Tornerò

di tins_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione. ***
Capitolo 2: *** Beth, this is my name. ***
Capitolo 3: *** The Hans ***
Capitolo 4: *** Flashback ***
Capitolo 5: *** Interview ***
Capitolo 6: *** 3,2,1.. GO! ***



Capitolo 1
*** Prefazione. ***


Quando la guerra terminò avevo compiuto da poco undici anni.
Mio padre morì poco dopo per una ferita di guerra. Morì perché credeva di poter cambiare il mondo. Morì sapendo di aver fallito.
Mia madre cadde in depressione e solo mio fratello Marcus riuscì a non farla cadere nel baratro.
Tentò più volte di togliersi la vita ma lui, ad appena  12 anni, la fermò ogni volta al momento giusto.
Per lei iniziai a essere un pericolo, le ricordavo il marito defunto e così per un po’ dovetti dormire a distanza presso i nostri vicini.
In quegli anni ci costrinsero a tornare nei nostri distretti d’origine ma con un po’ di fortuna Marcus riuscì a farci trasferire nel quarto anziché farci andare nel dodicesimo.
Ora ho diciassette anni e sto guardando il mio mondo andare a rotoli su uno stupido schermo in diretta nazionale.
Che abbia inizio la sesta edizione degli Hunger Games. 







Angolo autrice: Ok, è poco lo so... ma è solo l'introduzione. Poi non potevo svelarvi troppo tutto d'un colpo. 
Spero che il primo capitolo vi piacerà. Lasciate dei commenti: positivi o negativi... non scrivo da molto!!! 

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Capitolo 2
*** Beth, this is my name. ***


I.
Nel momento esatto in cui hanno estratto il suo nome pensavo di essere ancora addormentata sul mio bel letto comodo a casa e di essere solo preda di un incubo.
Mi accorsi che non lo era solo perché vidi l’espressione disperata sul volto di mia madre. Sapevo cosa sarebbe successo. Corsi più veloce che potevo verso di lei, giusto in tempo per reggerla mentre la ragione cedeva il posto alla follia. Aveva già dato segni di cedimento mentale con la morte di papà ma in quel momento sembrava affetta da rabbia e cercai disperatamente di calmarla.
Per tutto il tempo in cui saliva la gradinata e raggiungeva il palco, Marcus, non si era reso conto di quello che stava succedendo dietro alle sue spalle. Solo quando si voltò verso il pubblico ci vide.
Il suo sguardo però rimase fermo e solo dallo schermo, e solo io, riuscii a percepire la sua angoscia. Per tutti gli altri era solo un volto indecifrabile, in tensione.
Mi promisi di non versare una lacrima, anzi mi obbligai.
 
Ora sono qui fuori in un lungo corridoio ad aspettare di poter vedere mio fratello per l’ultima volta. Per poterlo abbracciare un’ultima volta. Di fianco a me mia madre non smette di piangere. Si è ripresa da prima, ma non abbastanza da ritornare cosciente dei suoi pensieri.
Un pacificatore ci fa cenno di entrare.
Arrivate dentro Marcus ci sorride. Sostengo il suo sguardo così scuro e deciso, così simile al mio e poi ci sciogliamo in un abbraccio.
Abbiamo pochi minuti e metà di quel tempo lo passiamo consolando mamma. Quando ormai sembra ora di separarci, mio fratello mi prende da parte e mi sussurra - Tornerò-.
-Sembra tanto una falsità- ribatto, ma non riesco a tenere i miei occhi fissi sui suoi.
-Lo sai che non ti mentirei mai- sorride e mi abbraccia. Sento che potrebbe avere ragione. Lui ha le capacità per sopravvivere. Poi è bello e potrebbe riuscire a conquistare molti sponsor. Ma sinceramente non mi sollevano questi pensieri, il meccanismo di quei giochi sadici non mi è ancora del tutto chiaro.
 
