Freely Tomorrow

di Aegis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sensazione ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Contatto ***



Capitolo 1
*** Sensazione ***


Sensazione

La ragazza stringeva i denti.
Il suo corpo era pesante, la sensibilità di mani e piedi cominciava a mancarle. Ma non le importava.
Se fosse riuscita a salire quei demoniaci scalini d’acciaio trascinando il suo corpo pesante, che ormai non poteva più camminare, sarebbe riuscita a salvarsi. Non che le importasse realmente, si intende.
Ormai andava avanti così da parecchi mesi… Si faceva a botte nel quartiere, fin troppo spesso: la sua banda contro tutti quanti. E chi ci rimetteva la pelle, ad affrontare a mani nude dieci o più uomini armati di mazze e spranghe di ferro erano sempre lei e i suoi compagni. Però riuscivano a cacciarli, tutte le volte.
Si trattava di ragazzi disagiati, o semplici teppisti senza un soldo, gente che devasta le città con il loro stupido spirito guerrafondaio. Ma Iori non avrebbe mai lasciato che si prendessero anche Tokyo.
Tokyo era la sua città natale, il suo nido, il suo giardino e il suo parco divertimenti allo stesso tempo. Iori Kurosawa amava quella città. Era una ragazza forte, circondata da un bel gruppetto di amici che la proteggevano e la seguivano nelle sue baldorie in città. Non si può dire che questo fosse un rapporto genuino, anzi era piuttosto malsano. Lei e i suoi compagni, la sua banda, facevano a botte con tutte le altre nel distretto. Non lo trovavano divertente, affatto. Sistemavano ladruncoli e brutti ceffi che molestavano ragazzine indifese. Non era compito loro, nessuno gliel’aveva imposto, ma sentivano dentro che quello era il loro compito. Proteggere la città e con essa tutti coloro che ci vivevano dentro.
La ragazza era appena uscita dall’ennesima rissa: ci aveva rimesso le gambe, e la vista le andava annebbiandosi dopo tutte quelle percosse alla testa, per non parlare della coltellata che si era presa in pieno stomaco. Non era facile, ma loro vivevano cosi.
Con uno sforzo che le parve quasi sovrumano, Iori riuscì spingendosi con un braccio a scavalcare l’ultimo scalino. Era il centonovantesimo che faceva strisciando. La salita era un po’ lunga, ma continuare a contare le scale nella sua testa la aiutava a rimanere lucida. Lentamente continuò comunque a trascinarsi, verso l’officina che aveva davanti. Il portone di ferro vecchio era aperto, almeno lì dentro avrebbe trovato rifugio.
Ma il suo desiderio di restare da sola a riposare senza coprirsi della vergogna nel farsi vedere in quello stato da qualcuno, fu stroncato dall’arrivo del vecchio. Il vecchio capo dell’officina.
Appoggiandosi con una mano al vecchio portone di ferro arrugginito, con indosso i suoi soliti vestiti sporchi di olio e catrame, e la pipa ben salda fra le labbra, si apprestò a squadrare la ragazza strisciante ai suoi piedi con uno sguardo che oscillava tra il severo e il disgustato. Iori gli tirò un’occhiataccia per quanto potesse riuscire ad alzare lo sguardo da terra; il vecchio sospirò seccato.
“Qual buon vento.” la ammonì incrociando le braccia.
“Vecchiaccio” la ragazza tentò di digrignare qualcosa fra i denti “Che fai resti a guardare? Dammi una mano.”
“Non mi piace aiutare i cadaveri.”
“Bè, allora aspetta pure che io lo diventi.” Iori lo superò strisciando sempre più a fatica ed entrò nell’officina maledicendo il freddo pavimento di pietra. Si lasciò cadere a pancia in su, in un punto qualunque. Guardò con disgusto la scia di sangue che si era lasciata dietro mentre strisciava. Allargò di poco le braccia e le gambe e si mise a fissare il soffitto dell’edificio. Non riusciva a pensare a niente di particolare, era solo felice che la salita fosse finita.
Il vecchio le girò un po’ intorno poi si avvio versò la porta che portava verso qualche altra stanza dello stabile. “Aspetta qui.” disse alla sua ospite levandosi i guanti da lavoro e aprendo la porta per poi sparire richiudendosela dietro.
“E dove vuoi che vada…” mormorò lei scocciata. Poi tirò un sospiro di sollievo. Anche quel giorno ce l’aveva fatta, era viva. Per quanto non lo sopportasse si fidava del vecchio. Lei odiava gli ospedali e tutti quei posti “civili” dove non avrebbero fatto altro che sbatterla in galera solo perché aveva picchiato qualche “innocente” ragazzino fuori di testa. Preferiva di gran lunga la solitudine e la privacy. D’altra parte del suo corpo non le importava molto. Rimaneva sempre qualche cicatrice, ma il resto guariva dopo poco. Niente di grave.
La ragazza stava per chiudere gli occhi e assopirsi ma rimase ipnotizzata dal rumore sordo che proveniva dalla vecchia radio dell’officina. Il volume era basso, l’audio gracchiava, ma in mezzo al silenzio del locale, riuscì ad udirla bene. Una canzone.

