I'm secretly grateful you're living this moment with me

di Ninalily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolorose voci dal passato ***
Capitolo 2: *** Intuizione ***
Capitolo 3: *** Una voce nel buio ***
Capitolo 4: *** Loro ***
Capitolo 5: *** Come si fa? ***
Capitolo 6: *** Si tratta solo di sopravvivere ***
Capitolo 7: *** Dissimulare ***
Capitolo 8: *** Lo sai, vero? ***
Capitolo 9: *** Lo so. ***
Capitolo 10: *** Fiera ***
Capitolo 11: *** L'avrebbe mantenuta, quella promessa ***
Capitolo 12: *** Passerà. ***
Capitolo 13: *** Grazie ***
Capitolo 14: *** Strano buono o strano cattivo? ***
Capitolo 15: *** Scusa! ***
Capitolo 16: *** Calma ***
Capitolo 17: *** Non andare! ***
Capitolo 18: *** Messaggio argenteo ***
Capitolo 19: *** Davvero ***
Capitolo 20: *** Nessuna inutile parola ***
Capitolo 21: *** Rientro ***
Capitolo 22: *** Andrà bene.. ***
Capitolo 23: *** Coraggio e pazienza ***



Capitolo 1
*** Dolorose voci dal passato ***


Quando quella mattina si svegliò, James Potter tutto si sarebbe aspettato tranne quello che in realtà accadde.
Quella mattina, come al solito, venne svegliato dalla soave voce di Remus che, urlando, li spronava ad alzarsi dal letto. Una volta pronti scesero nella Sala Grande per fare colazione e poi si avviarono a lezione.
Quello che però non sapeva era che non avrebbe frequentato nessuna lezione quel giorno. 
La Professoressa McGranitt lo venne a chiamare durante l'ora di Storia della Magia e lo scortò nel suo ufficio, dove, seduto dietro la scrivania, c'era Silente, con un'aria strana in volto.
Non aveva fatto nulla quella volta, ne era piuttosto sicuro, perché lo avevano convocato?

Lo fecero sedere su una delle poltrone davanti la scrivania e la McGranitt si sedette accanto a lui. Quando il preside parlò il mondo gli cadde addosso. 

"C'è stato uno scontro con i Mangiamorte questa notte, sono intervenuti gli Auror. Purtroppo i tuoi genitori sono stati colpiti dall'anatema che uccide...".

Com'è strano che poche parole riescano a sconvolgerti l'esistenza.
Il momento prima sei felice, il momento dopo non esisti più.
Il mondo in cui fino a quel momento eri vissuto non esiste più.
Sapeva che i professori stavano dicendo qualcosa, probabilmente per consolarlo, ma non gli importava. Senza curarsi di nulla si alzò e uscì dallo studio. 
Vagò per i corridoi senza una meta e, senza rendersene conto, era arrivato al limitare della Foresta Proibita, a pochi metri di distanza dalle serre di Erbologia. 
Non riusciva a respirare, sentiva le gambe molli.
Non sarebbe riuscito a rimanere in piedi, perciò si sedette su un tronco, troppo stanco per spostarsi anche di un millimetro.
Si prese la testa tra le mani per cercare di scacciare quei ricordi dolorosi che gli attanagliavano la mente: la voce di sua madre, la risata di suo padre, la mattina di natale in cui gli avevano regalato la sua prima scopa giocattolo.
Come poteva continuare a vivere con questo dolore nel petto? Non vedeva una via di fuga, non riusciva a vedere nient'altro che i volti dei suoi genitori.
Sicuramente al castello Sirius lo stava cercando, probabilmente la McGranitt lo aveva informato. Magari tutta la scuola ne era a conoscenza, tramite la Gazzetta del Profeta.
Non era importante.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che ormai la sua unica certezza era stata perduta.








Ok, ecco il primo capitolo della seconda storia che pubblico.

Faccio alcune piccole premesse e appunti: ciò che è scritto in questi capitoli è tratto da una Role che ho fatto insieme ad una mia amica nel gioco di ruolo sui Malandrini di cui facciamo parte. 
Ci piace molto come è venuta e ci piaceva pubblicarla e condividerla con chiunque avesse vogla di leggerla.
Venendo da un gioco di ruolo, come vedrete anche voi stessi, c'è molta descrizione delle azioni e dei pensieri e dei sentimenti dei personaggi, sicuramente molto più rispetto alle singole battute parlate.
Speriamo che questa cosa non vi sconcerti troppo e anzi possa pacervi! :)

Le parti in cui si descrivono le azioni e i pensieri di James non sono state scritte da me, ma bensì dalla mia suddetta bravissima amica, che qui su EFP risponde al nome di Mozzi! :D

Andate a visitarla, è una specie di ordine! *faccina finto-innocente*

Vabbè detto questo...le pubblicherò in fretta perchè sono tutte quasi già scritte, e speriamo molto che vi piacciano!
Pronti per un pò di zucchero? ^^


Un saluto e un bacio a tutti! :D

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Capitolo 2
*** Intuizione ***


Era curioso come molte cose fossero cambiate in quel poco tempo.
Che sembrava davvero molto di più di quanto in realtà non fosse, solo pochi mesi.
Il settimo anno era iniziato da circa tre mesi e già l'inverno si faceva sentire senza troppi complimenti. In poco tempo tutta Hogwarts era stata coperta da uno strato di neve che elettrizzava gli studenti e sconcertava i professori.
E, neve a parte, molte altre cose stavano cambiando.
Il mondo stava cambiando.
Ormai sembrava chiaro come il sole, quasi nessuno riusciva a pensare il contrario, anche se non riuscivano a parlarne con troppo sangue freddo: eravamo in guerra.
E nel gruppo di amici e amiche del sesto e settimo anno di Hogwarts questa situazione non faceva che infervorare gli animi. Erano tutti più attivi, seri e determinati a fare la loro parte, anche se molti non sapevano bene dache parte cominciare.
C'era chi diceva di voler uscire a combattere, chi consigliava ingenuamente di trovareuna soluzione pacifica e chi affermava con convinzione di voler diventare Auror per combattere contro questo nemico che sembrava diventare ogni giorno più potente.
Lily da parte sua condivideva le opinioni comuni e, data anche la sua condizione di "mezzosangue" era sempre molto suscettibile sull'argomento, rischiando spesso di finire anche nei guai per l'impulsivitàcon cui James sembrava averla contagiata.

Si, anche questo era un fattore di novità all'inizio di quell'importante anno.
Lei e James, il Malandrino per eccellenza, avevano cominciato a passare più tempo insieme, vuoi per le numerose materie in cui il ragazzo andava male, vuoi per la voglia della ragazza di dimostrargli la sua intelligenza e superiorità.
La verità, in fondo, era che dall'inizio dell'anno Lily, sembrava sopportare la sua presenza e compagnia molto meglio che in passato, arrivando a volte a trovarla addirittura piacevole.
Ovviamente questo nessuno lo sapeva e lei stessa non lo avrebbe mai ammesso!
Quel giorno, quando durante Storia della Magia la professoressa McGrannitt era entrata nell'aula e lo aveva convocato, Lily aveva subito sentito che qualcosa non andava.
Forse era la faccia leggermente pallida e mortificata della professoressa o forse l'autorità svanita e sostituita con una nota di tatto nella sua voce, ma aveva intuito che qualcosa era successo.
Qualcosa di brutto, ovviamente.

