sono i nostri sentimenti

di Maunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sara e Gil ***
Capitolo 2: *** raptus di passione ***
Capitolo 3: *** In conseguenza di una sbronza ***



Capitolo 1
*** Sara e Gil ***


                                                                           Sara e Gil
Ero seduta sulla panca davanti al mio armadietto e avevo appena finito il turno. Mentre mi toglievo gli scarponcini pensavo a quello che mi stava succedendo in quei giorni, non riuscivo a togliermi dalla testa le sensazioni che provavo: ero euforica ma allo stesso tempo distrutta dall'angoscia. C'era un uomo che assillava i miei pensieri e mi provocava dei brividi piacevoli; lo incontravo tutti i giorni in laboratorio e passavo molte delle mie ore lavorative con lui, ogni volta che sorrideva o che incontravo il suo sguardo mi tremavano le ginocchia; il suo sorriso illuminava la stanza e il mio cuore, tutte le volte che passava fugace sulle sue labbra. Negli ultimi giorni mie era sembrato di scorgere qualcosa di diverso nel suo modo di guardarmi, ma quando tentavo di rimanere sola con lui per parlare trovava una scusa per allontanarsi.  Che uomo codardo, ma forse è la mia mente che spera che i suoi sguardi preoccupati fossero rivolti a me, che io fossi la causa della sua tristezza, che il suo evitarmi dipenda del fatto che prova qualcosa nei miei confronti. Ingenua Sara, come puoi pensare che lui sia attratto da te, lui non prova niente nel suo cuore di ghiaccio e di certo non rischierebbe tutta la sua cariera per te, infin dei conti è il tuo superiore. Eppure qualche giorno fa mi ero illusa, mentre esaminavamo la prova di uno stupro-omicidio mi era sembrato di vedere qualcosa nel suo sguardo; io in quel momento ero stordita, chiusa tra il muro e le sue braccia vicino ai miei fianchi, combattuta tra la voglia di avvicinarmi alle sue labbra e la consapevolezza di non poterlo fare; lui mi fissava e scorgevo nel blu dei suoi occhi il mio stesso desiderio di lasciarsi andare ai sentimenti; che vile, ma con più autocontrollo di me che ero dovuta scappare dalla forza magnetica del suo sguardo e dal profumo del suo respiro accelerato.
Improvvisamente qualcuno pronunciò il mio nome facendomi cadere dalle nuvole, mi accorsi di essermi cambiata le scarpe da un pezzo e di fissare immobile il pavimento, cercando di ricomporre la mia espressione mi girai verso la fonte della voce, era Catherine:
"Sara stai bene? Hai un aspetto orribile!" cercai di controllare il tono della mia voce mentre rispondevo:
"Sì tranquilla, sono solo un po' stanca" non convincevo nemmeno me stessa. Lei si sedette di fianco a me e mi guardò con dolcezza:
"Dai Sara si vede lontano un miglio che c'è qualcosa che ti turba, non riesci a nasconderlo bene" io sospirai:
"Sì è solo che..." non riuscivo nemmeno a pronunciare il suo nome,ma Catherine concluse al posto mio:
"Grissom" io annuii e cercai di trattenermi dall'urlare quelle parole:
"Non riesco a togliermelo dalla testa e ne soffro perchè ciò che provo io non sarà mai ricambiato lui!" non avevo resistito dallo sfogarmi, ora il mio battito accellerava e gli occhi cominciavano a bruciare, ricacciai le lacrime al loro posto, ma questo mi provocò un dolore atroce allo stomaco quasi come una pugnalata, mi lasciai sfuggire un gemito e Catherine prontamente mi mise una mano sulla schiena per confortarmi:
"Ti sbagli sai, tu non gli sei per niente indifferente. Lo conosco da molti anni e non l'ho mai visto guardare una donna come fa con te" mi sorrise come se le sue parole avrebbero duvuto farmi stare meglio, ma provocarono altre mille domande nella mia testa: Perchè allora si comportava così? Sapeva ciò che io volevo perchè negarlo a entrambi?
Avrei voluto urlargli tutto in faccia, ma avrei solo peggiorato la situazione:
"Stupido uomo codardo" borbottai a denti stretti; Catherine sorrise e mi parlò sinceramente:
"Sai Sara Gil è sempre stato chiuso al mondo delle relazioni sociali e per quasi cinquant'anni è rimasto solo, ha paura di sbagliare e ciò gli impedisce di lasciarsi trasportare dal cuore. Non odiarlo, prima o poi ammettera a se stesso e soprattutto a te che prova dei sentimenti forti."
Sapevo che ciò che lei diceva era vero, ma non riusciva a farmi stare meglio, gli occhi iniziarono a bruciare nuovamente mentre qualcuno interruppe la discussione:
"Oh eccoti qua Catherine, c'è un nuovo caso..." Grissom si era accorto di aver interrotto qualcosa; era l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento, sentivo le lacrime che stavano per emergere e decise di fare qualcosa, mi alzai di colpo e misi gli scarponcini nel armadietto cercando di metterci il meno possibile:
"Ci vediamo domani Cath" mi diressi verso la porta e una folata di vento mi portò il suo profumo eccole lacrime, esplosero dai miei occhi senza un freno:
"Sara stai bene?" chiese lui, che domanda stupida:
"Certo" risposi quasi singhiozzando lo superai senza guardarlo negli occhi, la sua espressione era tra l'imbarazzato e il preoccupato. Corsi via per il corridoio mentre le lacrime scendevano lungo le mie guance, sperai di non incontrare nessuno e dopo aver superato il laboratorio del DNA girai a destra trovandomi davanti al suo ufficio, lanciai una fugace occhiata all'interno, pessima idea perchè un'altra coltellata trafisse il mio stomaco e nuove goccie sgorgavano dai miei occhi. Finalmente arrivai al parcheccio e cercando le chiavi della macchina mi accorsi di averle nella borsa che si trovava appesa nell'armadietto, tutta colpa tua Gil! Cercai di riprendere il controllo perchè ora oltre all'amore, nei suoi confronti provavo rabbia e irritazione: chi era Gil Grissom per rovinarmi così la vita? Non aveva alcun diritto su di me eppure a quanto diceva Catherine aveva liberamente preso la decisione che per noi non ci sarebbe stato un futuro senza considerare ciò che io volevo. Respirai profondamente un paio di volte e mi diressi verso la strada per prendere un taxi.
                                                                                         nel frattempo:
Guardai Sara allontanarsi di corsa davanti a me, ero rimasto stordito dalla reazione che aveva avuto nel momento in cui ero entrato nella stanza. Sperai con tutto me stesso che le lacrime che avevo visto spuntare dai suoi dolci occhi marroni non fossero causate da me, ma guardando l'espressione di Catherine sapevo di sbagliarmi. Avevo così tanti dubbi nella testa da farla scoppiare, ero consapevole in parte che Sara nutriva dei sentimenti nei miei confronti, ma non avevo idea di ciò che provassi io per lei; negli ultimi mesi avevo notato che qualcosa era cambiato in me: molte volte mi ritrovavo a fissarla senza un motivo e senza farmi notare, evitavo inconsciamente il contatto delle mie mani con le sue anche nei piccoli gesti come passarsi un'oggetto, e un senso di leggerezza mi cullava quando riuscivo a rubare uno dei sorrisi che lei non mi rivolgeva. Tutto ciò mi faceva presumere che i miei sentimenti erano mutati, ma non mi ero mai sentito in questo modo e non sapevo definire ciò che mi stava accadendo. Mi rivolsi a Catherine:
"Ma cosa gli è preso? lei mi guardò con durezza e sputo parole dolorose:
"Grissom ma come è possibile che non ti rendi conto che Sara è innamorata di te! E sono sicura che anche tu provi lo stesso per lei, smettila di essere egoista e lasciati andare!" cercai  di rispondere perchè non mi aspettavo che la mia amica potesse rivolgersi a me in quel modo:
"Catherine io non sono l'uomo giusto per lei" si alzò di scatto e sbuffando si avvicinò a me e gurdandomi negli occhi disse:
"Potresti lasciarlo decidere a lei questo!" dopodichè si allontanò lasciandomi da solo immerso nel mio dolore. Questa era la conferma che ciò che temevo era vero, ormai non potevo più tirarmi indietro era troppo tardi perchè lei soffriva per me e io anche. Avevo paura dei  miei sentimenti e sapevo che di questo passo l'avrei persa definitivamente, ma come potevo essere così ardito da confessare,  sperai che l'infatuazione di Sara serebbe passata se io avessi non le dato corda, decisi che il giorno dopo avrei messo in chiaro le cose una volta per tutte.

