Take me back

di defyingravity13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


"Puoi dimenticare i ricordi ma non le persone. Quelle ti si appiccicano agli occhi, come sabbia sulle mani" 

Capitolo 1

Phoenix, Arizona 28 giugno 2013

Ecco, finalmente il giorno della partenza era arrivato. Sognavo questo momento da anni ormai, ma non avendo l’età non ero mai uscita al di fuori dei confini dell’Arizona. Le mie estati si traducevano in villeggiature con i miei genitori o in lunghe passeggiate in centro con gli amici più cari.  Lasciavo che il tempo mi passasse davanti e ben presto era già il momento di ritornare tra i banchi di scuola. Questa volta, però, era diverso. Al rientro ci aspettava il nostro ultimo anno, quello del fatidico diploma. Avremmo dovuto lavorare sodo, soprattutto per le aspirazioni che avevamo, e quella sarebbe stata l’ultima estate da passare insieme. Dovevo ammettere che non mi sarei mai aspettata la scelta di una meta così ambiziosa, eppure eravamo riusciti ad ottenere un biglietto per le soleggiate coste della California.

La mattina della partenza ero scoppiettante, ma come sempre anche molto in ritardo. Chiusi la valigia mentre mia madre era già in auto, e guardandomi attorno ebbi la conferma di aver preso tutto il necessario. Nella mia stanza non restava che un armadio semivuoto e una scrivania piena di fogli dalla calligrafia incomprensibile. Sorrisi nel notare che, nonostante stessi per partire, il disordine continuava a regnare in quella piccola camera. Evelyne doveva avermi certamente chiamata un centinaio di volte, ma presa dall’ansia di andare non diedi nemmeno un’occhiata al display del cellulare.                                                                                           
 Mia madre mi aspettava con il viso già rivolto verso la strada e il motore della macchina spento.  Sapeva benissimo che anche quella mattina non sarei arrivata in tempo.   Sistemai le mie cose nel bagagliaio e mi sedetti al posto del passeggero.                                                                                                                                       
 -Buongiorno!-  esordii dandole un piccolo bacio.                                                                                                        
-Claire non hai nemmeno fatto colazione, potevi svegliarti almeno dieci minuti prima - Il suo tono era stranamente rilassato mentre metteva in moto l’auto.                                                                                                 
 -Si hai ragione, la prossima volta cambierò l’orario della sveglia- conclusi utilizzando la solita vecchia frase. Mia madre se ne accorgeva sempre, eppure mi regalava ogni volta un tenero sorriso.                                                    
La mia fortuna stava nel fatto che la nostra casa non era lontana dal centro. Avevo la possibilità di raggiungere  tutto in pochi minuti, compreso l’aeroporto. Bastarono infatti circa venti minuti per giungere lì, tempo che passai al telefono con Evelyne per tranquillizzarla sul fatto che stessi per arrivare. Appena scesi dalla volvo rossa di mamma, lei era già lì e mi corse incontro per incitarmi a sbrigarmi.                                                                                                                                     
-Manca ancora un quarto d’ora -dissi mentre lei già scaricava le mie cose.                                                                           
-Si ma dobbiamo fare ancora un sacco di cose-Era ansiosa come al solito.                                                                      
L’aiutai a prendere ciò che rimaneva nel bagagliaio e salutai in fretta mia madre. Notai che continuava a guardarmi mentre sparivo all’interno dell’aeroporto, aveva un ‘espressione nuova.  Un misto tra la nostalgia che avrebbe provato in seguito e la gioia di vedere sua figlia crescere. Mi fece tenerezza e pensai a tutti i fazzoletti che le avrei dovuto comprare per il mio diploma.                                                                                               
 Il resto dei ragazzi era già in fila per il cheek in e non ebbi la possibilità di avvicinarmi a loro. Io ed Evelyne rimanevamo in fondo alla coda ma da lì riuscivo a riconoscerli perfettamente. Vedevo la folta capigliatura di Michael, i biondi ricci di Eleonor e anche la chioma corvina di Andrew. Si anche Andrew avrebbe preso parte alla nostra vacanza. Quando lo avevo saputo avevo subito pensato che sarebbe stata la perfetta opportunità per confessargli finalmente ciò che provavo, e ancora adesso continuavo a crederlo possibile.  Era più di un anno che lo guardavo sotto una luce differente, ma non avevo mai trovato l’occasione giusta per dichiararmi. Faceva parte della nostra cerchia già da un bel po’ e non volevo che un suo rifiuto mettesse a dura prova l’armonia che avevamo creato. Negli ultimi tempi, però, mi sembrava diverso. Era più disponibile nei miei confronti, era attento a ciò che mi accadeva e addirittura ricordava ciò che avevo indossato il giorno precedente.                                                                                                                                                                
 Mentre queste supposizioni si susseguivano nella mia mente, la fila scorreva e ben presto toccò a noi presentare i documenti.  Il resto fu una serie di azioni di routine che si concluse col nostro imbarco. “Allacciare le cinture” disse la voce all’interfono e con semplici gesti allungai le due cintole ai miei lati sino a congiungerle tra loro. L’aereo iniziò la sua fase di decollo ed io mi preparai a guardare per l’ultima volta i deserti territori dell’Arizona.     


Buonasera! Questa è la prima fanfiction che pubblico su EFP. Mi hanno parlato molto di questo sito, e l'idea di avere uno spazio per poter pubblicare le proprie storie mi ha incuriosita molto. Non mi cimento spesso nell'elaborazione di racconti, mi piace maggiormente leggere, ma ho pensato che provare non costa nulla. Spero che con le vostre recenzioni possa correggere moltissimi aspetti di questo campo e naturalmente che la storia vi piaccia. :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Il cambiamento fu quasi radicale. Il vento che ci accolse non appena arrivammo all’aeroporto di San Diego non era quel pulviscolo terroso dei deserti dell’Arizona. Era caldo, quasi accogliente.  I suoi soffi  ci investirono con pacatezza, un po’ come se volesse darci il benvenuto.   

