Così sia

di Deb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


A Ili91
Che ha sognato e pianto con me la fine di Merlin.


Così sia
Capitolo I


Teneva ancora tra le sue braccia il corpo ormai senza vita del suo re.
Il drago era stato chiaro: non c'era più nulla da fare per lui, il suo destino era compiuto.
Merlin non poteva credere a ciò che stava succedendo, non poteva perderlo, soprattutto dopo che finalmente Arthur l'aveva accettato per quello che era.
Era uno stregone ed andava bene così, anzi, l'aveva perfino ringraziato.
No.
Merlin non si voleva arrendere, ma cos’altro avrebbe potuto fare? Nessuno aveva il potere di riportare in vita i morti, nemmeno lui.
Con le lacrime agli occhi, gettò, in un impeto di rabbia, la spada nel lago e lo vide.
Era Arthur. Il suo migliore amico aveva preso l'arma e l'aveva portata con sé, sotto le acque.
Da quel momento, Merlin cercò di trovare un po’ di pace nel suo cuore, non poteva continuare a versare tutte quelle lacrime. Era arrivato il tempo di dare ad Arthur l'ultimo saluto, di vedere il suo corpo allontanarsi per sempre da lui.
Era come se il suo cuore si fosse rotto in mille pezzi, non sentiva più nulla se non il dolore per la perdita e la rabbia verso se stesso.
Non era riuscito a salvarlo, fino all’ultimo aveva creduto di farcela.
Merlin l’aveva sempre salvato, l'aveva sempre protetto, anche quella volta ci sarebbe riuscito.
Perché, allora, non c’era più nulla da fare? Perché Arthur non era riuscito a lottare con il male che aveva dentro di lui?
Se solo fosse stato più veloce. Se fossero partiti prima, se non si fossero fermati a riposare, allora forse Arthur sarebbe ancora vivo, vicino a lui, pronti a ritornare a Camelot ed a fondare la terra di cui aveva sentito tanto parlare: Albion.
In quel momento, invece, con il cuore spezzato, osservava la barca che avrebbe dovuto condurli nell’isola di Avalon con a bordo il corpo senza vita dell’altra faccia della sua medaglia.
Era come se, su quella barca, ci fosse anche lui.
Si sentiva svuotato, morto anch’esso.
Cosa avrebbe fatto nel futuro? Come avrebbe mai potuto trovare la pace?
Per una frazione di secondo desiderò distruggere il mondo.
Che senso aveva Albion se a governare quel mitico regno non c’era Arthur, non c’era colui che meritava di regnare?
Non gli era mai stato detto di proteggere Gwen, eppure ora sarebbe stata lei la sovrana.
Merlin doveva salvare Arthur perché era colui che avrebbe dato vita ad un regno giusto e in pace.
Osservò la barca allontanarsi fino a che non si perse nell’orizzonte, per diventare un misero puntino nero.
Le lacrime ricominciarono a scendere sulle sue guance quando si rese conto che non l’avrebbe più rivisto, che non avrebbe più scherzato con lui perché la sua anima aveva lasciato - prematuramente - quelle terre.
Pregò i quattro elementi, pregò gli Dei dell’antica religione, ma sapeva che niente e nessuno sarebbe venuto in suo soccorso, in fondo, la Dea aveva già deciso il destino e la morte di Arthur.
Che senso aveva la vita di Merlin se non aveva il suo amico da proteggere? Il suo Arthur?
Doveva morire lui, doveva essere lui a donare la vita ad un Arthur morente.
Merlin non aveva più uno scopo, Arthur sarebbe stato un grande e giusto re, quindi perché non aveva perso la vita un misero servo anziché Arthur?
Il suo destino non si era effettivamente compiuto, no. Arthur doveva ancora crescere, doveva creare la sua leggenda.
Che cosa aveva lasciato? Una moglie e un regno senza il suo re.
