What if I had never let you go? di Sognatrice85 (/viewuser.php?uid=68773)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un misterioso quaderno ***
Capitolo 3: *** Lo specchio ***
Capitolo 4: *** Questione di sex appeal? ***
Capitolo 5: *** Un nuovo disegno ***
Capitolo 6: *** Confessioni al nemico ***
Capitolo 7: *** Appuntamento ***
Capitolo 8: *** Il corvo ***
Capitolo 9: *** Una favola babbana ***
Capitolo 10: *** Apparenze ***
Capitolo 11: *** La sphaera ***
Capitolo 12: *** Due Natali opposti, ma uguali ***
Capitolo 13: *** Blaise Zabini ***
Capitolo 14: *** Scontro ***
Capitolo 15: *** Sentimentalmente confusa ***
Capitolo 16: *** Mio ***
Capitolo 17: *** Il patto ***
Capitolo 18: *** Come il Sole e la Luna ***
Capitolo 19: *** Ti vada o no ***
Capitolo 20: *** Corri Hermione. Corri. ***
Capitolo 21: *** Gli opposti si attraggono ***
Capitolo 22: *** Granger, hai problemi col verbo ***
Capitolo 23: *** Caro diario ***
Capitolo 24: *** Neve a fiocchi ***
Capitolo 25: *** Domande in biblioteca ***
Capitolo 26: *** Occhi e capelli dello stesso colore ***
Capitolo 27: *** La storia di Lavinia ***
Capitolo 28: *** Ama e lasciati amare ***
Capitolo 29: *** Alla luce del sole ***
Capitolo 30: *** Scoperte ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo Dramione
Lei
non lo avrebbe mai creduto possibile.
Lei
il cui fiero orgoglio, l’aveva sempre fatta camminare a testa alta.
Un orgoglio Grifondoro.
Ma
da qualche tempo, era stato scalfito da qualcosa di più potente.
Lei
sapeva che si trattava di una forza talmente dirompente da spaccarti in due. L’aveva
letto nei suoi tanti libri di letteratura babbana, ma non credeva possibile che
questo l’avrebbe portata a piegarsi in quel modo di fronte a colui che credeva
essere il suo peggior nemico.
Lui,
semplicemente e eternamente, il Principe delle Serpi.
Il
ragazzo dagli occhi di ghiaccio e il cuore di pietra.
Il Serpreverde per eccellenza.
No,
lui non ci credeva ai sentimenti, perché sapeva che non potevano esistere
persone che si spendevano per il bene dell’altro, provando amore. Quanto disprezzava quella parola.
Aveva
giurato e spergiurato a sé stesso che non sarebbe mai uscita dalle sue labbra.
Ma
nella vita ci si può sbagliare.
Lui
e lei.
Entrambi
tremendamente irritati. L’uno contro l’altro, ma soprattutto verso sé stessi.
Erano
entrambi lì.
Fermi
da…quanto?
Un
secondo?
Un
minuto?
Un’ora?
No.
Anni.
Sette
lunghissimi anni.
Lei
era Hermione Jeane Granger.
Lui
era Draco Lucius Malfoy.
Probabilmente il prologo non vi avrà dato molto da pensare, in
effetti non dice granché della trama. Non vi dico che sarà una storia speciale
o quant’altro. La solita vecchia storia.
Pubblico dopo diversi mesi che lavoro su questa fan fiction.
Ho letto milioni di Dramioni e ogni volta mi sono innamorata
sempre di più dei due protagonisti, fin quando non ho sentito nella mia testa
la voglia di parlare di loro. E così è nata questa fan fiction.
Una storia che non ha alcuna pretesa. So esattamente che sto
sfidando la sorte. Questa sezione ospita migliaia di storie su Draco ed
Hermione e molte di queste sono scritte da menti geniali che io stimo e a cui chiedo scusa per questo mio azzardo.
Dedico l’intera fan fiction a Daiana, la quale ha avuto la
pazienza di leggersi tutti i capitoli e di sorbirsi le mie continue insicurezze.
Grazie per la forza che mi dai!
A Jenny, la mia super sorellona che mi adora e a cui ho promesso
che ci avrei continuato a provare. Lotto per quello in cui credo, Jen, lo vedi?
Io mantengo sempre le mie promesse.
E poi a te, Herm, mio alter ego, sei racchiusa dentro di me e non
ti voglio lasciar andare via, perché, lo sai, io e te abbiamo molte cose in
comune.
Infine…una dedica a una persona speciale che mi ha ispirato molto
in questi ultimi mesi. Grazie, anche se non lo saprai mai.
La copertina della fan fiction è realizzata da Ilaria, una
ragazza meravigliosa che mi ha resa felicissima, assumendosi l’incarico di
costruirmi questa meraviglia di banner. Grazie infinite!
Alla prossima!
Ps:
I personaggi non mi appartengono, sono della Rowling. La fan fiction
non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro diletto.
Marghe
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Capitolo 2 *** Un misterioso quaderno ***
Un misterioso quaderno
Capitolo 1 “Un misterioso quaderno”
“What if I had never let you go,
Would you be the man I used know,
what if I had never walked away,
Coz I still love you more than I can say
If I'd stayed, if you tried,
if we could only turn back time,
Well I guess we'll never know.”
(“What if”, Kate Winslet)
Erano
trascorsi tre anni.
Tre
anni da quando aveva lasciato Hogwarts, sconfitto Voldemort e il suo esercito
di Mangiamorte.
Ma
forse non era quello l’evento che più ricordava. Perché dentro di lei vibrava
qualcosa di più importante di quella battaglia, nonostante lei e i suoi fedelissimi
amici, Harry e Ron, avessero rischiato la vita.
Qualcosa
che era accaduto dopo quella tormentata estate.
Ricordava
perfettamente il ritorno a scuola. Poteva ancora avvertire sulla pelle i timori
di affrontare il settimo anno senza Silente, ma soprattutto rammentava quanto
lei non fosse più la stessa di un tempo. E ciò lo provò quello che accade
quell’anno.
Nella
testa e nel cuore continuava a battere insistentemente un solo nome:
“Malfoy”
soffiò e in quell’esatto momento il tempo sembrò fermarsi, condensato in un
insieme di attimi passati, ma vivi in lei.
“Mezzosangue!”
quella che doveva essere un’offesa, apparve alle orecchie di Hermione, come la
parola più bella in assoluto.
Quanto
aveva sognato di riascoltare la sua voce?
Non
le importava ciò che le avrebbe detto, voleva solo bearsi di quegli occhi di
ghiaccio che in quel momento, le stavano trapassando l’anima.
E
con la mente, tornò indietro nel tempo, a quando le cose erano cambiate…
L’inizio
di tutto!
Tre anni prima. Hogwarts.
“Cosa
fai?” domandò Ron, entrando nella Sala Grande e trovando Hermione al suo posto,
ma intenta a cercare qualcosa dalla sacca.
Già
da quando lei, Ron e Harry si erano ritrovati al binario 9 e ¾, Hermione era
apparsa stranamente diversa. Ma era una sensazione che tutti e tre avevano
volutamente ignorato. Era dura ripensare a quell’estate e alle morti che quella
guerra aveva portato con sé, specie per Ron e la sua famiglia. La perdita di
Fred aveva certamente lasciato un segno indelebile in tutti.
Però
era inevitabile pensare alla stranezza di Hermione quando lei cercava di stare
poco a contatto con loro, sgattaiolando via non appena ne aveva la possibilità.
Non
era più solita recarsi in Sala Grande con loro, ma spesso li precedeva. Nessuno
osò però chiederle il motivo.
Si
ritrovavano lì e basta. Come se nulla fosse chiacchieravano delle lezioni, dei
libri, ma mai nessuno osava affrontare l’argomento scottante: la loro amicizia.
“Non
trovo il mio diario” rispose Hermione con una calma innaturale, riemergendo
dalla sua sacca.
In
realtà, le ribolliva il sangue nelle vene.
“Ma
perché tu hai un diario?” chiese Ron sconcertato. Hermione non lo sentì
neppure.
No,
lui le donne proprio non le capiva.
Il
problema era che aveva sempre visto Hermione come un’amica, ma non l’aveva mai
considerata come una ragazza normale. Il suo troppo amore per lo studio, la
scarsa propensione a divertirsi, facevano di lei un essere unico nel suo
genere. Per tale motivo gli parve così strano che proprio lei, scrivesse un
diario.
“Che scriverà mai? Si loderà
da sola per i successi scolastici?”
pensò tra sé il rosso, pur continuando a fissarla strabiliato.
Hermione
Granger era sempre stata una persona ordinata e precisa e detestava sentirsi
impreparata.
Ricordava
che dopo la lezione di Pozioni con Piton, aveva aperto la borsa per metterci il
quaderno e l’aveva visto lì.
Possibile
che si fosse volatilizzato nel nulla?
Cercò
di fare mente locale su quello che aveva fatto prima di rientrare in stanza.
Niente.
Aveva
semplicemente percorso il solito corridoio che conduceva in biblioteca. Aveva
studiato qualche ora, come sempre e poi era rientrata nella Torre prima della
cena. Non avendovi trovato nessuno, era corsa in Sala Grande.
Non
l’aveva tirato fuori dalla sacca perché non sapeva che scriverci. Erano giorni
che non riusciva a sfogarsi. La sera nel letto, lo apriva e rimaneva a fissare
per ore la pagina bianca.
Strinse
la sacca tra le dita per il nervoso.
Ron
si chiedeva come mai fosse così silenziosa, strano che non si era messa ancora ad
urlare come una matta.
A
quel punto, s’accomodò, aspettando la cena.
“Ah
per Merlino!” Ron scattò all’in piedi per lo spavento. “Ma dove cavolo è quello
stramaledetto diario!” sbraitò un Hermione tutt’altro che tranquilla.
Ecco
che Ron s’era sbagliato. Roteò gli occhi al cielo disperato e sbuffò.
Quella
ragazza e i suoi sbalzi d’umore per lui restavano un mistero.
“Calmati!”
le disse provando ad avvicinarsi e ad afferrarla per un braccio. Quando la
sfiorò, lei sussultò e lo fulminò con lo sguardo.
Hermione
era arrabbiata per quella strana sparizione, ma in quel momento ciò che la fece
irritare di più, fu la mano di Ron sul suo braccio.
Era
da un anno che il rosso si frequentava con Lavanda Brown e questo Hermione non
l’aveva digerito. Durante la guerra, si erano riavvicinati. Lontani da Lavanda,
Ron era tornato lo stesso di sempre e Hermione aveva sperato che finalmente i
loro sentimenti potessero emergere e invece no.
Al
ritorno, il primo pensiero di Ron era stato quello di cercare Lavanda e
assicurarsi che stesse bene e così la Granger dovette far leva su tutta la sua forza
per reagire a quell’ulteriore batosta. Da quel momento Hermione lavorò
costantemente su di sé. C’erano molti episodi della guerra che avrebbe voluto
dimenticare. Una continuo ritorno di immagini, voci, grida che erano difficili
da cancellare.
Una
continua tortura psicologica alla quale la giovane aveva risposto con grinta e
tenacia, dimostrando, ancora una volta, la sua caparbietà. Però quando sul
treno per Hogwarts, aveva visto Ron e Lavanda avvicinarsi, mano nella mano, il
suo equilibrio s’era frantumato in un batter d’occhio e tutto il dolore e la
frustrazione era tornati a farle visita.
Eppure
credeva che le lotte, gli scontri sanguinosi fianco a fianco, avessero
risvegliato in lui quell’interesse che un tempo, sembrava provare per lei.
Invece no.
Quanti
anni erano che lo amava?
Tre,
quattro, cinque, sei?
Neanche
lo sapeva quanto tempo era passato da quando s’era innamorata di lui.
Era
proprio quando, al sesto anno, s’era convinta a essere più esplicita con lui
che Ron aveva annunciato ai suoi amici di avere una relazione con quella tizia,
rimasta nell’ombra fino ad all’ora. E ad Hermione le si era spezzato il cuore
nel petto. Harry le aveva posato una mano sulla spalla, comprensivo.
Quando
diamine si fossero avvicinati, diventando così intimi, era un enigma per la
ragazza.
Solo
uno stupido poteva non accorgersi della cotta di Hermione.
A
Hogwarts lo sapevano tutti. Ma tutti tacevano.
Persino
al peggior nemico dei Grifondoro, era palese l’interesse di Hermione per Ron.
Draco
Malfoy era placidamente seduto al suo tavolo e guardava divertito la scenetta.
Lui
detestava i Grifondoro, ma in modo particolare ce l’aveva col magico trio: lo
Sfregiato, la Lenticchia
e la Mezzosangue.
Almeno
un tempo era così…
Malfoy
e la sua famiglia erano usciti distrutti da quella guerra. Suo padre era ad
Azkaban, mentre a lui era stata data la possibilità di tornare ad Hogwarts,
grazie alla collaborazione sua e della madre, Narcissa, durante la guerra e i
successivi processi.
Pentimento.
Ma
lui era in realtà pentito?
Non
lo sapeva.
L’unica
certezza era voler andare avanti e ritornare a scuola gli sembrava il giusto
modo per ricominciare.
No,
il vecchio Draco Malfoy, quello codardo, sarebbe scappato.
Ma
lui non era più lo stesso. O almeno non totalmente.
“Ron,
lascia andare immediatamente il mio braccio!” Hermione digrignò i denti,
avvertendo un prurito fastidioso alle mani.
Aveva
voglia di picchiarlo.
Capita
l’antifona, il rosso lasciò la presa e la guardò sconvolto.
“Buonasera
ragazzi” Harry era appena entrato accompagnato dalla sua fidanzata Ginny.
“Che
succede?” domandò notando l’aria tesa, passando lo sguardo da Ron a Hermione.
Quest’ultima era tornata irriconoscibile a scuola. Lei mentiva dicendo che stava
bene, ma Harry la conosceva sufficientemente bene, da poter affermare che non
era così. Era convinto fosse ancora per il fidanzamento repentino di Ron e
sperava con tutto il cuore che presto le sarebbe passato.
Ginny,
che era la migliore amica di Hermione, era preoccupata quanto Harry. Infatti
quando notò gli sguardi di fuoco che la sua amica lanciava verso suo fratello,
strinse la mano del suo fidanzato.
Entrambi
si fissarono complici.
Ginny
si avvicinò a Hermione “Che succede?” chiesi con tono dolce.
La
Granger si
girò e il sorriso dell’amica la fece tranquillizzare, tanto che i suoi occhi
tornarono ad essere del loro meraviglioso colore dorato.
“Non
trovo il mio diario” mormorò afflitta.
Ginny
spalancò gli occhi “Quel…” deglutì “Quel diario?” domandò sperando di
sbagliarsi.
“Si,
Ginny. Il mio diario segreto!” Hermione sembrò irritarsi, ma cercò di
trattenersi chiudendo gli occhi e serrando le labbra.
“Ti
aiuto a cercarlo. Dove sei stata prima di venire qui?” la premura della sua
amica, le fecero balenare in testa delle immagini.
“Nella
nostra torre, ma sono entrata e riuscita in due secondi. Credo di averlo perso
in biblioteca” aprì gli occhi e decise che sarebbe andata a cercarlo lì.
“Vengo
con te” Ginny l’affiancò. Percorsero i corridoio del castello in completo
silenzio.
La
biblioteca era ancora aperta a quell’ora, quando Hermione entrò, chiese a Ginny
di aspettarla fuori, avvertiva una stranissima sensazione.
Madame
Pince le sorrise.
Era
una delle poche studentesse a cui non diceva nulla. Quella ragazza era tanto
studiosa, quanto educata e ordinata. Due qualità che per una bibliotecaria
erano fondamentali.
“Ho
dimenticato un libro” esordì Hermione “E’ importante che lo recuperi” continuò.
La
bibliotecaria le sorrise con fare materno.
“Ma
certo, Signorina Granger. Vada pure, ma faccia in fretta. Sto per chiudere”
asserì la donna.
Hermione
annuì, dirigendosi spedita verso la sua destinazione.
Il
tavolo dove si metteva lei era il più nascosto ed isolato della sala. Amava il
silenzio di quel posto e quando studiava, aveva bisogno di esserne circondata
per poter lavorare bene.
Sul
tavolo non vi era traccia del suo diario. Spostò le sedie e si chinò quando
intravide qualcosa per terra. Lo sguardo si illuminò, felice di poter stringere
nuovamente tra le mani quell’oggetto per lei tanto prezioso.
Si
affrettò ad uscire, ma qualcosa su un tavolo nascosto, vicino all’entrata
attirò la sua attenzione.
Avrebbe
dovuto ignorare quell’impulso che la spingeva a curiosare, ma non lo fece.
Prese quel quaderno. Un semplicissimo quaderno. Nessun nome sopra, solo una
bella scritta dorata. Lo aprì e notò pagine e pagine ricoperte di schizzi
rappresentanti paesaggi, profili di persone. Qua e là qualche piccola parola
scritta. Solitamente frasi o semplici parole, come se fossero piccole poesie o
citazioni.
“Hermione
hai fatto?” Ginny comparve alle sue spalle, spaventandola.
“Si.
Ho trovato ciò che cercavo!” richiuse quel quaderno e decise di portarlo con
sé. Avrebbe messo qualche annuncio per ritrovare il suo padrone.
Harry
e Ron erano in Sala Comune e poltrivano davanti al camino scoppiettante,
parlottando e organizzando la prossima partita di quidditch, quando Ginny e
Hermione entrarono.
“Tutto
bene, ragazze?” domandò il moro, guardando con insistenza la sua ragazza.
Entrambe
annuirono.
“Di
che discutevate?” Ginny si avvicinò a Harry, accomodandosi tra lui e il rosso.
Quest’ultimo sbuffò contrariato. Se almeno Lavanda fosse stata lì con lui,
invece di dormire, si sarebbe sentito meno fuori posto.
Egoista
da parte sua pensare tutto questo, perché c’era chi soffriva maggiormente
quella situazione.
Hermione
li guardava, poggiata al caminetto e avvertiva sempre di più quella sensazione
di estraneità che tanto detestava.
Ultimamente
era diventata una costante.
Per
questo salutò e se ne andò in stanza.
Calì
e Lavanda dormivano placidamente, non si mossero neppure, quando la Caposcuola, fece il suo
ingresso nella camera che divideva con loro.
Certe
volte avrebbe voluto avere una stanza tutta per sé, per sentirsi più libera di
agire come voleva, soprattutto quella sera che si sentiva un po’ triste.
Si
lavò, indossò il pigiama e messasi sotto le coperte, si ricordò del quaderno
ritrovato in biblioteca.
Aprì
la sacca e lo tirò fuori.
Il
dorato risplendeva per tutta la stanza e Hermione ne fu affascinata. Con
l’indice carezzò la copertina, ruvida, ma non fastidiosa.
Riprese
a sfogliarlo, ma dovette fermarsi quando il quaderno le cadde di mano,
aprendosi ad una pagina a caso. Hermione lo prese, guardandosi intorno e
sperando che nessuno si fosse svegliato.
Tutto
continuava a tacere.
Sospirò.
Riposò
gli occhi sull’oggetto di interesse e questi quasi le uscirono dalle orbite
quando notò il proprio profilo designato. Lo sguardo perso nel vuoto, i capelli
al vento e il collo avvolto nella sciarpa rosso/oro, i colori della sua casa. A
fianco, riportata con una scrittura elegante e precisa, una frase:
“La linea del tuo volto discende
sinuosa, sfiora un naso poco importante e sboccia voluttuosa come una rosa,
sulle tue morbide labbra di seta.
Le immagino calde e tenere
sotto le mie dita.
Il tuo sguardo perso, vaga su
per l’orizzonte immenso.
Diavoli dorati, sibili
serpenti incantatori.
Ammalianti stregoni.
I capelli seguono leggiadri,
il respiro del vento che si perde tra i tuoi boccoli.
Ah se la mia mano potesse
toccarti, di gemiti e sospiri saprei saziarti.
Ma io son un’anima dannata,
venduta. Sbagliata.”
Un
battito cardiaco dispettoso si ruppe nel petto di un’ Hermione sconvolta.
Stravolta
da quelle parole che le avevano catturato l’ anima.
Possibile
che ci fosse qualcuno turbato dal suo sguardo?
Lei
che lo considerava anonimo, privo di quella lucentezza di un tempo.
La
guerra le aveva portato via molte speranze.
La
morte di Silente aveva dato il via ad una serie di eventi spiacevoli che
l’avevano provata.
E
ora, forse dopo tanto tempo, si sentiva leggera.
Inutile
negare che le facesse piacere sapere che aveva quel potere su qualcuno.
Ora
la domanda da porsi era: di chi si trattava?
Ammaliata,
scorse il profilo del suo viso col dito, poi passò alla scritta, per poter
incidere in lei, quella calligrafia. Notò che la persona in questione aveva
ricalcato più volte sia i tratti del suo viso che la dedica.
Decise
che non avrebbe messo ancora l’annuncio in bacheca, ma che avrebbe tenuto per
sé, almeno per un altro giorno, quel misterioso quaderno che l’aveva fatta
sorridere.
***
GRAZIE!
Grazie a tutti voi che avete letto, recensendo o inserendo la storia tra preferite o seguite, dandomi fiducia.
Non ho molto altro da aggiungere se non che incrocio le dita per questo primo capitolo. Sarà di vostro gradimento?
Lo scoprirò presto :).
Vi ricordo che questi personaggi non sono di mia proprietà, ma
della Rowling e che la fan fiction non è scritta a scopi di
lucro, ma per puro diletto della sottoscritta.
Un bacio.
Marghe
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Capitolo 3 *** Lo specchio ***
Lo specchio
Capitolo 2 “Lo specchio”
Le
mattine che seguirono il ritrovamento del quaderno misterioso, videro un
Hermione sempre di buon umore, entrare in Sala Grande e regalare sorrisi a
tutti come fossero cioccolatini.
La
prima volta che era successo, aveva lasciato di stucco tutti:
“Buon
giorno!” esclamò sedendosi e afferrando una caraffa di succo di zucca.
Ron,
che la guardava ancora mezzo assonnato, sbarrò appena un occhio notando quella
strana nota positiva nella voce dell’amica e inarcò per riflesso un
sopracciglio.
Non
comprendeva i continui cambi d’umore della sua amica.
“Siamo
allegre stamattina?” domandò sbadigliando e coprendosi malamente la bocca con la
mano.
In
risposta Hermione alzò semplicemente le spalle e sorrise.
Nessuno
le avrebbe rovinato la giornata. O almeno così sperava.
La
mattina trascorse tranquilla, tra una lezione di Trasfigurazione con i suoi
amici e poi le tre materie che lei aveva scelto: Antiche rune, Artimanzia e
Babbanologia.
Il
trio, a cui si erano aggiunte Lavanda e Ginny, si ritrovò in Sala Grande per il
pranzo. Tra una chiacchiera e un’altra, Hermione era apparsa più socievole e
ciò rasserenò gli animi di tutti i presenti.
Dopo
pranzo, però li salutò scappando via.
Ginny
e Harry si guardarono scuotendo la testa. Agli occhi degli altri poteva
sembrare che fosse nuovamente serena, come in passato, in realtà loro due la
conoscevano meglio di chiunque altro e si erano accorti che più il tempo
passava, più Hermione era diversa. Nonostante il sorriso di quei giorni.
In
quell’ultima settimana, Hermione si recava spesso a studiare sulle rive del Lago
Nero adiacente al castello di Hogwarts.
Lì
ritrovava una strana e innaturale calma.
Tutte
le volte però incrociava Malfoy.
Lei
arrivava e lui andava via.
Senza
mai scambiarsi una parola. D’altronde non l’avevano mai fatto se non per
offendersi. Però anche su questo aspetto, si riversava l’ombra della guerra.
Quella
devastazione aveva cambiato un po’ tutti, specie Draco Malfoy, il quale non
aveva perso il suo temperamento rigido e scostante, ma era meno propenso alla
provocazione.
Totalmente
assorto nei suoi pensieri.
Hermione
era abituata ad essere schernita da lui e a rispondergli a modo; quell’improvviso
silenzio, le provocava una stranissima sensazione di mancanza.
Per
questo un giorno, decise che sarebbe stata lei la prima parlare, spezzando quel
fastidioso silenzio.
Anche
quella volta Hermione arrivò nei pressi del lago per accomodarsi sotto la
grande quercia e Malfoy, che la vide, si mosse per andarsene.
Come
sempre, si passarono accanto senza dirsi niente, mentre il calore dei loro
corpi si sfiorava appena.
“Mi
auguro che tu non stia tramando nulla, Malfoy” la provocazione nella voce della
ragazza era chiara e pungente.
Erano
di spalle e a quelle parole, il Principe delle Serpi s’arrestò, sgranando
leggermente gli occhi, senza però voltarsi e darle la soddisfazione di essere
stato, in qualche modo, colpito.
“Non
capisco cosa vuoi, Mezzosangue!” sibilò tra i denti, stringendo le mani a
pugno, talmente forte che le nocche divennero bianche.
Hermione
si girò lentamente udendo la sua voce e osservò le spalle larghe del giovane
biondo, leggermene curvate in avanti. Un tempo la sua postura era diritta e rigida,
mai una volta che l’avesse visto chinare il capo di fronte a qualcuno.
L’attacco
a Silente l’anno prima, la sua uccisione da parte di Piton, la ricerca degli
horcrux e la successiva guerra contro
Voldemort e i suoi Mangiamorte, avevano stravolto il mondo magico.
Malfoy
che era stato marchiato, in quanto doveva divenire di diritto un Mangiamorte,
come suo padre Lucius, non aveva avuto il coraggio di uccidere Silente.
Era
un ragazzo spocchioso e arrogante. Un Purosangue e questo secondo lui gli dava
il diritto di dire e di fare quello che voleva. In realtà, il suo era solo un
atteggiamento di facciata, Draco non era realmente così, o meglio non lo era
sempre stato.
A furia di additare una persona
come cattiva, quest’ultima finisce per divenirlo davvero.
Fino
all’età di 6 anni, era cresciuto sperando che i suoi genitori gli dessero
amore.
Lo
ricercava in quell’abbraccio che non riceveva mai, in quel bacio della
buonanotte che non c’era mai stato, nelle carezza mancate, nello giocare insieme
in giardino. Mai una volta aveva visto i suoi genitori piegarsi verso di lui e
mostrargli affetto.
Mai.
E
questo lo aveva segnato.
Così
per cercare di avvicinarsi alla sua famiglia aveva iniziato ad imitare il
padre.
Draco
era sempre stato un ragazzino piuttosto sveglio e intelligente e aveva capito
che l’unico modo per farsi considerare, era divenire come lui. Per questo
cominciò ad assumere il suo stesso atteggiamento arrogante e presuntuoso,
divenendo così il suo pupillo.
Se
suo padre era al servizio del Signore Oscuro, anche lui avrebbe dovuto esserlo.
Se
suo padre voleva distruggere Potter, lo avrebbe voluto anche lui.
Così
il Bambino Sopravissuto, che tutti veneravano e ammiravano, era diventato il
suo nemico numero uno e con lui anche Weasley e la Granger.
Schernirli,
deriderli, sconfiggerli era il suo più obiettivo principale. Ma quando era
stato marchiato come Mangiamorte, le cose erano rapidamente cambiate.
Aveva
scoperto la paura. Non era così forte come credeva e mostrava agli altri.
Aveva
pianto per la prima volta dopo anni.
Non
si capacitava del perché tutto quello doveva succedere a lui.
E
di fronte a Silente aveva ceduto.
Non
era stato capace di togliergli la vita.
E
non comprendeva come la Preside McGranitt
avesse accettato di farlo rientrare ad Hogwarts.
Forse
lei aveva scorto nel suo sguardo l’ombra del cambiamento.
Di
un parziale pentimento.
Ma
lui non lo avrebbe mai ammesso. Neanche sotto tortura.
E
ora Hermione Granger stava lì e lo provocava, quando invece voleva solo essere
ignorato. Proprio come avevano sempre chiesto lei, Lenticchia e lo Sfregiato.
I
ruoli si erano capovolti.
“Sono
un Prefetto e il mio compito è quello di tenere tutti voi sotto controllo. Al
termine dei M.A.G.O. mi eserciterò per entrare negli Auror e combatterò coloro
che minacceranno il nostro mondo” si fermò per prendere aria “Gente meschina
come te” continuò la ragazza.
“Mi
sto solo chiedendo dove sia finito la
Serpe che è in te. Chi nasce cattivo, muore come tale e non
ci credo che tu ora sia indifeso, come vuole farci credere la Preside” sputò quelle
parole con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Fece
un passo in avanti.
“Io
non dimentico che per colpa tua Silente non c’è più!” era una cosa che non gli
avrebbe mai perdonato. Silente era stato per lei una guida, quasi un padre
spirituale e il pensiero della sua assenza, la faceva piangere.
E
lei non voleva sentirsi debole.
Detestava
la debolezza. Specialmente la sua.
“Tu
non sai assolutamente niente di me!” rispose Malfoy, senza girarsi. La freddezza
del suo tono era aguzza come lame invisibili di coltelli.
“Sei
solo una sporca Mezzosangue inutile. Mi chiedo ancora come ti abbiano potuta
prendere in questa scuola. Se non ci fosse stato il tuo adorato Silente, ora
non saresti qui, in mezzo a gente privilegiata come me! Tu” Draco alzò il dito
indice voltandosi e puntandoglielo contro.
“Non
sarai mai perfetta e lo sai benissimo!” esclamò con cattiveria, mentre il suo
ghigno da bastardo, compariva sul suo volto pallido.
Poi
si girò e andò via. Hermione restò immobile a guardare quelle spalle ricurve
allontanarsi velocemente.
Ormai
la sua perfidia non la feriva più come un tempo.
Aveva
imparato a ignorarlo, perché una serpe si alimenta del dolore altrui e lei non
gliel’avrebbe mai data vinta.
Era
una Grifondoro e in quanto tale, incarnava forza, coraggio e determinazione.
Mettendo
da parte quello spiacevole scambio di battute, Hermione si accomodò sotto un
albero di quercia, a pochi passi dall’acqua.
Sciolse
il laccio che legava la sua fedele sacca e mentre prendeva il libro di
Trasfigurazioni, lasciò cadere per terra, il quaderno misterioso.
Da
quella sera, lo aveva spesso riaperto a quella pagina, regalandosi il piacere
di quelle parole dense di desiderio e non nascondeva di aver provato un brivido
strano, correrle lungo la schiena. Ma non era mai andata avanti a scorrere le
pagine successive e in quel momento, montò in lei quell’improvvisa e malsana
bramosia.
Così
si regalò quella pausa meritata.
Sul
foglio seguente era disegnato uno specchio.
Uno
specchio su cui riflesso vi era un volto, non delineato. Un tratteggio.
Semplicemente
una sagoma scura. Hermione spostò lo sguardo più in basso:
“L’ombra
di me stesso”
Perché
quella frase la colpì, non seppe spiegarselo neanche lei.
Ormai
non si chiedeva più perché avvertiva certe emozioni. Si era detta che doveva
viverle e basta porsi inutili domande.
Limiti
che lei voleva valicare, conscia che ci doveva essere qualcosa per lei, al di
là di quell’irto muro.
Hermione
sospirò, lasciando scivolare la schiena all’indietro sul tronco della quercia.
Sua
fedele compagna di quei giorni strani.
Quel
giorno il vento soffiava forte, tracciando cerchi concentrici sull’acqua gelida
del grande Lago.
La
Caposcuola si
strinse nel suo mantello nero, battendo i denti.
Neanche
il freddo l’avrebbe fatta rientrare.
Non
aveva voglia di restare chiusa in biblioteca, voleva vivere all’area aperta.
Respirare
e sentire l’aria attraversarle il corpo.
Avvertire
le pulsazioni del suo cuore, squarciarle il petto.
La
parola d’ordine di quell’anno era: nutrirsi di ogni sprazzo di vita.
Hermione
non voleva perdersi nulla di ciò che l’aspettava.
Se
c’era una cosa che aveva imparato in quella Scuola, era sicuramente non
sprecare nessun attimo e goderselo appieno, perché ogni giorno porta con sé
qualcosa di nuovo e inaspettato.
Chiuse
gli occhi e rivide nella sua testa l’immagine di quello specchio.
Quel
quaderno stava divenendo una sorta di rifugio per Hermione e i sentimenti di
cui si nutriva, erano sempre più incontrollabili.
Dopo
aver trascorso il pomeriggio fuori, rientrò al castello. Messo piede nella Sala
Comune, trovò Harry e Ron che leggevano un libro.
“Buona
sera” esclamò avvicinandosi.
I
due ragazzi risposero con un cenno del capo, troppo concentrati su quel
compito.
“Cosa
fate?” domandò la ragazza incuriosita per quello strano silenzio.
“Cerchiamo
di capire cosa scrivere per il compito di Piton” borbottò Harry alzando gli
occhi dal libro e guardando disperato l’amica.
“Immagino
che tu l’abbia già fatto!” asserì Ron, con una punta d’acidità nella voce.
“Ovviamente
si. L’ho terminato due giorni fa!” Hermione rispose ignorando la provocazione
dell’amico.
“Non
ne dubitavo” Ron roteò gli occhi schifato.
“Andiamo
a cena?” propose lei, guardando Harry, il quale sorrise e annuì.
“Ginny
ci aspetta lì” aggiunse il moro avvicinandosi alla Caposcuola.
Messo
piede in Sala Grande, gli occhi di Hermione corsero involontariamente verso il
tavolo dei Serpeverde e si soffermarono su Malfoy.
Il
biondo mangiava in silenzio, ignorando il vociare dei suoi compagni.
L’aria
distratta di chi rimugina continuamente sulla stessa cosa.
Per
un solo istante lui si sentì osservato. Alzò gli occhi dal piatto e guardò
verso la porta.
Ed
ebbe inizio lo scontro tra il gelido inverno e la soleggiata estate.
Un
temporale d’emozioni diverse si riversò su di loro, fino a quando entrambi non
abbassarono lo sguardo. Apparentemente privi di emozioni.
Hermione
correva velocemente, sentiva alle sue spalle l’eco di passi non suoi.
Avvertiva
di essere in pericolo e per questo cercava di raggiungere il prima possibile,
il bagno dei Prefetti.
Una
volta arrivata, spalancò la porta e la richiuse a chiave, scivolando lungo
essa.
L’enorme
specchio sul lavandino s’illuminò d’improvviso. Mossa dalla sua innata
curiosità, Hermione si avvicinò, seppur cautamente.
Il
cuore le batteva impazzito, ancora scosso per la corsa.
Quando
fu giunta davanti allo specchio, la luce l’avvolse totalmente, accecandola. La
ragazza fu costretta a chiudere gli occhi, portandosi le mani sul viso.
D’improvviso
una strana nebbia sostituì quel bagliore e Hermione riaprendo gli occhi cercò
un appiglio. Le mani si posarono sul marmo freddo del lavandino. Attirata da
una strana forza, ella alzò il viso verso lo specchio e man a mano che le
nuvole si dissolvevano, apparivano dei chiari lineamenti. La ragazza notò
subito che qualcosa non andava e ne ebbe la conferma, non appena quei strani
fenomeni sparirono.
Gli
occhi di Hermione si dilatarono spaventati.
Non
le sfuggì il sussulto traditore del suo cuore.
Quella
che credeva fosse solo una strana ombra si rivelò avere il volto dell’ultima
persona che si sarebbe mai aspettata: Draco Malfoy.
I
suoi occhi accusatori e maligni sembravano disperati e tristi.
In
attesa di aiuto.
O
semplicemente desiderosi di gridare.
Quelle
iridi per un attimo si intrecciarono con quelle dorate di un’Hermione
stravolta.
E
stranamente lei si sentì così bene da non volersene più separare.
Hermione
si svegliò di colpo, tutta sudata in un letto dal quale voleva solo fuggire.
Si
passò la mano tra i capelli, turbata per quelle strane sensazioni che
l’attanagliavano.
Cosa
c’entrava Malfoy con quello specchio?
Di
scatto la Granger
afferrò il quaderno dalla sacca e fissò a lungo quel disegno, tracciandone i
contorni con l’indice. Per uno strano gioco messo in atto dai suoi occhi,
rivide in quei tratti il viso di Draco trafitto dal dolore.
“L’ombra
di me stesso” la sua voce era solo un soffio di vento.
Perché
quelle parole le facevano male?
Perché
pensava a quel sogno?
A
lui?
Improvvisamente
Hermione si sentì mancare l’aria, quella stanza la soffocava. Per questo prese
la bacchetta e uscì fuori, fermandosi nella Sala Comune.
Si
sedette sul divanetto davanti al camino e afferrandosi la testa tra le mani,
iniziò a scuoterla leggermente, cercando di mandar via il viso di Malfoy.
Quando
si fu calmata, tornò a letto, provando a riposare almeno un altro paio d’ore
prima delle lezioni mattutine.
***
Buon pomeriggio!
Come avete potuto leggere, in questo capitolo fa la sua definitiva
comparsa il bel biondo Serpeverde, Draco Malfoy. E' difficile mettersi
nei suoi panni, ma mi affascina talmente che mi piace scrivere di lui.
Spero di renderlo quanto meno credibile.!
Voi che ne pensate?
E del nuovo disegno?
Dai avanti son curiosa di sapere che idea vi siete fatti.
Parto sempre dal presupposto che non narrerò una storia epocale
e idilliaca, anzi tutt'altro. Voglio essere il più semplice
possibile e anche se risulterò ridondante e banale, pazienza.
Sono innamorata di questa fan fiction e la porterò avanti. Lo
faccio per me, per ciò che provo quando scrivo :).
E poi ci siete voi, magnifici recensori, lettori. Mi rendete così felice!
Grazie di cuore!
Alla prossima.
Ps: ricordo che i personaggi non sono di mia invenzione, ma sono di
proprietà della Rowling, la fan fiction non è scritta a
scopo di lucro, ma per mio puro diletto.
Marghe
|
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Capitolo 4 *** Questione di sex appeal? ***
Questione di sex appeal?
Capitolo 3 “Questione di sex appeal?”
Le
settimane passavano velocemente.
A
nessuno era permesso fermare il tempo. Un nemico imbattibile.
E
più le ore passavano, più Hermione si sentiva strana.
Quel
quaderno le dava il tormento, ma allo stesso tempo era diventato la fonte di
vita di cui alimentarsi.
Ogni
traccia lasciata su quelle pagine la faceva stare bene. Avrebbe voluto
conoscere la persona che le stava consumando l’anima. Cresceva insidioso quel
desiderio e diveniva sempre più difficile nascondersi agli occhi dei suoi
amici.
Le
dispiaceva mentire, celare quel piccolo segreto, ma lo sentiva solo suo e lo
custodiva gelosamente. Esporlo significava rompere la bolla magica nella quale
stava vivendo.
E
poi da quando era in possesso di quel quaderno non pensava più a Ron e non se
ne capacitava.
Non
faceva altro che rimuginare sul misterioso proprietario di quel diario. Non
aveva il coraggio di separarsene, allontanarsene significava privarsi di una
parte di lei.
“Hermione”
la ragazza gironzolava nel castello da mezz’ora, senza una meta precisa.
Mentalmente
stanca.
Il
fatto che Ginny l’avesse fermata non le piaceva. Parlare era l’ultima cosa che
voleva fare in quel momento.
“Dimmi”
si stampò sul viso un sorriso di circostanza.
La
sua migliore amica si avvicinò cauta, lo sguardo ardente.
Una
vera Grifondoro.
La
timida ragazzina dei primi anni, aveva lasciato spazio ad una giovane ragazza
sicura di sé e delle proprie capacità, magiche e non.
“Non
stiamo insieme da molto” cominciò affiancandola “Sei sempre super indaffarata”
sistemò i suoi lunghi capelli rossi dietro l’orecchio, guardando la sua amica.
Un
tempo quello era un gesto d’imbarazzo, ora invece, era carico di una marcata
sensualità.
Quanto
conta la fiducia nella propria persona!!!
Hermione
era vista da tutti come la secchiona per eccellenza. Colei che in ogni
situazione sapeva cavarsela, non vergognandosi mai di mostrare la sua
superiorità.
Ma
se tutto quello fosse stata solo una facciata di circostanza?
Un
modo per proteggersi?
Ma
chi poteva conoscere quella verità?
“Essere
un Prefetto comporta avere numerosi impegni” rispose infatti con una leggera
nota saccente nella voce.
“Poi
quest’anno le lezioni sono dure per via dei M.A.G.O.” continuò, evitando di
guardare Ginny negli occhi.
Ogni
parola era una bugia.
Una
Grifondoro bugiarda. Ecco cosa stava diventando.
Ma
cosa le succedeva?
“Harry
e Ron non sembrano così preoccupati” frecciò l’amica.
“Ti
sembra che in passato lo siano stati?” rispose Hermione, corrucciando la
fronte.
“Sei
la solita rompi scatole” la rossa roteò gli occhi verso il soffitto.
“Devi
pur divertirti! E a tal proposito avrei una proposta da farti” la voce di Ginny
tentennò.
Che
anche la sua sicurezza stesse vacillando?
“Di
che si tratta?” la voce stanca di Hermione le riecheggiava nella testa.
“Stasera
ci sarebbe una festa…regolare ovviamente!” aggiunse in fretta, muovendo le mani.
Il timore che la rigidità di Hermione potesse palesarsi anche in
quell’occasione, la spinse ad essere più precisa nella sua affermazione.
Ecco
cos’era: paura di essere giudicata superficiale e interessata solo al superfluo
dalla severa Caposcuola.
“Una
festa?” la Granger
sembrò riscuotersi dal suo torpore.
“Si.
Una festa di inizio anno. La
McGranitt ci ha dato il permesso di usare la Stanza delle Necessità”
Ginny annuì con forza colpita dalla strana espressione positiva della sua amica.
“Ti va di venire?” chiese, questa volta ostentando una maggiore sicurezza.
“Perché
no!” il sorriso di Hermione si allargò vistosamente. Ne avrebbe approfittato
per guardarsi attorno e cercare di capire chi poteva aver scritto quelle cose
su di lei. Magari avrebbe notato qualcuno che la osservava.
Ormai
era il suo pensiero fisso.
Ginny
era davvero sbalordita, quasi incredula, ma cercò di non farlo trapelare.
“Mi
fa davvero piacere che tu venga!” esclamò, battendo le mani come una bambina.
“Ho
un vestito fatto apposta per te! Vieni!” e la trascinò verso la torre dei
Grifondoro.
“E
stai ferma, altrimenti come ti sistemo la gonna!” strillò scocciata una Ginny
alquanto irritata.
Era
un’ora che si stava dedicando alla preparazione di Hermione.
Il
vestito che le aveva mostrato le era piaciuto, ma era stato difficile
convincerla ad indossarlo. La
Caposcuola sosteneva fosse troppo vistoso per una come lei,
mentre Ginny era dell’idea che le stesse più che bene e tirasse fuori il suo
lato femminile.
Non
si aspettava di certo tutte quelle lamentele.
“Uff”
l’ennesimo sbuffo della Granger proruppe sulle sue labbra. “Mi sento come una
bambola. Non starai esagerando? Che razza di festa sarà mai?” domandò iniziando
a pensare di aver fatto una stupidata ad accettare l’invito.
“Una
festa di ballo” la voce di Ginny apparve allegra e decisamente sopra le righe.
“Ballo???”
Hermione sbarrò gli occhi sconvolta. L’ultima volta che era stata ad una festa
di quel tipo era con Victor Krum.
Un’altra
grande delusione.
Lei
piccina era rimasta affascinata dal quel ragazzo più grande di lei,
dall’aspetto e dal carattere rude. Ma ancora una volta aveva celato a se stessa
il suo vero intento: far ingelosire Ronald Weasley.
Ma
quest’ultimo non era stato minimamente scalfito. Almeno in apparenza.
E
lei c’era rimasta molto male.
Di
nuovo!
“Dai
Hermione che sarà mai?” Ginny le arrivò davanti, quando i loro occhi si
incrociarono, quelli della rossa sembravano implorarla. La Grifondoro sospirò
rassegnata.
“Finito!”
trillò la rossa, alzandosi in piedi e sorridendo al volto di Hermione.
“Ho
sistemato tutto. Guardati allo specchio e dimmi se ti piace come ti ho
truccata. È leggero tranquilla!” disse, prendendo dal letto il suo abito per
indossarlo.
Hermione
fece come le aveva suggerito l’amica e quando si fissò, le parve di vedere
davanti a lei qualcun’ altro.
Il
trucco appena accennato sulle guance, la faceva sembrare una piccola rosa
appena sbocciata. Quel colore rosato si posava bene sul candore della sua
pelle.
Il
dorato degli occhi era esaltato dalla matita nera e un filo d’ombretto giallo e
infine le sue piccole e carnose labbra, erano disegnate dal luccichio di un
lucidalabbra alla fragola.
I
capelli ricadevano mossi sulle sue spalle. Nessun accorgimento particolare.
Hermione
si avvicinò di più allo specchio in modo da potersi vedere meglio, quasi si
piaceva conciata in quel modo.
Ginny
aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Non aveva esagerato come promesso.
“Ti
piace?” Ginny comparve alle sue spalle, il corpo fasciato da un vestito leggero,
senza spalline, rosso e nero, tempestato di strani disegni.
L’azzurro
dei suoi occhi, risaltava grazie all’effetto della matita nera e del mascara.
Una marcata linea nera evidenziava maggiormente la forma particolare di quegli
occhi meravigliosi.
Hermione
la fissò a lungo.
“Wow!
Sei bellissima! Harry impazzirà per te” e le sorrise con sincerità.
Ginny
ridacchiò portandosi malamente una mano sulle labbra, con fare volutamente
sensuale.
La
Caposcuola la
invidiò appena. Avrebbe voluto essere dotata almeno la metà del suo sex appeal.
Probabilmente tutti avrebbero cominciato a vederla come una ragazza.
“Lascia
stare me. Tu piuttosto, come ti trovi?” la rossa si era accostata alla bruna,
comparendo anch’essa nello specchio. Hermione si guardò nuovamente, sorridendo.
“Hai
fatto un miracolo” mormorò.
Ginny
mosse il capo in senso di diniego “No, questa sei semplicemente tu. Devi solo
valorizzarti di più. Sono certa che stasera tutti noteranno quanto tu sia
diventata una bellissima ragazza. Anche quello stupido di mio fratello!” aggiunse,
facendo arrossire Hermione, la quale però non riusciva a smettere di sorridere.
Hermione
e Ginny raggiunsero la Stanza
delle Necessità qualche minuto più tardi.
Harry
e gli altri le aspettavano lì.
In
realtà, il Bambino Sopravvissuto non si aspettava certamente di vedere
Hermione.
Ginny
aveva volutamente taciuto quel particolare. Hermione doveva essere l’effetto
sorpresa.
Infatti
Harry prima rimase stupito nel vedere la
sua giovane fidanzata vestita in quel modo, poi sbarrò gli occhi quando notò la
timida Hermione comparire alle spalle della rossa, intenta a torturarsi le mani.
“Ma-ma-ma”
balbettò facendo ridere la
Caposcuola.
“Harry
chiudi quella boccaccia, altrimenti la bava ti sporcherà il vestito nuovo”
cinguettò Ginny, scuotendo il capo.
“E’
che…che…” niente non riusciva a formulare una frase di senso compiuto.
“E’
Hermione si! Per una sera ha svestito i panni della studentessa ligia al dovere
e ha indossato quelli di una sexy fanciulla” ammiccò Ginny in direzione
dell’amica.
Hermione
annuì appena, imbarazzatissima.
“Ti
prego Harry smettila di guardarmi come se fossi un’aliena!” esclamò esasperata,
sul punto di scappare a gambe levate.
“Scusa,
scusa” borbottò il moro abbassando lo sguardo, colpevole.
“Ron?”
chiese la sua fidanzata. Harry le fece un cenno con la testa indicandole il
centro della stanza, dove Lavanda e Ron ballavano appiccicati l’uno all’altra.
“Bleah!”
esclamò la rossa “Non posso digerirli! Sarà che lui è mio fratello e ancora non
capisco come qualcuna possa interessarsi ad un imbecille come lui”, Hermione la
fulminò con lo sguardo, lei rispose con un sorriso fin troppo accentuato.
“Ginny!”
la richiamò Harry in tono di rimprovero “Tuo fratello non è un imbecille. È
solo…” ma anche questa volta, gli mancarono le parole.
“Solo
un ragazzo che dovrebbe usare di più il cervello!” rispose la rossa,
aggrappandosi al suo braccio.
“Hermione
è innamorata di lui da una vita e lui che fa? Corre dietro la gonnella di
quella tizia. Mamma
sperava che loro due si fidanzassero” sospirò dispiaciuta.
Hermione
avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non ascoltare.
Quei
due parlavano di lei, come se non ci fosse.
“Vi
ricordo che sono qui” disse infatti attirando i loro sguardi su di sé “E sto
bene! Basta con questa storia di Ron. Io l’ho dimenticato, ok?” continuò seccata,
in risposta ai loro sguardi ammonitori.
“Buona
sera ragazzi!” esordì una voce alle loro spalle.
Una
voce ben conosciuta.
“Ron”
rispose Ginny con un cenno della testa.
Il
rosso respirava in modo affannoso per via del ballo e stringeva con forza la
mano di Lavanda.
Fu
quest’ultima ad accorgersi di Hermione.
“Granger
sei proprio tu?!?” domandò basita.
“Chi
altri sennò? Conosci qualcun altro con questa faccia?” rispose lei con un tono
di fastidio nella voce.
“Mione?”
l’incredulità di Ron la irritò ulteriormente.
“Oh
accidenti! Solo perché non mi sono mai preparata non significa che io non sia
anche questo. Mi guardate come se stesse vedendo un fantasma, per la barba di
Merlino!” sbottò. “A scuola devo mantenere un certo contegno, ma quando c’è
l’occasione mostro la mia femminilità! E ora se volete scusarmi, vado a farmi
un giro! A dopo” e se ne andò senza aspettare che qualcuno di loro le dicesse
qualcosa.
Era
irritante, maledettamente irritante quella situazione! E lei si odiava, perché
per vergogna e paura non aveva mai osato mostrare quel lato del suo carattere.
Ma
davvero studiare tanto portava con sé il non essere considerata femminile?
Era
assurdo! Totalmente assurdo!
Hermione
cercò di calmarsi, bevendo un succo di zucca.
Una
volta placato il suo animo Grifondoro, si girò verso il centro della stanza e
poggiata al tavolo delle bevande, si mise a osservare ciò che accadeva.
Non
vedeva i suoi amici, probabilmente erano rimasti dove li aveva lasciati o più
semplicemente, vi erano troppe persone per poterli anche solo rintracciare in
mezzo a quel caos.
Dopo
un po’ notò Neville Paciok che si muoveva piano a ritmo di musica, con in mano
un bicchiere ricolmo di qualcosa. Poco distante intercettò anche Dean e Seamus
che facevano il filo a due ragazze Corvonero.
Disseminati qua e là c’erano numerosi
Serpeverde.
Hermione intravide Pansy Parkinson,
avvolta in un attillato e scollatissimo abito nero, sembrava alla disperata
ricerca di qualcosa.
O di qualcuno.
La ragazza sussultò. Non c’erano
tracce di Malfoy.
Cercò di ignorare quel campanello
d’allarme che s’era attivato nella sua testa e si concentrò su altro.
Il suo obiettivo era cercare di
capire chi fosse il misterioso proprietario di quel quaderno.
Ma più si guardava attorno, più le
sembrava che nessuno la stesse calcolando.
Ogni tanto qualche sguardo curioso si
posava su di lei, quando però capivano che era la Granger sorridevano
beffardi e se ne andavano via.
“Stupidi maschi idioti!” sibilò tra i
denti la giovane, sempre più convinta di aver fatto una stronzata ad essere
andata a quella festa.
“Non
ti getti nella mischia, Mezzosangue?” Hermione ebbe un momento di smarrimento,
ma si riprese subito, incrociando lo sguardo del Principe delle Serpi che si
era avvicinato al tavolo. Dipinta sul volto la solita aria meschina e
strafottente.
La
ragazza non poté non notare il suo abbigliamento.
Niente
di verde per una volta, ma una semplice camicia grigia dal collo argentato. La
cravatta slacciata e i primi bottoni aperti, lasciavano intravedere parte della
sua candida pelle.
Il
ragazzo prese a fissarla con insistenza. Gli parve strano che lei non
rispondesse, per tale motivo si fermò a riflettere. Forse troppo. Perché si
ritrovò a perdersi nelle iridi dorate della giovane Grifondoro.
Nessuna
debolezza, Malfoy.
Distolse
lo sguardo, quasi imbarazzato, ma fu lesto a indurire la sua espressione.
“Cos’è
Grattastinchi ti ha mangiato la lingua?” l’unico modo che conosceva per
difendersi era attaccare e con la
Granger gli veniva così naturale che quasi gli era mancato stuzzicarla.
Il suo volerla ignorare era dovuto a ben altre motivazioni, ma era stata lei a
alimentare nuovamente quell’astio e lui di certo, non si sarebbe tirato
indietro.
Restava
pur sempre un Serpeverde.
“Fammi
capire una cosa” iniziò Hermione facendo un passo verso di lui “Stasera non hai
chi ti fila e vuoi rompere le scatole a me? Eppure qualche secondo fa mi è
sembrato di vedere Pansy che, poverina” disse con finto tono dispiaciuto,
accompagnato da un gesto teatrale delle braccia.
“Quasi
con disperazione, cercava qualcuno tra la folla. Non so perché ma ho
l’impressione che volesse te. Cos’è oggi nessuna scopata?” non era da lei usare
certi termini. Si rendeva conto che poteva sembrare innaturale, ma era davvero
nervosa.
Draco
ne restò colpito, anzi affascinato, ma non lo fece notare.
“Oh,
oh, oh cos’abbiamo qui? La copia Serpeverde della Granger? Se non avessi quella
faccia e nel tuo corpo non scorresse sangue sporco, potrei quasi considerarti
decente” Malfoy sputò quelle parole con il massimo disprezzo di cui era dotato.
“Va
al diavolo!” sbottò lei, passandogli accanto.
“Cosa
cerchi, Granger?” domandò Malfoy, lasciando la giovane spiazzata.
“Ti
guardi attorno come se aspettassi di trovare una risposta. Dico bene?” gli
occhi del giovane luccicarono, mentre Hermione tremò appena.
“Non
sono affari che ti riguardano” rispose, celando appena uno strano tremolio
della voce.
Draco
ghignò “Non ti fila nessuno, vero Sangue Sporco? Non do torto a questi ragazzi,
chi mai ti vorrebbe?” urlò con malcelato odio.
Una
lacrima dispettosa rotolò giù, lungo il viso di Hermione, la quale rapidamente
l’asciugò, prima che qualcuno potesse vederla.
Non
rispose, preferì allontanarsi da lui
Draco
rimase lì a fissarla scappare via.
Hermione
si muoveva a disagio nella Stanza delle Necessità, sentendosi dannatamente
fuori posto. Con gli occhi continuava a guardare ovunque, non vedendo altro che
masse di corpi in movimento.
Quella
musica babbana aveva fatto salire a livelli disumani, l’eccitazione di quei
ragazzi che ora si dimenavano come impazziti.
E
lei che credeva sarebbe stata una festa tranquilla.
Ancora
non comprendeva perché la
McGranitt avesse dato il permesso per quel…casino!
E
ancora di più, non si capacitava dell’idea di averci partecipato.
Sbuffò,
sollevando i lembi dell’ingombrante gonna e si fece spazio tra la folla,
raggiungendo una finestra e riuscendo finalmente a prendere aria.
Improvvisamente
si era sentita opprimere.
Per
le parole di Malfoy o per il caldo eccessiva di quella stanza?
Non
lo sapeva e in verità, non le importava.
Si
appoggiò al davanzale della finestra, rabbrividendo a contatto col marmo
freddo.
Fuori
il cielo era sereno, ma l’aria era molto rigida, infatti la stessa Hermione
tremò. Questo non la convinse a richiudere le ante. Restò lì con lo sguardo
fisso nel vuoto.
Perché
Malfoy aveva insinuato che cercasse qualcuno?
Che
l’avesse spiata scoprendo così l’esistenza di quel quaderno?
No,
no non era possibile. Lei era sempre stata molto attenta.
Malfoy
stava solo prendendola in giro come al solito.
Fu
in quel momento che, sobbalzando, si rese conto che il ragazzo era,
apparentemente, tornato lo stesso bastardo di un tempo. Aveva ricominciato a
prendersi gioco di lei.
Chissà
perché questa cosa la fece sorridere…
***
Il capitolo scorso è piaciuto poco e me ne dispiace.
Probabilmente vi aspettavate qualcosa di meglio o un Draco diverso da quello che vi ho presentato io.
In questo nuovo capitolo, fa di nuovo la sua comparsa e sembra essere
tornato il bastardo di un tempo. Chissà cosa ci riserverà
quest'enigmatico personaggio.
Il vostro giudizio mi aiuterà a capire se sto riuscendo nel mio
intento. Per quello che mi riguarda, quando scrivo di loro mi emoziono
sempre e mi sento in pace col mondo :).
Grazie a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra preferite/seguite, ne sono onoratissima <3.
Grazie ai lettori silenziosi e ai recensori. Vi sono grata!
Ps: ricordo come sempre, che questi personaggi sono frutto
dell'immaginazione della Rowling e che la fan fiction non è
scritta a scopo di lucro, ma per mio mero diletto.
Marghe
|
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Capitolo 5 *** Un nuovo disegno ***
Un nuovo disegno
Capitolo 4 “Un nuovo disegno”
La
domenica mattina, giorno successivo alla festa, la
Sala Grande alle nove era ancora vuota.
Hermione non si meravigliò di essere tra le prime a fare colazione.
La
sera precedente era stata l’unica a rientrare prima. Aveva cercato tra la folla
Ginny comunicandole che era stanca e che andava a dormire.
Una
bugia anche quella.
Non
aveva granché sonno, solo era stufa di stare a quella festa. Non aveva ricavato
un ragno da un buco. Nessuno le si era avvicinato rivelandosi essere il
misterioso ragazzo del quaderno.
Solo
Malfoy l’aveva importunata. Ma lui non contava.
Quella
mattina si alzò più tardi del solito, perché non aveva chiuso occhio per quasi
tutta la notte, addormentandosi verso l’alba.
Giunta
nella Sala, si accomodò e silenziosamente fece colazione. La testa le doleva
per il poco riposo, però questo non le avrebbe impedito di studiare anche quel
giorno.
Con
un occhio chiuso e l’altro aperto, trangugiava il suo succo di zucca e non badò
al fatto che dalla porta della Sala era appena entrato qualcuno.
Sbadigliò,
non riuscendo a coprirsi la bocca con la mano. Non le importò.
Un
risatina profonda si librò nell’aria. Solo in quel momento Hermione pose
attenzione alle persone in Sala e quando notò che vi erano solo lei e Malfoy,
sbatté le palpebre pensando ad un’illusione ottica. Ma si sbagliò.
La
serpe dal suo tavolo la fissava con sguardo vivo e un ghigno ben disegnato
sulle labbra perfette.
No,
un attimo.
Da
quand’è che considerava con quell’aggettivo, la bocca di Malfoy?
Hermione
si riscosse, scuotendo la testa.
“Brutto
risveglio, Mezzosangue?”vile e viscido solo come una serpe poteva essere.
La
Granger alzò
la testa e lo fissò.
Anche
da lontano, i suoi occhi grigi apparivano limpidi e contemporaneamente
invalicabili. I capelli biondi ben curati e sistemati, incorniciavano un viso
pallido e molto magro.
Non
era la prima volta che si soffermava a guardarlo.
Dall’inizio
dell’anno non faceva che tenerlo d’occhio.
Lei
si diceva che era per restare in allerta. Non si fidava di lui, ma se scavava
meglio poteva ricordare il terzo anno. Era stato all’ora che gli sfottò del
ragazzo si erano fatti insistenti, continui e per quanto lei ci rimanesse male,
gli teneva testa, sostenendo il suo sguardo. Non ne aveva mai incontrato uno impetuoso
come il suo. Mai degli occhi così l’avevano turbata. Hermione aveva ignorato
quella strana sensazione, sentendola fuori posto. Sensazione spazzata via
quando lo aveva schiaffeggiato.
Ricordava
bene l’ira che aveva attraversato quelle pupille di ghiaccio e la rabbia che l’aveva
portata a compiere quel gesto estremo.
Si
era sempre detta che tutto quello era alimentato dall’odio che provavano l’uno
verso l’altro.
“Sei
scappata come una lepre ieri. Hai fatto bene” i suoi occhi luccicarono maligni
“Tu non c’entravi nulla con quella festa” ammise dall’alto della sua superbia.
Hermione
sorrise amaramente, lasciando cadere nel piatto, parte della sua colazione.
“Se
qualcuno qui è fuori posto, sei proprio tu, Malfoy. Dovresti essere ad Azkaban
insieme a tuo padre!” un lampo di collera trapassò il viso di Draco,
deformandolo. Il ragazzo strinse i pugni talmente forte che le nocche divennero
bianche.
La
giovane Caposcuola sapeva di aver appena toccato un tasto dolente, ma era
stanca di subire. Stufa di essere la presa in giro della scuola. Avrebbe
dimostrato il suo valore e avrebbe guadagnato il rispetto di tutti, non solo
come maga, ma soprattutto come persona. Perché lei era quello prima di ogni
altra cosa.
Malfoy
si alzò di scatto, strisciando a terra la panca. Poggiò i palmi sul tavolo di
legno e schioccò un’occhiata gelida alla ragazza.
Digrignò
i denti, furioso, il grigiore dei suoi occhi tramutò in tempesta, allarmando
Hermione, la quale però non abbassò lo sguardo, anzi lo affrontò.
Alla
fine lui non disse altro, ma se ne andò furente, avvolgendosi nel suo mantello
nero.
La
Granger fissò
le sue spalle, nuovamente ricurve.
La
pioggia fitta aveva impedito ad Hermione di recarsi presso il Lago Nero per
questo aveva optato, seppur a malincuore, per la biblioteca.
Il
caminetto acceso riscaldava l’ambiente.
Hermione
entrò salutando con un sorriso Madame Pince, per poi
muoversi rapida verso il suo tavolino preferito.
Studiò
per un’ora Storia della magia, poi la sua attenzione era vacillata. Lo aveva
letto da qualche parte, secondo alcuni babbani, le funzioni attentive erano
vigili per soli 45 minuti, dopodiché la mente aveva bisogno di riposo.
Si
strofinò gli occhi con la mano, lasciando andare la testa sul tavolo. Con lo
sguardo rivolto verso fuori, si abbandonò al suono melodioso della pioggia.
Chiuse
per un attimo gli occhi e le comparve l’immagine di uno specchio. Sussultò,
sollevando immediatamente la testa. Afferrò con enfasi la sacca e tirò fuori il
quaderno. Con le dita ne accarezzò la costa e con lentezza esasperante lo aprì.
Sfogliò
qualche pagina, sorridendo a quei disegni che le piacevano sempre di più.
Non
aveva mai pensato di guardare l’ultime pagine, per controllare se il quaderno
era finito, ma notò subito che quei fogli erano immacolati. Andando a ritroso,
si soffermò sull’ultima pagina disegnata.
Quasi
la mascella le cadde sul tavolo e gli occhi le uscirono fuori dalle orbite.
Il
disegno ritraeva una figura femminile simile a lei, con indosso il vestito
donatole da Ginny per la festa del giorno prima.
“Ma
com’è possibile?” esclamò con voce stridula. Alzò il quaderno e lo scosse, che
un essere talmente piccolo si fosse nascosto tra quelle pagine, spiandola?
Ma
la risposta fu negativa.
“Cosa
sta succedendo? Non…capisco” e Hermione detestava non avere la soluzione per
quel quesito. Come aveva potuto quella persona disegnare lei, se il quaderno
era rimasto nella sua camera? Che fosse un Grifondoro il proprietario? Era
chiaro come il sole che di mezzo c’era la magia, ma quale incantesimo?
Gli
occhi dorati della giovane si scontrarono con la scritta collocata in calce al
disegno.
“Liscia e candida la tua pelle
richiama la mia.
Un bocciolo pronto per essere
colto, il tuo collo si offre alla mia visuale, meschino tentatore, va giù in
picchiata e si posa dolcemente sui tuoi seni.
Le balze della gonna ricoprono
la femminilità che con prematura accortezza, hai celato a tutti.
E vorrei essere il
privilegiato. Vorrei assaggiarti, assaporarti.
Amarti.
Ma a me è destinato tutt’altro
che il tuo calore.
Nemica mortale dei miei sogni,
resterò fermo qui a guardarti.”
Hermione
si sentì sciogliere di fronte a quella dichiarazione. Arrossì vistosamente,
avvertendo un’insolita agitazione smuoverle le viscere.
Deglutì
a vuoto, la gola secca e le mani tremanti.
Doveva
capirci di più. Era suo compito venire a capo di quel mistero!
Chi!
Chi la desiderava fino a quel punto?
Chi
essere umano era in grado di farla sentire così…donna?!?
Rapidamente
fu in piedi, strinse il quaderno al petto, guardandosi intorno con aria
furtiva.
Poi
corse fuori nonostante la pioggia.
Si
gettò con tutto il corpo sotto la tempesta, alzò la testa verso il cielo,
chiudendo gli occhi.
Cos’era
quella nuova emozione appena nata nel suo cuore?
Si
stava lasciando abbindolare da rappresentazioni grafiche e parole, neanche ne
conosceva l’autore.
E
allora perché sentiva che si stava legando a questo sconosciuto?
“Hermione!!!”
un grido squarciò l’aria.
Spaventata,
la Caposcuola
si girò di scatto verso l’enorme portone e notò una testa mora appena visibile.
“Harry”
sorrise, mentre gocce di pioggia continuavano a riversarsi su di lei.
“Torna
dentro, ti prenderai un malanno!” Hermione sembrò accorgersi solo in quel
momento di essere tutta bagnata. Con un veloce scatto, corse dentro la scuola.
Harry
la strinse.
“Che
ci facevi fuori sotto l’acqua?” le chiese, scostando il corpicino della sua
amica da sé. Hermione era turbata, non sapeva cosa dirgli per questo abbassò lo
sguardo.
Harry,
alquanto preoccupato, le prese il mento tra le dita, costringendola a riportare
le sue pupille nelle proprie. Lei non era tipo da distogliere lo sguardo.
“Hermione
smettila di nasconderti. Dammi la possibilità di aiutarti” sorrise tenero, la
ragazza annuì, perdendosi nel verde smeraldo di quegli occhi così sinceri.
“Vieni”
e la guidò verso un posto più appartato e sicuro.
Hermione
strinse ancora di più il quaderno tra le braccia, prima di mostrarlo all’amico.
“Cos’è?”
chiese quest’ultimo, gli occhi illuminati dalla curiosità.
“Aprilo”
lo incitò lei. Harry lo fece e iniziò a sfogliarlo.
Sul
suo volto passarono diverse emozioni: curiosità, dubbio, meraviglia, poi quando
arrivò al profilo di Hermione sbarrò gli occhi stupefatto.
“Ma
chi…?” lasciò cadere la domanda, di fronte alla quale la giovane Caposcuola
scosse il capo.
“Non
lo so. Sto cercando di capire, ma…niente.” E tutta la sua frustrazione si
riversò in quelle parole.
“Dove
lo hai trovato?” Harry continuava a sfogliare le pagine, incredulo.
“In
biblioteca quando sono andata con Ginny a cercare il mio diario” ricordò.
“Ginny
lo sa?” Hermione negò.
“Non
ne ho parlato con nessuno, perché…” già perché?
“Credo...anzi
è una cosa mia, cioè…sento che questo quaderno mi appartiene in un certo senso.
È qualcosa di così intimo. Io non so chi possa aver scavato tanto bene nel mio
animo, senza mai farsi scoprire” Hermione arrossì vistosamente.
“Pensi
sia qualcuno che conosci?” domandò il moro, iniziando a meditare, fissando il
quaderno con insistenza.
“No.
La cosa stramba però è un’altra” disse lei, ricordandosi di ciò che aveva
scoperto solo qualche minuto prima.
