Crying Lightning

di _Whatever_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Supersonic ***
Capitolo 2: *** pretty visitors ***
Capitolo 3: *** Do me a favour ***
Capitolo 4: *** Really topped my radio ***
Capitolo 5: *** Feeling good ***
Capitolo 6: *** A certain romance ***
Capitolo 7: *** And your past-times, consisted of the strange And twisted and deranged ***
Capitolo 8: *** I don't know if you're looking for romance ***
Capitolo 9: *** Secret door ***
Capitolo 10: *** Dancing Shoes ***
Capitolo 11: *** Landed in a very common crisis ***
Capitolo 12: *** Well my friend fancies you ***
Capitolo 13: *** Colour of the trap ***
Capitolo 14: *** If I'd have known, then I wouldn't have said it ***
Capitolo 15: *** Still take you home ***
Capitolo 16: *** My Mistakes Were Made For You ***
Capitolo 17: *** Lady, where's your love gone? ***
Capitolo 18: *** Tonight there'll be a ruckus yeah regardless of what's gone before ***
Capitolo 19: *** Only you know ***
Capitolo 20: *** Hello, it's good to be back! ***
Capitolo 21: *** And all the faces seem to need a slap ***
Capitolo 22: *** The Bad Thing ***
Capitolo 23: *** The view from the afternoon ***
Capitolo 24: *** Ladies and Gentleman ***
Capitolo 25: *** Glasto 2007 ***
Capitolo 26: *** Telepathy ***
Capitolo 27: *** Little promises ***
Capitolo 28: *** Help ***
Capitolo 29: *** Happenstance ***
Capitolo 30: *** Calm like you ***
Capitolo 31: *** The time has come again ***
Capitolo 32: *** Catapult ***
Capitolo 33: *** Manchester 2007 ***
Capitolo 34: *** Up In The Sky ***
Capitolo 35: *** Postcards from far away ***
Capitolo 36: *** 23 Ottobre 2008 ***
Capitolo 37: *** 24 ottobre 2008 ***
Capitolo 38: *** Electric Prom ***
Capitolo 39: *** Tell her tonight ***
Capitolo 40: *** Canopy 19 ***
Capitolo 41: *** Not Ninenteen Forever ***
Capitolo 42: *** Evil Twin ***



Capitolo 1
*** Supersonic ***


Heilà! Questa è la mia prima fan fiction sugli Arctic Monkeys e in la seconda in generale.
Spero che questo primo capitolo vi piaccia  e vi incuriosisca.
Fatemi sapere con una recensione se è il caso di continuare o se meglio che io eviti di imbarazzarmi “pubblicamente” continuando a scrivere.



Margaret

Allison era tornata da scuola praticamente volando un metro da terra e per quanto odiassi rivolgerle la parola anche solo per un secondo, ero curiosa di sapere cosa rendesse tanto felice la figlia della seconda moglie di mio padre.
“Oggi la signorina William ha definito i gruppi per le ricerche di biologia!” mi disse con la sua voce acuta e stranamente felice di rispondere a una mia domanda.
Quel giorno non ero andata a scuola perché avevo la febbre e mi ero persa le assegnazioni delle ricerche.
“E quindi?”
“Io devo fare la ricerca con Alex.”
Eccola di nuovo, la solita Allison. I nostri genitori pensavano di fare una cosa buona mettendoci nella stessa scuola, dopo che mi ero trasferita a casa di mio padre e delle sua nuova moglie.
Non potevano di certo immaginare che finissimo a detestarci, ma il problema è che quando io e lei fingevamo di andare d’accordo, i nostri genitori sembravano molto più ben disposti nei nostri confronti e ci lasciavano fare qualsiasi cosa, alla sola condizione che fossimo insieme.
Non è difficile immaginare che bastava un minimo di organizzazione per uscire in gruppi diversi e farsi gli affari propri e tornare a casa alla stessa ora per non destare sospetti.
 “Alex chi?”
“Come Alex chi? Alex Turner!”
“Ah quello strambo che non parla mai con nessuno a parte i suoi soliti amichetti.”
“Non è strambo, è affascinante!”
“Ma per favore! Pensi che quello sia fascino? Quella è anonimia. Sta sempre zitto perché evidentemente non ha mai nulla da dire di interessante.”
“In ogni caso domani pomeriggio viene qui a studiare.”
“Woooow! Che bello!” le risposi con un tono demente quasi quanto il suo e lei mi lanciò uno sguardo inviperito, che provocò solo una mia grassa risata.



Il pomeriggio successivo mi rinchiusi in camera mia perché non avevo proprio voglia di sentire Allison fare l’oca con un ragazzo.
Mi stesi sul letto e misi su Ok Computer dei Radiohead perché mi mancava mia madre.
Era tornata a vivere in Francia e tutto quello che mi aveva lasciato erano stati i suoi cd. Odiava l’Inghilterra, a parte la musica. Io avrei voluto restare con lei, ma non mi andava di trasferirmi a Marsiglia, così restai a Sheffield. L’unico problema era che mio padre si era risposato e così vivevo sotto lo stesso tetto della figlia della seconda moglie di mio padre, il mio opposto, Allison.
Probabilmente mi appisolai ripensando ai miei ultimi due anni in quella casa, ma l’interruzione della musica mi svegliò.
Dal piano di sotto si sentivano due voci parlare di biologia e mi stavo annoiando tantissimo, così decisi di iniziare a torturare un pochino Ally.
Presi Definitely Maybe dalla collezione di mia mamma e lo feci partire a tutto volume, poi salii sul letto e iniziai a ballare e a cantare sulla voce di Liam supersexy Gallagher.
Mi stavo scatenando per allontanare la malinconia e per infastidire Allison, cosa che probabilmente funzionò.
Stavo per attaccare con il ritornello di Supersonic, ma fui interrotta da qualcuno che apriva la porta di camera mia.
Un ragazzo mingherlino dai capelli neri, occhi enormi e con un evidente problema di acne mi osservava dalla porta imbambolato.


Alex
Bussai alla porta di quella stanza perché quella guastafeste di Allison mi aveva chiesto di andare a chiedere a Margaret di abbassare il volume dello stereo e per chiederle se volesse del thè, ma la persona dall’altra parte non mi sentì.
Quando aprii quella porta non mi aspettavo certo di vedere uno spettacolo del genere: una ragazza bellissima che cantava e ballava sulle note degli Oasis.
Aveva i capelli neri e lunghi e indossava dei semplici pantaloncini e una canotta e soprattutto aveva il volume altissimo.
Mi incantai qualche secondo, ma lei non apprezzò questa cosa, perché appena mi vide, scese dal letto e abbassò il volume per parlarmi.
“Non ti hanno insegnato a bussare?”
“Ci ho provato, ma non penso che tu mi abbia sentito.”
“Probabilmente tengo il volume così altro perché non voglio essere disturbata da voi.”
Non sapevo come rispondere, ero troppo impegnato a ripensare alla visione di qualche secondo precedente.
Lei comunque mi sorrise e mi allungò la mano.
“Comunque piacere, sono Margaret. Tu sei…?”
“Alex” allungai la mano timidamente. Aveva cambiato umore in nemmeno un secondo e io ero un bel po’ confuso.
“Cosa vuoi da me, Alex?”
Non sarebbe stato carino risponderle cosa in realtà volessi da lei in quel momento.
“Tua sorella mi ha chiesto…”
“NON SIAMO SORELLE!”
Ecco un nuovo sbalzo di umore, ma forse questa volta legittimato.
“Ah, sì, scusa. Allison mi ha chiesto di chiederti di abbassare il volume e di chiederti se volessi un po’ di thè.”
“A te da fastidio la musica?”
“No, anzi. Preferirei ascoltare gli Oasis piuttosto che fare quella stupida ricerca.”
“Bene allora puoi dire ad Allison di fottersi.”
“Devo riportarglielo in modo letterale?”
“Fai come vuoi.”
Detto questo, riaccese lo stereo e tornò in piedi sul letto a ballare e cantare.
Prima di uscire da quella stanza, che in quel momento rappresentava una sottospecie di paradiso per me, la guardai un’ultima volta e vidi che dietro di lei troneggiava un enorme poster in bianco e nero dei Blur.




Margaret
Che strano ragazzo.
Sotto l’acne sembrava esserci qualcosa di interessante, soprattutto nel suo sguardo.
Non riuscivo a capire se la sua era indolenza, timidezza, anonimia o fascino, come pensava Allison, ma decisi che lo avrei scoperto il prima possibile, in fondo gli piacevano gli Oasis.

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Capitolo 2
*** pretty visitors ***


Margaret
Andai al piano di sotto per vedere se Allison era riuscita a far evolvere la situazione a suo favore in qualche modo, ma ovviamente i due erano impegnati a parlare del loro progetto di biologia.
Da quello che riuscivo a capire dai loro strani discorsi, quello era un progetto molto lungo e ogni settimana avrebbero dovuto spiegare le evoluzioni in classe.
Merdaviglioso: quel ragazzo in giro per casa almeno una volta alla settimana per molte settimane ed Allison istericamente felice almeno una volta alla settimana.
Raggiunsi la cucina per bere un bicchiere d'acqua dopo il mio intimo concerto, superando il salotto senza nemmeno guardarli, ma si accorsero ovviamentre della mia presenza.
Allison era ancora arrabbiata per la questione della musica, ma non mi disse nulla probabilmente per non apparire pesante agli occhi di Alex. Era proprio questo il suo problema: l'apparire.
Alex invece smise di parlare di biologia e disse, rivolgendosi più a me che ad Allison, visto che aveva alzato un bel po' il volume della voce:
"Sabato sera io e il mio gruppo ci esibiamo in un pub, ti va di venire a vederci?"
Immaginavo la faccia di Allison, non avevi bisogno di vederla: stava di certo sorridendo mostrando tutti i denti possibili e aveva gli occhi a cuoricino, di certo.
"Mi piacerebbe molto, ma cacchio!"
Mi scappò una risata fragorosa, perchè quel sabato sera sarebbe dovuta andare a cena con le sue amiche di danza ed era stata lei ad organizzare la serata,quindi non poteva dar loro buca.
"Che c'è?" Alex non capiva quel che stava succedendo: aveva semplicemente visto una ragazza sorridere e poi cambiare espressione immediatamente, mentre un'altra si era lasciata scappare una rumorosa risata.
Mi affacciai nel salotto e precedetti Allison.
"Sabato sera ha una cena con le sue amichette di danza e quindi non crede di poter venire alla vostra piccola cosa. Vero piccola Allison?"
"Smettila Margaret, non hai proprio niente da fare che star qui a rompere le palle?"
"Ah, non ti preoccupare, tra un po' arriva David. Ci accomodiamo in camera e prometto che ci troveremo qualcosa da fare." Allison diventò tutta rossa.
"Comunque puoi fare un salto anche tu sabato sera, sempre che non sia impegnata a far altro." Alex aveva pronunciato quella frase con un sorrisino strano in faccia. Allison si imbarazzò ancora di più, perchè le sembrava impossibile che due persone potessero parlarsi in quel modo solo dopo pochi minuti di conversazione.
"Non ti assicuro nulla. Lascia l'indirizzo ad Allison e vedrò che fare."
"Ok"
"Allison, cara, quando arriva David gli dici che sono in camera mia?"
Allison intanto si era concentrata sul suo quaderno per nascondere l'imbarazzo e tutto quello che riuscì a sentire fu un 'fottiti' sussurrato.
"Allison! Non è carino dire le parolacce, non ti si addice affatto."
Detto questo me ne tornai in camera ad aspettare il mio ragazzo.


Alex
"Quella ragazza ti tratta sempre così?" chiesi ad Allison. L'aveva massacrata.
"No, di solito le rispondo, ma non mi va di iniziare a litigare davanti a te."
"Guarda che non mi scandalizzo affatto. Non capisco come tu faccia a sopportarla." Probabilmente ero più deluso dal fatto che avesse un ragazzo, piuttosto che dal trattamento che aveva riservato ad Allison, ma non mi sembrava il caso di farglielo capire.
In quel momento qualcuno suonò il campanello.
Allison si alzò per andare ad aprire senza aggiungere altro. Era il famoso David. Salutò Allison educatamente, cosa che mi sorprese, perchè probabilmente mi aspettavo un energumeno tutto muscoli e poco cervello. Riuscì a intravedere qualcosa quando passò davanti alla porta della cucina e quello che vidi mi sorprese ancora di più: sembrava un ragazzo grande, dimostrava almeno 23 anni ed era normale, non tutto muscoli e lampadato e questa cosa mi dava ancora più fastidio se possibile.
"Non sembra maleducato come Margaret."
"Oh, non lo è affatto. E' una persona molto dolce e carina e tutte le volte che lo vedo mi chiedo come possa stare con una come lei, poi ci penso bene e qualche idea mi viene. Ma penso che ci possa arrivare anche tu senza che te lo dica io." Capivo benissimo cosa intendesse e capivo benissimo che Allison non avesse la benchè minima voglia di parlare di Margaret e dei suoi affari sentimentali.
Finimmo il lavoro di quel giorno, anche se facevo veramente fatica a concentrarmi, visto che tutto quello a cui riuscivo a pensare era alla stanza di Margaret e a quanto fosse fortunato quel ragazzo.

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Capitolo 3
*** Do me a favour ***


Margaret
Sabato sera mi preparai per andare a quel pseudo concerto con David, anche se non avevo molta voglia di vederlo. In quei giorni era particolarmente fastidioso: sembrava preoccupato, ma negava sempre e cercava di cambiare discorso. Di certo mi stava nascondendo qualcosa e io ero decisa a scoprire cosa fosse successo.
Non avevo detto niente ad Allison, tanto mi avrebbe visto al pub. La vidi uscire per la cena e sperai che non si presentasse così da Alex: aveva un vestito rosa antico che le arrivava alle ginocchia, molto carino tra l'altro, e delle ballerine nere. Stava bene, ma di certo non era un abbigliamento adatto a una serata al pub.
In macchina David era silenzioso, ma io ero troppo infastidita da questo suo atteggiamento per affrontare un qualsiasi discorso in modo adeguato.
Non disse nulla, nemmeno quando mi accesi una sigaretta senza abbassare il finestrino, giusto per dargli fastidio.
Al pub, cercai Alex, ma non lo vidi. Mi appostai un posto appartato, ma da cui avevo una buona visuale con una birra, aspettando l'inizio. David era andato a salutare dei suoi amici e speravo che restasse lontano il più tempo possibile.
Il palco era minuscolo e si trovava su un lato illuminato del pub; era stata montata una batteria e c'erano un basso e una chitarra appoggiate a dei sostegni.
Riconobbi molta gente della mia scuola, per lo più ragazze.
Probabilmente erano lì per gli altri musicisti, perchè Alex non mi sembrava un casanova.
A un certo punto la ragazza che stava al banco raggiunge il cosidetto palco e annuancia la band
"Signori e signore, anche questa sera Gli Arctic Monkeys suonano per noi!"
Non commentai il nome della band, perchè ne avevo sentiti di peggio e non  volevo partire prevenuta nei loro confronti.
Salirono su quella sottospecie di palco quattro ragazzi e il meno appariscente di loro si mise al microfono: Alex era il cantante. Non guardava molto tra la piccola folla davanti a lui, quindi probabilmente non mi notò.
L'esibizione durò venti minuti circa e non erano male affatto, anche se Alex si muoveva in modo scomposto mentre suonava e cantava. La sua voce era sorprendente: mi sembrava impossibile che da un essere così potesse venir fuori una voce così potente. Non era perfetto, però spingeva un bel po' e il risultato non era afftto brutto.
Sembrava  però un mix terrificante tra Damon Albarn e Graham Coxon: si agitava sul palco, ma nello stesso tempo si sforzava di non muoversi troppo e il risultato non era dei migliori.
Fecero un paio di canzoni loro e qualche cover che non conoscevo.
Quando pensai che l'esibizione era finita, Alex andò a prendere una chitarra acustica e il batterista gli portò uno sgabello.
Alex non disse nemmeno il titolo della canzone che stava per suonare.
Attaccò a suonare Live Forever e solo in quel momento si voltò nella mia direzione e solo allora capii che sapeva fin dall'inizio dove fossi e che mi stava dedicando quella canzone.
In quel momento era tutto perfetto: la sua voce, la canzone degli Oasis, l'acne giovanile, i suoi occhi fissi nei miei.
Ovviamente tutto ciò non poteva durare. In quel momento arrivarono da me sia David che Allison.


Alex
Forse avevo esagerato con quella canzone, ma magari non era così presuntuosa da pensare che l'avevo sul serio dedicata a lei. Il problema è che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso mentre cantavo e quindi probabilmente qualche dubbio le era venuto, ma anche lei mi guardava di rimando e in quel momento mi sentivo la persona più fortunata del mondo, ma ovviamente quel piccolo momento di perfezione fu rovinato dall'arrivo, non solo di Allison, ma anche di David.
Finii l'esibizione guardando un punto a caso della folla che intonava quel capolavoro insieme a me e senza aggiungere molto, se non i dovuti ringraziamenti, andai a ordinarmi una birra.
Il bello di non essere famosi probabilmente è quello di bere in pace in pub della tua città, se pace si poteva considerare la presenza di Allison che cercava di farmi capire quanto le fosse dispiaciuto essere arrivata solo verso la fine.
Margaret era molto seria e non ci prestava molta attenzione per via del suo ragazzo, ma non le sfuggì il mio sguardo.
Indossava una giacca di pelle sopra una canotta verde petrolio e una minigonna nera con dei tacchi vertiginosi.
Per interrompere il fiume di parole di Allison presentai le ragazze al resto della band.
Per fortuna Andy, Jamie e Matt capirono e cercarono di non lasciarmi solo con Allison, ma di certo la serata non stava andando come avevo sperato.
David e Margaret stavano litigando sotto voce e lui era evidentemente ubriaco.


Margaret
David aveva trovato il coraggio di parlarmi dopo qualche birretta e aveva deciso di rovinarmi la serata, solo che non mi andava di fare sceneggiate in quel pub, così me lo trascinai fuori dal locale, subito dopo essermi presentata ai ragazzi.
Era abbastanza ubriaco e mi sembrava che dicesse cose senza senso.
Ci avvicinammo al parcheggio e, anche se non ero proprio dell’umore, cercai di tranquillizzarlo per sembrare comprensiva e magari convincerlo a dirmi cosa gli fosse successo.
“David, mi dici cosa ti succede? E’ almeno una settimana che sei strano.”
“Margaret mi dispiace, sul serio, non so come dirtelo, ma io…”
Eccolo: aveva dovuto cercare il coraggio di lasciarmi nell’alcool. Di certo non gli avrei reso il lavoro più semplice. L’avrei costretto a spiegarmi il perché e non avrei pianto davanti a lui, anche se questa volta ci credevo davvero.
“Dimmi David, ti ascolto.” La mia freddezza non gli facilitava il compito.
“Ho fatto una cosa terribile, una cosa di cui mi pento. Mi dispiace tantissimo.”
“Hai investito uno scoiattolo?”
“No! Scusa, ma cosa c’entra questo?”
“C’entra perché voglio che tu me lo dica per bene cosa hai fatto. Non pensare che mi basti una confessione a metà.” Aveva gli occhi lucidi, probabilmente gli dispiaceva sul serio, ma non mi bastava quell’espressione per risparmiargli una tortura del genere.
“Sono andato a letto con un’altra ragazza.”
“Quando?”
“Sabato scorso.”
“Chi è?”
Sussurrò qualcosa, ma non riuscì a sentirlo.
“Alza la voce, non riesco a sentire quello che dici.”
“Non la conosci.” Troppo semplice come risposta.
“Dimmi chi è.”
“Una ragazza che ho conosciuto in palestra.”
“Perché l’hai fatto?”
“Non lo so, io ti amo, sul serio.”
“Evidentemente non abbastanza. Cazzo David, hai 23 anni e non riesci a resistere ad una ragazza solo perché ci prova con te.”
“Non so cosa mi sia preso, te lo giuro.”
“Bhè, avrai un bel po’ di tempo per capirlo.” Detto questo mi girai e iniziai a incamminarmi verso il pub, ma lui mi trattenne per un polso.


Alex
Margaret era uscita dal locale con David per risparmiarci brutti spettacoli, ma ero preoccupato, perché non tornavano e David non mi sembrava proprio messo bene.
Allison aveva finito le cose da dire grazie al cielo, ma sembrava preoccupata anche lei per Margaret.
“Vado un attimo fuori a vedere se va tutto bene.” Finalmente qualcosa di intelligente usciva da quella faccina così carina, ma Matt la precedette.
“Vado io non ti preoccupare.”
La serata peggiorava di frase in frase e tutto per colpa di Margaret: perché Matt avrebbe voluto andare a controllare? In fondo l’aveva appena conosciuta.
Allison sembrava mortificata per la piega che la serata sembrava aver preso e mi guardava dispiaciuta, ma lei non ne aveva colpa e io mi stavo comportando da stronzo con lei; in fondo le avevo invitate io quella sera e ora me ne stavo seduto in silenzio a bere, così decisi di giustificare il mio atteggiamento con la stanchezza e provai a fare un po’ di conversazione con Allison.
Dopo qualche minuto, vidi entrare dalla porta del locale Matt e Margaret. Lei aveva gli occhi rossi di pianto, ma sorrideva e lui le avvolgeva le spalle con un braccio. Dietro di loro nessun segno di David.
Ci raggiunsero sempre vicini e a quel punto, come prevedibile, la mia attenzione si spostò da Allison a quei due. Matt aveva un segno rosso sul labbro.
“Cosa ti è successo?”
“Oh niente. David ha cercato di colpirmi, ma mi ha preso di striscio. Io non l’ho preso di striscio però.” Sorrideva tranquillo.
“Io gli ho detto di non colpirlo, ma lui non mi ha ascoltato. Se questo qui si fa male alle mani, io non voglio essere ritenuta responsabile.”
“Ma dai, se lo meritava proprio.”
Se non ci fosse stata lei in quel momento, ma una qualsiasi altra ragazza, sarei anche riuscito a pensare che fossero carini, ma quella scena mi dava il voltastomaco; il problema è che una vocina nella mia testa continuava a ripetermi:”Saresti potuto andarci tu fuori, invece che aspettare che Matt ti precedesse. E poi comunque non sai fare a pugni, quindi avresti fatto una brutta figura, oltre che procurarti un occhio nero e Dio solo sa cos’altro.”
Allison intanto sembrava sul serio preoccupata e cercava di capire cosa fosse successo tra quei tre, ma ne Matt, ne Margaret davano risposte precise, così dopo poco, abbandonò i tentativi.
Io me lo sarei fatto spiegare da Matt nei giorni successivi, anche perché volevo anche capire quali fossero le sue intenzioni con Margaret.


Margaret
Quando arrivai a casa quella sera, andai direttamente in camera mia e cercai tutti i regali di David. Li misi in una busta e andai a buttarli nel cassonetto.
Il dispiacere per la fine della storia passava in secondo piano rispetto alla rabbia per il tradimento e di certo preferivo la rabbia alla sofferenza.
Ci misi tanto ad addormentarmi per il nervoso, ma prima che Morfeo mi catturasse, rivolsi il mio ultimo pensiero, non intenzionalmente, a quei grandi occhi scuri che mi fissavano durante Live Forever.

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Capitolo 4
*** Really topped my radio ***


Margaret
Quella settimana trascorse tranquilla e noiosa.
Quando mi capitava di pensare a David, mi rinchiudevo in camera e accendevo lo stereo a tutto volume, cosa che Allison non apprezzava affatto per lo studio, ma non mi disse mai nulla, perchè evidentemente le facevo pena.
Poteva pensare tutto quello che voleva, fin quando non fosse venuta da me per consolarmi. Rispettare il dolore di qualcuno va bene, ma mostrare compassione è una cosa detestabile.
Anche se avevo conosciuto gli amici di Alex, a scuola cercavo di evitarli, perchè di certo non avevano un bel ricordo di quel sabato sera e non mi andava di sentire i loro sguardi dispiaciuti su di me, anche perchè immaginavo che Matt avesse raccontato loro l'accaduto.
Sfortunatamente per me, anche se a scuola potevo evitarli, Alex quel giovedì sarebbe dovuto venire a studiare da Allison e io casualmente programmai di andare a correre proprio quel pomeriggio.


Uscii di casa ancora prima che lui arrivasse e Allison aveva un'espressione di gratitudine dipinta sul viso, come se lo facessi per lei.
i feci un bel giro lungo e passai anche a trovare Elizabeth, mia cugina, che non abitava troppo lontano da casa mia.
Al mio ritorno non c'era nessuno in casa e così decisi di fumarmi una sigaretta prima di farmi un bel bagno caldo.
Ero seduta sugli scalini del portone di casa, quando vidi una figura ben nota avvicinarsi al cancello del mio giardino.



Alex
Avevo dimenticato il cellulare a casa di Allison e tornai a prenderlo, sperando che qualcuno, o meglio Margaret, fosse in casa, perchè Allison era andata a lezione di danza.
La vidi seduta sui gradini del portico; era bella anche con la tuta. Stava fumando una sigaretta e la sua espressione non nascose il disappunto di vedermi arrivare a casa sua.
Venne ad aprirmi il cancello del giardino, ma non mi disse nulla.
"Ciao."
"Ciao."
Mi accesi una sigaretta, così per farle compagnia.
"Non sapevo che i bambini fumassero."
"Sono di certo più grande di te, anche se non sembra."
"Io sono nata a novembre del 1986"
"Io il 6 gennaio dello stesso anno."
"Non si direbbe. Comunque,  cosa vuoi?"
Un'altra volta quella domanda. Prima o poi le avrei risposto sul serio.
"Ho dimenticato il cellulare a casa tua."
"Sono certa che Allison sarebbe stata contenta di riportartelo a casa stasera."
"Bhè, non mi avrebbe trovato."
L'acidità di quella ragazza non smetteva mai di stupirmi. Non riuscivo a capire se fosse più acida o più bella. Forse l'acidità in quell'occasione era giustificata dagli ultimi avvenimenti con il suo ex ragazzo.
Fumammo in silenzio qualche minuto.
"Non ti vedo spesso in giro a scuola."
"Già."
"Matt si chiede come tu stia."
"Tu come staresti?"
"Io non so cosa sia successo quella sera. So solo che Matt ha fatto a pugni con David."
Sul suo viso si dipinse un'espressione di sorpresa.
"Matt non vi ha raccontato nulla?"
"No, ha detto che sono affari tuoi e che lui non ha nessun diritto di diffonderli."
Si tranquillizzò e abbandonò il piede di guerra.
"Mi dai il suo numero di cellulare? Devo parlargli."
In quel preciso istante mi odiai e detestai anche la gentilezza di Matt.
"Sì, certo." Mi sforzai di non apparire infastidito.
Entrammo in casa e raggiunsi subito la cucina per prendere il telefono e far durare quella tortura il meno possibile.
Suonò il telefono e Margaret andò a rispondere.
Rispose in francese. Non capii assolutamente nulla di quello che disse, l'unica cosa chiara era che era felice di sentire chiunque ci fosse dall'altra parte della cornetta.
La telefonata durò circa dieci minuti e io occupai il tempo osservando i libri nella libreria del salotto.
Quando mise giù, la curiosità era troppo grande e non riuscii a trattenermi dal chiederle con chi stesse parlando, così tirai fuori il discorso quasi casualmente.
"Non sapevo che parlassi francese."
"Mia mamma è di Marsiglia e vive in Francia."
"Bello." Mi sfuggì.
"Ti ascolti quando parli?! Secondo te è bello che mia mamma abiti a migliaia di chilometri di distanza da me?"
"No, affatto. Mi riferivo al fatto di saper parlare due lingue fluentemente."
"Sì, soprattutto per chi non riesce a parlare nemmeno una lingua correttamente."
Me lo meritavo, il mio accento era troppo marcato.
Le scrissi il numero di telefono di casa su un foglietto e glielo passai.


Margaret
Lessi il numero e pensai che mi stesse prendendo in giro.
"Secondo te voglio invitare sua mamma a prendere un tè?"
"No, perchè?"
"Perchè mi hai lasciato il numero di casa. Voglio il numero di cellulare ovviamente."
"Bhè, allora chiedilo a lui. Non lascio il numero di cellulare di un mio amico a chiunque me lo chieda. Sei abbastanza grande da poter chiederglielo da sola."
Allora ogni tanto riusciva ad essere acido anche lui.
Era già fuori dalla porta, quando mi venne in mente che non avevamo nemmeno avuto modo di parlare della loro esibizione.
"A parte tutto, sabato sera mi è piaciuto."
Si girò con un timido sorriso dipinto sul volto.
"Mi fa piacere"
"Non pensavo che fossi tu il cantante però."
"Nessuno ci crede quando lo dico, ma non capisco proprio il perchè." Questa volta il sorriso gli scoprì tutti i denti. Aveva un sorriso bellissimo.
"Te ne parlo volentieri davanti a un tè. Ho un paio di cosette da dirti e qualche consiglio da darti."
Lui guardò l'orologio.
"Mi sa che dobbiamo rimandare questa interessantissima conversazione a un'altra volta. Devo andare alle prove del gruppo."

Alex
Notai con piacere un'ombra di delusione sul suo volto, ma non era colpa mia se lei iniziava ad essere gentile troppo tardi.



Il titolo del capitolo si riferisce  a una canzone dei Blur: Music is my radar

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Capitolo 5
*** Feeling good ***


Margaret
Il giorno dopo quella strana conversazione con Alex, decisi di palesarmi durante l'intervallo.
Erano tutti seduti all'ombra di un grande albero.
Quando li raggiunsi, il più sorpreso era senza dubbio Alex.
Mi accomodai di fianco a Matt, senza aspettare un invinto.
Lui mi sorriso e mi passà un braccio intorno alle spalle.
Gli sussurrai un grazie e lui mi sorrise.
Gli altri mi fecero un cenno con la testa e si allontanaro continuando a parlare degli affari loro, come se la mia presenza non li disturbasse affatto. Tutti tranne Alex.
Quest'ultimo infatti si allontanò dicendo che doveva fare una cosa prima dell'inizio delle lezioni.
"Apprezzo il fatto che tu non abbia raccontato tutto ai tuoi amici. Non eri costretto a farlo."
"Figurati."
"Mi prometti una cosa però?"
"Se posso accontentarti."
"Non prendere mai più a pugni nessuno. Sei un talento alla batteria e non voglio che le tue mani si rovinino."
"Ahahahah, grazie. Tu invece mi prometti un'altra cosa?"
"Per il mio salvatore questo ed altro."
"La prossima volta se vuoi il numero di cellulare di qualcuno, glielo puoi chiedere direttamente?"
"Lo sapevo che non potevo fidarmi di quello lì!"
"Ahahaha. Quello lì si da il caso che sia uno dei miei migliori amici e che abbia un nome, quindi attenta a come parli. Detto questo, fai bene a non fidarti, ottiene sempre quello che vuole ed evidentemente quello che voleva era farti arrabbiare."
"Bravò Alex! Fagli i complimenti da parte mia la prossima volta."
Sospirò, poi parlò, come se quello che stesse per dire, gli costasse molta fatica.
"Se non te lo chiedo ora, non troverò mai più il coraggio."
"Dimmi."
"Può sembrarti un po' affrettato, visto che solo la settimana scorsa eri impegnata, ma ti andrebbe di venire a bere qualcosa con me domenica sera?"
Lo guardai in modo strano per farlo stare un po' sulle spine e ci riuscii, perchè non sembrava molto sicuro di sdè.
"Devo aspettare fino a domenica? Stasera hai impegni?"
Parve immensamente sollevato.



Alex
Quella ragazza aveva la capacità di mandarmi fuori di testa. Riservava il suo lato peggiore solo a me.
Durante la lezione di storia Matt non seguì nulla e avevo paura a chiedergli il motivo della sua espressione da ebete.
"Stasera esco con Margaret." Ecco, appunto; non gli risposi.
"Ah, mi ha detto di farti i complimenti."
"Cosa ho fatto adesso?!"
"Penso che sia arrabbiata perchè mi hai detto che voleva il mio numero."
"E tu perchè le hai detto che te l'ho detto?" Adesso anche Matt mi metteva nei casini con quella, come se non facessi abbastanza da solo evidentemente.
"La domanda è un'altra: perchè me lo hai detto?"
Non gli risposi e finsi di riprendere a seguire la lezione di storia, anche se tutto quello a cui riusciuvo a pensare era il fatto che quella sera lui l'avrebbe vista. Di questo passo Margaret mi avrebbe rovinato la media scolastica.



Margaret
Ero molto carica per l'appuntamento di quella sera, ma non sapevo assolutamente come vestirmi. Mi feci consigliare da Allison, che sembrava stranamente di buon umore.
Quando le chiesi cosa le fosse successo, mi disse che oggi a scuola Alex era andato a salutarla e le aveva chiesto il numero di cellulare.
Mentre Allison mi stava consigliando un vestitino che nemmeno quando avevo cinque anni avrei indossato, le arrivò un sms. Ovviamente era Alex. Non le chiesi cosa le avesse scritto, perchè me lo avrebbe detto comunque.
"Mi ha scritto!"
Non le risposi, tanto avrebbre continuato senza inviti.
"Mi ha chiesto se sono impegnata domani mattina o se mi va di andare con lui a fare un giro."
"Domani mattina?"
"Sì."
"Che strano ragazzo. Probabilmente non gli è permesso uscire la sera, è ancora troppo piccolo." Fece finta di non sentire e gli rispose tutta emozionata.
L'avevo persa. Per l'abbigliamento avrei dovuto fare da sola, così scelsi una camicetta rossa, dei pantaloni neri e sotto misi delle scarpe con il tacco.
Mentre mi truccavo nel mio bagno, entrò Allison nella mia stanza e mi porse il suo cellulare senza dirmi nulla per farmi leggere un messaggio.
"Puoi dire a Margaret da parte mia di divertirsi questa sera e di non fare troppo l'acida con Matt? Lui è un ragazzo d'oro e non vorrei si trovasse male con quella là."
Riconsegnai il telefono ad Allison e non dissi nulla.
"Cosa gli devo rispondere?"
"Digli che sono già uscita."
"D'accordo."
A quel ragazzino con un problema di acne avrei pensato un'altra volta. Quella sera la mia attenzione era tutta per un ragazzo che aveva fatto a pugni per me anche se non mi conosceva.

Alex
Quella sera andai da Jamie per non pensare troppo.
giocammo un po' con la play e poi me ne tornai a casa, pensando a quanto fosse stato stupido il mio atteggiamento nei confronti di Allison: mi vennero in mente una marea di scuse per rimandare l'incontro, ma ormai era troppo tardi per annullare quello che mi rifiutavo di chiamare appuntamento.


http://www.youtube.com/watch?v=CmwRQqJsegw questo è il link della canzone del titolo, se vi va di concederle un ascolto

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Capitolo 6
*** A certain romance ***


Margaret
Quella sera mi trovai davvero bene con Matt. Parlammo di un sacco di cose e ci divertimmo tantissimo.
Ci assomigliavamo per certi aspetti: davvero poche cose ci mettevano in imbarazzo, anche se lui era molto più socievole e amichevole di me.
Il tempo trascorse senza che ce ne accorgessimo.
Mi riaccompagnò a casa in macchina e quando arrivammo davanti al mio giardino, si sporse per baciarmi sulla guancia e augurarmi buonanotte.
Non sapevo bene il motivo, ma non mi aspettavo e non volevo un bacio vero e proprio, anche se la serata era trascorsa molto piacevolmente.


Trascorsi il week end da mia cugina Elizabeth.
Aveva qualche anno in più e avevo conosciuto David grazie a lei.
Studiava Arte all’università di Manchester e la vedevo molto poco, perché durante il periodo di lezioni ovviamente non stava a Sheffield.
Le chiesi come se la passava in quel periodo, perché anche lei era appena uscita da una relazione, anche se la sua era di certo più importante della mia.
Mi raccontò che non aveva troppo tempo per disperarsi, perché doveva concentrarsi nello studio e che per ora le andava bene passare un po’ di tempo da sola.
Le raccontai di Matt e di come fosse andato l’appuntamento.
“Tu come ti trovi con lui?”
“Bene per ora, ma l’ho appena conosciuto, quindi non saprei dirti nulla di più.”
“Allora avete fatto bene a non baciarvi. Potrebbe essere veramente adatto a te e non va bene bruciare le tappe, anche perché con David è finita davvero da troppo poco tempo.”


Quando domenica sera tornai a casa, Allison era impaziente di raccontarmi come fosse andata con Alex. Io mi ero quasi dimenticata di quella cosa che mi rifiutavo di chiamare appuntamento, infatti erano semplicemente andati a fare un giro ed erano passati dal negozio di dischi.
Lei sembrava abbastanza soddisfatta e non mi andava di farle notare quanto in realtà fosse tutto così anonimo.



Alex
Domenica sera i ragazzi volevano vedersi, ma io non avevo molta voglia di stare in compagnia, solo che ero anche curioso di sapere come fosse andato l’appuntamento di quei due.
Mi imposi di non fare domande per evitare di sembrare troppo curioso e speravo che o Andy o Jamie facessero qualche domanda.
Passammo una serata tranquilla al pub e io ero silenzioso, come al solito.
A un certo punto Matt si mise a smanettare con il cellulare e tutti pensammo che stesse sentendo Margaret e per fortuna, Jamie chiese:
“Non ci hai ancora raccontato come è andato l’appuntamento con Margaret!”
Matt sorrise e questa cosa mi irritò, perché avevo paura di quello che avrebbe potuto rispondere.
“E’ andato bene. Lei è meravigliosa. Abbiamo parlato molto.”
A quel punto intervenne Andy, con i suoi modi sempre molto eleganti.
“Avete concluso qualcosa?”
Matt parve molto infastidito da quella domanda e anche io avrei detto qualcosa ad Andy, se la risposta a quella domanda non mi fosse interessata così tanto.
“Non è successo niente di fisico, ma mi sono trovato molto bene. Voglio continuare a vederla e non mi va di rovinare tutto all’inizio. Non mi va più di parlarne. Parlate piuttosto con Alex della sua biondina.”
In quel preciso istante capii che la situazione tra quei due era molto peggio di quanto mi aspettassi e che dovevo sopprimere la bestia che dentro di me stava detestando Matt per il suo successo con Margaret.


Margaret
Prima di addormentarmi, ricevetti un sms di buonanotte da Matt e questa cosa mi sorprese e rese felice più di quanto mi aspettassi o desiderassi.

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Capitolo 7
*** And your past-times, consisted of the strange And twisted and deranged ***


Alex
A scuola per fortuna quei due non stavano molto insieme, anche se ogni tanto avevo beccato qualche scambio di sguardi e di sorrisi.
Io mi dovevo accontentare degli occhioni di Allison.
Allison era una ragazza carina e gentile, ma proprio non riuscivo a farmela piacere; era così anonima e ogni tanto mi sentivo in colpa quando ripensavo al mio atteggiamento nei suoi confronti.
Le avevo chiesto di uscire solo per infastidire Margaret, come se a lei potesse interessare qualcosa di me.
Quel giovedì pomeriggio avevo intenzione di non infastidire Margaret in nessun modo, perché ero curioso di sapere cosa mi volesse dire sulla nostra esibizione.


Margaret
Una cosa decisamente buona Alex l’aveva fatta: mi aveva convinto ad andare a correre almeno una volta alla settimana e così anche quel giovedì decisi di fare un po’ di attività fisica, ma il tempo non voleva che io mi tenessi in forma, perché dopo nemmeno venti minuti iniziò a diluviare e fui costretti a tornare a casa da quei strani piccioncini.
Non li salutai nemmeno, anche perché ero ancora offesa per il messaggio che Alex aveva inviato ad Allison su di me, e andai immediatamente in camera per una doccia rilassante.
Quando scesi per prepararmi un tè, Allison si stava preparando per andare a lezione di danza ed Alex per andare non mi interessava dove.
Continuai a non rivolgere loro la parola e nel silenzio di quella situazione, la suoneria del mio cellulare mi spaventò abbastanza.
Era Matt.


Alex
Probabilmente lei aveva scelto il giovedì come giorno del cattivo umore e ne subivo le conseguenze, perché quel pomeriggio non sarei riuscito di certo a strapparle qualche frase che non fosse acida, visto che non mi aveva nemmeno degnato di un saluto.
Le suonò il cellulare e il viso le si illuminò. Non si allontanò durante la telefonata e rimase in cucina a infliggermi quella tortura cinese.
Parlarono un po’ di cose oggettivamente inutili, poi lei si rivolse a me ed Allison dicendogli che Matt ci salutava. Annuii senza aggiungere una parola.
“Mi è venuta un’idea grandiosa!” la sentii dire e la guardai: stava parlando con tutti e tre.
“Perché non organizziamo un’uscita a quattro?”
Mi voltai verso Allison e notai che era diventata tutta rossa e che stava aspettando solo una mia risposta per sbilanciarsi. Non potevo rifiutare una cosa del genere di fronte a Matt e Margaret, così fui costretto ad accettare quell’allettante proposta.



Margaret
Volevo mostrare a quei due come si comportavano delle persone normali ad un appuntamento e poi si vedeva lontano un miglio che ad Alex non fregasse nulla di Allison, ma non poteva rifiutare questo invito davanti a tutti, l’avrebbe umiliata troppo.
La prossima volta sarebbe stato più attento a scrivere messaggi del genere su di me.
L’idea piaceva anche a Matt e ci organizzammo per quel venerdì sera: saremmo andati a bere qualcosa in pub che conoscevano Matt e Alex.


Alex
Ero giunto alla conclusione che le piaceva torturami, ma ero deciso a fermarla.
Non avrei mai più provato a parlarle in modo civile e non avrei mai più cercato contatti di qualsiasi tipo con lei.
Quel venerdì sera trascorse senza eventi particolari: loro tre di certo passarono una piacevole serata, perché parlarono di molte cose, ma io la trascorsi ad osservare Matt e Margaret insieme mentre bevevo.
Arrivai a fine serata con due certezze: si trovavano molto bene insieme e io ero decisamente troppo ubriaco per fare mosse intelligenti, così mi tenni a debita distanza da Allison, che non mancò di notare questo mio simpatico atteggiamento.
Sabato mattina, da lucido, decisi che lunedì avrei parlato con Allison, ma lei mi precedette, perché mi chiamò. Fu una telefonata abbastanza imbarazzante, ma liberatoria.
“Ciao Alex, sono Allison, ti disturbo?”
“No, hai bisogno?”
“Bhè, ti volevo parlare di una cosa, ma mi è molto difficile, quindi ti prego di non pensare che io sia una pazza e se nulla di quello che ti sto dicendo è vero, ti prego di dimenticarlo e di fare finta che questa telefonata non sia mai avvenuta.”
“Ok.”
“Bene…allora. Prima di tutto devi sapere che mi ha fatto piacere conoscerti, perché sono sempre stata incuriosita da te e dal tuo atteggiamento riservato, ma ieri sera ho capito che aveva ragione Margaret fin dall’inizio.”
Dopo questa frase avrei voluto interromperla per sapere a cosa si stesse riferendo, ma lei non me ne lasciò il tempo e proseguì.
“Pensavo che il tuo essere riservato nascondesse qualcosa di interessante, ma dopo aver passato un po’ di tempo con te, ho capito che non sono una persona adatta a stare intorno a uno che o non ha niente da dire o che se ha qualcosa da dire non la dice. Tra l’altro penso che gli unici a non aver capito che ti piace Margaret siano proprio lei e Matt.”
Non negai, perché era tristemente vero.
“Non sono arrabbiata con te, perché non è successo nulla tra noi, ma sappi che non sono disponibile ad essere la ragazza con cui far ingelosire Margaret, quindi ti aspetto giovedì per continuare il nostro progetto di scienze, ma d’ora in poi i vostri rapporti non sono più un mio problema.”
Era stata chiarissima e lineare.
“Ok.”
“Bene.”
“Scusami Allison.”
“Non ti preoccupare. Ti sei fermato in tempo. Quella ragazza fa ammattire tutti prima o poi. Cerca di non impazzire, non so se ne valga la pena.”
Sagge parole le sue.
“Cercherò di tenerlo a mente.”
“Ciao Alex.”
“Ciao Allison.”
In quel preciso istante capii perfettamente perché tutti dicevano che le ragazze sono più sveglie e mature dei ragazzi.
Quella telefonata mi aveva anche fatto capire che dovevo essere più cauto, perché qualcun altro avrebbe potuto scoprire quello che sapeva Allison e non mi andava.
Il problema è che quella ragazza si era intrufolata nella mia testa e non riuscivo a pensare razionalmente quando c’era lei nella mia stessa stanza.


Margaret
Quella serata aveva confermato i miei sospetti: Alex non parlava perché non aveva niente da dire.
Scelta di certo apprezzabile, visto che molta gente invece faceva comunque prendere aria alla bocca per pronunciare stupidaggini.
Con Matt mi trovavo sempre meglio; il tempo trascorso con lui era spensierato e piacevole, anche se non c’era ancora stato nulla di fisico.
Ormai eravamo usciti insieme tre o quattro volte e non mi spiegavo il fatto che non ci avesse ancora provato, ma la cosa ancora più difficile da capire era il fatto che non volevo che ci provasse.
Mi faceva troppo piacere passare del tempo con lui e non volevo che ci fossero le complicazioni di una storia d’amore e il suo atteggiamento mi faceva ben sperare che anche per lui fosse così, altrimenti ci avrebbe già provato con me.

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Capitolo 8
*** I don't know if you're looking for romance ***


Margaret
Lunedì mattina a scuola andai da Matt per chiedergli se quel pomeriggio ci saremmo potuti vedere, ma lui aveva le prove con i ragazzi e così mi propose di andare a casa sua di sera.


Alex
Era stato facile programmare l’indifferenza nei suoi confronti durante il week end, ma le cose si complicavano quando me la ritrovavo davanti perché era venuta a parlare con Matt.
Quella sera si sarebbero visti a casa di Matt e io sapevo che sarebbero stati soli, perché i genitori di Matt erano partiti per qualche giorno per andare da alcuni parenti.
Cercai di far parlare Matt di lei, ma lui non si sbottonava; aveva di certo qualcosa di strano in mente e non voleva ancora esporsi con me, anche se ero il suo migliore amico.


Margaret
Quella sera mi presentai a casa di Matt verso le otto.
Immaginai che fosse a casa da solo, perché aveva il volume della musica a un livello molto molto alto, ma non era roba che conoscevo sfortunatamente.
Per fortuna sentì il campanello anche con la musica così forte.
Venne ad aprirmi con una bottiglia di birra in mano e degli occhiali da sole sugli occhi.
Gli risi in faccia ancor prima di pronunciare qualsiasi parola.
Il salotto era in condizioni pessime: cartoni di pizza ovunque e qualcuno aveva fumato dell’erba.
Lui comunque in quel momento sembrava sobrio, quindi non mi preoccupai affatto.
Mi spiegò che la casa era in quelle condizioni perché i suoi erano partiti per qualche giorno e i ragazzi erano passati per cena e che avevano pensato di portarsi un po’ di divertimento dietro.
Mi offrì una birra e chiacchierammo un po’ del più e del meno seduti per terra in salotto.
Poi decisi di passare a quello che mi interessava davvero, solo che era molto difficile da fare visto che le birre erano aumentate e lui continuava ad indossare gli occhiali da sole.
“Matt, perché indossi gli occhiali da sole?”
“Perché le rockstar ce li hanno sempre e io mi ci devo abituare.”
Nella mia nebbiolina alcolica mi sembrava che tutto avesse più che senso.
“Comunque devo parlarti di una cosa seria, puoi toglierteli?”
“Certo, mia cara!”
Se li tolse e subito dopo iniziò a trafficare con la sua tasca sinistra: tirò fuori dell’erba e mi chiese se avessi del tabacco. Gli diedi una delle mie sigarette, ma mentre si impegnava con quella roba io rimasi zitta ad osservarlo.
“Non mi volevi parlare? Ti conviene farlo ora, che siamo lucidi.”
“Bhè, magari posso provare dopo.”
“Come vuoi.”
Pensai che magari, dopo qualche tiro tutto potesse diventare più semplice, ma mi ero dimenticata che avevo anche dell’alcool in circolo.


Dopo due tiri comunque iniziai a parlare.
“Matt, sai io mi trovo molto bene con te.”
“Anche io, Megghy.”
“E non voglio rovinare qualsiasi cosa si sia creata tra noi.”
“Nemmeno io.”
“Sì, perché l’amore fa schifo e rovina sempre tutto.”
“Hai ragione, ma il sesso no.”
La sua frase per un attimo mi lasciò interdetta, ma non ebbi troppo tempo per rifletterci, perché lui si era alzato e mi aveva dato una mano per tirarmi su.
Una volta in piedi, mi tenne la mano e mi condusse verso camera sua. Io non opposi alcuna resistenza.
In camera sua sembrò riacquistare un pochino di lucidità, perché disse:
“Domani mattina saremo ancora amici, vero?!”
Io non gli risposi nemmeno e lo baciai.
Da quel momento tutto divenne naturale e piacevole.
Le mani di Matt sul mio corpo, le sue labbra, la sua lingua: non sapevo se era colpa dell’alcool e del fumo o se fosse merito di Matt, ma quella fu una delle serate migliori della mia vita.
Non c’era imbarazzo, solo divertimento.
Riuscii ad arrivare in tempo a casa per il coprifuoco imposto da mio padre alle undici per i giorni scolastici, solo perché Allison mi mandò un messaggio per dirmi che mio padre era abbastanza nervoso e che non sarebbe stato carino se lo avessi fatto arrabbiare ancora di più arrivando in ritardo.

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Capitolo 9
*** Secret door ***


Alex
Il giorno dopo a scuola i due si comportavano come sempre, quindi non capivo proprio cosa fosse successo a casa di Matt; sapevo che sarebbero stati soli e facevo molta fatica a pensare che non fosse successo nulla tra quei due.
Durante l’intervallo li vidi scambiarsi qualche battuta, ma non ci fu nessun bacio o altre manifestazioni che mi aiutassero a capire la situazione.
Ero troppo curioso,così provai a tirar fuori il discorso con Matt.
“Cosa voleva quella pazza?”
“Non chiamarla pazza! E’ una mia amica!”
“Amica? Pensavo foste diventati qualcosa di più!” Intanto dentro di me ballavo la hula.
“No, ieri sera abbiamo parlato e siamo giunti alla conclusione che il nostro rapporto va troppo bene così, per poterlo rovinare con sentimenti distruttivi come l’amore.”
“Mi sembra filare come ragionamento.”
“Sento che stai per introdurre un ma nel tuo discorso.”
“In effetti sì. Non capisco come si possa voler passare del tempo con lei. Insomma, ha la capacità di risultare insopportabile dopo solo cinque minuti di conversazione.”
“Parla per te. Probabilmente siete partiti con il piede sbagliato, ma ti assicuro che è una persona molto piacevole e interessante. Mi diverto molto con lei.”
“Bha, contento tu, contenti tutti.”
“Io sono contentissimo.”
Quel giovedì avrei cercato di sistemare le cose con Margaret; avrei cercato di parlarle in modo tranquillo e rilassato e le avrei chiesto perché sembrava avercela così tanto con me.
In più avevamo il discorso sull’esibizione da fare ed ero molto  curioso di sapere cosa pensasse di noi, in particolare di me e non potevamo provare, perché Andy e Jamie dovevano studiare per un test di matematica in programma quel venerdì.

Margaret
Quel giovedì avevo invitato Matt a casa mia, perché era l’unico momento in cui Allison non era a casa a rompere le palle.
Mentre quei due studiavano biologia, io mi misi stranamente a studiare, ma mezz’ora prima dell’arrivo di Matt andai a farmi una doccia.


Alex
Quando Allison uscì per andare a lezione di danza, io le dissi che avrei dovuto parlare con Margaret di una cosa importante e lei mi rispose in modo strano.
“Uomo avvisato, mezzo salvato.”
“Non è quello che pensi questa volta, te lo assicuro.”
“Non sono affari miei, lo so. Ci vediamo in giro.”
Salii le scale e bussai e mi disse di entrare senza nemmeno chiedere chi fossi.
La trovai in canottiera e mutande.


Margaret
Al contrario di quanto mi aspettassi, era Alex, ma non ero certo in condizioni per ricevere lui.
Stavo aspettando Matt.
“Potresti cortesemente uscire da questa stanza IMMEDIATAMENTE?”
Ci mise qualche secondo di troppo, ma alla fine uscì.
Finii di vestirmi e poi gli aprii la porta.
“Cosa vuoi?”
Era evidentemente imbarazzato, come se fosse stato lui a farsi trovare mezzo nudo.
“Mi dispiace per essere entrato, ma tu non mi hai chiesto chi fossi.”
“Sì,sì. Lascia perdere. Dimmi”
“Volevo parlare con te e sapere perché non mi sopporti.”
“Ahahahah, è un discorso molto lungo e poi non è vero che non ti sopporto. E’ solo che ogni tanto…”
In quel momento qualcuno suonò il campanello e io sapevo benissimo chi fosse quel qualcuno.
“Entra nel mio bagno e stai chiuso là dentro, fin quando non vengo a dirti che puoi uscire.”
Corsi al piano di sotto per aprire a Matt.
Indossava ancora quegli stupidi occhiali da sole, nonostante fosse ottobre e non ci fosse proprio un bel sole splendente in cielo, ma io lo adoravo.
Cercai di trattenerlo il più possibile al piano di sotto: gli offrii qualcosa da bere, parlammo un po’, ma dopo poco se ne uscì con una frase che mi fece rabbrividire:
“Sono curioso di vedere la tua stanza.”
“No no, non ci puoi entrare assolutamente!” il mio tono forse era troppo alto per risultare naturale, ma lui non ci fece caso e iniziò a salire le scale.
“Perché non posso entrare? Tu hai visto camera mia!”
Prima che riuscissi a fermarlo era già entrato in camera mia. Era passato davanti alla stanza di Allison senza nemmeno degnarla di uno sguardo, probabilmente per il disegno di una ballerina messo sulla porta.
“Ho il bagno rotto. Domani dovrebbero venire gli idraulici.”
“Non voglio vedere il tuo bagno. Voglio vedere la tua stanza.”
Si guardava intorno e si avvicinò alla mia collezione dei cd.
“Mi aspettavo di vedere dei poster dei Take That e dei Beckstreet’s Boys alle pareti, non di certo quello schifo dei Blur. In fondo sei una ragazzina anche tu.”
“Ahahahah, sei simpatico. La settimana prossima metto un megaritratto di Liam Gallagher in bianco e nero.”
“Dovrò passare anche la settimana prossima per vedere il megaritratto allora.”
Intanto si era steso sul mio letto con i piedi fuori, perché indossava ancora le scarpe.
Mi fece segno di raggiungerlo, ma io ero abbastanza in imbarazzo perché sapevo che Alex stava di certo ascoltando la nostra conversazione.
“Sei sicura che sia tutto a posto?”
“Sì, certo.”
“Non ti sei arrabbiata o pentita di quello che è successo lunedì, vero? Guarda che se è un problema, possiamo fingere che non sia accaduto nulla.”
“No, ma figurati, sempre che tu non ti sia pentito.”
“Assolutamente. Solo che non pensavo esistessero ragazze come te.”
“Non so se prenderlo come un complimento o come un insulto.”
“Non è un insulto. E’ semplicemente una situazione strana.”
Non volevo che quel discorso continuasse davanti a orecchie indiscrete, così gli presi la mano e gli dissi di seguirmi in camera di Allison.
“Perché mi hai portato in questa stanza?”
“Quel letto non ha mai visto un po’ di azione ed è ora che venga utilizzato non solo per dormire.”
Chiusi la porta e lui mi baciò, ma io mi staccai dopo poco, fingendo di dover andare a prendere il cellulare in cucina.
Chiusi la porta della stanza di Allison, sperando che a lui non venisse in mente di uscire.
Corsi in camera mia, aprii la porta del bagno e intimando con un dito davanti alla bocca di stare in silenzio, presi Alex per la giacca e me lo trascinai fuori.
Cercai di fare le scale nel modo più veloce e silenzioso possibile, sempre tirando Alex per la giacca.
Lo accompagnai alla porta e lo spinsi praticamente fuori, ma prima di chiudere la porta, lo sentii sussurrare qualcosa.
“Divertitevi.”
Alex
Era chiarissimo: erano amici, ma andavano a letto insieme.
Il discorso di Matt di quella mattina risultava molto più chiaro dopo gli ultimi dieci minuti passati nel bagno di Margaret.

