Highschool never ends

di Lely1441
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ~ I say a little prayer (for me) ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ~ Call me when you’re sober ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ~ I say a little prayer (for me) ***


Highschool never ends
 
 
Capitolo 1 ~ I say a little prayer (for me)
 
 
Era iniziata come una mattinata tranquilla, quella di Nicole Henderson: si era svegliata, si era lavata, aveva fatto colazione e nutrito il fedele Flagello, suo felino amico fin dai tempi d’oro dell’infanzia, e aveva salutato i suoi. Era quindi uscita, aveva placcato e fatto una ramanzina al recalcitrante ragazzino del giornale che si ostinava a lanciare il periodico dritto nel cespuglio di rose della madre, rischiando di decapitare un paio di innocenti corolle ogni giorno. Era salita in macchina, aveva insultato almeno tre automobilisti (pochi, per i suoi standard) lungo il tragitto e aveva litigato con due tipe di sedici anni appena patentate che avevano tentato di fregarle il suo parcheggio preferito davanti alla scuola (povere illuse, non sapevano che piuttosto di cederglielo avrebbe incendiato davanti a testimoni la loro vettura seduta stante). Fischiettando, aveva salito le gradinate del liceo, urlato contro un paio di primini che si erano seduti ostruendo il passaggio e si era diretta con tutta calma agli armadietti, trovando già ad aspettarla Tess, la sua migliore amica.
«Chi hai ucciso stamattina?», le domandò la ragazza, che conosceva Nicole come le proprie tasche.
«Purtroppo nessuno, avevo lasciato il lanciafiamme a casa», le rispose noncurante, con lo sguardo corrucciato: come al solito, il suo armadietto si era incastrato e, nonostante la combinazione fosse esatta, si ostinava a non aprirsi. Gli rifilò una gomitata e l’anta metallica si aprì con un cigolio spaventato.
«Prima o poi finirai con il romperlo…», sospirò Tess.
«Meglio, almeno saranno costretti ad aggiustarlo», ringhiò Nicole, afferrando il tomo di biologia e il block-notes blu delle materie scientifiche.
«O te lo faranno ripagare», suggerì Tess, con più realismo.
«Oh be’, posso sempre inventarmi che uno di quei caproni di football ci sia andato a sbattere contro scambiandolo per una cheerleader…»
Tess ridacchiò e si avviarono insieme verso la classe della prima ora.
 
«Voglio morire», esalò Lexie, la guancia schiacciata contro la copertina del libro.
«Forza, forza», bisbigliò Florence, dandole dei colpi di incoraggiamento sulla schiena. Purtroppo Lexie tendeva ad essere melodrammatica, e durante le ore della signorina Milligan non faceva che lamentarsi e brontolare per tutto il tempo, come una vecchia pentola a pressione.
«Si può sapere dov’è finita Will? Di solito è in classe venti minuti prima della prima campanella, devo ancora ricontrollare i miei esercizi…»
Proprio in quel momento entrò, dietro due loro compagne di corso, la sopracitata ragazza, l’aria truce e il fiatone. Lexie si raddrizzò immediatamente e, le mani giunte, la accolse con un:
«Willow, tesoro, luce della mia vita!»
«Smettila di citare Shining a caso ed eccoti qua gli esercizi», sibilò Will, sedendosi tra le due e consegnando il prezioso scritto a Lex, che diede un urletto di gioia e si affrettò ad aprire il libro sulla pagina da controllare, prima di affondarci il naso con aria concentrata.
«Tutto bene?», azzardò a domandare Florrie, con aria preoccupata. Will la guardò come per chiederle se fosse scema, e anche Lex le rifilò un’occhiataccia. Flor deglutì nervosamente: dimenticava sempre che c’erano momenti in cui bisognava persino di respirare troppo rumorosamente con Will presente.
«Che è successo, cara?», domandò Lex per riparare l’errore commesso, tornando poi a controllare le file di crocette e correggendone un paio mordicchiandosi un labbro e maledicendo tra sé e sé quella stupida materia.
«Ho litigato con uno di quegli scimmioni di hockey che mi ha bloccata nel corridoio per chiedermi di uscire, ho avuto l’istinto di dargli un calcio ma fortunatamente mi sono trattenuta. Non mi mollava più!»
«Perché fortunatamente? Io l’avrei fatto», intervenne di nuovo Lexie, perplessa. Will si girò a guardarla scuotendo la testa.
«Non ci tengo ad avere una nota in condotta, sai?»
«Non è colpa mia se vuoi mantenerti la media dell’eccellenza. Ti divertiresti molto di più a stare nella fascia sotto insieme a noi comuni mortali».
«Ricopia quegli esercizi e taci».
Florrie ridacchiò ed alzò gli occhi, incrociando quelli di una sua compagna del club di disegno. La salutò con un sorriso che l’altra ricambiò, e la fissò sedersi nella fila di lato, quella appena dietro la loro. Nicole le era simpatica, anche se non aveva avuto ancora modo di conoscerla bene. Al club era sempre accompagnata da una strana ragazza mora con la frangia, che disegnava in maniera decisamente eccentrica (aveva una passione per il nudo) e sembrava controllare tutto e tutti dal suo angolo della classe, motivo per cui Florrie non si era mai avvicinata a più di due metri da quella strana coppia, timorosa dello sguardo che le veniva rifilato ogni volta che provava a rivolger loro la parola. Aveva il forte sospetto che quella ragazza sapesse esercitare un controllo mentale sui suoi vicini, e stava meditando se andare in giro con una calotta metallica in testa come protezione fosse ammesso dal regolamento scolastico.
«Grazie mille, Will, al solito», disse Lexie, riconsegnando il libro a Will nell’esatto momento in cui la professoressa faceva il suo ingresso in aula, facendo gemere di sconforto la prima.
«Non riesco a reggere due ore con lei, non ce la faccio…»
«Non ricominciare, stai zitta e segui», la riprese Will, che era già entrata in modalità studentessa modello, matita in mano e occhi fissi sulla lavagna come quelli di un’aquila su un leprotto indifeso.
«Non fare l’acida solo perché la tua mattinata è iniziata male», rispose Lex con leggerezza, lo sguardo già perso dopo le prime due frasi di spiegazione. Ben presto rinunciò a seguire e tirò fuori invece il suo quaderno azzurro dove le amiche sapevano che si divertiva ad inventare storielle e racconti. Will si accigliò ma non commentò, finché, dopo mezz’ora, si volse verso Florrie per chiederle di ripeterle il nome di un elemento che non aveva capito e la trovò a disegnare scoiattoli sugli spazi bianchi delle pagine.
Trattenne l’ondata di irritazione che la investì e tornò a concentrarsi sulla professoressa, lamentandosi tra sé e sé della negligenza delle sue amiche, che la faceva soffrire come se fossero figlie sue.
 