Io e mia madre usciamo, spintonate a forza dai pacificatori e guardiamo entrare la fidanzata di Marcus, Maryse, che in grembo tiene suo figlio.
Per un momento vorrei poter fare a cambio con lui, ma non posso. E mi maledico per non essere stata nominata io che qui, in questo posto, servo a ben poco.
Sento il peso di mamma aggravarsi sulle spalle. Mi giro a guardare cosa non va.
Delicatamente la appoggio su una panca e le prendo il viso tra le mani. I suoi occhi, così chiari da sembrare ghiaccio, sono vacui e senza meta.
Con uno scatto imprevisto mi prende i polsi e quasi mi fa gridare dalla paura.
Tento di liberarmi dalla sua stretta ma è troppo forte per me. E ancora una volta mi viene da pensare che morirei il primo giorno negli Hunger Games. Sono così debole.
Alza lo sguardo e mi fissa intensamente, senza sapere bene chi io sia.
-Bram-.
È l’unica cosa che riesce a pronunciare prima di mettersi a urlare e tirare fuori le unghie. Il nome di papà.
Mi graffia e qualcosa dentro di me mi dice di reagire ma so perché fa così. So che la sua mente è malata, e so che senza Marcus non riuscirò a tenerla sana.
Dopo un attimo di paralisi interiore riesco a muovermi e l’abbraccio. La stringo forte a me finché non sento che il suo cuore rallenta e torna a battere a ritmo normale.
Poi con calma aspetto che Maryse esca dalla stanza in cui si trova mio fratello e ci raggiunga.
Fatto questo, torniamo a casa con l’anima in fiamme.
 
 
 
Mi sveglio nel bel mezzo della notte.
La mia camera è spoglia e arida come sempre ma ora la sento ancora più vuota e fredda.
Attiro verso di me le coperte stringendole forte.
Non piangere stupida.
Nell’esatto momento in cui me lo sto imponendo sento dei singhiozzi provenire dalla stanza affianco alla mia. So chi è e so che dovrei andare da lei ma non riesco a muovermi.
Sento le sue preghiere affluire nelle vene. Preghiere ad un Dio assente. Preghiere di disperazione.
Conosco Maryse, lei non è credente, non lo è mai stata. Perché lo sta facendo?
All’improvviso mi sento più stupida di prima.
Marcus crede, lo ha sempre fatto. Credere è l’unica cosa che gli ha dato la forza di lottare per mamma e per me. Avevamo un solo anno di differenza quando sono crollate le speranze ed io a differenza sua crollai con esse.
Ancora per un momento resto ferma sul letto ad ascoltare la voce di Maryse cullarmi nella notte poi, con riluttanza, mi addormento.

Angolino della vergogna... OK eccomi qui. Si è una storia trsite... ma sono i primi Hunger Games, la guerra è finita da poco, non può essere tutto rose e fiori! Non verrò fuori a orario e giorno programmato, ma quando l'ispirazione mi assalirà. Lo so è una cosa antipatica, mi dispiace D: 
Beh, commentate la storia, recensite! Datemi consigli ve ne prego :) 

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Capitolo 3
*** The Hans ***


II.
Sono passati circa quattro giorni da quando è partito. L’abbiamo visto alla sfilata, vestito solo da una cascata di glitter color dell’acqua all’alba, quando riflette il chiaro del cielo, e un paio di mutande color carne. L’altro tributo del nostro distretto è ricoperta dello stesso materiale ma al posto di farle mettere delle semplici mutande le hanno infilato una lunga coda da sirena e i capelli le ricadono sul seno.
Devo ammetterlo, ci sanno proprio fare a Capitol City con queste cose.
Ovviamente gli altri tributi sono ugualmente degni di nota, ma non hanno lo sguardo di mio fratello.
Maryse ad un certo punto si è messa la mano sulla pancia e rivolgendosi al mio futuro nipote ha indicato Marcus e con la sua voce affusolata ha sussurrato –Guarda, quello è tuo padre. È andato a vincere per te-. Detto questo si è asciugata con un gesto frettoloso una lacrima che le scendeva sulla guancia e guardandomi mi ha sorriso.
Stasera c’è l’intervista e siamo davvero parecchio agitate tutte quante in casa.
Mamma si è ripresa grazie all’intervento di mia cognata e per ora la sua mente sembra reggere, ma ha deciso che anche se nessuno può vederci dobbiamo vestirci come se fossimo sul palco anche noi così mi è toccato tirare fuori dall’armadio e rispolverare il mio vecchio vestito per le festività.
A quanto pare però Maryse è del parere che io dovrei indossare qualcos’altro.
-Tieni questo-, riemerge con uno sbuffo dal cassetto e mi porge un abito di un colore un po’ troppo poco azzeccato secondo i miei gusti.
-Ma è rosso- affermo quasi disgustata.
-Intanto è bordeaux, tesoro, e inoltre credo proprio che staresti davvero bene con questo addosso. Alle ragazze con i caratteri scuri come i tuoi ci sta a pennello questo colore. Fidati di un’artista- mi fa l’occhiolino e insiste perché io me lo provi. La faccio gentilmente uscire dalla camera e con un po’ di indecisione alla fine lo indosso.
Okay, devo ammettere che ha ragione, mi sta davvero bene. Ora l’unica cosa che mi dispiace è che nessuno potrà mai vedermi in questo stato. Il ché forse è una fortuna a pensarci con calma.
Maryse torna dentro e con un luccichio negli occhi mi fa più complimenti possibili. Sento davvero che c’è qualcosa sotto, ma non mi va di chiederglielo perché sembra meno preoccupata quando si occupa di me.
 