Il volo era andato benissimo. Eravamo stati così impegnati a parlare tra noi che non ci eravamo nemmeno accorti di essere giunti a destinazione. Purtroppo non potrei dire altrettanto per quanto riguardava i bagagli. Valigie di ogni forma e colore erano passate su quel nastro, ma nessuna sembrava somigliare ad una delle nostre. Evelyn stava già andando in ansia. Anche se non parlava la osservavo mentre giocherellava con le dita. Non staccò nemmeno per un attimo gli occhi da quello scorrere di colori, quasi avesse paura di distrarsi e perdere il suo caro bagaglio. Riuscimmo a ritrovare le nostre cose solo dopo un’oretta buona. Capii che ce l’avevamo fatta  nell’esatto momento in cui Evelyn tirò un sospiro di sollievo.     
Ci facemmo precedere proprio da lei mentre cercavamo la donna che avrebbe dovuto accompagnarci alla nostra futura abitazione. Nell’ultima email che le avevamo spedito avevamo dovuto scegliere quale cognome lasciar stampare sul cartellone che avrebbe mostrato.  La scelta era stava più che semplice. Dal momento che il mio cognome era quello più improbabile sarebbe stato difficile scambiarci con altri.                            
Girovagammo per un po’ finché non notammo un “McPherson” scritto con una calligrafia tonda e un po’ infantile. La donna che aveva in mano il cartoncino non era infatti più alta di un metro e quarantacinque.   Ci dirigemmo nella sua direzione e non appena ci vide non esitò ad accoglierci con un caloroso sorriso.                 
–Bene arrivati! Spero che il viaggio sia andato bene- esordì non appena fummo tutti accanto a lei.  – Io sono  Hairine. Faccio le veci della signora Fernandez, è lei la proprietaria dell’immobile. – continuò con un sorriso stampato in faccia. Aveva tutti i requisiti dell’agente immobiliare.                                                                                                                                                                  
–Piacere di conoscerla. Ci hanno detto che la casa non dista molto da qui – Il tono di Michael era come sempre scettico                                                                                                                                                                                                                       
–Si ti hanno detto bene. Sono più o meno quaranta minuti in auto. Dovremmo stringerci un po’ però, non pensavo foste così tanti- Hairine ci osservava come se dovesse prenderci le misure per un nuovo abito. – Possiamo andare allora!-                                                                                                                                                                                                       
 Ci limitammo ad annuire seguendola prima con lo sguardo e poi con tutto il resto. Parlava sul serio quando ci aveva consigliato di stringerci. La sua auto non era nient’altro che un piccolo maggiolino di un insolito verde. La fortuna stava nel fatto che fossimo tutti più che abituati a viaggiare  “scomodi”. Cinque anni di autobus avevano i loro vantaggi.                                                                 
Michael occupò il posto anteriore ed io, Evelyn e Andrew ci stringemmo su quelli posteriore. Come sempre la posizione più insolita toccò ad Eleonor. Data la sua bassa statura era la persona più adatta per essere collocata proprio nel bagagliaio. Nonostante questi piccoli problemi tecnici fu incantevole passare per la prima volta lungo quelle strade così affollate. Io sedevo accanto al finestrino e mi sembrava quasi di sentire l’aria che accarezzava coloro che erano dall’altro lato della strada. Non facevo altro che sorridere mentre Andrew mi faceva un po’ da Cicerone. Da bambino era cresciuto proprio in quei luoghi e di certo doveva essere una grande emozione ritornarci dopo così tanto tempo. Notavo che i suoi grandi occhi nocciola si illuminavano ad ogni insegna o luogo che riconosceva.                                                                                                 
Dopo un paio di incroci attraversati per miracolo e trenta  minuti di Elton John, Hairine accostò la sua eccentrica vettura. Rimanemmo tutti stupiti dalla casa che si erigeva proprio davanti ai nostri occhi. Si trattava di uno di quei semplici immobili estivi, quelli con la muratura bianca e le grandi finestre. Uno di quei posti che si vedono in tutti i film californiani, ma che inseriti nel loro scenario assumono una particolare luce. Saltammo giù dall’auto senza staccare gli occhi dalle colorate fioriere che precedevano l’ingresso. Avevano in sé qualcosa di mediterraneo.                                                        
 –Eccoci arrivati! Datemi un secondo per cercare le chiavi e la casa sarà vostra.- Hairine aveva tra le mani un paio di mazzi di chiavi e continuava a frugare nella sua borsa in cerca di quello giusto. Quando tirò fuori una rigida targhetta rossa, dalla sua espressione capii subito che era quella giusta.                                                                                    
La bionda agente immobiliare ci precedette lungo il porticato e con due semplici mandate aprì la porta d’ingresso.                                                                                                                                                  
–Lungo il corridoio a destra ci sono le camere da letto, mentre qui c’è il soggiorno e la cucina. Se volete scendere in giardino state attenti alla porta che è abbastanza difettosa, per il resto vi basterà aprire la vetrata della veranda  e sarete direttamente in spiaggia. – Il tono di Hairine era squillante ma noi eravamo troppo presi ad esplorare la nostra nuova conquista. L’unico che le prestata attenzione era Michael.                                       
–Le chiavi le può dare a me. Gliele restituiremo appena andremo via – disse restando nell’atrio.                              
Hairine annui e gli pose il mazzo rosso. Prima di andar via ci diede una rapida occhiata e pronunciò le sue ultime parole.                                                                                                                                
–Dimenticavo di dirvi che stasera verrà inaugurata la stagione estiva. Giù in spiaggia è stata organizzata una piccola festa. Dal momento che siete tutti ragazzi ho pensato che vi avrebbe fatto piacere saperlo.-  La parola festa aveva certamente attirato l’attenzione di tutti.                                                                                                     
–Ci saremo sicuramente!- esordì Evelyn spuntando dal corridoio di destra. Hairine si limitò a mostrare un tenero sorriso e salutarci con un “divertitevi”, poi sparì chiudendo la porta alle sue spalle.                         
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 

La divisione delle stanze era andata meglio del previsto. Dal momento che c’erano tre camere da letto e noi eravamo in cinque avevamo deciso di dare ad Evelyn una stanza tutta per sé. Sarebbe stato l’unico modo per evitare di ritrovarci imbrigliati tra i suoi svariati abiti. Io dividevo il mio spazio con Eleonor e né ero piuttosto soddisfatta. Nonostante la conoscessi da minor tempo rispetto ad Evelyn, i nostri caratteri erano praticamente complici. La sua riservatezza era perfetta per i momenti in cui amavo restare un po’ sola, e la mia allegria contagiosa era la sua via d’uscita.
Ci sistemammo nella più assoluta calma, mentre alla radio suonavano le note di “Sunrise”.  Michael ed Andrew sembravano piuttosto frizzanti e ogni tanto facevano capolinea nella nostra stanza cantando stonatamente le parole di qualche canzone. Erano davvero imbarazzanti, ma era il loro modo per farci morire dalle risate. Ci fu anche un momento in cui Andrew si inginocchiò come un galantuomo chiedendomi di ballare.                                                         
–Mi conceda questo ballo signora- disse con un fare ottocentesco                                                                                
-E come potrei mai rifiutare- risposi lasciando cadere la maglietta che stavo mettendo in ordine, sul letto.               
  –Per me è un vero onore – Andrew mi prese la mano e insieme iniziammo a volteggiare come due perfetti idioti. Attraversammo tutto il corridoio sino ad arrivare da Evelyn. Irrompemmo nella sua stanza con atteggiamenti  distruttori e lei ci minacciò dapprima con lo sguardo e poi con le parole. Come sempre fummo costretti ad andar via e a richiudere la porta alle nostre spalle rassegnati.                                                                                         
  –Forse per stasera ce la farà a mettere tutto in ordine- Il tono di Andrew era tutt’altro che ironico                         
 -Forse!- esordii alzando le spalle e sorridendo al suo sguardo scherzoso. Era una delle tante cose che mi piacevano  di Andrew. Lui era spontaneo, aveva la capacità di trasformare ogni singola banalità in qualcosa di divertente.  Sin da quando eravamo diventati amici né avevamo combinate di tutti i colori. Eravamo un binomio inseparabile, soprattutto quando si trattava di infastidire qualcuno. Io però sentivo di provare qualcosa di più nei suoi confronti. Non era solo l’amico con cui fare baldoria, era diverso. Talvolta mi sembrava di cogliere lo stesso dai suoi gesti o dalle sue parole, ma non né ero mai del tutto certa.                                                  
–Stasera mi concederai il bis vero?- chiese Andrew lasciando che i miei pensieri si sciogliessero così come erano arrivati. Gli regalai un dolce sorriso.                                                                                                                           
–Incanteremo la pista!- dissi frizzante. Andrew mi osservò  pensieroso e poi si limitò a darmi un bacio sulla fronte.                                                                                                                                                                                               
–Ti lascio alle tue cose ora. Ci vediamo più tardi – Aveva come sempre un fare premuroso nonostante lo dimostrasse solo nei gesti e non nell’inclinazione della sua voce. Mi toccai la fronte sperando che un giorno quel bacio mi fosse donato un po’ più in basso. Dovevo dirglielo! Dovevo farlo, ma qualcosa dentro me non era pronto. Lo osservai svoltare lungo il corridoio per poi tornare anche io alla mia stanza. Eleonor aveva quasi concluso il suo lavoro così decise di darmi una mano. Come sempre non fece domande, anche se mi si leggeva negli occhi ciò che provavo. Era stata la prima ad accorgersi di tutto quando mesi addietro mi ero convinta di questo sentimento. Lei aveva questa specie di “dono”, capiva ogni cosa senza mai chiedere nulla. Con il suo aiuto impiegai poco più di mezz’ora per mettere tutto in ordine e lasciare fuori ciò che avevo deciso di indossare quella sera. Si trattava della prima festa a cui partecipavamo in quei luoghi e per questo avevo optato per qualcosa di poco appariscente e del tutto normale.  Anche Eleonor seguì la mia scelta, mentre Evelyn impiegò un bel po’ per scegliere. L’abito le sembrava troppo appariscente, gli shorts troppo semplici, quella maglia non le era mai piaciuta… La sua terribile indecisione era proporzionale alla grandezza del suo bagaglio. Io ed Eleonor la osservavamo sdraiate sul suo letto e finivamo per acconsentire a qualsiasi sua scelta. Quando finalmente Evelyn esclamò un “ho deciso” tirammo un sospirò di sollievo e sperammo in cuor nostro che quella scena non si ripetesse tutti i santi giorni.                                                                   
Andrew e Michael ci aspettavano fuori la porta d’ingresso. Entrambi avevano lo sguardo rivolto verso la spiaggia. La musica era così alta che riuscimmo a sentirla non appena varcammo la soglia della veranda. Era fantastico il fatto che fossimo così vicini al mare. Avevo sempre avuto un certo legame con questo luogo, mi infondeva pace, tranquillità. In quel momento però c’ era tutt’altro che la calma.                                                                
Le persone erano davvero tantissime e più ci avvicinavamo più sembravano aumentare. Ben presto ci ritrovammo nel vivo della festa. Michael era già sparito, mentre Eleonor cercava un posto dove poter bere qualcosa. Io egli altri eravamo immersi  tra la gente, cercando di cantare a squarciagola la canzone che avevano appena messo. L’atmosfera era perfetta. Tutte con le mani rivolte verso il cielo, urlando canzoni di cui non si conosceva nemmeno il testo, soltanto per la voglia di gridare qualcosa contro quell’incredibile ammasso di stelle.                                                                                                                                                                                       
 –Ricordati della promessa mi raccomando-  Andrew era al mio fianco e mi sussurrava queste parole all’orecchio.                                                                                                                                                 
–Dammi due minuti e la promessa sarà mantenuta – notai i suoi occhi illuminarsi e la sua espressione trasformarsi in un dolce sorriso. Con destrezza uscii dalla folla per racimolare un bicchiere d’acqua. Soltanto quando ne fui completamente fuori riuscii a sentire il salmastro odore del mare. Alzai gli occhi per cercare di intravedere l’orizzonte  ma il mio sguardo fu attirato da qualcos’altro. Lo vidi lì tra tutta quella gente e lo riconobbi subito. In quel momento sembrava che il tempo non fosse passato affatto. Il tremulo ticchettio dell’orologio si era fermato a quelle calde settimane di agosto ed io ero ancora lì tra quelle ombrose querce. I suoi capelli erano illuminati dalle colorate luci della festa, ma il suo sorriso era rimasto sempre lo stesso. Era surreale vederlo in quei luoghi eppure lui era lì. Stava per irrompere di nuovo nella mia vita, così senza preavviso, ed io non potevo controllare i ricordi che iniziavano a farsi spazio nella mia mente.

