Anime avverse

di CinziaPV
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ferite ***
Capitolo 3: *** Buio ***
Capitolo 4: *** Segreti ***
Capitolo 5: *** La foresta proibita ***
Capitolo 6: *** Verità ***
Capitolo 7: *** verità-seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
 
 
 
E quando l’odio incontrò l’amore, se ne invaghì.
Egli così spietato e arido non poteva amare.
No, non erano amore quello, solo una blanda parvenza.
Il desiderio di proteggerla, di appartenergli era solo un capriccio. L’ennesimo.
Eppure quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei, seppe che avrebbe infranto le regole e la odiò per questo.
 
 
 
Wiltshire, Malfoy Manor
 
Un merlo dal piumaggio nero e brillante s’impennò appena alla vista di un gufo viaggiatore.
Il secondo portava una missiva urgente.
Non era atteso dal destinatario, il quale ribellandosi alle regole del buon senso, beveva del whiskey incendiario alle prime ore del mattino.
Aveva passato una notte insonne, fra pozioni e unguenti dal fetido effluvio e si disponeva per andare a dormire, quando il placido picchiettare a una delle vetrate centrali, lo riscosse dai suoi pensieri.
Con un cenno del capo, invitò l’elfo domestico ad aprire l’infisso.
Zodl, così si chiamava l’essere, gracile e malconcio, si mosse agile nella penombra della camera. Con uno strattone aprì il battente, il quale produsse un cigolio metallico.
A un visitatore esterno, la villa poteva apparire disabitata, tanto era lo stato di degrado nel quale vessava.
Di tanto in tanto qualche bambino si avvicinava curioso, immaginando che degli spettri si aggirassero fra le rovine, rivendicando il diritto di appartenenza su quelle spoglie.
Il sole raramente faceva capolino all’interno del maniero.
Il gufo, il quale in realtà era un grosso barbagianni, era giunto a destinazione diffidando di poter assolvere l’ingrato compito assegnatoli.
Aveva viaggiato per circa una settimana, strattonato a destra e a manca da ogni vociferare errato giungesse alle sue orecchie oblunghe.
Finalmente la finestra si aprì, ma quello che si affrettò a strappargli la lettera dagli artigli, fu niente poco di meno che un elfo domestico dall’aria tracotante e infastidita.
L’elfo tuttavia, sfiorò appena la missiva, che gli fu tolta sgarbatamente dalle mani da un Draco Malfoy notevolmente arrabbiato.
“SignorMalfoy“ recitava la missiva, quasi a prendersene burla.
Nessuno si rivolgeva a lui con epiteti simili, non volutamente almeno. Lo facevano gli elfi domestici perché lo temevano, e gli scagnozzi leccapiedi di suo padre, i quali non avevano ancora compreso che AZkaban era la fissa dimora di colui che l’aveva generato e consorte.
“Signor Malfoy” rilesse. “Con la presente la invitiamo a raggiungerci immediatamente a Hogwarts. ”
Arrotolò la lettera, che senza produrre alcun rumore s’incastrò fra le pieghe di un letto disfatto.
Non erano le donne la causa di tali turbamenti.
Nessuna trovava accoglienza fra le mura di Malfoy Manor. Il proprietario le scacciava malamente ancor prima che sorgesse il giorno.
Il marchio nero bruciava ancora, e nelle notti più scure desiderava strapparselo. Era quello il suo tormento… il segreto più inconfessabile.
Nessuna magia lo avrebbe fatto sparire. Gli avrebbe ricordato per sempre la sua malleabilità.
“A sedici anni puoi anche permetterti di sbagliare.” Le parole di Albus Silente bruciavano anch’esse, e lo facevano contorcere in preda agli più atroci dolori.
Neanche Blaise o Theodore Nott sapevano. I suoi migliori amici conoscevano la sua infamia, ma non ne immaginavano il tormento.
Non sapevano perché era impossibile smaterializzarsi a Malfoy Manor: avevano attribuito la cosa ad un incantesimo di protezione sul maniero.
Condanna.
Il ministro della magia Kingsley, lo aveva invalidato all’uso della magia all’interno della propria residenza, un tempo base di lord Voldemorth per un periodo di quattro anni.
“Draco Malfoy di stirpe purosangue” recitava la sola lettera che gli aveva lasciato suo nonno, fino a qualche anno addietro affissa ad una delle pareti come una laurea ad honorem. Adesso accartocciata insieme con altre cianfrusaglie.
Il sangue alla fine non aveva prevalso, e tutto quello cui aveva creduto era stato spazzato via da una cruenta guerra magica.
Voldemort era stato sconfitto dal trio dei miracoli, e di lui non restava che cenere.
Si distese sul letto, e senza proferire parola attese che il sonno sopraggiungesse.
Il gufo assicuratosi che la lettera fosse arrivata al diretto interessato, riprese il suo viaggio.
 
 
 
 
Lontano dallo Wiltshire, a miglia e miglia di distanza, sotto un’immensa cappa grigia, Londra si stava svegliando.
Charing Cross Road a quell’ora del mattino non era molto frequentata, e a parte il netturbino raramente scorgevi altri viandanti.   Per questo l’uomo issò lo sguardo, non appena qualcun altro s’immise nella sua visuale.
Dall’altra parte della strada Hermione Jane Granger stava rincasando. La conosceva da quando era piccolina, era sempre stata accorta e diligente, ma ultimamente rincasava a orari insoliti e a suo giudizio appariva diversa. Neanche l’uomo poteva spiegarsi in cosa consisteva tale diversità, poiché solo un esame attento e accurato l’avrebbe rivelato.
"Era stata lontano da casa per parecchi anni! Era ovvio che fosse cambiata" pensò scuotendo il capo.
Hermione incurante che l’uomo la stesse guardando, aprì con non poche difficoltà la porta di casa, e finalmente s’immerse nel tepore della sua abitazione.
Sul tavolo, presenziavano ancora i rimasugli di quella che doveva essere stata una scarsa cena, composta da insalata e pane integrale.
Qualche mese addietro a quell’ora, la casa sarebbe stata invasa dall’odore del caffè, mentre tazze e utensili domestici, avrebbero danzato rumorosamente a ricordarle la diversità che la caratterizzava.
Osservò per qualche secondo l’ambiente circostante, prima di dirigersi verso l’appendiabiti.
Una volta liberatasi dal cappotto, si diresse verso il bagno, e iniziò a riempire la vasca.
Aveva bisogno di un bagno, ma soprattutto di dimenticare.
Iniziò a spogliarsi, cercando di coordinare le idee.
Era dimagrita, ma non per questo appariva meno bella. I capelli lunghi e vaporosi, erano tornati ad essere ricci, e gli occhi, un tempo marroni, adesso erano di una gradazione simile al dorato.
Per un breve istante, si permise il lusso di guardarsi allo specchio. Non si riconosceva più.
Sui polsi portava ancora i lividi, di quella che poteva sembrare una violenza, e in diverse parti del suo corpo apparivano ecchimosi non troppo recenti, che comunque i vestiti riuscivano a mascherare. Non avrebbe saputo come spiegarle ai suoi genitori, per come non avrebbe saputo spiegare l’assenza di Ronald Weasley dalla sua vita.
Stava per immettersi nell’acqua, quando un leggero picchiettare a un battente la riscosse.
Come se la stanchezza l’avesse lasciata di colpo, indossò velocemente una vestaglia e si diresse a passo di carica verso la finestra. Sapeva già cosa vi avrebbe trovato, e la cosa non le dispiaceva per nulla.
Quando aprì il battente, l’aria gelida di una Londra ancora dormiente la investì.  Sorrise alla vista del grosso barbagianni, il primo vero sorriso dopo giorni a brancolare nell’apatia. Qualcosa di magico nella sua vita alla fine era rimasto.
 
 
 
Angolo autrice:
Questo è solo il prologo, e spero non sia stato deludente. Per adesso le cose sono confuse, ma presto avranno una logica.
La via in cui abita Hermione esiste per davvero, ed è caratterizzata dalla presenza di molte librerie. Ho pensato fosse molto attinente alla protagonista.
Non ho molto da dire essendo solo all’inizio, ma spero vi farete sentire in tanti, e che mi seguirete.
A presto
Tess
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Ferite ***


1
 
 
 
 
 
 
La luna non faceva capolino quella notte.
Il cielo era un manto scuro che avvolgeva Hogwarts e come lo scalpello di un abile scultore, ne delineava le arcate e le torrette svettanti.  
Dai margini della foresta proibita, giungevano sibili acuti, capaci di far accapponare la pelle al più coraggioso dei grifondoro.
Avvolta in una pesante cappa scura, la visitatrice di quella notte non riusciva a smettere di tremare.
Non era per il freddo. Malgrado fosse gennaio, era sicura che il gelo che sentiva provenisse  da dentro.
Guardò per un ultima volta il lago nero, prima di riportare lo sguardo davanti a sé.
Il guardacaccia Hagrid aveva fatto non poche storie  per traghettarla a quell’ora della notte, adducendo la colpa a orribili creature ivi abitavano.
A suo dire, era proprio durante la notte che facevano la loro apparizione.
Era arrivata stanca e indolenzita… e doveva aggiungere affamata, visto che erano più di sedici ore che non toccava cibo, ma aveva lo stomaco chiuso.
Hermione Jane Granger fissò a lungo l’antico castello, prima di decidersi a varcarne l’ingresso.
Riusciva solo a pensare di essere tornata a casa.
Nella sua mente contorta "casa"non aveva l’odore di muffin appena sfornati, ma di succo di zucca, mandragola e artemisia.
Si sentiva piccola e insignificante all’interno della scuola. L’atrio non le era mai sembrato tanto grande.
Chiuse gli occhi imponendosi una calma che non possedeva.
Non si era mai sentita così, neanche quando con Harry e Ron era andata alla ricerca degli orcrux, o ancora prima quando il cappello parlante l’aveva smistata a Grifondoro.
Ron. Credeva di non riuscire a pronunciare il suo nome, eppure lo aveva fatto, prima al ministero e poi con… Ginny.
Ron… la sua voce aveva vacillato appena un istante. Poi non c’era stato più alcun indugio.
Niente che testimoniasse il dolore che stava provando.
Ron era il suo amico, il suo quasi fidanzato, il ragazzo che aveva baciato durante l’evacuazione della scuola.
Non era stato romantico, solo goffo. E lei se ne era innamorata, perché l’amore non è mai sinonimo di perfezione, ma l’antitesi della cosa giusta da fare.
Ron.
Quel nome non rappresentava più niente, solo un "eco" di ciò che avrebbe potuto essere, della sua vita babbana e poco magica riflesso di se stessa.
“Ron Wesley.” L’aveva detto forte e chiaro.
La sua voce non aveva tremato.
Ginny invece era impallidita. Scoprire così su due piedi, che il proprio fratello è precursore di una nuova guerra magica, non doveva essere allettante.
 
“Mi stai facendo preoccupare.”Aveva sussurrato abbracciandola stretta.
La zazzera rossa che fino a qualche anno addietro teneva sul capo, era stata sostituita da fini crini, perfettamente lisci e ordinati.
Era bella Ginny con la sua aria da eterna ragazzina e le efelidi sparse sul viso.
Hermione ricordò di come avesse desiderato che il tempo si cristallizzasse, lì in quel preciso istante, in quell’abbraccio così non avrebbe dovuto elargire nessuna spiegazione.
Si era lasciata cullare dalla stretta dell’ amica per un lungo istante, desiderando non fosse l’ultimo, l’ultimo di una serie di abbracci mancati.
 “Ho trovato i tuoi messaggi nella segreteria…”Quando era tornata a guardarla, la sua voce non era più fievole... solo piatta ed Hermione ricordò, proprio in quell’istante mentre varcava nuovamente Hogwarts, di  come le era sembrato strano, perché Ginny metteva enfasi in tutto quel che diceva.
 "Dunque era questo… mi dovevi parlare di Ron.“Aveva bisbigliato roca con gli occhi arrossati.  
Hermione aveva ringraziato Merlino di averlo fatto lontano da Herry e da chiunque altro potesse infierire sulla sua amica, perché le voleva bene.
“Forse… “Ginny aveva ripreso a parlare. “Ti sei sbagliata… forse sono gli evasi di AZkaban.”
Parole profuse senza una linea precisa, di cui Hermione riusciva a capirne appieno il significato: la loro amicizia era finita.
Non era solida come quella che la legava ad Harry, ma comunque importante.
Con Ginevra Wesley era differente, la loro era un’amicizia tutta al femminile, fatta di chiacchiere e confessioni notturne, cose che a Harry per quanto gli volesse bene non avrebbe mai potuto confidare.
Erano passati tre mesi da quel giorno e Ginny non l'aveva più richiamata.

Quella sera l’avrebbe rivista, a Hogwarts la scuola che aveva visto nascere la loro amicizia e lei era un egoista. Ne era convinta pienamente, perché non riusciva a non pensare che a sé stessa e a quanto le mancassero Ginny ed Harry.
Non pensava al dolore che aveva arrecato all’amica.
 
 
 
Aveva appena finito di formulare questi pensieri, che le scale che stava iniziando a salire si spostarono per portarla chi sa dove.
Cercando di non farsi prendere dal panico, si aggrappò al corrimano per evitare cadute accidentali.
Quando le scale si fermarono, capì con enorme sollievo di trovarsi nel luogo dell’appuntamento.  
- Alla buon ora Granger. -
Sapeva a chi apparteneva quella voce, ancor prima di posare lo sguardo sulla figura dell’uomo. Avrebbe riconosciuto ovunque la voce di Draco Malfoy. Il timbro arrogante, l’ostentata sicurezza, la sufficienza con la quale le si era rivolto.  
Avrebbe preferito che ad accoglierla ci fosse la  cara vecchia professoressa McGranitt ma ancora una volta il destino, Merlino o il karma le si erano rivoltati contro. 
- Malfoy… - ricambiò il saluto senza lasciar trasparire il minimo disagio e a dimostrazione di ciò avanzò di qualche passo.
Adesso lo vedeva chiaramente il biondo serpeverde che l’aveva denigrata per anni, ma ad attenderla non c’era più un insulso ragazzino con i capelli gelatinati.
Il nuovo Draco Malfoy la inibiva, forse più del ragazzino indisponente che era stato.
- I tuoi amici non ci sono. - Sibilò duro.
Hermione perse un battito.
Non ci fu bisogno di elargire alcun nome. Sapeva  a chi si stava riferendo. Tremò, perché questo avrebbe significato non solo rimandare l’appuntamento  con Harry e Ginny. Significava che d’ora in avanti le loro strade avrebbero preso direzioni diverse, senza più confluire.
E lei non era pronta.
Oltre che egoista era anche codarda.
Forse il cappello parlante avrebbe dovuto smistarla a serpeverde.
Trovava la scelta dei corvonero, ancora meno azzeccata di quella grifondoro: era tutto fuorché intelligente.
 