Se alziamo lo sguardo e sorridiamo, otterremmo una magia per riguadagnare tutti gli altri sorrisi.
Con un colpo sul nostro cuore e un trucco meraviglioso, possiamo rinascere liberamente domani.”


Era una canzone allegra, aveva un buon ritmo. Era gradevole secondo Iori, le piaceva. La cantava una ragazza, anche la sua voce era bella. Sembrava una canzone felice, ma in realtà parlava di cose tristi. Era strana, come se volesse provare a trasformare i pianti in sorrisi. Senza rendersene conto Iori si mise a sorridere un poco. Chiuse gli occhi e ascoltò quella melodia. Il suo corpo si stava rilassando e lei si sentiva molto meglio. Non avrebbe mai voluto che quella canzone finisse, ma non poteva durare per sempre. Iori desiderava con tutta sé stessa che quella voce angelica non la abbandonasse, perché sapeva che con lei se ne sarebbe andata anche quella bella sensazione. E senza rendersene conto, finì per addormentarsi prima ancora che giungesse al termine.

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Capitolo 2
*** Incontro ***


Incontro

 

Non passò molto tempo perché il corpo di Iori guarisse del tutto dalle botte subite. Ci vollero meno di 3 giorni. Non era una cosa normale certo, la ferita allo stomaco la teneva ancora fasciata, ma sentiva particolare dolore, era già in grado di muoversi. Le ossa spezzate si erano rigenerate, la sua mente era tornata lucida. Un potere invidiabile.
Molti, nel quartiere, avevano cominciato a pensare che Iori Kurosawa fosse davvero un mostro. Non aveva punti deboli, quasi nessuno. Potevi colpirla, cadeva a terra, si faceva male, potevi ridurla a uno straccio a suon di pugni, potevi spezzarle ogni singolo osso del collo (era già successo) ma lei continuava a tornare dopo pochi giorni, sana come un pesce. Le bande rivali la temevano per questo. Era passata ormai quasi come una leggenda nella malavita dei bassifondi di Tokyo, quella della giovane ragazza immortale e del suo seguito di incredibilmente potenti amici. Molti sostenevano che prendessero delle droghe per essere così forti, e l’ipotesi non era poi così distante dalla realtà.
Erano passati due giorni dalla rissa, quella sera i compagni di Iori avevano deciso di uscire e festeggiare. Certo non era una vittoria di cui vantarsi la loro, in realtà non avevano fatto altro che annientarsi a vicenda con l’altra banda rivale. Ma per loro un qualunque motivo per festeggiare andava sempre bene. Seppur uscisse con loro fingendo di sforzarsi, Iori si divertiva con loro, le faceva piacere avere compagnia. In fondo, erano i suoi unici amici… Il loro legame era persino più forte di quello di una famiglia, ne erano tutti estremamente convinti. L’unica cosa che le dava fastidio era la loro “natura” maschile. Stando a contatto con loro, Iori si era convinta che gli uomini avessero un cervello più piccolo di quello di una gallina. Non perché i suoi amici fossero necessariamente stupidi, ma perché a Iori pareva che il mondo femminile e quello maschile appartenessero a due sfere completamente diverse. Due universi che non potevano né toccarsi né avvicinarsi. Per lei era sempre stato così, dato che nessun uomo l’aveva mai compresa e lei non era mai riuscita a comprendere i suoi bislacchi amici. Ma non le importava di questo, semplicemente a volte i loro comportamenti le stavano sui nervi.
Quella sera, la loro malsana idea era stata quella di andarsi a chiudere in uno dei nuovi locali di divertimenti serali aperti nei mesi più recenti in città. La trovata del locale in questione era quella di ospitare un gruppo di ragazzi e uno di ragazze, che fra loro non si conoscevano, per farli “socializzare” in un locale appositamente allestito, con varie stanze separate, camere da letto e salotti. Ovviamente questo era solo un pretesto.
Generalmente, i compagni di Iori non erano tipi che andavano a cercare avventure galanti con ragazze casuali; il loro obbiettivo era solo quello di divertirsi. Non gli importava se ne usciva un’avventura di letto o meno, pensavano solo a divertirsi e a conoscere gente nuova. A Iori non piaceva l’idea…era imbarazzante e soprattutto lei era l’unica ragazza del suo gruppo, quindi si stava già sentendo a disagio ancora prima di entrare nel locale. Appena entrati però, si sentì un po’ meglio: le ragazze che avrebbero dovuto far loro compagnia quella sera non erano delle sgualdrine. Erano in 7, esattamente quanti erano Iori e i suoi amici. Erano persone apposto, adorabili. Non si capiva bene cosa ci stessero a fare lì ragazze tanto per bene. Si limitarono a chiacchierare e a cercare di conoscere i partner.
