A thousand years

di _Rockstar_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I have died everyday ***
Capitolo 2: *** Waiting for you ***
Capitolo 3: *** Darling don't be afraid ***



Capitolo 1
*** I have died everyday ***


A thousand years 
Missing moments

I have died everyday.
 

I lunghi corridoi erano illuminati dal caldo sole estivo che scaturiva dalle immense finestre di vetro pregiato che rispecchiavo ad ogni passo, come fossero, un’oscura ombra, le espressioni, i movimenti e persino le rughe che solcavano il volto dell’uomo. Il rumore del pavimento di marmo riecheggiava per la sala come il rumore del vento che costringe le onde del mare a sbattere contro gli scogli. Un passo e poi l’altro fino alla maestosa porta d’ingresso decorata finemente con pietre preziose e perfino oro. Prese un lungo e doloroso respiro. L’uomo non si sentiva bene, un tenebroso sentimento che potrebbe essere definito come ansia non gli permetteva di essere tranquillo, ma infondo come poteva esserlo. Immaginava il perché si trovasse lì e aveva il presentimento che non fosse una visita di piacere. Con le mani tremolanti aprì di forza il portone. La luce forte lo accecò per qualche istante fino a quando i suoi stanchi occhi scuri non tornarono alla normale attività. Le tende color rosso sangue erano perfettamente intonate con il resto dell’arredamento della stanza e proprio dietro alla scrivania sedeva una donna, di certo non giovane ma sveglia abbastanza da poter condurre le briglie di quello stato ormai andato in frantumi. Appoggiò la costosa penna rifinita in oro che aveva in mano proprio accanto alle altre in un rigoroso e quasi malato ordine. Sfiorò con le sottili e fragili dita il documento che aveva sotto gli occhi e cautamente lo poggiò all’interno del cassetto alla sua destra, quasi come fosse un bambino che andasse accudito con tanta cura, dedizione e amore.
– Si accomodi pure, signor Snow – lo accolse con la sua voce fredda e distaccata.
L’uomo chiuse la porta e cercando di fare meno rumore possibile si avvicinò a lei senza chiaramente la minima voglia di farlo. Quella donna gli incuteva terrore e sconforto, proprio come sapeva fare soltanto il padre. Si sedette sull’elegante sedia a due bracci davanti alla scrivania e aspettò. Alma Coin lo osservò alla perfezione, in ogni minimo particolare. Voleva catturare quella piccola espressione, quell’insignificante gesto che avrebbe tradito l’uomo rivelandole la sua paura. Perché la donna amava incutere terrore, la faceva sentire viva, in qualche modo.
– Lei sicuramente è informato del motivo per cui l’ho voluta ricevere qui – incominciò lei.
L’uomo deglutì, certo che lo sapeva. Conosceva il motivo per cui era stato prelevato dalla cella di prigione in cui aveva alloggiato dalla vittoria dei ribelli fino a quel momento.
– Ma in caso si fosse dimenticato, ho voluto che lei fosse qui per chiarire vari diritti e doveri che noi abbiamo nei confronti l’uno dell’altra – continuò.
Ma dove voleva arrivare quella donna? Che cosa voleva da lui o dalla sua famiglia? Non le bastava la vittoria e il comando su tutta la nazione di Panem? No, Alma Coin voleva di più. Annuì ancora. Le parole erano scomparse, invisibili come i granelli di polvere in un giorno senza i raggi del sole ad illuminarli.
– Vorrei quindi, come erede del presidente deceduto, farle firmare il contratto di resa, niente di speciale – quella donna aveva il dono di trasformare le parole peggiori in espressioni leggere e dolci e questo lo terrorizzava.
Tirò fuori dal cassetto sinistro della scrivania un altro documento, in tutto e per tutto simile a quello che aveva visto nascondere in precedenza. Gli allungò una delle sue penne ad inchiostro migliore e gentilmente gli indicò dove firmare. L’uomo percorse con gli occhi inattentamente tutte le righe di quell’atto ma soltanto due parole destarono la sua attenzione.
– Hunger Games? – pronunciò con un filo di voce.
Alma Coin sorrise.
– Sì, io e i miei collaboratori abbiamo tenuto un concilio durante il quale è stato deciso all’unanime di tenere l’ultima edizione di questi giochi, vede… come riscatto. – terminò.
Ma cosa poteva fare l’uomo se non accettare? Sarebbe stato sicuramente ucciso da un paio di pacificatori che assediavano ogni porta di quel palazzo. Non avrebbe avuto senso rinunciare. Con tutte le forze che gli rimanevano in corpo alzò la penna e firmò. Da quel momento l’ultima edizione sarebbe stata giocata e lui aveva appena dato il suo consenso.
– Grazie mille, signor Snow – concluse la donna.
– I suoi servigi non sono più richiesti - Li fece cenno di alzarsi.
– E vuole forse dare un’occhiata là, su quel tavolo… - gli suggerì infine.
L’uomo la accontentò e si diresse verso lo scrittoio di mogano che si trovava proprio in fondo a quella stanza, sul quale era appoggiato un contenitore di vetro. Al suo interno soltanto un foglietto di carta ed un nome: Roseleen Snow.
 

Alma Coin non sapeva che quel momento avrebbe cambiato per sempre il destino di tutta la nazione. 