 
 
 
 
 
In un angolo della stanza, Pansy Parkinson fremeva furente.
Draco Malfoy non l’aveva degnata di uno sguardo. La sera prima, faticava a credere che l’avesse riconosciuta.
Dopo però si erano salutati e lui l’aveva chiamata col suo nome e allora aveva capito, di esserle indifferente.
"Indifferenza" era quello che suscitava negli altri, il confine di se stessa. La sua esistenza era laconica, nessuno la considerava.
Perfino la "mezzosangue" riusciva a catalizzare l’attenzione su di sé.
Quando era entrata nella stanza, lievemente in ritardo, con il viso arrossato forse per la corsa e i capelli scomposti, Draco Malfoy l’aveva guardata e per un istante aveva desiderato che guardasse lei in quel modo.
Neanche suo marito l’aveva mai guardata così. Se l’avesse fatto, si sarebbe sentita desiderata.
Lei era trasparente. Sempre.
La sua famiglia la considerava tale.
"Mia figlia non è bella." Stava dicendo suo padre a Peter Frawel, nella loro casa al mare, appena due anni prima.  "Ma è una purosangue. Quale dote migliore per tuo figlio."
Di quel giorno non ricordava molto e pensare che avrebbe dovuto essere almeno contenta.
Ricordava l’odore di tabacco e la mano fredda e appiccicosa del suo promesso sposo.
I matrimoni fra purosangue, quasi sempre avvenivano per contratto. Per questo si era stupita, quando aveva appreso che Blaise Zabini e Malfoy non erano sposati.
La sera prima erano stati accompagnati velocemente nelle proprie stanze e adesso si ritrovavano tutti quanti nell’ufficio della preside in attesa di spiegazioni. E lei non riusciva a smettere di guardare lei, la mezzosangue, perché era bella con i suoi capelli scomposti, il trucco appena accennato e gli occhi accesi di una passione sconosciuta.
Aveva visto Draco Malfoy indugiare con lo sguardo sul suo corpo e ne era gelosa, perché nessun uomo ha diritto di guardare una donna così. Una donna che non sia sua e Hermione Jane Granger non le apparteneva.
Si odiavano!
Non avevano fatto altro che battibeccare da quando avevano messo piede nello studio.
Eppure lui la guardava, come se fosse l’unica donna esistente sulla faccia della terra.
E lei ingiustamente si era sentita tradita, forse per l’antico ricordo di Hogwarts, per le notti che passava a fare l’amore con lei all’insaputa di Daphne.
Ingiustamente, perché non era lui a essere sposato. Il contrario.
E adesso che lo guardava bene Malfoy non era tipo da matrimonio.
Era il classico bello e dannato, con i capelli scomposti, gli occhi di un grigio ceruleo. Occhi di un colore e di un’intensità che nessuna donna avrebbe potuto dimenticare.
E lei aveva passato anni a fingere di dimenticare, per poi scoprire che in realtà il suo ricordo era ancora vivo dentro di lei.
Bugiarda!
 
 
 
 
***
 
 
 
- Quante storie… sapete com’è la megera: ingigantisce sempre i problemi. - La voce di Malfoy la raggiunse sprezzante.
Hermione sbuffò. Lo guardò astiosa per un breve istante. - Non chiamarla così - la voce forte e decisa, come sempre, c’era solo una ruga di preoccupazione a incresparle la fronte.
- Altrimenti? - la sfidò
-Altrimenti niente Malfoy. Se non te ne fossi accorto, siamo cresciuti - sottolineò.
Sfide, che lui non avrebbe tardato ad accogliere.
-Oh sì, che me ne sono accorto - sussurrò lascivo, incatenando i suoi occhi a quelli ambrati di lei e accorciando le distanze.

Lei istintivamente indietreggiò.
- Hai paura?- un altro passo.
-No. - Le spalle contro il muro a precluderli ogni via di fuga.
“Ragiona Hermione.” Si diceva. “Non ti farebbe mai del male. Non qui. Che ragione hai di tremare?”
- Io credo di sì. - Le soffiò ancora all’orecchio, avvicinandosi maggiormente. Lo sguardo indugiò per un breve istante sul viso di lei, sugli occhi, sugli zigomi pronunciati, sulla bocca.
Si avvicinò ancora. Anche Hermione alzò lo sguardo su di lui.
Non possedeva più il cipiglio altezzoso che gli aveva visto sfoggiare in tante occasioni.
Il suo viso era una maschera di ghiaccio
Draco Malfoy non l’aveva mai guardata così.
In realtà, non l’aveva mai guardata. Il principe serpeverde non si sarebbe mai abbassato a farlo, riteneva perfino il rivolgerle la parola un insulto alla propria persona.
- Mezzosangue. -
- Malfoy. - Il cuore ormai le batteva furiosamente nel petto.
Voleva allontanarsi, ma lui glielo impedì costringendola fra il suo corpo e il muro e trattenendola per un polso.
Non era freddo come immaginava. Il contatto le bruciò la pelle.
Era la prima volta che si sfioravano, eccezion fatta per quando lei l’aveva schiaffeggiato.
- Sarebbe scortese… mezzosangue. - L’etichettò ancora.
I loro occhi non si erano lasciati.
- Cosa? - riuscì a biascicare.
-… allontanarsi - precisò.
- Lungi da me, l’essere poco gentile… -
- Ti stavo osservando. E da quando sei arrivata che mi sembri diversa. - Costatò scrutandola indagatore.
La sua mano non aveva ancora lasciato il suo polso.
Hermione raggelò. Nessuno si era accorto di niente. Possibile che Malfoy avesse capito?
- Si non mi sbaglio… sei cambiata. Gli occhi non sono del solito marrone e… - con la mano libera, quella che non la tratteneva andò a sfiorarle una ciocca di capelli. Con lentezza gliela sistemò dietro l’orecchio. - I capelli sono più chiari - mormorò.
Eccolo Malfoy in azione, indagatore, pungente, sottile, solo come un vero serpente poteva essere.
Hermione cercò di liberarsi dalla presa, strattonando il polso senza riuscirci.
-Anche tu sei cambiato - tentò una via di fuga. - Non sembri più il ragazzino egocentrico e viziato che… ai - strillò. - La sua presa si era fatta più feroce.
L’ex studentessa grifondoro alzò lo sguardo ancora una volta su di lui e fu allora che lo riconobbe.
Odio. Ecco cos’era.
Lo riconobbe nella piega dura delle sue labbra, nelle sue spalle contratte e ne ebbe paura.
Non conosceva le mille sfaccettature di questo sentimento.
Ne aveva avuto un assaggio con Bellatrix Lestrange ma guardando Draco Malfoy, fu sicura che fino ad allora, non ne aveva conosciuto la vera essenza.
Tuttavia non si sarebbe lasciata intimorire.
- Lasciami! - intimò.
-Altrimenti? -la provocò. - Mi cruci? Mi schianti? - proruppe in una fragorosa risata. - Non ci posso credere. Hermione Jane Grenger, quella che ai MAGO ha preso il massimo dei voti. -
Hermione soffocò un lamento. La presa sul suo polso era ferrea ma non le avrebbe dato la soddisfazione di vederla supplicare, benché la posizione nella quale si trovava le suggerisse il contrario.
- Niente di tutto questo… furetto. -
Con uno strattone Malfoy l’avvicinò maggiormente a sé.
-Lasciala Draco. - La voce di Zabini lo scosse. - Le stai facendo male.
- Sono sicuro che la mezzosangue sappia cavarsela - disse ironico andando a scontrarsi con i suoi occhi dorati.
La guardava come mai nessuno aveva osato fare, dritto negli occhi.  Sembrava volesse trapassarla.
-Non ascoltarlo Draco. - Era intervenuto anche Theodore Nott. - E una "mezzosangue." Per colpa sua i nostri genitori sono finiti ad AzKaban.
E fu su questa scena che la porta sì aprì.
- Che succede? - La voce della McGranitt la rincuorò solo per un brevissimo istante.
- La Granger è cambiata. - Fu così che Malfoy giustificò il suo atteggiamento.
- Perspicace Signor Malfoy. Davvero. -
Pansy e Blaise la guardarono interrogativi, aspettando una spiegazione che avrebbe volentieri rimandato all’infinito.
Nella stanza era sceso un improvviso silenzio e lei realizzò di non avere più tempo.
Si trovava a Hogwarts, il luogo, dove tutto era cominciato e stava finendo.
Avrebbe voluto che al suo fianco ci fossero Harry e Ginny, o magari Lavanda. Invece si trovava insieme a persone con le quali non aveva avuto alcun genere di rapporto negli anni precedenti.
Anche il suo abbigliamento era inadatto.
Indossava un vestito di lana verde, che gli arrivava appena sopra il ginocchio ed evidenziava le forme perfette di un corpo non più adolescente. E si sentiva vulnerabile con il polso bloccato ancora dalla presa ferrea di Malfoy, i suoi occhi puntati sul suo viso e il suo alito a solleticarle il collo.
Si sentiva vulnerabile, perché lui la guardava come nessuno, aveva mai fatto e le impediva di abbassare lo sguardo.
E invece doveva farlo, abbassare gli occhi se voleva parlare, altrimenti avrebbe continuato a fuggire all’infinito.
E lei non voleva più fuggire, quindi solo per un attimo lo fece: abbassò gli occhi. Non abbastanza veloce da non vedere il lampo di soddisfazione che attraversò gli occhi di Draco Malfoy.
- Non sono più una strega - sussurrò quasi in contemporanea col ghigno sfrontato di lui.
Tremava.  Niente a che vedere con la sensazione provata poco prima al ricordo di Ron.
“ Non sono più una strega.”
Cos’era allora?
Persa, svuotata, spaccata in due. Ecco come si sentiva.
Non l’aveva ancora detto ad alta voce, come se farlo l’avrebbe reso di colpo reale.
Neanche ai MAGO si era sentita così impreparata.
Malfoy improvvisamente lasciò la presa.
 
 
Minerva Mcgranitt aggirò la scrivania e si pose a sedere su una costosa sedia di manufatto indiano.
- Hogwarts è sotto assedio, l’intero mondo magico lo è. -
Fu così che iniziò il racconto più inverosimile della sua lunga carriera di strega.
 
 
 
 
***
 
 
 
AzKaban, dalle mura alte e grigie, il mare che la circondava e i dissennatori a far da guardia non era più la prigione più sicura che esistesse.
Il mese scorso e quello prima ancora, venti mangiamorte, erano fuggiti. I dissennatori non li avevano inseguiti.
Al ministero si mormorava, fosse lo scotto di un tacito accordo stipulato fra più parti.
Le voci erano giunte a Kingsley, il quale indignato aveva negato.
Eppure quella mattina il ministro, adducendo una forte emicrania aveva lasciato l’ufficio frettolosamente.
"Fazioni."
Si era sull’orlo di una guerra e ognuno doveva scegliere da che parte stare.
Kingsley, tacitamente o meno aveva preso la sua decisione, per come lo avevano fatto Harry Potter e l’intera famiglia Wesley.
Nel mondo magico non si parlava d’altro. Si mormorava fosse colpa della Granger, che aveva lasciato Ron Wesley senza apparente motivo.
Fratture destinate a non rinsaldarsi.
“ Se c’è qualcuno che non merita la magia, sono proprio i mezzosangue, i nati babbani.” Spiegava in un’intervista alla gazzetta del profeta il ministro in persona.” Si c’è in gruppo di estremisti, ma siamo pronti a fronteggiarlo."
 
 
 
                                                                      ***
 
- Mi auguro che voi siate pronti - terminò la Mcgranitt. - Signor Malfoy… desidero parlargli. Gli altri possono andare - li liquidò.
La porta si richiuse.
Minerva Mcgarnitt non usava molti giri di parole nei suoi discorsi, amava essere diretta.
- Bene signor Malfoy. - Ripeté per la seconda volta. - Ho un incarico.
- Un incarico diverso da quello che ho ricevuto poc’anzi. Dico bene?
- Dice bene.
- Sarebbe? - diretto anche lui.
- Proteggere la signorina Hermione Jane Granger.
- Cosa?- Se fu sorpreso, non lo diede a vedere, del resto aveva passato anni a fingere ciò che non provava.
Eppure questa volta non doveva fingere.
- Abbiamo motivo di credere che la signorina Granger sia in pericolo… e...
- Non credo di essere la persona più indicata. Se credete che la proteggerò vi sbagliate. Certi vizi sono duri a morire. Per me lei resta sempre una sangue sporco a cui ho dichiarato guerra. Non la proteggerò. La risposta è no!
La sedia fece un tonfo sordo mentre si alzava con poco garbo.
 
 
 
 
 
Note autrice:
Il primo capitolo è concluso e spero di non aver deluso alcuno e di aver descritto al meglio la situazione. Come avete capito Hermione non è più una strega e la McGranitt chiede a Malfoy di proteggerla. E’ tutto un po’ confuso ma siamo solo all’inizio e confidate che più avanti, tutto sarà più chiaro.
Vi raccomando di recensire! Bastano solo dieci parole per mandare una recensione.
Altre mie storie in corso:
- Promessi sposi
- Tra la neve e il sole

 
Baci
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Buio ***


2



 
 



 
 
Ombre scure avvolgevano Hogwarts, limitandone la visibilità. Da alcuni giorni, la scuola di magia e stregoneria si trovava sotto assedio.
Diversi studenti erano stati aggrediti, da creature di cui neanche ricordavano il nome, o le sembianze.  Adesso giacevano in infermeria privi di volontà.
Hermione non riusciva a dormire,  non lo faceva da settimane, forse da mesi, da quando ... non misurava il tempo che passava, si crogiolava in esso e la stanchezza iniziava a farsi sentire.
Non lo aveva confidato ad alcuno. Per un attimo aveva pensato di andare da Madame Chips, poi però aveva rinunciato, confidando di riuscire a cavarsela da sola.
Seduta al centro del letto, con le ginocchia vicine al petto e il capo poggiato su di esse, leggermente inclinato verso la finestra, ascoltava. Prima le era sembrato di sentire un rumore, ma forse era solo... duttilità.
Dopo l'aggressione di... Ron, aveva passato mesi in ascolto di rumori inesistenti, con gli occhi sbarrati in attesa della catastrofe imminente.
La catastrofe però non era arrivata e se lo era stata all'inizio, adesso rappresentava solo... niente, una ferita, che faceva male, ma non si vedeva neanche più.
Era questo l'importante che nessuno la vedesse, di modo che, nessuno la commiserasse. E anche se alcuni erano più bravi di altri a leggerle dentro, poteva farcela e  fingere che andasse tutto bene e aveva finto talmente bene da crederci veramente.
  
