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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arena e l'inizio di un nuovo destino ***
Capitolo 2: *** Prime conoscenze... ***
Capitolo 3: *** "Ricordi passati e progetti futuri" ***
Capitolo 4: *** "Tlack... la serratura del cuore" ***
Capitolo 5: *** Incontri e feste in maschera ***
Capitolo 6: *** Dubbi,speranze e ricordi di un antico passato ***
Capitolo 7: *** Onore e giuramenti ***
Capitolo 8: *** Delusioni e rimpianti ***
Capitolo 9: *** Visioni e ricordi ***
Capitolo 10: *** Nuovi piani all'orizzonte ***
Capitolo 11: *** E' giunto il momento... ***
Capitolo 12: *** Nuovi sentimenti e vecchi rancori ***
Capitolo 1 *** L'arena e l'inizio di un nuovo destino ***
servitus
Capitolo I “L'arena e
l'inizio di un nuovo destino”
Le urla della folla nelle
orecchie,nelle narici l'odore ferroso del sangue che le imbrattava le
mani e la spada,la polvere le annebbiava la vista e la bocca era
secca.
Un giorno come un altro.
“Che schifo di vita” pensò,mentre si allontanava
dall'arena,dirigendosi verso le gallerie buie e fresche che
ospitavano gli spogliatoi.
“Uccidere,uccidere e
uccidere per sopravvivere. L'unico vantaggio è la sorpresa,non sai
mai chi affronterai e chi guarderai morire: un romano? Un africano?
Un leone o una tigre? O forse un greco come me?” Il pensiero della
Grecia le fece mutare espressione e i suoi occhi divennero più
tristi e malinconici. Le mancava molto la sua vita semplice e
spensierata,la locanda di sua madre Irene,le cavalcate e le
amichevoli scazzottate con suo fratello Leuco,che l'aveva sempre
amata e che aveva sacrificato invano la sua vita per lei. Molto
spesso si domandava perchè mai avessero scelto proprio
lei,un'innocente ragazza di Anfipoli con la passione per
l'equitazione e le armi. Atene era sicuramente stracolma di persone
come lei,ma il destino era stato ironico e inevitabile come sempre.
Zenos,il famoso mercante di schiavi, aveva infatti deviato il suo
cammino,non si era diretto né ad Atene,nè a Corinto,nè a Micene,ma
ad Anfipoli e l'aveva vista. Mentre trangugiava avidamente la
rinomata zuppa di farro della locanda di Irene,non le aveva staccato
gli occhi di dosso. Aveva deciso che quella ragazza mora e dagli
occhi di ghiaccio sarebbe stata la sua merce migliore,da offrire ai
clienti più facoltosi o alle arene più importanti. Tuttavia dopo
una lunga meditazione aveva scelto la seconda possibilità. “Non si
vedono tutti i giorni ragazze come lei e l'istinto mi dice che dietro
la sua gentilezza si nasconde una vera tigre. Stanotte sarà mia.”
Il rumore delle catene la
riportò alla realtà. Le capitava spesso di perdersi in pensieri
oscuri e il suo passato sicuramente non alleviava le sue sofferenze.
Sebbene fossero trascorsi molti anni,le ferite del cuore sanguinavano
ancora copiosamente. Arrivata nello spogliatoio,si stiracchiò e si
sedette,cominciando a detergersi la pelle dal sudore e dalla sabbia.
(al sangue avrebbe pensato dopo,era il più difficile da pulire e le
sue mani ne erano ormai totalmente impregnate)
Un applauso poco distante
la distrasse. Un uomo di mezza età,ancora bello e prestante,stava
comodamente appoggiato ad un colonna e la guardava compiaciuto.
“il tuo combattimento mi
ha deliziato,complimenti. Non è da tutti sconfiggere in così breve
tempo un gladiatore come Assan,era molto famoso sai? Il guerriero del
faraone.... ma a quanto pare non ha potuto competere con te,la tigre
di Anfipoli!
Xena la principessa
guerriera!”
Xena fece una
smorfia,abituata a ricevere complimenti di quel genere. Il
combattimento con Assan era stato molto più semplice del previsto e
“la tigre di Anfipoli” aveva sbranato un altro sparuto pulcino
nell'arena.
“Bene...hai finito? Non
ho bisogno dei tuoi complimenti e sinceramente le tue chiacchiere mi
fanno solo perdere tempo.” esclamò,continuando a massaggiarsi il
braccio con noncuranza. L'uomo si staccò dalla colonna e si avvicinò
di più a lei. I suoi occhi furbi la squadrarono da capo a piedi e
apprezzarono la sua bellezza. “Da vicino sei ancora più bella,non
te l'ha mai detto nessuno?” domandò con voce suadente,carezzandole
una coscia. Una rabbia irrefrenabile si impadronì di lei e con un
pugno fortissimo colpì l'uomo allo stomaco. “Non osare toccarmi di
nuovo brutto porco schifoso!! Se pensi di poterti approfittare di
me,perchè sono una gladiatrice e tu un uomo libero,ti sbagli di
grosso!!! Non provare mai più a ...” Ma una violenta sferzata la
interruppe. Sentì il sangue caldo colarle sulla schiena. Zenos era
arrivato e si era presentato a suo modo. “Smettila Xena. Quante
volte devo ripeterti di abbassare la testa di fronte ad un uomo?
Ricorda che ho i fili del tuo destino nelle mie mani.... posso
tagliarli quando voglio.” La sua attenzione venne catturata
tuttavia dall'estraneo che,nonostante l'età apparente,si era ripreso
con molta facilità dal copo subito. “E tu chi saresti? Perchè
stai importunando la mia Tigre?” chiese sospettoso.
L'uomo sorrise “Vorrei
comprarla e farla diventare mia schiava”. La semplice risposta fece
scoppiare Zenos a ridere “Tu? Tu vorresti comprare la mia Tigre?”
si battè la gamba divertito e cercò di darsi un contegno
“Scordatelo. E' troppo importante per diventare una misera schiava.
E poi costerebbe troppo per te...” L'uomo si toccò il fianco e si
staccò dalla cintura un sacchetto tintinnante. “I soldi non sono
un problema. Questi sono tremila sesterzi. Ti bastano?” Zenos aveva
gli occhi brillanti,ma scosse la testa spazientito “Tremila? Vuoi
scherzare? Ne vale almeno quattromila!!!Non è facile rimpiazzare una
come lei.”Il romano sorrise e sfoderò il gladio,puntandolo alla
gola del mercante “Tremila andranno benissimo,non è vero? Il fatto
che io sia ricco non ti autorizza ad imbrogliarmi... Mi hai preso per
un sciocco forse?” Zenos deglutì visibilmente spaventato “Ma
certo che no. Stavo solo scherzando!! Tremila sono più che
sufficienti. Complimenti la Tigre di Anfipoli è tua!!” e con una
spinta fece avanzare Xena verso il misterioso compratore. L'uomo
annuì soddisfatto e chiamò a gran voce un altro servo,che si
presentò prontamente con una pesante catena in mano. Era alto e
forte,ma Xena notò sulla sua schiena,lasciata scoperta dalla tunica,
molte cicatrici sovrapposte. La voce forte del suo nuovo padrone che
le intimava di procedere la distolse dai suoi pensieri.
Zenos,però,incuriosito e non ancora del tutto soddisfatto, richiamò
la loro attenzione con un leggero colpo di tosse “Ora che hai
comprato la mia merce migliore,vorrei sapere chi sei per essere tanto
ricco da portare in tasca tremila sesterzi....” Il giovane schiavo
ad un minimo cenno del padrone rispose meccanicamente “Inchinati di
fronte a lui,stolto,egli è Marcello,console della Repubblica
romana.” Goccioline di sudore freddo imperlarono la fronte di Zenos
“Tu sei quel Marcello che possiede quella villa enorme sul colle
Celio? Quello che ha sconfitto Annibale a Nola e che tutta Roma
teme?” Xena rimase interdetta: tutti avevano sentito parlare di
quell'uomo e dei suoi prodigi militari. Persino lo storico Tito Livio
aveva speso lodi per lui e l'aveva definito la spada di Roma. Le
parole di Marcello confermarono i suoi pensieri “Ti avevo detto che
non sono uno sciocco mercante. Vedo con piacere che la mia fama è
arrivata sin qui a Capua!! Bene.... forse non sai che a Roma sono
conosciuto anche per altri motivi....” rivolse il suo sguardo a
Xena “Per esempio per l fatto che i miei schiavi sono i migliori di
tutta Roma.Nessuno di loro si è mai permesso di fuggire,non è vero
Manlio” domandò,dando una sonora pacca sulla spalla del giovane
fermo al suo fianco. “E' assolutamente vero. Sei un padrone giusto
con noi schiavi.” la voce di Manlio era atona e il suo volto privo
di espressione. Chiaramente mentiva.
“Molto bene ora basta
chiacchiere. Manlio facci strada e sorveglia la nostra tigre,non
vorrei che cominciasse a ruggire sin dal primo giorno....” Xena
sospirò: la voce di quell'uomo era troppo suadente e melliflua per i
suoi gusti. Già lo odiava e sapeva che da quel giorno la sua vita
sarebbe stata dura. Vivere nell'arena era sicuramente più rischioso
e difficile,ma Zenos non le faceva mancare nulla per timore che la
sua preziosa tigre non fosse più la migliore gladiatrice di Capua.
Avevano trascorso parecchio tempo nello spogliatoio e il sole stava
per declinare:l'orizzonte era ormai rosso fuoco. Xena si voltò
indietro e osservò l'arena che si allontanava di più ad ogni passo.
Solo in quel momento comprese che quella era stata per lei una casa.
Polverosa,fredda e cupa...ma pur sempre una casa.
Colle Celio,Casa di
Marcello
Il sole morente illuminava con i suoi ultimi bagliori la
campagna circostante. Una giovane donna,avvolta in una leggera tunica
azzurra,osservava il panorama da una finestra. I suoi occhi
verdi,splendenti come due smeraldi,guizzavano da una parte all'altra
lungo l'orizzonte. Ogni giorno era sempre uguale al precedente e
nulla sembrava poter incrinare quella monotonia innaturale e
snervante. Nonostante la giornata fosse calda,un brivido le percorse
la schiena. Cominciò a vagare lungo il corridoio e si diresse verso
il cortile,specchiandosi nel piccolo laghetto di acqua piovana. Il
suo riflesso annoiato la squadrò senza espressione. Scosse la testa
e distolse lo sguardo,sentendosi ancora più sola. In quell'enorme
casa che tutti invidiavano le ore trascorrevano lente,troppo lente.
Non aveva nessuno con cui parlare e il suo consorte non era mai in
casa. “Troppo occupato ad ottenere il potere per curarsi di me!!!”
pensò con rabbia. Essere la moglie di un console e per di più del
famosissimo Marcello non era poi così entusiasmante. La politica
aveva trasformato totalmente l'uomo che amava,facendolo diventare un
pallido spettro del passato. Ormai nervoso,borioso e superbo,lui che
era sempre stato pacato e umile. Tra loro non c'era più il
sentimento gioioso di un tempo,solo rancore e rabbia. “Se solo non
fosse diventato console!!! Se solo non avesse sconfitto Annibale!!!
Forse Roma sarebbe caduta...ma lui sarebbe rimasto l'uomo di un
tempo.... gentile e dolce. Cosa mi è rimasto ormai? Pensa di
comprare il mio affetto con i doni,non fa regalarmi gioielli e
vestiti... Crede forse che io non lo capisca??? La sua non è
gentilezza... è spavalderia...è superbia!!! Solo perchè ora può
ottenere con il denaro tutto ciò che desidera pensa di comprare il
mio rispetto!!! Se qui avessi qualcuno con cui sfogarmi... qualcuno
che possa comprendere il mio dolore... qualcuno che possa curare il
mio cuore ferito!!” Lacrime lente scesero lungo le sue guance. Si
sedette sconsolata su una panca,mentre il vento le scuoteva i lunghi
capelli biondi. Non c'era nessuno,era sola e lo sarebbe sempre stata.
Quante volte aveva pensato di fuggire nelle lunghe notti trascorse
insonni!!! Ma non l'aveva fatto... Si illudeva ogni volta che suo
marito potesse cambiare,tornare quello di un tempo. Credeva ogni
mattina che la giornata che stava per cominciare sarebbe stata
diversa dalle precedenti... Ma si sbagliava e la sua vita
trascorreva piatta. Sapeva che stava sprecando gli anni più belli
della sua vita,chiusa in un palazzo da un uomo che non la amava e non
la rispettava. Era sua moglie,eppure doveva sopportare i suoi
continui tradimenti. Sebbene fosse già maturo con gli anni,Marcello
era molto avvenente e tutte le donne cascavano ai suoi piedi. Chissà
quante volte si era recato in un lupanare a sua insaputa!! Un'altra
donna aveva dormito al suo fianco e aveva assaporato i suoi baci e i
suoi abbracci. Quel tempo per lei era finito. Come un oggetto vecchio
era stata messa da parte. “Tra qualche giorno Marcello tornerà a
casa. Chissà cosa avrà fatto a Capua.... Non voglio nemmeno
immaginarlo. Il suo ritorno metterà tutti in subbuglio e in questa
casa vuota tornerà un po' di vita... o almeno spero...” Le tenebre
scesero intorno a lei e le fiaccole vennero accese nel cortile dagli
schiavi. Con un ultimo sospirò si alzò e si diresse in
casa,ritirandosi nell'oscurità delle sue stanze.
Capua
“E' troppo tardi per mettersi in viaggio.” sentenziò
Marcello,osservandosi intorno. Si erano fermate in un grande spiazzo
verde non molto distante dalla via Appia,la strada che li avrebbe
condotti sino a Roma. I suoi occhi vispi si soffermarono a lungo
verso l'orizzonte,mentre Manlio era intento a montare per lui una
grande tenda. “Le tenebre scenderanno presto e preferisco evitare
di cavalcare di notte. Non si può mai sapere... tu che ne dici
tigre?” Il silenzio della giovane lo divertì ancora di più “Ahaha
che succede? Hai perso la voce e non riesci più a ruggire?” Xena
lo fulminò con lo sguardo:quel tono sornione non faceva che
aumentare la sua rabbia. “Te l'ho già detto una volta,non mi
sfidare. Ora mi hai comprato,ma non sarai mai padrone della mia
mente.... Mai...” Le parole di Xena furono stilettate pungenti per
l'orgoglio di Marcello. Il suo viso divenne furioso “Tu... lurida
schiava... come ti permetti di parlare in questo modo al tuo
padrone?” urlò rabbioso,dandole uno schiaffo. Il labbro cominciò
a sanguinarle,ma i suoi occhi rimasero fermi ed impassibili. “Non
mi fai paura,Marcello. Forse a Roma sei temuto e rispettato,ma per me
sei solo un romano come gli altri. Niente di più... Nessuno può
piegare il mio animo e tu di certo non sei un'eccezione. Leggo la
paura nei tuoi occhi....” Marcello digrignò i denti furioso
“Paura? Tu non sai nemmeno cosa sia la paura. Hai mai partecipato
ad una battaglia? Sai forse cosa vuol dire perdere in due minuti le
persone più importanti della tua vita? No che non lo sai...” Xena
si asciugò il sangue che le colava sul mento impassibile “Si che
lo so. Sono una schiava,una gladiatrice. Credi forse che una lotta
nell'arena sia meno pericolosa di una guerra. A Capua la morte ti
guarda ogni giorno negli occhi,aspettando di coglierti impreparato ad
ogni istante. Non ho nulla da imparare da te. Ti atteggi a
grand'uomo,ma sei solo incattivito dall'odio e dalla superbia.”
Marcello scosse la testa e si allontanò da lei “Ah
cara Tigre... cominciamo molto male...Manlio fa quello che sai.” Il
giovane annùì e piegò Xena in avanti,bloccandole le braccia
nonostante le catene. Violente sferzate colpirono ripetutamente la
schiena della giovane,che ben presto si riempì di piaghe
sanguinanti. Marcello colpiva con sempre maggiore forza e con
un'espressione folle dipinta in viso: malmenare uno schiavo era il
modo migliore per farlo sentire importante e potente. Xena non emise
nemmeno un lamento,limitandosi a tenere gli occhi chiusi e i denti
stretti. Sebbene Zenos l'avesse spesso frustata per il suo
caratteraccio,Marcello era sicuramente più violento. Era l'odio e la
superbia a muovere il suo polso,che seguiva ritmicamente il movimento
della frusta. Finalmente Marcello si fermò. Goccioline di sudore gli
scendevano lungo le tempie. “Ora basta. Come primo giorno credo sia
stato istruttivo per te,Tigre. Questo era solo un assaggio per
dimostrarti quello che potrebbe accaderti se mai proverai a
ribellarti al mio volere. E non osare mai più parlarmi in quel
modo!!! Sono stato abbastanza chiaro???” Xena lo ignorò,intenta ad
osservare il cielo stellato. Ma una lieve pressione alla scapola,le
suggerì di rispondere. “Certo padrone.” e si allontanò scortata
da Manlio. “Perchè mi hai stretto la spalla?” sussurrò al
giovane quando si sistemarono sotto un albero poco distante. Manlio
sollevò le spalle e,presa una benda dalla sua sacca,cominciò a
tamponarle le ferite “Semplice. Per suggerirti di rispondere. Non
ti conviene sfidare Marcello.So quello che pensi...ma lui può essere
davvero crudele. E le mie cicatrici lo dimostrano. Quando ero
piccolo,mi ha punito molte volte...” Xena osservò il suo viso alla
luce della luna: non doveva avere più di vent'anni,anche se i suoi
lineamenti erano stati induriti dalle sofferenze e dalla fatica. “Da
quanto sei suo schiavo?” domandò curiosa. “Ah da sempre. I miei
genitori erano suoi schiavi. Io ovviamente sono di sua proprietà.
Come ben sai a Roma quelli come noi non possono considerarsi genitori
dei propri figli. Si limitano a procrearli,è il padrone che decide
se devono vivere o morire,rimanere o essere venduti. Io sono sempre
stato uno dei suoi preferiti,poichè ho sempre sgobbato più degli
altri. E' per questo,credo,che sono stato risparmiato,anche se ho
tentato tante volte la fuga....” La sua voce divenne un sussurro e
il silenzio che li circondava venne spezzata dal lieve rumore del
vento. Anche lui doveva aver avuto una vita difficile,senza mai
conoscere la libertà. “E i tuoi? Sono ancora in vita?” chiese
Xena,distendendo le spalle e appoggiandosi a terra nel tentativo di
trovare una posizione comoda. Le ferite bruciavano terribilmente.
Manlio la imitò e rimase per un po' in silenzio. Dopo un po' si
decise a rispondere “Non lo so. Sono stati entrambi venduti. Prima
mio padre e poi mia madre. Lei se n'è andata quando io avevo dodici
anni. Non l'ho mai più rivista. Io invece sono rimasto con Marcello.
Ormai sono diventato un uomo di sua fiducia,quasi come se fossi un
suo figlio. Anche se ovviamente i trattamenti che mi riserva non sono
poi così gentili e affettuosi...” “Si. Il suo tocco è delicato
come una rosa...” esclamò ironica Xena,facendo scoppiare Manlio in
una grossa risata. “E tu invece? Come sei diventata la tigre di
Anfipoli?” La domanda raggelò il viso della donna. “Non mi va di
parlare della mia storia.” rispose fredda e si alzò,dandogli le
spalle. Il ragazzo la seguì e si posizionò davanti a lei. “Senti,io
non voglio impicciarmi,ma sappi che di me ti puoi fidare. E
credimi,la fiducia è fondamentale tra noi servitori.,perchè
dobbiamo aiutarci in tutte le cose. Quando arriveremo a Roma,vedrai
che a casa di Marcello noi schiavi siamo una grande famiglia. Ognuno
darebbe la vita per l'altro. Se non vuoi dirmi nulla,non mi offendo.
Me lo dirai quando lo riterrai opportuno,ma sappi che la vita non ha
offerto niente di bello a nessuno di quelli come noi. Credo che tu lo
sappia. Ora però è meglio che tu vada a dormire. La notte avanza e
domattina presto inizierà il tuo cammino verso un nuovo destino.
Marcello è molto mattiniero e pretenderà di partire presto. Riposa
e rifletti. Ti servirà del tempo per comprendere a cosa vai
incontro.” Xena lo vide allontanarsi e cominciare a preparare un
fuocherello per la notte. La tigre di Anfipoli sbuffò e scosse la
testa. Le parole del giovane schiavo l'avevano colpita nel
profondo,anche se odiava ammetterlo. Il suo destino era davvero così
oscuro e nebuloso? “Stai a vedere che sentirò la mancanza di
Zenos...” pensò incredula e allo stesso tempo rassegnata “Domani
mattina presto inizierà il tuo cammino verso un nuovo destino”
aveva detto Manlio. Ma cosa le avrebbe riserbato il fato? Nuove
sofferenze oppure speranze inaspettate? Con una smorfia di dolore si
sdraiò nuovamente e si fece cullare dalla fresca brezza che le
sfiorava la pelle. Sentiva nel profondo dell'anima una grande
agitazione. Era l'incertezza a renderla così inquieta? Non riusciva
a darsi una risposta. “Supererò anche questa. Come ho sempre
fatto.” si disse coraggiosamente e si lasciò andare al
sonno,pensando che il verde delle foglie era il colore più bello che
avesse mai visto.
La mattina seguente
Il risveglio non fu piacevole come desiderava. Un forte
colpo allo stomaco la riscosse dai suoi sogni turbolenti e oscuri.
Aprì gli occhi,ma la sua mente era ancora sconvolta dall'immagine di
sua madre sofferente e in lacrime. Un secondo colpo seguì il primo.
“Insomma vuoi svegliarti si o no misera schiava???” La voce di
Marcello le tuonò nelle orecchie. “Ah già di buon
umore,padrone??” domandò la ragazza ironica mentre si alzava dal
misero giaciglio di foglie. Manlio intervenne in tempo per calmare il
suo padrone. “Padrone le cavalcature sono pronte.Possiamo partire.”
La mano di Marcello si fermò ad un soffio dal viso di Xena. “Bene.
Abbiamo molta strada da fare. Andiamo,non voglio che Gabrielle
attenda troppo il mio ritorno. Muovetevi.” Xena sorrise grata a
Marcello: era la seconda volta che la aiutava in due giorni.
“Sai potrei abituarmi ad avere le spalle coperte da
te. Mi divertirei un mondo a stuzzicare quel bastardo di Marcello.”
Manlio salì a cavallo sorridendo sornione “Non credo che dovresti
abituarti,anche perchè se non la smetti di importunarlo,credo
proprio che ti ucciderà.” Xena squadrò il suo destriero senza
prestargli la minima attenzione. “E ora che hai? Non ti sarai mica
offesa? Stavo facendo solo una battuta...” La giovane balzò
agilmente sulla sella: l'espressione del suo viso cambiò nuovamente.
“Certo che sei strana... Un momento sei tranquilla,poi sei
triste,ora sei felice...”osservò Manlio perplesso. “Non è
niente. E' che questo cavallo è uguale a quello che avevo da
piccola. Me l'aveva regalato mia mamma... Ora basta
andiamo,altrimenti riceverai delle belle frustate anche tu.” tagliò
corto la mora,calciando forte nei fianchi del cavallo.
Manlio rimase indietro a guardarla. Sapeva di aver
incontrato una donna molto speciale,che nascondeva dentro tanta
sofferenza e rabbia. Il cuore si scaldò al pensiero della sera prima
e della sua pelle pallida,squarciata dai colpi della frusta.
“Manlio!!! Muoviti!!!” l'ordine imperioso di Marcello destò la
sua attenzione,facendolo avanzare al galoppo. Si affiancò a Xena a
poca distanza dal suo padrone. “Manlio.. Manlio.... hai fatto
arrabbiare il tuo padrone!!!” Le guance del ragazzo si
imporporarono “Non è certo colpa mia!! Stavo pensando ad altro.”
Xena lo guardò incuriosita,ma decise di non
approfondire l'argomento. “Comunque quanto dista Roma da Capua?”
Manlio emise un sospiro sollevato “Sono tre giorni a cavallo. Ma
sicuramente ci fermeremo per la notte. Viaggiare alla luce della
luna,sebbene sia suggestivo, è particolarmente pericoloso da queste
parti. La Via Appia conduce sino a Roma,è impossibile sbagliare.”
Rimasero per un po' in silenzio. Xena era intenta a
guardare il paesaggio assolato intorno a lei. La pianura verdeggiante
era spesso frastagliata man mano che si allontanavano da Capua. Fu
lei a rompere il silenzio “Chi è Gabrielle?” “Ma non ero io a
fare troppe domande????” esclamò Manlio piccato. Xena sollevò il
sopracciglio sinistro spazientita. “Allora mi vuoi rispondere o no?
O forse devo andare a chiedere informazioni a Marcello??” Il
ragazzo la guardò spaventato “Certo che no! Comunque Gabrielle è
la moglie di Marcello. E' una donna splendida,sembra un angelo.”
“Molto diversa da suo marito allora.” sbottò Xena incurante del
tono di voce. “Abbassa la voce!! Sei impazzita? Tu ci farai
uccidere tutti e due... Comunque stavo dicendo... è Greca come te.
Ma in questo periodo è sempre triste e abbattuta. E lui non migliora
di certo la situazione. Anzi è proprio a causa sua se soffre così
tanto.” Xena fece una smorfia di disgusto,voltandosi indietro per
osservare il suo nuovo padrone,che cavalcava poco distante da loro.
Marcello aveva infatti ordinato ai due di precederlo,perchè temeva
che la bella tigre potesse scappare dalla sua gabbia. Sebbene
sembrasse distratto,i suoi occhi freddi e pungenti scorgevano tutto
quello che c'era intorno a lui. Non aveva mai perso di vista nulla
durante la sua vita né sul campo di battaglia. Era come un
falco,costantemente all'erta,pronto a qualunque insidia gli si
presentasse sul cammino. Non esitava a travolgere tutto quello che
poteva ostacolare i suoi desideri e le sue ispirazioni. “O con me o
contro di me” soleva ripetersi ogni volta. Gabrielle non aveva
rappresentato un'eccezione. Quella ragazza era riuscita a piegare con
la sua bellezza il suo animo audace e conquistatore tanto da
convincerlo a sposarla,sebbene la loro unione fosse stata criticata
da molti. Marcello era molto più anziano della sua giovane sposa e
molti la consideravano più una concubina che una vera matrona. Per
lui non era stato così all'inizio. Ogni cosa aveva assunto un nuovo
significato da quando quella giovane greca era entrata con leggiadria
e grazia nella sua vita. Ma erano ormai passati mesi,anni da quei
momenti. Aveva acquisito tanta fama e potere che tutta Roma era ormai
ai suoi piedi. Aveva sconfitto Annibale ed era diventato console:più
di quanto avesse mai sperato. E aveva serrato il suo cuore all'amore.
Gabrielle era solo un bell'ornamento,un trofeo che rendeva la sua
vita ancora più invidiabile. Un ghigno malefico comparve sul suo
volto. Sapeva di aver fatto soffrire molto la giovane donna con i
suoi continui tradimenti,ma non gliene importava nulla. Contava solo
Roma. Era la sua città,era tutta la sua vita. Ovviamente cercava in
tutti i modi di dissimulare i suoi veri pensieri. Non faceva che
riempire la moglie di doni,regali costosissimi provenienti dai
mercati più importanti e distanti. La poveretta non faceva che
ringraziarlo con gli occhi lucidi,sussurrandogli all'orecchio dolci
parole. Lui la abbracciava e mentiva. Mentire e combattere erano
sicuramente le cose che sapeva fare meglio. “Marcello sei un
fottuto bastardo lo sai? Ed è questa la cosa migliore di te!!!” si
disse,rizzandosi sulla sella e sollevando fiero la testa. Lo sguardo
si posò su Manlio e su Xena,intenti a chiaccherare incuranti dei
suoi malvagi pensieri. Dalla sua posizione arretrata Marcello poteva
gustarsi lo spettacolo delle forme della sua nuova
conquista,compiacendosi di come era riuscito ad accaparrarsela. Il
denaro era sicuramente più potente della spada e lui ne possedeva
più che abbastanza. La sua fantasia si lasciò cullare dal ritmo dei
fianchi di Xena che ondeggiavano ad ogni asso del cavallo. Sarebbe
stata lei la sua nuova preda in un modo o nell'altro. L'avrebbe
sedotta in ogni modo oppure l'avrebbe costretta al suo
volere,incatenandola come si faceva con le vere tigri. Un'idea folle
gli sfiorò la mente “E se avesse ripudiato Gabrielle e avesse reso
Xena sua moglie? Avrebbe potuto liberarla,sposarla in seconde nozze e
presentarla come un nuovo trofeo. Tutti lo avrebbero lodato e
invidiato. E la sua povera moglie sarebbe ritornata in Grecia in
lacrime e abbandonata al suo destino. Chi avrebbe mai pensato a lei?
Chi lo avrebbe mai biasimato? Per lui ci sarebbero stati solo
elogi,lodi.... Roma sarebbe diventata la sua schiava,la sua più
grande conquista. E Xena lo avrebbe seguito nel suo folle piano o
sarebbe stata abbandonata come Gabrielle. O con me o contro di me
Xena. Sta a te decidere.”
Colle Celio,villa di
Marcello
Erano trascorsi tre giorni da quando Marcello era
partito da Capua e Gabrielle attendeva ogni giorno il suo ritorno.
Gli ultimi due giorni li aveva trascorsi piuttosto
penosamente,immersa nei ricordi del passato. Gli affreschi che
ricoprivano le pareti della casa erano ormai diventati gli spettatori
della sua disperazione,l'impluvium al centro del cortile aveva
raccolto l'acqua piovana mischiata alle sue lacrime...
Si stava facendo sopraffare dal dolore e dalla
disperazione. Si sentiva oppressa e circondata da un'aura buia e
misteriosa,che la schiacciava e la soffocava. Non sarebbe riuscita ad
uscirne... non questa volta... La solitudine era diventata la sua
amica più cara,ma la disperazione di quei giorni aveva raggiunto
picchi oltremodo elevati. Si stava consumando per un uomo che non la
desiderava né come amante né come moglie. La trattava come una
bambina da viziare con doni e regali,ma lei sapeva che erano solo
frutto della sua ipocrisia e della sua cattiveria. Non avrebbe
giovato al grande Marcello che il suo ritratto di uomo buono e
generoso venisse offuscato da una moglie insoddisfatta. Sebbene fosse
consapevole di tutto ciò, bastava un suo sguardo più gentile o una
parola più dolce per farla ricadere nuovamente in un limbo di
felicità che si frantumava ad ogni sua assenza. Quante volte lo
avrebbe perdonato? Quante volte ancora avrebbe sopportato? Quante
altre sere lo avrebbe accompagnato,felice al suo fianco,per poi
tornare a casa da sola,aspettando che tornasse il mattino successivo?
Non lo sapeva e odiava pensare che si sarebbe concessa a lui
infinitamente e che ogni volta lo avrebbe perdonato,donandogli tutto
il suo cuore e la sua anima. “Se solo qualcuno potesse ascoltare il
mio dolore! Se solo qualcuno mi comprendesse... Se solo non fossi
così sola...” Quelle parole le offuscavano spesso la
mente,facendola soffrire infinitamente.
Quella mattina il cielo era particolarmente limpido e il
sole illuminava la campagna circostante la casa,facendola apparire
come una distesa d'oro fuso. Gabrielle era distratta dai suoi tristi
pensieri,lo sguardo perso all'orizzonte,mentre il vento le
accarezzava le pallide gote. Ma qualcosa catturò la sua attenzione.
Tre figure,piccoli puntini neri in lontananza,rese informi dal
luccichio dei raggi solari,si stavano avvicinando a grande velocità.
Dopo pochi minuti il cuore di Gabrielle si riempì di gioia: aveva
riconosciuto Manlio,che pareva guidare la comitiva,aveva intravisto
Marcello e il suo destriero nero,ma non capiva chi potesse essere la
terza figura. A quanto sapeva non aspettavano ospiti e dubitava che
Marcello avesse invitato qualcuno dei suoi amici il giorno stesso del
suo ritorno. Strizzò gli occhi e concentrò la sua figura sul terzo
cavaliere. Rimase molto stupita quando realizzò che si trattava di
una donna. I capelli neri si muovevano leggiadri,mossi dal vento
impetuoso e la sua figura era maestosa e possente. Sembrava Diana,la
dea della caccia,pronta ad uccidere la preda che stava inseguendo. Un
brivido le attraversò la schiena. Non aveva mai visto una donna così
bella in vita sua. Quando giunsero nei pressi della domus,i tre
rallentarono la loro andatura e Marcello si pose davanti agli altri
due. Doveva essere il primo a varcare la soglia di casa. Manlio
rallentò e si posizionò rispettosamente dietro di lui,mentre
Xena,incurante,continuò a spingere i talloni nei fianchi del suo
cavallo. Non avrebbe mai concesso a Marcello quello che desiderava.
In pochi metri era riuscita ad affiancare e a superare il suo
padrone. “Schiava! Vieni immediatamente qui!!! Come osi superarmi?
Stiamo per giungere nella mia dimora,non dimenticarlo. Ti farò
frustare se non rallenti e non prendi il posto che meriti...dietro il
tuo padrone come fanno tutti i cani fedeli!” Xena non
rispose,limitandosi a sollevare le spalle e a correre ancora più
veloce di prima. Marcello la inseguì,sputandole contro tutta la sua
rabbia. Gabrielle osservava tutta la scena dal balcone e non potè
che provare ammirazione per quella misteriosa ragazza,che stava
deliberatamente ignorando gli ordini di suo marito. Marcello era così
infuriato che le urla giungevano fino alle sue orecchie.
“Schiava!!!!!!” Xena rideva a crepapelle: quella situazione stava
diventando sempre più divertente. Il suo sguardo era fisso sul
sentiero che li stava conducendo oramai all'entrata della domus. Fu
in quel momento che il mondo intorno a lei si fermò. I suoi occhi
istintivamente si erano staccati dal massiccio portone ed avevano
vagato lungo le pareti giallo ocra della casa,fissandosi poi sulla
creatura più bella che avesse mai visto. Appoggiata tranquillamente
al balcone,stava una fanciulla,i lunghi capelli biondi le ricadevano
sciolti su una spalla,lasciata scoperta dalla tunica verde smeraldo
che indossava. Fu tuttavia il suo sguardo,curioso e timoroso al tempo
stesso, a colpirla dritto al cuore e a farle rallentare bruscamente
l'andatura. Chi era quella splendida donna? I loro occhi si
incontrarono per la prima volta e il cuore di Xena cominciò a
martellarle furiosamente in petto. Era forse Afrodite,la dea
dell'amore in tutta la sua bellezza,ad osservarla? Un forte colpo
alla schiena le fece interrompere quel meraviglioso contatto visivo.
Marcello l'aveva raggiunta e non aveva aspettato a punirla per la sua
insolenza. “E questo è solo l'inizio!!! Te la farò pagare per
tutto quello che hai fatto fino ad ora!”
Gabrielle rizzò le spalle spaventata. La giovane,che
fino a quel momento l'aveva guardata intensamente fin quasi a
scrutarle l'anima,si era accasciata sulla sella. Marcello l'aveva
colpita talmente forte da farla svenire. Il cuore prese a batterle
furiosamente,mosso da una grande preoccupazione nei confronti della
giovane. Cosa le avrebbe fatto suo marito? Decise senza aspettare
oltre di scendere le scale e di andare alle stalle,poichè i
tre,entrati nel portone,erano ormai al di fuori del suo campo visivo.
Arrivata lì,ebbe solo il tempo di vedere Marcello scendere da
cavallo e spingere giù la donna dal proprio destriero,ordinando a
Manlio di trascinarla nelle segrete,dove era solito portare gli
schiavi ribelli. Il ragazzo,con il viso contratto dalla
tristezza,eseguì l'ordine a malincuore. Gabrielle si diresse
velocemente verso di loro. “Dove la stai portando?” domandò
nervosa,senza degnare nemmeno di uno sguardo il marito. Marcello
stupito dal comportamento della moglie ribattè “Ma insomma
Gabrielle!! Non sei contenta di rivedere il tuo sposo? Cosa ti
importa di questa schiava? Doveva essere un regalo per te,ma a quanto
pare ho fatto un cattivo affare...” Poi rivolgendosi con autorità
a Manlio,ancora immobile di fronte a lui,ordinò “E tu Manlio vuoi
muoverti? Portala immediatamente nelle cantine. Dopo che mi sarò
sistemato andrò a trovarla... Sbrigati!!!” Il ragazzo si limitò
ad annuire e,presa Xena per le gambe,cominciò a trascinarla
faticosamente. Gabrielle osservò la giovane,ancora
incosciente,passarle accanto e i suoi occhi si soffermarono sui
lineamenti perfetti e regolari del viso,sul corpo sinuoso e al tempo
stesso possente. Solo la voce del marito la costrinse a distogliere
lo sguardo da quella splendida visione. “Gabrielle si può sapere
che hai?” le aveva chiesto. La donna scosse la testa nervosa e
rispose distrattamente “Niente...non preoccuparti. E' tutto a
posto...”
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Capitolo 2 *** Prime conoscenze... ***
Servitus capitolo II
Ciao a tutti!
Scusate se ci ho messo del tempo per aggiornare,ma lo studio non mi
dà tregua hahaha!!! Comunque ad occhio il capitolo mi sembra
più corto...mmm non so.... come al solito ho cercato di fare del
mio meglio!!! Ok allora mi raccomando recensite in molti e fatemi
sapere tutto quello che pensate!! Grazie mille a chi mi ha già
scritto i suoi pensieri!!!!
Capitolo II
“Prime conoscenze”
Riaprì lentamente gli occhi e sentì un dolore acuto
percorrerle la schiena. La fioca luce delle torce che illuminavano le
segrete le illuminavano in parte il viso esausto. Da quanto era lì?
Giorni? Mesi? Anni? I polsi le dolevano terribilmente,intrappolati
alla parete di pietra da pesanti catene. “E' questo il prezzo della
tua fierezza” le sussurrò una vocina ironica nella sua mente. “Se
non avessi sfidato il tuo padrone non ti troveresti in questa sudicia
cella,circondata dalla sporcizia e dai topi.” Xena scosse
vigorosamente la testa,cercandosi di riordinare i suoi confusi
pensieri. Tentò di rimettere insieme gli ultimi frammenti della sua
memoria,sebbene la confusione regnasse sovrana nel suo cervello.
Cavalcava,sentiva il vento tra i capelli,un portone si avvicinava
sempre di più,Marcello poco dietro di lei lanciava imprecazioni
continue. E poi... una visione divina,una ragazza mollemente
appoggiata al balcone,i capelli sciolti su una spalla,uno sguardo
magnetico....
La celestiale visione la abbandonò così come era
venuta. Chi era quella donna??? Non credeva di aver mai visto una
persona più bella in tutta la sua vita. Sorrise amaramente. Lei,una
misera schiava,che non aveva mai conosciuto l'amore, si sentiva
irresistibilmente attratta da una donna che non aveva mai visto!
“E' stato solo uno sguardo,ma è come se mi fosse
passata davanti una vita intera. Come se avessi condiviso tutto con
lei. Eppure non so nemmeno chi sia... E' un'altra schiava???”.
Scartò immediatamente quell'ipotesi: quale serva si appoggerebbe al
balcone della domus del proprio padrone,godendosi il paesaggio???”
Un pensiero improvviso la riscosse e le parole che Manlio le aveva
rivolto poco dopo la loro partenza da Capua la colpirono nel profondo
“Gabrielle è la moglie di Marcello. E' una donna
splendida,sembra un angelo....”
La fastidiosa vocina tornò ancora più pungente
“Allora...Xena... cosa combini?? Ti sei innamorata della tua
padrona???” “Io non sono innamorata!! urlò Xena con tutte le sue
forze. L'eco della sua voce tra le fredde pareti della cella le
rimbombò nell'orecchio. Una risata spiacevole le giunse all'orecchio
“Ma guarda un po'... sei sveglia allora.... Tigre...” La figura
di Marcello fuoriuscì lentamente dall'oscurità,posizionandosi alla
luce di una torcia. La fiamma illuminò il suo viso,contorto in un
sorriso malvagio. Xena agitò le gambe,ma non fece che acuire il
terribile dolore alle scapole. “Allora...” continuò l'uomo “Sei
bloccata a quanto vedo... ti ho detto che non avresti dovuto
sfidarmi... schiava. Se tu non avessi tentato di scavalcarmi,non ti
troveresti in questa sudicia cella,non trovi?” La mora strinse
spasmodicamente i pugni e si morse il labbro inferiore,pensando a
come quella voce le avesse perseguitato la mente fino a poco tempo
prima. Il suo padrone appoggiò entrambe le mani alle sbarre della
porta,scrutandola indifferente. “Ebbene? Hai perso tutto il tuo
coraggio???” la sfidò. “Non conti niente per me Marcello. Credi
di essere il mio padrone,ma non riuscirai mai a piegarmi,non so più
come spiegartelo... sei sordo forse? O troppo stupido per capire ciò
che uno ti dice??? Mmmm conoscendoti propendo per la seconda
ipotesi.” Xena vide con soddisfazione le nocche di Marcello
imbiacarsi e l'uomo stringere i pugni intorno alle sbarre,lo stava
provocando in tutti i modi,sperando di poterlo cogliere di sorpresa.
“Tu non sai nulla di me!!! E non ti permetto di parlarmi in questo
modo... ah... Tigre... tra i due sei tu che non capisci... credi
forse che questo atteggiamento ti porterà da qualche parte?? Credi
forse di poterti liberare? Credi di poter scappare? Sei solo una
sciocca. Io ormai ti ho in pugno,ti controllo come controllo tutti
coloro che mi circondano a mio piacimento. E per dimostrartelo....”
Si schioccò rumorosamente le dita e aprì la porta,avvicinandosi
sempre di più alla donna legata alla parete. Si fermò e si
inginocchiò,rimanendo a pochi centimetri dal suo viso “Tu sei una
schiava e lo sarai per sempre!” ripetè canzonandola con voce
cantilenante,prima di colpirla con forza allo stomaco. Xena piegò
come potè le ginocchia,tossendo. “Maledetto... bastardo...”
disse in un soffio. L'uomo si risollevò scuotendo la testa. “Si...ne
sono consapevole...e mi piace” E ridendo sguaiatamente sbattè la
porta,lasciandola da sola con i suoi pensieri.
In un'altra stanza
della casa
Erano passati già tre giorni da quando Marcello era
tornato a casa e Gabrielle si sentiva sempre più turbata. Seduta di
fronte allo specchio,la donna si guardava
distrattamente,spazzolandosi i lunghi capelli dorati. Da quando il
marito era rientrato,aveva cercato di comportarsi normalmente,come
tutte le matrone romane avrebbero fatto. Aveva accompagnato il marito
a Roma,era stato con lui tutto il tempo,gli aveva domandato ogni cosa
riguardo al suo viaggio... Ma non era serena. Il ricordo di quella
schiava bellicosa non faceva che riafforarle nella mente,facendo
battere più velocemente il suo cuore. Cosa significavano
quell'inquietudine e quel nervosismo insensati? Perchè si sentiva
così in pena? Ricordava perfettamente la disperazione che le aveva
stretto il cuore quando l'aveva vista accasciarsi incosciente sulla
sella,colpita dalla furia del marito. Si alzò dalla sedia e prese a
camminare nervosamente per la stanza,tormentandosi le mani in grembo.
Non si era mai sentita in quel modo.. “E' come se dovesse accadere
qualcosa da un momento all'altro,qualcosa della quale non sono a
conoscenza... Ha a che fare con quella donna misteriosa? E perchè
non faccio che pensare alla sua figura,ai suoi capelli neri come la
notte liberi al vento e al coraggio che ha dimostrato???” Si
diresse al balcone,desiderosa di prendere un po' d'aria. Fece
spaziare lo sguardo lungo l'orizzonte esattamente come aveva fatto
pochi giorni prima. La scena le si ripropose davanti agli occhi sulle
ali della memoria. L'inseguimento,le urla del marito e quella
donna... quella donna così forte e bella. Si girò di scatto con il
respiro affannato. Il ricordo di quelle emozioni era ancora troppo
forte. La rapida occhiata che si erano scambiate non aveva fatto
altro che confonderla ancora di più. Senti le guance imporporarsi al
pensiero di quegli occhi magnetici. Sospirò,cercando di riacquistare
l'autocontrollo. “Devo calmarmi. Sto pensando ad un mucchio di
sciocchezze. Lei è una schiava,io sono una matrona. E soprattutto
non sono attratta da lei come non sono mai stata attratta da nessuna
altra donna.... io sono sposata...ho Marcello...”
“Io non sono innamorata!!!” esclamò con tutte le
sue forze. Lo specchio le restituì la sua immagine: una donna nel
fiore degli anni e della bellezza,tremendamente confusa e nervosa.
“Mia signora? Mia signora?” La voce di Manlio al di fuori della
sua stanza la riscossero dai suoi pensieri “Mia signora,vostro
marito desidera parlarvi. Vi aspetta nell'oecus tricliniare.”
Gabrielle si affrettò ad aprire la porta,cercando di mascherare i
suoi pensieri dietro un sorriso convincente “Certo Manlio. Digli
che arrivo subito.”
Pochi minuti dopo
Il suono dei suoi passi rimbombava nel silenzio dei
corridoi della domus. La bionda matrona camminava velocemente,il
cuore martellante in petto e lo stomaco stretto in una morsa.
Ricambiò distrattamente lo sguardo inespressivo degli affreschi che
ricoprivano le pareti. “Cosa vorrà Marcello da me? Che si sia
accorto che qualcosa non va in me? Impossibile... eppure... ho come
una strana sensazione!!! Ah... penso che impazzirò....” quasi non
si accorse che era arrivata a destinazione. Sospirò profondamente e
aprì la porta. La sala era illuminata dalla luce del sole,che faceva
risaltare il rosso della splendida stoffa che ricopriva i tre letti
triclinari. Gabrielle fece un passo avanti,calpestando le piastrelle
di terracotta ornate da mosaici.
“Ah sei qui.” la voce di Marcello alle sue spalle la
fece sobbalzare. Le braccia muscolose del marito le avvolsero la vita
sottile in un abbraccio. Gabrielle si irrigidì al tocco rude
dell'uomo e un brivido le percorse la schiena. “Volevi parlarmi?”
chiese,nel tentativo di calmarsi. L'uomo si staccò e si sedette su
uno dei lettini. “Si... ti ho voluto vedere perchè devo parlarti
di una cosa importante... Come ben sai,essendo console della
repubblica sono un uomo molto impegnato e Roma pretende molto da me.
Mi è stato riferito che devo partire molto presto per una nuova
ambasceria,mi dispiace. So che sono appena tornato,ma è necessario
che io vada.” Nella sua voce non si avvertiva il minimo sentimento
né la minima sofferenza. Gabrielle abbassò lo sguardo scurito dalla
rabbia “E così te ne vai di nuovo? Che importa,tanto ci sono
abituata... come se non lo sapessi che i consoli della repubblica
sono sempre lontani dalle loro case!” Marcello si alzò dal lettino
e le prese le braccia,portandosi vicinissimo al suo volto. “Non mi
piace il tuo tono donna. Cosa vorresti insinuare? Sei forse a
conoscenza dei miei compiti? Non mi sembra... quindi faresti meglio a
non interferire e a stare al tuo posto. Ricordati che Roma occupa il
primo posto nel mio cuore e nella mia mente. Oggi stesso ho deciso di
partire e non ho intenzione di sentire i tuoi piagnistei. Dovresti
essere orgogliosa di tuo marito,eppure riesci a lamentarti persino di
quello che hai!! Guardati intorno!” Le lasciò le braccia e indicò
le pareti “Ti sembra poco? Affreschi sulle pareti,pavimenti coperti
da mosaici!! Hai i gioielli più belli della città,le vesti più
sontuose... Sei attorniata da schiavi pronti a esaudire ogni tuo
desiderio... cosa altro vuoi??? Vuoi forse l'ambrosia??? Eh???
Rispondi!!!!”
Gabrielle si morse il labbro inferiore e strinse i pugni
lungo i fianchi.
“Io non voglio gioielli. Io non voglio
sete,mosaici,marmi... Io voglio mio marito!!! E' così difficile da
comprendere??? Sei così cambiato... non sei più l'uomo di un tempo.
Da quando sei diventato così preso dal denaro e dal potere? Cosa ti
è successo??? Prima era tutto così perfetto tra noi e ora mi tratti
peggio di un'estranea...come se fossi una parassita... Ti ho forse
fatto qualcosa di male? Non capisco....” Si avvicinò al marito e
gli prese una mano callosa in un impeto di affetto. L'uomo la guardò
con occhi inespressivi “Tu vaneggi donna. Io non sono cambiato
affatto. Le tue parole non sortiscono su di me alcun effetto. Se
pensavi di impietosirmi con questa commedia ti sbagli di grosso. Ora
scusami ma i miei affari mi chiamano. Ho cose ben più importanti
delle tue lamentele.” Scostandosi dalla moglie si diresse verso
l'uscita. Aperta la porta,si fermò e disse “Ricordati da dove
vieni Gabrielle. Ricordati quello che ho fatto per te prima di
sputarmi contro i tuoi giudizi da mogliettina scontenta. Io non ho
dimenticato.” e con un fruscio del mantello se ne andò. La giovane
donna si accasciò sul pavimento,mentre le lacrime le rigavano le
guance. La discussione aveva confermato il suo dolore. Non aveva più
un posto nel cuore di Marcello. Roma,la repubblica e il potere
l'avevano ormai sostituita. Il peso della solitudine sembrò
piombarle sul corpo come un macigno. La testa le girava e si sentiva
esausta. Decise di appoggiarsi su uno dei triclinii,nella speranza
che il sonno avrebbe fatto dissolvere i suoi tristi pensieri. Aveva
fatto appena in tempo ad appoggiare la guancia al soffice tessuto che
Morfeo la chiamò a sé con il suo dolce canto.
Quando si svegliò era ormai pomeriggio inoltrato.
Dalle finestre giungeva alle sue orecchie il cinguettio
degli uccelli,appena ritornati nel loro nido per prepararsi alla
notte. Si stiracchiò e si alzò in piedi. Uscita dalla stanza,si
aggirò per i corridoi e si fermò nel vestibolo. Si inginocchiò
riverente di fronte alle piccole statue degli dei Lari,protettori
della casa,che sembravano squadrarla severamente. Il sospiro gentile
del vento le accarezzò i capelli,trasportando una leggera melodia.
Un canto melodioso si spargeva nell'aria... Gabrielle incuriosita
interruppe la sua preghiera e si diresse nella direzione della voce.
Giunse così nei pressi dell'ingresso della domus e lo spettacolo che
le si presentò le mozzò il fiato. Mollemente appoggiata a terra
stava infatti la schiava ribelle che aveva popolato i suoi pensieri
negli ultimi giorni. Persa nel suo canto,si osservava nel limpido
riflesso dell'impluvium. Il suo canto era intriso di tristezza e di
malinconia,ma per Gabrielle fu come ascoltare la voce delle ninfee.
Improvvisamente la dolce nenia terminò e per la seconda
volta quei magnetici occhi celesti si incontrarono con i suoi. Xena
si sollevò frettolosamente,deglutendo imbarazzata. Non l'aveva
sentita arrivare,persa com'era nei suoi pensieri. Da vicino era
ancora più bella:i capelli dorati erano luminosi come l'oro e gli
occhi profondi ed espressivi. “Ehm...io...”biascicò la schiava
cercando di riempire il silenzio. La matrona sembrò riscuotersi dai
suoi pensieri e i strinse nello scialle leggero “Che cosa fai qui?
Chi ti ha liberato???” inquisì. Xena sorrise,ascoltando il tono
nervoso dell'altra. “Manlio. Mi ha detto che il padrone ha ordinato
in questo modo... chissà forse è stato colpito da Cupido e un po'
di bontà è entrata nel suo animo!” Gabrielle si morse il labbro
inferiore e incrociò le braccia al petto. Xena notò che le sue
parole non avevano sortito l'effetto desiderato “Ho forse toccato
un tasto dolente? Non credo che sia una bella cosa averlo per
marito... Deve farti soffrire molto...” La matrona non
rispose,limitandosi a sollevare le spalle e a sedersi sul lucido opus
sectile (nota 2)
Xena si stupì del comportamento della donna:si
aspettava una spocchiosa matrona romana,pronta a spedirla nuovamente
nelle cantine per le parole che aveva usato riguardo al suo padrone.
Invece era evidente che soffriva e che la solitudine le attanagliava
il cuore. La imitò e si accomodò vicino a lei. “Non volevo essere
invadente... dico solo quello che penso. Mi meraviglio di non vederlo
in giro... dov'è?” Gabrielle sospirò,appoggiando il mento sulle
ginocchia “E' partito...di nuovo... come al solito... lasciandomi
qui da sola con i miei pensieri.... ma tanto ormai ci sono abituata.
Chissà da quanto va avanti questa storia senza che io me ne sia
accorta. Avevo nel cuore la speranza che sarebbe tornato di nuovo da
me... che sarebbe stato tutto come un tempo, ma mi sbagliavo. Ho
sempre sbagliato e sono stata una stupida a dargli amore e fiducia.”
Gabrielle nascose il viso tra le gambe scossa dai singhiozzi. Xena la
guardò piena di tenerezza. La rabbia contro quell'uomo crudele le
agitava l'anima. L'avrebbe volentieri ucciso se l'avesse avuto
davanti. Fu di nuovo lei a spezzare il silenzio e a interrompere quel
flusso disperato con la sua voce calma e tranquilla “Beh se davvero
è così crudele sicuramente non merita tutta questa
considerazione... Insomma... non mi sembra si faccia tanti scrupoli.
Spero che non si faccia più vedere.” Gabrielle sollevò il viso e
le sorrise “Ma sai che sei proprio strana? Parli del tuo padrone
senza alcun rispetto quando sai che potrei sbatterti in cella se solo
volessi. Ti piace giocare con il fuoco eh? Non ti facevo così
spavalda...”
Xena sollevò un sopracciglio e alzò in
piedi,stiracchiandosi le lunghe braccia “E' vero,lo ammetto. Mi
piace molto giocare con il fuoco... Peccato però che siano sempre
gli altri a scottarsi contro di me...” Gabrielle scosse la testa e
si asciugò le lacrime con l'indice della mano “Ah spavalda e
superba. Non c'è che dire...sei proprio una schiava modello.... Beh
che ti piaccia o no tu sarai la mia serva personale. Non ho mai avuto
una persona con cui trascorrere il mio tempo e con cui parlare.”
La mora la guardò sorpresa e divertita al tempo stesso
“E perchè mai dovrei farlo? L'uscita è così vicina... potrei
scappare e dubito che qualcuno possa riuscire a prendermi...sono
piuttosto veloce... Io amo la libertà e non ho intenzione di essere
la serva di nessuno. E non ho di certo paura di finire in quella
cella puzzolente. Tuo marito mi ha tenuto lì diverso tempo e
sinceramente ho dovuto affrontare cose peggiori nella vita...” Un
guizzo illuminò i verdi occhi di Gabrielle che si alzò e si
avvicinò alla schiava ribelle. “Sei una persona ribelle e
battagliera,non mi ero sbagliata. Certo l'uscita è molto vicina e io
non farei nulla per impedirti di scappare,ma sarebbe troppo facile
per te. Il tuo orgoglio non ti permetterebbe di farlo. Sarebbe più
stuzzicante rimanere qui e godere nel disturbare la vita di mio
marito... E poi sappi che anche volendo non riusciresti ad andare
molto lontano. Le guardie della casa sono dappertutto e ti assicuro
che sanno fare molto bene il loro mestiere. Molti sono morti cercando
di fuggire dalle angherie del console Marcello. Se ti piace giocare
con il fuoco,perchè vuoi gettarti in un ruscello? Sarebbe stupido...
Comunque si è fatto tardi...io rientro in casa. Pensa a quello che
ho detto. Forse il mio comportamento ti meraviglia,ma ho sperimentato
troppo la solitudine e l'abbandono per rimproverarti come farebbero
tutte le matrone. Scegli cosa vuoi fare del tuo destino,io non mi
opporrò alla tua scelta.” e detto questo rientrò in
casa,attraversando un lungo corridoio coperto di archi. Xena la
guardò allontanarsi e sentì il cuore battere più velocemente in
petto. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo. Deglutì nervosa
nel tentativo di sciogliere il nodo che le attanagliava la gola. Si
guardò alle spalle e notò che il portone della domus era
semiaperto: la libertà era a due passi da lei. Si avvicinò e senza
pensarci richiuse con un tonfo la pesante porta. Voltatasi
nuovamente,osservò la casa illuminata dalla luce del tramonto. Il
viso si contrasse in un'espressione fiera e orgogliosa. “La mia
anima brama la libertà,ma il mio cuore mi conduce verso di te. Ti
libererò da questa solitudine che ti opprime e ti farò porterò via
con me. E' una promessa...Gabrielle...”
Nota
1: l'oecus triclinare era la sala da pranzo nella quale si trovavano
tre letti triclinari. In questo modo,rimanendo sdraiati,i Romani
prelevavano il cibo dal tavolo principale e mangiavano... sicuramente
stavano più comodi di noi!!! hahaha
Nota
2:l'opus sectile era un'antica tecnica artistica che utilizzava marmi e
paste vitree tagliati per creare splendidi pavimenti e decorazioni
murarie ad intarsio.
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Capitolo 3 *** "Ricordi passati e progetti futuri" ***
servitus III capitolo
Ehi ragazzi!!! Ciao a tutti!!! Scusatemi x il ritardo.ma questo periodo
è stato denso di impegni. Tra esami,teatro,flauto traverso e
molto altro ho avuto davvero poco tempo per scrivere. E' pur vero che
ho voluto aspettare a pubblicare x potervi presentare un capitolo +
lungo del precedente. Ovviamente anche nelle scene seguenti Marcello
(che penso sia il vostro personaggio preferito ahahaha)
continuerà a dare il meglio di sè!!! Bene vi lascio alla
lettura... mi raccomando recensite!!!
Capitolo III
“Ricordi passati e progetti futuri”
Il fastidioso chiasso del mercato romano raggiunse le
sue orecchie,mentre avanzava velocemente tra le bancarelle. “Cani...
io,console di Roma sono costretto a camminare nel loro lezzo e nella
loro sporcizia. Ah potessi ucciderli tutti!! Peccato che gli schiavi
siano così utili per gli scopi di noi uomini....” Un sorriso
maligno gli deformò il volto. Il pensiero volò alla sua domus e
all'indomabile gladiatrice di Anfipoli. Il ricordo dei suoi occhi
azzurri lo infiammò di desiderio. Avrebbe fatto qualunque cosa per
farla sua. Era solo questione di tempo prima che il suo piano avesse
successo. Imboccò una stradina buia e lercia. Si guardò intorno
circospetto e si avvicinò passo dopo passo ad una figura
incappucciata,che stava mollemente appoggiata alla parete. “Decio!!
Finalmente sei qui!!! Ti sembro una persona paziente?” Lo
sconosciuto si inchinò riverente “Mi dispiace mio Dominus. Temevo
che qualcuno mi vedesse. Sono venuto appena ho potuto. Tuttavia ho
fatto tutto quello che dovevo... Il bersaglio è nelle nostre mani.”
Marcello represse a stento un moto di gioia “Ah... il profumo della
vittoria!!! Lo adoro.... Bene andiamo... la gloria mi aspetta!!!”
“Insieme a tutte le sue delizie dominus!!!” esclamò Decio
Domus di Marcello
La notte era trascorsa tranquilla. Gabrielle si alzò
dal comodo giaciglio e si sedette di fronte allo specchio. Amava
trascorrere i primi momenti della giornata tra i suoi unguenti e i
suoi profumi. Era sempre stata attenta all'igiene personale ed
essendo moglie del console ormai la sua posizione sociale lo
imponeva. Osservò i balsamari in vetro finemente decorati con
fantasie floreali e zoomorfe. Marcello li aveva portati in dono da
Cipro poco tempo prima. La donna sospirò prima di bagnarsi la pelle
sensibile del collo con quel nettare. Erano così rari e ricercati!
Eppure era bastato che il marito si recasse in quell'isola sperduta
per ottenerli senza la minima difficoltà. “Sembra che il mondo e
tutti gli esseri viventi siano nati per compiacere Marcello...” il
pensiero la fece sorridere tristemente. Improvvisamente si sentì
incredibilmente sola e abbandonata a se stessa. “Diona!! Diona!!”
chiamò a gran voce. Una ragazza entrò defilata nella
stanza,inchinandosi di fronte alla sua padrona. “Dì a Xena che
desidero vederla nella mia stanza. Falla venire immediatamente.” La
serva annuì riverente e si congedò con un cenno del capo.
La giovane matrona si rilassò sulla
sedia,abbandonandosi ad un profondo sospiro. Le sembrava
inconcepibile che la stessa donna che si era ribellata a suo marito
con tanto furore stesse per entrare nella sua camera. Solo la sera
prima avevano conversato piacevolmente. Gabrielle ripensò alla
dolcezza della sua voce e ai suoi occhi penetranti e comprensivi. Con
poche parole era riuscita a calmare la sua inquietudine e le aveva
fatto tornare il sorriso. Di certo non tutti gli schiavi erano pronti
a sparlare del proprio padrone con tanta disinvoltura.
“Eppure... non riesco a spiegarmi il motivo della
scelta di Marcello. Xena è stata molto impudente nei suoi
confronti... e lui invece di ucciderla come avrebbe fatto con
chiunque altro non solo le ha permesso di sopravvivere,ma l'ha
persino liberata!!! E se...” un terribile dubbio si insinuò nel
suo cuore. Scosse la testa incredula. “no Xena non lo farebbe mai.
Ne sono convinta!!” esclamò ad alta voce.
“Che cosa non farei mai?” domandò Xena alle sue
spalle. Gabrielle sobbalzò sorpresa “Oh...sei qui... non ti avevo
sentito entrare. Non prestare ascolto alle mie parole... stavo
pensando tra me e me... Non farci caso... Entra pure!”
La mora chiuse la porta alle sue spalle e si guardò
intorno meravigliata,osservando la magnificenza dell'arredamento.
Riconobbe suppellettili provenienti dall'Oriente,dall'Egitto,persino
dalla Grecia...
“Però... certo che tuo marito ti tratta bene. Guarda
che roba! Candelabri e lucerne di tutti i tipi!! Potresti metter su
una bella bancarella nel mercato di Capua. Faresti ottimi affari...”
Gabrielle rise “Beh non sarebbe una cattiva idea. Da
matrona a venditrice ambulante. Sicuramente è un salto di qualità!
E comunque anche in quel caso sfrutterei il tuo aiuto...” Xena si
sedette su una soffice poltrona e la guardò incuriosita “E
sentiamo... quale dovrebbe essere il mio contributo??? Devo sorridere
dolcemente e ricevere i denari tintinnanti mentre tu trascorri la
giornata seduta su una comoda sedia?”
Gabrielle si toccò il mento fingendo di riflettere “Oh
no. Ho in mente qualcosa di molto più utile. Qualcuno dovrà pur
urlare ai quattro venti le mercanzie che offriamo. Non penserai che
lo faccia io!!!”
Xena sbarrò gli occhi sconvolta dalla simpatica
cattiveria dell'altra “Cosa??? Saresti davvero in grado di farmi
una cosa del genere??? Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?”
Gabrielle le volse le spalle e cominciò a spazzolarsi piano i
capelli “Hai scelto di restare qui. Sai è una scelta che apprezzo
molto. Finalmente ho qualcuno con cui parlare. E devo ammettere che
la tua compagnia non mi dispiace poi così tanto.”
Xena non stava ascoltando nemmeno una parola: era
rimasta rapita dal profilo dell'altra e si era completamente
estraniata. Per la seconda volta rimase colpita dal biancore e dalla
lucentezza della sua pelle. I suoi occhi risalirono la curva del
collo e raggiunsero immancabilmente lo splendido sguardo della
ragazza. Gabrielle fermò il braccio a mezz'aria e dimenticò quello
che stava dicendo. Il cuore accelerò i battiti e le guance le si
imporporarono. “Quale arcano incantesimo mi fa sentire così ogni
volta che mi guarda??? E perchè io non riesco a reagire in nessun
modo??”
Xena deglutì,tormentata da pensieri molto simili “Per
gli dei...è davvero stupenda! E' mai esistita una creatura bella
come lei? Non mi ero sbagliata quando,vedendola per la prima volta,ho
creduto fosse Venere!!! Ho un groppo in gola... non riesco ad
emettere nemmeno un suono...”
Fu un lieve tocco alla porta ad interrompere
quell'idillio. Manlio socchiuse la porta e richiamò la loro
attenzione. “Domina la colazione è servita. Le ancelle sono in
attesa di ordini..” La matrona distolse a fatica lo sguardo da
Xena,ringraziando mentalmente il giovane servitore per la sua
prontezza. “Si... la colazione... certo... arrivo subito. Ci
vediamo dopo in cortile Xena...” e velocemente si allontanò dalla
stanza.
Manlio si avvicinò all'amica preoccupato per la sua
espressione assente “Xena?? Xena?? Xena!! Mi senti?”
“Certo che ti sento. Non sono mica sorda” rispose
brusca.
Manlio scosse la testa rassegnato “Vedo che il tuo
carattere non migliora purtroppo... Cosa posso fare per renderti più
gentile???”
Xena si volse a guardarlo con aria di sfida prima di
dirigersi verso la porta
“Smettila di fare domande...”
Manlio la seguì al di fuori della stanza “Insomma
Xena... dammi una possibiltà!!! Possibile che tu sia sempre nervosa?
Mi chiedo se tu abbia mai conosciuto la felicità... Dimmi hai mai
sorriso nella tua vita o hai sempre azzannato tutti come se fossi
Cerbero?? Mmm conoscendoti forse la prima ipotesi è....”
“Sta zitto!!!” le braccia forti di Xena lo spinsero
contro il muro,bloccandogli ogni possibile movimento. Il ragazzo si
ritrovò bloccato alla parete con il fiato mozzo,gli era impossibile
pronunciare anche il minimo suono.
Gli occhi azzurri di Xena,profondi e freddi come non
mai, si piantarono nei suoi e non fecero che aumentare la sua paura e
il suo disagio.
“Cosa ne sai tu di me? Non sai nulla di come ero,non
sai cosa mi è successo né chi mi ha costretto ad essere una
schiava. Tu inneggi alla libertà,ma in fin dei conti sei nato
schiavo. Non sai cosa significa poter vivere tranquillamente con la
propria famiglia... Beh immagina come mi sento io,che la libertà non
l'ho semplicemente desiderata e assaporata...l'ho vissuta... Io ero
libera,capisci? Io ero una semplice ragazza greca e sono diventata
una schiava alla mercè del miglior offerente. Scusami tanto se non
rido o se non sono incline alle tue stupidaggini. La mia vita è
stata spezzata,ma non per questo mi lamento... ho sempre rialzato la
testa e continuerò a farlo. Non mi arrenderò di fronte a nulla. E
se rimango qui,è semplicemente perchè sento di doverlo fare... è
tutto chiaro??? Che non ti sfiori mai l'idea che non mi ribello a
Marcello per vigliaccheria o per paura. Il mio cuore non conosce
questi sentimenti.”
La presa salda diminuì e Marcello fu libero di
abbassare lo sguardo a terra. Non si era mai sentito così stupido e
superficiale. Le parole che aveva pronunciato poco prima erano
totalmente prive di significato...
“Scusami. Non intendevo ferirti..” disse
mortificato,sollevando la testa,ma non c'era nessuno ad ascoltare...
In un luogo segreto
nei pressi di Roma
Il suo arrivo fu accompagnato dall'ovazione generale dei
presenti. Tutti si inchinarono di fronte a lui,abbassando riverenti
lo sguardo.
Marcello rispose al saluto con un leggero cenno del
capo,sebbene i suoi occhi tradissero la sua indifferenza.