La cosa stranamente non sembrò subito preoccupare troppo nessun degli altri ragazzi perchè, diciamolo, non era raro che Potter fosse convocato nell'ufficio del Preside.

"Ne avrà combinata una delle sue.."

Fu ciò che si ripetè per tutta l'ora successiva alla lezione ma, anche mentresi dirigevano verso la serra per Erbologia, c'era una vocina che le diceva che doveva preoccuparsi.
Infatti, come a conferma dei suoi martellanti pensieri, mentre la professoressa Sprite stava dicendo qualcosa a propositodi qualche pianta pericolosa, a cui lei non stava sinceramente prestando molta attenzione, vide una figura familiare camminare all'esterno della serra.
Non ci mise molto a riconoscere James, ma sgranò gli occhi, come se stesse guardando uno sconosciuto, quando intravide il suo sguardo.
Cereo, pallido, totalemente perso altrove e senza la minima idea di dove fosse o cosa fosse.
Era qualcos'altro che lo spingeva a muoversi, non la volontà, si vedeva.
O almeno lei lo vedeva.
Istintivamente posò il libro di Erbologia sul tavolo e dopo aver finto un mal di testa uscì dall'aula, dirigendosi verso dove aveva visto il ragazzo.

Non ci mise molto a trovarlo, era seduto poco lontano dalla Foresta Proibita, su un tronco.
Anche se seduto non era proprio esatto. Era accasciato su un tronco, la testa stretta tra le mani, per esperienza di Lily, brutto bruttissimo segno.
Si avvicinò lentamente, quasi avesse paura di disturbarlo e notò che tremava leggermente.
Una posa e uno stato d'animo che conosceva, anche se sperava con tutto il cuore di sbagliarsi.

 

"Potter... cosa è successo?"

 

Chiese la ragazza, quasi in un sussurro.
Non sprecò fiato in inutili "va tutto bene?", anche perchè era abbastanza chiaro che non andasse tutto bene.

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Capitolo 3
*** Una voce nel buio ***


Confusione.
Ecco cosa c’era nella sua testa, solo confusione.
Non riusciva a gestirla, era troppo grande per una persona sola.
Voci, frasi, ricordi si sovrapponevano uno sopra l’altro creando il caos più totale in lui e aprendo ancora di più lo squarcio nel suo petto, dove una volta c’era il cuore.
Lo sentiva battere, ma era come se non fosse il suo, sembrava più quello di un’altra persona.
Sembrava che tutto si fosse fermato.
Lui si era fermato.
Sarebbe voluto tornare indietro col tempo, rivederli, anche solo da lontani, per fargli rimanere impressa l’immagine di loro, sorridenti, come erano sempre stati.

Sopra il rumore che aleggiava nella sua mente, una voce.
Una voce quasi angelica quanto familiare, col potere di riportarlo sulla terra che, nonostante tutto, ancora girava, tanto da fargli venire la nausea. Alzò lo sguardo incrociando gli occhi verdi della ragazza davanti a lui, riconoscendoli.
Avrebbe riconosciuto quegli occhi dappertutto.
Lily.
Era il cuore di Lily che sentiva battere o era realmente il suo?
Era convinto che non sarebbe mai riuscito a funzionare ancora dopo quella  notizia. 

Non riuscì a rispondere, scosse leggermente la testa, senza emettere alcun suono.
Riuscì ad alzarsi in piedi, dando un calcio al tronco dove, fino a pochi secondi prima, era seduto.
Un calcio, due, tre. 
Non sentiva il dolore, non sentiva il freddo pungente dell’inverno.
Non sentiva niente. 
Si inginocchiò davanti al tronco, sbattendo i pugni su di esso, lasciandosi sfuggire un verso di frustrazione.
Sentiva la rabbia salirgli ad ondate.
Voleva prendere a pugni qualsiasi cosa, ma la presenza di Lily, in qualche modo lo frenava.
Provò a dare un altro pugno, sperando di riuscire a scaricare un po’ di quella rabbia che sentiva, ma fu del tutto inutile.

 

"Non ce la faccio. Perché? Perché loro? Non potevo essere io?" 

 

Parole urlate, dette senza rendersi conto del tono della sua voce.
Riversò tutta la frustrazione che sentiva in quelle sue parole. Voleva provare qualcosa oltre alla rabbia, si sentiva apatico.
Non riusciva nemmeno a piangere. 
Il cuore che sentiva era il suo, anche se era stato strappato via da una maledizione.
Il suo corpo era vivo e funzionante, ma era tutto il resto che non andava.

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Capitolo 4
*** Loro ***


Impiegò qualche secondo per rendersi conto che lei era li.
Probabilmente, come aveva pensato la ragazza, la sua mente era affollata da altri pensieri, forse troppi, e la sua voce sottile era passata momentaneamente in secondo piano.
Ma quando i suoi occhi incontrarono i suoi, alzandosi faticosamente verso di lei, un tuffo al cuore le provocò quella vista.
Tutto si aspettava tranne uno sguardo cosi.
Disperato, stanco, totalmente privo di speranza e pieno di dubbi e una scintilla di rabbia in fondo ad essi.
Scintilla che non esitò troppo ad alimentare una fiamma ben più grande e dolorosa.

Aspettandosi ancora una risposta, Lily vide il ragazzo alzarsi e, quasi istintivamente fece per muoversi verso di lui, come per avvicinarsi e sentire quello che aveva da dire. 
Ma non ne ebbe il tempo.
Non appena si fu alzato James cominciò a tirare calci al tronco sul quale prima era seduto.
Prima uno quasi distratto, come se lo volesse spostare, poi un altro e un altro, questi ultimi col chiaro intento di sfogare tutto ciò che stava provando.
Lily spalancò leggermente gli occhi, stupita e le parole le si fermarono in gola formando un nodo fastidioso che le impedì di dire qualcosa, qualsiasi cosa.
I movimenti rabbiosi e disperati del ragazzo continuarono contro l'inanimato pezzo di legno.
E ogni calcio e ogni pugno era più forte del precedente, animato da una rabbia profonda e la ragazza riusciva quasi a sentire la pelle che si apriva sotto quei pugni.

Sempre più tristemente convinta che doveva essere successo qualcosa di terribile, non appena le parole del ragazzo giunsero alle sue orecchie le parve di capire.
Erano parole urlate con forza e rabbia, rivolte a lei ma non a lei direttamente e che echeggiarono intorno a loro per alcuni secondi prima che calasse un innaturale silenzio, pieno di dubbi, tristezza e rabbia.
Aveva provato tutte quelle sensazioni messe insieme solo in un'occasione nella sua vita e precisamente l'anno precedente, anche se lei non era stata capace di sfogarle in quel modo, almeno non da subito.
ìLoro'.
Se aveva riconosciuto bene quei sentimenti, c'era solo una cosa di cui poteva trattarsi.
Chiuse gli occhi tristemente e respirò piano, come per non fare rumore.
Con molta, forse troppa indecisione, si mosse verso il ragazzo che ora era caduto in ginocchio di fronte a quel tronco che era stato il bersaglio della sua disperazione.
Lentamente e delicatamente, si inginocchiò accanto a lui, voltando lo sguardo verso di lui e provando sconcerto nel vederlo cosi distrutto come non era mai stato.
Era cosi diverso dal ragazzo iperattivo, estroverso e impertinente che conosceva da ormai sette anni.
Sapendo che in momenti come quello si poteva desiderare di stare solo con se stessi, era indecisa se dire o fare qualcosa e cercò di resistere all'istinto di abbracciarlo subito per alleviare la sua sofferenza.