“Allora voi, uhm… avete sui 20 anni?” chiese timidamente una di loro.
“Ragazza…avanti, ti sembriamo cosi giovani?” scherzò Argo, il vicecapo del gruppo. Era un dongiovanni, un bell’uomo dal fisico possente, ma non era un cascamorto. Aveva il suo fascino, per le ragazze “Siamo più vecchi di quel che tu creda.” E continuò a ridere assieme agli altri.
“Bè, non che gli adulti ci dispiacciano!” commentò un’altra ragazza, sollevando altre risate. La conversazione andava avanti così da più o meno 10 minuti, tra battutine idiote e frivoli doppi sensi.
Iori non si divertiva affatto, ma almeno l’attenzione non era puntata su di lei. Continuava a stringersi sul minuscolo divano dov’erano seduti praticamente in 5, tentando inutilmente di non urtare nessuno. Avrebbe voluto guardare le ragazze almeno, rifarsi gli occhi osservandone i tratti caratteriali e i lineamenti. Le piaceva farlo, come gioco, con qualunque persona le capitasse a tiro, quando si annoiava. Ma quella sera era impossibile: di fronte a lei sull’altro minuscolo divano, seduta esattamente al centro, davanti al suo sguardo, c’era una ragazza fuori dal comune. Occhi splendidi e profondi come il mare e uno sguardo che sembrava scrutare l’anima delle persone: anche l’imperscrutabile animo di Iori che si sentiva messo a nudo contro di lei. La ragazza sembrava fissarla quando lei non incrociava il suo sguardo, e ogni volta che Iori se ne accorgeva alzava le lanciava un’occhiata, e in quel momento l’altra ragazza distoglieva i suoi profondi occhi da lei. Era davvero bella…e attraente. Non aveva ancora parlato dall’inizio della conversazione e sembrava la più intelligente del gruppo, se non anche la più timida. Davvero, Iori voleva parlarle, le interessava. Era la prima volta che desiderava cosi tanto rivolgere la parola a qualcuno che non conosceva. Prese il coraggio fra le mani e provò a dire qualcosa in un momento di silenzio fra una risata e l’altra. “Come vi chiamate?”
Le ragazze parvero un po’ stupite dall’improvvisa domanda dell’unica che ancora non aveva riso a nessuna battuta dall’inizio della serata.
“Non si chiede il nome a una signora senza prima dire il proprio.” la buttò sul ridere la più scaltra del gruppo incrociando le braccia e sfidando con lo sguardo Iori. “Che razza di gentiluomo sei, sennò?”
Tutti i maschi scoppiarono in grosse risate. Non era la prima volta che Iori veniva scambiata per un uomo. Era tutto fuorché femminile.  E i suoi modi lo erano ancora meno.
“Mi dispiace belle! Ma il nostro capo non è un maschione carino come credete” Argo continuava a ridersela sotto i baffi. Le ragazze rimasero un po’ interdette e si scambiarono sguardi interrogativi. Iori abbassò lo sguardo, sconfitta dalla vergogna.
In quel momento lo sguardo dell’unica che ancora non aveva parlato si illuminò ed ella sobbalzò in un’esclamazione al limite dello stupore “Sei una ragazza?”
Iori alzò lo sguardo, per incrociare quello profondo della ragazza seduta di fronte a lei, che in un attimo arrossì e si strinse nelle spalle capendo di aver osato troppo. Ma la reazione di Iori non fu di vergogna o rabbia o qualunque altra cosa, anzi continuò a fissare negli occhi quella ragazza quasi ipnotizzata e alla fine decise di rispondere “Sì…perché? C’è qualche problema?”
“No, affatto…” rispose quella intimidita “E’ che ancora nessuno di noi l’aveva capito, tutto qui.” Abbassò lo sguardo.
“Mi chiamo Iori…” Iori squadrò torva tutte le altre ragazze “…se proprio volete che io dica il mio nome per prima.”
Quelle rimasero in silenzio non sapendo che pesci pigliare. “Miku!” la ragazza seduta al centro di nuovo sobbalzò come per prendere l’occasione al balzo “Mi chiamo Miku.”
Oh fantastico. In un modo o nell’altro Iori era riuscita a strapparle il nome. Ora le due non potevano smettere di fissarsi.
“Ehi, aspetta” saltò fuori Argo “Ma io ti ho già vista da qualche parte…forse in tv?”
