What if I had never let you go?

di Sognatrice85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un misterioso quaderno ***
Capitolo 3: *** Lo specchio ***
Capitolo 4: *** Questione di sex appeal? ***
Capitolo 5: *** Un nuovo disegno ***
Capitolo 6: *** Confessioni al nemico ***
Capitolo 7: *** Appuntamento ***
Capitolo 8: *** Il corvo ***
Capitolo 9: *** Una favola babbana ***
Capitolo 10: *** Apparenze ***
Capitolo 11: *** La sphaera ***
Capitolo 12: *** Due Natali opposti, ma uguali ***
Capitolo 13: *** Blaise Zabini ***
Capitolo 14: *** Scontro ***
Capitolo 15: *** Sentimentalmente confusa ***
Capitolo 16: *** Mio ***
Capitolo 17: *** Il patto ***
Capitolo 18: *** Come il Sole e la Luna ***
Capitolo 19: *** Ti vada o no ***
Capitolo 20: *** Corri Hermione. Corri. ***
Capitolo 21: *** Gli opposti si attraggono ***
Capitolo 22: *** Granger, hai problemi col verbo ***
Capitolo 23: *** Caro diario ***
Capitolo 24: *** Neve a fiocchi ***
Capitolo 25: *** Domande in biblioteca ***
Capitolo 26: *** Occhi e capelli dello stesso colore ***
Capitolo 27: *** La storia di Lavinia ***
Capitolo 28: *** Ama e lasciati amare ***
Capitolo 29: *** Alla luce del sole ***
Capitolo 30: *** Scoperte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo Dramione

Lei non lo avrebbe mai creduto possibile.
Lei il cui fiero orgoglio, l’aveva sempre fatta camminare a testa alta.

Un orgoglio Grifondoro.
Ma da qualche tempo, era stato scalfito da qualcosa di più potente.
Lei sapeva che si trattava di una forza talmente dirompente da spaccarti in due. L’aveva letto nei suoi tanti libri di letteratura babbana, ma non credeva possibile che questo l’avrebbe portata a piegarsi in quel modo di fronte a colui che credeva essere il suo peggior nemico.
Lui, semplicemente e eternamente, il Principe delle Serpi.
Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio e il cuore di pietra.

Il Serpreverde per eccellenza.
No, lui non ci credeva ai sentimenti, perché sapeva che non potevano esistere persone che si spendevano per il bene dell’altro, provando amore. Quanto disprezzava quella parola.
Aveva giurato e spergiurato a sé stesso che non sarebbe mai uscita dalle sue labbra.
Ma nella vita ci si può sbagliare.
Lui e lei.
Entrambi tremendamente irritati. L’uno contro l’altro, ma soprattutto verso sé stessi.
Erano entrambi lì.
Fermi da…quanto?
Un secondo?
Un minuto?
Un’ora?
No. Anni.
Sette lunghissimi anni.
Lei era Hermione Jeane Granger.

Lui era Draco Lucius Malfoy.

***


Probabilmente il prologo non vi avrà dato molto da pensare, in effetti non dice granché della trama. Non vi dico che sarà una storia speciale o quant’altro. La solita vecchia storia.
Pubblico dopo diversi mesi che lavoro su questa fan fiction.
Ho letto milioni di Dramioni e ogni volta mi sono innamorata sempre di più dei due protagonisti, fin quando non ho sentito nella mia testa la voglia di parlare di loro. E così è nata questa fan fiction.
Una storia che non ha alcuna pretesa. So esattamente che sto sfidando la sorte. Questa sezione ospita migliaia di storie su Draco ed Hermione e molte di queste sono scritte da menti geniali che io stimo e a cui chiedo scusa per questo mio azzardo.
Dedico l’intera fan fiction a Daiana, la quale ha avuto la pazienza di leggersi tutti i capitoli e di sorbirsi le mie continue insicurezze. Grazie per la forza che mi dai!
A Jenny, la mia super sorellona che mi adora e a cui ho promesso che ci avrei continuato a provare. Lotto per quello in cui credo, Jen, lo vedi?
Io mantengo sempre le mie promesse.
E poi a te, Herm, mio alter ego, sei racchiusa dentro di me e non ti voglio lasciar andare via, perché, lo sai, io e te abbiamo molte cose in comune.
Infine…una dedica a una persona speciale che mi ha ispirato molto in questi ultimi mesi. Grazie, anche se non lo saprai mai.
La copertina della fan fiction è realizzata da Ilaria, una ragazza meravigliosa che mi ha resa felicissima, assumendosi l’incarico di costruirmi questa meraviglia di banner. Grazie infinite!
Alla prossima!

Ps: I personaggi non mi appartengono, sono della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto.

Marghe

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Capitolo 2
*** Un misterioso quaderno ***


Un misterioso quaderno

Capitolo 1 “Un misterioso quaderno”



“What if I had never let you go, 
Would you be the man I used know, 
what if I had never walked away, 
Coz I still love you more than I can say 
If I'd stayed, if you tried, 
if we could only turn back time, 
Well I guess we'll never know.”

(“What if”, Kate Winslet)

 

Erano trascorsi tre anni.
Tre anni da quando aveva lasciato Hogwarts, sconfitto Voldemort e il suo esercito di Mangiamorte.
Ma forse non era quello l’evento che più ricordava. Perché dentro di lei vibrava qualcosa di più importante di quella battaglia, nonostante lei e i suoi fedelissimi amici, Harry e Ron, avessero rischiato la vita.
Qualcosa che era accaduto dopo quella tormentata estate.
Ricordava perfettamente il ritorno a scuola. Poteva ancora avvertire sulla pelle i timori di affrontare il settimo anno senza Silente, ma soprattutto rammentava quanto lei non fosse più la stessa di un tempo. E ciò lo provò quello che accade quell’anno.
Nella testa e nel cuore continuava a battere insistentemente un solo nome:
“Malfoy” soffiò e in quell’esatto momento il tempo sembrò fermarsi, condensato in un insieme di attimi passati, ma vivi in lei.
“Mezzosangue!” quella che doveva essere un’offesa, apparve alle orecchie di Hermione, come la parola più bella in assoluto.
Quanto aveva sognato di riascoltare la sua voce?
Non le importava ciò che le avrebbe detto, voleva solo bearsi di quegli occhi di ghiaccio che in quel momento, le stavano trapassando l’anima.
E con la mente, tornò indietro nel tempo, a quando le cose erano cambiate…
L’inizio di tutto!

 

Tre anni prima. Hogwarts.

 
“Cosa fai?” domandò Ron, entrando nella Sala Grande e trovando Hermione al suo posto, ma intenta a cercare qualcosa dalla sacca.
Già da quando lei, Ron e Harry si erano ritrovati al binario 9 e ¾, Hermione era apparsa stranamente diversa. Ma era una sensazione che tutti e tre avevano volutamente ignorato. Era dura ripensare a quell’estate e alle morti che quella guerra aveva portato con sé, specie per Ron e la sua famiglia. La perdita di Fred aveva certamente lasciato un segno indelebile in tutti.
Però era inevitabile pensare alla stranezza di Hermione quando lei cercava di stare poco a contatto con loro, sgattaiolando via non appena ne aveva la possibilità.
Non era più solita recarsi in Sala Grande con loro, ma spesso li precedeva. Nessuno osò però chiederle il motivo.
Si ritrovavano lì e basta. Come se nulla fosse chiacchieravano delle lezioni, dei libri, ma mai nessuno osava affrontare l’argomento scottante: la loro amicizia.

 “Non trovo il mio diario” rispose Hermione con una calma innaturale, riemergendo dalla sua sacca.
In realtà, le ribolliva il sangue nelle vene.
“Ma perché tu hai un diario?” chiese Ron sconcertato. Hermione non lo sentì neppure.
No, lui le donne proprio non le capiva.
Il problema era che aveva sempre visto Hermione come un’amica, ma non l’aveva mai considerata come una ragazza normale. Il suo troppo amore per lo studio, la scarsa propensione a divertirsi, facevano di lei un essere unico nel suo genere. Per tale motivo gli parve così strano che proprio lei, scrivesse un diario.

“Che scriverà mai? Si loderà da sola per i successi scolastici?” pensò tra sé il rosso, pur continuando a fissarla strabiliato.
Hermione Granger era sempre stata una persona ordinata e precisa e detestava sentirsi impreparata.
Ricordava che dopo la lezione di Pozioni con Piton, aveva aperto la borsa per metterci il quaderno e l’aveva visto lì.
Possibile che si fosse volatilizzato nel nulla?
Cercò di fare mente locale su quello che aveva fatto prima di rientrare in stanza.
Niente.
Aveva semplicemente percorso il solito corridoio che conduceva in biblioteca. Aveva studiato qualche ora, come sempre e poi era rientrata nella Torre prima della cena. Non avendovi trovato nessuno, era corsa in Sala Grande.
Non l’aveva tirato fuori dalla sacca perché non sapeva che scriverci. Erano giorni che non riusciva a sfogarsi. La sera nel letto, lo apriva e rimaneva a fissare per ore la pagina bianca.
Strinse la sacca tra le dita per il nervoso.
Ron si chiedeva come mai fosse così silenziosa, strano che non si era messa ancora ad urlare come una matta.
A quel punto, s’accomodò, aspettando la cena.
“Ah per Merlino!” Ron scattò all’in piedi per lo spavento. “Ma dove cavolo è quello stramaledetto diario!” sbraitò un Hermione tutt’altro che tranquilla.
Ecco che Ron s’era sbagliato. Roteò gli occhi al cielo disperato e sbuffò.
Quella ragazza e i suoi sbalzi d’umore per lui restavano un mistero.
“Calmati!” le disse provando ad avvicinarsi e ad afferrarla per un braccio. Quando la sfiorò, lei sussultò e lo fulminò con lo sguardo.
Hermione era arrabbiata per quella strana sparizione, ma in quel momento ciò che la fece irritare di più, fu la mano di Ron sul suo braccio.
Era da un anno che il rosso si frequentava con Lavanda Brown e questo Hermione non l’aveva digerito. Durante la guerra, si erano riavvicinati. Lontani da Lavanda, Ron era tornato lo stesso di sempre e Hermione aveva sperato che finalmente i loro sentimenti potessero emergere e invece no.
Al ritorno, il primo pensiero di Ron era stato quello di cercare Lavanda e assicurarsi che stesse bene e così la Granger dovette far leva su tutta la sua forza per reagire a quell’ulteriore batosta. Da quel momento Hermione lavorò costantemente su di sé. C’erano molti episodi della guerra che avrebbe voluto dimenticare. Una continuo ritorno di immagini, voci, grida che erano difficili da cancellare.
Una continua tortura psicologica alla quale la giovane aveva risposto con grinta e tenacia, dimostrando, ancora una volta, la sua caparbietà. Però quando sul treno per Hogwarts, aveva visto Ron e Lavanda avvicinarsi, mano nella mano, il suo equilibrio s’era frantumato in un batter d’occhio e tutto il dolore e la frustrazione era tornati a farle visita.
Eppure credeva che le lotte, gli scontri sanguinosi fianco a fianco, avessero risvegliato in lui quell’interesse che un tempo, sembrava provare per lei. Invece no.
Quanti anni erano che lo amava?
Tre, quattro, cinque, sei?
Neanche lo sapeva quanto tempo era passato da quando s’era innamorata di lui.
Era proprio quando, al sesto anno, s’era convinta a essere più esplicita con lui che Ron aveva annunciato ai suoi amici di avere una relazione con quella tizia, rimasta nell’ombra fino ad all’ora. E ad Hermione le si era spezzato il cuore nel petto. Harry le aveva posato una mano sulla spalla, comprensivo.
Quando diamine si fossero avvicinati, diventando così intimi, era un enigma per la ragazza.
Solo uno stupido poteva non accorgersi della cotta di Hermione.
A Hogwarts lo sapevano tutti. Ma tutti tacevano.
Persino al peggior nemico dei Grifondoro, era palese l’interesse di Hermione per Ron.
Draco Malfoy era placidamente seduto al suo tavolo e guardava divertito la scenetta.
Lui detestava i Grifondoro, ma in modo particolare ce l’aveva col magico trio: lo Sfregiato, la Lenticchia e la Mezzosangue.
Almeno un tempo era così…
Malfoy e la sua famiglia erano usciti distrutti da quella guerra. Suo padre era ad Azkaban, mentre a lui era stata data la possibilità di tornare ad Hogwarts, grazie alla collaborazione sua e della madre, Narcissa, durante la guerra e i successivi processi.
Pentimento.
Ma lui era in realtà pentito?
Non lo sapeva.
L’unica certezza era voler andare avanti e ritornare a scuola gli sembrava il giusto modo per ricominciare.
No, il vecchio Draco Malfoy, quello codardo, sarebbe scappato.
Ma lui non era più lo stesso. O almeno non totalmente.

“Ron, lascia andare immediatamente il mio braccio!” Hermione digrignò i denti, avvertendo un prurito fastidioso alle mani.
Aveva voglia di picchiarlo.
Capita l’antifona, il rosso lasciò la presa e la guardò sconvolto.
“Buonasera ragazzi” Harry era appena entrato accompagnato dalla sua fidanzata Ginny.
“Che succede?” domandò notando l’aria tesa, passando lo sguardo da Ron a Hermione. Quest’ultima era tornata irriconoscibile a scuola. Lei mentiva dicendo che stava bene, ma Harry la conosceva sufficientemente bene, da poter affermare che non era così. Era convinto fosse ancora per il fidanzamento repentino di Ron e sperava con tutto il cuore che presto le sarebbe passato.
Ginny, che era la migliore amica di Hermione, era preoccupata quanto Harry. Infatti quando notò gli sguardi di fuoco che la sua amica lanciava verso suo fratello, strinse la mano del suo fidanzato.
Entrambi si fissarono complici.
Ginny si avvicinò a Hermione “Che succede?” chiesi con tono dolce.

La Granger si girò e il sorriso dell’amica la fece tranquillizzare, tanto che i suoi occhi tornarono ad essere del loro meraviglioso colore dorato.
“Non trovo il mio diario” mormorò afflitta.
Ginny spalancò gli occhi “Quel…” deglutì “Quel diario?” domandò sperando di sbagliarsi.
“Si, Ginny. Il mio diario segreto!” Hermione sembrò irritarsi, ma cercò di trattenersi chiudendo gli occhi e serrando le labbra.
“Ti aiuto a cercarlo. Dove sei stata prima di venire qui?” la premura della sua amica, le fecero balenare in testa delle immagini.
“Nella nostra torre, ma sono entrata e riuscita in due secondi. Credo di averlo perso in biblioteca” aprì gli occhi e decise che sarebbe andata a cercarlo lì.
“Vengo con te” Ginny l’affiancò. Percorsero i corridoio del castello in completo silenzio.
La biblioteca era ancora aperta a quell’ora, quando Hermione entrò, chiese a Ginny di aspettarla fuori, avvertiva una stranissima sensazione.
Madame Pince le sorrise.
Era una delle poche studentesse a cui non diceva nulla. Quella ragazza era tanto studiosa, quanto educata e ordinata. Due qualità che per una bibliotecaria erano fondamentali.
“Ho dimenticato un libro” esordì Hermione “E’ importante che lo recuperi” continuò.
La bibliotecaria le sorrise con fare materno.
“Ma certo, Signorina Granger. Vada pure, ma faccia in fretta. Sto per chiudere” asserì la donna.
Hermione annuì, dirigendosi spedita verso la sua destinazione.
Il tavolo dove si metteva lei era il più nascosto ed isolato della sala. Amava il silenzio di quel posto e quando studiava, aveva bisogno di esserne circondata per poter lavorare bene.
Sul tavolo non vi era traccia del suo diario. Spostò le sedie e si chinò quando intravide qualcosa per terra. Lo sguardo si illuminò, felice di poter stringere nuovamente tra le mani quell’oggetto per lei tanto prezioso.
Si affrettò ad uscire, ma qualcosa su un tavolo nascosto, vicino all’entrata attirò la sua attenzione.
Avrebbe dovuto ignorare quell’impulso che la spingeva a curiosare, ma non lo fece. Prese quel quaderno. Un semplicissimo quaderno. Nessun nome sopra, solo una bella scritta dorata. Lo aprì e notò pagine e pagine ricoperte di schizzi rappresentanti paesaggi, profili di persone. Qua e là qualche piccola parola scritta. Solitamente frasi o semplici parole, come se fossero piccole poesie o citazioni.
“Hermione hai fatto?” Ginny comparve alle sue spalle, spaventandola.
“Si. Ho trovato ciò che cercavo!” richiuse quel quaderno e decise di portarlo con sé. Avrebbe messo qualche annuncio per ritrovare il suo padrone.

Harry e Ron erano in Sala Comune e poltrivano davanti al camino scoppiettante, parlottando e organizzando la prossima partita di quidditch, quando Ginny e Hermione entrarono.
“Tutto bene, ragazze?” domandò il moro, guardando con insistenza la sua ragazza.
Entrambe annuirono.
“Di che discutevate?” Ginny si avvicinò a Harry, accomodandosi tra lui e il rosso. Quest’ultimo sbuffò contrariato. Se almeno Lavanda fosse stata lì con lui, invece di dormire, si sarebbe sentito meno fuori posto.
Egoista da parte sua pensare tutto questo, perché c’era chi soffriva maggiormente quella situazione.
Hermione li guardava, poggiata al caminetto e avvertiva sempre di più quella sensazione di estraneità che tanto detestava.
Ultimamente era diventata una costante.
Per questo salutò e se ne andò in stanza.


Calì e Lavanda dormivano placidamente, non si mossero neppure, quando la Caposcuola, fece il suo ingresso nella camera che divideva con loro.
Certe volte avrebbe voluto avere una stanza tutta per sé, per sentirsi più libera di agire come voleva, soprattutto quella sera che si sentiva un po’ triste.
Si lavò, indossò il pigiama e messasi sotto le coperte, si ricordò del quaderno ritrovato in biblioteca.
Aprì la sacca e lo tirò fuori.
Il dorato risplendeva per tutta la stanza e Hermione ne fu affascinata. Con l’indice carezzò la copertina, ruvida, ma non fastidiosa.
Riprese a sfogliarlo, ma dovette fermarsi quando il quaderno le cadde di mano, aprendosi ad una pagina a caso. Hermione lo prese, guardandosi intorno e sperando che nessuno si fosse svegliato.
Tutto continuava a tacere.
Sospirò.
Riposò gli occhi sull’oggetto di interesse e questi quasi le uscirono dalle orbite quando notò il proprio profilo designato. Lo sguardo perso nel vuoto, i capelli al vento e il collo avvolto nella sciarpa rosso/oro, i colori della sua casa. A fianco, riportata con una scrittura elegante e precisa, una frase:

 

“La linea del tuo volto discende sinuosa, sfiora un naso poco importante e sboccia voluttuosa come una rosa, sulle tue morbide labbra di seta.
Le immagino calde e tenere sotto le mie dita.
Il tuo sguardo perso, vaga su per l’orizzonte immenso.
Diavoli dorati, sibili serpenti incantatori.
Ammalianti stregoni.
I capelli seguono leggiadri, il respiro del vento che si perde tra i tuoi boccoli.
Ah se la mia mano potesse toccarti, di gemiti e sospiri saprei saziarti.
Ma io son un’anima dannata, venduta. Sbagliata.”

 

Un battito cardiaco dispettoso si ruppe nel petto di un’ Hermione sconvolta.
Stravolta da quelle parole che le avevano catturato l’ anima.
Possibile che ci fosse qualcuno turbato dal suo sguardo?
Lei che lo considerava anonimo, privo di quella lucentezza di un tempo.
La guerra le aveva portato via molte speranze.
La morte di Silente aveva dato il via ad una serie di eventi spiacevoli che l’avevano provata.
E ora, forse dopo tanto tempo, si sentiva leggera.
Inutile negare che le facesse piacere sapere che aveva quel potere su qualcuno.
Ora la domanda da porsi era: di chi si trattava?
Ammaliata, scorse il profilo del suo viso col dito, poi passò alla scritta, per poter incidere in lei, quella calligrafia. Notò che la persona in questione aveva ricalcato più volte sia i tratti del suo viso che la dedica.
Decise che non avrebbe messo ancora l’annuncio in bacheca, ma che avrebbe tenuto per sé, almeno per un altro giorno, quel misterioso quaderno che l’aveva fatta sorridere.

***

GRAZIE!
Grazie a tutti voi che avete letto, recensendo o inserendo la storia tra preferite o seguite, dandomi fiducia.
Non ho molto altro da aggiungere se non che incrocio le dita per questo primo capitolo. Sarà di vostro gradimento?
Lo scoprirò presto :).
Vi ricordo che questi personaggi non sono di mia proprietà, ma della Rowling e che la fan fiction non è scritta a scopi di lucro, ma per puro diletto della sottoscritta.
Un bacio.


Marghe

 


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Capitolo 3
*** Lo specchio ***


Lo specchio

Capitolo 2 “Lo specchio”

 

 

Le mattine che seguirono il ritrovamento del quaderno misterioso, videro un Hermione sempre di buon umore, entrare in Sala Grande e regalare sorrisi a tutti come fossero cioccolatini.
La prima volta che era successo, aveva lasciato di stucco tutti:
“Buon giorno!” esclamò sedendosi e afferrando una caraffa di succo di zucca.
Ron, che la guardava ancora mezzo assonnato, sbarrò appena un occhio notando quella strana nota positiva nella voce dell’amica e inarcò per riflesso un sopracciglio.
Non comprendeva i continui cambi d’umore della sua amica.
“Siamo allegre stamattina?” domandò sbadigliando e coprendosi malamente la bocca con la mano.
In risposta Hermione alzò semplicemente le spalle e sorrise.
Nessuno le avrebbe rovinato la giornata. O almeno così sperava.
La mattina trascorse tranquilla, tra una lezione di Trasfigurazione con i suoi amici e poi le tre materie che lei aveva scelto: Antiche rune, Artimanzia e Babbanologia.
Il trio, a cui si erano aggiunte Lavanda e Ginny, si ritrovò in Sala Grande per il pranzo. Tra una chiacchiera e un’altra, Hermione era apparsa più socievole e ciò rasserenò gli animi di tutti i presenti.
Dopo pranzo, però li salutò scappando via.
Ginny e Harry si guardarono scuotendo la testa. Agli occhi degli altri poteva sembrare che fosse nuovamente serena, come in passato, in realtà loro due la conoscevano meglio di chiunque altro e si erano accorti che più il tempo passava, più Hermione era diversa. Nonostante il sorriso di quei giorni.

 

In quell’ultima settimana, Hermione si recava spesso a studiare sulle rive del Lago Nero adiacente al castello di Hogwarts.
Lì ritrovava una strana e innaturale calma.
Tutte le volte però incrociava Malfoy.
Lei arrivava e lui andava via.
Senza mai scambiarsi una parola. D’altronde non l’avevano mai fatto se non per offendersi. Però anche su questo aspetto, si riversava l’ombra della guerra.
Quella devastazione aveva cambiato un po’ tutti, specie Draco Malfoy, il quale non aveva perso il suo temperamento rigido e scostante, ma era meno propenso alla provocazione.
Totalmente assorto nei suoi pensieri.
Hermione era abituata ad essere schernita da lui e a rispondergli a modo; quell’improvviso silenzio, le provocava una stranissima sensazione di mancanza.
Per questo un giorno, decise che sarebbe stata lei la prima parlare, spezzando quel fastidioso silenzio.
Anche quella volta Hermione arrivò nei pressi del lago per accomodarsi sotto la grande quercia e Malfoy, che la vide, si mosse per andarsene.
Come sempre, si passarono accanto senza dirsi niente, mentre il calore dei loro corpi si sfiorava appena.
“Mi auguro che tu non stia tramando nulla, Malfoy” la provocazione nella voce della ragazza era chiara e pungente.
Erano di spalle e a quelle parole, il Principe delle Serpi s’arrestò, sgranando leggermente gli occhi, senza però voltarsi e darle la soddisfazione di essere stato, in qualche modo, colpito.
“Non capisco cosa vuoi, Mezzosangue!” sibilò tra i denti, stringendo le mani a pugno, talmente forte che le nocche divennero bianche.
Hermione si girò lentamente udendo la sua voce e osservò le spalle larghe del giovane biondo, leggermene curvate in avanti. Un tempo la sua postura era diritta e rigida, mai una volta che l’avesse visto chinare il capo di fronte a qualcuno.
L’attacco a Silente l’anno prima, la sua uccisione da parte di Piton, la ricerca degli horcrux  e la successiva guerra contro Voldemort e i suoi Mangiamorte, avevano stravolto il mondo magico.
Malfoy che era stato marchiato, in quanto doveva divenire di diritto un Mangiamorte, come suo padre Lucius, non aveva avuto il coraggio di uccidere Silente.
Era un ragazzo spocchioso e arrogante. Un Purosangue e questo secondo lui gli dava il diritto di dire e di fare quello che voleva. In realtà, il suo era solo un atteggiamento di facciata, Draco non era realmente così, o meglio non lo era sempre stato.

 

A furia di additare una persona come cattiva, quest’ultima finisce per divenirlo davvero.

 

Fino all’età di 6 anni, era cresciuto sperando che i suoi genitori gli dessero amore.
Lo ricercava in quell’abbraccio che non riceveva mai, in quel bacio della buonanotte che non c’era mai stato, nelle carezza mancate, nello giocare insieme in giardino. Mai una volta aveva visto i suoi genitori piegarsi verso di lui e mostrargli affetto.
Mai.
E questo lo aveva segnato.
Così per cercare di avvicinarsi alla sua famiglia aveva iniziato ad imitare il padre.
Draco era sempre stato un ragazzino piuttosto sveglio e intelligente e aveva capito che l’unico modo per farsi considerare, era divenire come lui. Per questo cominciò ad assumere il suo stesso atteggiamento arrogante e presuntuoso, divenendo così il suo pupillo.
Se suo padre era al servizio del Signore Oscuro, anche lui avrebbe dovuto esserlo.
Se suo padre voleva distruggere Potter, lo avrebbe voluto anche lui.
Così il Bambino Sopravissuto, che tutti veneravano e ammiravano, era diventato il suo nemico numero uno e con lui anche Weasley e la Granger.
Schernirli, deriderli, sconfiggerli era il suo più obiettivo principale. Ma quando era stato marchiato come Mangiamorte, le cose erano rapidamente cambiate.
Aveva scoperto la paura. Non era così forte come credeva e mostrava agli altri.
Aveva pianto per la prima volta dopo anni.
Non si capacitava del perché tutto quello doveva succedere a lui.
E di fronte a Silente aveva ceduto.
Non era stato capace di togliergli la vita.
E non comprendeva come la Preside McGranitt avesse accettato di farlo rientrare ad Hogwarts.
Forse lei aveva scorto nel suo sguardo l’ombra del cambiamento.
Di un parziale pentimento.
Ma lui non lo avrebbe mai ammesso. Neanche sotto tortura.
E ora Hermione Granger stava lì e lo provocava, quando invece voleva solo essere ignorato. Proprio come avevano sempre chiesto lei, Lenticchia e lo Sfregiato.
I ruoli si erano capovolti.
“Sono un Prefetto e il mio compito è quello di tenere tutti voi sotto controllo. Al termine dei M.A.G.O. mi eserciterò per entrare negli Auror e combatterò coloro che minacceranno il nostro mondo” si fermò per prendere aria “Gente meschina come te” continuò la ragazza.
“Mi sto solo chiedendo dove sia finito la Serpe che è in te. Chi nasce cattivo, muore come tale e non ci credo che tu ora sia indifeso, come vuole farci credere la Preside” sputò quelle parole con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Fece un passo in avanti.
“Io non dimentico che per colpa tua Silente non c’è più!” era una cosa che non gli avrebbe mai perdonato. Silente era stato per lei una guida, quasi un padre spirituale e il pensiero della sua assenza, la faceva piangere.
E lei non voleva sentirsi debole.
Detestava la debolezza. Specialmente la sua.
“Tu non sai assolutamente niente di me!” rispose Malfoy, senza girarsi. La freddezza del suo tono era aguzza come lame invisibili di coltelli.
“Sei solo una sporca Mezzosangue inutile. Mi chiedo ancora come ti abbiano potuta prendere in questa scuola. Se non ci fosse stato il tuo adorato Silente, ora non saresti qui, in mezzo a gente privilegiata come me! Tu” Draco alzò il dito indice voltandosi e puntandoglielo contro.
“Non sarai mai perfetta e lo sai benissimo!” esclamò con cattiveria, mentre il suo ghigno da bastardo, compariva sul suo volto pallido.
Poi si girò e andò via. Hermione restò immobile a guardare quelle spalle ricurve allontanarsi velocemente.
Ormai la sua perfidia non la feriva più come un tempo.
Aveva imparato a ignorarlo, perché una serpe si alimenta del dolore altrui e lei non gliel’avrebbe mai data vinta.
Era una Grifondoro e in quanto tale, incarnava forza, coraggio e determinazione.
Mettendo da parte quello spiacevole scambio di battute, Hermione si accomodò sotto un albero di quercia, a pochi passi dall’acqua.
Sciolse il laccio che legava la sua fedele sacca e mentre prendeva il libro di Trasfigurazioni, lasciò cadere per terra, il quaderno misterioso.
Da quella sera, lo aveva spesso riaperto a quella pagina, regalandosi il piacere di quelle parole dense di desiderio e non nascondeva di aver provato un brivido strano, correrle lungo la schiena. Ma non era mai andata avanti a scorrere le pagine successive e in quel momento, montò in lei quell’improvvisa e malsana bramosia.
Così si regalò quella pausa meritata.
Sul foglio seguente era disegnato uno specchio.
Uno specchio su cui riflesso vi era un volto, non delineato. Un tratteggio.
Semplicemente una sagoma scura. Hermione spostò lo sguardo più in basso:

 

L’ombra di me stesso”

 

Perché quella frase la colpì, non seppe spiegarselo neanche lei.
Ormai non si chiedeva più perché avvertiva certe emozioni. Si era detta che doveva viverle e basta porsi inutili domande.
Limiti che lei voleva valicare, conscia che ci doveva essere qualcosa per lei, al di là di quell’irto muro.
Hermione sospirò, lasciando scivolare la schiena all’indietro sul tronco della quercia.
Sua fedele compagna di quei giorni strani.
Quel giorno il vento soffiava forte, tracciando cerchi concentrici sull’acqua gelida del grande Lago.

La Caposcuola si strinse nel suo mantello nero, battendo i denti.
Neanche il freddo l’avrebbe fatta rientrare.
Non aveva voglia di restare chiusa in biblioteca, voleva vivere all’area aperta.
Respirare e sentire l’aria attraversarle il corpo.
Avvertire le pulsazioni del suo cuore, squarciarle il petto.
La parola d’ordine di quell’anno era: nutrirsi di ogni sprazzo di vita.
Hermione non voleva perdersi nulla di ciò che l’aspettava.
Se c’era una cosa che aveva imparato in quella Scuola, era sicuramente non sprecare nessun attimo e goderselo appieno, perché ogni giorno porta con sé qualcosa di nuovo e inaspettato.
Chiuse gli occhi e rivide nella sua testa l’immagine di quello specchio.
Quel quaderno stava divenendo una sorta di rifugio per Hermione e i sentimenti di cui si nutriva, erano sempre più incontrollabili.

Dopo aver trascorso il pomeriggio fuori, rientrò al castello. Messo piede nella Sala Comune, trovò Harry e Ron che leggevano un libro.
“Buona sera” esclamò avvicinandosi.
I due ragazzi risposero con un cenno del capo, troppo concentrati su quel compito.
“Cosa fate?” domandò la ragazza incuriosita per quello strano silenzio.
“Cerchiamo di capire cosa scrivere per il compito di Piton” borbottò Harry alzando gli occhi dal libro e guardando disperato l’amica.
“Immagino che tu l’abbia già fatto!” asserì Ron, con una punta d’acidità nella voce.
“Ovviamente si. L’ho terminato due giorni fa!” Hermione rispose ignorando la provocazione dell’amico.
“Non ne dubitavo” Ron roteò gli occhi schifato.

“Andiamo a cena?” propose lei, guardando Harry, il quale sorrise e annuì.
“Ginny ci aspetta lì” aggiunse il moro avvicinandosi alla Caposcuola.

 

Messo piede in Sala Grande, gli occhi di Hermione corsero involontariamente verso il tavolo dei Serpeverde e si soffermarono su Malfoy.
Il biondo mangiava in silenzio, ignorando il vociare dei suoi compagni.
L’aria distratta di chi rimugina continuamente sulla stessa cosa.
Per un solo istante lui si sentì osservato. Alzò gli occhi dal piatto e guardò verso la porta.
Ed ebbe inizio lo scontro tra il gelido inverno e la soleggiata estate.
Un temporale d’emozioni diverse si riversò su di loro, fino a quando entrambi non abbassarono lo sguardo. Apparentemente privi di emozioni.

 

Hermione correva velocemente, sentiva alle sue spalle l’eco di passi non suoi.
Avvertiva di essere in pericolo e per questo cercava di raggiungere il prima possibile, il bagno dei Prefetti.
Una volta arrivata, spalancò la porta e la richiuse a chiave, scivolando lungo essa.
L’enorme specchio sul lavandino s’illuminò d’improvviso. Mossa dalla sua innata curiosità, Hermione si avvicinò, seppur cautamente.
Il cuore le batteva impazzito, ancora scosso per la corsa.
Quando fu giunta davanti allo specchio, la luce l’avvolse totalmente, accecandola. La ragazza fu costretta a chiudere gli occhi, portandosi le mani sul viso.
D’improvviso una strana nebbia sostituì quel bagliore e Hermione riaprendo gli occhi cercò un appiglio. Le mani si posarono sul marmo freddo del lavandino. Attirata da una strana forza, ella alzò il viso verso lo specchio e man a mano che le nuvole si dissolvevano, apparivano dei chiari lineamenti. La ragazza notò subito che qualcosa non andava e ne ebbe la conferma, non appena quei strani fenomeni sparirono.
Gli occhi di Hermione si dilatarono spaventati.
Non le sfuggì il sussulto traditore del suo cuore.
Quella che credeva fosse solo una strana ombra si rivelò avere il volto dell’ultima persona che si sarebbe mai aspettata: Draco Malfoy.
I suoi occhi accusatori e maligni sembravano disperati e tristi.
In attesa di aiuto.
O semplicemente desiderosi di gridare.
Quelle iridi per un attimo si intrecciarono con quelle dorate di un’Hermione stravolta.
E stranamente lei si sentì così bene da non volersene più separare.

 

 





Hermione si svegliò di colpo, tutta sudata in un letto dal quale voleva solo fuggire.
Si passò la mano tra i capelli, turbata per quelle strane sensazioni che l’attanagliavano.
Cosa c’entrava Malfoy con quello specchio?
Di scatto la Granger afferrò il quaderno dalla sacca e fissò a lungo quel disegno, tracciandone i contorni con l’indice. Per uno strano gioco messo in atto dai suoi occhi, rivide in quei tratti il viso di Draco trafitto dal dolore.
“L’ombra di me stesso” la sua voce era solo un soffio di vento.
Perché quelle parole le facevano male?
Perché pensava a quel sogno?
A lui?
Improvvisamente Hermione si sentì mancare l’aria, quella stanza la soffocava. Per questo prese la bacchetta e uscì fuori, fermandosi nella Sala Comune.
Si sedette sul divanetto davanti al camino e afferrandosi la testa tra le mani, iniziò a scuoterla leggermente, cercando di mandar via il viso di Malfoy.
Quando si fu calmata, tornò a letto, provando a riposare almeno un altro paio d’ore prima delle lezioni mattutine.



***

Buon pomeriggio!
Come avete potuto leggere, in questo capitolo fa la sua definitiva comparsa il bel biondo Serpeverde, Draco Malfoy. E' difficile mettersi nei suoi panni, ma mi affascina talmente che mi piace scrivere di lui. Spero di renderlo quanto meno credibile.!
Voi che ne pensate?
E del nuovo disegno?
Dai avanti son curiosa di sapere che idea vi siete fatti.
Parto sempre dal presupposto che non narrerò una storia epocale e idilliaca, anzi tutt'altro. Voglio essere il più semplice possibile e anche se risulterò ridondante e banale, pazienza. Sono innamorata di questa fan fiction e la porterò avanti. Lo faccio per me, per ciò che provo quando scrivo :).
E poi ci siete voi, magnifici recensori, lettori. Mi rendete così felice!
Grazie di cuore!
Alla prossima.

Ps: ricordo che i personaggi non sono di mia invenzione, ma sono di proprietà della Rowling, la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto.

Marghe

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Capitolo 4
*** Questione di sex appeal? ***


Questione di sex appeal?

Capitolo 3 “Questione di sex appeal?”

 

Le settimane passavano velocemente.
A nessuno era permesso fermare il tempo. Un nemico imbattibile.
E più le ore passavano, più Hermione si sentiva strana.
Quel quaderno le dava il tormento, ma allo stesso tempo era diventato la fonte di vita di cui alimentarsi.
Ogni traccia lasciata su quelle pagine la faceva stare bene. Avrebbe voluto conoscere la persona che le stava consumando l’anima. Cresceva insidioso quel desiderio e diveniva sempre più difficile nascondersi agli occhi dei suoi amici.
Le dispiaceva mentire, celare quel piccolo segreto, ma lo sentiva solo suo e lo custodiva gelosamente. Esporlo significava rompere la bolla magica nella quale stava vivendo.
E poi da quando era in possesso di quel quaderno non pensava più a Ron e non se ne capacitava.
Non faceva altro che rimuginare sul misterioso proprietario di quel diario. Non aveva il coraggio di separarsene, allontanarsene significava privarsi di una parte di lei.

“Hermione” la ragazza gironzolava nel castello da mezz’ora, senza una meta precisa.
Mentalmente stanca.
Il fatto che Ginny l’avesse fermata non le piaceva. Parlare era l’ultima cosa che voleva fare in quel momento.
“Dimmi” si stampò sul viso un sorriso di circostanza.
La sua migliore amica si avvicinò cauta, lo sguardo ardente.
Una vera Grifondoro.
La timida ragazzina dei primi anni, aveva lasciato spazio ad una giovane ragazza sicura di sé e delle proprie capacità, magiche e non.
“Non stiamo insieme da molto” cominciò affiancandola “Sei sempre super indaffarata” sistemò i suoi lunghi capelli rossi dietro l’orecchio, guardando la sua amica.
Un tempo quello era un gesto d’imbarazzo, ora invece, era carico di una marcata sensualità.
Quanto conta la fiducia nella propria persona!!!
Hermione era vista da tutti come la secchiona per eccellenza. Colei che in ogni situazione sapeva cavarsela, non vergognandosi mai di mostrare la sua superiorità.
Ma se tutto quello fosse stata solo una facciata di circostanza?
Un modo per proteggersi?
Ma chi poteva conoscere quella verità?
“Essere un Prefetto comporta avere numerosi impegni” rispose infatti con una leggera nota saccente nella voce.
“Poi quest’anno le lezioni sono dure per via dei M.A.G.O.” continuò, evitando di guardare Ginny negli occhi.
Ogni parola era una bugia.
Una Grifondoro bugiarda. Ecco cosa stava diventando.
Ma cosa le succedeva?
“Harry e Ron non sembrano così preoccupati” frecciò l’amica.
“Ti sembra che in passato lo siano stati?” rispose Hermione, corrucciando la fronte.
“Sei la solita rompi scatole” la rossa roteò gli occhi verso il soffitto.
“Devi pur divertirti! E a tal proposito avrei una proposta da farti” la voce di Ginny tentennò.
Che anche la sua sicurezza stesse vacillando?
“Di che si tratta?” la voce stanca di Hermione le riecheggiava nella testa.
“Stasera ci sarebbe una festa…regolare ovviamente!” aggiunse in fretta, muovendo le mani. Il timore che la rigidità di Hermione potesse palesarsi anche in quell’occasione, la spinse ad essere più precisa nella sua affermazione.
Ecco cos’era: paura di essere giudicata superficiale e interessata solo al superfluo dalla severa Caposcuola.
“Una festa?” la Granger sembrò riscuotersi dal suo torpore.
“Si. Una festa di inizio anno. La McGranitt ci ha dato il permesso di usare la Stanza delle Necessità” Ginny annuì con forza colpita dalla strana espressione positiva della sua amica. “Ti va di venire?” chiese, questa volta ostentando una maggiore sicurezza.
“Perché no!” il sorriso di Hermione si allargò vistosamente. Ne avrebbe approfittato per guardarsi attorno e cercare di capire chi poteva aver scritto quelle cose su di lei. Magari avrebbe notato qualcuno che la osservava.
Ormai era il suo pensiero fisso.
Ginny era davvero sbalordita, quasi incredula, ma cercò di non farlo trapelare.
“Mi fa davvero piacere che tu venga!” esclamò, battendo le mani come una bambina.
“Ho un vestito fatto apposta per te! Vieni!” e la trascinò verso la torre dei Grifondoro.

 

“E stai ferma, altrimenti come ti sistemo la gonna!” strillò scocciata una Ginny alquanto irritata.
Era un’ora che si stava dedicando alla preparazione di Hermione.
Il vestito che le aveva mostrato le era piaciuto, ma era stato difficile convincerla ad indossarlo. La Caposcuola sosteneva fosse troppo vistoso per una come lei, mentre Ginny era dell’idea che le stesse più che bene e tirasse fuori il suo lato femminile.
Non si aspettava di certo tutte quelle lamentele.
“Uff” l’ennesimo sbuffo della Granger proruppe sulle sue labbra. “Mi sento come una bambola. Non starai esagerando? Che razza di festa sarà mai?” domandò iniziando a pensare di aver fatto una stupidata ad accettare l’invito.
“Una festa di ballo” la voce di Ginny apparve allegra e decisamente sopra le righe.
“Ballo???” Hermione sbarrò gli occhi sconvolta. L’ultima volta che era stata ad una festa di quel tipo era con Victor Krum.
Un’altra grande delusione.
Lei piccina era rimasta affascinata dal quel ragazzo più grande di lei, dall’aspetto e dal carattere rude. Ma ancora una volta aveva celato a se stessa il suo vero intento: far ingelosire Ronald Weasley.
Ma quest’ultimo non era stato minimamente scalfito. Almeno in apparenza.
E lei c’era rimasta molto male.
Di nuovo!
“Dai Hermione che sarà mai?” Ginny le arrivò davanti, quando i loro occhi si incrociarono, quelli della rossa sembravano implorarla. La Grifondoro sospirò rassegnata.

 

“Finito!” trillò la rossa, alzandosi in piedi e sorridendo al volto di Hermione.
“Ho sistemato tutto. Guardati allo specchio e dimmi se ti piace come ti ho truccata. È leggero tranquilla!” disse, prendendo dal letto il suo abito per indossarlo.
Hermione fece come le aveva suggerito l’amica e quando si fissò, le parve di vedere davanti a lei qualcun’ altro.
Il trucco appena accennato sulle guance, la faceva sembrare una piccola rosa appena sbocciata. Quel colore rosato si posava bene sul candore della sua pelle.
Il dorato degli occhi era esaltato dalla matita nera e un filo d’ombretto giallo e infine le sue piccole e carnose labbra, erano disegnate dal luccichio di un lucidalabbra  alla fragola.
I capelli ricadevano mossi sulle sue spalle. Nessun accorgimento particolare.
Hermione si avvicinò di più allo specchio in modo da potersi vedere meglio, quasi si piaceva conciata in quel modo.
Ginny aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Non aveva esagerato come promesso.




“Ti piace?” Ginny comparve alle sue spalle, il corpo fasciato da un vestito leggero, senza spalline, rosso e nero, tempestato di strani disegni.
L’azzurro dei suoi occhi, risaltava grazie all’effetto della matita nera e del mascara. Una marcata linea nera evidenziava maggiormente la forma particolare di quegli occhi meravigliosi.
Hermione la fissò a lungo.
“Wow! Sei bellissima! Harry impazzirà per te” e le sorrise con sincerità.






Ginny ridacchiò portandosi malamente una mano sulle labbra, con fare volutamente sensuale.
La Caposcuola la invidiò appena. Avrebbe voluto essere dotata almeno la metà del suo sex appeal. Probabilmente tutti avrebbero cominciato a vederla come una ragazza.
“Lascia stare me. Tu piuttosto, come ti trovi?” la rossa si era accostata alla bruna, comparendo anch’essa nello specchio. Hermione si guardò nuovamente, sorridendo.
“Hai fatto un miracolo” mormorò.
Ginny mosse il capo in senso di diniego “No, questa sei semplicemente tu. Devi solo valorizzarti di più. Sono certa che stasera tutti noteranno quanto tu sia diventata una bellissima ragazza. Anche quello stupido di mio fratello!” aggiunse, facendo arrossire Hermione, la quale però non riusciva a smettere di sorridere.
Hermione e Ginny raggiunsero la Stanza delle Necessità qualche minuto più tardi.
Harry e gli altri le aspettavano lì.
In realtà, il Bambino Sopravvissuto non si aspettava certamente di vedere Hermione.
Ginny aveva volutamente taciuto quel particolare. Hermione doveva essere l’effetto sorpresa.
Infatti  Harry prima rimase stupito nel vedere la sua giovane fidanzata vestita in quel modo, poi sbarrò gli occhi quando notò la timida Hermione comparire alle spalle della rossa, intenta a torturarsi le mani.
“Ma-ma-ma” balbettò facendo ridere la Caposcuola.
“Harry chiudi quella boccaccia, altrimenti la bava ti sporcherà il vestito nuovo” cinguettò Ginny, scuotendo il capo.
“E’ che…che…” niente non riusciva a formulare una frase di senso compiuto.
“E’ Hermione si! Per una sera ha svestito i panni della studentessa ligia al dovere e ha indossato quelli di una sexy fanciulla” ammiccò Ginny in direzione dell’amica.
Hermione annuì appena, imbarazzatissima.
“Ti prego Harry smettila di guardarmi come se fossi un’aliena!” esclamò esasperata, sul punto di scappare a gambe levate.
“Scusa, scusa” borbottò il moro abbassando lo sguardo, colpevole.
“Ron?” chiese la sua fidanzata. Harry le fece un cenno con la testa indicandole il centro della stanza, dove Lavanda e Ron ballavano appiccicati l’uno all’altra.
“Bleah!” esclamò la rossa “Non posso digerirli! Sarà che lui è mio fratello e ancora non capisco come qualcuna possa interessarsi ad un imbecille come lui”, Hermione la fulminò con lo sguardo, lei rispose con un sorriso fin troppo accentuato.
“Ginny!” la richiamò Harry in tono di rimprovero “Tuo fratello non è un imbecille. È solo…” ma anche questa volta, gli mancarono le parole.
“Solo un ragazzo che dovrebbe usare di più il cervello!” rispose la rossa, aggrappandosi al suo braccio.
“Hermione è innamorata di lui da una vita e lui che fa? Corre dietro la gonnella di quella tizia. Mamma
sperava che loro due si fidanzassero” sospirò dispiaciuta.
Hermione avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non ascoltare.
Quei due parlavano di lei, come se non ci fosse.
“Vi ricordo che sono qui” disse infatti attirando i loro sguardi su di sé “E sto bene! Basta con questa storia di Ron. Io l’ho dimenticato, ok?” continuò seccata, in risposta ai loro sguardi ammonitori.
“Buona sera ragazzi!” esordì una voce alle loro spalle.
Una voce ben conosciuta.
“Ron” rispose Ginny con un cenno della testa.
Il rosso respirava in modo affannoso per via del ballo e stringeva con forza la mano di Lavanda.
Fu quest’ultima ad accorgersi di Hermione.
“Granger sei proprio tu?!?” domandò basita.
“Chi altri sennò? Conosci qualcun altro con questa faccia?” rispose lei con un tono di fastidio nella voce.
“Mione?” l’incredulità di Ron la irritò ulteriormente.
“Oh accidenti! Solo perché non mi sono mai preparata non significa che io non sia anche questo. Mi guardate come se stesse vedendo un fantasma, per la barba di Merlino!” sbottò. “A scuola devo mantenere un certo contegno, ma quando c’è l’occasione mostro la mia femminilità! E ora se volete scusarmi, vado a farmi un giro! A dopo” e se ne andò senza aspettare che qualcuno di loro le dicesse qualcosa.
Era irritante, maledettamente irritante quella situazione! E lei si odiava, perché per vergogna e paura non aveva mai osato mostrare quel lato del suo carattere.
Ma davvero studiare tanto portava con sé il non essere considerata femminile?
Era assurdo! Totalmente assurdo!
Hermione cercò di calmarsi, bevendo un succo di zucca.
Una volta placato il suo animo Grifondoro, si girò verso il centro della stanza e poggiata al tavolo delle bevande, si mise a osservare ciò che accadeva.
Non vedeva i suoi amici, probabilmente erano rimasti dove li aveva lasciati o più semplicemente, vi erano troppe persone per poterli anche solo rintracciare in mezzo a quel caos.
Dopo un po’ notò Neville Paciok che si muoveva piano a ritmo di musica, con in mano un bicchiere ricolmo di qualcosa. Poco distante intercettò anche Dean e
Seamus che facevano il filo a due ragazze Corvonero.
Disseminati qua e là c’erano numerosi Serpeverde.
Hermione intravide Pansy Parkinson, avvolta in un attillato e scollatissimo abito nero, sembrava alla disperata ricerca di qualcosa.

O di qualcuno.
La ragazza sussultò. Non c’erano tracce di Malfoy.
Cercò di ignorare quel campanello d’allarme che s’era attivato nella sua testa e si concentrò su altro.
Il suo obiettivo era cercare di capire chi fosse il misterioso proprietario di quel quaderno.
Ma più si guardava attorno, più le sembrava che nessuno la stesse calcolando.
Ogni tanto qualche sguardo curioso si posava su di lei, quando però capivano che era la Granger sorridevano beffardi e se ne andavano via.
“Stupidi maschi idioti!” sibilò tra i denti la giovane, sempre più convinta di aver fatto una stronzata ad essere andata a quella festa.

“Non ti getti nella mischia, Mezzosangue?” Hermione ebbe un momento di smarrimento, ma si riprese subito, incrociando lo sguardo del Principe delle Serpi che si era avvicinato al tavolo. Dipinta sul volto la solita aria meschina e strafottente.
La ragazza non poté non notare il suo abbigliamento.
Niente di verde per una volta, ma una semplice camicia grigia dal collo argentato. La cravatta slacciata e i primi bottoni aperti, lasciavano intravedere parte della sua candida pelle.





Il ragazzo prese a fissarla con insistenza. Gli parve strano che lei non rispondesse, per tale motivo si fermò a riflettere. Forse troppo. Perché si ritrovò a perdersi nelle iridi dorate della giovane Grifondoro.
Nessuna debolezza, Malfoy.
Distolse lo sguardo, quasi imbarazzato, ma fu lesto a indurire la sua espressione.
“Cos’è Grattastinchi ti ha mangiato la lingua?” l’unico modo che conosceva per difendersi era attaccare e con la Granger gli veniva così naturale che quasi gli era mancato stuzzicarla. Il suo volerla ignorare era dovuto a ben altre motivazioni, ma era stata lei a alimentare nuovamente quell’astio e lui di certo, non si sarebbe tirato indietro.
Restava pur sempre un Serpeverde.
“Fammi capire una cosa” iniziò Hermione facendo un passo verso di lui “Stasera non hai chi ti fila e vuoi rompere le scatole a me? Eppure qualche secondo fa mi è sembrato di vedere Pansy che, poverina” disse con finto tono dispiaciuto, accompagnato da un gesto teatrale delle braccia.
“Quasi con disperazione, cercava qualcuno tra la folla. Non so perché ma ho l’impressione che volesse te. Cos’è oggi nessuna scopata?” non era da lei usare certi termini. Si rendeva conto che poteva sembrare innaturale, ma era davvero nervosa.
Draco ne restò colpito, anzi affascinato, ma non lo fece notare.
“Oh, oh, oh cos’abbiamo qui? La copia Serpeverde della Granger? Se non avessi quella faccia e nel tuo corpo non scorresse sangue sporco, potrei quasi considerarti decente” Malfoy sputò quelle parole con il massimo disprezzo di cui era dotato.
“Va al diavolo!” sbottò lei, passandogli accanto.
“Cosa cerchi, Granger?” domandò Malfoy, lasciando la giovane spiazzata.
“Ti guardi attorno come se aspettassi di trovare una risposta. Dico bene?” gli occhi del giovane luccicarono, mentre Hermione tremò appena.
“Non sono affari che ti riguardano” rispose, celando appena uno strano tremolio della voce.
Draco ghignò “Non ti fila nessuno, vero Sangue Sporco? Non do torto a questi ragazzi, chi mai ti vorrebbe?” urlò con malcelato odio.
Una lacrima dispettosa rotolò giù, lungo il viso di Hermione, la quale rapidamente l’asciugò, prima che qualcuno potesse vederla.
Non rispose, preferì allontanarsi da lui
Draco rimase lì a fissarla scappare via.


Hermione si muoveva a disagio nella Stanza delle Necessità, sentendosi dannatamente fuori posto. Con gli occhi continuava a guardare ovunque, non vedendo altro che masse di corpi in movimento.
Quella musica babbana aveva fatto salire a livelli disumani, l’eccitazione di quei ragazzi che ora si dimenavano come impazziti.
E lei che credeva sarebbe stata una festa tranquilla.
Ancora non comprendeva perché la McGranitt avesse dato il permesso per quel…casino!
E ancora di più, non si capacitava dell’idea di averci partecipato.
Sbuffò, sollevando i lembi dell’ingombrante gonna e si fece spazio tra la folla, raggiungendo una finestra e riuscendo finalmente a prendere aria.
Improvvisamente si era sentita opprimere.
Per le parole di Malfoy o per il caldo eccessiva di quella stanza?
Non lo sapeva e in verità, non le importava.
Si appoggiò al davanzale della finestra, rabbrividendo a contatto col marmo freddo.
Fuori il cielo era sereno, ma l’aria era molto rigida, infatti la stessa Hermione tremò. Questo non la convinse a richiudere le ante. Restò lì con lo sguardo fisso nel vuoto.
Perché Malfoy aveva insinuato che cercasse qualcuno?
Che l’avesse spiata scoprendo così l’esistenza di quel quaderno?
No, no non era possibile. Lei era sempre stata molto attenta.
Malfoy stava solo prendendola in giro come al solito.
Fu in quel momento che, sobbalzando, si rese conto che il ragazzo era, apparentemente, tornato lo stesso bastardo di un tempo. Aveva ricominciato a prendersi gioco di lei.

Chissà perché questa cosa la fece sorridere…

***

Il capitolo scorso è piaciuto poco e me ne dispiace.
Probabilmente vi aspettavate qualcosa di meglio o un Draco diverso da quello che vi ho presentato io.
In questo nuovo capitolo, fa di nuovo la sua comparsa e sembra essere tornato il bastardo di un tempo. Chissà cosa ci riserverà quest'enigmatico personaggio.
Il vostro giudizio mi aiuterà a capire se sto riuscendo nel mio intento. Per quello che mi riguarda, quando scrivo di loro mi emoziono sempre e mi sento in pace col mondo :).
Grazie a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra preferite/seguite, ne sono onoratissima <3.
Grazie ai lettori silenziosi e ai recensori. Vi sono grata!


Ps: ricordo come sempre, che questi personaggi sono frutto dell'immaginazione della Rowling e che la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio mero diletto.

Marghe

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Capitolo 5
*** Un nuovo disegno ***


Un nuovo disegno

Capitolo 4 “Un nuovo disegno”

 

La domenica mattina, giorno successivo alla festa, la Sala Grande alle nove era ancora vuota. Hermione non si meravigliò di essere tra le prime a fare colazione.
La sera precedente era stata l’unica a rientrare prima. Aveva cercato tra la folla Ginny comunicandole che era stanca e che andava a dormire.
Una bugia anche quella.
Non aveva granché sonno, solo era stufa di stare a quella festa. Non aveva ricavato un ragno da un buco. Nessuno le si era avvicinato rivelandosi essere il misterioso ragazzo del quaderno.
Solo Malfoy l’aveva importunata. Ma lui non contava.
Quella mattina si alzò più tardi del solito, perché non aveva chiuso occhio per quasi tutta la notte, addormentandosi verso l’alba.
Giunta nella Sala, si accomodò e silenziosamente fece colazione. La testa le doleva per il poco riposo, però questo non le avrebbe impedito di studiare anche quel giorno.
Con un occhio chiuso e l’altro aperto, trangugiava il suo succo di zucca e non badò al fatto che dalla porta della Sala era appena entrato qualcuno.
Sbadigliò, non riuscendo a coprirsi la bocca con la mano. Non le importò.
Un risatina profonda si librò nell’aria. Solo in quel momento Hermione pose attenzione alle persone in Sala e quando notò che vi erano solo lei e Malfoy, sbatté le palpebre pensando ad un’illusione ottica. Ma si sbagliò.
La serpe dal suo tavolo la fissava con sguardo vivo e un ghigno ben disegnato sulle labbra perfette.
No, un attimo.
Da quand’è che considerava con quell’aggettivo, la bocca di Malfoy?
Hermione si riscosse, scuotendo la testa.
“Brutto risveglio, Mezzosangue?”vile e viscido solo come una serpe poteva essere.

La Granger alzò la testa e lo fissò.
Anche da lontano, i suoi occhi grigi apparivano limpidi e contemporaneamente invalicabili. I capelli biondi ben curati e sistemati, incorniciavano un viso pallido e molto magro.
Non era la prima volta che si soffermava a guardarlo.
Dall’inizio dell’anno non faceva che tenerlo d’occhio.
Lei si diceva che era per restare in allerta. Non si fidava di lui, ma se scavava meglio poteva ricordare il terzo anno. Era stato all’ora che gli sfottò del ragazzo si erano fatti insistenti, continui e per quanto lei ci rimanesse male, gli teneva testa, sostenendo il suo sguardo. Non ne aveva mai incontrato uno impetuoso come il suo. Mai degli occhi così l’avevano turbata. Hermione aveva ignorato quella strana sensazione, sentendola fuori posto. Sensazione spazzata via quando lo aveva schiaffeggiato.
Ricordava bene l’ira che aveva attraversato quelle pupille di ghiaccio e la rabbia che l’aveva portata a compiere quel gesto estremo.
Si era sempre detta che tutto quello era alimentato dall’odio che provavano l’uno verso l’altro.

“Sei scappata come una lepre ieri. Hai fatto bene” i suoi occhi luccicarono maligni “Tu non c’entravi nulla con quella festa” ammise dall’alto della sua superbia.
Hermione sorrise amaramente, lasciando cadere nel piatto, parte della sua colazione.
“Se qualcuno qui è fuori posto, sei proprio tu, Malfoy. Dovresti essere ad Azkaban insieme a tuo padre!” un lampo di collera trapassò il viso di Draco, deformandolo. Il ragazzo strinse i pugni talmente forte che le nocche divennero bianche.
La giovane Caposcuola sapeva di aver appena toccato un tasto dolente, ma era stanca di subire. Stufa di essere la presa in giro della scuola. Avrebbe dimostrato il suo valore e avrebbe guadagnato il rispetto di tutti, non solo come maga, ma soprattutto come persona. Perché lei era quello prima di ogni altra cosa.
Malfoy si alzò di scatto, strisciando a terra la panca. Poggiò i palmi sul tavolo di legno e schioccò un’occhiata gelida alla ragazza.
Digrignò i denti, furioso, il grigiore dei suoi occhi tramutò in tempesta, allarmando Hermione, la quale però non abbassò lo sguardo, anzi lo affrontò.
Alla fine lui non disse altro, ma se ne andò furente, avvolgendosi nel suo mantello nero.

La Granger fissò le sue spalle, nuovamente ricurve.

 

La pioggia fitta aveva impedito ad Hermione di recarsi presso il Lago Nero per questo aveva optato, seppur a malincuore, per la biblioteca.
Il caminetto acceso riscaldava l’ambiente.
Hermione entrò salutando con un sorriso Madame Pince, per poi muoversi rapida verso il suo tavolino preferito.
Studiò per un’ora Storia della magia, poi la sua attenzione era vacillata. Lo aveva letto da qualche parte, secondo alcuni babbani, le funzioni attentive erano vigili per soli 45 minuti, dopodiché la mente aveva bisogno di riposo.
Si strofinò gli occhi con la mano, lasciando andare la testa sul tavolo. Con lo sguardo rivolto verso fuori, si abbandonò al suono melodioso della pioggia.
Chiuse per un attimo gli occhi e le comparve l’immagine di uno specchio. Sussultò, sollevando immediatamente la testa. Afferrò con enfasi la sacca e tirò fuori il quaderno. Con le dita ne accarezzò la costa e con lentezza esasperante lo aprì.
Sfogliò qualche pagina, sorridendo a quei disegni che le piacevano sempre di più.
Non aveva mai pensato di guardare l’ultime pagine, per controllare se il quaderno era finito, ma notò subito che quei fogli erano immacolati. Andando a ritroso, si soffermò sull’ultima pagina disegnata.
Quasi la mascella le cadde sul tavolo e gli occhi le uscirono fuori dalle orbite.
Il disegno ritraeva una figura femminile simile a lei, con indosso il vestito donatole da Ginny per la festa del giorno prima.
“Ma com’è possibile?” esclamò con voce stridula. Alzò il quaderno e lo scosse, che un essere talmente piccolo si fosse nascosto tra quelle pagine, spiandola?
Ma la risposta fu negativa.
“Cosa sta succedendo? Non…capisco” e Hermione detestava non avere la soluzione per quel quesito. Come aveva potuto quella persona disegnare lei, se il quaderno era rimasto nella sua camera? Che fosse un Grifondoro il proprietario? Era chiaro come il sole che di mezzo c’era la magia, ma quale incantesimo?
Gli occhi dorati della giovane si scontrarono con la scritta collocata in calce al disegno.

 

“Liscia e candida la tua pelle richiama la mia.
Un bocciolo pronto per essere colto, il tuo collo si offre alla mia visuale, meschino tentatore, va giù in picchiata e si posa dolcemente sui tuoi seni.
Le balze della gonna ricoprono la femminilità che con prematura accortezza, hai celato a tutti.
E vorrei essere il privilegiato. Vorrei assaggiarti, assaporarti.
Amarti.
Ma a me è destinato tutt’altro che il tuo calore.
Nemica mortale dei miei sogni, resterò fermo qui a guardarti.”

 

Hermione si sentì sciogliere di fronte a quella dichiarazione. Arrossì vistosamente, avvertendo un’insolita agitazione smuoverle le viscere.
Deglutì a vuoto, la gola secca e le mani tremanti.
Doveva capirci di più. Era suo compito venire a capo di quel mistero!
Chi! Chi la desiderava fino a quel punto?
Chi essere umano era in grado di farla sentire così…donna?!?
Rapidamente fu in piedi, strinse il quaderno al petto, guardandosi intorno con aria furtiva.
Poi corse fuori nonostante la pioggia.
Si gettò con tutto il corpo sotto la tempesta, alzò la testa verso il cielo, chiudendo gli occhi.
Cos’era quella nuova emozione appena nata nel suo cuore?
Si stava lasciando abbindolare da rappresentazioni grafiche e parole, neanche ne conosceva l’autore.
E allora perché sentiva che si stava legando a questo sconosciuto?

“Hermione!!!” un grido squarciò l’aria.
Spaventata, la Caposcuola si girò di scatto verso l’enorme portone e notò una testa mora appena visibile.
“Harry” sorrise, mentre gocce di pioggia continuavano a riversarsi su di lei.
“Torna dentro, ti prenderai un malanno!” Hermione sembrò accorgersi solo in quel momento di essere tutta bagnata. Con un veloce scatto, corse dentro la scuola.
Harry la strinse.
“Che ci facevi fuori sotto l’acqua?” le chiese, scostando il corpicino della sua amica da sé. Hermione era turbata, non sapeva cosa dirgli per questo abbassò lo sguardo.
Harry, alquanto preoccupato, le prese il mento tra le dita, costringendola a riportare le sue pupille nelle proprie. Lei non era tipo da distogliere lo sguardo.
“Hermione smettila di nasconderti. Dammi la possibilità di aiutarti” sorrise tenero, la ragazza annuì, perdendosi nel verde smeraldo di quegli occhi così sinceri.
“Vieni” e la guidò verso un posto più appartato e sicuro.