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Capitolo 10
*** Dancing Shoes ***


Margaret
Non pensai al fatto che Alex sapesse quello che succedeva tra me e Matt fino a quando non vidi la sua strana espressione il giorno dopo a scuola.
Riusciva a irritarmi anche senza parlare quel ragazzo.
Lo incrociai appena arrivata a scuola e immediatamente la sua espressione cambiò: passò dalla sua solita faccia da pesce lesso a un sorriso divertito e soddisfatto.
Mi chiedevo cosa attraversasse quella testa piena di brufoli e capelli e decisi che chiarito le cose immediatamente.
Durante un cambio d’ora, gli andai incontro nel corridoio e me lo portai vicino al bagno delle femmine.
Aspettai senza dire una parola che il caos passasse e poi lo spinsi dentro.
“Cosa vuoi?”
“Voglio sapere perché hai quella faccia da schiaffi montata oggi.”
“Fatti miei.”
“Bene, ma se c’entra qualcosa con quello che hai sentito ieri, ti giuro, ti faccio del male fisico, perché quelli erano affari miei.”
“Non ti preoccupare, il vostro segreto è al sicuro con me.” Il pesce lesso aveva iniziato a sfottere.
“Non fare l’idiota, Matt non sapeva che fossi nel mio bagno e non ho intenzione di dirglielo.”
“Sì sì. Quanti problemi che ti fai per una cosa del genere!”
“Cosa intendi dire?”
“Che mi sembri troppo tranquilla per questioni che dovrebbero essere più importanti.”
“Anche questi non sono affari tuoi.”
“Giusto, giusto. Tu sei libera di andare a letto con chiunque tu voglia, anche se non sei innamorata.”
Continuava a sfottere.
“Oh, Alex Turner ha fatto sesso solo con ragazze che amava alla follia.” Iniziai a fargli il verso di rimando, perché mi sembrava impossibile essere sul serio in quella situazione.
“Non sto dicendo questo, solo che mi sembra strano il vostro rapporto.”
“Aggiungilo alla lista di argomenti di cui vuoi parlare con me, magari un giorno riusciremo a parlare senza che mi venga il nervoso. Vado a lezione.”


Alex
Che strana conversazione nel bagno delle femmine a scuola.
Mi sembrava impossibile che non capisse il punto della situazione: non si accorgeva sul serio che stavo dando troppa importanza alla cosa, quando in realtà, se lei non mi fosse piaciuta, non avrei minimamente considerato la conversazione avvenuta il pomeriggio precedente.
Le sorridevo in modo strano perché mi piaceva vederla in difficoltà, visto che sembrava sempre padrona della situazione.



Margaret
Quel sabato sera Matt mi chiese se mi andava di andare a ballare con gli altri; Allison ovviamente declinò l’invito; preferiva uscire con le sue amichette di danza per fare qualcosa di noioso e ordinario.
Quel week end Elizabeth era libera, così invitai anche lei; anche perché voleva conoscere Matt.
Non le piaceva molto come situazione, anche se le avevo spiegato le cose di fretta al telefono.
Avremmo dovuto incontrare gli altri in macchina direttamente in discoteca e così durante il tragitto parlammo un po’.
“Ma non rischiate di rovinare tutto così?” Era molto perplessa.
“No, affatto! Siamo amici senza complicazioni!”
“Ma andate a letto insieme. Questo vorrà pur dire qualcosa.”
“Aspetta, con calma. E’ capitato, ma non mi aspetto che succeda tutte le volte che ho voglia di vederlo.”
“Questo lui lo sa?”
“Non c’è nemmeno bisogno di dirglielo! Siamo amici che ogni tanto si divertono insieme.”
“E se uno dei due conosce un’altra persona?”
“Interrompiamo la relazione fisica, per mantenere un buon rapporto di amicizia.”
“Contenti voi, contenti tutti!”
Capivo le perplessità di mia cugina, ma si preoccupava troppo: io e Matt sapevamo bene cosa avevamo e non avevamo bisogno dei giudizi di valore di qualcuno, in particolare del suo migliore amico.



Alex
Margaret si era portata dietro sua cugina, quindi si curava poco di noi ragazzi e io le ero grato per questo, altrimenti avrebbe notato che non riuscivo a non guardarla.
Aveva un vestito rosso, molto corto e attillato e delle scarpe con il tacco altissime. Matt non fece nessun tipo di commento su di lei o su sua cugina e si limitò a salutarle normalmente.
Mi chiedevo come facesse a far finta di nulla, ma il loro rapporto andava oltre ogni mia comprensione.
Durante la serata lei ballò tantissimo, mentre io preferivo restare al bancone a bere qualcosa.
A un certo punto mi raggiunse con il fiatone per bere e prese il mio drink senza nemmeno chiedermi se potesse.
Voleva riposarsi un pochino, era sudata e sembrava parecchio su di giri.
“Guarda quella con il top azzurro. Sta troieggiando in giro da tutta la sera!”
Non mi aspettavo che dicesse qualcosa e di certo non mi aspettavo di risponderle nel modo in cui però feci.


Margaret
“Odi la concorrenza?”
Appena pronunciò queste parole, la sua faccia assunse un’espressione colpevole.
Si era accorto da solo di aver esagerato.
Io non risposi nulla, non c’erano risposte adatte.
Lo guardai attentamente negli occhi un secondo prima di lanciare il contenuto del suo cocktail su quella stupidissima faccia da pesce lesso.

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Capitolo 11
*** Landed in a very common crisis ***


Margaret
Il lunedì successivo a scuola non avevo alcuna intenzione di parlare con Alex.
Non morivo di certo dalla voglia di vedere un ragazzo che mi aveva dato della prostituta senza nemmeno conoscermi veramente.
Durante l’intervallo incontrai Matt nei corridoi e con lui c’era ovviamente quel maleducato di Turner.
Feci finta di non sentire il suo saluto e mi concentrai solo su Matt con cui parlai per diversi minuti solo per infastidire Alex, visto che lo escludevo sistematicamente dalla conversazione.
Quando salutai infine Matt, Alex prese un po’ di coraggio.
“Scusa per sabato sera.”
“Fottiti.”
Mi allontanai senza nemmeno voler sentire se Matt stesse rivolgendo delle domande ad Alex su quel nostro simpatico scambio di battute.
Quel ragazzo era stranissimo: il giovedì resta a casa mia per parlare del perché mi dia il nervoso, il venerdì mi prende in giro per il mio rapporto con Matt e il sabato sera mi da della troia.


Alex
Non sapevo cosa mi fosse preso quel sabato sera, sapevo però che la sua reazione era prevedibile, anche perché come minimo mi aspettavo uno schiaffo.
Matt mi chiese del perché le avessi chiesto scusa e io glielo spiegai dando la colpa della mia maleducazione all’alcool e lui si cacciò a ridere.
Per due settimane da quel lunedì mattina Margaret non mi rivolse la parola. Usciva con noi, andavo a casa sua da Allison a studiare e la vedevo a scuola. Più volte avevo provato a chiederle scusa, ma ricevevo sempre la stessa risposta.
Evidentemente non era particolarmente interessata a mettere a posto le cose tra noi e pensandoci bene non potevo biasimarla, in fondo non eravamo entrati veramente in confidenza e non ero un suo amico, quindi non aveva il benché minimo interesse ad accettare le mie scuse.


Margaret
Il 25 novembre mia mamma si era preoccupata di dirmi che non sarebbe riuscita a venire a trovarmi in Inghilterra per il mio compleanno: mancavano due giorni al mio compleanno e lei me lo aveva rovinato in pieno. Mio padre lo sapeva, ma non mi aveva detto nulla perché voleva che lo facesse mia mamma: mi infuriai anche con lui perché preferiva mostrarmi i difetti di mia madre, piuttosto che avvisarmi di questa cosa.
Mia madre mi mancava tantissimo e avevo una gran voglia di vederla. Non avevo nemmeno organizzato qualcosa con i ragazzi perché mi ero illusa di poter passare tutto il tempo con mia madre.
Il 27 novembre, il giorno del mio compleanno, ero veramente di cattivo umore e tutti gli abitanti di casa mia se ne accorsero e non si sognarono nemmeno di farmi gli auguri.
A scuola le prime ore passarono pseudo tranquillamente, ma durante l’ora di letteratura ricevetti il messaggio di auguri di Elizabeth e, per qualche strano motivo biologico, gli occhi mi si riempirono di lacrime e corsi in bagno. Stavo piangendo come una bambina e più cercavo di smettere e più mi risultava difficile.


Alex
Durante l’ora di matematica usai una scusa con l’insegnante per uscire dall’aula.
Odiavo quella materia e quella mattina non sarei riuscito a sopportare l’intera lezione.
Per fortuna la signorina Sheenan mi adorava incondizionatamente quindi mi faceva fare praticamente qualsiasi cosa volessi.
Stavo passeggiando per il corridoio del primo piano, pensando a qualcosa da fare per occupare il tempo restante della lezione, quando sentii che c’era una ragazza in bagno che piangeva.
Mi accostai alla porta per cercare di capire se ci fosse qualcuno con lei, ma sembrava sola.
“Heilà!” bussai.
La ragazza dall’altra parte non rispose, ma continuò a piangere.
“Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che vada a chiamare qualcuno?”
“No, vai via.”
Era Margaret.
Entrai nel bagno immediatamente.
“Per fortuna che ti avevo detto di andare via.” Riuscì a scandire piuttosto bene queste parole, anche se il pianto le storpiava la voce.
Quella volta non cercai di farmi accettare, ma rimasi là fingendo di non sentire i suoi inviti a lasciarla sola.
“Cosa è successo Margaret?” Mi avvicinai a lei e lei si allontanò, forse perché aveva paura che l’avrei potuta abbracciare da un momento all’altro, non sapendo probabilmente che si trovava di fronte la persona meno predisposta ad abbracciare o fare qualsiasi altro gesto carino.
“E’ una stupidaggine, non mi va di parlarne.”
“Allora non piangere!”
“Non è così facile. Non mi piace piangere, ma appena mi impegno un po’ per smettere, rinizio.
Mi sembra di essere una dodicenne.”
Evitai di farle notare che era comunque ancora un’adolescente.
“Mi dici qual è il motivo almeno per cui hai iniziato a piangere?”
“Mia mamma due giorni fa mi ha detto che non riesce a venire a trovarmi per il mio compleanno.”
“E stai piangendo da due giorni?”
“No, idiota. Ho pianto solo stamattina!”
“Ci metti un po’ a metabolizzare le cose mi sembra!”
“Sei pessimo nel consolare le persone, lo sai vero?”
“Scusa. Per tutto.”
Non disse nulla, ma mi sorrise. In quel momento era probabilmente una delle cose più belle che avessi visto.
Dopo qualche secondo mi ritrovai a fissarla inebetito, ma per fortuna lei si stava sistemando il trucco allo specchio e non mi vedeva.
“Ma quindi quand’è il tuo compleanno?”
“Oggi, ma non voglio gli auguri.”
“Ok.”
Aveva smesso di piangere già da un po’, ma io sarei potuto restare in quel bagno a parlare con lei ancora qualche tempo, ma lei sembrava voler tornare in classe, così mi spostai dalla porta del bagno davanti a cui ero stato tutto il tempo e la feci uscire.
Prima di tornare in classe, si voltò verso di me e mi sussurrò un grazie accompagnato da un sorriso.
Non era mai stata così con me e avevo perso ogni speranza di vederla non arrabbiata con me, ma quella mattina mi aveva regalato due sorrisi.

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Capitolo 12
*** Well my friend fancies you ***


Margaret
Dopo quella conversazione in bagno, passai tutta la mattina a pensare a quello che aveva fatto Alex, anche se non aveva detto molto in realtà.
A cena riuscii anche ad essere tranquilla e rilassata e mio padre trovò il coraggio anche di darmi il mio regalo di compleanno: mi aveva preso i biglietti per la Francia, ma la destinazione e la data non coincidevano con quelle che mi aspettavo.
Mi aveva prenotato il voto per una settimana prima della fine delle lezioni e la destinazione era Parigi.
“Tu e tua madre starete una settimana a Parigi e poi andrete a Marsiglia dai nonni.”
Mio padre era sempre serio e la persona più fredda del mondo, ma in quel momento riuscivo a sentire un minimo di calore umano nelle sue parole e lo abbracciai, anche se era l’ultima cosa che si aspettava che io facessi.
Dopo cena, chiamai mia madre e la sua voce era veramente triste e dispiaciuta e quindi decisi di non farle pesare ancora di più il fatto che in quel momento non fosse con me.


Alex
Dopo cena ero in camera mia con la chitarra acustica e Matt e stavo strimpellando note a caso, mentre lui giocava con la playstation, quando mia mamma entrò in camera mia con il telefono e una strana espressione dipinta in faccia.
“Al, è per te.”
“Chi è?”
“Una certa Margaret.”
Scoppiò a ridere vedendo la mia espressione e Matt smise di giocare per godersi lo spettacolo di una nostra conversazione.
“Pronto?”
“Heilà! Ti disturbo?”
“No, no.”
“Che fai?”
“Stavo suonando.”
Era una telefonata inaspettata e la conversazione non poteva essere da meno.
“Cosa in particolare?”
“Nulla, stavo solo facendo del rumore senza senso. Tu che fai?”
“Ho appena sentito mia madre al telefono.”
“E…”
“E vado a Parigi con lei per Natale! Parto prima delle vacanze di Natale e torno il dieci gennaio!”
“Sei contenta?”
“Contentissima. Volevo anche ringraziarti per questa mattina.”
“Ma figurati. Ma sai che mi sarei fermato con chiunque…”
“Ahahah, ovvio. Non ti preoccupare, so che non vuoi sembrare troppo gentile, anche se ti converrebbe considerate le tue uscite precedenti.”
“Sì, lo so, ma ti ho già chiesto scusa per quello.”
“Le scuse per avermi definito prostituta non sono mai abbastanza.”
“Mi farò perdonare, anche se tu ti dovrai perdonare qualcosa!”
“Cioè?”
“Per il mio compleanno sei in terra continentale invece che qui a festeggiare con noi.”
“Vorrà dire che ti farò un bellissimo regalo se ci tieni tanto.”
“Ci conto.”
Dopo qualche momento di silenzio fu lei a interrompere il silenzio.
“Al, posso dirti una cosa?”
“Sì.”
“Ma non ti montare la testa, perché non ne hai nessun merito.”
“Ok.”
“Non me ne ero mai accorta prima, ma hai davvero una voce bellissima.”
“Ehm..grazie.”
“Prego! Vado a vedere un film con gli altri. Ci vediamo in giro.”
Matt scoppiò a ridere quando misi giù e mi chiese cosa volesse Margaret, allora le spiegai quello che era successo quel giorno.
Quando finii, Matt aveva una strana espressione sul volto.
“Sei cotto.”
“Cosa?”
“Al, ti piace e non poco!”
“Ma stai scherzando?”
“Ahahaha! Guardalo! Cerca anche di negare! Dovresti vedere la tua faccia.”
Io non replicai nulla, ma avrei voluto parlare con lui del fatto che sapessi che andavano a letto insieme ogni tanto.
“Alex? Ci sei?”
“Sì, è che…Matt io lo so.”
“Cosa sai?”
“Di voi due.”
“Te l’ha detto lei?”
“No, è una storia lunga.”
“E perché non me lo hai mai detto?”
“Perché nemmeno tu me lo hai mai detto e perché pensavo che ti arrabbiassi.”
“Ahahahah, Alex! Ci conosciamo da non so quanti anni ora, secondo te mi arrabbio perché hai scoperto una cosa del genere?! Non te l’ho detto, perché non è niente di importante e perché non sapevo se Margaret sarebbe stata d’accordo.”
“Ok.”
“Più che altro mi arrabbio perché non mi hai mai detto che ti piaceva così tanto.”
“Ma smettila! Avrei dovuto dirtelo anche se sapevo che andavi a letto con lei?!”
“No, ok, ma se me l’avessi detto prima, tra noi non sarebbe successo nulla.”
“Va bhè, chi se ne frega. Ormai è successo.”
“Ma non succederà mai più.”
“Non dirle nulla, tanto non avrei speranze con lei nemmeno se tu smettessi di andare a letto con lei.”
“Questo è da vedere, però intanto io smetto di andare con la ragazza che piace al mio migliore amico.”
Dopo aver chiuso questa imbarazzante conversazione, Matt riprese a giocare come se niente fosse successo.

Margaret
Potevo vedere benissimo la faccia imbarazzata di Alex davanti a me dopo quel commento sulla sua voce.

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Capitolo 13
*** Colour of the trap ***


Alex
Dopo quella conversazione su Margaret con Matt, lui non tirò più fuori il discorso del loro rapporto, ma io ero curioso di sapere cosa avesse detto a Margaret e di come avesse reagito quest'ultima.
Non dovetti aspettare molto per sapere cosa fosse successo, perchè esattamente il sabato sera dopo eravamo tutti insieme in un pub e sentii parlare Margaret e Matt di una ragazza presente nel locale: Matt le stava chiedendo un consiglio su come approcciarsi e lei la stava osservando per cercare di capire che tipo fosse.
Ero veramente sconvolto dalla disinvoltura con cui quei due affrontavano una cosa del genere.
Quella sera tornai a casa accaldato e con un leggero mal di testa, pensando che si trattasse semplicemente di una febbre passeggera.



Il giovedì sucessivo 
Margaret
Alex era a letto con la febbre da una settimana e non l'avevo ancora sentito, così decisi di chiamarlo.
"Pronto, sono Margaret, c'è Alex?"
"Sono io."
"Dal regno dei morti?"
"Probabilmente."
"Cosa ti è successo?"
"L'altro ieri sono andato in ospedale perchè la febbre non passava e oggi mi hanno detto che ho la mononucleosi."
"La malattia del bacio?!"
"Sì, quella."
"Hai capito il Casanova?!"
"Ma chissà come e quando l'ho presa. Che palle!"
"Hai mal di gola per caso?"
"No, affatto guarda."
"Non si sente quasi."
"Lascia perdere. Mi hanno detto che potrebbe durarmi anche tre o quattro settimane."
"Bhè, una è già passata."
"Stai cercando di tirarmi su il morale?"
"No."
"Ah ok."
"Ma cosa fai tutto il giorno?"
"Mi annoio. Ogni tanto provo a suonare, ma mi viene sempre mal di testa e con la febbre mi da fastidio la luce e poi non mangio quasi più."
"Si vede che sei proprio un maschio."
"Perchè?"
"Perchè ti lamenti come una femminuccia."
"No, ma sei simpatica!"
"Dai che scherzo. Ma scusa, perchè non mangi più?"
"Perchè la gola mi fa troppo male e non riesco a ingerire nulla."
"Scomparirai se ti resta la mononucleosi, sei già scheletrico così."
"E' divertente sparare sulla croce rossa?"
"No, hai ragione."
"Gli altri ti vengono a trovare?"
"Fino ad ora sono venuti poco, perchè pensavano che fosse febbre, ma ora che abbiamo la certezza che se non li bacerò non succederà niente, si faranno vedere un po' di più."
"Bene. Io vengo a trovarti domani mattina."
"Ma non dovresti andare a lezione domani mattina?"
"Io faccio quello che mi pare e visto che la mattina sei sempre da solo, ti vengo a trovare io."
"Ok"
"Ok, a domani mattina...e fatti trovare in condizioni presentabili, non ho voglia di vedere uno zombie."
"Ahahaha, ci proverò."



Alex
Fino a dopo cena non pensai troppo al fatto che Margaret sarebbe venuta a trovarmi a casa mia e che saremmo stati soli.
Avrebbe visto camera mia, le mie cose e di certo mi avrebbe preso in giro per qualsiasi cosa, me lo sentivo.
Se da una parte ero contento, perchè la febbre mi faceva addormentare piuttosto facilmente, dall'altra, l'idea che non mi sarei svegliato prima del suo arrivo non m sfiorò minimamente.


Margaret
Ero fuori dalla porta di casa sua da cinque minuti e avevo suonato il campanello e bussato alla porta in tutti i modi possibili.
Avevo provato a chiamarlo sul cellulare e a casa ma nessuno si era degnato di considerarmi.
Stavo facendo l'ultimo tentativo, quando vidi una tenda muoversi al primo piano.
Dopo qualche secondo una massa informe di capelli mi aprì la porta.
"Scusami, non avevo messo la sveglia."
"Sei fortunato perchè hai la mononucleosi, ma sappi che ho aspettato al freddo di dicembre un quarto d'ora prima che tu aprissi la porta."
Mi fece accomodare, non mi prese il cappotto, così lo lanciai sul divano e se ne andò direttamente in cucina.
"Che bravo padrone di casa!"
"Eh?" Lo guardai bene: non potevo di certo iniziare a sfottere: era ancora per metà nel mondo dei sogni ed era in pigiama, con dei capelli da porcospino.
"Niente Alex. Vuoi andare di sopra a cambiarti mentre io cerco la roba per prepararti un thè?" Mi sembrava di parlare con un bambino, ma probabilmente era l'unico modo per comunicare con lui di prima mattina.
Lui si guardò le gambe e si toccò i capelli e non rispose: prese la via delle scale.
Tornò cinque minuti dopo con una tuta e i capelli quasi ordinati, mentre io cercavo le tazze.
"Hai le ginocchia storte e le gambe scheletriche."
"Sono in forma."
"No, sei troppo magro."
"Punti di vista."
Alex finì di preparare le cose per il thè, perchè io stavo impazzendo in quella cucina così ordinata e poi andammo a berlo in salotto.
Lui non lo toccò se non dopo un buon quarto d'ora, perchè scottava troppo per la sua gola.
Io intanto avevo parlato di tutto quello che mi era successo nell'ultima settimana in cui non l'avevo visto.
Lui non rispondeva, ma annuiva tenendo gli occhi chiusi.
Quando mi accorsi di aver monopolizzato la conversazione, taqui, dedicandomi al mio thè.
Lui non iniziò nessun tipo di conversazione e siccome a me il silenzio faceva venire l'ansia, presi una sigaretta e andai a fumarla fuori da quella casa: da sola il silenzio era tollerabile, ma il silenzio tra due persone mi faceva proprio partire le paranoie.
Dopo qualche minuto vidi la sua testa spuntare dalla porta.
"Posso fare un tiro?"
"Scordatelo: hai una gola messa malissimo e poi mi attacchi la mononucleosi."
"Guarda che non sono uno di quelli che bagna tutto il filtro."
"Ti lascio l'ulitmo tiro allora."
"Ok, ma sei arrabbiata?"
"No, perchè?"
"E allora perchè hai smesso di parlare e te ne sei venuta fuori tuta sola?"
"Perchè non avevo voglia di tediarti oltre con le mie chiacchiere."
"Guarda che non mi stavi dando fastidio! Tenevo gli occhi chiusi, perchè ho un assoluto bisogno di tornare al buio."
Non gli risposi, ma mi avvicinai e gli feci fare l'ultimo tiro della sigaretta.
Buttò fuori il fumo immediatamente e gli occhi gli diventarono rossi.
Lo guardai preoccupata.
"Fa troppo male, ma valeva la pena tentare."
"Idiota."
Lasciò le tazze del thè in salotto e si diresse direttamente al primo piano.
Camera sua era nel buio più totale e non vedevo nulla, così cercai a tentoni un interruttore, ma lui quasi urlò, così spensi subito.
Muovendosi nel buoi, raggiunse il letto, ci si sdariò e accese la lampada che aveva sul comodino, cacciando subito la testa sotto il cuscino.
"Tu hai qualche problema."
"Probabile, ma tu guardati attorno, scegli dove accomodarti e poi fammi spegnere questo aggeggio infernale."
Potevo scegliere tra la sedia parcheggiata davanti alla scrivania, il pavimento e il letto.
Il letto era abbastanza grande da ospitarci entrambi e poi lui era anche poco ingombrante, così decisi per l'opzione più comoda.
Lui non doveva aspettarselo, perchè appena mi appoggiai sul materasso, sussultò, ma non fece commenti.
Allungò il braccio, spense la luce e fece riapparire la testa da sotto il cuscino. Nella penombra vedevo solo il suo profilo: era steso a pancia in giù e abbracciava il cuscino con entrambe le braccia.
Io ero stesa di fianco a lui a pancia in su con le braccia incrociate dietro la testa e guardavo il soffitto.
"Va meglio?"
"Immensamente."
"Allora possiamo parlare di cose serie."
"Tipo?"
"Tipo il tuo ruolo come cantante."
"Ah. Devo preoccuparmi?"
"Nahhh...spero tu abbia un livello di autostima molto alto, perchè sarò feroce."
"Sono pronto."
"Bene. Alex, tu hai una bella voce e non sei stonato, ma hai un grande problema."
"Cioè?"
"Quando canti fai le smorfie con la faccia! Fai smorfie bruttissime!"
Provai a imitarne qualcuna e lui scoppiò a ridere, quindi probabilmente riusciva a vederle o a immaginarle piuttosto bene nella penombra.
"Non ci posso fare niente però: è lo sforzo di cantare e suonare insieme."
"Hai mai visto Noel Gallagher fare una smorfia da gargoyle?"
Scoppiò a ridere anche questa volta: aveva una risata bellissima, da bambino quasi.
"Ma io non sono Noel Gallagher e non diventerò mai come lui."
"Su questo non c'è dubbio, Alex. Comunque il problema non è solo facciale."
"Ah no?!"
"No: ti muovi sempre mentre suoni. Non stai fermo con nessuna parte del corpo. Sembri tarantolato: o batti il piede o sollevi una gamba. A volte sembri epilettico e altre volte spastico."
Gli scappò la terza risata nel giro di cinque minuti.
"Mi faccio prendere dalla musica e non riesco a stare fermo."
"Ok e ti capisco, infatti non ti direi mai di fare come Liam Gallagher..."
"Sei proprio fissata con gli Oasis comunque."
"No, sono una semplice fan, solo che sono perfetti per il tuo caso. Liam canta con una posa che solo lui può mantenere senza sembrare ridicolo. Tu devi trovare un modo più carino per muoverti durante le canzoni."
"Fammi degli esempi..."
"Damon Albarn: anche lui non sta mai fermo e suona e canta come te, ma non sembra mai un pazzo."
"Mi stai davvero parlando di Damon Albarn?"
"Sì, perchè?"
"Prima gli Oasis e poi il leader dei Blur?"
"Io sono contro le battaglie! Apprezzo entrambe le band e non mi interessano gli scontri."
"Ok, ok. Ma quindi fammi capire: devo smettere di fare le facce, devo smettere di muovermi sul palco e se lo faccio devo sembrare quasi normale..."
Parlava lentamente e la sua voce era così bassa che quasi non mi accorsi di chiudere gli occhi. Per rispondere feci soltanto un cenno d'assenso con la testa.
"Ti stai per addormentare?" Mi chiese girandosi a pancia in sù e incrociando le mani dietro la schiena.
"Probabile. Ti scoccia?"
"No, no, fai pure come se fossi a casa tua, ne approfitto per dormire anche io."
Io mi accuccia contro di lui e appoggia la testa sul suo petto.
"In realtà tu potresti continuare a parlare, così mi addormento meglio."
"Sono così noioso?"
"No, è che il suono della tua voce oggi concilia il sonno."



Alex
Si era proprio messa comoda e aveva la testa appoggiata sul mio petto e con un braccio mi cingeva. Ero intrappolato in pratica ed era la situazione peggiore che mi potesse capitare: Margaret era in camera mia, precisamente sul mio letto e aveva intenzione di dormire abbracciata a me e io avevo la mononucleosi.
Non sapevo cosa dire, così restai in silenzio a fissare il soffitto, mentre ascoltavo il suo respiro tranquillo.


Margaret
Mi svegliai dopo quasi mezz'ora perchè tossì.
Provai a muovermi, ma si era addormentato anche lui, allora, cercando di spostarlo il meno possibile, ma era molto difficile perchè le sue braccia mi circondavano.
Quando riuscii a districarmi dalla presa, lui emise qualche suono, ma continuò a dormire come un bambino.
Andai in cucina a bere un bicchiere d'acqua e poi in salotto a curiosare.
Mi fermai davanti alla libreria. C'erano un sacco di libri di vario genere, alcuni anche in tedesco.
Presi un libro a caso in tedesco: si intitolava Die Leiden des jungen Werthers e capii che si trattava dei dolori del giovane Werther solo per l'autore e per il nome del protagonista nel titolo.
Iniziai a leggere pagine a caso cercando di pronunciare, almeno mentalmente, le parole, ma mi chiedevo come qualcuno potesse davvero parlare in quel modo.
"Sai anche il tedesco?"
Alex si era svegliato ed evidentemente aveva deciso di farmi prendere un accidente, perchè non aveva fatto rumore e si era palesato in salotto alle mie spalle.
"No. I tuoi sono tedeschi?"
"No, mia mamma insegna tedesco."
"E tu lo sai parlare?"
"No, so dire solo pochissime cose. Mia mamma non ci prova nemmeno a insegnarmelo. Mi ha detto una volta, te le cito testuale -Non sai nemmeno parlare in inglese decentemente, figuriamoci se riesco a insegnarti qualcosa di tedesco-."
"Mi sembra giusto."
"Ti fermi qui a pranzo?"
"No, devo andare a casa, perchè vedo Matt oggi pomeriggio."
Sembrò dispiaciuto, ma non era colpa mia se lui si era beccato una malattia così brutta da essere costretto in casa per diverse settimane.
"Come va con lui?"
"Tutto bene. Ha conosciuto una ragazza e non vuole combinare casini, quindi adesso non ci sfioriamo nemmeno con un dito."
"Capito."
"Se vuoi comunque oggi pomeriggio mando Allison a farti compagnia! Ne sarebbe più che felice immagino."
"Non mi sembra il caso"
Appena la nominai, lui si rabbuiò e la cosa mi incuriosì alquanto.
"Perchè fai quella faccia? Anche se io non la sopporto, non significa che non sia una ragazza piacevole."
"Non mi va di parlarne."
"Strano! Tu hai sempre voglia di parlare di qualsiasi cosa!"
Ovviamente non rispose.
Presi la giacca e mi avviai verso la porta.
"Grazie per essere passata oggi."
"Figurati! Magari faccio un salto nei prossimi giorni!"
"Ok, ciao!"

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Capitolo 14
*** If I'd have known, then I wouldn't have said it ***


Margaret
Due giorni dopo quella mattinata trascorsa insieme decisi di andare a trovarlo e di portargli una sorpresa.
Con la gola messa così, probabilmente un po’ di gelato sarebbe riuscito a mangiarlo, così pensai di passare in una gelateria, solo che le probabilità di trovarne una aperta in un grigio pomeriggio di inizio dicembre erano molto basse.
Dopo aver camminato quasi un’ora ne trovai una aperta.
Il gelataio, un signore anziano con una strana espressione dipinta sul viso mi servì quasi come se mi stesse facendo un favore. Inoltre, dopo quel bruttissimo incontro con il gelataio iniziò a piovere e io ero anche senza ombrello, quindi nel raggiungere casa di Alex mi infradiciai completamente.


Alex
Per fortuna quel pomeriggio Matt passò a trovarmi.
Mi raccontò un po’ cosa stava succedendo a scuola e mi chiese di Margaret.
Gli raccontai della mattinata trascorsa insieme e i suoi primi commenti furono su quanto fosse contento che noi andassimo finalmente d’accordo, ma io mi trovavo in difficoltà.
“Alex, non sembri felice di questa cosa.”
“Eh, lo so. E’ solo che quando è in giro vicino a me, io divento nervoso. Non so mai cosa dire, cosa fare e lei non mi rende le cose facili. Quando si è stesa vicino a me ho quasi fatto un salto.”
“Ti devi rilassare, non morde mica!”
“Ok, ma non è facile starle vicino quando l’unica cosa che vorresti fare è baciarla e non puoi farlo, perché sei terrorizzato dalla sua reazione e perché hai la mononucleosi. Finchè mi sta lontana non è difficile, ma quando si avvicina, io smetto di pensare lucidamente!”
“Come sei esagerato!”
“Non sono esagerato, è solo che non mi va di passare del tempo da solo con lei se sono messo così male.” Ribattei. Per lui era facile parlare, si erano trovati da subito fin troppo bene insieme.
In quel momento qualcuno suonò alla porta, ma io non stavo aspettando nessuno.
“Vado io ad aprire, resta a letto.” Disse Matt. Eravamo soli a casa perché i miei erano usciti per andare a fare la spesa.
Dal piano di sotto non sentivo provenire nessuna conversazione e Matt tardava a tornare, poi qualcuno si affacciò alla porta di camera mia.
“Heilà malaticcio!”
Era Margaret.
“Ciao! Che ci fai qui?” Cercai di apparire il più normale possibile, anche se già mi immaginavo il ghigno di Matt al piano di sotto.
“Ti ho portato un po’ di gelato. Spero che cioccolato e vaniglia ti piacciano come gusti.”
In quel momento ci raggiunse Matt con un vassoio e due tazze.
“Ecco a voi la merenda. Io vado.”
Non doveva andarsene, non dopo la nostra conversazione.
“Perché non rimani un altro po’? Dovevi finire di dirmi cosa hanno spiegato a scuola di nuovo.”
“Mi ha chiamato mia mamma, ha bisogno di me a casa per montare la libreria nuova. Ci vediamo nei prossimi giorni Al”
Salutò Margaret con un bacio sulla guancia e aggiunse:
“Sei gelida!”
“Eh, mi sono beccata tutta la pioggia per trovare qualcosa da mangiare per Alex.”
“Alex, falle posto sotto le coperte, altrimenti va in ipotermia questa santa ragazza.”
Mi fece l’occhiolino e se ne andò dopo quella frase geniale.
Odiavo Matt con tutto me stesso.
Lei intanto non se lo fece ripetere due volte e, dopo avermi passato il vassoio con il gelato, si tolse la felpa.
“Hai dei pantaloni da prestarmi? Ho i pantaloni zuppi e non mi va di bagnarti tutto.”
“Cerca qualcosa nell’armadio.”
Il mio tono era particolarmente serio e infastidito e probabilmente lei se ne accorse, perché non andò verso l’armadio, ma si sedette sulla sedia vicino alla scrivania senza rispondermi.
“Mi alzai dal letto e andai a cercare io qualcosa nell’armadio e lei porsi una tuta.
Lei la prese e uscì dalla stanza per cambiarsi, ma quando rientrò prese una tazza dal vassoio e tornò a sedersi sulla sedia della scrivania.
“Buono questo gelato, grazie per averci pensato.”
“Forse avrei dovuto pensarci meglio, considerato il tuo umore.”
“Dai, scusami. Hai ragione.”
“Lo so che ho ragione.”
“Vieni qui sotto le coperte, io sto andando a fuoco, ho bisogno di qualcosa di gelido con cui rinfrescarmi.”
“Lo faccio solo perché sto ancora morendo di freddo Mister Buonemaniere.”
Quando mi fu di fianco, cercai di rilassarmi un po’, ma non era semplice.
“Sei veramente gelida.”
“Ah oh. Rischio di prendermi un gran raffreddore solo per portarti del gelato e ti trovo pure di cattivo umore.”
“Sono stufo di restarmene chiuso in casa.”
“Ma la febbre non si è ancora passata?”
“Ogni tanto passa, ma poi torna e il mal di gola è costante.”
“Mi spiace.”
“Passerà. Tu hai delle novità?”
“Nessuna in particolare, a parte che probabilmente mio padre deve andare a lavorare in Italia.”
“In Italia? E tu vai con lui?”
“Non lo so ancora. Ci sono quattro possibilità: o vado con lui, e non mi va, o resto qui con Danielle, la madre di Allison e non mi va, perché io ho due genitori e non mi va di vivere con la compagna di mio padre, o vado in Francia da mia madre oppure convinco mio padre a mandarmi a vivere a Manchester con Elizabeth.”
“E per ora qual è l’opzione più probabile?”
Non avevo mostrato il benché minimo cambiamento di umore nel tono della mia voce.
“La Francia, perché mio padre non crede che sia una buona idea mandarmi da Elizabeth, ma devo parlare con mia madre, per convincerla a parlare con mio padre e a farlo ragionare. Io voglio restare in Inghilterra.”
“Capisco. Buona fortuna.”

Margaret
Gli avrei tirato uno schiaffo in quel momento.
Gli avevo appena detto che probabilmente mi trasferivo in un altro stato e lui si comportava come se la cosa non lo toccasse minimante.
“Bhè, a meno che io non resti con Danielle, tu ti libererai di me. Non sei contento?”
“Cosa ti fa pensare che sarei contento?”
“Il fatto che tu non mostri il minimo dispiacere per la notizia, ne un minimo di compresione. Nulla.”
“Ma io non mostro mai nulla.”
“Peggio per te.”
Finii di mangiare il mio gelato in silenzio e poi mi coprii con la coperta fin sopra alla testa.
“Margaret, non ti arrabbiare. Mi dispiace se te ne vai.”
“Non sei costretto a dirlo.”
“Non sono costretto, sono serio.”
Mi raggiunse sotto la coperta.
I nostri visi erano vicinissimi e avevo i suoi occhi puntati nei miei.
Non mi ero mai accorta di quanto fossero grandi, innocenti e…belli.
“Anche se io mostrassi dispiacere, questo non ti servirebbe a risolvere la situazione, ma ti farebbe rattristire ancora di più.”
Gli occhi mi diventarono lucidi in un nano secondo.
“Visto?”
Non gli risposi, ma girai la testa dall’altra parte.
Eravamo troppo vicini e tutto mi faceva uno strano effetto e non capivo perché.
Lui mise la testa fuori dalla coperta, probabilmente perché non voleva mettermi in imbarazzo.

Alex
Probabilmente quello era il pomeriggio più brutto che avessi mai vissuto fino a quel momento.
Si trasferiva e cercava conforto da me, mentre io ero nervoso e scontroso.
Feci molta fatica a cercare di apparire tranquillo, comprensivo, dispiaciuto e tutto il resto di cui aveva bisogno che io mi mostrassi, soprattutto quando il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
Per fortuna distolse lo sguardo prima di me, perché non sapevo sul serio se sarei riuscito a non avvicinarmi di più.
Il suo viso riapparve qualche minuto dopo e ogni traccia di tristezza era sparita.
“Prometto che non mi vedrai mai più piangere.”
“Non c’è problema.”
“E invece sì che c’è. Io odio piangere e poi per cosa?! Guardiamo il lato positivo della cosa: potrei tornare a vivere con mia mamma! E poi non è detto che io non vi riveda mai più. Tornerò in Inghilterra spessissimo, soprattutto per la stagione dei festival!”
Continuammo a parlare per un’altra oretta buona, ma il mio contributo alla conversazione era molto scarso, perché pensavo a tutt’altro, visto che non volevo concentrarmi sul fatto che lei fosse così vicina a me e probabilmente per l’ultima volta per molto tempo.


Margaret
Alex sembrava distratto e stanco, così dopo un po’ decisi di lasciarlo stare, probabilmente voleva riposarsi un po’.
Mi avrebbe fatto piacere passare un altro po’ di tempo con lui, ma non volevo imporre la mia presenza a nessuno, tanto meno a uno che non poteva nemmeno uscire di casa.
Lo salutai tranquillamente e senza fargli capire nulla di quello che mi passava per la testa.
Dovevo andare a casa per iniziare a preparare la valigia per le vacanze di Natale, ma non ne avevo molta voglia, così chiamai Matt e gli chiesi se ci potessimo incontrare e lui mi invitò a casa sua.
Conobbi Jill, sua madre, una signora adorabile: lui e sua madre avevano un rapporto bellissimo e lei era giovanile, sembrava quasi la sua migliore amica.
Dopo aver chiacchierato un po’ con lei, andammo in camera sua e io tirai subito fuori la questione che mi disturbava.
“Matt, che tu sappia, Alex mi odia?”
Lui scoppiò a ridere.
“Perché ridi?”
“Perché non ti odia, ma immagino che tu possa pensare di stargli antipatica.”
“Stargli antipatica? A volte sembra fare fatica a parlare con me ed altre invece sembra la persona più dolce del mondo. Il problema è che non so mai quando sarà in un modo e quando in un altro.”
“Margaret, Alex fa un po’ di fatica a mostrare quello che sente e quindi a volte risulta indolente e disinteressato, ma ti assicuro che non lo è affatto. Cosa ha fatto oggi pomeriggio?”
“Gli ho detto che probabilmente mi trasferisco e lui mi ha semplicemente –Buona fortuna-. Poi cinque minuti dopo è diventato dolce e gentile. Poi dopo ancora sembrava non aver voglia di parlare con me.”
“Ahahahahah. Lascialo perdere, è fatto così.”
“No, io non lascio perdere, perché mi innervosisce e mi manda in confusione un atteggiamento del genere.”
“Margaret?”
“Che c’è?”
“Non è che ti piace Al?”
Aveva uno strano sorriso stampato in faccia, sembrava quasi che non volesse una risposta, perché lui sapeva già, sapeva ancora prima di me.
“Non lo so. C’è stato un momento oggi pomeriggio in cui mi ha messo davvero in difficoltà la sua presenza e poi il suo comportamento confonde abbastanza, quindi non so.”
“Bah, siete strani entrambi!”
“Perché, lui cosa ti ha detto?”
“Ah nono. Io non so niente.”
“Dai, voglio sapere cosa ti ha detto.”
“Non c’è pericolo che io te ne parli. Al è il mio migliore amico. Cambiamo discorso. Ci sono novità sul fronte trasferimento?”
Abbandonai il progetto di sapere cosa passasse per la testa di Alex e parlai ancora del problema Francia/Italia/Sheffield/Manchester con Matt.

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Capitolo 15
*** Still take you home ***


Alex
Margaret partì per la Francia prima che io mi rimettessi del tutto, ma non passò più a trovarmi dopo la conversazione sulle ipotesi di trasferimento.
Mi telefonò la sera prima di prendere l'aereo, ma fu una telefonata piuttosto scialba, quasi d'obbligo, perchè era piuttosto fredda e distaccata e io non l'aiutai di certo a mantenere vivo il dialogo, perchè non ero di buon umore

Margaret
Dopo la prima settimana in Francia, mi accorsi che il pensiero di Alex tornava troppo frequentemente a trovarmi e ogni volta era accompagnato dalla consapevolezza che ci eravamo salutati veramente male, anche perchè non ci saremmo visti per un mese intero.
Dopo qualche giorno dal mio arrivo, mia mamma cercò di intraprendere il discorso sul mio immediato futuro ed entrambe, dopo un'attenta riflessione giungemmo alla conclusione che l'unica soluzione accettabile sia per me, che per mio padre, che per mia madre, sarebbe stata quella di trasferirmi a Marsiglia da lei, almeno per finire il liceo. La mia condizione era quella di poter andare a studiare a Manchester dopo il diploma e secondo mia mamma, mio padre avrebbe potuto accettare un compromesso simile.
Visitai alcuni licei di Marsiglia e ne scelsi uno che era vicino al mare. Avrei dovuto sostenere degli esami per poter essere ammessa alle lezioni , visto che ormai l'anno scolastico era iniziato da un po', ma me l'aspettavo e quindi non mi pesò troppo l'idea di studiare. Sarei tornata in Inghilterra solo per una settimana: il tempo di sistemare le ultime cose, prendere qualche valigia di vestiti e salutare tutti.
Dopo due settimane in Francia, durante il periodo natalizio decisi di scrivere un messaggio ad Alex per comunicargli la notizia, ma non ricevetti alcuna risposta, cosa che mi infastidì e non poco. Nonostante il silenzio assoluto dopo il primo messaggio, gliene inviai qualcun'altro nei giorni successivi, perchè avevo una gran voglia di sentirlo, ma dopo il quarto messaggio senza risultati abbandonai l'idea che Alex Turner fosse una persona normale.

Alex
Per Natale le scrissi un banale messaggio d'auguri, perchè non sapevo cosa dirle dopo il suo messaggio in cui mi diceva che si sarebbe definitivamente trasferita a Marsiglia e lei, come mi aspettavo, non rispose agli auguri.
Sapevo che sentiva Matt spessissimo, perchè lui mi aggiornava con regolarità su come stesse e su cosa stesse facendo in Francia, ma io mostravo poco interesse, perchè il mio obiettivo era fare in modo di non pensare più a lei, visto che comunque non sarebbe rimasta nella mia vita per tanto tempo.

Margaret
Nonostante Alex si stesse comportando in modo inspiegabilmente insopportabile, pensai moltissimo a che regalo di compleanno fargli e proprio quando pensai di aver perso ogni speranza mi salvai: trovai un regalo molto bello in uno dei negozi dell'aereoporto di Marsiglia. Il problema è che non sapevo come darglielo visto che non avevo intenzione di vederlo o di parlarci da sola.

Alex
La mattina del dieci gennaio mi svegliai con la consapevolezza che quella sarebbe stata una giornata atroce.
Margaret
Sarei voluta andare a prendere Matt all'uscita da scuola, ma avrei dovuto fare una corsa allucinante, mentre mio padre voleva farsi un giro a Londra prima del rientro nella fantastica cittadina di Sheffield. Arrivai a casa verso le sei di pomeriggio e chiamai immediatamente a casa di Matt, sperando che rispondesse sua madre, perchè volevo fargli una sorpresa.
"Pronto?"
"Pronto, salve Jill, sono Margaret. Volevo fare una sorpresa a Matt e quindi volevo sapere se per caso fosse in casa e se potessi passare a salutarlo."
"In questo preciso istante non c'è, ma dovrebbe tornare dalle prove tra pochissimo, quindi se passi tra mezz'ora lo trovi di certo. Ti vuoi fermare a cena?"
"No, grazie, non si disturbi. Volevo solo salutarlo, perchè non lo vedo da un mese e mi è mancato da morire."
"Nessun disturbo, insisto. Anche a lui sei mancata e ci ha raccontato tutto quello che hai fatto mentre eri in Francia."
"Ok allora, a dopo."
"A dopo."
Mio padre non prese troppo bene il fatto che avrei cenato fuori casa la prima sera dal mio ritorno, ma non mi interessava, perchè era colpa del suo lavoro il fatto che mi sarei dovuta trasferire in un altro stato e quindi smettere di vedere Matt e gli altri.
Mi lavai, sistemai un po' la valigia e poi presi la confezione di dolci francesi alle mandorle che avevo preso per Matt e mi avviai verso casa sua.
Mi aprii sua madre, salutandomi silenziosamente per non rovinare la sorpresa al figlio e mi disse che Matt era in camera sua a giocare alla playstation, ma Jill si dimenticò di dirmi che non era da solo.
Quando bussai, riconobbi una voce, purtroppo familiare,dire a Matt che c'era qualcuno alla porta.
"Avanti." Disse Matt.
Prima di entrare feci un respiro profondo e cercai di mettere su l'espressione più felice che potessi, anche se in quel momento volevo fuggire.

Alex
Pensavo che alla porta fosse Jill per dirci che era pronta la cena e invece mi ritrovai davanti l'ultima persona che avrei voluto mi vedesse e che avrei voluto vedere in quel momento.
Matt saltò su dal pavimento, le si scaraventò addosso e la prese in braccio, mentre lei se lo abbrracciava calorosamente.
Per il primo minuto nessuno dei due mi degnò di uno sguardo, ma quando Matt la posò a terra, lei si girò verso di me e mi fece un cenno con la testa, per poi continuare a dedicare tutta la sua attenzione a Matt.
Il batterista ovviamente aveva notato la scena, ma all'inizio cercò di non appesantire l'atmosfera con commenti inappropriati, in ogni caso per fortuna, dopo poco arrivò Jill a dire che era pronta la cena.
La mamma di Matt mi aveva invitato a rimanere per cena, quando arrivai a casa con Matt dopo le prove, per giocare un po' alla playstation, ma all'inizio non mi stupii dell'invito, visto che per Jill ero praticamente di famiglia, ma, dopo l'apparizione di Margaret a casa di Matt, avrei scommesso che ovviamente aveva organizzato tutto, perchè probabilmente Matt le aveva raccontato tutto sul nostro particolare rapporto.
Durante la cena la famiglia Helders fece una marea di domande a Margaret sulla Francia, sulla nuova scuola e lei sembrava tranquilla e a suo agio, ma ogni volta che a fare una qualche domanda ero io, quello che ricevevo era uno sguardo inferocito e una risposta breve e poco soddisfacente, quindi dopo il terzo tentativo, smisi per evitare di creare troppi imbarazzi.

Margaret
Matt non abitava molto lontano da me e mio padre mi aveva ordinato di essere a casa alle nove e mezza, così alle nove e un quarto annunciai il fatto che dovessi andare a casa e Jill venne in mente un'adorabile idea.
"Alex, fuori è buio, perchè non l'accompagni tu?"
Io cercai di mascherare il mio sguardo d'odio profondo, ma ero praticamente certa del fatto che lei sapesse perchè Matt le aveva raccontato tutto: quei due erano praticamente amici, non madre e figlio.
Alex cercò di balbettare qualcosa come scusa, perchè giustamente aveva paura di un qualche attentanto contro la sua vita, ma in quel momento intervenne Matt a peggiorare la situazione.
"L'accompagnerei io, ma dopo le prove di oggi pomeriggio sono davvero stanco, quindi fallo te, Al."
A quel punto al mio sguardo d'odio si aggiunse anche quello di Turner.

Alex
Dopo aver ringraziato Jill per la cena e aver salutato Matt in modo quasi scorbutico ci avviammo verso casa di Margaret.
Le camminavo di fianco senza dire una parola, ma dopo qualche passo lei mi disse:
"Guarda che non ho bisogno della guardia del corpo, puoi anche andare a casa."
"No, è buio e ti accompagno a casa."
"Non vorrei che la cosa ti scocciasse troppo e non voglio disturbare, più di quanto io non abbia già evidentemente fatto."
"Nessun disturbo."
"Bene. Auguri comunque."
"Grazie."
Dopo gli auguri la conversazione, per mia fortuna, non si prolungò oltre e arrivammo in fretta a casa sua, sia per il freddo, sia perchè non volevamo dover passare troppo tempo soli.
Davanti al cancello di casa sua, lei mi disse un banalissimo "ciao" senza nemmeno guardarmi in faccia e io le risposi "Buonanotte" mentre attraversava il giardino prima di arrivare al portico.

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Capitolo 16
*** My Mistakes Were Made For You ***


And in the back room of a bad dream, she came
And whisked me away, enthused




Margaret
Quella settimana passò in fretta e vidi i ragazzi molto spesso, in particolare Matt.
Mi dispiaceva tantissimo partire e questo lo compresi anche per come stavano andando le cose con Alisson: mi accorsi che mi sarebbe mancata anche lei e che l’opinione che avevo su di lei dall’inizio era sbagliata. Andava straordinariamente d’accorso e si vedeva che era dispiaciuta per la mia partenza.
Il mio aereo sarebbe partito domenica mattina e il sabato sera decidemmo di andare a bere qualcosa in un posto tranquillo. Io e Alex non ci parlavamo e non ci eravamo rivolti la parola praticamente tutta la settimana, anche se ci eravamo visti praticamente tutti i giorni insieme agli altri.
Quella sera al pub c’era anche un’amica di Allison che era a scuola con noi e a cui piaceva tremendamente Alex e la notai appena entrai nel locale con un leggero fastidio, anche se lui non la considerava molto.
Il problema di quella ragazza si pose quando lei, aiutata dall’alcool, prese l’iniziativa e venne a parlare con Alex.
Lui non sembrava disdegnare affatto la compagnia di quella tizia e io, anche se Matt mi stava parlando di una cosa, non riuscivo a concentrarmi perché ero troppo impegnata a osservare Alex e l’amica di Allison. Matt se ne accorse, mi prese per un braccio e mi trascinò fuori dal locale, perché probabilmente aveva paura che prendessi a botte uno dei due, o entrambi.
“Margaret, rilassati, li stavi uccidendo con lo sguardo.”
“Non è vero.”
“Sì invece. Ma che ti prende? Almeno per stasera non potete comportarvi da persone normali e parlare?”
“E’ troppo impegnato a parlare con qualcun’ altro evidentemente.”
“Sei gelosa?”
Matt mi stava facendo venire il nervoso, era ovvio che fossi gelosa, ma non gli dissi nulla e mi accesi una sigaretta.


Alex
Grace era carina, ma dopo cinque minuti di conversazione mi aveva già stufato e non sapevo come uscirne, ma quando vidi Matt prendere per un braccio Margaret e portarla fuori, mi preoccupai e con tono poco educato liquidai l’amica di Allison per raggiungere Matt e Margaret fuori dal locale.
Lei era scocciata e Matt stava in silenzio di fronte a lei: sembrava quasi che avessero litigato.
“Tutto bene ragazzi?” chiesi titubante.
Margaret non mi rispose ovviamente, ma dopo qualche secondo di silenzio Matt evitò il prolungarsi di quel silenzio imbarazzante.
“Io me ne vado dentro. Voi due dovete parlare e questa è una delle ultime occasioni utili per farlo. Non fate i bambini piccoli.”
Pensavo che Margaret a quella frase si ribellasse con tutta sé stessa e invece non disse nulla e non si allontanò, così pensai che se fossi rimasto, forse lei non si sarebbe messa ad urlare, ma mi avrebbe parlato per chiarire.
Sapevo di dover essere io a iniziare a dire qualcosa, perché ero io quello che si era comportato da bipolare, ma non sapevo come spiegarle il mio problema.
Per fortuna le donne sanno parlare, discutere e conversare meglio dei ragazzi, perché dopo che ebbe finito la sua sigaretta, iniziò a parlare.
“Alex, ti ho fatto qualcosa?”
Non mi guardava in faccia mentre mi parlava, era appoggiata con la schiena contro il muro e fissava un punto lontano davanti a sé, mentre io ero di fianco a lei e riuscivo a guardare solo lei.
“No.”
Avrei voluto sul serio spiegarle tutto, ma mi mancava il coraggio.
“Ti sto antipatica?”
“No.”
“Allora mi puoi spiegare i tuoi sbalzi di umore? Ogni tanto sei adorabile, altre volte sei intrattabile, altre volte ancora sparisci e poi riappari. Sono un po’ confusa. Fai così con tutti?”
“No.”
“E perché riservi solo a me questo speciale trattamento?”
Il suo tono era tranquillo, ma continuava a non guardarmi in faccia e io le ero grato, perché era già abbastanza difficile rispondere alle sue domande così.
“Non saprei spiegartelo. Sinceramente non lo so.”
A quella mia risposta, lei sì spostò dal muro, si girò verso di me e mi iniziò a fissarmi negli occhi.
“Bhè, Alex, io una cosa la so. Tu mi piaci. Mi piacevi prima ancora che io partissi per la Francia, ma non mi era ancora chiaro. Nell’ultimo mese invece mi è diventato piuttosto evidente e il tuo atteggiamento mi ha mandato fuori di testa. Io non so cosa tu pensi di me e probabilmente non lo sai nemmeno tu, considerato il tuo comportamento, quindi domani partirò con la speranza di dimenticarti il più in fretta possibile, cosa che, considerata la tua espressione da baccalà in questo preciso istante, non sarà affatto difficile.”



