocemente il giubbino nero di stoffa e, predendo la borsa, si precipitò per le scale, uscendo dalla casa.
Andò incontro al ragazzo, che l’aspettava appoggiato alla portiera dell’auto, e lo salutò con un piccolo bacio sulla guancia.
<<Cos’hai voglia di fare?>> le chiese con un grande sorriso lui.
La castana scrollò le spalle. <<Decidi tu, per me va bene tutto.>>

Camminavano l’uno accanto all’altro per il parchetto, illuminato dai diversi lampioni. Il freddo si faceva sentire e la luna stava per farsi vedere da dietro le montagne.
I due ragazzi parlavano animatamente, conoscendosi in un modo allegro.
Per sciogliere il ghiaccio che si era formato all’inizio, stavano facendo una sottospecie di gioco, in cui ognuno faceva una domanda e, se non si riteneva soddisfatto o credeva che non fosse del tutto sincera, ne avrebbe posta un’altra; in caso contrario il turno sarebbe girato all’altro.
<<Uhm fammi pensare..>> disse mordendosi il labbro. <<Hai mai tradito la tua ragazza?>>
Steve rise imbarazzato. <<Posso passare?>> chiese con gli occhi da cucciolo.
<<No, la risposta devi darla comunque!>>
Sospirò. <<E va bene. Sì, l’ho fatto ma solo perché lei mi aveva tradito per prima!>> rispose e velocemente si giustificò, anche se la ragazza non ne vedeva il motivo. <<Te invece, hai mai tradito il tuo ragazzo?>>
Scosse la testa. <<La domanda è completamente sbagliata.>> disse guardando a terra.
Il ragazzo ci pensò un po’ su. <<La domanda giusta è.. ti sei mai fidanzata?>>
Callie arrossì. <<Hai fatto centro..>> sussurrò. <<Non mi sono mai fidanzata.>>
<<Quindi hai diciotto anni ma sei vergine e non hai baciato mai nessuno?>>
La castana stava per ribattere ma un improvviso urlare di persone attirò la loro attenzione.
<<Che succede?>> chiese il ragazzo guardando la cerchia di persone, per lo più ragazzi, che circondavano una rete, la quale ai lati vi erano grandi fari che illuminavano il centro.
<<È in atto il torneo di basket dei ragazzi di strada. Lo fanno ogni anno.>> spiegò brevemente. <<Vogliamo andare a vedere?>>

<<Aaaaaaah fa male!>> urlò Logan quando Justin gli toccò la caviglia.
Aveva fatto canestro ma, in qualche modo dopo il salto, aveva storto in malo modo il piede e, adesso, molto probabilmente si era rotta la caviglia.
<<Non puoi giocare in queste condizioni.>> disse serio il biondino, poi si rivolse a dei ragazzi fuori dal campo. <<Qualcuno di voi lo porti in ospedale.>> continuò ad alta voce per farsi sentire. Un paio di loro, che conosceva solo di vista, entrarono nel recinto e aiutarono Logan a mettersi in piedi. Lo accompagnarono fuori dal campo.
L’arbitro si avvicinò a Justin. <<Avete un giocatore di riserva?>>
Il biondino si morse il labbro e scosse la testa. <<Tyler ha l’influenza.>>
<<Beh, allora devo dichiarare la vostra sconfitta.>>
<<No! Dateci quindici minuti e poi riprendiamo!>>
<<Ve ne do cinque.>>
<<Dieci.>>
<<Otto.>>
Sospirò. <<Va bene.>> si diresse verso la sua squadra a braccia incrociate. <<Se non troviamo un sostituto, siamo fuori.>>
Chaz sbuffò, come la maggioranza della squadra. <<Questa non ci voleva.>>
Il biondino guardò tutte le persone che si trovavano intorno al recinto del campo. <<Qui intorno non vedo nessuno che potrebbe aiutarci. Qualcuno sarebbe perfino in grado di farci perdere.>> sospirò.
<<Io avrei un’idea.>> disse con un sorriso Ryan, attirando l’attenzione di tutti. Senza proferire altra parola, uscì dal campo e si diresse verso Callie e il suo amico, appena arrivati a vedere cosa stava succedendo.

<<Callie ti prego! Sai quanto è importante questo torneo per il nostro quartiere!>> la pregò Ryan.
<<Ma sono una ragazza e non mi permetteranno di giocare!>> esclamò incrociando le braccia.
<<Almeno vediamo se si può fare qualcosa! Sono appena una decina di minuti di partita, anche se prendi solo la presenza e non fai nulla non importa. Basta che sei in campo.>> continuò tutto d’un fiato.
Callie sbuffò irritata e si girò verso Steve. <<Ti dispiace se mi assento per una decina di minuti?>> chiese.
Lui le sorrise rassicurandola. <<Tranquilla.>> poi l’attirò a se prendendola per i fianchi. <<Sei una ragazza ma fatti valere lo stesso.>> le sussurrò all’orecchio prima di darle un bacio sulla guancia.
Non ebbe tempo di rispondere che subito Ryan la trascinò via, portandola nel campo di basket.
Quando Justin la vide sgranò gli occhi. <<Cosa? Lei?>> disse incredulo, indicandola mentre si toglieva il giubbino e lo poggiava su una panca con la borsa.
<<È l’unica di cui possiamo fidarci!>> esclamò l’altro poco prima che lei li raggiungesse.
<<Ragazzi avete deciso?>> arrivò l’arbitro.
<<Sì, sarà lei a giocare!>> rispose per primo Ryan.
<<Ma è una ragazza!>> disse a sua volta incredulo.
Il biondino cercò per un attimo gli occhi della castana, cercando una risposta a chissà cosa. <<Non c’è nessun regolamento che dice che una ragazza non possa giocare.>> intervenne infine. Doveva pensare alla propria squadra e, anche se i rapporti con Callie non erano dei migliori da quasi un anno, non doveva fare l’egoista. Ne andava della loro vittoria.
L’arbitro sospirò. <<Logan è fuori gioco! Entra..>> urlò per poi guardarli. Justin sibiliò il suo nome. <<Callie!>>
<<Cosa!?>> protestarono i ragazzi dell’altra squadra. <<È una ragazza!>>
<<Cosa c’è?>> intervennero gli altri componenti della squadra del biondino. <<Avete paura che una ragazza possa farvi perdere la partita?>>
<<Pff. Figuriamoci.>>
<<Allora non ci sono problemi.>> disse l’arbitro.
Le due squadre si riunirono per un attimo.
<<Allora, Traeh, sai tutti i ragazzi della squadra.>> disse Justin.
<<Scusate ma chi è il capitano?>> chiese.
<<Justin è il capitano.>> intervenne Chaz.
<<Non è azzardato far giocare una ragazza? Siamo di pochi punti sotto di loro e il gioco è troppo duro per una femmina.>> disse uno che lei non conosceva.
Quella frase la irritò notevolmente ma non proferì parola perché Ryan la precedette. <<Sta tranquillo. Sa giocare bene, probabilmente anche meglio di quelli là.>> indicò con la testa la squadra avversaria.
<<Se vuoi un consiglio, cerca di stare lontano da loro e se prendi la palla passala subito.>> disse il biondino. <<Ti si butteranno addosso come bufali e ti faresti male.>>
Lei ignorò quelle parole. Se doveva giocare avrebbe giocato al meglio, anche se avrebbe rischiato di farsi male. <<Quanto manca alla fine?>> chiese.
Uno dai capelli rossi guardò l’orologio. <<Appena sei minuti. Siamo sotto di due punti.>>
Il fischio dell’arbitro fece capire che si doveva iniziare. <<Traeh mi hai capito? Passa subito la palla.>> la richiamò nuovamente Justin.
<<Non sono una bambina e so badare a me stessa, grazie.>> rispose irritata.
Nessuno più parlò e la partita ricominciò.
Callie cercava di essere presente ma era evidente che i membri della squadra evitavano di passarle la palla. Lei andava avanti e indietro, seguendo la ‘massa’, eppure sembrava trasparente.
Mancava circa un minuto alla fine e il punteggio era passato a pari quando riuscì a intercettare la palla, togliendola alla squadra avversaria con grande sorpresa di tutti. Probabilmente era un anno che non giocava, ma se la cavava ancora bene.
Corse palleggiando verso la parte opposta del campetto. Tutti la seguivano a ruota e lei scrutava al meglio se poteva passare la palla a qualcuno, ma la maggioranza erano marcati in qualche modo e avrebbe rischiato troppo anche solo tentando.
Quando finalmente vide Justin libero, gli passò la palla ma, un attimo dopo, qualcuno la spinse violentemente, facendola rotolare a terra e strusciare il mento sul ruvido asfalto.
L’attimo dopo la partita si fermò e, sia fuori che dentro il campo, iniziò un casino: ragazzi che urlavano e fischiavano fuori, mentre dentro per poco non si prendevano a pugni i capitani delle due squadre.
<<Ma non vede che è fallo!>> urlavano contro l’arbitro.
L’uomo non poté fare a meno di alzare le mani in segno di resa. Sapeva che era un fallo a dir poco troppo grande e, nonostante avesse cercato di dire che era inciampata, non poté fare a meno di darglielo.
Lei si era alzata con il busto, sedendosi poi a terra e continuando a toccarsi il mento, togliendo alcune piccole pietre che si erano attaccate alla pelle.
Osservò tutto quello che stava succedendo e, quando Justin riuscì a ottenere il fallo, le andò incontro, aiutandola ad alzarsi.
<<Va tutto bene?>> chiese evitando il suo sguardo. Lei annuì continuando a toccarsi il mento. Il biondino lo notò e le alzò la testa, per vedere cosa si era fatta. <<Chaz, prendi un fazzoletto e dell’acqua.>> ordinò poi rivolgendosi all’amico.
Quest’ultimo obbedì e poco dopo li raggiunse, bagnando il fazzoletto e porgendolo al biondino.
Justin lo mise sotto il suo mento. <<Fa male?>> chiese quando Callie sussultò al contatto con l’acqua fredda.
<<È un graffietto.>> rispose lei sfilandogli il fazzoletto di mano e abbassando il capo, evitando così che continuasse a toccarla.
Per un secondo, i loro occhi s’incrociarono, ma non vi era nient’altro che freddezza.
Callie lasciò il fazzoletto nelle mani di Ryan e si diresse dove l’arbitro le indicava.
Le passò la palla. <<Mancano appena cinque secondi alla fine della partita. Hai due tiri, ma ne basta uno per far finire il tutto e vincere la tua squadra.>> disse riassuntivo. <<In caso contrario si va ai supplementari.>> ultimato ciò, le lasciò tutto lo spazio che voleva.
“Non ce la farà mai!” “È una ragazza, non può farcela!”
Fece un palleggio a terra. Quelle parole la stavano mettendo in soggezione e le trasmetteva tutt’altro che sicurezza.
Guardò il canestro. Tutti si erano radunati intorno a lei e si sentiva sempre più sotto pressione.
Caricò il primo tiro e lanciò, ma questo andò a sbattere contro il tabellone, per poi tornare indietro.
<<Che vi avevo detto? Si andrà ai supplementari. Vinceremo noi.>> sentì sghignazzare uno degli avversari e poi diverse risate seguirono quelle affermazioni.
Sospirò nervosamente mentre palleggiò ancora una volta.
<<Dai Callie!>> sentì un incoraggiamento dalla squadra del proprio quartiere.
Si girò e guardò tutti. Si soffermò soprattutto sulla figura di Justin, la quale stava fermo con le braccia conserte. Cercava sicurezza da lui, poiché era stato sempre l’unica persona che riusciva a trasmettergliela.
Voleva un suo sorriso, una sua semplice parola, ma lui non si mosse. Annuì debolmente.
Non seppe come, ma lei ricevette una strana carica da quel semplice gesto.
Si concentrò, scrollando dalla mente tutte le voci maligne che in quel momento circolavano su di lei. Fissò il canestro e, un attimo dopo lanciò la palla in un tiro perfetto, che andò a segno senza troppi rigiri.
Tutti esultarono e Callie sentì prendersi da dietro e subito dopo i suoi piedi non toccavano più terra.
Lasciò che un breve gridolio le uscisse dalla bocca mentre la persona la faceva girare in tondo; quando toccò di nuovo a terra, guardò chi era stato, vedendo il sorriso stampato sul volto di Ryan.
Tutti le andarono incontro, abbracciandola e dandole alcune pacche sulle spalle.
In quella confusione, anche il biondino le si avvicinò per complimentarsi, ma lei non capì niente.
I ragazzi della squadra avversaria, piuttosto, stavano discutendo tra di loro, urlandosi l’uno contro l’altro per aver perso.

<<Hei, noi andiamo a mangiare una pizza per festeggiare, sei dei nostri?>> chiese Ryan con un piccolo sorriso.
<<No, devo tornare da Steve. Mi dispiace, ciao!>> rispose velocemente infilandosi il giubbino e prendendo la borsa, per poi uscire dal recinto e andare incontro al ragazzo con cui era uscita, la quale era fermo nello stesso posto dove l’aveva lasciato. <<Scusami se ti ho lasciato solo ma avrebbe continuato a scocciare se non lo avessi accontentato.>>
<<Già.>> rispose freddo il ragazzo. <<Penso che sia ora che ti riporti a casa.>>
Callie non proferì altra parola, sorpresa dal modo con cui la stava trattando.
Per tutto il tragitto, circa dieci minuti d’auto, nell’abitacolo il silenzio regnava senza difficoltà.
Quando lui fermò l’auto davanti casa sua, la castana lo guardò. <<Perché sei diventato improvvisamente così freddo?>> chiese riluttante.
Steve sospirò. <<Sarò breve e sincero. Non voglio avere come ragazza una che non riesce a lasciarsi il passato alle spalle.>> la guardò <<So bene che tra te e quel ragazzo c’è qualcosa che è ancora evidente. E poi non voglio una ragazza che si comporta come un maschio.>>
<<Cosa?>> tentò di ribattere ma non ne ebbe il tempo.
<<Ti vedo quando la mattina arrivi a scuola sul tuo skateboard e poi stasera, quando hai giocato con dei maschi sapendo che ti saresti potuta fare male, e il graffio sotto il mento è una prova.>>
Lei fissò davanti a sé. <<Grazie per la schiettezza. Sai, anch’io non voglio stare con un ragazzo che pretende da me di essere qualcuno che non voglio.>>
<<Non ti ho detto questo.>>
<<Ma vuoi che mi comporti come tutte le altre ragazze. Mi dispiace ma non sono così.>> terminò e scese dall’auto.




Commenti autore:
Mi scuso per il ritardo e per gli eventuali errori. Ho avuto da fare con la scuola e come potete notare il capitolo è più lungo del solito. Semplicemente non potevo concluderlo sul più bello, e poi questo è un capitolo che inciderà sulla storia.
Non penso sia venuto bene ma non voglio divulgarmi oltre, quindi lascio decidere voi.
Grazie mille per le recensioni che mi avete lasciato, mi rendono sempre felice C’:
Ok, la smetto e vi lascio.
Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio :*

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


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Capitolo 5



<<In poche parole ti ha rovinato l’appuntamento.>> arrivò alle conclusioni Penn.
Si sedettero in un tavolo libero nello Starbucks.
<<Non precisamente.>> la corresse Callie. <<Steve non mi avrebbe mai accettato per come sono in realtà.>> sospirò malinconicamente. <<Forse è stato meglio così.>>
Un cameriere arrivò con le loro ordinazioni, porgendogliele e poi allontanandosi senza dire niente.
<<Non so te ma questa storia mi puzza.>>
<<Perché?>>
<<Esci con un ragazzo e, guarda caso, Bieber viene a chiederti di giocare e..>>
<<Non è stato Justin a chiedermi di giocare.>> la bloccò. <<È venuto Ryan e continuava a insistere, così ho dovuto cedere.>> sospirò. Odiava la parte di sé che era troppo concessiva.
<<Ma è stato comunque Bieber a farti venire a chiamare. L’hai detto tu che era il capitano della squadra!>>
La castana scosse la testa. <<Ne dubito fortemente. Non mi ha rivolto lo sguardo fin quando Ryan non mi ha trascinato nel recinto. E poi si vedeva che era incredulo.>> disse portandosi alle labbra la tazzina con il proprio cappuccino.
Penn non proferì altra parola e ciò non era da lei.

Finirono le loro bevande e si avviarono verso la pista di pattinaggio all’aperto, parlando di cose che non rientravano nell’argomento ‘Bieber’, ma presto la bionda lo tirò nuovamente in ballo, anche se non direttamente: <<Sai, devo parlare un po’ con Ryan.>>
<<Perché?>> chiese non capendo. Da quando il biondino e la castana avevano litigato, il gruppo composto dai due ragazzi, Chaz e Ryan –i migliori amici di Justin- e da Penn –la migliore amica di Callie- si era sciolto e le occasioni in cui si parlavano tra di loro erano rare.
<<Non lo so, mi ha sempre dato una strana sensazione..>>
<<Cioè?>>
L’amica non rispose perché erano arrivate al gazzebo dove si affittavano i pattini e, una volta pagato e infilati i pattini, le due ragazze si apprestavano a entrare in pista.
<<Allora? Mi rispondi?>> le disse Callie quando stavano per salire sul ghiaccio.
La bionda roteò gli occhi. <<Non è niente, ho un dubbio idiota che molto probabilmente non ha senso.>>
<<Che dubbio?>> chiese ma era troppo tardi poiché Penn filava sul ghiaccio velocemente, schivando e sorpassando tutti.
La castana allora non perse tempo e iniziò a inseguire l’amica che era in netto vantaggio rispetto a lei.
La pista rettangolare era una delle piste più grandi e lunghe che Callie aveva mai visto e, da piccola, era stata portata a pattinare in quel posto. Da allora era una tradizione andarci.
Continuava a inseguire Penn, acquistando sempre più velocità e sentendosi quasi volare. Il vento gelido le schiaffeggiava la faccia e faceva muovere tutti i capelli.
Amava pattinare e amava quella sensazione di libertà che riusciva a regalarle.
Schivava tranquillamente le persone, facendo attenzione soprattutto ai bambini che si muovevano a fatica.
Stava raggiungendo l’amica quando una risata a lei troppo familiare la costrinse a fermarsi bruscamente e a guardarsi intorno. Scrutò attentamente tutti i ragazzi intorno a lei. La maggior parte erano in compagnia di una ragazza o erano in gruppo.
<<No, fai attenzione!>> sentì ridere. Quella voce.. quella risata..
Si voltò e, a pochi metri da lei, vi era il ragazzo dagli occhi caramello, quello con cui non parlava più e.. e non era solo.
Sorreggeva una ragazza dai lunghi capelli lisci castano scuro, e insieme ridevano. Erano felici e si stavano divertendo.
Callie sentì la forza nell gambe diminuire e la gelosia impossessarsi lentamente del suo corpo. Tutto intorno sembrò improvvisamente immobilizzarsi, mentre davanti ai suoi occhi Justin era con una ragazza che non era lei.
Sapeva che quella non era la prima volta che usciva con qualcuna, poiché era un ragazzo ed era uno dei più belli di Stratford, o molto più probabilmente uno dei più belli al mondo.
Restò ferma per un tempo indeterminabile –che le sembrò un’eternità- fin quando lui non la guardò e il suo sguardo rimase puntato su di lei. Il sorriso dal suo volto scomparve mentre guardava gli occhi dell’ex-amica fissarlo con tristezza.
Nessuno dei due si mosse per un po’. Solo quando sentì le lacrime pizzicarle gli occhi Callie decise a girarsi, iniziando a pattinare e allontanandosi definitivamente da quella scena che l’aveva distrutta.
Non prese velocità come prima per inseguire l’amica, ma procedeva a testa bassa a una velocità più moderata.
Quando vide Penn ferma vicino a un lato, si diresse da lei, fermandosi ed evitando di guardarla negli occhi. <<Voglio andarmene.>> disse infine, senza far trasparire nessuna emozione dalla sua voce, se non la freddezza.
<<Siamo appena arrivati!>> contestò la bionda.
<<Non importa.>>
Penn capì che qualcosa non andava, così guardò in mezzo alla pista. Quando vide Justin con un’altra ragazza, capì tutto.
<<Mmmh..>> mugugnò passandosi la lingua sulle labbra.
<<Che stai tramando?>> chiese la castana intuendo che qualcosa di cattivo stava passando nella testa dell’amica.
<<Lui ti ha rovinato l’appuntamento..>> rispose pensierosa, per poi guardarla. <<Lo ripagherò con la stessa moneta.>> terminata la frase, si lasciò andare all’indietro, facendo mezzo giro su se stessa e iniziando a pattinare verso i due.
<<Penn cos’hai intenzione di fare?>> le urlò Callie e tentò di andarle dietro, ma un bambino si aggrappò alle sue gambe per non cadere, e la ragazza non poté muoversi.
<<Mi aiuti?>> chiese timidamente il bambino guardandola con i suoi occhi azzurri.

<<Tu!>> sentì urlare con una voce minacciosa.
Alzò la testa –distogliendo la propria attenzione da quello che stava facendo- appena si rese conto che Penn si era messa davanti a lui e Luana, la ragazza con cui era uscito.
<<Tu!>> ripeté.
Alzò il sopracciglio non capendo cosa volesse. La ragazza accanto a lui la guardò.
<<Non sei altro che uno sporco traditore!>> gli urlò contro.
<<Cosa?>>
<<Mi stai spezzando il cuore!>> disse fingendosi straziata e di avere le lacrime agli occhi. <<Dovevo dare ascolto a Jenny quando mi ha detto che sei un falso!>>
<<Penn ma di che stai parlando!?>> la interruppe innervosendosi. Stava rovinando il suo appuntamento.
<<Del fatto che non sei altro che uno sporco puttaniere! Prima mi hai fatto innamorare di te, mi hai portato a letto e poi ti trovo con questa squaldrina!>> disse tutto d’un fiato.
<<Squaldrina a chi?>> intervenne Luana.
<<A te! Vuoi sapere cosa farà!? Ti dirà che sei bellissima, che le stelle paragonate ai tuoi occhi non sono niente e che non esiste cosa migliore di te. Ti porterà a letto con quelle sue moine e poi ti tradirà!>> finse un singhiozzo.
La ragazza guardò Justin. <<È vero quello che dice?>> chiese con le lacrime agli occhi.
<<No che non è vero!>>
<<Mi sembra ovvio che rinneghi.>> Penn riportò l’attenzione su di sé. <<È finita Justin, non mi parlare più.>> terminò voltandosi e allontanandosi.

Callie non poté assistere a quella scena, né tanto meno poté evitare che l’amica facesse una cosa del genere.
Stava tentando di tranquillizzare il bambino e, quando vide Penn pattinare facendole l’occhiolino e tirando fuori la lingua, intuì che ne aveva fatta una delle sue.
<<Scusami, l’ho perso in mezzo alla folla.>> disse una signora dai capelli neri avvicinandosi a lei e prendendo per mano il bambino. <<Matthew, avanti andiamo.>> disse dolcemente. Quest’ultimo si staccò dalle sue gambe e la salutò con un piccolo e tenero sorriso, muovendo la mano a destra e sinistra.
La castana ricambiò quei gesti e, subito dopo, portò lo sguardo su Justin e la ragazza dai capelli lisci. Stavano discutendo e lei sembrava più che arrabbiata.
Poco dopo, gli mollò uno schiaffo in piena guancia, e si allontanò.
Il biondino rimase fermo a lungo, fissandola e stringendo i pugni più volte; poi si passò una mano in mezzo ai capelli –gesto che solitamente faceva quando era indeciso- e iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca di qualcuno.
Quando mise lo sguardo su Callie, la ragazza rabbrividì. Lui serrò le labbra, irrigidendosi e un attimo dopo l’aveva raggiunta, fermandosi a una distanza ravvicinata.
<<Si può sapere cosa cazzo ti è saltato in testa!?>> gli urlò contro mentre si guardavano negli occhi. Lei abbassò la testa, non potendo sorreggere il suo sguardo rabbioso. <<Tu e Penn che vi siete fumate!? Vi è piaciuto rovinarmi l’appuntamento!? Spero di sì perché adesso quella ragazza non mi parlerà più e lei mi piaceva davvero!>> continuò. <<Cazzo ma ancora devi capire che tutto quello che c’era tra di noi è finito!? Vuoi capire che tu ed io non saremo mai più niente perché non sei altro che una testa piena di merda!? Lo vuoi capire?>>
Callie sentì mancarsi: tutto quello che le stava dicendo le rimbomava nella testa come fosse un boomerang impazzito, mentre ogni parola era come una bomba al cuore, ma non avrebbe mai replicato.
E lui continuava, senza fermarsi, spinto dalla rabbia del momento.
<<Tu non vali niente! Ed è lo stesso motivo per cui io ti ho abbandonato e per cui nessuno sarà mai interessato a te! Vaffanculo!>> disse infine prima di allontanarsi definitivamente da lei.




Commenti autore:
Spero vi piaccia e mi scuso se accade il contrario (?) ^^’
Ringrazio le persone che passano a leggere i miei capitoli e ringrazio soprattutto le persone che recensiscono, mi mettono sempre di buon umore :)
Diciamo che questo capitolo non mi piace molto ma non so come impostarlo diversamente, quindi o avrei dovuto rimandare ancora la pubblicazione, o l’avrei dovuto postare e basta.
Ok, per farmi perdonare vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà un salto indietro, nel passato, a quando tutto.. Boh xD
Ahahahahahah forse sono cattiva ma va bene çç
Vi lascio, un bacio e recensite :*

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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Capitolo 6



Si passò una mano tra i capelli bagnati, poi si appoggiò al muro della doccia, fissando il vuoto.
Tutte quelle parole, dette con una cattiveria assurda, la facevano sentire sempre peggio e non riusciva a togliersele dalla testa.
Tu non vali niente! Ed è lo stesso motivo per cui io ti ho abbandonato e per cui nessuno sarà mai interessato a te!
Non poteva averle dette sul serio, non poteva pensarlo per davvero.
I suoi occhi, la sua rabbia, il suo disprezzo..
Diverse lacrime le uscirono dagli occhi, ma subito si confusero con l’acqua della doccia che le scivolava su tutto il corpo.
Si guardò i polsi, nonostante avesse la vista appannata.
Il sangue scivolava come l’acqua.
L’aveva rifatto dopo anni. Aveva tradito una promessa che comunque allora come allora non valeva più.
Non doveva farlo comunque: sapeva che sarebbe potuto costarle caro ma, la voglia di sentire il dolore, era stata più forte di lei. Solo un gesto disperato per non soffrire moralmente, del tutto inutile.
Chiuse gli occhi, lasciando che il primo ricordo di lei e Justin riafforasse, lasciando che i bei tempi passati la travolgessero..

<<Traeh Callie! >>
<<Sono qui!>> alzò la mano, sventolandola, per farsi vedere da quella che sarebbe stata la responsabile del campeggio autunnale di novembre.
Quel campeggio si faceva in un luogo isolato, lontano da Stratford e, solitamente, erano invitati a partecipare i ragazzi del terzo anno delle medie. Probabilmente, lo si poteva paragonare a una gita di più giorni in una località turistica e c’era tutto, tranne un comodo albergo, linee telefoniche e wi-fi e l’elettricità –la quale veniva attivata solo la sera dalle cinque alle dieci. In effetti, non c’erano confort e Callie lo vedeva come una perdita di tempo,però era stata costretta dai suoi genitori ad andarci.
Non aveva amici ed era troppo timida per conversare con qualcuno.
Finito l’appello, lei e gli altri ragazzi del suo gruppo furono condotti ai due dormitori, in uno avrebbero dormito le ragazze e nell’altro i ragazzi. Il loro supervisore spiegò l’itenerario, quello che avrebbero fatto e le varie gare a cui avrebbero partecipato con gli altri gruppi provenienti da altre scuole.
Dopo circa un quarto d’ora di spiegazione, la responsabile si allontanò, lasciando le ragazze e i ragazzi sistemare le cose come meglio preferivano nei rispettivi alloggi.
Tutte le ragazze si conoscevano tra di loro e parlavano animatamente, ma la castana si era appartata e, nonostante si trovasse in classe con quattro di loro, era rimasta sola. Come sempre del resto.
“Due settimane qua dentro.. avrei preferito farmele di punizione..” pensò tra sé e sé, arrabbiata con i suoi genitori.
<<Ciao!>> disse una ragazza dai lunghi capelli biondi, leggermente mossi, occhi azzurri e un sorriso stampato sulle labbra che sembravano perfette. <<Io sono Penny ma chiamami Penn.>> le porse la mano e lei la strinse.
<<Io sono Callie.>> rispose a sua volta con un piccolo sorriso. <<Come mai Penn?>> chiese dopo un minuto di silenzio imbarazzante.
<<Perché Penny è il nome di una moneta e mi da fastidio.>> disse facendo una strana faccia, che fece ridere la castana. <<Di che classe sei? Non ti ho mai visto!>>
<<Sono della terza B.. E non mi meraviglio se non mi hai mai visto.>> sospirò aprendo la propria valigia poggiata sul letto infondo alla baita: quello era il più isolato.
<<Non hai molti amici, vero?>>
Callie non rispose e non alzò lo sguardo. Si limitò a scrollare le spalle, quasi in segno di arresa.
<<Buon motivo per diventare migliori amiche!>> le sorrise nuovamente e lei la guardò.
<<Perché ho l’impressione che questa conversazione assomigli alle conversazioni dei bambini piccoli?>>
Penn rise di gusto, poi si distese sul suo letto –non molto distante da quello dell’altra ragazza- e fissò il soffitto. <<Se ci pensi è meglio non crescere. Quando si è piccoli è tutto così facile, persino ‘fidanzarsi’ con un bambino.>> imitò le virgolette con le dita. <<I bambini sono semplici e puoi capirli facilmente. Crescendo le cose cambiano e si complicano.>> la guardò. <<Quindi vale la pena restare bambini, non pensi?>>
Callie rise. <<Sei strana ma sono d’accordo con te.>>
<<Quindi amiche?>> chiese mettendosi a sedere e porgendole il mignolo.
<<Amiche.>> sorrise incrociando il suo mignolo con quello della ragazza appena conosciuta.
Forse i suoi genitori non avevano torto. Nemmeno un’ora in quel campo e si era già fatta un’amica.


Era strano come l’amicizia con Penn fosse iniziata. Era infantile il modo con cui si sono conosciute e, probabilmente, era anche quello il motivo per cui la loro amicizia durava negli anni.