 

Uno spiffero d'aria fredda la colpì, costringendola ad abbandonare la posizione di poco prima.
Si sedette sulla sponda del letto, rimanendo in ascolto per diversi minuti, col respiro ansante e ogni muscolo del corpo irrigidito.
Guardò dall'altra parte della stanza, dove Hannah Abbott dormiva tranquilla.
Si lasciava condizionare facilmente.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi.
Fu allora che lo sentì distintamente, il suo nome pronunciato per intero.
–  Hermione…
 


Il pavimento era ghiacciato e se non fosse stato per la fretta, si sarebbe premurata di calzare almeno le pantofole, visto che odiava le calze. Indossava una semplice sottoveste di cotone bianco a fiorellini rosa e non era sicura che seguire Arthur Weasley fosse una buona idea, soprattutto quando accostando la porta,  delle ombre scure l'avevano accerchiata.
Non era cosa comune ad Hogwarts, per come non lo era che mancasse la luce  e che lei si avventurasse per i corridoi deserti, senza bacchetta, senza magia, senza sapere esattamente cosa fare. – Hermione non è nel suo letto. – Gridò Hannah Abbott, vicino al quadro della signora grassa.
Questa per tutta risposta si tappò le orecchie.
Pansy e Blaise, che si stavano ritirando dopo la ronda notturna parvero non udirla, ma forse pensò Hannah: non volevano ascoltarla.
Era una fortuna che fosse una tasso rosso: la pazienza era sicuramente una delle sue virtù. Ne aveva dato ampio sfoggio negli anni precedenti e adesso non poteva farne a meno, non con colleghi purosangue, bigotti, ex serpeverde. – Hermione non è nella sua stanza, – ridisse, fiduciosa che questa volta l'avrebbero ascoltata. 
– Sarà in biblioteca – grugnì la Parkinson con voce strascicata.
Quando parlava, sembrava perennemente annoiata. Hannah Abbott, la osservò per la prima volta e si chiese come facesse a quell'ora della notte ad essere così impeccabile. – Ho controllato – rispose. –  Non c'è. – Intanto continuava guardarla, perché c'era qualcosa che la distingueva dagli altri e non era certo il sangue che gli scorreva nelle vene, anche se blu quello non si vedeva.
Si vestiva sempre con gusto. I capelli, il trucco, tutto di lei era perfettamente curato solo, sembrava un ritratto, uno di quei quadri babbani senz'anima. Artefatta. Ecco la parola che riusciva a descriverla appieno.
– Avrà avuto fame... sarà andata in cucina. Forse ti sei preoccupata inutilmente – proruppe ancora Pansy facendola indispettire.
Era uscita dalla stanza in tutta fretta, non premurandosi di darsi una sistemata e adesso sotto lo sguardo pungente di Blaise si sentiva fuoriposto, con i capelli spettinati, il pigiama di due misure più grande e le pantofole di uno stupido cartone babbano ai piedi. Si vergognava da morire.
Nessuno l'aveva vista così, solo Emie, ma  non valeva perché erano amici. E poi c’era stato Neville, che però era un capitolo chiuso a cui non voleva pensare. – Mi hai guardata? Credi che sarei andata tranquillamente a passeggiare conciata così se non fosse stata un emergenza?
– Non conosco le abitudini di voi mezzosangue.  Forse la Granger…
– Non ripetermi la storia dello spuntino notturno, potrei non reggere – la zittì.
– Siamo a Hogwarts che vuoi che succeda?
– Devo ricordarti che siamo sotto maledizione, che da due sere a questa parte non abbiamo luce? – Si infervorò, lasciando perdere i pensieri sul suo aspetto. – Può accadere di tutto!
– Già... a  quanto pare dovremmo sostituire le torce con comuni lampade babbane – borbottò la Parkinson sdegnata. – Se la McGranitt non è riuscita a trovare la soluzione, dubito possa farlo qualcun altro.
– È un altro il discorso che stavamo affrontando – si lamentò nuovamente la tassorosso.
– Ah già... la Granger – finse di raccapezzarsi Pansy attorcigliando le ciocche corvine attorno a un dito con fare vanesio – non è nella sua stanza dici?
– È quello che ho detto e che tu fingi di non aver capito.
– Non è qui – disse nuovamente Pansy guardandosi teatralmente intorno.
– Lo vedo da me.  Quando mi sono svegliata non c'era più. E pensare che la McGranitt me l'aveva affidata – si agitò.
– Non esagerare, non è una bambina.
– Sì, questo lo so da me, ma forse è inutile ricordarti che non è più una strega.
– Conosce Hogwarts come le sue tasche. Ti devo ricordare che ha avuto fra le mani la mappa del malandrino? – fu così che la Parkinson giustificò il suo disinteresse nei confronti della collega.
Zabini alternava lo sguardo dall'una all'altra, cercando di interloquire con scarsi risultati.
– Zitte tutt' e due – sbraitò a un certo punto interrompendo così il loro sproloquiare. – La Granger è scomparsa.
Uno spettatore esterno poteva paragonare il loro parlottare a una riunione di condominio: ritratti, elfi e chi sa cos'altro assistevano alla scena senza fiatare.  Ad Hogwart l'espressione "i muri hanno orecchie" era più che lecita.
– Credi che me ne importi? – riprese a squittire la Parkinson. Sembrava che niente gli importasse al di fuori di se stessa. –  Non starò qui a spendere le mie preziose ore di sonno, solo perché la mezzosangue ha avuto l'impudenza di lasciare la sua stanza. Non me ne importa niente che non sia più una strega, che i suoi genitori non si ricordino di lei. Evidentemente c'è una giustizia. Sapete cosa penso dei mezzosangue. 
–  Ovvio. – La voce di Zabini risuonò asciutta, quasi seccata, ma Pansy parve non notarlo.
Hannah ingoiò il magone. Anche lei era una mezzosangue e sapeva bene quanto potevano essere pericolose tali divergenze: avevano causato la distruzione del suo matrimonio con Neville Paciock.
–  La verità è che tornare ad Hogwarts è stata una manna dal cielo, solo non mi aspettavo di vivere questi disagi –  si lamentò ancora Pansy.
Blaise si chiese se era sempre stata così loquace e frivola. –  Come darti torto –  ironizzò –  versarsi da bere con le proprie mani, rifarsi il letto…
–  Fortuna che non è così tutti i giorni.
Per la prima volta Zabini, vedeva Pansy per quello che era veramente. Si domandò quando la  sua voce fosse diventata così stridula.  Sentiva il desiderio assurdo di usare un “evanesco”, solo che per una volta l'oggetto da far scomparire, non era proprio inanimato. Forse sarebbe bastato un “langloock”, o ancora meglio un “petrificius totalis.”
Respirò a fondo e senza degnarla più di altre attenzioni, si limitò a voltarle le spalle per poi scomparire nella direzione opposta.
– Blaise… –  lo chiamò Pansy. –  Dove vai?
Il moro, si limitò a gesticolare con le mani. – A cercarla – proruppe. – Tu concediti pure le tue preziose ore di sonno.



 
 
 
 

***




 

 
– Potresti lasciarmi? – Hannah Abbott continuava a dibattersi dalla presa di Zabini con scarsi risultati. Lo aveva seguito, adducendo il motivo a un insito senso del dovere.
“Coscienza” l'aveva chiamata la tassorosso, un erbologista affermata che di giorno indossava sexi talleur e la notte orribili pigiamoni antistrupro.
Blaise camminava davanti, trascinandosela dietro. La teneva saldamente per un gomito,  adducendo la scusante ad una mancanza di visibilità. – Potresti perderti, – aveva spiegato, continuando a sostenerla e procurandole dei brividi che Hannah non seppe spiegarsi.
Insieme i due, si diressero verso la sala grande, ma lì a parte qualche ragazzino sfuggito al coprifuoco notturno non c'era traccia di Hermione.
I ragazzini furono sgridati a dovere  e poi accompagnati alla loro casa di appartenenza, senza troppa gentilezza.
Dopo gli eventi degli ultimi giorni, girovagare per la scuola durante la notte era sconsigliato: la McGranitt, l'aveva vietato severamente. Per questi motivi, Blaise Zabini e Hannah Abbott, avanzavano circospetti, con le bacchette spianate, pronti a scattare al minimo accenno di pericolo.
– Lo senti questo rumore? –  l'ex serpeverde si fermò di colpo, inducendo la tassorosso a fare lo stesso.
– Si.
– Cos'è?
– Non una piantina.
Blaise la guardò storto.  – Non avevo dubbi…
–  Ecco perché ho scelto di essere un erbologista, il massimo che ti può capitare  è di inceppare in una radice dispettosa – spiegò la bionda.
– Oppure di essere mangiata da una pianta carnivora – scherzò Blaise.
Rimasero in attesa per diversi minuti, fino a  quando qualcosa non attirò la loro attenzione. – È un acramantula quella che vedo?
Hannah acuì la vista. – Non proprio, direi un esercito di enormi ragni neri: ecco perché preferisco le piantine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***




 
 
 
 
Draco Malfoy stava tenendo la lezione più lunga e oziosa della sua vita, ad un ragazzino del primo anno, un serpeverde dall'aria smunta e annoiata.
Un grosso calderone, ribolliva da più di un ora.
Stavano preparando un antidoto per veleni, che come voleva la tradizione era composto da un unico ingrediente: il bezoar.
Il ragazzino petulante, non ne aveva voluto sapere di abbandonare anzitempo l'allenamento di quidditc, adducendo la colpa al padre, il quale aveva pagato una cifra esorbitante per farlo entrare in squadra.
Adesso doveva riscattarsi.
“Oliver Wenerth, serpeverde, purosangue. “ Era così che si era presentato, con circa un ora di ritardo.
Il senso dell'humor non gli mancava, sempre che di humor si trattasse.
A Draco Malfoy sembrava una sconveniente verità.
– Mi accontenterò di un “oltre ogni previsione” – sibilò il ragazzo – presumendo questo ritardo inciderà sulla mia media...
Lo spirito non gli mancava e più che serpeverde, il suo sembrava coraggio grifondoro, come quello scorto negli occhi della Granger appena una settimana addietro, quando stanca e tremante aveva confessato di non essere più una strega.
Scosse la testa disgustato: non doveva pensare a lei, perché a dirla tutta il suo pensiero lo aveva importunato parecchio negli ultimi giorni, ovvero il pensiero delle parole che la McGranitt gli aveva rivolto e a cui non voleva assolutamente pensare. Non avrebbe fatto da guardia del corpo alla Granger, questo era fuori discussione.
– Tuo padre non approverebbe –  si limito a dire tornando al presente, a quell'aula di pozioni dagli odori nauseabondi con i quali aveva imparato a convivere essendo un abile pozionista. 
– Che ne sai di mio padre?
– Conoscevo un uomo che gli somigliava, che reputava essere secondo una mediocrità.  
–  Lo è – asserì sicuro il ragazzo. Poi abbassò gli occhi, considerando anche quell’atto una debolezza.
Per qualche minuto nessuno dei due parlò. Poi in simultanea, alzarono il capo, guardandosi in giro circospetti. – Lo senti? –  chiese Oliver, passandosi una mano fra i capelli scarmigliati.
–  Si – rispose Malfoy.
– Che cos'é? 
– Non saprei, ma viene da questa parte.
Il buio li avvolse, attorno a loro si fece talmente oscuro da far sembrare l'onice una patina luminosa.
Il ragazzo tremò, e a Draco questo ricordò se stesso. Ogni volta che tremava, nessuno gli diceva che sarebbe passata: lo guardavano severi imponendogli più autocontrollo.
Guardò Oliver e neanche lui lo rassicurò. Si limitò a estrarre la sua bacchetta, che per un crudele scherzo del destino era fatta di biancospino.
Era una bacchetta dispettosa, le ricordava prepotentemente ciò che non era; eppure aveva scelto lui. – Lumos –  disse puntandola in direzione del buio, ma dall'oscurità emerse qualcos'altro.
– Cosa sono? –  urlò il ragazzo.
– Acramantule –  spiegò  Draco. – Non hai studiato  – lo rimbeccò, allungando la bacchetta in direzione delle creature. – Petrificius totalis.  
Draco aveva formulato l'incantesimo con maestria. Dalla punta della bacchetta era fuoriuscita una luce verde, ma nel giro di qualche secondo si era dileguata.
L'incantesimo non aveva funzionato.
– Sicuro di conoscere la formula? – Che Oliver fosse indisponente non vi era alcun dubbio. – Zitto. –  Ordinò Draco, puntando ancora una volta la bacchetta contro le acramantule. – Elettro – questa volta  si diffusero piccole scariche elettriche, che comunque non andarono a colpire i ragni.
– Idee? – chiese Oliver.
– Corri.
E lo avevano fatto, avevano corso con i piedi alle calcagna, evitando di guardarsi indietro per non scoprire che stavano per soccombere.
Avrebbero continuato a correre se qualcosa non li avesse fermati, un incantesimo per l'esattezza, mirato a bloccare loro.
– Incarcerus.  
Delle corde si erano andate  a stringere attorno alle gambe di Oliver e Draco Malfoy, frenando così la loro avanzata.
A lanciare l'incantesimo era stato niente poco di meno che Blaise Zabini.
– Ti sei ammattito? –  blaterò il biondo con gli occhi ridotti a due fessure.
Accasciato a terra insieme al ragazzo, legato come un salame, cercava di sbrogliarsi, ma l'unico risultato ottenuto era quello di impantanarsi di più.
– Sì, visto che non c'era verso di fermarvi – chiarì Blaise.
Draco Malfoy continuò a contorcersi.  – Delle acramantule ci stavano inseguendo.  
Hannah Abbott si frappose fra i due. – Ti riferisci a quelle? –  chiese indicando un punto indistinto alle sue spalle. – Finite incantem –  proferì.
Malfoy la guardò confuso
– Era un allucinazione –  spiegò con tono professionale. –  Secondo il mio parere, devono avere usato “mandragola.” Se la cosa ti può consolare hanno ingannato anche noi.  
Malfoy la guardò scocciato. – A che scopo?
- La Granger è scomparsa e l'unica cosa che mi viene in mente è  che abbiano creato un diversivo.
  