 

Hermione strinse ancora di più il quaderno tra le braccia, prima di mostrarlo all’amico.
“Cos’è?” chiese quest’ultimo, gli occhi illuminati dalla curiosità.
“Aprilo” lo incitò lei. Harry lo fece e iniziò a sfogliarlo.
Sul suo volto passarono diverse emozioni: curiosità, dubbio, meraviglia, poi quando arrivò al profilo di Hermione sbarrò gli occhi stupefatto.
“Ma chi…?” lasciò cadere la domanda, di fronte alla quale la giovane Caposcuola scosse il capo.
“Non lo so. Sto cercando di capire, ma…niente.” E tutta la sua frustrazione si riversò in quelle parole.
“Dove lo hai trovato?” Harry continuava a sfogliare le pagine, incredulo.
“In biblioteca quando sono andata con Ginny a cercare il mio diario” ricordò.
“Ginny lo sa?” Hermione negò.
“Non ne ho parlato con nessuno, perché…” già perché?
“Credo...anzi è una cosa mia, cioè…sento che questo quaderno mi appartiene in un certo senso. È qualcosa di così intimo. Io non so chi possa aver scavato tanto bene nel mio animo, senza mai farsi scoprire” Hermione arrossì vistosamente.
“Pensi sia qualcuno che conosci?” domandò il moro, iniziando a meditare, fissando il quaderno con insistenza.
“No. La cosa stramba però è un’altra” disse lei, ricordandosi di ciò che aveva scoperto solo qualche minuto prima.
“Cioè?” e Hermione gli mostrò l’ultima pagina. Harry spalancò gli occhi, intrisi di uno stupore nuovo e malcelato.
“E’ un quaderno incantato. Tu hai scritto qualcosa o hai provato a farlo?” domandò “Mi ricorda molto il diario di Tom Riddle” aggiunse con aria pensierosa.
“Non credo siano uguali, Harry. Non ho mai provato a scriverci nulla sopra. È sicuramente magico, ma non pericoloso. Ne sono certa.” Harry la fissò a lungo, se la sua migliore amica diceva quelle cose, lui non poteva fare altro che fidarsi. D’altronde si sapeva, Hermione era il cervello del gruppo e le sue delucidazioni non erano mai, o quasi mai, fuori luogo o sbagliate. Per questo annuì e le sorrise.
“Stai tranquilla, Hermione. Presto la persona in proposito si farà avanti. Certo dubito che pubblichi qualche annuncio in bacheca per ritrovare il suo quaderno, però sono quasi sicuro che farà qualche passo falso e forse sarebbe l’ideale che tu ti faccia vedere in giro con in mano il quaderno. Solo così questa misteriosa persona uscirà allo scoperto, in qualche modo.” La Caposcuola, anche se inizialmente titubante, si rese conto che quella proposta da Harry, era l’unica soluzione per porre fine a quel rompicapo. Così decise che da quel momento in poi, avrebbe camminato col quaderno sottobraccio.
E iniziò subito.
Affiancata da Harry, passeggiò per i corridoi di Hogwarts, incrociando diversi studenti,  per lo più del primo anno, che lanciarono strane occhiate, tutte però dirette al Bambino Sopravvissuto.
In tarda mattinata, Hermione era già stanca. Era andata a zonzo per tutto il castello, senza ottenere alcun risultato.
Harry la consolò “Dai. È solo il primo giorno! Bisogna avere pazienza” disse in tono lieve.
Hermione annuì.
Il suo amico le aveva dato forza e coraggio. Condividere quel segreto, la faceva sentire più leggera.
“Hai ragione, Harry!!!” esclamò, sul volto una nuova espressione.
“Prima o poi verrò a capo di questo intrigo e chissà…” fissò l’amico, raggiante “Magari sarà la volta buona che mi trovo un ragazzo” schioccò la lingua sui denti, facendo sorridere Harry.
“Sarebbe fantastico, Herm! Lo meriti. La guerra ci ha sconvolti e tutti meritiamo un po’ di serenità, tu specialmente. Approposito…” il ragazzo si fece scuro in volto.
“Notizie dei tuoi genitori?” domandò con apprensione “Non hai parlato granché di loro da quando siamo qui” constatò.
Hermione annuì “Stanno bene. Ora sono a casa e mi aspettano lì per le vacanze natalizie. Sono stata in Australia subito dopo la guerra e ho fatto tornare loro la memoria. Erano molto spaventati e…preoccupati. Ho raccontato tutto e quando li ho visti piangere, ho capito che avevo fatto bene a cancellare i loro ricordi. Non avrei mai voluto che stessero male per un’eventuale mia morte” la Grifondoro cercò di sorridere, ma invano.
“E’ tutto finito!” Harry l’abbracciò e Hermione, si lasciò stringere e cullare.

 

Quel pomeriggio, Harry, Ginny, Ron e Lavanda decisero di andare ad Hogsmead per fare spese per l’imminente festa di Halloween. Hermione aveva declinato l’invito sentendosi di troppo, poi voleva continuare ad indagare. Oltretutto si sentiva male.
Harry che la conosceva meglio di chiunque altro, capì e non le diede il tormento, a differenza di Ginny.
“Dai, dai, sarà divertente! Sai quante persone ci saranno? Mezza scuola di sicuro e poi ci sono così tante cose da comprare, vestiti da provare” insisté la rossa, con gli occhi a cuoricino. Quando si trattava di far spese era sempre in prima linea.
“No, Ginny, non insistere. Ho detto che non mi va, non mi sento molto bene. Credo di avere qualche linea di febbre” e fissò colpevole Harry, il quale l’ammonì con lo sguardo. Essere stata sotto la pioggia, seppur per qualche minuto, aveva dato i suoi frutti.
“La solita rompiscatole” borbottò Ron, mentre Lavanda rideva sotto i baffi.
Hermione roteò gli occhi verso il cielo. Quei due la irritavano in una maniera incredibile.
La sua tattica era quella di ignorarli.
“Dovresti farti dare un’occhiata da Madame Chips!” suggerì premuroso, Harry.
Ginny annuì, concorde col suo ragazzo “Conviene che tu lo faccia, se non vuoi perderti le lezioni” la prese in giro, quest’ultima.
Hermione le fece la linguaccia.
“Vado diretta in infermeria. Non ho intenzione di fare assenze” disse con la sua solita saccenza. Era insita in lei.
Salutati i suoi amici, fece come aveva promesso. Seppur seccata, andò da Madame Chips.
“Oh Signorina Granger, cosa posso fare per lei?” domandò la donna, non appena la vide.
“Credo di essermi beccata il raffred…” e starnutì.
“Il primo freddo inizia a mietere vittime” constatò la donna “Venga pure Signorina, si sieda qui e aspetti. Torno subito”.
Poco dopo, Madame Chips arrivò con una fiala tra le dita “Bevi. È un succo che ti farà passare tra qualche minuto ogni sintomo influenzale e acuirà per un’oretta, ogni tuo senso.”
La buttò giù in un sorso e aspettò, ad occhi chiusi, che facesse effetto. Solo quando cominciò a sentirsi meglio, lasciò l’infermeria.
Appena fuori la porta, Hermione si scontrò con Malfoy. Le loro spalle si toccarono e entrambi indietreggiammo di qualche passo.
“Attenta a dove metti i piedi, Mezzosangue!” sibilò lui maligno, pulendosi il mantello, in segno di disprezzo.
Hermione indurì lo sguardo e non lo rispose. Gli passò accanto con l’intento di ignorarlo, ma uno strano profumo la costrinse a fermarsi, proprio accanto a Malfoy. La giovane chiuse gli occhi e annusò l’aria attorno a sé. Un fresco profumo di menta e pioggia le ravvivarono i sensi. Voltò la testa di lato con ancora gli occhi chiusi, poi avvertì uno strato di stoffa, sfiorarle il naso e spalancò le palpebre, rendendosi conto che quell’odore proveniva dal tanto odiato ragazzo. Solo in quel momento si accorse che lui era tutto bagnato, i capelli biondi, quasi bianchi, gli ricadevano sul viso, gocciolanti.
Si allontanò come se avesse appena toccato il fuoco.
Draco vide quello strano movimento e si girò nella sua direzione. La fissò, scendendo con lo sguardo lungo il suo corpo. Non la vedeva da quella mattina a colazione quando con quelle parole cariche di odio, l’aveva fatto infuriare.
Uscito dalla Sala Grande, aveva corso per non farsi vedere in quello stato da nessuno e si era recato, nonostante la pioggia, verso il Lago Nero. Un po’ inconsciamente sperava che lei lo raggiungesse, magari potevano scambiarsi qualche altra battuta maligna.
Con gli occhi raggiunse le mani della giovane Grifondoro e notò un quaderno. Non diede segno di provare alcun tipo di emozione, anzi distolse lo sguardo e così come se niente fosse stato, le diede le spalle e entrò in infermeria.
Si era beccato il raffreddore.

 

***

Buon pomeriggio miei carissimi lettori.
Non so davvero cosa dirvi, sapete?
Le vostre recensioni mi lasciano sempre senza parole. Ho visto che molte persone hanno inserito la storia tra le preferite e ne sono entusiasta, mi raccomando però, fatemi sapere cosa ne pensate. Una recensione negativa non può che farmi bene.
Sono qui per imparare, per migliorare. Ne ho davvero tanta voglia :).
E ho anche voglia di regalarvi delle emozioni e mi impegno al massimo perché con questa fan fiction possiate provare le stesse sensazioni che mi animano quando la scrivo. Ce la farò a raggiungere il mio intento?
Incrocio le dita e spero di si.
La composizione presente in questo capitolo è mia. Più la rileggo e più penso che non so da dove ho cacciato fuori quelle parole. L'ispirazione è venuta, come spesso mi succede, ascoltando la musica.
Che cosa mi dite di Harry?
Quello che vi presenterò sarà un personaggio un pò cresciuto, maturato. Era ora, no?
Aspetto le vostre opinioni.
Vi adoro. Sul serio!!!
Grazie di tutto.
A giovedì prossimo.

Marghe
Ps: ricordo che i personaggi sono nati dalla fantasia della Rowling e che questa fan fiction è scritta solo ed esclusivamente per mio diletto, quindi non ha alcun scopo di lucro.

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Capitolo 6
*** Confessioni al nemico ***


Confessioni al nemico

Capitolo 5 “Confessioni al nemico”

 

Era trascorso un altro mese.
Dicembre con le sue gelide temperature era giunto in fretta. Le luci, i colori avevano assunto una tinta diversa, nell’aria già si avvertiva il sentore delle immediate festività natalizie.
La vita scorreva tranquilla nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Nessun particolare avvenimento di cui sparlare.
La solita monotona quotidianità: colazione, lezioni, giornate di studio, ancora lezioni, cena, dormitorio.
I sabati pomeriggi a Hogsmead venivano sfruttati per l’acquisto di qualche pensierino, era forte la voglia di riempirsi la vita in qualche modo. Anche con un futile regalo.
Hermione non aveva ancora trovato il proprietario di quello strano quaderno. Continuava a portarlo con sé ovunque: a lezione, in Sala Grande, spesso anche fuori dal castello.
Tutti sembravano incuriositi dallo strambo rapporto che s’era creato tra la ragazza e quello strano oggetto, solo una persona s’era mostrata parecchio indifferente.
Anzi non la degnava di uno sguardo o semplicemente lo distoglieva quando la incontrava: Draco Malfoy.
Da quella volta fuori l’infermeria, quando aveva sfiorato per caso, coi suoi occhi quel quaderno, sembrava essere più distante del solito.
E pensare che sembrava essere tornato lo stronzo di un tempo. Dal ballo aveva ricominciato a importunarla, poi puff, per magia tutto era cambiato di nuovo.
Non che le interessasse il motivo, ovviamente, però quegli strambi cambiamenti d’umore di Malfoy, la infastidivano un po’.
Ad un certo punto, Hermione aveva iniziato a pensare che fosse proprio lui il misterioso ragazzo, ma s’era ritrovata a ridere di quell’assurdità.
Figurarsi se lui era abile in un’arte nobile come il disegno e se addirittura raffigurava lei, scrivendole piccole poesie dove era chiaro che l’adorasse.
La realtà era che lui la detestava, anzi il termine più appropriato era “odiava” e solo per il suo essere nata da Babbani.

“Stupidi pregiudizi da ignorante qual è” pensò tra sé Hermione, rabbuiandosi.
Harry le domandava ogni santo giorno a che punto fossero le ricerche e la risposta era sempre la stessa: ad un punto morto.
Un giorno però accadde qualcosa.
Come al solito, stava studiando sulle rive del Lago Nero, quando un rumore sospetto la distolse dai libri.
Afferrò la bacchetta da sotto il mantello e si alzò guardandosi attorno.
Sembrava non ci fosse nessuno.
Poi dietro un albero scorse la figura di Dean, suo compagno di Casa.
Storse il naso.
“Esci fuori, ti ho visto” borbottò sbuffando. Si era presa un colpo per nulla.
“Scusami” mormorò lui in evidente imbarazzo, grattandosi la testa.
“Volevi qualcosa?” Hermione aveva ammorbidito il tono. Non voleva sembrare scortese né acida, come tutti la definivano.
Dean sembrò arrossire ancora di più, quasi il fumo le usciva dalle orecchie.
“Ehm…no, ecco. Io…” balbettò il ragazzo in difficoltà.
Hermione si avvicinò di qualche passo e Dean sgranò gli occhi, spaventandosi.
“Non ti faccio niente” la Caposcuola sorrise.
Era così bella quando lo faceva.
“Io vorrei…” deglutì in modo evidente “Vorrei sapere se…ti andava di frequentarci” mormorò a bassissima voce.
Hermione riuscì a captare a malapena le sue parole e si trovò spiazzata.
Dean era l’autore di quei meravigliosi disegni?
Era lui che sapeva leggerle dentro così bene e suscitarle sensazioni così nuove e indefinite?
Però la sua timidezza mal si posava con la prorompenza e l’erotismo di quelle piccole poesie.
Hermione pensò che gli artisti infondo erano persone molto timide che per esprimersi avevano per l’appunto bisogno della loro arte. Forse lo stesso valeva per Dean.
Eppure non si sentiva contenta di quella scoperta.
“Se vuoi” cominciò lei con cautela “Oggi pomeriggio potremmo passeggiare un po’ e parlare, ti va?” domandò, anche se poco convinta.
Dean alzò la testa di colpo, meravigliato.
Non se l’aspettava! Era già pronto a sorbirsi una lavata di capo colossale e invece…
Al di là di ogni previsione Hermione gli stava sorridendo gentilmente.
“Sarebbe meraviglioso!” esclamò Dean contento. Fece qualche passo indietro, mantenendo lo sguardo fisso su Hermione.
“Allora a più tardi?” chiese a conferma, sicuro che stesse sognando.

La Granger annuì “Ci vediamo alle tre in Sala Comune” precisò lei.
Questa volta fu il turno di Dean di annuire, poi corse via trafelato, inciampando qua e là.
Hermione lo guardava.

“Avrò fatto bene? Non sembra il tipo adatto a me” sospirò tornando al suo libro di Artimanzia.
“Ma d’altronde io non ho la giusta capacità di giudizio. Ci ho visto Ron al mio fianco fino a poco tempo fa, quindi…perché frenarsi?” rifletté ancora un attimo prima di ricominciare a studiare.

“E così lo sciocco Dean, ti ha chiesto un appuntamento?” Hermione conosceva solo una persona con un tono così alacremente fastidioso.
Non si voltò neanche “Malfoy se sei venuto qui per rompere le scatole, puoi tornartene al castello. Sto cercando di studiare” rispose lei, leggermente risentita dall’ironia del ragazzo.
Sembrava così strano che piacesse a qualcuno?
Era una donna anche lei, per Minerva!
Possibile nessuno riuscisse ad andare oltre il suo essere brava a scuola?
Tutti stolti e superficiali i maschi. Facile fermarsi all’apparenza, mentre scavare, scoprire, imparare realmente a guardare, implicava uno sforzo maggiore che loro non erano pronti a compiere.
A loro fregava solo avere sotto mano una gallina senza cervello, tutto tette e culo, per sbattersela in qualche letto o, ancora più rudemente, su qualche muro. Il loro scopo era solo quello di soddisfare gli istinti primordiali.
La conoscenza vera e propria della persona era fuori dai loro interessi.
“Si, si lo vedo” mormorò lui mellifluo, restando dov’era.
“E poi, Mezzosangue, devo ricordarti che questo è un luogo pubblico e posso starci quanto mi pare?” rispose con strafottenza.
E meno male che aveva pensato che finalmente l’avesse lasciata in pace.
“Se devi stare qui, almeno abbi la decenza di starti zitto! Ho bisogno di concentrazione per studiare. E poi non devo ricordarti io che la riva del Lago è talmente ampia che c’è spazio per tutti, quindi potresti anche spostarti più in là” quel ragazzo aveva il potere di farle perdere il controllo di se stessa.
“Tu!” esclamò il biondo e solo all’ora Hermione si degnò di guardarlo.
“Come osi parlarmi in questo modo! Spostati da lì, questo è il mio posto!” sbottò Draco, avvicinandosi pericolosamente.
Gli occhi dardeggianti per la rabbia.
Hermione per un attimo sembrò vacillare di fronte a quell’ira malcelata, ma ritrovò presto la sua determinazione e si alzò in piedi.
“Non mi sembra che qui ci sia scritto il tuo nome! Come hai detto tu è un suolo pubblico quindi, se non ti dispiace siccome sono arrivata prima io, tu porti il tuo bel sederino purosangue più in là” il grugnito di Malfoy, le diede molta soddisfazione.
Poi però il giovane increspò le labbra che si dispiegarono subito dopo in un ghigno che non presagiva nulla di buono.
“Invece io mi siederò qui” e si accomodò elegantemente al suo fianco.
Hermione era un lanciafiamme, se avesse potuto lo avrebbe incenerito, ma non gliela diede vinta e si accomodò al suo posto, riprendendo a leggere.
Per la mezz’ora successiva, Hermione non era riuscita a studiare. La presenza di Malfoy al suo fianco, seppur si fosse rivelata estremamente silenziosa, la turbava.
Era abituata a studiare avendo gente attorno, come Ron e Harry, però si sentiva stranamente agitata. Quasi sott’esame.
Sbuffò scocciata, poi si girò verso il biondo e lo trovò disteso sull’erba, nonostante il gelo, che fumava bellamente una sigaretta.
“Sai che è vietato?” chiese lei, assumendo il suo ruolo da Prefetto.
Lui la ignorò placidamente, aprendo leggermente le labbra e lasciando fuoriuscire il fumo che si dispiegò nell’aria.
Hermione corrucciò la fronte irritata per la strafottenza di quel ragazzo.
Possibile che gli anni passassero e lui restava sempre lo stesso?
“Con te è tutto fiato sprecato” la Caposcuola Granger smise di guardare il ragazzo seduto accanto a lei e lasciò vagare lo sguardo verso l’orizzonte.
Draco sollevò un sopracciglio, poi girò appena il volto per fissare la Mezzosangue.
Anche di profilo era molto bella.
Il vento le scompigliava i ricci ribelli disparandoli qua e là, ma lei sembrava non farci caso.
Le labbra erano piccole e carnose, leggermente dischiuse.
Il ragazzo dai crini biondi avrebbe quasi voluto toccarle. Non erano perfette e invitanti come quelle di Pansy o maliziose come le giovani Purosangue che aveva frequentato, però sentiva un irrefrenabile desiderio di passarci sopra le dita e disegnarne poi il contorno con la lingua.
Draco si trovò per qualche secondo senza fiato, annaspò in cerca della sua aria.

Quella che sapeva non poteva avere.
Suo padre diceva sempre che per la nobile famiglia Malfoy niente era impossibile. Loro erano ricchi e potenti per tale motivo potevano tutto.
Ma Draco, in quel momento, capì che suo padre s’era sempre sbagliato: il cuore di una donna non poteva essere comprato.
“E tu lo sai, carissimo Prefetto, che diventerai oggetto di gossip a breve?” gongolò lui, non resistendo dal punzecchiarla.
Aspirò un’ultima boccata, poi la sigaretta sparì dalle sue dita con un incantesimo non verbale.
Hermione aveva scrutato quei gesti con minuziosa attenzione, pronta a ribattere ma era come incantata.
Si riscosse.
Quel ragazzo era davvero una serpe, bastava che si muovesse per ammaliare.
Non l’aveva mai notato prima.
Che fosse una caratteristica dei Purosangue? O solo di Malfoy?
Di quel Malfoy…
Indurì lo sguardo, avendocela a morte con sé stessa per la sua debolezza.
“Per quale motivo, se è lecito saperlo?” chiese seccata, quasi non le interessasse davvero porre quella domanda e ascoltarne la risposta.
Draco ghignò come suo solito.
“Io vorrei sapere se ti andava di frequentarci?” e imitò a perfezione il tono del giovane Grifondoro Dean, scoppiando subito dopo a ridere.
“Finalmente la secchiona di Hogwarts avrà una vita al di là dei libri!” annunciò con finto interesse.
“Sarà interessante osservare i risvolti di tale novità” e si girò a guardarla.
Hermione arrossì per la rabbia, ma non voleva dar soddisfazione a quella serpe velenosa, perciò non disse nulla.
Si limitò a sorridere. Un sorriso che non aveva nulla di amichevole.
Quel gesto sorprese Malfoy. E non era facile che ciò si verificasse.
Lui provocava per godere di un’ eventuale reazione e a sua volta per ribattere. Certamente desiderava che gli fosse data l’ultima parola, ma non poteva non ammettere che lo eccitava da morire, battibeccare con la Granger.

“E’ un modo per avere una parvenza di normalità” pensò tra sé e sé, mordendosi la lingua per quell’astrusa e sbagliata riflessione.
“Il problema è sempre lo stesso” Hermione parlò senza quasi accorgersene, continuando a guardare Malfoy.
“E’ che tutti voi in questa scuola vi soffermate su di me considerando solo il mio essere secchiona, per usare un termine babbano. Però nessuno prova a voler sapere altro di me, vi è mai passato per l’anticamera del cervello che quando sono a casa sono diversa e che magari una vita al di fuori di questa scuola la conduco? Chiaro che no: studiare equivale a essere asociali” la risata amara della riccia, riecheggiò tutt’attorno.
Una risata che rabbuiò i suoi occhi.
“Quest’estate…” mormorò interrompendosi un attimo “Quest’estate tutti noi abbiamo affrontato una guerra, Malfoy. Siamo solo dei ragazzini e siamo stati coinvolti in uno scontro vero e proprio, dove abbiamo rischiato la pelle. Tutti! E credo che tutti abbiamo dimostrato una certa maturità, lucidità e freddezza d’animo. Ora qui vorremmo che le cose tornassero alla normalità e lo capisco, è giusto oltre che logico. Ma…” esalò un sospiro.
Perché ne stava parlando proprio con Malfoy?
Le si doveva essere fuso il cervello.
“Ma vorrei che in virtù di questa normalità, qualcuno considerasse me una ragazza qualunque!” si trovò quasi a gridarle quelle parole.
Una richiesta che non aveva mai avuto il coraggio di dire a voce alta e ora la stava confessando ad un nemico.
Un nemico che non avrebbe mancato di deriderla.
Draco era rimasto in silenzio ad ascoltare, stringendo tra le dita l’erba fresca della recente pioggia quando Hermione aveva accennato alla guerra, per poi rilasciarla alle ultime parole della ragazza.
Sbagliava o aveva colto una nota di…amarezza?
Era proprio amarezza quello che provava Hermione?

Malfoy non poteva saperlo con certezza, lui non ne capiva di sentimenti. Gli erano estranei.
“Ciarli troppo per i miei gusti” ribatté lui alzandosi in piedi, le mani nelle tasche dei pantaloni neri.

“Il solito villano” meditò Hermione, sentendo già l’irritazione nascere in lei.
“E pensi anche troppo” aggiunse, attirando lo sguardo incuriosito della ragazza.
A quel punto, Draco la scrutò, uno sguardo di ghiaccio che sembrava volesse sondarle l’anima.
“Hai mai pensato che forse sei proprio tu a non volere che gli altri ti conoscano per quello che sei, comportandoti come una saccente, verginella, antipatica? Lo hai detto proprio tu: al di fuori di questa scuola sei diversa. Qui no!” disse con tono freddo, ma deciso.
“Riflettici Mezzosangue. E vivi di più, senza inutili seghe mentali. Ti saluto” pronunziò incamminandosi.
E ancora una volta Hermione gli fissò spalle. Questa volta sembravano meno ricurve.

 

***

Buon pomeriggio carissimi lettori.
Come ogni giovedì, mi ritrovo qui per aggiornare la fan fiction.
Quest'ultima settimana ho avuto modo di riflettere molto e ammetto di essermi parzialmente pentita di aver postato questa fan fiction...per tanti motivi. Non mi va di eliminarla, ho fatto una promessa ad una persona cara e ho intenzione di mantenerla, ma non posso fare a meno di sentirmi amareggiata perché non riesco nel mio intento.
Badate bene: sono felice che le letture siano aumentate e che qualcuno mi recensisca, esponendomi la propria opinione. Forse sono io che pretendo da me stessa troppo, un limite che non riesce a valicare.
Lasciamo perdere le mie paranoie e passiamo a parlare del capitolo.
Credo sia inaspettata la comparsa di Dean, ma a me piace l'idea che Hermione, nonostante il suo essere ligia al dovere, sia una bella ragazza, apprezzabile e amabile. Ed è giunto il tempo che lo capisca anche lei. Non vi svelo altro, spero solo di non avervi deluso.
Vi lascio con una domanda: secondo voi l'autore del quaderno è Dean?
A giovedì prossimo :).
Un bacio.

Marghe

Ps: solito avvertimento...la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

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Capitolo 7
*** Appuntamento ***


Appuntamento

Capitolo 6 “Appuntamento”

 

L’orologio segnava le 2:55 di pomeriggio.
Il suo continuo tic, tac, tic, tac scandiva il tempo e dettava un ritmo incessante e preciso.
Impossibile interromperlo o cambiarlo.
A meno che non si possedesse una giratempo.
Hermione Granger era nella sua stanza e fissava il muro, apparentemente immobile. In realtà, le sue pupille seguivano velocemente la lancetta dei secondi.
A breve sarebbero rintoccate le 3:00 in punto e lei aveva un appuntamento con Dean.
Un orario anomalo, ma ben calcolato.
Infatti Hermione sapeva che generalmente di giovedì pomeriggio, i Grifondoro dei primi anni avevano lezione. Altri sonnecchiavano nelle loro stanze o fingevano di studiare chiusi in biblioteca.
Ron e Harry avevano l’allenamento “speciale” di quidditch, cioè si appartavano da qualche parte e intavolavano piani sulle future partite.

 

Alla stessa ora, il ragazzo di ghiaccio, Draco Malfoy, se ne stava seduto sul davanzale della finestra della sua stanza singola. Quella che la McGranitt gli aveva assegnato per evitargli problemi con i compagni di casa, visto che alcuni di loro avevano manifestato il desiderio di vendicarsi dei Malfoy.
Aspirava quella sigaretta con lentezza misurata, nella speranza che quel fumo gli annebbiasse il cervello per qualche minuto.
Non voleva pensare. Era stufo di farlo.
Lo faceva da così tanto tempo che avvertiva il rumore dei neuroni che si attivavano. E li odiava, perché non si fermavano un attimo.
Schiuse la bocca per lasciare al fumo una via di fuga. Esso si dissolse nell’aria.
Draco chiuse gli occhi, rilasciando la schiena lungo il muro. Si portò la mano tra i capelli e sospirò.
Pensava.
Ripensava alla scena di quel pomeriggio.
Si stava recando presso il lago Nero, quando aveva scorto davanti a sé uno di quei vili e inutili Grifondoro: Dean Thomas.
Aveva rallentato il passo, insospettito da quella strana presenza. Non lo aveva mai visto da quelle parti. Poteva esserci una sola spiegazione ed era appena apparsa nel suo campo visivo.
Hermione Granger parlava con Dean e Draco per ascoltarli, si era nascosto dietro un cespuglio. Era proprio alle loro spalle, ma loro non potevano vederlo.

“Bene” pensò il ragazzo. “Vediamo un po’ cosa vuole l’insignificante Dean dal nostro caro Prefetto” ridacchiò appena, rischiando di farsi scoprire.
Smise quasi subito e si mise in ascolto.
“Volevi qualcosa?” la Granger sembrava fin troppo gentile. Un tono di voce quello della ragazza che Draco non aveva mai ascoltato rivolto alla sua persona.
Al contrario. Tra di loro c’era sempre dell’astio e le loro discussioni trasudavano rancore e disprezzo. Ma infondo cosa gliene importava?
Se lo stava per l’appunto domandando…ma non poté darsi una risposta, perché la voce di Dean frantumò i suoi pensieri:
“Ehm…no, ecco. Io…” Malfoy si scorse appena, riuscendo a vedere che Hermione si stava avvicinando al ragazzo, il quale sembrò quasi essere turbato da quel gesto.
“Non ti faccio niente” disse sorridente la giovane.

“Che idiota! Solo uno stupido può spaventarsi per così poco” sputò Draco, alzando gli occhi al cielo, schifato.
“Ma guardatela quella dannata saccente della Mezzosangue come gli sorride! Rischia una paralisi se non la smette” cos’era quella?
Invidia?
Gelosia?
No! Disprezzo per quella ex denti di coniglio che poteva sorridere felice.
E lui?
Lui, il Principe delle Serpi, cosa poteva fare?
Strinse l’erbetta gelata tra le dita cerulee, continuando ad ascoltare quella conversazione.
“Io vorrei…Vorrei sapere se…ti andava di frequentarci” la voce di Dean era stata un sussurro, ma Draco era riuscito a percepirla ugualmente.
L’immediata reazione del suo corpo, non gli sfuggì.
“Se vuoi. Oggi pomeriggio potremmo passeggiare un po’ e parlare, ti va?” il Caposcuola dei Grifondoro non sembrava così sicuro delle sue parole, ma allo stesso tempo, Malfoy aveva letto nel suo timbro di voce una nota speranzosa.
Cos’è, la Granger si sentiva sola?
Dov’erano finiti i suoi amici Lenticchia e Sfregiato?
Ma soprattutto la sua venerazione per quel verme pezzente qual era Weasley?
Malfoy si concesse un’altra veloce occhiata alla ragazza. Sulle sue labbra aleggiava ancora quel sorriso meraviglioso che lo mandava in bestia.

“E’ così felice che mi dà il voltastomaco!”
“Sarebbe meraviglioso!” Dean appariva entusiasta come un bambino a cui erano state appena promesse delle caramelle.
“Allora a più tardi?” continuò.
A quel punto, Draco fissò la Granger e la vide annuire.
“Ci vediamo alle tre in Sala Comune” disse solo, mentre il ragazzo si voltava per andarsene, felice e spensierato.
Draco sorrise tra sé, ritornando con testa e corpo nella sua stanza.
Erano le tre in punto e lui, anche se non voleva darlo a vedere, era stramaledettamente curioso.

 

Stessa ora, stesso castello, luogo diverso, un giovane Griffindoro, Dean, saltellava da un piede ad un altro, per ingannare la feroce attesa.
Mancavano una manciata di secondi allo scoccare delle tre e lui fremeva dalla voglia di vedere Hermione scendere in Sala Comune. Ogni momento puntava lo sguardo verso la scalinata e ogni volta, quando notava il silenzio assordante di quella stanza, sospirava rassegnato.
E se la Granger avesse cambiato idea?
No, no. Non poteva proprio pensarci.
Dean aveva notato Hermione l’anno prima, nonostante lui avesse avuto una breve relazione con Ginny.
Il tempo aveva reso Hermione molto più femminile e affascinante, però Dean era a conoscenza del suo idilliaco amore per Ron, per tale motivo aveva lasciato perdere.
Però da quando il settimo anno era ricominciato, non solo Ron si era fatto vedere nuovamente con Lavanda, ma Hermione aveva allentato il legame sia con Weasley che con Harry Potter. Dean aveva compreso che quello era il momento migliore per agire.
Aveva seguito l’istinto e quel pomeriggio, l’aveva seguita fino a Lago Nero, trovando finalmente il coraggio di esporsi.
E le cose erano andate meglio di quanto sperasse!
Così ora era nella Sala Comune della sua casa, in attesa di trascorrere con la ragazza dei suoi sogni, un piacevole pomeriggio.

 

Allo scoccare dell’orologio, Hermione si riscosse dal suo torpore.
Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e facendosi mentalmente coraggio.
Infondo era una semplice chiacchierata, mica doveva andarci a letto!
Così con queste parole in testa, aprì la porta della sua stanza e si recò presso la Sala Comune.

 

Quando Dean sentì dei passi, arrestò il suo dondolio e drizzò il suo corpo.
Hermione avvolta nella sua divisa, comparve in Sala scorgendo immediatamente Dean che, rigido come uno stoccafisso, le andò incontro.
“Grazie per essere venuta” borbottò sentendosi andare a fuoco.
La ragazza annuì, non sapendo cosa dire.
“Andiamo?” aggiunse lui indicandole la porta.
“Certo!” Rispose Hermione e insieme attraversarono il ritratto della Signora Grassa.

 

Stavano passeggiando tra i corridoi da mezz’ora chiacchierando di cose futili. Hermione poté constatare che non era male la compagnia di Dean, anzi era addirittura simpatico, per questo si trovò a chiedersi il perché non lo avesse mai notato. Ma la risposta era chiara: nel corso di quegli anni non aveva fatto altro che studiare e pensare al suo futuro con Ron, illudendosi che mostrandosi sempre cervellotica e preparata, lui l’avrebbe scelta per divenire la sua ragazza.
Questo l’aveva condotta naturalmente ad escludere dal raggio delle sue attenzioni ogni altro possibile ragazzo. Hermione però sapeva anche che quel suo comportamento era anche l’effetto dell’idea che gli altri avevano di lei.
E le ritornarono alla mente le parole di Malfoy:

“Hai mai pensato che forse sei proprio tu a non volere che gli altri ti conoscano per quello che sei, comportandoti come una saccente, verginella, antipatica? Lo hai detto proprio tu: al di fuori di questa scuola sei diversa. Qui no!”
Forse il biondo non aveva tutti i torti.
“E’ in base alla maschera che si indossa che gli altri ci giudicano.” Si ritrovò a pensare la giovane Grifondoro.
Come diceva Pirandello, un noto autore babbano, “Noi siamo Uno, Nessuno e Centomila” a seconda delle situazioni e delle persone con cui ci troviamo a trattare e Hermione, essendo stata additata subito come la secchiona della scuola, si era cucita addosso quel ruolo, non volendosene liberare.
“…dopo?” persa nei suoi pensieri, non aveva ascoltato la domanda di Dean.
“Eh?”
“Ti ho chiesto cosa farai dopo?” ribadì il ragazzo, cerando di mantenere il passo di Hermione.
“Dopo Hogwarts intendi?” domandò lei, Dean annuì.
Hermione si portò una mano sotto il mento e lo sfregò appena, gli occhi fissi davanti a sé.
“Voglio seguire l’addestramento degli Auror e diventare una di loro. Desidero essere utile per il mondo magico” sorrise rivolgendosi al giovane che la guardava con ammirazione.
“Hai tanto coraggio” disse lui, distogliendo lo sguardo.
“Sai…” continuò “Vorrei essere sicuro come te” sospirò.
Hermione era leggermente basita, aveva sempre visto Dean come un ragazzo sicuro di sé. Ricordava bene quando in passato lui si era dichiarato neutrale nell’istante in cui il suo migliore amico, Seamus Finnigan aveva dato addosso ad Harry, accusandolo di essersi inventato la storia sul ritorno di Voldemort. Successivamente però si era schierato dalla parte del Bambino Sopravvissuto ed era entrato nell’Esercito Di Silente.
“Io non so cosa farò dopo i M.A.G.O. Durante la guerra credevo anch’io di poter divenire un Auror e servire il nostro mondo, ma mi sono reso conto che non sono così bravo con la magia come credevo”
La ragazza spalancò gli occhi e lo fissò attonita.
“Ma cosa dici?!?” esclamò, attirando l’attenzione di Dean.
“Hai dimostrato tanto coraggio partecipando ad uno scontro mortale dove non eravamo certi di vincere, anzi. C’è stato un momento in cui ho creduto fermamente che non potessimo farcela, che Harry…” si fermò per prendere fiato “Non sarebbe riuscito a battere Tu sai chi e che presto avremmo fatto tutti una brutta fine”. La ragazza fissò dritto negli occhi Dean, addolcendo il suo sguardo.
“Hai combattuto dignitosamente e se tu senti dentro di te, di voler divenire un Auror, allora impegnati per migliorare. Nessuno è perfetto, Dean. Se si ha un sogno, basta lottare e crederci fino in fondo per realizzarlo.”
Hermione non sapeva da dove venivano quelle parole, ma sentiva che erano giuste e che in parte, erano rivolte anche a sé stessa.
Dean la scrutava con i suoi enormi occhi neri, sgranati per la sorpresa.
Dopo l’iniziale smarrimento, il ragazzo rinsavì “Sei una ragazza così intelligente!” mormorò sognante.
“Ho sempre pensato che tu fossi al di sopra di tutti noi e non mi sbagliavo” Dean sorrise ad un Hermione diventata rossa come un pomodoro.
“Ma…ma che dici!” balbettò lei “Ho solo detto ciò che pensavo!” continuò, sminuendosi.
“No, no. Il tuo ragionamento non fa una piega e sai che ti dico? Seguirò il tuo consiglio e dopo gli esami mi iscriverò al corso per diventare un Auror!” disse allegro.

La Granger sorrise di rimando, felice di aver risollevato il morale a quel ragazzo.
Ripresero poi a camminare.
“Credevo che Harry non tornasse a scuola dopo la Guerra” affermò Dean d’un tratto.
Hermione storse il naso.
“Perché?” domandò con lasciva curiosità.
Il ragazzo scrollò le spalle “Si vociferava che volesse entrare immediatamente negli Auror e che dal Ministero della Magia gli fosse giunta addirittura una missiva nella quale gli chiedeva di entrare a far parte della squadra, insistendo di volerlo tra le loro fila”.

La Caposcuola roteò gli occhi, disgustata “Dean non credere mai alle voci di corridoio. Chi le mette in giro in genere è qualcuno che vuole solo creare casini inutili” si raccomandò un po’ acida.
È che lei odiava quando si dicevano cose false e proprio non riusciva a tacere.
“Hai ragione anche su questo punto. Infatti non credo neanche a quello che si dice su di te”mormorò assorto.
Un campanello d’allarme cominciò a suonare nella testa della giovane Hermione.
“Cosa…” deglutì “Cosa si dice sul mio conto?” cercò di chiedere, mantenendo un tono di voce piatto.
“Ehm…sei certa di volerlo sapere?” Dean sembrava volesse tirarsi indietro, conscio di aver fatto il passo più lungo della gamba.
Hermione lo fulminò con gli occhi e lui sobbalzò, costringendosi a guardare altrove.
“Ok, ok ho capito! Però non te la prendere con me. Non è colpa mia!” l’ avvertì lui.

La Caposcuola della sua casa si limitò ad un accenno positivo della testa.
“Si dice che ultimamente vai sempre in giro con uno strano quaderno sul quale scrivi del tuo amore disperato per Ron, cercando di trovare una pozione magica che possa fargli cambiare idea a condurlo a te” decantò Dean.
Sembrava quasi di aver letto un articolo scandalistico da prima pagina!
Hermione strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
“Ma sono solo stupidate senza senso” aggiunse lui, attirando nuovamente l’attenzione della ragazza.
“Io so qual è la verità” disse avvicinandosi ad un Hermione stupita.
“E quale?” domandò lei col cuore che le era salito in gola per la tensione.
Dean si faceva sempre più vicino e quando fu ad una spanna dal suo viso, lei chiuse gli occhi in attesa.
“Sei stupenda, Hermione. Mi piaci…” soffiò “Mi piaci tanto.”
La ragazza aspettava quel bacio tremando e sperando di provare un minimo d’emozione.
Ma quel bacio non arrivò mai.
“Oh ma che bei piccioncini!” Malfoy era comparso nel momento meno opportuno e con fare altero e subdolo, aveva interrotto quell’intima confessione.
“Cosa vuoi, Furetto?” il tono di Dean era profondo e rauco, segnale del suo reale coinvolgimento in quel quasi bacio.
“Cos’è Grifondoro, ho interrotto qualcosa di importante?” la sua risata gutturale, fece tremare le mani del giovane che avvolgevano la vita sottile di Hermione.
Se ne discostò velocemente per affrontare quel vile di un Malfoy.
Dean sguainò la bacchetta “Te lo ripeto un’ultima volta: cosa vuoi?” pronunziò con voce irritata.
Hermione da parte sua, era rimasta immobile, con lo sguardo fisso sulla serpe bionda, che al contrario, non la stava minimamente considerando.
“Mi stai minacciando per caso?” Draco continuava a provocarlo, pur sapendo che sbagliava, ma non aveva potuto far a meno di intervenire e spezzare quel romantico quadretto.
“Malfoy, tu non sei nella posizione giusta per dirmi certe cose, sai? Ti devo ricordare che in questa scuola, molti ti vorrebbero vedere morto?” le parole di Dean vennero sputate fuori con malcelata malvagità e solo in quell’istante la giovane Hermione, si rese conto della situazione. Scosse il capo e decise di intervenire.
Malfoy nel frattempo era avanzato, evidentemente innervosito e inferocito da quelle parole.
“Come osi…?”
Hermione si frappose tra i due giovani, allargando le braccia.
“Basta!” gridò, gli occhi rivolti verso Malfoy.
Quest’ultimo trasalì, indurendo maggiormente lo sguardo.
“Non è questo il modo di comportarsi. Abbassate queste bacchette, ma cosa vi credete di fare, eh?” disse rivolgendosi anche a Dean che mortificato, aveva chinato il capo.
“E tu Malfoy smettila di provocare le persone! Siamo tutti stanchi di questi stupidissimi litigi. Quasi, quasi ti preferivo quand’eri muto e riflessivo!” sbottò.
Il biondo non disse una parola, strinse nella mano destra la bacchetta e avvolto nel suo mantello nero, si voltò e se ne andò.

“Maledettissimi Grifondoro da strapazzo! Vi odio! Vi odio tutti! Specialmente te, sudicia Mezzosangue!”.
Perché li aveva interrotti?
Anzi la domanda giusta era: perché li aveva seguiti?
Quando mai era stato un tipo così curioso, soprattutto della Mezzosangue.

“Accidenti a lei, a me…a quel…quel…”.
Si rimproverò mentalmente, spegnendo ogni tentativo di protesta da parte di un organo che da troppo tempo credeva atrofizzato e il quale, negli ultimi tempi, aveva cominciato a fare i capricci…

***

Buon pomeriggio cari amici di EFP.
Questo è uno dei miei capitoli preferiti, soprattutto la parte iniziale. Mi piaceva l'idea di fare una panoramica generale su come Hermione, Dean e  Draco vivessero l'attesa di quell'appuntamento.
Credo che tra le righe inizino a scorgersi dei primi indizi riferiti alla persona di Draco Malfoy. Tutta questa curiosità nei confronti della Granger cosa significherà mai?
Dean come vi è parso?
Io lo trovo molto dolce e affettuoso, nonché attento. E' un ragazzo che mi ha sempre ispirato bontà e genuinità, per tale motivo la mia scelta è ricaduta su di lui.
Voi che ne pensate? Cos'accadrà ora che Hermione e Draco si sono nuovamente scontrati?
Aspetto con ansia il vostro verdetto.
A giovedì prossimo con un nuovo capitolo.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, bensì per mio puro divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling :).

Marghe

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Capitolo 8
*** Il corvo ***


Il corvo

Capitolo 7 “Il corvo”

 

Hermione e Dean si erano visti ancora dopo quel disastroso pomeriggio, tentando di cancellare quella maligna interruzione.
Non avevano più provato a baciarsi.
Sembrava quasi che entrambi temessero una nuova apparizione di Malfoy.
Agli occhi degli altri non stavano insieme, semplicemente si frequentavano da buoni amici.
Hermione aveva ormai preso l’abitudine di sedersi vicino a lui a tavola, inserendolo nei suoi discorsi con Ginny e gli altri.
Per quanto riguardava i suoi amici storici, erano certamente sorpresi di questo cambiamento di rotta, ma Harry e Ginny apparivano tranquilli, lieti che la loro migliore amica stesse ritrovando l’equilibrio giusto. Ron invece era indifferente. Doveva ammettere che all’inizio aveva provato un leggero fastidio: sapeva che Hermione provava qualcosa per lui e gli piaceva essere nei pensieri di più ragazze, quindi essere spodestato dal proprio ruolo, lo seccava. Ma l’orgoglio maschile gli impediva di darlo a vedere, specialmente perché avendo Lavanda come fidanzata, una scenata di gelosia non gliel’avrebbe tolta nessuno.

“Oggi ti trovo in biblioteca?” aveva sussurrato Dean al suo orecchio, prima di alzarsi dal tavolo della sua casa.
“Si, devo preparare i compiti di Babbanologia e Antiche Rune per domani” rispose lei mandando giù l’ultimo boccone.
Dean aveva sorriso “Ci vediamo lì quando avrai finito, ok? Così veniamo insieme a cena”.
“Va bene” anche Hermione stava sorridendo.
No, non era innamorata di quel ragazzo, però apprezzava la sua compagnia.
Del resto lei era stata onesta, spiegandogli alla loro seconda uscita pomeridiana, che non si sentiva pronta per una storia, per quanto desiderasse innamorarsi, al momento la sua testa era altrove.
Dean aveva semplicemente annuito e mormorato una frase del tipo “Non importa, io voglio provarci ugualmente” prima di sparire dietro il ritratto della Signora Grassa, lasciando Hermione inizialmente basita, non pensava esistessero persone così determinate.
Alla fine aveva scosso i suoi tanti ricci crespi e aveva sorriso, sparendo anch’ella dietro il ritratto.
“Ciao Harry, Ginny, Ron” aveva poi aggiunto il ragazzo prima di andare via.
Hermione lo fissava camminare.
Aveva un passo un po’ impacciato, quasi temesse di cadere.
Un po’ come si comportava nella vita: sembrava un tipo deciso, ma in realtà era pieno di dubbi, ma non lasciava mai che trasparissero troppo. Preferiva cacciare fuori le unghie e affrontarli. E Hermione apprezzava questo lato del suo carattere.
“E’ bello vederti così sorridente” la voce del suo migliore amico le giunse piano all’orecchio.
Hermione avvertì uno strano calore.
Quant’era bello sentirsi voluta bene?
Uno straordinario battito di cuori all’unisono, un unico grande e vero sorriso, più mani che si intrecciano per formare un unico e solo essere umano.
Hermione si sentiva così quando era con i suoi amici e, nel profondo, desiderava che per tutta la vita potesse essere sempre così.
“Grazie Harry” mormorò lei risoluta, continuando a sorridere.
“E per cosa?” il Bambino Sopravvissuto sembrava un po’ smarrito.
“Per non aver mai smesso di volermi bene, di essermi stato vicino e di avermi aiutato con la storia del quaderno”
“Mistero risolto, quindi” disse lui in tono serafico, sistemandosi la cravatta rosso – oro.
“A quanto pare…” e Hermione distolse lo sguardo, fissando la porta da dove Dean era uscito.
“Non gli hai ancora parlato, vero?” aggiunse Harry qualche istante dopo. Hermione sussultò colpita nel segno.
Infatti negò col capo.
“Lo farai?” domandò ancora con una punta d’apprensione.
“Devo…” eppure Hermione non era convinta di poterlo fare, perché temeva di scoprire che si stava sbagliando.
Il cuore le diceva così e di solito lui non la ingannava mai.
Certo, quello non avrebbe cambiato niente, però…
Inutile continuare a mentire a sé stessi.
Lei era perdutamente invaghita di quel ragazzo che la vedeva attraverso quei disegni e la descriveva tramite prose allusive dal sapore antico e profondamente sensuale.
Per cui se non fosse stato Dean, come presupponeva, non avrebbe saputo come comportarsi.
“Agisci come credi sia giusto, Mione. Io sarò dalla tua parte” Harry le posò una mano sulla spalla, si guardarono un’ultima volta, poi lui andò via, seguito subito da Ginny.

La Caposcuola sospirò un po’ amareggiata, poi anch’ella lasciò la Sala Grande, sotto lo sguardo attento di una serpe…

 

Il pomeriggio in biblioteca sembrava non voler mai passare.
Aveva così tanti compiti da fare, eppure si era sbrigata in un batter d’occhio, ma non aveva voglia di andarsene di lì. Preferì così occupare il tempo anticipandosi alcune materie per i giorni avvenire, attendendo l’arrivo di Dean.
Il sole era calato da un pezzo, dovevano essere le sei passate e Hermione avvertiva da un po’, l’impulso di aprire la sacca e tirar fuori quel quaderno maledetto.
Era da settimane che non lo faceva. Si era imposto il divieto assoluto di pensarci, perché niente di ciò che vi era contenuto sarebbe mai stato reale per lei e quindi doveva smetterla di martellarsi il cervello a quel modo.
Però si sa, testa e cuore non sono mai in accordo.
Infatti Hermione contro ogni aspettativa, afferrò l’oggetto del desiderio e prese a sfogliarlo con misurata tranquillità.
E gli occhi si bearono ancora di quelle meraviglie, addolcendole lo sguardo e massaggiandole il cuore.
In verità, a furia di guardare quei disegni le venne la fortissima voglia di curiosare l’ultima pagina e non ne fu delusa. Vi era qualcosa di nuovo, ma se a primo acchito se ne rallegrò, fu costretta a cambiare idea. Il disegno rappresentava un albero pieno di uccelli, tutti rigorosamente colorati e accoppiati, ma ce n’era uno che Hermione riconobbe come un corvo, il quale se ne stava nella zona più bassa, solitario, con la testa bassa, le ali avvolte intorno al corpo, quasi volesse proteggersi da qualcosa. E quel nero così accentuato si scontrava con tutti quei colori chiari e sgargianti.

 

“Da solo sta, chi nella solitudine cresce.
Facile giudicare all’apparenza il color nero delle sue piume. Facile apprezzare ciò che di colorato ci circonda.
Ma se imparassimo a scavare di più potremmo scoprire che quel corvo non ha niente in meno a tutti gli altri uccelli.
Ha il loro stesso diritto di volare e… ‘amare’ “

 

 


Hermione avverti all’altezza del petto una strana sensazione di familiarità.
In alcune occasioni s’era sentita anche lei in quel modo, anzi no! Lei si sentiva ancora così!
Una sorta di appestata che in molti evitavano.
Chi per il suo sangue, chi per la sua dannata saccenza (Hermione la definiva solo intelligenza), chi perché non se ne faceva niente di una ragazza così rigida e rigorosa.
E allora diventava come quel corvo nero: sola e chiusa in sé stessa. Non permettendo a nessuno di conoscerla veramente.
Forse solo Harry era riuscito a valicare quel muro.
E ancora per una volta lasciò che le parole dettagli da Malfoy, le passassero nella mente…

 

“Hermione!” fu quel richiamo a distoglierla dai suoi pensieri malinconici. Rinchiuse in fretta il quaderno e si voltò verso il suo interlocutore.
“Dean!” esclamò tranquilla.
Il ragazzo spostò la sedia accanto a lei e si accomodò, poi guardo i fogli e i libri sparsi disordinatamente sul tavolo.
“Stai ancora studiando? Vuoi che venga più tardi?” chiese con gentilezza, sempre con quel sorriso stampato sul viso.
“No, no. Dammi un secondo che sistemo, poi possiamo andare” con la bacchetta radunò tutto nella sua fedele sacca e insieme uscirono dalla biblioteca, salutando Madame Pince.
“Hai trascorso un buon pomeriggio?” le stava chiedendo lui, aprendole la porta della biblioteca per farla passare.
“Discreto. E tu?” rispose, chinando di poco il capo per ringraziarlo per quel gesto di galanteria.
“Abbastanza, grazie. Ho studiato, ultimamente mi riesce più facile” e dicendolo la scrutò malizioso.
“Come mai?” Hermione a volte, era talmente ingenua da parlare quando non doveva.
Dean ridacchiò “Beh perché tu mi hai dato l’incentivo giusto per farlo”.
Entrambi sorrisero imbarazzati.
Certe confidenze, per quanto ad Hermione facessero piacere, le sentiva fuori posto.

“La vivo troppo male, accidenti a me! Dean si sta comportando così bene…”
“Ho intravisto Ron e Harry oggi, andavano in cortile a studiare, mi hanno invitato ad andare con loro”
“Hai accettato?” domandò Hermione curiosa.
“Si” Dean accompagnò le parole col movimento della testa.
“Oh no! Ti avranno sicuramente fatto una testa come un pallone oltre che farti distrarre. Quei due quando stanno insieme sono un casino vivente, non si capisce dove iniziano e finiscono. Fanno una confusione tale che per chi non è abituato, gli saltano i nervi dopo cinque minuti” si lamentò lei.
Dean sorrise teneramente. Era particolarmente affascinato dall’amicizia che legava Hermione, Ron ed Harry. Si era sempre domandato come facessero a non separarsi mai, soprattutto dopo tutti i problemi che il Bambino Sopravvissuto aveva dovuto affrontare, trascinando con sé, inevitabilmente, anche i suoi due carissimi amici. Eppure erano ancora là, nonostante tutto. Scalfiti si. Sconfitti per niente.
“Perché ridi?” domandò Hermione un po’ confusa.
“Quando parli dei tuoi amici, anche se elenchi i loro difetti, la tua non sembra mai una critica. Gli occhi ti brillano, ci tieni davvero molto a loro. Un po’ vi invidio. Ultimamente avevo notato un certo distacco tra di voi…” buttò lì Dean, sperando che la ragazza gli parlasse.
Hermione sembrò turbata da quell’affermazione in parte veritiera. Sospirò, fissando i suoi occhi verso il pavimento.
“Si, è vero” Dean voltò il viso verso di lei, carpendo una certa tristezza nella sua voce.
“Non riesco a criticarli senza pensare a quanto voglia loro bene. Sono sempre pronta a strigliarli quando, a parer mio, sbagliano, ma non lo faccio mai con cattiveria. So che sembro antipatica, ma loro mi conoscono sul serio” Hermione si fermò un attimo, rialzando lo sguardo e osservando il paesaggio tra gli archi del corridoio.
“E’ anche vero che ultimamente io mi sono distaccata un po’, ma non per mancanza d’affetto da parte mia o loro. Semplicemente ognuno di noi sta prendendo la propria strada…” la Caposcuola preferì lasciare il discorso sospeso.
Dean comprese il suo disagio e le posò una mano sulla spalla. Hermione sorpresa da quel gesto, lo guardò. Il sorriso limpido e sincero di quel ragazzo la colpì in pieno volto e, in parte, la rasserenò.
“Immagino che il comportamento ambiguo di Ron non aiuti” sorrise di fronte allo sgomento della ragazza.
“E mettiamoci la guerra, le torture che hai subito. È normale che tu ti sia isolata, ma ricordati chi sei e chi vuoi diventare. Passerà questo momento” le fece l’occhiolino e la invitò a proseguire verso la Sala Grande.
Entrati si accomodarono al loro tavolo trovando Ron e Harry. Il primo alle prese con una coscia di pollo, il secondo era intento a fissare l’amico e a scuotere la testa.
Ron era sempre il solito.
Harry alzò gli occhi e vide la sua amica in compagnia di Dean e sorrise. Hermione rispose al sorriso con uno dei propri.
“Buona sera ragazzi!” esclamò “Accomodatevi, prima che Ron mangi tutto ciò che c’è sul tavolo” Harry ridacchiò, coprendosi appena le labbra.
Il rosso, spalancò appena gli occhi e scosse la testa.
“E’ tutto buonissimo” disse poi con la bocca piena, sputando un po’ di cibo sul tavolo.
Hermione storse il naso e alzò gli occhi al cielo.
No, Ron non sarebbe mai cambiato.
“Tutto bene in biblioteca?” chiese Harry, non appena l’amica si fu accomodata.
Hermione annuì, seppur poco convinta che le cose stessero andando per il verso giusto.
Diciamo pure che si stava accontentando.
Harry in genere era un ragazzo distratto, ma quando si trattava dei suoi affetti, riconosceva quando una sua amica mentiva o fingeva. Fece finta di nulla in quel momento, per non far innervosire Hermione e né per far insospettire Dean.
Harry aveva continuato ad osservare l’amica. All’inizio sembrava quasi che l’apatia che l’aveva caratterizzata nei mesi passati, stesse pian, piano dissolvendosi, ma si era sbagliato. In quel momento davanti a lui, vi era un’Hermione tormentata, le poteva leggere nello sguardo che qualche tempesta interiore la stava corrodendo e non sapeva come uscirne.
Il Bambino Sopravvissuto sapeva anche quanto Hermione fosse restia a chiedere aiuto, preferiva sempre cavarsela da sola, senza coinvolgere nei suoi casini, nessuno. Eppure Harry le aveva intimato diverse volte in passato che loro erano amici e gli amici si aiutano tra di loro. A volte anche una spalla su cui piangere, poteva essere il supporto ideale. Ma Hermione era anche testarda e sembrava non volerlo capire.
Harry intuiva che c’entrava quel quaderno.
Quando Hermione glielo aveva mostrato con un certo entusiasmo, lui era rimasto turbato, ma aveva cercato di non far trasparire alcuna preoccupazione per non intimorire la sua amica. Aveva fatto delle ricerche in biblioteca. Cosa alquanto strana, visto che di solito era Hermione a occuparsi di ciò, ma sembrava che questa volta se ne fosse dimenticata o semplicemente, come aveva optato Harry, non aveva pensato minimamente ad un possibile pericolo.
Voldemort era morto, era stato proprio Harry ad ucciderlo, ma quest’ultimo sospettava che alcuni Mangiamorte potessero essere ancora in circolazione, ben nascosti, quindi si allarmava spesso, per un nonnulla.
Durante quelle ricerche aveva trovato diversi casi di diari incantati, ma nessuno corrispondeva a quello di Hermione. Forse per questo si era un po’ tranquillizzato e aveva iniziato a credere che nel castello ci fosse davvero un ragazzo incantato dalla bellezza della sua amica.
Harry mandò giù un boccone, portando la sua attenzione sul viso riflessivo di Hermione, quando in prospettiva del suo sguardo, intravide un viso familiare.
Draco Malfoy se ne stava seduto con le braccia sul tavolo e lo sguardo fisso davanti a sé, concentrato, anzi perso, sulla schiena di una ragazza.
Harry spalancò gli occhi, sorpreso. Se a primo acchito aveva pensato che il maligno Serpreverde stesse osservando lui, si era dovuto ricredere quando aveva intercettato la reale direzione del suo sguardo.
Che Malfoy stesse pensando a qualche scherzo da fare? O stava semplicemente riflettendo su qualcosa e non stava realmente guardando la sua amica?
Harry si portò una mano sulla cicatrice, ormai non più dolorante, e sistemò il ciuffo sulla fronte, continuando a pensare a quella stranezza.
Riportò così gli occhi alle spalle di Hermione e la situazione non era cambiata: il biondo Malfoy continuava a fissare insistentemente la sua amica.
Fu allora che l’illuminazione arrivò.
“Non può essere…” farfugliò.
Ginny che era al suo fianco, posò la forchetta nel piatto e guardò il suo ragazzo così pensieroso.
“Cosa non può essere?” domandò, posando una mano su quella di Harry, il quale sussultò spaventato. Aveva parlato ad alta voce e non se n’era accorto.
“Cosa…” borbottò “Ah Ginny scusa. Pensavo a voce alta. Tranquilla è tutto apposto” e le carezzò la mano.
La rossa annuì poco convinta, poi tornò a dedicarsi alla sua pietanza.
Harry sospirò. Avere dei segreti con la propria ragazza non era il massimo dell’onestà, ma aveva promesso ad Hermione che nessuno avrebbe saputo di quel quaderno.
Hermione seppur con la testa altrove, aveva percepito qualcosa di strano e scrutando attentamente il suo amico Harry, aveva capito che si trattava di lei.
Harry le sorrise appena, lei corrucciò la fronte, poi sentendosi perforare la schiena da qualcosa di fastidioso, ma al contempo piacevole, si voltò. Compiendo quel gesto, ebbe la fortuna/sfortuna, a seconda dei punti di vista, di incrociare gli occhi di Malfoy, i quali erano davvero fissi su di lei.
Il ragazzo invece di distogliere lo sguardo, lo intensificò, rendendolo però illeggibile.
Hermione, inizialmente, scioccata, indurì lo sguardo al ricordo di quanto accaduto settimane prima e si trovò a domandarsi da quanto tempo non incrociava quegli occhi così belli, ma dannatamente maligni.
Harry non perse una sola battuta di quello scambio alquanto anomalo, di occhiate e raccolse un elemento in più per riflettere su quella strana storia.

***

So che forse l'idea di paragonare una persona sola ad un corvo vi avrà fatto arricciare il naso, ma a me piace molto l'accostamento con quest'animale dall'aspetto un pò tetro, quasi fascinoso se lo si osserva quando si libra nel cielo, mentre dispiega le sue meravigliose ali. Allontanato da tutti, uomini e uccelli, perché porta sfiga o non è bello, colorato come gli altri.
Il ragazzo misterioso si sente esattamente così.  Scopriremo mai perché, ma soprattutto di chi si tratta?
Il tempo ci darà una risposta.
Vi lascio con questa strana intuizione di Harry. Cosa sta pensando?
A voi la parola.
Prima di lasciarvi ci tengo a ringraziarvi dal profondo del cuore per le vostre bellissime parole. Amo ogni singola recensione! Grazie!!!
Al giovedì prossimo.

Ps: solito avvertimento...la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio divertimento. Inoltre i personaggi non sono di mia invenzione, ma sono di proprietà della Rowling.

Marghe

 

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Capitolo 9
*** Una favola babbana ***


Una favola babbana

Capitolo 8 “Una favola babbana”

 

Hermione era da qualche minuto fuori la porta della Preside.
La McGranitt l’aveva fatta chiamare con un’urgenza. Mancava ormai qualche giorno alle imminenti vacanze di Natale che Hermione avrebbe trascorso a casa con i suoi amati genitori.
Nell’attesa si torturava le mani interrogandosi su quale potesse essere il motivo di quella strana convocazione. Lei era sempre così ligia al dovere, era certa di non aver violato alcun regolamento. Fece mente locale della situazione e pensò che forse era stata convocata per qualche suo compagno. Di certo non Harry o Ron, lo avrebbe saputo.
Che fosse per qualche altro Prefetto?
Sbuffò, passandosi una mano nella massa incolta di capelli, rendendoli ancora più vaporosi. Inutile utilizzare le creme consigliate da Ginny, quei capelli volevano essere liberi di crescere come volevano e Hermione aveva smesso di torturarsi per domarli.
I suoi pensieri furono interrotti dall’aprirsi della porta dalla quale uscì Harry.
“Anche tu sei stato convocato qui?” chiese Hermione sorpresa, illuminandosi d’un tratto.
“Dimmi che non c’entrate voi, per favore” cantilenò.
“No, no” rispose il moro, agitando le mani.
“Ero qui per discutere del mio andamento. Sembra che quest’anno stia andando un po’ meglio “ si affrettò a spiegare il suo amico.
Hermione annuì “Credi che voglia discutere anche con me dell’andamento scolastico?” domandò inarcando un sopracciglio.
“Non saprei, Herm. Ma sarebbe inutile visto che tu hai il massimo dei voti in tutte le materie” asserì Harry.
“Signorina Granger, prego si accomodi” la Preside era comparsa alle spalle di Harry Potter avendo udito il vociare dei due ragazzi.
La ragazza accennò un saluto all’amico e seguì la donna nella stanza che era stata di Silente e si sedette di fronte a lei.
“Credo si stia domandando per quale ragione l’ho fatta venire qui, giusto?” iniziò l’anziana Preside, fissando la sua alunna prediletta.
Hermione annuì.
“Bene. Sarà il quadro di Silente a spiegarLe tutto” e lo indicò con la mano destra.
Il ritratto di Silente si mosse, la mano accarezzò la lunga barba bianca, con fare pensieroso.
“La curiosità stimola la mente umana, Signorina Granger” asserì l’ex Preside col suo solito tono pacato.
“E Lei ne è ricolma. A volte ciò che appare non è come sembra e confido nella sua intelligenza perché Lei possa aiutare il mondo magico a capire quanto è importante andare al di là della superficie. Per tale motivo vorrei farLe dono di un libro” la McGranitt fece scivolare sulla scrivania un libro dalla copertina blu e rossa, verso Hermione.
Quest’ultima gli lanciò una rapida occhiata, poi tornò a guardare l’ex Preside.
“So che si porrà molte domande, Signorina Granger, ma Le assicuro che presto avrà ogni risposta. Dia tempo al tempo. Mi piacerebbe che Lei leggesse questo libro durante il periodo di vacanza con la sua famiglia. Rifletta sul messaggio in esso contenuto e lo porti sempre con sé. Le sarà d’aiuto” proferì col sorriso paterno tanto amato da Hermione.
La ragazza prese il libro tra le mani e ne lesse il titolo:
La Bella e la Bestia” mormorò interrogativa, corrugando la fronte liscia .
“Si. Una favola babbana che credo lei abbia sentito nominare.” Hermione annuì ancora una volta.
“Immaginavo. Sa, Signorina Granger, a volte i libri, i diari, tutto ciò che è scritto, nascondono segreti che non avremmo mai immaginato” lo sguardo di Silente si fermò in quello di un’Hermione tremante.
“Quello che bisogna ricordarsi è che dietro ogni parola scritta si nasconde una persona” gli occhi dell’ex Preside si chiusero per un attimo, per poi tornare a fissare la ragazza con finta disinvoltura.
“Una persona che spesso, ha solo paura di mostrarsi. Il pregiudizio uccide” dopo qualche secondo di silenzio, in cui Hermione aveva temuto che il cuore le uscisse fuori dal petto talmente che batteva forte, Silente e la McGranitt la congedarono.
Quando la Caposcuola si trovò da sola, poté tirare un sospiro di sollievo. Le parole di Silente non erano state dette a caso e lei lo sapeva benissimo. Come faceva quel mago a sapere sempre tutto? E perché la McGranitt, se era a conoscenza di quel piccolo segreto, non le aveva detto alcunché?
Hermione si disse che infondo non c’era niente di male a tenere un diario/quaderno magico. Certo appartenente a qualcun altro, ma innocuo.