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Capitolo 5
*** Come si fa? ***


Respirare sembrava così difficile in quel momento. 
Chiuse gli occhi cercando di regolare il respiro, che aveva preso ad essere irregolare e veloce.
Cercò di ritornare in sé, in quel corpo che non sembrava più il suo.
Mosse una mano portandosela davanti agli occhi, vedendo i graffi su di essa.
Il sangue scorreva dalle ferite aperte, senza provare dolore.
Sembrava di essere in una bolla: tutto era ovattato.
Accanto a lui sentiva Lily, vicina, anche se aveva l’impressione di essere a migliaia di chilometri da lei. 

Un foro.
La bolla stava scoppiando, lasciando che migliaia di sensazioni lo investissero.
La testa, le mani, i piedi gli dolevano, ma nulla poteva essere paragonato al dolore emotivo che lo stava dominando.
Avrebbe preferito poterlo sostituire con quello fisico, ma sapeva anche lui non poterlo fare. 
Stava riuscendo a prendere coscienza di sé, ma questo comportava anche al prendere coscienza del fatto che i suoi genitori erano morti.
Non sarebbero più venuti a prenderlo a King’s Cross, contenti di rivedere il proprio figlio dopo mesi di lontananza.
Non avrebbe più ricevuto le loro lettere con la posta della mattina.
Non li avrebbe più trovati nel loro letto, pronti a consolarlo per un brutto sogno. 
Non ci sarebbero più stati.
Era una realtà troppo cruda in cui vivere.
Cosa gli era rimasto ormai? Era rimasto solo?

Si girò verso Lily, inginocchiata accanto a lui.
Non riusciva a parlarle, era rimasto senza fiato.

 

"Come si fa?"

 

La domanda fu fatta a bassa voce, difficile da udire, ma era certo che lei l’avesse sentita.
Lei poteva avere la risposta, ci era già passata l’anno scorso, lo ricordava.
Tornò con lo sguardo verso la sua mano, ancora alzata, esaminandola.
Era tutta sporca di sangue che si stava asciugando.
Sapeva di doversi muovere, dare qualche segno di vita, ma non ci riuscì.
Rimase immobile a guardarsi la mano dolorante, senza emettere un fiato.

Pensò a Sirius, di certo aveva saputo dell'accaduto, e si sentì ancora più male, di non aver pensato anche a lui.
Erano dei genitori per lui e non era insieme a Sirius, per affrontarlo. 
Si sentì un'egoista, sentimento che lo fece immobilizzare ancora di più dov'era.

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Capitolo 6
*** Si tratta solo di sopravvivere ***


In questi casi non si riesce a credere a nessuno quando ci si sente dire: "So cosa stai provando."
Infatti evitò di dirlo.
Evitò di informare quel ragazzo che le sembrava rimpicciolito dal suo dolore che non era solo e che lei riusciva a capire tutta la valanga di emozioni contrastanti che stava provando a placare inutilmente dentro di se.
Ma era vero.
Sapeva che si sentiva come schiacciato da una notizia troppo grande quanto improvvisa e che si sentiva sopraffatto dal dolore, che dato il suo carattere trasformava in rabbia.
E sapeva anche, visto che nonostante tutto lo conosceva, che si sentiva in colpa per non essere stato al loro posto o per non essere stato con loro.
Probabilmente si sentiva anche in colpa per l'amico Sirius, che considerava i Potter come la sua famiglia, per non essere accanto a lui in quel momento.
Ma tutto questo non importava.
Importava il suo dolore e adesso doveva imparare ad accettarlo e a gestirlo.

Abbassò lo sguardo verso la sua mano vedendo le strisce di sangue che uscivano dalle nocche tumefatte e fece una piccola smorfia di dolore. Doveva fare un male infernale, come la gamba con la quale aveva preso a pugni il tronco, ma probabilmente non percepiva nemmeno quel tipo di dolore o aveva deciso di ignorarlo.
Allungò la mano verso la camicia tirandone fuori un pezza dalla gonne e ne strappò un lembo.
Bizzarro come in situazione cosi pensasse ancora come una Babbana, piuttosto che usare la magia.
Le veniva istintivo.
Allungò la mano verso quella del ragazzo prendendola con una insolita delicatezza e attenzione per avvicinarla a lei.


"Non si fa.
Pian piano vai avanti giorno dopo giorno, cercando di accettare e non pensarci troppo, altrimenti finiresti di nuovo schiacciato dal dolore. Poi, lentamente, il dolore si attenua un pochino e puoi riuscire a ricordare con malinconia e meno dolore.
Ma in realtà si tratta solo di sopravvivere.
Perchè qualunque cosa accada, loro avrebbero voluto cosi.
Ma per adesso non c'è molto che si possa fare.. Devi solo appoggiarti sulle persone che ti vogliono bene..."

Disse con calma, con voce un pò soffocata dall'empatia nei suoi confronti e con quanta più dolcezza possibile, mentre gli fasciava la mano, facendovi passare intorno il pezzo di camicia che da bianca diventava rossa al contatto con la pelle.
Aveva parlato quasi d'istinto e subito dopo si chiese se in quel gruppo di persone appena descritto, ci fosse anche lei.

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Capitolo 7
*** Dissimulare ***


"Devi solo appoggiarti sulle persone che ti vogliono bene".

Le parole di Lily rimbombavano nella sua testa, si ripetevano in continuazione, cercando di far penetrare al meglio il messaggio. 

"Ma in realtà si tratta solo di sopravvivere".

Sopravvivere poteva essere la parola giusta.
Vivere sarebbe stato troppo complicato, ma magari sopravvivere sarebbe stato più a portata di mano.
Nella mente vide i volti dei suoi genitori e sentì un groppo in gola, ma che non riuscì a trasformare in lacrime. 
Sembrava come se ogni linfa vitale fosse rimasta nello studio della McGranitt, quando era scappato da quella stanza, che era diventata troppo opprimente per lui, aveva lasciato dietro il fantasma di quello che una volta era James Potter: un ragazzo solare, pieno di vita, entusiasta e sempre col sorriso sulle labbra.
E invece ora cos'era diventato? Uno spettro.
Un'anima in pena costretta a sopravvivere e a farsi forza per affrontare qualcosa troppo grande per un ragazzo di 17 anni.
Si rese conto che, urlare e colpire gli oggetti, non avrebbe portato a nulla.
Non c'era modo di riuscire a sfogarsi.
Era troppo opprimente.

La mano di Lily sfiorava leggermente la sua mentre gli metteva un lembo della camicia sui graffi.
Faceva male, ma se ne fregò.
Le parole della ragazza riaffiorarono ancora, come una cantilena che stava, pian piano, imparando a memoria.

"Devi solo appoggiarti sulle persone che ti vogliono bene"

Sirius, Remus, Peter. 
Il discorso di Lily si confuse col suono dei loro nomi che incrementarono il caos che rimbombava nella sua mente. 
Mamma. Papà. Sirius. Remus. Peter. Lily.
Una canzone che si ripeteva all'infinito. Finiva e ricominciava.
Cosa avrebbe dato per staccare il cervello e riposare. 
Era stanco e dolorante, avrebbe voluto sdraiarsi sul suo baldacchino, senza più rialzarsi, ma non riusciva ad alzarsi dal terreno innevato che gli stava inzuppando i pantaloni. 
Portava solo la divisa con quel freddo, ma non importava. 