Camminava da sola, allontanandosi dal dormitorio. Amava passeggiare in montagna e amava i corsi d’acqua ed era per questo motivo che era alla ricerca di quel corso d’acqua: appena arrivata aveva sentito uno strano fruscio, come quello del mare che s’infrange contro gli scogli e, ancora prima, aveva visto un fiume che fiancheggiava la strada che il pullman aveva percorso.
Era anche un modo per allontanarsi da quel cinguettio continuo delle ragazze del dormitorio dato che la sua nuova amica, Penn, aveva deciso di farsi una lunga doccia e quindi l’aveva lasciata sola.
Quando finalmente uscì dal bosco in cui si era addentrata, si ritrovò di fronte a un magnifico lago che faceva da specchio alle vette innevate delle montagne lì intorno.
Era qualcosa di spettacolare, qualcosa che toglieva il fiato alla prima occhiata.
Incantata da quel fantastico scenario naturale, iniziò a camminare lungo la riva fatta principalmente da sassolini e sabbia.
Si sentiva bene e tutto quello le stava facendo dimenticare i problemi di cui solitamente era vittima.
Il tempo passava in una maniera troppo veloce e la luce del sole –coperto dalle nuvole- iniziò a diventare sempre più debole, ma ciò non sembrava importarle.
Quando vide un ponticciolo di legno che si estendeva sull’acqua, decise di andare lì e sedersi.
Sfiorò l’acqua con le dita, accogliendone la freddezza.
Quella sensazione di benessere non l’aveva mai sentita così forte prima.
Si sdraiò e fissò il cielo nuvoloso.
Chiuse gli occhi, cercando di assaporare quel momento, ma un improvviso scricchiolio la mise in allerta, tanto da convincerla a mettersi di nuovo a sedere.
Guardò verso il bosco, credendo che il rumore provenisse da lì ma, un altro scricchiolio sotto di lei, la costrinse a ricredersi.
Capì che quel ponticciolo era instabile e il suo peso l’avrebbe fatto crollare.
Un terzo scriocchiolio, molto più forte questa volta.
Tentò di alzarsi ma altri scricchiolii la bloccarono. Cercò di muoversi velocemente ma, un secondo dopo, non sentì più niente sotto di sé e cadde in acqua: era gelata e le stava immobilizzando le articolazioni.
Cercò di nuotare per risalire in alto, per prendere aria nei polmoni e uscire, ma tutto le fu inutile e ogni movimento le era troppo faticoso.
Non riusciva a muoversi e sentiva sempre più freddo.
“Questa è la fine..” pensò finendo di dimenarsi e sentendo l’ossigeno nei polmoni diminuire sempre di più.
Qualcosa le prese un braccio e la tirò su, in superficie.
Respirò a pieni polmoni, così come la persona che, dietro di lei, la stava sorreggendo.
La portò a riva e l’aiuto a salire sulla terra asciutta. <<Stai bene?>> le chiese con il fiatone.
Lei si lasciò andare a terra con la schiena e lo guardò. Capelli bagnati e lunghi, che gli coprivano la fronte, occhi caramello –i più belli che avesse mai visto- e viso perfetto. <<C-c-credo di sì..>> bisbigliò iniziando a tremare per il freddo.
<<Ryan! Chaz!>> urlò il ragazzo verso il bosco.
Callie chiuse gli occhi sfinita e si addormentò.

Quando rinvenne, era sotto montagne di coperte, al caldo in un letto che non era quello del suo dormitorio.
Si guardò intorno e, la prima persona che vide fu il ragazzo che l’aveva tirata fuori dall’acqua.
Le sorrise, mimando un ‘ciao’ con le labbra.
<<Se tu che mi hai tirato fuori?>> chiese con un filo di voce e lui annuì.
<<Ti ho vista mentre eri seduta su quel ponticello e, quando sei caduta in acqua mi sono tuffato anch’io.>>
<<Un vero e proprio eroe.>> disse la donna che era la sua responsabile comparendo alle sue spalle. <<Avrei una ramanzina da farti ma il dottore ha detto che se stai al caldo e tranquilla è meglio.>> abbassò lo sguardo imbarazzata. Non era da lei combinare guai. << Per stanotte dormirete qui. È più caldo e dopo il bagno freddo che avete fatto, è meglio così.>> ultimato ciò, disse al ragazzo di distendersi e riposare nel letto non tropo distante da quello in cui si trovava Callie.
Dopo che la donna uscì, lei dedicò diverse occhiate timide. Voleva ringraziarlo ma non sapeva come né cosa dirgli.
<<Come ti chiami?>> le chiese alla fine lui, girandosi verso di lei. Nella stanza non c’era luce se non il fuoco acceso nel camino.
<<Callie.>>
<<Io sono Justin.>> disse sorridendole e, per quanto fosse difficile distinguerlo, la castana lo vide subito. Era magnifico.
Un improvviso lampo che squarciò il cielo illuminò la stanza, facendo sbandare la ragazza.
Odiava i temporali, odiava i tuoni e tutto il resto.
<<Hai paura?>> rise.
<<Sì e non fa affatto ridere.>> disse acida portandosi le coperte sulla testa. Un altro tuono la fece sussultare nuovamente.
<<Siamo in montagna e qui il tempo cambia di continuo. Dovevi immaginarla una cosa del genere.>>
Callie non rispose, rimanendo sotto le coperte.
<<Vuoi che ti stia accanto?>> chiese dolcemente.
Lo guardò togliendosi le coperte da sopra il capo. <<Cosa?>>
<<Vuoi che dorma con te?>> riformulò la domanda e, poco dopo un altro tuono.
La ragazza annuì e sul volto di lui comparve un nuovo e splendido sorriso.
Si alzò dal suo letto ed entrò in quello della ragazza. Si fissarono per un attimo negli occhi, e lui non annullò la distanza dei loro corpi fin quando lei non rabbrividì per un altro fulmine.
L’avvicinò a sé, stringendola al suo petto in un abbraccio.
<<Tranquilla. Domani sarà tutto finito.>> la rassicurò.
Lei era imbarazzata ma improvvisamente si sentiva al sicuro e, la sensazione che aveva provato prima di cadere in acqua, divenne di nuovo viva in lei.
Affondò il viso nel suo petto. <<Grazie per avermi salvato, Justin..>>


Si accasciò a terra.
La prima volta che si erano incontrati, lui l’aveva salvata e poi avevano dormito insieme.
Solo grazie a lui non aveva più paura dei temporali e solo lui era riuscito a renderle la vita sopportabile.
Lui era il suo tutto, eppure fingevano di odiarsi.
<<Mi manchi..>> sussurrò tra un singhiozzo e un altro, dando vita ai propri pensieri.




Commenti autore:
Ed eccomi con il sesto capitolo
Ringraziatemi, non vi ho fatto aspettare molto :’) Ahahahahahah certo certo çç
Devo ammettere che ero molto ispirata e ieri mi sono messa e l’ho scritto.
Questo capitolo è importante perché si scopre come i protagonisti si sono conosciuti e penso che dovreste sapere che tipo di amicizia avevano prima di scoprire cos’è successo (?) Devo smetterla di parlare çç
Vi ringrazio per tutte le recensioni del capitolo scorso. Mi hanno invogliato a scrivere e mi hanno reso felice :’)
Ok, la smetto di scocciarvi e vi lascio.
Recensite, un bacio :*

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


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Capitolo 7



Chiuse violentemente l’anta del proprio armadietto. Non era ancora riuscito a digerire quanto accaduto il sabato precedente.
<<Quindi ti ha fatto rovinare l’appuntamento..>> continuò Chaz mettendosi con le spalle contro la fila di armadietti.
<<Sì e sa cosa combino quando sono arrabbiato..>> strinse i denti. Non poteva negare che aveva avuto molti rimorsi per quello che le aveva detto, e sapeva che a Callie non sarebbero passate del tutto inosservate quelle parole, ma secondo lui se l’era meritate.
<<Le hai sclerato contro?>>
Justin non rispose, si limitò ad annuire lievemente.
<<Ma non è stata lei a rovinarti l’appuntamento!>> intervenne Ryan, rimasto in silenzio per tutto il tempo.
<<Tu stai sempre a difenderla.>> lo zittì in un attimo.
Stavano per incamminarsi verso l’aula del professore di matematica quando sentì picchiettare violentemente sulla spalla sinistra.
Si girò ma, nemmeno il tempo di capire chi lo aveva toccato, che si ritrovò con una guancia rossa, dolorante, e la testa girata di lato.
<<Non sei altro che un patetico coglione!>> gli urlò contro Penn.
Il biondino la guardò alzando il sopracciglio irritato. <<Perché mi hai dato uno schiaffo?>> chiese massaggiandosi la guancia. <<Non ti è bastato rovinarmi l’appuntamento?>>
<<E a te non è bastato dire quelle cose tremende a Callie!?>>
Strinse i pugni. <<Se l’è meritato.>> disse freddo.
<<Per cosa? Per essere ancora legata a te o perché non ha potuto evitare che venissi vicino a te e a quella ragazza con cui eri uscito?>>
<<Cosa?>>
La ragazza chiuse gli occhi e respirò, nel tentativo di calmarsi. <<Siete stati amici quanto? Cinque o sei anni? E ancora non sai che non sarebbe capace di fare una cosa del genere?>>
Non rispose. Sentì per un attimo il cuore in gola. Aveva ragione, e non poco.
Callie era sempre stata una ragazza che non era capace di fare del male alle persone, soprattutto se ci teneva molto e, se era vero che era ancora legata a lui, non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Guardò oltre Penn quasi automaticamente, senza volerlo. Non gli ci volle molto a scorgere la figura della castana mentre camminava con la testa bassa, il cappuccio della felpa nera poggiato sul capo –il quale le copriva gli occhi e metà viso- le cuffie bianche infilate nelle orecchie.
Avanzò velocemente, sorpassando il gruppetto intorno a Justin e scomparendo in una delle aule.
<<Non sei nient’altro che un’idiota Justin, e sinceramente non mi meraviglio.>> concluse Penn per poi girarsi e scomparire nella stessa classe in cui era entrata la migliore amica.
Sospirò rumorosamente. Era arrivato alle conclusioni troppo in fretta e se l’era presa con la persona sbagliata. Adesso doveva rimediare.

<<Puoi andare Bieber, la tua punizione finisce con dieci minuti di ritardo, ma è finita.>>
<<Grazie!>> rispose nervosamente prima di lasciare l’aula in cui era rimasto da solo con il professore.
Come se quella giornata non era già pessima di suo, era stato ribeccato mentre giocava con il telefono –che gli avevano sequestrato- e successivamente era stato scoperto mentre minacciava un ragazzo che aveva insultato la sua famiglia. La preside non gli aveva dato retta mentre cercava di dare le proprie spiegazioni e quindi gli aveva ‘regalato’ un’ora e quaranta, da trascorrere con uno dei professori più indecenti della scuola, nell’aula ‘punitiva’.
Si affrettava ad uscire dall’edificio ormai vuoto, con le mani nelle tasche e il solito cappellino poggiato sulla testa.
Tutto era silenzioso e nel corridoio non vi era alcun rumore se non dei suoi passi, fin quando qualcosa non lo bloccò.

[ Clicca qui per sentirla]

Una melodia, a lui troppo familiare, faceva da sfondo a quel luogo triste e monotono.
Si girò e il suo sguardo cadde sulla porta socchiusa dell’auditorium. La melodia proveniva senz’altro da lì.
Si avvicinò a passo felpato alla porta e, senza fare troppo rumore, entrò nell’auditorium completamente buio, con una luce a occhio di bue fissa solo sul pianoforte sul palco e, come immaginava, la persona che stava suonando in quel momento era proprio Callie.
Lei era una pianista fantastica e in passato passava ore al pianoforte nello studio del padre, e lui era lì ad ascoltarla realizzare brani senza tempo, talvonta composti da lei stessa.
Scese lentamente quelle scale che c’erano lungo il muro.
Quella melodia era ‘River flows in you’ ed era la sua preferita. Non ne sapeva il motivo, ma amava riprodurla.

Continuava a sfiorare con gli occhi chiusi i tasti del pianoforte.
Quella melodia era qualcosa d’inspiegabile, quello che provocava in lei e come la faceva sentire..
Si bloccò quando sentì qualcosa muoversi sulla parte vuota della panca nera –foderata con un cuscinetto rosso- su cui era seduta.
Aprì gli occhi e guardò di lato, scontrandosi a pieno con gli occhi caramello del ragazzo che era tutto per lei.
Non dissero nulla ma, il secondo dopo, Callie gli aveva fatto più spazio a sedere e insieme ripresero dalla metà del brano, precisamente da dove la ragazza si era fermata.
Il pianoforte era come diviso in due: a lei toccavano le note acute e metà di quelle dolci, mentre a Justin toccavano le note più basse e metà di quelle dolci. Ognuno, sapeva perfettamente le note che gli toccavano mentre le loro dita si muovevano all’unisono, senza mancare o sbagliare nulla.
Quella non era la prima volta che suonavano insieme. In passato amavano farlo e, quel brano in particolare, era stata la loro rampa di lancio.
Le ultime note, quelle acute, lui seguì con lo sguardo le sue mani e mise le proprie sulle ginocchia, aspettando che la melodia finisse.
Quando anche l’ultima nota rieccheggiò nell’auditorium, Callie lo guardò per un secondo negli occhi, prima di abbassare la testa.
Le mancava suonare con lui.
<<Ti ricordi quando non riuscivi a suonarla tutta e ti arrabbiavi?>> sorrise Justin –forse per la prima volta in tutta la giornata- senza togliere lo sguardo dai suoi lineamenti perfetti.
Anche Callie sorrise. <<Sì, non mi era mai capitato prima, e tu ti sei seduto al mio fianco e mi hai aiutato.>>
Alzò nuovamente –anche se per poco- la testa, affondando negli occhi caramello del ragazzo.
<<Già.. E allora abbiamo iniziato a suonare diversi testi insieme.>>
<<Eravamo bravi e in sintonia.. le parole di mio padre..>>
<<E come dimenticarle.>>
Si guardarono nuovamente e poi entrambi risero in modo lieve. Riportare alla mente i bei ricordi passati faceva male, ma ricordarli insieme era tutt’altra storia.
Calmate le risate, il silenzio tornò a regnare e lei cercava di evitare i suoi occhi.
Aveva troppe cose da dirgli, ma era arrivata al punto di pensare che se gli avesse tenuto tutto nascosto sarebbere stato meglio.
<<Devo.. chiederti scusa..>> disse alla fine Justin con un filo di voce. <<Sabato ero arrabbiato e non era colpa tua. Scusami per tutte quelle cattive parole, io non le pensavo per davvero.>>
Callie s’irrigidì di colpo. <<Chi ti ha detto che non era colpa mia?>> rispose fredda, tanto da far raggelare di colpo anche il biondino. <<Chi ti ha detto che io non volevo rovinarti di proposito l’appuntamento?>>
<<Ti conosco Callie, non puoi mentirmi.>> invano cercò il suo sguardo.
Lei rise lievemente, in una risata che non era vera. <<Ti sbagli.>> finalmente lo guardò e puntò i suoi occhi dritti nei suoi. <<È ormai un anno che non mi conosci più.>>
<<Non puoi essere cambiata, ti conosco troppo bene.>>
Si alzò di colpo, sbattendo violentemente le mani contro i tasti del pianoforte, i quali provocarono un suono fastidioso e scordato.
<<Smettila di autoconvincerti. Non sono più quella persona di un anno fa. Quella che si è resa ridicola davanti ai tuoi occhi solo per uno sciocco sentimento.>>
Justin abbassò la testa rassegnato. <<Volevo solo chiederti scusa, pensavo di essere nella parte del torto ma a quanto pare mi sbaglio.>>
<<Bravo, ci sei arrivato.>> quelle parole fredde risuonarono come delle schegge di vetro alle orecchie del ragazzo.
Non si dissero più nulla perché Callie si allontanò definitivamente dal pianoforte e da lui, lasciando l’auditorium.
Le lacrime inziarono a scorrerle piano sulle guancie.
Tutto ciò le faceva male, tutto ciò la stava distruggendo.
<<Mi manchi Justin, ma tutto ciò è solo per il tuo bene..>>




Commenti autore:
Saaaaalve c: e scusatemi per il ritardo çç
Avrei dovuto postarlo ieri ma non mi sono proprio connessa quindi ho dovuto rimandare a oggi.
Spero vi piaccia e finalmente (?) vi ho rilevato la melodia a cui è aspirata la canzone c: ho sempre immaginato una scena dolce per farvela scoprire ed eccola c:
Spero che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio per tutte le recensioni del capitolo scorso, mi mettete sempre di buon umore :’)
Ok, mi dissolvo e vi lascio.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


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Capitolo 8



Si guardò intorno, controllando che nessuno la potesse vedere, poi entrò nello sgabuzzino chiudendosi la porta alle spalle.
Era piuttosto stretto ma era l’unico luogo dove nessuno andava negli orari scolastici.
Chaz le schioccò un bacio sulle labbra. <<Mi sei mancata..>> disse sorridendole e cingendole i fianchi con le mani.
<<Sei uno scemo.>> rise mettendogli le braccia intorno al collo e facendo combaciare di nuovo le loro labbra ma, quando lui stava per intensificare il bacio, si staccò e lo guardò. <<Dobbiamo parlare di quanto è successo ieri tra Justin e Callie.>>
Chaz sbuffò e annuì. <<A me Justin non ha detto nulla ma questa mattina era tra le nuvole..>>
<<Lo stesso vale per Callie. Abbiamo fatto pace, anche perché non riusciamo a stare litigate a lungo, ma non mi ha accennato niente. Ed è sempre pensierosa..>>
<<Secondo te perché l’ha trattato così?>>
Penn sospirò scuotendo la testa, poi si appoggiò con la testa al suo petto, sentendo i battiti regolari del suo cuore. <<Io non lo so.. Credevo volesse riappacificarsi con Justin, ma improvvisamente sembra che voglia allontanarlo..>>
<<E se fosse davvero così?>> le accarezzò i capelli. <<Se non volesse fargli scoprire di essere malata?>>
Penn tirò un lungo sospiro, sentendo le lacrime affiorarle agli occhi. <<Io non lo so.. Ho paura e non so che fare..>>
Chaz le prese il viso tra le mani, portandolo di fronte al proprio. <<Troveremo una soluzione. Dobbiamo solo trovare un modo per farli riavvicinare..>>
La bionda sospirò di nuovo per poi annuire energicamente. <<Escogiterò qualcosa.>> disse convinta.
Poco dopo, le loro labbra combaciavano nuovamente, in un lungo bacio intenso..

Guardò nervosamente l’orologio appeso alla parete.
Non vedeva l’ora che le lezioni del mattino finissero per dirigersi nell’auditorium a suonare.
Ripensò a quanto accaduto la sera prima.
Non voleva trattarlo così male, non voleva mandare all’aria il suo tentativo –se davvero lo era- di riavvicinarsi a lei, eppure lo aveva fatto. Cercava di convincersi che era per il suo bene, ma le era più difficile di quando le era sembrato all’inizio.
Sbuffò poggiando la testa sul banco, lasciando che l’ennesimo ricordo di lui le affiorasse alla memoria, lasciando che i bei tempi si facessero spazio tra quelli bui dell’ultimo anno..

Aprì gli occhi.
Un leggero respiro le accarezzava senza sosta la pelle, sfiorando le labbra e parte del collo.
Puntò gli occhi sul ragazzo che la teneva stretta a qualche centimetro dal suo corpo. Dormiva beatamente e non poté negare che le sembrava un angelo.
Le sue labbra, i suoi lineamenti perfetti e.. i suoi capelli. Erano castano chiaro, quasi biondo, e gli coprivano tutta la fronte in un’acconciatura che, sebbene scompigliata, sembrava perfetta.
Si mosse leggermente, togliendo la mano dal suo petto e accarezzandogli i capelli. Non seppe mai dire il perché ma quell’impulso fu involontario ma allo stesso tempo voluto.
Erano morbidi e sembravano di velluto. Erano stupendi e li amava.
Lui lentamente aprì gli occhi e li puntò in quelli della ragazza, che era ancora intenta a giocherellare con il suo ciuffo.
<<Ti piacciono i miei capelli?>> rise e Callie sbandò, sorpresa.
Diventò rossa per l’imbarrazzo. <<E-e-ecco io.. sì, mi piacciono.>> rispose tenendo lo sguardo abbassato.
<<Davvero?>> le accarezzò il fianco, facendola sentire ancora più in imbarazzo.
<<Sì, sono belli, morbidi e.. non ho mai visto un taglio simile prima.>>
Justin l’ascoltava con interesse. <<Sai, spesso mi chiamano gay solo perché porto questo taglio.>> abbassò la testa.
La ragazza rise. <<Penso siano stupidi.>> la guardò e, fu come se fosse la prima volta che si guardassero negli occhi.
<<Su quello non c’è dubbio.>> rise leggermente, lasciando intendere quanto quei cattivi commenti che solitamente si sentiva dire avevano un peso sulla sua autostima.
<<Sei un perfetto sconosciuto, eppure ho l’impressione che dai troppo retta al parere delle persone.>>
Justin la guardò. <<Cosa intendi?>>
<<Che ti lasci condizionare.>> si girò, sdraiandosi completamente sulla schiena e fissando il soffitto. <<La gente ama parlare male degli altri, soprattutto se sono gelosi o se vogliono nascondere le proprie imperfezioni criticando e mettendo in luce quelle altrui.>> sospirò.
<<Sembri esperta in materia.>>
Sorrise chiudendo gli occhi. <<Sì, hai ragione.>>
<<Non capisco però su cosa possano criticarti.>> Callie rivolse nuovamente il suo sguardo a lui, notando che si mordeva il labbro. Sembrava un gesto che era solito fare quando era in imbarazzo o quando qualcosa gli passasse per la testa.
<<Cosa ti fa pensare che non abbia nulla di cui mi possano criticare?>>
Sospirò. <<Questa tua domanda mi fa intuire che non hai molta autostima. Motivo in più per cui sei una facile preda per quelli che, come dici tu, amano criticare.>>
<<Cosa?>>
<<Se non mi sbaglio, tu dovresti essere la ragazza di terza B che è sempre sola, che dicono non avere amici e che è scontrosa con tutti.>>
Rise leggermente. <<Come vedi, le voci girano.>> chiuse gli occhi.
Nessuno sapeva quanto le facesse male, nessuno immaginava com’era sentirsi soli in una stanza piena di persone..


Riaprì lentamente le palpebre, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi.
Quella sensazione di solitudine era tornata dopo anni.
Alzò la testa e si guardò intorno, senza fermarsi troppo sugli studenti seduti nei vari banchi.
Conosceva tutti i loro nomi e con qualcuno aveva scambiato diverse parole, ma mai nessuno si era interessato tanto a lei da chiederle anche solo come stava.
E così era con la maggioranza delle persone della scuola che conosceva.
Posò per un attimo lo sguardo sui polsi, pieni di cicatrici e di alcune ferite risalenti a pochi giorni prima.
Quelli che i suoi genitori e professori definivano suoi compagni, l’avevano spinta a sfreggiarsi, a farsi del male per sentirsi bene.
E poi era entrato lui nella sua vita, portando serenità e accendendo nella ragazza un sentimento nuovo e alquanto forte.
<<Signorina Traeh, ci vuole degnare della sua attenzione ascoltando, o anche fingendo di ascoltare, la lezione?>> tuonò la professoressa.
Tutti risero e Callie non poté fare a meno di sentirsi fortemente in imbarazzo.
<<Mi scusi, non mi sento molto bene..>> una scusa plausibile, almeno ci sperava.
<<Se non si sente bene, può anche uscire dall’aula.>>
<<Già, perché a nessuno importa se ci sei o meno.>> disse sghembo uno dei suoi ‘compagni’.
Si alzò e, senza dire altro, uscì dall’aula, restando sola nel corridoio vuoto.
Molte cose erano cambiate, altre erano tornate come prima.

Pioggiò la borsa a terra, iniziando a cercare il taglierino che aveva messo la sera precedente.
Sapeva di non doverlo fare, ma era più forte di lei quella voglia e stava prendendo di nuovo il sopravvento.
Una volta trovato, si alzò e si guardò allo specchio. Gli occhi erano leggermenti lucidi: quello era il suo campanello di allarme. Se non avrebbe fatto qualcosa, le lacrime sarebbero uscite e lei odiava piangere.
Strinse il taglierino nel pugno.
Odiava sentirsi così debole.
Si alzò le maniche, lasciando scoperti i polsi; fece scattare il taglierino, in modo che la lama uscisse. Era pronta ad affondarla nella pelle quando sentì lo scarico di uno dei bagni.
Si spaventò, lasciando cadere l’oggetto che aveva in mano nel lavandino. Quando sentì lo scatto della serratura della porta, lo recuperò, infilandolo nella tasca della felpa e iniziò a fare finta di aggiustarsi la lunga frangia.
La ragazza che uscì, era di poco più bassa rispetto a Callie e aveva dei lunghi capelli castano scuro. Le era alquanto familiare.
<<Ti ho spaventato prima?>> chiese sorridendo mentre si lavava le mani. <<Ho sentito qualcosa cadere..>>
<<Beh, non mi aspettavo che ci fosse qualcuno in effetti.>> rispose fingendosi poco interessata. <<Sono tutti in sala mensa a quest’ora.>>
<<Già, e dovrei essere anch’io lì, ma c’è una persona che non voglio vedere.>>
Allora ebbe l’illuminazione. <<Qualche ragazzo?>> probabilmente era invadente con quella domanda, ma aveva qualcosa in mente.
La ragazza la guardò. <<Sì, precisamente un puttaniere con cui sono uscita.>>
<<Se stai parlando di Bieber..>>
<<Fammi indovinare, tu sei una di quelle che ha fregato.>> disse prendendo un pacco di fazzolezzi di carta dalla tasca della tuta.
Callie rise. A quanto pare Penn ci era andata pesante. <<Ti sbagli. Non so cosa ti abbia detto Penn ma niente di quello è vero.>> abbassò la testa, aprendo l’acqua e lavandosi a sua volta le mani.
<<Cosa intendi?>>
<<Che Justin non è un puttaniere, anzi, è un ragazzo semplicemente dolce.>>
<<E tu come lo sai?>> quella domanda era più fredda di quanto si sarebbe aspettata.
<<Perché è stata a causa mia se Penn, che è la mia migliore amica, ti ha rovinato l'appuntamento.>> la guardò. <<Justin ha rovinato il mio di appuntamento venerdì scorso e la mia amica ha voluto fare la stessa cosa, solo che non è stato lui a rovinarmelo.>> chiuse l’acqua corrente e si appoggiò con le mani sul lavandino.
<<Perché dovrei crederti?>> le porse un fazzoletto che Callie accettò, iniziando ad asciugarsi le mani.
<<Infatti non devi. Puoi lasciare le cose come stanno, fare finta di niente e perdere un ragazzo dal cuore d’oro..>> chiuse gli occhi. Non poteva credere che lo stesse davvero facendo. <<Oppure puoi andare da lui e dirgli che sai tutta la verità.>>
L’altra restò per un attimo immobile, riflettendo sul da farsi mentre Callie ripose gli occhi su di lei. Capì che era confusa e che non sapeva cosa fare, eppure stava aspettando una specie di consiglio.
<<Perché sei ancora qui? Vuoi fartelo davvero scappare?>>
<<Perché stai facendo questo, perché mi stai convincendo a tornare da lui?>>
<<Sai, io ho perso la mia occasione con una persona. Se vuoi commettere lo stesso errore, non te ne faccio una colpa.>> dettò ciò, le voltò le spalle, riprendendo il suo zaino e lasciando definitivamente il bagno femminile.
Non sapeva il motivo preciso per cui l’aveva fatto, ma poco le importava.
Se Justin avrebbe dovuto dimenticarla, ci sarebbe dovuta essere un’altra. È una strana regola che Callie stava capendo solo adesso: per dimenticare una persona, c’è bisogno di un’altra che ne occupi il posto.
E forse era giusto così.. forse era giusto che Justin la sostituisse.




Commenti autore:
Heeeeeei bella gente come va? c:
Spero che a voi vada meglio di come me la sto passando io in questi giorni, ma poco importa c:
Spero che il capitolo vi piaccia e devo dire che questo è uno dei capitoli più significativi che abbia mai scritto, almeno per me. È la prima volta che descrivo in modo chiaro come mi sento spesso, precisamente quando non ci sono i miei amici e sono in classe o nella filovia o nel pullman. Posso conoscere tutti, eppure mi sento sola. E non sono molto sociale (già, in certi sensi sono proprio asociale) quindi ho pochissimi amici.
Ok, smetto di dirvi cose che non v’interessano e che vi staranno sicuramente annoiando c:
Ringrazio tutte le persone che leggono e che recensiscono, in particolar modo ringrazio quelle persone che mi seguono anche dall’altra storia e che mi fanno sempre sorridere c: e grazie a tutte le persone che ci sono da questa storia ma (spero) ci saranno anche in quelle a venire.
Bene, adesso ho davvero terminato.
Recensite, un bacio e grazie a tutti ancora per tutto =)

-Yogurt

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


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Capitolo 9



Continuava a girare e rigirare, senza sosta, la forchetta nell’insalata. Mangiare non gli andava a genio.
<<Justin, stai bene?>> gli chiese Chaz attirando la sua attenzione.
Lasciò definitivamente, la forchetta nel piatto. <<Sì, sono solo un po’ assonnato.>> mentì.
<<Sapete, ho sentito dire che Callie chiuderà il saggio d’inizio primavera.>> intervenne Ryan.
Justin roteò gli occhi. Non voleva sentire parlare di lei ed ecco che qualcuno la metteva in mezzo alla loro conversazione.
<<Tu ne sai qualcosa?>> gli chiese Chaz fissandolo.
<<Sapete che non mi parlo più con lei e anche se fosse non m’importa..>> guardò altrove, scrutando una per una tutte le persone presenti nella mensa, nella speranza di poter intravedere la ragazza. <<Però ieri l’ho sentita suonare nell’auditorium.. Per tua felicità Ryan.>> si alzò.
<<Dove vai?>>
<<Ho bisogno di camminare un po’ e non mi va di mangiare.>>
I due amici lo guardarono perplessi prima di annuire e Justin si allontanò, lasciando il tavolo e la mensa.
Sentiva il bisogno di stare solo e, se proprio doveva essere in compagnia, desiderava una sola persona al proprio fianco, ma era l’unica da cui doveva stare lontano.
Tutto ciò stava diventando ridicolo e il comportamento di Callie nei suoi confronti l’aveva turbato molto.
Il corridoio era vuoto e stava per arrivare all’auditorium, quando vide Luana uscire dal bagno femminile, con lo sguardo abbassato.
Si fermò di colpo. Sapeva che lo odiava e dopo quello che Penn gli aveva detto non gli aveva più rivolto la parola. Incontrarsi a faccia a faccia non sembrava una bella idea.
Non si mosse e, con sua grande sorpresa, quando Luana alzò lo sguardo e lo vide, gli sorrise. Si avvicinò.
<<Hei.. Come stai?>> chiese con un filo di voce.
Justin non rispose e la guardò confuso. Perché gli stava rivolgendo la parola?
Lei lo guardò per un attimo negli occhi poi, abbassando la testa, continuò: <<Deduco che ti sto disturbando..>>
<<No no, non fraintendermi..>> si affrettò a dire poggiando le mani sulle sue spalle, per poi toglierle senza soffermarsi troppo. <<Solo che credevo non volessi più vedermi dopo sabato scorso.>>
<<Infatti è così..>> lo guardò e sospirò. <<Poco fa in bagno ho incontrato una ragazza che mi ha detto come stanno le cose. Mi ha detto che tu non sei un puttaniere ma sei un ragazzo dolce e mi ha fatto capire che se ti lasciassi andare sarei un’idiota..>> disse tutto d’un fiato.
Si bloccò davanti quelle parole. Poteva essere stata davvero Callie a convincere Luana a tornare da lui? Perché lo aveva fatto?
<<Chi è stato a dirti questo?>> chiese stranamente serio, troppo serio.
<<Non mi ha detto il suo nome. Ho visto che ha lo zaino rosso ed è un po’ più alta di me..>>
Non c’era dubbio. Era lei.
Justin si sentì improvvisamente vuoto. Perché stava facendo tutto ciò?
<<Scusami, devo andare..>> disse scansando la ragazza e superandola si allontanò, iniziando a cercare Callie.
Il desiderio di parlarle, di sapere cosa stava accadendo era più forte adesso che nell’ultimo anno.
Qualcosa non andava, se lo sentiva.