«Voglio morire», esalò Lexie, la guancia schiacciata contro la cattedra dell’aula di musica.
«Di nuovo?», domandò indifferente Will, che stava sistemando i nuovi spartiti sulle sedie che sarebbero state occupate dai componenti del glee club della scuola. Lex sollevò pigramente una palpebra e si fissò sulla figura dell’amica: Will era davvero una bella ragazza, alta (un paio di centimetri più di lei, purtroppo), mora, dall’aspetto piacente che recava in sé i segni di un’antica ascendenza ispanica o comunque mediterranea. A dispetto delle apparenze, aveva una voce alta ma bianca, soave, quasi angelica. Lex ridacchiò ripensando a quanti pretendenti dell’amica pensassero che fosse davvero così delicata come sembrava. Lei invece era un po’ il suo opposto: bionda, occhi azzurri, più magra ma non scheletrica e con poco seno, colpa della genetica materna. Erano amiche dai tempi delle medie, ormai si conoscevano così bene che Lex aveva il permesso di prendere in giro Will, e Will le passava i suoi compiti senza protestare troppo, come invece faceva con chiunque altro.
«Sono stanca, ho sonno, non possono mettere le prove subito dopo pranzo, io devo ricaricarmi dalla dura mattinata…»
«Due ore di biologia che non hai seguito, due di letteratura inglese che adori e una di storia la chiami mattinata pesante?»
L’osservazione fece ridacchiare Rue, una loro compagna del secondo anno, che era appena entrata nella grande e assolata sala.
«Tu non ridere, novellina», la rimproverò Lex, cosa che fece solamente allargare il sorriso della più piccola. Lex brontolava tanto e minacciava sempre chiunque, ma alla fine era un po’ come il Brontolo di Biancaneve, quella che sgridava quando qualcuno faceva un pasticcio ma poi era la prima a offrirsi di aiutare per mettere tutto a posto.
«Come mai gli altri non sono già qui? Non dovevamo fare una prova generale oggi?»
Will scrollò le spalle e Lex borbottò qualcosa sulla puntualità del gruppo, prima di cominciare a rovistare nel cassetto della scrivania, accigliandosi praticamente subito.
«Will, non trovo più la scaletta delle canzoni, l’avevo lasciata qui ma non c’è più…»
Willow e Rue si scambiarono una lunga occhiata, mentre la ragazza si alzava in piedi e si aggirava per l’aula nervosamente. Lexie era una persona vivace, leale, decisamente irritabile; le volevano bene, ma nessuna delle due avrebbe voluto essere lì in quel momento, non per farle quella comunicazione.
«Lex, il professore non te l’ha detto? Alla fine ha scelto quella proposta da Bridget, lei ha così insistito…»
La ragazza si bloccò, voltandosi con calma.
«Mi stai dicendo che quella troia platinata l’ha convinto? Mi rifiuto di presentarmi con un brano dei Backstreet Boys, quella si è fumata il cervello! Mi rifiuto di perdere per colpa sua!»
«Cosa vuoi farle, bloccarla e urlarle contro tutto il tuo astio finché non implorerà piangendo il tuo perdono?», le domandò retoricamente Will, maledicendosi quando vide lo scintillio maligno negli occhi dell’amica.
«Sarebbe comunque un’alternativa migliore dello interpretare pateticamente Incomplete come se stessimo subendo una lavanda gastrica sul momento».
«Lex, conosci il prof, sai che cambia idea ogni dieci minuti… La prossima settimana se ne sarà già dimenticato», tentò di farla ragionare Rue.
«Le regionali sono fra un mese!», strillò Lexie, pronta a fare fuoco e fiamme pur di vedere confermati i suoi piani. Afferrò l’enorme borsa rossa che portava sempre con sé e uscì di corsa, diretta verso la sala professori, ignorando bellamente un inserviente che le strepitava dietro qualcosa sul fatto che fosse vietato correre lungo i corridoi. Lei mal sopportava Bridget: la trovava insopportabile e tediosa, ma purtroppo era anche furba come una volpe, dote che mal si accompagnava alla sua stupidità, giacché la rendeva in grado di provocare il massimo dei danni (anche a sé stessa) in un battito di ciglia. Si scansò per non investire in pieno un primino spaesato, ma così facendo finì addosso una ragazza del suo stesso anno. Si accorse che questa stava per inveirle contro ma si bloccò e arrossì quando si accorse che era lei. Era una sua compagna di un qualche corso, le sembrava di ricordare, ma con la sua pessima memoria fisionomica non avrebbe saputo proprio chi.
«Ehm, scusami…?»
«Nicole!», rispose l’altra immediatamente. «Siamo nella stessa classe di biologia, letteratura inglese e matematica!»
«Perdonami, non sono per niente brava nel ricordarmi le persone con cui parlo! Ci rivediamo, ciao!»
Lexie si voltò e tornò a correre, rischiando un effetto domino non indifferente con delle ragazzine che uscivano dalla classe di spagnolo e che le urlarono qualcosa. Nicole era rimasta imbambolata a fissarla andare via, finché Tess, testimone della scena, non le si affiancò chiedendole come stesse.
«Non lo so… Mi sento te. Ci siamo parlate, è una giornata stupenda! Non si ricorda neanche come mi chiamo, il mondo fa schifo!».
Tess ridacchiò.
«Siamo a metà del terzo anno, magari per l’ultimo si ricorderà che frequentate la stessa scuola…»
«Grazie per l’incoraggiamento. Ti voglio bene anch’io».
Tess rise di nuovo e si sistemò una lunga ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio. Era da qualche mese che aveva notato che la sua migliore amica fissava con un po’ troppo interesse Lexie Howard, tanto da farle perdere ogni tanto il filo del discorso del professor Coleman, docente di matematica, cosa che faceva disperare Tess. Nicole si metteva sempre nella fila laterale dietro quella dell’oggetto del suo desiderio e sì, seguiva la spiegazione, ma non così maniacalmente come al solito. Tess, che di matematica aveva più problemi dell’amica, era prostrata nello sconforto per non poter confrontare gli appunti, cosa che le avrebbe agevolato l’apprendimento.
La storia era iniziata verso gennaio, ma solo a marzo Nicole era stata costretta ad ammettere che la ragazza che non si separava mai dalle sue amiche le interessava a tal punto da convincerla a volerla conoscere meglio. Tess, più pragmatica, le aveva detto che era cotta come una pera, ed insieme avevano pensato a come fare per stringere amicizia, ma si erano subito rese conto che non era così facile come sembrava: viveva in simbiosi con altre tre ragazze, che si alternavano a seconda dei corsi, e nonostante l’apparente socievolezza ed espansività si vedeva che le dava molto fastidio essere abbordata da persone con cui non aveva un rapporto confidenziale. Frequentava solo due club, quello di coro coreografato e quello di letteratura (supervisionato dalla loro stessa docente di letteratura inglese), e in un moto di follia Nicole aveva pensato di partecipare a quello di letteratura, ma gli orari coincidevano con il corso di nuoto, e se avesse mollato la coach l’avrebbe squartata viva e buttata in una piscina ricolma d’aceto e sale. Il glee club era da escludere a prescindere, nonostante le insistenze di Tess, che pensava che l’amica stesse esagerando; ma Nicole aveva il terrore di rendersi ridicola davanti all’oggetto del suo desiderio, perciò non ci avrebbe neanche provato.
Non avesse già iniziato spagnolo, avrebbe addirittura potuto pensare di passare alla classe di francese per lei, ma la chance era stata già bruciata. In mensa occupava sempre un tavolo da quattro oppure una tavolata con i compagni dei club, cosa che faceva aumentare la sua disperazione: sembrava proprio non esistesse alcuna via d’uscita.
«Domani sera che si fa? Cinema?», chiese Nicole, avviandosi verso la piscina dove sarebbero iniziati a breve gli allenamenti giornalieri. Era talmente abbattuta che non si accorse dell’occhiataccia di Tess.
«Hai già dimenticato che devi accompagnarmi alla festa a casa di Timothy?»
«No, Tess, sei tu che ti sei messa in testa che io sarei venuta: sai che non ho mai acconsentito. Odio quel genere di feste».
Tess si accigliò e la bloccò prima che potesse varcare il portellone anti-incendio che conduceva alle vasche.
«Tu mi accompagnerai».
«No».
«Sei la mia migliore amica!»
«Non siamo gemelle siamesi, puoi andarci da sola!», ribatté Nicole, che cominciava ad irritarsi. Tess però doveva assolutamente avere il suo supporto perché alla festa ci sarebbe stato il ragazzo che stalkerava da settimane. Le serviva un palo in caso di necessità!
«E se ti dicessi che ci sarà anche Lexie?»
Gongolò interiormente nel vedere l’altra tentennare e mordersi un labbro. Certo, Nicole odiava le feste, ma quando avrebbe trovato un’occasione migliore per tentare di avvicinarsi senza sembrare una maniaca?
«Non ne puoi essere certa. Te lo stai inventando solo per costringermi ad accompagnarti».
Tess la fissò negli occhi e sfoggiò le sue migliori doti da attrice consumata.
«Ho i miei informatori, puoi fidarti di me».
Nicole la studiò per qualche istante, prima di arrendersi e decretare la propria sconfitta. Tess esultò e la spedì dentro gli spogliatoi, prima di tornare nel corridoio a rimuginare da sola.
Pregò intensamente nella vita sociale di Lexie Howard: quella era una delle feste più popolari dell’anno, impossibile che non ci fossero tutti i ragazzi del terzo. Se fosse mancata ci avrebbe pensato lei stessa a far passare la tremenda cotta di Nicole. Sempre se fosse sopravvissuta all’ira della stessa, nel caso Lexie non si fosse presentata.
“Speriamo bene… Ci tengo ad arrivare ai miei diciott’anni”.
 