“Cioè?”
e Hermione gli mostrò l’ultima pagina. Harry spalancò gli occhi, intrisi di uno
stupore nuovo e malcelato.
“E’
un quaderno incantato. Tu hai scritto qualcosa o hai provato a farlo?” domandò
“Mi ricorda molto il diario di Tom Riddle” aggiunse con aria pensierosa.
“Non
credo siano uguali, Harry. Non ho mai provato a scriverci nulla sopra. È
sicuramente magico, ma non pericoloso. Ne sono certa.” Harry la fissò a lungo,
se la sua migliore amica diceva quelle cose, lui non poteva fare altro che
fidarsi. D’altronde si sapeva, Hermione era il cervello del gruppo e le sue
delucidazioni non erano mai, o quasi mai, fuori luogo o sbagliate. Per questo
annuì e le sorrise.
“Stai
tranquilla, Hermione. Presto la persona in proposito si farà avanti. Certo
dubito che pubblichi qualche annuncio in bacheca per ritrovare il suo quaderno,
però sono quasi sicuro che farà qualche passo falso e forse sarebbe l’ideale
che tu ti faccia vedere in giro con in mano il quaderno. Solo così questa
misteriosa persona uscirà allo scoperto, in qualche modo.” La Caposcuola, anche se
inizialmente titubante, si rese conto che quella proposta da Harry, era l’unica
soluzione per porre fine a quel rompicapo. Così decise che da quel momento in
poi, avrebbe camminato col quaderno sottobraccio.
E
iniziò subito.
Affiancata
da Harry, passeggiò per i corridoi di Hogwarts, incrociando diversi studenti, per lo più del primo anno, che lanciarono
strane occhiate, tutte però dirette al Bambino Sopravvissuto.
In
tarda mattinata, Hermione era già stanca. Era andata a zonzo per tutto il
castello, senza ottenere alcun risultato.
Harry
la consolò “Dai. È solo il primo giorno! Bisogna avere pazienza” disse in tono
lieve.
Hermione
annuì.
Il
suo amico le aveva dato forza e coraggio. Condividere quel segreto, la faceva
sentire più leggera.
“Hai
ragione, Harry!!!” esclamò, sul volto una nuova espressione.
“Prima o poi verrò
a capo di questo intrigo e chissà…” fissò l’amico, raggiante “Magari sarà la
volta buona che mi trovo un ragazzo” schioccò la lingua sui denti, facendo sorridere
Harry.
“Sarebbe
fantastico, Herm! Lo meriti. La guerra ci ha sconvolti e tutti meritiamo un po’
di serenità, tu specialmente. Approposito…” il ragazzo si fece scuro in volto.
“Notizie
dei tuoi genitori?” domandò con apprensione “Non hai parlato granché di loro da
quando siamo qui” constatò.
Hermione
annuì “Stanno bene. Ora sono a casa e mi aspettano lì per le vacanze natalizie.
Sono stata in Australia subito dopo la guerra e ho fatto tornare loro la
memoria. Erano molto spaventati e…preoccupati. Ho raccontato tutto e quando li
ho visti piangere, ho capito che avevo fatto bene a cancellare i loro ricordi.
Non avrei mai voluto che stessero male per un’eventuale mia morte” la Grifondoro cercò di
sorridere, ma invano.
“E’
tutto finito!” Harry l’abbracciò e Hermione, si lasciò stringere e cullare.
Quel
pomeriggio, Harry, Ginny, Ron e Lavanda decisero di andare ad Hogsmead per fare
spese per l’imminente festa di Halloween. Hermione aveva declinato l’invito
sentendosi di troppo, poi voleva continuare ad indagare. Oltretutto si sentiva
male.
Harry
che la conosceva meglio di chiunque altro, capì e non le diede il tormento, a
differenza di Ginny.
“Dai,
dai, sarà divertente! Sai quante persone ci saranno? Mezza scuola di sicuro e
poi ci sono così tante cose da comprare, vestiti da provare” insisté la rossa,
con gli occhi a cuoricino. Quando si trattava di far spese era sempre in prima
linea.
“No,
Ginny, non insistere. Ho detto che non mi va, non mi sento molto bene. Credo di
avere qualche linea di febbre” e fissò colpevole Harry, il quale l’ammonì con
lo sguardo. Essere stata sotto la pioggia, seppur per qualche minuto, aveva
dato i suoi frutti.
“La
solita rompiscatole” borbottò Ron, mentre Lavanda rideva sotto i baffi.
Hermione
roteò gli occhi verso il cielo. Quei due la irritavano in una maniera
incredibile.
La
sua tattica era quella di ignorarli.
“Dovresti
farti dare un’occhiata da Madame Chips!” suggerì premuroso, Harry.
Ginny
annuì, concorde col suo ragazzo “Conviene che tu lo faccia, se non vuoi
perderti le lezioni” la prese in giro, quest’ultima.
Hermione
le fece la linguaccia.
“Vado
diretta in infermeria. Non ho intenzione di fare assenze” disse con la sua
solita saccenza. Era insita in lei.
Salutati
i suoi amici, fece come aveva promesso. Seppur seccata, andò da Madame Chips.
“Oh
Signorina Granger, cosa posso fare per lei?” domandò la donna, non appena la
vide.
“Credo
di essermi beccata il raffred…” e starnutì.
“Il
primo freddo inizia a mietere vittime” constatò la donna “Venga pure Signorina,
si sieda qui e aspetti. Torno subito”.
Poco
dopo, Madame Chips arrivò con una fiala tra le dita “Bevi. È un succo che ti
farà passare tra qualche minuto ogni sintomo influenzale e acuirà per un’oretta,
ogni tuo senso.”
La
buttò giù in un sorso e aspettò, ad occhi chiusi, che facesse effetto. Solo
quando cominciò a sentirsi meglio, lasciò l’infermeria.
Appena
fuori la porta, Hermione si scontrò con Malfoy. Le loro spalle si toccarono e
entrambi indietreggiammo di qualche passo.
“Attenta
a dove metti i piedi, Mezzosangue!” sibilò lui maligno, pulendosi il mantello,
in segno di disprezzo.
Hermione
indurì lo sguardo e non lo rispose. Gli passò accanto con l’intento di
ignorarlo, ma uno strano profumo la costrinse a fermarsi, proprio accanto a
Malfoy. La giovane chiuse gli occhi e annusò l’aria attorno a sé. Un fresco
profumo di menta e pioggia le ravvivarono i sensi. Voltò la testa di lato con
ancora gli occhi chiusi, poi avvertì uno strato di stoffa, sfiorarle il naso e
spalancò le palpebre, rendendosi conto che quell’odore proveniva dal tanto
odiato ragazzo. Solo in quel momento si accorse che lui era tutto bagnato, i
capelli biondi, quasi bianchi, gli ricadevano sul viso, gocciolanti.
Si
allontanò come se avesse appena toccato il fuoco.
Draco
vide quello strano movimento e si girò nella sua direzione. La fissò, scendendo
con lo sguardo lungo il suo corpo. Non la vedeva da quella mattina a colazione
quando con quelle parole cariche di odio, l’aveva fatto infuriare.
Uscito
dalla Sala Grande, aveva corso per non farsi vedere in quello stato da nessuno
e si era recato, nonostante la pioggia, verso il Lago Nero. Un po’ inconsciamente
sperava che lei lo raggiungesse, magari potevano scambiarsi qualche altra
battuta maligna.
Con
gli occhi raggiunse le mani della giovane Grifondoro e notò un quaderno. Non
diede segno di provare alcun tipo di emozione, anzi distolse lo sguardo e così
come se niente fosse stato, le diede le spalle e entrò in infermeria.
Si
era beccato il raffreddore.
***
Buon pomeriggio miei carissimi lettori.
Non so davvero cosa dirvi, sapete?
Le vostre recensioni mi lasciano sempre senza parole. Ho visto che
molte persone hanno inserito la storia tra le preferite e ne sono
entusiasta, mi raccomando però, fatemi sapere cosa ne pensate.
Una recensione negativa non può che farmi bene.
Sono qui per imparare, per migliorare. Ne ho davvero tanta voglia :).
E ho anche voglia di regalarvi delle emozioni e mi impegno al massimo
perché con questa fan fiction possiate provare le stesse
sensazioni che mi animano quando la scrivo. Ce la farò a
raggiungere il mio intento?
Incrocio le dita e spero di si.
La composizione presente in questo capitolo è mia. Più la
rileggo e più penso che non so da dove ho cacciato fuori quelle
parole. L'ispirazione è venuta, come spesso mi succede,
ascoltando la musica.
Che cosa mi dite di Harry?
Quello che vi presenterò sarà un personaggio un pò cresciuto, maturato. Era ora, no?
Aspetto le vostre opinioni.
Vi adoro. Sul serio!!!
Grazie di tutto.
A giovedì prossimo.
Marghe
Ps: ricordo che i
personaggi sono nati dalla fantasia della Rowling e che questa fan
fiction è scritta solo ed esclusivamente per mio diletto, quindi
non ha alcun scopo di lucro.
|
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Capitolo 6 *** Confessioni al nemico ***
Confessioni al nemico
Capitolo 5 “Confessioni al nemico”
Era
trascorso un altro mese.
Dicembre
con le sue gelide temperature era giunto in fretta. Le luci, i colori avevano
assunto una tinta diversa, nell’aria già si avvertiva il sentore delle
immediate festività natalizie.
La
vita scorreva tranquilla nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Nessun
particolare avvenimento di cui sparlare.
La
solita monotona quotidianità: colazione, lezioni, giornate di studio, ancora
lezioni, cena, dormitorio.
I
sabati pomeriggi a Hogsmead venivano sfruttati per l’acquisto di qualche
pensierino, era forte la voglia di riempirsi la vita in qualche modo. Anche con
un futile regalo.
Hermione
non aveva ancora trovato il proprietario di quello strano quaderno. Continuava
a portarlo con sé ovunque: a lezione, in Sala Grande, spesso anche fuori dal
castello.
Tutti
sembravano incuriositi dallo strambo rapporto che s’era creato tra la ragazza e
quello strano oggetto, solo una persona s’era mostrata parecchio indifferente.
Anzi
non la degnava di uno sguardo o semplicemente lo distoglieva quando la
incontrava: Draco Malfoy.
Da
quella volta fuori l’infermeria, quando aveva sfiorato per caso, coi suoi occhi
quel quaderno, sembrava essere più distante del solito.
E
pensare che sembrava essere tornato lo stronzo di un tempo. Dal ballo aveva
ricominciato a importunarla, poi puff, per magia tutto era cambiato di nuovo.
Non
che le interessasse il motivo, ovviamente, però quegli strambi cambiamenti
d’umore di Malfoy, la infastidivano un po’.
Ad
un certo punto, Hermione aveva iniziato a pensare che fosse proprio lui il
misterioso ragazzo, ma s’era ritrovata a ridere di quell’assurdità.
Figurarsi
se lui era abile in un’arte nobile come il disegno e se addirittura raffigurava
lei, scrivendole piccole poesie dove era chiaro che l’adorasse.
La
realtà era che lui la detestava, anzi il termine più appropriato era “odiava” e
solo per il suo essere nata da Babbani.
“Stupidi pregiudizi da
ignorante qual è” pensò tra
sé Hermione, rabbuiandosi.
Harry
le domandava ogni santo giorno a che punto fossero le ricerche e la risposta
era sempre la stessa: ad un punto morto.
Un
giorno però accadde qualcosa.
Come
al solito, stava studiando sulle rive del Lago Nero, quando un rumore sospetto
la distolse dai libri.
Afferrò
la bacchetta da sotto il mantello e si alzò guardandosi attorno.
Sembrava
non ci fosse nessuno.
Poi
dietro un albero scorse la figura di Dean, suo compagno di Casa.
Storse
il naso.
“Esci
fuori, ti ho visto” borbottò sbuffando. Si era presa un colpo per nulla.
“Scusami”
mormorò lui in evidente imbarazzo, grattandosi la testa.
“Volevi
qualcosa?” Hermione aveva ammorbidito il tono. Non voleva sembrare scortese né
acida, come tutti la definivano.
Dean
sembrò arrossire ancora di più, quasi il fumo le usciva dalle orecchie.
“Ehm…no,
ecco. Io…” balbettò il ragazzo in difficoltà.
Hermione
si avvicinò di qualche passo e Dean sgranò gli occhi, spaventandosi.
“Non
ti faccio niente” la
Caposcuola sorrise.
Era
così bella quando lo faceva.
“Io
vorrei…” deglutì in modo evidente “Vorrei sapere se…ti andava di frequentarci”
mormorò a bassissima voce.
Hermione
riuscì a captare a malapena le sue parole e si trovò spiazzata.
Dean
era l’autore di quei meravigliosi disegni?
Era
lui che sapeva leggerle dentro così bene e suscitarle sensazioni così nuove e
indefinite?
Però
la sua timidezza mal si posava con la prorompenza e l’erotismo di quelle
piccole poesie.
Hermione
pensò che gli artisti infondo erano persone molto timide che per esprimersi
avevano per l’appunto bisogno della loro arte. Forse lo stesso valeva per Dean.
Eppure
non si sentiva contenta di quella scoperta.
“Se
vuoi” cominciò lei con cautela “Oggi pomeriggio potremmo passeggiare un po’ e
parlare, ti va?” domandò, anche se poco convinta.
Dean
alzò la testa di colpo, meravigliato.
Non
se l’aspettava! Era già pronto a sorbirsi una lavata di capo colossale e
invece…
Al
di là di ogni previsione Hermione gli stava sorridendo gentilmente.
“Sarebbe
meraviglioso!” esclamò Dean contento. Fece qualche passo indietro, mantenendo
lo sguardo fisso su Hermione.
“Allora
a più tardi?” chiese a conferma, sicuro che stesse sognando.
La
Granger annuì
“Ci vediamo alle tre in Sala Comune” precisò lei.
Questa
volta fu il turno di Dean di annuire, poi corse via trafelato, inciampando qua
e là.
Hermione
lo guardava.
“Avrò fatto bene? Non sembra
il tipo adatto a me”
sospirò tornando al suo libro di Artimanzia.
“Ma d’altronde io non ho la
giusta capacità di giudizio. Ci ho visto Ron al mio fianco fino a poco tempo
fa, quindi…perché frenarsi?”
rifletté ancora un attimo prima di ricominciare a studiare.
“E
così lo sciocco Dean, ti ha chiesto un appuntamento?” Hermione conosceva solo
una persona con un tono così alacremente fastidioso.
Non
si voltò neanche “Malfoy se sei venuto qui per rompere le scatole, puoi
tornartene al castello. Sto cercando di studiare” rispose lei, leggermente
risentita dall’ironia del ragazzo.
Sembrava
così strano che piacesse a qualcuno?
Era
una donna anche lei, per Minerva!
Possibile
nessuno riuscisse ad andare oltre il suo essere brava a scuola?
Tutti
stolti e superficiali i maschi. Facile fermarsi all’apparenza, mentre scavare,
scoprire, imparare realmente a guardare, implicava uno sforzo maggiore che loro
non erano pronti a compiere.
A
loro fregava solo avere sotto mano una gallina senza cervello, tutto tette e
culo, per sbattersela in qualche letto o, ancora più rudemente, su qualche
muro. Il loro scopo era solo quello di soddisfare gli istinti primordiali.
La
conoscenza vera e propria della persona era fuori dai loro interessi.
“Si,
si lo vedo” mormorò lui mellifluo, restando dov’era.
“E
poi, Mezzosangue, devo ricordarti che questo è un luogo pubblico e posso starci
quanto mi pare?” rispose con strafottenza.
E
meno male che aveva pensato che finalmente l’avesse lasciata in pace.
“Se
devi stare qui, almeno abbi la decenza di starti zitto! Ho bisogno di
concentrazione per studiare. E poi non devo ricordarti io che la riva del Lago
è talmente ampia che c’è spazio per tutti, quindi potresti anche spostarti più
in là” quel ragazzo aveva il potere di farle perdere il controllo di se stessa.
“Tu!”
esclamò il biondo e solo all’ora Hermione si degnò di guardarlo.
“Come
osi parlarmi in questo modo! Spostati da lì, questo è il mio posto!” sbottò
Draco, avvicinandosi pericolosamente.
Gli
occhi dardeggianti per la rabbia.
Hermione
per un attimo sembrò vacillare di fronte a quell’ira malcelata, ma ritrovò
presto la sua determinazione e si alzò in piedi.
“Non
mi sembra che qui ci sia scritto il tuo nome! Come hai detto tu è un suolo
pubblico quindi, se non ti dispiace siccome sono arrivata prima io, tu porti il
tuo bel sederino purosangue più in là” il grugnito di Malfoy, le diede molta
soddisfazione.
Poi
però il giovane increspò le labbra che si dispiegarono subito dopo in un ghigno
che non presagiva nulla di buono.
“Invece
io mi siederò qui” e si accomodò elegantemente al suo fianco.
Hermione
era un lanciafiamme, se avesse potuto lo avrebbe incenerito, ma non gliela
diede vinta e si accomodò al suo posto, riprendendo a leggere.
Per
la mezz’ora successiva, Hermione non era riuscita a studiare. La presenza di
Malfoy al suo fianco, seppur si fosse rivelata estremamente silenziosa, la
turbava.
Era
abituata a studiare avendo gente attorno, come Ron e Harry, però si sentiva
stranamente agitata. Quasi sott’esame.
Sbuffò
scocciata, poi si girò verso il biondo e lo trovò disteso sull’erba, nonostante
il gelo, che fumava bellamente una sigaretta.
“Sai
che è vietato?” chiese lei, assumendo il suo ruolo da Prefetto.
Lui
la ignorò placidamente, aprendo leggermente le labbra e lasciando fuoriuscire
il fumo che si dispiegò nell’aria.
Hermione
corrucciò la fronte irritata per la strafottenza di quel ragazzo.
Possibile
che gli anni passassero e lui restava sempre lo stesso?
“Con
te è tutto fiato sprecato” la Caposcuola Granger smise di guardare il ragazzo
seduto accanto a lei e lasciò vagare lo sguardo verso l’orizzonte.
Draco
sollevò un sopracciglio, poi girò appena il volto per fissare la Mezzosangue.
Anche
di profilo era molto bella.
Il
vento le scompigliava i ricci ribelli disparandoli qua e là, ma lei sembrava
non farci caso.
Le
labbra erano piccole e carnose, leggermente dischiuse.
Il
ragazzo dai crini biondi avrebbe quasi voluto toccarle. Non erano perfette e
invitanti come quelle di Pansy o maliziose come le giovani Purosangue che aveva
frequentato, però sentiva un irrefrenabile desiderio di passarci sopra le dita
e disegnarne poi il contorno con la lingua.
Draco
si trovò per qualche secondo senza fiato, annaspò in cerca della sua aria.
Quella che sapeva non poteva avere.
Suo
padre diceva sempre che per la nobile famiglia Malfoy niente era impossibile.
Loro erano ricchi e potenti per tale motivo potevano tutto.
Ma
Draco, in quel momento, capì che suo padre s’era sempre sbagliato: il cuore di
una donna non poteva essere comprato.
“E
tu lo sai, carissimo Prefetto, che diventerai oggetto di gossip a breve?”
gongolò lui, non resistendo dal punzecchiarla.
Aspirò
un’ultima boccata, poi la sigaretta sparì dalle sue dita con un incantesimo non
verbale.
Hermione
aveva scrutato quei gesti con minuziosa attenzione, pronta a ribattere ma era
come incantata.
Si
riscosse.
Quel
ragazzo era davvero una serpe, bastava che si muovesse per ammaliare.
Non
l’aveva mai notato prima.
Che
fosse una caratteristica dei Purosangue? O solo di Malfoy?
Di
quel Malfoy…
Indurì
lo sguardo, avendocela a morte con sé stessa per la sua debolezza.
“Per
quale motivo, se è lecito saperlo?” chiese seccata, quasi non le interessasse
davvero porre quella domanda e ascoltarne la risposta.
Draco
ghignò come suo solito.
“Io
vorrei sapere se ti andava di frequentarci?” e imitò a perfezione il tono del
giovane Grifondoro Dean, scoppiando subito dopo a ridere.
“Finalmente
la secchiona di Hogwarts avrà una vita al di là dei libri!” annunciò con finto
interesse.
“Sarà
interessante osservare i risvolti di tale novità” e si girò a guardarla.
Hermione
arrossì per la rabbia, ma non voleva dar soddisfazione a quella serpe velenosa,
perciò non disse nulla.
Si
limitò a sorridere. Un sorriso che non aveva nulla di amichevole.
Quel
gesto sorprese Malfoy. E non era facile che ciò si verificasse.
Lui
provocava per godere di un’ eventuale reazione e a sua volta per ribattere.
Certamente desiderava che gli fosse data l’ultima parola, ma non poteva non
ammettere che lo eccitava da morire, battibeccare con la Granger.
“E’ un modo per avere una
parvenza di normalità”
pensò tra sé e sé, mordendosi la lingua per quell’astrusa e sbagliata
riflessione.
“Il
problema è sempre lo stesso” Hermione parlò senza quasi accorgersene,
continuando a guardare Malfoy.
“E’
che tutti voi in questa scuola vi soffermate su di me considerando solo il mio
essere secchiona, per usare un termine babbano. Però nessuno prova a voler
sapere altro di me, vi è mai passato per l’anticamera del cervello che quando
sono a casa sono diversa e che magari una vita al di fuori di questa scuola la
conduco? Chiaro che no: studiare equivale a essere asociali” la risata amara
della riccia, riecheggiò tutt’attorno.
Una
risata che rabbuiò i suoi occhi.
“Quest’estate…”
mormorò interrompendosi un attimo “Quest’estate tutti noi abbiamo affrontato
una guerra, Malfoy. Siamo solo dei ragazzini e siamo stati coinvolti in uno
scontro vero e proprio, dove abbiamo rischiato la pelle. Tutti! E credo che
tutti abbiamo dimostrato una certa maturità, lucidità e freddezza d’animo. Ora
qui vorremmo che le cose tornassero alla normalità e lo capisco, è giusto oltre
che logico. Ma…” esalò un sospiro.
Perché
ne stava parlando proprio con Malfoy?
Le
si doveva essere fuso il cervello.
“Ma
vorrei che in virtù di questa normalità, qualcuno considerasse me una ragazza
qualunque!” si trovò quasi a gridarle quelle parole.
Una
richiesta che non aveva mai avuto il coraggio di dire a voce alta e ora la
stava confessando ad un nemico.
Un
nemico che non avrebbe mancato di deriderla.
Draco
era rimasto in silenzio ad ascoltare, stringendo tra le dita l’erba fresca
della recente pioggia quando Hermione aveva accennato alla guerra, per poi
rilasciarla alle ultime parole della ragazza.
Sbagliava
o aveva colto una nota di…amarezza?
Era
proprio amarezza quello che provava Hermione?
Malfoy
non poteva saperlo con certezza, lui non ne capiva di sentimenti. Gli erano
estranei.
“Ciarli
troppo per i miei gusti” ribatté lui alzandosi in piedi, le mani nelle tasche
dei pantaloni neri.
“Il solito villano” meditò Hermione, sentendo già l’irritazione
nascere in lei.
“E
pensi anche troppo” aggiunse, attirando lo sguardo incuriosito della ragazza.
A
quel punto, Draco la scrutò, uno sguardo di ghiaccio che sembrava volesse
sondarle l’anima.
“Hai
mai pensato che forse sei proprio tu a non volere che gli altri ti conoscano
per quello che sei, comportandoti come una saccente, verginella, antipatica? Lo
hai detto proprio tu: al di fuori di questa scuola sei diversa. Qui no!” disse
con tono freddo, ma deciso.
“Riflettici
Mezzosangue. E vivi di più, senza inutili seghe mentali. Ti saluto” pronunziò
incamminandosi.
E
ancora una volta Hermione gli fissò spalle. Questa volta sembravano meno
ricurve.
***
Buon pomeriggio carissimi lettori.
Come ogni giovedì, mi ritrovo qui per aggiornare la fan fiction.
Quest'ultima
settimana ho avuto modo di riflettere molto e ammetto di essermi
parzialmente pentita di aver postato questa fan fiction...per tanti
motivi. Non mi va di eliminarla, ho fatto una promessa ad una persona
cara e ho intenzione di mantenerla, ma non posso fare a meno di
sentirmi amareggiata perché non riesco nel mio intento.
Badate bene: sono felice
che le letture siano aumentate e che qualcuno mi recensisca,
esponendomi la propria opinione. Forse sono io che pretendo da me
stessa troppo, un limite che non riesce a valicare.
Lasciamo perdere le mie paranoie e passiamo a parlare del capitolo.
Credo sia inaspettata la
comparsa di Dean, ma a me piace l'idea che Hermione, nonostante il suo
essere ligia al dovere, sia una bella ragazza, apprezzabile e amabile.
Ed è giunto il tempo che lo capisca anche lei. Non vi svelo
altro, spero solo di non avervi deluso.
Vi lascio con una domanda: secondo voi l'autore del quaderno è Dean?
A giovedì prossimo :).
Un bacio.
Marghe
Ps:
solito avvertimento...la fan fiction non è scritta a scopo di
lucro, ma per mio diletto. I personaggi sono di proprietà della
Rowling.
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Capitolo 7 *** Appuntamento ***
Appuntamento
Capitolo 6 “Appuntamento”
L’orologio
segnava le 2:55 di pomeriggio.
Il
suo continuo tic, tac, tic, tac
scandiva il tempo e dettava un ritmo incessante e preciso.
Impossibile
interromperlo o cambiarlo.
A
meno che non si possedesse una giratempo.
Hermione
Granger era nella sua stanza e fissava il muro, apparentemente immobile. In
realtà, le sue pupille seguivano velocemente la lancetta dei secondi.
A
breve sarebbero rintoccate le 3:00 in punto e lei aveva un appuntamento con
Dean.
Un
orario anomalo, ma ben calcolato.
Infatti
Hermione sapeva che generalmente di giovedì pomeriggio, i Grifondoro dei primi
anni avevano lezione. Altri sonnecchiavano nelle loro stanze o fingevano di
studiare chiusi in biblioteca.
Ron
e Harry avevano l’allenamento “speciale” di quidditch, cioè si appartavano da
qualche parte e intavolavano piani sulle future partite.
Alla
stessa ora, il ragazzo di ghiaccio, Draco Malfoy, se ne stava seduto sul
davanzale della finestra della sua stanza singola. Quella che la McGranitt gli aveva
assegnato per evitargli problemi con i compagni di casa, visto che alcuni di
loro avevano manifestato il desiderio di vendicarsi dei Malfoy.
Aspirava
quella sigaretta con lentezza misurata, nella speranza che quel fumo gli
annebbiasse il cervello per qualche minuto.
Non
voleva pensare. Era stufo di farlo.
Lo
faceva da così tanto tempo che avvertiva il rumore dei neuroni che si
attivavano. E li odiava, perché non si fermavano un attimo.
Schiuse
la bocca per lasciare al fumo una via di fuga. Esso si dissolse nell’aria.
Draco
chiuse gli occhi, rilasciando la schiena lungo il muro. Si portò la mano tra i
capelli e sospirò.
Pensava.
Ripensava
alla scena di quel pomeriggio.
Si
stava recando presso il lago Nero, quando aveva scorto davanti a sé uno di quei
vili e inutili Grifondoro: Dean Thomas.
Aveva
rallentato il passo, insospettito da quella strana presenza. Non lo aveva mai
visto da quelle parti. Poteva esserci una sola spiegazione ed era appena
apparsa nel suo campo visivo.
Hermione
Granger parlava con Dean e Draco per ascoltarli, si era nascosto dietro un
cespuglio. Era proprio alle loro spalle, ma loro non potevano vederlo.
“Bene” pensò il ragazzo. “Vediamo un po’ cosa vuole l’insignificante Dean dal nostro caro
Prefetto” ridacchiò appena, rischiando di farsi scoprire.
Smise
quasi subito e si mise in ascolto.
“Volevi
qualcosa?” la Granger
sembrava fin troppo gentile. Un tono di voce quello della ragazza che Draco non
aveva mai ascoltato rivolto alla sua persona.
Al
contrario. Tra di loro c’era sempre dell’astio e le loro discussioni trasudavano
rancore e disprezzo. Ma infondo cosa gliene importava?
Se
lo stava per l’appunto domandando…ma non poté darsi una risposta, perché la
voce di Dean frantumò i suoi pensieri:
“Ehm…no,
ecco. Io…” Malfoy si scorse appena, riuscendo a vedere che Hermione si stava
avvicinando al ragazzo, il quale sembrò quasi essere turbato da quel gesto.
“Non
ti faccio niente” disse sorridente la giovane.
“Che idiota! Solo uno stupido
può spaventarsi per così poco”
sputò Draco, alzando gli occhi al cielo, schifato.
“Ma guardatela quella dannata
saccente della Mezzosangue come gli sorride! Rischia una paralisi se non la
smette” cos’era quella?
Invidia?
Gelosia?
No!
Disprezzo per quella ex denti di coniglio che poteva sorridere felice.
E
lui?
Lui,
il Principe delle Serpi, cosa poteva fare?
Strinse
l’erbetta gelata tra le dita cerulee, continuando ad ascoltare quella
conversazione.
“Io
vorrei…Vorrei sapere se…ti andava di frequentarci” la voce di Dean era stata un
sussurro, ma Draco era riuscito a percepirla ugualmente.
L’immediata
reazione del suo corpo, non gli sfuggì.
“Se
vuoi. Oggi pomeriggio potremmo passeggiare un po’ e parlare, ti va?” il
Caposcuola dei Grifondoro non sembrava così sicuro delle sue parole, ma allo
stesso tempo, Malfoy aveva letto nel suo timbro di voce una nota speranzosa.
Cos’è,
la Granger si
sentiva sola?
Dov’erano
finiti i suoi amici Lenticchia e Sfregiato?
Ma
soprattutto la sua venerazione per quel verme pezzente qual era Weasley?
Malfoy
si concesse un’altra veloce occhiata alla ragazza. Sulle sue labbra aleggiava
ancora quel sorriso meraviglioso che lo mandava in bestia.
“E’ così felice che mi dà il
voltastomaco!”
“Sarebbe meraviglioso!” Dean appariva
entusiasta come un bambino a cui erano state appena promesse delle caramelle.
“Allora
a più tardi?” continuò.
A
quel punto, Draco fissò la
Granger e la vide annuire.
“Ci
vediamo alle tre in Sala Comune” disse solo, mentre il ragazzo si voltava per
andarsene, felice e spensierato.
Draco
sorrise tra sé, ritornando con testa e corpo nella sua stanza.
Erano
le tre in punto e lui, anche se non voleva darlo a vedere, era
stramaledettamente curioso.
Stessa
ora, stesso castello, luogo diverso, un giovane Griffindoro, Dean, saltellava
da un piede ad un altro, per ingannare la feroce attesa.
Mancavano
una manciata di secondi allo scoccare delle tre e lui fremeva dalla voglia di
vedere Hermione scendere in Sala Comune. Ogni momento puntava lo sguardo verso
la scalinata e ogni volta, quando notava il silenzio assordante di quella
stanza, sospirava rassegnato.
E
se la Granger
avesse cambiato idea?
No,
no. Non poteva proprio pensarci.
Dean
aveva notato Hermione l’anno prima, nonostante lui avesse avuto una breve
relazione con Ginny.
Il
tempo aveva reso Hermione molto più femminile e affascinante, però Dean era a conoscenza
del suo idilliaco amore per Ron, per tale motivo aveva lasciato perdere.
Però
da quando il settimo anno era ricominciato, non solo Ron si era fatto vedere
nuovamente con Lavanda, ma Hermione aveva allentato il legame sia con Weasley
che con Harry Potter. Dean aveva compreso che quello era il momento migliore
per agire.
Aveva
seguito l’istinto e quel pomeriggio, l’aveva seguita fino a Lago Nero, trovando
finalmente il coraggio di esporsi.
E
le cose erano andate meglio di quanto sperasse!
Così
ora era nella Sala Comune della sua casa, in attesa di trascorrere con la
ragazza dei suoi sogni, un piacevole pomeriggio.
Allo
scoccare dell’orologio, Hermione si riscosse dal suo torpore.
Sospirò
pesantemente, chiudendo gli occhi e facendosi mentalmente coraggio.
Infondo
era una semplice chiacchierata, mica doveva andarci a letto!
Così
con queste parole in testa, aprì la porta della sua stanza e si recò presso la Sala Comune.
Quando
Dean sentì dei passi, arrestò il suo dondolio e drizzò il suo corpo.
Hermione
avvolta nella sua divisa, comparve in Sala scorgendo immediatamente Dean che,
rigido come uno stoccafisso, le andò incontro.
“Grazie
per essere venuta” borbottò sentendosi andare a fuoco.
La
ragazza annuì, non sapendo cosa dire.
“Andiamo?”
aggiunse lui indicandole la porta.
“Certo!”
Rispose Hermione e insieme attraversarono il ritratto della Signora Grassa.
Stavano
passeggiando tra i corridoi da mezz’ora chiacchierando di cose futili. Hermione
poté constatare che non era male la compagnia di Dean, anzi era addirittura
simpatico, per questo si trovò a chiedersi il perché non lo avesse mai notato.
Ma la risposta era chiara: nel corso di quegli anni non aveva fatto altro che
studiare e pensare al suo futuro con Ron, illudendosi che mostrandosi sempre
cervellotica e preparata, lui l’avrebbe scelta per divenire la sua ragazza.
Questo
l’aveva condotta naturalmente ad escludere dal raggio delle sue attenzioni ogni
altro possibile ragazzo. Hermione però sapeva anche che quel suo comportamento
era anche l’effetto dell’idea che gli altri avevano di lei.
E
le ritornarono alla mente le parole di Malfoy:
“Hai mai pensato che forse sei
proprio tu a non volere che gli altri ti conoscano per quello che sei,
comportandoti come una saccente, verginella, antipatica? Lo hai detto proprio
tu: al di fuori di questa scuola sei diversa. Qui no!”
Forse
il biondo non aveva tutti i torti.
“E’ in base alla maschera che
si indossa che gli altri ci giudicano.” Si ritrovò a pensare la giovane Grifondoro.
Come
diceva Pirandello, un noto autore babbano, “Noi siamo Uno, Nessuno e Centomila”
a seconda delle situazioni e delle persone con cui ci troviamo a trattare e
Hermione, essendo stata additata subito come la secchiona della scuola, si era
cucita addosso quel ruolo, non volendosene liberare.
“…dopo?”
persa nei suoi pensieri, non aveva ascoltato la domanda di Dean.
“Eh?”
“Ti
ho chiesto cosa farai dopo?” ribadì il ragazzo, cerando di mantenere il passo
di Hermione.
“Dopo
Hogwarts intendi?” domandò lei, Dean annuì.
Hermione
si portò una mano sotto il mento e lo sfregò appena, gli occhi fissi davanti a
sé.
“Voglio
seguire l’addestramento degli Auror e diventare una di loro. Desidero essere
utile per il mondo magico” sorrise rivolgendosi al giovane che la guardava con
ammirazione.
“Hai
tanto coraggio” disse lui, distogliendo lo sguardo.
“Sai…”
continuò “Vorrei essere sicuro come te” sospirò.
Hermione
era leggermente basita, aveva sempre visto Dean come un ragazzo sicuro di sé.
Ricordava bene quando in passato lui si era dichiarato neutrale nell’istante in
cui il suo migliore amico, Seamus Finnigan aveva dato addosso ad Harry,
accusandolo di essersi inventato la storia sul ritorno di Voldemort.
Successivamente però si era schierato dalla parte del Bambino Sopravvissuto ed
era entrato nell’Esercito Di Silente.
“Io
non so cosa farò dopo i M.A.G.O. Durante la guerra credevo anch’io di poter
divenire un Auror e servire il nostro mondo, ma mi sono reso conto che non sono
così bravo con la magia come credevo”
La
ragazza spalancò gli occhi e lo fissò attonita.
“Ma
cosa dici?!?” esclamò, attirando l’attenzione di Dean.
“Hai
dimostrato tanto coraggio partecipando ad uno scontro mortale dove non eravamo
certi di vincere, anzi. C’è stato un momento in cui ho creduto fermamente che
non potessimo farcela, che Harry…” si fermò per prendere fiato “Non sarebbe
riuscito a battere Tu sai chi e che presto avremmo fatto tutti una brutta
fine”. La ragazza fissò dritto negli occhi Dean, addolcendo il suo sguardo.
“Hai
combattuto dignitosamente e se tu senti dentro di te, di voler divenire un
Auror, allora impegnati per migliorare. Nessuno è perfetto, Dean. Se si ha un
sogno, basta lottare e crederci fino in fondo per realizzarlo.”
Hermione
non sapeva da dove venivano quelle parole, ma sentiva che erano giuste e che in
parte, erano rivolte anche a sé stessa.
Dean
la scrutava con i suoi enormi occhi neri, sgranati per la sorpresa.
Dopo
l’iniziale smarrimento, il ragazzo rinsavì “Sei una ragazza così intelligente!”
mormorò sognante.
“Ho
sempre pensato che tu fossi al di sopra di tutti noi e non mi sbagliavo” Dean
sorrise ad un Hermione diventata rossa come un pomodoro.
“Ma…ma
che dici!” balbettò lei “Ho solo detto ciò che pensavo!” continuò, sminuendosi.
“No,
no. Il tuo ragionamento non fa una piega e sai che ti dico? Seguirò il tuo
consiglio e dopo gli esami mi iscriverò al corso per diventare un Auror!” disse
allegro.
La
Granger
sorrise di rimando, felice di aver risollevato il morale a quel ragazzo.
Ripresero
poi a camminare.
“Credevo
che Harry non tornasse a scuola dopo la Guerra” affermò Dean d’un tratto.
Hermione
storse il naso.
“Perché?”
domandò con lasciva curiosità.
Il
ragazzo scrollò le spalle “Si vociferava che volesse entrare immediatamente
negli Auror e che dal Ministero della Magia gli fosse giunta addirittura una missiva
nella quale gli chiedeva di entrare a far parte della squadra, insistendo di
volerlo tra le loro fila”.
La
Caposcuola
roteò gli occhi, disgustata “Dean non credere mai alle voci di corridoio. Chi
le mette in giro in genere è qualcuno che vuole solo creare casini inutili” si
raccomandò un po’ acida.
È
che lei odiava quando si dicevano cose false e proprio non riusciva a tacere.
“Hai
ragione anche su questo punto. Infatti non credo neanche a quello che si dice
su di te”mormorò assorto.
Un
campanello d’allarme cominciò a suonare nella testa della giovane Hermione.
“Cosa…”
deglutì “Cosa si dice sul mio conto?” cercò di chiedere, mantenendo un tono di
voce piatto.
“Ehm…sei
certa di volerlo sapere?” Dean sembrava volesse tirarsi indietro, conscio di
aver fatto il passo più lungo della gamba.
Hermione
lo fulminò con gli occhi e lui sobbalzò, costringendosi a guardare altrove.
“Ok,
ok ho capito! Però non te la prendere con me. Non è colpa mia!” l’ avvertì lui.
La
Caposcuola
della sua casa si limitò ad un accenno positivo della testa.
“Si
dice che ultimamente vai sempre in giro con uno strano quaderno sul quale
scrivi del tuo amore disperato per Ron, cercando di trovare una pozione magica
che possa fargli cambiare idea a condurlo a te” decantò Dean.
Sembrava
quasi di aver letto un articolo scandalistico da prima pagina!
Hermione
strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
“Ma
sono solo stupidate senza senso” aggiunse lui, attirando nuovamente
l’attenzione della ragazza.
“Io
so qual è la verità” disse avvicinandosi ad un Hermione stupita.
“E
quale?” domandò lei col cuore che le era salito in gola per la tensione.
Dean
si faceva sempre più vicino e quando fu ad una spanna dal suo viso, lei chiuse
gli occhi in attesa.
“Sei
stupenda, Hermione. Mi piaci…” soffiò “Mi piaci tanto.”
La
ragazza aspettava quel bacio tremando e sperando di provare un minimo
d’emozione.
Ma
quel bacio non arrivò mai.
“Oh
ma che bei piccioncini!” Malfoy era comparso nel momento meno opportuno e con
fare altero e subdolo, aveva interrotto quell’intima confessione.
“Cosa
vuoi, Furetto?” il tono di Dean era profondo e rauco, segnale del suo reale
coinvolgimento in quel quasi bacio.
“Cos’è
Grifondoro, ho interrotto qualcosa di importante?” la sua risata gutturale,
fece tremare le mani del giovane che avvolgevano la vita sottile di Hermione.
Se
ne discostò velocemente per affrontare quel vile di un Malfoy.
Dean
sguainò la bacchetta “Te lo ripeto un’ultima volta: cosa vuoi?” pronunziò con
voce irritata.
Hermione
da parte sua, era rimasta immobile, con lo sguardo fisso sulla serpe bionda,
che al contrario, non la stava minimamente considerando.
“Mi
stai minacciando per caso?” Draco continuava a provocarlo, pur sapendo che
sbagliava, ma non aveva potuto far a meno di intervenire e spezzare quel
romantico quadretto.
“Malfoy,
tu non sei nella posizione giusta per dirmi certe cose, sai? Ti devo ricordare
che in questa scuola, molti ti vorrebbero vedere morto?” le parole di Dean
vennero sputate fuori con malcelata malvagità e solo in quell’istante la
giovane Hermione, si rese conto della situazione. Scosse il capo e decise di
intervenire.
Malfoy
nel frattempo era avanzato, evidentemente innervosito e inferocito da quelle
parole.
“Come
osi…?”
Hermione
si frappose tra i due giovani, allargando le braccia.
“Basta!”
gridò, gli occhi rivolti verso Malfoy.
Quest’ultimo
trasalì, indurendo maggiormente lo sguardo.
“Non
è questo il modo di comportarsi. Abbassate queste bacchette, ma cosa vi credete
di fare, eh?” disse rivolgendosi anche a Dean che mortificato, aveva chinato il
capo.
“E
tu Malfoy smettila di provocare le persone! Siamo tutti stanchi di questi
stupidissimi litigi. Quasi, quasi ti preferivo quand’eri muto e riflessivo!”
sbottò.
Il
biondo non disse una parola, strinse nella mano destra la bacchetta e avvolto
nel suo mantello nero, si voltò e se ne andò.
“Maledettissimi Grifondoro da
strapazzo! Vi odio! Vi odio tutti! Specialmente te, sudicia Mezzosangue!”.
Perché
li aveva interrotti?
Anzi
la domanda giusta era: perché li aveva seguiti?
Quando
mai era stato un tipo così curioso, soprattutto della Mezzosangue.
“Accidenti a lei, a me…a
quel…quel…”.
Si
rimproverò mentalmente, spegnendo ogni tentativo di protesta da parte di un
organo che da troppo tempo credeva atrofizzato e il quale, negli ultimi tempi,
aveva cominciato a fare i capricci…
***
Buon pomeriggio cari amici di EFP.
Questo è uno dei miei capitoli preferiti, soprattutto la parte
iniziale. Mi piaceva l'idea di fare una panoramica generale su come
Hermione, Dean e Draco vivessero l'attesa di quell'appuntamento.
Credo che tra le righe inizino a scorgersi dei primi indizi riferiti
alla persona di Draco Malfoy. Tutta questa curiosità nei
confronti della Granger cosa significherà mai?
Dean come vi è parso?
Io lo trovo molto dolce e affettuoso, nonché attento. E' un
ragazzo che mi ha sempre ispirato bontà e genuinità, per
tale motivo la mia scelta è ricaduta su di lui.
Voi che ne pensate? Cos'accadrà ora che Hermione e Draco si sono nuovamente scontrati?
Aspetto con ansia il vostro verdetto.
A giovedì prossimo con un nuovo capitolo.
Un bacio.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, bensì
per mio puro divertimento. I personaggi sono di proprietà della
Rowling :).
Marghe
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Capitolo 8 *** Il corvo ***
Il corvo
Capitolo 7 “Il corvo”
Hermione
e Dean si erano visti ancora dopo quel disastroso pomeriggio, tentando di
cancellare quella maligna interruzione.
Non
avevano più provato a baciarsi.
Sembrava
quasi che entrambi temessero una nuova apparizione di Malfoy.
Agli
occhi degli altri non stavano insieme, semplicemente si frequentavano da buoni
amici.
Hermione
aveva ormai preso l’abitudine di sedersi vicino a lui a tavola, inserendolo nei
suoi discorsi con Ginny e gli altri.
Per
quanto riguardava i suoi amici storici, erano certamente sorpresi di questo
cambiamento di rotta, ma Harry e Ginny apparivano tranquilli, lieti che la loro
migliore amica stesse ritrovando l’equilibrio giusto. Ron invece era
indifferente. Doveva ammettere che all’inizio aveva provato un leggero
fastidio: sapeva che Hermione provava qualcosa per lui e gli piaceva essere nei
pensieri di più ragazze, quindi essere spodestato dal proprio ruolo, lo
seccava. Ma l’orgoglio maschile gli impediva di darlo a vedere, specialmente
perché avendo Lavanda come fidanzata, una scenata di gelosia non gliel’avrebbe
tolta nessuno.
“Oggi
ti trovo in biblioteca?” aveva sussurrato Dean al suo orecchio, prima di
alzarsi dal tavolo della sua casa.
“Si,
devo preparare i compiti di Babbanologia e Antiche Rune per domani” rispose lei
mandando giù l’ultimo boccone.
Dean
aveva sorriso “Ci vediamo lì quando avrai finito, ok? Così veniamo insieme a
cena”.
“Va
bene” anche Hermione stava sorridendo.
No,
non era innamorata di quel ragazzo, però apprezzava la sua compagnia.
Del
resto lei era stata onesta, spiegandogli alla loro seconda uscita pomeridiana,
che non si sentiva pronta per una storia, per quanto desiderasse innamorarsi,
al momento la sua testa era altrove.
Dean
aveva semplicemente annuito e mormorato una frase del tipo “Non importa, io
voglio provarci ugualmente” prima di sparire dietro il ritratto della Signora
Grassa, lasciando Hermione inizialmente basita, non pensava esistessero persone
così determinate.
Alla
fine aveva scosso i suoi tanti ricci crespi e aveva sorriso, sparendo anch’ella
dietro il ritratto.
“Ciao
Harry, Ginny, Ron” aveva poi aggiunto il ragazzo prima di andare via.
Hermione
lo fissava camminare.
Aveva
un passo un po’ impacciato, quasi temesse di cadere.
Un
po’ come si comportava nella vita: sembrava un tipo deciso, ma in realtà era
pieno di dubbi, ma non lasciava mai che trasparissero troppo. Preferiva
cacciare fuori le unghie e affrontarli. E Hermione apprezzava questo lato del
suo carattere.
“E’
bello vederti così sorridente” la voce del suo migliore amico le giunse piano
all’orecchio.
Hermione
avvertì uno strano calore.
Quant’era
bello sentirsi voluta bene?
Uno
straordinario battito di cuori all’unisono, un unico grande e vero sorriso, più
mani che si intrecciano per formare un unico e solo essere umano.
Hermione
si sentiva così quando era con i suoi amici e, nel profondo, desiderava che per
tutta la vita potesse essere sempre così.
“Grazie
Harry” mormorò lei risoluta, continuando a sorridere.
“E
per cosa?” il Bambino Sopravvissuto sembrava un po’ smarrito.
“Per
non aver mai smesso di volermi bene, di essermi stato vicino e di avermi
aiutato con la storia del quaderno”
“Mistero
risolto, quindi” disse lui in tono serafico, sistemandosi la cravatta rosso –
oro.
“A
quanto pare…” e Hermione distolse lo sguardo, fissando la porta da dove Dean
era uscito.
“Non
gli hai ancora parlato, vero?” aggiunse Harry qualche istante dopo. Hermione
sussultò colpita nel segno.
Infatti
negò col capo.
“Lo
farai?” domandò ancora con una punta d’apprensione.
“Devo…”
eppure Hermione non era convinta di poterlo fare, perché temeva di scoprire che
si stava sbagliando.
Il
cuore le diceva così e di solito lui non la ingannava mai.
Certo,
quello non avrebbe cambiato niente, però…
Inutile
continuare a mentire a sé stessi.
Lei
era perdutamente invaghita di quel ragazzo che la vedeva attraverso quei
disegni e la descriveva tramite prose allusive dal sapore antico e
profondamente sensuale.
Per
cui se non fosse stato Dean, come presupponeva, non avrebbe saputo come
comportarsi.
“Agisci
come credi sia giusto, Mione. Io sarò dalla tua parte” Harry le posò una mano
sulla spalla, si guardarono un’ultima volta, poi lui andò via, seguito subito
da Ginny.
La
Caposcuola sospirò
un po’ amareggiata, poi anch’ella lasciò la
Sala Grande, sotto lo sguardo attento di
una serpe…
Il
pomeriggio in biblioteca sembrava non voler mai passare.
Aveva
così tanti compiti da fare, eppure si era sbrigata in un batter d’occhio, ma
non aveva voglia di andarsene di lì. Preferì così occupare il tempo
anticipandosi alcune materie per i giorni avvenire, attendendo l’arrivo di
Dean.
Il
sole era calato da un pezzo, dovevano essere le sei passate e Hermione
avvertiva da un po’, l’impulso di aprire la sacca e tirar fuori quel quaderno
maledetto.
Era
da settimane che non lo faceva. Si era imposto il divieto assoluto di pensarci,
perché niente di ciò che vi era contenuto sarebbe mai stato reale per lei e
quindi doveva smetterla di martellarsi il cervello a quel modo.
Però
si sa, testa e cuore non sono mai in accordo.
Infatti
Hermione contro ogni aspettativa, afferrò l’oggetto del desiderio e prese a
sfogliarlo con misurata tranquillità.
E
gli occhi si bearono ancora di quelle meraviglie, addolcendole lo sguardo e
massaggiandole il cuore.
In
verità, a furia di guardare quei disegni le venne la fortissima voglia di
curiosare l’ultima pagina e non ne fu delusa. Vi era qualcosa di nuovo, ma se a
primo acchito se ne rallegrò, fu costretta a cambiare idea. Il disegno
rappresentava un albero pieno di uccelli, tutti rigorosamente colorati e
accoppiati, ma ce n’era uno che Hermione riconobbe come un corvo, il quale se
ne stava nella zona più bassa, solitario, con la testa bassa, le ali avvolte
intorno al corpo, quasi volesse proteggersi da qualcosa. E quel nero così
accentuato si scontrava con tutti quei colori chiari e sgargianti.
“Da solo sta, chi nella
solitudine cresce.
Facile giudicare all’apparenza
il color nero delle sue piume. Facile apprezzare ciò che di colorato ci
circonda.
Ma se imparassimo a scavare di
più potremmo scoprire che quel corvo non ha niente in meno a tutti gli altri
uccelli.
Ha il loro stesso diritto di
volare e… ‘amare’ “
Hermione
avverti all’altezza del petto una strana sensazione di familiarità.
In
alcune occasioni s’era sentita anche lei in quel modo, anzi no! Lei si sentiva
ancora così!
Una
sorta di appestata che in molti evitavano.
Chi
per il suo sangue, chi per la sua dannata saccenza (Hermione la definiva solo
intelligenza), chi perché non se ne faceva niente di una ragazza così rigida e
rigorosa.
E
allora diventava come quel corvo nero: sola e chiusa in sé stessa. Non
permettendo a nessuno di conoscerla veramente.
Forse
solo Harry era riuscito a valicare quel muro.
E
ancora per una volta lasciò che le parole dettagli da Malfoy, le passassero
nella mente…
“Hermione!”
fu quel richiamo a distoglierla dai suoi pensieri malinconici. Rinchiuse in
fretta il quaderno e si voltò verso il suo interlocutore.
“Dean!”
esclamò tranquilla.
Il
ragazzo spostò la sedia accanto a lei e si accomodò, poi guardo i fogli e i
libri sparsi disordinatamente sul tavolo.
“Stai
ancora studiando? Vuoi che venga più tardi?” chiese con gentilezza, sempre con
quel sorriso stampato sul viso.
“No,
no. Dammi un secondo che sistemo, poi possiamo andare” con la bacchetta radunò
tutto nella sua fedele sacca e insieme uscirono dalla biblioteca, salutando
Madame Pince.
“Hai
trascorso un buon pomeriggio?” le stava chiedendo lui, aprendole la porta della
biblioteca per farla passare.
“Discreto.
E tu?” rispose, chinando di poco il capo per ringraziarlo per quel gesto di
galanteria.
“Abbastanza,
grazie. Ho studiato, ultimamente mi riesce più facile” e dicendolo la scrutò
malizioso.
“Come
mai?” Hermione a volte, era talmente ingenua da parlare quando non doveva.
Dean
ridacchiò “Beh perché tu mi hai dato l’incentivo giusto per farlo”.
Entrambi
sorrisero imbarazzati.
Certe
confidenze, per quanto ad Hermione facessero piacere, le sentiva fuori posto.
“La vivo troppo male,
accidenti a me! Dean si sta comportando così bene…”
“Ho
intravisto Ron e Harry oggi, andavano in cortile a studiare, mi hanno invitato
ad andare con loro”
“Hai
accettato?” domandò Hermione curiosa.
“Si”
Dean accompagnò le parole col movimento della testa.
“Oh
no! Ti avranno sicuramente fatto una testa come un pallone oltre che farti
distrarre. Quei due quando stanno insieme sono un casino vivente, non si
capisce dove iniziano e finiscono. Fanno una confusione tale che per chi non è
abituato, gli saltano i nervi dopo cinque minuti” si lamentò lei.
Dean
sorrise teneramente. Era particolarmente affascinato dall’amicizia che legava
Hermione, Ron ed Harry. Si era sempre domandato come facessero a non separarsi
mai, soprattutto dopo tutti i problemi che il Bambino Sopravvissuto aveva
dovuto affrontare, trascinando con sé, inevitabilmente, anche i suoi due
carissimi amici. Eppure erano ancora là, nonostante tutto. Scalfiti si.
Sconfitti per niente.
“Perché
ridi?” domandò Hermione un po’ confusa.
“Quando
parli dei tuoi amici, anche se elenchi i loro difetti, la tua non sembra mai
una critica. Gli occhi ti brillano, ci tieni davvero molto a loro. Un po’ vi
invidio. Ultimamente avevo notato un certo distacco tra di voi…” buttò lì Dean,
sperando che la ragazza gli parlasse.
Hermione
sembrò turbata da quell’affermazione in parte veritiera. Sospirò, fissando i
suoi occhi verso il pavimento.
“Si,
è vero” Dean voltò il viso verso di lei, carpendo una certa tristezza nella sua
voce.
“Non
riesco a criticarli senza pensare a quanto voglia loro bene. Sono sempre pronta
a strigliarli quando, a parer mio, sbagliano, ma non lo faccio mai con
cattiveria. So che sembro antipatica, ma loro mi conoscono sul serio” Hermione
si fermò un attimo, rialzando lo sguardo e osservando il paesaggio tra gli archi
del corridoio.
“E’
anche vero che ultimamente io mi sono distaccata un po’, ma non per mancanza
d’affetto da parte mia o loro. Semplicemente ognuno di noi sta prendendo la
propria strada…” la
Caposcuola preferì lasciare il discorso sospeso.
Dean
comprese il suo disagio e le posò una mano sulla spalla. Hermione sorpresa da
quel gesto, lo guardò. Il sorriso limpido e sincero di quel ragazzo la colpì in
pieno volto e, in parte, la rasserenò.
“Immagino
che il comportamento ambiguo di Ron non aiuti” sorrise di fronte allo sgomento
della ragazza.
“E
mettiamoci la guerra, le torture che hai subito. È normale che tu ti sia
isolata, ma ricordati chi sei e chi vuoi diventare. Passerà questo momento” le
fece l’occhiolino e la invitò a proseguire verso la Sala Grande.
Entrati
si accomodarono al loro tavolo trovando Ron e Harry. Il primo alle prese con
una coscia di pollo, il secondo era intento a fissare l’amico e a scuotere la
testa.
Ron
era sempre il solito.
Harry
alzò gli occhi e vide la sua amica in compagnia di Dean e sorrise. Hermione
rispose al sorriso con uno dei propri.
“Buona
sera ragazzi!” esclamò “Accomodatevi, prima che Ron mangi tutto ciò che c’è sul
tavolo” Harry ridacchiò, coprendosi appena le labbra.
Il
rosso, spalancò appena gli occhi e scosse la testa.
“E’
tutto buonissimo” disse poi con la bocca piena, sputando un po’ di cibo sul
tavolo.
Hermione
storse il naso e alzò gli occhi al cielo.
No,
Ron non sarebbe mai cambiato.
“Tutto
bene in biblioteca?” chiese Harry, non appena l’amica si fu accomodata.
Hermione
annuì, seppur poco convinta che le cose stessero andando per il verso giusto.
Diciamo
pure che si stava accontentando.
Harry
in genere era un ragazzo distratto, ma quando si trattava dei suoi affetti,
riconosceva quando una sua amica mentiva o fingeva. Fece finta di nulla in quel
momento, per non far innervosire Hermione e né per far insospettire Dean.
Harry
aveva continuato ad osservare l’amica. All’inizio sembrava quasi che l’apatia
che l’aveva caratterizzata nei mesi passati, stesse pian, piano dissolvendosi,
ma si era sbagliato. In quel momento davanti a lui, vi era un’Hermione
tormentata, le poteva leggere nello sguardo che qualche tempesta interiore la
stava corrodendo e non sapeva come uscirne.
Il
Bambino Sopravvissuto sapeva anche quanto Hermione fosse restia a chiedere
aiuto, preferiva sempre cavarsela da sola, senza coinvolgere nei suoi casini,
nessuno. Eppure Harry le aveva intimato diverse volte in passato che loro erano
amici e gli amici si aiutano tra di loro. A volte anche una spalla su cui
piangere, poteva essere il supporto ideale. Ma Hermione era anche testarda e
sembrava non volerlo capire.
Harry
intuiva che c’entrava quel quaderno.
Quando
Hermione glielo aveva mostrato con un certo entusiasmo, lui era rimasto
turbato, ma aveva cercato di non far trasparire alcuna preoccupazione per non
intimorire la sua amica. Aveva fatto delle ricerche in biblioteca. Cosa
alquanto strana, visto che di solito era Hermione a occuparsi di ciò, ma
sembrava che questa volta se ne fosse dimenticata o semplicemente, come aveva
optato Harry, non aveva pensato minimamente ad un possibile pericolo.
Voldemort
era morto, era stato proprio Harry ad ucciderlo, ma quest’ultimo sospettava che
alcuni Mangiamorte potessero essere ancora in circolazione, ben nascosti,
quindi si allarmava spesso, per un nonnulla.
Durante
quelle ricerche aveva trovato diversi casi di diari incantati, ma nessuno
corrispondeva a quello di Hermione. Forse per questo si era un po’
tranquillizzato e aveva iniziato a credere che nel castello ci fosse davvero un
ragazzo incantato dalla bellezza della sua amica.
Harry
mandò giù un boccone, portando la sua attenzione sul viso riflessivo di
Hermione, quando in prospettiva del suo sguardo, intravide un viso familiare.
Draco
Malfoy se ne stava seduto con le braccia sul tavolo e lo sguardo fisso davanti
a sé, concentrato, anzi perso, sulla schiena di una ragazza.
Harry
spalancò gli occhi, sorpreso. Se a primo acchito aveva pensato che il maligno
Serpreverde stesse osservando lui, si era dovuto ricredere quando aveva
intercettato la reale direzione del suo sguardo.
Che
Malfoy stesse pensando a qualche scherzo da fare? O stava semplicemente
riflettendo su qualcosa e non stava realmente guardando la sua amica?
Harry
si portò una mano sulla cicatrice, ormai non più dolorante, e sistemò il ciuffo
sulla fronte, continuando a pensare a quella stranezza.
Riportò
così gli occhi alle spalle di Hermione e la situazione non era cambiata: il
biondo Malfoy continuava a fissare insistentemente la sua amica.
Fu
allora che l’illuminazione arrivò.
“Non
può essere…” farfugliò.
Ginny
che era al suo fianco, posò la forchetta nel piatto e guardò il suo ragazzo
così pensieroso.
“Cosa
non può essere?” domandò, posando una mano su quella di Harry, il quale
sussultò spaventato. Aveva parlato ad alta voce e non se n’era accorto.
“Cosa…”
borbottò “Ah Ginny scusa. Pensavo a voce alta. Tranquilla è tutto apposto” e le
carezzò la mano.
La
rossa annuì poco convinta, poi tornò a dedicarsi alla sua pietanza.
Harry
sospirò. Avere dei segreti con la propria ragazza non era il massimo
dell’onestà, ma aveva promesso ad Hermione che nessuno avrebbe saputo di quel
quaderno.
Hermione
seppur con la testa altrove, aveva percepito qualcosa di strano e scrutando
attentamente il suo amico Harry, aveva capito che si trattava di lei.
Harry
le sorrise appena, lei corrucciò la fronte, poi sentendosi perforare la schiena
da qualcosa di fastidioso, ma al contempo piacevole, si voltò. Compiendo quel
gesto, ebbe la fortuna/sfortuna, a seconda dei punti di vista, di incrociare
gli occhi di Malfoy, i quali erano davvero fissi su di lei.
Il
ragazzo invece di distogliere lo sguardo, lo intensificò, rendendolo però
illeggibile.
Hermione,
inizialmente, scioccata, indurì lo sguardo al ricordo di quanto accaduto settimane
prima e si trovò a domandarsi da quanto tempo non incrociava quegli occhi così
belli, ma dannatamente maligni.
Harry
non perse una sola battuta di quello scambio alquanto anomalo, di occhiate e
raccolse un elemento in più per riflettere su quella strana storia.
***
So
che forse l'idea di paragonare una persona sola ad un corvo vi
avrà fatto arricciare il naso, ma a me piace molto
l'accostamento con quest'animale dall'aspetto un pò tetro, quasi
fascinoso se lo si osserva quando si libra nel cielo, mentre dispiega
le sue meravigliose ali. Allontanato da tutti, uomini e uccelli,
perché porta sfiga o non è bello, colorato come gli
altri.
Il ragazzo misterioso si sente esattamente così. Scopriremo mai perché, ma soprattutto di chi si tratta?
Il tempo ci darà una risposta.
Vi lascio con questa strana intuizione di Harry. Cosa sta pensando?
A voi la parola.
Prima di lasciarvi ci tengo a ringraziarvi dal profondo del cuore per
le vostre bellissime parole. Amo ogni singola recensione! Grazie!!!
Al giovedì prossimo.
Ps: solito avvertimento...la fan fiction non è scritta a scopo
di lucro, ma per mio divertimento. Inoltre i personaggi non sono di mia
invenzione, ma sono di proprietà della Rowling.
Marghe
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Capitolo 9 *** Una favola babbana ***
Una favola babbana
Capitolo 8 “Una favola babbana”
Hermione
era da qualche minuto fuori la porta della Preside.
La
McGranitt
l’aveva fatta chiamare con un’urgenza. Mancava ormai qualche giorno alle
imminenti vacanze di Natale che Hermione avrebbe trascorso a casa con i suoi
amati genitori.
Nell’attesa
si torturava le mani interrogandosi su quale potesse essere il motivo di quella
strana convocazione. Lei era sempre così ligia al dovere, era certa di non aver
violato alcun regolamento. Fece mente locale della situazione e pensò che forse
era stata convocata per qualche suo compagno. Di certo non Harry o Ron, lo
avrebbe saputo.
Che
fosse per qualche altro Prefetto?
Sbuffò,
passandosi una mano nella massa incolta di capelli, rendendoli ancora più
vaporosi. Inutile utilizzare le creme consigliate da Ginny, quei capelli
volevano essere liberi di crescere come volevano e Hermione aveva smesso di
torturarsi per domarli.
I
suoi pensieri furono interrotti dall’aprirsi della porta dalla quale uscì
Harry.
“Anche
tu sei stato convocato qui?” chiese Hermione sorpresa, illuminandosi d’un
tratto.
“Dimmi
che non c’entrate voi, per favore” cantilenò.
“No,
no” rispose il moro, agitando le mani.
“Ero
qui per discutere del mio andamento. Sembra che quest’anno stia andando un po’
meglio “ si affrettò a spiegare il suo amico.
Hermione
annuì “Credi che voglia discutere anche con me dell’andamento scolastico?”
domandò inarcando un sopracciglio.
“Non
saprei, Herm. Ma sarebbe inutile visto che tu hai il massimo dei voti in tutte
le materie” asserì Harry.
“Signorina
Granger, prego si accomodi” la
Preside era comparsa alle spalle di Harry Potter avendo udito
il vociare dei due ragazzi.
La
ragazza accennò un saluto all’amico e seguì la donna nella stanza che era stata
di Silente e si sedette di fronte a lei.
“Credo
si stia domandando per quale ragione l’ho fatta venire qui, giusto?” iniziò
l’anziana Preside, fissando la sua alunna prediletta.
Hermione
annuì.
“Bene.
Sarà il quadro di Silente a spiegarLe tutto” e lo indicò con la mano destra.
Il
ritratto di Silente si mosse, la mano accarezzò la lunga barba bianca, con fare
pensieroso.
“La
curiosità stimola la mente umana, Signorina Granger” asserì l’ex Preside col
suo solito tono pacato.
“E
Lei ne è ricolma. A volte ciò che appare non è come sembra e confido nella sua
intelligenza perché Lei possa aiutare il mondo magico a capire quanto è
importante andare al di là della superficie. Per tale motivo vorrei farLe dono
di un libro” la McGranitt
fece scivolare sulla scrivania un libro dalla copertina blu e rossa, verso
Hermione.
Quest’ultima
gli lanciò una rapida occhiata, poi tornò a guardare l’ex Preside.
“So
che si porrà molte domande, Signorina Granger, ma Le assicuro che presto avrà
ogni risposta. Dia tempo al tempo. Mi piacerebbe che Lei leggesse questo libro
durante il periodo di vacanza con la sua famiglia. Rifletta sul messaggio in
esso contenuto e lo porti sempre con sé. Le sarà d’aiuto” proferì col sorriso
paterno tanto amato da Hermione.
La
ragazza prese il libro tra le mani e ne lesse il titolo:
“La Bella e la Bestia” mormorò
interrogativa, corrugando la fronte liscia .
“Si.
Una favola babbana che credo lei abbia sentito nominare.” Hermione annuì ancora
una volta.
“Immaginavo.
Sa, Signorina Granger, a volte i libri, i diari, tutto ciò che è scritto,
nascondono segreti che non avremmo mai immaginato” lo sguardo di Silente si
fermò in quello di un’Hermione tremante.
“Quello
che bisogna ricordarsi è che dietro ogni parola scritta si nasconde una
persona” gli occhi dell’ex Preside si chiusero per un attimo, per poi tornare a
fissare la ragazza con finta disinvoltura.
“Una
persona che spesso, ha solo paura di mostrarsi. Il pregiudizio uccide” dopo
qualche secondo di silenzio, in cui Hermione aveva temuto che il cuore le
uscisse fuori dal petto talmente che batteva forte, Silente e la McGranitt la
congedarono.
Quando
la Caposcuola
si trovò da sola, poté tirare un sospiro di sollievo. Le parole di Silente non
erano state dette a caso e lei lo sapeva benissimo. Come faceva quel mago a sapere
sempre tutto? E perché la McGranitt,
se era a conoscenza di quel piccolo segreto, non le aveva detto alcunché?
Hermione
si disse che infondo non c’era niente di male a tenere un diario/quaderno
magico. Certo appartenente a qualcun altro, ma innocuo.
Quando
rientrò nella Sala Comune della Torre Grifondoro, la ragazza incrociò Harry e
Ron.
“Hey
Hermione!” la chiamò il rosso, sorridendole. Lei si avvicinò ai suoi amici.
“Cosa
combinate?” domandò curiosa scrutando il libro e il quaderno aperti sul
tavolino.
“Harry
mi sta spiegando l’ultima lezione di Trasfigurazioni. Pare che la McGranitt voglia che io
recuperi la sua materia” sbuffò il Re, come lo chiamavano i tifosi di
quidditch.