Sentì le gambe cedere e l’aria mancarle. S’inginocchiò impotente sotto il suo peso.
<<Penn!>> urlò sperando che la sua amica non si fosse allonata di molto.
Per sua fortuna, Penn era appena dietro l’angolo e, quando la vide a terra, angosciante perché faticava a respirare, sgranò gli occhi.
Non disse nulla e, un secondo dopo, stava correndo nel corridoio per andare al suo armadietto.
Appena vi arrivò di fronte, si affrettò ad aprirlo e, frugandoci per qualche secondo di troppo, vi trovò sia l’inalatore sia le pillole che la madre di Callie le aveva consegnato dicendole “Portale sempre con te. Se Callie presenta qualche problema, devi dargliele e devi tenerla sempre d’occhio.”
Chiuse poi l’anta, sbattendola violentemente, e iniziò a correre di nuovo verso l’uscita.
<<Penn! Fermati!>> si sentì urlare da qualcuno dietro di sé ma non si fermò per vedere chi fosse e cosa volesse. L’amica era più importante.
<<Eccomi..>> disse con il fiatone aprendo il contenitore di pillole e prendendone una.
Callie era diventata bianca in volto e aveva incominciato a tossire gravemente. Ingoiata la pillola, sembrò calmarsi e lentamente tornò a respirare normalmente, senza tossire.
<<Non puoi farmi prendere certi colpi..>> ironizzò sedendosi accanto a lei, ancora con il fiatone.
<<Scusami, sai che non controllo io tutto questo.. >> sospirò guardando il cielo nuvoloso.
<<Lo so..>> rispose poggiando la testa sulla sua spalla. <<Spesso ho paura di non poterci essere.>>
<<Può capitare ma tranquilla. Sai che non mi abbatto per qualche attacco di..>> si bloccò quando vide arrivare Justin a passo spedito verso di loro.

<<Callie, dobbiamo parlare.>> disse senza troppi giri di parole, fissando entrambe le ragazze.
La castana roteò gli occhi abbassando la testa, mentre l’altra la guardò, aspettando il consenso per andarsene e lasciarli soli.
<<Adesso?>> chiese sospirando.
<<Sì, adesso.>>
Si alzò e Penn fece altrettanto, prendendo un inalatore che si trovava sull’erba e anche un tubicino simile a quello che gli aveva dato. <<Se hai qualche problema, chiamami.>> disse prima di allontanarsi.
I due iniziarono a camminare l’uno affianco all’altra, percorrendo il contorno dell’edificio scolastico.
<<Perché sei bianca in volto? Non ti senti bene?>> chiese guardandola attentamente.
<<Sto bene. Ho messo un po’ di fard troppo chiaro.>> mentì e Justin se ne accorse subito.
<<Tu non ti trucchi, se non con una matita intorno agli occhi.>>
<<Te l’ho già detto. Sono cambiata.>> ed ecco la freddezza che odiava.
Scrollò le spalle, per poi fissare davanti a sé, esattamente come stava facendo Callie per evitare il suo sguardo. <<Perché hai convinto Luana a tornare da me?>>
Sospirò. <<Ho solo cercato di riparare il danno fatto per colpa mia. Se non ti sta bene, scusami, la prossima volta rimarrò con le mani in mano senza fare niente.>> si fermò.
<<Sai che non intendevo questo.>> si piazzò di fronte a lei, ma nonostante ciò Callie non si azzardava a guardarlo negli occhi. <<Voglio sapere cosa sta succedendo. Il perché di questi tuoi comportamenti e..>>
<<Non puoi pretendere spiegazioni.>> lo guardò, con gli occhi umidi. <<È un anno che non mi rivolgi più la parola e adesso ti sembra giusto che io ti dia spiegazioni?>>
<<Ma che ti costa darmele?>>
<<E tu perché non hai mai voluto darmele!?>> dalla sua voce si capì quanto fosse arrabbiata. Troppo tempo era trascorso.
<<Ecco io..>> abbassò la testa. <<Non posso..>>
<<E allora non venire da me pretendendo spiegazioni che non ti devo.>> rispose ovvia tutto d’un fiato. <<Te ne sei andato dicendomi di non volermi più parlare, che ti ho deluso e adesso te ne vieni che vuoi sapere cosa sta accadendo?>> cercò invano il suo sguardo. <<Mi dispiace ma hai deciso di non fare più parte della mia vita. Non è colpa mia se rispetto le tue decisioni.>>
La riguardò, affondando nei suoi occhi ambra. <<Non ti ho mai detto questo..>>
<<Ah no? E cosa mi hai detto? Dimmi cosa diavolo hai inteso quella fottuta sera!?>> urlò l’ultima frase. Delle lacrime iniziarono a scorrere sul volto.
Abbassò la testa impotente. Odiava vederla così ed era stato uno stupido, ma era troppo tardi per tornare indietro e cambiare tutto ciò che aveva fatto l’anno precedente.
<<Il mio unico sbaglio è stato quello d’innamorarmi di te. Ti avevo chiesto di promettermi che qualsiasi cosa sarebbe successa, noi saremmo rimasti sempre migliori amici, ma tu mi hai allontanato definitivamente, come se innamorarsi fosse un sacrilegio, come se continuavamo a essere amici fosse l’errore più grosso a questo mondo.>> strinse i pugni ma non disse niente, e questo la fece innervosire ancora di più. <<Grazie per avermi dimostrato quella sera,>> tirò su il naso prima di continuare. <<che io non valevo niente per te e per questo mondo. Grazie per avermi dimostrato ancora una volta quanto sei codardo e quanto sei stupido.>>
<<Ti prego.. io..>>
<<Vaffanculo Justin.>> concluse e si allontanò, lasciandolo lì, nel bel mezzo del prato accanto alla scuola.
<<Ti amo, Callie..>> sussurrò vedendola scomparire dietro l’angolo, mentre una lacrima gli rigò il volto.




Commenti autore:
Heeey là c:
Scommetto che vi ho lasciato con un grosso punto interrogativo stampato in testa e non posso negare che l’intenzione era quella xD
In questo capitolo non accade molto, anzi in verità niente, ma è un capitolo transitorio per quello che accadrà.
Spero vi piaccia e vi ringrazio per tutte le recensioni che mi avete lasciato, alcuni di voi mi hanno lasciato davvero senza fiato tali le parole dolci :’) ma vi risponderò appena posso perché adesso devo uscire e ci tenevo a postarvi il capitolo, altrimenti avrei dovuto farlo domani D:
Sparisco. Un bacio e alla prossima :*

-Yogurt

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


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Capitolo 10



<<Com’è andata?>> le chiese Penn sedendosi accanto a lei.
<<Male. Gli ho sputato tutto in faccia e non l’ha presa bene.>>
L’amica non rispose. Si limitò a prendere il cellulare dalla tasca che stava vibrando.
<<Chi è?>> chiese Callie nel tentativo di leggere il mittente del messaggio.
<<Nessuno. Mia madre mi ha appena detto che farà tardi a cena.>> rispose l’altra rimettendo frettolosamente il telefono nella tasca.
<<Da quando tua madre t’invia messaggi?>> la guardò sospetta.
<<Ehm… le ho insegnato di recente come si fa.>>
Scrollò le spalle. Aveva capito da qualche tempo che le stava nascondendo qualcosa e scoprirlo sarebbe stato sicuramente facile, ma non era mai stato così evidente come nelle ultime settimane.
<<Tornando a te.. Hai intenzione di non dirgli niente?>>
Sbuffò poggiandosi allo schienale della sedia. Sapeva a cosa voleva arrivare e riprendere quell’argomento le faceva sempre male. <<No. Ci tengo a lui ed è per questo che non voglio dirgli niente.>>
Penn la guardò perplessa. <<Non è meglio che lo venga a sapere da te che da qualche altro?>>
<<Penn, punto a non farglielo scoprire proprio. Tu sei l’unica persona che lo sa a parte i medici e la mia famiglia. Quindi, di conseguenza se tieni la bocca cucita, nessuno lo verrà sapere, fin quando..>> si bloccò, non riuscendo a completare la frase.
<<Callie, non ti azzardare più a dirlo o anche solo pensarlo.>> disse l’amica nervosa, scandendo ogni singola parola.
<<Sì, scusami..>> rispose tenendo il tono di voce basso.
A volte la sua ingenuità la portava a dire cose che facevano male alla persona con cui stava parlando e, su quell’argomento, Penn odiava quando diceva qualcosa di troppo, qualcosa che sarebbe accaduto e che l’avrebbe lasciata con un ‘vuoto incolmabile di amicizia’, così lo definiva lei.
Callie non poteva negare che non si era ancora abituata a quell’idea e spesso ci rifletteva. Non aveva mai pianto per quel motivo perché lo riteneva irreale, come se le parole dei medici –dette poco meno di anno prima- non fossero vere, come se i loro fossero solo dei commenti che magari avevano visto e sentito in un film.
Accettare la realtà era difficile ma, alla fine, avrebbe dovuto farlo.
<<È perché non vuoi fargli sapere niente che lo continui ad allontanare?>>
A quella domanda s’irrigidì e si limitò ad annuire lievemente.

<<Ma che diavolo!>> urlò Justin dando un calcio alla recinsione del campo di basket. <<Cosa diamine aspetta quel maledetto arbitro a comunicare la nostra vittoria!?>>
I compagni della sua squadra scrollarono le spalle.
<<Da quello che abbiamo sentito ha la febbre.>> disse incerto uno di loro.
<<Questi sono problemi suoi! Non si può andare avanti così!>> strinse i pugni. Gli stava andando tutto male in quei giorni. <<Vi rendente conto che fra una settimana e mezza inizia il torneo a colori e va a finire che squalificano il quartiere rosso solo perché non abbiamo una squadra vincitrice?>>
<<Justin calmati. Provvederemo noi a rintracciare l’arbitro.>> disse Ron, uno dei giocatori più abili della squadra.
Sbuffò, poggiandosi alla rete e puntando gli occhi su Chaz, che era intento a maneggiare con il cellulare. Era tutto il giorno che messaggiava con qualcuno che aveva detto essere ‘sua madre’, eppure il suo comportamento era fin troppo sospetto. Peccato che avesse altre cose per la testa per capire cosa gli stava succedendo.
<<Ragazzi, io devo andare. Ci vediamo domani.>> disse poi Chaz battendo il cinque a tutti e allontanandosi.
Tutti chiaccheravano animatamente, mentre Justin era immerso nei suoi pensieri.
La litigata con Callie.. tutto quello che pensava l’aveva travolto improvvisamente, come se fosse stato un treno ad alta velocità che viaggiava mentre lui era sui binari.
Il vento gelido gli schiaffeggiò il viso, costringendolo a girarsi al lato sinistro per sentire di meno il freddo. Ed ecco che i suoi occhi si puntarono su una ragazza bionda che camminava a passo veloce, spedito verso un luogo. Gli ci volle poco a riconoscere Penn e, altrettanto poco, a individuare Callie mentre seguiva furtivamente l’amica.
<<Torno subito.>> si affrettò a dire allontanandosi dalla sua squadra per seguire le due ragazze.
Percorsero almeno metà parco prima che Penn entrasse dentro l’edificio verde abbandonato. Poco dopo anche la castana entrò, così si decise e le seguì.
<<Cosa sta succedendo qui?>> sentì la voce di Callie rimbombare in tutto lo spazio, per lo più vuoto.
Attraversò il piccolo corridoio e si fermò vicino alla porta della stanza in cui aveva sentito la sua voce. Si sporse di poco oltre la soglia della porta, cercando di vedere cosa stesse accadendo.
<<Ecco noi..>> riconobbe la voce di Chaz poco prima di vedere la sua figura.
Uscì allo scoperto, attirando l’attenzione di tutti.
<<Di bene in meglio..>> sussurrò Penn nascondendosi dietro l’amico, quasi avesse paura.
Callie lo guardò per un istante, prima di abbassare la testa e guardare gli altri due. <<Che succede?>> chiese.
Nessuno rispose e Justin puntò lo sguardo sulle loro mani intrecciate. <<Avete una relazione?>> chiese immediatamente, stranito.
Chaz e Penn si guardarono perplessi. <<Sì.. Stiamo insieme da tre mesi circa..>> rispose infine lui.
<<Cosa? Penn perché non mi hai detto niente?>>
<<Per voi due.>> rispose indicandoli. <<Da quando avete litigato e non vi parlate più, avete trascinato anche noi in questa storia e quindi abbiamo ritenuto fosse meglio tenervi all’oscuro di tutto..>>
Callie sospirò, rilassandosi. Gli rivolse un’occhiata veloce prima di tornare ai due e aprir bocca. <<Avete sbagliato. In tutto quello che è successo voi non centrate niente, non dovevate essere coinvolti..>>
<<La colpa è nostra che vi abbiamo tirato in mezzo.>> avanzò.
<<Esatto. Non dovevate tenerci nascosto niente e dovevate uscire allo scoperto già da tempo.>>
<<Amarsi non è un reato..>> intervenne di nuovo, guadagnandosi un’occhiata, che gli parve di disprezzo, da Callie.

Uscì velocemente da quell’edificio, sentendo i passi del biondino alle sue spalle.
<<Callie fermati.>> le disse infine, costringendola ad arrestare il passo.
Si girò appena per guardarlo negli occhi. <<Cosa vuoi?>> chiese acida.
<<Volevo solo chiederti scusa.>> sussurrò tenendo la testa abbassata. Sembrava un cucciolo bastonato e odiava vederlo così.
<<Per cosa? Non pensi sia tardi per le scuse?>>
Non avendo alcuna risposta, se ne andò, lasciandolo lì.
Una lacrima le rigò il volto, seguita da tante altre.
Perché era così debole? Perché doveva allontanarlo per non farlo soffrire? Perché tutto ciò stava diventando così difficile?
Si fermò dietro un albero, incapace di controllare le proprie emozioni.
<<Justin.. >> sussurrò poggiandosi con la schiena al tronco dietro di sé. <<Non farò parte della tua vita. Soffrirai solo con me.>> disse sedendosi infine a terra, dando parola ai suoi pensieri.

<<Come cazzo avete fatto a perdere una partita truccata!? E per giunta per via di una ragazza!>> urlò l’uomo pelato e palestrato di fronte a tutta la squadra dell’ala nord del quartiere rosso. Non doveva venire a sapere della partita del venerdì precedente, ma le voci erano girate e non così lente come speravano. <<Una ragazza vi ha battutto! Vi rendete conto che ho puntato tutto su di voi!? Se mi fate perdere, vi farò fuori uno per uno.>>
<<Antonio sta calmo.>> disse il capitano. <<L’arbitro non ha ancora comunicato i vincitori dell’ultima partita, quindi siamo ancora in gara. Troveremo un modo per farli ritirare dal torneo.>>
L’omone scese dal tavolo su cui era seduto e gli si avvicinò a quest’ultimo, puntandogli la pistola alla gola. <<Lo spero per voi.>>
Ingoiò rumorosamente la saliva, sentendo tutta la tensione invaderlo.
<<Dovete metterli in condizione di fargli ammettere la resa.>> disse guardando tutti gli altri ragazzi presenti in quella stanza. <<Sono stato chiaro?>>
Annuirono ripetutamente, iniziando tutti a sudare freddo.
Spinse il ragazzo che aveva sotto tiro e poi abbandonò la stanza.
<<Siamo nei guai. Che facciamo?>>
<<Quella ragazza ci porterà alla finale a colori.>> rispose il capitano passandosi la mano sul collo. <<Dovete scoprire più cose possibili su di lei.>>
<<Si chiama Callie.>> rispose il ragazzo dalla folta chioma rossa. <<Va alla stessa scuola di Justin, il capitano dell’ala sud. Da quello che ho sentito dire, erano migliori amici ma da un anno non si parlano più.>>
<<Faremo una visita a questa Callie allora.>> disse malizioso, con un sorriso compiaciuto.
<<La dobbiamo rapire?>>
<<No, dobbiamo prima capire se Justin ci tiene ancora a lei. Ci limiteremo a farle una visita, come dire.. amichevole.>>
Tutti risero, comprendendo a pieno il significato di quella frase.




Commenti autore:
Scusatemi çç so che questo capitolo non è il massimo ma mi serve per andare avanti çç
Stiamo entrando nel vivo della storia, ovvero nello sviluppo, e continuo ad avere sempre la stessa scena che ci sarà tra qualche capitolo, e ho ispirazione zero quindi beh, perdonatemi, mi farò dal prossimo capitolo çç
Invece riguardo al nono capitolo? Cioè mi avete lasciata spiazzata. Otto recensioni! È stato un traguardo per me e mi avete reso felicissima, senza contare le dolci parole che mi avete detto… Siete fantastici :’)
Vi lascio va c:
Recensite e a presto! Un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


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Capitolo 11



S’incamminarono verso scuola.
<<Domani dovrò saltare le prove per il saggio d’inizio primavera.>> sospirò Callie guardando a terra.
<<Hai una visita?>>
Annuì. <<Finite le lezioni dovrò andare all’ospedale.>>
Penn annuì leggermente. <<Inizio a chiedermi quando potremo finalmente andare a scuola sugli skateboard.>> disse cambiando completamente discorso.
La castana rise. <<Da quanto ti manca la tavola dello skate?>>
<<Sai, per Chaz voglio essere stupenda sotto ogni aspetto.>>
<<Sei già elegante, basta essere anche sportivi.>> intuì.
<<Esatto.>>
<<Mi devi ancora raccontare cos’è successo tra di voi e com’è sbocciato ‘l’amore’.. se così lo si può definire.>> la guardò sorridendole. Era da tempo che non la vedeva così felice per via di un ragazzo.
<<C’è da ammettere che siete stati tu e Justin a farci avvicinare.>> alzò gli occhi al cielo, quasi sognante. <<Entrambi vedevamo quanto voi due stavate male l’uno per l’altro, e quindi volevamo trovare una soluzione..>>
<<Aspetta! Quindi voi due avete tentato di farci tornare amici?>>
Penn si morse il labbro inferiore e annuì. <<Sì ma non abbiamo avuto tanto successo.>> sospirò. <<Comunque, tornando alla nostra storia, cinque mesi fa mi ha contattato su facebook e abbiamo iniziato a parlare, a ricordare tutte le cose fatte quando eravamo un gruppo unito e la nostalgia si faceva sentire; così abbiamo iniziato a cercare una soluzione e, passando del tempo insieme, infine è scattato qualcosa.>>
Callie sorrise. <<Raccontami del vostro primo bacio.>>
Penn sorrise imbarazzata. <<Eravamo al parco e stavamo camminando sotto le stelle. Stavamo parlando di diverse cose che, per la prima volta, non riguardavano voi ma i nostri hobby e si accorse che avevo leggermente freddo. Mi ha abbracciato con la scusa di riscaldarmi e poi è stato qualcosa di strano, magico e, non lo so..>>
<<Vi siete baciati sotto le stelle? Che romantico.>> sorrise.
<<Già, è stato dolce. Quella stessa sera abbiamo deciso di impegnarci l’uno con l’altro, ma segretamente.>>
<<Ok, il resto della storia lo so..>> la fermò sentendosi in colpa. Sia lei che Justin avevano sbagliato con i loro amici e solo a distanza di un anno se n’erano accorti.
Stavano per varcare il cancelletto della scuola, già pieno di studenti, quando Chaz le chiamò, facendole fermare. <<Ciao Callie.>> disse con un piccolo sorriso, prima di rivolgerne uno grande a Penn e baciarla appassionatamente.

Sentì il telefono squillare e attese pazientemente che qualcuno rispondesse.
<<Pronto?>>
<<Capitano, l’abbiamo individuata.>> disse senza troppi giri di parole.
<<Siete sicuri? Da cosa lo avete capito?>>
<<Adesso è con una ragazza che sta baciando la spalla destra di Justin. Sono tutti e quattro fermi all’entrata del cancelletto e quei due non si rivolgono una parola né uno sguardo.>>
<<Allora il fatto che non si parlano più è vero. Spero solo che non si riveli un problema.>>
<<Che cosa dobbiamo fare?>> guardò la persona che gli era seduta accanto, nel posto del passeggero.
<<Dovete sorprenderla mentre sarà sola. Il continuo lo lascio alla vostra decisione.>> sentì ridere maliziosamente e, altrettanto malizioso fu il sorriso che gli si stampò sul viso.
<<Ricevuto.>>

Uscì dalla scuola.
Il freddo la invase in un lampo e si maledisse per non aver preso il giubbino prima di uscire per obbedire agli ‘ordini’ della professoressa, la quale le aveva detto di andare a cercare la professoressa Mishao nella palestra.
Percorse di corsa il breve tragitto che separava i due edifici e tentò di aprire la porta, invano perché la palestra era chiusa e all’interno non vi era anima viva.
Fece retro fronte e tornò a percorrere i propri passi verso l’edificio della scuola, correndo e cercando di non scivolare per via del ghiaccio.
Gli inverni a Stratford erano sempre rigidi ma, stranamente quell’anno, le nevicate erano state davvero limitate.
Voltò l’angolo continuando a correre, stringendo i pugni e tenendo il capo leggermente abbassato sperando di sentire meno freddo.
Quando però andò a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno, cadde rovinosamente a terra, strusciando il fondo schiena e i gomiti a terra.
<<Scusa non ti avevo visto.>> disse rimettendosi velocemente in piedi. Solo allora scrutò il viso della persona contro cui era andata a sbattere, notando che non si muoveva di un solo millimetro.
Era più alto di lei, aveva i capelli brizzolati e rossi alti una cresta, e gli occhi neri corvini non smettevano di fissarla in un modo quasi inquietante.
<<Noi invece ti avevamo già visto, Callie.>> dalle sue spalle avanzò un ragazzo, alto quasi quanto l’altro, con la testa coperta da un cappuccio rosso e gli occhi altrettanto scuri, tanto che non riuscì a definirne il colore reale.
Li guardò, passando con gli occhi dall’uno all’altro, non riuscendo a capire chi fossero –nonostante avessero un’area fin troppo familiare-, cosa volessero da lei e come conoscevano il suo nome.
<<Cos..>> tentò di dire qualcosa, ma tutto ciò che le venne fuori fu balbettio incomprensibile: iniziava ad avvertire una strana sensazione di paura e, i sorrisi maliziosi stampati sui loro volti le fecero intuire qualcosa a cui preferiva non credere.
Indietreggiò lentamente, per poi iniziare a correre.
Quei due volevano qualcosa e se lo sarebbero preso con la forza.
Sentiva i loro passi più veloci dei suoi, mentre il freddo le rendeva la corsa più difficile del previsto.
La spinsero, facendola nuovamente cadere a terra sbattendo la spalla e la pancia.
Si girò e incominciò a indietreggiare, restando a terra e guardandoli sempre più impaurita.
Quando sentì il muro alle proprie spalle, capì che era in trappola.
<<Cosa volete?>> chiese iniziando a tremare, e non per il freddo.
<<Mha, tu che dici?>> chiese quello dai capelli brizzolati guardando l’altro.
Quest’ultimo si abbassò al suo livello, accarezzandole la guancia e guardandola negli occhi. <<Scommetto che sei ancora un’innocente ragazza..>> disse quasi con fare dolce. Iniziò a scendere con le dita, sfiorandole il collo fino ad arrivare alla cerniera della felpa.
Callie, in un primo momento, rimase immobile, incapace di muoversi; in seguito, dopo qualche istante di esitazione, riprese il controllo di sé e gli bloccò con una mano la sua di mano –che aveva quasi completamente slacciato la felpa- e con l’altra gli diede uno schiaffo, che però non riuscì a smuoverlo.
Sospirò. <<Noi ci abbiamo provato con le buone.>> disse poco prima che lui e l’altro gli si avventassero contro, tastandole quasi ogni parte del corpo, iniziando a baciarle il seno, a mordergli il collo.
Si dimenò iniziando a urlare, ma i suoi tentativi furono invani. Gli misero una mano sulla bocca e non riuscì più a fare niente: erano troppo forti per lei.
E, come se non bastasse, iniziava a sentire sempre meno le forze e l’aria incominciava a mancarle.
Doveva solo sperare che qualcuno arrivasse, salvandola da quei due mostri.

<<Non è normale che ci obblighino a fare un corso dopo le lezioni e poi nessuno si presenta.>> si lamentò un ragazzo alzando la voce.
Justin lo ignorò, sedendosi accanto all’amico Chaz.
<<Hey, devo chiederti un paio di cose.>> disse attirando la sua attenzione.
<<Ok, tanto abbiamo tempo prima che arrivi il professore.>>
<<Penn ti ha mai detto qualcosa riguardo Callie? Della sua salute, dei suoi sentimenti o roba così?>>
Chaz sospirò, leggermente indispettito da quella domanda. <<Abbiamo parlato molto di Callie.. ma non ti dirò niente.>>
<<Perché?>> chiese incredulo allargando le braccia con i palmi delle mani rivolti all’insù.
<<Perché non tocca a me dirtelo. Se vorrà farlo sarà Callie a dirti quello che vuoi sapere.>> sbuffò incronciando le braccia. <<Che fine ha fatto Ryan? Non doveva fare anche lui questo corso?>>
Scrollò le spalle. <<Sai che la puntualità non gli appartiene.>> rispose assente.
<<Ragazzi, noi ce ne andiamo. Probabilmente il professore non viene e quindi il corso salta.>>
<<Noi restiamo, abbiamo avuto già troppe sanzioni.>> rispose Chaz e il gruppo di sette ragazzi uscì dall’aula lasciandoli da soli.
Nello stesso istante entrò Ryan, il quale era notevolmente perplesso.
<<Tutto bene?>>
<<C’è l’auto di Edd qui davanti.>> sospirò aprendo la finestra e fissando un punto indefinito.
<<Edd chi?>> chiese Justin non capendo.
<<Il traditore.>> li guardò. <<Quello che l’anno scorso ci fece perdere contro l’ala est perché venduto.>>
<<Quel bastardo.>> sussurrò Chaz. <<Quest’anno gioca con quelli dell’ala nord.>>
<<Già. >> disse sentendo il sapore amaro della falsità. Si erano fidati di lui e ciò si rivelò uno dei più grandi errori in assoluto.
Un urlo mozzato, proveniente dall’esterno li mise in allerta.
Si guardarono, per un istante. <<Cos’era?>> chiese Ryan.
Un secondo urlo stridulo li convinse che qualcosa non andava.
Penn entrò nella classe, attirando l’attenzione di tutti. <<Ragazzi avete visto Callie? È uscita per andare in palestra ma non è ancora tornata..>>
Justin guardò gli altri due, capendo improvvisamente tutto.
Si precipitarono verso la porta, scansando la ragazza e iniziando a correre per il corridoio. Uscirono dall’edificio.
Justin continuava a correre velocemente per il piccolo sentiero che portava alla palestra e aveva acquistato un notevole vantaggio rispetto agli altri due.
Quando girò l’angolo, arrestò improvvisamente il passo e i suoi occhi caddero precisamente su due ragazzi che erano inginocchiati a terra, intenti a fare pressione su qualcuno di cui si vedevano solo le gambe.
Corse contro di loro e, riconoscendo Edd da dietro –per via dei capelli rossi- lo prese per il giubbino e lo spinse violentemente a terra, un po’ più distante da dove si trovava prima, mentre diede un calcio nello stomaco all’altro che aveva un cappellino rosso in testa.
Chaz e Ryan lo raggiunsero subito e si misero accanto.
I due ragazzi si alzarono doloranti. <<Ma che vi è saltato in mente!?>>
Justin lanciò un’occhiata veloce alle sue spalle, dove Callie era distesa a terra con la felpa aperta e la camicia bianca strappata, a tal punto che mancavano tutti i bottoni e le si vedeva completamente il reggiseno. Il suo torace si abbassava troppo velocemente, segno che stava avendo un attacco d’asma e, il fatto che a stento riuscisse a tenere gli occhi aperti, lo fece preoccupare ancora di più.
<<Ci stavamo solo divertendo!>>
<<Questo non è il vostro territorio.>> disse a denti stretti riportando la propria attenzione sui due. <<E costringere una ragazza a fare qualcosa non è divertimento.>>
Edd rise. <<Cosa c’è Bieber? Non ti sta bene quando toccano la tua migliore amica? Oh aspetta, la tua ex migliore amica.>>
Strinse i pugni, la voglia di prenderli a pugni si faceva sentire sempre più.
<<Andiamocene.>> disse il ragazzo con il cappellino rosso e si allontanarono, entrando nella loro auto e partendo con una sgommata.
Si girò, abbassandosi al livello di Callie, che aveva gli occhi chiusi.
<<Respira a fatica..>> disse allarmato notando che aveva gli occhi completamente serrati. <<Chaz, chiama Penn. Lei deve avere un’inalatore di scorta.>> Chaz obbedì e correndo si allontanò. <<Callie? Callie mi senti?>> la chiamò scuotendole leggermente le spalle, sperando che rinvenisse del tutto, ma ciò non accadde..




Commenti autore:
Saaalve c:
Ho cercato di aggiornare il prima possible (eh sì, il capitolo precedente faceva veramente pena ._.) e quindi eccovi il continuo.
Come potete notare le cose sono diventate serie e andando più avanti lo saranno ancora di più, ma non vi anticipo niente c:
Ringrazio le persone che leggono e quelle che solitamente recensiscono, e spero che questo capitolo vi piaccia c:
Recensite, un bacio :*


-Yogurt

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


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Capitolo 12



<<Bastardi..>> grugnì a denti stretti Ryan.
Prese i lembi della sua felpa e tentò di ricongiungerli, ma poco dopo notò che la cerniera era saltata, così come i bottoni della camincia.
Si tolse la felpa viola e la coprì, evitando che potesse sentire freddo e togliendo così dalla bella mostra il suo seno –coperto da un semplice reggiseno nero.
Continuò a scuoterla leggermente e a chiamarla, nella speranza che riprendesse conoscenza.
Chaz e Penn arrivarono pochi minuti dopo, e la ragazza gli diede l’inalatore.
Lo portò alla bocca di Callie e premette il ‘bottone’.
Il respiro sembrò calmarsi dall’affanno e lentamente riprese a essere regolare.
<<Callie? Callie mi senti?>> continuò a chiamarla e, quando incominciò a schiudere le palpebre, tirarono tutti un sospiro di sollievo.
Callie li scrutò tutti e sul suo volto apparve inizialmente un’espressione confusa.
<<Ti senti bene?>> le chiese preoccupato.
Lo guardò per un istante, facendo scontrare le iridi ambra dei propri occhi con quelle caramello del ragazzo; poco dopo s’irrigidì notevolmente e si drizzò con la schiena. <<C-cosa è-è successo? C’erano due ragazzi che..>> chiese poi allarmata.
<<Li abbiamo mandati via e abbiamo evitato che abusassero di te..>> intervenne Ryan, bloccandola.
<<Cosa?>> chiese Penn allarmata. Non le avevano detto niente.
<<È meglio se torniamo nella scuola, prima che congeli.>> disse zittendo tutti all’istante.
Callie si stava per muovere per alzarsi ma prontamente la bloccò. <<Devi prima aggiustarti..>> l’imbarazzo si fece sentire dal tono di voce di Justin, che avvampò.