 
 
 
 
 
 
 
 

***



 
 
 
 
Hermione era uscita dalla sua stanza, con il cuore che le martellava nel petto.
Erano mesi che non aveva più notizie della famiglia Weasley, e vedere Arthur le aveva procurato una stretta non indifferente al cuore.
– Seguimi, – le aveva detto con un tono di voce che non gli riconosceva. –  Sono io Hermione, nessun inganno, solo non c'è tempo e ho bisogno che tu mi segua. Ora.
Lì sulla soglia della stanza, aveva tergiversato ancora un po’, indecisa sul da farsi, ma poi il pensiero che non tutto era perduto l'aveva convinta.
Insieme alla sua decisione di seguirlo, l'aveva vista arrivare l'oscurità e incautamente ne aveva seguito il percorso, fuori dalle mura di Hogwarts stranamente incustodite, oltre la capanna di Hangrid, fino ad arrivare ad Hogsmeade.
L'oscurità avanzava e lei la seguiva, incurante del freddo che le faceva battere i denti, dei piedi graffiati che le rendevano difficoltoso l'avanzare.  
Più volte si era fermata, ma la voce di Arthur tornava a rassicurarla.
Non sapeva cosa voleva vedere, sapeva di doverci essere, perché stava accadendo qualcosa e lei voleva capire, capire perché non era più una strega, perché Ron l'aveva tradita, Harry e Ginny le avevano voltato le spalle, e tutto quello a cui aveva sempre creduto si era deteriorato. E poi  le aveva viste le ombre. Prima erano macchie informi, ma non avevano impiegato molto a  trasformarsi in esseri dalle fattezze umane: mangiamorte.
Arthur Weasley era scomparso, perché era solo un illusione, una trappola.
Hermione arretrò, consapevole  di essere stata sconfitta ancora una volta.
Tradita. Ecco come si sentiva, da se stessa, dalla sua intelligenza, dalla sua sagacia.
Davanti a lei c'erano cinque o sei uomini incappucciati, che non si premurò di contare.
Era stata un impudente a lasciare Hogwarts.
Non aveva fatto caso al percosso intrapreso, ma riconosceva Notturn Alley. A causa di una sciagurata coincidenza anche stavolta c'era finita per sbaglio. Solo non riusciva a capire, come aveva fatto a raggiungerlo in così poco tempo.
La strada era buia e poco frequentata.
I pochi passanti che intravedeva, non facevano caso a lei, né agli uomini che la circondavano, e non perché ci fosse un qualsiasi incantesimo che la nascondesse alla loro visuale, solo non si immischiavano in faccende che non li riguardavano. Del resto quel posto, cui si arrivava percorrendo  Diagon alley, era frequentato da streghe e maghi oscuri della peggiore risma.
- Finalmente ci rivediamo.
Hermione  sbarrò gli occhi. Il mangiamorte che  le aveva rivolto la parola, si era premurato di togliersi la maschera per farsi riconoscere.
Lucius Malfoy non sembrava cambiato, la guardava con la stessa arroganza di sempre, mentre percorreva il corpo della giovane con occhi malevoli.
Hermione rabbrividì, incrociando le braccia al petto e sentendosi improvvisamente nuda. – Che fortunata coincidenza… –  L'uomo parlò iniziando ad accorciare le distanze fra loro. – Ma forse non è proprio una coincidenza... mezzosangue.
 
 
 
 
 
 


“Mezzosangue.”
Draco e Blaise si misero subito in all' erta. 
Si trovavano vicino al luogo indicato dall'incantesimo di localizzazione. Fino a quel momento, non avevano scorto alcuna traccia della Granger, tanto da fargli temere di essersi sbagliati. Poi però,  il silenzio di quella notte, fu disturbato da quella voce.
Draco si fermò, incapace di proseguire, improvvisamente a corto d’aria. Non aveva valutato l’idea che ci fosse anche lui fra gli evasi di AzKaban. O meglio, l’aveva valutata, ma non aveva pensato a un confronto così imminente.
Per diversi minuti, restò immobile. – Non vengo – sibilò. – Se quell'impudente ha deciso di morire, che lo faccia – fece una pausa, nella quale il vento prese a soffiare più forte. – Non voglio vederlo.
Probabilmente, perfino incontrare Lord Voldemorth non avrebbe avuto lo stesso devastante impatto su Draco Malfoy.
Tremava e sentiva un senso d’oppressione scaturirgli all’altezza del petto.
“Rabbia” ecco cosa provava. Soprattutto nei confronti della Granger, che impudentemente aveva avvantaggiato quell’incontro.  
Lucius Malfoy non era degno delle sue attenzioni, e questa verità  a distanza di anni continuava a corroderlo, perché era suo padre e nelle sue vene scorreva il suo stesso sangue.
– La uccideranno… la voce di Zabini le giunse ovattata.
– Non mi importa, – strinse i pugni e digrignò i denti.
– Sì che ti importa, altrimenti non saresti qui. Non dico che ti importi di lei, solo che stai imparando a fare la cosa giusta – disse guardandolo negli occhi.
– Zitto! – Draco scosse il capo contrito. – Non sono un eroe – chiarì – e non mi sono rammollito. Non metterti strane idee in testa Blaise, perché se adesso salverò la mezzosangue non sarà per spirito cavalleresco, né sarà un atto di bontà, semplicemente amo mettere i bastoni fra le ruote a mio padre, e se questo servirà a farlo infuriare e a rimarcare la differenza fra noi due, allora sia – decretò riprendendo a camminare con più foga.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
– Mezzosangue… dunque è vero, non sei più una strega. – La voce di Lucius era graffiante.
Hermione tremò mentre lo vedeva girarle attorno, ma non abbassò lo sguardo. – Certe voci si diffondono in fretta – commentò spavalda, alzando il mento e continuando a guardarlo dritto negli occhi.
Lucius proruppe in una risata. – La tua lealtà ti ha portato a questo, – disse facendosi più vicino e indicando se stesso e gli altri mangiamorte.
– Meglio leale che codarda… – soffiò. Non ebbe il tempo di aggiungere altro, che un manrovescio di Lucius la colpì in pieno viso.
Cadde a terra colta alla sprovvista, mentre una sensazione di bruciore la costrinse a portare una mano alla guancia offesa, immaginando vi si fosse formato un livido.
Lucius sorrise sbilenco per diversi secondi,   prima di tornare a parlare. – Non ti permettere mai più “mezzosangue” – il sorriso fu sostituito da un’espressione glaciale. Si abbassò alla sua stessa altezza e scostandole la mano dalla guancia,  la costrinse a guardarlo, intrappolandole il mento fra le dita.  – Stai zitta, – sibilò.
Hermione non seppe mai se volesse aggiungere altro , o se le avrebbe fatto del male, perché proprio in quel momento un rumore di passi lo distrasse dalla sua persona.
La grifondoro sgranò gli occhi. Di fronte a lei, scarmigliati e ansanti vi erano le ultime persone che si sarebbe mai aspettata di vedere: Draco Malfoy e Blaise Zabini.
Lucius la lasciò all’improvviso e si girò con lentezza esasperante verso i nuovi arrivati. –  Figliolo… quale onore…  – disse con evidente sarcasmo, sollevandosi per fronteggiarlo.
Draco non si scompose, ma quasi d’istinto come reazione di difesa si irrigidì… chiedendosi se quella fosse la reazione normale che tutti i genitori avessero in presenza dei propri figli. Era stato più forte di lui domandarselo.
Non si era aspettato alcun abbraccio. Lo aveva desiderato da piccolo nel tepore del suo letto, ma non ora.
Lucius Malfoy non aveva mai abbracciato suo figlio, lo considerava una debolezza, e Draco lo sapeva bene. Per questo rimase rigido, con le braccia a penzoloni lungo i fianchi e le unghia conficcate nella carne temendo l'arrivo di qualche maledizione, con gli occhi vitrei, appannati da sentimenti troppo a lungo repressi, dimenticando se stesso e il motivo per cui si trovava in quel posto nonostante fosse sotto i suoi stessi occhi.
– Lucius…  – mormorò contrito.
– Avremo tempo, figliolo – L’uomo, i cui tratti erano troppo simili a quelli dell’ ex serpeverede, calcò l'ultima parola, quasi a volergli ricordare a forza il tipo di parentela che li univa. – Adesso ho altro a cui pensare. – Gli diede nuovamente le spalle e  con uno strattone poco gentile tirò velocemente all'in piedi la ragazza, serrandola fra le proprie braccia.
Hermione sussultò per il dolore, ma il lamento che le fuoriuscì dalle labbra fu fievole, troppo preoccupata dalla bacchetta che le veniva puntata alla gola.
Lucius senjor l’attirò in modo prepotente contro di sé,  portandosela davanti al petto a protezione della sua stessa persona. – Signori... mio figlio è un gentiluomo. – proruppe suscitando l'ilarità generale.  – Non è come suo padre.
Draco non pensò il da farsi, l'aveva premeditato e vissuto nella mente milioni di volte mentre percorreva Notturn Alley insieme a Blaise.   
– La stai proteggendo. – Constatò amaro Lucius Senior.
– Ti sbagli:  proteggo me stesso.
– Bene,  proteggiti da questo allora. – Alzò la bacchetta in direzione del figlio. –  Petrificus totalis.
– Protego – disse Draco in contemporanea.  Non era un segreto che fosse un esperto con gli incantesimi perfino senza bacchetta, eppure Lucius sembrò sorpreso.  
– Sei un po’ arrugginito... Lucius –  calcò l'ultima parola come aveva fatto poc'anzi l'altro, quasi a sottolineare quel legame inesistente ormai.  – Se gli altri sono messi come te, dubito ne uscirete. 
– Nel caso non te ne fossi reso conto, ho io il coltello dalla parte del manico, oppure devo dire la bacchetta?
Gli altri presenti avevano svolto l'ingrato compito di spettatori passivi.
Draco  non rispose: agì per come sapeva di dover fare. Rivolse uno sguardo complice Blaise e poi come da manuale puntò la bacchetta al petto di Hermione.
Dopo, tutto avvenne con una sequenza così rapida da impedire che si ricordasse appieno l'esatta cronologia degli eventi.
La Granger cadde  a terra e un sonoro crack avvisò i mangiamorte che si erano smaterializzati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Innerva…  
Hermione aprì gli occhi confusa. Il corpo le doleva  atrocemente e il primo pensiero fu di esser stata vittima di qualche maledizione.
Il pavimento dove era sdraiata, freddo e duro, non assomigliava affatto al letto riservatole dentro le mura di Hogwarts, né a quello della sua casa londinese dove ormai metteva piede di rado.
– Stupida mezzosangue!
 Bastarono quelle parole, e il tono usato dall'interlocutore per riportarla dolorosamente alla realtà, ai mangiamorte e  a quello che avrebbero potuto farle, tuttavia furono altre le parole che le salirono alla bocca.  – Mi hai schiantata – proruppe indignata cercando di mettersi seduta.
Non era stata abbandonata in alcun vicolo fatiscente, e quella nella quale si trovava era una stanza ben illuminata e all’apparenza confortevole.
Il pavimento che aveva sentito freddo e duro sotto di sé, in realtà era un sofà.
La testa le girava e faceva fatica perfino a respirare. Chiuse gli occhi, trovando un buon  appiglio nel bracciolo laterale.
– Credimi, avrei fatto di peggio, e  se hai qualcosa da obiettare, ti consiglio di essere cauta nell’esprimere la tua opinione  perché sono tentato di usare un ”silencio” così smetterò di sentire il tuo blaterare... stupida, saccente, so tutto io che non può fare a meno di cacciarsi nei guai.
“Rabbia.” Ecco cosa provava Draco Malfoy nei confronti della mezzosangue, presente ad ogni sua sconfitta.
 Non ne aveva dato grande sfoggio negli anni precedenti, costretto a soccombere ad un destino che non si era scelto.
Tutta la sua vita, ruotava intorno a obblighi e costrizioni.
Non era portato per fare la cosa giusta, solo quello che gli conveniva e adesso era quello che non aveva chiesto di essere.
La guardò ancora dall'alto della sua statura. Era scalza e indossava una misera camiciola che la copriva a malapena.
Lo guardava in silenzio la mezzosangue, si era portata seduta a fatica.
– Dov'è Blaise? –  chiese stordita, cercando di raccapezzarsi. Parlare le costava una fatica immane.
Al purosangue, tornarono in mente le parole della McGranitt.
Non capiva l'affaccendarsi degli altri intorno alla sua vita, il volerlo riscattare a tutti i costi.
Era sicuro si trattasse di questo. 
“Stupida, stupida mezzosangue” pensò. “Mai conosciuto nessuno più impudente, più testarda e determinata a mettersi nei guai a qualunque costo.”
Non l’avrebbe protetta. Non voleva avere niente a che fare con lei.
Gli bastavano le ore trascorse in sua compagnia a preparare pozioni e studiare antiche formule magiche.
– E' la prima e l'ultima volta,  mezzosangue –  si trovò in dovere di chiarire. – Domani una volta tornati a Hogwarts, mi starai più lontano possibile.
Lei non rispose, ma sgranò gli occhi di fronte a quell’affermazione. – Domani? – chiese confusa.
– Siamo al paiolo magico – chiarì il serpeverde. – Non è prudente aggirarsi per le strade con dei mangiamorte alle calcagna –  spiegò spiccio – e comunque ho provveduto a immettere degli incantesimi di protezione alla porta.
– Non se ne parla – si ribellò la riccia con voce roca, forse resa tale da qualche linea di febbre.
– Forse non hai capito – rispose il serpeverde. – Non si tratta di ciò che vuoi o non vuoi, ma di quello che io decido. – Senza aspettare alcuna contro risposta, si diresse verso un cassettone e estratta una coperta gliela lanciò con poco garbo  – Per stanotte resti qui – soffiò  gelido.
– Non ne vedo il motivo. – tentò di ribellarsi ancora Hermione.
– Io sì.
– Non puoi darmi ordini.
– Si che posso,  considerato il fatto che sono l'unico fra i due ad avere una bacchetta. Ti devo ricordare cosa è successo poc'anzi?
Hermione incrociò le braccia al petto stizzita. – Dovrai usare un “imperium” per costringermi.
– Credimi lo farò.
Non servì alcuna parola, a Draco bastò il lampo di indignazione che passò negli occhi di lei, per sapere che si era arresa alla sua volontà.
– Copriti mezzosangue e non aspettarti il letto, il divano andrà più che bene.
Hermione ubbidì, sapendo di dovergli comunque essere grata. Chiuse gli occhi, ma come da manuale, il sonno non arrivò.
– Non sono un eroe – sentì sussurrare nel buio della stanza. Probabilmente Malfoy, la credeva addormentata.
La voce era talmente fievole, da farle dubitare che fosse reale. Udì l'inclinarsi del materasso e immaginò il corpo statuario di Malfoy agitarsi nel letto.
Ripercosse nella propria mente i tratti del suo viso, che durante il giorno non poteva permettersi di ammirare.
"”Ammirare.”Aveva usato proprio il termine che non poteva permettersi di indirizzargli.
Le statue si ammiravano, le opere d'arte, non adoni dalle fattezze umane.
Chi adorava un Dio, era condannata a morirne di quell'amore, soprattutto quando il Dio in questione non sapeva di poter amare. – Non sono un eroe. – Ridisse il biondo. –  Potter lo è.  Io sono sempre lo stesso di sempre. Adesso sono un uomo, ma credimi non sono cambiato:  mi nascondo e attendo che altri prendano decisioni al posto mio.  È più facile. Sono quello che sembro. Non ci sono errori, un involucro vuoto senz'anima... buonanotte mezzosangue.   
Certe cose erano destinate a non cambiare, mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Il capitolo è concluso, e dopo tanta attesa spero non sia stato deludente.
Accadono tantissime cose, ma in primis il mondo magico sembra sconvolto da molti eventi.
I mangiamorte rapiscono Hermione. Arthur Weasley sarà stato proprio un’illusione?
Hermione non è più una strega e la McGranitt propone a Malfoy di farle da guardia del corpo.
Vi ricordo che l’ex serpeverde non ha ancora accettato, ma vi posso anche dire che sta combattendo contro se stesso per non farlo. Potrà negarlo al mondo intero, ma vuole questa sorta di riscatto.
Il rapporto con Hermione è ancora acerbo e se la proteggerà non lo farà per amore, non subito almeno.
L’amore arriverà col tempo, ma sarà difficile distinguerlo fra le pieghe dell’indifferenza.
Vi ricordo che Draco non è abituato all’amore.
 