La
ragazza fissò stranita il moro.
“A
quanto pare hai messo subito in mostra i tuoi miglioramenti?” chiese ironica.
Harry
rise.
“Così
saremo meno seccanti nei tuoi confronti, soprattutto in vista dei M.A.G.O.” le
fece l’occhiolino, poi notò il libro che Hermione teneva stretto al petto.
“Cos’è?”
chiese indicandolo.
La
ragazza si fissò le mani e si ricordò in un battibaleno del libro.
“Questo?
È un regalo di…Silente. Il suo ritratto mi ha parlato e mi ha fatto dono di
questo testo e vuole che lo legga” disse con disinvoltura.
Ron
arricciò il naso.
“Miseriaccia
Hermione!” esclamò “Ancora libri? Possibile che tu debba trascorrere tutta la
tua vita a studiare!” il tono esasperato del rosso fece irritare la ragazza.
“No
Ronald! Io non passerò tutta la mia vita a studiare! Lo sto facendo ora che
sono a scuola e c’è bisogno che io apprenda! Dopo si vedrà cosa mi riserva il
destino” sospirò.
“Comunque
tanto per la cronaca non è un libro da studiare, ma è una favola. Una favola
babbana. Secondo Silente mi sarà utile nella vita” proferì con un’alzata di
spalle.
“Se
lo dice lui, sarà così, vedrai” affermò Harry con sicurezza.
“Si”
Hermione sorrise “Ci vediamo dopo per la lezione di Difesa delle arti oscure?”
domandò la ragazza prima di salire in stanza.
“Certo”
Harry le si avvicinò “Vorrei parlarti un secondo” le sussurrò all’orecchio,
senza che Ron lo sentisse.
“Ok”
rispose lei, confusa.
“Ron
torno subito, ho dimenticato una cosa in camera. Aspettami qui così finisco di
spiegarti la lezione”, il rosso annuì, non accennando ad aver capito che quella
fosse una scusa.
Saliti
in camera, Harry e Hermione chiusero la porta.
La
ragazza si accomodò tranquillamente sul letto, mentre il ragazzo le si parò
dinanzi con sguardo serioso. Assicuratisi che non ci fosse nessuno, si
sentirono finalmente liberi di parlare.
“Cosa
volevi dirmi?” iniziò lei, mordendosi il labbro inferiore per il nervoso.
“Si
tratta di quel quaderno” annunciò il moro con voce severa e un po’ nervosa.
Hermione
deglutì. Ecco che si spiegava il motivo del suo nervosismo.
Che
Harry avesse scoperto qualcosa?
E
se si fosse trattato di notizie negative, come avrebbe reagito lei?
Automaticamente
avvertì una fitta dolorosa al petto, ma finse indifferenza.
Come
sempre.
“Ti
ascolto” disse solo, ancora una volta senza far trasparire la benché minima
insicurezza.
Infondo
lei era una Grifondoro. La migliore mai esistita!
Una
ragazza battagliera, fiera e coraggiosa.
Una
maschera che nessuno mai, le avrebbe tolto.
“Non
arrabbiarti, ascoltami” iniziò Harry. Solo quando la ragazza annuì, lui
continuò il suo discorso “Quando mi hai parlato di quel quaderno mi sono molto
preoccupato, perché mi ha ricordato il diario di Tom Riddle e per questo ho
cominciato a fare qualche ricerca”.
Il
Bambino Sopravvissuto guardò l’amica sbarrare gli occhi.
“Ma
non ho trovato nulla di simile al tuo caso, quindi puoi stare tranquilla. Non
sei in pericolo” aggiunse in fretta, vedendo però che Hermione non parlava e
aveva assunto una strana espressione, si sentì in dovere di dire dell’altro.
“Scusami”
sospirò il moro, prima di proseguire.
“Scusami
se ho dubitato della tua buona fede, ma sei la mia migliore amica e non vorrei
mai che ti accadesse qualcosa di brutto” aggiunse chinando la testa.
Hermione
sorpresa da quelle parole, si alzò in piedi, afferrò le mani dell’amico e le
strinse nelle sue, così da riavere il suo sguardo addosso.
Gli
sorrise e poi parlò:
“Grazie
Harry” sospirò, chiudendo gli occhi per un secondo.
“Grazie
della tua amicizia. Sai…credevo di aver perso anche te. Ho pensato che ci
stessimo allontanando, proprio com’è successo tra me e Ron. Non dipende da te,
sono io che…diciamo pure che ultimamente ho la testa da un’altra parte, ma
credo sia dovuto ad un insieme di cose” Hermione scosse la testa per cacciar
via quei brutti pensieri.
Non
erano da lei.
“Herm
stammi a sentire!” Harry la tirò, avvicinandola “Non pensare mai che la nostra
amicizia possa finire. E non è perché ne abbiamo passate tante insieme, ma è
soltanto perché ci vogliamo bene sul serio. Nessun doppio fine. Con Ron ci
vorrà tempo. Lui ti vuole bene, sai com’è fatto. Ma non smetterà mai di
considerarti sua amica, neanche se ci fossero mille Lavanda ad impedirglielo.
Ok?” per Hermione fu naturale sorridere e abbracciare Harry.
Restarono
così ancora per qualche secondo, poi fu il moro a scostarsi. Posò le mani sulle
spalle dell’amica e la guardò fisso negli occhi.
“C’è
un’altra cosa che vorrei dirti. Riguarda sempre quel quaderno e il suo
proprietario” a quelle parole, Hermione sembrò risvegliarsi.
“Sai
chi è?” quasi gridò quella domanda, sentendo il cuore scalpitarle nel petto.
“Ho
un sospetto, ma non so se ti piacerà” la voce di Harry era bassa e strascicata.
Il
gesto eloquente dell’amica lo invitò a proseguire.
“Malfoy”
nell’udire quel cognome, Hermione sbiancò.
Aprì
la bocca per dire qualcosa, ma non le uscì che un soffio d’aria.
Allora
si rese conto che non sapeva cosa volesse dire esattamente. Le parole
sembravano stranamente essere sparite, finite chissà dove.
Eppure
la sua logorrea era ben conosciuta, soprattutto se il soggetto in questione era
il furetto platinato di nome Draco Malfoy.
Harry
che ormai la capiva al volo, le sorrise comprensivo e le accarezzò un braccio.
“E’
solo una supposizione, ma ho una buona ragione per aver pensato a lui. L’altro
giorno mentre eravamo a tavola, ho notato che Malfoy guardava nella nostra direzione.
Mi sono chiesto cosa avesse da fissare, poi ho osservato con maggiore
attenzione e ho visto che fissava te, poi tu, come se ti fossi sentita
chiamata, hai girato il viso e l’hai fissato a tua volta. Credo che non
dimenticherò mai l’elettricità di quel momento. Lui…” Harry prese aria, giusto
quel po’ di tempo per rimescolare bene le parole da dire.
Si
sentiva come se dovesse scegliere quale filo tagliare per impedire alla bomba
di esplodere: rosso o blu. Blu o rosso. Temeva che una parola sbagliata e
Hermione potesse scoppiare, scatenando un putiferio.
“Lui
era come calamitato verso di te. Uno sguardo illeggibile, ma allo stesso tempo
desideroso di comunicare. Non so spiegarti…” il Bambino Sopravvissuto si sentì
fuori luogo, ma l’amica non perse tempo e spazzò via quella tremenda sensazione
di disagio.
“Capisco
che vuoi dire…” mormorò in un sospiro.
“Come…?”
Harry tentò di formulare una domanda, ma invano.
Hermione
si mosse verso la finestra, posò le mani sul davanzale e con un dito vi disegnò
sopra ghirigori immaginari.
“E’
da un po’ di tempo che incontro spesso Malfoy nelle mie passeggiate.
Inizialmente ci incrociavamo senza darci retta, poi un giorno l’ho provocato e
lui mi ha risposto a tono” disse.
“Mai
stuzzicar il can che dorme” asserì Harry con tono ironico, inarcando un
sopracciglio e sorridendo.
“Da
allora mi è sembrato quasi che si facesse trovare di proposito dove mi recavo
io. Non c’è stata una sola volta in cui non abbia attraversato le ombre
tumultuose dei suoi occhi e non mi sia persa” Hermione si sentì quasi soffocare
al ricordo dell’elettricità che ella stessa, avvertiva trapassarle il corpo,
quando guardava Malfoy.
“Sai
che spesso seguo l’istinto e c’è stato un momento in cui ho pensato fosse lui
l’autore del quaderno, ma ho scacciato via l’idea immediatamente. Non è
possibile. Noi ci disprezziamo!” quel
<< ci >> proruppe sulle sue labbra quasi con forza, con rabbia, con
finta cattiveria.
Harry,
che era rimasto in silenzio ad ascoltarla, parve cogliere quel piccolo
particolare che sfuggiva ad Hermione. Lentamente, si avvicinò all’amica e le
posò una mano sulla spalla. Lei avvertì la sua presenza al suo fianco, ma non
si mosse, continuò a guardare la neve venire giù, sommergendo di bianco
Hogwarts.
“Le
persone si nascondo dietro maschere che spesso sono gli altri ad imporre” le
disse, prendendo anche lui a fissare la neve.
Hermione
fu rapita da quel discorso.
Lei
stessa ne indossava una.
Così
era tutta una questione di maschere? Di ruoli imposti? O scelti?
“Io
stesso Hermione, ne ho dovuta indossare una” ammise, Hermione lo fissò attenta.
“Da
quando ho messo piede in questa scuola, tutti hanno riposto in me una fiducia
immensa senza neanche conoscermi. Io ero venuto a sapere da pochissimo di ciò
che era realmente accaduto ai miei genitori e mi sentivo…spiazzato, confuso.
Solo” Harry alzò lo sguardo e fissò il panorama fuori dalla finestra.
“Tutti
mi definivano << il Bambino Sopravvissuto >>, << il Prescelto
>>, ma io non mi sono mai sentito all’altezza di questi termini. Ero solo
un ragazzino, dannazione!” esclamò battendo un pugno sul davanzale marmoreo, al
ricordo della sua frustrazione.
“Però
mi sono detto che se gli altri mi vedevano in quel modo, io lo sarei stato.
Sarei stato colui che avrebbe affrontato e ucciso Voldemort. Non fraintendermi,
non l’ho fatto solo per far piacere agli altri, ma i miei genitori e tutti
coloro che lui ha ingiustamente ammazzato meritavano giustizia” il moro strinse
i pugni.
“Con
questo” disse una volta che si fu tranquillizzato “Voglio soltanto ricordarti che
ho imparato che spesso le apparenze sono più che ingannevoli. È difficile
andare oltre, ma bisogna provarci”
“Vuoi
dire che non tutti sono quello che sembrano? Così ritorniamo al discorso che mi
ha fatto Silente” sospirò stanca, la ragazza.
Harry
la scrutò.
“Silente
è certamente più saggio di me. Fidati della sua opinione”
“E
se fosse davvero Malfoy l’autore di…quei splendidi disegni e delle odi
riportate?” proruppe improvvisamente Hermione, lasciatasi sopraffare
dall’agitazione.
“Calmati,
Herm!” intervenne Harry.
“E
come faccio?” chiese lei, voltandosi verso l’amico, le mani tra i capelli, lo
sguardo perso.
“Tu
cosa faresti se fosse davvero lui?” Harry rigirò la domanda, curioso di
ascoltare la risposta di Hermione.
La
ragazza sussultò per la domanda inaspettata e soprattutto per l’assenza nella
sua testa, di una risposta appropriata.
Si
ritrovò nuovamente col viso basso e l’irritazione per la sua apatia.
“Mi
fa uno strano effetto pensare che ci sia qualcuno che pensa a me in quei
termini. Figurarsi se fosse…Malferret!” gracchiò alzando di poco il tono della
voce.
Harry
ridacchiò.
“In
effetti sarebbe buffo da parte sua avere un interesse verso chi si è denigrato
da sempre” constatò tranquillo.
“Appunto.
Per questo è impossibile. Ti sei sbagliato, Harry” Hermione annuì, cercando di
convincere di più se stessa.
Harry
fece spallucce “Sarà. Ora non pensiamoci, conviene che scendiamo prima che Ron
si insospettisca”
Hermione
fece una faccia schifata.
“C’è
più probabilità che io sbagli un compito che Ron afferri che gli hai mentito”
Harry scosse la testa e le diede una gomitata. Lei sorrise allegramente.
“Dai
andiamo!” e insieme tornarono nella Sala Comune, pronti per una nuova lezione.
“Ce
ne hai messo di tempo, Harry!” esclamò Ron, alzandosi dal divano con in mano il
quaderno. Si avvicinò ai due amici con lo sguardo corrucciato.
“Non
ho capito un tubo di quello che hai scritto tra gli appunti, Harry.
Miseriaccia! Hai una scrittura orribile, non riesco a decifrarla” sbraitò.
Harry
e Hermione si lanciarono un’occhiata divertita.
Ron
li guardò corrucciando la fronte, in evidente difficoltà.
“Harry,
mi nascondi qualcosa?” indagò il rosso, con uno sguardo che non presagiva nulla
di buono.
Il
moro sussultò, temendo il peggio.
“Ma
che dici?” rispose cercando di non mostrarsi agitato.
Ron
guardò anche Hermione.
“Tu
sai qualcosa?” continuò nel suo interrogatorio. La riccia negò muovendo il capo
in segno di dissenso.
“Harry!”
esclamò “Tu non sei andato in camera!”
Il
diretto interessato e la sua amica sobbalzarono spaventati.
Che
Ron avesse più intuito di quanto pensassero?
“Ti
sei appartato con Ginny! Dì la verità!” Ron puntò il dito verso il compagno,
avvicinandosi, fino a sfiorargli il naso.
Harry
e Hermione non poterono trattenere le risate, dopo essersi lanciati l’ennesima
occhiata complice.
Harry
tra una risata ed un’altra, mise un braccio sulla spalla di Ron, divenuto rosso
per la rabbia. Possibile non sapesse che la sorella era a lezione?
“Amico
mio, sei una vera forza della natura!” gracchiò trattenendo le lacrime.
Hermione
si piazzò dall’altro lato e imitò il moro, posando il braccio sulla spalla di
Weasley.
“Ah
Ron se non ci fossi, bisognerebbe inventarti!” esclamò tra le risa.
Il
soggetto in questione li guardò sbalordito e ulteriormente confuso, poi fece
spallucce.
“Beh sono The King
Weasley. Significherà pur
qualcosa, no?” proferì in tono compiaciuto.
Harry
e Hermione lo spintonarono continuando a ridere e a loro si unì lo stesso Ron.
E
rieccolo ancora il vecchio trio delle meraviglie.
Unito
nonostante il tempo e le vicissitudini.
***
Buon pomeriggio a tutti voi :).
Probabilmente
vi sembrerò scontato il riferimento alla "Bella e la Bestia", ma
è la favola preferita e quando ho iniziato a scrivere questa fan
fiction, la mia testa l'ha ricollegata a Hermione e Draco. Credo che ci
farà compagnia per un pò, la riprenderò ogni tanto
nei prossimi capitoli. Ditemi sinceramente cosa ne pensate.
A
quanto avete letto, ho fatto riavvicinare il trio. Non mi piaceva
l'idea che un'amicizia come la loro evaporasse come se nulla fosse.
Certo le cose sono cambiate, ma il bene resta.
Ora
la domanda è: Harry ha ragione nel dire quelle cose a Hermione?
E...queste vacanze natalizia porteranno con loro qualcosa di buono?
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps:
questa fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per
divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Marghe
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Capitolo 10 *** Apparenze ***
Apparenze
Capitolo 9 “Apparenze”
Il
ritorno del trio non passò inosservato.
Ci
fu chi lo accolse con un sorriso.
I
più nostalgici presero l’occasione al
volo per rimuginare sul passato.
I
cinici storsero il naso e indicevano scommesse sulla durata di quel rapporto.
Altri
scrollarono semplicemente le spalle, indifferenti.
I
nuovi arrivati erano esaltati: il magnifico trio che aveva combattuto contro
Voldemort era nuovamente insieme, pronto per nuove avventure.
Lavanda
Brown non era propriamente felice di ciò, specie per la presenza di Hermione
Granger e il troppo entusiasmo mostrato da Ron – Ron per il suo avvicinamento
alla riccia Caposcuola.
“Verrai
alla Tana durante queste feste?” stava appunto chiedendo il rosso all’amica.
Hermione
sembrò pensarci su un attimo di più.
“Verrò
certamente, ma non proprio per Natale. Penso per i primi di Gennaio” Ron si
rattristò e Hermione glielo lesse in faccia.
“Capiscimi!
Dopo quest’estate, la paura di perdere i miei genitori si è acuita e…vorrei
trascorrere il Natale con loro. Ci tengono tanto” piagnucolò lei.
“Dai
Ron!” intervenì Harry, dando una pacca sulla spalla dell’amico “Non ha detto
che non verrà, solo che ritarderà di qualche giorno” continuò guardando poi
l’amica e facendole l’occhiolino.
“Va
bene. Ho capito” sospirò il rosso “E’ giusto così” aggiunse sorridendo ad
entrambi.
“Grazie
per aver capito” mormorò Hermione commossa prendendo le mani di Ron e
stringendole nelle sue.
Lavanda
al fianco di Ron divenne livida in volto, non disse una parola, ma aumentò la
presa sul braccio del suo ragazzo, il quale però era troppo impegnato
nell’arrossire per il gesto dell’amica.
In
quello stesso istante, Draco Malfoy usciva dal Castello di Hogwarts passando
accanto al trio. Lanciò una rapida occhiata alla sua sinistra.
“Toh
guarda!” il tono di scherno nella voce era evidente.
“Che
scena commovente! Il pezzente corteggiato dalla zannuta, per giunta davanti
alla sua fidanzata!” con un gesto teatrale Malfoy si portò la mano sulla
fronte. Poi guardò i diretti interessati intensamente dipigendosi sul viso un
ghigno strafottente.
“I
paladini della giustizia che commettono atti peccaminosi. Come siamo caduti in
basso!” sputò velenoso, intrecciando gli occhi con quelli di un’Hermione
profondamente irritata. E quando quegli stessi occhi di ghiaccio si spostarono
su quelle mani intrecciate, la ragazza le ritirò come scottata.
“Furetto
vedi di non rompere!” bofonchiò Ron, stringendo i pugni. Lavanda al suo fianco
gli si fece più vicina.
“Ron
– Ron non arrabbiarti” cantilenò con la sua voce da oca “Diventi tutto rosso!”
continuò, ma nessuno le diede retta.
“Malfoy,
mi pare di averti già detto una volta che siamo stanchi delle tue istigazioni
da bullo troppo cresciuto!” la voce di Hermione uscì ferma e severa. Gli occhi
le brillavano.
Harry,
che fino a quel momento era rimasto in silenzio, osservò la scena come se non
ne facesse parte. Poi prima che la situazione peggiorasse intervenne.
“Hermione”
chiamò l’amica che si girò subito verso di lui e quando i loro occhi
s’incontrarono lui scosse il capo come a dirle “Lascia perdere”.
Il
biondo, che non si arrendeva con facilità, digrignò i denti infastidito.
“Nessuno
osa darmi ordini. Soprattutto tu, Mezzosangue!” sibilò sprezzante. Detto questo
fissò ancora la ragazza negli occhi, poi avvolto nel suo mantello nero, se ne
andò, lasciando i presenti leggermente straniti.
Hermione
lo seguì con lo sguardo e si chiese perché continuava a rimanere lo stronzo di
sempre.
“A
quanto pare, il ritorno del trio infastidisce sua maestà” borbottò con
cattiveria Ron.
Hermione
si girò e sospirò.
“No,
Ron. Credo solo che Malfoy sia così solo da cercare di attaccar briga per
colmare quella sua solitudine” e si voltò nuovamente verso la figura longilinea
del biondo Serpeverde che diveniva, passo dopo passo, un punto indefinito.
“Lo
difendi?” chiese Ron scioccato.
“No,
Ron! Hermione ha ragione” disse Harry, guardando anch’egli Malfoy andare via.
Il
rosso storse il naso e scrollò le spalle.
Hermione
ripensò al discorso di Silente e alle parole di Harry e non poté fare a meno di
collegare tutto al biondo Purosangue.
“Una maschera per ogni
persona. Chi si nasconde dietro la tua…Draco?”
Stazione King’s cross. Londra.
“Allora
ci vediamo all’anno nuovo?” domandò Harry ad Hermione, la quale annuì.
I
due si abbracciarono.
“Stai
tranquilla e pensa a stare coi tuoi. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, noi
siamo alla Tana o manda semplicemente un gufo, ok?” continuò il moro.
“Va
bene” rispose la riccia “Ci vediamo tra qualche settimana” e si avviò verso i
genitori che l’attendevano con trepidante gioia.
“Mamma,
papà!” esclamò commossa, lasciandosi stringere da entrambi.
“Oh
figliola!” piagnucolò la madre, abbracciandola.
“Come
stai?” le chiese, accarezzandole il volto, una volta sciolto l’abbraccio.
Hermione
sorrise.
Un
sorriso vero e sentito.
“Bene,
mamma e voi come state?” domandò, rivolgendosi ad entrambi.
“Ora
che sei qui, stiamo decisamente meglio” sussurrò la madre, rivolgendo uno
sguardo carico d’amore al marito che annuì concorde.
Hermione
li prese per mano, un gesto infantile, ma non le importò. Era con loro e questo
le bastava.
“Andiamo
a casa” sussurrò con decisione, mentre due occhi ben nascosti, la studiavano in
gran segreto.
“Allora
figliola, come stanno andando le lezioni?” domandò il padre, mentre fermi nel
traffico, aspettavano che il semaforo divenisse verde.
“Molto
bene. Sapete che studiare mi piace e visto che quest’anno abbiamo i M.A.G.O. mi
sento ancora più eccitata. Voglio dare il meglio di me” disse con voce
entusiasta e gli occhi che le brillavano.
Era
vero che la conoscenza la faceva sentire viva, utile. Voleva servirsi della sua
intelligenze e metterla a disposizione degli altri.
Il
padre le sorrise soddisfatto di avere una figlia così volenterosa.
“Harry
e Ron come stanno?” intervenne la madre.
“Bene.
Quest’anno sembra che Harry si stia impegnando più del solito e sta ottenendo
dei buoni risultati. Certo Difesa contro le arti oscure è difficile perché c’è
Piton che insegna, ma è già un traguardo per lui essere migliorato nelle restanti
materie. Credo dipenda dal fatto che si ente più tranquillo. La morte di
Voldemort ha risolto parecchi dei suoi problemi” Hermione, se voleva, era
davvero logorroica e i Signori Granger lo sapevano, ma erano felici di
riempirsi le orecchie delle chiacchiere della figlia. Quando lei non c’era la
loro casa era vuota e fin troppo silenziosa. E in quel silenzio, spesso,
avvertivano più forte il rumore delle loro paure. Paure tutte incentrate sul
destino della loro unica figlia.
Entrati
in casa, il padre di Hermione l’aiutò a portare in camera i suoi bagagli, poi
la lasciò sola affinché potesse sistemarsi.
La
ragazza non esitò un attimo e mise in ordine la stanza. Aprì il baule e ripose
sulla scrivania i libri che le sarebbero serviti per lo studio.
“Artimanzia,
Babbanologia, Difesa contro le arti oscure, Trasfigurazioni…” iniziò ad
elencarli tutti. Aveva una mole di lavoro da svolgere ma non si sentiva affatto
abbattuta, anzi era carica e pronta a buttar giù i 50 centimetri di tema
per Piton.
Il
solo e unico che li tormentava continuamente con compiti di quel genere.
Sadico
fino al midollo osseo.
Mentre
disfaceva il suo baule, le capitarono tra le mani il libro regalatole da
Silente e il quaderno magico. Per una volta mise da parte quest’ultimo e prese
a sfogliare il primo.
Lo
lasciò sul comodino, decidendo di farsi una doccia. Dopodiché si sarebbe
dedicata alla lettura. In fondo un po’ di pausa la meritava anche lei.
E
così fece.
Passò
molti minuti sotto il getto dell’acqua calda, distendendo i nervi e spegnendo
il cervello.
Con
metodica calma, si asciugò i capelli, raccogliendoli in una coda morbida, in
modo che non le cadessero davanti agli occhi, infastidendola. Passò sul suo
corpo una crema al lampone e indossò una comoda tuta color glicine.
Dopo
aver aiutato la mamma con alcune faccende, tornò in camera, diede da mangiare a
Grattastinchi e si rilassò sul letto.
Sott’occhio
intravide il libro della favola babbana. Con un sospiro si accinse a prenderlo
e ad aprirlo.
<<
Tanto tempo fa, in un paese lontano,
lontano, un giovane Principe viveva in un castello splendente. Benché avesse
tutto quello che poteva desiderare, il Principe era viziato, egoista e cattivo.
Accadde però, che una notte
d’inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al Principe una
rosa in cambio del riparo dal freddo pungente. Lui, che provava repulsione per
quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò. Ma lei lo avvertì
di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova
nel cuore. Il Principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza
della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il Principe si
scusò, ma era troppo tardi perché lei ormai aveva visto che non c’era amore nel
suo cuore e per punirlo lo tramutò in un’orrenda bestia e gettò un incantesimo
sul castello e su tutti i suoi abitanti. Vergognandosi del suo aspetto
mostruoso, la bestia si nascose nel castello con uno specchio magico come unica
finestra sul mondo esterno. La rosa che gli aveva offerto la fata, era davvero
una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita finché il Principe avesse compiuto
ventun’anni. Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare prima
che fosse caduto l’ultimo petalo, l’incantesimo si sarebbe spezzato. In caso
contrario, sarebbe rimasto una bestia per sempre.
Con il passare degli anni, il
Principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza.
Chi avrebbe mai potuto amare
una bestia?* >>
Hermione,
ormai rapita, si lasciò cullare dalla magia di quella favola così semplice e
coinvolgente, perfetta e così stramaledettamente reale.
Chi
era realmente quella bestia?
Era
così pessimo come appariva?
“Hermione,
a cena!” la madre era entrata nella sua stanza, bussando, ma non ricevendo
alcuna risposta, aveva aperto la porta e aveva trovato la figlia seduta sul
letto, intenta a leggere. Talmente profondamente da non averla udita.
Hermione
infatti sussultò, quando percepì la voce della madre, così vicina.
La
donna rise.
“Che
spavento!” esclamò lei, portandosi una mano sul cuore, che batteva forte per lo
spavento.
“Sono
io, figliola” disse. Poi notando il libro sulle gambe di Hermione, chiese: “Cos’è?”
e lo indicò.
Hermione
lo guardò per un attimo e sorrise imbarazzata.
“Una
favola regalatami da Silente” confessò, sentendosi strana. Quella storia la
stava prendendo parecchio, risvegliando il suo animo romantico e sognatore.
“La Bella e la Bestia” la madre lesse il
titolo quando la giovane riprese in mano il libro stesso.
“Molto
romantica” aggiunse “Come mai ti ha fatto questo dono?” domandò con un pizzico
di curiosità.
Non
parlava quasi mai con sua figlia, se non nei rari periodi in cui la vedeva e in
cui non era intenta a studiare. E comunque anche in quelle occasioni, era
difficile che Hermione si sbottonasse circa la sua vita privata. La madre aveva
temuto che non l’avesse visto che studiava sempre, però tempo addietro aveva
compreso che sua figlia aveva una cotta per Ron, il rosso e l’aveva guardata
con tenerezza, mentre lei cercava di nascondere l’imbarazzo.
Col
passare dei mesi, non le aveva più detto niente. Ma ora che ce l’aveva davanti
e la vedeva così cresciuta, si rendeva conto che sua figlia stava divenendo una
donna, nonostante la giovane età. E forse col trascorrere del tempo, la sua
cotta adolescenziale per il suo amico, era svanita, lasciando spazio
all’affetto profondo e vero che la legava a lui.
“Non
so. Vuole che rifletta sul messaggio di questa favola” rispose Hermione facendo
spallucce.
“Mai
lasciarsi ingannare dalle apparenze” ribatté la madre, osservando la figlia e
sorridendole.
La
giovane inarcò un sopracciglio.
“La
favola si incentra su questo tema” continuò la madre, rispondendo alla muta
domanda della figlia.
“Nonostante
il Principe sia una bestia, Bella dopo qualche tempo, riesce a guardargli
dentro e si innamora di lui. Inizialmente non lo capisce, è turbata, si pone,
giustamente, delle domande, però quando…” si fermò titubante. Gli occhi di
Hermione brillavano di una strana luce, rivelatrice del suo totale coinvolgimento.
“Stavo
per dirti il finale” ridacchiò la donna.
“In
generale la favola la conosco, ma ammetto che leggerla fa tutto un altro
effetto” sospirò Hermione.
“E’
una favola degna di essere chiamata tale. E credo che lo scopo di questo regalo
sia invitarti a riflettere su qualcosa di specifico. Figlia mia” le prese le
mani.
“Non
lasciare mai che un pregiudizio o l’apparenza fisica o comportamentale, ti
traino in inganno. Le persone vanno conosciute prima di essere giudicate,
spesso non sempre la prima impressione è quella giusta” continuò, sorridendo.
“Mi
hai sempre detto che Silente era una persona saggia, un mago a tutti gli
effetti, giusto?” chiese per conferma e la figlia annuì.
“Bene.
Allora vuol dire che lui confida in te e nel fatto che saprai rivalutare questa
persona”
“Chi?”
chiese Hermione, stralunata.
“Ah
non lo so. Credo solo che se Silente ti ha fatto questo regalo è perché voglia
che tu cambi idea su qualcuno” rispose la donna.
Hermione
non era così sicura.
“Forse.
Sinceramente non ho ancora ben capito, ma forse è ancora presto. Magari questa
favola mi ritornerà utile più avanti” borbottò Hermione, pensierosa.
“Si,
può darsi. Ora però vieni, altrimenti la cena si fredda”.
Nel
frattempo a Malfoy Manor, Draco Malfoy combatteva con la voglia di scappare.
“Signorino,
Vostra Madre l’aspetta per la cena” un elfo era apparso in giardino, dove il
giovane biondo Serpeverde si era rifugiato.
Con
un cenno del capo, asserì a quell’invito non gradito e l’elfo sparì,
lasciandolo nuovamente solo.
Con
lentezza rientrò nell’enorme villa e quando giunse nella sala da pranzo, sua
madre Narcissa era già seduta e aspettava lui, per consumare il pasto.
“Dov’eri?”
chiese, quando il figlio si fu accomodato.
“In
giardino” rispose laconico.
La
madre bevve un sorso di vino, lasciando lo sguardo fisso sul figlio.
Da
quando il marito era ad Azkaban, lei non trovava pace. Per quanto contraria al
male oscuro, aveva seguito, senza replicare, il volere di suo marito. Non era
mai stata marchiata e ne era contenta, ma avrebbe preferito esserlo, piuttosto
che vedere quel simbolo maledetto intaccare la pelle candida di suo figlio.
Draco cercava di tenerlo nascosto, ma seppur il marchio non fosse esposto alla
vista altrui, tutti sapevano che era stato scelto tra i Mangiamorte quando il
Signore Oscuro era ancora in vita.
Quand’era
più piccolo lui desiderava entrare tra le fila di quell’esercito di cattivi,
forse, si diceva, per poter essere guardato con occhi diversi da suo padre. Ma
lui era solo un bambino e non capiva, non sapeva che un giorno tutto questo si
sarebbe riversato su di lui e sulla sua famiglia.
Fortuna
volle che il Ministero non avesse confiscato tutti i loro beni e i Malfoy
restavano così tra le famiglie più ricche del nobile mondo magico.
“Draco”
il ragazzo, alzò il capo di poco. Era strano sentirsi chiamato per nome. A
scuola chiunque lo chiamava per cognome, chi con disprezzo, chi con
indifferenza, chi con lascivo interesse.
“Si,
Madre?” rispose educato.
“Cos’hai?”
domandò la donna, i cui occhi richiamavano alcuni tratti di quelli tempestosi
del figlio. Il suo azzurro era profondo e inscrutabile.
“Niente
madre. Godo di ottima salute, come potete Voi stessa constatare” rispose lui
prontamente.
“Non
parlo di dolori fisici” ribatté lei e Draco la fissò interrogativo.
Narcissa
sospirò.
Si
alzò da tavola e si avvicinò al figlio.
“Tuo
padre è in prigione, accusato dei mali peggiori. Tu sei stato salvato, grazie
al tuo pentimento, ma anche perché sei stato soggiogato e ossessionato fin da
piccolo dalla grandezza di Tu Sai Chi e immagino che a scuola non siano tutti
così clementi. Ma tu sei un Malfoy. Non puoi piegarti, né puoi mostrarti
debole, giusto?” domanda retorica.
Draco
non rispose, si limitò a spostare lo sguardo altrove.
“Bene
figlio mio, per quanto io amo il mio cognome da sposata e tuo padre, Lucius,
voglio che tu sia un ragazzo normale. Agisci, reagisci, vivi come un ragazzo
della tua età, senza il peso del tuo cognome. Gli esseri umani cadono, ma la
vera forza sta nel sapersi rialzare” Narcissa, sfiorò titubante i crini dorati
di suo figlio. Timorosa che lui la allontanasse, ma non fu così. Il giovane non
si mosse.
“La
scuola presto finirà e tu dovrai decidere del tuo futuro. Tuo padre manda
direttive dalla prigione ed io sarò costretta sempre a importele, però desidero
che tu viva intensamente e veramente quest’ultimo anno. Permetti a chi se lo
merita, di conoscerti davvero” la voce le si incrinò velocemente. La donna
allontanò la mano dalla testa del figlio e se la portò al viso, nascondendo le
lacrime.
“Non
posso…non posso permettermi di perdere anche te. Non mi va che tuo padre
allontani anche te, da questa casa. Mi è bastato perdere…” ma non riuscì a
finire la frase, che Draco si alzò in piedi di scatto.
“Basta,
Madre!” il suo tono non fu duro, ma riuscì comunque ad apparire come un’
imposizione.
Senza
aggiungere altro, si ritirò nella sua stanza vuota.
Solo
e silenzioso come le pareti di quella villa.
*(Tratto dal capolavoro della Disney)
***
Quant'è vero che le apparenze sono ingannevoli!
Dovunque ci troviamo ci capita di incontrare persone che al primo
impatto ci sembrano in un modo, poi col tempo si rivelano essere
l'esatto opposto di ciò che credevamo. E qui ritorniamo al
discorso delle maschere tanto decantato da Pirandello (autore che stimo
e amo molto, credo si sia notato) e alla favola ("La Bella e la
Bestia") che ho volutamente inserito nella fan fiction.
Questo è un capitolo che mi piace molto, è stato
complicato scriverlo, ma allo stesso tempo mi sono divertita,
nonostante entrare nella testa di Draco sia difficile, specie quando si
trova in casa sua a contatto con sua madre.
Ho volutamente omesso i nomi dei genitori di Hermione perché non
mi sembra che nei libri vengano citati e non sapevo se inventarne dei
nuovi. Ho preferito fare usare i termini "Mamma e papà".
Ancora una volta chiedo a voi lettori un parere sincero e ci tengo
molto a ringraziarvi per il calore che mi dimostrare ogni volta con le
vostre parole. Ne sono entusiasta, sul serio!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps: i personaggi sono frutto dell'inventiva della Rowling. La fan
fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro
divertimento.
Marghe
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Capitolo 11 *** La sphaera ***
La sphaera
Capitolo 10 “La sphaera”
Era
raro svegliarsi col sole a Londra, ma quando questo accadeva, portava con sé
qualcosa di miracoloso.
Quella
mattina Hermione era accoccolata sotto le coperte quando un raggio di sole le
accarezzò timido, il volto. La ragazza si mosse, sorridendo per quel calore
inaspettato e dopo qualche secondo, un battito di ciglia e i suoi meravigliosi
occhi si aprirono. Hermione si portò seduta al centro del letto e stiracchiò le
braccia, conducendo poi il suo sguardo verso la finestra.
Il
tiepido sole provava a farsi strada tra le nuvole bianche, quella mattina aveva
voglia di brillare alto e fiero. Proprio come la Grifoncina appena
svegliata.
Hermione
sorrise e coi piedi nudi, tocco il pavimento, rabbrividendo per il freddo. Chiuse
gli occhi e si strinse nelle braccia, ma non demorse. Voleva camminare senza
pantofole, come piaceva a lei, ritornando un po’ a quand’era bambina e correva
per la casa a piedi nudi. Così si fece coraggio e con un balzo, si alzò e
raggiunse la finestra, la spalancò e inspirò l’aria fresca. Chiuse gli occhi
quando un raggio di sole la raggiunse.
“Mmm…”
mugugnò rilassandosi “Che splendida giornata!” esclamò saltellando per la
stanza.
Indossò
la vestaglia e scese in cucina, dove trovò i suoi genitori. Suo padre leggeva
il giornale e beveva il suo caffè, la madre si stava versando il latte nella
tazza.
“Buon
giorno!” esordì con allegria, danzando verso il piano cottura, sotto lo sguardo
divertito dei suoi genitori.
“Hai
dormito bene?” chiese la madre, accomodandosi affianco al marito.
Hermione
annuì, mentre con le mani era indaffarata a prepararsi la colazione.
“C’è
la brioche calda con la nutella, la vuoi?” disse il padre.
La
ragazza si bloccò, poi rapida si voltò verso i suoi genitori. Gli occhi a
cuoricino.
“Davvero???”
chiese meravigliata.
“Si,
tuo padre è uscito presto stamane per comprartela” le rispose la madre,
porgendole il sacchetto bianco, contenente la suddetta brioche.
Hermione
l’afferrò con veemenza e sorrise felice.
“Grazie”
trillò.
I
genitori si guardarono e si scambiarono un timido sorriso.
Era
bello avere la loro bambina per casa.
Era
bello coccolarla e viziarla.
Hermione
diede un morso alla brioche e la nutella le si appiccicò sulle labbra. Prese a
leccarle con dedizione, gustandosi il sapore dolciastro della cioccolata alle
nocciole.
“Cosa
farai stamane?” domandò la madre, sorseggiando la sua bevanda calda.
Hermione
si portò il dito indice al mento, pensierosa.
“Devo
studiare” rispose “Però mi andrebbe anche di fare un giro qui intorno. La
giornata promette bene” asserì tranquilla.
“Si.
A quanto pare oggi il sole ha deciso di venirci a fare visita” constatò il
padre, riponendo il giornale sulla tavola.
“Una
bella passeggiata ti farebbe bene” ammiccò la mamma.
Hermione
annuì concorde e subito dopo la colazione, si precipitò in stanza a vestirsi.
Mezz’ora
dopo era già pronta, portò con sé la sacca con qualche libro…e non solo.
Camminare
le piaceva, le trasmetteva libertà, voglia di fare e quel giorno lei si sentiva
così bene da non voler pensare a niente di negativo.
Godersi
quello stato d’animo era il suo obiettivo del giorno.
Nel
frattempo, da un’altra parte, qualcun altro occupava il proprio tempo a fare
lunghe passeggiate.
Draco
Malfoy ultimamente se ne stava spesso in giardino e portava con sé i libri. Gli
piaceva studiare all’ombra di un enorme albero di ciliegie. Quella mattina
però, non aveva voglia di passare il suo tempo sui libri, per questo prese a
fissare insistentemente un roveto davanti a lui. Le mani iniziarono a
pizzicargli e Draco per resistere a quell’impulso che lo attanagliava da
sempre, strinse gli occhi e digrignò i denti.
Non
poteva ricominciare a farlo, sarebbe finita come l’ultima volta e lui non
voleva.
Si
pentiva di quel gesto avventato, ma era sicuro che lei non lo avrebbe mai capito.
“Dannazione!”
si lamentò seccato, stritolando con le dita, l’erbetta accanto a lui.
Con
rapidità si mise in piedi, decidendo che doveva andarsene di là. Aveva proprio
bisogno di volare.
Sorvolò
diversi luoghi.
Non
aveva una meta precisa, desiderava solo restare su quella scopa in eterno.
Senza
accorgersene si ritrovò nel mondo babbano. Temendo di essere visto, cercò di
volare alto. Solo quando vide uno spazio verde, virò verso terra, scendendo.
Si
ritrovò in un parco. Il verde non gli dispiaceva, così decise di perlustrarlo.
Chissà
dove si trovava.
Qualche
passo e avvertì una presenza. Si nascose dietro un albero e spalancò gli occhi,
sconvolto.
“Non
è possibile” mormorò tra sé e sé.
La
Granger se ne
stava seduta sotto un albero con un libro sulle gambe, come al solito. Ma era
diversa, notò Draco.
Sorrideva
muovendo il capo, poi notò un filo uscire dalle sue orecchie.
Con
sguardo stranito, Draco si trovò a chiedere che stesse facendo.
Hermione
ascoltava la musica con l’ipod. Era totalmente assorta e la sua voglia di
ballare e cantare divenne forte, per questo distolse lo sguardo, vedendo che
non c’era nessuno, stacco le cuffie dall’ipod e la musica si diffuse attorno a
lei.
“Wingardium Leviosa” pronunciò
all’indirizzo dell’oggetto, il quale iniziò a vorticare nell’aria assieme a lei
che ballava e cantava a ritmo di “Just the way you are”, una canzone che la
prendeva tantissimo.
Rideva
come non faceva da tanto, sentendosi libera di poterlo fare.
Draco,
ben nascosto, la osservava apparentemente indifferente. I suoi occhi però
apparivano stranamente divertiti e un mezzo sorriso trattenuto, gli incurvava gli
angoli della bocca.
Era
strano vederla così, lei che si mostrava sempre seria, troppo a detta del
Serpeverde, e poco incline al divertimento.
Era
piacevole stare lì a spiarla. Si perché in fondo era quello che stava facendo.
Proprio
quando la musica stava finendo, il sole si oscurò improvvisamente e una strana
ombra si proiettò su Hermione, la quale si bloccò di soprassalto.
Alzando
il viso verso il cielo, la ragazza non poté che sorridere.
Draco
seguì la direzione dei suoi occhi e storse il naso.
“Leo”
chiamò Hermione, porgendogli il braccio.
Il
gufo maldestro e rumoroso di Ron, atterrò sul suo braccio. Lei gli accarezzò la
testa.
Il
gufo si lasciò coccolare.
“Hai
un messaggio di Ron, per me?” domandò la riccia Caposcuola.
Il
gufo in tutta risposta le porse la zampa a cui era legato un bigliettino.
Hermione sorrise veramente e lo
prese.
E
quel sorriso fece irritare il giovane Serpeverde.
“Cara Hermione, come stai?
Com’è stato ritornare a casa?
Qui come al solito siamo in
subbuglio, mia madre cucina per cento e non so come faccia. Credo sia per non
pensare alla morte di Fred. Si tiene impegnata.
Io mi alleno per il quidditch
con Harry, quando ovviamente non è impegnato a fare il cascamorto con mia
sorella. Secondo te mi ci abituerò mai?
Certo meglio lui che un
estraneo. Però voglio dire sono in casa nostra. Un minimo di controllo,
Miseriaccia!!!
Mi sa che mi sono perso.
Perché ti ho scritto?
Ah si, ora ricordo!
Mamma voleva che tu avessi il
tuo regalo per Natale. Le dispiaceva dartelo a gennaio.
Come avrai notato sull’altra
zampa di Leo, vi è legato un piccolo pacchetto. Questa volta niente maglioni.
Aprilo!”
Hermione
lasciò andare Leo e sfilò dal pacco, il fiocco e scartò il regalo con
curiosità.
La
scatola beige conteneva una piccola sfera, quasi appiattita, completamente
bianca.
La
ragazza storse il naso, non capendo.
Riprese
la lettera tra le mani e continuò a leggere, nella speranza che Ron le
spiegasse le funzioni di quell’oggetto.
“Di sicuro ti starai chiedendo
di cosa si tratti. Immagino la tua faccia corrucciata e pensierosa. Magari
tentando di scavare tra le informazioni che conosci, ripercorrendo a memoria le
pagine dei libri che hai letto.
Non credo tu lo conosca, o
almeno così presume mamma.
In realtà neanche io so cosa
sia, ma ti riporto con esattezza le sue parole: è una sphaera* nebulosa. Ha il
dono magico di predire il futuro di una persona, infatti all’occasione, se
consultata, indica la strada da percorrere con frasi…buffe, da decifrare.
Mamma pensa che ti sarà utile.
Dice che l’ultima volta che ti ha vista, le sei apparsa strana, persa.
Miseriaccia Hermione, è vero?
È vero che ti senti
persa?Forse sono proprio tonto a non essermene accorto.
Scusami. Ne parleremo appena
ci raggiungerai.
Sono felice che il nostro trio
sia di nuovo unito.
Ti voglio bene, Herm…
Ronald”
Una
lacrima sfuggi al suo rigido controllo.
Hermione
non si aspettava quelle parole. Non sperava più che un giorno lei, Harry e Ron
tornassero ad avere i rapporti di un tempo.
Era
vero allora che i veri amici non se ne vanno mai.
Strinse
al petto quel biglietto e sospirò, serena.
Poi
prese la sphaera e la osservò, titubante.
Non
credeva alle predizioni nel futuro, il che potrebbe far storcere il naso a
molti visto che lei è una strega. Però Hermione era sufficientemente razionale
da sapere che molti erano i fattori da incidere sul futuro delle persone,
quindi come poteva qualcuno predire ciò che sarebbe successo?
Si
girò tra le mani il regalo di Molly, guardandolo curiosa.
“Visto
che ci sei” iniziò rivolgendosi all’oggetto in questione “Hai per caso qualcosa
da dirmi?”
Nulla.
Non
accadde nulla.
Il
viso di Hermione espresse in modo molto chiaro, il suo disappunto.
Stava
per rimetterlo a posto, quando la sfera s’illuminò di una strana luce bianca e
qualcosa al suo interno prese a muoversi.
La
ragazza aveva i palmi delle mani aperti e seguiva sconvolta quell’evento,
quando la luce si spense, le bianche nubi all’interno della sfera si
diradarono, rendendo ben visibile una scritta nera ed elegante
“E’ vicino.
Nell’ombra ti aspetta.
Ma fa in fretta.
C’è chi trama un futuro diverso,
ma le vostre strade intreccerà lo stesso”
Hermione
sbarrò gli occhi confusa.
Non
capiva: che voleva dire la sfera???
Turbata
da quelle parole, la rimise a posto.
Presa
da una strana agitazione, raccolse tutte le sue cose e si incammino verso casa,
mentre due lame d’acciaio le perforavano la schiena.
Draco
Malfoy era rimasto nascosto per tutto quel tempo ad osservarla. Non poteva
sapere il contenuto di quella lettera e per quanto poteva immaginare, doveva essere
qualcosa di volutamente smielato e disgustoso, a giudicare dall’espressione
della Grifondoro.
Si
era meravigliato di vedere il suo volto rigato da una lacrima, ma aveva mantenuto,
maestro qual era, il suo sangue freddo.
E
cos’era quello strano oggetto ovale che la Granger stringeva tra le mani?
Cosa
l’aveva così sconvolta?
Mosso
dalla curiosità, prese a seguirla.
Per
sicurezza fece evanescere la scopa e il mantello.
La
seguì mantenendo una certa distanza, non voleva certo che lo vedesse.
Durante
il tragitto, incontrò molti babbani. Li guardava apparentemente schifato, ma in
quel momento non poteva non apprezzarli, perché era facile mescolarsi tra loro,
anche se i suoi abiti eleganti e il capello biondo platino attiravano occhiate
languide da parte delle donne e minacciose da parte degli uomini.
Draco
sorrise compiaciuto.
Hermione
percorse un lungo stradone a passo svelto, ansiosa di tuffarsi tra le lenzuola
del suo letto, ma prima avrebbe dovuto scrivere a Ron.
Così
entro in casa e dopo aver salutato i suoi genitori e rassicurateli di aver
trascorso una mattinata piacevole, si precipitò in stanza.
Draco
si fermò a pochi passi dalla casa della Granger.
“E
così è qui che vivi, Caposcuola?” domandò come se lei potesse ascoltarlo.
Malfoy
udì dei rumori strani provenire dal retro della casa, così andò a controllare e
restando ben nascosto, vide la giovane aprire la finestra e lasciare andare il
proprio gufo.
“Mi
raccomando dà una beccata in testa a Ron” ridacchiò Hermione, leggera.
Poi
innalzò il bracciò verso il cielo e il gufo prese il volo, seguito con
attenzione dagli occhi della ragazza.
Quegli
stessi occhi rivelatori di emozioni vere, vissute che invadevano i suoi sogni
da molti mesi ormai. Ancor prima che la guerra scoppiasse e lui fosse capace di
ammetterlo a se stesso. Cosa che ancora gli riusciva difficile, in verità.
Eppure
non capiva perché lei si intestardisse a stare dietro a quei due stupidi dei
suoi amici. Quel Ronald Pezzente Weasley che l’aveva abbandonata per mettersi
con quella stomachevole di Lavanda Brown, non si accorgeva di quanto lei ci
stesse male?
No,
Draco Malfoy, non concepiva tutto quel dolore sprecato per un essere come il
rossiccio.
Detestava
Potter perché aveva la possibilità di avvicinarsi alla Granger con
tranquillità, abbracciarla, toccarla, parlarle perché erano amici, mentre
lui…lui era un nemico passato dalla parte dei buoni, ma pur sempre figlio di
Mangiamorte da cui bisognava ravvedersi.
Draco
strinse i pugni per la rabbia.
Stava
rischiando grosso, però la tentazione che lei capisse ciò che lui provava, era
forte.
Si
perché lui provava qualcosa per lei.
Qualcosa
che equivaleva all’odio per la sua potenza.
Innervosito
per quei pensieri, fece retro front e appena fu sicuro che nessuno lo vedesse,
fece apparire la sua scopa e prese il volo, lanciando un’ultima occhiata alla
casa della giovane Grifondoro.
*sfera
***
Finalmente
in questo capitolo, il nostro Draco si sbottona un pò, certo
solo nella sua mente, ma almeno voi potete cominciare a capirci
qualcosa in più.
L'idea della sfera vi sembrerà stupida, probabilmente poco
credibile, però è venuta fuori scrivendo. A voi come
sembra?
Credo che sarà un oggetto che non comparirà spesso,
però quando lo farà sarà per dire qualcosa di
importante! Definiamola pure una "presenza silenziosa". Voglio che
questa storia si basi soprattutto sui rapporti umani, non tralasciando
la magia ovviamente. Però io vorrei risaltare il primo aspetto.
Diventa sempre più complesso parlare di Draco e Hermione man,
mano che si va avanti, lo ammetto, però mi diverte questa sfida.
Sarà che sento molto vicini questi due personaggi, quindi
parlare di loro è naturale.
Volevo fare un'annotazione sul precedente capitolo: molte di voi mi
hanno accennato nella recensione alle parole della madre di Draco.
Ecco: ho dimenticato di dirvi di leggerle bene, perché si lascia
sfuggire un piccolo, piccolissimo dettaglio che si ripercuoterà
sulla vita di Draco ed Hermione e vi assicuro che non è la
questione del "divertirsi". Ma ben altro.
Ricordatevi che siamo nel passato...giunti al presente questo particolare verrà spiegato ;).
Come sempre, vorrei riempirvi il capitolo di ringraziamenti! Le vostre
parole sono sempre fonte d'emozione per me e commuoversi e d'obbligo!
Ora rispondo anche alle recensioni <3, scusate per il ritardo.
Al prossimo aggiornamento!
Un bacio.
Ps: La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per divertimento. I personaggi appartengono alla Rowling.
Marghe
|
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Capitolo 12 *** Due Natali opposti, ma uguali ***
Due Natali opposti, ma uguali
Capitolo 11 “Due Natali opposti, ma uguali”
Un
altro giorno era trascorso.
Natale
era alle porte, i genitori di Hermione stavano preparando tutto l’occorrente
per la cena di quella sera e la ragazza volentieri dava loro una mano.
“Hermione
potresti prendermi quel sacco che ho lasciato sulla tavola?” le chiese la
madre, impegnata a girare un intruglio che bolliva in pentola.
“Si,
certo” rispose dirigendosi verso l’oggetto indicatole “Eccotelo” lo porse alla
madre che ne versò il contenuto nella pentola.
Il
padre intanto sistemava degli addobbi nel salotto, mentre le luci dell’albero
facevano da sfondo ad un’atmosfera allegra e familiare.
Ad
Hermione mancavano tanto quelle sensazioni e si apprestava a viverle con gioia.
A
chilometri di distanza l’aria cambiava radicalmente.
In
casa Malfoy, il Natale era sempre stata una festa comandata poco festeggiata.
Mai
che Draco avesse cenato con i suoi genitori quel giorno, né augurato loro Buon
Natale e aperto regali.
Non
ricordava che da bambino fosse mai successo di scoprirsi allegro per un pacco
regalo sotto l’albero. Non era mai successo. In fondo lui non desiderava nulla,
se non l’affetto dei propri genitori.
“Draco,
stasera ceneremo alle nove in punto. Avremo un ospite” Narcissa era apparsa
all’improvviso davanti al figlio, chiusosi nel suo laboratorio di pozioni.
Draco
alzò appena lo sguardo, non palesando alcuna reazione o emozione.
“Va
bene, Madre” rispose atono, riportando subito la sua attenzione al calderone
bollente.
La
madre corrucciò la fronte per un attimo, poi acquisì nuovamente la sua facciata
inespressiva.
“Non
mi chiedi chi sarà il nostro ospite?” frecciò con tono severo.
Il
biondo continuando ad inserire ingredienti nel calderone, non si mosse e le
pose quella domanda con malcelata noia.
“Chi
sarà il nostro ospite?”
Narcissa
s’indispettì.
“Mostra
un minimo di interesse, soprattutto nei riguardi di Severus!” A quel nome, il
ragazzo fissò la madre.
“Perché
Piton viene qui il giorno di Natale?” chiese, questa volta con maggiore
interesse.
La
donna lo fissò intensamente.
“Sono
stata io ad invitarlo. L’ho fatto per te, so che lui è come…una guida per te e
siccome ti vedo molto strano, ho pensato che forse parlare con lui ti farà
stare meglio” confessò.
“E
da quando Vi interessate al mio bene, Madre?” disse Draco con sprezzo, mentre
una strana luce gli attraversava gli occhi.
Narcissa
indurì lo sguardo e avvicinandosi al figlio, gli mollò un ceffone.
La
parte lesa arrossì, il segno delle sue dita sul volto pallido del biondo
Serpreverde.
“Sono
tua madre e devi portarmi rispetto! Sei mio figlio è normale che mi preoccupi!”
esclamò la donna, la voce ferma, ma l’animo stanco.
Stanco
di lottare. Ma doveva farlo per suo figlio.
“Scusatemi,
Madre” furono le uniche parole che ebbe in risposta da quel figlio cresciuto a
suon di Crucio e magie oscure da suo marito. Anche se Draco avrebbe voluto
risponderle altro e gettarle addosso tutta la sua rabbia e la sua frustrazione,
ma non poteva.
Non
doveva.
Lui
sapeva che sua madre era fragile, anche se all’apparenza sembrava una donna
rigorosa, forte, scaltra. Ma sul viso era facile leggerle la stanchezza e il
peso di quegli anni difficili.
Narcissa
continuava a fissare suo figlio. Avrebbe voluto dirgli altro, ma quel dolore
preferiva tenerselo per sé.
Draco
aveva già vissuto cose spaventose che lei avrebbe voluto evitargli.
Fino
all’età di tre anni, lei lo aveva coccolato e vezzeggiato, e Lucius glielo
aveva permesso perché lui non se ne sarebbe mai ricordato secondo la teoria di suo
marito. Troppo piccolo per ricordarsi i baci e gli sguardi affettuosi di una
mamma innamorata follemente di suo figlio.
Tutto
cancellato dalla violenza di Lucius.
Lui
non era così quando si erano conosciuti. Un matrimonio deciso e voluto dai loro
genitori. Un’unione congeniale tra le due famiglie più importanti e potenti del
mondo magico: i Black e i Malfoy.
Due
casate nate per dar vita ai più grandi e potenti maghi Purosangue. Ed era ciò
che Lucius pretendeva da Draco.
La
grandezza.
La
potenza.
Narcissa
e Lucius si conoscevano da sempre, avevano frequentato Hogwarts insieme nella
stessa casa e l’attrazione tra di loro era sempre stata molto forte. Questo
aveva contribuito ad accettare quel matrimonio imposto.
Lei
gli era stata sempre fedele e lui era un’amante magnifico che sapeva trattarla
da vera regina, poi però il Signore Oscuro aveva fatto la sua comparsa nella
loro vita e da allora Lucius era diventato intrattabile, nervoso e scorbutico,
ma lei aveva fatto orecchie da campana e aveva resistito, mandando avanti la
sua famiglia rispettando le decisioni di suo marito. Quelle che lui prendeva
anche per suo figlio.
Sospettava
che dietro tutto quel suo atteggiamento, ci fosse suo padre Abraxas e la
vicenda con…
Narcissa
scosse il capo per non pensare a quel nome.
Le
bruciava ancora sulla pelle. Una ferita che mai sarebbe rimarginata. Però non
poteva negare che tutto era iniziato all’ora. Forse neanche lui riusciva a
farsene una ragione, ma i suoi principi e il suo dannato orgoglio, ereditato
dal figlio Draco, non gli permettevano di scendere a compromessi con la sua
coscienza.
“Fatti
trovare pronto. Severus sarà qui tra poco. Vuole passare del tempo con te”
agghiacciante e pavida, la donna si girò e se ne andò.
Draco
strinse tra le dita la boccetta. Troppo forte e questa si spaccò, ferendolo.
“Mamma,
posso aiutarti a fare altro?” Hermione sbucò in cucina, dopo aver pulito e
sistemato il bagno.
La
madre voltò di poco il capo e sorrise alla figlia.
“No,
figliola. È tutto sotto controllo” affermò ridente.
Hermione
scoppiò a ridere e la madre corrucciò la fronte, non capendo.
“Hai
della farina sul naso” disse ilare la figlia, avvicinandosi a lei.
“Oh!”
esclamò la donna, pulendoselo.
Hermione
scrutò attentamente l’impasto sul tavolo e non riconoscendolo, chiese alla
madre di cosa si trattasse.
“Una
ricetta italiana tipica del Natale. Me l’ha suggerita una cliente. Si chiamano
struffoli. Ora devo dare loro la forma di una palla e friggerli. Dopo posso
metterci sopra la cioccolata o il miele” disse con soddisfazione, leccandosi le
labbra, pregustando già la prelibatezza di quel dolce.
“Mmm”
mormorò Hermione immaginandoli “Solo a sentirne parlare, mi è venuta
l’acquolina in bocca”
La
madre rise.
“Ho
avuto la tua stessa reazione quando la cliente me ne ha parlato. Ti va di farli
con me?” le domando, volgendo alla figlia un’occhiata complice.
Hermione
annuì e felice ascoltò attentamente le istruzioni della madre, per poi seguirle
alla lettera.
“Draco”
un uomo vestito di nero fece la sua apparizione nel salotto di Malfoy Manor.
Lo
sguardo profondo e freddo. Gli occhi neri come la pece.
Impenetrabili.
“Severus”
rispose il biondo Slytherin, accennando un saluto con un movimento della testa.
Il
professore avanzò tranquillo, invitato dallo stesso Draco a prendere posto
sull’ampia poltrona verde – argento, di fronte alla sua.
Si
guardarono per qualche minuto, restando in rigoroso silenzio.
Draco
sperò che non usasse l’Occlumanzia, per quanto fosse bravo a respingere quella
magia, quel giorno non aveva voglia di lottare mentalmente.
“Tua
madre dice che sei strano” Piton fu il primo a parlare usando un tono incolore
e distaccato.
Malfoy
ghignò come suo solito.
“Mia
Madre sta divenendo stranamente apprensiva” ciarlò ironico, poi fece apparire
due bicchieri e una bottiglia.
“Desideri
un po’ di Whiskey incendiario?” chiese al suo patrigno.
“No.
Tua Madre si preoccupa per te” rispose, spostando il corpo in avanti.
“Dovresti
esserne felice” continuò.
Draco
sorseggiò la bevanda alcolica, poi scoppiò a ridere.
Una
risata priva di allegria.
Severus
non si scompose, ma restò a guardare. Quel ragazzo era il suo pupillo, lo
comprendeva, voleva sostenerlo ed essergli accanto nei momenti difficili come
quello, senza però essere una presenza ingombrante. Non era certo il tipo da
manifestazioni d’affetto, ma Draco era per lui come quel figlio che non aveva
mai potuto avere.
Il
ragazzo tornò serio, mentre un lampo di rabbia gli balenava negli occhi.
“Si
preoccupa inutilmente, comunque. Sono sempre lo stesso, non ho mai parlato
granché qui a casa, quindi non capisco come fa a dire che sono strano” affermò
con decisione, mentre con la mano ruotava il bicchiere, osservando
distrattamente il liquido al suo interno.
Severus
si prese qualche minuto prima di dargli una risposta.
Rilasciò
le schiena sulla poltrona, allargando le gambe e posando le braccia lungo i
braccioli. Il lato destro delle labbra leggermente alzato, una specie di
sorriso mal riuscito.
“E’
vero ciò che dici. Ma devi ammettere che a scuola sei più silenzioso del
solito” cominciò il professore, scrutando bene il suo pupillo.
Draco
non fece una piega.
Recitare
era il suo pane quotidiano e non si sarebbe smentito neanche questa volta.
“In
genere non ti fai problemi a burlarti di chi ritieni inferiore a te. Ora invece
te ne stai per conto tuo, girovaghi da solo. L’unico con cui chiacchieri è
Zabini.”
“Severus
capirai che dopo la guerra, il pentimento mio e di mia Madre non sia stato
visto molto di buon occhio da tutti quelli che hanno padri e madri Mangiamorte
che son finiti a Azkaban. Vorrebbero che ci finissi anche io, visto che sono
marchiato. Quindi come posso fidarmi di qualcuno o comportarmi come prima?”
osservò il giovane con noncuranza.
Severus
soppesò quelle parole. Per quanto Draco avesse ragione, lui percepiva che
qualcosa non andava.
“Ti
do atto di questo. Ma permettimi di dubitare dei tuoi continui momenti di
isolamento. Quando è successo lo scorso anno potevo giustificarlo. Avevi una
missione difficile da compiere, ma adesso…” alzò lo sguardo puntandolo verso il
ragazzo.
“Adesso
so per certo che qualcos’altro ti ronza per la testa” disse incisivo, senza
troppi preamboli.
Draco
era inquieto. Più del solito, ma non voleva darlo a vedere.
“Ho
notato con lugubre piacere che tu e la Granger avete ripreso a battibeccare” continuò il professore in tono piatto.
Il
corpo di Draco sussultò impercettibilmente, ma la sua recitazione non avrebbe
subito danni. Lui era il mago degli inganni.
Ghignò.
“Con
questo dovresti essere certo che le cose stanno come un tempo” proferì il
biondo con malcelata ironia.
Piton
rimase in silenzio ad osservarlo.
“Il
trio si è riformato. Sarà divertente tornare a prendersi beffa di loro” disse
col suo solito tono strafottente e arrogante.
In
genere, a Draco il silenzio piaceva.
Se
n’era circondato fin da adolescente. Era cresciuto nel silenzio dei suoi
genitori, ma in quell’occasione la taciturnità e le occhiate del suo professore
non gli piacevano affatto. Perché temeva che lui potesse andare a fondo e capire.
E
lui non voleva essere compreso.
Un
pop improvviso interruppe l’atmosfera pesante.
Un
elfo era comparso annunciando la cena.
I
due si alzarono in piedi e dopo essersi lanciati un’ultima occhiata,
raggiunsero la sala adibita per la cena.
Hermione
stava cenando con i suoi genitori e allegri, chiacchieravano di tante cose.
Proprio
mentre questo avveniva, un veloce pensiero colpì la mente della ragazza.
“Chissà Malfoy come sta
trascorrendo queste festività”
sbarrò gli occhi confusa. Come le era venuto in mente di pensare al
Serpreverde?
Eppure…eppure
sentiva dentro di sé che era giusto. E che quell’odio degli anni addietro
andava superato, forse lui era davvero diverso.
Forse,
fingeva.
Forse
portava una maschera.
Chissà
forse era davvero lui l’autore di quel quaderno, non potendo mostrarsi per
com’era, affidava se stesso all’arte.
Forse
era come la bestia di quella favola. E lei che ruolo aveva?
Era
forse la Bella?
Troppi
dubbi e nessuna certezza.
Hermione
scosse il capo, quando si accorse di essersi isolata, suscitando le occhiate
curiose della madre. Le sorrise per farle capire che stava bene, ma questa
volta era lei che fingeva. Perché qualcosa, anzi qualcuno, le stava turbando l’anima.
Ciò
che più la confondeva maggiormente era la strana voglia di essere considerata
una vera donna da lui, proprio come colui che scriveva e disegnava di lei su
quel maledetto quaderno. Lei voleva sentirsi amata da lui, lusingata dalle sue
parole, dai suoi occhi languidi, dall’erotismo dei suoi gesti e delle sue
labbra.
Hermione
sentì che stava per andare a fuoco.
Mai
nella sua vita aveva pensato a qualcuno in quel modo e mai si sarebbe aspettata
che potesse accadere con Malfoy.
Malfoy,
Malfoy, Malfoy.
Perché
continuava a pensarci?
Perché
la sua mente continuamente lo ricollegava a tutto quello che era successo negli
ultimi mesi?
Perché…perché
le batteva il cuore ripensando a quegli occhi grigi?
Già…Perché?
***
Un capitolo di passaggio dove, avrete notato, non accade nulla di estremamente rilevante.
Mi è piaciuta l'idea di mostrarvi come i due giovani vivono il
Natale. A quanto pare Hermione fa degli strani pensieri su una certa
serpe e i suoi dubbi sul legame tra Malfoy e il quaderno, sembrano
aumentare.
Probabilmente dirò sempre le stesse cose, ma davvero sono
felicissima che siate entusiaste di questa fan fiction, mi
inorgoglisce! La storia è ancora lunga, anzi mi scuso se
l'avvicinamento che tanto desiderate tra Hermione e Draco non è
ancora avvenuto. Ma ho pensato di far crescere le cose con la giusta
lentezza. Prometto che il momento clou verrà presto, ma vi
ricordo anche che poi dovremo ritornare al presente, nel quale, come
qualcuno ha giustamente notato, i due giovani non stanno insieme. Ne
saprete di più a tempo debito.
Grazie per tutto!
Al prossimo aggiornamento.
Ps:
la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro
divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Marghe
|
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Capitolo 13 *** Blaise Zabini ***
Blaise Zabini
Capitolo 12 “Blaise Zabini”
Le
feste erano terminate e il momento di rientrare a scuola era giunto.
Il
binario 9 e ¾ era come al solito un frenetico andirivieni di persone, maghi e
streghe, pronti ad imbarcarsi sull’espresso diretto ad Hogwarts.
Hermione
era insieme ad Harry e Ron.
“Avanti,
saliamo” disse Harry, il quale per primo mise piede sul treno, seguito dal suo
fedele amico Ron.
Hermione
salì il primo gradino, quando si accorse di aver lasciato indietro la sua
sacca.
“Avviatevi,
io prendo la sacca e sono da voi” disse rivolgendosi ai due ragazzi, i quali
annuirono.
La
ragazza tornò indietro, si abbassò per afferrare l’oggetto, quando nella sua
visuale, entrarono due piedi.
Scarpe
nere, lucide ed eleganti.
Hermione
alzò lo sguardo e si trovò davanti lo sguardo più penetrante che avesse mai
incontrato e non poté frenare il fremito del suo corpo.
“Granger”
biascicò lui, quasi senza voce.
Avrebbe
voluto deriderla.
Ridicolizzarla
per quella posizione di sottomissione in cui si trovavano, ma non vi riuscì.
“Malfoy”
rispose lei, ancora incredula per la sensazione appena provata.
Uno
scambio di occhiate. Quanto significato si nascondeva dietro di esse.