"C'è stato uno scontro con i Mangiamorte questa notte, sono intervenuti gli Auror. Purtroppo i tuoi genitori sono stati colpiti dall'anatema che uccide".

La voce di Silente si era fusa nella mischia, aggiungendo una strofa in più alla canzone. 
Tentò di distogliere l'attenzione da quei pensieri che lo tenevano immobile sul terreno freddo, focalizzandosi su ciò che era attorno a lui: gli alberi, i sassi, la neve, Lily.

 

"Non sei a lezione... perché?"

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Capitolo 8
*** Lo sai, vero? ***


Immaginava che in quel momento tutto quello che gli aveva detto si stesse ripetendo nella sua testa, cercando di dare loro un senso che probabilmente non avevano.
Non per lui, non in quel momento.
Era davvero questione di sopravvivere, fino a che il dolore si attenuava e allora potevi ricominciare pian piano a vivere con normalità.
Ma adesso, a cosi poca distanza dalla notizia, era impensabile credere di poter trovare un modo per stare bene.

Sollevò leggermente lo sguardo verso di lui, lo sguardo un pò stranito, quando gli porse una domanda che le sembrò strana.

"Non sei a lezione, perché?".

"Ma come sarebbe a dire perchè, razza di cretino!".


Questa era la risposta che istintivamente avrebbe voluto dargli, anche se non sapeva quanto il fattore "vera Lily" avrebbe potuto giovarli in quel frangente cosi delicato.
E poi si rese conto che con molte probabilità, non era una vera e propria domanda, quanto un modo per distrarsi e cambiare argomento, anche solo per poco.
Probabilmente chiederle come mai non fosse a lezione era meno faticoso che chiederle come si facesse a superare un dolore cosi grande.
Dopo qualche secondo, alzò leggermente le spalle fingendo noncuranza e tornando a concentrarsi sulla sua mano.

 

"Credo che Erbologia sia una materia sopravvalutata..."
 

Dio, suonava falsa anche a lei come frase, ma forse l'avrebbe accettata, chi lo sa.
Immaginava che avrebbe retto meglio una risposta del genere che la verità ed in fondo, riusciva meglio anche a lei credere che fosse la noia della materia a causa della sua presenza li.
Girò un ultima volta la fasciatura improvvisata intorno alla ferita e fermava i suoi estremi con un piccolo nodo.
Appoggiò la mano fasciata sulle sue ginocchia, senza però lasciarla, per un qualche strano motivo.
Poi risollevò lo sguardo verso quegli occhi stanchi e tristi.*
 

"Lo sai che ci siamo tutti, per te, vero?"
 

Chiese Lily, con un tono che tradiva la sua sincera paura che non lo sapesse.
Immaginava che una delle prime cose a cui doveva aver pensato era che era solo e che non gli rimaneva nessuno.
E in un qualche modo lei si sentiva obbligata a fargli capire il contrario.

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Capitolo 9
*** Lo so. ***


Annuì alle parole di Lily, non riuscendo a trovare una risposta. 
Non era una risposta alla Evans, strano che non se ne fosse uscita con qualche rispostaccia acida.
Si era comportata diversamente dal solito, quasi con affetto, e la cosa lo rincuorò, lasciando che una parvenza di sorriso spuntasse sulla sua faccia, prima di sentire il peso delle notizie su di lui.
Ancora giù, di nuovo nell'inferno.
Se prima la testa gli faceva male, adesso si spaccava. 
Involontariamente strinse la mano di Lily, che, dopo averla medicata, non laveva lasciato la sua, senza curarsi del dolore che si diffondeva nella mano per il movimento.
Stava sprofondando giù, sentendosi in colpa di quel quasi sorriso che gli stava sfuggendo.
E ricominciò da capo: Silente che lo informava, la McGranitt che lo guardava triste, Sirius che probabilmente stava male, Lily che era lì con lui... Se pochi giorni prima qualcuno gli avesse detto una cosa del genere sarebbe scoppiato a ridere.
Di tutte le persone che si sarebbe aspettato, al suo fianco c'era Lily, e non era una visione.
Ne era certo dalla stretta di mano, che in qualche modo lì teneva ancorato al mondo.

Lo sapeva che c'erano tutti per lui? Poteva esserne certo?
Dei Malandrini poteva mettere la mano sul fuoco.
Ormai erano la loro unica certezza.Ma nella frase si includeva anche lei.
Dopo una mattinata passata a non sentire niente tranne che la rabbia, che ancora adesso lo invadeva, un brivido gli corse per la schiena.
 

"Lo so."

 

Senza calcolarlo un pensiero si fece largo nella sua testa, un pensiero di malsana vendetta.
L'unica via di scampo per sfuggire a quel dolore.
Vendicare i suoi genitori, far provare ai responsabili quello che stava provando lui in quel momento. 
Non sapeva se era un momento di debolezza o era quello che realmente voleva.
Non riusciva avere certezze.

 

"Voglio diventare Auror."

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Capitolo 10
*** Fiera ***


Sentì la sua stretta sulla sua mano, una stretta quasi involontaria, come ad aggrapparsi a qualcosa che non fossero i suoi pensieri e alle sue parole di conferma, provò un leggero moto di sollievo.
Era strano, ma vederlo in quelle condizioni la faceva stare davvero male, quel ragazzo era cosi diverso dal James Potter che conosceva!
Immaginò che quello dovesse essere una delle tante cose che stavano cambiando in tempi cosi incasinati.
Ma era anche una delle cose che non avrebbe voluto veder cambiare, non cosi.
E forse, con la sua frase di poco prima, aveva rivelato quello che faticava ad ammettere anche a se stessa.

Vide la mano irrigidirsi per la stretta, forse troppo forte per le condizioni in cui era, e vide la pelle diventare bianca sotto quella pressione.
Immaginando il male che doveva fare una forza come quella sulla mano appena ferita, vi posò istintivamente l'altra mano sopra sussurrando un "Piano..", quasi rivolto a se stessa.

Improvvisamente sentì pronunciare delle parole dalla bocca che fino ad allora aveva gridato o mormorato parole frustrate.
Parole decise, sicure, con un tono talmente serio da fare quasi paura.

"Voglio diventare Auror."

Rimase inizialmente colpita da quella affermazione perchè, doveva ammetterlo, fino ad allora non aveva ritenuto Potter abbastanza coraggioso o valido per diventare Auror, pensando che le sue frasi sul combattere e il coraggio, fossero perlopiù modi per attirare la sua attenzione.
Ma in quel periodo, quando anche lei stessa stava capendo quanto le cose stavano cambiando, quando molti altri studenti di Hogwarts inneggiavano al combattimento per difendere la propria vita e la propria libertà, capì che anche per lui doveva essere davvero cosi, e pensò a tutte le volte che lo aveva pensato anche lei, battendo ogni ipotesi sul suo futuro che avrebbe potuto fare solo un anno prima.
Per un secondo un brivido di timore la attraversò pensando ai rischi che comportava intraprendere quella carriera, considerando che anche i suoi stessi genitori, quelli per cui adesso stava piangendo, erano Auror, a anche piuttosto bravi.