Scendo giù dalle scale e raggiungo mamma. Lei ha rispolverato il vestito blu con le balze che le arriva al ginocchio che le fa da cornice agli occhi. Ha appena finito di apparecchiare ma non vuole farmi entrare il sala e sento davvero che qualcosa di strano sta succedendo.
Per ultima arriva anche Maryse in tutta la sua bellezza. Solitamente la cosa che le da il tocco in più che nessuno ha è il sorriso, ma so che non posso chiederglielo in un momento come questo. Nessuno se la sente di essere felice sul serio ora.
Ed ecco che mi viene svelato il motivo di tanto impegno.
Suona il campanello.
Mia cognata e mamma si guardano per decidere chi andrà ad aprire ma ormai le ho già precedute io.
Con una maniera un po’ brusca apro la porta e mi ritrovo davanti facce sconosciute.
-Gradite qualcosa?-. cerco di essere il più gentile possibile.
Un signore alto e biondo mi guarda di sottecchi e risponde –Siamo stati invitati a cena se ben ricordo-.
-Beh ricorda male- insito decisa nel mandare via quella gente.
Purtroppo arriva Maryse a fermare la mia magnifica interpretazione della ragazza irriverente lanciandomi uno sguardo davvero tagliente. Di rimando le sorrido.
-Mi dispiace signori Hans per l’arroganza di mia cognata Beth, entrate prego-.
Proprio in questo istante capisco di chi si tratta.
Questa è la famiglia dell’altro tributo del nostro distretto.
 
Finita la cena ci rechiamo tutti il salotto per vedere l’intervista.
Non ho parlato con nessuno dei quattro ospiti presenti, mi sentivo davvero male. Oltre per quello che avevo detto anche perché non si erano degnati di rivolgermi nemmeno uno sguardo.
Parlavano di come si erano svolti i giochi in questi primi anni, delle strategie, degli sponsor, dei punteggi.
Io restavo in disparte, spiluccando il cibo e domandandomi come si possa sopportare tanto qualcosa del genere.
I signori Hans sono persone carismatiche, dai caratteri chiari che hanno tramandato puntualmente a tutti e tre i figli.
Il più giovane ha dodici anni e si chiama Kyle, poi c’è Savanna di sedici che era appena partita per gli Hunger Games e infine Sebastian di vent’anni.
Quest’ultimo, a detta dei suoi genitori, è un bravissimo pescatore e nuotatore e abile in tutto ciò che abbia a che fare con la forza ma è anche molto intelligente e altre mille qualità che ho volutamente rimosso.
Di me non gli importava poi molto a cena ma ora sembrano parecchio interessati alla mia vita.
-Quanti anni hai, cara?- mi chiede la signora Hans. Nonostante abbia una voce decisamente gradevole, non riesco a farmela piacere.
-Diciassette- rispondo.
-Oh, e hai qualche abilità speciale?- ribatte, quasi non volesse lasciarmi il tempo di pensare.
-Non credo, non che io sappia- e mentre glielo dico le sorrido ironicamente.
Maryse interviene per salvare la situazione –Beth in realtà è solo molto modesta. È molto portata per il disegno e la pittura. Qualche volta la porto con me per insegnarle a dipingere ed è migliorata a vista d’occhio… quello l’ha dipinto lei!-. indica il quadro dietro le nostre teste. È un paesaggio marittimo ed effettivamente mi è proprio venuto bene.
A questo punto Sebastian sembra essere interessato a me e al fatto che esisto ma non ha tempo per farmi una domanda perché l’intervista è iniziata.





Eccomi di nuovo, avevo l'ispirazione e quindi ho pensato di pubblicare il secondo capitolo ora dato che era abbastanza corto. 
Per il prossimo non ne ho idea. Dipende :) Lasciate i vostri commenti, grazieee.

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Capitolo 4
*** Flashback ***


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L'INCONTRO - Marcus&Maryse.
 