Grazie a chi ha inserito la storia nelle preferite e a chi passa semplicemente per leggerla :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Flagstaff, Arizona, 13 agosto 2011

Non avevo mai visto in tutta la mia vita così tanto verde, come in quelle ultime settimane. La natura, che avevo sempre apprezzato, si riduceva nel minuscolo giardino che i nostri vicini curavano con avidità. Lì, invece, i fiori sembravano estendersi all’infinito, in composizioni che dopo un po’ l’occhio non riusciva più a cogliere. Mia zia Catherine passava sempre l’estate in quei luoghi, e sebbene inizialmente fossi stata un po’ scettica a riguardo, la sua proposta fu ben accetta. I mesi estivi si aspettano con fervore tutto l’anno. Ogni singolo giorno di scuola non si fa altro che contare i giorni che mancano, quelli che ti rendono vicino alla libertà assoluta. Quando poi la campanella dà il suo ultimo rintocco ti senti esplodere dentro. Fai progetti su progetti, ti proponi di visitare questo o quell’altro posto, ma alla fine restano tutti sogni adolescenziali che il caldo va dissipando.  Agosto, poi, resta sempre il mese in cui la voglia di lasciare per un po’ i luoghi di sempre, diventa preponderante. Io e i miei amici condividevamo la stessa sorte, tutti eravamo costretti a passare le nostre giornate tra le polverose strade di Phoenix. I nostri genitori non erano grandi magnati e l’unico che poteva permettersi delle ferie e un po’ di vacanze era il nostro nuovo amico Andrew.           

Trovarmi tra quei luoghi era quindi per me una novità assoluta.                                                                                          
Quel giorno avevo discusso con mia madre al telefono, lei avrebbe preferito che tornassi a casa al più presto, ma io non volevo. Perché lasciare un posto così bello? Ero stata costretta a fare le valigie e a promettere che sarei ripartita entro una settimana. Non capivo il reale motivo per cui ci fosse tanto allarmismo da parte sua, ma questo lo avrei scoperto soltanto al mio ritorno.                 
Osservavo i miei vestiti pronti a essere rimessi in valigia con la nausea, ma per fortuna mia zia ritardò la fatidica preparazione dei bagagli. La sua voce risuonava lungo le scale che portavano al piano superiore. Mi stava chiamando già da un pezzo. Scesi quei gradini come un fulmine e mi fiondai subito in cucina.                 
  –Claire, ti andrebbe di andare fino al fienile per prendere due grandi ceste? Mi servirebbero per alcune cose – il tono di zia Catherine era come sempre gentile. Annuii felice di poter uscire ancora e lasciai che la porta d’ingresso si richiudesse alle mie spalle. Il sole era ben alto nel cielo e iniziava già a scottare. Corsi a lungo, per evitare di morire dal caldo. Quando finalmente vidi la porta del fienile mi sentii ampiamente sollevata. Era molto grande e massiccia, così impiegai un po’ per spingerla. Il chiassoso cigolio dei suoi cardini ruppe il silenzio che vi era all’interno, lasciando trapelare un po’ di luce. Entrai stando bene attenta a dove mettessi i piedi e iniziai a cercare le due ceste. Frugai in tutti i più nascosti posti del piano terra, ma non trovai nulla. Avrei fatto bene a chiedere prima di uscire di casa. La mia solita fretta!  Diedi un’altra rapida occhiata e poi mi decisi a salire la scala che portava ad un piccolo corridoio superiore. A pochi passi dal posto in cui mi trovavo vidi poggiate al muro due grandi ceste.                                                                                        
–Eccovi qua!- dissi prendendole tra le mani. Non feci nemmeno in tempo a sistemarle tra le braccia che la grande porta da cui ero entrata si chiuse. Sbattei più volte gli occhi per abituarmi al buio. Possibile che il vento l’avesse fatta chiudere? A tastoni iniziai a cercare la scala da cui ero salita. Sarebbe stata una bella impresa scendere. Misi il primo piede su uno dei pioli quando la stanza fu ampiamente illuminata.Guardai verso la porta, ma era ancora chiusa. Di scatto mi ritrassi dietro al corrimano. Qualcuno aveva appena aperto una delle finestre che dava sulla campagna sul retro.  Cercai di sporgermi un po’, ma non vedevo assolutamente nulla. Da ciò che sapevo il capanno era di proprietà di mia zia e solo lei poteva entrarci. Presa un po’ dall’ansia ritrassi la scala sino a poggiarla interamente sul pianerottolo su cui giacevo.                   
–Chi c’è lì? – una voce profonda, un po’ roca risuonò dal basso. –Signora Catherine è lei?-                                         
Udendo il nome di mia zia mi rilassai leggermente e alzandomi mi sporsi dalla balaustra.                                   
–No, sono Claire, sua nipote – dissi alla ricerca di colui che aveva parlato. Proprio al centro della stanza c’era un ragazzo. I suoi occhi si voltarono di scatto versò di me. Erano di un verde intenso, e scintillavano a contatto con la luce.                                                                                                                                                                       
–Ti serve una mano? – chiese notando evidentemente la mia espressione. Scossi la testa e riposi la scala al suo posto. Scendere con tutta quella luce fu molto più semplice che tastonarla al buio. Quando mi ritrovai giù scrutai attentamente il suo volto. Doveva avere più o meno la mia età, anche se era di almeno venti centimetri più alto di me.                                                                            
– Tu sei quindi la nipote di cui tanto si parla, mi fa piacere vederti finalmente! – aveva un fare molto sicuro e sarcastico.                                                                                                                                       
-  Non sapevo di essere così famosa…- affermai leggermente perplessa.  Lui sorrise, poi si avvicinò.                            
–Piacere, io sono Daniel-                                                                                                                                                                       
Daniel Campbell.                                                                                           