 
Curiosità:
La bacchetta di Draco è fatta di “biancospino”, un legno che indica castità e purezza.
“Langlock” è un incantesimo che blocca la lingua, attaccandola al palato.
 
 
Non aggiungo altro e ringrazio quanti hanno atteso pazientemente questo aggiornamento. Ho poco tempo e ho postato proprio per coerenza, visto che avevo annunciato di riprendere la storia con la stagione estiva. Comunque tranquille, ho qualche capitolo pronto e cercherò di non tardare molto fra un capitolo e l’altro.
Grazie a chi ha messo la storia fra le preferite, seguite e ricordate, e soprattutto grazie a chi recensirà: per me è veramente importante.  
 
Tess







 




 

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Capitolo 4
*** Segreti ***


3

Segreti

 
 
 
 
 


 
”Nocturn Valley si presentava tetra, perfino con le lanterne accese a illuminare i contorni di strade fatiscenti.
Hermione avanzava guardinga cercando di rimanere calma, ma più il tempo passava, più il senso d’ansia e oppressione cresceva.
Il selciato le feriva i piedi, e l’aria fredda la faceva tremare con violenza, solo sapeva di non doversi fermare… per nessuna ragione al mondo.
Indossava ancora la fine camiciola di cotone della notte precedente, e si chiedeva che fine avesse fatto Malfoy.
Alcune botteghe erano aperte, e Hermione aveva bellamente pensato di rifugiarvisi, magari fingendo di voler acquistare qualche ingrediente. Peccato che non possedesse alcun galeone, e poi si era completamente dimenticata delle barriere magiche che impedivano a qualsiasi nato babbano di accedere.
Da qualche mese a quella parte, faticava a credere d’esser stata perfino una strega.           
Con una blanda coperta avvolta attorno al corpo, i piedi scalzi e i capelli scarmigliati, avanzava attraverso una nebbia opalescente.
Soltanto una volta si era girata per tornare sui suoi passi, ma aveva scoperto che la via percorsa poco prima era misteriosamente scomparsa.
Rivoli di sudore freddo le scendevano lungo il corpo mentre avanzava a tentoni, maledicendo la luna che quella notte aveva deciso per proprio conto di non mostrarsi, Hermione continuava ad avanzare.
Uno squittio la fece bloccare. Storse il naso, presumendo vi fossero dei ratti e si strinse contro la parete di una bettola, probabilmente rifugio per ubriaconi e maghi della peggiore risma.
L’odore di marciume le giunse alle narici, facendole rivoltare lo stomaco.
Attese qualche minuto, e quando fu certa di essere sola, riprese a camminare, cercando di non pensare al buio e alle ombre ivi celava.
In lontananza udiva il vociare sconclusionato di due donne. La voce di una prevaricava sull’altra, ma Hermione, anche volendo non sarebbe riuscita a carpirne le parole, era troppo spaventata e ogni diversivo era buono per non farle pensare il peggio.
Il respiro le accelerò quando di fronte a lei si erse una parete.
Istintivamente si portò una mano al petto e indietreggiò, nel medesimo istante in cui una voce sopraggiunse.
– Mezzosangue…
Hermione chiuse gli occhi senza riuscire a controllarsi. Sapeva che non doveva mostrare paura, per come sapeva che quello altro non era che un sogno, ma tutto intorno a lei sembrava vivido e reale: l’odore fetido delle fognature, la nebbia, il gracchiare dei corvi appena sopra il suo capo, il cigolare di porte dischiuse.
– Mezzosangue…
Quando si era addormentata? Perché non lo ricordava?
Sobbalzò all’indietro quando qualcosa le sfiorò la mano e fu costretta ad aprire gli occhi.
Non riusciva a intravedere alcuna cosa intorno a sé, e muoversi sarebbe stata una follia.
Brividi di freddo la scuotevano dall’interno, e le forze vennero a mancare quando un alito caldo le sfiorò la nuca.
– Mezzosangue…
Ancora quella voce.
 – Chi sei? – ardì chiedere, stringendo forte la coperta attorno al corpo, e cercando di aguzzare la vista, ma non riuscendo a vedere alcunché.
– Sai bene chi sono. – La voce si fece più vicina, fin troppo. Sentì una mano lasciva artigliarsi al suo fianco, e paralizzata ne seguì il percorso.
La sentì risalire lungo il suo costato, fra le scapole, la dove ancora spiccava il segno di un taglio, che dopo mesi le ricordava con prepotenza ciò che era avvenuto.
Al contatto sobbalzò. Il dolore, come la stretta decisa, l’alito che s’infrangeva contro il suo viso, erano reali. E lei non poteva non averne paura.
 – Pensi che tutto questo sia un sogno? – La voce divenne più graffiante. Dietro di sé, la parete ruvida del vicolo le feriva la schiena, ma andava bene perché il dolore la distoglieva da quelle mani e dal loro percorso. – Ti ho detto che saresti stata mia… – fece una pausa – e questa volta voglio farti capire quanto tutto questo sia reale.
 
 
 
 
Hermione aprì gli occhi spossata, quasi grata di trovarsi al “Paiolo magico”, nella stessa stanza con Malfoy.
Dalle persiane proveniva una lieve luce grigiastra, talmente opalescente da confondere le venature dell’alba con quelle della notte appena trascorsa.
Tremava, ancora scossa dall’incubo non aveva la forza di alzarsi, così rimase distesa sullo scomodo sofà color cremisi che l’aveva ospitata per le ore notturne, con gli occhi arrossati e il corpo dolorante.
– Giochi a fare la morta? – la voce di Malfoy era arrogante, perfino di primo mattino. Se ne stava ritto davanti a una delle finestre con la mano tesa verso una cortina e lo sguardo fisso su qualcosa che a lei in quell’istante era precluso.
Non la stava guardando e Hermione si chiese come avesse fatto a scoprire che fosse sveglia.
Con non poca fatica si mise seduta, lasciando che la coperta che durante la notte si era aggrovigliata attorno alle sue membra stanche, scivolasse per terra, a far anch’essa da tappezzeria al pavimento legnoso.
Malfoy continuava a darle le spalle.
I capelli di primo mattino apparivano indomiti e molto più chiari di com’era avvezza vederli. Mentre la pelle, che la sera prima aveva paragonato al marmo, adesso sembrava molto più simile all’alabastro.
Hermione accarezzò con lo sguardo la sua figura, chiedendosi se fosse stato sempre così attraente… oppure, la sua era una trasformazione avvenuta negli anni. Per quanto si sforzasse, non ne ricordava il corpo possente, le spalle larghe, la linea dritta dei fianchi, ma forse, non lo ricordava perché non vi aveva mai prestato particolare attenzione.
Negli anni precedenti si era preoccupata di fargli guerra e di accusarlo, non di badare al suo aspetto.
Arrossì a tal pensiero, e maledicendo la timidezza poco adatta ai suoi vent’anni, lasciò scivolare i piedi verso il pavimento e traballante si avvicinò anch’essa alla finestra.
Il problema non era il suo carattere, ma le vicissitudini che l’avevano portata quella notte a percorrere Nocturne Alley.
Si sentiva impacciata come una quattordicenne vicino a Draco Malfoy.
– Che cosa sta succedendo? – Chiese titubante, affiancandolo, ma non trovando il coraggio per sporgersi e guardare anch’ella dietro le cortine.
Draco non la guardò neanche. – Se ti dicessi che ci sono dei mangiamorte? – chiese gelido.
Hermione sbiancò, ma caparbia come sempre ignorò la morsa di paura che l’aveva attanagliata. – Non ti crederei, – disse instabile, passandosi distrattamente una mano fra i capelli vaporosi. – Non credo degli evasi girino in pieno giorno… – si bloccò quando Malfoy lasciò ricadere la cortina e lentamente si girò a fissarla.
– Mi chiedo cosa possano volere da te, – disse ignorando le sue parole.
Hermione boccheggiò. – Che cosa vuoi dire? – La sottile piega accusatoria che aveva preso la conversazione, la infastidiva non poco.
– Dico quello che è mezzosangue… – strinse le mani in una piega rigida.  – Ti stanno cercando, ci sarà un motivo – disse allusivo. – Di punto in bianco arrivi a Hogwarts e scopriamo che non sei più una strega… il mondo magico è in subbuglio… chi vuoi prendere in giro?
Hermione fu grata che fosse ancora l’alba e che la poca luce presente nella stanza, impedisse a Malfoy di vedere appieno la sua espressione, perché questo le consentiva di guardarlo senza indecisione, e di non vedere il grigio dei suoi occhi, troppo spesso rassomigliante al mare in tempesta, che al ghiaccio perenne.
– Non so di cosa stai parlando… – negò continuando a rimanere immobile.
L’ex serpeverde ghignò, facendosi pericolosamente vicino. Sollevò la mano e impunemente le sfiorò i capelli. – Questo è da vedere, – soffiò senza smettere di guardarla. – Ma sappi che non sono magnanimo e che nonostante le voci accomodanti che circolano sul mio conto, non sono cambiato. Sono un Malfoy, un ex mangiamorte e prendo ciò che voglio senza dare niente in cambio.
Hermione fu attraversata da un brivido gelido, ma non si spostò, neanche quando avvertì la mano risalire lungo il suo fianco e adagiarsi alla sua spalla, nello stesso punto in cui quell’altro l’aveva toccata.  Neanche quando la sua presa divenne crudele.  
– La notte scorsa ti ho salvata, – continuò Malfoy – ma non l’ho fatto per te, solo per me stesso – specificò.
Hermione cercò di scrollarsi dalla presa inutilmente.– Non ti ho chiesto di farlo...
Malfoy la guardò gelido, acuendo la presa sul suo esile corpo e strappandole un gemito di dolore. – Per colpa tua ho rivisto Lucius – disse furente – e voglio che mi spieghi questo – sibilò. Poi, senza lascarle il tempo di capire a cosa alludesse, la trascinò rudemente verso l’unico specchio presente nella stanza: un manufatto con piedistallo intarsiato in oro – Che cosa significa questo? – ripeté
 Solo quando lo specchio riflettette la sua immagine, Hermione capì. Aprì la bocca per parlare, ma non ne fuoriuscì alcun suono.
Malfoy era rimasto dietro di lei e continuava a sostenerla per le spalle, con una presa tutt’altro che gentile.
Hermione sollevò la mano e andò a sfiorare il labbro tumefatto. Rabbrividì al contatto col sangue rappreso. Poi la sua mano si mosse ancora, ma non arrivò mai a sfiorare i lividi presenti alla base della gola.
 
“Questa volta voglio farti capire quanto tutto questo sia reale.” 
 
 All’improvviso si ritrovò priva di forze, e si sarebbe accasciata sul pavimento se Draco non l’avesse sostenuta.  – Deve essere stato Lucius, – disse flebile – quando mi ha colpita…
 
 


 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 



 
La foresta proibita non era il luogo appropriato per un’incursione, soprattutto quando l’elemento in questione, era giovane, inaffidabile e inesperto.
Le cose si facevano ancora più complicate quando gli elementi erano due.
– Noi grifondoro siamo coraggiosi, – seduta su un tronco dall’apparenza innocua, Atena Joanne Rowling analizzava i rimasugli di quella che doveva essere stata un’enorme lucertola color amaranto.
– Stupidi vorrai dire, – berciò il serpeverde andando a toglierle dalle mani la forcina con la quale stava vivisezionando il rettile.
Un alloccodifisiandro dal piumaggio nero, con piccole chiazze argentee, volteggiò a pochi centimetri da loro, ma presi com’erano dalla discussione, i due sembrarono non accorgersene. 
La ragazza poteva avere sì e no quattordici anni, una folta capigliatura castana trattenuta ai lati da forcine, occhi marrone che  potevano sembrare di una gradazione più chiara a seconda della luce,  e un indole ribelle non indifferente.
– Restituiscimi la forcina, – ordinò tendendo la mano.
Il ragazzo ghignò insofferente. – Non se ne parla. – Incrociò le braccia al petto e poi con la solita strafottenza continuò a parlare. – Adesso te ne stai buona e aspettiamo che quell’essere faccia la sua comparsa.
– Quell’essere ha un nome, – si lagnò la ragazza gonfiando le guancie.
– Sì, lo so bene… Ozis.
Atena scosse il capo con disappunto. – Oxzis – puntualizzò – e può risolvere il nostro problema.
– Sempre che ci degni di attenzione, – aggiunse il ragazzo.
– Esatto.
– Com’è fatto?
– Non lo so. – Per la prima volta Atena Joanne Rowling arrossì, e non era cosa che accadeva sovente, abile com’era a mascherare la timidezza sotto strati di compostezza, vestiti succinti, loquacità e senso del dovere.
Il serpeverde ghignò. – Non lo sai…
– Èquello che ho detto.
– Ho sentito, solo mi chiedevo come sia possibile?
– Il libro che ho letto non parlava di dimensioni, né mostrava immagini. So che è piccolo, nero, e con gli occhi dorati – sussurrò colpevole.  
– E mi hai convinto a seguirti con questi presupposti? – si lamentò.
– Convinto non direi: sei tu che mi hai seguito. – Alzò l’indice per fare un altro appunto. – E poi ti ricordo che siamo finiti in questa situazione grazie ai tuoi imbrogli.  
– Sono stato obbligato dalle circostanze – si difese.
– Sarebbero? – La ragazza inarcò le sopracciglia in attesa di risposte.
– Essere bloccato qui con te, non ti sembra un motivo sufficiente “mezzosangue”?
 
“Mezzosangue.”
Da generazioni non si faceva che parlare d’altro, del sangue. Lei stessa era stata invischiata in una guerra assurda con il solo scopo di dimostrare che i “maghi purosangue” erano migliori dei “nati babbani.”
 
“Mezzosangue.”
 
