Amore Dietro Le Sbarre

di himsavedme
(/viewuser.php?uid=229757)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** The loneliness ***
Capitolo 3: *** Right time? ***
Capitolo 4: *** Let's party! ***
Capitolo 5: *** Only a nightmare ***
Capitolo 6: *** Foto personaggi ***
Capitolo 7: *** One more night ***
Capitolo 8: *** Return ***
Capitolo 9: *** I'm a tell you one time ***
Capitolo 10: *** Metter of trust ***
Capitolo 11: *** Forgiveness, trust, love ***
Capitolo 12: *** Without a family ***
Capitolo 13: *** Never let you go ***
Capitolo 14: *** Only salvation ***
Capitolo 15: *** One less lonely... Natalie? ***
Capitolo 16: *** Baby Sitter, Omg! ***
Capitolo 17: *** Nice to meet you, Mitchie ***
Capitolo 18: *** Now, stop pain, fuck you ***
Capitolo 19: *** It's time to fight ***
Capitolo 20: *** AVVISO IMPORTANTE ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Prologo -

Presi le scale esterne dell'edificio e salii fino al tetto.
Il progetto infilato nei miei stivali neri diceva che esattamente a sette metri alla mia destra c'era una porta che portava all'interno del museo.
"Come farò ad entrare da quella porta? Magari è blindata." dissi a Conor osservando la mappa posta sul tavolo.
"Tranquilla, non viene mai usata. E' pure arrugginita, basterà un calcetto e si aprirà senza troppi problemi." rispose.
Infatti, come disse lui, mi bastò un calcio di forza mediobassa per aprirla.
Non c'era una minima fonte di luce, così dalla mia cintura che teneva armi speciali, presi la torcia, puntandola sulle scale.
Rapidamente ma in silenzio le attraversai, arrivando ad un portone argentato, chiuso a chiave, era una porta di servizio che mi avrebbe portata direttamente all'interno del museo.
Dalla mia coda perfetta afferrai due forcine che mi aiutarono ad aprire il portone senza romperlo, così da non lasciare segni evidenti.
Subito dietro la porta c'era il corridoio, dove ai lati c'erano vetrine con un sacco di oggetti vari di grandi valori.
Il mio compito non era quello di prendere tutto quello che trovavo, no.
Ma questo poco importava. Seguii le indicazioni scritte sul foglio di carta, che mi portarono in una stanza.
Utensili, vasi antichi, scritture, e poi il mio obbiettivo, un dipinto di Monet del 1902. 
Era proprio difronte a me, a circa cinque metri di distanza, che diventarono due. 
Non potevo avvicinarmi di più, ne ero sicura. Più di una volta ho rubato in un museo, quindi afferrai la mia bombola a gas che spruzzai sul quadro senza rovinarlo. Il gas mise in risalto due luci verdi messi a croce sopra il dipinto. Una minima goccia di sudore avrebbe fatto scattare l'allarme, quindi prenderlo da quella posizione sarebbe stato inutile, tanto valeva dichiararsi alla Polizia direttamente. 
Ma un paio di lucette non avrebbero impedito il mio intento, uscii dalla stanza, girai a sinistra e poi di nuovo a sinistra subito dopo, e dopo una decina di metri, di nuovo a sinistra, trovandomi esattamente dietro il quadro, protetto da uno strato di cemento, ossia il muro.
Sempre dalla mia fidata cintura presi il laser. Lo puntai perpendicolare al muro, premetti il pulsante e una lucetta rossa sottilissima si scontrò contro di esso, fondendo il punto. Tracciai un contorno nero a forma quadrata.
Con delle pinze apposite afferrai la piccola sporgenza di muro quadrato, attirandolo verso di me, staccandolo del tutto dal resto, dall'altro lato, c'era il mio dipinto. 
Appoggiai il cemento pesante a terra, facendo il minimo rumore. Il quadro era ancora appesso all'altro lato, che subito tolsi.
Afferrai di nuovo il cemento e cercai di riposizionarlo, ci riuscii quasi del tutto, bastava fonderlo col resto, ma per mio madornale errore, il laser che avevo ancora in mano mi scivolò, facendo rimbombare un suono secco, che spaccò il silenzio di tomba.
"Merda." sussurrai imprecando.
Lo raccolsi, afferrai il quadro, cercando una via di salvezza prima dell'arrivo del guardiano.
Mi guardai intorno, due lunghi neon spenti erano sopra di me e affianco un tavolino con dei quaderni che mette a disposizione il museo per leggere quello che i visitatori pensano dell'edificio. 
Perfetto. Il quadro lo nascosi dietro il tavolino, su cui poi mi arrampicai per infilarmi tra i neon, a mo' di hot dog.
Sono molto atletica, oltre che figa, cosa che fa impazzire i poliziotti. 
I miei pensieri vennero interrotti dai passi svelti del controllore che si avvicinava furtivamente.
Dall'alto vedevo la luce della sua torcia che illuminava tutto, meno che me.
Potevo sentire il suo respiro affannato e preoccupato. Non lo avrei ucciso, neanche stordito, ma in caso si accorga di me, ero obbligata a tirargli un calcio di forza alta esattamente dietro la nuca, facendolo svenire, così da dimenticare le ultime cose che fece e che vide.
I miei muscoli cominciavano a cedere, ma non mi staccai dai neon.
Sentivo le gocce di sudore scorrere sulla mia fronte, e l'uomo era proprio sotto di me. Non potevo asciugarmele, sarei caduta.
In un tale silenzio si sarebbero sentite anche le formiche, perciò se cadeva una minima goccia, ero fottuta.
Ma la fortuna non era dalla mia parte, infatti, in pochi millesimi, la goccia di sudore si scontrò a terra, provocando un minimo rumorino, che però risuonò ovunque, era proprio ai piedi del guardiano.
Lui abbassò la testa, e la vide. Merda merda merda.
Subito alzò la testa, e mi vide. Preso dallo spavento fece cadere la torcia, accendendo però ogni luce del corridoio, mentre premette un bottone su un aggeggio fissato sulla spalla della camicia azzurra.
Probabilmente chiese rinforzi, dovevo uscire subito.
Scesi immediatamente dai neon, mentre lui afferrò la pistola.
Feci lo stesso, accasciandomi dietro il tavolino come riparo. Ma notai dietro di me gli interruttori della luce, che spensi.
Senza torcia, senza neon, non poteva vedermi, al contrario di me, troppo abituata ai luoghi senza luce.
La pistola non mi serviva più.
La infilai nella cintura, e sgusciai esattamente dietro l'uomo in preda al panico.
"Dove sei bastarda, dove sei?!" urlava.
Ero proprio dietro di lui, feci una mezza piroetta, sferrandogli un forte calcio sulla nuca, che lo fece cadere a terra, privo di sensi. 
Corsi a prendere il quadro, velocemente riunii il pezzo di cemento insieme a tutto il resto del muro, e tornai verso il portone da cui entrai, ma prima di uscire, sul tavolino lasciai il mio solito "ricordino", un bigliettino che baciavo ogni volta, lasciando la traccia del rossetto rosso.
Non ero così stupida, sapevo che avrebbero preso le impronte, quindi mi mettevo sempre le labbra di plastica, su cui applicavo il rossetto.
Richiusi il portone, salii le scale e mi ritrovai sul tetto. 
All'aria aperta, in cima al palazzo, potevo sentire le sirene della polizia avvicinarsi, sarebbero arrivati con gli elicotteri a distanza di pochi minuti, meglio sloggiare.
Presi la rincorsa e saltai un palazzo dopo l'altro prima dell'arrivo dei rinforzi.
Nessuno mi notò.
Quando ero a più di una decina di palazzi di distanza, con il fiato corto, mi fermai un secondo.
Ero sul tetto di un palazzo, un albergo. 
Avevo sempre la borsa a portata di mano, dove infilai il dipinto.
Dalla porta sul tetto entrai nell'albergo, e sgattaiolai fuori, senza nessun problema.
Una ragazza vestita tutta di nero, con una semplice borsa, niente sospetti, perfetto.
Arrivai dietro un vicolo, lontano dal museo. Tirai fuori dalla borsa il dipinto e lo osservai sorridente. Obbiettivo raggiunto, o meglio dire, Missione Compiuta.



SPAZIO AUTRICE
SCIAO BELLIIIIII.
Sono tornata con una nuova storia, però su Justin Bieber. Beh questo è il prologo che vi fa venire in mente qualcosa.
L'altra storia "Angels - Dare To Dream" ovviamente la continuo, ma solo quando riceverò almeno 1 recensione.
Se questa FF vi interessa fatemelo sapere, voglio almeno una recensione per sapere cosa ne pensate, se vale la pena di continuare o no :3
ATTENZIONE A ME: I PROTAGONISTI SONO (OVVIAMENTE JUSTIN BIEBER) E MEGAN FOX, CHE PRENDE LA PARTE DI NATALIE MORRISON. 
Scusatemi per gli errori, mi date qualche recensioncina? *fa gli occhi dolci* 
Grazie per le visite C:


Mailley, baci :*








 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The loneliness ***


- The loneliness -

 



Justin's Point of View

Ero appollaiato nel mio letto, immerso nei miei sogni, quando qualcosa mi fece svegliare.
Il mio cellulare appoggiato sopra il comodino accanto al letto vibrava senza sosta, mamma? No. Ragazza? Non ce l'ho. Lavoro? Oh yes.
Mezzo assonnato risposi.
"Pronto?"
"Justin, c'è stata un'altra rapina al solito museo di Los Angeles, esattamente un quarto d'ora fa. Sbrigati..."  era Chaz, un mio collega. Un'altra rapina? No, non di nuovo...
"Non dirmi che è..." non riuscii a finire la frase che Chaz mi interruppe.
"Si, lei."
Merda. Anche se sono in circolo da poco, ho avuto molti casi, che ho sempre risolto con successo, ma con lei no. Era il mio punto debole, astuta, veloce, inafferrabile, e incredibilmente sexy, Nat.
E' sempre fuggita col bottino in mano, e spariva come un gatto nella notte, incredibilmente agile.
Più di una volta dei poliziotti sono riusciti a incastrarla, ma riusciva sempre a scappare, di solito con le sue abilità nelle arti marziali, ma a volte anche perché confondeva gli agenti, che anche se hanno una certa età, si fanno prendere da quel corpo perfetto e quegli occhi freddi come il ghiaccio. Ci siamo scontrati più volte, ammetto che è difficile anche pensare di farle del male, è solo una ragazza. L'età sua è a noi sconosciuta, ma sarà intorno ai 20. Mi sono sempre controllato quando cercava di fare la furba, il suo viso non l'ho mai visto, solo il suo corpo coperto da strettissime tute nere, e quegli occhi raggelanti, certo i miei ormoni erano dalla sua parte, ma non avrei perso il posto per nessun motivo al mondo. 
Che questa sia la volta buona per sbatterla in galera.
Sbuffai. "Va bene, arrivo subito." dopo aver riattaccato mi vestii in fretta. Camicia bianca e jeans neri, senza far mancare le mie adorate supra. Ero pur sempre un ragazzo, no?!
Indossai la cintura su cui infilai una pistola, non si sa mai.
Uscii di casa e salii sulla mia Range Rover, mettendo sul tettuccio una sirena blu, per poi sgommare via.
In un quarto d'ora arrivai davanti al museo, le strade erano chiuse, così parcheggiai l'auto e mi avvicinai.
Degli agenti impedivano il passaggio alle persone, quindi tirai fuori dalla tasca del cappotto il mio tesserino, così da farmi passare.
Entrai dentro, dove c'erano tutti i miei colleghi che cercavano tracce ovunque.
"Ehi, dov'è Chaz?" chiesi a Ryan mentre andava chissà dove. Oltre che poliziotto, era un mio caro amico come Chaz.
"Ciao Justin, Chaz sta parlando col testimone, lì, infondo al corridoio" mi disse indicandoli.
"Grazie" sorrisi e mi avvicinai.
Il testimone era un controllore del museo, aveva il viso piuttosto preoccupato e si teneva del ghiaccio dietro la nuca.
Senza interrompere affiancai il mio amico, ascoltando la conversazione.
"Quindi lei quando ha sentito il rumore è andato subito a vedere?" chiese Chaz.
"Si ovvio. Le luci erano tutte spente, quindi accesi la torcia. All'inizio non notai niente, poi sentì un rumore, come una goccia che si sfracellava a terra. Guardai i miei piedi, notandola proprio vicino alla punta del destro, alzai la testa trovando due occhi azzurri che mi fissavano. Per lo spavento feci cadere la torcia che si spense, ma accesi le luci dei corridoi. Tirai fuori la mia pistola, mentre lei si nascose dietro quel tavolino." disse indicando dietro le nostre spalle. Era rovesciato a terra. "Poi non so perché le luci si spensero, e senza torcia nè neon non vedevo niente. Ma quella bastarda mi vedeva benissimo. Ero nel panico e non sapevo che fare, poi sentì un forte colpo alla nuca, che mi fece perdere i sensi, finché voi non mi avete trovato qui a terra, non ricordo altro." concluse.
Prima che qualcuno possa aggiungere qualcosa intervenii.
"Scusi, posso vedere la sua nuca?" chiesi all'uomo.
Senza rispondere acconsentì.
Aveva un grande livido rosso che lo prendeva per molti centimetri, tipico, un calcio di Nat.
Ne avevo visti molti, i suoi sono micidiali. Aveva preso il punto fatale in pieno. Era dotata abilità straordinarie. Al buio, al primo colpo lo aveva preso nel punto giusto, ma come?!
"Un calcio." dissi poi.
"Okay, grazie per la disponibilità, le riferiremo ulteriori notizie" disse poi Chaz allontanandosi.
"Cosa ha preso questa volta?" chiesi.
"Un dipinto di Monet, dal valore di 126.000 dollari". 
"
Un dipinto? E' impossibile prendere un dipinto, i raggi infrarossi avrebbero dovuto far scattare l'allarme!" dissi certo.
"Lo credevamo anche noi, infatti abbiamo fatto controllare tutti gli allarmi, ma nessuno era stato danneggiato, tutto era in regola. All'inizio eravamo confusi, poi Ryan ha trovato una cosa, vieni." disse portandomi dietro la stanza del furto.
Un quadrato con i bordi neri sembrava stampato al muro. Ora è tutto chiaro, il laser.
"Astuta." dissi.
"Sexy." rispose Chaz che ricevette un colpetto alla testa da parte del sottoscritto.
Sexy?! Nat? Ahahaha ma per favore, il suo viso l'ho visto qualche volta solo di sfuggita, il suo corpo l'ho visto molto bene, e non è tutto sto granché .... okay lo ammettò è assolutamente bellissima, però non avrebbe incantato il grande Justin Bieber, investigatore di grande livello, il più famoso della città.
"C'è altro?" chiesi poi.
"Si" disse una voce alle mie spalle, Ryan. Tirò fuori da una valigetta una bustina di plastica, in cui c'era un bigliettino.
"Il marchio di Nat, non poteva mancare." dissi sbuffando.
Ad ogni crimine commesso, come per provocarmi, ripeto, provocarMI, lasciava questo bigliettino con un bacio e la sua firma "Nat, kiss".
Si divertiva a giocare con me, perché sapeva benissimo che ero solo un ragazzo, cercava di far scoppiare i miei ormoni in qualsiasi modo. 
Spesso mi diverto con le ragazze, sono pur sempre giovane, ma nel lavoro sono molto serio, e dicendo la verità, questo 'gioco' tra me e lei, è piuttosto... eccitante.
"Andiamo in laboratorio, vediamo se possiamo trovare qualcosa." intervenì Ryan.
Dal museo ci precipitammo alla "centrale" come la chiamavo io, era una cosa divertente, come in un film d'azione.
Ryan mise il foglietto sotto un microscopio per esaminarlo bene.
"Allora, dal rossetto non si può trovare niente, dato che ha usato le labbra finte, però, dalla firma posso trovare qualcosa.
"Dalla firma?" chiese Chaz confuso.
"Si. Dal tipo di scrittura, esaminandola bene, si può capire lo stato d'umore mentre l'ha scritto, e chissà, magari si può conoscere qualcosa di più sul soggetto."
Wow, questa tecnologia è sempre più avanzata, beh, meglio così.
Dopo circa mezz'ora di attesa, Ryan si decise a parlare.
"Allora..." beh non sto qui a spiegare cosa disse, non ci capì niente nemmeno Chaz.
Potei solo comprendere che Nat era una persona senza amore, diciamo sola. 
Il fatto che Ryan abbia scoperto tutte queste cose attraverso qualche segnetto in penna, è sorprendente.
Quindi la nostra criminale è in astinenza d'affetto?! Uhm, interessante. Se è anche una persona fragile sarà facile colpirla nel suo punto debole, l'amore.

Natalie's Point of View

Dopo aver consegnato il dipinto a Conor, me ne torno a casa, dove il mio cucciolino mi aspetta.
Ogni volta che entro, un silenzio tombale mi attraversa il corpo, ricordandomi di come sono ogni giorno... sola.
Conor mi ha preso dall'orfanotrofio all'età di 14 anni, mi adottò.
Ma non era come tutti gli altri "padri". Non mi permise mai di chiamarlo papà, nè fratello, nè amico, lui è sempre stato solo il mio capo.
L'ho sempre chiamato col suo nome, Conor Morrison.
I miei genitori? La governante mi ha sempre detto che mi abbandonarono, incapaci di crescermi.
All'inizio è stato un duro colpo, ma poi ci feci l'abitudine.
Conor mi addestrò. Mi fece seguire delle lezioni private per imparare a leggere, scrivere, e tutte le cose che i normali adolescenti studiano. In più un sacco di attività sportiva, karatè, judo, box, e tutti i vari sport per la difesa.
Lo scopo? Beh, inutile dirlo. Conor lavora nel mercato nero, dove ha trascinato anche me.
Ormai sono una ladra di alto livello. Non bevo, non mi drogo, non ho mai ucciso.
Vivo con la 'paga' che mi da lui. Ho una casa mia, una vita, se così la posso chiamare.
Ah si, ho anche una migliore amica... la solitudine.


SPAZIO AUTRICE
Salve salviiino Beliebersssss
Spero che il secondo capitolo vi piaccia :3
Mi farebbe piacere ricevere almeno una recensione piccola piccola *occhioniiiiiii*
Continuerò presto:)
In più volevo ringraziare 

1 - Berto94 
2 - biscapdrew 
3 - BluGirl 

Per averla messa tra le preferite, e
1 - 161chia 
2 - drewscandies
3 - Kikka_LovePanda 
4 - lilli92
5 - loustear 
6 - Manuuuuxx 

Per averla messa nelle seguite, grazie mille *.*
Scusate gli errori C:
A presto

Baci, Mailley :*



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Right time? ***


- Right time? -




"Bel lavoro, Nat. A parte quando ti è caduto il laser. Grave errore. Questa volta hai avuto fortuna, non voglio che succeda più." mi rimproverò Conor.
"Si, hai ragione, scusami. Starò più attenta."
"Ora vai a casa, tieni." disse dandomi una busta. "Anche se hai fatto qualche errore ci hai portato il dipinto in perfette condizioni, ti meriti un premio.", premio = piccolo aumento.
"Grazie mille." risposi afferrandola. Infatti era un po' più spessa delle altre.
"Ora puoi andare" feci come disse, mi alzai dalla sedia e mi avviai verso il portone d'acciaio, ma poi ricominciò a parlare.
"Ah..." mi voltai.
"Si?
"Quel Bieber..." lo interruppi.
"Il mio nemico o il ragazzo con cui sta uscendo Lily?" parlavo di me in terza persona. Diciamo che avevo due personalità, non sono pazza eh. Come una specie di CatWoman. Ora che mi trovo dentro il Covo, o quando entro in azione, sono Nat, diciamo la parte 'cattiva' di Natalie.
Per il resto sono Lily, una dolce ragazza, ossia la mia parte 'buona'.
Quindi per Bieber valeva lo stesso. Di notte, il mio nemico. Di giorno, il ragazzo di cui sono probabilmente innamorata.
Usciamo ormai da tre mesi e mezzo. Non siamo fidanzati ufficialmente, ci scambiamo qualche coccola, sappiamo di piacerci a vicenda, ma andiamo con calma.
Lui non sa che sono anche Nat. Nasconderlo è difficile, lui crede che io lavori in un'agenzia viaggi, mentre non sa che ci imbattiamo molte notti finendo per scannarci vivi.
Non ho alcuna intenzione di fargli del male, ma voglio provocarlo, per questo gli lascio quei bigliettini a fine missione.
Sono sempre una ragazza giovane, no?! Un po' di divertimento non fa male a nessuno.
"Il poliziotto. Stai giocando ad un gioco molto pericoloso. Se dovesse scoprire la tua identità, ci rimetterà tutto il Covo. Lo sai vero!?" Tutto il Covo intendeva i miei 'colleghi'. Non sempre andavo in missione da sola. C'era Chriss, Caitlin, Joe e molti altri.
E tutti erano come me, con una doppia vita. 
"Si. Ma so quello che faccio." risposi sicura.
"Ah si!? Prima o poi Justin verrà a sapere chi sei veramente, e non potrà non fare quello che è il suo lavoro. Devi scegliere. O Justin, o il Covo. Non ti do tempi nè niente del genere. Ma devi trovare una soluzione efficace, non ci rimetteremo per un tuo capriccio Natalie, c'è in ballo la vita di tutti noi, tutta questa famiglia."
Il mio volto s'incupì.
Ci tenevo moltissimo a Justin, e lui lo sapeva bene.
Vedendomi in quello stato, si avvicinò a me, e la parte da capo severo, si trasformò nell'uomo dolce che mi crebbe fin da ragazzina.
"Senti, so che ci tieni molto a lui. Lo dico anche per il tuo bene. Con tutti i ragazzi di cui ti puoi innamorare, proprio lui ti dovevi scegliere? Ne troverai un altro. Continua la tua vita come hai sempre fatto, però presta molta attenzione, prima o poi tutte le bugie vengono a galla." mi diede un forte abbraccio, che ricambiai. 
"Certo, non preoccuparti, troverò un modo." sorrisi un po' malinconica ed uscii.
Svoltai per qualche vicolo per poi trovarmi in strada. Il sole scottava sulla mia pelle, il caldo era soffocante.
Mentre mi lagnavo mentalmente, mi diressi verso casa, stavo morendo di fame, ed era l'una passata.
Zac già mi aspettava in giardino scodinzolante. 
Evito la parte in cui faccio la ritardata con la vocina stridula. Però non sono l'unica che davanti ad un cane fa la rincoglionita mentale, almeno spero.
Tralasciando questo, entrai in casa, diedi da mangiare a Zacbull (soprannome scelto dalla sottoscritta) e mi preparai una buona bisteccona che mi divorai in poco tempo. Il cibo mi ossessionava, eppure non ingrassavo, non me lo potevo permettere.
Il mio lavoro comprendeva passare in un qualsiasi spazietto di pochi centimetri di larghezza, se fossi ingrassata, non avrei più potuto farlo, e in quel caso erano cazzi.
Mentre con la mia mente vagavo chissà dove, il mio cellulare vibrò, qualcuno mi aveva inviato un messaggio.
Da: Conor.
Messaggio: Stasera c'è una festa di gala alla Villa dei Middle, alle 21. Possiedono un vaso antico egiziano, di grande valore. Lo devo far esportare in India, questione importante. Mi serve per stanotte. Indosserai un abito lungo che ti arriverà oggi pomeriggio in una scatola, in cui ci sarà anche l'invito e una foto del vaso. Prima entrerai di nascosto, lasciando la borsa in cui metterai il vaso in una camera, che tanto non verrà usata. Poi ti cambi, ritorni fuori dalla villa ed entri come una normale invitata.
Siccome ci sarà anche Bieber, che farà parte della vigilanza, truccati molto, e metti la parrucca bionda e le lenti marroni scure che ti manderò insieme al resto. Buona fortuna.'

Sbuffai sonoramente. Oggi la voglia di un'altra avvenutra era pari a zero.
Mai i miei pensieri vennero interrotti da un'altra vibrazione del telefono.
Da: Justin.
Sorrisi nel leggere il suo nome.
Messaggio: Ehi, piccola. Oggi ho il giorno libero, ti va di uscire? Mi manchi molto, sono stato impegnato parecchio in questi giorni. Ma mi farò perdonare. Non accetto un no come risposta. Alle 4 nella solita piazzetta. Un bacio xx'
Trovandomi sul divano mentre lo leggevo, presi un cuscino e lo stritolai, sbaciucchiandolo ovunque.
Non riuscivo a dirgli di no, però sono sempre una donna, devo farmi desiderare. 
'Uhm...e va bene signor investigatore famoso, accetto. Beh in effetti ti sei fatto sentire poco. Dovrai sudare per farti perdonare. A dopo x'
Non sono normale, insomma anche se sono Lily, c'è comunque una piccola parte Nat, quando sono Nat c'è sempre una piccola parte Lily. 
Portatemi in manicomio vi prego.
Va beh,dettagli. Mi fiondai in bagno facendomi una doccia veloce, dimenticando per qualche minuto di tutto quello che avevo intorno, e lasciando scorrere insieme all'acqua fredda le mie angosce.
Finito, uscii, mi avvolsi in un asciugamano e tornai in salotto. Mentre scendevo le scale, il campanello suonò.
Aprii la porta, ma tutto quello che vidi fu un furgone nero che sgommava via, e ai miei piedi una grande scatola bianca, con sopra un biglietto.
'Il vestito l'ha scelto Caitlin, lei si intende di queste cose. Anche se non potrò vederti, so che sarai bellissima. Buona fortuna Netie x"
Netie. Mi diede quel soprannome pochi giorni dopo l'addozione. 
Nat è per la mia parte cattiva, Lily per quella buona, e Netie è per la parte della figlia di Conor, dato che lo sono legalmente.
Presi la scatola e la portai in camera mia, l'aprì e trovai un vestito che mi lasciò a bocca aperta. Teneva le cosce scoperte, perfetto per poter infilarci la mani per estrarre le armi che mi sarebbero state utili. (
http://weheartit.com/entry/49666232)
Subito dopo controllai l'ora, le 15.20.
Velocemente mi vestii, in stile Lily, ossia jeans marroncino chiaro, camicetta bianca e ballerine bianco panna.
Mi feci una coda alta, eyeliner, blush e scappo via.
Decisi di portare anche Zac per fargli prendere un po' di aria.
Alle 15.57 mi trovavo nella piazza, dove lui già mi aspettava.
Zac, riconoscendolo a pochi metri, abbaiò, facendolo voltare.
I suoi occhi caldi si scontrarono con i miei freddi, sciogliendo il mio cuore.
Vedendomi sorrise, mentre si avvicinava.
Zacbull tirava come un pazzo. Anche se ho le braccia muscolose, era troppo forte per me, quindi mi costrinse a seguirlo, ossia andare verso Justin.
Ci abbracciammo di slancio, sussurrando vari "Mi sei mancato","Finalmente, piccola" e cose simili.
Dopo l'abbraccio fummo avvolti da un bacio pieno di passione, che faceva combaciare perfettamente le nostre bocche, mentre le lingue si sfioravano delicatamente.
Le mie braccia erano dietro il suo collo, e le sue mani sui miei fianchi.
Dopo qualche ultimo bacio a stampo, ci staccammo con dei sorrisi stampati in viso.
Quella fila di denti bianchi mi faceva impazzire, era così dolce.
Facemmo un giro nel parco vicino alla piazza, prendemmo un gelato tra una chiacchiera e l'altra, finché gli feci la domanda che tanto m'incuriosiva.
"Allora, ho saputo che ieri notte quella Nat se l'è svignata di nuovo, furba eh?!" dissi con tono da sapientina.
Si bloccò di colpo squadrandomi con fare minaccioso.
"Bah, è stata solo fortuna." disse incurante.
Aumentiamo un pochino il livello di stronzaggine.
"Ah, per la millesima volta ha avuto fortuna, wow!
Si stava irritando un po', e il che mi piaceva.
"Okay lo ammetto è astuta, ma ancora per poco. Ho una sorpresina per lei." disse con sguardo di chi la sa lunga.
Una sorpresina per Nat? Oh, Bieber, così mi commuovo.
"Ah si? E sarebbe?"
"Non posso dirtelo, segreto di lavoro."
"Ti prego ti prego ti prego" feci gli occhioni da cucciola che tanto mi venivano bene, a cui lui non sapeva resistere.
Infatti si coprì gli occhi.
"Nonono gli occhioni da orsetto coccoloso no. Sei crudele.
Lo abbracciai, mi faceva troppa tenerezza, poi si decise a guardarmi.
"Solo qualcosina." continuai con la vocina dolce e facendo il labbruccio.
"Sei una ruffiana. E va bene."
Aaaaahhhh, vittoria a moi. Un po' mi dispiace questo, lui si fida di me, ma così evito un possibile scontro, la galera e quantaltro.
"Hai presente la villa dei Middle?"
"Si."
"Ecco. Stasera ci sarà una festa. Io parteciperò insieme ad altri colleghi, per sorvegliare. In quella casa ci sono molti oggetti di valore. E siamo abbastanza sicuri che quella ladruncola non si farà scappare una tale possibilità di rubare qualcosa. In quel caso, saremo pronti." Ah, quindi vorrebbero acchiapparmi? Uhm, non mi va per niente bene.
Beh, ci sarà da divertirsi stasera.
"Ottime osservazioni Bieber, mi stupisci. Beh auguri, che sia la volta buona di acciuffarla." lo lodai un pochino, così da farlo rilassare un po', anche se servirà a ben poco.
"Vedrai, ci siamo preparati bene, in ogni minimo dettaglio. Stavolta non scapperà più. E poi, la curiosità mi uccide. Darei qualsiasi cosa pur di scoprire chi è.
Quella frase mi ghiacciò in un attimo, mi fece riflettere. Svegliati Natalie, non è un gioco. C'è in ballo la tua vita, e quella di molte altre persone. Ammetto che in molti piani di Bieber è stato difficile scappare, e la sua ultima frase mi preoccupò parecchio. Anche io dovevo preparare un piano dettagliato, bastava una volta sola, e potevo dire addio alla libertà. No, non mi avrebbe preso, parola mia.
"Immagino. Vedrai che quando la prenderai potrai finalmente mettere fine a tutte le tue domande." finì comprensiva.
Dopo tutto, anche se era il mio peggior nemico, a lui ci tenevo come a nessun altro.
E tutte le bugie che gli ho raccontato in questi mesi, mi fanno sentire uno schifo.
Prima o poi risolverò questa situazione, in un modo o nell'altro.
"Beh, ormai sono le 19. Tra due ore entro in servizio. Grazie per la bella giornata Lily. Sono stato benissimo. Sono perdonato?"  Mi prese per i fianchi, avvicinandomi a lui. I nostri nasi si sfioravano, sentivo il suo respiro caldo scontrarsi dolcemente sulle mie labbra. Non potevo dirgli di no, era troppo dolce. Ok, calma, respira.
"Certo." sorrisi per poi baciarlo delicatamente.
Mi accompagnò a casa. Ero davanti alla mia porta, mentre lui attraversava il piccolo vialetto.
"Buona fortuna per stasera!" urlai per farmi sentire.
Si voltò, mi sorrise e mi fece l'occhiolino, per poi voltarsi, scomparendo tra le strade affollate di Los Angeles. 
Entrai in casa e mi appoggiai alla porta.
Ormai il sole stava tramontando, era quasi buio.
E come un lupo mannaro, Lily cominciava ad abbandonarmi, mentre Nat si faceva spazio in me.
La notte comincia.