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

California, 29 giugno 2013

Non avevo la più pallida idea di che ore fossero, ma il cielo assumeva sfumature sempre più chiare. La festa era finita da poco e sulla spiaggia era rimasto solo qualche volontario intento a ripulire e un paio di ragazzi completamente fradici. Osservavo le loro azioni seduta sulla veranda della mia temporanea casa bianca. I miei amici erano già a letto, ma io non riuscivo proprio a prendere sonno. Rivedere Daniel era stato estasiante e sorprendente. Credo che tutti abbiano provato questo misto di sensazioni. Arriva un momento in cui con la quotidianità, persone che sono balzate rumorosamente nella tua vita, vengono accantonate in un angolo della tua mente. Ogni tanto né riporti a galla i ricordi, ma tutto resta lì. Anche se a volte ti sembra di averle accanto, di non essertene mai separata del tutto, esse restano solo nella tua memoria. Girando un angolo, camminando in strada non ti aspetteresti mai di vederle comparire tra la folla. Eppure, nuovamente a più di mille chilometri da casa, lo avevo rivisto. Non avevo avuto il coraggio di avvicinarmi a lui. Erano troppe le promesse che non avevamo mantenuto.                                                                                                                        
Il cielo continuava a schiarirsi e ad assumere un colore tra il rosa e il violetto, la poltrona di vimini su cui ero seduta era piuttosto comoda, ma decisi di alzarmi e passeggiare un po’ lungo la riva. Ero arrivata da così poco che non avevo nemmeno avuto il tempo di osservare come si componesse la costa. C’era un alternarsi di casette più o meno simili a quella in cui alloggiavo, alcune dai colori eccentrici altre semplici e modeste. Ce ne era una particolarmente bella, contornata da un numero infinito di vetrate.                                                                     
Sospirai osservandola, quando sentii una voce abbastanza familiare che richiamava il mio nome. Mi voltai leggermente disorientata, ma poi capii subito di chi si trattava.                                              
–Non ci credo! Claire McPherson! – la voce di Roxanne era a dir poco sbalordita. Non era per niente cambiata. Solo i capelli le erano diventati un po’ più lunghi.                                                                                                
–Anche tu da queste parti! – esclamai con non poi tanta esaltazione. Era strano vederla lì, ma ormai avevo già avuto un bel colpo poche ore prima per esserne davvero sorpresa.                              
– Da quanto tempo! Sono passati anni dall’ultima volta che ti ho visto. Sei cambiata tantissimo sai? Devi essere anche più alta – constatò avvicinandosi.                                                                          
Avrei voluto dirle che non mi vedevo poi così diversa, ma preferii abbozzare un sorriso. Io e Roxanne non eravamo mai state grandi conversatrici. Era sempre presente durante le serate nei pressi della casa di mia zia Catherine, ma i nostri discorsi erano perlopiù futili. Solo dopo la mia partenza avevano stabilito una sorta di corrispondenza. Era l’unica che potesse recarmi notizie su ciò che accadeva nell’Arizona dei monti. Volsi un attimo lo sguardo verso la casa dalle grandi vetrate e poi lo riportai su di lei.                                                                                                                                                                       –-Ti piace? E’ lì che alloggiamo – continuò notando su cosa si fossero posati i miei occhi.                                                            
–Si è davvero bella, e credo di più anche all’interno. Insomma sai che vista – dissi del tutto sincera.  – Tu e Matthew siete venuti da soli? – chiesi dopo una breve pausa.                                
Roxanne mi guardò leggermente imbarazzata. Notai che le sue guance erano diventate leggermente rosse. Non capivo cosa ci fosse di male in ciò che avevo detto, non avevo fatto alcuna allusione a ciò che potevano o che non potevano aver fatto nella loro solitudine.                                                                                                          
–In realtà io e Matthew abbiamo rotto qualche mese fa… - il suo tono era leggermente nostalgico.                                                  
–Mi dispiace…insomma non ne sapevo niente…-  cercai frettolosamente di riparare al mio danno.                            
–Oh no, non preoccuparti, insomma come potevi saperlo! E’ da tantissimo che non ci sentiamo! Mi dispiace di non averti più scritto…- Roxanne sembrava realmente dispiaciuta per ciò che aveva lasciato in sospeso.                
–Bè se ci siamo rincontrate qui vuol dire che non importa più da tanto, no?- dissi con un sorriso d’incoraggiamento. Lei ricambiò con un espressione molto solare.                                                    
–Bene, allora ne approfitterò per dirti un’altra cosa… - si tirò indietro i capelli facendo una breve pausa – in realtà divido la casa con Daniel, stiamo insieme da qualche settimana-                            
Mi sforzai di fare un’espressione decente. Non so cosa ne uscì fuori, ma a giudicare dalla sua espressione perplessa, niente di positivo.                                                                                                        
–Oh wow! Sono contenta – esclamai dopo qualche attimo. Completamente a scoppiò ritardato.                                    
–Spero che qualche volta verrai a trovarci – continuò Roxanne come se non avesse notato nulla.                                    
–Si certo, né sarò ben felice- questa volta la mia risposta fu certamente più convincente. Non si trattava di gelosia, non si trattava di rimpianto, ma uno strano fastidio stava crescendo in me. Dopotutto però che pretese potevo mai avere dopo tutto quel tempo?