La prima volta che Oliver Wenerth l’aveva appellata in tal modo, non aveva compreso. Poi, erano stati i suoi amici a spiegarle il significato di tale epiteto.
Adesso quel nome usato per denigrarla, le scivolava addosso come acqua.  Forse era l’abitudine, oppure la quotidianità di cui Oliver faceva parte.
– Devo ricordarti il motivo che ti ha condotto a questo punto?
– Rispetto delle regole – disse risoluto.
Si trovavano nella foresta proibita da circa un paio d’ore. Il giovane sembrava perfettamente a suo agio mentre discorreva con la sua rivale. Si abbassò puntellandosi sui talloni, e con un ramoscello andò a scavare nel terreno.
– Regole? Non credo tu sappia cosa siano. – La ragazza di fronte a lui, continuava a parlare animatamente. Quattro mesi prima non avrebbe mai immaginato di poter condividere tutto quel tempo con Oliver Wenerth.
Non lo stava rivalutando, né lo trovava simpatico, solo cercava di tollerarlo.
Uno scricchiolio li zittì entrambi.
Atena lasciò la sua postazione per avvicinarsi al serpeverde. Quattro mesi prima, lui avrebbe iniziato a gridare di esser stato contaminato da una “mudblood. “
Del resto, quella era una parentesi destinata a concludersi, pensò tristemente Atena. Risolto il problema, ognuno sarebbe tornato alla sua vita. – Hai sentito? – indagò.
Oliver non rispose, si limitò a guardarsi attorno circospetto.
– Qualcuno si sta avvicinando,  – riprese a parlare la ragazza mostrando più coraggio di quello che in realtà possedeva. – Nel malaugurato caso sia la preside, credo sia opportuno inventarsi qualcosa – farfugliò agitata.
Al serpeverde venne da ridere, perché finalmente la vedeva senza maschere, ed era rassicurante. In sua presenza si era sempre mostrata forte e sicura di sé, mai spaventata… e sapere che invece l’era, li metteva  alla pari.
 
– E dovrà essere qualcosa di molto credibile, – proruppe una terza voce.
 
Oliver e Atena indietreggiarono colti di sorpresa. La ragazza lanciò un urlo, subito attutito dalla mano del serpeverde.
Quattro mesi prima non l'avrebbe toccata, non senza pulirsi la mano con un fazzoletto inamidato. 
Hermione Jane Granger, si avvicinò ai due con le mani ai fianchi.
Si trovava nella torre quando osservando dabbasso, aveva notato le due figure allontanarsi, due ragazzini per l'esattezza: una grifondoro e un serpeverde. Un’accoppiata alquanto insolita, considerato  che divergenze fra “serpeverde purosangue” e “mezzosangue”  continuavano a essere all’ordine del giorno a Hogwarts.
La grifondoro aveva conosciuto i due appena qualche giorno addietro, durante una lezione di trasfigurazione cui era presenziava.
Guardarli, le aveva procurato una stretta al cuore non indifferente.
Loro riassumevano anni d’inimicizie, pregiudizi e ben due guerre magiche. Due fazioni messe a confronto, una delle quali rappresentata da lei.
– Tu devi essere Atena – mormorò rivolgendosi alla ragazza.
 Non ottenne risposta, solo un cenno affermativo col capo.  Il ragazzo invece la anticipò.
– Oiver Wenerth – disse altezzoso.  
Hermione li osservò solo per qualche secondo.  – Bene, la vostra gita finisce qui.  Avrete tempo per spiegarmi cosa stavate combinando una volta usciti. 
– Una ricerca – rispose Atena poco credibile.
Oliver non ebbe il tempo di formulare alcuna scusante, si limitò a sgranare gli occhi perché evidentemente qualcosa aveva attirato la sua attenzione, ma prima ancora che potesse proferire parola, qualcun altro lo fece al suo posto.
– Uscire da qui? Non credo.  Non tutti almeno.


 
 
 
 
 
 
 

***





 
 
 
 
 
 
 
Oliver e Atena giunsero al castello all'imbrunire.
Erano arrivati di soppiatto, passando per il didietro della scuola e dimenticandosi della presenza del platano picchiatore.
Fu quando lo ebbero a un palmo dal naso, che si avvidero della sua presenza, troppo tardi perché potessero scansare le frustate dei suoi rami.
L'albero che in realtà doveva proteggere la scuola da eventuali ospiti indesiderati, stava svolgendo appieno il proprio lavoro.
La prima frustata, colpì il ragazzo alle gambe, spedendolo di parecchi metri più in la rispetto all'albero stesso.
Oliver si appiattì al suolo e per diversi minuti non si mosse; poi un pensiero lo scosse.  Lentamente alzò il capo per riuscire a capire dove fosse finita la mezzosangue.
La vide a pochi metri di distanza, riversa a terra, mentre i rami dell'albero cercavano di afferrarla per scaraventarla altrove.
Si appiattì al suolo e fece l'unica cosa possibile: raggiungerla. Poi, aiutato da una buona dose di fortuna, riuscì a trascinarla lontano dalla furia dei rami.
– Forza mezzosangue, non farmi di questi scherzi _ gridò il serpeverde quando furono al sicuro. La voce era fuoriuscita con una cadenza più alta del dovuto.
Un leggero livido violaceo, si stava formando all'altezza della tempia sinistra della grifondoro.
Istintivamente il ragazzo lo sfiorò.  – Mi hai sentito? Non costringermi a portarti di peso.
Se voleva essere una minaccia, appariva poco credibile, soprattutto perché Oliver la teneva salda per la vita. Il loro, rassomigliava più a un abbraccio che a un disperato tentativo di rianimazione, il primo in assoluto benché una parte dei due, ossia la ragazza non ne fosse consapevole, e l'altro non sapeva neanche che nome attribuirgli dato che, non aveva mai stretto alcuno, e nessuno aveva abbracciato lui. Forse sua madre lo aveva fatto, ma non ne aveva memoria, e adesso che lo stava facendo preso dall'impeto del momento, non se ne accorgeva, ed era un peccato.  Se lo avesse fatto, forse avrebbe avuto disgusto di se stesso, ma forse lo avrebbe trovato normale. 
Quel gesto cancellava anni d’insulti, risentimenti, odio malcelato.  – Mezzosangue – sussurrò, mentre con un braccio la cingeva per la vita e con l'altra mano, le sfiorava i capelli disfatti. Adesso che ci pensava i suoi capelli lo erano quasi sempre, forse con la magia negli ultimi anni era riuscita domarli.
Il platano picchiatore continuava ad agitarsi, ma i due studenti erano lontani e non poteva più colpirli. 
– Mezzosangue – se solo si fosse fermato per guardare lei o se stesso, ma non lo fece: si limitò a tenerla stretta.
Fu così che Minerva McGranitt li trovò, con le divise stropicciate  e i volti pallidi e intirizziti dal freddo. Atena era rinvenuta da poco, ma ancora malferma sulle proprie gambe si appoggiava al serpeverde, che comunque non si decideva a lasciarla andare.
– Si può sapere che cosa è successo? – gridò.
– Il platano picchiatore ci ha aggredito: ci siamo dimenticati della sua presenza  – spiegò Oliver affannato.
– Questo è ovvio Signor Wenerth, mi riferisco al fatto che non avete rispettato il coprifuoco notturno. Forse non l'avete capito, ma siete sotto la mia responsabilità –
inveì seria.  – Siete peggio di quel che ricordavo.


 
 
 
 
 
 
 
 
 

***



 
 
 
 
Hermione respirava con affanno. Le funi le laceravano i polsi e il freddo, non la aiutava.
Da quando si era inoltrata nella foresta proibita, non aveva smesso di tremare, ma non era il freddo la sua paura più grande.
 






 
Note autrice:
Il capitolo è concluso e spero non sia stato deludente.
Hermione non è più una strega, ma non è l’unico problema che deve affrontare. Che cosa starà accadendo veramente? Il sogno che ha fatto è veramente un sogno? Chi la perseguita veramente?
Abbiamo l’entrata in scena di Atena e avete conosciuto meglio Oliver. A me è piaciuto molto scrivere di loro, quindi aspetto di conoscere le vostre impressioni.
Confesso di esser molto titubante per questo Dramione, forse alla luce del fandom stesso che vanta storie bellissime, quindi mi farebbe davvero piacere conoscere le vostre impressioni.
 
Angolo curiosità:
L’alloccodifisiandro e l’ Oxzis non esistono nella saga di Harry Potter, ma sono di mia invenzione.
Grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, seguite e ricordate. Ma soprattutto grazie a chi ha recensito.
Un bacio
Tess
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** La foresta proibita ***


4

 
 

La foresta proibita

 
 
 
 
– Sei cambiato. – Pansy Parkinson con una sinuosità che non le apparteneva, almeno non in passato, si avvicinò felina all’uomo che da qualche settimana a quella parte tormentava i suoi sogni. Fece risalire le mani lungo il suo costato e lentamente iniziò a liberarlo della camicia rigorosamente nera.
Draco Malfoy era stato il suo primo uomo, era a lui che aveva donato la propria verginità, quando credeva che prima o poi avrebbe sciolto la promessa fatta a Daphne Greengrass. Gli fece scivolare la camicia per le spalle e poi si dedicò ai pantaloni.
“Stava tradendo suo marito.” Una piccola vocina nella testa glielo ricordava, eppure per quanto si sforzasse, non riusciva a sentirsi in colpa. Non col corpo di Draco a ridosso del suo, non con le sue mani, che flebili le accarezzavo i seni, che la liberavano del vestito succinto… che la costringevano a stringere le gambe attorno alla sua vita.
Era un gioco pericoloso quello, e Pansy lo sapeva bene, ma invece di porvi fine, reclinò la testa all’indietro e beandosi di altre carezze lasciò che Malfoy le facesse ciò che volesse.
Non permise ad alcun pensiero di ostacolarla, conscia soltanto di volerlo dentro di sé.
Ogni pudore era andato a farsi benedire.
Draco non fu dolce, la morse e la lambì come nessuno aveva mai fatto prima, e lei si ritrovò a corto d’aria quando le sue mani le artigliarono i fianchi, costringendola con una morsa ferrea ad andargli incontro.
Non vi era niente di romantico in quell’unione, nessun talamo, nessuna promessa, solo due corpi vogliosi di appartenersi… solo carne, respiri corti e ansimi. 
– Èsolo sesso – Malfoy era stato cristallino, fin da subito. L’aveva stretta forte e sospinta contro una parete. Ed era lì che l’aveva posseduta, sul pavimento duro e legnoso della libreria, forse per sfogare i suoi istinti. Ma a Pansy non importava, l’unica cosa cui anelava era di fare della sua vita ciò che voleva, e mentre il corpo di Malfoy si faceva spazio nel suo, le catene della sua prigionia iniziarono a vacillare.  
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
– Sei una stupida mezzosangue, come hai fatto a dimenticarti della presenza del Platano picchiatore? – Seduto a pochi centimetri dal suo capezzale, Oliver Wenerth non aveva fatto altro che inveire. – Mi aspettavo ben altro da un’alunna perspicace come te.
Entrambi gli studenti si trovavano in infermeria, sotto le cure dispotiche di Madame Chips.
– Neanche tu te ne sei ricordato – si difese Atena Jane Rowling guardandolo di sottecchi. Aveva riportato un trauma cranico, che la costringeva a restare a letto e a bere orribili porzioni verdognole.
– Potevi anche lasciarmi lì: nessuno ti ha obbligato. – Si portò teatralmente una mano alla fronte. – Ops… quasi dimenticavo il motivo che ti tiene incollato a me, non sia mai sia mi accada qualcosa. – Voleva essere ironica, ma le parole risuonarono amare, perfino alle sue stesse orecchie.
– Esatto mezzosangue, non è mai stato fra i miei desideri passare così tanto tempo con te, figurarsi preoccuparmi della tua incolumità.  – Fece una pausa. – E quando tutto questo sarà finito sai che faro? – chiese gelido. Senza aspettare alcuna risposta, si alzò dalla propria postazione  e muovendo qualche passo verso la ragazza tornò a parlare. – Mi dimenticherò di te, di questi mesi, sarà come se non fossi mai esistita – berciò duro a pochi centimetri dal suo viso.
Aveva parlato senza pensare, non credendo di poterla ferire, abituato com’era a inveirle contro. Si sorprese di vederla tremare. – Non ti preoccupare… – rispose fievole – non lo farei mai. – Si portò una ciocca dietro l’orecchio e si morse le labbra, come faceva sovente quando era nervosa.
– Che cosa?
– Illudermi… che tu possa cambiare e che una guerra per stabilire la supremazia del sangue possa portare a qualcosa – disse girandosi dall’altra parte.
– E adesso che fai? Non pensavo do offenderti.– Oliver la guardò sospettoso, continuando a rimanere all’in piedi vicino al capezzale.
– Non mi sono offesa – chiarì tornando a guardarlo. – Mi abituo all’idea di esserti indìfferente… fingo che tu non esista – si bloccò vedendolo arretrare.
– Così non vale mezzosangue. Avrai tempo per tornare a evitarmi, non credi?
– Inizierò oggi – continuò caparbia. Una fitta più forte delle altre, la costrinse a chiudere gli occhi.
– Non credo le tue condizioni te lo permettano.
– Sono io che stabilisco ciò che posso o non posso permettermi, e di certo non posso permettermi il lusso di fingere che tu sia mio amico – fece una pausa – perché non lo sei – specificò.
Il serpeverde sospirò. – Già non lo sono… e comunque – la voce di Oliver s’interruppe nel momento in cui Madame Chips fece il suo ingresso a  seguito di Minerva McGranitt e Draco Malfoy.
– In fondo Hogwarts non è molto cambiata – ghignò quest’ultimo, lasciando intendere che avesse udito ogni cosa.
– Già… – Minerva McGranitt parlò con sufficienza rivolgendosi ai due alunni – ma sono sicura che d’ora in avanti saranno meno impulsivi, anche perché questo gesto farà perdere parecchi punti alle loro case. – Si sistemò meglio gli occhiali scivolati casualmente sul naso oblungo.  – Ditemi esattamente cosa è accaduto nella foresta proibita e chi ha trattenuto la signorina Hermione Granger…  per causa vostra aggiungerei.
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dove stiamo andando? – Hermione parlò, lasciando trasparire una sicurezza che in realtà non possedeva.
Un vento impetuoso frastagliava le fronde degli alberi, facendoli rassomigliare a esseri terrificanti nel buio della sera.
Cercando di non incespicare nei propri passi seguiva il centauro, conscia di non poter fare altrimenti.
In realtà era una fiaccola ardente a indicar loro la via e a far sì che non si smarrissero, una di quelle luci sospese a mezz’aria.
Il terreno dove camminava era sdrucciolevole, e il vestiario costituito da un vestito scuro e aderente, le impediva i movimenti.
“Perché non indossava jeans sbiaditi come la maggior parte delle sue coetanee?”Se l’era chiesto spesso negli ultimi tempi, e la risposta più convincente era, che le avrebbero ricordato ancor più con prepotenza ciò che adesso non era più.
Il centauro, continuava ad avanzare senza badare alla sua persona, ma Hermione aveva l’impressione che milioni di altri occhi le fossero puntati addosso. Li sentiva sottoforma di un formicolio fastidioso alla schiena, che dalla nuca scendeva più in basso.
Dei rauchi sibili le giungevano alle orecchie, facendole accapponare la pelle.
Aveva avuto a che fare con altri centauri in passato, quando credeva nell’amicizia di Harry, solida e imperturbabile, ma sembravano passati secoli.   
Erano anni che non metteva piede nella foresta proibita, e adesso che si guardava in giro, appariva ancora più terrificante.
Il buio era calato in fretta, e la luce debole della luna non riusciva a penetrare nel folto degli alberi.
Alla sua domanda il centauro si era fermato, e poi con una lentezza esasperante si era girato verso la sua direzione, rimanendo immobile come una statua per svariati minuti, e facendola sentire piccola e insignificante.  – Mi devi seguire – disse autorevole.
La sua pelle sembrava onice, talmente era scura e i suoi capelli, lisci e corpulenti presentavano dei riflessi rossastri.
Hermione guardò le funi che iniziavano a crearle dei solchi nella pelle e ignorando il fastidioso bruciore, quando il centauro riprese ad avanzare, si costrinse a farlo a sua volta, cercando di non badare al freddo e ai sibili che iniziavano ad assumere un significato, alla tensione nervosa che con il passare dei minuti stava diventando paura.
Negli ultimi mesi erano davvero accadute troppe cose, e lei si sentiva debole e sola come mai prima di allora, complice forse la lontananza da tutti i suoi affetti… da Ron e dai suoi genitori. Da Ginny che per tanti anni aveva considerato come una sorella.
La guerra, la ricerca degli orcrux e quanto avvenuto negli anni precedenti erano solo un lontano ricordo, troppo sbiadito e a tratti confuso.
Non seppe per quanto tempo seguì il centauro. Il buio non le dava modo di orientarsi, ma seppe d’esser arrivata a destinazione quando le funi che le imprigionavano i polsi, cedettero all’improvviso.
Ad attenderla non c’era l’intera mandria di centauri come aveva immaginato, ma soltanto un altro della loro specie.
Il luogo dove era stata condotta era tetro, e Hermione sentiva l’odore di dittamo, penetrarle nelle narici.
Si strinse le braccia intorno al petto smarrita, e quando aprì la bocca per parlare il primo centauro, quello che l’aveva scortata in quel posto, parlò.
– Non puoi far ritorno a Hogwarts… la tua presenza è una minaccia.
Hermione sbarrò gli occhi confusa, mentre il cuore iniziava a martellarle nel petto. Di tutti i risvolti immaginati, quello era il più tragico. – Non puoi perché chi ha deciso d’averti deve essere fermato, e la scelta di Minerva McGranitt… quella di proteggerti non è certo la più saggia.
Hermione tremò, mentre la tenue speranza che l’aveva accompagnata in tutti quei mesi, svaniva: era stata un’illusa a credere di poter cambiare gli eventi. 
Chiuse gli occhi sconfortata e quando li riaprì i centauri, erano scomparsi. Di fronte a lei c’era il buio, a tratti intervallato da sprazzi di luce e un enorme essere a tre teste.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