SPAZIO AUTRICE
Lalalala zalllveeeee peopleeeee **
Tadaaaa, altro capitolo, spero vi piaccia :3
Ringrazio ancora quelli che continuano a seguirla, e per le recensioni ricevute nel capitolo precedente.
Se me ne lasciaste qualcuna anche in questo mi fareste contentissima adasdfdsasdsa **
E mi piacerebbe anche sapere se qualcuna andrà al concerto di Bibah.
Purtroppo io no :/ almeno non in questo :)
Beh, dopo aver finito di rompere le pallottole, vi saluto.
P.S. Scusate per gli errori C:

Kissssssss, Mailley <3


















 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Let's party! ***


- Let's Party! -
 

Mi diressi in camera mia dove la scatola giaceva sopra il letto.
Erano le 19.22, di tempo ne avevo ancora tanto, ma non rimandare a domani quello che puoi fare oggi, quindi preparai la borsa. 'Dentro' il mio armadio, c'è una specie di base segreta personale, molto tecnologica e blindata. Inserisco il codice, le impronte digitali ed entro.
Ben dotata, con strumenti tutti marchiati MSC (Morrison Space Central).
Aprii un'anta di uno degli armadi luminosi, dove c'erano tutte le mie armi. Non mi sarei portata un mitra o un lancia fiamme, bastava una Sig Sauer, che avrei infilato nel gambaletto sulla coscia, insieme ad un coltellino come seconda arma.
Poi presi la borsa, in cui avrei infilato tutto il contenuto della scatola.
Finito il lavoro, erano le 19.40, tanto vale aprofittarne per un po' di allenamento.
Dopo aver indossato una comoda tuta, uscii in giardino, dove avrei potuto muovermi liberamente.
Prima stretching, poi il vero riscaldamento. Ruote, veritcali, capriole in aria, rondate, in più tutte le tecniche delle arti marziali.
Mi bastò mezz'ora, ma ero tutta sudata, e senza esitare corsi a farmi una doccia di dieci minuti.
Sarei dovuta andare al luogo della festa un po' prima, per appoggiare i miei strumenti.
L'orologio segnava le 20.30, potevo aspettare ancora qualche minuto, che usai per mettere qualcosa sotto i denti, per poi dare da mangiare anche a Zac.
20.48. Perfetto, si entra in azione.
Presi il borsone, entrai in macchina e partii verso la villa, che si trovava in centro a Los Angeles, quindi non distante da me.
Parcheggiai l'auto in un angolino buio, ma non troppo lontano.
Da dietro un albero potevo vedere gli invitati entrare, dove all'entrata c'erano quegli omoni che ti chiedono il biglietto. Beh, se per 'omone' significa ragazzo di 19 anni, corporatura media, allora sono proprio omoni. Infatti Bieber era lì, magari aspettava l'arrivo di Nat.
Aveva uno smoking nero, con sotto la camicia bianca, senza cravatta. All'orecchio portava l'auricolare collegato a quel tubicino trasparente, che non ho mai capito a cosa serva, bah.
Notai anche che alla vita portava una cintura che teneva una pistola, come tutti i suoi colleghi, e anche delle manette. Eh si, stava proprio aspettando il mio arrivo. Verrà acconentato, ma non del tutto.
Ma questa era diversa dalle solite festicciole di ricconi, di solito ti chiedono solo il biglietto, qui ti perquisiscono, dicendo un misero "Scusi, è per motivi di sicurezza".
Si sarebbe aspettato che Nat sarebbe venuta con delle armi, infatti. Però lui non lo verrà mai a sapere.
Poche chiacchiere. Senza farmi notare andai dietro la casa. Per fortuna le stanze che nessuno usava erano vuote, ed al primo piano, quindi entrare ed uscire sarebbe stata una passeggiata.
Con le mie tecniche aprii la finestra senza danneggiarla, lanciai dentro la borsa per poi arrampicarmi, saltando dentro.
L'odore di lusso mi dava la nausea. Mi infilai in bagno dove mi cambiai.
Misi del trucco di colori vivaci, che davano una 'forma diversa' al mio viso. Poi le lenti marroni, che coprivano le mie iridi azzurre, e a seguire la parrucca bionda che arrivava alle spalle.
Le armi le misi dentro il reggiseno, in modo da non farmi male; di certo Bieber, anche se ha il suo lato da pervertito, non si sarebbe permesso di toccarmi il seno, anzi, di toccarlo ad una sconosciuta.
Il gambaletto, al tocco sopra il vestito di tessuto spesso non si sentiva, quindi ci avrei infilato le armi successivamente senza problemi.
Osservai la foto del vaso un'ultima volta, dopodichè nascosi tutto sotto la scrivania della stanza.
Saltai di nuovo giù dalla finestra e mi avvicinai all'entrata, senza alcun sospetto.
Salii i pochi gradini, sotto gli occhi di Bieber e il suo amico Chaz. Ormai li conosco tutti.
"Buonasera signorina, il biglietto per cortesia." Mi trattenni dal ridere. Justin così era difficile da vedere, ma riuscii a non emanare nessuna emozione stramba.
"Certo." glielo porsi sorridente, che poi infilò in una cassettina affianco a lui.
"Scusi ma dobbiamo perqusirla, per motivi di sicurezza, non si preoccupi." disse poi Chaz, obbligandomi ad aprire le braccia.
"Certo, fate pure." Uno si preoccupava delle gambe, l'altro della parte superiore. 
Ancora mi trattenni dal ridergli in faccia, sembrava volessero stuprarmi.
Chaz, che controllava la parte superiore, non mi sfiorò il seno, e nemmeno Bieber notò niente di strano sulle gambe, perfetto.
"Bene, è tutto a posto. Scusi il disturbo e buona serata." concluse quest'ultimo.
Lo guardai, e solo in quel momento mi accorsi di quanto fosse bello. Quella crestina, il suo sorriso magnifico, gli orecchini, amavo tutto di lui. Fermi tutti, Lily ora non c'è. Niente smancerie, Nat è qui per lavorare, Bieber non è l'elemento importante in questo momento.
"Grazie, altrettanto." e fiera del mio lavoro, entrai nella casa.
Il salone era enorme, stracolmo di gente che cagava soldi. 
Andai in bagno dove, di nuovo sola, mi sistemai la pistola e il coltellino nel gambaletto.
Controllai il trucco, la parrucca e le lenti colorate, tutto era a posto, ottimo.
Si poteva scorrazzare per i corridoi nella casa, ma il mio obbiettivo era in una stanza, quella degli ospiti. Ma se mi fossi allontanata subito avrei potuto lasciare sospetti, quindi per circa mezz'ora rimasi nel reparto alcolici e nei corridoi, facendo finta di ammirare i vari oggetti di valore.
Ormai erano le 21.57. Non voglio più stare ferma. 
Aspettai che il corridio che dava alla stanza degli ospiti si liberasse, per poi entrare.
Quando si sarebbero accorti del furto, sicuramente avrebbero controllato le maniglie, e preso le impronte digitali, quindi usai il vestito come guanto, e varcai la soglia, richiudendo la porta alle mie spalle. Il vaso era sopra un tavolino, insieme ad altri oggetti. Con delicatezza lo presi, sempre con i lembi del vestito. Sfilai dal gambaletto il mio bigliettino, con su scritto 'Il piano è fallito Bieber? Mi dispiace, ma non è ancora finita l'avventura per me. Riprovaci, forse avrai più successo. Il vaso lo prendo in prestito, anche se dubito che lo rivedrete ;) Alla prossima, Bieber. Kiss, Nat.' Con accanto il solito 'timbro'. Mi avvicinai alla finestra, l'aprii, e facendo molta attenzione a non romperlo, scivolai fuori, richiudendola. 
Feci un passo verso la finestra della stanza dove c'era il borsone, ma un rumore mi bloccò.
Non erano passi, ma versi. Versi, animali, CANI INFEROCITI.
Ma certo, i soliti doberman di guardia. 
Non mi feci prendere dal panico, dato che non c'era motivo di averne.
La loro intenzione era di sbranarmi viva, ma non era mia intenzione farmi dilaniare.
Scappare sarebbe stato inutile. Sono molto veloce, ma loro hanno quattro zampe, io solo due gambe.
Ma Conor non mi insegnò solo le varie arti marziali, anche l'addestrare animali feroci. Beh di certo non le tigri, ma dei cani sì. 
Sapeva che nelle case come questa ci fossero animali da guardia, e mi serviva essere preparata.
I due bestioni mi venivano incontro, mostrando i lunghi denti affilati. Mantenni la calma.
A pochi metri si fermarono, continuando a perdere bave ovunque.
Un singolo movimento li avrebbe fatti scattare.
Ho un pitbull di cinquanta chili a casa, due doberman non mi fanno paura.
Non li guardai negli occhi, ma con un tono molto duro e severo, ed un braccio testo, gli diedi il comando. 
"Sitzt! " essendo cani addestrati mi obbedirono subito, e si calmarono eseguendo l'ordine.
Continuai a mantenere il braccio teso verso di loro, cominciai a indietreggiare verso la finestra, senza mai dare le spalle. Continuavano a guardarmi, ma avevano anche le orecchie rilassate, segno di calma.
Ottimo, potevo anche abbassare il braccio e avviarmi, e così feci, senza altri problemi.
Aprii la finestra e mi arrampicai di nuovo, tenendo d'occhio il vaso che doveva rimanere intatto.
Mi tolsi subito la parrucca che mi dava un prurito terribile e i tacchi, rimanendo a piedi nudi. 
Infilai tutto nella borsa e corsi di nuovo fuori, scavalcai il cancello, finendo in una piccola boscaglia che nascondeva la mia auto. Prima di partire sentì l'allarme scattare.
Un piccolo ghigno di soddisfazione si formò sul mio viso, e più fiera che mai, scomparii nel buio della notte, Nat ha colpito di nuovo, Obbiettivo Raggiunto.

Justin's Point of View

Tutto andava nel verso giusto, a quanto pare Nat ha preferito non farsi viva, meglio così.
Nessun sospetto, niente di niente.
"Justin, Justin!" Chaz mi chiamava, sembrava agitato.
"Che succ..." Non riuscii a finire la frase che l'allarme antifurto scattò.
Sgranai gli occhi verso il mio amico.
"Ecco, volevo dirti questo. Ormai è scappata, come un fantasma, senza alcun rumore."
Merda, no, cazzo no! Di nuovo no!
Mi tenevo la testa tra le mani per la rabbia. Era la volta buona.
Ma come cazzo ha fatto a sfuggirmi di nuovo? COME?
"Cazzo. Cosa merda ha preso?" La finezza mi abbandonava ogni volta che mi alteravo.
"Il vaso egiziano nella stanza degli ospiti. Niente tracce, solo questo." disse porgendomi un fogliettino. Il suo timbro.
Dopo averlo letto lo accartocciai.
Maledetta, sta solo mettendo alla prova la mia 'bontà'. 
Prima avevo anche pietà di lei, volevo solo prenderla e metterla dentro, ma ora no. 
Se la trovo, le farò ricordare per tutta la vita di non provocarmi più.
Non mi importa se sia una ragazza, il gioco è bello finchè dura poco.
Le pagherai tutte Nat, una per una, dovesse costarmi la vita.


SPAZIO AUTRICE
Hola genteeeeeeee
Nuovo capitolo aaaaaah! Scusatemi per il ritardo, SORRYYYYYY
Beh che vi sembra? Spero sia decente per voi meravigliose.
Tutti e tre i capitoli precedenti hanno superato le 100 visualizzazioni e 8 recensioni, VI AMOOO ADSADSASD **
Se vi interessa questo è il mio profilo twitter 
 https://twitter.com/Lovato_Love_You
Mi lascereste qualche recensioncina anche qui? :3 Pleeeeassse peooplleeeee
Mentre voi leggete io aspetto il Believe Acoustic *.*
Non vi rompo più, alla prossima meraviglieeeeee



Baci, Mailley <3









 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Only a nightmare ***


- Only a nightmare -




Justin's Point of View

"Justin puoi venire un attimo?" Ryan venne a chiamarmi per portarmi nel suo ufficio, accanto al mio, con una certa urgenza.
Entrando notai seduto difronte alla scrivania un uomo, che riconobbi come il guardiano del museo aggredito l'altra notte da Nat.
"Ehm, salve." dissi porgendogli la mano che strinse, per poi sedermi accanto a lui.
"Allora Justin, ti ho portato qui con urgenza per dirti e farti vedere una cosa importante." cominciò il mio collega.
"Ti ascolto."
"Allora, dopo l'accaduto al museo, il signore ha seguito dei corsi di riabilitazione perché aveva perso la memoria per il colpo subito da Nat, che a quanto pare non ha preso il punto perfetto. La forza era alta, ma ha preso solo una parte della nuca. Qundi per il signor Beymer non è stato difficile riacquistare la memoria perduta." disse Ryan con voce tremante.
"Bene, mi fa piacere, e questo ci aiuterebbe a...?" risposi.
"Riconoscere il volto di Nat.
Sbarrai gli occhi, la pazienza lasciò il mio corpo, volevo sapere chi fosse, subito.
"Beh..." il signor Beymer interruppe i miei pensieri. "Io la vidi quella notte, vidi il suo volto che è rimasto impresso nella mia mente." aggiunse.
"Mi ha descritto il viso nei dettagli, e io l'ho ritratto in questo foglio." disse indicandolo difronte a se, che giaceva sul tavolo, però era voltato.
"Io te lo voglio far vedere, ma a delle condizioni." disse Ryan rivolgendosi a me.
Condizioni? Per quale motivo? Non poteva farmelo vedere e basta?!
"Ehm, okay..." dissi incerto.
"Devi chiudere gli occhi, io ti passerò il disegno che ti metterai difronte al viso, e solo quando ti darò il mio segnale lo guarderai." il suo tono era tremante, ma deciso, e feci come disse lui, senza troppe domande.
Il foglio era esattamente davanti al mio viso, mentre aspettavo il segnale.
"Aprili."
Forse la cosa migliore era aprirli lentamente, ma la curiosità me li fece aprire di colpo, e mi ritrovai il foglio ai piedi, dopo aver emesso un grido di spavento, di rabbia, di delusione.
Mi appoggiai una mano alla bocca. Potevo sentire il fiato pesante, il petto che si alzava e abbassava velocemente, i battiti del mio cuore che accelleravano.
Fissai il foglio. Quei segni di matita che contornavano quegli occhi mi colpirono l'anima, mentre il mondo mi crollò addosso. 
Tutti, ma non lei. 
Era ritratta su quel foglio, la donna di cui sono innamorato era la mia più grande nemica, il mio più grande ostacolo, la mia Natalie, la mia Lily.
Cercavo di mettere insieme una frase con senso, ma dalla mia bocca non usciva niente.
"Ho anche controllato dal computer le persone che lavorano in tutte le agenzie viaggi della città, e non c'è nessuna Natalie Morrison. Non ha neanche un conto in banca, cosa tipica di chi lavora... nel mercato nero." concluse agitato Ryan.
Senza dire nient altro uscii dal distretto, avevo bisogno d'aria.
Passai per gran parte della città, ma era solo peggio. Ogni posto mi ricordava lei.
Il parco, lo Zoo, il Luna Park. Tutti luoghi in cui ci siamo dati appuntamento, e io che volevo anche dichiararle il mio amore, che volevo iniziare una storia seria, tutto mandato a puttane.
Ci sono altre menzogne dietro a tutto questo che ancora non so? 
Perché lo ha fatto?
Ha uno scopo preciso?
Perché proprio io?
Troppe domande mi intasavano la mente.
Io sono un poliziotto, ho il dovere di arrestarla, siamo in ambito di lavoro, non posso farmi prendere dal panico.
Però voglio fare le cose per bene. 
Anche se sarà peggio, voglio passare un ultimo momento con lei, anche se è Nat, rimane comunque la mia Lily, la donna che amo.
Tornai in ufficio, dove Ryan e Chaz, che ormai sapeva tutto, mi aspettavano.
"Tutto bene?" mi chiesero i miei amici appena mi videro.
"Si. Allora, questa sera la inviterò a cena a casa mia, lei non sa che la arresterò, la coglierò di sorpresa per poi portarla qui. Non voglio rinforzi a meno che non vi chiami io, niente polizia fuori casa, solo io e lei. Avrò le mie armi a casa, vi invierò dei messaggi per tenervi informati. Tutto chiaro?" conclusi.
Annuirono. 
Afferrai il cellulare. Sullo sfondo c'era la nostra foto, mi incantai un attimo a fissarla.
Mentre passavamo tutto quel tempo meraviglioso insieme, lei mi mentiva così spudoratamente. La maggior parte del dolore non era per le bugie, ma che ora l'amore che provavo per lei si trasformò in odio, per tutto quello che da perfetto diventò in un incubo. Per avermi tolto le forze che solo lei poteva darmi. Ricacciai le lacrime e scrissi il messaggio.
'Buongiorno splendore. Ho tanta voglia di vederti, stasera cenetta a casa mia!? Ti costringo. Alle 20 devi essere da me, niente obbiezioni. A dopo xx' premetti invio mentre mi lasciavo scivolare nella depressione.

Natalie's Point of View

Non è possibile.  
Non può fallire tutto così.
L'altra notte, alla festa, mentre Justin mi perquisiva, senza farmi notare gli piazzai una cimice sul collo, molto piccola, collegata a una radio che tengo in casa mia, così da poter sentire quello che poteva dire, se destava sospetti dopo quella sera.
Conor aveva ragione.
Justin sapeva tutto, e ora voleva incastrarmi.
Perché, non mi ama?!
No, sono io la prima che dovrebbe farsi questa domanda.
Prima o poi sarebbe venuto a scoprire tutto. Poteva venirlo a scoprire tra anni, come da un giorno all'altro, e io l'ho presa alla leggera, alla fine tutto si è messo contro di me.
Quando sentii le parole fredde e dure di Justin dall'auricolare collegato alla radio, l'importanza per me, per la mia libertà svanì.
Tutto quello che prese importanza fu lui. Quello che provava, la delusione, la rabbia, la tristezza, il cuore spezzato che non avrei più potuto riparare. Tutto per colpa mia.
Che cosa vorrebbe Justin? Me in galera, o libera? Cosa mi meritavo?
Ovvio, la galera. Forse gli avrebbe fatto male vedermi là, ma è quello che mi merito.
Una vibrazione interruppe i miei pensieri, il cellulare.
Come disse Justin, mi avrebbe inviato il messaggio per l'invito, che avrei accettato.
Infatti risposi. 'Accetto volentieri, a dopo xx'.
Non riuscii a trattenere le lacrime dopo quel messaggio.
Le urla spezzate dai singhiozzi uscivano senza sosta dalla mia bocca, mentre le lacrime mi solcavano il viso, i miei occhi erano come rubinetti costantemente aperti.
Dovevo avvisare Conor, aveva il diritto di sapere.
'Stasera mi prenderanno. Non preoccuparti per la sicurezza del Covo, non rilascerò alcuna informazione. Dirò che ho fatto tutto da sola. Avevi ragione Conor, dovevo trovare all'istante una soluzione, e invece ho preso tutto alla leggera, e ora sono qui, aspettando che il destino venga a prendermi. Salutami gli altri. Grazie per tutto quello che hai fatto per me, ricordati che legalmente sei mio padre. Anche se non te l'ho mai detto, sappi che ti voglio bene. Sconterò la mia pena, spero di rivedervi presto. Tua, Netie. x'
La risposta non tardò ad arrivare.
'Prima o poi sarebbe successo, ma non hai idea di quanto ci stia male. Mi ritengo colpevole. Sei troppo giovane per questo tipo di lavoro, e soprattutto troppo giovane per comandare i tuoi sentimenti, dovevo saperlo, ma soprattutto dovevo agire al posto tuo eppure non l'ho fatto per il semplice motivo che ti avrei fatta soffrire staccandoti da quel ragazzo, ma ora è molto peggio. Il danno è fatto. Ti prego di perdonarmi. Sei una ragazza intelligente Netie, te la caverai, io e tutto il Covo abbiamo fiducia in te. Ti vogliamo bene, farai sempre parte della nostra famiglia, abbi cura di te, buona fortuna. Papà x'.
L'ultima parola, quell' ultima parola mi fece sorridere il cuore, è stato l'unico accanto a me per tanti anni, l'unico che mi ha voluto bene, Conor, o meglio dire, papà.
L'orologio segnava le 18.40, solo un'ora e venti, e la mia libertà mi verrà portata via.
Solo un'ora e venti per sfruttare al meglio quello che mi resta.
Conor lo tolgo dalla mia lista. Oltre a lui, solo un elemento rimane, il mio grande compagno di avventure, nonchè grande coccolone, Zac.
Passare del tempo con lui, per me è il modo migliore di sfruttare la libertà che mi resta.
"Zac!" lo chiamai dal salotto dopo essermi asciugata le lacrime.
Sentii trotterellare dal piano superiore, e poi una testina marrone e bianca spunta dalla cima delle scale. Subito mi venne incontro saltandomi addosso, perdendo bave ovunque.
I suoi occhioni color nocciola mi fecero tornare indietro nel tempo, quando un paio d'anni prima, Conor decise di prendermi un cane.
Lui voleva un Doberman, così mi portò in un canile, dove in una gabbia c'erano quattro cucciolini, di cui tre Doberman.
Uno era tutto cicciottello, uno col collo lungo e l'altro abbaiava di continuo.
Conor voleva quello ciccottello, ma io ne volevo un altro.
Un cucciolino si teneva in disparte, fissandomi, con la coda scondinzolante.
Subito mi innamorai, e insistetti per farmelo prendere.
Rimase con me fino ad oggi. Non ci separammo mai, con lui giocavo, dormivo, mi sentivo protetta. Quando piangevo per lo stress lui mi stava vicino, e mi leccava le lacrime.
Non mi avrebbe mai abbandonato, cosa che invece avrei fatto io di lì a poco.
Non averlo più mi distrugge il cuore ormai debole.
Nella casa accanto alla mia c'è una bella famiglia, che ha molta confidenza con Zac.
I due bimbi di 10 e 7 anni ci giocano spesso. Amano il mio cane, e so di potermi fidare di loro, sono brave persone e avrebbero cura di lui.
Portai il pitbull in giardino e ci giocai per un po', circa una mezz'oretta.
Mi divertivo sempre con lui.
Ma poi, anche quei sorrisi svanirono.
Quando facemmo una pausa, capii che era l'ora di dirci addio.
Raccolsi tutte le sue cose, cibo, giochi, e vari oggetti per la pulizia.
Gli misi il guinzaglio e uscii di casa. 
Feci un bel respiro profondo e suonai il campanello.
La madre, Rose, mi aprii.
Quando mi vide mi fece un gran sorriso che ricambiai.
"Ciao Natalie, ti serve qualcosa?" quella donna è sempre molto gentile.
"Beh, forse ti chiedo tanto Rose, e magari è anche un po' tardi, però mi servirebbe un enorme favore. Ho trovato un lavoro, fuori città, che però mi impedisce di portare Zac con me. Non mi fido di nessuno che lo possa tenere, e non voglio portarlo al canile. Gli unici che lo conoscono bene e che lui ama siete voi, forse ti chiedo tanto, ma per me è davvero importante, voglio che abbia una vita felice, non voglio trovargli una famiglia che poi lo abbandoni." dissi tutto d'un fiato, trattenendo le lacrime.
"Ti ho portato tutte le sue cose con i suoi documenti. Ti prego, fallo per lui. E' un ottimo cane, è addestrato, ama i bambini e fa i suoi bisogni fuori casa. Non abbaia e potrebbe essere un ottimo cane da guardia, non causa alcun disturbo, ti prego, non saprei dove lasciarlo." continuai. 
I due bambini raggiunsero la porta, avevano ascoltato tutto.
"Si mamma ti prego, possiamo tenerlo?" disse la piccola.
La implorai con lo sguardo. Passarono una manciata di secondi, che mi sembrarono un'eternità, finchè Rose sfoggiò un sorriso smagliante.
"Certo cara. Lo terremo più che volentieri.
L'anima mia si alleggerì, e abbracciai la donna.
"Grazie Rose, non sai quanto sia importante per me.
"Figurati, sei una vicina tanto brava, e vogliamo tanto bene a Zac, starà in ottime mani.
"Bambini, portate dentro queste cose." continuò rivolta ai figli entusiasti.
"Mi daresti un secondo per salutarlo?" le chiesi.
"Tutto il tempo che vuoi.
Mi fece entrare in salotto, e mentre si sparsero per la casa, abbracciai forte il mio cane.
"Scusami piccolo, scusami se ti sto abbandonando. Non ti dimenticherò mai amico mio. Sei la cosa più bella che mi sia successa. Ti amerò per sempre." tornò il liquido salato che mi rigava le guance, immaginare Zac lontano da me mi faceva morire da dentro, lentamente. Zac continuava a darmi baci su tutto il viso, provocandomi una piccola risata.
"Non dimenticarmi. Ti voglio bene." conclusi.
Rose e i bambini mi raggiunsero.
"Non so ancora come ringraziarvi." ripetei.
"Non devi. Buona fortuna Natalie."
Uscii nel vialetto, senza voltarmi, era difficile trattenersi dal tornare indietro e ripendermi Zac, ma non potevo, era per il suo bene.
Quando rincasai erano le 19.10, decisi di cominciare a prepararmi.
Feci una doccia e mi misi un normale vestitino con una larga cintura in vita su cui avrei messo una pistola.
Conoscendomi, mi sarei fatta prendere dalla paura, e avrei lottato per la mia libertà, quindi me la portai dietro, dotata di munizioni.
Mi truccai e quando finii erano le 19.50.
Presi le chiavi e il cellulare, chiusi tutta la casa, ed uscii.
Sgommai verso casa Bieber.
Arrivata scesi dall'auto, e mi incamminai sul vialetto.
Una grande porta bianca divideva la libertà dalla prigionia.
Un passo, e sarebbe cominciato l'inferno.
Un passo, e sarebbe cominciato l'incubo.
Un passo, e tutto sarebbe finito.