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Capitolo 2
*** raptus di passione ***


Il turno sarebbe iniziato tra meno di un'ora, ma io non avevo alcuna volgia di vedere Grissom perchè sapevo che aveva notato le lacrime del giorno prima e ciò mi imbarazzava molto.

 Ero arrivato al laboratorio con largo anticipo siccome dovevo sbrigare delle scartoffie che si stavano impilando sulla mia  scrivania, era un lavoro che odiavo, ma putroppo andava fatto esattamete come il discorso da affrontare con Sara. Brass bussò alla porta e entrò dicendo:
"Ciao Gil abbiamo del lavoro da svolgere" e mi porse dei foglietti con scritti  i casi, io mi alzai e mi diressi verso la porta:
"Bene andiamo ad avvisare la squadra" il mio tono era molto più tetro del solito perchè il lavoro non era la mia principale preoccupazione quella notte.
Arrivammo alla sala break dove tutti gli agenti della scientifica stavano aspettando ordini sorseggiando caffè e chiaccherando tranquillamente, li invidiavo per come riuscivano a evadere dai loro problemi personali quando stavano al laboratorio, io invece aggirandomi per quel luogo  riuscivo solo a stare peggio perchè ogni stanza mi faceva venire in mente Sara :
"Salve ragazzi, ho del lavoro per voi; Nick ti affido il caso di una rapina finita male in Blue Diamond road porta con te Sanders, Warrick e Catherine avete una donna trovata morta nel Desert Hills, Sara..." mi bloccai improvvisamente nel sentirmi pronunciare il suo nome e alzai lo sguardo quando non la sentii rispondere:
"Dov'è Sara?" nessuno disse niente:
" Sono qui capo, scusa il ritarso" mi girai e la vidi arrivare a grandi passi dal corridoio, era stupenda come al solito:
"Bene, noi abbiamo un cadavere al Rempart".