“Esatto!” una delle sue amiche batté una mano sulla spalla a Miku, con orgoglio “Strano che tu non l’abbia riconosciuta: lei è la diva del momento! E’ Lyto! Quella che canta Freely Tomorrow! E’ su ogni canale ogni 10 minuti!”
“Aaaaah…” gli amici di Iori parvero capire e presero a fissarla incuriositi. Iori invece non se ne intendeva granché e continuò a non capire. “Freely Tomorrow?”
“Passa sempre per radio. E’ la hit del momento!” sorrise a trentadue denti  uno dei loro.
“E come fa?”
“Fattelo dire da lei no?” indicò con foga e decisamente troppa maleducazione Miku, ma nessuno si offese “Dai, canta! Vorremmo sentirti.”
La ragazza si sentì chiaramente in soggezione. Non voleva cantare, si vergognava, però non sapeva che pesci pigliare, in quel momento, e si guardò attorno sperduta. Incrociò lo sguardo di Iori in preda al panico, come un gattino impaurito. Accennò a un debole sorriso e tentò di dire qualcosa: “Ecco, io…”
D’un tratto, Iori riconobbe nel suo timbro vocale qualcosa di familiare di cui prima non si era accorta. Le fu tutto subito chiaro. Lei conosceva quella ragazza, ne era certa. Aveva sentito la sua voce alla radio. Di solito non ricordava i testi delle canzoni, ma quella, quella le era rimasta impressa…
“Se alziamo lo sguardo e sorridiamo, otterremmo una magia per riguadagnare tutti gli altri sorrisi.”
Tutti guardarono Iori con leggero stupore. Stava parlando da sola, ma… sì, si era ricordata il testo della canzone di Miku. La ragazza di fronte a lei si sentì in debito con Iori, l’aveva salvata. Ed era felice che la sua canzone le fosse rimasta impressa. Sfoggiò un meraviglioso sorriso alla ragazza che le stava di fronte.
“Con un colpo sul nostro cuore e un trucco meraviglioso, possiamo rinascere liberamente domani.” Canticchiò continuando a sorridere “Sì, è questa Freely Tomorrow.”
“Oh…” Iori cercò di allontanare il suo sguardo imbarazzata “Sì, l’ho sentita in giro.”
Argo si alzò di colpo, tirando per la maglia Iori e costringendola ad alzarsi, ignorando i suoi ripetuti lamenti.
“Che fai? Mollami!”
“Penso che ti abbiamo trovato la partner per questa sera” sorrise malizioso.
“Che?”
Il ragazzo prese dolcemente la mano di Miku e la invitò ad alzarsi. “Signorina, la nostra compagna avrebbe piacere di conoscerla in privato. Vuole concederle questo onore?”
“Cosa?? Nononono, ehi, non ascoltarlo…e tu mollami!”
“Oh, va bene.” sorrise leggermente arrossendo Miku. Il ragazzo portò di peso Iori e accompagnò Miku nella stanza accanto e poi le chiuse dentro a chiave.
“EHI!” Iori inveì contro la porta “Facci U S C I R E.”
“Quando ce ne andiamo noi, vi apro. Buon divertimento.”
Iori si arrese, mentre Argo se ne tornava sul divano con le chiavi. Non disse niente si limitò a guardare male la porta per un po’ di secondi, come se volesse spaccarla o ordinarle di aprirsi. Miku tentò di rompere il silenzio “Bè, a quanto pare non eravamo di buona compagnia e ci hanno levato di mezzo.” Mentre lo diceva sorrideva divertita.
“Cosa ridi?” Iori la guardò sospettosa.
“Mh? E’ divertente non mi sono mai trovata chiusa in una stanza contro la mia volontà. Ahah.”
“Non è divertente. Non dovrebbe capitare.” Iori ficcò seccata le mani in tasca e si voltò ad osservare la stanza. Era piccolina, c’era giusto un divano con la televisione e un tavolo. Iori si sedette sul divano, lasciandosi cadere di peso e continuando a tenere un’espressione imbronciata. Non le piaceva l’idea di restare da sola con una ragazza in una stanza. Soprattutto se quella ragazza era bella quanto un angelo. Iori continuava a distogliere lo sguardo da lei, quasi come stesse scacciando un insetto insistente, ma l’aveva vista bene: pelle candida e liscia, capelli setosi raccolti in due code, un corpo da modella, e due labbra che aspettavano solo di essere mangiate. Iori scacciò via anche quel pensiero dalla sua testa.
La ragazza le si avvicinò sorridendo e lentamente si sedette accanto a lei sul divano, cercando di guardare altrove. Ma la sua attenzione era come magnetizzata da Iori, che a sua volta era tutta impegnata a resistere all’impulso di voltarsi verso di lei. Miku guardò il grande orologio appeso alla parete: erano appena le 10. Avrebbero dovuto passare assieme ancora un po’ di ore, prima che gli altri avessero deciso di andarsene e “liberarle”. Miku sapeva, così come Iori, che sarebbe stato un lasso di tempo pressoché interminabile.