 

Quando rientrò nella Sala Comune della Torre Grifondoro, la ragazza incrociò Harry e Ron.
“Hey Hermione!” la chiamò il rosso, sorridendole. Lei si avvicinò ai suoi amici.
“Cosa combinate?” domandò curiosa scrutando il libro e il quaderno aperti sul tavolino.
“Harry mi sta spiegando l’ultima lezione di Trasfigurazioni. Pare che la McGranitt voglia che io recuperi la sua materia” sbuffò il Re, come lo chiamavano i tifosi di quidditch.
La ragazza fissò stranita il moro.
“A quanto pare hai messo subito in mostra i tuoi miglioramenti?” chiese ironica.
Harry rise.
“Così saremo meno seccanti nei tuoi confronti, soprattutto in vista dei M.A.G.O.” le fece l’occhiolino, poi notò il libro che Hermione teneva stretto al petto.
“Cos’è?” chiese indicandolo.
La ragazza si fissò le mani e si ricordò in un battibaleno del libro.
“Questo? È un regalo di…Silente. Il suo ritratto mi ha parlato e mi ha fatto dono di questo testo e vuole che lo legga” disse con disinvoltura.
Ron arricciò il naso.
“Miseriaccia Hermione!” esclamò “Ancora libri? Possibile che tu debba trascorrere tutta la tua vita a studiare!” il tono esasperato del rosso fece irritare la ragazza.
“No Ronald! Io non passerò tutta la mia vita a studiare! Lo sto facendo ora che sono a scuola e c’è bisogno che io apprenda! Dopo si vedrà cosa mi riserva il destino” sospirò.
“Comunque tanto per la cronaca non è un libro da studiare, ma è una favola. Una favola babbana. Secondo Silente mi sarà utile nella vita” proferì con un’alzata di spalle.
“Se lo dice lui, sarà così, vedrai” affermò Harry con sicurezza.
“Si” Hermione sorrise “Ci vediamo dopo per la lezione di Difesa delle arti oscure?” domandò la ragazza prima di salire in stanza.
“Certo” Harry le si avvicinò “Vorrei parlarti un secondo” le sussurrò all’orecchio, senza che Ron lo sentisse.
“Ok” rispose lei, confusa.
“Ron torno subito, ho dimenticato una cosa in camera. Aspettami qui così finisco di spiegarti la lezione”, il rosso annuì, non accennando ad aver capito che quella fosse una scusa.

 

Saliti in camera, Harry e Hermione chiusero la porta.
La ragazza si accomodò tranquillamente sul letto, mentre il ragazzo le si parò dinanzi con sguardo serioso. Assicuratisi che non ci fosse nessuno, si sentirono finalmente liberi di parlare.
“Cosa volevi dirmi?” iniziò lei, mordendosi il labbro inferiore per il nervoso.
“Si tratta di quel quaderno” annunciò il moro con voce severa e un po’ nervosa.
Hermione deglutì. Ecco che si spiegava il motivo del suo nervosismo.
Che Harry avesse scoperto qualcosa?
E se si fosse trattato di notizie negative, come avrebbe reagito lei?
Automaticamente avvertì una fitta dolorosa al petto, ma finse indifferenza.
Come sempre.
“Ti ascolto” disse solo, ancora una volta senza far trasparire la benché minima insicurezza.
Infondo lei era una Grifondoro. La migliore mai esistita!
Una ragazza battagliera, fiera e coraggiosa.
Una maschera che nessuno mai, le avrebbe tolto.
“Non arrabbiarti, ascoltami” iniziò Harry. Solo quando la ragazza annuì, lui continuò il suo discorso “Quando mi hai parlato di quel quaderno mi sono molto preoccupato, perché mi ha ricordato il diario di Tom Riddle e per questo ho cominciato a fare qualche ricerca”.
Il Bambino Sopravvissuto guardò l’amica sbarrare gli occhi.
“Ma non ho trovato nulla di simile al tuo caso, quindi puoi stare tranquilla. Non sei in pericolo” aggiunse in fretta, vedendo però che Hermione non parlava e aveva assunto una strana espressione, si sentì in dovere di dire dell’altro.
“Scusami” sospirò il moro, prima di proseguire.
“Scusami se ho dubitato della tua buona fede, ma sei la mia migliore amica e non vorrei mai che ti accadesse qualcosa di brutto” aggiunse chinando la testa.
Hermione sorpresa da quelle parole, si alzò in piedi, afferrò le mani dell’amico e le strinse nelle sue, così da riavere il suo sguardo addosso.
Gli sorrise e poi parlò:
“Grazie Harry” sospirò, chiudendo gli occhi per un secondo.
“Grazie della tua amicizia. Sai…credevo di aver perso anche te. Ho pensato che ci stessimo allontanando, proprio com’è successo tra me e Ron. Non dipende da te, sono io che…diciamo pure che ultimamente ho la testa da un’altra parte, ma credo sia dovuto ad un insieme di cose” Hermione scosse la testa per cacciar via quei brutti pensieri.
Non erano da lei.
“Herm stammi a sentire!” Harry la tirò, avvicinandola “Non pensare mai che la nostra amicizia possa finire. E non è perché ne abbiamo passate tante insieme, ma è soltanto perché ci vogliamo bene sul serio. Nessun doppio fine. Con Ron ci vorrà tempo. Lui ti vuole bene, sai com’è fatto. Ma non smetterà mai di considerarti sua amica, neanche se ci fossero mille Lavanda ad impedirglielo. Ok?” per Hermione fu naturale sorridere e abbracciare Harry.
Restarono così ancora per qualche secondo, poi fu il moro a scostarsi. Posò le mani sulle spalle dell’amica e la guardò fisso negli occhi.
“C’è un’altra cosa che vorrei dirti. Riguarda sempre quel quaderno e il suo proprietario” a quelle parole, Hermione sembrò risvegliarsi.
“Sai chi è?” quasi gridò quella domanda, sentendo il cuore scalpitarle nel petto.
“Ho un sospetto, ma non so se ti piacerà” la voce di Harry era bassa e strascicata.
Il gesto eloquente dell’amica lo invitò a proseguire.
“Malfoy” nell’udire quel cognome, Hermione sbiancò.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non le uscì che un soffio d’aria.
Allora si rese conto che non sapeva cosa volesse dire esattamente. Le parole sembravano stranamente essere sparite, finite chissà dove.
Eppure la sua logorrea era ben conosciuta, soprattutto se il soggetto in questione era il furetto platinato di nome Draco Malfoy.
Harry che ormai la capiva al volo, le sorrise comprensivo e le accarezzò un braccio.
“E’ solo una supposizione, ma ho una buona ragione per aver pensato a lui. L’altro giorno mentre eravamo a tavola, ho notato che Malfoy guardava nella nostra direzione. Mi sono chiesto cosa avesse da fissare, poi ho osservato con maggiore attenzione e ho visto che fissava te, poi tu, come se ti fossi sentita chiamata, hai girato il viso e l’hai fissato a tua volta. Credo che non dimenticherò mai l’elettricità di quel momento. Lui…” Harry prese aria, giusto quel po’ di tempo per rimescolare bene le parole da dire.
Si sentiva come se dovesse scegliere quale filo tagliare per impedire alla bomba di esplodere: rosso o blu. Blu o rosso. Temeva che una parola sbagliata e Hermione potesse scoppiare, scatenando un putiferio.
“Lui era come calamitato verso di te. Uno sguardo illeggibile, ma allo stesso tempo desideroso di comunicare. Non so spiegarti…” il Bambino Sopravvissuto si sentì fuori luogo, ma l’amica non perse tempo e spazzò via quella tremenda sensazione di disagio.
“Capisco che vuoi dire…” mormorò in un sospiro.
“Come…?” Harry tentò di formulare una domanda, ma invano.
Hermione si mosse verso la finestra, posò le mani sul davanzale e con un dito vi disegnò sopra ghirigori immaginari.
“E’ da un po’ di tempo che incontro spesso Malfoy nelle mie passeggiate. Inizialmente ci incrociavamo senza darci retta, poi un giorno l’ho provocato e lui mi ha risposto a tono” disse.
“Mai stuzzicar il can che dorme” asserì Harry con tono ironico, inarcando un sopracciglio e sorridendo.
“Da allora mi è sembrato quasi che si facesse trovare di proposito dove mi recavo io. Non c’è stata una sola volta in cui non abbia attraversato le ombre tumultuose dei suoi occhi e non mi sia persa” Hermione si sentì quasi soffocare al ricordo dell’elettricità che ella stessa, avvertiva trapassarle il corpo, quando guardava Malfoy.
“Sai che spesso seguo l’istinto e c’è stato un momento in cui ho pensato fosse lui l’autore del quaderno, ma ho scacciato via l’idea immediatamente. Non è possibile. Noi ci disprezziamo!” quel << ci >> proruppe sulle sue labbra quasi con forza, con rabbia, con finta cattiveria.
Harry, che era rimasto in silenzio ad ascoltarla, parve cogliere quel piccolo particolare che sfuggiva ad Hermione. Lentamente, si avvicinò all’amica e le posò una mano sulla spalla. Lei avvertì la sua presenza al suo fianco, ma non si mosse, continuò a guardare la neve venire giù, sommergendo di bianco Hogwarts.
“Le persone si nascondo dietro maschere che spesso sono gli altri ad imporre” le disse, prendendo anche lui a fissare la neve.
Hermione fu rapita da quel discorso.
Lei stessa ne indossava una.
Così era tutta una questione di maschere? Di ruoli imposti? O scelti?
“Io stesso Hermione, ne ho dovuta indossare una” ammise, Hermione lo fissò attenta.
“Da quando ho messo piede in questa scuola, tutti hanno riposto in me una fiducia immensa senza neanche conoscermi. Io ero venuto a sapere da pochissimo di ciò che era realmente accaduto ai miei genitori e mi sentivo…spiazzato, confuso. Solo” Harry alzò lo sguardo e fissò il panorama fuori dalla finestra.
“Tutti mi definivano << il Bambino Sopravvissuto >>, << il Prescelto >>, ma io non mi sono mai sentito all’altezza di questi termini. Ero solo un ragazzino, dannazione!” esclamò battendo un pugno sul davanzale marmoreo, al ricordo della sua frustrazione.
“Però mi sono detto che se gli altri mi vedevano in quel modo, io lo sarei stato. Sarei stato colui che avrebbe affrontato e ucciso Voldemort. Non fraintendermi, non l’ho fatto solo per far piacere agli altri, ma i miei genitori e tutti coloro che lui ha ingiustamente ammazzato meritavano giustizia” il moro strinse i pugni.
“Con questo” disse una volta che si fu tranquillizzato “Voglio soltanto ricordarti che ho imparato che spesso le apparenze sono più che ingannevoli. È difficile andare oltre, ma bisogna provarci”
“Vuoi dire che non tutti sono quello che sembrano? Così ritorniamo al discorso che mi ha fatto Silente” sospirò stanca, la ragazza.
Harry la scrutò.
“Silente è certamente più saggio di me. Fidati della sua opinione”
“E se fosse davvero Malfoy l’autore di…quei splendidi disegni e delle odi riportate?” proruppe improvvisamente Hermione, lasciatasi sopraffare dall’agitazione.
“Calmati, Herm!” intervenne Harry.
“E come faccio?” chiese lei, voltandosi verso l’amico, le mani tra i capelli, lo sguardo perso.
“Tu cosa faresti se fosse davvero lui?” Harry rigirò la domanda, curioso di ascoltare la risposta di Hermione.
La ragazza sussultò per la domanda inaspettata e soprattutto per l’assenza nella sua testa, di una risposta appropriata.
Si ritrovò nuovamente col viso basso e l’irritazione per la sua apatia.
“Mi fa uno strano effetto pensare che ci sia qualcuno che pensa a me in quei termini. Figurarsi se fosse…Malferret!” gracchiò alzando di poco il tono della voce.
Harry ridacchiò.
“In effetti sarebbe buffo da parte sua avere un interesse verso chi si è denigrato da sempre” constatò tranquillo.
“Appunto. Per questo è impossibile. Ti sei sbagliato, Harry” Hermione annuì, cercando di convincere di più se stessa.
Harry fece spallucce “Sarà. Ora non pensiamoci, conviene che scendiamo prima che Ron si insospettisca”
Hermione fece una faccia schifata.
“C’è più probabilità che io sbagli un compito che Ron afferri che gli hai mentito” Harry scosse la testa e le diede una gomitata. Lei sorrise allegramente.
“Dai andiamo!” e insieme tornarono nella Sala Comune, pronti per una nuova lezione.

 

“Ce ne hai messo di tempo, Harry!” esclamò Ron, alzandosi dal divano con in mano il quaderno. Si avvicinò ai due amici con lo sguardo corrucciato.
“Non ho capito un tubo di quello che hai scritto tra gli appunti, Harry. Miseriaccia! Hai una scrittura orribile, non riesco a decifrarla” sbraitò.
Harry e Hermione si lanciarono un’occhiata divertita.
Ron li guardò corrucciando la fronte, in evidente difficoltà.
“Harry, mi nascondi qualcosa?” indagò il rosso, con uno sguardo che non presagiva nulla di buono.
Il moro sussultò, temendo il peggio.
“Ma che dici?” rispose cercando di non mostrarsi agitato.
Ron guardò anche Hermione.
“Tu sai qualcosa?” continuò nel suo interrogatorio. La riccia negò muovendo il capo in segno di dissenso.
“Harry!” esclamò “Tu non sei andato in camera!”
Il diretto interessato e la sua amica sobbalzarono spaventati.
Che Ron avesse più intuito di quanto pensassero?
“Ti sei appartato con Ginny! Dì la verità!” Ron puntò il dito verso il compagno, avvicinandosi, fino a sfiorargli il naso.
Harry e Hermione non poterono trattenere le risate, dopo essersi lanciati l’ennesima occhiata complice.
Harry tra una risata ed un’altra, mise un braccio sulla spalla di Ron, divenuto rosso per la rabbia. Possibile non sapesse che la sorella era a lezione?
“Amico mio, sei una vera forza della natura!” gracchiò trattenendo le lacrime.
Hermione si piazzò dall’altro lato e imitò il moro, posando il braccio sulla spalla di Weasley.
“Ah Ron se non ci fossi, bisognerebbe inventarti!” esclamò tra le risa.
Il soggetto in questione li guardò sbalordito e ulteriormente confuso, poi fece spallucce.
“Beh sono The King Weasley.
Significherà pur qualcosa, no?” proferì in tono compiaciuto.
Harry e Hermione lo spintonarono continuando a ridere e a loro si unì lo stesso Ron.
E rieccolo ancora il vecchio trio delle meraviglie.

Unito nonostante il tempo e le vicissitudini.

 

***

Buon pomeriggio a tutti voi :).
Probabilmente vi sembrerò scontato il riferimento alla "Bella e la Bestia", ma è la favola preferita e quando ho iniziato a scrivere questa fan fiction, la mia testa l'ha ricollegata a Hermione e Draco. Credo che ci farà compagnia per un pò, la riprenderò ogni tanto nei prossimi capitoli. Ditemi sinceramente cosa ne pensate.
A quanto avete letto, ho fatto riavvicinare il trio. Non mi piaceva l'idea che un'amicizia come la loro evaporasse come se nulla fosse. Certo le cose sono cambiate, ma il bene resta.
Ora la domanda è: Harry ha ragione nel dire quelle cose a Hermione? E...queste vacanze natalizia porteranno con loro qualcosa di buono?
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: questa fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

Marghe

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Capitolo 10
*** Apparenze ***


Apparenze

Capitolo 9 “Apparenze”

 

Il ritorno del trio non passò inosservato.
Ci fu chi lo accolse con un sorriso.
I più nostalgici  presero l’occasione al volo per rimuginare sul passato.
I cinici storsero il naso e indicevano scommesse sulla durata di quel rapporto.
Altri scrollarono semplicemente le spalle, indifferenti.
I nuovi arrivati erano esaltati: il magnifico trio che aveva combattuto contro Voldemort era nuovamente insieme, pronto per nuove avventure.
Lavanda Brown non era propriamente felice di ciò, specie per la presenza di Hermione Granger e il troppo entusiasmo mostrato da Ron – Ron per il suo avvicinamento alla riccia Caposcuola.
“Verrai alla Tana durante queste feste?” stava appunto chiedendo il rosso all’amica.
Hermione sembrò pensarci su un attimo di più.
“Verrò certamente, ma non proprio per Natale. Penso per i primi di Gennaio” Ron si rattristò e Hermione glielo lesse in faccia.
“Capiscimi! Dopo quest’estate, la paura di perdere i miei genitori si è acuita e…vorrei trascorrere il Natale con loro. Ci tengono tanto” piagnucolò lei.
“Dai Ron!” intervenì Harry, dando una pacca sulla spalla dell’amico “Non ha detto che non verrà, solo che ritarderà di qualche giorno” continuò guardando poi l’amica e facendole l’occhiolino.
“Va bene. Ho capito” sospirò il rosso “E’ giusto così” aggiunse sorridendo ad entrambi.
“Grazie per aver capito” mormorò Hermione commossa prendendo le mani di Ron e stringendole nelle sue.
Lavanda al fianco di Ron divenne livida in volto, non disse una parola, ma aumentò la presa sul braccio del suo ragazzo, il quale però era troppo impegnato nell’arrossire per il gesto dell’amica.
In quello stesso istante, Draco Malfoy usciva dal Castello di Hogwarts passando accanto al trio. Lanciò una rapida occhiata alla sua sinistra.
“Toh guarda!” il tono di scherno nella voce era evidente.
“Che scena commovente! Il pezzente corteggiato dalla zannuta, per giunta davanti alla sua fidanzata!” con un gesto teatrale Malfoy si portò la mano sulla fronte. Poi guardò i diretti interessati intensamente dipigendosi sul viso un ghigno strafottente.
“I paladini della giustizia che commettono atti peccaminosi. Come siamo caduti in basso!” sputò velenoso, intrecciando gli occhi con quelli di un’Hermione profondamente irritata. E quando quegli stessi occhi di ghiaccio si spostarono su quelle mani intrecciate, la ragazza le ritirò come scottata.
“Furetto vedi di non rompere!” bofonchiò Ron, stringendo i pugni. Lavanda al suo fianco gli si fece più vicina.
“Ron – Ron non arrabbiarti” cantilenò con la sua voce da oca “Diventi tutto rosso!” continuò, ma nessuno le diede retta.
“Malfoy, mi pare di averti già detto una volta che siamo stanchi delle tue istigazioni da bullo troppo cresciuto!” la voce di Hermione uscì ferma e severa. Gli occhi le brillavano.
Harry, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, osservò la scena come se non ne facesse parte. Poi prima che la situazione peggiorasse intervenne.
“Hermione” chiamò l’amica che si girò subito verso di lui e quando i loro occhi s’incontrarono lui scosse il capo come a dirle “Lascia perdere”.
Il biondo, che non si arrendeva con facilità, digrignò i denti infastidito.
“Nessuno osa darmi ordini. Soprattutto tu, Mezzosangue!” sibilò sprezzante. Detto questo fissò ancora la ragazza negli occhi, poi avvolto nel suo mantello nero, se ne andò, lasciando i presenti leggermente straniti.
Hermione lo seguì con lo sguardo e si chiese perché continuava a rimanere lo stronzo di sempre.
“A quanto pare, il ritorno del trio infastidisce sua maestà” borbottò con cattiveria Ron.
Hermione si girò e sospirò.
“No, Ron. Credo solo che Malfoy sia così solo da cercare di attaccar briga per colmare quella sua solitudine” e si voltò nuovamente verso la figura longilinea del biondo Serpeverde che diveniva, passo dopo passo, un punto indefinito.
“Lo difendi?” chiese Ron scioccato.
“No, Ron! Hermione ha ragione” disse Harry, guardando anch’egli Malfoy andare via.
Il rosso storse il naso e scrollò le spalle.
Hermione ripensò al discorso di Silente e alle parole di Harry e non poté fare a meno di collegare tutto al biondo Purosangue.

“Una maschera per ogni persona. Chi si nasconde dietro la tua…Draco?”

 

Stazione King’s cross. Londra.

 “Allora ci vediamo all’anno nuovo?” domandò Harry ad Hermione, la quale annuì.
I due si abbracciarono.
“Stai tranquilla e pensa a stare coi tuoi. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, noi siamo alla Tana o manda semplicemente un gufo, ok?” continuò il moro.
“Va bene” rispose la riccia “Ci vediamo tra qualche settimana” e si avviò verso i genitori che l’attendevano con trepidante gioia.
“Mamma, papà!” esclamò commossa, lasciandosi stringere da entrambi.
“Oh figliola!” piagnucolò la madre, abbracciandola.
“Come stai?” le chiese, accarezzandole il volto, una volta sciolto l’abbraccio.
Hermione sorrise.
Un sorriso vero e sentito.
“Bene, mamma e voi come state?” domandò, rivolgendosi ad entrambi.
“Ora che sei qui, stiamo decisamente meglio” sussurrò la madre, rivolgendo uno sguardo carico d’amore al marito che annuì concorde.
Hermione li prese per mano, un gesto infantile, ma non le importò. Era con loro e questo le bastava.
“Andiamo a casa” sussurrò con decisione, mentre due occhi ben nascosti, la studiavano in gran segreto.

 

“Allora figliola, come stanno andando le lezioni?” domandò il padre, mentre fermi nel traffico, aspettavano che il semaforo divenisse verde.
“Molto bene. Sapete che studiare mi piace e visto che quest’anno abbiamo i M.A.G.O. mi sento ancora più eccitata. Voglio dare il meglio di me” disse con voce entusiasta e gli occhi che le brillavano.
Era vero che la conoscenza la faceva sentire viva, utile. Voleva servirsi della sua intelligenze e metterla a disposizione degli altri.
Il padre le sorrise soddisfatto di avere una figlia così volenterosa.
“Harry e Ron come stanno?” intervenne la madre.
“Bene. Quest’anno sembra che Harry si stia impegnando più del solito e sta ottenendo dei buoni risultati. Certo Difesa contro le arti oscure è difficile perché c’è Piton che insegna, ma è già un traguardo per lui essere migliorato nelle restanti materie. Credo dipenda dal fatto che si ente più tranquillo. La morte di Voldemort ha risolto parecchi dei suoi problemi” Hermione, se voleva, era davvero logorroica e i Signori Granger lo sapevano, ma erano felici di riempirsi le orecchie delle chiacchiere della figlia. Quando lei non c’era la loro casa era vuota e fin troppo silenziosa. E in quel silenzio, spesso, avvertivano più forte il rumore delle loro paure. Paure tutte incentrate sul destino della loro unica figlia.

 

Entrati in casa, il padre di Hermione l’aiutò a portare in camera i suoi bagagli, poi la lasciò sola affinché potesse sistemarsi.
La ragazza non esitò un attimo e mise in ordine la stanza. Aprì il baule e ripose sulla scrivania i libri che le sarebbero serviti per lo studio.
“Artimanzia, Babbanologia, Difesa contro le arti oscure, Trasfigurazioni…” iniziò ad elencarli tutti. Aveva una mole di lavoro da svolgere ma non si sentiva affatto abbattuta, anzi era carica e pronta a buttar giù i 50 centimetri di tema per Piton.
Il solo e unico che li tormentava continuamente con compiti di quel genere.
Sadico fino al midollo osseo.
Mentre disfaceva il suo baule, le capitarono tra le mani il libro regalatole da Silente e il quaderno magico. Per una volta mise da parte quest’ultimo e prese a sfogliare il primo.
Lo lasciò sul comodino, decidendo di farsi una doccia. Dopodiché si sarebbe dedicata alla lettura. In fondo un po’ di pausa la meritava anche lei.
E così fece.
Passò molti minuti sotto il getto dell’acqua calda, distendendo i nervi e spegnendo il cervello.
Con metodica calma, si asciugò i capelli, raccogliendoli in una coda morbida, in modo che non le cadessero davanti agli occhi, infastidendola. Passò sul suo corpo una crema al lampone e indossò una comoda tuta color glicine.
Dopo aver aiutato la mamma con alcune faccende, tornò in camera, diede da mangiare a Grattastinchi e si rilassò sul letto.
Sott’occhio intravide il libro della favola babbana. Con un sospiro si accinse a prenderlo e ad aprirlo.

 

<< Tanto tempo fa, in un paese lontano, lontano, un giovane Principe viveva in un castello splendente. Benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il Principe era viziato, egoista e cattivo.
Accadde però, che una notte d’inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al Principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente. Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò. Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore. Il Principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il Principe si scusò, ma era troppo tardi perché lei ormai aveva visto che non c’era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in un’orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti. Vergognandosi del suo aspetto mostruoso, la bestia si nascose nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul mondo esterno. La rosa che gli aveva offerto la fata, era davvero una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita finché il Principe avesse compiuto ventun’anni. Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare prima che fosse caduto l’ultimo petalo, l’incantesimo si sarebbe spezzato. In caso contrario, sarebbe rimasto una bestia per sempre.
Con il passare degli anni, il Principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza.
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
>>

 

Hermione, ormai rapita, si lasciò cullare dalla magia di quella favola così semplice e coinvolgente, perfetta e così stramaledettamente reale.
Chi era realmente quella bestia?
Era così pessimo come appariva?

 

“Hermione, a cena!” la madre era entrata nella sua stanza, bussando, ma non ricevendo alcuna risposta, aveva aperto la porta e aveva trovato la figlia seduta sul letto, intenta a leggere. Talmente profondamente da non averla udita.
Hermione infatti sussultò, quando percepì la voce della madre, così vicina.
La donna rise.
“Che spavento!” esclamò lei, portandosi una mano sul cuore, che batteva forte per lo spavento.
“Sono io, figliola” disse. Poi notando il libro sulle gambe di Hermione, chiese: “Cos’è?” e lo indicò.
Hermione lo guardò per un attimo e sorrise imbarazzata.
“Una favola regalatami da Silente” confessò, sentendosi strana. Quella storia la stava prendendo parecchio, risvegliando il suo animo romantico e sognatore.
La Bella e la Bestia” la madre lesse il titolo quando la giovane riprese in mano il libro stesso.
“Molto romantica” aggiunse “Come mai ti ha fatto questo dono?” domandò con un pizzico di curiosità.
Non parlava quasi mai con sua figlia, se non nei rari periodi in cui la vedeva e in cui non era intenta a studiare. E comunque anche in quelle occasioni, era difficile che Hermione si sbottonasse circa la sua vita privata. La madre aveva temuto che non l’avesse visto che studiava sempre, però tempo addietro aveva compreso che sua figlia aveva una cotta per Ron, il rosso e l’aveva guardata con tenerezza, mentre lei cercava di nascondere l’imbarazzo.
Col passare dei mesi, non le aveva più detto niente. Ma ora che ce l’aveva davanti e la vedeva così cresciuta, si rendeva conto che sua figlia stava divenendo una donna, nonostante la giovane età. E forse col trascorrere del tempo, la sua cotta adolescenziale per il suo amico, era svanita, lasciando spazio all’affetto profondo e vero che la legava a lui.
“Non so. Vuole che rifletta sul messaggio di questa favola” rispose Hermione facendo spallucce.
“Mai lasciarsi ingannare dalle apparenze” ribatté la madre, osservando la figlia e sorridendole.
La giovane inarcò un sopracciglio.
“La favola si incentra su questo tema” continuò la madre, rispondendo alla muta domanda della figlia.
“Nonostante il Principe sia una bestia, Bella dopo qualche tempo, riesce a guardargli dentro e si innamora di lui. Inizialmente non lo capisce, è turbata, si pone, giustamente, delle domande, però quando…” si fermò titubante. Gli occhi di Hermione brillavano di una strana luce, rivelatrice del suo totale coinvolgimento.
“Stavo per dirti il finale” ridacchiò la donna.
“In generale la favola la conosco, ma ammetto che leggerla fa tutto un altro effetto” sospirò Hermione.
“E’ una favola degna di essere chiamata tale. E credo che lo scopo di questo regalo sia invitarti a riflettere su qualcosa di specifico. Figlia mia” le prese le mani.
“Non lasciare mai che un pregiudizio o l’apparenza fisica o comportamentale, ti traino in inganno. Le persone vanno conosciute prima di essere giudicate, spesso non sempre la prima impressione è quella giusta” continuò, sorridendo.
“Mi hai sempre detto che Silente era una persona saggia, un mago a tutti gli effetti, giusto?” chiese per conferma e la figlia annuì.
“Bene. Allora vuol dire che lui confida in te e nel fatto che saprai rivalutare questa persona”
“Chi?” chiese Hermione, stralunata.
“Ah non lo so. Credo solo che se Silente ti ha fatto questo regalo è perché voglia che tu cambi idea su qualcuno” rispose la donna.
Hermione non era così sicura.
“Forse. Sinceramente non ho ancora ben capito, ma forse è ancora presto. Magari questa favola mi ritornerà utile più avanti” borbottò Hermione, pensierosa.
“Si, può darsi. Ora però vieni, altrimenti la cena si fredda”.

 

 

Nel frattempo a Malfoy Manor, Draco Malfoy combatteva con la voglia di scappare.
“Signorino, Vostra Madre l’aspetta per la cena” un elfo era apparso in giardino, dove il giovane biondo Serpeverde si era rifugiato.
Con un cenno del capo, asserì a quell’invito non gradito e l’elfo sparì, lasciandolo nuovamente solo.
Con lentezza rientrò nell’enorme villa e quando giunse nella sala da pranzo, sua madre Narcissa era già seduta e aspettava lui, per consumare il pasto.
“Dov’eri?” chiese, quando il figlio si fu accomodato.
“In giardino” rispose laconico.
La madre bevve un sorso di vino, lasciando lo sguardo fisso sul figlio.
Da quando il marito era ad Azkaban, lei non trovava pace. Per quanto contraria al male oscuro, aveva seguito, senza replicare, il volere di suo marito. Non era mai stata marchiata e ne era contenta, ma avrebbe preferito esserlo, piuttosto che vedere quel simbolo maledetto intaccare la pelle candida di suo figlio. Draco cercava di tenerlo nascosto, ma seppur il marchio non fosse esposto alla vista altrui, tutti sapevano che era stato scelto tra i Mangiamorte quando il Signore Oscuro era ancora in vita.
Quand’era più piccolo lui desiderava entrare tra le fila di quell’esercito di cattivi, forse, si diceva, per poter essere guardato con occhi diversi da suo padre. Ma lui era solo un bambino e non capiva, non sapeva che un giorno tutto questo si sarebbe riversato su di lui e sulla sua famiglia.
Fortuna volle che il Ministero non avesse confiscato tutti i loro beni e i Malfoy restavano così tra le famiglie più ricche del nobile mondo magico.
“Draco” il ragazzo, alzò il capo di poco. Era strano sentirsi chiamato per nome. A scuola chiunque lo chiamava per cognome, chi con disprezzo, chi con indifferenza, chi con lascivo interesse.
“Si, Madre?” rispose educato.
“Cos’hai?” domandò la donna, i cui occhi richiamavano alcuni tratti di quelli tempestosi del figlio. Il suo azzurro era profondo e inscrutabile.
“Niente madre. Godo di ottima salute, come potete Voi stessa constatare” rispose lui prontamente.
“Non parlo di dolori fisici” ribatté lei e Draco la fissò interrogativo.
Narcissa sospirò.
Si alzò da tavola e si avvicinò al figlio.
“Tuo padre è in prigione, accusato dei mali peggiori. Tu sei stato salvato, grazie al tuo pentimento, ma anche perché sei stato soggiogato e ossessionato fin da piccolo dalla grandezza di Tu Sai Chi e immagino che a scuola non siano tutti così clementi. Ma tu sei un Malfoy. Non puoi piegarti, né puoi mostrarti debole, giusto?” domanda retorica.
Draco non rispose, si limitò a spostare lo sguardo altrove.
“Bene figlio mio, per quanto io amo il mio cognome da sposata e tuo padre, Lucius, voglio che tu sia un ragazzo normale. Agisci, reagisci, vivi come un ragazzo della tua età, senza il peso del tuo cognome. Gli esseri umani cadono, ma la vera forza sta nel sapersi rialzare” Narcissa, sfiorò titubante i crini dorati di suo figlio. Timorosa che lui la allontanasse, ma non fu così. Il giovane non si mosse.
“La scuola presto finirà e tu dovrai decidere del tuo futuro. Tuo padre manda direttive dalla prigione ed io sarò costretta sempre a importele, però desidero che tu viva intensamente e veramente quest’ultimo anno. Permetti a chi se lo merita, di conoscerti davvero” la voce le si incrinò velocemente. La donna allontanò la mano dalla testa del figlio e se la portò al viso, nascondendo le lacrime.
“Non posso…non posso permettermi di perdere anche te. Non mi va che tuo padre allontani anche te, da questa casa. Mi è bastato perdere…” ma non riuscì a finire la frase, che Draco si alzò in piedi di scatto.
“Basta, Madre!” il suo tono non fu duro, ma riuscì comunque ad apparire come un’ imposizione.
Senza aggiungere altro, si ritirò nella sua stanza vuota.
Solo e silenzioso come le pareti di quella villa.



*(Tratto dal capolavoro della Disney)


***

Quant'è vero che le apparenze sono ingannevoli!
Dovunque ci troviamo ci capita di incontrare persone che al primo impatto ci sembrano in un modo, poi col tempo si rivelano essere l'esatto opposto di ciò che credevamo. E qui ritorniamo al discorso delle maschere tanto decantato da Pirandello (autore che stimo e amo molto, credo si sia notato) e alla favola ("La Bella e la Bestia") che ho volutamente inserito nella fan fiction.
Questo è un capitolo che mi piace molto, è stato complicato scriverlo, ma allo stesso tempo mi sono divertita, nonostante entrare nella testa di Draco sia difficile, specie quando si trova in casa sua a contatto con sua madre.
Ho volutamente omesso i nomi dei genitori di Hermione perché non mi sembra che nei libri vengano citati e non sapevo se inventarne dei nuovi. Ho preferito fare usare i termini "Mamma e papà".
Ancora una volta chiedo a voi lettori un parere sincero e ci tengo molto a ringraziarvi per il calore che mi dimostrare ogni volta con le vostre parole. Ne sono entusiasta, sul serio!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: i personaggi sono frutto dell'inventiva della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento.

Marghe

 

 

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Capitolo 11
*** La sphaera ***


La sphaera

Capitolo 10 “La sphaera”

 

Era raro svegliarsi col sole a Londra, ma quando questo accadeva, portava con sé qualcosa di miracoloso.
Quella mattina Hermione era accoccolata sotto le coperte quando un raggio di sole le accarezzò timido, il volto. La ragazza si mosse, sorridendo per quel calore inaspettato e dopo qualche secondo, un battito di ciglia e i suoi meravigliosi occhi si aprirono. Hermione si portò seduta al centro del letto e stiracchiò le braccia, conducendo poi il suo sguardo verso la finestra.
Il tiepido sole provava a farsi strada tra le nuvole bianche, quella mattina aveva voglia di brillare alto e fiero. Proprio come la Grifoncina appena svegliata.
Hermione sorrise e coi piedi nudi, tocco il pavimento, rabbrividendo per il freddo. Chiuse gli occhi e si strinse nelle braccia, ma non demorse. Voleva camminare senza pantofole, come piaceva a lei, ritornando un po’ a quand’era bambina e correva per la casa a piedi nudi. Così si fece coraggio e con un balzo, si alzò e raggiunse la finestra, la spalancò e inspirò l’aria fresca. Chiuse gli occhi quando un raggio di sole la raggiunse.
“Mmm…” mugugnò rilassandosi “Che splendida giornata!” esclamò saltellando per la stanza.
Indossò la vestaglia e scese in cucina, dove trovò i suoi genitori. Suo padre leggeva il giornale e beveva il suo caffè, la madre si stava versando il latte nella tazza.
“Buon giorno!” esordì con allegria, danzando verso il piano cottura, sotto lo sguardo divertito dei suoi genitori.
“Hai dormito bene?” chiese la madre, accomodandosi affianco al marito.
Hermione annuì, mentre con le mani era indaffarata a prepararsi la colazione.
“C’è la brioche calda con la nutella, la vuoi?” disse il padre.
La ragazza si bloccò, poi rapida si voltò verso i suoi genitori. Gli occhi a cuoricino.
“Davvero???” chiese meravigliata.
“Si, tuo padre è uscito presto stamane per comprartela” le rispose la madre, porgendole il sacchetto bianco, contenente la suddetta brioche.
Hermione l’afferrò con veemenza e sorrise felice.
“Grazie” trillò.
I genitori si guardarono e si scambiarono un timido sorriso.
Era bello avere la loro bambina per casa.
Era bello coccolarla e viziarla.
Hermione diede un morso alla brioche e la nutella le si appiccicò sulle labbra. Prese a leccarle con dedizione, gustandosi il sapore dolciastro della cioccolata alle nocciole.
“Cosa farai stamane?” domandò la madre, sorseggiando la sua bevanda calda.
Hermione si portò il dito indice al mento, pensierosa.
“Devo studiare” rispose “Però mi andrebbe anche di fare un giro qui intorno. La giornata promette bene” asserì tranquilla.
“Si. A quanto pare oggi il sole ha deciso di venirci a fare visita” constatò il padre, riponendo il giornale sulla tavola.
“Una bella passeggiata ti farebbe bene” ammiccò la mamma.
Hermione annuì concorde e subito dopo la colazione, si precipitò in stanza a vestirsi.
Mezz’ora dopo era già pronta, portò con sé la sacca con qualche libro…e non solo.
Camminare le piaceva, le trasmetteva libertà, voglia di fare e quel giorno lei si sentiva così bene da non voler pensare a niente di negativo.
Godersi quello stato d’animo era il suo obiettivo del giorno.

 

Nel frattempo, da un’altra parte, qualcun altro occupava il proprio tempo a fare lunghe passeggiate.
Draco Malfoy ultimamente se ne stava spesso in giardino e portava con sé i libri. Gli piaceva studiare all’ombra di un enorme albero di ciliegie. Quella mattina però, non aveva voglia di passare il suo tempo sui libri, per questo prese a fissare insistentemente un roveto davanti a lui. Le mani iniziarono a pizzicargli e Draco per resistere a quell’impulso che lo attanagliava da sempre, strinse gli occhi e digrignò i denti.
Non poteva ricominciare a farlo, sarebbe finita come l’ultima volta e lui non voleva.
Si pentiva di quel gesto avventato, ma era sicuro che lei non lo avrebbe mai capito.
“Dannazione!” si lamentò seccato, stritolando con le dita, l’erbetta accanto a lui.
Con rapidità si mise in piedi, decidendo che doveva andarsene di là. Aveva proprio bisogno di volare.
Sorvolò diversi luoghi.
Non aveva una meta precisa, desiderava solo restare su quella scopa in eterno.
Senza accorgersene si ritrovò nel mondo babbano. Temendo di essere visto, cercò di volare alto. Solo quando vide uno spazio verde, virò verso terra, scendendo.
Si ritrovò in un parco. Il verde non gli dispiaceva, così decise di perlustrarlo.
Chissà dove si trovava.
Qualche passo e avvertì una presenza. Si nascose dietro un albero e spalancò gli occhi, sconvolto.
“Non è possibile” mormorò tra sé e sé.

La Granger se ne stava seduta sotto un albero con un libro sulle gambe, come al solito. Ma era diversa, notò Draco.
Sorrideva muovendo il capo, poi notò un filo uscire dalle sue orecchie.
Con sguardo stranito, Draco si trovò a chiedere che stesse facendo.
Hermione ascoltava la musica con l’ipod. Era totalmente assorta e la sua voglia di ballare e cantare divenne forte, per questo distolse lo sguardo, vedendo che non c’era nessuno, stacco le cuffie dall’ipod e la musica si diffuse attorno a lei.
Wingardium Leviosa” pronunciò all’indirizzo dell’oggetto, il quale iniziò a vorticare nell’aria assieme a lei che ballava e cantava a ritmo di “Just the way you are”, una canzone che la prendeva tantissimo.
Rideva come non faceva da tanto, sentendosi libera di poterlo fare.
Draco, ben nascosto, la osservava apparentemente indifferente. I suoi occhi però apparivano stranamente divertiti e un mezzo sorriso trattenuto, gli incurvava gli angoli della bocca.
Era strano vederla così, lei che si mostrava sempre seria, troppo a detta del Serpeverde, e poco incline al divertimento.
Era piacevole stare lì a spiarla. Si perché in fondo era quello che stava facendo.
Proprio quando la musica stava finendo, il sole si oscurò improvvisamente e una strana ombra si proiettò su Hermione, la quale si bloccò di soprassalto.
Alzando il viso verso il cielo, la ragazza non poté che sorridere.
Draco seguì la direzione dei suoi occhi e storse il naso.
“Leo” chiamò Hermione, porgendogli il braccio.
Il gufo maldestro e rumoroso di Ron, atterrò sul suo braccio. Lei gli accarezzò la testa.
Il gufo si lasciò coccolare.
“Hai un messaggio di Ron, per me?” domandò la riccia Caposcuola.
Il gufo in tutta risposta le porse la zampa a cui era legato un bigliettino. Hermione sorrise veramente e lo prese.
E quel sorriso fece irritare il giovane Serpeverde.

 

“Cara Hermione, come stai? Com’è stato ritornare a casa?
Qui come al solito siamo in subbuglio, mia madre cucina per cento e non so come faccia. Credo sia per non pensare alla morte di Fred. Si tiene impegnata.
Io mi alleno per il quidditch con Harry, quando ovviamente non è impegnato a fare il cascamorto con mia sorella. Secondo te mi ci abituerò mai?
Certo meglio lui che un estraneo. Però voglio dire sono in casa nostra. Un minimo di controllo, Miseriaccia!!!
Mi sa che mi sono perso. Perché ti ho scritto?
Ah si, ora ricordo!
Mamma voleva che tu avessi il tuo regalo per Natale. Le dispiaceva dartelo a gennaio.
Come avrai notato sull’altra zampa di Leo, vi è legato un piccolo pacchetto. Questa volta niente maglioni.
Aprilo!”

 

Hermione lasciò andare Leo e sfilò dal pacco, il fiocco e scartò il regalo con curiosità.
La scatola beige conteneva una piccola sfera, quasi appiattita, completamente bianca.
La ragazza storse il naso, non capendo.
Riprese la lettera tra le mani e continuò a leggere, nella speranza che Ron le spiegasse le funzioni di quell’oggetto.

 

“Di sicuro ti starai chiedendo di cosa si tratti. Immagino la tua faccia corrucciata e pensierosa. Magari tentando di scavare tra le informazioni che conosci, ripercorrendo a memoria le pagine dei libri che hai letto.
Non credo tu lo conosca, o almeno così presume mamma.
In realtà neanche io so cosa sia, ma ti riporto con esattezza le sue parole: è una sphaera* nebulosa. Ha il dono magico di predire il futuro di una persona, infatti all’occasione, se consultata, indica la strada da percorrere con frasi…buffe, da decifrare.
Mamma pensa che ti sarà utile. Dice che l’ultima volta che ti ha vista, le sei apparsa strana, persa.
Miseriaccia Hermione, è vero?
È vero che ti senti persa?Forse sono proprio tonto a non essermene accorto.
Scusami. Ne parleremo appena ci raggiungerai.
Sono felice che il nostro trio sia di nuovo unito.
Ti voglio bene, Herm…

Ronald”

 

Una lacrima sfuggi al suo rigido controllo.
Hermione non si aspettava quelle parole. Non sperava più che un giorno lei, Harry e Ron tornassero ad avere i rapporti di un tempo.
Era vero allora che i veri amici non se ne vanno mai.
Strinse al petto quel biglietto e sospirò, serena.
Poi prese la sphaera e la osservò, titubante.
Non credeva alle predizioni nel futuro, il che potrebbe far storcere il naso a molti visto che lei è una strega. Però Hermione era sufficientemente razionale da sapere che molti erano i fattori da incidere sul futuro delle persone, quindi come poteva qualcuno predire ciò che sarebbe successo?
Si girò tra le mani il regalo di Molly, guardandolo curiosa.
“Visto che ci sei” iniziò rivolgendosi all’oggetto in questione “Hai per caso qualcosa da dirmi?”
Nulla.
Non accadde nulla.
Il viso di Hermione espresse in modo molto chiaro, il suo disappunto.
Stava per rimetterlo a posto, quando la sfera s’illuminò di una strana luce bianca e qualcosa al suo interno prese a muoversi.
La ragazza aveva i palmi delle mani aperti e seguiva sconvolta quell’evento, quando la luce si spense, le bianche nubi all’interno della sfera si diradarono, rendendo ben visibile una scritta nera ed elegante

 

“E’ vicino.
Nell’ombra ti aspetta.
Ma fa in fretta.
C’è chi trama un futuro diverso,
ma le vostre strade intreccerà lo stesso”

 

Hermione sbarrò gli occhi confusa.
Non capiva: che voleva dire la sfera???
Turbata da quelle parole, la rimise a posto.
Presa da una strana agitazione, raccolse tutte le sue cose e si incammino verso casa, mentre due lame d’acciaio le perforavano la schiena.
Draco Malfoy era rimasto nascosto per tutto quel tempo ad osservarla. Non poteva sapere il contenuto di quella lettera e per quanto poteva immaginare, doveva essere qualcosa di volutamente smielato e disgustoso, a giudicare dall’espressione della Grifondoro.
Si era meravigliato di vedere il suo volto rigato da una lacrima, ma aveva mantenuto, maestro qual era, il suo sangue freddo.
E cos’era quello strano oggetto ovale che la Granger stringeva tra le mani?
Cosa l’aveva così sconvolta?
Mosso dalla curiosità, prese a seguirla.
Per sicurezza fece evanescere la scopa e il mantello.
La seguì mantenendo una certa distanza, non voleva certo che lo vedesse.
Durante il tragitto, incontrò molti babbani. Li guardava apparentemente schifato, ma in quel momento non poteva non apprezzarli, perché era facile mescolarsi tra loro, anche se i suoi abiti eleganti e il capello biondo platino attiravano occhiate languide da parte delle donne e minacciose da parte degli uomini.
Draco sorrise compiaciuto.
Hermione percorse un lungo stradone a passo svelto, ansiosa di tuffarsi tra le lenzuola del suo letto, ma prima avrebbe dovuto scrivere a Ron.
Così entro in casa e dopo aver salutato i suoi genitori e rassicurateli di aver trascorso una mattinata piacevole, si precipitò in stanza.
Draco si fermò a pochi passi dalla casa della Granger.
“E così è qui che vivi, Caposcuola?” domandò come se lei potesse ascoltarlo.
Malfoy udì dei rumori strani provenire dal retro della casa, così andò a controllare e restando ben nascosto, vide la giovane aprire la finestra e lasciare andare il proprio gufo.
“Mi raccomando dà una beccata in testa a Ron” ridacchiò Hermione, leggera.
Poi innalzò il bracciò verso il cielo e il gufo prese il volo, seguito con attenzione dagli occhi della ragazza.
Quegli stessi occhi rivelatori di emozioni vere, vissute che invadevano i suoi sogni da molti mesi ormai. Ancor prima che la guerra scoppiasse e lui fosse capace di ammetterlo a se stesso. Cosa che ancora gli riusciva difficile, in verità.
Eppure non capiva perché lei si intestardisse a stare dietro a quei due stupidi dei suoi amici. Quel Ronald Pezzente Weasley che l’aveva abbandonata per mettersi con quella stomachevole di Lavanda Brown, non si accorgeva di quanto lei ci stesse male?
No, Draco Malfoy, non concepiva tutto quel dolore sprecato per un essere come il rossiccio.
Detestava Potter perché aveva la possibilità di avvicinarsi alla Granger con tranquillità, abbracciarla, toccarla, parlarle perché erano amici, mentre lui…lui era un nemico passato dalla parte dei buoni, ma pur sempre figlio di Mangiamorte da cui bisognava ravvedersi.
Draco strinse i pugni per la rabbia.
Stava rischiando grosso, però la tentazione che lei capisse ciò che lui provava, era forte.
Si perché lui provava qualcosa per lei.
Qualcosa che equivaleva all’odio per la sua potenza.
Innervosito per quei pensieri, fece retro front e appena fu sicuro che nessuno lo vedesse, fece apparire la sua scopa e prese il volo, lanciando un’ultima occhiata alla casa della giovane Grifondoro.

 

*sfera

*** 

Finalmente in questo capitolo, il nostro Draco si sbottona un pò, certo solo nella sua mente, ma almeno voi potete cominciare a capirci qualcosa in più.
L'idea della sfera vi sembrerà stupida, probabilmente poco credibile, però è venuta fuori scrivendo. A voi come sembra? 
Credo che sarà un oggetto che non comparirà spesso, però quando lo farà sarà per dire qualcosa di importante! Definiamola pure una "presenza silenziosa". Voglio che questa storia si basi soprattutto sui rapporti umani, non tralasciando la magia ovviamente. Però io vorrei risaltare il primo aspetto.
Diventa sempre più complesso parlare di Draco e Hermione man, mano che si va avanti, lo ammetto, però mi diverte questa sfida. Sarà che sento molto vicini questi due personaggi, quindi parlare di loro è naturale.
Volevo fare un'annotazione sul precedente capitolo: molte di voi mi hanno accennato nella recensione alle parole della madre di Draco. Ecco: ho dimenticato di dirvi di leggerle bene, perché si lascia sfuggire un piccolo, piccolissimo dettaglio che si ripercuoterà sulla vita di Draco ed Hermione e vi assicuro che non è la questione del "divertirsi". Ma ben altro.
Ricordatevi che siamo nel passato...giunti al presente questo particolare verrà spiegato ;).
Come sempre, vorrei riempirvi il capitolo di ringraziamenti! Le vostre parole sono sempre fonte d'emozione per me e commuoversi e d'obbligo!
Ora rispondo anche alle recensioni <3, scusate per il ritardo.
Al prossimo aggiornamento!
Un bacio.

Ps: La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per divertimento. I personaggi appartengono alla Rowling.

Marghe

 

 

 

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Capitolo 12
*** Due Natali opposti, ma uguali ***


Due Natali opposti, ma uguali

Capitolo 11 “Due Natali opposti, ma uguali”

 

Un altro giorno era trascorso.
Natale era alle porte, i genitori di Hermione stavano preparando tutto l’occorrente per la cena di quella sera e la ragazza volentieri dava loro una mano.
“Hermione potresti prendermi quel sacco che ho lasciato sulla tavola?” le chiese la madre, impegnata a girare un intruglio che bolliva in pentola.
“Si, certo” rispose dirigendosi verso l’oggetto indicatole “Eccotelo” lo porse alla madre che ne versò il contenuto nella pentola.
Il padre intanto sistemava degli addobbi nel salotto, mentre le luci dell’albero facevano da sfondo ad un’atmosfera allegra e familiare.
Ad Hermione mancavano tanto quelle sensazioni e si apprestava a viverle con gioia.

 

A chilometri di distanza l’aria cambiava radicalmente.
In casa Malfoy, il Natale era sempre stata una festa comandata poco festeggiata.
Mai che Draco avesse cenato con i suoi genitori quel giorno, né augurato loro Buon Natale e aperto regali.
Non ricordava che da bambino fosse mai successo di scoprirsi allegro per un pacco regalo sotto l’albero. Non era mai successo. In fondo lui non desiderava nulla, se non l’affetto dei propri genitori.
“Draco, stasera ceneremo alle nove in punto. Avremo un ospite” Narcissa era apparsa all’improvviso davanti al figlio, chiusosi nel suo laboratorio di pozioni.
Draco alzò appena lo sguardo, non palesando alcuna reazione o emozione.
“Va bene, Madre” rispose atono, riportando subito la sua attenzione al calderone bollente.
La madre corrucciò la fronte per un attimo, poi acquisì nuovamente la sua facciata inespressiva.
“Non mi chiedi chi sarà il nostro ospite?” frecciò con tono severo.
Il biondo continuando ad inserire ingredienti nel calderone, non si mosse e le pose quella domanda con malcelata noia.
“Chi sarà il nostro ospite?”
Narcissa s’indispettì.
“Mostra un minimo di interesse, soprattutto nei riguardi di Severus!” A quel nome, il ragazzo fissò la madre.
“Perché Piton viene qui il giorno di Natale?” chiese, questa volta con maggiore interesse.
La donna lo fissò intensamente.
“Sono stata io ad invitarlo. L’ho fatto per te, so che lui è come…una guida per te e siccome ti vedo molto strano, ho pensato che forse parlare con lui ti farà stare meglio” confessò.
“E da quando Vi interessate al mio bene, Madre?” disse Draco con sprezzo, mentre una strana luce gli attraversava gli occhi.
Narcissa indurì lo sguardo e avvicinandosi al figlio, gli mollò un ceffone.
La parte lesa arrossì, il segno delle sue dita sul volto pallido del biondo Serpreverde.
“Sono tua madre e devi portarmi rispetto! Sei mio figlio è normale che mi preoccupi!” esclamò la donna, la voce ferma, ma l’animo stanco.
Stanco di lottare. Ma doveva farlo per suo figlio.
“Scusatemi, Madre” furono le uniche parole che ebbe in risposta da quel figlio cresciuto a suon di Crucio e magie oscure da suo marito. Anche se Draco avrebbe voluto risponderle altro e gettarle addosso tutta la sua rabbia e la sua frustrazione, ma non poteva.
Non doveva.
Lui sapeva che sua madre era fragile, anche se all’apparenza sembrava una donna rigorosa, forte, scaltra. Ma sul viso era facile leggerle la stanchezza e il peso di quegli anni difficili.
Narcissa continuava a fissare suo figlio. Avrebbe voluto dirgli altro, ma quel dolore preferiva tenerselo per sé.
Draco aveva già vissuto cose spaventose che lei avrebbe voluto evitargli.
Fino all’età di tre anni, lei lo aveva coccolato e vezzeggiato, e Lucius glielo aveva permesso perché lui non se ne sarebbe mai ricordato secondo la teoria di suo marito. Troppo piccolo per ricordarsi i baci e gli sguardi affettuosi di una mamma innamorata follemente di suo figlio.
Tutto cancellato dalla violenza di Lucius.
Lui non era così quando si erano conosciuti. Un matrimonio deciso e voluto dai loro genitori. Un’unione congeniale tra le due famiglie più importanti e potenti del mondo magico: i Black e i Malfoy.
Due casate nate per dar vita ai più grandi e potenti maghi Purosangue. Ed era ciò che Lucius pretendeva da Draco.
La grandezza.
La potenza.
Narcissa e Lucius si conoscevano da sempre, avevano frequentato Hogwarts insieme nella stessa casa e l’attrazione tra di loro era sempre stata molto forte. Questo aveva contribuito ad accettare quel matrimonio imposto.
Lei gli era stata sempre fedele e lui era un’amante magnifico che sapeva trattarla da vera regina, poi però il Signore Oscuro aveva fatto la sua comparsa nella loro vita e da allora Lucius era diventato intrattabile, nervoso e scorbutico, ma lei aveva fatto orecchie da campana e aveva resistito, mandando avanti la sua famiglia rispettando le decisioni di suo marito. Quelle che lui prendeva anche per suo figlio.
Sospettava che dietro tutto quel suo atteggiamento, ci fosse suo padre Abraxas e la vicenda con…
Narcissa scosse il capo per non pensare a quel nome.
Le bruciava ancora sulla pelle. Una ferita che mai sarebbe rimarginata. Però non poteva negare che tutto era iniziato all’ora. Forse neanche lui riusciva a farsene una ragione, ma i suoi principi e il suo dannato orgoglio, ereditato dal figlio Draco, non gli permettevano di scendere a compromessi con la sua coscienza.
“Fatti trovare pronto. Severus sarà qui tra poco. Vuole passare del tempo con te” agghiacciante e pavida, la donna si girò e se ne andò.
Draco strinse tra le dita la boccetta. Troppo forte e questa si spaccò, ferendolo.

 

“Mamma, posso aiutarti a fare altro?” Hermione sbucò in cucina, dopo aver pulito e sistemato il bagno.
La madre voltò di poco il capo e sorrise alla figlia.
“No, figliola. È tutto sotto controllo” affermò ridente.
Hermione scoppiò a ridere e la madre corrucciò la fronte, non capendo.
“Hai della farina sul naso” disse ilare la figlia, avvicinandosi a lei.
“Oh!” esclamò la donna, pulendoselo.
Hermione scrutò attentamente l’impasto sul tavolo e non riconoscendolo, chiese alla madre di cosa si trattasse.
“Una ricetta italiana tipica del Natale. Me l’ha suggerita una cliente. Si chiamano struffoli. Ora devo dare loro la forma di una palla e friggerli. Dopo posso metterci sopra la cioccolata o il miele” disse con soddisfazione, leccandosi le labbra, pregustando già la prelibatezza di quel dolce.
“Mmm” mormorò Hermione immaginandoli “Solo a sentirne parlare, mi è venuta l’acquolina in bocca”
La madre rise.
“Ho avuto la tua stessa reazione quando la cliente me ne ha parlato. Ti va di farli con me?” le domando, volgendo alla figlia un’occhiata complice.
Hermione annuì e felice ascoltò attentamente le istruzioni della madre, per poi seguirle alla lettera.

 

“Draco” un uomo vestito di nero fece la sua apparizione nel salotto di Malfoy Manor.
Lo sguardo profondo e freddo. Gli occhi neri come la pece.
Impenetrabili.
“Severus” rispose il biondo Slytherin, accennando un saluto con un movimento della testa.
Il professore avanzò tranquillo, invitato dallo stesso Draco a prendere posto sull’ampia poltrona verde – argento, di fronte alla sua.
Si guardarono per qualche minuto, restando in rigoroso silenzio.
Draco sperò che non usasse l’Occlumanzia, per quanto fosse bravo a respingere quella magia, quel giorno non aveva voglia di lottare mentalmente.
“Tua madre dice che sei strano” Piton fu il primo a parlare usando un tono incolore e distaccato.
Malfoy ghignò come suo solito.
“Mia Madre sta divenendo stranamente apprensiva” ciarlò ironico, poi fece apparire due bicchieri e una bottiglia.
“Desideri un po’ di Whiskey incendiario?” chiese al suo patrigno.
“No. Tua Madre si preoccupa per te” rispose, spostando il corpo in avanti.
“Dovresti esserne felice” continuò.
Draco sorseggiò la bevanda alcolica, poi scoppiò a ridere.
Una risata priva di allegria.
Severus non si scompose, ma restò a guardare. Quel ragazzo era il suo pupillo, lo comprendeva, voleva sostenerlo ed essergli accanto nei momenti difficili come quello, senza però essere una presenza ingombrante. Non era certo il tipo da manifestazioni d’affetto, ma Draco era per lui come quel figlio che non aveva mai potuto avere.
Il ragazzo tornò serio, mentre un lampo di rabbia gli balenava negli occhi.
“Si preoccupa inutilmente, comunque. Sono sempre lo stesso, non ho mai parlato granché qui a casa, quindi non capisco come fa a dire che sono strano” affermò con decisione, mentre con la mano ruotava il bicchiere, osservando distrattamente il liquido al suo interno.
Severus si prese qualche minuto prima di dargli una risposta.
Rilasciò le schiena sulla poltrona, allargando le gambe e posando le braccia lungo i braccioli. Il lato destro delle labbra leggermente alzato, una specie di sorriso mal riuscito.
“E’ vero ciò che dici. Ma devi ammettere che a scuola sei più silenzioso del solito” cominciò il professore, scrutando bene il suo pupillo.
Draco non fece una piega.
Recitare era il suo pane quotidiano e non si sarebbe smentito neanche questa volta.
“In genere non ti fai problemi a burlarti di chi ritieni inferiore a te. Ora invece te ne stai per conto tuo, girovaghi da solo. L’unico con cui chiacchieri è Zabini.”
“Severus capirai che dopo la guerra, il pentimento mio e di mia Madre non sia stato visto molto di buon occhio da tutti quelli che hanno padri e madri Mangiamorte che son finiti a Azkaban. Vorrebbero che ci finissi anche io, visto che sono marchiato. Quindi come posso fidarmi di qualcuno o comportarmi come prima?” osservò il giovane con noncuranza.
Severus soppesò quelle parole. Per quanto Draco avesse ragione, lui percepiva che qualcosa non andava.
“Ti do atto di questo. Ma permettimi di dubitare dei tuoi continui momenti di isolamento. Quando è successo lo scorso anno potevo giustificarlo. Avevi una missione difficile da compiere, ma adesso…” alzò lo sguardo puntandolo verso il ragazzo.
“Adesso so per certo che qualcos’altro ti ronza per la testa” disse incisivo, senza troppi preamboli.
Draco era inquieto. Più del solito, ma non voleva darlo a vedere.
“Ho notato con lugubre piacere che tu e la Granger avete ripreso a battibeccare”  continuò il professore in tono piatto.
Il corpo di Draco sussultò impercettibilmente, ma la sua recitazione non avrebbe subito danni. Lui era il mago degli inganni.
Ghignò.
“Con questo dovresti essere certo che le cose stanno come un tempo” proferì il biondo con malcelata ironia.
Piton rimase in silenzio ad osservarlo.
“Il trio si è riformato. Sarà divertente tornare a prendersi beffa di loro” disse col suo solito tono strafottente e arrogante.
In genere, a Draco il silenzio piaceva.
Se n’era circondato fin da adolescente. Era cresciuto nel silenzio dei suoi genitori, ma in quell’occasione la taciturnità e le occhiate del suo professore non gli piacevano affatto. Perché temeva che lui potesse andare a fondo e capire.
E lui non voleva essere compreso.
Un pop improvviso interruppe l’atmosfera pesante.
Un elfo era comparso annunciando la cena.
I due si alzarono in piedi e dopo essersi lanciati un’ultima occhiata, raggiunsero la sala adibita per la cena.

 

 

Hermione stava cenando con i suoi genitori e allegri, chiacchieravano di tante cose.
Proprio mentre questo avveniva, un veloce pensiero colpì la mente della ragazza.

“Chissà Malfoy come sta trascorrendo queste festività” sbarrò gli occhi confusa. Come le era venuto in mente di pensare al Serpreverde?
Eppure…eppure sentiva dentro di sé che era giusto. E che quell’odio degli anni addietro andava superato, forse lui era davvero diverso.
Forse, fingeva.
Forse portava una maschera.
Chissà forse era davvero lui l’autore di quel quaderno, non potendo mostrarsi per com’era, affidava se stesso all’arte.
Forse era come la bestia di quella favola. E lei che ruolo aveva?
Era forse la Bella?
Troppi dubbi e nessuna certezza.
Hermione scosse il capo, quando si accorse di essersi isolata, suscitando le occhiate curiose della madre. Le sorrise per farle capire che stava bene, ma questa volta era lei che fingeva. Perché qualcosa, anzi qualcuno, le stava turbando l’anima.
Ciò che più la confondeva maggiormente era la strana voglia di essere considerata una vera donna da lui, proprio come colui che scriveva e disegnava di lei su quel maledetto quaderno. Lei voleva sentirsi amata da lui, lusingata dalle sue parole, dai suoi occhi languidi, dall’erotismo dei suoi gesti e delle sue labbra.
Hermione sentì che stava per andare a fuoco.
Mai nella sua vita aveva pensato a qualcuno in quel modo e mai si sarebbe aspettata che potesse accadere con Malfoy.
Malfoy, Malfoy, Malfoy.
Perché continuava a pensarci?
Perché la sua mente continuamente lo ricollegava a tutto quello che era successo negli ultimi mesi?
Perché…perché le batteva il cuore ripensando a quegli occhi grigi?
Già…Perché?

 

***

Un capitolo di passaggio dove, avrete notato, non accade nulla di estremamente rilevante.
Mi è piaciuta l'idea di mostrarvi come i due giovani vivono il Natale. A quanto pare Hermione fa degli strani pensieri su una certa serpe e i suoi dubbi sul legame tra Malfoy e il quaderno, sembrano aumentare.
Probabilmente dirò sempre le stesse cose, ma davvero sono felicissima che siate entusiaste di questa fan fiction, mi inorgoglisce! La storia è ancora lunga, anzi mi scuso se l'avvicinamento che tanto desiderate tra Hermione e Draco non è ancora avvenuto. Ma ho pensato di far crescere le cose con la giusta lentezza. Prometto che il momento clou verrà presto, ma vi ricordo anche che poi dovremo ritornare al presente, nel quale, come qualcuno ha giustamente notato, i due giovani non stanno insieme. Ne saprete di più a tempo debito.
Grazie per tutto!
Al prossimo aggiornamento.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

Marghe

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Capitolo 13
*** Blaise Zabini ***


Blaise Zabini

Capitolo 12 “Blaise Zabini”

 

Le feste erano terminate e il momento di rientrare a scuola era giunto.
Il binario 9 e ¾ era come al solito un frenetico andirivieni di persone, maghi e streghe, pronti ad imbarcarsi sull’espresso diretto ad Hogwarts.
Hermione era insieme ad Harry e Ron.
“Avanti, saliamo” disse Harry, il quale per primo mise piede sul treno, seguito dal suo fedele amico Ron.
Hermione salì il primo gradino, quando si accorse di aver lasciato indietro la sua sacca.
“Avviatevi, io prendo la sacca e sono da voi” disse rivolgendosi ai due ragazzi, i quali annuirono.
La ragazza tornò indietro, si abbassò per afferrare l’oggetto, quando nella sua visuale, entrarono due piedi.
Scarpe nere, lucide ed eleganti.
Hermione alzò lo sguardo e si trovò davanti lo sguardo più penetrante che avesse mai incontrato e non poté frenare il fremito del suo corpo.
“Granger” biascicò lui, quasi senza voce.
Avrebbe voluto deriderla.
Ridicolizzarla per quella posizione di sottomissione in cui si trovavano, ma non vi riuscì.
“Malfoy” rispose lei, ancora incredula per la sensazione appena provata.
Uno scambio di occhiate. Quanto significato si nascondeva dietro di esse.
“Malfoy, andiamo?” una voce ruppe quello stranissimo momento.
Hermione ne approfittò per alzarsi in piedi, incrociando poi gli occhi azzurro mare, del ragazzo Serpeverde dalla pelle color cioccolata, rispondente al nome di Blaise Zabini.
Zabini era secondo solo a Malfoy, in quanto a bellezza.
Il viso pronunciato, gli occhi vispi e furbi, estremamente comunicativi.
Un fisico asciutto e leggermente muscoloso.
Un Serpeverde un può fuori dagli schemi, non si era mai mostrato troppo avverso nei confronti dei Grifondoro, in genere se ne stava in disparte. Certo non rivolgeva loro la parola, però non aveva mai mostrato mancanza di rispetto.
La sua famiglia era stata una delle poche a non essere coinvolte nei piani del Signore Oscuro.
Draco distolse lo sguardo dalla Granger quando si sentì chiamare e lo rivolse all’amico, che lo attendeva con un sorriso sornione e la faccia di chi la sapeva lunga.
Annuì alla domanda di Zabini e senza aggiungere altro, passò accanto alla Grifondoro, lasciandole percepire solo il profumo della sua pelle di porcellana.
Hermione si riscosse qualche secondo dopo, avendo udito lo sbuffo del treno che segnalava l’imminente partenza. Per questo si precipitò a raggiungere i suoi amici.