Non voleva andare al lavoro quella mattina.
Venti ore di pesca su una barca da solo. Partiva di notte e tornava il pomeriggio dopo. Si annoiava.
Sua sorella gli consigliava sempre di portarsi un libro, ma a lui non piaceva leggere. A questo punto lei ribatteva che se non voleva sentire la sua, lui non doveva lamentarsi e Marcus affermava che poteva andare a lavorare se aveva così tanti consigli a riguardo. A quel punto lui usciva di casa sbattendosi la porta alle spalle e andava al molo.
Non si odiavano davvero, quei battibecchi li divertivano. Marcus sfogava la sua frustrazione e Beth spezzava la routine noiosa della giornata.
Mentre si incamminava verso la sua barca, quella notte, qualcosa nell’aria era diverso. Vide il suo capo sopra al molo che lo aspettava a braccia incrociate.
-Ciao Marcus, per questa volta ti è andata bene. Farai solo otto ore. Volevo ricordartelo, perché so che è quasi una novità e tu non hai una buona memoria, domani c’è la Mietitura e dato che hai 16 anni devi presentarti anche tu- concluse accennando un piccolo sorriso.
-Ah giusto, hai ragione. Ancora non li capisco questi giochi… sono perversi. Spero che a Capitol City si stanchino presto di questa tortura- commentò Marcus indignato.
-Ci vediamo domani, ti pagherò come se facessi davvero un turno completo, non ti preoccupare- e detto questo si allontanò velocemente, quasi correndo.
 
Stava seduto su quella barca da ormai sei ore, ma i pesci sembravano non volere abboccare.
Il bottino di quella serata era misero e la noia era davvero al limite della sopportazione. In quel momento rimpiangeva l’idea di portarsi un libro.
All’improvviso qualcosa attirò la sua attenzione, o meglio, qualcuno.
Una ragazza era appoggiata a terra con un blocco da disegno in mano. Nell’altra aveva una matita e abbozzava righe e ombre.
La luce chiara dell’alba le faceva la pelle diafana e i capelli come fili d’oro.
Quando si accorse di essere osservata alzò lo sguardo e occhi azzurri quanto l’acqua di quella mattina, lo scrutarono curiosa. Gli sorrise timida.
Marcus ricambiò il sorriso e fu in quel preciso istante che perse l’equilibrio e finì direttamente sul fondo del fiume.
Riemerse con facilità sputando acqua e cercando di raggiungere la riva più vicina.
Per fortuna, o per fato, in quel punto si trovava la ragazza che l’aveva fatto cadere con un sorriso.
Lei lo aiutò dolcemente a riprendersi e a mettersi a sedere.
-Comunque io mi chiamo Maryse- sussurrò la ragazza. I suoi movimenti erano aggraziati e tutto in lei sprigionava tenerezza.
-Beh, io sono Marcus- sentenziò lui porgendole la mano. Lei gliela strinse con un accenno di risata.
Passarono le due ore successive a parlare del più e del meno, ridendo e scherzando come se fossero vecchi amici.  Lui le rubò il blocco da disegno e lei con fare giocoso gli ordinava di porgerglielo indietro.
-Ci sono cose che non puoi vedere- insinuò Maryse ammiccando.
-Allora saranno le prime che guarderò!- affermò Marcus.
Sfogliò l’album e vi trovò per lo più paesaggi di fiume e di mare, colorati o in bianco e nero.
Arrivato circa a metà, gli cadde un foglio a terra che la ragazza tentò di recuperare per prima.
Se in quel momento lei fosse riuscita a tenersi per se quello schizzo probabilmente la storia sarebbe decisamente molto diversa. Ma accadde qualcosa di diverso.
Il ragazzo raccolse il disegno da terra e si trovò davanti un ritratto. Il suo ritratto.
Si riconobbe quasi subito: gli occhi scuri, i tratti duri e spigolosi.
-Insomma, dato che l’hai visto potresti dirmi qualcosa- disse lei arrossendo.
-È fantastico. Posso tenerlo? Te lo ridarò stasera, dopo la Mietitura. Sempre se non sarai in partenza per l’Arena- le sorrise lui. Nella sua voce qualcosa si era spezzato, sciolto. Come se quel disegno avesse tirato fuori in un secondo tutta la dolcezza rimasta ammassata in un angolo del suo cuore per anni.
-Mi stai chiedendo un appuntamento?- nel dirlo, Maryse alzò lo sguardo pregandolo di darle la risposta che sperava da tanto tempo.
-Penso proprio di si-.