"Smettila, Lily, non sei mica sua moglie!"

Si auto criticò la ragazza mentre cominciava ad annuire, voltandosi verso di lui.
Si sentiva come fiera delle sue parole.

 

"Credo che i tuoi genitori ne sarebbero orgogliosi."

Fu tutto quello che riuscì a dire.
Che fossero le parole giuste o no, era una frase sincera, lo credeva davvero.

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Capitolo 11
*** L'avrebbe mantenuta, quella promessa ***


Voglio diventare un Auror. 
L'aveva sempre detto, ma non era mai stato così sicuro che sarebbe stato quello ciò avrebbe davvero voluto fare in un futuro. 
Ma in quel momento, durante quel periodo, si rese davvero conto di quanto fosse grande questo suo desiderio. 
Soprattutto per la guerra, quella guerra che gli aveva portato via i genitori, quella guerra che aveva privato il mondo magico di due potenti Auror.
Era rischioso, certo, ma sentiva di doverlo fare.
Avrebbe voluto tanto rendere i suoi genitori fieri, era l'unica cosa che poteva ancora fare per loro.

Com'era strano pensare all'unica cosa che avrebbe ancora potuto fare per loro. 
Fino a ieri magari gli avrebbe anche scocciato dover fare qualcosa per loro, stupida che sia, mentre in quel istante avrebbe dato di tutto pur di sentire la madre che urlava il suo nome per far sì che scendesse a darle una mano ad apparecchiare la tavola.
Allentò un po' la mano quando Lily lo ammonì di fare più piano.
Si sentiva stanco e spossato dagli avvenimenti del giorno ma, finalmente, riusciva a muoversi, ad alzarsi dal terreno innevato.
Si mise in piedi, un po' traballante, e si portò una mano al petto, all'altezza del cuore, sentendolo battere all'impazzata contro il torace. 
Perché batte così veloce in un momento così buio?
Non riuscì a lasciare la mano della ragazza, era come la luce di una stella nel buio della notte.
Ancorandosi a lei riusciva a non barcollare senza meta nell'oscurità, ma riusciva a ritrovare la via che lo avrebbe portato forse alla salvezza.

Si girò completamente verso di lei quando la sentì parlare e fu grato di quelle poche parole, senza però riuscire ad esprimere la sua gratitudine.Il peso del corpo sulle sue gambe doloranti, a furia dei calci che aveva dato, era troppo.
Sentì le ginocchia cedergli e si sedette sul tronco, in parte ammaccato dalla scenata di rabbia di poco prima.

Avrebbe combattuto, per i suoi genitori e li avrebbe resi orgogliosi di lui. Era una promessa che avrebbe mantenuto, anche a costo della morte.

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Capitolo 12
*** Passerà. ***


Continuava a guardarlo ancora assorto nei suoi tristi e penosi pensieri e non poteva fare a meno di pensare una cosa sola.
Quello che aveva davanti non era James.
Almeno non il James che conosceva, che conoscevano tutti e probabilmente non sarebbe tornato.
Al posto del ragazzo allegro, sfacciato e sicuro di sè fino a rasentare l'insopportabile c'era un uomo, determinato a compiere un cammino difficile, ma che sentiva essere quello giusto.
Probabilmente sarebbe tornato a ridere e scherzare con gli amici, col suo modo di fare spiritoso e col sorriso smagliante e sicuro, ma dentro avrebbe sempre avuto quella consapevolezza.
In un certo senso lo ammirava in quel momento.
Lui stava affrontando il dolore in un modo del tutto diverso da come aveva fatto lei e per un attimo si domandò perchè.
Forse perchè la sua perdita derivava dall'orribile volere delle persone contro le quali si era ripromesso di combattere e non da un Babbano ubriaco troppo stupido per pensare ad altre persone.
Cosi il suo dolore si trasformava in rabbia e dalla rabbia in desiderio di fare giustizia alla memoria dei suoi genitori.
In sostanza, il dolore si trasformava in una forma di amore.

Lo seguì con lo sguardo mentre si alzava barcollando e tentò di sostenerlo col poco contatto che ancora le loro mani avevano mantenuto, continuando a farlo anche quando le gambe evidentemente non riuscirono a reggere il peso del corpo e della testa e fu costretto a sedersi stancamente di nuovo sul tronco.
Per un attimo, lì in piedi ancora collegata a lui che sembrava cosi piccolo, pensò a se non fosse il caso di lasciarlo andare, di lasciarlo solo.
Ma poi vide di nuovo quell'espressione vuota, ma piena di rabbia e desolazione e allora si accucciò di fronte a lui, le mani appoggiate alle sue ginocchia, il viso leggermente piegato per cercare un contatto visivo.

 

"James..."

 

Sussurrò, rendendosi conto di averlo chiamato per nome forse per la prima volta, almeno senza la minima sfumatura di sarcasmo o derisione nella voce.
Le sue parole uscirono sicure, la voce un pò tremante dall'emozione, ma totalmente sincere.

 

"Lo so che non ci si crede mai quando qualcuno te lo dice, ma so cosa stai provando.
E la tua rabbia è comprensibile.
Devi provare rabbia. è naturale.
Ma devi anche ricordarti che oltre alla rabbia puoi, tu devi provare altre cose. E' terribilmente presto per dirlo, ma voglio che te lo ricordi fin da ora: passerà.
Il dolore passerà.
E non ti mentirò dicendo che col passare del tempo sarà come se non fosse successo niente, perchè quando ci ripenserai ti sentirai sempre uno schifo.
Ma avrai altre cose.. Avrai degli amici, una famiglia e qualcosa per cui vale la pena lottare.
E quando lotti per qualcuno che ami, anche per la loro memoria, non c'è Maledizione Senza Perdono al mondo che ti possa fermare!"

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Capitolo 13
*** Grazie ***


La determinazione lo stava assalendo, mettendo da parte per un poco la rabbia che ardeva come un fuoco dentro di lui.
Sentiva il suo cervello elaborare le parole dette e i pensieri inespressi.
Lavorava senza smettere un secondo, quando ciò che più voleva era spegnere tutto, andare in standby per un paio di minuti e riprendersi da quello stato di shock che ormai lo dominava. 
Non riusciva a sentire sé stesso, ma riusciva a sentire Lily, che gli teneva la mano.
La sentì mentre avvicinava il viso al suo e mentre lo chiamava col suo nome.
Non Potter, ma James. 
Fosse stata una situazione diversa sarebbe impazzito dalla gioia.
Era la prima volta che sentiva pronunciare il suo nome da lei.
Era strano sentire la sua voce pronunciarlo, era piacevole. 
Rimase in silenzio, ascoltando quelle parole, cercando di concentrarsi per non perdere il filo del discorso, anche se la confusione nella sua testa cercava di distrarlo.
Non l’avrebbe permesso, non questa volta.
Non sarebbe riuscito a sopportare un’altra ondata di confusione come le precedenti. 
Era difficile crederle, ma cercò di aggrapparsi con tutte le sue forze a quelle parole che sapevano di speranza ed esperienza. Ritornò con la mente a quando, un anno prima, Lily perse i suoi genitori.
Lui non aveva fatto niente per consolarla, mentre lei era lì, vicino a lui, come se avesse risposto alla muta supplica di aiuto.
Non aveva nessun motivo per restare lì, a condividere il suo dolore, ma cercava di aiutarlo. 
Annuì alle sue parole.
Volle crederci, per quanto difficile fosse.
Volle crederci perché non aveva altra scelta, perché altrimenti non sarebbe andato avanti.
Volle crederci per Sirius, per Remus, per Peter, la famiglia che gli era rimasta e che aveva bisogno di lui.
Volle crederci per James Potter.
 