SPAZIO AUTRICE
Hola chicoooossssss
Natalie è stata scoperta afasdfesadfghgdsa, come andrà il prossimo capitolo? Scusatemi per gli erroriiiiii
Lo scoprirete se mi lasciaste qualche piccola recensioncina :3 
Avete il Believe Acoustic? Io no, ma mia mamma mi ha promesso di prendermelo la prossima settimana AAAA non vedo l'ora c: Intanto vi lascio con una foto di Zac 


Image and video hosting by TinyPic

Non è dolceeeeee? :3 
Vi amo Beliebers, alla prossimaaaa

Mailley <3





 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Foto personaggi ***


- Foto Personaggi -
 

Natalie Morrison

Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic


Justin Bieber 

Image and video hosting by TinyPic<
Image and video hosting by TinyPic

Conor Morrison

Image and video hosting by TinyPic

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** One more night ***


- One More Night -
Quando trovate quest asterisco (*) vi consiglio di ascoltare questa canzone http://www.youtube.com/watch?v=LXUSaVw3Mvk
 


Suonai il campanello con mano tremante.
Dovevo calmarmi, sembravo un massaggiatore elettrico.
In pochi istanti, Justin mi aprì. Era bello, come sempre.
Indossava una semplice camicia bianca, dei jeans neri e le sue immancabili supra viola.
Dovevo sembrare naturale, niente agitazione, dopotutto, sono abituata a fare l'attrice.
E sinceramente perferirei essere una principiante nel ruolo, così da poter dimostrare di non aver mai mentito, anche se in realtà, è quello che ho fatto ogni minimo giorno.
"Ehi, Natalie." mi abbracciò, senza darmi neanche un bacio.
E oltretutto mi chiamò con il mio nome per intero. Era come una lama che mi trafisse il petto, gli avevo provocato così tanto dolore da arrivare a questi livelli.
Mi fece passare, portandomi nella sala da pranzo.
"Vieni, siediti." mi fece accomodare come un gentiluomo, lo è sempre stato. A quanto pare ha fretta di arrestarmi, beh, non lo biasimo, a chi piacerebbe tenersi una criminale in casa?!
"Grazie." sussurrai.
Subito portò il cibo in tavola, è molto bravo a cucinare, e la cena andò bene, fino ad un certo punto.
"Allora... come va il lavoro?" chiese bevendo un sorso d'acqua.
Voleva il gioco sporco, forse una piccola vendetta, voleva mettermi in agitazione.
"Tutto bene grazie." risposi senza guardarlo, fissando il bicchiere pieno difronte a me.
Non sarei riuscita a reggere i suoi occhi che tanto amavo.
"Sai..." ricominciò a parlare con un tono misterioso. "... oggi sono andato a vedere delle cose sull'agenzia in cui lavori..."
Merda merda, sta arrivando il momento.
Gli feci cenno di andare avanti, anche se l'unica cosa che volevo era scappare.
"Con il computer della polizia posso fare cose che con altri strumenti non potrei, e ho notato una cosa strana..."
Non ce la faccio più, ho un'angoscia tremenda, Bieber arrestami e basta.
"Tra i nomi degli operai in cui ci lavorano, non c'era nessuna Natalie Morrison." il suo tono di voce era rigido, tanto che mi fece rabbrividire.
Boom, ecco, beccata. Mi faccio prendere dall'agitazione, e mi invento qualcosa.
"Forse avrai sbagliato agenzia." non lo guardai neanche ora. Continuavo a mangiare la mia cena, anche se avevo lo stomaco chiuso, dovevo trovare qualsiasi scusa pur di non guardarlo, neanche per un secondo.
"Ho guardato in tutte le agenzie di Los Angeles, niente, tu non ci sei."
Prima che finisse la frase c'era un sottofondo di posate che sbattevando contro i piatti di ceramica, ma quando la concluse, un silenzio di tomba riempiva la stanza.
Ormai sono stata beccata, tanto vale divertirsi prima di concludere la storia, no?!
Afferrai gli angoli del tavolo, alzandolo con velocità verso di lui, che svelto si spostò, mentre tutti i piatti si scontrarono sul pavimento, riducendosi in piccoli frammenti.
Mentre era impegnato ad evitarlo, corsi a nascondermi, afferrando la mia arma.
"Nat, non essere vigliacca." disse ancora dalla cucina.
"Scusa Bieber,ma non posso fare a meno di essere ciò che sono." risposi.
Dopo quella frase, sentii la sicura della sua arma scattare.
Poi, ancora silenzio. Si stava avvicinando, pronto a colpirmi.
Intelligentemente, non misi i tacchi, e le ballerine non facevano nessun tipo di rimbombo.
Senza alcun rumore, percorsi il piccolo corridoio, ma prima di svoltare verso la camera, Bieber dall'inizio del corridoio mi sparò due colpi, che riuscii ad evitare.
Mi posizionai di nuovo dietro al muro, pronta ad una piccola vendetta.
Ancora avanzava cautamente. Prima che si avvicinasse troppo gli mollai qualche altro colpo, che però evitò abbassandosi dietro un mobile.
"Scusa amore, tutto bene?" dissi sarcastica.
"Bastarda." rispose.
Corsi dentro la camera. Non avevo via d'uscita.
Ma era quello che volevo. Non mi piacevano i giochi con le armi.
Lo aspettai là dentro, con la pistola ai miei piedi, così che potesse capire che ero indifesa.
Entrò con l'arma puntata sulla mia testa, e con un sorrisino soddisfatto.
Il mio viso non aveva alcuna espressione, al contrario.
"Fine dei giochi, Natalie." non eravamo molto distanti, solo la lunghezza del suo braccio teso verso di me, con la pistola sempre puntata.
"Abbiamo appena iniziato." prima che possa rispondermi gli levai la pistola, lasciandola cadere abbastanza lontano, e gli sferrai un calcio sotto il mento che lo fece gemere.
Si mise in posizione fetale, ma mi colse di sorpresa, tirandomi un pungo in pieno viso che mi fece cadere ai suoi piedi.
Il gioco continuava a così, prima lo fregavo io e poi lui, in quel momento era il mio turno.
Pensava che da distesa non avrei potuto far niente, invece in una frazione di secondo gli feci lo sgambetto, per poi saltargli addosso dopo che fosse caduto.
Eravamo una tempesta di pugni, una volta lui era sopra di me, una volta io.
Ci giravamo di continuo, fin quando mi prese per i polsi, bloccandoli.
Il suo viso era ad un centimetro dal mio, il suo petto contro il mio seno.
* Sentivo i nostri respiri corti scontrarsi, il suo cuore battere veloce, i nostri cuori battere all'unisono. Ci fissammo, e i suoi occhi caldi mi scioglievano ogni volta che li scrutavo.
Nessuno parlava, ma potei leggere nelle sue iridi un grande desiderio, che non potei fare a meno di accontentare.
Alzai la nuca, facendo scontrare le nostre bocche che combaciavano perfettamente, mentre cominciava un gioco di lingue.
La sua forza sui miei polsi diminuì, ma non volevo colpirlo, non con la forza. Volevo colpirlo con il mio cuore, con il mio amore.
Mi fece alzare, staccandosi per un attimo, per poi ricominciare.
Afferrò le mie cosce, alzandomi da terra, e le mie gambe gli circondavano la vita.
Mi adagiò sul letto, mentre le sue mani mi toccavano ovunque.
I vestiti si facevano sempre più ingombranti.
Passò le mani dietro la mia schiena, slacciando il vestito, fino a sfilarmelo.
Io intanto aprivo la sua camicia, per poi passare ai jeans, che fecerò compagnia al resto sul pavimento della stanza.
Le sue mani passarono sui miei seni avvolgendoli completamente. Il reggiseno era stretto, quindi slacciò pure quello che raggiunse il resto dei vestiti.
Abbassò la testa, lasciandomi una scia di baci umidi sul collo, per poi arrivare a questi.
Soffiò piano su un seno, mentre la mano viaggiava fino all'altro, e con il pollice toccò lentamente la punta del capezzolo, pizzicandolo un po'.
Gemetti sentendo una scossa tremenda in tutto il corpo sotto il suo tocco.
Le sue labbra si schiusero sull'altro capezzolo, cominciando a succhiarlo, lasciando ogni tanto qualche dolce morso che mi faceva sussultare.
Feci scivolare la testa all'indietro, per godermi a pieno quel momento.
Mentre mordicchiava i miei seni gli presi la testa, come per chiedergli di più.
Era una tortura, stava giocando sporco.
Fece scivolare le sue mani sotto il sottile merletto dei miei slip, disegnando cerchietti.
Aprii di più le gambe, mentre lui infilò due dita dentro di me, che mi fecero gemere. 
Mi avvolse il clitoride, spingendo sempre più forte.
Potei sentire la sua erezione premere contro la mia gamba.
Quando tolse le dita, cominciò la mia vendetta.
Mi misi a cavalcioni su di lui, continuando a baciarlo.
Intanto feci scivolare la mia mano sui suoi addominali, per poi arrivare al suo membro.
Infilai la mano dentro i boxer, sentendolo in pieno godimento.
Lo afferrai muovendo la mano su e giù, sempre più veloce.
Mi morse un labbro per evitare di urlare dal piacere, ma non volevo essere troppo cattiva.
Gli tolsi i boxer, e lui fece lo stesso con i miei slip.
Mi fece stendere di nuovo sotto di lui, facendo scivolare le mani sulle mie cosce, aprendole, permettendogli di stare più comodo, ma si fermò.
Guardava fisso nei miei occhi, come per chiedermi il permesso.
Non era la prima volta, nè per me, nè per lui, ma era la prima volta, insieme.
Gli sorrisi teneramente, e lui ricambiò, senza esitare ancora, entrò dentro di me.
I nostri gemiti riempivano la stanza, mentre le sue spinte aumentavano.
Mentre i nostri bacini danzavano, mi baciò violentemente, chiedendomi di più. Voleva passione, eccitazione, ma soprattutto, voleva amore.
Venimmo insieme, e in quel momento, all'apice del piacere, mi diede un ultimo bacio, per poi uscire dal mio corpo, e con il fiato corto, si distese affianco a me.
Ci guardammo negli occhi per un tempo infinito, mentre i nostri respiri si facevano regolari.
Non riuscivo più a trattenermi. Forse non dovevo, forse era tardi, ma il tempo era ormai scaduto, aveva il diritto di saperlo.
"Ti amo." una lacrima solcò il mio viso, per tutto il dolore che gli ho provocato, nonostante quello che provassi per lui.
Con il pollice la tolse, avvolgendomi con le sue braccia.
"Ti amo anch'io.
Dopo quella frase, paura, terrore, agitazione, tristezza. Tutte le emozioni negative lasciarono il mio corpo, per fare spazio a qualcosa che non ho mai provato prima, ero... felice.
Non mi importava più del carcere, della libertà, avrei solo fatto la cosa giusta.
Domani succederà, e non farò resistenza.
Justin era diventato il mio punto forte, il mio punto debole. La mia gioia, la mia tristezza. Il mio amore, la mia paura. La mia sicurezza, la mia sensibilità. Justin era diventato il mio mondo. Se vedermi scontare la pena lo renderà felice, lo farò.
Tra le sue braccia, mi addormentai, con il sorriso nell'anima.


Il sole penetrava dalle finestre, sfiorandomi la pelle.
Aprii gli occhi, facendo mente locale.
Mi ricordai di quando feci l'amore con Justin la notte precedente, e una sensazione di gioia mi pervase, ma oggi, avrei detto addio a tutto.
Ero sola nel letto, e l'orologio sul comodino segnava le nove passate.
Indossai i miei indumenti, ma prima di varcare la soglia, appoggiai l'orecchio alla porta.
Sentivo delle voci provenire dal salotto, erano i poliziotti.
Feci un lungo respiro profondo, abbassai la maniglia ed uscii.
Come pensavo, cinque omoni, tra cui Justin erano in piedi sulla porta.
Appena mi videro, presero le loro armi puntandole sulla mia testa. Il che non mi fece alcun effetto, soprattutto dopo che Justin gli disse di abbassarle.
"Signorina Natalie, la dichiaro in arresto." disse uno di loro.
Come mi ero ripromessa, non mi opposi.
Allungai le braccia, offrendo i miei polsi che vennero rinchiusi nelle manette.
Justin teneva la testa bassa, e vederlo così mi faceva morire lentamente dall'interno.
Prima di varcare la porta, lo guardai, e lui guardò me.
Aveva gli occhi lucidi, mentre i miei stavano già facendo scivolare le lacrime
Non erano di tristezza, ma di felicità. È grazie a lui che imparai ad affrontare il mio destino.
"Grazie." sussurrai sorridendo.
Il suo sguardo si fece confuso.
"Per avermi insegnato ad amare."
Non aspettai risposta, gli agenti mi trascinarono in macchina.
Prima di partire mi voltai, era sul cancello, che mi guardava, mentre una lacrima gli solcava il dolce viso. Mi sorrise, e mi salutò con un cenno di mano.
Ricambiai il gesto. L'auto partì, e alla prima curva, di Justin non vidi più neanche l'ombra.
Solo in quel momento capii i veri valori della vita. 
Solo in quel momento conobbi il Significato Dell'Amore.
Addio Conor.
Addio Zac.
Addio libertà.
Ci rivedremo nei miei ricordi, amore mio



SPAZIO AUTRICE
Zaaaaalveeeeeeeee
Dopo questo capitolo vado a nascondermi, hanno fatto sesso mlmlmlml
Spero vi sia piaciutoooo
Mi state seguendo tantissimo, grazie grazie grazie.
Vi ho già detto che vi amo? 
Recesionate e fatemi sapere come vi sembra.
Love yaaaaaa :*


Mailley <3












 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Return ***


- Return -
 





Due mesi.
Due mesi che sono rinchiusa in questo schifosissimo posto.
Condivido la cella con due ragazze, una di trent'anni, Charlye, e una di circa vent'anni, Annika.
Non ho mai chiesto loro il motivo della loro prigionia, è già abbastanza difficile dover sopportare la mia sporca coscienza ogni singolo momento.
Della vita al di fuori del carcere ricordo pochissimo.
Non ricordo il viso di Conor, il muso di Zac, il dolce viso di Rose.
Ma solo uno è rimasto impresso in me, quello di Justin.
Di notte urlavo per gli incubi, immaginando che fosse lui a sbattermi in cella con tanta crudeltà e odio, o addirittura che fossi io a rinchiuderlo, con così tanta forza da farlo piangere.
Non si faceva mai vedere, e non potevo biasimarlo.
Mi diedero dieci anni di galera.
Sono passati solamente due mesi, e già mi sento mancare l'aria.
Il tempo non aspetta nessuno, quindi sono io a doverlo fermare.
Il tempo sta per scadere.




"Finiremo il trattamento verso le sei. Abbiamo molti altri cani, non si preoccupi, starà benissimo." disse Caitlin fingendo un sorriso alla signora Rose.
"Bene, grazie mille. A dopo" detto questo uscì dalla porta principale.
Caitlin aspettò che la signora svoltò l'angolo con la sua auto, e poi portare il cane fuori dal lavaggio, camminando svelta tra le strade della città affollata, finendo poi dentro il Covo.
"Zac, ci sei mancato tanto." disse la ragazza abbracciando il cane dopo essere entrata.
"Caitlin, ottimo lavoro." Conor entrò nella sala d'entrata, dando qualche carezza veloce al cane, per poi prendergli il collare.
Controllò bene all'interno, e come previsto c'era un fogliettino. 
"Zacbull!" Chris li raggiunse, abbracciando anche lui il cucciolone, che tanto gli era mancato.
"Bene, le informazioni ci sono tutte. Caitlin, per il colloquio?" domandò il capo alla ragazza.
"E' esattamente stasera. Se lo passo mi faranno cominciare domani."
"Ottimo, il curriculum è sopra la mia scrivania. Mi raccomando, fai attenzione."
"Si. Mi sono informata per gli esami del sangue che devono farmi per assumermi. A quanto pare per fortuna i medici hanno avuto un problema, e al posto di venire domani pomeriggio me li faranno la sera, intorno le otto." aggiunse lei.
"Bravissima. Chris" Conor richiamò l'attenzione del ragazzo, impegnato a giocare con il cane. "Tu, Joe e Ty dovrete fare attenzione. Ricordatevi che lì saremo come a casa del nemico, un minimo errore, e anche noi faremo la fine di mia figlia."
"Non preoccuparti. Abbiamo preparato tutto nei minimi particolari. Andrà tutto come deve andare, riusciremo a tirarla fuori." lo rassicurò con una leggera pacca sulla spalla.


"Scusi, mi può dire l'ora?" chiesi alla guardia posta difronte alla mia cella.
Ero appena tornata dalla mensa insieme alle mie coinquiline.
Il mio piano stava per scattare.
"Le due e trenta." rispose lei senza degnarmi di uno sguardo.
Mi risedetti sul letto, e dopo qualche secondo imitai una fitta alla pancia.
L'attrice non era una dote che mi mancava di certo.
"Morrison, che succede?" la guardia preoccupata entrò nella cella.
Con fiato strozzato per il finto dolore risposi.
"Mi fa malissimo la pancia." la signora, robusta, mi aiutò ad alzarmi, e chiamò un suo collega per accompagnarmi in infermeria, ottimo.
Attraversammo dei lunghi corridoi mentre io mi tenevo la pancia, e lui mi tratteneva per le spalle.
Dopo qualche centinaia di metri, ci fermammo difronte ad un grande portone blindato, su cui bussò.
Un'infermiera aprì.
Il mio cuore si alleggerì, vedere il suo viso che ormai avevo scordato mi faceva tornare la speranza.
"Che succede, signorina...?" fece finta di non ricordare il mio nome, dato che la guardia era ancora accanto a me.
"Morrison, Natalie Morrison. Ho dei forti dolori allo stomaco." dissi indicandolo.
"Bene ora controlliamo, però si deve togliere la maglia, così posso lavorare meglio." fece per togliermela, ma come da copione la bloccai.
"Ah certo, scusi ma deve uscire." disse l'infermiera, alias Caitlin, al poliziotto che lasciandomi un'occhiataccia uscì.
Appena scattò la serratura del portone, saltai in braccio alla mia amica, abbracciandola forte.
"Mi sei mancata moltissimo." dissi sussurrando per evitare di farmi sentire.
"Anche tu Natalie, manchi molto a tutti. Come avevamo pianificato, ora Zac è al Covo, sta benissimo." Il mio cucciolone, quanto mi manca.
"Mi mancate, non sai quanto." risposi abbracciandola di nuovo.
"Ora distenditi sul lettino, dobbiamo finire il lavoro."
Feci come disse, intanto lei bagnò uno straccio, che poi mi passò sul viso e sul collo, così da farmi risultare sudata per lo sforzo di sopportare il dolore.
"Bene, ora esco due secondi, aspetta qui." uscì dal portone per parlare alla guardia posta fuori.
Intanto pensai a quello che stavo facendo, era la cosa giusta?
Per tutti i due mesi rinchiusa riflettei molto sul fatto di scappare, e arrivai ad una conclusione.
Non ho deciso io di fare questa vita, non sono io che ho scelto il mio destino.
Ma ormai ci sono dentro, ed ora che questo mi ha fottuta, è il momento di lottare sul serio.
Non mi sono scavata la fossa, non è stata la mia volontà a farmi arrivare al mercato nero, quindi non mi merito questo, anche se ammetto che fare certe cose era divertente.
Se fossi nei panni di Justin, penserei di meritarmi il carcere, però vedere libera la persona che ami mi renderebbe anche più felice, se lei sorride, sorrido anch'io.
Nessuno può privarmi della mia libertà, non saranno due sbarre d'acciaio a fermarmi, non saranno due sbarre a impedirmi di vivere la mia vita, non saranno due sbarre a bloccare l'amore verso Justin, il nostro Amore Dietro Le Sbarre.

"Allora, c'è qualcosa che non mi convince nel suo intestino, vorrei fare una lastra, quindi dovrete portarla nell'altro ambulatorio, e con una certa urgenza." disse Caitlin alla guardia.
Senza esitare, il poliziotto entrò, prese Nat e la trascinò fino all'altra stanza.
"Bene, può uscire." l'infermiera lo fece uscire, per poi chiudere la porta a chiave.
"Ora vieni, qui c'è la mia borsa con dei vestiti da infermiera e dei trucchi. Vestiti più in fretta che puoi, poi truccati in modo da non essere riconosciuta. Sopra mettiti il cappotto, come me, in modo da sembrare due normali impiegate." feci come disse, mi passò l'occorrente e in circa cinque minuti finii. Mi trascinò in una stanza attaccata all'ambulatorio, dove c'erano vari attrezzi, in cui c'era un'altra porta che portava al corridoio.
Uscimmo da lì, per poi passare tra la gente senza problemi.
Ma la mia paura era l'uscita, dato che era quella principale. 
Camminammo svelte, potevo sentire solo il mio cuore battere irregolarmente.
Poco prima di varcare l'uscita, il pensiero di libertà mi attraverso la mente, ma poi, svanì.
Chaz e Justin stavano entrando nell'edificio.
In quel piccolo vialetto, eravamo solo in quattro.
Abbassai un pochino la testa, per evitare di farmi notare, e il sangue pulsava nella testa.
L'amore fu più forte di me, quando eravamo a pochi metri di distanza, alzai il viso, scontrandomi con i suoi occhi che mi scaldarono il cuore ormai ghiacciato da quella lurida cella.
Chaz ci diede una piccola occhiata, ma lui mi fissò, e arrivati allo stesso livello, il suo cervello fece qualche conto, per arrivare alla conclusione, Nat era la misteriosa infermiera.
Persi uno, due, tre battiti, immaginandomi strattonata di nuovo dentro quel posto, ma forse, non era il mio destino. Justin mi riconobbe, ma anche per lui l'amore prese il sopravvento, perché mi fece uno dei suoi magnifici sorrisi, per poi superarmi con tranquillità.
Caitlin era agitata quanto me, ma dopo quel gesto, mi sfoggiò un enorme sorriso.
Finalmente potevo respirare, potevo sorridere, potevo sperare.
Potevo solo ringraziare quell'angelo, che preferì vedermi volare che cadere a terra.
Potevo solo amarlo. 
Avrei rivisto Conor, Zac, avrei vissuto un'altra vita.
Ma una cosa sola, rimase a bloccarmi il respiro.
Io e lui eravamo di due mondi diversi. 
Non potevamo scrivere una storia, insieme, non potevamo amarci.
Non lo avrei più cercato, con tutte le mie forze l'avrei dimenticato.
Lo faccio per amor suo, sperando vivamente, che trovi qualcuno a cui possa donare il suo cuore.
Io, non sono degna di custodirlo.




Image and video hosting by TinyPic






SPAZIO AUTRICE
GENTEEEEEEE, nuovo capitolooo, come vi sembra?
Ricordatevi che aspetto qualche recensione :3
Madonna, il primo capitolo ha suprato di molto le 400 visualizzazioni, e tutto il resto sono sopra i 200 o 100.
VI AMO. GRAZIE MILLE PER SEGUIRMI.
Scrivo questa storia molto volentieri, leggere poi i vostri commenti positivi mi rallegra moltissimo!
Grazie ancora, alla prossima c:
P.S. Scusatemi per gli errori:)

Mailley


 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** I'm a tell you one time ***



- I'm A Tell You One Time -



Appena io e Caitlin fummo abbastanza distanti dall'edificio, ci togliemmo i vestiti da infermiera, lanciandoli in aria, per poi farli cadere da qualche parte sul marciapiede. 
Mi sentii come mai prima d'ora, un senso di libertà mi attraversava tutto il corpo, fino alla punta dei capelli.
Non riuscivamo a smettere di ridere mentre a passo svelto ci dirigevamo al Covo dove c'erano i ragazzi ad aspettarci, insieme al mio cucciolone Zac.
Avevo una voglia matta di riabbracciarli tutti, erano la mia famiglia, senza loro la mia vita non avrebbe senso, senza loro sarei il nulla più totale.
Controllammo che nessuno ci vedesse, per poi sgattaiolare tra i vicoli, fino a ritrovarci nel nascondiglio. Entrammo dalla porta principale dopo aver inserito i codici di sicurezza.
Ero impaziente, non vedevo l'ora di rivedere Chriss, Conor e Zac, e infatti, tutti si presentarono dinnanzi a me, con un sorriso da una parte all'altra del viso, a parte Zac che non faceva altro che perdere bave e scodinzolare. Subito mi saltò addosso, leccandomi ovunque, ma non mi importava, lo strinsi forte a me, tutto di lui mi mancava, persino le cose più fastidiose.
Dopo qualche secondo di coccole, lo lasciai per saltare addosso a Chriss, Dio quanto gli volevo bene. Oltre al fatto che è sempre stato un figo da paura, è una persona dolcissima, direi unica.
Mi strinse forte, come solo lui sapeva fare, dandomi una serie di baci sulla fronte e le guance.
"Credevate di esservi già liberati di me, vero?" dissi lasciando Chriss, passando poi a Conor, che mi strinse come non aveva mai fatto. 
La mia battuta provcò una leggera risata a tutti.
"Ci abbiamo sperato, ma ti vogliamo troppo bene per lasciarti chiusa in quel posto." mi rispose Conor lasciandomi un bacio sulla fronte.
"Bene, allora intanto vorrei fare un po' di stretching, mi sento come una vecchietta in menopausa, poi vado a farmi una doccia." dissi tirandomi le braccia per sgranchirle un po'.
"Si buona idea, verrai a vivere a casa mia. Intanto andiamo, facciamo un po' di lotta." continuò Caitlin. Mi sono sempre divertita a lottare con lei, la sua dote era la velocità, ma quella che l'ha vinta la maggior parte delle volte ero io, la mia forza e la mia resistenza erano le mie doti migliori, e poi quella con gli addominali più scolpiti ero io.
Uscimmo dal Covo dopo aver salutato i ragazzi, e ci dirigemmo in un vecchio cantile abbandonato, ottimo per gli allenamenti, molto frequentato da noi.
"Vacci piano, è da due mesi che non mi muovo, prima cominciamo con la base, poi se mi sentirò pronta, passeremo al resto." dissi fermandomi in un vecchio campo da basket.
Prima lo stretching, un ripasso delle mosse delle arti marziali, poi dato il mio umore, passammo allo scontro vero e proprio.
Pugni e calci volavano ovunque, eravamo svelte, imprevedibili, e molto agili.
Una volta la colpii sullo zigomo, mentre lei sul mio stomaco.
Ma non ci fermavamo per le scuse, se devi fare un certo lavoro bisogna essere preparati, gli sbirri se dovessero colpirci, sicuramente non si scuserebbero.
Quando la fatica cominciava a farsi sentire, ci fermammo.
Caitlin aveva un lieve segno violaceo sulla gancia, mentre io avevo lo stesso su un addominale.
Non facevamo caso al dolore, eravamo abituate ai combattimenti corpo a corpo.
"Beh, rimani sempre Nat anche se per due mesi ti sei mossa poco, eh?" disse lei tra un respiro e l'altro. Annuii, per poi alzarmi da terra, aiutando anche lei.
Avevo bisogno di una bella doccia e un po' di riposo, ma prima di fiondarmi a letto, dovevo fare una cosa, molto importante.