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Il quadretto di me, Roxanne e Daniel seduti nella loro veranda era a dir poco ridicolo. Durante la nostra chiacchierata, Daniel era comparso silenziosamente sull’uscio di casa e non essendosi accorto della mia presenza aveva chiamato la sua amorevole ragazza. Roxanne colse al balzo l’opportunità  per invitarmi ad entrare, ma quando mi voltai notai negli occhi di Daniel un leggero sussulto. Credo  che in quel momento fossi l’ultima persona al mondo che pensava di poter incontrare lì. Non so se si pentì o meno di essere arrivato proprio in quel momento, ma durante la nostra colazione non parlò affatto. Si limitò a lanciarmi delle occhiate di tanto in tanto. Avrei pagato oro per sapere a cosa stesse pensando.                                                 
Quando tornai a casa dopo qualche ora, Evelyn era sulla porta in vedetta .                                                               
-Dove diavolo ti eri cacciata?- mi urlò contro appena mi scorse in lontananza. Le dissi che era tutto apposto e mi sedetti sul bancone della cucina mentre lei riprendeva a cucinare la colazione. Quella mattina era il suo turno.       
–Andrew è venuto a cercarti. Ieri sera sei praticamente scomparsa ed eravamo tutti preoccupati. Lui in primis- le mani di Evelyn erano incerte sugli arnesi della cucina.  Mi avvicinai per aiutarla.     
– Evelyn ti ricordi di Daniel?- incalzai prendendo tra le mani un uovo per le frittelle.                                                           
Evelyn sembrò pensarci un po’ su. –Daniel della gelateria in centro?-                                                                                        
-No, sto parlando di Daniel Campbell – Evelyn si volse a guardarmi con un’espressione interrogativa.                           
–O mio dio, quel Daniel! – La sua non era una domanda. Annuii.                                                                                          
–L ‘ho visto ieri sera alla festa, non è cambiato per niente- dissi impastando la base.                                                           
– Non ci posso credere! Almeno spero che abbiate chiarito. Insomma lo so che è passato molto tempo però..-  
-Lui è qui con Roxanne, stanno insieme ora – Evelyn lasciò andare gli arnesi con cui armeggiava inutilmente. Poggiò un gomito sul bancone con occhi interessati. Sapevo che con lei avrei sempre avuto un orecchio pronto ad ascoltare.  Le raccontai della colazione, di come lui si fosse mostrato taciturno e di come quella situazione fosse ormai un misto di imbarazzo e pateticità. Le frittelle furono cucinate, senza sorpresa degli altri, completamente da me. A tavola Evelyn fu abilissima ad evitare l’argomento “Dov’eri finita Claire?”, nonostante Andrew fosse il più insistente. Si era presentato sulla porta di casa verso le dieci ed aveva urlato di aver cercato ovunque senza aver trovato nessuna traccia di me. Quando mi vide però fu il sollievo a prevalere sulla rabbia.  Notai che durante tutta la colazione fu strano ed irrequieto, come se stesse decidendo una questione importante. Capii di cosa si trattava soltanto quando tutti furono andati via.    
–Claire volevo chiederti una cosa- esordì mentre io iniziavo a sparecchiare.   Con uno sguardo lo esortai a continuare.                                                                                                                                            
–Ieri sera mi è dispiaciuto molto non vederti tornare. – Sperai con tutto il cuore che non facesse domande –Evelyn mi ha detto che sei stata male- 
-Si deve essere stato il viaggio – risposi prendendo mentalmente nota di ringraziare Evelyn.                                                        
–Lo avevo pensato- Andrew fece una breve pausa –Mi chiedevo se stasera ti andasse di cenare insieme. I ragazzi vanno tutti in centro, ma io l’ho già visto centinaia di volte- Si notava lontano un miglio che la sua era solo una splendida scusa per restare con me.  Eppure in quel momento non riuscivo ad esserne lusingata.                                                                                                                                 
–Mi piacerebbe molto- il mio tono era piacevole e allegro. Avevo aspettato un bel po’ prima di quella proposta. Andrew si alzò dalla tavola prendendo qualche piatto per darmi una mano.                   
–Sarà una splendida serata… - concluse passandomi accanto.                                      

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 
“Un avvenimento che si aspetta con impazienza non porta mai le soddisfazioni che ci si era aspettati”.                       
Avevo letto almeno una ventina di volte “orgoglio e pregiudizio” della Austen, amavo molto la letteratura inglese,  ma mai quella frase mi si era insidiata nella testa come quella sera.  
Non riuscii a realizzare che la mia serata con Andrew era iniziata finchè Evelyn e gli altri ragazzi lasciarono la casa per andare in centro. Mi chiedevo come fosse possibile sperare per tanto tempo che una cosa accada e poi rimanere completamente impassibili quando essa si realizza. Si rimane con l’amaro in bocca e si inizia a credere che forse abbiamo sempre desiderato la cosa sbagliata. In quel momento non sentivo la situazione con Andrew in questo senso, ma proprio non riuscivo a provare quelle emozioni che ero riuscita ad evocare soltanto immaginando quella scena.          
Per  fortuna, lui non sembrò accorgersi di nulla. Il nervosismo nella mattina sembrava quasi del tutto sparito, ed Andrew era diventato di nuovo l’amico di sempre. Avrei potuto credere che fosse realmente così, se solo lui non stesse apparecchiando un tavolo in veranda solo per noi due.                                                        
Lo interruppi proprio mentre stava stendendo la tovaglia.                                                                                                        
 –Ehi cosa ne dici se cenassimo sul divano ,come a casa?- chiesi poggiandomi allo stipite della porta che dava sulla spiaggia.  Andrew alzò lo sguardo verso di me e abbozzò un sorriso.                                                                 
–D’accordo-  disse lasciando tutto. Sembrava quasi sollevato dal fatto che avessi reso la cosa meno formale.                             
Rientrammo in casa insieme e dopo averlo aiutato a portare le cose in salotto accesi la tv.  D’estate i programmi televisivi facevano davvero pena.  –Non ho mai capito come facciano a creare reality simili- incalzò Andrew quando la scelta ricadde su mtv.                     
Diedi un’occhiata allo schermo infilando la forchetta nel mio piatto.                                                                                       
–Secondo me esagerano…insomma non credo ci sia sul serio gente così-                                                                                           
-Oh e invece ce n’è eccome. Soprattutto da queste parti-                                                          
 -Ecco l’Andrew frequentatore di donne- dissi ridendo . Anche lui si unì alla mia risata.                                                                       
–Non c’è bisogno di essere un Don Giovanni per capirlo- aggiunse  poggiando il suo piatto sul tavolino adiacente al divano.
– Hai ragione, sei sempre stato uno perspicace-                                                                                                                        
Andrew alzò lo sguardo verso di me. – Forse è per questo che ti chiesto di restare qui stasera-                                      
Aveva colto la palla al balzo, e io gli avevo offerto la situazione su un piatto d’argento. Sapevo già come avrebbe continuato quel discorso così lo anticipai. Mi alzai lasciando il piatto sul tavolino davanti ai nostri piedi.                                                                                  -Ti dispiace se esco per fare due passi? – dissi quasi retoricamente. L’espressione di Andrew era corrucciata, forse si stava chiedendo in cosa avesse sbagliato.   Mugugnò un “okkey”, mentre io ero già con un piede fuori la porta.                                                                                                                                                     L’aria fresca della sera mi colpì dritta in faccia e fui costretta a legare i capelli in una coda per non ritrovarmeli negli occhi. Infilai le mani nelle tasche e camminai per alcuni metri.  Come era possibile che proprio ora che le cose stavano per realizzarsi, io stavo scappando. Non si trattava di paura, ma era quasi come se sentissi che avevo sbagliato. Avevo domande a cui nemmeno io sapevo dare risposta, ma ben presto fu la risposta a presentarsi da me.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

"Tutti avevano continuato a trascorrere le loro vite indifferenti, ma nel rivedersi fu come se non fosse passato nemmeno un solo giorno"

-Secondo te che ore saranno?- 
-Su per giù le quattro o forse le cinque. Il cielo è ancora troppo buio per dirlo-
Daniel era seduto accanto a me, con entrambi i gomiti poggiati a terra. Io tenevo le gambe incrociate e continuavo a lanciare sassolini giusto dinnanzi alla mia traiettoria. 
Avevamo trovato un posto non molto distante dalla casa in cui alloggiavo per quelle vacanze, un porticato quasi del tutto distrutto che dava proprio sul lungomare. Ci eravamo incontrati mentre vagavo da quelle parti dopo che ero praticamente scappata da Andrew, e nessuno dei due era più andato via.

-Da quando va avanti questa storia con Roxenne?- chiesi con nochalance dopo qualche minuto di silenzio. 
-Non da molto, forse due o tre mesi- Daniel scrollò le spalle - La sua storia con Matthew è stata bella lunga. Non penso se ne sia ancora liberata-
Il suo ragionamento non mi era molto chiaro.
-Non ti dà fastidio che lei pensi ancora ad un altro?- La mia domanda mi sembrava più che lecita e spontanea.
-Non sono il tipo che rivanga il passato. Se lei voleva Matthew, sarebbe rimasta con lui- 
C'era qualcosa nella sua risposta che continuava a non convincermi. Avevo la debole sensazione che non mi stesse dicendo tutto, che c'era qualcosa di fondo che mi stava nascondendo.
In quel momento però non diedi tanto peso a quel pensiero. Fu la sua frase iniziale a restarmi stampata nella mente. "Non sono il tipo che rivanga il passato". Mi sarei voluta mordere la lingua per evitare di parlare ancora.Ma purtroppo non lo feci.