La sera, a letto, Florrie ripensava alla giornata. Aveva dovuto cedere alle pressioni di Tia, Willow e Lexie perché non mancasse alla “festa evento dell’anno”, così l’avevano chiamata. Lei avrebbe preferito di gran lunga rimanere a casa a poltrire, ma ovviamente serviva un’autista sobrio per il ritorno e avevano scelto lei. Grandioso. Si girò nervosamente nel letto, non riuscendo a trovare una posizione comoda. Lexie aveva biascicato qualcosa sull’implicazione di un qualche ragazzo nella serata, ma lei non aveva voluto indagare oltre: quando era passata a prendere lei e Will per tornare a casa aveva avuto l’onore di assistere al finale di una scenata in grande stile da parte dell’amica verso una poverina che singhiozzava disperata in un angolo. Will le aveva accennato qualcosa sul fatto che Lexie tendeva come sempre a prendere un po’ troppo alla lettera i suoi suggerimenti, ma poi le due si erano messe a parlare di cose del glee club e Florrie aveva perso il filo del discorso.
Sarebbe andata con loro, sperando solo che evitassero di cacciarsi in qualche guaio o in qualche rissa con dei compagni ubriachi. Con Lexie di mezzo purtroppo non si poteva mai dire.

A C.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ~ Call me when you’re sober ***