ANGOLO DELLA VERGOGNA: DOVEVO assolutamente scrivere del loro incontro. I miei amati innamorati sventurati. Caricare il capitolo con la foto è stato un dramma però dovevo mettercela perché io vedo loro due come interpreti nei miei sogni. 
Parlando di cose possibili, il prossimo capitolo continuerà nel presente ma farò di sicuro altri flashback quindi se volete sapere qualcosa ditemelo e provvederò.
Inoltre metterò le foto anche di come vedo gli altri personaggi nei prossimi capitoli quindi aspettatevi volti noti.
Beh che dire, leggete e recensite miei prodi :)

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Capitolo 5
*** Interview ***


III.
Sono in piedi dietro al divano, appoggiata ad esso con una tale forza che nemmeno mi accorgo delle pieghe che procuro al povero mobile.
Sono appena passati i tributi del distretto 3, parlando della loro vita e del perché vogliono vincere. Stranamente nessuno ha ancora risposto “Perché voglio vivere”.
Ora è il turno di mio fratello. Entra, splendido e raggiante nel suo completo blu notte. Ciò che stupisce non sono i gemelli a forma di conchiglia, bensì il modo in cui la camicia sembra rievocare le onde che si infrangono sugli scogli.
Il presentatore, il famoso Claudius Flickerman, gli porge la mano con un gran sorriso. Quest’anno i suoi capelli sono di un verde chiaro perfettamente intonati al completo verde smeraldo che indossa.
Si siedono scambiandosi qualche battuta e finalmente inizia la vera e propria intervista.
-Che piacere conoscerti, Marcus. Dopo la tua prova da ben dieci punti era d’obbligo sapere qualcosa in più su di te!- Claudius continua a sorridere. Per un momento sono convinta che la mascella possa cadergli e rido tra me e me.
Credo di essermi persa la domanda, ma non chiedo nulla perché ora Marcus sta parlando.
-Ho conosciuto Savannah sul treno per Capitol City. Splendida città, lasciamelo dire, ma la vista del mare all’alba batte qualunque cosa-. Sentire la sua voce mi scalda il cuore e sento la malinconia risuonare in ogni sua parola.
-Quindi, ricapitolando: sei dolce, bello e single giusto? Ehm.. buone signore!- scherza Claudius cercando di fermare l’ondata ormonale sfociata dal pubblico.
-No, no! A casa mi aspettano la mia fidanzata e il bambino che porta in grembo-. Tra il pubblico scatta un silenzio tombale sostituito poco dopo da un brusio infernale.
Vedo Maryse sul punto di scoppiare in lacrime.
-Perciò ora ti chiedo, caro Marcus, per cosa combatterai nell’Arena?-. In questo momento la voce di Claudius si è addolcita.
-Combatterò per poter tenere in braccio mio figlio per la prima volta-.
Maryse, istintivamente, si porta una mano alla pancia e sussurra qualcosa. Mi siedo di fianco a lei e insieme guardiamo l’uomo più importante delle nostre vite allontanarsi di nuovo dalla nostra vista accompagnato dall’applauso del pubblico.
Nessuno fiata.
Aspettiamo così l’entrata in scena di Savannah che arriva abbagliando tutti con la sua presenza quasi eterea. Il vestito che indossa è di chiffon azzurro e mentre cammina sembra fluttuare nell’aria. Tra i capelli vi sono incastonate delle perle bianche che riflettono la luce artificiale che illumina il palco facendola così brillare quasi di una luce propria.
Noto subito la somiglianza con la madre: stessi capelli biondi, occhi azzurro cielo. Il viso è leggermente allungato e le labbra sottili sono dipinte di rosso.
Da quello che sento, come punteggio ha ricevuto un nove, quindi deve essere abbastanza agile.
Mentre la osservo mi chiedo come qualcuno possa essere così crudele da uccidere una ragazza del genere.
-Con due fratelli maschi è quasi obbligatorio imparare a difendersi- scherza Savannah.
Davanti alla telecamera si sente sicura e mi chiedo se mai riuscirò a sembrare così anche io un giorno.
Claudius ride e le porge la prossima domanda –E tu, cara? Hai qualcuno da cui tornare a casa?-.
La ragazza sembra essere in difficoltà. –Ho la mia famiglia- risponde poi tremando.
Tenta di mascherare il nervosismo sorridendo e al pubblico basta, così quando scende dal palco anche a lei spetta un grande applauso.
Cala il silenzio, uno di quelli imbarazzanti.
Decido di andarmene da quella stanza e mi offro per sparecchiare e pulire la cucina.
 