Margaret
Gli sputai addosso tutto quello che pensavo, senza filtri, pensando che non l’avrei mai più rivisto.
Quando finii di parlare, rientrai nel locale, lasciandolo con quell’espressione demenziale a processare le informazioni che gli avevo fornito.
Non avevo voglia di restare in quel posto un momento di più, così chiamai mio padre per farmi venire a prendere.
Durante l’attesa salutai tutti calorosamente, in particolare Matt e gli feci promettere di non sparire.
Alex rimase in disparte tutto il tempo e lo salutai con un cenno della testa, perché non avrei nemmeno saputo cosa dirgli. Lui era della stessa opinione evidentemente, perché da quando era rientrato nel locale dopo la mia pseudo sfuriata non aveva detto una sola parola ad anima viva.
Quando entrai in camera mia con il solo desiderio di addormentarmi, vidi che sulla scrivania c’era il regalo ancora impachettato di Alex.


Alex
Probabilmente Margaret pensava che fossi un decerebrato, perché non ero riuscito nemmeno a dirle una parola dopo il suo discorso, ma mi aveva preso alla sprovvista.
Matt, dopo che Margaret era andata via, venne a chiedermi cosa ci fossimo detti e io glielo spiegai come meglio potevo, ma da ripetere a voce alta era ancora più imbarazzante, anche perché Matt si stava scompisciando dalle risate.
“Alex, ti devi svegliare!” furono le uniche parole che riuscì a dirmi dopo aver smesso di ridere.
Una volta a letto, ripensai migliaia di volte alle parole di Margaret e mi addormentai tardissimo.
Mi svegliai parecchie volte quella notte, ma ogni volta che mi riaddormentavo iniziava un incubo diverso di cui non riuscivo a ricordarmi nulla.
A un certo punto mi capitò anche di sognare Margaret: avevo appena fatto un incidente in macchina di notte, quando dal lato della strada apparve con un pacco regalo in mano. Io ero seduto con sul lato del passeggero e avevo male alla testa, perché l’avevo sbattuta contro il cruscotto. Lei aprì lo sportello, mi sorrise, mi accarezzò i capelli, si chinò, mi diede un bacio sulla testa, mi mise il regalo sulle gambe e se ne andò sparendo nel buoi. Ogni immagine era chiarissima e quando la mattima dopo mi svegliai fu l’unico incubo che mi ricordavo.
Ci misi qualche secondo ad alzarmi e in camera mia era buoi pesto, così prima di sbattere contro qualcosa provai ad accendere la lampada sul comodino, ma la mia mano si trovò il passaggio bloccato da qualcosa che di solito non c’era. Mi risistemai meglio sul letto e accesi la luce.
Sul comodino c’era un pacco regalo con un bigliettino che recitava semplicemente “Tanti Auguri, M. P.s. si chiamano  Musica, Letteratura, Interessi, Altro.”.
Presi incredulo la scatola e l’aprii. Dentro c’erano quattro Moleskine colorate: una rossa, una nera, una azzurra e una gialla.
Mi precipitai in salotto e vi trovai mia mamma intenta a leggere una rivista.
“Buongiorno Alex.”
“Mamma, cosa è successo stamattina?”
“E’ passata Margaret a lasciarti il suo regalo di compleanno prima di partire.”
“Ma è venuta in camera mia?”
“Sì. Mi aveva chiesto se potessi dartelo io quando ti fossi svegliato, ma ho pensato che in realtà le avrebbe fatto molto più piacere consegnartelo di persona.”
“Quanto tempo fa è successo?”
“Almeno tre ore fa, è passata verso le 9.00. Se vuoi ringraziarla è troppo tardi, stava già andando a Londra quando è passata di qua.”
“Ah.”
“Che cara ragazza comunque.”
Ora ci si metteva anche mia mamma.



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Capitolo 17
*** Lady, where's your love gone? ***


Mercoledì 7 aprile 2004
Alex
Era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Pasqua e l’insegnante dell’ultima ora ci stava assegnando i compiti per le vacanze prima del suono della campanella.
Avevo un gran mal di testa e non riuscivo a stare attento, così appoggiai la testa sul banco e osservai fuori dalla finestra, verso il cancello d’entrata.
La classe era al primo piano e non vedevo bene ogni cosa, ma c’era una ragazza familiare all’ingresso. Cercai di mettere meglio a fuoco, ma in quel preciso istante l’insegnante mi riprese chiedendomi cosa ci fosse di tanto interessante fuori. Io distolsi immediatamente lo sguardo e feci finta di concentrarmi sulle sue parole. Per fortuna dopo pochi minuti la campanella suonò e intanto io mi ero già dimenticato della ragazza al cancello.
Incontrai Matt fuori dall’aula e ci avviammo verso l’uscita.
Iniziò a parlarmi della festa che stava organizzando sabato sera a casa sua: i suoi partivano per farsi un viaggio in Germania e lui era molto carico, visto che aveva casa libera praticamente per una settimana.
Ci raggiunse Allison con una strana espressione.
“Matt, posso portare una persona alla festa?”
“Certo! Se è una ragazza è meglio però!” rispose Matt e le fece l’occhiolino.
Allison scoppiò a ridere e si allontanò senza aggiungere altro.
Sia io che Matt non capimmo il perché del suo atteggiamento, ma tutto ci fu chiaro qualche minuto dopo.


Margaret
Ero arrivata a Sheffield quella mattina molto presto e avevo deciso di andare a prendere i ragazzi a scuola, ma avevo chiesto ad Allison di non dire nulla.
Alex e Matt erano insieme e stavano parlando di qualcosa di molto interessante evidentemente, perché ci misero un po’ a vedermi.
Mi avviai nella loro direzione e il primo a vedermi fu Alex, il quale fece segno a Matt di guardare nella mia direzione.
A quel punto Matt mollò lo zaino e mi corse incontro e mi sollevò. Facemmo veramente un gran casino perché tutti si girarono a guardarci.
“Non ci credo! Potevi dirmelo!”
“Ma no! Volevo farti una sorpresa e poi l’ho deciso pochi giorni fa di venire qui per Pasqua!”
Intanto Alex ci raggiunse, anche se avrei giurato di averlo visto rallentare per ritardare il momento in cui avrebbe dovuto salutarmi.
“Bentornata!”
“Grazie.”
Temevo il momento in cui l’avrei rivisto e mi ero imposta di apparire tranquilla e serena, anche se mi era partito il batticuore e probabilmente ero diventata rossa.
Lui faceva fatica a guardarmi in faccia però, quindi il problema non si poneva.
Durante la mia permanenza in Inghilterra non avrebbe dovuto capire quello che mi stava succedendo e non doveva capire che il mio piano di dimenticarmelo era fallito miseramente.
Per un attimo avevo anche pensato di inventarmi un fidanzato francese, ma l’idea mi sembrava troppo ridicola, quindi optai per mantenere un atteggiamento tranquillo e distaccato e di parlarci il meno possibile per evitare di farmi beccare ancora presa da lui.
Ci raggiunse Allison e ci avviammo a piedi verso casa di Matt che non abitava distante ne da me, ne da Alex e durante il tragitto parlammo di quello che era successo negli ultimi tre mesi.
Sentivo Matt spesso per mail o messaggio, ma mi mancava parlarci di persona: non riuscivo a restare seria, anche quando parlava delle cose meno divertenti.
Alex non parlò molto e quasi sempre era più una risposta a quello che dicevano Allison o Matt; sembrava che avesse paura a rivolgersi direttamente a me e dentro di me lo ringraziai per questo.


Alex
L’ultima cosa che mi aspettavo era il ritorno di Margaret e non sapevo se ero felice di rivederla o impaurito.
Negli ultimi mesi avevo pensato molto a lei, ma non ne avevo parlato con nessuno, anche se Matt mi raccontava sempre le novità su di lei subito dopo averla sentita: in quelle occasioni non mostravo il minimo interesse.
Ero anche uscito con due ragazze, ma con entrambe la cosa non andò avanti per molto.
Lei sembrava tranquilla e rilassata, come se la nostra ultima conversazione prima della partenza non fosse mai avvenuta e questo mi infastidiva, perché mi faceva apparire quello in difficoltà, ma evidentemente in Francia era riuscita nel suo intento di dimenticarmi e non potevo certo biasimarla, considerato il mio comportamento. Non le avevo nemmeno scritto per ringraziarla del suo regalo.
Matt durante il tragitto verso casa chiese ad Allison e Margaret di uscire quella sera per festeggiare il ritorno di quest’ultima, ma quella sera sarebbero andati a cena da loro i nonni paterni di Margaret, perché non la vedevano da gennaio, allora ci organizzammo per giovedì sera.
Quel pomeriggio alla prove, Matt mi prese un po’ in giro davanti agli altri.
“Dovevate vederlo! Sembrava che avesse visto un fantasma, anzi no, uno zombie!”
Io non rispondevo, perché essenzialmente era vero.
“Alex, non ti preoccupare, non morde Margaret e poi è più bella di uno zombie, puoi smettere di evitare il suo sguardo!”
Jamie e Andy se la ridevano di gusto e io sorridevo imbarazzato, perché non sapevo cosa rispondere.


Giovedì 8 aprile
Alex
Il giorno dopo decisi di andarla a trovare a casa per poterle parlare, mi servì tutta la mattina per riuscire a trovare il coraggio di affrontarla.
Non l'avvisai, non pensando di non trovarla a casa, ma arrivato a casa sua, Allison mi disse che Margaret era andata a correre al parco.
Mentre mi dirigevo verso il parco in cui sapevo di trovarla, pensai un paio di volte di rinunciare e mi giustificavo dicendomi che il non averla trovata a casa fosse un segno del destino.

Margaret
Non riuscivo a stare ferma a casa e non sapevo cosa fare, allora andai a sfogare la mia agitazione al parco correndo un po'.
Stavo facendo il secondo giro, quando vidi in lontananza sul sentiero una figura a me nota.
Alex stava camminando con la testa bassa nella mia direzione.
Rallentai la mia andatura per ritardare il momento in cui avrei dovuto incontrarlo, ma lui alzò lo sguardo quando sentì i miei passi sui sassolini.
"Margaret!"
"Alex!"
"Ti stavo cercando!"
Mi fermai, perchè capii che non sarebbe stata una conversazione veloce.
"Ah, come mai?" Il mio cuore batteva ad una velocità esagerata e dentro di me davo la colpa alla fatica, ma sapevo che era quell'esserino a farmi quell'effetto. Cercai di apparire rilassata, ma il fiatone e la fatica per la corsa camuffavano bene l'agitazione.
"Vorrei parlarti di una cosa."
"Può aspettare questa cosa? Devo fare almeno un altro giro del parco e ci metto circa un quarto d'ora."
"Sì."
"Immaginavo. Se ha aspettato tre mesi, può aspettare altri dieci minuti. Ti raggiungo qui."
Mi allontanai correndo e iniziai a ridere come una cretina: la sua faccia sull'ultima mia battuta era impagabile. Volevo mostrare disinteresse e ci ero riuscita, anche se la curiosità mi stava consumando.
Quando tornai nel punto del parco in cui ci eravamo incontrati all'inizio, lo trovai seduto su una panchina a fissarsi le scarpe.
Mi sedetti vicino a lui e aspettai che fosse lui a iniziare la conversazione.


With folded arms you occupy the bench like toothache
Saw them, puff your chest out like you never lost a war
And though I try so not to suffer the indignity of a reaction

"Innanzittutto volevo ringraziarti per il regalo di compleanno!" Sembrava quasi che si fosse fatto  una scaletta mentale delle cose da dirmi.
"Ah prego. A proposito delle moleskine: l'idea dei nomi è veramente patetica, mi dispiace. Ci ho pensato in aereoporto, ma la noia spesso da buoni consigli." Dovevo essergli sembrata una ragazzina.
"Ma no! E' carina anche l'idea dei nomi. Mi fa sembrare una persona piena di interessi e acculturata!"
"Se lo dici tu." Ero molto curiosa di sapere se le avesse già usate, ma questo avrebbe significato mostrargli un qualche interesse per le cose che lo riguardavano e tutto ciò era molto lontano dalle cose che avevo programmato. Intanto però io mi ero fermata da un pochino ormai e la combo di sudore e di pomeriggio inoltrato inglese mi facevano venire freddo, così gli chiesi se potesse parlarmi mentre mi accompagnava a casa.

Alex
Era impressionante quanto mi potesse sembrare bella anche dopo un'ora di corsa.
Ci avviammo verso casa sua, mentre io cercavo di tirarmi fuori con la forza le parole sul suo ultimo discorso prima della partenza.
Temporeggiai un po' chiedendole come si trovasse in Francia, se avesse trovato degli amici interessanti e cercando di capire se in questi mesi aveva anche trovato un ragazzo.
Quando finii tutti i pretesti per portare avanti una conversazione decente, mancavano pochi minuti a casa sua, quindi mi decisi a sputare il rospo.
"Senti Margaret, volevo scusarmi per la mia reazione quando mi hai parlato quella sera. Sono stato freddissimo e capisco che non sia stato carino trovarsi davanti una persona del genere se si parla di certe cose."
"Non ti preoccupare, Al, è acqua passata ormai, non sono arrabbiata."
Quella frase mi freddò: sia perchè dimostrava che era riuscita nel suo intento di non pensare più a me, sia perchè mi rendeva difficilissimo il dovere di dirle quello che davvero volevo dirle.
"Sono contento che tu non sia più arrabbiata, ma io negli ultimi mesi ho ripensato spesso alle tue parole..."
Non mi fece finire di parlare, perchè alzò un braccio per farmi tacere.
Eravamo arrivati davanti al cancello di casa sua.
"Mi spiace che tu ti sia dato tanta pena, è stata fatica sprecata. Non ci sono rimasta così male e non c'era bisogno di dare importanza a un episodio del genere. Ora rientro, perchè sto gelando e non vedo l'ora di farmi un bagno caldo. Ci vediamo sabato alla festa di Matt."
Pronunciate queste parole, entrò in casa sua e io rimasi lì, senza riuscire a dare una risposta decente a un suo discorso.

Margaret
Non sapevo se si fosse accorto del fatto che in pratica stavo scappando per evitare qualsiasi commento su quella sera, ma in pratica era quello che stavo facendo: volevo evitare ogni tipo di commento da parte sua su quell'episodio, perchè avevo il terrore di che cosa potesse uscire dalle sue labbra.
Quella sera ero veramente stanca e non avevo nemmeno voglia di uscire, anche perché volevo evitare Alex, nei confronti del quale riconoscevo di essermi comportata da vera maleducata.
Avvisai Matt e gli raccontai anche quello che era successo e lui capì al volo la mia scarsa propensione a incontrare di nuovo quel giorno il suo migliore amico.

Venerdì 9 aprile
Il venerdì lo trascorsi con Elizabeth, che convinsi a venire alla festa di Matt di sabato, anche se all'inizio era un po' riluttante, visto che probabilmente sarebbe stata la più grande.
Parlai con lei di Alex e lei mi insultò, perchè non avevo avuto il coraggio di ascoltare quello che Alex aveva da dirmi e diceva che dovevo dargli almeno una possibilità per spiegare il suo atteggiamento freddo e distaccato.
Andammo a fare shopping e mi fece comprare un vestito abbastanza audace, ricattandomi: sarebbe venuta alla festa di Matt, solo se lo avessi indossato. Acconsentii, perchè avevo bisogno della sua presenza alla festa.
Venerdì sera uscimmo con i suoi amici e rividi anche David con ciu stranamente riuscii a scambiare quattro chiacchiere tranquillamente.

Sabato 10 aprile
Sabato mattina provai a studiare, ma con scarsi risultati, perchè la mia testa pensava a tutt'altro.
Sabato pomeriggio accompagnai Matt a fare la spesa per la festa e cercai di estorcergli qualche informazione senza farmi beccare, ma ovviamente non era idiota e mi beccò immediatamente.
"Senti Margaret, se avessi veramente voluto sapere cosa aveva da dirti, lo avresti fatto dire a lui. Alex non mi confida tutto, siamo ragazzi, non ci diciamo qualsiasi cosa."
"Non ci credo che non sai niente!"
"Non ho detto di non sapere proprio niente! Sto dicendo che non so cosa volesse dirti di preciso e comunque, anche se lo sapessi, non te lo direi, lo sai."
"Non è giusto!"
"Ah, comunque, mi dicono che non ti fa proprio più nessun effetto, eh?"
"Non l'ho mai detto!"
"E' quello che cerchi di far credere a tutti e ti riesce anche bene con lui, ma non con me."
"Gnè gnè gnè" fu l'unica risposta che mi sembrò appropriata a quel discorsetto e con la sua conseguente risata abbandonammo il discorso.

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Capitolo 18
*** Tonight there'll be a ruckus yeah regardless of what's gone before ***


Sabto 10 Aprile
Alex
Non avevo visto Margaret dal pomeriggio in cui avevo provato a parlarle al parco, ma avevo pensato abbastanza a lei. Quella sera lei sarebbe ovviamente venuta alla festa di Matt e il fatto di rivederla mi disturbava un po’, anche perché di certo mi sarei trovato in situazioni imbarazzanti se non fossi stato attento, però era già qualcosa il sapere che ci sarebbe stata: non mi sarei comportato come quando ci aveva fatto la sorpresa fuori da scuola qualche giorno prima.
Ogni volta che qualcuno suonava alla porta, mi giravo per controllare e quando vidi entrare Allison a un certo punto, ero sicuro di vedere anche Margaret dietro di lei, invece arrivò con Jamie.
Erano mano nella mano e ci sorrisero quando videro la faccia di Matt, Andy e anche la mia.
Non sapevamo che erano usciti insieme e che stavano insieme già da qualche settimana ormai, ma, quando ci raggiunsero, ci spiegarono che non volevano creare imbarazzi all’interno del gruppo, nel caso in cui le cose fossero andate male.

Margaret
Non vedevo Alex dal pomeriggio in cui aveva provato a parlarmi al parco e la cosa mi impauriva un po’, ma speravo che dopo una conversazione del genere non gli saltasse più in testa di affrontare il discorso con me. Quella era la mia ultima serata in Inghilterra per un po’ di tempo e non volevo che venisse rovinata da brutti ricordi e imbarazzanti situazioni.
Quando io ed Elizabeth arrivammo, c’era già parecchia gente, si sentiva dal caos che proveniva da dentro la casa.
Suonai il campanello e Matt arrivò dopo un bel po’ ad aprire la porta.
“Cazzo! Margaret, sei bellissima!” Fu la prima cosa che disse.
“Grazie.”Risposi un po’ imbarazzata.
“L’ho costretta a comprarsi questo vestito, lei non voleva!” Aggiunse Elizabeth.
“Hai fatto benissimo!”
“Ci fai entrare o vogliamo parlare tutta la sera qui?” ero in evidente imbarazzo, perché non volevo dare troppo nell’occhio, ma probabilmente non sarebbe stato facile.
Raggiunsi il gruppetto in cui c’erano Allison e gli altri, facendo finta di non notare gli sguardi che venivano dalle altre persone nella stanza.
Jamie stava abbracciando Allison da dietro e lei sorrise quando vide la mia espressione incredula.
“Non mi avevi detto niente! E viviamo per giunta insieme!”
“Bhè, nemmeno tu mi avevi detto che ti saresti presentata in questo modo alla festa!”
“Possiamo non parlarne?! E’ un suo ricatto!” Risposi indicando Elizabeth che intanto sorrideva soddisfatta.
“Bhè, è un bel ricatto!” Rispose Jamie a sua volta.
“Grazie allora.”
Mi guardai attorno per individuare dove poter procurarmi qualcosa da bere e per controllare dove fosse Alex.
Gli alcolici furono facili da trovare, mentre di Alex non c’era traccia.


Alex
Matt mi aveva chiesto di andare a prendere delle altre cassette di birra in cucina, mentre lui andava ad aprire alla porta.
In salotto, di spalle alla porta della cucina, vicino al tavolo con la roba da bere, c’era una ragazza con un vestito verde bottiglia, incredibilmente corto e con una scollatura sulla schiena incredibilmente profonda. Aveva i capelli neri raccolti in una coda di cavallo.
Rimasi a guardarla da lontano per qualche secondo, ma poi mi avvicinai al tavolo per appoggiare le bottiglie.
“Al, mi passi due birre?” Non mi aspettavo di sentire quella voce, ma la ragazza di cui avevo fissato la schiena era Margaret e in quel preciso istante aveva appena finito di chiedermi una cosa.
“Ciao Margaret.” La salutai porgendole una birra e senza guardarla in faccia.
“Grazie.”
Si allontanò per portare da bere ad Elizabeth senza aggiungere altro.
Passai praticamente tutto il tempo a fare due chiacchiere con Jamie ed Andy, mentre gli altri ballavano e si scatenavano.
Provavo a guardare poco spesso nella direzione in cui sapevo si trovava Margaret, ma era veramente molto difficile e più di una volta sua cugina mi beccò.



Margaret
Dentro casa di Matt faceva incredibilmente caldo, perché aveva invitato veramente una marea di gente e io avevo bisogno di rinfrescarmi, perché avevo ballato tutto il tempo.
Dopo essere stata in bagno a bagnarmi la faccia e il collo, tornai al piano di sotto e raggiunsi mia cugina, che si era seduta sul divano miracolosamente libero.
“Sai vero che Alex non ti ha tolto gli occhi di dosso praticamente tutta la sera?”
“Sì sì, certo.”
“Non sto scherzando, tu sei sempre liberissima di non crederci.”
“No, infatti. Scusa, ma qua dentro si soffoca, vado fuori a fumarmi una sigaretta.”
Sarei potuta andare all’ingresso principale di casa Helders, ma di certo ci sarebbe stato una casino di gente anche lì, perché in pochi conoscevano la parte in cui si arrivava dalla cucina.
Il giardino nella parte posteriore non era illuminato e pensavo che non ci fosse nessuno, così mi accesi la sigaretta senza guardarmi intorno a cercare qualcuno.
“Heilà!” Disse una voce nota dall’ombra.
“Aah!”
“Scusa, non volevo spaventarti.”
“No, non ti preoccupare, non mi aspettavo di trovare qualcuno.”
“C’è troppo casino dall’altra parte.”
“Esattamente.”
Dopo qualche secondo di silenzio, lui finì la sua sigaretta e si avvicinò alla porta, quindi fu anche inevitabilmente più vicino a me, ma non accennò a rientrare.
“So che te l’avranno detto tutti stasera, ma sei bellissima.”
Avvampai.
“L’ho pensato la prima volta in cui ti ho parlato e lo penso ogni volta che ti vedo e non pensavo di poter arrivare a pensare che puoi diventare ancora più bella.”
Ringraziai il fatto che l’illuminazione non funzionasse: avevo le guancie bordeaux.
“Gr-grazie.”
“Figurati.”
Alex mi sembrava stranamente tranquillo e per un attimo pensai che fosse ubriaco.
“Sei ubriaco?”
“No. E’ così improbabile che io possa farti un complimento senza sembrare imbarazzato?”
“No, è che…è che non me l’aspettavo.”
Non lo guardavo in faccia mentre gli parlavo, perché ero veramente imbarazzata.
“Se tu giovedì mi avessi fatto spiegare, adesso ti sarebbe tutto più chiaro.”
Mi parlava con una calma che non riconoscevo essere di Alex e mi intimoriva e piaceva allo stesso momento.
Morivo dalla voglia di sapere cosa mi volesse dire, ma ero troppo orgogliosa e spaventata per chiederglielo.
Si avvicinò ancora di più, fino ad essere a pochi centimetri dal mio corpo.
Mi portò una mano al mento e mi sollevò la testa, così da costringerlo a guardarlo negli occhi.
“Sinceramente, dopo il trattamento che mi hai riservato l’altro giorno, non ti meriteresti una spiegazione.”
Aveva uno sguardo serissimo e non riuscivo a muovermi nemmeno di un centimetro, pendevo dalle sue labbra.
“Sai, ero così giù di morale per non essere riuscito a parlarti, che pensavo che non sarei mai riuscito a rivolgerti la parola di nuovo, però poi tu ti presenti qui con questo vestito e mi viene mi mente che oggi è la mia ultima possibilità per farmi ascoltare e che non posso perderla, perché non me lo perdonerei mai.”
“Allora parla.” Queste furono le uniche parole che riuscii a mettere insieme; sembravo ipnotizzata.


Alex
Non sapevo da dove venisse quella calma e lucidità: forse dalla consapevolezza che era davvero la mia ultima possibilità per provare a spiegarmi, prima che il tempo cambiasse troppo le cose.
“Tu mi piaci tantissimo e non ci ho messo tanto a capirlo: è stata una cosa immediata. Sei imprevedibile, brillante, intelligente, disinibita, premurosa, ti piace la musica e sei incredibilmente bella. E tutto ciò mi ha sempre spaventato e intimorito e quello che tu vedevi era la mia reazione sulla difensiva.”
I nostri visi erano particolarmente vicini e notai un cambiamento abbastanza repentino nei suoi occhi, ma lei non proferì parola, così continuai.
“A gennaio, quando hai ufficializzato la notizia del tuo trasferimento, ero arrabbiato e triste, perché mi sentivo impotente e di certo non mi aspettavo il discorso che mi hai fatto l’ultima sera. In questi mesi non mi sono fatto sentire, perché tu hai espresso il chiaro desiderio di voler dimenticarmi e io non impongo la mia presenza a nessuno.”
“Alex, adesso sarà praticamente impossibile dimenticarsi di te!” Scoppiò a ridere, dopo aver pronunciato queste parole e si allontanò, camminando nel buio del giardino di Matt.
“Io domani devo tornare in Francia, lo sai.”
“Sì, lo so, ma non potevo lasciarti partire senza averti detto tutto.” Mi avvicinai a lei e l’abbracciai da dietro cingendole i fianchi.
“Ma tornerai anche in Inghilterra prima o poi.”
Lei appoggiò la testa contro il mio petto in segno di resa e chiuse gli occhi.
“Appunto, prima o poi.”



Margaret
Dopo qualche secondo di silenzio, mi sciolsi dall’abbraccio, mi girai e lo guardai negli occhi.
“Io e te non siamo fatti per una relazione a distanza.”
“Bhè, io e te non saremo una coppia ideale, ma questa sera possiamo fingere di esserlo.”
Con una mano sulla schiena mi spinse verso di lui e mi baciò.
Desideravamo entrambi quel bacio da troppo tempo per farlo apparire più timido di quanto non fosse in realtà.
Affondai le mani tra i suoi capelli, mentre le sue mani vagavano liberamente sulla mia schiena nuda.
Aveva le mani caldissime e la mia pelle bruciava sotto il suo tocco.
La situazione si scaldò in poco tempo e ci staccammo, prima di farcela scappare di mano.
“Non pensavo che sarebbe stato possibile, ma ora sei ancora più bella!”
“Se lo dici tu.”


“Well we might not be the perfect partners
But tonight we make a pair”

Angolo autrice:
Non sono solita aggiungere qualcosa in questa parte, ma mi sembra necessario: non so se tutte le lettrici sono a conoscenza del fatto che su youtube ci sia una versione acustica di Crying Lightning con una strofa in più: i versi della canzone alla fine sono presi proprio da quella strofa.
Ecco a voi il link, se vi interessa:
 http://www.youtube.com/watch?v=IcX_IethXmg

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Capitolo 19
*** Only you know ***


 

 

 

Alex

Rientrati in casa, la trovammo quasi deserta, non ci eravamo accorti di quanto tempo fosse passato. Raggiungemmo gli altri facendo finta di niente, ma loro ci guardavano comunque con strane espressioni e Margaret, appena se ne accorse, con una scusa si allontanò dal gruppo. Avrei voluto seguirla, ma Matt mi batté sul tempo e la raggiunse al piano di sopra.

 

 

Margaret

Non mi piacevano gli sguardi degli altri. Ci vedevano già come una coppietta e purtroppo non lo eravamo. Volevo risparmiarmi battute e domande e non riuscivo a tollerare i loro sguardi felici. Non c'era nulla per cui essere felici: il giorno successivo io sarei ripartita per la Francia e chissà quando avrei rivisto Alex e gli altri.

Andai in camera da letto di Matt, dove sapevo che c'erano le borse, per prendere le mie cose e le cose di Elizabeth. Volevo andare via.

"Margaret, cosa è successo?"

"Niente."

"Perchè sei scappata?"

"Devo andare a casa." Rispondevo senza guardarlo in faccia, cercando le borse.

"Non resti a dormire qui? Restano tutti."

"No. Non l'ho nemmeno detto a mio padre."

"Ma Allison l'aveva già chiesto a sua madre, quindi immagino che tuo padre lo sappia già."

"Ma c'è anche Elizabeth!"

"Lo so, mi ha già detto che per lei non ci sono problemi. Se poi tu preferisci tornare a casa, fai pure, tanto chissà quando ti si rivedrà da queste parti." Sembrava seriamente dispiaciuto e solo in quel momento mi accorsi che non era colpa sua se ci trovavamo in quella situazione.

"Non è colpa tua Matt."

"Cosa ha fatto quel deficiente di Alex?! Devo prenderlo a botte?"

"Ahahaha, no, non ha fatto niente di male."

"E allora perchè siete spariti insieme stasera?"

"Abbiamo parlato."

"e...?"

"E... ed è venuto fuori che anche io gli piaccio."

"E non sei contenta?"

"Matt, io domani riparto. Ci siamo baciati, ma non doveva succedere."

"Solo perchè non potete stare insieme, non significa che tra voi non possa succedere niente."

"Lo so, è solo che lui mi piace tanto e dimenticarlo non sarà semplice."

"Anche tu gli piaci tanto, ma sai come la vedo io?!"

"No, illuminami."

"Io vi vedo già: vi rincontrerete nel corso della vostra vita e ogni volta sarà strano e bellissimo. Parlerete delle vostre vite e di quello che vi sta succedendo e in quelle occasioni il resto del mondo che vi circonda non esisterà, perchè saranno le vostre uniche occasioni di incontrarvi e le sfrutterete al massimo."

"Che brutto! Sembra una maledizione." Una prospettiva del genere mi allarmava parecchio.

"Ma no! Non so cosa ci sia tra voi due, ma qualsiasi cosa sia, è strana e meravigliosa. Lo sapete solo voi due. Le vostre vite andranno avanti, ma quando vi rincontrerete il tempo tornerà indietro a stanotte. Non farti rovinare il momento dalle preoccupazioni di quello che potrebbe essere domani. Magari tra una settimana, non ci penserai più, ma chi lo sa. Ora torna giù e sorridi, di grazia."

"Matt?"

"Margaret?!"

"Grazie!"

Lui mi cinse le spalle con un braccio e ci avviammo verso il salotto, ma sul primo scalino delle scale che portavano al piano di sopra incontrammo Alex.

"Tutto a posto?" Sembrava sul serio preoccupato.

"Al, se non ci fossi io, tu come faresti?!" Rispose Matt, prima di sciogliere l'abbraccio e lasciarci soli.

"Che succede?" Alex mi si avvicinò e mi accarezzò il viso. Non riuscivo a guardarlo in faccia.

"Niente."

"Non è vero. Che hai?"

"Secondo te? Domani parto, Al."

"Sì, lo so, ma adesso sei qui con me." Mi baciò di nuovo, ma questa volta fu un bacio più dolce e casto.

"Andiamo giù dagli altri. Mi hai abbandonato nelle loro grinfie: hanno iniziato a farmi mille domande e sai che non sono bravo in queste situazioni."

"Dobbiamo per forza andare dagli altri? Non possiamo nasconderci in camera di Matt per esempio?"

"Cos'hai in mente signorina?"

"Non farti strane idee, stasera non vengo a letto con te, Turner!"

"Ma come sei maliziosa! Pensavo volessi giocare a nascondino, non ti proporrei mai una cosa del genere."

"Alex...tutti ti vedono timido e impacciato con le ragazze, ma in realtà secondo me sei solo un tipo riservato a cui non piace vantarsi."

Non rispose, ma sorrise sornione.

"Ecco vedi...non neghi nemmeno."

"Cosa devo dirti?!"

"Non dire niente, è meglio va là. Chissà cosa ha visto la tua cameretta."

"E la macchina di mio padre e la cantina dove proviamo e una volta quasi anche il bagno della scuola."

"Alex!" Gli tirai una pacca sul petto.

"Ahahahah. Andiamo giù, è meglio, altrimenti se restiamo qua, devo aggiungere alla lista anche la camera di Matt."

"Bhè, quella c'è già nella mia lista."

"Sì, lo so. C'era bisogno di ricordarmelo?"

"No, ma è divertente."

Mi prese la mano e andammo dagli altri.

 

 

Dopo qualche ora il sonno e l'alcool fecero il loro effetto e arrivò il momento di sistemarsi a dormire.

Io e Alex riuscimmo ad ottenere il divano in salotto, mentre gli altri venivano smistati nelle camere da letto dei fratelli di Matt.

Come pigiama utilizzai una maglietta e dei pantaloncini sportivi di Matt. Elizabeth vedendomi uscire così conciata da camera di Matt, mi chiese se fosse il caso che Alex mi vedesse così la prima e l'ultima notte che passavamo insieme e io per tutta risposta le passai accanto mostrandole un dito medio alzato.

Alex era intento a sistemare la coperta sul divano, così mi accesi una sigaretta e mi sedetti per terra.

Quando mi vide, sorrise e disse:

"Sei in versione antistupro?"

"Sei in versione idiota?"

"Guarda che avevo capito che non hai intenzione di fare niente stanotte, non c'era bisogno di travestirsi da Matt." Alex, quando si rilassava, si trasformava, non l'avevo mai visto così.

"So che Matt è una tua fantasia ricorrente, è inutile che fingi."

"In realtà non so quanto riuscirò a resistere al fascino di Jamie, ma non dirlo in giro." Intanto si era tolto la felpa e le scarpe e si era steso sotto le coperte.

"Che imbecille."

Finii con calma la mia sigaretta e la spensi nel posacenere che c'era sul tavolino di fianco al divano, ma non accennavo ad alzarmi e a raggiungerlo. Incrociai le gambe e iniziai a giocare con l'accendino.

Lui mi fissava dal divano, ma  dopo qualche minuto si alzò e venne a sedersi di fianco a me.

Si annusò le ascelle e poi provò a sentire il suo alito.

"Cosa stai facendo?"

"Non so, non sembra che tu abbia intenzione di stenderti e quindi mi stavo chiedendo se puzzavo."

Riuscì a farmi scappare una risata.

Appoggiai la testa sulla sua spalla.

“Non voglio che arrivi domani.”

“Il tempo non passerà più lentamente se resti qui.”

Si alzò e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi.

"Alex, non mi voglio innamorare di te."

"Fai bene, sono un musicista, sono del tutto inaffidabile."

"Lo so."

Ci stendemmo sul divano, ma era piccolo per due:  eravamo abbracciati strettissimi e io avevo la testa tra la spalla e la testa, quindi respiravo praticamente sul suo collo.

"E comunque anche io non mi voglio innamorare di te."

"Io sono innocua."

"Innocua? Ti sei mai accorta che potresti avere sul serio chiunque tu voglia? Anche vestita così."

"Lo prendo come un complimento."

 

 

Alex

Sentivo il suo respiro sul collo e tutto quello a cui riuscivo a pensare non era di certo dormire. Mi accarezzava il petto con movimenti leggeri e irregolari, mentre io ero troppo impegnato a stringerla tra le mie braccia.

Nonostante quella fosse l’ultima notte che potevamo trascorrere insieme prima di chissà quanto tempo, mi sembrava di essere in uno di quei momenti in cui la perfezione è rappresentata da cose semplici e meravigliose allo stesso tempo.

Parlavamo di qualsiasi cosa ci passasse per la testa e cambiavamo argomento senza nemmeno accorgercene.

Dopo qualche secondo di silenzio, lei però iniziò una conversazione molto strana.

“Alex, come ci vedi tra qualche anno?”

“Senza acne spero.” Era seria e quel tono mi spiazzava, quindi cercai di smorzare un po’ l’atmosfera.

“Non fare l’idiota. Cosa sarai tra qualche anno?”

“Non lo so. Se la musica non riuscirà a mantenermi, probabilmente sarò un insegnante di letteratura. Tu come ti vedi?”

“Non lo so. Non so ancora cosa voglio fare precisamente della mia vita, però sono certa che la musica riuscirà a mantenerti.”

“Speriamo.”

“Alex, mi prometti una cosa?”

“Dimmi.”

“Se diventerai famoso, non ti monterai la testa, vero? Resterai sempre Alex, il timido ragazzo di Sheffield che quando suona sembra sempre preso da un attacco di epilessia?”

“Ahahahah, ci proverò.”

“E quando diventerai famoso, non ti dimenticherai dei tuoi amici, vero?!”

“Tu pensi di essere una mia amica?”

“Non pretendo di essere niente di più.”

“Tu non sei una mia amica. Io non sono mai stato un ragazzo che si è lasciato prendere dalle situazioni sentimentali e tu mi hai mostrato un mondo che non pensavo mi appartenesse. Guardami ora: stringo tra le braccia una ragazza meravigliosa con cui di certo mi piacerebbe fare sesso, ma con cui sto benissimo semplicemente sentendola respirare sul mio collo.” Lei non rispose a questa affermazione e avevo paura di aver esagerato.

“Margaret?”

“Alex, sei una persona meravigliosa e prevedo grandi cose per il tuo futuro. Spero un giorno di poter festeggiare il tuo successo con te.”

“Insomma, speri di far parte del mio futuro?”

“In poche parole sì. Sai come ci vede Matt nel fututo?”

“No, sono curioso, quel ragazzo mi stupisce sempre.”

“Matt pensa che quando ci rincontreremo, cosa che accadrà di tanto in tanto nei prossimi anni, sarà sempre uguale: avremo le nostre vite e i nostri amori, ma ci sarà sempre un legame che ci terrà legati, che escluderà sempre gli altri dalle nostre conversazioni e sguardi.”

“Non sembra male come cosa.”

“E invece è una maledizione: non si andrà mai avanti del tutto.”

“Ma certi legami non sono semplici da spezzare, forse non basterà un vaffanculo per rompere alcuni rapporti.”

“Bho, vedremo. Magari solo tra qualche mese tutta questa conversazione ci sembrerà patetica.”

“Vedremo.”

 

 

Margaret

Più parlavo con quel ragazzo, più mi sorprendeva, più l’arrivo dell’alba mi spaventava. Non volevo partire. Avrei voluto che quella notte non finisse mai, ma di certo Alex non aveva la capacità di fermare il tempo. Non volevo addormentarmi, perché non volevo perdermi nemmeno un momento, ma la stanchezza si faceva sentire e Alex, che se ne accorse perché il mio respiro si fece più regolare e lento, decise di agevolare l’arrivo del sonno cantandomi una canzone come ninna nanna.

I wanna see somethin' that used to be in your eyes again
I'm waiting to see it 
You know it's only a question of when
Cause I know how much I'm missin' heaven
You know that it's missin'

And only you know 
Where you have been to
And only you know
What you have been through
There's better things you're gonna get into
And I wanna be there too 
Yes I do..”

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Capitolo 20
*** Hello, it's good to be back! ***


Ottobre 2005
Margaret
Matt mi aveva dato un pass per i camerini da usare dopo l’esibizione all’Astoria di Londra, per fare una sorpresa ai ragazzi.
Della band, Matt era l’unico che non avevo smesso di sentire dall’aprile dell’anno precedente, anche perché da allora non ero più tornata in Inghilterra.
Girovagavo per  i corridoi del teatro indisturbata, cercando il coraggio per dirigermi verso i camerini, quando, dal corridoio in cui sapevo si trovavano i ragazzi, vidi emergere una figura che mi sembrava stranamente familiare. Non c’era molta luce e per un attimo temetti che il ragazzo che stava camminando nella mia direzione fosse Alexander David Turner.
Non avevo avuto contatti con lui dall’ultima volta in cui dormimmo insieme a casa di Matt, ma sapevo, grazie a quest’ultimo, tutto quello che c’era da sapere: in quel periodo frequentava una ragazza di nome Joanna e ne era abbastanza preso. La cosa non mi infastidiva affatto, perché anche la mia vita era andata avanti, ma l’idea di incontrarlo di nuovo mi metteva un po’ in difficoltà: avevo paura che si fosse dimenticato tutto e che il rivedermi non gli facesse lo stesso effetto che faceva a me l’idea di incontrarlo.
Mentre un po’ di sano panico mi prendeva, la figura del ragazzo uscì dall’ombra e io mi tranquillizzai un pochino.
Era un ragazzo molto magro, pallido, con un naso pronunciato e uno strano modo di vestirsi e stava
Osservando in modo strano.
 “Tu devi essere Margaret.”Disse fermandosi di fronte a me.
“Sì, sono io. Tu chi saresti?”
“Piacere, sono Miles Kane, un amico di Alex e Matt.” Rispose porgendomi la mano, che strinsi titubante.
“Ti ha mandato Matt?”
“Sì. Mi ha detto di andare a cercare una ragazza bellissima che si aggirava per i corridoi con un pass per i camerini al collo. Io pensavo che scherzasse sull’aggettivo ‘bellissima’, per convincermi a venire a cercarti, ma non stava esagerando.”
Ero con quel ragazzo da pochi minuti ed era già riuscito a mettermi a disagio.
“Perché ha mandato te e non è venuto lui?”
“Perché c’è una fan molto carina insieme a lui in questo momento e quindi ha delegato me.”
“Ok.” Il solito Matt.
“Non mordo, stai tranquilla.”
“Io sono tranquilla.”
“Allora andiamo.”
Mi prese a braccetto e praticamente mi trascinò davanti alla porta del camerino; l’aprì senza indugio e poi, con un mezzo inchinò, sussurrò:”Prima le signore.”
Mi aspettavo uno stanzino minuscolo e invece mi ritrovai in un salone piuttosto grande arredato con vari divani e piccoli frigoriferi sparsi per la stanza. Era un po’ affollato, ma individuai subito Matt: era seduto su un divano e faceva finta di ascoltare la ragazza per cui mi aveva snobbato, mentre le fissava il suo  seno prosperoso. Decisi di vendicarmi e andai subito da lui. Mi sedetti sulle sue gambe e lo salutai baciandolo a stampo sulla bocca. Questo avvenne in pochi secondi e lui non fece in tempo a chiedersi che diavolo fosse successo, che la ragazza con cui stava parlando, se ne era già andata indignata.
Miles mi aveva seguito e aveva visto tutta la scena un po’ allucinato, perché probabilmente non si aspettava una mossa del genere da parte mia.
“Dai, Margaret, hai fatto scappare quella ragazza, sei una stronza!”
“Ah, io sarei la stronza? Tu mandi Miles a prendermi, mentre parli con una ragazza di cui non conosci nemmeno il nome, solo per portartela a letto, mentre non mi vedi da almeno un anno e mezzo.”
“Dai, non fare la gelosa! La nostra occasione l’abbiamo già avuta e non è andata, è il momento di andare avanti.”
“Che idiota che sei!” Lo abbracciai calorosamente e lui mi rispose all’abbraccio.
“Mi sei mancata tantissimo.”
“Scusate, potreste spiegarmi cosa è successo?” Miles era in piedi davanti a noi e ovviamente non aveva capito niente dal nostro scambio di battute.
“E’ una storia lunga Miles. Forse un giorno te la spiegherò, però ora accompagna Margaret a prendere qualcosa da bere, io devo fare una cosa.” Così dicendo mi sollevò dalle sue gambe e mi spinse verso Miles.
“Da quanto conosci Matt?” mi chiese Miles, non appena Matt si allontanò.
“Da solo due anni circa, ma è il mio migliore amico, anche se non lo vedo praticamente mai.” Mentre parlavo con Miles, il mio sguardo girava per la stanza alla ricerca di Alex, ma c’era veramente tanta gente e quindi non riuscivo a vederlo.
Miles mi prese di nuovo a braccetto e mi condusse davanti a uno dei frigoferi che erano sparsi per la stanza.
“Spero che la birra ti piaccia, non c’è molta scelta qui oggi.”
“Una birra è…” Non riuscii a concludere la frase, perché una voce nota alle mie spalle mi interruppe.
“Miles, dov’eri finito? è da un quarto d’ora che ti cerco!”
Mi voltai lentamente, perché cercavo di ritardare il momento in cui l’avrei rivisto, ma allo stesso tempo non stavo nella pelle.
“Sono andato a recuperare Margaret, perché si stava perdendo la festa!” Rispose Miles innocentemente.

Alex
Ritrovarmi Margaret davanti, che parlava tranquillamente con Miles, dopo quel concerto all’Astoria, non fu subito facile da gestire.
Non mi aspettavo di vederla e quindi rimasi qualche secondo in silenzio a fissarla. Lei non mi guardava negli occhi, ma osservava attentamente le scarpe che si era messa quella sera. La stanza era affollata, ma a me sembrava che fosse calato il silenzio più assoluto, forse perché nella mia testa c’era assenza di attività cerebrale.
“Ah eccovi qui!” Arrivò Matt dopo quella che mi sembrò un’eternità, anche se in realtà erano passati solo alcuni secondi.
“Sorpresa! Margaret è venuta dalla Francia a salutarci, non sei contento Al?”
“S-sì.” Questo misero suono, fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare.
Lei non aveva ancora detto niente, ma aveva alzato lo sguardo e adesso mi guardava dritto negli occhi. Era bellissima come sempre, forse di più di quanto non mi ricordassi.
“Bel concerto!” Fu la prima cosa che mi disse, poi si girò di nuovo verso Miles e prese la birra che lui le stava porgendo. Matt aveva notato la situazione imbarazzante in cui ci aveva messo e cercò di salvarci.
“Margaret, vuoi vedere una figata?  Ho fatto amicizia con uno della sicurezza e mi ha detto che se voglio, può aprirmi la porta che dà sul tetto. Andiamo a farci un giro?”
“Assolutamente.” Margaret rispose senza esitazione. Matt la prese per mano e la condusse fuori dalla stanza.
Io lo guardai allontanarsi, senza riuscire a formare un pensiero razionale.
“Perché mi stavi cercando?”
La voce di Miles mi scosse dalla tra trance in cui ero caduto.
“Eh?”
“Quando sei arrivato, mi hai detto che mi stavi cercando da un quarto d’ora.”
“Ah, sì. Volevo chiederti se ti andava di venire con noi alla festa che ha organizzato Pritchard in un locale del centro.”
“Solo a condizione che ci sia anche Margaret.” Questa sua risposta mi spiazzò e non poco e lui lo notò, perché si affrettò a spiegarsi.
“La conosco da dieci minuti e già mi sta simpatica! Dovevi vedere la scena che ha fatto con Matt! E’ fuori di testa! Ma è anche tua amica o una semplice conoscente?” Anche Miles era rimasto affascinato da Margaret.
“E’ una mia amica, ma non la vedo da un anno e mezzo e non l’ho sentita in questo periodo.” Il mio tono era piuttosto serio e infastidito.
“Capisco. E’ veramente bella, cazzo. Non è mai successo niente tra voi?” La curiosità di Miles mi indisponeva alquanto e per fortuna, prima che potessi rispondergli in modo maleducato, ci raggiunse Joanna.
“Allora ragazzi?! Ci andiamo o no alla festa di Luke?!”
“Tu avviati con le tue amiche, io appena riesco a ritrovare Matt vi raggiungo con gli altri. Ok, tesoro?”
“Sì.”Joanna mi sorrise e mi baciò leggermente sulle labbra prima di allontanarsi.
In quel momento mi resi conto che sarebbe stata una lunghissima serata.

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Capitolo 21
*** And all the faces seem to need a slap ***


Margaret
L’aria fresca sul tetto mi fece bene: davanti ad Alex mi ero irrigidita completamente e non mi aspettavo di certo che il mio corpo reagisse in quel modo.
“Tutto bene?” chiese Matt alle mie spalle.
“Sì, tutto bene. E’ solo che non lo vedevo da molto tempo.” Risposi incerta.
“Ma sapevi che l’avresti incontrato oggi e poi l’hai visto anche al concerto…”
“Sì, lo so. Nemmeno io mi aspettavo di reagire così.”
Restammo qualche minuto in silenzio e poi iniziai a fargli mille domande su tutto quello che era successo e come erano arrivati a firmare un contratto discografico. Mi aveva già spiegato tutto via mail, ma ora volevo la versione con i dettagli, i particolari, le emozioni. Matt gesticolava moltissimo mentre mi spiegava come avevano fatto ad acquisire un po’ di notorietà.
Dopo un po’, si aprì la porta da cui eravamo arrivati sul tetto e comparve Alex.
Si avvicinò a noi, ma sembrava titubante. Aveva portato due birre e ce le porse senza dire una sola parola. Matt stava parlando e lui non voleva interromperlo, ma vedevo che ogni tanto si girava dalla mia parte, annuendo alle frasi di Matt e sorridendomi. Sembrava tranquillo e anche io iniziai a sentirmi più a mio agio.
“E così siamo finiti qua sul tetto dell’Astoria a berci una birra con una turista francese!”
“I miei complimenti!”
“L’album uscirà ufficialmente a gennaio, ma tutte le canzoni le puoi ascoltare sul web.” Disse Alex.
“Le ho già sentite tutte. Mi piacciono tantissimo, spero che verrete in Italia qualche volta a esibirvi in un futuro non molto lontano, non posso sempre venire io qui.”
“In Italia?” Chiese Alex.
 “Sì, in Italia. Dopo il liceo mi sono presa un periodo di pausa, per studiare approfonditamente italiano: voglio studiare letteratura italiana in Italia e quindi devo sapere bene la lingua. Parto l’estate prossima per Milano o Roma. Per ora continuo a prendere lezioni private da un ragazzo italiano che studia invece letteratura francese a Marsiglia.”
“Ma è Andrea il tuo insegnante?” Chiese Matt. Evidentemente solo adesso aveva collegato che la persona che mi insegnava italiano, era anche il ragazzo con cui mi frequentavo. Gliene avevo parlato per mail, ma probabilmente non gli avevo specificato questa cosa.
“Esattamente.”
“Studierete tanto insieme allora.” Matt mi fece l’occhiolino.
“La nostra filosofia è: prima il dovere poi il piacere.” Risposi ricambiando l’occhiolino. Alex fece finta di non cogliere le nostre ultime battute.
“E quindi vai a studiare letteratura italiana…bello. Quella inglese non ti piace?” Chiese Alex interessato.
“Scusate, ma a me della letteratura in generale interessa ben poco. Torno giù, magari becco di nuovo la ragazza che Margaret prima ha fatto scappare.” Matt non vedeva l’ora di lasciarci soli.


Alex
Non sapevo molto di quello che era successo a Margaret nell’ultimo anno e mezzo, anche se ero a conoscenza del fatto che Matt la sentisse regolarmente. Non gli avevo chiesto niente, perché mi ero convinto che se lei avesse voluto rendermi partecipe della sua vita, lo avrebbe potuto fare e invece era sparita.
Non mi aspettavo che scegliesse di trasferirsi in Italia, perché avevo sempre pensato che sarebbe andata a studiare a Manchester o a Parigi una volta finito il liceo.
“Mi sono interessata all’Italia in una delle mie visite a mio padre e così ho deciso di dedicar mici seriamente. La letteratura inglese mi piace tantissimo, ma per me ormai è roba trita e ritrita, mentre dall’anno prossimo studierò cose mai sentite prima.”
“Capisco.”
“Come stai?” Chiese Margaret dopo qualche secondo di silenzio.
La domanda mi spiazzò alquanto, ma non era del tutto fuori luogo: da quando ci eravamo incontrati, non avevamo avuto il tempo di avere una conversazione normale.
“Bene. Le cose vanno bene e io non ci credo ancora, forse tra qualche anno realizzerò cosa è successo realmente. Per ora mi godo il momento.”
“Bravo. Il pubblico comunque vi adora e stasera siete stati esplosivi.”
“Grazie. Tu come stai? Non mi aspettavo di rivederti. Non sei più tornata a Sheffield” –e non ti sei più fatta sentire- avrei voluto aggiungere.
“Io sto bene. Non sono più tornata, perché mio padre e la madre di Allison non hanno retto una relazione a distanza, quindi non avevo più nessun motivo per tornare a Sheffield.”
“Mi sembra giusto. Non avevi nessun motivo.”
“Non intendevo dire quello che ho detto. Di certo non potevo certo presentarmi a casa di Allison per essere ospitata per venire a trovare voi.”
“No, infatti. Però potevi svegliarmi quella domenica mattina invece che andare via lasciandomi solo un misero biglietto.”
Al mio risveglio a casa di Matt, dopo la nottata trascorsa con lei, trovai sul tavolino del salotto un biglietto che recitava così:” Bonjour, Al! Dormivi così bene che non me la sono sentita di svegliarti. Spero tu non te la prenda. Purtroppo l’alba è arrivata e il destino ha deciso per noi che non è il nostro momento. Spero di rincontrarti presto, ma intanto ti auguro buona fortuna. Un bacio, M.” Lo conservavo da quel giorno nel portafogli nella speranza di poter ricevere spiegazioni riguardo un atteggiamento simile, ma non ci avevo più pensato fino a quel momento. Lo tirai fuori e glielo porsi.
Lei lo prese insicura, lo lesse, non a voce alta per fortuna e me lo passò.
“Che c’è che non va?”
“Hai anche il coraggio di chiedermelo?”
“Alex, non mi andava di svegliarti e di salutarti decentemente. Piangevo come una ragazzina e salutarti a modo avrebbe reso la cosa più difficile, almeno per me.”
“Bha. Se lo dici tu.”
“Comunque sono contenta di rivederti.”  Le sue frasi mi spiazzavano sempre, perché riusciva a dire quelle cose con una naturalezza che a me mancava del tutto. Non ero tanto bravo con i discorsi, preferivo scriverele certe cose.
“Anche io sono contento, però magari, per la prossima volta evitiamo le sorprese.”
“E’ stata un’idea di Matt!” rispose ridendo. Mi era mancata la sua risata. Mi era mancata lei e solo in quel momento mi resi conto di quanto.
“Certo, certo! A te piacciono quanto a lui le sorprese!”
“Ok, ok, non la fare lunga. La prossima volta sarai avvisato per tempo!”
“Comunque c’è una persona che apprezzato particolarmente la tua sorpresa!” Volevo sondare il terreno, per capire in che situazione sentimentale si trovasse.
“Ah, sì? Chi?”
“L’hai già conosciuto. E’ Miles.”
“Miles… capisco.” Aveva uno strano luccichio negli occhi e la cosa mi spaventava.
“Cosa ne pensi di lui?”
“Non lo so ancora. Mi incuriosisce molto però. Tu cosa ne pensi di lui?”
“Non lo conosco da molto tempo, ma mi trovo davvero bene con lui. E’ esuberante, simpatico, allegro, creativo, stravagante, socievole mille altre cose.”
“Sembra davvero interessante la persona che mi stai descrivendo, a parte che sembra che tu stia parlando del tuo alter ego. Chissà, magari questa sera lo conoscerò meglio anche io.” Mi fece l’occhiolino e capii immediatamente le sue intenzioni.
“Ma tu non esci con il tuo insegnante di italiano?” L’idea di vedere Margaret con Miles non mi piaceva. Non era gelosia, era proprio fastidio: erano entrambi parte della mia vita, ma dovevano restare separati, perché appartenevano a due universi che nella mia testa erano divisi.
“Non è una frequentazione esclusiva la nostra!” Aveva notato il mio disappunto all’idea che lei potesse starci con Miles, ma non faceva niente per tranquillizzarmi.
“Va bhè… fai come vuoi.”
“Come sempre.” Il mio tono era diventato acido, ma lei evitava di prendersela per i miei commenti, perché si divertiva troppo a provocarmi. Questa cosa non era cambiata affatto.
“Comunque io ero venuto a cercarvi, perché Johanna mi ha detto che Luke Pritchard ha organizzato una festa in un locale al centro di Londra. Lei è già lì. Andiamo?”
“Con molto piacere. Comunque Johanna è molto bella. Come hai fatto?” Era la prima volta che parlavamo della mia ragazza e non mi aspettavo che lei volesse farlo.
“Non lo so nemmeno io. E’ fantastica.” Mi dava fastidio parlare di Johanna con Margaret, perché non mi andava di mischiare le cose: ritrovarmi Margaret a una serata con tutti i ragazzi mi faceva strano, ma parlare con lei in tutta calma e da solo mi faceva piacere. Era come se Margaret esistesse solo nella mia testa.