Decio si recò al tavolo di legno al centro della stanza
e si sedette comodamente su una sedia,attendendo lo spettacolo che di
lì a poco sarebbe iniziato. Era il braccio destro di Marcello e
sapeva che il capo ben presto avrebbe dato sfogo a tutta la sua
rabbia. Era stato lui ad evitare che il loro piano potesse andare in
fumo. Se fosse stato per quella marmaglia che costituiva l'esercito
segreto di Marcello sarebbe successo un pandemonio. I suoi pensieri
furono interrotti dallo stesso Marcello che,schiarendosi la gola, si
portò al centro della stanza. “Allora... sapete che sono una
persona molto paziente e che mantengo sempre il controllo dei miei
nervi. Perciò vi pongo una semplice domanda branco di imbecilli COME
DIAMINE AVETE FATTO A FARVI SFUGGIRE GNEO CORNELIO??????????????
MALEDIZIONE!!!!”
Decio si accomodò meglio appoggiando mollemente le
gambe al tavolo: adorava quando Marcello strapazzava i suoi
sottoposti. Era una sensazione di appagamento incredibile e si
divertiva come un matto.
Dal canto loro i briganti e i disertori che si trovavano
in quella stanza non ebbero il coraggio di obiettare o di contrastare
in qualche modo la rabbia del loro capitano. Marcello cominciò a
girare tra di loro per la stanza,continuando a sfogarsi e maledicendo
ogni divinità conosciuta. Perfino Zeus venne colorito da simpatici
apprezzamenti che suscitarono l'ilarità di alcuni tra sottoposti più
giovani.
Marcello invece non era per niente divertito. “Cos'è?
Ti diverte pensare che Zeus possa usare i fulmini per bruciarsi le
chiappe??? E se lo facessi io a te per punire la tua idiozia??????”
era la frase che rivolgeva ormai a tutti coloro che sorridevano alle
sue battute.
Finalmente con un sospiro profondo Marcello si recò
vicino a Decio e spostandogli malamente le gambe,si sedette sul
tavolo.
“Insomma... si può sapere cosa è andato storto nel
mio piano perfetto??? Se non fosse stato per Decio il mio desiderio
di grandezza sarebbe finito negli Inferi a fare compagnia a Cerbero.
Lucio esigo spiegazioni”
Uno dei più anziani del gruppo fece un passo
avanti,deglutendo rumorosamente,nel tentativo di prendere tempo per
poter formulare una frase concreta.
“Allora?? Sei diventato muto all'improvviso?”
incalzò Decio.
“Ehm... ecco Marcello.... io.... c'è stato un
imprevisto... Gneo Cornelio non era solo come noi pensavamo. Con lui
c'era anche il nipote Scipione e lo sai che lui a differenza dello
zio gode di grandissima popolarità a Roma. (nota 1). Io stesso ho
dato ordine di non procedere al piano. Ho pensato che se li avessimo
uccisi entrambi avremmo causato un vero e proprio putiferio. Abbiamo
peccato forse di troppa prudenza...”
Le sue parole erano state accompagnate dal silenzio
generale.
“Vediamo se ho capito bene” Marcello si era alzato
dal tavolo e si era avvicinato allo spaventatissimo Lucio “Voi
avete pensato di rinunciare al piano per non uccidere Scipione...
ecco perchè siete degli IDIOTI! MA NON AVETE PENSATO PER UN SOLO
ISTANTE CHE SE LI AVESTE UCCISI ENTRAMBI SAREBBE STATO MOLTO MEGLIO
PER LA NOSTRA CAUSA? AVREMMO TOLTO DI MEZZO I NOSTRI MAGGIORI NEMICI
IN UN SOL COLPO!!! A QUESTO PUNTO SAREI Già DIVENTATO IL PADRONE DI
ROMA!!!”
Con un guizzo sguainò la spada e decapitò il
malcapitato Lucio. La testa volò in mezzo agli altri,che si
dispersero disgustati,mentre il sangue imbrattava il pavimento.
Marcello si pulì il viso dagli schizzi di sangue e
rinfonderò il gladio.
“Ecco... questo è quello che si merita chi osa
contravvenire ai miei ordini! E ora andatevene,non presentatevi fino
a quando non vi chiamo!!!! Sarà Decio a comunicarvi il giorno della
prossima riunione!”
I malfattori si diressero disordinatamente verso
l'uscita spintonandosi e offendendosi a vicenda,nel tentativo di
sfuggire al furore di Marcello.
Decio,che era rimasto immobile fino a quel momento, si
sgranchì e guardò indifferente la stanza sporca. “E ora chi
ripulirà tutto questo casino? Io sicuramente no....”
Marcello rise di gusto “Bah ora non mi importa. Stavo
piuttosto pensando a quello che ha detto Lucio. Pensavi che avesse
ragione?”
Decio si strinse le spalle dubbioso “Beh non saprei.
Diciamo che uccidere Scipione sarebbe stato conveniente per un verso
e sconveniente per l'altro. Pensa se per una volta i tresviri (nota
2) invece di spassarsela nelle osterie e nei lupanari fossero passati
di là e li avessero visti? Avrebbero arrestato tutti e li avrebbero
portati nel carcere del Foro. Ci pensi? Dubito che quei caproni
avrebbero resistito ad un loro interrogatorio. Ora secondo me
staresti penzolando dai rami di un albero dopo essere stato fustigato
a morte. Si chiama perduellio (nota 3) e lo sai anche tu...”
Marcello si grattò il mento perplesso “Insomma mi
stai dicendo che non avrei dovuto uccidere Lucio???”
I due si lanciarono uno sguardo divertito “Naaah”
Domus di Marcello
Xena era corsa via un lampo. Nella mente le risuonavano
continuamente le parole che Manlio le aveva rivolto poco prima e i
ricordi le sfrecciavano davanti agli occhi.
Si accasciò al suolo,appoggiando la schiena ad una
fredda colonna. Lo sguardo perso e vuoto per la malinconia. Chiuse
gli occhi e si fece catturare dall'oblio.
“Xena!
Dove stai correndo!!! Aspetta!!! Puoi cadere stai attenta!!” Irene
annaspava nel tentativo di raggiungere la bambina,che zampettava
veloce come una gazzella.
In
poco tempo era riuscita a salire su un albero e sedeva sul ramo più
alto con le gambe penzoloni “Mamma!!! Mamma! Insomma vieni o no?
Sei così lenta!!! Linceo mi avrebbe già raggiunta da tempo!!!”
Irene
scosse la testa ansimante e si sedette ai piedi del grande albero
“Si. Ma io non sono tuo fratello Xena. Dovresti ricordartelo. E poi
tra tutti e due non so chi mi fa impazzire di più. Avete per caso le
ali di Hermes al posto dei calzari??”
Una
squillante voce maschile si perse in una fragorosa risata. Irene alzò
lo sguardo e incredula vide il suo secondo figlio comodamente
accomodato vicino alla sorella.
“Linceo?
Da quanto sei lì? Scendete tutti e due immediatamente! Potreste
farvi”
Il
ragazzino la interruppe “Del male... si si... lo sappiamo mamma.
Possibile che tu dica sempre le stesse cose? Va bene... sorellina dai
scendiamo.”
Aiutandosi
l'un l'altro i due fratelli abbandonarono il loro ramo solitario e si
avvicinarono alla loro madre. Irene li guardò con gli occhi lucidi e
li abbracciò,accarezzando i loro capelli con le labbra. “Siete i
miei tesori,lo sapete?”
Xena
annuì convinta e con voce innocente disse “Mamma... posso
chiederti una cosa? Però promettimi che non ti arrabbierai...”
Irene
sospirò e si appoggiò più comodamente al tronco. Il suo sguardo
indagatore si spostò su entrambi i figli e indugiò soprattutto
sulla più piccola. Alla fine si arrese: non poteva resistere a quei
due zaffiri. “E va bene Xena. Cosa c'è?”
La
bambina sorrise felice e le toccò appena il braccio “Prova a
prenderci!!!!”
E
i due scapparono di nuovo. “Xena!! Xena!!!”
“Xena!! Xena!!! Insomma mi ascolti???”
Xena si riscosse dal ricordo e sbattè più volte gli
occhi. Impiegò qualche secondo per capire dove si trovava. Manlio
l'aveva raggiunta...
Il ragazzo si inginocchiò e le appoggiò una mano sulla
spalla “Senti... scusami per prima... ho parlato come uno stupido.
Non sta a me giudicarti. Non so nulla della tua vita. Puoi
perdonarmi?”
Un'altra voce,melodiosa come un canto,le fece
distogliere l'attenzione. Era Gabrielle a cercarla. Xena sentì il
cuore in tumulto e lo stomaco attorcigliarsi. Come poteva quella voce
appartenere al mondo degli uomini? La stretta sulla spalla si
rafforzò e solo in quel momento la donna si ricordò della presenza
dello schiavo al suo fianco.
“Aiutami ad alzarmi dai. La padrona mi sta chiamando”
“La padrona?” la schernì l'altro “E da quando usi
quella parola??”
Xena si lisciò la veste consunta e sorrise “Da ora.
Hai qualche problema?”
Manlio scosse la testa e per la seconda volta vide la
donna allontanarsi.
La seguì con lo sguardo finchè non fu sparita dietro
l'angolo.
Difficilmente sarebbe riuscito a capire cosa avesse in
mente. Un momento gli sembrava felice,immediatamente dopo era triste
e scontrosa. “Xena penso che prima o poi mi farai impazzire.... O
forse lo hai già fatto...” Il pensiero lo fece arrossire.
La schiava irrispettosa stava scavando sempre di più
nel suo giovane cuore e lui stesso dubitava di poterla scacciare.
Gabrielle dal canto suo chiamava Xena già da diverso
tempo senza ottenere risposta. Durante la colazione non aveva fatto
altro che pensare allo sguardo penetrante dell'altra su di sé. In
quei momenti si era sentita sollevata da una nuvola. Marcello non le
aveva mai fatto provare niente del genere. Tuttavia non era da lei
giungere a conclusioni affrettate. Aveva deciso di controllare quanto
più poteva i suoi tumulti. Si sentiva terribilmente attratta da
quella donna e le sembrava che l'altra ricambiasse appieno le sue
sensazioni. Ma poteva esserne davvero sicura? Non aveva dimenticato
nemmeno cosa le rodeva l'anima,il dubbio che le distruggeva l'anima e
il cuore.
“E se Marcello la scegliesse? E se lei si fosse
avvicinata a me solo per avere la libertà? Se in realtà il suo vero
obiettivo è Marcello? Cosa ne posso sapere io? In fin dei conti non
la conosco nemmeno...” Scosse la testa confusa. Prese a camminare
per il corridoio. Si sentiva inquieta e tormentata,ma al tempo stesso
una voce le sussurrava di fidarsi. “E' come se la conoscessi da
sempre... Ma questo è impossibile... Insomma non l'ho mai vista
prima!!! Eppure quando le parlo,mi sento così bene.... No,no e poi
no! Devo stare attenta ai miei pensieri... Io sono una donna... come
posso... si... ecco.... amare un'altra donna???” La schiena si
irrigidì a quel pensiero. Gabrielle si appoggiò mollemente alla
fredda parete,massaggiandosi le tempie doloranti con le dita.
“Qualcosa non va?” chiese tranquillamente Xena
Gabrielle sobbalzò “Ah sei tu... non ti ho sentita
arrivare...”
“Certo che no! Sono una gladiatrice ricordi? Mi hanno
insegnato a camminare in silenzio come una pantera...”
La matrona rise di gusto tenendo educatamente la mano
vicino al viso.
Xena la guardò perplessa con la fronte aggrottata e il
sopracciglio sinistro sollevato.
“Si può sapere che ci trovi di tanto divertente? Non
ti sembro forse una pantera?”
“E-cco... veramente... hahaha ti stavo immaginando
come un pulcino pieno di piume hahahahaha è troppo divertente!!!
hahaha Credo che morirò dal ridere!! haha”
Xena si sgranchì le ossa del collo e si unì alla
risata “ah... io sarei un pulcino eh??? Allora perchè non provi a
prendermi... Domina?” e dopo averle dato un colpetto sulla spalla
scappò via. Gabrielle ancora piegata in due dalle risate la richiamò
indietro.
“Xena!! Xena!!! Aspetta!!! Non andare così veloce o
cadrai!!! Fermati!!!”
Al suono di quelle parole la donna si fermò. Era
rimasta pietrificata. Lentamente si voltò e osservò l'altra
avvicinarsi. “Visto? Ti ho preso. Non sei poi molto veloce!”
Xena piegò la testa di lato,mentre una lacrima
solitaria sfuggiva al suo controllo. Gabrielle se ne accorse e
intenerita le sfiorò il braccio con una carezza,sebbene la voce
della ragione le stesse urlando di allontanarsi. “Puoi parlare con
me se ti va... lo sai. Tu hai già raccolto le mie lacrime... Anche
io posso farlo se lo desideri.”
La mora annuì e appoggiò la fronte all'esile spalla
dell'altra. “Ho solo bisogno di avere qualcuno accanto Gabrielle.
Mi sento sola e persa. Non abbandonarmi anche tu...” e si
abbandonò ad un silenzioso pianto liberatore.
La matrona la strinse a sé con forza e le accarezzò
piano la schiena “Non preoccuparti Xena. Sono qui con te e non ti
abbandono. Perchè mai dovrei farlo? Siamo amiche ricordi? Abbiamo
deciso di aiutarci e di darci conforto a vicenda. E poi se ti
abbandonassi,chi mi aiuterebbe a trasferirmi a Capua per allestire la
mia bancarella? Lo sai che solo tu puoi farlo!”
Xena rise e staccatasi dall'abbraccio le toccò piano
una guancia “Hai ragione. Solo io posso fare una cosa così
stupida. Però sai... credo che ne valga la pena. Forse è la cosa
migliore che io possa fare...”. Avvicinò il viso sempre di più
attirata dalle labbra dell'altra. Gabrielle teneva gli occhi
socchiusi e le guance le si erano arrossate ancora di più. Era
vicinissima a quel viso perfetto che le stava scavando l'anima... Ma
un attimo prima che l'altra potesse sfiorare le sue labbra con le
proprie la paura e la ragione presero il sopravvento. Pose le mani
sul petto dell'altra,allontanandola da sé “Io... io... devo
andare... Scusami Xena...” disse a fatica e anche lei scappò via
lontano,lasciando la schiava sola con i suoi confusi pensieri.
Roma, Campo Marzio
Marcello camminava velocemente,spintonando i cittadini
che non si spostavano riverenti al suo passaggio. Decio dal canto suo
apporfittava dell'andatura del suo comandante per passeggiare
tranquillamente. Solitamente a Roma era faticoso anche percorrere le
strade più brevi,,a causa della calca di carri e mercanti che si
formava giorno dopo giorno in tutti i luoghi praticabili.
Fortunatamente seguendo Marcello il problema non si poneva: o si
inchinavano oppure finivano per terra senza capire cosa fosse
successo. Tutto quell'assembramento in quel momento era causato da
una delle molteplici gare di atletica che si svolgevano nel Campo
Marzio. Era l'unico luogo di Roma dove si potevano realizzare
manifestazioni pubbliche: dalle corse delle trighe (nota 4) ai
comitia centuriata (nota 5). “Decio insomma ti muovi?” La voce
squillante di Marcello si erse nella confusione generale,decisa a
richiamare il sottoposto distratto a quanto pareva dal panorama. “Ma
insomma ti sei addormentato o hai visto qualche bella fanciulla e ti
sei messo a sbavare dietro di lei come al solito?” gli domandò
divertito quando lo ebbe raggiunto. Decio si inchinò ironico “Mi
dispiace comandante. Stavo pensando alle corse di trighe e al fatto
che Roma sotto certi aspetti è diventata una città invivibile. Non
si può camminare! Fortuna che quando passi tu si spostano anche le
formiche!”. Marcello gonfiò il petto orgoglioso e gli diede una
sonora pacca sulla spalla “Certo! Sono il console Marcello,non il
primo contadino che viene da Capua...io... Su ora andiamo... il
nostro amico ci aspetta...” e riprese a camminare più velocemente
di prima. Il sorriso ironico di Decio si era trasformato in un ghigno
sgembo che gli deformava il volto. Le ultime parole del suo comandate
erano volutamente rivolte a lui. In fin dei conti lo stesso Decio,che
disprezzava la plebe, proveniva da una famiglia assai umile che
viveva in una piccola fattoria. Faticosamente e sfruttando le sue
abilità era riuscito a fare le giuste conoscenze,diventando in breve
tempo il braccio destro di Marcello. Quando si conobbero il console
era un semplice questore (nota 5), ricco di sogni e di ambizioni.
“Ricordo ancora cosa mi disse la prima volta che ci
incontrammo. Se vuoi diventare il padrone di Roma,vieni con me.
Presto diventerò console e ti renderò ricco.”
E così era stato. Insieme avevano affrontato le
battaglie più importanti,imponendo la forza di Roma ovunque
andassero. Eppure Marcello non l'aveva mai gratificato né
inneggiato. Si comportava con lui come se fosse uno qualunque dei
suoi sottoposti,sebbene Decio fosse il migliore di tutti. Era solo un
ragazzo quando era giunto a Roma dopo la morte dei suoi genitori e
Marcello aveva rappresentato per lui una guida e una sorta di padre.
Ora che l'altro stava invecchiando,Decio sperava di essere
considerato da lui un erede,quasi un figlio con cui condividere
l'onore e gli onori che derivavano dall'immenso potere che stava per
conquistare...
“Mi considererà mai per le mie capacità? O sarò
sempre il contadinotto che viene dalla Sicilia?” Senza rendersene
conto si erano fermati in un punto più libero della strada. Alle
loro spalle si sentivano le grida di incitamento degli spettatori.
Marcello avanzò di un passo e mascherando un sorriso
sornione “Gneo Cornelio!! Che piacere incontrarti!!! Che ci fai
qui?”
L'uomo che gli dava le spalle si voltò curioso
“Marcello!! Sei tu!!! Sai come sono fatto,mi piace stare in mezzo
alla gente. E' così noioso stare nelle proprie domus,continuamente
attorniati da servi e ancelle. Uff non fa per me la vita di
lusso,dopo un po' mi annoio terribilmente. Invece stare tra le vie di
Roma è incredibilmente divertente... Certo c'è parecchia
confusione,ma sono tutti così cortesi e disponibili. Eh... non credi
anche tu che il nostro popolo sia speciale? Insomma nessuno è
simpatico e alla mano come noi!!” e rise di gusto,guardando con
affetto le persone che gli passavano accanto e salutandole con un
gesto gioviale della mano. Marcello fece una smorfia di
disappunto,approfittando della distrazione dell'altro. Era così
patetico sentire le sue chiacchiere fin troppo melense e democratiche
per i suoi gusti. Tuttavia era costretto a sorbirsele in silenzio:
non era conveniente contraddire apertamente il suo collega al
consolato. Se realmente il suo piano fosse andato in porto doveva
salvare le apparenze. Decio guardò incuriosito lo stravagante Gneo.
Era la prima volta che lo vedeva e gli sembrava una persona simpatica
e disponibile,sebbene Marcello lo avesse più volte descritto come
“un maiale che cammina bendato. E' così stupido che non potrebbe
cadere nel Tevere,affogare,essere trasportato da Caronte e non
accorgersene nemmeno.”
“Eppure le sue parole sono nobili e sincere... Non
riesco a capire il comportamento di Marcello. Perchè mi ha ordinato
di far fuori una persona innocua come lui? L'avessi saputo gli avrei
consigliato di lasciarlo perdere... Che bisogno c'è di ucciderlo?”
I suoi pensieri vennero interroti dalle risate di Gneo
che si era aggrappato a Marcello per non cadere “Ahahaha l'hai
capita???? E' una battuta incredibile!! Mio nipote è davvero un
simpaticone!!! Devo fartelo conoscere. Ti piacerà... e poi è così
sveglio!!
Sicuramente non ha preso da me. Ora che ci penso tra due
giorni sarà il suo genetliaco... perchè non vieni alla cena che gli
ho organizzato? Sarò contento di vederti insieme a questo caro
giovanotto...”
Marcello annuì convinto,sfoderando un sorriso malvagio
“Ma certo... con immenso piacere. Verremo sicuramente...Ora scusaci
ma dobbiamo andare.”
“Ovviamente. A presto allora!” si congedò l'altro e
stretta la mano di Marcello si allontanò,disperdendosi tra la folla.
“Marcello... pensi davvero di andare a quella festa?”
Marcello stirò le labbra in un sorriso soddisfatto
“Certo che ci andremo. Sarà divertente. E poi potremo studiare
meglio i nostri obiettivi... Sta tranquillo,andrà tutto come
previsto.”
“E Gabrielle? La porterai con te?” lo incalzò il
giovane riprendendo a camminare al suo fianco.
Al nome della moglie Marcello irrigidì la schiena “Non
lo so. Le ho detto due giorni fa che partivo senza specificare dove.
Per lei ora sto adempiendo ai miei doveri di console lontano da
Roma.”
Decio scoppiò a ridere incredulo,battendosi la coscia
con una mano “Incredibile. Crede ancora alle tue bugie?? E se
qualcuno le dice che invece te la stai spassando qui in città?
Insomma... non ero da solo ieri notte in quel lupanare...”
Marcello non rispose,limitandosi a stringere le spalle
“Bah... non mi interessa cosa pensa di me.. e poi vive come una
reclusa. Non lo verrà mai a sapere!!! Su a proposito di lupanari e
divertimenti che ne dici di andare a giocare a dadi? Il mio fritillus
(nota 6) tintinna già come le monete che presto vincerò”
Decio accolse la sfida con gioia “Ridi... ridi...
tanto lo sai che sarò io a vincere!!!”
Ciao a tutti!! Vi presento il nuovo angolo delle note storiche!! Mmmm devo dire che in questo capitolo abbondano!!!
nota 1: Allora... ho voluto prendere una licenza storica in
questo caso... Lo Scipione che ho inserito nella mia storia è
Scipione l'Africano ed era realmente nipote di Gneo Cornelio
Scipione,il caro collega di Marcello. Tuttavia nel periodo in cui
ho ambientato la storia non era ancora famoso come lo sarà
in seguito. Però mi piaceva l'idea di inserirlo x rendere ancora
più scandoloso il piano di quel cattivone!!! buhahaha
nota 2: I "tresviri capitales" erano gli ufficiali di polizia romani.
Si occupavano della sicurezza della città e della prevenzione
degli incendi. Ma a quanto pare non era poi tanto utili!!!
nota 3: La "perduellio" era uno dei più gravi crimini romani.
Era considerato un atto di grande offesa nei confronti delle
divinità e della comunità romana. Chi lo compiva veniva
sottoposto a Suspensio,ossia sospeso ad un albero sterile e battuto con
le verghe fino alla morte.... beh... fate un pò voi....
nota 4: Le trighe erano carri da corsa a tre cavalli,usati
soprattutto per le gare di velocità che si tenevano usualmente
al campo Marzio
nota 5: I "comitia centuriata" erano l'assemblea popolare
più importante di Roma al tempo della Repubblica. Ad essi
potevano partecipare tutti i cittadini romani liberi di sesso
maschile,divisi in cinque classi di censo,secondo quanto aveva
stabilito già il re Servio Tullio per l'organizzazione
dell'esercito.
nota 6: Il "fritillus" era uno strumento di forma cilindrica che i
romani usavano per contenere gli "alea",i dadi. Utilizzandolo, i Romani
evitavano che i dadi tra una partita e l'altra cadessero dal
tavolo,finendo sotto un mobile o giù da un balcone. Erano
soprattutto in ferro battuto e i più pregiati erano riccamente
decorati.
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Capitolo 4 *** "Tlack... la serratura del cuore" ***
Servitus Capitolo Iv
Ciaoooooo!!! Lo so, lo so. Il mio ritardo è
veramente imperdonabile!! Ma è stato un periodo terribile con lo
studio!!! Mercoledì ho fatto un altro esame e fino ad allora non
avevo proprio avuo il tempo di pubblicare!! Per questo per farmi
perdonare ho deciso di postare un capitolo più lungo dei
precedenti e di inserire qualche colpo di scena!! Non so se alla fine
mi odierete... ma sappiate che ho scritto tutto per il bene della
storia!! Mi raccomando leggete e recensite!! Rinnovo i ringraziamenti
per tutti voloro che mi seguono e leggono questa "storiella". Un
ringraziamento particolare va a FedisS, Gabrielle90,Hermione607 per
aver inserito la storia tra le preferite, a Syriana94 per avermi
inserito tra le autrici preferite e ovviamente alla mia socia Harwest
che continua a sopportare le mie chiacchere anche su msn!!!! E ora....
non mi resta che augurarvi buona lettura!!!
Ps:
chiunque voglia avere chiarimenti può aggiungermi anche su msn!
L'indirizzo e-mail è lo stesso! Grazie ancora a tutti e buona
lettura!!!
Capitolo IV “Tlack... la serratura del cuore”
Colle Celio, Domus
di Marcello
Corse via più veloce che potè. Correva e correva,
lasciandosi ogni cosa alle spalle. Solo dopo diversi minuti si fermò,
appogiandosi spossata ad una colonna antistante al portone
d'ingresso. Aveva attraversato tutta la casa senza essersene resa
conto, pur di allontanarsi da lei...
“Oh Dei!!! L'ho quasi baciata... c'è mancato davvero
poco... L'ho quasi baciata!!!”
Gabrielle riprese a camminare ancor più velocemente
verso le lunghe distese di alberi antistanti alla casa. Aveva bisogno
di stare da sola per pensare e cercare di mettere ordine nei suoi
disordinati pensieri. Era evidente che il sentimento che nutriva nei
confronti di Xena stava pericolosamente crescendo, senza che lei
potesse fare nulla per impedirlo. Inoltratasi tra gli alti pini,
finalmente si sedette su un sasso e si prese il volto tra le mani,
mentre calde lacrime le scendevano copiose lungo le guance.
Il suo cuore era lancinato dal dubbio e dalla
sofferenza. Cosa avrebbe dovuto fare?
Seguire l'istinto che le urlava di tonrare in casa da
lei o ascoltare la mente e barricarsi nella sua camera per il resto
dei suoi giorni? Era una scelta terribilmente difficile da prendere,
soprattutto ora che Xena le era sempre più necessaria.
“E' come se se fosse la mia aria e la mia acqua...
Come posso provare tutto questo per lei??? Ci conosciamo da così
poco tempo... E poi... e poi è una donna... Come è stato
possibile?? Io ho sempre provato interesse per gli uomini... sono
anche una donna sposata!!! Già... sono sposata... Eppure lei mi ha
dato più emozioni con uno sguardo che Marcello con milioni di
parole... Come farò??? Come farò a guardarla ancora nei suoi
splendidi occhi azzurri come il cielo? Non ne sarò capace e con la
mia timidezza non farò che peggiorare la situazione....”
Si alzò con le gambe tremanti e prese a passeggiare
avanti e indietro, incapace di rimanere ferma a causa della
confusione e dell'inquietudine che provava. Una brezza leggera la
fece rabbrividire. Era quasi giunto il tramonto e l'orizzonte si
colorava di rosso e arancione, mentre il sole si nascondeva
sonnacchioso dietro le colline.
Sollevò lo sguardo al cielo terso e limpido, così
simile al colore dei suoi occhi
“E' forse una magia? Un incatesimo arcano quello che
mi lega a lei? Oh Cupido... Cupido... perchè mi hai trafitto con una
freccia così dolorosa? Perchè stai facendo nascere in me questo
desiderio d'amore profondo? Perchè proprio nei suoi confronti? Noi
non potremo mai essere felici in questo mondo. Non potremmo amarci
liberamente come vorremmo e saremmo costrette a scappare per sempre,
lontano da tutto e da tutti. Oh il mio cuore è in tumulto, eppure
sento tanto freddo dentro di me...
E poi... e poi... sono sicura che lei mi ama??? Amore...
che parola potente e terribile... Forse è solo attratta da me, forse
cerca un modo per fuggire... Forse... forse vuole solo scappare e si
sta servendo di me...”
Il cuore si ribellò a quell'orribile pensiero e nella
sua mente si formò il ricordo del viso di Xena e delle sue labbra
sempre più vicine. In quell'istante di felicità,mentre era stretta
a lei, non aveva letto menzogna nei suoi occhi, bensì sincerità e
desiderio. Gli stessi sentimenti che stavano consumando lentamente
anche lei, che si torturava l'anima all'ombra degli alberi nel bosco.
Intanto
L'aveva vista correre via lungo il corridoio senza avere
la forza di inseguirla.
Il cuore le batteva ancora furiosamente nel petto e non
accennava a rallentare.
Che cosa sarebbe successo? Il desiderio,nonostante tutti
i suoi sforzi era riuscito a sopraffare la ragione,alla ricerca di un
bacio troppo a lungo desiderato.
“E' scappata via da me... è scappata.... Come posso
cercare di inseguirla? Non merito la sua attenzione né il suo amore.
Una persona come me, con le mani macchiate del sangue di tanti uomini
non può sperare di contaminare una persona pura come lei.
Eppure... non posso fare a meno di provare una grande
attrazione nei suoi confronti. Sono trascorse solo poche settimane da
quando sono arrivata qui con Marcello e sento di esserle già
indissolubilmente legata. E' forse una maledizione? Ci siamo
scambiate solo parole cortesi, abbiamo scherzato tra di noi, ma i
nostri occhi tradivano le apparenze. Il meraviglioso verde del suo
sguardo mi ha incatenato l'anima e il cuore. E' amore?? E' la forza
di un incantesimo?? Perchè Afrodite ha deciso di punirmi in questo
modo? Perchè Cupido mi ha colpito con il suo dardo infuocato,
rendendomi incapace di pensare ad altro che non sia lei? Non c'è
posto per il mio sentimento in questo mondo. Ah... mi sono perfino
illusa che lei ricambiasse la mia passione... Che stupida!!! Lei è
sposata e anche se non lo fosse lei non potrebbe mai amarmi. Da tempo
ormai ho preso coscienza del mio essere... gli uomini non hanno mai
destato in me un grande interesse. Ma per lei è diverso... non è
come me..”
Spossata da tali pensieri, Xena sentì il bisogno di
prendere un po' d'aria. Velocemente si diresse all'ingresso della
domus e la brezza leggera del tramonto che le sfiorava la pelle le
diede una sensazione di benessere. Si strofinò gli occhi umidi con
una mano,impedendo alle lacrime di rigargli le guance. Aveva imparato
da tempo a non piangere. Fece scorrere lo sguardo in lontananza verso
il bosco che si estendeva antistante la domus. Lì si poteva scorgere
una figura inginocchiata vicino ad un albero. La curiosità la spinse
a muovere qualche passo incerto,prima che un raggio di sole
illuminasse l'ombra. Era Gabrielle...
Il cuore sussultò nel petto e i suoi pensieri si
catalizzarono su di lei che piangeva sconsolata. Avrebbe preferito
correre verso il bosco e stringerla tra le braccia per asciugare
tutte le sue lacrime. Tuttavia questa volta fu la ragione a prevalere
sui sentimenti. Serrando la mandibola si voltò e ritornò in casa,
lasciando la ragazza nel pieno del suo dolore. Se l'avesse raggiunta
sarebbe stato peggio per entrambe.
Accostato il pesante portone di legno, sospirò
pesantemente e si sedette sconsolata vicino al piccolo impluvium. La
superficie liscia e trasparente dell'acqua catalizzò immediatamente
la sua attenzione. Vi immerse lentamente l'indice della mano
destra,provocando innumerevoli increspature. Sorrise,pensando che
aveva sempre adorato giocare con l'acqua sin da quando era piccola.
Era sempre la prima a tuffarsi nel fiume e a tornare a casa bagnata e
sporca di fango, seguita a ruota dal fratello Linceo. In quei momenti
la madre Irene non le risparmiava mai le ramanzine.
Ma il sorriso si spense quando i ricordi mutarono e il
volto della madre si trasformò nel viso di Gabrielle. Era proprio in
quel luogo che avevano scambiato le prime parole. Vicino a quel
piccolo impluvium Xena aveva deciso di non scappare da quella domus,
per proteggere quella ragazza così fragile e indifesa. Ed ora un
sentimento potente la stava consumando. Rabbiosamente tolse la mano
dall'acqua, spruzzando gocce tutt'intorno. “Devo parlarle. Non
posso andare avanti così o impazzirò. Certo... dopo quello che è
successo sarà difficile avvicinarla, ma devo provarci. Devo capire
cosa nasconde il suo cuore. Piangeva per la vergogna? Il mio gesto
l'ha spaventata così terribilmente da spingerla a rifugiarsi nel
bosco? Non lo saprò mai se non agisco. Sarà un momento decisivo...
Se non prova niente nei miei confronti o se si tratta solo di
un'infatuazione passeggera, me ne andrò a costo di rischiare la
prigione a vita o la morte per mano di Marcello. Soffrirà finchè
rimarrò qui.”
Fiera si risollevò da terra e si diresse nelle
cucine,dove sapeva che ci sarebbe stato Manlio ad attenderla con un
mucchio di lavoro da fare. Il dolore si era attenuato di fronte alla
risoluzione del suo spirito,sebbene il cuore stesse ancora
sanguinando copiosamente.
Il giorno dopo
Il sole era alto nel cielo e nessuna nuvola adombrava la
sua luce. Sarebbe stata una giornata splendida per lei se non fosse
stata tormentata da pensieri oscuri.
Si sollevò dal soffice letto angosciata e assonnata.
Non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte a causa
dell'inquietudine e del nervosismo che si erano impadroniti di lei.
La figura di Xena l'aveva tormentata a lungo, senza darle l
possibilità di pensare a mente fredda e lucida. La sera prima si era
ritirata direttamente nella sua camera senza toccare cibo e
fortunatamente non l'aveva incontrata.
“Avere una delle domus più grandi di Roma è
sicuramente un vantaggio talvolta. Ma non potrò sfruttarlo ancora a
lungo, se non voglio trascorrere il rest della mia vita chiusa nella
mia lussuosa camera. Dovrò pure incontrarla!!”
Il pensiero la fece rabbrividire: se da una parte il suo
cuore non desiderava altro che poter concludere quel momento di magia
che si era bruscamente interrotto, dall'altra la mente le impediva di
illudersi. Soprattutto la rgione la spingeva ad evitare di rivederla.
Sapeva che quegli occhi azzurri come il mare l'avrebbero mandata
ancora di più in confusione e tutti i suoi buoni propositi sarebbe
evaporati. In fin dei conti nemmeno lei era sicura di ciò che
provava. L'unica cosa che aveva capito nel cuore della notte, cullata
dal verso dei grilli, era il sentimento nei confronti della bella
schiava era una forte attrazione, che si sarebbe ben presto evoluta
se non avesse trovato al più presto una soluzione.
Sospirando,osservò malinconica lo specchio vicino al
suo letto e si ricordò di quando avevano scherzato tranquillamente
sulla bancarella che avrebbero allestito a Capua. In quei brevi
momenti aveva provato una pace interiore e una serenità che non
credeva esistessero e gli occhi della donna l'avevano trasportata in
un'altra realtà,lontana da tutti e da tutto. Una lacrima solitaria
le solcò il viso,rompendo il velo di freddezza che il suo viso aveva
assunto. Il suo cuore era in pezzi...
Deglutendo a fatica nel tentativo di calmare i
singhiozzi che le sarebbero usciti prepotentemente dalla gola, scosse
la testa risoluta.
“Impazzirò se non trovo una soluzione. Sono una
persona adulta e come tale devo affrontare i problemi. Ho deciso di
incontrarla e di chiarire i miei pensieri. Non ha senso continuare a
torturarsi da sola senza venire a capo di nulla. Mi faccio solo del
male rimanendo qui.”
Toc Toc
Un lieve bussare la fece trasalire e il cuore le
cominciò a battere all'impazzata,mentre la sua espressione affranta
si era illuminata di un dolce sorriso. Decise di non voltarsi, ben
consapevole di non riuscire a regolare il respiro che suo malgrado
era sempre più affannoso.
“Domina! Sei già alzata! Molto bene. Devi venire in
cortile, c'è un regalo per te” la voce di Manlio distrusse ogni
sua illusione.
Gabrielle si voltò e cercò di rivolgere al ragazzo
immobile vicino allo stipite un dolce sorriso. “Un regalo? E da
parte di chi?” domandò falsamente curiosa
Un'espressione furbesca guizzò negli scuri occhi dello
schiavo che quasi ridendo rispose “Ma come mia domina! E' un regalo
del dominus ed è davvero splendido. Forse il più bello di tutti!!
Non indovinerai mai!”
Gabrielle rise all'entusiasmo del giovane e si fece
accompagnare lungo i corridoi della casa. In pochi minuti giunsero in
uno dei molteplici cortili e il cuore le si gonfiò di gioia. Di
fronte a lei, maestoso nella sua bellezza c'era un cavallo. Aveva una
splendida criniera dorata,riccamente intrecciata, e uno sguardo
nobile e fiero. Legato ad una colonna,muoveva nervosamente una zampa
alla ricerca di qualcosa da mordicchiare sulle lisce lastre di marmo.
La sorpresa e l'entusiasmo presero per un attimo il
posto della tristezza nella mente della giovane matrona “Ma è
magnifico! Ha visto Manlio??” domandò eccitata
“Si mia domina. E' un esemplare davvero magnifico. Non
ne ho mai visti di più belli”
Gabrielle però non aveva minimamente prestato
attenzione alle sue parole e si era velocemente avvicinata
all'animale. Prese ad accarezzarlo, saggiando la morbidezza del suo
pelo, che brillava alla luce del sole. Il cavallo,quasi a voler
ricambiare le sue attenzioni, cominciò ad odorare l'orlo delle sue
vesti e a mordicchiarle teneramente. “Ma che fai?? Mi assaggi?”
chiese Gabrielle divertita,mentre grattava delicatamente le orecchie
e la testa dell'animale.
“Credo che stia semplicemente cercando di capire se
sei un albero oppure no” rispose una voce alle sue spalle.
Gabrielle sollevò di scatto lo sguardo e rimase immobile.
Mollemente appoggiata alla parete, Xena osservava
divertita la scena “Sembra che tu non abbia mai visto un cavallo.
E' possibile?” le chiese con il tono tono ironico che la
contraddistingueva.
“io...io....” Gabrielle abbassò di nuovo gli occhi,
evitando quelli luminosi dell'altra.
Xena le si avvicinò,mentre il cuore le batteva
all'impazzata alla vista della bellezza della sua padrona. Tutto il
rancore e il dolore che aveva provato il giorno prima era
semplicemente svanito alla sua vista. L'unica cosa che desiderava era
parlarle di quanto era accaduto tra di loro e di quel sentimento che
le riempiva il cuore sino a farlo scoppiare. Cominciò a girare
intorno al destriero,osservandolo con occhio esperto,soffermandosi in
particolar modo sulle zampe.
“E' davvero bella...ne ho visti pochi come lei in
arena” mormorò
“Bella? Lei?” chiese Gabrielle confusa mentre
un'espressione perplessa le spuntava sul volto. Xena sospirò
rumorosamente,mentre cominciava ad accarezza il ventre dell'animale.
“Si... è una femmina... Non crederai che tutti i
cavalli siano maschi!!! Hahaha perchè non è così... Sai già come
chiamarla?”
Gabrielle scosse la testa. La mente le si stava
rapidamente annebbiando. Più Xena si avvicinava,più sentiva il
cuore sul punto di esplodere. Si chiese come facesse l'altra ad
apparire tranquilla e serena come se nulla fosse successo la sera
prima. Evidentemente non era poi stato così importante come lo era
stato per lei. Accortasi di non aver risposto alla domanda dal
silenzio che regnava, si affrettò a dire la prima cosa che le
passava in mente “Mah... non saprei... Briciola?”
Ci fu di nuovo un momento di silenzio prima che Xena
scoppiasse in una risata così fragorosa da far nitrire di spavento
persino la povera cavalla. La donna si teneva la pancia con un
braccio, mentre l'altro era poggiato al ginocchio nel tentativo di
rimanere in equilibrio. Gabrielle si scambiò uno sguardo confuso con
l'animale che sembrava sorpreso quanto lei per la reazione della
schiava. Xena cercò di contenere le risate che la stavano lentamente
piegando in due e aggrappandosi alla schiena del cavallo prese un
respiro profondo. “Briciola??? Ma cosa dici? E' un cavallo non un
cane... e poi Briciola è un nome orribile persino per una
ranocchia... Per gli dei trova un altro nome!!! Anzi...... che ne
dici di chiamarla Argo?”
Fu la cavalla a rispondere per Gabrielle con un nitrito
d'assenso.
Xena si illuminò e le accarezzò la criniera felice
“Hai visto?? Piace anche a lei”
Gabrielle scosse la testa affranta e alzò le mani in
segno di resa “Magnifico! Persino il cavallo cospira contro di me.
Penso proprio che me ne andrò prima o poi da questa casa!!” e fece
per allontanarsi, ma una presa salda la trattenne senza darle la
possibilità di muovere un muscolo.
“Non avrebbe senso questo posto senza di te, dovresti
saperlo Gabrielle.”
La voce profonda di Xena le fece imporporare le guance e
tremare le gambe
“Ma cosa dici?” chiese di rimando senza il coraggio
di girarsi
“Dico la verità... sei tu la luce di questa domus.
Per il resto potrebbe anche cadere in rovina e nessuno se ne
accorgerebbe...”
Gabrielle si divincolò dalla stretta con un rapido
gesto della spalla e si allontanò di poco.
“Perchè mi dici queste cose?” domandò piano, per
evitare che l'altra comprendesse la preoccupazione che le
attanagliava l'anima.
Xena le si avvicinò e le accarezzò piano la schiena,
incurante che chiunque avrebbe potuto vederle. La mora deglutì,
cercando le parole per esprimere cosa stesse provando il suo cuore in
quel momento. Velocemente pensò a cosa dire senza compromettere
troppo la delicata situazione che si era creata tra di loro.
Gabrielle era rimasta immobile, sebbene l'avesse sentita
tremare impeccertibilmente sotto il suo delicato tocco.
“Allora? Mi vuoi rispondere?” la incalzò irritata
dal silenzio che si era creato tra di loro.
Xena sospirò “Perchè... perchè...”
“Ecco dov'eri!!! Ti ho cercata dappertutto!!” una
voce maschile mandò in frantumi i suoi buoni propositi.
Marcello avanzava a grandi passi verso di
loro,sfoggiando un sorriso ammaliante sul viso abbronzato dal sole.
“Gabrielle!!! Moglie cara!! Vieni qui!!” esclamò
felice abbracciandola con calore. Xena si era allontanata dalla
padrona non appena l'aveva scorto. Lo sguardo che rivolse all'uomo
era carico d'odio e di disprezzo. Marcello se ne accorse e si staccò
dalla moglie “Ah.... la tigre di Anfipoli.... Vedo che sei felice
di vedermi quasi quanto lo sono io...” L'espressione felice mutò
in un ghigno crudele “Inchinati di fronte al tuo padrone schiava.
Ti ho già detto che non devi mancarmi mai di rispetto.”
La mora si limitò ad osservarlo senza mutare
espressione, per poi lanciare uno sguardo a Gabrielle che era rimasta
immobile con il viso pietrificato dalla preoccupazione.
Il pugno arrivò senza che se ne accorgesse “Inchinati
ti ho detto!! E non osare guardare mia moglie schiava! Non hai il
diritto di rivolgere il tuo sguardo su di lei. E ora va via. Porta il
cavallo nelle stalle, Manlio ti sta aspettando. Dovete dargli il
miglior fieno che abbiamo. Hai capito?”
Xena gli volse le spalle e cominciò a trafficare con la
corda che legava il muso di Argo. Ebbe appena il tempo di sentire uno
schiocco, prima che un dolore lancinante alla schiena le fece quasi
piegare le ginocchia.
Argo nitrì furiosamente, rivolgendo uno sguardo di
rabbia nei confronti di Marcello che,trionfante,arrotolava la frusta
intorno alla cintura.
“Non ho sentito la tua risposta schiava. Devi parlare
quando ti rivolgo la parola. E io ti ho fatto una domanda. Rispondi
se non vuoi assaggiare un altro po' della mia frusta.”
Xena,chiusa nel suo mutismo, prese la briglia del
cavallo pronta a condurlo verso l'uscita della casa. Il suo
atteggiamento scostante e indifferente non fece che aumentare la
rabbia del suo padrone
“TI... HO... DETTO... DI RISPONDERE!!!!!!” lo spazio
di ogni parola era intervallato da un nuovo colpo di frusta. Xena
strinse sempre di più i denti, anche se il bruciore alla schiena e
il dolore erano insopportabili.
“Ancora non ti basta?” chiese crudele Marcello e
fece per sollevare nuovamente il braccio
“No! Marcello!!” urlò Gabrielle trattenendolo
disperata. La sua voce era rotta di pianto e gli occhi pieni di
lacrime. L'uomo la osservò sorpreso prima di spingerla via
“NON OSARE INTROMETTERTI DONNA! LEI E' LA MIA SCHIAVA!
SONO STATO CHIARO???????”
A quel punto Xena si voltò e lo colpì con un pugno
allo stomaco “Non ti permettere di parlarle così! Sei solo un
animale!”
E velocemente si avvicinò alla padrona, aiutandola ad
alzarsi. Gabrielle la guardò confusa e preoccupata al tempo stessa
“Sei pazza?” le chiese in un sussurro. Xena scosse la testa, ma
non potè rispondere, perchè un dolore improvviso la fece
sprofondare nel buio. Marcello l'aveva colpita alle spalle con il
pesante manico del gladio. Il suo volto era una maschera di rabbia e
il suo respiro affannoso.
“Aurelio!! Vieni qui!!” chiamò a gran voce. Un uomo
li raggiunse correndo, inchinandosi ossequioso di fronte ai suoi
padroni.
“Mettila in groppa al cavallo e portala nelle segrete.
A quanto pare le piace stare in quel posto.”
L'uomo annuì riverente,sollevò la donna con non poca
fatica e assicuratola alla schiena dell'animale si allontanò
velocemente.
Gabrielle lo guardò andare via senza avere il coraggio
di proferire parola.
Fu Marcello a parlare per primo “allora... Io torno a
casa... ti porto un regalo.... sono felice di rivedere mia moglie....
e tu che fai? Prendi le difese della schiava!!! della mia schiava!!!!
Sei forse impazzita??? Come osi anche solo rivolgere la parola a
quell'essere inferiore???? Eh??? Rispondi!!”
Il tono rabbioso dell'uomo spaventò non poco Gabrielle.
“Io... io... non ho fatto niente di male. Ho preso le
sue difese perchè è mia amica.”
Marcello ghignò crudelmente alle parole della consorte,
prima di scoppiare in una risata “Amica? Ma ti rendi conto di cosa
stai dicendo??? Gli schavi sono degli animali... hai mai pensato di
diventare amica di un cane? E' contro natura!!! E che sia l'ultima
volta che osi anche solo contraddirmi di fronte ad uno schiavo,
altrimenti finirai anche tu nelle segrete. E' questo che vuoi? Vuoi
forse diventare una schiava?”
Gabrielle prese a tremare e gli occhi gli si riempirono
nuovamente di lacrime
“N..no” si limitò a sussurrare
Marcello annuì convinto e le passò un braccio intorno
ai fianchi “Saggia decisione, moglie mia. Ora preparati, andiamo in
città. Devi assolutamente comprarti un vesitio nuovo per la festa
che ci sarà tra qualche giorno.”
“Festa?” domandò Gabrielle confusa “Vai ad una
festa?”
L'uomo rafforzò la presa intorno a lei “No cara.
Andiamo. E' il genetliaco del nipote di Gneo Cornelio. E lui ci ha
invitato. Sarà una festa in maschera, perciò andremo al mercato a
comprare le vesti che ti servono. Dovrai essere la più bella di
tutte quel giorno! Non sei contenta?”
Gabrielle si sforzò di sorridere, sebbene l'idea non le
fosse particolarmente gradita.
“Estasiata” sussurrò, mentre saliva sul carro
dorato diretta a Roma.
Il
giorno dopo,cella
Le mura intorno a lei giravano vorticosamente. Cercò di
toccarsi dietro la nuca, ma le catene le impedivano qualunque
movimento. Lentamente riuscì a sollevare la testa, che stava
reclinata sul petto, e a dare uno sguardo confuso all'ambiente
circostante.
Sorrise amaramente quando capì dove si trovava.
Marcello l'aveva fatta rinchiudere di nuovo nella cella puzzolente e
lercia che l'aveva ospitata qualche tempo prima.
Il ricordo dell'uomo le provocò una sensazione di
disgusto e di disagio
“E' una maiale travestito da romano” pensò
rabbiosamente “E' un essere inferiore che sa solo colpire alle
spalle. Se trovassi l'occasione adatta gli farei pagare ogni sua
cattiveria. Ma ora come ora sono bloccata qui....”
Lentamente i sensi erano ritornati ad essere
vigili,anche se il collo continuava a dolerle terribilmente. Riusciva
solo a muovere le gambe,mentre le braccia erano sollevate dalle
catene di ferro. In quella posizione era totalmente indifesa. La
situazione non le piacque: se aveva imparato una cosa all'arena di
Capua era evitare ogni occasione favorevole per il nemico.... E
Marcello avrebbe potuto ucciderla in un attimo se avesse voluto.
Cercò di rilassare le spalle e di riordinare i pensieri. L'unica
cosa che ricordava era il simpatico scambio di battute con il padrone
e il tenue tentativo di Gabrielle di fermare la furia del marito.
Quello slancio della matrona le aveva stretto il cuore: aveva cercato
di proteggerla,sapendo che Marcello avrebbe potuto sbattere anche lei
in una cella. Il coraggio della ragazza l'aveva colpita, non pensava
che potesse ribellarsi al consorte. Seguendo il filo dei
ricordi,però, la tenerezza venne sostituita ben presto dall'amarezza
per la dichiarazione mancata.
“Se quel bastardo di Marcello non fosse mai arrivato
in quel momento forse.... forse sarei riuscita a dichiarare a
Gabrielle il mio sentimento....” ma lei stessa non ne era molto
convinta. Aveva sprecato un'occasione d'oro, rimanendo impalata di
fronte alla padrona con la gola secca e le parole bloccate in gola.
“Del resto non è poi una cosa semplice da spiegare... insomma...
una schiava che si innamora della padrona sposata!!! Tutte a me
capitano!!!!”
Tlack
Un rumore improvviso la riscosse. Gli occhi vigili
correvano lungo le pareti della cella, tentando di vedere qualcosa
nell'oscurità fiocamente illuminata dalle torce.
Non riuscendovi, decise di chiudere gli occhi e di
rimanere immobile ad ascoltare
Non ascoltare i suoni,ma quello che c'è dietro ai
suoni le ripeteva sempre Zenos e
in quel momento capì quanto aveva ragione.
Nel silenzio della prigione alcuni passi si susseguivano
veloci. Una persona più pesante camminava in punta di piedi,seguita
a breve distanza da una più leggera. Xena distese le labbra e quando
la fiamma di una torcia illuminò il corridoio esclamò
“Ah... il buon vecchio Manlio è venuto a farmi una
visita eh???”
Il giovane sobbalzò dalla sorpresa,mentre appoggiava la
rudimentale fiaccola all'apposito gancio del muro.
“Per gli dei Xena!!! Come facevi a sapere che ero
io????”
La mora cercò di sollevare le spalle con noncuranza
“Perchè io ascolto... e so riconoscere i tuoi passi. Allora... sei
venuto qui a portarmi dal mio padrone???? Immagino che vorrà
trascinarmi negli Inferi di persona per la mia insolenza... O forse
preferisce continuare a frustarmi???”
Il ragazzo si pose l'indice sulle labbra per farla
tacere e lanciò uno sguardo spaventato lungo il corridoio alle sue
spalle.
“Non sono io il tuo visitatore..” bisbigliò con un
filo di voce
Xena lo guardò confusa e spazientita al tempo stesso
“Insomma vuoi smetterla di...”
Ma le parole le morirono in gola quando una figura esile
comparve dietro le sue spalle. Il ragazzo aprì lentamente la porta e
si fece da parte.
“Manlio ora ti prego di lasciarci. Se qualcuno dovesse
arrivare tu sarai pronto ad avvisarmi”
“Ma mia domina...”
Gabrielle alzò una mano e gliela posò sulla spalla “
Per favore Manlio...”
Lo schiavo sospirò preoccupato,ma non oppose ulteriore
resistenza. Si limitò a lanciare a Xena uno strano sguardo
circospetto, prima di chiudere la porta della cella e andarsene.
Gabrielle e Xena erano rimaste sole.
“Domina... io...” tentò di dire Xena,ma Gabrielle
la precedette “Devi andare via da qui Xena. Ti farò fuggire
stanotte ed avrai salva la vita.”
Le parole pesarono come un macigno sul cuore di
Xena,frantumandolo pezzo per pezzo.
“Andare via?” ripetè confusa “Ma perchè mai???
Ho fatto forse qualcosa di male???”
Gabrielle non rispose, ma cominciò a tormentarsi le
mani in grembo, un chiaro segno del suo nervosismo.
“Gabrielle... per favore...”
La ragazza le volse le spalle,lasciandosi andare ad un
sospiro “Mi dispiace, ma io non ce la faccio. Sento... sento...
delle... oh dei... non so più cosa dire... Mi ero preparata una
specie di discorso... ma ora le parole si sono cancellate dalla mia
memoria...”
“Perchè non provi a dirmi semplicemente quello che
senti?” le chiese gentilmente la mora, nel tentativo di trarla
fuori dall'imbarazzo. Ma la sua domanda non fece che peggiorare la
situazione. Gabrielle si girò nuovamente verso di lei,cercando di
trattenere le lacrime
“Ma è proprio questo il problema capisci??? Io non so
quello che sento... Sono così confusa... Non faccio altro che pormi
domande alle quali non posso dare una risposta... Da quando sei
arrivata qui con mio marito, la mia vita è completamente cambiata...
Io... io non so più chi sono. I ricordi mi sfrecciano davanti agli
occhi come se appartenessero ad un'altra persona... io... io... ti
odio Xena.”
In quell'istante il tempo per Xena si bloccò. Le parole
della matrona le avevano attraversato taglienti le orecchie, ma il
suo cuore si ribellava al loro significato. La parola odio le
rimbombava senza pietà nel cervello e pensieri confusi le si
affannavano uno dietro l'altro.
Gabrielle si pose le bianche dita sulle labbra come se
si fosse spaventata di quello che aveva detto.
Xena la guardò senza espressione,per poi mormorare “Mi
odi?? A questo si giunge per paura dei propri sentimenti??”
La ragazza fece per rispondere,ma la mora la precedette
irata “Non fare la stupida Gabrielle. Te lo leggo negli occhi!!! So
che provi qualcosa per me come io provo qualcosa per te!!! Cosa
credi?? Che io abbia trascorso una notte tranquilla dopo che le tue
labbra hanno sfiorato le mie?? Pensi che io non abbia pensato a nulla
fino ad ora??? Ne sei proprio sicura??? Cupido è testimone dei miei
pensieri e delle mie parole!!! Quanto mi sono disperata, pensando che
forse i miei gesti,le mie parole avevano potuto turbarti... quanto mi
sono illusa, cullandomi nella speranza che avresti ricambiato il mio
sentimento.... Ma a quanto pare tu non ti sei preoccupata di tutto
questo se hai deciso di allontanare il problema!!! Preferisci
soffocare il tuo cuore???? E per cosa poi??? Per un marito che non ti
ama??? Lui è un viscido bastardo!! E' stato lui,non è vero?? Ti ha
minacciata, lo so... Ti ha costretto a venire qui... Se solo..”
“ZITTA!!!” l'urlo improvviso di Gabrielle riuscì a
riportare di nuovo il silenzio.
Le lacrime le
scorrevano copiose lungo le guance,raccogliendosi alla base del
candido collo. Sollevò una mano e si asciugò piano gli occhi,mentre
la schiena era appoggiata alla fredda porta della cella “Sei tu che
non ti sei posta il problema. Non mi capisci... Ti rendi conto di
cosa significa tutto questo per me??? Io ero una donna sposata... io
sono sposata... non ho mai provato sentimenti del genere... come
pensi che stia??? O forse credi che sia facile abbandonare il proprio
marito da un giorno all'altro??? Anche se Marcello è un mostro,
rimane sempre mio marito... Nessuno può cambiare questa realtà...
Cosa potrei mai fare?? Andare da lui e dirglielo per poi farci
uccidere??? O forse dovrei scappare di notte dalla mia domus come una
ladra??? Credi forse che ci accoglieranno mai a Roma o in qualunque
altro posto??? Nessuno ci capirebbe... Che vita potremmo mai fare
nascoste da tutto e da tutti??? Per questo ti prego di andare via...
Se continui a rimanere qui non faremo che soffrire entrambe per
qualcosa che non potrà mai realizzarsi!!!”
Il volto di Xena era privo di espressione. Non aveva
emesso né un suono né un sospiro,stringendo tanto i pugni da
conficcarsi le unghie nella pelle.
La rabbia le impediva di parlare e la disperazione le
lacerava il cuore.
Un amaro silenzio calò tra di loro. Gabrielle aveva il
respiro affannato: si sentiva esausta e inquieta dopo tutto quello
che era riuscita a confessare. Cercò invano lo sguardo della schiava
che aveva abbassato la testa come se fosse troppo stanca anche per
respirare.
“Allora??? Non hai nulla da dire?” sbottò la
ragazza nel tentativo di suscitare una reazione da parte dell'altra.
Xena sollevò piano la testa e Gabrielle rabbrividì al
suo sguardo glaciale.
Il calore che fino a poco prima aveva animato quegli
occhi belli come il mare era svanito.
“Liberami”si limitò a dire con distacco.
“Come?” chiese Gabrielle confusa
“E' quello che vuoi no? Liberami e io me ne andrò. Io
avrei lottato per te Gabrielle,ma a quanto pare non sei disposta a
fare altrettanto...”
Un'altra lacrima solcò il volto della giovane,ma Xena
finse di non accorgersene e sbattè violentemente i polsi sul muro
alle sue spalle
“Allora??? Ti decidi??? Non ho intenzione di perdere
ancora tempo...”
Gabrielle la osservò ferita dal distacco e dalla
indifferenza che la donna ostentava.
“Manlio!!!” gridò a gran voce. Immediatamente si
sentì un rumore sordo e di nuovo passi pesanti lungo le scale. Il
giovane giunse ansante alla cella.
“Appena in tempo mia domina. Credo che il padrone ti
stia cercando... Devi andare a prepararti...”
Gabrielle annuì,ma lo sguardo era spento e distante
“Libera la prigioniera Manlio.”
“Che cosa???”
“Mi hai capito benissimo. Liberala.”
Manlio lanciò uno sguardo spaventato a entrambe e prese
a balbettare nervoso
“L-liberarla mia domina??? Ma è impossibile!!! Cosa
succederà quando il padrone scoprirà delle sua fuga??? Sarà
infuriato!!!! E poi perchè deve andare via???”
“Fa quello che ti è stato ordinato Manlio e smettila
di fare storie!” esclamò Xena rabbiosamente
“Si può sapere cosa ti succede Xena?? Perchè fai
così??” le domandò preoccupato
Xena gli lanciò un'occhiata omicida “Ti ho detto di
sbrigarti idiota!!!”
Gabrielle uscì in fretta e furia dalla stanza “Manlio
ti prego liberala. Per quanto riguarda Marcello ci penserò io. Ti
prego fa quello che ti ho chiesto. E' importante.”
Poi si volse nuovamente verso Xena,emise un flebile
sospiro e corse via.
Tlack
La porta della prigione si chiuse pesantemente in
lontananza e l'ultimo frammento del cuore di Xena sprofondò nelle
tenebre della disperazione.
Cortile
della domus
La bionda matrona percorreva velocemente gli oscuri
corridoi della domus. La mente era svuotata,gli occhi le bruciavano
per le lacrime versate, il cuore era in pezzi.
Il giorno precedente aveva pensato a lungo a cosa dire a
Xena, approfittando dell'assenza del marito. Il ritorno di Marcello
non aveva fatto altro che peggiorare la situazione e portarla alla
disperazione. I pensieri illusori che l'avevano cullata pochi giorni
prima erano definitivamente spariti: se aveva invocato più volte
Cupido per il suo sentimento proibito, ora non faceva che invocare il
dio Ade affinchè la portasse via con sé nell'oblio della morte. Che
senso aveva vivere? Aveva dovuto rinunciare all'unica persona che le
aveva trasmesso affetto e amore e non le rimaneva più altro.
“Se solo Xena mi comprendesse... se solo capisse il
motivo della mia scelta... forse il mio fardello sarebbe più
sopportabile... Dai suoi occhi ho percepito solo rancore e rabbia.
L'ho ferita, le ho spezzato il cuore senza riuscire a darle una
motivazione!! Oh se solo sapesse quanto mi è costato farlo!!! E'
solo per amor suo che ho preso questa decisione. Continuare a vivere
sotto lo stesso tetto ci avrebbe portato alla follia... ci avrebbe
fatto compiere qualche gesto insano del quale ci saremmo pentite
entrambe!! Il ritorno di Marcello mi ha fatto ritornare alla realtà:
non c'è posto per l'amore e per le illusioni in questo mondo. E'
forse questo il destino degli uomini: soffrire senza avere la
possibilità di avere un barlume di felicità?? Ah se solo non fossi
così vigliacca... Se solo non avessi così tanta paura... sarei
fuggita con lei??? Sarei scappata da questo mondo ipocrita per
rifugiarmi da qualche parte con lei??? No... non l'avrei fatto... per
quanto io odi Roma,mio marito e questo posto non ho la forza di
ribellarmi... Ci ho provato per tanto tempo e oramai mi sono
rassegnata alla sconfitta. Nessuno, nemmeno tu Xena, può
salvarmi...”
Un vociare concitato la distrasse “Mia domina!! Mia
domina!!”
Diona correva a perdifiato nella sua direzione.
Gabrielle squadrò confusa la sua robusta e formosa figura per
qualche secondo prima di capire di chi si trattasse.
La schiava la raggiunse con il respiro affannato e la
fronte madida di sudore “Ti ho cercato dappertutto... Ma dove eri
finita??? E' quasi ora e tu devi indossare il tuo meraviglioso
costume.”
Gabrielle sospirò affranta e chiuse gli occhi per
impedire ad altre lacrime di scorrerle sul volto. Diona le pose un
braccio intorno alle spalle per confortarla e la matrona si lasciò
cullare dalla sua salda presa,abbandonandosi alla disperazione.
La schiava attese pazientemente che l'altra si fosse
calmata e le domandò “Cosa ti succede?? Il padrone ti ha di nuovo
maltrattato??”
Gabrielle scosse piano la testa “No... questa volta
Marcello non c'entra nulla...”
Diona sorrise incoraggiante per spronarla a continuare.
Lei e Gabrielle si conoscevano da molto tempo,avevano la stessa età
ed erano diventate subito amiche. La matrona le aveva sempre
raccontato i suoi turbamenti, sebbene negli ultimi tempi,da quando
Xena era arrivata, sembrava aver ritrovato un po' di serenità.
Vederla in quello stato pietoso la preoccupò: era da tempo che non
piangeva in quel modo. Pensò che fosse preoccupata per quello che
era accaduto alla schiava. Manlio le aveva raccontato della furia di
Marcello.
Poiché Gabrielle non si decideva a parlare, Diona
decise di rompere il silenzio “Sei forse preoccupata per Xena?
Manlio mi ha raccontato quello che le è successo... So che è di
nuovo rinchiusa nelle segrete... Ma non devi preoccuparti. E' una
donna forte... La conosco solo da poco, ma ho capito che niente può
fermarla. E poi non fa altro che parlare male del padrone!!!
Sicuramente non vuole dargli alcuna soddisfazione. Su...su vedrai che
molto presto la farà uscire!!!”
Ma le sue parole non sortirono l'effetto desiderato.
Gabrielle aveva ripreso a piangere ancora più copiosamente di prima
e tremava come una foglia.
Di fronte a tale reazione Diona decise di intervenire
con più vigore “Ma insomma si può sapere che succede??? Non ti
riconosco... Non fai che piangere!! Non sarà successo qualcosa a
Xena??? Il padrone le ha fatto del male??”
“No... io le ho fatto del male... Io l'ho ferita senza
alcuna pietà...”
“L'hai ferita??? Ma come???” ripetè Diona senza
capire.
Gabrielle sospirò nuovamente e si staccò dal suo
abbraccio. Si appoggiò stancamente ad una colonna,osservando il
cielo buio come la pece.
“Io l'ho liberata Diona... e le ho detto di sparire
per sempre dalla mia vita. Le ho ordinato di abbandonare la domus e
di non tornare mai più.”
La schiava spalancò gli occhi per la sorpresa incapace
di rispondere. Per un attimo un' invidia profonda cominciò a
penetrarle l'anima al pensiero dell'altra lontana dalle fatiche della
domus,ma le parole di Gabrielle la riscossero dai suoi pensieri.
“Non fraintendere le mie parole Diona.. L'ho liberata
per un preciso motivo... ed è proprio per questo che soffro
terribilmente e non faccio che augurarmi la morte!!”
“Ma cosa dici mia domina?? La morte??? Ma non puoi
pensare a...”
Ma Gabrielle la interruppe “Io provo qualcosa per lei
Diona!”
La giovane schiava inclinò leggermente la testa e le
lanciò uno sguardo interrogativo
“Da quando è arrivata qui la mia vita è cambiata...
Io non mi riconosco più e mi sento confusa... terribilmente
confusa...” si accasciò al suolo senza più la forza di parlare.
Diona, sparita la sorpresa iniziale, si avvicinò piano
a lei e le prese gentilmente il braccio per aiutarla ad alzarsi “Oh
domina! Ti sei innamorata di lei!” sussurrò felice.
Gabrielle si rassettò il vestito impolverato e le
domandò sorpresa
“E non credi che sia una cosa contro natura??? Non
credi che io sia pazza???”
Diona scoppiò in una risata cristallina “Ma cosa
dici??? E' una cosa meravigliosa!!! perchè dovresti essere pazza???
Pensavo che fosse bello essere innamorati, ma guardandoti mi sembra
la cosa più terribile che possa capitare!!!! Però.......”
Un pensiero improvviso le attraversò la mente “Ma tu
l'hai lasciata andare!!! Non dirmi che l'hai scacciata via perchè
hai paura del tuo sentimento!!!!”
“Diona!!!! Diona!!! Hai trovato mia moglie?????”
l'urlo di Marcello risuonò per tutta la domus. Le due donne si
lanciarono uno sguardo rassegnate.
“Si mio dominus! E' qui!!! Ora la aiuto a
prepararsi!!!” rispose Diona
Gabrielle si lasciò condurre docilmente verso la
propria camera,incredula per la reazione dell'amica. Era contenta per
lei e per il suo sentimento e non ci aveva trovato nulla di insano e
di malato. Il dubbio di aver preso una decisione sbagliata le si
insinuò nel cuore e non fece che aumentare quando Diona le sussurrò
“Sappi che una volta ritornata dalla festa, mi dovrai raccontare
per bene ogni cosa e vedremo di rimediare al danno che hai causato!!!
Cella
“Ti ho detto di fare piano!” ringhiò Xena per
l'ennesima volta.
Manlio non rispose,limitandosi a liberarla dalle pesanti
catene. Le braccia della donna le caddero intorpidite lungo i
fianchi: il dolore e il formicolio non le davano tregua, ma non erano
nulla in confronto alla disperazione che le albergava il cuore.
Lentamente si alzò,facendo forza soprattutto sulle
gambe e si diresse verso l'inferriata di fronte a lei. Ancora pochi
minuti e sarebbe stata di nuovo libera: non immaginava che la libertà
le sarebbe costata così caro...
Ma una forte stretta la trattenne. Manlio l'aveva
abbracciata da dietro e le teneva il viso nelle scapole. “Non devi
andare!!” esclamò.