 

 

Arrivati a scuola, Hermione cercò di assumere un’espressione più rilassata.
Durante il viaggio, Harry le aveva lanciato diverse occhiate, ma lei aveva finto di non farci caso e aveva continuato o a guardare fuori dal finestrino o a leggere.
Non le andava ancora di affrontare l’argomento col suo amico. Il problema principale era che non sapeva neanche lei cosa realmente stesse accadendo.
Voleva rifletterci, poi ne avrebbe discusso con Harry.
Avendo la giornata libera, la ragazza decise che avrebbe fatto un salto in biblioteca a riconsegnare un libro preso in prestito prima delle vacanze e poi sarebbe andata presso il Lago Nero.
Tra i corridoi incontrò Luna e Neville che stavano andando nel laboratorio di Pozioni per terminare un lavoro, si fermò a chiacchierare con loro qualche minuto.
“Hermione sembri parecchio agiata dove te ne vai così di fretta?” chiese Luna con la sua solita aria buffa.
“In biblioteca” fu la lapidaria risposta di Hermione.
“Noi invece andiamo in aula Pozioni” aggiunse Neville, abbattuto.
Anche se Piton aveva leggermente cambiato il suo atteggiamento, Pozioni rimaneva per il ragazzo Grifondoro un enorme punto interrogativo.
“Beh allora vi auguro buon lavoro” sorrise la riccia, salutandoli con la mani e allontanandosi.
Con passo misurato per non dare nell’occhio, giunse presso il Lago, si accomodò sotto la quercia e si rannicchiò su se stessa, per proteggersi dal freddo.
Quel luogo aveva la funzione di un calmante, riusciva ad acquietarla, infondendole la giusta tranquillità per pensare. Chiuse gli occhi e inspirò.
Ricapitolò gli ultimi episodi e puntualmente le compariva davanti il viso pallido di Malfoy, si chiese se si stesse facendo condizionare dalle parole di Harry. Ma poi scosse la testa per cacciar via quel pensiero. Non era possibile, lei non era tipo da farsi influenzare in quel modo, era abituata a ragionare con la propria testa.
“Cosa ci fa qui una ragazza tutta sola?” proruppe una voce con un leggero accento francese. Hermione si voltò di scatto, trovandosi davanti Zabini in persona. Si concesse una lunga occhiata per guardarlo bene.

“E’ tutto l’opposto di Malfoy” la ragazza si diede della stupida per quel pensiero.
“Posso farti compagnia?” continuò il moro, indicando il posto accanto alla Grifondoro.
“Oh si” rispose balbettando.
Blaise sorrise e si accomodò al fianco della Caposcuola.
Per qualche minuto ognuno rimase immerso nei propri pensieri, entrambi gli sguardi rivolti verso le acque chete del lago.
“E così questo è il nostro ultimo anno” fu Blaise a rompere quel silenzio fastidioso e imbarazzante.
“Già…” mormorò Hermione.
“Come si sente il membro più illustre e intelligente della scuola a terminare i suoi studi?” domandò lui in tono vivace e cordiale.
Hermione se possibile, arrossì ancora di più, facendo ridere il ragazzo.
“Ti ho messa in imbarazzo?” chiese fingendo di non saperlo, lei ricambiò con un sorriso.
“Non sono come mi hai definito, ma grazie per averlo pensato. Sempre che tu non stia scherzando. Per rispondere alla tua domanda, mi sento strana. Ho passato qui sette lunghissimi anni e credo di averne vissute di tutti i colori. Non so come sarà la vita al di fuori di qui, ma non mi spaventa affrontarla” facile percepire dal discorso di Hermione la sua forte determinazione.
Zabini la scrutò ammirato.
“Ma come mai sei qui a parlare con me?” chiese d’un tratto la riccia Grifondoro, stupendosi non poco di stare intrattenendo una conversazione con un Serpeverde.
“Non stare sempre a cercare una spiegazione, Granger. A volte semplicemente non c’è” ammise lui con una semplicità disarmante.
“Interessante, Zabini”
“Tzk, per favore non chiamarmi per cognome. Mi bastano i Professori” si lamentò lui, facendo una smorfia con la bocca.
Hermione rise.
“Va bene…Blaise” disse ilare.
“Ecco: così va meglio!” sorrise il ragazzo, volgendo i suoi occhi ad Hermione.
“Allora Granger, quali sono i tuoi programmi per il dopo Hogwarts? Immagino tu voglia entrare al Ministero”
“Chiamami Hermione” chiarì lei, Blaise annuì col capo.
“Si, più o meno i miei piani sarebbero questi. Voglio lavorare per il Ministero, ma come Auror” rispose.
“Vuoi seguire l’addestramento speciale?” domandò Blaise incredulo.
Hermione annuì.
“Mi sono convinta dopo la guerra. All’inizio pensavo di continuare a studiare per entrare al Dipartimento della Regolazione della Legge Magica, ma la verità è che ora ho voglia di portare avanti la lotta iniziata insieme ad Harry e Ron contro i nemici del nostro mondo” sorrise delle sue parole.
Si rendeva perfettamente conto di essere in contraddizione col suo stato emotivo.
La guerra l’aveva certamente resa più fragile del dovuto e come logica conseguenza, avrebbe dovuto allontanarsi da tutto ciò che le avrebbe portato, in un caso ipotetico, ad un nuovo scontro, e invece voleva continuare a lottare. Sperando ovviamente che non comparissero altri pazzi come Voldemort.
“Sono stupefatto!” confessò il moro Serpeverde.
“Pensavo che come minimo volessi istituire qualche Dipartimento al Ministero in difesa degli elfi” la prese in giro lui.
Hermione rimase basita, sbarrò gli occhi, poi vedendolo ridere, si lasciò andare anch’ella ad una sonora risata.
“Spiritoso!” esclamò appena si fu tranquillizzata.
“No, sul serio. Sono molto sorpreso” Hermione sorrise ancora.
“E tu invece?” domandò di rimando
Blaise sembrò pensarci un attimo.
“Penso che tornerò in Francia e farò la bella vita” ammiccò in direzione della Grifondoro.
La giovane stupefatta, lo fissò seria.
“Se vedessi la tua faccia, scoppieresti a ridere. Io sto cercando di trattenermi” borbottò lui, portandosi una mano davanti alla bocca.
“La smetti di prendermi in giro?” si lamentò Hermione, sbuffando.
“Dai, Hermione! Faccio solo dell’ironia” rispose, increspando le labbra.
“Ok, ok”
“Tornando al discorso che stavamo facendo. Io non ho come te un’idea precisa di quello che voglio fare. È che non ho un sogno o cose simili. Per tutti questi anni mi sono crogiolato nella mia situazione di studente e non ho mai pensato seriamente al mio futuro. Vedrò ciò che mi riserva il ritorno in Francia” disse, stendendosi sul prato.
“Ti mancherà questo posto?” chiese Hermione, indicando il castello e il paesaggio circondante con una mano.
“Ammetto di si. Fino a qualche anno fa volevo solo scappare via. Lo studio non è proprio la mia attività preferita. Io e Draco ci siamo sempre dedicati a ben altri sport” sghignazzò, mentre i suoi occhi si tinsero di malizia.
Al nome << Draco >>, Hermione sussultò in modo evidente, non prestando più attenzione a niente, se non al battere del suo cuore.
“Forse è proprio la mia casata che mi mancherà” continuò Blaise imperterrito.
“In particolare Draco e le nostre innumerevoli discussioni” sorrise, questa volta in modo sincero.
“Non vi immagino in situazioni analoghe alla nostra” mormorò la giovane. Blaise la fissò sorridente. Quel ragazzo aveva il dono di mostrarsi sempre allegro.
“E fai bene. Anche perché è difficile che intavoliamo discussioni serie. È capitato raramente. Ci piace divertirci, fare scherzi. E poi Draco non è tipo da raccontarti i fatti suoi. È piuttosto schivo e riservato. Per fargli dire qualcosa, bisogna tirargliela fuori con le pinze” borbottò il giovane.
In effetti, non era difficile da immaginare.
Malfoy non sembrava affatto il tipo da fare confidenze.
“Posso ritenermi sicuramente il suo amico più stretto. Prima di Hogwarts non ci conoscevamo, se non per cognome. Abbiamo legato quasi subito, anche se lui va sempre in giro con Tiger e Goyle”
“Ora no” si lasciò scappare Hermione.
Voleva mordersi la lingua, aveva parlato troppo.
Zabini sorrise sornione, con l’aria di chi sapeva fin troppe cose, ma non poteva parlare.
“Confermo. Ultimamente preferisce starsene da solo”
A questo punto la Grifondoro avrebbe voluto indagare, scoprire i motivi di questa sua improvvisa solitudine, ma la sua razionalità le impedì di porgere anche una sola domanda e si limitò ad un mormorio: “Mmm”
“Pensieri?” Blaise si era avvicinato al suo orecchio e lei non se n’era neanche accorta. O semplicemente, essendo una serpe, Zabini era stato rapido e silenzioso.
“Qualcuno” si ritrovò ad ammettere Hermione.
“Se vuoi parlarmene…” il ragazzo lasciò la frase a metà.
“Non penserai che mi confidi con te. Questa è la prima volta che parliamo noi due” Hermione si era messa sulla difensiva ed aveva risposto in modo piuttosto acido.
Se n’era pentita quasi subito.
“Scusami” disse infatti.
“Fa nulla. Hai ragione. Perché mai dovresti confidarti con un Serpeverde amico di Malfoy, a cui potrebbe riferire tutto, così da prendere spunto per le prossime prese in giro?” frecciò con sarcasmo.
Hermione sobbalzò.
A pensarci bene, lui era la persona più indicata per poter sapere qualcosa in più su Malfoy e magari scoprire l’origine del quaderno.
Sbuffò.
Era parecchio combattuta.
“Scusami. Davvero. Non è solo una questione di fiducia, è che neanche io capisco bene cosa mi succede” ammise lei con amarezza.
Blaise la fissò a lungo, prima di parlare.
“A volte fare chiarezza in sé, implica fare dei sacrifici. Spesso anche osare, andando al di là dei propri limiti” asserì con noncuranza, non sapendo quale tormento stava scatenando nella giovane Grifondoro.
“Posso farti una domanda?” Hermione si rivolse quasi supplichevole al moro Serpreverde, i suoi occhi avevano appena cambiato espressione.
Blaise annuì.
“Cosa pensi tu dell’amore?” sussurrò, lasciando che quelle parole le portasse via il vento.
Zabini sorrise.
“Da buon Serpreverde dovrei dirti che l’amore non esiste e che non ci credo. Ma tu, Hermione sei una persona intelligente e non mi va di mentirti” Blaise si alzò dalla sua postazione, dando le spalle alla ragazza.
“E’ un sentimento potente, difficile da controllare. Non scegliamo come, quando e di chi innamorarci, ma questo lo sai anche tu. Ma purtroppo ci sono situazioni in cui è qualcun altro che sceglie per te e non puoi opporti”
“Ma questo non è amore!” protestò lei, visibilmente seccata.
“Infatti, non lo è!” ribatté lui.
“ Ma…” tentò di dire, ma il ragazzo la fermò.
“Non ti ho detto tutto sul mio futuro” prese fiato. “Quando tornerò in Francia mi sposerò” annunciò non con un tono che si addiceva ad un futuro sposo felice.
“Cosa? Chi?” domandò Hermione confusa.
“Una giovane Purosangue francese. Il matrimonio è un affare per le nostre famiglie” tagliò corto lui.
“Tu non vuoi però” notò Hermione, scrutandolo in attesa di una reazione.
“Cosa te lo fa credere?” rispose lui sgarbatamente.
“Lo hai detto come se fosse stata una costrizione…” la Grifondoro stava per continuare.
“Infatti lo è. I miei genitori vogliono questo matrimonio. Non certamente io. Non la conosco neanche, l’avrò vista due volte. Due parole e via!” sputò con rabbia.
Un sentimento che non gli si addiceva.
“Ma per le famiglie Purosangue funziona in questo modo. Non abbiamo vie di fuga”
La riccia sentì sotto pelle una strana e spiacevole sensazione.
Le parole di Blaise continuavano a risuonarle in testa.
Le famiglie Purosangue decidono del futuro dei loro figli…quindi questo sarebbe valso anche…per Draco Malfoy.
Strinse i lembi della gonna tra le dita.
“Dimmi la verità. Blaise tu sei innamorato di un’altra?” la voce di Hermione si addolcì stranamente.
Dopo qualche minuto di silenzio, il moro, lasciatosi cullare dalla brezza fredda, si girò verso Hermione.
“Si. Sono innamorato di un’altra ragazza” e sorrise.
Un sorriso reale che gli fece brillare gli occhi.
Hermione ne rimase incantata e, come una magia, si ritrovò anch’ella a sorridere.

“Chissà se anche a me gli occhi brillano in quel modo quando penso a Malfoy” fu un attimo.
Il tempo che quel pensiero venisse registrato dalla sua mente, che lei si irrigidì.

“No, non posso averlo realmente pensato”
Che fosse quella la realtà?
Si stava innamorando di Draco Malfoy?
No, no. Lei era invaghita dell’autore di quei disegni.
E allora perché il cuore le suggeriva che la persona in questione era un ragazzo alto, biondo e dagli occhi impenetrabili di color grigio?
Distolse lo sguardo appena fu sicura di non poter più reggere quello di Blaise, timorosa che lui vi scorgesse il suo tormento.
“E tu…” soffiò il moro con una strana voce.
“Tu sei innamorata, Hermione?” il modo e il tono che usò per porle quella domanda, la fecero vibrare.
Gli occhi le si inumidirono.
“Non lo so…” sussurrò lei in tono appena udibile.
“Non aver paura di capirlo, magari tu sarai più fortunata di me”
Hermione sorrise. Un sorriso amaro e malinconico.
“Temo che non sarà così” ritrovata la voce, Hermione fissò nuovamente il suo interlocutore.
“I Purosangue sono destinati ad altri Purosangue” mormorò prima che le lacrime le offuscassero la vista.
Senza aggiungere altro, si alzò in piedi e scappò via.
Non le importò di niente. Seppure Blaise avesse capito a chi si riferiva, in quel momento non le pesò.
Le faceva più male sapere che avrebbe dovuto impedire a quel sentimento di nascere. Voleva solo stordirlo, ucciderlo. Strozzarlo, perché lei era solo una Sporca Mezzosangue.
E lui…
Lui era semplicemente l’irraggiungibile Draco Malfoy.


***

Ho scelto Blaise Zabini e, vi chiederete annoiate, perché.
Molti fanno questa scelta.
La mia non è una decisione dettata dalla moda di considerare il moro Serpeverde l'amico di Malfoy. Ho sempre provato una certa attrazione verso di lui.
Per un attimo ho pensato di avvalermi di Nott, ma non mi piaceva affiancarlo a Malfoy, anche perché mi dà molto l'idea del vero maligno tra i tre.
Blaise è...affascinante, bello, tenebroso, simpatico, ironico e maledettamente saggio.
Sarà molto presente, un personaggio che aiuterà molto sia Draco che Hermione.
Mi è piaciuto tanto scrivere questo capitolo. Mi sono divertita a immaginare Hermione e Blaise che chiacchieravano tranquilli sulle rive del Lago Nero.
E' un ' immagine che mi ha accompagnata a lungo anche nella stesura dei capitoli successivi.
Cosa ve ne pare?
Qui Draco si vede poco se non all'inizio del capitolo.
Ecco: la scena del loro incontro, lo sfiorarsi dei loro sguardi è qualcosa che mi elettrizza XD. Sono una matta, lo so. Ma amo questi due personaggi all'inverosimile.
Concludo il mio monologo, ringraziandovi dal profondo del cuore per l'affetto e la fiducia che state dimostrando di avere nei confronti di questa fan fiction e verso la sottoscritta.
Ne sono onorata.
Un bacio,
Al prossimo aggiornamento.

Ps: i personaggi appartengono alla Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento.

Marghe

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Capitolo 14
*** Scontro ***


Scontro

Capitolo 13 “Scontro”

 

Zabini rientrò nei dormitori mezz’ora prima della cena.
Ma non riuscì ad arrivare nella sua stanza. Stranamente la Sala Comune era vuota, ma non ne se ne preoccupò.
“Dove accidenti eri finito?” una voce bassa e strascicata destò la sua attenzione.
Blaise ghignò.
Avrebbe riconosciuto quel tono ovunque.
Draco Malfoy era comparso alle sue spalle senza fare il minimo rumore, strisciando come un serpente.
Il moro si voltò con noncuranza.
“Sentivi la mia mancanza?” ciarlò sarcastico.
Draco non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiata infuocata.
“Ho fatto un giro in giardino. Mi sono spinto fino al Lago Nero e mi sono perso in chiacchiere con Hermione” buttò lì con una naturalezza disarmante.
Il biondo non afferrò subito, ma quando ciò accadde, sbarrò gli occhi.
“Chiacchiere? Hermione?” sbiascicò impacciato.
E lui era sempre sicuro quando parlava.
I tentennamenti non erano caratteristiche che si addicevano ad un Malfoy.
Blaise non poté trattenere oltre le risa e scoppiò. Questo irritò maggiormente il Serpeverde biondo.
“Non capisco cosa ci sia da ridere. Dovrei farlo io, piuttosto! Che ci facevi al Lago Nero a chiacchierare con la Mezzosangue. E perché accidenti la chiami per nome?!?” ribatté con curiosità malcelata.
Zabini si tranquillizzò.
“Calmo Draco! Non c’è bisogno di agitarti. Avevo voglia di fare una passeggiata e ho incontrato la giovane Grifondoro. Non vedo assolutamente niente di strano nel fatto che abbiamo tranquillamente parlato” se ne uscì il moro, concludendo con un’alzata di spalle.
Draco cercò di mantenere un’espressione neutra.
“Sei un Serpeverde. Devo forse ricordarti che noi non chiacchieriamo con i Grifondoro? E poi soprattutto con…i Mezzosangue?” ribadì seccato.
“Non ho dimenticato niente di tutto questo. Semplicemente mi andava. E poi Hermione è una persona di ottima compagnia” Draco non capiva se il suo amico faceva sul serio o stava scherzando, ma il tono da lui usato, così serioso, non faceva presagire niente di buono.
Quella Granger era sempre tra i piedi. Non riusciva proprio a liberarsene. Ora anche il suo più caro amico, sembrava remargli contro parlando di lei e con lei!
Malfoy strinse i pugni, serrando le labbra per non mettersi ad urlare. Avrebbe voluto farlo senza che nessuno potesse chiedergli spiegazioni, così magari da sfogare tutta la sua frustrazione.
“Non ti abbasserai a frequentare una come quella?” chiese il biondo con disprezzo.
Blaise comprese che quelle parole non erano intrise di cattiveria, ma di rabbia.
Una rabbia cieca e pericolosa.
“Si dia il caso che tu, Draco, non sei né mio padre, né mia madre. Io frequento e parlo con chi mi pare” rispose, cercando di non essere troppo duro.
Il biondo non apprezzò quel colpo basso.
“Io lo dico per te” continuò dandogli le spalle, pronto ad uscire per raggiungere la Sala Grande.
“Sei sicuro?” frecciò il moro.
Draco si fermò di botto.
“Ovvio che si. Ci tengo che non ti infetti con certi elementi. Potresti mischiarmi qualche malattia”
“Mmm” mugugnò Blaise in risposta. “Se lo dici tu, allora ci credo” terminò il tutto con un’alzata di spalle.
“Avanti, andiamo a cena!” lo riprese il biondo.
La discussione si era conclusa.

“Per ora” pensò Blaise sorridendo mellifluo.

 

 

Nel frattempo in Sala Grande, Hermione aveva lo sguardo fisso sulla sua minestra calda e col cucchiaio la girava e rigirava senza mangiarla.
“Mione?” borbottò Ron.
Lei a quel richiamo alzò il viso e fissò i suoi amici.
Avevano gli sguardi preoccupati.
Tentò di sorridere.
“Scusatemi. Non mi sento molto bene e non ho granché fame” sospirò.
“Hermione assaggia qualcosa. Non puoi andare a dormire digiuna” era stata Ginny a parlare, assumendo un tono materno.
La riccia Caposcuola annuì e si dedicò alla sua minestra.
Dopo essere letteralmente scappata da Blaise, non se l’era sentita di tornare alla Torre, non sia mai qualcuno l’avesse vista in quelle condizioni. Non avrebbe saputo cosa dire.
Si era rifugiata nella Torre di Astronomia, lontana da tutti e si era fatta viva, solo dieci minuti prima della cena, propinando agli amici la scusa di una ricerca importante in biblioteca.
“Questa ricerca ti ha massacrata” disse con evidente sarcasmo, Harry.
Hermione lo guardò sapendo perfettamente che non sarebbe sfuggita al suo interrogatorio.
“Abbastanza” rispose lei rauca.
“Oh guardate! Il Principe dei Mangiamorte s’è degnato di venire a cena. Fa sempre tardi, possibile che nessuno gli dica niente?” si lamentò Ronald, corrucciando la fronte.
Draco Malfoy aveva appena fatto la sua comparsa in Sala Grande, insieme a Blaise Zabini.
Hermione tremò appena e non riuscì a non voltarsi.
Quando lo vide, sentì lo stomaco contorcersi e tremò. Ma non il suo corpo.

Le tremò l’anima, per la prima volta in vita sua.
Blaise si girò a guardare e intercettando lo sguardo della Grifondoro, alzò una mano in segno di saluto. Quest’ultima, che non se lo aspettava, tentennò per poi rispondere anch’ella al saluto con una mano.
“Mione, ma quello ha salutato proprio te?” domandò con sconcerto il rosso del gruppo.
“Si” soffiò lei, senza dire altro.
“Ma se non vi siete mai parlati!” ribatté l’amico.
Hermione che si stava lievemente innervosendo.
“E che ne sai tu!” rispose brusca.
Il suo gruppo di amici rimase ammutolito da quell’improvvisa rabbia.
La ragazza se ne accorse, ma non riuscì a frenare il suo nervosismo.
“Mica siete sempre con me, da sapere chi frequento? Blaise è un ragazzo simpatico e di ottima compagnia” disse con veemenza.
“Blaise?” Ron storse la bocca e Harry gli lanciò un’occhiataccia, sperando capisse che doveva smetterla.
“Si, quel ragazzo moro dagli occhi azzurri, si chiama Blaise! E ora se permettete, vado in stanza. Sono stanca di stare qui!” si pulì la bocca col tovagliolo e sgattaiolò via.
Quattro paia di occhi Serpeverde seguirono quei gesti palesemente nervosi, chiedendosi cosa stesse succedendo. L’espressione della Grifondoro la diceva lunga su quanto i suoi amici l’avessero fatta infuriare.
Una volta fuori dalla Sala Grande, Hermione deviò, non si stava dirigendo come aveva detto agli amici, alla torre, ma ovunque potesse pensare in santa pace.
Seguì uno dei tanti corridoi di cui era dotato il castello e si ritrovò quasi nei sotterranei.
Terra nemica.
Prima che per puro caso, incontrasse qualche Serpreverde, si rifugiò in un’aula in disuso.
Si sedette sul davanzale della finestra, volgendo i suoi occhi al meraviglioso panorama, oscurato dalla notte.

 

 

Zabini e Malfoy avevano appena finito di cenare, quando una lamentosa Pansy Parkinson passò loro davanti, sculettando.
Draco alzò un sopracciglio.
“Quella ragazza non cambierà mai” affermò Blaise, seguendo con lo sguardo quel sedere dalle forme appena accennate.
“E’ una seccatura, ecco cos’è!” esclamò irritato il biondo.
Zabini rise “Continua ad importunarti?” domandò.
“No. Ha allentato la corda per cause a te ben conosciute”
“La tua famiglia” ribatté il moro prontamente.
“Non abbiamo certo una buona reputazione ora. Ma non m’importa. Non ho bisogno di rompiscatole tra i piedi. Voglio essere libero fin quando mi sarà possibile” borbottò.
“Hai idea di chi ti faranno sposare i tuoi?” chiese il moro.
“No. Mia Madre mi ha comunicato, gentilmente, che mio Padre dal carcere le dà direttive sul mio futuro, ma non me ne ha ancora parlato. Tzk” disse tra i denti.
“Secondo lei dovrei vivermi tranquillamente questo ultimo anno qui e farmi conoscere e amare. Idiozie!”
“Non ci vedo niente di male” rispose Blaise attirandosi un’occhiata dell’amico.
“Lasciati alle spalle il peso del tuo cognome e vivi!” lo incitò.
Draco sbuffò.
“Mi sembra di risentire il discorso di Narcissa” ribatté seccato.
“Fa un po’ come ti pare. Il mio è solo un consiglio spassionato” disse Zabini posandogli una mano sulla spalla, per poi sorpassarlo.
Draco rimase fermo in mezzo al corridoio che portava al loro dormitorio.
Quel ragazzo era davvero strambo. Prima parlava con la Granger, osando dire che fosse di buona compagnia, poi gli consigliava di lasciarsi andare. S’era di certo fumato qualcosa di pesante.
Ma un rumore improvviso lo distolse dai suoi pensieri.
Girò il capo alla sua sinistra. Il rumore sembrava provenire da dietro la porta di una vecchia aula inutilizzata. Si avvicinò cauto, afferrando la bacchetta, pronto a rispondere a qualsiasi attacco.
Chi poteva essersi introdotto nel loro territorio?
Draco aprì lentamente la porta che cigolò appena. Il buio non gli permise di mettere ben a fuoco la stanza.

“Lumos” la luce della bacchetta illuminò l’aula. Il biondo si guardò attorno guardingo, quando poi scorse un piede, si allarmò.
“Vieni fuori, ti ho visto!” urlò
Non ci volle molto, perché la persona sentitasi chiamare, rispondesse a quell’ordine. Draco già rideva tra sé e sé, sentendosi forte, ma fu costretto a rimangiarsi quel sorriso.

La Mezzosangue era davanti a lui coi vestiti sgualciti e il viso più pallido che avesse mai visto.
Si scrutarono per qualche secondo.
“Che ci fai qui?” Draco sembrò aver ritrovato la voce.
“Ci sono finita per caso” rispose Hermione, atona. Quasi non le importasse di niente.
Non era il genere di risposta che lui si sarebbe aspettato da un tipo come lei.
“Non sai che questo è territorio di noi Serpeverde?” strafottente e arrogante come al solito, Malfoy fissava la Mezzosangue con aria di superiorità.
“Non volevo invadere il vostro territorio. Avevo…” si fermò, non le sembrava il caso di dire i fatti suoi a quella serpe.
“Ho sbagliato direzione e mi sono ritrovata qui. Ma ora tolgo il disturbo” ribadì decisa.
Ma proprio mentre stava per lasciare l’aula, Draco la fermò con una spallata lieve, facendola indietreggiare.
“Cos’era quel rumore che ho sentito?” domandò.
Hermione sospirò.
“Sono caduta dal davanzale, contento? E ora lasciamo passare”
“No.”
“No? Malfoy non ho voglia di giocare, lasciami tornare nel mio dormitorio” si lamento lei, trovando un po’ della sua forza.
“Se volevi realmente andare nella tua adorata torre, perché sei finita quaggiù? Ti sei messa in trappola da sola” il sorriso di trionfo che si dipinse sulle labbra di Malfoy la fece arrossire di rabbia.
Hermione non poté non pensare che lui avesse ragione.
“Malfoy, ti ho già detto che non sono in vena di giocare”
“Io invece si” mormorò, accarezzandole il viso con la bacchetta. La ragazza scattò subito, afferrando la propria.
“Hai intenzione di combattere?” proferì lei con tono di sfida.
“No. Voglio sapere perché sei venuta qui!”
“Te l’ho già spiegato” ribatté lei.
“Non mi hai convinto. Ritenta sarai più fortunata” ciarlò ghignando.
“Idiota!” sussurrò lei a bassa voce, provando a spostarsi per raggiungere la porta, ma Draco ancora una volta, non glielo permise, afferrandola per un polso.
“Cosa cazzo cerchi Granger?” questa volta, lo domandò con un tono profondo e leggermente incazzato.
“Niente, Malfoy” Hermione avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.

“Infatti…cosa speravo di trovare in lui se non il…nulla. E allora perché non la smetto di esserne ossessionata?” la Grifondoro strinse i pugni, strattonando il braccio ancora stretto dal biondo.
“Forse sei arrivata fin qui per un certo Serpeverde dagli occhi azzurri?” chiese Malfoy con fastidio.
Hermione sussultò.
Che ne poteva sapere lui della loro chiacchierata?
Draco rise forte, comprendendo il turbamento della riccia Caposcuola.
“Stupida ingenua. Blaise è mio amico, non sai che mi dice tutto?” la voce gli uscì strascicata.
“E’ certamente migliore di te!” Hermione non riuscì a frenare la sua lingua, la presa sul suo polso aumentò e lei capì di aver irritato ulteriormente il Principe delle Serpi.
“Stai zitta!” urlò rabbioso Draco.
“Sei solo una mocciosa, Mezzosangue per giunta. Lui non potrebbe mai amarti!” sputò con cattiveria.
“Malfoy, lasciami andare!”
“Allora è così?” ribatté lui, strattonandola, finché la giovane non batté una gamba contro un banco.
“Lasciami, lasciami. Stupido!” Hermione si dimenò impazzita.
Lui le lasciò andare il braccio.
Hermione se lo massaggiò.
“Cos’è hai paura?” domandò suadente, Malfoy, notando il vibrare del corpo della giovane.
“Di te, mai!” Hermione si voltò di scatto e lo affrontò con lo sguardo.
A testa alta, come aveva sempre fatto.
La tempesta grigia degli occhi del biondo si scontrò col fuoco ardente della riccia Caposcuola.
E fu nuovamente guerra.
Una guerra diversa che agitava i loro animi sotto pelle, senza evidenti manifestazioni, ma che li lasciava ogni volta sconvolti e spossati.
Confusi e arrabbiati.
Il tumulto incessante dei loro cuori era la testimonianza vivente di quanto quel loro strano rapporto di rivalità tra Slytherin e Griffindor, fosse vivo e andasse a toccare corde impensabili per tutto.
Soprattutto per loro.
Fu Hermione la prima a cedere, chiudendo per un attimo gli occhi per assimilare quelle bizzarre sensazioni e cercare di dare loro una spiegazione valida.
“I miei rivali devono essere all’altezza, Granger e tu sei una donna, per giunta Sangue Sporco, come puoi pensare di potermi sfidare o minacciare. Non accetto da te un tono del genere, capito?” le puntellò un dito sulla spalla, spingendola appena all’indietro.
L’interessata indurì lo sguardo e gli gettò addosso tutto il suo sdegno:
“Tu pensi di essere migliore di me, Malfoy? Solo perché hai Sangue puro che scorre nelle vene credi di avere il diritto di giudicare o puntare il dito? Oppure è il fatto che tu abbia tradito la causa di Voldemort che ti senti così forte? Pensi che solo questo serva a farti guadagnare il rispetto delle persone?” mentre sputava quelle parole d’odio, si era avvicinata a lui di molto, alzandosi sulle punte per arrivare all’altezza del suo viso.
“Ti sbagli di grosso, Malfoy! È l’umiltà che non hai e non avrai mai che è degna di tutto rispetto. Impara dagli errori, Purosangue dei miei stivali.” Hermione tornò alla sua posizione iniziale, dandogli le spalle.
“Un’ultima cosa” disse, tornando a guardarlo.
“Non mi interessa che tu sia contrario, io parlerò con Blaise quanto e quando mi pare. Lui non è come te, non gliene importa del sangue e mi vede come una ragazza” dopo aver ben marcato l’ultima parola, se ne andò.
Draco era rimasto in astioso silenzio.
Avrebbe voluto vomitarle addosso tutta la sua frustrazione, ma le parole di quella stupida Mezzosangue lo avevano bloccato e irritato parecchio.
Ma cosa cazzo ne poteva sapere lei del rispetto?
O dell’umiltà?
Avrebbe dovuto vivere la sua vita per conoscere la verità!
Eppure…
Eppure lui non riusciva a togliersela dalla testa.
Ne era ossessionato.
Erano 7 anni.
Sette anni in cui l’aveva sfidata, umiliata e lei non aveva mai mostrato arrendevolezza o debolezza e questo non aveva fatto che alimentare il suo subdolo interesse, trasformatosi col tempo, in qualcosa di più.

Ossessione.
Amore.

Draco sbarrò gli occhi e scosse la testa.
No, lui non poteva provare amore, glielo aveva insegnato suo padre.
E allora perché…perché si sentiva così maledettamente debole di fronte a quel sentimento?

***

Ed eccoci giunti ad un primo confronto tra Draco e Hermione.
Non c'è un vero vincitore. Entrambi ne escono parzialmente sconfitti. Lacerati e confusi da quello che loro stesso provano, qualcosa che li turba più di quanto immaginano.
E' evidente il turbamento di Hermione, lo dimostra il modo in cui si infiamma alle parole di Ron. Lei non vorrebbe rispondergli a quel modo, ma detesta che il suo amico  parli così. A quel punto fugge via, anche perchè sa che dovrà affrontare Harry e proabilmente anche Ginny che non è stupida, ha capito che qualcosa non va.
Quello che più mi ha divertito è stato scrivere la parte iniziale: il dialogo tra Blaise e Draco. 
Voi cosa ne pensate?
Grazie per le vostre continue dimostrazioni di stima. Le vostre parole sono sempre fonte di gioia per la sottoscritta, nonché di meraviglia.
Al prissimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento. I protagonisti appartengono alla Rowling.

Marghe

 

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Capitolo 15
*** Sentimentalmente confusa ***


Sentimentalmente confusa

Capitolo 14 “Sentimentalmente confusa”

 

Hermione corse più che poté.
“Solo una stupida come me poteva perdere la testa per uno stronzo come Malfoy! Ma cosa spero di trovarci in lui?”
Quando Ginny ed Harry la videro attraversare di corsa piangendo, la Sala Comune, seppero che qualcosa era realmente successo.
Harry fece un passo in avanti pronto a seguirla, ma la sua fidanzata lo fermò.
Quando il moro dagli occhi verdi si girò per chiederle spiegazioni, quest’ultima le fece un cenno di diniego con la testa.
“Vado io a parlare con Hermione” disse e si avviò su per le scale che conducevano a dormitori femminili.

 

Hermione era sul letto a piangere quando udì bussare alla porta.
Calì e Lavanda non c’erano, probabilmente avevano il loro da fare quella sera.
La riccia si mise a sedere sul letto, con una manica della maglia si asciugò gli occhi e poi invitò la persona ad entrare, con un timido “Avanti”.
Ginevra Weasley fece la sua comparsa.
Hermione la osservò per qualche secondo, poi distolse lo sguardo.
La rossa fece qualche passo in avanti e si accomodò sul letto di Hermione.
“Ora tu mi spieghi per filo e per segno cosa sta succedendo!” le ordinò con voce severa e prima che la Caposcuola potesse dire qualcosa, aggiunse: “E non accetto un no come risposta”.
La suddetta Caposcuola sospirò e rassegnata raccontò ogni cosa alla sua amica.

 

“E così mi hai tenuta all’oscuro di questo misterioso quaderno e dello strano coinvolgimento che ultimamente senti per Malfoy” il tono usato da Ginny non suonò né seccato né deluso.
“Ti prego di perdonarmi, Gin!” sussurrò Hermione.
“Si, si ho capito tranquilla. Non ce l’ho con te” sorrise all’amica.
“Però non capisco perché tu l’abbia detto ad Harry e non a me” disse ancora la rossa, storcendo la bocca e incrociando le braccia sotto il seno.
Mamma Molly in persona!
“Non prendertela con lui. Mi ha colta in un momento di forte sbandamento e non ho saputo mentirgli. Gli ho chiesto io di tenere la bocca chiusa” la implorò la Caposcuola.
“Non importa. Sono felice che tu ora ne stia discutendo con me.” Asserì sorridendo di sbieco.
“Non sai che peso mi sono tolta…” disse Hermione, prima di ritornare con la mente a quello che era accaduto.
“Cosa devo fare, Ginny?” soffiò seria, mentre i suoi occhi divenivano vacui.
“Solo stare attenta a Malfoy” intervenne improvvisamente una voce da fuori la porta, lasciata semi aperta dalla rossa.
Il Bambino Sopravvissuto ormai scoperto, si premurò di farsi vedere.
“Harry ti avevo chiesto di restare in Sala!” lo rimproverò la fidanzata.
“Lo so. Ma non potevo restare lì con le mani in mano” borbottò in risposta, abbassando un po’ la testa a mo di scusa.
“Hai sentito tutto?” domandò Hermione accennando un sorriso e ignorando il quasi litigio tra i suoi due amici.
Harry annuì.
“L’atteggiamento di Malfoy a volte mi sembra concorde col suo modo di fare passato, altre volte no” annunciò il moro.
“Eppure ho la sensazione che ci sia lui dietro quel quaderno” affermò guardando Hermione, la quale abbassò gli occhi.
Voleva tanto che Harry avesse ragione.
“C’è una cosa che però devi fare, Herm” disse in tono serio.
“Cosa?” domandò la ragazza in questione.
“Parlare con Dean ed essere onesta con lui. Ti vuole un gran bene quel ragazzo, non merita di essere preso in giro. Anche se…speravo che fosse lui la persona giusta per te” confessò Harry, prendendo posto anch’egli sul letto.
“Non lo prendo in giro, sa bene che non voglio storie ora. Ne abbiamo parlato, ma farò come mi hai detto”
“Però con Malfoy una storia la vorresti?” la provocò il Bambino Sopravvissuto.
Hermione non poté prevedere la reazione del proprio corpo che vibrò alla sola idea.
“E se fosse lui, l’autore del quaderno?” buttò lì Ginny, aiutando inconsciamente l’amica.
“Per fugare ogni dubbio, glielo chiederò” decise Hermione.
“Ho una confusione in testa mai vista. So che il ragazzo misterioso mi attira perché mi fa sentire diversa, mi vede sotto un aspetto nuovo. Non un’amica, non una studentessa, non…”
“Una secchiona, saputella” aggiunse Ginny ridacchiando, Hermione le scoccò un’occhiataccia gelida.
“Anche” disse poi “Per lui sono prima di tutto una ragazza. Una ragazza desiderabile.”
“E perché non potrebbe essere Dean il ragazzo in questione?” insisté la rossa Weasley.
“Perché non mi sembra il tipo” affermò la riccia, alzando un dito.
Segno che stava ragionando.
“Ma a lui piaci, che male ci sarebbe se ti desiderasse, sarebbe anche normale. Non mi sembra che lui non ti veda come una ragazza” la constatazione dell’amica non era del tutto errata, si trovò a pensare Hermione, ma continuava a non essere convinta.
“No, Gin” proruppe improvvisamente Harry. Entrambe le ragazze si girarono a guardarlo.
“Posso assicurarti che non è Dean” parlò rivolto alla fidanzata.
“Ti ricordi Hermione quando ti proposi di camminare col quaderno sotto braccio?” continuò rivolgendosi all’altra ragazza.
Hermione annuì.
“Bene, durante il nostro giro tra i corridoi incontrammo anche Dean che si è mostrato completamente indifferente al quaderno, anzi non l’ha quasi notato”.
“Se fingesse…” propose ancora Ginny.
Harry mosse il capo in senso di diniego.
“Dean non incanterebbe un quaderno per farglielo trovare e poi chiederle di frequentarsi. Quando ha dichiarato il suo interesse per Hermione avrebbe potuto tranquillamente dire che quel quaderno era suo, ormai si era scoperto” constatò il Bambino Sopravvissuto.
“Mmm forse hai ragione” accordò la sua fidanzata, soddisfacendo l’ego di Harry.
“In ogni caso, domani parlerò con Dean, così saremo sicuri” asserì Hermione,s sbadigliando.
“Brava. Stasera era molto preoccupato per te, non si aspettava quella reazione a cena…e neanche noi, in verità” Harry fissò l’amica con sguardo sincero.
“Lo so. Scusatemi. Non so cosa mi sia preso” la Caposcuola scosse il capo, ce l’aveva con sé stessa e con i suoi comportamenti sbagliati.
“Non ci pensare ora. Riposa. È stata una lunga giornata” le suggerì Ginny, abbracciandola.
E così lei e Harry lasciarono la stanza, per permettere ad Hermione di assopire i propri pensieri.

 

 

La mattina seguente, Hermione si svegliò di soprassalto ricordandosi ogni cosa.
Sbuffò e senza fare rumore, si preparò e uscì, lasciando Lavanda e Calì nel pieno del sonno.
Erano appena le sei di mattina ed Hermione non aveva più sonno, per questo scese nella Sala Comune e si accoccolò sul divano. Guardava la cenere del camino, perdendosi in elucubrazioni di ogni tipo.
Non le andava di farsi vedere in quelle condizioni dai suoi amici, per questo indispettita nei confronti di sé stessa, attraverso il ritratto della Signora Grassa. Non sapeva esattamente dove andare. Le sue gambe l’avevano portata al primo piano, avrebbe voluto correre fuori nel prato, ma a quell’ora non poteva. Agli studenti non era permesso uscire prima di una certa ora.
Sbuffò e decise di sedersi sul davanzale sotto uno dei grandi archi che davano sulla foresta.
“Siamo mattiniere?” una voce maschile alle sue spalle, la fece sobbalzare per lo spavento.
Si voltò pronta a rispondere in modo scortese. Non voleva essere disturbata, ma quando vide la figura alta e robusta di Blaise, le nacque spontaneo un sorriso.
“Sei felice di vedermi?” le chiese in tono divertito, sorridendo anch’egli.
“Molto” Hermione annuì dando maggiore vigore alla sua risposta.
Blaise si avvicinò.
“Incantato” disse chinando lievemente il capo in un gesto cerimonioso, facendo ridere e arrossire Hermione.
“Come siamo galanti. Sei sempre così di prima mattina?” gli disse, facendogli cenno con la mano di accomodarsi di fronte a lei.
Blaise accettò l’invito e si accomodò anch’egli sul davanzale.
“Che ci fa una signorina tutta sola a quest’ora del mattino in giro per il castello?”
“Potrei farti la stessa domanda, sai?” ribatté lei divertita.
“Touché” le strizzò l’occhio.
“Comunque, facendo i seri. Che ci fai qui a quest’ora?” domandò Blaise.
Hermione gli scoccò un’occhiata strana, quasi seccata, poi si arrese di fronte alla determinazione del Serpeverde.
“Non mi andava più di dormire e sono uscita per una passeggiata mattutina” optò per una mezza verità.
“Mmm. Capisco” rispose lui, non pienamente convinto.
“Tu?” Hermione cercò di spostare la conversazione verso di lui.
“Io mi sveglio sempre presto e mi piace girare per il castello prima di fare colazione” volse una breve occhiata al panorama, poi tornò a guardare Hermione.
“Mi piace riflettere. Non sembra ma è così e di prima mattina riesco a mettere meglio a fuoco quello che succede” sussurrò, improvvisamente amareggiato.
Hermione stava per chiedergli cos’era accaduto, ma lui fu più veloce.
“Mi spiace che ieri Draco ti abbia fatto male” asserì fissandola attentamente.
Che ne sapeva lui?
“Cosa…come…” mormorò frastornata.
“Non mi ha detto niente lui. Ero nel corridoio quando ti ho vista fuggire via da quella vecchia aula in disuso, dopo poco è uscito anche Draco e ho capito che era successo qualcosa. Perché sei venuta fin laggiù?” la domanda diretta le giunse alle orecchie come un eco.
Hermione fissò quel ragazzo così gentile e fissando i suoi occhi, seppe che poteva fidarsi di lui, anzi probabilmente lui aveva già capito tutto.
Sospirò e scosse il capo.
“Io…mi devo aspettare reazioni di quel tipo da Malfoy, in fondo mi odia. Ci detestiamo, è normale, però la guerra è finita e vorrei che con essa fossero spariti anche i pregiudizi su quelli come me”
“Vorresti. Ma dimmi. Voi Grifondoro avete messo da parte i vostri pregiudizi sui Serpeverde?” Blaise aveva toccato la corda giusta. La sua domanda era più che legittima.
Hermione distolse lo sguardo, timorosa che lui capisse di averci preso.
“Come immaginavo” commentò mellifluo, chinandosi verso di lei.
Le toccò la mano con le punta delle dita e lei sussultò.
“I pregiudizi non possono sparire da un giorno all’altro. Ci vuole tempo, volontà e predisposizione a farlo da entrambe le parti. Draco è cresciuto con certi valori, credeva davvero che fossero giusti, però sai bene cosa ha fatto durante la guerra. Ha rischiato la vita passando dalla vostra parte e credo che questo possa significare che in realtà lui non credeva che quegli ideali fossero giusti, seppur li predicasse” Blaise si fermò, riprendendo fiato.
“Con questo non voglio giustificare ciò che ti ha detto o fatto, ma lui ha un problema a relazionarsi. Anche con me. Sono suo amico, lui lo sa, ma non sempre si sfoga e se lo fa, dalla sua bocca escono solo monosillabi o frasi a metà. È capitato che venisse in stanza mi guardasse senza dire una parola, per poi andarsene d’improvviso. Io ho imparato col tempo a decifrare i suoi silenzi e li rispetto. Non giudicarlo male. Draco è un ragazzo chiuso e fondamentalmente insicuro” il ragazzo fissò così intensamente Hermione che quest’ultima si sentì quasi svuotata.
“E’ un piccolo bullo” borbottò lei, arricciando il naso.
Blaise sorrise leggero.
“Si. Ma un bullo che aggredisce per non essere a sua volta aggredito. Spero che un giorno Draco incontri una ragazza che sappia insegnargli ad amare e che a sua volta, lo ami” asserì ghignando all’indirizzo di Hermione.
“Ma non è già promesso ad una ragazza?” domandò lei.
Zabini annuì.
“Però io spero che sua madre cambi idea. È una brava donna e gli vuole bene”.
Hermione si trovò a domandarsi perché quel ragazzo le stesse dicendo tutte quelle cose su Malfoy. Decise che glielo avrebbe chiesto.
“Blaise…” lui la guardò.
“Perché mi stai dicendo questo. Cioè…capisco che vuoi difendere il tuo amico, ma io…io che cosa c’entro?”
Il ragazzo in questione ghignò.
“Ah Hermione! Te lo dirò se tu risponderai ad una mia domanda” proferì divertito.
La ragazza tentennò, ma poi accettò il compromesso, pur sapendo di rischiare.
“Perché eri nei sotterranei?”
Bum.
Il cuore di Hermione subì un arresto momentaneo.
Fissò Blaise senza realmente guardarlo.
Che fare?
Dire la verità o mentire?
Da buona Grifondoro il coraggio avrebbe dovuto spingerla ad essere onesta. In genere i menzogneri per eccellenza erano proprio i Serpeverde, per tale motivo optò per la sincerità.
“Ieri sera ho discusso con i miei amici, in particolare con Ron dopo che ha saputo che ti ho parlato. Tra di noi, lui è quello più restio ai cambiamenti d’opinione e non capisce cosa mi stia succedendo. Harry e Ginny invece, sono più ragionevoli. Comunque, dopo aver perso l’appetito mi sono alzata da tavola intenzionata a ritirarmi in stanza, ma non avevo voglia di vedere gente e senza accorgermene mi sono ritrovata nei sotterranei in quell’aula in disuso. Poi è arrivato Malfoy e…ho discusso anche con lui” Hermione sospirò.
“Non credo che andremo mai d’accordo io e lui. Mi piacerebbe…capirlo…Non so neanche perché io voglia farlo…o forse si” scosse il capo.
“Sono confusa, Blaise. Sono tanto confusa” blaterò, portandosi le mani sul viso.
Un tocco caldo sulle spalle, la ridestò.
Quando spostò le mani dal viso, si ritrovò il petto di Blaise davanti.
La stava abbracciando.
Sentendosi improvvisamente coccolata e triste, lasciò che qualche lacrima sfuggisse al suo controllo.
Qualche minuto dopo, si scostò gentilmente, sorridendogli come ringraziamento.
“Ora tocca a te dirmi la verità” asserì determinata.
“Ah voi Grifondoro siete sempre così...” ma non terminò la frase.
“Ti ho detto tutto questo perché confido sulla tua intelligenza che so, ti permetterà di andare al di là delle apparenze” detto questo si alzò in piedi e le porse una mano.
“Si è fatta ora di colazione, che ne dici di andare?”
Hermione sorrise, annuì e si fece aiutare da Blaise ad alzarsi.
“Non ti scoccia che ti vedano con me?” chiese la ragazza, mentre camminavano diretti in Sala Grande.
Blaise fece una strana smorfia con la bocca.
“Hai qualche malattia trasmissibile con la vicinanza fisica?” rispose lui, fissandola di sottecchi.
Hermione rimase basita.
“No…” ribatté confusa.
“Bene, allora non vedo perché non dovrei parlarti o starti vicino” sorrise del suo sgomento.
La ragazza si ritrovò suo malgrado a ridere e ad apprezzare la diversità di quel Serpreverde.
Quando lui le aprì la porta per accedere alla Sala, arrossì e lo ringraziò balbettando. Messo  piede in quel posto, in molti si girarono a guardarli e Hermione si sentì al centro dell’attenzione. E lei detestava esserlo.
“Ci vediamo presto, Hermione” le sussurrò lui all’orecchio, prima di salutarla con un cenno della mano.
La ragazza si ritrovò ad annuire senza in realtà aver capito niente. Guardandosi attorno vide che dal tavolo dei Grifondoro Ron la guardava scioccato, mentre Harry e Ginny le sorridevano, scuotendo il capo. Senza volerlo, i suoi occhi si fissarono nella direzione opposta, quella verso cui era andato Blaise e intercettarono uno sguardo ormai divenuto familiare. Draco Malfoy la guardava rabbioso e quando il suo amico si accomodò al suo fianco, non lo degnò di alcuna attenzione.
Hermione distolse immediatamente lo sguardo e si incamminò verso il suo tavolo, preparandosi a fingere indifferenza.
“Buongiorno!” salutò con allegria.
Ricevette in risposta borbottii di bocche piene.
 

 

“Che ci facevi con Blaise stamane? E perché non ti ho trovata in stanza? Vi siete dati appuntamento?” le domande continue di Harry arrivarono subito dopo la colazione.
Ginny al suo fianco sbuffava.
“La smetti?” esclamò “Così sembri un ossesso!”
“Scusate!” borbottò lui in risposta, arrossendo e chinando il capo.
Hermione rise.
“Tranquilli, ora vi racconto tutto” e si accinse a narrare ciò che era accaduto, con la consapevolezza che oramai, Blaise faceva parte della sua quotidianità e non le dispiaceva.

Come non le dispiaceva, voler provare a capire Malfoy…e quel sentimento che sentiva di provare per lui.

 

 

***
Blaise fa di nuovo la sua apparizione in questo capitolo.
Come vedete è un ragazzo piuttosto scaltro. Misura bene le sue mosse e le sue parole.
Mi piace molto immaginarlo in questo modo.
Come avrete letto, Hermione finalmente racconta ogni cosa anche a Ginevra, trovando in lei un nuovo appoggio.
Il mio preferito resta Harry. Non so per quale motivo, credo perché sia molto più maturo.
Mi spiace molto che il capitolo precedente non sia stato di vostro gradimento.
Cosa non vi è piaciuto?
Se ci sono errori o orrori, ditemelo tranquillamente.
Sono qui, anche per migliorare ;).
In ogni caso, vi ringrazio tantissimo. E' sempre emozionante leggere le vostre recensioni. Mi fate sentire davvero bene.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio duro diletto. I personaggi sono di invenzione della Rowling.
Marghe

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Capitolo 16
*** Mio ***


Mio

Capitolo 15 “Mio”

 

Era trascorsa un’altra settimana.
Una settimana senza particolari sorprese.
Hermione si dedicava allo studio e ai suoi amici, com’era sempre stata solita fare. In più, si vedeva con Blaise in giardino per qualche chiacchiera.
Mai nessun accenno a Draco.
Il Serpeverde biondo si era fatto vedere molto poco in giro, se non a lezione e il suo atteggiamento appariva sempre più scostante e freddo.
Ignorava tutti.
Ignorava lei.
E questo non le piaceva affatto.
Sentiva la mancanza di qualcosa che effettivamente non c’era mai stato, ma le sue prese in giro, le sue aggressioni verbali, erano l’unico modo che lei aveva per avere un contatto minimo con lui. Ma Draco aveva deciso di privarla anche di questo.
Non si recava più neanche presso il Lago Nero.
Hermione ne aveva parlato sia con Ginny che con Harry. La prima le aveva consigliato di affrontarlo di petto e parlargli, ma il Bambino Sopravvissuto si era dimostrato più saggio dicendole di non affrettare le cose, di lanciare piccoli segnali, magari cercando di farsi trovare dove andava lui e ignorandolo a sua volta.
Insomma doveva fare il suo stesso gioco.
Ma Hermione era stanca di giocare e la prima cosa che aveva fatto in quella settimana era stato parlare con Dean.
Non era stato semplice, ma lei doveva essere onesta.
Non gli aveva detto che era innamorata di un altro, ma gli aveva raccontato di quel quaderno e di ciò che le suscitava.
Dean aveva incassato il colpo da vero gentiluomo e non le aveva fatto pesare la sua decisione.
“Mi avevi detto subito che non volevi una storia. Stai cercando l’autore di questi disegni” disse, indicando il quaderno “Perché ti sei invaghita di lui, no? O forse speri sia qualcuno in particolare?” domandò, guardandola in un modo che Hermione non riconosceva suo.
“Io non spero niente” ribatté lei immediatamente.
Forse troppo.
Dean le sorrise teneramente, accarezzandole la guancia con le nocche della mano destra.
“Hermione non fingere, ti prego. Non devi proteggermi da nulla, se tu fossi interessata a qualcuno, come credo che sia, non nuocerà alla mia salute. Non mi hai illuso. Ti voglio comunque bene e ti trovo una ragazza preziosa e meravigliosa. Spero solo che questa persona non ti faccia del male” le restituì il quaderno.
“Non ti obbligherò a dirmi niente se non vuoi. Ma vorrei dirti io un’ultima cosa: mi sarebbe piaciuto essere io quella persona” e le lasciò un bacio a fior di labbra che lasciò ad Hermione una strana sensazione di malinconia.

 

Blaise si ritrovò per caso ad assistere a quella scena e sorrise tra sé.
I suoi dubbi sembravano trovare conferma. Certo quel bacio non sarebbe stato apprezzato da quella persona, ma poteva essere l’unico modo per stimolarla ad agire.
La sua mente da Serpeverde stava già elaborando un piano.

 

Hermione era rimasta nel corridoio ancora qualche secondo, fissando il vuoto davanti a lei. Non si aspettava quel bacio. Certo Dean non l’aveva sforzata o costretta ad usare la lingua, il suo era stato un semplice sfioramento di labbra.
Una carezza delicata e leggerla. Proprio com’era stata la sua presenza in quelle settimane, nella vita di Hermione.
Piacevole, ma non tale da scuoterle il cuore come avrebbe voluto.
La ragazza si ritrovò a pensare che avrebbe voluto anche lei che fosse lui quel ragazzo, perché ne era certa: Dean le voleva bene sul serio.
Nessuno sfottò, accenni al suo sangue.
Niente di niente.
Però il cuore la guidava altrove. Una direzione che lei non era sicura di voler intraprendere.
“Hermione” quando si sentì chiamare, si ricordò di essere ferma in mezzo al corridoio, in orario di lezione, quindi chiunque poteva vederla.
Si girò velocemente.
“Blaise” sorrise.
“Che spavento! Mi sono…estraniata per qualche minuto” disse, cercando di apparire normale.
“Ho notato” rispose lui brevemente, avvicinandosi.
“Hai lezione?” Hermione cercò di deviare ipotetiche domande scomode.
“Si. Trasfigurazione con voi Grifondoro. Sei sicura di star bene?” chiese, mettendole una mano sulla fronte, come a volerle misurare la temperatura.
Hermione non si scostò, bensì socchiuse gli occhi.
“Non sembri scottare. Mmm…è successo qualcosa?”
“No, no” asserì lei, allontanandosi un po’.
“Credo di aver dormito male” aggiunse qualche istante dopo.
“Incubi, Mezzosangue?” una voce strascicata e velenosa rispose al posto di un Blaise per niente sorpreso per quell’interruzione.
Hermione sapeva benissimo a chi apparteneva e le bastò spostare lo sguardo alle spalle del moro per vedere chiaramente una chioma bionda perfettamente pettinata, fare la sua teatrale comparsa.
“Nessun incubo, Malfoy” si limitò a rispondere la ragazza.
Per un attimo Hermione avrebbe voluto fingere che non esistesse, fare proprio come le aveva suggerito Harry, mostrando una totale indifferenza alle parole del ragazzo, ma non era riuscita a tenere a freno la lingua.
Nel frattempo, Draco Malfoy si affiancò all’amico e guardò di sottecchi la riccia Caposcuola.
“Zabini, noto con piacere che perdi ancora del tempo con persone di scarso spessore” disse con noncuranza, come se lei non fosse lì.
Blaise scosse la testa, accennando un sorrisetto.
“Malfoy sei il solito” borbottò poi a mezza voce.
“Andiamo Zabini, non vorrai far tardi a lezione. Cerchiamo di fare bella figura, ho proprio voglia di vedere la faccia della McGranitt quando noterà che la sua pupilla non è ancora in classe” e passò davanti ad Hermione, ignorandola.
In genere, Hermione gliene avrebbe dette quattro, rispondendolo per le rime, ma si sentiva come bloccata e si ritrovò a fissare Blaise che, come lei, era rimasto impalato in mezzo al corridoio.
Harry aveva ragione. Non doveva dargli alcuna soddisfazione. E il suggerimento del Bambino Sopravvissuto, arrivò anche dal moro Serpeverde:
“Ignoralo” le disse Blaise che con movimento repentino e fluido fu accanto all’amico.
Hermione a quel punto si diede una scrollata e corse in classe, superando entrambi.

 

 

Draco e Blaise erano seduti allo stesso banco.
La Professoressa voleva che i ragazzi trasfigurassero un piccolo topo, in un mouse per pc, un oggetto babbano di cui Draco aveva sentito parlare qualche volta.
“Sei nervoso?” domandò il moro.
“Cosa te lo fa credere?” borbottò un Draco inferocito che non riusciva a far ruotare in maniera corretta la bacchetta.
“Intuito” mormorò mellifluo Blaise, ghignando degli errori dell’amico.
Draco non vi badò e cercò di concentrarsi sul compito maledicendo quella vecchia strega della McGranitt e la novità di trasfigurare gli oggetti in aggeggi babbani che lui neanche conosceva!
Al contrario, Blaise ci era riuscito al primo colpo e sorrideva soddisfatto guardando il risultato della sua magia.
“Toh!” esclamò ironico.
“Ci sono riuscito” e nel dirlo si voltò verso il compagno di casa che lo fissava con malcelata irritazione.
“Fortuna. Solo fortuna” un lampo d’ira gli attraverso gli occhi.
“Forse frequentare i Mezzosangue ti ha aiutato a rapportarti meglio con oggetti babbani”  disse con fare beffardo. Voleva proprio vedere come avrebbe reagito il suo amico.
Già…amico!
Draco lo considerava tale anche se non glielo aveva mai né detto né dimostrato, ma d’altronde lui non er  abituato a slanci d’affetto di nessun tipo. Gli avevano solo insegnato che in ogni situazione doveva mostrarsi inattaccabile e al di sopra di tutti.
Eppure lo irritava da morire quella vicinanza eccessiva di Blaise alla Granger. Non capiva come poteva essere successo e per quale astruso motivo. Non avevano niente in comune.
O forse si e lui non lo sapeva?
Improvvisamente si sentì fortemente preoccupato.
“Draco” lo richiamò Blaise che lo stava scrutando attentamente, segnale che stava provando a sondargli l’anima con lo sguardo.
“Dimmi Zabini” rispose lui tagliente.
Il moro sospirò.
“Dovresti smetterla di comportarti in questo modo. Inutile che ti nascondi dietro il tuo atteggiamento da ragazzo freddo e maschilista…” frecciò, sperando che il biondo capitolasse. Farlo ragionare era sempre un’impresa impossibile, ma Blaise era deciso più che mai ad andare fino in fondo e ci sarebbe riuscito.
Parola di Serpreverde!
“Io non mi nascondo da niente e da nessuno, Zabini. E tu dovresti smetterla di farti friggere il cervello dalle chiacchiere di quella” e indicò con un movimento repentino del capo, Hermione seduta in prima fila.
Blaise seguì il suo sguardo e sorrise.
“Dovresti conoscermi, Malfoy. Sai benissimo che non mi faccio influenzare da nessuno. Benché meno da Hermione. È piacevole parlare con lei e scambiarsi opinioni. Non ci trovo assolutamente niente di anomalo. L’unica anomalia che vedo è il tuo continuare a fingere che ti sia indifferente” replicò in tono lineare.
Draco si girò verso di lui furioso.
“Ma che vai blaterando! A me non piace quell’essere indegno!” sbottò velenoso.
Blaise gli scoccò un’occhiata altrettanto velenosa, ma decise di giocare d’astuzia.
“Bene allora ti sarà indifferente sapere che prima in corridoio Dean Thomas l’ha baciata” asserì, fingendo di tornare a porre attenzione all’oggetto trasfigurato.
Se in un primo momento Draco era rimasto allibito, subito dopo si era ricomposto.
Un bacio.

“Allora si frequentano ancora” pensò, stringendo più forte la bacchetta tra le sue dita e pronunciando la formula magica. Questa volta la trasfigurazione riuscì, ma lui era troppo intento a pensare a quello che gli aveva detto Blaise per festeggiare.
Quest’ultimo sorrise tra sé, gioioso per quella finta non reazione.

Uno a zero per lui.

 

 

“Hermione” Harry stava correndo dietro la ragazza che si fermò per aspettarlo.
Il moro si fermò respirando a fatica.
“Ti stavo cercando” disse appena riprese fiato.
Hermione corrucciò la fronte.
“Volevi dirmi qualcosa?” chiese gentile.
“Si, vieni con me” detto questo le afferrò la mano e la trascinò via con lui.
“Ma dove mi stai portando?” chiese la ragazza, appena la loro corsa rallentò.
“Lo vedrai presto” Harry ammiccò all’indirizzo dell’amica.
Attraversarono a passo veloce lo spazio che li conduceva verso la torre di astronomia. Salirono i gradini in silenzio, Harry con una spinta spalancò il portone e si diressero verso la ringhiera.
“Perché mi hai portato qui?” le domandò Hermione, affiancandolo.
Harry non le rispose subito, si limitò a guardare davanti a sé.
“Guarda” e le indicò il cielo sereno.
Era da settimane che continuava a piovere o a nevicare, quel sole lì in alto spiccava e donava un senso di totale sollievo.
“E’ una giornata bellissima” sussurrò Hermione incantata.
“E’ vero” annuì Harry.
“Con questo tempo vien voglia di fare una lunga passeggiata. Sai credo di non essere l’unico ad averlo pensato” e con un gesto della testa, indicò a Hermione un puntino in lontananza.
Con esattezza un puntino biondo che sostava nei pressi del Lago Nero.
“Quello sembra…”
“Malfoy” continuò per lei, Harry. La ragazza annuì con lo sguardo perso.
“Perché non lo raggiungi” azzardò lui, Hermione tremò e sbatte le palpebre pensando di aver sentito male.
“Cosa?” domandò infatti.
Harry la prese per mano.
“Va da lui”.
“E perché dovrei farlo?” ribatté lei, rimanendo sulla difensiva.
“Perché tu vuoi farlo. Vuoi parlargli, vuoi capire, quindi va da lui e togliti ogni dubbio” le disse Harry senza mai smettere di sorriderle e guardarla negli occhi.
“Non posso” mormorò lei, abbassando la testa.
“Non vuoi, è diverso. Hermione, di solito sei sempre tu a far coraggio a me e Ron. Nelle situazioni più difficili ci hai strigliato e ci hai appoggiato. Ora sono io che ti dico di cacciare fuori le unghie e di combattere per te stessa e la tua vita. Se è Malfoy ciò che vuoi, vai lì e vattelo a prendere. Solo affrontandolo di petto, saprai la verità”.
Le parole di Harry erano sensate e giuste ed Hermione lo sapeva.
Sospirò e volse un’ultima volta i suoi occhi verso quel puntino biondo.
Era giunto il tempo di affrontare sé stessa.
Alzò la testa e fissò Harry, gli sorrise ed annuì.

 

 

Draco Malfoy se ne stava tutto solo nel bosco vicino al castello di Hogwarts.
Aveva mollato Blaise qualche ora dopo la lezione di Pozioni e se n’era andato bruscamente senza dire una parola.
Poteva ancora sentire nelle sue orecchie la durezza delle parole dell’amico.
Dopo la lezione con la McGranitt, erano andati nella Sala Comune del loro dormitorio e si erano fatto una bevuta, prima che l’amico rimettesse in mezzo l’argomento “Granger”.