Una volta indossata bene la felpa che Justin le aveva messo per coprirla, Callie avvertì l’insegnante di non aver trovato la persona che cercava e, dieci minuti dopo, il gruppetto di ragazzi si era radunato in un’aula vuota chiudendo la porta, evitando così che qualcuno li potesse sentire –nonostante nella scuola ci fossero pochi ragazzi e quattro professori circa.
<<Edd non si doveva azzardare a fare una cosa del genere.>> disse nervosamente Justin, tenendo lo sguardo puntato sulla castana, la quale aveva la testa abbassata pensando a qualcosa che la intimoriva molto. Probabilmente del tentato stupro di poco prima.
<<Cosa ti hanno fatto?>> chiese Chaz con poco tatto, facendola irrigidire ancora di più.
<<Mi hanno bloccato la strada, fatta cadere due volte e..>> Callie si bloccò, continuando a fissare il vuoto mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime. <<Hanno incominciato a toccarmi ovunque… a mordermi il collo, palparmi il seno..>> si portò le gambe al petto, stringendole con le braccia.
<<Callie..>> disse Penn allontanandosi da Chaz e abbracciando l’amica. <<Va tutto bene, tranquilla..>> le sussurrò accarezzandole la testa. Un secondo dopo, Callie stava piangendo sulla sua spalla.
I tre ragazzi si guardarono perplessi, non sapendo cosa fare.
L’istinto di Justin gli diceva di correre da lei, abbracciarla e farle capire che tutto sarebbe andato bene, che ci sarebbe stato lui al suo fianco ma..
Con un cenno della testa, indicò a Ryan e Chaz di uscire dall’aula e lasciarle sole.
I due annuirono e poi tutti e tre lasciarono l’aula chiudendosi la porta alle spalle.
<<L’ha fatto perché gli bruciava di aver perso la partita!>> disse quasi urlando Ryan, tirando un pugno all’armadietto più vicino.
<<Amico calmati.>> intervenne Chaz con tono pacato.
<<Ryan ha ragione.>> si appoggiò al muro. <<Sapeva che rapporto avevamo io e Callie, sapeva quanto eravamo uniti e ha voluto fare uno sfregio a me, perché le ho permesso di giocare.>>
Per un attimo, il silenzio regnò. Ryan lo spezzò. <<Cosa dobbiamo fare? Non possiamo fargliela passare liscia..>>
<<Non lo so.>> li guardò. <<Per il momento dobbiamo evitare di lasciare Callie e anche Penn da sole. Penn è la tua ragazza, Chaz, e volendo potrebbe aggredire anche lei.>>
<<Se le si avvicina gli spacco la faccia.>> strinse i pugni.
<<Appunto, dobbiamo evitare di lasciarle sole.>>
<<C’è un solo problema.>> Ryan lo fissò. <<Tu e Callie non vi parlate più. Come possiamo proteggerla se a stento vi rivolgete uno sguardo?>>
Justin si rattristì di colpo. Ci aveva già pensato e adesso stava riflettendo sul da farsi.
<<Potremo provare a convincerla con Penn.>>
<<Devo comunque parlarle, Chaz. Cercherò di aggiustare, anche se per poco, i nostri rapporti..>> sospirò.
Sentirono la porta dell’aula da cui erano usciti aprirsi e comparve Penn, con la testa abbassata. <<Callie ha paura..>> disse tirandosi con sé la porta, senza chiuderla completamente.
Chaz l’abbracciò. <<È normale che abbia paura. Ma la proteggeremo.>>
La ragazza scrutò Justin. <<Come intendete fare?>>
<<Gli spiegheremo come sta la situazione e la nostra preoccupazione di..>>
<<Dimentichi che non avete più un buon rapporto.>>
<<Lo so, le parlerò..>>
Riportò il suo sguardo sugli occhi di Chaz. <<Inizio a temere anch’io.>> sussurrò per poi poggiare la testa sul suo petto.
<<Tesoro tranquilla. Non permetterò che ti facciano qualcosa.>> le baciò la testa e Penn sembrò rilassarsi.
<<Perché hanno aggredito Callie?>> disse poi staccandosi dal suo petto ma rimanendo nell’abbraccio di Chaz.
<<Non lo sappiamo in verità. Edd e quell’altro giocano nell’ala nord: la squadra contro di cui abbiamo vinto grazie a Callie.>> rispose Justin sbirciando dalla fessura della porta, notando una figura avvicinarsi all’uscio.
Poco dopo, la porta si aprì completamente e ne uscì la castana, con gli occhi ancora leggermenti gonfi per le lacrime fissi sul pavimento. <<Cercavano una vendetta?>> chiese con un tono per lo più assente.
<<Probabilmente sì.>> rispose Ryan guardandola tristemente. A nessuno piaceva vedere in quello stato una persona che era sempre apparsa forte.
<<Eppure c’è qualcosa che non quadra.>> intervenne Penn mettendosi accanto all’amica e di fronte tutti i ragazzi. <<Perché hanno aggredito qui, a scuola, dove era più facile essere scoperti, che non in un posto più isolato?>>
<<Ci ho già pensato.>> guardò Callie. <<Probabilmente sono stupidi di natura.>>
<<O c’è qualcosa di più in tutto questo..>>
<<Voglio andare a casa.>> Callie guardò tutti con uno sguardo gelido e serio.
<<Ti ci riporto io.>> disse Justin drizzandosi. <<Ho l’auto.>> la guardò dritto negli occhi.
<<Non ho bisogno di una guardia del corpo.>>
<<Callie, è meglio se almeno oggi Justin ti riaccompagna a casa.>> intervenne Penn.
Sbuffò e guardò l’amica. <<E va bene.>>

<<Siamo arrivati.>> sussurrò Justin spegnendo il motore dell’auto.
<<Bene, grazie.>> rispose distaccata, togliendosi la cintura di sicurezza. Stava per uscire dall’auto quando lui a bloccò per un braccio.
Per il breve tragitto nessuno dei due aveva spiccato parola e, secondo lui, quello era il momento più adatto per discutere e chiarire.
<<Dobbiamo parlare..>> disse cercando invano i suoi occhi.
<<Non ho tempo da perdere.>>
<<Peccato che io ne abbia.>> lei sbuffò, portando finalmente la sua attenzione su Justin e aspettando che continuasse. <<Perché mi allontani? Perché qualsiasi cosa io faccia, tu mi respingi?>>
<<È troppo tardi per tornare di nuovo amici.>>
<<Non è mai troppo tardi.>>
Callie sospirò, iniziando a guardare il vuoto d’avanti a sé. <<Justin, non voglio più esserti amica. Ho passato troppo tempo a piangere per te e ho capito che non ne valeva la pena.>>
<<Callie che mi stai nascondendo?>> disse girando il suo volto verso il proprio.
<<Ha qualche importanza che io non voglia dirti qualcosa?>> si liberò dalla presa. <<Mi dispiace Justin.>> dettò ciò, uscì dall’auto, sbattendo la portietra, e scomparve sull’uscio di casa.

Continuava a girarsi e rigirarsi nel letto, nella vaga speranza di riuscire a dormire.
Purtroppo, quanto accaduto il pomeriggio l’aveva scossa troppo e adesso, la paura di ritrovarsi in una situazione simile, la faceva sentire in continuo pericolo.
Non l’aveva raccontato ai propri genitori, poiché non voleva dargli altre preoccupazioni, ed era notte inoltrata: di certo non poteva disturbare la sua migliore amica.
Uno strano rumore, proveniente da un’altra stanza della casa, la fece sussultare. Poco dopo, sentì la porta della camera aprirsi e subito chiudersi lievemente, con un piccolo scatto. Dei passi felpati, che scricchiolavano sul pavimento, si facevano sempre più vicini.
Un brivido le passò su tutta la schiena, mentre iniziava a sudare.
I passi si fermarono, proprio vicino al suo letto.
Sentì qualcosa essere poggiata a terra e poi il lembo della coperta a sinistra alzarsi, precisamente alle sue spalle.
Il letto iniziò a pendere da quel lato prima che qualcuno entrasse nel suo letto e l’abbracciasse da dietro.
Tentò di muoversi ma le braccia la strinsero in vita, avvicinando la sua schiena a quello che doveva essere il petto di qualcuno.
<<Shh..>> sentì nel suo orecchio. <<Non aver paura, sono io.>> sussurrò.
<<Justin..>> le lacrime le pizzicarono gli occhi. <<Va via.>>
<<No.>>
<<Justin..>>
<<No Callie, ti prego.>> il suo respiro le parve affannato e le accarezzava la nuca. Quella sensazione di essere fra le sue braccia non la provava da troppo tempo e le cose non erano cambiate, poiché la faceva sentire ancora protetta, al sicuro e a casa. <<Devo sapere che sei al sicuro, che posso proteggerti nonostante tutto. Voglio restarti accanto nonostante tu non mi voglia, io..>>
<<Justin ho detto che devi andare via..>>
<<Ti prego.. almeno per stanotte voglio esserti accanto. Tutto questo mi opprime e non posso più far finta che di te non m’importi. Non riesco a sopportare che tu mi eviti e mi odi.>>
Le lacrime iniziarono a scorrerle lungo le guance. Le mancava troppo e non avrebbe mai voluto lasciarlo andare.
Justin, sentendo i suoi singhiozzi, fece pressione sulla sua spalla, facendola girare verso di sé. <<Callie va tutto bene..>> disse facendole poggiare la testa contro il proprio petto.
Passarono interi minuti, forse anche qualche ora, prima che i suoi singhiozzi si calmassero.
<<Callie, scusami per tutto..>> le disse poi baciandole la fronte, mentre lei restava poggiata al suo petto. <<Non avrei mai voluto lasciarti e, se me lo permetterai, non ti lascerò più..>>
<<Justin, non possiamo tornare quello che eravamo prima..>>
<<Cosa? Perché?>>
<<Perché non voglio.>> sospirò, sentendo sempre più pesanti le palpebre. <<Perché senza di me sarai più felice..>>
<<Cosa stai dicendo?>> si mosse, cercando di guardarla negli occhi nonostante l’oscurità, ma lei non si mosse.
<<Questa sera passa così.. Ma da domani saremo perfetti sconosciuti.. esattamente come da un anno.>>
<<Perché?>>
<<Te l’ho detto, senza di me sarai più felice.>>
<<Io voglio essere felice.. Con te..>>
<<Ti prego, non rendermi tutto più difficile.>>
<<Callie..>>
<<Justin ti prego. Adesso sto bene. Non roviniamo questo momento perfetto.>>
<<Potrebbero esserci tutti i giorni momenti perfetti come questo..>> le sue parole rieccheggiarono piene di speranze nella stanza, ma non ebbero mai risposta.
Poco dopo, i loro respiri andavano all’unisono e riempivano la stanza, in un sonno profondo da cui nessuno dei due avrebbe mai voluto svegliarsi.
Da una realtà che appariva evanescente ai loro occhi.
Stavano bene insieme, ma quello non era il loro destino.. Almeno Callie la pensava così.




Commenti autore:
Ciao c:
Eccomi qui con il continuo e spero vi piaccia.
Dopo domani è San Valentino, quindi consideratelo come un mio regalo anticipato per voi c:
Io vi amo: siete adorabili e le recensioni che mi lasciate mi fanno sempre sorridere e sentire apprezzata. Ci metto del tempo a scrivere capitoli e sapere che a voi piacciono mi rende felice c:
Amo anche quelli che solitamente leggono ma non recensiscono. Apprezzo anche solo che vi interessiate alla mia storia :)
La smetto con questo monologo va çç
Recensite, io cercherò di aggiornare appena possibile.
Un bacio :*


-Yogurt

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


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Capitolo 13



Il profumo di cannella gli inebriò le narici, inducendolo a un dolce risveglio.
I primi raggi del sole filtravano dalle tapparelle appena aperte e illuminavano la modesta camera di Callie.
Il letto, con la spalliera bianca e contorni argentati, attaccato al muro; un piccolo armadio bianco con diversi cassetti in basso vi era posto di fronte, con la scrivania proprio accanto; su di essa libri di scuola messi alla rinfusa mentre, nello scomparto superiore, vi erano diversi libri doppi, sicuramente tutti quelli che aveva letto. Le pareti erano ancora lilla e le tende aperte di un viola scuro.
Non era cambiato nulla dall’ultima volta in cui era stato lì, se non fosse stato per i libri sistemati per bene sullo scomparto sopra la scrivania. Aveva letto molto in sua assenza.
Portò il suo sguardo sulla ragazza dai capelli castani, la quale dormiva beatamente sul suo petto. I suoi respiri regolari gli avrebbero accarezzato il petto se non avesse avuto la felpa blu, e per quel pensiero si maledisse per non essersela tolta.
Le prese un ciuffo di capelli, iniziando a giorcarci come un bambino.
Un ricordo si fece spazio, quasi prepotentemente nella sua testa..

La portò in camera mantenendola per la vita, mentre non la smetteva di ridere.
<<Sapevo che fare una gara con i cichetti non sarebbe stata una buona idea.>> sbuffò chiudendosi la porta alle spalle.
Gli aveva chiesto ripetutamente di farle passare una serata diversa dalle solite, l’aveva pregato di farla divertire, dicendo che non ci sarebbero state altre occasioni in cui i genitori se ne sarebbero andati perché una zia fuori città non stava bene.
Si era lasciato persuadere e l’aveva portata in discoteca, entrando con dei documenti falsi che testimoniavano che avevano diciotto anni, e non sedici.
La poggiò delicatamente sul letto. Togliendole le scarpe con i tacchi su cui riusciva a stento a reggersi in piedi –anche da sobria- e cercando di convincerla a mettersi sotto le coperte. Inutilmente.
<<Callie sei ubriaca fradicia.>>
<<Ma zitto che te non sei tanto meno!>> rise. Se avrebbe alzato un po’ di più la voce avrebbe svegliato tutto il vicinato.
<<Io almeno reggo l’acool.>> disse sapendo di essere a sua volta un po’ brillo.
<<Justin ti fai troppi problemi!>> disse continuando a ridere e spingendolo sul letto.
<<Sì, ma adesso devo andare. Posso lasciarti e stare tranqui..>> non gli dette il tempo di finire che si mise a cavalcioni su di lui. <<Callie cosa fai? Togliti!>>
Callie rise di gusto e, quando si alzò mantenendosi sui gomiti, iniziò a baciargli con foga il collo.
Quel gesto lo fece eccitare, ma lei era ubriaca fradicia e di certo non ne avrebbe approfittato. <<Callie Dio santo smettila!>> tentò di togliersela di dosso ma era più appicicosa di una sanguisuga, e Justin non faceva altro che sentirsi debole davanti al suo tocco.
<<Lasciati andare..>> gli sussurrò tirandolo per il colletto della camicia e facendo ribaltare la situazione.
Si ritrovò su di lei, con le mani che le sfioravano la testa e gli sorreggevano il busto sul cuscino. La cosa che odiava era essere impotente nel controllare i propri ormoni. <<Perché stai facendo questo? Sei completamente ubriaca..>>
Rise di nuovo, per poi piantare i suoi occhi ambra, lucidi, nei suoi caramello. <<Ha qualche importanza che sia ubriaca?>> la sua voce, fin troppo flebile e alterata per essere la vera a Callie a parlare.
<<Se sapevo che gli alcolici ti avrebbero fatto quest’effetto non te ne avrei fatti prendere..>> disse cercando di togliersi da quella posizione, ma lei gli circondo la vita con le gambe.
<<Justin, voglio fare l’amore con te.>> la sua voce era seria.
La guardò negli occhi, pensando per un attimo che non fosse ubriaca, ma si ricredette. <<Stai delirando, sei ubriaca fradicia.>>
Tentò di togliersi ma i suoi tentativi furono inutili: o l’essere ubriaca le aveva regalato una forza superiore al normale, o era lui che era diventato improvvisamente debole.
<<Non importa se sono ubriaca o meno. Se fossi sobria non te lo direi mai perché mi vergognerei ma.. Justin.. Voglio che la prima volta sia con qualcuno di speciale. E l’ho sempre immaginata con te..>>
La guardò sorpreso. Quel ragionamento era troppo per chiunque fosse nel pieno di una sbronza.
<<Callie, stai delirando.>>
<<Accontentami..>> gli sorrise.
La guardò. I suoi ormoni stavano impazzendo ma non voleva approfittare di lei in quello stato.
Spostò lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. Le trovava perfette.. anzi trovava che Callie fosse perfetta: lei, il suo carattere scontroso quando offesa, difensiva verso le persone a cui teneva, ragionevole, apprensiva e dolce quando serviva.. E poi, il suo fisico.. magro, appena una terza di seno, alta quanto lui, i capelli castani voluminosi e mossi, i suoi occhi ambra, i suoi lineamenti a dir poco stupendi.. non riusciva a trovare un’imperfezione.
Non resistette più e si fiondò sulle sue labbra, assaporandone appena il sapore.
Lei sciolse le gambe dalla sua vita e portò le mani ai suoi capelli, stringendoli e facendo in modo che Justin non avrebbe potuto staccarsi..


Sospirò.
Quella sera fecero l’amore, lei per la prima volta.. ma Callie non ricordò niente di tutto quello che era successo..

Aprì gli occhi e guardò la perfezione che riposava sul suo petto nudo.
Solo quella notte si era reso conto di quanto perfetta fosse e di quanto ci tenesse a lei.. Forse provava anche più di una semplice amicizia..
Ma non sapeva se gliel’avrebbe rivelato o meno.
Si mosse, mugugnando qualcosa d’incomprensibile, e Justin serrò gli occhi, fingendosi ancora addormentato.
Poco dopo, la sentì alzarsi di scatto e aprì gli occhi. Si finse infastidito dal sole, tanto da non riuscire a tenerli aperti.
<<Justin! Oh mio Dio!>> sentì urlare e, un attimo dopo, si sentì delle mani scuotere il petto. <<Cos’è successo ieri sera!?>> urlò nuovamente.
<<Non urlare!>> disse tappandosi le orecchie.
<<Cos’è successo ieri sera?>>
La guardò. Si era portata le lenzuola al petto per coprirsi <<Ma sei..>> si sentì fortemente in imbarazzo, anche se in ritardo. <<Siamo nudi!>>
<<Oh. Mio. Dio.>> ripeté mettendosi una mano sulla fronte. <<Lo abbiamo fatto!>>
Si grattò la testa. <<E adesso?>>
<<Devo sapere cos’è successo..>> si distese di nuovo accanto a lui. <<Ho un mal di testa tremendo però.>>
<<Siamo in due e non ricordo niente.. Vado a preparare un caffè e poi cerchiamo di ricostruire quanto accaduto ieri sera.>> sospirò iniziando a vestirsi.
Si sentiva tremendamente in colpa. Doveva fermarsi quando era in tempo, ma non lo aveva fatto.


Ciò che provava, i suoi sentimenti verso la sua migliore amica, erano più forti di qualsiasi altra cosa avesse mai sentito e, quella notte, divennero più evidenti che mai.
Le diede un piccolo e tenero bacio sulla fronte.
Gli mancava troppo poter passare del tempo con lei, gli mancavano i suoi abbracci, i giorni passati a confidarsi l’uno con l’altro.. Gli mancava tutto di lei.
Quella fu la notte più bella della sua vita, la notte in cui capì a pieno i propri sentimenti, che ancora teneva dentro.
Callie si mosse leggermente, togliendo la mano dal suo fianco e portandola sul suo petto. Alzò la testa, aprendo gli occhi e lo fissò ancora nel dormiveglia.
<<Sei ancora qui..>> sussurrò aprendo e chiudendo gli occhi più volte, lentamente.
Le sorrise ma non disse nulla, si limitò ad annuire e a stringerla più forte a sé.
<<Dovresti andare, a breve i miei si sveglieranno.>> questa volta lo guardò con sguardo fermo.
<<Non abbiamo fatto nulla di male.>>
<<Prova a spiegarglielo a loro.>>
Le diede un altro bacio sulla fronte e si alzò con il busto, uscendo da sotto e coperte e sedendosi sul bordo del letto per iniziare a infilarsi le scarpe.
<<Ieri sei entrato dalla solita finestra dello scantinato?>> chiese.
Annuì nuovamente. Non era la prima volta che entrava di nascosto in casa di Callie e, la finestra dello scantinato era facile da aprire, almeno aveva trovato un buon metodo per far scattare la serratura.
Una volta messe le scarpe, voltò lo sguardo verso Callie. <<Vengo a prenderti alle otto meno dieci e andiamo a scuola insieme.>>
<<Devo andare con Penn e Chaz. Vengono a prendermi loro.>> solo allora si rese conto di quanto fredda fosse la sua voce.
<<Vorrà dire che sarò con loro.>> le si avvicinò e le stampò un altro dolce bacio sulla guancia.
<<Ricordi quello che ti ho detto ieri sera?>> gli chiese quando stava per mettersi in piedi. S’irrigidì di colpo. <<Non stavo scherzando.>>
<<Io penso di sì.>> disse serio tornando a fissarla. <<E anche se non stessi scherzando, non darò retta alle tue parole. Almeno fin quando non mi darai un buon motivo per starti lontano.>>
<<Te l’ho dato già un motivo per starmi lontano. Un anno fa.>>
Si zittì di colpo, non sapendo continuare. <<Quello è stato un mio errore.>> fissò in vuoto. <<E solo ora me ne rendo conto.>>
<<È tardi Justin.>>
<<No. Non è mai troppo tardi.>> la guardò. <<Rimedierò a tutto.>>
Si alzò e aprì la finestra e poco dopo le tapparelle, uscendo fuori sul tetto leggermente in pendenza. Camminò per poco sopra di esso, prima di arrivare alla siepe che percorreva la casa grazie a una scala di legno, e scese.
Andò verso la sua auto e, prima di entrarci, lanciò un’ultima occhiata alla finestra della camera di Callie, vedendola ferma a fissarlo.
Salì in auto e partì verso casa sua.
La sua vista non era così acuta da fargli notare le lacrime che scorrevano sul viso della ragazza.

<<Callie va tutto bene? È da stamattina che Justin ti affianca e tu non lo degni di uno sguardo..>> le sussurrò Penn, sedendosi accanto a Callie. Erano sedute in mensa al tavolo con Justin, Chaz e Ryan. Non c’era stato un’istante in tutta la giornata in cui non la perdessero d’occhio tutti. <<Non che nell’ultimo anno tu gli abbia degnato qualche parola ma sembrate colpevoli di qualcosa che non so nemmeno io!>>
Sospirò. <<Abbiamo dormito insieme stanotte.>> poggiò la forchetta nel piatto. La voglia di mangiare era pari a zero.
<<Cosa!?>> quasi urlò.
<<Abbassa la voce!>> la rimproverò a denti stretti.
<<Devi raccontarmi tutto.>>
<<Penn, ti dirò tutto poi, ma devi prima aiutarmi.>> l’amica annuì e Callie continuò. <<Oggi devo andare al controllo. Te l’ho già detto ieri. Ho bisogno, però, di andarmene senza che nessuno dei tre sappia niente.>>
<<Callie, non puoi. Ieri ti hanno aggredito e non deve riaccadere.>>
<<Ma non devono sapere il motivo per cui vado all’ospedale. Se mi accompagnano, verranno a sapere sicuramente il motivo ed io non voglio..>>
Penn finse una tosse. <<Chaz lo sa..>>
<<Cosa!?>> questa volta fu Callie ad alzare il tono della voce.
<<Dovevo parlare con qualcuno e tu preferisci sempre evitare l’argomento e stavo troppo male per tenermi tutto dentro..>>
Callie le strinse la mano. <<Scusami.. è che a stento io ci credo quindi preferisco che non se ne parli..>> Penn annuì leggermente perplessa. <<Comunque a quanto pare non ha detto niente a nessuno..>> scoccò un’occhiata fugace a Justin, la quale a sua volte ne scoccava diverse alle due ragazze che parlavano a bassa voce.
<<Lui può accompagnarti.>>
<<No. Justin e Ryan s’insospettirebbero se si assentasse.>>
Penn sbuffò. <<Hai intenzione di andare da sola?>> Callie annuì. <<E va bene, ti aiuterò.>>

Camminava con le mani nelle tasche a passo veloce.
Era uscita dalla finestra del bagno delle ragazze grazie a Penn e adesso era diretta all’ospedale.
Secondo Justin, Ryan e Chaz, lei era nell’auditorium per le prove del saggio d’inizio primavera. Sarebbe andata e tornata in meno di due ore, dopotutto l’ospedale distava appena quindici minuti dalla scuola e per il controllo ci volevano appena un’ora e un quarto, forse anche meno.
Continuava a camminare. Le strade erano desertiche in quel tratto che si staccava dagli isolati delle case per andare dritto all’ospedale.
Camminava tranquillamente quando un’auto nera con i vetri oscurati si fermò sul ciglio un po’ più avanti rispetto a lei.
Continuò il suo percorso ma, quando vide scendere un ragazzo con il passamontagna calato sul volto, rallentò di colpo i passi. Subito dopo, scese un altro ragazzo, anch’esso con il passamontagna.
Callie iniziò ad arretrare mentre quei due la fissavano fermi.
Un secondo dopo, stava già correndo per scappare da quei due.
Erano lì per lei, non c’era dubbio.
Si sentì prendere dai fianchi e subito dopo i suoi piedi non toccavano più terra. Tentò di urlare ma inutile perché gli tapparono la bocca.
<<Sta ferma e non ti faremo niente!>> ringhiò uno di loro nel tentativo di farla entrare in auto.




Commenti autore:
Salve a tutti c:
Come va? Spero bene c:
La maggior parte di voi a quest’ora starà facendo i compiti (e anche io dovrei farli ._.) e avendo del tempo libero, mi sono messa e ho scritto tutto sto fardello di capitolo, che poi è anche più lungo rispetto agli altri c:
Non credevo che sarei riuscita a postarlo oggi in verità, eppure eccolo qui.
Spero vi piaccia, e aspetto i vostri pareri c:
Finalmente ci sarà un po’ di azione ma non vi anticipo niente.. sennò che gusto c’è a lasciare la suspense a fine capitolo? Sono cattiva (?) lo so :’)
Non smetterò mai di ringraziarvi per le recensioni che solitamente mi lasciate e per tutte le persone che leggono c:
Qui c’è una cosa che ho scritto ieri e ho pubblicato stamattina. Dateci un’occhiata e fatemi sapere cosa ne pensate :)
Bene, vi lascio.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


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Capitolo 14



Camminava con le mani in tasca nel corridoio vuoto, con Ryan alla sua sinistra e Chaz alla sua destra.
Il corso pomeridiano cui erano stati costretti a partecipare era finito dieci minuti prima, così avevano deciso di andare nell’auditorium per vedere come andavano le prove per il saggio d’inizio primavera.
Voltarono l’angolo e si ritrovarono a qualche metro dall’auditorium, quando notarono Penn che continuava a maneggiare nervosamente con il cellulare. Si sentiva un violino suonare energicamente un brano.
<<Penn? Va tutto bene?>> chiese Chaz correndo verso di lei.
Quando li notò, la ragazza sbiancò di colpo. <<S-sì tesoro, va tutto bene..>> rispose facendo un sorriso teso.
<<Sono già finite le prove? Dov’è Callie?>> chiese Justin guardandola dritto negli occhi. Il desiderio di rivederla era davvero forte.
<<Ecco.. Lei è ancora dentro.. Sta suonando..>>
<<Adesso c’è un violino a suonare.>> la guardò male.
<<Sarà appena finito il suo turno..>> rispose ingoiando la saliva. Penn era sempre stata una ragazza decisa, che rare volte andava nel pallone o si sentiva sotto pressione, e Justin lo sapeva bene.
<<Penn, il tuo comportamento è troppo diverso dal solito.>> la richiamò con tono grave.
<<Cosa?>>
<<Sei agitata, ingoi ripetutamente la saliva e..>>
<<Justin, basta.>> intervenne Chaz. <<Penn, va tutto bene?>> chiese dolcemente, puntando gli occhi in quelli della ragazza e prendendola per i fianchi.
Scosse la testa. <<No.. Ho aiutato Callie a uscire di nascosto dalla scuola e adesso non riesco a rintracciarla..>>
<<Tu cosa hai fatto!?>> urlarono in contemporanea Ryan e Justin.
<<So che non dovevo ma lei mi ha pregato di aiutarla.. Odia sentirsi troppi occhi addosso e voi lo sapete!>>
Senza dire niente, Justin sfilò il telefono dalle mani di Penn e cercò nella rubrica il numero di Callie. Fece partire la telefonata e portò il cellulare all’orecchio, però gli rispose la segreteria telefonica.
Ripeté gli stessi gesti, chiamandola tre volte, ma in tutti e tre i casi vi era la medesima conclusione.
<<C’è qualcosa che non va.>> guardò tutti. <<Callie ha sempre il cellulare acceso. Nemmeno uno squillo che risponde la segreteria.>>
<<Potrebbe essersi scaricato.>> disse Ryan.
Scosse la testa. <<Fa sempre attenzione che sia completamente carico.>>
Penn si appoggiò al muro, iniziando un balbettìo continuo e impercettibile. <<Non avrei mai dovuto lasciarla andare da sola..>> si rimproverò guardando il vuoto davanti a sé.
<<Perché è uscita? Dove doveva andare?>>
<<Aveva dei..>> il vibrare del telefono di Penn nella mano di Justin fece ammutolire tutti all’istante.
Guardò lo schermo. <<È lei.>> disse e tutti tirarono un sospiro di sollievo. Accettò la chiamata e rispose: <<Callie? Dove sei?>> chiese ancora allarmato.
Sentì una risata dall’altra parte del cellulare che di certo non le apparteneva. <<Ciao Justin, che piacere sentirti.>>
<<Chi è?>> rispose nervosamente.
Di nuovo una risata. <<Ma come? Non riconosci gli amici di vecchia data?>>
<<Edd sei un pezzo di merda! Dov’è Callie e perché hai il suo cellulare!?>> urlò e la sua voce rimbombò in tutto il corridoio.
<<È qui con me e sai, è una ragazza davvero dolce e combattiva.>>
<<Che cosa vuoi da lei!? Lasciala in pace!>>
<<Credo voglia dirti qualcosa..>> disse ancora ridendo.
<<J-J-Justin..>> sentì sussurrare, la voce strozzata dalle lacrime.
<<Callie stai bene? Se ti fanno qualcosa giuro che..>>
<<Justin vogliono la vostra r-r-resa..>>
<<Cosa?>>
<<Hai sentito bene.>> rispose nuovamente Edd. <<Non faremo del male alla ragazza, ma dovete ammettere la resa al torneo, dovete dire che l’ala nord vi ha battutto e dovete cerderci il vostro posto nella classifica.>> si sentì un forte rumore di un treno sulle rotaie che terminò pochi secondi dopo.
<<Ma che diavolo ti è saltato in mente!? Lasciatela andare!>>
<<Fa quello che ti abbiamo detto e non le succederà niente.>>
<<Almeno ha il suo inalatore?>> chiese.
<<Hai l’inalatore?>> sentì dire sottovoce e una voce ancora più debole rispose. <<No, ma non è un nostro problema.>>
<<Sì che è un problema idiota!>>
<<Fa quello che ti ho detto e la lasciamo andare.>>
<<Il fiume trasportò le per..>> sentì urlare dalla voce che riconobbe essere di Callie ma, nonostante ciò, era fievole poiché lontana. Non riuscì a terminare la frare che sentì solo il ‘bip’ della chiamata conclusa.
<<Edd!? Pezzo di merda!>> urlò in preda della voglia di sbattere il cellulare a terra con violenza.
Guardò gli altri, che lo fissavano con il fiato sospeso.
<<L’hanno presa.>> si limitò a dire calmandosi.
<<Dio.. è solo colpa mia..>> disse Penn prima di scoppiare in lacrime.
Chaz l’abbracciò. <<Perché è uscita di nascosto? Dove doveva andare?>> le chiese dolcemente accarezzandole la testa nel tentativo di farla calmare.
<<Doveva a-andare all’ospedale pe-per un controllo..>> rispose tra un singhiozzo e l’altro.
<<A un controllo?>> Justin la guardò assottigliando gli occhi. <<Perché?>>
<<Non posso dirlo.>> si nascose con il viso sul petto di Chaz.
<<Penn, perché cazzo doveva andare all’ospedale!?>> alzò troppo il tono della voce.
<<Amico sta calmo.>> intervenne Ryan tenendolo per un braccio. <<Adesso non ha importanza.>>
Tirò un lungo sospiro, stringendo i pugni nel tentativo di placare nuovamente la sua rabbia. <<Chiama la squadra. Dì che è urgente e che devono venire al parco in meno di mezz’ora.>>