"Lily."
 


Sussurrò James con voce rauca.


"Grazie."


Non esistevano altre parole giuste per esprimersi.
Grazie era tutto quello che avrebbe mai potuto dirle in quel momento.
In quel grazie mise tutto che non riuscì a dire.
Una lacrima gli rigò una guancia ma non l’asciugò.

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Capitolo 14
*** Strano buono o strano cattivo? ***


Era rimasta cosi, accucciata vicino a lui, in attesa della risposta.
La risposta che le avrebbe confermato o meno quanto le sue parole fossero state efficaci.
Non era per niente sicura di quello che aveva detto, almeno non dell'effetto che poteva avere su di lui in quel momento, quelle parole le credeva davvero.
Sapeva che gli stavano passando centinaia di cose per la testa, combinazioni di ricordi, frasi e volti che rigeneravano ogni secondo quel dolore dal quale stava cercando di scappare.
E in momenti come quelli, lei lo sapeva, ognuno può reagire a suo modo desiderando cose diverse.
Lei era rimasta quasi totalmente impassibile, incapace di esternare il dolore o sfogarsi, fino a che tutto quello che aveva dentro non era esploso in un unico, lunghissimo pianto.
E in tutto quel periodo sentiva di non voler accanto nessuno che fingesse di capirla, voleva stare sola.
Ma aveva l'impressione che James in quel momento fosse più vulnerabile che mai e, volontà o pensiero a parte, non riusciva a pensare di andarsene e lasciarlo solo.

Questo strano istinto materno verso il ragazzo la fece quasi sorridere e, quando il ragazzo pronunciò il suo nome con un tono cosi diverso dal solito seguito da una semplice parola, quel sorriso nascosto si rivelò delicatamente.
Era stata utile!
Con quel sorriso accompagnato sempre da occhi commossi e da quella pesante sensazione allo stomaco che aveva preso anche lei, fu grata del ringraziamento e rispose senza bisogno di parole.
Allungò una mano, asciugando piano una lacrima che, finalmente, scivolò dai suoi occhi.
Rimembra della sua esperienza disse piano.

 

"Piangere fa bene..."

 

Aspettando la reazione del ragazzo, Lily pensò che era strano trovarsi cosi in contatto con lui.
Se fosse uno strano buono o una strano cattivo doveva ancora capirlo.

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Capitolo 15
*** Scusa! ***


Lacrime iniziarono a scendere copiose dai suoi occhi.
Solitamente non gli piaceva farsi vedere in quello stato da qualcuno, figurarsi da Lily Evans.
Ma questa era un’occasione diversa.
Questa volta era solo James, senza il solito sorriso che lo nascondeva da tutto il resto.
Stavolta sarebbe stato sé stesso, ne aveva bisogno prima di ritornare dietro quella facciata che con gli anni si era costruito. Pianse per quello che aveva perso, per quello che non avrebbe più ricevuto.
Pianse per i suoi genitori e pianse per tutto quello che negli anni si era tenuto dentro.
Si stava svuotando di tutto quello che nel tempo aveva tenuto per sé. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando la prima lacrima cadde, forse un minuto o un’ora.
L’unica cosa che riusciva a capire era la presenza di Lily, sempre accanto a lui, così vicina come non lo era mai stata. 
Quando pianse ogni lacrima che aveva nel corpo rimase fermo.
Per quanto il dolore lo attanagliasse ancora, la confusione che aveva nella testa si stava dissipando, lasciandolo respirare di nuovo.
Si sentiva svuotato da ogni emozione, magari erano scivolate vie con le lacrime.
Riusciva di nuovo a vedere il mondo. La foresta, il castello, le serre, il tronco, Lily.
Sentiva il vento pungente invernale e le ferite pulsare.
Un brivido di freddo gli percorse la schiena e iniziò a pensare lucidamente.
Ripensò al comportamento che aveva avuto nei confronti dei professori e si sentì in colpa.
Pensò a come doveva essere sembrato un pazzo a Lily per la scenata di rabbia che aveva avuto. 

Scattò in piedi, lasciando per la prima volta la mano della ragazza.
Iniziò a camminare avanti e indietro davanti al limitare della foresta.

 

"Mi dispiace, mi sono comportato come un pazzo.
Sono scappato dalla McGrannitt e Silente e ho... iniziato a prendere a calci e pugni le cose..
Scusami, io... non stavo ragionando. Scusa."

 

Scusarsi sembrava l’unica cosa logica da fare. Non riusciva a fermarsi.
Doveva andare da Sirius, aveva bisogno di stare con lui come Sirius aveva bisogno di lui.
Doveva farsi forza e affrontare quel percorso che sembrava insuperabile.
Ce l’avrebbe fatta soltanto con qualche cicatrice?
No, non era certo di riuscirci completamente.
Ma zoppicando piano piano sarebbe arrivato alla fine. Loro avrebbero voluto così.

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Capitolo 16
*** Calma ***


Rimase in silenzio mentre il ragazzo piangeva, esternando e buttando via parte di quel dolore che si era tenuto dentro fino ad allora.
Aveva quasi paura di muoversi, di interrompere quel momento così delicato, cosi rimase immobile, le mani ancora appoggiate sulle sue ginocchia, a mantenere un contatto che, per qualche motivo non voleva interrompere, per fargli capire che lei era li.
Il suo era un pianto completo, incurante della sua presenza, uno di quei pianti liberatori che, una volta passati, ti lasciano esausto e quasi privo di forze.

Fu anche per questo che si sorprese quando improvvisamente lo vide scattare in piedi e cominciare a camminare nervosamente avanti e indietro.
Il suo sguardo era meno assente di poco prima, adesso sembrava vedere davvero quello che lo circondava e nonostante il rossore, Lily riusciva a vedere lo sforzo dentro di essi.
Lo sforzo di risollevarsi e prendere in mano la situazione che gli si era prospettata davanti cosi improvvisamente, a cominciare dal riparare ad alcuni possibili sbagli che avrebbe potuto fare quella mattina stessa.
Con voce quasi meccanica, stanca, comincio a chiedere scusa, per come si era comportato con i professori e addirittura stava chiedendo scusa a lei!
Si alzò in piedi e si avvicinò al ragazzo, agitando leggermente le mani cercando di farlo ragionare.

 

"James, calmati, non ti devi scusare per nulla!
Silente e la McGranitt sanno benissimo che dopo una notizia cosi ci vuole tempo e la tua reazione è stata del tutto normale, nessuno ti biasima per questo!
Probabilmente a quest'ora anche gli altri ragazzi lo sanno e scommetto che Sirius, Remus e gli altri ti stanno già cercando, ma nessuno ti considererà un ingrato se decidi di stare da solo.."