 
Highschool never ends
 
 
Capitolo 2 ~ Call me when you’re sober
 
 
Lexie fissò criticamente il suo riflesso all’enorme specchio che troneggiava in camera sua (enorme quanto il suo ego, la prendevano in giro le sorelle), inveendo tra sé e sé contro l’impulsività del momento in cui aveva deciso di comprare quell’abito turchese: le ingrossava i fianchi già pronunciati di loro, cosa che al momento la infastidiva non poco.
Smetti di fare la vanitosa in bagno e vieni a prenderci.
Lexie ridacchiò davanti all’sms di Willow e volò giù dalle scale dopo aver raccattato la borsetta, rischiando di prendersi una storta proprio sull’ultimo gradino, urlando un saluto alla famiglia che non la calcolò. Salì in macchina e si diede una manata in fronte, rendendosi conto di aver dimenticato in camera le ballerine che avrebbe dovuto utilizzare per guidare. Sbirciò con desiderio il portoncino di casa sua, ma l’ennesimo squillo di Willow - o Tia, o Florrie - la fece desistere.
«Bene, Lex, oggi proveremo la meravigliosa ebbrezza di una guida con dei tacchi dieci! Forza, macchinina adorata, facciamo vedere di che pasta siamo fatte», si incoraggiò allegramente, mettendo in moto e premendo l’acceleratore. Ci andò giù così pesante che il rombo del motore la spaventò e lei saltò sul sedile, lasciando i pedali e facendo morire l’auto. «… Ma vaffanculo, macchina di merda. Ho sempre detto a mia madre che volevo comprare quella rossa».
Riprovò e stavolta andò meglio, anche se i dieci minuti che la separavano da casa di Tia le sembrarono infiniti quanto una lezione di trigonometria. Frenò bruscamente davanti alla casa bianca e gialla, strombettando allegramente nel silenzioso quartiere dove abitava l’amica. Tia uscì sbracciandosi e salì, senza fare commenti sul ritardo di soli trentacinque minuti.
“Non sarò così fortunata con Willow”, pensò Lex, facendo inversione di marcia e dirigendosi verso l’altra metà della cittadina. Si divertirono ad alzare il volume della radio, che al momento passava una vecchia canzone di Madonna, e Lexie cominciò a canticchiare tentando un balletto da seduta, che per poco non coincise con la brusca dipartita di un gatto sulla statale - “GATTOOO!”, aveva urlato Lexie, sterzando e quasi finendo fuori strada - e di un ciclista particolarmente lento - “Ma perché cavolo devono uscire di notte, dico io”, aveva borbottato sempre Lex, mentre Tia tentava di calmarla, inutilmente.
«La prossima volta prendo io la macchina», esalò Tia quando si fermarono da Florrie, che uscì di corsa e si buttò in macchina come un soldato sotto il tiro di una scarica di proiettili.
«È la terza volta che mi chiama Willow, se non sei da lei entro un minuto ti trucida», riferì Flor, affrettandosi ad agganciare la cintura, ben conscia della brusca partenza che sarebbe avvenuta di lì a qualche secondo. Con uno sprint che neanche i piloti del Grand Prix, ripartirono, mentre l’ultima arrivata si lamentava flebilmente della pessima scelta della musica - in quel momento, un rap melodico che non riscontrava decisamente i suoi gusti.
Sia Lex che Tia le intimarono il silenzio.
«Che ore sono?», domandò Lex, inserendo la freccia e svoltando a tutta velocità, facendo schiacciare verso sinistra le amiche.
«Non vuoi davvero saperlo», le rispose Tia, e Florrie annuì da dietro. Lex ridacchiò e dopo un paio di minuti si fermarono davanti all’ennesima casa. Willow le stava aspettando sul vialetto, le braccia conserte e il piede che batteva ritmicamente sul selciato.
«Uh, stavolta l’hai fatta grossa…», commentò Tia, e nell’abitacolo scese il silenzio - Lex aveva spento del tutto la radio per evitare di peggiorare la situazione.
Willow aprì la portiera e Florrie sembrò ritirarsi nel suo sedile fino a fondersi con esso.
«Ciao, Will», la salutò festosamente Lex, ma chi la conosceva bene aveva già notato il sorriso teso sul suo volto. Willow prese posto dignitosamente e in silenzio, le labbra serrate.
«Poco in ritardo, si dice», sembrò buttare a caso ad un certo punto, e tutte rabbrividirono.
«Sì, scusa, problemi con il vestito… Ah, novità, pensavo di proporre Tie your mother down alle prossime prove del glee club, cosa ne pensi?»
Il volto di Will si addolcì immediatamente - tutti erano a conoscenza della venerazione che nutriva nei confronti dei Queen - e con tono pacato chiese informazioni a riguardo. L’atmosfera si rilassò nel giro di pochi istanti.
«Eccoci arrivate!», esclamò Lexie, posteggiando poco prima dell’ingresso della grande villa di Tim. Scese dalla macchina con difficoltà, impiegando qualche secondo per riabituarsi ad un utilizzo corretto dei propri piedi. Tia e Will le precedettero, e Flor si avvicinò sussurrando a Lex:
«Ma la canzone dei Queen…?»
«Ovviamente la prima cosa che mi è passata per la testa. Ora devo recuperare gli spartiti e trovare qualcuno da ricattare per cantarla insieme a me e a Will, tutto entro un paio di giorni».
Florrie scosse la testa, ma decise di non commentare.
Dentro la villa c’era già una folla non indifferente. Al contrario di Lexie, Nicole vantava una puntualità che avrebbe certo fatto fare i salti di gioia a Willow, ed era quindi da tre quarti d’ora che si stava annoiando terribilmente. Non aveva molta voglia di stalkerare insieme a Tess il tipo che le piaceva, quindi si era appartata con un gruppetto di amici a commentare dei risultati sportivi. Stava già per litigare con un ragazzo più grande che aveva appena offeso una tuffatrice che lei adorava, quando con la coda dell’occhio notò un gruppetto di ragazze passarle accanto. Riconobbe e salutò sia Florence che Tia, la prima compagna del club di disegno e la seconda di quello di atletica, e lo scambio attirò l’attenzione delle altre due ragazze con loro, una alta e mora che ricordava di aver visto passare di tanto in tanto nei corridoi e un’altra bionda, che la fissò negli occhi, la riconobbe e le rivolse un grande sorriso. Nicole arrossì e si aggiustò nervosamente i capelli mentre avvertiva il battito cardiaco accelerare. Era Lexie, la stessa persona che il giorno prima le era venuta addosso, ma il tempo di voltarsi verso il seccatore che continuava imperterrito a parlarle per zittirlo con più o meno educazione e quella aveva già baciato sulle guance un ragazzo (che le stava decisamente troppo vicino e si prendeva troppe confidenze per i suoi gusti) e si era allontanata con lui, lasciando indietro le amiche.
«Tutto bene?», le chiese Tess spuntandole alle spalle e facendola sussultare. Nicole si voltò con sguardo profondamente irritato ma preferì non commentare, e vedendo l’amica agitata e con il fiatone decise di concentrarsi su di lei.
«Insomma… Tu cosa hai combinato?»
«Niente!», esclamò l’altra con accento particolarmente acuto. «Avrei dovuto combinare qualcosa?»
«Tess, siamo venute qua solo per te…»