Xena mosse repentinamente le scapole e si liberò senza
difficoltà della stretta “Lasciami ragazzino o te ne pentirai. Hai
sentito la domina? Sono una donna libera ora e niente può
trattenermi qui.”
Ma il ragazzo per tutta risposta corse di fronte a lei e
ingombrò lo stretto passaggio di pietra, impedendole di proseguire.
La donna lo guardò,incrociando le braccia al petto “Ora
mi stai davvero stancando. Pensi di potermi fermare?”
“No! Cerco di farti ragionare. Perchè te ne vuoi
andare?”
Xena rise tristemente per l'ingenuità del ragazzo
“Forse hai perso qualche passaggio.. non sono stata io a chiedere
la libertà. La nostra cara domina mi ha concesso di andare via da
qui per sempre.”
Manlio osservò la mascella della donna contrarsi mentre
pronunciava quelle parole.
Il suo sospetto si raffrorzò a quella vista e le sue
speranze si sciolsero come neve al sole. “Provi qualcosa per lei,
non è vero?” domandò piano, quasi temendo la risposta dell'altra.
Xena,che fino a quel momento aveva assunto
un'espressione annoiata, sentì il cuore sobbalzare per la sorpresa.
Guardò meravigliata il ragazzo di fronte a lei, incapace di
formulare una sola parola.
Un solo pensiero le si era formato nella mente “E lui
come fa a saperlo per gli dei??”
Manlio sembrò cogliere il suo dubbio e la anticipò
“Sta tranquilla... Nessuno mi ha detto nulla. L'ho capito da
solo... non sono stupido. Si vede da come la guardi... non guardi
nessuno in quel modo. E poi da come la difendi dal padrone. Diona mi
ha detto che in cucina non fai che insultarlo, maledicendolo per
tutte le cattiverie che le ha fatto. Ho semplicemente collegato le
cose.”
La risposta non fece che aumentare la risposta di Xena,
che confusa e meravigliata, non potè fare a meno di arrossire.
“E se anche fosse?” chiese orgogliosa “A quanto
pare non conta molto, considerando che mi sta sbattendo fuori. Si
vede che quello che penso o che provo non è poi così importante. A
saperlo non avrei sprecato molte energie. Ora per gli dei fammi
passare”
“No!” esclamò con più vigore il ragazzo,
allargando le braccia e le gambe e restrigendo ancora di più
l'ambiente angusto.
“Insomma si può sapere cosa vuoi? Perchè ti
interessa tanto???”
Manlio scosse la testa esasperato “Sai qual è il tuo
problema? E' che sei mostruosamente egocentrica. Possibile che pensi
solo a te stessa?? Sai solo dire quello che hai pensato e provato, ma
non ti poni il problemi degli altri. Vivi nel tuo mondo e non osservi
chi e cosa ti circonda. Non hai pensato che forse ora la nostra
domina si starà terribilmente pentendo di quello che ti ha detto??
Non hai pensato che è giunta a questa conclusione contro la sua
volontà solo per il tuo bene??”
“E con questo cosa vorresti dire?? Che forse sono
insensibile???” ringhiò contrariata “se avesse voluto realmente
il mio bene, non mi avrebbe cacciato. Io voglio stare con lei!! E'
così difficile da capire??? Forse pensa che cacciandomi mi farà
vivere felice???”
“Se è così importante per te, perchè non glielo
dici?”
La cocciutaggine del ragazzo le stava facendo esplodere
il cervello. Si massaggiò piano una tempia, per cercare di limitare
la furia che le stava facendo rimescolare il sangue nelle vene.
“Io ho provato a dirle tutto. Ma lei non ha voluto
ascoltarmi!!! E ora levati!!!!”
e con una spinta lo sbattè contro il muro. Finalmente
aveva la strada libera.
“Tu sei solo una sciocca” sussurrò flebilmente
l'altro, che per il colpo ricevuto si era mollemente accasciato sul
pavimento sudicio.
“Sei una sciocca orgogliosa” continuò “perchè
non vai da lei e chiarisci ogni cosa? Non credevo che la tigre di
Anfipoli si arrendesse così facilmente. Pensavo che volessi lottare
per i tuoi sogni e per i tuoi desideri. Tu mi hai detto di aver
superato molti traumi e molte avversità nella tua vita... perchè
vuoi arrenderti ora, quando è così chiaro che senza di lei non
riusciresti a vivere?? Se te ne vai, forse il tuo orgoglio resterà
intatto, ma il tuo cuore sanguinerà per sempre e tu sarai consumata
dal rimorso per non aver fatto nulla. Va da lei e non indugiare!”
Xena non aveva mosso un muscolo e ascoltando le parole
del ragazzo un brivido le aveva percorso la schiena. Manlio
faticosamente si sollevò e le pose una mano sulla spalla. Lacrime
silenziose scorrevano lungo le sue guance: deglutì a fatica e chiese
senza voltarsi. “Perchè mi dici tutte queste cose?”
“Perchè voglio che tu sia felice. E' così
sbagliato??
A quelle parole Xena scoppiò in un pianto liberatore e
si rifugiò nelle esili braccia di Manlio. Il ragazzo non ebbe il
cuore di ritrarsi: conosceva perfettamente il dolore di Xena, perchè
era lo stesso che lei inconsapevolmente gli aveva procurato,
ammettendo il suo amore per la loro padrona. Inizialmente avrebbe
voluto confessarle tutto per farle capire la sua cecità e la sua
stupidità, ma in quel momento, ascoltando i suoi singulti disperati,
non potè fare altro che accarezzare piano la schiena, attendendo che
la crisi emotiva passasse.
Poco dopo Xena si calmò e si staccò da lui: gli occhi
arrossati facevao risaltare ancora di più il loro splendido colore.
A quella vista Manlio soffrì ancora di più e all'amarezza e al
dolore per essere stato rifiutato si sostituì il desiderio di vedere
di nuovo gli occhi dell'altra luminosi e sereni.
“Ascoltami... devi andare da lei. Ti prego.. te lo
chiedo come amico. Non permettere all'orgoglio di soffocare il cuore.
Vedrai che i tuoi sforzi saranno ripagati.”
Xena si asciugò gli occhi e annuì vigorosamente “Hai
ragione. Devo lottare per ciò che desidero... Andrò da lei e....
beh non so cosa succederà, ma sarò pronta ad affrontare qualunque
cosa!”
Un sorriso beffardo le illuminò il viso “Allora come
ti sembro?” domandò indicandosi il cencioso abito.
Manlio la osservò con occhio critico,aggrottando le
sopracciglia “Sembri lo straccio che Diona usa per la polvere. Per
il resto...”
Xena rise “Bene mi basta... sai... ho una festa che mi
aspetta!!”
Si voltò e fece per andarsene,ma dopo aver fatto
qualche passo si fermò e disse “Non so come ringraziarti Manlio.
Credo che tu mi abbia salvato la vita.”
Manlio sorrise al pensiero di quanto quelle parole le
fossero costate e si limitò a rispondere “Non preoccuparti. Ora
va!!!”
L'altra corse via e in breve tempo i suoi passi si
allontanarono.
Tlack
Allo scattare della serratura Manlio si accasciò di
nuovo a terra e si prese il volto tra le mani,raccogliendo le calde lacrime che gli scorrevano sul volto.
“Va Xena... e cerca di essere felice... almeno tu..”
|
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Capitolo 5 *** Incontri e feste in maschera ***
Servitus Capitolo V
Ehi!!!!! Ciao a tutti!!!! Si lo so... sono in ritardo... effettivamente
molto in ritardo... ma ho finito di fare gli esami il 12 luglio!!! E
ora sono di nuovo seppellita nei libri dopo essermi goduta due
settimane di vacanza... Per prima cosa voglio fare gli auguri alla mia
socia!!! Harwest-chan buon compleanno!!! Non a caso ho deciso di
pubblicare il mio nuovo capitolo proprio il 13 agosto!! Ho mantenuto la
promessa... eccoti qua un capitolo nuovo nuovo come regalo "virtuale"
al quale accoppierò ben presto un regalo materiale, se
riuscirò a trovare qualcosa che potrà soddisfarmi (mmm la
vedo dura)... Comunque in questo nuovo capitolo faranno la loro
apparizione due nuovi personaggi: uno del quale avete solo sentito
parlare, ma che ora entra in scena di persona e un altro che invece...
beh... lo vedrete... darà un pò a tutti dei problemi...
Seconda cosa vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che mi hanno
recensito e in particolare Principe delle stelle e BellatrixWolf per
aver inserito la mia storia tra le Preferite e Caso per averla inserita
tra le Ricordate!!! La vostra gentilezza e la vostra attenzione,mi
rendono molto felice, anche se non credo di meritare tutti questi
complimenti!!!! Bene ora bando alle ciance e buona lettura a
tutti!!! Mi raccomando recensite!!!! Ancora auguri socia!!! Ciaooooo!!!
PS: Scusate hahaha una brutta abitudine!! Volevo dire che chiunque
volesse delucidazioni o anche solo scambiare due chiacchere il mio
indirizzo msn è luckry92@hotmail.com!! Chiunque voglia è
il benvenuto!! Grazie per l'attenzione e di nuovo buona lettura!!!
Capitolo
V
“Incontri
e feste in maschera”
Casa
di Gneo Cornelio
L'uomo si aggirava sorridendo lungo uno dei corridoi
della sua domus. Tutto intorno a lui le schiave si muovevano
frettolosamente: chi portava piatti dorati, chi apparecchiava i
tavoli ben disposti nelle sale, chi posizionava qua e là fiori
profumati... Annuì soddisfatto osservando la solerzia delle donne
completamente assorte nelle loro mansioni. “Si.. decisamente sarà
una bella festa... Non vedo l'ora che arrivino gli ospiti. Oramai
dovrebbe essere quasi ora.” Si fermò e osservò il paesaggio dalla
piccola finestra alla sua destra. Era quasi il tramonto. Di lì a
poco la sua casa si sarebbe riempita di schiamazzi e di risate.
Scuotendo leggermente la testa, riprese il giro della casa, mentre
numerosi uomini stavano trasportando barili e barili di vino verso le
cucine. “Tra poco in questa casa ci sarà così tanto vino da poter
riempire l'arena di Capua fino all'orlo, non credi anche tu Primus?”
esclamò rivolgendosi al padrone dell'osteria, che,appena entrato,
stava ordinando ai suoi garzoni di non sballottare troppo le piccole
botti piene.
L'uomo si inchinò riverente, dimenticandosi per un
attimo del suo compito “Ha proprio ragione Dominus. Ci sarà tanto
di quel vino che gli dei stessi invidieranno questa meravigliosa
Domus. Chissà che anche Zeus non verrà a farvi visita!!”
Gneo Cornelio rise gioviale “Verrà, verrà...
considerando i manicaretti che stanno preparando nelle cucine... Ora
torna al tuo lavoro... Io vado a cercare mio nipote.. l'hai visto per
caso??”
“E' nel giardino dominus” intervenne una schiava
carica di bicchieri di ogni forma e tipo “sembra piuttosto
pensieroso. E' già vestito.”
“Di già? Haha quel ragazzo non cambierà mai... E'
tutto sua madre!!”
Giardini
della domus
Il suo sguardo attento vagava senza meta lungo
l'orizzonte. Una strana inquietudine gli attanagliava lo stomaco sin
dalla mattina, sebbene quello fosse un giorno molto speciale per lui.
Era il suo genetliaco. Compiva venti anni e la sua vita era sempre
stata tranquilla e spensierata. Non ricordava di aver trascorso un
giorno infelice, né ricordava di aver mai pianto... La morte dei
suoi genitori quasi non l'aveva sfiorato: era troppo piccolo per
ricordare, anche se si sentiva sempre malinconico ripensando a quegli
strani giorni quando lo zio lo aveva portato nella sua domus. Sorrise
al pensiero del buffo parente che sembrava camminare su una nuvoletta
di spensieratezza e felicità. “Anche se ci fosse una tempesta o
un'inondazione troverebbe sempre il modo di tirare su il morale a
tutti... Non so proprio come faccia... E' console, eppure non ha
perso un briciolo del suo carattere. E' riuscito a mantenere intatta
la sua innata modestia ed è rimasto sempre in questa casa, sebbene
avrebbe potuto comprarne una molto più grande. Sarà per questo che
è così amato e rispettato... I romani lo adorano e gli schiavi che
vivono qui lo considerano quasi come un padre... E' come se questa
casa fosse una piccola oasi felice...”
Si massaggiò la radice del naso e sbattè le palpebre:
si sentiva piuttosto stanco e avrebbe volentieri evitato la festa in
maschera che proprio lo zio aveva organizzato in suo onore.
Ovviamente le sue proteste riguardo ai festeggiamenti non avevano
sortito l'effetto sperato. Anzi, alla sua reticenza Gneo Cornelio
aveva reagito con maggiore entusiasmo “Suvvia nipote!!! Compi venti
anni!!! Non è un giorno qualunque!!! Tutta Roma dovrà condividere
la mia gioia!! E cosa c'è di meglio di una festa??? Sarà divertente
vedrai!!! E poi potremo scommettere sui personaggi che ognuno
impersonerà!!! Pensa a quante risate ci faremo!!!”
Sospirò divertito e volse le spalle al paesaggio,
desideroso della frescura della domus.
Fu in quel momento che si sentì chiamare e fu costretto
a fermarsi.
“Nipote!! Nipote!” chiamò a gran voce Gneo,
affrettandosi a raggiungerlo.
Il ragazzo non potè che stirare le labbra in un sorriso
di fronte a quella goffa andatura dondolante che lo
contraddistingueva.
“Allora... come ti senti ventenne??? Non sei felice??
La domus è quasi pronta e il sole sta per tramontare... tra non
molto gli ospiti saranno qui!!!”
Il ragazzo si grattò la testa confuso, sentendo quella
velocissima sequela di parole che aveva faticato a comprendere.
Preferì appoggiare la mano sulla spalla dello zio e rispondere
all'unica frase che aveva colto “Lo so che tra poco gli ospiti
arriveranno e mi chiedo come mai tu non sia ancora pronto. Non hai
notato che tutti sono già vestiti???”
Gneo aggrottò la fronte e si toccò il mento, prima di
scoppiare in una fragorosa risata “Ah...davvero? Hahahah sono il
solito distratto!! Non me n'ero minimamente accorto!!! Ecco perchè
tutti mi guardavano in maniera un po' strana!! Sono il padrone della
domus, sto organizzando una festa e non sono pronto!!! Hahahha questo
si che è divertente!! Ah nipote mio... per fortuna che ci sei tu...
sono davvero una frana.”
Poi ritornando serio lo abbracciò forte, stringendogli
il torace
Scipione arrossì un po' e si guardò intorno prima di
ricambiare con una dolce stretta “Ma zio!! Che fai??? Lo sai che mi
vergogno!!!”
Gneo scosse la testa e sciolse la stretta “Nipote...
nipote.. sei sempre il solito timidone!!! Beh ora è meglio che
vada... altrimenti non sarò pronto nemmeno per domani mattina e
nessuno potrà indovinare il mio costume!! e sarebbe un vero peccato
non trovi???” e ridendo ancora si allontanò.
Scipione rimase solo, leggermente stordito dall'irruenza
affettuosa del parente.
Si toccò la fredda armatura dorata che gli ricopriva il
torace e lisciò il mantello sulle spalle. “Effettivamente ha
ragione... sarebbe un peccato se nessuno capisse il mio costume!!!”
Domus
di Gneo Cornelio, sera
Le poche ore che mancavano all'inizio della festa erano
trascorse molto velocemente. Oramai la domus era pronta e persino
Gneo Cornelio aveva raggiunto il nipote nella sala. Fu in quel
momento che un leggero chiacchericcio annunciò l'arrivo degli
ospiti. Molti di loro si erano dati appuntamento di fronte la domus
per entrare insieme. Uno alla volta divinità ed eroi mitologici
cominciarono ad affollare le sale della grande domus. Gneo Cornelio
felice non faceva che salutare conoscenti e ad ogni angolo vedeva
qualche personaggio diverso “Paulus!! Che bello vederti!! Sei Enea
giusto (nota 1)?? E tu Britannicus.... il tuo costume di Achille
(nota 2) è superbo!!!
Lucius!! Che ci fai con quello spago in mano?? Ah... ho
capito sei Teseo (nota 3)!!!”
Continuò così per diversi minuti, quando finalmente
Scipione gli toccò la spalla e gli sussurrò “Zio... credo che
Marcello sia arrivato.”
Per un attimo nella sala le risate avevano lasciato il
posto al silenzio. Pareva che l'intera stanza si fosse congelata. Un
uomo era appena entrato insieme ad una donna e ad un ragazzo.
“Marcello!!! Allora sei arrivato!!!” esclamò Gneo
divertito, mentre il tempo ritornava a scorrere normalmente e la sala
riprendeva vita.
Marcello non rispose,limitandosi ad annuire e a
guardarsi intorno annoiato.
“Ebbene... non mi presenti questa splendida fanciulla
che è con te?” domandò il padrone di casa per spezzare il
fastidioso silenzio.
Sospirando, Marcello fece avanzare di un passo la donna
al suo fianco “Questa è mia moglie Gabrielle. Gabrielle, ti
presento il console di Roma Gneo Cornelio.”
La donna abbassò riverente il capo per un attimo e
trattenne a stento una risata osservando l'uomo di fronte a lei: non
aveva mai visto un costume più strano di quello. “Molto piacere di
conoscerti Gabrielle. Marcello non ti aveva mai portato alle altre
feste. Volevi preservare il tuo tesoro eh??? Furbastro!” aggiunse
ridendo e dando una pacca sulla spalla all'uomo, incurante dello
sguardo gelido che quello gli stava rivolgendo. “E tu dovresti
essere Decio dico bene?” domandò rivolgendosi al ragazzo che era
rimasto alle spalle di Marcello. Decio fece un passo avanti e salutò
rispettosamente il console “La tua memoria è forte... si sono
proprio Decio. Come hai chiesto, Marcello ha fatto venire anche me a
questa festa. E' un onore essere nella tua domus.”
Gneo scosse la testa “Oh quanti complimenti! Sei
davvero gentile. Ma ho deciso di invitare alla festa tutti quelli che
conoscevo!! Insomma non è frequente che il proprio nipote compia
venti anni! Ma ora fatemi riflettere... devo indovinare i vostri
costumi!!” Cominciò ad osservarli attentamente, assumendo una posa
buffissima che mise a dura prova l'autocontrollo di Gabrielle. “Ma
come fa quest'uomo ad essere così divertente???? Ha un viso così
strano quando riflette... Sembra quasi...”
Ma non potè continuare con le sue elucubrazioni, perchè
un rumore secco le fece nuovamente rivolgere l'attenzione al console,
che in quel momento batteva le mani soddisfatto.
“Ho capito!!! Tu...” disse rivolgendosi a Marcello
“Tu sei... per tutti gli dei hahaha sei Giove (nota 4)!!!
Complimenti per la scelta Marcello... chissà perchè immaginavo che
avresti scelto un personaggio così importante. Però... hai perfino
la custodia di pelle carica di fulmini!!! Come li hai fatti fare???”
Marcello sospirò irritato “Sono andato sul Monte Olimpo e ho
chiesto a Vulcano (nota 5) di forgiarli appositamente per me....”
“Davvero?” chiese ingenuamente l'altro. Marcello deglutì e cercò
di trattenere la rabbia di fronte a tanta stupidità “No Gneo!!!!
Ho chiesto ad un artigiano di mia fiducia. Sono d'oro...”
Gneo scosse la testa incredulo “D'oro? Per gli dei!! E
hai fatto tutto questo per il costume della festa??? Sono davvero
onorato,ma anche se fossero stati d'ottone sarebbero stati
perfetti!!” Poi volse lo sguardo verso Decio “E tu ragazzo mio
sei Ercole giusto??? Pelle di leone, la clava,fisico possente (nota 6
)... non ti manca proprio nulla!” Decio strinse le spalle e annuì
“Ma il leone non l'ho ucciso io, sia chiaro!!!” affermò
divertito anticipando la domanda che Gneo aveva intenzione di
porgergli. Un attimo di silenzio seguì l'affermazione prima che il
console si piegasse in due e cominciasse a ridere più forte di prima
“Oh ragazzo!!! Questa sì che è divertente!! Sei davvero un
genio!!! Come facevi a sapere che ti avrei chiesto una cosa del
genere?? Hahaha Marcello sei fortunato, è davvero un collaboratore
eccezionale... Mi farebbe proprio comodo una persona come lui. Ce ne
sono davvero pochi di ragazzi svegli qui a Roma.”
“Già” mugugnò Marcello,lanciando al ragazzo uno
sguardo omicida. Gneo sospirò e si asciugò la fronte madida di
sudore “Uff... che risate.. era da parecchio che qulacuno non mi
faceva ridere in questo modo.. Bene, manca solo il tuo vestito
Gabrielle. Devo dire che sei meravigliosa.. potresti essere chiunque
da Minerva ad Elena di Troia... Vediamo un po'.. tu sei...”
“Venere immagino..” lo anticipò una voce poco
lontano. Scipione si era fatto spazio tra la folla ed aveva assistito
a tutta la scena “Una bellezza tale da stupire qualunque uomo la
guardi può impersonare solo la dea dell'amore, ho ragione?”
Gabrielle arrossì violentemente alle parole del bel
giovane appena arrivato, che Gneo presentò come suo nipote Scipione.
“Sei stato molto perspicace Scipione. Io non avevo
pensato a Venere (nota 7). Non è intelligente il mio nipotino???
Cosa ne dici Marcello?”
“Penso che tuo nipote debba pensare di più alla sua
Penelope (nota 8).. non mi pare che sia vestito da Adone (nota 9)...
o sbaglio???
Scipione si irrigidì di fronte all'ostilità dell'uomo
“Sarai anche vestito da Giove, Marcello,ma qui sei un ospite. Non
cercare di dimenticarlo, perchè io sono assai diverso da mio zio.”
“Come ti permetti di rivolgerti a me in questo modo?
Tuo zio è il console, giovanotto, non tu... E comunque ti ripeto
l'avvertimento: pensa alla tua Penelope e non intralciare il mio
cammino.”
“Su su... cos'è tutta questa ostilità Marcello?
Perdona le sue parole schiette, è solo un ragazzo. Ora basta
litigare. Piuttosto, dimmi come hai fatto a capire il costume di mio
nipote!”
Marcello digrignò i denti e strinse i pugni per celare
la rabbia “Dalla cicatrice che è disegnata sul suo ginocchio.
(nota 10).”
“Mmm a quanto pare tra noi due l'Ulisse migliore sei
tu Marcello. La tua arguzia e la tua furbizia sono sicuramente più
sviluppate.. Ora scusami zio,ma sono arrivati altri ospiti, vado ad
accoglierli... Gabrielle perdonami se ti ho imbarazzato,non era mia
intenzione.” e volgendo le spalle si congedò.
“Giovane simpatico” esclamò Decio, suscitando un
cenno di assenso di Gneo “ Oh si.. sono molto fiero del mio
nipotino. Allora... prima di andare dagli altri ospiti dovete
indovinare chi sono hahaha.”
“Sei Bacco giusto? (Nota 11)” domandò timidamente
Gabrielle. “Ho notato i tralci di vino che ti adornano i capelli e
il rosso acceso della tua tunica.”
Gneo annuì vigorosamente “Esatto!! Vino solo per
Gabrielle allora!! Ovviamente scherzo Marcello, non prendertela!!!
Beh ora scusatemi,vado a salutare gli altri ospiti. A dopo.”
Mentre si allontanava, Gabrielle potè finalmente
liberare la risata che aveva trattenuto per tutta la durata della
conversazione “Quell'uomo è davvero strano, non sei d'accordo
Marcello?” Il marito non rispose,ma si limitò a prendere Decio per
una spalla, guidandolo lontano dalla sala.
Ingresso
della domus, in quel momento
Il buio della notte facilitava il suo cammino.
Sgusciando nelle tenebre, un'ombra snella si nascose tra le siepi e
osservò la casa luminosa di fronte a lei. Xena l'aveva trovata senza
troppe difficoltà grazie all'aiuto di un carrettiere che aveva
incontrato poco lontano dalla domus di Marcello e che era stato così
cortese da offrirle un passaggio fino all'inizio del sentiero che
conduceva alla sontuosa villa della famiglia dei Corneli. Attese
qualche momento prima di spostarsi e muoversi nella vegetazione con
il cuore martellante nel petto e il cervello focalizzato sul suo
obiettivo: riuscire ad entrare in quella casa e trovare Gabrielle.
Ringraziò mentalmente Diona, che non aveva esitato un momento a
rivelarle dove fosse la loro padrona. A pensarci bene le sue parole
le erano sembrate strane. “Stai cercando la nostra padrona non è
vero?” le aveva chiesto appena l'aveva vista “E' andata con il
padrone a casa del console Gneo Cornelio. E' il genetliaco di suo
nipote Scipione. Ma ti avverto: è una festa in maschera. Dovrai
inventarti qualcosa per riuscire ad entrare. Potresti fingerti una
schiava... Io purtroppo non ho nulla da darti né abbiamo il tempo di
poterti creare un costume. Mi raccomando Xena corri!! Lei ha bisogno
di te!”
Xena scosse la testa pensierosa: come poteva Gabrielle
aver bisogno di lei dopo quanto le aveva detto in cella? Le pareva
impossibile. “Probabilmente Diona ha detto così, perchè non sa
nulla del nostro problema. Né ovviamente sa quello che Gabrielle mi
ha rivelato nelle prigioni, altrimenti difficilmente mi avrebbe
condotto da lei...” Si fermò ancora, appiattendosi lungo la
corteccia di un albero e osservò l'ingresso sempre più vicino della
domus. Non c'era anima viva né sul sentiero, né di fronte al
maestoso portone. Sospirò sollevata “Sono fortunata grazie agli
dei! Non c'è nemmeno una guardia!! Questo faciliterà molto il mio
piano...” ma un rumore improvviso interruppe i suoi pensieri.
Qualcuno camminava lungo il sentiero a poca distanza da lei. “Dai
Marcus!! Sbrigati!!! Dobbiamo muoverci!! La festa è già
iniziata...” esclamò una concitata voce femminile.
“Arrivo Livia... arrivo!! non è colpa mia... è
questo muso di cervo!! Mi dà un fastidio... non vedo niente!! Ma tra
tante coppie proprio Diana e Atteone (nota 12) dovevamo
impersonare??” “Oh caro, ma quante storie!! Sono la coppia più
romantica della mitologia... lui che sfida il volere degli dei pur di
osservarla... lei che...”
Il ragazzo sbuffò ancora più sonoramente “Sisi... va
bene ho capito... ma non credi che forse.. Aaah” un grido soffocato
fece voltare di scatto la ragazza.
“Marcus? Marcus?” chiamò preoccupata, ma non
ottenne risposta. Tornò indietro e vide il giovane a terra svenuto.
“Marcus!” esclamò prima che il buio offuscasse i suoi sensi.
Xena si guardò intorno circospetta e afferrò la fanciulla prima che
potesse cadere a terra. Guardò intenerita i due giovani svenuti
prima di trascinarli nella boscaglia. “Scusatemi tanto ragazzi, ma
ho bisogno dei suoi vestiti.” sussurrò gentilmente, osservando il
femminile costume di pelle. Velocemente si spogliò e indossò il
completo,prese la faretra piena di frecce e l'arco. Sorrise
soddisfatta. La giovane era poco più bassa di lei, ma i suoi abiti
le stavano a pennello. Xena si guardò ancora intorno circospetta e
poi riflettè su un modo per impedire loro di fuggire o di chiedere
aiuto. La luce della luna illuminò il viso del ragazzo, intrappolato
nel rudimentale muso da cervo, e Xena notò i molteplici lacci che
servivano per assicurare la pesante maschera al collo del poveretto.
Prontamente li slacciò e li utilizzò per legare loro mani e piedi,
mentre con la pelle della maschera adattò un bavaglio per evitare
che urlassero. Una volta finito, si allontanò velocemente, non prima
di aver sistemato accuratamente il muso da cervo ormai ridotto a
brandelli “Mi dispiace per il tuo muso ragazzo, ma è una questione
di vita o di morte!!”
Finalmente si allontanò dalla boscaglia e si apprestò
ad entrare nella domus,pronta ad affrontare il suo destino.
Nello
stesso momento
Decio si sentì tirare con forza per una spalla e non
potè far altro che voltarsi e seguire Marcello lungo un corridoio
che conduceva in un piccolo cortile. Non si aspettava la reazione
dell'uomo che, guardatosi attorno per accertarsi che non vi fosse
nessuno, lo sbattè violentemente contro una colonna,prendendolo per
il bavero della pelle di leone che gli copriva le spalle.
“Allora... si può sapere che succede?? C'è qualcosa
che non so e che devi dirmi?” ringhiò Marcello ad un soffio dal
suo orecchio.
Decio deglutì nervoso e tentò di ribattere “Ma... di
cosa stai parlando? Non capisco...”
Un altro violento strattone lo fece gemere: Mercello era
infuriato e le sue nocche erano bianche a causa della presa ferrea
intorno al costume del ragazzo “Non prendermi in giro!! Devo forse
ricordarti il motivo per cui siamo qui? Cosa siamo venuti a fare???
Ripetimelo!!!”
Decio gli rivolse uno sguardo confuso e temendo un altro
colpo balbettò “Siamo venuti a studiare i nostri nemici...”
Marcello sorrise diabolico e per un attimo allentò
leggermente la stretta prima di esplodere “Esatto.. e allora...
SPIEGAMI PERCHE' TI STAI COMPORTANDO COME SE FOSSI TU IL NIPOTE DI
GNEO CORNELIO!! PENSI CHE NON ME NE SIA ACCORTO???”
Decio, sempre più spaventato, cercò vanamente di
interrompere le parole dell'altro “Ma... veramente... io...”
“NON OSARE INTERROMPERMI!!! TUTTE QUELLE BATTUTINE
STUPIDE... OH GNEO... NON L'HO UCCISO IO IL LEONE... OH CHE RAGAZZO
INTELLIGENTE E' TUO NIPOTE!!!! PUAH... MA TI RENDI CONTO DI QUELLO
CHE DICI???!”
Approfittando dell'attimo di silenzio, Decio si
divincolò dalla presa e si riassettò le vesti sgualcite “Tu sei
paranoico!!! Non stavo facendo nulla che potesse ostacolare il nostro
piano!! Volevo semplicemente.... ecco... fraternizzare con il nemico!
Di certo Gneo non si aspetta una pugnalata alle spalle dal cortese e
sincero Decio,non credi?”
Il giovane volse le spalle all'uomo e incrociò le
braccia al petto,assumendo un'aria contrita “Siamo sempre alle
solite... Non ti fidi mai di me” sussurrò rabbiosamente.
Marcello scosse la testa e gli pose una mano sulla
spalla “Lo sai che mi fido di te Decio. Ma la prossima volta
informami delle tue decisioni e non prendere iniziative che non posso
prevedere.” Decio annuì e guardò con occhi umidi l'uomo che si
stava dirigendo nuovamente nella sala. “Non riesce proprio a
comprendere quanto mi sforzi... Ce la metto tutta... ogni volta cerco
di fare sempre meglio e prima degli altri... ma per lui rimango
sempre e solo un ragazzo... Come se non fossi il Decio che capisce
ogni suo pensiero e prevede ogni sua azione...”
Un rumore improvviso attrasse la sua attenzione: Gneo
Cornelio si dirigeva verso di lui,dondolando da una parte all'altra.
“Oh ragazzo sei tu!” esclamò scorgendolo alla luce delle torce.
“C'è qualcosa che non va?” aggiunse,notando lo sguardo assente
del giovane. Decio non rispose,limitandosi a scuotere la testa. “Hai
litigato con Marcello,non è vero?”
“E tu come fai...”
“Ah non è poi così difficile” lo interruppe il
console “Si vede che Marcello è molto più che un amico per te...
E' una sorta di mentore... una guida... ho ragione?”
Decio lo guardò sorpreso: era incredibile che una
persona così distratta fosse riuscita in poche parole ad esprimere
la realtà dei fatti.
“Per me Marcello è come un padre. Mi ha sempre
aiutato... sin da quando ero un ragazzo...”
Gneo sorrise amabilmente “Oh ne sono sicuro... è un
uomo severo... ma in fondo anche lui ha un cuore,ne sono certo...
Certo... molto in fondo... ora scusami... ritorno in sala. Vieni
anche tu?”
“Tra un attimo...” rispose Decio. Gneo si allontanò
rumorosamente come era arrivato,mentre Decio si appoggiava alla
parete alle sue spalle traendo un lungo sospiro. “Se solo
conoscesse il piano di Marcello...”
Intanto,
sala
Marcello aveva preferito tornare nella sala,per lasciare
Decio con i suoi pensieri: avrebbe capito da solo il suo errore e
sarebbe tornato quanto prima,come faceva ogni volta che veniva
rimproverato.
“Decio è intelligente,ma a volte agisce senza
pensare. Non possiamo sbagliare... adesso dobbiamo agire con molta
cautela,ne va della mia gloria e della mia vita...” Cercò con lo
sguardo la sagoma della consorte tra gli invitati.
L'aveva lasciata nel bel mezzo della conversazione senza
darle nemmeno una spiegazione. Probabilmente era rimasta a parlare da
sola finchè non si era accorta della sua assenza. Poiché non
riusciva a scorgerla, decise di andare a cercarla,temendo che Gneo la
stesse incantando con le sue inutili chiacchiere sull'uguaglianza o
che Scipione le stesse rivolgendo ancora parole melense e sdolcinate.
Al pensiero del ragazzo la rabbia si impadronì nuovamente di lui:
non sopportava il suo atteggiamento da eroe omerico né i complimenti
ipocriti rivolti alla moglie. Non che fosse geloso: da tempo ormai
non provava più amore nei confronti di Gabrielle, ma Roma era famosa
per la velocità con cui si diffondevano i pettegolezzi più assurdi.
Bastava che la moglie di un senatore o di un oratore si insospettisse
anche minimamente per spingerla a creare una storia d'amore segreta
tra due amanti: e quale cosa migliore che inventare una relazione tra
il nipote di Gneo Cornelio e la moglie del console Marcello? No...
non poteva assolutamente permetterlo.. Senza contare che il solo
pensiero di quell'Ulisse fasullo gli faceva ribollire le viscere
“Quel bambinetto è un idiota. Purtroppo però non è
accondiscendente come lo zio e anche se non lo dimostra è furbo. E'
assolutamente necessario eliminare anche lui se vogliamo che...”
Ma in quel momento la sua mente si bloccò e tutto il
mondo sembrò zittirsi. Una donna era appena entrata nella sala
gremita e Marcello riuscì con grande difficoltà a contenere la
sorpresa. “No... non può essere lei... Eppure.. come posso
ingannarmi? Non posso sbagliare...” velocemente si diresse
all'ingresso strattonando gli invitati di fronte a lui,mentre i suoi
occhi erano puntati sulla schiena nuda della donna, che si stava
recando verso l'angolo più distante della sala. Senza curarsi delle
lamentele che gli venivano rivolte e del vassoio che aveva fatto
rovesciare, si incamminò in un corridoio debolmente illuminato. Si
fermò ansante e volse lo sguardo a destra e a sinistra. La donna
sembrava svanita nel nulla.
Un rumore secco lo fece girare di scatto:alle sue spalle
una figura indistinta era dolcemente appoggiata alla parete e
sorseggiava il vino fresco e dolce da un calice finemente decorato.
“Ma guarda un po'.... Marcello...cerchi qualcuno??”
L'uomo portò istintivamente la mano alla custodia di
pelle che pendeva al suo fianco,pronto ad usare uno dei suoi affilati
fulmini per difendersi “Chi sei?? Fatti vedere!!!” L'ombra si
lasciò andare ad una risata,portandosi con la mano libera un ciuffo
ribelle dietro l'orecchio “Oh Marcello... mi deludi. Mi hai
seguito fin qui e ora non mi riconosci?” Asciugandosi le labbra
umide,avanzò di un passo,permettendo alla debole luce della torcia
di illuminarle il viso.
Marcello rimase a bocca aperta e quasi sbiancò per la
sorpresa “Ma tu sei...”
Intanto
Gabrielle si dirigeva annoiata verso la fontana d'oro
posizionata al centro della sala.
Si guardò intorno,sperando di scorgere tra i vari
Achille e le diverse Elene suo marito oppure Decio. Era rimasta
sorpresa dal loro allontanamento e ancora di più dalla reazione di
Marcello alle parole di Scipione. “Sembrava quasi geloso...”
riflettè “I suoi complimenti l'hanno fatto infuriare... non
succedeva ormai da parecchio tempo che Marcello si arrabbiasse con
un giovane troppo indiscreto... Oh se solo potessi crederci! Se solo
venissi ripagata per la terribile scelta che ho dovuto prendere!”
Il ricordo di Xena e del suo sguardo ferito le strinse il cuore. Come
aveva potuto lasciarla andare in quel modo? Ancora una volta si era
comportata da vigliacca ed aveva permesso alla paura di attanagliarle
il cuore e le visceri. “Io avrei lottato per te Gabrielle, ma a
quanto pare non sei disposta a fare altrettanto...”
Quella frase non faceva che tormentarla,accrescendo
enormemente i suoi sensi di colpa. Sconsolata, si sedette sul bordo
della fontana e chiuse gli occhi “Quanto vorrei vederla per
l'ultima volta! Potrei dirle che mi dispiace infinitamente...che
vorrei vivere accanto a lei per sempre. Ma è inutile sperare.. Io
l'ho cacciata via e lei non tornerà mai più.”
Desiderosa di andarsene e di chiudersi nella sua stanza
per liberare il dolore che le attanagliava il cuore, si alzò e si
incamminò verso il pesante portone d'ingresso. Fu in quel momento
che il cuore prese a battere all'impazzata. Una donna era appena
entrata nella sala. Gabrielle si fermò,nascondendosi dietro ad un
uomo enorme vestito da Ciclope (nota 13) nel tentativo di osservare
il suo volto,ma tutti i suoi sforzi furono vani a causa della
moltitudine di invitati che si frapponevano tra di loro. La vide solo
scambiare qualche parola con il console Gneo Cornelio e poi
congedarsi,allontanandosi piano dalla sala. “E se fosse Xena??? Ma
no...
è impossibile.. come avrebbe potuto parlare con il
console??? Ah.. il mio cuore sta battendo all'impazzata.. devo
seguirla per capire chi è!!! Si sta guardando intorno... che stia
cercando qualcuno??? Che stia cercando.... me??”
Una voce rude la riportò improvvisamente alla realtà
“Ehi bellezza... Cerchi compagnia???”. L'uomo vestito da Ciclope
si era voltato e la stava osservando attentamente. Era parecchio
ubriaco a giudicare dall'alito puzzolente e dal forte odore di vino.
Gabrielle lo osservò disgustata “Oh no... scusami ma ora devo
proprio andare... a meno che tu non voglia che un Nessuno (nota 14)
di passaggio ti accechi l'unico occhio che hai...” Senza dargli il
tempo di ribattere,la ragazza si allontanò e si guardò nuovamente
intorno in cerca della donna misteriosa. “Maledetto Ciclope
puzzolente!!!” sbottò temendo di averla persa di vista. In quel
momento però una figura familiare emerse dalla folla,dirigendosi
verso uno dei numerosi cortili della domus. Gli occhi di Gabrielle si
illuminarono “Eccola!!!” esclamò felice e si affrettò a
seguirla,giungendo in un corridoio deserto. “E ora dov'è
finita???” sussurrò esasperata,sporgendosi dalla bassa balaustra
che circondava il piccolo giardino di fronte a lei,nel tentativo di
vedere oltre le tenebre che la circondavano.
Quando si sentì chiamare per poco non urlò per lo
spavento
“Gabrielle...” ripetè di nuovo la voce. La ragazza
si voltò lentamente e lo spettacolo che le si presentò di fronte
la lasciò senza parole.
“Xena!”
Nell'altro
corridoio
Marcello doveva ancora riscuotersi dallo stupore che lo
aveva colto.
“A...A...” balbettò incerto, facendo sorridere
diabolicamente la donna di fronte a lui.
“Marcello... la vecchiaia ti ha fatto male a quanto
sembra... non riesci più a pronunciare il mio nome!!! Ma guarda...
sembra che tu abbia visto Plutone (nota 15) in persona!! Di certo non
mi aspettavo da te un'accoglienza del genere...”
Quelle parole sembrarono scuotere l'animo del console.
Egli sospirò, sorridendo e guardandola dolcemente “Sono molto
felice di vederti... Anti. Ma cerca di capire.. te ne sei andata da
così tanto tempo, eppure sei rimasta esattamente com'eri...”
Marcello allungò una mano tremante per accarezzarle i
capelli mossi “E' forse un prodigio? Mi sembra di essere tornato
indietro nel tempo.. come è stato possibile??”
Anti si scostò da quella carezza e sorseggiò ancora un
po' di vino,mostrando alla luce della torcia la bellezza del suo viso
privo di rughe e di imperfezioni nonostante il lungo trascorrere del
tempo.
“Io... io pensavo che tu fossi morta... chi poteva
immaginare di rivederti qui.. a Roma.. se solo avessi saputo...”
“Mi avresti aspettato?” domandò Anti con durezza
“avresti rinunciato a quello che hai ora.... al tuo potere???”
L'uomo non rispose, limitandosi ad osservarla con
tristezza “Conosci i miei sentimenti per te Anti... sai quanto ti
ho amato.. come puoi rivolgerti a me in questo modo così freddo??”
La donna scosse la testa e sorrise amaramente “Lo so
che mi hai amato e sento che mi ami ancora Marcello.. eppure...
eppure hai scelto una nuova compagna per la vita... una compagna più
giovane... hai scelto... oh.. hai scelto il potere ad ogni costo...”
Marcello la guardò sospettoso “Come sai tutte queste
cose??? Chi te le ha riferite?”
Anti gli voltò le spalle e rivolse lo sguardo al cielo
stellato “Oh mio caro.. come sei sciocco!!! I miei poteri si sono
sviluppati enormemente da quando ci siamo separati... Mi basta
guardarti negli occhi per sapere ogni cosa di te, della tua vita, di
tua moglie Gabrielle, di Gneo Cornelio..”
“Basta! Silenzio” le intimò Marcello, avvicinandosi
rapidamente a lei e stringendole un braccio per costringerla a
guardarlo negli occhi “Non puoi conoscere ogni cosa Anti. Nemmeno
gli dei possono... vuoi forse dirmi che sei in grado di prevedere il
futuro??? Sai già quello che ci aspetta??? Io non credo.. non potevi
farlo prima e non puoi farlo ora.. Potresti aver sentito di mia
moglie da uno qualunque degli abitanti di Roma e il tuo sospetto su
Gneo Cornelio.. beh.. chiunque potrebbe malignare e accusarmi di
volermi impadronire anche del suo potere. Sono stufo delle tue
chiacchiere insensate.. ero così felice quando ti ho vista entrare
in sala, ma ora comincio a ricordare i motivi della nostra
separazione... tu e le tue maledette arti magiche!!! Quante bugie mi
hai detto e quante continui a dirne anche ora... Mi sono stufato, me
ne vado.” e lasciata la sua mano, si diresse verso la sala
affollata.
“E se ti parlassi della tua schiava, Marcello???
Quella greca di nome Xena, per la quale tu hai così tanti progetti
nascosti... sarebbe molto interessante informare tua moglie e
parlarle della tua passione per quella gladiatrice... non trovi??”
Marcello si voltò di scatto sconvolto “E tu come fai
a saperlo?”
Anti rise di nuovo e gli si avvicinò,appoggiandogli
delicatamente il mento su una spalla “Te l'ho detto. I miei poteri
sono aumentati enormemente... non c'è niente che io non possa fare
Marcello... Nulla...” gli sussurrò all'orecchio.
Marcello rabbrividì al contatto del suo respiro caldo
sulla pelle: la voce di quella donna aveva sempre avuto il potere di
confonderlo come il canto di una sirena.
“Che cosa vuoi da me Anti?” le domandò, cercando di
controllare il tremito della sua voce.
Anti si staccò da lui e prese a passeggiare lungo il
corridoio poco illuminato.
Marcello si affrettò a seguirla finchè non si
fermarono in un punto buio lontano dalla sala rumorosa. Anti si
guardò intorno divertita, asciugandosi con l'indice della mano
destra l'ultima goccia di vino vermiglio rimasta sulle sue labbra.
Quel gesto ebbe il potere di incantare Marcello e di
riportare la sua mente ai tempi della sua giovinezza, quando Anti era
la sua Anti... la donna che egli avrebbe sposato e per la quale
sarebbe morto volentieri.
“Marcello... Marcello..” quel dolce richiamo lo
cullava come una melodia, trasportandolo lungo il filo dei ricordi e
della memoria.
Era circondato da alberi in fiore. Doveva essere
primavera per l'intenso profumo che si diffondeva intorno a lui. Una
risata echeggiò nell'aria silenziosa del pomeriggio..
Marcello si guardò di nuovo intorno “Marcello...
Marcello...” il richiamo continuava incessante. L'uomo cominciò a
seguire l'eco del suo nome e si inoltrò nel folto degli alberi:
voleva raggiungere quella voce a qualunque costo.
Finalmente emerse in una piccola radura, illuminata
dai raggi del sole. E lì, sulle rive di un piccolo corso d'acqua,
sedeva lei, la sua Anti. Il suo cuore si riempì di gioia alla vista
della giovane, che sembrava troppo attenta ai riflessi dell'acqua per
accorgersi di lui. “Anti... Anti... amore mio sono qui!” esclamò
Marcello, ma la giovane non si voltò a guardarlo né si mosse.
Intorno a lui tutto il mondo sembrava essersi fermato... In quel
momento la visione cambiò e alla giovane Anti,vestita di una
luminosa tunica bianca, si sostuì un'altra Anti, uguale alla
precedente, ma dallo sguardo più maturo e cattivo.
“Guarda cosa posso fare Marcello!!! Posso creare
nella tua mente un mondo immaginario ed entrarvi a mio piacimento!!
Dubiti ancora dei miei poteri???”
Marcello nascose il viso tra le mani e si
inginocchiò, incapace di credere ai suoi occhi..
In quel momento si riscosse e tornò al presente. Si
guardò intorno confuso prima di capire dove si trovava: in ginocchio
in uno dei molteplici cortili della domus di Gneo Cornelio. Anti, di
fronte a lui, lo guardava trionfante “Allora... vuoi ascoltarmi
adesso o sei ancora scettico??”
L'uomo non potè far altro che alzarsi in piedi e
rispondere “Ti sto ascoltando.”
“Ti propongo un accordo... ed ascolta bene perchè non
te lo proporrò di nuovo.
So che vuoi uccidere Gneo... e so anche che vuoi
uccidere Scipione... ti offro i miei poteri per raggiungere il tuo
obiettivo...”
Marcello la osservò interessato “E tu cosa vorresti
in cambio?” le domandò sospettoso.
La donna sorrise “Lo sai cosa voglio... voglio Roma..
e voglio te....” e si allontanò,lasciando Marcello nell'oscurità
della sua confusione.
Ed ecco a voi l'angoletto delle note!!!!
Allora... stavolta sono piuttosto numerose, perchè ho
voluto inserire una delucidazione su tutti i personaggi mitologici
che i nostri amici hanno impersonato... dunque partiamo con il dietro
le quinte della mitica festa di Gneo!!!!
Nota 1: Enea. Figlio di Anchise e della dea dell'amore
Venere, si distinse nella guerra di Troia per il suo enorme coraggio,
combattendo dalla parte del re troiano Priamo. E' il protagonista
assoluto dell'opera virgiliana “Eneide”, dove si narra della sua
fuga da Troia e delle sue peregrinazioni che lo condussero nel Lazio.
Qui si sposò con Lavinia,figlia del re locale Latino, e dalla loro
unione nacque Silvio, il futuro re di Albalonga e secondo la
tradizione capostipite di Romolo e Remo, i gemelli fondatori di Roma.
Nota 2: Achille. Figlio del mortale Peleo, re dei
Mirmidoni e della nereide Teti, fu uno dei personaggi più importanti
della mitologia greca. Su di lui, che è uno dei maggiori
protagonisti dell'Iliade omerica sono fiorite numerosissime leggende.
Si credeva che la madre Teti, per renderlo invincibile, lo
cospargesse di ambrosia di giorno, mentre di notte, di nascosto dal
marito, bruciava le parti del corpo umano. Una notte però Teti venne
scoperta e scappò via senza fare più ritorno, mentre Peleo decise
di sostituire il tallone ustionato del figlio con quello del gigante
Damiso, famoso per la sua velocità. Secondo altre versioni invece,
Teti lo immergeva nel fiume Stige per donargli l'immortalità,
tenendolo per il tallone, che rimase l'unica parte del corpo mortale.
Fu ucciso durante la guerra di Troia a causa di una freccia
avvelenata scagliata da Paride, fratello di Ettore, che lo colpì
proprio al tallone.
Nota 3: Teseo. Figlio di Etra e di Egeo,re di Atene
(anche se altre versioni riportano Poseidone, il dio del mare).
Famoso soprattutto per il mito del Minotauro, il terribile mostro
metà uomo e metà toro che abitava nel labirinto di Creta. Poiché
ogni anno 7 fanciulli e 7 fanciulle ateniesi venivano portate a Creta
per essere divorate dal Minotauro, a causa della sconfitta subita da
Atene in battaglia contro Minosse, egli si offrì di partire per
uccidere il mostro,promettendo al padre che in caso di vittoria
avrebbe issato sulla nave delle vele bianche. Giunto lì, Arianna, la
figlia di Minosse, si innamorò di lui e gli donò una spada
avvelenata e una matassa di filo, con la quale avrebbe ritrovato
l'uscita. Trovato il mostro, Teseo lo uccise,salvò i fanciulli e
portò via Arianna, abbandonandola però sull'isola di Nasso (da qui
nasce il detto “Piantare in asso).La ragazza, accortasi
dell'inganno lo maledisse e pianse tanto a lungo che il dio Dioniso
per confortarla le donò una corona d'oro,che alla morte della
giovane si trasformò per volere del dio in costellazione, la Corona
Boreale. Teseo, tornato a casa, dimenticò la promessa fatta al
padre, il quale, vedendo le vele nere e pensando che il figlio fosse
morto nell'impresa, si gettò in mare e morì annegato: da qui il
nome Mare Egeo. Alla sua morte Teseo divenne re di Atene.
Nota 4: Giove. La divinità suprema tanto per i
greci,che lo chiamavano Zeus,tanto per i Romani. Figlio del titano
Crono e della mortale Rea era il signore dell'Olimpo, il dio del cielo,
dei
fulmini e dei tuoni.Era fratello di Ade e Poseidone e padre di
celeberrimi personaggi come
Ercole,Apollo,Artemide,Ares,Efesto,Dioniso,Elena,Minosse e le Muse.
Nota 5: Vulcano. La divinità del fuoco terrestre, che i
greci chiamavano Efesto. Figlio di Zeus e della dea Era. Secondo
alcuni miti fu cacciato dall'Olimpo per la sua deformità dalla
madre, secondo altri fu Zeus a scacciarlo perchè si era schierato
dalla parte di Era contro di lui. Nella maggior parte dei racconti è
marito di Afrodite (ossia Venere, la dea dell'amore) ed è il fabbro
degli dei, per i quali forgia armi e corazze.
Nota 6: Ercole. I greci lo chiamavano Eracle ed era
figlio di Zeus e della mortale Alcmena. Secondo la leggenda, Zeus e
Teso decisero che il primo che sarebbe nato dalla stirpe di Perseo
sarebbe diventato re di Atene. Venuta a sapere della notizia, la dea
Era decise di ritardare di tre mesi la nascita di Ercole e di
anticipare di due la nascita di Euristeo, appartenente alla stirpe di
Perseo. Da adulto,in un attacco di follia Ercole uccise sua moglie e
i suoi figli; pentito del gesto, si ritirò in un territorio
disabitato finchè Teseo, suo cugino, non lo trovò e gli consigliò
di recarsi all'oracolo di Delfi. Qui la sacerdotessa gli disse che
per liberarsi della sua colpa avrebbe dovuto servire Euristeo per
dodici anni, compiendo tutte le imprese che quello gli avrebbe
ordinato. Secondo la tradizione esse erano: uccidere il leone di
Nemea e portare la sua pelle come trofeo; uccidere l'immortale Idra
di Lerna; catturare la cerva di Cerinea; catturare il cinghiale di
Erimanto; ripulire in un giorno le stalle di Augia;diperdere gli
uccelli del lago Stinfalo; catturare il toro di Creta; rubare le
cavalle di Diomede; impossessarsi della cintura di Ippolita, regina
della amazzoni; rubare i buoi di Gerione: rubare i pomi d'oro dal
giardino delle Esperidi; portare vivo a Micene Cerbero, il cane a tre
teste guardiano degli Inferi.
Nota 7: Venere. Conosciuta tra i greci con il nome di
Afrodite, era la dea dell'amore e della bellezza, figlia di Zeus e
Dione. Era la moglie di Efesto (o Vulcano), ma ebbe numerosi amanti
tra i quali Adone (nota 9). Fu protagonista del famoso episodio,
narrato nell'Iliade,del giudizio di Paride: la dea della discordia
Eris, non essendo stata invitata alle nozze di Peleo e Teti, gettò
nella sala del banchetto una mela d'oro con la scritta “Alla più
bella”. Questo scatenò la sfida tra Era, Atena e Afrodite, che
chiesero a Zeus di assegnare il frutto. Ma la divinità si rifiutò e
le tre si rivolsero a Paride, figlio del re di Troia Priamo. Ognuna
gli offrì un dono: Era il potere, Atena la gloria militare e
Afrodite la donna più bella del mondo. Paride scelse Afrodite e
quest'ultima gli concesse l'amore di Elena,moglie di Menelao, il cui
rapimento scatenò la guerra di Troia.
Nota 8: Penelope. Figlia di Icario e Policaste, fu la
moglie di Ulisse (Odisseo per i greci). Attese per 20 anni il ritorno
del marito, partito per la guerra di Troia, evitando di scegliere
come nuovo sposo uno dei nobili pretendenti che le chiedevano la mano
grazie allo stratagemma della tela: tesseva la tela del sudario del
suocero Laerte di giorno e di notte la disfaceva. Avendo promesso che
avrebbe scelto il futuro marito alla fine del lavoro, rimandava
all'infinito il momento della decisione. Tuttavia, tradita da
un'ancella, il suo inganno durò solo per quattro anni e dovette
attendere il ritorno di Ulisse, che uccise i proci e si ricongiunse a
lei, per essere finalmente libera.
Nota
9: Adone. Nato dall'unione incestuosa tra Cinira, re di Cipro e di
sua figlia Marra, era un giovane bellissimo, del quale si
innamorarono sia Persefone, dea degli Inferi, sia Afrodite, dea
dell'amore. Poichè entrambe volevano il giovane per sé, chiesero
a Zeus di emettere un verdetto a favore di una o dell'altra; ma Zeus
decise di affidare la questione alla musa Calliope, la quale decise
che Adone avrebbe trascorso un terzo dell'anno con Persefone, un
terzo con Afrodite e un terzo con la persona da lui scelta. Secondo
la mitologia Afrodite non accettò la decisione e cercò in tutti i
modi di tenere il ragazzo solo per sé. Secondo alcuni mitografi,
poiché Adone rimase uccise da un cinghiale in una battuta di
caccia,la dea corse tra i rovi per soccorrerlo: dal sangue di lui
crebbero gli anemoni, mentre da quello di lei le rose rosse.
Zeus,allora commosso per il dolore, concesse ad Adone di vivere
quattro mesi con Persefone, quattro con Afrodite e quattro con chi
egli avrebbe scelto.
Nota 10: Cicatrice. Secondo la leggenda Ulisse aveva una
cicatrice su una coscia che si era procurato da bambino. Fu questo
particolare che permise alla nutrice Ecuba di riconoscerlo, quando,
travestito da mendicante, l'eroe tornò ad Itaca per rivendicare il
trono.
Nota 11: Bacco. Dio del vino e della vegetazione che i
greci chiamavano Dioniso. Secondo la tradizione moriva ogni inverno
per rinascere in primavera, simboleggiando la rinascita dei frutti
sulla terra.
Nota 12: Diana e Atteone. Diana,conosciuta dai greci
come Artemide,era figlia di Zeus e di Leto e sorella di Apollo.
Divinità della caccia e degli animali selvatici,delle fonti e dei
torrenti. Fu proprio presso un fiume che Atteone,figlio di Aristeo e
Autonoe, la sorprese mentre faceva il bagno con le sue compagne. La
dea, adirata, per impedire al cacciatore di raccontare ciò che aveva
visto, lo trasformò in cerco, spruzzandogli dell'acqua sul viso.
Atteone,specchiandosi nell'acqua si rese conto della sua
trasformazione e raggiunto dai suoi 50 cani, aizzati dalla dea, morì
sbranato.
Nota 13: Ciclope. Discendente di un'antica razza di
gigante, è un mostro mitologico caratterizzato dalla presenza di un
solo occhio. Tra di loro fu famoso soprattutto Polifemo, colui che
incontrò Ulisse e che fu ingannato e accecato dall'eroe,come si
legge nell'Odissea.
Nota 14: Nessuno. Fu il nome falso che Ulisse usò per
ingannare il ciclope Polifemo. Quando il gigante, accecato dal greco,
urlò per il dolore, infatti, i compagni accorsero da lui e gli
domandarono chi lo avesse colpito; poiché il poveretto non faceva
che urlare “Nessuno!!! Nessuno sta cercando di uccidermi”,gli
altri, pensando che fosse ubriaco,lo lasciarono nel suo dolore,
permettendo ad Ulisse,che si era aggrappato insieme ai suoi compagni
al ventre delle pecore del gigante, di uscire dalla sua caverna
indisturbato la mattina seguente.
Nota 15: Plutone. Conosciuto tra i greci come Ade,
figlio del titano Crono e di Rea e fratello di Zeus e Poseidone, era il Dio
degli Inferi, luogo oscuro che accoglieva le anime dei morti,custodito dal cane a tre teste Cerbero. Sebbene sia stato più volte dipinto come una divinità malvagia,che non si placava nè con le preghiere nè con i sacrifici,non era di indole malvagia. Sposò la mortale Proserpina,figlia di Cerere.
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Capitolo 6 *** Dubbi,speranze e ricordi di un antico passato ***
Servitus Capitolo VI
Ciao a tutti!!!! Ebbene si... sto aggiornando di nuovo!!! Hahaha non ci
credo nemmeno io!!! Ora spero che Tury mi conceda una chance di
salvezza!!! Comunque, seriamente, non pensavo di poter aggiornare
così presto. Fino a ieri ero convinta che avrei postato alla
fine del mese e invece stamattina l'ispirazione mi ha premiato e mi ha
regalato fiumi di parole. Penso di non aver mai scritto così
tanto senza fermarmi hahahaha beh spero che il capitolo vi piaccia. Ho
voluto dare equamente spazio a tutti i personaggi principali, compreso
quelli che non conoscevate bene.
Chissà che qualcuno non cambi parere su qualche personaggio???
Hahahaha mai mettere limiti alla Provvidenza!! Prima di augurarvi una
buona lettura ci tengo a ringraziare la mia Oneechan BellatrixWolf
per i numerosi complimenti da lei ricevuti, anche se non sono
convinta di meritarne così tanti; a Tury, che nonostante le
minacce di morte mi ha fatto capire quanto tiene alla mia storia e
ovviamente a quelle due pazze di Harwest e Wiky91 che ogni sera mi
tengono compagnia e senza volerlo stuzzicano la mia fantasia!!! Buona
lettura a tutti e vi raccomando recensite!!!
Capitolo
VI
“Dubbi,
speranze e ricordi di un antico passato”
Domus
di Gneo Cornelio, sera
Xena camminava lentamente, osservando tutto ciò che la
circondava nel cortile d'ingresso della villa. Un soffice tappeto
rosso accoglieva gli ospiti che ancora dovevano giungere verso un
grande portone illuminato. Dal vociare e dalle numerose risate che si
spargevano continuamente nell'aria la domus doveva essere piena di
persone festanti. Molti erano usciti dalla domus con i calici colmi
di vino in mano e si attardavano a chiaccherare, godendosi la fresca
brezza serale. Alcuni lanciarono a Xena sguardi interessati e
curiosi, soffermandosi sul suo fisico statuario risaltato
dall'aderente costume in pelle. Xena sorrise e affrettò il
passo,ansiosa di raggiungere la sua meta. Varcò l'ingresso
lentamente e dovette stringere gli occhi per la luminosità eccessiva
della sala: candele e candelabri erano disposti ovunque sui lunghi
tavoli e sui mobili lussuosi. Fiumi di vino scorrevano
silenziosamente da piccole ed elaborate fontane e il profumo di
succulenti cibarie stuzzicava senza pietà le narici.
Xena appoggiò una mano allo stomaco per limitare il
brontolio: non aveva ancora toccato cibo e quel profumo invitante le
stava annebbiando la mente.
Scosse la testa risoluta “Non sono certo venuta fin
qui per mangiare!!! Devo trovare Gabrielle al più presto.. E se
incontrassi qualche amico di quella ragazza?? Mmmm.. in fin dei conti
non credo sia un problema di cui preoccuparsi.. E' vero, fisicamente
le assomiglio, ma considerando il vino che scorre da quelle fontane,
credo che tutti avrebbero difficoltà a riconoscere persino la
propria madre”.
“Livia!! Sei arrivata finalmente!!” il richiamo
festoso distrusse immediatamente ogni sua speranza.
Xena si voltò e si trovò davanti l'uomo più buffo che
avesse mai visto. Non molto alto, grassottello e dal colorito
visibilmente rossastro, l'uomo le si avvicinò con andatura
oscillante e rumorosa.
Xena fece uso di tutto il suo autocontrollo per non
ridere e cercò di ricambiare il grande sorriso che lo sconosciuto le
stava rivolgendo.
“Buonasera” lo salutò educatamente.
L'uomo rise forte e la abbracciò con forza “Buonasera??
Ma cosa sono quesi inutili convenevoli nella mia domus??? Soprattutto
da parte della figlia del mio migliore amico hahaha Livia non essere
così fiscale solo perchè sono il padrone di casa!!! Piuttosto
dimmi... tuo padre come sta??? E come mai non è riuscito a venire???
Ci speravo tanto... immagino che il mal di schiena lo stia ancora
tormentando!!”
Xena deglutì e si affrettò a rispondere “Oh...
lui... lui sta bene... ma come hai giustamente detto il mal di
schiena lo sta tormentando e l'ha costretto a rimanere a letto...
sai.. è voluto andare a cavallo e ora ne sta pagando le
conseguenze!!”
Gneo Cornelio la guardò per un attimo confuso, ma
sembrò accontentarsi della risposta “A cavallo??? Ma è
impazzito??? Il dottore è stato categorico con lui... ah... il
solito Flavio!!! Fa sempre di testa sua.. Mi raccomando porgili i
miei saluti e digli che lo andrò a trovare sicuramente uno di questi
giorni, non appena i miei pressanti impegni mi daranno un po' di
respiro. Piuttosto.. non vedo Marcus con te.. che fine ha fatto???”
Xena sorrise al pensiero del poveretto legato e
imbavagliato sotto l'albero “Sta arrivando.. è rimasto indietro
perchè aveva qualche problema con il costume.. e come tu ben sai lui
ci tiene a fare sempre bella figura.. Ora se vuoi scusarmi Gneo...”
“Aspetta.. aspetta... devo indovinare il tuo
costume!!” esclamò l'uomo pieno di entusiasmo, mentre le osservava
attentamente il completo di pelle e l'arco carico di frecce. “Mmm...
completo in pelle... arco... ma certo!! Tu sei Diana!!! Ho
indovinato??”
Xena lo guardò esasperata prima di rassicurarlo con un
enorme sorriso
“Oh Gneo come sei perspicace!! Avevo detto a Marcus
che avresti indovinato immediatamente il mio costume..” e si
allontanò in fretta, prima che potesse trattenerla ancora.
Dopo qualche minuto, spintonando e strattonando tutti
coloro che le impedivano il passaggio, finalmente raggiunse un
cortile solitario e appartato. Appoggiò la schiena alla fredda
parete e tirò un sospiro di sollievo,sollevando le braccia
doloranti.
“Non immaginavo che le feste fossero così
stressanti... c'è tanta di quella gente stipata in quella sala che
nemmeno Mercurio con i suoi stivali alati riuscirebbe a muoversi
agevolmente!!”
Un rumore di passi attrasse la sua
attenzione,costringendola ad appiattirsi ancora di più alla parete
approfittando dell'oscurità.
Una figura sottile,avvolta in un abito rosato, emerse
dalla folla e si incamminò incerta nel corridoio. Il cuore di Xena
fece un balzo non appena la donna si voltò e il suo viso fu visibile
alla fioca luce delle torce.
“Gabrielle...” sussurrò incredula.
La giovane trasalì e si guardò intorno spaventata,
scrutando le tenebre.
“Chi è???” domandò incerta, stringendo le mani a
pugno intorno alla sottile veste rosa “C'è qualcuno???”
Non ricevendo risposta,scosse la testa delusa e calde
lacrime le bagnarono le guance: per un attimo aveva sperato che fosse
lei ad averla chiamata. “Come se fosse possibile... ormai se n'è
andata!!! Non so nemmeno perchè sono venuta fin qui... Quella donna
le assomigliava così tanto... eppure qui non c'è nessuno... solo io
e le mie lacrime.”
Un altro rumore la fece sobbalzare,qualcuno si stava
dirigendo verso di lei “Gabrielle...” ripetè di nuovo la voce.
La giovane trattenne il fiato e spalancò gli occhi per
la sorpresa: anche le orecchie la stavano ingannando??? Quelle
sembrava proprio la voce di...
“Xena!!” esclamò felice non appena riconobbe la
figura a pochi passi da lei.
“Ti ho trovata finalmente!! Non sai che fatica
cercarti in mezzo a tutta quella gente. Questa domus p troppo
affollata per i miei gusti.. ma avendo conosciuto il proprietario non
dovrei stupirmi troppo...”
Gabrielle non rispose e abbassò lo sguardo a terra,
intenta a lisciarsi le pieghe del vestito.
Xena guardò perplessa la reazione della giovane di
fronte a lei: non si aspettava quel freddo silenzio né quella strana
indifferenza. “Gabrielle... senti... lo so che mi avevi detto di
andarmene...” sussurrò avvicinandosi “ma.. io...”
La giovane sollevò finalmente gli occhi e le regalò
uno dei suoi sorrisi più dolci: le lacrime erano come gocce di
rugiada illuminate dalla luna, gli occhi sembravano più verdi delle
foglie primaverili.
Quasi correndo, annullò la distanza che le separava e
gettò le braccia intorno al collo dell'altra, sollevandosi sulle
punte dei piedi per la differente altezza.
Xena sorpresa non potè fare altro che ricambiare
l'abbraccio con trasporto: aveva desidarato così tanto poterla
stringere come stava facendo in quel momento.
“Gabrielle... ma...” disse
“Shh.. sono così felice che tu sia qui” la
interruppe la più giovane, interrompendo l'abbraccio e puntando i
suoi occhi in quelli luminosi come zaffiri dell'altra.
“Oh Xena.. sono stata una stupida... come ho potuto
trattarti in quel modo??? Tu mi avevi protetta da Marcello... ma io
avevo tanta paura... è stato il dubbio a farmi pronunciare quelle
orrende parole.. credimi!!! Non appena ti ho lasciato andare, ho
sentito il cuore andare in frantumi.. pensavo di morire. Ti avevo
ferita e per la mia insicurezza stavo per perderti per sempre!!!
Credevo di non rivederti mai più... ero così spaventata... Dopo
essermene andata, ho incontrato Diona.. e lei... lei ha capito tutto
quello che stava succedendo nel mio cuore.. ha capito...”
Xena trattenne il fiato, ripensando alle parole che la
schiava le aveva rivolto non appena si erano incontrate.