***

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
– Non capisco tutta questa fretta. – Pansy Parkinson seguiva torva Theodore Nott – in fin dei conti stiamo parlando di una mezzosangue, – disse con sdegno.
Avevano appena superato il lago nero e sotto lo sguardo corrucciato di Hangrid si stavano dirigendo verso la foresta proibita senza avere la benché minima idea di cosa stesse accadendo.
Theodore Nott le rivolse un sorriso complice. – La guerra è finita Pansy credi che a qualcuno interessi? E poi non è detto che riusciremo a entrare. Per quel che ne so, ci sono delle barriere magiche erte a protezione della foresta e l’unica cosa che mi chiedo, è come abbia fatto la Granger ad accedervi.
 La bruna sbuffò artigliando un suo braccio, e preferendo non rispondere.
Si sentiva stanca e assonnata e non proprio a suo agio senza trucco e con un semplice paio di pantaloni neri a vita bassa e una camicia bianca, troppo pratica e poco succinta.
Era stata svegliata nel cuore della notte, senza alcuna spiegazione plausibile, e quando si era vestita di tutto punto e aveva raggiunto gli altri nella torre di astronomia, aveva scoperto che la causa era niente poco di meno che Hermione Jane Granger.
“La signorina Granger si trova nella foresta proibita”stava spiegando la preside al suo arrivo.  “Non ci vuole grande ingegno per capire che ha bisogno d’aiuto… siamo una squadra e andremo a cercarla.”
Non mancava nessuno all’appello. La più agitata sembrava Hannah Abbott, mentre il più scanzonato proprio Nott al suo fianco, vestito completamente di blu.  
La storia delle barriere non era una leggenda come molti avevano supposto. Erano state erte sul serio, e ogni volta che provavano ad accedere, erano sbalzati lontano. Tutti, nessuno escluso, almeno fino a quando non fu il turno di Draco Malfoy.
– A quanto pare è lei il prescelto – berciò la McGranitt.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Il capitolo è concluso e spero non sia stato deludente.
Forse non vi aspettavate la performance di Draco e Pansy, ma lasciate che mi spieghi.
Il Draco Malfoy che sto cercando di descrivere è divorato dall’odio, perché qualcun altro ha deciso a suo posto cosa farne della sua vita. Ècresciuto privo d’affetto, non è romantico, né usa falso buonismo verso alcuno.
Draco ha incontrato Hermione e la trova bella, ma la cosa per adesso finisce lì. Il loro incontro non ha cambiato le abitudini di Draco, c’è un percorso da seguire.
Draco Malfoy, almeno per adesso è lo stesso che ho descritto nel prologo: non è interessato all’amore e non lo cerca.
Il primo sentimento che gli suscita Hermione è rabbia, perché in modo del tutto inconsapevole l’ha fatto scendere a patti con se stesso, quando a Nottey Valley incontra Lucius.
Draco è freddo, a tratti rude, e a parte al sesso non aspira ad altro.
Hermione è in una situazione particolare, perché non è più una strega e si sente confusa. La vedremo spesso in crisi, e cercherò di spiegare a modo mio, la fragilità di cui spesso ha parlato la Rowling.
La scrittrice sosteneva che Hermione mascherasse la propria fragilità con un’apparente forza. Non credo ci siano altri elementi da analizzare.
Abbiamo lasciato Hermione nella foresta proibita. Lì incontra i centauri e poi Fuffi, un enorme cane a tre teste, particolarmente aggressivo.
Vi ricordo che Hermione è senza magia e i centauri le dicono che non può lasciare la foresta. C’è qualcuno che la reclama, e a questo punto mi chiedo chi ha fatto delle supposizioni in proposito.
Atena e Oliver si commentano da soli. Inutile dire che per quanto adori Draco e Hermione, i personaggi creati da me, mi appassionano particolarmente.
Su Pansy non dirò molto, credo l’abbiate capita e indubbiamente prova qualcosa per Draco, forse a causa dei ricordi.
Non so quanti si ricordano Theodore Nott, ma nel dubbio lascio un link con l’immagine:
 
http://moryhp88.files.wordpress.com/2008/02/theodore-nott.jpg
 
Il capitolo è concluso, e spero possiate commentare numerosi, per me è veramente importante sapere cosa ne pensate, se la storia piaccia, se questo Draco e Hermione v’intrigano.
Grazie infinite a chi ha recensito e a chi ha inserito la storia fra le seguite, preferite e ricordate.
Un abbraccio
Tess
 
Angolo pubblicità:
Ne approfitto per ricordarvi l’altra mia storia in corso:
-        Promessi sposi.
Ecco il link:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1462705&i=1
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Verità ***


5
Verità
Prima parte
 
 




 
 
Hermione aveva paura, ma nessun tremore aveva iniziato a scuoterle il corpo.
Sapeva che l’insicurezza non l’avrebbe portata da nessuna parte, per questo cercando di non agitarsi e rimembrando gli anni passati, stava facendo quello che avrebbe fatto se a suo fianco ci fossero stati Harry e Ron: ovvero mantenere la calma.
Fuffi, così si chiamava l’essere che la stava studiando con tutta tranquillità, era giaciuto per anni a guardia della camera dei segreti, quando la pietra filosofale rappresentava un monile indispensabile.
Ricordava perfettamente le nozioni apprese a suo riguardo, e sapeva che l’unico modo per placare la sua indole aggressiva, fosse farlo addormentare.
Il problema era costituito dal modo, perché per quanto Hermione Jane Granger fosse perspicace, dubitava di riuscire a creare un perfetto strumento musicale senza magia, così realizzò che l’unica soluzione sarebbe stata quella d’aspettare che si facesse giorno.
Senza perdere di vista il grosso cane, si accovacciò sul terriccio irto di fogliame, adagiando la schiena contro un tronco d’acero, e portando le ginocchia contro il petto.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi. Erano mesi che la sua vita sembrava volesse colare a picco.
Non sapeva come fronteggiare Fuffi, e l’oscurità la intimoriva non poco, senza contare che non capiva l’atteggiamento dei centauri. Conosceva la loro avversione verso le creature non magiche, ma le ultime parole da loro pronunciate, continuavano a solleticarle la mente.
Le avevano detto di non approvare i metodi di Minerva McGranitt, e che lei rappresentava una minaccia.
Sempre con gli occhi chiusi, cercò di concentrarsi sui rumori circostanti, e d’immaginare una melodia.
Da piccola quando non riusciva a dormire suo padre intonava dei cantici.
Questo accadeva prima di Hogwarts, e prima di scoprire di essere una strega.
Già, suo padre, che adesso non si ricordava di lei, e di cui rischiava di dimenticarne i tratti, l’uomo più stonato sulla faccia della terra, le intonava dei cantici.
A Hermione salirono le lacrime agli occhi, e prima che se ne rendesse conto, le prime stille salate iniziarono a scendere, facendola tremare violentemente.
Non era un buon metodo per addormentare Fufi, né per sentirsi meno sola e indifesa, ma forse era un buon metodo per sfogarsi.
Dopo il ballo del Ceppo, e il rifiuto poco elegante di Ron, aveva pianto per la maggior parte della notte, eppure al mattino si era sentita carica e pronta a ricominciare. Allora ne era certa: Ronald Weasley era l’uomo della sua vita.
Adesso invece, non era più sicura di nulla, neanche se fosse giusto continuare a ricercare la magia.
Le mancava essere una strega, e le mancava la sua vita per metà babbana. Le mancavano Ginny e Harry.
Non aveva più un’identità. Non sapeva più chi fosse. E quel pianto nel silenzio della notte, rassomigliava vagamente a una melodia, solo molto triste.
 
 
 
 



 
 
 
***
 


 
 
 
 Pretendo delle spiegazioni.  Hermione sobbalzò spaventata, facendo fatica a raccapezzarsi.
Si sentiva terribilmente stanca e fece fatica ad aprire gli occhi.
Qualcuno stava reggendo una fiaccola fra le mani. Strizzò gli occhi, cercando di proteggersi dalla luce, frapponendo una mano fra lei e l’avventore.
La fiaccola in realtà era un lumus. Riusciva a intravedere le fiamme sospese a mezz’aria, e le mani di chi stava adoperando la magia.
Nella foresta proibita era ancora notte. Sollevando lo sguardo verso l’alto, dal folto degli alberi, non riusciva a intravedere alcunché.   Cosa?  biascicò, intontita, mentre cercava di intravedere il volto di colui che l’aveva svegliata poco gentilmente.
Si rimise seduta, aggiustandosi goffamente il vestito che durante il sonno si era sollevato, e avevano dato al visitatore, una visione non poco casta della sua immagine.
Quella notte non l’aveva ospitata alcun letto adornato da morbide coltri color vermiglio. Il suo giaciglio era costituito da una distesa di foglie secche, dai colori multi cangianti.
Ricordava perfettamente quanto era accaduto qualche ora prima. Ricordava il suo arrivo nella foresta proibita, e la sua prigionia.
Quello che non capiva, era cosa ci facesse Draco Malfoy in sua compagnia.
L’uomo la sovrastava imponente, e la guardava come se fosse la colpevole di ogni sua disgrazia.
 Ho detto che pretendo delle spiegazioni  ripeté facendo un altro passo verso la sua direzione. Portava i capelli scarmigliati, e anche se ultimamente si era abituata a vederlo in tal modo, non era sicura fossero stati fatti di proposito. Non quella notte.
Malfoy ansimava, come se fosse reduce di una corsa, e gli occhi di solito glaciali, la stavano analizzando con fermezza.
Indossava dei jeans scuri e una camicia bianca, sbottonata sul davanti.
Hermione ebbe l’impressione che l’avesse indossata in tutta fretta, forse dopo l’incontro con qualche amante.
A fatica si sollevo all’in piedi, sostenendosi pigramente al tronco di un albero, che stranamente non la rigettò in malo modo.
Malfoy la guardava con una sfrontatezza fuori dal comune, costringendola contro il tronco dell’albero, e impedendole alcuna scappatoia.
Si sentiva a disagio, soprattutto di fronte all’avvenenza dell’ uomo.
Lei di primo mattino era inguardabile, con i capelli più gonfi del dovuto, la reattività di un ghiro, e senza la sua buona dose di caffeina.
Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, maledicendo ancora una volta, la scelta di voler indossare un vestito.
Non riusciva a respirare con lui così vicino. Non ci riusciva da quando quei maledetti sogni avevano iniziato a far parte della sua vita, da quando lei sola sapeva chi, la tormentava.
– Parla maledizione. – La voce di Malfoy era rauca, e solo in quel momento Hermione si rese conto dello stato in cui vessava.
Draco Malfoy era decisamente furioso, e col terrore scoprì d’esserne la causa.
Si morse le labbra indecisa sul da farsi, proprio mentre la mano del biondo si artigliava alla sua gola.
– Bene, se non parlerai con le buone, lo farai con le cattive – sibilò vicino al suo viso. Davvero troppo vicino.
Hermione sussultò, tuttavia quando parlò, la sua voce non fuoriuscì tremante.  Se era cambiata, nessuno se ne sarebbe avveduto: sembrava la stessa ragazzina recalcitrante che al quinto anno lo aveva colpito con un pugno.
– Che cosa vuoi?
Malfoy fece leva sulle proprie braccia, e si avvicinò maggiormente al suo viso. – La verità mezzosangue. Non presterò i miei servigi senza sapere.
Sul viso della riccia comparve un’espressione stupita. – I tuoi servigi?
– A quanto pare spetta a me l’ingrato compito di tirarti fuori dalla foresta proibita. Si guardò in giro cospiratore: gli spiriti hanno scelto me. – La sua mano scese ad agguantarle un polso. – Te lo chiederò un’altra volta soltanto, mezzosangue: chi ti perseguita?
Hermione sbiancò. Aprì più volte la bocca per contro ribattere, ma tutto quello che ne seguì fu il silenzio.
Il cuore aveva iniziato a batterle forte, talmente forte che si chiedeva se Malfoy potesse sentirlo.
Nessuno aveva diritto di violare quella parte di lei, era stato difficile raccontarlo a Minerva McGranitt, ma non poteva assolutamente aprirsi a Draco Malfoy. Neanche adesso che non era più un meschino ragazzino viziato. Neanche adesso che era diventato un uomo. Neanche adesso che sotto le coltri d’indifferenza da lui sapientemente alzate, sembrava più umano.
Scosse il capo risoluta.
– Bene, l’hai voluto tu.  
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
– Dove siamo? – Hermione ansimava, forse a causa della stanchezza, forse per la paura, ma non riusciva comunque a raccapezzarsi. Ovunque puntasse lo sguardo, l’oscurità faceva da padrona.
La foresta proibita sembrava ancora più spettrale, soprattutto da quando ogni sibilo si era zittito.
Malfoy procedeva senza prestarle la benché minima attenzione. L’unico contatto esistente fra loro, era la presa ferrea sul polso che non si decideva a rilasciare, e che sicuramente le avrebbe lasciato un livido.
C’era freddo, talmente tanto che Hermione credette che gli arti si potessero spezzare.
– Dove siamo? – Hermione fece la domanda, e per la seconda volta attese una risposta che non arrivò.
Malfoy si limitò a strattonarla, e a farle lanciare un urlo stridulo non appena le acque le lambirono la pelle.
 – Non so nuotare – si lamentò, aggrappandosi di malavoglia al braccio del biondo.
Malfoy ghignò.  – È irrilevante. E solo per la cronaca, lo sono anche i tuoi piagnistei – disse trascinandola nelle acque più profonde.
Hermione gridò ancora, quando si rese conto di non riuscire a toccare il fondo.
– Ti odio! – gridò aggrappandosi al biondo con tutte le sue forze.
Aveva paura, e il fatto di non riuscire a intravedere alcunché la mandava su tutte le furie.
– Idem – replicò l’ex serpeverde.
– Ti ho odiato quando eri una stupida saccente so tutto io, e ti odio ora, che in un modo o nell’altro hai deciso d’incasinarmi la vita. – La strinse prontamente per la vita quando le acque si fecero più profonde, ignorando le sue proteste.
– Dove siamo? – Hermione fece per l’ennesima volta la stessa domanda, chiudendo gli occhi quando avvertì il rimbombo della sua voce, perché se prima aveva avuto dei sospetti, adesso il dubbio la stava logorando.
Scosse il capo, ignorando il senso di vertigine che la stava avvolgendo.
– Respira e non pensarci mezzosangue, passerà in fretta – gracchiò gelido la sua nemesi.
– Non può essere... – la riccia faticava a crederci, mentre il terrore s’impadroniva di lei, e in modo del tutto involontario si stringeva più forte al petto di Malfoy.
– Lo è – disse risoluto.
– È magia oscura – replicò.
– La conosci? – Draco Malfoy non le era mai apparso così spaventoso come in quel frangente.
Ogni volta che parlava il suo profumo, la investiva, e lei provava un desiderio primordiale di ucciderlo.
– Sei un bastardo!
– Touché, sono sicuro che tu possa fare di meglio, mezzosangue.
Hermione sollevò il capo furente. – Che cosa ti ho fatto? Perché ce l’hai con me?
– Non essere drammatica, voglio solo delle risposte.
– Usando la magia nera?
– Con ogni mezzo possibile, mezzosangue. – Il nomignolo da lui stesso affiliatole non era mai stato tanto dispregiativo. – Prendi un bel respiro... mezzosangue.
Hermione gridò, realizzando troppo tardi quello che stava per fare il biondo. Cercò di aggrapparsi ancora all’uomo, ma quando agitò le braccia tutto quello che toccò, fu il nulla.
Gridò ancora, ma tutto quello che uscì dalla sua gola fu un sibilo strozzato, attutito in parte dalle acque, in parte dalla paura.
Sapeva che niente di quello che stava accadendo era reale, ma non riusciva a respirare per davvero, e quando la prima immagine fece capolino, seppe d’essere perduta.
 