-Peccato, ci sono tante cose da ricordare alle volte-
Okkey si, come periodo suonava piuttosto sciocco. Ecco perchè avrei dovuto tapparmi la bocca.
Daniel si alzo e mi rivolse un mezzo sorriso. Sembrava quasi che volesse prendermi in giro
-Non riapro le vecchie fosse, ma non è detto che non ricordi cosa ho seppellito- voltò lo sguardo verso la sabbia per poi biasciare qualcos'altro. Non capii bene cosa disse, forse un "Le cose migliori si tengono custodite" o semplicemente aveva inveito contro le scarpe piene di sabbia. Non c'era molto nesso tra le due cose ma la mia mente non riuscì a delucidare nulla.

Mi scrollai qualche granello dalle gambe. Daniel aveva assunto quella sua solita aura misteriosa. L'aura che mi aveva accompagnata per tutta la mia estate da sedicenne. Era davvero difficile capirlo nella maggior parte dei casi e in quelle poche settimane che avevamo passato insieme c'ero riuscita pochissime volte. Quando teneva qualcosa per se era come un muro impenetrabile.

-Fin quando rimarrete qui?- questa volta fu Daniel a parlare
-Due settimane- 
Lo vidi storcere il labbro inferiore. In questa occasione il tempo era ancora più risicato.
-Più o meno è lo stesso per noi. Forse andiamo via qualche giorno dopo-

Annuii semplicemente per poi alzarmi. Sentii il suo sguardo percorrere ogni linea del mio corpo e per un attimo cercai di non pensarci. 
-Mi sa che l'alba sta per sorgere, sarà meglio che rientri. La mia amica Evelyne si fa prendere dal panico facilmente- incalzai con ironia.
Daniel imitò i miei movimenti scrollando quel che restava della sabbia sui suoi pantaloni
-Si è meglio che torni anche io. Avevo detto che sarei andato ad una festa con alcuni amici- E invece era rimasto lì con me per quasi tutta la notte. -Magari alla prossima potresti venire anche tu-
Lo guardai attentamente mentre dentro di me ci fu un susseguirsi di "si, che aspetti!" e "no cosa fai" convulsi.
-Se non avrò altro in programma...- lasciai la frase a metà.
-D'accordo, allora ci vediamo in giro- Daniel mi fece un cenno con la testa. L'ultima volta che ci eravamo salutati era stata molto diversa.
-Vabbene, e magari mi dirai il resto della storia- dissi in riferimento alle mezze frasi su Roxenne.
Lui mi capì al volo e mi regalò un mezzo sorriso da "vedremo" - Buonanotte  Claire- mi disse con tono sereno prima di voltarsi per andar via.

Quella era stata la prima notte in cui avevamo parlato dopo quasi due anni di totale silenzio. Non avevo la minima idea di cosa dovessi pensare, provare o fare, ma sapevo bene che non era finita lì, esattamente come due anni prima.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

I raggi del sole avevano ormai inondato di luce il mio letto, anzi per la precisione il mio volto.
Doveva essere piuttosto tardi, ma i miei occhi non ne volevano sapere di dare un'occhiata fuori.
Mi voltai dal lato opposto a quello della finestra e riuscii ad aprirli pian piano. Evelyne e Eleonor dormivano ancora. Non le biasimavo. 
Quando ero entrata in stanza poco prima dell'alba non avevano fatto ancora rientro. Chissà dove avevano passato la serata, con chi erano state, se si erano divertite...
 Mi girai su me stessa poggiando la schiena sul materasso e osservando il soffitto in legno. 
Dopo aver lasciato Daniel ero tornata verso casa col timore che Andrew fosse ancora lì ad aspettarmi. Non era successo nulla, eppure sapevo che il mio comportamento era stato scorretto. Lo avevo lasciato lì nel bel mezzo di una specie di primo appuntamento.
Per fortuna quando avevo attraversato il corridoio, lanciando un'occhiata alla sua stanza, lo avevo visto dormire beatamente nel suo letto. Almeno avevo ritardato di qualche ora una conversaizone che sicuramente avrei annoverato tra le più imbarazzanti della mia vita.
Non riuscivo ancora a capacitarmi di come avessi cambiato rotta così repentinamente, soltanto perchè Daniel era tornato. La nostra era una questione irrosolta e a quanto sembrava certe cose è meglio chiuderle definitivamente. Tutto ciò che lasciamo in bilico prima o poi torna a bussare alla nostra porta, inevitabilmente.
Per evitare di dare fuoco al mio cervello decisi di mettere piede giù dal letto. Evelyne aprì gli occhi proprio in quel momento.
-Buongiorno- le dissi scostandomi i capelli dalla faccia.
La sua risposta fu un mugugno. Ci ero abituata. Nel giro di qualche minuto avrebbe iniziato a parlare a raffica come se fosse sveglia da ore.
-Quando ritorni sulla terra voglio sapere com'è andata la serata - continuai  nell'attesa.
Evelyne si portò le lenzuola sino ai capelli e dopo due o tre respiri balzò in mezzo al letto. Si, ero abituata anche a quello.
-Non sono mai stata così stanca in tutta la mia vita - Il suo tono era simile a quello di chi ha appena portato al termine dodici ore di lavoro.
-Da quando il divertimento è stancante?-
-Da quando sto "esplorando" la California - rispose virgolettando con le dita.
Mi misi a ridere senza ritegno. 
- Questa volta ti sei superata Ev. Non siamo nemmeno arrivate! - 
Evelyne non era una ragazza facile, ma la sua esuberanza la portava sempre ad esagerare. Ecco perchè non la lasciavamo mai andare sola da nessuna parte. Se non ci fosse stata Eleonor con lei, dubito che le avrei permesso di andare in giro. Era una logica un pò da mammina, ma era la mia migliore amica e conoscevo i suoi punti deboli.
-Lascia stare, il solito! - furono le sue parole a riguardo - Tu invece? Abbiamo finalmente conquistato Andrew il cieco?- 
Evelyne non vedeva l'ora di sapere. Glielo leggevo nello sguardo.
Diedi un'occhiata all'orologio attaccato alla parete. - Dammi un quarto d'ora e ti racconto tutto-
La sua espressione si corrucciò. - Ho tutto il tempo che vuoi....vai-
Incrociai le gambe sul bordo del letto e partii col racconto delle ultime ore. Sapevo che si sarebbe stupita. L'avevo assillata per mesi con la storia di Daniel, ed ora ecco che si ripresentava dal nulla.  Evelyne era l'unica che era al corrente del fatto che fosse lì e quindi era anche l'unica a cui potevo narrare i particolare di quella notte.
Seguì tutto ciò che le dissi parola per parola e alla fine esordì con un - Ora hai solo l'imbarazzo della scelta! - 
Non sapevo se prenderla sul serio o scoppiare a ridere di nuovo. 
-Mi sento incredibilmente disorientata - le confessai
-Hai solo un modo per toglierti ogni dubbio- Ev fece una pausa schiarendosi la voce - Adesso prendi il telefono e manda un messaggio a Daniel. A quanto ho capito ti ha detto che ti avrebbe informato su qualche eventuale prossima festa-
La guardai pensierosa - Non saprei...-
-Appunto! Proprio perchè non sai che fare manda questo messaggio. Non hai nulla da perdere...e poi mi piacerebbe proprio andare ad una festa! -
Notai l'entusiasmo nel suo sguardo e non potei non abbozzare un sorriso. -D'accordo, lo farò-