Merlin non avrebbe mai trovato la pace senza Arthur e, per un attimo, avrebbe voluto distruggere davvero tutta Camelot o Albion, voleva disintegrare tutto quello che aveva protetto perché colui che doveva salvare primariamente se ne era andato.
Con questi pensieri in mente, Merlin vide un bagliore di luce.
Sgranò gli occhi e prese a correre verso la riva, all’interno del lago e, quando l'acqua fu troppo alta per poter camminare, cominciò a nuotare. Dapprima lentamente, poi sempre con più foga.
La luce continuava a risplendere in tutto il lago e Merlin sperò che qualcuno dal buon cuore l’avesse ascoltato e l’avesse salvato.
Con il fiato corto, arrivò alla barca. Se non avesse avuto la magia dalla sua parte sarebbe annegato prima. Si issò, ma la delusione tornò ad offuscargli la vista.
Arthur non si muoveva.
Poi la notò, Excalibur al fianco del re.
«A... Arthur», provò a chiamarlo, con difficoltà, come se solo pronunciare il suo nome fosse dannatamente difficile.
Non ricevette alcuna risposta, ma continuava a credere che qualcosa fosse accaduto, era impossibile che Excalibur fosse lì, vicino a lui.
Doveva soltanto attendere. Il re si sarebbe risvegliato.
Merlin prese la decisione di continuare a nuotare, spingendo l'imbarcazione fino alle sponde dell’isola. Forse, per poter riaprire gli occhi, Arthur doveva appoggiare il suo corpo in quella terra. Allora sarebbe tornato. Doveva per forza essere così.
Una volta giunti sulla riva, Merlin si guardò intorno.
Non vi era nessuno, all'infuori dei due, e per una frazione di secondo la sua fiducia vacillò.
Svegliati, per favore, pensò Merlin stringendo le ginocchia tra le braccia. Svegliati, e chiamami idiota, dai, Arthur.
«Emrys».
«Fallo risvegliare», disse soltanto, tornando ad osservare Arthur.
«Guardarlo così intensamente non lo farà tornare da te».
«Mi hai chiamato tu, qui? Con la luce, mi hai fatto venire tu?».
«Vorresti che fosse così?».
«Desidero soltanto una cosa, chiunque tu sia, voglio che Arthur si salvi perché non può essere il suo destino quello di morire così, oggi. Mi rifiuto di crederci, mi rifiuto», Merlin la guardò negli occhi che non avevano pupille, erano completamente bianchi, i capelli rossi fuoco le cadevano sulle spalle fino ad arrivare ai fianchi in modo disordinato.
«Chi sei?», chiese infine il mago.
«Non ti è dato saperlo, Emrys».
Merlin sospirò, stufo di incontrare sempre persone che non avevano pienamente il dono della parola. Perché, tra gli essere magici, non ve ne era uno che potesse parlare normalmente?
«Lo puoi salvare?», domandò poi, stufo.
Era arrivato fin là, dopo il fascio di luce, proprio per cercare di riportarlo indietro e, fosse stata l’ultima cosa che avesse fatto, Arthur sarebbe ritornato.
«Una vita per una vita, lo sai bene, Emrys».
La voce della donna era senza intonazione, come se non le interessasse veramente ciò di cui stavano parlando. Probabilmente, era effettivamente così. A lei non interessava niente di Arthur.
«Darò la mia», non ci dovette pensare nemmeno per un secondo, Merlin. Era un gesto che avrebbe fatto volentieri.
«La tua è una vita preziosa. Non hai il diritto di morire».
Sospirò, «Dimmi tu cosa vuoi in cambio».
«La tua eternità».
Merlin sgranò gli occhi, non comprendeva appieno ciò che gli era appena stato detto. Voleva la sua eternità, la sua anima, forse?
«Sei disposto a donarmi la tua eternità in cambio della vita del re di Camelot?».
«Sì», rispose supplichevole, abbassando lo sguardo verso il terreno, «sì, ma fallo tornare. Ti prego».
«Così sia»