“Stai cercando la nostra padrona non è vero? E'
andata con il padrone a casa del console Gneo Cornelio. Mi raccomando
Xena corri!! Lei ha bisogno di te!”
Il silenzio di Gabrielle era opprimente. La giovane si
era interrotta,deglutendo a fatica per lo sforzo di continuare il
difficile racconto. Aveva abbassato di nuovo lo sguardo e si era
concentrata sulle mani strette a pugno sul ventre,le nocche erano
bianche nel tentativo di calmare i tremiti che la scuotevano.
Xena le pose la mano destra sotto il mento e con una
leggera spinta la costrinse a guardarla nuovamente negli occhi.
“Gabrielle... guardami... sappi che quello che ti ho detto in cella
non è cambiato. Io sono ancora innamorata di te.. perchè pensi che
abbia fatto tutto questo altrimenti??? Per indossare questo vestito
di pelle meravigliosamente aderente e questo splendido arco???”
chiese divertita nel tentativo di spezzare la tensione. Gabrielle le
rivolse un altro dolce sorriso e si sporse verso di lei per darle un
leggero bacio sulla guancia.
Xena sorrise al tenero gesto di affetto e la strinse
nuovamente. Fu allora che la giovane,raccolto tutto il suo coraggio,
le sussurrò dolcemente all'orecchio “Ti amo anche io Xena. E nulla
potrà cambiare questo folle sentimento che nutro per te. Ci ho
provato, mi sono ribellata, ho lottato contro i miei dubbi e le mie
insicurezze... per una volta seguirò il mio cuore... e il sentiero
che lui sta tracciando conduce verso di te!”
Xena chiuse leggermente gli occhi,per evitare che calde
lacrime le scorressero lungo le guance. Si staccò dall'abbraccio e
guardò intensamente Gabrielle negli occhi “Cosa ho fatto mai per
meritare questo dono degli dei??” chiese felice.
La giovane arrossì e appoggiò delicatamente la tempia
al petto dell'altra “Sei venuta correndo da me, mentre mio marito
ingiuriava tutte le divinità esistenti sull'Olimpo..”
Xena si lasciò andare ad una risata ricordando le urla
terrificanti che Marcello le aveva rivolto.
“E' stato in quel momento,sai, che mi hai rapito il
cuore...” continuò la ragazza persa sul filo dei ricordi “ti ho
vista correre come il vento e ho sentito Cupido che mi colpiva con la
sua freccia dritta nel petto...”
“Ooh.. allora è un arciere addirittura migliore di
me, che sono Diana... non credi???”
Gabrielle la osservò divertita, soffermandosi a lungo
sul costume di pelle che rendeva le forme della mora ancora più
prorompenti “No... direi di no...”
Xena si abbassò appena per imitare un inchino e
approfittò della posizione per godersi la vista dello splendido
corpo di fronte a lei, fasciato dalla veste rosa.
“Devo dire che nemmeno Venere se la cava poi così
male...”
Gabrielle le toccò la spalla e la costrinse a rialzarsi
“Ti ringrazio... pensi che se approfondissimo la nostra conoscenza
i nostri fratelli potrebbero adirarsi?” le chiese ad un soffio
dall'orecchio.
Xena trattenne a stento un gemito e sfoderò un sorriso
ammaliante. “Oh... non preoccuparti... Apollo e Marte sono divinità
molto... molto.. impegnate...”
Gabrielle si avvicinò ancora di più, fermandosi a
pochissima distanza dalle labbra socchiuse dell'altra. “Allora...
in questo caso... credo che potremmo rischiare..”
E annullò finalmente le distanze. Xena la abbracciò,
rafforzando la presa sul suo collo. Il bacio si approfondì, le loro
lingue danzavano frenetiche nelle loro labbra.
Gabrielle distese le braccia sulle spalle larghe e forti
dell'altra,abbandonando ogni ritrosia. Sembravano perse in un
universo parallelo, dove la loro passione le proteggeva da tutto e da
tutti. Si staccarono quando i polmoni reclamarono a gran voce aria.
Gabrielle appoggiò nuovamente il capo sul petto
dell'altra: un enorme sorriso le incorniciava il volto.
Xena le appoggiò il braccio intorno al collo e cominciò
ad accarezzarle piano i sottili capelli biondi.
Fu Gabrielle a spezzare il silenzio. “Lo sai che non
ti lascerò mai più vero? Né permetterò che Marcello mi distrugga
più la vita... Sta diventando sempre più cattivo e violento... non
lo sopporto più...”
“E' la sete di potere che gli ottenebra la mente...
non pensa ad altro che alla gloria... è una persona molto
pericolosa. L'ho capito appena l'ho visto... Appena ha varcato la
soglia dei miei spogliatoi a Capua e si è presentato insieme a
Manlio, ha destato il mio odio più profondo. Ho sempre disprezzato
coloro che approfittano del loro denaro e del loro potere per far
soccombere gli altri.. e devo dire che tuo marito è sicuramente il
campione di Roma in questo... mi chiedo come tu abbia fatto a
sposarlo..”
Un rumore impedì a Gabrielle di rispondere. Xena si
guardò intorno con i sensi all'erta. “C'è qualcuno qui
intorno...” sussurrò “qualcuno che ci spia dalle tenebre..”
Gabrielle si spaventò e si strinse ancora di più
intorno alla schiena dell'altra “Oh dei... non sarà Marcello!!!”
Xena scosse la testa “Se fosse stato lui, ci avrebbe
già puntato il gladio contro... No.. è qualcuno che vuole
osservarci... Codardo...”
“Maledetto!! Esci fuori se hai il coraggio!!!”
esclamò rabbiosa.
Nessuno rispose, ma due occhi luminosi si allontanarono
nell'oscurità. Qualcuno sembrava molto soddisfatto di tutto quello
che aveva visto.
Intanto
sala del palazzo
Fece ondeggiare il calice che stringeva nella mano
destra,perdendosi nei riflessi del liquido ambrato. Quella festa lo
stava annoiando a morte e piuttosto che ascotare i presenti ridere e
parlare di futilità sarebbe volentieri scappato lontano per poter
riflettere. Era sempre così: si illudeva che le persone potessero
divertirlo, ma in realtà nessuno riusciva ad abbattere quel guscio
di indifferenza che lo ricopriva come una seconda pelle. Da quando
era diventato così??? Forse lo era da sempre, da quando era ancora
incapace di parlare o camminare. Sorrise al pensiero di un bambino
minuscolo che osservava il mondo con occhi severi,incurante delle
carezze dei genitori.
Si... Scipione era così da bambino, silenzioso e perso
nel suo mondo.
L'immagine di una donna dai lunghi capelli castani gli
accarezzò la mente: sua madre che lo abbracciava e rideva felice e
spensierata. Come poteva sentire la mancanza di una donna che aveva
appena conosciuto? Era poco più che un bambino quando i suoi
genitori lo avevano lasciato... uccisi da alcuni miseri briganti
sulla Via Appia... erano passati più di dieci anni da quando lo zio
lo aveva accolto,investendolo con il suo entusiasmo. Sebbene l'avesse
fatto sentire sempre amato,non era mai riuscito ad abbattere quel
guscio di solitudine. Scipione era cresciuto,era diventato
grande,forte e bello, ma insoddisfatto della sua vita agiata.
Scuotendo leggermente la testa, decise di alzarsi dal soffice
triclinio vermiglio sul quale era mollemente appoggiato. Una ragazza
visibilmente ubriaca lo strinse a sé e gli lanciò uno sguardo
lascivo “Dove pensi di andare Scipio??? Non vorrai lasciarmi
qui...”
Il ragazzo si divincolò gentilmente dalla sua
presa,appoggiandola nuovamente al cuscino di seta. “Ora ho da
fare.”
Si alzò e si allontanò a passi pesanti,approfittando
della confusione della sala. Il vociare l'aveva stordito più del
vino che aveva bevuto. Buttò giù quello rimasto nel suo calice e
appoggiò la coppa lavorata su un tavolo. Osservò ancora la folla
che lo circondava senza riconoscere nemmeno un volto amico tra gli
astanti.
Ovviamente conosceva quasi tutto coloro che erano
arrivati,ma nessuno gli aveva mai rivolto una parola di conforto...
nessuno si era mai accorto della sua maschera,con la quale cercava di
nascondere la sua inquietudine.
“Parassiti e arrampicatori sociali” sbottò a mezza
bocca,avvolgendosi nel mantello e dirigendosi fuori per godersi la
leggera brezza serale.
Si sedette al basso muro di pietra che cingeva il
cortile orientale della casa. Quel luogo,più appartato degli altri,
era sempre stato il suo rifugio nascosto. “Quante volte sono venuto
qui a notte fonda... e sono rimasto a pensare, a riflettere... a
cercare di ricordare... senza riuscirci.. finchè il sole non mi
salutava con la sua luce,spuntando da dietro le tegole che ricoprono
il colonnato. Era come se volesse darmi una speranza, come se volesse
rischiarare la foschia che regna nel mio cuore.”
Un rumore di passi alle sue spalle attrasse la sua
attenzione: si voltò e la luce della luna illuminò larghe spalle
protette da una lucente pelle di leone.
Decio si avvicinò,salutandolo con un cenno del capo.
“Pensavo di essere solo... a quanto sembra non sono
l'unico che non apprezza le feste.”
Scipione scosse la testa sorridendo “Anche io non le
ho mai apprezzate. Le ho sempre reputate un inutile sfoggio di
ricchezza se non hai nessuno con cui condividere il divertimento.”
Decio annuì “Già... sembra impossibile, ma un uomo
può sentirsi tremendamente solo anche se circondato da milioni di
persone. Ci hai mai pensato? E' più facile sentirsi abbandonati ad
una festa che ad un funerale...”
Scipione apprezzò lo strano paragone: quel ragazzo si
stava dimostrando più in gamba di quanto appariva. “Dai su...
siediti.. due persone così poco festaiole come noi sono destinate a
farsi compagnia non credi??” lo invitò,battendo leggermente la
mano sullo spazio libero al suo fianco. Decio sorrise e si
accomodò,appoggiando la schiena ad una colonna. Osservò
attentamente il profilo del giovane di fronte a lui e avvertì la sua
profonda inquietudine. Come poteva essere così triste?? Era il
nipote del console di Roma, era amato e rispettato, era ricco, tutte
le donne più belle volevano concedersi a lui... eppure sembrava la
persona più triste e disgraziata del mondo.
“Mi sembri un po' abbattuto... Ho capito che non
apprezzi le feste, ma è pur sempre il tuo genetliaco,tutta Roma è
venuta qui a renderti omaggio... tutto questo non ti sfiora nemmeno
un pò?”
Scipione sollevò le spalle muscolose,storcendo il viso
in un'espressione indifferente “Forse perchè so che è tutta
apparenza. Pensi davvero che tutte quelle persone sarebbero qui se io
fossi il figlio di un calzolaio? O di un mercante?? Eppure compirei
allo stesso modo venti anni.. proprio come sto facendo ora. E' solo
ipocrisia quella che mi circonda. Forse è per questo che mi sento
così insoddisfatto della mia vita. Certo.. se penso alle condizioni
di vita dei soldati... o di coloro che vivono nei quartieri più
miseri della città, mi semnto un egoista.. però non posso farci
nulla. Tutto intorno a me è così vuoto e grigio.”
“Forse appena nato sei stato avvolto in una nuvola
invece che in semplici fasce” scherzò Decio.
Scipione sorrise “Si... è probabile... o forse sono
semplicemente un ragazzo viziato che non comprende nulla della
vita,perchè fino a questo momento è rimasto rinchiuso in una gabbia
dorata...”
“Non essere così duro con te stesso. Non mi sembri un
ragazzo viziato.. e fidati.. ne ho visti parecchi. Tutti si credono
superiori solo perchè sono nati in una domus, o perchè il loro
padre è un importante centurione. Non sanno che non è la nobiltà
di sangue a contare realmente nella vita... E io posso
testimoniartelo.”
Decio si sollevò e con un piccolo salto atterrò
dall'altra parte del muretto.
Cominciò a passeggiare avanti e indietro,grattandosi
pensieroso il mento.
“Sai.. la mia vita non è mai stata facile.. sono nato
in una famiglia molto umile, i miei genitori avevano una fattoria
poco distante da Roma. Non siamo mai stati ricchissimi, ma eravamo
felici. I miei genitori facevano molti sacrifici e mi hanno abituato
sin da piccolo ad impegnarmi a fondo nel lavoro. Era difficile, ma
allo stesso tempo mi faceva sentire più grande. Poi.. poi tutto la
mia felicità è crollata... Una terribile mattina io andai a
lavorare il campo al posto di mio padre e quando tornai... la mia
fattoria era distrutta e la mia famiglia...” la voce gli si spezzò
e si interruppe.
Scipione rimase in silenzio di fronte a quel dolore così
simile al proprio.
Decio sollevò fieramente il volto inghiottendo le
lacrime “La mia famiglia era morta... non avevano risparmiato
nessuno... né i miei genitori né i miei fratelli... avevano rubato
ogni cosa.. avrebbero ucciso anche me se fossi rimasto. Quel giorno
sono rimasto inginocchiato di fronte alla pendolante porta di casa in
silenzio. Non ho avuto il coraggio di muovere un muscolo, ero
indifferente persino al lancinante dolore alle ginocchia. Il giorno
dopo mi sono messo a vagare per le campagne senza sapere dove andare
o cosa fare. Non sai quanto mi sono sentito in colpa, quanto mi sono
sentito responsabile per la loro morte. Insomma... io ero rimasto in
vita!!! Loro invece erano esanimi, con gli occhi vitrei e la pelle
pallida e fredda. E' stato Marcello a salvarmi la vita,
raccogliendomi dalla strada, dandomi cibo,alloggio e un'educazione
militare.”
Scipione rimase in silenzio, osservando la luna
splendere in cielo. Le rivelazioni di quel ragazzo lo avevano
sconvolto, ma anche confortato. In qualche modo sentiva di essere
meno solo, consapevole che qualcuno aveva provato le sue stesse
angosce e paure.
Fu Decio ad interrompere il silenzio “Mi dispiace...
ti ho annoiato con i miei racconti deprimenti..”. Scipione gli
sorrise e sollevatosi anche lui in piedi lo raggiunse al di là del
muro “Affatto... anzi.. mi hai dato speranza.. Pensavo di essere la
persona più sfortunata del mondo, ma i miei dubbi sono minuscoli in
confronto alle difficoltà che tu sei riuscito a superare. Quasi
invidio la tua forza d'animo, meriti davvero il costume che porti o
possente Ercole!!”
Decio rise, osservando Scipione con occhio critico “E
a te stanno bene le rughe di Ulisse a forza di pensare... hahahaha”
Scipione avvolse le spalle dell'altro con un braccio
“Ah... direi che questa festa ci ha regalato più di quanto
potessimo desiderare, non credi???”
Decio annuì “Credo che tu abbia ragione... mai avrei
pensato di condividere così tanto con un invitato... Che facciamo?
Rientriamo?”
Scipione si staccò e superò agilmente il muro con un
salto “Certo che sì... ora comincia davvero il divertimento!!!”
Cortile
settentrionale della domus
A passi svelti si incamminò lungo il corridoio buio.
L'incontro con Alti l'aveva sconvolto non poco, rievocando ricordi
sepolti da tempo.
Aveva amato quella donna alla follia durante la sua
giovinezza, aveva sperato di condividere tutta la vita con lei. Erano
due giovani semplici, innamorati della vita, spensierati. Sorrise al
ricordo delle lunghe passeggiate nelle vie di Roma mano nella mano. A
quel tempo mai avrebbe pensato di diventare console. Sognava una
grande fattoria, ricca di animali e di bambini festanti e con lei, la
sua splendida Alti, la donna più bella di Roma. Il destino non era
stato così benevolo. Alti era sempre stata una ragazza docile,ma non
per questo priva di ambizione. Era lei che sognava di vivere in
grandi palazzi,circondata da servitori riverenti. Piano piano quel
desiderio si trasformò in un'ossessione. Marcello ricordava i lunghi
discorsi sul lusso e la ricchezza e le dure parole di Alti mentre
stavano seduti sulle rive del Tevere.
Era lei che ripudiava la loro misera condizione sociale,
che ripudiava le fatiche del lavoro. Era stanca di spaccarsi la
schiena inutilmente. Voleva di più,sempre di più.
Poi un giorno la sua ossessione raggiunse il culmine:
non le interessavano più i palazzi, voleva Roma.
Marcello fermò la sua veloce avanzata e si appoggiò
alla fredda parete, tastandosi leggermente le tempie con mano
tremante.
“Io voglio Roma Marcello!!! Roma!!! Come fai a non
comprendermi??? Come puoi accettare di vivere in questo modo, nel
fango... nelle stalle... Non desideri la gloria e il potere come
tutti gli uomini valorosi??”
“Ma Alti... cerca di capire.. come puoi desiderare
l'irrealizzabile!! Anche io desidero ricchezze, ma sono realista!
Come pensi di ottenerle? Roma ora è in gravi difficoltà, la guerra
incombe! Dovremmo essere contenti anche del poco che abbiamo!!”
“Ah.. quindi mi consideri un'ingrata??? Hai
dimenticato quanto sono costretta a lavorare per ottenere solo il
necessario per vivere? Pensi che io non sappia le condizioni della
nostra città? Io penso al mio futuro,Marcello, e non sono
tranquilla. Mi vedo triste,invecchiata, in una casa magari decadente
e misera. Vuoi distruggere anche i miei sogni??”
“Sai che io ti amo profondamente Alti. E' così
doloroso immaginare un futuro con me? Potremmo vivere in una grande
fattoria, ci pensi? Potremmo diventare ricchi!! Magari se ci
trasferissimo vicino Capua.. lì il terreno è molto fertile. Saremmo
ben presto i migliori fattori della zona!”
“Fattori!!! Fattori!!! Ecco.. non hai capito nulla
di quello che ti ho detto finora? Noi siamo già contadini,Marcello.
Cosa cambierebbe? Pensi che trasferirci a Capua risolverà i nostri
problemi? Cambiare città non placherà la mia infelicità e se ci
tieni a me, capiresti che diventare una coltivatrice non è ciò che
più mi aggrada”
Quella conversazione era impressa a fuoco nei suoi
ricordi. Da quel giorno Alti non era stata più la stessa. Da giovane
amabile e allegra si era trasformata in una persona sprezzante e
superba. La fanciulla della quale si era innamorata era stata sepolta
dalla cupidigia che albergava nel suo cuore.
Gli occhi di Marcello si inumidirono,ma nemmeno una
lacrima scivolò lungo le sue guance. La ferita che Alti aveva
aperto con il suo allontanamento non si era mai richiusa del tutto e
il suo ritorno l'aveva riaperta con forza, facendo sanguinare il suo
cuore lancinato dalla sofferenza.
Sospirando pesantemente, si staccò dalla parete e
riprese a camminare.
Cosa avrebbe fatto? Conosceva Alti e sapeva che non si
sarebbe fermata di fronte a nulla. Il suo allontanamento da Roma
l'aveva temprata, l'aveva resa più forte e le aveva donato quegli
strani poteri. Rabbrividì al ricordo della sua visione. Da quando
era capace di fare quelle cose? Sin da ragazza aveva sempre sostenuto
di poter prevedere le cose, di poter comprendere il dolore delle
persone guardandole negli occhi, ma nessuno le aveva mai creduto. Lui
stesso l'aveva dissuasa. Era una ragazza sensibile, niente di più. A
quanto pare ancora una volta si sbagliava. Alti aveva delle doti,le
aveva sviluppate e sapeva come utilizzarle per i propri scopi. Non
poteva permettersi una nemica così pericolosa... Rivolse il suo
pensiero al giovane Decio: avrebbe dovuto informarlo della loro nuova
alleata prima che potesse commettere delle sciocchezze. “Quando
glielo dirò andrà su tutte le furie... ma Alti è necessaria per la
riuscita del nostro piano. Non posso fare altrimenti, lei conosce
tutti i miei segreti.”
Si fermò nuovamente e si voltò a guardare la luna
splendente “E comunque non avrei mai il coraggio di farle del male.
Perchè il destino è stato così crudele? Perchè mai ho sposato una
donna che non sentivo di amare? Perchè??? Perchè Alti??? Perchè
devi sempre distruggere la mia vita?? Non l'hai già fatto
abbandonandomi senza alcuna spiegazione? Come pensi che mi sia
sentito quando tua madre è venuta da me in lacrime dopo aver trovato
il tuo letto vuoto??? Hai lasciato la tua famiglia,la tua città e
hai lasciato me senza una spiegazione... ma io so perchè l'hai
fatto... eri delusa.. eri scontenta della tua vita.. eri scontenta di
me... e te ne sei andata. Ora ritorni... dopo anni trascorsi
lontano... E di nuovo mi distruggi. Io,che dopo la tua partenza mi
sono arruolato, nella speranza di diventare quell'uomo che tu
sognavi, quell'uomo forte che ti avrebbe donato il mondo se avesse
potuto,non riesco a dimostrartelo e ancora una volta.. non posso fare
a meno di piegarmi al tuo volere.”
Un leggero fruscio interruppe i suoi pensieri. Si voltò
di scatto,ma non vide nulla oltre le tenebre che lo circondavano. Si
massaggiò la radice del naso e sbadigliò vistosamente. Le feste
erano diventate veramente faticose per lui.
Sollevò le braccia e sentì le vertebre scricchiolare.
Il solito ghigno risoluto comparve a deformare il suo viso: si era
concesso alla malinconia, ma non poteva permettere che i ricordi di
un antico amore lo abbandonassero.
Si avvolse nel mantello scuro e riprese il cammino con
passo sicuro,rinchiudendo la tristezza e i dubbi nelle tenebre del
suo cuore.
Ingresso
della domus
Xena e Gabrielle passeggiavano tranquillamente senza
curarsi dei presenti. Erano riuscite a sgusciare via approfittando
della confusione senza incontrare nessuno.
Il cortile antistante l'entrata era pressochè deserto:
tutti si erano trasferiti all'interno per proteggersi dalla brezza
serale con il tepore del vino.
Si fermarono nell'angolo più lontano, osservando in
silenzio la luna circondata dalle stelle.
Gabrielle sollevò un braccio “Guarda che belle Xena!!
Quelle sembrano un gatto!”
Xena appoggiò una mano sulla fronte e socchiuse gli
occhi “A me sembra un cavallo... dove lo vedi un gatto?? Non ha
nemmeno i baffi! Invece si vede la criniera!! E ha persino gli
zoccoli!! E' una cavallo al galoppo!!”
Gabrielle rise “Ma stai scherzando!!! E' un gatto!!!
Io non vedo gli zoccoli!! E comunque i baffi ce li ha!!”
La giovane distolse lo sguardo dal cielo e lo puntò
sulla donna al suo fianco.
“Xena... cosa faremo ora?” domandò piano.
Xena aggrottò la fronte e le restituì uno sguardo
preoccupato “Non lo so... siamo in una situazione difficile...
molto difficile.. ti sei pentita?”
Gabrielle scosse la testa e si strinse a lei,appoggiando
la tempia al suo petto
“Mai. I dubbi mi hanno fin troppo allontanato da te.
Tu cosa farai?”
Xena le accarezzò i morbidi capelli biondi,sospirando
pesantemente “Io non ti lascerò Gabrielle. E se questo significa
essere la schiava di Marcello, lo farò. Farei di tutto per stare al
tuo fianco.”
Gabrielle si staccò dal suo abbraccio e le rivolse un
dolce sorriso,mentre calde lacrime le inumidivano le guance “Perchè
fai tutto questo per me? Non hai paura di quello che ti potrebbe
succedere e se Marcello scoprisse..”
Xena interruppe quel flusso irrefrenabile posando
dolcemente le labbra su quelle dell'altra. Gabrielle si abbandonò
immediatamente alla stretta dell'altra,cullandosi nel suo caldo
abbraccio. Non si sarebbe mai staccata dalle sue labbra.
Fu Xena a interrompere il contatto,accarezzandole le
guance e asciugandole le lacrime. “Perchè ti amo. E perchè so che
mi ami.”
Gabrielle le sfiorò il naso con le labbra in una dolce
carezza “Lo so. E per questo amore io non mi arrenderò più alla
paura. Te lo giuro.”
Xena sorrise,staccandosi dall'abbraccio “Devo andare.
Marcello si starà chiedendo che fine hai fatto. E ci vuole del tempo
prima che io possa arrivare alla domus.”
Gabrielle la trattenne debolmente per un polso “Non
voglio che tu vada.”
Xena la strinse nuovamente a sé con forza “Nemmeno io
voglio lasciarti. Ma sai che devo. Io ti aspetterò. Manlio mi farà
rientrare nella cella. E poi devo andare a liberare quei due
poveretti!”
Gabrielle la guardò perplessa “Poveretti?”
Xena sorrise divertita e si grattò la testa imbarazzata
“Dove pensi che io abbia preso questo costume? Non crescono sugli
alberi sai??”
Gabrielle le colpì il braccio con un leggero schiaffo
“Non ci avevo pensato. Non avrai fatto loro del male!”
Xena le diede un leggero bacio sulla fronte e si
allontanò “No... li ho semplicemente legati e imbavagliati grazie
all'aiuto di un muso di cervo!!”
Gabrielle la osservò correre via,spalancando gli occhi
per la sorpresa.
“E dove ha trovato un muso di cervo?? Ah.. per gli dei
quella donna mi fa impazzire!” Sospirando, si incamminò verso la
domus. Prima di varcare la soglia, si voltò indietro, osservando la
luna che si ergeva maestosa in cielo “E' stata davvero una festa
meravigliosa” e sorridendo felice,si strinse nella veste
leggera,desiderando come mai prima d'ora di ritornare a casa.
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Capitolo 7 *** Onore e giuramenti ***
Servitus Capitolo VII
Ciao a tutti!!!! Ebbene si.. di nuovo!!! Hahaha beh sicuramente state
pensando ad un miracolo o a qualcosa del genere considerando i miei
tempi di aggiornamento! In realtà non me lo spiego molto nemmeno
io! So solo che sono in un fiume di ispirazione e come ha detto
saggiamente la mia socia Harwest spero di non annegare!!
Comunque,a parte gli scherzi, ho avuto diverse idee in questo periodo
ed eccomi qua con il nuovo capitolo! Allora... chissà se vi
piaceranno alcune cose che accadranno.. mmm non so... comunque è
più lungo dei precedenti!! Spero vi piaccia! Ringrazio come
sempre tutti coloro che leggono la storia, che l'hanno recensita,
inserita tra le preferite e le seguite! E soprattutto grazie a qualcuno
in particolare per la pubblicità assurda che sta conducendo
hahahaha Ciao a tutti e buona lettura!!!
Capitolo
VII
“Onore
e giuramenti”
Varcò l'ingresso della propria domus con il solito
passo imperioso. Noncurante dei servi ossequiosi che la
fiancheggiavano, Alti si diresse verso la camera da letto.
“Non voglio essere disturbata per nessun motivo”
ordinò,richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo secco.
Rimasta sola,lanciò uno sguardo soddisfatto alla stanza
sontuosamente arredata.
La luce delle candele faceva luccicare la moltitudine di
monili d'oro e d'argento che ingombravano un mobile di legno pregiato
alla sua destra. Alti vi si accostò,togliendosi assorta i pesanti
bracciali di madreperla e gli splendidi orecchini d'avorio. Si lasciò
scivolare la veste lungo la schiena e ne indossò un'altra bianca.
Il suo sguardo sprezzante si posò un attimo sul vestito
rimasto a terra: non aveva alcuna intenzione di raccoglierlo, la
servitù ci avrebbe pensato la mattina seguente.
Con un ghigno di soddisfazione lo calpestò appena,
lasciando un impronta sul tessuto pregiato. “Ne ho talmente tanti
da perderne il conto... e di certo questo non è dei più belli. Ah..
che sensazione meravigliosa... essere talmente ricca da poter
decidere di rovinare le proprie vesti!! Se penso che prima vivevo con
un misero straccio!! Il solo pensiero di quel cencioso abito mi dà
sui nervi! Del resto come avrei potuto comprarmene un altro?? I
sesterzi bastavano appena per mangiare...”
Un'ombra le attraversò per un attimo gli occhi: il
ricordo dei difficili tempi trascorsi era ancora molto doloroso per
lei,sebbene fosse circondata dal lusso più sfrenato.
Si diresse alla finestra aperta,godendosi la fresca
brezza notturna.
La luna era oramai alta nel cielo,illuminando il
paesaggio circostante. Appoggiò le braccia alla fredda balaustra di
marmo,sospirando pesantemente.
“A volte è così difficile convivere con i ricordi...
La memoria è un'arma terribilmente potente nelle mani di chi sa
usarla...”
Voltò i palmi della mani e li osservò attentamente:
sembravano così comuni alla vista, non molto grandei con le venature
sottili che si incrociavano l'una con l'altra,ma capaci di uccidere
chiunque lei volesse.
Il viaggio in Grecia non aveva fatto altro che
potenziare i suoi poteri latenti. Avrebbe potuto essere una magnifica
Pizia (nota 1), se solo avesse voluto.
Il suo apprendistato era stato lungo e faticoso,ma
l'aveva iniziata a tutti i segreti della divinazione (nota 2) e della
preveggenza.
“Quello che Marcello ha provato è solo un briciolo
della mia forza...” richiuse violentemente i pugni,abbandonando le
braccia lungo i fianchi. Le palpebre le ricadevano pesanti e gli
occhi le bruciavano per la stanchezza: il fisico richiedeva riposo e
ristoro per le troppe notti trascorse insonni.
Scosse la testa nel tentativo di scacciare il torpore
che minacciava di colpirla ad ogni istante. Da quando aveva acquisito
i suoi poteri non era più stata in grado di riposare
tranquillamente: le sue notti erano costellate di incubi, i ricordi
del passato e le inquietudini del presente si mescolavano e davano
vita a visioni raccapriccianti. E Marcello ne era assoluto
protagonista. Sebbene avesse cercato di soffocare il suo sentimento
per lui, l'averlo incontrato dopo tanti anni non l'aveva lasciata
indifferente. Vederlo invecchiato era stato molto doloroso: ogni ruga
era la testimonianza del lento trascorrere del tempo e della
decadenza alla quale il corpo umano andava incontro. Sospirando
pesantemente,decise di allontanarsi dal balcone e di ritornare in
camera. Si sedette sul letto e volse lo sguardo al piccolo mobile
intarsiato che stava poggiato alla parete alla sua sinistra. Allungò
un braccio e aprì un minuscolo cassetto. Sorrise quando le sue dita
accarezzarono il freddo metallo;serrando la presa,prese il piccolo
oggetto e lo attorcigliò al polso. Era un braccialetto, ma talmente
vecchio e consumato che sembrava sul punto di spezzarsi da un momento
all'altro. “Il bracciale che Marcello mi regalò come pegno di
fidanzamento... non ho mai avuto il coraggio di gettarlo via.. chissà
perchè.. forse ha ragione lui.. in fondo non l'ho mai
dimenticato..”.
Trattenne per un momento un sospiro e poi rilasciò
piano un soffio,scacciando via i minuscoli granelli di polvere che lo
ricoprivano. Era senza valore se paragonato a tutto ciò che
possedeva, ma per lei rappresentava un tesoro inestimabile.
Nemmeno la servitù ne era a conoscenza: era lei che lo
puliva di nascosto, nel cuore della notte, quando la malinconia si
affacciava prepotente alla porta della sua mente.
Lo ripose con cura e delicatezza al suo posto,chiudendo
accuratamente il cassetto.
Appoggiò la tempia al cuscino di velluto e si girò su
un fianco. Il ghigno prepotente che mostrava a tutti le deformò
nuovamente il viso,sostituendo l'espressione triste di pochi momenti
prima. “Marcello sa di non potermi resistere.. non vedo l'ora di
vederlo strisciare da me,implorando il mio aiuto per conquistare
Roma... Il dubbio gli sta consumando la mente... è consapevole dei
suoi limiti... E' console, ma non può di certo fare quello che posso
fare io... Semmai decidesse di mettermi i bastoni tra le
ruote,scoprirà che non è conveniente per nessuno avermi come
nemica...”
Domus
di Marcello, ingresso delle cucine
Un leggero tonfo alla porta fece sussultare il giovane
schiavo che riposava stravaccato su un pagliericcio. Il cuore gli
balzò in gola per lo spavento,strappandolo dalle braccia di Morfeo
(nota 3).
Un secondo tonfo lo costrinse a sollevarsi da terra.
“Chi può mai essere a quest'ora?? La luna è ormai alta nel
cielo...”
Un terzo tonfo,più forte dei precedenti, fece cigolare
la porta.
Titubante il ragazzo si avvicinò “Chi è?” chiese
con voce insicura.
“Xena!! E ora apri o devo sfondare la porta a
calci???”
Manlio eseguì l'ordine senza fiatare. Aprì appena la
porta e osservò incredulo la donna,fasciata da un aderentissimo
abito di pelle.
“Xena??? Per gli dei.. ma cosa ci fai qui???”
domandò confuso.
Si spostò appena di lato per lasciarla entrare e si
soffermò a guardare il fondoschiena sodo che la veste metteva in
risalto.
La voce severa dell'altra lo riportò alla realtà “Cosa
stai guardando Manlio??”
Il ragazzo distolse lo sguardo e sorrise
imbarazzato,affrettandosi ad affiancarla
“Oh.. io... niente.. assolutamente niente!! Insomma...
che ci fai qui??”
Xena rise scuotendo la testa e appoggiando una mano
sullo stomaco brontolante.
“Che bella accoglienza!!! E io che speravo di ricevere
qualcosa da mettere sotto i denti. Quella festa era noiosa e non ho
potuto nemmeno mangiare! Credo che la prossima volta dirò a Gneo di
scegliere degli invitati più educati! Avevano divorato tutto!!”
“Ferma ferma ferma!!! Ce l'hai fatta??” esclamò il
giovane interrompendola.
Xena si sedette su una sedia di legno e prese una mela
lucente dal cestino posizionato al centro del tavolo.
“Cetto ghe fi... ho pfartecipfato alla fetta di Gmreo
Connelio...che gomanghe” rispose la donna mentre addentava
avidamente la mela. Il ragazzo la guardò spaesato.
Xena
sospirò e deglutendo rumorosamente ripetè:
“Certo che si.. ho partecipato alla festa di Gneo
Cornelio...che domande”
Il ragazzo la guardò ammirato“E come hai fatto ad
entrare??”
Xena sorrise,sollevando compiaciuta il sopracciglio
sinistro “Oh..diciamo che sono stata aiutata da due gentili
fidanzatini.. Dovevo parlare con Gabrielle Manlio. Sei stato tu a
consigliarmelo.. non ti ricordi??”
Il giovane annuì e si sedette “Lo so, ma non era
certo un'impresa facile. Non vedendoti tornare.. ecco... ho creduto
che le cose non fossero andate come dovevano..”
“Oh no Manlio.. le cose sono andate esattamente come
dovevano...”
Un sorriso soddisfatto si allargò sul volto di Xena.
Manlio la osservò attentamente,accorgendosi in quel momento di come
l'inquietudine di quel pomeriggio era totalmente scomparso dal volto
dell'altra.
“Lei... lei ti ricambia?” domandò titubante.
Xena annuì e gli poggiò una mano sulla spalla “Ci
amiamo Manlio. E niente e nessuno potrà distruggere il nostro
amore.”
Si sollevò dalla sedia e si diresse verso il suo
giaciglio.
“E il padrone?? Non hai pensato a lui? Non sarà
facile per voi...” chiese il ragazzo,ma non ottenne risposta. Si
voltò e vide la donna placidamente addormentata.
Alzandosi in punta di piedi,prese da una mensola vicina
la leggera pelle che lui stesso usava come coperta.
“Ecco... sarà meglio coprirti o congelerai con
quell'abito stanotte..” sussurò piano,rivolgendole un triste
sguardo.
La notizia che Xena gli aveva comunicato l'aveva
incupito. Le accarezzò piano una guancia,soffermandosi sullo zigomo
destro “Oh Xena.. sono contento per te... ma non puoi impedirmi di
soffrire per il tuo rifiuto. Ti ho spinto a dichiararti per non
permetterti di fare il mio stesso errore. Ora devo aspettare che il
mio dolore si plachi. Il tempo e la tua felicità leniranno a poco a
poco le mie ferite. Gabrielle è fortunata.. merita il tuo amore e la
tua forza..”
Un rumore alle sue spalle lo distrasse. Diona si
avvicinò in punta di piedi,sfregandosi piano gli occhi “E' andato
tutto come doveva?” chiese con la voce ancora impastata di sonno.
Manlio si sollevò e aggrottò la fronte “E tu cosa ne
sai?” le domandò confuso.
Diona rise di fronte all'espressione del giovane “Hahaha
oh Manlio.. pensi forse che io non sapessi nulla?? Con chi credi che
si sia confidato la nostra padrona?? Direi che se ha avuto il
coraggio di dichiararsi è stato anche grazie a me..”
Manlio sbuffò irato: non sopportava il fatto che Diona
sapesse sempre tutto prima di lui. “Oh ma davvero? E cosa avresti
fatto??”
La giovane gli scompigliò delicatamente i capelli
“Quello che tu hai fatto con Xena. Ho visto come la guardi Manlio..
ed è stato molto nobile da parte tua indirizzarla verso il giusto
cammino. Sei proprio un tesoro!”
Manlio spostò frettolosamente la piccola mano che gli
accarezzava la testa e si allontanò imbarazzato. “L'ho fatto a fin
di bene. Sarebbe stato ancora più doloroso vederla andare via..”
rispose piano,distendendosi nuovamente sul pagliericcio.
Diona annuì “non sai quanto ti capisco Manlio... non
sai quanto...” e sospirando, ritornò nuovamente a dormire,nel
tentativo di soffocare le lacrime.
Domus
di Gneo Cornelio
Gabrielle si affrettò a richiudere il pesante portone
alle sue spalle, incapace di celare il sorriso spontaneo che le
incorniciava il volto. Si incamminò piano lungo il corridoio nel
tentativo di incanalare i pensieri e i ricordi che si affollavano
nella sua mente. Si strinse nella veste leggera e il profumo di Xena
le stuzzicò le narici.
Arrotolò una manica intorno al polso e avvicinò il
viso al tessuto, inalando quella dolce fragranza. “Almeno questo
prova che non mi sono inventata tutto.” pensò divertita. Riprese
nuovamente a camminare,lanciando sguardi distratti intorno a lei.
L'oscurità la circondava ed era difficile orientarsi nei corridoi
che si susseguivano uno dopo l'altro. Spaesata e perplessa, decise di
fermarsi.
Era arrivata ad un bivio: dove poteva essere la sala
principale?
Si massaggiò una tempia e strinse gli occhi nel
tentativo di ricordare la strada che aveva percorso all'andata
insieme a Marcello e Decio. Se solo non fosse stata tanto distratta!
Quando era giunta alla festa, era completamente assorta nei propri
pensieri.
“Ora che ci penso.. la sala non era assolutamente
distante dal portone d'ingresso.. Dunque.. come ho fatto ad arrivare
fin qui? Devo aver sbagliato corridoio?”
Si voltò e osservò il colonnato alle sue spalle.
Proseguiva nella semioscurità delle torce e sembrava esattamente
uguale agli altri. Tornare indietro era del tutto inutile.
Si morse il labbro inferiore nervosa: non immaginava che
una domus potesse essere tanto grande da perdervisi. Sospirò
affranta e scosse la testa. Tese le orecchie e un leggero rumore alla
sua destra attrasse la sua attenzione. In punta di piedi decise di
avvicinarsi alla parete e di sporgersi per capire che cosa avesse
provocato quel suono.
“Gabrielle?? Ma cosa stai facendo?” la bassa voce
alle sue spalle quasi la fece morire di paura. Si voltò di scatto e
nella penombra riconobbe il fisico scultoreo di Scipione.
Rilasciando il fiato, si lasciò andare a un sospiro di
sollievo “Scipione... sei tu! Mi hai spaventato a morte!!”
Il giovane rise “Scusami non era mia intenzione... ma
cosa stavi facendo? Spiavi il buio? Hahahah”
Gabrielle si raddrizzò nelle spalle e scosse la testa
infastidita “Certo che no.. avevo sentito un rumore..e... ecco..
non riuscivo a trovare la strada per tornare alla sala principale.”
Il giovane tacque e si grattò il mento,osservandola
intensamente “Oh non sei la prima. Ho sempre detto a mio zio che
questa domus è terribilmente complicata! Sembra la tana di un
coniglio.. a volte persino io mi confondo e non riesco a trovare la
strada giusta!”
Il paragone fece sorridere Gabrielle: effettivamente
Gneo poteva ben essere un grosso coniglio festaiolo che si divertita
a procedere a balzi per i lunghi corridoi della sua sontuosa domus.
Il movimento improvviso di Scipione infranse la divertente
scenetta.Il giovane le si era avvicinato silenziosamente e ora era a
pochissima distanza da lei. Gabrielle lo osservò confusa e fece per
spostarsi,ma il suo collo incontrò l'opposizione del braccio
sinistro di Scipione,che si era appoggiato con le mani alla
parete,rimanendo a gambe divaricate di fronte a lei.
“Che cosa pensi di fare?” gli domandò
nervosa,percependo una leggera carezza sulla gamba destra.
Scipione non rispose,limitandosi ad osservare
attentamente la perfezione dei lineamenti e la bellezza dei suoi
occhi.
“Io? Mmm diciamo che aiuto le donne in difficoltà..”
rispose con voce roca dopo qualche momento.
Gabrielle gli appoggiò la mano destra sul petto,nel
disperato tentativo di allontanarlo da lei. Ma la forza dell'uomo era
nettamente superiore alla sua e il braccio ricadde all'indietro
inerte. “Non mi sembra di aver chiesto il tuo aiuto”.
La voce irata di Gabrielle rese Scipione ancora più
soddisfatto: gli piacevano le donne combattive.
Finse di riflettere sulla risposta da rivolgerle e per
un attimo distolse lo sguardo, per poi abbassarlo sul petto di lei.
“Oh... invece mi sembravi... come dire.. persa.. non avevi detto
che volevi tornare alla sala principale?”
Risollevò lo sguardo e vide gli occhi di Gabrielle
socchiudersi, poteva percepire il suo timore e il suo nervosismo,
tutte le donne lo guardavano così la prima volta.
“E perchè non mi accompagni allora?” domandò
nervosa la giovane,scacciando per la seconda volta l'impudente mano
che le accarezzava l'anca.
“Ma certo che lo farò.. tra un attimo.. sto forse
facendo qualcosa di male?”
Con un guizzo imprigionò al muro il braccio sinistro di
Gabrielle e appoggiò il ginocchio al suo ventre,costringendola ad
allargare le gambe. Spaventata, Gabrielle cercò di colpirlo con il
braccio libero,ma prontamente l'altro le bloccò il polso,scuotendo
leggermente la testa.
“Perchè fai così? Stai rendendo tutto più
difficile. Eppure lo vedo... vedo il tuo sguardo ottenebrato.. pensi
che non me ne sia accorto? Tu mi desideri Gabrielle, così come io
desidero te...”
Gabrielle scosse vigorosamente la testa e gli lanciò
uno sguardo infuocato “Ti sbagli di grosso... io non ti desidero
affatto!”
Scipione rise e rafforzò la presa,spingendo anche
l'altro braccio della donna contro la parete.
“Permettimi di dissentire mia signora. Non vorrai
farmi credere che porti rispetto a quel borioso pallone gonfiato di
tuo marito? Quell'uomo è crudele!”
“Tu non mi sembri molto diverso da lui in questo
momento.” borbottò Gabrielle,divincolando disperatamente le
braccia per cercare di scappare.
“Tu non mi conosci... io non sono come lui!” le
sussurrò l'uomo di rimando “E comunque è Cupido che mi guida in
questo momento! Non faccio che pensare a te da quando sei arrivata
qui stasera...”
La voce gli si arrochì,mentre riprendeva la lenta
carezza senza che la donna potesse impedirglielo. La mano risalì
lungo tutto il contorno dei fianchi, si soffermò sul suo seno e poi
sul collo. Lentamente cominciò ad accarezzarle l'orecchio e i
morbidi capelli dorati.
Gabrielle era impietrita, il cuore le batteva
furiosamente in petto e le lacrime le inumidivano gli occhi. Era
incollata alla parete e non aveva via di fuga. Come avrebbe fatto a
sfuggirgli?
“Non chiedo nulla... solo un bacio... un bacio che
possa placare il mio cuore infiammato..” le sussurrò Scipione
all'orecchio.
“Mai... io non appartengo a te...” rispose
Gabrielle,voltando il viso dall'altra parte e appoggiando la tempia
alla fredda parete. Scipione rise nuovamente e poggiandole la mano
sotto il mento la costrinse a guardarlo nuovamente negli occhi.
“Ah e sentiamo... a chi apparterresti? A tuo marito?”
la schernì.
Gabrielle non rispose. Il suo cuore avrebbe voluto
urlare “No io appartengo a Xena!!!”,ma non ebbe il coraggio di
ripeterlo a voce alta.
Un sorriso trionfante si allargò sul viso di fronte a
lei “Ah! Ho ragione!! Tu non ami tuo marito! Lo sapevo!!! Bene..
bene.. allora ho campo libero, non pensi?”
Avvicinò il viso sempre di più. Le sue labbra erano a
pochissima distanza dalle sue; Gabrielle cercò di allungare di
voltare nuovamente il volto,ma la mano di lui le strinse la mascella
in una mossa ferrea.
“Oramai non c'è più niente da fare.. oh Xena!!!
Xena... se tu fossi qui!!!”
“MA CHE STAI FACENDO PER GLI DEI??????? LASCIALA
SUBITO!!! ALLONTANATI DA LEI!!!”
Una voce imperiosa e a lei sconosciuta impedì ogni
cosa. Scipione le lasciò le mani e si allontanò velocemente a testa
bassa,scomparendo nell'oscurità.
Gabrielle si lasciò andare lungo la parete e scoppiò
in lacrime,appoggiando la testa tra le gambe.
Una leggera spinta la fece risollevare da terra “Mi
dispiace.. ti prego di perdonarlo... lui... lui non sapeva quello che
faceva...”
Gneo Cornelio la guardò con affetto. Aveva abbandonato
ogni tono giocoso e una voce bassa e grave aveva preso il posto delle
sue risate contagiose.
“Sono terribilmente mortificato... è un giovane così
buono.. ma a volte... ecco.. a volte è come se la sua mente fosse
ottenebrata da tristi pensieri... non ti ha fatto del male vero?”
Gabrielle scosse la testa e appoggiò il mento sulla
spalla dell'uomo,bisognosa di conforto. L'episodio l'aveva sconvolta.
Gneo le accarezzò piano la schiena “Non preoccuparti
è passato... E' tutto passato. Penserò io a lui. Non oso pensare a
cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo!!” Gabrielle
chiuse gli occhi e sospirò,nel tentativo di regolare il respiro
affannoso.
Un rumore di passi in lontananza la spinse ad
interrompere il contatto. Avrebbe riconosciuto quell'andatura
marziale ovunque. Marcello avanzava velocemente verso di loro. Non
celò il suo stupore nel vedere Gneo vicino alla sua consorte. Un
lampo di sospetto gli illuminò i freddi occhi grigi.
“Cosa sta succedendo qui?” chiese rivolto alla
moglie.
“Oh Marcello sei tu.. ecco...” rispose
Gneo,grattandosi nervoso la tempia
“Non è successo nulla Marcello, ma andiamo a casa.
Sono molto stanca.”
La voce inespressiva di Gabrielle interruppe il confuso
balbettio del padrone di casa.
Marcello annuì “Ero venuto a cercarti proprio per
questo motivo. Decio ci sta aspettando fuori nel cortile. Gneo grazie
dell'invito... ci vediamo domani al Foro.”
“Certo certo... è stato un piacere avervi come
ospiti” ricambiò il dominus distrattamente. La sua voce spenta
colpì per un attimo l'attenzione del console,ma la stretta della
consorte intorno al suo braccio lo fece desistere dall'indagare.
Con un cenno del capo si allontanò,portando Gabrielle
con sé. La giovane voltò nuovamente il viso all'indietro e lanciò
uno sguardo significativo a Gneo, che rispose sollevando un braccio
in segno di saluto. “Grazie Gabrielle” sussurrò piano,prima di
voltarsi a sua volta e di incamminarsi nel corridoio alla sua destra.
Domus
di Gneo,corridoio
Lasciò di scatto la presa e si allontanò a passo
svelto,rifugiandosi nell'oscurità. Si fermò solo quando i polmoni
infiammati richiesero insistentemente aria.
Era giunto dove voleva. Si guardò intorno,ammirando il
grande colonnato di pietra e i rigogliosi cespugli che quasi
risplendevano alla luce della luna. Si sedette al basso muricciolo di
fronte a lui e piegò le gambe verso il petto,proteggendole con le
braccia muscolose. Affondò il viso nelle pieghe del vestito,sperando
che il silenzio potesse calmare il suo animo inquieto. “Cos'è
successo...Cosa ho fatto?” il pensiero incessante gli torturava la
mente. I ricordi di quanto accaduto lo sommersero,facendogli piegare
ancora di più le spalle. Era come se stesse sorreggendo un enorme
masso. Il masso del rimorso e della colpa.
“Come ho potuto fare una cosa del genere? Se mio zio
non fosse arrivato... sono stato forse assistito dagli dei? Non oso
immaginare cosa sarebbe accaduto. Ma cosa posso fare? Non ho potuto
fare altro che pensare a lei.. la compagnia di Decio è stata un
conforto passeggero in questa strana e triste serata. La mia mente
solitaria non faceva che vagare verso di lei... è così bella.. così
gentile.. e suo marito è così rude e crudele..”
“Tu non mi sembri molto diverso da lui”
quelle parole pronunciate con astio aumentarono la sua sofferenza.
“Ha ragione a giudicarmi male. Probabilmente nemmeno
suo marito si sarebbe comportato come ho fatto io. Sembravo un
soldato ubriaco in un lupanare (nota 4)!”
Alzò la testa e si passò una mano sul viso nel
tentativo di arrestare le lacrime. Provava vergogna e rimorso per
tutto quello che aveva fatto; non si era mai sentito tanto sporco e
malvagio.
Tese le orecchie e il suo cuore sprofondò nuovamente
non appena riconobbe il pesante passo di suo zio. Una lieve stretta
alle spalle e una voce calda,ma venata di delusione, confermarono i
suoi sospetti.
“Perchè fai così Scipione? Ti rendi conto di quanto
stava per accadere? Potevi fare del male a Gabrielle... non ti
vergogni?”
Scipione non rispose,ma si rannicchiò su se
stesso,affondando nuovamente il viso nell'abito.
“Non fare il fanciullo capriccioso e guardami quando
ti parlo nipote. Quello che hai fatto è molto grave... Mi hai
deluso... non so cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in
tempo.. Ti rendi conto delle conseguenze?? Non mi riferisco al fatto
che Gabrielle sia la moglie di Marcello.. sarebbe stata la stessa
cosa anche nei confronti di una lavandaia!! Il tuo comportamento non
ha scusanti!! Allora.. cosa hai da dire?”
Il prolungato silenzio di Scipione non fece che
aumentare la sua rabbia.
Rafforzò la presa sulla sua spalla e lo costrinse a
voltarsi. “Ho bisogno che mi rispondi Scipione,altrimenti non posso
aiutarti...”
“Non posso dire nulla zio... mi vergogno troppo di
tutto quello che ho fatto. Era come se non fossi padrone di me...
Io.. io non so che avevo intenzione di fare...”
Lo sguardo di Gneo si raddolcì “Lo so nipote.. lo
so... ma questo non significa che approvo il tuo comportamento.
Nessuno in questa domus ti ha insegnato a tenere certi comportamenti.
Non ti ho forse insegnato il rispetto anche nei confronti di coloro
che la società solitamente disprezza? Non diventerai mai un grande
uomo se non ti guadagnerai il rispetto di coloro che ti circondano.
Mi aspetto che tu vada al più presto a chiedere perdono a Gabrielle.
Quella donna è molto generosa.. non ha detto nulla al marito. E sai
cosa significa.”
Detto questo, si congedò. Scipione sospirò
pesantemente e decise di alzarsi in piedi.
Non era il pericolo dello scandalo a preoccuparlo: se
fosse accaduto l'avrebbe accettato senza ribattere. Sentiva di
meritare una punizione. Chiedere perdono a Gabrielle le sembrava un
onere più che sopportabile di fronte alle sue azioni irrazionali.
Decise di ritirarsi in camera sua e di cercare di sbollire il proprio
spirito inquieto con il sonno. Gettando un ultimo sguardo al suo
silenzioso rifugio si ritrovò ancora una volta solo con i suoi
pensieri “Non accadrà mai più una cosa del genere. Lo giuro sul
mio onore.”
Domus
di Marcello, prime luci dell'alba
Una forte scossa la fece sussultare. Qualcuno cercava di
strapparla violentemente al dolce sogno che Morfeo le stava
regalando. L'immagine di Gabrielle guizzò sbiadita di fronte ai suoi
occhi e poi scomparve. “Xena!! Xena!! Insomma svegliati!”
La voce bassa e imperiosa di Manlio aumentò a dismisura
il suo fastidio.
Xena ringhiò e fermò in una presa ferrea il polso del
ragazzo, che stava cercando di scuoterla ancora. “Accidenti a te!
Stavo tranquillamente riposando! Dammi un buon motivo per non
dovertele suonare di santa ragione! Stavo facendo un sogno
magnifico!”
Lasciò la presa e Manlio si ritrasse
velocemente,massaggiandosi il polso dolorante.
“Non è colpa mia! Devo alzarti e di corsa. Tra poco
il padrone sarà in piedi. Sai benissimo che è mattiniero!”
Xena sbuffò platealmente e si stiracchiò,tirando
dietro la nuca le lunghe braccia.
“Davvero? Mandagli i miei saluti più affettuosi”
esclamò ironica.
Manlio scosse la testa e sbuffò di rimando visibilmente
infastidito.
Xena si tirò a sedere e lo guardò curiosa:
difficilmente Manlio era di cattivo umore sin dal mattino.
Solitamente era lei che si svegliava infastidita e arrabbiata.
“Si può sapere che hai? Che ti succede? Non è
nemmeno l'alba e tu stai già emettendo fumo dalle orecchie! Chi vuoi
imitare? Vulcano? (nota 5)”
Il giovane sollevò le braccia e prese a passeggiare
avanti e indietro “Oh scusami tanto se non rido alle tue battute!
Tu non sai in che guaio mi stai cacciando! Se il padrone ti trova
qui, avremo ben poco da ridere... entrambi.”
Xena si grattò la nuca pensierosa: non riusciva a
cogliere il motivo di tanta preoccupazione. Come poteva arrabbiarsi
il padrone se ancora doveva cominciare il giorno?
“Io non capisco.. per cosa dovrebbe arrabbiarsi? E poi
è troppo presto! Ieri è andato alla festa! Quindi suppongo che
trascorrerà tutta la mattina a dormire!”
Manlio sbuffò di nuovo,incrociando le braccia sul petto
“Ah.. come si vede che non conosci Marcello! Quell'uomo non dorme
mai! E comunque, anche se volesse, non può permetterselo. Stamane
deve recarsi al Foro per discutere di importanti questioni. Dovrà
sicuramente incontrarsi con Gneo Cornelio.”
Xena si sollevò e lo guardò infastidita “Sembra
quasi che tu lo ammiri. Ancora non capisco cosa ti piaccia di un uomo
tanto crudele. Non mi sembra che lui ti tratti con tanto rispetto”
Manlio scosse la testa “Non è questo il problema.
Devi andartene.. e intendo ora!”
“Andarmene?? E dove scusa?? Guarda che io non ho
alcuna intenzione di andarmene! Pensi forse che io possa abbandonare
Gabrielle nelle mani di quell'uomo?”
Per tutta risposta il ragazzo la spinse verso la porta
che portava al cortile orientale della domus “Certo che no! Ma non
puoi stare in cucina! Sbaglio o il padrone ti aveva lasciato in
cella? Non mi pare di aver ricevuto un suo ordine per liberarti!”
Xena piantò i piedi per terra ,evitando che il ragazzo
potesse spingersi oltre.
Si voltò irata e puntò l'indice contro il petto del
giovane “Per prima cosa non spingere! Secondo perchè non me l'hai
detto subito? Ti avrei risposto di andare da Gabrielle. Lei
sicuramente ti darà il permesso di togliermi da quella cella
puzzolente”
Manlio portò i mani ai fianchi e tentò di assumere uno
sguardo severo: se non fosse stata così arrabbiata, Xena gli avrebbe
riso in faccia; sembrava una balia pronta a sgridare un fanciullo
troppo sfrenato.
“Ah! Ancora non hai capito come funzione questa casa!
Sai bene che il parere della domina non conta nulla, se Marcello non
dà il suo assenso!”
Xena rimase in silenzio. Sapeva che Manlio aveva
ragione. Non potè fare altro che guardarsi intorno,incrociando le
braccia al petto.
“E ora? Che stai facendo?” chiese il ragazzo
confuso.
Xena lo ignorò e si diresse verso il suo pagliericcio.
Frugò dietro il fieno raggomitolato come un rudimentale cuscino, ma
senza trovare nulla.
Manlio la seguì con lo sguardo senza capire che cosa
stesse cercando.
“Maledizione!” imprecò la mora, rialzandosi e
ritornano sui suoi passi.
“E ora?” domandò irata al ragazzo.
Manlio aggrottò la fronte “Ma che stai cercando?”
Xena scosse la testa e sospirò “ Non credi forse che
io debba cambiarmi d'abito?”
L'espressione atterrita del ragazzo fu una risposta
soddisfacente.
“Ecco.. e io non ho più la mia veste! L'ho messa a
quella poveretta alla quale ho rubato il costume!!”
“Ma non potevi tornare a riprenderla?” le chiese
Manlio severo
“Ehm... non ci ho pensato... ero... ero distratta... e
comunque se anche ci avessi pensato era rischioso tentare. Se li
avessi trovati svegli? Che spiegazione avrei dato?
Scusate ma vi ho usato per penetrare nella domus di Gneo
Cornelio?”
Manlio scosse la testa pensieroso “Non credo che
l'avrebbero presa bene..”
Un silenzio opprimente scese fra di loro.
Improvvisamente gli occhi del ragazzo si illuminarono “E se
chiedessimo a Diona? Magari ha qualche veste di ricambio! Diona!
Diona!” e corse via.
La ragazza stava ancora riposando e non gradì il brusco
risveglio. Xena la sentì borbottare qualcosa, ma lo sguardo scuro
del giovane non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni.
“Non ha nulla eh?” chiese la mora precedendo le sue
parole.
“No.. senti.. facciamo così.. per ora ti porto in
cella.. speriamo che Marcello non venga da te! Se non ti vede non si
accorgerà di nulla! Intano Diona potrà cucirtene un'altra!”
“Oh.. davvero un piano geniale... complimenti!”
esclamò la donna ironica
“Senti.. non posso offrirti nient'altro. Accontentati.
Ora andiamo..”
Silenziosamente aprirono la porta della cucina e si
diressero in punta di piedi lungo il colonnato.
Si fermarono dietro un muro, acquattati il più
possibile e tesi al minimo rumore di passi. “Tutto questo è
assurdo! Sono uno schiavo.. ma fino ad ora non ho mai dovuto
camminare così nella domus del padrone”
Xena annuì “Pensa a me che ho trascorso tutta la mia
giovinezza in un'arena!”
La mente di Xena galoppava veloce nel tentativo di
trovare una soluzione migliore al loro problema. Il piano di Manlio
era sicuramente rischioso e privo di garanzie..
“Cosa potrei fare?? Cosa potrei...” un'idea
improvvisa la distrasse.
Sogghignò e sollevò il sopracciglio sinistro. Era
un'idea folle, ma forse poteva essere ancora attuata. Appoggiò una
mano sulla spalla di Manlio e lo costrinse ad aprire gli occhi
“Senti..hai le chiavi della cella?”
Il giovane annuì confuso. “Bene.. dammele e torna in
cucina. Al resto penso io.”
“Ma.. ma... che hai intenzione di fare??”
Xena sorrise e, presa la pesante chiave di ferro, corse
via silenziosa lungo il corridoio.
Manlio la guardò sfrecciare via e il cuore gli balzò
in gola quando sentì una voce alle sue spalle.
“Manlio! Ma cosa combini? Perchè non sei in cucina?
Che fai? Ora ti nascondi dietro le colonne! Vieni subito qui!”
Marcello era arrivato un secondo dopo la fuga della
mora. Manlio sospirò di sollievo,asciugandosi con un lembo della
lunga veste il sudore freddo che gli colava lungo una tempia.
“No signore! Arrivo subito!”
Marcello sembrò non accorgersi del suo nervosismo: era
abituato a vedere il terrore negli occhi dei suoi sottoposti.
“Prepara tutto. Devo incontrare Decio prima di andare
a Roma. Dammi il cavallo... non ho bisogno del carro.”
Il giovane annuì riverente. “Che gli dei ci
assistano” pensò preoccupato, affrettandosi a scortare il padrone
verso le stalle.
Domus
di Marcello,camera da letto di Gabrielle
Un leggero venticello le solleticava la guancia
sinistra. Gabrielle si voltò e cercò di ripararsi avvolgendosi nel
lenzuolo. Pochi attimi dopo però si voltò di nuovo e si girò su un
fianco,flettendo le ginocchia.
Il suo sonno non era tranquillo.
Si trovava in un lungo corridoio buio. Non conosceva
quel luogo oscuro e aveva paura. Qualcuno la osservava. Decise di
incamminarsi e di trovare una via d'uscita.
Un rumore alle sue spalle la costrinse a voltarsi.
“Gabrielle.. Gabrielle”
Una voce la chiamava insistente. Scipione avanzò
alla luce. “Cosa stai facendo? Vuoi forse scappare da me?”
“No... No.. va via!! Va via!”
Qualcuno le scuoteva dolcemente la spalla.
“Gabrielle! Gabrielle! Svegliati!!”
Il richiamo caldo e rassicurante la strappò
all'oscurità del suo incubo. Gabrielle socchiuse gli occhi e un
enorme sorriso le illuminò il volto quando riconobbe il profilo di
Xena vicino al suo viso.
Le gettò le braccia al collo e chiuse nuovamente gli
occhi rassicurata.
“Per gli dei.. sei tu..” sussurrò sollevata.
“E chi credevi che fosse? Hai avuto un incubo?”
Gabrielle annuì senza staccarsi dalle rassicuranti
spalle dell'altra.
“Vuoi raccontarmelo?” le chiese Xena preoccupata.
Gabrielle scosse la testa e si sollevò dal giaciglio.
Rimase ferma vicino la finestra e si mise a spiare la fetta di cielo
ancora oscuro.
“E' molto presto.. perchè non vuoi raccontarmelo? Hai
paura?”
Di nuovo la sua domanda non ebbe risposta.
Xena si alzò e abbracciò la ragazza da
dietro,appoggiando il mento alla sua spalla.
“Perdonami.. ma ora non mi va.. magari più tardi. Ora
spiegami come mai sei qua.. non ti aspettavo così presto.”
Xena sorrise contro l'orecchio dell'altra “Mmm mi
conosci.. sono sentimentale..”
“haha Xena.. mi fai il solletico!” esclamò
Gabrielle ridendo,proteggendosi l'orecchio con una mano. Si voltò
nell'abbraccio e appoggiò la tempia sul petto della più alta.
“Sono tranquilla quando mi abbracci.. è come se
nessuno potesse farmi del male.”
Xena sorrise e appoggiandole delicatamente una mano
sulla guancia,le risollevò il volto. “Gabrielle.. che hai? E'
successo qualcosa? Marcello ti ha fatto del male?”
Gabrielle scosse piano la testa. Si sollevò sulle punte
dei piedi e appoggiò le proprie labbra su quelle dell'altra. Xena
sentì il proprio cuore gonfiarsi di felicità, sembrava pronto ad
esplodere. Batteva furiosamente,incessantemente e attraverso la veste
riusciva ad ascoltare l'eco di quello di Gabrielle. Erano
all'unisono. La strinse forte tra le braccia, cullandola piano. Le
mani ferme sulla schiena della più piccola, immobili e incapaci di
spostarsi altrove. Non avrebbe mai osato chiedere quello che
Gabrielle non era ancora pronta a darle. Quando i polmoni reclamarono
aria si staccarono. Xena osservò l'altra preoccupata: vedeva le sue
sopracciglia contratte, gli occhi socchiusi e la fronte leggermente
aggrottata. Gabrielle sollevò il viso e sorrise allo sguardo nervoso
che le veniva rivolto.
“Non è nulla...non preoccuparti.. sono solo un po'
stanca. Ho dormito poco e male come hai visto...” sussurrò
piano,accarezzandole la fronte delicatamente.
La mora la guardò intensamente, ma sembrò
accontentarsi della risposta.
“Non avrei dovuto svegliarti così presto.. ma ho
bisogno del tuo aiuto!”
Gabrielle osservò curiosa l'espressione colpevole
dell'altra. Sembrava una bambina pronta a infrangere le regole.
“Come posso aiutarti?” chiese sorridendo,mentre
attorcigliava intorno alle dita una ciocca scura della più alta.
“Ecco... dovresti prestarmi una veste.. puoi farlo?”
“Una veste?” ripetè Gabrielle confusa “E a cosa
ti serve?”
“A ingannare tuo marito ovvio..” rispose Xena
divertita.
Staccatasi dall'abbraccio, la giovane si accorse solo in
quel momento dell'abbigliamento succinto dell'altra.
“Devo ritornare in cella.. e sicuramente questo non è
l'abito adatto... se tu mi prestassi una veste.. ecco.. dovrei
rovinarla un po'.. per adattarla.. Diona me ne cucirà un'altra. E'
solo per arrangiare.. io e Manlio non siamo riusciti a trovare niente
di meglio.”
Gabrielle rise e scosse la testa divertita “Ho io la
veste che fa per te!! Vieni!”
La prese per un polso e la condusse in un angolo della
stanza.
Di fronte a loro stava uno splendido arca di legno (nota
6). Era di eccellente fattura. Gabrielle aprì un pesante cassetto e
ne trasse una lunga veste bianca.
“Ecco a te.. puoi tagliarla, puoi distruggerla.. non
mi importa!”
Xena rimase a bocca aperta. Era un vestito meraviglioso
e si sentì terribilmente in colpa al pensiero di come avrebbe dovuto
ridurlo per farlo assomigliare lontanamente a una vesta da schiava.
“Ma Gabrielle! E' una tunica troppo bella! Non posso
accettare!! Non ne hai un'altra.. più modesta?”
La giovane non rispose e si allontanò,dirigendosi verso
la sua toeletta.
Dopo aver preso una piccola scatola di madreperla,
ritornò sui suoi passi.
“Come sporcare una sontuosa veste proveniente dalla
Grecia...” esclamò con voce altisonante, come se stesse recitando
un'importantissima orazione “E' semplice! Usare la fuliggine (nota
7) della propria toeletta!”
Prima ancora che Xena potesse reagire, aprì la
scatoletta e ne versò il contenuto sul vestito. Il bianco immacolato
si trasformò in grigio e poi in nero, non appena la giovane cominciò
a strofinare le mani su e giù, incurante della foga con la quale
spigazzava ogni centimetro della stoffa.
In poco tempo Xena si ritrovò tra le mani un perfetto
abito da schiava.
La mora guardò la più giovane ammirata “Però...
ammetto che non ci avrei mai pensato! Haha chi l'avrebbe mai
immaginato! Usare la toeletta per sporcare i vestiti! Hai avuto
un'idea geniale!”
Gabrielle sorrise e socchiuse gli occhi, sollevando il
mento “Lo so perfettamente!”
Xena la strinse a sé e le diede un leggero bacio sulla
guancia “Perdonami.. ma ora devo andare, altrimenti il povero
Manlio morirà di paura... o di ansia..”