L’amica trattenne il respiro per alcuni istanti, prima di sputare tutto d’un fiato: «Ero venuta qui per Jack, sai quello alto, biondo, che gioca a hockey, no? Ecco, lui, l’ho cercato per un po’ sperando di trovare una scusa per attaccarci bottone e invece mi ha placcata Magdalena e mi ha detto che è fidanzato! Con il suo miglior amico!»
Nicole sospirò, posandole una mano sulla spalla: il gay-radar di Tess sembrava drammaticamente funzionare al contrario, con lei, dato che era almeno la terza volta che accadeva una cosa simile.
«Pazienza, non voglio pensarci. Torno a ballare, vuoi venire?», le chiese, buttando giù d’un fiato mezzo bicchiere di Sex on the beach.
«Tess, per carità, non ti ubriacare che non voglio che mi vomiti in macchina. Comunque no, grazie, preferisco fare due chiacchiere con gli altri. Divertiti!»
La guardò allontanarsi e riprese la discussione abbandonata poco prima, ma verso mezzanotte e mezza il fumo, l’odore di alcol e le luci cominciarono a farle girare la testa. Sentendosi soffocare, Nicole decise di uscire fuori, evitando due coppiette che tentavano di procreare un bambino seduta stante su dei davanzali. Essere all’esterno le diede una sensazione di liberazione decisamente gradevole, il mal di testa dovuto alla musica troppo alta e l’aria troppo viziata stava già scemando. Fece alcuni passi addentrandosi nel giardino, dove il rumore della festa arrivava attutito e ovattato, riuscendo ad irritarla comunque, e si sedette su un muretto con i piedi pendoloni, pensierosa.
Era passata a malapena mezz’ora, ma Nicole aveva corso il rischio di essere importunata almeno un paio di volte da alcuni ragazzi non propriamente sobri, che però la lasciarono in pace non appena riuscirono a focalizzare la sua aria truce. Iniziava a sentirsi triste là fuori, da sola, e si stava alzando per andare a supplicare Tess di andarsene quando vide proprio Lexie aggirarsi per il prato. Non sembrava particolarmente allegra, e Nicole si soffermò a studiare la sua espressione: aveva già visto quello sguardo, l’aveva colto un paio di volte quando la ragazza era sovrappensiero e smetteva di accorgersi di quello che c’era intorno. Si stava dirigendo verso il parcheggio improvvisato sulla strada con passo lievemente ondeggiante, e Nicole immaginò fosse per il cattivo binomio dato dai suoi tacchi a spillo a contatto con il terreno morbido e umido: per lei che indossava delle comode ballerine passeggiare per il giardino non era invece un problema. Si alzò titubante e decise di seguirla, vedendola armeggiare con la pochette di raso azzurra davanti ad un SUV nero, particolarmente costoso, nuovo e imponente. Ne tirò fuori un portachiavi con un piccolo gattino di pezza attaccato, ma invece di aprire la vettura Lexie cominciò a sfregare ripetutamente la punta di una chiave sulla carrozzeria della portiera, e lo stridio fece accapponare la pelle a Nicole, che emise involontariamente un gemito infastidito. Lexie sobbalzò e si girò, squadrandola con aria truce, ma quando la riconobbe le sorrise, così che Nicole le si affiancò timidamente.
«Ti stai divertendo?», le domandò Lex, tornando alla sua occupazione. Il suo respiro, pur se smorzato dall’aria fredda e pulita della notte, sapeva di alcol, e la sua voce era fin troppo tranquilla e strascicata. Nicole ne dedusse che la cedevolezza del prato non era l’unico motivo per cui il passo della ragazza le era sembrato vacillante.
«Mi sto annoiando da morire», sospirò in risposta, appoggiandosi con la schiena sulla stessa portiera che Lex stava massacrando. «Di chi è questa macchina?»
«Di un figlio di troia», chiarì Lex, senza peli sulla lingua. Nicole aveva immaginato si trattasse della vettura del tipo che aveva poi visto avvinghiato a lei come un polipo, ma sentirla parlarne in quei termini fece gongolare la bestia nera che covava nel suo petto.
«Il tuo ragazzo?», le domandò, fingendo di non sapere a chi si stesse riferendo. Lex fermò il suo lavoro per alcuni istanti, e la sua aria disgustata fu ulteriore motivo di soddisfazione per la bestia ferina di Nicole.
«Ti pare che mi limiterei a rovinargli la carrozzeria se avessi beccato il mio ragazzo pomiciare con una sciacquetta dopo che gli avevo intimato di tenere su di sé le sue belle manine? Altro che dargli fuoco alla casa», borbottò inacidita, passando all’altra portiera della fiancata.
«Ah, era un tipo con cui ti vedevi, allora? Ma ti piace?»
Lexie scosse il capo, e i lunghi capelli biondo scuro seguirono quel movimento disegnando un vago ed imperfetto simbolo dell’infinito sotto le scapole, sopra la stoffa del corsetto dell’abito. Nicole avrebbe fatto qualsiasi cosa per accarezzarle la pelle chiara e liscia della schiena, e arrossì appena formulando quel pensiero.
«Lo trovo molto carino, ma non mi interessa. A me non interessa mai nessuno. Ma sai, le apparenze…»
«Apparenze?», riprese l’altra, fiutando qualcosa. Ma Lexie non rispose più per un po’, finendo il suo lavoro e passando all’altra fiancata. Su quella del guidatore si poteva leggere un bel “cornuto”.
«Sei stata fortunata che abbia disattivato l’antifurto», commentò allora, sperando di sentirla parlare ancora.
«Nessuno di noi l’ha attivato, sarebbe stato insensato sapendo il viavai di ragazzini ubriachi che ci sarebbe stato».
«Già».
Altri minuti di silenzio, in cui Lex completò il “perdente” con aria particolarmente concentrata. Finalmente si voltò verso la compagna di classe, chiedendole se secondo lei dovesse provvedere anche al cofano. Nicole assentì seriamente, cosa che l’altra sembrò apprezzare.
«Come mai sei venuta, se ti stai annoiando?»
“Bella domanda, ora cosa rispondo? Che sono venuta per lei?”, rimuginò Nicole, a cui venne da ridere istericamente.
«Ricattata da un’amica, dato che non bevo le ho fatto da autista».
«Il ruolo ingrato dell’astemio, o del costretto tale», commentò gaiamente Lex, allontanandosi dalla vettura di un paio di (barcollanti) passi e rimirando la sua opera. «Direi che ho finito».
Fissò Nicole, che per tutto quel tempo si era tenuta in disparte sul marciapiede che fiancheggiava la strada, e considerò che fosse molto carina. I leggins scuri rivelavano delle gambe snelle e allenate, e nonostante la maglia lunga e larga si intuiva un corpo magro e ben proporzionato.
«Quel verde ti dona, sai?», le rivelò, commento per cui Nicole sentì di nuovo il pericolo di arrossire senza ritegno. «Ti va di restare a farmi compagnia qui fuori? Ho la nausea, non mi va di rientrare in casa».
Nicole si sforzò di trattenere un’espressione entusiasta che sarebbe risultata decisamente strana, ma quando Lexie la afferrò per un braccio usandolo come sostegno per camminare non poté fare a meno di elevare una preghiera di ringraziamento alla Santa Tess protettrice degli affranti, contro cui aveva brontolato fino a mezz’ora prima.