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Ho cominciato a scrivere questa fanfiction poco dopo la fine della serie, il 29 Dicembre mi sembra. La mia idea iniziale era di scrivere una oneshot, ma c’erano troppe cose da dire, troppe cose da raccontare, quindi non riuscivo più a fermarmi.
Questo primo capitolo è parecchio introduttivo e molto introspettivo.
Scrivevo con impeto, osservando le scene nella mia testa. Spero di essere riuscita a focalizzare tutto sui punti che volevo fossero approfonditi. Non ho modificato il finale perché Merlin è davvero finito in quella maniera, diciamo che è una sorta di seguito quindi...
Non scriverò troppo su questo finale, ho già detto molto in altri lidi, ma spero che la mia versione vi piaccia.
Ringrazio Ili91 che l’ha seguita praticamente in diretta e che poi l’ha betata.
Questa serie tv rimarrà sempre nel mio cuore, ma gli ultimi cinque minuti sarebbero dovuti essere diversi. Arthur non doveva morire perché non era ancora compiuto il suo destino, in quanto per cinque stagioni ci avevano detto che avrebbe regnato su Albion, cosa che non potrà mai fare.
Grazie mille per aver letto *v*

Spoiler prossimo capitolo:
Dopo essere riuscito ad idratarlo, Merlin non riuscì più a trattenersi e, di slancio, l'abbracciò.
«Staccati, idiota».
Avrebbe voluto baciarlo tanta era la felicità di rivederlo, di ricevere nuovamente i suoi insulti.
«Arthur».
«Sono qui, Merlin», ricambiò l’abbraccio, infine. Erano stretti l'uno nell'altro, vivi.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Così sia
Capitolo II


Erano trascorse più di due ore da quando la donna era scomparsa sotto gli occhi di Merlin; non comprendeva appieno cosa stesse accadendo, ma sapeva che avrebbe dovuto attendere perché ormai non mancava molto.
Lo sentiva, avvertiva la vita rientrare lentamente dentro il suo sovrano, all'interno del suo migliore amico.
Svegliati, continuava a pensare ininterrottamente Merlin.
E, finalmente, sentì un grugnito uscire dalle labbra di Arthur.
«Svegliati!», urlò allora, avvicinandosi a lui, stringendogli forte una mano.
Con difficoltà gli occhi di Arthur cominciarono ad aprirsi, ma li richiuse subito, quando la troppa luce filtrò nelle sue iridi.
«Co..», cercò di parlare senza risultato. Mugugnò qualcosa di incomprensibile e mosse la sua mano stringendo a sua volta quella di Merlin.
«Arthur...».
«Mer...», fece una pausa, parlare gli risultava ancora difficile, come lo era muoversi o utilizzare la vista, «... lin».
«Acq... acqua».
«Ce la fai ad alzarti?».
Domanda stupida. Doveva utilizzare la sua magia per portare a termine quell’ordine e Merlin non fu mai così felice di ricevere un compito dal suo asino reale.
Era tornato. Era con lui.
Dopo essere riuscito ad idratarlo, Merlin non riuscì più a trattenersi e, di slancio, l'abbracciò.
«Staccati, idiota».
Avrebbe voluto baciarlo tanta era la felicità di rivederlo, di ricevere nuovamente i suoi insulti.
«Arthur».
«Sono qui, Merlin», ricambiò l’abbraccio, infine. Erano stretti l'uno nell'altro, vivi.
Quando finalmente Arthur riuscì a riacquistare nuovamente le sue abilità motorie e mentali, cominciò ad osservare il suo servo con espressione assorta.
Merlin inarcò un sopracciglio, «Che c’è?» domandò con il sorriso sulle labbra, troppo contento per poterlo nascondere.
«Come hai fatto? Che hai combinato?», le parole di Arthur erano dure, come se Merlin avesse utilizzato la magia per compiere qualcosa che non doveva.
«Che intendete dire?».
«Prima... l’ho percepito. Ho sentito il corpo abbandonarmi, le palpebre pesanti, ho sentito di lasciare questa vita. Per questo ti chiedo, cosa hai fatto?»
Merlin lo osservò per qualche secondo, «Nie...».
«Non inventare scuse, Merlin. So che sei uno stregone, quella parte non l’ho dimenticata».
«Ma, davvero, non ho fatto nulla».
«Sono tornato, così, perché il mondo dei morti non mi vuole, eh?!»
«C’era una donna, prima. Vi ha riportato lei qui».
«Chi era?»
«Lo ignoro, ma le sono grata», Merlin fece una pausa, «vi sentite abbastanza in forza per mettervi in marcia verso Camelot?»