Stava per allontanarsi,ma Gabrielle la trattenne
nuovamente per un polso “Quando ci rivedremo?”
Xena portò la mano della giovane alle labbra e la
sfiorò con un leggero bacio “Io non posso muovermi!! HAHaha
dipende da quando mi verrai a trovare in cella!”
E correndo via si allontanò.
Gabrielle si massaggiò piano la radice del naso:
l'inquietudine e l'angoscia della sera prima la assalirono non appena
la porta della camera si chiuse con un tonfo.
Si risedette pesantemente nel letto e si distese. Rimase
per qualche minuto con gli occhi sbarrati,consapevole che non sarebbe
stata in grado di riprendere sonno.
Si girò su un fianco e rimase a guarda la porta alla
sua destra. Se avesse potuto sarebbe andata immediatamente in cella
per non stare separata da Xena nemmeno per un minuto. Si passò le
mani sugli occhi e raccolse le lacrime che minacciavano di scorrerle
lungo le guance.
Si alzò nuovamente e si diresse verso la toeletta.
Guardò lo specchio e la sua immagine riflessa non le piacque. Aveva
gli occhi rossi e gonfi di pianto e le guance pallide. “Non posso
permettergli di ridurmi in questo modo... ne parlerò a Xena.. anche
se è difficile.”
Il sole nascente illuminò il suo profilo risoluto.
Una nuova consapevolezza si faceva strada nella sua
mente “Nessuno.. né Marcello né Scipione mi tratterà come se
fossi un oggetto senza vita... Lo giuro sul mio onore.”
e presa la spazzola,cominciò a pettinarsi, pronta ad
affrontare con spirito nuovo la difficile giornata che la aspettava.
Ed ecco a voi l'angolo delle note!!! hahaha avevate
sentito la sua mancanza eh?? Non preoccupatevi!!! Non è chilometrico
come quello che ho inserito per spiegare tutti i costumi della festa
di Gneo!!!
Nota 1: Pizia. Era la sacerdotessa che pronunciava gli
oracoli in nome del dio Apollo nel santuario di Delfi. Aveva un
prestigio e una posizione sociale elevatissima in una cultura
maschilista come quella greca. Solo coloro che venivano selezionati
dai sacerdoti avevano la possibilità di accedere alla camera
inaccessibile del tempio,cella sotterranea dove avrebbe potuto
consultare la Pizia. Era consuetudine versare una generosa offerta
al santuario: ovviamente era chi offriva di più colui che otteneva
il responso! Tale pratica religiosa resistette fino al 392 d.C,quando
l'imperatore Teodosio I,che aveva abbracciato la religione cristiana
nel 380 d.C, soppresse tutti i culti pagani attraverso i decreti
teodosiani.
Nota 2: Divinazione. E' la pratica attraverso la quale è
possibile ottenere tramite potei o fonti soprannaturali informazioni
inaccessibili. Si esprime spesso attraverso un rituale che si
manifesta attraverso l'interpretazione di segni,eventi oppure
attraverso rivelazioni o predizioni del futuro. Nacque in
Mesopotamia, ma si sviluppò soprattuto nell'antica Grecia attraverso
la consultazione degli oracoli. E ovviamente il santuario di Delfi
era tenuto in grande considerazione.
Nota 3: Morfeo. Figlio di Ipno e di Notte,era il dio del
sonno,che durante le sue apparizioni notturne prendeva la forma
delle persone e delle cose sognate. Si pensava che portasse sempre
con sé un mazzo di papaveri,con cui, sfiorando le palpebre, donava
agli uomini realistiche illusioni.
Nota 4: Lupanare. Il nome deriva dal latino “lupa”,che
significava prostituta. E infatti i lupanari, nel corso di tutta
l'epoca romana, erano delle vere e proprie case di appuntamento.
Alcuni sono visibili ancora oggi nelle rovine dell'antica Pompei.
Nota 5: Vulcano. La divinità del fuoco terrestre, che i
greci chiamavano Efesto. Figlio di Zeus e della dea Era. Secondo
alcuni miti fu cacciato dall'Olimpo per la sua deformità dalla
madre, secondo altri fu Zeus a scacciarlo perchè si era schierato
dalla parte di Era contro di lui. Nella maggior parte dei racconti è
marito di Afrodite (ossia Venere, la dea dell'amore) ed è il fabbro
degli dei, per i quali forgia armi e corazze.
Ps: Vi ricordavate di lui? L'avevo già inserito nel
quinto capitolo tra gli invitati della festa di Gneo, ma nel caso vi
foste dimenticati di lui (poveretto...) eccolo di nuovo tra le note!
Nota 6: Arca. Era la cassa di legno utilizzata per
riporvi vesti e tuniche.
Nota 7: Fuliggine. Veniva utilizzata dalle matrone
intorno alle ciglia e agli occhi per mettere in risalto lo sguardo.
Insieme alla biacca mista a gesso, che serviva per imbiancare le
braccia e la fronte; alla feccia di vino rosso per le labbra e
all'ocra per gli zigomi, era fondamentale per la toeletta di ogni
rispettabile matrona!
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Capitolo 8 *** Delusioni e rimpianti ***
Servitus Capitolo VIII
E alla
fine... eccomi qua!!! Lo so... sono in ritardo.. ma del resto ci tenevo
a presentarvi un capitolo corposo xd! Allora... ovviamente non ho
intenzione di spoilerare nulla.. però hahaha non vi aspettate
rose e fiori, perchè le nostre protagoniste non sono ancora
destinate a trovare la pace e la tranquillità... non
finchè io continuerò ad essere l'autrice!!!
Non scandalizzatevi di fronte a qualche licenza storica che mi sono permessa: troverete ogni cosa spiegata nelle note!!!
Come sempre rinnovo i ringraziamenti a tutti coloro che recensiscono; a
chi hainserito la storia tra le seguite e le preferite;
a chi segue in silenzio e a chi mi minaccia non appena ritardo nell'aggiornamento!
A questo proposito tengo a dedicare questo capitolo a Tury: ti avevo
parlato di un aiuto a distanza, no? Ebbene... so che non è
molto, ma spero ti permetterà di superare più facilmente
questo periodo "antipatico"!
Vi auguro buona lettura.. e mi raccomando... recensite!!!!!!!!!!!!!!
Capitolo VIII
"Delusioni e rimpianti"
Domus
di Marcello,stalle
Manlio affrettò il passo. Sentiva lo sguardo minaccioso
del padrone puntato contro la propria schiena. Un brivido gli
attraversò le viscere e gli fece tremare la voce
“P-padrone.. eccoci arrivati.”
“Ma si può sapere che hai stamattina? E' da quando ti
ho incontrato che sei nervoso e balbetti come un greco ignorante
(nota 1). Che ti succede per gli dei?”
Manlio si voltò e cercò di sostenere le iridi fredde
del padrone con le proprie.
“Nulla dominus... nulla..” e abbassò il capo
riverente.
Marcello lo ignorò e lo oltrepassò dirigendosi verso
le scuderie.
Il lezzo della paglia e del sudore dei cavalli colpì le
narici del console.
Si guardò intorno e cominciò ad avanzare di fronte ai
numerosi animali che possedeva. Aveva la passione dei cavalli e non
perdeva occasione di comprarne uno in ogni territorio che visitava.
Poteva ben essere orgoglioso della sua collezione: il mondo equino
era praticamente nelle sue mani.
“Svelto preparami Zoxas” ordinò imperioso,
indicando con un cenno del capo un magnifico destriero pezzato. Il
cavallo nitrì leggermente infastidito e grattò il pavimento con lo
zoccolo quando Manlio lo slegò e lo portò via dal suo caldo
cantuccio. Marcello li seguì con lo sguardo, dirigendosi poi
all'aria aperta.
Osservò il paesaggio circostante con noncuranza: la
fresca brezza mattutina muoveva le cime degli alberi, il sole aveva
appena fatto capolino dietro l'orizzonte. La città si sarebbe
svegliata di lì a poco. Si grattò il mento pensieroso e si
massaggiò la radice del naso, pensando a tutto quello che avrebbe
dovuto fare quella mattina. Avrebbe incontrato i soliti messaggeri
incompetenti, avrebbe discusso nel Foro del più e del meno, sarebbe
stato costretto ad ascoltare le battute illogiche di Gneo e la sua
risata contagiosa per tutti tranne che per lui. La sua mente si
soffermò sull'immagine del console: ancora si domandava come era
possibile che quel grassone incompetente ricoprisse la sua stessa
carica... Avrebbe avuto un'ottima carriera come attore, anzi come
comico, sarebbe stato perfetto al centro dell'arena concentrato e
attento a recitare le sue stupide e insensate battute, mentre la
gente lo derideva e gli lanciava addosso pomodori e verdure marce al
primo minuscolo errore.
Sorrise divertito: lui sarebbe stato il primo a
lanciargli un pomodoro in faccia!
“Peccato che la realtà sia esattamente l'opposto...
Io il grande Marcello, costretto a dividere la mia carica di console
con quell'idiota! Sembra uno scherzo degli dei.. ah.. ma durerà
ancora per poco.. Presto le Parche (nota 2) avranno molte cose da
fare... io cambierò la vita di diverse persone... Il piano è ormai
quasi del tutto pronto.. tuttavia...”
“Ti propongo un accordo... ed ascolta bene perchè
non te lo proporrò di nuovo.
So che vuoi uccidere Gneo... e so anche che vuoi
uccidere Scipione... ti offro i miei poteri per raggiungere il tuo
obiettivo...”
Le parole di Alti gli rimbombarono prepotenti nelle
orecchie.
Aveva deciso di piegarsi a quel ricatto e di accettare
l'aiuto della donna.
Un altro scherzo del destino: sembrava condannato a
sottostare sempre al suo volere. Non era cambiato molto da quando si
erano separati... In passato era riuscita ad ottenere da lui tutto
quello che desiderava e a quanto pare con il trascorrere del tempo la
sua abilità non aveva fatto altro che affinarsi.
“Del resto che posso fare? Rifiutare il suo aiuto
sarebbe una follia,se è così potente come dice... Se diventa mia
nemica, avrei una gatta da pelare in più.. E' solo questione di
tempo oramai... ma se crede che Roma diventerà anche sua.. beh.. si
sbaglia.. le ho concesso troppi anni.. mi servirò di lei.. e al
momento opportuno farò in modo che sparisca dalla mia vita una volta
per tutte. Non ho avuto il coraggio di abbandonarla quando ero
giovane, ma ora... non posso gettare al vento ogni cosa per lei..
Doveva pensarci prima..”
Un rumore di passi e di zoccoli annunciò l'arrivo di
Manlio.
“Ecco dominus, il destriero è pronto..” disse il
giovane,porgendogli le briglie.
Marcello non rispose, con passo veloce si affiancò al
cavallo e salì agilmente in groppa. “Tornerò tardi Manlio.. O
forse non tornerò.. Dipenderà dai miei impegni! Yaah!” e con un
colpo di talloni partì al galoppo.
Il ragazzo vide la sagoma del padrone allontanarsi a
tutta velocità e solo dopo che lo vide scomparire all'orizzonte tra
le fronde della selva riuscì a tirare un sospiro di sollievo. Era
stata davvero una mattina terrificante! Ringraziò mentalmente gli
dei per il dono che gli avevano concesso: il padrone sembrava assorto
e distratto e la cosa aveva giocato a loro favore. Se fosse stato
vigile come sempre, difficilmente il loro piano sconclusionato
sarebbe andato a buon fine.
Tornò sui suoi passi e cominciò a distribuire fieno e
paglia ai numerosi animali che lo osservavano legati al muro. Manlio
sorrise accarezzando loro la testa e ricevendo un nitrito di
ringraziamento. Quei cavalli erano un po' la sua famiglia: solo lui
riusciva a farli stare tranquilli e sereni. Si sedette al centro del
corridoio e incrociò le braccia dietro la testa. Il suo pensiero
volò a Xena: quella donna stava rischiando veramente molto per la
loro padrona e pur di vederla felice era stata disposta ad andare
via, sacrificando il suo stesso sentimento.
“E' forse questo l'amore? Annullarsi completamente per
un'altra persona al punto da non prestare più attenzione alla
propria esistenza?”
Socchiuse gli occhi e si lasciò cullare dal sospiro
della corrente d'aria che proveniva dalla porta della stalla rimasta
aperta.
Una donna dai lunghi capelli corvini sedeva in una
grande stanza, tenendo un bambino sulle ginocchia. Doveva essere
davvero bella, anche se le fatiche e la stanchezza l'aveva fatta
invecchiare prima del tempo, marcando i suoi sottili lineamenti e
trasformandoli in precoci rughe.
“L'amore è il sentimento più bello che una
persona possa provare, non dimenticarlo mai Manlio... anche se ti
sembrerà impossibile, ricorda sempre che il mondo non può vivere
senza amore..”
“Ma mamma... io non credo di poterlo fare! E'
troppo difficile!” brontolò il bambino, arricciando il labbro
inferiore e incrociando le braccia al petto.
La donna sorrise di fronte alla sua ingenuità
“Hahaha ma cosa dici Manlio? Certo che puoi! Anzi.. senza saperlo
tu ami già!”
Il bambino mutò la sua espressione: spalancò gli
enormi occhi scuri e si guardò intorno, come se si aspettasse di
vedere qualcuno spuntare all'improvviso di fronte a lui. “Tu mi
prendi in giro mamma! Lo dici solo per farmi contento!!”
“Non mi credi eh? Allora te lo dimostro!”
sussurrò, prendendolo per le spalle e facendogli appoggiare
l'orecchio al suo petto.
“Che cosa senti Manlio?” domandò
“Il tuo cuore mamma.”
“Che altro?” incalzò la donna, accarezzandogli
gentilmente la testa
“Non lo so... un.. un..” balbettò il bambino
confuso
“Un calore?” gli suggerì la donna sorridendo
“Che vuol dire,mamma?” domandò ancora Manlio
perplesso,staccandosi dall'abbraccio e osservandola ansioso.
“Quello che provi quando mi abbracci o quando
abbracci tuo padre...”
Il bambino le gettò le braccia al collo e la strinse
forte quasi volesse dimostrare quello che la madre gli stava dicendo.
“E' questo strana cosa che sento sulle guance il
canore?” le chiese all'orecchio
“Calore.. non canore” lo corresse la donna
sorridendo.
“Si.. è questo il calore Manlio.. e sai perchè lo
senti?”
“Mmm... perchè.. perchè sono piccolo?”
“No Manlio, è l'amore che te lo fa provare...”
Manlio si staccò nuovamente da lei e la osservò con
un'espressione seria
“Allora io provo davvero amore per te, anche se
sono piccolo! E tu provi amore per me e per papà vero mamma?”
“Si gioia mia..”
Manlio appoggiò la testa al suo grembo,nascondendo
il faccino tra le sue braccia.
“E il padrone mamma? Anche lui prova amore per
noi?”
La donna non rispose,limitandosi ad accarezzargli i
lisci capelli scuri.
“Mamma... perchè non mi rispondi?” chiese di
nuovo il bambino, prendendole una mano e tirandole un dito,per
attirare la sua attenzione.
“Non puoi capire queste cose Manlio, sei ancora
piccolo.. Ora dormi..”
Si accomodò con la schiena contro la fredda parete
di marmo e cominciò a dondolare avanti e indietro, cullando piano il
bambino tra le sue braccia.
Sonno, che prendi i bambini
Sonno, che prendi i bambini
Vieni e accetta anche il mio...
Piccolo... così piccolo te l'ho donato
riportamelo indietro cresciuto
Alto come una montagna
Forte come un cipresso
che protende i rami verso l'Est e l'Ovest.
(nota
3)
Il
suono della sua voce riempì dolcemente la stanza,attutendo la
disperazione nascosta nel suo cuore. Piccole lacrime cominciarono a
scenderle lungo il viso, raccogliendosi alla base del collo. Sollevò
la testa e la appoggiò al muro per impedire che quelle gocce salate
bagnassero il viso di Manlio e lo svegliassero.
La
sofferenza le attanagliava l'anima e lo spirito: cosa avrebbe potuto
dire al suo bambino? Come avrebbe potuto spiegargli che agli schiavi
l'amore e i sentimenti non
erano concessi? Così come non era concesso loro né
il riposo, né il cibo, né un tetto sotto il quale vivere felici?
Abbassò nuovamente il volto e si asciugò le lacrime
con il palmo della mano destra, mentre l'altra era ancora stretta nel
piccolo pugno del bambino addormentato.
Lo guardò a lungo, soffermandosi sui grandi occhi
chiusi e le labbra dischiuse.
Non aveva mai visto un bambino più bello del suo
Manlio.
Lo strinse a sé con maggior forza, attenta a non
svegliarlo
“Oh quanto ti amo figlio mio!” sussurrò,
baciandogli la fronte.
Un vento gelido lo riscosse, riportandolo bruscamente
alla realtà.
Manlio si rizzò a sedere, il cuore batteva furiosamente
contro la cassa toracica, le mani tremavano e gli occhi erano pieni
di lacrime. Scuotendo la testa, si alzò e chiuse la porta,
ritornando poi sui suoi passi.
Il ricordo di sua madre lo tormentava ancora e ogni
volta che la sognava una grande angoscia si abbatteva su di lui,
stringendogli il petto in una dolorosa morsa.
“Te ne sei andata via troppo presto mamma... troppo
presto mi hai lasciato da solo” pensò depresso, piegando le gambe
e abbracciandosi le ginocchia.
Cominciò a dondolare avanti e indietro per scaldarsi,
cullato dal ricordo di quella dolce e rassicurante voce.
“Quanto ti amo mamma, non smetterò mai di farlo...”
disse senza che la minima incertezza gli colorasse la voce,
nascondendo la testa tra le gambe e abbandonandosi alla sofferenza
dei ricordi.
Intanto,
stanza di Gabrielle
La veste leggera le provocò un brivido lungo la
schiena. Era seta pregiatissima, proveniente direttamente dalla
Persia. Sebbene fosse da diverso tempo la moglie del console non era
ancora abituata al lusso che la circondava e le veniva offerto ad
ogni angolo. Si voltò e prese ad osservare il giaciglio ricoperto
da un lenzuolo riccamente decorato con disegni dorati. Sorrise al
pensiero del semplice lettino che la accoglieva la notte quando
ancora si trovava a Potidea. Quando era bambina si sentiva una
principessa per il semplice fatto di avere un letto tutto per sé: la
maggior parte dei bambini che conosceva dormivano nella stessa enorme
stanza insieme ai genitori e ai fratelli,mentre lei poteva vantare un
personale giaciglio di legno e paglia, che il padre le aveva
costruito per il suo settimo compleanno.
“D'ora in poi dormirai da sola Gabrielle! Proprio
come una vera signorina” disse Erodoto orgoglioso,posando il
martello a terra e sedendosi sul bordo del letto appena terminato per
saggiarne la resistenza.
“Come tutte le principesse papà??? Come Psiche nel
palazzo di Cupido? (nota 4)” domandò la bambina estasiata,
arrampicandosi con l'aiuto delle manine vicino al genitore.
L'uomo sorrise “Oh si.. proprio come lei. E poi se
gli dei vorranno, qualcuno conquisterà il tuo cuore e tu te ne
andrai dalla tua casa, rincorrendo il tuo destino.”
“Perchè non posso rimanere con te? Non mi vuoi
più?” chiese la bambina disorientata e stringendo le palpebre per
evitare che le lacrime le scorressero lungo le guance.
“Ma certo che no Gabrielle! Io non potrei mai
smettere di amarti, come potrei? Sei mia figlia! Né io né la mamma
ti abbandoneremo mai..” rispose gentilmente,accarezzandole il viso.
“Allora... allora... se Leuca si sposa prima di me,
io posso rimanere con voi e prendere anche la sua stanzetta?”
“Gabrielle! Gabrielle!!! Vieni! Il pranzo è
pronto!!” la chiamò la madre dalla cucina.
“Vai su.. lo sai che la mamma si infuria se non ci
sediamo tutti a tavola!”
Gabrielle scese felice dal letto e mosse qualche
passo verso la porta della stanza, poi si voltò e tornò indietro,
prendendo il pollice del padre tra le manine
“Vieni anche tu papà! Lo sai che non vado senza di
te!”
Toc Toc.
“Domina? Sei pronta? Domina?” la voce di Diona fuori
della porta fece scomparire quell'immagine felice del passato.
“Si... entra pure Diona...” disse Gabrielle con voce
malferma, asciugandosi con la manica le palpebre umide.
La serva aprì l'uscio e lo richiuse velocemente,
indirizzandole un sorriso.
“Allora... a quanto pare qui qualcuno ha molto da
raccontare... inizi tu o devi farti io le domande come al solito?”
Gabrielle arrossì e arricciò le labbra in
un'espressione di finto fastidio “Umpf come sei invadente Diona!
Piuttosto che ne diresti di pettinarmi? Io ci ho provato, ma a volte
sembra che i miei capelli obbediscano solo a te...” chiese,
addolcendo il viso e sedendosi di fronte alla toeletta.
La serva si avvicinò,scuotendo la testa “Volentieri,
ma tu dimmi tutto quello che devo sapere! Non costringermi a
rivolgermi a Manlio.. a volte è così poco preciso nel riportare
voci e pettegolezzi... come si vede che gli dei hanno creato le donne
appositamente per le chiacchiere e le risate!”
Gabrielle rilassò la schiena e piegò leggermente la
testa all'indietro, permettendo ad alcuni ciuffi ribelli di scendere
liberamente lungo le spalle.
“Da dove cominciare? Sembra che una notte sia capace
di cambiare il futuro! Fino a ieri non avrei mai sperato che tutto
quello che è accaduto succedesse realmente..”
Diona sospirò teatralmente “eh.. Sai come si dice...
Cupido è veramente un esperto nello scoccare frecce dell'amore! Chi
meglio di lui può farlo? E' pur sempre il figlio della dea Venere..”
“Già.. e in ogni caso devo ringraziarti... se non
fosse stato per te.. lei non avrebbe mai saputo dove mi trovavo e noi
non avremmo potuto mai trascorrere quelle ore meravigliose...”
Diona annuì e sollevando la spazzola in aria a mò di
gladio “Oh mia signora, ogni vostro desiderio è un ordine!”
Gabrielle rise alla buffa posizione che vedeva riflessa
nello specchio e dovette aggrapparsi alla schiena per non cadere
“hahahaha Diona!!! Sei candidata a diventare la migliore
gladiatrice di Capua! Hahahaha”
La giovane serva spiò la propria immagine oltre la
spalla della padrona “mmm però.. mica male.. effettivamente avrei
la strada spianata!! E comunque Gabrielle non dovresti ringraziare
me... è stato Manlio a convincerla. Io non ho fatto nulla, è tutto
merito suo. Se lui non le avesse parlato, lei non sarebbe mai venuta.
Io mi sono limitata ad indicarle il giusto sentiero. Ha corso davvero
un grande rischio... infiltrarsi alla festa di Scipione! Mi chiedo
come abbia fatto a trovare un costume decente...”
La mente di Gabrielle volò al magnifico costume che
Xena aveva sfoggiato la sera precedente, mettendo in risalto il corpo
slanciato e perfetto, le gambe sode, i seni prosperosi...
“Gabrielle??? Gabrielle??? Mi stai ascoltando?”
La giovane venne bruscamente riportata alla realtà: le
guance le bruciavano per l'imbarazzo e la vergogna.
“Oh si certo... scusami.. mi ero distratta un
attimo...”
Diona la squadrò attenta negli occhi “Me ne sono
accorta.. a che stavi pensando?”
Gabrielle sorrise, stringendo le spalle nella stoffa
morbida
“A quanto fosse bella ieri e a quanto mi sento
fortunata in questo momento...”
Diona riprese a spazzolarle il capelli ciocca dopo
ciocca in silenzio, pensando a quanto tempo era trascorso da quanto
aveva visto la sua padrona così felice.
“Forse è da quanto è giunta qui in compagnia del
padrone.. Ricordo che il primo periodo era tranquilla e serena..
sembrava felice, sorrideva cortesemente a chiunque le rivolgesse la
parola.. ma vedendola ora comprendo che quella era solo una maschera
per nascondere qualcosa di più profondo.”
Una leggere carezza sul dorso della mano la distolse dai
suoi pensieri
“Ora sei tu che non mi stavi ascoltando... a che
pensavi?” le chiese Gabrielle riproponendole la domanda.
Diona si allontanò un poco, osservando soddisfatta la
lucentezza e la bellezza dei capelli dell'altra appena spazzolati.
“Allora?” la incalzò Gabrielle curiosa
“Mmm... stavo pensando che non ti ho mai vista così
felice e che presto o tardi costringerò Manlio a costruire una
statua d'oro di Xena al centro del cortile per ringraziarla.”
Gabrielle distese le labbra in un sorriso e corrugò la
fronte “Sai.. non penso che Marcello ne sarebbe entusiasta....”
Toc Toc
“Avanti!” esclamò Gabrielle,volgendo trepidante lo
sguardo alla porta.
L'uscio si aprì, rivelando la sottile figura di una
giovane serva dai capelli rossi
“Mi scusi domina, ma ci sono delle visite per te..”
Gabrielle sospirò delusa e si alzò “Ti ringrazio
Diona, va pure in cucina ora. Se avrò bisogno ti chiamerò.”
Diona annuì e inchinandosi riverente, se ne andò.
“Chi mi aspetta Emilia?” domandò annoiata, aprendo
una piccola scatola e raccogliendo un po' di ocra con l'indice,
depositandola poi con tocchi rapidi e precisi alla base degli zigomi.
“Cornelio Scipione mia signora”
Gabrielle si fermò tremante con il dito ancora
appoggiato alla guancia.
“Cornelio Scipione... il nipote del console?”
ripetè, sperando ardentemente di sbagliare.
La serva annuì “Si mia domina. Pensavo volesse
parlare con il padrone, così gli ho detto che era uscito....”
“Marcello è uscito? E quando?” la interruppe
Gabrielle nervosa
“Molto presto mia domina. Manlio l'ha accompagnato
all'alba alle scuderie e gli ha sellato Zoxas. Mi ha detto che il
padrone aveva molta fretta.”
Gabrielle annuì e si ripulì dalla macchia gialla a
forma di falange che la pressione prolungata del suo indice le aveva
provocato vicino all'orecchio.
“Arrivo. Dove hai sistemato l'ospite?”
“Ti attende nel peristilium (nota 5) domina.”
“Molto bene... accompagnami e dopo recati dalla
prigioniera e assicurati che stia bene. Non voglio che Marcello si
adiri vedendola trascurata.” ordinò Gabrielle
Emilia annuì, precedendo la padrona fuori il cubiculum
(nota 6) e attraverso l'andron (nota 7) affrescato. Nel breve
tragitto Gabrielle cercò di calmare il suo respiro affannato e di
dare ordine ai propri pensieri.
“Cosa è venuto a fare Scipione qui? E' impazzito?
Cosa pensa di fare? Come pensa di potermi parlare dopo quello che è
successo tra noi ieri sera? Se solo Marcello fosse in casa! Sarei più
sicura!”
Lo stomaco le si strinse in una morsa ferrea e lei
stessa si vergognò del suo desiderio.
Aveva giurato quella mattina stessa che si sarebbe
difesa e che avrebbe combattuto con coraggio contro chiunque si
sarebbe mostrato irrispettoso nei suoi riguardi: doveva resistere ed
evitare di cedere alla paura; quella sarebbe stata l'occasione
perfetta per dimostrare che non era semplicemente la moglie del
console, ma una vera matrona romana.
La luce del sole che filtrava attraverso le colonne la
costrinse a socchiudere gli occhi abituati alla fresca penombra della
sua camera. Poco distante da lei stava Scipione, apparentemente
intento a studiare la strana forma di una siepe ai suoi piedi.
“E' un cerbiatto..” disse Gabrielle, intuendo il
motivo del suo smarrimento.
Scipione si girò e si grattò la nuca imbarazzato “Mia
Domina! Non ti avevo sentito arrivare... ero così attento a guardare
quella siepe che mi ero completamente estraniato dalla realtà...”
Gabrielle annuì freddamente “L'avevo notato. Ah
Emilia.. puoi andare... e ricordati il compito che ti ho assegnato.
Ma prima recati in cucina e dì a Diona di preparare un po' di vino
per il nostro ospite.”
Scipione sollevò la mano destra e scosse la testa “Oh
no per carità... niente vino! Ne ho bevuto talmente tanto alla festa
che eviterò di assaggiarne per un bel po'...”
La battuta riportò Gabrielle con la mente a quanto era
accaduto la sera precedente nel cortile di Gneo, provocandole un
brivido inconsapevole.
Scipione notò i lineamenti dell'altra indurirsi e si
pentì per le parole proferite “Ecco... io... non volevo dire...”
balbettò nervoso.
Emilia dal canto suo osservava prima l'uno e poi l'altra
perplessa, chiedendosi perchè mai Scipione, il nipote del console,
si sentisse così imbarazzato a parlare con una donna, per di più
moglie di Marcello.
“Ti ho detto di andare Emilia, non mi hai sentito?”
il secco rimprovero della padrona, così simile a quello del marito,
la stupì ancora di più: evidentemente doveva essere successo
qualcosa.
“Vado subito, mia domina..” mormorò e inchinandosi
prima alla padrona e poi all'ospite si allontanò.
“Xena aspetterà.. devo prima parlare con Diona...”
e sorridendo si affrettò verso le cucine, contravvenendo
deliberatamente agli ordini ricevuti.
“Allora... di cosa volevi parlarmi Scipione?” chiese
Gabrielle direttamente: sarebbe stato inutile fare finta che nulla
fosse accaduto dal momento che la rabbia traspariva cristallina dai
suoi occhi color smeraldo.
Il giovane deglutì, massaggiandosi piano una tempia “So
che mi giudicherai impudente... o folle... ma dovevo venire.. dovevo
parlarti..”
“Per dirmi che cosa? Che ieri hai bevuto troppo vino?”
esclamò Gabrielle aggressiva.
Scipione scosse la testa e prese a camminare avanti e
indietro lungo il filare di fiori e di alberi “No.. a chiedere il
tuo perdono.. ciò che ho fatto stanotte è stato imperdonabile..”
Gabrielle lo guardò stupita, permettendo ad un leggero
sospiro di uscire dalle sue labbra.
“Io non so cosa mi è passato per la mente... ero
ottenebrato dal vino, dall'eccitazione della festa... forse le Furie
(nota 8) avevano preso possesso di me senza che io potessi fare nulla
per impedirglielo... Non ti mentirò Gabrielle, sei una donna
stupenda, gentile e bellissima e quello che ho detto ieri, anche se
febbricitante e folle corrisponde a verità. Appena ti ho veduta, ho
sentito il mio cuore sciogliersi come neve al sole. Ho dimenticato
tutto e tutti, non potevo fare altro che guardarti e ammirare la tua
bellezza accecante. Mi sono sentito come se Cupido mi avesse trafitto
con l'intera faretra e non solo con una freccia. Mi sono sentito
avvampare, il mio viso era bollente e il cuore sembrava impazzito. E
quando ti ho avvicinato, nella mia follia ho creduto che questo
sentimento appena sbocciato mi avrebbe permesso di fare tutto ciò
che volevo. Sono il nipote del console, quale fanciulla avrebbe mai
rifiutato i miei abbracci e le mie carezze.. Che stupido sono stato a
comportarmi in quel modo... a pensare che tu fossi come tutte le
altre matrone assetate di potere... e quando hai cercato di fermarmi,
il mio corpo non poteva far altro che ribellarsi! Non potevo
accettare un tuo rifiuto!!! Non sai quante volte ho ringraziato gli
dei per aver inviato mio zio in mio aiuto! Se non fosse giunto...
ecco... io...” la voce gli si spezzò,costringendolo ad abbassare
lo sguardo a terra.
Gabrielle gli si avvicinò piano, sfiorandogli la
spalla.
“Scipione... guardarmi...” gli sussurrò,
appoggiando una mano al suo mento per permetterle di guardarlo negli
occhi.
“Sei stato giusto e onesto... sei venuto fin qui a
chiedere il mio perdono e non hai usato bugie e parole melense per
accattivare il mio cuore. Questo è prova della tua sincerità... non
posso dire di averti perdonato, ma non provo più rancore nei tuoi
riguardi. Lasciami un po' di tempo per pensare...ora scusami, ma ho
degli impegni che mi attendono...” e si voltò allontanandosi da
lui.
“Gabrielle...” la richiamò Scipione, accostandosi a
lei senza avere il coraggio di sfiorarla. “Non c'è speranza per il
mio sentimento... non è vero?”
Gabrielle scosse la testa “Mi dispiace Scipione, ma il
mio cuore appartiene ad un'altra persona e quella persona non sei
tu...”
“Nè tuo marito...” aggiunse il giovane con un filo
di voce.
Gabrielle si voltò di scattò sorpresa “Cosa vorresti
dire?”
Scipione sollevò le spalle e arricciò le labbra in
un'espressione furbesca
“Ci vedo sai? I miei omaggi mia domina!” soggiunse,
avvolgendo le spalle intorno al mantello e piegando poco il capo.
Gabrielle lo lasciò andare via per qualche metro prima
di girarsi ed esclamare “Aspetta Scipione!! Che vuoi dire?”
Ma Scipione non si fermò,limitandosi ad alzare la mano
e ad agitarla in un cenno di saluto.
In
quel momento prigioni
Xena avanzava su e giù per la stretta cella, sollevando
piccole nuvole di polvere al suo passaggio.
Tese l'orecchio nella speranza di sentire il rumore
della serratura e i leggeri passi di Gabrielle lungo le scale.
Era passato diverso tempo da quando era scesa nelle
segrete e, anche se odiava ammetterlo, si sentiva terribilmente
insicura. Temeva che qualcosa potesse andare storto e che Gabrielle
potesse cambiare idea su di loro da un momento all'altro.
“Potrebbe cambiare opinione su di noi... e se avesse
paura? Se i dubbi la assalissero di nuovo, impedendole di fare ciò
che desidera?”
Il rumore che aveva tanto desiderato interruppe le sue
elucubrazioni.
Qualcuno scendeva le scale: Xena spalancò la porta
della cella e si avvicinò ai gradini, convinta di vedere il profilo
di Gabrielle spuntare da dietro l'angolo.
Ben presto si accorse che non era lei
“Non sono chi aspettavo eh? Hahaha lo immaginavo.. beh
vedi di accontentarti per questa volta!”
Xena incrociò le braccia al petto e aspettò che
l'ombra scendesse le scale prima di ribattere “Effettivamente no
Diona... si può sapere che ci fai qui? E...”
“Gabrielle dov'è?” la anticipò l'altra sorridendo
“Uff come sei impaziente... sono venuta qui per entrambe cosa
credi? E poi cosa pensi di fare qui in mezzo al corridoio? Non ti è
passato per la testa che poteva essere il padrone? Ti immagini cosa
avrebbe detto vedendoti fuori dalla tua cella?”
Xena fece una smorfia di disapprovazione “Non poteva
essere lui.. è troppo tardi..”
“Tardi?” ripetè Diona senza capire.
Xena sorrise, dirigendosi verso la cella vuota “Certo,
è mattina inoltrata... se ne sarà andato da parecchio tempo ormai.
Dopotutto è il console di Roma... impossibile pensare che un uomo
come lui possa trascorrere la mattina a casa!”
Diona riflettè sulla risposta prima di annuire e
sedersi sulla rudimentale panca di legno che i prigionieri usavano
come letto.
“Allora Diona? Come mai hai detto di essere qui per
conto di entrambe? E' successo qualcosa a Gabrielle per caso?”
Diona distolse per un momento lo sguardo e rimase in
silenzio, persa nei propri pensieri.
“Allora? Ti decidi a parlare???” la incitò Xena
nervosamente.
Diona le rivolse nuovamente lo sguardo e sospirò “Non
esattamente, ma potrebbe essere successo qualcosa che non ha detto a
nessuno... né a me né a te..”
Xena la osservò senza capire, appoggiando le spalle al
muro “Ti ascolto.”
“Ecco... poco fa è venuta da me Emilia. Io ero in
cucina a fare le solite faccende. Mi sono stupita di vederla lì,
perchè mi aspettavo che rimanesse con Gabrielle e con l'ospite..”
“Ospite? Che ospite?” scattò Xena interrompendola
“Scipione, il nipote di Gneo Cornelio..”
Xena si staccò dal muro e prese a camminare avanti e
indietro, sollevando il sopracciglio sinistro sulla fronte corrugata
“Mmm cosa è venuto a fare Scipione? Che volesse parlare con
Marcello?”
“E' quello che ha pensato subito Emilia, ma quando gli
ha detto che il padrone non era in casa, lui ha specificato che
voleva parlare subito con la padrona di una cosa importante. E non è
tutto...”
Xena la osservò e notò che stringeva le mani a pugno
intorno alla misera veste che portava “Che c'è Diona? Che cosa
sospetti?”
La ragazza si alzò e sbuffando si passò una mano tra i
capelli “Ecco.. Emilia... Emilia..”
“Emilia cosa... Diona????” chiese Xena avvicinandosi
a lei e stringendole le spalle in una presa ferrea “Parla per gli
dei!”
Diona deglutì e disse “Ecco... lei mi ha detto di
essere rimasta sorpresa e sconcertata appena li ha visti insieme..
sembrava che Scipione fosse terribilmente imbarazzato e non è
normale pensare che una persona come lui si metta a balbettare come
un fanciullo di fronte ad una donna.. soprattutto se è la moglie di
Marcello! Mi ha detto che Gabrielle gli ha offerto del vino, ma lui
ha rifiutato, dicendo che aveva bevuto troppo alla festa.. e lì è
successa un'altra cosa... Emilia ha notato che Gabrielle a quelle
parole ha cambiato espressione e ha avuto un tremito.. La padrona le
aveva ordinato di venire da te per vedere come stavi, ma lei era
troppo perplessa ed è venuta da me a raccontarmi tutto quello che
aveva visto. Ora è rimasta lei in cucina e io sono venuta da te per
dirti ogni cosa..”
Xena lasciò la presa e le diede le spalle,portandosi
una mano al volto e stringendo a pugno l'altra abbandonata lungo il
fianco.
“Senti Xena.. io non so cosa possa essere successo, ma
stamattina Gabrielle era così felice.. mi ha detto che solo pensando
a te il suo cuore si riempiva di gioia! Non l'avevo mai vista così
radiosa! Non permettere alla rabbia di prendere il sopravvento.. sono
sicura che Gabrielle te ne avrebbe parlato non appena...”
“Non appena????” ringhiò Xena
“Non appena l'avrebbe ritenuto opportuno! Come puoi
essere così furiosa? Non sai cosa è successo!! Non hai la minima
fiducia in lei? Dopo quello che vi siete dette, come puoi pensare che
ti possa tradire così facilmente?”
Xena non rispose, limitandosi a sospirare.
Lentamente si diresse verso la porta della cella.
“E ora dove pensi di andare? Che cosa vuoi fare?” le
domandò Diona nervosa, inseguendola e piantandosi di fronte a lei
per impedirle di uscire.
“Spostati Diona..” disse Xena inespressiva
“No!” rispose orgogliosamente la più piccola “Non
mi sposterò finchè non mi dirai che cosa hai intenzione di fare!”
Xena sospirò allontanandosi dalla porta e squadrandola
da capo a piedi “Pensi di potermi fermare piccoletta? Ho detto
spostati!”
Diona portò una gamba all'indietro e sollevò le
braccia “E io ti ho detto che non te ne andrai finchè non mi dirai
le tue intenzioni! Gabrielle è mia amica e non ti permetterò di
ferirla con parole e sospetti inconsulti!”
Fu un attimo: prima che Diona se ne potesse accorgere,
si ritrovò i polsi stretti nei pugni di Xena.
“Voglio parlarle e sapere cosa sta succedendo.. e
soprattutto.. perchè sono sempre l'ultima a sapere le cose che la
riguardano...” sussurrò lasciando la presa.
“Lei ti ama, dovresti saperlo. E questa consapevolezza
dovrebbe allontanare ogni paura dalla tua mente.”
Xena sorrise ironica e piegò la testa di lato,
riserbandole uno sguardo glaciale
“Mi dispiace principessina, ma la vita mi ha insegnato
che puoi fidarti solo e soltanto di te stessa, perchè, quando meno
te l'aspetti, coloro che più ami e più dicono di amarti sono quelli
che ti colpiscono più forte alle spalle.”
Diona non rispose, massaggiandosi piano i polsi offesi
“Fa quello che credi, ma non farle del male.. non se lo merita dopo
tutto quello che ha passato!”
Ma Xena si era già allontanata e stava salendo a due a
due i gradini, mentre il sangue le ribolliva nelle vene.
“Tu non hai amici... tu sei una Tigre, Xena.. e le
tigri sono temute da tutti. Solo il branco le rispetta, ma tu non hai
nessuno. Sei sola.. e devi combattere per sopravvivere..”
“E se non volessi farlo? Se non volessi più
combattere,Zenos?”
“Allora da cacciatrice diventerai preda e nessuno
piangerà il tuo cadavere.
Ricorda Xena, puoi fidarti solo di te stessa. La tua
anima non ti tradirà mai!”
“La mia famiglia non mi ha mai tradito...”
“Certo che no.. e proprio per questo sono morti e
sono diventati cibo per avvoltoi. Ah, io ti insegnerò a non essere
come loro, ma devi avere coraggio e pazienza!
E devi sempre combattere! Non fidarti mai di chi ti
proclama amore eterno...
sarà il primo a farti del male!”
Xena scosse la testa e aprì sbattendo la porta,
inspirando a pieni polmoni l'aria aperta. Si guardò a destra e a
sinistra e si diresse attraverso il triclinium (nota 9), ascoltando i
battiti violenti del proprio cuore contro la cassa toracica.
In poco tempo arrivò alle colonne del peristilium e si
fermò sotto uno dei portici
(nota 10), nel tentativo di calmare il respiro
affannoso.
“Perchè?? Perchè non riesco a fidarmi di lei???”
sussurrò piano disperata, passandosi una mano sugli occhi che
bruciavano di dolore e stanchezza.
Un rumore d'acqua attrasse la sua attenzione: seduta sul
bordo della grande fontana che troneggiava in un angolo del cortile,
stava Gabrielle. Le dava le spalle, e persa nei propri pensieri,
affondava una mano nel liquido cristallino per poi riportarla in
superficie. Xena non osò chiamarla, ma sospirò pesantemente e
aggirando il giardino, le si avvicinò attraverso il colonnato di
marmo che circondava il cortile.
A pochi passi da lei si fermò e rimase a guardarla in
silenzio.
Gabrielle notò un'ombra diversa dalla propria riflessa
nell'acqua e si voltò spaventata.
“Xena!” esclamò felice,alzandosi e abbracciandola.
La donna non ricambiò l'effusione, ma rimase con le
braccia penzoloni lungo i fianchi senza sfiorarla.
“Cosa c'è Xena? Cosa è successo?” domandò
spaventata
“Ah.. non lo so.. dovresti dirmelo tu.. cosa è
successo dopo che me ne sono andata dalla domus di Gneo?” domandò
Xena, staccandosi da lei e guardandola negli occhi.
“Cosa è successo? Cosa vuoi che sia successo?”
ripetè la più piccola confusa, distogliendo lo sguardo e
arrovellandosi il cervello per trovare al più presto una risposta.
Xena le prese il mento con una mano,costringendola a
guardarla ancora “Perchè distogli lo sguardo? C'è qualcosa che
devi dirmi Gabrielle? Qualcosa che io non so?”
Gabrielle non rispose, mentre gli occhi le si riempivano
di lacrime.
“Non piangere per gli dei! Rispondimi!” esclamò
Xena furiosa, lasciando la presa come se si fosse scottata e
allontanandosi di qualche passo.
“Perchè? Perchè non mi dici mai nulla? Perchè non
sei mai onesta con me? Possibile che io debba sempre venire a sapere
le cose per ultima!! Tutti sanno, Tutti ascoltano.. tranne me, che
sono la prima con la quale dovresti parlare! Sei stata con lui.. è
vero?? E' VERO?????” gridò, avvicinandosi nuovamente alla più
piccola con sguardo furente. “Hai aspettato che me ne andassi.. e
poi sei andata da lui.. e vi siete divertiti tutto il tempo alle mie
spalle... non ti bastava un marito console.. ma anche un amante
importante! Il nipote del console, addirittura!”
“Ma cosa dici? Come puoi pensare una cosa del genere
di me!” si difese Gabrielle, cercando di controllare la voce che le
tremava ad ogni parola.
“Allora dimmi perchè è venuto qua!! Poverino...
balbettava parlando con te! Che cosa ti doveva dire di così
importante? Eh??? Quanto è stato bene ieri sera con te? Quanto sei
stata brava con lui? Quanto vi siete divertiti? Forse gli interessa
conoscere anche me? Vuole incontrare ed avere entrambe? E' questo che
gli hai promesso?”
Ciaff
Xena si massaggiò la guancia dolorante. Gabrielle
ansante la guardò con una nuova fiamma negli occhi, il braccio
ancora teso verso di lei.
“Non ti permetto di parlarmi in questo modo! Non sono
una puttana qualunque!”
Xena la guardò ferita “A volte ti comporti proprio
come se lo fossi...” e datele le spalle, ritornò indietro,
lasciandola in preda alle lacrime a alla rabbia.
Vi sono mancate eh? Hahaha stavolta ce ne sono per tutti i gusti!!!
Nota 1: Greco ignorante. La battuta non è stata messo a
caso! Ho deciso di inserirla perchè dalle mie reminiscenze liceali
non potevo dimenticare che a Roma in quel periodo l'odio per i greci
cominciava ad affiorare. In realtà in questo caso ho preso una
licenza storica, perchè questo sentimento si diffuse soprattutto con
i discorsi di Marco Porcio Catone, che tuttavia si distinse come
censore con le sue parole solo nel 184 A.C quindi venti anni dopo
rispetto agli eventi narrati nella mia storia!
Nota 2: Parche. In Grecia erano definite Moire ed erano
figlie di Zeus e Temi, la Giustizia. Si chiamavano Cloto, Lachesi e
Atropo e presidevano al destino degli uomini.
Nota 3: Ninna nanna. Poiché non sono minimamente dotata
dal punto di vista poetico, ho pensato di inserirne una originale
direttamente dall'antica Grecia! Quella che avete letto è la mia
traduzione dal greco, perchè, come mi aveva giustamente suggerito la
mia socia Harwest, inserire i caratteri originali era un po'
eccessivo!
Nota 4: Cupido e Psiche. Il mito è narrato nell'opera
“L'asino d'oro” di Apuleio (anche qui ho preso una licenza
storica.. I'm sorry!) e ha come protagonisti Psiche, mortale dotata
di una bellezza pari a quella di Venere e Cupido, figlio della dea.
Quest'ultimo, innamoratosi follemente della ragazza, decise di
trasportarla in un palazzo incantato e lì la sposò, imponendole
tuttavia di non scoprire la sua identità. Psiche però, seguendo il
consiglio delle sue sorelle invidiose, decise di contravvenire agli
ordini ricevuti e spiò alla luce di una candela il volto del suo
amato addormentato. Sfortunatamente una goccia di cera scivolò sul
braccio del dio e lo svegliò, costringendolo ad abbandonarla.
Psiche, disperata, decise allora di cercarlo, ma Venere la costrinse
a sottoporsi a delle prove impossibili.
Il destino però fu favorevole ai due giovani, che si
sposarono con la benedizione di Zeus.
Nota 5: Peristilium. Si trovava nella parte posteriore
della casa, dove si svolgeva di solito la vita privata della
famiglia. Era formato da un giardino ben curato, detto “hortus”,
che poteva anche essere circondato da un portico a colonne, chiamato
“porticus”. Solitamente era ornato da statue, marmi e fontane.
Nota 6: Cubiculum. Erano le piccole e buie camere da
letto simili a delle cellette. In realtà non erano dotate di
finestre ed erano illuminate solo da deboli lucerne. Tuttavia io ho
deciso di adornarla non solo di una finestra, ma in di un bel
balcone: mi dispiaceva rinchiudere Gabrielle sinceramente!! Hahaha
Nota 7: Andron. Lungo corridoio che dalle cubicula
conduceva al peristilium.
Nota 8: Furie. Nella mitologia greca erano chiamate
Erinni. Erano le persoficazioni femminili della vendetta e secondo
la leggenda nacquero dal sangue di Urano, fuoriuscito quando Crono lo
evirò, mentre un'altra tradizione le considera figlie della Notte.
Si chiamavano Aletto, Megera e Tisifone. Erano rappresentate come
geni alati, con la bocca spalancata nell'atto di cacciare urla
terribili.
Nota 9: Triclinium. Era la sala da pranzo, detta
anche Oecus
triclinare, nella quale si trovavano tre letti dai quale i Romani
prelevavano il cibo dal tavolo principale e mangiavano... con le mani
ovviamente!
Nota 10: Portici. Spesso sormontavano il colonnato del
peristilium!
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Capitolo 9 *** Visioni e ricordi ***
servitus 9
Ciao
a tutti!!! Vi eravate preoccupati eh?? Hahahaha nono eccomi di nuovo
con un capitolo bello corposo! Che dire... oggi Servitus compie un
anno!!! Vi ricordate? Il 21 gennaio del 2011 pubblicavo il primo
capitolo!!! Hahahaha Ma non è l'unica ricorrenza... ho superato
le 100 pagine!!! hahaha chi l'avrebbe mai detto!!! Non mi resta che
augurarvi buona lettura e ringraziare di cuore la mia socia e lettrice
numero uno... Harwest per la sua costanza e la sua pazienza!!!! Grazie di tutto socia!
Capitolo
IX
"Visioni e ricordi"
“A volte ti comporti proprio come se lo fossi” le
parole di Xena le rimbombavano nel cervello,impedendole di formulare
un solo pensiero logico.
Si girò di scatto e senza alcuna esitazione le corse
dietro, raggiungendola poco prima che varcasse la soglia dell'atrium
(nota 1) illuminato dalla luce del sole mattutino.
“Xena!” chiamò a gran voce senza ricevere
dall'altra una parola o una reazione,ma facendo rallentare di poco il
suo passo spedito.
“Per gli dei rispondimi! Ti sembra giusto quello che
mi hai appena detto? Come puoi asserire certe assurdità! Ancora non
hai capito chi sono e quale sentimento mi lega a te? Come puoi
sputare sentenze e giudizi inconsulti senza conoscere la verità?
Anche tu... sei come lui.. come Marcello... conta solo la vostra
opinione,mentre i pensieri degli altri semplicemente non esistono...
di fronte alla vostra genialità le nostre misere verità si
sciolgono come neve al sole!”
Xena si voltò appena, ferita dalle parole e dal tono
ironico che Gabrielle le stava rivolgendo spinta dalla rabbia e
dall'amarezza.
Avrebbe voluto ribattere, ma non ebbe il coraggio di
aggiungere nulla. In cuor suo si era già pentita di quella frase che
il cervello aveva formulato e le sue labbra avevano pronunciato:ma
del resto la sua anima di gladiatrice era stata forgiata dalla
diffidenza e dalla solitudine.
Una leggera carezza la fece rabbrividire: Gabrielle le
si era avvicinata e le aveva dolcemente posato una mano sul braccio,
mentre lei imperterrita continuava a rivolgerle le spalle.
“Xena... non farci questo.. insomma.. dopo tutto
quello che abbiamo passato.. dopo tutto quello che hai affrontato..
dopo l'ira di Marcello e dopo i rischi che hai corso per raggiungermi
alla festa di Gneo Cornelio... come puoi permettere alla rabbia e
alla tua diffidenza di distruggere ciò che insieme abbiamo voluto
creare?”
Gabrielle appoggiò il capo tra le spalle di Xena e
strofinò appena il viso per impedire alle lacrime di scendere lungo
le guance “Io ti amo, ma non potrei sopportare questo tuo
atteggiamento.. come puoi direi di amarmi se non ti fidi di me e del
mio sentimento?” sussurrò nel tentativo di calmare i tremiti della
sua voce.
Xena reclinò appena il capo e sospirando,le accarezzò
piano la mano ancora posata sul suo braccio e si voltò.
Gabrielle teneva ancora il viso basso,mentre i suoi
occhi smeraldini luccicavano per le copiose lacrime non ancora
versate.
“Perdonami.. perdonami se puoi...” sussurrò Xena,
appoggiando due dita sotto il mento dell'altra e costringendola a
specchiarsi nell'azzurro profondo del suo sguardo.
“Tu sei la persona più importante per me Gabrielle..e
per questo io ho reagito in quel modo.. non sopporterei che tu mi
abbandonassi... sarebbe troppo dopo tutto quello che è successo..
hai ragione, ho esagerato.. sono stata impulsiva... la rabbia mi
aveva accecato e non vedevo altro che menzogne intorno a me... Ma
ormai sono fatta così, ho perso la fiducia negli altri...”
Gabrielle le sfiorò le labbra con l'indice e le impedì
di continuare “Tu devi fidarti di me, come io mi fido di te.. Non
potrei mai mettere in dubbio il tuo amore per me!”
Xena annuì e abbassò il capo,appoggiandolo alle
fragili spalle dell'altra, che la accolse in un abbraccio disperato.
“Sono una persona orribile... non ti merito... non
merito nessuno..” sussurrò Xena, solleticandole il collo.
“Non è vero.. tu sei una persona speciale... ma devi
riuscire ad abbattere questo corazza difensiva che ergi contro tutto
e tutti... Come posso farti sentire il mio amore se non ci provi
almeno con me?”
Xena annuì nuovamente,sollevando il capo e sfiorando
con le labbra la fronte di Gabrielle
“Credo di poterlo fare solo con te... solo tu potrai
cambiare me e la mia vita...”
Gabrielle le sorrise dolcemente e si alzò in punta di
piedi, stuzzicando con i denti il labbro inferiore della più alta
“Così mi provochi... sei consapevole del rischio al
quale vai incontro, mia Domina?”
sussurrò Xena, lanciandole uno sguardo predatore.
“Tu mi desideri Gabrielle, così come io desidero
te.... Non chiedo nulla.. solo un bacio...”
“io... io.. non posso ora.. ” esclamò Gabrielle a
mò di scusa, allontanandosi improvvisamente come se si fosse
scottata.
Xena la guardò interrogativamente e le si avvicinò
piano “Perdonami.. forse sono stata troppo diretta... non volevo
spaventarti o offenderti, stavo solo scherzando”
Gabrielle scosse la testa e abbassò il capo, puntando
lo sguardo alle proprie mani, che teneva intrecciate sul grembo.
“Non... n-non è colpa tua...” ebbe il tempo di
dire, prima che un singhiozzo le salisse alla gola e le lacrime
inondassero copiose il suo viso.
“Gabrielle! Ma che hai?” domandò Xena preoccupata,
prendendola tra le proprie braccia e cullandola dolcemente nel
tentativo di calmarla.
“Devo dirti una cosa Xena.. una cosa della quale non
ti ho parlato, anche se è della massima importanza... una cosa...
che riguarda anche Scipione e il motivo per cui si è presentato qui
stamattina.. non è un caso che sia venuto proprio oggi..”
Gabrielle sentì le ossa di Xena irrigidirsi tra le sue
braccia e preferì tacere: voleva osservare la reazione dell'altra,
prima di liberarsi del peso che aveva sul cuore.
Xena sospirò appena e le accarezzò piano la guancia
“Ti ascolto Gabrielle..”
“Ecco... vedi... oh per gli dei... è così
difficile... così difficile ricordare e spiegare!”
Si staccò dalle braccia dell'altra e prese a camminare
avanti e indietro, incapace di potersi fermare.
“E' successo tutto alla domus di Gneo non appena tu
sei andata via. Ricordo che ero così felice... avevamo appena visto
le stelle, ti ricordi? Io ero tornata nella domus per cercare
Marcello.. avrei voluto andare via subito, salutare Gneo e tornare
qui per riverderti ancora una volta. Era buio... e io mi sono persa
tra i corridoi... non ritrovavo più la strada che mi conducesse alla
sala dove si era svolta la festa...
E' stato in quel momento che ho incontrato Scipione...
Gli ho chiesto di accompagnarmi da Marcello... ma... lui....”
Sospirò pesantemente e si prese il volto tra le mani “è
così difficile...” ripetè.
Xena non osò interromperla né aggiungere una sola
parola, sentiva il sangue ribollirle nelle vene,mentre le mani lungo
i fianchi erano strette intorno alla veste in una presa ferrea
“Ecco cosa è successo! Le ha fatto qualcosa ed è
venuto sin qui a chiedere perdono! Che bastardo! Come ha potuto anche
solo sfiorare la sua pelle senza sentirsi sporco? Se solo ci fossi
stata io... l'avrei ucciso con le mie stesse mani... Sarebbe stato
meglio se ci fosse stato Marcello con lei.. sicuramente non le
sarebbe successo nulla...”
Le parole che seguirono non poterono che darle ragione
“Era ubriaco... e ha cercato di violentarmi... ma per
fortuna Gneo è arrivato appena in tempo e mi ha salvato. Scipione è
scappato via appena un attimo prima che ci raggiungesse Marcello. Poi
sono tornata a casa. Stamattina è venuto a chiedermi perdono per
quello che ha fatto... ecco perchè ho parlato così tanto tempo con
lui ed ecco perchè ad Emilia è sembrato imbarazzato.. non trovava
le parole per chiedermi perdono. Si vergognava come un ladro...”
“Lui... lui... non ti ha fatto del male, vero?”
chiese Xena con un filo di voce.
Gabrielle scosse la testa “Mi ha solo spaventata, ma
non è successo niente...”
“Vieni qui” disse Xena e l'abbracciò con forza “Mi
dispiace.. mi dispiace.. dovevo essere là con te.. e invece non solo
non ti ho protetto, ma ti ho pure accusato...”
Gabrielle non rispose, godendosi il dolce tepore che il
corpo dell'altra emanava.
Sollevò di nuovo il capo sorridendo “Non è colpa
tua.. tu stavi tornando a casa e io stavo tornando da te.. è
successo... e comunque anche se ora non ho intenzione di vederlo, ho
deciso di perdonarlo...”
“Cosa? Vuoi perdonare quella feccia? Ti rendi conto di
quello che dici?” esclamò Xena sorpresa “Lui non merita il tuo
perdono...”
Gabrielle scosse la testa e le accarezzò piano una
guancia “Tutti meritano il perdono Xena... Tutti noi meritiamo di
avere una seconda possibilità...”
Una lacrima solitaria scese lungo una guancia della
mora.
“Che hai?” domandò Gabrielle sorpresa.
Xena si strofinò piano l'occhio con il palmo della mano
“Nulla.. è che... queste parole mi ricordano molto mia madre; era
una donna piena di vita, gentile e buona con chiunque. Era come te..
pura e onesta. Anche lei credeva che nessuno dovesse giudicare gli
altri e che se tutti avessero perdonato più facilmente il mondo
sarebbe stato migliore. Anche mio fratello.. Linceo.. anche lui era
un sognatore ed un idealista come lei.. Erano speciali.. ma il
destino non ci ha pensato due volte a punirli per la loro
gentilezza...” la voce di Xena si spezzò e lei chiuse gli occhi,
massaggiandosi piano la radice del naso.
“Xena... cos'è successo alla tua famiglia?” chiese
Gabrielle seria.
Xena non rispose, limitandosi a tenere lo sguardo fisso
a terra.
“Xena... guardami” disse la più piccola, alzandole
il viso con la mano sinistra
“Cos'è successo alla tua famiglia?”
Qualche
ora prima, colle Palatino
Il nitrito di un cavallo ruppe il silenzio del primo
mattino. Qualcuno conduceva il proprio destriero al passo, godendosi
la vista del paesaggio che troneggiava tutt'intorno. Marcello tirò
le redini e rimase incantato a guardare la vegetazione rigogliosa che
si estendeva ai piedi del colle. Il colle Palatino (nota 2) era
sempre stato uno dei suoi luoghi preferiti sin da quando era
fanciullo.
La leggenda voleva che in uno di quegli anfratti la Lupa
avesse portato Romolo e Remo e li avesse cresciuti, allattandoli
nella “Grotta del Lupercale”. Da bambino sua nonna gli aveva
raccontato tante volte la storia di Romolo e della sua lotta con il
fratello gemello per la fondazione della città.
Più volte si era recato tra quei sentieri e aveva
immaginato di essere un nuovo Romolo, pronto a creare dal nulla
l'impero più imponente che l'uomo avesse mai visto. Aveva sperato
tante volte di trovare quella Grotta e nella sua ingenuità di
bambino scambiava ogni segno sul terreno per le impronte della Lupa.
Le seguiva per diverse miglia, prima di rendersi conto
che erano solo le orme di qualche cane solitario o di qualche volpe
troppo furba per essere trovata.
Scosse la testa e colpì appena i fianchi del cavallo
per riprendere il cammino.
Continuò ancora per qualche minuto, inoltrandosi sempre
di più nelle vegetazione, finchè non trovò quello che cercava.
Apparentemente il luogo non aveva nulla di speciale: il sentiero
continuava ancora e si inerpicava lungo il fianco del colle verso
nord e ai suoi lati non c'era nulla se non foglie ed alberi uguali ai
precedenti.
Marcello scese da cavallo e abbandonò il sentiero,
guidando l'animale dietro di sé un passo alla volta. Finalmente
raggiunse una caverna poco lontana, completamente nascosta dall'edera
e dalle foglie e vi entrò insieme a Zoxas.
Chi l'avesse vista da fuori non avrebbe mai potuto
immaginare di trovarsi di fronte al nascondiglio segreto del console
Marcello. Era lì che lui si riuniva con Decio e i loro compagni ogni
volta che desiderava: era il loro rifugio e il posto perfetto per chi
non volesse essere trovato o spiato.
Un giovane nascosto nell'ombra scattò all'arrivo di
Marcello.
“Calma Tiberio, sono io.” lo rassicurò il console,
affidandogli le briglie.
“Ci sono tutti?”
“Si mio signore. Ti attendono nell'altra stanza.”
“Molto bene, pensa tu al mio cavallo e tienilo pronto
per quando me ne andrò.”
Il giovane annuì e si allontanò: Marcello lo vide
scomparire lungo un corridoio ricavato nella roccia, che conduceva
alla stalla.
Aveva scoperto quell'enorme caverna quasi per caso:
passeggiava per il sentiero del colle ed era stato attratto dal verso
di un uccello lontano dalla strada. Fu per inseguire lo strano
animale che si era ritrovato in quel luogo sconosciuto.
“Se raccontassi a qualcuno che un pettirosso dallo
strano canto mi ha permesso di scoprire un rifugio segreto, mi
consiglierebbero di scegliere un vino migliore con cui ubriacarmi!”
pensò divertito, mentre apriva la pesante porta di legno e lanciava
uno sguardo ai presenti in sua attesa.
“Ragazzi...” disse con un cenno del capo
“Mio signore! Eccoti finalmente! Ti avevamo quasi dato
per disperso! Ancora un po' e sarei venuto a cercarti!” lo accolse
calorosamente Decio, abbassando le gambe che aveva tenuto fino a quel
momento appoggiate al rozzo tavolo al centro della stanza.
“Decio.. io non mi perdo mai.. dovresti saperlo.. e
semmai succedesse tu sei l'ultima persona alla quale chiederei
aiuto..” ringhiò Marcello, lanciandogli uno sguardo infuocato.
“Sei il solito idiota Decio” tuonò qualcuno degli
uomini appoggiati alle pareti
“Zitto Giulio! Se non fosse stato per me, quella volta
ti saresti perso sull'Aventino e saresti morto lì, senza capire di
essere a pochi passi da casa!”
“Non è vero! Quella volta è stata colpa tua! Se mi
avessi dato ragione, non ci saremmo mai persi!”
“PIANTATELA TUTTI E DUE!” tuonò Marcello, sbattendo
un pugno sul tavolo “Non mi interessa né perchè, né come, né
quando vi siete persi... sono stato chiaro?”
Il silenzio regnò sovrano nella stanza.
“Allora... Giulio, Mevio... cosa mi dite? Avete
notizie?”
“No mio signore” esclamò un giovane con i ricci
capelli neri “tutto è tranquillo. Stiamo continuando a radunare
seguaci anche nelle colonie della Magna Grecia
(nota 3), verranno qui a Roma quando sarà il momento.”
“Molto bene Mevio.. nessuno si aspetterebbe che i
coloni parteggiano con me contro la fine del consolato... prometti
loro grandi ricompense! La mia vittoria sarà un bene per tutti!”
“E tu invece Marco? Cosa succede in Etruria (nota 4)?”
“Sono stato a Volsini e a Volaterrae mio signore.
Domani partirò e mi recherò insieme a Fabio a Clusium e a Perrusia.
Per ora sembra procedere tutto abbastanza bene, anche se lì l'amore
per Gneo Cornelio è molto forte; soprattutto dopo il suo discorso su
di una possibile riconciliazione con coloro che rimangono dell'antico
popolo dei Rasni (nota 5).”
Marcello annuì “Ho capito....” poi rivolgendosi ad
altri due uomini disse “Tu Flavio, e tu Valerio accompagnerete
Fabio e Marco in Etruria. Più siamo e più seguaci otterremo...”
Rimase qualche secondo in silenzio ad osservare la mappa
che era dispiegata sul tavolo e poi li congedò con un cenno del
braccio.
“Tu no Decio..” disse, mentre gli altri lo
salutavano riverenti e si incamminavano in silenzio verso le stalle.
Il ragazzo sorrise e si sedette sul tavolo poco distante
dalle braccia del console “Sapevo che dovevi dirmi qualcosa..”
Marcello abbandonò per un momento la mappa e gli lanciò
uno sguardo interrogativo
“Ormai ti conosco Marcello.. e sebbene tu detesti
ammetterlo, ti conosco molto meglio degli altri.. allora.. cosa
succede?”
Marcello scosse la testa e decise di non ribattere alla
sfacciataggine dello sbarbatello, che in quel momento gli stava
sfoderando un sorriso ammaliante.
“Dobbiamo modificare il nostro piano.” asserì
pacatamente.
Decio aggrottò la fronte e sollevò le sopracciglia
sorpreso. “Modificare il piano? Che significa? Hai cambiato idea?”
“Certo che no sciocco! Diciamo che... diciamo che ho
ricevuto una proposta che non posso permettermi di rifiutare. Per
questo il piano verrà modificato... non per altre ragioni.”
“Una proposta? E da chi? Chi può essere così potente
da piegare al suo volere nientemeno che il console Marcello?”
“Nessuno che tu conosca. Ti basti sapere questo. Non
dirlo agli altri, non vorrei che questa notizia scatenasse in loro
dubbi o ripensamenti. A questo punto non si torna indietro... chi non
è con me è contro di me ed è destinato a morire se intralcerà il
mio cammino.”
Decio si alzò in piedi e si avvicinò a Marcello,
appoggiandogli una mano sulla spalla “Si può sapere perchè non mi
dici mai nulla? Devo sempre accontentarmi di queste mezze verità!
Non pensi che meriti più di questo per la lealtà e la fedeltà che
ti dimostro?”
Marcello si fermò a guardarlo e riconobbe nel giovane
di fronte a lui la stessa determinazione che l'aveva sempre
contraddistinto. Sebbene odiasse ammetterlo, si era molto affezionato
a quel ragazzo, quasi fosse stato il figlio che non aveva mai avuto.
Si fidava ciecamente di lui e forse avrebbe donato persino la vita
per salvarlo da un eventuale pericolo. Più volte si era dimostrato
leale, affidabile e molto capace. Si era subito distinto per la sua
prontezza e acutezza mentale e ben presto l'aveva scelto come suo
collaboratore più stretto.
Marcello accennò ad un sorriso e, imitando il gesto del
ragazzo, gli posò la mano sinistra sulla spalla destra “Se il
colloquio di oggi si svolgerà così come spero, te lo dirò. Ora
però va a prendere il cavallo e preparami Zoxas, dobbiamo andare al
Foro e vedere cosa sta combinando quell'idiota di Gneo con le sue
chiacchiere sulla pace e sull'amore per gli dei....”