<<Allora? Perché ci hai fatti chiamare?>> chiese Bill non appena la squadra completa si radunò nel campo di basket.
Tolse la schiena dalla rete, scrutando tutti. <<Vi ricordate Callie, la ragazza che ci ha aiutato a vincere contro l’ala nord? Alcuni la conoscevano già.>> fece una breve pausa. <<L’hanno rapita. Sono stati quei bastardi dell’ala nord e hanno chiamato per ricattarmi.>>
Diverse domande, forse anche troppe, rieccheggiarono nell’aria: “In che senso l’hanno rapita?” “Cosa c’entra lei con noi?”
Con un movimento della mano, zittì tutti all’istante. <<Lei era la mia migliore amica. È da un anno che non ci parliamo ma prima eravamo molto legati. Edd, uno che apparteneva a questa squadra l’anno scorso, ma che ha disertato e che adesso gioca con l’ala nord, lo sapeva bene. Prima l’hanno aggredita e oggi l’hanno presa.>>
<<Justin, arriva al punto.>>
<<Se non dichiaro che abbiamo perso nell’ultima partita, non la libereranno.>>
<<Questo non è un problema nostro.>> avanzò Stefan.
<<Cosa?>>
<<La ragazza è la tua e di certo non abbiamo intenzione di dichiarare la resa per lei.>>
Penn avanzò. <<Voi non capite. Lei non è stabile, è debole e non ha le sue medicine con sé. Se le capita qualcosa o arriviamo in ritardo potrebbe anche rischiare di morire.>>
<<Non riguarda noi.>>
Quando tutti annuirono, Justin non riuscì a trattenere tutta la rabbia in corpo. <<Si può sapere che cazzo vi succede!? Preferite rimanere in gara e non v’importa se ci rimette una vita umana!?>> urlò e, nello stesso istante in cui terminò la frase, un vento gelido gli sferzò il viso, schiaffeggiandolo.
<<L’amica è tua, problemi tuoi. Non vogliamo sembrare dei perdenti solo per pararti il culo.>>
<<Non è una questione di pararmi il culo!>>
<<Invece lo è. Risolvili da solo i tuoi problemi.>> detto ciò, tutti si allontanarono, uscendo dal recinto e lasciando solo Justin, Chaz, Ryan e Penn.
<<E adesso che facciamo?>> chiese Ryan.
<<Non lo so.>>
<<I suoi genitori mi hanno già chiamato diverse volte. Non ho risposto ma devono sapere perché la figlia non risponde o perché non è andata all’ospedale.>> Penn fissò il vuoto.
<<Non posso andare contro la squadra. Potrebbero fare di peggio.>> sospirò.
<<Allora avvertiamo i genitori, denunceranno tutto alla polizia.>> disse Chaz.
Justin annuì. <<Non vi è altra soluzione.>>

La madre di Callie -una donna bassina con i capelli ossigenati di biondo e gli occhi azzurri- venuta a conoscenza di quanto accaduto, non aveva fatto altro che agitarsi, nonostante Justin e Penn avessero provato a farle mantenere la calma.
Aveva chiamato prima il marito e poco dopo la polizia, denunciandone la scomparsa.
In verità i due ragazzi non le avevano detto come stavano realmente le cose: avevano detto che, quando si sono accorti che non rispondeva al cellulare e non trovavano un modo per rintracciarla, hanno iniziato a cercarla e sono andati sulla strada che porta all’ospedale, trovando lo zaino. In effetti, prima di andare a casa sua, sono passati per quella strada e hanno ritrovato lo zaino con l’inalatore e le pillole –quelle di cui non aveva ancora capito la funzione.
Adesso la polizia stava parlando con i genitori di Callie, chiedendo foto e qualunque cosa che la riguardava, per far odorare e far scovare qualche possibile traccia dai cani che avevano portato con sé.
Chaz e Ryan erano andati a cercarla, controllando i membri dell’ala nord mentre lui e Penn risiedevano nel salotto di quella casa.
Il silenzio regnava tra di loro mentre si sentivano i continui singhiozzi della madre di Callie.
Fuori era calata l’oscurità da un pezzo e quella strana aria lo faceva sentire come se fosse morto qualcuno e fossero lì per lutto.
Ingoiò rumorosamente la saliva. Se le torcevano anche un solo capello, gliel’avrebbe fatta pagare.
<<Sono tornati Ryan e Chaz.>> lo informò Penn alzandosi e uscendo prima dal salotto e poi dalla casa. Justin la seguì e insieme li raggiunsero, sperando di avere buone notizie.
Chaz abbracciò Penn mentre Ryan scosse la testa. <<Siamo andati da quelli dell’ala nord, seguendoli di nascosto e pedinandoli fino alle loro case. Alcuni li abbiamo anche minacciati sperando di avere informazioni, ma nessuno sapeva di cosa stavamo parlando e di Callie nessuna traccia..>>
<<Probabilmente stavano anche mentendo ma non saremo comunque riusciti a estorcere qualche informazione.>>
Annuì deluso. <<Tutto questo è solo colpa mia. Un anno fa non avrei dovuto essere così melodrammatico.>> sussurrò abbassando il capo.
<<Perché avete litigato un anno fa?>> chiese Ryan.
Tirò un sospiro rumoroso, lasciando intendere quanto irritante fosse quella domanda. Un giorno avrebbe raccontato tutta la verità, ma quello non era il momento più adatto per parlarne.
<<Ryan, non è il momento.>> lo rimproverò Chaz.
<<Per lui non è mai il momento!>> sbuffò guardando altrove.
Penn gli si avvicinò. <<Quando hai parlato con Edd, non ti ha detto niente che può farci capire dove l’hanno portata?>>
Sospirò per l’ennesima volta. Non era riuscito a liberarsi di tutta la rabbia accumulata e adesso sentiva la stanchezza fargli pressione. <<Mentre parlavo ho sentito il rumore di un treno su delle rotaglie..>>
<<Ci sono diverse stazioni nei dintorni e sono luoghi troppo affollati per tenere una ragazza appena rapita..>> rifletté Chaz stringendo la mano della ragazza.
<<Non c’è nient’altro che hai sentito o capito?>> chiese di nuovo.
Pensò a tutta la conversazione avuta, a ogni singola parola e a ogni singolo rumore di sottofondo, quando una lampadina si accese nella sua testa. <<Il fiume trasportò le persone..>> sussurrò.
<<Cosa?>>
<<Il fiume trasportò le persone!>> alzò la voce. <<So dove l’hanno portata.>>




Commenti autore:
Salve ragazzi, come va? C:
Mi scuso per il netto ritardo ma la scuola non mi da tregua.
Comuuuunque sì, vi lascio un altro po’ sulle spine c: e adesso le cose inizieranno a diventare molto più movimentate e (credo) ci saranno diversi colpi di scena. Lentamente poi ci avvieremo verso la conclusione.. Sto facendo una telecronaca inutile lol.
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono, quelli che inseriscono la mia storia nelle preferite-seguite-ricordate e in particolar modo quelli che recensiscono e che ci sono da sempre. Mi fate sempre sorridere ragazzi e siete stupendi :’)
Bene, adesso sparisco.
Ci sentiamo presto e cercherò di aggiornare appena possibile.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


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Capitolo 15



<<Amo questo posto.>> sospirò Callie sedendosi –con le gambe penzolanti nel vuoto- sul bordo del tetto del magazzino abbandonato, che si trovava su una delle colline più alte di Stratford.
Si sedette accanto alla ragazza, ammirando il paesaggio magnifico che si stagliava davanti ai loro occhi: le vette delle montagne più alte, perennemente innevate; la loro città natale, tranquilla all’apparenza; gli alberi del bosco per cui erano passati per raggiungere quel luogo singolare e appartato; le rotaie di un treno che si perdeva in mezzo alle montagne. A contornare il tutto, il sole che lentamente scendeva sempre più, nascondendosi dietro le montagne e donando all’aria un confortevole senso di appartenenza, e le nuvole, contornate di arancione e rosso, mentre il cielo diventava sempre più scuro.
<<È ora di tornare alla vita di Stratford.>> sospirò dopo un lungo silenzio. <<A breve sarà completamente buio e non mi va di fare il sentiero nel bosco al buio.>>
Callie rise. <<Se ti avessi concesso di fermare l’auto qui sotto saremmo potuti rimanere ancora un po’?>> si sppoggiò alla sua spalla e lui conseguentemente poggiò la sua testa contro quella di lei.
<<Probabilmente sì, ma anche la passeggiata per il sentiero nel bosco non è male.>> sorrise.
<<Tutta l’aria inquinata della città fa male e questo posto è perfetto.>> si stiracchiò. <<Mi rilassa molto ed essere qui al tramonto è ancora più bello.>>
<<Diciamo che è il nostro posto segreto e perfetto.>> lei lo guardò.
<<Nostro?>>
Annuì. <<Solo noi due ne siamo a conoscenza.. Può diventare il nostro posto per quando abbiamo bisogno di tranquillità.>>
Guardò un meraviglioso sorriso comparire sul viso di Callie. Stava per dire qualcosa ma, prima di far uscire qualsiasi tipo di suono, gli scompigliò i capelli. <<Sai, dovresti provare a farti una cresta, chissà quanto vengono lunghi.>>
Si scostò fingendosi infastidito. <<Ma lasciali in pace, a me piacciono così.>>
Presto l’aria rieccheggiò delle loro risate. <<Anche a me piacciono così, anche se non ho ancora scoperto com’è la tua fronte.. E poi assomigli a un fungo.>>
Si alzarono. <<Un fungo!?>>
<<Sì, un fungo canterino.>> lo stuzzicò.
<<Oh, questa me la paghi.>> disse con fare malizioso.
Callie iniziò a indietreggiare e poco dopo si ritrovò a correre per non essere presa da Justin.
Rientrarono correndo nel magazzino, scendendo le scale per poi ritrovarsi al primo piano. Quando finalmente la raggiunse, la prese per i fianchi attirandola a sé e facendola fermare.
Continuavano a ridere quando ai loro orecchi arrivò un continuo ticchettio che rimbombava al piano sottostante.
Si guardarono con aria perplessa, quando quel rumore cessò.
Non dissero altra parola e, silenziosamente, scesero un’altra rampa di scale, fermandosi all’inizio della seconda e ultima rampa. Si abbassarono, in modo da non essere visti e guardarono una figura in mezzo al piazzale vuoto.
Una donna vestita di nero, dalla figura alta ed esile, con i tacchi alti e con una ventiquattrore nella mano sinistra, era ferma, forse aspettando qualcuno. Poco dopo fece la sua entrata un uomo alto, muscoloso e anch’esso vestito di nero, che camminava il più silenziosamente possibile. Quando le arrivò alle spalle, le puntò qualcosa alla nuca, quella che sembrava essere una pistola.
Justin e Callie trasalirono.
<<Frase in codice.>> disse l’uomo. Solo allora notarono che aveva un pacco sotto il braccio.
<<Il fiume trasportò le persone.>> rispose la donna girandosi nello stesso istante in cui l’uomo abbassò la pistola.
<<Spero che possa soddisfare i tuoi clienti.>> le porse il pacco mentre lei le diede la ventiquattrore.
<<Io spero che possa saziare la tua avidità.>>
<<Non minacciarmi.>>
<<Sparisci. Questo incontro non è mai avvenuto.>>
<<Io non ti conosco.>> ultimato ciò, l’uomo e la donna si allontanarono, ognuno nella direzione opposta a dove andava l’altro.


<<Justin, si può sapere dove stiamo andando!?>> sbuffò Penn sul sedile posteriore. Era seduta accanto a Chaz mentre Justin era alla guida e Ryan sedeva sul sedile del passeggero.
<<Penn, saresti dovuta rimanere a casa di Callie. Potrebbe essere pericoloso.>> la guardò attraverso lo specchietto retrovisore, per poi ritornare alla strada.
<<È colpa mia se l’hanno presa, voglio essere utile e non mi va di restare ferma con le mani in mano.>>
<<Stiamo andando su una delle colline più alte di Stratford.>>
<<Pensi che l’abbiano portata lì?>> chiese Ryan.
Annuì. <<Prima che Edd staccasse, ha detto una frase: il fiume trasportò le persone.>>
<<E che vuol dire?>> chiese Chaz.
<<In verità né io né lei lo sappiamo.>>
<<Ci stai prendendo in giro?>> ribatté Penn.
Justin la ignorò. <<Tempo fa io e Callie avevamo un nostro posto segreto. È un capannone abbandonato che ha una visuale su tutta Stratford.>>
<<Spiegati.>> borbottò Ryan innervosendosi.
<<Andavamo più di una volta al mese lì, per circa un anno e mezzo. Poi abbiamo assistito a uno scambio di qualcosa che sicuramente era illegale e non ci siamo più tornati.>> svoltò un angolo, iniziando a percorrere una strada sterrata. <<Le persone che hanno eseguito lo scambio hanno utilizzato quella frase, che è un codice che non siamo mai riusciti a decifrare.>>
<<Quindi se l’ha detta, deve esserci per forza un motivo.>> intuì Ryan.
<<Esatto. Prima però non ci avevo pensato.>>
<<Quanto ci vuole per arrivarci?>>
<<Da qui almeno un’ora.>> disse premendo ancora di più il piede sull’acceleratore.
<<Perché non hai voluto dirlo anche alla polizia?>> chiese Chaz.
<<Callie non ha completato la frase che Edd ha staccato. Non sono sicuro che si trovi lì e, se ho torto, gli farei perdere solo del tempo.>>

Continuò a sbattere i pugni contro la porta a lungo, ma tutto fu inutile.
Si passò una mano sulla guancia che le avevano schiaffeggiato un paio d’ore prima.
Aveva morso il dito di quello che aveva capito chiamarsi Edd e aveva tentato di fuggire, ma tutto quello che aveva ottenuto era stata una brusca caduta e uno schiaffo che le aveva rimasto il segno delle cinque dita.
Si appoggiò alla parete, sperando che Justin avesse capito il suo messaggio, che avesse ricordato cosa era successo quando avevano appena sedici anni.
Si guardò in quella stanza fredda, grande quanto vuota, e piena di polvere. Sarebbe potuta anche essere buia se non fosse stato per una luce fievole della luna piena, proveniente dalla piccola finestra rettangolare posta in alto, su uno dei muri vuoti.
Senza pensarci molto, si avviò verso quella finestrella e, mettendo le mani sul piccolo e polveroso davanzale, tentò di alzarsi per vedere se poteva aprirla e magari uscire da lì.
Strusciò il piede sul muro e cadde rovinosamente a terra, sbattendo violentemente i gomiti e la schiena.
Era sempre stata abbastanza maldestra e la grazia non le era mai appartenuta.
Tentò di alzarsi ma un forte giramento di testa la costrinse a rimanere seduta.
Si avvicinò alla parete, poggiandosi con la schiena ancora dolorante.
L’aria stava diventando qualcosa che veniva sempre meno, seguita dalle sue forze che la stavano abbandonando.
Con sé non aveva l’inalatore e c’era fin troppa polvere per i suoi gusti, o meglio per i suoi polmoni.
Chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo, sentendoli sempre più pesanti.
Li chiuse nuovamente e quando li riaprì era con il viso a terra.
Iniziò a tossire molto forte, tanto da sentire quasi i polmoni fuori uscirgli dal petto, e istintivamente si portò la mano alla bocca.
Quando la tosse terminò, faceva ancora più fatica a respirare e, poco dopo, guardò la mano che si era portata alla bocca, sbiancando all’istante.
Non poteva avere un attacco, non adesso.

Si affacciò da dietro al muro per controllare l’ingresso del capannone.
A illuminarlo un po’ vi era solo la debole luce della luna piena, sovrastata di tanto in tanto dalle nuvole.
Fece segno e tutti entrarono. Non c’era nessuno a parte loro.
<<Abbiamo preso un granchio.>> sbuffò Ryan.
Continuò a guardarsi intorno. <<Non penso. Fuori c’è un’auto nera.>>
<<E con questo? Potrebbe essere di chiunque!>>
Chaz lo guardò male. <<Adesso finiscila Ryan! Non sei di aiuto.>>
<<Dovevamo trovare Callie e qui non c’è nessuno! Abbiamo fatto un viaggio di un’ora inutilemente mentre..>>
<<Adesso basta!>> tuonò Justin guardandoli. <<State dando solo fastidio!>>
Il silenzio tornò a regnare.
Tornò a guardarsi intorno e il suo sguardo cadde su una porta blindata in ferro battuto.
Gli andò vicino. <<Questa non la ricordavo.>> sussurrò.
<<Di là ci sono delle scale che portano ai piani di sopra.>> disse Penn. <<Quella sarà solo una stanza.>>
<<No, è il sotterraneo.>> disse ricordando e aprendo delicatamente la porta, cercando di fare meno rumore possibile. Vide una luce fioca ai piedi delle scale. Chiuse nuovamente la porta. <<Qui c’è il garage.>> sussurrò. <<Non la ricordavo perché Callie non è mai voluta scenderci e non so nemmeno com’è fatto.>> fece una breve pausa, riflettendo su cosa fare, per poi prendere il cellulare e controllare se vi era linea.<< Merda.>> sussurrò quando notò la scritta emergenza. <<Allora, Chaz e Penn restate qui di guardia. Se arriva qualcuno chiamatemi e se entro sette minuti io e Ryan non siamo qui, correte a chiamare la polizia.>>
Tutti annuirono. <<Non sarebbe meglio se qualcuno di noi vada già a chiamarla?>>
Scosse la testa. <<Se riusciamo a liberare Callie, sappiamo come scappare. Se uno di noi deve andare e poi tornare con la polizia, ci vorrebbero altre due ore buone.>>
Penn sospirò. <<Fate attenzione.>>
Aprendo la porta, Ryan e Justin scesero silenziosamente le scale, evitando qualsiasi rumore che potesse far capire la loro presenza lì.
Finite di scendere le scale, si ritrovarono in una stanza vuota, e, verso la sua fine, un’apertura senza porta. Da lì provenivano diverse voci.
Si avvicinarono cauti e si affacciarono di poco. La luce fioca che aveva visto da sopra le scale, appartenva a quattro candele, poste su un tavolo con due sedie su cui vi erano seduti Edd e un ragazzo con un cappello nero –lo stesso che aveva attaccato Callie il giorno prima. Stavano giocando a carte.
<<Il fatto che non faccia più rumore, non dovrebbe farci preoccupare?>> disse quello con il cappello.
Edd scrollò le spalle, pescando dal mazzo di carte francesi. <<Sono quasi le undici, si sarà addormentata.>>
<<E quando tossiva prima? Non soffre d’asma?>>
<<Lasciala perdere. Probabilmente stava solo cercando di attirare la nostra attenzione in modo diverso dal fare rumore. E ti ricordo che quando siamo andati a controllarla, quasi non è scappata.>>
Justin scrutò quella stanza. Vi erano diversi pilastri doppi, messi in fila uno dopo l’altro, e due porte che si trovavano ai lati opposti.
Guardò Ryan che era di fronte a lui. Gli fece segno di andare a sinistra, mentre lui sarebbe andato a destra.
Annuì e, un istante dopo, corsero nelle rispettive direzioni, facendo attenzione a non essere visti e a rimanere nascosti dietro i pilastri, facendo brevi pause.
Quando arrivò alla porta laterale che aveva visto prima, notò che era chiusa e nella serratura vi era infilata una chiave.
Si girò indietro, vedendo Ryan arrivare all porta che gli aveva indicato e lanciò un’occhiata veloce a Edd e all’amico, i quali stavano alzando la voce per una mossa sbagliata di uno.
Si avvicinò alla porta e, cercando di fare meno rumore possibile, fece scattare la serratura. Questa creò un rumore appena percettibile e aprì la porta senza il bisogno di premere sulla maniglia.
Lanciò un’ultima occhiata ai due e poi oltrepassò la soglia, socchiudendola.
Vide subito Callie distesa a terra, con gli occhi chiusi. Sembrava dormisse.
Le si avvicinò, notando quanto polverosa fosse quella stanza, e la scuotè leggermente sperando che si svegliasse.
Poco dopo, si accorse che il suo addome si abbassava e alzava a intervalli troppo lunghi, segno che a stento respirava e questo lo mise in allerta. Probabilmente aveva avuto un attacco d’asma.
Le tolse la mano che aveva vicino al viso e, alla vista del palmo sbiancò all’istante. <<Oh mio Dio..>>




Commenti autore:
Buongiorno c:
Pensavo di postarvelo prima questo capitolo ma non sono mai puntuale quando voglio fare qualcosa.
Spero che questo capitolo vi piaccia, e sinceramente l’ultima parte non so com’è venuta. Ho un po’ d’influenza e quella parte l’ho scritta ieri. Mi scuso anche per gli eventuali errori ^^”
Come al solito, vi ringrazio per tutto, per leggere, recensire e per inserire la storia nelle preferite-seguite-ricordate.
Vado altrimenti rompo anche di domenica.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


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Capitolo 16



Sangue.
Ingoiò la saliva.
Cosa ci faceva del sangue sulla sua mano? Le avevano fatto del male? Il solo pensiero lo fece rabbrividire e innervosire ancora di più.
La girò, facendola stendere con la pancia verso l’alto e iniziò a scrutare ogni parte del suo corpo. Non aveva ferite, non vi era traccia di sangue sugli indumenti.. Da dove proveniva allora quel sangue?
Una frase urlata, che non capì e che proveniva fuori da quella stanza, lo mise in allerta, facendogli distogliere la mente da tutti quei pensieri.
<<Edd!>> sentì urlare.
Lanciò una piccola occhiata a Callie, poi si alzò e si avvicinò a passo felpato verso la porta appannata. Guardò attraverso la piccola fessura –tra la porta e il muro- e non vide più la figura di Edd e dell’amico seduti al tavolo, bensì Edd gli era di spalle, con un braccio teso in avanti mentre l’altro era a terra. Subito dopo riconobbe Ryan fermo vicino al ragazzo a terra, con i pugni chiusi e il fiatone.
Erano stati scoperti.
Corse verso Callie, le mise una mano dietro la schiena e l’altra sotto le ginocchia, poi l’alzò di peso e si diresse verso la porta. Prima di uscire, diede un’ultima sbirciata per vedere com’era la situazione. Sembrava che non si fossero mossi.
Aprì lentamente la porta con il piede e, attraversandola, si andò a nascondere dietro uno dei pilastri. Stava pregando che non lo beccassero.
<<Edd! La ragazza!>> sentì urlare.
Il sangue gli si gelò nelle vene.
Appena sentì alcuni passi veloci. Poggiò a terra Callie, liberandosi del suo leggero peso e mettendola il più vicino possibile al pilastro.
Rimase con un ginocchio poggiato a terra e la schiena incollata al muro: appena si sarebbe presentata l’occasione avrebbe attaccato.
I passi aumentarono velocità, diventando sempre più vicini, fin quando non gli furono proprio accanto, a un soffio.
Allungò il piede e mise lo sgambetto a quello che stava correndo; questo cadde a terra in posizione supina.
Justin gli si avventò immediatamente addosso, facendolo cadere di schiena e salendogli addosso. Gli tirò un pugno in pieno viso ma, quando tentò di tirargliene un altro, quello gli bloccò il polso con una mano e, poco dopo, con l’altra gli tirò uno schiaffo. Il colpo fu troppo forte e pesante, tanto da costringerlo a voltare il viso.
Lo spinse e Justin perdè la sua posizione, finendo a essere lui con la schiena a terra.
Edd gli puntò una pistola contro il viso e questo lo costrinse a non reagire.
<<Sei un bastardo.>> ringhiò a denti stretti quando Edd si alzò e gli fece segno di alzarsi a sua volta.
<<Ha qualche importanza?>> rise e, poco dopo che si alzò da terra, Ryan lo affiancò mentre si mise di fronte a lui l’altro ragazzo, anch’esso con una pistola puntata contro Ryan.
Sentì qualcosa scorrergli sul collo e si portò la mano lì, ripercorrendo poi il rivolo si sangue che risaliva a un taglio abbastanza esteso sulla guanciae sullo zigomo. Non lo aveva colpito con uno schiaffo, bensì con la pistola.
Edd lanciò un’occhiata a Callie, stesa vicino al pilastro dietro Justin, poi riportò lo sguardo sui due. <<Volevate andarvene senza salutare?>> rise scuotendo la testa. <<Non si fa con le vecchie conoscenze.>>
Sputò a terra. <<Appunto, sei solo un conoscente. Se all’epoca fossi stato leale, non avresti tradito la tua squadra e adesso non avresti rapito una ragazza per una stupida partita.>>
<<Affari, mio caro.>>
Strinse i pugni. Era sempre stato una persona falsa che non meritava attenzioni e fiducia.
<<Cos’ha la ragazza?>> chiese l’altro indicando con la pistola Callie.
<<Non lo so. Avrà avuto un attacco d’asma per colpa vostra e non ha nemmeno l’inalatore..>> si finse calmo nel dire quella frase, ma la voglia di spaccare la faccia a quei due era sempre più forte.
Edd la guardò nuovamente, perplesso sul da farsi. <<Prendetela e andate dentro.>> ordinò indicando con la testa la stanza.
<<Edd ragiona.>> intervenne Ryan, stranamente fin troppo calmo per essere lui. <<Callie è svenuta e adesso siamo in tre. Vi siete già messi nei guai con lei e facendo così peggiorate solo la vostra situazione.>>
Il ragazzo che era con Edd arretrò leggermente con la mano, piegandola con l’intenzione di mettere via la pistola, ma l’altro lo interruppe, guardandolo in modo brusco. <<Mark non essere stupido. Stanno solo tentando di metterci in soggezzione.>> riportò l’attenzione sui due. <<Obbedite voi.>> disse nervosamente.
Le parole di Ryan avevano avuto un certo effetto su di loro, lo si poteva notare facilmente.
Justin si girò verso Callie, la prese –sotto lo sguardo attento di tutti come aveva fatto poco prima- ed entrò in quella stanza vuota e piena di polvere, seguito da Ryan.
Si girò un attimo, con ancora lei tra le braccia. <<Ve ne pentirete.>> disse rassegnato fissando Edd e quello che aveva udito chiamarsi Mark sulla soglia della porta.
I due non risposero, si limitarono a chiudere la porta, lasciando Justin, Callie e Ryan chiusi in quella stanza.
Justin si avvicinò a una di quelle pareti, poggiando la schiena e scivolando a terra con la schiena. Poi stese Callie accanto a sé e le poggiò la testa sulle proprie gambe.
Cercò nella giacca l’inalatore e le pillole che Penn gli aveva dato in auto.
Ryan si avvicinò a loro, sedendosi accanto all’amico.
Una volta trovato l’inalatore, glielo portò alla bocca e premette il bottone, sperando che Callie si risvegliasse o almeno si sentisse meglio.
Poi prese le pillole. <<Secondo te dovrei dargliene una?>> chiese perplesso guardando l’altro.
Scrollò le spalle. <<Non sappiamo nemmeno a che servono.>>
Sbuffò per poi aprire il flacone e prendere una pillola, ma ci ripensò e la rimise dentro. Come avrebbe fatto a fargliela ingoiare?
Rimise tutto nella propria giacca e iniziò ad accarezzarle i capelli.
Presto, si sentirono le urla di Edd e Mark da fuori. Stavano litigando pesantemente, neanche fossero stati sposati.
Litigarono a lungo e furiosamente, ma presto le voci si calmarono e il silenzio iniziò a regnare anche fuori da quella maledetta stanza.
Sospirò. Sperava solo che Penn e Chaz fossero andati a chiamare la polizia, sperava che facessero presto e pregava perché Callie non avesse niente di grave.
<<Justin?>> distolse lo sguardo dalla ragazza e lo puntò su Ryan. <<Perché avete litigato un anno fa?>>
Sospirò di nuovo e poggiò la testa al muro alle proprie spalle, alzando gli occhi al soffitto pieno di ragnatele. Tutta la rabbia che aveva in corpo sembrava fosse svanita, ma il rancore verso chi aveva rapito Callie e verso se stesso –che lo aveva permesso- era molto forte. <<È complicato da spiegare.>>
<<Voglio solo sapere. La vostra amicizia era perfetta e tra voi c’er una complicità che invidiavo e invidio tuttora.>>
Sorrise, pensando a tutte le malefatte, tutti gli scherzi e tutti i piani che avevano complottato insieme contro qualcuno. Presto però, quel sorriso scomparve. <<Ryan, tu..>> si bloccò. Dirgli la verità in un momento come quello non avrebbe che generato litigi, e Callie era poggiata con la testa sulle sue gambe, con gli occhi chiusi e il respiro non ancora del tutto regolare. <<Non so se capiresti se ti dicessi il vero motivo..>> disse lasciando intendere tutta la sua incertezza.
<<Almeno provaci.>>
Sospirò per l’ennesima volta. <<Ci siamo allontanati dopo un… litigio.>> ingoiò la saliva, sentendosi addosso più tensione adesso di quando Edd gli aveva puntato contro la pistola. <<È stata una mia decisione e non immagini quanto la rimpiango.>>
Per un attimo calò il silenzio tra i due e Justin tornò a fissare Callie.
<<Ti manca?>> gli chiese infine Ryan. Probabilmente aveva capito che non era il momento d’insistere e discutere, come facevano solitamente quando andavano a finire su quell’argomento.
<<Ogni giorno da quanto non ci siamo più parlati.>>
Una piccola lacrima gli varcò la guancia, finendo con il confondersi con il sangue che ancora usciva dal taglio.
Callie aveva sempre svolto un ruolo importante nella vita di Justin. Da quando si erano conosciuti, da quando lui le aveva salvato la vita, lei non aveva fatto altro che stargli accanto, aiutandolo in ogni situazione, convincendolo a tenere la calma nelle situazioni più critiche e a risolvere le cose senza arrivare alla violenza.
L’aveva aiutato a non finire su una cattiva strada e nel frattempo la loro amicizia e complicità si era rafforzata come non mai.
Più volte, Callie gli aveva detto che gli doveva molto, che la vita gliel’aveva salvata non solo quella sera al lago ma anche altre volte, se non ogni giorno…

La affiancò.
Era la terza volta dopo la sera in cui l’aveva salvata al campeggio che la incontrava, ma questa volta non fu un incontro casuale.
<<Ciao...>> sorrise mentre continuava a camminare per la strada vuota. Non ebbe risposta se non un singhiozzo da parte sua.
Si fermò di colpo, prendendola per il gomito e spingendola a girarsi verso di sé. <<Callie che hai?>> chiese vedendo il suo viso ricorperto di lacrime.
<<Ti prego, lasciami stare..>> tentò di liberarsi dalla presa, ma Justin non lo permise, piuttosto l’avvicinò a sé.
<<Perché stai piangendo?>> portò le mani al suo viso, asciugandole le guance.
<<Lasciami..>> sussurrò.
<<Non fin quando non mi dirai cos’è successo.>>
<<Io.. io odio la mia vita..>> disse tra un singhiozzo e un altro.
<<Cos’è successo?>> cercò di guardarla negli occhi, ma tutti i suoi tentativi furono vani.
Callie non rispose, si limitò ad affondare il viso tra l’incavo del collo e della spalla. L’avvolse tra le sue braccia e la strinse a sé, aspettando che quei singhiozzi si calmassero.