Merlin si sentiva come un bambino durante il proprio compleanno. Non riusciva a scollarsi quel sorriso dalle labbra e, se avesse potuto, avrebbe cominciato persino a saltellare dalla felicità.
Alla fine, era riuscito a modificare la profezia, era riuscito a cambiare il destino del suo re.
Non era morto dopo la battaglia di Camlann, o almeno, era morto ed era tornato. Per lui, per il suo regno, per Albione.
Il viaggio fino a Camelot era ancora lungo e per quella notte si erano accampati all’interno di un bosco.
«Volete qualcosa da mangiare?» domandò Merlin prima di accendere il fuoco con un incantesimo.
«Non credo di poter riuscire ad abituarmi al fatto che sei uno stregone, insomma, sei un idiota».
«La vostra stima nei miei confronti è la cosa che più mi rende felice, Arthur», rise, sedendosi vicino al suo amico.
«Voglio dire, non ho mai pensato che tu avessi dei poteri magici, quando invece li hai sempre utilizzati, mi hai sempre aiutato».
«L’ho fatto per voi, per proteggervi».
«Ma non ti sei mai sentito libero di dirmi che sei uno stregone, insomma... questa cosa mi ferisce, sai?» Merlin avrebbe forse dovuto chiedere scusa?
«Quando c’era vostro padre al trono non potevo rivelarvelo».
«E dopo?»
Merlin lo guardò negli occhi ed abbozzò un sorriso, «avevate avuto troppe disavventure con la magia, non credevo che mi avreste accettato. La verità è che voi avete sempre visto la magia come una cosa malvagia. Perché avreste dovuto anche lontanamente pensare che io la usassi meglio?»
Arthur fece una smorfia, «tu sei Merlin, sei il mio servitore, se avessi voluto farmi del male con la magia avresti avuto tante, tantissime occasioni».
«Non vi farei mai del male».
«Lo so, l’ho visto e l’ho avvertito».
Arthur non lo guardava più in volto, osservava l’erba sotto di sé, imbarazzato.
«Avrei dovuto darti retta più spesso, Merlin».
«No. Avete sempre fatto ciò che ritenevate più giusto, avete sempre fatto del vostro meglio e non ho mai dubitato di voi, mai».
Arthur si voltò verso di lui e lo fissò quasi con disprezzo, inarcando le sopracciglia, «mh, dormiamo, va».
«Dormiamo», rise quando comprese che, in quel momento, Arthur era assolutamente, completamente imbarazzato per la sincerità del suo servo.