"Ci dovrò parlare prima o poi, no?! Via il dente via il dolore." dissi a Conor infilandomi gli stivali neri. 
Lui sbuffò, ma alla fine annuì, prima lo facevo, prima potevamo andarcene.
Dovevo parlare con Justin, non avevo la minima intenzione di tornare in galera, se lui avrebbe pensato il contrario l'avrei fatto ragionare, o al massimo sarei scappata.
Per me era difficile lasciarlo, ma per il suo bene, dopo avergli parlato, insieme a Conor, Caitlin e Chriss, mi sarei trasferita in un'altra città. Ancora non sappiamo precisamente dove, ma sicuramente in una grande metropoli come Los Angeles. 
Afferrai il casco ed uscii da casa di Caitlin. Difronte al cancello era parcheggiata lo scooter di Chriss, precisamente una Ducati rosso fuoco.
Misi in moto e mi diressi verso casa Bieber, a cui arrivai in cinque minuti.
Parcheggiai la moto, e mi diressi sul vialetto, ma a pensarci bene, non volevo suonare il campanello, preferivo una specie di entrata 'shock'.
Notai che la finestra di camera sua era aperta, e sotto una scaletta con dell'edera incastrata su di essa. Perfetta per poter entrare.
Mi arrampicai, per poi saltare dentro, per fortuna il caro Bieber non era in quella camera.
La stanza era in ordine,  e la prima cosa che notai fu il letto. Quel letto, dove facemmo l'amore per la prima volta, la notte più bella della mia vita, la notte in cui confessammo il nostro amore. Poi c'erano un sacco di foto appese ovunque della sua infanzia, con i suoi amici, e i suoi parenti. Quella non era la prima volta che vidi la sua stanza, ma era la prima volta che la vidi senza le nostre foto. 
Quelle che ci siamo fatti ad ogni appuntamento e che aveva appeso insieme alle altre non c'erano più, lasciando parecchi spazi vuoti.
Mi si spezzò il cuore, non per le foto, ma per il fatto di avergli creato tanto dolore, ed era proprio per evitare di dargli ancora delle delusioni che me ne dovevo andare, e lasciare che si faccia una vita sua, trovandosi una donna che possa renderlo davvero felice.
Respinsi le lacrime e con cautela uscii. Il corridoio era vuoto, in cui risuonavano però delle, ehm... parole? 
Si, erano delle frasi provenienti dal solotto. Per arrivarci passai dalla cucina. 
L'ultima volta che la vidi fu quando gli scaraventai addosso il tavolo. Sorrisi a quel pensiero, ma altre parole incomprensibili attirarono la mia attenzione.
Senza fare rumore mi affacciai al muro che dava al salotto, ed erà lì, seduto con una matita in mano e dei fogli difronte, appoggiati al tavolo.
Persi un battito nel vedere tanta bellezza, che io stessa avevo allontanato.
Il suo cuore lo aveva donato a me, e io lo ridussi in frantumi.
I miei pensieri vennero interrotti da una voce, stava cantando. 

Me plus you, I’m a tell you one time

When I met this girl my heart went knock, knock

Now them butterflies in my stomach won’t stop, stop

And even though it’s a struggle...


Aveva una voce meravigliosa, ma qualcosa lo bloccava, non riusciva ad andare avanti.
Stava scrivendo una canzone...d'amore.
Mi venne un'idea perfetta per concludere la frase.

"Potresi mettere 'Love is all we got'." la mia voce gli fece alzare la testa, fissando il muro difronte a lui con gli occhi sbarrati, per poi posare il suo sguardo su di me. Prima fissò i piedi, le gambe, il bacino, il petto, per poi soffermarsi sui miei occhi.
Caramello, i suoi occhi erano di quel colore. Caldi, dolci, meravigliosi.
Sorrisi timidamente nel vedere la sua espressione esterrefatta, poi, dopo due mesi, prununciò il mio nome, che detto da lui, lo rendeva unico.
"Lily..." sussurrò senza staccare il suo sguardo dal mio.
Niente Nat, niente Covo, niente galera. Solo me, la sua Lily, e lui, il mio Justin.




SPAZIO AUTRICE
Chiedo perdonoooo vi ho fatto aspettare un casino lo so, ma il computer si è rotto e posso aggiornare ogni tanto spero che questo capitolo vi piaccia, qualche recensione? ASDFGHKL vi amo, al prossimo P.S. scusatemi per gli errori :3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Metter of trust ***


SPAZIO AUTRICE 
D'ora in poi metterò qui lo spazio autrice, sperando che lo caghiate di più.
nel capitolo precedente ho avuto UNA SOLA RECENSIONE.
Quindi , con l'intento di cagarmi di più, per continuare chiedo almeno QUATTRO RECENSIONI. Non vi chiedo tanto.
Buona lettura C:



- Metter Of Trust - 
 

Justin's Point of View

Era lì, difronte a me, in tutta la sua bellezza, quella che io stesso avevo allontanato.
Due fottutissimi mesi senza di lei, senza la donna che mi rubò il cuore. 
Due fottutissimi mesi che vagavo nella solitudine, a scrivere canzoni pensando al suo viso, alle sue carezze, pensando a lei.
Rivederla mi scaldò il cuore, ma notando poi il suo evidente corpo, dimagrito, mi fece salire un nodo alla gola.
Il rincrocio con i suoi occhi mi fece tornare indietro nel tempo, tre mesi prima, il nostro primo incontro.

"Che gusto vuoi?" chiesi alla piccola Jazzy, impegnata a scegliere il gelato. 
"Uhm... cioccolato!" esultò, così glielo diedi, e si andò a sedere su una panchina del parco, mentre io sceglievo il mio gelato.
Pagai tutto, ma voltandomi non vidi quello che mi aspettavo.
Jazzy stava facendo mangiare il suo gelato ad un cane, con precisione un Pitbull. Non sembrava aggressivo, comunque mi avvicinai. Notavo che teneva il collare, ma niente guinzaglio, speravo che di lì a poco arrivasse il padrone.
"Jazzy ma cosa fai? Spero che dopo lo butterai via quel gelato che si è finito questo bestione."
"Tranquillo Bibo, non è cattivo, forse ha fame." rispose la piccola continuando a tenere in mano quel cono che il cane si stava gustando scodinzolante.
Stavo per risponderle, quando una voce alle mie spalle mi interruppe.
"Zac! Zac vieni qui." esclamò. Era una voce dolce, e femminile.
Io ero occupato a pulire la bocca sporca di Jazzy, quando quella che doveva essere una ragazza si avvicinò, ma non mi voltai subito.
"E' tuo?" chiese la piccola.
"Ehm si, ha fatto qualche danno? Mi dispiace tanto." era esattamente dietro di me, così mi voltai .
Due occhi color del ghiaccio mi scrutavano curiosi, emanavano tanta dolcezza.
Erano particolari, interessanti, come se nascondessero qualcosa, che io stesso dovevo scoprire.
"Ha mangiato il mio gelato." disse Jazmyn ridacchiando.
La ragazza sgranò gli occhi, evidentemente imbarazzata.
"Oddio ti chiedo scusa piccola, lui è un golosone. Ti compro subito un altro gelato!" esclamò. Si rivolgeva a mia sorella con un tono assolutamente dolce, che mi scaldò il cuore.
"Oh, non preoccuparti, è stato un incidente, può capitare." mi intromisi sorridendo.
Prima di rispondermi sorrise anche lei, e che sorriso. In una giornata nuvolosa poteva illuminare il mondo intero, era una ragazza assolutamente stupenda.
"Invece si, mi sento in colpa. Adesso vieni con me a scegliere un altro gelato, va bene?" chiese a Jazzy abbassandosi al suo livello. La piccola sorrise, le diede la mano e si avviarono al carrello, insieme al cane che, da quanto capii, si chiama Zac.
Osservai ogni sua mossa, che stranamente mi affascinava. Il suo modo di camminare, di parlare, di guardare, di sorridere. Quella ragazza mi attraeva, fin dal primo momento, ma non solo fisicamente, c'era qualcosa in lei, che mi faceva battere il cuore.
Pochi minuti dopo tornò, insieme a Jazmyn che si gustava il gelato.
"Grazie Natalie." disse quest'ultima. Natalie, Natalie, Natalie, Natalie... Potrei ripeterlo all'infinito.
Un dolce suono melodioso che si rintanò nella mia mente, per non uscire più. 
"Di niente Jazzy, è il minimo. Ora devo andare. Scusami ancora, a presto." ci sorrise e insieme a Zac si avviò verso la strada. Quando la nostra distanza aumentava,quasi mi sentivo vuoto.
Ma quelle due ultime parole mi fecero rimanere con la speranza di rivederla, ed infatti, quello fu solo il primo di tanti incontri, che non fecero altro che alimentare il nostro amore.


Natalie's Point of View

Il silenzio riempiva la stanza che sembrasse farsi sempre più piccola.
Per rompere il ghiaccio gli feci quella domanda, che tanto mi tormentava.
"Perché non mi hai riportato in galera, Justin?" sputai fuori mentre mi sedetti affianco.
Aspettò qualche istante, poi si voltò verso di me, incastrandomi con quegli occhioni di cui mi innamorai subito, dal primo momento in cui li vidi.
"Perché ti amo Natalie. Guardati, guarda come sei cambiata. Si vede da chilometri quanto sei dimagrita e distrutta, tutto per colpa mia. Non riesco ad immaginarti lì dentro, tralasciando quello che hai fatto, che mi hai fatto, vederti rinchiusa mi distrugge lentamente." nei suoi occhi era ben visibile la sincerità e l'amore che si teneva nel cuore, ridotto in frantumi dalla sottoscritta. 

Per la seconda volta, mi confermò l'amore che provava per me, e che io ricambiavo.
Mi rese così felice, solo io e lui, e i nostri sentimenti tenuti nascosti.
"La colpa è solo mia. Anche io ti amo, non sai quanto, ma proprio per questo, me ne devo andare." abassai lo sguardo, sentendo il suo addosso.
Il suo respiro affannoso mi solleticava delicatamente la guancia, era nervoso, e di nuovo, solo per colpa mia.
"Come? Te ne vai? Che vuoi dire?" alzò un po' il tono, ma non potei biasimarlo.
"E' meglio così. Me ne devo andare, ma non perché sono vigliacca. Non per il fatto di tornare in prigione, ma per te. Ti farò solo soffrire. Troverai un'altra donna da amare Justin, io non sono degna di starti accanto. Non ci sono altre soluzioni." risposi prendendolo per le guance, mentre gli occhi cominciarono a pizzicare, ma i suoi già si riempirono di lacrime, ma era meglio così.
"No. Non te ne puoi andare, io voglio solo te." il tono tornò moderato, ma tremante.
"Ti innamorerai di nuovo, ci sono un sacco di donne al mondo, degne di custodire il tuo cuore. Non ho alternativa Justin, cerca di capirmi, non rendere le cose più complicate. Se fosse per me rimarrei al tuo fianco per tutta la vita, ma ti farei solo del male." i singhiozzi mi smorzavano il fiato, rendendo le parole più difficili da pronunciare.
"No, non ti lascerò, non di nuovo. E poi, una soluzione c'è." rispose respirando profondamente, per non farsi prendere da un pianto straziante.
"Quale sarebbe?" chiesi curiosa, avrei fatto di tutto, pur di rimanere con lui.
"Entri a far parte della polizia. Sei astuta, conosci questo tipo di ambiente, se mi prometti che ti comporterai nel modo corretto, non ti sbatteremo in prigione, purché tu ci aiuti nel lavoro. Ti prego, è l'unico modo per non farti scappare.
Rimasi un po' scioccata dalla sua proposta, anche se non era una brutta idea. Non avrei abbandonato il mio ambiente lavorativo, neanche la mia città, i ragazzi del Covo,e tantomento avrei abbandonato Justin. Sono sicura che Conor, pur di non farsi prendere e non lasciare Los Angeles avrebbe accettato.
"Però..." Justin interruppe i miei pensieri "... Devi riacquistare la mia fiducia."
Non rimasi sorpresa da quell'affermazione, era ovvio che non si fidasse di me dopo tutto il male che gli procurai, ma il problema era: come riacquistare la sua fiducia?
"C-come posso fare?"
"Devi scoprirlo tu. Ami l'avventura, no? Quindi, stupiscimi." ridacchiò.
Ammetto che tutto era abbastanza divertente.
"Farò il possibile." sorrisi, finalmente, dopo tanto tempo. "Ora vado, mi farò viva presto, Bieber." mi alzai dal divano avviandomi verso la porta.
Poco dopo mi raggiunse, aprendola, ma prima di varcarla, gli diedi quel bacio di cui avevo tanto bisogno. Un semplice bacio a stampo, che però racchiudeva tutto il nostro amore.
"A presto, Lily." sussurrò sulle mie labbra dopo essersi staccato, e una scarica mi attraversò perfino l'anima, avevo bisogno di lui, come nient'altro.
Corsi per il vialetto, salii sulla Ducati, misi il casco e sgommai via, con la speranza di un possibile destino in stile Julie nel cuore.
Durante il viaggio riflettei su come potevo riacquistare la fiducia di Justin.
Solo chi lo conosceva bene avrebbe potuto aiutarmi, come i suoi amici, ma se avessero visto solo la mia ombra, senza pensarci due volte mi avrebbero riportata in galera.
Quindi, chi rimaneva? Pattie.


"Natalie, sveglia, siamo arrivate." Caitlin mi scossò leggermente.
Io e lei eravamo in viaggio per il Canada, dovevo parlare con quella donna al più presto.
Dopo essere scese dall'aereo, prendemmo le valigie e uscimmo dall'edificio, in cerca di un taxi.
Mentre mi frequentavo con Justin conobbi Pattie, una dolce donna piena di vita, era adorabile. Suo figlio mi portò proprio a Stratford, per incontrarla, quindi il gioco era più facile.
Ci vollero circa quarantacinque minuti per arrivare a destinazione, proprio difronte a quella graziosa casetta.
"Io vado nell'albergo, ti aspetto là. Buona fortuna." mi diede un bacio sulla guancia, e sparì dentro il taxi, svoltando sulla curva.
Feci un bel respiro profondo ed attraversai il vialetto di casa Mallette.
Bussai sulla porta di legno tre volte, mentre l'ansia aumentava.
Sicuramente quella donna non voleva vedermi, ma non potevo fare altrimenti.
Dopo qualche secondo, la porta si aprì, mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Ma il suo sorriso, appena mi riconobbe, si spense, e fece per chiudere la porta, ma infilai un piede, evitando di rimanere chiusa fuori.
"Pattie ti prego aprimi, è urgente!" la pregai mentre cercavo di pressare sulla porta.
"Vattene Natalie, prima che chiami la polizia!" il suo tono era impaurito. 
Questo trasmettevo alla gente? Paura.
"Ti chiedo solo pochi minuti, riguarda Justin!" continuai, ma lei non cedeva.
"Non pensi di aver fatto abbastanza? Non voglio più vederti, criminale." trasmetteva così tanto odio, che non riuscii ad evitare le lacrime.
"Pattie, so che mi odi, e mi odio anche io, ma ti scongiuro, dammi una possibilità, non sono io che ho voluto tutto questo. Amo Justin, sul serio. Ed ora sono qui per chiederti aiuto, dopodichè non mi vedrai più, so che in fondo mi vuoi bene, e te ne voglio anche io. Ti prego, sono disperata." dissi tra un singhiozzo e l'altro.
Sembrò calmarsi, infatti mi aprì lentamente la porta, anche se il suo sguardo non tralasciava nessuna emozione.
"Pochi istanti, poi te ne devi andare." mi fece passare, dopodichè annuii.
"Siediti." mi indicò il divano su cui nervosamente mi sedetti, mentre lei si mise in quello difronte, per poi farmi segno di cominciare a parlare.
"Sono successe tante cose, che Justin, a quanto pare, ti ha detto. Non chiedo la tua pietà, nè ti chiedo di capirmi, ma ti chiedo una sola cosa, come potrei rendere felice Justin? Non fraintendermi, non devo farlo tornare con me, devo solo mostrargli il mio pentimento. Sono insicura, mi serve qualcosa che lo convinca, e solo tu me lo puoi dire." la fissai negli occhi, sperando che lei possa comprendere la mia sincerità.
Ci pensò un attimo, poi parlò.
"Non ti chiedo i motivi per cui fai questo Natalie, ma so quanto Justin ti amava, e quanto ti ama ancora, e non ti impedirò di renderlo felice. Quindi, ti do un aiuto. Ma, è una cosa molto complicata da portare a termine, se non impossibile." disse con un filo di tristezza. Un po' mi sollevai, mi avrebbe aiutata, ma le ultime parole mi preoccuparono, e non poco, anzi, parecchio.
"C-certo, dimmi."
"Ti ricordi di Jazmyn?" annuii solamente. Come potevo dimenticarmi di quell'angioletto. Dopo il mio primo incontro con Justin però, non la vidi più. Lui mi disse che era da suo padre, Jeremy, ma tre mesi e mezzo mi sembravano un po' tanti.
"Poco dopo il tuo incontro con Justin, l-lei... venne rapita. Lui non ti ha detto niente perché gli faceva male parlarne. La polizia crede siano stati degli uomini che sfruttano i bambini come Jazzy, ma non sono mai riusciti a trovarli. L'unica cosa che scoprirono è che si trova tra le strade di Firestone. A Justin e a tutta la famiglia manca terribilmente. Ora, tralasciando il fatto di far felice mio figlio, c'è ben altro. Ritrovala Natalie, so che puoi. E' solo una bambina, chissà dov'è e come sta. Te lo chiedo con il cuore in mano Natalie, riportala a casa." concluse affaticata mentre le lacrime riempirono i suoi occhi. Quelle parole mi colpirono nel petto, non avrei mai immaginato una cosa simile, ma una cosa era certa. Non mi importa quanto ci avrei messo, o dove sarei dovuta andare, io l'avrei trovata, e riuscirò a riportarla tra le braccia di Justin e della sua famiglia.
"Pattie..." attirai la sua attenzione "... Dovesse costarmi la testa, te la riporterò."
Non aspettai risposta, mi fiondai all'entrata, presa da un attacco d'ira.
Insieme al Covo, avrei riportato Jazmyn a casa sua, dove dovrebbe essere.


Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic







 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Forgiveness, trust, love ***


SPAZIO AUTRICE
Sono anche troppo buona. Anche se in ritardo AUGURI KIDRAUHL. Dio ha già 19 anni, il tempo passa troppo veloce. Vi avevo chiesto QUATTRO RECENSIONI, e ne ho avute solo tre. Ma stavolta ve ne chiedo MINIMO 4, OPPURE NON CONTINUO. Buona lettura C:


- Forgiveness, trust, love -
 

"Hai trovato qualcosa?" chiesi a Chriss entrando nel suo piccolo ufficio.
Io e Caitlin eravamo tornate dal Canada già da due giorni, e dopo aver parlato seriamente con il Covo, decisero di aiutarmi a trovare la piccola Jazzy.
Infondo nessuno voleva lasciare questa città, quindi non potevamo perdere l'occasione.
Le informazioni di Pattie furono sufficienti per la nostra ricerca su Jazmyn.
"Ho controllato vari articoli di giornale, e informazioni in internet, a quando pare tra le vie di Firestone, come ha detto Pattie, sembra che ci siano uomini che sfruttano bambini dai cinque ai dieci anni." concluse riprendendo fiato.
"Bene perfetto, mettiamoci all'opera." risposi uscendo, non badando alle avvertenze di Chriss. Camminando velocemente per il corridoio bussai alle porte degli uffici di Conor e Caitlin, chiamandoli nella sala di ritrovo.
Entrarono tutti più Chriss, sbuffando sonoramente.
"Nat, non siamo sicu.." non lo feci finire e cominciai a parlare.
"Organizziamo un piano. Voglio che quella bambina venga ritrovata." dissi senza tralasciare emozioni. Da quando seppi del rapimento di Jazzy, la cosa che mi importava di più era la sua salute, e riportarla a casa. Poi in secondo piano c'era la fiducia di Justin.
Rimanemmo chiusi in quella stanza per qualche ora, progettando tutto nei minimi dettagli, che avremmo messo in pratica il giorno successivo.


Erano le nove di sera passate, la mia preda stava uscendo dall'enorme edifico in quel preciso momento. Ignara del pericolo, ossia io, si avvicinò fischiettante.
Quando mi superò, lo afferrai per le spalle, sbattendolo non troppo forte al muro. Subito i suoi occhi nocciola un po' spaventati incontrarono i miei, e le sue spalle contratte si rilassarono, come il suo viso, regalandomi uno dei suoi magnifici sorrisi. 
Non servivano parole, quindi per rompere il ghiaccio ci fiondammo l'una nelle braccia dell'altro, facendo combaciare le nostre labbra desiderose. 
Sarebbe una situazione romantica, da accompagnare con un casto bacio, ma al diavolo, mi era mancato troppo, le nostre lingue si scontrarono, dopo due fottutissimi mesi.
"Sorpresa." sussurrai sulle sue labbra.
Ridacchiò un pochino, ametto che la situazione era divertente.
"Sai che non dovresti essere qui, se ti vedono sono guai." rispose tenendo le sue mani sui miei fianchi.
"Non mi importa. Siamo stati distanti per due cazzo di mesi. Mi sei mancato, troppo." risposi con un velo di malinconia. Mi sorrise, e mi abbracciò, come solo lui sapeva fare.
"Anche tu mi sei mancata Lily." sussurrò.
Per lui Nat non esisteva, solo Lily, o Natalie, ma di Nat neanche l'ombra.
Lui non ama Nat, la criminale che lo ha fatto soffrire, lui ama Lily, la dolce ragazza che conobbe al parco, in un caldo giorno di fine estate.
"Sono solo passata a salutarti, ora vado. Ma, ci rivedremo presto, vedrai." senza lasciargli il tempo di rispondere, gli diedi un ultimo bacio e corsi in sella alla Ducati, sotto il suo sguardo. Infilai il casco, gli feci l'occhiolino, e sgommai in via.
Si leggeva benissimo nei suoi occhi che la tristezza lo dominava, e solo io potevo farlo tornare a sorridere, riportandogli la sorellina che tanto gli manca.

"Abbiamo tutto, possiamo andare." Caitlin chiuse il bagagliaio e si sedette accanto a me, mentre alla guida della Range Rover c'era Conor, affiancato da Chriss.
Stavamo andando a Firestone, per mettere in atto la missione.
La tensione saliva mentre i numeri del contachilometri aumentavano.
Cominciai a torturarmi le mani, avevo paura di aver sbagliato il posto, o che qualcosa andasse storto, sarebbe finita male, soprattutto se fosse stata Jazzy o qualcuno dei miei compagni a rimetterci. Caitlin notò il mio nervosismo, così mi strinse forte la mano sorridente, per rassicurarmi, anche se servì a ben poco.
Dopo circa mezz'ora di strada, parcheggiammo la macchina.
Era una cittadina tranquilla, forse un po' troppo, ma per dei bambini da sfruttare era il posto adatto, meno si dava nell'occhio meglio era.
Scendemmo dall'auto, e dal porta bagagli prendemmo l'occorrente.
"Allora Conor, questo è il cellulare con il microcip." dissi consegnadogli l'apparecchio.
Si mise un lungo cappotto, ed un cappello, cosìcche gli coprisse leggermente il viso.
Indossò l'auricolare per comunicare con noi, cosa che feci anche io, a cui era incorporato un sottile microfono nero che mi prendeva tutta la guancia per finire accanto alla bocca.
"Buona fortuna." gli augurammo, per poi vedrlo incamminarsi verso un piccolo bar poco frequentato.
Lo osservammo da lontano con il binocolo, aspettando qualche movimento particolare.
Conor prese un giornale e finse di leggerlo dopo aver appoggiato il cellulare sull'angolo del tavolino all'aperto su cui si era seduto. Sembrava il solito anziano che giornalmente si prende qualcosa al bar comunemente frequenato.
I minuti passavano, ma ancora niente. 
Però non avevo intenzione di demordere, avrei aspettato fino all'ultimo.
Il cielo cominciava ad oscurarsi, ed ancora niente, poi, quando le speranze scarseggiavano, qualcosa attirò l'attenzione.
Un bambino, sui sette anni, si avvicinava a Conor, intendo a guardare il giornale.
Con rapidità rubò il telefono e scappò via.
Conor ovviamente lo sapeva, anzi, lo sperava. Si alzò, e indifferente tornò alla macchina, ove lo aspettammo impazienti, la prima parte del piano è riuscita.
"Vediamo dove sta andando." esultò Chriss afferrando il computer.
Il puntino rosso al centro era il cellulare che prese quel bambino. 
Mentre Conor guidava, Caitlin gli dava le indicazioni, e dopo vari scambi di marce, ci fermammo in un cantiere abbandonato.
L'auto preferimmo lasciarla più lontana dal posto. Indossammo le tute nere, insieme a tutta l'attrezzatura e io e Chriss aspettammo il segnale degli altri due per procedere.
Un uomo era proprio all'entrata del capannone, probabilmente come guardia.
Presi un finto taglierino svizzero, appoggiai le labbra ad un foro inciso su esso, e prendendo la mira soffiai con tutta la forza che avevo in corpo.
La freccia macchiata di sonnifero lo colpì al collo, facendolo svenire all'istante.
Io e il mio compagno entrammo silenziosamente, mentre dagli auricolari, i ragazzi ci davano le indicazioni che gli forniva il computer, per trovare la strada giusta.
Dovetti ripetere la stessa operazione con il sonnifero varie volte per la sicurezza di non essere scoperti.
"La prossima stanza è l'unica rimasta, i bambini sono sicuramente là dentro. Caitlin sta aspettando il mio consenso." disse Conor.
Afferrammo le pistole, e dopo qualche istante, sferrai un forte calcio alla porta per aprirla, puntando poi le pistole, contro qualche uomo, che fortunatamente non c'era.
L'unica cosa che vidi era il terrore fatto a persona. Una decina di bambini erano rannicchiati su loro stessi sopra delle coperte. La stanza era piccola, calda, e con una sola finestra.
Indossavano vestiti rotti, erano sporchi e pieni di lividi ovunque.
Le lacrime stavano già per scendere, ma le fermai, e con calma misi via l'arma.
Tremavano come foglie in una giornata nuvolosa, sicuramente credevano che volessi fargli del male, in quel posto, anche un topo poteva spaventarli a morte.
Il mio sguardo cadde su una bambina che nascondeva il viso tra le ginocchia, vestita con dei jeans e una magliettina rosa. Non serviva altro per riconoscerla, ma vederla ancora viva, mi alleggeriva il cuore. Non mi riconobbe per il semplice fatto che non mi ha degnata di uno sguardo, ma forse era meglio, sicuramente i suoi occhi colmi di paura mi avrebbero fatta scoppiare di rabbia.
"State tranquilli, siamo amici. Ora vi portiamo via." sussurrai abbassandomi.
Nessuno si mosse, ma sentirono bene. Dovetti prendere io l'iniziativa, e presi i bambini che stavano alla sinistra della stanza. Non appena li toccai si irrigidivano, e alcuni adirittura cominciarono a piangere. Poi con delicatezza li portai tutti sulla destra.
"Okay Conor, procedi." disse Chriss attraverso l'auricolare.
"Bambini, tappatevi le orecchie." dissi, per poi mettermi sopra di loro per proteggerli dai pezzi di cemento, che dopo pochi secondi, saltarono ovunque.
Quando mi assicurai che il buco non fece cadere altri, uscii, trovando Caitlin che mi avrebbe aiutato a portarli tutti fuori.
"Venite piccoli. Prendetevi per mano che usciamo." dissi dolcemente.
Loro, insicuri, fissarono l'apertura, e giurai di vedere le scintille di speranza nei loro occhi.
Quando realizzarono che sarebbero scappati, si presero tutti per mano, e Caitlin li accompagnò fuori, mettendosi poi a correre, fino alla macchina insieme a Chriss.
Stavo per uscire, quando sentii un pianto, provenire dall'angolino.
Era lei, Jazmyn piangeva, mi si spezzò il cuore, così mi avvicinai.
"Dai piccola, dobbiamo andare." niente, non si muoveva.
Dovevo trovare qualcosa di convincente.
"Bibo ti sta aspettando." in quell'istante i singhiozzi cessarono, e finalmente la sua testolina si alzò, puntando i suoi occhi nei miei.
La sua piccola boccuccia si schiuse per lo stupore, e nel suo viso si fece spazio un enorme sorriso che mi scaldò il cuore. Mi saltò letteralmente addosso facendomi ridere.
"Natalie, perché sei qui? Ti prego riportami a casa!" urlò tra nuovi singhiozzi, ma non piangeva per tristezza, piangeva per gioia.
"Ti spiegherò tutto dopo piccola, ora vieni, andiamo a casa." la presi in braccio e corsi fuori. I ragazzi si sarebbero occupati degli uomini da portare alla centrale di polizia, nel frattempo tutti i bambini erano dentro alla macchina, che era sufficientemente grande.
"Joe e gli altri si occuperanno degli uomini, intanto portiamo questi bambini all'orfanotrofio, là si occuperanno di riportarli alle loro famiglie." sussurrò Caitlin dopo essere partiti. La piccola Jazzy si era addormentata sulle mie gambe. Assomigliava tremendamente a Justin. Ero impaziente di riportarla tra le sue braccia, così oltre a godermi la piccola, avrei ammirato di nuovo i veri sorrisi di quell'idiota di cui sono innamorata.