<< “Perché mi guardi in quel modo?” domandò il biondo, non riuscendo più a sopportare lo sguardo dell’amico.
“Aspetto ancora che tu mi dica qualcosa” asserì Blaise.
“Riguardo quale argomento, scusa?” aveva perfettamente capito dove voleva andare a parare, ma preferì evitarlo.
“Riguardo quello che ti ho detto poco fa in aula. E se non l’ha capito ti ripeto: Dean Thomas ha baciato Hermione nel corridoio e lei lo ha lasciato fare. Certo è stato un bacio a stampo, ma pur sempre di bacio trattasi”
“Non me ne frega un cazzo di quei due! Non capisco come ti sia venuto in mente che a me potesse piacermi la Mezzosangue! Poi sai benissimo che sono promesso ad un’altra ragazza, purosangue tra l’altro. Quindi per cortesia smettila di dire stupidaggini!” gridò Draco, posando con foga il bicchiere sul tavolo, prima di uscire dal dormitorio e raggiungere la prossima aula in cui avrebbero avuto lezione, sempre con i Grifondoro.
Blaise lo osservò con occhio attento. Non si meravigliò di quella reazione di eccessiva rabbia.
Al suo amico piaceva la Granger e ora era certo che anche la Granger nutrisse qualche sentimento per Malfoy. Forse aveva capito che Draco aveva a che fare con quello strano quaderno.
Blaise sapeva ogni cosa.
Tempo addietro aveva sorpreso la ragazza con Potter in corridoio, appartati che ne parlavano e quando aveva visto l’oggetto della disputa, non aveva potuto far a meno di sobbalzare ricordandosi di averne visto uno identico nella stanza dell’amico. E allora aveva ricollegato tutto.
Lui aveva sempre avuto il sospetto che a Malfoy piacesse qualcuna, ma non era mai riuscito a comprendere chi fosse. Quando poi i tormenti di Draco per via del suo destino vennero fuori in una chiacchierata al sesto anno, Blaise pensò di essersi sbagliato e che i continui silenzi dell’amico fossero dovuto solo ed esclusivamente alla presenza di Voldemort nella sua casa e nel coinvolgimento suo e della sua stessa famiglia nei piani dell’Oscuro Signore.
Ma quando aveva saputo da Draco stesso quello che era successo a Malfoy Manor quando i tre eroi erano stati catturati, aveva iniziato a dubitare. Draco era stato restio nel rivelare chi fossero e quando parlava della tortura ricevuta dalla Granger da parte di sua zia Bellatrix, sembrava emotivamente troppo coinvolto, seppur volesse mostrare il contrario.
Blaise era un ragazzo passionale. Forse lo era diventato da quando aveva scoperto di essere innamorato, anche se sapeva benissimo di non poter fare nulla per quell’amore. E allora voleva che almeno il suo amico avesse la possibilità di scegliere una volta nella sua vita e sperava che Narcissa lo lasciasse fare.
“Pensi che io non abbia notato niente?” disse, riprendendo in mano il discorso, una volta raggiunto l’amico in aula.
“Dimmi una cosa Draco: la guerra non ti ha insegnato nulla? Prima di rispondermi permettimi di farlo al posto tuo: si. Ma sono sicuro che tu già sapevi quanto fosse sbagliata tutta quella situazione fin dall’inizio. Ti ci sei trovato per costrizione e il tuo odio per loro” e indicò i tre eroi della guerra magica appena entrati.
“Era odio verso te stesso, perché tu avresti voluto avere la possibilità di scegliere da che parte stare o di tirartene fuori. Beh ti dico una cosa: Potter, come te, non ha potuto scegliere. Lui era il Prescelto e doveva per forza di cosa sconfiggere Tu sai chi! E lo ha fatto. Weasley e Hermione hanno deciso di loro spontanea volontà di aiutarlo perché credono nel bene e nella magia pulita. Tu anche e non negarlo. Così come non puoi negare che la Granger non ti è indifferente e questo già da molto. Ho visto come la guardi di nascosto, a volte la segui perfino. Ho notato quel quaderno che porta sempre con sé, sai? Mi ricordo che una volta ne ho visto uno simile nella tua stanza. Una strana coincidenza? No, non credo affatto!” e dopo aver lanciato quella provocazione, si accomodò al suo posto e aspettò in silenzio l’arrivo dell’insegnante. >>

 
Draco non aveva ribattuto, perché non sapeva esattamente cosa dire.
Era sorpreso e non poteva negarlo. Non si aspettava che Blaise lo avesse capito così a fondo.
Il ragazzo fu ridestato dai suoi pensieri da alcuni passi piccoli, ma veloci che provenivano alle sue spalle. Draco si voltò per vedere quale scocciatore avrebbe dovuto aggredire verbalmente per dover rimanere ancora un po’ da solo, ma si sorprese nel verificare che si trattava proprio della Granger.

Hermione aveva corso, stringendo al petto il quaderno. Sapeva che se si fosse fermata, la sua paura l’avrebbe costretta a tornare indietro. E lei non voleva. Non quando aveva finalmente deciso di capire di più.
Quando giunse al Lago, fu tentata di non farsi vedere, ma Malfoy fu più veloce di lei a girarsi. I loro occhi si incontrarono per la millesima volta.
E per la millesima volta, lei si sentì il cuore in gola.

 

Draco non sapeva che dire e optò di ignorarla.
Così si rigirò verso il Lago Nero.
Hermione non demorse e si avvicinò.
Per qualche minuto restarono entrambi in silenzio a rimirare il paesaggio davanti a loro.
“Giri sempre con questo quaderno in mano, Granger. Posso sapere come mai?” Draco non aveva programmato né di rivolgerle la parola né di porle quella domanda, ma non aveva resistito all’impulso di farlo.
La verità era che la curiosità lo divorava. Nonché la voglia di dirle la verità.
Hermione lo fissò.
“Cerco il suo proprietario e spero che vedendolo nelle mie mani, si avvicini” asserì lei con finta calma.
Malfoy si sarebbe aspettato una risposta diversa, ma non mostrò alcuna emozione.
“Pensi che accadrà sul serio?” domandò, lei lo guardò stranita.
“Mi spiego meglio” aggiunse, comprendendo la confusione della ragazza.
“Pensi che questa persona vedendo che lo hai tu si avvicini? E se non vuole avere a che fare con te o si è voluto liberare di quell’oggetto?”
L’espressione attonita di Hermione la diceva lunga.
“Non ci hai pensato, eh?” la prese in giro il biondo.
“Ti sbagli!” asserì sicura.
“E’ impossibile che qualcuno voglia liberarsi di questo” e spostò il quaderno dal suo petto per mostrarlo al ragazzo.
Lo sguardo amorevole con cui Hermione osservava quell’oggetto ridestò una strana gelosia in Draco.
“Qui dentro sono racchiusi la vita e il cuore del suo proprietario” ne accarezzò la copertina.
“Sarebbe assurdo sbarazzarsene” mormorò suadente.
Draco ghignò.
“Non ti facevo così sentimentale, Granger. E se la persona in questione avesse voluto farlo invece? Se gli costava troppa fatica aprirlo e leggere tra quelle righe la verità? Sai Mezzosangue, a volte è più facile scappare che restare” si fermò, forse solo per vederla deglutire a fatica.
“Cosa ne sai tu…” sussurrò con un filo di voce Hermione.
Una risata gutturale, l’avvertì che il giovane erede dei Malfoy stava ridendo di lei.
“Ti facevo più perspicace, Mezzosangue” disse con un tono di scherno nella voce che apparve stranamente più vicina.
Hermione poteva sentire l’alito caldo del ragazzo perdersi tra i suoi capelli e rabbrividì a quella constatazione.
Che i sospetti di Harry fossero giusti?
Tremò appena, chiudendo una mano a pugno, mentre nell’altra stringeva quel maledetto quaderno. Hermione deglutì e si ridestò, decidendo che era il momento di sapere la verità.
Si girò e fronteggiò con lo sguardo il biondo Serpeverde.
“Dimmelo tu, Malfoy. Dimmi cosa sai!” disse mostrando una fierezza che fino ad allora sembrava avesse perso.
“Visto che io non capisco, secondo il tuo parere, perché non m’illumini con la tua saggezza? Io mi sono fatta un’idea, ma mi sembra così illogica e astrusa che…” scosse il capo, lasciando il discorso a metà.
Lasciò che fossero i suoi occhi a parlare per lei.
“Quel quaderno…” Draco si bloccò di colpo.
Dire o no la verità?
Fu l’occhiata spaventata e, allo stesso tempo, eccitata della Granger a fargli capire cosa fare.
Sospirò, portandosi stancamente una mano tra i capelli, sempre così ordinati, abbassando le palpebre e il capo.
“Mezzosangue…quel quaderno” continuò con voce ferma. Poi alzò gli occhi verso di lei. La fissava così profondamente da farle tremare le gambe.
C’era qualcosa di nuovo in quegli occhi.
Qualcosa che le diceva che c’entrava lei.
Qualcosa che si stava per rivelare più forte che mai, pronto a travolgerla in un tornado senza fine.
“Quel quaderno è mio…” la voce di Draco echeggiò a lungo nelle orecchie di Hermione e lì, al centro del petto.

***

Il capitolo tanto atteso è arrivato.
Certo, mi ammazzerete visto che l'ho interrotto sul più bello, ma credetemi è meglio così. Non per la suspance, solo per ragioni di lunghezza.
Blaise si è rivelato fondamentale, come avrete letto. Ha sprontato Draco, gli ha messo la pulce nell'orecchio, un pò come ha fatto Harry con Hermione. E alla fine lei ha preso coraggio ed è andata da lui. Probabilmente Draco non si aspettava che le avrebbe confessato quella verità, quando l'ha vista arrivare. Si è lasciato semplicemente guidare dall'istinto. 
Diciamocela tutta: non ce la faceva più a tenersi quel segreto.
La domanda ora è: cos'accadrà? Come reagirà Hermione?
Non posso anticiparvi niente, se non che da qui le cose cambieranno almeno un pò.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative.
Vi ringrazio col cuore per l'affetto che mi dimostrate ogni volta! Me ne stupisco sempre!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

Marghe

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Capitolo 17
*** Il patto ***


Il patto

Capitolo 16 “Il patto”

 

Quell’aggettivo possessivo le ronzava ancora per la testa
“Mio…mio…mio”.
Hermione si sentì improvvisamente un piacevole languore allo stomaco e per paura, si voltò pronta a correre via.

“Perché?”si domandò.
“Sta ferma, Granger” sibilò Draco, quando comprese che la ragazza stava per scappare.
“Malfoy” sussurrò lei al vento.
Hermione fece come lui gli aveva ordinato. Nella radura intorno si udiva solo il battere incessante dei loro cuori.
Ormai il ragazzo era alle sue spalle, così vicino che poteva sentire il calore irradiarsi dal suo corpo. Tentare di scappare sarebbe stato vano.
Perché voleva fuggire?
Stava per conoscere la verità, quella che per mesi e mesi aveva professato di voler sapere.
Quando la mano di Malfoy si posò sul suo braccio per trattenerla, comprese che stava per fare una cazzata enorme.
Così sospirò e smise di agitarsi.
Una volta recuperata una certa lucidità, decise che era giunto il tempo di fare delle domande.
“Da quanto…”
“Da quanto tempo ti osservo?” continuò Draco per lei, lasciandole il braccio e accendendosi una sigaretta.
Hermione annuì semplicemente.
Il ragazzo si allontanò da lei. Indugiava nel rispondere, come se volesse perdere del tempo. Sembrava che qualsiasi cosa facesse fosse studiata a tavolino: i movimenti del corpo, le parole da dire, le espressioni facciali.
Draco fece un tiro di sigaretta, puntando i suoi occhi verso la giovane in fermento. In attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
“Io non ti mentirò, Mezzosangue. Ti ho odiata subito. Detesto le persone saccenti come te. La tua sete di giustizia e verità mi ha sempre disgustato, ma non perché sia sbagliata. No. Semplicemente ti invidiavo”. Draco fece un passo vero di lei, senza però accorciare troppo le distanze.
“Tu non avevi e non hai un futuro già organizzato per te da altri e sei libera di intraprendere la strada che riterrai più opportuna. Nonostante ciò hai deciso di combattere al fianco dello Sfregiato, mettendo in pericolo te stessa. Io non lo avrei fatto, perché sono un codardo” Draco s’arrestò abbozzando un sorriso.
Un sorriso che non sapeva d’allegria.
Un sorriso di circostanza.
Intriso di amarezza e rassegnazione.
“Ed è solo per questo che…mi spii?” Hermione non era sicura del termine usato.
“No. Il tempo passa per tutti, Granger e tu sei venuta su piuttosto bene” il ragazzo ghignò, tornando lo stronzo di sempre.
“Porco!” ribatté indispettita la ragazza, arrossendo e portandosi le braccia sotto il seno.
“Non fare tanto la puritana, Granger. Oh guardate com’è diventata rossa!” la sbeffeggiò lui con un certo compiacimento.
Hermione si sentì andare ancora più a fuoco e se avesse potuto sotterrarsi, l’avrebbe fatto. Invece rimase lì, ferma ad ascoltare il silenzio che era calato su di loro.
Un silenzio che però non pesava, non gravava. Non era fastidioso.
Sembrava piuttosto naturale e…giusto.
Rimasero lì a guardarsi, ognuno perso nei propri pensieri.
“Mi dirai mai tutta la verità?” borbottò Hermione dopo una lunga riflessione.
Draco si mosse appena, raggiungendo la riva del Lago Nero e fissando il proprio sguardo dritto davanti a sé.
“Sono un Serpeverde, non dimenticarlo mai. Come fai a dire se le mie parole son menzogne o meno?” si girò appena per fissare la ragazza e vederla sussultare.
“Quindi…” iniziò lei, muovendosi a disagio, senza mai mollare la presa su quel quaderno che sembrava essere diventato il suo unico appiglio.
“No” la precedette lui.
“Quel quaderno è realmente mio” ribatté con insistenza.
Hermione sbarrò gli occhi. Come aveva fatto a capire che cosa stava per dire? Che stesse usando l’Occlumanzia?
Ma lo escluse, quando osservandolo, qualcosa le suggerì che era stato l’intuito a guidarlo.
“Non fare quella faccia, Mezzosangue. Credo di conoscerti abbastanza da prevedere ciò che dirai. E comunque non penso che ti spiegherò tutti i motivi racchiusi dentro quel quaderno. Anzi…” e si girò in direzione della Grifondoro.
Fece un passo avanti e parlò di nuovo.
“Voglio proporti un patto. Io ti racconterò tutto se tu da oggi in poi, ti incontrerai con me, dove deciderò io e resterai in mia compagnia per almeno un’ora. Non guardarmi a quel modo, non voglio abusare di te. Sono pur sempre un galantuomo, seppur tu possa credere il contrario. Rispetto le donne, la mia famiglia, nonostante tutto, mi ha trasmesso anche valori positivi. Potremo anche stare in silenzio, camminare. Non mi frega niente se ci vedono insieme, pensino quello che vogliono. A te importa?” le domandò con tono lineare, ma sulle sue labbra un sorriso di scherno fece la sua comparsa.
Cosa avrebbero pensato gli altri vedendoli insieme?
Hermione sarebbe stata in grado di affrontare i pregiudizi della gente?
E i suoi amici?
“Se accetterai, quando vorrò ti spiegherò ogni cosa e sarò pronto a rispondere a qualsiasi tua domanda, altrimenti…resterai col dubbio per sempre” asserì con voce strascicata e rauca.
Perché lo stava facendo?
Perché farsi del male a quel modo?
Hermione non si lasciò intimidire, non era da lei e gli rispose a tono.
“Dovrei fidarmi della tua parola? Ma se sei stato proprio tu a ricordarmi che sei un Serpeverde! Chi mi assicura che mi dirai tutto?” disse, facendo un passo avanti.
Draco la scrutò qualche istante, senza far trasparire alcun emozione.
“Da perfetta Grifondoro, testarda e curiosa quale sei, non puoi fare che fidarti della mia parola. Prendere o lasciare” e il biondo le tese la mano.
Hermione la fissò basita, incerta su ciò che doveva fare, ma il ragazzo aveva colto bene nel segno: fondamentalmente lei era una ragazza curiosa.
Allungò la sua mano e la strinse a quella del biondo.
Ciò che la spinse ad accettare andava ben oltre la sua curiosità e lei lo sapeva bene: poter trascorrere del tempo con Malfoy le faceva più che piacere e anche se era dura da ammettere, non vedeva l’ora di poter scoprire di lui, molto di più di quanto sapeva.
E con l’immagine di lui che stringeva nella sua mano quella delicata di Hermione, Draco andò via, senza dire una sola parola. Lasciando dietro di sé, numerosi punti interrogativi.

 

 

Hermione lo vide allontanarsi, era capitato spesso nell’ultimo periodo.
Lasciò che i suoi occhi vagassero sul fisico del giovane Serpeverde e una volta che il ragazzo fu inghiottito dal castello, Hermione decise che anche per lei, era il momento di rientrare.

 

 

“Dove sei stato?” Blaise lo attendeva nella sua stanza.
Draco non ebbe neanche il tempo di entrare che il suo amico l’assalì verbalmente, visibilmente preoccupato.
“Avevo bisogno di fare una passeggiata, Blaise. Non straziarmi con le tue paranoie, te ne prego” si lamentò il biondo.
“Scusa se mi preoccupo per te. Spero almeno che questa passeggiata ti sia servita” detto questo, il moro, leggermente offeso, lasciò la stanza, sbattendo la porta dietro di sé.
Draco sospirò, passandosi una mano tra i capelli e lasciandosi andare sul letto.
Quella lunga giornata sembrava non voler terminare.

 

 

“Hermione” la ragazza in questione si voltò verso la fonte sonora.
Ginny l’aspettava nella Sala Comune della loro casa. La Caposcuola era appena rientrata, dopo aver percorso in fretta il castello, vogliosa di rifugiarsi da sguardi indiscreti.
“Ciao Ginny” disse la bruna, cercando di nascondere il suo turbamento.
Tentativo fallito.
La rossa storse il naso conscia che gli occhi di Hermione un tempo così determinati e illuminati da un fuoco vivo, erano stranamente meno vispi.
“Harry mi ha detto che oggi avresti parlato con Malfoy” andò immediatamente diretta al punto. Ginny non era il tipo da giri di parole, le piaceva prendere le situazioni di petto e per questo spesso discuteva con suo fratello Ron che non era così coraggioso da comportarsi come lei, cercando sempre dei sotterfugi.
Hermione conosceva la sua amica e non si meravigliò della sua schiettezza.
“Si” confermò, facendo un passo verso la rossa. Quest’ultima incrociò le braccia sotto il seno in attesa. Sorrise melliflua e le fece un cenno con la testa, invitandola ad accomodarsi sul divano. In giro non c’era nessuno e avrebbero potuto parlare tranquillamente.

La Caposcuola si prese qualche secondo prima di iniziare a raccontarlo l’accaduto, poi le parole le uscirono a ruota libera.
“…capisci, Ginny? Ho stretto un patto con Malfoy! Merlino! Solo sentirmelo pronunciare mi fa rabbrividire! Fino a qualche tempo fa avrei riso di una cosa del genere. Consideravo Malfoy un essere indegno, schifoso e cattivo, ora invece…” ma non riuscì a proseguire, non che le mancassero le parole, solo che era difficile pronunciarle.
“Ora invece ne sei innamorata” continuò Ginny. Hermione la fissò con occhi spalancati.
“Non esageriamo! Diciamo che…ne sono attratta, ma da qui ad innamorarmi di lui…”
“Il passo è breve” aggiunse la rossa, imperterrita.

La Caposcuola si prese la testa tra le mani, scuotendola a destra e a sinistra.
“Oh Ginny, non lo so. Non lo so! Prima…era tutto più semplice” alzò il capo e fissò l’amica.
“Ero innamorata di Ron, almeno credo. Ora non sono certa neanche di questo. L’unica cosa che posso dire è che non vedo l’ora di passare del tempo con Malfoy. Io devo scoprire il perché di quel quaderno, cosa lo tormenta e…perché disegna me!” esclamò esasperata.
Ginny le posò una mano sulla spalla.
“Herm calmati! Se ti agiti così non risolverai la situazione. Appena sarete soli, ne approfitterai per indagare, magari non in modo diretto, però per favore, assicurami che starai attenta. Io ancora non so se possiamo o meno fidarci di lui. Harry sembra stranamente tranquillo, ma lo conosco bene da poter affermare che è preoccupato quanto me, ma non vuole darlo a vedere, perché teme che tu possa reagire male” confessò.
Hermione annuì.
“Non ti preoccupare. Non abbasserò la guardia, non gli permetterò di prendermi in giro…” proferì con sicurezza.
“Mi fido di te e del tuo metro di giudizio, Herm, ma ricordati che per qualsiasi cosa io e Harry ci siamo. Puoi contare su di noi, lo sai” le ricordò la rossa, sorridendole.
La riccia annuì di nuovo.
“Grazie! Non saprei cosa fare senza di voi. Probabilmente se voi non mi aveste appoggiato e se oggi Harry non avesse insistito, io non avrei mai avuto il coraggio di parlare con Malfoy” mormorò a bassa voce, vergognandosi per quella sua debolezza.
Ginny fece un cenno negativo con la testa.
“Permettimi di dissentire. Avresti trovato la forza giusta dentro di te e lo avresti affrontato. Non dubitare mai e poi mai di te stessa, Herm. MAI!” Ginny le afferrò la mano e la strinse. Hermione le sorrise e poi l’abbracciò.
“Ti voglio bene, Ginny”.
“Anche io, mio carissimo Prefetto” scherzò la rossa e insieme risero e l’aria attorno a loro si distese.

 
 

Hermione non dormì affatto sonni tranquilli.
Passò l’intera nottata ad interrogarsi. Cosa la spingeva verso Malfoy? Solo il quaderno e l’idea che lui stesso fosse attratto da lei?
Si era detta di no. Non era facile abbindolarla. Le sbandate non erano per lei.
C’era sempre stato qualcosa in quel ragazzo che l’aveva turbata. Credere che fosse la sua insita malvagità era stata la prima giustificazione.  In fondo non avevano fatto altro che combattersi per tutti quegli anni, cos’altro poteva significare?
Erano agli antipodi.
Erano…diversi.
Ma forse allo stesso tempo, così uguali da piacersi.
Con questi pensieri, la giovane s’appisolò alle prime luci del mattino.

 

***

Innanzitutto mi scuso per non aver postato la settimana scorsa, ma ho avuto dei problemi familiari e non ero dello spirito giusto per farlo. 
Che dire?
Il capitolo tanto atteso, seppur breve è giunto. Con tutta probabilità non è come ve lo aspettavate, ma l'ispirazione mi ha spinto a gestire la storia in questo modo. Le difficoltà non sono ancora finire, ma ben presto riusciremo a vedere i due giovani testardi, finalmente insieme. Non dimentichiamoci che questa fan fiction è una Draco/Hermione!
Voi cosa ne pensate?
E della proposta di Draco?
Vi ringrazio dal profondo del cuore per l'affetto e la fiducia che mi dimostrate capitolo dopo capitolo. Mi lasciate sempre più stupefatta e mi aiutate ad apprezzare quello che faccio. Anche perché ci metto il cuore.
 

Al prossimo aggiornamento.
Baci.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, bensì per mio puro diletto. I personaggi appartengono alla Rowling.

Marghe

 

 

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Capitolo 18
*** Come il Sole e la Luna ***


Come il Sole e la Luna

Capitolo 17 “Come il Sole e la Luna

 

“Ci vediamo nella gufiera questo pomeriggio, subito dopo la lezione di Incantesimi. Vedi di venire e non fare scherzi!”

 

Quella mattina Hermione si era svegliata riscaldata da un sole che di timido non aveva proprio niente. Nonostante fossero nel mese di Gennaio, quella mattina faceva più caldo del solito.
“Stranezze meteorologiche” aveva pensato, senza sapere che quel giorno di stranezze ne avrebbe vissute altre.
A cominciare da Malfoy.
Quest’ultimo le si era avvicinato nel trambusto creatosi in seguito alla colazione in Sala Grande e le aveva bisbigliato all’orecchio quelle brevi parole, poi, come suo solito, si era dileguato, perdendosi tra la folla.
O meglio: strisciando.
Hermione era rimasta interdetta, ma si era ripresa quasi subito, nonostante l’eccessivo battere del suo cuore e avvicinandosi ad un Harry stralunato, si era diretta con lui a lezione.
“Che voleva?” mormorò Harry a bassa voce per non farsi sentire da Ron che era alle loro spalle.
Hermione dette un’occhiata al rosso che però era troppo impegnato a sbaciucchiarsi Lavanda per ascoltare la loro conversazione e rispose all’amico:
“Oggi pomeriggio vuole vedermi” sussurrò a mezza voce, rabbrividendo involontariamente.
“E così inizierete a frequentarvi” buttò lì, il moro, scatenando immediatamente la reazione della Caposcuola dei Grifondoro: arrossamento facciale, occhi spalancati e lucidi, mani tremanti.
“Usiamo i termini corretti!” rispose stizzita, muovendo le mani per aria e strizzando gli occhi. Segno che era nervosa.
Harry ridacchiò, cercando di celare il tutto con una mano.
“Lui mi ha costretta con questo patto ad INCONTRARCI per un’ora. Frequentarsi implica altre cose che non c’entrano nulla né con me né con lui” chiarì, ma sull’ultima frase, la voce si affievolì.
“Altre cose tipo i sentimenti?” domandò Harry, sempre più convinto di vivere in un mondo parallelo. Gli sembrava così impossibile che la sua amica e il suo nemico per eccellenza, o almeno quello aveva creduto essere tale nei mesi precedenti, si piacessero. Perché era così. Il difficile era farlo ammettere ad entrambi.
“Si, tipo i sentimenti” Hermione sbuffò indispettita, incrociando le braccia sotto il seno.
“E dai Herm” il moro le diede una gomitata “giocosa”. La ragazza sbuffò nuovamente, alzando gli occhi al cielo.
“E’ divertente prenderti in giro” disse prendendole la mano. Hermione si lasciò andare a quel gesto, rilassandosi.
“Scusa, è che…”
“Sei agitata e nervosa, lo capisco” continuò Harry per lei.
“Vorrei non sentirmi in questo modo” sospirò, poi scuotendo la testa aggiunse:
”Devo smetterla di lamentarmi, io non sono così. Affronterò questi incontri a testa alta e alla fine riuscirò a venire a capo della situazione. Oh per Minerva, Harry!”esclamò e il ragazzo in questione sobbalzò.
“Abbiamo lottato contro il Mago più temibile di tutti i tempi e tu lasci che mi spaventi per questi incontri con…il furetto?” disse con sdegno.
Harry la fissò incredulo.
“Amici” borbottò lei, prima di allontanarsi a grosse falcate.
Il moro si sistemò gli occhiali sul naso, Ron gli si avvicinò e lo guardò interrogativo.
Harry fece spallucce, scuotendo la testa e seguì con passo veloce, la sua folle amica.
“Ron, Ron che succede?” chiese con voce melensa e stomachevole, Lavanda.
Il rosso le rispose senza guardarla, continuando a fissare davanti a sé.
“Nulla Lav. Nulla”.

 

Il pomeriggio arrivò e con esso sembrò che il caldo si intensificasse. O almeno la Grifondoro percepiva una temperatura al di sopra del normale e infastidita si sventolava con la mano, mentre la sua amica Ginny le domandava se fosse certa di sentirsi bene, perché non faceva così caldo.
Per combattere quelle improvvise vampate, Hermione aveva legato i capelli usando una matita, la rossa però le  aveva consigliato di lasciarli sciolti e magari di truccarsi un po’, ma non l’aveva ascoltata.
“Mica sto andando ad un appuntamento, Gin! Minerva! Devo solo vedere Malfoy!”

“Solo vedere?”
Ora che camminava a passo spedito verso la gufiera, si rendeva conto che stava raccontando un sacco di frottole a tutti, persino a se stessa.
“Nessun appuntamento, eh?”
“Maledetta coscienza statti zitta! Non ho bisogno che ti ci metta anche tu!”
e nel frattempo si faceva aria con la mano.
Hermione era sconvolta. Erano poche le volte in cui aveva discusso mentalmente con se stessa. Fino a quel momento non ne aveva avuto bisogno perché si era sempre trovata ad agire come voleva, seguendo il cervello. Ma…quando il cuore si intrometteva le cose dovevano per forza cambiare.
Era appena giunta a quella conclusione quando si trovò dinanzi al portone di legno dietro cui c’era la gufiera. Si fermò, incapace di proseguire.
Lo avrebbe già trovato lì?
La lezione era finita da più o meno un quarto d’ora. Hermione aveva preferito non precipitarsi, seppur le sue gambe volessero correre. Lo aveva visto uscire prima di lei dall’aula, ma quando era arrivata in corridoio era già sparito. Mentalmente si era data tempo, aveva provato a respirare lentamente nella vana speranza che il cuore battesse meno forte e lo stomaco non si contorcesse a quel modo quasi doloroso.
Quasi, perché era dannatamente piacevole sentirsi così.
Chiuse gli occhi ed espirò, poi mentre stava per abbassare la maniglia, sentì dei passi alle sue spalle e si voltò spaventata.
Se qualcuno fosse arrivato lì e l’avesse vista con Malfoy?
Era quasi terrorizzata all’idea.
Ma dovette ricredersi quando vide apparire una chioma bionda dall’innato portamento elegante.
Draco Malfoy era davanti a lei in tutta la sua altezza. Pochi gradini li separavano.

“Ma quanto accidenti è alto?” pensò squadrandolo.
Il ragazzo la fissò con uno strano cipiglio sul viso.
“Stavi andando già via?” le chiese, usando il solito tono altezzoso.
A quel punto Hermione pensò di svignarsela. Il biondo Slytherin le stava offrendo la soluzione su un piatto d’argento.
Finse di essere innervosita e si portò le mani sui fianchi.
“Si! Ti sto aspettando da dieci minuti!” esclamò inarcando un sopracciglio.
“Non amo i ritardatari!” continuò, muovendo una mano in aria con fare scocciato.
Malfoy la fissò senza scomporsi, poi d’improvviso ghignò, destabilizzando per un attimo la Grifondoro che pensò fosse impazzito.
“E così” salì un gradino.
“Subito dopo la lezione” mise il piede sul gradino successivo con movenze sempre più sensuali, tanto che Hermione si trovò a deglutire più volte e a sentire maggiore caldo.
“Sei corsa qui!” non una domanda. Una semplice constatazione che ebbe il potere di colpire la Grifondoro. Hermione si morse la lingua per non gridargli in faccia che aveva detto una bugia. Sarebbe sembrato troppo poco Grifondoro.
“Sono davvero onorato” sibilò con voce strascicata, muovendo le mani con fare melodrammatico e inchinandosi in modo cerimonioso.
Hermione strinse le mani a pugno.
Se l’era cercata.
“E comunque ho una giustificazione per il mio ritardo” asserì tornando in posizione eretta e guardando la ragazza dritto negli occhi.
La McGranitt mi ha trattenuto per parlarmi del programma di protezione” disse, sorpassando Hermione e spalancando il portone che conduceva alla gufiera.
“Programma di protezione?” il corpo della ragazza seguì involontariamente la direzione di quello di Malfoy e Hermione si trovò a voltarsi verso il biondo.
Quest’ultimo si girò per guardarla.
Restò in silenzio qualche secondo, quasi volesse tenerla sulle spine.
“Accomodati. Te ne parlerò, ma non qui sulla porta”.
Draco la stava fregando di nuovo, lo sentiva. Trattenendo un’imprecazione lo seguì in gufiera.
Appena il portone alle loro spalle, fu chiuso, Draco riprese a parlare senza però guardare Hermione:
“Io e mia madre siamo vigilati costantemente dagli Auror, credo che tu conosca bene del nostro volta faccia al Signore Oscuro, quindi non starò a spiegarti i dettagli. In ogni caso, per precauzione, Lupin voleva che cambiassimo abitazione, ma noi ci siamo opposti. Così l’Ordine della Fenice ha deciso di sottoporci ad un programma di protezione” si girò, fissando finalmente la sua interlocutrice.
“La strega McGranitt” e a quelle parole, Hermione gli schioccò un’occhiataccia.
“Mi ha fatto chiamare a fine lezione per parlarme nel suo ufficio. Eccoti spiegato il motivo per cui non mi hai trovato qui” disse, poi con un incantesimo non verbale fece apparire una sigaretta.
Per Hermione era strano pensare che i Malfoy fossero minacciati da qualcuno. In genere erano loro che minacciavano gli altri.
Era così difficile abituarsi a cambiamenti di quel genere.

La Guerra Magica continuava ad influenzare le loro vite e probabilmente sarebbe stato così per lungo tempo.
“Perché avete cambiato idea?” domandò con voce controllata, fissando il volto del ragazzo che rimase impassibile, per questo proseguì.
“Perché avete deciso di combattere contro Voldemort?”
Draco le lanciò un’occhiata languida e enigmatica che per Hermione risultò indecifrabile, anzi il ragazzo sembrava avesse assunto la solita aria annoiata di sempre. In realtà, stava pensando ai motivi che lo avevano spinto a trovare il coraggio di ribellarsi ai Mangiamorte.
“Ero stufo di quella vita” disse scrollando le spalle. Hermione inarcò un sopracciglio, seccata da quella risposta priva di senso.
“E allora per dare una botta di vita alla tua noiosa quotidianità hai deciso di passare dalla nostra parte? Ti rendi conto che quello che dici è…orribile?!?” chiese corrucciando la fronte.
Malfoy ghignò, poi aspirò la sua sigaretta, senza però abbandonare lo sguardo della Grifondoro. La stava palesemente prendendo in giro.
Non voleva dirle la verità.
Non ancora almeno.
“Il patto prevedeva che avresti potuto farmi delle domande, quando io ti avrei dato il permesso. Non mi sembra che lo abbia fatto, Granger…” commentò con voce melliflua e dannatamente divertita.
La ragazza arrossì di rabbia e si trattenne a stento.
“Sei uno stupido! Continui a prenderti gioco di tutti! Ed io che credevo fossi diverso!” gridò, serrando i pugni e mordendosi le labbra con i denti.
Inequivocabile segno di nervosismo.
“Io sono quello che vedi, Mezzosangue. Non sarò mai qualcun altro” rispose monocorde, mentre i suoi occhi si scurivano.
Hermione inevitabilmente si irrigidì.
“Beh allora quel quaderno è tutta una menzogna, o semplicemente non è il tuo…Quei disegni non sono opera di un essere superficiale e meschino” lo provocò lei, incapace di pensare ad altro.
Draco Malfoy, apparentemente schivo, fu colpito da quelle parole e dall’importanza che Hermione Granger dava a quel quaderno.
Era vero: nessun cinico avrebbe mai potuto realizzare tutto quello, perché in quei disegni e in quelle poesie c’erano dedizione, passione, amore…
“Confermo ciò che ti ho già detto l’altro giorno: quel quaderno è mio” ribatté lui prontamente, rimarcando l’aggettivo possessivo.
Hermione sorrise soddisfatta.
“Bene, questo vuol dire che tu non sei totalmente ciò che appari” continuò lei, senza demordere. Un sorrisetto furbo le increspò le labbra.
Draco per un attimo la fissò infastidito, poi ghignò.
“Granger, Granger vedo che a furia di stare a contatto con i Serpreverde, stai cominciando a comportarti come noi…” mormorò lascivo, facendo tre passi avanti, senza avvicinarsi troppo alla ragazza.
La giovane ridacchiò, scuotendo la testa.
“Non credere, Malfoy. Io non sarò mai una serpe. Ma ho imparato che se devo avere a che fare con te per lungo tempo, devo essere più scaltra possibile e…colpirti nei momenti giusti e coi metodi adeguati” sorrise beffarda, incrociando le braccia sotto il seno.
Il ragazzo alzò un sopracciglio confuso. Non voleva ammetterlo, ma gli piaceva che lei pensasse di avere a che fare con lui per un tempo indefinito.
Si ritrovò inevitabilmente ad accennare un sorriso che destò l’attenzione di Hermione, la quale ne rimase colpita. Involontariamente mossero un passo verso l’altro, poi si accomodarono per terra, sfiorandosi le mani una volta.
Quella di Draco era fredda ed Hermione si trovò a rabbrividire. Possibile che solo lei sentisse tutto quel caldo?!?
Il tempo restante trascorse chiacchierando di cose futili, intervallati da lunghi e continui silenzi, ma permise loro di conoscere piccole cose l’uno dell’altro.
Nessuno di loro lo avrebbe mai ammesso, ma fu piacevole parlarsi senza litigare e scoprirsi spesso così simili.
E mentre fuori il Sole doveva scomparire dietro le montagne e la Luna, come suo solito, doveva prendere il suo posto, i due giovani, persi entrambi a scrutare l’orizzonte dalle loro stanze, si accorsero che ciò che si diceva di quei due astri era sbagliato.
Fin dall’antichità, si era sempre affermato che il Sole e la Luna fossero due amanti, destinati a non incontrarsi mai, perché la natura, gelosa di quell’amore così bello e puro, aveva deciso di affidare loro due compiti estremamente importanti: il Sole col suo incredibile calore avrebbe dovuto illuminare le giornate, rallegrando e riscaldando gli uomini, accompagnandoli nella loro quotidianità, mentre la Luna, con la sua incredibile,  pallida e fredda bellezza, avrebbe dovuto sostituirsi al Sole al calar della notte, cullando quegli stessi umani nel sonno. La natura maligna fu certa che per l’impossibilità di stare insieme, i due astri avrebbero rinunciato a quell’amore. In realtà, Draco e Hermione notarono che i due amanti erano stati molto furbi e che l’idea che non si potessero mai incontrare fosse solo una mera e umana illusione. Essi non avevano mai smesso di amarsi e di cercarsi. Semplicemente erano destinati a sfiorarsi in eterno, senza mai toccarsi realmente, essere l’una il prolungamento dell’altro, fin quando nell’esplosione dei sensi, finivano per non resistere più e nel fare l’amore, davano vita ad un fenomeno straordinario che né la natura stessa né gli umani potevano controllare e che veniva banalmente definito eclissi, ma che in realtà celava qualcosa di più grande e potente.
Quello stesso eclissi che sovrastava il cielo di Hogwarts in quell’istante.
Sole e Luna, giorno e notte.
Caldo e freddo.
Diametralmente opposti.
Ugualmente innamorati.
Draco e Hermione sorrisero nello stesso momento. Il loro cuori riscaldati dalla consapevolezza che niente li avrebbe fermati. Né il tempo, né opposizioni familiari, né amici contrari.
Si sarebbero sfiorati ancora per lungo tempo, sicuri che un giorno sarebbero giunti a toccarsi…

Per sempre…

 

 

***
Con tutta probabilità molti di voi troveranno questo capitolo di una banalità sconcertante.  Io, seppur semplice e banale, lo amo molto.
Non starò qui a elencarvi le ragioni che vi sono dietro. Dirò semplicemente che scriverlo, mi ha emozionata parecchio.
Non so ancora dove mi porterà questa storia e quali saranno le vicissitudini che arricchiranno la storia di Draco e Hermione. L'unica cosa che mi è data conoscere è che voi, miei lettori, mi avete fatto sciogliere il cuore per come continuate ad accogliere questa fan fiction. Non ho pretese, lo ripeto. E pubblico perché sento il bisogno di comunicare qualcosa agli altri.
Voi siete testimoni di ciò e ogni volta, con le vostre recensioni, mi rendete partecipi delle vostre opinioni, facendomi capire che le mie emozioni vi arrivano e non c'è soddisfazione più grande per una fanwriters insicura come la sottoscritta.
Quindi grazie.
Grazie di cuore.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: ricordo che i personaggi non mi appartengono, ma sono della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, bensì per puro diletto della sottoscritta.
Marghe

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Capitolo 19
*** Ti vada o no ***


Ti vada o no

Capitolo 18 “Ti vada o no”

 

“Cosa credi amica, non si può far finta quando

tutto parla chiaro ma noi ti leggiamo dentro

e anche se lo neghi, sai si vede bene quanto immenso sia.

Ti vada o no, l'ami e dillo, oh oh.”
<< Ti vada o no >> Hercules.

 

 

Quello che successe negli incontri successivi non fu eclatante almeno secondo il parere di Ginny; Hermione, invece, era di un’idea completamente diversa. Forse la sua amica credeva che tra loro le cose sarebbero state così semplici da potersi concludere in breve tempo. Quando in realtà la stessa Hermione non sapeva bene a che conclusione sarebbero giunti lei e la sua nemesi maschile.
Col passare dei giorni la riccia Grifondoro si accorse di non riuscire più a fare a meno di quegli strani appuntamenti, spesso fatti solo di silenzi, di occhiate lanciate di nascosto mentre l’altro era impegnato a fare altro, di passeggiate sul Lago Nero, di sospiri e mezze parole. Ad Hermione non dispiaceva, tutt’altro: si sentiva a suo agio. Anzi temeva che arrivasse il giorno in cui Malfoy si sarebbe seccato e non l’avrebbe più voluta vedere.
A quel punto cosa avrebbe fatto?
Non poteva fare marcia indietro. Ormai c’era dentro fino al collo e come diceva Ginny, i sintomi c’erano tutti: le palpitazioni, il rossore, la voglia di vederlo, l’emozione di incontrare il suo sguardo in qualsiasi momento della giornata, il sognarlo. Ma lei continuava a non ammetterlo e ogni qualvolta la sua amica cominciava quel discorso, lei la fermava con una scusa, fino a quando l’ultima volta, Ginevra Weasley conosciuta per la sua testardaggine (caratteristiche che, secondo Hermione, la rendeva simile a sua madre, Molly) non le diede il tempo di parlare…:
“Ora basta, Herm!” esclamò, gli occhi dardeggianti per la furia.
Hermione la guardò, sentendosi improvvisamente piccola e stupida. Certe volte Ginny, nonostante avesse qualche anno in meno di lei, sembrava essere più matura. Così la giovane sospirò e si rassegnò ad ascoltare la sua amica.
“Io ti voglio bene, lo sai” la sua voce si addolcì, scendendo di qualche tono, quasi fosse una carezza.
“Ma se sbagli è mio dovere dirtelo. E tu stai commettendo un errore nel rifiutarti di ammettere che sei innamorata di lui…” mentre parlava, Ginny le sistemava i capelli dietro le orecchie. Hermione, invece, evitava volutamente, il suo sguardo, colpevole di provare quel sentimento così forte che le faceva tanta paura.
“Se continui a negarlo, ti sentirai peggio. Io lo so che hai paura. Anche io ne avrei se si trattasse di Malfoy” e qui Ginny fece una smorfia con la bocca che provocò la risata cristallina della riccia Caposcuola.
“C’è poco da ridere e poco da fidarsi di quel tizio” continuò la rossa imperterrita, accompagnando le sue parole con continui movimenti della testa e posando le mani sui fianchi con fare minaccioso.
“Gin, ne sono consapevole. Ma tu lo sai meglio di me che al cuore non si comanda…” ammise Hermione, interrotta immediatamente dall’amica che le puntò l’indice contro, facendola sobbalzare per la sorpresa.
“Quindi lo stai ammettendo!” esclamò, mentre un ghignò le si dipingeva sulle labbra.
Hermione sbarrò gli occhi.
“Per la barba di Merlino, Gin! Tu stai ghignando!” cominciò a scuotere la testa come una disperata, imprecando sotto voce. Tutto perché l’unico che sapeva essere in grado di ghignare in quel modo, era Malfoy.
Dopo quello, avevano ripreso a discutere dei suoi sentimenti, cosa che le era seccata parecchio. Hermione non amava parlare di quello che provava, era più semplice tenerlo per se e fingere che non esistesse.
Perché?
Primo perché era più congeniale parlare degli altri, piuttosto che di se stessa, le veniva più semplice aiutare gli amici in difficoltà, di qualsiasi tipologia fosse.
Secondo perché aveva imparato che i sentimenti la rendevano fragile e lei detestava sentirsi in quel modo. Ed era rimasta ferita troppe volte: da Ron, dai suoi amici babbani, da se stessa.
Ciò che desiderava era mostrarsi forte e combattiva, per poi lamentarsi quando nessuno voleva vedere oltre quella corazza. Draco lo stava facendo. Aveva iniziato a farlo con quel maledetto quaderno e ora continuava con quegli incontri, dove spesso la fissava fintamente annoiato, ma Hermione aveva imparato, anche se a fatica, a interpretare l’espressione dei suoi occhi, che si scurivano quando era intento a riflettere, mentre erano chiari e limpidi quando si sentiva completamente rilassato.
E lo amava. Dio se lo amava!
Poi c’era il saggio Harry. Quel ragazzo non più bambino che con gli anni era davvero cresciuto, non solo fisicamente. Era più paziente, meno irruento, più riflessivo, a differenza di Ron che aveva mutato di poco il proprio carattere. Era rimasto il bambino frignone che aveva conosciuto sull’Espresso diretto ad Hogwarts otto anni prima. Lo stesso del quale lei era convinta di essersi innamorata per poi scoprire che in lei qualcosa era mutato, allontanandola da quell’amore puro e adolescenziale. Ed ora si stava invischiando in qualcosa che si presentava più torbido e complicato.
Dopo che Ginny l’aveva lasciata dicendo di avere un appuntamento con Harry, Hermione era rimasta sola nella sua stanza a rimuginare. Per cercare di distrarsi, aprì il baule per sistemarvi alcuni libri che non usava più o che aveva semplicemente già letto. Proprio mentre era intenta a compiere quell’operazione, sfiorò con le dita una scatolina marrone.
Arcuò le sopracciglia non riconoscendo immediatamente l’oggetto in questione, poi i ricordi di un gufo e di uno strambo regalo ricevuto per Natale dalla mamma di Ron, le fecero sbarrare gli occhi. Afferrò la sphaera nebulosa e la fissò intensamente.
“Chissà…” mormorò tra sé, mentre si girava la sfera tra le mani.
“Forse potrei consultarti e chiederti consiglio…” disse, continuando fissare l’oggetto in questione.
Arricciò le labbra e con espressione seria pensò a tutta quella situazione: il quaderno, lo strano atteggiamento di Malfoy, le sue rivelazioni, i loro incontri, i suoi sentimenti…fino a quando la nebbia nella sfera si diradò, rivelando un’elegante scritta nera:

 

“Un consiglio già ti ho dato,

ma tu forse l’hai dimenticato.

Sei qui col cuore in subbuglio,

e nel cervello un bel garbuglio.

Se la verità vuoi trovare,

tra le righe devi andar”

 

Hermione storse il naso indignata.
“E questo lo chiami consiglio?” chiese alla sfera.
“Non mi hai chiarito affatto le idee. Era meglio quando Molly mi regalava i suoi maglioni, almeno servivano a qualcosa” sentenziò in un borbottio, richiudendo con stizza l’oggetto nella scatola e riponendola nel baule. Chiuse tutto e decise che era ora di farsi un giro fuori.

 

 

“Ripetiamo lo schema!” urlò Harry dall’alto della sua scopa.
“Ginny proteggi la pluffa fino a un metro prima della porta, poi fa una virata verso destra e una verso sinistra per smarcare l’avversario, voltati e passala a Katie che sarà a pochi passi da te, alle tue spalle. Dobbiamo disorientare l’avversario, non possiamo permetterci di perdere contro i Tassorosso!” ordinò il Bambino Sopravvissuto, capitano della squadra di Quidditch dei Grifoni.
Ad Harry premeva vincere e soprattutto giocare completamente la partita, visto che fino ad allora non era mai riuscito a farlo contro i Tassorosso, per un motivo o per un altro.
“Ron tu concentrati! Prima per poco non cadevi dalla scopa, ma dove hai la testa oggi?!?” urlò dietro al suo migliore amico.
Hermione era arrivata da poco al campo. Si era arrampicata sugli spalti e osservava la scena con un sorriso. Non capiva granché di quello sport, ma le piaceva assistere agli allentamenti della squadra della sua casa, perché Harry si trasformava completamente, mostrando di avere carisma e determinazione, doti che si confacevano ad un buon capitano.

La Caposcuola era lì perché voleva distrarsi e stare in mezzo ai suoi amici, sperava di poter chiacchierare un po’ con loro al termine dell’allenamento. Poggiò il mento sulle ginocchia, rannicchiandosi sotto il mantello.
Al solito il tempo era cambiato e il timido sole pomeridiano aveva lasciato spazio alla pioggia battente. Hermione non provò neanche a coprirsi con qualche incantesimo, con gli anni aveva imparato ad apprezzare la pioggia.
Quando vivi a Londra o la ami o la odi e lei ora l’amava.
Amava il cielo che si riempiva di nuvoloni grigi, i lampi dorati che lo squarciavano, segnali di una rabbia cieca di qualche Dio che da lassù voleva dire qualcosa. I temporali la affascinavano, ma allo stesso tempo la terrorizzavano.
La ragazza si tolse una ciocca bagnata di capelli dalla fronte, mentre sulle sue labbra prendevano a scorrere violentemente le gocce della pioggia e i suoi abiti si inzuppavano.
Avvertì un leggero tremore quando una goccia dispettosa le scivolo dai capelli lungo la schiena.
“Hermione?” domandò una voce familiare.
La suddetta spalancò gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per la troppa pioggia, poi riconobbe il suo amico Harry che dall’alto della sua scopa, la guardava basito.
Gli sorrise teneramente e lui con una sola mossa scese sugli spalti, impugnando in una mano la scopa.
“Stai bene?” le chiese.
Hermione annuì; un tuono fece vibrare l’aria attorno a loro e la ragazza si rannicchiò ancora di più su se stessa. Harry, basito da quello strano atteggiamento dell’amica, si accomodò al suo fianco, ignorando di essere sudato e bagnato.
“Cos’è successo Hermione?” non c’era traccia di durezza nella sua voce. Né di sdegno o di ribrezzo. Il suo tono era completamente diverso da quello che Malfoy le rivolgeva.
Hermione, sorpresa da quella riflessione inaspettata, scosse la testa e i suoi ricci, appesantiti dall’acqua, faticarono a spostarsi, appiccicandosi al suo viso.
Harry le afferrò il volto con una mano e la girò verso la sua persona, liberandolo dai capelli e fissandola dritto negli occhi.
“Hermione…non è da te restare muta, al contrario” sghignazzò cercando di alleggerire l’atmosfera.
“In genere quando inizi a parlare non la finisci più” le fece la linguaccia, riuscendo ad ottenere l’effetto desiderato: Hermione sorrise.
Un sorriso vero. Sincero.
Poi il volto di Harry tornò serio.
“Ora mi spieghi cosa ti sta accadendo?” chiese con una nota di preoccupazione nella voce.
“Non ci capisco niente, Harry. E tu lo sai: detesto le situazioni ambigue e soprattutto detesto non sapere. In genere ho sempre tutto piuttosto chiaro, ma questa volta…” sospirò, socchiudendo gli occhi per un attimo e portandoli a fissare il campo davanti a lei.
“Davvero non so cosa fare” si fermò per riordinare le idee e riprendere fiato.
“Sono…” deglutì.
“Mi sono innamorata di Malfoy” e a quelle parole una smorfia di dissenso si dipinse sul suo viso, segno che lei stessa non condivideva quello che provava.
“E so per certo che non dipende dalle poesie di quel quaderno, né da incantesimi, fatture o simili. Mi sono innamorata di lui semplicemente perché grazie a quei disegni io ho potuto vedere una persona…diversa” con gli occhi tornò a guardare Harry, il quale l’ascoltava silenzioso, mantenendo sul volto la sua solita espressione neutrale.
“Harry, lui è…umano. Nel senso…” si affrettò a spiegare “che tutto quello che lo ha sempre circondato, quello che lui faceva e diceva non era che una recita. Una farsa. Qualcosa che gli era imposto. Lui non è così!” scosse la testa, incredula lei stessa di quelle sue parole.
Ma quand’è che era giunta a quelle conclusioni?
“Draco…” e il suono del suo nome fuoriuscito dalle sue labbra sembrava miele. Miele caldo e profumato, quello che lei amava spalmarsi sulle fette biscottate quand’era bambina. Quel miele che incorniciava il viso pallido e arcigno di Malfoy, gli zigomi alti e pronunciati, gli occhi glaciali e tormentati.
“Draco Malfoy è così simile a me che quasi mi spaventa. E sono innamorata di lui, dannazione!” strinse con forza le mani a pugno, lacerandosi la pelle con le unghie.
“Quale sarebbe il problema, Hermione?” Harry le pose quella domanda con una sincerità disarmante.
La ragazza spalancò gli occhi per lo stupore e fissò attonita l’amico che le stava sorridendo sornione.
“Se lo ami ed è quello che vuoi, vattelo a prendere. Te l’ho già detto una volta” si interrompe solo per sistemarsi gli occhiali sul naso.
“La guerra è finita tempo fa, Herm. Basta con i pregiudizi e le paure. Ho imparato che se vogliamo davvero qualcosa dobbiamo lottare per averla” i suoi occhi si posarono sulla figura longilinea di Ginny che sferzava agile sulla sua scopa, schivando un suo compagno, prima di segnare.
“E se lui…” ma Hermione non terminò la frase che Harry le aveva tappato la bocca con la propria mano. Scosse la testa.
“Nessun se, Herm. Per qualsiasi cosa sono qua” le sorrise trasmettendole calore. Calore che si contrapponeva al freddo gelido attorno a loro.
“Va da lui. Va e chiedigli spiegazioni. Va e digli che lo ami!” esclamò esortando l’amica all’azione.
Hermione stordita restò immobile, pietrificata da quel discorso, poi le mani di Harry si chiusero attorno alle sue, infondendole coraggio.
“Non mi soffermerò a pensare se è o meno un passo troppo azzardato” disse lei non appena recuperò la voce.
“Perché se lo facessi non potrei fare quello che sto per fare” sorrise, alzandosi in piedi e lasciando andare le mani del suo amico, il quale annuì appena.
“Un’ultima cosa, Herm” la voce di Harry la costrinse a fermarsi.
Con un gesto della mano lo invitò a proseguire.
“Se ti fa del male, mi dai il permesso di cruciarlo?” sghignazzò tirandosi su le maniche e schioccando le dita.
Hermione rise.
“Credi che lascerei tutto il divertimento a te. È chiaro che lo faremo insieme” e dopo avergli lanciato un’ultima occhiata, prese a correre diretta al castello.
Diretta da lui.
Seguendo la strada che il suo cuore aveva tracciato da tempo…

***
La paura è la nemica numero uno dell'uomo. Mago o babbano che sia.
Lo frena, gli impedisce di agire. E' più facile mollare e adattarsi.
Avrebbe voluto farlo anche Hermione, ma lei di carattere non è una debole, è una ragazza abituata a rischiare. Questa volta era pronta a cedere per paura di amare, perché lei è abituata a seguire la testa, la razionalità. ma  con la spinta di Harry ela sua forza di volontà, si sta spingendo oltre il raziocinio, pronta, seppur con paura, a seguire la via del cuore.
Dite che ce la farà?
Vi chiederete perché stia aggiornando oggi: tra qualche ora sarò in viaggio per Londra e ritornerò solo giovedì della prossima settimana. Non volevo lasciarvi senza il capitolo.
Grazie.
Grazie di cuore. Sono commossa, davvero! Mai  e, dico mai, mi sarei aspettata tanto affetto per la mia fan fiction! Quindi davvero, vi ringrazio! Arrivare a voi con le mie emozioni, è la gioia più grande che potessi avere!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

Marghe

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Capitolo 20
*** Corri Hermione. Corri. ***


Corri Hermione. Corri

Capitolo 19 “Corri Hermione. Corri”

 

Nel corso della sua vita, l’uomo si trova spesso a percorrere di corsa metri di strada.
Per i motivi più svariati: ritardo, un treno o un aereo pronti a partire, un appuntamento.
La corsa di Hermione non rientrava in queste categorie.
La pioggia le impediva di vedere bene dove mettere i piedi e nonostante questo e le innumerevoli salite che conducevano al castello, la ragazza correva veloce. Il mantello le si era appiccicato al corpo creando così una seconda pelle. La sua sacca sbatteva ripetutamente sulle sue gambe.
Hermione non badava al fastidio che tutto questo le dava, pensava solo a raggiungere la meta il più in fretta possibile.
Doveva vederlo.
Doveva sapere.
Doveva capire.

Voleva che lui l’amasse.
Chiuse gli occhi.
Quando le sue piccole mani spinsero con forza il portone d’ingresso e il calore interno del castello la invase, lei spalancò le sue iridi, consapevole che qualcosa stava per cambiare per sempre.
Si guardò intorno con aria furtiva. Dove lo avrebbe trovato?
Andare nei sotterranei era da escludere, non poteva certo chiedere ad un Serpeverde la parola d’ordine per entrare nei loro dormitori.
L’entusiasmo che fino a quel momento l’aveva guidata sembrò dissolversi di fronte al suo smarrimento. Si diede mentalmente della sciocca e a testa china era pronta a tornare nella Torre dei Grifondoro, ma…
“Granger!” a quel richiamo, la ragazza si voltò rapida con gli occhi spalancati.
Guardò il suo interlocutore e le venne voglia di piangere, tanto che sentì i suoi occhi pizzicare. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente, così chinò il capo.
La persona davanti a lei, si avvicinò di qualche passo fino a trovarsi irta proprio davanti alla Grifondoro.
La guardò con occhi attenti, corrugando la fronte.
“Stai bene?” domandò.
Hermione accennò un si con la testa, ma non convinse nessuno, infatti il ragazzo incrociò le braccia e la guardò con sfida.
“Chissà perché ma non ti credo” replicò lievemente indispettito.
“Fa come ti pare, Blaise” sbottò Hermione con impazienza fissandolo con gli occhi ricolmi di lacrime, ma che per orgoglio lei non liberava.
Il moro Serpeverde la fissò a lungo, non muovendo un muscolo, poi d’improvviso l’afferrò per un braccio.
“Vieni con me!” le disse.
“Dove accidenti mi stai portando?” esclamò Hermione incavolata.
“Lasciami, Blaise!”, ma il ragazzo finse di non averla sentita e allentò la presa quando giunsero in un posto più appartato, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
“Ora mi dici cos’hai!” disse lui con tono autoritario.
Hermione s’indispettì maggiormente.

 

“Primo: tu non sei nessuno per darmi ordini. Secondo: da quand’è che saresti divenuto il mio confidente personale?” rispose stizzita, mentre qualcosa dentro di lei le suggeriva che si stava comportando male e che non era su di lui che doveva sfogare tutta la sua rabbia.
Zabini non si lasciò toccare da quelle parole cariche di cattiverie, almeno all’apparenza. Restò immobile, continuando a fissare quella giovane ragazza, quasi donna che respirava affannosamente, mentre i capelli le ricadevano sul viso ancora gocciolanti. Poteva leggere nei suoi occhi diversi sentimenti lottare per farsi spazio in lei e la confusione che questo le provocava.
“Non ho detto di essere il tuo confidente. Ti ho solo chiesto, gentilmente” e calcò l’ultima parola “cosa ti sta accadendo. Quando sei entrata nel castello mi hai dato l’impressione che cercassi qualcosa…o qualcuno” mormorò con voce melliflua e un sorrisetto sarcastico ad increspargli le labbra carnose.
Hermione non riuscì a nascondere la sorpresa e se l’aveva notato lui, avrebbe potuto accorgersene qualcun altro. Il moro sembrò recepire il disagio della ragazza e si affrettò a tranquillizzarla.
“Non c’era nessun altro in giro a parte me” le disse.
“E allora perché ci siamo appartati qui” ribatté lei, guardandosi intorno.
“Perché la prudenza non è mai troppa e tu dovresti saperlo meglio di me” Blaise scosse il capo, poi decise che doveva andare dritto al punto.
“Cercavi Draco”
“Non è una domanda” borbottò lei troppo frettolosamente, avvertendo le guance tingersi di rosso.
“E comunque no, non cercavo Malfoy” Blaise inarcò un sopracciglio, poi scoppiò a ridere.
Hermione lo guardò stralunata, sentendosi offesa.
“Non ci vedo proprio niente di divertente” sbuffò.
“Sei tu che mi fai divertire, Hermione” la suddetta sbuffò di nuovo.
“Lo sai che non si dicono le bugie?” la canzonò Zabini, alzando un dito e facendo cenno di no.
Alla fine Hermione si arrese e dopo aver sospirato, rivolse i suoi occhi al moro che sembrava aspettare una sua confessione.
“Si…” mormorò in un tono appena udibile “Cercavo…lui”. Blaise non si scompose, né si sorprese, lasciò che la ragazza continuasse.
Hermione sentiva di poter parlare liberamente.
“Volevo…vederlo per parlargli” disse camminando, poi guardò nuovamente il Serpeverde.
“Ho bisogno di conoscere la verità, Blaise. Non mi piace questa situazione, per quanto…stia bene nei momenti in cui ci vediamo…” poi le venne un dubbio “Penso che tu sappia che io e Malfoy ci incontriamo su proposta del tuo amico, vero?” Zabini annuì.
“Bene” continuò Hermione “Malfoy non può sperare di mandare avanti questa farsa ancora per lungo tempo. Non mi faccio comandare da nessuno io. Non sopporto più di sentirmi così inerme”.
“Hai deciso di fare il primo passo, quindi” la interruppe Blaise, avvicinandosi a lei.
Hermione, sconcertata, corrucciò la fronte.
“Gli confesserai i tuoi sentimenti?” insisté lui.
“Ma tu…” avrebbe voluto chiedergli cosa ne sapesse, ma non ne ebbe il tempo, perché il ragazzo riprese   parlare.
“Non farmi domande sciocche. Sono un buon osservatore, Hermione. Vedo come vi guardate e poi le tue parole di qualche settimana fa hanno confermato i miei sospetti. Fai bene a prendere di petto il caro Draco” sogghignò.
“Sono proprio curioso di sapere come la prenderà” continuò a ridacchiare malignamente.
La ragazza sorrise appena.
“Tu come pensi che la prenderà?” domandò d’un tratto attirando così l’attenzione di Blaise, il quale scrollò le spalle e scosse la testa.
“Conoscendolo un po’ si aspetta qualche tuo colpo di testa tipicamente Grifondoro, sa bene che non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno, però di certo non sa cosa gli dirai” rise.
“Ti prego poi descrivimi la sua faccia” ammiccò Blaise.
“Stupido” borbottò Hermione, dandogli una spinta che lo face ridere ancora più forte. A quel punto anche lei scoppiò a ridere.
Le loro risa vennero percepite da un gruppetto di giovani Corvonero che passarono loro accanto e li guardarono sorridenti.
Anche Blaise e Hermione li seguirono con lo sguardo.
“Beata innocenza” soffiò il Serpeverde, trovando l’approvazione della Grifondoro.
“Toh! Guarda un po’ una Sangue Sporco che si mescola con un Purosangue” sia Zabini e che la Granger si voltarono in direzione della voce e videro Pansy Parkinson che li guardava con uno strano cipiglio sul volto e un mezzo sorrisetto arrogante.
Fece un passo in avanti e fissò il moro.
“Ultimamente le tue frequentazioni sono alquanto discutibili, Blaise” e con lo sguardo sfiorò appena Hermione, ma questo le bastò per notare quanto quei due fossero vicini.
“Dubito che la tua famiglia sia d’accordo con le tue scelte” continuò imperterrita, sorridendo con cattiveria.
“Io non devo rendere conto a te di niente, Parkinson. Gira a largo!” ruggì spostandosi in avanti e raggiungendo la sua compagna di casa. Hermione non l’aveva mai visto così arrabbiato.
“Zabini ha ragione” disse una voce strascicata alle loro spalle.
Tutti e tre si voltarono lentamente nella direzione da cui proveniva la voce, ognuno di loro sul viso aveva un’espressione diversa. La più divertita era sicuramente quella del moro.
“Malfoy” asserì Pansy con voce velenosa.
“Noto che ricordi ancora come mi chiamo” ribatté lui avvicinandosi, senza mai incontrare lo sguardo di un’ Hermione alquanto sbigottita.
“Purtroppo si” rispose velenosa la Serpeverde.
Era stato facile voltare le spalle ai Malfoy dopo la sconfitta di Voldemort, specie per il loro cambio di bandiera. Questo Draco lo sapeva bene.
Il biondo rise. Una risata amara, a tratti triste, notò Hermione.
“E dire che un tempo stavi sempre appiccicata al mio braccio. Quasi non mi lasciavi respirare” replicò con sarcasmo.
“Erano i tempi in cui ero un’ingenua ragazzina infatuata di uno stupido e altezzoso ragazzino. Fortuna che sono rinsavita” rispose Pansy, incrociando le braccia al petto e guardandolo con sfida.
Sfida che Draco accolse ben volentieri.
“Guarda caso questo è avvenuto solo dopo la Guerra Magica
le sua parole erano velate di sarcasmo che non passò inosservato.
Un sorriso incurvò gli angoli delle sue labbra, quando vide Pansy arrossire per la rabbia e non dire niente.
“In ogni caso” continuò “Non mi interessa. Non ho mai gradito la tua compagnia”, a quel punto la ragazza lasciò andare le braccia lungo i fianchi, stringendo le mani a pugno e afferrando la bacchetta, nascosta tra la gonna e la camicia.
“Brutto traditore! Meriteresti di morire, non avrebbero dovuto darti il permesso di tornare. Sei una piaga. Una piaga per il mondo dei Purosangue!”
Malfoy non si lasciò intimorire né dal gesto né dalle parole pronunciate dalla sua compagna di casa. Continuò a fissarla, apparentemente tranquillo, rigido nella sua postura elegante e sicura.
Hermione tremò appena quando percepì quello che poteva succedere, ma prima che potesse dire o fare qualcosa fu Blaise a intervenire:
“Metti giù quella bacchetta, Pansy. Non fare stupidaggini!” e si accostò a Malfoy.
La diretta interessata lo guardò, gli occhi dardeggianti di rabbia si riempirono di lacrime.
“Per colpa sua la mia famiglia è stata screditata!” ringhiò inferocita, tremando tutta.
“Ed io non so come risollevare il suo onore” disse abbassando per un attimo la bacchetta, poi sembrò che la rabbia tornasse a prevalere e la rialzò indirizzandola verso Draco.
“Ma ora ho capito che il primo passo per rinascere dalle ceneri è vendicarsi di chi ci ha ridotto in cenere” una risata isterica, che per un attimo ricordò ai presenti quella di Bellatrix, proruppe sulle labbra della Parkinson.
“Non ti difendi, Malfoy?” lo provocò lei, ormai decisa ad andare avanti.
Il biondo interpellato continuò a non rispondere.
“Cos’è hai perso la lingua?” e ancora una risata.
Hermione strinse tra le dita la sua bacchetta e fulminea si fece avanti.
Expelliarmus!” esclamò e la bacchetta di Pansy volò lontano.
Blaise, compiaciuto da quel gesto, non perse tempo: “
Accio bacchetta” e la suddetta, appartenente alla Parkinson, volò tra le sua mani.
La ragazza li guardò sbarrando gli occhi e fremendo di rabbia.
“Come hai osato, schifosa Mezzosangue. Ora ti metti anche a difenderlo? Devo ricordarti che sua zia ti stava facendo la pelle?” gridò fuori controllo, pronta a inveire contro la Grifondoro. Quest’ultima non si lasciò intimorire e con la bacchetta puntata contro la Serpeverde la guardò minacciosa e con un incantesimo non verbale fece comparire delle corde che la legarono.
“Sono un Prefetto, il mio compito è garantire l’ordine nella scuola e tu stavi violando una regola fondamentale. 20 punti in meno a Serpeverde, ovviamente tale episodio verrà riferito alla Preside e al Professor Piton che provvederanno a loro volta a punirti adeguatamente” disse tornando ad essere la solita saccente. Blaise le porse la bacchetta di Pansy, ma lei la fissò solamente.
“Ridammi la mia bacchetta!” esclamò la Serpeverde, agitandosi e provando a slegarsi.
“No” rispose semplicemente, poi volse i suoi occhi al moro.
“Blaise ti spiace portarla a Piton e parlargli dell’accaduto?”il ragazzo annuì.
“Nessun problema. Come te sono un Prefetto. Me ne occupo io” sorrise, facendole l’occhiolino.
“Ti ringrazio” disse un po’ più sollevata.
“Farò rapporto io alla Preside. Tu fai quello che devi e non badare a quello che ti dirà” le sussurrò all’orecchio, in modo che solo lei e Draco, che era vicino a loro, potessero udirlo.
Hermione annuì impacciata, divenendo tutta rossa.
Il moro afferrò Pansy, ponendosela sulle spalle come un sacco di patate e scomparve giù per i gradini che portavano nei sotterranei.
Hermione e Draco osservarono la scena fino a quando i due Serpeverde non furono più visibili. Ora non vi erano ulteriori scuse per rimandare.
Lo sapevano entrambi.
Hermione per prima si girò a guardarlo.
Il biondo la osservava dall’alto, con un’espressione indecifrabile.
“Potevi evitare quello spettacolo e lasciare che mi schiantasse” mormorò incolore.
A quelle parole, la Grifondoro sbarrò gli occhi, ma la sorpresa durò poco.
“In fondo lo desideravi anche tu” la provocò lui, astioso e la reazione di Hermione non si fece attendere.
“Io non desideravo assolutamente niente, Malfoy. Ho solamente fatto il mio dovere” ribatté sicura.
“Si, bla, bla, bla” ciarlò lui facendole il verso, per poi ritornare serio.
“Beh Mezzosangue, la prossima volta fatti gli affaracci tuoi” le diede le spalle incamminandosi verso le scale che conducevano nel suo dormitorio.
“Ah” aggiunse, senza voltarsi “Tu e Blaise vedete di appartarvi altrove, magari dove nessuno possa vedere le vostre vomitevoli dimostrazioni d’affetto”.
Passò forse un minuto.
Sessanta secondi in cui nella testa di Hermione passò di tutto, anche la voglia di prendere nuovamente a pugni il biondo Serpeverde. Poi si ricordò delle parole di Blaise…

“Tu fai quello che devi e non badare a quello che ti dirà”
un velato avvertimento che il moro le aveva lasciato conoscendo perfettamente come avrebbe reagito il suo amico.
Hermione non perse tempo e corse a perdifiato per le scale. Anch’ella diretta nei sotterranei. Questa volta non gli avrebbe permesso di svignarsela a quel modo.