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Capitolo 3
*** Contatto ***


Contatto


“Che facciamo?” sussurrò Miku stringendosi le gambe al petto dopo qualche imbarazzante minuto di silenzio e guardando il pavimento. La cosa cominciava a farsi sempre più imbarazzante. Iori si vergognava a parlare ed era già troppo impegnata a trattenere i suoi istinti per pensare di fare altro. Miku non capiva come prendere la ragazza: non capiva se era arrabbiata o se la sua presenza le desse sui nervi. Per cui non sapeva neanche bene se proporle di fare qualcosa, come guardare la televisione insieme oppure se cominciare un discorso per conoscerla meglio. Dopo altri estenuanti minuti di silenzio, optò per la seconda opzione.
“Iori? Quindi ti chiami così?” le chiese voltandosi e sorridendo amichevolmente.
“Si…” l’altra ragazza le rivolse finalmente lo sguardo. Era felice di farlo e di averne trovato occasione. Si rilassò. La voce di quella ragazza era per lei come un toccasana; voleva sentirla.
“E’ un bel nome.” l’altra continuò a sorridere e cercò di sforzarsi di trovare altri argomenti “Quanti anni hai?”
“Diciassette.”
“Oh…” quella dichiarazione parve sconvolgere Miku e i suoi intenti in qualche modo.
“Cosa? Cosa c’è?”
“Ah, niente, niente… Ti facevo più grande. Forse è perché stavi insieme a quei ragazzi più grandi.”
“Non sono più vecchi di tanto. Argo è il più anziano e ne ha 20.”
“Eh? Ma allora prima hanno mentito…”
“Già.”
“Sono tuoi amici?” Miku stava cominciando a diventare incalzante nelle sue domande.
“Si…” Iori la guardò di sottecchi sospettosa, aveva capito che voleva farsi i fatti suoi “E tu e le tue amiche…quanti anni avete? Quindici…quattordici?”
Miku rimase in silenzio per qualche secondo. Si voltò e cominciò a ridere sommessamente per poi lasciarsi andare. Iori si sentì subito in imbarazzo e cambiò tono pensando che la ragazza la stesse deridendo. Era il suo modo di fare quando qualcuno la metteva in soggezione, fingeva di fare la dura per difendersi.
“Ehi! Che c’è da ridere?” la ammonì.
“Nulla, nulla” l’altra continuò a sorridere tentando di trattenere le risate “Scusami, hai ragione… Pardon.” si ricompose “Io ho 23 anni.” concluse con un sorriso, come se ne andasse fiera.
“Eh…” Iori si rese conto dell’errore e diventò più mansueta “Oh… Ok.”
“Mi credevi più giovane?”
“Si. Devo essermi sbagliata. Scusami.”
“No, figurati. Capita spesso. Dicono che il mio viso così dolce li confonde.” rise.
“Confonderebbe chiunque.” borbottò Iori con lo sguardo basso.
“Sai…” Miku parve cambiare rotta del discorso all’improvviso, cambiando addirittura tono di voce; ora era più dolce “Io lo avevo capito che eri una ragazza.”
“Ah? Sul serio?”
“Si.” le guance di Miku presero colorito e la ragazza si sedette timidamente più vicina a lei “Solo che nessun altro sembrava averlo capito quindi sono stata zitta. Pensavo che volessi nasconderlo.”
“Che stupidaggini. Perché dovrei?” Iori distolse lo sguardo mentre arrossiva avendo colto la manovra di avvicinamento della ragazza. La situazione su quel divano stava diventando sempre più simile a una guerra.
“Non lo so. Dimmelo tu.” Miku alzò la testa, ora il suo fiato Iori lo poteva sentire sul collo tanto era vicina.