Conor rientrò in macchina, dopo aver portato i bambini dentro l'edificio.
"E lei?" chiese Chriss voltandosi verso di me e la piccola ancora dormiente.
"Me ne occupo io.
Afferrai il mio cellulare, cercai nella rubrica e chiamai Pattie.
"Pronto?".
"Pattie, sono Natalie..." risposi con la voce tremante. 
"Oh, ciao..." il suo tono faceva intendere che aspettava notizie.
Feci un bel repsiro per acquistare un po' di sicurezza, poi parlai.
"Arrivo subito al punto. Lei è qui, con me. L'ho salvata, per favore vieni, e avverti anche la tua famiglia, tranne Justin, voglio fargli una sorpresa."
Nessuno rispondeva, spero piuttosto che non fosse morta.
"Davvero?" chiese con voce speranzosa.
"Si Pattie. Jazmyn è tra le mie braccia che dorme. A parte qualche livido che le curerò quando arriveremo a casa mia, sta bene, è solo un po' scioccata. Ti prego, prendi un volo e fammi sapere quando arrivi, poi ti dirò dove ci incontreremo, insieme a Jeremy." dissi più sicura.
"Certo parto immediatamente! Non so come ringraziarti." i singhiozzi le bloccavano il respiro.
"Non devi, è il minimo che io possa fare, a presto." riattaccai.
Nel frattempo la macchina si fermò difronte casa Beadles. Presi la piccola e la portai dentro, per poi appoggiarla sul mio letto.
Erano le sette di sera. Finalmente poteva dormire tranquilla, non volevo svegliarla, così senza fare altro, mi distesi accanto a lei, stringendola forte, come sicuramente avrebbe fatto Justin.
La mattina mi svegliai alle otto, come la piccola.
All'inizio era ancora spaventata, non si era ricordata di essere finalmente al sicuro, ma quando si accorse di essere tra le mie braccia si tranquillizzò.
Facemmo una doccia insieme come se fossimo due sorelle. Finalmente posso rivederla ridere, come non faceva da mesi. 
Le curai le ferite e la portai fuori a pranzo, cosìcche potesse mangiare qualcosa di decente.
Mentre uscimmo dal ristorante, il cellulare vibrò.
"Pattie, dove sei?" chiesi dopo aver controllato il mittente.
"Sono in centro a Los Angeles insieme a Jeremy e alla sua famiglia, manca solo Justin."
"Perfetto, io sono con lei, l'ho portata a pranzo fuori, venite a Parshing Square, ora, vi aspettiamo lì. Lei non sa niente, ma non vede l'ora di riabbracciarvi."
"Arriviamo subito." riattaccai.
"Andiamo al parco?" esultai guardando Jazmyn.
Lei annuì entusiasta, così senza perdere altro tempo, arrivammo al posto d'incontro.
Ci sedemmo su una panchina che si affacciava all'entrata del parco, in modo da poter avvistare i suoi genitori.
Non ci volle molto, si presentarono subito, impazienti di rivedere la bambina.
C'erano Pattie, Jeremy, Jaxon, il fratellino, e un'altra donna, probabilmente la madre di Jazzy.
"Jazzy, guarda chi c'è." mi abbassai al suo livello e le indicai la sua famiglia. 
Sussultò dalla sorpresa, e senza aspettare, mi lasciò la mano, correndogli incontro.
"Papà!" urlò attirando la sua attenzione. Appena la notarono, le lacrime avevano già riempito i loro occhi, e si riunirono in un abbraccio di famiglia. 
Non riuscii più a trattenermi e scoppiai in un pianto liberatorio. La gioia che emanavano era troppa, e non osai immginare la mia reazione nel vedere Jazmyn tra le braccia del suo Bibo.
Mi avvicinai lentamente, per non rovinare quel momento in cui tutti erano tremendamente gioiosi.
Il padre mi guardò, mi venne incontro con una certa 'energia', quasi pensavo che mi volesse picchiare, invece, mi abbracciò forte, e tra i singhiozzi mi sussurrò "Grazie per averla riportata a casa." Quelle parole mi fecero piangere più sonoramente.
Mi avviniai a Jazzy, doveva vedere suo fratello.
"Ehi, che ne dici se chiamiamo anche Justin?"
Emise un urletto per poi supplicarmi di chiamarlo, senza esitare, composi il numero. 

Justin's Point of View

"Abbiamo trovato questo, che ci potrebbe aiut.." Ryan venne interrotto dalla suoneria di un telefono, il mio. Guardai il display, e notai una chiamata di Natalie.
Feci segno a Ryan di aspettare un secondo, e allontanandomi di poco risposi.
"Ehi, che succede?"
"Justin, puoi venire al Parshing Square, ora? Ti scongiuro è urgente." la sua voce tremava. Ma non sembrava spaventata, anzi.
"Mi dispiace piccola, ma sto lavorando."
"Per favore è importante.
Prima di rispondere, un'altra voce che mi fece prendere un colpo mi precedette.
"Bibo, vieni!" l'avrei riconosciuta tra mille. 
Per lo shock mi cadde il telefono dalle mani che tremavano. 
La mandibola era bloccata. Mi voltai verso Ryan che mi guardava confuso.
Non diedi alcuna spiegazione, e mi precipitai fuori. Non mi preoccupai neanche di prendere la macchina, la voglia di rivederla, di riabbracciarla era troppa.
La fatica si faceva sentire passo dopo passo, ma continuai a correre, senza fermarmi.
Entrai nel parco, ma non vidi nessuno. Solo persone che passeggiavano col cane, coppie d'innamorati, amici che scherzavano, ma di Jazmyn, o di Natalie, non c'era traccia.
La rabbia mi pervase, mi sentivo preso in giro con uno scherzo di pessimo gusto.
Ma forse, era tutto troppo reale per essere uno scherzo.
"Bibo!" una voce dolce mi chiamò, dalle mie spalle.
Una dolce bimba mi stava correndo incontro, con le guance colorate di un leggero rossore, mentre le lacrime le solcavano il dolce visino.
Non era uno scherzo, lei era lì, e mi stava venendo incontro.
Piansi, urlai. La gioia, il dolore, tutto era dentro di me, e quando si trovò di nuovo tra le mie braccia, finalmente potei tornare a sorridere.
Non l'avrei più lasciata, l'avrei protetta.
E mentre i singhiozzi mi bloccavano il respiro, notai una esile figura dietro la piccola Jazzy.
Natalie era in lacrime, mentre ci fissava, e sorrideva, forse come non aveva mai fatto.
Si poteva leggere negli occhi la sincerità, e la gioia che provava nel cuore.
Quella era la donna di cui mi innamorai, e di cui io mi fidavo.
Non so come, non so dove, non so quando, ma aveva riportato Jazmyn Kathleen Bieber dalla sua famiglia, e le uniche cose che potevo fare io erano tre:
Perdonarla.
Avere Fiducia.
E Amarla, per il resto della mia vita.


Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic

Image and video hosting by TinyPic




 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Without a family ***


SPAZIO AUTRICE
Io. Vi. Amo. Vi avevo chiesto 4 recensioni e ne ho avute 7. GRAZIEEE *v* Visto che siete attivi vi chiedo almeno 6 recensioni MUAHAHAHAHA. Vi chiedo un piccolo favore: SE QUALCUNO PUO', MI FARESTE UN TRAILER DI QUESTA STORIA? MI PIACEREBBE MOLTO AVERNE UNO CHE PUBBLICHEREI, MI FARESTE FELICISSIMA!
Detto questo vi lascio, buona lettura :)


- Without A Family -

 


 

 Erano ancora difronte a me, da circa un paio di minuti. Jazzy gli racchiudeva il collo con le sue braccine, Justin le teneva per la vita, mentre si sussurravano a vicenda, con le lacrime salate che scorrevano sulle loro guance arrossate fermandosi sulle labbra tremanti. Erano una famiglia meravigliosa, e mi domandai come avrei vissuto se anche io avessi avuto una famiglia come la loro. Li invidiavo molto, anche se Justin non lo sapeva. Non sapeva come si cresce senza l'attenzione dei genitori, senza l'amore di un padre, senza i consigli di una madre. Senza rimproveri, senza vacanze, senza un fratello o una sorella con cui confidarsi.
Mi ritengo fortunata per essere cresciuta con un'educazione. Perché nonostante la mancanza d'affetto, non ho mai attaccato nessuno senza motivo, non ho mai odiato qualcuno.
Ho sempre portato rispetto alle persone che mi circondavano. Ma la mancanza di una famiglia, la mancanza d'amore mi rendevano vulnerabile a tutto.
Ho sempre dato l'idea di una forte, che non ha punti deboli, invece ne ho uno, l'amore.
L'amore di un fidanzato, di un fratello, di un padre, di una madre.
Non so nemmeno se Natalie è il mio vero nome, e non conosco il mio cognome.
Mi hanno privato di tutto, di tutto quello che necessitavo.
Nell'orfanotrofio non avevo nessun amico, mi sono sempre rinchiusa in me stessa. Qualsiasi cosa mi faceva irritare, e in quel caso usavo la violenza contro i miei coinquilini. Mi prendevano sempre in giro per qualsiasi cosa, come il mio aspetto. Non ero ritenuta una bella bambina. Tutte le mie compagne avevano le loro piccole cotte o i fidanzatini segreti, io avevo solo me stessa e le mie sofferenze.
Le punizioni erano molto severe, e il mio odio, la mia voglia di distruggere tutto, aumentava. 
Ma non detestavo le persone, non il mondo, detestavo me stessa e la mia vita.
Chiedevo a Dio perché dovessi vivere così, e per quanto quella tortura sarebbe durata. 
Anno dopo anno i miei comportamenti peggioravano, tanto che mi fecero trasferire più volte.
Da un piccolo paesino del Texas fino alla grande metropoli in cui vivo tutt'ora, la mia ultima fermata, prima di cominciare una nuova vita.
Troppi ricordi in un solo istante, troppe ansie, troppi dolori.
Mi sedetti su una panchina con le mani sulle tempie che pulsavano. Sentivo i muscoli cedere, il cuore accellerare, e la vista appannarsi. Ma durò poco, perché svennì all'istante.
Il mio cervello fece retromarcia nel mio passato.
Quando dormii la prima volta su quel letto completamente bianco dell'enorme edificio; quando ruppi il setto nasale ad un compagno; il primo trasferimento; le severe punizioni, che comprendevano l'essere rinchiusi in una fredda cella per una settimana; le preghiere, i singhiozzi, le urla, i rimproveri.
Tutto mi attraversò la mente, e fitte dolorose mi attraversarono il petto, come coltelli affilati.
Finché poi, un flashback. 
 

"Aspetta qui, non muoverti." mi ordinò la suora.
Ero all'ospedale dopo aver slogato un braccio alla pettegola dell'orfanotrofio.
Nella notte feci un incubo, urlai, e lei mi prese in giro raccontandolo a tutti, se l'è meritato
.
Mi annoiavo a morte in quel corridoio, così, cuoriosa, feci una passeggiata, osservando accuratamente ogni paziente disteso su quei monotoni lettini.
In una stanza, una giovane donna sorreggeva un piccolo neonato, probabilmente il figlio.
Ero incantata da quella scena, tanto che mi sedetti sopra un letto vuoto, senza staccare lo sguardo.
Riuscì a riconoscere il sesso del bimbo grazie ai vestitini rosa confetto.
Un debole sorriso si fece spazio, l'amore vagava in quella stanza, e mi domandai se quando nacqui io mia madre fece lo stesso, ma dal posto in cui mi lasciò, dubitai anche che mi avesse solo voluto vedere dopo il parto.
"Sono belle, vero?!" una voce dolce interruppe i miei pensieri. Mi voltai verso essa, trovando una giovane donna scrutarmi con attenzione. I capelli neri scompigliati le ricadevano sulle spalle, mentre gli occhi azzurri facevano invidia al cielo. Sul viso pallido si formò un piccolo sorriso non appena mi voltai.
Annuii timidamente, spostando di nuovo lo sguardo verso la mamma e la figlia.
Con la coda dell'occhio vidi la donna che osservava la scena, con gli occhi pieni di maliconia.
Da allora una domanda mi frullò nella mente, tanto che non riuscii a trattenermi.
"Tu hai figli?" domandai.
Si voltò dalla mia parte, esitando qualche istante, per poi rispondere tranquillamente.
"Si, ho una bambina." quando le sue iridi incastrarono le mie, molto simili, sentii una scossa attraversarmi la spina dorsale. Negli occhi giaceva un celeste, tendente al blu, mentre i miei erano più tendenti all'azzurro chiaro.
"E dov'è adesso?" desiderai tornare indietro nel tempo per evitare quella domanda quando la sua fronte si aggrottò, in una smorfia di dolore, i suoi occhi si assottigliarono, e le labbra si curvarono verso il basso. 
"E' una lunga storia. Quando dissi al padre di mia figlia che ero incinta scappò, per paura, lasciandomi sola. Capii che non sarei riuscita a mantenere un figlio da sola, quindi nel giorno del parto dovetti abbandonarla. Da subito mi pentii di averlo fatto, ma ormai era troppo tardi. Sai piccola, mi sarebbe tanto piaciuto poterla vedere prima di morire, ma ormai il mio tempo sta per scadere." dolore riuscii a percepire tra le sue parole, tanto dolore, come se fosse anche il mio. Anche io, tanto quanto lei, desideravo poter vedere almeno una volta mia madre, prima che il mio tempo potesse scadere.
La morte è sempre una brutta cosa, ma forse in questo caso, era il meglio per lei. Non avrebbe più sofferto, la sua anima avrebbe finalmente potuto riposare in pace.
"Mi dispiace." dissi abbassando lo sguardo, sentendomi impotente. Pensai che forse se mi avesse detto il nome della bambina, avrei potuto cercarla, e fargliela vedere.
"Come si chiama tua figlia?" mi permisi.
Schiuse la bocca per rispondere, ma la suora e la mia compagna pettegola la interruppero.
"Ah, finalmente ti ho trovato, piccola peste. Su andiamo." mi prese violentemente il braccio, ma io non staccai il mio sguardo da quello della donna.
Con il labiale cercò di mimarmi il nome di sua figlia, ma riuscii a capire solo poche lettere: NATLE.
Dubitai che sua figlia si chiamasse così, ma non ci diedi peso.
Salutai la donna con un gesto della mano, per poi scomparire dietro la porta.



"Natalie, Natalie guardami!" una dolce voce spaventata mi risvegliò dal mio stato di trans.
La riconobbi come quella di Justin, che mi diede leggeri colpetti sulle guance.
Riaprii gli occhi, trovando i suoi. I muscoli delle sue braccia si rilassarono all'istante.
Dietro di lui cinque paia di occhi mi scrutavano preoccupati, la famiglia Bieber.
"Ho avuto un calo di pressione Justin, sto bene." lo rassicurai pulendomi gli occhi dalle lacrime ormai secche.
Di slancio mi abbracciò, sussurrandomi all'orecchio.
"Mi hai fatto preoccupare." mi baciò dolcemente il collo, facendomi rabbrividire.
Mi staccai, fissandolo negli occhi, e di nuovo mi fermai.
"Natalie..." sussurrò, e la sua voce fece eco nella mia mente, riportandomi di nuovo in quell'ospedale.
La donna stava mimando quel nome, di nuovo.
La sua lingua si appoggiò delicatamente sul palato, facendomi intendere una N.
Poi schiuse la bocca, formando una A.
Si morse delicatamente la lingua tra i denti, mimando una T.
Di nuovo mimò la A, per poi schiacciare completamente la lingua sul palato, formando una L.
Formò una specie di sorriso, una I.
Poi, da quell'ultima letter, aprì la bocca un pochino di più, formando una E.
Una mano stretta al mio braccio mi riportò alla realtà.
"Natalie..." sussurrai scioccata.
Quella donna, lei, era mia madre.
Capelli neri, occhi azzurri. Lei che non poteva permettersi di crescere la propria figlia, che, non casualmente, si chiamava Natalie.
Tutto coincideva, i pezzi del puzzle si riattaccarono perfettamente.
La mia vita prese un senso, e anche se quella donna, che portava il mio DNA, non c'era più, riuscii a sentirla vicina, come se non mi avesse mai abbandonato, finalmente mi sentivo amata, da una madre che ogni persona ha il diritto di avere.


Image and video hosting by TinyPic<

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Never let you go ***


SPAZIO AUTRICE
Io vi amoooooo. Diiiiio santo grazie per tutto Beliebers, vi amo da morire *v*
Ecco a voi il capitolo tanto richiesto
. VI AVVISO che da qui comincerà la 'seconda parte' della storia, da qui cominceranno molte cose che leggerete nei prossimi capitoli. MINIMO 6 RECENSIONI PER IL PROSSIMO.
Buona lettura C:



- Never Let You Go -
 

Justin piangeva sonoramente mentre mi avvolgeva con le sue braccia.
I nostri singhiozzi formavano un suono di sottofondo, e la sua famiglia che ci osservava con particolare interesse.
Le lacrime che scivolavano sul suo viso portavano dolore, quello che prima si teneva dentro, se ne stava finalmente liberando. La sua sorellina era un pezzo mancante fondamentale della sua famiglia, e non sarebbe mai stato davvero felice senza di lei, come senza nessun altro membro.
Dondolavamo leggermente i nostri corpi attaccati, quando due esili braccine avvolsero dolcemente le nostre nuche.
Io e Justin ci staccammo di qualche centimetro per far entrare in quell'abbraccio anche la piccola Jazmyn che guardava intensamente il fratello, per poi stampargli un dolce bacio sulle labbra. Si strinsero forte l'un l'altra, mentre io accarezzavo la schiena di Jazzy, come per farla calmare, dato che piangeva da parecchi minuti.
"Io vado, vi lascio festeggiare." mi rivolsi a tutti i presenti attirando la loro attenzione.
Feci un cenno con la mano e mi incamminai verso l'uscita del parco, quando una voce mi fermò.
Voltandomi, trovai Jazzy corrermi incontro. Mi abbassai, stringendola poi tra le mie braccia.
"Non andare via Lily." sussurrò al mio orecchio.
"Piccola, devi stare con la tua famiglia, io non ne faccio parte." risposi staccandola dolcemente da me per guardarla negli occhi.
Schiuse la bocca per rispondere, ma qualcuno la precedette.
"Si che ne fai parte." Pattie mi sorrideva, per invogliarmi a restare.
"No Pattie, grazie davvero. Questa è la vostra famiglia, non la mia." mi alzai, poggiando le mani sulle spalle di Jazmyn.
"Hai chiesto perdono, hai riacquistato la fiducia di Justin, e quella di tutti noi riportando a casa Jazmyn. Sei ben accetta, per favore." le ultime parole le pronunciò voltandosi verso Justin, che ci fissava con un velo di malinconia negli occhi, lasciando intendere che mi implorava con lo sguardo. 
Per almeno un giorno potevo permettermi di sentirmi parte di una vera famiglia.
"Sei sicura che posso restare?" chiesi sussurrando un po' imbarazzata.
Pattie mi sorrise rassicurante, mi prese la mano la mano sinistra, dato che l'altra era stretta a quella di Jazzy, portandomi dagli altri che aspettavano, altrettanto entusiasti.
Tutti conoscevano l'accaduto ovviamente, tranne Jazmyn, per ovvi motivi.
Ma per l'intera giornata non pensai a Nat, non pensai al mio passato, pensai solo a quanto mi sentissi finalmente felice.

La sera, ognuno tornò a casa propria, eccetto me e Justin, che mi invitò una notte da lui.
Durante il tragitto a piedi, dovemmo fare attenzione alle persone che ci stavano attorno, sperando di non incontrare un qualche collega del mio Bieber.
Entrati, ci fiondammo subito a letto, troppo stanchi anche per mangiare.
"Tieni questa, usala come pigiama." mi porse un'enorme maglia bianca e arancione, tipica tuta di basket.
In bagno mi cambiai, posando i miei vestiti sulla sedia della scrivania dopo essere uscita.
Justin mi aspettava seduto sul letto, indossando un paio di boxer e una semplice maglia nera a maniche corte.
Era seduto a gambe incrociate sopra il lenzuolo, segno che sicuramente voleva parlare.
Feci lo stesso accanto a lui, aspettando che iniziasse.
"Non potrai nasconderti a vita, per questo ho parlato oggi stesso con i miei colleghi. Ma, prima di parlartene, c'è una cosa che devo sapere."
Il suo tono di voce mi preoccupava. Teneva i suoi occhi fissi nei miei, come per leggermi dentro. Anche se non ce n'era bisogno, non gli avrei più mentito, qualsiasi verità, io gliel'avrei rivelata, ero stanca delle bugie, non volevo più farlo soffire.
Annuii, incitandolo a continuare.
"E' strano che in tre mesi, un intero corpo di polizia non abbia trovato mia sorella, e tu, in un giorno, non solo la trovi, ma la riporti a casa, aggiungendo poi gli sfruttatori, che stranamente, si sono ritrovati legati difronte alla centrale. Magari se fossero stati tre uomini avrei compreso, ma erano una decina. Dimmi la verità Natalie, non lavori da sola, vero?" ed ecco che da maggiorenne autoritario, si trasforma in un ragazzino spaesato.
Il livello di voce si moderò, lasciando intendere un velo di malinconia, come se mi stesse pregando di dirgli la verità.
Non cercava altre menzogne, cercava la mia sincerità, che arrivò subito.
"No, non lavoro da sola. Però ti prego, non giudicarmi. Non potevo mettere nei guai altre persone. Tra cui il mio padre adottivo, senza di lui non sarei nemmeno qui. Sono l'unica famiglia che ho, non potevo permettere che per colpa dei miei capricci, per colpa dei miei sentimenti, ci rimettessero le loro vite." era difficile trattenere le lacrime, ma riuscii ad evitarle. 
Justin sembrava impassibile, ma quando lo pregai con gli occhi di non arrabbiarsi, il suo sguardo si addolcì.
"Anche io avrei fatto lo stesso. Solo, questo renderà le cose un po' più difficili. Per ore ho parlato con i miei superiori, per farti entrare. Mettilo come uno scambio, tu non vieni rinchiusa in galera, però sei sotto controllo e dovrai aiutare in tutte le indagini. Spero di convincerli ad aiutare anche la tua famiglia. Quanti sono?"
Conor, Chriss e Caitlin, poi ci sarebbe anche Joe e altri tre ragazzi, ma loro si stavano per trasferire in Messico, colpa dei troppi sospetti, quindi eravamo solo in quattro.
"Conor, il mio padre adottivo. Christian e Caitlin, i miei due migliori amici."
"Farò il possibile, altrimenti troveremo un'altra soluzione." si sporse verso l'abat jour dietro di lui, pero poi spegnere la luce.
Ci infilammo sotto il lenzuolo, attorcigliando le nostre gambe.
Il mio fiato si scontrava contro il suo collo, mentre le sue braccia circondavano i miei fianchi, tenendomi ben stretta al suo petto.
"Buonanotte Justin." sussurrai baciandogli delicatamente le labbra.
"Buonanotte Lily." rispose dopo essersi staccato.
Dopo qualche minuto, sentendomi al sicuro da qualsiasi cosa, mi addormentai.


Justin's Point of View

La luce fioca penetrava dalla finestra, scontrandosi sui miei occhi, svegliandomi.
Stavo per alzarmi, quando qualcosa mi bloccò il braccio che sprofondava nel cuscino.
Subito feci mente locale, ed un sorriso comparve sul mio volto.
Facendo attenzione a non svegliarla, mi liberai il braccio, lasciando quel corpo esile dormiente sopra il letto.
La fame ancora non si sentiva, ma ammirando la ragazza di cui mi innamorai, una tempesta di parole entrarono nella mia mente, desiderose di essere manifestate.
Usando solo le mani, cercai la mia chitarra, e dopo averla trovata, lentamente uscii sul terrazzo. Chiusi la porta di vetro, cosìcche non svegliassi Natalie, intenta a dormire.
Strimpellai qualche nota per accordarmi, poi, senza staccarle gli occhi di dosso, tutto quello che provavo, lo espressi con la musica. 

There’s a dream that I’ve been chasing

Want so badly for it to be reality

And when you hold my hand then I understand

That it’s meant to be


Perché il mio sogno è lei, tutto si è materializzato in un corpo solo. 
Quegli occhi che possono sembrare freddi, sono quelli che mi scaldano il cuore.
Quei capelli, che danno l'idea delle tenebre, sono i più luminosi che abbia mai visto.
Quel sorriso, che all'apparenza sembra malizioso, è il più bello che esista.
Mi dà amore, mi dà gioia, mi dà avventura. 
E' come un mondo che io devo scoprire, un tesoro che solo io posso scovare, una missione che non mi devo perdere.
Lei è come la mia debolezza, il mio punto vulnerabile, il mio Tallone D'Achille.

‘Cause baby when you’re with me

It’s like an angel came by 

And took me to heaven

‘Cause when I stare in your eyes

It couldn’t be better


Lei è il mio angelo, che ha reso la mia vita l'avventura più entusiasmante.
Il mio angelo che mi fa sentire la persona migliore del mondo.
Il mio angelo, solo mio.

Let the music blast

We gon’ do our dance

Bring the doubters on

They don’t matter at all

‘Cause this life’s too long

And this love’s too strong

So baby, know for sure

That I’ll never let you go


Quell'ultima frase.
Bugiardo, vigliacco, aprofittatore, egoista.
Mi si bloccò il respiro, e le mie mani tremanti si fermarono.
Davvero non la lascerò mai andare?
Lo desidero con tutto me stesso.
L'amore porta a fare pazzie, anche le più dolorose, ma che hanno un motivo valido.
Sono un grande egoista.
La mia vita ormai porta il suo nome, e io, l'abbandonerò da un giorno all'altro.
Tutto grazie alla mia passione per la musica.
Da poco ho firmato un contratto, e lei non sa niente.
Non sa che dopo averla aiutata a trovare la giusta strada, non mi vedrà più.
Non sa che girerò il mondo per mettere in giro la voce di un possibile nuovo artista.
Non sa che i miei obbiettivi sono quelli di diventare un cantante.
Non sa che lascerò il mio lavoro da poliziotto di Los Angeles, per esibirmi in possibili concerti.
Lei non lo sa. 
So che non potrà seguirmi, deve riacquistare la fiducia di questa città, deve farsi una nuova vita, e io, non ci sarò.
Non so quante ore potremmo ancora passare insieme, ma di lì a poco, mi vedrà solamente nei giornali o dietro ad uno schermo, sempre se lei lo voglia.
Tornerò sicuramente, per lei, per me, ma chissà quando.
Probabilmente mi odierà, e spero che il dolore di lasciarla non sia così grande da farmi rimanere dove sono ora. 
Ho grandi progetti per la mia vita, e non ho intenzione di fare cose differenti.
Le persone penserebbero che non la amo abbastanza.
Invece, per lei darei la mia anima, perché la sua vale notevolmente di più.
Come un genitore aiuta il proprio figlio a fare i primi passi, io ho aiutato lei a costruire la base della sua vita, ma poi dovrà continuare da sola, io devo pensare alla mia.
Egoista, si lo sono.
Ma spero vivamente, che i nostri percorsi si rincrocino, per poi continuare con un unico sentiero nella strada della vita.
E mentre una lacrima mi attraversò il viso, le ultime parole uscirono dalle mie labbra.