“Malfoy,
andiamo?” una voce ruppe quello stranissimo momento.
Hermione
ne approfittò per alzarsi in piedi, incrociando poi gli occhi azzurro mare, del
ragazzo Serpeverde dalla pelle color cioccolata, rispondente al nome di Blaise
Zabini.
Zabini
era secondo solo a Malfoy, in quanto a bellezza.
Il
viso pronunciato, gli occhi vispi e furbi, estremamente comunicativi.
Un
fisico asciutto e leggermente muscoloso.
Un
Serpeverde un può fuori dagli schemi, non si era mai mostrato troppo avverso
nei confronti dei Grifondoro, in genere se ne stava in disparte. Certo non
rivolgeva loro la parola, però non aveva mai mostrato mancanza di rispetto.
La
sua famiglia era stata una delle poche a non essere coinvolte nei piani del
Signore Oscuro.
Draco
distolse lo sguardo dalla Granger quando si sentì chiamare e lo rivolse
all’amico, che lo attendeva con un sorriso sornione e la faccia di chi la
sapeva lunga.
Annuì
alla domanda di Zabini e senza aggiungere altro, passò accanto alla Grifondoro,
lasciandole percepire solo il profumo della sua pelle di porcellana.
Hermione
si riscosse qualche secondo dopo, avendo udito lo sbuffo del treno che
segnalava l’imminente partenza. Per questo si precipitò a raggiungere i suoi
amici.
Arrivati
a scuola, Hermione cercò di assumere un’espressione più rilassata.
Durante
il viaggio, Harry le aveva lanciato diverse occhiate, ma lei aveva finto di non
farci caso e aveva continuato o a guardare fuori dal finestrino o a leggere.
Non
le andava ancora di affrontare l’argomento col suo amico. Il problema
principale era che non sapeva neanche lei cosa realmente stesse accadendo.
Voleva
rifletterci, poi ne avrebbe discusso con Harry.
Avendo
la giornata libera, la ragazza decise che avrebbe fatto un salto in biblioteca
a riconsegnare un libro preso in prestito prima delle vacanze e poi sarebbe
andata presso il Lago Nero.
Tra
i corridoi incontrò Luna e Neville che stavano andando nel laboratorio di
Pozioni per terminare un lavoro, si fermò a chiacchierare con loro qualche
minuto.
“Hermione
sembri parecchio agiata dove te ne vai così di fretta?” chiese Luna con la sua
solita aria buffa.
“In
biblioteca” fu la lapidaria risposta di Hermione.
“Noi
invece andiamo in aula Pozioni” aggiunse Neville, abbattuto.
Anche
se Piton aveva leggermente cambiato il suo atteggiamento, Pozioni rimaneva per il
ragazzo Grifondoro un enorme punto interrogativo.
“Beh
allora vi auguro buon lavoro” sorrise la riccia, salutandoli con la mani e
allontanandosi.
Con
passo misurato per non dare nell’occhio, giunse presso il Lago, si accomodò
sotto la quercia e si rannicchiò su se stessa, per proteggersi dal freddo.
Quel
luogo aveva la funzione di un calmante, riusciva ad acquietarla, infondendole
la giusta tranquillità per pensare. Chiuse gli occhi e inspirò.
Ricapitolò
gli ultimi episodi e puntualmente le compariva davanti il viso pallido di
Malfoy, si chiese se si stesse facendo condizionare dalle parole di Harry. Ma
poi scosse la testa per cacciar via quel pensiero. Non era possibile, lei non
era tipo da farsi influenzare in quel modo, era abituata a ragionare con la
propria testa.
“Cosa
ci fa qui una ragazza tutta sola?” proruppe una voce con un leggero accento
francese. Hermione si voltò di scatto, trovandosi davanti Zabini in persona. Si
concesse una lunga occhiata per guardarlo bene.
“E’ tutto l’opposto di Malfoy” la ragazza si diede della stupida per quel
pensiero.
“Posso
farti compagnia?” continuò il moro, indicando il posto accanto alla Grifondoro.
“Oh
si” rispose balbettando.
Blaise
sorrise e si accomodò al fianco della Caposcuola.
Per
qualche minuto ognuno rimase immerso nei propri pensieri, entrambi gli sguardi
rivolti verso le acque chete del lago.
“E
così questo è il nostro ultimo anno” fu Blaise a rompere quel silenzio fastidioso
e imbarazzante.
“Già…”
mormorò Hermione.
“Come
si sente il membro più illustre e intelligente della scuola a terminare i suoi
studi?” domandò lui in tono vivace e cordiale.
Hermione
se possibile, arrossì ancora di più, facendo ridere il ragazzo.
“Ti
ho messa in imbarazzo?” chiese fingendo di non saperlo, lei ricambiò con un
sorriso.
“Non
sono come mi hai definito, ma grazie per averlo pensato. Sempre che tu non stia
scherzando. Per rispondere alla tua domanda, mi sento strana. Ho passato qui
sette lunghissimi anni e credo di averne vissute di tutti i colori. Non so come
sarà la vita al di fuori di qui, ma non mi spaventa affrontarla” facile
percepire dal discorso di Hermione la sua forte determinazione.
Zabini
la scrutò ammirato.
“Ma
come mai sei qui a parlare con me?” chiese d’un tratto la riccia Grifondoro,
stupendosi non poco di stare intrattenendo una conversazione con un Serpeverde.
“Non
stare sempre a cercare una spiegazione, Granger. A volte semplicemente non c’è”
ammise lui con una semplicità disarmante.
“Interessante,
Zabini”
“Tzk,
per favore non chiamarmi per cognome. Mi bastano i Professori” si lamentò lui,
facendo una smorfia con la bocca.
Hermione
rise.
“Va
bene…Blaise” disse ilare.
“Ecco:
così va meglio!” sorrise il ragazzo, volgendo i suoi occhi ad Hermione.
“Allora
Granger, quali sono i tuoi programmi per il dopo Hogwarts? Immagino tu voglia
entrare al Ministero”
“Chiamami
Hermione” chiarì lei, Blaise annuì col capo.
“Si,
più o meno i miei piani sarebbero questi. Voglio lavorare per il Ministero, ma
come Auror” rispose.
“Vuoi
seguire l’addestramento speciale?” domandò Blaise incredulo.
Hermione
annuì.
“Mi
sono convinta dopo la guerra. All’inizio pensavo di continuare a studiare per
entrare al Dipartimento della Regolazione della Legge Magica, ma la verità è
che ora ho voglia di portare avanti la lotta iniziata insieme ad Harry e Ron
contro i nemici del nostro mondo” sorrise delle sue parole.
Si
rendeva perfettamente conto di essere in contraddizione col suo stato emotivo.
La
guerra l’aveva certamente resa più fragile del dovuto e come logica
conseguenza, avrebbe dovuto allontanarsi da tutto ciò che le avrebbe portato,
in un caso ipotetico, ad un nuovo scontro, e invece voleva continuare a
lottare. Sperando ovviamente che non comparissero altri pazzi come Voldemort.
“Sono
stupefatto!” confessò il moro Serpeverde.
“Pensavo
che come minimo volessi istituire qualche Dipartimento al Ministero in difesa
degli elfi” la prese in giro lui.
Hermione
rimase basita, sbarrò gli occhi, poi vedendolo ridere, si lasciò andare
anch’ella ad una sonora risata.
“Spiritoso!”
esclamò appena si fu tranquillizzata.
“No,
sul serio. Sono molto sorpreso” Hermione sorrise ancora.
“E
tu invece?” domandò di rimando
Blaise
sembrò pensarci un attimo.
“Penso
che tornerò in Francia e farò la bella vita” ammiccò in direzione della
Grifondoro.
La
giovane stupefatta, lo fissò seria.
“Se
vedessi la tua faccia, scoppieresti a ridere. Io sto cercando di trattenermi”
borbottò lui, portandosi una mano davanti alla bocca.
“La
smetti di prendermi in giro?” si lamentò Hermione, sbuffando.
“Dai,
Hermione! Faccio solo dell’ironia” rispose, increspando le labbra.
“Ok,
ok”
“Tornando
al discorso che stavamo facendo. Io non ho come te un’idea precisa di quello
che voglio fare. È che non ho un sogno o cose simili. Per tutti questi anni mi
sono crogiolato nella mia situazione di studente e non ho mai pensato
seriamente al mio futuro. Vedrò ciò che mi riserva il ritorno in Francia” disse,
stendendosi sul prato.
“Ti
mancherà questo posto?” chiese Hermione, indicando il castello e il paesaggio
circondante con una mano.
“Ammetto
di si. Fino a qualche anno fa volevo solo scappare via. Lo studio non è proprio
la mia attività preferita. Io e Draco ci siamo sempre dedicati a ben altri
sport” sghignazzò, mentre i suoi occhi si tinsero di malizia.
Al
nome << Draco >>, Hermione sussultò in modo evidente, non prestando
più attenzione a niente, se non al battere del suo cuore.
“Forse
è proprio la mia casata che mi mancherà” continuò Blaise imperterrito.
“In
particolare Draco e le nostre innumerevoli discussioni” sorrise, questa volta
in modo sincero.
“Non
vi immagino in situazioni analoghe alla nostra” mormorò la giovane. Blaise la
fissò sorridente. Quel ragazzo aveva il dono di mostrarsi sempre allegro.
“E
fai bene. Anche perché è difficile che intavoliamo discussioni serie. È
capitato raramente. Ci piace divertirci, fare scherzi. E poi Draco non è tipo
da raccontarti i fatti suoi. È piuttosto schivo e riservato. Per fargli dire
qualcosa, bisogna tirargliela fuori con le pinze” borbottò il giovane.
In
effetti, non era difficile da immaginare.
Malfoy
non sembrava affatto il tipo da fare confidenze.
“Posso
ritenermi sicuramente il suo amico più stretto. Prima di Hogwarts non ci
conoscevamo, se non per cognome. Abbiamo legato quasi subito, anche se lui va
sempre in giro con Tiger e Goyle”
“Ora
no” si lasciò scappare Hermione.
Voleva
mordersi la lingua, aveva parlato troppo.
Zabini
sorrise sornione, con l’aria di chi sapeva fin troppe cose, ma non poteva
parlare.
“Confermo.
Ultimamente preferisce starsene da solo”
A
questo punto la Grifondoro
avrebbe voluto indagare, scoprire i motivi di questa sua improvvisa solitudine,
ma la sua razionalità le impedì di porgere anche una sola domanda e si limitò
ad un mormorio: “Mmm”
“Pensieri?”
Blaise si era avvicinato al suo orecchio e lei non se n’era neanche accorta. O
semplicemente, essendo una serpe, Zabini era stato rapido e silenzioso.
“Qualcuno”
si ritrovò ad ammettere Hermione.
“Se
vuoi parlarmene…” il ragazzo lasciò la frase a metà.
“Non
penserai che mi confidi con te. Questa è la prima volta che parliamo noi due”
Hermione si era messa sulla difensiva ed aveva risposto in modo piuttosto
acido.
Se
n’era pentita quasi subito.
“Scusami”
disse infatti.
“Fa
nulla. Hai ragione. Perché mai dovresti confidarti con un Serpeverde amico di
Malfoy, a cui potrebbe riferire tutto, così da prendere spunto per le prossime
prese in giro?” frecciò con sarcasmo.
Hermione
sobbalzò.
A
pensarci bene, lui era la persona più indicata per poter sapere qualcosa in più
su Malfoy e magari scoprire l’origine del quaderno.
Sbuffò.
Era
parecchio combattuta.
“Scusami.
Davvero. Non è solo una questione di fiducia, è che neanche io capisco bene
cosa mi succede” ammise lei con amarezza.
Blaise
la fissò a lungo, prima di parlare.
“A
volte fare chiarezza in sé, implica fare dei sacrifici. Spesso anche osare,
andando al di là dei propri limiti” asserì con noncuranza, non sapendo quale
tormento stava scatenando nella giovane Grifondoro.
“Posso
farti una domanda?” Hermione si rivolse quasi supplichevole al moro
Serpreverde, i suoi occhi avevano appena cambiato espressione.
Blaise
annuì.
“Cosa
pensi tu dell’amore?” sussurrò, lasciando che quelle parole le portasse via il
vento.
Zabini
sorrise.
“Da
buon Serpreverde dovrei dirti che l’amore non esiste e che non ci credo. Ma tu,
Hermione sei una persona intelligente e non mi va di mentirti” Blaise si alzò
dalla sua postazione, dando le spalle alla ragazza.
“E’
un sentimento potente, difficile da controllare. Non scegliamo come, quando e
di chi innamorarci, ma questo lo sai anche tu. Ma purtroppo ci sono situazioni
in cui è qualcun altro che sceglie per te e non puoi opporti”
“Ma
questo non è amore!” protestò lei, visibilmente seccata.
“Infatti,
non lo è!” ribatté lui.
“
Ma…” tentò di dire, ma il ragazzo la fermò.
“Non
ti ho detto tutto sul mio futuro” prese fiato. “Quando tornerò in Francia mi
sposerò” annunciò non con un tono che si addiceva ad un futuro sposo felice.
“Cosa?
Chi?” domandò Hermione confusa.
“Una
giovane Purosangue francese. Il matrimonio è un affare per le nostre famiglie”
tagliò corto lui.
“Tu
non vuoi però” notò Hermione, scrutandolo in attesa di una reazione.
“Cosa
te lo fa credere?” rispose lui sgarbatamente.
“Lo
hai detto come se fosse stata una costrizione…” la Grifondoro stava per
continuare.
“Infatti
lo è. I miei genitori vogliono questo matrimonio. Non certamente io. Non la
conosco neanche, l’avrò vista due volte. Due parole e via!” sputò con rabbia.
Un
sentimento che non gli si addiceva.
“Ma
per le famiglie Purosangue funziona in questo modo. Non abbiamo vie di fuga”
La
riccia sentì sotto pelle una strana e spiacevole sensazione.
Le
parole di Blaise continuavano a risuonarle in testa.
Le
famiglie Purosangue decidono del futuro dei loro figli…quindi questo sarebbe
valso anche…per Draco Malfoy.
Strinse
i lembi della gonna tra le dita.
“Dimmi
la verità. Blaise tu sei innamorato di un’altra?” la voce di Hermione si
addolcì stranamente.
Dopo
qualche minuto di silenzio, il moro, lasciatosi cullare dalla brezza fredda, si
girò verso Hermione.
“Si.
Sono innamorato di un’altra ragazza” e sorrise.
Un
sorriso reale che gli fece brillare gli occhi.
Hermione
ne rimase incantata e, come una magia, si ritrovò anch’ella a sorridere.
“Chissà se anche a me gli
occhi brillano in quel modo quando penso a Malfoy” fu un attimo.
Il
tempo che quel pensiero venisse registrato dalla sua mente, che lei si
irrigidì.
“No, non posso averlo
realmente pensato”
Che
fosse quella la realtà?
Si
stava innamorando di Draco Malfoy?
No,
no. Lei era invaghita dell’autore di quei disegni.
E
allora perché il cuore le suggeriva che la persona in questione era un ragazzo
alto, biondo e dagli occhi impenetrabili di color grigio?
Distolse
lo sguardo appena fu sicura di non poter più reggere quello di Blaise, timorosa
che lui vi scorgesse il suo tormento.
“E
tu…” soffiò il moro con una strana voce.
“Tu
sei innamorata, Hermione?” il modo e il tono che usò per porle quella domanda,
la fecero vibrare.
Gli
occhi le si inumidirono.
“Non
lo so…” sussurrò lei in tono appena udibile.
“Non
aver paura di capirlo, magari tu sarai più fortunata di me”
Hermione
sorrise. Un sorriso amaro e malinconico.
“Temo
che non sarà così” ritrovata la voce, Hermione fissò nuovamente il suo
interlocutore.
“I
Purosangue sono destinati ad altri Purosangue” mormorò prima che le lacrime le
offuscassero la vista.
Senza
aggiungere altro, si alzò in piedi e scappò via.
Non
le importò di niente. Seppure Blaise avesse capito a chi si riferiva, in quel
momento non le pesò.
Le
faceva più male sapere che avrebbe dovuto impedire a quel sentimento di
nascere. Voleva solo stordirlo, ucciderlo. Strozzarlo, perché lei era solo una
Sporca Mezzosangue.
E
lui…
Lui
era semplicemente l’irraggiungibile Draco Malfoy.
***
Ho scelto Blaise Zabini e, vi chiederete annoiate, perché.
Molti fanno questa scelta.
La mia non è una decisione dettata dalla moda di considerare il
moro Serpeverde l'amico di Malfoy. Ho sempre provato una certa
attrazione verso di lui.
Per un attimo ho pensato di avvalermi di Nott, ma non mi piaceva
affiancarlo a Malfoy, anche perché mi dà molto l'idea del
vero maligno tra i tre.
Blaise è...affascinante, bello, tenebroso, simpatico, ironico e maledettamente saggio.
Sarà molto presente, un personaggio che aiuterà molto sia Draco che Hermione.
Mi è piaciuto tanto scrivere questo capitolo. Mi sono divertita
a immaginare Hermione e Blaise che chiacchieravano tranquilli sulle
rive del Lago Nero.
E' un ' immagine che mi ha accompagnata a lungo anche nella stesura dei capitoli successivi.
Cosa ve ne pare?
Qui Draco si vede poco se non all'inizio del capitolo.
Ecco: la scena del loro incontro, lo sfiorarsi dei loro sguardi
è qualcosa che mi elettrizza XD. Sono una matta, lo so. Ma amo
questi due personaggi all'inverosimile.
Concludo il mio monologo, ringraziandovi dal profondo del cuore per
l'affetto e la fiducia che state dimostrando di avere nei confronti di
questa fan fiction e verso la sottoscritta.
Ne sono onorata.
Un bacio,
Al prossimo aggiornamento.
Ps: i personaggi appartengono alla Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento.
Marghe
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Capitolo 14 *** Scontro ***
Scontro
Capitolo 13 “Scontro”
Zabini
rientrò nei dormitori mezz’ora prima della cena.
Ma
non riuscì ad arrivare nella sua stanza. Stranamente la
Sala Comune era vuota, ma non ne se ne
preoccupò.
“Dove
accidenti eri finito?” una voce bassa e strascicata destò la sua attenzione.
Blaise
ghignò.
Avrebbe
riconosciuto quel tono ovunque.
Draco
Malfoy era comparso alle sue spalle senza fare il minimo rumore, strisciando
come un serpente.
Il
moro si voltò con noncuranza.
“Sentivi
la mia mancanza?” ciarlò sarcastico.
Draco
non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiata infuocata.
“Ho
fatto un giro in giardino. Mi sono spinto fino al Lago Nero e mi sono perso in
chiacchiere con Hermione” buttò lì con una naturalezza disarmante.
Il
biondo non afferrò subito, ma quando ciò accadde, sbarrò gli occhi.
“Chiacchiere?
Hermione?” sbiascicò impacciato.
E
lui era sempre sicuro quando parlava.
I
tentennamenti non erano caratteristiche che si addicevano ad un Malfoy.
Blaise
non poté trattenere oltre le risa e scoppiò. Questo irritò maggiormente il
Serpeverde biondo.
“Non
capisco cosa ci sia da ridere. Dovrei farlo io, piuttosto! Che ci facevi al
Lago Nero a chiacchierare con la Mezzosangue.
E perché accidenti la chiami per nome?!?” ribatté con
curiosità malcelata.
Zabini
si tranquillizzò.
“Calmo
Draco! Non c’è bisogno di agitarti. Avevo voglia di fare una passeggiata e ho
incontrato la giovane Grifondoro. Non vedo assolutamente niente di strano nel
fatto che abbiamo tranquillamente parlato” se ne uscì il moro, concludendo con
un’alzata di spalle.
Draco
cercò di mantenere un’espressione neutra.
“Sei
un Serpeverde. Devo forse ricordarti che noi non chiacchieriamo con i
Grifondoro? E poi soprattutto con…i Mezzosangue?” ribadì seccato.
“Non
ho dimenticato niente di tutto questo. Semplicemente mi andava. E poi Hermione
è una persona di ottima compagnia” Draco non capiva se il suo amico faceva sul
serio o stava scherzando, ma il tono da lui usato, così serioso, non faceva
presagire niente di buono.
Quella
Granger era sempre tra i piedi. Non riusciva proprio a liberarsene. Ora anche
il suo più caro amico, sembrava remargli contro parlando di lei e con lei!
Malfoy
strinse i pugni, serrando le labbra per non mettersi ad urlare. Avrebbe voluto
farlo senza che nessuno potesse chiedergli spiegazioni, così magari da sfogare
tutta la sua frustrazione.
“Non
ti abbasserai a frequentare una come quella?”
chiese il biondo con disprezzo.
Blaise
comprese che quelle parole non erano intrise di cattiveria, ma di rabbia.
Una
rabbia cieca e pericolosa.
“Si
dia il caso che tu, Draco, non sei né mio padre, né mia madre. Io frequento e
parlo con chi mi pare” rispose, cercando di non essere troppo duro.
Il
biondo non apprezzò quel colpo basso.
“Io
lo dico per te” continuò dandogli le spalle, pronto ad uscire per raggiungere la Sala Grande.
“Sei
sicuro?” frecciò il moro.
Draco
si fermò di botto.
“Ovvio
che si. Ci tengo che non ti infetti con certi elementi. Potresti mischiarmi
qualche malattia”
“Mmm”
mugugnò Blaise in risposta. “Se lo dici tu, allora ci credo” terminò il tutto con
un’alzata di spalle.
“Avanti,
andiamo a cena!” lo riprese il biondo.
La
discussione si era conclusa.
“Per ora” pensò Blaise sorridendo mellifluo.
Nel
frattempo in Sala Grande, Hermione aveva lo sguardo fisso sulla sua minestra
calda e col cucchiaio la girava e rigirava senza mangiarla.
“Mione?”
borbottò Ron.
Lei
a quel richiamo alzò il viso e fissò i suoi amici.
Avevano
gli sguardi preoccupati.
Tentò
di sorridere.
“Scusatemi.
Non mi sento molto bene e non ho granché fame” sospirò.
“Hermione
assaggia qualcosa. Non puoi andare a dormire digiuna” era stata Ginny a
parlare, assumendo un tono materno.
La
riccia Caposcuola annuì e si dedicò alla sua minestra.
Dopo
essere letteralmente scappata da Blaise, non se l’era sentita di tornare alla
Torre, non sia mai qualcuno l’avesse vista in quelle condizioni. Non avrebbe
saputo cosa dire.
Si
era rifugiata nella Torre di Astronomia, lontana da tutti e si era fatta viva,
solo dieci minuti prima della cena, propinando agli amici la scusa di una
ricerca importante in biblioteca.
“Questa
ricerca ti ha massacrata” disse con evidente sarcasmo, Harry.
Hermione
lo guardò sapendo perfettamente che non sarebbe sfuggita al suo interrogatorio.
“Abbastanza”
rispose lei rauca.
“Oh
guardate! Il Principe dei Mangiamorte s’è degnato di venire a cena. Fa sempre
tardi, possibile che nessuno gli dica niente?” si lamentò Ronald, corrucciando
la fronte.
Draco
Malfoy aveva appena fatto la sua comparsa in Sala Grande, insieme a Blaise
Zabini.
Hermione
tremò appena e non riuscì a non voltarsi.
Quando
lo vide, sentì lo stomaco contorcersi e tremò. Ma non il suo corpo.
Le tremò l’anima, per la prima volta in vita sua.
Blaise
si girò a guardare e intercettando lo sguardo della Grifondoro, alzò una mano
in segno di saluto. Quest’ultima, che non se lo aspettava, tentennò per poi
rispondere anch’ella al saluto con una mano.
“Mione,
ma quello ha salutato proprio te?”
domandò con sconcerto il rosso del gruppo.
“Si”
soffiò lei, senza dire altro.
“Ma
se non vi siete mai parlati!” ribatté l’amico.
Hermione
che si stava lievemente innervosendo.
“E
che ne sai tu!” rispose brusca.
Il
suo gruppo di amici rimase ammutolito da quell’improvvisa rabbia.
La
ragazza se ne accorse, ma non riuscì a frenare il suo nervosismo.
“Mica
siete sempre con me, da sapere chi frequento? Blaise è un ragazzo simpatico e
di ottima compagnia” disse con veemenza.
“Blaise?”
Ron storse la bocca e Harry gli lanciò un’occhiataccia, sperando capisse che
doveva smetterla.
“Si,
quel ragazzo moro dagli occhi azzurri, si chiama Blaise! E ora se permettete,
vado in stanza. Sono stanca di stare qui!” si pulì la bocca col tovagliolo e
sgattaiolò via.
Quattro
paia di occhi Serpeverde seguirono quei gesti palesemente nervosi, chiedendosi
cosa stesse succedendo. L’espressione della Grifondoro la diceva lunga su
quanto i suoi amici l’avessero fatta infuriare.
Una
volta fuori dalla Sala Grande, Hermione deviò, non si stava dirigendo come
aveva detto agli amici, alla torre, ma ovunque potesse pensare in santa pace.
Seguì
uno dei tanti corridoi di cui era dotato il castello e si ritrovò quasi nei
sotterranei.
Terra
nemica.
Prima
che per puro caso, incontrasse qualche Serpreverde, si rifugiò in un’aula in
disuso.
Si
sedette sul davanzale della finestra, volgendo i suoi occhi al meraviglioso
panorama, oscurato dalla notte.
Zabini
e Malfoy avevano appena finito di cenare, quando una lamentosa Pansy Parkinson
passò loro davanti, sculettando.
Draco
alzò un sopracciglio.
“Quella
ragazza non cambierà mai” affermò Blaise, seguendo con lo sguardo quel sedere
dalle forme appena accennate.
“E’
una seccatura, ecco cos’è!” esclamò irritato il biondo.
Zabini
rise “Continua ad importunarti?” domandò.
“No.
Ha allentato la corda per cause a te ben conosciute”
“La
tua famiglia” ribatté il moro prontamente.
“Non
abbiamo certo una buona reputazione ora. Ma non m’importa. Non ho bisogno di
rompiscatole tra i piedi. Voglio essere libero fin quando mi sarà possibile”
borbottò.
“Hai
idea di chi ti faranno sposare i tuoi?” chiese il moro.
“No.
Mia Madre mi ha comunicato, gentilmente, che mio Padre dal carcere le dà
direttive sul mio futuro, ma non me ne ha ancora parlato. Tzk” disse tra i
denti.
“Secondo
lei dovrei vivermi tranquillamente questo ultimo anno qui e farmi conoscere e
amare. Idiozie!”
“Non
ci vedo niente di male” rispose Blaise attirandosi un’occhiata dell’amico.
“Lasciati
alle spalle il peso del tuo cognome e vivi!” lo incitò.
Draco
sbuffò.
“Mi
sembra di risentire il discorso di Narcissa” ribatté seccato.
“Fa
un po’ come ti pare. Il mio è solo un consiglio spassionato” disse Zabini
posandogli una mano sulla spalla, per poi sorpassarlo.
Draco
rimase fermo in mezzo al corridoio che portava al loro dormitorio.
Quel
ragazzo era davvero strambo. Prima parlava con la Granger, osando dire che
fosse di buona compagnia, poi gli consigliava di lasciarsi andare. S’era di
certo fumato qualcosa di pesante.
Ma
un rumore improvviso lo distolse dai suoi pensieri.
Girò
il capo alla sua sinistra. Il rumore sembrava provenire da dietro la porta di
una vecchia aula inutilizzata. Si avvicinò cauto, afferrando la bacchetta,
pronto a rispondere a qualsiasi attacco.
Chi
poteva essersi introdotto nel loro territorio?
Draco
aprì lentamente la porta che cigolò appena. Il buio non gli permise di mettere
ben a fuoco la stanza.
“Lumos” la luce della bacchetta illuminò l’aula. Il
biondo si guardò attorno guardingo, quando poi scorse un piede, si allarmò.
“Vieni
fuori, ti ho visto!” urlò
Non
ci volle molto, perché la persona sentitasi chiamare, rispondesse a
quell’ordine. Draco già rideva tra sé e sé, sentendosi forte, ma fu costretto a
rimangiarsi quel sorriso.
La
Mezzosangue
era davanti a lui coi vestiti sgualciti e il viso più pallido che avesse mai
visto.
Si
scrutarono per qualche secondo.
“Che
ci fai qui?” Draco sembrò aver ritrovato la voce.
“Ci
sono finita per caso” rispose Hermione, atona. Quasi non le importasse di
niente.
Non
era il genere di risposta che lui si sarebbe aspettato da un tipo come lei.
“Non
sai che questo è territorio di noi Serpeverde?” strafottente e arrogante come
al solito, Malfoy fissava la
Mezzosangue con aria di superiorità.
“Non
volevo invadere il vostro territorio. Avevo…” si fermò, non le sembrava il caso
di dire i fatti suoi a quella serpe.
“Ho
sbagliato direzione e mi sono ritrovata qui. Ma ora tolgo il disturbo” ribadì
decisa.
Ma
proprio mentre stava per lasciare l’aula, Draco la fermò con una spallata
lieve, facendola indietreggiare.
“Cos’era
quel rumore che ho sentito?” domandò.
Hermione
sospirò.
“Sono
caduta dal davanzale, contento? E ora lasciamo passare”
“No.”
“No?
Malfoy non ho voglia di giocare, lasciami tornare nel mio dormitorio” si
lamento lei, trovando un po’ della sua forza.
“Se
volevi realmente andare nella tua adorata torre, perché sei finita quaggiù? Ti
sei messa in trappola da sola” il sorriso di trionfo che si dipinse sulle
labbra di Malfoy la fece arrossire di rabbia.
Hermione
non poté non pensare che lui avesse ragione.
“Malfoy,
ti ho già detto che non sono in vena di giocare”
“Io
invece si” mormorò, accarezzandole il viso con la bacchetta. La ragazza scattò
subito, afferrando la propria.
“Hai
intenzione di combattere?” proferì lei con tono di sfida.
“No.
Voglio sapere perché sei venuta qui!”
“Te
l’ho già spiegato” ribatté lei.
“Non
mi hai convinto. Ritenta sarai più fortunata” ciarlò ghignando.
“Idiota!”
sussurrò lei a bassa voce, provando a spostarsi per raggiungere la porta, ma
Draco ancora una volta, non glielo permise, afferrandola per un polso.
“Cosa
cazzo cerchi Granger?” questa volta, lo domandò con un tono profondo e
leggermente incazzato.
“Niente,
Malfoy” Hermione avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
“Infatti…cosa speravo di
trovare in lui se non il…nulla. E allora perché non la smetto di esserne
ossessionata?” la Grifondoro strinse i
pugni, strattonando il braccio ancora stretto dal biondo.
“Forse
sei arrivata fin qui per un certo Serpeverde dagli occhi azzurri?” chiese
Malfoy con fastidio.
Hermione
sussultò.
Che
ne poteva sapere lui della loro chiacchierata?
Draco
rise forte, comprendendo il turbamento della riccia Caposcuola.
“Stupida
ingenua. Blaise è mio amico, non sai che mi dice tutto?” la voce gli uscì
strascicata.
“E’
certamente migliore di te!” Hermione non riuscì a frenare la sua lingua, la
presa sul suo polso aumentò e lei capì di aver irritato ulteriormente il
Principe delle Serpi.
“Stai
zitta!” urlò rabbioso Draco.
“Sei
solo una mocciosa, Mezzosangue per giunta. Lui non potrebbe mai amarti!” sputò
con cattiveria.
“Malfoy,
lasciami andare!”
“Allora
è così?” ribatté lui, strattonandola, finché la giovane non batté una gamba
contro un banco.
“Lasciami,
lasciami. Stupido!” Hermione si dimenò impazzita.
Lui
le lasciò andare il braccio.
Hermione
se lo massaggiò.
“Cos’è
hai paura?” domandò suadente, Malfoy, notando il vibrare del corpo della
giovane.
“Di
te, mai!” Hermione si voltò di scatto e lo affrontò con lo sguardo.
A
testa alta, come aveva sempre fatto.
La
tempesta grigia degli occhi del biondo si scontrò col fuoco ardente della
riccia Caposcuola.
E
fu nuovamente guerra.
Una
guerra diversa che agitava i loro animi sotto pelle, senza evidenti
manifestazioni, ma che li lasciava ogni volta sconvolti e spossati.
Confusi
e arrabbiati.
Il
tumulto incessante dei loro cuori era la testimonianza vivente di quanto quel
loro strano rapporto di rivalità tra Slytherin e Griffindor, fosse vivo e
andasse a toccare corde impensabili per tutto.
Soprattutto
per loro.
Fu
Hermione la prima a cedere, chiudendo per un attimo gli occhi per assimilare
quelle bizzarre sensazioni e cercare di dare loro una spiegazione valida.
“I
miei rivali devono essere all’altezza, Granger e tu sei una donna, per giunta
Sangue Sporco, come puoi pensare di potermi sfidare o minacciare. Non accetto
da te un tono del genere, capito?” le puntellò un dito sulla spalla,
spingendola appena all’indietro.
L’interessata
indurì lo sguardo e gli gettò addosso tutto il suo sdegno:
“Tu
pensi di essere migliore di me, Malfoy? Solo perché hai Sangue puro che scorre
nelle vene credi di avere il diritto di giudicare o puntare il dito? Oppure è
il fatto che tu abbia tradito la causa di Voldemort che ti senti così forte?
Pensi che solo questo serva a farti guadagnare il rispetto delle persone?”
mentre sputava quelle parole d’odio, si era avvicinata a lui di molto,
alzandosi sulle punte per arrivare all’altezza del suo viso.
“Ti
sbagli di grosso, Malfoy! È l’umiltà che non hai e non avrai mai che è degna di
tutto rispetto. Impara dagli errori, Purosangue dei miei stivali.” Hermione
tornò alla sua posizione iniziale, dandogli le spalle.
“Un’ultima
cosa” disse, tornando a guardarlo.
“Non
mi interessa che tu sia contrario, io parlerò con Blaise quanto e quando mi
pare. Lui non è come te, non gliene importa del sangue e mi vede come una ragazza” dopo aver ben marcato l’ultima
parola, se ne andò.
Draco
era rimasto in astioso silenzio.
Avrebbe
voluto vomitarle addosso tutta la sua frustrazione, ma le parole di quella
stupida Mezzosangue lo avevano bloccato e irritato parecchio.
Ma
cosa cazzo ne poteva sapere lei del rispetto?
O
dell’umiltà?
Avrebbe
dovuto vivere la sua vita per conoscere la verità!
Eppure…
Eppure
lui non riusciva a togliersela dalla testa.
Ne
era ossessionato.
Erano
7 anni.
Sette
anni in cui l’aveva sfidata, umiliata e lei non aveva mai mostrato
arrendevolezza o debolezza e questo non aveva fatto che alimentare il suo
subdolo interesse, trasformatosi col tempo, in qualcosa di più.
Ossessione.
Amore.
Draco
sbarrò gli occhi e scosse la testa.
No,
lui non poteva provare amore, glielo aveva insegnato suo padre.
E
allora perché…perché si sentiva così maledettamente debole di fronte a quel
sentimento?
***
Ed eccoci giunti ad un primo confronto tra Draco e Hermione.
Non c'è un vero vincitore. Entrambi ne escono parzialmente
sconfitti. Lacerati e confusi da quello che loro stesso provano,
qualcosa che li turba più di quanto immaginano.
E' evidente il turbamento di Hermione, lo dimostra il modo in cui si
infiamma alle parole di Ron. Lei non vorrebbe rispondergli a quel modo,
ma detesta che il suo amico parli così. A quel punto fugge
via, anche perchè sa che dovrà affrontare Harry e
proabilmente anche Ginny che non è stupida, ha capito che
qualcosa non va.
Quello che più mi ha divertito è stato scrivere la parte iniziale: il dialogo tra Blaise e Draco.
Voi cosa ne pensate?
Grazie per le vostre continue dimostrazioni di stima. Le vostre parole
sono sempre fonte di gioia per la sottoscritta, nonché di
meraviglia.
Al prissimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps:
la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro
divertimento. I protagonisti appartengono alla Rowling.
Marghe
|
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Capitolo 15 *** Sentimentalmente confusa ***
Sentimentalmente confusa
Capitolo 14 “Sentimentalmente confusa”
Hermione
corse più che poté.
“Solo una stupida come me
poteva perdere la testa per uno stronzo come Malfoy! Ma cosa spero di trovarci
in lui?”
Quando
Ginny ed Harry la videro attraversare di corsa piangendo, la
Sala Comune, seppero che qualcosa era
realmente successo.
Harry
fece un passo in avanti pronto a seguirla, ma la sua fidanzata lo fermò.
Quando
il moro dagli occhi verdi si girò per chiederle spiegazioni, quest’ultima le
fece un cenno di diniego con la testa.
“Vado
io a parlare con Hermione” disse e si avviò su per le scale che conducevano a
dormitori femminili.
Hermione
era sul letto a piangere quando udì bussare alla porta.
Calì
e Lavanda non c’erano, probabilmente avevano il loro da fare quella sera.
La
riccia si mise a sedere sul letto, con una manica della maglia si asciugò gli
occhi e poi invitò la persona ad entrare, con un timido “Avanti”.
Ginevra
Weasley fece la sua comparsa.
Hermione
la osservò per qualche secondo, poi distolse lo sguardo.
La
rossa fece qualche passo in avanti e si accomodò sul letto di Hermione.
“Ora
tu mi spieghi per filo e per segno cosa sta succedendo!” le ordinò con voce
severa e prima che la
Caposcuola potesse dire qualcosa, aggiunse: “E non accetto un
no come risposta”.
La
suddetta Caposcuola sospirò e rassegnata raccontò ogni cosa alla sua amica.
“E
così mi hai tenuta all’oscuro di questo misterioso quaderno e dello strano
coinvolgimento che ultimamente senti per Malfoy” il tono usato da Ginny non
suonò né seccato né deluso.
“Ti
prego di perdonarmi, Gin!” sussurrò Hermione.
“Si,
si ho capito tranquilla. Non ce l’ho con te” sorrise all’amica.
“Però
non capisco perché tu l’abbia detto ad Harry e non a me” disse ancora la rossa,
storcendo la bocca e incrociando le braccia sotto il seno.
Mamma
Molly in persona!
“Non
prendertela con lui. Mi ha colta in un momento di forte sbandamento e non ho
saputo mentirgli. Gli ho chiesto io di tenere la bocca chiusa” la implorò la Caposcuola.
“Non
importa. Sono felice che tu ora ne stia discutendo con me.” Asserì sorridendo
di sbieco.
“Non
sai che peso mi sono tolta…” disse Hermione, prima di ritornare con la mente a
quello che era accaduto.
“Cosa
devo fare, Ginny?” soffiò seria, mentre i suoi occhi divenivano vacui.
“Solo
stare attenta a Malfoy” intervenne improvvisamente una voce da fuori la porta,
lasciata semi aperta dalla rossa.
Il
Bambino Sopravvissuto ormai scoperto, si premurò di farsi vedere.
“Harry
ti avevo chiesto di restare in Sala!” lo rimproverò la fidanzata.
“Lo
so. Ma non potevo restare lì con le mani in mano” borbottò in risposta,
abbassando un po’ la testa a mo di scusa.
“Hai
sentito tutto?” domandò Hermione accennando un sorriso e ignorando il quasi
litigio tra i suoi due amici.
Harry
annuì.
“L’atteggiamento
di Malfoy a volte mi sembra concorde col suo modo di fare passato, altre volte
no” annunciò il moro.
“Eppure
ho la sensazione che ci sia lui dietro quel quaderno” affermò guardando
Hermione, la quale abbassò gli occhi.
Voleva
tanto che Harry avesse ragione.
“C’è
una cosa che però devi fare, Herm” disse in tono serio.
“Cosa?”
domandò la ragazza in questione.
“Parlare
con Dean ed essere onesta con lui. Ti vuole un gran bene quel ragazzo, non
merita di essere preso in giro. Anche se…speravo che fosse lui la persona
giusta per te” confessò Harry, prendendo posto anch’egli sul letto.
“Non
lo prendo in giro, sa bene che non voglio storie ora. Ne abbiamo parlato, ma
farò come mi hai detto”
“Però
con Malfoy una storia la vorresti?” la provocò il Bambino Sopravvissuto.
Hermione
non poté prevedere la reazione del proprio corpo che vibrò alla sola idea.
“E
se fosse lui, l’autore del quaderno?” buttò lì Ginny, aiutando inconsciamente
l’amica.
“Per
fugare ogni dubbio, glielo chiederò” decise Hermione.
“Ho
una confusione in testa mai vista. So che il ragazzo misterioso mi attira
perché mi fa sentire diversa, mi vede sotto un aspetto nuovo. Non un’amica, non
una studentessa, non…”
“Una secchiona, saputella” aggiunse Ginny ridacchiando, Hermione le scoccò
un’occhiataccia gelida.
“Anche”
disse poi “Per lui sono prima di tutto una ragazza. Una ragazza desiderabile.”
“E
perché non potrebbe essere Dean il ragazzo in questione?” insisté la rossa
Weasley.
“Perché
non mi sembra il tipo” affermò la riccia, alzando un dito.
Segno
che stava ragionando.
“Ma
a lui piaci, che male ci sarebbe se ti desiderasse, sarebbe anche normale. Non
mi sembra che lui non ti veda come una ragazza” la constatazione dell’amica non
era del tutto errata, si trovò a pensare Hermione, ma continuava a non essere
convinta.
“No,
Gin” proruppe improvvisamente Harry. Entrambe le ragazze si girarono a
guardarlo.
“Posso
assicurarti che non è Dean” parlò rivolto alla fidanzata.
“Ti
ricordi Hermione quando ti proposi di camminare col quaderno sotto braccio?”
continuò rivolgendosi all’altra ragazza.
Hermione
annuì.
“Bene,
durante il nostro giro tra i corridoi incontrammo anche Dean che si è mostrato
completamente indifferente al quaderno, anzi non l’ha quasi notato”.
“Se
fingesse…” propose ancora Ginny.
Harry
mosse il capo in senso di diniego.
“Dean
non incanterebbe un quaderno per farglielo trovare e poi chiederle di
frequentarsi. Quando ha dichiarato il suo interesse per Hermione avrebbe potuto
tranquillamente dire che quel quaderno era suo, ormai si era scoperto” constatò
il Bambino Sopravvissuto.
“Mmm
forse hai ragione” accordò la sua fidanzata, soddisfacendo l’ego di Harry.
“In
ogni caso, domani parlerò con Dean, così saremo sicuri” asserì Hermione,s
sbadigliando.
“Brava.
Stasera era molto preoccupato per te, non si aspettava quella reazione a cena…e
neanche noi, in verità” Harry fissò l’amica con sguardo sincero.
“Lo
so. Scusatemi. Non so cosa mi sia preso” la Caposcuola scosse il
capo, ce l’aveva con sé stessa e con i suoi comportamenti sbagliati.
“Non
ci pensare ora. Riposa. È stata una lunga giornata” le suggerì Ginny,
abbracciandola.
E
così lei e Harry lasciarono la stanza, per permettere ad Hermione di assopire i
propri pensieri.
La
mattina seguente, Hermione si svegliò di soprassalto ricordandosi ogni cosa.
Sbuffò
e senza fare rumore, si preparò e uscì, lasciando Lavanda e Calì nel pieno del
sonno.
Erano
appena le sei di mattina ed Hermione non aveva più sonno, per questo scese
nella Sala Comune e si accoccolò sul divano. Guardava la cenere del camino,
perdendosi in elucubrazioni di ogni tipo.
Non
le andava di farsi vedere in quelle condizioni dai suoi amici, per questo
indispettita nei confronti di sé stessa, attraverso il ritratto della Signora
Grassa. Non sapeva esattamente dove andare. Le sue gambe l’avevano portata al
primo piano, avrebbe voluto correre fuori nel prato, ma a quell’ora non poteva.
Agli studenti non era permesso uscire prima di una certa ora.
Sbuffò
e decise di sedersi sul davanzale sotto uno dei grandi archi che davano sulla
foresta.
“Siamo
mattiniere?” una voce maschile alle sue spalle, la fece sobbalzare per lo
spavento.
Si
voltò pronta a rispondere in modo scortese. Non voleva essere disturbata, ma
quando vide la figura alta e robusta di Blaise, le nacque spontaneo un sorriso.
“Sei
felice di vedermi?” le chiese in tono divertito, sorridendo anch’egli.
“Molto”
Hermione annuì dando maggiore vigore alla sua risposta.
Blaise
si avvicinò.
“Incantato”
disse chinando lievemente il capo in un gesto cerimonioso, facendo ridere e
arrossire Hermione.
“Come
siamo galanti. Sei sempre così di prima mattina?” gli disse, facendogli cenno
con la mano di accomodarsi di fronte a lei.
Blaise
accettò l’invito e si accomodò anch’egli sul davanzale.
“Che
ci fa una signorina tutta sola a quest’ora del mattino in giro per il
castello?”
“Potrei
farti la stessa domanda, sai?” ribatté lei divertita.
“Touché”
le strizzò l’occhio.
“Comunque,
facendo i seri. Che ci fai qui a quest’ora?” domandò Blaise.
Hermione
gli scoccò un’occhiata strana, quasi seccata, poi si arrese di fronte alla
determinazione del Serpeverde.
“Non
mi andava più di dormire e sono uscita per una passeggiata mattutina” optò per
una mezza verità.
“Mmm.
Capisco” rispose lui, non pienamente convinto.
“Tu?”
Hermione cercò di spostare la conversazione verso di lui.
“Io
mi sveglio sempre presto e mi piace girare per il castello prima di fare
colazione” volse una breve occhiata al panorama, poi tornò a guardare Hermione.
“Mi
piace riflettere. Non sembra ma è così e di prima mattina riesco a mettere
meglio a fuoco quello che succede” sussurrò, improvvisamente amareggiato.
Hermione
stava per chiedergli cos’era accaduto, ma lui fu più veloce.
“Mi
spiace che ieri Draco ti abbia fatto male” asserì fissandola attentamente.
Che
ne sapeva lui?
“Cosa…come…”
mormorò frastornata.
“Non
mi ha detto niente lui. Ero nel corridoio quando ti ho vista fuggire via da
quella vecchia aula in disuso, dopo poco è uscito anche Draco e ho capito che
era successo qualcosa. Perché sei venuta fin laggiù?” la domanda diretta le
giunse alle orecchie come un eco.
Hermione
fissò quel ragazzo così gentile e fissando i suoi occhi, seppe che poteva
fidarsi di lui, anzi probabilmente lui aveva già capito tutto.
Sospirò
e scosse il capo.
“Io…mi
devo aspettare reazioni di quel tipo da Malfoy, in fondo mi odia. Ci
detestiamo, è normale, però la guerra è finita e vorrei che con essa fossero
spariti anche i pregiudizi su quelli come me”
“Vorresti.
Ma dimmi. Voi Grifondoro avete messo da parte i vostri pregiudizi sui
Serpeverde?” Blaise aveva toccato la corda giusta. La sua domanda era più che legittima.
Hermione
distolse lo sguardo, timorosa che lui capisse di averci preso.
“Come
immaginavo” commentò mellifluo, chinandosi verso di lei.
Le
toccò la mano con le punta delle dita e lei sussultò.
“I
pregiudizi non possono sparire da un giorno all’altro. Ci vuole tempo, volontà
e predisposizione a farlo da entrambe le parti. Draco è cresciuto con certi
valori, credeva davvero che fossero giusti, però sai bene cosa ha fatto durante
la guerra. Ha rischiato la vita passando dalla vostra parte e credo che questo
possa significare che in realtà lui non credeva che quegli ideali fossero
giusti, seppur li predicasse” Blaise si fermò, riprendendo fiato.
“Con
questo non voglio giustificare ciò che ti ha detto o fatto, ma lui ha un
problema a relazionarsi. Anche con me. Sono suo amico, lui lo sa, ma non sempre
si sfoga e se lo fa, dalla sua bocca escono solo monosillabi o frasi a metà. È
capitato che venisse in stanza mi guardasse senza dire una parola, per poi
andarsene d’improvviso. Io ho imparato col tempo a decifrare i suoi silenzi e
li rispetto. Non giudicarlo male. Draco è un ragazzo chiuso e fondamentalmente
insicuro” il ragazzo fissò così intensamente Hermione che quest’ultima si sentì
quasi svuotata.
“E’
un piccolo bullo” borbottò lei, arricciando il naso.
Blaise
sorrise leggero.
“Si.
Ma un bullo che aggredisce per non essere a sua volta aggredito. Spero che un
giorno Draco incontri una ragazza che sappia insegnargli ad amare e che a sua
volta, lo ami” asserì ghignando all’indirizzo di Hermione.
“Ma
non è già promesso ad una ragazza?” domandò lei.
Zabini
annuì.
“Però
io spero che sua madre cambi idea. È una brava donna e gli vuole bene”.
Hermione
si trovò a domandarsi perché quel ragazzo le stesse dicendo tutte quelle cose
su Malfoy. Decise che glielo avrebbe chiesto.
“Blaise…”
lui la guardò.
“Perché
mi stai dicendo questo. Cioè…capisco che vuoi difendere il tuo amico, ma io…io
che cosa c’entro?”
Il
ragazzo in questione ghignò.
“Ah
Hermione! Te lo dirò se tu risponderai ad una mia domanda” proferì divertito.
La
ragazza tentennò, ma poi accettò il compromesso, pur sapendo di rischiare.
“Perché
eri nei sotterranei?”
Bum.
Il
cuore di Hermione subì un arresto momentaneo.
Fissò
Blaise senza realmente guardarlo.
Che
fare?
Dire
la verità o mentire?
Da
buona Grifondoro il coraggio avrebbe dovuto spingerla ad essere onesta. In
genere i menzogneri per eccellenza erano proprio i Serpeverde, per tale motivo
optò per la sincerità.
“Ieri
sera ho discusso con i miei amici, in particolare con Ron dopo che ha saputo
che ti ho parlato. Tra di noi, lui è quello più restio ai cambiamenti
d’opinione e non capisce cosa mi stia succedendo. Harry e Ginny invece, sono
più ragionevoli. Comunque, dopo aver perso l’appetito mi sono alzata da tavola
intenzionata a ritirarmi in stanza, ma non avevo voglia di vedere gente e senza
accorgermene mi sono ritrovata nei sotterranei in quell’aula in disuso. Poi è
arrivato Malfoy e…ho discusso anche con lui” Hermione sospirò.
“Non
credo che andremo mai d’accordo io e lui. Mi piacerebbe…capirlo…Non so neanche
perché io voglia farlo…o forse si” scosse il capo.
“Sono
confusa, Blaise. Sono tanto confusa” blaterò, portandosi le mani sul viso.
Un
tocco caldo sulle spalle, la ridestò.
Quando
spostò le mani dal viso, si ritrovò il petto di Blaise davanti.
La
stava abbracciando.
Sentendosi
improvvisamente coccolata e triste, lasciò che qualche lacrima sfuggisse al suo
controllo.
Qualche
minuto dopo, si scostò gentilmente, sorridendogli come ringraziamento.
“Ora
tocca a te dirmi la verità” asserì determinata.
“Ah
voi Grifondoro siete sempre così...” ma non terminò la frase.
“Ti
ho detto tutto questo perché confido sulla tua intelligenza che so, ti
permetterà di andare al di là delle apparenze” detto questo si alzò in piedi e
le porse una mano.
“Si
è fatta ora di colazione, che ne dici di andare?”
Hermione
sorrise, annuì e si fece aiutare da Blaise ad alzarsi.
“Non
ti scoccia che ti vedano con me?” chiese la ragazza, mentre camminavano diretti
in Sala Grande.
Blaise
fece una strana smorfia con la bocca.
“Hai
qualche malattia trasmissibile con la vicinanza fisica?” rispose lui,
fissandola di sottecchi.
Hermione
rimase basita.
“No…”
ribatté confusa.
“Bene,
allora non vedo perché non dovrei parlarti o starti vicino” sorrise del suo sgomento.
La
ragazza si ritrovò suo malgrado a ridere e ad apprezzare la diversità di quel
Serpreverde.
Quando
lui le aprì la porta per accedere alla Sala, arrossì e lo ringraziò
balbettando. Messo piede in quel posto,
in molti si girarono a guardarli e Hermione si sentì al centro dell’attenzione.
E lei detestava esserlo.
“Ci
vediamo presto, Hermione” le sussurrò lui all’orecchio, prima di salutarla con
un cenno della mano.
La
ragazza si ritrovò ad annuire senza in realtà aver capito niente. Guardandosi attorno
vide che dal tavolo dei Grifondoro Ron la guardava scioccato, mentre Harry e
Ginny le sorridevano, scuotendo il capo. Senza volerlo, i suoi occhi si
fissarono nella direzione opposta, quella verso cui era andato Blaise e
intercettarono uno sguardo ormai divenuto familiare. Draco Malfoy la guardava
rabbioso e quando il suo amico si accomodò al suo fianco, non lo degnò di
alcuna attenzione.
Hermione
distolse immediatamente lo sguardo e si incamminò verso il suo tavolo,
preparandosi a fingere indifferenza.
“Buongiorno!”
salutò con allegria.
Ricevette
in risposta borbottii di bocche piene.
“Che
ci facevi con Blaise stamane? E perché non ti ho trovata in stanza? Vi siete
dati appuntamento?” le domande continue di Harry arrivarono subito dopo la
colazione.
Ginny
al suo fianco sbuffava.
“La
smetti?” esclamò “Così sembri un ossesso!”
“Scusate!”
borbottò lui in risposta, arrossendo e chinando il capo.
Hermione
rise.
“Tranquilli,
ora vi racconto tutto” e si accinse a narrare ciò che era accaduto, con la
consapevolezza che oramai, Blaise faceva parte della sua quotidianità e non le
dispiaceva.
Come
non le dispiaceva, voler provare a capire Malfoy…e quel sentimento che sentiva
di provare per lui.
***
Blaise fa di nuovo la sua apparizione in questo capitolo.
Come vedete è un ragazzo piuttosto scaltro. Misura bene le sue mosse e le sue parole.
Mi piace molto immaginarlo in questo modo.
Come avrete letto, Hermione finalmente racconta ogni cosa anche a Ginevra, trovando in lei un nuovo appoggio.
Il mio preferito resta Harry. Non so per quale motivo, credo perché sia molto più maturo.
Mi spiace molto che il capitolo precedente non sia stato di vostro gradimento.
Cosa non vi è piaciuto?
Se ci sono errori o orrori, ditemelo tranquillamente.
Sono qui, anche per migliorare ;).
In ogni caso, vi ringrazio tantissimo. E' sempre emozionante leggere le vostre recensioni. Mi fate sentire davvero bene.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
duro diletto. I personaggi sono di invenzione della Rowling.
Marghe
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Capitolo 16 *** Mio ***
Mio
Capitolo 15 “Mio”
Era
trascorsa un’altra settimana.
Una
settimana senza particolari sorprese.
Hermione
si dedicava allo studio e ai suoi amici, com’era sempre stata solita fare. In
più, si vedeva con Blaise in giardino per qualche chiacchiera.
Mai
nessun accenno a Draco.
Il
Serpeverde biondo si era fatto vedere molto poco in giro, se non a lezione e il
suo atteggiamento appariva sempre più scostante e freddo.
Ignorava
tutti.
Ignorava
lei.
E
questo non le piaceva affatto.
Sentiva
la mancanza di qualcosa che effettivamente non c’era mai stato, ma le sue prese
in giro, le sue aggressioni verbali, erano l’unico modo che lei aveva per avere
un contatto minimo con lui. Ma Draco aveva deciso di privarla anche di questo.
Non
si recava più neanche presso il Lago Nero.
Hermione
ne aveva parlato sia con Ginny che con Harry. La prima le aveva consigliato di
affrontarlo di petto e parlargli, ma il Bambino Sopravvissuto si era dimostrato
più saggio dicendole di non affrettare le cose, di lanciare piccoli segnali,
magari cercando di farsi trovare dove andava lui e ignorandolo a sua volta.
Insomma
doveva fare il suo stesso gioco.
Ma
Hermione era stanca di giocare e la prima cosa che aveva fatto in quella
settimana era stato parlare con Dean.
Non
era stato semplice, ma lei doveva essere onesta.
Non
gli aveva detto che era innamorata di un altro, ma gli aveva raccontato di quel
quaderno e di ciò che le suscitava.
Dean
aveva incassato il colpo da vero gentiluomo e non le aveva fatto pesare la sua
decisione.
“Mi
avevi detto subito che non volevi una storia. Stai cercando l’autore di questi
disegni” disse, indicando il quaderno “Perché ti sei invaghita di lui, no? O
forse speri sia qualcuno in particolare?” domandò, guardandola in un modo che
Hermione non riconosceva suo.
“Io
non spero niente” ribatté lei immediatamente.
Forse
troppo.
Dean
le sorrise teneramente, accarezzandole la guancia con le nocche della mano
destra.
“Hermione
non fingere, ti prego. Non devi proteggermi da nulla, se tu fossi interessata a
qualcuno, come credo che sia, non nuocerà alla mia salute. Non mi hai illuso.
Ti voglio comunque bene e ti trovo una ragazza preziosa e meravigliosa. Spero
solo che questa persona non ti faccia del male” le restituì il quaderno.
“Non
ti obbligherò a dirmi niente se non vuoi. Ma vorrei dirti io un’ultima cosa: mi
sarebbe piaciuto essere io quella persona” e le lasciò un bacio a fior di
labbra che lasciò ad Hermione una strana sensazione di malinconia.
Blaise
si ritrovò per caso ad assistere a quella scena e sorrise tra sé.
I
suoi dubbi sembravano trovare conferma. Certo quel bacio non sarebbe stato
apprezzato da quella persona, ma
poteva essere l’unico modo per stimolarla ad agire.
La
sua mente da Serpeverde stava già elaborando un piano.
Hermione
era rimasta nel corridoio ancora qualche secondo, fissando il vuoto davanti a
lei. Non si aspettava quel bacio. Certo Dean non l’aveva sforzata o costretta
ad usare la lingua, il suo era stato un semplice sfioramento di labbra.
Una
carezza delicata e leggerla. Proprio com’era stata la sua presenza in quelle
settimane, nella vita di Hermione.
Piacevole,
ma non tale da scuoterle il cuore come avrebbe voluto.
La
ragazza si ritrovò a pensare che avrebbe voluto anche lei che fosse lui quel
ragazzo, perché ne era certa: Dean le voleva bene sul serio.
Nessuno
sfottò, accenni al suo sangue.
Niente
di niente.
Però
il cuore la guidava altrove. Una direzione che lei non era sicura di voler
intraprendere.
“Hermione”
quando si sentì chiamare, si ricordò di essere ferma in mezzo al corridoio, in
orario di lezione, quindi chiunque poteva vederla.
Si
girò velocemente.
“Blaise”
sorrise.
“Che
spavento! Mi sono…estraniata per qualche minuto” disse, cercando di apparire normale.
“Ho
notato” rispose lui brevemente, avvicinandosi.
“Hai
lezione?” Hermione cercò di deviare ipotetiche domande scomode.
“Si.
Trasfigurazione con voi Grifondoro. Sei sicura di star bene?” chiese,
mettendole una mano sulla fronte, come a volerle misurare la temperatura.
Hermione
non si scostò, bensì socchiuse gli occhi.
“Non
sembri scottare. Mmm…è successo qualcosa?”
“No,
no” asserì lei, allontanandosi un po’.
“Credo
di aver dormito male” aggiunse qualche istante dopo.
“Incubi,
Mezzosangue?” una voce strascicata e velenosa rispose al posto di un Blaise per
niente sorpreso per quell’interruzione.
Hermione
sapeva benissimo a chi apparteneva e le bastò spostare lo sguardo alle spalle del
moro per vedere chiaramente una chioma bionda perfettamente pettinata, fare la
sua teatrale comparsa.
“Nessun
incubo, Malfoy” si limitò a rispondere la ragazza.
Per
un attimo Hermione avrebbe voluto fingere che non esistesse, fare proprio come
le aveva suggerito Harry, mostrando una totale indifferenza alle parole del
ragazzo, ma non era riuscita a tenere a freno la lingua.
Nel
frattempo, Draco Malfoy si affiancò all’amico e guardò di sottecchi la riccia
Caposcuola.
“Zabini,
noto con piacere che perdi ancora del tempo con persone di scarso spessore”
disse con noncuranza, come se lei non fosse lì.
Blaise
scosse la testa, accennando un sorrisetto.
“Malfoy
sei il solito” borbottò poi a mezza voce.
“Andiamo
Zabini, non vorrai far tardi a lezione. Cerchiamo di fare bella figura, ho
proprio voglia di vedere la faccia della McGranitt quando noterà che la sua
pupilla non è ancora in classe” e passò davanti ad Hermione, ignorandola.
In
genere, Hermione gliene avrebbe dette quattro, rispondendolo per le rime, ma si
sentiva come bloccata e si ritrovò a fissare Blaise che, come lei, era rimasto
impalato in mezzo al corridoio.
Harry
aveva ragione. Non doveva dargli alcuna soddisfazione. E il suggerimento del
Bambino Sopravvissuto, arrivò anche dal moro Serpeverde:
“Ignoralo”
le disse Blaise che con movimento repentino e fluido fu accanto all’amico.
Hermione
a quel punto si diede una scrollata e corse in classe, superando entrambi.
Draco
e Blaise erano seduti allo stesso banco.
La
Professoressa
voleva che i ragazzi trasfigurassero un piccolo topo, in un mouse per pc, un
oggetto babbano di cui Draco aveva sentito parlare qualche volta.
“Sei
nervoso?” domandò il moro.
“Cosa
te lo fa credere?” borbottò un Draco inferocito che non riusciva a far ruotare
in maniera corretta la bacchetta.
“Intuito”
mormorò mellifluo Blaise, ghignando degli errori dell’amico.
Draco
non vi badò e cercò di concentrarsi sul compito maledicendo quella vecchia
strega della McGranitt e la novità di trasfigurare gli oggetti in aggeggi
babbani che lui neanche conosceva!
Al
contrario, Blaise ci era riuscito al primo colpo e sorrideva soddisfatto
guardando il risultato della sua magia.
“Toh!”
esclamò ironico.
“Ci
sono riuscito” e nel dirlo si voltò verso il compagno di casa che lo fissava
con malcelata irritazione.
“Fortuna.
Solo fortuna” un lampo d’ira gli attraverso gli occhi.
“Forse
frequentare i Mezzosangue ti ha aiutato a rapportarti meglio con oggetti
babbani” disse con fare beffardo. Voleva
proprio vedere come avrebbe reagito il suo amico.
Già…amico!
Draco
lo considerava tale anche se non glielo aveva mai né detto né dimostrato, ma
d’altronde lui non er abituato a slanci d’affetto di nessun tipo. Gli avevano
solo insegnato che in ogni situazione doveva mostrarsi inattaccabile e al di
sopra di tutti.
Eppure
lo irritava da morire quella vicinanza eccessiva di Blaise alla Granger. Non
capiva come poteva essere successo e per quale astruso motivo. Non avevano
niente in comune.
O
forse si e lui non lo sapeva?
Improvvisamente
si sentì fortemente preoccupato.
“Draco”
lo richiamò Blaise che lo stava scrutando attentamente, segnale che stava
provando a sondargli l’anima con lo sguardo.
“Dimmi
Zabini” rispose lui tagliente.
Il
moro sospirò.
“Dovresti
smetterla di comportarti in questo modo. Inutile che ti nascondi dietro il tuo
atteggiamento da ragazzo freddo e maschilista…” frecciò, sperando che il biondo
capitolasse. Farlo ragionare era sempre un’impresa impossibile, ma Blaise era
deciso più che mai ad andare fino in fondo e ci sarebbe riuscito.
Parola
di Serpreverde!
“Io
non mi nascondo da niente e da nessuno, Zabini. E tu dovresti smetterla di
farti friggere il cervello dalle chiacchiere di quella” e indicò con un movimento repentino del capo, Hermione
seduta in prima fila.
Blaise
seguì il suo sguardo e sorrise.
“Dovresti
conoscermi, Malfoy. Sai benissimo che non mi faccio influenzare da nessuno.
Benché meno da Hermione. È piacevole parlare con lei e scambiarsi opinioni. Non
ci trovo assolutamente niente di anomalo. L’unica anomalia che vedo è il tuo
continuare a fingere che ti sia indifferente” replicò in tono lineare.
Draco
si girò verso di lui furioso.
“Ma
che vai blaterando! A me non piace quell’essere indegno!” sbottò velenoso.
Blaise
gli scoccò un’occhiata altrettanto velenosa, ma decise di giocare d’astuzia.
“Bene
allora ti sarà indifferente sapere che prima in corridoio Dean Thomas l’ha
baciata” asserì, fingendo di tornare a porre attenzione all’oggetto
trasfigurato.
Se
in un primo momento Draco era rimasto allibito, subito dopo si era ricomposto.
Un
bacio.
“Allora si frequentano ancora” pensò, stringendo più forte la bacchetta
tra le sue dita e pronunciando la formula magica. Questa volta la
trasfigurazione riuscì, ma lui era troppo intento a pensare a quello che gli
aveva detto Blaise per festeggiare.
Quest’ultimo
sorrise tra sé, gioioso per quella finta non reazione.
Uno a zero per lui.
“Hermione”
Harry stava correndo dietro la ragazza che si fermò per aspettarlo.
Il
moro si fermò respirando a fatica.
“Ti
stavo cercando” disse appena riprese fiato.
Hermione
corrucciò la fronte.
“Volevi
dirmi qualcosa?” chiese gentile.
“Si,
vieni con me” detto questo le afferrò la mano e la trascinò via con lui.
“Ma
dove mi stai portando?” chiese la ragazza, appena la loro corsa rallentò.
“Lo
vedrai presto” Harry ammiccò all’indirizzo dell’amica.
Attraversarono
a passo veloce lo spazio che li conduceva verso la torre di astronomia.
Salirono i gradini in silenzio, Harry con una spinta spalancò il portone e si
diressero verso la ringhiera.
“Perché
mi hai portato qui?” le domandò Hermione, affiancandolo.
Harry
non le rispose subito, si limitò a guardare davanti a sé.
“Guarda”
e le indicò il cielo sereno.
Era
da settimane che continuava a piovere o a nevicare, quel sole lì in alto
spiccava e donava un senso di totale sollievo.
“E’
una giornata bellissima” sussurrò Hermione incantata.
“E’
vero” annuì Harry.
“Con
questo tempo vien voglia di fare una lunga passeggiata. Sai credo di non essere
l’unico ad averlo pensato” e con un gesto della testa, indicò a Hermione un
puntino in lontananza.
Con
esattezza un puntino biondo che sostava nei pressi del Lago Nero.
“Quello
sembra…”
“Malfoy”
continuò per lei, Harry. La ragazza annuì con lo sguardo perso.
“Perché
non lo raggiungi” azzardò lui, Hermione tremò e sbatte le palpebre pensando di
aver sentito male.
“Cosa?”
domandò infatti.
Harry
la prese per mano.
“Va
da lui”.
“E
perché dovrei farlo?” ribatté lei, rimanendo sulla difensiva.
“Perché
tu vuoi farlo. Vuoi parlargli, vuoi capire, quindi va da lui e togliti ogni
dubbio” le disse Harry senza mai smettere di sorriderle e guardarla negli
occhi.
“Non
posso” mormorò lei, abbassando la testa.
“Non
vuoi, è diverso. Hermione, di solito sei sempre tu a far coraggio a me e Ron.
Nelle situazioni più difficili ci hai strigliato e ci hai appoggiato. Ora sono
io che ti dico di cacciare fuori le unghie e di combattere per te stessa e la
tua vita. Se è Malfoy ciò che vuoi, vai lì e vattelo a prendere. Solo
affrontandolo di petto, saprai la verità”.
Le
parole di Harry erano sensate e giuste ed Hermione lo sapeva.
Sospirò
e volse un’ultima volta i suoi occhi verso quel puntino biondo.
Era
giunto il tempo di affrontare sé stessa.
Alzò
la testa e fissò Harry, gli sorrise ed annuì.
Draco
Malfoy se ne stava tutto solo nel bosco vicino al castello di Hogwarts.