Margaret
La festa organizzata dal frontman dei Kooks era popolata da soggetti molto Indie e io mi sentivo fuori luogo, perché alcuni mi sembravano veramente ridicoli.
Alla festa Alex se ne stava con Johanna, ma era sempre circondato da persone che andavano a fargli i complimenti. Matt non mi abbandonava mai e anche Miles mi gironzolava sempre attorno.
La loro piacevole compagnia però a un certo punto venne interrotta.
“Helders, non mi hai presentato la tua nuova ragazza!” Luke si era avvicinato con fare spavaldo e mi aveva indicato con un cenno della testa.
“Pritchard, non è la mia ragazza, lo sai.” Se il tono di Luke era allegro, non lo era altrettanto il tono della risposta di Matt.
“Molto meglio allora. Molto piacere, sono Luke.” Mi porse la mano che strinsi.
“Piacere mio, sono Margaret.”
“Non ti ho mai visto in giro con le scimmie, sei una loro nuova conoscenza?”
“No, li conosco da quando ero al liceo. Sono qui di passaggio, non abito in Inghilterra, vivo in Francia.”
“Amo la Francia. Un giorno spero di potermici esibire!”
“Speriamo di no!” Detestavo quel ragazzo, anche se ci stavo parlando da pochi minuti. Il suo modo di atteggiarsi era completamente costruito: voleva apparire leggero, spensierato, un po’ libertino, ma a me sembrava patetico.
“Come fai a dirlo? Scommetto che non ci hai mai sentiti!” Non sembrava turbato dalla mia rispostaccia, solo incuriosito. Probabilmente pensava che lo stessi provocando di proposito.
“Tu sei il cantante?” Chiesi innocentemente.
“In persona!”
“E allora spero che tu non canti come parli. Sembra che qualcosa ti sia rimasto incastrato in gola.” A quella frase Matt cacciò un fischio di ammirazione e Miles si cacciò a ridere sguaiatamente.
“Ti hanno istruita bene vedo. Rilasceremo il nostro album nello stesso periodo delle scimmie. Vedremo allora chi ha ragione.”
Mi girai sconvolta verso Matt per capire cosa stesse succedendo.
“Eh, sì. Le case discografiche hanno deciso di rilasciare gli album nello stesso periodo, per ricreare una specie di lotta. Agli ascoltatori piacciono queste cose e così dovremmo aumentare le vendite di entrambi.”
“Che tristezza ragazzi miei. Nessuna offesa per gli Arctic e per i Kooks, ma qui non stiamo parlando della battaglia del Britpop. Al massimo voi potete intraprendere la battaglia dell’indie-rock, ma mi sembra una cosa imbarazzante anche solo da dire a voce alta. Nessuno di voi purtroppo è Noel, ne Liam, ne Damon.”
“Bhè, in ogni caso l’NME ha già iniziato a fare i suoi stupidi paragoni e quindi adesso solo le vendite ci diranno chi ha fatto meglio.” Luke sembrava particolarmente divertito da questa cosa.
“Pritchard, le vendite non dicono un cazzo e lo sai benissimo. Nel 1995 vinsero i Blur con il singolo, ma non poterono far niente contro l’uscita di (What’s the story?) Morning Glory. Spero solo che tu non ci rimanga troppo male quando l’album degli Arctic farà il botto, mentre il vostro passerà in sordina.” Mi sembrava di parlare con un bambino di tre anni.
“Che stronza. Si vede che Turner deve scoparti veramente bene se difendi le scimmie così a scatola chiusa.” Matt al mio fianco si irrigidì dopo la risposta di Luke, mentre Miles intervenne in modo tranquillo.
“Luke, direi che la conversazione può anche finire qui. Vai a divertirti da un’altra parte.”
Luke sorrise in modo cattivo e si allontanò, non dopo avermi guardato negli occhi con aria di sfida.
“Vado a prendere da bere, volete qualcosa?” Miles era veramente gentile e delicato, voleva lasciare soli me e Matt, perché aveva notato dalla mia faccia che non ci ero rimasta troppo bene alla risposta di Luke.
“Per me un birra, grazie.” Risposi gelida.
“Fai due allora.” Disse Matt.
“Ok, arrivo.”
Appena Miles si allontanò, Matt si avvicinò a me.
“Tutto bene? Non dar peso a quello che ha detto quel deficiente. E’ un pagliaccio invidioso che sa di non essere all’altezza della situazione e se la sta facendo sotto, allora insulta tutti a random.”
“Non ti preoccupare, si vede che è un cretino, ma non è una frase leggera da sopportare; insomma, mi conosce da appena cinque minuti e io, anche se l’ho provocato, non ho detto frasi volgari.”
“Margaret, lascia perdere.”
“Non ci riesco, avrei troppa voglia di andare a tirargli uno schiaffo per la cafonaggine.”
“Non fare il suo gioco.” Matt mi stava praticamente abbracciando, ma in realtà era un modo per placcarmi.
Vidi Alex dall’altra parte del locale che ci fissava in modo interrogativo.
Si allontanò dal gruppetto in cui era e ci raggiunse.
“Che succede?”
“Niente!” Grignai.
“Margaret ha conosciuto quel simpaticone di Luke.” Intervenne Matt.
“Cosa ti ha detto?”
“Niente Alex, lascia perdere.” Non volevo che ci si mettesse anche lui.
Alex non aggiunse altro e si diresse immediatamente da Luke.


Alex
Non avevo mai sopportato quel coglione di Luke e quella sera non ci volevo nemmeno andare a quella stupida festa, ma Johanna ci teneva, perché c’erano delle sue amiche che non vedeva da tanto.
“Luke, che cazzo hai detto alla mia amica?” chiesi in tono di sfida.
“Ma chi? quella troietta saccente?!” Rispose Pritchard con un ghigno demente in faccia.
Successo in un attimo: gli tirai un cazzotto in piena faccia e prima che lui potesse capire quello che stava succedendo, arrivò Miles e si mise in mezzo. Luke voleva colpirmi e caricava contro Miles, ma si era aggiunto anche Jamie a separarci.
“Turner, questa me la paghi.”
“Vaffanculo Luke.” Non ero mai stato un tipo manesco fino a quel momento, ma Luke aveva la capacità di farmi saltare i nervi già in condizioni normali, figuriamoci quella sera.
Johanna mi raggiunse e mi chiese cosa fosse successo e io blaterai qualcosa di confuso, perché non mi sembrava carino dirle che avevo preso a pugni Luke per via di Margaret.
Miles mi coprì dicendo che Luke se l’era cercata, perché aveva rotto le palle sugli Arctic Monkeys.
Ce ne andammo dalla festa e io andai in taxi con Johanna e Miles, mentre Matt salì in macchina con Margaret. Jamie ed Andy restarono fuori un altro po’, ma non mi interessava sapere cosa facessero.
Margaret alloggiava nel nostro hotel. Lei era arrivata in hotel di pomeriggio mentre noi eravamo a fare il soundcheck e non era uscita fino a quando Matt non le aveva detto che poteva avviarsi verso il teatro, per questo non l’avevo incontrata fino a dopo il concerto.
Quando arrivammo in hotel, notai che Matt e Margaret si erano fermati al bar dell’hotel per prendere qualcosa da bere e Miles li raggiunse. Io non avevo molta voglia di parlare con loro e salii in camera con Johanna, che era stata silenziosa tutto il tempo in macchina, perché non si spiegava ancora il mio atteggiamento alla festa.


Margaret
Alex se ne andò immediatamente in camera con Johanna. Dopo la pseudo rissa alla festa io non gli avevo rivolto la parola, perché non sapevo cosa dirgli. Luke aveva esagerato, ma Alex non doveva difendermi a tutti i costi e poi il suo atteggiamento aveva favorito Luke.
Restai a fare due chiacchiere con Matt e Miles, solo che Matt aveva bevuto abbastanza e aveva sonno, quindi dopo poco mi lasciò sola con Miles.




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Capitolo 22
*** The Bad Thing ***


Alex
Johanna si era addormentata mentre io mi facevo una doccia. Non aveva parlato molto da quando eravamo tornati in hotel, perché aveva notato che non era tranquillo e non sapeva come comportarsi, di solito non ero così scorbutico. Non volevo litigare e quindi le lasciai credere che era la stanchezza a farmi comportare così.
Dopo la doccia avevo bisogno di parlare con qualcuno e quindi andai a bussare alla stanza di Matt.
Lo svegliai e quando gli feci capire che avevo bisogno di parlare, lui mi disse di andare da Miles, perché non aveva la forza di tenere gli occhi aperti.
Andai a cercare Miles in camera sua, ma non c’era e in quel momento mi venne il dubbio che fosse in camera di Margaret. Non sapevo che fare: se davvero erano insieme, non mi andava di disturbarli, ma non riuscivo nemmeno a tollerare l’idea che finissero a letto insieme. Tornai da Matt e gli chiesi il numero della camera di Margaret. Me lo disse contro voglia e prima di sbattermi la porta in faccia mi disse di non fare stupidaggini. Andai a cercare la camera di Margaret e prima di bussare aspettai due minuti a fissare il numero per trovare il coraggio di affrontare la visione di loro due insieme. Bussai, sperando di non beccarli in atteggiamenti troppo compromettenti, ma non mi rispose nessuno.
L’ultimo tentativo era cercarli al bar dell’hotel, dove li avevo visti l’ultima volta.
Entrai nel bar e li vidi seduti a un tavolino sul fondo. Miles mi era di spalle e Margaret era rivolta nella mia direzione. Appena li notai, feci segno a Margaret di restare in silenzio e di non far capire a Miles che c’ero, poi le feci segno con la mano di raggiungermi.

Margaret
Io e Miles stavamo parlando tranquillamente e mi stava raccontando del suo gruppo, quando vidi Alex entrare nel bar e farmi segno di stare in silenzio. Non capivo cosa volesse, ma poi mi fece segno di raggiungerlo, allora aspettai che Miles finisse la sua frase e poi gli dissi che dovevo andare un secondo un bagno.
Raggiunsi Alex, che mi prese la mano e mi portò nel bagno dell’hotel a piano terra. Il suo atteggiamento mi spiazzava e non capivo cosa volesse, io non avevo molto da dirgli e stavo passando finalmente una piacevole serata con Miles.
“Cosa stai facendo?” Mi chiese immediatamente. Eravamo vicinissimi, perché il bagno non era molto grande.
“Sto parlando con Miles, non si vede?!”
“Che intenzioni hai per stanotte?”
“Non capisco cosa intendi.”
“Lo sai benissimo cosa intendo. Hai intenzione di portartelo a letto?” Mi guardava negli occhi mentre mi parlava e la cosa mi scombussolava e non poco.
“Non ti riguarda Al!” Ero allibita.
“Sì che mi riguarda! Lui è un mio amico e tu…”
“E io cosa?!”
“Ho preso a pugni un ragazzo per te stasera!”
“Non te l’ho chiesto io!”
“Ti ha chiamato troietta, se lo meritava!”
“Anche tu una volta in discoteca mi hai dato della troia!”
“Questo perché tu riesci sempre a tirare fuori il peggio di me!” Era molto agitato e io ero nervosa. La conversazione non sarebbe finita bene.
“Mi fa piacere! Cosa vuoi da me Alex? Non dovresti essere in camera con la tua ragazza? Johanna sa che sei qui?”
“Non mettere in mezzo lei!”
“Alex, ma sei normale? Non puoi presentarti qui e dirmi che non posso andare a letto con Miles.”
“E invece è proprio quello che sto facendo.”
“Alex, ti sei drogato?”
“No, è solo che l’idea che tu possa andare a letto con Miles mi fa venire voglia di urlare.” Mi cacciai a ridere a questa sua affermazione.
“Alex, sei consapevole del fatto che io esca con dei ragazzi e che capiti che io ci faccia sesso?”
“Sì, lo so, ma un conto è che questo succeda lontano da me, un conto è che questo succeda con un mio amico.”
“Cosa cambia? Spiegamelo.”
“Margaret, per favore.”
“Alex, tu hai una fidanzata e io sono contenta per te e non mi sembra di averti rotto le palle per questa cosa. Le nostre vite sono andate avanti e stasera sono venuta a un vostro concerto, non sono venuta per vedere te e basta. E’ passato un anno e mezzo dal nostro ultimo incontro. Non nego di non averti pensato in questo periodo, ma non puoi pensare che questo basti a non farmi fare quello che vorrei fare.”
“Margaret, cosa faresti se io andassi a letto con la tua migliore amica?”
“La mia migliore amica non verrebbe a letto con te, perché sa chi sei e cosa c’è stato, o meglio non c’è stato, tra noi. Miles non sa nulla di tutto ciò probabilmente perché non è stata una cosa importante”
“Margaret, ti aspetti che io racconti i fatti miei a tutti?”
“No, affatto, ma quando Miles ti ha detto che era felice di aver fatto la mia conoscenza, avresti potuto dirgli di starmi lontano e invece non l’hai fatto.”
“Margaret, ho una ragazza. Cosa avrebbe potuto capire Miles? Che tradisco Johanna con te?”
“Credo che Miles sia abbastanza intelligente da capire senza per forza pensare che io sia la tua amante. In ogni caso ho detto a Miles che ero in bagno e direi che la mia fuga è durata anche troppo. Torno da lui.”
Stavo per uscire dal bagno, ma lui mi prese per un polso e mi avvicinò a sé. Appoggiò la sua fronte alla mia e restò in silenzio per qualche secondo.
“Margaret, per favore.”
“Alex, io ti odio. Questo è giocare sporco. Vai dalla tua cara Johanna. Io troverò una scusa per scaricare Miles. Buonanotte.” Gli diedi un bacio leggero e fugace sulle labbra e uscii dal bagno.
Prima di raggiungere Miles, inviai un messaggio ad Andrea, chiedendogli di chiamarmi immediatamente.
Trascorse qualche minuto prima che Andrea mi chiamasse, ma quando il telefono iniziò a squillare dissi:
“Scusa Miles, è il mio ragazzo, non l’ho sentito tutt’oggi, devo proprio rispondere.”
“Certo, certo, fai pure.” Manteneva il suo atteggiamento gentile e disponibile, ma notai che ci rimase un po’ male quando pronunciai la parola “ragazzo.”
Restai qualche minuto al telefono con Andrea che non si aspettava certo un messaggio del genere da parte mia. Gli dissi che un ragazzo ci stava provando con me e che volevo evitare di scaricarlo in modo scorbutico, quindi volevo fargli capire che ero impegnata. Andrea rise dall’altra parte del telefono. Era un ragazzo molto simpatico e socievole, ma era del tutto scostante e ci frequentavamo da un po’ ormai, ma il nostro rapporto non aveva ancora raggiunto un livello di serietà per cui poterci definire una coppia. Ci piacevamo senza dubbio, ma eravamo entrambi troppo impegnati a occuparci d’altro per poter iniziare una relazione che si potesse definire seria. La cosa non mi dispiaceva affatto, anche perché mi lasciava la libertà di fare quello che mi pareva. Potevo vedere le mie amiche quando mi pareva, potevo non aver voglia di vederlo, senza che lui si offendesse e cose del genere.
Tornai da Miles a telefonata conclusa e gli dissi che si era fatto tardi e che volevo andare a letto, perché la mattina dopo avrei dovuto preparare le mie cose per la partenza nel pomeriggio.
Raggiungemmo le nostre camere che erano sullo stesso corridoio, ma davanti alla porta di camera sua c’era qualcuno ad aspettarlo.
Alex non era tornato da Johanna, ma era andato ad aspettare Miles, forse per controllare che non stessi mentendo quando gli dissi che stavo per rimbalzare Miles.
Salutai Alex con un cenno della testa ed entrai in camera il più in fretta possibile, perché non volevo sentire nemmeno una parola di quello che Alex aveva da dire a Miles. Aveva già detto abbastanza per quella sera.


La mattina dopo fui svegliata da qualcuno che bussava alla mia porta. Era Matt.
“Buongiorno raggio di sole! Sei in camera da sola, quindi non devo aspettarmi tempeste oggi sul fronte Alex.”
“Idiota! Entra, adesso ti dico cosa ha fatto quel coglione.” Lo feci accomodare a letto, mentre io mi ristendevo pigramente, perché la mattina avevo bisogno di calma per iniziare bene la giornata.
“Cosa ha fatto ieri sera Alex dopo aver preso a pugni Luke?”
“Mi ha praticamente vietato di andare con Miles.”
“Ahahaha, è per questo che ieri sera è venuto a svegliarmi due volte.”
“Pensa un po’ cosa turba la sua testolina malata.”
“Dai, non te la prendere troppo. In fondo Miles è un suo amico.”
“Anche tu sei un suo amico, eppure ci sono venuta a letto con te.”
“Sai anche tu che non è la stessa cosa. Né io, né te sapevamo cosa pensasse Alex in quel periodo. Non te la prendere, Alex, anche se non sembra, è un tipo possessivo.”
“Notizia dell’ultima ora: io non sono sua, quindi non c’è niente per cui essere possessivi. E poi nell’ultimo anno e mezzo non mi è sembrato così possessivo: non ha provato a mettersi in contatto con me nemmeno una volta.”
“Certo, tu te ne sei andata lasciandogli un biglietto.”
“Ancora con questa storia del biglietto? Tu mi hai visto quella mattina: piangevo come una cretina. Non mi andava che Alex mi vedesse così.”
“Come vuoi. Senti, che fai oggi?”
“Ho l’aereo alle 18.00, quindi preparo la roba e poi ho qualche ora libera. Cosa avevi in mente?”
“Ma, niente di particolare, solo che dovremmo andare alla redazione dell’NME e un uccellino mi ha detto che potrebbe esserci qualcuno della famiglia dei Gallagher per parlare del nuovo video.”
Saltai in piedi.
“Matt Helders, se mi stai prendendo in giro, giuro che non ti rivolgo più la parola per il resto dei miei giorni.”
“Non scherzerei mai su una cosa del genere con te. Sai che io li ho già incontrati? Non è una cosa così straordinaria incontrarli… non capisco tutto questa grande eccitazione.” Gli tirai una cuscinata.
“Taci, Helders, cosa ne vuoi sapere tu? Ascoltavi rap fino a poco tempo fa. Esci da questa stanza, devo sistemare tutto. Non vi azzardate ad andarci senza di me.” Lo spinsi fuori dalla stanza e andai a farmi una doccia.
Dopo la doccia, qualcuno bussò nuovamente alla mia porta.
Aprii scocciata pensando di trovarmi Matt di fronte e invece c’era Alex.


Alex
Evidentemente aveva appena finito di farsi la doccia, perché aveva ancora l’accappatoio addosso.
“Posso passare più tardi se non hai tempo.”
“No, entra pure. Mi vesto in bagno e poi sono da te.”
Raccolse i vestiti da indossare e si chiuse in bagno. Ne uscì qualche minuto dopo con un bellissimo vestito blu lungo fino alle ginocchia e senza spalline. Non si era ancora truccata, ma era già bellissima così.
“Stai benissimo.”
“Alex, evita. Arriva al punto.”
“Non posso nemmeno farti un complimento?”
“No, non puoi nemmeno farmi un complimento. Cosa vuoi?”
“Volevo scusarmi per il mio atteggiamento di ieri sera. Non so cosa mi sia preso. Tu sei libera di fare ciò che vuoi e io non sono nessuno per impedirtelo.”
“Gentilissimo da parte tua arrivarci solo adesso. Peccato che il momento sia passato e adesso delle tue scuse non me ne faccio niente.”
“Comunque ero passato anche per un altro motivo.”
“Spara.” Mi rispose, mentre iniziava a truccarsi davanti allo specchio presente sull’anta dell’armadio.
“In questo ultimo anno e mezzo io e te non ci siamo mai sentiti, ma magari sarebbe bello ogni tanto fare due chiacchiere, non credi?”
“Alex, è inutile scambiarsi i numeri di telefono o l’indirizzo mail, perché io non ti chiamerei mai per paura di disturbare e poi da adesso in poi tu sarai stra impegnato e non ci penserai a chiamarmi.”
“Non ne puoi essere così sicura.”
“E invece lo sono. Sono certa che ci rincontreremo tra un po’ di tempo. Non forziamo le cose. Se vorrai farmi sapere qualcosa, dillo a Matt e lui me lo riferirà. Ora, se permetti, devo finire di sistemare le mie cose. Ci vediamo dopo.”
Mi alzai e uscii dalla stanza senza aggiungere altro. Mi meritavo un trattamento simile.

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Capitolo 23
*** The view from the afternoon ***


30 Giugno 2006


Margaret
In aeroporto a Parigi cercai una rivista per non annoiarmi troppo durante il volo verso Londra. Odiavo viaggiare in aereo e quindi dovevo distrarmi in qualche modo. C’erano molte riviste di moda con meravigliose ragazze in copertina, ma non era proprio il mio genere di lettura, così presi un settimanale di musica sperando di trovare qualche novità interessante. Nell’ultimo periodo non mi ero dedicata molto ai miei interessi, perché avevo mille cose ad occuparmi la testa: l’idea e la voglia di andare a studiare in Italia mi avevano abbandonata e stavo cercando qualcos’altro a cui dedicarmi, ma non sembrava esserci nulla e in più i miei genitori si erano stufati di mantenermi in questo periodo ormai lunghissimo di ozio. Nell’ultima settimana avevo considerato di andare a studiare legge in qualche università francese, ma non ne avevo ancora parlato con nessuno, perché non volevo illudere nessuno di aver trovato finalmente la mia strada.
Stavo andando a Londra per vedere Elizabeth: lei riusciva sempre a tranquillizzarmi e farmi trovare equilibrio.
Matt mi aveva detto che loro avrebbero suonato a Belfort proprio in quel week end, ma non avevo voglia nemmeno di addentrarmi nella bolgia di un festival musicale francese, anche perché non avrei saputo con chi andarci: tutte le persone che conoscevo stavano studiando per la sessione estiva, mentre io ero l’unica nulla facente.
In aereo ero seduta di fianco a una ragazza che avevo notato anche in aeroporto: era eterea, sembrava volasse invece che camminare come noi comuni mortali; i suoi occhi avevano una strana forma: pur essendo da occidentale, ricordavano gli occhi di un’orientale.
Era vestita in modo stravagante: stava bene senza dubbio, ma gli abbinamenti erano originali.
Quando mi sedetti di fianco a lei, lei stava leggendo un libro e non si scompose, continuò a leggere senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
Sbirciai quello che stava leggendo e notai che era inglese.
Presi fuori il mio lettore cd dalla borsa e mi infilai le cuffie. Non sapevo che disco ci fosse dentro, perché non lo usavo da parecchie settimane, ma non controllai.
Nelle mie orecchie partì ad un volume esagerato “The view from the afternoon” e solo allora lei parve accorgersi di me, perché si girò quasi spaventata.
La guardai con aria mortificata, mentre mi affrettavo ad abbassare il volume.
Le chiesi scusa e lei mi sorrise.
“Non ti preoccupare, anche a me piace la musica, ma mi sono spaventata perché ero troppo presa dalla lettura per accorgermi di un solo movimento di fianco a me.”
Aveva l’aria gentile e quello che avevo giudicato un atteggiamento da snob, si rivelò essere tutt’altro.
Le hostess iniziarono a darci tutte le informazioni e lei chiuse il libro. Io non riuscivo ad ascoltarle, perché era per colpa loro che mi dava fastidio volare: mi mettevano ansia, ma per educazione mi tolsi le cuffie, mentre Alex continuava ad urlare a proposito delle aspettative che ti gasano prima di una serata e Matt colpiva con tutta la forza che aveva sul rullante della sua batteria.
Quando le hostess finirono con il loro terrorismo psicologico, mi rimisi le cuffie, ma un tocco leggero sul braccio, interruppe ancora una volta l’ascolto del cd dei ragazzi.
“Scusami, non vorrei sembrarti inopportuna, ma volevo chiederti per quale agenzia lavori.” La ragazza seduta di fianco a me mi rivolse quella non poco strana domanda, come se fosse una cosa normalissima.
“Scusa?”
“Non penso di averti vista da qualche parte e quindi mi chiedevo per quale agenzia lavorassi.”
“Continuo a non seguirti, mi spiace.”
“Non fai la modella per una qualche agenzia?”
“Chi? Io?!” Chiesi con aria esterrefatta.
“Non fai la modella?” Sembrava quasi più sorpresa lei di quanto non lo fossi io.
“In realtà no.”
“Piacere, sono Alexa Chung.”
Mi porse la mano e gliela strinsi rispondendo semplicemente: “Piacere, Margaret.”
“Perdonami per la domanda, ma davo per scontato che facessi la modella a Parigi o a Londra.”
“E perché?”
“Perché sì! Conosco agenti che venderebbero la moglie per lavorare per una ragazza come te!”
Le scoppiai a ridere in faccia.
“Io faccio la modella e ho incontrato altre mie colleghe che non sono belle e interessanti la metà di quanto non sia tu. Non hai mai pensato di lavorare nel mondo della moda?”
Le risi nuovamente in faccia. Non mi stavo comportando in modo molto educato, ma mi faceva troppo ridere intrattenere una conversazione del genere.
“Non te la prendere. Non rido di te, è che questa conversazione mi sembra altamente ridicola e surreale. Non ho mai pensato di lavorare nel mondo della moda e non mi ci metterò a pensare adesso.”
“Peccato, sei sprecata!” Parlava con un tono talmente candido e naturale che mi sembrava impossibile che fosse una modella. Me le aspettavo tutte snob, antipatiche e musone e invece lei aveva una strana luce sul volto: la cosa mi colpiva molto.
“Ti ringrazio per i complimenti comunque.”
“Senti, io questa sera devo andare ad un party. Ci saranno molti personaggi importanti nell’ambiente e ci sarà anche il mio agente. Vieni con me questa sera e osserva, parla con qualcuno e poi decidi se proprio non è il tuo ambiente. Potrebbe piacerti!”
“Non mi sembra proprio il caso!” Risposi sorpresa, era tenace questa Alexa e sembrava aver preso a cuore la mia carriera inesistente di modella.
“Hai degli impegni per la serata?”
“No, ma…” Risposi cercando di spiegarle che non ci sarei andata comunque, ma lei non mi lasciò finire di parlare.
“Allora è deciso. Verrai con me alla festa.”
Passammo tutto il viaggio a parlare di tantissime cose.
Da quello che capii era una modella piuttosto famosa. Era una ragazza piacevole: intelligente, sveglia, divertente e alla fine del viaggio ero tutto sommato contenta di averla conosciuta.
Arrivate a Londra le lasciai l’indirizzo dell’hotel in cui alloggiavo, perché sarebbe passata a prendermi alle dieci e lei mi lasciò il suo numero di cellulare, nel caso in cui ne avessi avuto bisogno.
Prima di separarci all’aeroporto le chiesi come mi sarei dovuta vestire e lei mi rispose semplicemente:” Vestiti come vuoi. Non è una festa formale e di certo vedrai gli outfit più strani, perché alle modelle piace essere originali, ma non tutte capiscono quando diventano ridicole, quindi sono certa che non avrai problemi a trovare qualcosa di bello che ti stia bene.” Mi sorrise e salì sul primo taxi disponibile.





Alex
Mancava pochissimo alla nostra esibizione e io avevo bevuto tutto il giorno. Avevo un gran mal di pancia e mi girava la testa. All’effetto dell’alcool iniziava poi ad aggiungersi la tensione: mi colpiva sempre, perché le grandi folle mi mettevano ancora ansia.
Matt mi guardava preoccupato, ma non c’era nulla che potesse fare per me in quel momento e quindi restava seduto sulla sua poltroncina a far finta di niente e a fare il pagliaccio per gli altri.
Per mia fortuna durante il concerto non ci furono incidenti, anche se evidentemente io ero sembrato agli altri più ridicolo del solito, perché mi lanciarono strani sguardi per tutta la durata dell’esibizione.
Dopo il concerto chiamai Johanna, ma tenni la telefonata corta perché non ero molto lucido e perché delle ragazze erano riuscite ad entrare nell’area riservata ai musicisti e ne avevo vista una particolarmente interessante e non volevo che intervenisse Cook prima di me.
Appena chiusi la telefonata con Johanna, mi diressi verso il gruppo di ragazze francesi che avevo notato, ma qualcuno mi prese per un braccio.
“Dove vai?” Mi chiese Matt senza mollare il mio braccio.
“A prendere qualcosa da bere.” Risposi cercando di sembrare il più innocente possibile.
“Non hai già bevuto abbastanza oggi?” Aveva l’aria severa.
“Ma chi se ne frega. Non devo mica suonare tra poco.”
“Alex, è inutile che mi propini la tua faccia da angioletto. Io non ci casco, io so chi sei.”
“Matt, cosa vuoi adesso?”
“Alex, nemmeno un minuto fa eri al telefono con la tua ragazza e adesso stai andando da un gruppo di troiette che non vede l’ora di andare a letto con un musicista anche solo relativamente famoso.”
“Da quando sei diventato un moralista del cazzo?” Mossi il braccio per liberarmi dalla sua presa, ma era fisicamente più forte di me e anche più lucido di me.
“Alex, hai vent’anni, hai tutto il diritto di divertirti e di portarti a letto una ragazza diversa ogni sera, ma Johanna non se lo merita. Non puoi lasciarla?”
“Non è così semplice e poi sto bene con lei.” Non mi sentivo troppo a mio agio a parlare dei miei sentimenti nemmeno con Matt e poi non ero nemmeno abbastanza lucido per sostenere quella conversazione con lui in quell’occasione.
“Fai come vuoi Alex, ma poi non ti lamentare se le ragazze non si fidano di te!”
“Johanna si fida di me, lei sa che l’amo!”
“E’ proprio questo il problema: lei pensa di conoscerti e si fida di quel visetto d’angelo che ti ritrovi e poi comunque io non mi riferivo a lei.” Dopo questa frase rimasi qualche secondo in silenzio.
“E’ qui oggi?”
“No, non riusciva ad esserci. Mi ha detto di salutarti però.”
Solo in quel momento Matt lasciò il mio braccio.
“Quando ti viene a trovare?”
“Non lo so. E’ più probabile che questa volta sia io ad andare da lei, anche perché mi ha chiesto di raggiungerla qualche giorno alla fine del tour.”
“E’ successo qualcosa?” Chiesi interessato, visto che il tono di Matt non sembrava uno dei più tranquilli.
“Nulla che ti riguardi.” Rispose secco.
“E’ questo il problema: non mi riguarda mai niente di lei, ma adesso hai tirato fuori lei per convincermi a non fare una stronzata. Ad ottobre non mi riguardava nulla di lei, eppure sono rimasto sveglio fino a quando non sono stato certo che lei non finisse a letto con Miles. Sono stufo di questa cosa.”
“Alex, sei ubriaco, vai a dormire.”
Non risposi a Matt e mi diressi dalla parte opposta al gruppo di ragazze che avevo puntato poco prima. All’improvviso mi venne una gran voglia di sentire la sua voce, anche solo per qualche secondo, anche solo al telefono, ma soffocai questo desiderio fumandomi un’ultima sigaretta prima di raggiungere Nick, che stava già dormendo profondamente in pullman.

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Capitolo 24
*** Ladies and Gentleman ***



 


Gennaio 2007
Margaret
“Margaret, non sai quello che è appena successo! Non mi sembra ancora vero!” Matt stava praticamente urlando dall’altra parte del telefono.
“Matt, stai calmo e raccontami tutto!”
“Faremo da headliner a Glasto quest’anno!”
“No, aspetta! Stai scherzando, vero?! Che belloooo!”
“Siamo felicissimi! Non ci crediamo ancora…sarà una cosa mega e tu devi esserci assolutamente! Potrebbe non ricapitarci mai più di suonare a Glasto come atto principale!”
“Ci sarò di certo, anche se non so con chi venirci, visto che conosco poca gente che mi accompagnerebbe a quel festival!”
“Non puoi chiedere ad Alexa? Lei secondo me ci sarà di certo…potresti stare con lei durante il festival!”
“In effetti non ci avevo pensato. Lei ci sarà di certo e poi sarà un’occasione per vederla, visto che non abbiamo la possibilità di vederci e sentirci spesso.”
“Ma poi non mi hai più detto come è finita con il suo manager. Hai rifiutato davvero il lavoro che ti aveva offerto?”
“Sì, l’ho rifiutato. Sai che non mi interessa fare la modella e quel mondo proprio non mi appartiene. Alexa ha capito la mia decisione e non ha fatto troppa pressione e adesso ci sentiamo spesso e ci vediamo quando lei capita da queste parti, perché ci troviamo davvero bene insieme, è proprio una bella persona!”
“Bene, bene, magari me la presenti quando ci vediamo!” Ecco il mio solito Matt.
“Non sei proprio il suo tipo. E’ stata per un po’ con un uomo che aveva vent’anni più di lei. Le interessano le persone mature!”
“Mi stai dicendo che la vedresti meglio con Alex piuttosto che con me? Contenta te, contenti tutti!”
“Non ho detto questo, idiota.”
“Margaret, non ti scaldare, stavo solo scherzando. Ora devo andare, Alex mi sta guardando male perché sono al telefono da almeno un’ora, mentre lui vorrebbe provare.”
“E’ li di fianco a te?” chiesi senza sapere bene il perché.
“Sì, perché?”
“Salutamelo e fa lui i complimenti dopo. Ciao Matt, a presto.” Chiusi la conversazione prima che Matt potesse dirmi qualcosa, perché conoscendolo avrebbe potuto anche fare la mossa di passare il telefono a Turner, ma non avevo voglia di parlarci direttamente. Erano quasi due anni che non lo vedevo e non avrei saputo cosa dirgli e non ero nemmeno certa che gli sarebbe potuto interessare.


Alex
Matt chiuse la conversazione con Margaret e si rivolse a me.
“Ti saluta e ti fa i complimenti per Glasto.”
“Verrà al concerto?”
“Penso proprio di sì.”
“Andiamo di là, gli altri ti stanno aspettando da almeno un’ora.” Ero di cattivo umore nonostante la bella notizia, perché in quel periodo, dopo la rottura con Johanna non ci ero rimasto troppo bene. Mi aveva lasciato perché non era più disposta a stare con una persona che stava fuori di casa per interi mesi in tour e aveva anche ammesso di essersi fatta un po’ i fatti suoi nei mesi di mia assenza. Non potevo biasimarla: era una ragazza bella, intelligente e che si voleva divertire. Mi ero messo con lei all’inizio proprio per questo motivo e giustamente non potevo sperare di trattenerla.



22 giugno 2007
Alex
Stavamo per salire sul Pyramid stage di Glasto e le mie gambe non sembravano riuscire ad obbedire al meglio alle istruzioni del mio cervello. La gente era tantissima e non mi sentivo in grado di sostenere un intero concerto. Gli altri non sembravano tesi quanto me, stavano tutti parlando tranquillamente tra loro, ma forse cercavano solo di apparire sereni. Vicino a me c’era solo Miles: beveva una birra in silenzio. Era lì per me: se avessi avuto bisogno di iniziare a farfugliare nervosamente come tutte le volte in cui ero teso, lui mi avrebbe ascoltato e avrebbe detto qualche frase di circostanza ed era tutto quello di cui avevo bisogno. Quando arrivò il momento di salire, mi sorrise pacificamente e mi disse:” Buona fortuna, Al. Ci vediamo dopo.”


Margaret
Prima del concerto ero andata a salutare Matt con Alexa.
Non l’avevo mai visto così serio e preoccupato. Sembrava che dovesse andare in guerra. Non lo tenni troppo tempo lontano dagli altri. Non cercai nemmeno Alex, perché speravo di non incontrarlo, ma mentre mi stavo allontanando dalla zona rossa vidi Miles. Mi sorrise e mi fece l’occhiolino, ma non si fermò a parlare. Lo seguii con lo sguardo e vidi che era diretto da un ragazzo con dei jeans, un maglioncino nero a collo alto e i capelli neri. Non impiegai molto a capire chi fosse, ma per fortuna era di spalle e non mi notò. Presi Alexa per mano e le dissi che dovevamo andare, altrimenti ci avrebbero cacciato, perché non eravamo autorizzate a stare là. Mi guardò perplessa, ma non fece domande. In effetti la mia scusa era un po’ campata in aria: lei era famosa, quindi nessuno avrebbe fatto storie per la sua presenza in quell’area.



Miles
Guardai l’intero concerto dalle quinte del palco. Alex parlava tanto tra una canzone e l’altra e spesso sperava di dire cose divertenti, ma era troppo teso per apparire naturale. Ai miei occhi era adorabile: sembrava un cucciolo impaurito. Per fortuna la musica parlava per loro e la risposta del pubblico era fenomenale. Quella sera Al potrebbe aver detto “ladies and gentleman” almeno venticinque volte, ma in fondo non erano queste le cose importanti.

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Capitolo 25
*** Glasto 2007 ***


Miles
Dopo il concerto i festeggiamenti erano inziati alla grande e volavano fiumi di alcool, ma Alex era molto più impegnato a fare la conoscenza dell’amica di Margaret, piuttosto che a festeggiare con vari tipi di alcolici.
Io me ne andavo in giro a parlare con i ragazzi e a cercare qualcuno che facesse compagnia anche a me durante la notte.
A un certo punto della serata, mentre parlavo con Jamie, ci raggiunse Margaret.
Era evidentemente ubriaca e non riusciva a stare un piedi da sola. Si appoggiò a Jamie e molto spontaneamente disse: “Vieni a farmi compagnia stanotte?”
Io scoppiai a ridere per la faccia che fece Cook: era tra l’imbarazzato, il lusingato e il confuso.
“Non mi sembra proprio il caso Margaret. Vai a dormire!” Riuscì a rispondere Jamie dopo qualche secondo di imbarazzo.
“Anche Nick mi ha risposto così! Ma perché?” Era molto ubriaca e Jamie le stava per rispondere, ma intervenni io a salvarlo dallo sostenere una conversazione così imbarazzante.
“Margaret, vieni, ti porto a fare un giro.” La presi sotto braccio e iniziai a cercare Matt tra la folla: lui avrebbe saputo aiutarmi a trovare una soluzione.
Mentre Margaret blaterava cose senza senso o trovai impegnato in una discussione di certo profondissima con una biondina che di innocente aveva solo il colore bianco delle scarpe.
“Matt, sai dov’è la sua tenda?”
“Chiedi ad Alexa” Mi rispose scocciato.
Non volevo disturbare Alex, ma non potevo lasciare andare in giro quella ragazza, era una mina vagante.
Mentre Margaret continuava a sbiascicare cose senza senso, presi fuori il cellulare e chiamai Alex.
Ci mise qualche secondo a rispondere, ma alla fine ebbe la decenza di considerarmi.
“Alex, passami Alexa.” Dissi senza troppi giri di parole.
“Perché?”
“Fatti gli affari tuoi e passami Alexa!”
“Pronto?!”
“Ciao Alexa, sono Miles. Sono con Margaret ed è troppo ubriaca per raggiungere la vostra tenda da sola, non è che potresti dirmi come è fatta e dove si trova più o meno? L’accompagno io!”
“Ma no, Miles, vengo io, non ti disturbare!” Avrei volentieri passato la patata bollente ad Alexa, ma non ero così stronzo da fare una cosa del genere ad Alex, così la convinsi a dirmi quello che volevo sapere e a restare ovunque fosse con il mio amico.
Dopo quello che fu un tragitto eterno, trovai quella pensavo potesse essere la loro tenda.
Margaret era così ubriaca che rischiò di addormentarsi mentre camminava parecchie volte. Io cercavo di parlarle per tenerla sveglia, ma era come parlare a un neonato.
“Margaret, siamo arrivati. Entra e mettiti a dormire. Non uscire dalla tenda e non parlare con nessuno.”
Lei era ancora appoggiata a me quasi con tutto il peso, ma dopo quelle parole sembrava essersi svegliata un pochino. Si staccò, mi sorrise innocentemente e prima che potessi accorgermi di quello che stava per fare, mi baciò.
Era completamente ubriaca e non capiva quello che stava succedendo e per fortuna io ero un signore in alcune situazioni.
Era una bellissima ragazza e se non fosse stata amica dei ragazzi, mi sarei fatto meno scrupoli ad approfittare del suo stato, ma l’idea di quello che avrebbe potuto farmi Matt se avesse scoperto che mi ero portato a letto Margaret mentre ero in quello stato, mi fece rabbrividire e dopo qualche secondo interruppi quel bacio alcolico.
“Perché no?” Mi chiese. Sembrava essersi ripresa un pochino stranamente. Furba la ragazza.
“Perché non faccio queste cose.”
“Fottuto amico di Turner!” Disse con il broncio.
“Non è per quello. Voglio semplicemente che quando accadrà qualcosa tra noi, tu sia abbastanza lucida da ricordartelo, perché ne varrà la pena.” Rispopsi tranquillamente accendendomi una sigaretta.
“Sembri piuttosto certo del fatto che qualcosa tra noi accadrà!”
“Come sono certo che non ti ricorderai di questa conversazione domani mattina. Buonanotte.” Le aprii la tenda come invito ad accomodarsi dentro per farle capire che quella conversazione era finita.
Lei mi sorrise ed entrò senza aggiungere altro.
Mentre tornavo dagli altri osservavo lo spettacolo che mi circondava: migliaia di tende accampate in mezzo al fango. Fiumi di gente che per tre giorni all’anno si radunava in un posto immenso per godere della musica. Era un atmosfera irreale, perché magica e significativa.
La stanchezza, il fango, il sonno, l’orda di gente non tratteneva i ragazzi dal partecipare a quella manifestazione, perché quello che contava era partecipare al festival: per la musica, per la compagnia, per la quantità esagerata di artisti che ogni anno veniva ingaggiata.
Quello era il reale potere della musica e io amavo la musica e sapevo che un giorno sarei riuscito a distinguermi e a non essere semplicemente il frontman di una band di ragazzi senza futuro.
Io ero abbastanza bravo da potercela fare anche da solo, ma avevo semplicemente bisogno di più tempo rispetto alle altre band giovani che erano venute fuori in quel periodo, perché ero praticamente solo, mentre gli altri avevano l’appoggio di persone appassionate e brave.
L’unica persona con cui sapevo che sarei riuscito a lavorare bene era Alex, perché era il mio alter ego e mi completava e l’idea di poter collaborare con lui non solo in 505 mi allettava parecchio, solo che non avevo mai avuto occasione di chiedergli di fare una cosa del genere, perché non volevo che le scimmie pensassero che volevo portarlo via, tenermelo solo per me; ma osservando lo spettacolo che offriva Glasto a notte inoltrata mi fece capire che dovevo dare una svolta alla mia carriera, perché altrimenti avrei sprecato gli anni migliori della mia vita ad apparire mediocre, ma io non ero mediocre e Alex lo sapeva.

Margaret
Della serata dopo il concerto mi ricordavo veramente poco. Mi ero svegliata nella mia tenda, ma non sapevo nemmeno come ci ero arrivata. Di fianco a me non c’era Alexa, ma non mi preoccupai: aveva di certo trovato qualcosa di meglio da fare. Uscii e mi accorsi che era mattina inoltrata, così chiamai Matt.
Mi rispose con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba e mi disse di avviarmi verso l’area destinata agli artisti, così mi avrebbe fatto passare e sarei potuta restare un po’ con loro.
Quando riuscii a superare le sabbie mobili e a raggiungere il luogo indicato, insieme a Matt c’era Miles.
Kane aveva uno strano sorriso stampato in faccia e non riuscivo a capire cosa volesse dire, mentre Matt aveva ancora gli occhi gonfi di sonno non consumato.
“Dov’è Alexa? L’hai lasciata in mezzo al campeggio?” Mi chiese immediatamente Matt.
“Forse dovresti chiedere ad Al dov’è la Chung.” Rispose Miles al posto mio.
Matt quasi sputò il caffè che stava bevendo e mi guardò immediatamente allarmato, come se mi fossi improvvisamente trasformata in una bomba a orologeria, pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Io sorrisi e tutto quello che riuscii a dire per apparire del tutto disinteressata alla notizia fu:” Hai capito Alex? Zitto zitto si porta a letto le modelle famose!”
“Se non vi foste ubriacati tutti come se fosse la vostra ultima serata sulla terra, ve ne sareste accorti anche voi!” Miles ci guardava sorridendo tranquillamente.
“Io non mi ricordo nulla di ieri sera.” Ammisi molto pacificamente mentre mi avvicinavo a Matt per fregargli il caffè.
“Lo so bene. Non ti sei chiesta come hai fatto ad arrivare alla tua tenda sana e salva?”
“Sei stato tu?” Rimasi scioccata.
“Eh sì. Eri abbastanza ubriaca da andare in giro a chiedere a chiunque se volesse venire nella tua tenda. Matt sarebbe voluto intervenire, ma non era in grado, così ci ho pensato io a te.”
“Ti ringrazio.” Gli sorrisi e poi mi girai a guardare male Matt.
“E’ stato un piacere.” Miles mi guardava in modo strano, ma non me ne preoccupai più di tanto, perché la mia attenzione era concentrata tutta sul caffè di Matt.
“Dammi il tuo caffè! Tu che ieri sera non sei nemmeno stato in grado di salvarmi!”
“Oh, perdonami ciccia! Io avevo appena suonato a Glasto, avevo tutto il diritto di ubriacarmi! Tu che diritto avevi di andare in giro a fare la troietta?!”
“Io ho il diritto di fare quello che mi pare. Adesso dammi quel maledetto caffè!” Mi avventai su di lui e glielo strappai di mano, ma goffamente me lo rovesciai tutto addosso.
Matt e Miles si cacciarono a ridere sguaiatamente, mentre io rabbrividivo al solo pensiero di tornare in tenda a prendere una maglia pulita.
“Stronzi. Che cazzo ridete?” Capivo benissimo il motivo per cui stavano ridendo e in situazioni normali anche io mi sarei messa a ridere, ma quella mattina non era una situazione normale e Matt avrebbe dovuto capirlo e invece era ancora troppo rincoglionito.


Miles
Per fortuna quella ragazza non si ricordava nulla della sera precedente, altrimenti si sarebbero creati degli imbarazzi inutili
Era già abbastanza di cattivo umore così, senza bisogno di ricordarle che mi aveva baciato la sera precedente quando l’avevo riaccompagnata in tenda.
Margaret era strana quella mattina. Mi era sembrata una ragazza completamente diversa la sera prima: ora era di cattivo umore, acida nelle risposte e ben poco divertente.
Per farla calmare le dissi di seguirmi: l’avrei portata a prendere una maglia. Sul bus del tour dei ragazzi c’erano una marea di magliette del gruppo.
Durante il tragitto verso il bus riuscii anche a procurarle un caffè caldo. Non parlammo molto, perché sembrava davvero di cattivo umore. Matt non era venuto con noi, perché non era ancora abbastanza sveglio per sopportarla.
Quando raggiungemmo il bus, trovammo Alex e Alexa che chiacchieravano a in piedi a una distanza veramente molto ravvicinata e appena si accorsero di noi si allontanarono istintivamente l’uno dall’altro.
Io sorrisi e feci l’occhiolino ad Alex, mentre Margaret augurò un semplice “Buongiorno” che faceva capire che per lei tutto era tranne che un buongiorno quello.


Margaret
Miles entrò nel pullman e mi lasciò fuori con quei due.
Al e Alexa erano imbarazzati: entrambi per motivi diversi ovviamente. Io quasi non degnai di uno sguardo Alex e mi rivolsi direttamente ad Alexa: “Io nel pomeriggio riparto, perché devo assolutamente tornare a casa. Devo studiare per gli esami. Tu che fai?”
“So che avevo detto che non sarei rimasta, ma ho cambiato idea. Ti scoccia andare via da sola?” Sembrava sul serio dispiaciuta e in fondo non poteva sapere che si stava facendo odiare da me, quindi finsi al meglio che potevo.
“No assolutamente. Se hai trovato qualcosa di interessante per cui restare, fai bene a farlo.”
Alex si stava guardando i piedi in silenzio da tutto il tempo, ma a quelle parole mi guardò con uno sguardo preoccupato. Io feci finta di non notarlo.
“Come stai, Al? E’ da due anni che non ci vediamo! Sono cambiate molte cose!”
“Ma voi da quanto tempo vi conoscete?” Si intromise Alexa.
“Dal liceo.” Rispose Alex.
“Wow Margaret! Quindi tu hai visto le scimmie quando ancora non erano famose!” Alexa sembrava curiosissima.
“Ah, sì. Non sono molto diversi da come erano allora. Magari sono diminuiti i brufoli ed è aumentato il conto in banca, ma sono sempre loro. Matt è il mio migliore amico dal liceo: in tutto questo tempo ha fatto due dischi e ha venduto milioni di copie nel mondo, ma non è cambiato di una virgola. Certe cose non cambieranno mai.”
Prima che Alex avesse il tempo di rispondere a quest’ultima mia frecciata, Miles si affacciò dalla porta del pullman con una maglia nuova.
Salii sul pullman e iniziai a svestirmi per indossare la maglia pulita. Miles non era ancora sceso dal pullman, ma non me ne curavo affatto.
“Non mi cacci?” Miles me lo chiese mentre continuava a guardarmi.
“Immagino che tu abbia già visto una ragazza in reggiseno.” Gli risposi freddamente indossando una maglia con il nome del gruppo di Turner.
Quando scendemmo dal pullman lo presi sottobraccio, salutai i due piccioncini e gli chiesi di portarmi a fare un giro per il festival prima della mia partenza.
Passai tutta la mattinata con Miles e mi divertii un sacco. Dopo l’incontro con Alexa e Alex il mio umore era peggiorato sensibilmente, ma non mi andava di farmi rovinare la giornata da Turner, così decisi di fare di tutto per non pensarci e Miles era davvero una compagnia formidabile. Poco prima di pranzo ci raggiunse anche Matt, a cui chiesi scusa per le mie rispostacce della mattina. Lui mi fece l’occhiolino e mi abbracciò.
Quando arrivò il momento di partire, decisi di andare a salutare Alexa.
Per fortuna non era con Alex.
Le augurai una buona permanenza al Festival e ci lasciammo augurandoci di rivederci il prima possibile.
Poi fu il turno di Miles.
“E’ stato un piacere avere passare la giornata con te.” Ed ero sincera: era un ragazzo simpaticissimo, intelligente, un po’ arrogante anche, ma divertente.
“Anche per me e sono certo che avremo altre occasioni per divertirci insieme.” Il suo tono era evidentemente allusivo, ma non sapevo come mai, la cosa non mi mise assolutamente in imbarazzo, anzi, mi lusingò e non poco.
Mi diede un bacio sulla guancia e si allontanò, forse perché voleva fare un’uscita ad effetto.
Mi incamminai verso l’uscita dell’area riservata agli artisti in silenzio, con Matt, che per fortuna durante la conversazione con Miles si era allontanato un attimo per rispondere al cellulare.
Ero stanca e volevo tornare a casa il prima possibile.
Stavo riflettendo su come affrontare le questioni logistiche per abbandonare quel posto, quando qualcuno mi si affiancò.
“Speravo di riuscire a stare con te un po’ di più questa volta.” Turner era comparso al mio fianco e si mise a camminare al mio ritmo e Matt fu abbastanza sensibile da iniziare a camminare più lentamente; ci seguiva a pochi metri di distanza, facendo finta di scrivere messaggi.
“Hai trovato comunque un’ottima compagnia grazie a me.” Risposi acidamente.
“Ho voglia di passare un po’ di tempo con te. E’ una speranza vana? In queste occasioni è sempre tutto così caotico, c’è troppa gente, troppo alcool…Una volta parlavamo, eravamo amici, mi dicevi cosa ne pensavi di noi. Mi davi dei consigli. Adesso a mala pena mi consideri.”
Mi chiesi quanto tempo ci aveva messo a trovare il coraggio di dire una frase del genere.
“Alex, ti vedo una volta ogni due anni e ogni volta che ti vedo sei sempre più famoso, circondato da persone infinitamente più interessanti di me e che stanno nel tuo ambiente. Cosa ti aspetti? Che venga a dirti che il concerto è stato fantastico? Lo sai già, perché te lo dicono tutti. Potrei dirti che sembri ancora spastico quando suoni e che a volte sei ridicolo, ma che mi piaci così sul palco, ma ha una qualche importanza. L’Inghilterra ti adora, hai realizzato il tuo sogno e io vivo anche in un altro paese quindi direi proprio che è una speranza vana.”
“Ma ho voglia di parlare con te, ho voglia di sapere come stai, come va la tua vita. Mi interessa sapere     quello che pensi di noi, delle canzoni e comunque io non sono solo il cantante degli Arctic Monkeys, sono un ragazzo normale a cui capita di fare un lavoro straordinario. Pensi che mi sia dimenticato da dove vengo? ” Mi chiesi se non fosse ancora ubriaco dalla sera prima.
“Non volevo dire questo. Volevo dire che se non vengo a parlarti è solo perché ho paura di disturbarti e non sto facendo la vittima, lo sai.”
“Però con Matt non ti fai questi problemi, eppure è nella band anche lui.”
“Con lui è diverso. Lui è il mio migliore amico e coltiviamo un rapporto speciale e questo lo sai.”
“A me non è mai stata data questa possibilità.” Era ostinato Turner quel giorno.
Mi fermai di botto, presi fuori il cellulare dalla tasca e glielo passai.
Lui compose il suo numero e io lo chiamai per fargli avere il mio.
“Ciao Al, a presto.” Mi avvicinai e lo baciai sulla guancia. Lui sussurrò un semplice “A presto.”
Ripresi a camminare e Matt mi raggiunse con uno ghigno insopportabile stampato in faccia.
“Cosa voleva Al?”
“Recuperare un rapporto che non abbiamo mai avuto.”
“E ti scoccia?”
“No, mi sorprende.”
“Non dovrebbe sorprenderti affatto.” Continuava a sogghignare.
“Cosa c’è Helders?”
“No, niente. Semplicemente mi chiede ogni volta che ti sento al telefono come stai, cosa fai, quando ci vediamo, se vieni ai nostri concerti.” Mi fermai di botto.
“E io come faccio a saperle queste cose se tu non me le dici?” Dissi puntandogli l’indice sul petto.
“Margaret ricordati una cosa: io sono amico di entrambi, non posso giocare solo dalla tua parte. Ho aspettato che facesse qualcosa per rendere chiaro il suo atteggiamento prima di sputtanarlo.”
“Sei maledettamente corretto.”
“Lo so, è per questo che sono il vostro migliore amico.“

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Capitolo 26
*** Telepathy ***


Parigi, 12 agosto 2007
Margaret
Il suono del cellulare poggiato sul comodino di fianco al mio letto mi fece sobbalzare. Guardai l’ora e notai che erano le tre di notte, poi guardai il display, spaventata, perché nessuno aveva motivo di chiamarmi a quell’ora, ma non conoscevo il numero e la cosa mi spaventò ancora di più.
“Pronto?” La voce di Margaret era assonnata e anche arrabbiata.
“Buongiorno anche a te!” Riconobbi la voce di Alex dall’altra parte e iniziai a maledire il giorno in cui gli avevo lasciato il numero.
“Buongiorno?! Ma sono le tre di notte! Hai iniziato a drogarti Alex?”
 “No, scusa è che sono in Giappone e mi sono dimenticato del fuso orario!”
“Ti sei dimenticato di otto ore di differenza!”
“Perdonami, è che ti devo dire una cosa importante!”
“A meno che questa cosa non coinvolga il fatto che con te ci sia Kapranos che ti stia dicendo che vuole uscire con me, non sei giustificato. E in ogni caso devi farti perdonare per il quasi infarto che mi hai fatto prendere.”
“Ti piace Alex? Non pensavo fosse il tuo tipo.”
“Che ne sai di qual è il mio tipo? Allora, gli hai dato il mio numero? Quando ha intenzione di chiedermi di uscire?” Mi sorpresi di quanto potessi essere idiota anche alle tre di notte appena sveglia.
“Mi spiace, ma Kapranos sembra più interessato a Nick, però ho una bella notizia per te.”
“Peccato, non sa cosa si perde.” Era divertente prenderlo in giro, parlando di altri musicisti famosi che lui conosceva, mentre io sfortunatamente no.
“Possiamo parlare di quello per cui ti ho chiamato, invece che continuare a concentrarci sulle inclinazioni sessuali di Al?”
“Lo chiami addirittura Al? Siete molto in confidenza?”
“Margaret.” Voleva fare il serio, ma non ce la faceva, perché non si aspettava una telefonata del genere quando mi aveva chiamato.
“Ok, la smetto. Dimmi tutto.”
“La settimana prossima io e Miles veniamo a registrare un disco in Francia.”
“Tu e Miles? Francia? Mi sono persa qualcosa? L’ultima volta che ho letto un giornale di gossip ti davano accompagnato ad Alexa e lei me lo ha confermato qualche giorno fa al telefono. Non puoi spezzarle il cuore, era così felice.”
“Puoi smettere di fare l’idiota? E comunque senti Alexa al telefono?”
“Si da il caso che lei fosse mia amica prima che tu diventassi il suo ragazzo carissimo Turner e che continuiamo a sentirci regolarmente.”
“Non lo sapevo.”
“Perché non sono affari tuoi.”