That I’ll never let you go.


Image and video hosting by TinyPic
Image and video hosting by TinyPic











 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Only salvation ***


SPAZIO AUTRICE 
Anche se l'altro capitolo non ha avuto le 6 recensioni pubblico lo stesso. Spero di tirare un po' su di morale le beliebers che non sono state al concerto, come me.
Vi amo. 6 RECNSIONI PER IL CONTINUO.




- Only salvation -
 

Un sottile strato di luce penetrava dalla finestra leggermente aperta. Perché la finestra era aperta? 
Lentamente mi affacciai al terrazzo, scorgendo Justin impegnato a scrivere qualcosa su dei fogli appoggiati al tavolino difronte a lui.
Dopo qualche istante strimpellò qualche nota con la chitarra, e cominciò a cantare.


Now Romeo & Juliet,

Bet they never felt the way we felt,

Bonnie & Clyde,

Never had to hide like

We do, we do..



La sua voce era dolce ma profonda, da far venire la pelle d'oca, avrebbe potuto fare il cantante, aveva un talento naturale.
Senza farmi notare sgusciai dietro di lui, sbirciando sulla canzone. 
Aveva una fantasia molto aperta, ed era anche stupenda.
Appoggiai le mani sui suoi fianchi, irrigiditi al mio tocco, ma che subito si rilassarono, e non smise di cantare, così lo seguii.

You and i both know it can’t work,

It’s all fun and games,

’til someone gets hurt,

And i don’t,

I won’t let that be you..



Il canto non era il mio forte, comunque seppi cavarmela.
Leggendo le parole finimmo tutta la canzone, che era bellissima.
Ma il suo significato mi lasciava perplessa. In quel brano, Justin si esprimeva come se non ci fosse un domani, come se tutto andasse nel verso sbagliato.
Spero sia solo la sua fantasia, perché se stava concretizzando la nostra relazione era un guaio, un vero guaio, perché non voglio più errori con lui, non lo voglio allontanare, anzi, lo voglio più vicino, ho bisogno di lui, più di chiunque altro. 
Soprattutto in quel periodo. Justin era la mia unica salvezza.
Quando finì la canzone, poggiò la chitarra sopra il tavolino e mi sedetti sulle sue gambe, poggiando la testa sul suo petto, lasciandomi stringere beatamente tra quelle braccia.
"Buongiorno." sussurrò lasciandomi un dolce bacio sulla fronte. 
Sorrisi al suo gesto, lasciando di conseguenza un bacio sulla sua clavicola.
"Buongiorno." ripetei. 
"Come mai già sveglia?" mi chiese continuando a tenermi stretta, osservando il cielo colorato di un meraviglioso rosa pesca, segno che il sole stava sorgendo. 
"Ti ho sentito cantare, e poi non avevo più sonno." sussurrai come se fossi una bambina.
Ma infondo lo ero, ero la sua bambina.
Lo sentii ridacchiare per poi prendere un respiro profondo.
Mi afferrò per le gambe e il busto, sollevandomi per poi portarmi in camera.
Mi lasciò cadere sul letto, vedendolo mettersi sopra di me.
"E ora..." disse con voce sensuale.
"L'ultimo che arriva in cucina è un procione paralitico." esultò staccandosi velocemente dal mio corpo e uscendo velocemente dalla stanza.
Avrei voluto ridere, ma non potevo perdere, mi avrebbe preso in giro tutta la vita.
Velocemente uscii dalla camera, vedendo Justin intento a percorre non troppo velocemente il corridoio. 
Rincorrerlo sarebbe stato inutile, quindi rapidamente escogitai qualcosa.
Arrivò alle scale che, sempre con una velocità moderata, scese, perdendo terreno, che io acquistai a grandi passi.
Alle scale, appoggiai il sedere al corrimano, voltandomi verso il vuoto, poi mi lasciai scivolare, sorpassandolo.
Poggiai i piedi a terra, correndo verso la cucina, con Justin che imprecava alle mie spalle.
Rallentai, sentendomi ormai la vincitrice, ma senza che me ne resi conto Justin si era avvicinato e mi scaraventò a terra come se stessi giocando a rugby, ma non avevo intenzione di farlo passare, così lo trascinai giù con me, ridendo con quel poco fiato che avevo.
Si unì alla mia risata.
Dio, quanto l'amavo. Era così pura e cristallina.
"Allora, chi ha vinto?" dissi tra un respiro e l'altro.
Lui mi guardò, ma non rispose. Mi afferrò come pochi minuti prima nella camera, e tranquillamente mi portò in cucina, per poi appoggiarmi delicatamete sul pavimento.
Mi guardò dolcemente, e mi sorrise, stampandomi un bacio sulle labbra.
"Abbiamo vinto noi." sussurrò sul mio viso.
Se non mi avesse sorretto con le braccia sarei caduta a terra, ma dove avrei trovato un'altro uomo così? 
Ridendo e scherzando, passamo tutta la mattina insieme, facendo qualsiasi tipo di gioco.
Da Twister a nascondino in casa.
Mi sentivo così felice, finalmente, anche se a volte notavo una certa tensione e ansia negli occhi di Justin, che però non sapevo spiegarmi. 


Justin's Point of View

Erano passati ormai due giorni da quando Natalie dormì a casa mia.
Quella sera tornò dalla sua amica, Caitlin, e il mio dovere era ormai fatto.
Il mio capo aveva accettato Natalie e i suoi amici, mettendoli alla prova.
Grazie a loro avevano già risolto un caso.
E il mio contratto stava per scattare.
Oltre la mia famiglia, nessuno lo sapeva. E di certo Lily non doveva ancora saperlo, altrimenti avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per fermarmi, se invece gliel'avrei detto all'ultimo momento, cosa che avrei fatto, non poteva opporsi, anche se avrebbe fatto, forse, più male.
Proprio io che la volevo proteggere, che non volevo farla soffrire, proprio io che la amo più di me stesso, le provocherò tutto il dolore del mondo.

Era il giorno decisivo.
Le mie valigie erano ormai pronte, avevo chiamato Natalie e da un momento sarebbe arrivata.
Infatti, dopo pochi minuti, il campanello suonò.
Quella meraviglia entrò in casa, sfoggiando il suo sorriso che amavo.
Dovevo stare il più distaccato possibile, altrimenti non ci sarei riuscito.
La feci sedere sul divano difronte a me, feci un bel respiro e parlai.
"Sono sempre stato un'amante della musica, anche se non te l'ho mai detto, però alla fine l'hai scoperto da sola. Quando eri in galera, una mia parente mi ha chiesto dei miei video mentre suonavo la chitarra, così li caricai su youtube, ma qualcosa che non mi aspettai successe.Le visualizzazioni aumentavano a dismisura, e le persone continuavano a chiedere video. Finché un giorno, un certo Scooter Braun mi contattò. Parlammo molto a lungo, finchè decisi di accettare delle condizioni di un contratto." sputai tutto d'un fiato. 
Natalie sorrideva.
"Sono contentissima Justin." esultò.
"Però.." continuai " ...so com'è la vita degli artisti, e io sto puntando a quello. Ieri ho parlato al mio capo del distretto, e mi sono dimesso. Da quello che mi ha detto Scooter viaggerò per il mondo, cercando, diciamo della 'pubblicità'. Tu ti stai costruendo una vita, che è completamente diversa da quella che voglio vivere io, e so per certo, che la nostra relazione non potrà andare avanti."
Potevo leggere nei suoi occhi la tristezza, e le sue mani tremanti asciugarono una lacrima.
Faceva così male vederla in quello stato.
"Sei la persona più importante per me, ma così dev'essere. Se mi credi un egoista, hai ragione. Ma non sopporterei una vita che non voglio fare. Spero solo che, un giorno ci potremmo rincontrare. Ti amerò sempre Natalie, ti prego di perdonarmi." le ultime parole uscirono tremanti, finché anche i miei occhi cominciarono a gocciolare. 
Non apriva bocca, mi fissava con quegli occhi pieni di delusione.
Annuì con la testa, segno che aveva capito, anche se era tremendamente offesa.
Si alzò lentamente, cosa che feci anche io.
Mi guardò per un istante, poi si avvicinò, stampandomi un acido bacio sulla guancia bagnata.
"Buona fortuna per il tuo futuro Justin." detto questo uscì, sbattendo la porta.
Il mio cuore diceva di seguirla, ma avrei solo peggiorato le cose.
Mi asciugai le lacrime, e dopo qualche secondo per calmarmi, presi le mie cose, diretto all'areoporto, pronto ad iniziare una nuova vita, ma senza la mia Lily.


Natalie's Point of View

Il mio incubo peggiore si era concretizzato.
Corsi senza sosta verso casa Beadles.
Entrai in camera mia, e strappai con rabbia tutte le foto di Justin, mettendo sottosopra la stanza. Non mi importava di niente, il dolore che stavo sopportando era troppo. Mi aveva lasciata, così. Dopo aver tanto lottato per lui, era questo quello che mi meritavo? Tutta la mia vita girava intorno a Justin, e ora che non c'è, cos'è che mi incita ad andare avanti? Urlai così tanto che ridussi i miei polmoni a palloncini sgonfi, ma non bastava per sfogarmi.
Uscii di casa, presi la moto di Chriss, e senza preoccuparmi di mettere il casco sgommai via, senza una meta.
Sorpassavo le macchine, non badando ai semafori rossi.
La velocità aumentava dato che nella mia testa Stuck In The Moment, scritta da Justin continuava a risuonare.
Ma mi accorsi troppo tardi della macchina che mi stava venendo incontro letteralmente, provocandomi due costole e una gamba rotta. 
Problemi che in cinque mesi risolvetti, ma il danno nell'anima, non è mai guarito, è sempre rimasto, e rimarrà sempre, perché Justin non è mai tornato. 



Image and video hosting by TinyPic<

Image and video hosting by TinyPic  

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** One less lonely... Natalie? ***


SPAZIO AUTRICE
Siete poco attive. Chiedervi la luna sarebbe più facile di ottenere le recensioni. Ma ci tengo troppo a questa storia soprattutto perché d'ora in poi TUTTO CAMBIA.
Se vi interessa bene, altrimenti vi perdete tutto.  Buona lettura.




- One Less Lonely... Natalie? -
 

Ragazzine urlanti. Ragazzine urlanti ovunque. 
Mi trovavo su un grande piazzale davanti ad una grande arena, in mezzo ad un grande gruppo di ragazzine urlanti. Come ci sono finita?

Ero immersa nei miei sogni, al calduccio nel mio letto, quando qualcosa mi fece svegliare.
Sembravano dei colpi alla porta d'entrata, e non cessavano.
Mi preoccupai, così con cautela andai a vedere, immergendomi nel buio della casa.
Per sicurezza afferrai la mazza da baseball che tenevo nello sgabuzzino.
Le armi le avevo abbandonate, già da due anni, più precisamente da quando Justin uscì dalla mia vita.
Prima che mi rimetta a pensare a quel bastardo, torniamo alla realtà.
Mi avvicinai alla porta che continuava ad essere torturata con i pugni di non so chi.
Appoggiai l'orecchio per sentire qualcosa.
"Uff, non mi aprirà mai." il mio battito cardiaco ritornò regolare quando riconobbi la voce di Kim.
Aprii la porta dopo aver appoggiato la mazza vicino allo stipite della porta.
La mia amica sussultò per lo spavento, dato che feci tutto con molta velocità, ma la mia voglia di strozzarla era troppa.
"Alla buon'ora Morrison. E' da più di dieci minuti che sto aspettando!" si lamentò.
"Kim, sono le-" mi interruppi voltandomi verso l'orologio fissato in soggiorno. Lessi l'ora, e il mio istinto omicida salì alle stelle "sei e mezza del mattino. E' il mio giorno libero e tu mi vieni a svegliare così? Pensavo fossi un ladro o un assassino, tanto che ho dovuto prendere la mazza" urlai mostrandogliela "che cazzo vuoi?! Spero per te che sia importante!" ripresi fiato, aspettando una sua risposta.
Alzò gli occhi al cielo, annoiata.
"Ti spiego. Io oggi avrei un concerto che aspetto da mesi. Dovevo andarci con una mia amica, ma lei ieri, disgraziata che non è altro, ieri si è presa una bronchite, e non può più venire. So che ti dovevo avvertire prima, ma ero impegnata a strapparmi i capelli dalla rabbia. Io non ci vado se non viene qualcuno, e tu, dato che sei meravigliosamente gentile, verrai con me, ora." puntò i suoi occhi scuri nei miei.
Tanto ormai mi ha fatto alterare, non avrei più preso sonno, quindi accettai.
La feci entrare e raggiunsi camera mia per vestirmi.


E ora sono qui da circa dieci ore per aspettare che si aprano questi maledetti cancelli.
Che poi io devo ancora capire di chi sia il concerto.
"Kim, si può sapere chi andiamo a vedere?" chiesi attirando la sua attenzione. 
Spalancò la bocca, e sussultò, tanto da far voltare qualche ragazza.
"Come fai a non saperlo? Da giorni non si parla d'altro." non faceva altro che lamentarsi della mia ignoranza verso questo cantante, ma non rispondeva alla mia domanda.
"Okay bene, ora che mi hai tartassato con le tue lamentele, puoi dirmi chi è?" dissi cercando di mantenere la calma.
"Justin Bieber.
Bum.
Un battito.
Bum.
Un altro battito.
Per poco i miei occhi uscivano dalle orbite. 
Sentii l'aria mancare, le gambe cedere.
No, chiunque, ma non lui.
Quando se ne andò persi i suoi contatti. Non mi scriveva, non mi chiamava. Semplicemente, non mi cercava.
Quando parlavano di lui in televisione cambiavo sempre canale, perché rimanere ad ascoltare significherebbe essere masochisti. Ma io non voglio farmi del male, per colpa sua, non più.
Senza di lui tutto aveva perso significato. 
Affondai il mio dolore nell'alcol e nel sesso.
In due anni non mi ero mai approcciata a qualcuno, o meglio, ci ho provato. 
Ma sempre, vedevo Justin, sempre avevo l'impressione di baciare le sue labbra, non quelle degli altri ragazzi. 
Nessuno però mi ha mai fatto sentire come faceva lui. 
Si, lo amo ancora. Ogni giorno mi ripeto " Ti ha lasciata, non ti ama più. Devi cominciare una nuova vita, senza Justin. "
Ma convincere me stessa di queste parole mi è impossibile. Non riesco a dimenticarlo, a dimenticare quello che ha fatto per me.
Però è anche vero che lo odio per il fatto che quest'amore mi impedisce di crearmi una nuova vita. 
Continuo a lavorare nel distretto di polizia di Los Angeles insieme all'ex Covo.
Tutto va benissimo, ma lui non c'è.
Stavo imparando a gestire il mio vuoto nel cuore che lui riempiva, ed ora Kim, amica meravigliosa nonché collega, sta renendo presente il mio passato.
"N-no Kim ti prego, andiamo via. Non posso entrare." dissi respingendo le lacrime.
Non badò alle mie parole, troppo occupata a portarmi nell'entrata, visto che i cancelli erano stati aperti, come il mio cuore che stava permettendo alle emozioni negative di entrare, nuovamente.
Cercai di fare resistenza, ma il dolore  e la paura cominciarono a prendersi gioco dei miei muscoli, bloccandoli completamente.
In pochi minuti mi trovai dentro quell'enorme arena, stracolma di ragazze che pianegvano, urlavano, ma sorridevano. 
Da quello che so, le sue fans si chiamano Beliebers, Jeliebers o qualcosa di simile.
Kim mi strattonò verso quelli che dovevano essere i nostri posti, ormai non c'era più via di fuga.
"Io vado a dare un'occhiata in giro, vieni con me?" mi chiese lei dopo essersi tolta il cappotto.
"Nono, sto qui, vai pure." dissi sedendomi e appoggiando i gomiti sulla ginocchia.
Non rispose e si allontanò.
Solo in quel momento mi resi conto di come erano vestite le ragazze.
Avevano le maglie con il suo viso stampato, e una lama mi trafisse il petto.
Tutto ripiombò nella mia mente, tutto il mio passato insieme a lui. 

"Zac! Zac vieni qui." cercai di richiamare il cane, intento a divorare il gelato di una bambina, con accanto un ragazzo.

Il primo incontro, quello che doveva essere un "errore" è stato forse il migliore della mia vita.

I nostri bacini danzavano, ed un vortice di passione e amore ci prevalse.

La prima ed unica volta che facemmo l'amore. Sì, non sesso, amore.

"Perché non mi hai riportato in galera, Justin?" sputai fuori mentre mi sedetti affianco.
Aspettò qualche istante, poi si voltò verso di me, incastrandomi con quegli occhioni di cui mi innamorai subito, dal primo momento in cui li vidi.
"Perché ti amo Natalie. Guardati, guarda come sei cambiata. Si vede da chilometri quanto sei dimagrita e distrutta, tutto per colpa mia. Non riesco ad immaginarti lì dentro, tralasciando quello che hai fatto, che mi hai fatto, vederti rinchiusa mi distrugge lentamente."



Il nostro primo incontro dopo la galera, dove stetti due mesi senza di lui. 
E nonostante gli abbia dato il dolore più grande, lui era lì, con me.


"Allora, chi ha vinto?" dissi tra un respiro e l'altro.
Lui mi guardò, ma non rispose. Mi afferrò come pochi minuti prima nella camera, e tranquillamente mi portò in cucina, per poi appoggiarmi delicatamete sul pavimento.
Mi guardò dolcemente, e mi sorrise, stampandomi un bacio sulle labbra.
"Abbiamo vinto noi." sussurrò sul mio viso.
Se non mi avesse sorretto con le braccia sarei caduta a terra, ma dove avrei trovato un'altro uomo così? 


Solo parole. Inutili. Ma quelle tre, sono sempre rimaste nella mia testa.
Non parlavano di me. Non parlavano di lui. Parlavano di noi.
Un noi, che con poco si è trasformato, diventando " Io, senza lui. ".

"Oddio Lily, è lo zero, sta per arrivare!" Kim continuava a strattonarmi il braccio.
Il conto alla rovescia era finito. 
Si poteva sentire benissimo l'agitazione nell'aria, ma io sentivo solo quella del mio cuore.
Non avevo idea di come potevo reagire alla sua vista.
E se mi avesse notato? Non ero molto distante dal palco, ossia era probabile che mi vedesse.
Ma non potevo aspettarmi niente. 
Dovevo pensare positivo. Fa questo stupido concerto, poi posso andarmene a casa, felice e tranquilla, come se non fosse successo niente, almeno è quello che spero.
Balzarono fuori dei ballerini, insieme ad una ragazza, che da quanto mi disse Kim, era Carly Rae Jepsen, una cantante che apriva il concerto.
E se fosse anche la sua fidanzata? No, Kim non ha detto niente riguardo a questo, quindi penso di no. Ma se lui fosse fidanzato? Mi sento svenire al solo pensiero.
No Natalie, lui deve continuare la sua vita. Un giorno avrà una moglie, dei bambini, esattamente come te, solo che la moglie non sarai tu, e i figli non saranno i tuoi.
Carly si esibì con qualche canzone, poi lasciò il palco. 
E dopo una manciata di minuti, uno schermo enorme si divise in due, da cui entrò qualcuno.
Le urla erano insostenibili, ma io le sentivo solo come eco.
L'unico suono che sentivo era il mio cuore battere all'impazzata, e il mio respiro affannato.
Era vestito tutto in bianco, e delle enormi ali lo sostenevano.
Quando toccò i piedi a terra, uno qualcosa mi entrò dolorosamente nel petto, costringendomi a prendere un grande respiro attraverso la bocca, e parecchio rumoroso.
Era lui ad essere entrato di nuovo nella mia vita.
Non avevo mai ascoltato una sua canzone, almeno non grazie alla Tv, o alla radio.
Le conoscevo tutte, perché le abbiamo scritte noi, insieme.
Ci bastarono un letto, una chitarra, dei fogli e le nostre fantasie si intrecciarono, formando quelle meravigliose canzoni che ora tutto il mondo conosce.
Ma ero stanca di pensare al mio passato, così cercai di divertirmi, senza pensare a Justin Bieber, il ragazzo di cui mi innamorai, e che amo tutt'ora.

"Cristo Santo Lily, ora c'è One Less Lonely Girl!" urlò Kim nel mio orecchio.
Ha sempre esultato per ogni canzone, ma mai così tanto.
E' vero che questa è stupenda, dice cose che ogni ragazza vorrebbe sentirsi dire, ma è come tutte le altre, cosa c'è da esultare tanto?!
"E quindi?
"Justin ad ogni concerto, fa salire una ragazza sul palco. Ho sempre sognato questo momento, speriamo bene.".
Sgranai gli occhi.
Una ragazza sul palco? Vicino a lui?
Non dovevo assolutamente essere io, sarebbe successo il finimondo.
Incrociai le dita, sperando che venga scelta una Beliebers.
Chiusi gli occhi, come se il desiderio potesse diventare più intenso. Pff, illusa.
"Ehi, ragazza." ti prego fa che non sia quello che penso.
Ora mi volto, e spero che non sia quelle che non deve essere. 
Una donna mi scrutava attentamente. Mi calmai un po', ma non appena notai il cartellino che portava, bestemmiai mentalmente in aramaico antico.
"Vuoi salire sul palco?" mi chiese.
Tutte le persone intorno a me sorridevano, incitandomi ad andare.
Stavo per rifiutare, cedendo il posto a Kim, ma proprio lei mi spinse verso la donna, che da quello che lessi si chiamava Allison, che prese quel gesto come un sì.
Mi afferrò per il braccio trascinandomi verso le quinte.
Lo stomaco si attorcigliava passo dopo passo, le tempie pulsavano, la gola era secca, e il cuore accellerava.
"Ora i ballerini ti accomopagneranno su quel trono là, poi arriverà Justin. Tranquillizzati un po'." mi sorrise cercando di calmarmi.
Scusa tesoro, ma non sei tu quella che dopo due anni rivedrà l'amore della sua vita, a sua insaputa e per di più difronte a milioni di persone, cazzoculo.
Mi spinse dolcemente verso il palco, dove subito due ragazzi mi accompagnarono sul cosiddetto trono.
Le urla aumentarono al mio arrivo.
Justin era all'estremità del palco mentre ballava e cantava.
Aveva una semplice canottiera bianca, che lasciava intravedere qualche tatuaggio e i muscoli scopliti, che due anni fa non aveva, almeno non erano così accentuati.
Si avvicinò a me, sempre di più. 
I lineamenti del suo viso erano sempre più chiari, come la mia agitazione saliva, lui acquistava terreno. 
Milioni di domande mi tartassavano, due in particolare.
Come reagirà?
Cosa dovrò fare?
La prima domanda, in pochi istanti, ricevette risposta.
Ai piedi del trono su cui ero seduta, c'era lui, immobile.
L'unica cosa che ancora si muoveva era la sua mandibola, l'unica cosa che faceva era cantare.
Non si avvicinava, e il suo sguardo era freddo, impassibile, e i suoi occhi bloccati nei miei.
Si bagnò le labbra con la lingua, poi salì un gradino.
Bum.
Si passò una mano sui capelli, segno di nervosismo.
Altro gradino.
Bum.
Uno solo ci divideva ancora, e ancora nessuna emozione riuscivo a leggere nei suoi occhi color caramello.
Ultimo gradino. 
Bum bum.
I battiti lenti facevano eco nella mia testa, che in quel momento non faceva più ragionamenti logici.
Era proprio difronte a me.
Notai che si era alzato di qualche centimetro, ma era sempre quel dolce Justin di un tempo.
Appoggiò una mano sul bracciolo, e l'altra su quello opposto.
Avvicinò la sua testa al suo viso, e finalmente riuscì a leggere quello che giaceva nei suoi occhi: gioia.
Tutto il mondo sparì, c'ero solo io, lui, e la sua voce.
Pochi centimetri ci distanziavano, e quasi mi fermai a pensare se faceva così con tutte, ma poco m'importava, dopo due anni, lui era lì, con me.

If you let me inside of your world 

There'll be one less lonely girl 


Una lacrima mi rigò il viso, troppe emozioni tutte insieme.
Non servivano parole, erano le nostre iridi a parlare per noi.
Attraverso queste, cercai di fargli capire che lo odiavo per tutto quello che mi ha fatto passare, ma lo amavo ancora, più di qualsiasi altra cosa.
Con il pollice mi asciugò il liquido salato.
Una scossa elettrica mi attraversò perfino l'anima. 
Mi era mancato il suo dolce tocco, quello che mi faceva sentire al sicuro da tutto.
Mi era mancato così tanto, che per sentirlo bene chiusi gli occhi, mentre la sua mano mi accarezzò tutta la guancia.
Di nuovo aprii gli occhi, e vidi il suo sorriso, sorrideva per il mio gesto, sorrideva perché io ero lì, con lui, di nuovo.
Si sedette accanto a me, afferrò il mio mento e avvicinò il mio viso al suo.
Tutto di lui è rimasto com'era. 
I suoi occhi dolci. I capelli sbarazzini. Il sorriso che poteva illuminare anche il cuore di una persona senza sentimenti. La bocca a cuore che in quel momento avrei voluto baciare.
Ma con tutte le mie forze, mi trattenni.
La canzone finì, per mio grande dispiacere.
Afferrò saldamente la mia mano, come se non volesse farmi scappare.
Ma mi portò dietro le quinte, dove Allison mi aspettava.
Quando mise fine al nostro contatto, mi sentii nuda, vulnerabile a tutto.
Ma non mi girò le spalle, almeno non subito. Si avvicinò parecchio al mio viso, quasi pensavo mi volesse baciare, ma poi si abbassò, prendendo di nuovo la mia mano, portandosela alle labbra.
La baciò dolcemente, e mi trasmise tutto quello che sentiva dentro.
Si staccò, e prima di svoltare l'angolo, mimò con il labiale " I missed you.".
Il mio cuore scoppiò, e un sorriso enorme si formò, su cui poi le lacrime terminarono il loro cammino.
Allison mi riportò da Kim, che mi abbracciò.
Mi chiese di raccontarle tutto, ma le parole mi si bloccarono in gola.
Ero troppo scossa, troppo agitata, troppo innamorata.
Il concerto continuò, finché una canzone in particolare, mi fece sussultare.

Lately I’ve been thinkin’, thinkin’ about what we had
I know it was hard, it was all that we knew, yeah.
Have you been drinkin’, to take all the pain away?
I wish that I could give you what you, deserve
‘Cause nothing could ever, ever replace you
Nothing can make me feel like you do.


Nothing Like Us, l'avevamo scritta insieme.
Il ricordo era puro e limpido nella mia mente.
In quel momento, Justin si trovava al centro dell'asse che portava al centro del pubblico.
Con lo sguardo cercava qualcuno, e quando trovò me, si fermò, pronunciando quell'utlima frase, come se me lo stesse dicendo, solo a me, solo per me. 

You know there’s no one, I can relate to
And know we won’t find a love that’s so true.


Non mi staccava gli occhi di dosso.
Kim sclerava, ma in quel momento mi importava solo di percepire i suoi sentimenti.

There’s nothing like us, there’s nothing like you and me
Together through the storm.
There’s nothing like us, there’s nothing like you and me
Together.


Stava raccontando di noi, della nostra storia.
Tutto era pura verità. Non c'era nessuno come noi.

I gave you everything, baby, everything I had to give
Girl, why would you push me away?
Lost in confusion, like an illusion
You know I’m used to making your day.
But that is the past now, we didn’t last now
Guess that this is meant to be.
Tell me was it worth it? We were so perfect
But baby I just want you to see.


Ogni tanto spostò lo sguardo verso il resto del pubblico, ma per la maggior parte del tempo lo tenne fisso nel mio.
In quel momento mi resi conto che mai, mai sarei stata davvero felice, senza lui nella mia vita, mai.