Aveva
mollato Blaise qualche ora dopo la lezione di Pozioni e se n’era andato
bruscamente senza dire una parola.
Poteva
ancora sentire nelle sue orecchie la durezza delle parole dell’amico.
Dopo
la lezione con la McGranitt,
erano andati nella Sala Comune del loro dormitorio e si erano fatto una bevuta,
prima che l’amico rimettesse in mezzo l’argomento “Granger”.
<< “Perché mi guardi in
quel modo?” domandò il biondo, non riuscendo più a sopportare lo sguardo
dell’amico.
“Aspetto ancora che tu mi dica
qualcosa” asserì Blaise.
“Riguardo quale argomento,
scusa?” aveva perfettamente capito dove voleva andare a parare, ma preferì
evitarlo.
“Riguardo quello che ti ho
detto poco fa in aula. E se non l’ha capito ti ripeto: Dean Thomas ha baciato
Hermione nel corridoio e lei lo ha lasciato fare. Certo è stato un bacio a
stampo, ma pur sempre di bacio trattasi”
“Non me ne frega un cazzo di
quei due! Non capisco come ti sia venuto in mente che a me potesse piacermi la Mezzosangue! Poi sai
benissimo che sono promesso ad un’altra ragazza, purosangue tra l’altro. Quindi
per cortesia smettila di dire stupidaggini!” gridò Draco, posando con foga il
bicchiere sul tavolo, prima di uscire dal dormitorio e raggiungere la prossima
aula in cui avrebbero avuto lezione, sempre con i Grifondoro.
Blaise lo osservò con occhio
attento. Non si meravigliò di quella reazione di eccessiva rabbia.
Al suo amico piaceva la Granger e ora era certo
che anche la Granger
nutrisse qualche sentimento per Malfoy. Forse aveva capito che Draco aveva a
che fare con quello strano quaderno.
Blaise sapeva ogni cosa.
Tempo addietro aveva sorpreso
la ragazza con Potter in corridoio, appartati che ne parlavano e quando aveva
visto l’oggetto della disputa, non aveva potuto far a meno di sobbalzare
ricordandosi di averne visto uno identico nella stanza dell’amico. E allora
aveva ricollegato tutto.
Lui aveva sempre avuto il
sospetto che a Malfoy piacesse qualcuna, ma non era mai riuscito a comprendere
chi fosse. Quando poi i tormenti di Draco per via del suo destino vennero fuori
in una chiacchierata al sesto anno, Blaise pensò di essersi sbagliato e che i
continui silenzi dell’amico fossero dovuto solo ed esclusivamente alla presenza
di Voldemort nella sua casa e nel coinvolgimento suo e della sua stessa
famiglia nei piani dell’Oscuro Signore.
Ma quando aveva saputo da
Draco stesso quello che era successo a Malfoy Manor quando i tre eroi erano
stati catturati, aveva iniziato a dubitare. Draco era stato restio nel rivelare
chi fossero e quando parlava della tortura ricevuta dalla Granger da parte di
sua zia Bellatrix, sembrava emotivamente troppo coinvolto, seppur volesse
mostrare il contrario.
Blaise era un ragazzo
passionale. Forse lo era diventato da quando aveva scoperto di essere
innamorato, anche se sapeva benissimo di non poter fare nulla per quell’amore.
E allora voleva che almeno il suo amico avesse la possibilità di scegliere una
volta nella sua vita e sperava che Narcissa lo lasciasse fare.
“Pensi che io non abbia notato
niente?” disse, riprendendo in mano il discorso, una volta raggiunto l’amico in
aula.
“Dimmi una cosa Draco: la
guerra non ti ha insegnato nulla? Prima di rispondermi permettimi di farlo al
posto tuo: si. Ma sono sicuro che tu già sapevi quanto fosse sbagliata tutta
quella situazione fin dall’inizio. Ti ci sei trovato per costrizione e il tuo
odio per loro” e indicò i tre eroi della guerra magica appena entrati.
“Era odio verso te stesso,
perché tu avresti voluto avere la possibilità di scegliere da che parte stare o
di tirartene fuori. Beh ti dico una cosa: Potter, come te, non ha potuto
scegliere. Lui era il Prescelto e doveva per forza di cosa sconfiggere Tu sai
chi! E lo ha fatto. Weasley e Hermione hanno deciso di loro spontanea volontà
di aiutarlo perché credono nel bene e nella magia pulita. Tu anche e non
negarlo. Così come non puoi negare che la Granger non ti è indifferente e questo già da
molto. Ho visto come la guardi di nascosto, a volte la segui perfino. Ho notato
quel quaderno che porta sempre con sé, sai? Mi ricordo che una volta ne ho
visto uno simile nella tua stanza. Una strana coincidenza? No, non credo
affatto!” e dopo aver lanciato quella provocazione, si accomodò al suo posto e
aspettò in silenzio l’arrivo dell’insegnante. >>
Draco
non aveva ribattuto, perché non sapeva esattamente cosa dire.
Era
sorpreso e non poteva negarlo. Non si aspettava che Blaise lo avesse capito
così a fondo.
Il
ragazzo fu ridestato dai suoi pensieri da alcuni passi piccoli, ma veloci che
provenivano alle sue spalle. Draco si voltò per vedere quale scocciatore
avrebbe dovuto aggredire verbalmente per dover rimanere ancora un po’ da solo,
ma si sorprese nel verificare che si trattava proprio della Granger.
Hermione
aveva corso, stringendo al petto il quaderno. Sapeva che se si fosse fermata,
la sua paura l’avrebbe costretta a tornare indietro. E lei non voleva. Non
quando aveva finalmente deciso di capire di più.
Quando
giunse al Lago, fu tentata di non farsi vedere, ma Malfoy fu più veloce di lei
a girarsi. I loro occhi si incontrarono per la millesima volta.
E
per la millesima volta, lei si sentì il cuore in gola.
Draco
non sapeva che dire e optò di ignorarla.
Così
si rigirò verso il Lago Nero.
Hermione
non demorse e si avvicinò.
Per
qualche minuto restarono entrambi in silenzio a rimirare il paesaggio davanti a
loro.
“Giri
sempre con questo quaderno in mano, Granger. Posso sapere come mai?” Draco non
aveva programmato né di rivolgerle la parola né di porle quella domanda, ma non
aveva resistito all’impulso di farlo.
La
verità era che la curiosità lo divorava. Nonché la voglia di dirle la verità.
Hermione
lo fissò.
“Cerco
il suo proprietario e spero che vedendolo nelle mie mani, si avvicini” asserì lei
con finta calma.
Malfoy
si sarebbe aspettato una risposta diversa, ma non mostrò alcuna emozione.
“Pensi
che accadrà sul serio?” domandò, lei lo guardò stranita.
“Mi
spiego meglio” aggiunse, comprendendo la confusione della ragazza.
“Pensi
che questa persona vedendo che lo hai tu si avvicini? E se non vuole avere a
che fare con te o si è voluto liberare di quell’oggetto?”
L’espressione
attonita di Hermione la diceva lunga.
“Non
ci hai pensato, eh?” la prese in giro il biondo.
“Ti
sbagli!” asserì sicura.
“E’
impossibile che qualcuno voglia liberarsi di questo” e spostò il quaderno dal
suo petto per mostrarlo al ragazzo.
Lo
sguardo amorevole con cui Hermione osservava quell’oggetto ridestò una strana
gelosia in Draco.
“Qui
dentro sono racchiusi la vita e il cuore del suo proprietario” ne accarezzò la
copertina.
“Sarebbe
assurdo sbarazzarsene” mormorò suadente.
Draco
ghignò.
“Non
ti facevo così sentimentale, Granger. E se la persona in questione avesse
voluto farlo invece? Se gli costava troppa fatica aprirlo e leggere tra quelle
righe la verità? Sai Mezzosangue, a volte è più facile scappare che restare” si
fermò, forse solo per vederla deglutire a fatica.
“Cosa
ne sai tu…” sussurrò con un filo di voce Hermione.
Una
risata gutturale, l’avvertì che il giovane erede dei Malfoy stava ridendo di
lei.
“Ti
facevo più perspicace, Mezzosangue” disse con un tono di scherno nella voce che
apparve stranamente più vicina.
Hermione
poteva sentire l’alito caldo del ragazzo perdersi tra i suoi capelli e
rabbrividì a quella constatazione.
Che
i sospetti di Harry fossero giusti?
Tremò
appena, chiudendo una mano a pugno, mentre nell’altra stringeva quel maledetto
quaderno. Hermione deglutì e si ridestò, decidendo che era il momento di sapere
la verità.
Si
girò e fronteggiò con lo sguardo il biondo Serpeverde.
“Dimmelo
tu, Malfoy. Dimmi cosa sai!” disse mostrando una fierezza che fino ad allora
sembrava avesse perso.
“Visto
che io non capisco, secondo il tuo parere, perché non m’illumini con la tua
saggezza? Io mi sono fatta un’idea, ma mi sembra così illogica e astrusa che…”
scosse il capo, lasciando il discorso a metà.
Lasciò
che fossero i suoi occhi a parlare per lei.
“Quel
quaderno…” Draco si bloccò di colpo.
Dire
o no la verità?
Fu
l’occhiata spaventata e, allo stesso tempo, eccitata della Granger a fargli
capire cosa fare.
Sospirò,
portandosi stancamente una mano tra i capelli, sempre così ordinati, abbassando
le palpebre e il capo.
“Mezzosangue…quel
quaderno” continuò con voce ferma. Poi alzò gli occhi verso di lei. La fissava
così profondamente da farle tremare le gambe.
C’era
qualcosa di nuovo in quegli occhi.
Qualcosa
che le diceva che c’entrava lei.
Qualcosa
che si stava per rivelare più forte che mai, pronto a travolgerla in un tornado
senza fine.
“Quel
quaderno è mio…” la voce di Draco
echeggiò a lungo nelle orecchie di Hermione e lì, al centro del petto.
***
Il capitolo tanto atteso è arrivato.
Certo, mi ammazzerete visto che l'ho interrotto sul più bello,
ma credetemi è meglio così. Non per la suspance, solo per
ragioni di lunghezza.
Blaise si è rivelato fondamentale, come avrete letto. Ha
sprontato Draco, gli ha messo la pulce nell'orecchio, un pò come
ha fatto Harry con Hermione. E alla fine lei ha preso coraggio ed
è andata da lui. Probabilmente Draco non si aspettava che le
avrebbe confessato quella verità, quando l'ha vista arrivare. Si
è lasciato semplicemente guidare dall'istinto.
Diciamocela tutta: non ce la faceva più a tenersi quel segreto.
La domanda ora è: cos'accadrà? Come reagirà Hermione?
Non posso anticiparvi niente, se non che da qui le cose cambieranno almeno un pò.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative.
Vi ringrazio col cuore per l'affetto che mi dimostrate ogni volta! Me ne stupisco sempre!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps:
la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro
diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Marghe
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Capitolo 17 *** Il patto ***
Il patto
Capitolo 16 “Il patto”
Quell’aggettivo
possessivo le ronzava ancora per la testa
“Mio…mio…mio”.
Hermione
si sentì improvvisamente un piacevole languore allo stomaco e per paura, si
voltò pronta a correre via.
“Perché?”si domandò.
“Sta
ferma, Granger” sibilò Draco, quando comprese che la ragazza stava per scappare.
“Malfoy”
sussurrò lei al vento.
Hermione
fece come lui gli aveva ordinato. Nella radura intorno si udiva solo il battere
incessante dei loro cuori.
Ormai
il ragazzo era alle sue spalle, così vicino che poteva sentire il calore
irradiarsi dal suo corpo. Tentare di scappare sarebbe stato vano.
Perché
voleva fuggire?
Stava
per conoscere la verità, quella che per mesi e mesi aveva professato di voler
sapere.
Quando
la mano di Malfoy si posò sul suo braccio per trattenerla, comprese che stava
per fare una cazzata enorme.
Così
sospirò e smise di agitarsi.
Una
volta recuperata una certa lucidità, decise che era giunto il tempo di fare
delle domande.
“Da
quanto…”
“Da
quanto tempo ti osservo?” continuò Draco per lei, lasciandole il braccio e
accendendosi una sigaretta.
Hermione
annuì semplicemente.
Il
ragazzo si allontanò da lei. Indugiava nel rispondere, come se volesse perdere
del tempo. Sembrava che qualsiasi cosa facesse fosse studiata a tavolino: i movimenti
del corpo, le parole da dire, le espressioni facciali.
Draco
fece un tiro di sigaretta, puntando i suoi occhi verso la giovane in fermento.
In attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
“Io
non ti mentirò, Mezzosangue. Ti ho odiata subito. Detesto le persone saccenti
come te. La tua sete di giustizia e verità mi ha sempre disgustato, ma non
perché sia sbagliata. No. Semplicemente ti invidiavo”. Draco fece un passo vero
di lei, senza però accorciare troppo le distanze.
“Tu
non avevi e non hai un futuro già organizzato per te da altri e sei libera di
intraprendere la strada che riterrai più opportuna. Nonostante ciò hai deciso
di combattere al fianco dello Sfregiato, mettendo in pericolo te stessa. Io non
lo avrei fatto, perché sono un codardo” Draco s’arrestò abbozzando un sorriso.
Un
sorriso che non sapeva d’allegria.
Un
sorriso di circostanza.
Intriso
di amarezza e rassegnazione.
“Ed
è solo per questo che…mi spii?” Hermione non era sicura del termine usato.
“No.
Il tempo passa per tutti, Granger e tu sei venuta su piuttosto bene” il ragazzo
ghignò, tornando lo stronzo di sempre.
“Porco!”
ribatté indispettita la ragazza, arrossendo e portandosi le braccia sotto il
seno.
“Non
fare tanto la puritana, Granger. Oh guardate com’è diventata rossa!” la sbeffeggiò
lui con un certo compiacimento.
Hermione
si sentì andare ancora più a fuoco e se avesse potuto sotterrarsi, l’avrebbe
fatto. Invece rimase lì, ferma ad ascoltare il silenzio che era calato su di
loro.
Un
silenzio che però non pesava, non gravava. Non era fastidioso.
Sembrava
piuttosto naturale e…giusto.
Rimasero
lì a guardarsi, ognuno perso nei propri pensieri.
“Mi
dirai mai tutta la verità?” borbottò Hermione dopo una lunga riflessione.
Draco
si mosse appena, raggiungendo la riva del Lago Nero e fissando il proprio
sguardo dritto davanti a sé.
“Sono
un Serpeverde, non dimenticarlo mai. Come fai a dire se le mie parole son
menzogne o meno?” si girò appena per fissare la ragazza e vederla sussultare.
“Quindi…”
iniziò lei, muovendosi a disagio, senza mai mollare la presa su quel quaderno
che sembrava essere diventato il suo unico appiglio.
“No”
la precedette lui.
“Quel
quaderno è realmente mio” ribatté con insistenza.
Hermione
sbarrò gli occhi. Come aveva fatto a capire che cosa stava per dire? Che stesse
usando l’Occlumanzia?
Ma
lo escluse, quando osservandolo, qualcosa le suggerì che era stato l’intuito a
guidarlo.
“Non
fare quella faccia, Mezzosangue. Credo di conoscerti abbastanza da prevedere
ciò che dirai. E comunque non penso che ti spiegherò tutti i motivi racchiusi
dentro quel quaderno. Anzi…” e si girò in direzione della Grifondoro.
Fece
un passo avanti e parlò di nuovo.
“Voglio
proporti un patto. Io ti racconterò tutto se tu da oggi in poi, ti incontrerai
con me, dove deciderò io e resterai in mia compagnia per almeno un’ora. Non
guardarmi a quel modo, non voglio abusare di te. Sono pur sempre un galantuomo,
seppur tu possa credere il contrario. Rispetto le donne, la mia famiglia,
nonostante tutto, mi ha trasmesso anche valori positivi. Potremo anche stare in
silenzio, camminare. Non mi frega niente se ci vedono insieme, pensino quello
che vogliono. A te importa?” le domandò con tono lineare, ma sulle sue labbra
un sorriso di scherno fece la sua comparsa.
Cosa
avrebbero pensato gli altri vedendoli insieme?
Hermione
sarebbe stata in grado di affrontare i pregiudizi della gente?
E
i suoi amici?
“Se
accetterai, quando vorrò ti spiegherò ogni cosa e sarò pronto a rispondere a
qualsiasi tua domanda, altrimenti…resterai col dubbio per sempre” asserì con
voce strascicata e rauca.
Perché
lo stava facendo?
Perché
farsi del male a quel modo?
Hermione
non si lasciò intimidire, non era da lei e gli rispose a tono.
“Dovrei
fidarmi della tua parola? Ma se sei stato proprio tu a ricordarmi che sei un
Serpeverde! Chi mi assicura che mi dirai tutto?” disse, facendo un passo
avanti.
Draco
la scrutò qualche istante, senza far trasparire alcun emozione.
“Da
perfetta Grifondoro, testarda e curiosa quale sei, non puoi fare che fidarti
della mia parola. Prendere o lasciare” e il biondo le tese la mano.
Hermione
la fissò basita, incerta su ciò che doveva fare, ma il ragazzo aveva colto bene
nel segno: fondamentalmente lei era una ragazza curiosa.
Allungò
la sua mano e la strinse a quella del biondo.
Ciò
che la spinse ad accettare andava ben oltre la sua curiosità e lei lo sapeva
bene: poter trascorrere del tempo con Malfoy le faceva più che piacere e anche
se era dura da ammettere, non vedeva l’ora di poter scoprire di lui, molto di
più di quanto sapeva.
E
con l’immagine di lui che stringeva nella sua mano quella delicata di Hermione,
Draco andò via, senza dire una sola parola. Lasciando dietro di sé, numerosi
punti interrogativi.
Hermione
lo vide allontanarsi, era capitato spesso nell’ultimo periodo.
Lasciò
che i suoi occhi vagassero sul fisico del giovane Serpeverde e una volta che il
ragazzo fu inghiottito dal castello, Hermione decise che anche per lei, era il
momento di rientrare.
“Dove
sei stato?” Blaise lo attendeva nella sua stanza.
Draco
non ebbe neanche il tempo di entrare che il suo amico l’assalì verbalmente,
visibilmente preoccupato.
“Avevo
bisogno di fare una passeggiata, Blaise. Non straziarmi con le tue paranoie, te
ne prego” si lamentò il biondo.
“Scusa
se mi preoccupo per te. Spero almeno che questa passeggiata ti sia servita”
detto questo, il moro, leggermente offeso, lasciò la stanza, sbattendo la porta
dietro di sé.
Draco
sospirò, passandosi una mano tra i capelli e lasciandosi andare sul letto.
Quella
lunga giornata sembrava non voler terminare.
“Hermione”
la ragazza in questione si voltò verso la fonte sonora.
Ginny
l’aspettava nella Sala Comune della loro casa. La Caposcuola era appena
rientrata, dopo aver percorso in fretta il castello, vogliosa di rifugiarsi da
sguardi indiscreti.
“Ciao
Ginny” disse la bruna, cercando di nascondere il suo turbamento.
Tentativo
fallito.
La
rossa storse il naso conscia che gli occhi di Hermione un tempo così
determinati e illuminati da un fuoco vivo, erano stranamente meno vispi.
“Harry
mi ha detto che oggi avresti parlato con Malfoy” andò immediatamente diretta al
punto. Ginny non era il tipo da giri di parole, le piaceva prendere le
situazioni di petto e per questo spesso discuteva con suo fratello Ron che non
era così coraggioso da comportarsi come lei, cercando sempre dei sotterfugi.
Hermione
conosceva la sua amica e non si meravigliò della sua schiettezza.
“Si”
confermò, facendo un passo verso la rossa. Quest’ultima incrociò le braccia
sotto il seno in attesa. Sorrise melliflua e le fece un cenno con la testa,
invitandola ad accomodarsi sul divano. In giro non c’era nessuno e avrebbero
potuto parlare tranquillamente.
La
Caposcuola si
prese qualche secondo prima di iniziare a raccontarlo l’accaduto, poi le parole
le uscirono a ruota libera.
“…capisci,
Ginny? Ho stretto un patto con Malfoy! Merlino! Solo sentirmelo pronunciare mi
fa rabbrividire! Fino a qualche tempo fa avrei riso di una cosa del genere.
Consideravo Malfoy un essere indegno, schifoso e cattivo, ora invece…” ma non
riuscì a proseguire, non che le mancassero le parole, solo che era difficile
pronunciarle.
“Ora
invece ne sei innamorata” continuò Ginny. Hermione la fissò con occhi
spalancati.
“Non
esageriamo! Diciamo che…ne sono attratta, ma da qui ad innamorarmi di lui…”
“Il passo è breve” aggiunse la rossa, imperterrita.
La
Caposcuola si
prese la testa tra le mani, scuotendola a destra e a sinistra.
“Oh
Ginny, non lo so. Non lo so! Prima…era tutto più semplice” alzò il capo e fissò
l’amica.
“Ero
innamorata di Ron, almeno credo. Ora non sono certa neanche di questo. L’unica
cosa che posso dire è che non vedo l’ora di passare del tempo con Malfoy. Io
devo scoprire il perché di quel quaderno, cosa lo tormenta e…perché disegna
me!” esclamò esasperata.
Ginny
le posò una mano sulla spalla.
“Herm
calmati! Se ti agiti così non risolverai la situazione. Appena sarete soli, ne
approfitterai per indagare, magari non in modo diretto, però per favore,
assicurami che starai attenta. Io ancora non so se possiamo o meno fidarci di
lui. Harry sembra stranamente tranquillo, ma lo conosco bene da poter affermare
che è preoccupato quanto me, ma non vuole darlo a vedere, perché teme che tu
possa reagire male” confessò.
Hermione
annuì.
“Non
ti preoccupare. Non abbasserò la guardia, non gli permetterò di prendermi in
giro…” proferì con sicurezza.
“Mi
fido di te e del tuo metro di giudizio, Herm, ma ricordati che per qualsiasi
cosa io e Harry ci siamo. Puoi contare su di noi, lo sai” le ricordò la rossa,
sorridendole.
La
riccia annuì di nuovo.
“Grazie!
Non saprei cosa fare senza di voi. Probabilmente se voi non mi aveste
appoggiato e se oggi Harry non avesse insistito, io non avrei mai avuto il
coraggio di parlare con Malfoy” mormorò a bassa voce, vergognandosi per quella
sua debolezza.
Ginny
fece un cenno negativo con la testa.
“Permettimi
di dissentire. Avresti trovato la forza giusta dentro di te e lo avresti
affrontato. Non dubitare mai e poi mai di te stessa, Herm. MAI!” Ginny le
afferrò la mano e la strinse. Hermione le sorrise e poi l’abbracciò.
“Ti
voglio bene, Ginny”.
“Anche
io, mio carissimo Prefetto” scherzò la rossa e insieme risero e l’aria attorno
a loro si distese.
Hermione
non dormì affatto sonni tranquilli.
Passò
l’intera nottata ad interrogarsi. Cosa la spingeva verso Malfoy? Solo il
quaderno e l’idea che lui stesso fosse attratto da lei?
Si
era detta di no. Non era facile abbindolarla. Le sbandate non erano per lei.
C’era
sempre stato qualcosa in quel ragazzo che l’aveva turbata. Credere che fosse la
sua insita malvagità era stata la prima giustificazione. In fondo non avevano fatto altro che
combattersi per tutti quegli anni, cos’altro poteva significare?
Erano
agli antipodi.
Erano…diversi.
Ma
forse allo stesso tempo, così uguali
da piacersi.
Con
questi pensieri, la giovane s’appisolò alle prime luci del mattino.
***
Innanzitutto
mi scuso per non aver postato la settimana scorsa, ma ho avuto dei
problemi familiari e non ero dello spirito giusto per farlo.
Che dire?
Il capitolo tanto atteso, seppur breve è giunto. Con tutta
probabilità non è come ve lo aspettavate, ma
l'ispirazione mi ha spinto a gestire la storia in questo modo. Le
difficoltà non sono ancora finire, ma ben presto riusciremo a
vedere i due giovani testardi, finalmente insieme. Non dimentichiamoci
che questa fan fiction è una Draco/Hermione!
Voi cosa ne pensate?
E della proposta di Draco?
Vi ringrazio dal profondo del cuore per l'affetto e la fiducia che mi
dimostrate capitolo dopo capitolo. Mi lasciate sempre più
stupefatta e mi aiutate ad apprezzare quello che faccio. Anche
perché ci metto il cuore.
Al prossimo aggiornamento.
Baci.
Ps:
la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, bensì per
mio puro diletto. I personaggi appartengono alla Rowling.
Marghe
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Capitolo 18 *** Come il Sole e la Luna ***
Come il Sole e la Luna
Capitolo 17 “Come il Sole e la Luna”
“Ci
vediamo nella gufiera questo pomeriggio, subito dopo la lezione di Incantesimi.
Vedi di venire e non fare scherzi!”
Quella
mattina Hermione si era svegliata riscaldata da un sole che di timido non aveva
proprio niente. Nonostante fossero nel mese di Gennaio, quella mattina faceva
più caldo del solito.
“Stranezze meteorologiche” aveva pensato, senza sapere che quel giorno
di stranezze ne avrebbe vissute altre.
A
cominciare da Malfoy.
Quest’ultimo
le si era avvicinato nel trambusto creatosi in seguito alla colazione in Sala
Grande e le aveva bisbigliato all’orecchio quelle brevi parole, poi, come suo
solito, si era dileguato, perdendosi tra la folla.
O
meglio: strisciando.
Hermione
era rimasta interdetta, ma si era ripresa quasi subito, nonostante l’eccessivo
battere del suo cuore e avvicinandosi ad un Harry stralunato, si era diretta
con lui a lezione.
“Che
voleva?” mormorò Harry a bassa voce per non farsi sentire da Ron che era alle
loro spalle.
Hermione
dette un’occhiata al rosso che però era troppo impegnato a sbaciucchiarsi
Lavanda per ascoltare la loro conversazione e rispose all’amico:
“Oggi
pomeriggio vuole vedermi” sussurrò a mezza voce, rabbrividendo
involontariamente.
“E
così inizierete a frequentarvi” buttò lì, il moro, scatenando immediatamente la
reazione della Caposcuola dei Grifondoro: arrossamento facciale, occhi
spalancati e lucidi, mani tremanti.
“Usiamo
i termini corretti!” rispose stizzita, muovendo le mani per aria e strizzando
gli occhi. Segno che era nervosa.
Harry
ridacchiò, cercando di celare il tutto con una mano.
“Lui
mi ha costretta con questo patto ad INCONTRARCI per un’ora. Frequentarsi
implica altre cose che non c’entrano nulla né con me né con lui” chiarì, ma
sull’ultima frase, la voce si affievolì.
“Altre
cose tipo i sentimenti?” domandò Harry, sempre più convinto di vivere in un
mondo parallelo. Gli sembrava così impossibile che la sua amica e il suo nemico
per eccellenza, o almeno quello aveva creduto essere tale nei mesi precedenti,
si piacessero. Perché era così. Il difficile era farlo ammettere ad entrambi.
“Si,
tipo i sentimenti” Hermione sbuffò indispettita, incrociando le braccia sotto il
seno.
“E
dai Herm” il moro le diede una gomitata “giocosa”. La ragazza sbuffò
nuovamente, alzando gli occhi al cielo.
“E’
divertente prenderti in giro” disse prendendole la mano. Hermione si lasciò
andare a quel gesto, rilassandosi.
“Scusa,
è che…”
“Sei
agitata e nervosa, lo capisco” continuò Harry per lei.
“Vorrei
non sentirmi in questo modo” sospirò, poi scuotendo la testa aggiunse:
”Devo
smetterla di lamentarmi, io non sono così. Affronterò questi incontri a testa
alta e alla fine riuscirò a venire a capo della situazione. Oh per Minerva,
Harry!”esclamò e il ragazzo in questione sobbalzò.
“Abbiamo
lottato contro il Mago più temibile di tutti i tempi e tu lasci che mi spaventi
per questi incontri con…il furetto?” disse con sdegno.
Harry
la fissò incredulo.
“Amici”
borbottò lei, prima di allontanarsi a grosse falcate.
Il
moro si sistemò gli occhiali sul naso, Ron gli si avvicinò e lo guardò
interrogativo.
Harry
fece spallucce, scuotendo la testa e seguì con passo veloce, la sua folle
amica.
“Ron,
Ron che succede?” chiese con voce melensa e stomachevole, Lavanda.
Il
rosso le rispose senza guardarla, continuando a fissare davanti a sé.
“Nulla
Lav. Nulla”.
Il
pomeriggio arrivò e con esso sembrò che il caldo si intensificasse. O almeno la Grifondoro percepiva
una temperatura al di sopra del normale e infastidita si sventolava con la
mano, mentre la sua amica Ginny le domandava se fosse certa di sentirsi bene,
perché non faceva così caldo.
Per
combattere quelle improvvise vampate, Hermione aveva legato i capelli usando
una matita, la rossa però le aveva
consigliato di lasciarli sciolti e magari di truccarsi un po’, ma non l’aveva
ascoltata.
“Mica
sto andando ad un appuntamento, Gin! Minerva! Devo solo vedere Malfoy!”
“Solo vedere?”
Ora
che camminava a passo spedito verso la gufiera, si rendeva conto che stava
raccontando un sacco di frottole a tutti, persino a se stessa.
“Nessun appuntamento, eh?”
“Maledetta coscienza statti
zitta! Non ho bisogno che ti ci metta anche tu!” e nel frattempo si faceva aria con la mano.
Hermione
era sconvolta. Erano poche le volte in cui aveva discusso mentalmente con se
stessa. Fino a quel momento non ne aveva avuto bisogno perché si era sempre
trovata ad agire come voleva, seguendo il cervello. Ma…quando il cuore si
intrometteva le cose dovevano per forza cambiare.
Era
appena giunta a quella conclusione quando si trovò dinanzi al portone di legno
dietro cui c’era la gufiera. Si fermò, incapace di proseguire.
Lo
avrebbe già trovato lì?
La
lezione era finita da più o meno un quarto d’ora. Hermione aveva preferito non
precipitarsi, seppur le sue gambe volessero correre. Lo aveva visto uscire
prima di lei dall’aula, ma quando era arrivata in corridoio era già sparito.
Mentalmente si era data tempo, aveva provato a respirare lentamente nella vana
speranza che il cuore battesse meno forte e lo stomaco non si contorcesse a
quel modo quasi doloroso.
Quasi,
perché era dannatamente piacevole sentirsi così.
Chiuse
gli occhi ed espirò, poi mentre stava per abbassare la maniglia, sentì dei
passi alle sue spalle e si voltò spaventata.
Se
qualcuno fosse arrivato lì e l’avesse vista con Malfoy?
Era
quasi terrorizzata all’idea.
Ma
dovette ricredersi quando vide apparire una chioma bionda dall’innato
portamento elegante.
Draco
Malfoy era davanti a lei in tutta la sua altezza. Pochi gradini li separavano.
“Ma quanto accidenti è alto?” pensò squadrandolo.
Il
ragazzo la fissò con uno strano cipiglio sul viso.
“Stavi
andando già via?” le chiese, usando il solito tono altezzoso.
A
quel punto Hermione pensò di svignarsela. Il biondo Slytherin le stava offrendo
la soluzione su un piatto d’argento.
Finse
di essere innervosita e si portò le mani sui fianchi.
“Si!
Ti sto aspettando da dieci minuti!” esclamò inarcando un sopracciglio.
“Non
amo i ritardatari!” continuò, muovendo una mano in aria con fare scocciato.
Malfoy
la fissò senza scomporsi, poi d’improvviso ghignò, destabilizzando per un
attimo la Grifondoro
che pensò fosse impazzito.
“E
così” salì un gradino.
“Subito
dopo la lezione” mise il piede sul gradino successivo con movenze sempre più
sensuali, tanto che Hermione si trovò a deglutire più volte e a sentire
maggiore caldo.
“Sei corsa qui!” non una domanda. Una semplice
constatazione che ebbe il potere di colpire la Grifondoro. Hermione
si morse la lingua per non gridargli in faccia che aveva detto una bugia.
Sarebbe sembrato troppo poco Grifondoro.
“Sono
davvero onorato” sibilò con voce strascicata, muovendo le mani con fare
melodrammatico e inchinandosi in modo cerimonioso.
Hermione
strinse le mani a pugno.
Se
l’era cercata.
“E
comunque ho una giustificazione per il mio ritardo” asserì tornando in
posizione eretta e guardando la ragazza dritto negli occhi.
“La McGranitt mi ha
trattenuto per parlarmi del programma di protezione” disse, sorpassando Hermione
e spalancando il portone che conduceva alla gufiera.
“Programma
di protezione?” il corpo della ragazza seguì involontariamente la direzione di
quello di Malfoy e Hermione si trovò a voltarsi verso il biondo.
Quest’ultimo
si girò per guardarla.
Restò
in silenzio qualche secondo, quasi volesse tenerla sulle spine.
“Accomodati.
Te ne parlerò, ma non qui sulla porta”.
Draco
la stava fregando di nuovo, lo sentiva. Trattenendo un’imprecazione lo seguì in
gufiera.
Appena
il portone alle loro spalle, fu chiuso, Draco riprese a parlare senza però
guardare Hermione:
“Io
e mia madre siamo vigilati costantemente dagli Auror, credo che tu conosca bene
del nostro volta faccia al Signore Oscuro, quindi non starò a spiegarti i
dettagli. In ogni caso, per precauzione, Lupin voleva che cambiassimo
abitazione, ma noi ci siamo opposti. Così l’Ordine della Fenice ha deciso di
sottoporci ad un programma di protezione” si girò, fissando finalmente la sua
interlocutrice.
“La
strega McGranitt” e a quelle parole, Hermione gli schioccò un’occhiataccia.
“Mi
ha fatto chiamare a fine lezione per parlarme nel suo ufficio. Eccoti spiegato
il motivo per cui non mi hai trovato qui” disse, poi con un incantesimo non
verbale fece apparire una sigaretta.
Per
Hermione era strano pensare che i Malfoy fossero minacciati da qualcuno. In
genere erano loro che minacciavano gli altri.
Era
così difficile abituarsi a cambiamenti di quel genere.
La Guerra Magica continuava ad influenzare le loro vite e
probabilmente sarebbe stato così per lungo tempo.
“Perché
avete cambiato idea?” domandò con voce controllata, fissando il volto del
ragazzo che rimase impassibile, per questo proseguì.
“Perché
avete deciso di combattere contro Voldemort?”
Draco
le lanciò un’occhiata languida e enigmatica che per Hermione risultò
indecifrabile, anzi il ragazzo sembrava avesse assunto la solita aria annoiata
di sempre. In realtà, stava pensando ai motivi che lo avevano spinto a trovare
il coraggio di ribellarsi ai Mangiamorte.
“Ero
stufo di quella vita” disse scrollando le spalle. Hermione inarcò un
sopracciglio, seccata da quella risposta priva di senso.
“E
allora per dare una botta di vita alla tua noiosa quotidianità hai deciso di
passare dalla nostra parte? Ti rendi conto che quello che dici è…orribile?!?”
chiese corrucciando la fronte.
Malfoy
ghignò, poi aspirò la sua sigaretta, senza però abbandonare lo sguardo della
Grifondoro. La stava palesemente prendendo in giro.
Non
voleva dirle la verità.
Non
ancora almeno.
“Il
patto prevedeva che avresti potuto farmi delle domande, quando io ti avrei dato
il permesso. Non mi sembra che lo abbia fatto, Granger…” commentò con voce
melliflua e dannatamente divertita.
La
ragazza arrossì di rabbia e si trattenne a stento.
“Sei
uno stupido! Continui a prenderti gioco di tutti! Ed io che credevo fossi
diverso!” gridò, serrando i pugni e mordendosi le labbra con i denti.
Inequivocabile
segno di nervosismo.
“Io
sono quello che vedi, Mezzosangue. Non sarò mai qualcun altro” rispose
monocorde, mentre i suoi occhi si scurivano.
Hermione
inevitabilmente si irrigidì.
“Beh
allora quel quaderno è tutta una menzogna, o semplicemente non è il tuo…Quei
disegni non sono opera di un essere superficiale e meschino” lo provocò lei,
incapace di pensare ad altro.
Draco
Malfoy, apparentemente schivo, fu colpito da quelle parole e dall’importanza
che Hermione Granger dava a quel quaderno.
Era
vero: nessun cinico avrebbe mai potuto realizzare tutto quello, perché in quei
disegni e in quelle poesie c’erano dedizione, passione, amore…
“Confermo
ciò che ti ho già detto l’altro giorno: quel quaderno è mio” ribatté lui prontamente, rimarcando l’aggettivo possessivo.
Hermione
sorrise soddisfatta.
“Bene,
questo vuol dire che tu non sei totalmente ciò che appari” continuò lei, senza
demordere. Un sorrisetto furbo le increspò le labbra.
Draco
per un attimo la fissò infastidito, poi ghignò.
“Granger,
Granger vedo che a furia di stare a contatto con i Serpreverde, stai
cominciando a comportarti come noi…” mormorò lascivo, facendo tre passi avanti,
senza avvicinarsi troppo alla ragazza.
La
giovane ridacchiò, scuotendo la testa.
“Non
credere, Malfoy. Io non sarò mai una serpe. Ma ho imparato che se devo avere a
che fare con te per lungo tempo, devo essere più scaltra possibile e…colpirti
nei momenti giusti e coi metodi adeguati” sorrise beffarda, incrociando le
braccia sotto il seno.
Il
ragazzo alzò un sopracciglio confuso. Non voleva ammetterlo, ma gli piaceva che
lei pensasse di avere a che fare con lui per un tempo indefinito.
Si
ritrovò inevitabilmente ad accennare un sorriso che destò l’attenzione di
Hermione, la quale ne rimase colpita. Involontariamente mossero un passo verso
l’altro, poi si accomodarono per terra, sfiorandosi le mani una volta.
Quella
di Draco era fredda ed Hermione si trovò a rabbrividire. Possibile che solo lei
sentisse tutto quel caldo?!?
Il
tempo restante trascorse chiacchierando di cose futili, intervallati da lunghi
e continui silenzi, ma permise loro di conoscere piccole cose l’uno dell’altro.
Nessuno
di loro lo avrebbe mai ammesso, ma fu piacevole parlarsi senza litigare e
scoprirsi spesso così simili.
E
mentre fuori il Sole doveva scomparire dietro le montagne e la Luna, come suo solito, doveva
prendere il suo posto, i due giovani, persi entrambi a scrutare l’orizzonte
dalle loro stanze, si accorsero che ciò che si diceva di quei due astri era
sbagliato.
Fin
dall’antichità, si era sempre affermato che il Sole e la Luna fossero due amanti,
destinati a non incontrarsi mai, perché la natura, gelosa di quell’amore così
bello e puro, aveva deciso di affidare loro due compiti estremamente
importanti: il Sole col suo incredibile calore avrebbe dovuto illuminare le
giornate, rallegrando e riscaldando gli uomini, accompagnandoli nella loro
quotidianità, mentre la Luna,
con la sua incredibile, pallida e fredda
bellezza, avrebbe dovuto sostituirsi al Sole al calar della notte, cullando
quegli stessi umani nel sonno. La natura maligna fu certa che per
l’impossibilità di stare insieme, i due astri avrebbero rinunciato a
quell’amore. In realtà, Draco e Hermione notarono che i due amanti erano stati
molto furbi e che l’idea che non si potessero mai incontrare fosse solo una
mera e umana illusione. Essi non avevano mai smesso di amarsi e di cercarsi.
Semplicemente erano destinati a sfiorarsi in eterno, senza mai toccarsi
realmente, essere l’una il prolungamento dell’altro, fin quando nell’esplosione
dei sensi, finivano per non resistere più e nel fare l’amore, davano vita ad un
fenomeno straordinario che né la natura stessa né gli umani potevano
controllare e che veniva banalmente definito eclissi, ma che in realtà celava
qualcosa di più grande e potente.
Quello
stesso eclissi che sovrastava il cielo di Hogwarts in quell’istante.
Sole
e Luna, giorno e notte.
Caldo
e freddo.
Diametralmente
opposti.
Ugualmente
innamorati.
Draco
e Hermione sorrisero nello stesso momento. Il loro cuori riscaldati dalla
consapevolezza che niente li avrebbe fermati. Né il tempo, né opposizioni
familiari, né amici contrari.
Si
sarebbero sfiorati ancora per lungo tempo, sicuri che un giorno sarebbero
giunti a toccarsi…
Per sempre…
***
Con
tutta probabilità molti di voi troveranno questo capitolo di una
banalità sconcertante. Io, seppur semplice e banale, lo
amo molto.
Non starò qui a elencarvi le ragioni che vi sono dietro.
Dirò semplicemente che scriverlo, mi ha emozionata
parecchio.
Non so ancora dove mi porterà questa storia e quali saranno le
vicissitudini che arricchiranno la storia di Draco e Hermione. L'unica
cosa che mi è data conoscere è che voi, miei lettori, mi
avete fatto sciogliere il cuore per come continuate ad accogliere
questa fan fiction. Non ho pretese, lo ripeto. E pubblico perché
sento il bisogno di comunicare qualcosa agli altri.
Voi siete testimoni di ciò e ogni volta, con le vostre
recensioni, mi rendete partecipi delle vostre opinioni, facendomi
capire che le mie emozioni vi arrivano e non c'è soddisfazione
più grande per una fanwriters insicura come la sottoscritta.
Quindi grazie.
Grazie di cuore.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps: ricordo che i personaggi non mi appartengono, ma sono della
Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro,
bensì per puro diletto della sottoscritta.
Marghe
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Capitolo 19 *** Ti vada o no ***
Ti vada o no
Capitolo 18 “Ti vada o no”
“Cosa credi amica, non si può far finta quando
tutto parla chiaro ma noi ti leggiamo dentro
e anche se lo neghi, sai si vede bene quanto
immenso sia.
Ti vada o no,
l'ami e dillo, oh oh.”
<< Ti vada o no >> Hercules.
Quello
che successe negli incontri successivi non fu eclatante almeno secondo il
parere di Ginny; Hermione, invece, era di un’idea completamente diversa. Forse
la sua amica credeva che tra loro le cose sarebbero state così semplici da
potersi concludere in breve tempo. Quando in realtà la stessa Hermione non
sapeva bene a che conclusione sarebbero giunti lei e la sua nemesi maschile.
Col
passare dei giorni la riccia Grifondoro si accorse di non riuscire più a fare a
meno di quegli strani appuntamenti, spesso fatti solo di silenzi, di occhiate
lanciate di nascosto mentre l’altro era impegnato a fare altro, di passeggiate
sul Lago Nero, di sospiri e mezze parole. Ad Hermione non dispiaceva,
tutt’altro: si sentiva a suo agio. Anzi temeva che arrivasse il giorno in cui
Malfoy si sarebbe seccato e non l’avrebbe più voluta vedere.
A
quel punto cosa avrebbe fatto?
Non
poteva fare marcia indietro. Ormai c’era dentro fino al collo e come diceva
Ginny, i sintomi c’erano tutti: le palpitazioni, il rossore, la voglia di
vederlo, l’emozione di incontrare il suo sguardo in qualsiasi momento della
giornata, il sognarlo. Ma lei continuava a non ammetterlo e ogni qualvolta la
sua amica cominciava quel discorso, lei la fermava con una scusa, fino a quando
l’ultima volta, Ginevra Weasley conosciuta per la sua testardaggine
(caratteristiche che, secondo Hermione, la rendeva simile a sua madre, Molly)
non le diede il tempo di parlare…:
“Ora
basta, Herm!” esclamò, gli occhi dardeggianti per la furia.
Hermione
la guardò, sentendosi improvvisamente piccola e stupida. Certe volte Ginny,
nonostante avesse qualche anno in meno di lei, sembrava essere più matura. Così
la giovane sospirò e si rassegnò ad ascoltare la sua amica.
“Io
ti voglio bene, lo sai” la sua voce si addolcì, scendendo di qualche tono,
quasi fosse una carezza.
“Ma
se sbagli è mio dovere dirtelo. E tu stai commettendo un errore nel rifiutarti
di ammettere che sei innamorata di lui…” mentre parlava, Ginny le sistemava i
capelli dietro le orecchie. Hermione, invece, evitava volutamente, il suo
sguardo, colpevole di provare quel sentimento così forte che le faceva tanta
paura.
“Se
continui a negarlo, ti sentirai peggio. Io lo so che hai paura. Anche io ne
avrei se si trattasse di Malfoy” e qui Ginny fece una smorfia con la bocca che
provocò la risata cristallina della riccia Caposcuola.
“C’è
poco da ridere e poco da fidarsi di quel tizio” continuò la rossa imperterrita,
accompagnando le sue parole con continui movimenti della testa e posando le
mani sui fianchi con fare minaccioso.
“Gin,
ne sono consapevole. Ma tu lo sai meglio di me che al cuore non si comanda…”
ammise Hermione, interrotta immediatamente dall’amica che le puntò l’indice
contro, facendola sobbalzare per la sorpresa.
“Quindi
lo stai ammettendo!” esclamò, mentre un ghignò le si dipingeva sulle labbra.
Hermione
sbarrò gli occhi.
“Per
la barba di Merlino, Gin! Tu stai ghignando!” cominciò a scuotere la testa come
una disperata, imprecando sotto voce. Tutto perché l’unico che sapeva essere in
grado di ghignare in quel modo, era Malfoy.
Dopo
quello, avevano ripreso a discutere dei suoi sentimenti, cosa che le era
seccata parecchio. Hermione non amava parlare di quello che provava, era più
semplice tenerlo per se e fingere che non esistesse.
Perché?
Primo
perché era più congeniale parlare degli altri, piuttosto che di se stessa, le
veniva più semplice aiutare gli amici in difficoltà, di qualsiasi tipologia
fosse.
Secondo
perché aveva imparato che i sentimenti la rendevano fragile e lei detestava
sentirsi in quel modo. Ed era rimasta ferita troppe volte: da Ron, dai suoi
amici babbani, da se stessa.
Ciò
che desiderava era mostrarsi forte e combattiva, per poi lamentarsi quando
nessuno voleva vedere oltre quella corazza. Draco lo stava facendo. Aveva
iniziato a farlo con quel maledetto quaderno e ora continuava con quegli
incontri, dove spesso la fissava fintamente annoiato, ma Hermione aveva
imparato, anche se a fatica, a interpretare l’espressione dei suoi occhi, che
si scurivano quando era intento a riflettere, mentre erano chiari e limpidi
quando si sentiva completamente rilassato.
E
lo amava. Dio se lo amava!
Poi
c’era il saggio Harry. Quel ragazzo non più bambino che con gli anni era
davvero cresciuto, non solo fisicamente. Era più paziente, meno irruento, più
riflessivo, a differenza di Ron che aveva mutato di poco il proprio carattere.
Era rimasto il bambino frignone che aveva conosciuto sull’Espresso diretto ad
Hogwarts otto anni prima. Lo stesso del quale lei era convinta di essersi
innamorata per poi scoprire che in lei qualcosa era mutato, allontanandola da
quell’amore puro e adolescenziale. Ed ora si stava invischiando in qualcosa che
si presentava più torbido e complicato.
Dopo
che Ginny l’aveva lasciata dicendo di avere un appuntamento con Harry, Hermione
era rimasta sola nella sua stanza a rimuginare. Per cercare di distrarsi, aprì
il baule per sistemarvi alcuni libri che non usava più o che aveva
semplicemente già letto. Proprio mentre era intenta a compiere quell’operazione,
sfiorò con le dita una scatolina marrone.
Arcuò
le sopracciglia non riconoscendo immediatamente l’oggetto in questione, poi i
ricordi di un gufo e di uno strambo regalo ricevuto per Natale dalla mamma di
Ron, le fecero sbarrare gli occhi. Afferrò la sphaera nebulosa e la fissò
intensamente.
“Chissà…”
mormorò tra sé, mentre si girava la sfera tra le mani.
“Forse
potrei consultarti e chiederti consiglio…” disse, continuando fissare l’oggetto
in questione.
Arricciò
le labbra e con espressione seria pensò a tutta quella situazione: il quaderno,
lo strano atteggiamento di Malfoy, le sue rivelazioni, i loro incontri, i suoi
sentimenti…fino a quando la nebbia nella sfera si diradò, rivelando un’elegante
scritta nera:
“Un consiglio già ti ho dato,
ma tu forse l’hai dimenticato.
Sei qui col cuore in subbuglio,
e nel cervello un bel garbuglio.
Se la verità vuoi trovare,
tra le righe devi andar”
Hermione
storse il naso indignata.
“E
questo lo chiami consiglio?” chiese alla sfera.
“Non
mi hai chiarito affatto le idee. Era meglio quando Molly mi regalava i suoi
maglioni, almeno servivano a qualcosa” sentenziò in un borbottio, richiudendo
con stizza l’oggetto nella scatola e riponendola nel baule. Chiuse tutto e
decise che era ora di farsi un giro fuori.
“Ripetiamo
lo schema!” urlò Harry dall’alto della sua scopa.
“Ginny
proteggi la pluffa fino a un metro prima della porta, poi fa una virata verso
destra e una verso sinistra per smarcare l’avversario, voltati e passala a
Katie che sarà a pochi passi da te, alle tue spalle. Dobbiamo disorientare
l’avversario, non possiamo permetterci di perdere contro i Tassorosso!” ordinò
il Bambino Sopravvissuto, capitano della squadra di Quidditch dei Grifoni.
Ad
Harry premeva vincere e soprattutto giocare completamente la partita, visto che
fino ad allora non era mai riuscito a farlo contro i Tassorosso, per un motivo
o per un altro.
“Ron
tu concentrati! Prima per poco non cadevi dalla scopa, ma dove hai la testa
oggi?!?” urlò dietro al suo migliore amico.
Hermione
era arrivata da poco al campo. Si era arrampicata sugli spalti e osservava la
scena con un sorriso. Non capiva granché di quello sport, ma le piaceva
assistere agli allentamenti della squadra della sua casa, perché Harry si
trasformava completamente, mostrando di avere carisma e determinazione, doti
che si confacevano ad un buon capitano.
La
Caposcuola
era lì perché voleva distrarsi e stare in mezzo ai suoi amici, sperava di poter
chiacchierare un po’ con loro al termine dell’allenamento. Poggiò il mento
sulle ginocchia, rannicchiandosi sotto il mantello.
Al
solito il tempo era cambiato e il timido sole pomeridiano aveva lasciato spazio
alla pioggia battente. Hermione non provò neanche a coprirsi con qualche
incantesimo, con gli anni aveva imparato ad apprezzare la pioggia.
Quando
vivi a Londra o la ami o la odi e lei ora l’amava.
Amava
il cielo che si riempiva di nuvoloni grigi, i lampi dorati che lo squarciavano,
segnali di una rabbia cieca di qualche Dio che da lassù voleva dire qualcosa. I
temporali la affascinavano, ma allo stesso tempo la terrorizzavano.
La
ragazza si tolse una ciocca bagnata di capelli dalla fronte, mentre sulle sue
labbra prendevano a scorrere violentemente le gocce della pioggia e i suoi
abiti si inzuppavano.
Avvertì
un leggero tremore quando una goccia dispettosa le scivolo dai capelli lungo la
schiena.
“Hermione?”
domandò una voce familiare.
La
suddetta spalancò gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per la troppa
pioggia, poi riconobbe il suo amico Harry che dall’alto della sua scopa, la guardava
basito.
Gli
sorrise teneramente e lui con una sola mossa scese sugli spalti, impugnando in
una mano la scopa.
“Stai
bene?” le chiese.
Hermione
annuì; un tuono fece vibrare l’aria attorno a loro e la ragazza si rannicchiò
ancora di più su se stessa. Harry, basito da quello strano atteggiamento
dell’amica, si accomodò al suo fianco, ignorando di essere sudato e bagnato.
“Cos’è
successo Hermione?” non c’era traccia di durezza nella sua voce. Né di sdegno o
di ribrezzo. Il suo tono era completamente diverso da quello che Malfoy le
rivolgeva.
Hermione,
sorpresa da quella riflessione inaspettata, scosse la testa e i suoi ricci,
appesantiti dall’acqua, faticarono a spostarsi, appiccicandosi al suo viso.
Harry
le afferrò il volto con una mano e la girò verso la sua persona, liberandolo
dai capelli e fissandola dritto negli occhi.
“Hermione…non
è da te restare muta, al contrario” sghignazzò cercando di alleggerire
l’atmosfera.
“In
genere quando inizi a parlare non la finisci più” le fece la linguaccia, riuscendo
ad ottenere l’effetto desiderato: Hermione sorrise.
Un
sorriso vero. Sincero.
Poi
il volto di Harry tornò serio.
“Ora
mi spieghi cosa ti sta accadendo?” chiese con una nota di preoccupazione nella
voce.
“Non
ci capisco niente, Harry. E tu lo sai: detesto le situazioni ambigue e
soprattutto detesto non sapere. In genere ho sempre tutto piuttosto chiaro, ma
questa volta…” sospirò, socchiudendo gli occhi per un attimo e portandoli a
fissare il campo davanti a lei.
“Davvero
non so cosa fare” si fermò per riordinare le idee e riprendere fiato.
“Sono…”
deglutì.
“Mi
sono innamorata di Malfoy” e a quelle parole una smorfia di dissenso si dipinse
sul suo viso, segno che lei stessa non condivideva quello che provava.
“E
so per certo che non dipende dalle poesie di quel quaderno, né da incantesimi,
fatture o simili. Mi sono innamorata di lui semplicemente perché grazie a quei
disegni io ho potuto vedere una persona…diversa”
con gli occhi tornò a guardare Harry, il quale l’ascoltava silenzioso,
mantenendo sul volto la sua solita espressione neutrale.
“Harry,
lui è…umano. Nel senso…” si affrettò a spiegare “che tutto quello che lo ha
sempre circondato, quello che lui faceva e diceva non era che una recita. Una
farsa. Qualcosa che gli era imposto. Lui non è così!” scosse la testa,
incredula lei stessa di quelle sue parole.
Ma
quand’è che era giunta a quelle conclusioni?
“Draco…”
e il suono del suo nome fuoriuscito dalle sue labbra sembrava miele. Miele
caldo e profumato, quello che lei amava spalmarsi sulle fette biscottate
quand’era bambina. Quel miele che incorniciava il viso pallido e arcigno di
Malfoy, gli zigomi alti e pronunciati, gli occhi glaciali e tormentati.
“Draco
Malfoy è così simile a me che quasi mi spaventa. E sono innamorata di lui,
dannazione!” strinse con forza le mani a pugno, lacerandosi la pelle con le
unghie.
“Quale
sarebbe il problema, Hermione?” Harry le pose quella domanda con una sincerità
disarmante.
La
ragazza spalancò gli occhi per lo stupore e fissò attonita l’amico che le stava
sorridendo sornione.
“Se
lo ami ed è quello che vuoi, vattelo a prendere. Te l’ho già detto una volta”
si interrompe solo per sistemarsi gli occhiali sul naso.
“La
guerra è finita tempo fa, Herm. Basta con i pregiudizi e le paure. Ho imparato
che se vogliamo davvero qualcosa dobbiamo lottare per averla” i suoi occhi si
posarono sulla figura longilinea di Ginny che sferzava agile sulla sua scopa,
schivando un suo compagno, prima di segnare.
“E
se lui…” ma Hermione non terminò la frase che Harry le aveva tappato la bocca
con la propria mano. Scosse la testa.
“Nessun
se, Herm. Per qualsiasi cosa sono qua” le sorrise trasmettendole calore. Calore
che si contrapponeva al freddo gelido attorno a loro.
“Va
da lui. Va e chiedigli spiegazioni. Va e digli che lo ami!” esclamò esortando
l’amica all’azione.
Hermione
stordita restò immobile, pietrificata da quel discorso, poi le mani di Harry si
chiusero attorno alle sue, infondendole coraggio.
“Non
mi soffermerò a pensare se è o meno un passo troppo azzardato” disse lei non
appena recuperò la voce.
“Perché
se lo facessi non potrei fare quello che sto per fare” sorrise, alzandosi in
piedi e lasciando andare le mani del suo amico, il quale annuì appena.
“Un’ultima
cosa, Herm” la voce di Harry la costrinse a fermarsi.
Con
un gesto della mano lo invitò a proseguire.
“Se
ti fa del male, mi dai il permesso di cruciarlo?” sghignazzò tirandosi su le
maniche e schioccando le dita.
Hermione
rise.
“Credi
che lascerei tutto il divertimento a te. È chiaro che lo faremo insieme” e dopo
avergli lanciato un’ultima occhiata, prese a correre diretta al castello.
Diretta
da lui.
Seguendo
la strada che il suo cuore aveva tracciato da tempo…
***
La paura è la nemica numero uno dell'uomo. Mago o babbano che sia.
Lo frena, gli impedisce di agire. E' più facile mollare e adattarsi.
Avrebbe voluto farlo anche Hermione, ma lei di carattere non è
una debole, è una ragazza abituata a rischiare. Questa volta era
pronta a cedere per paura di amare, perché lei è abituata
a seguire la testa, la razionalità. ma con la spinta di
Harry ela sua forza di volontà, si sta spingendo oltre il
raziocinio, pronta, seppur con paura, a seguire la via del cuore.
Dite che ce la farà?
Vi chiederete perché stia aggiornando oggi: tra qualche ora
sarò in viaggio per Londra e ritornerò solo
giovedì della prossima settimana. Non volevo lasciarvi senza il
capitolo.
Grazie.
Grazie di cuore. Sono commossa, davvero! Mai e, dico mai, mi
sarei aspettata tanto affetto per la mia fan fiction! Quindi davvero,
vi ringrazio! Arrivare a voi con le mie emozioni, è la gioia
più grande che potessi avere!
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
puro divertimento. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Marghe
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Capitolo 20 *** Corri Hermione. Corri. ***
Corri Hermione. Corri
Capitolo 19 “Corri Hermione. Corri”
Nel
corso della sua vita, l’uomo si trova spesso a percorrere di corsa metri di
strada.
Per
i motivi più svariati: ritardo, un treno o un aereo pronti a partire, un
appuntamento.
La
corsa di Hermione non rientrava in queste categorie.
La
pioggia le impediva di vedere bene dove mettere i piedi e nonostante questo e
le innumerevoli salite che conducevano al castello, la ragazza correva veloce.
Il mantello le si era appiccicato al corpo creando così una seconda pelle. La
sua sacca sbatteva ripetutamente sulle sue gambe.
Hermione
non badava al fastidio che tutto questo le dava, pensava solo a raggiungere la
meta il più in fretta possibile.
Doveva
vederlo.
Doveva
sapere.
Doveva
capire.
Voleva che lui l’amasse.
Chiuse
gli occhi.
Quando
le sue piccole mani spinsero con forza il portone d’ingresso e il calore interno
del castello la invase, lei spalancò le sue iridi, consapevole che qualcosa
stava per cambiare per sempre.
Si
guardò intorno con aria furtiva. Dove lo avrebbe trovato?
Andare
nei sotterranei era da escludere, non poteva certo chiedere ad un Serpeverde la
parola d’ordine per entrare nei loro dormitori.
L’entusiasmo
che fino a quel momento l’aveva guidata sembrò dissolversi di fronte al suo
smarrimento. Si diede mentalmente della sciocca e a testa china era pronta a
tornare nella Torre dei Grifondoro, ma…
“Granger!”
a quel richiamo, la ragazza si voltò rapida con gli occhi spalancati.
Guardò
il suo interlocutore e le venne voglia di piangere, tanto che sentì i suoi
occhi pizzicare. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente, così
chinò il capo.
La
persona davanti a lei, si avvicinò di qualche passo fino a trovarsi irta
proprio davanti alla Grifondoro.
La
guardò con occhi attenti, corrugando la fronte.
“Stai
bene?” domandò.
Hermione
accennò un si con la testa, ma non convinse nessuno, infatti il ragazzo
incrociò le braccia e la guardò con sfida.
“Chissà
perché ma non ti credo” replicò lievemente indispettito.
“Fa
come ti pare, Blaise” sbottò Hermione con impazienza fissandolo con gli occhi
ricolmi di lacrime, ma che per orgoglio lei non liberava.
Il
moro Serpeverde la fissò a lungo, non muovendo un muscolo, poi d’improvviso
l’afferrò per un braccio.
“Vieni
con me!” le disse.
“Dove
accidenti mi stai portando?” esclamò Hermione incavolata.
“Lasciami,
Blaise!”, ma il ragazzo finse di non averla sentita e allentò la presa quando
giunsero in un posto più appartato, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
“Ora
mi dici cos’hai!” disse lui con tono autoritario.
Hermione
s’indispettì maggiormente.
“Primo:
tu non sei nessuno per darmi ordini. Secondo: da quand’è che saresti divenuto
il mio confidente personale?” rispose stizzita, mentre qualcosa dentro di lei
le suggeriva che si stava comportando male e che non era su di lui che doveva
sfogare tutta la sua rabbia.
Zabini
non si lasciò toccare da quelle parole cariche di cattiverie, almeno
all’apparenza. Restò immobile, continuando a fissare quella giovane ragazza,
quasi donna che respirava affannosamente, mentre i capelli le ricadevano sul
viso ancora gocciolanti. Poteva leggere nei suoi occhi diversi sentimenti lottare
per farsi spazio in lei e la confusione che questo le provocava.
“Non
ho detto di essere il tuo confidente. Ti ho solo chiesto, gentilmente” e calcò l’ultima parola “cosa ti sta accadendo. Quando
sei entrata nel castello mi hai dato l’impressione che cercassi qualcosa…o qualcuno” mormorò con voce melliflua e
un sorrisetto sarcastico ad increspargli le labbra carnose.
Hermione
non riuscì a nascondere la sorpresa e se l’aveva notato lui, avrebbe potuto
accorgersene qualcun altro. Il moro sembrò recepire il disagio della ragazza e
si affrettò a tranquillizzarla.
“Non
c’era nessun altro in giro a parte me” le disse.
“E
allora perché ci siamo appartati qui” ribatté lei, guardandosi intorno.
“Perché
la prudenza non è mai troppa e tu dovresti saperlo meglio di me” Blaise scosse
il capo, poi decise che doveva andare dritto al punto.
“Cercavi
Draco”
“Non
è una domanda” borbottò lei troppo frettolosamente, avvertendo le guance
tingersi di rosso.
“E
comunque no, non cercavo Malfoy” Blaise inarcò un sopracciglio, poi scoppiò a
ridere.
Hermione
lo guardò stralunata, sentendosi offesa.
“Non
ci vedo proprio niente di divertente” sbuffò.
“Sei
tu che mi fai divertire, Hermione” la suddetta sbuffò di nuovo.
“Lo
sai che non si dicono le bugie?” la canzonò Zabini, alzando un dito e facendo
cenno di no.
Alla
fine Hermione si arrese e dopo aver sospirato, rivolse i suoi occhi al moro che
sembrava aspettare una sua confessione.
“Si…”
mormorò in un tono appena udibile “Cercavo…lui”.
Blaise non si scompose, né si sorprese, lasciò che la ragazza continuasse.
Hermione
sentiva di poter parlare liberamente.
“Volevo…vederlo
per parlargli” disse camminando, poi guardò nuovamente il Serpeverde.
“Ho
bisogno di conoscere la verità, Blaise. Non mi piace questa situazione, per
quanto…stia bene nei momenti in cui ci vediamo…” poi le venne un dubbio “Penso
che tu sappia che io e Malfoy ci incontriamo su proposta del tuo amico, vero?”
Zabini annuì.
“Bene”
continuò Hermione “Malfoy non può sperare di mandare avanti questa farsa ancora
per lungo tempo. Non mi faccio comandare da nessuno io. Non sopporto più di
sentirmi così inerme”.
“Hai
deciso di fare il primo passo, quindi” la interruppe Blaise, avvicinandosi a
lei.
Hermione,
sconcertata, corrucciò la fronte.
“Gli
confesserai i tuoi sentimenti?” insisté lui.
“Ma
tu…” avrebbe voluto chiedergli cosa ne sapesse, ma non ne ebbe il tempo, perché
il ragazzo riprese parlare.
“Non
farmi domande sciocche. Sono un buon osservatore, Hermione. Vedo come vi
guardate e poi le tue parole di qualche settimana fa hanno confermato i miei
sospetti. Fai bene a prendere di petto il caro Draco” sogghignò.
“Sono
proprio curioso di sapere come la prenderà” continuò a ridacchiare
malignamente.
La
ragazza sorrise appena.
“Tu
come pensi che la prenderà?” domandò d’un tratto attirando così l’attenzione di
Blaise, il quale scrollò le spalle e scosse la testa.
“Conoscendolo
un po’ si aspetta qualche tuo colpo di testa tipicamente Grifondoro, sa bene
che non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno, però di certo non sa cosa
gli dirai” rise.
“Ti
prego poi descrivimi la sua faccia” ammiccò Blaise.
“Stupido”
borbottò Hermione, dandogli una spinta che lo face ridere ancora più forte. A
quel punto anche lei scoppiò a ridere.
Le
loro risa vennero percepite da un gruppetto di giovani Corvonero che passarono
loro accanto e li guardarono sorridenti.
Anche
Blaise e Hermione li seguirono con lo sguardo.
“Beata
innocenza” soffiò il Serpeverde, trovando l’approvazione della Grifondoro.
“Toh!
Guarda un po’ una Sangue Sporco che si mescola con un Purosangue” sia Zabini e
che la Granger
si voltarono in direzione della voce e videro Pansy Parkinson che li guardava
con uno strano cipiglio sul volto e un mezzo sorrisetto arrogante.
Fece
un passo in avanti e fissò il moro.
“Ultimamente
le tue frequentazioni sono alquanto discutibili, Blaise” e con lo sguardo
sfiorò appena Hermione, ma questo le bastò per notare quanto quei due fossero
vicini.
“Dubito
che la tua famiglia sia d’accordo con le tue scelte” continuò imperterrita,
sorridendo con cattiveria.
“Io
non devo rendere conto a te di niente, Parkinson. Gira a largo!” ruggì
spostandosi in avanti e raggiungendo la sua compagna di casa. Hermione non
l’aveva mai visto così arrabbiato.
“Zabini
ha ragione” disse una voce strascicata alle loro spalle.
Tutti
e tre si voltarono lentamente nella direzione da cui proveniva la voce, ognuno
di loro sul viso aveva un’espressione diversa. La più divertita era sicuramente
quella del moro.
“Malfoy”
asserì Pansy con voce velenosa.
“Noto
che ricordi ancora come mi chiamo” ribatté lui avvicinandosi, senza mai
incontrare lo sguardo di un’ Hermione alquanto sbigottita.
“Purtroppo
si” rispose velenosa la
Serpeverde.
Era
stato facile voltare le spalle ai Malfoy dopo la sconfitta di Voldemort, specie
per il loro cambio di bandiera. Questo Draco lo sapeva bene.
Il
biondo rise. Una risata amara, a tratti triste, notò Hermione.
“E
dire che un tempo stavi sempre appiccicata al mio braccio. Quasi non mi
lasciavi respirare” replicò con sarcasmo.
“Erano
i tempi in cui ero un’ingenua ragazzina infatuata di uno stupido e altezzoso
ragazzino. Fortuna che sono rinsavita” rispose Pansy, incrociando le braccia al
petto e guardandolo con sfida.
Sfida
che Draco accolse ben volentieri.
“Guarda
caso questo è avvenuto solo dopo la Guerra
Magica” le
sua parole erano velate di sarcasmo che non passò inosservato.
Un
sorriso incurvò gli angoli delle sue labbra, quando vide Pansy arrossire per la
rabbia e non dire niente.
“In
ogni caso” continuò “Non mi interessa. Non ho mai gradito la tua compagnia”, a
quel punto la ragazza lasciò andare le braccia lungo i fianchi, stringendo le
mani a pugno e afferrando la bacchetta, nascosta tra la gonna e la camicia.
“Brutto
traditore! Meriteresti di morire, non avrebbero dovuto darti il permesso di
tornare. Sei una piaga. Una piaga per il mondo dei Purosangue!”