Non avrei voluto lavorare con Grissom perchè la sua vicinanza mi tormentava eppure qualcosa era scattato nella mia testa quando aveva pronunciato la parola noi, adoravo sentirgliela dire in riferimento a me e lui:
"Ok" risposi distrattamente senza guardarlo negli occhi, sapevo di non riuscire più a sostenere il suo sguardo e lo avrei evitato il più possibile.
I vari membri della squadra uscirono dal laboratorio per svolgere le indagini e così fecemmo anche io e Gil, stare nella sua macchina mi rendeva molto nervosa perchè era carica del suo profumo che mi faceva venire i brividi, era dolce ma allo stesso tempo molto mascolino e decisamente attraente. Se non fosse stato al volante probabilmente mi sarei fiondata su di lui; dovevamo assolutamente risolvere questa situazione.

Avevo voluto lei al mio fianco nell'indagine nella speranza di riuscire a trovare la forza per parlarle, ma sapevo che non sarebbe stato facile; di tanto in tanto la guardavo con la coda dell'occhio senza farmi notare, era imbarazzata tanto quanto me, non osavo interrompere il silenzio perchè non avevo idea di cosa dirle.

Avrei voluto parlare, ma la paura delle conseguenze mi impediva di emettere alcun suono. Sentivo lo scricchiolio della pelle mentre lui stringeva le mani sul volante in segno di disagio, io mi ostinavo a guardare fuori del finestrino fingendo di ignorarlo.
Finalmente arrivammo al casinò e io accolsi con piacere la presenza del detective  Vega che attenuò leggermente la tensione tra me e Gil:
"Ciao ragazzi, il cadavere è su al secondo piano il corener è già arrivato. Io vado ad interrogare qualche testimone." Gil sorrise facendo fare una capriola al mio stomaco, mi infastidiva avere queste reazioni a causa di un suo gesto o sguardo, non ero padrona del mio corpo.
Andammo verso l'ascensore e una volta giunti davanti alle porte di metallo allungai il braccio per premere il pulsante della chiamata, ma lui fece lo stesso e  le nostre mani si incontrarono sfiorandosi appena, quel piccolo contatto bastò a far partire una scarica elettrica che arrivò fino alla mia gola dove un nodo si formò improvviso; la sua mano era calda e sembrò che mi scottasse, rimasi ferma con il braccio alzato a fissare il punto in cui ci eravamo sfiorati, ma la sua mano non c'era più.

Appena sentii la sua pelle mi ritrassi, amavo il suo tocco, ma allo stesso tempo lo detestavo perchè mi provocava un'accelerazione dei battiti e una sensazione strana allo stomaco, le sue mani erano gelide e desideravo stringerle per poterle scaldare; mi immaginai come sarebbe stato, ma allontanai subito quel pensiero perchè non sarebbe stato possibile. Lei stava ancora ferma con il braccio sospeso a mezz'aria, sapevo che quel piccolo contato le aveva fatto il mio stesso effetto.
 L'ascensore si aprì improvvisamente facendomi sobbalzare, ne scese un uomo che mi superò velocemente; le porte si stavano per chiudere davanti ai miei occhi e mi ricoradi del motivo per cui mi trovavo lì, feci scattare velocemente la mano in cui stringevo il mio kit bloccando la loro chisura, entrai e Sara mi seguì.


Eravamo nuovamente soli, uno di fianco all'altra fissavamo due punti diversi, ma sentivo il suo corpo  di fianco a me rigido e teso, il suo volto era cupo e desolato, questo mi stupì, lui era bravo a nascondere ciò che sentiva, ma era come se da quella posizione potessi scorgere un piccolo pezzetto del suo vero volto che si nascondeva sotto una maschera. Mentre ci pensavo l'ascensore si fermò e spalancò le sue porte, persi di vista per un solo istante il suo viso, ma quando lo cercai nuovamente aveva sistemato lo spiraglio dal quale prima avevo intravisto tristeza.
Quando arrivammo sulla scena del crimine mi lascia trasportare dal lavoro e raccolsi numerose prove senza che Gil invadesse la mia mente troppo spesso.

Il caso non sembrava difficile avevo già un ipotesi che le prove avrebbero confermato, dissi all'agente che era con noi di portare l'unico sospettato alla centrale per interrogarlo.
Io e Sara restammo sulla scena per circa tre ore, distratto dal lavoro mi scordai quasi completamente del mio obbiettivo serale: risolvere la situazione che ormai da troppi mesi ci faveva soffrire.
Durante il viaggio in macchina le discussioni sul caso non lasciarono spazio a momenti di silenzio imbarazzante e la tensione si era sciolta un po', sembrava che fossimo tornati come un anno fa, una squadra vincente contro i criminali , ma sapevo benissimo che non era vero perchè nonostante parlare di lavoro mi mettesse sicurezza le mie mani attorno al volante sudavano e il mio stomaco ribolliva  a causa della sua presenza.


Avevamo girato tutto il laboratorio per lasciare le prove ai vari tecnici competenti e ora attendevamo nel suo ufficio l'arrivo dei risultati, Gil aveva deciso di non prendere parte all'interrogatorio del sospettato e ciò voleva dire una sola cosa, aveva già risolto il caso:
"Allora vuoi spiegarmi cos' è successo?" volevo sapere anche io come era stata assassinata la vittima.