 

Pronunciò le parole guardandolo e scandendole bene.
Era sorpresa da quelle sue affermazioni. Erano la prova che, anche in un momento difficile e privato come quello, James stava già pensando ad altre persone, e a come avrebbero affrontato loro la notizia o come avrebbero reagito alla sua di reazione.
Ed era un pensiero davvero ammirevole, sebbene del tutto trascurabile e dubitava che lei fosse stata in grado di pensieri cosi altruisti l'anno precedente.

 

"Se vuoi vado ad avvertirgli io che non sei scomparso, vedrai che capiranno..."

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Capitolo 17
*** Non andare! ***


Era stanco, avrebbe voluto tornare alla torre di Grifondoro e sdraiarsi sul suo baldacchino e riposare per ore, ma, per qualche strana ragione, aveva paura. 
Paura di addormentarsi e rivivere tutto l’incubo che era diventata la sua vita.
Paura di lasciare quel posto, il rifugio da quando era appena un undicenne.
Come sarebbe stato quando si sarebbe avviato verso la Sala Comune sotto gli sguardi compassionevoli delle persone?
Non aveva ancora la forza necessaria per ascoltare qualcuno che gli desse le sue condoglianze o gli facesse sapere quanto era dispiaciuto per la sua perdita. 
Voleva scappare, ma, al tempo stesso, voleva rimanere in quella roccaforte che con gli anni era diventata il suo luogo per pensare. 
Nessuno era mai stato lì con lui, quando veniva in al limitare della foresta era perché era uno di quei momenti in cui vuoi stare solo. Ma stavolta era diverso.
Questa volta era grato a Lily per essere con lui, lo stava aiutando.

La ragazza si avvicinò con l’intenzione di calmarlo e ci riuscì. 
La sua mente era annebbiata, non riusciva a ragionare lucidamente e lei lo stava facendo per lui. 
Spaccato in due dal dolore, c’era una parte di lui che voleva andare a cercare Sirius, che probabilmente stava male come lui.
Ma l’altra, più egoista, desiderava rimanere vicino alla foresta, al freddo, per rimandare quello sarebbe successo dopo.
Quando Lily riprese a parlare alzò lo sguardo su di lei. Forse era una buona idea.
Ma prima di rendersene conto, stava parlando.

 

"No!...non lasciarmi."

 

Era una supplica.
Non lasciarmi, ma aveva ragione a cercare gli altri.
Non lasciarmi, perché non riusciva a pensare ad altro?
Non gli capitava mai di supplicare una persona, non era da lui, ma le parole gli uscirono di bocca senza ragionare, soltanto dominate dalla voglia di non rimanere solo ancora una volta. 
Si avvicinò un po' a lei per spiegarsi meglio.

 

"Non voglio rimanere solo.."

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Capitolo 18
*** Messaggio argenteo ***


Non aveva torto su tutto quando pensava di dover andare a cercare gli altri per avvertirli se non altro che era vivo e, per quanto la situazione permettesse, stava bene.
In realtà non aveva mai frequentato molto assiduamente il gruppo di grandi amici di James ma sapeva per certo che per Black i Potter erano stati come dei genitorie che considerava James come un fratello.
Quindi, una volta che la notizia fosse arrivata anche alle sue orecchie avrebbe probabilmente avuto bisogno anche lui di sfogarsi e qualcuno accanto.
Ma non credeva che questo qualcuno dovesse essere lui anche se ammirava molto il suo coraggio nel pensare agli altri così spontaneamente.
Lily Evans che ammira James Potter, da non credere!

Ma da non credere sul serio furono le parole che uscirono dalla bocca del ragazzo non appena Lily annunciò che sarebbe andata a cercare i suoi amici.
Non lasciarmi.
Una frase pronunciata con un tono di muta disperazione e supplica.
La stava supplicando di non lasciarlo solo e di restare con lui.
Non appena la sorpresa per l'impeto di quelle parole fu passata Lily guardò il ragazzo stanco che le stava davanti gli occhi imploranti ancora fissi nei suoi, e provò una sensazione che non aveva mai provato prima, non verso James Potter per lo meno. Provò tenerezza.
Nulla di simile alla pietà o alla commiserazione, tutt'altro, era vederlo in una luce diversa dal solito e empatia per quello che stava provando.
Senza dire nulla tirò fuori la sua bacchetta dalla divisa, la agitò in aria e pronunciò le due parole che formavano la formula per l'incantesimo: "Expecto Patronum".
Un fiume argenteo fuoriuscì dalla punta della bacchetta, trasformandosi poi nella sagoma di una cerbiatta che poco dopo saltellò vie in direzione del castello.
Era la prima volta che provava ad inviare un messaggio tramite il suo Patronus e pregò che funzionasse.

Allungò i bordi delle labbra in un sorriso gentile di accettazione, senza troppa gioia in esso, e si avvicinò a lui così da dimezzare la loro distanza e sottolineare il messaggio.*

 

"Non vado da nessuna parte."

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Capitolo 19
*** Davvero ***


La osservò tirare fuori la bacchetta dalla divisa e pronunciare l'incanto Patronus.
Dalla sua bacchetta fuoriuscì un cerva d'argento che galoppò verso il castello.
Una cerva.
Come lui, o meglio, il suo patronus era un cervo in realtà.
Il giorno in cui cambiò forma rimase sorpreso e tutt'ora ancora non capiva esattamente perché fosse diventato un cervo. 
Ma perché un patronus?
Perché lo aveva mandato verso il castello?
Non domandò nulla però, anche se una parte di lui era curiosa, ma questa sua parte era troppo irrilevante al momento, quando per la testa c'erano ben altri pensieri più importanti.

Gli sembrava di stare in una stanza senza luce, con l'unica illuminazione di una bacchetta. 
Per quanto ancora avrebbe dovuto stare in quella stanza?
Giorni, settimane, mesi, anni o tutta la vita?
Non gli era dato conoscere la risposta.
Magari un giorno, lontano o vicino, l'avrebbe scoperto, ma sapeva che al momento non poteva saperlo.
Si passò una mano tra i capelli. Un gesto che negli anni era diventato automatico, che da sempre aveva irritato Lily.
Ma lo fece senza pensare, non per disordinarsi i capelli, ma per frustrazione, tentando di scacciare via i pensieri che gli affollavano la testa.
Sarebbe mai riuscito a ripensare ai suoi genitori senza sentirsi spaesato e distrutto?
Lo sperava con tutto sé stesso. 
Si mise a riflettere a quello che avrebbe fatto nei giorni seguenti e, peggio, al giorno del funerale.
Cosa si faceva in quei casi? Avrebbe dovuto fare qualche discorso oppure sarebbe stato in silenzio mentre fiumi di persone dispiaciute sarebbero andati da lui per dirgli quanto erano dispiaciute?

Lily si avvicinò e mormorò cinque parole che ebbero la forza di non farlo pensare al domani, almeno per un paio di secondi.

 

"Grazie, davvero."

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Capitolo 20
*** Nessuna inutile parola ***


Fu in un qualche modo grata che l'incantesimo che aveva appena fatto non avesse dato luogo a domande.
Non avrebbe avuto problemi a rivelargli come mai riusciva ad evocare un incantesimo con una particolarità concessa solo agli Auror, ma preferiva non concentrare l'attenzione su una cosa in quel momento cosi inutile.
In ogni caso avrebbe voluto insegnarlo anche agli altri suoi amici e, tanto più che adesso la situazione sembrava davvero peggiorata, si convinse che lo avrebbe senz'altro fatto. 