“Idiota! Sei un emerito idiota, Malfoy. Non hai capito un accidenti!”
.
Lui era di poco davanti a lei, possibile che non riuscisse a raggiungerlo?
Ma quant’era veloce?
Hermione si fermò per riprendere fiato e si poggiò con le mani sulle ginocchia, chiudendo gli occhi. I capelli le ricaddero in avanti, ancora gocciolanti di pioggia.
D’un tratto, Hermione sentì uno strano calore. Spalancò gli occhi spaventata e notò che i suoi vestiti e i capelli erano asciutti. Se li tastò confusa.
“Non sopportavo che gocciolassi per tutto il corridoio, inzozzandolo” Hermione si girò di scatto, Draco se ne stava alle sue spalle poggiato ad un muro, accanto alla porta che dava su quella stessa aula in disuso dove, tempo addietro, avevano avuto quel litigio.
Di sottecchi la osservava: sembrava smarrita e sorpresa.
Più bella e fascinosa del solito.
A lui piaceva vederla così disarmata.
Si scostò dal muro e in poche falcate le fu davanti.
Si fissarono negli occhi, fino a quando lui non decise di parlare.
“Cosa ci fai quaggiù e questa volta niente scuse” disse alludendo proprio all’episodio dell’aula in disuso.
“Cercavo te” asserì con decisione, affrontandolo.
Niente sembrò turbarlo, tranne che quel guizzo che per un attimo sembrò smuovere quelle iridi color argento.
“E che vuoi, Granger? Ci siamo detti tutto, no?”
“Hai parlato solamente tu e comunque non sono qui per parlare di quello che è successo poc’anzi” con un gesto della mano lo invitò a seguirla.
Senza attendere risposta, Hermione si diresse proprio verso l’aula in disuso. Il cuore le martellava nelle orecchie e si rifiutava di ascoltare la sua coscienza.
Quando la porta alle sue spalle si chiuse, le fu chiaro che Draco l’aveva seguita.
Si volse verso l’entrata, nel buio non riusciva a distinguere nulla.
Lumos” pronunciò e sobbalzò quando si trovò Malfoy proprio davanti. Così vicino che allungando poco la mano avrebbe potuto toccarlo.
Lui non si scompose.
Il cuore tamburellò ancora più veloce.
“Avanti Granger, cos’è che volevi dirmi?” domandò lui con espressione impettita e superba.
“Voglio discutere con te dei nostri incontri” asserì, Draco si lasciò scappare un sorrisetto beffardo.
“Cos’è non ti bastano più?” chiese punzecchiandola con fare provocante.

“Non è questo” Hermione evitò di pensare a quella vicinanza così pericolosa.
Draco fece un gesto brusco con le braccia e con un sopracciglio inarcato la guardò.
“Io…” la ragazza deglutì, sentendo le mani sudare.
Poi d’improvviso un bigliettino incantato volò tra di loro, atterrando sulla spalla del biondo. Quest’ultimo, parecchio infastidito, lo afferrò per leggerlo.
Le labbra si incresparono appena e Hermione rimase a fissare le iridi del giovane che si muovevano per seguire le righe sul bigliettino.
Con un incantesimo non verbale, lo fece evanescere e tornò a fissare la ragazza.
“Chi era?” domandò lei curiosa.
“Non sono affari che ti riguardano, Granger. Se sei venuta per farmi perdere la pazienza, la porta è da quella parte. Vattene!” la sua voce vibrò d'ira e fastidio.
Hermione strinse i pugni irritata.
“Idiota” mormorò passandogli accanto, ma prima che raggiungesse la porta, Draco aprì bocca:”Era Blaise. Diceva che ha risolto con la Preside. Dovevo fartelo sapere. Ha blaterato altre sciocchezze, ma quelle non ti riguardano affatto” masticò acido, probabilmente infastidito dalla rapidità con cui la Grifondoro aveva deciso di andarsene, lasciandolo lì come uno stoccafisso.
Hermione annuì e lui si voltò. Si ritrovarono faccia a faccia.
“Ora se non ti dispiace, vorrei sapere cos’hai da dirmi” lei annuì ancora, facendo qualche passo avanti e ritrovandosi al centro della stanza.
Un ultimo respiro prima di quel round che sperava la vedesse vittoriosa.

 

***

Con tutta probailità ora mi starete odiando o starete meditando il mio omicidio. Ma mi auguro che sappiate capirmi.
Non ho interrotto il capitolo volutamente. Anche in questo caso ho pensato che fosse meglio così. Condensare troppe emozioni insieme non mi piace ed io stessa nello scriverle non sarei stata capace di gestirle.
Sinceramente non so cosa dirvi, se non che il momento epico si sta avvicinando. Il resto è ancora tutto nella mia testa e spero di scriverlo quanto prima. 
Vi avviso già da ora che ad agosto non pubblicherò, fose solo il primo giovedì. Mi prendo un pò di pausa, così forse riesco a scrivere qualche altro capitolo prima dell'arrivo di settembre.
Grazie per il vostro affetto. Non fate che rendermi felici.
Un bacio

Ps: i personaggi sono di proprietà della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio divertimento.

Marghe 

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Capitolo 21
*** Gli opposti si attraggono ***


Gli opposti si attraggono

Capitolo 20 “Gli opposti si attraggono”

 

 

Hermione aprì gli occhi e quando si ritrovò riflessa in quelli di Draco, un fremito le attraversò il corpo per intero, rendendola inquieta.
“Voglio che tu mi dica tutto” mormorò, socchiudendo nuovamente gli occhi.
“Ho bisogno…ho bisogno di sapere ogni cosa” aggiunse per poi scrutare il suo interlocutore.
Draco rise.
“Non sei nella posizione di dettare le regole, Granger!” rispose risoluto.
“Sarò io a decidere come e quando” asserì, lanciandole un’occhiata truce.
Hermione fece un passo avanti.
“No, Malfoy. Non ti permetterò di portare avanti questo stupido gioco! Tu mi dici cosa c’è sotto ora!” il suo ordine sembrò rimbombare in quell’aula vuota. Nell’atto di agitarsi, la sua sacca cadde a terra e finì in un angolo.
“No” ribatté il biondo prontamente.
“Deciderò io quando sarà il momento” tornò a ripeterle il ragazzo, ostinato quanto la propria interlocutrice.
Hermione fece un altro passo in avanti.
Se c’era una cosa che li accomunava era la cocciutaggine.
“Dimmi Granger, perché improvvisamente sei così curiosa di saperlo?” le domandò, fissandola in modo lascivo.
“Io…” mormorò la ragazza.
“Io?” incalzò lui.

La Grifondoro alzò lo sguardo per perdersi in quello del Serpeverde.
Hermione si era innamorata di Draco.
Assurdo, totalmente. Ma dannatamente giusto!
“Avanti Mezzosangue…” esordì lui brusco “Parla!” sibilò serio, non allontanando di un millimetro lo sguardo da quello di lei.
“Non posso…” bisbigliò lei sentendo il coraggio svanire nel nulla.
Improvvisamente si accorse che non se la sentiva di dirgli che lo amava. Era certa che lui l’avrebbe derisa e cacciata via.
Quando mai s’era mostrata così codarda?
“Non puoi o…non vuoi?” domandò lui, avvicinandosi impercettibilmente alla ragazza.
“Entrambe le cose!” ribatté lei senza rendersene conto.
“Mmm…il non puoi è facilmente eliminabile. Siamo soli, io voglio anzi desidero ascoltare quello che hai da dirmi, quindi il primo problema è risolto. Per il non vuoi…posso provare a convincerti?” sussurrò suadente avvicinandosi pericolosamente.
Hermione sbarrò gli occhi spaventata, tentando invano di indietreggiare, ma si ritrovò addossata al muro dell’altro lato della stanza, con Malfoy a un centimetro da lei.
Abbassare lo sguardo fu inutile perché Draco le rialzò il viso con due dita.
Il loro tocco freddo con la sua pelle calda, la fecero tremare.
Malfoy ghignò.
“Allora Granger, devo supporre che hai paura?” la provocò lui con divertimento.
“Non ho…paura di te” le ultime parole strascicate, portarono Hermione a fissare le labbra invitanti della serpe.
“Avanti…parla” le bocca di Malfoy si mosse volutamente in modo molto lento. Hermione deglutì, socchiudendo gli occhi.
“Mezzosangue, devi guardarmi mentre mi parli!” Malfoy la scosse prendendola per le spalle.
Ancora un contatto tra i loro corpi.
Ancora un tremolio.
E Hermione fu costretto ad obbedirgli.
Forte quell’impulso di lanciarsi su di lui e…baciarlo?
“Furetto. Non. Mi. Toccare!” brontolò scandendo parola per parola.
Ma era davvero sicura di non volerlo sentire su di sé?
Allontanarlo era l’unica soluzione che le venne in mente al momento.
“No!” fu la risposta secca del biondo.
Hermione fece per ribattere ma notò come il corpo del suo eterno nemico fosse rigido e la sua voce era uscita stranamente bassa e sibilante.
Spostò i suoi occhi in quelli di lui e vi lesse il suo stesso identico tormento.
Riconobbe che quello era il posto in cui sarebbe voluta sempre essere.
Un posto che si sarebbe voluta scegliere per poi chiamarlo col suo nome: “casa”.
“Parla” mormorò Draco, allo stremo delle forze. Stanco di resistere e di fingere.
“Io…” la Caposcuola si morse il labbro inferiore in un gesto di puro nervosismo.
“Io…” inspirò “Credo che…”
“Credi cosa?” la pazienza del ragazzo stava vacillando e con essa la sua voglia di resistere al desiderio di lei.
“Avanti, Granger, non ho tutto il giorno!” esclamò scostandosi.
Si sentiva soffocare.
Tornare il freddo, cinico e bastardo gli riusciva fin troppo bene.
Hermione strinse i pugni.
Come poteva anche solo pensare che lui…scosse la testa per rimuovere qualsiasi pensiero.
Quel quaderno, quei pensieri, erano una semplice presa in giro.
“Ti odio!” gridò, le lacrime le pizzicavano gli occhi spingendola a tenerli semi aperti.
Draco si voltò immediatamente nella sua direzione. Spiazzato.
“Ti odio! Mi fai schifo, hai capito? Vattene, vattene via tu e quel maledettissimo quaderno” Hermione corse, passandogli accanto a modesta velocità e questo non impedì al ragazzo di vedere le sue lacrime e di sbarrare gli occhi.
Fu l’istinto a guidarlo.
Si, fu lui a muovere la sua mano e ad afferrare il braccio della Granger.
Fu sempre l’istinto a spingerlo ad attirarla sé e a baciarla.
Ma non un bacio qualunque.
Un bacio dal sapore salmastro, disperato, appassionato.
Maledettamente eccitante, vero, da strapparti l’anima.
Maledettamente insano, ma così dannatamente giusto.
Hermione non poté fare a meno di rispondere a quel bacio e nonostante la testa continuasse a dirle che stava sbagliando, lei si sentiva così bene.

A casa.
Tra le braccia di Draco.
Poi la sua razionalità ebbe la meglio e lei, approfittando del coinvolgimento del ragazzo, riuscì a staccarsi, facendo forza con le mani sul petto di lui.
Draco la fissava con gli occhi lucidi e lussureggianti.
Il grigio liquido di quelle pozze infinite, esprimevano bene lo sconvolgimento che lui stesso sentiva dentro di sé.
Hermione restò immobile, le braccia di Draco erano ferme sulla sua vita.
Il cuore di lei batteva all’impazzata.
Felice e timoroso.
Felice per quel contatto desiderato.
Timoroso che si trattasse di una farsa, una presa in giro nello stile Malfoy.
“Perché…?” provò a dire lei.
A quel punto Malfoy si allontanò di poco e le diede le spalle.
“Davvero devo spiegarti qualcosa di così elementare?” celiò il ragazzo con voce bassa e strascicata.
Lui si sentiva così…così stravolto da non avere quasi più fiato.
Aveva baciato molte ragazze, ma mai aveva pensato che si potessero provare sensazioni di quel tipo.
Cos’aveva la Granger in più rispetto alle altre???
Hermione gli fissava le spalle, com’era capitato tante volte.
Le mani chiuse sul petto, come a volersi proteggere da quell’uragano terribile che si stava per abbattere su di lei.
Ma Malfoy era abituato a sorprendere.
“Prendi quel quaderno” disse infatti.
Hermione sussultò.
“So che lo porti sempre con te, quindi non farti pregare. Prendilo!” le intimò. Un tono di voce che non ammetteva repliche.
La ragazza si guardò attorno in cerca della sua sacca. Essa se ne stava in un angolo della sala, probabilmente lanciata lì nel mezzo della discussione con il ragazzo.
Draco la seguì di sottecchi e la vide dirigersi verso la sacca, afferrare il quaderno e fissarlo stranita.
“C’è una pagina che vorrei tu…vedessi…” sussurrò.
Hermione tornò a guardare quel ragazzo. Ma chi era veramente Draco Malfoy?
“Quale?” domandò lei a fatica, ritrovando a stento la voce.
Malfoy udendola parlare, si voltò sorpreso, senza però mutare la sua espressione fredda e distaccata.
“E’ una pagina nascosta con la magia” il ragazzo sentì gli occhi di Hermione studiarlo attentamente e bruciare di tanti interrogativi.
“Si. Avrei potuto farlo con ogni singola pagina, ma volevo che tu trovassi quel quaderno. Volevo che tu potessi scoprire che c’era qualcuno che ti osservava e ti conosceva un po’ di più rispetto ai tuoi amici. Volevo che ti incuriosissi, quel tanto da portarti a desiderare di volerne di più.
Volevo che tu conoscessi questo lato di me. È come se fossi un’altra persona, ma sono sempre io, Granger.”
Fece un passo in avanti. Verso di lei.
“Ci sono tante cose che non sai di me e probabilmente non le saprai mai, perché non te le dirò” la solita strafottenza.
Il solito ghigno malefico.
Ma una luce diversa negli occhi.
“Volevi ingannarmi…” la voce di Hermione uscì ferma, ma sussurrata.
“No” Draco le diede una risposta secca e precisa.
“Io volevo arrivare a te” un altro passo verso di lei. Ormai le era davanti e la sovrastava.
“Al tuo cuore” aggiunse con tono inverosimilmente melodioso, portando una mano sul quaderno.
La ragazza, involontariamente, tremò.
Qualche secondo dopo, Draco allontanò quella mano.
“Aprilo” le disse stranamente dolce.
Hermione fece come lui gli aveva detto e il quaderno automaticamente si aprì ad una delle prime pagine.
Laddove appariva uno scarabocchio che a primo acchito poteva sembrare un tentativo dell’autore di cancellare qualcosa di sbagliato, comparve un disegno che ritraeva la giovane Grifondoro, sorridente accanto a Ron e Harry.
Hermione sbarrò gli occhi e con le dita percorse il confine perfettamente tratteggiato dei loro volti sorridenti.
“Harry, Ron e…io” mormorò assorta, memore dei vecchi tempi passati.
“Esattamente” udendo la voce di Malfoy, Hermione si ridestò e guardò il biondo davanti a lei.
“Come apparivate ai miei occhi qualche anno fa. Uno spettacolo riprovevole.” Si fermò giusto per vedere la faccia di Hermione colorirsi di…delusione?
“Era quello che dovevo fingere di pensare” aggiunse lui, con studiata calma.
Questa volta Hermione trattenne il fiato, spalancando i suoi occhi dorati.
“Non sprecherò fiato nel chiederti perché nessuno si sia mai soffermato a pensare che forse io potevo fingere. Ciò che desidero ardentemente è che tu guardi quel ritratto e torni a sorridere come a quei tempi”
Hermione e Draco si fissarono a lungo e in silenzio.
“Siete ritornati il trio di sempre, ma ognuno di voi è parzialmente cambiato. Tu ad esempio quando sorridi non ti s’illuminano più gli occhi, segno che forse fingi di essere felice e non ti si creano quelle due fossette sulle guance” Draco scosse la testa, mentre Hermione si sentiva improvvisamente svuotata.
“Ti starai chiedendo perché ho nascosto questo disegno” Malfoy non attese una risposta e proseguì:
“Perché avresti capito. Se guardi bene, alle vostre spalle, anche se minuscolo, ci sono disegnato io. Io che vi guardo non i cagnesco come al solito, ma diversamente. Il me che vorrebbe emergere ma che non può e se ne sta nell’ombra sovrastato dalla maschera dello stronzo che si burla degli altri. Non che non mi sia divertito e non lo faccia tutt’ora.”
Hermione tornò a fissare il disegno e constatò che ciò che diceva Malfoy era vero.
C’era davvero anche lui.
Qualcosa la spinse a posare le dita su quella figura.
Draco seguì ansioso quel movimento e deglutì.
“E così secondo te io non sorrido più come un tempo?” la domanda era retorica. Hermione non voleva in realtà una risposta. Si stava rivolgendo più a sé stessa che al suo interlocutore.
Nel frattempo con il dito indice continuava ad “accarezzare” il punto esatto in cui Malfoy aveva disegnato sé stesso.
When I see your face, there’s not a thing that I would change, cause you’re amazing just the way you are. And when you smile, the whole world stops and stares for awhile, cause girl you’re amazing. Just the way you are” canticchiò il biondo Slytherin, ripetendo a perfezione il pezzo di una canzone babbana che Hermione aveva ascoltato durante il soggiorno a casa.
La suddetta ragazza alzò il viso, lasciando scivolare il quaderno per terra.
Le mani a mezz’aria, il viso trafitto per la sorpresa.
Il cuore che continuava a batterle impazzito nel petto.
“Che…che…” borbottò senza riuscire a formulare una domanda di senso compiuto.
“Che voglio dire?” le venne in aiuto il ragazzo. Lei annuì.
“Voglio dire che per quanto Grifondoro e Serpreverde siano agli antipodi e si odino, c’è una legge terrena che parla chiaro, Mezzosangue: gli opposti si attraggono ed io sono attratto da te…Granger” quella fu l’ultima cosa che la ragazza sentì, prima di essere afferrata dal ragazzo e baciata con passione.


***

Questa volta il capitolo è più corto e interrotto nuovamente sul più bello.
Scelta voluta e ponderata.
Il prossimo capitolo arriverà giovedì prossimo, poi credo che ricomincerò a postare a settembre.
Sono indietro e devo recuperare, scrivendo i restanti capitoli. Non voglio sospendere la storia all'improvviso.
Mi auguro che i vostri istinti omicidi siano sopiti, perché credetemi se vi dico che non finisce qui. No dai, scherzo.
Non ho molto da aggiungere. Credo che il capitolo parli da solo.
Ah la canzone è "Just the way you are" di Bruno Mars. Perdonerete il mio riferimento ad una canzone babbana? :)
Aspetto di conoscere il vostro responso.
E grazie sempre per il vostro incredibile affetto.
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling!

Marghe

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Granger, hai problemi col verbo ***


Granger, hai problemi col verbo << baciare >> ?

Capitolo 21 “Granger, hai problemi col verbo << baciare >> ?”

 

 

Hermione e Draco non seppero mai quanto tempo era effettivamente passato, ma quando i loro visi si allontanarono per permettere loro di respirare, si scoprirono a guardarsi con occhi lucidi, le bocche tumide e le guance arrossate. Cosa alquanto strana per uno che come Malfoy era perennemente pallido.
Hermione non aveva parole da dire. Era come se quel bacio le avesse spazzate via tutte, ma al contrario di quanto si possa pensare, non si sentiva vuota, bensì più leggera e una strana sensazione di appagamento si impossessò delle sue membra.
Draco, invece, era turbato.
Turbato perché non era abituato a provare emozioni simili, tanto potenti da spiazzarlo. In genere era lui a spiazzare gli altri e non a sentirsi disorientato a quel modo.
Per un attimo distolse lo sguardo da quello di Hermione, generando in quest’ultima una certa preoccupazione.
Lei si trovò a chiedersi se lui si fosse pentito.
Certo quando gli era corsa dietro non si era aspettata che succedesse tutto quello, anzi era pronta al peggio. Eppure…eppure lui le aveva detto che era attratto da lei e l’aveva baciata due volte. A quel ricordo, il viso di Hermione arrossì nuovamente e il cuore fece diverse capriole.
Draco avvertì il cambiamento nel corpo della Grifondoro e di colpo si voltò a guardarla: era così rossa, da far paura. Malfoy, le cui braccia, erano ancora avvolte attorno alla vita della ragazza, si mossero, facendo sussultare la ragazza. Così entrambi si ritrovarono a fissarsi.
Hermione aprì la bocca, intenzionata a dire qualcosa, ma Malfoy la precedette:
“Hai avuto le risposte che cercavi” disse con la voce leggermente roca, lasciandole la vita.
Hermione avvertì immediatamente l’assenza delle sue mani e involontariamente il freddo prese il suo posto, facendola irrigidire.
Draco che si era reso conto che qualcosa non andava, la fissò interrogativo, ma dagli occhi della ragazza non traspariva nulla.
Improvvisamente vacui.
Vuoti.
Malfoy strinse i pugni, sentendosi un verme.
Ma d’altronde lo era davvero.
“No” la voce di Hermione tuonò così forte che il rimbombo echeggiò a lungo in quell’aula vuota e oscura.
I loro sguardi rimasero lì a fronteggiarsi.
“No” ripeté lei, muovendosi in avanti.
“Non ho avuto le risposte che cercavo” aggiunse schiarendosi la voce.
Draco Malfoy inizialmente rimase spiazzato da quelle parole e dal tono con cui la Grifondoro le aveva pronunciate, poi pensò che doveva ribattere.
“E cosa ti aspettavi, Granger?” mormorò mellifluo, non muovendo un millimetro del suo corpo.
“Credo di essere stato sufficientemente chiaro” disse, spostandosi di lato.
Hermione scrutò attentamente i suoi movimenti, sperando di cogliere qualche elemento che le permettesse di chiarire la sua confusione.
“Pensi che un bacio possa voler dire tutto?” rispose lei con una certa enfasi, i capelli sembravano più elettrici del solito.
Malfoy voltò immediatamente il viso verso di lei e ghignò.
“Un bacio…un bacio, Granger. Un MIO bacio vuol dire tante cose!” frecciò beffardo, sorridendo mellifluo e sistemandosi il mantello sulle spalle con fare indifferente.
Hermione, se possibile, si innervosì ancora di più.
“E dimmele queste cose!” lo incitò lei.
“Abbi coraggio. Per una volta in vita tua, abbi il coraggio di osare, Malfoy!” glielo ruggì in faccia senza farsi tanti preamboli. Avrebbe voluto aggiungere “Dimostrami che quel bacio significa per te quanto ha significato per me!”, ma si trattenne e aspettò la reazione del biondo.
Quest’ultimo trasalì, traboccante di rabbia.
“Coraggio? Coraggio, Granger?” rise, una risata amara e priva d’allegria.
“Non sono un Grifondoro, ti stai confondendo con i tuoi amichetti!” un’occhiata truce della ragazza lo costrinse a imporre al discorso un’altra direzione.
“Cosa vuoi che ti dica? Mi sono sbilanciato anche troppo, credevo che dicendoti che quel quaderno è mio, avresti capito. Dopo questo” e indicò la stanza, probabilmente alludeva al bacio “Pensavo ti fosse tutto più chiaro. Ti facevo più intelligente, Mezzosangue”.
Draco si mosse rapido e giunse al davanzale della finestra.
Le dava le spalle.
Hermione comprese che Draco non era in grado di spiegarle altro. Sentiva dentro di sé la strana sensazione che quello che doveva dirle era racchiuso tutto in quel maledetto quaderno che ora giaceva nuovamente a terra, caduto nella foga di quel bacio.
Lo osservò.

Con gli occhi sfiorò i segni dorati, i strani simboli incisi, con un incantesimo non verbale lo aprì e lo sguardo le cadde sul disegno che la ritraeva. Quello da cui quella follia era nata.

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E ripercorrendo quei tratti marcati più e più volte con la matita, capì.
Capì ogni cosa.
Capì che quel ragazzo che l’aveva ritratta in quel modo così spontaneo, era davvero attratto da lei. Quasi ossessionato.
Capì che l’unico modo che lui aveva per richiamarla a sé era farle trovare quel quaderno e continuare a trattarla con diffidenza e disprezzo.
Capì che in quegli anni lui aveva sempre continuato a fingere di essere qualcun altro per non lasciarsi sopraffare da niente, soprattutto dai sentimenti.
Capì che Draco era sempre stato per lei qualcuno da sfidare, perché quel contrasto la faceva sentire viva in mezzo a quel casino dovuto al ritorno di Voldemort.
Capì che quel bacio aveva lo stesso significato per entrambi.
E allora fece qualcosa che non le costo alcuna fatica: con passi più lunghi del normale coprì la distanza che la separava dal Serpeverde. Gli fu alle spalle in poco. Quelle stesse spalle si muovevano seguendo il ritmo del respiro.
Un ultimo passo e vi posò sopra una mano.
Il ragazzo, perso nei suoi pensieri, non si era accorto di nulla e quindi sussultò a quel tocco, girandosi di scatto.
Si ritrovò così davanti alla Granger.
Fu lei a prendere la parola:
“Non sei tipo da usare le parole per comunicare, in questo siamo diversi” iniziò lei con la voce che un po’ le tremava.
“Sei più un tipo…fisico, ecco” borbottò imbarazzata, arrossendo fino alla cima dei capelli.
Draco non diceva niente, la fissava solamente. Non perdendosi né una battuta del suo discorso, né un movimento di quella ragazza che tanto desiderava.
“Quel…quel bacio voleva dire che ti piaccio, infondo lo hai detto” continuò Hermione imperterrita, prendendo a muovere le mani in modo convulso.
“Prima di baciarmi hai detto che gli opposti si attraggono e che tu sei attratto da me. Certo a primo acchito ho pensato ad uno scherzo, però poi non ho avuto modo di approfondire, perché…” e lo guardò per la prima volta da quando aveva cominciato quella filippica.
“Perché…”
“…ti ho baciata” completò Draco.
“Esattamente” annuì dando maggior vigore alle sue parole. Poi il silenzio tornò a calare tra di loro, seppure Hermione avesse sulla punta della lingua ancora una domanda.
Draco che lo aveva capito, le fece un cenno eloquente con la testa col quale la esortava a continuare.
“Ehm…cosa significa?” poi vide l’espressione sbalordita e insieme scocciata di Draco e si affrettò a continuare.
“No, non volevo dire questo. Ho capito, ho capito. Solo mi chiedevo…cosa succederà ora?” prese un respiro.
“Ora che ci siamo…”
“…baciati” asserì lui, inarcando un sopracciglio.
“Hai problemi con questo verbo, Granger?” mormorò e le labbra si piegarono in un sorriso impertinente e beffardo.
Hermione lo ignorò volutamente.
“Allora?” insisté lei.
“Allora cosa?” la provocò lui per farla parlare.
Si stava divertendo un mondo a vederla in difficoltà.
“Per la barba di Merlino!” esclamò lei infuriandosi.
“Granger parla chiaro e ti risponderò”
Hermione inspirò cercando di darsi una calmata.
“Dopo questo bacio” e calcò apposta l’ultima parola “che ha chiarito i motivi che ti hanno spinto a farmi trovare il quaderno e chiedermi degli incontri, cosa ne sarà di…te e me” usare il termine << noi >> era troppo prematuro per lei.
Malfoy parve essere leggermente colpito, quasi non se l’aspettasse. Ma lo stupore scomparve immediatamente dal suo volto, lasciando spazio alla solita espressione indifferente e annoiata.
“Cosa ne sarà di te e di me?” ripeté lui monocorde.
“Granger, esiste un libro che ti insegni a leggere tra le righe? Sei tanto intelligente, eppure” si fermò solo per vederla fremere nell’attesa.
“Eppure è così chiaro, no? Secondo te accetterei di vederti baciare un altro ora che hai baciato me? Ciò che è mio non è condivisibile con nessun altro” asserì.
“Quindi ora io sarei una tua proprietà?” domandò Hermione tremando d’irritazione.
Draco lo sapeva, ma questo non lo portò a contraddirla.
“Se vuoi vederla in questo modo…” fece spallucce come se la questione non lo riguardasse.
Hermione si trattenne dal gridare, portò le mani alla gonna pronta a sfoderare la bacchetta, ma Draco intercettò il suo gesto e la fermò:
Expelliarmus!” e la bacchetta di Hermione volò via.
“Cosa pensavi di fare, eh?” anche lui stava per perdere la pazienza.
“Io non sono la bambola di nessuno, Malfoy e non ti permetterò di trattarmi come tale, chiaro?” gridò rossa in volto e i capelli sparsi in aria, elettrici come non mai.
“Io non ti considero una bambola, Mezzosangue!” dichiarò afferrandola per il polso e tirandola a sé. La testa di Hermione cozzò sul suo petto.
La ragazza alzò lo sguardo, fece per parlare, ma fu fermata dalla vista degli occhi di Draco dardeggianti, carichi di una passione che non aveva mai visto in nessuno.
“Tu ora sei la mia donna, chiaro? Guai a te se ti vedo fare la stupida con qualcuno. Crucio lui e crucio te!” non le permise di ribattere perché le sue labbra furono su quelle di lei in un batter d’occhio.

Alle loro spalle, un soffio di vento si posò leggiadro sul quaderno che prese a sfogliarsi da solo, fermandosi all’ultima pagina sulla quale stava prendendo magicamente forma un nuovo disegno, simbolo di quella nuova strana e potente unione che lui stesso aveva contribuito a creare.

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***

Ultimo capitolo per ques'estate stramba.
Non so, sinceramente, quanto sia soddisfacente il risultato, ma io mi diverto molto a scrivere di Draco e Hermione. Ultimamente sono un pò ferma, ma non perché non voglia mandare avanti la storia, semplicemente ho la testa altrove, ma tranquilli: non la lascio in sospeso!
E' il capitolo che vi aspettavate?
Beh...non ho niente da aggiungere, se non augurarvi un buon mese di agosto.
Rilassatevi e godetevi il sole anche per la sottoscritta.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps:i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per diletto.

Marghe

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Capitolo 23
*** Caro diario ***


Caro diario

Capitolo 22 “Caro diario…”

 

Da quel pomeriggio, la vita di Hermione e Draco cambiò.
Nessuno dei due però, sapeva che quell’evento avrebbe inciso così profondamente sul loro futuro. Avevano appena iniziato a mettere insieme i primi tasselli di quel grande disegno che li attendeva.
Ne sarebbe passato di tempo prima che entrambi comprendessero la profondità di quel legame, scoprendone il reale significato.
In quello stato di cose, non pensavano affatto al futuro. Com’era giusto, vivevano quegli istanti pensando al presente.
Dopo l’ennesimo bacio, altro silenzio aveva riempito quell’aula buia, scandito solo dal ritmo incessante dei loro battiti cardiaci.
Hermione aveva quasi perso l’equilibrio tanta era stata forte l’emozione e con le mani s’era aggrappata alle braccia del biondo. Draco, a sua volta, l’aveva sorretta, nonostante l’improvvisa debolezza del suo corpo, anch’esso scalfito dall’intensità di quel momento tanto atteso.
Non si erano detti molto, per timidezza, per orgoglio, per un miscuglio di cose che bloccava le loro voci e ne impediva la fuoriuscita.
Si lanciarono qualche sguardo, poi Hermione si fece forza e spezzò quell’assurdo silenzio.
“Ora…” deglutì, mordendosi il labbro inferiore.
“Ora devo andare. Ci vediamo, Malfoy” disse, dannandosi per aver perso la voce.
Si voltò, fece per andarsene, ma il richiamo di Draco la costrinse a fermarsi.
“Granger” non c’era traccia di irritazione o scherno, dal suo tono di voce sembrava tranquillo, quasi rilassato.
Hermione si girò lentamente, annaspando in cerca d’aria, con la paura che qualche parola sbagliata potesse spezzare l’atmosfera magica che s’era creata.
“Ci vediamo a cena” disse solo quello, la ragazza annuì, poi corse via.

 
 

Non aveva mai raggiunto la Torre dei Grifondoro così velocemente.
L’affanno la costrinse a fermarsi nella Sala Comune per recuperare le forze. Qualche ragazzino dei primi anni la fissò stranito, ma lei non vi badò. L’unica cosa che ora le interessava era chiudersi in camera per riordinare le idee.
E lo fece.
Quando si ritrovò nel silenzio della sua stanza, chiuse gli occhi e i fotogrammi di quello che era accaduto le piombarono addosso come macigni. Hermione si costrinse a riaprire gli occhi, facendo violenza sulla necessità di nutrirsi ancora di quegli attimi.
Fu però altro a catturare la sua attenzione in quel momento: si guardò le mani, si tastò il corpo e si rese conto di essere non solo disarmata, ma di non avere con sé la sua sacca.
Si batté una mano sulla fronte dandosi della stupida per la sua sbadataggine. Se ci fossero stati Harry e Ginny avrebbero riso di lei, dicendole che era strano per una come lei sempre così attenta alle sue cose, dimenticarsi di esse.
Non se la sentiva di tornare nei sotterranei, magari lo avrebbe fatto dopo cena o avrebbe chiesto a Blaise di riportarle la sua roba.
D’improvviso qualcuno bussò alla porta. Hermione sobbalzò per lo spavento, ma si riscosse in un attimo.
“Avanti” mormorò con la voce ancora arrochita.
Davanti a lei comparvero Harry e Ginny che prima di accomodarsi in camera, si fermarono sulla soglia a fissare la loro amica. Probabilmente tutto di lei gridava il suo sconvolgimento, per questo i due innamorati si lanciarono un’occhiata strana e si chiusero la porta alle spalle.
Hermione si accomodò sul letto e con un gesto invitò i suoi amici a raggiungerla.
“Hermione cos’è accaduto con Malfoy?” chiese Ginny in modo diretto, accarezzando il braccio dell’amica.
Un rossore ben evidente colorò le guance della Grifondoro.
“Beh…ecco” balbettò schiarendosi la voce.
“Se ti ha fatto del male, giuro che io…” cominciò Harry, ma Hermione lo bloccò con un cenno della mano.
“No. Non mi ha fatto del male” asserì.
“E allora perché sembri così…sconvolta?” esclamò il Bambino Sopravvissuto.
Ginny che sembrava aver capito molto di più, sorrise e ammiccò in direzione della riccia Caposcuola. Quest’ultima arrossì maggiormente.
Sconvolta era un termine appropriato, ma non il più opportuno a descrivere lo stato esagitato in cui si trovava.
“Malfoy mi ha baciata” disse tutto d’un fiato chiudendo gli occhi, strizzandoli per lo sforzo.
“Oh si dev’essere stato sconvolgente…” ma Harry si bloccò “Ti ha baciata?” quasi urlò, saltando sul letto, gli occhiali gli scivolarono sul naso.
“Non urlare!” lo riproverò Ginny che con gentilezza gli sistemò nuovamente gli occhiali. “Non facciamolo sapere a tutta la torre” aggiunse poi con più calma.
“Scusate. Scusami Hermione. È che non credevo che Malfoy andasse diretto al punto” mormorò grattandosi la testa.
“Oh avanti, Harry. Di cosa ti meravigli. Stiamo parlando del furetto palatinato!” asserì Ginny con calma, poi rivolgendosi all’amica, le disse:
“Come ti senti ora che sai la verità?” Hermione spalancò gli occhi, Ginny dava per scontato, anzi era certa, che con quel che era accaduto, Malfoy le avesse detto o almeno fatto capire, cosa c’era dietro quel quaderno.
“Mi sento…strana” sussurrò la Caposcuola.
Harry arricciò il naso.
“Non in senso negativo” si affrettò a precisare.
“Credo di dovermi…abituare alla cosa, ecco. Si credo sia proprio questo” Hermione annuiva, cercando di auto convincersi.
“Ok” riprese Ginny titubante
“Ma…ora cosa succederà?” a quella domanda la riccia alzò lo sguardo.
“E’ quello che ho chiesto a Malfoy” mormorò assorta, quasi fosse in trance.
“E lui cosa ti ha detto?” insisté Ginny, cercando di essere il più dolce possibile.
“Ha detto…” Hermione chiuse gli occhi per una frazione di secondo, cercando di ricordare le esatte parole del biondo.
“Che ora sono la sua donna e che mi crucia se mi vede fare la stupida con qualcuno. Come se fosse possibile, poi” borbottò lei, gonfiando le guance a palloncino.
Harry e Ginny si guardarono, lui con espressione stupefatta, lei con l’aria di chi aveva vinto un milione di galeoni per una scommessa azzeccata.
“Hermione” la rossa scosse l’amica prendendola per le spalle. Quest’ultima le diede l’attenzione che cercava.
“Forse non hai ancora metabolizzato la cosa: ma ora tu sei la ragazza di Malfoy” annunciò sorridendo sorniona, quasi divertita da quella buffa considerazione.
Hermione sembrò capirlo solo in quel momento. Non perché fosse tarda di comprendonio, ma probabilmente non voleva ammetterlo a sé stessa.

 
 

E proprio mentre la giovane Grifona prendeva consapevolezza di quella verità, il suo ragazzo era da poco rientrato nel suo dormitorio, stringendo tra le mani la sacca di Hermione.
Sulle labbra, leggermente arrossate, aleggiava l’ombra di un sorriso. La certezza che, forse, le cose sarebbero potute andare diversamente da quel momento in poi.
Posò con accortezza la sacca di Hermione sulla scrivania, si liberò del pesante maglione, gettandolo sulla sedia, restando in camicia. Allentò la cravatta e si accomodò sul davanzale della finestra per fumarsi una sigaretta.
Si sentiva…diverso.
Forse felice.
Non poteva affermarlo con certezza, perché non aveva mai provato veramente quella sensazione. Era stato soddisfatto in passato, appagato, ma felice mai. Se ne rendeva conto solo in quel momento, grazie poi ad una delle persone che mai avrebbe pensato, avrebbe fatto parte della sua vita con quel ruolo.
“La mia ragazza” mormorò a bassa voce, mentre dalle sue labbra fuoriuscivano baffi di fumo.
E sorrise.
Sorrise davvero, fino a scoppiare a ridere.
Ridere di gioia.

 
 

Hermione era distesa sul letto.
Era in quella posizione da quando Ginny e Harry avevano lasciato la sua stanza.
Nonostante l’iniziale turbamento per quella scoperta, ora anche sul suo viso, faceva bella mostra di se, un sorriso sentito, da apparire lo spettacolo più bello in assoluto.
E che importavano le differenze sociali, quelle caratteriali e le opinioni altrui.
Contava solo ciò che loro provavano.
E di certo si trattava di qualcosa di molto forte e per entrambi, era strano pensare che non si trattasse di un effetto dovuto alla magia, bensì di un sentimento umano.
 

 

Draco aveva da poco fatto evanescere la sua sigaretta e ora sedeva mollemente sulla sedia, sfogliando interessato il diario di Hermione.
Era stato scritto con una certa costanza fino al mese di agosto, dove spiccava tra tutte le pagine: La guerra è terminata, Voldemort è morto e…Ron mi ha baciata! Finalmente s’è deciso!
Le successive narrazioni si arricchivano di particolari sulle loro passeggiate, le loro conversazioni. Cose che non avrebbero dovuto interessargli, ma che non poteva fare a meno di leggere, nonostante il lieve mal di stomaco che lo stava assalendo.
Poi qualcosa era cambiato.

 

1 settembre 1997

 

È finita.
Solo questo.
Tra me e Ron intendo.

 

Dopo quelle misere parole, un numero infinite di pagine bianche su cui era riportata solo la data, si succedevano.
Draco riuscì a notare, essendo un attento osservatore, delle minuscole macchie di inchiostro, come se la ragazza avesse provato a scrivere più volte, senza però riuscirci.
In alcuni punti la carta appariva meno spesso, quasi raggrinzita.
Il biondo vi passò sopra un dito, immaginando che forse, la Granger aveva pianto e non riuscì a controllare la sua rabbia per quello.
Voltò le pagine successive con fervore e si fermò solo quando giunse ad una pagina non più bianca, ma riempita della scrittura ordinata e precisa della Grifona.

 

12 dicembre 1997

Caro Diario,
vedere se stesse trasportate su un quaderno, è assolutamente e maledettamente bello.
So che non capirai nulla di ciò che sto scrivendo, ma ho bisogno di scriverlo da qualche parte.
Sono dannatamente ossessionata da quel quaderno, dai suoi disegni e da quelle parole.
Merlino e Minerva insieme!
Non mi è mai capitato di sentirmi così…così…eccitata!
Si, si eccitata.
Parole non da me, ne sono consapevole.
Però per tutte le bacchette del mondo magico, lui, questo misterioso lui, mi vede come una donna.
Una donna capisci?
Ed è appagante.
Ed io mi sto lasciando abbindolare come una stupida.
Allo stesso tempo sono molto combattuta.
Ho i miei dubbi, poi ci si mette anche Harry e le sue strampalate ipotesi.
Si, perché lui crede che Malfoy sia l’autore di quel quaderno.
Ci credi se ti dico che per un attimo, un solo attimo, l’ho creduto anche io?
O forse la parola esatta è: desiderato.
Si, si proprio desiderato.
Oh accidenti! Non ci capisco niente.
Siamo agli antipodi, ci detestiamo. O meglio lui detesta me.
Non ci capisco niente.
ED IO ODIO NON CAPIRCI NIENTE!

 

 

Fu inevitabile per Draco, ghignare di fronte a quella quasi confessione.
Era compiaciuto con se stesso per aver insinuato il dubbio nella giovane Grifondoro.
Con l’ego gonfio di gioia proseguì nello sfogliare le pagine, potendo così venire a conoscenza di come la ragazza aveva trascorso le vacanze natalizie e di come spesso, nei suoi lunghi monologhi, lo nominava.
Gli venne un leggero voltastomaco quando lesse di quanto Hermione fosse felice di aver ritrovato sia Ron che Harry. Draco proprio non riusciva a comprendere come una ragazza con quel potenziale intellettivo potesse perdere il suo tempo con due ragazzi così scialbi e stupidi.
Era intento a leggere una noiosa pagina di diario in cui la Mezzosangue parlava di un interessante ricerca di Antiche Rune, quando la porta del dormitorio del Serpeverde si spalancò rivelando la presenza di Blaise.
Il biondo udì il cigolio della porta, ma non si voltò.
“Buona sera a te, Draco” ciarlò il moro, sedendosi mollemente sul letto.
“Mmh” mugugnò in risposta l’altro, senza alzare il viso dal diario.
Blaise corrugò la fronte, leggermente infastidito.
“Non hai nulla da raccontarmi?” insisté, incrociando le braccia al petto e sorridendo sornione.
A quel punto Draco chiuse il diario, sbuffando e si girò verso il compagno di casata, fissandolo con sguardo annoiato.
“Cosa ti fa credere che io abbia qualcosa da raccontarti, Zabini?” chiese, sforzandosi di mantenere un tono di voce incolore.
Il moro gli lanciò un’occhiata intensa ed eloquente, allargando le proprie labbra in un sorriso strafottente.
Draco inarcò il sopracciglio sinistro, storcendo il naso. Alla fine sbuffò esasperato, distogliendo lo sguardo e volgendolo altrove.
“Immagino che la Granger non abbia perso tempo nel venire da te a raccontarti tutto” mormorò in tono fintamente lineare. In realtà, il ragazzo era alquanto infastidito.
Blaise rise leggero.
“Assolutamente no, Draco” rispose tranquillo.
Il biondo Serpeverde tornò a porre attenzione al compagno, fissandolo di sbieco.
“Semplicemente ho tirato ad indovinare” continuò, scrollando le spalle e allargando le braccia.
Malfoy lo fulminò con lo sguardo, detestandosi perché si era fatto mettere in trappola come un principiante.
Blaise si accomodò meglio sul letto, sistemandosi contro la spalliera e distendendo i piedi sul comodo piumone verde argento. Piegò le braccia dietro la testa e con l’espressione rilassata e ilare di chi ha appena vinto una scommessa succulenta, si rivolse all’amico:
“Avanti Malfoy, sono tutto orecchi!”.

 

 

Dall’altra parte del castello, tre Grifondoro stavano scendendo verso la Sala Grande per la cena. Hermione, piuttosto silenziosa, affiancava Harry e Ginny che discutevano animatamente per l’ultimo allenamento di Quidditch.
“No, Harry. Secondo me sbagli ad essere così tollerante con la squadra!” esclamava una Ginevra infervorata, muovendo le mani in modo agitato.
Da parte sua il Bambino Sopravvissuto, aveva le mani affondate nelle tasche della divisa e guardava dritto dinanzi a sé. Lo sguardo alto e fiero.
“No, Gin. Non sono d’accordo. Sono giorni che ci alleniamo per la partita contro i Tassorosso. E oggi la stanchezza si è fatta sentire. Un po’ di riposo non ci farà male, Ginevra!” esclamò con voce ferma.
Ginny sbuffò, incrociando le braccia al petto.
Arrivati davanti alla porta che dava sulla Sala Grande, Hermione ricevette una gomitata dall’amica. Pronta a redarguirla e a dirgliene quattro, fu costretta a zittirsi di fronte allo sguardo malizioso della rossa.
Come se avesse un presentimento, girò di scatto la testa e si ritrovò a immergersi nello sguardo tempestoso di Draco Malfoy, affiancato da un Blaise Zabini, decisamente divertito per quella situazione.

 

 

Harry Potter si schiarì la voce cercando di rompere quel sottile velo di imbarazzo che era calato su di loro.
“Hermione, noi ci avviamo in sala” disse tentando di sembrare sicuro di sé. Si girò a guardare la sua ragazza che gli fece un cenno di assenso e lo seguì.
Blaise, invece, non disse niente. Fissò per un attimo Hermione facendole un occhiolino di incoraggiamento, poi passò dinanzi a lei e Draco, seguendo in sala Harry e Ginny.
La ragazza riprese a fissare il biondo, il quale, invece, non aveva smesso un attimo di scrutarla, attento ad ogni sua reazione.
Hermione fu la prima a rinsavire, decisa a irrompere quell’irreale silenzio.
“Malfoy” mormorò a mezza voce.
“Granger” rispose lui, facendo un cenno col capo e alzando il braccio sinistro per mostrarle la sua sacca.
La ragazza spostò lo sguardo verso la mano del ragazzo, sbarrando gli occhi.
“Te la sei dimenticata quando sei fuggita via di corsa” un mezzo ghigno gli incurvò le labbra sottili.
Hermione deglutì, mentre muoveva i suoi piedi verso di lui. Allungò la mano e il ragazzo le porse la sua sacca. Si sfiorarono le dita in un tocco leggero, ma che riuscì a scuotere entrambi.
“Grazie” sussurrò lei in risposta, arrossendo.
Draco notò quanto fosse bella con le gote leggermente colorate.
Mosse il capo in segno di assenso e si avvicinò di più a lei.
La ragazza vibrò appena per quello spostamento, ma non si mosse.
Draco si chinò di poco, arrivando alla sua altezza e la fissò con quegli occhi così profondi e criptici, che lei quasi trattenne il respiro.
“Molto interessante il tuo diario, Mezzosangue” soffiò per poi sfiorarle le labbra con le proprie e incamminarsi subito dopo nella Sala Grande.
Hermione rimase impalata davanti alla porta con gli occhi sbarrati e un’insana voglia di prendere a calci quella serpe, ma allo stesso tempo di afferrarlo per la cravatta e baciarlo.
 

 

Quando un’ora dopo, tutti si ritirarono nei dormitori, Hermione rovesciò il contenuto della sua sacca sul letto, alla ricerca del suo diario.
Lo sfogliò con ansia, sfiorando con le dita le pagine e avvertendo magicamente il profumo del ragazzo, come se quelle stesse pagine si fossero impregnate di lui.
Alla fine non avendo trovato nulla fuori posto, sospirò passandosi una mano tra i capelli, poi i suoi occhi si spostarono verso l’oggetto che l’aveva spinta verso le braccia del biondo Serpeverde.
Afferrò il quaderno, ne carezzò la copertina con i polpastrelli e poi sfogliò le pagine giungendo all’ultima. Spalancò gli occhi stupefatta.

Quegli stessi occhi che si riempirono subito di commozione e meraviglia per quell’ultimo disegno che la vedeva ancora una volta protagonista, questa volta non più da sola.


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“Boccioli di rosa si tingono di rosso. Bacio al veleno, il tuo sapore è il mio danno..
Pelle di velluto sotto mani di ghiaccio, si scioglie il gelo che
Prigionia dei miei anni è stato.
Risalgo le dune del tuo corpo, incantato dal tuo bacio stregato.
Tu dea dei miei sogni
vieni qui da me, tra le spire della vipera a cui hai strappato il suo ruolo di incantatore.
Già pregusto il tuo lussurioso sapore”.

 
 

Col battito accelerato e le guance arrossate, la Grifondoro si lasciò andare sul letto, stringendo al petto quel quaderno e sorridendo a più non posso, anch’ella desiderosa di saggiare ancora le labbra della serpe bionda.

***

Un ritorno dalle vacanze, segnato da un capitolo che mi ha divertito parecchio.
Non posso non ammettere che l'atteggiamento strafotente di Malfoy mi delizia parecchio.
Peccato che i nervi della cara Hermione ne risentano.
Ma ciò che mi preme di più ora è ringraziarvi tutte voi, care e appassionate lettrici!
Tredici commenti!
Dico: mi avete lasciato ben tredici recensioni allo scorso capitolo!
Non avete la benché minima idea dell'emozione che ho provato quando ho aperto efp e le ho lette.
Sono sincera: non me l'aspettavo!
Grazie, grazie, grazie!
Con la speranza di riuscire sempre a farvi emozionare in quel modo. Scrivo per questo, in fondo :).
Alla prossima!
Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento. I personaggi appartengono alla Rowling.

Marghe

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Capitolo 24
*** Neve a fiocchi ***


Neve a fiocchi

Capitolo 23 “Neve a fiocchi”

 

Era strano dover ammettere che si stava bene insieme.
Draco e Hermione avevano la sensazione di aver cominciato a respirare sul serio solo in quei giorni.
Non mancavano di certo le discussioni. Con due caratteri come i loro, era impossibile star tranquilli, ma era divertente poi far pace tra i grugniti di lui che valevano come uno “scusami” e la fierezza dello sguardo della ragazza, il cui orgoglio le impediva di ammettere che forse (e sottolineiamo “forse”), aveva trattato male Draco.
Dopo quella prima sera, in cui, seppur in modo molto velato, si erano detti di piacersi, era passata una settimana. Settimana in cui si erano visti un giorno e si e l’altro pure, tempo usato per litigare, il più delle volte per delle sciocchezze.
Era un giorno di inizio febbraio e a Hogwarts nevicava.
Nevicava così forte che era stata persino annullata la partita di Quidditch tra Corvonero e Serpeverde.
Nevicava, ma ciò non poteva frenare la voglia di Hermione di correr fuori.

La Grifondoro si incappottò per bene, munendosi di sciarpa, guanti e cappello e si incamminò in un giardino deserto e bianco.
Ad ogni passo affondava i piedi nella neve, sorridendo spensierata.
Lei amava la neve.
Ricordava quando da bambina i suoi genitori la portavano a sciare sulle Alpi, in una piccola cittadina a confine con l’Italia. Quanto si divertivano insieme! E quanto Hermione si sentiva felice e a suo agio col rigido inverno.
La sera prima di addormentarsi, si accoccolava davanti al divano della baita in montagna, si avvolgeva in una calda coperta di lana merino e leggeva.
La madre era solita avvicinarsi, chiederle come stava e se aveva bisogno di qualcosa. Puntualmente Hermione rispondeva che tutto quello di cui aveva bisogno era lì, allora la madre le sorrideva, le posava un bacio sulla fronte, augurandole la buona notte, prima di salire le scale che portavano alla camera da letto.
L’ultima volta che erano andati in montagna durante le vacanze natalizie, il sesto anno di Hermione ad Hogwarts, però, sua madre si era fermata con lei in salotto a chiacchierare, distogliendo l’attenzione della ragazza dal libro.
“Che cosa leggi?”
“Una storia d’amore tra uno scorbutico nobile, borioso e pieno di sé e una giovane studentessa del college” rispose Hermione, alzando appena lo sguardo per incrociare gli occhi della madre.
Perfettamente uguali ai suoi.
“Ti piacerebbe avere un fidanzato del genere?” aveva chiesto sua madre, sorridendo leggermente in direzione della figlia.
Hermione chiuse il libro, premurandosi di mettere il segno per ricordarsi fin dove era arrivata a leggere e arricciò il naso.
“No. Non credo” mormorò pensierosa, fissando il fuoco nel camino.
“Cioè…” aggiunse poco dopo “Passeremmo il nostro tempo a litigare, perché entrambi in un certo senso, vogliamo emergere, seppur per motivi diversi” aveva detto, tornando a posare lo sguardo sulla madre.
Una madre con gli occhi che le brillavano in modo strano.
“E poi avremmo idee diversi, modi diversi” Hermione aveva scosso la testa, facendo ridere la madre.
“Perché ridi?” aveva domandato.
“Perché la vita è così imprevedibile, figlia mia, che non puoi sapere cosa ti accadrà domani” rispose non smettendo mai di sorridere.
“Sai…quando mi hai detto cosa stavi leggendo, ho pensato a quel tipo della tua scuola che vi prende sempre in giro”
“Chi Malfoy?” aveva risposto Hermione, guardando la madre in modo strano.
“Si. Proprio lui: scorbutico, nobile e pieno di sé”
“Aggiungici anche razzista purosangue” aveva mormorato Hermione.
“Figlia mia, è solo un giovane cresciuto con le idee sbagliate. Avrà modo di ricredersi un giorno”
“Non lo so, mamma. Quest’anno è…diverso. È come se cercasse di evitare tutti. Harry dice che ha qualcosa in mente…”
“Ma tu non sei d’accordo” continuò per lei, la madre. Hermione annuì.
“Non voglio difenderlo, ma è solo un ragazzo. Non posso pensare che il Signore Oscuro lo abbia reclutato nel suo esercito”.
“Mi auguro davvero che il tuo amico Harry si sbagli, Hermione. Per una madre deve essere duro vedere il proprio figlio travolto in una situazione del genere.”
“Mamma…perché hai pensato a lui prima?” domandò Hermione, cambiando parzialmente argomento.
“In realtà ho pensato a te e lui”
“Cosa?” trasalì Hermione, arrossendo.
“Mamma, ma cosa dici!” aveva esclamato “E’ letteralmente impossibile! Lui mi odia. Io lo detesto e poi è freddo e glaciale come una tempesta di neve!” aveva protestato.
La madre si era alzata, mantenendo quel sorriso quasi strafottente e si era avvicinata alla figlia per darle un bacio sulla fronte.
“Ma tu ami la neve, Hermione” aveva mormorato “Buona notte” aveva aggiunto, dirigendosi poi verso la camera da letto.

 

Riemersa da quei ricordi e con un sorriso che le increspava le labbra, Hermione riuscì a raggiungere a fatica, la quercia ai piedi del Lago Nero, aiutata dalla neve che aveva smesso di cadere giù.
Hermione spalancò gli occhi, meravigliata per quello spettacolo che le si parava dinanzi: il lago era una coltre di ghiaccio e le nuvole disegnavano su di esso delle strane forme.
La ragazza si strinse nelle braccia quando una folata di vento la colpì in pieno viso, costringendola a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, degli strani giochi di luce coloravano la lastra di ghiaccio che ricopriva lo specchio d’acqua. Hermione alzò gli occhi al cielo e scorse delle piccole palline di luce colorata che danzavano allegre, quasi seguissero il ritmo di qualche musica che lei però non sentiva.
“Avanti Malfoy. Esci fuori, so che sei qui” disse in tono deciso, ma rilassato.
Il suddetto Serpeverde si morse il labbro inferiore, chiedendosi come avesse fatto la Granger a capire che fosse proprio lui.
“Non ti chiederò quale astruso incantesimo tu abbia usato per smascherarmi…” ma non riuscì a dire altro, perché la ragazza lo interruppe, sovrapponendo la sua voce a quella del ragazzo.
“Ho semplicemente riconosciuto quell’incantesimo di luci. Il professor Vitious ce lo ha mostrato l’ultima lezione che abbiamo avuto con voi Serpeverde. Posso affermare con certezza che non potevano essere né Ron né Harry, perché nessuno dei due è riuscito a riprodurre l’incantesimo correttamente durante la lezione”.
“Infatti tu sei stata l’unica” asserì il biondo, facendo un passo avanti, fermandosi alle spalle della ragazza.
“Come al solito” aggiunse poi in un sussurro.
Hermione lo sentì ugualmente e sorrise.
“Se non ricordo male, tu sei l’unico a cui è parzialmente riuscito, quindi non potevi che essere tu”.
“Mi sono esercitato, ma questo sarebbe potuto valere anche per i tuoi amichetti e per gli altri presenti a lezione” ribatté lui, ghignando, sicuro di avere la vittoria in tasca.
“Forse. Ma Harry e Ron non si esercitano così spesso. Inoltre gli altri Grifondoro della mia età, a quest’ora stanno ancora sonnecchiando” rispose lei con calma.
“E nessun altro Serpeverde avrebbe avuto alcun interesse a seguirmi, dico bene Malfoy?” domandò Hermione, girandosi finalmente verso Draco.
Draco serrò la mascella e borbottò parole incomprensibili, Hermione riuscì solo a percepire un: “…se mio padre sapesse come mi sono ridotto, cancellerebbe il mio nome dall’albero genealogico della famiglia Black, seduta stante.”
La ragazza cercò di trattenere una risata, non voleva di certo deridere il giovane e farlo irritare.
“Quindi per rispondere alla tua non domanda di prima, non ho usato alcun incantesimo. La mia è stata semplicemente una deduzione logica” disse picchiettandosi la testa con un dito, con aria da sapientona.
Draco Malfoy sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“Avanti Malfoy, ammetti la sconfitta” disse Hermione, sorridendo beffarda.
“Mai!” Draco digrignò i denti e distolse lo sguardo.
La ragazza fece un passo avanti.
“Sai come si chiama questo, Malfoy? Orgoglio!”
“Come se tu non lo avessi” ribatté lui con una strana luce negli occhi.
Hermione non fece una piega, ma continuò a sorridere, divertita.
Il biondo sbuffò, infastidito dallo strano controllo che la ragazza sembrava dimostrare. In genere era lui quello capace di mascherare le emozioni.
“Perché sei qui, Malfoy?” domandò lei, sorprendendolo.
Ma ciò che lo colpì di più fu il tono di voce usato dalla ragazza: serio, non che questo fosse anormale quando si trattava di Hermione Granger, ma la sua voce aveva un non so che di…dolce.
Ecco si: dolce.
Draco Malfoy pensò di essere completamente impazzito. Scosse la testa per riprendersi, riportando poi lo sguardo sulla ragazza che gli stava davanti e attendeva una risposta.
“Avevo voglia di fare una passeggiata” rispose tranquillamente.
“Con una tempesta di neve in corso?” ribatté Hermione, inarcando un sopracciglio.
“E’ vietato per caso? E poi anche tu sei uscita nonostante la tempesta”.
“Ma io amo la neve”
“E chi ti dice che non la ami anch’io?” disse con cadenza lenta e strascicata.
 Hermione incrociò le braccia al petto e lo trafisse con lo sguardo.
Malfoy la stava fissando a sua volte con quell’espressione imperscrutabile, mentre si domandava il motivo per cui l’aveva seguita.
Si, perché lui l’aveva pedinata.
Stava salendo dai sotterranei deciso a trovare un diversivo a quella giornata senza il Quidditch e aveva deciso che avrebbe cercato la Granger per provocarla un po’ e magari discutere, quando l’aveva intravista correre al portone d’ingresso e uscire.
E ora si trovava lì, esattamente dinanzi a lei.
“Hai mai sciato, Malfoy?” Chiese la ragazza, tornando a guardare il lago. Il biondo l’affiancò.
“No. È qualcosa che fanno i babbani, quindi secondo mio Padre noi non potevamo farlo” disse lui, focalizzando un punto lontano davanti a sé.
Hermione annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Dovresti provare. È divertente” rispose, accennando un sorriso in direzione del ragazzo.
“Potrei…” mormorò lui in risposta. Sentendosi osservato, voltò lo sguardo verso Hermione, incrociando i suoi occhi.
“I miei genitori hanno una baita sulle Alpi francesi, al confine con l’Italia”
“Mi stai invitando a conoscere i tuoi genitori?” Domandò lui con ironia.
“No. Ti sto solo dicendo che se vorrai potremmo andarci l’inverno prossimo, così ti insegnerò a sciare”.

Insieme.
Hermione aveva volutamente evitato di usare quella parola.
Troppo profondo il suo significato.
Troppo impegnativa.
Ma non per lei. Per lui. Hermione temeva che sarebbe scappato prima o poi.
Draco fu colpito da quell’invito, ma ovviamente non lo diede a vedere e rimase impassibile e freddo.
Entrambi poi girarono il viso verso il lago ghiacciato, godendosi lo spettacolo delle luci colorate che continuavano a danzare allegre sulle loro teste.