La sua domanda mi prese in contropiede, non mi aspettavo di affrontare subito l'argomento e soprattutto lei non sembrava affato turbata dalla situazione a differenza mia, cercai una risposta accettabile:
"Bè ecco ...non lo so nemmeno io di preciso, insomma qualcosa c'è tra noi però..." non conclusi la frase perchè la sua espressione mi lasciò senza parole, aggrottò la fronte e mi guardò perplessa:
"Grissom io volevo sapere come hai risolto il caso..."


Aveva frainteso tutto, evidentemente non pensava al lavoro quando gli avevo posto la domanda e la sua brillante mente eveva risposto a un'altra questione.

Che idiota che sono, era ovvio che lei parlava del caso, adesso come potevo uscire da questa situazione. La mia mente era paralizzata e sentii un forte calore sulle guance, mi alzai e borbottai imbarazzatissimo:
"Certo è ovvio ecco..." ma lei mi interruppe e si avvicino a me.


Non potevo farlo tornare sull'argomento lavoro perchè quella sarebbe stata la fine di ogni mia possibilità di farlo parlere riguardo a noi due:
"No Gil aspetta già che siamo capitati su questo argomento, noi dobbiamo parlarne." la mia voce tremava dall'agitazione, ma era decisa. Mi ero avvicanata forse troppo e ora lo guadavo  nei suoi grandi occhioni blu che mi fissavano stupiti e con paura.

Troppo tardi, eravamo su quel terreno minato ormai e l'unico modo per uscirne era attraversarlo sperando di non saltare in aria. Sospirai riluttante all'idea di confessare, volevo allontanarmi da lei, ma il suo respiro era ipnotizzante e il suo corpo come una calamita, fui preso da un'improvvisa voglia di baciarla, ma resistetti alla tentazione.

Era stupendo poter stare così vicino a lui senza una scusa, il desiderio ardeva dentro me, ma lo respinsi il più possibile e parlai esitando:
"Insomma tu sai cosa penso io, sono mesi che cerco di fartelo capire, ma tu insomma dimmi qualcosa" ecco io la mia parte l'avevo fatta, ora toccava a lui parlare:
"Sara, sono il tuo superiore e abbiamo parecchi anni di differenza...non credo sia una cosa sana".

Dire quelle parole non era stato per niente facile, sapevo che non era quello il mio vero pensiero, ma sarebbe stato meglio così; schiacciare e ignorare quei sentimenti che di giorno in giorno crescevano in me perchè avrei solo fatto del male a quella donna che già stava soffrendo a causa mia, non potevo permetterlo.

Avevo sperato fino all'ultimo che la sua risposta avrebbe realizzato le mie fantasie, ma ora mi rendevo conto che ero solo un' illusa e patetica romantica, Catherine mi aveva lasciato intendere che lui mi ricambiava e anche io lo sospettavo, evidentemente ci sbagliavamo entrambe. Ora era lì davanti a me così vicino da sentire il suo petto muoversi ad ogni respiro e io non potevo fare altro che osservarlo mettere la sua peggiore maschera: quella asettica che usa quando c'è qualcosa che lo turba, maledetto uomo che mi hai fatta innamorare di te! Come faccio ad amarti se tu non provi niente per nessuno, sei un robot costruito per acciuffare assassini, senza sentimenti. Eccole improvvise ma previste, le lacrime sgorgarono brucianti e come acqua bollente scottavano le mia guance, che amarezza, avrei voluto sparire in qul preciso istate, ma ero immobilizzata con le braccia lungo i finachi, piangendo davanti a quell'uomo che era la causa della mia disperazione, ero distutta.

Vedevo in lei la disperazione e le lacrime fecero capolino dai suoi splendidi occhi marroni, non potevo sopportare la loro vista, era come ricevere delle pugnalate dritte al cuore avrei voluto piangere anche io ma non ero sicuro di esserne in grado. Mossi lentamente le braccia e presi dolcemente le sue mani fra le mie; il contatto scatenò immediatamente una forte reazione in me, il cuore straziato dal dolore batteva sempre più veloce e il respiro si faceva sempre più affannato, guardai le nostre mani che si stringevano perchè era una cosa stupenda poterla toccare.

Le sue mani erano bollenti e mi riscaldarono fino all'anima, come poteva un uomo così gelido e distaccato infondermi così tanto calore? Il desiderio si faceva sempre più intenso e con le guance umide mi avvicinavo sempre di più, ma lui parlò prima che potessi sfiorare le sue labbra:
"Ti prego non odiarmi Sara, le tue lacrime mi fanno male perchè io non voglio che tu soffra, ho paura per quello che potrei farti, Gil Grissom non è fatto per stare con una donna. Tu sei speciale e meriti più di me. Sono stato solo per troppo tempo e ora non sono più capace di lasciarmi andare."
Ero stupita da tanta sincerità.

Questa volta avevo detto  tutto quello che avevo nel cuore ma non ero ancora in grado di fare ciò che era giusto.

"Gil io ti amo!" non potevo crederci, avevo lasciato scappare quelle parole senza rendermene conto, mi vergognavo di tanta spudoratezza e desideravo fuggire, ma qualcosa sul suo volto mi trattenne; i suoi occhi si accesero per un secondo e finalmente la maschera cadde mostrando il suo lato migliore, quello vero.

Le sue parole mi lasciarono di stucco non solo per il contenuto ma anche perchè sentii il suo fiato addosso e il desiderio si accese impetuoso, colmai la breve distanza che c'era tra i nostri visi e raggiunsi finalmente le sue labbra. Fu come un'esplosione, il calore mi invase e le sue morbide labbra erano le porte del paradiso.