Dopo qualche minuto entra dalla porta Sebastian.
-Posso aiutarti?- mi chiede gentilmente.
Gli sorrido debolmente e lo faccio sistemare di fianco a me di fronte al lavello. Visto da così vicino, e facendoci attenzione, noto che i suoi capelli non sono biondi come il resto della famiglia, ma sono più scuri. Forse per colpa della crescita. Gli occhi però sono uguali a quelli di Savannah.
Sovrappensiero gli passo un piatto e dico –Era proprio bella tua sorella stasera-.
Lui si irrigidisce per un momento e lo sento ironizzare –Considerando che domani andrà al patibolo-. Lascia la frase in sospeso.
-Non… non dire così, dai. Ha un buon punteggio ed è una bella ragazza, simpatica. Gli sponsor la adoreranno- cerco di migliorare la situazione.
-Per curiosità: non dovresti sperare che tuo fratello sopravviva?- mi schernisce lui.
-Credo di si- rispondo riluttante. –Ma sapere che dovrà uccidere degli altri ragazzi per riuscirci mi fa venire il voltastomaco- termino così la mia riflessione.
Sebastian smette di pulire per un secondo e mi guarda sorpreso. Come ho potuto dire una cosa del genere ad una persona che nemmeno conosco?
-Scusa, si non dovevo parlarne- dico in fretta per sistemare il casino che ho fatto.
Continua a guardarmi e mi ritrovo ad arrossire come una stupida ragazzina. Ride e a quel punto mi sorprendo di saper respirare di nuovo.
-No, credo che tu abbia perfettamente ragione. Mai stato d’accordo con i giochi, se così si possono definire. Dalla prima volta che li hanno proposti. Anzi, mi fanno ribrezzo. Vogliono ricordarci che non bisogna mai andare contro Capitol City? Credono che con questo metodo riusciranno a sottomettere il popolo?- sembra che queste cose se le tenga dentro da tanto. –So che parlare di guerra ora sarebbe da sciocchi, ma so che prima o poi la capitale crollerà e anche tutto questo-.
Mi lascia sgomenta. Tutto quello che ho pensato in questi anni lo sta tirando fuori lui in questo momento. Forse sto sognando.
Lo guardo con un misto di tensione e adorazione.
-Credo che potremmo andare molto d’accordo noi due- affermo poi.
Sebastian mi sorride e gli occhi gli brillano di una luce strana.
-Sai, ho sempre pensato che fossi come tuo fratello. L’ho conosciuto qualche anno fa ad una delle prime mietiture. Sai cosa intendo, pacato, troppo gentile per essere vero- ironizza –Però ora mi sto ricredendo-.
Lo guardo di traverso –Tu sapevi chi ero prima di stasera?-.
-Tutti sanno chi sei. Chi siete. Sai, tuo padre, Bram, è quasi una leggenda-.
Sentire quel nome è come un colpo al cuore. Mi giro di scatto verso il lavello e riprendo a lavare energicamente.
Lo sento che si avvicina a me. Prende i miei polsi e rallenta i movimenti della spugna.
-Se lavi con questa potenza rischi di rompere un piatto- sussurra lui dolcemente.
-Potremmo non parlare di mio padre?- dico poi tutto d’un fiato. Si irrigidisce per poi rilassarsi.
-Certo- annuisce sorridendo.
Mi giro per ringraziarlo e all’improvviso ci troviamo a pochi centimetri di distanza. Il cuore impazzisce.
Ma come al solito i bei momenti sono i primi a finire.
-Sebastian i tuoi genitori sono pronti per tornare a casa- irrompe Maryse nella stanza. Rimane impietrita davanti alla scena e con grande imbarazzo la prima cosa che faccio appena riesco a riprendere il controllo è spostarmi di almeno dieci passi da lui.
-Arrivo subito- afferma Sebastian. Rivolgendosi a me poi dice –Domani iniziano i giochi e vorrei che venissi a vederli da noi. Non accetto un no come risposta-. Mi rivolge un lungo sorriso e se ne va.
Rimango inerte per qualche secondo poi Maryse scoppia a ridere.