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Evelyne era una di quelle poche persone che riusciva ad avere un'enorme capacità persuasiva, o almeno era quello che accadeva con me. Dopo poche ore dalla mia chiacchierata con Daniel, mi aveva in tutto e per tutto spinta a mandargli un messaggio. Lui aveva risposto dopo pochi minuti, e si era subito reso disponibile per farci sapere luogo e orario di una delle prossime feste dei suoi amici. A quanto ne sapevo, in quella zona della costa non era per nulla difficile trovare qualcuno con una bella residenza sulla spiaggia che decideva di ospitare una festa. Erano tutti molto disponibili, in ogni senso del termine.
Ad ogni modo, per la fine della giornata avevamo il nostro party, e in casa tutti erano pronti per andare ... eccetto Andrew. Avrei voluto parlargli, fargli capire che stavo aspettando che si facesse avanti da tantissimo tempo, che mi piaceva più di quanto lui potesse immaginare, ma a che pro? Ora che ero così confusa, ora che Daniel era tornato, non riuscivo più a pensare razionalmente. Contrariamente ai miei principi, decisi dunque di lasciare le cose così come stavano. Presi le mie cose, e lasciai la casa insieme a tutto il resto del gruppo.

La casa che ospitava la festa era a dir poco stupenda. Enormi vetrate collocate nel soggiorno, aprivano la visuale su un tratto di costa del tutto selvaggio. I mobili erano moderni ma lussuosi, e avevo paura di pensare a come si sarebbero ridotti dopo quella serata. Le stanze, erano infatti, gremite di gente. C'erano ragazzi e ragazze in ogni dove, e alcuni avevano già iniziato a darci dentro con l'alcool e il fumo.
-Claire questa sarà una serata pazzesca, me lo sento! - Evelyne sembrava una bambina nel negozio di caramelle - Prendiamoci da bere su! - Prese sia me che Eleonor sottobraccio e ci portò verso il bancone degli alcolici.              
Da una serie di bottiglie casuali, Evelyne tirò fuori tre drink.
-Hanno un odore orrendo- Eleonor era come al solito incisiva
-Proviamo e giudichiamo- incalzai buttando giù il liquido verdastro. Era davvero orribile...
-Mmm...- mi limitai a giudicare
-Davvero uno schifo-  la voce della verità di Eleonor parlò per entrambe.
Evelyne fece roteare gli occhi e mugugnò un "non ne capite nulla". Le ultime parole famose prima che anche lei mandasse giù quanto aveva creato. La sua espressione fu molto eloquente a riguardo, e io e Eleonor scoppiammo a ridere immediatamente.
-Okkey, avete ragione! Il prossimo è di Eleonor - Fu così che, senza saperlo, Evelyne diede il via ad una serie di esperimenti alcolici che ci tennero incollate al bancone per una buona mezz'ora.                                                    
Quando mi alzai dallo sgabello, ebbi un leggero sussulto. Mi ero mossa troppo velocemente e avevo quasi rischiato di perdere l'equilibrio.
-Forse riusciremo a far divertire la nostra Claire stasera! - Evelyne era decisamente "partita", e mentre buttava fuori le sue schiocchezze muovendosi tra la calca, teneva sia me, sia Eleonor tra le sue braccia.                                        
La casa iniziava ad essere una vera e propria cappa di fumo, e di Michael, che ci aveva praticamente abbandonate per una biondina che aveva visto all'ingresso, non avevamo più notizie.
- Io credo che uscirò a prendere una boccata d'aria - annunciai più ad Eleonor che ad Evelyne.
- Ma il divertimento è qui....-
- Non preoccuparti ci penso io - Eleonor era come sempre risoluta.
- Grazie! - le risposi con tono affettuoso.
Iniziai a farmi spazio tra la gente per poter uscire fuori, ma fu una vera impresa. Tossii un paio di volte, prima di sentire finalmente l'aria fresca della spiaggia, colpimi dritta in faccia. Era quasi un sollievo! Mi sembrava di tornare a respirare di nuovo.  Feci qualche passo sul terrazzino della veranda, e mi poggiai alla balaustra. Sebbene mi piacesse divertirmi, non amavo perdere il controllo di me stessa, e così cercai di ricompormi e riprendere il senso del mio equilibrio.
- Allora è lei la famosa Claire! Claire perchè non vieni a farci compagnia - Stavo delirando? O l'avevo sentito sul serio? Mi voltai e vidi una serie di ragazzi, forse cinque o sei, seduti attorno ad un tavolino che ormai era un vero e proprio porcile. Quando misi bene a fuoco i loro volti, mi accorsi che c'era anche Daniel tra loro.                                            
-Claire lasciali stare, hanno bevuto un pò troppo - Daniel si alzò dalla sua sedia e fece per raggiungermi
- Dai amico, perchè non vuoi condividerla con noi? - Un coro di risate
- Io stavo per rientrare non preoccuparti - mi rivolsi a Daniel per evitare che lasciasse il suo gruppo, o che qualcuno continuasse con quelle frasi.
- Non andare dai , sappiamo essere molto amichevoli - non riuscivo bene a distinguere se quelle parole provenissero sempre dallo stesso ragazzo, o si stessero alternando.
- Adesso basta Brett - Daniel aveva decisamente lasciato i suoi amici, e mi aveva raggiunta accanto alla balaustra. 
- Vieni, andiamo - mi disse sottovoce, prima di poggiare il suo braccio attorno alle mie spalle per condurmi all'interno. Anche lui aveva bevuto. Non sapevo quanto, ma aveva un odore misto di birra e non so che altro. Senza dire molto, anche perchè gli intrugli di Eleonor e Evelyne iniziavano a fare a cazzotti nel mio stomaco, mi lasciai portare nuovamente all'interno della casa.
- Non si respira qua dentro - mugugnai sperando che Daniel mi avesse sentita. Il messaggio era arrivato, e infatti la sua traiettoria virò verso le scale a chiocciola del salotto. Senza togliere il suo braccio dalle mie spalle, anzi, facendolo scendere verso la mia schiena, Daniel mi portò  al piano di sopra. Anche lì c'era molta gente. Ora riuscivo a capire perchè Daniel mi aveva detto che non c'erano problemi a portare nuovi amici.
Superata la zona centrale che affacciava sul salotto,  riuscimmo a trovare un corridoio dove la gente era un pò più rada.
-Vieni sediamoci qui - Daniel mi fece posto su un divano dall'aspetto alquanto comodo. Mi lasciai cadere come se fossi appena tornata da una giornata di lavoro intenso, e questo fece ridere  il mio attuale compagno di feste.
-Non ti avevo mai vista così Claire - il suo tono era divertito.
- Diciamo che dalla zia Catherine non c'è tutto questo movimento -
- Sopratutto se l'età media oscilla intorno ai settant'anni... -  
Scoppiai a ridere, lasciando ricadere la testa sul lato superiore del divano
- Potevi invitare i tuoi amici, quelli in veranda. Sembravano essere ansiosi di conoscermi - Non sapevo perchè avessi messo in mezzo quell'argomento, non aveva per niente senso.
- Lasciali stare. Non vedono l'ora di trovare la prossima ragazza da portarsi a letto - Daniel sembrava quasi seccato
- E Roxenne? - Altra domanda fuori luogo.
- Lei non si sentiva molto bene ... - il tono di Daniel fu vago. Sapevo che dovevo essere sospettosa riguardo ciò che mi aveva detto durante la nostra chiacchierata in spiaggia, ma non avevo la minima idea di cosa pensare.
- Sei stato davvero un ottimo amico a restarle accanto -
- Claire, noi non siamo amici, stiamo insieme -
- Tu non mi dici la verità e lo sai bene - sembrava quasi che volessi rimproverarlo.
Daniel alzò gli occhi al cielo per poi allungare la sua mano verso la mia.
- Claire, perchè devi essere sempre così perspicace? - il suo tono era   quasi sarcastico. Se avesse bevuto qualcosa in più, ero sicura, mi avrebbe detto tutto. Invece si limitò a quelle parole enigmatiche.
- Lo sai che finirai per dirmerlo prima o poi - feci una breve pausa per voltarmi a guardarlo - come a Flagstaff, quando non avevi il coraggio di chiedermi di restare - 
Daniel si voltò con il viso corrucciato, quasi come se avessi riaperto una vecchia scatola sigillata  da secoli.
- Ci è voluto un pò, ma alla fine me lo hai detto - continuai noncurante del tutto. 
- Claire...-
- Vedi lo stai facendo anche adesso - ormai ero infrenabile - vorresti baciarmi, vorresti toccarmi ... ma non ne hai il coraggio - A quella parole Daniel ebbe un sussulto. Stavo scavando sempre più a fondo...