Finalmente si era lasciato andare e questo era il vero lui, dolce e passionale.
Quel bacio era ci che più avevo desiderato da un anno a questa parte, ma non era quello giusto: le nostre labbra si muovevano troppo veloci disgiungendosi appena e la passione regnava al posto della dolcezza; mi lasciò le mani e le mise sui miei fanchi attirandomi a se con desiderio; io gli gettai le braccia al collo stringendo le sue forti spalle e affondando una mano nei morbidi capelli.

In quel momento di follia non contava più nulla se non noi due; mentre i nostri corpi fremavano sempre più vicini mi sentivo estremamente vivo, il mio ufficio svaniva piano piano lasciando spazio al nulla dove l'istinto faceva da padrone. Qualcosa mi riportò bruscamente alla realtà: un suono squillante proveniva dalla mia tasca destra.

Non mi accorsi nemmeno che il suo telefono stava squillando perchè ero completamete concentrata sui nostri corpi stretti insieme e sulle nostre bocche che si muovevano in sincronia. Spingendomi delicatamente mi allontanò da lui e fui costretta ad interrompere quel bacio, ci stavamo ancora guardando negli occhi: le sue mani sui miei fianchi le mie sulle sue spalle; estrasse il telefono e rispose:
"Pronto! Sì Senders! Certo, grazie!". Il suo tono era seccato, involontariamente Greg interrompeva di continuo ogni momento teso tra me e Gil e la cosa infastidiva entrambi.

Riposi il cellulare e tornai a guardare Sara,  tutto il desiderio che mi aveva trasportato prima aveva lasciato il posto all'imbarazzo, la allontanai da me lasciando che le sue mani scivolassero delicate sul mio petto provocandomi dei brividi lungo la schiena; ero stupito del gesto che avevo compiuto e invaso dalla tensione non riuscivo a trovare niente da dire, ma lei interruppe il silenzio per prima:
"Gil...io non capisco...perchè sei così ceco nei confronti dei tuoi sentimenti?" non potevo dirle come realmente mi sentivo perchè non sapevo cosa avrei fatto dopo, ma ero consapevole che io non ero abbastanza per lei e che l'avrei solo fatta stare male:
"Non capisci? Io non so come comportarmi in questa situazione. Il cuore mi dice di buttarmi, ma la ragione non è d'accordo e io sono un uomo logico, io soffocherò quello che provo nei tuoi confronti perchè è sbagliato..." il suo sguardo si spense per la crudetà delle mie parole e si fece scura in volto:
"Grissom sono i nostri sentimenti! Non possiamo ignorarli così!" le sue parole sembravano un lamento e la sua voce era straziata dalla tristezza. I suoi occhi si fecero lucidi e provai un profondo odio per me stesso che le stavo facendo tutto quel male, scossi la testa in segno di disaccordo e senza aggiungere un'altra parole mi voltai per fuggire dalla verità come un codardo lasciandola sola; avevo appena calpestato e gettato via la migliore  possibilità che avrei mai avuto di essere felice, ma soprattutto avevo distrutto il cuore dell'unica donna che mi avrebbe mai amato.


Ero rimasta sola perchè lui se ne era andato di nuovo forse per sempre, lasciandomi in un mare di dolore e disperazione; ora sapevo che i suoi sentimenti erano reali quanto i miei, lo avevo capito anche se lui non ci era arrivato e questo mi innervosiva ancora di più perchè quello stupido uomo mi stava distruggendo e lo faceva anche a se stesso.
Le mie lacrime scendevano silenziose senza che me ne accorgessi, rimanevo immobile nel suo ufficio nella speranza che lui tornasse, avevo paura ad uscirne come se il mondo al diffuori della mia bolla avesse potuto uccidermi, il mio rifugio ora era quella stanza così assurdamente colma delle sue inutii cose che forse osservandole avrebbero riempito il vuoto lasciato da lui nel mio petto dove doveva trovarsi il cuore; mi aveva fatto assaggiare le sue labbra e ora come una bambina golosa ne volevo ancora, avevo sentito il suo vero io: la sua dolcezza, la sua passione nel baciarmi, ma soprattutto la generosità nel fare quello che riteneva migliore per me anche se gli costava l'infelicità. Tutto questo aveva solo aumentato il mio amore per lui, averlo visto uomo, che ama e soffre.
Il mio corpo si mosse senza che io lo volessi, il cervello non riusciva a dare nessun ordine, ma i muscoli li conoscevano a memoria: camminai verso lo spogliatoio, mi cambiai, guidai per le strade trafficate, scesi dall'auto, entrai nel mio bar e mi sedetti per ordinare:
"Ciao Jack, servimi da bere per favore" la mia voce era piatta e lugubre come quella di un parroco che recita una messa funebre, l'amico di sempre mi stava attendendo:
"Solita birra Sara?"
"No, dammi del Bourbon - mi versò un bicchiere - e lascia la bottigli Jack" lui mi guadò di sbieco e facendo spallucce la mise sul bancone, io la afferrai stringendola tra le dita e mi abbandonai all'oblio che mi attendeva sul fondo di quel bicchiere.