 
 
 
 
Ron... – Fu l’unica parola che Hermione riuscì a mormorare appena fuori dall’uscio della propria casa.
Non si aspettava una sua visita a quell’ora del mattino. In realtà, non si aspettava di vederlo.
Si umettò le labbra, e si portò distrattamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Dopo i MAGO si erano incontrati poche volte. Ron le aveva detto d’aver bisogno di tempo, e lei glielo aveva dato, incurante delle conseguenze, ovvero perdersi.
 – Ti trovo bene. – Sorprendentemente era Ron quello più espansivo, e Hermione suo malgrado si ritrovò ad arrossire, a pensare che quella visita per quanto inaspettata fosse piacevole. – Sto bene – tentennò. Si sentiva stranamente irrequieta – Vuoi entrare?
 





 
Non era reale. Hermione lo sapeva, eppure alla vista di Ronald Weasley,  non potette impedire al cuore di stringersi in una morsa dolorosa.
Tremava, e le lacrime le offuscavano la vista.
Non voleva vedere, ascoltare o quant’altro. Voleva solo sprofondare, essere inghiottita dalle viscere della terra.
 
 
 
 
 
 
.
 
 
 
 
 
 Angolo autrice:
 
 
Non sono scomparsa, semplicemente io e l’estate non conciliamo bene. Adesso le acque sono più calme, e così sono tornata con un nuovo capitolo.
Che ne pensate di Questo Draco? E di Hermione?
Il loro rapporto è solo all’inizio, e spero possa piacervi l’evolversi della loro storia.
Draco non è un zuccherino, e Hermione è molto insicura.
Vado di fretta, ma spero vogliate rilasciare la vostra impressione.
Baci
Tess
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** verità-seconda parte ***


6
Verità
Seconda parte
 
 
 



 
 
 
 – Perché mi fai questo? – Hermione riemerse dalle acque, e ancora una volta si aggrappò alle spalle di Malfoy, sputando acqua e cercando di cadenzare il respiro.
Lo odiava in quel momento, per come la stava violando e pretendeva senza ritegno di conoscere cose che non era riuscita a confidare ad alcuno.
Batté con violenza i pugni sul suo petto scolpito, ma non ottenne alcuna risposta.
Era buio intorno a loro, e Hermione oltre a sentire freddo ed essere stanca, si sentiva come violata.
Le lacrime le scendevano copiose, e questo non era affatto giusto.
Lei non era fragile, e non permetteva ad alcuno di penetrare oltre lo strato di apparente forza che si era costruita.
Malfoy le artigliò i polsi con violenza, attirandosela pericolosamente addosso.
– Zitta! – tuonò – decido io quando è ora di smettere.
Hermione piangeva forte. Aveva provato a liberarsi con tutte le sue forze, ma il corpo di Malfoy sembrava fatto di pietra.
La tratteneva per la vita, costringendola contro il suo petto marmoreo.
– Ti prego... – soffiò Hermione. Sentiva le gambe vacillanti, e ogni muscolo irrigidito, e aveva paura come non ne aveva mai avuta.
Non era la magia oscura a destabilizzarla, ma quello che Malfoy l’avrebbe costretta a vedere.
– Shhh... non sprecare fiato Granger, tanto non ti accontenterei comunque – soffiò al suo orecchio – la McGranitt mi ha chiesto di proteggerti – rivelò – tutti sembrano cercarti e volerti, per un motivo o per un altro, ed io voglio conoscerne la ragione.
Hermione singhiozzò furente, ma ancora una volta non potette impedire alle immagini di prender possesso della sua visuale.
 
 



Accovacciata su un vecchio divano, Hermione fissava il vuoto innanzi a sé.
Si sentiva incredibilmente stanca, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a far prevalere il sonno.
Era dimagrita, e i capelli sembravano più arruffati del dovuto.
La televisione era rimasta accesa, forse da giorni nessuno si premurava di spegnerla.
Indossava un paio di pantaloncini sbrindellati Hermione, e sul corpo presentava ecchimosi varie, forse frutto di una caduta accidentale. 
“Mi hai venduta!”Sibilò. Sembrava che parlasse a se stessa, ma nella penombra della stanza un’ombra si andava configurando lentamente, appena vicino al camino.
“Era l’unico modo Mione... ” la voce di Ronald Weasley non mai apparsa così ferma, e Hermione tremò in corrispondenza di essa. “Io... ”Ron fece ancora una pausa “dovevo proteggere la mia famiglia”.
La riccia singhiozzò, coprendosi il volto con le mani anch’esse tumefatte.
“Sei forte Mione” il ragazzo usò ancora quel nomignolo che adesso la disgustava “e vedrai che troverai una soluzione”.
Hermione si portò una mano alla bocca, ma forse doveva portarsela alle orecchie per non udire, e al cuore che si stava lentamente sbriciolando. 
Scosse il capo allibita. “Mi hai venduta” ripeté accarezzandosi le lievi contusioni presenti nei polsi.
“Mion...”
“Zitto!”Tuonò. “Non chiamarmi più così.
Piangeva Hermione, e aveva la voce spezzata.
In realtà si sentiva rotta dentro, da quando la magia le era stata sottratta barbaramente.
I tagli inferti bruciavano, e in alcuni punti le ferite sanguinavano ancora.
Hermione chiuse gli occhi quando Ronald Weasley si fece più vicino e si accovacciò alla sua stessa altezza.
Le faceva male guardarlo, forse perché faticava a riconoscerlo.
Sembrava che guardasse uno sconosciuto, uno dei tanti conoscenti, che osservi attraverso gli occhi di qualcun altro.
“Mi hai venduta ripeté” scacciando nervosamente una lacrima con una mano.
La fievole luce del tramonto li illuminava a malapena, dalle finestre sprangate penetrava solo una tenue luce dorata.
Hermione ne osservò il riflesso, mentre questo si tingeva di altri colori.
Ron parlò nuovamente. “Avevamo un accordo, solo non pensavo...”
Hermione si coprì il viso per non vederlo, perché ancora non riusciva a credere che il suo Ron fosse tanto cambiato.
“Che cosa ti è successo?” chiese protendendosi verso di lui, e accarezzandogli leggera il viso.
Il suo aspetto era trasandato, e lei si sentì male per lui, conscia che molte cose non sarebbero più tornate a posto.
Ron abbassò gli occhi. “Quando George è morto, una parte di me è perita insieme con lui, e avevo il dovere di fare qualcosa”.
Hermione scosse il capo in segno di diniego, sconcertata dalle sue parole.
Hermione si alzò a fatica e si avvicinò a una delle persiane, perdendosi per qualche istante nella contemplazione del paesaggio.
A quell’ora del giorno Charing cross road appariva caotica. Da dietro l’infisso, osservò MR Wilson, il proprietario di una libreria dirimpetto alla sua abitazione, rientrare con una pila di libri non indifferente.
La scena per un lieve istante le strappò un sorriso.
“Guardami Ron...” lasciò la contemplazione della strada per tornare a guardare Ron. “Non sono più una strega”disse con voce rotta “e non so minimamente come fronteggiare quell’uomo”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


– Non c’è che dire la piattola Weasley mi ha superato.
Hermione aprì gli occhi scombussolata: la testa sembrava sul punto di scoppiarle, e sentiva freddo.
Sapeva a chi apparteneva quella voce, nelle ultime settimane, ne aveva imparato a memoria ogni inflessione, solo faticava a prendere atto della sua presenza.
Malfoy si trovava a pochi centimetri da lei, e sfortunatamente la foresta proibita e quello che l’era accaduto non era stato un incubo dovuto a indigestione di ciocco rane.
Quando provò a muoversi il cerchio alla testa, s’intensificò, strappandole un gemito di dolore.
– Faresti bene a non muoverti. – La voce di Malfoy appariva asettica, fredda, totalmente in discordanza con l’avvertimento dato.
Hermione lo guardò di sottecchi, notevolmente infastidita dalla sua presenza.
Indossava gli stessi vestiti di qualche ora addietro, e appariva stanco. – Perché sei qui? – gracchiò stanca, provando per l’ennesima volta a sollevarsi.
Malfoy non rispose. Si limitò a poggiare le mani sulle sue spalle per costringerla a stare supina.
Uno strano presentimento si fece spazio in lei, e il cuore iniziò a tamburellarle forte, mentre la presenza di Malfoy divenne asfissiante.
Scosse il capo ripetute volte, faticando perfino a respirare. – Che cosa hai fatto? – chiese, senza avere il coraggio di guardarlo.
Più delle sue parole, temeva il suo sguardo, i brividi che la sua presenza le procurava.
Malfoy non rispose. Non subito, e quando lo fece le paure di Hermione, divennero reali.
– Ho fatto quello che andava fatto – disse schietto senza tentennamento alcuno.
– Conosci la magia oscura? – fu l’unica domanda che le salì alla bocca. Il suo rassomigliava più che altro a un pensiero espresso ad alta voce.
Era pallida, e tremava vistosamente.
Il biondo le rivolse uno sguardo indifferente. – Anche tu.
A queste parole, dette fra l’altro in maniera sgarbata, Hermione fu attraversata da un moto di rabbia.
Da quando si era svegliata, non l’aveva guardato negli occhi una sola volta, troppo spaventata dall’idea di vederci altro, ed era furiosa perché era lei che doveva accusarlo, non il contrario.
Accusò il colpo, e non si difese, perché in fondo era vero. Conosceva la magia oscura, e l’aveva perfino usata quando si era persa, e si era rotta dentro.
Ed era furiosa, perché non era riuscita a gestirla per come aveva fatto Malfoy, ma ne era uscita quasi dilaniata.
Hermione si chiese per l’ennesima volta se fosse un bene per lei ritrovarsi in sua compagnia. Di solito gli uomini con i quali si era ritrovata a lavorare, la mettevano a suo agio. Lui invece, non faceva che analizzarla, e inveirle contro, e farla sentire inadeguata. – Come hai fatto? – domandò ancora.
L’infermeria era troppo silenziosa, e Hermione avvertiva l’insano desiderio di riempire quel vuoto con delle parole. In quel momento, perfino la voce di Draco Malfoy appariva confortante.
In verità, avrebbe desiderato possederlo lei quel potere, magari unito al suo ghiaccio perenne, alla capacità di estraniarsi da tutto. Invece, continuava a sentirsi in bilico.
– Ho ricreato il tuo pensatoio.
La riccia annaspò, ma questa volta lo guardò, perché voleva sapere cosa avesse visto, e se doveva sentirsi in pericolo anche con lui.
Gli occhi si riempirono di lacrime quando lo fece.
Draco Malfoy non evitava il suo sguardo come aveva fatto Ron. La fissava con alterigia, ma lei dentro si era sentita venir meno.
Adesso che lui sapeva, che aveva visto, si sentiva fragile ed esposta.
Una lacrima scese a contornarle gli occhi, le lambì la guancia, e si perse oltre il mento. – Non farlo mai più – gli intimò – non osare sbirciare nella mia vita.
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
 
Il capitolo è concluso, e spero non sia stato deludente.
Non ho molto da dire, solo, spero che questi Draco e Hermione v’intrighino.
Hermione ha molto dolore dentro, ed estirparlo non sarà semplice.
Draco, è Draco, e non sempre farà la cosa giusta.
Ha passato anni a inveirle contro, a detestarla, e non può innamorarsene all’improvviso.
 Vado di fretta, quindi mi scuso per la sinteticità delle note.
Grazie a chi ha inserito la storia fra le preferite, seguite e ricordate, ma sopratutto a chi ha recensito.
Un bacio
Tess
 
 

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