Quella fu la prima volta che vide Callie piangere..

<<Allora, mi racconti cos’è successo?>> chiese porgendole uno Starbucks fumante.
Le lacrime erano cessate e lui l’aveva invitata a prendere una bevanda calda insieme.
Sospirò. <<Mi prenderesti per un’idiota, non mi capiresti.>>
<<Sarei io un’idiota se non insistessi per sapere il motivo.>> la guardò con furbizia mentre ricominciarono a camminare per le strade innevate di Stratford.
<<Non ho amici e troppe volte le persone m’insultano… Anche se non direttamente..>>
Justin rise. <<Quest’argomento mi riporta al nostro risveglio nel tuo letto al campeggio.>> la guardò. <<Non devi farti buttare giù da quello che pensano gli altri, ricordi? Sei stata stesso tu a dirmelo.>>
Scosse la testa. <<Le cose sono più complicate per me, Justin. Non ho amici, fatico a fidarmi delle persone e sono troppo debole..>>
<<Non dire stupidaggini.>> lo guardò. <<Non penso che tu sia una persona debole. Si capisce dal fatto che sorridi nonostante tutto, che cerchi di dar forza e sicurezza alle altre persone.. A me per esempio. Se prima mi vergognavo del mio caschetto, adesso non m’importa cosa pensano gli altri.>>Callie sorrise e Justin le mise un braccio sulle spalle, come se fossero stati amici di vecchia data.<<Vedi? È a questo sorriso che mi riferivo.>> le baciò teneramente la guancia.


Lei era davvero una ragazza forte, ma diverse volte aveva pensato il contrario.
Da quell’incontro in lacrime, lui si affezzionò e lei iniziò a fidarsi.
La loro amicizia fioriva a quell’epoca, quando erano poco più che ragazzini.
Poi l’aveva abbandonata e adesso erano lì: lui impotente, lei con qualcosa che insiste a non voler dire.
Perché era stato così stupido da lasciarla andare l’anno precedente?





Commenti autore:
Salve c:
Lo so, lo so, sono in enorme ritardo e per giunta il capitolo fa pena, ma credetemi, non sono riusicta a fare di meglio :\
Questa doveva essere una scena speciale, invece non è niente e devo dire che non mi piace affatto, ma non posso più rimandare la pubblicazione o non arriveremo mai a finire questa storia, quindi posso solo chiedervi scusa, sia per il ritardo che per questo ‘penoso’ capitolo ^^”
Vi ringrazio per le vostre recensioni, siete tutte magnifiche **
E adesso vi lascio.
Cercherò di aggiornare il prima possibile e cercherò anche di farmi perdonare ^^’
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


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Capitolo 17



Riaprì gli occhi.
Ciò che era successo durante la mattina, l’arrivo della polizia e dei paramedici che hanno portato via Callie, l’arresto di Edd e Mark, l’arrivo in ospedale.. tutto rimbombava nella sua testa come un vortice infinito di azioni che non avevano una logica.
Si mosse leggermente e si ritrovò steso su un divano a tre posti, con una coperta nera poggiata sul corpo. Si guardò intorno e notò di essere in un corridoio: le pareti erano bianche, c’erano diverse porte e alcune finestre che davano su quelle che sembravano camere.
Vide una mano porgergli una tazza con una bevanda fumante. Alzò lo sguardo e vide Penn con un piccolo sorriso.
Accettò volentieri e si alzò con il busto, rendendosi conto del tremendo giramento di testa.
<<Dove siamo?>> chiese mentre si portava le dita alle tempie, per massaggiarsele, e Penn si sedeva su una piccola porzione del divano che –notò solo adesso- era verde.
<<In ospedale.>>
Tutto quello che gli vorticava in testa, iniziò ad avere un senso: verso l’alba, Penn e Chaz avevano guidato la polizia al capannone abbandonato dove erano stati rinchiusi, dei paramedici avevano preso Callie e l’avevano trasportata di urgenza in ospedale, mentre una persona gli medicava la ferita sulla guancia..
Si portò istintivamente la mano lì, capendo di avere un grande cerotto che gli copriva la parte di pelle lacerata.
<<Dov’è Callie?>> chiese poi. <<Come sta?>>
Penn aprì la bocca per rispondere ma Chaz la precedette, arrivando con un cornetto al cioccolato avvolto in un tovagliolo. <<Questo è per te.>> gli disse semplicemente. <<Mangia.>>
<<Dov’è Callie?>> ripeté senza prendere il cornetto.
<<Sta bene.>> sentì alle sue spalle e non gli servì girarsi per riconoscere chi fosse: Ryan. <<Almeno è quello che hanno detto i dottori.>> era nervoso.
<<C’era del sangue sulla sua mano quando l’ho trovata. Da dove proveniva?>>
Penn sospirò e lanciò un’occhiata prima a Chaz, poi a Ryan.
Justin ebbe la sensanzione che lì tutti sapessero qualcosa che non aveva ancora scoperto. <<Allora?>> insisté.
<<Quel sangue proveniva dai suoi..>> si bloccò.
La guardò con sguardo accusatorio. Che stavano nascondendo?
<<Dai suoi polmoni.>> terminò Chaz al suo posto.
<<Cosa?>> il silenzio regnò e questo lo fece solo innervosire di nuovo. <<Che vuol dire dai suoi polmoni?>>
<<Non dobbiamo essere noi a dirtelo.>> continuò Chaz poggiando il cornetto sulle sue gambe. <<E adesso mangia. Sono diversi giorni che non metti qualcosa sotto i denti e sei debole.>>
Adesso capiva anche il forte giramento di testa, la confusione nella sua mente e il motivo per cui stava dormendo nel corridoio dell’ospedale: negli ultimi giorni, il suo appetito era pari a zero e il più delle volte aveva saltato i pasti, causando così un abbassamento della pressione, favorito anche dagli ultimi avvenimenti. Doveva aver perso conoscenza e non era la prima volta che gli capitava.
Si tolse la coperta dalle gambe e tolse i piedi dal divano, poggiandoli a terra. <<Voglio vedere Callie.>> tentò di alzarsi ma Penn gli mise le mani sulle spalle, costringendolo a non muoversi.
Lo guardò negli occhi. <<Adesso è con i suoi genitori e alcuni dottori.>>
Sbuffò distogliendo lo sguardo dal suo; poi guardò il cornetto e il liquido nella tazza, capendo che era un cappuccino. V’immerse il cornetto, dopo di ché lo portò alla bocca, dandogli un grande morso.
Dopo nemmeno due minuti, aveva già finito il cornetto e il cappuccino rimanente era meno di metà tazza. La poggiò su un tavolino accanto al divano, incollato alla parete. Penn e Chaz lo guardavano divertiti, mentre Ryan aveva la testa da tutt’altra parte.
La porta di fronte a loro si aprì, attirando l’attenzione di tutti e, quando uscirono i genitori di Callie, tutti si drizzarono in piedi e gli si strinsero attorno.
<<Come sta?>> chiese Penn.
La madre di Callie accennò a un piccolo e teso sorriso, che avrebbe dovuto tranquillizzare tutti, ma ciò non avvenne. <<Adesso molto meglio.>> sussurrò.
Due persone in camice bianco uscirono anch’essi dalla camera e si affiancarono ai genitori di Callie. Dovevano essere i dottori. <<Signori, voi potete venire con noi. Dobbiamo chiarire alcune… cose..>> parlò uno di loro e, dalla sua voce, si poté capire solo la preoccupazione.
<<Possiamo andare a parlarle?>> chiese Ryan speranzoso.
<<Al momento ha bisogno di riposo.>> li liquidò e dovettero rassegnarsi.
Chiusero la porta e si allontanarono con i genitori di Callie.
Penn si sedette sul divano e presto Chaz la raggiunse, abbracciandola e facendole posare la testa sul suo petto.
Gli altri due, si avvicinarono alla ‘finestra’ che dava sulla camera.
I suoi occhi si posarono immediatamente sulla ragazza, che dormiva con la testa piegata leggermente in avanti e pendente sul lato sinistro. Attaccata alla bocca aveva una mascherina trasparente con un grande tubo davanti. Spostò lo sguardo, seguendo quel tubo e vide quello che sembrava un respiratore. Proprio accanto vi era una di quelle macchine che monitorano i battiti del cuore, con la linea verde che si muoveva costantemente su e giù.
Si girò verso Penn e Chaz, incrociando le braccia al petto. <<È vera quella storia della malattia?>>
Penn lo guardò tristemente e, stringendo le labbra, annuì. <<Quella scenata di qualche settimana fa te l’ho fatta perché volevo che tu avessi le pillole. Immaginavo che, nonostante fingessi che non t’interessasse, le avresti comunque portate con te e in caso io non ci fossi stata, l’avresti soccorsa tu al mio posto.>>
<<Dirmi tutto no?>>
Scosse la testa. <<Non è dipeso da me. Callie non voleva che io te lo dicessi. Penso che se qualcuno debba farlo, quella deve essere lei e nessun altro.>>
Sbuffò. <<E perché lei non mi ha detto niente?>>
Penn alzò le spalle.
Alzò gli occhi al cielo. Era stufo di essere tenuto all’oscuro di tutto, era stanco e voleva sapere.
Un finto colpo di tosse attirò l’attenzione di tutti i ragazzi su un uomo in divisa blu da poliziotto, con pochi capelli in testa e dei lunghi baffi neri. <<Siete voi gli amici della signorina Traeh?>> chiese formalmente. Quando annuirono, l’uomo continuò: <<Devo chiedervi di seguirmi in centrale per rilasciare le vostre testimonianze.>>
Tutti annuirono nuovamente mentre Justin riportò lo sguardo dentro la camera.
Chaz prima lo guardò, poi rivolse l’attenzione all’uomo. <<Ci da due minuti?>>
<<Certamente. Raggiungetemi direttamente in centrale.>> rispose e, con un cenno del capo, si allontanò.
Chaz gli mise una mano sulla spalla. <<Va tutto bene?>>
Justin lo fissò. <<Come potrebbe andare bene?>>

Guardò l’orologio sulla parete. Le sette e mezza di sera.
Erano passate già tre ore e mezzo da quando erano in centrale: avevano interrogato tutti, uno per volta, e Justin era l’ultimo.
<<Bene signor Bieber. La ringrazio. Adesso lei e i suoi amici potete anche andare.>> disse l’agente che era andato all’ospedale.
Si alzarono dai rispettivi posti e insieme si avviarono all’uscita di quella stanza degli interrogatori.
Uscì, trovandosi di fronte ai suoi amici che lo aspettavano su un divanetto di pelle.
<<Bene.>> disse l’uomo sulla soglia della porta. <<Abbiamo raccolto le vostre testimonianze e presto potremo chiamarvi a testimoniare anche in tribunale.>>
Tutti annuirono e Justin, con un po’ di coraggio chiese: <<Potremmo incontrare per un attimo Edd e il suo amico Mark?>>
L’uomo sospirò, riflettendo sul da farsi, poi annuì. <<Ok, chiedo l’autorizzazione e vi conduco da loro. Aspettatemi qui; cinque minuti e sono da voi.>>
Ultimato ciò, si allontanò, scomparendo in fondo al corridoio.
Penn lo guardò assottigliando gli occhi. <<Perché lo vuoi vedere Justin?>>
La guardò per poco, poi scrollò le spalle e si finse disinteressato.
Pochi minuti dopo, l’agente tornò con un mazzo di chiavi e li invitò a seguirli.
Scesero delle scale e si trovarono di fronte a delle porte blindate con una piccola fessura orizzontale.
Ne aprì una e poi guardò i ragazzi. <<Avete cinque minuti.>> disse e li lasciò entrare, socchiudendo la porta alle loro spalle.
Justin di mise di fronte a Edd e Mark, che li guardavano con uno sguardo tra la sorpresa e la curiosità. Erano seduti su una panca di legno mobile.
Edd si alzò, con un sorrisetto strafottente; stava per dire qualcosa, ma Justin non resistette e gli tirò un pugno in pieno viso.
Edd cadde di nuovo sulla panca e Mark si alzò.
Gli si avvicinò di nuovo e lo prese per il colletto della camicia. <<Prega che Callie si riprenda e non abbia niente altrimenti giuro che non rivedrai più un’alba.>> disse a denti stretti.
Chaz e Ryan –capedo tardi quello che stava facendo- gli andarono dietro e lo presero per i bracci, tirandolo per farlo arretrare e facendo in modo che non potesse aggredire nuovamente.
<<Sta calmo.>> gli disse Chaz.
Poco dopo, con uno strattone si liberò e si girò. <<Non posso essere calmo!>> urlò. <<Callie è in un maledetto letto di ospedale per colpa sua! Non posso fingere di essere calmo!>>
Sentendo le urla, l’agente accorse dentro la cella. <<Ragazzi, fareste meglio ad andarvene.>> disse autoritario intuendo quello che stava succedendo.
Senza dire altro, lasciarono la cella e poco dopo anche la centrale, ritornando all’ospedale.
Durante tutto il tragitto in auto nessuno parlò e, ben presto, si ritrovarono di nuovo nel corridoio, dove si trovava la camera in cui Callie stava riposando.
Questa volta, ebbero il permesso di stare un po’ con la ragazza.
Justin fu l’ultimo a entrare ma, mentre tutti le si radunarono intorno, lui rimase in disparte, sulla soglia della porta.
Non aveva più quella mascherina sulla bocca ed era sveglia. Sembrava tranquilla, rilassata, e aveva un piccolo e timido sorriso sul viso –quello che solitamente aveva quando era in mezzo all’attenzione di tutti.
Abbracciò Chaz, Penn e Ryan, scambiò qualche parola con loro e di tanto in tanto lanciava un’occhiata a Justin, fermo con le spalle poggiate alla porta, intento a fissare il vuoto.
<<Scusatemi ragazzi.>> disse a un tratto Penn alzando la voce. <<Dovrei scambiare qualche parola con Callie, ci lasciate sole?>>
Chaz e Ryan annuirono, mentre Justin era già fuori.

<<Allora..>> la guardò lasciando trapelare dalla sua voce tutta la preoccupazione. <<Come stai veramente?>> si sedé sul bordo del letto.
Aveva gli occhi lucidi e Callie se ne accorse subito. <<Verità o bugia?>> chiese facendo una faccia buffa e mordendosi il labbro, nel tentativo di farla ridere.
<<Non fare la scema.>>
Si guardarono e scoppiarono a ridere. Era riuscita a sdrammatizzare la situazione e non era una cosa che le veniva facilmente.
<<La verità è che le mie condizioni sono peggiorate.>> sussurrò poi guardandosi le mani. <<I dottori hanno detto che ho inalato molta polvere e l’enorme ritardo dei soccorsi non mi ha favorito.>>
Gli occhi di Penn tornarono lucidi. <<Cosa vuol dire questo?>>
<<Che per un po’ dovrò restare qui.>> poggiò la testa sul cuscino, affondandoci completamente nella morbidezza.
<<Solo questo?>>
Accennò a un piccolo sorriso e annuì stringendole la mano. <<Tranquilla, qualche settimana e sarò fuori.>>
Penn le si avvicinò e la strinse in un abbraccio che Callie subito ricambiò. <<Me lo prometti?>>
Le accarezzò i capelli. <<Sì.>> sussurrò con un filo di voce.
Penn si staccò da lei e presto si asciugò le lacrime che stavano per solcare tutta la superficie delle guance.
Aveva già sofferto abbastanza per lei e non poteva permettere che continuasse a soffrire, anche se questo comportava una piccola –grande- bugia. Le sorrise e quando anche l’amica sorrise, si azzardò a chiedere: <<Cos’ha Justin?>>
Penn sospirò. <<Si è preso un brutto spavento e penso sia arrabbiato perché tu non gli hai detto della tua..>> si bloccò. Non riusciva mai a terminare quella frase.
<<Solo questo?>>
<<In queste ultime ore è anche svenuto, si è preso una botta in faccia e ha minacciato a morte Edd se ti fosse successo qualcosa.>> rispose con un filo d’ironia.
Callie aggrottò le sopracciglia. <<Quanto tempo è passato? Da quanto sono qui?>>
<<Quasi dodici ore.>>
Fissò il vuoto d’avanti a sé e, per poco il silenzio regnò.
<<Penso che sia ora che lui sappia.>> disse poi Penn diventando seria. <<Non puoi più vivere nella menzogna.>>
“Ci conviverò fine alla fine.” pensò prima di annuire. <<Hai ragione.>>
<<Dico solo a lui di entrare.>> si alzò dal letto, lasciando Callie e uscendo.
Una lacrima le rigò la guancia.
Odiava mentire, soprattutto quando era costretta farlo con la sua migliore amica ma, se quello era l’unico modo per farla soffrire di meno, non poteva fare niente.
Sentì dei passi e di scatto si pulì la guancia.
<<Perché quella lacrima?>> le chiese Justin avvicinandosi al suo letto e sedendosi sul bordo.
<<Non ha importanza.>> disse e, nello stesso istante in cui terminò la frase, sentì la sua calda mano stringere la propria.
Si guardarono negli occhi.
Non era mai riuscita a resistere al suo sguardo miele e mai ci sarebbe riuscita. Sentì un groppo in gola.
Avete presente la frase ‘se ami davvero una persona devi lasciarla andare’? Callie l’aveva fatto.





Commenti autore:
Come promesso, ho cercato di aggiornare il prima possibile e questo capitolo è venuto anche più lungo del dovuto. Ci doveva essere anche un’altra scena, ma sarebbe diventato una palla, quindi… Vi lascio ancora un po’ sulle spine ^^”
Potete facilmente intuire che il prossimo capitolo sarà rivelatorio, non di tutto ovviamente ma un mistero riguardante la storia sarà sicuramente rivelato.
Non vi rubo altro tempo e vi ringrazio per le recensione e grazie anche a chi legge.
Adesso vado che devo studiare .-.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


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Capitolo 18



<<Perché quella lacrima?>> le chiese Justin avvicinandosi al suo letto e sedendosi sul bordo.
<<Non ha importanza.>> disse nello stesso tempo in cui lui le strinse la mano.
La guardò negli occhi, sprofondando in quel colore ambra che tanto amava e che gli mancava. <<Non sono stupido, Callie.>>
<<Non ho mai detto questo.>> il silenzio iniziò a regnare fin quando lei non distolse lo sguardo abbassando la testa. <<C’è qualcosa che vorresti sapere?>>
Annuì mordendosi il labbro. <<Voglio sapere la verità. Voglio sapere della tua.. malattia.>>
Callie sospirò di nuovo e iniziò a guardarsi la mano libera. <<Avrei preferito non farti sapere niente.>> finalmente lo guardò, ma dopo poco tornò ad abbassare lo sguardo. <<Ho il tumore ai polmoni.>>
Justin rimase senza fiato e, non volendo allentò la presa sulla sua mano.
<<A breve sarà un anno che hanno riscontrato questa ‘anomalia’, se la possiamo definire così, ma i dottori non sono ancora riusciti a spiegarsi come si sia formato..>>
Le strinse nuovamente la mano e lei lo guardò: aveva gli occhi lucidi. <<Da quanto precisamente hai questo tumore?>> chiese sentendo un groppo alla gola. <<Perché me lo hai tenuto nascosto?>>
Una lacrima le rigò il viso. <<Lo hanno scoperto il dieci febbraio.>>
S’irrigidì di colpo. <<Cinque giorni dopo il nostro litigio..>> sussurrò più a se stesso che alla ragazza.
Annuì. <<Dopo un grave attacco in cui non riuscivo a respirare in nessuna maniera e avevo una tosse fin troppo forte, mi hanno portato in ospedale e ci sono dovuta rimanere una settimana prima che scoprissero cosa realmente mi fosse accaduto.>>
<<So-sono stato io la.. causa..?>>
Sorrise di fronte alla sua ingenuità. <<Non importa se avessimo litigato o meno. Il tumore si era già formato e non c’è modo di fermarlo. I dottori dicono che sono solitamente i fumatori ad avere il tumore ai polmoni, ma io non ho mai toccato una sigaretta..>>
<<Ma i tuoi genitori fumano..>> intuì.
<<Fumatore passivo.>> annuì Callie. <<Con l’asma le cose sono peggiorate.>>
Tirò un lungo sospiro. Saperlo lo aveva reso ancora più preoccupato di quanto già non fosse. <<P-perché non hai voluto dirmelo prima?>>
Altre lacrime scesero lungo le sue guance. <<Avevo paura. Te n’eri andato e avevo capito che non saresti più tornato sui tuoi passi..>>
<<Ma le cose sarebbero cambiate!>> la bloccò e nella sua voce si poté leggere tutta la disperazione.
Scosse la testa. <<Justin, io non volevo che tu saresti tornato perché ti facevo pena o perché potrei non esserci più da un momento all’altro..>>
All’ultima frase, entrambi si ammutolirono e il tempo per Justin sembrò fermarsi.
Callie si asciugò le lacrime e poi iniziò a guardarlo in volto. Era pallido, come se avesse visto un fantasma, e aveva gli occhi color miele persi nel vuoto.
Non vedendo alcuna reazione, continuò con un filo di voce. <<Non volevo andasse così.. Alla fine ho iniziato a pensare che se non ti avessi detto niente avrei potuto proteggerti..>>
Justin sembrò tornare alla realtà. <<C-cosa intendi?>> diverse lacrime gli rigarono il volto.
<<Il tumore ai polmoni è letale e solitamente sono le persone di una certa età a prenderlo. La maggioranza fumatori.>> abbassò lo sguardo. <<Per una ragazza avere un tumore del genere è strano, e ci sono ancora troppi dubbi.>>
<<Non hai risposto alla mia domanda.>>
Lo guardò e poi sospirò. <<Se non ti fossi riavvicinato.. presto ti saresti dimenticato di me e di cosa eravamo. Se mi fosse successo qualcosa, non avresti sofferto..>>
Le lacrime tornarono a uscire dai suoi occhi ma, questa volta, Justin si avvicinò, sedendosi ancora più vicino a lei, e le asciugò con le mani. Poggiò la fronte contro la sua. <<Non essere sciocca. Dimenticarmi di te sarebbe impossibile, anche se lo volessi.>> sorrise e, poco dopo, trascinò anche lei in un sincero sorriso. <<Abbiamo passato troppi bei momenti insieme.. e anche altri imbarazzanti..>>
Callie rise. <<Come quando ti beccarono nel bagno delle ragazze perché avevamo litigato?>>
<<Hei!>> si allontanò dalla sua fronte e le diede una piccola spinta. <<Dovevo solo chiederti scusa e non è colpa mia se ti eri nascosta lì dentro!>> finse un broncio. <<E in ogni caso ti sei vendicata dicendo alla preside che avevo la diarrea e che mi serviva un bagno di urgenza.>>
Si guardarono e poi scoppiarono in una nuova e fragorosa risata. <<Era solo per non farti espellere!>>
<<Mi hai fatto andare in infermeria! E non c’era nemmeno quella dottoressa carina!>>
<<C’era il bisonte!>>
Le risate continuarono a lungo fin quando le lacrime di tristezza e la tristezza stessa non scomparvero. Era la seconda volta in meno di un’ora che Callie riusciva a sdrammatizzare la situazione, un record.
<<Mi sei mancata Callie..>> disse poi Justin e subito lei lo abbracciò, stringendolo e affondando la testa sul suo petto.
<<Anche tu Justin.. Non immagini quanto.>> sussurrò.
L’avvolse completamente, lasciando che il suo dolce profumo alla cannella gli invadesse le narici. L’aveva sempre amato.
Quando si staccarono, Callie portò la mano un po’ più giù del collo, per poi risalire, come se stesse cercando qualcosa, ma sembrò non trovare niente.
Justin posò lo sguardo sul comodino di fianco al letto, notando la collana con il ciondolo a forma di puzzle. <<Stavi cercando questa?>> disse sporgendosi e prendendola.
Callie annuì. <<Devono avermela tolta quando hanno fatto i controlli.>> intuì sfilandogliela di mano.
<<L’hai sempre tenuta?>> chiese leggermente incredulo.
Annuì. <<Non sono mai riuscita a liberarmene.>> sorrise imbarazzata.
Justin si portò una mano nel colletto della felpa e, poco dopo, estrasse la medesima collana, che s’incastrava perfettamente con l’altra. <<Nemmeno io ci sono riuscito.>> disse mostrandogliela.
Callie sorrise e gli porse la propria, poi si spostò i capelli e lasciò che lui gliela mettesse.
Le accarezzò dolcemente il collo, facendola rabbrividire, per poi ritrarre le mani e poggiarle sulla sua, stringendola.
<<Io.. avrei una confessione da farti..>> disse poi abbassando lo sguardo.
Lo guardò curiosa. <<Dimmi.>>
<<Io.. Quella sera..>> si bloccò. Non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo e i sensi di colpa lo avevano sempre travolto.
<<Quale sera?>>
<<La sera in cui.. lo abbiamo fatto..>> sussurrò abbastanza da farsi sentire. <<Io non ero ubriaco. Ero brillo ma cosciente..>>
<<Lo so.>> alzò lo sguardo e la vide con un piccolo sorriso imbarazzato. <<Anch’io ero semi-cosciente.>>
<<Cosa?>> chiese incredulo. <<Tu.. l’hai fatto di proposito?>>
Annuì mordendosi il labbro. <<L’alcool mi aveva dato un po’ alla testa, lo ammetto.. ma ero cosciente nella mia pazzia.. e quello che ti ho detto era.. vero..>> abbassò la testa sentendo le guance diventare sempre più bollenti. <<È piuttosto imbarazzante ammetterlo e ho avuto molti rimorsi..>>
<<Anche per me.. cioè, anche io ho avuto molti rimorsi.. credevo di aver.. abusato di te..>> disse torturandosi le mani.
Un finto colpo di tosse attirò l’attenzione di entrambi.
Si voltarono verso la porta, vedendo Penn sulla soglia. <<Justin adesso devi andare.>> sussurrò.
Chaz la affiancò. <<Il comitato degli anziani ci hanno riunito.>>
<<Adesso non ho tempo.>> rispose sperando di non doversene andare, ma poco dopo entrarono anche i genitori di Callie e due dottori, gli stessi del pomeriggio che non avevano acconsentito a vedere l’amica.
<<Ragazzi, dovete tutti uscire.>> disse autoritario il padre di Callie. Era sempre stato un tipo serio, che spesso riscuoteva timore, ma era anche dolce quando voleva.
Annuì abbassando lo sguardo, poi rivolse l’attenzione nuovamente a Callie, che gli sorrise debolmente. <<Tranquillo, poi finiremo di parlare.>> sussurrò.
Si alzò e si avvicinò al suo viso, baciandole dolcemente la guancia. <<Riprenditi. Appena posso, verrò da nuovo da te.>> detto ciò, si alzò dal bordo del letto, si allontanò con Chaz e Penn, uscendo da quella camera.
Si guardò intorno nel corridoio, notando che qualcuno mancava all’appello. <<Dov’è Ryan?>>
Chaz scrollò le spalle. <<Era qui un momento fa.>> rispose indicando il muro vicino alla porta.
<<Cosa?>> sgranò gli occhi. <<Ditemi che non ha sentito la discussione tra me e Callie..>>
Chaz e Penn si guardarono perplessi. <<Non l’avevi chiusa la porta?>> chiese Penn.
Scosse la testa. <<L’ho socchiusa..>>
<<Merda.>> sussurrò Chaz.
Penn li guardò non capendo. <<C’è qualcosa che io non so?>>
Scosse la testa. <<Adesso non fa niente. Piuttosto siamo stati riuniti?>>
L’amico annuì. <<È arrivato un messaggio a tutti. Ed io avevo il tuo cellulare.>>
<<Come mai siamo stati riuniti? Sono anni che il consiglio degli anziani non fa una riunione straordinaria.>>
<<Consiglio degli anziani? Chi sono?>> chiese Penn.
<<Quelli che hanno creato il torneo di basket dei ragazzi di strada.>> rispose Justin.
<<Tesoro, noi dobbiamo andare. Tu vuoi venire con noi?>> chiese dolcemente Chaz prendendola per i fianchi e avvicinandola a sé.
<<No, resto qui. Se ci sono novità vi avverto.>>

Arrivarono correndo al solito campetto di basket recintato.
All’interno vi era già tutta la squadra di Justin, anche se non al completo, e la squadra dell’ala nord. In più, vi erano sei uomini robbusti, gli ‘anziani’ per l’appunto –chiamati così solo perché furono loro a creare la competizione e furono anche i primi a giocarvici da capitani.
Passò avanti a tutti, mettendosi davanti alla propria squadra.<< Scusate il ritardo.>> disse Justin agli ‘anziani’, poi guardò disprezzante la squadra dell’ala nord. <<Eravamo all’ospedale.>>
<<Vi abbiamo convocato, per farvi delle comunicazioni.>> parlò il più alto e robbusto dei sei. <<Ci sono giunte voci, che la partita tra l’ala sud e l’ala nord dei quartieri rossi si è svolta venerdì scorso, ma una delle squadre ha barato comprandosi l’arbitro.>>
Dei mormorii si alzarono dalla parte in cui si trovava la squadra dell’ala nord e, dopo poco, il loro capitano avanzò. <<Non è difficile da capire quale sia. Loro hanno vinto! È ovvio che non siamo stati noi a comprare la partita!>>
Justin non ci vide più dalla rabbia e avanzò pericolosamente, ma Chaz e un altro suo compagno di squadra lo fermarono prendendolo per i bracci. <<Brutto bastardo di merda!>> urlò divincolandosi per liberarsi. <<Hai anche il coraggio di parlare!? Una ragazza è finita in ospedale per colpa tua e di quella maledetta partita!>>
<<Sta calmo!>> lo ammonì uno degli anziani. <<Sappiamo tutto.>>
Justin smise di divincolarsi e tentò di calmarsi. <<Allora sapete che hanno rapito una ragazza, per giunta con una grave malattia!?>>
L’anziano annuì. <<Sappiamo tutto, e per questo l’intera squadra dell’ala nord sarà bandita per sempre dai tornei. Negli anni a venire potrà partecipare una nuova squadra dell’ala nord, ma non gli attuali membri.>>
<<Cosa!?>> sbottarono i ragazzi di quella squadra. <<Non potete bandirci!>>
<<Lo abbiamo già fatto.>> guardò crudelmente la squadra. <<Avete dimenticato che questo gioco è stato fatto per puro divertimento? Per riunire in un solo posto interi quartieri divisi? Avete trasgredito le regole e avete ricevuto la vostra punizione. Riguardo alla squadra dell’ala sud, domani disputerete la partita contro l’ala nord-ovest.>>
Terminatò ciò, tutti si affrettarono a lasciare il campo.
I primi a uscire furono Chaz e Justin, avviandosi a passo veloce verso l’auto con cui erano arrivati.
Lo guardò. <<Ryan non è venuto.>> disse.
Chaz annuì. <<Cosa vi siete detti tu e Callie?>>
<<Adesso non ha importanza. Se Ryan ha sentito, dobbiamo discu..>> si bloccò, sentendo il telefono vibrare in tasca.
Lo prese e notò che vi era un messaggio, da parte di Ryan:
“Ti aspetto al centro del parco. Dobbiamo parlare.”
<<È lui.>> sbuffò. <<Vuole che lo raggiunga al centro del parco.>>
<<Vengo con te.>>
Lo bloccò con l’indice. <<Chaz, riguarda me e lui. Sapevo che saremo arrivati a questo punto prima o poi. Non intervenire, non devi essere coinvolto.>>




Commenti autore:
Saaalve c:
Ammettetelo, credevate fossi morta eh? No, ok.
Eccovi il capitolo rivelatore che la maggior parte di noi (sì, io sono compresa) aspettavamo ma non tutto è rilevato eh eh, sono cattiva, me lo ripetono in molti c:
Anche se devo essere sincera che questo capitolo non è venuto come speravo, ma sono mezza addormentata e sto dando i numeri. Volevo postervelo oggi perché voglio andare avanti e a breve arriveremo alla fine di questa storia (anche se non so quanti capitoli mancano), e sono già all’opera con la mia prossima storia.
Ringrazio tutti voi che seguite, che recensite, tutti insomma, e mi scuso per gli eventuali errori. Non sono nel top della forma.
Bene, vi lascio.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


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Capitolo 19



Si avviò verso il luogo stabilito da Ryan, mentre un ricordo, l’ennesimo ricordo, non gli assalì prepotentemente la mente..