Decio annuì e si allontanò a rapidi passi, fermandosi
appena prima della soglia.
Si voltò appena e lanciandogli uno sguardo grato disse:
“Ti ringrazio della fiducia, mio signore..”
“Sbrigati Decio! Non abbiamo tempo da perdere!”
sbottò Marcello in risposta, arrotolando la mappa e inserendola in
un vano segreto al di sotto del tavolo.
“Volo!” rispose Decio e corse via.
Marcello scosse la testa e rimase per qualche minuto
appoggiato al tavolo.
“Oggi sarà un giorno importante. Accetterò la
proposta di Alti, la userò.. e poi.. e poi finalmente potrò avere
quello che mi spetta di diritto! Mentre lei... lei.. lei riceverà lo
stesso trattamento che mi ha riservato anni fa. Oh Alti.. tra poco
sarai tu ad assaporare l'amarezza dell'abbandono e la bruciante
delusione di un sogno infranto...”
E spente le fiaccole nella brocca piena d'acqua
appoggiata in un angolo della sala, chiuse la porta alle sue spalle e
si diresse velocemente verso le stalle.
Domus
di Alti
Il buio della stanza la opprimeva... le pareti
sembravano contrarsi intorno a lei per poi allontanarsi e
riavvicinarsi nuovamente. Sapeva perfettamente in che luogo si
trovava: il limbo della propria mente. In Grecia aveva imparato ad
affinare le sue rudimentali tecniche magiche ed ora riusciva a
controllare la sua mente come pochi potevano sperare di fare. Ma il
limbo era sempre difficile da sopportare. Era il luogo dove i suoi
timori e le sue paure si condensavano come nebbia intorno a lei e si
trasformavano in una serrata oscurità,che la circondava da ogni
parte. Era destinata a sostare in quel luogo senza tempo e senza fine
ogni volta che prendeva sonno... era destinata a rivivere i ricordi e
le amarezze del passato, ma poteva anche carpire i frammenti di un
possibile futuro, se solo avesse voluto.
In quel momento lo voleva: voleva disperatamente
cercare un'immagine del futuro...
La mente sembrò accontentarla: di fronte a lei
l'oscurità si diradò e il paesaggio indistinto di poco prima mutò
e prese le sembianze di una stanza riccamente arredata.
“La camera da letto di qualche ricco signore”
pensò, guardandosi intorno curiosa.
Alle sue spalle stava un letto... freddo e vuoto.
Si sedette e continuò ad osservare gli oggetti
intorno a sé: corni, maschere tribali, candelabri di ogni genere e
fattura... il proprietario della domus doveva essere un ricco
avventuriero.. uno scrittore forse.. o un mercenario...
Si alzò dal letto e si avvicinò al mobile ligneo
alla sua sinistra: un cassetto si aprì spontaneamente, come se le
volesse rivelare il suo contenuto.
Frugò all'interno e sotto vari mantelli e tuniche le
sue dita incontrarono la freddezza del metallo. Scostò il tessuto e
si stupì non poco: un braccialetto...
“Ma questo...” sussurrò,rigirandosi l'oggetto
tra le mani “questo... era mio...”
Se lo mise al polso e memorie del passato le invasero
la mente: era il bracciale che aveva regalato a Marcello come pegno
di fidanzamento, identico a quello che lei stessa serbava
nell'oscurità di un cassetto del proprio comodino.
In quel momento percepì un rumore alle sue spalle,
come se qualcuno avesse spostato velocemente le sottili coperte del
letto.
Lo spettacolo che le si presentò quasi non le
raggelò il respiro: una donna, alta e dai lunghi capelli neri, si
avvicinava spavaldamente al giaciglio con indosso una tunica di seta
rossa. Sul viso portava una maschera d'oro, che le copriva gli occhi
e parte del naso. La vide sciogliere il nodo con insopportabile
lentezza, lasciarsi scivolare il tessuto addosso e adagiarsi
completamente nuda sulle lenzuola, in attesa di qualcuno. Alti non
dovette aspettare molto: al fianco della sconosciuta si materializzò
un'altra figura.. un uomo.
“Marcello” sussurrò Alti, mentre i suoi occhi
assorbivano ogni movimento dei due amanti.
Marcello, coperto solo da una tunica di lino, abbassò
il volto e prese a baciare con foga e passione la donna al suo
fianco. Poi scese, incapace di arrestare la propria
passione,depositandole baci roventi sul collo e stuzzicandole poi
abbondantemente i seni. La donna non faceva che gemere di piacere,
avvinghiandosi con le gambe snelle al torace dell'uomo per sentire
ancora di più la sua eccitazione. Marcello indugiò ancora con le
labbra e la lingua sugli addominali della donna, intorno all'ombelico
e lungo la coscia... Poi si spogliò e la danza che avevano
intrapreso divenne più frenetica. Alti voleva fuggire, abbandonare
quel luogo e svegliarsi, svegliarsi e dimenticare tutto quello che il
futuro le stava impietosamente sbattendo in faccia. Ma non riusciva a
muovere un solo muscolo.. i piedi erano incollati alla soffice pelle
che ricopriva il tappeto,mentre i due amanti consumavano la loro
passione inconsapevoli della sua presenza.
La donna intanto aveva invertito le posizioni: era
sopra Marcello e conduceva il gioco, perfettamente consapevole del
piacere che stava regalando all'uomo.
I gemiti che già riempivano l'aria si
intensificarono, mentre il bacino della donna ondeggiava,si fermava e
poi riprendeva ad ondeggiare, accompagnata ad ogni scatto dal
movimento di Marcello. L'uomo la prese per le braccia e si avvicinò
per poterle baciare ancora le labbra, lei,seduta su di lui, si
lasciava avvolgere dalle sue carezze senza alcuna reazione.
Marcello le scostò i lunghi capelli per baciarle la
clavicola e la spalla e in quel momento Alti capì. Sulla spalla
destra, coperta fino a quel momento dalla chioma scura come la notte,
stava una cicatrice: un simbolo marchiato a fuoco sulla pelle.
Una lacrima solitaria rigò la guancia di Alti,mentre
la visione intorno a lei svaniva.
Si svegliò di soprassalto, ritrovandosi al centro del
letto della sua domus. Si poggiò le mani sulle palpebre, sperando in
cuor suo che tutto quello che aveva visto era stato solo il frutto di
un terribile incubo. Ma non poteva mentire a se stessa... le arti
magiche non tradivano... nel bene e nel male. Ciò che mostravano si
sarebbe avverato, a meno che non avesse trovato un modo per
impedirlo.
“Ho visto il suo marchio... ora so che quello che i
miei poteri mi avevano mostrato in passato era reale e vero.. Lui è
attratto da lei... Marcello è attratto da quella lurida schiava!”
“Non capisco proprio il motivo di tanta rabbia” le
sussurrò una voce all'orecchio.
“Lasciami stare” rispose Alti inespressiva senza
nemmeno voltarsi a guardare.
“Lasciarti stare? E come potrei farlo mia cara? Io
sono te.. non si possono staccare due entità indissolubili... è
contro natura... lo sai benissimo..”
“Ti ho detto di andartene, non voglio ascoltarti né
guardarti”
“Ah... ma a lui non hai saputo dire di no, non è
vero? Sei rimasta in quella stanza tutto il tempo, consumandoti di
fronte a quello che il futuro ha pianificato. Ti sei sentita ferita,
tradita, umiliata, raggirata... eppure sei rimasta immobile a
guardare... perchè? Perchè devi soffrire in questo modo.... per un
uomo che dici di non amare?”
Alti voltò il viso dall'altra parte e non rispose.
“Ho capito, devo spostarmi io...” affermò ironica
la voce.. la sua voce.
Alti non accennò a muoversi né parlò quando vide
un'altra Alti, del tutto identica a lei, che passeggiava
tranquillamente di fronte al suo letto.
“Hai forse intenzione di rimanere tutto il giorno a
letto?” la schernì la voce
“E se volessi farlo? Chi me lo impedirebbe... tu?”
“Certo che no mia cara.. tu sei libera di fare quello
che vuoi... hahahaha anzi.. saresti libera, se non avessi accettato
il mio aiuto tanto tempo fa... ora sei legata al tuo destino e
sebbene nei tuoi occhi si nasconda prepotente il desiderio di
fuggire, tu stessa sai di non poterlo più fare. Hai scelto me... non
lui.”
“Io non ho scelto nessuno!” esclamò Alti adirata,
scattando in piedi e passando in mezzo alla figura evanescente,
scomponendola come una nuvola di fumo.
“Certo che si... hai scelto il potere... hai scelto la
magia... hai scelto di indagare nei meandri più profondi della tua
mente... e cosa sono io se non la parte più profonda di te? Sono la
tua seconda entità... non puoi scacciarmi.”
“Ti odio” sussurrò Alti, lasciandosi cadere
pesantemente su una sedia poco distante dal letto.
“Lo so... e questo mi
piace” disse l'entità divertita, sedendosi sulle sue gambe e
accarezzandole piano la tempia “perchè so che non puoi fare a meno
di me. L'Alti del passato è morta... io sono il tuo presente e il
tuo futuro. Senza di me tu sei un guscio vuoto... Sono io che ti
guido, io che ti dono il potere di vedere oltre le stelle e oltre il
cosmo e sono io colei che potrebbe condurti alla rovina, se volesse.
La tua vita, la tua morte, la tua vittoria e la tua sconfitta
dipendono solo da me... da me e da nessun altro”
Alti chiuse gli occhi,si alzò in piedi e andò ad
aprire la finestra.
“Oh... che splendida giornata... per ottenere ciò che
vogliamo... non pensi mia cara?”
Alti annuì esausta, mentre il sole illuminava la
vegetazione rigogliosa che circondava la sua domus.
Toc toc
“Sarà meglio che ti prepari, mia cara. Oggi sarà una
giornata fondamentale e ti voglio al massimo delle tue possibilità.”
disse sorniona la figura,svanendo nel nulla.
Alti sentì nuovamente il potere scorrere nelle sue
vene: la tristezza di qualche momento prima si trasformò in odio,
l'umiliazione in vendetta, senza che lei potesse reagire in alcun
modo.
“Mia signora... è già sveglia?” domandò la
giovane serva,spalancando appena la porta.
“SI.. VA VIA” urlò malamente, senza nemmeno
voltarsi.
La porta si chiuse con un tonfo secco e Alti sorrise:
riusciva a spaventare chiunque con il suono della sua voce.
Velocemente abbandonò la finestra e si diresse alla toeletta. La sua
immagine riflessa la guardò ammiccante e splendidamente fiera come
sempre. Sorrise appena,sfiorandosi con il polpastrello la curvatura
delle labbra.
“Marcello... oggi ti piegherò al mio volere... è il
tuo destino e non puoi fuggire, come io non posso più fuggire dal
mio e ritornare quella di un tempo..”
Foro
Romano (nota 6)
Il frastuono delle voci e delle grida era quasi
insopportabile. Marcello sbuffò indispettito,mentre cercava di
guidare Zoxas attraverso il manipolo di gente che si accalcava a
piccoli gruppi lungo il colonnato,che occupava l'intera valle
pianeggiante tra il colle Palatino e il Campidoglio (nota 7) .
“Pesce fresco!”
“Ortaggi appena arrivati e agrumi direttamente dalla
Magna Grecia!”
“Meravigliosi tessuti”
“Gli dei!! Bisogna credere negli dei, Romani! Loro
vegliano su di noi e sul nostro destino!”
“Roma è grande e fiorente! E grazie ai nostri
meravigliosi consoli lo sarà ancora di più!”
Marcello tirò le redini e si voltò indietro,scuotendo
la testa: non era mai riuscito a capire come facessero tutte quelle
persone a comprendersi l'una con l'altra.
Venditori,sacerdoti,senatori e plebei si mescolavano in un'unica
folla incolore, si dividevano e poi si mescolavano ancora come
migliaia di formiche che si affaccendavano nei pressi del loro
formicaio. Decio gli si accostò,fermando con uno strattone il suo
destriero pezzato.
“Siamo alle solite eh?” domandò annoiato
“Che vorresti dire?” sbottò Marcello nervoso
“Che hai quell'espressione corrucciata perchè non
sopporti il frastuono causato da centinaia di persone che parlano
contemporaneamente! Siamo al Foro... e al Foro Romano per di più!
Come pretendi che ci sia silenzio?”
Marcello fece per rispondere,ma uno strattone al
polpaccio per poco non lo disarcionò. Abbassò il capo quel tanto
che bastava per accorgersi dell'uomo completamente ubriaco sotto di
lui. Digrignando i denti, gli menò un pestone, urlando “Ma come ti
permetti bifolco?”
Decio rise e scosse la testa,appoggiando il mento sulle
nocche della mano destra in attesa.
Marcello lo squadrò con espressione furente “Si può
sapere che diamine stai facendo Decio? Fammi strada,se non vuoi che
prenda a calci tutti gli abitanti che si frappongono tra me e il
tempio della Concordia! (nota 7)
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa “Va bene,va
bene... ci penso io”
Abbassò il braccio sinistro e tratto da una piccola
sacca,attaccata alla sella, un corno di bronzo, vi soffiò dentro con
tutte le forze.
In un secondo tutte le voci e le grida si
zittirono,mentre gli uomini,dapprima radunati in gruppi,si
disperdevano ai lati della strada lastricata.
“Fate spazio a Marcello, console di Roma!” esclamò
Decio pomposamente, riponendo il piccolo corno e spronando il cavallo
al passo.
Marcello sorrise “Siano ringraziati gli dei! Ancora un
po' e sarei invecchiato sulla sella!!” esclamò ironico,godendosi
gli sguardi ammirati e riverenti dei cittadini.
In pochi minuti arrivarono al tempio della Concordia,
che si stagliava alla loro sinistra illuminato dalla luce del sole
mattutino.
“Decio occupati dei cavalli, mentre io andrò al
Comitium (nota 8)” ordinò Marcello imperiosamente,scendendo dalla
sella e porgendo le redini al ragazzo.
Il giovane annuì “Ci incontriamo là allora!” e si
congedò con un rapido cenno del capo.
Il console si grattò il mento e prese ad incamminarsi
velocemente,spingendo e strattonando tutti quelli che intralciavano
il suo cammino, finchè non oltrepassò la colonna Menia (nota 9) e
non raggiunse i bianchi gradini,che circondavano la piazza del
Comitium.
Non gli ci volle molto per capire dove si trovasse il
console: un gruppetto di uomini stava in cerchio vicino al lato nord
delle gradinate e su di esse spiccava una figura, che con ampi gesti
delle braccia sembrava imitare qualcuno che correva.
Marcello scosse la testa e si avvicinò “Oh dei! Fate
che non stia raccontando di nuovo quella terribile storiella
sull'uomo di Cuma (nota 10) !” pensò affranto. Le urla degli
astanti però concretizzarono le sue paure.
“E poi? E poi?” domandò un senatore con le lacrime
agli occhi
“E poi? E poi si è buttato!! Ahahahaha l'avete
capita? Si è buttato in mare per evitare di bagnarsi! Ma vi rendete
conto?” esclamò Gneo,battendosi la coscia per tentare di calmarsi.
“Gneo! Raccontaci la storia del medico!” lo implorò
un altro
“Si! Per favore!!!” esclamarono gli altri
Marcello li guardò allibito: sembravano bambini
desiderosi di ascoltare il maestro raccontare miti e leggende dei
grandi eroi
Gneo annuì e alzò le braccia per arrestare le urla
“Allora... un giorno un uomo va dal medico e gli dice: “Signor
Medico, ogni volta che mi alzo dal letto mi sento stordito per una
mezz’ora e poi sto bene” e sapete il medico cosa risponde?
“Allora
aspetti una mezz’ora prima di alzarsi! Hahahahahaha!!!
Avete capito?! Ma vi sembra un medico quello?”
“E chi è stato il suo precettore? Ippocrate?”
domandò una voce ironica.
Gneo si girò e incontrò lo sguardo infuocato di
Marcello
“Marcello!!! Hahahahaha anche la tua battuta non è
per niente male!!! Chi te l'ha detta? E' fantastica!! Penso proprio
che la aggiungerò alla mia barzelletta!”
“Si... sono onorato... pensavo che tu stessi parlando
di politica, ma a quanto pare mi sono sbagliato..” sbottò
Marcello, guardando i presenti con sguardo noncurante.
“Politica? Certo che si... però sai... una battuta
tira l'altra..... e comunque ti aspettavo, volevo domandarti qualcosa
di importante... Potete lasciarci un attimo soli?”
Gli altri assentirono e si allontanarono velocemente:
l'arrivo di Marcello era riuscito a raggelare l'ambiente in pochi
secondi.
“Senti... è tornato da poco un mio amico dalla Magna
Grecia.. e sinceramente non mi ha portato buone notizie..”
Marcello sollevò le sopracciglia “Che intendi dire?”
Gneo gli posò un braccio sulle spalle e avvicinò il
viso al suo orecchio “Mi ha detto che ci sono degli strani
movimenti nelle colonie: molti bramano la fine del consolato! Eppure
non riesco a capire.. città come Siracusa sono sempre state dalla
nostra parte.. cosa potrebbe scatenare tali malcontenti?”
Marcello sorrise impercettibilmente “Un affare
decisamente strano Gneo,ma non preoccuparti.. saranno le solite
lamentele passeggere..”
“Tu dici? Ci ho pensato anche io,ma il pensiero di
quegli abitanti irrequieti non mi dà pace.. non voglio che da un
momento all'altro scoppi una rivolta.. per cui.. ho intenzione di
intervenire... e ho già deciso in che modo...”
“Intervenire? Come vorresti intervenire? Vuoi mandare
l'esercito?” chiese Marcello senza capire e sempre più sorpreso.
“Certo che no! Certo che no! Lo sai che io sono un
uomo di pace! No.. non l'esercito.. manderò mio nipote! Manderò
Scipione in Magna Grecia con degli uomini di fiducia: lui saprà
capire cosa sta succedendo e ci informerà! Se siamo fortunati,
sapremo presto cosa sta succedendo!”
“Marcello! Gneo! Eccovi! Vi stavo cercando!”
I due consoli si girarono e osservarono Decio che si
avvicinava a loro ansante.
“Oh caro Decio! Come stai?” lo salutò calorosamente
Gneo, sorridendo.
Decio si inchinò appena “Bene mio signore.. ti trovo
in splendida forma. E Scipione?”
“Sta bene.. sta bene, grazie”
Marcello si schiarì rumorosamente la gola: odiava gli
inutili convenevoli e le smancerie pompose che ogni volta Decio
riservava all'altro console.
Lanciò uno sguardo omicida al giovane al suo fianco e
stava per redarguirlo, quando un'idea gli balzò in mente,
illuminandogli il viso con un diabolico sorriso.
“Gneo!” disse improvvisamente,dando le spalle a
Decio e mettendogli una mano sulle spalle.
“Ecco a te...il compagno di Scipione! Non pensi anche
tu che sia un'idea meravigliosa farli partire insieme? Sicuramente
riusciranno a capire quello che sta succedendo!”
Gneo lo guardò con espressione euforica “Marcello!
Hai avuto un'idea geniale! Ma certo! Loro partiranno insieme! Due
giovani coraggiosi e intelligenti come loro... saranno sicuramente in
grado di gestire la situazione! Mentre noi due vecchietti rimarremo a
Roma ad attendere loro notizie...”
“Vecchietti?” ripetè Marcello confuso
“Hahahaha su... su Marcello... lo sai anche tu che non
sei più il giovanotto di una volta!! E' la vita, tutti sono
destinati ad invecchiare!”
Marcello gli lanciò uno sguardo omicida, ma preferì
soprassedere,concentrandosi su Decio e sull'espressione confusa che
aveva preso il posto del suo sorrisetto idiota.
“Ecco... io veramente non so...” cominciò il
ragazzo
“Tu lo sai perfettamente invece! Ora va a prepare i
cavalli.. ce ne andiamo! Partirai molto presto come ti ha ordinato il
console Gneo!”
“E se non volessi andare?” domandò Decio ostinato,
guardando Marcello con aria di sfida.
“Tu ci andrai e basta! Ti ho detto di andare a
preparare i cavalli! ORA!” urlò il console furiosamente. Decio lo
guardò per un altro secondo, prima di fuggire via senza dire nemmeno
una parola.
“Forse sei stato un po' troppo duro con lui! In fin
dei conti non l'avevi nemmeno avvisato.. l'hai messo di fronte al
fatto compiuto! Forse avresti dovuto chiedere il suo parere...”
disse Gneo, grattandosi la nuca.
“I giovani devono essere educati con durezza,
altrimenti pensano di poter fare tutto quello che vogliono.. pensano
che basti nascere a Roma per diventare grandi politici e
condottieri... li perdi un attimo di vista...”
“E loro fanno quello che non ti aspetteresti mai...”
lo interruppe Gneo con voce grave.
Marcello si sorprese per la seconda volta e guardò Gneo
con la fronte corrugata.
“Sei strano oggi Gneo...”
“Tu dici? Beh.. non si può essere burloni tutto il
tempo.. in fin dei conti.. sono sempre un console!” esclamò
l'uomo,battendosi appena il pugno sul petto.
“Sai Marcello... la nostra è una grande
responsabilità... da noi dipendono le vite dei Romani.. non si può
scherzare tutto il tempo o sperare che una battuta possa cambiare il
destino... né si può pensare che tutto vada sempre bene per tutti e
che tutti siano felici..” lasciò per un attimo la frase in
sospeso, per poi sorridere e ritornare allegro “In ogni caso...
sarà meglio che vada, immagino che tu stesso abbia degli impegni...
ci vediamo Marcello!” e con una vigorosa stretta di mano si
allontanò, dondolando da una parte all'altra.
Marcello rimase solo con i propri pensieri e osservò il
cielo: una nuvola,sospinta dal vento, aveva appena coperto la luce
del sole.
“Le cose cambiano quando meno te l'aspetti...”
sussurrò pensieroso, sospirando appena. Abbassò il capo e a passi
svelti, ritornò sui propri passi verso il tempio della Concordia.
Domus
di Marcello
“Cos'è successo alla tua famiglia?”
Xena guardò Gabrielle negli occhi senza il coraggio di
aggiungere nulla.
Si allontanò e appoggiò le spalle al freddo muro di
pietra
“Non è un argomento facile per me... i ricordi sono
così difficili da sopportare a volte...”
“Xena.. io ti ho aperto il mio cuore.. ti ho
raccontato quello che mi è successo con Scipione.. perchè non vuoi
fare altrettanto?” domandò Gabrielle speranzosa.
“Ti ho detto che non è facile Gabrielle.. per gli
dei... perchè devi sapere quello che è successo? Cosa te ne
importa? E' successo tanto tempo fa!!!”
“Allora non hai capito nulla di quello che abbiamo
detto? Vuoi di nuovo tenermi fuori dalla tua vita! Mi hai appena
chiesto scusa per come ti sei comportata.. e ora mi allontani di
nuovo: sembri il cavallo che teme il frustino del padrone!”
Xena sospirò e scosse la testa “Tu non sai quello che
mi stai chiedendo.. non ha senso che tu lo voglia sapere ora...”
Gabrielle le lanciò uno sguardo gelido “E invece ha
perfettamente senso... eccome! Mi importa quello che è successo alla
tua famiglia,mi importa tutto di te! Lo vuoi capire oppure no? Come
posso spiegartelo??? Devo forse pregare gli dei? Ma forse tu sei
fatta così.. vuoi sapere ogni cosa di me.. ti lamenti e mi tratti
male perchè credi di conoscere tutto dopo gli altri,ma di te non
vuoi dire nulla.. Ti sembra un comportamento corretto???”
“Vuoi smetterla di lamentarti? Se non voglio dirlo c'è
un motivo! Non insistere Gabrielle!” sbottò Xena, voltandole le
spalle.
Gabrielle si avvicinò e la strattonò, costringendola a
guardarla nuovamente “Non darmi le spalle Xena... il tuo
comportamento non ha senso! Non capisci che mi fai soffrire così?
Sei insensibile,crudele o sei semplicemente idiota?”
“Non mi parlare in quel modo... non dire così”
sussurrò Xena
“E invece devo dirtelo Xena! Sei crudele.. sei
insensibile...”
“TI HO DETTO DI SMETTERLA! PERCHE'? PERCHE' VUOI CHE
TI RACCONTI COME HANNO STERMINATO LA MIA FAMIGLIA? PERCHE'?”
Gabrielle sentì il respiro mozzarsi e portò una mano
alle labbra sconvolta.
“Hanno sterminato la tua famiglia?” domandò
incredula.
Xena si accasciò a terra, come se un enorme peso le
stesse gravando sulle spalle e nascose il viso tra i palmi delle
mani.
“Si... è così...” sussurrò appena.
“Chi è stato? Chi ha potuto fare una cosa del
genere?”
Xena sollevò appena il viso “Zenos...”
Gabrielle la guardò confusa “Zenos?” domandò senza
capire
Xena non rispose, si alzò in piedi e si scostò i
lunghi capelli neri
“Ecco chi è... il mio primo padrone..” sussurrò e
voltatasi, mostrò a Gabrielle il segno marchiato a fuoco che portava
sulla pelle: una z,intrecciata ad una frusta (nota 12).
Gabrielle le sfiorò appena la spalla destra in una
leggera carezza “Lui... lui.. ti ha fatto questo?”
Xena annuì “L'ha fatto a tutti quelli che lottavano
per lui nell'arena... io non sono stata la prima, né sarò
l'ultima...”
“Ma... non capisco... cosa c'entra la tua famiglia?”
Xena sospirò e con un movimento della testa ricoprì la
cicatrice con la folta capigliatura.
Si appoggiò nuovamente al muro di pietra e cominciò a
raccontare: “Tempo fa.. io vivevo in Grecia.. ad Anfipoli.. era
quello il mio villaggio... vivevo con mia madre, Irene e mio
fratello... Linceo.. Non conoscevo mio padre, lavoravo come cameriera
per mia madre e aiutavo mio fratello a spaccare la legna,ma ero una
ragazza felice.. non desideravo altro che curare la locanda e parlare
con mio fratello davanti al fuoco acceso, mangiando il pane alle noci
che mia madre ci preparava come quando eravamo bambini. Ma un brutto
giorno... un maledetto giorno... gli dei decisero che la tranquillità
di Anfipoli doveva essere spezzata.... Arrivò un gruppo di
stranieri, che nessuno aveva mai incontrato:mi ricordo che si
presentarono alla locanda di mia madre... fuori pioveva a dirotto.. e
lei li fece entrare... “non potete accamparvi con questo tempaccio!
Venite! La locanda ha tutte le stanze libere! Vi offriremo una bella
zuppa calda!” non l'avesse mai detto... ricordo che erano uomini
strani.. particolari.. alcuni erano orientali, altri sembravano Greci
anche se non parlavano la nostra lingua.. un altro invece, era
spavaldo e aveva lo sguardo fiero. Appena entrò,mi squadrò,mi
sorrise e mi disse “Ehi bellezza.. vuoi cambiare la tua vita? Se
vuoi io posso farlo... posso offirti ricchezze e gloria, se
accetterai di lavorare per me! Sono Zenos, il lenone! Sto cercando in
lungo e in largo nuove persone che possano essere al mio fianco! E tu
mi sembri la persona giusta!”
Quando gli chiesi cosa fosse un lenone, mi guardò
sorpreso e disse “Un lenone è una persona buona e gentile, che
aiuta le ragazze come te a trovare la strada che il destino ha scelto
per loro!” Quella risposta non mi piacque e declinai l'offerta “Mi
dispiace.. io sto bene qui.. non ho bisogno del tuo lavoro...”
dissi.
In quel momento notai un guizzo nei suoi occhi e per un
attimo temetti che potesse adirarsi,ma non disse nulla... si sedette
e mi rispose “Come vuoi tu bellezza! La vita è tua!”
Gabrielle ascoltava il racconto rapita “E poi?”
Xena sospirò e una lacrima solitaria le scese lungo la
guancia. La asciugò in fretta e riprese a raccontare: la voce era
divenuta quasi un sussurro.
“Zenos e i suoi si ritirarono nelle loro stanze... mia
madre era in cucina, mentre io e mio fratello stavamo di fronte al
camino. Parlavamo del più e del meno, lui mi prendeva in giro per la
fuliggine che avevo sul naso... quando uno degli uomini di Zenos
scese le scale e si avvicinò. “Zenos vuole parlarti... ora!”
ordinò. Io non mi mossi e gli dissi che non avevo intenzione di
andare, ma lui ripetè ancora “Zenos vuole parlarti! Va subito da
lui!” Ricordo che anche mio fratello si arrabbiò, si alzò in
piedi e disse “Non usare quel tono con mia sorella...” Quell'uomo
lo guardò e gli diede un pugno sul viso, facendolo cadere a terra,
poi mi prese per un braccio e cercò di trascinarmi via... io mi
ribellai, gli diedi uno schiaffo e cercai di andare a soccorrere mio
fratello... ma lui... lui mi afferrò per la spalla e mi tirò
indietro.. verso la porta che conduceva al piano di sopra... poi
venne mia madre.. aveva sentito il trambusto dalla cucina.. vide
Linceo a terra con il labbro sanguinante, mentre io venivo trascinata
via... urlò “Cosa vuoi fare a mia figlia?” Allora l'uomo si
voltò, mi sbattè contro il muro e le si avvicinò... le diede uno
schiaffo e le disse “Zitta donna!”
Io mi alzai.. mi avventai contro di lui.. e con me mio
fratello... i piatti si ruppero... le sedie.. le sedie furono gettate
a terra.. tutto era una macchia indistinta di colori... finchè...
finchè non ci fu quel rumore... il rumore di una frusta... era
Zenos,che era entrato nella stanza insieme agli altri suoi compagni.
Osservò la scena e si mise a ridere “Milo! Mi meraviglio di te! Ti
fai mettere fuori gioco da due contadinelli e da una vecchia
locandiera? Penso proprio che sia il caso di sostituirti!” e preso
un coltello lo colpì dritto al cuore... Io rimasi a guardarlo
esterrefatta “Ma hai ucciso un tuo compagno!” dissi senza
pensare. Lui mi guardò e ridendo disse “E allora? Ora c'è un
posto libero per te, bellezza! Prendetela!”
Due uomini si avvicinarono e mi presero per le braccia,
altri due bloccarono Linceo, mentre un altro teneva mia madre ferma a
terra.
“Tu ora verrai con noi.. con le buone o con le
cattive!” mi disse Zenos. Io mi ribellai e spinsi i due uomini
lontano da me, presi una sedia e la tirai contro uno di quelli stava
alle spalle di Linceo. Mio fratello approfittò della confusione e
mise fuori gioco anche l'altro.... Poi liberammo anche mia madre.
Zenos non fece nulla, ma rimase ad osservaci sorridendo. “Ah... non
sapevo che i questa locanda ci fossero i Dioscuri... Castore e
Polluce... i miei omaggi! Se avete finito... io ho da fare.. vieni
con me bellezza, se non vuoi che alla tua famiglia perfetta non
accada nulla”
Io mi rifiutai ancora e lui disse “Molto bene, ma non
dire che non ti avevo avvertito!” Srotolò di nuovo la frusta e
colpì mio fratello al volto. Linceo urlò per il dolore e si portò
una mano all'occhio. Io non pensai a nulla, mi lanciai contro Zenos
con tutte le mie forze, ma lui era molto più forte di quello che
pensavo... mi afferrò e mi strinse il collo “Te lo dirò ancora..
vieni con me o la tua famiglia muore!” Io non risposi e questo lo
fece infuriare ancora di più... Mia madre era corsa da mio fratello
e cercava di tamponare il sangue che continuava a sgorgare dalla
ferita “Ti prego! Ti prego per gli dei.. lascia i miei figli!
Prendi me al loro posto!”
“Te? Non so cosa farne di te donna! Io voglio tua
figlia!”
“No! Non puoi prendere Xena! Lasciala stare!”
Zenos non la ascoltò, si voltò e mi trascinò via,
spalancando la porta con un calcio.
Mia madre lo inseguì fuori la locanda e,incurante della
pioggia battente, si aggrappò disperatamente alle sue spalle
“NON PORTERAI VIA MIA FIGLIA!” urlò... Zenos si
divincolò, mi buttò a terra.. nel fango delle pozzanghere.. e
poi... e poi.. successe...”
Xena si fermò a riprendere fiato, ormai le lacrime
scendevano incontrollabili lungo le guancie pallide senza che lei
cercasse di asciugarle.
“Xena...” disse Gabrielle, ma l'altra non l'ascoltò
e riprese a parlare di nuovo con foga, troppo presa dai ricordi.
“Zenos estrasse un pugnale.. e colpì mia madre al
cuore... mia madre... mia madre voleva solo difendermi... io urlai di
dolore, mi alzai e feci per correre contro di lui, ma il terreno
scivoloso mi tradì... caddi di nuovo... alzai la testa e vidi mio
fratello.. il suo viso era una maschera di sangue, aveva in mano la
gamba spezzata di un tavolo... stava per colpire Zenos... ma non ci
riuscì.. lo vidi accasciarsi a terra lentamente con un coltello
conficcato nella schiena... Uno dei compagni di Zenos si era ripreso
e l'aveva colpito a tradimento... Io cercai di alzarmi, ma la
caviglia me lo impedì... urlai e continuai ad urlare, mentre i tuoni
rimbombavano sopra di me. Zenos mi prese e mi colpì al volto... io
persi i sensi e quando mi ripresi ero incatenata all'albero maestro
di una nave in mezzo al mare.. diretta verso Capua.. verso il mio
destino... Ecco.. ecco.. cos'è successo alla mia famiglia...”
Si accasciò a terra, incapace di continuare oltre.
Gabrielle, abbassò le braccia,che fino a quel momento
aveva tenuto sul viso per nascondere le lacrime, e la strinse a sé.
Piansero entrambe a lungo, senza avere il coraggio di
aggiungere altro.
Fu Xena la prima a parlare “Tu sei l'unica.. l'unica
alla quale ho raccontato tutto questo... io... io... io ho sempre
cercato di non pensarci, ma ancora oggi ho gli incubi.. mi sveglio
nel cuore della notte, sperando di trovarmi ancora in camera mia...ad
Anfipoli... ma non è così... e allora il mondo mi precipita
addosso.. e mi rendo conto di quello che ho fatto...”
“Xena.. non dire così.. non è stata colpa tua!”
disse Gabrielle,rafforzando la presa intorno al collo dell'altra.
“Si invece... lui mi aveva avvisato! Se io fossi
andata subito con lui... loro... loro sarebbero vivi..”
“Xena.. ma non capisci? Sarebbe successo comunque..
loro non volevano che tu andassi via! Loro avrebbero combattuto
contro tutti per difenderti! Perchè ti amavano, ti amavano come ti
amo io adesso... e se non si combatte per la persona che si ama,
allora a cosa serve vivere? Tu non avresti fatto lo stesso,se Zenos
avesse deciso di prendere Linceo al posto tuo?”
“Certo... lo avrei fatto mille e mille volte...”
rispose Xena sospirando.
“Lo vedi? E io lo farei per te... combatterei per te,
per il nostro amore.. come tu hai dimostrato di fare per me, sfidando
la collera di Marcello, subendo le sue frustate e raggiungendomi alla
festa di Gneo... e io ti amo anche per questo, perchè so che faresti
di tutto pur di salvarmi, così come io farei qualunque cosa per
renderti felice.”
Xena non potè obiettare nulla. Si staccò
dall'abbraccio e con i pollici asciugò le lacrime che inondavano il
viso della giovane di fronte e lei.
“Non voglio che tu pianga.. voglio che tu sia
felice...” sussurrò e le sfiorò le labbra con le dita, prima di
baciarla dolcemente.
Gabrielle si abbandonò al contatto e poggiò una mano
alla nuca dell'altra, per costringerla ad avvicinarsi ancora di più:
sentiva che Xena aveva bisogno della sua presenza.
Il bacio si approfondì e la dolcezza si tramutò in
passione: Xena sorrise e spinse Gabrielle a terra, gravando
dolcemente su di lei con il suo peso. Abbandonò le labbra e prese a
baciarle la mandibola, poi il mento... infine il collo.
Gabrielle muoveva le mani lungo la sua schiena,
accarezzandole le clavicole e percependo le contrazioni delle
vertebre sotto la pelle.
Xena risalì e la baciò di nuovo, poi spostò le labbra
e le posò delicatamente sull'orecchio, sussurrando con voce roca
“Sei splendida Gabrielle”
Gabrielle aprì gli occhi e la guardò felice “Anche
tu lo sei...”
Si baciarono di nuovo e Gabrielle sospirò quando sentì
le dita di Xena accarezzarle la pelle della gamba, lasciata scoperta
dalla tunica.
Percepì un formicolio al basso ventre e strinse di più
le mani intorno alla lacera veste della mora.
“X...Xena...” gemette incapace di contenersi. Xena
la guardò e contemplò la particolare sfumatura degli occhi
smeraldini incatenati ai suoi in uno sguardo di incendiante passione.
Xena scese nuovamente sul collo dell'altra, e proprio
nel momento in cui le sue dita stavano per raggiungere il frutto
della passione...
“Mia Domina! Mia Domina!” chiamò una voce poco
distante.
“Per gli dei!” esclamò Gabrielle spaventata,
rialzandosi di scatto e riassettandosi le vesti.
Xena si alzò in piedi e si guardò intorno. Quando un
secondo dopo Manlio uscì sorridente da dietro l'angolo, la mora
digrignò i denti e strinse i pugni fino a far diventare le nocche
bianche.
“Manlio!” esclamò Gabrielle “Cosa c'è?”
Manlio sorrise “Ti vogliono in cucina per sapere cosa
desideri per il pranzo!”
Gabrielle annuì confusa “Il pranzo... il pranzo ma
certo! Vado subito a vedere... avevo un certo languorino infatti...”
poi voltandosi verso Xena disse “Xena.. ti ringrazio per tutto
quello che mi hai detto.. incontriamoci dopo.. dobbiamo finire di
parlare, non è vero?”
Xena sorrise maliziosa e avvicinatosi a Gabrielle disse
“Ma certo mia Domina...”
Gabrielle si piegò appena e le sussurrò all'orecchio
“Ti amo...”
Xena annuì “Anche io” e si allontanò, lanciando
uno sguardo omicida allo sventurato e inconsapevole Manlio.
Nota 1: Atrium. Stanza centrale subito dopo
l'ingresso,da cui si accedeva anche alle camere da letto (dette
cabicula) e alla sala da pranzo (detta oecus tricliniare)
Nota 2: Colle Palatino. E' uno dei colli centrali di
Roma. E' alto 51 metri e guarda da un lato sul Foro Romano e
dall'altro sul circo massimo. Secondo la mitologia romana fu il luogo
dove Romolo e Remo venne trovati dalla Lupa che li tenne in vita
allattandoli nella Grotta del Lupercale. Romolo, divenuto adulto,
decise di fondare la città, scelse questo luogo. Scavi recenti
sembrano dare credito a questa teoria grazie al ritrovameno di un
villaggio di pochi ettari, risalente a prima del 1000 a.C!
Nota 3: Magna Grecia. E' il nome dell'area geografica
della penisola italiana meridionale che fu anticamente colonizzato
dai Greci a partire dall'ottavo secolo a.C.
Dopo la sconfitta di Pirro, re dell'Epiro, nel 272 a.C
la città di Taranto, da sempre rivale di Roma, cadde e fu costretta
a firmare l'alleanza con i Romani, che così conquistarono tutta
l'Italia meridionale fino allo stretto di Messina.
Nota 4: Etruria. Era una regione dell'Italia centrale,
che comprendeva i territori attualmente a sud del fiume Magra, la
Toscana, parte dell'Umbria occidentale fino al fiume Tevere e parte
del Lazio settentrionale. A partire dal 396 a.C, anno della sconfitta
di Veio,cominciò il lento processo di assimilazione culturale, che
in breve tempo determinò il completo inglobamento del popolo etrusco
a quello romano. Non a caso Volsini, Volaterrae (l'attuale Volterra),
Clusium (l'attuale Chiusi) e Perrusia (l'attuale Perugia) sono state
tutte fondate proprio dagli Etruschi!!!
Nota 5: Rasni. Era il nome degli Etruschi secondo la
loro lingua antica.
Nota 6: Foro Romano. Detto dai Romani “Forum Romanum”,
“Forum Magnum” o semplicemente “Forum”, era situato nella
valle compresa tra il Palatino ed il Campidoglio e costituì il
centro commerciale, religioso e politico della città di Roma.
Secondo lo storico Tacito fu aggiunto insieme al colle
Campidoglio alla Roma di Romolo da Tito Tazio. Ricco di templi e
monumenti, fu modificato soprattutto da Cesare e da Augusto, sotto i
quali assunse la fisionomia che lo caratterizza ancora oggi.
Nota 7: Campidoglio. Un altro dei sette colli di Roma:
secondo la leggenda un primo insediamento fu fondato dal dio Saturno,
che acclose i Greci giudati da Ercole. Secondo lo storico Tacito il
Campidoglio e il sottostante Foro Romano furono aggiunti alla “Roma
quadrata” di Romolo da Tito Tazio,mentre il quinto re di Roma,
Tarquinio Prisco, costruì l'ingresso trionfale. Fu teatro di molte
vicende storiche importanti, tra le quali la morte di Tiberio Gracco,
che fu ucciso sulle scale che dal colle portavano al Campo Marzio.
Nota 8: Tempio della Concordia. Situato all'estremità
occidentale del Foro Romano, affiancato al tempio di Vespasiano e
Tito, venne iniziato nel 367 a.C da Lucio Furio Camillo, figlio del
dittatore, per commemorare la riconciliazione tra patrizi e plebei, e
ricostruito nel 121 a.C. da Lucio Opimio per favorire l'armonia dopo
l'omicidio dei Gracchi. Fu restaurato nuovamente da Tiberio tra il 7
a.C. e il 10 d.C., anno della nuova consacrazione.
Nota 9: Comitium. Era il centro politico di Roma,
situato nel Foro Romano. Qui si svolgevano le più antiche assemblee
dei cittadini, i comizi curiati. Oggi ne sono visibili solo pochi
resti, dopo le trasformazioni dell'epoca cesariana e augustea che lo
fecero sparire. Anticamente occupava l'angolo nord-est del Foro, tra
la basilica Emilia, l'Arco di Settimio Severo e il Foro di Cesare.
Proprio quest'ultimo ne invase gran parte della superficie per
l'edificazione della nuova Curia Iulia.
Nota 10: Colonna Menia. Si trovava nella zona del
Comizio, poco distante dal Carcere Mamertino, dove oggi passa la via
che fiancheggia l'arco di Settimio Severo. L'origine del nome è
incerta (forse dal nome del console Gaio Menio).
Citata da Cicerone come luogo "presso la quale i
debitori erano perseguiti dai creditori", si trovava davanti al
tribunale del pretore. Andò probabilmente distrutta durante la
riorganizzazione del Foro in epoca cesariana. Dopo numerose questioni
relative al suo posizionamento, ne venne infine trovato una parte del
basamento a ovest della Curia Hostilia, davanti alle Scalae Gemoniae.
Nota
11: La storiella dell'uomo di Cuma. Ebbene si! Se pensavate di
uccidermi per il mio pessimo umorismo... devo deludervi! E' realmente
una barzelletta dell'età romana, come del resto quella del medico!
Come l'ho trovata? Dovete ringraziare Mary beard dell'università di
Cambridge, che ha scoperto e pubblicato nel libro "The laughter
lover" un notevole numero di battute degli antichi romani divise
per categorie!!!
Nota 12: Marchio degli schiavi. Dopo essere stati
venduti al mercato (il più importante fino all'inizio del I secolo
a.C. fu quello dell' isola di Delo,dove secondo Strabone si
trattavano diecimila individui al giorno), gli schiavi diventavano
oggetti a disposizione assoluta del loro padrone, che spesso li
marchiava a fuoco come riconoscimento della sua proprietà!!!
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Capitolo 10 *** Nuovi piani all'orizzonte ***
Servitus Capitolo X
Ciao a tutti!! Lo so.. sono in terribile ritardo!!! Ma come ormai
sapete, lo studio universitario è costantemente all'angolo!! Per
cui eccomi qua dopo tempo immemorabile con il nuovo capitolo!!
Allora... la trama si fa sempre più spinosa e ci sono episodi
che nemmeno io pensavo che avrei mai inserito hahahaha quindi tenetevi
pronti!! Il capitolo è dedicato alle due clubettare Kassy14 e
BellatrixWolf. A BellatrixWolf faccio un ringraziamento speciale per la
pazienza che ha nel sopportarmi, per l'enorme entusiasmo che mostra nei
confronti della mia modesta creazione e per i suoi continui
complimenti, che mi fanno costantemente diventare color fragola!! Ma
ora veniamo alla storia... buona lettura a tutti!!!!
Capitolo
X
“Nuovi
piani all'orizzionte”
Nei
pressi del Tempio della Concordia
Marcello si incamminò a rapidi passi lungo la strada,
maledicendo il fango e la polvere che gli imbrattavano la veste
preziosa.
“Maledetti carri e maledetti venditori ambulanti!
Questa strada è diventata peggio di una stalla... dovrò farla
rimettere a nuovo! Mmm... magari,quando il mio piano sarà compiuto,
la trasformerò in un lunghissimo viale ricco di statue e busti che
raffigurano gli dei... e insieme a loro ci sarò io... il grande
console Marcello...”
Sorrise, pregustando il progetto nei minimi dettagli, ma
una strana sensazione al piede destro lo fece fermare e gli fece
abbassare lo sguardo.
Il suo prezioso calzare era sprofondato in un liquido
denso e marrone, che somigliava terribilmente a sterco di cavallo.
Marcello strabuzzò gli occhi e strinse i pugni per
cercare di calmarsi, rimuovendo delicatamente il piede dalla
pozzanghera maleodorante.
Alzò la pianta e non potè che sbuffare: il calzare era
praticamente ricoperto di melma e sterco in un particolare miscuglio
marrone scuro.
Abbassò il piede e si guardò intorno in cerca di
qualcosa per pulire quello sfacelo. La sua attenzione venne attirata
da una tunica bianca apparentemente abbandonata su un sedile di
pietra poco lontano. Si sedette e sorridendo usò la chiara veste,
sfregandola contro il calzare e pulendo la suola fino a farla quasi
brillare. Posò nuovamente la veste sul sedile, piegandola
accuratamente e si alzò, allontanandosi velocemente, ridendo a
crepapelle al pensiero dello sfortunato proprietario e a quello che
avrebbe detto quando avrebbe ritrovato il vestito in quello stato
pietoso.
In pochi minuti giunse al tempio e vi trovò Decio,
appoggiato malamente ad una colonna, che controllava a vista i loro
cavalli.
Si
avvicinò al ragazzo e lo osservò severamente “Spero che tu sia
pentito per il tuo comportamento. Non osare più ripetere un
atteggiamento del genere! Io sono tuo comandante e tuo supremo
console: tu fai quello che dico io, mi sono spiegato? E soprattutto
non devi più permetterti di comportarti come un bambino capriccioso
di fronte a quell'idiota di Gneo! Non ti rendi conto che il tuo
comportamento mi copre di ridicolo? I soldati come te obbediscono,
non si lamentano e non fuggono come delle matrone impaurite!”
Decio scosse la testa e fece per allontanarsi, ma
Marcello lo bloccò, afferrandolo per il polso e costringendolo a
guardarlo negli occhi
“Persisti Decio? Non voltarmi le spalle! E guardami
quando ti parlo! Capisci quello che sto dicendo oppure no?”
Il ragazzo si divincolò annuendo.
“E in ogni caso si può sapere cosa ti è preso? Non
ti sei mai tirato indietro di fronte ad un mio ordine... ed ora che
ti do la possibilità di fare qualcosa di veramente importante, ti
rifiuti?” continuò Marcello, piegando le braccia al petto.
Decio sospirò, puntando lo sguardo lontano “Non avrei
rifiutato se solo tu mi avessi informato! Perchè mi dici sempre
quello che devo fare senza discuterne prima? Lo so che sei il mio
comandante e che io sono solo un misero soldato, ma pensavo che con
me le cose fossero diverse rispetto agli altri. A quanto pare mi sono
illuso, a te non interessa nulla di me... Ti servo solo per i tuoi
scopi... se anche morissi, tu non verseresti una lacrima, né un
gemito ti scuoterebbe il petto... semplicemente troveresti un altro
come me che ti facesse da galoppino.”
Quelle parole attraversarono le orecchie di Marcello
come lame taglienti, scuotendolo nel profondo: non aveva mai
riflettuto sui pericoli ai quali Decio si era sempre sottoposto, né
alla possibilità che potesse morire.
“Senti Decio... non la devi pensare in questo modo, va
bene? Se ho deciso di mandarti in Magna Grecia, è perchè tu sei la
persona della quale mi fido di più, lo sai. Sei l'unico che posso
inviare insieme a Scipione, senza il timore di essere tradito! E'
così difficile comprenderlo? Non è vero che non tengo alla tua
vita, ma è necessario che io abbia il tuo aiuto. Se non avessi avuto
cura di te, pensi che avrei fatto tutto quello che ho fatto in
passato, quando eri ancora un ragazzino abbandonato e solo? Ti ho
preso con me e ti ho trasformato in un guerriero.. e sappi che non
l'ho mai fatto con nessuno... Dunque considerati un privilegiato! Ora
va... io devo incontrare quella persona di cui ti ho parlato.
Aspettami al rifugio e prega gli dei affinchè mi permettano di
portarti buone notizie!”
Decio sospirò di nuovo, si avvicinò di un passo al
console e allargò di poco le braccia quasi a volerlo abbracciare, ma
di fronte all'espressione dura e severa dell'altro, ci ripensò e si
allontanò, montando a cavallo e sparendo in una nuvola di polvere.
Marcello scosse la testa e montato lui stesso in sella,
si diresse velocemente verso il colle Aventino.
Domus
di Marcello
Gabrielle camminava pensierosa nella sua stanza,
calpestando senza fare alcun rumore i soffici tappeti che ricoprivano
il pavimento di marmo.
Si portò una mano al petto e sospirò, portando alla
mente i momenti intensi che aveva provato quella mattina. Le labbra
di Xena, le mani di Xena, gli occhi di Xena... non riusciva a pensare
ad altro e quelle immagini l'avevano accompagnata per tutta la
mattinata senza darle un momento di tregua. Si sedette, si alzò, si
recò al balcone, sperando che la leggera brezza che scuoteva le
foglie degli alberi le avrebbe dato un po' di sollievo. Sospirò di
nuovo e appoggiò le braccia al parapetto, posando su di esse il
mento sottile. Da quel balcone aveva visto Xena per la prima volta,
mentre galoppava veloce inseguita da Marcello e da Manlio.
“Pareva davvero la dea Diana, ma ben diversa è stata
la freccia che ha scoccato verso di me... non il dardo di Diana, ma
quello di Cupido, infatti, ha colpito il mio cuore e quindi fremo
d'amore e non di dolore!!”
Incapace di fermarsi, si sollevò e tornò in camera,
sedendosi nuovamente sul letto, ma rialzandosi pochi attimi dopo come
se si fosse scottata. Alla fine, consapevole di non poter trascorrere
un altro minuto in quello stato di terribile ansia mista a desiderio,
aprì la porta della camera e chiamò a gran voce Emilia.
Dovette attendere solo pochi minuti prima che la porta
si aprisse silenziosamente e la ragazza entrasse, abbassando le
ginocchia in un riverente inchino.
“Dimmi mia Domina, hai chiamato?” chiese
“Si Emilia... vorrei che tu chiamassi Xena e la
facessi venire qui.” ordinò pacatamente Gabrielle.
Si stupì osservando la ragazza portare una mano alle
labbra e ridere sommessamente per cercare di non attirare la sua
attenzione.
Gabrielle aggrottò la fronte “E ora? Perchè ridi?”
Emilia si sollevò, chiuse la porta e con rapidi passi
si avvicinò a Gabrielle, piegandosi verso il suo orecchio e
abbassando la voce per assumere un tono confidenziale.
“Oh Domina... perdonami se mi comporto così, ma so
che con te posso parlare liberamente, non sei come il padrone!”
Gabrielle la osservò stupita, ma non ebbe il tempo di
controbattere.
“Ecco... non credi anche tu che Xena sia una persona
tremendamente affascinante? E' così misteriosa... e ogni volta che
ti osserva, sembra scavarti l'anima... e poi...”
“Ma cosa dici Emilia?” la interruppe Gabrielle,
allontanandosi da lei e dandole le spalle per evitare che notasse il
rossore delle sue gote “Ate (nota 1) ti ha forse colpita con un suo
maleficio?”
Emilia abbassò lo sguardo e si strinse le mani intorno
alla veste “Oh no Domina.. ecco.. era solo un pensiero... non
volevo dir nulla di offensivo nei tuoi riguardi, perdonami!”
Gabrielle si voltò e sorrise, cercando di apparire
gentile come al solito
“Lo so, non preoccuparti. Non è successo nulla di
male. Ora va a chiamarla e falla venire qui.”
La ragazza annuì e se ne andò via correndo.
Gabrielle si sedette di nuovo sul letto e corrugò la
fronte “E ora mia cara Xena.. dovrai spiegarmi un po' di cose...”
Nei
pressi del colle Aventino
Il vento gli accarezzava placido le guance, mentre la
schiena ritta oscillava avanti e indietro, accompagnando la ritmica
andatura del destriero; le mani e le gambe strette intorno alle
redini e alla sella, il cuore che batteva preso da ansia e
preoccupazione: Marcello cavalcava silenzioso lungo i sentieri
deserti, rimuginando su ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Non
mancava molto ormai, solo qualche miglio e la domus di Alti si
sarebbe presentata all'orizzonte...
Una volta tanto i pettegolezzi e i cicalecci tipicamente
romani gli erano stati molto utili. Marcello non era mai stato tipo
da chiacchiere e sussurri: non li sopportava e odiava tutti quei
nobili e quei senatori che sgomitavano per sapere le ultime notizie.
Ma quella volta... quella volta origliare era stato maledettamente
utile.
Marcello camminava piano, osservando annoiato gli
invitati che riempivano la sala.
A pochi metri da lui un capannello variopinto di
uomini e donne travestiti sembrava occupato in una animata
discussione, tanto da non curarsi di chi li stesse ascoltando.
“Vi dico che è così!!!” esclamò un uomo
vestito da satiro, sbuffando adirato.
“Ma come è possibile? Chi ha così tanti sesterzi?
Quella domus non è sicuramente alla portata di una come lei”
Il tono scettico e sospettoso della falsa Atena,
appoggiata mollemente a una colonna alla sua destra, suscitò
l'attenzione di Marcello.
Il console si avvicinò noncurante e si sedette poco
distante su un soffice triclinio, trangugiando lentamente il vino
dolciastro.
“A quanto pare è così! Dicono che l'abbia persino
ingrandita! Per qualche tempo c'è stato un via vai di manovali e
carpentieri, ma alla fine sembra che abbiano fatto in tempo a finire
l'opera per il suo arrivo...”
“Ma da dove viene?” domandò uno dei tanti
Ercole, aggiungendosi alla conversazione senza troppi convenevoli
“Dalla Grecia... dicono che sia una fattucchiera o
qualcosa del genere... c'è chi dice che sia una maga potentissima..
altri pensano che sia la classica ciarlatana che ha imbrogliato un
mercante ricchissimo con i suoi trucchi e al momento buono l'ha
ucciso, rubandogli ogni cosa..” rispose Atena vivace: era palese
che fosse informatissima sull'accaduto.
“Certo che è strano... perchè avrà scelto la
domus del defunto senatore Paulus? E' isolata... poco lontano dal
sentiero principale che da Roma va verso il colle Aventino..
Insomma.. chi ci vivrebbe? Lo stesso Paulus ci andava solo per
riposarsi durante le pause estive...” disse il satiro perplesso,
portando una mano al pizzetto ramato e lisciandoselo meccanicamente.
“Se io fossi una fattucchiera e volessi preparare i
miei infusi, sceglierei sicuramente un posto come quello, isolato e
tranquillo, dove nessuno mi possa disturbare,non credete?” chiese
Atena sorridendo
“Ma tu non sei una semplice fattucchiera, sei una
maga perfida!!” esclamò Ercole ridendo, e guadagnandosi un
buffetto amichevole sul braccio da Atena.
Marcello si riscosse dal ricordo. Diede un altro colpo
di talloni ai fianchi del cavallo per aumentare l'andatura. Quella
stessa sera aveva incontrato Alti.
Non aveva impiegato molto tempo a collegare proprio lei
alla fantomatica maga della quale tutti parlavano.
Effettivamente la scelta della casa poteva sembrare
stravagante, soprattutto per una donna sola e apparentemente
straniera.
“Oh.. se sapessero di lei quello che so io.. penso che
non basterebbe tutta Roma a contenere i pettegolezzi..” pensò
divertito.
In quel momento il profilo della domus apparve
all'orizzonte. Il cuore gli balzò nel petto e una scarica di
adrenalina gli attraversò le viscere: anche se odiava ammetterlo,
era maledettamente nervoso.
Lanciò il destriero al galoppo e presa una deviazione
laterale, ben presto arrivò di fronte ad un enorme arco di pietra,
dal quale era possibile vedere la domus.
“Wooh” disse, tirando le redini.
Rimase a bocca aperta: i marmi delle colonne rilucevano,
i fregi e i bassorilievi del tetto e dei capitelli erano di splendida
fattura.
Fece ripartire il cavallo al passo e attraversò l'arco,
stupendosi di trovare il cancello aperto: pareva che lo stessero
aspettando.
Giunto nel cortile, scese dalla sella e si guardò
intorno. Non dovette aspettare che pochi istanti prima che un ragazzo
si avvicinasse a lui correndo.
“Dai a me il cavallo. Lo porterò nelle stalle. Sali
le scale e bussa, Lea ti verrà ad aprire.” sussurrò, prendendo le
redini e allontanandosi silenziosamente.
Marcello lo osservò per qualche secondo perplesso: da
dove era sbucato? Non l'aveva visto arrivare né aveva sentito i suoi
passi...
Scuotendo la testa, fece quanto gli era stato detto.
Salì i gradini di pietra levigata e bussò al pesante portone di
legno scuro.
Ancora una volta aspettò solo qualche attimo: una
giovane donna dai lunghi capelli rossi gli sorrise, aprendo l'uscio e
invitandolo ad entrare con un gesto della mano.
“Benvenuto Marcello. Ti stavamo aspettando.” disse
con voce gentile, scostandosi appena e permettendo all'uomo di
avanzare di qualche passo nell'ingresso.
Era una stanza luminosa e molto spaziosa. Numerose
colonne di marmo giravano intorno al perimetro della sala,mentre al
centro erano posizionati numerosi triclini e sedili di pietra ricchi
di cuscini di porpora e di lenzuoli di seta rossa. Di fronte a loro
una bianca scalinata conduceva ai piani superiori.
“Come fai..?” cominciò il console, distogliendo lo
sguardo dal mobilio
“A sapere il tuo nome?” lo interruppe la giovane “E'
molto semplice... la nostra padrona sa molte cose... prima che
accadano o anche prima che gli stessi dei ne siano a conoscenza, lei
vede... vede ogni cosa...”
Il boato del portone chiuso fece sobbalzare Marcello.
“La tua padrona è una maga così dotata?” chiese il
console, seguendo la ragazza lungo la sala e imboccando un corridoio
nascosto alla vista.
“Certo che sì... la nostra padrona ha dei poteri
enormi” sussurrò Lea, portando una mano al collo pallido. Marcello
notò un lampo di terrore attraversare gli occhi scuri della giovane,
mentre compiva quel gesto apparentemente casuale e spontaneo. Avrebbe
voluto indagare, ma rinunciò subito al proprio intento quando Lea
posò una mano sul suo braccio per farlo fermare.
“Siamo arrivati... entra... tra non molto la padrona
ti raggiungerà. Vado a chiamarla.” e si allontanò silenziosamente
come il ragazzo delle stalle.
Solo in quel momento Marcello si rese conto del silenzio
innaturale che regnava in quegli ambienti: sembrava di essere sospesi
in un sogno, a metà tra l'oblio del mondo onirico e la realtà.
Da quando era arrivato nemmeno il più piccolo sussurro
era giunto al suo orecchio, tranne la voce pacata di Lea.
Spinse piano la porta di fronte a lui e anch'essa si
spalancò senza emettere il minimo scricchiolio.
Si ritrovò in una camera ben arredata, con soffici
tappeti disposti qui e là a coprire il freddo pavimento di marmo e
con un grande specchio posizionato al di sopra di un baule di ebano.
Alla sua destra stava uno spazioso letto, ricoperto da
lenzuoli dorati.
Per ingannare il tempo, si mise a gironzolare per la
stanza. Notò un balcone poco distante da lui e si affacciò. Il
venticello era calato e il cielo si era fatto più nuvoloso: le nubi
grigie minacciavano pioggia.
Rientrò velocemente, scosso da un leggero brivido e si
avvicinò al letto. Si sedette sul bordo e lo sguardo gli cadde su
una cassetto mal richiuso del basso mobile di noce alla sua destra.
Giratosi e assicuratosi che nessuno stesse entrando, lo aprì di poco
e infilò dentro la mano per scoprire cosa ci fosse. Si stupì quando
i polpastrelli percepirono la freddezza del metallo: curioso, aprì
di più il cassetto e quello che vide tra le sue dita lo lasciò
senza fiato.
“Non è possibile...” sussurrò, rigirandosi il
semplice braccialetto tra le falangi.
“Che cosa non è possibile? Che un console si metta a
curiosare nei cassetti di una signora o che io abbia conservato il
tuo braccialetto?”
Marcello trasalì e si voltò: Alti in tutta la sua
bellezza lo stava osservando, le braccia conserte e appoggiate al
petto, un sorriso a incorniciarle il volto delicatamente truccato.
“Ecco... io...” cominciò Marcello, deglutendo a
fatica. La gola gli si era seccata di colpo.
Alti si avvicinò, i passi attutiti dal soffice tappeto
verde smeraldo.
“Ti aspettavamo... sapevo che saresti arrivato, così
ho avvisato la servitù. Ormai sono abituati alle mie predizioni e
non si scompongono più di fronte a nulla. Allora... ti piace la
domus?”
Marcello annuì “L'hai resa tua. Mi ricordo che,
quando una volta venni a trovare Paulus,questo mi sembrava più un
lupanare che una casa...”
“Oh ma tu sai che ho una predilezione ad appropriarmi
delle cose, soprattutto quando mi piacciono e stuzzicano il mio
desiderio...” sussurrò Alti, sorridendo in maniera sensuale.
Marcello deglutì di nuovo, incapace di parlare. Il
cuore gli batteva e le dita della mano destra tamburellavano nervose
sul ginocchio sinistro.
“Ma Marcello...” disse Alti, interrompendo il flusso
dei suoi pensieri “Credevo che tu fossi venuto per trattare... per
proporre... ma non hai aperto bocca... si può sapere che ti
succede?”
Il console sospirò e scosse la testa: stava facendo la
figura del pivellino spaventato. Si alzò in piedi e prese a
camminare avanti e indietro, per celare in parte il proprio
nervosismo. “Infatti è così Alti. Mi avevi detto di pensarci e di
prendere una decisione no? E' quello che ho fatto...”
Alti si avvicinò ancora e si sedette su una cathedra
(nota 2), congiungendo i polpastrelli delle mani. “Ebbene?” lo
incalzò.
Marcello si fermò e le lanciò uno sguardo penetrante.
“Roma ha bisogno di noi, Alti... anzi... ha bisogno di
te e del tuo potere.”
“E tu? Tu di chi hai bisogno Marcello?” domandò la
donna piano, osservando divertita il console agitarsi e deglutire
nervosamente.
Rise, sollevandosi in piedi e dandogli le spalle “Vuoi
che te lo dica io?”
Marcello scosse la testa e si alzò a sua volta “Anche
io ho bisogno del tuo potere Alti” rispose inespressivo, affogando
nel nervosismo che quella donna gli provocava l'ultimo barlume di
orgoglio.
Alti si voltò e gli regalò un sorriso “Esatto. Tu
hai bisogno di me e io, come promesso, ti aiuterò, purchè....”
“Purchè?” ripetè Marcello ansioso
“Purchè tu faccia quello che ti dico io e purchè tu
mi dia ciò che bramo...”
Il console abbassò per un attimo lo sguardo e si passò
una mano sugli occhi “Non so di cosa tu stia parlando..”
“Hai già dimenticato quello che ti ho detto alla
festa di Cornelio Scipione?” domandò la donna avvicinandosi e
portandosi a pochi metri dal suo viso
“Io voglio il potere... voglio Roma...” gli sussurrò
all'orecchio, accarezzando appena con la propria guancia quella del
console.
Marcello sentì un brivido attraversagli la schiena e le
viscere e si scostò, dirigendosi verso la porta “Che stai
facendo?” domandò nervoso, portandosi una mano alla pelle
arrossata per l'emozione e l'eccitazione che quella donna ancora
scatenava dentro di lui.
Alti si voltò nuovamente e sorridendo ripetè “ Ho
una predilezione ad appropriarmi delle cose, soprattutto quando mi
piacciono e stuzzicano il mio desiderio”
Marcello scosse la testa, cercando di impedire che
quella voce così calda e profonda stuzzicasse le sue orecchie,
trasformandosi in una dolce melodia che gli annebbiava i sensi. “E'
forse questo il suo potere? Confondere i nemici per trasformarli in
burattini da manipolare?” pensò, arretrando di un passo.
“Marcello... Marcello... perchè fuggi da me? Lo fai
continuamente.. eppure quando eravamo giovani, non facevi che
inseguirmi...”
“Io non fuggo.. semplicemente non capisco cosa vuoi da
me e perchè ti comporti in questo modo. Io non sono una cosa che ti
appartiene Alti, non lo sono mai stato e non lo sarò mai!” esclamò
Marcello furente, stringendo i pugni per impedire alle mani di
tremare.
Alti sollevò il braccio e agitò l'indice a destra e a
sinistra in segno di diniego.
“Questo è falso mio caro.. Tu sei sempre stato mio.
Lo sei ancora oggi! Non percepisci questa calda sensazione che ti
avvolge? Che ti annebbia i sensi e ti rende ansioso e nervoso? Vuoi
farmi credere che il virile e magnifico console Marcello si comporta
così davanti a tutti? Ammettilo... sono io che scateno in te queste
emozioni!”
“Tu... tu sei una strega! E' il tuo potere... ecco
perchè io mi sento così! Non ci sono altri motivi!” urlò
Marcello, incapace di contenersi.
Alti lo guardò, sospirando “Adesso basta Marcello.
Vattene.”
“Vattene?” ripetè l'uomo indignato “Come osi
trattare me in questo modo? Sei una misera plebea arricchita in
confronto a me!”
“E tu cosa sei Marcello? Anche tu eri un plebeo..
proprio come me.. eravamo due ragazzi innamorati senza ricchezze né
gloria, l'hai dimenticato? Ora vattene... ti farò chiamare io.”
“Mi farai chiamare? Per chi mi hai preso? Per uno dei
tuoi servi?”
“Tu hai bisogno di me e del mio potere... questo fa di
te un mio sottoposto, semplice no? Va via! Non ho intenzione di
ripeterlo ancora!!!” urlò, facendo trasparire la rabbia tumultuosa
che le agitava il petto.
Punto nell'orgoglio, Marcello uscì sbattendo la porta.
Alti si lasciò cadere sul letto, sospirando esausta e
ascoltando il battito accelerato del suo cuore.
“Però... piuttosto focosi gli incontri d'affari!”
esclamò ironica una voce alle sue spalle.
Alti rimase ferma e portò le mani alle tempie “non
ancora... non adesso..” pensò.
L'altra Alti rise “Non adesso? Che fai? Mi respingi?
Ti ho già detto che non puoi staccarti da me...”
“Perchè non la smetti? Perchè non mi lasci perdere?”
domandò Alti, sollevandosi di scatto e recandosi al balcone.