Camminarono avanti e indietro sull’asfalto per un po’, e Nicole poteva sentire il calore del braccio e della mano dell’altra attraverso la stoffa della sua maglia, i suoi capelli appoggiarsi alla sua spalla e il profumo fresco e leggero del suo collo. Incrociarono diversi ragazzi e coppie, ma Nicole non se ne accorse; era talmente stordita che non si sarebbe stupita neanche se fosse caduto un meteorite davanti a loro, in quel preciso istante.
Lexie avvistò delle altalene rosse nel giardino di un’altra villa dalle luci spente, e vi si diresse con decisione, sorridendo come una bambina. Appena vi si sedette sfoderò un’aria così raggiante che Nicole voleva strillare per quanto la trovava adorabile. Si sistemò nell’altalena a fianco e iniziò a dondolarsi lentamente, con i lisci capelli biondi che si scostavano o le coprivano il viso a seconda del movimento.
Parlarono per un po’, la voce di Lexie che si faceva sempre più sognante e cantilenante, segno che l’alcol era ormai del tutto in circolo. Improvvisamente però puntò i piedi a terra, rischiando di scivolare, con una mano a coprirle la bocca e lo sguardo lucido.
«Non mi sento molto bene, mi viene da vomitare», disse, e Nicole balzò in piedi, allarmata. «Voglio andare a dormire», piagnucolò, appoggiando la fronte sulla grossa catena di freddo metallo.
«Vuoi che ti accompagni?», le domandò premurosamente Nicole, aiutandola a rialzarsi e trovandosi così faccia a faccia con lei. Avevano la stessa altezza, ma grazie ai tacchi Lexie guadagnava quei centimetri che sfoderava con orgoglio.
«Devo tornare con le altre, devono guidare loro la mia macchina…», mugugnò Lexie, alzando il viso verso il cielo e perdendosi a contemplare la luna. Non era ubriaca, ma decisamente non era nemmeno troppo sobria.
«Senti, facciamo così: io ti porto a casa, e l’amica che era venuta con me torna con le tue, che ne dici? Dobbiamo solo avvisarle e lasciar loro le chiavi, va bene?»
Per tutta risposta, Lexie la fissò come un cane da tartufo che abbia puntato il suo tesoro e si sporse ad annusarle il collo, rischiando di farla squittire dalla sorpresa.
«No, non sei tu… Da dove viene questo profumo di gelsomino? Io amo il gelsomino!», esclamò allontanandosi da lei e andando a tastare le siepi di delimitazione. Nicole capì che la situazione si stava facendo tragica e inviò un sms a Tess, avvisandola di uscire dalla casa di Tim per parlare, pregando che in quella bolgia infernale riuscisse a sentire la vibrazione del cellulare.
«Lexie, torniamo indietro, dai», la pregò, e riconducendola senza fatica per poche centinaia di metri. Individuò la figura alta di Tess dalla strada, ma prima condusse Lexie alla sua macchina, facendola salire.
«Le chiavi».
Lexie la guardò spaesata.
«Che chiavi?»
«Le chiavi della tua macchina», le spiegò pazientemente, indicando la sua borsetta. L’altra ridacchiò e trafficando con l’apertura riuscì finalmente ad estrarre il già visto portachiavi. Nicole la ringraziò e richiuse la portiera, correndo da Tess che ancora non l’aveva vista.
«Tess, mi serve un favore, devi tornare a casa con le amiche di Lexie, nella sua macchina. Erano già d’accordo che fosse una di loro a guidare, devi solo recuperarle e dar loro le chiavi».
Tess strabuzzò gli occhi.
«Mi stai dicendo che la riaccompagnerai a casa?»
«Sì».
«Ma è sobria?»
«Diciamo di sì», balbettò Nicole, e Tess assottigliò lo sguardo.
«Tesoro, lo stupro è reato, e approfittarsi di una ragazza ubriaca è praticamente uno stupro. Detto ciò, COSA ASPETTI A SALTARLE ADDOSSO? DAMMI QUELLE CHIAVI IMMEDIATAMENTE E VEDI ALMENO DI POMICIARCI FINCHÉ NON È COSCIENTE DI CIÒ CHE FA!»
Nicole imprecò tra sé, tappandole la bocca e sperando che Lexie non avesse sentito l’urlo dell’amica, che era riuscita a spaventare un paio di coppiette, infastidite dall’atmosfera romantica ormai rovinata.
«A te non dà fastidio tornare con le altre, vero?»
«Anche se me ne desse non avrei comunque diritto di replica, giusto?»
«Mi piace quando afferri il nocciolo della questione», si complimentò Nicole ridacchiando. «Cerca una qualsiasi delle tre e dalle le chiavi, spiegandole la situazione, vedrai che non ci saranno problemi».
«Domani ti chiamo così mi racconti per bene tutti i dettagli», incalzò Tess, prima di salutarla. Nicole tornò da Lexie, che sembrava essere particolarmente affascinata dai cd sul cruscotto, mise in moto e si avviò, tornando sulla strada principale.
«Il cd di Adele!», strillò Lex, guardandola poi con un’occhiata da cucciolo. «Ti prego?»
Nicole distolse lo sguardo dalla strada per un paio di istanti, e le sorrise.
«Solo se mi canti qualcosa».
«Sono ubriaca, canterei come una capra russa ubriaca con il mal di mare», si difese Lexie, armeggiando con il lettore cd. Nicole moriva dalla voglia di sentirla cantare da quando aveva sentito che era nel glee club della scuola, ma non le sembrava il caso di insistere troppo. E fu un bene, perché alla traccia di Rolling in the Deep iniziò a cantare con un microfono immaginario in mano, con la classica passione e noncuranza di chi ha perso ormai ogni concetto di pudore. Nonostante la sbronza, cantava bene e Nicole sentì lo stomaco avvitarsi in qualche tuffo doppio carpiato.
«Dai, canta con me», la pregò Lexie, appena l’abitacolo si riempì delle note di Rumour Has It. Nicole però rifiutò l’offerta.
«Non voglio ucciderti le orecchie. Non so cantare».
«Ah, non ci credo. Hai una bella voce, mi piacerebbe sentirti cantare. Sei solo timida!»
«Fidati, è meglio così».
Lexie assunse un vago broncio, ma non insistette oltre. Smise però di cantare e sembrò tornare un filo più lucida, fissando malinconicamente il paesaggio dal finestrino, aprendo bocca solo per mormorare qualche breve indicazione. Erano ormai alla quinta traccia quando la fece fermare davanti ad una villetta con un grazioso giardino.
«Ti ringrazio molto», le disse Lexie, slacciandosi la cintura. «Mi spiace che ti sia toccato farmi da balia».
«L’ho fatto con piacere», si affrettò a risponderle Nicole, prima che il silenzio scendesse tra loro due. Lexie sembrava aspettare qualcosa, e il cervello dell’altra era in panne. «Sai, mi piaci molto», le disse senza pensare, mentre internamente inorridiva per ciò che aveva appena fatto. Rimase a fissare la sua aria seria in preda al panico, pregando che l’indomani non si ricordasse più nulla.
«Anche tu non sei mica male», se ne uscì fuori Lexie cambiando di colpo atteggiamento, dandole un bacio sulla guancia. «Ci vediamo lunedì, ciao!»
Scese dalla vettura e si diresse alla porta d’ingresso, mettendoci un po’ per riuscire ad aprirla; quindi si voltò e la salutò entusiasta con la mano, prima di sparire fagocitata da quelle quattro mura.
Nicole era agghiacciata. Scoppiò in una risata isterica picchiando la testa contro il volante. Era stata la dichiarazione peggiore della sua vita, su questo non c’era dubbio.
 