"E' stato meraviglioso, era tutto così perfetto." esultò Kim mettendo in moto l'auto.
Il concerto era appena finito, e io sentivo un enorme vuoto nel mio povero cuore ormai tartassato per le troppe emozioni di oggi.
Prima di sparire però, Justin mi guardò per qualche istante, sorrise, mi fece l'occhiolino, e se ne andò.
Kim aveva ragione, è stato tutto così perfetto. 
Oh cazzo, adesso che mi viene in mente, ho dimenticato una cosa all'arena: la mia vita.


Image and video hosting by TinyPic


Image and video hosting by TinyPic














 





 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Baby Sitter, Omg! ***


SPAZIO AUTRICE
non ho molto da dire, dato che tanto non servirebbe a nulla. Lasciate qualche recensione per favore. Buona lettura.





- Baby Sitter, Omg! -

 

"Caitlin muovi il culo che siamo in ritardo. Sai come diventa Kim se non siamo puntuali, muoviti!" urlai dal piano inferiore.
"Arrivo arrivo, mi sto mettendo le scarpe." sbuffò, scendendo le scale con una gamba sola, intenta a infilare il piede destro nella scarpa.
E' sempre stata piuttosto goffa, e vederla così in difficoltà mi provocava una sonora risata che non le passò inosservato. Mi fulminò con quegli occhi castani, ma non fece altro che aumentare il mio divertimento.
"S-scusa ma sei troppo rincoglionita." dissi tra un respiro e l'altro.
Si imbronciò e incrociò le braccia, visibilmente offesa.
"Okay okay scusa, andiamo." le aprii la porta, dopo essermi ricomposta.
Prima di uscire però, mi diede uno scappellotto in testa, non molto piacevole.
"Ahio. Perché l'hai fatto?" chiesi massaggiandomi il punto dolorante chiudendo poi a chiave la porta d'entrata e raggiungendo Caitlin.
"Te lo sei meritato." disse senza degnarmi di uno sguardo.
Prima che potessi ribattere il cellulare squillò.
Controllai lo schermo, notando una chiamata in arrivo da Kim.
"Ricordati che se si arrabbia la colpa è tua eh." avvertii Cait prima di rispondere.
Neanche il tempo di dire una sillaba che Kim mi amortizzò un timpano.
"Dove cazzo siete? E' da dieci minuti che sono qui seduta a svangarmi le ovaie, dovevato essere qui alle quattro e sono le quattro e sette minuti, mi prendete per il culo?" alzai gli occhi al cielo, cosa che l'avrebbe fatta irritare ancora di più, ma tanto non poteva vedermi.
"Kim, ti do' tre opzioni e tu scegli quella che più ritieni opportuna:sei stupida; mangi sassi; scavalchi cancelli aperti. Quale preferisci? Insomma sono appena sette minuti, e poi la colpa è di Cait che non si muoveva." sbuffai notando la faccia irritata della mia amica affianco, intenta ad imitare la mia voce prendendomi in giro.
Le tirai un calcio sul sedere mandandola a Wafferculo mentalmente.
"Non mi importa, siete in ritardo e basta." continuò l'altra ermafrodita al telefono.
"Kim, respira profondamente e calmati, siamo quasi arrivate, ciao." senza darle il tempo di rispondere riattaccai, rimettendo il cellulare nella borsa.
Caitlin era ancora offesa per la scenata di prima, era cos' buffa.
"Eddai, sai che ti voglio bene." dissi dandole velocemente un bacio sulla guancia.
"Sisi, come no."
Alzai gli occhi al cielo una seconda volta mentre entrammo nel bar dove Kim ci aspettava.
"Era ora brutte stronze, mi av-" non la feci finire che le tappai la bocca con la mano.
"Prova a dire un'altra parola e tutti i CD di Bieber diventeranno pappa per Zac." la minacciai, cercando di sembrare il più seria possibile.
Vedendo che non rispondeva lentamente le tolsi la mano.
"Ma-" alzai velocemnte l'indice vicino al suo viso, fermandola.
"Sshh."
Sbuffò, mi diede le spalle per afferrare tre cappuccini ed uscire fuori senza dire una parola.
In momenti come questi posso dire di essere fiera di me stessa.


Erano passati due giorni dal concerto di Justin, e anche se lo nascondevo, mi sentivo tremendamente vuota.
Ogni volta che il suo viso, o la sua voce mi ripiombavano in testa, cercavo di tenere la mente occupata, per non tornare ad annegare in un mare di lacrime.
"Cait, guarda, è stupendo!" esultò all'improvviso Kim indicando un vestito all'interno della vetrina di un negozio.
Quei due esseri cominciarono ad urlare come oche, tanto da farmi sentire in imbarazzo.
"N-non le conosco io eh..." cercai di convincere più me stessa che i passanti che ci guardvano storto. Dio, perché ogni volta che uscivo con loro me ne dovevo pentire?
"Natalie, noi andiamo dentro a vedere, tu che fai?" mi chiese Kim.
La voglia di stare in quel negozio ad annoiarmi era pari a zero, poi c'era il sole, avrei preferito di gran lunga fare una bella passeggiata per le strade della grande metropoli. 
"Voi andate, io vado a fare un giro. Ci vediamo a casa." le salutai, lasciandole al loro negozio.
Fischiettando mi incamminai, senza una meta precisa.
Amavo Los Angeles, era una città piena di vita, a cui non mancava nulla, neanche i criminali.
Ripensai al mio passato, al mio cambiamento, arrivando alla conclusione, che oltre alla mia rottura con Justin, la mia vita era finalmente felice.
I problemi non mancavano, ma erano cose normali, cose che tutti devono affrontare.
Se ne avessi la possibilità, non tornerei più indietro. Ho la mia famiglia, Conor, Cait, Chris, Kim, e tutti i nuovi colleghi a cui mi sono affezionata, più uniti che mai.
Sto bene qui, dove sono, anche se quel vuoto, che solo una persona può riempire, non mi abbandona mai. 
I miei pensieri vennero interrotti da uno strano borbottio generale.
Tutti i passanti indicavano una bimba piangente sul ciglio della strada, sul lato opposto al mio, probabilmente si era persa.
Stavo per andarmene, quando notai la bambina attraversare la strada, senza prima controllare che non ci fosse alcuna macchina, ma il momento di avanzare era quello più sbagliato.
Infatti, in quell'istante una macchina sfrecciò a tutta velocità, e se la bimba nel giro di pochi second non si sarebbe spostata, l'avrebbe presa in pieno.
Gli occhi dei testimoni erano terrorizzati, e nessuno muoveva un muscolo, mentre bambina avanzava, insieme alla macchina.
I metri diminuivano a vista d'occhio, e l'auto non aveva intenzione di fermarsi, così non me lo feci ripetere due volte.
Mi buttai sulla strada, spingendo la bimba, spaventata, contro il mio corpo, tanto da riuscire a tornare sul marciapiede, mentre la macchina sparì dietro una curva.
Il cuore riprese a battere regolarmente per qualche istante, finché non mi accorsi di quale vita avevo appena salvato.
"Jazzy, ti ho trovata, mi hai fatto prendere un colpo!" un uomo si avvicinò a noi, prendendo in braccio Jazmyn, ancora scioccata.
La riempì di baci, cercando di farla calmare.
Mi alzai da terra, alquanto in imbarazzo.
Jeremy, notando la mia presenza, alzò il capo, rimanendo sorpreso.
"Natalie! Non so come ringraziarti, davvero. Fino a poco fa era con me, mi sono distratto un attimo e non l'ho più vista. Se non ci fossi stata tu... non oso immaginare cosa sarebbe successo." era alquanto scosso e spaventato.
Nonostante l'accaduto, ero felice di aver rincontrato Jeremy e la piccola Jazzy.
Ammetto che li ho sempre ritenuti come una piccola parte della mia famiglia, soprattutto dopo quello che abbiamo passato.
"E' un piacere rivederti Jeremy, e comunque stai tranquillo, ora va tutto bene." lo rassicurai accarezzando una guancia bagnata di Jazmyn, ancora troppo spaventata per rendersi conto di avermi difronte.
"Anche io sono felice di rivederti dopo... dopo quello che è successo cin Justin, e mi dispiace molto che sia finita così, sinceramente. Comunque è già la seconda volta che le salvi la vita, dovrò ripagarti in qualche modo."
Non risposi, notando che Jazzy finalmente ripresa, sorridermi.
"Natalie, mi sei mancata!" esultò saltandomi addosso.
L'abbracciai forte, cercando di sentire ancora quel calore che tanto mi era mancato.
"Anche tu piccola, molto." le lasciai un bacio sulla guancia per poi prenderla in braccio.
"Comunque grazie mille Jeremy, ma non ho bisogno di nulla." dissi sorridendo.
A quella frase, una piccola luce attraversò gli occhi di Jazmyn.
"Papà, potrebbe esere lei." esultò.
Essere io, per cosa?
Li guardai con aria interrogativa, notando poi la faccia di chi la sa lunga di Jazzy e Jeremy.
"Ottima idea Jazmyn. Allora, io, Jazzy, Jaxon e mia moglie siamo venuti qui per qualche mese, per stare un po' con Justin. Io e Erin ovviamente lavoriamo, e Justin non può stare tutto il tempo con i bambini, così stiamo cercando una baby sitter. Ci conosciamo bene, Jaxon e Jazzy ti adorano, quindi, se vuoi, vorresti essere la loro baby sitter? Sei una ragazza di fiducia, e ovviamente ti pagheremo. Accetti?".
Io. Casa Bieber. Ogni giorno. Ma scherziamo? Neanche morta.



"Ehi Nat, che hai? E' da quando siamo tornate che fissi un punto vuoto del soggiorno."
disse preoccupata Cait sedendosi accanto a me.
"Si infatti, ci dici che succede?" intervenì Kim, sedendosi dall'altro lato.
Senza staccare lo sguardo dal puntino rosso del lettore DVD, risposi.
"Io, casa Bieber, tutti i giorni."
"Eh? Puoi spiegarti meglio?"
"Sono la baby sitter dei fratelli di Bieber."
Cait sputò sul tavolino di vetro il caffè che stava bevendo, mentre Kim mi fissava ad occhi sgranati.
"Ci prendi in giro?" quasi urlò quest'ultima.
Senza staccare lo sguardo dal lettore scossi la testa.
"Okay calmiamoci. Questo, cosa starebbe a significare?" chiese nuovamente Caitlin.
"Dovrò vedere Justin tutti i giorni."




 

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Nice to meet you, Mitchie ***


LEGGIMI, SONO IMPORTANTE ANCHE IO!

Chiedo umilmente perdono. E' tardissimo lo so, ma sono stata impegnata con gli esami e non ho sempre il computer a disposizione. 

Riguardo alle visite, mi sono riletta le vecchie recensioni, e mi dispiace che ci siano persone molto appassionate a questa storia che debbano aspettare così tanto, ma dovete capire che se non siete un po' più attivi NON posso continuare, anche se ci tengo davvero molto e ho delle sorprese che potrebbero piacervi. Quindi spero che d'ora in poi mi caghiate di più.
VI AVVISO CHE DA QUI IN POI CI SARA' UN NUOVO PERSONAGGIO: SELENA GOMEZ. IN QUESTA FF AVRA' ATTEGGIAMENTI CHE POTREBBERO INFASTIDIRE, MA NON E' ASSOLUTAMENTE UN INSULTO VERSO DI LEI, DATO CHE E' TUTTO PURAMENTE UNA MIA FANTASIA.
Scusate per gli errori e buona lettura Beliebers. c:






- Nice to meet you, Mitchie -
 


"Che cosa devo fare? Per quanto io possa amarlo ancora, non riesco a dimenticare ciò che mi ha fatto." mi disperai con le mani tra i capelli.
Ero ancora indecisa se essere oppure no la baby sitter di Jazzy e Jaxon. Io, ovviamente, avrei accettato volentieri, amavo quelle due piccole pesti, ma in quella casa c'era anche Justin, e nonostante l'accaduto al concerto, le cose non erano di certo risolte, tutt'altro.
La ferita che si stava cicatrizzando si è riaperta, e non so che fare, se lasciarla così o, contro la mia volontà e con tutta la mia forza, l'avrei curata nuovamente. 
"Intanto calmati, sei troppo presa da quel ragazzo, ti ha migliorato e rovinato la vita allo stesso tempo." disse Caitlin, ed era proprio quello il motivo per cui lo amavo, era diverso.
Tutti i ragazzi che avevo avuto nell'arco della mia vita o erano solo sesso, o erano solo sentimenti, tutti uguali, ma poi c'era lui, che era sia uno che l'altro, che rese la mia vita il paradiso più bello nell'inferno peggiore.
I miei pensieri vennero interrotti da un sussurro di Kim.
"Cait posso... posso parlarti un secondo?" chiese. L'altra annuì e insieme si avviarono in cucina.
Cosa c'era che io non potevo sapere? Avevo già i nervi a fior di pelle, facendo le misteriose non mi avrebbero di certo aiutato.
Gli angoli degli occhi iniziarono a bruciare, ma trattenni le lacrime.
Dal giorno del mio incidente, quando Justin se ne andò, promisi a me stessa che non avrei più pianto per colpa sua.
Quei pochi attimi di silenzio li usai per calmarmi e respirare profondamente, perdendo il controllo non avrei conculso nulla.
Tornando in soggiorno, Caitlin aveva uno sguardo ancora più preoccupato di prima, che cercò di nascondere abbozzando un sorriso, che però servì a poco. 
Si sedettero di nuovo affianco a me, poi Kim riprese il discorso.
"Ascolta Natalie, sei una ragazza forte e intelligente, sai cosa è meglio per te, e non sarà l'amore, per quanto forte possa essere, a impedirti di fare ciò che vuoi, quindi, ci tieni davvero a passare del tempo insieme ai bambini?" chiese tutto d'un fiato.
Asciugai gli occhi leggermente umidi, e fissandola negli occhi annuii semplicemente.
"Bene, allora la risposta mi pare ovvia, devi solo usare il cervello." sorrise raggiante.
Non aveva tutti i torti, mi sono fatta troppo prendere da quel ragazzo, gli ho permesso di trattarmi come meglio voleva, ma quello era il passato, ora sono più forte e so cosa voglio.
"Già, avete ragione. Devo usare il cervello, non il cuore, quello l'ha preso lui, e l'ha ridotto in polvere." detto questo, mi alzai dal divano e afferrai il mio cellulare sopra il tavolino all'entrata.
Cercai il numero nella rubrica e avviai la chiamata.
Dopo qualche tu tu, finalmente rispose: "Pronto?"
"Ciao Jeremy, sono Natalie. Ci ho pensato e ho preso una decisione: accetto il lavoro."
"Perfetto, sono davvero contento. Puoi venire subito domani pomeriggio verso le 14.30. Io e Erin andremo al lavoro e non ci sarà nessuno a casa. Ti dirò tutto quando arriverai, i bambini saranno felicissimi. Ora devo scappare, a domani, ciao Natalie." esultò facendomi ridacchiare.
"A domani Jeremy." risposi, poi riattaccò.



"Caitlin, hai visto i miei pantaloncini?" urlai dalla mia camera messa sottosopra.
Erano le 14.15 e io ero ancora in pigiama, con una canottiera in testa a mo' di beduina del deserto mentre correvo da una parte all'altra della casa.
"Sono sul mio letto!" rispose lei dal bagno.
Sbuffai e corsi a prenderli.
"Come ti devo dire che devi chiedermi le cose? Dopo succede come ora che non trovo più nulla, poi ci badi tu ai bambini? Non mi sembra." urlai istericamente.
Era pure la settimana del ciclo, peggio non poteva andare.
La sentii imprecare, ma non le diedi importanza. Mi vestii velocemente, afferrai il cellulare, le chiavi di casa ed aprii la porta per uscire, ma Cait mi bloccò.
"Lily aspetta, devo dirti una cosa. J-Justin è, emh.. fi-" non la feci finire che sussultai leggendo l'ora sul cellulare.
"Me lo dirai dopo Cait, ora devo scappare, ciao." la salutai velocemente e scappai verso la mia meta che distava a pochi isolati.
Stando con la polizia mi tenni in forma, così corsi veloce e in cinque minuti arrivai che erano le 14.32, tempismo perfetto.
Da quello che mi disse Jeremy al telefono, a casa dovevano esserci solo lui, Erin e i bambini, e lo speravo vivamente.
Suonai il campanello, e subito dopo vidi Jeremy affiancato dalla moglie, uscire e salutarmi dalla porta per poi aprire il cancello, attraversai il viale e li raggiunsi.
Mi fecero entrare nell'enorme villa, che mi lasciò a bocca aperta, e mi diedero qualche dritta, come far fare i compiti a Jazzy, non farli stare troppo difronte alla televisione, preparagli la merenda e fare attenzione a non aprire il cancello a persone che non fossero loro o... Justin.
"Per qualsiasi cosa chiamaci, i nostri numeri sono su un foglio appeso al frigo. I bambini sono nella loro cameretta a fare i compiti, non sanno che sei qui. Noi torniamo la sera verso le 21, ma non preoccuparti, Justin arriverà tra un paio d'ore, così potrai tornare a casa quando vuoi. Beh, non c'è altro da aggiungere, fai come se fossi a casa tua e divertiti. A presto." li salutai ed uscirono chiudendo dolcemente la porta.
La cosa che più mi spaventava era stare con Justin, ma decisi che non appena sarebbe arrivato, avrei salutato i piccoli e sarei tornata a casa. 
Senza pensarci ancora, corsi a cercare la camera dei bambini, e dopo qualche porta a vuoto, la trovai.
Erano seduti su delle seggiole mentre erano impegnati a scrivere su dei fogli, erano tenerissimi e non vedevo l'ora di passare un po' di tempo con loro.
Mi appoggai allo stipite della porta incrociando le braccia, continuando ad osservarli, e continuavano a non rendersi conto della mia presenza.
"La nuova baby sitter è qui, eh!" esclamai.
Sussultando voltarono i loro visi verso di me ed esclamando insieme "Natalie!" mi saltarono addosso, facendomi cadere dolcemente di schiena sul pavimento, ridendo.
Li strinsi forte al mio petto, sentendo il bisogno del loro calore, dopo due fottuti anni.
"Sei venuta!" esclamò Jazmyn contiuando a tenermi stretta.
"Si amore, sono qui, e non vedevo l'ora." risposi ricambiando l'abbraccio.
"Ci sei mancata." disse Jaxon. Sorrisi dolcemente alle sue parole. E' incredibile il rapporto con quei bambini, nonstante il fatto che ci fossimo visti poche volte.
Il ferreo rapporto con Jazzy lo costruimmo in particolare dopo averla salvata dagli sfruttatori, passando del tempo insieme, e con Jaxon dal giorno seguente, quando insieme a tutta la famiglia Bieber festeggiammo il ritrorno della prima.
"Anche voi. Ma ora basta abbracci, dobbiamo finire i compiti." alle mie parole sbuffarono, provocandomi una sonora risata.
Ci alzammo e tornammo nella cameretta, dove li aiutai con i vari esercizi.
"Dai non fate quelle facce, dopo abbiamo la casa tutta per noi." dissi cercando di tirar su il loro morale, riuscendoci.
Dopo un'altra mezzora, scendemmo in cucina e li portai a fare merenda con un semplice panino al prosciutto, come mi avevano indicato Jeremy e Erin.
"Lily, possiamo guardare Spongebob? Per favore, con Justin lo guardiamo sempre." mi supplicarono. A quel nome mi paralizzai. Justin, cazzo, mi ero dimenticata, sarebbe arrivato dopo circa un'ora e un quarto. 'Devi usare il cervello, non sarà l'amore a impedirti di fare ciò che vuoi.'
Ricordai le parole di Kim e rilassai i muscoli tesi.
"Va bene, ma poi andiamo in giardino a giocare." li assecondai.
Dopo i loro sprizzi di felicità, ci sedemmo sull'enorme divano a guardare i cartoni animati per un quarto d'ora.
Quando finirono, mi alzai per prima, pronta per farli correre.
"Ma.." attirai la loro attenzione ".. voi soffrite il solletico?" li guardai maliziosamente, e dopo qualche secondo, afferrarono il concetto, ed iniziarono a correre verso l'enorme giardino, dove subito li seguii.
Le loro strade si divisero, comincinado a scappare in direzioni diverse.
Decisi di rincorrere la preda più facile: corsi dietro a Jaxon che se la rideva, e appena lo raggiunsi, lo afferrai per poi fargli fare qualche volo.
Subito sentii una spece di sciemmietta aggrappata alle mie spalle, e riconobbi la risata di Jazzy.
"Ti ho presa!" esultò fiera del suo lavoro.
Iniziai ad urlare non troppo forte, accasciandomi al suolo, dove poi cominciarono a farmi il solletico, ed io lo soffrivo davvero.
"Okay basta! Mi arrendo, avete vinto voi." affermai riprendendo fiato, osservando i loro visini sorridenti. Quella era la mia vittoria, vederli felici.
"Lily-" mi chiamò Jazmyn "-andiamo a fare le maschere di carta? Ti insegno io."
"Certo, andiamo." sorrisi e li presi per mano rientrando in casa.
Entrammo in camera dove Jazzy si sedette su una seggiola, mentre io sul pavimento.
"Natalie-" mi chiamò Jaxon "-io ho sonno." disse strofinandosi una manina sull'occhio.
"Dormi pure tesoro." dissi prendendolo in braccio e appoggiandolo al lettino.
"Mi prometti che rimanete qui?" chiese.
Confusa annuii. "Ovvio. Ora dormi tranquillo, io sono qui." gli diedi un bacio sulla fronte e tornai da Jazmyn.
"Cos'ha tuo fratello?" le chiesi mentre mi dava dei cartoncini colorati.
"Fa spesso incubi alla notte e dorme poco. Crede che ci sia un mostro sotto il suo letto." sorrisi intenerita.
E' una cosa che a molti bambini succede, passerà anche a Jaxon.
Jazzy mi insegnò a fare le maschere e decorarle, era bello e divertente.
La mia era rossa con decorazioni dorate, nonostante fosse di carta, era davvero bella.
Ci graffettai un elastico, e sotto ordine della piccola, la indossai.
"Sembri una principessa." mi disse dopo aver indossato la sua.
"No, siamo due principesse." risposi abbracciandola, continuando a tenere quel cartoncino sul viso.
E in quel momento, sentimmo una chiave girare dal piano inferiore, e a seguire un "Sono a casa."
Quella voce.
Bum.
Quei passi.
Bum.
Quell'odore.
Bum.
Quel ragazzo.
Bum bum.
Il battito del mio cuore aumentò a dismisura, e lo stomaco si attorcigliò.
Sentii che saliva le scale, avvicinandosi sempre di più, fino a mostrare la sua figura sulla soglia della porta.
"Bibo!" esultò Jazzy saltandogli in braccio.
Quella scena mi riportò indietro nel tempo, nel giorno in cui la salvai.
Li vidi corrersi incontro con le lacrime agli occhi, lei che lo chiamava, lui che singhiozzava.
Con le guance arrossate, si strinsero in un forte abbraccio che li liberò da ogni male che tenevano da mesi. Si strinsero come se fosse l'ultima cosa che potessero fare, si strinsero come se fosse l'unica cosa di cui avessero bisogno.

Mi accorsi di essermi incantata quando il ragazzo si piazzò difronte a me, che ero ancora accovacciata dopo l'abbraccio con Jazzy.
"Ehm, piacere, tu devi essere la nuova baby sitter, io sono Justin, come ti chiami?" mi sorrise porgendomi gentilmente la mano.
Il suo sorriso.
No Natalie, devi usare il cervello.
Titubante gli strinsi la mano che mi provocò una scarica di brividi alla schiena.
"Sono, ehm.." concentrati cazzo "- Mitchie, mi chiamo Mitchie. I-io devo andare ora. A domani." dissi cercando di modificare la mia voce, rendendola un po' più roca.
Abbassando lo sguardo, nascosto in parte dalla maschera, mi avviai verso il corridoio, ma la sua mano mi bloccò dal polso, costringendomi a bloccarmi.
I suoi occhi color caramello si inchiodarono sui miei azzurro cielo.
Maledetti occhi meravigliosi.
"Aspetta.. i tuoi occhi mi sono famil-" non lo feci finire, comprendendo il senso della frase.
"No no ti stai sbagliando, i-io non ti ho mai visto d-di persona, intendo. Ora dovrei davvero andare." cercai di liberarmi dalla sua presa, invano.
"Posso almeno vedere il viso della persona che accudisce i miei fratelli per tutto il giorno?" chiese impaziente, allungando una mano verso la maschera.
Stavo per lasciarlo fare, ma riuscii a bloccarlo in tempo.
"No." dissi cercando di nascondere la tensione.
"Perché no?" solo in quel momento mi resi conto che la sua mano non voleva lasciare il mio polso, tenendolo ben saldamente.
"P-perché.." trova una scusa credibile, veloce ".. l'ha fatta Jazzy e non voglio toglierla, mi piace."
Uhm, potevi fare di meglio, idiota.
"Solo un attimo." quasi sussurrò.
Mi incantai nuovamente sui suoi occhi che non lasciavano i miei.
I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, tanto che riuscii a sentire il suo respiro sulle mie labbra secche, mandandomi in estasi.
Quasi non riuscivo a muovermi, come se fossi sotto il suo controllo, e proprio poco prima che riuscisse 'smascherarmi', sentimmo dei tacchi farsi sempre più vicini, e presa alla sprovvista, non volendo che qualcuno ci vedesse in quel modo, mi scostai immediatamente da Justin.
Portammo tutta la nostra attenzione verso la ragazza dalla chioma nera che si avvicinò sempre di più sui tacchi da circa 12 cm muovendo sinuosamente i fianchi.
Quando la luce del corridoio illuminò il suo volto, la riconobbi come una grande pop star del momento: Selena Gomez.
Ti prego, fa che non sia la sua ragazza, fa che non sia la sua ragazza, fa che non si-
"Amore, io vado a casa, ci vediamo domani.
Merdafanculoporcaputtanatroiazoccola.
Sentii una fitta al petto allucinante, che aumentò l'intensità quando appoggio una mano sul petto di Justin per poi schioccargli un sonoro bacio sulle labbra, quelle che fino a poco prima erano mie.
Non poteva essere definito 'bacio a stampo', dato che gli ficcò letteralmente la lingua in gola.
Pregai Dio che si fermassero o che in qualche modo quell'imbarazzante e dolorosa scena potesse finire e, per fortuna, successe,
Sentimmo Jaxon inziare a piangere, e senza pensarci due volte, mi fiondai difronte a lui.
"Amore, sono qui, come ti avevo promesso, stai tranquillo." dissi stringendolo forte al mio petto. 
Continuava a singhiozzare e sentii due presenze alle mie spalle, ma nessuno fiatava.
Lo cullai un po', continuando a sussurrargli per tenerlo tranquillo, mentre al mio udito arrivarono dolorosi suoni che collegai ad un bacio molto intenso, come quello di pochi minuti prima.
Strinsi Jaxon più forte, come a usarlo come conforto anche per me stessa, cercando di respingere le lacrime.
"Beh io vado, ti amo." disse lei dopo aver finito di pomiciare alle mie spalle.
Non dirlo Justin, non dirlo non dirlo. 
"Ti amo anche io, a domani."
Conoscete quel rumore quando si rompre un oggetto delicato, come un bicchiere di vetro?
Ecco, quello è lo stesso che fece il mio cuore, sgretolato in mille pezzi.
Non poteva esserci cosa peggiore di sentire l'uomo che ami confessare il proprio amore ad un'altra ragazza, era come una morte lenta e dolorosa, troppo per me.
Sussurrai vari 'ssh' per tranquillizzare sia Jaxon che me stessa.
"Stai meglio?" gli chiesi nascondendo i singhiozzi.
Lui annuì, per poi rimettersi sotto le coperte, cercando di riaddormentarsi.
Aspettai qualche minuto per poi alzarmi, notando che dietro di me era rimasto solo Justin.
"Grazie." sussurrò. 
Anche se poteva appena notarlo, il mio sguardo rimase impassibile e freddo, e senza dire niente, scossi la testa come per dire che avevo capito.
Velocemente salutai Jazzy che era rimasta sulla sedia a guardare tutta la scena, ed uscii, sfiorando leggermente la spalla di Justin che non si mosse.
"A domani." gli dissi con tono duro.
Senza aspettare risposta, scesi le scale ed uscii, notando che aveva iniziato a piovere.
Percorsi il vialetto, fregandomi della pioggia che avrebbe stonfato i miei vestiti, e mi tolsi con poca delicatezza la maschera, gettandola violentemente a terra.
Non riuscii più a controllare le lacrime, che mi accompagnarono per tutto il tragitto.
Lasciai lì la maschera, mentre si rovinava sotto le gocce d'acqua dolce che si insinuavano attraverso di essa, proprio come un coltello affonda in cuore, lacerandolo.