Da lì potè vedere Marcello salire in groppa al suo
destriero e sparire al galoppo.
“Tu lo ami ancora... ah! Che cosa patetica! E' una
fortuna che io abbia parlato al tuo posto! Altrimenti ti saresti
fatta manovrare da lui! Come fate voi umani ad essere tanto stupidi?”
“io... io non lo amo... e poi cosa vuoi? Tu non hai
fatto proprio niente!!” esclamò Alti furente, allontanandosi dalla
finestra e fermandosi di fronte al grande specchio alla sua destra.
La lucente superficie riflettè la sua immagine pallida
e tremante, mentre alle sue spalle l'altra se stessa le regalava un
sorriso strafottente, che nemmeno lo specchio poteva mostrare.
“Visto? Ecco cosa sei senza di me! Una povera donna
spaurita e indifesa, incapace di lottare contro il destino avverso!!
Saresti ancora a Roma a vivere di stenti, se non ci fossi stata io!
Io sono il tuo potere!!!”
Un lieve bussare la riportò bruscamente alla realtà
“Avanti!” disse, voltandosi, appena in tempo per vedere l'altra
se stessa sorridere e appoggiare l'indice destro sulle labbra prima
di sparire: per l'ennesima volta sentì il potere e l'odio scorrere
dentro di lei e bruciarle le vene. Lo sguardo confuso si dissolse,
lasciando il posto all'espressione menefreghista e egocentrica che
tutti conoscevano.
La porta si aprì piano e Lea entrò, sorreggendo un
vassoio.
“Il tuo pranzo mia Domina” sussurrò, abbassando il
capo riverente.
“Ora non ne ho voglia! Vattene!” intimò secca Alti
“Ma padrona..” tentò di dire la giovane, sollevando
di poco gli occhi.
“Come osi contraddirmi? Ti ho detto di andartene!
Fuori!!” urlò la donna, agitando il braccio e indicando la porta
con un fragoroso tintinnio di bracciali.
“Si domina. Perdonami..” disse Lea, appoggiando il
vassoio sul letto e congedandosi con un inchino.
La porta si chiuse con un tonfo secco, lasciando Alti
immobile sulla sedia e sola con i propri pensieri, mentre
impercettibili lacrime scendevano lungo le guance, deformate da un
malefico sorriso sghembo.
Domus
di Marcello, cucina
Il crepitio del fuoco riempiva la stanza. Diona,
canticchiando, si muoveva con disinvoltura intorno al lungo tavolo di
pietra che ingombrava gran parte dello spazio, mentre Xena e Manlio
se ne stavano in un angolo, intenti a pelare e tagliare carote di
tutte le dimensioni.
“Perchè dobbiamo farlo?” si lamentò Xena,
abbandonando per un attimo le carote al loro destino
“Perchè siamo schiavi forse?” esclamò Manlio
ironico “Secondo te noi cosa abbiamo fatto durante la nostra vita?
Abbiamo dormito tutto il tempo?”
Xena sbuffò “Lo so perfettamente.. ma io non sono più
abituata a fare i lavori di casa. Un tempo, quando ero ragazza,
lavoravo nella locanda di mia madre, ma era lei che si occupava della
cucina. Io e mio fratello ci limitavamo a mettere in ordine e a
servire ai tavoli...”
Diona sorrise “Su Xena non lamentarti! Potrebbe
andarci molto peggio! Insomma.. i questo periodo il padrone è più
assente che mai! Se ci fosse lui in giro per la casa, non avremmo
nemmeno il tempo di respirare... ma pare che in questo periodo la sua
mente sia assorbita da cose più importanti.. e poi ricorda che tu
dovresti stare in cella! Non qui all'aria aperta!!”
La mora scosse la testa “Io sto dove mi pare e piace!”
“Ma sentitela! Ecco perchè hai passato più tempo
nelle segrete che in giro per la casa! Quando la smetterai di fare
certi discorsi?” la riprese Diona, portando le mani ai fianchi.
“Dai Diona, lasciala stare! Smettila di sgridarla!”
si intromise Manlio, buttando svogliatamente pezzetti di carota nel
cesto di fronte a lui.
“E tu non ti impicciare! Sai benissimo che questo
discorso vale anche per te! Voi ve ne state lì a lamentarvi della
nostra posizione come se potessimo fare qualcosa per cambiare il
nostro destino. Mi dispiace deludervi, ma non è così! Da che mondo
è mondo gli schiavi sono stati creati per servire i ricchi e nulla
cambierà! Dunque a che serve sprecare fiato? Dovreste ringraziare
gli dei invece... serviamo uno dei signori più importanti di Roma e
abbiamo cose che gli altri schiavi non potranno mai avere!
E' vero.. il padrone è terribile e severo, ma almeno
viviamo in una casa decente!”
“Noi viviamo in una cucina...” sottolineò Xena,
guardandola con gli occhi furenti “ e poi scusa da quando in qua tu
difendi Marcello?”
Diona scosse la testa, rimestando la zuppa nella pentola
di rame alla sua sinistra
“Io non difendo il padrone.. mi limito a dire come
stanno le cose. Non abbiamo la libertà, non abbiamo nulla, ma
abbiamo almeno un tetto sulla testa e un pasto caldo. E credimi.. qui
a Roma non sono cose da buttare via. So di schiavi tenuti per ore in
piedi affamati vicino la tavola dei loro padroni, a guardare gli
ospiti ingozzarsi e stramazzare al suolo per l'indigestione... di
madri strappate ai loro bambini...”
Xena si alzò di scatto “E queste? Queste come le
chiami??” urlò, indicando le cicatrici sulla propria schiena “Ecco
come ci tratta il tuo padrone... come bestie da soma.. è uguale a
tutti gli altri..”
Diona distolse lo sguardo dalla zuppa e le si avvicinò
“Xena... cerca di capire.. lo so che il padrone sa essere cattivo e
spietato.. sto tentando solo di spiegarti come funzionano le cose...
Tu non sei mai stata a Roma... qui le cose sono molto diverse...”
“Diverse? Diverse dici? Se tu avessi visto quello che
ho visto io, non te ne staresti a canticchiare rimestando zuppa, ma
in un angolo con gli occhi sbarrati... a piangere per le cattiverie
del mondo...”
“Forse hai ragione... ma io ho accettato il mio
destino molto tempo fa, quando ho capito di non avere vie d'uscita.
E' ora che anche tu lo faccia... e non solo per te... lo sai
benissimo che questo tuo comportamento alla lunga danneggerà anche
Gabrielle.”
Xena non rispose, limitandosi a scuotere la testa e a
ritornare al proprio posto.
Manlio sospirò, osservando lo scontro tra le due donne
senza fiatare.
Era una discussione che lo riguardava da vicino: da una
parte il passionale desiderio di libertà che da sempre gli scuoteva
le viscere e dall'altra le sagge parole di Diona.
La ragione era da entrambe e da nessuna delle parti.
Sospirò di nuovo, posando il coltello e voltandosi
verso Xena.
Un'ombra scura copriva l'azzurro profondo dei suoi
occhi, che si spostavano meccanicamente dagli ortaggi al cesto.
“Su non prendertela... lo sai che non lo dice con
cattiveria..” le sussurrò, attento a non farsi sentire da Diona,
che era tornata a cucinare come se nulla fosse successo.
Xena annuì “Lo so... quello che dice è vero sotto
certi aspetti, ma è comunque una cosa ingiusta costringere le
persone a fare ciò che non vogliono...”
La porta si aprì con un tonfo secco, distogliendo lo
sguardo di tutti e tre dalle carote e dalla zuppa.
Emilia entrò defilata, fermandosi a pochi passi dal
tavolo e incantandosi a osservare Xena.
“C'è qualcosa che non va?” domandò la mora,
accortasi dello sguardo insistente della ragazza.
“Oh... no.. no... ecco.. la padrona ti vuole parlare.
Ti aspetta.” rispose Emilia balbettando.
Xena si illuminò e si sollevò di scatto, abbandonando
definitivamente gli ortaggi
“Vado subito!”
“Ma come? E le carote?” domandò Manlio
“Finisci di tagliarle tu Manlio! La padrona mi vuole,
non hai sentito?” rispose Xena sorridendo.
Manlio sbuffò “Ah certo... ma non eri tu quella che
lottava per la libertà?”
“Vai Xena.. ci pensiamo noi.. non preoccuparti”
disse Diona sorridendo.
Xena la osservò intensamente “Grazie...”
La giovane scosse la testa, osservando la mora aprire la
porta e scappare via.
“Emilia finisci di tagliare tu le carote...”
La ragazza dai capelli rossi non rispose, limitandosi a
sospirare.
“Emilia! Ma si può sapere che ti succede?” la
richiamò Diona.
“Cosa?” domandò Emilia trasognata
“Le carote! Finisci di tagliarle! Servono per
stasera!! Ma che guardi?”
“Io?? Io non guardo nulla...” esclamò la ragazza,
tentando di nascondere il rossore delle guance.
Manlio la osservò curioso “Perchè quando guardi Xena
sospiri sempre?”
Emilia gli lanciò uno sguardo confuso “Io? Io non
sospiro! Perchè non mi lasciate stare?” domandò furiosa e
voltatasi se ne andò sbattendo la porta.
Diona e Manlio si scambiarono uno sguardo confuso.
“E ora che le prende? Non si può nemmeno scherzare?”
chiese Manlio, grattandosi la nuca.
“Lascia perdere Manlio.. e taglia le carote.. almeno
tu!” esclamò Diona ironica, dandogli le spalle e tentando di
tenere la mente lontana dai dubbi che quel comportamento sospettoso
aveva destato.
Domus
di Marcello, corridoi
Xena aveva imboccato la porta correndo a perdifiato. Il
cuore le batteva senza sosta e il cervello era incapace di formulare
un solo pensiero sensato. Si fermò un momento e appoggiò la schiena
ad una delle fredde colonne del peristilium: si sentiva come
un'adolescente alla prima passione amorosa. Lo stomaco e il cuore in
tumulto, le gambe molli e il cervello annebbiato per l'emozione; era
incredibile che quella giovane donna, all'apparenza così fragile,
fosse riuscita a scatenare dentro di lei quell'uragano di emozioni
senza fine... Un sentimento così travolgente che poteva essere solo
opera del potere divino. Scosse la testa, sorridendo per quei
pensieri frivoli che le ingombravano la mente per la prima volta
nella sua vita e riprese a correre, imboccando un altro corridoio
alla sua sinistra e attraversando il lungo andron, che l'avrebbe
condotta ai cubicula (nota 3)
In pochi minuti raggiunse la porta della camera da letto
di Gabrielle.
Sollevò il braccio destro per bussare, ma notò che
l'uscio era socchiuso. Attenta a non fare rumore, entrò nella stanza
in punta di piedi e la luce del sole che filtrava dall'ampia finestra
le regalò una visione meravigliosa: seduta alla scrivania, stava
Gabrielle, apparentemente immersa nei suoi pensieri; era appoggiata
mollemente al tavolo con il gomito destro e si accarezzava
meccanicamente con la mano sinistra la pelle della parte posteriore
del collo. Xena rimase qualche minuto in contemplazione, incapace di
muoversi e di respirare, nel timore che quell'immagine stupenda si
dissolvesse di fronte ai suoi occhi. “E' così bella e innocente...
come ho fatto a meritarmi un fiore così prezioso?” pensò,
incamminandosi piano verso di lei.
Gabrielle sospirò e senza rendersi conto della presenza
di Xena si stiracchiò piano, riprendendo la lettura che aveva
completamente assorbito la sua attenzione.
Un brivido le attraversò la schiena quando sentì
qualcuno cingerle i fianchi da dietro.
“Cosa fai?” le sussurrò Xena all'orecchio
Gabrielle sorrise, portando le mani su quelle più
grandi della mora “Leggo Saffo”
Xena osservò curiosa la pergamena “Ma io non ci
capisco nulla! Che lingua è?” domandò perplessa, non riuscendo a
dare un significato alle sottili linee d'inchiostro che ingombravano
il foglio.
“E' latino. Mio marito mi ha regalato un'intera
collezione di poesie greche tradotte, per permettermi di imparare al
meglio la lingua. Ormai il latino non ha più segreti per me. A te
piace leggere?”
Xena guardò inespressiva la scrivania e si sollevò in
piedi “Io non so leggere... non il latino almeno. Ricordati che io
sono una schiava e nell'arena dei gladiatori le pergamene servono a
ben poco.”
Gabrielle si voltò verso di lei, annuendo “Posso
insegnarti io se vuoi...”
Xena la guardò sorpresa “Davvero?”
“Certo che si.. Inizieremo con gli autori più
semplici e poi a quelli più difficili.”
La mora sorrise e lanciò un altro sguardo curioso alla
pergamena “Sembra più difficile del greco... tutte quelle linee mi
fanno impazzire! Sicura che siano lettere?”
Gabrielle rise “Ma certo che lo sono! A ben vedere
sono molto più semplici di quanto sembrano... anzi.. ti dirò...
sono molto più chiare delle nostre lettere greche..”
Xena sollevò le spalle “Sarà... ma io preferisco il
greco..”
Gabrielle scosse la testa sospirando “Come fai a
dirlo? Non hai nemmeno cominciato!”
“E io ti dico che l'alfabeto greco rimarrà sempre il
mio preferito!” affermò Xena piccata, appoggiando le braccia al
petto.
Gabrielle si alzò e le si avvicinò “Sei sempre la
solita testarda..”
La mora la osservò divertita, sollevando il
sopracciglio “Io? Ma se sono la persona più docile del mondo....”
“Ma che bugiarda!!” esclamò Gabrielle ridendo e
dandole uno schiaffetto sul braccio “Sei la persona meno
accondiscendente che io conosca!”
Xena la guardò intensamente e portò la testa a pochi
centimetri dal suo viso “Dipende dalla persona con la quale sto
parlando...” sussurrò, sfiorando con le labbra la guancia
dell'altra.
Gabrielle sospirò “Xena...” disse, sentendo le
labbra soffici della donna seguire il contorno della mandibola e poi
scendere lungo il collo.
“Xena..” ripetè, cercando di non cedere alle
emozioni che le stavano prepotentemente annebbiando il cervello.
La mora si limitò a mugugnare, troppo occupata a
baciare quella pelle così rosea e soffice per poter prestare la
minima attenzione al mondo esterno.
Gabrielle le appoggiò le mani sulle larghe spalle e con
una leggera spinta, la allontanò dalla clavicola che la tunica le
lasciava scoperta.
“Che succede?” domandò Xena perplessa.
“Devo chiederti una cosa...” rispose Gabrielle,
incrociando le braccia al petto e guardandola fissa negli occhi
“Proprio ora?” esclamò Xena con voce supplichevole,
cercando di controllare la passione che aveva preso il controllo dei
suoi sensi
“Si... riguarda Emilia..”
La mora la osservò senza capire “Emilia?”
“Stamattina si è comportata in modo strano... ne sai
qualcosa?” domandò Gabrielle allusiva.
Xena sollevò entrambe le sopracciglia sorpresa “Io? E
che c'entro?”
“Si dà il caso che diventi improvvisamente sospirante
e svampita appena ti si nomini!”
“Senti Gabrielle... non penserai che io le abbia detto
o abbia fatto qualcosa!”
Gabrielle si avvicinò ancora di più,squadrandola dalla
testa ai piedi “Tu credi? So per certo che prima Emilia non passava
le sue giornate a sospirare e a fare domande stupide!”
“Domande stupide? Che domande?” ripetè Xena senza
capire
Gabrielle scosse la testa “Lascia perdere...”
Xena rise “Insomma Gabrielle!! Non sarai gelosa??”
“Io??? Io non sono gelosa!!!” affermò la giovane,
dandole le spalle
“Oh certo che no... e allora perchè ti comporti in
questo modo??” disse la mora, aggirandola e portandosi di nuovo di
fronte a lei.
“Ecco... io... insomma... non sopporto di vedere
quello sguardo adorante non appena si pronuncia la parola Xena..”
esclamò Gabrielle furente
“Giuro che non ho fatto niente! Le ho solo raccontato
qualcosina dell'arena di Capua, dei combattimenti con i
gladiatori...” disse la mora, contando sulla punta delle dita.
“E ti sembra poco???” domandò la giovane arrabbiata
“Ma lei sembrava così curiosa... e mi ha fatto così
tante domande... che potevo fare?”
si giustificò Xena, alzando le braccia a mò di scusa
“Dovevi dirle che non erano fatti suoi, come sei
abituata a fare con chiunque ti faccia tante domande personali!”
sbottò Gabrielle corrucciata.
“Oh dai Gabrielle.. è solo una ragazza curiosa... e
poi era così entusiasta che mi dispiaceva dirle di no... e poi sono
state solo brevi conversazioni sparse! Insomma.. fino a prova
contraria era lei a portarmi il cibo in cella! Dovevo pur parlare con
qualcuno!!”
Gabrielle prese a camminare avanti e indietro, agitando
le braccia “Che cosa??? E' venuta lei a portarti il cibo???? Ero
convinta che lo facesse Manlio!”
“Veniva lei quando Manlio era occupato e rimaneva un
po' a chiacchierare... Non era così male parlare con lei...”
“Ah l'ho capito questo...” concluse Gabrielle,
mentre una scura espressione le si dipingeva in volto.
Xena sorrise e la abbracciò “Sei tu la mia preferita,
dovresti saperlo.”
Gabrielle la osservò a lungo, perdendosi nel blu dei
suoi occhi e annuendo.
La mora le diede un leggere bacio sulla fronte “Avevi
dubbi?”
“Non proprio, ma sarà meglio che tu non me ne faccia
mai venire..” disse Gabrielle, appoggiando il volto nell'incavo
della sua spalla.
“Oh.. è una minaccia, mia Domina?” domandò Xena
ridendo, accarezzando piano la schiena dell'altra, coperta dalla
sottile tunica.
“Oh no... è la verità...” rispose avvicinandosi
alle sue labbra e lasciando che l'irrefrenabile passione che la
attanagliava si liberasse in un bacio impetuoso e travolgente.
Nota 1: Ate. Allora... non sono molto sicura in realtà
di questa divinità.. Stando alle mie ricerche era la dea della
follia per i Romani. Tuttavia non posso essere sicura al cento per
cento, perchè molto spesso era confusa con Eris, la dea della
discordia!!
Nota 2: Cathedra. E' uno dei tanti tipi di sedia che
facevano parte dell'arredamento delle domus romane. Aveva uno
schienale e braccioli.
Nota 3: Planimetria romana. Ebbene si.. lo confesso! Ho
studiato alla perfezione la planimetria delle domus romane! Dunque il
percorso di Xena è presumibilmente lo stesso che avrebbe fatto un
vero servo per recarsi nella camera della padrona! Ammetto però che
l'arredamento delle camere è stato da me rimodellato! Le camere non
erano né così spaziose, né così luminose! Niente finestre o
balconi... ma ho preferito compensare le pene d'amore che riservo ai
miei poveri personaggi con qualche comodità in più!!! hahahaha
Nota 4: Saffo. Poetessa greca vissuta tra il settimo e
il sesto secolo a.C. Nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo. Si
presume che sia nata intorno al 640 a.C, ma non si conosce né la
data né le circostanze della sua morte. Una delle sue liriche più
belle e famose è sicuramente “L'inno ad Afrodite”.A causa degli
equivoci letterari e storico culturali l'educazione completa che
impartiva alle sue alunne, caratterizzata dal rapporto omosessuale,
ha dato origine a termini come “lesbica” o “saffico” per
designare l'omosessualità femminile.
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Capitolo 11 *** E' giunto il momento... ***
Ed eccomi qua!!! Lo so.. ci ho messo un pò ad aggiornare.. ma ne è valsa la pena. Ecco a voi un capitolo bello lungo.. il più lungo che abbia scritto per questa storia... Vediamo un pò... il personaggio di questo capitolo è.... mmm Sorpresa hahaha posso solo dirvi che ci saranno parecchie emozioni, qualcuna inattesa, qualcuna no.. leggete e scoprirete ogni cosa :) Ovviamente i miei ringraziamenti vanno alla mia socia e mia lettrice numero uno Harwest e alla mia personale miss complimenti BellatrixWolf!! Non mi resta che augurarvi buona lettura e ringraziarvi per la pazienza!!! Ciaoooooooo!!
Servitus Capitolo XI
Capitolo
XI
“E'
giunto il momento...”
Domus
di Marcello
Sbattè violentemente la porta alle sue spalle e corse
via, ingoiando a fatica le lacrime che minacciavano di sgorgarle dai
vispi occhi nocciola.
Ignorò gli altri servitori che le lanciavano sguardi
curiosi al suo rapido e nervoso passo: di certo vedere Emilia in
quello stato era una novità per tutti. Lei sempre così allegra e
solare, lei così giovane e bella, lei che aveva incantato tutti i
garzoni e i lavoranti con la sua chioma rossa e il suo sguardo
passionale.
Lei... Emilia... che in quel momento avrebbe preferito
scomparire, piuttosto che essere osservata o avvicinata da chiunque.
La vergogna di essere stata scoperta e la rabbia
scaturita dal suo orgoglio ferito la avvolgevano come una coperta
soffocante.
Incurante di dove stesse andando, spinse a fatica il
grande portone d'ingresso e attraversò il giardino antistante la
domus. Si lasciò cadere sotto l'ombra di una grande quercia poco
lontana e si strinse il viso tra le ginocchia.
Un leggero tremore le attraversò la schiena e le
lacrime cominciarono a sgorgare incessanti.
“Ciao Emilia.. mi chiamo Xena”
“Ciao Emilia come stai?”
“Vuoi un altro piatto di zuppa?”
“Ciao Emilia, Ciao Emilia”
Quelle frasi le rimbombavano nel cervello, accompagnate
da immagini e ricordi che in quel momento avrebbe preferito non
invocare.
Quando era sbocciato in lei quel sentimento prepotente?
Quando si era resa conto che le cose stavano cambiando?
Quando i suoi occhi erano diventati così profondi,
simili al mare in tempesta?
Quando...
“Quando mi sono innamorata di Xena?” pensò,
sospirando, incapace di contenere i singhiozzi. “Come è potuto
accadere??? Io non ho mai voluto una cosa del genere.. io non ho mai
voluto una donna al mio fianco.. perchè lei?? Perchè lei è
arrivata in questa domus, sconvolgendomi la vita, senza nemmeno
chiedermi il permesso? Cosa farò adesso.... cosa farò?” Scosse la
testa, rialzando appena lo sguardo verso la domus. Vide in lontananza
il balcone della camera della sua padrona: Xena probabilmente era
ancora all'interno di quella stanza, intenta a parlare con la sua
voce calda e pacata e a rivolgere il suo profondo sguardo alle cose
che la circondavano.
Sospirò nuovamente, asciugandosi gli occhi lucidi con
l'orlo della veste stinta che indossava: se solo fosse stata ricca!
Se solo fosse stata una matrona con una grande domus... forse.. forse
Xena avrebbe potuto donarle ogni sua attenzione!
Prima di allora non aveva mai riflettuto sulle comodità
e sui privilegi che derivavano da una vita agiata: era una schiava,
probabilità del genere non potevano presentarsi nella sua vita e
pensarci era solo un modo per soffrire ancora di più.
Ma in quel momento, seduta ai piedi della quercia,
Emilia desiderò la ricchezza e il potere più di ogni altra cosa al
mondo.
“Perchè non posso avere anche io quello che ha la mia
padrona? Cosa ha lei che io non ho??” si chiese disperatamente,
picchiando un pugno sul terreno brullo sotto di lei. Scosse la testa
e si rialzò “Sei una stupida Emilia... come pensi di ottenere ciò
che desideri? Sei nata schiava e vivrai da schiava. Sposerai un altro
schiavo, genererai un figlio schiavo e morirai da schiava. Nulla può
spezzare questa malefica catena.. Se solo.. Se solo le cose fossero
andate diversamente! Se solo avessi avuto fortuna e fossi nata in una
domus invece che in una catapecchia ai margini di Roma!!”
Il pensiero di Xena la colpì nuovamente, facendole
sgorgare altre lacrime: il suo sentimento era così irrealizzabile e
lontano?
Appoggiò la testa al tronco e lo cinse con le braccia,
immaginando che fosse la sagoma della mora.
Come aveva fatto quella donna a prendere possesso di
ogni suo pensiero?
Non riusciva più a guardarla negli occhi senza
abbassare lo sguardo e non riusciva più a parlare senza balbettare o
combinare qualche disastro.
Quando c'era Xena, lei perdeva ogni cognizione di sé,
si perdeva nell'oblio dei suoi pensieri... tutti si erano accorti del
suo cambiamento: Diona, Manlio.. persino la padrona!
Si diede della stupida per aver confessato in parte i
suoi pensieri a Gabrielle: si era lasciata trascinare dall'entusiasmo
e sperava di trovare nella gentile Domina una persona alla quale
confidare i suoi tormenti, come era avvenuto già in passato.
Ma lei si era mostrata infastidita da quella rivelazione
e l'aveva guardata in modo strano.
“Sembrava arrabbiata... quasi... gelosa...”
Quel pensiero le trafisse il cuore come una freccia e
una nuova consapevolezza cominciò a farsi spazio in lei: e se la
padrona si fosse innamorata di Xena come lei?
Una raffica di vento le scompigliò i capelli in una
nuvola rossastra e sembrò suggerirle una nuova domanda, ancora più
terrificante della precedente
“E se Xena la ricambiasse? Se Xena la amasse?”
sussurrò Emilia tremando, staccandosi dall'albero e mordendosi il
labbro inferiore.
Ripensò al breve periodo in cui Xena aveva vissuto in
quella casa, ai suoi scherzi, ai suoi sguardi, alle sue parole, ai
giorni che aveva trascorso in carcere e alle sere che avevano
trascorso insieme a chiacchierare quando lei le portava la cena nelle
segrete.
Un sorriso spontaneo le si formò in viso: che bei
momenti avevano trascorso insieme. Ma la sua mente, incurante,
continuò a mostrarle altre immagini, come se stesse srotolando una
pergamena: vide Xena parlare con Gabrielle nel triclinium, ripensò
al motivo per cui Marcello l'aveva percossa con tanta violenza e per
cui l'aveva richiusa in quelle celle fredde e buie, ripensò a Diona
e alla sua inspiegabile assenza la sera della festa di Gneo Cornelio,
a quando aveva visto Xena dormire in cucina e alla sua reazione
quando lei stessa, ingenuamente, aveva parlato di un possibile
interesse di Scipione nei confronti della padrona... ripensò a come,
quando pochi minuti prima le aveva detto “la padrona ti vuole. Ti
aspetta”, il suo sguardo si era illuminato e lei era fuggita via
dalla stanza, lasciando Manlio a pulire le carote.
Frammenti di ricordi che insieme andavano a formare un
preciso mosaico, che fino a quel momento si era rifiutata di comporre
o di immaginare.
“Eccoti qua, finalmente! Ti ho cercata dappertutto!”
La voce di Diona la distolse dai suoi pensieri e le fece
sollevare piano il capo.
“Cosa vuoi Diona?” le domandò inespressiva
“Parlare con te. Mi hai fatto girare tutta la domus!
Per fortuna mi sono ricordata che quando eri più piccola, venivi
sempre qui quando eri triste. E lo fai anche ora...”
“Cosa ti fa credere che io sia triste? Non è così...”
borbottò la ragazza, indurendo i tratti del viso e facendo qualche
passo in avanti.
“Dove pensi di andare Emilia? Non mi incanti.. so
benissimo che c'è qualcosa che non va e che questo qualcosa ha a che
fare con Xena, ho ragione?”
Emilia si fermò e piegò la testa all'indietro “Pensala
come ti pare... io non ho nulla da dire al riguardo...”
Diona la osservò attenta, notando le scie umide che le
lacrime avevano lasciato sulle guance dell'altra. “Stai piangendo..
perchè?”
“Non sono cose che ti riguardano..”
“E invece si Emilia! Siamo sempre state come sorelle
io e te, perchè non vuoi dirmelo? Pensi forse che io non mi renda
conto che sta succedendo qualcosa dentro di te? Sebbene tu ti stia
sforzando di comportarti normalmente, io riesco a vedere oltre le
apparenze. E il modo in cui sei fuggita dalla cucina non ha fatto
altro che dare ragione ai miei pensieri! Persino Manlio si è accorto
che sei strana in questo periodo. Te lo chiedo di nuovo: è a causa
di Xena?”
Emilia abbassò lo sguardo e incrociò le braccia al
petto senza rispondere.
“Sono i tuoi occhi a parlare per te, Emilia.. Non c'è
bisogno che tu risponda...”
“E allora perchè mi fai tutte queste domande? Se sei
così brava a scavarmi nell'anima, sai la risposta! Dunque perchè mi
stai tormentando?”
“Io non ti sto tormentando! Sto cercando di farti
sfogare, non lo capisci? Per quanto tempo hai intenzione di tenerti
tutto dentro?”
“E pensi forse che parlarne mi faccia sentire meglio?
Ci ho provato.. e guarda il risultato....”
Diona la guardò confusa “Che significa che ci hai
provato? Con chi ne hai parlato?”
“Ma con la nostra Domina... la nostra gentile padrona”
rispose Emilia, piegandosi in un ironico inchino “A lei ho espresso
ingenuamente il mio interesse per Xena...”
“E lei cosa ti ha detto?” chiese Diona, portandosi
una mano alle labbra
“Che Ate mi aveva fatto un maleficio.... ma in fin dei
conti come biasimarla? Vuole quello che voglio io... e non dirmi che
non te ne sei resa conto!”
“Ma di cosa parli Emilia? Io non capisco...”
Emilia si voltò verso di lei e le lanciò uno sguardo
infuriato “IPOCRITA! BUGIARDA! Vuoi farmi credere che non sai
nulla? TI ODIO! Tu hai tramato con lei per tutto questo tempo.. hai
fatto in modo che si incontrassero, non è vero? Hai architettato un
piano per nasconderle agli occhi del console! La fedele Diona... la
serva prediletta! Quante volte hai asciugato le lacrime della
padrona? Quante volte l'hai confortata per il suo amore impossibile?
Quante volte hai fatto uscire Xena dalla cella e hai aperto la camera
di Gabrielle di notte.. quando tutti dormono? QUANTE VOLTE DIONA???”
Lo schiaffo che le colpì il viso quasi non le mozzò il
respiro. Portò meccanicamente una mano alla guancia dolorante e
osservò Diona con la mano ancora alzata e il fiato corto.
“Sei una stupida Emilia. Ho quello che avresti fatto
anche tu se..”
“Se?”
“Se non ti fossi innamorata di Xena! Se solo avessi
saputo e se avessi capito prima, ti avrei parlato tempo fa..”
“Per dirmi cosa? Che non ho speranza? Che il mio
sentimento è proibito? Che sono troppo stupida? Che non ho nulla, né
denaro né altro?”
“Da quando il denaro è diventato una tua
prerogativa?”
Emilia sollevò le spalle “Si cambia nella vita
Diona...”
“Già, me ne sto accorgendo... stai cambiando, come è
giusto che sia. Ma per favore Emilia, non lasciare che la delusione e
la rabbia che stai provando ora ti trasformino in una persona che non
sei. Hai tutta la vita davanti! E non esiste solo Xena! Perchè vuoi
impedire loro di essere felici? Perchè vuoi essere egoista fino a
questo punto?
Se Xena si fosse innamorata di te, avresti voluto che
qualcuno vi separaste?”
“Se Xena si fosse innamorata di me, io non sarei in
questo stato e noi non staremmo parlando di questo.” concluse
Emilia rabbiosamente, incamminandosi verso la domus.
Diona la guardò allontanarsi, ma non si mosse né tentò
di seguirla.
Si limitò a scuotere la testa, mentre una lacrima
solitaria le solcava la guancia.
Domus
di Marcello, cucina
Zac,Zac,Zac
Lo sfregare del coltello era l'unico suono udibile nella
cucina semideserta.
Manlio si guardò intorno sospirando. Il comportamento
di Emilia l'aveva spiazzato e stupito: in pochi secondi era scappata
via come se un branco di lupi la stesse braccando, seguita a ruota da
una preoccupatissima Diona.
“Vengo subito Manlio” gli aveva detto in fretta,
prima di varcare la porta e sparire, lasciandolo solo con i suoi
pensieri.
“Ma cosa sta succedendo per gli dei? Cosa le è preso?
In fin dei conti non ho detto nulla di male e lei è sempre stata
pronta a rispondere ad una battuta innocente! Non capisco.. Cosa ha
potuto scatenare una reazione del genere?”
Gettò l'ultima carota nel canestro ai suoi piedi e si
alzò, allacciando le mani dietro la schiena. Si sentiva perplesso e
stupito al tempo stesso, incapace di dare una forma alle idee confuse
che si susseguivano veloci nella sua mente.
“E se Emilia nutrisse qualcosa per Xena?? Ma è
assurdo! Hanno trascorso così poco tempo insieme, hanno condiviso
così pochi momenti a quanto ne so.....”
Si massaggiò le palpebre e prese a camminare avanti e
indietro inquieto, incapace di darsi pace.
“Ma in fin dei conti Manlio... con te non è successa
la stessa cosa? Anche tu ti sei innamorato di Xena a prima vista. Non
hai dovuto parlare con lei o fare alcunchè... il sentimento è
sbocciato da solo nel tuo cuore. Perchè per lei dovrebbe essere
diverso?”
Il ragazzo scosse la testa, cercando di scacciare via
quella vocina che gli sussurrava nelle orecchie una verità alla
quale non aveva pensato.
Pensò a Emilia e tentò di riconoscere in lei un
cambiamento, un atteggiamento che gli potesse suggerire la verità,
ma non ci riuscì. Si guardò nuovamente intorno e la sua attenzione
cadde su un vecchio tegame incrinato e con un manico spezzato.
Manlio se ne stava seduto in un angolo, attento a non
versare nemmeno una goccia del prezioso vino che stava travasando da
un otre a una brocca più piccola che avrebbe dovuto servire quella
sera a cena.
Sbuffò per la fatica e per il sudore che gli copriva
la fronte “Ma perchè sempre a me? Insomma.. non c'è n'è uno che
si offra di travasare il vino al posto mio!! I lavori faticosi
capitano tutti a me.. non è giusto!” si lamentò, appoggiando il
pesante recipiente a terra e sedendosi a riprendere fiato.
“Manlio, smettila di lamentarti e sbrigati
piuttosto! Stasera abbiamo ospiti e io non sono pronta!! Emilia per
piacere mi passeresti quel tegame? Tra poco il padrone pretenderà la
sua cena e senza di quello non posso cucinare!! Sto ancora impastando
il pane!!!” aveva urlato Diona concitata, sbattendo le mani
imbiancate di farina sulla veste. “Oh dei.. non ce la farò mai!!
Emilia!!! Muoviti!!”
“Si.. si.. va bene! Sto arrivando!!!” aveva
risposto la ragazza, sbuffando, abbandonando la scopa per terra e
dirigendosi al mobile poco distante.
“E' questo vero?” chiese sollevando il pentolino
“Ne vedi altri per caso?” aveva rimbrottato Diona
ironica
In quel momento la porta si era spalancata e Xena
aveva fatto la sua comparsa: era coperta di polvere e aveva
un'espressione corrucciata in viso.
“Ma tu guarda... mi tiene tutto il tempo in cella e
quando posso uscire cosa mi tocca fare? Pulire le stalle!! Che pezzo
di..” ma il rumore assordante che seguì non le aveva permesso di
continuare.
Emilia era immobile, lo sguardo perso e la bocca
semiaperta, mentre il tegame stava per terra ai suoi piedi.
“Ma che cosa combini per gli dei Emilia!!” aveva
gridato Diona infuriata
“Io... io.. ecco.. deve essermi caduto... io non so
come..” aveva balbettato la ragazza,abbassandosi per prenderlo.
Ma Xena l'aveva preceduta, raccogliendo la pentola da
terra ed esaminandola accuratamente “Non sgridarla in questo modo
Diona.. può capitare a tutti! E guarda.. il tuo prezioso tegame è
ancora integro! Certo, è un po' incrinato.. e un manico è
praticamente saltato via, ma per il resto è a posto. Tieni Emilia,
non farti maltrattare da quella bacucca di Diona”
“Io.. io.. grazie...”
Manlio si ridestò dal ricordo stupito.
Era incredibile come un episodio di poco conto come
quello fosse in quel momento divenuto così importante. Come aveva
fatto a non accorgersene? Era così evidente!
Scosse nuovamente la testa e si sedette sulla panca di
legno al centro della stanza, tamburellando nervosamente le dita
sulla superficie ruvida del tavolo.
Stette in quella posizione per qualche minuto, finchè
lo sfregare della porta sul pavimento non lo costrinse a voltare il
viso: Diona era tornata.
“Finalmente! Ma dove sei stata tutto questo tempo? Hai
parlato con Emilia?”
Diona non rispose, limitandosi ad abbassare il capo.
Manlio si alzò in piedi e le si avvicinò “Ma che ti
succede? E' successo qualcosa?”
“Lei.. lei.. è innamorata di Xena.”
Quelle parole lo lasciarono senza fiato: dunque i suoi
sospetti erano fondati!
“Come abbiamo fatto a non accorgerci di nulla?
Insomma... come ha fatto ad ingannarci?”
“Perchè nemmeno lei riusciva a dare una spiegazione
alle sue sensazioni... è stato tutto così nuovo e improvviso che
lei stessa ne è rimasta sorpresa... e noi con lei.. Cosa faremo ora?
Sa anche di Gabrielle!! E se facesse qualcosa di stupido? Se,
accecata dalla rabbia e dalla delusione...”
“Cosa può mai fare Diona? E' solo una ragazza delusa
e amareggiata.. le passerà” disse Manlio sorridendo “Ha un
carattere impetuoso, ma non è cattiva. Certo, scoprire del
sentimento di Xena e Gabrielle non è stato piacevole.. Comprendila,
è ragionevole che sia sconvolta. Se come dici, ha capito solo ora
che cosa le stava accadendo, il suo sogno è durato davvero poco”
Diona scosse la testa “Oh.. come vorrei che le tue
parole mi confortassero.. ma non è così.. ho paura, Manlio. Ho
paura e non so nemmeno io perchè. Tu non l'hai vista, non hai
parlato con lei.. Sembrava un'altra persona, ha cominciato a parlare
di denaro, di ricchezza.. era fuori di sé! Mi ha accusato di aver
tramato con la padrona contro di lei e di averla tradita!! Oh
Manlio.. è stato orribile! Come ha potuto dirmi quelle cose? Io
volevo solo fare qualcosa per la mia padrona! E' così sbagliato? Ho
voluto donare la felicità a due persone.. perchè lei deve soffrire
così? Perchè??”
Le lacrime le scorrevano impetuose sulle guance e un
tremito irrefrenabile le scuoteva le membra.
“No, no Diona.. calmati.. non è colpa tua! Tu non hai
fatto nulla di male. Stai tranquilla, non era Emilia, ma la rabbia a
parlare al suo posto! Non accadrà nulla di male, te lo prometto.”
le sussurrò Manlio, stringendola a sé.
Diona si abbandonò alla stretta del ragazzo,
appoggiando la fronte alla sua spalla.
“Ho un brutto presentimento, Manlio...”
Manlio la spinse leggermente, costringendola a guardarlo
negli occhi “Cosa mai può succedere Diona? E' solo una ragazza.
Vedrai che capirà.. ora sarà arrabbiata con il mondo intero, ma da
qui a temerla.. Quante volte si è arrabbiata perchè secondo lei
qualche garzone non era abbastanza preso da lei? Ti sei dimenticata?
Era capace di non parlare per giorni interi e scattava per un
nonnulla! Ricordi tutto quello che è successo quando litigò con
Seleuco? E solo perchè lui non le aveva regalato il braccialetto che
diceva lei!! Povero ragazzo.. lo piantò in asso senza una
spiegazione. Pensa ora! Credi che sia semplice per lei sentirsi
attratta da una donna? E' tutto più grande di lei.. E poi.. basta
così poco per innamorarsi di Xena..”
Diona lo guardò intensamente “E tu? Tu cosa provi per
Xena?”
Manlio sorrise “Io? Ah Diona.. io sono un uomo. Noi
uomini prendiamo le cose diversamente da voi donne. Piuttosto che
umiliarmi in un sentimento irrealizzabile, preferisco uscire di
soppiatto di scena. Xena non potrà mai amarmi, come non potrà mai
amare Emilia. Lei è destinata a Gabrielle. Dunque... perchè
distruggersi l'anima? Ho rinunziato a lei, ma non credere che io sia
triste o arrabbiato. Sono felice per loro, perchè so che anche io
sono destinato a qualcuno. E' questo che Emilia deve imparare. Non
sempre il sentimento che si prova nei confronti di una persona viene
ricambiato.. Il segreto è saper attendere ed essere pazienti.
Nessuno è mai solo a questo mondo. Gli uomini sono stati creati per
avere qualcuno che li conforti...”
Diona non riuscì a sostenere oltre il suo sguardo e
appoggiò la testa al suo petto, ascoltando i battiti tranquilli, ma
allo stesso tempo appassionati del giovane.
“Dai su.. ora smettila di piangere.. tutto si
aggiusterà...” sussurrò Manlio, accarezzandole la testa “Vuoi
che parli io con Emilia?”
Diona scosse il capo, rialzando lo sguardo e
asciugandosi le lacrime “Lasciala stare. Deve essere lei a capire,
hai ragione.. Mi sento più tranquilla, Manlio. Ti ringrazio.”
Il ragazzo sorrise, staccandosi da lei “Oh per così
poco! E ho persino tagliato tutte le carote!! A differenza di qualcun
altro, io lavoro e sgobbo! Qui invece tra lacrime, strepiti e
preoccupazioni... ah... non esistono più le schiave di una volta...”
“Che vorresti dire??” domandò Diona, sentendosi
punta nell'orgoglio
“Io?” domandò Manlio con fare innocente, sollevando
le spalle e toccandosi il petto con il pollice “Io proprio
niente... Comunque il dovere mi chiama! I miei cavalli hanno bisogno
di me!!! E tu hai lasciato qualcosa sul fuoco o sbaglio?”
In quel momento Diona realizzò che aveva completamente
dimenticato la zuppa di farro sul fuoco “Per gli dei!! La mia
zuppa!!” urlò terrorizzata.
Manlio rise di gusto e aprì la porta, sollevandola
appena per evitare che facesse rumore. “Allora io vado.. Mi
raccomando Diona.. se hai bisogno di me, sai dove trovarmi. E non
preoccuparti! Tutto si aggiusta!”
Diona annuì felice, osservandolo andare via. Sospirò,
abbandonando a se stessa la zuppa ormai ridotta ad una pozzanghera
scura maleodorante. Quella sensazione di terrore non accennava a
diminuire: sentiva il cuore stretto in una morsa di preoccupazione.
Si strofinò le tempie “Sto davvero immaginando tutto?
Magari Manlio ha ragione.. è solo un momento di tristezza..”
Sospirò di nuovo al pensiero del ragazzo e si lasciò
cadere sulla panca, dove poco prima lui si era seduto “Se solo
avessi il coraggio di parlargli,forse finalmente le cose
cambierebbero anche per me...”
Domus
di Gneo
Il console camminava speditamente lungo il corridoio,
insolitamente sicuro e rapido.
Non ballonzolava né ondeggiava, limitandosi a
calpestare in silenzio i preziosi mosaici che coprivano il pavimento.
Se fosse stato del solito umore, si sarebbe fermato a guardarli:
pezzo dopo pezzo, mattoncino su mattoncino. Oramai li conosceva a
memoria. Ma quel giorno no... Un'insolita preoccupazione gli
stringeva il cuore e gli impediva di essere gioioso e allegro come
avrebbe voluto.
L'ombra della partenza incombeva su di lui più che su
di ogni altro in quella casa.
Tutti erano contenti e orgogliosi: finalmente il giovane
Scipione avrebbe dimostrato il suo valore e il suo coraggio! Di lì a
due giorni avrebbe lasciato Roma per recarsi in Magna Grecia, a
controllare che ogni cosa fosse al suo posto e che l'Urbe avesse
anche la più piccola colonia al suo comando.
“Stupidi...” pensò Gneo, varcando l'ennesimo uscio
e ritrovandosi nel cortile orientale della casa “Sono tutti così
contenti e felici, ma la missione potrebbe rivelarsi più difficile
del previsto... me lo sento...”
Finalmente si fermò di fronte ad una pesante porta
scura e bussò energicamente.
“Avanti!” esclamò una voce dall'interno.
Gneo sospirò ed entrò, cercando di celare la sua
preoccupazione dietro uno dei suoi soliti sorrisi.
“Nipote!” esclamò giovale “Allora... pronto per
la partenza?” domandò, guardando con sufficienza la borsa di cuoio
appoggiata ai piedi del letto.
“mmm” rispose Scipione senza voltarsi: teneva le
braccia sollevate e il gladio tra le mani.
“Per gli dei! Che stai facendo con quella spada?”
domandò Gneo curioso
“Controllo che sia affilata, zio... dovresti saperlo”
Gneo arrossì “Oh beh.. sai com'è nipote.. non che io
sia mai stato portato per le arti guerresche.. ero abbastanza
scadente come condottiero... sono sempre stato dedito all'eloquenza”
“e all'oratoria” lo interruppe Scipione,
sollevandosi in piedi “Si zio lo so.. Me l'hai ripetuto tante volte
anche quando ero piccolo...”
Gneo sorrise “Ah già.. ti ho riempito la testa di
storie sin da quando eri piccino. Te l'ho detto, parlare è la cosa
che so fare meglio!”
Il ragazzo annuì, infilando la spada nel fodero “A
quanto pare è perfetta. Non si sa mai.. potrebbe sempre essermi
utile. Se dovessimo dar credito a miti e leggende, le missioni di
pace sono sempre le più pericolose.”
Gneo non rispose, limitandosi ad osservare la stanza
quasi del tutto sgombra del nipote.
“Vedo che hai già preparato le tue cose.. Ma la
partenza è ancora lontana! Perchè tanta fretta?”
“Lontana? Ma zio.. se devo partire tra due giorni!!
Ah.. sei sempre il solito.. lo sai che non sono abituato a fare le
cose all'ultimo secondo. E poi... così mi sarà più facile andare..
So che può sembrare stupido, ma non sono mai stato lontano da questa
domus e insomma... la Magna Grecia non è proprio a due passi..”
Gneo sorrise, poggiandogli una mano sulla spalla “Non
preoccuparti, nipote. Andrà tutto bene..” sussurrò “Io mi fido
di te e so che anche Roma può...”
“Sembrate avere molte aspettative su di me, spero solo
di non deludervi...”
“Ah! Non lo farai! Sei o non sei mio nipote? A questo
proposito.. l'hai mai sentita la storia di quel ragazzo che..”
“Si!!! Si!!! Si zio... la so perfettamente! Non c'è
bisogno che tu me la ripeti! E' stupenda... la tua migliore storia!”
esclamò Scipione, avviandosi verso la porta e aprendola. Fece un
passo avanti, ma poi si voltò “Mi mancheranno le tue storie
zio..mi mancherà questa casa... mi mancherà Roma...”
“Lo so Scipione.. lo so.. e tu mancherai molto a noi..
ma non sarai solo..”
Scipione lo guardò sorpreso “Che intendi dire?”
“Decio ti accompagnerà nel tuo viaggio, andrete
insieme a controllare che ogni cosa sia al suo posto...”
“Quel Decio? Il preferito di Marcello?”
“Ahhahaha il preferito.. se ti sentisse Marcello ti
percuoterebbe... esatto.. proprio lui.”
Scipione ritornò sui suoi passi, richiudendo la porta
alle sue spalle
“Che strano.. e quando Decio ha deciso di
partecipare?”
“Solo stamattina, mio caro. E non è stato lui a
decidere.. diciamo che Marcello ha espresso il suo parere
sull'argomento” rispose Gneo, sedendosi sul letto.
“Insomma lo obbliga a partire... e Decio come l'ha
presa?”
“Non molto bene in realtà. Marcello non l'aveva
nemmeno informato della sua decisione. Ma del resto.. lui è il
console, mentre quel povero ragazzo è un semplice soldato. Non che
avesse molta scelta..”
“Ah zio.. questo è uno dei motivi che mi spingono a
partire.. Allontanarmi da tutte queste formali costrizioni! Insomma
se Decio non vuole andare via, perchè deve essere costretto? Tu mi
hai sempre insegnato che la libertà è la cosa più preziosa che
abbia l'uomo, perchè Marcello deve essere così autoritario? Perchè
vuole che tutti facciano quello che dice?”
“Perchè Marcello ama essere un console, mio caro
nipote. Lui non vuole altro che questo: comandare Roma. E' nato per
governare e non può sopportare che qualcuno gli disubbidisca.
Darebbe ordini anche a me, se potesse! Ma ti assicuro che per lui
Decio non è come gli altri. Quel ragazzo non gli è indifferente,
l'ho notato dai suoi occhi. E' come un figlio per lui..”
“Ah.. bel modo di trattare i figli! Imporgli le cose
controvoglia!”
“A volte imponiamo le cose anche senza volerlo, lo sai
anche tu..” disse Gneo in fretta, puntando lo sguardo in quello di
Scipione.
Il ragazzo si sentì punto nell'orgoglio e abbassò il
capo “Lo so..”
“Bene... credo che sia ora che io me ne vada... sei
ancora indaffarato e non voglio farti perdere altro tempo” esclamò
Gneo, alzandosi di scatto.
Scipione gli appoggiò una mano sulla spalla “Le ho
parlato, zio. Le ho chiesto perdono per quello che ho fatto. Lei ha
accettato le mie scuse, ma dice che non vuole vedermi per ora. E'
ancora scossa per quello che è successo tra noi... In fin dei conti
forse questo viaggio è arrivato al momento giusto.. Mi permetterà
di riflettere su tante cose..”
Gneo annuì e prese la mano del nipote nella propria,
stringendola appena “Sono orgoglioso di te, Scipione. E lo sarò
sempre ricordatelo.”
Scipione annuì “Ora mi fai finire di preparare le
cose però zio?”
“Oh.. si ma certo! Hahaha scusami.. mi sono lasciato
prendere dalla malinconia... a proposito di preparativi... hai preso
tutte le tuniche vero?”
“Si zio...”
“Anche quelle più pesanti? Non si sa mai... E hai
preso il mantello? Quello che ti regalai io un po' di tempo fa..”
“Si zio..”
“Sicuro? Non è detto che in Magna Grecia faccia caldo
come dicono... Magari tira vento...”
“Si zio sono sicuro..”
“Ah bene, bene... e hai preso anche..”
“ZIO! BASTA!” sbottò Scipione, interrompendolo
“Sono abbastanza grande per sapere quello che devo portarmi no?”
“Oh certo, certo.. sai io lo dicevo così per dire.. E
non è che hai dimenticato...”
L'occhiata omicida di Scipione lo fece desistere dal
continuare.
“Va bene.. va bene.. me ne vado.. Ma ricordati di
prendere tutti i mantelli!” aggiunse frettolosamente, chiudendosi
la porta alle spalle.
Scipione scosse la testa sorridendo, appoggiando la
schiena alla parete alle sue spalle “Mi mancherai tanto zio....”
Domus
di Marcello, stanza di Gabrielle
Strinse gli occhi e sospirò. La lunga fila di lettere e
segni neri che ricoprivano la pagina sembravano ridere della sua
impazienza.
“Da quando l'alfabeto è diventato così complicato?
E' tutta la mattina che ci provo, ma non riesco a cavare un ragno dal
buco!”
Sbuffò ancora, attirando l'attenzione della donna alle
sue spalle, che passeggiava tranquillamente per la stanza.
“C'è qualcosa che non va Xena? Hai trovato qualche
parola difficile?”
“Non c'è niente di peggio che sentirsi una pecora!
Ecco come mi sento, come una pecora! Possibile che non ci riesca?
Eppure il greco dovrebbe essere molto più complicato!! A quanto pare
no... Maledetto Latino!!” esclamò Xena, arricciando le labbra in
un'espressione corrucciata.
Gabrielle rise, scuotendo piano la testa “Su.. su...
non essere impaziente, hai appena cominciato. Non si impara a leggere
in un giorno, sai? Ci vuole pratica, esercizio, volontà e
soprattutto... pazienza. Ma direi che quest'ultimo requisito non fa
per te...”
Xena appoggiò il mento sul palmo della mano destra e
guardò svogliatamente il foglio “Secondo me io non sono nata per
fare queste cose.. insomma.. ti sembro un'intellettuale? Sono una
schiava.. dovrei essere ignorante, no? Dove si sono mai visti schiavi
acculturati?”
“Esistono eccome.. non lo sai che gli schiavi greci
sono i precettori più richiesti dai Romani? Sono considerati i
migliori! E sai perchè? Perchè la cultura greca è la più antica e
la più importante di tutte! Tutti vogliono attingere dalla nostra
sapienza, Xena! Dunque impegnati e non lamentarti... Allora.. su..
come si legge questa parola?” domandò Gabrielle paziente,
indicando un preciso punto sul foglio.
Xena si raddrizzò e osservò la parola, cercando di
concentrarsi.
“I-ille... mi.. p-par.. esse... de-deo..
vi-vide..videtur” rispose Xena affannosamente.
Gabrielle sorrise “Bravissima!! Vedi? Ci sei riuscita!
Ille mi par esse deo videtur (nota 1). Non era facile... e pensare
che solo stamattina hai imparato a leggere le lettere e le vocali!
Hai ancora qualche problema con i dittonghi (nota 2), ma
effettivamente non credo che..”
Le labbra di Xena sulle sue interruppero
quell'irrefrenabile flusso di parole.
Gabrielle si lasciò andare a quel meraviglioso
contatto, dimenticando immediatamente ogni singola regola della
grammatica latina.
Xena si staccò da lei e le accarezzò la fronte.
“E questo cosa significa?” domandò Gabrielle
divertita
“Questo, mia signora è il mio premio..” rispose
Xena impettita.
“Premio?”
“Certo! Sono passate almeno tre ore da quando abbiamo
cominciato.. e non ho mai passato tanto tempo su una sedia a studiare
in tutta la mia vita! Io sono una donna d'azione... direi che tanta
costanza merita un meraviglioso premio.. e avendo te, come potrei
scegliere altro?”
Gabrielle arrossì per il complimento “Oh.. sei la
solita.. ti diverti a farmi arrossire!”
“Oh per gli dei... mi hai scoperto... ebbene si.. ecco
il mio fine...” disse Xena, alzando gli occhi al cielo in
un'espressione di finta disperazione.
“Non prendermi in giro!” esclamò Gabrielle, dandole
un buffetto sulla guancia.
“Ah.. mi hai colpito... ebbene.. questo significa
guerra!!” disse Xena, avvicinando nuovamente il viso.
Gabrielle le accarezzò piano il collo, distraendola dai
suoi intenti e facendole chiudere gli occhi. La ragazza si avvicinò
al suo orecchio e morse appena il lobo della mora, che era rimasta
immobile a godersi quelle meravigliose coccole.
“Tuttavia... se davvero vuoi la guerra...” cominciò
sussurrando appena “devi prima fare una cosa...”
“Cosa?” domandò Xena impaziente, baciandole a sua
volta il collo.
“Devi riuscire a prendermi!!” esclamò Gabrielle,
sgusciando via dall'abbraccio e correndo via verso la porta della
stanza.
Xena rimase per un attimo stordita: riaprì gli occhi e
vide Gabrielle allontanarsi.
“Non ci posso credere!!! Ma... Vieni subito qua!!”
ordinò giocosamente la mora, mettendosi al suo inseguimento.
Con un balzo superò il tavolino, attenta a non far
cadere i fogli, e la afferrò il polso destro,impedendole di
attraversare la soglia e di uscire.
“Ci hai provato eh?” domandò la mora divertita
“Si.. volevo vedere cosa succedeva a provocare la
Tigre....”
“Molto coraggioso da parte tua, ma come vedi.. hai
perso.. le tigri non lasciano mai sfuggire le proprie prede..”
“Ah.. dunque io sarei una preda?” chiese Gabrielle,
girandosi ed appoggiando la schiena allo stipite della porta.
“Tu che ne dici?”
“In realtà mia cara dall'espressione che avevi poco
fa.. direi che è esattamente il contrario..”
Xena rimase senza parole: come faceva quella ragazza a
metterla sempre con le spalle al muro?
“Ma di cosa stai parlando? Io non avevo proprio
nessuna espressione..”
“Si, si certo... come no.. e gli asini volano!”
esclamò Gabrielle ridendo.
“Ma...ah lasciamo perdere! Tanto con te è
impossibile! Ti diverti a mettermi con le spalle al muro...”
rimbrottò Xena, sbuffando.
“Oh su.. non essere arrabbiata.. tu ti diverti a farmi
arrossire.. dunque siamo pari..” disse Gabrielle, accarezzandole
piano la guancia.
Xena sorrise, perdendosi in quei meravigliosi occhi
verdi, che sembravano contenere tutte le foreste del mondo. Si
avvicinò ancora e stava per baciarla, quando un rumore molesto
interruppe l'atmosfera.
“Ops..” esclamò Gabrielle arrossendo e portando una
mano sullo stomaco.
Xena la osservò confusa e leggermente indispettita.
“Non è colpa mia... ho fame!” si lamentò la
biondina “E' da stamattina che non mangio... e io ho sempre
fame...”
“In effetti hai ragione.. anche io ho fame.. ma che
sta combinando quella bacucca di Diona? Come mai non ti ha portato da
mangiare?”
Le sue riflessioni furono interrotte da una prorompente
risata: Gabrielle era piegata in due e si teneva la pancia
“hahahahahaha bacucca hahahaha e cosa vorrebbe dire?” domandò,
cercando di contenersi.
Xena la guardò confusa “Ehm.. vuol dire vecchia...
più o meno...”
Gabrielle si allontanò dalla porta e si sedette sul
letto “Ahahah oh mamma mia... non ridevo così tanto da... non me
lo ricordo...” esclamò, asciugandosi le lacrime che le risate
avevano provocato.
“E comunque ho fame!” ripetè,toccandosi nuovamente
lo stomaco.
Xena sospirò “Ho capito.. ho capito.. vado a vedere
cosa sta combinando.. torno tra poco con un po' di cibo.. senti, che
ne dici di mangiare fuori? C'è un così bel sole..”
Gabrielle si illuminò “Oh Xena.. è un'idea
magnifica! Va bene, allora.. ti aspetto alla quercia... non metterci
troppo!”
“Perchè.. sentiresti la mia mancanza?” domandò
Xena, sollevando il sopracciglio sinistro e osservando l'altra
avvicinarsi a lei.
Gabrielle le diede un bacio sulla guancia “No..
sentirei la mancanza del cibo!” rispose divertita, correndo via
dalla stanza.
Xena rimase immobile per la seconda volta.
“L'ha sempre vinta lei!” pensò, sbuffando e
dirigendosi senza fretta verso le cucine.
Rifugio
di Marcello
Camminava nervosamente avanti e indietro, i passi
attutiti dallo spesso strato di polvere che ricopriva il pavimento.
Le braccia incrociate dietro la schiena e il viso corrucciato: un
rivolo di sudore gli scendeva lungo una tempia, ma non se ne curò.
Si sedette sulla dismessa panca di legno al centro della
stanza e si prese la testa tra le mani, scompigliando ancora di più
i ribelli riccioli.
Non faceva che pensare a quanto accaduto quella mattina,
a come Marcello aveva pianificato ogni cosa lo riguardasse senza la
minima esitazione, senza che il pensiero di chiedergli un'opinione o
un parere lo sfiorasse.
“Come fa? Come fa ad essere così maledettamente
egoista? Come può pensare che il mondo giri intorno a lui, ai suoi
desideri e ai suoi capricci? Come può comandare tutti a bacchetta?
Ci considera come dei cani che abbassano la testa di fronte al
padrone per paura del bastone... E in fin dei conti.. che cosa siamo?
Nessuno ha mai avuto il coraggio di contraddirlo, di ribellarsi... e
chi ci ha provato non ha vissuto a lungo da raccontarlo. Forse è
colpa nostra.. è colpa di noi poveri soldati che siamo al suo
servizio. E' la nostra obbedienza a renderlo così onnipotente. E
pensare che si è preso cura di me, mi ha salvato quando ero solo un
povero orfano senza alcun futuro, abbandonato anche dalla sfortuna e
dalla disperazione. Se avessi saputo che il mio destino era diventare
una sua marionetta, una sua pedina... forse avrei fatto scelte
diverse in passato e me ne sarei andato quando ne avevo l'occasione.”
Una voce alle sue spalle lo distrasse dalle sue
riflessioni.
“Decio... sei qui..” disse Marcello, incrociando le
braccia al petto.
Decio non si alzò, né si voltò a guardarlo “Come il
padrone ha comandato.” rispose inespressivo.
“Decio.. si può sapere perchè reagisci in questo
modo? Mi sei sempre stato fedele, non ti sei mai ribellato ad un mio
ordine.. Cosa c'è di diverso ora?”
“Tu hai gestito la mia vita fino ad oggi, Marcello...
Forse è ora che sia io a decidere cosa è più giusto per me stesso.
Non voglio essere come gli altri, non voglio essere una tua pedina.
Io sono libero e voglio creare il mio destino da solo. Ti ho detto
che non voglio partire e non lo farò. Trovati un altro galoppino...
io me ne lavo le mani.”
“No... no.. tu non sai quello che stai dicendo!”
gridò Marcello, staccandosi dal muro e mettendosi di fronte al
ragazzo.
Decio notò che aveva una strana espressione: il ghigno
strafottente che lo caratterizzava era scomparso, sostituito da uno
sguardo nervoso e leggermente.. chi l'avrebbe mai detto.. spaventato.
“Tu non puoi abbandonarmi ora Decio... Io sono il tuo
comandante.. Vuoi diventare un disertore? E' questo che vuoi? Vuoi
addossarti questa onta, che ti perseguiterà per tutta la vita? No..
io non ti ho educato per questo...”
“No? E per cosa mi hai educato allora? Per diventare
un tuo servo? Per fare tutto quello che comandi senza lamentarmi? Per
lasciarti gestire la mia vita, come fanno tutti quei poveretti che
stanno al tuo servizio? Pensavo avessi capito che sono diverso dagli
altri, Marcello. Io non mi faccio comandare a bacchetta... non più..”
Fece per alzarsi, ma il console gli poggiò entrambe le
mani sulle spalle, inchiodandolo alla panca.
“Senti.. tu devi ascoltarmi, hai capito? Io ho bisogno
che sia tu a partire.. Il viaggio è tutta una montatura... è
necessario per il nostro piano! Fabio e Marco sono già lì,
aspettano solo te. Loro rapiranno Scipione e tu.. tu dovrai
ucciderlo. Pensi che farei fare a qualcun altro una cosa così
importante?”
Decio scosse la testa “Non voglio ascoltare... ti ho
detto che non voglio partire e non lo farò.. Vai tu! Vai tu ad
uccidere Scipione e lasciami stare! Non voglio avere più niente a
che fare con te!”
Marcello sospirò, diminuendo la stretta intorno alle
spalle del ragazzo. Troppe emozioni si stavano condensando in una
sola giornata.
L'offerta di Alti, la rabbia di Decio... si sentiva
nervoso ed impaurito come mai nella sua vita e la testa gli pulsava.
Avrebbe gridato, avrebbe sfasciato qualunque cosa avesse avuto tra le
mani, ma si impose di controllarsi. Chiuse per un attimo gli occhi e
cercò di riordinare le idee. Quando li riaprì, Decio lo stava
ancora osservando con occhi di sfida, che però sembravano celare
lacrime di delusione e frustazione.
Doveva convincerlo a partire: doveva, se voleva ottenere
ciò che aveva sempre desiderato... Roma e un figlio al quale
lasciare il potere alla sua morte. E chi avrebbe potuto ricoprire
quel ruolo se non lui? Quel giovanotto nel fiore degli anni, che
aveva raccolto dalla strada tanti anni prima.
Sospirò ancora, prima di riprendere a parlare “Decio...
lo so che sei arrabbiato e deluso. Ma non avevo scelta, capisci? Il
nostro piano è troppo importante.. e questa è un'occasione che non
possiamo lasciarci scappare... Abbiamo poco tempo.. ma se tutto andrà
come ho stabilito, allora il potere sarà nostro. Roma sarà
nostra...”
“E se io non volessi Roma? Eh? Ci hai mai pensato?”
ringhiò Decio, divincolandosi dalla presa e alzandosi finalmente in
piedi.
“Decio... tu sei destinato al potere. E' così.. L'ho
visto nei tuoi occhi... sin dal primo momento ho scorto quel fuoco
che solo noi consoli abbiamo. Tu desideri il potere quasi quanto lo
desidero io. Solo che non ne sei ancora consapevole. Per questo sono
così autoritario nei tuoi riguardi... Cerco di indicarti la giusta
via...”
“La giusta via... certo... ma ti sei mai chiesto se
era quella che volevo percorrere?”
Marcello non rispose, limitandosi a massaggiarsi le
tempie doloranti
“Ecco.. neanche tu riesci a rispondermi.. e sai
perchè? Perchè fino a questo momento tu mi hai solo usato.. non hai
mai pensato ai miei progetti, ai miei pensieri e desideri. Mi hai
trattato come un cane al tuo servizio.. e allora io ti chiedo perchè?
Perchè mi hai preso con te, se volevi solo un altro squallido
soldato che obbedisse ai tuoi ordini? Perchè hai scelto me?”
Le lacrime ormai scendevano senza freni lungo le sue
guance. Non si vergognò di mostrare il risentimento e la delusione
che gli scottavano il cuore in quel momento. Marcello doveva capire,
doveva sapere cosa aveva causato il suo egoismo.
Sembrò trascorrere un tempo interminabile prima che il
console rispondesse.
“Perchè appena ti ho visto ho capito che tu sei come
me. Noi siamo uguali, Decio.. Sebbene questa idea ti disgusti.. è la
verità. Noi abbiamo sempre combattuto nella nostra vita. Siamo stati
abbandonati, abbiamo patito la fame, la solitudine, ma non ci siamo
mai arresi. Nessuno è riuscito a piegare il nostro animo d'acciaio.
E' stato così con me, povero contadino, abituato a mangiare pane
raffermo e polvere, che sognava di diventare un grande condottiero...
un console.. E' stato così per te, che a soli cinque anni ti sei
trovato senza casa e senza famiglia. Forse questo ti ha impedito di
lottare? No.. quando ti ho trovato eri un cucciolo selvaggio, pieno
di rabbia e rancore verso il mondo e il destino avversi. Volevi
vendicarti, volevi ribaltare quella triste sorte che gli dei avevano
scritto per te. E non credi di esserci riuscito in parte? Guardati
ora!
Sei il mio consigliere, sei uno dei migliori combattenti
che Roma conosca! Ti ho forse regalato qualcosa? No.. ti sei
guadagnato tutto con i tuoi sforzi e la tua forza di volontà! Perchè
vuoi gettare al vento ogni cosa? E' vero.. non mi sono fatto
scrupoli, ho deciso la tua imminente partenza senza dirti nulla... Mi
dispiace, non credevo che ti avrebbe fatto soffrire tanto. Non volevo
ferirti.. credevo che saresti stato orgoglioso di ricevere un compito
così importante. Pensavo di farti capire quanto ti considero
prezioso e quanto stimo le tue capacità...”
Decio abbassò lo sguardo “Vorrei tanto crederti,
Marcello.. ma come posso farlo? Come posso pensare che non sono solo
parole perse nel vento? Come posso pensare che non siano lusinghe per
costringermi a partire?”
Marcello gli posò una mano sulla spalla “Decio.. sai
che io sono autoritario ed egoista, ma sai che non sono un vigliacco,
né un imbroglione. Non uso squallidi trucchetti per convincere le
persone a fare quello che dico... né lo farei con te. Per piacere...
parti.. e dimostra in questo modo di essere il figlio che ho sempre
desiderato e non ho mai avuto...”