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Capitolo 3
*** In conseguenza di una sbronza ***


Lo squillare del telefono mi svegliò, mi mossi velocemente e risposi con voce assonata:
"Pronto chi è?" dall'altra parte qualcuno di famigliare mi parlò con tono rassegnato:
"Gil sono Brass, drovesti venire alla centrale"  fui irritato da quella chiamata:
"Io ho finito da un pezzo Jim, chiama quelli del turno di giorno!"
lui sospirò mettendomi un po' in apprensione:
"No vedi non si tratta di un caso, è Sara che..." lo nterruppi prima che potesse finire:
"Sta bene? Cosa le è successo?" la mia voce era spaventata, ripensai a come l'avevo lasciata e una morsa mi strinse lo stomaco:
"Tranquillo sta bene, un agente l'ha fermata alla guida ubriaca, ho soffocato la cosa, ma non può tornare a casa da sola." trassi un sospiro di solievo e confermai che sarei andato a prenderla.
Dopo aver indossato i primi vestiti che trovai corsi all'auto e partii in direzione della centrale.


Mi avevano fatta sedere su una sedia dura, fredda e scomoda; volevo alzarmi e andare via, ma la stanza intorno a me roteava vorticosamente facendomi venire la nausea. Mi presi la testa fra le mani per tenerla ferma,ma non cambiò nulla; chinandomi in avanti cercai di fissare un punto preciso del pavimente, ma era tutto molto sfocato e le luci bianche mi abbagliavano.
Un uomo si sedette al mio fianco pronunciando il mio nome in maniera dolce e premurosa,
mi chiese se era tutto a posto e biascicando risposi qualcosa di accettabile, poi mi prese la mano fra la sua e disse:
"Sara vieni, ti porto a casa" non sapevo chi fosse, ma qualcosa nella sua voce familiare mi rassicurava e mi lasciai scortare fino ad una jeep nera, all'improvviso qualcosa scatto nella mia testa e bloccandomi sul posto iniziai a parlare agitata:
"Non voglio venire con te! Chiama Grissom ecco-gli porsi il telefono-Grissom si prenderà cura di me! Chiamalo!" lo sconosciuto cercava di tranquillizzarmi stringendomi le spalle:
"Sara stai tranquilla, sono io! Sono Gil!" quelle parole mi sconvosero, ma non ebbi la forza di guardarlo in faccia, scoppiaia a piangere squittendo come una bambina spaventata:
"Gil! Per fortuna sei qui! Grazie, scusa se...  oh Gil sono così felice di vederti!" ero incapace di controllarmi e le parole uscivano ancora prima che io le pensassi, lui senza dire niente mi cinse la vita e mi aiutò a salire in macchina dopodichè il buio calò sulla mia mente.

Avevo sorretto Sara dal parcheggio fino al pianerottolo del sua appartamento e dopo averle tolto le chiavi di tasca eravamo entrati; lei si lasciò cadere pesantemente sul divano, la testa gettata all'indietro, io, che mi ero seduto di fianco, la offervavo indeciso su come comportarmi.
Dopo quanche minuto iniziò a trafficare con l'allaciatura della giacca imprecando ripedutamente, le scostai delicatamente le mani e la aiutai a slacciare la zip; mi guardò e i suoi occhi erano vacui come privi di ragione, poi senza una parola si alzò e si diresse barcollando verso quella che presumibilmente era la sua camera da letto. Fece solo pochi passi perchè inciampò nell'angolo del tappeto e cadde sul pavimento con un tonfo sordo, scattai in piedi e la aiutai a sollevarsi portandola poi nella stanza. La osservai mentre si toglieva i vestiti con qualche difficoltà, ma non potevo aiutarla, il solo fatto di guardarla spogliarsi mi faceva vergognare, il suo corpo snello era a dir poco perfetto in biancheria.
Finalmete si mise sotto le coperte e mi avvicanai tenendo gli occhi fissi sul pavimento, il mio cuore palpitava incontrollabile e le mie mani sudate si torcevano l'una nell'altra, ma un suo flebile sussurro mi costrinse a guardarla:
"Gil vieni qui con me ti prego!" imbarazzato e titubante mi sedetti sul lato opposto del letto tenendomi a una certa distanza, ma lei strisciando sotto le coperte arrivò fino a me e dopo essersi messa a sedere si accoccolò sul mio petto sussurando:
"Gil ti amo, non posso vivere senza di te" sapevo che non avrebbe mai pronunciato quelle parole in un'altra situazione, era ubriaca ma si sa che in vino veritas così la strinsi tra le mie braccia e sentivo la sua schiena nuda sotto le mie dita tremanti e la sue mani stretta a pugno sul colletto della mia camicia, poggiai la guancia sulla sua testa e inspirai profondamente il dolce profumo dei suoi capelli sussurrando :
"Penso di amarti anche io" nessuno sentii quella frase perchè nessuno aveva un udito tanto acuto.
Cercai di far sdraiare Sara e appena sentii le sue mani allentare la prese mi alzai per dirigermi in salotto, ma qualcosa afferò il mio braccio e voltandomi vidi il suo volto fissarmi impaurito:
"Ti prego Gil resta" per quanche istante rimasi immobile a osservare il suo viso incapace di reagire, poi prendendole la mano mi sdraiai al sua fianco senza staccare gli occhi dai suoi e lei capì che sarei rimasto perchè pochi secondi dopo si era già assopita con le dita intrecciate alle mie.
La osservai dormire per un po' di tempo e capii che qualche ora prima avevo preso la decisione sbagliata convinto come senpre che la ragione vince i sentimenti, ma forse per la prima volta io ero il meglio per qualcuno. Rimanendo in quella stanza avevo avevo preso la decisione che non avrei mai pensato di prendere e così facendo avevo dato una svolta alla mia vita che ora era irrimediabilmente legata a quella di Sara.
Mi lasciai invadere da un senso di pace che non sentivo da moltissimi anni e mi addormentai al suo fianco consapevole che al risveglio avrei potuto finalmente dichiararle il mio amore.