Teneva lo sguardo basso e gli occhi fissi nel vuoto.
<<Callie?>> le scosse leggermente un braccio, attirando la sua attenzione. <<Stai bene? È da diversi giorni che sei.. strana.>>
<<No.. Sto bene..>> disse con un piccolo sorriso, credendo di poter chiudere la discussione appena iniziata lì.
<<Basta mentirmi.>> scese dal tavolo, mettendosi di fronte a lei e prendendole le mani. <<C’è qualcosa che ti turba e sono stufo di essere messo da parte.>> Callie sospirò, abbassando lo sguardo. <<Sai che puoi dirmi tutto..>>
<<Lo so..>>
<<E allora cosa ti stai tenendo dentro?>>
Lo guardò e portò le dita della mano destra alla sua guancia, accarezzandola lievemente e scendendo al collo, fermandosi nell’incavo con la spalla.
Justin non si mosse ma infiniti brividi gli stavano attraversando la spina dorsale, donandogli una strana e piacevole sensazione.
Si fissarono per interi secondi negli occhi, fin quando non avvenne: lei avvicinò il volto al suo e le loro labbra si toccarono.
Passarono diversi secondi prima che Justin si rendesse conto di quello che stava accadendo, ma non si mosse. Era come paralizzato: quel bacio era qualcosa di strano, ma nonostante tutto era desiderato e atteso da entrambi.
Passò qualche minuto prima che Callie si allontanasse dalle sue labbra. Si allontanò anche dal suo viso tenendo lo sguardo basso. <<Ecco il mio problema.>> sospirò.


A passo veloce raggiunse il luogo.
Come immaginava, Ryan era già lì, con le spalle poggiate a un albero e le mani nelle tasche dei jeans, lo sguardo perso nel vuoto.
Gli si avvicinò e, a poco più di due metri di distanza, si fermò. <<Qualcosa non va?>> chiese.
Portò finalmente l’attenzione su Justin, togliendo la schiena dall’albero e mettendosi dritto davanti all’altro. <<Tu piuttosto, hai qualcosa da dirmi?>>
Si fissarono negli occhi. <<Hai già origliato tutto all’ospedale a quanto pare.>>
Per un attimo il silenzio regnò ma, il secondo dopo, Justin si ritrovò con una guancia dolorante e il viso girato da un lato, mentre Ryan aveva i pugni serrati.
Lo guardò. Aveva le nocche che stavano diventando bianche e, dal suo respiro affannato, si poté capire tutta la rabbia che non riusciva a opprimere.
Pochi secondi dopo si avventò completamente su Justin, spingendolo violentemente. Quest’ultimo arretrò di qualche passò ma non reagì neanche quando fu spinto di nuovo, cadendo a terra.
<<Sei un fottuto bastardo!>> gli urlò contro Ryan. <<Perché cazzo non me l’hai detto!?>>
Justin non rispose e si rimise in piedi, ma ciò non fece che alimentare la rabbia dell’altro, che gli si avventò di nuovo addosso, trascinando a terra entrambi.
Rotolarono per qualche metro, poi Ryan s’impose e si mise sopra, iniziando a tirargli pugni in pieno viso. Nonostante ciò, continuava a non reagire e l’altro si fermò solo quando vide del sangue uscirgli dal labbro.
Gli prese il colletto della felpa –o meglio la parte iniziale del cappuccio- e la strinse. <<Si può sapere perché non reagisci!? Perché non mi hai mai detto niente in questi anni!?>> chiese urlando.
Justin cercò di rimanere impassibile. <<Sapevo che ti saresti sfogato in questa maniera.>> si limitò a dire e, con questo, si prese un altro pugno in pieno viso. Gemette solo adesso dal dolore.
Ryan si tolse da quella posizione e si alzò, guardandolo dall’alto in basso. <<Perché lo hai fatto?>>
Si alzò, asciugandosi il sangue che gli stava uscendo dal labbro con il dorso della mano. <<Me lo aveva chiesto lei. All’epoca non sapevo controllare i miei ormoni.>> disse sentendo la mascella dolorante. Ci era andato giù pesante, più di quanto aveva immaginato.
<<Non sapevi controllare i tuoi ormoni!? Questa è la tua scusa!?>> urlò nuovamente, facendo innervosire Justin.
<<La vuoi smettere di urlare porca puttana!?>> urlò a sua volta. Nel parchetto c’erano poche persone ma sicuramente li avevano subito notati.
<<Come dovrei sentirmi secondo te sapendo che il mio migliore amico è andato a letto con la ragazza che amo!?>>
<<Callie non voleva che si sapesse niente! È per questo che non ho mai aperto bocca con nessuno.>> abbassò la voce, calmandosi.
<<Ma tu ci sei andato a letto!>>
<<All’epoca non sapevo che ti piaceva! Cazzo Ryan avevamo sedici anni! Allora non le andavi dietro!>>
<<E vuoi che io pensi che lo avete fatto solo una volta?>> strinse i pugni, pronto a colpire nuovamente.
Rise nervosamente, togliendo per un attimo gli occhi da Ryan. Si guardò intorno ma subito riportò lo sguardo sull’altro. <<Pensi che io sia così bastardo che abbia abusato della mia migliore amica diverse volte!? Pensi che andavamo a letto ogni volta che ne avevamo l’occasione!?>> rise di nuovo nervosamente.
<<Ammettilo.>> la voce di Ryan adesso sembrava calma, seria. <<Voi due non siete mai stati solo migliori amici.>>
Strinse i pugni. Stava perdendo la calma. <<Non siamo mai stati più di migliori amici.>>
<<Vuoi che ti creda!? Mi dispiace. Mi hai mentito già abbastanza.>> girò il viso e poco dopo sputò a terra.
<<Oh, tu non sai la parte migliore.>> delle lacrime gli uscirono dagli occhi.
Ryan lo guardò nuovamente, rimanendo sorpreso alla vista di quelle lacrime.
<<Vuoi sapere perché abbiamo litigato e perché non ci parliamo più?>> un breve silenzio regnò. <<Io le piacevo.>>
<<Cosa?>> chiese con un filo di voce.
Avanzò di qualche passo. <<Lei mi ha baciato pochi giorni prima che io decidessi di non parlarle più!>>
<<Cosa?>>
<<E vuoi sapere cos’ho fatto?>> il rancore nella sua voce era sempre più evidente. <<Sono scappato.>>
Ryan lo guardava sempre più sbalordito. <<Sei scappato?>> chiese incredulo.
Si passò una mano nei capelli e, annuendo, abbassò lo sguardo.
<<Perché sei scappato?>>
Si morse il labbro inferiore e, superandolo, si avvicinò all’albero, poggiandogli la schiena contro e poi sedendosi ai suoi piedi.
Sospirò, chiudendo gli occhi, tirando tutte le lacrime indietro. Non immaginava che uno stupido sbaglio potesse fare così male. <<Solo pochi mesi prima tu mi avevi confessato quello che provavi per lei.. Non potevo tradire la tua fiducia.>>
<<È perché lei provava qualcosa per te che l’hai allontanata?>> la sua rabbia era come svanita.
Scosse la testa. <<In parte.>> sospirò e alzò lo sguardo, puntando gli occhi in quelli di Ryan. <<Anch’io provavo e provo qualcosa per lei. Ho sempre negato tutto.>>
Spalancò la bocca. <<Tu.. provi qualcosa per lei?>>
Annuì mordendosi il labbro. <<E anche da molto più tempo di te Ryan. Ma quando mi sono accorto di quello che provavo veramente per lei, era troppo tardi.. te n’eri innamorato anche tu.>>
Si sedette accanto a Justin, poggiando la testa al tronco. <<Perché non mi hai mai detto niente?>>
<<Sarei stato solo un bastardo.>>
<<Almeno ti saresti risparmiato dei pugni.>>
<<Poco importa.>> sospirò. <<Le dissi che io non provavo i suoi stessi sentimenti.. Le mentì spudoratamente per la prima volta.>> altre lacrime gli rigarono il viso.
<<Potevi averla per te.. Perché non le hai detto la verità?>>
Lo guardò. <<Avrei fatto del male a te.. E ci siamo sempre ripromessi che una ragazza non si sarebbe mai dovuta mettere tra di noi.>>
<<Ma hai fatto soffrire lei.>>
Abbassò la testa. <<Lo so, ma sono stato costretto. Non potevo permettere che rovinasse la nostra amicizia e, dopo quel bacio, averla accanto facendo finta di niente sarebbe stato troppo faticoso e insopportabile.>>
Ryan lo guardò, sperando di catturare il suo sguardo, ma tutto fu inutile. <<Dovevi dire la verità fin dall’inizio.>>
<<Lo so.. Ma non sono poi così intelligente come si crede.>> tirò su con il naso e rise lievemente, trascinando nella risata anche l’amico. Dopo poco, il silenzio tornò a regnare. <<Se te lo avessi detto, pensi che le cose sarebbero andate diversamente?>>
Scrollò le spalle. <<Non ne ho la più pallida idea. Sicuramente sarebbe andata meglio.>> fece una breve pausa. <<Anche se una litigata come quella di oggi ci sarebbe stata comunque.>> risero lievemente.
Si alzarono e iniziarono a camminare verso la fine del parco.
<<E adesso? Che cosa faremo?>> chiese Ryan dopo l’ennesimo silenzio.
<<Non lo so..>>

La porta si aprì, attirando l’attenzione di Callie che, ancora una volta, era rimasta sola in quella camera.
<<Salve Dottor Collin.>> sorrise e il dottore –dalla alta e robbusta statura, con una leggera barba bianca a contornagli il viso- le si avvicinò.
<<Ciao Callie. Come ti senti?>> le sorrise.
<<Sono un po’ stanca.>> annuì sconcertato ma, non proferendo altra parola, la ragazza continuò: <<Posso chiederle un favore?>>
<<Mi hai fatto chiamare apposta per un favore o sbaglio?>> le sorrise scherzosamente.
Il dottor Collin si era presa cura di lei dalla più tenera età ed era sempre stato un tipo affidabile, una persona con cui potevi scherzare tranquillamente.
Callie sorrise ma presto il sorriso scomparì. Si guardò le mani. <<Vorrei che lei rassicurasse mia madre e mio padre. Sono molto preoccupati per me ed io non voglio vederli soffrire.>>
<<Ti capisco cara. Hai già provato a rassicurarli tu?>>
Annuì alzando la testa. <<Cerco sempre di dir loro che va tutto bene, ma dette da me queste parole sembrano non avere valore per loro.>>
<<Sai che ti sbagli Callie. Loro ti amano e sei la loro unica figlia..>>
<<Ma dette da un dottore queste parole possono rassicurare di più.>> lo bloccò. <<Io voglio che siano felici. Così come i miei amici. Non voglio vederli soffrire.>>
<<Capisco..>> sospirò. <<I tuoi genitori però sanno già tutto. Non farli preoccupare sarebbe impossibile.>>
<<Allora fate in modo che i miei amici non sappiano niente. Sono le persone a me più care dopo i miei genitori e vorrei proteggere almeno loro.>> una lacrima le uscì dagli occhi.
<<Mia cara Callie..>> le asciugò la guancia. <<Sei sempre stata una ragazza dolce e adorabile. Sei sicura che non debbano sapere niente? Anche se fa male, la verità si deve sempre sapere.>>
Annuì. <<Lo so e.. un giorno mi perdoneranno.>>
<<Ne sono sicuro..>> le baciò delicatamente la fronte, poi si avviò verso la porta. <<Se hai bisogno non esitare a farmi chiamare.>>
<<Grazie, dottor Collin.>>
Un ultimo sorriso, poi lasciò nuovamente Callie da sola.
Chiuse gli occhi. “Stai diventando brava, Callie” pensò amaramente.




Commenti autore:
Buonasera c:
Mi scuso per l’enorme ritardo ma la fine di questo capitolo mi ha messo per davvero in crisi.
Nonostamte tutto spero sia di vostro gradimento e non manca molto alla fine di questa storia purtroppo :c
Non mi trattengo molto, ma vi ringrazio per tutte le recensioni (altre quattro e in tutto sono cento recensioni per la storia, non potrei essere più felice c,: ) e come sempre ringrazio anche chi legge :)
Siete tutti fantastici **
Vado ma cercherò di aggiornare velocemente e risponderò più tardi o domani a tutte le vostre recensioni. E scusatemi se lo farò in ritardo ^^”
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


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Capitolo 20



Il fischio dell’arbitro segnò la fine della partita e la loro vincita, con un punteggio superiore di dieci punti rispetto alla squadra dell’ala nord-ovest.
Tutti i suoi amici iniziarono a esultare, saltando e cantando per la vittoria, tranne Justin, Chaz e Ryan, i quali erano assorti in pensieri tutt’altro che felici.
La squadra si radunò intorno alla panchina e si strinsero uno vicino all’altro, aspettandosi il discorso che solitamente toccava al capitano e, consapevole di questo, Justin non tardò ad iniziare: <<Allora ragazzi. Inizio col dire che siete stati magnifici. Finalmente abbiamo battuto anche l’ultima squadra del nostro stesso quartiere e siamo pronti per andare alla finale a colori.>> s’interruppe per un secondo, il tempo che i suoi compagni esultassero nuovamente, battendo le mani e complimentandosi tra di loro. Poi, attirò di nuovo l’attenzione con un colpo di tosse e tutti tornarono a guardarlo. Voleva sbrigarsi e correre da Callie: dopo la sera precedente, quando era andato via dall’ospedale con Chaz, non aveva più avuto l’occasione di vederla perché l’orario delle visite era terminato e, la mattina, era stato costretto ad andare a scuola. Subito dopo era andato nel parchetto per allenarsi per la partita. <<Erano anni che non accadeva una cosa del genere e questo significa quanto bravi con il tempo siamo diventati. I nostri sforzi sono stati ripagati. Siamo stati grandi, ma non pensate che i ragazzi di altri quartieri siano deboli e facili da battere. Ci siamo distinti qui, ma non pensate che possiate allentare la presa alla corda. Adesso le cose si fanno serie, e dobbiamo dimostrare che siamo all’altezza.>> la squadra esultò di nuovo e, questa volta, anche Justin si unì, battendo le mani e mostrando un piccolo sorriso, anche se piuttosto forzato.
Non riusciva a essere sereno, non riusciva a essere felice per la tanto attesa vittoria.
Guardò Chaz, il quale continuava a trafficare con il cellulare per poi portandoselo all’orecchio.
La squadra dell’ala nord-ovest si avvicinò e, nonostante fossero delusi per la perdita, non esitarono a complimentarsi e a dare pacche amichevoli sulle spalle di tutti. Justin approfittò di quella situazione per allonarsi dal gruppo e raggiungere Chaz. Ryan lo seguì a ruota.
<<Novità?>> chiese.
Chaz sbuffò, togliendo il telefono dall’orecchio. <<Ho provato a chiamare Penn ma non risponde.>>
Ingoiò rumorosamente la saliva. <<Mica sarà successo qualcosa a Callie?>>
Scosse la testa. <<Se le fosse successo qualcosa mi avrebbe avvertito, anche con un semplice messaggio.>>
Ryan sbuffò e Justin si passò distrattamente una mano in mezzo ai capelli leggermente bagnati di sudore.
Una vibrazione attirò l’attenzione dei tre e Chaz guardò lo schermo del cellulare. Tirò un sospiro di sollievo. <<È lei.>> disse poco prima di rispondere.

<<Sì, tranquillo, va tutto bene.>> Penn sorrise, come se Chaz potesse vederla. <<Ok, vi aspettiamo, ciao tesoro.>> concluse e poi staccò la chiamata, rivolgendo tutte le attenzioni di nuovo su Callie.
Le sorrise. <<Sei preoccupata Penn, si capisce a miglia di distanza.>>
Sospirò. <<Mi dispiace ma non riesco a evitare di esserlo. Sei la mia migliore amica. Praticamente una sorella.>>
Le fece segno di avvicinarsi e, senza esitare, abbracciò l’amica. <<Anche tu sei molto importante per me Penn. Sei stata la prima persona che mi è stata veramente accanto dopo i miei genitori e non potrei esserti più grata di quanto già ti sono.>> Penn sorrise e, mentre si staccò dall’abbraccio, una lacrima le rigò la guancia. Callie non permise a quel rivolo di acqua salata di giungere alla fine del percorso.
<<I ragazzi saranno qui a momenti.>> disse infine Penn, spezzando il silenzio e cambiando argomento. <<Ieri com’è andata con Justin?>>
Abbassò la testa e sorrise, sentendosi leggermente in imbarazzo. <<È andata molto bene, almeno credo. Siamo stati interrotti ma spero che riprenderemo la nostra conversazione appena possibile.>>
<<Stanno arrivando e provvederò a lasciarvi soli.>> le disse eccitata facendole l’occhiolino.
Callie sorrise nuovamente.
Si sentiva terribilmente stanca e a fatica riusciva a parlare, ma non glielo avrebbe mai detto. Non lo avrebbe mai fatto.

Presto Justin, Chaz e Ryan arrivarono all’ospedale.
Superarono i genitori di Callie e Justin si fermò un secondo davanti a loro.
Sua madre aveva il viso rigato dalle lacrime mentre il marito le accarezzava la testa, sussurrandole cose dolci per aiutarla a stare meglio.. ma sembrava che i suoi tentativi fossero vani.
Un po’ scombussolato per quella scena, seguì Ryan e Chaz che erano già entrati nella camera.
Callie abbracciò entrambi, rivolgendo un piccolo sorriso a ognuno di loro, e infine abbracciò Justin.
Lui ne assaporò a pieno il profumo alla cannella e poi avvicinò le labbra al suo orecchio. <<Scusami se non sono più tornato ieri. Non mi hanno fatto entrare e stamattina mia madre mi ha imposto di andare a scuola.>> sussurrò.
<<Non preoccuparti.>> gli rispose e così si allontanò, sedendosi sul bordo del letto.
<<Come ti senti?>> chiese Ryan sorridendo e Callie ricambiò subito.
<<Sto bene, grazie.>> disse scrutando tutti e poi abbassando lo sguardo, fissandosi le mani mentre se le torturava.
Conosceva quel gesto. Sapeva quando era in imbarazzo o quando non voleva essere al centro dell’attenzione. Sapeva quando mentiva ma, questa volta, c’era qualcosa di diverso.
Guardò Penn, la quale gli lanciò a sua volta uno sguardo complice. La conoscevano troppo bene.
<<Com’è andata la partita?>> chiese poi e Justin scese dalle nuvole.
<<Abbiamo vinto. Adesso andremo alla finale a colori.>>
Gli rivolse un grande sorriso, mostrando per un attimo i denti. <<Era da anni che non accadeva.>>
<<Già.>> disse Ryan fiero.
Qualcuno bussò alla porta. Un’infermiera bassina, di mezza età, con un carrellino bianco entrò nella stanza. <<Scusatemi ragazzi, devo farle un’iniezione e poi la signorina Traeh dovrà riposare.>>
Tutti annuirono e si diressero verso la porta –lanciando piccoli sorrisi a Callie- tranne Justin, che esitò un attimo.
Le si avvicinò e le baciò dolcemente la fronte. <<Ci vediamo più tardi.>> sussurrò poi guardandola e sfiorandole il viso con il dorso della mano.
Si fissarono negli occhi ed ebbe l’impressione che i suoi fossero lucidi. <<Dì a tutti che vi voglio bene. E per me siete davvero importanti, tutti.>>
Le sorrise, cercando di rassicurarla. <<Sarai tu a dirglielo, dopo.>>
Annuì e chiuse gli occhi, mentre Justin lasciò la camera chiudendosi la porta alle spalle.
Prese Penn per un braccio e la trascinò un po’ più distante dalla porta e dai genitori di Callie, seduti ancora sul divanetto nel corridoio. Ryan e Chaz li seguirono.
Le rivolse uno sguardo accusatorio. <<Voglio sapere la verità.>> disse serio.
Penn sembrò perplessa. <<Fidati, non so più di quanto sai tu.>>
<<Stava mentendo.>> insisté.
<<Lo so.>> sbuffò, poggiando la schiena contro la parete. <<Rispetto a ieri penso sia peggiorata.>> abbassò lo sguardo e una lacrima le rigò la guancia.
<<Sembra più affaticata ed è pallida.>> concluse poggiandosi al muro opposto a quello di Penn e, poco dopo, scivolò a terra.
Penn si tolse dal muro su cui era appoggiata e si mise a sedere accanto a Justin, poggiando la testa sulla sua spalla. <<Perché pensi ci menta? Perché ci sta tenendo fuori dalla sua vita?>>
Sospirò, cercando di trattenere le lacrime. <<Io… Non lo so.>>
Chaz e Ryan non dissero niente, si limitarono a raggiungerli a terra.
Il silenzio li avvolse e Justin ne approfittò, chiudendo gli occhi e iniziando a riflettere.
Le sue parole.
Non poteva averle dette senza un motivo. Era sempre stata obiettiva e sicura in quello che voleva. Era una ragazza abbastanza determinava che, quando aveva qualcosa in mente, escogitava ogni singolo particolare, ogni singolo dettaglio per arrivare alla fine senza difficoltà. Coglierla alla sprovvista in certe situazioni era davvero difficile.
Riaprì gli occhi, pensando a quando aveva visto poco prima, ai suoi genitori stretti l’uno vicino all’altro, nel tentativo di darsi forza.
Sospirò nuovamente, ma, quando stava per espirare l’aria, si bloccò.
Un groppo gli salì in gola e solo allora espirò, socchiudendo la bocca.
No, quella era l’ipotesi peggiore. Non poteva essere vera. No, non poteva!
<<Non pensarlo.>> sentì sussurrare e si voltò verso Penn, la quale lo guardava con le lacrime che stavano già bagnando tranquillamente le guancie. <<Non succederà.>> continuò nel tentativo di convincere più se stessa che Justin.
Le passò un braccio sulle spalle e l’avvicinòa sé, stringendola in un abbraccio. <<Tranquilla. Andrà tutto bene.>> le sussurrò accarezzandole i capelli e, il secondo dopo, la ragazza stava sfogando tutte le sue paure in un pianto.
Lanciò un’occhiata a Chaz, il quale sembrava triste e perplesso.
Penn gli si avvicinò all’orecchio. <<Dopo dovrai vederla. Dovrai dirle la verità e cosa provi realmente per lei.>>
<<Sai tutto? Te l’ha detto Chaz, vero?>>
<<L’ho sempre saputo.>>

Sospirò. <<Penn sei sicura di non voler andare prima tu a parlarle? Siete sicuri di non voler entrare voi prima di me?>>
Tutti annuirono. <<Justin è giusto che sia così. Dovete avere il vostro momento e noi non dobbiamo esserci.>>
Ryan annuì alle parole di Penn. <<Puoi renderla felice e toglierti un macigno dallo stomaco. Non preoccuparti.>>
Fu sorpreso della comprensione di tutti ma, soprattutto, da quelle ultime parole: da parte di Ryan non se lo sarebbe mai aspettato.
<<Grazie ragazzi.>> si limitò a dire prima di entrare nella camera e chiudersi la porta alle spalle.
Si avvicinò al suo letto, notando solo ora il macchinario che segna i battiti del cuore. La linea verde si muoveva su e giù ma non emetteva alcun tipo di rumore, esattamente come il giorno precedente.
Spostò lo sguardo su Callie, che lo guardava con gli occhi semi-aperti e con un piccolo sorriso sulle labbra.
Si sedette sul bordo del letto e le prese la mano. Era fredda, come sempre.
<<Hey..>> sussurrò. <<Ti senti meglio?>>
<<Stavo bene anche prima.>>
<<Callie, non sei mai stata brava a mentire me o Penn.>> la rimproverò ma lei si limitò ad abbassare lo sguardo e a sorridere.
<<Mi conoscete troppo bene.>> sussurrò a fatica.
Le strinse più forte la mano. <<Voglio la verità Callie. Cosa ti sta succedendo?>>
Chiuse gli occhi, poggiando completamente la testa al cuscino sul letto rialzato. <<Davvero non ci arrivi da solo?>> una lacrima le rigò il volto nello stesso momento in cui Justin sentì il suo cuore battere a mille.
<<Non può essere vero.>> sussurrò.
Lo guardò nuovamente, senza rispondere. Sospirò rumorosamente ma, più che un sospiro, sembrava un tentativo di respirare normale.
Chiuse gli occhi e intrecciò le proprie dita con quelle di Justin. <<I dottori pensano che sia un miracolo che io sia ancora viva. Dall’anno scorso sono peggiorata velocemente e adesso sono davvero debole.>> disse con un filo di voce e tirando un lungo respiro alla fine.
Diverse lacrime gli varcarono le guancie. <<Ti prego.. Non te ne andare..>> sussurrò iniziando a singhiozzare. <<Promettilo.>>
Callie strinse le labbra in una linea continua. <<Non posso prometterlo.>> rispose e poi fece segno a Justin di avvicinarsi di più a lei.
Portò le mani alle sue guance e gliele asciugò con i pollici, fissandolo negli occhi.
Era strano il fatto che adesso fosse lei ad asciugare le lacrime a chi gliele aveva sempre asciugate.
<<Ti prego, non voglio vederti piangere.>> sussurrò.
<<Non voglio perderti.>>
<<Non mi perderai mai. Sarò sempre con te anche se non fisicamente.>>
<<Callie, c’è qualcosa che non ti ho mai detto perché non ne avevo il coraggio.>> disse tutto d’un fiato, tirando su con il naso. Quando gli sorrise debolmente, continuò: <<Sono anni che io provo qualcosa per te che va oltre una semplice amicizia. Non ho mai voluto ammetterlo, ho sempre pensato che sarebbe stato stupido e avrebbe potuto rovinare il nostro rapporto.>> abbassò lo sguardo. <<Sono stato uno stupido e non sai quante volte ho pianto per la mia stupida scelta, quante volte mi sono sentito un egoista perché ti ho fatto soffrire.>> altre lacrime uscirono dai suoi occhi.
<<Allora perché l’hai fatto?>>
Rise nervosamente tornando a guardarla. <<Perché sono un’idiota. Anche Ryan ha perso la testa per te ed io non ho mai voluto dichiarargli la verità, i miei sentimenti verso di te. Tra di noi c’è un patto che non ho voluto rompere.>>
Sorrise, togliendo le mani dal suo viso. <<Sei sempre stato un tipo fedele, sia in amicizia che in amore.>>
<<Callie, quello che io sto tentando di dirti è che.. io ti amo..>> disse con un groppo alla gola sentendosi avvampare.
Lo prese per la maglia, avvicinò il suo viso al proprio, facendo in modo di far poggiare la sua fronte contro la propria. Chiuse gli occhi. <<Anch’io ti amo, Justin.>>
Non ci fu bisogno dire altro. Justin annullò completamente le distanze e premette le labbra contro le sue.
Stava accadendo di nuovo e, questa volta, non c’erano preoccupazioni ne ostacoli che li dividevano. Erano perfetti e lo sarebbero sempre stati.
Un continuo e fastidioso suono lo fece scendere dal mondo dei sogni, costringendolo a separarsi da lei prima che potesse intensificare il bacio.
Guardò Callie, la quale aveva gli occhi chiusi e un piccolo sorriso stampato sulle labbra.
Voltò la testa e guardò la linea verde che segnava i battiti del cuore.
Era una linea continua.





Commenti autore:
Scusatemi per il ritardo. Avevo detto che avrei aggiornato presto e invece è quasi passata una settimana.
Sarò sincera, non avevo ispirazione e la fine di questo capitolo me l’aspettavo diversa, ma non sono riuscita a farlo come l’ho sempre immaginato.
Penso abbiate capito che ormai siamo alla fine della storia çç Penso che manchino solo un paio di capitoli e non uccidetemi D:
Lol, ho un umorismo che fa cagare i piccioni del polo nord e una felicità che è andata in vacanza.
Dopodomani per alcune di voi sarà un giorno importante e spero vi divertiate c: Riguardo a quelle che non andranno, come me, non scoraggiatevi. Arriverà il turno di tutte.
Adesso sparisco.
Lo so, questo capitolo poteva essere migliore ma sono a un punto morto, quindi scusatemi.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


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Capitolo 21



Nella sua testa tutto avvenne a rallentatore, come se ci fosse stato un telecomando che gli permetteva di vivere quella scena a una velocità notevolmente ridotta.
Fissò con lo sguardo vuoto lo schermo del macchinario che segnava i battiti del cuore.
Cosa stava accadendo? Era reale o solo un brutto sogno da cui si sarebbe svegliato presto?
L’ultimo rumore che sentì fu una porta sbattere alle proprie spalle, poi, si sentì come isolato dal mondo: non udiva più niente ed era come se il suo corpo fosse privo di anima.
Delle persone con il camice bianco lo raggiunsero, lo fecero alzare e lo spinsero fuori da quella camera.
Qualcuno gli si piantò davanti, scuotendolo e chiedendo spiegazioni, urlando parole che non riusciva a udire.
Il suo sguardo era ancora fisso nel vuoto che lo stava circondando.
Spostò gli occhi sul letto dove era seduto poco prima.
Le stesse persone che lo avevano spinto fuori dalla camera di Callie, adesso erano ferme vicino a quel letto, e lo avevano circondato offuscando la vista di tutti. Si muovevano freneticamente, dicendosi diverse parole, fin quando non si pietrificarono e si scambiarono fugaci occhiate di rassegnazione.
A Justin sembrò tornare l’udito ma, intorno a sé, tutto quello che sentiva erano singhiozzi di pianti disperati.
Se ne era andata e non sarebbe più tornata.