Tokyo, 12 agosto 2007
Alex
Volevo risponderle che erano affari miei più di quanto lei potesse solo immaginare, ma non mi sembrava il caso, così continuai la conversazione sul reale argomento per cui l’avevo chiamata.
“Ti stavo dicendo comunque, che la settimana prossima io e Miles veniamo in Francia a registrare un album. Staremo là solo un paio di settimane, ma ho pensato che tu in questo periodo non dovresti avere esami e che quindi potresti raggiungerci per qualche giorno.”
“E perché dovrei farlo? C’è anche Alexa per caso?” Il suo tono era allusivo, voleva che le dicessi chiaramente  cosa volevo.
“Perché ho voglia di vederti e perché non ci sarà tutto il casino che c’è tutte le volte che ci vediamo.”
“Hai detto che c’è anche Miles?”
“Sì, te l’ho detto tre volte.”
“Allora posso anche farci un pensierino.” Quella risposta e quella intera telefonata mi fecero capire perché avessi così tanta voglia di vederla e sentirla. Non era cambiata dal liceo, le piaceva provocarmi solo per il gusto di vedere fino a che punto poteva spingersi.
“Miles sarà felice di saperlo.”
“Lo so bene.” Pensavo di averla messa in imbarazzo, ma ancora una volta mi sbagliavo.
“Ti lascio tornare a dormire. Ti chiamo nei prossimi giorni per spiegarti i dettagli.”
“Sì, però magari, la prossima volta, prima di chiamarmi, pensa al fuso orario.”
“Buonanotte, Margaret.”
“Buona giornata, Alex.” Sapevo che l’ultima frase che aveva pronunciata era stata accompagnata da un sorriso e questa consapevolezza mi fece affrontare tutta la giornata in uno strano stato di euforia.
Ovviamente non potevo farla franca con i ragazzi, in particolare con Matt e infatti non appena ebbe l’occasione di parlare solo con me liberamente, ne approfittò per indagare sulla mia strana e insolita euforia.
Eravamo nella hall dell’hotel in cui alloggiavamo e stavamo aspettando Jamie e Nick per partire e raggiungere il luogo del Summer Sonic Festival.
“Al, hai qualcosa da dirmi?” Matt era seduto sulla poltrona di fronte a me e mi scrutava.
“No.”
“Alex, non dire le bugie. Ti conosco da quando eri un piccolo bambino biondo con la pelle liscia. Che ti è successo?”
“Sono contento perché domani parto per andare da Miles.” Cercai di mostrarmi disinvolto.
“Alex, lo sai da settimane che lavorerai con Miles, non l’hai scoperto oggi. C’è dell’altro, me lo sento. E comunque non sei mai così euforico quando arriva il momento di entrare in studio di registrazione con noi, quindi sputa il rospo o inizio sul serio a diventare geloso di Kane.”
Non potevo reggere una conversazione con Matt sperando di avere la meglio.
“Eh, no, solo che non so se sai dove andiamo a registrare.” Risposi concentrandomi sulle riviste in giapponese appoggiate sul tavolino che era in mezzo alle nostre poltrone.
“Sì, da qualche parte in Francia.”
“Bhè, diciamo che sono contento di andare in Francia, tutto qui.”
“Ooooh, adesso capisco. Speri di vedere Margaret!”
“Non è che spero. L’ho chiamata e le ho fatto notare che sarebbe potuta venire a trovarci qualche giorno.” Sorrisi spontaneamente.
“Il mio Alex sta crescendo! Dove hai trovato tutto questo coraggio, piccolo Turner?” Matt faceva fatica a restare serio per più di qualche secondo e faceva fatica a parlarmi senza prendermi in giro.
“Nel fatto che ho troppa voglia di vederla.”
“E Alexa cosa pensa del fatto che tu abbia troppa voglia di vederla?”
“Alexa non lo sa, ma glielo dirò. Non le darà fastidio, si fida di me e si fida di Margaret, giustamente. Non ho intenzione di fare stronzate.”
“Sai chi altro sarà felice di vederla in Francia?”
“Fammi indovinare: Miles?”
“Bravissimo.” Matt si cacciò a ridere di gusto.
“Non ci proverebbe mai con Margaret.”
“E perché non dovrebbe? E’ una bellissima ragazza e lui non sa che è anche il soggetto femminile di ogni canzone che scrivi.” Era tornato serio e l’ultima frase mi fece spaventare. Non risposi, ma lo fissai aspettandomi delle spiegazioni.
“Alex, non sono l’ultimo arrivato. Credi che non me ne sia accorto? Non lo fai consapevolmente, lo fai e basta. Non è una colpa.”
“Me ne sono accorto qualche mese fa, quando stavo già con Alexa. Ma cosa posso farci?”
“Nulla, perché questa cosa ti sta procurando una marea di soldi.”
“Sei un idiota!” Era tornato il solito Matt, la sua parte seria se n’era già andata.
“Sì! E visto che sono un idiota, ma sono anche un veggente, voglio fare una scommessa con te.”
“Sentiamo.”
“Secondo me Margaret e Miles finiscono a letto insieme durante questo soggiorno francese.”
“Aspetta un attimo: tu sai qualcosa che io non so?” Possibile che Margaret avesse parlato di Miles con Matt?
“No, io sento le cose, non ho bisogno di saperle. Ahahaha.”
“Io invece scommetto che non accadrà.” Ero certo che Margaret non potesse farmi qualcosa del genere.”
“Perfetto: cosa scommettiamo?”
“Se vinco mi lasci registrare un mio racconto nel disco che stai pensando di registrare sul Late Night Tales.”
“Esigente! E se perdi mi lasci la possibilità di decidere il tema del video del primo singolo del prossimo album degli Arctic Monkeys.”
“Anche tu non scherzi comunque.” Mi spaventava l’idea di lasciargli carta bianca su una cosa del genere, ma io avevo chiesto una cosa altrettanto importante, quindi ci stringemmo la mano.
In quel momento ci raggiunsero Jamie e Nick e abbandonammo l’hotel per fare l’ultimo concerto prima della mia parentesi con Miles.




Margaret
Trovare il paesino sperduto nella campagna francese in cui Alex e Miles avevano deciso di registrare fu un’impresa, ma quando visitai il posto, fui contenta della loro scelta.
Li raggiunsi il giorno successivo al loro arrivo. Alloggiavano in un piccolo hotel al centro del paesino, a pochi passi dallo studio.
Arrivai nel primo pomeriggio, mentre loro erano in studio, così decisi di farmi un giro. Entrai in un bar, presi un thè freddo e chiesi al barista cosa c’era da fare di interessante in quella zona.
Il barista era un signore anziano, molto gentile e disponibile e a quell’ora non c’erano molti clienti, quindi mi dedicò tutta la sua attenzione. Mi disse che poco fuori dal paese scorreva un fiumiciattolo e in un tratto era possibile farsi il bagno perché l’acqua non era profonda e che il campo che circondava la zona era molto carino, perché era curato dal comune che sapeva che la gente ci andava.
Mi feci spiegare attentamente le indicazioni per raggiungere questo posto e poi andai in camera mia a mettermi un costume da bagno, che per fortuna mi ero portata nella speranza che l’hotel avesse una piscina.
Quell’estate non ero ancora andata in vacanza e sognavo il mare da mesi ormai, ma mi sarei accontentata anche di un fiumiciattolo.



Alex
Era il primo giorno di lavoro vero e proprio e io e Miles eravamo in studio da parecchie ore, ma il tempo era volato, perché ci stavamo divertendo tantissimo e stavamo tirando fuori un sacco di idee interessanti.
Dopo pranzo avevamo ripreso immediatamente a lavorare, ma i ritmi erano rallentati, perché la stanchezza si faceva sentire e durante una delle tante pause sigarette decisi di controllare il cellulare, perché non lo consideravo dalla mattina.
C’era una chiamata persa e un messaggio da parte di Margaret.
Lessi il messaggio: mi comunicava che era arrivata, che era passata dall’hotel e che era andata a prendere il sole vicino a un fiumiciattolo poco fuori dal paese e che se avessimo voluto raggiungerla, avremmo dovuto chiedere le indicazioni al barista che lavorava nel bar al centro del paese.
Avevo voglia di continuare a lavorare, ma avevo anche voglia di vederla e per quella giornata ero soddisfatto dei risultati raggiunti, anche perché io e Miles eravamo in completa sintonia e le cose ci venivano con facilità.
Andai da Miles e, cercando di non apparire più esaltato di quanto non fossi all’idea di rivedere Margaret, gli dissi che era arrivata e che ci stava aspettando.
Miles fu più che felice di abbandonare gli studi per raggiungerla, ma mi costrinse a portarmi dietro la chitarra, perché voleva continuare a lavorare su una cosa.
Acconsentii contro voglia, perché non volevo suonare davanti a Margaret, ma Miles era irremovibile.



Miles
Ci accompagnò al fiume in macchina uno dei tecnici dello studio, perché sapeva benissimo il posto di cui parlava Margaret.
Appena scesi dalla macchina, la vidi. Era stesa su un telo bianco, molto vicina alla riva del fiume e aveva le cuffie nelle orecchie, quindi non ci sentii arrivare. Sparsi lungo la riva c’erano altri gruppetti di ragazzi, ma per fortuna nessuna famiglia con bambini, perché altrimenti sarei tornato indietro a piedi. I bambini non li avrei sopportati, avevo bisogno di un posto calmo e tranquillo e i bambini sono noti per le loro urla senza senso.
Margaret aveva gli occhi chiusi e si era isolata dal mondo, ma Alex si chinò su di lei e le tolse una cuffia per annunciarle il nostro arrivo.
“Ben arrivata, raggio di sole!”
L’aveva svegliata e si notò dallo sguardo d’odio che Margaret lanciò a Turner.
“Tu e il mio sonno avete un brutto rapporto, vero?” Mentre pronunciava queste parole, si stava alzando in piedi per salutarci decentemente.
Indossava un costume da bagno azzurro: le stava di incanto. Aveva un corpo meraviglioso: le curve erano nei posti giusti e aveva delle gambe meravigliose. Ancora una volta mi chiesi perché non facesse la modella e dall’espressione dipinta sulla faccia di Alex dedussi che si stava chiedendo esattamente la stessa cosa.
Dopo averci salutato con un bacio sulla guancia e prima di darci il tempo di spogliarci, chiese:
“Andiamo a fare il bagno? Sto morendo di caldo.”
“Io in realtà non ne ho molta voglia.” Rispose Alex mentre stendeva un lenzuolo fregato in hotel.
“Dai, non fare il guastafeste! Vi ho aspettato fin’ora!” Margaret a volte sembrava una bambina capricciosa.
“Dai, Al. E’ tutto il giorno che siamo chiusi fra quattro mura a strimpellare. Non puoi non aver voglia di rinfrescarti un po’.”
“Grazie per l’intervento, Miles.”
“Va bene. Faccio una telefonata e poi vi raggiungo.” Alex prese il cellulare dalla sua borsa e si allontanò probabilmente per chiamare Alexa.
Io e Margaret andammo a cercare un punto lungo la riva attraverso il quale entrare in acqua e lo trovammo un po’ distante da dove avevamo posizionato i teli.
L’acqua era gelida, ma a parte l’impatto iniziale, era una sensazione meravigliosa starsene a mollo.
Alex restò al telefono parecchi minuti e durante quel tempo Margaret mi chiese come fossimo finiti a formare i The Last Shadow Puppets. Era molto curiosa e faceva mille domande.
Era piacevole parlare con lei, perché faceva domande non banali e perché riusciva comunque a rendere la conversazione divertente.
Quando Alex ci raggiunse la conversazione cambiò totalmente argomento.
“Come sta Alexa?” Alex stava ancora cercando di riprendersi dall’impatto con l’acqua gelida quando Margaret gli fece questa domanda.
“Sta bene.”
“Salutamela appena la senti di nuovo. Io non la chiamo, perché so che è molto impegnata e non voglio disturbarla.”
“Lo è infatti.” Sulla faccia di Alex c’era scritto in caratteri cubitali “non voglio parlare della mia ragazza” e Margaret sembrava averlo capito perché dopo quelle domande, rimase in silenzio, aspettandosi che qualcuno iniziasse a parlare.
Prima che la situazione diventasse troppo imbarazzante Alex ebbe la decenza di iniziare a chiedere a Margaret notizie sulla sua vita.
Grazie a quel bagno nel fiume scoprii molte cose che ignoravo di Margaret: viveva a Parigi e studiava letteratura, ma non era molto soddisfatta, perché avrebbe preferito studiare in Italia.
I suoi genitori erano separati e lei viveva da sola. Erano facoltosi e le sostenevano tutte le spese e lei non si lamentava affatto della cosa.
Alex a un certo punto le chiese come stesse una certa Allison. Mi spiegarono che era la figlia della seconda moglie di suo padre e che era la persona grazie alla quale si erano conosciuti al liceo.
Margaret rispose che Allison non la vedeva da anni ormai, ma che continuavano a sentirsi, perché nell’ultimo periodo di convivenza avevano legato molto, nonostante i problemi iniziali.
Sebbene le nostre vite fossero molto diverse, mi sembrava di conoscere Margaret da sempre: la pensavamo allo stesso modo su tantissime cose e alcuni suoi atteggiamenti e reazioni erano simili ai miei comportamenti.



Alex
Era da almeno due anni che non sostenevo una conversazione così lunga con Margaret e mentre parlavo con lei e Miles mi accorsi di una cosa inquietante e bella nello stesso momento: sembravano la stessa persona. Avevano degli atteggiamenti molto simili e il loro modo di parlare e di ragionare era lo stesso. Miles era la versione maschile di Margaret e lei era la versione femminile di Miles.
Probabilmente anche loro si accorsero di questa cosa perché riuscii a catturare qualche sguardo complice che si scambiarono.


Margaret
Quando tornammo a riva, mi stesi a prendere il sole e assistetti a una delle scene più strane della mia vita: vedere Alex che spalmava la protezione a Miles era divertentissimo, perché sembravano una coppietta. La dolcezza e l’attenzione con cui si spalmavano la crema a vicenda mi metteva quasi in imbarazzo. Non notarono il mio sguardo sconvolto, fin a quando non finirono di fare  le loro cose.
“Cosa c’è?” Mi chiese Miles.
“Niente.” Mi cacciai a ridere convulsamente e i due si guardarono perplessi.
“Cosa è successo?”
“Da quanto state insieme?” Non ero riuscita a trattenermi.
“Eh?” Disse Alex
“Mi stavo chiedendo da quanto andasse avanti la vostra relazione.” Risposi cercando di non ridere.
“Ahahahaha. Non sei la prima e non sarai l’ultima che pensa che siamo una coppia e non ce ne vergogniamo, vero Al?”
Stranamente Alex non sembrava infastidito o imbarazzato dai miei commenti.
“Assolutamente. La gente non capisce e non abbiamo tempo di occuparci di queste stronzate. E’ come se fossimo fratelli. Prendici in giro quanto ti pare.” Alex era serio, ma non arrabbiato. Probabilmente il suo rapporto con Miles era qualcosa di sacro.
“Ok, ok, basta che non vi incazziate. Cosa facciamo stasera?” Mi era sembrato appropriato cambiare argomento.
Decidemmo di andare a cena fuori, visto che non c’erano molte alternative disponibili.
Trascorremmo il resto del pomeriggio al fiume.
Miles e Alex parlarono dell’album e ogni tanto strimpellavano qualcosa con la chitarra, mentre io li osservavo incantata senza capire la metà delle cose di cui stavano parlando.
Avevo sempre amato la musica e ritrovarmi in una situazione del genere rappresentava il paradiso: due musicisti che apprezzavo che parlavano e si consultavano per costruire qualcosa insieme.
Mentre li osservavo, capii cosa intendevano quando parlavano del loro rapporto: a volte bastava loro uno sguardo per intendersi e, anche se erano molto diversi, giungevano sempre alle stesse conclusioni riguardo alla musica. Erano in perfetta sintonia.

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Capitolo 27
*** Little promises ***


Margaret
La mattina successiva mentre stavamo facendo colazione e discutendo il programma della giornata e mi venne in mente una cosa carina da fare.
“Posso venire con voi in studio questa mattina?”
“Per me non c’è problema.” Rispose Miles tranquillamente.
“Io preferirei di no.” Alex rispose senza guardarmi.
“Perché?” Chiesi sorpresa.
“Perché non mi piace avere gente intorno mentre lavoro.”
“Alex, ma ci sono decine di persone insieme a noi durante la giornata.”
“Sì, ma sono tutti addetti al lavoro.”
“Ma non ti accorgerai nemmeno che ci sarò.”
Il telefono di Miles suonò in quel momento e lui si allontanò per rispondere.
“Alex, spiegami perché.”
“Perché sto pensando ad alcune cose e voglio sentirmi libero di dire qualsiasi cosa mentre lavoro.”
“Ma io non ti darò fastidio.”
“Margaret, la tua presenza in quello studio mi inibirà.”
“Allora sei riuscito a convincerlo?” Miles era tornato.
“No, ha detto che va a farsi un giro in paese questa mattina.” Alex non ci guardava, ma concentrava tutta la sua attenzione sul thè che aveva davanti. Io lo fulminai con lo sguardo, ma decisi di non combattere, mi sembrava piuttosto determinato.


Alex
Non avrei potuto tollerare di lavorare davanti a Margaret. La sera precedente, mentre eravamo a cena, mi erano venute in mente un paio di frasi interessanti, il tutto semplicemente osservandola in una situazione normale, come una cena tra amici.
Margaret si era insospettita, ma non mi interessava, non potevo permettermi di avercela attorno.


Miles
Al pomeriggio tornammo tutti insieme al fiume.
Appena arrivammo in spiaggia squillò il telefono di Alex, il quale si allontanò.
Margaret sistemò il telo, si tolse il vestito e iniziò a spalmarsi della roba appicicosa abbronzante.
Dal canto mio, cercavo di svestirmi e di sistemare le mie cose senza farle notare che osservavo ogni suo singolo momento.
“Vuoi una mano con la protezione?” Mi chiese, notando il mio colorito da mozzarella.
Feci un cenno con la testa. Si inginocchiò dietro di me, prese la crema che le passai e iniziò a spalmarmela delicatamente sulla schiena.
La spalmava con una lentezza e delicatezza estenuante. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al suo tocco delicato.


Alex
“Tesoro, ci sei?” Mi chiese Alexa dall’altra parte del telefono.
“Sì, scusa, non ti sentivo bene.” Era una bugia. Mi ero incantato a osservare lo spettacolino che Miles e Margaret avevano messo su.
Non stavano facendo nulla di male, ma immaginare le mani di Margaret sul corpo di un altro ragazzo mi faceva venire il nervoso. Ovviamente sapevo che aveva avuto delle relazioni, ma non tolleravo quella visione. Probabilmente era invidia, perché l’ultimo contatto così intimo con lei l’avevo avuto parecchi anni prima e in quel momento solo l’idea sul mio corpo mi facevano venire un brivido.
Ripresi a parlare con Alexa cercando di non pensare a quello che stava succedendo sulla riva.
Quando attaccammo li raggiunsi, cercando di dissimulare il fastidio, ma Miles di certo non mi aiutava.
“Alex, fatti spalmare la crema da lei. E’ un’esperienza mistica.”
“Addirittura!” Si sorridevano e si stuzzicavano in maniera spudorata, era snervante.
Mi stesi a pancia in giù senza rispondere a nessuno dei due, ma dovevo aspettarmi quello che sarebbe successo, in fondo conoscevo Margaret da parecchi anni.
Sentii il peso di qualcuno che si sedeva a cavalcioni sul mio fondo schiena e i capelli lunghi che mi facevano il solletico sulle spalle.
“Non fare il geloso!” Mi sussurrò Margaret nell’orecchio senza farsi sentire da Miles.
Nella mia testa mi maledii per non essere abbastanza bravo a fingere e per aver desiderato una cosa del genere mentre ero al telefono: quella era la punizione che mi meritavo. Una meravigliosa punizione.
Aveva le mani calde e le usava per coprire ogni singolo centimetro della mia schiena. La odiavo per quello che stava facendo. La odiavo perché sapeva che soffrivo il solletico e faceva di tutto per procurarmi quella sensazione, soprattutto lungo i fianchi, dove concentrava maggiormente il tocco.
Ogni volta sussultavo e lei rideva sommessamente, perché sapeva.
La odiavo perché sapeva quello che mi stava infliggendo.
Cercai di rilassarmi in qualche modo, ma riuscii a farlo soltanto quando sentii il suo peso sollevarsi dal mio corpo.
Si stese di fianco a me sul suo telo e si mise le cuffie. Miles era steso dall’altro lato e aveva preso fuori un libro.
Appoggiai la testa sulle braccia incrociate e mi voltai verso Margaret.
Aveva gli occhi chiusi e mi concentrai sulla sua sagoma stesa di fianco a me.
Era tempo che non mi perdevo a contemplarla e non so quanto tempo passò prima che lei si accorse del mio sguardo fisso, ma quando lo fece, non mi disse nulla e non apparve nessun tipo di espressione imbarazzata sul suo volto: si tolse semplicemente una cuffia e me la passò non abbandonando per un secondo il contatto visivo. Questa cosa mi sembrò ancora più intima della crema sulla schiena, perché non mi stava prendendo in giro, non voleva darmi fastidio, voleva semplicemente condividere con me quel momento di pace.
In quel momento nelle nostre orecchie c’era Bellamy, ma lei sapeva che io e i Muse non avevamo molto in comune, anche se riconoscevo la loro bravura, così mandò avanti e in riproduzione casuale partì “Only ones who know”.
Lei mi guardò per sapere se dovesse mandare avanti o se potesse lasciarla andare e io le sorrisi per farle capire che per me non c’era alcun problema ad ascoltare una mia canzone.
Ascoltò la canzone ad occhi chiusi e il problema arrivò quando canticchiò un pezzo della canzone:
“Well all the little promises they don’t mean much when there’s memories to be made, and I hope that you’re holding hands by new year’s eve, They made it far too easy to believe that true romance can’t be achieve these days.”
Non mi guardò, non fece alcuna strana espressione e non mandò avanti la canzone.
Grazie al cielo, la canzone successiva non era niente di imbarazzante, era di un artista francese e ce la godemmo senza intralci di sorta.
Conoscevo Miles e sapevo che si sarebbe annoiato dopo poco, quindi non mi sorprese che solo dopo qualche canzone, ci chiese di andare a fare un bagno.
Io mi sentivo il guastafeste di turno, ma mi piaceva troppo restarmene al sole come una lucertola e quindi declinai l’invito, sperando che non insistessero anche quel pomeriggio.


Miles
Ero contento che Alex non venisse con noi in acqua. Margaret sarebbe ripartita il giorno dopo e chissà quando l’avrei rivista e quella era la situazione perfetta per combinare qualcosa.
In acqua notai che Margaret era diventata un po’ più seria di prima e mi chiesi cosa fosse successo per farle cambiare umore così facilmente.
“Tutto bene?”
“Sì, perché?”
“Sembri strana rispetto a prima.”
“Ah, non ti preoccupare. Mi vado a cacciare in situazioni a cui non dovrei nemmeno avvicinar mici.”
“Tipo?”
“Tipo in acqua con te.” Rispose schizzandomi.
“Hai paura di me?” Chiesi avvicinandomi.
“Non ho paura di te.”
“E allora che c’è?”
“Sei il migliore amico di Alex e io ho paura di me.” Mi cacciai a ridere ripensando a come mi aveva risposto a Glasto solo qualche mese prima.
“Vuoi sapere una cosa divertente?”
“Dimmi tutto.”
“A Glasto ti ho riaccompagnato io in tenda, questo lo sai. Ma non sai che mi hai baciato e che quando mi sono allontanato tu hai pensato che l’avessi fatto perché ero amico di Alex.”
Si portò le mani alla faccia, coprendosi le labbra.
“Non è vero, non l’ho fatto.”
“Oh sì, invece.”
“E tu non hai approfittato della situazione?” Chiese sospettosa.
“Perché avrei dovuto approfittare di quella situazione? Non sono mica un disperato. Quello che voglio lo ottengo anche da persone sobrie e lucide.” Le risposi avvicinandomi sempre di più.
“Sembri piuttosto sicuro di te.” Rispose Margaret sostenendo il mio sguardo.
“Sbaglio ad esserlo?” In quel momento i nostri visi erano incredibilmente vicini.
“No, non sbagli, però magari con le persone lucide e sobrie ti devi impegnare un po’ di più per ottenere quello che vuoi.”
Mi aveva fregato. Appena pronunciò quelle parole, fece qualche passo indietro, si voltò e andò a farsi una nuotata.
La guardai allontanarsi, pregustandomi quello che le sue parole promettevano per la serata.

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Capitolo 28
*** Help ***


Margaret
Avevo deciso di fermarmi solo due notti, perché sapevo che avevano poco tempo per lavorare a quell’album e non mi andava di disturbarli, quindi la seconda sera rappresentava l’ultima serata con loro, sperduti in quell’angolo di mondo.
Restammo in hotel a cena, ma chiedemmo se c’era qualche locale in cui andare a bere qualcosa e uno dei camerieri ce ne consigliò uno e ci indicò anche come arrivarci.
A cena con noi c’era anche James Ford, il batterista e produttore del gruppo, e altre persone della troupe.
Io ero seduta vicino a capotavola vicino a Miles e Alex era a qualche posto di distanza, vicino a James e altri tecnici.
Immaginavo che sarebbe stata una cena piuttosto noiosa, perché erano tutti addetti ai lavori, mentre io ero una semplice conoscenza di Turner e Kane, ma mi sbagliavo enormemente.
James sembrava molto interessato a sapere da quanto conoscessi Alex e come avessi fatto a conoscerlo e ad alcune domande decisi di rispondere sinceramente.
“Alex mi ha detto che vi conoscete dai tempi del liceo!”
“Sì. La prima volta in cui abbiamo parlato l’ho insultato perché aveva aperto la porta di camera mia senza bussare e io in quel momento non ero di certo presentabile.” Risposi tranquillamente.
“Non è vero che non eri presentabile. Stavi semplicemente ascoltando un cd a volume altissimo e cantando saltando sul letto. Cosa c’è di male in fondo?” Intervenne Alex piuttosto rilassato.
“Bhè, dipende da cosa stavi ascoltando.” Chiese Miles.
“Non mi ricordo sinceramente.” Ammisi.
“Era Supersonic.” Rispose Alex istintivamente.
Io lo guardai negli occhi e lui mi rispose con uno sguardo colpevole. Come poteva ricordarsi un particolare così insignificante? Gli altri per fortuna non notarono questi taciti interrogativi.
“Bhè, almeno stavi ascoltando qualcosa di bello!” Disse Miles, distogliendo la mia attenzione dallo sguardo scuro e profondo di Turner.
Trascorsi il resto della cena a parlare con Miles e James Ford. Dopo quell’intervento di Alex sulla canzone che stavo ascoltando quando era entrato nella mia camera, Turner aggiunse solo qualche parola.
Dopo cena raggiungemmo il locale che ci aveva consigliato il cameriere dell’hotel.
Era un posto non molto grande con una veranda su un giardino. Avevamo beccato anche una serata giusta, perché c’era della musica e molti ragazzi ballavano.
Alex non sembrava dell’umore adatto a stare in mezzo alla gente e infatti prese subito da bere e si accomodò a un tavolo con James Ford e Miles.
Io non ero uscita per starmene seduta a parlare: avevo voglia di ballare e divertirmi e l’umore di Turner non mi avrebbe fermato.



Miles
Alex era più propenso a bere piuttosto che a ballare e la cosa non mi sorprese più di tanto, ma iniziai a non seguirlo più, quando notai che era di cattivo umore e che non rideva e scherzava con me e James. Controllava sempre il cellulare e ogni tanto digitava qualche sms.
Pensai che il suo atteggiamento fosse dovuto al fatto che gli mancasse Alexa, ma, per quanto gli volessi bene, non ero intenzionato a farmi rovinare la serata dai suoi problemi di cuore.
Prima di raggiungere Margaret a ballare, la osservai dal tavolo a cui eravamo seduti.
Ballava per i fatti suoi, non cercava gli sguardi o le attenzioni dei ragazzi, anche se ovviamente questi ultimi non erano immuni alla sua presenza. Qualcuno aveva anche l’ardire di avvicinarsi e di ballare con lei, ma tutto quello che riusciva ad ottenere era un sorriso da parte di Margaret, perché poi, quando lei si stufava, si allontanava per cercare un posto in cui starsene in pace. Ogni tanto avevo l’impressione che guardasse nella direzione del nostro tavolo e che ci sorridesse, o meglio che mi sorridesse, ma dopo quel pomeriggio in acqua non ero tanto stolto da poter essere convinto che quei sorrisi erano esclusivamente per me.
Passò un bel po’ prima che mi decisi ad andare a ballare e anche quando ci andai, cercai di tenere una certa distanza da Margaret. I nostri sguardi si cercavano, ma i nostri corpi non erano mai vicini: nessuno dei due aveva fretta o voleva mostrare più interesse dell’altro.



Alex
Stavo bevendo come una spugna. Avevo litigato con Alexa, perché non l’avevo chiamata dopo cena, mi stavo innervosendo per Margaret e Miles e scrivevo dei messaggi senza senso a Matt, insultandolo a caso.
James di fianco a me non sapeva bene come fare, perché io ero particolarmente apatico e continuavo a bere, mentre Miles e Margaret sembrava che si stessero divertendo molto.
Quando cercai di alzarmi per andare a fumare una sigaretta in pace lontano da tutti, quasi caddi e James mi afferrò per un braccio. Mi fece risedere e mi disse di non muovermi.
Raggiunse Miles e gli parlò nell’orecchio indicandomi.
Probabilmente gli disse che mi stava per riportare in hotel. Odiavo non avere il controllo del mio corpo, perché non mi volevo far vedere in quello stato da Miles, ne tanto meno da Margaret, però ormai il danno era fatto: mi stavano raggiungendo al tavolo per tornare in hotel tutti insieme.
Miles si preoccupò subito di informarsi delle mie condizioni di salute, ma risposi in modo monosillabico perché rischiavo di vomitare da un momento all’altro.
Margaret invece sembrava parecchio infastidita dal fatto di dover tornare in hotel.
Durante il viaggio di ritorno in macchina cercai di concentrarmi per non vomitare e non so come riuscii nel mio intento, con l’unica conseguenza che mi addormentai per qualche secondo.


Miles
Arrivati in hotel, aiutai Alex a scendere dalla macchina e lo accompagnai in camera, lasciando Margaret e James a chiacchierare.
Al non si reggeva in piedi da solo e aveva appoggiato tutto il peso su un mio fianco.
In camera lo portai in bagno e gli chiesi se avesse voglia di vomitare.
Ci mise qualche secondo a rispondere, ma alla fine fece segno di no con la testa. Lo riportai in camera e lo feci sedere sul letto. Gli tolsi le scarpe e lo aiutai a sbottonarsi la camicia, poi cercai in giro per la stanza una maglietta identificabile come pigiama. Mentre cercavo sotto i cuscini, sulle sedie, dentro la valigia, Alex pronunciò qualche frase.
“La odio.”
Immaginai parlasse di Alexa e del motivo per cui si fosse ridotto così quella sera. Non gli feci domande, tanto sapevo che se avesse voluto parlarmene, avrebbe continuato da solo. Le domande ad Alex Turner erano una lotteria: rispondeva sinceramente a una su dieci e bisognava essere bravi a capire quale fosse l’unica vera.
“Mi sta facendo impazzire. Lo fa apposta.”
Non riusciva a pronunciare frasi più lunghe di queste, ma anche da sobrio la situazione non era molto diversa.
Dopo qualche minuto trovai una canotta bianca che non gli avevo mai visto addosso in giro, quindi capii che si trattava del pigiama.
Lo aiutai a infilarla, gli slacciai i pantaloni, glieli sfilai e poi lo aiutai a mettersi a letto.
Si faceva fare tutto come una marionetta.
Sembrava un bambino piccolo: era tenero, faceva espressioni da bimbo arrabbiato.
“Hai bisogno di qualcos’altro?” Chiesi prima di uscire.
“Domattina niente studio.” Biascicò con gli occhi chiusi.
“Ok, buonanotte.”
Uscii dalla stanza pensando a quanto potere Alexa avesse acquisito su Alex in poco meno di un mese, ma il filo di queste considerazioni furono interrotte.
“Sta meglio?” Margaret era salita e mi stava aspettando sul piano.
“Adesso è a letto. Non ha vomitato, ma mi ha detto che domani abbiamo la mattinata libera.”
“Che femminuccia: non deve bere, se sa di non reggerlo. Rovina la serata agli altri in questo modo.”
“Non è per forza finita la serata, se noi non lo vogliamo.”

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Capitolo 29
*** Happenstance ***


Margaret


La frase di Miles mi sorprese, ma in realtà era piuttosto prevedibile come risposta.
Non aveva nascosto il fatto che mi avesse guardato tutta la sera ed era scocciato quanto me quando avevamo deciso di tornare in hotel con Alex, solo che era il suo migliore amico, quindi si sentiva in dovere di aiutarlo.
Lo guardai negli occhi con espressione seria per qualche secondo, per vedere se perdeva un po’ della sua sicurezza, e infatti, dopo poco, iniziò a fissare intensamente le sue scarpe.
“Cosa proponi?” Gli sorrisi.
“Bhè, puoi venire a bere qualcosa in camera mia.” Propose tornando a guardarmi.
“Possiamo andare a bere qualcosa in camera mia? Vorrei iniziare a preparare la valigia, mentre facciamo due chiacchiere.” Non si aspettava una risposta del genere, ma avevo i miei motivi: una visita di Al in camera di Miles era molto più probabile che una visita in camera mia e stavo prevenendo situazioni imbarazzanti, così usai la scusa della valigia.
“Come preferisci, darling.”
Appena entrammo, notò che camera mia era in perfetto ordine e mi guardò con aria interrogativa.
“Poi mi dirai perché hai preferito invitarmi in camera tua. Ora non sono certo di volerlo sapere.”
Gli sorrisi senza rispondere a questa affermazione.
“Nel minibar ci deve essere qualcosa come della birra e altre bevande analcoliche, le quali sono certa, tu preferisca.”
Miles intanto si era diretto verso il balcone e si stava accendendo una sigaretta.
Fece ogni gesto con estrema calma: estrasse il pacchetto di Marlboro Light dalla tasca interna della giacca, prese una sigaretta, la portò alla bocca e poi l’accese.
“Direi che per questa volta mi va bene la birra.”
La sua voce mi risvegliò dalla trance in cui ero caduta: avevo fissato le sue mani per vari secondi. Erano ipnotiche: grandi, affusolate, curate, pallide e indossava qualche anello.
Non feci alcun tipo di commento sulle sue mani, però quando lo raggiunsi sul balcone mi ritrovai a guardarle ancora, soprattutto quando si mise ad aprire la lattina di birra e a sorseggiarla in silenzio.
“Margaret?”
“Eh?”
“Tutto bene?”
“Eh, sì scusa. Stavo guardando le tue mani.”
“Sì, ho notato.”
“Sono molto belle.” Dissi spontaneamente.
“Ti ringrazio. Anche Alex ha fatto un commento piuttosto gay sulle mie mani una volta. Penso di averlo guardato male.” Rispose evidentemente imbarazzato.
“Povero: è piccolo e ingenuo. Non ce la si può prendere con lui” Risposi facendo capire che stavo evidentemente prendendo in giro Alex.
Rise ma non rispose a questa cosa. Probabilmente non aveva voglia di parlare del suo amico.
Non mi guardava e concentrava di nuovo l’attenzione sulle scarpe. Sembrava a disagio e a me veniva da ridere, perché non pensavo che un semplice commento del genere lo facesse reagire così.
Mi avvicinai e lui sussultò quasi, ma gli feci segno di passarmi semplicemente la sigaretta, che mi diede, stando molto attento a non incontrare il mio sguardo e a non toccare la mia mano.
Mi piazzai davanti a lui, a una distanza molto ravvicinata e aspettai che avesse il coraggio di guardarmi prima di iniziare a parlare.
“Kane, dov’è finita tutta la sicurezza di prima?!” Chiesi, appena sollevò un minimo lo sguardo.
“Sinceramente? Me lo sto chiedendo anche io.” Rispose titubante.
“Miles, sei serio?”
“Sì. Mi intimorisci, non so come. Mi sembra che i ruoli siano invertiti. Di solito sono io quello che mette a disagio le persone con commenti, osservazioni, risposte allusive o cose del genere. Tu mi spiazzi.” Riuscì a rispondere lui, non senza qualche pausa o interruzione durante il discorso.
“Sono il tuo alter ego femminile e questo ti mette in imbarazzo?” Chiesi, spegnendo la sigaretta nel posacenere che era appoggiato di fianco a lui sul muretto del balcone, e quindi accorciando ancora di più la distanza fra i nostri corpi e sfiorandogli il braccio con la mano.
“Sì, terribilmente.”
“Ah, bhè, se le cose stanno così e vuoi tornare al sicuro nella tua cameretta, accomodati pure.” Gli dissi mentre rientravo in camera.


Miles

Quella ragazza voleva farmi impazzire. Usava i miei stessi giochetti psicologici, però io non ne ero mai stato la vittima.
Restai a fissarla per qualche secondo dopo la sua simpatica frase: rientrò in camera, si sedette sul letto e si tolse le scarpe e poi si puntellò sui gomiti e si girò verso di me. Probabilmente si aspettava una mossa da parte mia.
“Oggi in acqua non eri così e nemmeno tutte le altre volte in cui ti ho incontrato. Faccio così tanta paura?”
“No, è che sei estremamente attraente, accattivante, diretta e allo stesso tempo misteriosa. Perché mi hai portato nella tua camera, invece che venire nella mia? Perché prima di accettare l’invito mi hai guardato per parecchi secondi prima di accettare? Mi confondi, non so cosa fare con te.”
“Ahahahahah, non mordo, sai! Alex ti ha detto qualcosa di me?” Mi chiese, mentre si alzava in piedi e si avvicinava di nuovo a me.
“No, non abbiamo parlato di te, ma ho come l’impressione che non sarà felice di sapere che mi trovo qui in questo momento.”
“Cosa te lo fa pensare?” Era diventata estremamente seria e si era fermata a un metro di distanza da me.
“Non lo so. Da quando sei qui è nervoso e spesso di cattivo umore.”
“Mi ha invitato lui qui. Non ho fatto nessuna sorpresa.”
“Vero, ma magari si aspettava qualcosa di diverso. Siete amici, ma non siete mai stati veramente insieme in questi giorni. C’ero sempre anche io.”
“Miles, nemmeno Turner sa cosa vuole. Lo conosco. Era nervoso per Alexa.”
“Se lo dici tu.” Risposi poco convinto.
Trascorse qualche secondo di silenzio, ma fu interrotto nuovamente da lei.
“Non ho ancora capito cosa ci fai ancora nella mia stanza se non hai nemmeno il coraggio di parlare tranquillamente con me, caro il mio Sig. Quello che voglio, lo ottengo anche da persone sobrie e lucide.” Disse facendo il segno delle virgolette sull’ultima parte della frase.
A quel punto ne avevo abbastanza dei suoi commenti acidi e dal suo sguardo avevo capito che era l’ultima provocazione che era disposta a lanciarmi; se non avessi agito in     quel momento, avrei dovuto rinunciare alla possibilità di passare la notte con lei.
Coprii la distanza che ci separava in un passo, le presi il viso fra le mani e la guardai negli occhi un secondo, prima di avvicinare le mie labbra alle sue.
Lasciò le braccia abbandonate e aspettò che il bacio diventasse più impegnativo, prima di cingermi i fianchi in un abbraccio.
“Adesso sono affari tuoi però.” Le dissi, staccandomi per un secondo dal bacio e lei mi sorrise maliziosa e mi rispose con un altro bacio.


Margaret
Spostò le sue mani lunghe e morbide dal mio viso e le portò sulla mia schiena, stringendomi a sé.
Baciava in modo impeccabile ed esperto ed io ero persa in queste considerazioni mentre infilavo le mani tra i suoi capelli.
Le sue labbra si spostarono verso il mio collo e i nostri respiri si fecero più irregolari, ma le sue mani non accennavano a volersi concentrare sulla zip del mio vestito, così intervenni io e gli sfilai la giacca.
Sorrise, evidentemente perché non si aspettava sul serio una ragazza così intraprendente e solo dopo che gli sfilai la camicia dai pantaloni e iniziai a slacciargliela, lui si staccò dal mio collo per aiutarmi. Sotto la camicia non indossava nulla e quando fu a petto nudo, ci allontanammo dalla finestra e ci avvicinammo al letto.
Mi concedetti qualche secondo per osservarlo: era magro e poco muscoloso, ma proporzionato nell’insieme.
Questa cosa lo mise in imbarazzo, così cercò di spostare l’attenzione di entrambi sulla zip del mio vestito. Mi fece girare di spalle e l’abbasso con estrema lentezza. Una volta aperto, fece scivolare il mio vestito semplicemente spostando le spalline.
Mi voltai verso di lui e presi a baciarlo lungo il collo, dedicandomi ogni tanto al suo orecchio, mentre lui si impegnava come poteva a disfarsi della cintura e dei pantaloni.
Quando mi accorsi che gli unici strati di stoffa a separare i nostri corpi appartenevano solo ed esclusivamente alla nostra biancheria, mi staccai da lui e mi stesi a letto.
Lui mi seguì tranquillamente: ogni traccia di imbarazzo aveva abbandonato il suo viso per lasciare posto a uno sguardo pieno di desiderio e di aspettative.

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Capitolo 30
*** Calm like you ***


Alex
Mi svegliai relativamente presto  con un  mal di testa allucinante e con la pancia dolorante e rimasi a letto una buona mezz’ora prima di decidermi a scendere e fare colazione.
Chiamai Alexa perché avevo bisogno di sentire la sua voce, perché avevo bisogno di sentire che c’era ancora qualcosa di bello e quasi normale nella mia vita in quel momento, perché avevo bisogno di ricordarmi perché stavo con lei e perché l’amavo, ma non rispose e quindi tutti i miei buoni propositi di non pensare al fatto che Margaret stesse dormendo a qualche camera di distanza dalla mia andarono a farsi friggere.
Sotto la doccia decisi che sarei andato a salutare Margaret dopo la colazione: volevo trascorrere qualche momento con lei in pace, senza apparire nervoso o infastidito, come invece probabilmente le ero sembrato per tutto il tempo che era rimasta con noi.
Quel giorno pioveva e finalmente potevo concedermi un tè caldo a colazione, senza sembrare un fissato: mi ero sempre chiesto perché la gente non potesse bere il tè anche d’estate, ma queste mie profondissime riflessioni furono interrotte. James Ford era sceso a fare colazione e siccome mi aveva visto solo al tavolo, mi aveva raggiunto.
“Posso?” Chiese gentilmente indicando la sedia vuota di fronte a me.
“Certo.” Risposi.
“Stai meglio?”
“Sì, mi dispiace per ieri sera, non so cosa mi sia preso.” Dovevo essergli sembrato uno squilibrato.
“Al, non ti preoccupare.”
Anche lui evidentemente non vedeva l’ora che arrivasse un po’ di fresco, perché ordinò un tè caldo sfregandosi le mani con soddisfazione.
Non mi fece domande sull’assenza di Miles e non mi chiese perché quella mattina non andavamo in studio, evidentemente aveva immaginato dalle mie condizioni della sera precedente.
Non parlammo per vari minuti, ma era una cosa del tutto normale: non conoscevo molte persone in grado di sostenere una conversazione normale la mattina.
Finimmo di bere il nostro tè tranquillamente e sempre in silenzio, ma quando stavo per alzarmi per raggiungere la camera di Margaret, mi fece una domanda.
“Alex, dove l’hai pescata una così?”
Mi colse alla sprovvista e non sapevo come rispondere.
“Perché?”
“Ti porterà solo guai.”
Volevo rispondere che non sapevo minimamente quello di cui stava parlando, ma l’aveva capito benissimo.
“Lo so bene.” Risposi e mi alzai per andare proprio da Margaret.
Presi le scale e stavo contando gli scalini dell’ultima rampa, quando sentii dei passi per il corridoio del piano delle nostre camere: vidi passare Miles, vestito esattamente come la sera precedente, camminare con le scarpe in mano nella direzione della sua camera. Il problema era la direzione da cui proveniva. Mi fermai immediatamente sperando che non mi vedesse e infatti passò dritto senza degnare le scale.
Mi invase un’improvvisa sensazione di caldo, ma le mie mani diventarono fredde e sudaticce: presi un respiro profondo e finii la rampa di scale.
Miles ci aveva messo qualche secondo a trovare la chiave magnetica della sua camera e quindi era ancora fuori dalla porta. Non mi sentii camminare perché la moquette del corridoio rendeva i miei passi più silenziosi.
“Buongiorno” Dissi senza degnarlo di uno sguardo, perché ero di spalle e stavo camminando verso la camera di Margaret.
“Buongiorno! Mi hai spaventato, non ti ho sentito arrivare.” Mi rispose. Di certo aveva l’espressione colpevole, ma non volevo accertarmene, così continuai a dargli le spalle.
Quando vide che mi ero fermato davanti alla camera di Margaret si preoccupò.
“Che fai?” Mi chiese avvicininandosi.
“Devo parlare un attimo con lei. Posso?” La mia voce risultava estremamente calma, ma la mia espressione tradiva il fatto che fossi estremamente nervoso.
“E’ successo qualcosa Al?” Mi chiese nel momento in cui stavo alzando il pugno per bussare alla sua porta.
Mi fermai un secondo, lo guardai dalla testa ai piedi e mi soffermai sulle scarpe che teneva in mano, poi bussai, senza dargli tempo di poter dar forma alle parole che stava per pronunciare.
“Sì?” Rispose Margaret.
“Sono Alex.”
Miles a quel punto si stava allontanando per andare in camera sua, ma lo fermai afferrandogli un braccio.
“Resta Miles, non andare via sul più bello.”
“Alex, ma cos-?” Miles non poté finire la frase, perché Margaret aprì la porta in quel momento.
“Buongiorno raggi di sole!” Disse sorridendo. Era ancora in vestaglia. Probabilmente doveva ancora farsi una doccia dopo la notte trascorsa con Miles e questo pensiero mi fece venire il vomito.
“Posso fare qualcosa per voi?” La disinvoltura con cui si rivolgeva a noi mi dava sui nervi.
“Possiamo entrare? Non mi va di parlare dal corridoio.” A queste mie parole la sua disinvoltura sembrò incrinarsi un attimo, perché non sapeva cosa aspettarsi. Non aveva degnato Miles di uno sguardo, forse perché non voleva vedere quello che avevo visto anche io.
Ci fece accomodare in camera, ma non c’era solo una sedia su cui sedersi: il letto era ancora disfatto e io non avevo la minima intenzione di sedermi sopra quel posto, così restammo tutti in piedi.
Aveva smesso di piovere e lei andò sul balcone a fumarsi una sigaretta, Miles si appoggiò al muro guardando il soffitto e aspettando che parlassi e io osservavo la stanza: il letto disfatto, una bottiglia di birra sul tavolino, la valigia pronta, il posacenere pieno di mozziconi di sigarette.
Fu lei a interrompere il silenzio.
“Perché ti sei portato dietro anche Miles?”
“L’ho incrociato in corridoio mentre venivo da te: avevo voglia di trascorrere un po’ di tempo con te, ma non mi sembrava carino non invitarlo, in fondo è un mio amico.” Marcai l’attenzione sull’ultima parole e lei si mise a ridere.
Miles era dietro di me e lo sentii muoversi, ma non disse una parola.
“Alex, cosa vuoi dimostrare? Lascialo andare via, lui non c’entra.” Rispose sempre sorridendo.     
Mi stava trattando come un bambino e la cosa mi faceva incazzare sempre di più.
“Margaret…” Dissi quasi sottovoce mentre mi portavo le dita di entrambe le mani alle tempie.
“Ragazzi, mi dite cosa sta succedendo?” Miles aveva preso coraggio e si era allontanato dal muro per avvicinarsi a me.
“Te lo dice Alex quello che sta succedendo, visto che è una cosa che ammorba solo lui.”
“MARGARET, SMETTILA!” Era la prima volta che mi capitava di urlare per la rabbia davanti a entrambi e forse pensavano che non mi avrebbero mai visto reagire così. Di solito riuscivo a mantenere la calma.
Miles si allontanò di un passo, ma Margaret non si scompose.
“Alex, smetti di fare l’isterica e di rompere le palle su una cosa su cui proprio non puoi esprimerti.”
“Non posso esprimermi? Ti invito qui per qualche giorno perché ho voglia di passare del tempo con te e tu vai a letto con il mio migliore amico? Un’altra volta?”
“Cosa dovrebbe impedirmelo? La stessa cosa che impedisce a te di avere una relazione con Alexa? Ah no, scusa. Tu puoi fare quello che ti pare.”
“Miles è il mio migliore amico. Perché lo hai fatto?”
Miles intanto se ne stava in silenzio ad ascoltarci litigare.
“Non l’ho fatto perché è il tuo migliore amico. L’ho fatto perché mi andava, perché mi piace, perché anche lui lo voleva. Il fatto che sia il tuo migliore amico, mi impedisce di poter pensare a una relazione con lui.”
Non mi aspettavo una frase del genere: le piaceva Miles sul serio. Non l’aveva fatto solo per ripicca o per torturarmi.
Miles a quel punto non poteva più fingere di essere diventato parte dell’arredo.
“Alex, io non ci sto capendo niente. Mi dici che cazzo sta succedendo?”
“Miles, se fosse stata una cosa importante e seria, tu l’avresti già saputa. Evidentemente questa mattina si è semplicemente svegliato con la luna storta. Alex, se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con me, non fartela con Miles, te l’ho già detto. Io mi faccio una doccia e poi parto. Quando esco dal bagno non voglio trovare nessuno dei due in questa camera.”
Pronunciò questa frase guardandomi negli occhi e questa cosa mi disorientò, ma non avevo avuto il tempo di ribattere, perché lei era già sparita nel bagno.
 

“…And if he was calm like you
Locked up inside of your loops
Then he'd know for well
That all he had to say was
All he had to say was goodbye…”

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Capitolo 31
*** The time has come again ***


Alex
Uscii dalla sua camera senza preoccuparmi di dire qualcosa a Miles.
“Alex, fermati, dobbiamo parlare, dove vai?”
“A fare un giro. Non mi cercare.” Risposi proseguendo verso le scale.
Lo lasciai in mezzo la corridoio in modo patetico, ma sapevo che se fossi rimasto qualche minuto solo con lui, avrei finito col prenderlo a pugni e non dovevo farlo, perché sapevo che non aveva colpe.
Pioveva e vagai qualche minuto senza ombrello prima di decidere a entrare in un bar in paese. Non c’era molta gente e mi sedetti a un tavolo appartato. Dopo qualche minuto mi raggiunse la cameriera, una ragazza giovane, carina e sorridente, ma a cui prestai pochissima attenzione. Ordinai un tè, senza traccia di cortesia, gentilezza o educazione, ma non avevo tempo di occuparmi anche di lei.
Guardavo la pioggia cadere fuori dalla finestra e mi ripetevo di stare calmo e di non reagire in modo eccessivo, ma nella mia mente tornavano immagini di loro due insieme. Al fiume, a cena, in discoteca: erano complici e non avevo potere su di loro.
La cosa che mi infastidiva maggiormente era il fatto che avessi invitato io Margaret a trascorrere qualche giornata con noi e mi ero fottuto da solo. L’altro problema stava nel fatto che se avessi deciso di spiegare a Miles quello che sentivo, lui non si sarebbe mai permesso di provarci con lei, ma avevo confidato nella buona fede di Margaret.
Il suono del cellulare mi spaventò: pensavo di leggere il nome di Miles, invece era Matt. Interruppi la telefonata e tornai a concentrarmi sulla pioggia.
La cameriera tornò con la teiera fumante, delle bustine di tè, lo zucchero e appoggiò tutto sul mio tavolo; aveva perso ogni traccia di professionalità, ma mancava il limone, così cercai di chiederglielo in modo più gentile, semplicemente perché avevo paura che tornasse per spruzzarmelo nell’occhio.
Ero ancora intento a cercare di farle capire cosa mancava, quando il mio telefono si illuminò di nuovo. Era ancora Matt.
Interruppi la telefonata ancora una volta tornai a concentrarmi sulla cameriera. Dopo cinque minuti buoni comprese quello di cui stavamo parlando.
Quando se ne andò il telefono riprese a vibrare, ma erano messaggi.
“Alex, rispondi al telefono.”
“O chiamami appena puoi.”
“Sono serio. Se non ti fai sentire entro i prossimi cinque minuti, giuro che la prima volta che ti vedo ti spacco la faccia.”
Sorrisi leggendo l’ultimo messaggio: non ero certissimo che stesse esagerando, così lo chiamai.
“Alexander!”
“Ciao tesoro! Avevi bisogno?”
“Brutta testa di cazzo! Mi dici perché quando ho chiamato Margaret mezz’ora fa lei stava guidando per tornare a casa e aveva la voce rotta dal pianto? Mi spieghi perché Miles non ha la più pallida idea di dove tu sia finito?”
“Matt, stai calmo, non ti agitare. Il soggiorno di Margaret è terminato e io avevo voglia di bere un tè in pace, non si può?” Mantenevo un tono tranquillo, ma era una cosa del tutto apparente, ero nervoso e incazzato, ma non potevo urlare.
“Turner, pensi che non abbia capito cosa è successo? Smetti di avere quel tono rilassato, perché giuro, mi da sui nervi.”
“Allora se lo sai, perché hai chiamato?” Sparì dalla mia voce qualsiasi traccia di serenità e smisi di fingere.
“Alex, mi dici precisamente cosa è successo?”
“Avevi ragione. Sono andati a letto insieme. Stamattina ho visto tornare Miles in camera sua dopo aver trascorso la notte con Margaret. Mi sono incazzato, sono andato da Margaret, abbiamo discusso e lei mi trattava come un bambino e io mi sono innervosito e poi basta. Tutto qui.”
“E perché lei stava piangendo allora?” Matt si preoccupava per lei anche quando era evidente che avessi ragione io.
“Non lo so e non mi interessa.”
“Miles invece?”
“A Miles spiegherò tutto più tardi. Adesso lo prenderei a sberle e basta. Non è colpa sua.”
“Alex, che ti sta succedendo? Sei troppo rilassato.”
“Semplicemente perché non sto urlando al telefono? Comunicazione dell’ultima ora: tutta questa situazione si creata per lo più per causa mia: IO ho invitato Margaret, IO non ho parlato con Miles, IO non sono mai riuscito a far capire a Margaret quello che sento, IO sono fidanzato con Alexa. Io sparirò dalla vita di quella ragazza.”
“Alex…non fare lo stronzo. Stava piangendo prima QUELLA ragazza.”
“Non ne capisco il motivo.”
“Vi siete salutati prima che lei partisse?”
“No. Me ne sono andato via dall’hotel.”
“Speri di poter scappare così da lei? Bel tentativo, ma non ce la farai mai. Potrai anche sparire dalla sua vita, ma lei non te la toglie nessuno dalla testa.”
“Vaffanculo, Matt, gentilissimo. Hai finito di rompere i coglioni anche tu ora?”
“Alex, quando avrai realizzato com’è la situazione, quello che è successo e quello che succederà, chiamami, però adesso scrivi almeno un messaggio a Miles.”
Chiuse la telefonata e io rimasi a fissare il cellulare.