 
 

Rimasero lì per un po’, in silenzio, fino a quando la neve non cominciò nuovamente a venir giù a fiocchi.
Hermione alzò la testa verso il cielo, incontrando i fiocchi bianchi e sorrise felice.
Draco la scrutava di sottecchi, affascinato da quella visione spettacolare e così naturale di quell’Hermione così diversa dal solito.
Non si era sbagliato.
Quella ragazza nascondeva un mondo dentro di lei che doveva solo essere scoperto e fatto venire alla luce e lui voleva riuscirci.
“Perché ti piace la neve?” una domanda che Draco non aveva saputo controllare ed era fuoriuscita dalla sua bocca senza che lo volesse sul serio.
“Mi piace avvertire sulla pelle i fiocchi di neve. Sentirli sciogliersi per il calore della mia pelle. Mi piace giocarci, costruire pupazzi e fare a palle di neve” disse sorridendo.
“E’ dannatamente fredda, lo so. Ma preferisco di gran lunga il gelido inverno all’assolata estate” avrebbe voluto aggiungere che ora le ricordava lui, il ragazzo di ghiaccio, ma preferì tacere.
“Anche io preferisco l’inverno” rispose lui, costringendo la ragazza a guardarlo, sbalordita.
“Ti rappresenta molto” si lasciò sfuggire la Grifondoro, salvo poi portarsi una mano alle labbra.
Al contrario di quanto pensava la ragazza, Draco ghignò.
“Direi che è esattamente ciò che sono: freddo e glaciale. Tempestoso e irruento come la peggiore delle bufere di neve” mormorò con voce strascicata e profonda.
Hermione lo fissò con uno sguardo intenso e indecifrabile. A Draco sembrò di prendere fuoco sotto quegli occhi illuminati da una luce strana che lo irretiva e lo spaventava allo stesso tempo.
“A me piace” sussurrò lei con un filo di voce, continuando a guardare il biondo.
“A me piace tutto questo.” Aggiunse poco dopo e Draco avvertì le sue viscere muoversi pericolosamente e il cuore battere più velocemente.
Hermione sentì le guance accaldate, sapeva che stava leggermente arrossendo, ma ciò poteva anche essere dovuto al freddo.
Draco non si trattenne.
Non resisteva più.
Si avvicinò alla ragazza con passo lento e misurato, quasi silenzioso, proprio come fa il serpente quando ha puntato la sua preda.
Le prese il mento con una mano, la fissò dritto negli occhi e poi la baciò.

 
 

Fu un bacio molto dolce, anche se Draco bruciava di passione e desiderava approfondire, ma non voleva che la ragazza si allontanasse da lui.
Perdere la sua fiducia significava mandare all’aria tutto il lavoro che aveva fatto per avvicinarsi a lei e farsi notare.
Così si separò dalle sue labbra, ammirando il rossore delle gote di Hermione e i suoi occhi chiusi.
“Forse è meglio che rientriamo” soffiò con voce leggermente arrochita.
Solo in quel momento Hermione spalancò le palpebre, sbattendole un paio di volte per abituarsi alla visione di quel viso così pericolosamente vicino al suo.
Annuì appena.
Draco si scostò, strofinandosi le mani sulle braccia, mentre un brivido di freddo gli attraversava la schiena. Per correre dietro la ragazza, non si era portato una sciarpa o un cappello.
Hermione notò il gesto del ragazzo e si avvicinò a lui.
Draco la fissò in modo strano.

La Grifondoro si tolse il capello e lo posò sul capo del ragazzo, senza volerlo era verde, uno dei colori della casata del giovane Serpeverde. Poi srotolò la sciarpa, la fece passare prima attorno al collo del ragazzo, poi al suo, riparando entrambi.
“Ecco: così dovresti sentire meno freddo” disse in tono vivace.
Hermione non si era mai sentita a quel modo e ora stare così vicina a Draco, la confondeva, ma le trasmetteva una sensazione di benessere e calore mai avvertita prima di all’ora.
Le guance del biondo si tinsero leggermente di un rosa tenue, mentre muoveva il capo in segno di ringraziamento e passava titubante, un braccio sulla spalla della ragazza, la quale sorrise timidamente.
Si voltarono contemporaneamente in direzione del castello, incamminandosi insieme verso di esso.

Alle loro spalle la neve cadeva a fiocchi, mentre quelle luci continuavano a danzare sul lago ghiacciato.


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***
Mi scuso per il ritardo, ma il capitolo l'ho terminato solamente oggi. La mancanza di ispirazione è una piaga per chi si dedica alla stesura di fan fiction.
E' un capitolo molto semplice.
Un breve squarcio sulla vita dei nostri due protagonisti.
Non so ancora quanti capitoli ci saranno prima di ritornare all'imminente presente, ma presumo di sicuro altri due o tre, perché poi voglio dedicarmi all'attuale vita di Draco e Hermione.
Grazie mie care lettrici per l'immenso affetto che mi dimostrate ogni volta.
Ne sono lusingata.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.

Ps: i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto.

Marghe

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Capitolo 25
*** Domande in biblioteca ***


Domande in biblioteca

Capitolo 24 “Domande in biblioteca”

 

Erano rientrati al castello con passo lento, reso difficoltoso dalla neve.
Hermione poteva percepire il respiro caldo di Draco tra i capelli e il tocco delicato della sua mano sulla spalla.
Si sentiva così bene Hermione tanto che se avesse potuto avrebbe prolungato quel momento con la magia.
Draco si meravigliò di quanto non gli fosse importato che qualcuno potesse vederli da una finestra del castello. E questo rientrava tra le tante stranezze che lo stavano affliggendo in quel periodo. In primis, la sua storia con la Grifondoro.
Varcato il portone entrambi erano stati invasi dal calore di quelle mura e avevano chiuso gli occhi e inspirato profondamente.
Con un certo imbarazzo Draco aveva restituito la sciarpa e il cappello alla ragazza, continuando a fissarla.
Hermione a sua volta, aveva allungato le mani per afferrare le sue cose, senza riuscire però a reggere ulteriormente lo sguardo della serpe bionda.
Le loro dita si erano sfiorate per una frazione di secondo, provocando in entrambi un brivido lungo la schiena. Entrambi avevano bruscamente allontanato le loro mani, suscitando non poco imbarazzo.
Draco avvertì un certo nervosismo montargli dentro, senza però capirne immediatamente la ragione, ma poi gli bastò posare lo sguardo sulla ragazza per rendersi conto che stavano per separarsi e che lui non voleva che ciò accadesse.
“Hai da fare?” le aveva domandato senza che riuscisse a frenare la lingua.
Avrebbe voluto mordersela.

“Mai mostrarsi così interessato!” lo ammonì la sua coscienza serpentosa.
Hermione che era sussultata a quella domanda inaspettata, non poté evitare di fissarlo con un certo sconcerto.
“Dovrei studiare…” mormorò a mezza voce.
Poi dentro di lei qualcosa ribollì, spingendola a continuare.
“Perché?” aggiunse difatti qualche secondo dopo.
Il biondo Serpeverde che già si stata cruciando mentalmente per quella stupidissima idea che aveva avuto, si ritrovò a dover rispondere alla richiesta della ragazza.

“Tu mi chiedi perché? Vorrei saperlo anch’io!” pensò tra sé e sé.
Scrollò le spalle, come se la cosa non riguardasse affatto.
“Niente. Non posso interessarmi a ciò che fai, Granger?” domandò usando un tono leggermente distaccato.
L’ennesimo modo per difendersi dai suoi sentimenti… da quel coinvolgimento emotivo che lo spingevano sempre di più, tra le braccia della Grifondoro.
Hermione che aveva notato il cambiamento brusco nel tono di voce del ragazzo, non si stupì e gli rispose a tono:
“Allora non ti dispiacerà che io ora ti saluti e me ne vada dai miei amatissimi libri?” chiese indispettita, portandosi entrambe le mani sui fianchi.
Tipica posa da mamma Molly.
Draco la scrutò accigliato, rimanendo in silenzio.
“Potresti approfittare per studiare anche tu” aggiunse la riccia poco dopo.
Il biondo distese le labbra in un ghigno.
“Hai detto bene, Granger: potrei!” rispose continuando a fissarla con divertimento.
La ragazza fece spallucce.
“Come ti pare Malfoy” ribatté prontamente la Grifondoro.
“Io allora vado” aggiunse facendo qualche passo indietro, per poi dargli le spalle e sparire dalla vista del Serpeverde.
Senza aspettare una risposta.

 

 

Solito tavolo.
Solito posto.
Solita solitudine.
Hermione era un’abitudinaria e per nulla al mondo sarebbe riuscita a rinunciare al suo piccolo mondo.
Stava studiando un capitolo nuovo di Antiche Rune, anticipandosi sui tempi com’era solita fare, quando d’improvviso, sott’occhio vide qualcosa muoversi. Alzò di scatto la testa, guardandosi intorno, ma non trovando niente di sospetto.
Fece spallucce e tornò a nascondere il viso tra le pagine del pesante tomo. Subito dopo la sua attenzione fu catturata da un altro movimento. Hermione tornò ad alzare il viso e trovò, seduto comodamente e ben dritto davanti a lei, Draco Malfoy che fingeva di leggere un libro.

La Grifondoro inarcò un sopracciglio e finse a sua volta di non vederlo.
Il biondo mosse di poco lo sguardo, puntandolo sul volto della ragazza, l’espressione seria e concentrata di chi sta cercando di capire qualcosa.
Un sorriso increspò le labbra del giovane.
La ragazza si sentiva osservata, ma non voleva darla vinta al Serpeverde e continuò a fingere di essere sola in quella stanza, nonostante la sua temperatura corporea fosse notevolmente aumentata.
Draco continuava a sorridere, quel sorriso malizioso e beffardo che lo contraddistingueva, mentre gli occhi scorrevano sulle pagine del libro.
“Per quanto tempo ancora sei intenzionata ad ignorare la mia presenza?” le chiese in tono colloquiale.
Hermione non issò neanche lo sguardo, mantenendolo fisso sul libro.
“Quando tu ammetterai che ti piace spiarmi” rispose senza alcuna in flessione nel tono di voce.
“Non ho alcun problema a dirti che mi diverte metterti in difficoltà, Granger” ribatté Draco, posando il libro sul tavolo e fissando, finalmente, la ragazza in volto.
Hermione a sua volta aveva posato lo sguardo sul biondo e lo stava guardando con un cipiglio che non prometteva nulla di buono.
“Ti diverte, eh?” ripeté, chiudendo il libro di scatto e alzandosi dalla sedia, dopo aver raccolto le sue cose.
Draco inarcò un sopracciglio, corrugando la fronte liscia.
“Dove stai andando?”
“In un posto più tranquillo di questo” rispose lei con una punta di acidità nella voce, voltandosi verso il ragazzo.
Quest’ultimo non capiva come una persona potesse subire cambiamenti d’umore così repentini.
“Come ti pare” rispose, masticando quella risposta tra i denti e tornando a posare lo sguardo sul suo libro.
“Ti piace prendermi in giro, non è così?” la domanda di Hermione arrivò inaspettata.
Draco strinse tra le dita la copertina del libro, tremando leggermente, indispettito.
“Siamo così… diversi” mormorò lei, più a sé stessa che a lui.
Peccato che lui l’avesse sentita.
“Se pensi che questa scusa possa bastare, poni fine alla nostra frequentazione” rispose lui con finta noncuranza.
“Ma sappi che ora tra i due, chi sta scappando non sono io, ma tu” aggiunse poi, velenoso come un serpente.
Hermione fece un passo indietro, rendendosi conto che stava commettendo una sciocchezza, perché se la stava prendendo così tanto per una semplice battuta. Doveva sapere che Draco era conosciuto per il suo spiccato senso dell’ironia.
Ironia pungente, ma pur sempre tale.
A quel punto la Grifondoro si accomodò nuovamente al suo posto, di fronte al biondo, il quale aveva osservato di sottecchi la reazione della ragazza, sorridendo tra sé e sé.
La ragazza alzò lo sguardo, fiero e combattivo come un tempo e fissò Draco.
“Io non sto fuggendo. La mia era solo una semplice constatazione” disse con decisione, gli occhi dardeggianti d’orgoglio.
Il biondo non poté non notarlo e compiacersi di rivedere quell’Hermione con la quale in passato gli era piaciuto battibeccare, sapendo perfettamente che lei non gli avrebbe mai lasciato l’ultima parola.
“Constatazione stupida, Granger” ribatté “Lo sapevamo entrambi che siamo diversi, ma come ti ho detto una volta, e non farmelo più ripetere perché io non amo ripetermi, gli opposti si attraggono.” Si fermò per respirare e per scrutare Hermione e la sua espressione sbalordita.  
“Credo che non ci sia altro da aggiungere” disse poi.

La Grifondoro ebbe un attimo di smarrimento, ma si riprese quasi subito, scosse la testa e si preparò a rispondere.
“Mio caro Pureblood mi scuso se ho osato farle ribadire un concetto. Immagino che ora Lei sia stanco e la sua lingua abbia bisogno di riposare. Per tale motivo La invito a non aprire più bocca e a far lavorare il cervello. Il libro di certo non si studia da solo!” disse con fare beffardo, riprendendo poi il testo di Antiche Rune e riaprendolo alla pagina dov’era precedentemente arrivata.
Draco seppur inizialmente basito da quelle parole, ghignò con supponenza, sporgendosi sul tavolo e osservando la ragazza.
“La mia lingua non ha bisogno di alcun riposo, Granger e col tempo lo imparerai anche tu” bisbigliò con voce sibillina e strascicata, ammiccando in direzione della giovane che arrossì vistosamente.
Draco si beò di quel rossore così evidente.
Hermione masticò parole incomprensibili, cercando di non badare più a lui, senza però riuscire a concentrarsi.
Possibile che le venissero in mente le prose che lui le aveva dedicato in quel quaderno?
Alzò leggermente lo sguardo per scrutare il ragazzo: Draco era ritornato nella posizione iniziale e sfogliava il libro con le sue dita sottili, le pupille grigie che si spostavano da sinistra verso destra, le labbra distese, gli zigomi alti e pronunciati e l’espressione di chi sta leggendo qualcosa di fortemente noioso.
A sua volta, Hermione si ritrovò inconsciamente a distendere le labbra in un sorriso sereno.
Nonostante gli scontri verbali, Hermione sperò vivamente che da quel giorno in poi le sue ore di studio potessero essere arricchite dalla presenza del biondo Serpeverde.

 

Fuori ormai era buio e la tempesta di neve non accennava a finire.
Draco stiracchiò le braccia e le gambe indolenzite per quelle troppe ore passate seduto e sbadigliò.
Hermione e una ruga in più sulla fronte, non si mosse, la piuma incantata continuava a scrivere parole su parole sulla pergamena. Draco si soffermò a guardarla, le dita che gli tremavano vogliose di una matita e di un foglio. Chiuse gli occhi, sforzando di controllarsi, ma le dita si mossero da sole sul tavolo e le labbra pronunciarono sempre lo stesso incantesimo.
La sacca di Hermione, posata sul tavolo, vibrò leggermente, ma quel tanto che bastò per attirare l’attenzione della ragazza che arricciò il naso, non capendo cosa stesse accadendo. Incurante della presenza di Draco, aprì la suddetta sacca e non appena lo fece, scivolò fuori il quaderno dei disegni. A quel punto Hermione non si trattenne e alzò lo sguardo sul ragazzo, trovandolo lì a fissarla con occhi plumbei, una mano aperta completamente sul tavolo.
L’intuito di Hermione la stuzzicò a punto tale che la sua mano scattò verso quel quaderno; sfogliò le pagine con ansia e aspettativa.
“Mi dirai mai come fai?” mormorò quella domanda, mentre i suoi occhi divenivano leggermente lucidi e un lieve sorriso le increspava le labbra.
“A fare cosa?” chiese lui, non mostrando la minima emozione.
“Questo!” Hermione sollevò il quaderno, mostrando al ragazzo, il nuovo disegno che ritraeva lei che seduta al suo tavolo preferito della biblioteca, che studiava, circondata da libri impilato uno dietro l’altro, in precario equilibrio.
Sola, come lo era sempre stata in quei momenti dediti allo studio, mentre le luci ballerine delle candele sospese in aria, illuminavano l’ambiente circostante, creando diversi giochi d’ombra.


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Draco scostò i suoi occhi sul disegno solo per una frazione di secondo, poi si concentrò sull’espressione dipinta sul volto di Hermione.
Cosa vi lesse non lo seppe neanche lui, ma qualsiasi significato assumessero quelle linee morbide lo facevano sentire dannatamente bene.
E quello era di certo il più grande “miracolo” compiuto dalla Grifondoro, seppur inconsapevolmente.
“Avevi detto che mi avresti permesso di porti delle domande se ti avessi concesso degli incontri. Direi che abbiamo fatto qualche passo avanti da quel giorno, non credi che sia ora che tu risponda a qualche mia richiesta?”
Draco si concesse diverso tempo per scrutare attentamente la ragazza. Come se non lo avesse fatto a lungo nei mesi passati.
Eppure ogni singolo particolare gli sembrava così importante che non poteva fare a meno di…guardarla. O amarla.
Perché era quello il punto fondamentale.
Lui la amava.
Di un amore che sapeva lo avrebbe distrutto. Anzi forse avrebbe distrutto entrambi.
Draco che si era ormai perso nelle sue elucubrazioni, non s’era accorto che Hermione era a sua volta rapita da quello sguardo così profondo e immenso, tale che le sembrava di rischiare di soffocare.

La Grifona avrebbe voluto distogliere lo sguardo e fissarlo altrove, magari sul tomo che era lì davanti a lei e stava attendendo che lei lo leggesse, ma non ci riuscì. Quegli occhi erano una vera e propria calamita e la stavano attraendo ogni giorno sempre di più.
Ed Hermione lo sapeva.
Lo sentiva.
Lo percepiva.
Qualcosa dentro l’anima sua stava cambiando.

Inevitabilmente.
 

La portata di quei pensieri spinse Hermione a riscuotersi e a sbattere le palpebre, fino a parlare per distrarsi.
“Allora?” domandò col suo solito cipiglio nervoso.
Questa volta il nervosismo era dovuto a sé stessa.
A quei sentimenti che le comprimevano il petto e faticavano ad uscire. Per paura principalmente, perché parlarne era rischioso, specie con uno come Malfoy, la cui reazione poteva essere diversa a seconda del momento.
Draco sembrò risvegliarsi a sua volta e corrugò la fronte.
“Cosa vuoi sapere esattamente?” borbottò con voce strascicata.
“Tutto!” esclamò lei, come fosse la cosa più normale del mondo.
“Da quand’è che disegni? Come hai scoperto questa passione? Da quanto…” il suo sproloquiare sarebbe continuato all’infinito se Draco non l’avesse bloccata, sporgendosi col busto in avanti per tapparle la bocca con la mano.
Hermione sbarrò gli occhi, sentendo il suo respiro caldo condensarsi contro la pelle della mano di Draco.
“Un quesito alla volta, Granger. Come al solito parti a tutta dritta, senza riuscire a fermarti” disse il biondo, scuotendo la testa. Hermione notò che non sembrava affatto irritato, come sarebbe dovuto essere, bensì egli pareva addirittura divertito.
Tanto che alla ragazza parve di scorgere un mezzo sorriso sulle labbra del Serpeverde, ma Hermione non ebbe il tempo sufficiente di verificare che lui aveva già ripreso a parlare, questa volta con espressione seria.
“Ho scoperto di avere la passione per i disegni a cinque anni. Mio Padre era spesso fuori casa per << lavoro >> ed io restavo il più delle volte chiuso in camera, aspettando il suo ritorno. Mia Madre mi aveva comprato dei libri da leggere, delle specie di fiabe magiche, che poi ho scoperto essere una trasposizione di quelle babbane, ma all’epoca non mi interessavano. Ero solo un bambino, ma Lucius mi aveva cresciuto in modo che non pensassi come tale, ma già come un adulto, per questo non volevo perdere tempo a leggere delle stupide favole per bambinetti piagnucoloni. Lucius mi aveva affidato ad un’insegnante privato, perché mi educasse alla lettura, alla scrittura, poi lui si occupava di insegnarmi a combattere e mia Madre, invece, mi educava alle buone maniere.” Draco si fermò un attimo, portandosi una mano sulla tempia destra e chiuse gli occhi, focalizzando davanti alle sue palpebre serrate, quel ricordo.
Inspirò.
“Era una mattina di dicembre e faceva molto freddo. Narcissa era fuori per dei servizi a Diagon Alley, io come al solito ero nella mia camera del Maniero e mi annoiavo. E la noia si sa… fa fare cose sciocche” Disse accennando un mezzo sorriso sbilenco, riaprendo gli occhi.
Hermione non riuscì a trattenersi dal mordicchiarsi l’interno della bocca: era raro vedere Draco Malfoy abbozzare un sorriso.
Al massimo ghignava.
Ma lei non disse nulla, era altrettanto raro che Draco parlasse così apertamente di sé, così lasciò che lui continuasse il suo racconto.
“Infatti presi uno di quei libri che mi aveva regalato mia Madre e cominciai sfogliarlo. Inizialmente ne ero disgustato, perché era un libro prettamente per bambine.” Qui Draco si interruppe un attimo, gli occhi si scurirono appena, perso tra i ricordi.
Hermione si disse che forse quel silenzio avrebbe dovuto insospettirla, farle capire un messaggio nascosto, ma più lei si sforzava, più non ne veniva a capo.
Alla fine decise che probabilmente il suo istinto si sbagliava.
“Ciò che mi sorprese fu l’eccitante scoperta che in quel libro non vi erano pagine piene di  inutili parole, ma che in ogni capitolo erano raffigurate delle immagini. Dei disegni. Incuriosito vi passai sopra un dito e…” il biondo spostò lo sguardo verso la finestra alla destra del tavolo, concentrandosi all’apparenza sui fiocchi di neve che cadevano giù dal cielo.
“…provai una strana sensazione. Non era disdicevole, al contrario.

Mi piacque ciò che sentii. Le dita mi pizzicavano e probabilmente prese di vita propria, cercarono per la stanza una matita e cominciarono a riprodurre alcuni di quei disegni, sulle pagine bianche site sul retro del libro. Ci misi talmente poco tempo che me ne sorpresi”.
Hermione se ne stava seduta di fronte al biondo Serpeverde, lo sguardo intenso, traboccante di curiosità, la mente ricettiva più del solito. Completamente rapita da quel racconto.
Draco tornò a fissare i propri occhi in quelli della ragazza.
E li ritrovò lì, sembrava che Hermione si fosse congelata sul posto. Appariva immobile come una di quelle bellissime sculture che lui aveva visto in un museo babbano tempo addietro.
E se proprio voleva essere preciso, il giovane Serpeverde la vedeva anche bellissima, di una bellezza che non era evidente alla prima occhiata, ma che ben si celava dietro quegli abiti di una taglia più grande, i capelli sempre disordinati, il viso acqua e sapone e quel cipiglio da sapientona che lei si dipingeva addosso.
Draco scosse impercettibilmente la testa, come se quel gesto gli avrebbe permesso di allontanare quei pensieri.
Fu del tutto inutile, tanto che riprese a parlare.
“Quello stesso giorno guidato dall’entusiasmo tipico di un bambino, disegnai me e i miei genitori su un foglio. Ingenuamente credevo che mio Padre l’avrebbe apprezzato. Che sciocco!” Draco distese le labbra in un sorriso amaro a quella constatazione.
“Ricordo ancora le sue parole…” mormorò, gli occhi che si scurirono d’improvviso.
 

Cos’è questo scempio?
Cosa me ne dovrei fare di questo foglio, Draco?
La sua espressione pareva annoiata, anzi seccata, ma lo sguardo, i suoi occhi erano iracondi.
"Io sono fuori casa per lavorare.
Lavorare per te.
Per il tuo futuro e tu perdi tempo con queste sciocchezze!"
Dopo quelle parole, Lucius accartocciò in una mano quel foglio e lo gettò contro il piccolo Draco, il quale era rimasto ammutolito, palesemente deluso dall’atteggiamento del Padre.
Quel Padre che lui vedeva come un eroe.
Il suo eroe.
E che invece lo odiava.
Draco si sentiva inadeguato.
Come figlio.         
Come bambino.
Come Malfoy.
“Lucius, tuo figlio voleva solo dirti che anche se sei spesso fuori casa, a suoi occhi noi siamo sempre una famiglia unita” la voce di Narcissa era giunta inaspettata.
Col passare del tempo Draco avrebbe capito che dietro quell’algida figura di donna, si celava una persona che soffriva tanto, troppo per la sua amata famiglia e che accettava tutto pur di tenere insieme i pezzi di ciò che ella stessa aveva contribuito a creare.
“Non giustificarlo, Cissy. Draco ha ben altro a cui pensare!” sbraitò l’uomo, volgendosi alla moglie, gli occhi che leggermente si erano addolciti alla vista della donna.
Perché lui l’amava sul serio.
L’aveva scelta e amata. E lo avrebbe fatto in eterno.
E questa consapevolezza bruciava nel suo petto.
Il piccolo Draco se ne stava lì a fissare i suoi genitori, gli occhi chiari più lucidi.
Occhi che avrebbero voluto piangere, ma non l’avrebbero fatto. Anche se il bambino dentro di lui desiderava prendersi il suo giusto spazio, spazzato via dall’adulto che man a mano prendeva forma al suo posto.
Lucius tornò poi a rivolgere il suo sguardo, ancora leggermente dardeggiante di rabbia, verso il figlio.
Il piccoletto se ne stava lì ad aspettare la sua punizione.
Si, perché Draco sapeva che sarebbe arrivata prima o poi.
Non immaginava però che quella vera e propria sarebbe giunta anni dopo.
“Ti avevo detto di allenarti con la bacchetta. Cosa sarebbe successo se qualcuno fosse entrato qui e ti avesse attaccato?” sputò con acredine.
“Siamo in pericolo, Padre?” domandò Draco ingenuamente.
Lucius serrò le labbra.
“No. Ma questo non significa niente. Devi diventare un ottimo mago, Draco. Ricordati che sei un Purosangue, un Malfoy e in quanto tale io e tua Madre ci aspettiamo grandi cose da te.”
Draco annuì.
“Va bene pap…” ma il biondino si interruppe, correggendosi immediatamente.
“Padre.”
Tutto questo mentre quello che restava del disegno di Draco, si accartocciava su sé stesso tra il fuoco del camino.
 

Hermione represse un grido di protesta.
Chiuse le mani a pugno, disgustata da tutto quello.
“Non fare quella faccia, Granger. Sai perfettamente che tipo fosse mio Padre. Non dovresti meravigliarti” chiarì limpido Draco, non mostrando alcuna emozione.
“Si, ma nonostante questo tu ora disegni ancora” c’era un che di vittorioso nella voce della ragazza, notò Draco, il quale annuì.
“Dopo quella discussione, smisi di pensare ai disegni. Ho ripreso solo un anno fa, per caso e quel quaderno ne è la prova” disse indicando il suddetto quaderno con un cenno del capo.
Hermione diresse il suo sguardo verso l’oggetto in questione e un leggero sorriso le increspò le labbra.
“Cos’è che ti ha spinto a disegnare di nuovo?” domandò la ragazza, riportando la sua attenzione sul ragazzo.

Il suo ragazzo.
Draco si prese ancora una volta, qualche secondo prima di rispondere, portando entrambe le mani sul tavolo, muovendo le dita sul legno pregiato.
“Ho ritrovato quel libro di fiabe tra le scartoffie che mia Madre aveva depositato in un ripostiglio del Manor” rispose semplicemente.

La Grifondoro annuì semplicemente, distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
Il biondo notò quel gesto di palese nervosismo.
“Avanti Mezzosangue! Lo so che ardi dal desiderio di farmi quella domanda” mormorò il ragazzo con voce strascicata e una sana dose di compiacimento lo invase quando gli occhi della Granger si spalancarono, sorpresi.
“Non ardo di alcun desiderio, Malfoy” ribatté lei prontamente.
“Ah no? Mmh… a me è sembrato il contrario” Draco fece spallucce, fingendosi indifferente.
Si mosse poi, strisciando la sedia sul pavimento, pronto ad alzarsi.
“Dove vai?” domandò Hermione, gli occhi nuovamente spalancati.
“Nel mio dormitorio. Ho bisogno di una doccia fredda per svegliarmi. Studiare mi annoia” rispose in tono piatto.
Hermione si morse ancora il labbro inferiore, portandosi un dito sotto il mento.
“Un’ultima cosa: perché io?”
“Non avevi detto che non volevi pormi altre domande?” le parole di Draco trasudavano  di sarcasmo. La Grifondoro sbuffò, incrociando le braccia sotto il seno e distogliendo lo sguardo.
“Credo di avertelo già spiegato una volta e ribadirò il concetto: sei venuta su piuttosto bene” Disse sogghignando, ricevendo un’occhiataccia infuocata dalla ragazza. Poi divenne serio tutto d’un tratto.
“Mi piaci, Granger. Ti basta come spiegazione?”
Lui glielo aveva già detto, ma lei avrebbe mai smesso di tremare dinanzi a quelle parole?
Hermione smise di sentirsi sotto sopra e fece appena in tempo a vedere la figura longilinea di Draco lasciare la biblioteca.

 
 

Draco era sicuramente sconvolto da sé stesso.
Non credeva che le avrebbe raccontato quell’episodio.
Non pensava che si sarebbe lasciato scoprire così facilmente.
Eppure tutto quello non stonava affatto, anzi gli sembrava giusto.
Malfoy sorrise dei suoi strambi pensieri e varcò la soglia della sua stanza.
Non fece neanche in tempo a farlo che un gufo picchiò con forza alla sua finestra. Draco lo riconobbe immediatamente come l’animale di famiglia.
Spalancò le ante e lo fece entrare. L’uccello planò sul suo braccio, offrendogli la sua zampetta. Il biondo sfilò la pergamena pregiata e la srotolò.

 
 

“Lavinia è tornata.”

 

E a quelle parole, Draco sbiancò e la lettera gli scivolò via dalle mani.

 ***

No. Questo capitolo non è un miraggio, anche se ammetto di essere sorpresa di avercela fatta.
Non è stato complicato scriverlo. Piuttosto mi è mancata l'ispirazione, periodo difficile a parte.
Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo, non volevo assolutamente mancarvi di rispetto, ma se dovevo postare, volevo farlo con un capitolo che avesse un minimo di senso.
E spero di esser riuscita nell'impresa.
Con questo capitolo vediamo Draco alle prese con alcuni ricordi d'infanzia e un Hermione alquanto sopraffatta da ciò che prova.
Poi c'è questa Lavinia?
Chi sarà?
Non lo scopriremo tanto presto, bisognerà tornare al presente per saperne di più.
Grazie come sempre per l'affetto che mi dimostrate.
Spero di esserne davvero meritevole.
Ah le immagini le trovo su internet. Sono loro spesso le mie muse ispiratrici. :)
Per l'immagine di questo capitolo devo ringraziare una persona che mi ha aiutata in questa ricerca.
Grazie gemellino!

Un bacio.
A presto!

Ps: i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Rowling (tranne Lavinia che è di mia invenzione). La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per puro diletto della sottoscritta.
Marghe


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Capitolo 26
*** Occhi e capelli dello stesso colore ***


Occhi e capelli dello stesso colore

Capitolo 25 “Occhi e capelli dello stesso colore”

 

Le lettere generalmente lunghe di sua Madre si riducevano a un mezzo rigo in quel biglietto, segno che anche per lei quella notizia era un tormento.
Inizialmente stupito, Draco si riscosse dal suo torpore, chinandosi a prendere la pergamena.
La rilesse nuovamente, incapace di distogliere gli occhi da quel nome.
Quel nome che per la sua famiglia e per lui stesso, era stato una dannazione.

O forse una condanna.
Draco non era intenzionato a tornare al Maniero in quel momento.
Non quando il suo rapporto con la Granger stava crescendo a quel modo.
Strinse tra le dita la pergamena, accartocciandola su sé stessa.
Non poteva di certo ignorare la notizia, ma si sarebbe semplicemente limitato a rispondere alla Madre.
Fu così che appellò una pergamena e una piuma…

 
 

Nello stesso momento Hermione Granger stava facendo ritorno nella Torre dei Grifondoro con un sorriso ebete stampato sul volto.
Ad accoglierla c’erano Ginny e Harry.
Hermione regalò loro uno splendido sorriso.
Il sorriso di una ragazza innamorata.
E insieme si accomodarono sul divano davanti al camino e chiacchierarono a lungo dei compiti, dei professori, del loro imminente futuro e lo fecero con una leggerezza che non avvertivano da tempo.
Poco dopo a loro si unirono Ron e Lavanda. Hermione rivalutò in parte la ragazza del suo amico e si concesse qualche minuto per osservarla: il suo viso era più scavato e pallido, gli occhi non avevano un filo di trucco e sembrava meno piena di sé.
La ragazza sorrise.
L’amore le faceva vedere le cose da un’altra prospettiva.

 
 

Quando Blaise spalancò la porta della stanza di Draco lo trovò seduto sul davanzale della finestra.
Il biondo sembrava immerso totalmente nei suoi pensieri e questo indusse il moro a credere che qualcosa fosse successo, così avanzò verso di lui e si fermò a pochi centimetri dalla finestra, spostando anch’egli lo sguardo sul panorama.
“Quando nevica questo posto cambia completamente aspetto” disse, annunciando così la sua presenza all’amico Serpeverde.
Quest’ultimo infatti sobbalzò per lo spavento, riconoscendo però in quella voce, l’amico Blaise. Non si girò a guardarlo, ma continuò a tenere lo sguardo fermo sul panorama innevato, annuendo alle parole del moro Serpeverde.
Blaise osservava di sbieco Draco.
Ora ne era sicuro: qualcosa non andava.
Erano rare le volte che aveva sorpreso il biondo col suo arrivo, come erano poche le occasioni in cui lo aveva visto così pensieroso. Il suo istinto non si sbagliava e questo lo spinse a cercare qualcosa che lo aiutasse a capire e fu così che i suoi occhi intercettarono un foglio stropicciato che fuoriusciva sotto una pila di libri.
Blaise allungò una mano per afferrarlo e quando i suoi occhi lessero il contenuto della lettera, si tinsero di una strana luce indefinita.
“Perché non sei corso a casa?” domandò a bruciapelo, fregandosene di aver violato la privacy del suo migliore amico.
Draco sapeva che prima o poi, Blaise lo avrebbe scoperto e non si arrabbiò per quell’intromissione. Non rispose subito, ma si prese qualche minuto di tempo per riflettere.
“Sono trascorsi sette anni. Non la vedo da quando ho messo piede qui dentro” disse con voce atona, voltandosi poi lentamente per guardare l’amico.
“Nonno Abraxas mi ha strappato a lei col consenso di Lucius…il tempo e le sue scelte non hanno fatto altro che allontanarci ulteriormente” soffiò con evidente amarezza.
Blaise inarcò un sopracciglio, corrugando la fronte.
“Non dirmi che dopo tutto quello che hai dovuto passare e che ora stai vivendo, credi ancora che le sue scelte siano state sbagliate?”  chiese il moro con voce dura.
Draco che in quel momento sembrava così…fragile, scosse il capo, negli occhi una sofferenza antica.
“No, non ho mai realmente pensato che lo fossero. Ero solo profondamente arrabbiato con lei, perché scegliendo di andare contro tutti, si era allontanata da me” mormorò serrando subito dopo le labbra.
Lui non amava ricordare quel periodo buio della sua adolescenza.
A lui non piaceva piangersi addosso a quel modo.
Era cresciuto…anche senza di lei. Ed era diventato più forte, più saggio, più coraggioso.
Più tutto.
Ma lei non aveva assistito a tutto quello.
Aveva preferito andarsene, ignorando quella Maledizione.
Blaise gli posò una mano sulla spalla.
“Forse dovresti chiedere alla McGranitt un permesso per tornare a casa. Lei ora ha bisogno di te”.
Draco si morse il labbro inferiore. Blaise aveva ragione, così annuì.
Alzò lo sguardo precedentemente chinato, e fissò intensamente negli occhi il moro che  annuì, capendo il muto messaggio nascosto tra quelle iridi argentee.
“Ci penso io ad avvertire Hermione. Mi chiedo solo se un giorno le dirai tutta la verità…”.
Il biondo si era alzato in piedi per dirigersi verso l’armadio alla ricerca del suo mantello, dava le spalle a Blaise.
“Tu non dirle niente. Saprà quando sarà il momento”.
Detto questo prese la bacchetta e con un gesto della mano, evocò una pergamena, vi scrisse qualcosa sopra e la consegnò a Blaise.
I due si scambiarono un’ultima occhiata, poi il biondo uscì dalla propria camera, lasciando un Blaise poco convinto e con un brutto presentimento.

 
 

Quando Hermione varcò la soglia della Sala Grande i suoi occhi cercarono immediatamente quelli del suo ragazzo, ma fu delusa dal non trovarli. Al suo posto vi erano quelli altrettanto belli del migliore amico di lui che le sorrise, cordiale.
La Grifona rispose con gentilezza a quel sorriso e alzò la mano in segno di saluto, marciando poi verso il tavolo della propria casata, chiedendosi dove fosse finito Malfoy.
Si accomodò accanto a Ginny.
La rossa stava allegramente chiacchierano con Harry e Ron. Quest’ultimo non appena la vide, le rivolse un timido sorriso.
Hermione fece altrettanto.
Proprio quel pomeriggio la ragazza si era decisa ad affrontare con Ron l’argomento spinoso “Draco Malfoy”. La riccia sapeva che quella era un’impresa ardua e che con molta probabilità avrebbe perso la pazienza, ma in ogni caso doveva farlo.
E così aveva fatto…

 
 

Ron aveva appena finito l’allenamento di Quidditch quando Hermione gli si era avvicinata, dopo aver discusso sul da farsi con Harry e Ginny che avevano appoggiato la decisione della ragazza.
La sincerità prima di tutto.
Ed Hermione era una persona leale ed onesta.
Ron, nonostante tutto, rimaneva uno dei suoi migliori amici e gli doveva delle spiegazioni.
Quando il rosso se la trovò davanti, non riuscì a nascondere la sorpresa. Ormai era da tempo che non erano così vicini.
“Ronald…” cominciò lei, sfregando le mani l’una contro l’altra per la tensione e per il freddo.
“Hermione. E’ successo qualcosa?” domandò ingenuamente. La ragazza scosse la testa.
“Devo solo parlarti di una cosa…potresti venire un attimo con me?” domandò guardando alle spalle della ragazza, intercettando lo sguardo comprensivo e positivo di Harry.
Ron annuì inerme, la sua curiosità lo spinse a seguirla nella boscaglia accanto al campo di Quidditch.
Quando Hermione si sentì pronta si fermò, ma Ron che guardava a terra per non cadere, non si accorse di niente e le finì addosso.
“Scusa, scusa” mormorò un Ron dal viso rosso fuoco.
La ragazza ignorò quelle scuse e ogni discorso mentale che si era preparata e andò diretta al punto.
“Sono innamorata di un ragazzo e stiamo insieme da poco” disse tutto d’un fiato.
Il Grifondoro sbatté le palpebre un paio di volte prima che il suo cervello recepisse realmente il messaggio.
“Ah…”il ragazzo cercò di dire altro, ma fu interrotto dalla riccia.
“A questo punto vorrai sapere di chi si tratta” continuò imperterrita Hermione, camminando in cerchio, le braccia conserte, lo sguardo fiero, come quello di una leonessa.
“Veramente…”
“So che non approverai, mi farai la paternale, ma permettimi di dirti che io so badare a me stessa e se Harry e Ginny mi hanno dato la loro benedizione è perché mi conoscono e sanno che i colpi di testa non fanno per me, quindi qualsiasi cosa tu dica a sfavore di questa…unione, io non cambierò idea, capito?” Hermione finalmente smise di girare in tondo e puntò il suo sguardo (e un dito con fare minaccioso)  sul viso dell’amico, il quale annuì, non sapendo più cos’altro fare.
“Bene” aggiunse, annuendo a sua volta, come a farsi coraggio.
“Io…io frequento Draco Malfoy. Non starò qui a raccontarti com’è accaduto, perché è una lunga storia, ti basti sapere che sono…” Hermione si bloccò un attimo, spostando lo sguardo sulle sue mani, sorridendo al pensiero di quella parole che stava per pronunciare.
“Sono felice, Ron. Dopo tanto tempo…”mormorò, tornando a guardare il ragazzo.
Hermione si aspettava una sfuriata o magari un’espressione basita e invece sul viso del ragazzo risplendeva un sorriso dolce e fraterno. Gli occhi forse erano leggermente più scuri del solito, rabbuiati dalla consapevolezza che lui aveva fallito e che quando aveva potuto, non era stato in grado di renderla così felice.
Ron non aveva mai visto Hermione così raggiante e serena.
Ciò che più lo sorprendeva era la facilità con la quale la ragazza sorrideva ultimamente.
Gli era capitato spesso di incrociarla nei corridoi, mentre andava in biblioteca. Lei non se ne accorgeva, ma le sue labbra erano sempre arricciate all’insù.
“Non dici nulla?” fu Hermione a irrompere quell’irreale silenzio.
Le sembrava troppo strano che Ron stesse zitto a fissarla con quel sorriso imbambolato.
La ragazza arricciò il naso, infastidita e batté un piede per terra come quando era arrabbiata.
“Cosa vuoi che ti dica?” rispose lui, scrollando le spalle.
“Non saprei. Ma conoscendoti non hai capito quello che ho detto. Sto con Draco Malfoy. M.A.L.F.O.Y.” disse scandendo lettera per lettera il cognome del ragazzo.
“Sai quel biondo Serpeverde che per anni ci ha dato il tormento, prendendoci tutti in giro. Figlio di Lucius Malfoy, Mangiamorte dichiarato” la ragazza terminò il suo monologo e non riuscendo a suscitare alcuna emozione nel suo interlocutore, allargò le braccia spaesata.
“Ho capito benissimo invece. E non c’era bisogno che tu me lo dicessi, perché lo sapevo già” ribatté Ron.
Quella sorpresa tra i due ora, era proprio Hermione.
“Come…come lo sapevi già?” balbettò lei in risposta.
Ronald fece qualche passo in avanti e prese tra le sue mani, quelle di Hermione, spostando i suoi bellissimi occhi azzurri in quelli castani della sua ex ragazza.
“Non sono così sciocco come credono tutti, sai? Ho un cervello anch’io, seppur funzioni ad intermittenza a volte” ridacchiò, facendo sorridere anche Hermione.
“E’ da un po’ che ti osservo e sei cambiata, Herm. Sei… sei più donna. Più bella, più cresciuta e non poteva essere solo la guerra ad aver contribuito a certi cambiamenti. Confesso che avrei voluto renderti io così felice, ma tra noi i tempi non hanno mai coinciso. Avevo capito che c’entrava qualche ragazzo e all’inizio ho creduto fosse Dean, visto che si vociferava che foste usciti insieme, ma non era così. Poi… poi un giorno ho intercettato una discussione tra Harry e Ginny in cui parlavano di te e…Malfoy. Harry si fida di te, ma è comunque preoccupato. Malfoy è sempre Malfoy anche se sembra cambiato…e stava proprio confessando i suoi timori a mia sorella, la quale invece ha piena fiducia di quella testa vuota del tuo ragazzo” Hermione gli fece una linguaccia infantile, Ron sorrise poi proseguì.
“Ammetto che inizialmente non l’ho presa affatto bene, anzi credevo fosse una burla, ma poi ho notato le occhiate che vi lanciate voi due e ho compreso” Ron ebbe bisogno di fermarsi un attimo per respirare, per ritrovare quella lucidità che le parole gli stavano portando via.
“Tu lo ami” e il sussulto di Hermione glielo confermò.
“Forse ancora non ne sei consapevole, ma quando…quando eri insieme a me, non ti ho mai vista così…sei solare, raggiante, sprizzi felicità in ogni gesto e anche se a renderti così è quell’essere insulso di Malfoy, resto il tuo migliore amico e ti sarò sempre vicino”.
Hermione gli saltò al collo, grondante di lacrime.
Si abbracciarono forte e piansero entrambi, forse per motivi diversi.
Ma non erano così vicini, nel corpo e nell’anima, da troppo, troppo tempo…
Non sapevano però che la loro discussione era stata ascoltata da un ragazzo biondo, alto e ben conosciuto, che se ne rimase nascosto dietro ad un albero, col cuore che batteva troppo forte.
Hermione era innamorata di lui? Era coinvolta fino a quel punto?
Corse poi via, raggiungendo la carrozza che lo attendeva.

 

 

“Hermione mi passi la caraffa con il succo di zucca, per favore?” domandò Neville, risvegliando così Hermione dai suoi ricordi.
La riccia annuì e porse la caraffa all’amico che la ringrazio e per poco non ne rovesciò tutto il contenuto, rischiando di fare il bagno a Seamus. Tutto il tavolo dei Grifondoro rise spensierato, compresa Hermione.
Per la prima volta, tutto sembrava andare per il verso giusto.
 

A fine cena, Blaise attese Hermione fuori dalla Sala Grande.
“Cosa farai domani, Herm. Verrai con noi a Hogsmeade o ti vedrai con Malfoy?” le stava chiedendo Ginny.
“In verità non ho alcun programma per domani” mormorò la Granger in risposta.
“Però presumo che verrò con voi a Hogsmeade, ci sarà di sicuro anche Malfoy…”
“Hermione!” sentendosi chiamare, la ragazza si voltò.
“Blaise!” rispose con un sorriso stampato in volto.
Ginny le lasciò il braccio e la salutò, dicendole che si sarebbero riviste nel dormitorio. Così la Grifona si avvicinò al Serpeverde.
“Buona sera. È da un po’ che non parliamo, io e te?” lo ammonì la ragazza, puntandogli un dito contro.
“Be’, non che tu mi abbia cercato. Eri troppo impegnata a correr dietro ad una persona di mia conoscenza” ribatté lui prontamente.
Hermione arrossì.
“Io non corro dietro a nessuno” disse portano le mani sui fianchi.
“E comunque sia, anche se ero impegnata a fare altro, ero sempre ben disposta a fare una chiacchierata con te”.
Blaise ridacchiò.
“Non importa, Hermione. Senti…ho un messaggio per te da parte di Draco”. Sentendo quel nome la riccia sobbalzò e divenne seria.
“Che è successo?”
“Nulla di grave, ma è dovuto tornare a casa. Sua Madre gli ha scritto una lettera dove gli chiedeva di raggiungerla, non ha potuto avvertirti, perché è dovuto partire immediatamente. Però ti ha lasciato questo” disse, estraendo dalla tasca del pantalone la pergamena consegnatagli da Draco.
La porse ad Hermione che se la rigirò tra le mani prima di aprirla e leggerla.
 

“Torno presto.

D.M.”

 

La ragazza non poté nascondere la delusione per quelle poche parole, specie dopo tutte quelle splendide poesie contenute in quel quaderno.
A Blaise non sfuggì quel cambio repentino d’espressione, così posò una mano sulla spalla della Grifondoro che sollevò lo sguardo dalla pergamena e fissò il ragazzo davanti a lei. Lui le sorrideva con gentilezza ed eleganza.
“Non darti pena. Draco è fatto così, dovresti saperlo”.
Hermione serrò le labbra.
“Potrebbe almeno spiegarmi cosa sta succedendo…” cominciò, pronta a portare avanti la sua tesi con tenacia e determinazione, ma fu costretta a fermarsi, perché Blaise le pose un dito sulle labbra.
“Probabilmente neanche lui sa cosa sta accadendo. Non ci hai pensato?”
Hermione sbarrò gli occhi.
No. Non ci aveva pensato.
Quando si trattava di Malfoy il suo istinto prevaleva sul resto ed era facile lasciare che il pregiudizio parlasse per lei.
Annuì alle parole di Blaise.
Non le restava che attendere.
“Ti va di fare una passeggiata?” le propose il moro Serpeverde.
Hermione che non aveva voglia di rientrare in Sala Comune in quello stato, accettò la proposta dell’amico e lo seguì lungo i corridoi.
Sapeva che andava contro le regole, data l’ora tarda, ma sperò che nessuno li avrebbe visti.
“Cosa mi racconta la ragazza più intelligente di Hogwarts?” domandò con allegria il ragazzo, ottenendo l’effetto desiderato: Hermione sorrise, arrossendo.
“Oggi ho parlato con Ron di me e Malfoy” disse tutto d’un fiato.
“E forse non ci crederai, ti assicuro che faccio fatica a crederci anch’io, ma mi ha dato il suo pieno appoggio. Ovviamente anche se fosse stato contrario, io non avrei cambiato idea, ma…” la Grifona continuò a sparare parole a raffica, continuando a dire di quanto fosse sorpresa dalla maturità mostrata dal suo amico.
Blaise l’ascoltava attentamente e in silenzio, lasciando che si sfogasse e soprattutto, allontanasse dai propri pensieri Malfoy.
Il moro non lo dava a vedere, ma era molto preoccupato per l’amico e per il suo imminente futuro.

 

 

Draco dopo esser uscito trafelato dal proprio dormitorio, si era precipitato con passo veloce dalla Preside. Non ci fu bisogno di spiegarle niente, perché non appena entrò nel suo studio, trovò sua Madre Narcissa ad attenderlo.
Gli occhi lucidi di chi ha smesso di piangere da poco e Draco questo non poteva proprio digerirlo.
“Madre” mormorò con voce strascicata.
“Draco, figliolo” rispose lei alzandosi e andandogli incontro.
“Cosa ci fate qui?” le domandò, fissandola dritto negli occhi.
“Credo che siate qui per lo stesso motivo” si intromise la Preside McGranitt, sorridendo loro, poi rivolse il suo sguardo verso Draco.
“Hai il permesso di andare a casa, Malfoy. Rientrerai tra tre giorni” disse in tono severo.
Draco strinse le mani a pugno.
“Non ce ne sarà bisogno, Preside” asserì con voce ferma fissando la donna, poi volse i suoi occhi verso sua Madre.
“Domani sarò già di ritorno” e fu così che lo sguardo di Narcissa si rabbuiò maggiormente. 
 

Dopo aver preso il necessario dalla propria camera, Draco decise che forse quel misero biglietto era davvero squallido e che forse avrebbe dovuto cercare Hermione e parlarle. Quando la vide, stava correndo verso il campo di Quidditch, così incuriosito da tanta fretta la seguì. Ne comprese il motivo solo dopo aver assistito alla conversazione con Weasley. Non poteva credere che la Granger, per stare con lui, avesse avuto bisogno dell’approvazione di quel Pezzente.
Scosso dalle insinuazioni fatte dal rosso, Draco decise di andarsene, ora doveva affrontare un problema più urgente. Così raggiunse sua Madre che lo attendeva nella carrozza e insieme si misero in viaggio. Per tutto il tempo, Draco scelse di seguire la strada del silenzio, nonostante la testa gli brulicasse di domande. Narcissa, da parte sua, continuava a fissare suo figlio con malcelata preoccupazione. Conosceva bene il dolore che il giovane si portava dentro e temeva il momento in cui quell’incontro sarebbe avvenuto.
Quando la carrozza si fermò dinanzi al portone del Manor, il primo a scendere fu proprio Draco. Il ragazzo si guardò intorno, sembrava che l’aria attorno alla villa fosse cambiata, quasi avesse percepito la portata di quell’evento.
Sua Madre lo precedette nell’ingresso.
Quando anch’egli varcò la soglia, i suoi occhi catturarono immediatamente la figura di una giovane ragazza alta, bionda, dagli occhi plumbei come i suoi che lo fissavano commossi.
“Ciao fratellino…”
E a Draco, quei sette lunghi anni d’assenza, gli crollarono addosso.

Lavinia Cassidy Malfoy era davvero tornata.

 

***
Buon pomeriggio a tutti.
Mi scuso per il ritardo con il quale arriva il nuovo capitolo, ma un improvviso calo d'ispirazione mi ha costretta a prendermi una pausa. Inoltre il lavoro mi ha tenuta impegnata e ho avuto davvero pochissimo tempo per starmene in santa pace al pc.
Dunque, dunque...l'ultima volta vi ho lasciato col mistero sull'identità di Lavinia...ora, col nuovo capitolo, sappiamo chi è.
Ne siete delusi?
Ho quest'idea da quando ho cominciato a scrivere questa fan fiction, anche se confesso che spesso mi è difficile portarla avanti, perché temo di scrivere delle eresie.
E della reazione di Ron, cosa mi dite?
So che forse vi aspettavate qualche sfuriata, ma sinceramente, mi andava di far maturare lievemente anche lui. Certo non è felice di questa unione, ma il bene per Hermione è più forte di tutto.
Dedico questo capitolo ad Elettra1991, che con la sua meravigliosa fan fiction, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere. GRAZIE!
Spero di poter aggiornare quanto prima.
Alla prossima.

Marghe

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio diletto. I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Rowling.

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Capitolo 27
*** La storia di Lavinia ***


La storia di Lavinia

Capitolo 26 “La storia di Lavinia”

 

 

Draco era impietrito.
Gli sembrava di vedere un fantasma. Se fino a quel momento aveva creduto che sarebbe rimasto indifferente, non era affatto così.
Lavinia era cresciuta ed era bellissima.
Tanto quanto lui.
Vestita d’un abito azzurro di pizzo, fece timorosa, qualche passo avanti, verso di lui.
“Draco” mormorò con voce cristallina.
Ancora una volta il ragazzo rimase in silenzio.
Lavinia allora, guardò la Madre, spaesata.
Narcissa, commossa, le fece cenno col capo di andare da lui.
Solo quando la ragazza gli fu abbastanza vicina, Draco notò che il ventre della giovane Malfoy era rigonfio, ma non ebbe il tempo di dire nulla che Lavinia gli lanciò le braccia al collo e lo abbracciò.
Draco, inizialmente rigido, si lasciò andare a quell’abbraccio e avvolse, a sua volta, il corpo della sorella con le proprie braccia.

Un appiglio.
Narcissa dinanzi a quell’immagine, si portò le mani alla bocca per trattenersi dal singhiozzare, mentre calde lacrime le rigavano il volto.

 
 

Qualche minuto dopo erano seduti tutti e tre nel salotto, davanti al camino.
C’era stato un imbarazzante silenzio che aveva impedito loro di parlare fino a quel momento. Silenzio che un Draco furioso, decise di interrompere con la sua mancanza di tatto:
“Sei tornata perché sei incinta?” frecciò con cattiveria, all’indirizzo della sorella.
“Draco…” l’ammonì la Madre.
“No, Madre. Lasciatelo parlare” disse la ragazza, che con un gesto della mano mise a tacere la donna. Poi volse i suoi occhi chiari verso il fratello e, nonostante tutto, gli sorrise.
“Sei proprio come nostro Padre, Draco. Apparentemente scostante e crudele…mi spiace averti fatto soffrire…”
“Risparmia il fiato! Io non ho affatto sofferto per colpa tua!” sibilò sprezzante, alzandosi in piedi, fingendo di ignorare quel paragone che lui tanto detestava, perché se da un lato ammirava ancora suo Padre, dall’altro non riusciva a sopportare l’idea che anche lui un giorno si sarebbe comportato come Lucius.
“Che diamine sei tornata a fare qui? Sono i soldi che vuoi? Un aiuto per te il Mezzosangue che porti in grembo?” lo schiaffo che lo colpì in pieno visto, rimbombò per tutta la stanza.
Draco, ferito nell’orgoglio, digrignò i denti e fissò con astio la sorella, la cui mano era ancora a mezz’aria.
“Non hai alcun diritto di stare qui. Scegliendo di andartene con lui, hai escluso noi, la tua famiglia. E ora pretendi che io stia qui ad ascoltarti?” Draco fece un passo indietro, intenzionato a tornarsene al castello e a dimenticare l’accaduto.
“Sono tua sorella e me lo devi!” ribatté lei con durezza.
“E’ qui che ti sbagli. Io non ti devo niente. Io non ho mai avuto una sorella!” sibilò con sprezzo, stringendo le mani a pugno.
Gli occhi di Lavinia divennero improvvisamente lucidi.
“Ora basta!” Narcissa scattò in piedi come un felino, avanzando verso i suoi figli.
“Draco vattene in camera! Uscirai solo quando ti sarai calmato!” gli ordinò. Il biondo era pronto a risponderle per le rime, nonostante fosse sua Madre, ma non ne ebbe il tempo.
“ORA!” sibilò la donna, muovendo lentamente le labbra e scandendo bene lettera per lettera.
A quel punto il ragazzo non poté che obbedire. Dopo aver lanciato un’ultima occhiataccia alla sorella, diede le spalle alle due donne e si incamminò verso le scale che conducevano al primo piano, dove si trovava la sua stanza.
Una volta arrivato a destinazione, si chiuse con un tonfo, la porta alle spalle e rimase fermo all’ingresso della propria camera, puntando gli occhi sul muro davanti a lui. Se avesse potuto distruggerlo con uno sguardo, lo avrebbe fatto.

 

Lavinia lo osservò salire quelle scale con il solito portamento elegante, ma la posa leggermente rigida, palesava la tensione che stava provando.
Non riuscì a trattenere a lungo le lacrime, né tentò di fermarle. Narcissa le posò una mano sulla spalla, regalandole uno sguardo carico d’amore.
Quanto aveva sofferto quella donna per la lontananza da sua figlia?
Quanto le era costato dover accettare l’imposizione del suocero e di suo marito?
Nessuno poteva capire cosa significava per una madre perdere il proprio figlio. E Narcissa c’era andata vicino anche con Draco, durante la guerra.
Saperlo ancora vivo, le aveva ridato la speranza che forse qualcosa poteva ancora cambiare e da quel momento per la sua famiglia, era davvero cambiato tutto.
“Riuscirà mai a perdonarmi?” mormorò la giovane Malfoy, faticando a mantenere un tono di voce fermo.
Narcissa alzò lo sguardo cogliendo l’algida figura del figlio, sparire su per le scale.
“Si, Draco ha solo bisogno di tempo. È che non riesce ancora a perdonare sé stesso…”rispose addolcendo il proprio tono di voce.
Lavinia annuì, nel cuore la speranza che ciò potesse avvenire presto.
 

 

Intanto a Hogwarts, Hermione se ne stava sotto le calde coperte del proprio letto, non riuscendo a chiudere occhio. Era preoccupata per Draco.
Che fosse accaduto qualcosa a sua Madre?
O si trattava di lei? Forse Narcissa era venuta a conoscenza della loro relazione e voleva ordinare al figlio di troncarla sul nascere?
No, Hermione non era affatto tranquilla e non riusciva a farsi bastare quelle poche parole scritte dal ragazzo prima di andarsene.
Non era ancora certa di conoscerlo bene, eppure dentro di sé sentiva che se si fosse trattato di qualcosa di poco conto, Draco non si sarebbe precipitato con tanta fretta a casa.
La ragazza sbuffò, coprendosi la testa col lenzuolo.
Continuare a pensarci non serviva a nulla. Al suo ritorno, Draco le doveva spiegare ogni cosa.
Fu questo il suo pensiero prima di addormentarsi.

 
 

Nello stesso istante, il biondo era fuori al balcone della sua stanza, le braccia conserte poggiate sul marmo del parapetto. Lo sguardo algido e tempestoso di chi non ha smesso un minuto di pensare.
La porta della sua camera cigolò, segno che qualcuno era appena entrato, ma Draco continuò a mantenere lo sguardo fisso nel vuoto.
“So che non vuoi né vedermi, né ascoltarmi, ma dovrai farlo. Non ho intenzione di muovermi di qui senza averti raccontato ogni cosa” la voce di Lavinia gli giunse al petto come una stilettata.
Quel timbro così soave e leggero, lo induceva ad evocare ricordi che lui, a fatica, aveva riposto in un angolo della propria memoria, nella vana speranza di dimenticarli. Invece, dopo anni, essi erano riaffiorati alla mente e lui, ancora una volta, si sentiva un fallito, perché non riusciva neanche a dimenticare. Draco rimase immobile, gli occhi adombrati e vacui, carichi di immagini della loro infanzia felice.
“Come hanno fatto a nascondere al Mondo Magico, la tua scomparsa?” domandò con voce strascicata, aprendo per la prima volta la bocca da quando aveva fatto ingresso in quella stanza.
“Oblivion” rispose lei in un soffio.
Il biondo sorrise amareggiato.
“Giusto. Perché ho fatto una domanda tanto stupida?” scosse la testa “Mi chiedo perché non l’abbiano usato anche su di me” confessò, portandosi le mani a coprirsi il viso.
Lavinia gli posò entrambe le mani sulle spalle.
“Nonno Abraxas ha vietato categoricamente che ciò accadesse, perché dovevi ricordare cosa succedeva ai traditori del proprio sangue. Ai traditori come me” disse, recitando a memoria le parole di quell’uomo che lei continuava a chiamare “nonno”.
“Mi dispiace. Mi dispiace di essere stata la peggiore sorella del mondo…” Draco a quelle parole si voltò, trovandosi dinanzi al volto rigato di lacrime della sorella.
E si riconobbe in quello sguardo.
“Perché…perché te ne sei andata?” domandò con voce tremante.
Lavinia serrò gli occhi.
“Perché io amo Sebastian, Draco. Ma questo non ha mai significato che io amassi meno te e i nostri genitori. Ero la migliore studentessa di Beauxbatons, ma mi sentivo sempre un passo dietro gli altri e non ti nascondo che il cognome Malfoy mi pesava parecchio. Mi sentivo incompleta, sola e quando ho incontrato Sebastian a Parigi ho provato una sensazione nuova, meravigliosa…piacevole” Lavinia aprì gli occhi e sorrise a quel ricordo.
“Nostro Padre con me era stato meno duro, anche se mi riempiva la testa con l’importanza del sangue puro. Ma io ho sempre preferito ragionare con la mia testa e quando ho scoperto che Sebastian era un Mezzosangue l’ho comunque portato qui per farlo conoscere ai nostri genitori, nella vana speranza che avrebbero capito che l’amore doveva andare al di là delle differenze sociali…” ora era lei quella che sorrideva con amarezza.
“Ma così non è stato. Tu probabilmente non ricordi, avevi dieci anni e stavi già studiando nell’attesa di andare ad Hogwarts l’anno successivo. Io ero al mio ultimo anno invece e sognavo di sposarmi e di entrare al lavorare al Ministero, volevo occuparmi dell’Istruzione del Mondo Magico, ma Nonno Abraxas ha pensato di farmi un regalo anticipato di nozze” la ragazza sospirò e quando stette per parlare ancora, ebbe un mancamento. Draco la sostenne, spaventato la condusse sul proprio letto, dove la fece adagiare.
“Non dovresti fare troppi sforzi” disse lui, sfiorando con lo sguardo il suo ventre rigonfio.
“Quando nascerà?” domandò poi, riportando gli occhi sul viso della ragazza, trovandola che lo fissava con un sorriso tenero.
“A luglio. Lui nascerà a luglio” rispose lei con voce flebile.
“Sai già che è un maschio?”
Lavinia scosse il capo.
“No, ma ne sono certa” mormorò sorridendo, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
Draco si stese al suo fianco e vegliò su di lei tutta la notte.
 