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ANGOLO DELLA VERGOGNAA: Ciao cari lettori, si ho cambiato il nome del ragazzo da Sam a Sebastian ma a chi importa? Il prossimo capitolo svelerò il volto di Beth. Vi chiederete come mai ho fatto così in fretta.. BEH, a scuola non facevo niente e così ho iniziato a scrivere. Spero vi stia intrigando la storia e vi consiglio di lasciare tante recensioni. :)

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Capitolo 6
*** 3,2,1.. GO! ***


IV.
La notte passa in fretta, forse troppo velocemente. Questo è il giorno dell’inizio dei giochi e io ho paura.
Prendo le prime cose che trovo nell’armadio e le indosso. Lascio un biglietto sul letto in cui dico dove sono ed esco di casa prima che qualcuno possa fermarmi. So che dovrei stare con Maryse e mamma in questo momento, ma non ce la faccio.
Cammino lungo il fiume per schiarirmi le idee prima di decidere dove andare. Ho ancora tempo, il cosiddetto Bagno di Sangue inizierà fra mezz’ora. Vedo avvicinarsi a me Iris, una delle persone più care che conosco. Si posiziona affianco a me e dopo qualche minuto di silenzio parla.
-Allora? Come mai non sei a casa in attesa?- chiede.
-Non voglio starci oggi-.
-E dove pensi di andare?- mi rimprovera.
-Ho un posto ma non so ancora se voglio andarci- rispondo cercando di restare vaga. Iris capisce e senza pensarci troppo riparte all’attacco.
-Non voglio sapere se tu non vuoi dire, ma decidi dove passare la giornata perché stare da sola è la cosa peggiore che potresti fare-. Con affetto mi da un colpetto sulla guancia e si alza intorpidita. –Ora devo andare, mi aspettano a casa. Stasera farò un salto da te. Non ucciderti mentre non ci sono-. Detto questo si gira e se ne va lasciandomi da sola con i miei pensieri.