Malfoy
non si lasciò intimorire né dal gesto né dalle parole pronunciate dalla sua
compagna di casa. Continuò a fissarla, apparentemente tranquillo, rigido nella
sua postura elegante e sicura.
Hermione
tremò appena quando percepì quello che poteva succedere, ma prima che potesse
dire o fare qualcosa fu Blaise a intervenire:
“Metti
giù quella bacchetta, Pansy. Non fare stupidaggini!” e si accostò a Malfoy.
La
diretta interessata lo guardò, gli occhi dardeggianti di rabbia si riempirono
di lacrime.
“Per
colpa sua la mia famiglia è stata screditata!” ringhiò inferocita, tremando
tutta.
“Ed
io non so come risollevare il suo onore” disse abbassando per un attimo la
bacchetta, poi sembrò che la rabbia tornasse a prevalere e la rialzò
indirizzandola verso Draco.
“Ma
ora ho capito che il primo passo per rinascere dalle ceneri è vendicarsi di chi
ci ha ridotto in cenere” una risata isterica, che per un attimo ricordò ai
presenti quella di Bellatrix, proruppe sulle labbra della Parkinson.
“Non
ti difendi, Malfoy?” lo provocò lei, ormai decisa ad andare avanti.
Il
biondo interpellato continuò a non rispondere.
“Cos’è
hai perso la lingua?” e ancora una risata.
Hermione
strinse tra le dita la sua bacchetta e fulminea si fece avanti.
“Expelliarmus!” esclamò e la bacchetta di Pansy
volò lontano.
Blaise, compiaciuto da quel gesto, non perse tempo: “Accio bacchetta” e la suddetta, appartenente alla
Parkinson, volò tra le sua mani.
La ragazza li guardò sbarrando gli occhi e fremendo di
rabbia.
“Come hai osato, schifosa Mezzosangue. Ora ti metti
anche a difenderlo? Devo ricordarti che sua zia ti stava facendo la pelle?”
gridò fuori controllo, pronta a inveire contro la Grifondoro. Quest’ultima
non si lasciò intimorire e con la bacchetta puntata contro la Serpeverde la guardò
minacciosa e con un incantesimo non verbale fece comparire delle corde che la
legarono.
“Sono un Prefetto, il mio compito è garantire l’ordine
nella scuola e tu stavi violando una regola fondamentale. 20 punti in meno a
Serpeverde, ovviamente tale episodio verrà riferito alla Preside e al Professor
Piton che provvederanno a loro volta a punirti adeguatamente” disse tornando ad
essere la solita saccente. Blaise le porse la bacchetta di Pansy, ma lei la
fissò solamente.
“Ridammi la mia bacchetta!” esclamò la Serpeverde, agitandosi
e provando a slegarsi.
“No” rispose semplicemente, poi volse i suoi occhi al
moro.
“Blaise ti spiace portarla a Piton e parlargli
dell’accaduto?”il ragazzo annuì.
“Nessun problema. Come te sono un Prefetto. Me ne
occupo io” sorrise, facendole l’occhiolino.
“Ti ringrazio” disse un po’ più sollevata.
“Farò rapporto io alla Preside. Tu fai quello che devi
e non badare a quello che ti dirà” le sussurrò all’orecchio, in modo che solo
lei e Draco, che era vicino a loro, potessero udirlo.
Hermione annuì impacciata, divenendo tutta rossa.
Il moro afferrò Pansy, ponendosela sulle spalle come un
sacco di patate e scomparve giù per i gradini che portavano nei sotterranei.
Hermione e Draco osservarono la scena fino a quando i
due Serpeverde non furono più visibili. Ora non vi erano ulteriori scuse per
rimandare.
Lo sapevano entrambi.
Hermione per prima si girò a guardarlo.
Il biondo la osservava dall’alto, con un’espressione
indecifrabile.
“Potevi evitare quello spettacolo e lasciare che mi
schiantasse” mormorò incolore.
A quelle parole, la Grifondoro sbarrò gli
occhi, ma la sorpresa durò poco.
“In fondo lo desideravi anche tu” la provocò lui,
astioso e la reazione di Hermione non si fece attendere.
“Io non desideravo assolutamente niente, Malfoy. Ho
solamente fatto il mio dovere” ribatté sicura.
“Si, bla, bla, bla” ciarlò lui facendole il verso, per
poi ritornare serio.
“Beh Mezzosangue, la prossima volta fatti gli affaracci
tuoi” le diede le spalle incamminandosi verso le scale che conducevano nel suo
dormitorio.
“Ah” aggiunse, senza voltarsi “Tu e Blaise vedete di
appartarvi altrove, magari dove nessuno possa vedere le vostre vomitevoli
dimostrazioni d’affetto”.
Passò forse un minuto.
Sessanta secondi in cui nella testa di Hermione passò
di tutto, anche la voglia di prendere nuovamente a pugni il biondo Serpeverde.
Poi si ricordò delle parole di Blaise…
“Tu fai quello che devi e non badare a quello
che ti dirà” un velato
avvertimento che il moro le aveva lasciato conoscendo perfettamente come
avrebbe reagito il suo amico.
Hermione non perse tempo e corse a perdifiato per le
scale. Anch’ella diretta nei sotterranei. Questa volta non gli avrebbe permesso
di svignarsela a quel modo.
“Idiota! Sei un emerito idiota, Malfoy. Non
hai capito un accidenti!”.
Lui era di poco davanti a lei, possibile che non
riuscisse a raggiungerlo?
Ma quant’era veloce?
Hermione si fermò per riprendere fiato e si poggiò con
le mani sulle ginocchia, chiudendo gli occhi. I capelli le ricaddero in avanti,
ancora gocciolanti di pioggia.
D’un tratto, Hermione sentì uno strano calore. Spalancò
gli occhi spaventata e notò che i suoi vestiti e i capelli erano asciutti. Se
li tastò confusa.
“Non sopportavo che gocciolassi per tutto il corridoio,
inzozzandolo” Hermione si girò di scatto, Draco se ne stava alle sue spalle
poggiato ad un muro, accanto alla porta che dava su quella stessa aula in
disuso dove, tempo addietro, avevano avuto quel litigio.
Di sottecchi la osservava: sembrava smarrita e
sorpresa.
Più bella e fascinosa del solito.
A lui piaceva vederla così disarmata.
Si scostò dal muro e in poche falcate le fu davanti.
Si fissarono negli occhi, fino a quando lui non decise
di parlare.
“Cosa ci fai quaggiù e questa volta niente scuse” disse
alludendo proprio all’episodio dell’aula in disuso.
“Cercavo te” asserì con decisione, affrontandolo.
Niente sembrò turbarlo, tranne che quel guizzo che per
un attimo sembrò smuovere quelle iridi color argento.
“E che vuoi, Granger? Ci siamo detti tutto, no?”
“Hai parlato solamente tu e comunque non sono qui per
parlare di quello che è successo poc’anzi” con un gesto della mano lo invitò a
seguirla.
Senza attendere risposta, Hermione si diresse proprio
verso l’aula in disuso. Il cuore le martellava nelle orecchie e si rifiutava di
ascoltare la sua coscienza.
Quando la porta alle sue spalle si chiuse, le fu chiaro
che Draco l’aveva seguita.
Si volse verso l’entrata, nel buio non riusciva a
distinguere nulla.
“Lumos” pronunciò e sobbalzò quando si trovò Malfoy proprio davanti. Così
vicino che allungando poco la mano avrebbe potuto toccarlo.
Lui non si scompose.
Il cuore tamburellò ancora più veloce.
“Avanti Granger, cos’è che volevi dirmi?” domandò lui
con espressione impettita e superba.
“Voglio discutere con te dei nostri incontri” asserì,
Draco si lasciò scappare un sorrisetto beffardo.
“Cos’è non ti bastano più?” chiese punzecchiandola con
fare provocante.
“Non
è questo” Hermione evitò di pensare a quella vicinanza così pericolosa.
Draco
fece un gesto brusco con le braccia e con un sopracciglio inarcato la guardò.
“Io…”
la ragazza deglutì, sentendo le mani sudare.
Poi
d’improvviso un bigliettino incantato volò tra di loro, atterrando sulla spalla
del biondo. Quest’ultimo, parecchio infastidito, lo afferrò per leggerlo.
Le
labbra si incresparono appena e Hermione rimase a fissare le iridi del giovane
che si muovevano per seguire le righe sul bigliettino.
Con
un incantesimo non verbale, lo fece evanescere e tornò a fissare la ragazza.
“Chi
era?” domandò lei curiosa.
“Non
sono affari che ti riguardano, Granger. Se sei venuta per farmi perdere la
pazienza, la porta è da quella parte. Vattene!” la sua voce vibrò d'ira e
fastidio.
Hermione
strinse i pugni irritata.
“Idiota”
mormorò passandogli accanto, ma prima che raggiungesse la porta, Draco aprì
bocca:”Era Blaise. Diceva che ha risolto con la Preside. Dovevo fartelo sapere.
Ha blaterato altre sciocchezze, ma quelle non ti riguardano affatto” masticò acido,
probabilmente infastidito dalla rapidità con cui la Grifondoro aveva deciso
di andarsene, lasciandolo lì come uno stoccafisso.
Hermione
annuì e lui si voltò. Si ritrovarono faccia a faccia.
“Ora
se non ti dispiace, vorrei sapere cos’hai da dirmi” lei annuì ancora, facendo
qualche passo avanti e ritrovandosi al centro della stanza.
Un
ultimo respiro prima di quel round che sperava la vedesse vittoriosa.
***
Con tutta probailità ora mi starete odiando o starete meditando il mio omicidio. Ma mi auguro che sappiate capirmi.
Non ho interrotto il capitolo volutamente. Anche in questo caso ho
pensato che fosse meglio così. Condensare troppe emozioni
insieme non mi piace ed io stessa nello scriverle non sarei stata
capace di gestirle.
Sinceramente non so cosa dirvi, se non che il momento epico si sta
avvicinando. Il resto è ancora tutto nella mia testa e spero di
scriverlo quanto prima.
Vi avviso già da ora che ad agosto non pubblicherò, fose
solo il primo giovedì. Mi prendo un pò di pausa,
così forse riesco a scrivere qualche altro capitolo prima
dell'arrivo di settembre.
Grazie per il vostro affetto. Non fate che rendermi felici.
Un bacio
Ps:
i personaggi sono di proprietà della Rowling. La fan fiction non
è scritta a scopo di lucro, ma per mio divertimento.
Marghe
|
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Capitolo 21 *** Gli opposti si attraggono ***
Gli opposti si attraggono
Capitolo 20 “Gli opposti si attraggono”
Hermione
aprì gli occhi e quando si ritrovò riflessa in quelli di Draco, un fremito le
attraversò il corpo per intero, rendendola inquieta.
“Voglio
che tu mi dica tutto” mormorò, socchiudendo nuovamente gli occhi.
“Ho
bisogno…ho bisogno di sapere ogni cosa” aggiunse per poi scrutare il suo
interlocutore.
Draco
rise.
“Non
sei nella posizione di dettare le regole, Granger!” rispose risoluto.
“Sarò
io a decidere come e quando” asserì, lanciandole un’occhiata truce.
Hermione
fece un passo avanti.
“No,
Malfoy. Non ti permetterò di portare avanti questo stupido gioco! Tu mi dici
cosa c’è sotto ora!” il suo ordine sembrò rimbombare in quell’aula vuota.
Nell’atto di agitarsi, la sua sacca cadde a terra e finì in un angolo.
“No”
ribatté il biondo prontamente.
“Deciderò
io quando sarà il momento” tornò a ripeterle il ragazzo, ostinato quanto la
propria interlocutrice.
Hermione
fece un altro passo in avanti.
Se
c’era una cosa che li accomunava era la cocciutaggine.
“Dimmi
Granger, perché improvvisamente sei così curiosa di saperlo?” le domandò,
fissandola in modo lascivo.
“Io…”
mormorò la ragazza.
“Io?”
incalzò lui.
La
Grifondoro alzò
lo sguardo per perdersi in quello del Serpeverde.
Hermione
si era innamorata di Draco.
Assurdo,
totalmente. Ma dannatamente giusto!
“Avanti
Mezzosangue…” esordì lui brusco “Parla!” sibilò serio, non allontanando di un
millimetro lo sguardo da quello di lei.
“Non
posso…” bisbigliò lei sentendo il coraggio svanire nel nulla.
Improvvisamente
si accorse che non se la sentiva di dirgli che lo amava. Era certa che lui
l’avrebbe derisa e cacciata via.
Quando
mai s’era mostrata così codarda?
“Non
puoi o…non vuoi?” domandò lui, avvicinandosi impercettibilmente alla ragazza.
“Entrambe
le cose!” ribatté lei senza rendersene conto.
“Mmm…il
non puoi è facilmente eliminabile. Siamo soli, io voglio anzi desidero
ascoltare quello che hai da dirmi, quindi il primo problema è risolto. Per il
non vuoi…posso provare a convincerti?” sussurrò suadente avvicinandosi
pericolosamente.
Hermione
sbarrò gli occhi spaventata, tentando invano di indietreggiare, ma si ritrovò
addossata al muro dell’altro lato della stanza, con Malfoy a un centimetro da
lei.
Abbassare
lo sguardo fu inutile perché Draco le rialzò il viso con due dita.
Il
loro tocco freddo con la sua pelle calda, la fecero tremare.
Malfoy
ghignò.
“Allora
Granger, devo supporre che hai paura?” la provocò lui con divertimento.
“Non
ho…paura di te” le ultime parole strascicate, portarono Hermione a fissare le
labbra invitanti della serpe.
“Avanti…parla”
le bocca di Malfoy si mosse volutamente in modo molto lento. Hermione deglutì,
socchiudendo gli occhi.
“Mezzosangue,
devi guardarmi mentre mi parli!” Malfoy la scosse prendendola per le spalle.
Ancora
un contatto tra i loro corpi.
Ancora
un tremolio.
E
Hermione fu costretto ad obbedirgli.
Forte
quell’impulso di lanciarsi su di lui e…baciarlo?
“Furetto.
Non. Mi. Toccare!” brontolò scandendo parola per parola.
Ma
era davvero sicura di non volerlo sentire su di sé?
Allontanarlo
era l’unica soluzione che le venne in mente al momento.
“No!”
fu la risposta secca del biondo.
Hermione
fece per ribattere ma notò come il corpo del suo eterno nemico fosse rigido e
la sua voce era uscita stranamente bassa e sibilante.
Spostò
i suoi occhi in quelli di lui e vi lesse il suo stesso identico tormento.
Riconobbe
che quello era il posto in cui sarebbe voluta sempre essere.
Un
posto che si sarebbe voluta scegliere per poi chiamarlo col suo nome: “casa”.
“Parla”
mormorò Draco, allo stremo delle forze. Stanco di resistere e di fingere.
“Io…”
la Caposcuola
si morse il labbro inferiore in un gesto di puro nervosismo.
“Io…”
inspirò “Credo che…”
“Credi
cosa?” la pazienza del ragazzo stava vacillando e con essa la sua voglia di
resistere al desiderio di lei.
“Avanti,
Granger, non ho tutto il giorno!” esclamò scostandosi.
Si
sentiva soffocare.
Tornare
il freddo, cinico e bastardo gli riusciva fin troppo bene.
Hermione
strinse i pugni.
Come
poteva anche solo pensare che lui…scosse la testa per rimuovere qualsiasi
pensiero.
Quel
quaderno, quei pensieri, erano una semplice presa in giro.
“Ti
odio!” gridò, le lacrime le pizzicavano gli occhi spingendola a tenerli semi
aperti.
Draco
si voltò immediatamente nella sua direzione. Spiazzato.
“Ti
odio! Mi fai schifo, hai capito? Vattene, vattene via tu e quel maledettissimo
quaderno” Hermione corse, passandogli accanto a modesta velocità e questo non
impedì al ragazzo di vedere le sue lacrime e di sbarrare gli occhi.
Fu
l’istinto a guidarlo.
Si,
fu lui a muovere la sua mano e ad afferrare il braccio della Granger.
Fu
sempre l’istinto a spingerlo ad attirarla sé e a baciarla.
Ma
non un bacio qualunque.
Un
bacio dal sapore salmastro, disperato, appassionato.
Maledettamente
eccitante, vero, da strapparti l’anima.
Maledettamente
insano, ma così dannatamente giusto.
Hermione
non poté fare a meno di rispondere a quel bacio e nonostante la testa
continuasse a dirle che stava sbagliando, lei si sentiva così bene.
A casa.
Tra
le braccia di Draco.
Poi
la sua razionalità ebbe la meglio e lei, approfittando del coinvolgimento del
ragazzo, riuscì a staccarsi, facendo forza con le mani sul petto di lui.
Draco
la fissava con gli occhi lucidi e lussureggianti.
Il
grigio liquido di quelle pozze infinite, esprimevano bene lo sconvolgimento che
lui stesso sentiva dentro di sé.
Hermione
restò immobile, le braccia di Draco erano ferme sulla sua vita.
Il
cuore di lei batteva all’impazzata.
Felice
e timoroso.
Felice
per quel contatto desiderato.
Timoroso
che si trattasse di una farsa, una presa in giro nello stile Malfoy.
“Perché…?”
provò a dire lei.
A
quel punto Malfoy si allontanò di poco e le diede le spalle.
“Davvero
devo spiegarti qualcosa di così elementare?” celiò il ragazzo con voce bassa e
strascicata.
Lui
si sentiva così…così stravolto da non avere quasi più fiato.
Aveva
baciato molte ragazze, ma mai aveva pensato che si potessero provare sensazioni
di quel tipo.
Cos’aveva
la Granger in
più rispetto alle altre???
Hermione
gli fissava le spalle, com’era capitato tante volte.
Le
mani chiuse sul petto, come a volersi proteggere da quell’uragano terribile che
si stava per abbattere su di lei.
Ma
Malfoy era abituato a sorprendere.
“Prendi
quel quaderno” disse infatti.
Hermione
sussultò.
“So
che lo porti sempre con te, quindi non farti pregare. Prendilo!” le intimò. Un
tono di voce che non ammetteva repliche.
La
ragazza si guardò attorno in cerca della sua sacca. Essa se ne stava in un
angolo della sala, probabilmente lanciata lì nel mezzo della discussione con il
ragazzo.
Draco
la seguì di sottecchi e la vide dirigersi verso la sacca, afferrare il quaderno
e fissarlo stranita.
“C’è
una pagina che vorrei tu…vedessi…” sussurrò.
Hermione
tornò a guardare quel ragazzo. Ma chi era veramente Draco Malfoy?
“Quale?”
domandò lei a fatica, ritrovando a stento la voce.
Malfoy
udendola parlare, si voltò sorpreso, senza però mutare la sua espressione
fredda e distaccata.
“E’
una pagina nascosta con la magia” il ragazzo sentì gli occhi di Hermione
studiarlo attentamente e bruciare di tanti interrogativi.
“Si.
Avrei potuto farlo con ogni singola pagina, ma volevo che tu trovassi quel
quaderno. Volevo che tu potessi scoprire che c’era qualcuno che ti osservava e
ti conosceva un po’ di più rispetto ai tuoi amici. Volevo che ti incuriosissi,
quel tanto da portarti a desiderare di volerne di più.
Volevo
che tu conoscessi questo lato di me. È come se fossi un’altra persona, ma sono
sempre io, Granger.”
Fece
un passo in avanti. Verso di lei.
“Ci
sono tante cose che non sai di me e probabilmente non le saprai mai, perché non
te le dirò” la solita strafottenza.
Il
solito ghigno malefico.
Ma
una luce diversa negli occhi.
“Volevi
ingannarmi…” la voce di Hermione uscì ferma, ma sussurrata.
“No”
Draco le diede una risposta secca e precisa.
“Io
volevo arrivare a te” un altro passo verso di lei. Ormai le era davanti e la
sovrastava.
“Al
tuo cuore” aggiunse con tono inverosimilmente melodioso, portando una mano sul
quaderno.
La
ragazza, involontariamente, tremò.
Qualche
secondo dopo, Draco allontanò quella mano.
“Aprilo”
le disse stranamente dolce.
Hermione
fece come lui gli aveva detto e il quaderno automaticamente si aprì ad una
delle prime pagine.
Laddove
appariva uno scarabocchio che a primo acchito poteva sembrare un tentativo
dell’autore di cancellare qualcosa di sbagliato, comparve un disegno che
ritraeva la giovane Grifondoro, sorridente accanto a Ron e Harry.
Hermione
sbarrò gli occhi e con le dita percorse il confine perfettamente tratteggiato
dei loro volti sorridenti.
“Harry,
Ron e…io” mormorò assorta, memore dei vecchi tempi passati.
“Esattamente”
udendo la voce di Malfoy, Hermione si ridestò e guardò il biondo davanti a lei.
“Come
apparivate ai miei occhi qualche anno fa. Uno spettacolo riprovevole.” Si fermò
giusto per vedere la faccia di Hermione colorirsi di…delusione?
“Era
quello che dovevo fingere di pensare” aggiunse lui, con studiata calma.
Questa
volta Hermione trattenne il fiato, spalancando i suoi occhi dorati.
“Non
sprecherò fiato nel chiederti perché nessuno si sia mai soffermato a pensare
che forse io potevo fingere. Ciò che desidero ardentemente è che tu guardi quel
ritratto e torni a sorridere come a quei tempi”
Hermione
e Draco si fissarono a lungo e in silenzio.
“Siete
ritornati il trio di sempre, ma ognuno di voi è parzialmente cambiato. Tu ad
esempio quando sorridi non ti s’illuminano più gli occhi, segno che forse fingi
di essere felice e non ti si creano quelle due fossette sulle guance” Draco
scosse la testa, mentre Hermione si sentiva improvvisamente svuotata.
“Ti
starai chiedendo perché ho nascosto questo disegno” Malfoy non attese una
risposta e proseguì:
“Perché
avresti capito. Se guardi bene, alle vostre spalle, anche se minuscolo, ci sono
disegnato io. Io che vi guardo non i cagnesco come al solito, ma diversamente.
Il me che vorrebbe emergere ma che non può e se ne sta nell’ombra sovrastato
dalla maschera dello stronzo che si burla degli altri. Non che non mi sia
divertito e non lo faccia tutt’ora.”
Hermione
tornò a fissare il disegno e constatò che ciò che diceva Malfoy era vero.
C’era
davvero anche lui.
Qualcosa
la spinse a posare le dita su quella figura.
Draco
seguì ansioso quel movimento e deglutì.
“E
così secondo te io non sorrido più come un tempo?” la domanda era retorica.
Hermione non voleva in realtà una risposta. Si stava rivolgendo più a sé stessa
che al suo interlocutore.
Nel
frattempo con il dito indice continuava ad “accarezzare” il punto esatto in cui
Malfoy aveva disegnato sé stesso.
“When I see your face, there’s not a thing
that I would change, cause you’re amazing
just the way you are. And when you smile, the whole world stops and stares for
awhile, cause girl you’re amazing. Just the way you are” canticchiò il biondo Slytherin, ripetendo a
perfezione il pezzo di una canzone babbana che Hermione aveva ascoltato durante
il soggiorno a casa.
La suddetta
ragazza alzò il viso, lasciando scivolare il quaderno per terra.
Le mani a
mezz’aria, il viso trafitto per la sorpresa.
Il cuore che
continuava a batterle impazzito nel petto.
“Che…che…”
borbottò senza riuscire a formulare una domanda di senso compiuto.
“Che voglio
dire?” le venne in aiuto il ragazzo. Lei annuì.
“Voglio dire che
per quanto Grifondoro e Serpreverde siano agli antipodi e si odino, c’è una
legge terrena che parla chiaro, Mezzosangue: gli opposti si attraggono ed io
sono attratto da te…Granger” quella fu l’ultima cosa che la ragazza sentì,
prima di essere afferrata dal ragazzo e baciata con passione.
***
Questa volta il capitolo è più corto e interrotto nuovamente sul più bello.
Scelta voluta e ponderata.
Il prossimo capitolo arriverà giovedì prossimo, poi credo che ricomincerò a postare a settembre.
Sono indietro e devo recuperare, scrivendo i restanti capitoli. Non voglio sospendere la storia all'improvviso.
Mi auguro che i vostri istinti omicidi siano sopiti, perché credetemi se vi dico che non finisce qui. No dai, scherzo.
Non ho molto da aggiungere. Credo che il capitolo parli da solo.
Ah la canzone è "Just the way you are" di Bruno Mars. Perdonerete il mio riferimento ad una canzone babbana? :)
Aspetto di conoscere il vostro responso.
E grazie sempre per il vostro incredibile affetto.
Un bacio.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling!
Marghe
|
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Capitolo 22 *** Granger, hai problemi col verbo ***
Granger, hai problemi col verbo << baciare
>> ?
Capitolo
21 “Granger, hai problemi col verbo
<< baciare >> ?”
Hermione
e Draco non seppero mai quanto tempo era effettivamente passato, ma
quando i
loro visi si allontanarono per permettere loro di respirare, si
scoprirono a
guardarsi con occhi lucidi, le bocche tumide e le guance arrossate.
Cosa
alquanto strana per uno che come Malfoy era perennemente pallido.
Hermione
non aveva parole da dire. Era come se quel bacio le avesse spazzate via
tutte,
ma al contrario di quanto si possa pensare, non si sentiva vuota,
bensì più
leggera e una strana sensazione di appagamento si impossessò
delle sue membra.
Draco,
invece, era turbato.
Turbato
perché non era abituato a provare emozioni simili, tanto
potenti da spiazzarlo.
In genere era lui a spiazzare gli altri e non a sentirsi disorientato a
quel
modo.
Per
un attimo distolse lo sguardo da quello di Hermione, generando in
quest’ultima
una certa preoccupazione.
Lei
si trovò a chiedersi se lui si fosse pentito.
Certo
quando gli era corsa dietro non si era aspettata che succedesse tutto
quello,
anzi era pronta al peggio. Eppure…eppure lui le aveva detto
che era attratto da
lei e l’aveva baciata due volte. A quel ricordo, il viso di
Hermione arrossì
nuovamente e il cuore fece diverse capriole.
Draco
avvertì il cambiamento nel corpo della Grifondoro e di colpo
si voltò a
guardarla: era così rossa, da far paura. Malfoy, le cui
braccia, erano ancora
avvolte attorno alla vita della ragazza, si mossero, facendo sussultare
la
ragazza. Così entrambi si ritrovarono a fissarsi.
Hermione
aprì la bocca, intenzionata a dire qualcosa, ma Malfoy la
precedette:
“Hai
avuto le risposte che cercavi” disse con la voce leggermente
roca, lasciandole
la vita.
Hermione
avvertì immediatamente l’assenza delle sue mani e
involontariamente il freddo
prese il suo posto, facendola irrigidire.
Draco
che si era reso conto che qualcosa non andava, la fissò
interrogativo, ma dagli
occhi della ragazza non traspariva nulla.
Improvvisamente
vacui.
Vuoti.
Malfoy
strinse i pugni, sentendosi un verme.
Ma
d’altronde lo era davvero.
“No”
la voce di Hermione tuonò così forte che il
rimbombo echeggiò a lungo in
quell’aula vuota e oscura.
I
loro sguardi rimasero lì a fronteggiarsi.
“No”
ripeté lei, muovendosi in avanti.
“Non
ho avuto le risposte che cercavo” aggiunse schiarendosi la
voce.
Draco
Malfoy inizialmente rimase spiazzato da quelle parole e dal tono con
cui la
Grifondoro le aveva
pronunciate, poi pensò che doveva ribattere.
“E
cosa ti aspettavi, Granger?” mormorò mellifluo,
non muovendo un millimetro del
suo corpo.
“Credo
di essere stato sufficientemente chiaro” disse, spostandosi
di lato.
Hermione
scrutò attentamente i suoi movimenti, sperando di cogliere
qualche elemento che
le permettesse di chiarire la sua confusione.
“Pensi
che un bacio possa voler dire tutto?” rispose lei con una
certa enfasi, i
capelli sembravano più elettrici del solito.
Malfoy
voltò immediatamente il viso verso di lei e
ghignò.
“Un
bacio…un bacio, Granger. Un MIO bacio vuol dire tante
cose!” frecciò beffardo,
sorridendo mellifluo e sistemandosi il mantello sulle spalle con fare
indifferente.
Hermione,
se possibile, si innervosì ancora di più.
“E
dimmele queste cose!” lo incitò lei.
“Abbi
coraggio. Per una volta in vita tua, abbi il coraggio di osare,
Malfoy!” glielo
ruggì in faccia senza farsi tanti preamboli. Avrebbe voluto
aggiungere “Dimostrami che quel
bacio significa per te
quanto ha significato per me!”, ma si trattenne e
aspettò la reazione del
biondo.
Quest’ultimo
trasalì, traboccante di rabbia.
“Coraggio?
Coraggio, Granger?” rise, una risata amara e priva
d’allegria.
“Non
sono un Grifondoro, ti stai confondendo con i tuoi
amichetti!” un’occhiata
truce della ragazza lo costrinse a imporre al discorso
un’altra direzione.
“Cosa
vuoi che ti dica? Mi sono sbilanciato anche troppo, credevo che
dicendoti che
quel quaderno è mio, avresti capito. Dopo questo”
e indicò la stanza,
probabilmente alludeva al bacio “Pensavo ti fosse tutto
più chiaro. Ti facevo
più intelligente, Mezzosangue”.
Draco
si mosse rapido e giunse al davanzale della finestra.
Le
dava le spalle.
Hermione
comprese che Draco non era in grado di spiegarle altro. Sentiva dentro
di sé la
strana sensazione che quello che doveva dirle era racchiuso tutto in
quel
maledetto quaderno che ora giaceva nuovamente a terra, caduto nella
foga di
quel bacio.
Lo
osservò.
Con
gli occhi sfiorò i segni dorati, i strani simboli incisi,
con un incantesimo
non verbale lo aprì e lo sguardo le cadde sul disegno che la
ritraeva. Quello
da cui quella follia era nata.
E
ripercorrendo quei tratti marcati più e più volte
con la matita, capì.
Capì
ogni cosa.
Capì
che quel ragazzo che l’aveva ritratta in quel modo
così spontaneo, era davvero
attratto da lei. Quasi ossessionato.
Capì
che l’unico modo che lui aveva per richiamarla a
sé era farle trovare quel
quaderno e continuare a trattarla con diffidenza e disprezzo.
Capì
che in quegli anni lui aveva sempre continuato a fingere di essere
qualcun
altro per non lasciarsi sopraffare da niente, soprattutto dai
sentimenti.
Capì
che Draco era sempre stato per lei qualcuno da sfidare,
perché quel contrasto
la faceva sentire viva in mezzo a quel casino dovuto al ritorno di
Voldemort.
Capì
che quel bacio aveva lo stesso significato per entrambi.
E
allora fece qualcosa che non le costo alcuna fatica: con passi
più lunghi del
normale coprì la distanza che la separava dal Serpeverde.
Gli fu alle spalle in
poco. Quelle stesse spalle si muovevano seguendo il ritmo del respiro.
Un
ultimo passo e vi posò sopra una mano.
Il
ragazzo, perso nei suoi pensieri, non si era accorto di nulla e quindi
sussultò
a quel tocco, girandosi di scatto.
Si
ritrovò così davanti alla Granger.
Fu
lei a prendere la parola:
“Non
sei tipo da usare le parole per comunicare, in questo siamo
diversi” iniziò lei
con la voce che un po’ le tremava.
“Sei
più un tipo…fisico, ecco”
borbottò imbarazzata, arrossendo fino alla cima dei
capelli.
Draco
non diceva niente, la fissava solamente. Non perdendosi né
una battuta del suo
discorso, né un movimento di quella ragazza che tanto
desiderava.
“Quel…quel
bacio voleva dire che ti piaccio, infondo lo hai detto”
continuò Hermione
imperterrita, prendendo a muovere le mani in modo convulso.
“Prima
di baciarmi hai detto che gli opposti si attraggono e che tu sei
attratto da
me. Certo a primo acchito ho pensato ad uno scherzo, però
poi non ho avuto modo
di approfondire, perché…” e lo
guardò per la prima volta da quando aveva
cominciato quella filippica.
“Perché…”
“…ti
ho baciata” completò Draco.
“Esattamente”
annuì dando maggior vigore alle sue parole. Poi il silenzio
tornò a calare tra
di loro, seppure Hermione avesse sulla punta della lingua ancora una
domanda.
Draco
che lo aveva capito, le fece un cenno eloquente con la testa col quale
la
esortava a continuare.
“Ehm…cosa
significa?” poi vide l’espressione sbalordita e
insieme scocciata di Draco e si
affrettò a continuare.
“No,
non volevo dire questo. Ho capito, ho capito. Solo mi
chiedevo…cosa succederà
ora?” prese un respiro.
“Ora
che ci siamo…”
“…baciati”
asserì lui, inarcando un sopracciglio.
“Hai
problemi con questo verbo, Granger?” mormorò e le
labbra si piegarono in un
sorriso impertinente e beffardo.
Hermione
lo ignorò volutamente.
“Allora?”
insisté lei.
“Allora
cosa?” la provocò lui per farla parlare.
Si
stava divertendo un mondo a vederla in difficoltà.
“Per
la barba di Merlino!” esclamò lei infuriandosi.
“Granger
parla chiaro e ti risponderò”
Hermione
inspirò cercando di darsi una calmata.
“Dopo
questo bacio” e
calcò apposta
l’ultima parola “che ha chiarito i motivi che ti
hanno spinto a farmi trovare
il quaderno e chiedermi degli incontri, cosa ne sarà
di…te e me” usare il
termine << noi >> era troppo prematuro per
lei.
Malfoy
parve essere leggermente colpito, quasi non se l’aspettasse.
Ma lo stupore
scomparve immediatamente dal suo volto, lasciando spazio alla solita
espressione indifferente e annoiata.
“Cosa
ne sarà di te e di me?” ripeté lui
monocorde.
“Granger,
esiste un libro che ti insegni a leggere tra le righe? Sei tanto
intelligente,
eppure” si fermò solo per vederla fremere
nell’attesa.
“Eppure
è così chiaro, no? Secondo te accetterei di
vederti baciare un altro ora che
hai baciato me? Ciò che è mio non è
condivisibile con nessun altro” asserì.
“Quindi
ora io sarei una tua proprietà?”
domandò Hermione tremando d’irritazione.
Draco
lo sapeva, ma questo non lo portò a contraddirla.
“Se
vuoi vederla in questo modo…” fece spallucce come
se la questione non lo
riguardasse.
Hermione
si trattenne dal gridare, portò le mani alla gonna pronta a
sfoderare la
bacchetta, ma Draco intercettò il suo gesto e la
fermò:
“Expelliarmus!”
e la bacchetta di Hermione volò
via.
“Cosa pensavi di fare, eh?” anche lui stava per
perdere
la pazienza.
“Io non sono la bambola di nessuno, Malfoy e non ti
permetterò di trattarmi come tale, chiaro?”
gridò rossa in volto e i capelli
sparsi in aria, elettrici come non mai.
“Io non ti considero una bambola, Mezzosangue!”
dichiarò
afferrandola per il polso e tirandola a sé. La testa di
Hermione cozzò sul suo
petto.
La ragazza alzò lo sguardo, fece per parlare, ma fu
fermata dalla vista degli occhi di Draco dardeggianti, carichi di una
passione
che non aveva mai visto in nessuno.
“Tu ora sei la mia donna, chiaro? Guai a te se ti vedo
fare la stupida con qualcuno. Crucio lui e crucio te!” non le
permise di ribattere
perché le sue labbra furono su quelle di lei in un batter
d’occhio.
Alle
loro spalle, un soffio di vento si posò leggiadro sul
quaderno che prese a sfogliarsi da solo, fermandosi
all’ultima pagina sulla
quale stava prendendo magicamente forma un nuovo disegno, simbolo di
quella
nuova strana e potente unione che lui stesso aveva contribuito a creare.
a
href="http://tinypic.com?ref=2ng8u1w" target="_blank">
***
Ultimo capitolo per
ques'estate stramba.
Non so, sinceramente, quanto sia soddisfacente il risultato, ma io mi
diverto molto a scrivere di Draco e Hermione. Ultimamente sono un
pò ferma, ma non perché non voglia mandare avanti
la
storia, semplicemente ho la testa altrove, ma tranquilli: non la lascio
in sospeso!
E' il capitolo che vi aspettavate?
Beh...non ho niente da aggiungere, se non augurarvi un buon mese di
agosto.
Rilassatevi e godetevi il sole anche per la sottoscritta.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps:i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà
della
Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma
per
diletto.
Marghe
|
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Capitolo 23 *** Caro diario ***
Caro diario
Capitolo 22 “Caro diario…”
Da
quel pomeriggio, la vita di Hermione e Draco cambiò.
Nessuno
dei due però, sapeva che quell’evento avrebbe inciso così profondamente sul
loro futuro. Avevano appena iniziato a mettere insieme i primi tasselli di quel
grande disegno che li attendeva.
Ne
sarebbe passato di tempo prima che entrambi comprendessero la profondità di
quel legame, scoprendone il reale significato.
In
quello stato di cose, non pensavano affatto al futuro. Com’era giusto, vivevano
quegli istanti pensando al presente.
Dopo
l’ennesimo bacio, altro silenzio aveva riempito quell’aula buia, scandito solo
dal ritmo incessante dei loro battiti cardiaci.
Hermione
aveva quasi perso l’equilibrio tanta era stata forte l’emozione e con le mani
s’era aggrappata alle braccia del biondo. Draco, a sua volta, l’aveva sorretta,
nonostante l’improvvisa debolezza del suo corpo, anch’esso scalfito dall’intensità
di quel momento tanto atteso.
Non
si erano detti molto, per timidezza, per orgoglio, per un miscuglio di cose che
bloccava le loro voci e ne impediva la fuoriuscita.
Si
lanciarono qualche sguardo, poi Hermione si fece forza e spezzò quell’assurdo
silenzio.
“Ora…”
deglutì, mordendosi il labbro inferiore.
“Ora
devo andare. Ci vediamo, Malfoy” disse, dannandosi per aver perso la voce.
Si
voltò, fece per andarsene, ma il richiamo di Draco la costrinse a fermarsi.
“Granger”
non c’era traccia di irritazione o scherno, dal suo tono di voce sembrava
tranquillo, quasi rilassato.
Hermione
si girò lentamente, annaspando in cerca d’aria, con la paura che qualche parola
sbagliata potesse spezzare l’atmosfera magica che s’era creata.
“Ci
vediamo a cena” disse solo quello, la ragazza annuì, poi corse via.
Non
aveva mai raggiunto la Torre
dei Grifondoro così velocemente.
L’affanno
la costrinse a fermarsi nella Sala Comune per recuperare le forze. Qualche
ragazzino dei primi anni la fissò stranito, ma lei non vi badò. L’unica cosa
che ora le interessava era chiudersi in camera per riordinare le idee.
E
lo fece.
Quando
si ritrovò nel silenzio della sua stanza, chiuse gli occhi e i fotogrammi di
quello che era accaduto le piombarono addosso come macigni. Hermione si
costrinse a riaprire gli occhi, facendo violenza sulla necessità di nutrirsi
ancora di quegli attimi.
Fu
però altro a catturare la sua attenzione in quel momento: si guardò le mani, si
tastò il corpo e si rese conto di essere non solo disarmata, ma di non avere
con sé la sua sacca.
Si
batté una mano sulla fronte dandosi della stupida per la sua sbadataggine. Se
ci fossero stati Harry e Ginny avrebbero riso di lei, dicendole che era strano
per una come lei sempre così attenta alle sue cose, dimenticarsi di esse.
Non
se la sentiva di tornare nei sotterranei, magari lo avrebbe fatto dopo cena o
avrebbe chiesto a Blaise di riportarle la sua roba.
D’improvviso
qualcuno bussò alla porta. Hermione sobbalzò per lo spavento, ma si riscosse in
un attimo.
“Avanti”
mormorò con la voce ancora arrochita.
Davanti
a lei comparvero Harry e Ginny che prima di accomodarsi in camera, si fermarono
sulla soglia a fissare la loro amica. Probabilmente tutto di lei gridava il suo
sconvolgimento, per questo i due innamorati si lanciarono un’occhiata strana e
si chiusero la porta alle spalle.
Hermione
si accomodò sul letto e con un gesto invitò i suoi amici a raggiungerla.
“Hermione
cos’è accaduto con Malfoy?” chiese Ginny in modo diretto, accarezzando il
braccio dell’amica.
Un
rossore ben evidente colorò le guance della Grifondoro.
“Beh…ecco”
balbettò schiarendosi la voce.
“Se
ti ha fatto del male, giuro che io…” cominciò Harry, ma Hermione lo bloccò con
un cenno della mano.
“No.
Non mi ha fatto del male” asserì.
“E
allora perché sembri così…sconvolta?” esclamò il Bambino Sopravvissuto.
Ginny
che sembrava aver capito molto di più, sorrise e ammiccò in direzione della
riccia Caposcuola. Quest’ultima arrossì maggiormente.
Sconvolta
era un termine appropriato, ma non il più opportuno a descrivere lo stato
esagitato in cui si trovava.
“Malfoy
mi ha baciata” disse tutto d’un fiato chiudendo gli occhi, strizzandoli per lo
sforzo.
“Oh
si dev’essere stato sconvolgente…” ma Harry si bloccò “Ti ha baciata?” quasi
urlò, saltando sul letto, gli occhiali gli scivolarono sul naso.
“Non
urlare!” lo riproverò Ginny che con gentilezza gli sistemò nuovamente gli
occhiali. “Non facciamolo sapere a tutta la torre” aggiunse poi con più calma.
“Scusate.
Scusami Hermione. È che non credevo che Malfoy andasse diretto al punto”
mormorò grattandosi la testa.
“Oh
avanti, Harry. Di cosa ti meravigli. Stiamo parlando del furetto palatinato!”
asserì Ginny con calma, poi rivolgendosi all’amica, le disse:
“Come
ti senti ora che sai la verità?” Hermione spalancò gli occhi, Ginny dava per
scontato, anzi era certa, che con quel che era accaduto, Malfoy le avesse detto
o almeno fatto capire, cosa c’era dietro quel quaderno.
“Mi
sento…strana” sussurrò la
Caposcuola.
Harry
arricciò il naso.
“Non
in senso negativo” si affrettò a precisare.
“Credo
di dovermi…abituare alla cosa, ecco. Si credo sia proprio questo” Hermione
annuiva, cercando di auto convincersi.
“Ok”
riprese Ginny titubante
“Ma…ora
cosa succederà?” a quella domanda la riccia alzò lo sguardo.
“E’
quello che ho chiesto a Malfoy” mormorò assorta, quasi fosse in trance.
“E
lui cosa ti ha detto?” insisté Ginny, cercando di essere il più dolce
possibile.
“Ha
detto…” Hermione chiuse gli occhi per una frazione di secondo, cercando di
ricordare le esatte parole del biondo.
“Che
ora sono la sua donna e che mi crucia se mi vede fare la stupida con qualcuno.
Come se fosse possibile, poi” borbottò lei, gonfiando le guance a palloncino.
Harry
e Ginny si guardarono, lui con espressione stupefatta, lei con l’aria di chi
aveva vinto un milione di galeoni per una scommessa azzeccata.
“Hermione”
la rossa scosse l’amica prendendola per le spalle. Quest’ultima le diede
l’attenzione che cercava.
“Forse
non hai ancora metabolizzato la cosa: ma ora tu sei la ragazza di Malfoy”
annunciò sorridendo sorniona, quasi divertita da quella buffa considerazione.
Hermione
sembrò capirlo solo in quel momento. Non perché fosse tarda di comprendonio, ma
probabilmente non voleva ammetterlo a sé stessa.
E
proprio mentre la giovane Grifona prendeva consapevolezza di quella verità, il
suo ragazzo era da poco rientrato nel suo dormitorio, stringendo tra le mani la
sacca di Hermione.
Sulle
labbra, leggermente arrossate, aleggiava l’ombra di un sorriso. La certezza
che, forse, le cose sarebbero potute andare diversamente da quel momento in
poi.
Posò
con accortezza la sacca di Hermione sulla scrivania, si liberò del pesante
maglione, gettandolo sulla sedia, restando in camicia. Allentò la cravatta e si
accomodò sul davanzale della finestra per fumarsi una sigaretta.
Si
sentiva…diverso.
Forse
felice.
Non
poteva affermarlo con certezza, perché non aveva mai provato veramente quella
sensazione. Era stato soddisfatto in passato, appagato, ma felice mai. Se ne
rendeva conto solo in quel momento, grazie poi ad una delle persone che mai
avrebbe pensato, avrebbe fatto parte della sua vita con quel ruolo.
“La
mia ragazza” mormorò a bassa voce, mentre dalle sue labbra fuoriuscivano baffi
di fumo.
E
sorrise.
Sorrise
davvero, fino a scoppiare a ridere.
Ridere
di gioia.
Hermione
era distesa sul letto.
Era
in quella posizione da quando Ginny e Harry avevano lasciato la sua stanza.
Nonostante
l’iniziale turbamento per quella scoperta, ora anche sul suo viso, faceva bella
mostra di se, un sorriso sentito, da apparire lo spettacolo più bello in
assoluto.
E
che importavano le differenze sociali, quelle caratteriali e le opinioni altrui.
Contava
solo ciò che loro provavano.
E
di certo si trattava di qualcosa di molto forte e per entrambi, era strano
pensare che non si trattasse di un effetto dovuto alla magia, bensì di un
sentimento umano.
Draco
aveva da poco fatto evanescere la sua sigaretta e ora sedeva mollemente sulla
sedia, sfogliando interessato il diario di Hermione.
Era
stato scritto con una certa costanza fino al mese di agosto, dove spiccava tra
tutte le pagine: La guerra è terminata, Voldemort è morto e…Ron mi ha baciata!
Finalmente s’è deciso!
Le
successive narrazioni si arricchivano di particolari sulle loro passeggiate, le
loro conversazioni. Cose che non avrebbero dovuto interessargli, ma che non
poteva fare a meno di leggere, nonostante il lieve mal di stomaco che lo stava
assalendo.
Poi
qualcosa era cambiato.
1 settembre 1997
È finita.
Solo questo.
Tra me e Ron intendo.
Dopo
quelle misere parole, un numero infinite di pagine bianche su cui era riportata
solo la data, si succedevano.
Draco
riuscì a notare, essendo un attento osservatore, delle minuscole macchie di
inchiostro, come se la ragazza avesse provato a scrivere più volte, senza però
riuscirci.
In
alcuni punti la carta appariva meno spesso, quasi raggrinzita.
Il
biondo vi passò sopra un dito, immaginando che forse, la Granger aveva pianto e non
riuscì a controllare la sua rabbia per quello.
Voltò
le pagine successive con fervore e si fermò solo quando giunse ad una pagina
non più bianca, ma riempita della scrittura ordinata e precisa della Grifona.
12 dicembre 1997
Caro Diario,
vedere se stesse trasportate
su un quaderno, è assolutamente e maledettamente bello.
So che non capirai nulla di
ciò che sto scrivendo, ma ho bisogno di scriverlo da qualche parte.
Sono dannatamente ossessionata
da quel quaderno, dai suoi disegni e da quelle parole.
Merlino e Minerva insieme!
Non mi è mai capitato di
sentirmi così…così…eccitata!
Si, si eccitata.
Parole non da me, ne sono
consapevole.
Però per tutte le bacchette
del mondo magico, lui, questo misterioso lui, mi vede come una donna.
Una donna capisci?
Ed è appagante.
Ed io mi sto lasciando
abbindolare come una stupida.
Allo stesso tempo sono molto
combattuta.
Ho i miei dubbi, poi ci si
mette anche Harry e le sue strampalate ipotesi.
Si, perché lui crede che
Malfoy sia l’autore di quel quaderno.
Ci credi se ti dico che per un
attimo, un solo attimo, l’ho creduto anche io?
O forse la parola esatta è:
desiderato.
Si, si proprio desiderato.
Oh accidenti! Non ci capisco
niente.
Siamo agli antipodi, ci
detestiamo. O meglio lui detesta me.
Non ci capisco niente.
ED IO ODIO NON CAPIRCI NIENTE!
Fu
inevitabile per Draco, ghignare di fronte a quella quasi confessione.
Era
compiaciuto con se stesso per aver insinuato il dubbio nella giovane
Grifondoro.
Con
l’ego gonfio di gioia proseguì nello sfogliare le pagine, potendo così venire a
conoscenza di come la ragazza aveva trascorso le vacanze natalizie e di come
spesso, nei suoi lunghi monologhi, lo nominava.
Gli
venne un leggero voltastomaco quando lesse di quanto Hermione fosse felice di
aver ritrovato sia Ron che Harry. Draco proprio non riusciva a comprendere come
una ragazza con quel potenziale intellettivo potesse perdere il suo tempo con
due ragazzi così scialbi e stupidi.
Era
intento a leggere una noiosa pagina di diario in cui la Mezzosangue parlava di
un interessante ricerca di Antiche Rune, quando la porta del dormitorio del
Serpeverde si spalancò rivelando la presenza di Blaise.
Il
biondo udì il cigolio della porta, ma non si voltò.
“Buona
sera a te, Draco” ciarlò il moro, sedendosi mollemente sul letto.
“Mmh”
mugugnò in risposta l’altro, senza alzare il viso dal diario.
Blaise
corrugò la fronte, leggermente infastidito.
“Non
hai nulla da raccontarmi?” insisté, incrociando le braccia al petto e
sorridendo sornione.
A
quel punto Draco chiuse il diario, sbuffando e si girò verso il compagno di
casata, fissandolo con sguardo annoiato.
“Cosa
ti fa credere che io abbia qualcosa da raccontarti, Zabini?” chiese,
sforzandosi di mantenere un tono di voce incolore.
Il
moro gli lanciò un’occhiata intensa ed eloquente, allargando le proprie labbra
in un sorriso strafottente.
Draco
inarcò il sopracciglio sinistro, storcendo il naso. Alla fine sbuffò esasperato,
distogliendo lo sguardo e volgendolo altrove.
“Immagino
che la Granger
non abbia perso tempo nel venire da te a raccontarti tutto” mormorò in tono
fintamente lineare. In realtà, il ragazzo era alquanto infastidito.
Blaise
rise leggero.
“Assolutamente
no, Draco” rispose tranquillo.
Il
biondo Serpeverde tornò a porre attenzione al compagno, fissandolo di sbieco.
“Semplicemente
ho tirato ad indovinare” continuò, scrollando le spalle e allargando le
braccia.
Malfoy
lo fulminò con lo sguardo, detestandosi perché si era fatto mettere in trappola
come un principiante.
Blaise
si accomodò meglio sul letto, sistemandosi contro la spalliera e distendendo i
piedi sul comodo piumone verde argento. Piegò le braccia dietro la testa e con
l’espressione rilassata e ilare di chi ha appena vinto una scommessa
succulenta, si rivolse all’amico:
“Avanti
Malfoy, sono tutto orecchi!”.
Dall’altra
parte del castello, tre Grifondoro stavano scendendo verso la
Sala Grande per la cena. Hermione,
piuttosto silenziosa, affiancava Harry e Ginny che discutevano animatamente per
l’ultimo allenamento di Quidditch.
“No,
Harry. Secondo me sbagli ad essere così tollerante con la squadra!” esclamava
una Ginevra infervorata, muovendo le mani in modo agitato.
Da
parte sua il Bambino Sopravvissuto, aveva le mani affondate nelle tasche della
divisa e guardava dritto dinanzi a sé. Lo sguardo alto e fiero.
“No,
Gin. Non sono d’accordo. Sono giorni che ci alleniamo per la partita contro i
Tassorosso. E oggi la stanchezza si è fatta sentire. Un po’ di riposo non ci
farà male, Ginevra!” esclamò con voce ferma.
Ginny
sbuffò, incrociando le braccia al petto.
Arrivati
davanti alla porta che dava sulla Sala Grande, Hermione ricevette una gomitata
dall’amica. Pronta a redarguirla e a dirgliene quattro, fu costretta a zittirsi
di fronte allo sguardo malizioso della rossa.
Come
se avesse un presentimento, girò di scatto la testa e si ritrovò a immergersi
nello sguardo tempestoso di Draco Malfoy, affiancato da un Blaise Zabini,
decisamente divertito per quella situazione.
Harry
Potter si schiarì la voce cercando di rompere quel sottile velo di imbarazzo
che era calato su di loro.
“Hermione,
noi ci avviamo in sala” disse tentando di sembrare sicuro di sé. Si girò a
guardare la sua ragazza che gli fece un cenno di assenso e lo seguì.
Blaise,
invece, non disse niente. Fissò per un attimo Hermione facendole un occhiolino
di incoraggiamento, poi passò dinanzi a lei e Draco, seguendo in sala Harry e
Ginny.
La
ragazza riprese a fissare il biondo, il quale, invece, non aveva smesso un
attimo di scrutarla, attento ad ogni sua reazione.
Hermione
fu la prima a rinsavire, decisa a irrompere quell’irreale silenzio.
“Malfoy”
mormorò a mezza voce.
“Granger”
rispose lui, facendo un cenno col capo e alzando il braccio sinistro per
mostrarle la sua sacca.
La
ragazza spostò lo sguardo verso la mano del ragazzo, sbarrando gli occhi.
“Te
la sei dimenticata quando sei fuggita via di corsa” un mezzo ghigno gli incurvò
le labbra sottili.
Hermione
deglutì, mentre muoveva i suoi piedi verso di lui. Allungò la mano e il ragazzo
le porse la sua sacca. Si sfiorarono le dita in un tocco leggero, ma che riuscì
a scuotere entrambi.
“Grazie”
sussurrò lei in risposta, arrossendo.
Draco
notò quanto fosse bella con le gote leggermente colorate.
Mosse
il capo in segno di assenso e si avvicinò di più a lei.
La
ragazza vibrò appena per quello spostamento, ma non si mosse.
Draco
si chinò di poco, arrivando alla sua altezza e la fissò con quegli occhi così
profondi e criptici, che lei quasi trattenne il respiro.
“Molto
interessante il tuo diario, Mezzosangue” soffiò per poi sfiorarle le labbra con
le proprie e incamminarsi subito dopo nella Sala Grande.
Hermione
rimase impalata davanti alla porta con gli occhi sbarrati e un’insana voglia di
prendere a calci quella serpe, ma allo stesso tempo di afferrarlo per la
cravatta e baciarlo.
Quando
un’ora dopo, tutti si ritirarono nei dormitori, Hermione rovesciò il contenuto
della sua sacca sul letto, alla ricerca del suo diario.
Lo
sfogliò con ansia, sfiorando con le dita le pagine e avvertendo magicamente il
profumo del ragazzo, come se quelle stesse pagine si fossero impregnate di lui.
Alla
fine non avendo trovato nulla fuori posto, sospirò passandosi una mano tra i
capelli, poi i suoi occhi si spostarono verso l’oggetto che l’aveva spinta
verso le braccia del biondo Serpeverde.
Afferrò
il quaderno, ne carezzò la copertina con i polpastrelli e poi sfogliò le pagine
giungendo all’ultima. Spalancò gli occhi stupefatta.
Quegli
stessi occhi che si riempirono subito di commozione e meraviglia per
quell’ultimo disegno che la vedeva ancora una volta protagonista, questa volta non
più da sola.
a
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“Boccioli di rosa si tingono
di rosso. Bacio al veleno, il tuo sapore è il mio danno..
Pelle di velluto sotto mani di
ghiaccio, si scioglie il gelo che
Prigionia dei miei anni è
stato.
Risalgo le dune del tuo corpo,
incantato dal tuo bacio stregato.
Tu dea dei miei sogni
vieni qui da me, tra le spire
della vipera a cui hai strappato il suo ruolo di incantatore.
Già pregusto il tuo lussurioso
sapore”.
Col
battito accelerato e le guance arrossate,
la Grifondoro
si lasciò andare sul letto, stringendo al petto quel quaderno e sorridendo a
più non posso, anch’ella desiderosa di saggiare ancora le labbra della serpe
bionda.
***
Un ritorno dalle vacanze, segnato da un capitolo che mi ha divertito parecchio.
Non posso non ammettere che l'atteggiamento strafotente di Malfoy mi delizia parecchio.
Peccato che i nervi della cara Hermione ne risentano.
Ma ciò che mi preme di più ora è ringraziarvi tutte voi, care e appassionate lettrici!
Tredici commenti!
Dico: mi avete lasciato ben tredici recensioni allo scorso capitolo!
Non avete la benché minima idea dell'emozione che ho provato quando ho aperto efp e le ho lette.
Sono sincera: non me l'aspettavo!
Grazie, grazie, grazie!
Con la speranza di riuscire sempre a farvi emozionare in quel modo. Scrivo per questo, in fondo :).
Alla prossima!
Un bacio.
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio puro divertimento. I personaggi appartengono alla Rowling.
Marghe
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Capitolo 24 *** Neve a fiocchi ***
Neve a fiocchi
Capitolo 23 “Neve a fiocchi”
Era
strano dover ammettere che si stava bene insieme.
Draco
e Hermione avevano la sensazione di aver cominciato a respirare sul serio solo
in quei giorni.
Non
mancavano di certo le discussioni. Con due caratteri come i loro, era
impossibile star tranquilli, ma era divertente poi far pace tra i grugniti di
lui che valevano come uno “scusami” e la fierezza dello sguardo della ragazza,
il cui orgoglio le impediva di ammettere che forse (e sottolineiamo “forse”),
aveva trattato male Draco.
Dopo
quella prima sera, in cui, seppur in modo molto velato, si erano detti di
piacersi, era passata una settimana. Settimana in cui si erano visti un giorno
e si e l’altro pure, tempo usato per litigare, il più delle volte per delle
sciocchezze.
Era
un giorno di inizio febbraio e a Hogwarts nevicava.
Nevicava
così forte che era stata persino annullata la partita di Quidditch tra
Corvonero e Serpeverde.
Nevicava,
ma ciò non poteva frenare la voglia di Hermione di correr fuori.
La
Grifondoro si
incappottò per bene, munendosi di sciarpa, guanti e cappello e si incamminò in
un giardino deserto e bianco.
Ad
ogni passo affondava i piedi nella neve, sorridendo spensierata.
Lei
amava la neve.
Ricordava
quando da bambina i suoi genitori la portavano a sciare sulle Alpi, in una
piccola cittadina a confine con l’Italia. Quanto si divertivano insieme! E
quanto Hermione si sentiva felice e a suo agio col rigido inverno.
La
sera prima di addormentarsi, si accoccolava davanti al divano della baita in
montagna, si avvolgeva in una calda coperta di lana merino e leggeva.
La
madre era solita avvicinarsi, chiederle come stava e se aveva bisogno di
qualcosa. Puntualmente Hermione rispondeva che tutto quello di cui aveva
bisogno era lì, allora la madre le sorrideva, le posava un bacio sulla fronte,
augurandole la buona notte, prima di salire le scale che portavano alla camera
da letto.
L’ultima
volta che erano andati in montagna durante le vacanze natalizie, il sesto anno
di Hermione ad Hogwarts, però, sua madre si era fermata con lei in salotto a
chiacchierare, distogliendo l’attenzione della ragazza dal libro.
“Che
cosa leggi?”
“Una
storia d’amore tra uno scorbutico nobile, borioso e pieno di sé e una giovane
studentessa del college” rispose Hermione, alzando appena lo sguardo per
incrociare gli occhi della madre.
Perfettamente
uguali ai suoi.
“Ti
piacerebbe avere un fidanzato del genere?” aveva chiesto sua madre, sorridendo
leggermente in direzione della figlia.
Hermione
chiuse il libro, premurandosi di mettere il segno per ricordarsi fin dove era
arrivata a leggere e arricciò il naso.
“No.
Non credo” mormorò pensierosa, fissando il fuoco nel camino.
“Cioè…”
aggiunse poco dopo “Passeremmo il nostro tempo a litigare, perché entrambi in
un certo senso, vogliamo emergere, seppur per motivi diversi” aveva detto,
tornando a posare lo sguardo sulla madre.
Una
madre con gli occhi che le brillavano in modo strano.
“E
poi avremmo idee diversi, modi diversi” Hermione aveva scosso la testa, facendo
ridere la madre.
“Perché
ridi?” aveva domandato.
“Perché
la vita è così imprevedibile, figlia mia, che non puoi sapere cosa ti accadrà
domani” rispose non smettendo mai di sorridere.
“Sai…quando
mi hai detto cosa stavi leggendo, ho pensato a quel tipo della tua scuola che vi
prende sempre in giro”
“Chi
Malfoy?” aveva risposto Hermione, guardando la madre in modo strano.
“Si.
Proprio lui: scorbutico, nobile e pieno di sé”
“Aggiungici
anche razzista purosangue” aveva mormorato Hermione.
“Figlia
mia, è solo un giovane cresciuto con le idee sbagliate. Avrà modo di ricredersi
un giorno”
“Non
lo so, mamma. Quest’anno è…diverso. È come se cercasse di evitare tutti. Harry
dice che ha qualcosa in mente…”
“Ma
tu non sei d’accordo” continuò per lei, la madre. Hermione annuì.
“Non
voglio difenderlo, ma è solo un ragazzo. Non posso pensare che il Signore
Oscuro lo abbia reclutato nel suo esercito”.
“Mi
auguro davvero che il tuo amico Harry si sbagli, Hermione. Per una madre deve
essere duro vedere il proprio figlio travolto in una situazione del genere.”
“Mamma…perché
hai pensato a lui prima?” domandò Hermione, cambiando parzialmente argomento.
“In
realtà ho pensato a te e lui”
“Cosa?”
trasalì Hermione, arrossendo.
“Mamma,
ma cosa dici!” aveva esclamato “E’ letteralmente impossibile! Lui mi odia. Io
lo detesto e poi è freddo e glaciale come una tempesta di neve!” aveva
protestato.
La
madre si era alzata, mantenendo quel sorriso quasi strafottente e si era
avvicinata alla figlia per darle un bacio sulla fronte.
“Ma
tu ami la neve, Hermione” aveva mormorato “Buona notte” aveva aggiunto,
dirigendosi poi verso la camera da letto.
Riemersa
da quei ricordi e con un sorriso che le increspava le labbra, Hermione riuscì a
raggiungere a fatica, la quercia ai piedi del Lago Nero, aiutata dalla neve che
aveva smesso di cadere giù.
Hermione
spalancò gli occhi, meravigliata per quello spettacolo che le si parava
dinanzi: il lago era una coltre di ghiaccio e le nuvole disegnavano su di esso
delle strane forme.
La
ragazza si strinse nelle braccia quando una folata di vento la colpì in pieno
viso, costringendola a chiudere gli occhi.
Quando
li riaprì, degli strani giochi di luce coloravano la lastra di ghiaccio che
ricopriva lo specchio d’acqua. Hermione alzò gli occhi al cielo e scorse delle
piccole palline di luce colorata che danzavano allegre, quasi seguissero il
ritmo di qualche musica che lei però non sentiva.
“Avanti
Malfoy. Esci fuori, so che sei qui” disse in tono deciso, ma rilassato.
Il
suddetto Serpeverde si morse il labbro inferiore, chiedendosi come avesse fatto
la Granger a
capire che fosse proprio lui.
“Non
ti chiederò quale astruso incantesimo tu abbia usato per smascherarmi…” ma non
riuscì a dire altro, perché la ragazza lo interruppe, sovrapponendo la sua voce
a quella del ragazzo.
“Ho
semplicemente riconosciuto quell’incantesimo di luci. Il professor Vitious ce
lo ha mostrato l’ultima lezione che abbiamo avuto con voi Serpeverde. Posso
affermare con certezza che non potevano essere né Ron né Harry, perché nessuno
dei due è riuscito a riprodurre l’incantesimo correttamente durante la
lezione”.
“Infatti
tu sei stata l’unica” asserì il biondo, facendo un passo avanti, fermandosi
alle spalle della ragazza.
“Come
al solito” aggiunse poi in un sussurro.
Hermione
lo sentì ugualmente e sorrise.
“Se
non ricordo male, tu sei l’unico a cui è parzialmente riuscito, quindi non
potevi che essere tu”.
“Mi
sono esercitato, ma questo sarebbe potuto valere anche per i tuoi amichetti e
per gli altri presenti a lezione” ribatté lui, ghignando, sicuro di avere la
vittoria in tasca.
“Forse.
Ma Harry e Ron non si esercitano così spesso. Inoltre gli altri Grifondoro
della mia età, a quest’ora stanno ancora sonnecchiando” rispose lei con calma.
“E
nessun altro Serpeverde avrebbe avuto alcun interesse a seguirmi, dico bene
Malfoy?” domandò Hermione, girandosi finalmente verso Draco.
Draco
serrò la mascella e borbottò parole incomprensibili, Hermione riuscì solo a
percepire un: “…se mio padre sapesse come
mi sono ridotto, cancellerebbe il mio nome dall’albero genealogico della
famiglia Black, seduta stante.”
La
ragazza cercò di trattenere una risata, non voleva di certo deridere il giovane
e farlo irritare.
“Quindi
per rispondere alla tua non domanda
di prima, non ho usato alcun incantesimo. La mia è stata semplicemente una
deduzione logica” disse picchiettandosi la testa con un dito, con aria da
sapientona.
Draco
Malfoy sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“Avanti
Malfoy, ammetti la sconfitta” disse Hermione, sorridendo beffarda.
“Mai!”
Draco digrignò i denti e distolse lo sguardo.
La
ragazza fece un passo avanti.
“Sai
come si chiama questo, Malfoy? Orgoglio!”
“Come
se tu non lo avessi” ribatté lui con una strana luce negli occhi.
Hermione
non fece una piega, ma continuò a sorridere, divertita.
Il
biondo sbuffò, infastidito dallo strano controllo che la ragazza sembrava
dimostrare. In genere era lui quello capace di mascherare le emozioni.
“Perché
sei qui, Malfoy?” domandò lei, sorprendendolo.
Ma
ciò che lo colpì di più fu il tono di voce usato dalla ragazza: serio, non che
questo fosse anormale quando si trattava di Hermione Granger, ma la sua voce
aveva un non so che di…dolce.
Ecco
si: dolce.
Draco
Malfoy pensò di essere completamente impazzito. Scosse la testa per
riprendersi, riportando poi lo sguardo sulla ragazza che gli stava davanti e
attendeva una risposta.
“Avevo
voglia di fare una passeggiata” rispose tranquillamente.
“Con
una tempesta di neve in corso?” ribatté Hermione, inarcando un sopracciglio.
“E’
vietato per caso? E poi anche tu sei uscita nonostante la tempesta”.
“Ma
io amo la neve”
“E
chi ti dice che non la ami anch’io?” disse
con cadenza lenta e strascicata.
Hermione incrociò le braccia al petto e lo
trafisse con lo sguardo.
Malfoy
la stava fissando a sua volte con quell’espressione imperscrutabile, mentre si
domandava il motivo per cui l’aveva seguita.
Si,
perché lui l’aveva pedinata.
Stava
salendo dai sotterranei deciso a trovare un diversivo a quella giornata senza
il Quidditch e aveva deciso che avrebbe cercato la Granger per provocarla un
po’ e magari discutere, quando l’aveva intravista correre al portone d’ingresso
e uscire.
E
ora si trovava lì, esattamente dinanzi a lei.
“Hai
mai sciato, Malfoy?” Chiese la ragazza, tornando a guardare il lago. Il biondo
l’affiancò.
“No.
È qualcosa che fanno i babbani, quindi secondo mio Padre noi non potevamo
farlo” disse lui, focalizzando un punto lontano davanti a sé.
Hermione
annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Dovresti
provare. È divertente” rispose, accennando un sorriso in direzione del ragazzo.
“Potrei…”
mormorò lui in risposta. Sentendosi osservato, voltò lo sguardo verso Hermione,
incrociando i suoi occhi.
“I
miei genitori hanno una baita sulle Alpi francesi, al confine con l’Italia”
“Mi
stai invitando a conoscere i tuoi genitori?” Domandò lui con ironia.
“No.
Ti sto solo dicendo che se vorrai potremmo andarci l’inverno prossimo, così ti
insegnerò a sciare”.
Insieme.
Hermione
aveva volutamente evitato di usare quella parola.
Troppo
profondo il suo significato.