Quando la mattina dopo riaprì gli occhi, Lavinia non era accanto a lui. Il biondo scattò subito a sedere.
“Saranno anche passati sette anni, ma tu hai sempre lo stesso vizio” la voce di Lavinia gli giunse alle orecchie, limpida e cristallina.
Draco si girò verso di essa, trovando la sorella seduta su una sedia a dondola mentre con la magia due ferri lavoravano la lana.
“Dormi sempre con la mano aperta sul cuscino. Era il nostro modo per sentirci vicini, ricordi?” continuò lei, ma il biondo non le rispose, fissandola con sguardo indecifrabile.
“Ogni volta che tornavo a scuola, tu avevi difficoltà ad addormentarti, allora io ti dicevo di fingere che fossi accanto a te e che ti stesse tenendo la mano. Da quel momento in poi hai cominciato a dormire su un fianco con la mano aperta sul cuscino” mormorò lei con voce tenera.
Il biondo finse di non averla ascoltata, per tale motivo riportò la discussione su un altro campo.
“Cos’è quello?” domandò indicando con un cenno del capo, i ferri.
“Un vestitino invernale per il mio bambino” la naturalezza con la quale le rispose, sorprese Draco.
“Non sai ancora se è maschio” ribadì lui.
“Io lo sento e una madre non si sbaglia mai” rispose Lavinia, sorridendogli.
“Perché Sebastian non è qui con te?” chiese d’improvviso il ragazzo, scorgendo così un cambiamento nell’espressione facciale della sorella.
“E’ all’estero per un’importante ricerca” rispose caustica.
“Di cosa si occupa?”
“Non vuoi realmente saperlo, Draco”.
“Voglio solo sapere perché non è qui con te, lui che ha tanto detto di amarti, costringendoti a scegliere tra lui e noi!” esclamò stizzito.
Lavinia lo scrutò dritto negli occhi.
“Te l’ho già detto”.
“No. Io voglio sapere la verità!” Draco era sceso dal letto e si era avvicinato alla sorella.
“Voglio sapere cosa hai fatto in questi sette fottutissimi anni e perché di punto in bianco sei tornata senza il tuo principe azzurro! Voglio capire perché non sei rimasta qui. Un modo lo avremmo trovato per convincere i nostri genitori. Ero piccolo, ma lo sai che ti sarei stato accanto se me l’avessi chiesto…”
“Non avresti potuto far niente, Draco” la voce di Lavinia ridotta ad un sussurro, mentre si alzava in piedi e si avvicinava al camino acceso, gli occhi nuovamente ricolmi di lacrime.
“Quando io e Sebastian abbiamo messo piede in questa casa, speravamo di convincere Lucius ad accettarci. Non ti dico che faccia ha fatto nostro Padre quando gli ho detto che Sebastian era un Mezzosangue, era sul punto di esplodere, ma nostra Madre è intervenuta, invitandoci ad accomodarci e ha chiesto all’elfo di portarci una tazza di Tè. Eravamo quasi riusciti a farli ragionare, Sebastian si è dimostrato da subito un ragazzo galante, ben educato, ha raccontato ai nostri genitori la sua storia: sua madre è morta dandolo alla luce e suo padre che lo vedeva come la causa di quella perdita, lo diede in adozione ad una famiglia Purosangue di Parigi. Lui è cresciuto come noi, Draco e se non fosse lui stesso a dirlo, non sembrerebbe un Mezzosangue e con ciò non sto dicendo che li disprezzo, anzi…” mormorò.
“Io credo che siano migliori di tutti noi” aggiunse, voltandosi verso il fratello per poterlo guardare negli occhi.
Quello sguardo sembrava potergli sondare l’anima, Draco temeva che lei potesse scoprire che lui la pensava esattamente allo stesso modo, perché come sua sorella, si era innamorata di una ragazza che non apparteneva al loro rango sociale e di sangue.
E se l’avesse scoperto, come l’avrebbe presa?
“Mentre eravamo lì seduti in salotto, è arrivato il nonno paterno e ha voluto sapere chi fosse Sebastian. I volti dei nostri genitori si sono congelati, io che non temevo nulla ho detto la verità e da allora è stato l’inferno. Nonno Malfoy non poteva tollerare un simile elemento in famiglia, così ha cominciato col minacciare suo figlio. Fino a che…” fermarsi fu d’obbligo per la ragazza che chinò lo sguardo.
Ricordare quei giorni le costava una fatica immensa e il dolore che ancora provava le stringeva il cuore in una morsa.
“Cos’ha fatto Nonno Abraxas?” incalzò Draco, sollevandole il viso con due dita, così da poterla guardare nuovamente negli occhi.
“Era furioso, era intollerabile che…un Mezzosangue entrasse nella nostra famiglia. Ha tentato anche di usare l’Imperio su di me, ma con scarsi risultati” un ghigno le si dipinse sulle labbra.
“E infine ha optato per qualcosa di potente ed oscuro. Ciò che tu non sai è che ha usato una magia antica di 300 anni, praticata da un gruppo di maghi nomadi dell’Inghilterra del nord. All’apparenza sembra innocuo, dipende da quanto odio prova la persona che la scaglia…” mormorò Lavinia che sembrava improvvisamente essere invecchiata di trent’anni.
Draco temeva di porre quella domanda, ma doveva farlo…doveva conoscere come stavano le cose.
“E quanto odio provava Abraxas quando vi ha scagliato contro l’incantesimo?” la domanda uscì da sola dalle labbra del ragazzo e Lavinia che lo fissava con aria malinconica, accennò un mezzo sorriso sbieco che però risultò essere una smorfia di dolore. E Draco allora capì…
“Di che incantesimo si tratta?”
Nexus Immortalis” la voce armoniosa della ragazza, pronunciò cupamente il nome di quella Maledizione.
“Ma…ma è…” Draco spalancò gli occhi sorpreso e allo stesso tempo, spaventato.
“Si, Draco. E’ l’incantesimo Proibito dalla legge magica da ormai cent’anni, ma come ben sai all’epoca la nostra famiglia godeva di grandi favori e di ottime conoscenze e nessuno osò intervenire”
“Nostra Madre sapeva…” il ragazzo non finì la frase che la sorella annuì.
“E…”
“Anche Lucius, sì” concluse la frase per lui.
Draco abbassò lo sguardo addolorato, ma allo stesso tempo infuriato.
Ce l’aveva con i suoi genitori che non avevano fermato Nonno Abraxas.
Con il Nonno dittatore.
Con Lavinia per le sue scelte.
E con sé stesso, perché ancora una volta, si sentiva solo un fallito, messo da parte dalla sua stessa famiglia che lo aveva tenuto all’oscuro di quello che realmente era accaduto.
“Nostro Padre è venuto spesso a trovarmi, sai?”
Draco risollevò la testa di scatto, spalancando gli occhi, inebetito.
Lavinia accennò un sorriso tirato.
“Lui e nostra Madre hanno cercato di aiutare me e Sebastian…ma senza alcun risultato. Ora stiamo tentando un’ultima strada, Sebastian è in Bretagna, nel nord della Francia. Si dice che lì viva un mago molto potente che conosce ogni incantesimo e contro incantesimo…” sul viso della ragazza, scivolò giù una lacrima e ciò le impedì di proseguire.
Draco le si avvicinò senza neanche pensarci troppo e l’abbracciò forte. Lavinia nascose il viso tra la sua spalla e il collo, dando sfogo al suo dolore.
“Non voglio che mio figlio cresca senza i suoi genitori…non voglio perderlo ancora prima di averlo stretto tra le braccia e non voglio lasciarti di nuovo, Draco. Ti voglio bene, fratellino!” mormorò con voce rotta, mentre il biondo non riusciva a placare il battito forsennato del suo cuore.
“Dimmi che Nonno non ha davvero scagliato contro di voi quella maledizione e che non ha definito quando la vostra…morte dovrà avvenire” quella parola fu pronunciata con dolore dal giovane Serpeverde.
“La morte vi coglierà nel momento in cui il vostro amore malato darà alla luce un nascituro bastardo…” recitò lei con voce severa.
“Moriremo subito dopo che io avrò concepito il nostro bambino…” aggiunse poi in un soffio.
“Che cosa?” esclamò Draco scostandosi da lei e facendo un passo indietro. La fissava con gli occhi sbarrati.
“Cioè…tu vuoi dirmi che nonostante voi sapeste che mettere al mondo un figlio vi avrebbe condotto alla morte, avete rischiato comunque?” Draco sputò fuori quelle parole con malcelata cattiveria, col preciso intento di ferire sua sorella.
“Non avrai neanche il tempo di vederlo questo dannato bambino! Lo sai questo?” il ragazzo si portò le mani tra i capelli, disperato.
“Non…non chiamarlo dannato” mormorò incerta la ragazza.
“E come altro lo chiami un figlio che ti porterà a morte certa, eh?” gridò Draco fuori di sé. Lavinia indietreggiò, fermandosi non appena incontrò il muro alle proprie spalle.
“Draco…io e Sebastian non volevamo rimanere soli tutta la vita, speravamo che con la morte del Nonno l’incantesimo perdesse di potenza e invece dopo che abbiamo scoperto che ero incinta, entrambi abbiamo sognato la nostra morte e in disparte c’era nonno che rideva…”
“Siete due egoisti! Due stupidi egoisti! Non avete pensato alle vostre famiglie?!? No, eh? Tu non hai pensato ai nostri genitori… A ME!!! DANNAZIONE!” Draco perse d’un tratto la voce, appannata dalle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.
Lavinia gli si avvicinò velocemente e lo strinse a sé.
“Perdonami…perdonami ti prego”.
Fuori dalla porta della stanza, una Narcissa in lacrime, aveva ascoltato tutta la conversazione tra i suoi due figli. Vedere Draco stare così male non l’aveva affatto stupita, la donna aveva sempre sospettato che il figlio non avesse mai digerito la partenza della sorella, ma non ne aveva mai fatto parola. Quando lei provava a metter in mezzo l’argomento, Draco si alzava e se ne andava. Col tempo la donna aveva rinunciato.
Per la disperazione e il dolore strinse tra le dita la lettera che era appena arrivata.
Era di Sebastian…

***

Non credevo che sarei riuscita ad aggiornare dopo una sola settimana, ma l'ispirazione mi ha presa e quando ho avuto qualche minuto di tempo ho buttato giù quest'altro capitolo.
Presumo di aver deluso le vostre aspettative col capitolo precedente e confesso che mi dispiace moltissimo. Alla fine sto seguendo l'idea che ho avuto non appena ho cominciato a scrivere questa fan fiction.
In questo capitolo ho preferito concentrarmi sulla storia della giovane Lavinia. Come avete letto, Draco ha sofferto molto per l'allontanamento da sua sorella e ha coltivato per lungo tempo un odio smisurato verso di lei. Odio che è ben trapelato quando se l'è trovata dinanzi. In realtà però, Draco non riesce ad odiarla realmente e per questo si arrabbia, perché vorrebbe non voler star male per lei, ma non ci riesce, nel profondo del suo cuore nutre un amore smisurato per quella ragazza che ha rappresentato per lui moltissimo. Con lei ha vissuto un'infanzia felice, lontana dalle pressioni paterne...credo che ne vedremo stralci di ricordi con i prossimi capitoli. Ora la questione importante è: cosa ha scritto Sebastian nella lettera?
Non sono convintissima di questo capitolo, lo confesso, ma ho provato più volte a rileggerlo e a modificarlo, alla fine il risultato è rimasto invariato.
Al prossimo aggiornamento.

Un bacio.

Ps: la fan fiction non è scritto a scopo di lucro, ma per mio puro diletto. I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Rowling.

Marghe

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Capitolo 28
*** Ama e lasciati amare ***


Ama e lasciati amare

Capitolo 27 “Ama e lasciati amare”

 

 

Domenica mattina Hogwarts si era svegliata con un tiepido sole che rallegrò l’animo degli studenti intenzionati ad andare ad Hogsmeade.
In Sala Grande c’era un brusio maggiore. Ogni tavolo discuteva sul da farsi quella giornata libera.
Hermione non si meravigliò di trovare il posto di Malfoy vuoto e tentò di non pensarci, concentrandosi sull’imminente gita ad Hogsmeade, durante la quale lei aveva intenzione di stare un po’ con i suoi amici e magari comprare qualche nuovo libro da leggere prima di andare a dormire.
Con un tintinnio di un campanello, la Preside McGranitt attirò su di lei, l’attenzione degli studenti. Era in piedi dinanzi al leggio che per anni aveva ospitato Silente.
“Buon giorno ragazzi e buona domenica!
Come ben sapete per oggi è prevista una gita ad Hogsmeade, per tale motivo ci tengo a farvi le solite raccomandazioni. Chi non rispetterà le regole, sarà severamente punito…”
Hermione che in genere ascoltava attentamente quando un Insegnante parlava, quella mattina si perse tra quelle parole.
Guardava la Preside, ma in realtà non la vedeva.
La sua mente era proiettata altrove.
Hermione non aveva mai creduto nella preveggenza, ma quella mattina sentiva che qualcosa di grosso stava per accadere.
In passato aveva criticato più volte Harry e le sue strambe sensazioni, salvo scoprire che poi non si era sbagliato.
Eppure non ce la faceva ad ammettere a sé stessa che doveva dare ascolto al suo istinto, lei non era abituata; cervellotica com’era, la ragione era la sua unica strada.
Così scosse la testa, cogliendo le ultime parole della sua amica Ginny.
“…con noi?”
Hermione si voltò di scatto verso di lei, fissandola con occhi smarriti.
“Eh?”
Ginny la fissò per qualche secondo con espressione seria, poi scosse la testa, accennando un mezzo sorriso e preferì lasciar correre sul “motivo” che poteva aver spinto la Prefetta Granger a distrarsi.
“Dicevo: visto che di Malfoy non si vede neanche l’ombra, verrai con noi?”
Hermione arrossì fino alla cima dei capelli per la sua distrazione e ringraziò mentalmente Ginny che non l’aveva messa ulteriormente in imbarazzo, facendole domande alle quali, al momento, non le andava di rispondere.

La Grifondoro annuì.
“Sì, sarò dei vostri” confermò con tono gioviale.
“Immagino che tu voglia studiare un po’ prima di uscire, quindi ci vediamo alle 11 precise al portone d’ingresso” rispose Ginny facendole l’occhiolino, prima di alzarsi dal tavolo. Harry le osservò chiacchierare, in silenzio e seguì con lo sguardo la figura longilinea della sua fidanzata che si allontanava, quasi saltellando dalla Sala Grande. Poi spostò i propri occhi verdi verso l’amica e la trovò nuovamente assorta nei suoi pensieri.
Gli era parso strano non vedere Malfoy seduto al tavolo dei Serpeverde e l’occhiata complice che gli aveva lanciato Ron, quando anch’egli aveva notato quell’assenza, non lo faceva sentire affatto tranquillo. Il suo sesto senso, in genere, non sbagliava mai e sentiva che stava per accadere qualcosa e non gli piaceva che a pagarne le conseguenze fosse la sua migliore amica. A quel punto, Harry era intenzionato ad andare in fondo a quella storia e a capirci di più. Per questo si spostò, sedendosi accanto alla sua amica.
Hermione sollevò lo sguardo, notando solo in quel momento la presenza di Harry. Bastò una sola occhiata perché lei capisse che il suo amico era lì perché era preoccupato.
“Non guardarmi in quel modo, per favore” mormorò a mezza voce, voltandosi a fissare il piatto vuoto.
“Come ti starei guardando?” ribatté lui con noncuranza, senza smettere di guardarla.
La riccia sbuffò, portandosi una mano sulla tempia.
“Come se volessi leggermi dentro. Non lo sopporto” borbottò infastidita, arricciando poi le labbra e portandosi le braccia sotto il seno.
“E allora spiegami che cosa sta succedendo” a quel punto, Hermione girò il viso, incrociando nuovamente lo sguardo di Harry.
Scosse la testa.
“Non lo so neanch’io” soffiò, prima di voltarsi nuovamente a guardare il posto vuoto di Draco.

 
 

Draco e Lavinia erano ancora abbracciati.
Il biondo stava ancora cercando di assimilare la verità sconvolgente che la sorella gli aveva appena rivelato, quando il tocco leggero sulla porta della camera, fece voltare sia Draco che Lavinia verso di essa. Qualche secondo dopo, con incedere sicuro entrò Narcissa la quale, asciugatasi prontamente il viso, si accomodò nella stanza, fermandosi una volta arrivata davanti ai suoi figli.
Allungò una mano verso Lavinia, mostrando la lettera.
“E’ di Sebastian. Ed è appena arrivata” dal suo tono di voce non trapelava alcuna emozione e questo innervosì il giovane Serpeverde.
Lavinia prese la lettera e con mani tremanti, l’aprì, cominciando a leggerne il contenuto.
Narcissa si avvicinò al figlio, posandogli una mano sulla spalla.
Draco non si mosse, ma i suoi occhi continuavano a seguire la figura della sorella che girava in tondo per la stanza. Cercava di studiarne i tratti del viso per capire se le notizie comunicate da Sebastian, fossero o meno positive.
Alla fine, Lavinia si fermò di botto. Gli occhi fissi sul foglio, incapaci di distogliere la propria attenzione da quelle poche righe scritte dall’unico uomo che lei avesse mai amato.
“Sebastian arriverà domani” disse con voce flebile.
“Non dice altro, preferisce parlami da vicino” aggiunse, riuscendo solo in quel momento a voltarsi verso suo fratello e sua Madre, la quale era l’unica che stava annuendo. Draco, dal canto suo, non vedeva di buon occhio quella notizia e fissava con gelida attenzione sua sorella.

 
 

Seduti su una panca di ferro nell’immenso giardino di Malfoy Manor, Draco e Lavinia eravamo immersi nel loro silenzio. Dopo quelle poche parole, il biondo Serpeverde aveva lasciato la stanza e si era rifugiato nel giardino di famiglia, dove spesso, in passato, si era ritrovato seduto sotto un albero o tra le erbacce, a pensare ad Hermione e a disegnare di lei.
Lavinia lo aveva raggiunto poco dopo, si era accomodata in silenzio sulla panchina a leggere un libro, o almeno cercava di farlo.
Draco semplicemente fissava i roseti davanti a sé, senza in realtà vederli. Con la testa era da un’altra parte, facile capire dove e con chi.
Strinse una mano a pugno. A volte detestava sentirsi così debole dinanzi a quei sentimenti che gli interdivano così il cervello, eppure non era mai riuscito a dominarli, seppur ci avesse provato per mesi.
Alla fine aveva ceduto e aveva semplicemente lasciato che il destino seguisse il suo corso. Qualsiasi esso fosse.
Conosceva talmente bene Hermione che era conscio che al suo ritorno l’avrebbe trovata irritata più del solito, per il suo essere sparito così, con un semplice e banale biglietto. Ma quando ripensava a quello gli tornava anche in mente la scena di lei con quel pezzente di Weasley. In fondo sapeva che non doveva preoccuparsi del rosso, perché la Grifondoro aveva scelto lui, nonostante il loro passato burrascoso.

“Burrascoso? È un eufemismo!” pensò, scuotendo leggermente la testa per scacciar via quei pensieri.
Non si era accorto che sua sorella lo stava fissando con malcelata attenzione e curiosità e con un mezzo sorriso che le storpiava le labbra.
“Come si chiama, Draco?”aprì la bocca d’un tratto, rompendo quel silenzio surreale. Draco neanche si era accorto che lei aveva parlato. Aveva percepito le sue parole in modo ovattato.
“Come si chiama chi?”rispose, corrugando la fronte. L’espressione confusa.
“Lei” Lavinia sorrideva, o meglio, ghignava.
“Lei chi?” il Serpeverde storse il naso, era un attore nato e sperava di ingannare sua sorella, ma non ci riuscì.
“Non fingere di non capire…come si chiama la tua ragazza Mezzosangue?” la giugulare di Draco fece su e giù, sembrava che d’un tratto faticasse ad ingoiare. Poi pensò che era arrivato il momento di smetterla di dire bugie.
“Hermione. Si chiama Hermione Granger” rispose, la voce gli tremò appena, tradendo l’emozione che provava al solo nominarla.
Lavinia sorrise teneramente, felice che suo fratello si confidasse con lei.
“Parlamene”
“…”
“Dai Draco! Ti vergogni di tua sorella?” insistette lei, dandogli una leggera gomitata.
Draco sbuffò e evitò di incrociare lo sguardo della ragazza.
“Cosa dovrei dirti? È un’insopportabile so tutto io, è una Grifondoro ed è dannatamente odiosa quando ci si mette!” borbottò, incrociando le braccia al petto.
Lavinia scosse la testa, ridacchiando, facendo così voltare il biondo verso di lei. Lui la fissò basito.
“Io non ci trovo niente da ridere!” esclamò offeso.
“Avanti fratellino, non fare l’offeso e non mentirmi. Voglio che mi parli davvero di lei!” disse tornando seria, ammonendolo con lo sguardo.
“Guarda che ti ho detto la verità…” cominciò a parlare, ma l’occhiataccia lanciatagli da sua sorella, lo costrinse a rimangiarsi ciò che stava per dire.
“Ho capito. Non guardarmi a quel modo, non lo sopporto! E comunque è davvero una saccente…”
“Ma…” continuò Lavinia per lui.
Draco esalò un respiro, poi riprese a parlare.
“E’ la persona migliore che io abbia mai conosciuto” disse alzando il viso e osservando il cielo. Era ormai passato mezzogiorno.
Draco avrebbe voluto aggiungere che era sicuramente migliore di lui e che era straordinariamente perfetta in tutto quello che faceva.
Lei non sbagliava mai.
Lavinia sorrise comprensiva, guardando suo fratello con una dolcezza materna.
“E allora va da lei”
“Cosa?” Draco si girò di colpo verso sua sorella.
“Va da lei. Cosa ci fai ancora qui? Ti starà aspettando! Va a dirle che l’ami…non permettere a nessuno di dirti chi amare. Ama fratellino. Ama e lasciati amare…” mormorò con voce profonda, carica di un’antica tristezza, mentre allacciava le braccia dietro la schiena del ragazzo e lo stringeva a sé in un abbraccio.
 

 

Hermione seguiva i suoi amici in silenzio, guardandosi attorno.
Hogsmeade era sempre uguale, ma a lei piaceva passeggiare per quelle piccole strade, la faceva sentire per un attimo una ragazza normale.
No che non lo fosse, ma spesso le capitava di provare la strana sensazione che per tutta la vita avrebbe avuto una certa responsabilità nel Mondo Magico nel quale era entrata a far parte.
Aveva promesso a Ginny di non lasciare che il suo pensiero volasse a Draco, ma non era facile fingere che fosse tutto normale, non quando il suo sesto senso le suggeriva di dover stare all’erta.
Entrarono ai Tre Manici di Scopa dove lei, Ginny, Harry, Ron, Lavanda, Dean e Seamus si accomodarono al primo tavolo libero all’ingresso. Lì ordinarono tutti una burrobirra e chiacchieravano allegramente tra di loro, spensierati come non lo erano da troppo tempo.
D’improvviso, Seamus si alzò in piedi, strisciando rumorosamente la sedia sul pavimento. Sollevò in alto il bicchiere con la burrobirra e fissò ad uno ad uno i suoi amici.
Poi sorrise con orgoglio.
“Io propongo un brindisi a noi tutti, perché abbiamo dimostrato quanto l’unione faccia davvero la forza, come spesso ci ha ricordato Hermione. Insieme siamo riusciti a sconfiggere il Signore Oscuro. Brindo a voi, amici perché vorrei per noi un futuro straordinario! Grazie di essere qui!”
Tutti si alzarono in piedi e unirono il proprio bicchiere a quello di Seamus.
Vivere era il più importante dei traguardi.

 
 

“Draco” il ragazzo non si girò in direzione della voce che lo aveva chiamato.
L’aveva chiaramente riconosciuta.
“Ditemi Madre” rispose in tono piatto, ma rispettoso.
Narcissa entrò nella stanza del figlio, chiudendosi la porta alle spalle, fermandosi all’ingresso, mentre il giovane preparava il bagaglio per tornare ad Hogwarts.
Alla fine aveva ascoltato il consiglio della sorella, perché lui aveva dannatamente voglia di essere lì con Hermione.
“Lavinia mi ha detto che non avete litigato, quindi non capisco per quale motivo tu voglia tornare a scuola” proferì in tono serio.
Draco si fermò un attimo, sollevò lo sguardo, fissandolo sulle tende scure della finestra, poi riprese ad impilare vestiti nel bagaglio.
“Non posso permettermi lunghe assenze, Madre. Avere la giustificazione della Preside non mi esime da mostrare quotidianamente il mio impegno ai Professori. Non sono ben visto da tutti, Madre e devo impegnarmi il triplo se voglio portare a casa i M.A.G.O. con un risultato che sia perlomeno soddisfacente per tutti” ribatté con voce risoluta.
La donna sospirò, portandosi una mano sul cuore.
“Mi spiace…” soffiò.
A quelle parole Draco si girò lentamente verso la Madre, fingendo che non lo avesse appena colpito con quella frase.
Narcissa aveva gli occhi lucidi.
Fece un passo in avanti, titubante e suo figlio non l’aveva mai vista così.
“Non avrei mai voluto che i miei figli affrontassero i mali peggiori di questo mondo. Avrei dovuto proteggere Lavinia dalla pazzia di Abraxas e te dal Signore Oscuro, ma io e tuo Padre eravamo accecati dal potere e dai pregiudizi a cui siamo stati educati e non abbiamo saputo guardare oltre.
Mi dispiace averti sottoposto a delle torture che un bambino non meritava.
Mi spiace aver fallito come Madre.
Mi spiace, Draco, ma ti prego impara a perdonarmi, perché io ti amo, figlio mio!” Narcissa singhiozzava, incapace di trattenere ancora a lungo le lacrime, quelle che di solito versava in silenzio, chiusa nella sua camera.
Draco era stravolto.
Aveva il cuore in subbuglio e l’anima spezzata a metà.
Per tanti anni aveva creduto che i suoi genitori fossero fatti di ghiaccio e questo lo aveva condotto a credere che egli stesso fosse fatto della stessa materia.

Indifferenti. Distaccati. Disinteressati.
E invece come lui avevano finto, indossando una maschera che permettesse loro di essere accettati dagli altri, ponendosi al di sopra di tutto e tutti.
Il biondo neanche si accorse dei passi che aveva fatto. Si ritrovò dinanzi alla Madre e l’abbracciò.
Non lo aveva mai fatto, o almeno non ne aveva memoria. Forse era accaduto quand’era stato bambino.
Un tempo lontano, comunque.
E anche se recuperare quel tempo era impossibile, Draco voleva cominciare a vivere sul serio.
Quell’abbraccio aveva un sapore nuovo.
Quello del perdono e dell’amore.

 

 

“Io amo i dolci di Mielandia!” esclamò Ron con gli occhi luccicanti, mentre voltava la testa a destra e a sinistra, non riuscendo a decidere da quale parte cominciare.
Lavanda attaccata al suo braccio, lo fissava divertita.
Ginny aveva una mano sulla fronte e gli occhi rivolti al cielo.
“Per Godric Grifondoro, ho un fratello davvero idiota!” esclamò in modo teatrale, mentre Harry e Hermione ridevano.
“Io vado per di là, ci sono i miei dolci preferiti. Ci vediamo all’uscita” disse la Caposcuola dei Grifondoro, salutando, con un cenno della mano, i suoi amici.
Erano trascorsi diversi minuti e Hermione vagava alla ricerca di ciò che desiderava ardentemente da quando aveva messo piede in quel negozio, ma non riusciva a capire dove avessero spostato il reparto.
Proprio mentre si stava per avvicinare alla cassa e chiedere informazioni, notò un gruppo di Serpeverde fuori che si erano fermati e guardavano tutti verso la stessa direzione, tra di essi spiccava Blaise, il quale sorrideva sornione e aveva quello sguardo che sembrava dire:”Sapevo che sarebbe andata così”.
A quel punto Hermione, spinta dalla curiosità, uscì dal negozio con lo scopo di capirne di più. Proprio in quell’istante Blaise si girò verso di lei, nient’affatto sorpreso di vederla lì. Le fece l’occhiolino e con un cenno della testa la incitò a voltarsi verso sinistra.
Dapprima Hermione corrugò la fronte, inebetita, poi incoraggiata dal sorriso sereno del ragazzo si voltò e lo vide.
La ragazza trattenne il fiato, la salivazione si azzerò e per un istante le sembrò di non aver sentito il cuore battere.
Draco era lì davanti a lei, immobile e ora la stava fissando.
Gli occhi erano più scuri del solito e sembrava quasi che la stesse guardando per la prima volta.
Hermione non sapeva cosa fare: avvicinarsi o meno?
C’erano molti studenti lì attorno e lei non sapeva se Draco voleva rendere pubblica la loro relazione. Eppure i suoi piedi si mossero da soli e si fermarono solo quando si trovarono a pochi centimetri da quelli del biondo.
Una folata di vento improvvisa mosse il mantello nero di Draco che involontariamente, avvolse il corpo di Hermione, mentre i capelli crespi e ribelli della Grifona ondeggiarono verso di lui.
I loro occhi incatenati restarono a scrutarsi ancora qualche secondo, fino a quando il biondo non cominciò a chinarsi verso le sue labbra. Hermione a sua volta si sollevò sulle punte, chiuse gli occhi e gli andò incontro. E quando le loro labbra si toccarono, entrambi sentirono come se stessero cominciando a respirare solo in quel momento…

 


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***

Sono imperdonabile, lo so.
Mi scuso, ma avevo perso l'ispirazione e voglio essere sincera con voi: non so se l'ho ritrovata o meno.
Faccio molta fatica a scrivere, d'altronde il tempo che ho a disposizione per stare a computer è davvero minimo.
Ma non ho intenzione di lasciare incompiuta questa fan fiction. Ho tutto nella testa, il problema è trovare le parole giuste per esprimermi.
Non so se siete rimasti qui ad aspettarmi, in ogni caso vi ringrazio. Allo stesso modo, non ho idea di come sia venuto il capitolo, ma l'ho riletto e non riesco a scriverlo diversamente.
Nel frattempo mi sono creata un profilo efp su facebook  (Sognatrice Efp). Se vi va di aggiungermi, ne sarei contenta.
Perdonatemi.
Alla prossima.

Marghe

Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling.

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Capitolo 29
*** Alla luce del sole ***


Alla luce del sole

Capitolo 28 “Alla luce del sole”

 

 

Quando Draco e Hermione si separarono per respirare, avevano entrambi l’aria sconvolta.
Le labbra della ragazza erano tumide per via dei baci, le guance arrossate, i capelli arruffati dal vento e dalla mano che il biondo Serpeverde aveva immerso tra essi,  preso dalla foga del momento e dal desiderio indicibile di sentirla più vicino al proprio corpo e stringerla forte, come se avesse paura che lei sparisse. Si era aggrappato a lei come fosse un’ancora di salvezza. E lei semplicemente glielo aveva lasciato fare
Draco aveva gli occhi lucidi, i battiti del cuore che volavano veloci come le ali di una farfalla e un colorito più roseo del solito. Il suo corpo era così vicino a quello della Grifondoro che ne sentiva il calore attraverso i vestiti e il suo respiro si infrangeva contro il suo viso.
Attorno a loro era calato un silenzio innaturale.
Per un attimo, Draco si diede dello sciocco.
C’erano troppi studenti nei paraggi e loro si erano esposti.
No. Lui non temeva il giudizio degli altri su di sé, come erroneamente si potrebbe pensare.
Ciò che lo spaventava maggiormente erano le ripercussioni che la loro storia vissuta alla luce del sole, potessero abbattersi su Hermione.
Lei aveva una reputazione da mantenere. Era considerata un’eroina di guerra, colei che, nonostante le sue origini babbane, aveva deciso di lottare contro il potente Signore Oscuro, restando accanto al Prescelto.
Lei si era esposta a dei grandissimi pericoli per salvare un mondo che, fino a qualche anno prima, non conosceva affatto.
Lei aveva avuto il coraggio di scegliere e di lottare per ciò in cui credeva.

Insomma, lei non era come lui.
Draco si sentiva un inetto. Un fallito. Un privilegiato che per anni aveva vissuto come un parassita, aspettando il momento della ribalta.
Momento che non era mai arrivato. Semmai al contrario, era giunto il giorno della caduta, della vergogna, dell’umiliazione.
E non voleva trascinare Hermione in quel baratro, ma forse avrebbe dovuto pensarci prima di esporsi così con lei, facendole ritrovare volutamente, il suo quaderno dei disegni.
Hermione, da parte sua, fissava il ragazzo con intensità e Draco avvertiva il suo sguardo bruciargli addosso.
“Ora tutti sanno che stiamo insieme” esordì lui in tono duro.

La Grifondoro vibrò a quelle parole, non tanto per il significato che celavano, ma per il tono di voce che il ragazzo le aveva rivolto.
Era da tempo che non lo sentiva parlare a quel modo. Soprattutto con lei.
“E questo ti infastidisce? Pensa che scandalo! Già vedo il titolo sulla << Gazzetta del Profeta >>: Un Malfoy che sta con una Mezzosangue! Quale scandalo per una famiglia dal Sangue Puro!”sputò lei con rabbia, lasciando scivolare lungo i fianchi le mani, che fino ad allora erano allacciate dietro al collo del biondo.
Malfoy storse le labbra, incenerendo la giovane con un’occhiata truce.
“E’ quello che realmente pensi, Granger?” non ricevendo alcuna risposta, il giovane proseguì, mentre una ferita nuova stava lacerando la sua anima.
Ferita che sarebbe rimasta invisibile ad occhio umano, ma che lui avrebbe portato dentro di sé per sempre.
Solo una ferita che si sommava a quelle che già erano cicatrizzate in lui.
“Bene. Allora non hai assolutamente capito niente di me!”  continuò, risentito, facendo un passo indietro, volgendo alla ragazza uno sguardo di ghiaccio.
Hermione trasalì.
Le sembravano essere trascorsi secoli dall’ultima volta che lui l’aveva guardata a quel modo e le tremavano le gambe per quella improvvisa lontananza, non solo fisica.
“E’ quello che sembrava dal tuo tono di voce, Malfoy” ribatté lei, decisa a non chiudere lì la discussione.
Il ragazzo scosse la testa, serrando le mani a pugno.
“Non me ne frega un accidenti se la gente sa di noi, Granger. Io non ho assolutamente nulla da nascondere” sibilò a denti stretti.
“Be’ neanch’io!” rispose la giovane, allargando le braccia, salvo poi farle ricadere lungo i fianchi, in un gesto di stizza.

 

A poca distanza da loro, Blaise, gli altri Serpeverde, Harry, Ron, Ginny e Lavanda e altri Grifondoro assistevano alla scena, senza però capire una sola parola di quello che i due si stavano dicendo.
Blaise, Harry, Ron e Ginny non si erano meravigliati affatto per quel bacio, anzi tutti e quattro si erano a lungo chiesti, per quanto ancora quei due avrebbero finto che non ci fosse nulla tra loro. I restanti studenti fissavano i due ragazzi, ammutoliti e con occhi spalancati, increduli che proprio quei due, così agli antipodi, si potessero baciare o addirittura piacere.
Era assolutamente impensabile.
Quando Harry si accorse che sul viso di Malfoy era comparsa un’espressione contrariata, girò il viso verso Blaise. A sua volta il Serpeverde fece lo stesso e fissò il Grifondoro con serietà, avvicinandosi poi al suo gruppo.
“Dovremmo intervenire?” chiese Ron, resosi conto anche lui dell’improvviso cambio di direzione che stava avendo la discussione tra Hermione e Draco.
Blaise volse di nuovo una rapida occhiata ai due, poi tornò a guardare il gruppo di Grifondoro e scosse il capo.
“Sono cose loro, Weasley e devono risolverle da soli” asserì serio con voce pacata.
Harry annuì.
“Sono d’accordo” disse girandosi a guardare Ron.
“Hermione sa che noi ci siamo. Se avrà bisogno, ci cercherà”.
Fu così che si allontanarono.
Man a mano il folto gruppo di studenti di tutte le case che si erano fermati lì ad osservare la scena, si dissolse in un rumoroso chiacchiericcio. 

 

Draco gettò una rapida occhiata alle spalle della ragazza, notando che non c’era più nessuno, poi tornò a fissare la Grifondoro.
“Andiamo. Cerchiamo un posto in cui poter parlare con calma” disse ritrovando la calma.
Hermione lo guardò per una frazione di secondo, poi chiuse le palpebre e annuì. Riaperti gli occhi si accostò a lui e insieme cominciarono a passeggiare.
Il ragazzo notò che la Grifondoro si tormentava nervosa le mani e si mordeva il labbro inferiore, segno che qualcosa le stava brulicando in testa. Difatti, Draco accennò un mezzo sorriso obliquo, quando lei parlò.
“Dove sei stato ieri e stamane?” domandò Hermione, non riuscendo più a trattenere la propria curiosità.
Era ancora mezza arrabbiata con lui per il modo col quale l’aveva appena trattata, ma non poteva esimersi dal sapere cosa lo aveva spinto ad allontanarsi da lei per quasi un giorno, lasciandole solo un misero biglietto.
“Sono tornato a casa. Mia Madre aveva bisogno di me” una mezza verità. Non se la sentiva di raccontarle di Lavinia. Lui stesso doveva ancora assimilarla, gli sembra un incubo.
E poi c’era quel particolare tanto importante che non poteva essere trascurato: Hermione come avrebbe preso la storia che suo Nonno aveva lanciato una maledizione mortale su sua nipote e il suo compagno mezzosangue?
Lei stessa lo era.
Egoisticamente Draco pensava ai propri interessi. Lui non voleva perderla.
E quella verità lo distrusse.
“Capisco” mormorò a mezza voce la ragazza, continuando a martoriarsi il cervello di domande. Voleva e doveva sapere tutto, non tollerava che le persone a lei care avessero dei segreti con lei, ma conosceva abbastanza bene il biondo Serpeverde da sapere che lui non amava parlare né di sé né della sua famiglia, per questo, per il momento, lasciò cadere il discorso.
Eppure Draco la sorprese, facendo qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata…
“Mia Madre…” iniziò con voce titubante, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
“Mi ha chiesto di perdonarla. Ha detto che mi ama e che lei e mio Padre hanno sbagliato” biascicò a mezza voce, inghiottendo a vuoto.
Hermione aveva sollevato la testa e se dapprima lo fissava attonita, ora era ben attenta alle sue parole e quasi si sentì emozionata, perché il suo ragazzo la stava rendendo partecipe della propria vita.
“Tua Madre ti vuole bene” asserì seria e quando Draco si girò per guardarla la scoprì a fissarlo con un tenero sorriso a incorniciarle il viso arrossato dal freddo.

E si innamorò di nuovo.
Hermione vide nei suoi occhi una strana luce e vi lesse una nuova emozione, specchio della propria, così parlò anticipandolo.
“Non chiedermi come faccio a saperlo. Non ti dirò che ogni madre ama i propri figli, perché purtroppo non è sempre così, ma io ho visto i suoi occhi quando ti guardano” soffiò con voce profonda, custode di verità che fecero vibrare il biondo al suo fianco.
“Come…come mi guarda?” balbetto lui in risposta, fermandosi di botto.
“Ti guarda come se esistessi solo tu al mondo. E’ per lei è così: sei il suo più grande amore, Draco. Ti ha amata mentre ti concepiva, ti ha amato quando ti ha visto la prima volta, ti ha amata in ogni singolo istante della sua vita, anche se non te l’ha dimostrato. Non fargliene una colpa. Non tutti siamo capaci di dimostrare ciò che proviamo…” chinò il capo, fissandosi le scarpe, si sentiva svuotata, come se in quel discorso avesse speso ogni energia. Lei stessa era incapace di palesare i suoi sentimenti e la sua storia con Draco, metteva sempre più in risalto quella sua incapacità. Poi d’improvviso, sollevò la testa e fissò il sole dinanzi a loro che lentamente stava calando.
Era ormai pomeriggio inoltrato.
Presto il tramonto li avrebbe sorpresi e loro sarebbero dovuto rientrare a scuola.
Ma la domanda era: volevano farlo realmente?
Perché stare lì, insieme era come vivere in una dimensione parallela, solo loro.
Qualcosa di intimamente loro.
Draco continuava a fissare la sua ragazza, gli occhi spalancati non solo per le parole che lei aveva pronunciato, parole che per inciso gli stavano devastando l’anima, ma perché lei per la prima volta aveva usato il suo nome. Era un gesto così intimo, lo faceva sentire…accaldato. Una lieve carezza che sfiorava leggera la sua pelle sotto la divisa, ma che riusciva ad arrivare fino al suo cuore atrofizzato.
Perché quella ragazza aveva tutto quel potere su di lui?
Draco non riusciva proprio a capirlo, eppure era tutto l’opposto della persona che credeva un giorno gli sarebbe stata a fianco.
Era l’altro lato della medaglia.
Quello giusto?
Sì. Perché era lui la parte sbagliata. Lo era sempre stato, però quando era insieme ad Hermione non si sentiva così sbagliato.
Sembrava che tutto fosse esattamente dove doveva essere.
Lui e lei.
Loro lì, insieme tra la gente.
Le loro mani che si sfioravano, gli sguardi che si rincorrevano senza che alcun pregiudizio o guerra potesse impedirglielo.
Quante volte durante la guerra magica, nella scuola distrutta dalla lotta, lui aveva incrociato gli occhi di Hermione, mai, mai una volta li aveva visti avvinti da quel continuo sbaragliare le forze del male. Mai aveva letto la resa in essi, anzi non aveva mai visto occhi così brillanti, accesi da quella luce baldanzosa che era la speranza.
La speranza di un futuro migliore, dove lei per prima potesse dimostrare che si meritava di essere lì. Perché lei era lì di diritto.
Ed era la strega più brillante della sua età.
Il biondo si mosse senza neanche accorgersene. Si posizionò di fronte alla ragazza, pochi passi li dividevano. Poggiò le mani sulle sue spalle, tuffò i suoi occhi tempestosi in quelli accesi di Hermione e la fissò a lungo, respirando in modo irregolare.
Respiro che si fuse con quello di lei che lo fissava di rimando, senza capire cosa stesse accadendo, poi la spinse verso il proprio corpo e l’abbracciò.
Draco Malfoy la stava abbracciando lì tra gli studenti che passavano di fianco a loro, incurante dei loro sussurri.
Il ragazzo non disse una parola, ma quel gesto ne valeva mille, Hermione lo capì e si strinse nel suo abbraccio.

 

Lavinia se ne stava a fissare il giardino dalla finestra della sua vecchia camera da letto. Ormai il sole aveva lasciato spazio al buio della sera e con l’oscurità le paura della giovane Malfoy si acuivano.
Non c’era posto per la speranza, ma forse lei quel sentimento non l’aveva mai provato sul serio. Non si voltò neanche quando udì i passi della Madre echeggiare nella stanza sgombra.
“Perché hai lasciato che andasse via?” chiese la donna senza una particolare inflessione della voce.
Lavinia sorrise. Un sorriso disteso.
“Perché lui merita di essere felice, mamma” rispose semplicemente senza pensarci su troppo.
“Non avresti dovuto mentirgli. Come pensi che reagirà quando scoprirà la verità? Hai visto come si è arrabbiato quando ha saputo ciò che ti è successo…” Lavinia sollevò una mano e la posò sul vetro gelido della finestra.
“Non ho mai smesso di volergli bene. Mai. Neanche per un attimo, anche se lui non mi ha mai visto, io sono stata spesso ad Hogwarts per spiarlo. Come mi avevi suggerito tu, Silente mi ha aiutata e mi ha permesso di essere sempre lì accanto a mio fratello, anche se lui non poteva saperlo.
L’ho visto crescere e fare le amicizie sbagliate, senza potergli dare qualche consiglio.
È diventato grande in un attimo ed io non c’ero
L’ho visto porgere la mano a Potter, incassare il rifiuto e aggirarsi con l’orgoglio ferito per quella scuola. L’ho visto dare battaglia a quei tre Grifondoro, odiarli tutti. Per un attimo ho temuto che divenisse come Abraxas e avevo deciso di intervenire, ma Silente me l’ha impedito. Ha detto che Draco non era pronto e che avrei dovuto aspettare ancora. Poi è tornato il Signore Oscuro e lì ho capito che stava per arrivare l’irreparabile.
All’arrivo di Draco a scuola, il suo sesto anno, mi è bastato guardarlo negli occhi per capire tutto. Il mio amato fratellino era stato marchiato” a quel punto, la ragazza si girò, aveva il viso rigato dalle lacrime, ma la sua voce rimaneva ferma, decisa.
Serrò le mani a pugno, le nocche sbiancarono.
“In quel momento credo di non avervi mai detestato tanto. Stavate lasciando vostro figlio nelle mani di quel pazzo e così mi sono presentata qui, ricordi?”
Narcissa aveva il viso stanco, come se tutto d’un tratto stesse avvertendo il peso dei suoi anni e dei suoi sbagli.
Annuì alle parole della figlia.
“Ci siamo detti tante cattiverie quel giorno, ma c’è una verità che vorrei che tu rammentassi…” gli occhi chiari della ragazza brillarono tutto d’un tratto.
“Vi ho esplicitamente chiesto di lasciar vivere a Draco la vita che voleva, perché quella che in quell’istante lui stava fingendo di vivere non era la sua, ma il riflesso di quello che voi desideravate da lui” Lavinia fece un passo avanti e fissò con bruciante determinazione la sua genitrice.
“Ora qui ti chiedo, Madre di lasciare a Draco libertà di scelta. Ha bisogno di imparare da solo. Deve imparare a credere in sé, in quello che è sempre stato lì a portata di mano, ma che lui si è rifiutato di vedere per paura di deludervi. E’ così…innamorato che lui neanche se ne rende conto” il sorriso sincero della ragazza si bagnò delle sue lacrime e la stessa Narcissa cominciò a piangere.
Lavinia strinse le mani della madre nelle proprie.
“Almeno lui deve poter vivere la vita che ha scelto. Non imponetegli le vostre decisioni, mamma. Per favore…io voglio che mio fratello sia felice. Ed Hermione saprà stargli accanto tutta la vita, lo aiuterà a superare il dolore della mia perdita. Quant’è forte quella ragazza, mamma! Dovresti conoscerla, ti piacerebbe, sai? È l’unica a tener testa a quello scapestrato di tuo figlio e lo ama. Lo ama davvero proprio come Sebastian ha sempre amato me…”
Lavinia chiuse gli occhi, lasciando che il dolore la penetrasse fin dentro l’anima, ma non si piegò ad esso.
“Voglio che mio figlio Damien cresca con loro. Draco gli insegnerà la forza dell’amore e Hermione il coraggio della speranza e un giorno, quando saranno pronti, gli racconteranno la vera storia dei loro genitori”
Narcissa si lanciò tra le braccia della figlia, stringendola forte a sé, il desiderio di inglobarla più forte che mai. Riaverla nel proprio grembo avrebbe significato proteggerla.
“Per questo ho voluto che lui tornasse a scuola. Sebastian è stato chiaro: non c’è alcuna speranza per noi. Domani lui tornerà e insieme attenderemo la mia morte e se riusciremo a tenere Draco lontano, lui non…”
“Lui non diventerà il nuovo destinatario di questa maledizione…” continuò Narcissa, tornando a guardare in volto sua figlia.
La ragazza annuì.
“Sebastian non si perdonerà mai quella leggerezza…”
“Non è stata colpa sua” intervenne la donna.
“Lo so. Ma io non sono in grado di lenire il suo senso di colpa, Madre. Quando ha avuto quella visione dinanzi a nonno, non è riuscito a tenersela per sé e Abraxas ha deciso che era giusto premunirsi.”
“Anche tuo padre non poteva crederci. I suoi due figli destinati a due Mudblood…” Lavinia annuì appena col capo.
“Le visioni di Sebastian non si sono mai rivelate sbagliate. Questa suo potere lo ha portato a me. Siamo sempre stati destinati e accettiamo ciò che ci aspetta. Abbiamo discusso a lungo di questo e siamo entrambi convenuti che nostro figlio debba crescere con Draco, perché lui è il simbolo che si può sempre fare la scelta giusta. Io credo in lui, profondamente, per questo quando il destino si compirà Draco dovrà stare lontano da qui così che quando la maledizione si spezzerà in tanti frammenti non trovi seme fertile in lui. Draco deve vivere e questa volta Abraxas non l’avrà vinta” i suoi occhi si posarono sulla foto magica che ritraeva un piccolo bambino biondo che saltellava allegro attorno ad una bambina leggermente più alta che sorrideva divertita, mentre fissava dritto negli occhi il piccolo marmocchio.
Draco e Lavinia sarebbero stato legati per sempre.
Oltre qualsiasi maledizione.

 

 

***

Detesto aggiornare con così tanto ritardo, ma purtroppo devo fare i conti con l'ispirazione ballerina e con la mia mancanza di parole. Sì, perché so ciò che voglio scrivere, ma non so come esprimermi. Credetemi se vi dico che è frustrante.
Però è bello sapere che c'è ancora qualche anima pia che legge questa fan fiction dimenticata da Dio. :)
Vi ringrazio infinitamente  e vi ricordo il mio profilo facebook Sognatrice efp, ditemi però chi siete qui su Efp. :)
Mi piacerebbe tanto conoscere i miei lettori.
Alla prossima.

Ps: la fan fiction è scritta senza alcuno scopo di lucro. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Lavinia Malfoy invece è tutta farina del mio sacco. Guai a voi se la toccate U_U

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Capitolo 30
*** Scoperte ***


Scoperte

Capitolo 29 “Scoperte"

 

 

Erano trascorsi diversi giorni da quella gita ad Hogsmeade e tutta la scuola parlava del bacio che Draco ed Hermione si erano scambiati.
Il biondo Serpeverde fingeva di non sentire, mentre la Grifondoro era continuamente sottoposta a interrogatori da tutti e le reazione era diverse: stupore da parte dei maschi, invidia da parte delle ragazze.
La stessa Pansy Parkinson che dopo lo scontro avuto da Malfoy, se ne stava sempre sulle sue, in disparte, ora la fissava con un’espressione d’odio e di gelosia.
Un giorno mentre Hermione era nella Sala Comune seduta dinanzi al camino a leggere, le si avvicinarono due ragazze che frequentavano il secondo anno. La Grifondoro sollevò la testa e si ritrovò a fissare le due streghe: erano di piccola statura e si guardavano la punta dei piedi, le gote arrossate.
Hermione si trovò a sorridere dinanzi a quell’immagine.
“Avete bisogno di qualcosa?” domandò loro in tono gentile.
Le due ragazze sobbalzarono e, spaventate, sollevarono la testa, fissando sconvolte la giovane Grifondoro. Quest’ultima studiò attentamente la loro reazione e attese che parlassero.
La mora, la più piccolina fisicamente tra le due, lanciò un’occhiata alla sua amica, poi tornò a guardare Hermione.
“Noi volevamo chiederti se potevi rispondere ad una nostra domanda?” il suo tono di voce era molto infantile, ma era dolce.

La Grifondoro sorrise.
“Dipende dalla domanda…” rispose, inclinando la testa di lato, alcune ciocche di capelli le caddero sul viso.
Dal loro imbarazzo, Hermione capì che probabilmente volevano sapere qualcosa su lei e Draco. All’inizio tutta quella attenzione l’aveva infastidita, poi però aveva lasciato correre. Inutile arrabbiarsi per quello, preferiva vivere la sua storia con il Serpeverde alla luce del sole.
Le due amiche si lanciarono un’ennesima occhiata.
“Ecco…perché stai con Malfoy? Lui…lui è un Mangiamorte” questa volta era stata l’altra ragazzina a parlare e il modo col quale fissava la Grifondoro, la fece rabbrividire. Sembrava così decisa, nonostante il balbettio iniziale.
“Tu sei un’eroina di guerra. Hai forse dimenticato cosa facevano i Mangiamorte a quelli come te?” incalzò, facendo un passo avanti, stringendo entrambe le mani, a pugno.
Hermione non si meravigliò di quella domanda, anzi era sufficientemente tranquilla, tanto che sorrise ancora facendo corrugare la fronte alla ragazza che aveva parlato.
“Sapete perché ho partecipato alla guerra?” questa volta fu lei a porre loro una domanda. Le due studentesse fecero segno di no col capo.
Hermione si sistemò meglio sulla poltrona, chiudendo il libro che stava leggendo e poggiandolo sul tavolino di fianco a lei.
Portò le mani sul grembo e fissò per un attimo e intensamente il fuoco nel camino. I ricordi di quei giorni che si susseguivano alla velocità della luce.
“Non potevo abbandonare Harry, lui aveva bisogno di me e Ron, così come noi avevamo bisogno di lui. È stata…dura, ma non ho mai smesso di credere in quello che facevamo. Volevo un mondo migliore. Volevo lottare e dimostrare che anche se in quelli  come me non scorreva sangue puro nelle vene, noi meritavamo quanto i cosiddetti << purosangue >> di essere parte di questo mondo. Volevo che le persone smettessero di giudicare gli altri, volevo che ogni pregiudizio sparisse, perché non è giusto giudicare una persona dagli abiti che porta o dalla famiglia in cui nasce.
Draco…” e si fermò quando ella stessa si sorprese di udire il nome del ragazzo fuoriuscire in tono così melodioso dalle sue labbra.
“…Malfoy è caduto in quest’errore. È cresciuto con gli ideali che io considero errati, ma che lui in quel momento riteneva giusti, perché erano i suoi genitori ad insegnarglieli. E quando si è piccoli, come si fa a distinguere se ciò che la nostra famiglia ci insegna, sia giusto o meno? Malfoy non è stato l’unico però a cadere nel pregiudizio. Lo state facendo anche voi ora, nonostante la guerra sia finita e il Signore Oscuro sia stato definitivamente sconfitto. Malfoy porta il marchio, ma tecnicamente non ha mai ucciso nessuno.
Era un ragazzino che ha cercato di difendere la sua famiglia da un pazzo che minacciava di farli fuori. Voi al suo posto come vi sareste comportate? Non avreste difeso i vostri genitori, con le unghie e con i denti?” Hermione non aspettò la risposta, anzi continuò imperterrita.
“Tutti meritano una seconda possibilità. Non starò qui a spiegarvi i motivi per cui io mi sono…”.
Mi sono…cosa Hermione? Si chiese lei mentalmente.
Innamorata?
Già. Innamorata.
E la scoperta fu così sconvolgente da farla tremare, nonostante le fiamme provenienti dal camino.
“…avvicinata a Malfoy, sono strettamente personali e non riguardano nessuno, però posso dirvi che niente è ciò che sembra” sorrise loro con fare materno quasi.
“Non lasciate mai che siano gli altri a dirvi cosa fare della vostra vita. Nessuno può e deve decidere per voi. Siete voi le artefici del vostro destino, usate il vostro cervello per capire le situazioni, le persone senza che nessuno vi condizioni. Non lasciate che subdoli pregiudizi vi annebbino la mente, solo così sarete realmente libere e felici” detto questo si alzò in piedi, prese il suo libro e si diresse verso le scale che conducevano ai dormitori femminili, ma fu bloccata di nuovo dalla voce di una delle ragazze.
“Ti invidio, sai?” disse la bionda.
Hermione dinanzi a quelle parole corrugò la fronte.
“Invidi me?” chiese incredula, indicandosi.
“Sì. Perché sei coraggiosa e non ti importa del giudizio della gente. Sei…forte” disse sorridendo.
“Intendo come persona. Mi piaci! Pensavo fossi una saccente secchiona…”

La Grifondoro avrebbe dovuto offendersi, invece scoppiò a ridere.
“Un altro stupido pregiudizio! Io sono solo ciò che mostro a voi tutti, ma al di là c’è molto di più” asserì sicura.
“Ora lo so. Ah a proposito io sono Wendy William  e lei è Lucinda Reinors” la mora fece un cenno col capo, si vedeva che era molto timida.
“Sono lieta di fare la vostra conoscenza”
“Bene…noi ora andiamo a lezione. Grazie per averci risposte” detto questo sparirono dietro il riquadro della Signora Grassa.
Hermione osservò il punto in cui erano sparite, scrollò le spalle e con tutta calma si avviò nella sua stanza.
Fu lì che la trovò Ginny. Era appena rientrata da un allenamento di Quidditch.
“Ciao Herm!” esclamò entrando nella camera, sorridendo in direzione dell’amica.
“Ginny!” esclamò la riccia, andandole incontro e abbracciandola.
Questo gesto parve strano alla rossa, non si vedevano dalla mattina e Hermione non era tipo da grandi gesti affettuosi come quello.
Quando si scostò dall’amica, la fissò intensamente dritto negli occhi, era uno sguardo talmente profondo che Hermione arrossì, sentendosi scandagliare l’anima.
“Ancora interrogatori?” domandò Ginny, accomodandosi sul letto dell’amica, la quale annuì, sedendosi accanto a lei.
“Ma non è questo quello che ti turba, vero?” continuò la fidanzata del Bambino Sopravvissuto. La Grifondoro fu costretta ad annuire nuovamente.
Ginny la prese per le spalle e la scrollò.
“Non sono abituata a non sentire la tua voce che strepita, o mi dici cos’è successo o ti schianto!” esclamò esasperata, facendo ridere Hermione, la quale poi si alzò in piedi e cominciò a girare in tondo per la camera, le braccia incrociate sotto il seno, i capelli che fluttuavano ad ogni passo.
“E’ una tragedia. Non credevo sarebbe successo. Pensavo che sarei riuscita a controllarmi e invece niente. Che stupida! E ormai è troppo tardi!” blaterava forse più a sé stessa, mentre Ginny la osservava con un’espressione scioccata.
“Hermione!” tuonò la rossa, raddrizzandosi e portando le mani sui fianchi in stile mamma Molly. Hermione fu costretta a smetterla di blaterare, sospirò.
“Ginny…mi sono innamorata di Malfoy” confessò con voce spenta.
“E sarebbe questa la tragedia?”
“Perché non lo è? Forse tu non ti rendi conto…”
“Mi rendo conto benissimo, invece e non mi sembra un grosso problema. State insieme ed era inevitabile. Poi scusa se te lo dico, ma te ne sei accorta solo ora? Credo di avertelo già detto qualche mese fa che eri cotta a puntino, caro il mio Prefetto!”
Hermione si era fermata. Gli occhi fissi in quelli dell’amica, mentre poche lacrime le rigavano il viso.
“Ho paura…” deglutì.
“Ho paura perché per innamoramento non intendo solo una cotta o qualcosa di...passeggero, ma...è amore. Amore proprio. Ti rendi conto?" Hermione strinse le mani al petto, afferrando la maglia con le dita, trattenendo le lacrime.
"Ho paura per il futuro, Ginny. Cosa accadrà quando andremo via da questa scuola? Lui vorrà ancora avere a che fare con me? E cosa diranno i suoi genitori di noi?” la riccia non si era mai sentita così confusa e desolata.
Chiuse gli occhi per fermare le lacrime, si portò entrambe le mani nei capelli e li strinse, quasi volesse trovare in essi un appiglio.
Quando il calore di un abbraccio sincero, l’avvolse, Hermione riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare la massa liscia e ordinata dei capelli rossi di Ginny.
“Avere paura è normale, Herm. Ma tu sei forte e saprai affrontare a testa alta i tuoi reali sentimenti e l’incognito futuro. Per prima cosa dovresti discuterne con lui. E se lui si inalbera, saprai come zittirlo. È tuo diritto sapere e ricordati che io, Harry e Ron saremo sempre dalla tua parte, qualsiasi cosa accada”.
Hermione si crogiolò ancora un po’ in quell’abbraccio, desiderosa come una bambina, di qualcuno che la consolasse e le dicesse che tutto sarebbe andato bene.

 

Draco se ne stava seduto tranquillamente in biblioteca.
A quell’ora non c’era nessuno, così dopo aver lanciato un’altra occhiata intorno, si alzò e si avvicinò di soppiatto al reparto proibito. Non aveva l’autorizzazione di un Professore, anche se avrebbe potuto ottenerla con molta facilità, ma siccome Piton era sempre in contatto con sua Madre, non voleva che lei si insospettisse.
Le sue ricerche dovevano rimanere segrete. Così, approfittando dell’assenza di Madame Pince, si intrufolò nel reparto proibito e cominciò a guardare attentamente i tomi negli scaffali. Ne scorse qualcuno interessante, ma che non gli serviva al momento, fino a quando non giunse nella sezione “Magie Oscure proibite” e lì, dopo aver cercato per quasi mezz’ora, trovò quello che cercava. Si allungò verso lo scaffale, issandosi di poco sulla punta dei piedi, e tirò fuori un enorme volume. Tremila pagine di storia sugli incantesimi proibiti negli ultimi cinque secoli.
Draco sospirò. Lo attendeva un lungo lavoro, Hermione gli sarebbe stata d’aiuto in quella ricerca, ma lui non era intenzionato a coinvolgerla. Si sedette per terra e aprì il pesante volume, cominciando a sfogliarlo.
Fu solo dopo diverso tempo che trovò ciò che cercava. C’era un’intera pagina dedicata all’argomento che lo assillava e Draco aveva tutta l’intenzione di analizzare parola per parola.

La Nexus Immortalis è un potente incantesimo creato dallo stregone scozzese Marcus Tenebris circa 300 anni fa. Non si conoscono precisamente le cause che spinsero lo stregone a crearlo, ciò che si sa è che può essere utilizzato solo da chi nutre un odio profondo e ben radicato nei confronti della persona sulla quale viene scagliato…”

Draco strinse le dita attorno alla pagine ingiallita e le labbra si distesero in una linea dura. Era proprio ciò suo Nonno provava nei confronti di sua sorella.

“…inizialmente la vittima non avverte alcun tipo di sintomo. È il mago a decretare la morte della vittima. Spesso in passato, un’antica tribù nomade di maghi, la usava a scopo educativo per insegnare ai propri discendenti l’obbedienza alle leggi sacre.
Tale incantesimo è stato bandito circa cento anni fa per uso improprio e decretata come magia nera e pericolosa. Chiunque la eserciti verrà condotto ad Azkaban e sottoposto al bacio del dissennatore”.

Il giovane Serpeverde digrignò i denti, infastidito: suo nonno l’aveva scapata solo perché aveva corrotto i giudici.
A quel punto, Draco scorse col dito le righe seguenti, arrivando al trafiletto che più gli interessava:

“Rimedi: non esistono. Molto medimaghi nel corso dei secoli, hanno cercato una cura, un contro incantesimo, ma fino ad oggi non si è ottenuto alcun risultato. Negli ultimi anni, le ricerche sono diminuite, in quanto tutte le vittime di tale maledizione sono tragicamente morte.”

Draco richiuse con forza il libro e, disperato, si portò le mani tra i capelli.
No. Non poteva permettere che accadesse qualcosa a sua sorella proprio ora che l’aveva ritrovata. Ci doveva essere un modo e lui l’avrebbe trovato, a qualsiasi costo…


 

Dopo diverse ore di ricerca, Draco abbandonò il reparto proibito della biblioteca.
Tutti i libri che aveva consultato ribadivano l'assenza di un contro incantesimo.
Ormai abbattuto, il ragazzo mise a posto i tomi e proprio mentre lo faceva scorse, tra due grossi volumi enciclopedici, un libro sottile che senza alcun apparente motivo, attirò la sua attenzione. Lo tirò fuori e lesse il titolo.
" Giornale di Magia Oscura di Barnaba Skeeter" inarcò un sopracciglio.
"Skeeter? Sarà una parente di quella stupida giornalista" sputò con cattiveria, aprendolo.
Un titolo attirò in modo impellente la sua attenzione:

 

"I Malfoy e l'amore maledetto"

 

Draco arricciò il naso e cominciò a leggere l'articolo.
Mano a mano che procedeva nella lettura i suoi occhi si dilatarono, dapprima per lo stupore poi per la paura, fino a che le sue emozioni non si trasformarono in collera.
 

"La storia che sto per raccontarvi è testimone della profonda intolleranza e ignoranza che regna nel Mondo Magico, dove il potere è detenuto da coloro che si fanno chiamare Purosangue, perché figli di maghi e streghe.
La vicenda si svolge in un periodo in cui l'equilibrio del nostro mondo è in apparenza stabile, ma in realtà diverse sono le crepe che il Ministero non è stato ancora in grado di sanare. È infatti ancora vivo in ognuno di noi, la presenza del Signore Oscuro e, come ben sappiamo, molti dei suoi seguaci si nascondo in mezzo a noi.
Probabilmente questa vicenda è frutto degli insegnamenti sbagliati insinuatisi in alcuni Purosangue fedeli alla causa del Signore Oscuro.
Sto parlando della famiglia Malfoy.
Fonti attendibili difatti, confermano che il mago capostitpite Abraxas Malfoy abbia maledetto i suoi nipoti. Ma entriamo meglio nella vicenda...
La giovane Lavinia Malfoy, primogenita di Lucius Malfoy e Narcissa Black, è stata vittima dell'incantesimo proibito Nexus Immortalis.
La sua colpa?
Essersi innamorata di un Mezzosangue francese, Sebastian
Il nonno non ha accettato tale relazione e in un impeto di rabbia ed odio nei confronti di una razza che egli ritiene inferiore, ha lanciato la maledizione.
E non solo.
Sembrerebbe che Abraxas, non contento e per evitare episodi simili, abbia esteso la maledizione al nipote maschio, Draco Malfoy.
Non abbiamo ulteriori dettagli su tale punto, ma ci auguriamo che non sia vero.
Dannare un bambino prima ancora che comprenda cosa sia giusto o meno, ci sembra una vera crudeltà (anche se non nutro alcun dubbio su quale direzione andrà il suo pensiero in futuro).
Cambierà mai questo mondo?
Quando finiranno i pregiudizi?
Ai posteri l'ardua sentenza".

 

Le mani del giovane Serpeverde tremavano. La vena gli pulsava sulla fronte e il desiderio di scagliare tutto per l'aria, divenne forte in Draco. Ma il ragazzo si trattenne dal commettere tale sciocchezza, col timore di venire scoperto.
Con rabbia e impazienza, rimise in ordine ciò che aveva usato e si affrettò a lasciare la biblioteca.
Che cosa significava che anche lui era stato maledetto?
Perché non ne sapeva nulla?
Sua Madre e sua sorella non avevano accennato a niente di tutto ciò.
D'un tratto nel bel mezzo del corridoio, Draco si fermò.
Gli occhi spalancati, le labbra semiaperte e la consapevolezza che ancora una volta la sua famiglia gli aveva mentito.

 

Lavinia lasciò cadere a terra, i ferri e il rotolo di lana azzurra.
Narcissa posò il libro che stava leggendo con attenzione e si girò verso la figlia, fissandola con preoccupazione.
"Cos'è successo?" domandò con fare concitato.
Lavinia aveva lo sguardo vacuo e per un attimo le labbra le tremarono.
"Draco sa..." sollevò lo sguardo e fissò la Madre.
"Ha scoperto la verità". Il suo legame con Draco, a causa anche della Maledizione, si era rafforzato, seppur solo univocamente.
Quelle parole parvero a Narcissa, l'ennesima condanna.
Si lasciò andare con la schiena sulla poltrona, chiudendo gli occhi.
Quand'è che la sua famiglia avrebbe trovato pace?

***

Mi prosto ai vostri piedi e vi chiedo perdono.
So che molti di voi vedranno come una mancanza di rispetto i miei ritardi nel postare, ma vi assicuro che le cause sono ben altre e la mia rabbia è tanta, perchè ci tengo moltissimo a terminare questa fan fiction. Molte volte mi ritrovo a scrivere e a non essere assolutamente soddisfatta e questo capitolo non fa eccezione.
Hermione scopre quanto siano realmente profondi i suoi sentimenti e comincia ad avvertire la paura del futuro.
Mentre Draco si ritorva a scoprire una verità sulla sua famiglia che fino a quel momento, gli esa stata taciuta.
Cosa farà? L'affronterà o scapperaà?
Lo vedremo.

A presto (spero)

 Marghe

Ps: non scrivo la fan fiction a scopo di lucro, ma per puro diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling, tranne Lavinia che è frutto della mia fantasia.

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