Continuava a fissare il soffitto spoglio della sua camera.
Callie era morta. La persona che amava era morta, ma non riusciva a piangere e a reagire. Il suo corpo si trovava lì ma era come se fosse assente, come se lui fosse una macchina che non ha sentimenti e che, se non invogliata a fare qualcosa, non avrebbe fatto niente.
Sua madre entrò in camera con un piatto con del cibo e, dopo averlo poggiato sul comodino accanto al letto, si sedette accanto al figlio.
<<Justin, ti ho portato la colazione.>> disse sorridendo debolmente.
Non lo aveva mai visto in quelle condizioni e questo la preoccupava particolarmente.
Non avendo nessuna risposta e nessun segno di vita –se non il suo regolare respiro- lo scuoté leggermente. <<Justin, mangia. È da due giorni che non metti niente sotto i denti.>> disse ma ancora nessuna reazione da parte sua. Sospirò. <<Oggi ci sono i funerali. Alle sei. Spero ci sarai.>> concluse e poi si alzò, andando verso la porta.
<<Ci sarò.>> sentì alle proprie spalle e guardò il ragazzo. Aveva parlato ma sembrava non volersi riprendere da quello stato cosciente di coma.

Bussò e, nel momento in cui la madre di Justin aprì la porta, Penn entrò mentre Ryan e Chaz chiudevano i rispettivi ombrelli.
Tutti abbracciarono Pattie, la quale notò che i ragazzi avevano un volto pallido e stanco.
<<Ragazzi, prima che andiate da Justin, ho bisogno di scambiare due parole con voi.>> disse e, quando annuirono, li condusse nel salotto, facendoli accomodare sul divano bianco di pelle e portando loro tre bicchieri di succhi di frutta. Dopo un breve silenzio, ricominciò a parlare: <<Sono preoccupata per mio figlio. È da quel giorno che non mette niente sotto i denti e non so nemmeno se dorme. Non reagisce, non parla e non si muove.>>
<<Ha pianto?>> chiese Ryan.
Scosse la testa. <<Niente.>>
Chaz si morse il labbro. <<Si sta tenendo tutto dentro ma prima o poi scoppierà.>>
Annuì. <<Ma fin quando non lo farà, non so cosa fare..>>
Pattie si zittì quando sentì dei passi veloci scendere le scale. Guardò i tre ragazzi con aria interrogativa, poi si alzò e velocemente andò alla porta d’ingresso, la quale sbatté appena lei vi arrivò. Puntò lo sguardo sull’attaccapanni, realizzando che il giubbino imbottito di Justin mancava.
Aprì di corsa la porta, notando la figura del figlio che attraversava la strada.
Stava per chiamarlo quando Chaz la bloccò, mettendole una mano sulla spalla. <<Ha bisogno di stare da solo.>>

Corse a lungo sotto la pioggia.
Non sapeva dove stava andando, ne sentiva il bisogno e basta.
Aveva sentito la conversazione nel salotto e Chaz aveva ragione. Si stava tenendo tutto dentro e non sapeva come liberarsi.
Troppi rimpianti, troppe delusioni, troppe stupidaggini.
In un lampo, arrivò al parchetto. Era bagnato fradicio e a lungo andare si sarebbe preso qualcosa, ma non gli importava. Ormai, era come se niente avesse più senso, come se la sua vita, adesso che era scomparsa, non avesse più un senso.
Continuava a camminare e, non volendo, si avvicinò all’albero più grande del parchetto, l’albero di ciliegio.
Si bloccò davanti ad esso e chiuse gli occhi, assaporando un odore immaginario primaverile..

<<Hei! Che ci fai lassù?>> chiese ridendo. Callie era salita su uno dei rami più alti e vi era comodamente seduta.
Gli mostrò un libro. <<Leggo.>>
<<Su un albero?>> chiese incredulo.
Sorrise e annuì. <<Sali e capirai perché mi trovo qui.>>
Si morse il labbro e si guardò intorno. Doveva vedersi con alcuni amici per fare una partita a basket ma, se ritardava di qualche minuto, non sarebbe successo niente.
Poco dopo, iniziò la scalata, facendo attenzione a dove metteva i piedi e cercando di raggiungere il punto dove si trovava Callie. Era abbastanza in alto ma i rami erano molto spessi e, raggiungere quel livello per chi non aveva le vertigini, non era così difficile.
Quando finalmente arrivò al suo stesso ramo, lei lasciò una gamba penzolare nel vuoto mentre l’altra la ritrasse a sé e Justin si sedette con entrambe le gambe penzolanti e le mani strette al ramo molto grande.
Solo allora si guardò intorno: l’albero era principalmente coperto di fiori bianchi e alcuni rosa, che emanavano un gradevole profumo di primavera.
<<È stupendo, non è vero?>> gli chiese sorridendogli e guardandosi intorno sognante.
<<Già..>> sorrise guardandola.
<<La parte migliore però, è dall’altro lato.>> continuò indicando con la testa la parte che aveva completamente trascurato.
Si girò e rimase senza fiato: i fiori e le poche foglie, avevano lasciato una specie di finestra che si affacciava sui monti dove solitamente tramontava il sole. Esattamente il quel momento, il cielo era colorato di arancione, rosso e giallo e lo spettacolo che si presentava ai loro occhi era indescrivibile.
<<Hai capito adesso perché sono qui sopra?>> chiese Callie dopo un breve silenzio.
La guardò e le sorrise. <<È magnifico.>>
Annuì. <<Io ho un debole per la natura e per i tramonti e, quando ho bisogno di tranquillità, vengo qua a rilassarmi.>>
Rise. <<Sei strana ma devo ammettere che non hai tutti i torti.>>


Così aveva scoperto il debole di Callie per la serenità e la pace. E stava solo allora iniziando a conoscerla.
Tante, troppe cose buttate al vento che non sarebbero più tornate.
Si portò una mano in tasca e, prendendo il cellulare, guardò l’orario.
17.45
Era in ritardo e si sarebbe dovuto muovere: per nulla al mondo sarebbe mancato al suo funerale.

La pioggia scendeva ancora incessantemente ma, nonostante tutto, diverse persone tra parenti e alcuni compagni di scuola, oltre agli amici, erano lì, raccolti attorno alla fossa in cui sarebbe stata calata la sua bara.
Si mise davanti a tutti, ignorando che lo stessero fissando e ignorando anche le diverse occhiate che Chaz, Ryan e Penn gli stavano lanciando.
Presto, il prete iniziò con il suo discorso, di cui Justin non udì una parola.
Era immerso nei suoi pensieri, era immerso nella consapevolezza che, dopo quel giorno, non l’avrebbe più vista, che tutto sarebbe finito. Non ci sarebbe stato più niente, solo un vuoto che nessuno avrebbe più potuto colmare.
Spostò lo sguardo e vide i genitori di Callie, stretti uno accanto all’altro mentre piangevano. Sua madre era disperata e anche suo padre lo era, ma non lo dava a vedere.
Pensò a sua madre, al fatto che fosse l’unico figlio e pensando a tutti i suoi sacrifici per crescerlo.
<<Amen.>> concluse il prete e tutti, compreso Justin, ripeterono quella parola.
La bara di Callie fu calata dentro la fossa e, poco dopo, suo padre si avvicinò alla pala conficcata nella terra dissotterrata. La prese e, dopo aver raccolto un po’ di terra sulla freccia di ferro, la lanciò sulla bara e lasciò il posto a sua moglie asciugandosi le guance. Anche lei ripeté gli stessi gesti del marito e così fecero i nonni e alcuni zii.
Quando doveva toccare agli amici, Penn gli andò vicino, lasciando l’ombrello a Chaz. <<Tu l’hai amata e lei amava te. È giusto che tu sia il primo.>> si limitò a dire tra un singhiozzo e l’altro e Justin annuì senza aprire ancora bocca.
Si avvicinò e ripeté i gesti delle altre persone. Era la prima volta che faceva una cosa del genere e non avrebbe mai potuto immaginare che la causa di tale gesto sarebbe stata lei, la sua migliore amica e la ragazza che amava..

Quando il funerale finì, Justin tornò da solo e a piedi a casa sua, andando direttamente nella sua stanza.
Si sentiva strano, provava una strana rabbia dentro di sé e una strana voglia..
Improvvisamente, sentì una forza accrescere e, senza alcun preavviso, sferrò un pugno all’armadio di legno, creando una notevole ammaccatura.
Poco dopo, si accanì contro la cassettiera di legno che si trovava al lato opposto: con una manata, fece volare tutti gli oggetti presenti lì sopra a terra e poi si avvicinò alla libreria, lanciando tutti i libri di scuola contro la parete con violenza.
Non si rese conto del fatto che stava piangendo incessantemente da quando aveva messo piede nella camera, né si rese conto di quello che stava facendo.
Tutta la rabbia e la frustazione stavano dando i loro effetti collaterali.

Aprì la porta della stanza, entrando e accendendo la luce.
Lo spettacolo che era davanti ai suoi occhi era qualcosa di strano, che non aveva mai visto prima nella camera di Justin.
Vi erano diversi oggetti a terra tra libri, boccette di profumi e anche vestiti.
Penn avanzò titubante, vedendo Justin sdraiato sul letto con la faccia immersa nel cuscino.
Si era sfogato contro le cose materiali, come se non sapesse che il suo dolore andava oltre gli oggetti che lo circondavano.
Si guardò a terra e, quasi involontariamente, il suo sguardo si posò su una foto che ritraeva Justin e Callie insieme un po’ di tempo prima. La cornice era ancora intatta, anche se non il vetro che conservava la foto.
La raccolse.
Era stata lei stessa a scattarla, più di un anno prima, quando entrambi ancora non conoscevano i sentimenti che provavano l’uno per l’altra.
Justin stringeva Callie in un abbraccio e, mentre lei sorrideva timidamente, lui le dava un tenero bacio sulla guancia.
L’ennesima lacrima di quei pessimi giorni le rigò il volto.
Non aveva perso solo un’amica, aveva perso una parte di sé e, nonostante doveva essere pronta per quel momento, non poteva fare a meno di soffrire.
Gli si avvicinò stringendo la cornice al petto e si sedette sul bordo del letto.
Gli mise una mano dietro la schiena, notando di quanto bagnata fosse quella maglietta. Restare sotto la pioggia senza un ombrello e con solo il giubbino addosso non gli avrebbe giovato.
<<Ti prenderai un accidente se resti così.>> gli disse accarezzandogli la schiena.
<<Secondo te quanto mi può importare?>> rispose senza togliere la faccia dal cuscino e la sua voce, sebbene si sentisse male, si capiva che era roca.
<<Pensi che lei avrebbe voluto questo?>>
<<Che cosa vuoi Penn?>> chiese scontroso.
<<Vorrei sapere cosa.. cosa è successo prima che lei morisse. Cosa vi siete detti e vorrei sapere se almeno era felice..>> disse mentre diverse lacrime varcavano le sue guance e la sua voce si trasformava in singhiozzi.
Justin strinse forte il cuscino, poi alzò la testa da esso, mostrandole il viso rosso e ancora bagnato per via delle lacrime ma, non si alzò e non la guardò. Si limitò a fissare il vuoto davanti a sé.
<<Allora? Cos’è successo?>> chiese ancora una volta.
Sospirò. <<Le ho detto tutto, le ho detto la verità.>>
<<Ti prego dimmi tutto..>> lo implorò.
<<Le ho detto il motivo per cui le ho mentito e l’ho allontanata, le ho detto quello che provavo per lei..>>
<<E lei..>>
<<Mi ha detto ‘ti amo anch’io, Justin’..>> disse sentendo un nodo alla gola. Non finì la frase e affondò di nuovo la testa nel cuscino, iniziando a singhiozzare.
Lo scuotè con entrambe le mani. <<Justin, cos’è successo poi? Ti prego racconta..>>
<<L’ho baciata.>> Penn rimase pietrificata, non se lo aspettava. <<E lei è morta.>> concluse.
Mille brividi le percorsero la schiena. <<C-c-cosa?>> chiese con un filo di voce.
Justin si alzò si fretta, facendola sbandare e mettendosi di fronte le disse: <<Io le ho dato il bacio della morte!>>
Penn lo guardò negli occhi, leggendo tutta la paura, la rabbia e la frustazione.
Adesso capiva perché stava reagendo così: credeva di averla uccisa.
<<Justin, sarebbe morta comunque.>> disse alzandosi e mettendosi alla sua altezza. <<Lei era gravemente malata e aveva chiesto ai genitori e ai dottori di non farci sapere niente.>> lo abbracciò. <<Voi eravate perfetti e lei se n’è andata nel modo migliore che poteva mai sperare.>>
Justin non si mosse a lungo ma, dopo quelle parole, si sciolse definitivamente.
Abbracciò Penn e, finalmente, si liberò di tutto il peso accumulato con un lungo pianto che aveva soffocato e anche lei pianse, sentendosi impotente.
Quando il pianto fu calmato, si asciugò le lacrime e guardò Justin. <<C’è una cosa che devi fare. Per lei.>>




Commenti autore:
Salve bella gente, yogurtina è qui presente (?) Non fateci caso lol, mi sto solo adesso riprendendo da sabato (no, non ero al concerto ma sono rimasta nella mia città a cercare i pinguini con un tempo primaverile .-.)
Tornando al capitolo, scusatemi se ve lo posto solo oggi ma capitemi, ho avuto dei pessimi giorni anch’io. E questo capitolo non mi è piaciuto molto a essere sincera. Come avrete capito è un capitolo transitorio all’ultimo capitolo (eh già çç) e introduce quello che farà concludere la storia.
Riguardo alle vostre recensioni.. In tutto ne sono 10 e mi avete fatto davvero sorridere :D è stato il maggior numero di recensioni in un capitolo e mi avete fatto davvero sorridere quindi grazie c:
E mi spiace deludervi. Tutte volevate che Callie tornasse a stare bene ma avevo già deciso questo finale, quindi non uccidetemi D:
Adesso sparisco.
Aggiornerò presto e sto già scrivendo un’altra che pubblicherò poco dopo l’ultimo capitolo di questa storia. Volevo chiedervi se sareste disposti a leggere anche quella nuova, quindi fatemi sapere nelle recensioni c:
Ci sentiamo presto belle e grazie mille per tutto.
Recensite, un bacio :*

-Yogurt

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


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Epilogo



Tutte le persone al di fuori della rete che circondava il campo di basket esultavano estasiati.
Era passato circa un mese e, dopo diverse partite, ecco che finalmente si disputava la finale del torneo di basket: quartiere rosso contro quartiere giallo.
Nessuno si aspettava che Justin e la sua squadra arrivassero così lontano, addirittura a disputare la competizione contro il quartiere che deteneva il titolo da tre anni circa.
Correva verso il campo opposto, seguendo la scia di Ryan che avanzava con la palla, la quale toccava costantemente terra.
Stava per arrivare al canestro quando quelli della squadra avversaria gli si pararono di fronte, costringendolo a fermarsi.
<<Ryan!>> urlò Justin per fargli capire che era libero e, appresa la situazione, l’altro gli tirò la palla in un passaggio alto. Lui prontamente l’afferrò al momento giusto e poi tornò ad avanzare verso il canestro. Subito gli avversari iniziarono a placarlo e, non trovando nessun compagno libero, decise di tirare.
Guardò il canestro, distante appena quattro metri. Aveva sempre fatto tiri da quella distanza e quindi fare centro, sarebbe stato facile.
Bloccò la palla nelle mani, si posizionò e poi saltò di poco, lanciando la palla sul canestro. Quest’ultima arrivò solo sul bordo del cerchio ma non entrò e uscì dal campo.
L’arbitro fischiò due volte. <<Time out!>> urlò e Justin e tutti i suoi compagni di squadra si radunarono intorno alla panchina.
<<Si può sapere cosa hai fatto!?>> si lamentò Stefan. Lo guardò male. <<Quel tiro era facile, l’hai sempre fatto, perché adesso l’hai sbagliato!?>> urlò.
<<Stefan sta calmo. Tutti commettiamo degli errori.>> intevenne Chaz.
<<Errori!? È il capitano e deve essere perfetto!>>
Strinse i pugni trattenendo la rabbia. Odiava il suo comportamento da quando aveva rifiutato di aiutarlo con Callie. Era un tipo che pensava solo a se stesso e questo lo aveva capito a proprio discapito.
<<Può capitare a tutti.>> disse Nolan.
Scosse la testa ridendo nervosamente. <<No. Justin ha un problema!>> urlò di nuovo, poi gli si avvicinò con un sorriso misto tra il beffardo e il malizioso. <<Fammi indovinare, è per colpa di quella ragazza che è morta.. Quella che a quanto pare amavi ma eri troppo codardo per dirle la verità e te la sei solo sbattuta.>>
Non resistette più: gli strinse la maglia larga di basket all’altezza delle spalle e lo spinse contro la recinsione di ferro. <<Azzardati a nominarla di nuovo o a dire qualsiasi altra minchiata su di lei e non mi conterrò più dal spaccarti la faccia.>> Chaz gli mise una mano sulla spalla, tirandolo indietro. <<Calmati.>> disse con tono fermo.
Justin arretrò e Stefan non perse tempo. <<Bravo, prenditi un calmante. Magari fatti dare un aiuto dal cielo da quella troietta.>>
Strinse nuovamente i pugni e, il secondo dopo, gli sferrò un colpo in pieno viso, prendendolo di sprovvista e creando scompiglio sia nella squadra sia fuori dal campo.
Lo allontanarono da Stefan. <<Devi calmarti. Abbiamo ancora una partita da disputare.>> disse Nolan mettendosi davanti e spingendolo indietro.
Voltò la testa e sputò a terra.
Intorno a quella specie di gabbia, gli spettatori continuavano a mormorare e a incitare per il continuo della partita.
Alzò gli occhi e si sentì chiamare: <<Justin!>>
Era una voce femminile, una voce che sicuramente apparteneva a Penn.
Spostò lo sguardo avanti e dietro, alla ricerca della ragazza e alla fine la vide: aveva un vestitino rosa chiaro che le arrivava poco più sopra delle ginocchia, a giromaniche e con un fiocco nero legato lateralmente all’altezza della vita. Aveva le mani poggiate sulla rete e lo fissava implorante.

<<Cosa?>>
Gli prese le mani. <<Sai che Callie era una pianista fantastica e a breve ci sarà il saggio d’inizio primavera..>>
<<Non.. non ti seguo..>> disse tirando su con il naso.
<<Callie doveva chiudere lo spettacolo ma.. adesso che non c’è più..>> abbassò lo sguardo ma lo rialzò poco dopo sospirando. <<Se deve essere sostituita da qualcuno, quel qualcuno devi essere tu.>> concluse tutto d’un fiato.
<<Cosa?>>
<<Tu sai suonare al piano e lei amava eseguire un brano con te… Sei tu la persona perfetta per quell’incarico.>>
Un breve silenzio alleggiò nella stanza.
<<No.>> disse infine. <<Non posso.>> si sedette sul letto e Penn lo affiancò.
<<Non capisco. Perché?>>
<<Perché ho da pensare alle partite, ho troppi impegni e non posso tirarmene fuori.>>
Si alzò di colpo, sbattendo i piedi a terra. <<Preferisci partecipare a uno stupido torneo che eseguire un fottuto brano per ricordarla?!>> gli urlò contro mentre nuove e diverse lacrime le uscivano dagli occhi. <<Non ti riconosco più.>> disse prima di uscire dalla camera sbattendo la porta.


Da quel giorno, non si erano più rivolti la parola e spesso Penn lo fulminava con lo sguardo.
La verità era che non gli andava di passare ore e ore in un teatro a riprodurre brani che, molto probabilmente, a lei non piacevano nemmeno.
Conosceva Callie e sapeva che suonava brani che amava davvero, brani che, dietro tutto, nascondevano ognuno una propria storia, una propria emozione.
Lasciò la panchina e si avvicinò all’amica. <<Penn, tu non dovresti essere al saggio?>> chiese guardandola.
<<La mia parte l’ho fatta. Adesso devi essere tu a terminare.>>
<<Già te l’ho detto, non posso.>> gli occhi gli divennero lucidi.
Chaz e Ryan gli si avvicinarono.
<<Se vuoi andare, vai. Qua ci pensiamo noi.>> disse Chaz poggiandogli una mano sulla spalla.
<<Se quel coglione di Stefan dice ancora qualcosa, penserò io a farlo tacere.>> continuò Ryan nervosamente.
<<Io.. non lo so.>> abbassò la testa.
Il doppio fischio dell’arbitro fece capire che la partita stava ricominciando.
<<Justin..>> lo richiamò Penn. Estrasse qualcosa dalla piccola borsa nera e gli mostrò l’oggetto.
Era una foto di lui e Callie, una foto che era stata scattata tempo prima e che conteneva tutti i momenti felici insieme. Erano perfetti.
Ebbe l’istinto di prenderla ma si limitò ad appoggiare le mani sulla rete. Non sarebbe riuscito a prenderla se stava ancora dentro il campo. <<Questa foto.. credevo di averla persa.>> guardò sorpreso Penn.
<<No. Era a terra con tutti gli altri oggetti e si era rotto il vetro. L’ho presa e l’ho fatta riparare, aspettando il momento adatto per ridartela.>>
Si decise. Senza dire altro, si avviò verso la panchina della propria squadra. Prese la propria felpa e la indossò, poi diede una pacca a Tyler, il ragazzo che stava sempre in panchina. <<Sostituiscimi.>>
<<Cosa!?>> urlarono tutti gli altri membri della squadra. <<Sei il capitano, non puoi andartene!>>
<<Ho cose più importanti da pensare che una stupida partita.>> concluse e poi uscì dal campo. <<Chaz, sarai tu a guidare la squadra!>> urlò e si diresse verso Penn, poi insieme si diressero all’auto di Justin. Guardò l’orario. <<Ce la faremo in tempo?>> chiese mettendo in moto.
<<Se vai a tutta velocità ed eviti il traffico, sì.>> sorrise. <<Sapevo che saresti stato tu a memorarla.>>
<<Io la amo e hai ragione, non c’è persona migliore per fare quello che toccava a lei.>>

<<Aspetta qui e quando ti faccio segno vieni sul palco.>> disse Penn prima di allontanarsi.
<<… e quindi siamo giunti al termine..>> disse la professoressa sul palco bloccandosi appena Penn le toccò la spalla e prese il possesso del microfono.
<<Mi scusi professoressa.>> disse guardandola, poi si rivolse alle persone presenti parlando attraverso il microfono. <<Vi annuncio che c’è un cambiamento di programma. Stasera doveva essere il gruppo di musica a concludere ma, dal principio, doveva essere la mia migliore amica a chiudere con l’esecuzione di alcuni brani al piano. Come penso alcuni di voi sapranno, Callie Traeh è scomparsa poco meno di un mese fa..>> si bloccò asciugandosi una lacrima. <<Per ricordarla, ho deciso questo fuori programma e, tra poco, sentirete il suo brano preferito.>> guardò Justin, facendogli segno di avanzare. <<Non sarò io a eseguirla ma lui..>>
Sospirò e iniziò a camminare verso di lei. Quando le si fermò accanto, vide l’intero teatro stracolmo di persone. Alle prime file c’erano il sindaco, la preside e la maggior parte dei professori di quell’istituto, e poi c’erano molti genitori e alcuni curiosi amanti della musica classica.
<<Justin Bieber.>> continuò a parlare. <<Lascio a lui la parola.>> terminò e poi lo guardò.
Si abbracciarono. <<Grazie per avermi fatto cambiare idea.>> le sussurrò all’orecchio.
<<Falli sognare.>> detto ciò, Penn si staccò dall’abbraccio e andò dietro le quinte, trascinando con sé la professoressa Silver e lasciandolo solo sul palco.
Si sentì tremendamente in imbarazzo: non aveva mai suonato al piano di fronte a così tante persone.
Si avvicinò al microfono. <<Buonasera.>> la sua voce risuonò in tutto il teatro attraverso gli amplificatori e per un attimo pensò che on fosse lui a parlare. <<Mi scuso con voi per questo improvviso cambio di programma e mi scuso anche per il mio abbigliamento.>> si sentì qualche risata. <<Non pensavo che sarei venuto e oggi ero impegnato in un’importante partita, ma me ne sono andato per essere qui.>> sospirò. <<Il brano che state per sentire, si chiama ‘River flows in you’. Callie amava questo brano e spesso lo abbiamo suonato insieme.>> sorrise, ricordando tutti i momenti felici passati insieme. <<Lei.. per me era davvero importante. Era una delle persone che rappresentavano la mia vita ed io.. l’amavo..>> disse con un groppo in gola, suscitando nella maggior parte dei presenti un sorriso di commozzione e tristezza. <<La sua perdita è stata un brutto. Questo brano che eseguirò, probabilmente non è nulla di complesso e forse non rientra nelle vostre aspettative, ma è per ricordare una ragazza forte, solare e dolce. Una ragazza che, nonostante avesse problemi propri, non esitava ad aiutare gli altri anche con semplici consigli.>> sospirò. <<Godetevi il brano.>> terminò allontanandosi dal microfono e sedendosi sullo sgabello posto vicino al piano al centro del palco, mentre tutti applaudivano.
Aspettò che il silenzio calasse e che l’occhio di bue fosse puntanto su di sé, poi iniziò a pigiare i tasti.

[ Clicca qui per sentirla]

Le corde del piano iniziarono a vibrare, facendo uscire il lieve suono e, se fino al quel momento era teso, adesso si sentiva rilassato.
Sfiorava i tasti automaticamente, senza bisogno di vedere le note sul pentagramma.
Quella melodia la conosceva a memoria e quando la riproduceva con lei, era come se andasse in un altro mondo, come se tutto ciò che era intorno a loro non esistesse, come se loro, in quel momento, fossero una cosa sola, una cosa perfetta e completa.
Loro erano quella melodia.
Una lacrima gli rigò la guancia, ricordando l’ultima volta che l’avevano eseguita insieme. Lei non se lo aspettava e non servivano parole per descrivere quello che sarebbe successo.
Erano perfetti, probabilmente anche troppo, e così il fato aveva deciso di prendersi un angelo, l’angelo più bello che ci sarebbe stato in paradiso.
Gli occhi divennero sempre più appannati per via delle lacrime, così decise di chiuderli.
Improvvisamente si sentì leggero e felice come non mai.
Le sue dita si muovevano quasi da sole, come se ci fosse stato qualcuno a guidarle. Ai suoi occhi apparve la figura di Callie, mentre suonava accanto a Justin, come quando il pianoforte veniva diviso in due.
Ma aveva gli occhi chiusi e, quella che sperava essere realtà, era solo la sua immaginazione. Almeno così credeva.
La fissò a lungo e si rese conto che intorno a loro non c’era più niente, se non un sottofondo nero. Il suo volto era come la porcellana e sulle sue labbra c’era un sincero sorriso.
Lo guardò sorridendogli e fu allora che incontrò i suoi fantastici occhi ambra. Quanto gli erano mancati, quanto tempo aveva passato a fissarli attraverso foto di ricordi andati via…
Ognuno distolse lo sguardo dall’altro e continuarono a suonare quella melodia, com’erano soliti fare.
La tranquillità, la spensieratezza di quel momento non si poteva descrivere.
Si sentiva incredibilmente bene e solo adesso capì una cosa: Callie non se ne sarebbe mai andata. Sarebbe stata sempre vicino per proteggere lui e tutte le persone che le erano state care.
Quella melodia era come la sua firma: era qualcosa che colpiva dritto al cuore e sarebbe sempre esistita.
Interi minuti passarono troppo velocemente e, presto, arrivarono alla fine della melodia. Questa volta, le ultime note acute toccavano a Justin e lui le eseguì.
Prima di premere l’ultimo tasto, si voltò e la guardò.
Il sorriso sul suo volto era qualcosa d’indescrivibile e i suoi occhi emanavano luce pura.
Si sentì stringere una mano e abbassò lo sguardo, notando la sua mano –la quale emanava una strana luce bianca che vide solo in quel momento- che stringeva la sua. La differenza tra le due mani era evidente ma, nonostante tutto, sembrano perfette unite.
Alzò lo sguardo ma fu come risvegliarsi da un sogno e aprì gli occhi, realizzando che era ancora su quel palco del teatro della scuola e che aveva appena terminato di suonare.
Tutte le persone erano in piedi ad applaudire e il teatro risuanavano di essi.

Quel momento non lo avrebbe mai dimenticato: quella era davvero l’ultima volta che suonavano insieme.




Commenti autore:
Eccovi l’ultimo capitolo.. Eh sì, è davvero finita çç
Vi ringrazio per aver seguito questa storia, per aver sognato con me e per avermi fatto sorridere con le vostre recensioni.
Siete tutti magnifici e amo il fatto che le persone leggano quello che scrivo perché ci metto davvero tanto tempo e metto una parte di me in ogni storia.
Lo devo dire, concluderla è stato magnifico e spero di avervi fatto almeno un po’ emozionare c:
Purtroppo è finita ma, come vi ho già detto, presto inizierò a pubblicare una nuova storia e ve la posterò stesso domani (aggiungerò a questo mio spazio il link, così potete trovarla facilmente c: ) e sono felice di sapere che alcuni di voi la seguiranno :D
Questa è la trama:
“Justin fa parte di una delle organizzazioni criminali più potenti di Toronto. Sa il fatto suo e in ogni situazione riesce a cavarsela in una maniera o nell’altra. È sicuro di sé e delle sue capacità ma, quando nella sua vita entrano due ragazze, le cose cambiano.
Sono identiche ma, allo stesso tempo, l’una è l’opposto dell’altra. Com’è possibile?”

Spero che almeno un po’ v’incuriosisca e vi annuncio che sarà di uno stile diverso e sarà anche più lunga (saranno due storie, saranno intrecciate e una sarà la conseguenza dell’altra).
Non pensate che questa mia nuova storia sarà come le altre, come quelle tipiche che stanno andando di moda ultimamente. Niente di quello che appare è la realtà, ve lo assicuro.
Ok, ho scritto un tema e adesso vi lascio çç
È stato stupendo scrivere per voi e vi amo, tutti c:
Recensite, un bacio :*

-Yogurt


Identity: Just the beginning Cliccate per leggere la mia nuova storia :)

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