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Capitolo 2
*** Waiting for you ***


Waiting for you
 

La donna si sedette sulla sua comoda poltrona di raso importato appositamente per lei da fuori i confini di Panem. Quasi nessuno, tranne qualche temerario esploratore, si era mai chiesto che cosa fosse rimasto delle altre terre del pianeta dopo la grande inondazione che ormai sembrava remota, rinchiusa in un passato dimenticato da secoli. Alcuni pensavano che non fosse rimasto proprio nulla, altri confutavano le loro opinioni ma nessuno aveva mai avuto veramente il coraggio di scoprire la verità celatasi dietro quelle ipotesi. Ma Alma Coin possedeva quell’oggetto, prova che al di fuori dei limiti della sua nazione, c’era qualcosa. Ma questo nessuno l’avrebbe mai dovuto sapere. Allungò la fragile e pallida mano verso il telecomando alla sua destra e accese lo schermo posizionato proprio davanti a lei. Adorava guardare le repliche dei giochi, lo faceva ogni anno. Osservava ogni minima espressione, ogni più piccolo gesto, sempre in cerca del terrore dipinto sul volto di quei ragazzi. Lo schermo inquadrò il suo volto, apparentemente distrutto da uno vendetta che avrebbe preferito non dover mettere in atto, ovviamente era tutta finzione, tutto per le telecamere. In realtà aveva sempre desiderato essere lì dove si trovava in quel preciso momento, davanti ai suoi concittadini, o forse sarebbe stato meglio chiamarli sudditi? In ogni caso, adorava avere qualcuno che pendesse soltanto dalle sue labbra, che dipendesse interamente da lei e che sarebbe potuto morire soltanto ad uno schiocco delle sue dita. Era inebriata dal potere, non diversamente dall’uomo con il quale un tempo avrebbe voluto sposare. Che ironia, ora lui era deceduto e lei era finalmente al suo posto. Poi la telecamera inquadrò quello che voleva vedere, ciò che stava aspettando; aspettava lei. Il volto della ancora troppo giovane per capire Roseleen Snow che da una espressione di smarrimento passò al più totale terrore al risuonare del suo nome. Alma Coin sorrise. Non aspettava altro. Quella bambina era l’unica persona che ancora la divideva dal potere assoluto, quindi doveva essere eliminata. E quale modo migliore poteva trovare se non quello di farla morire davanti agli occhi della madre, del padre, degli amici ma soprattutto per la gioia dei suoi nemici? Era un piano perfetto, niente era lasciato al caso.

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Capitolo 3
*** Darling don't be afraid ***


Darling don’t be afraid

 
Sapeva che quel giorno sarebbe arrivata in ritardo. “Capirà” ripeteva a se stessa ogni tre passi. L’aveva lasciata sola, in quel terrificante salone, ma era una questione di un’ora massimo. Camminava velocemente tra le strade asfaltate di Capito City. Intorno a lei si ergeva grattacieli monumentali, tutti miravano a toccare il cielo, le nuvole ed il sole. Tante torri di Babele che presto sarebbe crollate a causa del troppo orgoglio. Non avrebbe mai capito quella città, quella gente. Era troppo diversa da lei, ma non soltanto per gli usi e costumi, era diversa per la ragione. Svoltò frettolosamente a sinistra in un piccola strada acciottolata, completamente differente dalle strade principali. Camminò avanti per qualche metro ed ecco che si arrivò a destinazione. L’insegna di quel negozietto era impolverata da anni e anni di mancate pulizie, le sue scritte dicevano “Blackpain’s. Orologeria dal 12 A.D.D *” . Si accomodò annunciata da un snervante suono di campanello che terminò soltanto quando la porta fu chiusa del tutto. Subito da dietro un’altrettanto polverosa tenda color rosso emerse un uomo anziano, circa sugli ottant’anni. Al naso portava degli occhiali dalla montatura spessa e tra le mani un bastone.
– Come posso aiutarla? – le chiese con una voce davvero gentile. Lei sorrise
– Vede, ho una spilla a me molto cara e vorrei che lei apportasse una piccola modifica – cominciò lei tirando fuori l’oggetto in questione da una piccola custodia e mostrandola all’uomo.
– Vorrei che mi aggiungesse un filo d’oro, proprio qui – spiegò
– Che adorabile spilla – si lasciò scappare l’orologiere
– E’ una ghiandaia imitatrice – gli confessò lei.
– Capisco. E’ un lavoro davvero poco complesso. Ci impiegherò un giorno certamente. Può tornare domani? – chiese l’uomo avvolgendo la spilla in un piccolo fazzoletto di velluto bianco
– Certo, nessuno problema – rispose allora lei
– Può lasciarmi il suo nominativo?
– riprese il signore aspettando di poter scrivere il nome del committente dell’ordine sul suo taccuino
– Katniss Everdeen – rispose lei.
– Farò un lavoro ottimo per lei, signorina Everdeen – rispose l’anziano.
– Grazie, quella spilla significa molto per me, ma sento che è arrivato il tempo di donarla ad un’altra persona che ne ha più bisogno. E’ una spilla fortunata –

Non avere paura, Rose. Questa spilla ti salverà. 

 

*: la data indicata è calcolata in base al fatto che dopo la prima ribellione il calendario sia stato probabilmente riogranizzato. Letteralmente A.D.D, significa "After Dark Days", dopo i gioni bui. 

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