Troppo
impegnativa.
Ma
non per lei. Per lui. Hermione temeva che sarebbe scappato prima o poi.
Draco
fu colpito da quell’invito, ma ovviamente non lo diede a vedere e rimase
impassibile e freddo.
Entrambi
poi girarono il viso verso il lago ghiacciato, godendosi lo spettacolo delle
luci colorate che continuavano a danzare allegre sulle loro teste.
Rimasero
lì per un po’, in silenzio, fino a quando la neve non cominciò nuovamente a
venir giù a fiocchi.
Hermione
alzò la testa verso il cielo, incontrando i fiocchi bianchi e sorrise felice.
Draco
la scrutava di sottecchi, affascinato da quella visione spettacolare e così
naturale di quell’Hermione così diversa dal solito.
Non
si era sbagliato.
Quella
ragazza nascondeva un mondo dentro di lei che doveva solo essere scoperto e
fatto venire alla luce e lui voleva riuscirci.
“Perché
ti piace la neve?” una domanda che Draco non aveva saputo controllare ed era
fuoriuscita dalla sua bocca senza che lo volesse sul serio.
“Mi
piace avvertire sulla pelle i fiocchi di neve. Sentirli sciogliersi per il calore
della mia pelle. Mi piace giocarci, costruire pupazzi e fare a palle di neve”
disse sorridendo.
“E’
dannatamente fredda, lo so. Ma preferisco di gran lunga il gelido inverno
all’assolata estate” avrebbe voluto aggiungere che ora le ricordava lui, il ragazzo
di ghiaccio, ma preferì tacere.
“Anche
io preferisco l’inverno” rispose lui, costringendo la ragazza a guardarlo,
sbalordita.
“Ti
rappresenta molto” si lasciò sfuggire la Grifondoro, salvo poi portarsi una mano alle
labbra.
Al
contrario di quanto pensava la ragazza, Draco ghignò.
“Direi
che è esattamente ciò che sono: freddo e glaciale. Tempestoso e irruento come
la peggiore delle bufere di neve” mormorò con voce strascicata e profonda.
Hermione
lo fissò con uno sguardo intenso e indecifrabile. A Draco sembrò di prendere
fuoco sotto quegli occhi illuminati da una luce strana che lo irretiva e lo
spaventava allo stesso tempo.
“A
me piace” sussurrò lei con un filo di voce, continuando a guardare il biondo.
“A
me piace tutto questo.” Aggiunse poco dopo e Draco avvertì le sue viscere
muoversi pericolosamente e il cuore battere più velocemente.
Hermione
sentì le guance accaldate, sapeva che stava leggermente arrossendo, ma ciò
poteva anche essere dovuto al freddo.
Draco
non si trattenne.
Non
resisteva più.
Si
avvicinò alla ragazza con passo lento e misurato, quasi silenzioso, proprio
come fa il serpente quando ha puntato la sua preda.
Le
prese il mento con una mano, la fissò dritto negli occhi e poi la baciò.
Fu
un bacio molto dolce, anche se Draco bruciava di passione e desiderava
approfondire, ma non voleva che la ragazza si allontanasse da lui.
Perdere
la sua fiducia significava mandare all’aria tutto il lavoro che aveva fatto per
avvicinarsi a lei e farsi notare.
Così
si separò dalle sue labbra, ammirando il rossore delle gote di Hermione e i
suoi occhi chiusi.
“Forse
è meglio che rientriamo” soffiò con voce leggermente arrochita.
Solo
in quel momento Hermione spalancò le palpebre, sbattendole un paio di volte per
abituarsi alla visione di quel viso così pericolosamente vicino al suo.
Annuì
appena.
Draco
si scostò, strofinandosi le mani sulle braccia, mentre un brivido di freddo gli
attraversava la schiena. Per correre dietro la ragazza, non si era portato una
sciarpa o un cappello.
Hermione
notò il gesto del ragazzo e si avvicinò a lui.
Draco
la fissò in modo strano.
La
Grifondoro si
tolse il capello e lo posò sul capo del ragazzo, senza volerlo era verde, uno
dei colori della casata del giovane Serpeverde. Poi srotolò la sciarpa, la fece
passare prima attorno al collo del ragazzo, poi al suo, riparando entrambi.
“Ecco:
così dovresti sentire meno freddo” disse in tono vivace.
Hermione
non si era mai sentita a quel modo e ora stare così vicina a Draco, la
confondeva, ma le trasmetteva una sensazione di benessere e calore mai
avvertita prima di all’ora.
Le
guance del biondo si tinsero leggermente di un rosa tenue, mentre muoveva il
capo in segno di ringraziamento e passava titubante, un braccio sulla spalla
della ragazza, la quale sorrise timidamente.
Si
voltarono contemporaneamente in direzione del castello, incamminandosi insieme
verso di esso.
Alle
loro spalle la neve cadeva a fiocchi, mentre quelle luci continuavano a danzare
sul lago ghiacciato.
***
Mi
scuso per il ritardo, ma il capitolo l'ho terminato solamente oggi. La
mancanza di ispirazione è una piaga per chi si dedica alla
stesura di fan fiction.
E' un capitolo molto semplice.
Un breve squarcio sulla vita dei nostri due protagonisti.
Non so ancora quanti capitoli ci saranno prima di ritornare
all'imminente presente, ma presumo di sicuro altri due o tre,
perché poi voglio dedicarmi all'attuale vita di Draco e Hermione.
Grazie mie care lettrici per l'immenso affetto che mi dimostrate ogni volta.
Ne sono lusingata.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps: i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della
Rowling. La fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per
mio puro diletto.
Marghe
|
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Capitolo 25 *** Domande in biblioteca ***
Domande in biblioteca
Capitolo 24 “Domande
in biblioteca”
Erano
rientrati al castello con passo lento, reso difficoltoso dalla neve.
Hermione
poteva percepire il respiro caldo di Draco tra i capelli e il tocco delicato
della sua mano sulla spalla.
Si
sentiva così bene Hermione tanto che se avesse potuto avrebbe prolungato quel
momento con la magia.
Draco
si meravigliò di quanto non gli fosse importato che qualcuno potesse vederli da
una finestra del castello. E questo rientrava tra le tante stranezze che lo
stavano affliggendo in quel periodo. In primis, la sua storia con la Grifondoro.
Varcato
il portone entrambi erano stati invasi dal calore di quelle mura e avevano
chiuso gli occhi e inspirato profondamente.
Con
un certo imbarazzo Draco aveva restituito la sciarpa e il cappello alla
ragazza, continuando a fissarla.
Hermione
a sua volta, aveva allungato le mani per afferrare le sue cose, senza riuscire
però a reggere ulteriormente lo sguardo della serpe bionda.
Le
loro dita si erano sfiorate per una frazione di secondo, provocando in entrambi
un brivido lungo la schiena. Entrambi avevano bruscamente allontanato le loro
mani, suscitando non poco imbarazzo.
Draco
avvertì un certo nervosismo montargli dentro, senza però capirne immediatamente
la ragione, ma poi gli bastò posare lo sguardo sulla ragazza per rendersi conto
che stavano per separarsi e che lui non voleva che ciò accadesse.
“Hai
da fare?” le aveva domandato senza che riuscisse a frenare la lingua.
Avrebbe
voluto mordersela.
“Mai mostrarsi così
interessato!” lo ammonì la
sua coscienza serpentosa.
Hermione
che era sussultata a quella domanda inaspettata, non poté evitare di fissarlo
con un certo sconcerto.
“Dovrei
studiare…” mormorò a mezza voce.
Poi
dentro di lei qualcosa ribollì, spingendola a continuare.
“Perché?”
aggiunse difatti qualche secondo dopo.
Il
biondo Serpeverde che già si stata cruciando mentalmente per quella
stupidissima idea che aveva avuto, si ritrovò a dover rispondere alla richiesta
della ragazza.
“Tu mi chiedi perché? Vorrei
saperlo anch’io!” pensò tra
sé e sé.
Scrollò
le spalle, come se la cosa non riguardasse affatto.
“Niente.
Non posso interessarmi a ciò che fai, Granger?” domandò usando un tono
leggermente distaccato.
L’ennesimo
modo per difendersi dai suoi sentimenti… da quel coinvolgimento emotivo che lo
spingevano sempre di più, tra le braccia della Grifondoro.
Hermione
che aveva notato il cambiamento brusco nel tono di voce del ragazzo, non si
stupì e gli rispose a tono:
“Allora
non ti dispiacerà che io ora ti saluti e me ne vada dai miei amatissimi libri?”
chiese indispettita, portandosi entrambe le mani sui fianchi.
Tipica
posa da mamma Molly.
Draco
la scrutò accigliato, rimanendo in silenzio.
“Potresti
approfittare per studiare anche tu” aggiunse la riccia poco dopo.
Il
biondo distese le labbra in un ghigno.
“Hai
detto bene, Granger: potrei!” rispose continuando a fissarla con divertimento.
La
ragazza fece spallucce.
“Come
ti pare Malfoy” ribatté prontamente la Grifondoro.
“Io
allora vado” aggiunse facendo qualche passo indietro, per poi dargli le spalle
e sparire dalla vista del Serpeverde.
Senza
aspettare una risposta.
Solito
tavolo.
Solito
posto.
Solita
solitudine.
Hermione
era un’abitudinaria e per nulla al mondo sarebbe riuscita a rinunciare al suo
piccolo mondo.
Stava
studiando un capitolo nuovo di Antiche Rune, anticipandosi sui tempi com’era
solita fare, quando d’improvviso, sott’occhio vide qualcosa muoversi. Alzò di
scatto la testa, guardandosi intorno, ma non trovando niente di sospetto.
Fece
spallucce e tornò a nascondere il viso tra le pagine del pesante tomo. Subito
dopo la sua attenzione fu catturata da un altro movimento. Hermione tornò ad
alzare il viso e trovò, seduto comodamente e ben dritto davanti a lei, Draco
Malfoy che fingeva di leggere un libro.
La
Grifondoro
inarcò un sopracciglio e finse a sua volta di non vederlo.
Il
biondo mosse di poco lo sguardo, puntandolo sul volto della ragazza,
l’espressione seria e concentrata di chi sta cercando di capire qualcosa.
Un
sorriso increspò le labbra del giovane.
La
ragazza si sentiva osservata, ma non voleva darla vinta al Serpeverde e
continuò a fingere di essere sola in quella stanza, nonostante la sua
temperatura corporea fosse notevolmente aumentata.
Draco
continuava a sorridere, quel sorriso malizioso e beffardo che lo
contraddistingueva, mentre gli occhi scorrevano sulle pagine del libro.
“Per
quanto tempo ancora sei intenzionata ad ignorare la mia presenza?” le chiese in
tono colloquiale.
Hermione
non issò neanche lo sguardo, mantenendolo fisso sul libro.
“Quando
tu ammetterai che ti piace spiarmi” rispose senza alcuna in flessione nel tono
di voce.
“Non
ho alcun problema a dirti che mi diverte
metterti in difficoltà, Granger” ribatté Draco, posando il libro sul tavolo e
fissando, finalmente, la ragazza in volto.
Hermione
a sua volta aveva posato lo sguardo sul biondo e lo stava guardando con un
cipiglio che non prometteva nulla di buono.
“Ti
diverte, eh?” ripeté, chiudendo il libro di scatto e alzandosi dalla sedia,
dopo aver raccolto le sue cose.
Draco
inarcò un sopracciglio, corrugando la fronte liscia.
“Dove
stai andando?”
“In
un posto più tranquillo di questo” rispose lei con una punta di acidità nella
voce, voltandosi verso il ragazzo.
Quest’ultimo
non capiva come una persona potesse subire cambiamenti d’umore così repentini.
“Come
ti pare” rispose, masticando quella risposta tra i denti e tornando a posare lo
sguardo sul suo libro.
“Ti
piace prendermi in giro, non è così?” la domanda di Hermione arrivò inaspettata.
Draco
strinse tra le dita la copertina del libro, tremando leggermente, indispettito.
“Siamo
così… diversi” mormorò lei, più a sé stessa che a lui.
Peccato
che lui l’avesse sentita.
“Se
pensi che questa scusa possa bastare, poni fine alla nostra frequentazione” rispose lui con finta noncuranza.
“Ma
sappi che ora tra i due, chi sta scappando non sono io, ma tu” aggiunse poi,
velenoso come un serpente.
Hermione
fece un passo indietro, rendendosi conto che stava commettendo una sciocchezza,
perché se la stava prendendo così tanto per una semplice battuta. Doveva sapere
che Draco era conosciuto per il suo spiccato senso dell’ironia.
Ironia
pungente, ma pur sempre tale.
A
quel punto la Grifondoro
si accomodò nuovamente al suo posto, di fronte al biondo, il quale aveva
osservato di sottecchi la reazione della ragazza, sorridendo tra sé e sé.
La
ragazza alzò lo sguardo, fiero e combattivo come un tempo e fissò Draco.
“Io
non sto fuggendo. La mia era solo una semplice constatazione” disse con
decisione, gli occhi dardeggianti d’orgoglio.
Il
biondo non poté non notarlo e compiacersi di rivedere quell’Hermione con la
quale in passato gli era piaciuto battibeccare, sapendo perfettamente che lei
non gli avrebbe mai lasciato l’ultima parola.
“Constatazione
stupida, Granger” ribatté “Lo sapevamo entrambi che siamo diversi, ma come ti
ho detto una volta, e non farmelo più ripetere perché io non amo ripetermi, gli
opposti si attraggono.” Si fermò per respirare e per scrutare Hermione e la sua
espressione sbalordita.
“Credo
che non ci sia altro da aggiungere” disse poi.
La
Grifondoro
ebbe un attimo di smarrimento, ma si riprese quasi subito, scosse la testa e si
preparò a rispondere.
“Mio
caro Pureblood mi scuso se ho osato farle ribadire un concetto.
Immagino che ora Lei sia stanco e la sua lingua abbia bisogno di riposare. Per
tale motivo La invito a non aprire più bocca e a far lavorare il cervello. Il
libro di certo non si studia da solo!” disse con fare beffardo, riprendendo poi
il testo di Antiche Rune e riaprendolo alla pagina dov’era precedentemente
arrivata.
Draco
seppur inizialmente basito da quelle parole, ghignò con supponenza, sporgendosi
sul tavolo e osservando la ragazza.
“La
mia lingua non ha bisogno di alcun riposo, Granger e col tempo lo imparerai
anche tu” bisbigliò con voce sibillina e strascicata, ammiccando in direzione
della giovane che arrossì vistosamente.
Draco
si beò di quel rossore così evidente.
Hermione
masticò parole incomprensibili, cercando di non badare più a lui, senza però
riuscire a concentrarsi.
Possibile
che le venissero in mente le prose che lui le aveva dedicato in quel quaderno?
Alzò
leggermente lo sguardo per scrutare il ragazzo: Draco era ritornato nella
posizione iniziale e sfogliava il libro con le sue dita sottili, le pupille
grigie che si spostavano da sinistra verso destra, le labbra distese, gli
zigomi alti e pronunciati e l’espressione di chi sta leggendo qualcosa di
fortemente noioso.
A
sua volta, Hermione si ritrovò inconsciamente a distendere le labbra in un
sorriso sereno.
Nonostante
gli scontri verbali, Hermione sperò vivamente che da quel giorno in poi le sue
ore di studio potessero essere arricchite dalla presenza del biondo Serpeverde.
Fuori
ormai era buio e la tempesta di neve non accennava a finire.
Draco
stiracchiò le braccia e le gambe indolenzite per quelle troppe ore passate
seduto e sbadigliò.
Hermione
e una ruga in più sulla fronte, non si mosse, la piuma incantata continuava a
scrivere parole su parole sulla pergamena. Draco
si soffermò a guardarla, le dita che gli tremavano vogliose di una matita e di
un foglio. Chiuse gli occhi, sforzando di controllarsi, ma le dita si mossero
da sole sul tavolo e le labbra pronunciarono sempre lo stesso incantesimo.
La
sacca di Hermione, posata sul tavolo, vibrò leggermente, ma quel tanto che
bastò per attirare l’attenzione della ragazza che arricciò il naso, non capendo
cosa stesse accadendo. Incurante della presenza di Draco, aprì la suddetta
sacca e non appena lo fece, scivolò fuori il quaderno dei disegni. A quel punto
Hermione non si trattenne e alzò lo sguardo sul ragazzo, trovandolo lì a
fissarla con occhi plumbei, una mano aperta completamente sul tavolo.
L’intuito
di Hermione la stuzzicò a punto tale che la sua mano scattò verso quel
quaderno; sfogliò le pagine con ansia e aspettativa.
“Mi
dirai mai come fai?” mormorò quella domanda, mentre i suoi occhi divenivano
leggermente lucidi e un lieve sorriso le increspava le labbra.
“A
fare cosa?” chiese lui, non mostrando la minima emozione.
“Questo!”
Hermione sollevò il quaderno, mostrando al ragazzo, il nuovo disegno che
ritraeva lei che seduta al suo tavolo preferito della biblioteca, che studiava,
circondata da libri impilato uno dietro l’altro, in precario equilibrio.
Sola,
come lo era sempre stata in quei momenti dediti allo studio, mentre le luci
ballerine delle candele sospese in aria, illuminavano l’ambiente circostante,
creando diversi giochi d’ombra.
Draco
scostò i suoi occhi sul disegno solo per una frazione di secondo, poi si
concentrò sull’espressione dipinta sul volto di Hermione.
Cosa
vi lesse non lo seppe neanche lui, ma qualsiasi significato assumessero quelle
linee morbide lo facevano sentire dannatamente bene.
E
quello era di certo il più grande “miracolo” compiuto dalla Grifondoro, seppur
inconsapevolmente.
“Avevi
detto che mi avresti permesso di porti delle domande se ti avessi concesso
degli incontri. Direi che abbiamo fatto qualche passo avanti da quel giorno,
non credi che sia ora che tu risponda a qualche mia richiesta?”
Draco
si concesse diverso tempo per scrutare attentamente la ragazza. Come se non lo
avesse fatto a lungo nei mesi passati.
Eppure
ogni singolo particolare gli sembrava così importante che non poteva fare a
meno di…guardarla. O amarla.
Perché
era quello il punto fondamentale.
Lui
la amava.
Di
un amore che sapeva lo avrebbe distrutto. Anzi forse avrebbe distrutto
entrambi.
Draco
che si era ormai perso nelle sue elucubrazioni, non s’era accorto che Hermione
era a sua volta rapita da quello sguardo così profondo e immenso, tale che le
sembrava di rischiare di soffocare.
La
Grifona
avrebbe voluto distogliere lo sguardo e fissarlo altrove, magari sul tomo che
era lì davanti a lei e stava attendendo che lei lo leggesse, ma non ci riuscì.
Quegli occhi erano una vera e propria calamita e la stavano attraendo ogni
giorno sempre di più.
Ed
Hermione lo sapeva.
Lo
sentiva.
Lo
percepiva.
Qualcosa
dentro l’anima sua stava cambiando.
Inevitabilmente.
La
portata di quei pensieri spinse Hermione a riscuotersi e a sbattere le
palpebre, fino a parlare per distrarsi.
“Allora?”
domandò col suo solito cipiglio nervoso.
Questa
volta il nervosismo era dovuto a sé stessa.
A
quei sentimenti che le comprimevano il petto e faticavano ad uscire. Per paura
principalmente, perché parlarne era rischioso, specie con uno come Malfoy, la
cui reazione poteva essere diversa a seconda del momento.
Draco
sembrò risvegliarsi a sua volta e corrugò la fronte.
“Cosa
vuoi sapere esattamente?” borbottò con voce strascicata.
“Tutto!”
esclamò lei, come fosse la cosa più normale del mondo.
“Da
quand’è che disegni? Come hai scoperto questa passione? Da quanto…” il suo
sproloquiare sarebbe continuato all’infinito se Draco non l’avesse bloccata, sporgendosi
col busto in avanti per tapparle la bocca con la mano.
Hermione
sbarrò gli occhi, sentendo il suo respiro caldo condensarsi contro la pelle
della mano di Draco.
“Un
quesito alla volta, Granger. Come al solito parti a tutta dritta, senza
riuscire a fermarti” disse il biondo, scuotendo la testa. Hermione notò che non
sembrava affatto irritato, come sarebbe dovuto essere, bensì egli pareva
addirittura divertito.
Tanto
che alla ragazza parve di scorgere un mezzo sorriso sulle labbra del
Serpeverde, ma Hermione non ebbe il tempo sufficiente di verificare che lui
aveva già ripreso a parlare, questa volta con espressione seria.
“Ho
scoperto di avere la passione per i disegni a cinque anni. Mio Padre era spesso
fuori casa per << lavoro >> ed io restavo il più delle volte chiuso
in camera, aspettando il suo ritorno. Mia Madre mi aveva comprato dei libri da
leggere, delle specie di fiabe magiche, che poi ho scoperto essere una trasposizione
di quelle babbane, ma all’epoca non mi interessavano. Ero solo un bambino, ma
Lucius mi aveva cresciuto in modo che non pensassi come tale, ma già come un
adulto, per questo non volevo perdere tempo a leggere delle stupide favole per
bambinetti piagnucoloni. Lucius mi aveva affidato ad un’insegnante privato,
perché mi educasse alla lettura, alla scrittura, poi lui si occupava di
insegnarmi a combattere e mia Madre, invece, mi educava alle buone maniere.”
Draco si fermò un attimo, portandosi una mano sulla tempia destra e chiuse gli
occhi, focalizzando davanti alle sue palpebre serrate, quel ricordo.
Inspirò.
“Era
una mattina di dicembre e faceva molto freddo. Narcissa era fuori per dei
servizi a Diagon Alley, io come al solito ero nella mia camera del Maniero e mi
annoiavo. E la noia si sa… fa fare cose sciocche” Disse accennando un mezzo
sorriso sbilenco, riaprendo gli occhi.
Hermione
non riuscì a trattenersi dal mordicchiarsi l’interno della bocca: era raro
vedere Draco Malfoy abbozzare un sorriso.
Al
massimo ghignava.
Ma
lei non disse nulla, era altrettanto raro che Draco parlasse così apertamente
di sé, così lasciò che lui continuasse il suo racconto.
“Infatti
presi uno di quei libri che mi aveva regalato mia Madre e cominciai sfogliarlo.
Inizialmente ne ero disgustato, perché era un libro prettamente per bambine.”
Qui Draco si interruppe un attimo, gli occhi si scurirono appena, perso tra i
ricordi.
Hermione
si disse che forse quel silenzio avrebbe dovuto insospettirla, farle capire un
messaggio nascosto, ma più lei si sforzava, più non ne veniva a capo.
Alla
fine decise che probabilmente il suo istinto si sbagliava.
“Ciò
che mi sorprese fu l’eccitante scoperta che in quel libro non vi erano pagine
piene di inutili parole, ma che in ogni
capitolo erano raffigurate delle immagini. Dei
disegni. Incuriosito vi passai sopra un dito e…” il biondo spostò lo
sguardo verso la finestra alla destra del tavolo, concentrandosi all’apparenza
sui fiocchi di neve che cadevano giù dal cielo.
“…provai
una strana sensazione. Non era disdicevole, al contrario.
Mi piacque ciò che sentii. Le dita mi pizzicavano e
probabilmente prese di vita propria, cercarono per la stanza una matita e
cominciarono a riprodurre alcuni di quei disegni, sulle pagine bianche site sul
retro del libro. Ci misi talmente poco tempo che me ne sorpresi”.
Hermione
se ne stava seduta di fronte al biondo Serpeverde, lo sguardo intenso, traboccante
di curiosità, la mente ricettiva più del solito. Completamente rapita da quel
racconto.
Draco
tornò a fissare i propri occhi in quelli della ragazza.
E
li ritrovò lì, sembrava che Hermione si fosse congelata sul posto. Appariva
immobile come una di quelle bellissime sculture che lui aveva visto in un museo
babbano tempo addietro.
E
se proprio voleva essere preciso, il giovane Serpeverde la vedeva anche
bellissima, di una bellezza che non era evidente alla prima occhiata, ma che
ben si celava dietro quegli abiti di una taglia più grande, i capelli sempre disordinati,
il viso acqua e sapone e quel cipiglio da sapientona che lei si dipingeva
addosso.
Draco
scosse impercettibilmente la testa, come se quel gesto gli avrebbe permesso di
allontanare quei pensieri.
Fu
del tutto inutile, tanto che riprese a parlare.
“Quello
stesso giorno guidato dall’entusiasmo tipico di un bambino, disegnai me e i
miei genitori su un foglio. Ingenuamente credevo che mio Padre l’avrebbe
apprezzato. Che sciocco!” Draco distese le labbra in un sorriso amaro a quella
constatazione.
“Ricordo
ancora le sue parole…” mormorò, gli occhi che si scurirono d’improvviso.
“Cos’è questo scempio?
Cosa me ne dovrei fare di
questo foglio, Draco?
La sua espressione pareva
annoiata, anzi seccata, ma lo sguardo, i suoi occhi erano iracondi.
"Io sono fuori casa per
lavorare.
Lavorare per te.
Per il tuo futuro e tu perdi
tempo con queste sciocchezze!"
Dopo quelle parole, Lucius
accartocciò in una mano quel foglio e lo gettò contro il piccolo Draco, il
quale era rimasto ammutolito, palesemente deluso dall’atteggiamento del Padre.
Quel Padre che lui vedeva come
un eroe.
Il suo eroe.
E che invece lo odiava.
Draco si sentiva inadeguato.
Come
figlio.
Come bambino.
Come Malfoy.
“Lucius, tuo figlio voleva
solo dirti che anche se sei spesso fuori casa, a suoi occhi noi siamo sempre
una famiglia unita” la voce di Narcissa era giunta inaspettata.
Col passare del tempo Draco
avrebbe capito che dietro quell’algida figura di donna, si celava una persona
che soffriva tanto, troppo per la sua amata famiglia e che accettava tutto pur
di tenere insieme i pezzi di ciò che ella stessa aveva contribuito a creare.
“Non giustificarlo, Cissy.
Draco ha ben altro a cui pensare!” sbraitò l’uomo, volgendosi alla moglie, gli
occhi che leggermente si erano addolciti alla vista della donna.
Perché lui l’amava sul serio.
L’aveva scelta e amata. E lo
avrebbe fatto in eterno.
E questa consapevolezza
bruciava nel suo petto.
Il piccolo Draco se ne stava
lì a fissare i suoi genitori, gli occhi chiari più lucidi.
Occhi che avrebbero voluto
piangere, ma non l’avrebbero fatto. Anche se il bambino dentro di lui
desiderava prendersi il suo giusto spazio, spazzato via dall’adulto che man a
mano prendeva forma al suo posto.
Lucius tornò poi a rivolgere
il suo sguardo, ancora leggermente dardeggiante di rabbia, verso il figlio.
Il piccoletto se ne stava lì
ad aspettare la sua punizione.
Si, perché Draco sapeva che
sarebbe arrivata prima o poi.
Non immaginava però che quella
vera e propria sarebbe giunta anni dopo.
“Ti avevo detto di allenarti
con la bacchetta. Cosa sarebbe successo se qualcuno fosse entrato qui e ti
avesse attaccato?” sputò con acredine.
“Siamo in pericolo, Padre?”
domandò Draco ingenuamente.
Lucius serrò le labbra.
“No. Ma questo non significa
niente. Devi diventare un ottimo mago, Draco. Ricordati che sei un Purosangue,
un Malfoy e in quanto tale io e tua Madre ci aspettiamo grandi cose da te.”
Draco annuì.
“Va bene pap…” ma il biondino
si interruppe, correggendosi immediatamente.
“Padre.”
Tutto questo mentre quello che
restava del disegno di Draco, si accartocciava su sé stesso tra il fuoco del
camino.
Hermione
represse un grido di protesta.
Chiuse
le mani a pugno, disgustata da tutto quello.
“Non
fare quella faccia, Granger. Sai perfettamente che tipo fosse mio Padre. Non
dovresti meravigliarti” chiarì limpido Draco, non mostrando alcuna emozione.
“Si,
ma nonostante questo tu ora disegni ancora” c’era un che di vittorioso nella
voce della ragazza, notò Draco, il quale annuì.
“Dopo
quella discussione, smisi di pensare ai disegni. Ho ripreso solo un anno fa,
per caso e quel quaderno ne è la prova” disse indicando il suddetto quaderno
con un cenno del capo.
Hermione
diresse il suo sguardo verso l’oggetto in questione e un leggero sorriso le
increspò le labbra.
“Cos’è
che ti ha spinto a disegnare di nuovo?” domandò la ragazza, riportando la sua
attenzione sul ragazzo.
Il suo ragazzo.
Draco
si prese ancora una volta, qualche secondo prima di rispondere, portando
entrambe le mani sul tavolo, muovendo le dita sul legno pregiato.
“Ho
ritrovato quel libro di fiabe tra le scartoffie che mia Madre aveva depositato
in un ripostiglio del Manor” rispose semplicemente.
La
Grifondoro
annuì semplicemente, distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
Il
biondo notò quel gesto di palese nervosismo.
“Avanti
Mezzosangue! Lo so che ardi dal desiderio di farmi quella domanda” mormorò il ragazzo con voce strascicata e una sana
dose di compiacimento lo invase quando gli occhi della Granger si spalancarono,
sorpresi.
“Non
ardo di alcun desiderio, Malfoy” ribatté lei prontamente.
“Ah
no? Mmh… a me è sembrato il contrario” Draco fece spallucce, fingendosi
indifferente.
Si
mosse poi, strisciando la sedia sul pavimento, pronto ad alzarsi.
“Dove
vai?” domandò Hermione, gli occhi nuovamente spalancati.
“Nel
mio dormitorio. Ho bisogno di una doccia fredda per svegliarmi. Studiare mi
annoia” rispose in tono piatto.
Hermione
si morse ancora il labbro inferiore, portandosi un dito sotto il mento.
“Un’ultima
cosa: perché io?”
“Non
avevi detto che non volevi pormi altre domande?” le parole di Draco
trasudavano di sarcasmo. La Grifondoro sbuffò,
incrociando le braccia sotto il seno e distogliendo lo sguardo.
“Credo
di avertelo già spiegato una volta e ribadirò il concetto: sei venuta su
piuttosto bene” Disse sogghignando, ricevendo un’occhiataccia infuocata dalla ragazza.
Poi divenne serio tutto d’un tratto.
“Mi
piaci, Granger. Ti basta come spiegazione?”
Lui
glielo aveva già detto, ma lei avrebbe mai smesso di tremare dinanzi a quelle
parole?
Hermione
smise di sentirsi sotto sopra e fece appena in tempo a vedere la figura
longilinea di Draco lasciare la biblioteca.
Draco
era sicuramente sconvolto da sé stesso.
Non
credeva che le avrebbe raccontato quell’episodio.
Non
pensava che si sarebbe lasciato scoprire così facilmente.
Eppure
tutto quello non stonava affatto,
anzi gli sembrava giusto.
Malfoy
sorrise dei suoi strambi pensieri e varcò la soglia della sua stanza.
Non
fece neanche in tempo a farlo che un gufo picchiò con forza alla sua finestra.
Draco lo riconobbe immediatamente come l’animale di famiglia.
Spalancò
le ante e lo fece entrare. L’uccello planò sul suo braccio, offrendogli la sua
zampetta. Il biondo sfilò la pergamena pregiata e la srotolò.
“Lavinia è tornata.”
E
a quelle parole, Draco sbiancò e la lettera gli scivolò via dalle mani.
***
No. Questo capitolo non è un miraggio, anche se ammetto di essere sorpresa di avercela fatta.
Non è stato complicato scriverlo. Piuttosto mi è mancata l'ispirazione, periodo difficile a parte.
Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo, non volevo assolutamente
mancarvi di rispetto, ma se dovevo postare, volevo farlo con un
capitolo che avesse un minimo di senso.
E spero di esser riuscita nell'impresa.
Con questo capitolo vediamo Draco alle prese con alcuni ricordi
d'infanzia e un Hermione alquanto sopraffatta da ciò che prova.
Poi c'è questa Lavinia?
Chi sarà?
Non lo scopriremo tanto presto, bisognerà tornare al presente per saperne di più.
Grazie come sempre per l'affetto che mi dimostrate.
Spero di esserne davvero meritevole.
Ah le immagini le trovo su internet. Sono loro spesso le mie muse ispiratrici. :)
Per l'immagine di questo capitolo devo ringraziare una persona che mi ha aiutata in questa ricerca.
Grazie gemellino!
Un bacio.
A presto!
Ps: i personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della
Rowling (tranne Lavinia che è di mia invenzione). La fan fiction
non è scritta a scopo di lucro, ma per puro diletto della
sottoscritta.
Marghe
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Capitolo 26 *** Occhi e capelli dello stesso colore ***
Occhi e capelli dello stesso colore
Capitolo 25 “Occhi
e capelli dello stesso colore”
Le
lettere generalmente lunghe di sua Madre si riducevano a un mezzo rigo in quel
biglietto, segno che anche per lei quella notizia era un tormento.
Inizialmente
stupito, Draco si riscosse dal suo torpore, chinandosi a prendere la pergamena.
La
rilesse nuovamente, incapace di distogliere gli occhi da quel nome.
Quel
nome che per la sua famiglia e per lui stesso, era stato una dannazione.
O forse una condanna.
Draco
non era intenzionato a tornare al Maniero in quel momento.
Non
quando il suo rapporto con la
Granger stava crescendo a quel modo.
Strinse
tra le dita la pergamena, accartocciandola su sé stessa.
Non
poteva di certo ignorare la notizia, ma si sarebbe semplicemente limitato a
rispondere alla Madre.
Fu
così che appellò una pergamena e una piuma…
Nello
stesso momento Hermione Granger stava facendo ritorno nella Torre dei
Grifondoro con un sorriso ebete stampato sul volto.
Ad
accoglierla c’erano Ginny e Harry.
Hermione
regalò loro uno splendido sorriso.
Il
sorriso di una ragazza innamorata.
E
insieme si accomodarono sul divano davanti al camino e chiacchierarono a lungo
dei compiti, dei professori, del loro imminente futuro e lo fecero con una
leggerezza che non avvertivano da tempo.
Poco
dopo a loro si unirono Ron e Lavanda. Hermione rivalutò in parte la ragazza del
suo amico e si concesse qualche minuto per osservarla: il suo viso era più
scavato e pallido, gli occhi non avevano un filo di trucco e sembrava meno piena
di sé.
La
ragazza sorrise.
L’amore
le faceva vedere le cose da un’altra prospettiva.
Quando
Blaise spalancò la porta della stanza di Draco lo trovò seduto sul davanzale
della finestra.
Il
biondo sembrava immerso totalmente nei suoi pensieri e questo indusse il moro a
credere che qualcosa fosse successo, così avanzò verso di lui e si fermò a
pochi centimetri dalla finestra, spostando anch’egli lo sguardo sul panorama.
“Quando
nevica questo posto cambia completamente aspetto” disse, annunciando così la
sua presenza all’amico Serpeverde.
Quest’ultimo
infatti sobbalzò per lo spavento, riconoscendo però in quella voce, l’amico
Blaise. Non si girò a guardarlo, ma continuò a tenere lo sguardo fermo sul
panorama innevato, annuendo alle parole del moro Serpeverde.
Blaise
osservava di sbieco Draco.
Ora
ne era sicuro: qualcosa non andava.
Erano
rare le volte che aveva sorpreso il biondo col suo arrivo, come erano poche le
occasioni in cui lo aveva visto così pensieroso. Il suo istinto non si
sbagliava e questo lo spinse a cercare qualcosa che lo aiutasse a capire e fu
così che i suoi occhi intercettarono un foglio stropicciato che fuoriusciva
sotto una pila di libri.
Blaise
allungò una mano per afferrarlo e quando i suoi occhi lessero il contenuto
della lettera, si tinsero di una strana luce indefinita.
“Perché
non sei corso a casa?” domandò a bruciapelo, fregandosene di aver violato la
privacy del suo migliore amico.
Draco
sapeva che prima o poi, Blaise lo avrebbe scoperto e non si arrabbiò per
quell’intromissione. Non rispose subito, ma si prese qualche minuto di tempo
per riflettere.
“Sono
trascorsi sette anni. Non la vedo da quando ho messo piede qui dentro” disse
con voce atona, voltandosi poi lentamente per guardare l’amico.
“Nonno
Abraxas mi ha strappato a lei col consenso di Lucius…il tempo e le sue scelte
non hanno fatto altro che allontanarci ulteriormente” soffiò con evidente
amarezza.
Blaise
inarcò un sopracciglio, corrugando la fronte.
“Non
dirmi che dopo tutto quello che hai dovuto passare e che ora stai vivendo,
credi ancora che le sue scelte siano state sbagliate?” chiese il moro con voce dura.
Draco
che in quel momento sembrava così…fragile, scosse il capo, negli occhi una
sofferenza antica.
“No,
non ho mai realmente pensato che lo fossero. Ero solo profondamente arrabbiato
con lei, perché scegliendo di andare contro tutti, si era allontanata da me”
mormorò serrando subito dopo le labbra.
Lui
non amava ricordare quel periodo buio della sua adolescenza.
A
lui non piaceva piangersi addosso a quel modo.
Era
cresciuto…anche senza di lei. Ed era diventato più forte, più saggio, più
coraggioso.
Più
tutto.
Ma
lei non aveva assistito a tutto quello.
Aveva
preferito andarsene, ignorando quella Maledizione.
Blaise
gli posò una mano sulla spalla.
“Forse
dovresti chiedere alla McGranitt un permesso per tornare a casa. Lei ora ha bisogno di te”.
Draco
si morse il labbro inferiore. Blaise aveva ragione, così annuì.
Alzò
lo sguardo precedentemente chinato, e fissò intensamente negli occhi il moro
che annuì, capendo il muto messaggio
nascosto tra quelle iridi argentee.
“Ci
penso io ad avvertire Hermione. Mi chiedo solo se un giorno le dirai tutta la
verità…”.
Il
biondo si era alzato in piedi per dirigersi verso l’armadio alla ricerca del
suo mantello, dava le spalle a Blaise.
“Tu
non dirle niente. Saprà quando sarà il momento”.
Detto
questo prese la bacchetta e con un gesto della mano, evocò una pergamena, vi
scrisse qualcosa sopra e la consegnò a Blaise.
I
due si scambiarono un’ultima occhiata, poi il biondo uscì dalla propria camera,
lasciando un Blaise poco convinto e con un brutto presentimento.
Quando
Hermione varcò la soglia della Sala Grande i suoi occhi cercarono
immediatamente quelli del suo ragazzo, ma fu delusa dal non trovarli. Al suo
posto vi erano quelli altrettanto belli del migliore amico di lui che le
sorrise, cordiale.
La
Grifona
rispose con gentilezza a quel sorriso e alzò la mano in segno di saluto,
marciando poi verso il tavolo della propria casata, chiedendosi dove fosse
finito Malfoy.
Si
accomodò accanto a Ginny.
La
rossa stava allegramente chiacchierano con Harry e Ron. Quest’ultimo non appena
la vide, le rivolse un timido sorriso.
Hermione
fece altrettanto.
Proprio
quel pomeriggio la ragazza si era decisa ad affrontare con Ron l’argomento
spinoso “Draco Malfoy”. La riccia sapeva che quella era un’impresa ardua e che
con molta probabilità avrebbe perso la pazienza, ma in ogni caso doveva farlo.
E
così aveva fatto…
Ron aveva appena finito
l’allenamento di Quidditch quando Hermione gli si era avvicinata, dopo aver
discusso sul da farsi con Harry e Ginny che avevano appoggiato la decisione
della ragazza.
La sincerità prima di tutto.
Ed Hermione era una persona
leale ed onesta.
Ron, nonostante tutto,
rimaneva uno dei suoi migliori amici e gli doveva delle spiegazioni.
Quando il rosso se la trovò
davanti, non riuscì a nascondere la sorpresa. Ormai era da tempo che non erano
così vicini.
“Ronald…” cominciò lei,
sfregando le mani l’una contro l’altra per la tensione e per il freddo.
“Hermione. E’ successo
qualcosa?” domandò ingenuamente. La ragazza scosse la testa.
“Devo solo parlarti di una
cosa…potresti venire un attimo con me?” domandò guardando alle spalle della
ragazza, intercettando lo sguardo comprensivo e positivo di Harry.
Ron annuì inerme, la sua
curiosità lo spinse a seguirla nella boscaglia accanto al campo di Quidditch.
Quando Hermione si sentì
pronta si fermò, ma Ron che guardava a terra per non cadere, non si accorse di
niente e le finì addosso.
“Scusa, scusa” mormorò un Ron
dal viso rosso fuoco.
La ragazza ignorò quelle scuse
e ogni discorso mentale che si era preparata e andò diretta al punto.
“Sono innamorata di un ragazzo
e stiamo insieme da poco” disse tutto d’un fiato.
Il Grifondoro sbatté le
palpebre un paio di volte prima che il suo cervello recepisse realmente il
messaggio.
“Ah…”il ragazzo cercò di dire
altro, ma fu interrotto dalla riccia.
“A questo punto vorrai sapere
di chi si tratta” continuò imperterrita Hermione, camminando in cerchio, le
braccia conserte, lo sguardo fiero, come quello di una leonessa.
“Veramente…”
“So che non approverai, mi
farai la paternale, ma permettimi di dirti che io so badare a me stessa e se
Harry e Ginny mi hanno dato la loro benedizione è perché mi conoscono e sanno
che i colpi di testa non fanno per me, quindi qualsiasi cosa tu dica a sfavore
di questa…unione, io non cambierò idea, capito?” Hermione finalmente smise di
girare in tondo e puntò il suo sguardo (e un dito con fare minaccioso) sul viso dell’amico, il quale annuì, non
sapendo più cos’altro fare.
“Bene” aggiunse, annuendo a
sua volta, come a farsi coraggio.
“Io…io frequento Draco Malfoy.
Non starò qui a raccontarti com’è accaduto, perché è una lunga storia, ti basti
sapere che sono…” Hermione si bloccò un attimo, spostando lo sguardo sulle sue
mani, sorridendo al pensiero di quella parole che stava per pronunciare.
“Sono felice, Ron. Dopo tanto
tempo…”mormorò, tornando a guardare il ragazzo.
Hermione si aspettava una
sfuriata o magari un’espressione basita e invece sul viso del ragazzo
risplendeva un sorriso dolce e fraterno. Gli occhi forse erano leggermente più
scuri del solito, rabbuiati dalla consapevolezza che lui aveva fallito e che
quando aveva potuto, non era stato in grado di renderla così felice.
Ron non aveva mai visto
Hermione così raggiante e serena.
Ciò che più lo sorprendeva era
la facilità con la quale la ragazza sorrideva ultimamente.
Gli era capitato spesso di
incrociarla nei corridoi, mentre andava in biblioteca. Lei non se ne accorgeva,
ma le sue labbra erano sempre arricciate all’insù.
“Non dici nulla?” fu Hermione
a irrompere quell’irreale silenzio.
Le sembrava troppo strano che
Ron stesse zitto a fissarla con quel sorriso imbambolato.
La ragazza arricciò il naso,
infastidita e batté un piede per terra come quando era arrabbiata.
“Cosa vuoi che ti dica?”
rispose lui, scrollando le spalle.
“Non saprei. Ma conoscendoti non
hai capito quello che ho detto. Sto con Draco Malfoy. M.A.L.F.O.Y.” disse
scandendo lettera per lettera il cognome del ragazzo.
“Sai quel biondo Serpeverde
che per anni ci ha dato il tormento, prendendoci tutti in giro. Figlio di
Lucius Malfoy, Mangiamorte dichiarato” la ragazza terminò il suo monologo e non
riuscendo a suscitare alcuna emozione nel suo interlocutore, allargò le braccia
spaesata.
“Ho capito benissimo invece. E
non c’era bisogno che tu me lo dicessi, perché lo sapevo già” ribatté Ron.
Quella sorpresa tra i due ora,
era proprio Hermione.
“Come…come lo sapevi già?”
balbettò lei in risposta.
Ronald fece qualche passo in
avanti e prese tra le sue mani, quelle di Hermione, spostando i suoi bellissimi
occhi azzurri in quelli castani della sua ex ragazza.
“Non sono così sciocco come
credono tutti, sai? Ho un cervello anch’io, seppur funzioni ad intermittenza a
volte” ridacchiò, facendo sorridere anche Hermione.
“E’ da un po’ che ti osservo e
sei cambiata, Herm. Sei… sei più donna. Più bella, più cresciuta e non poteva
essere solo la guerra ad aver contribuito a certi cambiamenti. Confesso che
avrei voluto renderti io così felice, ma tra noi i tempi non hanno mai coinciso.
Avevo capito che c’entrava qualche ragazzo e all’inizio ho creduto fosse Dean,
visto che si vociferava che foste usciti insieme, ma non era così. Poi… poi un
giorno ho intercettato una discussione tra Harry e Ginny in cui parlavano di te
e…Malfoy. Harry si fida di te, ma è comunque preoccupato. Malfoy è sempre
Malfoy anche se sembra cambiato…e stava proprio confessando i suoi timori a mia
sorella, la quale invece ha piena fiducia di quella testa vuota del tuo
ragazzo” Hermione gli fece una linguaccia infantile, Ron sorrise poi proseguì.
“Ammetto che inizialmente non
l’ho presa affatto bene, anzi credevo fosse una burla, ma poi ho notato le
occhiate che vi lanciate voi due e ho compreso” Ron ebbe bisogno di fermarsi un
attimo per respirare, per ritrovare quella lucidità che le parole gli stavano
portando via.
“Tu lo ami” e il sussulto di
Hermione glielo confermò.
“Forse ancora non ne sei
consapevole, ma quando…quando eri insieme a me, non ti ho mai vista così…sei
solare, raggiante, sprizzi felicità in ogni gesto e anche se a renderti così è
quell’essere insulso di Malfoy, resto il tuo migliore amico e ti sarò sempre
vicino”.
Hermione gli saltò al collo,
grondante di lacrime.
Si abbracciarono forte e
piansero entrambi, forse per motivi diversi.
Ma non erano così vicini, nel
corpo e nell’anima, da troppo, troppo tempo…
Non sapevano però che la loro
discussione era stata ascoltata da un ragazzo biondo, alto e ben conosciuto,
che se ne rimase nascosto dietro ad un albero, col cuore che batteva troppo
forte.
Hermione era innamorata di
lui? Era coinvolta fino a quel punto?
Corse poi via, raggiungendo la
carrozza che lo attendeva.
“Hermione
mi passi la caraffa con il succo di zucca, per favore?” domandò Neville,
risvegliando così Hermione dai suoi ricordi.
La
riccia annuì e porse la caraffa all’amico che la ringrazio e per poco non ne
rovesciò tutto il contenuto, rischiando di fare il bagno a Seamus. Tutto il
tavolo dei Grifondoro rise spensierato, compresa Hermione.
Per
la prima volta, tutto sembrava andare per il verso giusto.
A
fine cena, Blaise attese Hermione fuori dalla Sala Grande.
“Cosa
farai domani, Herm. Verrai con noi a Hogsmeade o ti vedrai con Malfoy?” le
stava chiedendo Ginny.
“In
verità non ho alcun programma per domani” mormorò la Granger in risposta.
“Però
presumo che verrò con voi a Hogsmeade, ci sarà di sicuro anche Malfoy…”
“Hermione!”
sentendosi chiamare, la ragazza si voltò.
“Blaise!”
rispose con un sorriso stampato in volto.
Ginny
le lasciò il braccio e la salutò, dicendole che si sarebbero riviste nel dormitorio.
Così la Grifona
si avvicinò al Serpeverde.
“Buona
sera. È da un po’ che non parliamo, io e te?” lo ammonì la ragazza, puntandogli
un dito contro.
“Be’,
non che tu mi abbia cercato. Eri troppo impegnata a correr dietro ad una
persona di mia conoscenza” ribatté lui prontamente.
Hermione
arrossì.
“Io
non corro dietro a nessuno” disse portano le mani sui fianchi.
“E
comunque sia, anche se ero impegnata
a fare altro, ero sempre ben disposta a fare una chiacchierata con te”.
Blaise
ridacchiò.
“Non
importa, Hermione. Senti…ho un messaggio per te da parte di Draco”. Sentendo
quel nome la riccia sobbalzò e divenne seria.
“Che
è successo?”
“Nulla
di grave, ma è dovuto tornare a casa. Sua Madre gli ha scritto una lettera dove
gli chiedeva di raggiungerla, non ha potuto avvertirti, perché è dovuto partire
immediatamente. Però ti ha lasciato questo” disse, estraendo dalla tasca del
pantalone la pergamena consegnatagli da Draco.
La
porse ad Hermione che se la rigirò tra le mani prima di aprirla e leggerla.
“Torno presto.
D.M.”
La
ragazza non poté nascondere la delusione per quelle poche parole, specie dopo
tutte quelle splendide poesie contenute in quel quaderno.
A
Blaise non sfuggì quel cambio repentino d’espressione, così posò una mano sulla
spalla della Grifondoro che sollevò lo sguardo dalla pergamena e fissò il
ragazzo davanti a lei. Lui le sorrideva con gentilezza ed eleganza.
“Non
darti pena. Draco è fatto così, dovresti saperlo”.
Hermione
serrò le labbra.
“Potrebbe
almeno spiegarmi cosa sta succedendo…” cominciò, pronta a portare avanti la sua
tesi con tenacia e determinazione, ma fu costretta a fermarsi, perché Blaise le
pose un dito sulle labbra.
“Probabilmente
neanche lui sa cosa sta accadendo. Non ci hai pensato?”
Hermione
sbarrò gli occhi.
No.
Non ci aveva pensato.
Quando
si trattava di Malfoy il suo istinto prevaleva sul resto ed era facile lasciare
che il pregiudizio parlasse per lei.
Annuì
alle parole di Blaise.
Non
le restava che attendere.
“Ti
va di fare una passeggiata?” le propose il moro Serpeverde.
Hermione
che non aveva voglia di rientrare in Sala Comune in quello stato, accettò la
proposta dell’amico e lo seguì lungo i corridoi.
Sapeva
che andava contro le regole, data l’ora tarda, ma sperò che nessuno li avrebbe
visti.
“Cosa
mi racconta la ragazza più intelligente di Hogwarts?” domandò con allegria il
ragazzo, ottenendo l’effetto desiderato: Hermione sorrise, arrossendo.
“Oggi
ho parlato con Ron di me e Malfoy” disse tutto d’un fiato.
“E
forse non ci crederai, ti assicuro che faccio fatica a crederci anch’io, ma mi
ha dato il suo pieno appoggio. Ovviamente anche se fosse stato contrario, io
non avrei cambiato idea, ma…” la
Grifona continuò a sparare parole a raffica, continuando a
dire di quanto fosse sorpresa dalla maturità mostrata dal suo amico.
Blaise
l’ascoltava attentamente e in silenzio, lasciando che si sfogasse e
soprattutto, allontanasse dai propri pensieri Malfoy.
Il
moro non lo dava a vedere, ma era molto preoccupato per l’amico e per il suo
imminente futuro.
Draco
dopo esser uscito trafelato dal proprio dormitorio, si era precipitato con
passo veloce dalla Preside. Non ci fu bisogno di spiegarle niente, perché non
appena entrò nel suo studio, trovò sua Madre Narcissa ad attenderlo.
Gli
occhi lucidi di chi ha smesso di piangere da poco e Draco questo non poteva
proprio digerirlo.
“Madre”
mormorò con voce strascicata.
“Draco,
figliolo” rispose lei alzandosi e andandogli incontro.
“Cosa
ci fate qui?” le domandò, fissandola dritto negli occhi.
“Credo
che siate qui per lo stesso motivo” si intromise la Preside McGranitt,
sorridendo loro, poi rivolse il suo sguardo verso Draco.
“Hai
il permesso di andare a casa, Malfoy. Rientrerai tra tre giorni” disse in tono
severo.
Draco
strinse le mani a pugno.
“Non
ce ne sarà bisogno, Preside” asserì con voce ferma fissando la donna, poi volse
i suoi occhi verso sua Madre.
“Domani
sarò già di ritorno” e fu così che lo sguardo di Narcissa si rabbuiò
maggiormente.
Dopo
aver preso il necessario dalla propria camera, Draco decise che forse quel misero
biglietto era davvero squallido e che forse avrebbe dovuto cercare Hermione e
parlarle. Quando la vide, stava correndo verso il campo di Quidditch, così
incuriosito da tanta fretta la seguì. Ne comprese il motivo solo dopo aver
assistito alla conversazione con Weasley. Non poteva credere che la Granger, per stare con
lui, avesse avuto bisogno dell’approvazione di quel Pezzente.
Scosso
dalle insinuazioni fatte dal rosso, Draco decise di andarsene, ora doveva
affrontare un problema più urgente. Così raggiunse sua Madre che lo attendeva
nella carrozza e insieme si misero in viaggio. Per tutto il tempo, Draco scelse
di seguire la strada del silenzio, nonostante la testa gli brulicasse di
domande. Narcissa, da parte sua, continuava a fissare suo figlio con malcelata
preoccupazione. Conosceva bene il dolore che il giovane si portava dentro e
temeva il momento in cui quell’incontro sarebbe avvenuto.
Quando
la carrozza si fermò dinanzi al portone del Manor, il primo a scendere fu
proprio Draco. Il ragazzo si guardò intorno, sembrava che l’aria attorno alla
villa fosse cambiata, quasi avesse percepito la portata di quell’evento.
Sua
Madre lo precedette nell’ingresso.
Quando
anch’egli varcò la soglia, i suoi occhi catturarono immediatamente la figura di
una giovane ragazza alta, bionda, dagli
occhi plumbei come i suoi che lo fissavano commossi.
“Ciao
fratellino…”
E
a Draco, quei sette lunghi anni d’assenza, gli crollarono addosso.
Lavinia Cassidy Malfoy era davvero tornata.
***
Buon pomeriggio a tutti.
Mi scuso per il ritardo con il quale arriva il nuovo capitolo, ma un
improvviso calo d'ispirazione mi ha costretta a prendermi una pausa.
Inoltre il lavoro mi ha tenuta impegnata e ho avuto davvero pochissimo
tempo per starmene in santa pace al pc.
Dunque, dunque...l'ultima volta vi ho lasciato col mistero
sull'identità di Lavinia...ora, col nuovo capitolo, sappiamo chi
è.
Ne siete delusi?
Ho quest'idea da quando ho cominciato a scrivere questa fan fiction,
anche se confesso che spesso mi è difficile portarla avanti,
perché temo di scrivere delle eresie.
E della reazione di Ron, cosa mi dite?
So che forse vi aspettavate qualche sfuriata, ma sinceramente, mi
andava di far maturare lievemente anche lui. Certo non è felice
di questa unione, ma il bene per Hermione è più forte di
tutto.
Dedico questo capitolo ad Elettra1991, che con la sua meravigliosa fan
fiction, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere. GRAZIE!
Spero di poter aggiornare quanto prima.
Alla prossima.
Marghe
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
diletto. I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà
della Rowling.
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Capitolo 27 *** La storia di Lavinia ***
La storia di Lavinia
Capitolo 26 “La
storia di Lavinia”
Draco
era impietrito.
Gli
sembrava di vedere un fantasma. Se fino a quel momento aveva creduto che
sarebbe rimasto indifferente, non era affatto così.
Lavinia
era cresciuta ed era bellissima.
Tanto
quanto lui.
Vestita
d’un abito azzurro di pizzo, fece timorosa, qualche passo avanti, verso di lui.
“Draco”
mormorò con voce cristallina.
Ancora
una volta il ragazzo rimase in silenzio.
Lavinia
allora, guardò la Madre,
spaesata.
Narcissa,
commossa, le fece cenno col capo di andare da lui.
Solo
quando la ragazza gli fu abbastanza vicina, Draco notò che il ventre della
giovane Malfoy era rigonfio, ma non ebbe il tempo di dire nulla che Lavinia gli
lanciò le braccia al collo e lo abbracciò.
Draco,
inizialmente rigido, si lasciò andare a quell’abbraccio e avvolse, a sua volta,
il corpo della sorella con le proprie braccia.
Un appiglio.
Narcissa
dinanzi a quell’immagine, si portò le mani alla bocca per trattenersi dal
singhiozzare, mentre calde lacrime le rigavano il volto.
Qualche
minuto dopo erano seduti tutti e tre nel salotto, davanti al camino.
C’era
stato un imbarazzante silenzio che aveva impedito loro di parlare fino a quel
momento. Silenzio che un Draco furioso, decise di interrompere con la sua
mancanza di tatto:
“Sei
tornata perché sei incinta?” frecciò con cattiveria, all’indirizzo della
sorella.
“Draco…”
l’ammonì la Madre.
“No,
Madre. Lasciatelo parlare” disse la ragazza, che con un gesto della mano mise a
tacere la donna. Poi volse i suoi occhi chiari verso il fratello e, nonostante
tutto, gli sorrise.
“Sei
proprio come nostro Padre, Draco. Apparentemente scostante e crudele…mi spiace
averti fatto soffrire…”
“Risparmia
il fiato! Io non ho affatto sofferto per colpa tua!” sibilò sprezzante,
alzandosi in piedi, fingendo di ignorare quel paragone che lui tanto detestava,
perché se da un lato ammirava ancora suo Padre, dall’altro non riusciva a
sopportare l’idea che anche lui un giorno si sarebbe comportato come Lucius.
“Che
diamine sei tornata a fare qui? Sono i soldi che vuoi? Un aiuto per te il Mezzosangue
che porti in grembo?” lo schiaffo che lo colpì in pieno visto, rimbombò per
tutta la stanza.
Draco,
ferito nell’orgoglio, digrignò i denti e fissò con astio la sorella, la cui
mano era ancora a mezz’aria.
“Non
hai alcun diritto di stare qui. Scegliendo di andartene con lui, hai escluso noi, la tua famiglia. E ora pretendi che io stia qui
ad ascoltarti?” Draco fece un passo indietro, intenzionato a tornarsene al
castello e a dimenticare l’accaduto.
“Sono
tua sorella e me lo devi!” ribatté lei con durezza.
“E’
qui che ti sbagli. Io non ti devo niente. Io non ho mai avuto una sorella!” sibilò
con sprezzo, stringendo le mani a pugno.
Gli
occhi di Lavinia divennero improvvisamente lucidi.
“Ora
basta!” Narcissa scattò in piedi come un felino, avanzando verso i suoi figli.
“Draco
vattene in camera! Uscirai solo quando ti sarai calmato!” gli ordinò. Il biondo
era pronto a risponderle per le rime, nonostante fosse sua Madre, ma non ne
ebbe il tempo.
“ORA!”
sibilò la donna, muovendo lentamente le labbra e scandendo bene lettera per
lettera.
A
quel punto il ragazzo non poté che obbedire. Dopo aver lanciato un’ultima
occhiataccia alla sorella, diede le spalle alle due donne e si incamminò verso
le scale che conducevano al primo piano, dove si trovava la sua stanza.
Una
volta arrivato a destinazione, si chiuse con un tonfo, la porta alle spalle e
rimase fermo all’ingresso della propria camera, puntando gli occhi sul muro
davanti a lui. Se avesse potuto distruggerlo con uno sguardo, lo avrebbe fatto.
Lavinia
lo osservò salire quelle scale con il solito portamento elegante, ma la posa
leggermente rigida, palesava la tensione che stava provando.
Non
riuscì a trattenere a lungo le lacrime, né tentò di fermarle. Narcissa le posò
una mano sulla spalla, regalandole uno sguardo carico d’amore.
Quanto
aveva sofferto quella donna per la lontananza da sua figlia?
Quanto
le era costato dover accettare l’imposizione del suocero e di suo marito?
Nessuno
poteva capire cosa significava per una madre perdere il proprio figlio. E
Narcissa c’era andata vicino anche con Draco, durante la guerra.
Saperlo
ancora vivo, le aveva ridato la speranza che forse qualcosa poteva ancora
cambiare e da quel momento per la sua famiglia, era davvero cambiato tutto.
“Riuscirà
mai a perdonarmi?” mormorò la giovane Malfoy, faticando a mantenere un tono di
voce fermo.
Narcissa
alzò lo sguardo cogliendo l’algida figura del figlio, sparire su per le scale.
“Si,
Draco ha solo bisogno di tempo. È che non riesce ancora a perdonare sé
stesso…”rispose addolcendo il proprio tono di voce.
Lavinia
annuì, nel cuore la speranza che ciò potesse avvenire presto.
Intanto
a Hogwarts, Hermione se ne stava sotto le calde coperte del proprio letto, non
riuscendo a chiudere occhio. Era preoccupata per Draco.
Che
fosse accaduto qualcosa a sua Madre?
O
si trattava di lei? Forse Narcissa era venuta a conoscenza della loro relazione
e voleva ordinare al figlio di troncarla sul nascere?
No,
Hermione non era affatto tranquilla e non riusciva a farsi bastare quelle poche
parole scritte dal ragazzo prima di andarsene.
Non
era ancora certa di conoscerlo bene, eppure dentro di sé sentiva che se si
fosse trattato di qualcosa di poco conto, Draco non si sarebbe precipitato con
tanta fretta a casa.
La
ragazza sbuffò, coprendosi la testa col lenzuolo.
Continuare
a pensarci non serviva a nulla. Al suo ritorno, Draco le doveva spiegare ogni
cosa.
Fu
questo il suo pensiero prima di addormentarsi.
Nello
stesso istante, il biondo era fuori al balcone della sua stanza, le braccia
conserte poggiate sul marmo del parapetto. Lo sguardo algido e tempestoso di
chi non ha smesso un minuto di pensare.
La
porta della sua camera cigolò, segno che qualcuno era appena entrato, ma Draco
continuò a mantenere lo sguardo fisso nel vuoto.
“So
che non vuoi né vedermi, né ascoltarmi, ma dovrai farlo. Non ho intenzione di
muovermi di qui senza averti raccontato ogni cosa” la voce di Lavinia gli
giunse al petto come una stilettata.
Quel
timbro così soave e leggero, lo induceva ad evocare ricordi che lui, a fatica,
aveva riposto in un angolo della propria memoria, nella vana speranza di
dimenticarli. Invece, dopo anni, essi erano riaffiorati alla mente e lui,
ancora una volta, si sentiva un fallito, perché non riusciva neanche a
dimenticare. Draco rimase immobile, gli occhi adombrati e vacui, carichi di
immagini della loro infanzia felice.
“Come
hanno fatto a nascondere al Mondo Magico, la tua scomparsa?” domandò con voce
strascicata, aprendo per la prima volta la bocca da quando aveva fatto ingresso
in quella stanza.
“Oblivion”
rispose lei in un soffio.
Il
biondo sorrise amareggiato.
“Giusto.
Perché ho fatto una domanda tanto stupida?” scosse la testa “Mi chiedo perché
non l’abbiano usato anche su di me” confessò, portandosi le mani a coprirsi il
viso.
Lavinia
gli posò entrambe le mani sulle spalle.
“Nonno
Abraxas ha vietato categoricamente che ciò accadesse, perché dovevi ricordare
cosa succedeva ai traditori del proprio sangue. Ai traditori come me” disse,
recitando a memoria le parole di quell’uomo che lei continuava a chiamare
“nonno”.
“Mi
dispiace. Mi dispiace di essere stata la peggiore sorella del mondo…” Draco a
quelle parole si voltò, trovandosi dinanzi al volto rigato di lacrime della
sorella.
E
si riconobbe in quello sguardo.
“Perché…perché
te ne sei andata?” domandò con voce tremante.
Lavinia
serrò gli occhi.
“Perché
io amo Sebastian, Draco. Ma questo non ha mai significato che io amassi meno te
e i nostri genitori. Ero la migliore studentessa di Beauxbatons, ma mi sentivo
sempre un passo dietro gli altri e non ti nascondo che il cognome Malfoy mi
pesava parecchio. Mi sentivo incompleta, sola e quando ho incontrato Sebastian
a Parigi ho provato una sensazione nuova, meravigliosa…piacevole” Lavinia aprì
gli occhi e sorrise a quel ricordo.
“Nostro
Padre con me era stato meno duro, anche se mi riempiva la testa con
l’importanza del sangue puro. Ma io ho sempre preferito ragionare con la mia
testa e quando ho scoperto che Sebastian era un Mezzosangue l’ho comunque
portato qui per farlo conoscere ai nostri genitori, nella vana speranza che
avrebbero capito che l’amore doveva andare al di là delle differenze sociali…”
ora era lei quella che sorrideva con amarezza.
“Ma
così non è stato. Tu probabilmente non ricordi, avevi dieci anni e stavi già
studiando nell’attesa di andare ad Hogwarts l’anno successivo. Io ero al mio
ultimo anno invece e sognavo di sposarmi e di entrare al lavorare al Ministero,
volevo occuparmi dell’Istruzione del Mondo Magico, ma Nonno Abraxas ha pensato
di farmi un regalo anticipato di nozze” la ragazza sospirò e quando stette per
parlare ancora, ebbe un mancamento. Draco la sostenne, spaventato la condusse
sul proprio letto, dove la fece adagiare.
“Non
dovresti fare troppi sforzi” disse lui, sfiorando con lo sguardo il suo ventre
rigonfio.
“Quando
nascerà?” domandò poi, riportando gli occhi sul viso della ragazza, trovandola che
lo fissava con un sorriso tenero.
“A
luglio. Lui nascerà a luglio” rispose lei con voce flebile.
“Sai
già che è un maschio?”
Lavinia
scosse il capo.
“No,
ma ne sono certa” mormorò sorridendo, prima di chiudere gli occhi e
addormentarsi.
Draco
si stese al suo fianco e vegliò su di lei tutta la notte.
Quando
la mattina dopo riaprì gli occhi, Lavinia non era accanto a lui. Il biondo
scattò subito a sedere.
“Saranno
anche passati sette anni, ma tu hai sempre lo stesso vizio” la voce di Lavinia
gli giunse alle orecchie, limpida e cristallina.
Draco
si girò verso di essa, trovando la sorella seduta su una sedia a dondola mentre
con la magia due ferri lavoravano la lana.
“Dormi
sempre con la mano aperta sul cuscino. Era il nostro modo per sentirci vicini,
ricordi?” continuò lei, ma il biondo non le rispose, fissandola con sguardo
indecifrabile.
“Ogni
volta che tornavo a scuola, tu avevi difficoltà ad addormentarti, allora io ti
dicevo di fingere che fossi accanto a te e che ti stesse tenendo la mano. Da
quel momento in poi hai cominciato a dormire su un fianco con la mano aperta
sul cuscino” mormorò lei con voce tenera.
Il
biondo finse di non averla ascoltata, per tale motivo riportò la discussione su
un altro campo.
“Cos’è
quello?” domandò indicando con un cenno del capo, i ferri.
“Un
vestitino invernale per il mio bambino” la naturalezza con la quale le rispose,
sorprese Draco.
“Non
sai ancora se è maschio” ribadì lui.
“Io
lo sento e una madre non si sbaglia mai” rispose Lavinia, sorridendogli.
“Perché
Sebastian non è qui con te?” chiese d’improvviso il ragazzo, scorgendo così un
cambiamento nell’espressione facciale della sorella.
“E’
all’estero per un’importante ricerca” rispose caustica.
“Di
cosa si occupa?”
“Non
vuoi realmente saperlo, Draco”.
“Voglio
solo sapere perché non è qui con te, lui che ha tanto detto di amarti,
costringendoti a scegliere tra lui e noi!” esclamò stizzito.
Lavinia
lo scrutò dritto negli occhi.
“Te
l’ho già detto”.
“No.
Io voglio sapere la verità!” Draco era sceso dal letto e si era avvicinato alla
sorella.
“Voglio
sapere cosa hai fatto in questi sette fottutissimi anni e perché di punto in
bianco sei tornata senza il tuo principe azzurro! Voglio capire perché non sei
rimasta qui. Un modo lo avremmo trovato per convincere i nostri genitori. Ero
piccolo, ma lo sai che ti sarei stato accanto se me l’avessi chiesto…”
“Non
avresti potuto far niente, Draco” la voce di Lavinia ridotta ad un sussurro,
mentre si alzava in piedi e si avvicinava al camino acceso, gli occhi
nuovamente ricolmi di lacrime.