Ho questo strano blocco mentale che mi impedisce di capire come sono arrivata davanti a questa porta. Fatto sta che mi ci ritrovo davanti, stupita e spaventata. Suppongo di aver anche già bussato perché sento qualcuno percorrere il corridoio. Sono tentata di scappare ma sarebbe da idioti. E io non sono un’idiota.
-Si chi….- Sebastian si blocca prima di terminare la frase. –Ah, ciao Beth.. credevo non venissi-. Sembrava seriamente deluso e preoccupato.
-Lo credevo anche io- abbasso la testa. –posso anche andarmene- annuncio seccata.
-No, entra pure- e mentre si allontana non si volta nemmeno per vedere se lo sto seguendo. Rimango immobile sulla porta per rielaborare la situazione, ma ogni volta concordo con me stessa nel pensare che Sebastian sia stato esageratamente freddo.
Mi muovo a tentoni nel grande corridoio per trovare la stanza giusta e quando finalmente ci arrivo noto che mancano solo pochi minuti alla diretta.
Spostando la mia attenzione percepisco molti sguardi su di me. La stanza è piena di ragazzi che mi squadrano. Faccio un piccolo cenno di saluto con la mano e uno di quelli si alza con nervosismo e a gran voce percuote Sebastian. –Seb, avevamo detto niente ragazze o sbaglio? Le tue “conquiste” non sono proprio le benvenute-.
Dovrei sentirmi leggermente offesa, ma la cosa non mi tocca dato che non sono la sua ragazza.
-Calmati Josh, lei è la sorella del nostro tributo maschio di quest’anno. Trattala bene- lo intima Sebastian alquanto irritato. Così l’amico si gira per guardarmi e mima un “scusa” con le labbra. Gli sorrido e mi siedo sull’unica poltrona libera.
Non ho tempo per pensare a quello che mi circonda perché ora inizia lo spettacolo.
-Salve e buona giornata a tutti miei cari concittadini!- esordisce Claudius squillante. –Il gran giorno è arrivato. Sono esaltato di dire finalmente: felici sesti HUNGER GAMES!-. la sua allegria mi fa vomitare.
-Fra appena trenta secondi entreremo nel vivo della competizione. I nostri tributi ora sono 24, quanti ne rimarranno dopo il Bagno di Sangue? E ora, linea all’Arena!-. Conclude il suo discorso d’apertura e la scena si sposta su un’enorme distesa rocciosa contornata ai lati da un fiume circolare e al di là di esso la foresta. Al centro esatto del cerchio d’acqua vi è la Cornucopia, un’enorme caverna, e tutt’intorno vi  sono sparse le armi e degli zainetti verdi.
Il cuore inizia a martellare dopo averli contati. Sono solo dodici.
Facendo un rapido calcolo capisco perché. Una buona parte dei tributi morirà dopo i primi secondi d’inizio e a questo punto ne rimarranno meno di venti. Per la fine della giornata dodici saranno vivi di sicuro, se ne sopravvivranno di più la loro vita sarà nelle mani del destino, senza aiuti.
La cosa mi fa rabbrividire.
Mi giro e vedo che Sebastian mi guarda preoccupato. Ha forse paura che sia troppo per me vedere questo?
In realtà non so nemmeno io come reagirò.
La voce di Claudius si apre, ma è fuori campo. –Ed ecco a voi, i 24 tributi!-. Dalla terra intorno alla cornucopia salgono dei tubi di vetro e dentro di essi ci sono delle persone. Dei ragazzini.
Vedo volti spaventati inquadrati in primo piano. Noto subito due figure più piccole, avranno si e no dodici anni. Gli altri possono variare dai quindici ai diciotto. Ce ne sono sei o sette veramente preparati, dagli sguardi feroci e sanguinari. Poi finalmente inquadrano mio fratello. I suoi occhi sono fermi e attenti.
I 60 secondi prima del Bagno di Sangue sono diventati 10… 9… 8.. 7… 6… 5… 4… 3… 2… 1.
Una tromba squilla in lontananza e le teche si sollevano. I primi a raggiungere le armi sono i ragazzi dei distretti 1 e 2. Si accaparrano quello che possono e iniziano a sottrarre quello che vogliono agli altri.
Il ragazzo dell’1 spinge via con forza una ragazzina e prima che lei possa rialzarsi le taglia la gola con la spada che le ha rubato. La telecamera ne registra ogni più piccolo dettaglio. Ma la cosa che più mi fa rabbrividire non è il sangue della vittima che esplode sotto le mani dell’1. È lo sguardo del ragazzo. Freddo. Sul volto accenna un piccolo ghigno e si rimette in piedi prima di venir ferito da il ragazzo che probabilmente era dello stesso distretto della povera ragazza uccisa. Appena si rende conto che non ha speranze contro l’1, si volta e corre più veloce che può. Per sua sfortuna una freccia gli si conficca esattamente al centro della nuca, facendolo accasciare a terra, morto.
Con tutta me stessa cerco di non vomitare e nello stesso tempo spero che inquadrino Marcus.
Come se qualcuno lassù mi stesse ascoltando, la telecamera inquadra mio fratello. Lo vedo con in groppa uno zainetto mentre corre verso il fiume. Vorrei urlargli di fare più in fretta ma posso solo aggrapparmi alla poltrona e continuare a guardare pregando per la sua salvezza.
Di nuovo Dio mi ascolta, e arriva praticamente indenne nella foresta, ma lì le telecamere non lo inquadrano.
Tornano invece alla cornucopia, facendo una ripresa aerea. A terra ci sono sei corpi e sangue ovunque. Voglio trattenere le lacrime perché piangere davanti a questa gente mi renderebbe una presa in giro.
Il punto è che Claudius me lo sta rendendo ancora più difficile.
-E dopo il bagno di sangue sentiamo i colpi di cannone che ci dicono quanti ragazzi non sono più in gioco: Rose Hemilton distretto 5-14 anni, Paul Cristal distretto 5-17 anni, Herry Johnson distretto 12-14 anni, Jenna Phillips distretto 3-12 anni, Ella Tate distretto 7-17 anni, Christian Gools distretto 7-13 anni, Hope Reed distretto 11-15 anni-.
La lista per ora è ferma a questi sei nomi. Sei vite spezzate, finite. Terminate in pochi secondi per mano di un altro essere umano.
Sento Sebastian avvicinarsi a me e sedersi nell’angolo rimasto vuoto. Tengo le gambe abbracciate al petto e sento che sto piangendo.
Con delicatezza mi abbraccia lasciandomi sfogare e mi sussurra –Andrà tutto bene-. 


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ANGOLO DELLA VERGOGNA: Hey, ciao ehm... si. Eccomi con il nuovo capitolo. Iniziano i giochi e... cosa succederà al nostro caro Marcus? In serbo per lui c'è un intero capitolo pronto da scrivere. Non so se il prossimo o quello dopo ma comunque vedremo la storia dal suo punto di vista.
Vi attendono moolte novità, ma non posso rivelarvele ora quindi dovrete aspettare. Nel frattempo recensite e fatemi sapere cosa ne pensate del volto che ho dato a Beth. Ciao :)

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