Dopo qualche secondo di silenzio e immobilità, durante i quali forse stava cercando di riordinare le idee, lo vide passarsi una mano tra i capelli e istintivamente le venne da sorridere.
Era la prima volta che quel gesto non le provocava una reazione di fastidio, a volte anche leggermente sproporzionata.
Solitamente era anche accompagnata dalle sue solite frasi piene di sè o a richieste di appuntamenti, quindi l'avversione verso quel gesto era, secondo lei, giustificata.
Ma adesso le faceva tenerezza.
Era segno di quanto fosse insicuro e si sentisse perso in quel momento.                                                                                                                                                                                                                               Non volendo rompere quel silenzio strano che si era creato con domande sincere ma inutili, e al suo orecchio banali come "Cosa vuoi fare?", si sedette con calma sul povero tronco vicino a loro.
Voleva lasciare a lui la scelta.
Parlare, non parlare, ridere, gridare, piangere...
Doveva scegliere lui, non voleva fargli pressioni.        

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Capitolo 21
*** Rientro ***


Era arrivato il momento di tornare alla realtà, cruda, e affrontarla.
Non voleva ma doveva farlo.
Per lui e per Sirius. Uscire da quel posto sicuro in cui era riuscito ad essere il James Potter che stava male per qualcosa, senza avere sempre il sorriso sul volto.
Magari per il primo periodo non sarebbe stato facile, anzi sicuramente, ma sarebbe andato avanti, in un modo o nell’altro.
Il dolore lo stordiva ma avrebbe messo un piede davanti ma sarebbe tornato al castello.
Era una promessa.
Tornare alla Sala Comune sarebbe stato il primo passo verso il suo obiettivo, metaforicamente parlando. 
Tremava ma non dal freddo.
Spostò lo sguardo verso le serre di Erbologia e poi verso il castello prima di incrociare di nuovo lo sguardo di Lily, ferma davanti a lui



"Forse dovremmo rientrare, ci staranno cercando."



Era certo che li stessero cercando.
Nonostante fosse grato della presenza di Lily, sapeva bene che aveva saltato la lezione con qualche scusa e i Malandrini sicuramente lo stavano cercando, non poteva essere altrimenti. 
Annuì per darsi coraggio e fece un passo incerto, seguito poi da un altro e da un altro ancora.

Fino al portone d’ingresso non pensò ad altro se non a mettere un piede davanti all’altro, cercando di essere stabile nonostante il peso di tutto.
Ogni tanto gettava delle occhiate a Lily che lo seguiva in silenzio e arrivarono alla Sala Comune.
Si fermò davanti al buco del ritratto, girandosi verso la ragazza, non trovando nulla da dire.
Allungò una mano incerta, ritraendola subito non sapendo nemmeno lui cosa stesse facendo.

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Capitolo 22
*** Andrà bene.. ***


Annuì alle parole del ragazzo, rendendosi improvvisamente conto di come entrambi fossero spariti dal castello improvvisamente.
Probabilmente per quanto riguardava lui, la voce si era già sparsa tra i professori ed era giustificato, ma lei aveva lasciato la seraa di Erbologia con una scusa e non si era più fatta vedere.
Ma sinceramente non le interessava.
Cominciarono a camminare verso la scuola e anche allora non se la sentì di parlare, nè di rompere quel silenzio di cordoglio che si era creato.
Ma guardandolo con occhiate veloci riuscì a captare come anche una cosa semplice come camminare gli richiedesse concentrazione e sopratutto una fatica enorme, dato il livello di stanchezza e dolore.

Camminando affianco al ragazzo rientrarono nel castello e salirono le scale arrivando davanti alla porta della Sala Comune dei Grifondoro.
Non appena si furono fermati davanti al ritratto della Signora Grassa, che già li guardava in attesa della parola d'ordine per entrare, vide il ragazzo voltarsi e, dopo averla osservata con aria un pò insicura, come se stesse per dire qualcosa, ma poi si fosse fermato, allungare una mano in modo incerto e poi ritrarla subito.
Lily sapeva quanto, in quel momento dovesse sentirsi impacciato e in imbarazzo, anche all'idea di dover affrontare gli sguardi di tutti i compagni pieni di commiserazione.
Quella parte l'aveva odiata anche lei.
Distolse lo sguardo dalla mano e lo alzò verso di lui.
In un gesto non programmato e naturale, fece un passo avanti e chiuse James Potter in un abbraccio, stringendolo appena appena.
Il ricordo che lei c'era e lo avrebbe sempre aiutato.


"Andrà bene.."


Aveva una strana dolcezza nella voce.
E non parlava solo dell'imminente entrata nella Sala Comune.
Sarebbe tutto andato bene.
Col tempo.

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Capitolo 23
*** Coraggio e pazienza ***


L’abbraccio di Lily era così inaspettato quanto gradito.
Gli diede quella spinta necessaria per attraversare il buco del ritratto.
La Signora Grassa li fece passare e lui fece cenno a Lily di andare per prima, per tardare ancora per un secondo ad entrare nella Sala Comune.
Ancora un passo, solo un altro passo, e si sarebbe trovato faccia a faccia con la realtà dei fatti, una volta per tutte.
Quando era al limitare della foresta era diverso.
Gli pareva soltanto un bruttissimo incubo dal quale si sarebbe svegliato.
Entrare nella Sala, dove probabilmente tutti sapevano ciò che era accaduto, avrebbe reso tutto quanto così crudelmente reale.

Si fece coraggio ed entrò.
Al suo ingresso tutti gli studenti si girarono a guardarlo, zittendosi all’istante.
Si sentiva spaesato, spossato, stanco, confuso, dolorante.
Si diresse verso la scala che conduceva ai dormitori, sperando di non trovare nessuno.
Il solo arrivare lì lo aveva stancato troppo e non aveva la forza di parlare con nessuno.
Prima di salire verso il dormitorio lanciò uno sguardo a Lily, ancora nella Sala, e provò a regalarle un sorriso, ma fu più che altro una smorfia.
Si trascinò gradino per gradino fino ad arrivare alla porta della loro stanza e la aprì: era vuota.
Quella stanza vuota gli ricordava la situazione al momento.
Lo rispecchiava.

Si avvicinò al letto e si sdraiò, chiudendo le tende del baldacchino.
Lasciò che la mente si aprisse a tutti quei brutti pensieri che fino a quel momento aveva provato a respingere.
Il dolore lo colse all’improvviso, mozzandogli il fiato, costringendosi a controllare il respiro.
Gli mancavano, gli mancavano troppo.
Provò ad immaginarseli lì accanto a lui, nel letto, mentre, come quando era bambino, gli raccontavano una storia per farlo addormentare.
Nella testa risuonò la voce della madre che raccontava la sua storia preferita e fu così che gli occhi piano piano si chiusero, abbandonandosi ad un sonno inquieto.









Ok cel'abbiamo fatta, è conclusa! :)
Wow che fatica, tutti insieme ho gli occhi in fico!

Comunque: i capitoli sono dreasticamente corti, lo sappiamo, ma a noi sembra che in un qualche modo sottolineino la profondità della situazione, e poi come già detto, si concentrano sulle emozioni dei personaggi.
Speriamo davvero che vi sia piaciuta, e aspettiamo le vostre recensioni e le vostre critiche! :D

Un bacio a tutti, Ninalily e Mozzi 

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