“Quando
io e Sebastian abbiamo messo piede in questa casa, speravamo di convincere
Lucius ad accettarci. Non ti dico che faccia ha fatto nostro Padre quando gli
ho detto che Sebastian era un Mezzosangue, era sul punto di esplodere, ma
nostra Madre è intervenuta, invitandoci ad accomodarci e ha chiesto all’elfo di
portarci una tazza di Tè. Eravamo quasi riusciti a farli ragionare, Sebastian
si è dimostrato da subito un ragazzo galante, ben educato, ha raccontato ai
nostri genitori la sua storia: sua madre è morta dandolo alla luce e suo padre
che lo vedeva come la causa di quella perdita, lo diede in adozione ad una
famiglia Purosangue di Parigi. Lui è cresciuto come noi, Draco e se non fosse
lui stesso a dirlo, non sembrerebbe un Mezzosangue e con ciò non sto dicendo
che li disprezzo, anzi…” mormorò.
“Io
credo che siano migliori di tutti noi” aggiunse, voltandosi verso il fratello
per poterlo guardare negli occhi.
Quello
sguardo sembrava potergli sondare l’anima, Draco temeva che lei potesse
scoprire che lui la pensava esattamente allo stesso modo, perché come sua sorella,
si era innamorata di una ragazza che non apparteneva al loro rango sociale e di
sangue.
E
se l’avesse scoperto, come l’avrebbe presa?
“Mentre
eravamo lì seduti in salotto, è arrivato il nonno paterno e ha voluto sapere
chi fosse Sebastian. I volti dei nostri genitori si sono congelati, io che non
temevo nulla ho detto la verità e da allora è stato l’inferno. Nonno Malfoy non
poteva tollerare un simile elemento in famiglia, così ha cominciato col
minacciare suo figlio. Fino a che…” fermarsi fu d’obbligo per la ragazza che
chinò lo sguardo.
Ricordare
quei giorni le costava una fatica immensa e il dolore che ancora provava le
stringeva il cuore in una morsa.
“Cos’ha
fatto Nonno Abraxas?” incalzò Draco, sollevandole il viso con due dita, così da
poterla guardare nuovamente negli occhi.
“Era
furioso, era intollerabile che…un Mezzosangue entrasse nella nostra famiglia.
Ha tentato anche di usare l’Imperio su di me, ma con scarsi risultati” un
ghigno le si dipinse sulle labbra.
“E
infine ha optato per qualcosa di potente ed oscuro. Ciò che tu non sai è che ha
usato una magia antica di 300 anni, praticata da un gruppo di maghi nomadi
dell’Inghilterra del nord. All’apparenza sembra innocuo, dipende da quanto odio
prova la persona che la scaglia…” mormorò Lavinia che sembrava improvvisamente
essere invecchiata di trent’anni.
Draco
temeva di porre quella domanda, ma doveva farlo…doveva conoscere come stavano
le cose.
“E
quanto odio provava Abraxas quando vi ha scagliato contro l’incantesimo?” la
domanda uscì da sola dalle labbra del ragazzo e Lavinia che lo fissava con aria
malinconica, accennò un mezzo sorriso sbieco che però risultò essere una
smorfia di dolore. E Draco allora capì…
“Di
che incantesimo si tratta?”
“Nexus Immortalis” la voce armoniosa
della ragazza, pronunciò cupamente il nome di quella Maledizione.
“Ma…ma
è…” Draco spalancò gli occhi sorpreso e allo stesso tempo, spaventato.
“Si,
Draco. E’ l’incantesimo Proibito dalla legge magica da ormai cent’anni, ma come
ben sai all’epoca la nostra famiglia godeva di grandi favori e di ottime
conoscenze e nessuno osò intervenire”
“Nostra
Madre sapeva…” il ragazzo non finì la frase che la sorella annuì.
“E…”
“Anche
Lucius, sì” concluse la frase per lui.
Draco
abbassò lo sguardo addolorato, ma allo stesso tempo infuriato.
Ce
l’aveva con i suoi genitori che non avevano fermato Nonno Abraxas.
Con
il Nonno dittatore.
Con
Lavinia per le sue scelte.
E
con sé stesso, perché ancora una volta, si sentiva solo un fallito, messo da
parte dalla sua stessa famiglia che lo aveva tenuto all’oscuro di quello che
realmente era accaduto.
“Nostro
Padre è venuto spesso a trovarmi, sai?”
Draco
risollevò la testa di scatto, spalancando gli occhi, inebetito.
Lavinia
accennò un sorriso tirato.
“Lui
e nostra Madre hanno cercato di aiutare me e Sebastian…ma senza alcun
risultato. Ora stiamo tentando un’ultima strada, Sebastian è in Bretagna, nel
nord della Francia. Si dice che lì viva un mago molto potente che conosce ogni
incantesimo e contro incantesimo…” sul viso della ragazza, scivolò giù una
lacrima e ciò le impedì di proseguire.
Draco
le si avvicinò senza neanche pensarci troppo e l’abbracciò forte. Lavinia
nascose il viso tra la sua spalla e il collo, dando sfogo al suo dolore.
“Non
voglio che mio figlio cresca senza i suoi genitori…non voglio perderlo ancora
prima di averlo stretto tra le braccia e non voglio lasciarti di nuovo, Draco.
Ti voglio bene, fratellino!” mormorò con voce rotta, mentre il biondo non
riusciva a placare il battito forsennato del suo cuore.
“Dimmi
che Nonno non ha davvero scagliato contro di voi quella maledizione e che non
ha definito quando la vostra…morte
dovrà avvenire” quella parola fu pronunciata con dolore dal giovane Serpeverde.
“La
morte vi coglierà nel momento in cui il vostro amore malato darà alla luce un
nascituro bastardo…” recitò lei con voce severa.
“Moriremo
subito dopo che io avrò concepito il nostro bambino…” aggiunse poi in un soffio.
“Che
cosa?” esclamò Draco scostandosi da lei e facendo un passo indietro. La fissava
con gli occhi sbarrati.
“Cioè…tu
vuoi dirmi che nonostante voi sapeste che mettere al mondo un figlio vi avrebbe
condotto alla morte, avete rischiato comunque?” Draco sputò fuori quelle parole
con malcelata cattiveria, col preciso intento di ferire sua sorella.
“Non
avrai neanche il tempo di vederlo questo dannato bambino! Lo sai questo?” il
ragazzo si portò le mani tra i capelli, disperato.
“Non…non
chiamarlo dannato” mormorò incerta la ragazza.
“E
come altro lo chiami un figlio che ti porterà a morte certa, eh?” gridò Draco
fuori di sé. Lavinia indietreggiò, fermandosi non appena incontrò il muro alle
proprie spalle.
“Draco…io
e Sebastian non volevamo rimanere soli tutta la vita, speravamo che con la
morte del Nonno l’incantesimo perdesse di potenza e invece dopo che abbiamo
scoperto che ero incinta, entrambi abbiamo sognato la nostra morte e in
disparte c’era nonno che rideva…”
“Siete
due egoisti! Due stupidi egoisti! Non avete pensato alle vostre famiglie?!? No,
eh? Tu non hai pensato ai nostri genitori… A ME!!! DANNAZIONE!” Draco perse
d’un tratto la voce, appannata dalle lacrime che aveva trattenuto fino a quel
momento.
Lavinia
gli si avvicinò velocemente e lo strinse a sé.
“Perdonami…perdonami
ti prego”.
Fuori
dalla porta della stanza, una Narcissa in lacrime, aveva ascoltato tutta la
conversazione tra i suoi due figli. Vedere Draco stare così male non l’aveva
affatto stupita, la donna aveva sempre sospettato che il figlio non avesse mai
digerito la partenza della sorella, ma non ne aveva mai fatto parola. Quando
lei provava a metter in mezzo l’argomento, Draco si alzava e se ne andava. Col
tempo la donna aveva rinunciato.
Per
la disperazione e il dolore strinse tra le dita la lettera che era appena
arrivata.
Era
di Sebastian…
***
Non
credevo che sarei riuscita ad aggiornare dopo una sola settimana, ma
l'ispirazione mi ha presa e quando ho avuto qualche minuto di tempo ho
buttato giù quest'altro capitolo.
Presumo di aver deluso le vostre aspettative col capitolo precedente e
confesso che mi dispiace moltissimo. Alla fine sto seguendo l'idea che
ho avuto non appena ho cominciato a scrivere questa fan fiction.
In questo capitolo ho preferito concentrarmi sulla storia della giovane
Lavinia. Come avete letto, Draco ha sofferto molto per l'allontanamento
da sua sorella e ha coltivato per lungo tempo un odio smisurato verso
di lei. Odio che è ben trapelato quando se l'è trovata
dinanzi. In realtà però, Draco non riesce ad odiarla
realmente e per questo si arrabbia, perché vorrebbe non voler
star male per lei, ma non ci riesce, nel profondo del suo cuore nutre
un amore smisurato per quella ragazza che ha rappresentato per lui
moltissimo. Con lei ha vissuto un'infanzia felice, lontana dalle
pressioni paterne...credo che ne vedremo stralci di ricordi con i
prossimi capitoli. Ora la questione importante è: cosa ha
scritto Sebastian nella lettera?
Non sono convintissima di questo capitolo, lo confesso, ma ho provato
più volte a rileggerlo e a modificarlo, alla fine il risultato
è rimasto invariato.
Al prossimo aggiornamento.
Un bacio.
Ps:
la fan fiction non è scritto a scopo di lucro, ma per mio puro
diletto. I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà
della Rowling.
Marghe
|
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Capitolo 28 *** Ama e lasciati amare ***
Ama e lasciati amare
Capitolo 27 “Ama
e lasciati amare”
Domenica
mattina Hogwarts si era svegliata con un tiepido sole che rallegrò l’animo
degli studenti intenzionati ad andare ad Hogsmeade.
In
Sala Grande c’era un brusio maggiore. Ogni tavolo discuteva sul da farsi quella
giornata libera.
Hermione
non si meravigliò di trovare il posto di Malfoy vuoto e tentò di non pensarci, concentrandosi
sull’imminente gita ad Hogsmeade, durante la quale lei aveva intenzione di
stare un po’ con i suoi amici e magari comprare qualche nuovo libro da leggere
prima di andare a dormire.
Con
un tintinnio di un campanello, la Preside
McGranitt attirò su di lei, l’attenzione degli studenti. Era
in piedi dinanzi al leggio che per anni aveva ospitato Silente.
“Buon
giorno ragazzi e buona domenica!
Come
ben sapete per oggi è prevista una gita ad Hogsmeade, per tale motivo ci tengo
a farvi le solite raccomandazioni. Chi non rispetterà le regole, sarà
severamente punito…”
Hermione
che in genere ascoltava attentamente quando un Insegnante parlava, quella
mattina si perse tra quelle parole.
Guardava
la Preside,
ma in realtà non la vedeva.
La
sua mente era proiettata altrove.
Hermione
non aveva mai creduto nella preveggenza, ma quella mattina sentiva che qualcosa
di grosso stava per accadere.
In
passato aveva criticato più volte Harry e le sue strambe sensazioni, salvo
scoprire che poi non si era sbagliato.
Eppure
non ce la faceva ad ammettere a sé stessa che doveva dare ascolto al suo
istinto, lei non era abituata; cervellotica com’era, la ragione era la sua
unica strada.
Così
scosse la testa, cogliendo le ultime parole della sua amica Ginny.
“…con
noi?”
Hermione
si voltò di scatto verso di lei, fissandola con occhi smarriti.
“Eh?”
Ginny
la fissò per qualche secondo con espressione seria, poi scosse la testa,
accennando un mezzo sorriso e preferì lasciar correre sul “motivo” che poteva aver spinto la Prefetta Granger
a distrarsi.
“Dicevo:
visto che di Malfoy non si vede neanche l’ombra, verrai con noi?”
Hermione
arrossì fino alla cima dei capelli per la sua distrazione e ringraziò
mentalmente Ginny che non l’aveva messa ulteriormente in imbarazzo, facendole domande
alle quali, al momento, non le andava di rispondere.
La
Grifondoro
annuì.
“Sì,
sarò dei vostri” confermò con tono gioviale.
“Immagino
che tu voglia studiare un po’ prima di uscire, quindi ci vediamo alle 11
precise al portone d’ingresso” rispose Ginny facendole l’occhiolino, prima di
alzarsi dal tavolo. Harry le osservò chiacchierare, in silenzio e seguì con lo
sguardo la figura longilinea della sua fidanzata che si allontanava, quasi
saltellando dalla Sala Grande. Poi spostò i propri occhi verdi verso l’amica e
la trovò nuovamente assorta nei suoi pensieri.
Gli
era parso strano non vedere Malfoy seduto al tavolo dei Serpeverde e l’occhiata
complice che gli aveva lanciato Ron, quando anch’egli aveva notato
quell’assenza, non lo faceva sentire affatto tranquillo. Il suo sesto senso, in
genere, non sbagliava mai e sentiva che stava per accadere qualcosa e non gli
piaceva che a pagarne le conseguenze fosse la sua migliore amica. A quel punto,
Harry era intenzionato ad andare in fondo a quella storia e a capirci di più.
Per questo si spostò, sedendosi accanto alla sua amica.
Hermione
sollevò lo sguardo, notando solo in quel momento la presenza di Harry. Bastò
una sola occhiata perché lei capisse che il suo amico era lì perché era
preoccupato.
“Non
guardarmi in quel modo, per favore” mormorò a mezza voce, voltandosi a fissare
il piatto vuoto.
“Come
ti starei guardando?” ribatté lui con noncuranza, senza smettere di guardarla.
La
riccia sbuffò, portandosi una mano sulla tempia.
“Come
se volessi leggermi dentro. Non lo sopporto” borbottò infastidita, arricciando
poi le labbra e portandosi le braccia sotto il seno.
“E
allora spiegami che cosa sta succedendo” a quel punto, Hermione girò il viso,
incrociando nuovamente lo sguardo di Harry.
Scosse
la testa.
“Non
lo so neanch’io” soffiò, prima di voltarsi nuovamente a guardare il posto vuoto
di Draco.
Draco
e Lavinia erano ancora abbracciati.
Il
biondo stava ancora cercando di assimilare la verità sconvolgente che la
sorella gli aveva appena rivelato, quando il tocco leggero sulla porta della
camera, fece voltare sia Draco che Lavinia verso di essa. Qualche secondo dopo,
con incedere sicuro entrò Narcissa la quale, asciugatasi prontamente il viso,
si accomodò nella stanza, fermandosi una volta arrivata davanti ai suoi figli.
Allungò
una mano verso Lavinia, mostrando la lettera.
“E’
di Sebastian. Ed è appena arrivata” dal suo tono di voce non trapelava alcuna
emozione e questo innervosì il giovane Serpeverde.
Lavinia
prese la lettera e con mani tremanti, l’aprì, cominciando a leggerne il
contenuto.
Narcissa
si avvicinò al figlio, posandogli una mano sulla spalla.
Draco
non si mosse, ma i suoi occhi continuavano a seguire la figura della sorella
che girava in tondo per la stanza. Cercava di studiarne i tratti del viso per
capire se le notizie comunicate da Sebastian, fossero o meno positive.
Alla
fine, Lavinia si fermò di botto. Gli occhi fissi sul foglio, incapaci di
distogliere la propria attenzione da quelle poche righe scritte dall’unico uomo
che lei avesse mai amato.
“Sebastian
arriverà domani” disse con voce flebile.
“Non
dice altro, preferisce parlami da vicino” aggiunse, riuscendo solo in quel
momento a voltarsi verso suo fratello e sua Madre, la quale era l’unica che
stava annuendo. Draco, dal canto suo, non vedeva di buon occhio quella notizia
e fissava con gelida attenzione sua sorella.
Seduti
su una panca di ferro nell’immenso giardino di Malfoy Manor, Draco e Lavinia
eravamo immersi nel loro silenzio. Dopo quelle poche parole, il biondo
Serpeverde aveva lasciato la stanza e si era rifugiato nel giardino di
famiglia, dove spesso, in passato, si era ritrovato seduto sotto un albero o
tra le erbacce, a pensare ad Hermione e a disegnare di lei.
Lavinia
lo aveva raggiunto poco dopo, si era accomodata in silenzio sulla panchina a
leggere un libro, o almeno cercava di farlo.
Draco
semplicemente fissava i roseti davanti a sé, senza in realtà vederli. Con la
testa era da un’altra parte, facile capire dove e con chi.
Strinse
una mano a pugno. A volte detestava sentirsi così debole dinanzi a quei
sentimenti che gli interdivano così il cervello, eppure non era mai riuscito a
dominarli, seppur ci avesse provato per mesi.
Alla
fine aveva ceduto e aveva semplicemente lasciato che il destino seguisse il suo
corso. Qualsiasi esso fosse.
Conosceva
talmente bene Hermione che era conscio che al suo ritorno l’avrebbe trovata
irritata più del solito, per il suo essere sparito così, con un semplice e
banale biglietto. Ma quando ripensava a quello gli tornava anche in mente la
scena di lei con quel pezzente di Weasley. In fondo sapeva che non doveva
preoccuparsi del rosso, perché la
Grifondoro aveva scelto lui, nonostante il loro passato
burrascoso.
“Burrascoso? È un eufemismo!” pensò, scuotendo leggermente la testa per
scacciar via quei pensieri.
Non
si era accorto che sua sorella lo stava fissando con malcelata attenzione e
curiosità e con un mezzo sorriso che le storpiava le labbra.
“Come
si chiama, Draco?”aprì la bocca d’un tratto, rompendo quel silenzio surreale.
Draco neanche si era accorto che lei aveva parlato. Aveva percepito le sue
parole in modo ovattato.
“Come
si chiama chi?”rispose, corrugando la fronte. L’espressione confusa.
“Lei”
Lavinia sorrideva, o meglio, ghignava.
“Lei
chi?” il Serpeverde storse il naso, era un attore nato e sperava di ingannare
sua sorella, ma non ci riuscì.
“Non
fingere di non capire…come si chiama la tua ragazza Mezzosangue?” la giugulare
di Draco fece su e giù, sembrava che d’un tratto faticasse ad ingoiare. Poi
pensò che era arrivato il momento di smetterla di dire bugie.
“Hermione.
Si chiama Hermione Granger” rispose, la voce gli tremò appena, tradendo
l’emozione che provava al solo nominarla.
Lavinia
sorrise teneramente, felice che suo fratello si confidasse con lei.
“Parlamene”
“…”
“Dai
Draco! Ti vergogni di tua sorella?” insistette lei, dandogli una leggera
gomitata.
Draco
sbuffò e evitò di incrociare lo sguardo della ragazza.
“Cosa
dovrei dirti? È un’insopportabile so tutto io, è una Grifondoro ed è
dannatamente odiosa quando ci si mette!” borbottò, incrociando le braccia al
petto.
Lavinia
scosse la testa, ridacchiando, facendo così voltare il biondo verso di lei. Lui
la fissò basito.
“Io
non ci trovo niente da ridere!” esclamò offeso.
“Avanti
fratellino, non fare l’offeso e non mentirmi. Voglio che mi parli davvero di
lei!” disse tornando seria, ammonendolo con lo sguardo.
“Guarda
che ti ho detto la verità…” cominciò a parlare, ma l’occhiataccia lanciatagli
da sua sorella, lo costrinse a rimangiarsi ciò che stava per dire.
“Ho
capito. Non guardarmi a quel modo, non lo sopporto! E comunque è davvero una
saccente…”
“Ma…”
continuò Lavinia per lui.
Draco
esalò un respiro, poi riprese a parlare.
“E’
la persona migliore che io abbia mai conosciuto” disse alzando il viso e
osservando il cielo. Era ormai passato mezzogiorno.
Draco
avrebbe voluto aggiungere che era sicuramente migliore di lui e che era
straordinariamente perfetta in tutto quello che faceva.
Lei
non sbagliava mai.
Lavinia
sorrise comprensiva, guardando suo fratello con una dolcezza materna.
“E
allora va da lei”
“Cosa?”
Draco si girò di colpo verso sua sorella.
“Va
da lei. Cosa ci fai ancora qui? Ti starà aspettando! Va a dirle che l’ami…non
permettere a nessuno di dirti chi amare. Ama fratellino. Ama e lasciati amare…” mormorò con voce profonda, carica di
un’antica tristezza, mentre allacciava le braccia dietro la schiena del ragazzo
e lo stringeva a sé in un abbraccio.
Hermione
seguiva i suoi amici in silenzio, guardandosi attorno.
Hogsmeade
era sempre uguale, ma a lei piaceva passeggiare per quelle piccole strade, la
faceva sentire per un attimo una ragazza normale.
No
che non lo fosse, ma spesso le capitava di provare la strana sensazione che per
tutta la vita avrebbe avuto una certa responsabilità nel Mondo Magico nel quale
era entrata a far parte.
Aveva
promesso a Ginny di non lasciare che il suo pensiero volasse a Draco, ma non
era facile fingere che fosse tutto normale, non quando il suo sesto senso le
suggeriva di dover stare all’erta.
Entrarono
ai Tre Manici di Scopa dove lei, Ginny, Harry, Ron, Lavanda, Dean e Seamus si
accomodarono al primo tavolo libero all’ingresso. Lì ordinarono tutti una
burrobirra e chiacchieravano allegramente tra di loro, spensierati come non lo
erano da troppo tempo.
D’improvviso,
Seamus si alzò in piedi, strisciando rumorosamente la sedia sul pavimento.
Sollevò in alto il bicchiere con la burrobirra e fissò ad uno ad uno i suoi
amici.
Poi
sorrise con orgoglio.
“Io
propongo un brindisi a noi tutti, perché abbiamo dimostrato quanto l’unione
faccia davvero la forza, come spesso ci ha ricordato Hermione. Insieme siamo
riusciti a sconfiggere il Signore Oscuro. Brindo a voi, amici perché vorrei per
noi un futuro straordinario! Grazie di essere qui!”
Tutti
si alzarono in piedi e unirono il proprio bicchiere a quello di Seamus.
Vivere
era il più importante dei traguardi.
“Draco”
il ragazzo non si girò in direzione della voce che lo aveva chiamato.
L’aveva
chiaramente riconosciuta.
“Ditemi
Madre” rispose in tono piatto, ma rispettoso.
Narcissa
entrò nella stanza del figlio, chiudendosi la porta alle spalle, fermandosi
all’ingresso, mentre il giovane preparava il bagaglio per tornare ad Hogwarts.
Alla
fine aveva ascoltato il consiglio della sorella, perché lui aveva dannatamente
voglia di essere lì con Hermione.
“Lavinia
mi ha detto che non avete litigato, quindi non capisco per quale motivo tu
voglia tornare a scuola” proferì in tono serio.
Draco
si fermò un attimo, sollevò lo sguardo, fissandolo sulle tende scure della
finestra, poi riprese ad impilare vestiti nel bagaglio.
“Non
posso permettermi lunghe assenze, Madre. Avere la giustificazione della Preside
non mi esime da mostrare quotidianamente il mio impegno ai Professori. Non sono
ben visto da tutti, Madre e devo impegnarmi il triplo se voglio portare a casa i
M.A.G.O. con un risultato che sia perlomeno soddisfacente per tutti” ribatté con voce risoluta.
La
donna sospirò, portandosi una mano sul cuore.
“Mi
spiace…” soffiò.
A
quelle parole Draco si girò lentamente verso la Madre, fingendo che non lo
avesse appena colpito con quella frase.
Narcissa
aveva gli occhi lucidi.
Fece
un passo in avanti, titubante e suo figlio non l’aveva mai vista così.
“Non
avrei mai voluto che i miei figli affrontassero i mali peggiori di questo
mondo. Avrei dovuto proteggere Lavinia dalla pazzia di Abraxas e te dal Signore
Oscuro, ma io e tuo Padre eravamo accecati dal potere e dai pregiudizi a cui
siamo stati educati e non abbiamo saputo guardare oltre.
Mi
dispiace averti sottoposto a delle torture che un bambino non meritava.
Mi
spiace aver fallito come Madre.
Mi
spiace, Draco, ma ti prego impara a
perdonarmi, perché io ti amo, figlio mio!” Narcissa singhiozzava, incapace
di trattenere ancora a lungo le lacrime, quelle che di solito versava in
silenzio, chiusa nella sua camera.
Draco
era stravolto.
Aveva
il cuore in subbuglio e l’anima spezzata a metà.
Per
tanti anni aveva creduto che i suoi genitori fossero fatti di ghiaccio e questo
lo aveva condotto a credere che egli stesso fosse fatto della stessa materia.
Indifferenti. Distaccati.
Disinteressati.
E
invece come lui avevano finto, indossando una maschera che permettesse loro di
essere accettati dagli altri, ponendosi al di sopra di tutto e tutti.
Il
biondo neanche si accorse dei passi che aveva fatto. Si ritrovò dinanzi alla
Madre e l’abbracciò.
Non
lo aveva mai fatto, o almeno non ne aveva memoria. Forse era accaduto quand’era
stato bambino.
Un
tempo lontano, comunque.
E
anche se recuperare quel tempo era impossibile, Draco voleva cominciare a
vivere sul serio.
Quell’abbraccio
aveva un sapore nuovo.
Quello
del perdono e dell’amore.
“Io
amo i dolci di Mielandia!” esclamò Ron con gli occhi luccicanti, mentre voltava
la testa a destra e a sinistra, non riuscendo a decidere da quale parte
cominciare.
Lavanda
attaccata al suo braccio, lo fissava divertita.
Ginny
aveva una mano sulla fronte e gli occhi rivolti al cielo.
“Per
Godric Grifondoro, ho un fratello davvero idiota!” esclamò in modo teatrale,
mentre Harry e Hermione ridevano.
“Io
vado per di là, ci sono i miei dolci preferiti. Ci vediamo all’uscita” disse la Caposcuola dei
Grifondoro, salutando, con un cenno della mano, i suoi amici.
Erano
trascorsi diversi minuti e Hermione vagava alla ricerca di ciò che desiderava
ardentemente da quando aveva messo piede in quel negozio, ma non riusciva a
capire dove avessero spostato il reparto.
Proprio
mentre si stava per avvicinare alla cassa e chiedere informazioni, notò un
gruppo di Serpeverde fuori che si erano fermati e guardavano tutti verso la
stessa direzione, tra di essi spiccava Blaise, il quale sorrideva sornione e
aveva quello sguardo che sembrava dire:”Sapevo che sarebbe andata così”.
A
quel punto Hermione, spinta dalla curiosità, uscì dal negozio con lo scopo di
capirne di più. Proprio in quell’istante Blaise si girò verso di lei,
nient’affatto sorpreso di vederla lì. Le fece l’occhiolino e con un cenno della
testa la incitò a voltarsi verso sinistra.
Dapprima
Hermione corrugò la fronte, inebetita, poi incoraggiata dal sorriso sereno del
ragazzo si voltò e lo vide.
La
ragazza trattenne il fiato, la salivazione si azzerò e per un istante le sembrò
di non aver sentito il cuore battere.
Draco
era lì davanti a lei, immobile e ora la stava fissando.
Gli
occhi erano più scuri del solito e sembrava quasi che la stesse guardando per
la prima volta.
Hermione
non sapeva cosa fare: avvicinarsi o meno?
C’erano
molti studenti lì attorno e lei non sapeva se Draco voleva rendere pubblica la
loro relazione. Eppure i suoi piedi si mossero da soli e si fermarono solo
quando si trovarono a pochi centimetri da quelli del biondo.
Una
folata di vento improvvisa mosse il mantello nero di Draco che
involontariamente, avvolse il corpo di Hermione, mentre i capelli crespi e
ribelli della Grifona ondeggiarono verso di lui.
I
loro occhi incatenati restarono a scrutarsi ancora qualche secondo, fino a
quando il biondo non cominciò a chinarsi verso le sue labbra. Hermione a sua
volta si sollevò sulle punte, chiuse gli occhi e gli andò incontro. E quando le
loro labbra si toccarono, entrambi sentirono come se stessero cominciando a
respirare solo in quel momento…
***
Sono imperdonabile, lo so.
Mi scuso, ma avevo perso l'ispirazione e voglio essere sincera con voi: non so se l'ho ritrovata o meno.
Faccio molta fatica a scrivere, d'altronde il tempo che ho a disposizione per stare a computer è davvero minimo.
Ma non ho intenzione di lasciare incompiuta questa fan fiction. Ho
tutto nella testa, il problema è trovare le parole giuste per
esprimermi.
Non so se siete rimasti qui ad aspettarmi, in ogni caso vi ringrazio.
Allo stesso modo, non ho idea di come sia venuto il capitolo, ma l'ho
riletto e non riesco a scriverlo diversamente.
Nel frattempo mi sono creata un profilo efp su facebook (Sognatrice Efp). Se vi va di aggiungermi, ne sarei contenta.
Perdonatemi.
Alla prossima.
Marghe
Ps: la fan fiction non è scritta a scopo di lucro, ma per mio
puro diletto. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
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Capitolo 29 *** Alla luce del sole ***
Alla luce del sole
Capitolo 28 “Alla
luce del sole”
Quando
Draco e Hermione si separarono per respirare, avevano entrambi l’aria
sconvolta.
Le
labbra della ragazza erano tumide per via dei baci, le guance arrossate, i capelli
arruffati dal vento e dalla mano che il biondo Serpeverde aveva immerso tra
essi, preso dalla foga del momento e dal
desiderio indicibile di sentirla più vicino al proprio corpo e stringerla
forte, come se avesse paura che lei sparisse. Si era aggrappato a lei come
fosse un’ancora di salvezza. E lei semplicemente glielo aveva lasciato fare
Draco
aveva gli occhi lucidi, i battiti del cuore che volavano veloci come le ali di
una farfalla e un colorito più roseo del solito. Il suo corpo era così vicino a
quello della Grifondoro che ne sentiva il calore attraverso i vestiti e il suo
respiro si infrangeva contro il suo viso.
Attorno
a loro era calato un silenzio innaturale.
Per
un attimo, Draco si diede dello sciocco.
C’erano
troppi studenti nei paraggi e loro si erano esposti.
No.
Lui non temeva il giudizio degli altri su di sé, come erroneamente si potrebbe
pensare.
Ciò
che lo spaventava maggiormente erano le ripercussioni che la loro storia
vissuta alla luce del sole, potessero abbattersi su Hermione.
Lei
aveva una reputazione da mantenere. Era considerata un’eroina di guerra, colei
che, nonostante le sue origini babbane, aveva deciso di lottare contro il
potente Signore Oscuro, restando accanto al Prescelto.
Lei
si era esposta a dei grandissimi pericoli per salvare un mondo che, fino a qualche
anno prima, non conosceva affatto.
Lei
aveva avuto il coraggio di scegliere e di lottare per ciò in cui credeva.
Insomma, lei non era come lui.
Draco
si sentiva un inetto. Un fallito. Un privilegiato che per anni aveva vissuto
come un parassita, aspettando il momento della ribalta.
Momento
che non era mai arrivato. Semmai al contrario, era giunto il giorno della
caduta, della vergogna, dell’umiliazione.
E
non voleva trascinare Hermione in quel baratro, ma forse avrebbe dovuto
pensarci prima di esporsi così con lei, facendole ritrovare volutamente, il suo
quaderno dei disegni.
Hermione,
da parte sua, fissava il ragazzo con intensità e Draco avvertiva il suo sguardo
bruciargli addosso.
“Ora
tutti sanno che stiamo insieme” esordì lui in tono duro.
La
Grifondoro
vibrò a quelle parole, non tanto per il significato che celavano, ma per il
tono di voce che il ragazzo le aveva rivolto.
Era
da tempo che non lo sentiva parlare a quel modo. Soprattutto con lei.
“E
questo ti infastidisce? Pensa che scandalo! Già vedo il titolo sulla <<
Gazzetta del Profeta >>: Un Malfoy che sta con una Mezzosangue! Quale
scandalo per una famiglia dal Sangue Puro!”sputò lei con rabbia, lasciando
scivolare lungo i fianchi le mani, che fino ad allora erano allacciate dietro
al collo del biondo.
Malfoy
storse le labbra, incenerendo la giovane con un’occhiata truce.
“E’
quello che realmente pensi, Granger?” non ricevendo alcuna risposta, il giovane
proseguì, mentre una ferita nuova stava lacerando la sua anima.
Ferita
che sarebbe rimasta invisibile ad occhio umano, ma che lui avrebbe portato
dentro di sé per sempre.
Solo
una ferita che si sommava a quelle che già erano cicatrizzate in lui.
“Bene.
Allora non hai assolutamente capito niente di me!” continuò, risentito, facendo un passo
indietro, volgendo alla ragazza uno sguardo di ghiaccio.
Hermione
trasalì.
Le
sembravano essere trascorsi secoli dall’ultima volta che lui l’aveva guardata a
quel modo e le tremavano le gambe per quella improvvisa lontananza, non solo
fisica.
“E’
quello che sembrava dal tuo tono di voce, Malfoy” ribatté lei, decisa a non
chiudere lì la discussione.
Il
ragazzo scosse la testa, serrando le mani a pugno.
“Non
me ne frega un accidenti se la gente sa di noi, Granger. Io non ho assolutamente
nulla da nascondere” sibilò a denti stretti.
“Be’
neanch’io!” rispose la giovane, allargando le braccia, salvo poi farle ricadere
lungo i fianchi, in un gesto di stizza.
A
poca distanza da loro, Blaise, gli altri Serpeverde, Harry, Ron, Ginny e
Lavanda e altri Grifondoro assistevano alla scena, senza però capire una sola
parola di quello che i due si stavano dicendo.
Blaise,
Harry, Ron e Ginny non si erano meravigliati affatto per quel bacio, anzi tutti
e quattro si erano a lungo chiesti, per quanto ancora quei due avrebbero finto
che non ci fosse nulla tra loro. I restanti studenti fissavano i due ragazzi,
ammutoliti e con occhi spalancati, increduli che proprio quei due, così agli
antipodi, si potessero baciare o addirittura piacere.
Era
assolutamente impensabile.
Quando
Harry si accorse che sul viso di Malfoy era comparsa un’espressione
contrariata, girò il viso verso Blaise. A sua volta il Serpeverde fece lo
stesso e fissò il Grifondoro con serietà, avvicinandosi poi al suo gruppo.
“Dovremmo
intervenire?” chiese Ron, resosi conto anche lui dell’improvviso cambio di
direzione che stava avendo la discussione tra Hermione e Draco.
Blaise
volse di nuovo una rapida occhiata ai due, poi tornò a guardare il gruppo di
Grifondoro e scosse il capo.
“Sono
cose loro, Weasley e devono risolverle da soli” asserì serio con voce pacata.
Harry
annuì.
“Sono
d’accordo” disse girandosi a guardare Ron.
“Hermione
sa che noi ci siamo. Se avrà bisogno, ci cercherà”.
Fu
così che si allontanarono.
Man
a mano il folto gruppo di studenti di tutte le case che si erano fermati lì ad
osservare la scena, si dissolse in un rumoroso chiacchiericcio.
Draco
gettò una rapida occhiata alle spalle della ragazza, notando che non c’era più
nessuno, poi tornò a fissare la
Grifondoro.
“Andiamo.
Cerchiamo un posto in cui poter parlare con calma” disse ritrovando la calma.
Hermione
lo guardò per una frazione di secondo, poi chiuse le palpebre e annuì. Riaperti
gli occhi si accostò a lui e insieme cominciarono a passeggiare.
Il
ragazzo notò che la
Grifondoro si tormentava nervosa le mani e si mordeva il
labbro inferiore, segno che qualcosa le stava brulicando in testa. Difatti,
Draco accennò un mezzo sorriso obliquo, quando lei parlò.
“Dove
sei stato ieri e stamane?” domandò Hermione, non riuscendo più a trattenere la
propria curiosità.
Era
ancora mezza arrabbiata con lui per il modo col quale l’aveva appena trattata,
ma non poteva esimersi dal sapere cosa lo aveva spinto ad allontanarsi da lei
per quasi un giorno, lasciandole solo un misero biglietto.
“Sono
tornato a casa. Mia Madre aveva bisogno di me” una mezza verità. Non se la
sentiva di raccontarle di Lavinia. Lui stesso doveva ancora assimilarla, gli
sembra un incubo.
E
poi c’era quel particolare tanto importante che non poteva essere trascurato:
Hermione come avrebbe preso la storia che suo Nonno aveva lanciato una
maledizione mortale su sua nipote e il suo compagno mezzosangue?
Lei
stessa lo era.
Egoisticamente
Draco pensava ai propri interessi. Lui non voleva perderla.
E
quella verità lo distrusse.
“Capisco”
mormorò a mezza voce la ragazza, continuando a martoriarsi il cervello di
domande. Voleva e doveva sapere tutto, non tollerava che le persone a lei care
avessero dei segreti con lei, ma conosceva abbastanza bene il biondo Serpeverde
da sapere che lui non amava parlare né di sé né della sua famiglia, per questo,
per il momento, lasciò cadere il discorso.
Eppure
Draco la sorprese, facendo qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata…
“Mia
Madre…” iniziò con voce titubante, mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
“Mi
ha chiesto di perdonarla. Ha detto che mi ama e che lei e mio Padre hanno
sbagliato” biascicò a mezza voce, inghiottendo a vuoto.
Hermione
aveva sollevato la testa e se dapprima lo fissava attonita, ora era ben attenta
alle sue parole e quasi si sentì emozionata, perché il suo ragazzo la stava
rendendo partecipe della propria vita.
“Tua
Madre ti vuole bene” asserì seria e quando Draco si girò per guardarla la
scoprì a fissarlo con un tenero sorriso a incorniciarle il viso arrossato dal
freddo.
E si innamorò di nuovo.
Hermione
vide nei suoi occhi una strana luce e vi lesse una nuova emozione, specchio
della propria, così parlò anticipandolo.
“Non
chiedermi come faccio a saperlo. Non ti dirò che ogni madre ama i propri figli,
perché purtroppo non è sempre così, ma io ho visto i suoi occhi quando ti
guardano” soffiò con voce profonda, custode di verità che fecero vibrare il
biondo al suo fianco.
“Come…come
mi guarda?” balbetto lui in risposta, fermandosi di botto.
“Ti
guarda come se esistessi solo tu al mondo. E’ per lei è così: sei il suo più
grande amore, Draco. Ti ha amata mentre ti concepiva, ti ha amato quando ti ha
visto la prima volta, ti ha amata in ogni singolo istante della sua vita, anche
se non te l’ha dimostrato. Non fargliene una colpa. Non tutti siamo capaci di
dimostrare ciò che proviamo…” chinò il capo, fissandosi le scarpe, si sentiva
svuotata, come se in quel discorso avesse speso ogni energia. Lei stessa era
incapace di palesare i suoi sentimenti e la sua storia con Draco, metteva
sempre più in risalto quella sua incapacità. Poi d’improvviso, sollevò la testa
e fissò il sole dinanzi a loro che lentamente stava calando.
Era
ormai pomeriggio inoltrato.
Presto
il tramonto li avrebbe sorpresi e loro sarebbero dovuto rientrare a scuola.
Ma
la domanda era: volevano farlo realmente?
Perché
stare lì, insieme era come vivere in una dimensione parallela, solo loro.
Qualcosa
di intimamente loro.
Draco
continuava a fissare la sua ragazza, gli occhi spalancati non solo per le
parole che lei aveva pronunciato, parole che per inciso gli stavano devastando
l’anima, ma perché lei per la prima volta aveva usato il suo nome. Era un gesto
così intimo, lo faceva sentire…accaldato. Una lieve carezza che sfiorava
leggera la sua pelle sotto la divisa, ma che riusciva ad arrivare fino al suo
cuore atrofizzato.
Perché
quella ragazza aveva tutto quel potere su di lui?
Draco
non riusciva proprio a capirlo, eppure era tutto l’opposto della persona che
credeva un giorno gli sarebbe stata a fianco.
Era
l’altro lato della medaglia.
Quello
giusto?
Sì.
Perché era lui la parte sbagliata. Lo era sempre stato, però quando era insieme
ad Hermione non si sentiva così sbagliato.
Sembrava
che tutto fosse esattamente dove doveva essere.
Lui
e lei.
Loro
lì, insieme tra la gente.
Le
loro mani che si sfioravano, gli sguardi che si rincorrevano senza che alcun
pregiudizio o guerra potesse impedirglielo.
Quante
volte durante la guerra magica, nella scuola distrutta dalla lotta, lui aveva
incrociato gli occhi di Hermione, mai, mai una volta li aveva visti avvinti da
quel continuo sbaragliare le forze del male. Mai aveva letto la resa in essi,
anzi non aveva mai visto occhi così brillanti, accesi da quella luce baldanzosa
che era la speranza.
La
speranza di un futuro migliore, dove lei per prima potesse dimostrare che si
meritava di essere lì. Perché lei era lì di diritto.
Ed
era la strega più brillante della sua età.
Il
biondo si mosse senza neanche accorgersene. Si posizionò di fronte alla
ragazza, pochi passi li dividevano. Poggiò le mani sulle sue spalle, tuffò i
suoi occhi tempestosi in quelli accesi di Hermione e la fissò a lungo,
respirando in modo irregolare.
Respiro
che si fuse con quello di lei che lo fissava di rimando, senza capire cosa
stesse accadendo, poi la spinse verso il proprio corpo e l’abbracciò.
Draco
Malfoy la stava abbracciando lì tra gli studenti che passavano di fianco a
loro, incurante dei loro sussurri.
Il
ragazzo non disse una parola, ma quel gesto ne valeva mille, Hermione lo capì e
si strinse nel suo abbraccio.
Lavinia
se ne stava a fissare il giardino dalla finestra della sua vecchia camera da
letto. Ormai il sole aveva lasciato spazio al buio della sera e con l’oscurità
le paura della giovane Malfoy si acuivano.
Non
c’era posto per la speranza, ma forse lei quel sentimento non l’aveva mai
provato sul serio. Non si voltò neanche quando udì i passi della Madre
echeggiare nella stanza sgombra.
“Perché
hai lasciato che andasse via?” chiese la donna senza una particolare
inflessione della voce.
Lavinia
sorrise. Un sorriso disteso.
“Perché
lui merita di essere felice, mamma” rispose semplicemente senza pensarci su
troppo.
“Non
avresti dovuto mentirgli. Come pensi che reagirà quando scoprirà la verità? Hai
visto come si è arrabbiato quando ha saputo ciò che ti è successo…” Lavinia
sollevò una mano e la posò sul vetro gelido della finestra.
“Non
ho mai smesso di volergli bene. Mai. Neanche per un attimo, anche se lui non mi
ha mai visto, io sono stata spesso ad Hogwarts per spiarlo. Come mi avevi
suggerito tu, Silente mi ha aiutata e mi ha permesso di essere sempre lì
accanto a mio fratello, anche se lui non poteva saperlo.
L’ho
visto crescere e fare le amicizie sbagliate, senza potergli dare qualche
consiglio.
È
diventato grande in un attimo ed io non c’ero
L’ho
visto porgere la mano a Potter, incassare il rifiuto e aggirarsi con l’orgoglio
ferito per quella scuola. L’ho visto dare battaglia a quei tre Grifondoro,
odiarli tutti. Per un attimo ho temuto che divenisse come Abraxas e avevo deciso
di intervenire, ma Silente me l’ha impedito. Ha detto che Draco non era pronto
e che avrei dovuto aspettare ancora. Poi è tornato il Signore Oscuro e lì ho
capito che stava per arrivare l’irreparabile.
All’arrivo
di Draco a scuola, il suo sesto anno, mi è bastato guardarlo negli occhi per
capire tutto. Il mio amato fratellino era stato marchiato” a quel punto, la
ragazza si girò, aveva il viso rigato dalle lacrime, ma la sua voce rimaneva
ferma, decisa.
Serrò
le mani a pugno, le nocche sbiancarono.
“In
quel momento credo di non avervi mai detestato tanto. Stavate lasciando vostro
figlio nelle mani di quel pazzo e così mi sono presentata qui, ricordi?”
Narcissa
aveva il viso stanco, come se tutto d’un tratto stesse avvertendo il peso dei
suoi anni e dei suoi sbagli.
Annuì
alle parole della figlia.
“Ci
siamo detti tante cattiverie quel giorno, ma c’è una verità che vorrei che tu
rammentassi…” gli occhi chiari della ragazza brillarono tutto d’un tratto.
“Vi
ho esplicitamente chiesto di lasciar vivere a Draco la vita che voleva, perché
quella che in quell’istante lui stava fingendo di vivere non era la sua, ma il
riflesso di quello che voi desideravate da lui” Lavinia fece un passo avanti e
fissò con bruciante determinazione la sua genitrice.
“Ora
qui ti chiedo, Madre di lasciare a Draco libertà di scelta. Ha bisogno di
imparare da solo. Deve imparare a credere in sé, in quello che è sempre stato
lì a portata di mano, ma che lui si è rifiutato di vedere per paura di
deludervi. E’ così…innamorato che lui neanche se ne rende conto” il sorriso
sincero della ragazza si bagnò delle sue lacrime e la stessa Narcissa cominciò
a piangere.
Lavinia
strinse le mani della madre nelle proprie.
“Almeno
lui deve poter vivere la vita che ha scelto. Non imponetegli le vostre decisioni,
mamma. Per favore…io voglio che mio fratello sia felice. Ed Hermione saprà
stargli accanto tutta la vita, lo aiuterà a superare il dolore della mia
perdita. Quant’è forte quella ragazza, mamma! Dovresti conoscerla, ti
piacerebbe, sai? È l’unica a tener testa a quello scapestrato di tuo figlio e
lo ama. Lo ama davvero proprio come Sebastian ha sempre amato me…”
Lavinia
chiuse gli occhi, lasciando che il dolore la penetrasse fin dentro l’anima, ma
non si piegò ad esso.
“Voglio
che mio figlio Damien cresca con loro. Draco gli insegnerà la forza dell’amore
e Hermione il coraggio della speranza e un giorno, quando saranno pronti, gli
racconteranno la vera storia dei loro genitori”
Narcissa
si lanciò tra le braccia della figlia, stringendola forte a sé, il desiderio di
inglobarla più forte che mai. Riaverla nel proprio grembo avrebbe significato
proteggerla.
“Per
questo ho voluto che lui tornasse a scuola. Sebastian è stato chiaro: non c’è
alcuna speranza per noi. Domani lui tornerà e insieme attenderemo la mia morte
e se riusciremo a tenere Draco lontano, lui non…”
“Lui
non diventerà il nuovo destinatario di questa maledizione…” continuò Narcissa,
tornando a guardare in volto sua figlia.
La
ragazza annuì.
“Sebastian
non si perdonerà mai quella leggerezza…”
“Non
è stata colpa sua” intervenne la donna.
“Lo
so. Ma io non sono in grado di lenire il suo senso di colpa, Madre. Quando ha
avuto quella visione dinanzi a nonno, non è riuscito a tenersela per sé e
Abraxas ha deciso che era giusto premunirsi.”
“Anche
tuo padre non poteva crederci. I suoi due figli destinati a due Mudblood…”
Lavinia annuì appena col capo.
“Le
visioni di Sebastian non si sono mai rivelate sbagliate. Questa suo potere lo
ha portato a me. Siamo sempre stati destinati e accettiamo ciò che ci aspetta.
Abbiamo discusso a lungo di questo e siamo entrambi convenuti che nostro figlio
debba crescere con Draco, perché lui è il simbolo che si può sempre fare la
scelta giusta. Io credo in lui, profondamente, per questo quando il destino si
compirà Draco dovrà stare lontano da qui così che quando la maledizione si
spezzerà in tanti frammenti non trovi seme fertile in lui. Draco deve vivere e
questa volta Abraxas non l’avrà vinta” i suoi occhi si posarono sulla foto
magica che ritraeva un piccolo bambino biondo che saltellava allegro attorno ad
una bambina leggermente più alta che sorrideva divertita, mentre fissava dritto
negli occhi il piccolo marmocchio.
Draco
e Lavinia sarebbero stato legati per sempre.
Oltre
qualsiasi maledizione.
***
Detesto
aggiornare con così tanto ritardo, ma purtroppo devo fare i
conti con l'ispirazione ballerina e con la mia mancanza di parole.
Sì, perché so ciò che voglio scrivere, ma non so
come esprimermi. Credetemi se vi dico che è frustrante.
Però è bello sapere che c'è ancora qualche anima pia che legge questa fan fiction dimenticata da Dio. :)
Vi ringrazio infinitamente e vi ricordo il mio profilo facebook Sognatrice efp, ditemi però chi siete qui su Efp. :)
Mi piacerebbe tanto conoscere i miei lettori.
Alla prossima.
Ps: la fan fiction è scritta senza alcuno scopo di lucro. I personaggi sono di proprietà della Rowling.
Lavinia Malfoy invece è tutta farina del mio sacco. Guai a voi se la toccate U_U
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Capitolo 30 *** Scoperte ***
Scoperte
Capitolo
29 “Scoperte"
Erano
trascorsi diversi giorni da quella gita ad Hogsmeade e tutta la scuola parlava
del bacio che Draco ed Hermione si erano scambiati.
Il
biondo Serpeverde fingeva di non sentire, mentre la Grifondoro era
continuamente sottoposta a interrogatori da tutti e le reazione era diverse:
stupore da parte dei maschi, invidia da parte delle ragazze.
La
stessa Pansy Parkinson che dopo lo scontro avuto da Malfoy, se ne stava sempre
sulle sue, in disparte, ora la fissava con un’espressione d’odio e di gelosia.
Un
giorno mentre Hermione era nella Sala Comune seduta dinanzi al camino a
leggere, le si avvicinarono due ragazze che frequentavano il secondo anno. La Grifondoro sollevò la
testa e si ritrovò a fissare le due streghe: erano di piccola statura e si
guardavano la punta dei piedi, le gote arrossate.
Hermione
si trovò a sorridere dinanzi a quell’immagine.
“Avete
bisogno di qualcosa?” domandò loro in tono gentile.
Le
due ragazze sobbalzarono e, spaventate, sollevarono la testa, fissando sconvolte
la giovane Grifondoro. Quest’ultima studiò attentamente la loro reazione e
attese che parlassero.
La
mora, la più piccolina fisicamente tra le due, lanciò un’occhiata alla sua
amica, poi tornò a guardare Hermione.
“Noi
volevamo chiederti se potevi rispondere ad una nostra domanda?” il suo tono di
voce era molto infantile, ma era dolce.
La
Grifondoro
sorrise.
“Dipende
dalla domanda…” rispose, inclinando la testa di lato, alcune ciocche di capelli
le caddero sul viso.
Dal
loro imbarazzo, Hermione capì che probabilmente volevano sapere qualcosa su lei
e Draco. All’inizio tutta quella attenzione l’aveva infastidita, poi però aveva
lasciato correre. Inutile arrabbiarsi per quello, preferiva vivere la sua
storia con il Serpeverde alla luce del sole.
Le
due amiche si lanciarono un’ennesima occhiata.
“Ecco…perché
stai con Malfoy? Lui…lui è un Mangiamorte” questa volta era stata l’altra
ragazzina a parlare e il modo col quale fissava la Grifondoro, la fece
rabbrividire. Sembrava così decisa, nonostante il balbettio iniziale.
“Tu
sei un’eroina di guerra. Hai forse dimenticato cosa facevano i Mangiamorte a
quelli come te?” incalzò, facendo un passo avanti, stringendo entrambe le mani,
a pugno.
Hermione
non si meravigliò di quella domanda, anzi era sufficientemente tranquilla,
tanto che sorrise ancora facendo corrugare la fronte alla ragazza che aveva
parlato.
“Sapete
perché ho partecipato alla guerra?” questa volta fu lei a porre loro una
domanda. Le due studentesse fecero segno di no col capo.
Hermione
si sistemò meglio sulla poltrona, chiudendo il libro che stava leggendo e
poggiandolo sul tavolino di fianco a lei.
Portò
le mani sul grembo e fissò per un attimo e intensamente il fuoco nel camino. I
ricordi di quei giorni che si susseguivano alla velocità della luce.
“Non
potevo abbandonare Harry, lui aveva bisogno di me e Ron, così come noi avevamo
bisogno di lui. È stata…dura, ma non ho mai smesso di credere in quello che
facevamo. Volevo un mondo migliore. Volevo lottare e dimostrare che anche se in
quelli come me non scorreva sangue puro
nelle vene, noi meritavamo quanto i cosiddetti << purosangue >> di
essere parte di questo mondo. Volevo che le persone smettessero di giudicare
gli altri, volevo che ogni pregiudizio sparisse, perché non è giusto giudicare
una persona dagli abiti che porta o dalla famiglia in cui nasce.
Draco…”
e si fermò quando ella stessa si sorprese di udire il nome del ragazzo
fuoriuscire in tono così melodioso dalle sue labbra.
“…Malfoy
è caduto in quest’errore. È cresciuto con gli ideali che io considero errati,
ma che lui in quel momento riteneva giusti, perché erano i suoi genitori ad
insegnarglieli. E quando si è piccoli, come si fa a distinguere se ciò che la
nostra famiglia ci insegna, sia giusto o meno? Malfoy non è stato l’unico però
a cadere nel pregiudizio. Lo state facendo anche voi ora, nonostante la guerra
sia finita e il Signore Oscuro sia stato definitivamente sconfitto. Malfoy
porta il marchio, ma tecnicamente non ha mai ucciso nessuno.
Era
un ragazzino che ha cercato di difendere la sua famiglia da un pazzo che
minacciava di farli fuori. Voi al suo posto come vi sareste comportate? Non
avreste difeso i vostri genitori, con le unghie e con i denti?” Hermione non
aspettò la risposta, anzi continuò imperterrita.
“Tutti
meritano una seconda possibilità. Non starò qui a spiegarvi i motivi per cui io
mi sono…”.
Mi
sono…cosa Hermione? Si chiese lei mentalmente.
Innamorata?
Già.
Innamorata.
E
la scoperta fu così sconvolgente da farla tremare, nonostante le fiamme
provenienti dal camino.
“…avvicinata
a Malfoy, sono strettamente personali e non riguardano nessuno, però posso
dirvi che niente è ciò che sembra” sorrise loro con fare materno quasi.
“Non
lasciate mai che siano gli altri a dirvi cosa fare della vostra vita. Nessuno
può e deve decidere per voi. Siete voi le artefici del vostro destino, usate il
vostro cervello per capire le situazioni, le persone senza che nessuno vi
condizioni. Non lasciate che subdoli pregiudizi vi annebbino la mente, solo
così sarete realmente libere e felici” detto questo si alzò in piedi, prese il
suo libro e si diresse verso le scale che conducevano ai dormitori femminili,
ma fu bloccata di nuovo dalla voce di una delle ragazze.
“Ti
invidio, sai?” disse la bionda.
Hermione
dinanzi a quelle parole corrugò la fronte.
“Invidi
me?” chiese incredula, indicandosi.
“Sì.
Perché sei coraggiosa e non ti importa del giudizio della gente. Sei…forte”
disse sorridendo.
“Intendo
come persona. Mi piaci! Pensavo fossi una saccente secchiona…”
La
Grifondoro
avrebbe dovuto offendersi, invece scoppiò a ridere.
“Un
altro stupido pregiudizio! Io sono solo ciò che mostro a voi tutti, ma al di là
c’è molto di più” asserì sicura.
“Ora
lo so. Ah a proposito io sono Wendy William
e lei è Lucinda Reinors” la mora fece un cenno col capo, si vedeva che
era molto timida.
“Sono
lieta di fare la vostra conoscenza”
“Bene…noi
ora andiamo a lezione. Grazie per averci risposte” detto questo sparirono
dietro il riquadro della Signora Grassa.
Hermione
osservò il punto in cui erano sparite, scrollò le spalle e con tutta calma si
avviò nella sua stanza.
Fu
lì che la trovò Ginny. Era appena rientrata da un allenamento di Quidditch.
“Ciao
Herm!” esclamò entrando nella camera, sorridendo in direzione dell’amica.
“Ginny!”
esclamò la riccia, andandole incontro e abbracciandola.
Questo
gesto parve strano alla rossa, non si vedevano dalla mattina e Hermione non era
tipo da grandi gesti affettuosi come quello.
Quando
si scostò dall’amica, la fissò intensamente dritto negli occhi, era uno sguardo
talmente profondo che Hermione arrossì, sentendosi scandagliare l’anima.
“Ancora
interrogatori?” domandò Ginny, accomodandosi sul letto dell’amica, la quale
annuì, sedendosi accanto a lei.
“Ma
non è questo quello che ti turba, vero?” continuò la fidanzata del Bambino Sopravvissuto.
La Grifondoro
fu costretta ad annuire nuovamente.
Ginny
la prese per le spalle e la scrollò.
“Non
sono abituata a non sentire la tua voce che strepita, o mi dici cos’è successo
o ti schianto!” esclamò esasperata, facendo ridere Hermione, la quale poi si
alzò in piedi e cominciò a girare in tondo per la camera, le braccia incrociate
sotto il seno, i capelli che fluttuavano ad ogni passo.
“E’
una tragedia. Non credevo sarebbe successo. Pensavo che sarei riuscita a
controllarmi e invece niente. Che stupida! E ormai è troppo tardi!” blaterava
forse più a sé stessa, mentre Ginny la osservava con un’espressione scioccata.
“Hermione!”
tuonò la rossa, raddrizzandosi e portando le mani sui fianchi in stile mamma
Molly. Hermione fu costretta a smetterla di blaterare, sospirò.
“Ginny…mi
sono innamorata di Malfoy” confessò con voce spenta.
“E
sarebbe questa la tragedia?”
“Perché
non lo è? Forse tu non ti rendi conto…”
“Mi
rendo conto benissimo, invece e non mi sembra un grosso problema. State insieme
ed era inevitabile. Poi scusa se te lo dico, ma te ne sei accorta solo ora?
Credo di avertelo già detto qualche mese fa che eri cotta a puntino, caro il
mio Prefetto!”
Hermione
si era fermata. Gli occhi fissi in quelli dell’amica, mentre poche lacrime le
rigavano il viso.
“Ho
paura…” deglutì.
“Ho
paura perché per innamoramento non intendo solo una cotta o qualcosa
di...passeggero, ma...è amore. Amore proprio. Ti rendi conto?" Hermione
strinse le mani al petto, afferrando la maglia con le dita, trattenendo le
lacrime.
"Ho
paura per il futuro, Ginny. Cosa accadrà quando andremo via da questa scuola?
Lui vorrà ancora avere a che fare con me? E cosa diranno i suoi genitori di
noi?” la riccia non si era mai sentita così confusa e desolata.
Chiuse
gli occhi per fermare le lacrime, si portò entrambe le mani nei capelli e li
strinse, quasi volesse trovare in essi un appiglio.
Quando
il calore di un abbraccio sincero, l’avvolse, Hermione riaprì gli occhi e si
ritrovò a fissare la massa liscia e ordinata dei capelli rossi di Ginny.
“Avere
paura è normale, Herm. Ma tu sei forte e saprai affrontare a testa alta i tuoi
reali sentimenti e l’incognito futuro. Per prima cosa dovresti discuterne con
lui. E se lui si inalbera, saprai come zittirlo. È tuo diritto sapere e
ricordati che io, Harry e Ron saremo sempre dalla tua parte, qualsiasi cosa
accada”.
Hermione
si crogiolò ancora un po’ in quell’abbraccio, desiderosa come una bambina, di
qualcuno che la consolasse e le dicesse che tutto sarebbe andato bene.
Draco
se ne stava seduto tranquillamente in biblioteca.
A
quell’ora non c’era nessuno, così dopo aver lanciato un’altra occhiata intorno,
si alzò e si avvicinò di soppiatto al reparto proibito. Non aveva
l’autorizzazione di un Professore, anche se avrebbe potuto ottenerla con molta
facilità, ma siccome Piton era sempre in contatto con sua Madre, non voleva che
lei si insospettisse.
Le
sue ricerche dovevano rimanere segrete. Così, approfittando dell’assenza di
Madame Pince, si intrufolò nel reparto proibito e cominciò a guardare attentamente
i tomi negli scaffali. Ne scorse qualcuno interessante, ma che non gli serviva
al momento, fino a quando non giunse nella sezione “Magie Oscure proibite” e lì,
dopo aver cercato per quasi mezz’ora, trovò quello che cercava. Si allungò
verso lo scaffale, issandosi di poco sulla punta dei piedi, e tirò fuori un
enorme volume. Tremila pagine di storia sugli incantesimi proibiti negli ultimi
cinque secoli.
Draco
sospirò. Lo attendeva un lungo lavoro, Hermione gli sarebbe stata d’aiuto in
quella ricerca, ma lui non era intenzionato a coinvolgerla. Si sedette per
terra e aprì il pesante volume, cominciando a sfogliarlo.
Fu
solo dopo diverso tempo che trovò ciò che cercava. C’era un’intera pagina
dedicata all’argomento che lo assillava e Draco aveva tutta l’intenzione di
analizzare parola per parola.
“La Nexus Immortalis è un potente incantesimo
creato dallo stregone scozzese Marcus Tenebris circa 300 anni fa. Non si
conoscono precisamente le cause che spinsero lo stregone a crearlo, ciò che si
sa è che può essere utilizzato solo da chi nutre un odio profondo e ben
radicato nei confronti della persona sulla quale viene scagliato…”
Draco
strinse le dita attorno alla pagine ingiallita e le labbra si distesero in una
linea dura. Era proprio ciò suo Nonno provava nei confronti di sua sorella.
“…inizialmente la
vittima non avverte alcun tipo di sintomo. È il mago a decretare la morte della
vittima. Spesso in passato, un’antica tribù nomade di maghi, la usava a scopo
educativo per insegnare ai propri discendenti l’obbedienza alle leggi sacre.
Tale incantesimo è
stato bandito circa cento anni fa per uso improprio e decretata come magia nera
e pericolosa. Chiunque la eserciti verrà condotto ad Azkaban e sottoposto al
bacio del dissennatore”.
Il
giovane Serpeverde digrignò i denti, infastidito: suo nonno l’aveva scapata
solo perché aveva corrotto i giudici.
A
quel punto, Draco scorse col dito le righe seguenti, arrivando al trafiletto
che più gli interessava:
“Rimedi: non esistono.
Molto medimaghi nel corso dei secoli, hanno cercato una cura, un contro
incantesimo, ma fino ad oggi non si è ottenuto alcun risultato. Negli ultimi
anni, le ricerche sono diminuite, in quanto tutte le vittime di tale
maledizione sono tragicamente morte.”
Draco
richiuse con forza il libro e, disperato, si portò le mani tra i capelli.
No.
Non poteva permettere che accadesse qualcosa a sua sorella proprio ora che
l’aveva ritrovata. Ci doveva essere un modo e lui l’avrebbe trovato, a
qualsiasi costo…
Dopo
diverse ore di ricerca, Draco abbandonò il reparto proibito della biblioteca.
Tutti
i libri che aveva consultato ribadivano l'assenza di un contro incantesimo.
Ormai
abbattuto, il ragazzo mise a posto i tomi e proprio mentre lo faceva scorse,
tra due grossi volumi enciclopedici, un libro sottile che senza alcun apparente
motivo, attirò la sua attenzione. Lo tirò fuori e lesse il titolo.
"
Giornale di Magia Oscura di Barnaba Skeeter" inarcò un sopracciglio.
"Skeeter?
Sarà una parente di quella stupida giornalista" sputò con cattiveria,
aprendolo.
Un
titolo attirò in modo impellente la sua attenzione:
"I Malfoy e
l'amore maledetto"
Draco
arricciò il naso e cominciò a leggere l'articolo.
Mano
a mano che procedeva nella lettura i suoi occhi si dilatarono, dapprima per lo
stupore poi per la paura, fino a che le sue emozioni non si trasformarono in
collera.
"La storia che
sto per raccontarvi è testimone della profonda intolleranza e ignoranza che
regna nel Mondo Magico, dove il potere è detenuto da coloro che si fanno
chiamare Purosangue, perché figli di maghi e streghe.
La vicenda si svolge
in un periodo in cui l'equilibrio del nostro mondo è in apparenza stabile, ma
in realtà diverse sono le crepe che il Ministero non è stato ancora in grado di
sanare. È infatti ancora vivo in ognuno di noi, la presenza del Signore Oscuro
e, come ben sappiamo, molti dei suoi seguaci si nascondo in mezzo a noi.
Probabilmente questa
vicenda è frutto degli insegnamenti sbagliati insinuatisi in alcuni Purosangue fedeli
alla causa del Signore Oscuro.
Sto parlando della famiglia
Malfoy.
Fonti attendibili difatti,
confermano che il mago capostitpite Abraxas Malfoy abbia maledetto i suoi
nipoti. Ma entriamo meglio nella vicenda...
La giovane Lavinia
Malfoy, primogenita di Lucius Malfoy e Narcissa Black, è stata vittima dell'incantesimo
proibito Nexus Immortalis.
La sua colpa?
Essersi innamorata di
un Mezzosangue francese, Sebastian
Il nonno non ha
accettato tale relazione e in un impeto di rabbia ed odio nei confronti di una
razza che egli ritiene inferiore, ha lanciato la maledizione.
E non solo.
Sembrerebbe che
Abraxas, non contento e per evitare episodi simili, abbia esteso la maledizione
al nipote maschio, Draco Malfoy.
Non abbiamo ulteriori
dettagli su tale punto, ma ci auguriamo che non sia vero.
Dannare un bambino prima
ancora che comprenda cosa sia giusto o meno, ci sembra una vera crudeltà (anche
se non nutro alcun dubbio su quale direzione andrà il suo pensiero in futuro).
Cambierà mai questo
mondo?
Quando finiranno i
pregiudizi?
Ai posteri l'ardua
sentenza".
Le
mani del giovane Serpeverde tremavano. La vena gli pulsava sulla fronte e il
desiderio di scagliare tutto per l'aria, divenne forte in Draco. Ma il ragazzo
si trattenne dal commettere tale sciocchezza, col timore di venire scoperto.
Con
rabbia e impazienza, rimise in ordine ciò che aveva usato e si affrettò a
lasciare la biblioteca.
Che
cosa significava che anche lui era stato maledetto?
Perché
non ne sapeva nulla?
Sua
Madre e sua sorella non avevano accennato a niente di tutto ciò.
D'un
tratto nel bel mezzo del corridoio, Draco si fermò.
Gli
occhi spalancati, le labbra semiaperte e la consapevolezza che ancora una volta
la sua famiglia gli aveva mentito.
Lavinia
lasciò cadere a terra, i ferri e il rotolo di lana azzurra.
Narcissa
posò il libro che stava leggendo con attenzione e si girò verso la figlia,
fissandola con preoccupazione.
"Cos'è
successo?" domandò con fare concitato.
Lavinia
aveva lo sguardo vacuo e per un attimo le labbra le tremarono.
"Draco
sa..." sollevò lo sguardo e fissò la Madre.
"Ha
scoperto la verità". Il suo legame con Draco, a causa anche della
Maledizione, si era rafforzato, seppur solo univocamente.
Quelle
parole parvero a Narcissa, l'ennesima condanna.
Si
lasciò andare con la schiena sulla poltrona, chiudendo gli occhi.
Quand'è
che la sua famiglia avrebbe trovato pace?
***
Mi prosto ai vostri piedi e vi chiedo perdono.
So che molti di voi vedranno come una mancanza di rispetto i miei
ritardi nel postare, ma vi assicuro che le cause sono ben altre e la
mia rabbia è tanta, perchè ci tengo moltissimo a
terminare questa fan fiction. Molte volte mi ritrovo a scrivere e a non
essere assolutamente soddisfatta e questo capitolo non fa eccezione.
Hermione scopre quanto siano realmente profondi i suoi sentimenti e comincia ad avvertire la paura del futuro.
Mentre Draco si ritorva a scoprire una verità sulla sua famiglia che fino a quel momento, gli esa stata taciuta.
Cosa farà? L'affronterà o scapperaà?
Lo vedremo.
A presto (spero)
Marghe
Ps:
non scrivo la fan fiction a scopo di lucro, ma per puro diletto. I
personaggi sono di proprietà della Rowling, tranne Lavinia che
è frutto della mia fantasia.
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