“Un figlio?” domandò Decio senza capire
Marcello annuì “Un figlio.. un figlio al quale il
padre chiede di compiere una grande impresa. Un figlio che è pronto
a partire, per soddisfare l'orgoglio di suo padre e per ottenere
gloria e ricchezza...”
“Io... io non so cosa dire..” rispose il ragazzo
confuso. Mai aveva visto Marcello così sincero, mai il console si
era aperto così tanto con lui. Mai si era sentito così felice ed
accettato...
“Se è un padre che me lo chiede e non un console,
allora partirò.” disse, asciugandosi le lacrime.
“E' un padre e un console a chiedertelo. Il piano è
semplice...” cominciò Marcello, allontanandosi da lui e
mostrandogli una mappa della Magna Grecia appesa alla parete.
“Dovrai contattare Fabio e Marco. Loro si
travestiranno da coloni e con il tuo aiuto rapiranno Scipione. Appena
riceverai il mio ordine, lo ucciderai ed avviserai Gneo con una
missiva urgente. Conosco Gneo.. non ama la guerra e le battaglie, ma
se succedesse qualcosa al suo adorato Scipione, sarebbe capace di
rivoluzionare il mondo intero. Gli spiegherai cosa è accaduto.. Lui
penserà immediatamente che i coloni, da sempre ostili nei suoi
riguardi, abbiano usato Scipione per iniziare una rivolta.
Organizzerà un esercito contro di loro... In quel momento tu, Fabio
e Marco aizzerete la popolazione innocente contro di lui. Si
sentiranno ingiustamente accusati e vorranno eliminare il console
impudente. Noi useremo la loro rabbia, organizzeremo un esercito di
coloni e attaccheremo Roma.. Gneo non avrà scampo..”
Decio osservò stupito il console: da uomo sincero e
quasi affettuoso si era trasformato nuovamente in una micidiale
macchina da guerra. Il ghigno strafottente aveva nuovamente preso il
posto dell'espressione nervosa che poco prima gli aveva contornato il
viso. Non se ne curò, concentrandosi sull'obiettivo. Ciò che
Marcello gli aveva confessato in un momento di estrema debolezza era
un tesoro che non doveva essere sprecato.
“E tu cosa farai intanto?” domandò il ragazzo,
cercando di apparire serio e attento come sempre.
“Io rimarrò a Roma e gestirò le cose da qui. Una
donna molto potente mi aiuterà.. E' una maga e ci ha offerto il
nostro aiuto.. E' rimasta diverso tempo in Grecia, ma ora è
ritornata.. il suo aiuto sarà molto prezioso alla nostra causa.
Era alla festa di Scipione..”
“Una maga? Stai parlando forse di quella donna
misteriosa che ha preso possesso della casa del senatore defunto?
Ma... non capisco... a che ci serve una maga?”
“Lei è la maga, Decio.. Si chiama Alti...”
Decio non potè non notare il tono carezzevole che aveva
assunto la voce del console nel pronunciare il nome della donna.
“A sentirti, sembra che tu la conosca molto bene..”
azzardò il ragazzo, curioso di osservare la sua reazione.
“E' così infatti.. la conosco da quando era una
fanciulla e mai avrei pensato che avrebbe potuto essermi così
utile...” rispose Marcello, senza riuscire ad impedire che un
leggero rossore gli imporporasse le guance.
“Eri innamorato di lei?”
Marcello non rispose, allontanandosi dal tavolo e
dirigendosi verso l'uscita.
“Non distrarti dal tuo obiettivo Decio. Alti ha
promesso di aiutarci, ma ogni cosa ha un prezzo.. Se si dimostrerà
troppo caro.. allora.. potrei anche decidere di trovare un altro
alleato... Ora vado a casa.. Ho un'altra cosa da fare. Studia la
mappa alla perfezione e comincia a preparare le cose necessarie per
la partenza. Mancano solo due giorni...”
Decio annuì “Lo so...”
Il console si voltò nuovamente e fece per andarsene, ma
sulla soglia si fermò
“Ti ringrazio... figliolo.” disse e si allontanò
senza voltarsi.
Decio si sedette nuovamente sulla panca di legno, mentre
altre lacrime salate gli scorrevano lungo le guance.
“Non c'è di che... padre”
Domus
di Gneo, cucine
Xena aprì silenziosamente la porta e sbirciò
all'interno: la grande stanza pareva deserta. Entrò e la prima cosa
che la colpì fu un odore forte e intenso, proveniente da una grossa
pentola. La mora si avvicinò e constatò che quel puzzolente
intruglio marrone era una zuppa di fagioli completamente bruciata.
“Ora che ci penso... mentre io e Manlio tagliavamo le
carote, Diona stava proprio cucinando una zuppa come questa..
Incredibile.. Diona che brucia la zuppa! Se me l'avessero
raccontato..”
Un leggero sospiro alle sue spalle quasi non la fece
sobbalzare. Si voltò e vide che la stanza non era deserta come
pensava: adagiata alla grande tavola di legno, stava Diona
profondamente addormentata. Aveva la testa appoggiata alle braccia,
mollemente incrociate sotto il mento, e gli occhi arrossati.
Aveva pianto..
Xena le si avvicinò e le toccò appena la spalla. Non
ricevette risposta: doveva essere veramente esausta. Delicatamente la
prese in braccio e la distese sul pagliericcio che stava nell'angolo
più lontano della stanza.
“Ah Diona.. e pensare che mi rimproveri sempre... ma è
giusto così.. sei l'anima di questa domus. Non so proprio cosa
farebbero senza di te. Hai pianto per qualcuno? Ognuno di noi cela
dei segreti e persino tu, che sembri così autoritaria e severa,
nascondi delle sofferenze... Spero che le cose si risolvano anche per
te...”
In punta di piedi si allontanò e si guardò intorno: lo
stomaco aveva cominciato a brontolare. Stava morendo di fame! Un
sorriso furbesco le comparve sul viso, quando lo sguardo si posò sul
cesto pieno di carote.
“Oh caro Manlio.. le hai tagliate tutte! Ti
ringrazio!!” sussurrò la mora.
Prese un pezzo di formaggio, due pagnotte e una brocca
di vino e le posò delicatamente sulle carote. “Il pranzo è
pronto...” pensò soddisfatta e si caricò il cesto sulle spalle,
appoggiandolo tra il collo e la spalla.
Attenta a non far cadere niente, lanciò un altro
sguardo a Diona per assicurarsi che dormisse. Sorrise al pensiero di
quello che le avrebbe fatto se si fosse svegliata in quel momento e
l'avesse sorpresa a rubare il cibo della sua preziosa cucina:
probabilmente l'avrebbe inseguita per tutta la domus armata di scopa.
“Stavolta ti è andata male, bacucca!” esclamò Xena
trionfante ed uscì ancora con il sorriso sulle labbra, soddisfatta
del suo improbabile successo.
Domus
di Gneo, stalle
Lo sbuffo dei cavalli e l'odore del fieno l'avevano
sempre tranquillizzata. Era uno dei posti più pacifici di tutta la
domus, dove si poteva rimanere seduti a pensare e a riflettere. Non
era la prima volta che si ritrovava lì, da sola, a rimuginare sulle
sue preoccupazioni. Quante volte aveva sognato ad occhi aperti che
qualcuno la venisse a prendere e quante volte aveva desiderato
slegare un cavallo e correre via, lontano, verso l'orizzonte..
libera.
Emilia appoggiò le spalle alla fredda parete e si
lasciò cadere sulla soffice paglia.
La libertà.. cosa ne sapeva lei della libertà?
In realtà non ci aveva mai riflettuto seriamente, se
non quando, presa dallo sconforto dell'adolescenza, si era messa a
sognare ad occhi aperti su un suo improbabile destino Non che la
trattassero male in quella domus, anzi.. Diona era sempre stata
gentile con lei, era come una sorella maggiore, una guida e un
esempio di lealtà che ogni buona schiava avrebbe dovuto seguire.. e
Gabrielle.. Gabrielle era una padrona modello. Gentile e affabile, a
differenza del padrone, irritabile ed egoista.
Non si poteva lamentare dopo tutto, aveva trovato un suo
equilibrio.. era felice a suo modo e non desiderava altro. Finchè..
finchè Xena non era apparsa in quella domus, una luce nell'oscurità
della sua monotonia. Così diversa da chiunque lei avesse incontrato,
uomo e donna che fosse. Così sicura di sé, così ribelle, così
bella...
Chi poteva competere con lei? Nessuno...
La prima volta che l'aveva vista, mentre veniva portata
in cella dal padrone, era rimasta impressionata dalla sua forza di
volontà: a quanto ne sapeva, nessuno aveva mai avuto il coraggio di
contraddire apertamente il console e lei, appena arrivata, era
riuscita a tenergli testa e quasi ad umiliarlo con il suo coraggio.
Quando l'avevano liberata, aveva avuto modo di
incontrarla e di scambiare qualche parola con lei. Si aspettava una
persona rude e autoritaria, ma aveva scoperto una persona gentile e
attenta ai bisogni altrui.
Indipendente e fiera, era come un animale in gabbia, che
osservava le sbarre con la schiuma alla bocca e con occhi di fuoco.
Non era fatta per essere una schiava.
Grazie a lei aveva aperto gli occhi e si era svegliata
da quella sorta di torpore che aveva contraddistinto la sua
esistenza. Quelle piccole cose che prima la facevano stare bene erano
diventate ai suoi occhi futili e stupide... Persino i complimenti dei
garzoni, che erano linfa vitale per il suo animo vanitoso, erano
divenuti scontati e banali. Nulla le interessava e nulla la stupiva..
Solo Xena riusciva ad attirare la sua attenzione..
Quando l'avevano portata nuovamente in carcere, aveva
creduto di impazzire. Il giovane Aurelio le aveva raccontato tutto
quello che aveva visto: la lite, le frustate e lo scatto di Xena che
aveva osato colpire il padrone con un pugno per difendere Gabrielle.
Era convinta che Marcello l'avrebbe uccisa: tanta impudenza non
poteva che essere punita con la morte.. E invece no.. ancora una
volta era riuscita a sopravvivere.. “Xena.. ricordo ancora la gioia
che provai quando Manlio mi raccontò che eri rinchiusa in cella...
eri intrappolata, ma almeno viva.. mi sentivo su una leggera
nuvola... Ero tornata quella di un tempo, allegra e felice.. in quel
tempo ancora non riuscivo a dare un nome ai sentimenti che tumultuosi
mi scuotevano il cuore... ero così ingenua..finchè quella notte..
finchè quella notte non compresi cosa mi stava realmente
accadendo...”
“Emilia.. Emilia!” chiamò Diona a gran voce,
sbuffando.
La ragazza si riscosse dal suo torpore e la guardò
infastidita “Cosa c'è Diona? Stavo cercando di riposarmi un po'!”
“Oh scusate principessa... su muoviti e porta
questo nelle segrete!” ordinò la donna, porgendole un piatto.
Emilia lo guardò confusa “Ma non è Manlio quello
incaricato di portare il cibo a Xena?” domandò, mentre un barlume
di speranza le si accendeva nel cuore.
Diona annuì “Infatti, ma stasera non può.. Deve
preparare il cavallo del padrone e io sono indaffarata in cucina.
Dunque vai..”
La ragazza sorrise e si allontanò velocemente.
Il sole era ormai tramontato e solo una sottile luce
rossastra filtrava dalla porta che conduceva alle segrete. Scese le
scale silenziosamente, ascoltando il battito del proprio cuore
accelerare.
“Manlio? Sei tu?” domandò una voce profonda
Deglutendo, Emilia scese l'ultimo gradino e si mostrò
alla luce delle torce
“No.. sono io..” rispose con un filo di voce.
“Ah Emilia! Sei tu! Non ti aspettavo.. solitamente
è Manlio a portarmi da mangiare” esclamò Xena,accogliendola con
un sorriso.
“Ecco... lui.. lui è occupato nelle stalle, Diona
è in cucina e quindi hanno mandato me..”
“Mi fa piacere. Se c'è una cosa che odio è stare
rinchiusa qui dentro. Maledetto sia Marcello! Lo odio!” ringhiò
Xena, sollevandosi dal pagliericcio e camminando su e giù
nervosamente.
Emilia la osservò e sospirò appena: alla luce delle
torce sembrava ancora più alta e maestosa.
“Cosa mi porti?” domandò Xena curiosa,
svegliandola dal torpore
“Oh... ehm.. uova.. olive e.. pane” rispose
Emilia confusa, sentendo tutto il sangue confluire nelle guance: era
arrossita come una ragazzina alla prima cotta.
“Tieni” disse, appoggiando il piatto per terra
vicino ad una piccola fessura e rialzandosi immediatamente. “Io
vado.. mangia pure con calma..”
“Ma come? Già te ne vai? Manlio rimane sempre un
po' qui a chiacchierare.. Forse non ti piace la mia compagnia?”
“Oh no!” esclamò Emilia vivacemente “E' solo
che.. ecco.. noi non abbiamo parlato molto, quindi non so..
insomma... non so cosa dire in questo momento.”
Xena sorrise “Hai ragione, non abbiamo parlato
molto, ma sai.. se il nostro caro padrone non fa altro che
rinchiudermi qua dentro.... E comunque c'è sempre una prima volta
per tutto, potremmo cominciare a parlare adesso, non trovi?”
Emilia annuì e si sedette vicino alla cella,
osservandosi le mani strette in grembo.
“Mmm non ti facevo così silenziosa.. solitamente
sei sempre allegra.. c'è qualcosa che ti preoccupa?”
Emilia non rispose, limitandosi a sollevare le
spalle. “Non proprio.. diciamo che ci sono delle giornate in cui mi
sento un po' malinconica.. e finchè la giornata non finisce mi sento
attanagliata da questa strana inquietudine..”
“Capita anche a me, sai?” disse la mora, mordendo
un pezzo di pane “E' normale, soprattutto alla tua età.. Mi
ricordo che quando ero piccola e mi sentivo triste, mi arrampicavo
sempre su un albero vicino casa mia e stavo tutto il giorno a
guardare il panorama, finchè mia madre non mi chiamava per la cena..
Ah cosa darei per poter salire di nuovo su quell'albero.. per
ascoltare il canto di quegli uccelli, per sentire il vento che mi
accarezza la pelle... In questi ultimi anni non ho conosciuto che
disperazione e schiavitù.. Io.. che amo la libertà più di
qualsiasi altra cosa al mondo.. Tu non hai mai desiderato essere
libera, Emilia?”
La domanda sorprese non poco la ragazza, che si morse
il labbro inferiore e aggrottò la fronte prima di rispondere “Ecco..
in realtà non ci ho mai riflettuto.. diciamo che per noi che
nasciamo schiavi, la libertà è come una chimera, un sogno quasi del
tutto irrealizzabile. Non nego di averla desiderata con tutte le mie
forze.. a volte, quando mi sentivo veramente sola, avrei inforcato la
porta e sarei scappata.. Ma figurati.. noi schiavi non siamo fatti
per vivere in libertà, noi siamo nati per servire.. Non oso
immaginare quanto sia difficile per te, che sei nata libera,
diventare una schiava. Io sono nata in catene.. ma tu.. tu sei stata
rinchiusa in una gabbia che non ti appartiene.”
“Questa gabbia non appartiene a nessuno Emilia.
Questa è la realtà. Nessun uomo ha il diritto di negare la libertà
ad un suo simile. Ti sembra che gli animali lo facciano tra di loro?
La schiavitù non esiste in natura.. è stato l'uomo a crearla, per
soddisfare il suo egoismo e la sua bramosia.. Nessuno nasce schiavo.
Tutti gli uomini sono uguali e pertanto nessuno dovrebbe essere
schiavo e nessuno dovrebbe essere padrone...”
Emilia la guardò senza parole, mentre il cuore le
batteva così forte che sembrava esplodere.
“Dove hai imparato a pensare in questo modo?”
domandò Emilia senza fiato.
Xena sorrise “Da nessuna parte.. mia madre mi ha
sempre insegnato ad amare la vita e la libertà come due tesori
inestimabili. Anche tu dovresti farlo Emilia. Sei giovane e bella,
non permettere che questa società ti tarpi le ali. Tu hai il diritto
di volare via, libera nel cielo del tuo destino. Non permettere a
nessuno di impedirti di sognare e di sperare.. è l'unica cosa che ci
rende umani...”
Calde lacrime le scendevano lungo le guance, mentre il
ricordo si dissolveva.
Quella sera Emilia aveva finalmente compreso cosa fosse
la libertà: non una chimera irraggiungibile, ma un obiettivo da
inseguire con tutte le forze.
Un sogno destinato ad avverarsi e non ad infrangersi in
mille pezzi.
Quella sera Emilia si era innamorata di Xena, quella
sera aveva capito cosa le stava sussurrando il cuore dal primo
momento in cui l'aveva vista.. quella sera aveva cominciato a sperare
che le cose cambiassero anche per lei..
Ma ancora una volta aveva inseguito un miraggio, ancora
una volta era stata un'ingenua, una ragazzina sognatrice, che invece
di volare era caduta rovinosamente a terra. Il pensiero andò a
Gabrielle e nuovamente la rabbia e l'invidia presero possesso di lei.
“Se non ci fosse lei... Xena sarebbe mia.. Io.. devo
averla.. devo riuscire ad avere Xena.. e nessuno.. nessuno potrà
distogliermi dal mio intento..”
Un rumore di passi poco distante la fece sobbalzare:
voltò il viso e vide Manlio che si avvicinava fischiettando. I
cavalli nitrirono di contentezza e il ragazzo li salutò con un
sorriso.
Emilia sospirò e in punta di piedi si allontanò,
uscendo dalla porta posteriore.
Non voleva incontrare nessuno... aveva bisogno di
riflettere e di pensare: era stufa di attendere e di aspettare che i
suoi sogni si avverassero.
“E' giunto il momento di aprire le ali e di provare in
un modo o nell'altro a raggiungere le stelle.” pensò, mentre uno
strano sorriso le incorniciava il volto.
Domus
di Alti
“Perchè? Perchè il buio mi perseguita? Vorrei
poter dormire tranquilla una volta, vorrei poter riposare le mie
stanche membra e lenire il dolore che mi accalappia le tempie..
perchè mi torturi?”
Nessuno rispose alla sua domanda, mentre lei vagava
confusa nell'oscurità dell'oblio che accompagnava ogni suo inquieto
sonno.
Si era addormentata sfinita e senza toccare cibo, a
causa del nervosismo, della malinconia e delle rabbia che l'incontro
con Marcello aveva provocato.
Si sedette e si prese il volto tra le mani, mentre
una sensazione di angoscia le attanagliava lo stomaco. Sapeva che
l'altra le avrebbe mostrato qualcosa, qualcosa di doloroso e non
voleva concedersi.
Era stanca, stufa e triste: era diventata una
marionetta, era schiava del suo stesso potere, era schiava di se
stessa e dell'entità malvagia che viveva sopita dentro di lei.
“Alti.. Alti.. perchè questi tristi pensieri?”
domandò una voce carezzevole.
“Lasciami stare!” rispose la donna rabbiosamente,
coprendosi le orecchie.
La voce rise maligna “Non puoi non ascoltarmi..
sono dentro di te.. ricordi? Ora non ricominciare a lamentarti.. da
quando siamo arrivate a Roma non hai fatto altro che comportarti come
una ragazzina.. che fine ha fatto la Alti sicura e fiera che viveva
in Grecia? Non credevo che lui avesse così tanto potere su di te..”
“Lui non ha alcun potere, così come non ne hai
tu..”
La voce rise ancora “Oh su questo ti sbagli mia
cara.. sai perfettamente che io posso comandarti a bacchetta.. per
questo piangi e strepiti, perchè solo ora comprendi il prezzo del
potere. Sei la maga più potente, ma hai un animo così fragile..
ecco perchè io esisto. Mi sembra di averti già chiarito più volte
questo concetto. Perchè continui a ribellarti e non sfrutti le mie
potenzialità? Voglio offrirti un dono.. anzi.. un'alleata, che
potrebbe aiutarti a raggiungere il tuo obiettivo..”
Alti scosse la testa “Io non ho un obiettivo.. io
non voglio Roma! Sei tu che la desideri!”
La Alti malvagia si materializzò davanti ai suoi
occhi, una luce opaca in mezzo a quelle fitte tenebre. “Vero.. io
desidero Roma e il potere.. ma tu desideri lui..”
Alti abbassò lo sguardo e non rispose.
“La persona che voglio usare.. beh.. è utile tanto
a me quanto a te. Ti permetterà di riprenderti quello stupido
Marcello e mi permetterà di ottenere il potere che tanto bramo..”
Alti rialzò lo sguardo e osservò l'entità
incuriosita “Spiegati meglio..”
La Alti malvagia sbuffò “Parole! A che servono le
parole quando puoi vedere tu stessa di cosa sto parlando?” e con
uno schiocco di dita, scomparve.
Alti si alzò in piedi,mentre intorno a lei il buio
si dissipava.
Chiuse gli occhi e cercò di attenuare il senso di
nausea che accompagnava ogni visione del futuro. Non li riaprì
finchè non percepì il freddo pavimento sotto i piedi.
“Ma questa... questa.. è la camera di Marcello..”
sussurrò, riconoscendo l'arredamento.
Deglutì nervosamente e cercò di attenuare il senso
di fastidio e di nervosismo che provava: e se l'avesse trovato
nuovamente con quella donna mascherata? Non pensava di poterlo
sopportare ancora... Un basso gemito, proveniente dalla stanza
accanto sembrò rispondere ai suoi pensieri. Sospirò e si massaggiò
la radice del naso: non voleva andare a vedere, non voleva soffrire.
“Perchè ti sei fermata? Non puoi impedirmi di
mostrarti ciò che voglio..”
“Io.. io..”
“Non vedrai quello che temi... perciò sbrigati!”
esclamò la voce rabbiosamente.
Alti sospirò e si incamminò verso il tenue bagliore
che proveniva dalla porta socchiusa. In punta di piedi entrò nella
stanza e si ritrovò di fronte una finestra aperta: era notte fonda e
faceva caldo. Un altro gemito e il rumore di un lenzuolo scostato
attirarono la sua attenzione. Ancora una volta osservò il letto
riccamente decorato e ancora una volta la vide: i capelli neri
sciolti e la spalla marchiata, se ne stava seduta sul letto con la
testa piegata di lato; non portava una maschera e per la prima volta
Alti potè scorgere i suoi lineamenti e il colore dei suo occhi,
azzurri come il ghiaccio.
La donna si stese su un fianco, ridendo
sommessamente, mentre una mano piccola e pallida le accarezzava il
volto.
Confusa,Alti si avvicinò ancora e quello che vide la
lasciò senza parole: un'altra donna bellissima, dai lunghi capelli
biondi e dagli splendidi occhi verdi,socchiusi in un'espressione
felice ed appagata, giaceva tranquilla al fianco della mora.
“E' stato stupendo.. è sempre così con te” le
sentì dire in un sussurro, mentre l'altra sorrideva soddisfatta
“Avevi dubbi forse? Io sono una specialista!”
La biondina le diede un buffetto sul braccio
“Davvero? La solita presuntuosa!”
La mora rise ancora e volse lo sguardo verso la
finestra. Alti sobbalzò e si mise una mano sul petto: avrebbe urlato
se non avesse saputo che la donna non poteva vederla. Quello sguardo
d'acciaio la metteva enormemente a disagio.
“Devo andare.. tra poco tuo marito sarà qui”
La bionda scosse la testa, aggrappandosi con forza al
collo dell'altra “No.. non te ne andare.. Marcello sarà ancora
impegnato a divertirsi.. non mi lasciare..”
Quelle parole colpirono Alti come un fulmine.
“Lei... lei.. è la moglie di Marcello!” pensò
sconvolta, indietreggiando.
Si voltò e si incamminò verso l'uscita: non voleva
fare altro che andarsene e scappare via da quella visione. Stava per
inforcare la porta, quando notò un'ombra oltre la soglia. Un'altra
persona stava spiando le due amanti!
Una ragazza dai lunghi capelli rossi osservava la
scena con occhi ardenti, mordendosi le nocche per la rabbia. Frugò
un attimo nella tunica e strinse il pugno intorno ad un piccolo
oggetto lucente. Alti piegò la testa e si rese conto che si trattava
di un lungo pugnale. Vide la ragazza sospirare, e poi spingere
delicatamente la porta. La vide entrare e dirigersi verso il letto in
punta di piedi, mentre un diabolico sorriso le incorniciava il volto,
appena illuminato dalla luce della luna che filtrava dalla finestra.
Alti percepì nuovamente una profonda sensazione di
nausea e chiuse gli occhi, mentre la visione spariva, guizzando come
la luce di una candela colpita dal soffio del vento.
Udì solo un grido.. un grido prolungato e disperato.
Si svegliò sobbalzando, guardandosi intorno confusa.
Era finita per terra. Si rialzò velocemente e si
diresse verso la sua toeletta. Si sciacquò il viso e cercò di
riordinare i propri pensieri.
“Divertente, non trovi?” domandò ironica una voce
alle sue spalle.
Alti si girò e osservò severa l'altra se stessa
passeggiare tranquillamente per la stanza
“Cosa significa quello che ho visto?”
“Esattamente quello che hai visto mia cara.. La moglie
del tuo adorato Marcello ha trovato una persona che le interessa..
una schiava, come avrai notato.. La schiava di Marcello.. Xena..”
Alti scosse la testa “Cosa? E quella ragazza che aveva
il pugnale.. lei..”
“Esatto.. E' un'altra schiava di Marcello: quella
ragazza è la nostra arma segreta. Devi avvicinarti a lei ed
approfittare della sua rabbia e del suo odio.. Usa il suo desiderio
di vendetta a nostro vantaggio e vedrai che ben presto avrai quello
che desideri..”
“Desiderio di vendetta? Cosa vuoi dire?” domandò
Alti confusa.
L'Alti malvagia sollevò le spalle divertita “Ah
questo dovrai scoprirlo da sola.. Non sarebbe divertente se ti
dicessi ogni cosa.. Ho guardato oltre quello che ti ho permesso di
vedere.. ora sta a te. Non vorrai che sia io a fare tutto il lavoro.
In fin dei conti sei tu che comandi, no?”
Alti non rispose, ma si alzò in piedi e si diresse al
balcone: il sole era ancora alto nel cielo. Doveva essere il primo
pomeriggio.
Inspirò profondamente e appoggiò le braccia al
parapetto.
“Non credo di avere molta scelta... farò quello che
mi suggerisci..”
La Alti malvagia le appoggiò una mano sulla spalla “Ora
si che ti riconosco.. domani faremo una bella visita al nostro
Marcello e avremo modo di studiare meglio la nostra preda... Non
perdere di vista l'obiettivo. Se tutto va bene, presto sarà tutto
finito ed entrambe avremo ciò che desideriamo.”
“E sia.. ma promettimi che quando avrai ciò che vuoi
mi lascerai libera..”
“Chissà.. potrei anche pensarci mia cara..”
sussurrò l'altra, sparendo.
Alti sospirò, mentre percepiva nuovamente il potere
dentro di lei.
“E' giunto il momento di riprendermi ciò che mi
appartiene” pensò, ghignando e chiudendo la finestra alla proprie
spalle.
Domus
di Marcello, giardini
Non aveva impiegato troppo tempo a trovare la splendida
quercia. All'ombra dei suoi grandi rami Gabrielle la attendeva
seduta, un sorriso le incorniciava il viso e gli occhi brillavano
alla luce del sole.
“Ecco a te! Buon appetito! O forse dovrei dire buona
merenda visto l'orario...” esclamò Xena felice, posando il cesto a
terra.
“Non lamentarti.. è tutto quello che sono riuscita a
trovare”
“E chi si lamenta? Ho talmente fame che mangerei anche
l'erba!” rispose Gabrielle, prendendo una carota e cominciando a
mordicchiarla.
“Ah si? Facciamo una prova...” disse Xena,
strappando qualche filo d'erba e avvicinandolo al viso dell'altra.
Gabrielle si allontanò sorridendo “Smettila! Mi fai
il solletico!”
“E allora? Mi piace sentire la tua risata.. sei molto
bella quando ridi..”
La bionda abbassò lo sguardo “Già.. non sei l'unica
persona che me lo dice..”
“Gabrielle.. che c'è? Ho detto forse qualcosa di
sbagliato?” domandò Xena, sollevandole il mento con due dita.
Gabrielle sospirò “No.. non preoccuparti.. è solo
che mi hai ricordato mia sorella.. lei diceva sempre che il mio
sorriso era il sole di Potidea.. (nota 3)”
“Potidea? Tu vivevi a Potidea! Conosco quel
villaggio!” esclamò Xena sorpresa
Gabrielle annuì “Quando ho sentito Marcello chiamarti
Tigre di Anfipoli, sono rimasta piacevolmente sorpresa. Anche io
conosco il tuo villaggio: mio padre c'è andato qualche volta per
affari..A saperlo l'avrei accompagnato.. non immaginavo che ci
fossero persone così interessanti.”
“Potrei dire lo stesso.. a sapere che c'erano delle
fanciulle così belle, sarei venuta volentieri a visitare la tua
Potidea...” rispose Xena sorridendo.
“Non avresti trovato molto.. il nostro villaggio è
sempre stato sfortunato.. era un via vai di signori della guerra e
condottieri. Certi periodi erano davvero difficili.. Io ero piccola,
ma ricordo che quando arrivavano, mia sorella mi nascondeva sempre,
per evitare che vedessi la loro crudeltà.”
Xena le accarezzò piano una guancia “Le sei molto
affezionata...”
“Le ero.. non.. non c'è più..” sussurrò
Gabrielle, sentendo gli occhi inumidirsi.
Xena non rispose, limitandosi a stringerla tra le
braccia.
Gabrielle si abbandonò all'abbraccio, mentre le lacrime
le scendevano lungo le guance. “Eravamo legatissime.. stavamo
sempre insieme.. la mia famiglia era come la tua, sai? Era una
famiglia speciale.. ci amavamo profondamente. Non eravamo ricchi, ma
eravamo felici. Non avevamo bisogno di niente altro..”
“Cos'è successo?” chiese Xena, asciugandole le
lacrime con l'indice della mano destra.
“E' stata uccisa.. da Mandros, un signore della guerra
che non era soddisfatto di quello che avevamo da offrire. Aveva preso
noi ragazze e voleva scegliere la più bella per portarla via con sé.
Io mi offrì volontaria.. non volevo che prendesse le altre.. Lui mi
rise in faccia e mi strappò il vestito. “Mostra a tutti come sei
brava a compiacermi ragazzina.. e se non mi soddisferai ti
ucciderò!”mi disse ridendo. In quel momento mia sorella si
ribellò, prese un bastone e lo colpì...”
“E' stata molto coraggiosa..”
Gabrielle annuì “Lo so.. ma il suo coraggio.. le è
stato fatale.. Mandros la uccise.. di fronte ai miei occhi.. Io non
potei fare nulla, se non guardarla morire..”
“Non è stata colpa tua.. è stato quel bastardo..
quell'animale..che cosa ha fatto poi?”
“Ha mantenuto la sua parola.. mi portò via, ma io non
rimasi molto con lui.
Poco tempo dopo incontrammo una legione dei Romani e
venni liberata. Mandros morì combattendo così come i suoi uomini..”
“Chi comandava quella legione?” domandò Xena
“Marcello.. lui mi prese con sé e mi riportò a
Potidea.. ma io non trovai più nemmeno i miei genitori. Mia madre
era morta di dolore.. le avevano portato via le loro figlie.. i loro
tesori più preziosi. Mio padre non aveva resistito.. non gli
rimaneva più nessuno.. si era ucciso... Ero rimasta sola.. che
potevo fare? Seguii Marcello a Roma.. ed eccomi qua..” Gabrielle si
alzò in piedi.
“A quanto pare abbiamo entrambe dei tristi ricordi con
i quali convivere...” disse Xena, sollevandosi a sua volta e
abbracciandola da dietro.
“Hai ragione..” rispose Gabrielle, girandosi
nell'abbraccio e poggiando la testa al petto della più alta “Tu
non mi abbandonerai mai.. vero?”
Xena sorrise “Nemmeno le Furie potranno portarmi via
da te...”
Gabrielle le diede un bacio sulla guancia “Grazie..”
La mora scosse la testa e la strinse ancora di più a sé
“No.. sono io che devo ringraziarti..”
Gabrielle la guardò incuriosita “E di cosa?”
domandò.
“Di esistere...” rispose Xena, sfiorandole la fronte
in un bacio leggero.
Nota 1: “Ille mi par esse deo videtur”. L'avete
riconosciuta? Ebbene si.. è l'ode alla gelosia della nostra cara
amica Saffo. Ovviamente tradotta in latino, altrimenti per Xena
sarebbe stato sin troppo semplice ihihih. In realtà devo ringraziare
Catullo e scusarmi con lui per aver approfittato di lui prima del
tempo: al tempo della mia storia, infatti, il poeta latino non era
ancora nato. Questo però non mi ha impedito di usare il primo verso
del suo Carme 51, che altro non è che una traduzione dell'ode 31
della poetessa greca.
Nota 2: Dittonghi. Una piccola delucidazione per chi non
avesse mai studiato il latino: i dittonghi sono l'unione di più
vocali. Per esempio “ae”, che in latino si legge come la nostra
e! Sono molto frequenti nelle parole del latino classico,sebbene non
siano propriamente formati da una vocale asillabica e una sillabica
come succede in italiano.
Nota 3: Potidae. Era situato nel sud della Grecia e
faceva parte nell'antica regione della Tracia. E' passato alla storia
per la famosa battaglia di Potidea, combattuta durante la guerra del
Peloponneso nel 432 A.C tra gli ateniesi e le armate alleate di
Potidea, Corinto e del re macedone Perdicca II.
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Capitolo 12 *** Nuovi sentimenti e vecchi rancori ***
Servitus Capitolo XII
Ciao
a tutti!!! Lo so.. mi avevate dato per morta, per dispersa, per
sepolta. Sto in un periodo di studio tremendo, ma.. oggi Servitus
compie 2 anni! Come potevo non aggiornare? Spero vi piaccia il nuovo
capitolo.. c'è qualche sentimento che finalmente si decide a
sbocciare: un sentimento buono per alcuni, ma cattivo per altri...
Curiosi? Buona lettura!!
Ps:
Dedico il capitolo a Bellatrixwolf e alla mia socia Harwest, che hanno
atteso e sperato tanto in una mia continuazione. Vi ringrazio
profondamente.. Servitus non riuscirebbe a vivere senza di voi!!
Capitolo
XII
“Nuovi
sentimenti e vecchi rancori”
Domus
di Marcello, stalle
Manlio si avvicinò a rapidi passi, fischiettando e
sorridendo. I cavalli lo accolsero con un nitrito e con uno sbuffo di
contentezza: vedere arrivare Manlio significava per loro vedere
arrivare fieno a volontà.
Il ragazzo si diresse alla sua destra e prese il
forcone, per poi dirigersi alla sua sinistra e fermarsi pensieroso.
Di fronte a lui stava una montagna di fieno, che avrebbe dovuto
essere smistata tra i vari animali che sembravano attendere con ansia
la loro razione.
“Oh dei.. eppure sono convinto che stamattina non era
così grossa! Ho come l'impressione che il lavoro mi si centuplichi
senza che io me ne accorga...”
Sospirando, cominciò a scavare con la punta del forcone
e a sollevare balle di fieno, disponendole in piccoli mucchi: così
sarebbe stato più semplice dare una razione identica ad ogni
cavallo. In realtà lavorare lo aiutava a mettere in ordine i
pensieri e in quella giornata di certo pensieri e dubbi non
mancavano.
Emilia e la sua improvvisa passione, Xena e Gabrielle e
il loro amore segreto, il padrone e i suoi piani misteriosi: ognuno
sembrava un personaggio di una tragedia, tutti avevano il proprio
copione e si muovevano su un sentiero tracciato appositamente per
loro...
“E tu Manlio? Tu hai il tuo sentiero? Forse si, forse
no...”
Scosse la testa e sollevò altro fieno: a quanto pareva
non aveva un copione tutto suo. Il destino gli aveva riservato un
posto da spettatore; un personaggio secondario che rimane sullo
sfondo senza poter realmente cambiare le cose.
Ma in fin dei conti chi era lui per poter meritare un
proprio copione?
Era solo un semplice schiavo, che lavorava fedelmente
per il suo padrone. Non aveva vizi, non si lamentava per il carico di
lavoro ed era felice di trovare alla sera una zuppa calda e un
giaciglio in cui riposare.
Non aveva mai saputo cosa fosse l'amore: quel sentimento
che l'aveva animato quando aveva visto Xena era nuovo, assurdo ed
eccitante, ma si era assopito così come era nato. Una passione
passeggera, sfumata di fronte al vero amore, quello che Xena provava
per Gabrielle e che Gabrielle provava per Xena.
“Ah Manlio.. tu riuscirai mai a provare un sentimento
così travolgente? Quello che provavi per Xena non è nemmeno
paragonabile al legame che lei ha creato con Gabrielle.. Per questo è
stato così semplice per te farti da parte, la tua onestà e la
consapevolezza del tuo sentimento innocuo ti hanno aiutato... Tu e
Diona state lottando per il loro amore e per la loro felicità. Già..
Diona..”
Il pensiero della donna lo fece fermare ansante. Posò
il forcone e si sedette per terra, incrociando le gambe. “Diona è
nella mia stessa situazione.. anche lei è un personaggio secondario
della tragedia... chissà se lei ha mai provato un sentimento d'amore
così travolgente.. ne sono convinto.. a volte è così distratta,
così persa nei suoi pensieri. Ora sono in pena per lei.. so quanto
era affezionata ad Emilia e il suo scatto di ira l'ha realmente
sconvolta. Stava quasi bruciando la zuppa.. spero sia riuscita a
recuperarla, anche se dall'odore..” sorrise e si rimise al lavoro
con uno sbuffo. Il pensiero di Diona continuava ad accarezzargli la
mente: era diventata ancora più bella negli ultimi tempi; i suoi
capelli castano scuro si erano allungati e i tratti del viso erano
diventati più marcati, senza però imbruttire i suoi lineamenti
dolci e gentili. Il suo sguardo color nocciola era severo
all'apparenza, ma quando rideva o discuteva si illuminava come se un
fuoco vi si celasse.
Mani agili e pratiche, fisico asciutto, costantemente
avvolto nella sua tunica impolverata. La sua voce grave e calda, così
diversa da quella squillante e fanciullesca di Emilia..
Un tremendo dolore al naso lo fece rinsavire “Ma che
diavolo?” esclamò sorpreso, ritrovandosi di fronte ad una delle
travi di legno che formavano il recinto del primo cavallo.
Era talmente immerso nei suoi pensieri che era andato a
sbatterci contro senza nemmeno accorgersene.
I cavalli nitrirono, quasi a volerlo rimproverare per la
sua disattenzione.
“Ah ah.. cosa ridete, voi? Non siete mai stati
distratti? Ma certo che no.. pensate solo al fieno! Ecco.. mi
raccomando aspettate il vostro turno..uno alla volta!”
“Come siete carini..”
La voce femminile alle sue spalle lo fece sobbalzare: si
voltò e vide l'oggetto dei suoi pensieri a braccia incrociate, che
lo osservava in silenzio.
Sperando che non avesse visto la scena del suo
ravvicinato incontro con la trave, le sorrise di rimando e rispose
“Oh.. sai.. sono un po' la mia famiglia. Di certo con loro puoi
parlare di qualunque cosa senza temere che i tuoi pensieri siano
fraintesi..”
Diona si avvicinò interessata e si fermò a pochi passi
dal primo dei numerosi recinti che occupavano le grandi stalle.
“Dai ad ognuno la propria razione?” domandò,
osservando Manlio depositare il fieno nel recinto e poi ritornare sui
suoi passi per prenderne altro dal mucchio.
“Si.. ognuno ha la propria razione.. uguale a quella
degli altri. Un po' come il padre che dà lo stesso tozzo di pane ai
figli. Non posso certo dare ad alcuni di più e ad altri di meno..”
Diona sorrise “Tu sai essere saggio ed equilibrato
persino quanto dai il fieno ai cavalli.. è una cosa che ho sempre
ammirato di te...”
“Suvvia... non essere esagerata.. sono convinto che tu
faresti la stessa cosa, se fossi al mio posto, anche se non credo che
riusciresti a sollevare il fieno con il forcone..”
“Tu dici? Mettimi alla prova..” disse Diona con tono
di sfida, dirigendosi di fronte ai mucchi di fieno appena divisi.
“Oh no mia cara.. di certo non voglio averti sulla
coscienza!” esclamò Manlio divertito, dirigendosi verso il fieno e
prendendone dell'altro.
“Cos'è? Hai paura che una donna sia più brava di te
a sollevare il fieno?”
Il ragazzo scosse la testa, depositando il cibo anche al
secondo cavallo, per poi voltarsi ed osservarla appoggiato al
forcone.
“Io paura? Donna.. non mi conosci! Fa pure.. ma se ti
capita qualcosa alla schiena, non dirlo a me.. io ti avevo avvisato.”
Le si avvicinò e le porse il forcone: lo sguardo di
Diona brillò di soddisfazione, mentre con la mano destra impugnava
l'arnese. Le loro mani si sfiorarono e i due ragazzi si fermarono per
un momento. Entrambi osservavano in silenzio
le loro mani vicine, quasi intrecciate, scoprendo quanto
fossero perfette insieme.
Fu Manlio a ridestarsi per primo da quel momento di
contemplazione: ritirò in fretta la mano e si schiarì la voce
“Ecco.. sai come si impugna un forcone, non è vero?” domandò,
mentre un leggero rossore gli imporporava le guance.
“Oh si.. certo..” rispose Diona con tono trasognato,
mentre un'espressione quasi.. delusa.. le incorniciava il volto.
“In fin dei conti è solo fieno, che sarà mai?”
esclamò la donna sprezzante.
Infilò la punta del forcone nel fieno e fece un
sospiro, poi puntò i piedi per terra e sollevò le braccia, ma un
peso incredibile le si oppose contro, costringendola ad abbassare
subito il manico del tridente.
Manlio scosse la testa e si portò alle sue spalle “Non
ci riuscirai mai se fai così, hai preso troppo fieno, devi portare
la punta del forcone più in alto.. nemmeno io riuscirei a sollevarne
tanto! Guarda.. così..”
Le si accostò appena e le prese le braccia, muovendole
come il burattinaio fa con la marionetta. “Ora solleva..”
Diona sorrise e sollevò le braccia senza difficoltà
“Avevi ragione.. ci riesco!”
“Certo che ci riesci.. dovevi solo dosare la
misura...”
Diona posò il forcone e si voltò, osservandolo
divertita
“E il tuo orgoglio ferito? Hai perso la scommessa a
quanto mi sembra...”
“Primo.. non ho fatto alcuna scommessa, secondo ero
convinto che tu ci saresti riuscita e terzo non sono assolutamente
competitivo come te..” esclamò sollevando punto per punto un dito
della mano destra.
“Ah... certo..” rispose la ragazza, abbassando lo
sguardo.
Manlio le portò due dita sotto il mento e le fece
rialzare il viso
“Come mai sei qui? Non eri mai venuta a trovarmi nelle
stalle..”
“E-ecco.. non ho trovato più le carote che avevi
tagliato, né il pane, né il formaggio, né il vino.. e poi.. ho
bruciato la zuppa..”
Manlio la osservò stupito “Tu? Hai bruciato la
zuppa?? Oh dei!! La fine del mondo è giunta!!!”
Diona gli diede un buffetto sul petto “Smettila di
fare lo stupido.. ero così presa da tutto quello che è successo che
mi sono addormentata e ho bruciato tutto.. cosa diranno ora i
padroni? Sono una schiava inutile...”
“Su su.. ora non esagerare.. può capitare a tutti di
sbagliare. Eri sconvolta poco fa, ci credo che tu non abbia prestato
attenzione alla zuppa. Per il resto.. da tutto quello che è sparito,
direi che qualcuno sta banchettando! E come vedi non sono io. Io
adoro le tue zuppe, per cui non ho certo bisogno di rubare cibo dalla
cucina.. considerando che se lo facessi, penso mi inseguiresti per
tutta la domus con un manico di scopa.. e non sarebbe piacevole..”
Diona rise “Deve essere stata Xena.. sarà stata in
pensiero per la padrona e le avrà portato da mangiare. Non posso
arrabbiarmi con lei. In fin dei conti toccava a me cucinare, ma ho
fatto un bel guaio..”
“Sono sinceramente stupito! Qualcuno sottrae cibo
dalla tua cucina e tu non batti ciglio! Allora sta veramente finendo
il mondo!” concluse Manlio, accarezzandosi appena il naso.
“Ma Manlio.. che hai fatto? Hai il naso gonfio!”
esclamò Diona preoccupata.
“Oh nulla.. ecco.. ero distratto e ho sbattuto contro
una trave di legno.. tutto qua..”
“Tutto qua? Dai su.. vieni alla luce e fatti
osservare...” disse, trascinandolo alla luce del sole. “Ma a che
stavi pensando? Devi aver preso una bella botta!”
“Ecco.. io...”
“Ora silenzio! Fammi vedere che ti sei fatto..”
Gli voltò il viso verso la luce e gli accarezzò appena
il naso
“Sembra che non ti sia fatto nulla. E' stata una
fortuna.. ti fa male?”
“No.. mi fa bene!” esclamò il ragazzo ironico.
“Potresti essere serio per favore?”
“Mi pulsa leggermente, ma niente di che. Prima mi dava
più fastidio.”
“Sono contenta. Strano che tu fossi distratto,
solitamente pensi solo al lavoro.”
Manlio deglutì, percependo nuovamente il rossore
imporporargli le guance.
“Sai.. è stata una mattina un po' particolare..”
“Ah capisco.. stavi pensando ad Emilia..” osservò
Diona, mentre nuovamente un'espressione delusa gli incorniciava il
volto.
“In realtà no.. stavo pensando a te...”
Diona sollevò il viso e gli lanciò uno sguardo
meravigliato “A me?”
“Certo.. ero preoccupato per te e per quello che
Emilia ti aveva detto. Non sopporto di vederti triste e saperti
sconvolta e confusa non è certo un piacere per me”
“Grazie.. sei sempre così carino” disse Diona,
abbracciandolo.
“In realtà sono venuta qui proprio perchè avevo
bisogno che tu mi consolassi, mi sentivo un po' sola..”
Manlio sorrise e rispose all'abbraccio “Hai fatto
bene. Devi sempre venire da me quando ti senti sconsolata o triste..”
Diona sospirò profondamente e appoggiò la tempia al
petto vigoroso del ragazzo.
“Manlio.. è un po' di tempo che ci penso.. e sono
arrivata ad una conclusione. C'è una cosa che dovrei dirti..”
Manlio sentì il cuore battere all'improvviso e la
temperatura del volto innalzarsi.
“Dimmi..” rispose appena, portando le mani sulle
spalle di Diona e facendola allontanare leggermente per poterla
guardare negli occhi.
Lo sguardo severo era stato soppiantato da uno sguardo
smarrito, perso, ma anche risoluto. In quel momento Manlio comprese
quanto Diona era bella e preziosa, quanto avrebbe sofferto per la sua
assenza, quanto la sua compagnia fosse vitale per lui, quanto lui
stesso fosse... innamorato di lei?
“Ecco.. vedi.. io...”
Ma un rumore di zoccoli e un tramestio non molto lontani
interruppero quel magico momento.
“Il padrone! Il padrone!” sentirono urlare e
schiamazzare.
Diona e Manlio si separarono in fretta, mentre il loro
cuore batteva a mille.
“Maledizione.. è tornato! Diona ci penso io a lui, tu
corri! Trova Xena e Gabrielle e separale! Xena dovrebbe stare ancora
in cella! Va!” esclamò il ragazzo, lanciandole il piccolo mazzo di
chiavi delle prigioni.
“Ma.. tu..” disse Diona, osservando correre via.
“Io starò bene! Ora vai! E sta attenta! Se il padrone
ci scopre, ci ammazza! Ti verrò a trovare stasera, promesso!!”
Diona sospirò e corse nella direzione opposta. Si
sentiva morire di paura e di spavento: se non fosse riuscita a
trovarle in tempo...
Arrivò nel cortile della domus e girò il capo a destra
e a sinistra.. Il tempo scorreva inesorabile e lei stessa non sapeva
dove andare.
Dove potevano essere? Senza indugiare troppo, si diresse
veloce come il vento nella camera della padrona. Bussò e aprì di
scatto la porta, ma non vi trovò nessuno: tutto era in perfetto
ordine e la luce del sole filtrava dal balcone. Entrò e si guardò
intorno, lambiccandosi il cervello su dove potessero essere andate.
Improvvisamente le venne un'idea: con uno scatto si diresse sul
balcone e prese a far scorrere lo sguardo in lungo e in largo. La
camera di Gabrielle era la meglio esposta e dal suo balcone era
possibile vedere buona parte dei giardini e del sentiero che
conduceva alla foresta.
Lanciò un gridolino quando vide due figure sotto la
quercia secolare che poco prima era stata testimone della sua
discussione con Emilia.
Ringraziando gli dei, si fiondò giù per le scale e per
il corridoio, mentre ad ogni angolo temeva di incontrare il padrone e
il suo sguardo corrucciato.
Ebbe fortuna e con il poco fiato rimasto corse verso la
quercia oramai poco lontana.
“Xena! Gabrielle!” urlò, abbandonando ogni
formalità. “E' arrivato!! E' arrivato!!”
Xena e Gabrielle si staccarono e la più alta le lanciò
uno sguardo nervoso
“E' arrivato? Chi è arrivato?”
Diona si fermò,appoggiando le braccia alle cosce, per
riprendere fiato.
“Marcello...” rispose preoccupata, mentre Gabrielle
spalancava la bocca per la sorpresa.
Sentiero
di campagna, poco tempo prima
Il sole pomeridiano gli solleticava appena la nuca,
mentre nuvole di polvere si sollevavano pigre dagli zoccoli del suo
destriero.
Marcello aveva deciso di tornare a casa e di rimanervi
fino alla mattina successiva: non aveva senso rimanere nel rifugio
senza nulla da fare.
Sorrise al pensiero di come poco frequentava quella
domus, una delle più grandi e delle più lussuose di tutta la città.
I cittadini gli invidiavano quella meravigliosa tenuta,
circondata dagli alberi e dalle siepi. “Forse sono l'unico a
distanza di miglia che non è entusiasta di quello che possiede.. ma
in fin dei conti non mi sono mai accontentato di quello che avevo..
per questo ora sono console.. per questo ora sono io a detenere il
potere e a vedere gli altri strisciare davanti a me. Un tempo ero io
a strisciare, a mangiare la polvere che i destrieri altrui
sollevavano sul mio cammino, adesso sono io il costruttore del
sentiero e decido io chi cammina, chi va a cavallo e chi si ferma..”
Sospirò e tirò appena le redini, invitando l'animale a
rallentare il passo: sentiva di dover rimanere ancora un po' da solo,
per riordinare le idee.
La giornata trascorsa non era stata sicuramente
rilassante e le discussioni avevano sempre il potere di spossarlo più
di un'intera battaglia.
Quasi inconsapevolmente il pensiero volò ad Alti..
Nonostante fossero passati tanti anni, doveva riconoscere che la
forza dell'amore che aveva provato per lei non si era affievolito,
anzi, sembrava crescere ogni volta che posava lo sguardo su di lei.
Alti era diventata non solo più bella, ma ancora più
determinata e cinica di quanto ricordasse, mentre i suoi occhi
avevano in parte perso quella luce innocente che li animava da
ragazza. Era stata quella luce splendente a colpirlo e a farlo
innamorare.
Cosa rimaneva più della vecchia Alti, oltre
all'immagine esteriore?
A quanto pareva ben poco: la dolcezza e la gentilezza si
erano tramutate in avidità e in bramosia, come del resto era
capitato a lui stesso.
L'età, i dolori e le esperienze vissute avevano
forgiato il loro carattere e chiuso i loro cuori. Chissà se Alti
aveva pensato di poter voltare pagina e cambiare: lui l'aveva fatto..
Per un periodo si era addirittura convinto di essere diverso.
“Quando ho incontrato Gabrielle e l'ho portata via
dalla Grecia, ho pensato che gli dei mi stavano dando un'altra
possibilità. Ma la vittoria, il potere e la gloria mi hanno
nuovamente plasmato a loro piacimento, rendendomi quello che sono
ora.. Un console temuto e rispettato. Non sono fatto per provare
amore o tenerezza. Sono un uomo d'azione, un condottiero, nato per
dominare gli altri. A cosa serve amare, quando l'amore non porta che
tristezza? Io ho amato Alti, la amo tuttora... lo so.. e non faccio
che soffrire per lei.. Gabrielle mi ha amato e forse io ho amato lei
per un po', ma abbiamo perso quello che stavamo costruendo. Io non la
amo più e lei non mi ama più. Del resto come biasimarla? Non ho
fatto che tradirla, rinchiuderla nel paradiso dorato della mia domus
e pensare solo al mio piano d'azione, giorno dopo giorno.. tassello
dopo tassello. L'ho trattata come tutti i miei schiavi.. come
Diona,Emilia,Manlio.. come Xena..”
L'immagine della gladiatrice gli attraversò veloce la
mente, provocandogli un tremito lungo la schiena: lei avrebbe potuto
essere un'altra medaglia sul suo petto.
L'aveva comprata per possederla, per farla sua, e mentre
una parte di lui ancora scalpitava quando quell'azzurro profondo si
piantava nei suoi occhi, un'altra parte la disprezzava e la temeva.
Nessuno aveva avuto tanto coraggio, nessuno l'aveva sfidato così
apertamente e così ripetutamente... lei si.. Non aveva paura di lui,
non lo considerava come un padrone, forse non lo considerava nemmeno
un uomo e si sentiva autorizzata a mancargli di rispetto. Di fronte a
lei Marcello si ritrovava di nuovo sul ciglio della strada, insozzato
dalla polvere altrui, a racimolare le briciole che gli altri
lasciavano sul loro cammino. E questo non poteva accadere.. non dopo
che aveva fatto tanto per risalire la china e per diventare il più
potente.
L'unico che sembrava realmente rispettarlo era Decio,
fedele e pronto a servirlo fino alla morte. La conversazione che
avevano avuto poco prima era stata decisamente intensa e Marcello
sapeva di essersi spinto troppo in là, chiamandolo “figlio”
Del resto non si trattava di una sporca strategia: per
una volta,anzi, il console era stato sincero, ammettendo la
profondità dei propri sentimenti.
Decio per lui era veramente un figlio, un ragazzo da
istruire al meglio e di cui poter essere orgogliosi. Non a caso gli
aveva affidato un compito tanto delicato senza rimpianti: nessun
altro avrebbe potuto farlo.
Sollevò lo sguardo e si rese conto di essere quasi
arrivato. Accarezzò il collo del cavallo e sbattè i talloni sui
suoi fianchi, partendo veloce al galoppo.
“Il padrone! Il padrone!!”
Le urla degli schiavi intorno a lui lo fecero sorridere
e rigenerarono il suo orgoglio.
Sorrise impercettibilmente e portò la testa
all'indietro: in quel momento si sentiva un dio... un dio circondato
dai fedeli adoranti e non c'era cosa che lo animava di più..
In pochi minuti raggiunse il portone di legno e scese da
cavallo,dirigendosi in silenzio verso il corridoio alla sua destra.
“Manlio! Manlio!!” chiamò autoritario, non
ricevendo risposta.
Pochi secondi dopo uno scalpiccio annunciò l'arrivo del
ragazzo, che, ansante, si affrettò a prendere le redini dello
stallone di fronte a lui.
“Dove eri finito? Ti ho chiamato due volte! E perchè
sei senza fiato?”
“E-ecco padrone.. stavo.. stavo raccogliendo il fieno
per i tuoi cavalli. Non mi aspettavo di vederti a casa stasera e
quando ho sentito i contadini schiamazzare mi sono subito diretto
qui..”
Marcello aggrottò la fronte e lo osservò digrignando i
denti “Quante volte ti ho detto che non devi pensare?? Non sono
tenuto a dirti se, quando e come tornerò a casa, chiaro? E se non mi
aspettavi, mi dispiace di averti scomodato, schiavo...”
Manlio piegò la testa e trattenne il fiato, pronto ad
incassare il colpo, che miracolosamente non venne.
Marcello si era allontanato a rapidi passi, piantandolo
lì in silenzio.
Stupito e piacevolmente sorpreso, Manlio si incamminò
dalla parte opposta, tenendo strette le redini nella mano destra e
accarezzando piano con la sinistra il muso dell'animale “Lo sai? A
volte il padrone mi lascia davvero senza parole..” sussurrò,
sorridendo al nitrito del cavallo che sembrava pensarla esattamente
come lui.
Domus
di Alti
Seduta sul soffice letto, Alti rimuginava senza sosta.
Non era passato molto tempo da quando quello strano sogno si era
presentato, turbandole ancora una volta il sonno.
Si ridistese sulla schiena con un sospiro, osservando
senza entusiasmo il soffitto ricco di affreschi. L'altra parte di lei
sembrava sopita in quel momento e questo le dava la possibilità di
pensare con lucidità, seppure per poco tempo.
L'immagine di quella ragazza armata la tormentava, come
un dubbio al quale non è possibile trovare una risposta.
Perchè mai avrebbe dovuto provare un desiderio di
vendetta? E come poteva sfruttarlo a suo piacimento? Non l'aveva mai
vista, né conosciuta.. Come l'avrebbe avvicinata? Portò un braccio
dietro la testa e si sistemò più comodamente.
Doveva trovare un modo, se voleva davvero riconquistare
Marcello e se voleva tornare ad essere quella di un tempo.
Se avesse saputo che ottenere il potere avrebbe
significato perdere se stessa, forse non sarebbe mai partita per la
Grecia. Eppure rimanere a Roma non era una soluzione che le
aggradava.
Del resto si era sempre sentita superiore a tutti e la
sua anima a prima vista gentile era animata da un fuoco d'orgoglio
che, seppur celato agli altri, la animava dal profondo.
Non era felice, non era soddisfatta né contenta:
desiderava la conoscenza, il potere, la gloria e niente di tutto
questo avrebbe potuto ottenere in quel tugurio che aveva imparato suo
malgrado a chiamare casa.
Marcello le ripeteva spesso che c'erano persone che
stavano in situazioni peggiori delle loro: gli schiavi, gli
emarginati, gli orfani..
Ma in fin dei conti loro due cosa avevano di più? A
cosa serviva essere libero se non si riusciva a raggiungere il
proprio scopo?
Quante notti aveva trascorso a sognare di scappare via
da Roma, per poter provare nuove emozioni, per poter ricominciare
tutto, senza però avere il coraggio di farlo sul serio. L'unica cosa
che per qualche tempo l'aveva trattenuta era stato proprio l'amore
sincero che Marcello nutriva nei suoi confronti. Con lui aveva
pensato di poter mettere tutto da parte, di cominciare una vita
nuova, migliore di quella che aveva vissuto fino a quel momento. Ma
non aveva saputo aspettare: la smania e la bramosia che in quel
periodo avevano prepotentemente preso possesso di lei erano più
forti di qualunque altra cosa.
Quando aveva deciso di partire per la Grecia, si era
sentita finalmente una persona libera e padrona del proprio destino.
E pensare che era stato un viandante, un uomo qualunque con un viso
qualunque ad aprirle la strada. Un uomo incontrato per caso al
mercato, che l'aveva incuriosita con i suoi abiti sgargianti e che le
aveva narrato storie magnifiche di luoghi sconosciuti. Lui le aveva
parlato della magia, le aveva mostrato alcuni di quelli che lui
definiva “doni”.
Si chiamava Tullio ed era stato il suo primo maestro.
Con lui era partita e aveva lasciato dietro di sé la sua vecchia
vita, la sua vecchia se stessa.
Lui l'aveva portata al tempio della Pizia e l'aveva
iniziata ai misteri della magia.
Grazie a lui era diventata potentissima ed aveva appreso
cose che mai immaginava potessero esistere. Ma Tullio era un uomo
buono, una persona che usava la magia al servizio degli altri.
Il suo primo maestro ben presto era diventato il suo
primo avversario: aveva intuito quanto pericolosa fosse diventata e
aveva deciso di fermarla, ma invano.
Era perito, come tutti coloro che dopo di lui avevano
tentato di fermare il suo cammino.
Chiuse per un attimo gli occhi e cercò di impedire ad
una lacrima solitaria di scenderle lungo la guancia. Aveva seppellito
quei ricordi e quelle immagini in un denso oblio, che però si
rischiarava non appena l'altra Alti dormiva.
Erano gli unici momenti in cui era ancora se stessa, in
cui era ancora la ragazza sognatrice, che si era lasciata trasportare
da un desiderio più grande di lei.
Sollevò la mano destra e si asciugò velocemente la
goccia salata che si era fermata alla base della mandibola: in quel
momento piangere non le serviva a nulla.
Quello che doveva fare era capire come agire.
L'altra se stessa le aveva detto di avvicinarsi a quella
schiava, l'aveva chiamata “arma segreta”.. Non poteva lasciarsela
scappare.
Si alzò dal letto, incurante delle coperte che erano
scivolate sul pavimento e si diresse verso la brocca alla sua
sinistra.
Immerse l'indice nel liquido trasparente e un brivido le
percorse la schiena per quanto era freddo. Sospirò appena e si
piegò, avvicinando il viso a pochi centimetri dall'acqua
“Mostramela..” sussurrò, allontanandosi nuovamente per poter
guardare meglio l'immagine che si stava formando.
Cominciava ad intravedere di nuovo quella figura, i
capelli sciolti, il pugnale in mano, la luce vendicativa nei suoi
occhi... quando tutto scomparve, sostituito da un altro volto, che in
quel momento non avrebbe voluto vedere.
L'altra Alti la osservava sorniona, un ghigno ad
incorniciarle il viso.
“Ma tu guarda.. qualcuno qui cerca di usare la magia
senza invitarmi..”
“Cosa ci fai qui? Avevo usato la formula giusta, non
sei tu quella che voglio vedere..”
“Mia cara.. stenti ancora a capirlo? Sono io che
comando qui, non tu. Non sei in grado di fare nulla senza il mio
consenso. Per cui se io dico no, è no e tu non puoi fare altro se
non cercare di attutire la bruciante sensazione della sconfitta.
Perchè volevi vedere quella ragazza? Ti avevo già mostrato quanto
necessario.”
“Avevi detto che è la nostra arma segreta.. volevo
rendermi conto meglio di chi fosse.”
“Non puoi capire una persona attraverso uno specchio
d'acqua..”
“Eppure tu mi comandi come un burattino attraverso di
esso..”
L'altra Alti sorrise, scuotendo appena la testa “Oh
no.. io ti comando perchè sono dentro di te. Lo specchio non è che
un misero strumento. La verità è che io sono una parte di te, della
quale tu non ti potrai mai liberare da sola. Quando hai accettato il
potere assoluto, hai accettato anche me. Tutte le magie hanno un
prezzo.. ed io sono il prezzo della tua magnificenza.”
Alti si alzò in piedi, camminando avanti ed indietro e
stringendo le mani al grembo.
“Suvvia, non fare la bambina arrabbiata. Tu vuoi
odiarmi, ma sai perfettamente di non poterci riuscire. Sarebbe come
odiare la parte migliore di te: perchè che tu ci creda o no, mia
cara, io sono la parte migliore di te!!”
“No.. non è vero..”
“Si che è vero! E tu stessa lo sai. Dici di volerti
ribellare, di volermi scacciare, ma non ti sei mai impegnata per
farlo, né hai tentato di combattere contro il mio dominio. E lo sai
perchè? Perchè sai che senza di me non sei niente.. che senza di me
saresti ancora quella contadina sognatrice, confusa e troppo
orgogliosa. Ti sei mai chiesta perchè ti permetto di pensare
liberamente ogni tanto?
Per questo motivo.. perchè in quei pochi momenti di
lucidità, quando ti penti della scelta fatta, della partenza e di
tutte le tue azioni, arriva il momento in cui sento che una parte di
te mi chiama disperatamente. E' proprio in questi momenti che tu
stessa capisci quanto io sia indispensabile, per guidarti e per
condurti alla vittoria.”
“Io sono stufa di te e delle tue angherie. Io voglio
essere libera!”
“Ah.. troppo tardi cara.. dovevi pensarci prima.
Oramai sei parte di me, come io sono parte di te.. ora smettila di
tormentarti con ricordi passati e dubbi insolvibili. Ti ho già detto
tutto ciò che devi sapere e non ti permetterò di fare altro.”
Alti girò il viso e osservò l'altra se stessa, fiera e
altera, così diversa da lei, pallida e tremante “Perchè? Perchè
sono diventata così?”
L'altra Alti sollevò appena le spalle e le si avvicinò,
poggiandole una mano sulla spalla. “Perchè hai scelto..”
sussurrò svanendo così come si era materializzata.
Domus
di Marcello, giardini
L'annuncio di Diona era stato seguito da un silenzio
gelido. Gabrielle abbassò le braccia e le strinse attorno ai fianchi
di Xena “Non voglio che tu vada via.. non adesso...”
Xena strinse appena gli occhi e pose la mano destra
sotto il volto della più piccola “Gabrielle.. devo.. se Marcello
ci trova.... non posso permettere che ti faccia del male. Io dovrei
essere in cella in questo momento, non ricordi? Verrò da te non
appena possibile, non temere.. ma ora..” Sospirò, incapace di
continuare.
Fu Diona a venirle in aiuto,alternando alle proprie
parole rapidi sguardi al cortile alle proprie spalle “Gabrielle...
Xena ha ragione. Fai come dice... lasciala andare.. il padrone sarà
qui da un momento all'altro!”
“Va bene... ma sappi che io ti aspetterò! Ti
aspetterò, perchè non potrei fare altrimenti...” disse Gabrielle
singhiozzando e diminuendo la presa sui fianchi della mora.
Xena si allungò appena e la baciò sulla fronte “Ti
amo...” sussurrò, poi si voltò e si rivolse a Diona “dammi le
chiavi della cella e resta con lei.”
“Ma... come? Vengo con te!”
“Non se ne parla! Se il padrone ti trova con me, sono
guai.. tu resta con Gabrielle..”
“Ma... io..”
“Diona!!! Muoviti! Dammi le chiavi!” ordinò Xena
imperiosamente, mentre i suoi occhi sembravano emettere scintille.
Suo malgrado Diona obbedì, porgendole il mazzo di
chiavi,che aveva ricevuto da Manlio. “Buona fortuna Xena..”
disse, cercando di impedire alla propria voce di tremare.
Xena annuì, voltò le spalle ad entrambe e corse via
lungo il cortile e per i corridoi della domus. Fu fortunata: tutti
erano alle prese con il ritorno improvviso del padrone e nessuno
schiavo o lavorante era in giro.
Solo il rumore dei suoi passi affrettati rompeva il
silenzio quasi opprimente che si era creato. Xena deglutì
nervosamente e si guardò intorno: aveva la strana sensazione di
essere osservata. Sospirò di sollievo quando in lontananza vide la
porta che
conduceva alle segrete. Infilò la chiave nella toppa e
girò. Stava per spalancarla, quando un fastidioso formicolio alla
nuca la fece voltare nuovamente: ma non vide nessuno.
Era tentata di domandare se vi fosse qualcuno, ma la
prudenza fu più forte dell'istinto: non poteva permettersi di
rischiare tanto. Aprì la porta e si fiondò giù per le scale,
incurante del buio delle torce. Qualche attimo dopo aveva spalancato
la cella e si era sistemata sul giaciglio ansante “Siano
ringraziati gli dei... ce l'ho fatta.. ora devo solo...” ma una
terribile consapevolezza le ferì il cuore: aveva lasciato la porta
delle segrete completamente spalancata!
Maledicendo la fretta e la propria incoscienza, fece per
risollevarsi e correre nuovamente di sopra, quando un rumore che
conosceva ormai piuttosto bene infranse il silenzio degli ambienti
sotterranei.
SBAM
Qualcuno aveva chiuso la porta....
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