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Ho ritrovato questa storia dopo un bel pò di tempo, e ho deciso che fosse giunto il momento di portarla avanti. Da quando ho iniziato a scriverla, ha sempre trovato un posticino nella mia mente, ma non ho mai avuto la costanza di mettere tutto nero su bianco.  Sono un'eccellenza nel rimandare le cose, ed ecco che i giorni si sono trasformati in mesi, e i mesi in anni...ma presto o tardi ritorno sempre sui miei passi LOL
Ora mi piacerebbe riuscire a darle il prosieguo, e il finale che avevo sempre immaginato. Spero che possa piacervi, e che i due personaggi di Claire e Daniel, possano entrare nel vostro cuore, come un pò lo sono entrati nel mio  : )

                                          

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 
La porta si chiuse con un rumore secco dietro le mie spalle, e io mi ci poggiai con la schiena sorretta dalla mano di Daniel. Le sue labbra erano sulla mia bocca, poi sul mio collo, ed io non riuscivo a pensare a nient'altro che non fossimo noi due in quel preciso momento. Forse l'alcool mi aveva fatto perdere una piccola razionale parte di me stessa, ma in quell'istante non potevo che esserne felice.  Sentivo il corpo di Daniel contro il mio, le sue mani che si muovevano veloci alla ricerca della cerniera del mio abito, ed io che cercavo di fare la stessa cosa con i suoi vestiti. La mia vista era un pochino offuscata, ma riuscivo ancora a distinguere bene i colori della sua camicia a quadretti aperta, con qualche bottone saltato a causa della mia immancabile maldestria. Presi uno dei due lembi e lasciai scivolare le mie mani e la sua camicia, lungo le sue braccia. Fu in quel momento che Daniel, seccato dalla cerniera difettosa, mi volto di scatto verso la porta per poterla tirare giù in maniera decente.
Quando tornai con il viso contro il suo, ormai non avevo indosso quasi più nulla. Non avrei mai pensato che il suo desiderio nei miei confronti potesse essere così forte. Non mi aveva mai più scritto, era completamente sparito, ma evidentemente una parte di lui aveva continuato a rivangare quell'estate insieme. 
Portai una mano al suo viso, quasi come se mi fossi dimenticata come risultava al tatto, e poi tra i suoi capelli biondo cenere. Le sue mani circondarono i miei fianchi, e mi sollevarono il tanto che bastava per poter incrociare le mie gambe attorno alla sua vita. 
Daniel riprese a baciarmi con forza, e le sue gambe fecero qualche passo indietro verso il letto situato al centro della stanza. Mi lasciai cadere sulle lenzuola bianche, per poi aspettare che il suo corpo si appiccicasse nuovamente al mio. Ci volle poco prima che potessi finalmente sentirlo dentro di me, e per l'eccitazione e la concitazione del momento, non potei fare a meno di ansimare.

Flagstaff, 20 Agosto 2011

- Sei sicura di volerlo fare? -
 
Io e Daniel eravamo sdraiati uno accanto all'altro, sul letto di fortuna che aveva sistemato nella soffitta di casa sua. Da quando eravamo entrati in quella stanza, i nostri baci erano diventati più insistenti del solito, e non ci era voluto molto prima di capire quale esito avrebbe preso quella serata. 
L'indomani sarei dovuta partire, avrei fatto ritorno a casa, dopo le insistenti chiamate di mia madre. Non capivo il suo allarmismo, e dovevo ammettere che ero stata piuttosto dura con lei. Il mio desiderio di tornare non si era mai insidiato in me, e da quando avevo iniziato a passare il mio tempo con Daniel, ero diventata ancora più riluttante all'idea di ripartire. Ci eravamo incontrati un pò per caso, nel fienile di proprietà di mia zia, e da allora avevamo passato ogni singolo giorno insieme. Lui era di qualche anno più grande di me, e i suoi modi sicuri, le sue battute sarcastiche, mi avevano presa più di qualunque altro ragazzo prima di allora. Non avevamo avuto  molto tempo a disposizione, ma era stato abbastanza affinchè potessi conoscere quanto di lui mi bastava. Avevo sedici anni e non avevo mai avuto alcun rapporto fisico con alcun ragazzo, però sapevo che volevo averlo con lui. 
- Ne sono sicura - risposi voltandomi a guardarlo. 
Bastarono quelle tre parole, ad accendere gli occhi di Daniel. Mi prese delicatamente il viso tra le mani e iniziò ad affondare le sue labbra sulle mie. Il suo tocco sul mio corpo era delicato, e io mi sentivo perfettamente a mio agio. Lasciai che mi sfilasse gli shorts e la maglietta con la tenerezza che mi aveva mostrato sino a quel momento, e io cercai di fare altrettanto con i suoi vestiti. Ero un pò imbranata e priva di esperienza, e la cosa si notò molto, ma Daniel sembrava non farci caso. 
- Se dovessi sentire dolore fermami subito - Furono le sua parole prima che entrasse dentro di me. Io annuii, sperando che tutte le storie che avevo ascoltato dai racconti delle mie amiche, non fossero vere. Fu un attimo, ed ecco che eravamo diventati un'unica cosa. All'inizio fu strano, abbastanza doloroso, e cercai di non darlo a vedere, anche se a tratti era quasi impossibile. Molti dicevano che la prima volta non è poi un granché, e in quell'istante non potevo biasimarli, ma era un momento che, in quella sera, avrei voluto condividere solo e soltanto con lui. Riuscivo a sentire ogni singolo centimetro della sua pelle che toccava la mia, e con le mie mani cercavo di non dimenticare la sensazione del suo corpo al mio tatto.
Quando i movimenti iniziarono a diventare un pò più ritmici, iniziai ad ansimare per le prime volte, finchè Daniel non raggiunse il culmine e si spostò dal mio corpo. Chiusi gli occhi per assaporare quegli ultimi attimi con lui, sdraiata nuda sul suo letto, e dopo qualche istante Daniel mi si avvicinò per accogliermi tra le sue braccia. Mi diede un bacio tra i capelli, ed io mi accoccolai con la testa sul suo petto.
- Mi mancherai fin troppo - gli confessai senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. 
Daniel non disse nulla, ma mi strinse più forte a se. 

California , ore 3:45

Ero sdraiata sotto il lenzuolo bianco che avevo tirato su non appena io e Daniel ci eravamo staccati l'uno dall'altra. Lui sembrava quasi addormentato, con la testa perfettamente rivolta verso il soffitto. Mi avvicinai leggermente a lui per godermi ancora un pò quella notte. Tenendo gli occhi ancora chiusi, e sentendo il mio contatto, Daniel mi attirò a se con il braccio sinistro, e lasciò che mi poggiassi sulla sua spalla. 
- Mi sei mancata troppo Claire - 
Ascoltai quelle parole senza aggiungere altro.
 

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