-Without permission his face became wet
He thought he’d learnt how to not get upset-



Composi il numero di Matt dopo pochi istanti.
“Al?”
“Matt? E’ successo un casino.”

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Capitolo 32
*** Catapult ***



Alex
Dopo l’intensa telefonata con Matt mi avviai verso l’hotel e mentre camminavo mi ripetevo come un mantra le parole di Matt:” Non è colpa di Miles, non prendertela con lui.”
Sapevo che aveva ragione, ma una piccola parte di me voleva prendere a botte il mio migliore amico.
Arrivato in hotel, trovai Miles seduto su una poltroncina della hall. Si guardava le mani e giocava nervosamente con i suoi anelli.
“Miles?” Lo chiamai.
Appena sentì la mia voce, sussultò. Mi raggiunse sulla porta.
“Alex, io…”
I suoi occhi erano più tristi e grandi del solito, cosa che pensavo fosse impossibile.
“Miles, io ti devo delle spiegazioni.”
“Ok, Alex, ma mi hai fatto preoccupare. Io non ti ho mai visto così e mi sento in colpa, anche se non so nemmeno il perché.”
“Lo so.” Mi avviai verso le poltroncine e mi seguì. Ci accomodammo uno di fronte all’altro.
Lui rimase in silenzio perché aspettava che io iniziassi a parlare, anche se non sapevo da dove iniziare.
“Miles, non è semplice spiegare perché io abbia reagito così questa mattina, perché in realtà io non avrei diritto di dire niente su quello che è successo.” Iniziai.
“Sì, però hai urlato contro di lei e poi sei sparito per qualche ora e non rispondevi al cellulare.”
“Perché lei riesce a tirare fuori il peggio di me.”
“Ma lei chi è in realtà per te?”
“Lei ora non è niente per me. Ti posso dire cos’era fino a qualche ora fa. Era una situazione irrisolta, di quelle che ti perseguitano fino a quando non si concludono in un modo o nell’altro. Era una pensiero ricorrente. Era la protagonista dei miei testi. La sua presenza mi fa sentire colpevole, i ricordi dei momenti con lei mi fanno sentire impotente. L’idea di vederla mi faceva innervosire e mi mandava su di giri. L’idea di parlare con lei mi spaventava perché non so mai cosa aspettarmi…”
“Alex, stai facendo confusione con i tempi verbali. Non si capisce se tu stia parlando solo del passato o anche del presente.”
“Mi spiace, probabilmente mi servirà qualche tempo per abituarmi al fatto che non la voglio mai più sentire o vedere. Non è mai stato così.”
“Ma siete stati insieme?”
“No.”
“Ma sei geloso di lei.”
“Lo ero, sì.”
“Ma lei sa di essere per te quello che mi hai appena detto?”
Questa domanda mi colpì. Non le avevo mai parlato di quello che provavo per lei; avevo provato a farglielo capire varie volte, ma con lei le cose non potevano mai essere troppo facili.
“No, perché non avevo il diritto di pensare queste cose, né potevo essere così egoista e parlarne con lei… o tantomeno con te.”
“Sì, ma questa situazione del cazzo non si sarebbe creata.”
“Lo so, infatti la cosa più snervante è che è anche colpa mia tutta questa cosa, ma il problema è che speravo che lei non arrivasse ad andare a letto con il mio migliore amico.”
“A proposito, prima hai detto qualcosa riferito al fatto che fosse già successo.”
“Sì…lei e Matt sono stati insieme in un certo senso, ma questo prima che Matt scoprisse che mi piaceva.”
“Notevole.” Rispose Miles.
“Già.”
“Comunque mi dispiace, Alex. Sul serio. Se avessi immaginato, anche solo un minimo, tutto ciò non sarebbe successo.”
“Miles, non ti preoccupare. Ti chiedo solo una cosa: non voglio più parlare di lei e di tutto quello che è successo. Fingi che non sia successo niente e non preoccuparti per me. Pensi di poterci riuscire?”
“Io sì, tu?”
“Io non lo so, ma posso sempre fingere di riuscirci.”


-Due settimane dopo-

Miles
Le demo delle canzoni erano praticamente finite e una delle ultime sere io e Alex decidemmo di ascoltarle di fila.
Durante l’ascolto non ci scambiammo una parola.
Eravamo in studio da soli, oltre l’orario di lavoro previsto. Avevamo lavorato intensamente in quelle settimane e volevamo un momento di pace per goderci il nostro lavoro.
Finita la tracklist dell’album, mi alzai per cercare le demo delle b sides, ma la voce di Alex mi interruppe.
“Sono patetico.”
Mi voltai verso di lui aspettandomi una qualche spiegazione.
“Il suo nome è scritto dentro ogni canzone. Chi voglio prendere in giro?”
Finalmente mi fu chiaro di cosa stava parlando.
“Alex, non lo fai di proposito. Ti succede e basta.”
“Sì, ma non vorrei che mi succedesse. Sono stufo.”
“Alex, con il tempo sarà più semplice. Sono passate solo due settimane.”
“Già.” Rispose freddamente e bevve un sorso di vino.
Non sapevo cosa dire, come esprimermi, perché non aveva mai tirato fuori il discorso dalla mattina in cui Margaret era andata via.
“Bhè, almeno è venuto fuori un gran bel lavoro.” La frase sembrava più intelligente quando l’avevo pensata.
“Già.”
Detestavo le sue risposte che bloccavano i discorsi e che facevano calare un silenzio imbarazzante, soprattutto perché non mi ero mai trovato in quella situazione con lui. Vedevo sempre gli altri annaspare in quella situazione, io ero sempre stato un privilegiato, ma quella volta no: ero uno dei tanti.
“Miles, alle b sides pensiamo domani mattina. Andiamo a bere qualcosa.”
“Ok.” Ringraziai il cielo perché aveva rinunciato a farmi sentire fuori posto.
“Miles…”
“Sì?”
“Adesso mi passa, giuro. Non ho intenzione di essere una ragazza con la sindrome pre mestruale per tutta la sera.” Aveva capito che mi stava mettendo in una brutta situazione.





Margaret
Avevo il cellulare in mano da più di cinque minuti. Fissavo lo schermo, indecisa: non sapevo se chiamarlo oppure continuare a sperare che mi chiamasse lui eventualmente.
Quando iniziò a squillare nelle mie mani, mi spaventai parecchio, ma tirai un sospiro di sollievo.
“Matt!”
“Ciao tesoro! Come stai?”
“Bene, tu?”
“Tutto bene. La settimana prossima per fortuna ripartiamo per il tour, mi stavo annoiando in vacanza!”
“Ma come? Dove sei stato?”
“Sono a Sheffield dai miei. Tu dove sei?”
“Io sono a casa a studiare.”
“Quale gioia!”
“In realtà mi va anche bene. Almeno non penso ad altro.” Risposi malinconica.
“Giusto. A proposito di quell’altro: vi siete sentiti?”
“No. Pensavo di chiamarlo in questi giorni, ma non ho ancora trovato il coraggio di farlo.”
“Magari aspetta che torni in tour con noi. Probabilmente una tua telefonata creerebbe dell’imbarazzo tra lui e Miles.”
“Hanno chiarito, vero?”
“Sì. Ho fatto ragionare Turner. Non te la prendere se gli ho fatto notare che Miles c’entra ben poco in quello che è successo.”
“Non me la prendo, Matt. Non sono la persona più carina del mondo, ma non sono cretina. Alex non deve incazzarsi con Miles.”
“Non te la prendi nemmeno se ti dico che mi hai fatto vincere una scommessa?”
“Non ti seguo…”
“Qualche giorno prima che tu andassi a trovare i Puppets io e Alex avevamo scommesso: io ho puntato su te e Miles a letto insieme  e lui sul fatto che non sarebbe mai potuto succedere…”
“TU, brutta testa di cazzo, sei una merda…”
“Calmati, calmati: io e Alex non ne abbiamo più parlato e abbiamo finto di non aver scommesso, perché ci siamo accorti dopo che la cosa era più seria di quanto apparisse.”
“Sei una merda comunque.”
“E tu sei prevedibile.”
“Ho voglia di vederti!” Dissi tornando seria.
“Sei fortunata, siamo in tour tra poco.”
“Non vengo a un vostro concerto. Trova il modo di passare a trovarmi, non mi posso spostare sempre io.”
“Devo chiedere all’isterica quando ha intenzione di iniziare il tour con la sua ragazza…”
Scoppiai a ridere di cuore, come non facevo da parecchi giorni ormai.
“Jill mi sta chiamando perché vuole che l’aiuti a preparare la cena.”
“Che cocco di mamma che sei!”
“Ne vado fiero!”
“Ciao Matt. Salutami Jill.”
“Certo tesoro.”
Dopo la telefonata con Matt avevo ancora più voglia di sentire Turner, anche se sapevo che non dovevo fare niente.
Riuscii a resistere qualche ora, ma poi mi abbandonai a pensare a qualcosa di profondo da scrivergli, ma dopo parecchio tempo ero ancora in altro mare.



Alex
Ero probabilmente al terzo o al quarto margaritas quando il mio cellulare vibrò nella tasca dei pantaloni. Era un messaggio. Immaginavo fosse la buonanotte di Alexa, ma mi sbagliavo di grosso.
“Mi dispiace che tu abbia perso la scommessa.”
Non riuscivo a credere ai miei occhi: dopo tutto quello che era successo aveva avuto il coraggio di scrivermi una cosa del genere.
La mia faccia doveva aver assunto un’espressione molto particolare, perché Miles si preoccupò per me.
“Tutto bene Al?”
“Sì.” Risposi seccamente, poi scaraventai il cellulare sul pavimento del locale in cui ero andato principalmente per trascorrere una serata tranquilla e per evitare di ammorbarmi per lei.
Si frantumò e la gente intorno a noi iniziò a guardarci in modo strano.
“Al?”
“Sto bene Miles. Avevo solo bisogno di farlo. Meglio rompere un cellulare che spaccare la faccia di Helders alla prima occasione disponibile, no?” Ero ubriaco, stanco, nervoso e probabilmente agli occhi di Miles sembravo pazzo, perché parlavo con calma.
“Se lo dici tu!”


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Capitolo 33
*** Manchester 2007 ***


Margaret
Ero molto fiera del mio messaggio  e quando Matt qualche giorno più tardi mi chiamò per insultarmi amichevolmente, la mia soddisfazione crebbe ancora di più.
Probabilmente questa cosa era legata al fatto che per un po’, prima di sapere della scommessa, mi fossi sentita in colpa per Alex: come se lui fosse stato la vittima di chissà quale angheria e io fossi diventata la cattiva in tutta questa situazione.
La mia soddisfazione puntualmente venne abbattuta pochi mesi dopo, pochi giorni prima di Natale, quando mi arrivò a casa un pacco.
Era stato spedito da Londra e conteneva un disco.
Non c’era copertina, ma un foglietto messo al posto del booklet con dodici titoli scritti a penna da una grafia elegante.
 C’era un biglietto allegato e recitava così:


“Se Al venisse a sapere di questa cosa mi ucciderebbe con le sue mani.
Confido nel fatto che tu non mi voglia morto.
Ti ho inviato questo per farti capire quello che lui non è riuscito a farti capire in diversi anni di conoscenza: non ti sei ancora accorta della reale portata delle tue azioni e questo mi è stato evidente quando gli hai scritto quel messaggio sulla scommessa.
In ogni caso io non sono nessuno per giudicare le tue azioni o le sue reazioni, anche se mi capita spesso di pensare che siate due bambini piccoli e ridicoli.
Non ti insulterò dicendoti che questo disco non lo devi far sentire a nessuno, non ancora almeno.
L’anteprima è solo per te e forse quando avrai finito di ascoltarlo, capirai perché ti ho dato questa possibilità.
P.s. Affinché questo misero biglietto ti sia più chiaro, ci tengo a precisare che nel nostro gruppo non ci sono ruoli definiti: lavoriamo insieme, ma sappiamo entrambi che Alex è migliore con le parole e io con le melodie.
Spero di poterti rivedere presto in un clima migliore di quello dell’ultima volta,
Miles.”



Ero a casa da sola quando mi arrivò il pacco con il disco ed era mattina.
Il primo istinto fu quello di rompere il disco e considerai questa idea per vari minuti prima di abbandonarla del tutto.
La lettera di Miles mi aveva indisposto parecchio: sembrava scritta per una bambina di quattro anni.
Matt di certo l’aveva sentito e poteva aiutarmi a capire perché Miles mi avesse fatto quello scherzetto.
Provai a chiamarlo, ma non rispose al cellulare, qualche minuto dopo mi arrivò un messaggio.
“Non posso rispondere. Avevi bisogno?”
“Ho bisogno che tu risponda al cellulare.”
“Sono in pullman con gli altri, non posso parlare al telefono.”
“Da quando hai paura di Alex?”
“Non ho paura di Al, non voglio farlo innervosire di proposito come fai tu.”
“Helders, chiamami. Non me ne frega un cazzo di Turner. Se c’è Kane, mandali in bagno a limonare.”
Dopo questo simpatico messaggio Matt capì che doveva chiamarmi.
“Pronto Helders, che piacere sentire la tua voce.”
“Ciao. Cosa vuoi?” Non pronunciò il mio nome.
“La tengo corta, non ti preoccupare. Kane mi ha semplicemente mandato il disco dei Puppets.”
“Gentile da parte sua.”
“Tu lo hai sentito?”
“Sì. E’ molto bello.”
“Lo posso ascoltare?”
“Decidi tu! E’ mia mamma Al!” Disse non rivolto a me.
“Ti ha appena chiesto con chi fossi al telefono?”
“Sì.” Erano risposte secche. Era infastidito.
“Salutamelo.”
“Jill vi saluta tutti, soprattutto Miles.”
“Sei un idiota.”
“Lo so.”
“Smetti di rispondermi così, Matt, non so che fare.”
“Mi dispiace. Non so come aiutarti.”
“Matt, sei incazzato? Non rispondermi con un sì o con un no.”
“Probabile.”
“Perché? Cosa ho fatto?”
“Non voglio c’entrare nelle questione tra te e papà. Non mi mettere più in mezzo.”
“Matt, ma sei il mio migliore amico! Non so con chi parlare di questa cosa.”
“Sono anche suo figlio e poi devi parlarne con lui di questa cosa.”
“Me lo passi allora?”
“No, Maehm, mamma!”
“Stai attento Helders o ti farai beccare da Alex!” Scoppiai a ridere.
“Hai ragione.” Continuava ad essere troppo serio e impostato.
“Che faccio?”
“Tu che vorresti fare?”
“All’inizio volevo spezzarlo, adesso ho voglia di ascoltarlo.”
“E allora fallo, a tuo rischi e pericolo.”
“Mi sentirò in colpa per quello che è successo con Miles?”
“Se tu avessi avuto un cuore, questo sarebbe già successo, non ti preoccupare.”
“Matt!”
“Che c’è?!”
“Stai dando ragione a lui?”
“Diciamo che ho affrontato discussioni con lui e ho visto cose che tu non hai avuto il piacere di goderti.”
“Devo ascoltarlo.”
“Sì, ma poi non reagire d’istinto. Io ti ho avvisato. Se noto strani cambiamenti d’umore, so con chi prendermela.”
“Ok.”
“Siamo arrivati. Comunque sto bene eh, nel caso in cui te lo chiedessi.”
Mi fece sentire abbastanza in colpa, non gli avevo nemmeno chiesto come stesse o se avesse qualcosa da raccontarmi.
“Matt…”
“E’ lo stesso, non ti preoccupare. Hai altre preoccupazioni per la testa.”
“Mi dispiace, sul serio. Giuro che la prossima volta che ci sentiremo sarà per parlare di altro e non per discutere del tuo amichetto.”
“Dubito che succederà così, considerato quello che stai per fare. Ti chiamo domani.”
“Ti voglio bene.”
“Lo so. Un bacio, saluta gli altri.”
La conversazione terminò così.
Presi coraggio e infilai il disco nello stereo.
Quella stessa mattina riascoltai il cd almeno tre volte.
Era meraviglioso: le loro voci insieme erano armoniose e perfette, le melodie erano senza tempo, i testi poetici e romantici.
Non potevo negare che il tema ricorrente fosse la nostalgia per qualcosa di perso, o mai avuto, ma  non volevo ammetterlo a me stessa.
Il giorno successivo scrissi un sms a Matt per avere il numero di Miles.
Helders mi rispose senza fare domande. Ormai aveva perso ogni speranza.
“Pronto?” Rispose Miles dopo qualche squillo.
“Ciao Miles, sono Margaret.”
“Ah.”
“Sei vicino ad Alex?”
“Già.”
“Allontanati.”
“Ora?”
“Vuoi davvero parlare di quello che hai fatto davanti a lui?”
“Tu cosa dici?“
“Io dico che un giorno lo verrà a sapere comunque.” Gli risposi.
Lo sentii dire qualcosa rivolto a qualcun altro, ma non capii assolutamente niente.
“Ok, ci sono.”
“Bene. Perché mi hai inviato una copia di quella roba?”
“Per farti sentire quanto tu sia ancora nella sua testa.”
“A me non interessa.”
“E allora smetti di torturarlo con i tuoi giochetti.”
“Dopo quello che ho sentito non posso proprio smettere.”
“Margaret, non fare la stronza.”
“Cosa ti ha detto di me dopo che me ne sono andata?”
“Perché dovrei parlartene?”
“Per convincermi a non infastidirlo ancora.”
“Ascolta, io non sono Matt. Io non sono un tuo amico. Io sono un suo amico. Non sarò un tuo complice e anzi, dovrei odiarti per la posizione in cui mi hai messo in Francia.”
Mi aveva zittita.
“Ci sei ancora?”
“Sì. Scusa. Hai ragione, però non capisco una cosa.”
“Dimmi tutto.”
“Cosa dovrei fare adesso che ho sentito le canzoni?”
“Riflettere su quello che hai fatto e…”
“Su quello che abbiamo fatto, Miles.”
“Io non sapevo tutto.” Precisò subito.
“Continua a ripetertelo.”
“Io comunque ho già chiesto scusa per quello che è successo.”
Abbandonai il tono di sfida, perché mi dispiaceva sul serio per Miles.
“Avete chiarito almeno?”
“Sì, ne abbiamo parlato ed è tutto a posto ora.”
“Sono contenta per voi.”
“Margaret, potreste chiarire anche voi in realtà.”
“Miles, penso che lui non abbia voglia di parlarmi o di vedermi.”
“Lui mi ha detto che non voleva più avere niente a che fare con te, ma non può sfuggire alla vostra situazione e in fase di composizione dell’album ce ne siamo accorti tutti.”
“Sì, ma chi ti dice che io voglia parlarci?”
“Il fatto che tu gli abbia scritto quel messaggio. Il fatto che tu abbia ascoltato l’album. Il fatto che tu mi stia chiedendo cosa devi fare ora.”
“Ma…”
“Devo andare, Alex mi sta raggiungendo. Rifletti.”
“Ciao Miles.”
“Ciao.”



Alex
Evidentemente Miles e Matt pensavano che fossi cretino.
Ce l’avevano scritto in faccia che stavano sentendo Margaret in quei giorni.
Miles era fuori dal negozio di dischi di Manchester in cui eravamo entrati per cercare qualcosa di interessante.
“Hei, cosa ti trattiene di così tanto importante fuori da questo negozio?”
“Ah, niente di particolare. Era mia zia. Hai trovato qualcosa?”
Non riusciva nemmeno a mentire decentemente. Si guardava le scarpe.
Iniziai a fare il suo gioco.
“Ho trovato il singolo di Supersonic e stavo per comprarlo per regalarlo a Margaret, ma poi mi è venuto in mente che non le parlerò mai più.”
Sollevò immediatamente la testa con uno scatto.
“Non è che potresti darglielo tu se la vedi?”
“Al…”
“Dimmi Miles.”
“Al telefono non era mia zia.”
“Immaginavo. Cosa voleva?”
“Al…ti devo dire una cosa.”
Era terrorizzato.
“Mi potrei arrabbiare?” Chiesi allarmato.
“Sì.”
“Allora non dirmela. Ieri è finito il tour, sono stanco morto. Ho voglia di riposarmi, perché tra un po’ devo iniziare tutto daccapo con te.”
“Ma… questa volta potrebbe essere colpa mia.”
“Santo Cielo, Miles! Io voglio sapere perché tra te ed Helders io non mi possa più fidare di nessuno. Quello le racconta i fatti miei, tu…tu non voglio sapere cosa hai fatto. Come fa a convincervi? Vi ipnotizza?”
“Alex… sei vittima della stessa trappola eh.”
“Non quanto voi due! Io ci litigo, voi pendete dalle sue labbra!”
“Tu scrivi interi cd su di lei.”
In quel momento la consapevolezza di quello che avrebbe potuto aver fatto Miles mi colpì.
“Miles, voglio sapere ora quello che hai fatto.”
“Rischio un pugno in faccia?”
“Miles, parla.”
“Ho inviato una copia del disco dei Puppets a Margaret.”
“Lo avrebbe sentito comunque prima o poi. Mi interessa sapere perché le hai concesso l’anteprima.”
“Perché doveva sapere cosa aveva fatto.”
Qualche secondo di silenzio.
“Miles, io come faccio a liberarmi di lei se tu ed Helders congiurate contro di me?”
“Se ti può consolare io non ho parlato con Matt.”
“No, certo, non c’è bisogno che parliate. C’è chi mantiene i contatti in modo eccellente con voi  due e che vi fa fare quello che vuole.”
Iniziai a camminare per continuare il giro per il centro di Manchester.
“Che fai? Vuoi restare là a fare la bella statuina?” Dissi a Miles, dopo essermi accorto che non mi seguiva.
Pensava che avrei reagito male; che mi sarei incazzato; che avrei urlato, ma la verità era che avevo imparato a convivere con l’idea che Margaret fosse stata mandata sulla terra con il solo scopo di ricordarmi che l’uomo era destinato a una condizione di insoddisfazione perenne.
Non volevo vederla, né tantomeno parlarci, ma ero consapevole del fatto che lei non fosse sparita.
Continuava a vivere la sua vita e continuava a sentire chi le pareva; doveva solo evitare di aver contatti diretti con me.
Non eravamo più ragazzini e le nostre azioni avevano conseguenze peggiori di un cocktail rovesciato in testa in discoteca.

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Capitolo 34
*** Up In The Sky ***


Parigi, 26 Agosto 2008
Margaret
Ero in fila da sola: ero circondata da ragazzine adoranti e da fan adulti.
Quel pomeriggio fu uno dei più lunghi della mia vita; sentii ogni sorta di commento su Alex e Miles. Mi veniva da ridere. Parlavano di loro come se fossero esseri semidivini.
A un certo punto il gruppo di ragazze davanti a me iniziò a parlare anche di Alexa e di Agyness.
Ero sola e avrei dovuto aspettare anche qualche ora in fila, così decisi di unirmi alla conversazione delle ragazzine davanti a me.
“In Inghilterra gira voce che abbiano una relazione fra loro. Alexa e Agyness sono solo ragazze di copertura.” Dissi sporgendomi verso di loro.
Queste mi guardarono con delle espressioni fantastiche.
“No, dai, sono amici, li hai visti?” Rispose quella che aveva la faccia più simpatica.
“Non solo li ho visti, conosco anche la fonte della notizia e c’è da fidarsi!” Non avevo più pudore. Mi stavo annoiando mortalmente, così continuai a socializzare con loro.
“E chi sarebbe la fonte? Se parli dell’NME…” Proseguì la stessa ragazza. Le altre ci osservavano.
“Oh, nono, non mi riferisco all’NME. Sapete chi è Matt Helders?” Chiesi abbassando la voce.
Questa domanda provocò una serie di urletti e di versi non meglio identificabili da parte di tutto il gruppetto.
“Tu lo conosci?”
“Già.” Risposi con sicurezza.
“Non ci credo.”
“No, è impossibile.”
“Ma, dai, smetti di prenderci in giro!”
Furono le frasi che mi tornarono indietro. Per tutta risposta presi il telefono dalla tasca-
“Ora lo chiamo. Qualcuna di voi parla inglese decentemente?” Chiesi, sapendo che in Francia cercare qualcuno che parlasse l’inglese era come cercare un pelo sul petto di Turner.
“Io me la cavo un po’” Disse una ragazza del gruppetto. Non aveva mai parlato prima e aveva trovato il coraggio di farlo solo nella speranza di sentire la voce di Matt al telefono.
“Perfetto. Ora lo chiamo e lo metto in vivavoce. Fate poco casino e cercate di non attirare l’attenzione.”
Le facce delle ragazze erano impagabili.
Dopo qualche squillo, Matt rispose.
“Ciao tesoro!” Fu la prima cosa che disse.
“Ciao ciccio. Senti, devo chiederti un favore.”
“Dimmi tutto.”
Le ragazze erano in religioso silenzio.
“Sono in fila per il concerto e ci sono delle ragazze che non credono che io ti conosca. Puoi dire come ti chiami e cosa fai nella vita?”
“Margaret?”
“Dopo ti spiego, tu fallo.”
“Ciao a tutte…sono Matt Helders e sono il batterista degli Arctic Monkeys.”
Questa frase provocò altri urletti e altri suoni non meglio identificabili.
“Grazie.”
“Contenta? Mi hai chiamato solo per questo?”
“No, in realtà ho bisogno che tu riveli anche il tipo di rapporto che c’è tra Alex e Miles.”
“Margaret? Sei ubriaca?”
“Ahahahah, no, è che non credono che stiano insieme!”
“Ahahaahaha. Alex mi ucciderà.”
“Alex non lo saprà mai. Avanti.”
“Confermo che Alex e Miles stanno insieme.”
La ragazza che mi aveva detto di sapere l’inglese non credeva alle sue orecchie.
“Grazie.”
Tolsi il vivavoce e lasciai quelle povere ragazze a speculare su quello che avevano appena sentito.
“Sei perfida.” Fu la prima cosa che mi disse
“No, è che mi stavo annoiando, quindi dovevo ammazzare un po’ di tempo.”
“Ripetimi un attimo dove sei.” Come se non l’avesse sentito la prima volta che gliel’avevo detto.
“Sono in fila.”
“Loro lo sanno?”
“No.”
“Ti farai vedere dopo?”
“No.”
“Non mi stai dicendo tutto.”
“No.”
“Margaret?”
“Che c’è?”
“Che intenzioni hai?”
“Non te lo dico, altrimenti mi convinci a non farlo.”
“Margaret! Mi devo preoccupare?”
“Non lo so, però ho bisogno di un favore.”
“Strano.”
“Mi dai il numero di James Ford?”
“Non pensavo ti piacessero attempati.”
“Idiota. Devo chiedergli una cosa.”
“Te lo do, solo se mi dici cos’hai in mente.”
“Devo far arrivare una cosa ad Alex, ma non mi va di vederlo o di parlare con Miles.”
“Cosa devi far arrivare ad Alex?”
“Matt, sei il suo avvocato?”
“No, Margaret.”
“E allora non rompere le palle.”
“Mi posso fidare di te, almeno questa volta?”
“Secondo te?”
“Non vuoi che io risponda sinceramente a questa domanda.”
“Sì, hai ragione. Mandami un messaggio con il numero di Ford. Torno dalle ragazzine innamorate di Alex e Miles, almeno mi diverto un po’.”
“Fai la brava.”
“Come sempre.”
Mezz’ora dopo avevo già preso accordi telefonici con James Ford.


Alex
La data di Parigi mi spaventava parecchio. Avevo paura, o forse speravo, di vedermela spuntare dietro ogni porta chiusa, angolo e ogni ragazza sembrava avere la sua voce.
Controllavo Miles: non lo perdevo di vista un attimo, ma per mia fortuna non notai nulla di strano e il concerto andò bene.
Guardai poco il pubblico durante l’esibizione,  perché ero convinto che fosse venuta al concerto, ma non volevo trovarla.
Dovevamo restare in quel luogo infernale per due giorni e non mi azzardai ad uscire dall’hotel, se non per gli spostamenti necessari. Avevo visto Parigi varie volte e non sentivo la mancanza di una visita alla Torre Eiffel.



Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle
29 Agosto 2008
Tornare in Francia dopo un anno dall’ultima conversazione con Margaret non era stato facile, soprattutto perché ero combattuto tra la voglia di vederla e il bisogno fisico di pensare che non esistesse e in partenza verso Londra ero un po’ sollevato e un po’ deluso.
Ero assorto in questo tipo di pensieri, quando James mi si sedette di fianco in aereo.
Miles aveva il posto di fianco al mio e lo sapevo perché in macchina avevamo scherzato sul fatto che lui avesse paura di volare, quindi quando vidi arrivare James, mi sorpresi.
“Sei contento di tornare a Londra?”
“Già.”
James non era un tipo loquace e non capivo perché avesse iniziato una conversazione.
“Come ti sono sembrate queste date iniziali?”
“Sono andate bene, mi sembra. O no?”
“Nono, assolutamente. Siete fantastici.”
Continuava a starsene seduto di fianco a me. Io volevo solo essere lasciato in pace.
“James?”
“Sì?”
“Mi devi dire qualcosa?”
“Più che altro ti devo dare una cosa.” Rispose, prendendo una busta dalla tasca interna della giacca.
“Cos’è?”
“Cosa ti sembra?” Era a disagio.
“Chi te l’ha data?”
“Indovina.” Disse senza guardarmi negli occhi.
Me la stava porgendo e io non accennavo a prenderla.
“Alex, me la sto portando dietro da due giorni. Pesa come il marmo nella mia tasca dalla sera del concerto. Prendi questa cazzo di busta.”
Non risposi e la presi. Si alzò immediatamente e si accomodò al suo posto.
Miles mi raggiunse immediatamente.
Notò la busta nella mia mano e il mio sguardo vuoto concentrato sul poggia testa del sedile davanti.
“Al?” Mi chiamò e io emisi un suono tenendo la bocca chiusa.
“Ho la nausea, ma non mi sembra il momento di ammorbarti con questa cosa.”
“Miles, fatti passare la nausea, non siamo nemmeno partiti.” Dissi bruscamente.
“Alex, rilassati, stavo scherzando.”
Mi voltai a guardarlo. Mi stava osservando con i suoi occhi enormi ed era preoccupato. Mi sentivo una bomba a orologeria sotto il suo sguardo.
“Scusa.”
“Non ti preoccupare. Posso fare qualcosa per te?” Perché era gentile con me? Ogni fibra del mio corpo era nervosa ed ero pronto a urlare contro qualsiasi cosa e chiunque e non mi andava di urlare addosso a Miles, però i suoi modi gentili e disponibili mi indisponevano, anche perché se non parlavo più con lei, la colpa era anche un po’ di Miles.
"Al?”
Non avevo smesso di fissarlo, mentre per l’ennesima volta le immagini di loro due insieme mi raggiungevano, quindi il mio sguardo probabilmente era diventato cattivo.
“Va tutto bene. Devo solo scegliere se leggere questa lettera o continuare a fare finta che lei non esista.”
“Se fossi in te…” Iniziò a dire.
“Miles, fermati. Tu non sei me e la mia Margaret non è la stessa ragazza con cui sei andato a letto un anno fa.”
Un’ombra scura gli attraversò il viso. Non gli piaceva che gli venissero recriminate le cose.
“Hai ragione. Io non so nulla di voi due. Prova a chiamare Matt, magari lui può aiutarti.”
Si sistemò sul sedile e si concentrò su un punto fisso davanti a sé, perché il comandante stava iniziando ad annunciare la partenza e lui stava iniziando sul serio a stare male.
Non avevo motivo per incazzarmi con lui e mi meritavo una risposta del genere, ma ero troppo orgoglioso per ammettere che non avevo il diritto di comportarmi come un’isterica, perché ero un’isterica in quel momento.
La lettera rimase chiusa nella mia mano per almeno dieci minuti dopo il decollo e riuscii ad aprirla solo quando Miles si alzò per andare in bagno, probabilmente a vomitare.

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Capitolo 35
*** Postcards from far away ***


“Caro Alex,
non sono brava a scrivere, non come te almeno.
E’ un inizio banale per una lettera, lo so, ma in qualche modo dovevo pur iniziare.
Probabilmente non ti aspettavi una cosa del genere: nemmeno io mi aspettavo di sentire il bisogno di scriverti una lettera.
Ti scrivo la mattina del giorno del concerto di Parigi. Non vedo l’ora di ascoltarvi live. Il disco mi piace molto. Insieme siete fantastici.
Non ti preoccupare, non ti ho scritto per fare una recensione dell’album.
E’ passato un anno dall’ultima volta in cui ci siamo visti e penso che siano cambiate un po’ di cose.
Mi ritrovo qui, a fare colazione e a pensare a cosa scriverti, perché sento il bisogno di dirti certe cose, ma mi manca il coraggio di chiamarti. Probabilmente non mi risponderesti nemmeno al telefono.
Avevo pensato a chiedere a James di organizzare un incontro dopo il concerto, ma non voglio imporre la mia presenza a nessuno, soprattutto a te.
Con una lettera puoi scegliere se andare avanti oppure se strapparla in mille piccoli pezzi.
Confido nel fatto che tu sia curioso un minimo.
Sto allungando di proposito, perché non so come iniziare a scrivere della parte importante.
Ho continuato a sentire Matt nell’ultimo anno. Miles mi ha mandato il disco prima di Natale.
Entrambi hanno cercato di farmi capire qualcosa.
Ho sbagliato. Non mi pento di quello che è successo con Miles, ma ho sbagliato.
Ho sbagliato, perché ho messo Miles in una brutta posizione.
Ho sbagliato, perché non prendo niente troppo seriamente.
Ho sbagliato, perché pensavo che il tuo viso non mi avrebbe perseguitato.
Ho sbagliato, perché non pensavo saresti mai arrivato ad urlare.
Negli ultimi mesi ho provato a ignorare il ricordo dei tuoi occhi arrabbiati, ma per quanto ci provi, non riesco a mandare via il giudizio che mi stavi lanciando.
Sara, la mia coinquilina italiana, la settimana scorsa se n’è uscita con una frase terrificante: stavo ascoltando The Age Of The Understatement mentre cucinavo per un ragazzo che sarebbe venuto a cena da me, lei mi ha raggiunto in cucina e mi ha detto:” Sai, Marcel è un bel tentativo, ma non puoi voltarti dall’altra parte”.
Non so se la frase le sia uscita così di proposito, o se sia colpa solo del fatto che non parli perfettamente francese, ma direi che è irreprensibile così.
Non so nemmeno io cosa spero di ottenere con questa lettera: forse spero di farti capire che non sono un mostro, che ogni tanto mi sento in colpa anche io, che ogni tanto mi chiedo come sarebbe potuta andare tra noi.
Non c’è giorno in cui non maledico la profezia di Matt. Non so nemmeno se sai di cosa sto parlando.
Mi sto dilungando, la smetto.
Non so come concludere una lettera, quindi accontentati.
Un abbraccio, Margaret.”



Quando finii di leggere la lettera, mi accorsi che Miles era tornato dal bagno.
Non mi diceva niente e non mi guardava nemmeno.
Era ancora offeso per la mia rispostaccia di prima. E aveva ragione.
Ripiegai la lettera e la rimisi nella busta. Non sapevo che farmene in realtà. Volevo sbarazzarmene per non rileggerla altre volte e quindi me la passavo tra le mani mentre mi guardavo intorno.
“Tutto bene?” Miles mi aveva fatto quella domanda senza guardarmi. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, non per la rabbia, ma per la nausea.
Dal suo tono si sentiva che era ancora risentito comunque, ma da persona buona e dolce quale era non poteva di certo non provare a stare vicino al suo migliore amico.
“Credo di sì.”
“Bene.”
“Tu stai bene?”
“Potrei stare meglio.”
Qualche minuto di silenzio.
“Vuoi leggerla?”
“Sei ammattito?”
“Perché?”
“Sei la persona più riservata di Inghilterra e mi stai chiedendo se voglio leggere la lettera di Margaret. Sei ammattito.”
“No, è che non capisco.”
“Scrive di merda?” Chiese Miles trattenendo una risata.
“Cosa?”
Non avevo nemmeno capito la battuta di Miles.
“Niente Alex, lascia perdere.”
“Ah, sì. Idiota. Non capisco cosa mi stia dicendo.”
“Chiedilo a lei.”
“Grazie.”
“Prego.” La conversazione si concluse così, perché Miles si alzò per tornare in bagno.




12 Ottobre 2008
Miles
Eravamo in un locale di Wolverhampton dopo il concerto.
La prima data del tour invernale era andata bene e Alex, che prima dell’esibizione sembrava agitato, adesso si era lasciato andare e si godeva la serata con me, Agyness e Alexa.
Stava bevendo un bel po’, ma riusciva a mantenere un po’ di dignità.
Le ragazze a un certo punto ci abbandonarono sui divanetti per andare in bagno, ovviamente insieme, e lui si spostò dal divanetto che condivideva con Alexa, per sedersi vicino a me.
“Miles?” Le vocali del mio nome erano praticamente sparite.
“Alex?”
“Non ce la faccio più.” Appoggiò la testa sulla mia spalla.
“Vuoi andare a cas-“ La mia domanda fu interrotta da Alex.
“Ho bisogno di vederla.”
Non mi azzardai a chiedere di chi stesse parlando.
“Alex, sei ubriaco.”
“Sai come si dice? In vino veritas.”
“Non sei così ubriaco allora.”
“Probabile. Devo vederla.”
“Sicuro che sia una buona idea? Non puoi continuare a fingere che lei non esista?”
“Il problema è che esiste e che penso troppo spesso a quella maledetta lettera.”
“E saresti in grado di sostenere una conversazione con lei? Su qualsiasi cosa intendo.”
“Non lo so. Tu falla venire però.”
Dopo questo ordine, si sistemò meglio vicino a me, incastrò il viso tra la mia spalla e il collo e il suo respiro si fece immediatamente regolare.
Si era addormentato contro di me, in un locale pubblico, ed era anche capace di infastidirsi per le battute su una nostra presunta relazione omosessuale.

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Capitolo 36
*** 23 Ottobre 2008 ***


23 Ottobre 2008
Margaret
Tornare a Sheffield dopo parecchi anni fu come entrare in un romanzo. I posti che una volta frequentavo mi sembravano i luoghi di un romanzo che mi ero sempre immaginata durante una lettura.
Ancora non capivo cosa ci facessi là in realtà.
Matt mi era venuto a trovare a Parigi solo qualche giorno prima e mi aveva portato un biglietto aereo per Londra. Mi aveva detto che aveva organizzato un soggiorno in Inghilterra per me e ora mi ritrovavo a casa sua a pranzo con i suoi parenti ed Allison.
Non la vedevo dal 2003 circa. Le nostre vite erano cambiate e i nostri percorsi si erano divisi, ma ero contentissima di rivederla.
Quella sera saremmo andati tutti insieme al concerto di Miles e Alex e io l’avevo scoperto solo qualche giorno prima, altrimenti avrei riflettuto molto di più sulla possibilità di partire per l’Inghilterra.
Pensavo si palesassero a pranzo a casa Helders, ma le mie speranze furono disattese.
Il pranzo fu piacevolissimo: la famiglia Helders era accogliente e calorosa e tutti erano simpaticissimi, a partire da Jill.
Durante il pomeriggio, io, Matt ed Allison andammo a fare un giro per il centro della città. Tutto era rimasto come mi ricordavo e la cosa mi riempì di nostalgia: il tempo sembrava essersi fermato, ma in realtà erano cambiate molte cose. Moltissime.
Cercavo di non pensare all’idea di rivedere Alex, anche perché se lo facevo, venivo assalita da una strana sensazione di malessere: l’ultimo contatto che avevo avuto con lui era stata la mia lettera, a cui non era seguita alcuna risposta.
Matt, quando provavo a parlare di Alex, sviava l’argomento e assumeva un’espressione colpevole. Mi stava nascondendo qualcosa, ma non ero certa di voler sapere cosa e per fortuna la presenza di Allison mi distraeva parecchio: avevamo un bel po’ di anni da recuperare.
Mi parlò della sua vita: si era trasferita a Manchester, studiava, era fidanzata, sua madre non aveva più trovato un altro compagno dopo mio padre e queste chiacchiere fecero volare il tempo.
Mi aspettavo di incontrare Miles e Alex prima del concerto, o meglio, temevo questa cosa, ma Matt non sembrava intenzionato a intrufolarsi nel backstage e fui sollevata di questa cosa.
Non sapevo se Alex sapesse della mia presenza e se fosse contento della cosa e durante il concerto era agitatissima.
Avevo paura di ritrovarmelo davanti. Quando lo vedevo sul palco non sembrava lo stesso Alex che l’ultima volta mi aveva urlato contro.
Non mi sentivo a mio agio a quel concerto e non me lo godetti per niente. Pensavo a cosa sarebbe successo dopo, a cosa mi avrebbe detto, a come avrebbe reagito alla mia presenza.
Matt notò la mia preoccupazione e durante l’encore ne approfittò per dirmi qualcosa.
“Margaret, rilassati, sei tesa come una corda di violino.”
“Non è stata una buona idea venire qui.”
“Sai chi ha organizzato tutto? Chi mi ha chiesto di invitarti qui? Miles. E sai chi aveva parlato con Kane? Alex. Non penso abbia intenzione di urlare di nuovo contro di te.”
“Idiota! Perché non me lo hai detto prima?”
“Perché Miles mi aveva detto di tacere, ma con te non riesco mai a stare zitto.”
I due tornarono sul palco in quel momento e la nostra conversazione fu interrotta.
Dopo il concerto Matt condusse me e Allison al Boardwalk, uno dei locali più famosi della città.



Alex
Entrai nel locale senza aspettative. Non sapevo niente in quel momento.
Miles non mi aveva parlato durante il tragitto verso il pub. Non mi aveva parlato nemmeno per tutto il pomeriggio. Di mattina mi aveva solo annunciato che Margaret era arrivata a Sheffield e per tutto il giorno fingemmo che questa cosa non mi ammorbasse affatto.
Arrivati al Boardwalk si diresse immediatamente verso il bancone, mentre io cercavo Matt con lo sguardo, ma prima di trovare il batterista, vidi la figura di Margaret. Era in piedi, parlava con una ragazza e aveva un cocktail in mano. Non mi vedeva perché non si guardava in giro. Sembrava tranquilla. La osservai qualche istante da quella posizione prima di tornare a cercare Matt.
Non la vedevo da più un anno: di lei mi era rimasto solo qualche particolare insignificante in testa, avevo perso la visione d’insieme. Sapevo che aveva i capelli castani, ma non mi ricordavo che fossero di quel castano. Mi ricordavo che aveva un bel fisico, ma non riuscivo a ricordarmi le sue gambe con precisione. Da quella posizione era difficile vedere bene il volto, così, preso dal desiderio di vederla, mi mossi per avvicinarmi al tavolo, ma una mano mi afferrò il braccio.
“Alex, cosa stai facendo?” Matt mi aveva intercettato.
“Sto andando a salutare Margaret ed Allison.”
“E perché hai l’aria di un serial killer pronto ad uccidere?”
“Scusa?”
“Hai capito benissimo. Non mi sembri calmo.”
“Sono calmissimo.”
In quel momento ci raggiunse Miles e ci avviammo tutti e tre verso il tavolo. C’era molta gente e quindi avanzammo in fila indiana. Il primo era Matt, il secondo Miles e il terzo ero io.
“Guardate chi è arrivato!” Sentii dire a Matt.
Allison rimase in silenzio, non conosceva Miles e Margaret lo abbracciò quando se lo trovò davanti.


Margaret
Abbracciai Miles appena lo vidi: fu una cosa naturale. Mi faceva piacere vederlo e in quegli ultimi tempi avevo riflettuto su quanto mi fossi comportata male anche lui.
Quando appoggiai il mento sulla spalla di Miles vidi Alex.
Era dietro di lui e vide la scena. Non mi aspettavo di vederlo subito dietro a Miles e il mio gesto di abbracciare Kane fu troppo istintivo. Non avevo preventivato il fatto che potesse esserci anche Alex nelle vicinanze.
Ci guardammo negli occhi, mentre io ancora ero stretta a Miles.
Qualcosa nei suoi occhi cambiò in pochi istanti. Sciolsi l’abbraccio con Miles e Alex si palesò anche alla vista di Allison.
Nessuno aveva visto la scena, lo scambio di sguardi, il cambiamento repentino nello sguardo di Alex e io non sapevo se mi ero immaginata tutto.
“Cara Allison, questo è Miles Kane.” Disse Matt indicando Miles ad Allison. I due si sorrisero e si strinsero la mano.
“E questo è un timido ragazzo che era a scuola con noi, non so se te lo ricordi.” Continuò Matt indicando Al.
Alex si avvicinò a lei per darle due baci sulla guancia. Le chiese come stava, le solite frasi di cortesia e mi aspettavo che da un momento all’altro si girasse verso di me almeno per dire un misero “Ciao”, ma evidentemente era chiedere troppo perché i ragazzi furono raggiunti da molte persone: non erano fan scatenati, ma vecchie conoscenze, felici di rivedere Matt e Al.
Allison e Miles parlarono un po’, senza curarsi del casino attorno agli altri due, mentre io me ne stavo in silenzio a fingere di ascoltare la loro conversazione e a bere il mio drink.
Uscii dal locale e nessuno si accorse che ero sparita. Avevo un nodo in gola.
Restai al lato della porta del locale e mi accesi una sogaretta.
Continuavo a ripetermi che Alex non mi avesse salutato solo perché non aveva avuto tempo, che non si era arrabbiato per il mio abbraccio a Miles.
Ero a metà sigaretta quando vidi Turner comparire fuori dal locale. Era solo e stringeva una sigaretta tra le labbra. Si tastava le tasche in cerca di un accendino, ma non lo trovò, così si girò verso di me.
“Scusa, hai da accendere?”
Istintivamente gli porsi l’accendino, pensando che dopo sarebbe rimasto lì con me a fare due chiacchiere in tranquillità, anche perché Matt mi aveva rivelato che era stato Turner a organizzare questa cosa.
Lui accese la sua sigaretta, mi restituì l’accendino, mi fece l’occhiolino e poi si allontanò verso un gruppetto di ragazzi poco lontano da me.
Il nodo alla gola si fece ancora più fastidioso e fu accompagnato da un leggero tremito delle mani. Tornai dentro il locale e raggiunsi immediatamente Matt. Stava ancora parlando con le sue vecchie conoscenze. Era di spalle. Mi avventai contro di lui e iniziai a tirargli una scarica di pacche e di pugni. Miles era vicino a noi, stava parlando con Allison, ed intervenne subito. Matt non ebbe nemmeno il tempo per capire. Miles mi afferrò per i fianchi e mi trascinò fuori dal locale. Allison ci seguì e a lei si aggiunse Helders.
“Margaret, cosa è successo?” Mi chiese Allison. I due ragazzi sapevano che poteva c’entrare solo Turner, quindi non si preoccuparono di chiedere, anche perché lo videro fuori dal locale con altri ragazzi. Io non volevo attirare l’attenzione e quindi cercavo di fare meno rumore possibile mentre piangevo e respiravo per riprendermi allo stesso tempo, ma una ragazza che viene trascinata per i fianchi fuori da un locale viene notata.
Il gruppo con cui era Turner ci indicava e Alex non diceva niente.
Matt si avvicinò a me, mi mise un braccio intorno alle spalle e mi costrinse a fare una passeggiata.
“Mi dici cosa ha detto?” Mi chiese quando eravamo già a qualche metro di distanza da Allison e Miles.
“Dentro…non mi ha…nemmeno salutata.” Dissi tra sommessi singhiozzi.
“ E fuori?”
“Mi ha chiesto…da accendere e poi è andato dai suoi…amici.”
Matt sospirò rumorosamente.
“Coglione.”Sussurrò più a se stesso che a me.
Continuammo a passeggiare, sempre abbracciati in pratica.
“Matt?” Lo chiamai dopo qualche minuto di silenzio in cui ero riuscita a smettere di piangere.
“Che c’è?”
“Dentro il pub mi ha guardata negli occhi mentre abbracciavo Miles per salutarlo e…” un nuovo singhiozzo mi scosse.
“E sembrava arrabbiato. Aveva gli stessi occhi di luglio dell’anno scorso. Perché mi ha fatto venire qui? Io dopo la lettera mi sono fatta da parte.”
“Probabilmente vuole giocare, fartela pagare, restituirti tutti i favori.”
“Sarebbe capace di fare una cosa del genere?” Non ragionavo, mi sembrava credibile la versione di Matt.
“Ovviamente no! E’ Alex! Il massimo che può fare è la mossa dell’accendino, per il resto si potrebbe limitare ad ignorarti.”
“Rassicurante! Sai cosa dice George Bernard Shaw?”
“Illuminami!” Ci eravamo fermati un bel po’ lontani dal pub.
“Il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio, ma l’indifferenza: questa è l’essenza della disumanità.” Recitai il verso a memoria.
Matt non sapeva come rispondermi.
“Margaret, non so cosa dirti.”
“Matt, perché mi ha fatto venire a Sheffield se la sua intenzione era quella di ignorarmi? Lo stava già facendo. Non mi ha risposto a una lettera.”
“Probabilmente non voleva ignorarti, ma poi ti ha visto abbracciare Miles e si è bloccato.”
“Si deve far curare. E’ un bambino piccolo se mi ha fatto tornare a Sheffield solo per questo.”
“Non vai anche a Liverpool?” Non capivo la domanda di Matt.
“Miles non ti ha chiamata?”
“Liverpool? Miles?”
“Domani vai a Liverpool”
“Eh?”
“Con loro. Domani vai a Liverpool con loro.”
“E’ uno scherzo? Non è divertente.”
“Non è uno scherzo. Pensavo l’avessi visto sui biglietti dell’aereo. Arrivo previsto a Londra e partenza prevista da Liverpool e comunque doveva dirtelo Miles.”
Mi cacciai a ridere rumorosamente.
“Matt, non fa ridere, dai smettila.” Però non avevo guardato sul serio il biglietto del ritorno.
“Margaret, non è uno scherzo. Domani mattina ti passano a prendere da casa mia.” Era troppo serio.
“Se anche fosse vero che la partenza è da Liverpool, posso sempre raggiungere Liverpool in treno dopodomani mattina e me ne resto qui per due giorni.” Matt mi prese a braccetto e iniziammo a tornare verso il pub
“Certo puoi fare anche questo. Oppure puoi dimostrare a Turner per l’ennesima volta che non deve giocare con fuoco, altrimenti si brucia.”
“E in che modo?”
“Penso che faccia molta più fatica ad ignorarti di quanto tu possa immaginare. Non può reggere troppo. Quella lettera lo sta logorando.”
“Tu proponi di imporgli la mia presenza?” Ero incredula. Non mi sembrava vero che stavo sul serio considerando l’idea di Matt
“Già.”
“Ma ci sarà Miles tutto il tempo. Sarà terrificante.”
“Per lui forse sì. Prima o poi sbotta. Non può continuare a fare finta di niente.”
Eravamo di nuovo davanti al locale. Non c’era nessuno fuori, perché una leggera pioggerellina si era palesata su Sheffield.
“Sei perfido!”
Matt si piazzò davanti a me, mi prese il viso tra le mani e iniziò sistemarmi il trucco colato con i pollici.
“Ho imparato dalla migliore. Ora sorridi, entra nel locale e fingi che la cosa non ti abbia turbato affatto.”
“Ma lui ha già visto che stavo piangendo.”
“Ma deve anche vedere che puoi stare meglio, che non sarà certo un suo gesto infantile a rovinarti la serata.”
“Sembro un panda?” Chiesi, poco fiduciosa delle abilità di Matt come truccatore.
“No, sei bellissima. Come sempre.” Aprì la porta del locale e mi spinse dentro con una mano sulla schiena.