In quel momento, Iori continuava a pensare che sarebbe stato meglio levarsi da quella situazione ed allontanarsi da lei il prima possibile. Non voleva toccarla, non voleva alzare un dito su di lei. E sapeva che se non si sarebbe spostata entro breve, avrebbe corso un bel rischio…
“La mia canzone ti è piaciuta, allora.” aggiunse Miku prima che Iori potesse fare qualsiasi mossa per allontanarsi da lei. E dicendolo le appoggiò la testa sulla spalla.
“Si…” la voce di Iori tremava, la ragazza sapeva ormai di aver perso il controllo di sé. Nella sua testa passavano solo brutti pensieri, cose che non le piaceva affatto pensare di una ragazza, o meglio sì le piacevano, ma le sentiva così sporche che si vergognava lei stessa di pensarle. In quel momento si sentì in colpa come non mai, non voleva pensare certe cose della ragazza senza che lei lo sapesse, non le sembrava giusto. E volle dirle semplicemente la verità, prima di poter agire in qualsiasi modo.
“Forse è meglio che ti stacchi.” la guardò dritta negli occhi con tono serio “A me…piacciono le ragazze.”
Gli occhi di Miku parvero porsi un sacco di domande nel giro di pochissimi secondi. Fissarono Iori scrutando ogni millimetro del suo volto. Non si staccarono più da lei.
“Che c’è?” tagliò corto Iori sforzandosi di mantenere un atteggiamento serioso “Ti disgusta? Bè, puoi anche andartene. Non mi offendo.”
Miku con un gesto lento e silenzioso, le cinse un braccio con il suo, e le afferrò la mano con le sue dita lisce. “Perché dovrebbe disgustarmi?” le sorrise infine, rivolgendole uno sguardo ammiccante “E’ normale.”
“Cosa..? Normale? No, non è normale” Iori balbettò qualcosa. Aveva ormai perso del tutto la sua sicurezza e lasciato spazio all’imbarazzo.
“Come no? Ti senti sbagliata? Ti senti “anormale”?”
“Eh? No, io sono come gli altri. Solo che…”
“Che? In cosa sei diversa?”
“Ah…” Iori non sapeva rispondere. Non ci riusciva. Distolse lo sguardo.
“Sei come gli altri, non hai niente di sbagliato”
“Già. Peccato che sei l’unica a pensarla così.” la sua voce era flebile, soffocata da un dolore troppo a lungo celato.
“Vuoi toccarmi?”
La proposta di Miku non sembrava affatto normale. Iori si voltò di scatto e la guardò sconcertata senza capire. Ma a quanto pare l’altra ragazza non stava scherzando. Che razza di proposta era? Sembrava una porcheria. Miku strinse poco di più la mano alla ragazza. “Non pensare male… Non sono una poco di buono. Voglio solo cercare di capire cosa provi. Se riesco a capirlo, comincerò a comprenderti. Mi farebbe molto piacere…”
Miku non la stava guardando negli occhi, era troppo imbarazzata. Iori fece un respiro talmente profondo che Miku non poté non accorgersene. Sapeva bene che il suo limite di sopportazione era stato raggiunto. Si voltò verso di lei e con una mano le alzò il viso, e toccò le sue dolci labbra con le proprie. Passarono pochi secondi che sembrarono millenni. Miku non reagì, non si oppose. Il contatto fisico con quella ragazza le parve una droga. Chiuse gli occhi e abbandonò ogni concezione di sé stessa. E fu una pessima mossa, perché era come dare il permesso alla sua partner di continuare, che fosse sua volontà oppure no.

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