Tess nel frattempo era tornata dentro casa e aveva individuato Tia, che però sembrava particolarmente presa da un enorme giocatore di rugby, e per solidarietà femminile non le era sembrato il caso di disturbarla. Si era aggirata tra le varie stanze (evitando accuratamente le camere da letto) per un po’, assistendo in diretta ad un ragazzo che vomitava dentro un vaso cinese di chissà quale valore. Le venne in mente cosa le avrebbe fatto sua madre se ci fosse stata lei al posto del padrone di casa e quasi le venne una crisi d’asma. Finalmente incrociò lo sguardo di Willow e si avvicinò a lei, che stava chiacchierando con un gruppetto di persone.
«Ciao, scusa, non ci conosciamo, però devo tornare a casa con te!»
Willow si voltò di scatto e la fissò, pensando fosse ubriaca, e Tess avrebbe voluto sotterrarsi per l’equivoco.
«Prego?»
«Ehm, scusa, mi sono spiegata male. Lexie è tornata a casa accompagnata da una mia amica perché non si sentiva molto bene, ma così io sono rimasta a piedi, con le chiavi della sua macchina».
Era evidente che Will non le credesse, perché quando si accostò Florence chiedendole cosa stesse accadendo lei si limitò a risponderle: «Sembra che Lexie sia svanita nel nulla con una sconosciuta».
«Rapimento alieno?», esalò Florrie, sbiancando. Will la guardò perplessa per poi recuperare il cellulare e chiamare l’amica scomparsa, ignorando bellamente la povera Tess che iniziava ad innervosirsi.
«Non risponde», ringhiò, chiudendo la chiamata e tornando a squadrare la nuova venuta. «Chi sarebbe questa tipa che l’ha riaccompagnata a casa? E perché avrebbe dovuto chiedere a lei invece che tornare da noi?»
«Lei si chiama Nicole Henderson, è la ragazza con cui seguo biologia, presente? Io invece sono Tess King, diciassette anni, incensurata, e mi sembra ridicolo fare tutte queste storie quando ci siamo viste di sfuggita per quasi tre anni».
Si pentì quasi istantaneamente del tono scocciato che aveva utilizzato, ma Willow al contrario sembrò apprezzarlo.
«Va bene, direi che possiamo anche tornare a casa. Flor, chiama Tia».
«Ma ci sta provando con quel tipo…»
L’occhiata di Will bastò a far desistere Florrie, che si avviò dispiaciuta a rovinare i piani dell’amica.
«Ah, ma se volevate restare…»
«Tranquilla, mi stavo annoiando da morire», le rispose Willow. «E poi domattina devo svegliarmi presto per studiare».
“Mio Dio”, pensò Tess. “Che gabbia di matti, chi è che studia la domenica mattina? Nicole è in debito stavolta”.
 