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Capitolo 37
*** 24 ottobre 2008 ***


Margaret
La mattina dopo mi svegliai perché qualcuno era entrato nella camera in cui stavo dormendo. Avevo bevuto parecchio la sera prima e comunque la serie di eventi intercorsi con i ragazzi mi aveva un attimo confusa e ci misi un attimo a capire dove fossi.
Jill era entrata in camera di Matt, nella quale stavo dormendo abbracciata a suo figlio, ed aveva spalancato le tende.
“Ragazzi, qui fuori ci sono due ragazzi in un furgoncino che vogliono rapire Margaret.”
“Mamma, mandali via!” disse Matt stringendo di più la presa attorno a me.
“Li ho invitati a mangiare un pezzo di torta che ho preparato per la colazione. Rendetevi presentabili e venite giù.”
Dieci minuti dopo raggiungemmo gli altri in salotto: Miles e Alex non ci avevano aspettato per la colazione e stavano mangiando il dolce e bevendo il tea, conversando amabilmente con Jill, mentre James Ford era seduto a tavola, con una tazza di tea davanti e un piattino con un pezzo di torta di fianco, ma non aveva ancora toccato niente.
“Potevate almeno aspettarci eh!” Disse Matt fregando la fetta di torta che Alex reggeva a mezz’aria mentre rispondeva a una domanda di Jill sul tour.
“Ci hai messo una marea a scendere e noi non abbiamo troppo tempo.” Rispose Alex afferrando un’altra fetta di ciambella.
Tutti notarono che aveva parlato al singolare rivolgendosi a Matt. Io finsi di non aver sentito e andai ad accomodarmi vicino a Miles, il quale mi sorrise colpevole, come se volesse chiedere scusa per il suo amico.
“Non trovavamo la biancheria sparsa sotto le lenzuola.” Rispose Matt.
Appena sentii questa frase, iniziai a ridere rumorosamente, mentre Miles quasi si affogò con il tea.
James sorrise, ma non disse nulla.
L’unico che rimase impassibile ovviamente fu Alex, che lanciò uno sguardo poco divertito a Matt.
“Matt!” Aveva urlato Jill dalla cucina.
“Era una battuta mamma! Lo sai che l’ultima volta che siamo andati a letto insieme eravamo al liceo!”
Notai che Alex stava per dire qualcosa a Matt: aveva aperto la bocca, ma la richiuse, concentrandosi sul suo tea.
“Matt, ti prego, basta. C’è gente che sta rischiando la morte con queste frasi.” Dissi sorridendo, mentre battevo una mano sulla schiena di Miles, che si doveva ancora riprendere.
“Sì, hai ragione, Alex mi sta per uccidere con il cucchiaino.”


Alex
Dopo l’ennesima battuta, mi alzai senza rispondere, andai in cucina a salutare Jill e andai ad aspettare Miles, James e Margaret in macchina.
Matt si era evidentemente schierato e io non avevo voglia di assistere al suo teatrino in difesa di Margaret ed era riuscito nel suo intento di farmi saltare i nervi. Il problema, e sapevo che era un problema mio, era che le conseguenze si sarebbero riversate su Margaret, perché sarebbe stata lei ad affrontare il viaggio in macchina con noi.
L’automobile aveva sei posti, disposti su tre file da due. Mi sedetti nell’ultima fila e mi accucciai per bene, perché avevo intenzione di dormire per tutto il viaggio.
L’allegra compagnia mi raggiunse dopo qualche minuto.
Matt accompagnò fuori Miles, Margaret e James e salutò la ragazza affettuosamente. Si scambiarono un lungo abbraccio, durante il quale le sussurrò delle parole, ma ovviamente non riuscii a distinguere una sola sillaba.
Quando si staccarono, Matt si avvicinò all’automobile, aprì la portiera e mi cercò con lo sguardo.
“Vacci piano signorino e fai pace con il cervello. Lei è qui perché l’hai deciso tu.”
Non mi diede il tempo di rispondere, perché allargò la portiera per fare entrare gli altri. La prima ad entrare fu Margaret. Si sedette esattamente sul sedile davanti al mio e la maledii mentalmente perché non potevo vedere nemmeno il suo profilo in quel modo. Miles si accomodò di fianco a me e James prese posto di fianco alla ragazza.
Nessuno parlava. Miles era attaccato al cellulare a scrivere sms, James Ford si era messo le cuffie e Margaret non sapevo cosa stesse facendo, ma stava in silenzio, quindi era innocua.
Mi misi a guardare fuori dal finestrino e mi addormentai dopo pochi minuti.
Feci un sogno strano: ero in mare, con le scimmie, su una scialuppa sgangherata e Matt mi urlava addosso che l’avevo fatta scappare. Avevo fatto scappare una persona, ma non capivo di chi parlasse. La cosa più strana comunque fu vedere Matt fumare la pipa. Stavo per chiedere a Matt di chi stesse parlano, quando fui svegliato.
Margaret e James stavano parlando e la ragazza si era lasciata andare un esclamazione troppo rumorosa e io mi ero svegliato. Ci misi un po’ a capire di cosa stessero parlando: musica.
Margaret si scaldava facilmente e James Ford aveva opinioni spesso impopolari, quindi probabilmente erano finiti a discutere.
Miles di fianco a me stava sorridendo e si stava gustando la discussione senza intervenire.
“Tra quanto arriviamo?” Chiesi per far capire che mi ero svegliato.
James si girò verso di me. “Manca un’ora Turner, torna a dormire. Io e Margaret smettiamo di fare casino, anche perché penso che non mi rivolgerà mai più la parola da adesso.”
“Pensi bene.” Aggiunse Margaret senza girarsi.
Ero troppo curioso di sapere su chi non erano d’accordo, ma mi sarei mozzato la lingua piuttosto che chiederlo.
L’ultima ora di viaggio fu un supplizio. Ero sempre sul punto di dire qualcosa a Margaret, qualsiasi cosa, e invece me ne restai in silenzio, aspettando che la tortura terminasse.
Cercai di distrarmi inviando qualche messaggio ad Alexa, ma la cosa non mi aiutò più di tanto.


Margaret
Il primo a interrompere quel terrificante silenzio fu Miles.
“Mia madre mi ha appena scritto. Ha detto che se non passo prima da lei, mi sogno di poter mangiare da lei in questi giorni e voi non volete impedirmi di stare con mia mamma, vero?!”
“Miles, puoi avvisare Pauline che sarà la prima fermata che faremo.” Rispose Alex tranquillamente.
“E tu non sei contemplato in questi pranzi Turner. Solo io e la mia mamma.” Precisò Miles prendendo in giro il suo amico.
“Io non posso accodarmi? Non so dove stare.”
“Tu hai una camera prenotata nell’hotel in cui alloggio io.” Alex mi aveva risposto. Aveva parlato a me direttamente. Mi aveva colta di sprovvista. Il suo tono era serio e dittatoriale.
“E se io non volessi dormire in quell’hotel? Insomma, non mi sembra di essere la benvenuta.” Mi ero girata per risponde al piccolo Hitler e lui aveva aperto la bocca per ribattere, ma Miles l’aveva preceduto.
“Se ti va, puoi restare a dormire da me. Mia madre ha sempre voluto una figlia femmina e secondo me ti vedrebbe come la figlia che non ha mai avuto.” Scherzò Miles nervosamente.
“Kane, non ti preoccupare, Pauline ha avuto una figlia femmina.” Disse James Ford.
Io e Miles ridemmo della battuta del batterista, mentre Alex era rimasto serio dopo la mia rispostaccia.
Arrivati a casa Kane, trovammo Pauline al cancello fuori dal giardino. Sorrideva tantissimo e si teneva le mani in mano perché era nervosa e non vedeva l’ora di vedere il suo ometto di casa. Scendemmo prima io e James, il quale la salutò educatamente, ma sempre con una certa freddezza, mentre io non mi presentai, perché volevo aspettare che salutasse Miles prima.
Miles scese dall’auto e andò subito ad abbracciarla. Gli occhi di Pauline erano lucidi, ma si ricompose in fretta, per essere salutata anche da Alex.
“Mamma, questa è Margaret. Una nostra amica.” Disse Miles indicandomi, mentre Alex recuperava il bagaglio di Kane.
“Oh, so benissimo chi sei mia cara. Piacere Pauline.”
“Salve signora, è un piacere conoscerla.” Le porsi la mano, ma lei mi abbracciò calorosamente.
Quando ci staccammo, notai che Alex aveva preso solo il bagaglio di Miles.
“Alex, puoi prendere la mia valigia? Accetto l’invito di Miles a dormire qui stanotte, se non un problema ovviamente per lei.” Dissi rivolgendomi a Pauline.
“No, assolutamente, sarò felice di tenerti qui. A una condizione.” Era diventata seria e mi stavo preoccupando.
“Mi devi dare del tu!”
Alex non poteva credere alle sue orecchie e James si mise a ridere di gusto.
“Ragazzi, io vado a sistemare le mie cose. Ci vediamo in teatro alle sei.” Disse James e salì in macchina. Alex intanto aveva preso la mia valigia e me la stava portando dentro, mentre Miles aveva preso Pauline a braccetto per entrare in casa.
Pranzammo a casa di Miles e fu piuttosto piacevole. Pauline era molto simpatica e si divertiva a raccontarmi gli aneddoti più divertenti della vita di suo figlio. Era piuttosto fiera di lui, per quello che era diventato e perché aveva realizzato il suo sogno.
Miles mi fece sistemare in camera sua, lui avrebbe dormito tranquillamente sul divano.
Le pareti di tutta la casa erano tappezzate di disegni: ritratti, paesaggi, semplici oggetti. Erano fatti a matita e in basso a destra era segnata una piccola M., quindi immaginai fossero opera di Miles.
Ne stavo osservando uno in salotto: raffigurava un paio di occhiali da lettura. La montatura era vecchia, fuori moda da qualche decennio ormai e mi chiedevo perché un disegno così semplice fosse stato piazzato in salotto.
“L’ha fatto Miles. Sono gli occhiali di suo padre.”
Alex mi aveva raggiunto in salotto, mentre Miles aiutava sua madre a sistemare la cucina. Non l’avevo sentito arrivare e mi spaventai.
“Non sapevo fosse così bravo.”
“Già, nessuno sembra capire quanto sia bravo.” Non si riferiva evidentemente al disegno, ma parlava della musica. Miles non aveva avuto fortuna con le sue band precedenti, ma Alex riconosceva il suo talento.
Alex non aggiunse nient’altro e io non avevo niente da dirgli, quindi tornai in cucina.
“Ma dove suonate questa sera?” Chiesi a Miles, perché non avevo ancora capito.
“Alla Philarmonic Hall.” Disse tranquillamente.
“Coooosa?”
“Già! E la bbc registra anche il concerto!”
“Ma, ma, io non lo sapevo! Non ho niente da indossare!”
“Carissima, ti va di andare a fare un giro per negozi oggi pomeriggio?” Mi propose Pauline.
“Oh, sì, sarebbe meraviglioso!” Risposi entusiasta.
“Vengo anche io! Devo andare a prendere delle camicie nuove!” Aggiunse Miles.
“No, tu non vieni. Sarà un pomeriggio tra donne.” Comunicò Pauline facendo un’espressione seria per sfottere suo figlio.
“E’ per quello che vuole venire, non hai capito?” Alex ci aveva raggiunto in cucina e per l’ennesima volta non mi ero accorta della sua presenza. La battuta faceva ridere, ma nel suo tono non c’era niente di divertito. I suoi occhi erano come spenti.
Finimmo di sistemare la cucina e poi Pauline si preparò per uscire. Lasciammo Miles e Alex a giocare alla playstation prima del soundcheck.

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Capitolo 38
*** Electric Prom ***


Alex
Non guardai praticamente mai nella direzione di Pauline e Margaret durante il concerto, ma me ne pentii quando, dopo l’esibizione, entrammo nel locale in cui ci aspettavano gli amici di Miles.
Si tolse il cappotto per lasciarlo al guardaroba e per qualche secondo rimasi immobile.
Indossava un vestitino  nero che le arrivava poco sopra il ginocchio, con inserti di pizzo in cui magari ci sarebbe stata meglio un po’ di stoffa, ma era estremamente elegante. La scollatura era profonda, ma non lasciava intravedere niente di inappropriato. Le spalle erano scoperte e la gonna era larga, quindi non le fasciava le gambe, che erano libere di muoversi senza crearle imbarazzi. Ai piedi mi sarei aspettato di vedere scarpe con il tacco, ma aveva degli stivali neri poco eleganti. Ad un primo sguardo lasciava sconcertati, ma tutto era estremamente equilibrato: il vestito era elegante e sobrio, nonostante gli inserti di pizzo e le porzioni di pelle lasciate coperte da leggeri strati di stoffa e le scarpe erano aggressive, ma serie, sempre nere e quindi diventavano direttamente eleganti sotto un vestito del genere. I capelli scuri erano raccolti in una coda, quindi il collo e le spalle erano in piena vista.
Miles mi tirò un cuccio contro il braccio.
“Riprenditi.”
“Eh?”
“La stai svestendo con lo sguardo.” Mi disse indicando lei con un cenno, mentre lei era ancora in fila al guardaroba.
“Colpa di tua madre. Guarda come l’ha conciata.” Risposi guardando in un’altra direzione.
“Sta molto bene in effetti.”
“Vabbè, non mi importa. Andiamo dagli altri.”
“Hai intenzione di ignorarla anche stasera? Lei parte dopodomani, lo sai, vero?”
“Sì, lo so, Miles. Non mettermi pressioni.”
In quel momento ci raggiunse Margaret e io guardai male Miles.
“Vieni Margaret, devo presentarti dei miei amici. Alcuni potresti pure trovarli simpatici.” Disse Miles prendendola a braccetto.
“Non lo dubito affatto. Probabilmente saranno più simpatici di altra gente.”
Si allontanarono verso gli amici di Miles e io me ne restai lì, da solo, a pensare a una risposta decente per Margaret, ma la mia testa non riusciva a partorire niente di adatto.

Un’ora dopo mi ritrovai fuori dal locale a fumare una sigaretta in pace. Margaret aveva fatto subito amicizia con gli amici del liceo di Miles e aveva ovviamente riscosso molto successo fra loro.
Io avevo cercato di distrarmi in qualche modo, ma la visione di quella ragazza che parlava e scherzava con degli sconosciuti mi faceva salire il nervoso. Spensi la sigaretta e stavo per rientrare, quando qualcuno aprì la porta del locale. Era lei ed era sola.
Aveva addosso il cappotto e reggeva la borsa.
“Te ne vai?” Chiesi d’istinto, facendomi da parte per farla passare.
“Già.” Rispose sorpassandomi.
“Perché?”
Lei mi aveva già superato, ma si fermò di colpo. Tornò indietro e mi si piazzò davanti.
“Hai anche il coraggio di chiedermi perché?” Mi chiese guardandomi negli occhi. Erano infuocati. Mi sentii minuscolo.
“Margar-“ Provai a dire.
“No, Alex! Margaret un cazzo! Mi hai organizzato il soggiorno in Inghilterra e per ora mi hai detto sì e no quattro frasi in croce. Non ci vediamo da più di un anno e ti ho anche scritto una lettera per chiederti scusa, ma tu te ne stai lì: fermo e in silenzio a guardarmi male, perché ho abbracciato Miles per salutarlo. Se non vuoi perdonarmi, non farlo, ma non giocare con me. Non siamo più adolescenti. Cresci Turner!”
Aveva parlato in fretta e con un tono di voce normale e la cosa mi spaventava più di mille urla. Era un ragionamento freddo, poco influenzato da sentimenti o emozioni. La pura verità.
Mi guardò per qualche secondo aspettando una mia reazione, che non arrivò.
“Appunto, come pensavo. E’ per questo che me ne sto andando. Buonanotte Alexander.” Si girò e si incamminò verso un taxi.



Margaret
La mattina successiva mi svegliai relativamente presto, perché, nonostante il nervosismo, ero riuscita ad addormentarmi in fretta.
Quando scesi per fare colazione vidi Miles addormentato, o per meglio dire collassato, sul divano, mentre Pauline era in cucina a leggere una rivista in silenzio. Appena mi vide, mi regalò un gran sorriso e iniziò a preparare tutto per la colazione.
“Ho invitato Alex per pranzo, spero non sia un problema.” Disse sottovoce mentre prendeva una tazza per il thè.
“Forse lo sarà per lui.” Risposi con tono disinteressato.
“Margaret, cosa è successo tra voi? Perché c’è tutta questa tensione?”
“Perché Turner è un’isterica, ecco perché!” Dissi senza curarmi di tenere la voce bassa.
“Sì, lo è, ma dovete parlarne a quest’ora?”
Avevo svegliato Miles.
“Scusa Miles. Ho liberato camera tua se vuoi andare di sopra a dormire.” Risposi affacciandomi in salotto.
“Ora mi alzo. Non posso dormire tutto il giorno, per una volta che sono a casa!”

Feci colazione con Miles e Pauline e poi uscii: non mi andava di stare tra i piedi. Avevano poche occasioni per vedersi e avevo già approfittato abbastanza della loro ospitalità. Mancava un giorno al rientro e non avevo la più pallida idea di come passarlo. Mi feci dare indicazioni da Miles su come raggiungere il centro e vagai tutta la mattina da sola. Tornai a casa di Miles in tempo per il pranzo. Avevo perso un bel po’ di tempo in alcuni negozi di abbigliamento e sfiorai la maleducazione per l’orario con cui mi presentai a casa.
Venne ad aprirmi alla porta d’ingresso Turner, perché Miles e Pauline stavano finendo di sistemare le ultime cose in cucina.
“Ciao!” Mi disse con qualcosa che assomigliava vagamente ad entusiasmo misto a sorpresa.
“Buongiorno.” Risposi con freddezza e poi lo sorpassai per andare in cucina a salutare i padroni di casa.
“Scusate per il ritardo, mi sono persa un po’ per negozi. Vado a cambiarmi e vengo a pranzo.” Mi affacciai in cucina per comunicare questa cosa velocemente e poi corsi in camera di Miles.
Quando scesi erano già tutti accomodati a tavola: ero destinata a stare seduta di fronte a Turner.

Alex
Non sapevo se Miles e Pauline l’avessero fatto di proposito o se fosse successo per caso: Margaret era seduta di fronte a me. La gioia che le si leggeva sul viso mentre prendeva posto mi fece capire che sperava che quel pranzo durasse il meno possibile.
Miles le chiese dove fosse stata per tutta la mattina e lei gli rispose svogliatamente. Non aveva voglia di fare conversazione. Miles e Pauline capirono che non era aria e provarono a sostenere una conversazione con me. Pauline mi chiese dei miei, di Alexa, di aneddoti del tour e cose del genere.
Sarebbe stato un pranzo piacevole se non avessi avuto per tutto il tempo davanti ai miei occhi gli occhi tristi di Margaret che fissavano il vuoto.
Non l’avevo mai vista così: sembrava completamente assente. Non si interessava minimamente al discorso, non ci ascoltava nemmeno. Mangiò probabilmente più per educazione che per fame e quando Pauline si alzò per accennare a sparecchiare, lei scattò in piedi per aiutarla.
Miles non cercò nemmeno di fermarla. Voleva assolutamente alzarsi e andare via da quel tavolo.
Io e Kane restammo qualche secondo seduti a tavola a guardare le briciole di pane rimaste sulla tovaglia.
“Alex?”
“Sì?”
“Cosa è successo ieri sera? Perché è andata via prima dal locale?”
“Non lo so.”
“Alex?” Mi chiamò quasi sottovoce.
“Che c’è?” Mi stavo infastidendo.
“L’avevi mai vista così?”
“Così come?” Volevo fare il finto tonto. Mi lanciò un’occhiata che mi fece cambiare idea.
“No, non l’ho mai vista così.”
“Hai intenzione di fare qualcosa a questo proposito?”
“Ragazziiiii… io e Margaret facciamo un dolce. Avete qualche preferenza?”
“Voglio la torta al limone mammaaaa!” Rispose Miles per entrambi.


Dopo pranzo io e Miles ci mettemmo a giocare alla playstation, perché pioveva e ci andava di stare tranquilli su un divano dopo varie settimane di tour in  giro per l’Inghilterra.
Dalla cucina provenivano i suoni degli aggeggi che si usano per cucinare: frullatori, pentole che sbattono fra loro, cucchiai di legno; non si sentivano i discorsi tra le due donne, anche e soprattutto per gli insulti che io e Miles riuscivamo a tirare fuori per una semplice partita di calcio.
Il cellulare che suonò sul tavolino vicino al divano su cui eravamo seduti, però riuscimmo a sentirlo. Miles fermò il gioco e guardò chi fosse a chiamarlo.
“E’ Agyness. Devo rispondere. Non fare stronzate!” Mi disse puntandomi un suo lunghissimo dito contro il petto per poi andare a parlare in un’altra stanza.
Volevo provare a combinare qualche casino per la partita, visto che stava vincendo, ma poi decisi di fregargli solo una sigaretta.
Fumai con tutta calma affacciato alla finestra del salotto, ma Miles non si vedeva all’orizzonte, così andai in cucina. Mi appoggiai allo stipite della porta e osservai Pauline e Margaret all’opera.
La più grande era di spalle e stava monitorando un pentolino sul fuoco, mentre la più giovane stava grattugiando della buccia di limone. Nessuna delle due mi notò all’inizio; mi tradì uno starnuto. C’era silenzio in cucina, a parte per i rumori tecnici, e il mio starnuto le spaventò. A Margaret quasi cadde il limone dalle mani per quanto era concentrata nel suo intento.
“Alex, caro, avevi bisogno di qualcosa?” Mi chiese la signora Kane senza guardarmi, attenta ancora al suo intruglio.
“No. Sto aspettando Miles. E’ al telefono con Agyness.”
Margaret non mi guardava. Aveva finito con il limone e adesso si fissava le mani e giocherellava con un anello che aveva al medio della mano destra. Era una fascetta d’argento, semplicissima. Non l’avevo mai notato prima.
C’era un silenzio fastidiosissimo, disturbato solo dal rumore del cucchiaio di legno contro le pareti del pentolino a cui si stava dedicando Pauline.
Stavo pensando a qualcosa da dire, qualsiasi cosa, ma non mi veniva in mente niente di intelligente e sprecai un’ottima occasione, perché Miles mi raggiunse alle spalle.
“E’ inutile che provi a scappare Turner, dobbiamo finire la partita!”
“Chi sta vincendo?” Margaret aveva sollevato lo sguardo e aveva posto questa domanda a Miles.
Io ero stato appoggiato allo stipite della porta per almeno due minuti e non mi aveva considerato di striscio, poi era arrivato Miles e aveva avuto il coraggio di fingere di essere a suo agio.

Continuai la partita contro voglia, perché la mia testa era da tutt’altre parti e finito il match, Miles si alzò dal divano annunciando che sarebbe andato a farsi una doccia.
Aveva smesso di piovere e così andai in giardino a fumare, perché non mi andava di creare la cappa di fumo in casa di Pauline.
Evidentemente anche la preparazione della torta si era conclusa, perché fuori c’erano anche le due donne. Non le avevo sentite passare dietro il divano del salotto e mi sentivo in dovere di giustificare la mia presenza nello stesso luogo in cui c’era Margaret, ma stavano parlando tranquillamente e non mi andava di interromperle. Pauline spense la sua sigaretta a metà e rientrò in casa, con la scusa di dover controllare il forno.
Era tornato il silenzio.



Margaret
Ero tentata di spegnere la sigaretta e di raggiungere Pauline in cucina, ma non mi andava di far credere a Turner che stavo scappando, quindi restai lì, in piedi, vicino a lui a fingere di osservare con interesse il giardino di Miles, mentre mi torturavo la mano destra giocherellando con l’anello.
“Andiamo via.” Non avrei saputo dire se mi avessero sorpreso di più le sue parole o il tono con cui erano state pronunciate. Lo guardai interrogativa.
“Pardon?”
“Andiamo via ho detto.”
“Non vedo perché dovrei venire via con te.” Ero nervosissima e avrei voluto tirargli uno schiaffo, ma riuscii a non far trasparire nulla di tutto ciò nel mio tono.
“Dobbiamo parlare.”

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Capitolo 39
*** Tell her tonight ***


Margaret di certo non si aspettava una frase del genere, soprattutto dopo gli ultimi tre giorni.
Lo guardò con aria interrogativa.
“Sì, hai capito bene, dobbiamo parlare, o meglio, devo parlarti.”
La ragazza non rispose, ma si avvicinò ad Alex e, con un lento movimento per evitare di bruciarsi, prese la sigaretta che Alex si era acceso da poco.
Alex non oppose resistenza e la osservò fumare in silenzio: lei non lo guardava; fissava una siepe del giardino.
“E se io non volessi ascoltare quello che hai da dirmi?” La ragazza si volse verso Turner per guardarlo negli occhi mentre pronunciava queste parole.
La sicurezza che Alex aveva messo insieme qualche minuto prima stava vacillando.
“In fondo, Alexander, per tre giorni hai preferito tacere e vedermi impazzire per i tuoi atteggiamenti di merda. Cosa pensi di poter risolvere adesso?” Margaret si era avvicinata e lo guardava negli occhi, che dopo l’ultima frase della ragazza si erano sbarrati. Erano diventati ancora più grandi del solito ed erano smarriti. Era la sua ennesima provocazione. Lei non ci stava ad essere trattata così e non poteva sopportare che Alex si sentisse in diritto di farlo. Per quanto Alex si fosse incazzato con lei, non poteva minimamente permettersi di decidere qualsiasi cosa.
Ripensò allo sguardo vuoto della ragazza durante il pranzo: era triste, dispiaciuta, assente e in quel momento capì che probabilmente non ci voleva molto ad ottenere una possibilità di parlare tranquillamente.
“Margaret, mi, mi, a me dispiace. Scusa per questi tre giorni.”
Margaret restò in silenzio. Non le bastavano quelle sentite, ma semplici parole.
“Sono stato un coglione. Reagisco sempre male, anche davanti alle cretinate, è solo che con te nulla è mai una stupidaggine per me. Devo sembrarti uno psicopatico in realtà: Matt ti ha detto che sono stato io a volerti qui per questi giorni e poi non…”
“Al, fermati. Dobbiamo parlare, hai ragione, ma non possiamo andare via adesso.”
“Perché no?” Chiese il ragazzo, sorridendo perché era riuscito a tirare fuori le parole giuste.
“Perché non è educato. Io e Pauline abbiamo fatto la torta e non mi va di sgombrare così in fretta.”
“Allora ceniamo insieme questa sera.” Alex si era sciolto completamente.
“D’accordo.”
“E magari dormi nella meravigliosa camera di hotel che ti sto pagando, ma di cui non stai usufruendo.”
“Non te l’ho chiesto io però!”
“Non mi interessa, io te l’ho prenotata lo stesso.”
“Va bhè, vedremo. Rientriamo perché sto morendo di freddo.”
“Ieri sera eri meno vestita e non sembrava stessi morendo di freddo.” Osservò Alex.
“Sì, Alex, non c’è bisogno. Lo so che stavo bene con quel vestito ieri sera.” Scherzò la ragazza.
“Già, stavi molto bene.” Rispose serio lui. Lei non si aspettava un complimento serio e le guance le si colorarono leggermente di un rosa più intenso.
“Sei per caso arrossita?” Chiese Alex avvicinandosi per fingere di cercare qualcosa sul suo viso.
“No.” Mentì prontamente lei, mentre si dirigeva verso la porta per rientrare.
Alex sorrise impercettibilmente.

Il tè era pronto e Miles preparò le tazze da portare in salotto, mentre Pauline sfornò la torta.
Margaret si accomodò sul divano e Alex si sedette di fianco a lei, ma non troppo vicino. Nel salotto c’era solo un’altra poltrona, quindi, quando Miles li vide in silenzio sul divano, li raggiunse e si sedette in mezzo, pensando di far loro un favore.
Pauline appoggiò la torta sul tavolo e si accomodò sulla poltrona.
“Cosa fate oggi pomeriggio, ragazzi?”
Miles guardò gli altri seduti al suo fianco.
“Per me è uguale.” Rispose Alex.
“Io stamattina ho visto due o tre negozi in cui mi piacerebbe tornare.” Disse Margaret guardando Miles.
Kane non era di certo contrario all’idea di vagare per negozi. Durante il tour con Alex, gli era stato concesso solo visitare negozi di musica.
Con il programma pronto, finirono la merenda e Margaret andò a cambiarsi in camera.


“Miles sarebbe un problema se io e Margaret cenassimo fuori questa sera?” Chiese Alex all’amico mentre lavavano le tazze e sistemavano i piattini.
“Come hai fatto a convincerla a venire a cena fuori con te dopo lo schifo che sei stato in questi tre giorni?” Chiese di rimando Miles, sinceramente sorpreso.
“Le ho chiesto scusa.”
“Ma bravo Alex! Stai crescendo! Quando spunta il prossimo dentino?” Miles iniziò a prenderlo in giro, ma Alex era serio.
“E probabilmente non viene a dormire qui stanotte.” Disse concentrandosi sulla tazza che stava asciugando attentamente.
“Alex…cosa hai intenzione di fare?” Miles era tornato serio di colpo.
“Voglio solo parlarle con calma.”
“Al, conosci il significato della parola parlare?” chiese Kane passandogli l’ultima tazza.
“Sì, idiota.”
“Vedremo.”
“Cosa c’è da vedere?” Margaret era comparsa sulla porta della cucina.
“Se non riuscirò a comprare almeno una camicia oggi!” Rispose Miles prontamente.


Margaret voleva usare i mezzi pubblici e Alex si fece convincere a usare la metro, anche se aveva paura dei fan, perché era stanco e voleva rilassarsi con i suoi amici.
Miles e Margaret non si risparmiarono alcun negozio degno di interesse. Alex sopportò senza lamentarsi quel supplizio.
Dopo almeno un’ora e mezza di camicie, gonne, vestiti, completi e cose del genere, Alex notò una piccola vetrina e l’insegna portava la scritta “Help!”.
Turner capì immediatamente che si trovava davanti a un negozio di dischi e non emise una parola per far capire a Miles che era intenzionato a entrarci; non voleva interromperlo, era impegnato a parlare con Margaret della possibilità di imparare a mettersi l’eyeliner . Gli diede una pacca sulla spalla e indicò il negozio dall’altra parte della strada.
Entrati nel negozio, tutti e tre si sorpresero perché era più grande di quel che sembrava da fuori. Sulla destra c’era il reparto dedicato ai dischi, vecchi e nuovi, mentre a sinistra c’erano alcune chitarre. Le pareti erano tapezzate di poster di artisti famosi, ma al contrario di quanto ci si potesse aspettare, la scena non era monopolizzata dai Fab Four. Un ricco catalogo di artisti osservava i clienti dall’alto.
Margaret si diresse immediatamente nel reparto dei dischi, mentre Miles e Alex non ci pensarono due volte ad andare a vedere cosa ci fosse nel reparto degli strumenti musicali.
La ragazza dietro la cassa stava leggendo un libro quando i tre entrarono e sollevò lo sguardo solo per osservare che tipo di gente si fosse degnata ad entrare in quel posto ormai dimenticato.
Il negozio era silenzioso e si sentivano solo le voci di Alex e Miles che parlavano e borbottavano di chissà che cosa nel reparto delle chitarre.
La ragazza dietro il bancone non ascoltava quello che stavano dicendo quei due e non voleva farlo, perché era presa dalla lettura, o meglio, rilettura,di Cime Tempestose, ma Miles la raggiunse al bancone. Lei si degnò di guardarlo, solo perché ormai non poteva più continuare a ignorarlo.
“Ciao, hai bisogno?” Disse la ragazza realizzando solo in quell’istante.
“C’è un mio amico di là e vorrebbe farmi sentire una cosa alla chitarra acustica. Possiamo usarne una un secondo?”
La ragazza, che aveva appena riconosciuto Miles e si doveva ancora un attimo riprendere, non riuscì subito a capire il senso di quella domanda, ma annuì.
“Grazie.” Rispose Miles facendole l’occhiolino.
La ragazza non ci pensò due volte ad approfittare della situazione.
“Il tuo amico di là e Turner?”
“Potrebbe.” Disse Miles ormai di spalle.
La ragazza seguì Miles immediatamente, aveva delle cose da dirgli.
“Ero al vostro concerto l’altra sera.”
Miles si girò.
“Ah sì?!”
“Già. Mi è piaciuto l’album.” Rispose la ragazza raggiungendolo davanti a Turner, il quale intanto aveva preso una chitarra.
“E’ la sintesi perfetta tra voi.” Alex a quel punto si girò verso Miles e la ragazza del bancone.
“Grazie.” Disse semplicemente Turner.
“Rendete meglio dal vivo però.” Aggiunse la ragazza distogliendo lo sguardo.
“Hai ragione.” Disse Margaret, che li aveva raggiunti.
Miles scoppiò a ridere, ma Alex le guardò con aria interrogativa.
“Cosa vuol dire scusa?” Chiese Alex guardando Margaret.
“Niente Al, lascia perdere.” Rispose Margaret facendo l’occhiolino alla ragazza del bancone.
“Quando fai un album da solista tu, eh?” La ragazza aveva ripreso coraggio e ora stava indagando sul futuro di Miles.
“Non lo so sinceramente.”
“No, tu devi farlo. La tua chitarra è fantastica e la tua voce è perfetta anche per un artista solista.”
Mentre la ragazza cercava di convincere Miles a intraprendere una carriera da solista e quest’ultimo si stimava per i complimenti, Alex seguì Margaret nella sala riservata ai dischi, con la chitarra in mano.
“Cosa stai facendo, scusa?” Chiese Margaret.
“Mi è venuta in mente una cosa e vorrei provarla, ma quei due di là mi infastidiscono.”

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Capitolo 40
*** Canopy 19 ***


Margaret tornò a concentrarsi sui dischi; c’era della roba interessante tra cui spulciare Alex nella stessa stanza con un’acustica tra le mani la spaventava, quindi voleva almeno provare a fingere che non esistesse.
Alex intanto stava torturando le corde di quella povera chitarra.

“Nice try, you cannot turn away but nice try
Turned your legs to little building blocks…”

A questi versi già poco chiari si aggiunse una serie di mugugni fatti solo per accompagnare l’accordo di chitarra.
Alex li aveva sussurrati, ma non c’era molto rumore a coprire la sua voce e Margaret ovviamente aveva sentito chiaramente quelle frasi.
Appoggiò l’album che aveva tra le mani, St Jude dei Courteeners e si voltò lentamente verso Alex, che intanto aveva chiuso gli occhi, probabilmente per concentrarsi sull’idea che lo aveva raggiunto nelle ultime ore.
Margaret sentiva l’impellente bisogno di tirargli una sberle, ma riuscì a trattenersi e quando gli fu di fronte, si schiarì semplicemente la gola. Alex aprì gli occhi all’improvviso, perché non si aspettava di sentire un rumore così vicino e si ritrovò davanti Margaret con le mani sui fianchi che lo guardava come se lo volesse vedere prendere fuoco da un momento all’altro.
“Che c’è?” Chiese Alex a metà tra l’impaurito e il divertito.
“Lo chiedi pure?” Rispose Margaret, che intanto aveva iniziato a battere il piede nervosamente, come aspettandosi una spiegazione.
“Cosa ho fatto adesso? Ho provato una cosina che mi frulla in testa da un po’ di tempo.”
“Intanto togliti quel ghigno demente dalla faccia.”
Alex non obbedì al comando, ma appoggiò la chitarra contro lo scaffale vicino e si avvicinò a lei.
“Altrimenti?” Era esattamente di fronte di lei e la guardava negli occhi. Lei aveva abbandonato le braccia lungo il corpo e il piede aveva smesso di muoversi nervosamente.
Aveva sgranato gli occhi per la reazione di Turner e adesso era immobile, stava aspettando qualcosa, ma non sapeva nemmeno lei cosa.
“Tutto bene da queste parti? Avete trovato qualcosa di interessante?” La commessa li aveva raggiunti.
Alex si girò verso di lei e la incenerì con lo sguardo. Margaret indietreggiò di un passo e riprese a respirare.
“Dov’è Miles?”
“Ha ricevuto una telefonata e non mi sembrava il caso di restare di là, ma se vuoi me ne vado eh.” Rispose la commessa inacidita da un simile atteggiamento.
“Lascialo stare guarda, non lo fa apposta ad essere acido, è il tempo.” Intervenne Margaret prima che Alex e la commessa si mettessero a discutere.
Uscirono dal negozio quasi venti minuti dopo; venti minuti in cui Alex si tenne a debita distanza da Margaret e dalla commessa. Le due ragazze restarono nel reparto musica e Cassie, la commessa, consigliò parecchia roba interessante a Margaret, che uscì dal negozio con almeno tre ore di musica e senza il pensiero della tensione che si era creata con Alex dopo il suo accenno alla chitarra.
Decisero di tornare a casa perché la temperatura si era abbassata notevolmente e cominciavano ad accusare la stanchezza dopo un pomeriggio di sfrenato shopping.
Appena entrati in casa Miles annunciò che si sarebbe andato a fare una doccia.
Pauline era andata a trovare sua sorella e non sarebbe tornata in poco tempo.
Margaret si abbandonò sul divano e si sfregò le mani.
“Ho le mani gelide.” Disse senza pensarci.
Turner si tolse la giacca e la raggiunse sul divano, si sedette di fianco a lei e dal nulla le prese le mani tra le sue, caldi, grandi.
“Cosa stai facendo?”
“Niente, sto cercando di non farti saltare le dita dal freddo, Margaret.” Rispose Alex senza guardarla negli occhi, ma concentrando il suo sguardo sulle loro mani unite, come mai forse erano state in tutti gli anni da cui si conoscevano.
Il salotto era illuminato solo da una lampada e da fuori non arrivava nemmeno l’illuminazione artificiale dei lampioni e Margaret era molto stanca, era stata una lunga giornata e in casa regnava il silenzio. Appoggiò la testa sulla spalla di Alex e chiuse gli occhi: non aveva nessun controllo sui suoi gesti. L’aveva fatto senza pensarci e senza volerlo si addormentò.
Alex rimase immobile, perché capì dal respiro lento e regolare della ragazza quello che era successo.
I capelli di Margaret gli facevano il solletico sulla guancia e non sapeva come fare con le mani: erano ancora unite, ma aveva paura che lasciandole lei si sarebbe svegliata.
In quel momento Alex iniziò a sperare che il telefono non iniziasse a suonare nella tasca dei suoi pantaloni, che uno starnuto non si palesasse come qualche ora prima in cucina, che Miles non tornasse dal bagno annunciando il suo ritorno a voce alta. Provò a ricordarsi l'ultima volta in cui lui e Margaret erano così in pace e gli venne in mente solo quel breve momento in riva al fiume, l'estase prima, mentre ascoltavano musica dall'ipod di Margaret.
Miles tornò dalla doccia con i capelli bagnati, ma già pronto per uscire.
Sarebbe andato a cena da sua zia e poi aveva programmato una serata con i suoi amici di sempre. Miles notò subito il silenzio irreale in salotto e non lo ruppe, perché per prima cosa pensò che Turner avesse trovato il coraggio almeno di baciarla, ma dovette accontentarsi solo di una Margaret dormiente vicino ad Alex.
Sorrise vedendo quei due, calmi solo quando uno dei due era incosciente.
Alex sorrise di rimando, senza sapere neppure perché.
Miles non ci pensò due volte e andò in camera sua a prendere un foglio, di quelli seri, di quelli che avrebbe usato se avesse frequentato l'università, e una matita. Tornò giù e notò con piacere che Margaret stava ancora dormendo nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata.
Si sedette sulla poltrona di fronte al divano e ignorò l'espressione interrogativa e confusa di Alex. Iniziò a tratteggiare i contorni delle figure e Alex capì a quel punto cosa stava facendo.
Non poteva ribellarsi, perché non voleva svegliare Margaret, ma lanciò occhiate di eloquente disapprovazione al suo migliore amico.
 In poco meno di dieci minuti Miles aveva fatto uno schizzo piuttosto accettabile e Alex si era arreso e si faceva ritrarre senza però guardare Miles direttamente, perché era in imbarazzo.
Era quasi ora di cena e Miles doveva uscire e non voleva svegliare Margaret per salutarla, anche se forse il giorno dopo non sarebbe riuscito a salutarla, allora scrisse due righe dietro il disegno che lasciò sul tavolino di vetro davanti al divano e andò a finire di prepararsi. Si sistemò i capelli, si fece praticamente una doccia con il profumo e scelse le scarpe. Tornando in salotto trovò Margaret seduta sul divano da sola.
Si era appena svegliata e non aveva ancora notato il disegno: era un po' intontita e confusa.
"Dov'è Alex?"
"E’ al telefono" rispose sbadigliando. Miles si sedette di fianco a lei sul divano, dove poco prima c'era Alex. Prese il foglio e glielo porse. Lei afferrò il foglio confusa, ma quando l'immagine fu a fuoco nella sua testa, sorrise spontaneamente.
"È bellissimo, Miles!"
"Voi siete bellissimi." rispose Miles sottovoce. Margaret non sapeva cosa rispondere a quest'affermazione così seria.
"Esci stasera?"
"già."
"Non puoi venire a cena con noi?"
"No. I miei casini con voi li ho già combinati e non mi va di fare altri danni. Dovete stare un po' da soli."
"O forse non dobbiamo affatto."
"Io non so cosa vi passi per la testa e probabilmente non lo sapete nemmeno voi due, quindi la mia presenza stasera non è solo inutile, è del tutto inappropriata."
"Miles, ho paura.""Di Alex? Ahahaha, ma è innocuo."
."No, Miles, non è Alex a spaventarmi. È quello che potrei volere a spaventarmi."
"Margaret, non ci pensare adesso. Goditi la serata e affronta una cosa per volta. L'unica raccomandazione che posso darti è quella di non fare cose che io non farei mai."
Margaret lo abbracciò di slancio, con gli occhi appena lucidi.
"Grazie. Per tutto. Sei veramente un tesoro."
"Non farti sentire da Alex, altrimenti gli piglia un coccolone. È geloso di me ahahahah."
Miles voleva smorzare un po' la tensione del momento e ci riuscì, perché Margaret scoppiò a ridere e sciolse l'abbraccio.
In quel momento ricomparve Alex in salotto.
"Ma tu non dovevi uscire dieci minuti fa?" chiese stranito dall'espressione particolare sul viso di Margaret.
"Turner, ma tu dov'eri quando distribuivano l'educazione? A fare la fila per la simpatia?" rispose Margaret di getto.
"Ahahahah però ha ragione, sono già in ritardo." Si girò verso Margaret e le diede un bacio sulla guancia, poi si alzò, passando di fianco a Turner gli assestò una pacca sulla spalla, e andò a mettersi il cappotto.
"Buona serata ragazzi" Urlò dall'ingresso e il rumore della porta che si chiudeva pesantemente annunciò loro che erano soli.
"Andiamo anche noi?" chiese Alex cercando di apparire rilassato.
"Devo preparare le mie cose, farmi una doccia e vestirmi. Ci metterò un po'."
"Ok."
 Margaret si diresse verso il piano di sopra e Turner prese possesso dell'acustica di Miles appoggiata vicino al camino. Margaret faceva tutto con estrema lentezza, anche se le sudavano le mani, perché voleva ritardare il momento in cui si sarebbe ritrovata sola con Turner.
Dopo l'episodio nel negozio di dischi una strana sensazione alla bocca dello stomaco l'aveva colta. Dal piano di sotto sentiva provenire spesso accenni a canzoni che conosceva. Turner stava giocando sporco. Suonava, non cantava, canzoni che sapeva che a lei piacevano, ma Margaret non pensava fosse una cosa intenzionale, mentre Alex invece rifletteva attentamente sulla scelta delle melodie.

Dopo quella che a lui parve un'eternità, Margaret lo raggiunse al piano di sotto. Trasportava il trolley con un braccio, mentre con l'altro reggeva il cappotto. Aveva deciso di indossare un capo comprato quel giorno. Era un tubino blu, semplice, con la cerniera sulla schiena  e sottili spalline di raso. I capelli erano sciolti e le coprivano le spalle. Mentre si preparava, Margaret aveva considerato l'idea di un semplice paio di jeans e una maglia anonima, ma era stato più forte di lei voler indossare quel vestito. Alex la osservò imbabolato per qualche istante e poi scoppiò a ridere.
Lui aveva passato quasi un'ora a suonare cover di canzoni che a lei sarebbero potute piacere, senza aver la certezza tra l'altro che lei lo potesse sentire, e Margaret con un semplice vestito e i capelli sciolti era più dolorosa di qualsiasi canzone suonata con un'acustica.
"Perché ridi?" chiese Margaret a metà tra l'imbarazzato e l'infuriato.
"Perché sono un coglione, ecco perché." rispose il ragazzo raggiungendola per andare a prenderle la valigia.
"Dove ti piacerebbe andare a cena?"
"Non lo so! Non ho nemmeno così tanta fame in realtà..."
"Vabbè, ora chiamo un taxi per andare in centro, poi decideremo"
"Non possiamo passeggiare?"
"Ma c'è la valigia! E poi poco fa ti sei addormentata in tre nanosecondi tipo." disse Alex sorpreso.
"Ma adesso mi sono ripresa e la valigia me la porto io, non ho bisogno del servo, grazie." rispose Margaret cercando di recuperare il suo trolley.
"Margaret siamo da soli nella stessa stanza da meno di cinque minuti e mi sono beccato già due risposte acide. A fine serata nono arriviamo vivi entrambi!" disse mentre l'aiutava a mettersi il cappotto.
Le porse il disegno di Miles che era rimasto sul tavolino.
"Hai ragione, ma tu mi sei scoppiato a ridere in faccia, permetti che la cosa mi infastidisca, soprattutto quando mi sembra che non ci sia nessun motivo apparente? Non mi interessa perché l'hai fatto. Riniziamo da capo." rispose Margaret sollevando un dito quando Alex aveva provato ad intervenire sul motivo della risata.
"Hai preso tutto?" chiese Alex aprendo la porta d'ingresso.
"Credo di sì." Margaret non era sicura di voler uscire da quella casa.
Si sentiva protetta tra quelle mura, mentre per strada, da sola con Alex, la situazione acquistava un che di preoccupante. Una volta fuori, Alex insistette per portarle la valigia, ma lei si ribellò dicendo che non era un problema. Dopo questi convenevoli trascorsero vari minuti di silenzio.
"Alex, tu almeno sai dove stiamo andando?" Chiese Margaret quando si accorse che probabilmente stavano vagando senza meta.
"No. Ci sono stato qualche volta con Miles e stiamo andando verso il centro. Appena troviamo qualcosa che ti interessa ci fermiamo, ok?"
"Ok." rispose non troppo convinta Margaret.
La verità era che si stavano sul serio dirigendo verso il centro, ma non per la strada più comoda e corta, perché Alex voleva che la serata durasse il più a lungo possibile, così non aveva intrapreso il percorso più corto.
C'era un po' di tensione tra loro, era innegabile, ma era un po' fiducioso sul fatto che potesse allentarsi. Margaret camminava di fianco a lui chiedendosi dove stesse il senso di quella serata.
 Per tre giorni lui l'aveva ignorata, nonostante fosse stato lui a volerla in Inghilterra, poi le aveva detto che dovevano parlare e nel momento in cui ne avevano occasione stava zitto.
Senza contare l'episodio del negozio di dischi.
Guardava le vetrine dei negozi alla sua destra mentre rifletteva sull'assurdità di quella situazione e una vetrina tra un negozio di borse e una libreria catturò la sua attenzione. Sul vetro della facciata c'era una scritta in celeste: "Canopy 19" e sotto di essa erano esposti una miriade di cupcake colorati e tutti diversi tra loro.
Margaret si fermò a fissare quel tripudio di colori e Alex se ne accorse dopo qualche metro. Tornò indietro e capì cosa aveva colpito Margaret. Non aveva mai visto così tanti cupcake e così tanto colorati in vita sua.
"Secondo te è aperto?" dalla vetrina non si vedeva l'interno, perché la sala era laterale alla vetrina dietro la cassa non si vedeva nessuno e la luce era poco intensa.
"Non lo so." rispose Alex perplesso.
"Proviamo ad entrare!" disse Margaret come ipnotizzata.
"Margaret, ma è tardi, dobbiamo ancora cenare!"
"Sbaglio o prima hai detto che appena trovavo qualcosa di interessante ci saremmo fermati?!" rispose lei puntandogli un dito contro il petto.
"Vuoi sul serio cenare con dei dolci?" Chiese Alex rassegnato.
"Voglio questi dolci o li voglio ora. Chiamala cena se vuoi, io la chiamo sopravvivenza. La tua." scoppiarono a ridere insieme tranquilli, finalmente, dopo tutto quel silenzio teso.
Alex aprì la porta del locale e il trillo di una campanella fu il solo rumore che sentirono.
Fece passare Margaret e poi entrò anche lui. Non era un posto molto grande. C'erano dei tavolini addossati contro al muro di fronte al bancone.
Dietro al bancone nessuno, come non c'era nessuno accomodato ai tavoli.
"Papàaa, è entrato qualcuno, puoi venire a servirlo?" la voce di una ragazzina invase il locale, ma non riuscivano a capire da dove provenisse.
"Lucy puoi pensarci tu? Sto infornando delle cose per domani!" questa fu la risposta di un uomo adulto.
A quelle parole, una figura bassettina e sottile si mostrò dietro il bancone. Lucy era seduta per terra e stava sfogliando i suoi spartiti, perché di lì a poco sarebbe dovuta andare a lezione di musica e non aveva voglia di stare in piedi dietro al bancone, tanto più se il locale era vuoto, ma in quel momento dovette abbandonare i suoi spartiti per dedicarsi ai clienti.
Margaret prese subito l'iniziativa perché sapeva che Alex voleva farsi notare il meno possibile. "Ciao! State chiudendo o siete ancora aperti?"
"Chiudiamo alle 20.30, quindi siamo aperti ancora per un'ora. Cosa vi porto?"
Lucy non aveva tempo per dedicarsi in modo gentile a quelli che stavano disturbando la sua pace. Margaret osservò i dolci del bancone e non sapeva come scegliere e cosa scegliere.
"Puoi portarci un esemplare per dolce?" Alex intervenne, perché aveva visto Margaret in seria difficoltà.
"sì, certo!" rispose poco convinta Lucy a quella proposta così insolita. Suo padre preparava molti tipi di dolci e i due di fronte a lei non sembravano in grado di ingurgitare più di due cupcake a testa, ma non lo fece notare loro.
"Alex, ma sei pazzo!"
"Mi sembrava troppo difficile scegliere. Ho fatto prima."
"Devo prepararvi anche qualcosa da bere? Tè, caffè, tisane?" chiese Lucy concentrando la sua attenzione su Alex. Era lui. No, era impossibile, non poteva essere lui.
"Io prendo un tè verde." disse Alex guardandosi i piedi, perché aveva notato l'espressione incuriosita di Lucy.
"Per me un tè ai frutti rossi."
"Benissimo, accomodatevi dove preferite. Arrivo tra poco."
Scelsero il tavolo più lontano dall'ingresso.
Margaret si guardava attorno estasiata: era piccolo e accogliente e le pareti erano ricoperte di legno fino a una certa altezza. Sul resto del muro c'erano una marea di foto di bimbi che mangiavano i dolci. La luce soffusa rendeva l'atmosfera anche leggermente romantica, ma lei non riusciva a concentrarsi su queste cose, tanto era presa dall'osservazione del posto.
Alex intanto era andato in bagno e quando passò davanti a Lucy, notò che la ragazza stava leggendo degli spartiti.
Il titolo della canzone era fin troppo familiare, così si fermò di botto, si sporse un po' verso la ragazza e pronunciò delle parole che Lucy si sarebbe ricordata per parecchi anni.
 "Hai bisogno di una mano con quelli? Miles è più bravo alla chitarra di me, ma se hai bisogno di chiedere qualcosa, approfittane oggi."
Lucy era completamente immobilizzata: il tono della voce, l'espressione divertita sul viso di Turner, il nome di Miles pronunciato con così tanta tranquillità, quasi quasi la fecero strillare.
Alex raggiunse Margaret al tavolo.
"Potevi trovare un modo migliore per confermare i suoi sospetti piuttosto che procurarle un principio di infarto eh."
"Ma non ho fatto niente, le ho solo chiesto se avesse bisogno perché ho riconosciuto una canzone dei Puppets."
"Forse tu non sei consapevole dei tuoi gesti. Se fai così con una fan, questa rischia di rimanerci secca!"
"Ma cosa ho fatto di male?"
"Ti sei avvicinato, hai pronunciato il nome del tuo migliore amico, che sarà uno dei suoi artisti preferiti come minimo,  e le hai sorriso. Dentro di sè è implosa. Osserva il tremito delle mani quando ci porta i dolci."
"Ma io non l'ho fatto intenzionalmente."
"Eh vabbè. Hai regalato una serata particolare a una giovane fan!"
In quel momento li raggiunse Lucy con un vassoio pieno mi cupcake e fette di torta e una teiera con l'acqua calda, le tazze, le bustine e il limone. Mentre porgeva le tazze ad Alex e Margaret si sentiva un forte rumore di ceramica, perché la tazza sbatteva contro il piattino per colpa del tremito delle sue mani. Fortunatamente le tazze erano vuote.
Margaret non ci pensò due volte e prese la teiera prima che Lucy potesse fare danni seri.
Quando Lucy ebbe concluso di sistemare tutto, cosa che fece stando molto attenta a non guardare mai Alex, si ritrovarono invasi da cupcake.
Margaret avrebbe voluto buttarvicisi come i bambini che si tuffano nelle piscine piene di palline.
"Non so quale scegliere." disse Margaret passando in rassegna con lo sguardo ogni dolcetto.
"Lascia per dopo quelli più interessanti, ora dedicati a quelli più anonimi!"
"Sei pazzo? E se finisco col riempirmi di quelli anonimi, poi non mi godo più quelli interessanti." rispose Margaret come se il suo fosse un ragionamento logico.
 Alex abbandonò l'argomento poco interessato e si concentrò sul suo tè. Margaret intanto aveva scelto un cupcake con della melassa bianca sopra e decorato con praline di cioccolato.
"Tu non sei una nostra fan. E con nostra intendo sia delle scimmie, sia dei Puppets. Vero?" Margaret si mise a ridere.
 "Quando mi hai detto che dovevamo parlare, non pensavo volessi affrontare questo argomento!"
"Scema! Stavo solo cercando di fare conversazione, però se vuoi parliamo subito di cose serie e roviniamo la leggerezza del momento..."
"No, no. Apprezzo lo sforzo di voler far conversazione. Dunque, vediamo...sono o no una vostra fan? La vostra roba mi piace, ma io le scimmie le conosco dal liceo. Ci suona il mio migliore amico. Posso essere fan del mio migliore amico?"
Alex non commentò il fatto che Margaret avesse specificato che nelle scimmie suonasse il suo migliore amico, come se invece Alex non contasse niente.
"E dei Puppets?"
"Dei Puppets sono ufficialmente una fangirl..." disse Margaret scoppiando a ridere.
Alex la guardò perplesso, poi capì di cosa stava parlando e sorrise poco convinto.
"Alex, era una battuta infelice, scusami."
"No, ci stava come battuta. Il problema è mio."
Margaret non aveva voglia di appesantire la situazione con commenti su quanto fosse vero che il problema fosse suo.
"E comunque, anche se non sono una fan tradizionale delle scimmie, alcune delle vostre canzoni sono tra le mie preferite di sempre."
"Ah sì? Quali?" chiese Alex sul serio incuriosito.
"Prova a indovinare." Chiese Margaret nascondendosi una parte del viso dietro la tazza di tè e guardandolo negli occhi.
Alex ricambiò lo sguardo come ipnotizzato e rispose senza smettere di fissarla.
"I bet, This House is a Circus e Only You Know."
"Capisco che pensi che io non sia una vostra fan, ma ho la discografia completa anche se vivo in Francia. Le canzoni che hai citato mi piacciono molto, ma non hai dato molto spazio anche alla roba esclusa dagli album." disse lei con tono di sfida. Alex si cacciò a ridere.
"Allora punto su Leave before the lights…too much to ask e… no buses. Ci ho preso almeno un pochino?" disse Alex prendendo una fetta di torta alle mele.
"Diciamo di sì." rispose Margaret tenendo il tono di sfida.
"Non me lo dirai mai, vero?"
"Piuttosto la morte! Ma solo perché sei tu a scrivere i testi e non voglio dirti quali mi hanno colpita di più." "Mi sembra legittimo."
"Non azzardi ipotesi anche sull'album dei Puppets?"
 "Non mi va di parlare di quell'album." rispose Alex guardando intensamente la fetta di torta che reggeva in mano.
 "Allora ti dico solo questo e poi non ne parliamo più: amo quell'album, traccia per traccia. Ero lì con voi quando ci stavate lavorando e non immagini nemmeno cosa significhi questo per un amante della musica. A prescindere da tutto quello che è successo, è sempre nel mio cuore, perché vi rappresenta perfettamente ed evidenzia il fatto che mai nessuno potrà mettersi tra voi."
Alex sorrise. Avrebbe voluto dirle che quell'album per lui rappresentava la prova evidente della strana cosa che lo spingeva ogni volta a voler risentire e rivedere Margaret.
"Se ti può consolare, sappi che tu sei al centro di quell'album." non voleva dirlo.
Non ci aveva pensato. Gli era sfuggito, ma Margaret non lo guardava con aria spaventata, come si sarebbe aspettato lui.
Lei guardò la tazza di fronte a sé e si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Era imbarazzata.
"Non ti sei truccata molto stasera." Alex non voleva che tornasse a segnare il silenzio e se Margaret era in imbarazzo si andava poco avanti.
"Già. Non mi andava di farti aspettare troppo al piano di sotto."
"Ma non mi stavo annoiando, potevi farlo tranquillamente."
"Ti rendi conto che sembra che tu mi stia dicendo che sarebbe stato meglio se io mi fossi truccata di più? Non è una cosa molto carina." Margaret aveva capito perfettamente cosa voleva dire Alex, ma il discorso gli era venuto fuori molto male.
"No, no, non volevo dire quello. Sei splendida anche con poco trucco. Volevo dire che non c'era problema a farmi aspettare." Alex non si era accorto di quello che aveva detto. La consapevolezza delle sue parole lo raggiunse con qualche secondo in ritardo, mentre Margaret aveva sentito tutto molto bene e adesso era in imbarazzo per la seconda volta nel giro di pochi minuti.
Per tutta risposta Margaret si mise a guardare i tantissimi cupcake rimasti sul tavolo.
"Hai assaggiato solo le torte, non ti va di provare una cosa piena di coloranti e zuccheri per riempirti la bocca e farti evitare di dire certe cose?"
 "Reagisci bene ai complimenti mi dicono."
"Alex, mangia. Non ti sta arrivando abbastanza zucchero al cervello e dici cose senza senso." Margaret si stava alterando. Era a disagio e non le capitava spesso.
"Margaret, non è successo nulla. Rilassati."
"Sono tranquillissima. Vado a fumare una sigaretta."
"Mi spieghi cosa ho fatto di male? Ti lamenti, giustamente, se ti ignoro, ti infastidisci se mi scappa un complimento. Non ti va mai bene niente."
"Non sono abituata a te. Non ti capisco, non capisco cosa ti passi per la testa. Parli poco e quello che dici mi sembra assurdo."
"Ok, su questo puoi anche avere ragione, ma ciò non ti autorizza a trattarmi male se ti faccio un complimento. Ha senso provare a parlare con te?" chiese senza attendersi una risposta da Margaret. Si alzò, prese la giacca, andò a pagare il conto e uscì dal locale.
Margaret non credeva ai suoi occhi.
L'aveva sul serio lasciata da sola lì dentro e non era da Alex assumere un atteggiamento del genere. Stava esagerando, ma non lo faceva apposta, era a disagio con Turner perché non era più nella situazione di forza come invece era stata in passato.
 Ci mise qualche minuto a darsi una calmata, ma poi raccolse le sue cose, afferrò un altro cupcake dal vassoio e uscì. Alex la stava aspettando sotto la veranda perché aveva iniziato a piovere.
"Alex, scusami, non capisco cosa mi stia succedendo." Alex non rispose, ma portò la sigaretta alle labbra per un altro tiro.
"Smetto di essere acida, ci provo almeno." Gli porse il cupcake, come segno di pace e lui sorrise. Non poteva arrabbiarsi sul serio con lei. Ci aveva provato sul serio ad odiarla e forse per qualche mese, dopo l'episodio di Miles, ci era anche andato vicino, ma in quel momento, era impossibile. Avrebbe voluto risponderle che avrebbe preferito assaggiarlo direttamente dalle sue labbra, ma evitò, perché avevano appena discusso per quel motivo.
"Non ti toglierei mai la gioia di riempirti di coloranti e zuccheri. È tutto tuo."
"da quando stai attento a queste cose?" chiese Margaret addentando il cupcake.
Alexa aveva gli aveva fatto smettere di mangiare schifezze, ma la sola idea di pronunciare il nome della sua ragazza gli faceva venire la nausea.
 "Miles è fissato con il cibo sano. Beve come una spugna, ma non penso di averlo mai visto mangiare una patatina fritta." Pioveva ed erano bloccati sotto quella veranda.
"Sei fortunato ad avere un amico come Miles."
"Perché mi tiene a dieta?"
"No, perché è un ragazzo formidabile e perché tira fuori una parte di te che non pensavo ci fosse. ""A cosa ti riferisci?"
"L'altra sera al concerto sembravi a tuo agio sul palco, più di quanto ti abbia visto a tuo agio nei concerti con le scimmie."
"Miles è nato per fare questo mestiere. O mi adatto o sparisco di fianco a lui"
"Dovresti acquistare questa sicurezza anche nella vita di tutti i giorni."
"E chi ti dice che io non sia sicuro di me stesso? Semplicemente non mi va che la gente capisca quello che mi passa per la testa."
"Ci riesci benissimo."
"Se vuoi sapere qualcosa, non hai che da chiedere."
"Perché siamo a Liverpool insieme in giro da soli?" chiese di getto Margaret.
"Perché avevo bisogno di vederti" rispose tranquillamente Alex.
Margaret tirò fuori una sigaretta e Alex non le diede il tempo di cercare l'accendino, perché si avvicinò e le accese la sigaretta.
"Ok..." Margaret tirò una boccata dalla Lucky rossa.
 "Perché nel negozio di dischi hai suonato quella cosa?"
"Perché è da quando ti ho rivista la frase detta da Sara mi rieccheggia nella testa."
"Stupida Sara" sorrise Margaret.
"E stupida io ad averti scritto quella lettera."
"Perché? Pensi che sia stata la lettera a farmi venire voglia di vederti? Sopravvaluti la mia forza di volontà." Ora che avevano iniziato ad affrontare quel discorso era difficile abbandonarlo. Margaret fu scossa da un tremito per via del freddo.
 "Chiamo un taxi. Hai freddo, andiamo in hotel."
"Non vuoi andare a prendere qualcosa da bere?"
"Non ho voglia di bere e comunque possiamo sempre prendere qualcosa in hotel."
Alex non voleva farsi vedere in giro per Liverpool con una ragazza. Era terrorizzato all'idea che qualcuno potesse fotografarlo.
Il taxi li raggiunse dopo pochi minuti. Il tragitto in macchina all'inizio fu silenzioso.
 Alex guardava fuori dal finestrino e canticchiava qualcosa di incomprensibile. Margaret più rifletteva e più pensava di essere in una situazione assurda.
A un certo punto appoggiò la testa sulla spalla di Alex.
"Alex non abbiamo più diciannove anni."
"Io e te non abbiamo mai avuto diciannove anni Margaret."
Alex le prese la mano e intrecciò le dita con quelle della ragazza.
"Non ho freddo alle mani, Al."
"Lo so." Margaret sospirò rumorosamente, ma non ritrasse la mano.
"Non c'è modo per farti smettere, vero?"
"Smettere di fare cosa?"
"Di comportarti così."
"Temo di no. In passato ho pensato prima agli altri, sempre. Questa volta non riesco proprio."
"Le cose cambiano, so che sembra strano, ma non è così."
"Se non sono cambiate da luglio scorso, è improbabile che possano cambiare in futuro."
Margaret non seppe cosa rispondere.
 "E comunque appena becco Fray in giro, gli do un cazzotto." Margaret scoppiò a ridere.
Arrivati in hotel, Alex andò a prendere le chiavi delle camere e porse a Margaret uno dei mazzi. "Vuoi prendere qualcosa da bere?" Alex appariva tranquillo e stava cercando di mettere a suo agio Margaret.
"No, ho solo voglia di mettermi in pigiama e dormire." Alex sorrise in modo enigmatico.
"Perché fai quella faccia?"
"Perché sì. "
"Non avevi detto che per sapere mi bastava chiedere? Perché non mi rispondi?" Alex non rispose, ma si avviò verso l'ascensore, lasciando Margaret ad aspettare una risposta che non sarebbe mai arrivata.
In ascensore Margaret guardava Alex attentamente per capire cosa gli passasse per la testa. Alex da parte sua faceva finta di non notare lo sguardo indagatore della ragazza.
Arrivati al piano, Alex l'accompagnò davanti alla sua camera.
"Vorrei poterti dire grazie per la bella serata, ma mi trovo costretta a dirti mi dispiace."
"E per cosa?"
"Per tutto. Sono stata acida e non siamo riusciti nemmeno a parlare decentemente."
"Sono sempre più convinto che non riusciremo mai a farlo ormai."
"E allora perché sentiamo comunque il bisogno di avere uno spazio nostro?"
"Perché non l'abbiamo mai avuto, Margaret."
"Probabilmente hai ragione. Buonanotte Alex."
Margaret si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla guancia, sulla quale indugiò qualche istante di più, probabilmente per fargli arrivare un po' di quella dolcezza che a parole non riusciva proprio a esternare con lui. Lui si beò di quel contatto così innocuo e innocente.
Da quando si conoscevano, a parte la serata a casa di Matt, c'erano stati veramente rari contatti tra loro, come se ne avessero paura.
"Buonanotte Margaret." Il ragazzo andò verso camera sua.