Spalancai gli occhi di colpo e iniziai a guardarmi intorno senza muovere un muscolo, ero sicura di essere nella mia camera da letto, ma non sapevo come esserci arrivata. L'ultima cosa che ricordavo chiaramente era il bar dove mi ero recata dopo il lavoro, il resto delle ore era un insieme di immagini sfocate: ricordavo di essermi messa alla guida, ma non sapevo devo fosse la mia auto; ricordavo una stanza abbastanza familiare con delle luci abbaglianti e poi ricordavo un uomo.
All'improvviso mi resi conto del respiro lento e profono che proveniva dalle mie spalle, fui presa dal panico. Non avevo idea di chi fosse e notando di essere in biancheria intima venni invasa da un senso di nausea crescente, ero stata così sprovveduta e ubriaca da portare a casa una sconosciuto?
Mi girai lentamente per non svegliarlo, lui mi dava le spalle, ma lo riconobbi comunque: Gil Grissom dormiva nel mio letto.
La cosa mi sconvolse profondamente e una sequenza di emozioni passò in me; il sollievo arrivò per primo perche sapevo che quell'uomo non mi avrebbe mai fatto del male, poi fu il turno del dubbio in quanto non avevo idea dicosa ci facesse lì, ma la gioia e l'euforia cacciarono qualsiasi altro sentimento perchè lui era l'unico che avrei voluto al mio fianco.
Rimasi nel letto ad ascoltare il suo respiro osservando le sue spalle muoversi, aspettavo il suo risveglio con ansia in cerca di risposte; non mi fece attendere molto perchè si svegliò dopo qualche minuto e girandosi verso di me disse con un sorriso:
"Ciao Sara" nella sua voce c'era qualcosa di diverso dal solito, era calda e rilassata, così tranquilla da sembrare irreale.
Continuava a fissarmi sorridendo e la cosa mi metteva molto a disagio, io non osavo parlare per paura di avere l'alito pesante, ma non ce ne fu bisogno perchè lui si alzò a sedere e disse:
"Sei stata incosciente questa notte-il suo tono questa volta era di rimprovero-ora avrai bisogno di un caffè" detto questo uscì dalla stanza lasciandomi sola a ragionare; non capivo come facesse a essere così rilassato, come se fosse normale che io e lui ci svegliassimo nello stesso letto, da una parte ne ero estremamente contenta, ma dall'altra mi metteva a disagio perchè qualcosa mi stava sfuggendo.
Mi alzai lentamente e mi resi conto solo in quel momento del forte bruciore di stomaco e del gran mal di testa, avevo proprio esagerato sta volta; andai in bagno e dopo essermi lavata i denti cercai  di sistemare il groviglio che  avevo al posto dei capelli; dopo vari tentativi falliti decisi di legarli in una coda.
Rientrai nella camera da letto fermandomi davanti all'armadio aperto, sapevo che Grissom non era il tipo che nota certe cose, ma non volevo sfigurare. Fissai i miei vestiti per circa cinque minuti senza arrivare a una soluzione, dopodichè mi arresi e indossai una vecchia tuta, ormai la mia figura pietosa l'avevo già fatta.
Andai incerta verso la cucina e mi appoggia allo stipite della porta per osservarlo mentre trafficava con i miei armadietti, era un sogno poterlo vedere nella mia casa e un piccolo sospiro mi sfuggì senza che me ne accorgessi, ma lui lo colse e si girò dicendo:
"Il caffè è pronto" di nuovo un sorriso e di nuovo la voce calda e rilassata.
Mi avvicinai con passi calibrati  e mi sedetti al tavolo, lui mi servì una delle mie tazze e si accomodò sulla sedia di fianco alla mia; mi guardava da dietro la tazza come se volesse entrarmi in testa e persa nel blu dei suoi occhi parlai:
"Perchè sei qui Gil?" le parole erano uscite troppo volecemete e per un secondo pensai che non avesse capito poi sfoderò un sorriso, che mi sciolse il cuore, e disse tranquillamente:
"Perchè sei stata tu a chiedermelo" ecco la conferma che ero stata troppo sfrontata.
Abbassai lo sguardo e continuai:
"Ok, allora ti chiedo cos'è successo ieri notte perchè non mi ricordo quasi niente" il suo volto si fece scuro e il sorriso scomparve appena iniziò a parlare:
"Ti ha fermato un agente della stradale e ti ha portata in centrale perchè eri alla guida in stato di ebrezza" se ero stata beccata allora significava un licenziamento assicurato, il mondo mi crollò improvvisamente addosso e iniziai a respirare affannosamente, ma Grissom si affrettò a continuare:
"Brass ha insabbiato la cosa quindi non ci saranno conseguenze al dipartimento -trassi un sospiro di solievo- appena Jim mi ha chiamato sono andato alla centrale e ti ho riportata a casa"
Questo fatto spiegava come fossi arrivata lì, ma ancora non sapevo perchè lui era nel mio letto.