Lexie era tornata in camera sua con una certa difficoltà, si sentiva testa e gambe pesanti ed era molto stanca. Aveva cercato di fare tutto in silenzio per non svegliare nessuno, e si concesse un rantolio stremato solo una volta raggiunto il letto. Si sfilò le scarpe e le lanciò con i piedi in mezzo alla stanza, sfilandosi l’abito e infilandosi sotto le coperte in biancheria, troppo pigra per infilarsi il pigiama e struccarsi. Stare sdraiata peggiorò la sensazione di stare su una giostra del luna-park, ma non poteva farci nulla: chiuse gli occhi e si addormentò a bocca aperta, sbavando leggermente sul cuscino, per la gioia di sua madre.
Ancora nel dormiveglia, però, ripensò a Nicole, alla sensazione di averla accanto, e arrossì nel buio. Decise che non le sarebbe dispiaciuto darle la possibilità di conoscerla meglio e che lunedì le avrebbe parlato di nuovo.
Sempre se fosse sopravvissuta alla ramanzina dell’indomani di Willow.
 
 
Aggiornamento dell’ultima ora, spero non abbia scritto castronerie.
Ho visto che molte persone seguono, hanno nelle ricordate/preferite questa storia, quindi mi piacerebbe ricevere le vostre opinioni a tal riguardo, soprattutto sui personaggi. Insomma, cosa ne pensate? :) Spero che la vicenda vi stia piacendo!
Non aggiornerò sicuramente prima del 31 gennaio, causa esami. (Brutte bestiacce immonde!)
Alla prossima!

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