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Capitolo 41
*** Not Ninenteen Forever ***


Premetto che senza C. questo capitolo non avrebbe MAI visto la luce. Grazie C. e perdonami per per tutte le volte che ti ho ammorbata.


L'intensità della pioggia fuori era aumentata e ora c'era un temporale.
 Margaret si infilò il pigiama. Non era tranquilla. Un misto di delusione e aspettativa la invadeva. Sperava che quella serata fosse andata meglio e invece con i suoi soliti modi di merda aveva rovinato un momento che si sarebbe potuto rivelare tranquillo e piacevole e poi non capiva Alex. Nel negozio dischi quel giorno stava per succedere qualcosa.
 A casa di Miles le aveva preso le mani con il pretesto del freddo.
Era scoppiato a riderle in faccia quando lei l'aveva raggiunto in salotto a casa di Miles.
 Aveva detto quella frase sull'album con Miles. In taxi le aveva ripreso la mano. Non si spiegava troppi atteggiamenti ed era inutile provare a chiedere spiegazioni, perché comunque Alex non si sarebbe fatto comprendere. Prima di infilarsi sotto le coperte cercò il disegno di Miles.
Era molto semplice, ma era dolce. Alex era ritratto mentre osservava le loro mani giunte e l'espressione di Margaret era rilassata, abbandonata a quel momento. Il rumore di un tuono la scosse da quelle riflessioni.
Lei aveva paura dei tuoni.
Prese il cellulare e si mise a letto. Scrisse un messaggio a Matt per sapere se poteva chiamarlo, ma non ricevette risposta.
 Pensò di chiamare Miles, ma poi rinunciò perché sapeva che era fuori con i suoi amici e non voleva disturbarlo.
Fu sul punto di chiamare Sara, ma non aveva voglia di spendere un capitale per una telefonata internazionale in cui il suo interlocutore dovesse farle compagnia finché non si fosse addormentata o finché non fosse finito il temporale, così chiamò l'unica persona che sapeva fosse sveglia e che non disturbava.
"Margaret?"
"Turner, dimmi che hai con te uno di quei libri di poesie che conosci solo tu e che puoi leggermi qualcosa."
"Sì, ma stai bene?"
"Io...sì, lascia stare. Leggi e basta."
"D'accordo." Alex prese le Antologie di Spoon River dal comodino, si sedette sul letto e aprì il libro a caso.
La voce di Alex la calmò un po' e il respiro tornò regolare.
Finita la prima poesia, Alex non le chiese se dovesse continuare, ma ne iniziò un' altra di sua spontanea volontà.
 Leggeva a voce bassa, faceva le pause nei momenti perfetti e spesso concentrava l'attenzione su alcune parole di proposito.
"Margaret, mi puoi dire che è successo?"
"No, perché poi di prendi in giro."
"No, non ti prendo in giro, promesso."
"Non devi ridere."
"Non ho dodici anni, non rido. Sono preoccupato."
"Io...io ho paura dei tuoni." sputò Margaret velocemente.
"Scusa?"
"Sì Alex, hai capito bene. Ho paura dei tuoni."
"Tu cosa?" Alex scoppiò a ridere.
 La serietà nella voce di Margaret gli aveva fatto capire che non stava scherzando, ma non riuscì proprio a trattenere la risata.
"Stai ridendo, schifoso maledetto!"
"No, non sto ridendo!" Margaret non credette alle sue orecchie.
 Si sentiva benissimo che stava soffocando dalle risate. Si alzò di scatto dal letto, afferrò le chiavi della sua stanza e si fiondò fuori dalla camera di Turner. Iniziò a bussare furiosamente. Alex andò ad aprire mentre ancora rideva.
Gli mollò uno schiaffo in piena faccia, ma non lo prese bene e quindi non fece troppi danni.
"Non vado oltre perché pesi come una foglia e farei danni seri!"
"Picchi forte mi dicono eh! "
"E dire che ero anche riuscita a calmarmi."
"Avresti potuto farmi male sul serio! Comunque, a proposito di foglie, accomodati, devo darti una cosa."
"Avrei voluto farti male sul serio."
 Era sull'orlo delle lacrime per il nervoso.
Entrò nella stanza e si sedette per terra, appoggiando la schiena al lettone di Turner.
Alex andò a prendere una scatolina dalla valigia. La raggiunse e si sedette di fianco a lei.
Margaret stava torturando il laccio messo in vita ai pantaloni del pigiama.
"Prendimi in giro anche per il mio pigiama e siamo a posto." Non aveva visto cosa avesse Alex in mano, perché non lo guardava.
"Se avessi saputo che era così, questa mattina ti avrei comprato un pigiama nuovo, ma per sfortuna ho trovato solo questo."
Margaret sollevò lo sguardo e si vide porgere quella scatolina. Lo guardò interrogativa.
Margaret prese la scatolina titubante e l'aprì.
Conteneva un paio di orecchini. Erano argentati e rappresentavano delle foglie. Erano molto semplici e piccoli, ma bellissimi nel complesso.
 "Perché?"
"Cosa perché?"
"Perché mi hai fatto un regalo e perché questo regalo?"
"Ti piacciono?"
"Sono bellissimi, ma non cambiare discorso, non ci provare con me, non sono una giornalista impicciona!"Alex si fissò le mani, sospirò e poi iniziò a parlare.
"Tu sei come una foglia: quando stai bene, sei piena di vita,  bella, resistente. Quando una foglia sta male, cade e non si può rialzarsi e tu, quando stai male, hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te, perché sei sempre stata fin troppo lasciata a te stessa."Margaret aveva gli occhi lucidi e si girò verso il comodino per non farsi vedere.
"Grazie per il pensiero, ma non dovevi e non dovevi nemmeno dirmi tutto ciò."
"Sì, lo so, le solite frasi di circostanza e poi mi hai chiesto tu il perché."
Alex le diede qualche momento per riprendersi e poi le chiese perché avesse tanta paura dei tuoni. Non si aspettava una cosa del genere da Margaret. Non pensava potesse avere questo tipo di debolezze.
Uno dei ricordi più vecchi che aveva era legato a un temporale.
Era piccola, forse non arrivava ai sei anni, e i suoi genitori stavano ancora insieme.
Una sera uscirono e la lasciarono a casa con la baby-sitter, una signora severa e poco simpatica. Quella sera ci fu un temporale pazzesco e lei era a letto e non riusciva ad addormentarsi, perché ad ogni tuono saltava dalla paura. A un certo punto si era alzata e aveva raggiunto l'arpia in salotto. Irene stava serenamente leggendo un libro.
Quando la baby- sitter la vide fuori dal letto si arrabbiò molto e le intimò di tornare a dormire. Margaret cercò di spiegarle che non riusciva a dormire per i tuoni e tutto quello che si sentì rispondere fu che erano sciocchezze e che doveva smettere di comportarsi come una bimba piccola. Ma lei a quel tempo era una bimba piccola.
I suoi genitori tornarono dopo poco e come ogni sera andarono a darle il bacio della buonanotte, pensando di trovarla già addormentata e invece la scoprirono ancora sveglia, infilata del tutto sotto la coperta con il viso ricoperto di lacrime.
Da quella sera quella Irene non tornò più, ma la paura dei tuoni non l'abbandonò.
Alex le aveva preso la mano durante il racconto dell’episodio, ma lei non se ne era accorta. Lo notò solo quando finì e il suo stomaco si attorcigliò.
“E da quella volta non riesco più a stare da sola durante un temporale, ci deve essere almeno una voce amica con me.
“E ora si spiega la strana telefonata dall’altra stanza.”
"Mi dispiace per prima, non volevo ridere..."
"Succede." Le loro mani erano ancora intrecciate, ma Margaret avrebbe felicemente abbandonato il contatto, perché le procurava un serio fastidio.
"Va tutto bene? Hai lo sguardo preoccupato."
Non andava tutto bene. Non capiva niente, aveva caldo, ma a volte era scossa dai brividi.
"Sì, sono solo stanca."
"Questo anello che significato ha?" Disse Alex che non sembrava aver sentito la risposta di Margaret alla sua domanda.
"L'ho preso molti anni fa da Manchester e l'ho ritrovato solo di recente. Voglio andare a vivere in quella città prima o poi, a tutti i costi e questo anello rappresenta il mio impegno con quella città, diciamo così."
"Capisco." Lei ritrasse la mano dalla presa di Turner.
"Il temporale è finito."
"Già" rispose Alex serio e leggermente infastidito.
 "Posso andare a dormire in pace."
"Buonanotte Margaret." disse Alex, mentre si alzava  sbuffando e tirava fuori le sigarette dalla tasca del cappotto per andare sul piccolo balcone della stanza.
"Buonanotte Al"
"E sogni d’oro." Replicò in tono acido, accendendo la sigaretta.
Margaret si era alzata in piedi a sua volta e lo guardava attentamente da dentro la camera.
“Scusa?”
“Ti ho augurato di fare dei bei sogni, cosa vuoi ora?” Continuò Alex inacidito.
"Tu sei pazzo. Hai cambiato umore in tre secondi tipo. Non mi sembra di aver detto o fatto niente di male questa volta." Sorpresa da un simile cambiamento in Alex.
"Infatti, non hai fatto niente di male." Alex guardava la sigaretta nella sta mano, pur di non dover incontrare lo sguardo di Margaret.
 Margaret si avvicinò di più al balcone. Non sapeva cosa dire, Alex era diventato di cattivo umore e si era chiuso a riccio.
Spense la sigaretta a metà e rientrò nella stanza superando la ragazza.
"Margaret, non ci posso far niente. Reagisco così. Divento di cattivo umore e silenzioso, perché non sono il tipo che dice quello che vuole. Se le cose mi capitano, bene, altrimenti pace. Ti ricordi come ho reagito quando mi hai detto che ti saresti dovuta trasferire? Non ho detto una sola parola per consolarti. E quando mi hai vomitato addosso, appena tornata dalla Francia, che ti piacevo? Zero. Ho dovuto aspettare che tu tornassi per qualche giorno per trovare il coraggio di affrontare la cosa..." Alex camminava per la stanza.
Sembrava che parlasse più da solo che con Margaret.
"Alex, stai bene?" Margaret non lo aveva mai visto così su di giri.
"No, non sto bene Margaret. Non sto affatto bene. Non sai cosa sia stato vederti dopo il concerto all'Astoria e quel coglione di Pritchard e poi Miles, che ti gironzolava attorno.
Le telefonate a Matt, perché tanto chissene frega degli altri componenti della band, chissene frega di Turner. E Matt che mi racconta. Ma io volevo sentire la tua voce, volevo saperle da te le cose. Oh, e poi la Francia. Pensavo sul serio che questa tortura potesse finire, insomma, a letto con Miles!
E invece un cazzo! I tuoi sms nati per farmi saltare i nervi, Matt e Miles che ti sentono perché sono preoccupati.
 La tua lettera: letta e riletta varie volte, per cercarne ogni volta un significato diverso e che mi potesse far dormire la notte."
Margaret era esterrefatta. Osservava Alex immobile. Non muoveva nessuna parte del corpo, a parte gli occhi, che non si staccavano da quel Turner.
“E adesso sono qui, in una camera d' hotel di Liverpool a sclerare, perché sono troppo corretto, o forse codardo, per fare sul serio quello che vorrei fare." Alex era di spalle alla ragazza.
Non poteva vedere Margaret fissarsi i piedi dopo l'ultima frase.
Non vedeva gli occhi emozionati di Margaret. Lui aveva tirato fuori cose vecchie, cose che pensava fossero sparite anche dalla sua memoria. Non sapeva cosa dire, come aiutarlo. Alex aveva aperto la diga e lei non aveva visto arrivare tutto ciò.
"Alex, io...io" Turner si stupì a sentire qualche suono emesso dalla bocca di Margaret, pensava di averla scioccata. Si girò lentamente verso di lei.
"Io.."
Margaret si fissava i piedi. La sensazione alla bocca dello stomaco era più intensa di quando lui le aveva preso la mano qualche minuto prima e non sapeva cosa fare.
Nella sua testa rieccheggiavano le parole di Alex come se ci fosse l'eco.
Alex la vide così, immobile, indifesa e disse un  sonoro "Vaffanculo" mentale a tutto e a tutti.
Con poche falcate coprì la distanza che li separava e Margaret sollevò la testa perché non si aspettava movimenti improvvisi da parte di Alex.
 Lui si avventò sulle sue labbra.
Portò le mani dietro la schiena della ragazza per stringerla a se.
Margaret era del tutto vittima delle labbra di Turner, subiva quel contatto insistente, ma mai invasivo.
Alex le appoggiava ripetuti baci a stampo sulle labbra, come pregustandosi quello che sarebbe potuto succedere dopo. Appena Margaret si riprese dalla sorpresa e infilò le dita tra i capelli di Alex, quasi per assicurarsi che non si sarebbe allontanato molto presto, e automaticamente entrambi schiusero le labbra.
Non fu un bacio dolce, ma irruento, violento, intenso, passionale.
 Lo aspettavano da anni, anni di litigi, discussioni, attese.
Alex spostò le mani dalla schiena ai fianchi, per avvicinarla ancora di più a se.
Era un bacio sbagliato, lo sapevano entrambi e Margaret più volte aveva pensato di interromperlo, ma il sapore dolce misto a quella di sigaretta sulle labbra di Alex era come una calamita.
Le sue mani vagavano tra i capelli lunghi di Alex, che gli conferivano un aspetto angelico, anche se di angelico in quel momento c'era ben poco in quel bacio.
Alex prima di staccarsi succhiò lentamente il labbro inferiore di Margaret, come se il sapore di quella bocca dolce non gli fosse bastato.
La sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco era sparita, per lasciare spazio a una sensazione di vuoto che la invadeva completamente, come se la fine del bacio l'avesse lasciata incompleta. Margaret aprì gli occhi lentamente e si ritrovò Alex davanti che le guardava ancora le labbra.
Il marrone degli occhi del ragazzo era diventato liquido, profondo.
Aveva il fiato corto ed era ancora aggrappato ai suoi fianchi. Margaret sfilò le mani dai capelli di Alex e gliele appoggiò sulle spalle, quasi come se potesse cadere da un momento all'altro.
“Hai le labbra screpolate.” Disse Alex a voce bassissima, non distogliendo lo sguardo dalle labbra di Margaret
“E’..è il freddo. Alex?” Biascicò Margaret confusa per quella strana affermazione e tolse le mani dalle sue spalle.
“Mh?” Alex spostò lo sguardo dalle labbra agli occhi di Margaret.
“Non possiamo. E’ sbagliato.”
Alex non disse una parola, le prese il viso tra le mani e la baciò nuovamente spingendola delicatamente contro il muro più vicino. Margaret sgranò gli occhi per lo stupore, provò ad opporre resistenza ma Alex l'aveva stretta in una morbida morsa, calda ma allo stesso tempo forte.
Avrebbe voluto trovare la forza per staccarsi da quelle labbra ma lo sforzo sarebbe stato disumano e, sinceramente, non ne aveva nemmeno troppa voglia.
 Il pensiero di Alexa le attraversò la mente un'ultima volta, poi Margaret sentì le ginocchia cedere nel momento in cui si abbandonò totalmente - anima e corpo - alle labbra di Alex.
Questa volta il bacio fu estremamente delicato, dolce e mai si sarebbe aspettata che le sottili labbra del ragazzo potessero essere così morbide.
La lingua di Alex incontrò delicatamente la sua mentre le mani del ragazzo tornavano a posarsi sui suoi fianchi giocherellando con l'orlo della maglia di Margaret. Lei gemette impercettibilmente perché quel bacio stava diventando dolorosamente e dannatamente lento tanto da farle male fisicamente, da sentire le mani di Alex come se fossero un macigno insostenibile anche se erano leggere come una piuma.
Alex le morse il labbro inferiore, entrambi sorrisero labbra contro labbra, poi Alex si staccò e guardò Margaret negli occhi.
“Domani ci penseremo. Adesso ci siamo solo noi due.”
Margaret annuì poco convinta all’affermazione di Alex, anche se sembrava di più un ordine a cui obbedire.
Alex si avvicinò a lei e Margaret chiuse gli occhi aspettandosi un altro bacio e invece restò delusa, per così dire, perché Alex iniziò a torturarle il collo con dei baci poco delicati, mentre le sue mani avevano abbandonato l’orlo della maglia, per scivolare sotto la maglia e raggiungere la schiena di Margaret.
“Margaret?” Chiese Alex sottovoce, non abbandonando il collo della ragazza.
“Mh?”
“Sono pazzo io o hai l’odore di Matt addosso?”
Margaret sorrise.
"Non sei diventato pazzo. È una maglia di Matt, me l'ha data l'altro giorno quando ho dormito con lui." rispose la ragazza, non senza qualche difficoltà perché le mani di Alex le accarezzavano la schiena, mentre le labbra di Turner sembrava non potessero fare a meno di assaggiare ogni centimetro disponibile di pelle.
“Nessuno l'ha invitato qui però." replicò Turner allontanandosi dal collo di Margaret per sfilarle la maglia. Margaret non oppose resistenza, ma quando Turner tornò a baciarla con trasporto, la sua schiena nuda si ritrovò a contatto con una parete fredda e lei emise un lamento. Si allontanò dal muro e si strinse di più a Turner, che non sembrava aver capito il problema. Le mani di Margaret iniziarono a loro volta ad esaminare l'abbigliamento di Alex e il lupetto grigio di Alex fu eliminato con non troppa delicatezza in pochi istanti.
Tutto ciò accadde nelle pause tra i loro baci, ma la camicia bianca di Alex richiedeva uno sforzo maggiore. Entrambi impazienti si misero a slacciarla e quando fu gettata sul pavimento anche quella, Alex spinse di nuovo Margaret contro il muro perché voleva il contatto fra i loro corpi mezzi nudi, oltre che fra le loro labbra, ma Margaret fu scossa da un brivido per il nuovo contatto con la parete fredda.
"Tutto bene?" chiese Alex con tono affannato.
 Parlare era diventato una fatica, perché richiedeva uno sforzo notevole: articolare le parole e staccare le labbra da qualsiasi punto del corpo di Margaret in cui si trovassero.
"La parete è fredda..." rispose Margaret appoggiando la testa sulla spalla di Alex. Questi si abbassò un po', afferrò le cosce sottili di Margaret e le fece capire di attorcigliarle intorno alla sua vita.
"Sei sicuro di farcela? Non è che mi lasci cadere tra mezzo metro?" chiese Margaret circondando il collo di Alex con le braccia.
"Sta' zitta!" sussurrò Turner divertito all'orecchio di Margaret, prima di morderle il lobo.
La voce di Alex era profonda e cristallina, un riflesso perfetto di quello che stava succedendo anche a lui in quel momento. Era preso dal momento e completamento perso in esso, ma allo stesso tempo si sentiva leggero, quasi incorporeo.
Il tono di Turner procurava non pochi problemi a Margaret, che però evitava di fargli notare quali poteri avesse la sua voce su di lei. Arrivati al letto, Alex si chinò delicatamente e la adagiò sul piumone bianco, per poi rialzarsi e osservarla dall'alto. Si guardarono negli occhi prima che lo sguardo di Turner scivolasse sul corpo di Margaret indugiando qualche secondo sul suo seno, per poi scendere verso la pancia piatta della ragazza e risalire al suo viso circondato dai lunghi capelli scuri sciolti.
"Che c'è?" chiese Margaret, che si sentiva priva di difese sotto quello sguardo così intenso e curioso come quello di un bambino quasi. Incrociò le braccia sul petto per coprire parte della sua nudità.
"No, non coprirti. Sei così... così Margaret anche in questo momento che non posso fare altro che contemplarti in silenzio, come è giusto che si faccia" soffiò Alex in un sussurro.
Margaret arrossì violentemente e si sollevò per raggiungere le labbra di Alex, troppo distanti in quel momento. Si aggrappò alla sua schiena e strinse sotto le dita la pelle morbida del ragazzo lo trasse giù, sul letto. Alex si lamentò per la posizione scomoda.
"Abbiamo intenzione di restare qui per tutta la notte o dici che possiamo andare sotto le coperte?" chiese Alex allontanandosi con enorme sforzo da Margaret.
"E io che pensavo di andare sul balcone a dare spettacolo!" replicò la ragazza mettendosi a sedere e ritrovandosi il petto di Alex a pochi centimetri dal viso. Alex si allontanò per andare a spegnere la luce.
"Al?"
"Sì?"
"Ma sei sicuro di essere diventato un uomo? Ho visto ragazze in bikini con più peluria di te sul corpo."
"Era un commento proprio necessario?" rispose Alex tornando verso il letto. Iniziò a slacciarsi la cintura dei pantaloni, ma le mani della ragazza si imposero su quelle del cantante.
"Non mi togliere tutto il divertimento!"
Ad Al sfuggì un gemito per il contatto delle mani di Margaret in una zona del genere. Lei sorrise soddisfatta. La situazione stava rientrando nel suo controllo. Quando le sue gambe furono libere dai pantaloni, Margaret lo spinse sul letto con non troppa delicatezza e poi si mise a cavalcioni su di lui e iniziò a baciarlo in modo provocante, alternando baci lascivi sulle labbra a leggeri morsi sul collo. "Il..." provò a dire Alex, ma fu interrotto dalle labbra di Margaret.
"Il pigiama. Hai il pigiama." scandì Alex questa volta, con estrema difficoltà, visto il giochino- tortura di Margaret.
"Già." sussurrò lei al suo orecchio.
"Toglitelo." sospirò Alex, il cui respiro stava accelerando.
"Alex, ce la puoi fare o vuoi uno disegnino?" rispose lei portando una mano di Alex sull'elastico dei suoi pantaloni.
"Cristo Margaret, devi sfottere anche in questa situazione?" Alex afferrò la ragazza per i fianchi e la spinse di lato per invertire ancora i ruoli, poi senza nemmeno darle il tempo di capire quello che stava succedendo, le sfilò i pantaloni del pigiama e li lanciò da qualche parte senza curarsene. Margaret voleva arrivare proprio a conoscere quell'aspetto di Alex.
Aveva immaginato che ci fosse qualcosa dietro quegli occhi enormi e scuri, così profondi e grandi da spaventare, ma allo stesso così simili a quelli di un bambino curioso che vede ogni cosa per la prima volta. Ora quegli occhi la osservavano avidi e leggermente offuscati. Le mani di Turner le accarezzavano le gambe lentamente, senza fretta ora che anche il pigiama era stato eliminato. L'alternarsi di momenti lenti a momenti più intensi stava torturando entrambi, ma il problema era che entrambi volevano assaporare ogni momento e questo mal coincideva con il trasporto dettato dal desiderio. Entrambi curiosi, ma allo stesso tempo titubanti di fare qualcosa di sbagliato, soprattutto Alex, non perché fosse insicuro, ma perché era lei.
Era Margaret quella stesa sotto di lui.
"Alex, va tutto bene?" chiese Margaret spaventata, preoccupata, impaziente e logorroica.
 'Ma quanto parla?' pensò divertito Alex.
Si abbassò a baciarla e questa volta non c'era lentezza o dolcezza, solo desiderio. Le mani di Margaret vagano indecise se fermarsi tra i capelli, arpionarsi alla schiena, o costringere il collo del ragazzo. Alla fine optarono per l'elastico dei boxer di Alex.
Alex si schiarì la voce non appena notò dove si erano posate le mani calde di Margaret. Non era la prima volta che faceva l'amore, eppure era nervoso e preoccupato.
Margaret lentamente si avvicinò a toccare  Alex e questa volta lui non si trattenne, ma emise un sospiro profondo.
Fu un contatto lungo e delicato, una carezza leggera, ma le braccia di Turner quasi lo abbandonarono facendolo cadere su Margaret.
Riprese il controllo di sé, quando Margaret interruppe il contatto per spostarsi di nuovo sull'elastico. "Sei piuttosto sensibile." sussurrò all'orecchio di Alex.
 "Mi stai torturando."
"Tu non hai idea di cosa sia la tortura, fidati." disse Margaret scivolando sotto di lui e iniziando a lasciare una scia di baci sul petto, poi vicino all'ombelico, sempre più vicini a quel maledetto elastico.
"Ok, ok. Ho capito. Smetti di usare i tuoi trucchetti. Sei perfida." Le reazioni di Alex erano sempre più evidenti.
"Sei sicuro che vuoi che smetta?" questa volta la carezza di Margaret, nonostante fosse stata lasciata sopra la stoffa, fu più invasiva e pericolosa della prima.
"Possiamo. Comportarci. Normalmente. Per. Una. Volta.?" Alex scandì questa domanda parola per parola, mentre era impegnato a liberare Margaret dagli slip.
Non lasciò il tempo a Margaret di rispondere perché si avventò sulle sue labbra, affamato di lei, come mai forse prima era stato, cosa che non riteneva possibile.
Le mani di Alex scivolarono lentamente dal ginocchio di Margaret e salirono lentamente lungo l'interno coscia. Margaret iniziò a corrispondere il bacio in modo più impaziente, mentre Alex era più distratto.
Si soffermò ad accarezzare lentamente porzioni  imprecisate di pelle e Margaret gemeva quasi di dolore per l'impazienza. Alex interruppe il bacio per sorridere compiaciuto del fatto che non solo lui poteva sembrare debole, ma fu ripreso da un morso inaspettato di Margaret al labbro inferiore.
Era straordinario come anche in quella situazione sembrava non potessero trovare un equilibrio, troppo impegnati com’erano a sfidarsi. Una trasposizione fedele del loro rapporto conflittuale, disordinato eppure così intenso e duraturo.
Alex era perso in questa serie di considerazioni dopo il morso e Margaret notò che era distratto, fissava le sue labbra e aveva smesso di accarezzarla.
Margaret lo liberò dell'ultimo strato di stoffa tra i loro corpi nudi gli prese il viso fra le mani, gentilmente, abbandonando la tacita sfida che si erano lanciati e si guardarono negli occhi per un istante, senza barriere, senza pretese, senza pensieri e lui si accorse che tutto quello che voleva in quel momento era essere lì: su Margaret, con Margaret, in Margaret.
Sorrise; scosse la testa come a mandare via quei brutti pensieri e si perse, si perse definitivamente nella ragazza che tacitamente desiderava da anni.

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Capitolo 42
*** Evil Twin ***


Margaret si svegliò per prima. Dormiva su un lato dando le spalle a Turner, che però la costringeva in un abbraccio. Sentiva la pelle del petto di Turner contro la sua schiena e il respiro regolare di Alex era vicino al suo orecchio. Le loro mani erano intrecciate e lei non si ricordava di essersi addormentata così.
L'ultima cosa che ricordava era quella di aver sentito Alex avvicinarsi a lei mentre la insultava perché era troppo lontana. Aveva caldo, nonostante non si fosse quasi rivestita per dormire. Il calore corporeo di Alex la soffocava quasi, o almeno, lei dava colpa a quello, anche se sospettava che il problema risiedesse altrove: il senso di colpa forse. La consapevolezza che quella notte trascorsa insieme poteva solo peggiorare il loro già precario rapporto.
Si divincolò dalla stretta e Alex le chiese, ancora dormendo, dove stesse andando. Lei gli accarezzò la testa e gli sussurrò di continuare a dormire. Era in mutande e andare in quelle condizioni sul balcone non era una gran mossa, così raccolse i pantaloni del pigiama, cercò le sigarette di Alex e valutò l'idea di indossare la camicia bianca di Alex, ma preferì appropriarsi del lupetto di lana, sia per evitare cliché ridicoli, sia perché l'ottobre inglese limitava le scelte dell'abbigliamento, soprattutto verso le sette di mattina.
 Dal piccolo balcone poteva vedere il letto nella sua interezza e dal piumone bianco appariva solo la testa scompigliata di Alex, anche se non si vedevano i suoi tratti delicati abbandonati al sonno. Margaret chiuse gli occhi e provò a ricordarsi le espressioni del volto di Alex. Le tornavano in mente in modo inesorabile i suoi occhi. Non aveva mai visto uno sguardo più profondo, una luce così intensa. La cosa sconvolgente era il fatto che celassero qualcosa di nascosto, nascosto veramente bene, a molte persone. Pochi avevano la possibilità di leggere cosa scuotesse l'animo di quel ragazzo di ventidue anni, all'apparenza così innocuo, regolare ed equilibrato, ma nel profondo scosso da violenti passioni, ardenti desideri e chissà cos’altro.
Perché Alex era così: manteneva un profilo basso, non amava mettere in mostra sé e quello che lo riguardava.
Riservato non era la parola giusta; le veniva in mente solo la parola ‘geloso’.
Forse non era fiero di quella pensava e voleva, forse non lo riteneva di interesse per le persone che lo circondavano, o forse viveva semplicemente in un mondo tutto suo.
Mondo in cui, di tanto in tanto, aveva fatto entrare qualche figura, perché probabilmente il filtro fatto dal suo viso da bravo ragazzo aveva ceduto.
Matt e le scimmie conoscevano Alex, forse non del tutto e comunque sapevano della sua tendenza a rinchiudersi nel suo mondo.
Miles era andato oltre. Non riusciva a capire come, Miles aveva abbattuto la barriera tra Alex e il mondo esterno, oppure era entrato direttamente, senza chiedere permesso.
Miles, così diverso da Alex, così espansivo, cristallino, regolare sotto molti punti di vista, ma del tutto particolare sotto molti altri.
Insolito, turbato, verosimilmente dallo stesso tipo di passioni e con la stessa intensità dalle cose che sconvolgevano l’animo di Alex, però più incline ad abbandonar visi, non come Alex, che se le teneva per sé.
Matt era l’ancora di salvezza di Alex, come quella di Margaret del resto; il reale contatto con il mondo esterno, il suo amico più vecchio, caro e vicino, quello che capiva la “follia” di Alex, l’assecondava quando poteva, lo faceva riflettere, lo riportava con i piedi per terra quando esagerava.
Matt proteggeva Alex in modo fraterno, lo curava quando lo vedeva in difficoltà, lo faceva ridere quando era triste.
Perché Alex sembrava regolare, anche lei una volta ci era cascata, e per molti aspetti era un ragazzo regolare, considerato il lavoro, se così si poteva chiamare, che faceva. La fama non può che far perdere la testa  un pochino, anche all’adolescente più maturo.
Alex aveva ventidue anni e sarebbe stato considerato maturo ad un’osservazione superficiale: mai un eccesso, un colpo di testa, mai un crollo nervoso; ma questo era quello che vedevano ‘gli altri’.
Lei aveva capito con il tempo, Alex non era maturo: era come un bambino pieno di capricci, che non si era ancora abituato al fatto che il suo mondo non coincidesse con la realtà.
Trascorreva una vita regolare, come quella che poteva essere la vita di un cantante famoso, stava con una ragazza fantastica e riscuoteva successo qualsiasi cosa facesse, ma tra la vita che conduceva e il suo universo c’era un abisso e Margaret non sapevo dove si posizionasse la sua figura.
Era il capriccio represso del bambino intrappolato dentro quel corpo, una figura incidentale che era capitata sul suo percorso che non faceva altro che alimentare la sua ‘follia’, o semplicemente una ragazza per cui provava un’attrazione fatale?
La sigaretta finì e lei pensò che era troppo presto perché il suo cervello si mettesse sul serio a ragionare su queste questioni.
Rientrò in camera e ritardò il momento in cui avrebbe capito qualcosa in più di quell’assurda situazione. Si tolse il lupetto e si preparò a godere ancora del calore del corpo di Alex, lasciando fuori dal letto i sensi di colpa, la paura, tutto ciò che c’era di sbagliato in quella stanza.
Ci avrebbe pensato più tardi, in quel momento tutto ciò a cui valeva la pena di pensare era il fatto che le braccia di Alex l’accolsero non appena il ragazzo notò che era tornata.
Si accucciò contro di lui e incastrò il suo viso sotto quello di Alex, facendo aderire il più possibile i loro corpi seminudi e rilassati, dopo anni di tensioni, che si sarebbero comunque ripresentate di lì a qualche ora.
Turner fu scosso da un brivido, perché il naso di Margaret era freddo e sorrise comunque nel sonno, perché era tornata tra le sue braccia.


Il telefono di Margaret iniziò a suonare e si svegliarono entrambi all'improvviso. Era appoggiato sul tavolino vicino alla porta.
"È il tuo."
"Lo so." disse Margaret strofinando il viso praticamente sul petto di Alex, per poi alzarsi e andare a recuperare il cellulare. Margaret uscì dalle coperte e senza pudore alcuno, anche se aveva addosso solo le mutande, raggiunse il telefono.
Alex si ritrovò a pensare che avrebbe potuto svegliarsi ogni mattina con quel suono fastidioso, se quello era il prezzo da pagare per avere Margaret accucciata al suo corpo che strofinava il viso contro il suo collo.
"È Helders..."
"Ignoralo" buttò fuori Alex. Margaret era di spalle e Turner non la vide sorridere, anche se non si perdeva un solo movimento di quel corpo.
"Pronto!"Margaret iniziò la telefonata contro la volontà di Alex, ma tornò a stendersi sotto le coperte perché aveva freddo.
"No, non lo so." rispose Margaret a una domanda di Matt.
"Starà dormendo..."Alex capì che stavano parlando di lui, perché Margaret sorrideva e lo guardava. Alex non voleva essere disturbato e probabilmente Matt aveva provato a chiamarlo, ma lui aveva spento il cellulare da quando erano usciti da casa di Miles la sera prima.
Non voleva telefonate o messaggi e anche questa telefonata di Matt lo stava infastidendo, così si avvicinò a Margaret e iniziò a disegnarle tratti indefiniti sul corpo con le dita sotto le coperte. Piccoli cerchi intorno all'ombelico, vicino al seno, carezze vere e proprie sulle gambe distraevano  Margaret dalla telefonata, alla quale cercava di dedicarsi comunque, perché Matt era preoccupato per Alex e lei doveva mentire, mentre quel cretino stava monopolizzando le attenzioni della ragazza.
Margaret cercò di fingersi indifferente a Turner, ma più ci provava, più Alex alzava il tiro.
Margaret non era intenzionata a cedere alle provocazioni di Alex, ma era difficile, soprattutto perché quelle dita maledette avevano iniziato a giocare con l'elastico delle sue mutande.
"Scusa Matt, posso richiamarti tra un po'? Devo sistemare le ultime cose e ho paura di essere in ritardo." non aspettò la conferma da parte di Matt per interrompere la conversazione.
"Cosa stai facendo, idiota?"
 "Oggi sei solo mia. Domani chiami chi vuoi, vedi chi vuoi, ma questa mattina sei nel mio letto e sei mia." Alex si accomodò su di lei, tenendosi su con le braccia per non gravare troppo sul corpo della ragazza e le sue labbra andarono a coprire i disegni fatti prima con le dita.
Ad ogni bacio ripeteva "mia".
Margaret sul serio voleva ribellarsi e non capiva tutta questa fame di Alex appena sveglio.
Fino a pochi minuti prima stavano dormendo tranquillamente ed era bastata una breve telefonata a svegliare Alex. Margaret aveva sgranato gli occhi, perché non si aspettava niente di tutto ciò e cercava da qualche parte la forza di volontà di fermare Alex, ma la voce, la voce di quel cretino era come ipnotica.
Era cambiata nell'ultimo periodo, era diventata più profonda e intensa quasi.
 Lo voleva fermare, perché non era proprio il caso di farlo continuare, sapevano benissimo dove sarebbero finiti, ma quelle piccole parole sussurrate contro il suo ventre e le sue mani delicate che vagavano impazienti e i suoi baci distratti, le tennero la mente occupata, e anzi, la convinsero che avrebbe potuto sentirsi dopo una stronza, in quel momento non aveva molto senso.
 Afferrò la testa di Alex infilandogli le mani tra i capelli e lo baciò con trasporto per fargli capire che ormai l'aveva convinta, anche se non gli ci era voluto molto.



"Non si può fumare a letto, vero?" chiese Margaret oziosamente.
"Dubito."
"Che palle." si tirò su svogliatamente, smettendo di accarezzare il petto glabro di Alex, si rivestì con quello che trovava in giro e fregò un'altra sigaretta dal pacchetto di Alex.
Alex si mise a sedere appoggiando la schiena alle testiera del letto per osservate Margaret.
"Vedi Alexander, queste sono tue." iniziò Margaret prima di accendersi una Marlboro Light.
"E anche il maglione che hai addosso"
"Giusto."
Margaret diede un tipo alla sigaretta.
"E anche i segni che hai sul collo." rispose Al sorridendo.
"Ma le cose si fermano qui."
"No. Anche il ricordo di questa notte è mio."
"Se ci tieni tanto."
Ci fu qualche minuto di silenzio.
"E i sensi di colpa di chi dovrebbero essere?"
"Dobbiamo pensarci adesso?" chiese Alex alzandosi e andando a cercare qualcosa da indossare, visto che Margaret gli aveva fregato tutto.
La raggiunse sul piccolo balcone.
"Quando vuoi pensarci, scusa?"
"Quando tu non sarai più con me."
A Margaret stava scappando la pazienza. Il ragazzo non sembrava minimamente ammorbato da quella situazione.
"Andiamo a fare colazione?"
"Devi chiamare Matt. Io vado a farmi una doccia."Concluse Margaret spegnendo la sigaretta e facendo per rientrare.
Alex la bloccò per i fianchi e l'avvicinò a sé.
"Non riesco a starti lontano oggi." disse prima di baciarla per l'ennesima volta. Margaret all'inizio provò ad allontanarlo, ma poi si arrese, rispondendo al bacio.
Quando si staccarono, rimasero fronte contro fronte.
"Sei abituato a starmi lontano, non dev'essere così difficile."
"Dopo stanotte sarà  impossibile." rispose Al accarezzandole il viso.
"Succede." Chiuse Margaret fredda.
Margaret raccolse le sue cose e uscì dalla stanza di Alex.
Questi andò a recuperare il cellulare e lo accese. Si ritrovò pieno di messaggi di Alexa e Matt.
Lesse distrattamente quelli della sua ragazza e ignorò quelli del batterista, perché lo chiamò immediatamente.
"Testa di merda, perché avevi il telefono spento?" fu l'inizio della conversazione.
"Era scarico, tesoro."
"Non fare l'idiota. Ho chiamato il tuo ragazzo e mi ha detto che ieri sera sei uscito con Margaret. Ho chiamato quella stronza ed è stata evasiva." Alex si cacciò a ridere.
"Mi vuoi dire che cazzo è successo? Ero preoccupato."
"Va tutto bene, Matt, stai tranquillo." rispose serenamente Alex, come se sul serio non fosse successo niente.
"Dio, quanto odio quel tono di merda." Matt stava perdendo la pazienza, non capiva niente.
"Matt, stai calmo. Margaret è in camera sua ora."
"Cosa vuol dire ORA?"
"Ieri sera siamo usciti, è vero e non è andata benissimo. Siamo tornati in hotel e io potrei aver sclerato, diciamo così." Alex parlava facendo delle pause per fumare la sigaretta. Ogni frase era staccata. Era un discorso meccanico.
"Cosa vuol dire che potresti aver sclerato?"
"Ho detto cose che non pensavo sarei arrivato a dire davanti a lei."
"Mi sto preoccupando, Al. Avete fatto delle stronzate?"
"Se mi stai chiedendo se abbiamo fatto l'amore, la risposta è sì, Helders." Alex concluse con tono tranquillo.
"Alex, ti giuro. Ti spacco e ti rimetto a posto appena ti becco."
"Matt, prima o poi sarebbe dovuto succedere, era inevitabile."
"E ora come pensi di fare?"
"io...Io non lo so."
"Alex, cresci, devi pensare alle conseguenze delle tue azioni ogni tanto."
"Ora non riesco a pensare a nient'altro che alla sensazione di essere dentro di lei."
"Cosa che tutti hanno provato ormai." Sfuggì a Matt.
Silenzio da parte di Alex.
"Scusa, mi è scappato."
"Oh, non scusarti, tanto non stai parlando della mia Margaret." rispose Alex inacidito.
"Alex, forse non ti è chiaro: Margaret non è di nessuno, tanto meno tua."
"Vedremo." fu la risposta secca di Alex.
"Alex, cosa c'è da vedere? Cresci un po'. Vedremo che lei tornerà in Francia e proverà a dimenticarti con ogni fibra del suo corpo, ecco cosa vedremo."
"Matt, tu non l'hai vista stanotte. Eravamo insieme, abbiamo fatto l'amore. Due volte. Era presa, come me. Non è possibile che faccia una cosa del genere."
"E dimmi Alex, non ha minimamente accennato ad Alexa?"Alex non rispose.
"Come pensavo."
"Devo andare."
"Bravo Alex. Scappa dalle tue responsabilità. Bravissimo."
"Matt, vaffanculo."
"Sì, Alex, continua a prendertela con gli altri, come se non fosse sempre colpa tua."Alex chiuse la conversazione e andò sotto la doccia.
Il getto di acqua gelida non lo infastidì affatto. Era già troppo nervoso e incazzato per preoccuparsi anche di questo.
Dopo la doccia gli passò la voglia di fare colazione. Si stese a letto ancora mezzo nudo. Sentiva l'odore dei loro corpi e le immagini di quella notte tornarono a colpirlo: gli occhi di Margaret, le sue labbra, il suo corpo, le sue gambe che lo circondavano in una morsa dolcissima. Non si era immaginato tutto.
Non poteva tornare in Francia a fingere che nulla fosse successo. Però le reazioni di Margaret quella mattina sul balcone erano strane, non erano quelle di una ragazza felice.
Non capiva niente. Si rivestì in fretta e notò che le sue mani tremavano leggermente.
Uscì da quella camera, spettatrice di qualcosa di maledetto, e andò a bussare da Margaret.
"Sì?"
"Sono Alex."
"Cosa vuoi, Turner?" ecco il solito tono acido di Margaret, quello che lo mandava fuori di testa.
"Apri." Margaret ubbidì all'ordine perché sapeva che Alex non avrebbe desistito.
Era già vestita, pronta per partire probabilmente, nonostante il suo volo decollasse a pomeriggio inoltrato.
Alex entrò e si sedette sul letto intatto, mentre Margaret continuò a preparare le sue cose.
Dopo almeno cinque minuti di silenzio, Margaret perse la pazienza.
"Cosa vuoi?"
Alex sospirò. Doveva dirle cosa voleva.
 "Voglio svegliarmi con te ogni mattina. Voglio tornare dai tour e sapere che ci sei tu ad aspettarmi. Voglio chiamarti la sera dopo i concerti per raccontarti la mia giornata, quello che ho visto in giro per città sconosciute..."
"Non hai già qualcuno con cui poter fare queste cose?" lo interruppe Margaret stizzita.
"Voglio te, non voglio qualcuno."Margaret lasciò la valigia e andò a sedersi di fianco a lui sul letto. Notò che gli tremavano le mani e prese una mano del cantante fra le sue. Alex sorrise, fiducioso che quel gesto potesse significare qualcosa.
"Alex, non è il caso. Torna in te stesso."
"Non sono mai stato più me stesso come in questo momento."
"Stai dicendo cose che non pensi veramente." Margaret era seria. Stava cercando di ignorare i discorsi deliranti di Alex, perché le facevano malissimo, perché non volevano le stesse cose e quindi doveva convincersi che Alex non pensasse sul serio quelle cose per potergli dire quello che voleva dirgli.
"Non sono la persona giusta da cui tornare a fine tour. Non sono la persona giusta da chiamare la sera dopo i concerti. Io non sono fatta per una relazione del genere. Finiremmo per lasciarci dopo nemmeno una settimana."
"Non puoi saperlo questo." disse Alex alzandosi in piedi.
"Alex, io mi conosco meglio di te. Non hai mai vissuto la mia quotidianità, non sai come mi comporto nella vita di tutti i giorni."
"Voglio scoprirlo." replicò Alex, mentre camminava avanti e indietro per la stanza.
"Non ti lascerò fare una scelta così stupida come quella di lasciare Alexa per me. Fattene una ragione, non voglio stare con te. Non voglio stare con un musicista che sta lontano da casa per mesi, sempre circondato di gente, modelle, sempre in giro per feste piene di alcool e chissà che altro. Non riuscirei mai a fidarmi. Mai."
Alex si fermò paralizzato al centro della stanza.
“Non…non è vero…” Iniziò a dire.
Margaret si alzò in piedi e tornò a dedicarsi alla valigia. Aveva gli occhi lucidi e non voleva farsi vedere da Alex. Quel discorso era doloroso tanto per lui quanto per lei.
Alex notando l’apparente tranquillità della ragazza sembrò scuotersi un attimo.
“Perché sei venuta a letto con me allora?”
“E’ successo.”
“Queste cose non succedono, queste cose si fanno succedere.”
“Abbiamo sbagliato, Alex. Basta.”
“Basta un cazzo. Non stai rispondendo alla mia domanda. Perché hai fatto l’amore con me stanotte?”
Alex aveva cambiato terminologia per parlare di quella notte e la seconda domanda fu più dolorosa della prima.
“Perché sono debole. Ero consapevole del fatto che stessimo sbagliando, ma non mi sono opposta. Evidentemente lo volevamo entrambi, ma entrambi abbiamo sbagliato. Ora ci dobbiamo assumere le nostre responsabilità.” Margaret non aveva il coraggio di guardare Alex negli occhi. Sarebbe crollata sotto il peso di quello sguardo e non poteva permettersi di far capire ad Alex. Non potevano stare insieme e lei era l’unica tra i due che sembrava abbastanza razionale da capirlo. Non era fatta per una relazione a distanza con una rockstar. Non poteva ancorarsi a una cosa del genere. Aveva ventidue anni e tutta la vita davanti per impegnarsi.
“Io non ho sbagliato a venire a letto con te. Ho sbagliato a credere che ciò potesse cambiare qualcosa tra noi, che questo potesse renderti più umana. Povero illuso, sei un animale più pericoloso di quanto la gente possa credere.” Alex si era avvicinato alle spalle e le aveva sussurrato queste parole all’orecchio, poi le aveva accarezzato il braccio.
Margaret rabbrividì.
“Esci.” Margaret chiuse la valigia di scatto dopo quelle parole e guardo dritto davanti a sè
“Buon rientro.”

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