Mentre le raccontavo cosa era successo dopo trovai difficoltà nel rimanere calmo, avevo omesso qualche particolare di cui mi vergognavo, quando le disse che mi aveva voluto lì con lei diventò rossa in viso e rimase decisamente allibita quando confessai di non aver avuto il coraggio di andare. Aveva gli occhi sbarrati e mi fissava:
"Perchè?" fu la sua unica domanda, probabilmente aveva già capito il motivo, ma aveva bisogno di sentirmelo dire. Trassi un profondo respiro mentre il mio cuore martellava in petto e lo stomaco lottava per uscire:
"Perchè sono follemente e incondizionatamente innamorato di te".


Quelle parole mi colpirono in pieno volto come un pugno, non potevo credere che finalmente aveva confessato, solo qualche ora prima diceva l'esatto contrario ed era il motivo per cui mi ero abbandonata all'alcol in quel bar.
Lo vedevo in trepida attesa che io metabolizzassi la notizia e la cosa mi riusciva stranamente difficile; ero combattuta tra volerlo picchiare con tutte le mie forze e saltargli al collo come un adolescente. Ci aveva messo quasi un anno, ma finalmete aveva capito che non potevo stare senza di lui; sorrisi inconsciamente e i miei occhi si fecero lucidi e bagnati, se ne accorse subito perchè iniziò ad agitarsi sulla sedia fissandomi perplesso:
"Hey non piangere! Cosa c'è che non va?" il suo tono era leggermente seccato perchè non comprendeva il motivo delle mie lacrime, mi fece ridere e parlai con un po' di imbarazzo nella voce:
"Sai non ho mai pianto per la felicità fino ad ora".
Ogni minima traccia di dubbio sparì dal suo volto lasciando spazio ad un'espressione mozzafiato che non avevo mai visto: eccolo finalmente davanti a me in tutta la sua più sincera fragilità, Gil Grissom, l'uomo della mia vita.

Avrei voluto stringerla a me, ma il mio corpo non rispondeva ai comendi del cervello, sembravo un ragazziono alle prese con la sua prima cotta; La sua mano si mosse in cerca della mia e la trovò sul piano del tavolo. I muscoli delle spalle si irrigidirono al contatto, paralizzato dall'emozione non sapevo cosa fare, mi concentrai esclusivamente sui muscoli del braccio e uno alla volta li rilassai fino ad arrivare alla mano e finalmete riuscì a stringere quella di Sara come desideravo fare. Le fissavo mentre lei tracciava cerchi contrentrici sul mio palmo perchè sembravano fatte per trovarsi: le dita si intrecciavano perfettamente insieme come due tessere di un unico puzzle.
Mi alzai, avevo finalmente ripreso il controllo del mio corpo, e dopo averle dapo un bacio sulla fronte la tirai delicatamente verso di me per stringerla goffamente in un abbraccio; con le parole non sarei mai stato in grado di descriverle i miei sentimenti, ma in quel momento il mio cuore emanava amore in ogni direzione e sapevo che lei avrebbe capito tutto.


Le sue braccia forti mi stringevano teneramente, appoggiai la testa sul suo petto ascoltando i battiti irregolari del suo cuore e sentendo il suo profumo mi sembrò di essere a casa, al sicuro; Spostai leggermente la testa verso l'alto cercando il suo collo e lo baciai dolcemente, lo sentii irrigidirsi fra le mie braccia e stringermi ancora più forte.
Sarei potutta stare in quella posizione per sempre perchè sentivo che ogni cosa era al posto giusto, ma come tutto anche quel momento doveva finire. Dopo un minuto o forse un' ora sciolse l'abbraccio, guardandomi negli occhi mi prese il viso fra le mani e con estrema lentezza si avvicinò a me mandandomi in paradiso nel momento in cui le nostre labbra si toccarono.
 Per la seconda volta in poche ora ci stavamo baciando, ma quello per me fu il primo bacio della nostra storia perchè non ci sarebbe mai stato niente di più bello e dolce in tutta la mia vita, le nostre bocche che si scottavano l'una con l'altra e le mani: di lui sul mio viso e tra i miei capelli, le mie sulla sua schiena in cerca di un appiglio per stringerlo più forte.

La notte seguente iniziai il turno con gioia ritrovata e qualcosa doveva essere cambiata in me perchè quando incontrai Catherine per prima e mi chese:
" Grissom stai bene?" sul suo volto si leggeva chiaramente lo stupore e la curiosità, ma non ne cercai il motivo, mi limitai soltanto a risponderle sorridendo:
"Mai stato meglio"
.

Il turno seguente al laboratorio incontrai Catherine e la salutai sorridendo cercando di trattenere la mia estrema euforia, il suo volto si illuminò di comprensione quando mi vide e con un sussuro mi disse:
"Complimenti! Sapevo che prima o poi ce l'avreste fatta!" la guardai preoccupata aggrottando la fronte, sapevo di cosa parlava, ma non le dissi nulla:
"Andiamo Sara! Ho incontrato Grissom poco fa e sorrideva come te, da quando lo conosco non l'ha mai fatto senza un motivo preciso!" la sua espressione lasciava intendere che la sapeva lunga, non potevo più nascondere l'evidenza e arrendendomi all'intuito di quella donna mi lasciai andare in un sorriso a trentadue denti.

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