 


Image and video hosting by TinyPic


 

Image and video hosting by TinyPic<








 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Now, stop pain, fuck you ***


LEGGIMI SONO IMPORTANTE ANCHE IO!
*schiva pomodori*
giuro che non avevo cattive intenzioni!
*schiva i coltelli*
*scappa dai fanz arrabbiati*
SONO IMPERDONABILE, ME NE RENDO CONTO, E' PASSATO PIU' DI UN MESE.
Mi dispiace sul serio, ma è estate anche per me. Cercherò di aggiornare molto prima, farò quello che posso, giuro.
Coooooomunque, GRAZIE. Sono contentissima delle 5 recensioni nel capitolo precedente, spero che continueremo con quest'andatura.
Ho cambiato tutti i titoli dei capitoli in inglese (solo per informarvi).
Anyway, volevo dirvi che QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO.
Paura eh? Probabilmente mi starete bestemmiato dietro, comunque sto scherzando, PERO'
vi dico subito che questi sono gli ultimi capitoli, ne mancheranno circa una decina, forse anche meno, purtroppo.
ATTENZIONE PLS: vorrei dirvi, nel caso non lo capiste, che Natalie, da come leggerete in questo capitolo, comincia davvero ad odiare Justin, e lui davvero prova dei forti sentimenti verso Selena.
Nelle recensioni mi piacerebbe molto conoscere le vostre idee, vedere come finisce secondo voi e quali personaggi vi mancherebbero di più. E chi preferite tra Jelena e Julie e perché.
Ora vi lascio leggere in pace, scusate per gli errori.
BACI



 

- Now, stop pain, fuck you-

 

 

 

 

 

Ero di ritorno dalla centrale della polizia dopo quattro ore di lavoro riguardo ad un furto poco fuori della città in una gioielleria. 
L'orologio che portavo al polso segnava l'una spaccata mentre percorrevo il vialetto di casa.
Sentivo i muscoli tesi in tutto il corpo, e non era per niente una bella sensazione.
Cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Cait, salii lentamente le scale, quasi trascinando i piedi, fino al bagno per farmi una veloce doccia calda.
Era ottobre ed anche se di giorno non faceva davvero freddo, anzi si stava bene grazie al clima temperato, di notte la temperatura scendeva mostruosamente toccando anche i dieci gradi.
Mi spogliai ed entrai nel box aprendo l'acqua alla temperatura giusta e rimasi immobile per una manciata di minuti, riflettendo sulla faticosa giornata.
Dopo essere uscita in lacrime da casa Bieber corsi a casa, chiudendomi letteralmente in camera come se fossi una sedicenne dopo aver rotto col suo ragazzo.
Mi sentivo proprio come un'adolescente alle prime cotte, era così che Justin mi faceva sentire, giovane, viva, ma quel 'ti amo' pronunciato dalle sue labbra, riferito ad un'altra ragazza era stato tremendo.
Tornarono in mente tutti i momenti passati insieme a lui, dagli inseguimenti tra i vicoli della città al giocare a Twister a casa sua, dal complottare l'una contro l'altro a scrivere insieme canzoni con la sua chitarra e dei fogli.
Ma lui aveva preferito la sua carriera, aveva preferito abbandonarmi da un momento all'altro, e per cosa?! Per conoscere grandi star e scoparsi qualsiasi figa incontri? E' questo l'amore? Avere al proprio fianco una persona su cui contare, per poi buttarla via come se fosse spazzatura, per andare a cercare qualcosa di meglio? Se questo significa amare, io non voglio. Non ho più alcuna intenzione di essere usata, che sia sesso o qualsiasi altra cosa, prima di approcciarmi a qualcuno e aprirgli il mio cuore, già ridotto in pezzi dal quel nano bastardo, dovrà passare parecchio tempo e vedere chi è davvero disposto a starmi accanto, ad amarmi.
Quel ragionamento mi fece crescere un sentimento d'odio verso Justin che sentivo solamente quando ripensavo ai momenti passati insieme, che lui mandò in fumo.
Subito capii: sarei riuscita ad affrontarlo senza nascondermi, ma soprattutto a dimenticarlo solo facendo crescere quel sentimento negativo nei suoi confronti.
Lui era riuscito a rifarsi, senza troppi problemi, una nuova vita senza di me, perché io non posso fare lo stesso? 
Ero stanca di soffrire per lui, per un ragazzo montato che non mi merita. Vuole giocare? Giochiamo.


Justin's Point of View

"Sono stata benissimo oggi, amore." sussurrò Selena dall'altra parte della cornetta.
"Pure io, era da un po' che non ci prendevamo una pausa, e ti prometto che ce ne saranno altre." le dissi. Probabilmente se fossimo stati in un cartone animato, in quel momento i miei occhi avrebbero avuto una forma a cuoricino.
Era sempre così, quando si trattava di Selena mandavo a fanculo il mondo e diventavo dolce, forse un po' troppo dolce, tanto che spesso, Lil Za, Fredo e tutti i miei amici mi imitavano come per prendermi in giro.
"Non vedo l'ora. Mi piacerebbe rimanere al telefono e parlare con te per ore, ma devo andare. Ci sentiamo domani." disse con quel tono dolce che solo lei può avere.
Mi morsi il labbro, contrariato all'idea di lasciarla andare così presto.
"Va bene, a domani. Ciao, ti amo." sussurrai alla fine.
"Ti amo anch'io." rispose per poi riattaccare.
Riposi il telefono in tasca, e subito sentii un corpicino sedersi accanto a me sul divano.
"Era Selena?" chiese Jazmyn accoccolandosi sul mio petto.
"Si." risposi col sorriso sulle labbra.
Dopo quella risposta non sentii più nulla, se non il fatto che espirò pesantemente, come se quella cosa non le piacesse.
Non le diedi più di tanta attenzione, quando mi venne in mente la sua baby sitter.
Si è comportata in modo strano quella ragazza, come se volesse nascondersi da me, e aveva un'aria familiare, ma non mi veniva in mente nessuna Mitchie. 
Probabilmente sarà stata una fan occasionale, dato che delle mie Beliebers non mi scordo mai.
La cosa importante era che svolgesse bene il suo lavoro, è pagata per quello, altrimenti, fan o non, l'avrei licenziata.
Quegli occhi così azzurri non mi erano nuovi ed erano costantemente stampati nella mia testa.
Avrei potuto collegarli ad una sola persona, che però non faceva più parte della mia vita già da un po' di tempo.
Dubito fortemente che avesse potuto chiedere di essere assunta per questo lavoro, per come l'avevo lasciata, credevo che ormai mi odiasse, e onestamente, lo speravo, cosicche da non intralciare più il suo cammino.
L'accaduto al concerto era stato solo un errore, ma non potevo certo ignorarla, non difronte alle Beliebers.
Ammetto che rivederla in quel modo, dopo due anni, senza nessun preavviso è stato abbastanza scioccante, e non posso negare che il mio cuore prese a battere fortissimo.
Ma sarà stata solo l'emozione del momento, sentivo che per lei i miei sentimenti erano quasi del tutto svaniti. Come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Ora c'è Selena nella mia vita. Abbiamo cominciato a frequentarci pochi mesi dopo l'inizio della mia carriera, e ormai stiamo insieme da poco più di un anno.
Sentivo di amarla davvero, ed ero sicuro che sarebbe stata una relazione che saremmo riusciti a portare avanti.
Anche se con un po' di fatica, ero riuscito a lasciarmi il passato alle spalle, Natalie compresa, e sperai vivamente, che pure lei fosse riuscita a ricominciare.


Natalie's Point of View

Il giorno seguente c'era un bel sole e il clima era perfetto, né troppo caldo né troppo freddo.
Mentre m'incamminavo verso casa Bieber, pensai che con quella bellissima giornata avrei potuto portare i bambini a fare una passeggiata al posto di rimanere in casa.
Dopo pochi minuti arrivai e, per mia fortuna, Jeremy mi disse che Justin era sotto la doccia.
Gli chiesi il permesso di portare fuori i bambini, e lui accettò senza problemi.
I due genitori uscirono, e per evitare Bieber il più possibile, feci finire i compiti a Jazzy sul tavolo della cucina, mentre io e Jaxon facevamo dei disegnini a casaccio.
Dopo un quarto d'ora riordinammo il tavolo, e mentre andavo nello stanzino per prendere le scarpette e i gilet per i piccoli, sentii dei passi scendere le scale.
Presa dal panico afferrai tutto in fretta ed raggiunsi i piccoli che mi aspettavano davanti alla porta. Aiutai per prima Jaxo mentre tenevo la testa bassa, facendo in modo che i capelli mi coprissero il viso.
"Oh, ciao Mitchie." disse Justin alle mie spalle con tono da menefreghista, per poi dirigersi in cucina.
Nemmeno mi preoccupai di ricambiare il saluto, non poteva fregarmene proprio un cazzo di lui.
Finii con Jaxon e aiutai Jazmyn a chiudere bene la cerniera del gilet, quando lo sentii ritornare.
"Ti ho salutato." cominciò un po' irritato.
Ma chi si crede di essere? Dovrei pure salutarlo? 
L'unica cosa che dovrei fare sarebbe tirargli un pugno su quella faccia da superficiale, ma poi sarebbe maltrattamento animale, e io amo gli animali, eccetto lui.
Afferrai la mia borsa da terra, aprii la porta, feci passare prima i bambini, e senza voltarmi risposi rendendo la voce un po' più roca:"Chissene frega, Bieber." e fiera di me stessa chiusi la porta, lasciandolo solo.


"Lily, possiamo andare sui giochi?" mi chiese il piccolo Jaxon attirando la mia attenzione.
"Certo, io sto qui a guardarvi, e fate attenzione a non farvi male." senza badare troppo alle mie ultime parole, corsero sui vari attrezzi del parco.
Rimasi seduta su una panchina, a fissarli per tutto il pomeriggio, notando la loro spensieratezza, la loro semplicità.
Nemmeno quando ero bambina riuscivo a non avere pensieri riguardo a quello che accadeva attorno a me, o a cosa avrei dovuto affrontare in futuro, neanche un momento in cui riuscivo a divertirmi insieme agli altri, senza a pensare al presente o al futuro, senza pensare solo al momento vissuto.
Era bello poterli vedere felici e sorridenti, mentre si rincorrevano, senza problemi, senza dubbi, senza alcun pensiero.
Proprio questo invidiavo dei bambini, il non aver paura di nulla, se non dei mostri della notte, che non mi hanno mai spaventata quanto il mio destino, che non ha mai smesso di cogliermi alla sprovvista.


Insieme ai piccoli Bieber, rientrammo a casa. 
Mi aspettai di trovare una casa vuota, o solo con Justin, ma la visuale non mi piacque per nulla.
Sul divano c'era la sua ragazza abbracciata al biondo, entrambi distesi, mentre ridevano di non so cosa.
Non provai gelosia, me lo sarei aspettato, ma sentii solo l'odio crescere in me, e la voglia di prenderlo a botte.
Automaticamente abbassai la testa mentre i due piccioncini mi lanciarono sguardi confusi, direi piuttosto fulminei da parte di Justin, ma non me ne importai.
"Prima ho fatto un disegno per te, posso portartelo? L'ho lasciato di sopra." mi disse Jaxon, mentre i due tornarono a farsi gli affari loro.
"Voglio assolutamente vederlo." gli sorrisi, e lui ricambiò, correndo insieme alla sorella su per le scale, per poi sparire.
Afferrai il cellulare e finsi di usarlo, anche se in realtà era buono solo per passare il tempo.
Mentre lo maneggiai, lessi un messaggio da parte di Caitlin, dove mi chiedeva cosa volessi per cena.
Staccai la mente dal resto per concentrarmi sulla risposta.
Digitai qualche parola, per poi sentire i dolci passi dei bambini che si avvicinavano.
Senza pensare, alzai lo sguardo, e con voce troppo alta, lo ringraziai per il disegno che mi aveva consegnato.
"Grazie tesoro, è bellissimo."
In quel momento i miei capelli non mi coprivano il viso, dato che non tenevo lo sguardo basso e, visto che feci tutto senza prestare attenzione, non mascherai la mia voce.
Qualcosa si mosse di scatto sul divano, e quando mi resi conto del grave errore, era troppo tardi.

To be continued...





 


 

Hai detto che non vuoi più camminare accanto a me.

[..]

Per troppe volte ho scelto te, non sono immobile.




Image and video hosting by TinyPic





Image and video hosting by TinyPic






Image and video hosting by TinyPic





 









 

 


 



Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** It's time to fight ***


LEGGIMI SONO IMPORTANTE ANCHE IO!

Probabilmente sentirete gli angeli che cantano l'alleluia, e hanno ragione.
E' dall'estate scorsa che non aggiorno, ma ho cambiato scuola, ho dovuto studiare parecchio e onestamente tra la stanchezza e gli impegni non avevo né la voglia né le idee per continuare. In questi giorni poi mi è anche venuta l'influenza e sono stata malissimo, ma siccome oggi sto meglio e non ho nulla da fare, mi sono detta perché non aggiornare?
Non ho scusanti, lo so e mi dispiace almeno quanto dispiace a voi per questa luuunga attesa.

Cooomunque vi ringrazio immensamente per le 6 recensioni nel precedente capitolo, e le visualizzazioni, nonostante non mi sia fatta vedere, non sono calate, anzi.
Spero che continueremo così, anche perché, come vi ho già detto, non manca molto alla fine.

Per qualsiasi cosa vi lascio il mio account twitter.
Scusatemi ancora davvero.

Ora vi lascio immaginare come sta andando tra i nostri personaggi, qualcuno è nei guai eheheh chissà come andrà, vi lascio scoprirlo.
Vi informo che questo è un capitolo di passaggio, nel prossimo le cose si scalderanno un po'.
Chiedo scusa per eventuali errori, non ho riletto.
Buona lettura.



 
- It's time to fight -


 


Quegli occhi color miele mi fissavano sbarrati, increduli.
Le sue labbra a forma di cuore erano schiuse, incapaci di muoversi.
Nessuno dei due fiatava, nessuno si muoveva, solo il silenzio e la confusione nella mente dei presenti, eccetto nella mia.
"Justin" sussurrò appena la ragazza al suo fianco, ma il silenzio era così acuto che si sarebbe sentita perfino una goccia d'acqua espandersi sul pavimento.
"Justin che succede?" continuò confusa, appoggiando lentamente la mano sopra la spalla del ragazzo che si riprese solo in quel momento.
Boccheggiò per qualche secondo girando la testa verso Selena, ma mantenendo lo sguardo rivolto a me, come per accertarsi di non avere le allucinazioni.
Lei lo strattonò appena e finalmente l'attenzione si rivolse a lei.
"Selena, è tardi, forse è meglio se ci vediamo domani." senza troppi complimenti l'accompagnò alla porta sotto gli sguardi stupiti e divertiti, soprattutto il mio, dei presenti.
La sua ragazza tentò di fare resistenza per capirne di più, ma Justin la mandò letteralmente fuori salutandola con un velocissimo bacio sulla guancia.
Dovetti mordermi le guance e coprirmi la bocca con una mano per non scoppiare a ridere difronte a quella scena.
Justin chiuse la porta e lentamente si voltò verso di me.
Gli rivolsi un grande sorriso sfacciato, soddisfatta di avergli rovinato la serata con la sua nuova ragazza.
Non mi sentii più un gattino indifeso come il giorno precedente, anzi, mi sentii una tigre pronta a combattere per difendere il proprio territorio.
Per 'territorio', non parlavo di Justin, non volevo più combattere per qualcuno che non voleva essere vinto da me; combattevo per la mia felicità, per la mia libertà che mi era stata tolta e che avevo intenzione di riprendermi.
Ora basta lacrime, basta coi viaggi nel passato, ora si gioca.
Siccome il salame difronte a me non aveva intenzione di spiccicare parola, ne approfittai per parlare con il piccolo Jaxon che era rimasto immobile e silenzioso per tutto il tempo.
Mi abbassai sorridente al suo livello proprio quando mi arrivò un messaggio.
Lo aprii e notai che fosse da parte di Jeremy:"Natalie, scusa il disturbo ma Justin non risponde al cellulare quindi vorrei informare te: io e Erin abbiamo dei problemi con il lavoro e torneremo a casa tardi. I bambini mangiano più o meno a quest'ora perché vanno a letto presto. Se per te non è un problema, potresti preparargli la cena? Lo avrei chiesto a Justin, ma come ti ho detto, quel salame- risi per il soprannome che gli aveva affibbiato, lo stesso che gli diedi io- non risponde. C'è della pasta avanzata nel forno, basta scaldarla. Offriti pure. Grazie, un bacio x".
Velocemente digitai la risposta: "Nessun problema ".
Proprio quando Justin stava per aprire bocca per farmi la banale domanda: 'che cosa ci fai qui?', lo interruppi rivolgendomi a Jaxon e Jazzy che ci aveva raggiunti da poco.
"Bambini, cosa volete mangiare stasera?" chiesi sotto lo sguardo scioccato del fratello maggiore.
"Uhm..." i piccoli pensarono e risposero in coro "pizza!".
Trattenni una risata e risposi "No, ma sapete cosa si mangia?" chiesi euforica, in modo che pensassero a chissà quale 'prelibatezza'.
Non aspettai una risposta e dissi malinconicamente "Pasta."
Subito i loro visi si rabbuiarono e valanghe di lamentele uscirono dalle loro labbra.
Mi alzai per appendere il cappotto che tenni addosso per tutto quel tempo e intanto dissi "Dai non è poi così male, poi ceniamo insieme e ci divertiamo di più."
Sorrisero alla mia affermazione e insieme ci dirigemmo verso l'enorme cucina, ma qualcuno mi afferrò un polso, fermandomi.
A quel tocco una scarica di brividi mi percorse la schiena, ma non ci diedi troppo peso.
Voltandomi mi trovai difronte Justin. Avevo il suo sguardo freddo addosso che mi passava da parte a parte, ma non avevo intenzione di litigare, così gli sorrisi caldamente.
"Si?" chiesi gentilmente aspettando una sua reazione.
Lasciò il mio polso ma la sua espressione si rabbuiò ancora di più, era infastidito e quella situazione mi fece divertire ancora di più, così sorrisi più apertamente, aspettando.
"Che cosa ci fai qui?" chiese scandendo bene ogni parola.
Tipico, lo sapevo.
"Sono la baby sitter dei tuoi fratelli. Tuo padre me l'ha chiesto, io ho accettato." risposi tranquillamente.
Imprecò a bassa voce, e di nuovo mi trattenni dal ridere.
"Tu..." cercò di mettere insieme una frase "n-non puoi. Non puoi stare qui. Non puoi." disse.
Era evidente che non mi voleva in casa, ma sarebbe stato divertente metterlo in difficoltà.
"E per quale, sicuramente valido, motivo?" chiesi appoggiando una mano al fianco e senza smettere di sorridere.
Ci mise qualche secondo a rispondere.
"Perché no. Perché lo decido io."
Nemmeno lui stesso credeva alle sue parole. Era alquanto patetico.
"Fino a prova contraria, è stato Jeremy ad assumermi, e di conseguenza solo lui può cacciarmi. Non capisco questo tuo accanimento contro di me." risposi onestamente.
Lo vidi esplodere dall'interno.
"Perché sei una criminale." quasi urlò.
Si sarebbe aspettato che scoppiassi a piangere?
Si sarebbe aspettato che sarei uscita in lacrime da quella casa?
Si sarebbe aspettato che avrei fatto ciò che voleva lui?
Qualunque cosa si aspettasse, si sbagliava.
"Ah si? Una criminale?" domandai alzando un sopracciglio "Allora guarda Justin" dissi indietreggiando per arrivare nel punto in cui si trovavano i bambini.
Mi abbassai al loro livello, in mezzo ai due.
"Com'è che potrebbe fargli del male questa criminale?" scandii bene l'ultima parola.
"Così?" chiesi, per poi allungare le mani su Jaxon e fargli un po' di solletico.
Smisi dopo pochi secondi e tornai sullo sguardo perso di Justin.
"Così?" chiesi di nuovo e facendo lo stesso con Jazmyn che si contorse dalle risate.
"Oppure così?" questa volta iniziai a muovere le mani su entrambi i bambini che si distesero a terra.
Smisi, ma non ebbi il tempo di muovermi che entrambi mi saltarono addosso sopponendomi alla stessa tortura.
Iniziai a ridere a crepapelle, e mentre mi contorcevo sul pavimento, notai un sorriso accennato sulle labbra di Justin.
"Basta, basta! Mi arrendo, avete vinto." dissi senza più fiato.
Mi ripresi velocemente e diedi un bacio sulla testa di entrambi e mi alzai.
Justin aveva ripreso il suo sguardo freddo.
Mi piazzai difronte a lui.
"Nemmeno tu credi a ciò che hai detto. Non so perché tu voglia mandarmi via. Forse perché mi vedi come una minaccia per la tua nuova relazione, ed è vero. Però non è di me che devi temere, devi preoccuparti di ciò che provi ancora per me. Non provare nemmeno a negarlo Justin, è inutile, entrambi sappiamo che non ti sono indifferente. Comunque, per un motivo o per l'altro, sta di fatto che sei diventato, indiscutibilmente, patetico." scandii bene l'ultima frase, in modo che non se la scordi mai.
Non si mosse, non aprì bocca, semplicemente rimase immobile, confermando ciò che dissi due secondi prima.
Mi allontanai riprendendo il sorriso.
Afferrai le manine dei bambini e prima di dirigermi in cucina gli chiesi sfacciatamente gentilmente "Mangi con noi?".
Si limitò a fulminarmi con lo sguardo e si allontanò salendo le scale.
Feci spallucce, poco interessata alla sua assenza e, finalmente, andammo a mangiare.
"Prepariamo insieme la tavola mentre intanto scaldiamo la pasta."
Mentre apparecchiammo tutto, ripensai a ciò che era appena accaduto e il fatto che gli avevo sbattuto la verità in faccia.
Piccola vendetta.
1-0 per me, Bieber.



Dopo aver avvisato Cait che sarei rimasta a casa Bieber, e dopo aver ricevuto come risposta 'Oddio oddio dopo devi raccontarmi tutto', mangiammo scherzando tutto il tempo.
Stavo bene con quei bambini, erano molto intelligenti e divertenti.
Erano come dei fratellini. I fratelli che non ho mai avuto, per questo ero affezionata particolarmente a loro. Per vederli sorridere scalerei l'Everest.
Insieme mettemmo tutto al proprio posto e ci dirigemmo nella loro cameretta per indossare i pigiami.
Jazzy era capace di infilarlo da sola, ma dovetti aiutare Jaxon.
Infilò la maglia, e mentre gli porsi i pantaloni, aspettando che infilasse una gamba alla volta, prese a correre ed uscì dalla camera, in mutande.
Mi voltai con un'espressione confusa verso Jazmyn che se la rideva.
"Devi rincorrerlo, oppure non se li farà mai mettere" disse tra un respiro e l'altro.
Senza farmelo ripetere, gli andai dietro, ma dovetti cercarlo visto il tempo che avevo impiegato per capire cosa stesse succedendo, quindi iniziai dal piano superiore aprendo tutte le porte.
Non ci riflettei nemmeno, ma aprii velocemente anche quella di Justin, trovandolo disteso sul letto mentre maneggiava col telefono, con addosso solo un paio di boxer.
Ringraziai il fatto che la stanza era abbastanza buia, quindi non notò le mie guance arrossate.
Mi soffermai a fargli uno scanner: gli addominali erano molto più accentuati dall'ultima volta che li vidi, ossia da quando stavamo insieme; le spalle erano più larghe e il collo più muscoloso.
Per non parlare di tutti i tatuaggi che si era procurato che lo rendevano ancora più sexy.
Ricollegai il cervello dopo non averlo neanche studiato tutto, ma era anche troppo tardi, visto il fatto che mi fissava divertito.
"Vuoi una foto? Così te la guardi anche a casa."  ridacchiò.
Beccata.
"Preferisco di no, grazie. E fai poco il modesto. Se fossi in reggiseno difronte a te avresti la bava alla bocca e una baguette tra le gambe." improvvisamente il suo sorrisetto era scomparso, e potei notare un certo rossore sulle guance.
"Sono solo venuta a vedere se c'era Jaxon, devo mettergli il pigiama."
Riportò il suo sguardo sul cellulare e rispose freddamente "E' sotto al tavolo in cucina."
Alzai gli occhi al cielo, infastidita dal suo comportamento infantile.
"Grazie." risposi atona.
Uscii e chiusi la porta.
Corsi giù in cucina e lo vidi proprio dove mi aveva detto Justin.
"Ha! Ti ho trovato piccolo mostriciattolo!" scherzai facendolo ridere.
Scivolai sotto il tavolo ma lui fu più veloce di me: uscì e riprese a correre.
Sarà la stanchezza, sarà la casa troppo grande e piena di ostacoli, sta di fatto che ci impiegai più di un quarto d'ora prima di riuscire a prenderlo, e giurai di aver sentito qualcuno cantare l'alleluia.
Perfino Justin era uscito dalla sua camera per godersi lo spettacolo insieme a Jazzy, entrambi ridevano come matti, e non li biasimo, doveva essere una scena divertente: una ragazza con le gambe lunghe, non riesce a raggiungere un bambino di sei anni che corre in giro per la casa in mutande mentre ride.
Ma in che famiglia sono capitata?




Justin's Point of View


Dopo la discussione con Natalie, entrai in camera mia sbattendo la porta.
Ero furioso e stressato.
La sua improvvisa ricomparsa, il fatto che ora lavorasse in casa mia e che mi avesse chiuso la bocca per ben due volte mi faceva ribollire il sangue.
Ma non avevo motivo di prendermela con lei, il coglione sono io.
Aveva fottutamente ragione quando disse che non mi è indifferente.
No, non lo è.
Ma non potevo farmi mettere piedi in testa in quel modo.
Da lì in poi, ogni qualvolta mi avesse fatto alterare, avrei reagito.
Vediamo quanto è lunga la tua faccia tosta, Natalie Morrison.



 
 


 
Image and video hosting by TinyPic



Image and video hosting by TinyPic



 









 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** AVVISO IMPORTANTE ***


Mi dispiace moltissimo deludervi, ma purtroppo questo non è un capitolo.
Volevo solo chiedervi scusa per i tanti ritardi e dirvi una cosa importante.
La scuola, soprattutto in questo ultimo periodo, mi impegna moltissimo, poi questo è l'ultimo mese e devo mettermi a lavorare sodo se voglio aggiornare tranquillamente e più spesso quest'estate. Poi si aggiungono altri problemi, per esempio che non sto bene io per affari personali, e l'unico computer che ho a casa è quello di mio padre che usa per lavorare, visto che il mio si è rotto e non so quando si potrà riparare o se ne comprerò un altro, sta di fatto che le occasioni per aggiornare sono poche e il tempo non è sufficiente.
Vi faccio le mie più sincere scuse, aspettate sempre mesi prima di un solo capitolo. So benissimo che ci sono persone anche più impegnate di me, con fan fiction più corpose che riescono comunque ad aggiornare spesso, lo so e mi dispiace molto ma le condizioni per postare, nel mio caso non sono le migliori.
Con questo volevo dirvi che non aggiornerò (tanto per cambiare) fino alla fine della scuola, o almeno finché il mese più pesante con le varie verifiche, interrogazioni, ripetizioni eccetera, non sarà finito.
Dispiace a me tanto quanto dispiace a voi. Adoro scrivere e poi vedere i vostri fantastici commenti di apprezzamento, mi fanno amare ancora di più questo mio hobby, e vi ringrazio davvero moltissimo.
Spero che avrete ancora un po' di pazienza e che non mi abbandonerete ora che le cose iniziano a farsi interessanti.
Non smetterò mai di ringraziarvi e chiedervi scusa.
Per qualsiasi cosa vi lascio il mio account twitter e ask.
Grazie per l'attenzione.


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1540036