Era trascorso un altro giorno di cammino, Arthur non si era ancora completamente ripreso e si stancava molto più facilmente di prima che tutto accadesse.
Merlin aveva anche notato che non riusciva a dormire, durante le notti osservava il cielo sopra di lui, in silenzio per non svegliarlo e quando finalmente riusciva a prendere sonno, si agitava e, infine, si svegliava.
«Riposiamoci», esclamò sedendosi sul terreno.
«Normalmente sono io che voglio sempre riposare, Arthur», voleva scherzare, lui, ma lo sguardo del suo sovrano non poneva dubbi. Quella battuta l’avrebbe dovuta tenere per sé.
Merlin gli si avvicinò e gli porse dell’acqua prima di sedersi al suo fianco, «come dormite la notte?».
Arthur lo guardò per una frazione di secondo, poi, voltò lo sguardo e prese a bere, «bene».
«Non mentitemi, Arthur, lo so che non riuscite a dormire».
«Allora perché me lo chiedi? Lo sai già, no?!» quel giorno era più nervoso del solito.
Erano passati due notti e lui era sveglio praticamente da quarantotto ore, comprendeva il suo stato d’animo.
«Se volete posso cercare delle erbe per…».
Lo bloccò, «non voglio tu utilizzi la magia per farmi dormire, Merlin. Non ne ho bisogno».
«Veramente avrei preparato il siero che Gaius preparava sempre a…», forse quel nome era troppo da dire, ma, in fondo, il suo mentore lo preparava proprio a lei, «… a Morgana. Non c’è magia in esso».
«No».
«Non dormite da troppo tempo. Il corpo ne risentirà», era tornato da poco da lui, non poteva rischiare di perderlo nuovamente per la stanchezza.
«Per favore, Merlin. Sono sempre il tuo re».
Merlin distolse lo sguardo e cominciò ad osservare un punto imprecisato della foresta.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti e, successivamente, la loro attenzione venne conquistata da dei rumori. Erano passi.
«Sassoni?», chiese Arthur mettendo una mano sull’elsa della sua spada.
Merlin si alzò in piedi di scatto ed osservò le fratte con la sua magia.
Fece cenno al suo re di alzarsi, «andiamo, Arthur. È Percival».
Probabilmente anche il cavaliere stava tornando a Camelot, forse erano state mandate delle pattuglie per la ricerca del loro sovrano.
«Fermati», ordinò con autorità Arthur, appoggiandosi su un albero quando, finalmente, erano abbastanza vicini al cavaliere.
Merlin lo guardò, non gli piaceva il suo colorito pallido. Per un momento ebbe paura che tutto ciò che stava vivendo, la felicità nell’essere riuscito a salvarlo, svanisse sotto i suoi occhi.
Non aveva mai visto quella donna, non sapeva neppure che creatura fosse. E se lo avesse imbrogliato? E se avesse stretto un patto con una creatura malvagia?
«Sire!», esclamò una volta che i loro sguardi si incrociarono. Gli corse incontro e lo abbracciò, proprio come aveva fatto il mago in precedenza.
Arthur stava bene e ne erano tutti felici. No, non era assolutamente il suo momento di andarsene. Non solo lui, tutti avevano ancora bisogno della sua guida.
«Prego, Sire, salite sul cavallo, noi proseguiremo a piedi», Percival, senza provare quasi fatica, issò il suo re sul cavallo.
Era stanco, Arthur, lo si notava dalle palpebre calanti, dal sudore che aveva sulla fronte e dal colorito biancastro.
«Percival, dovremmo cercare di cacciare qualcosa, Arthur non mangia da ieri», non era propriamente vero, era riuscito a fargli ingurgitare una poltiglia di erbe che sapeva contenere proteine, ma non era stata abbastanza.
Dopotutto, era tornato dalla morte e sarebbero trascorse diverse lune prima di tornare l’Arthur di un tempo.
Erano riusciti a sconfiggere la scheggia della spada di Mordred – forgiata dal fuoco di Aithusa – che lentamente aveva raggiunto il suo cuore.
Merlin si chiedeva come avesse fatto Morgana a forgiare quella spada, non era un segreto, almeno non lo era per lui, che quelle spade fossero indistruttibili. Non era normale che si fosse spezzata una volta colpito il corpo del suo re.
Forse Mordred era stato aiutato dalle Disir, forse erano state loro, con la loro predizione a far sì che la spada si rompesse.
Davvero, Merlin non riusciva a comprendere.
«Come vi sentite?», chiese, circondando Arthur con una coperta.
«Sto bene, vorrei solo arrivare presto al mio letto e riposare per bene».
Era da un po’ che Arthur non lo guardava in volto, che fosse offeso per qualcosa che aveva fatto?
«Tra poco saremo a casa», rispose premurosamente, accarezzando la fronte del re. «Avete la febbre».
«È un male?», domandò, riferendosi al viaggio che aveva appena compiuto, di sicuro non doveva essere stato semplice anche se, con tutta probabilità, non lo rimembrava.
«No. È normale», gli sorrise cercando in tutti i modi di confortarlo, «vedrete che presto passerà tutto e potrete tornare alle vostre vecchie mansioni, come urlarmi contro ed insultarmi per bene».
«Ed usarti come bersaglio mobile in allenamento, quella sarà la prima cosa che farò».
«Sono riuscito a catturare un coniglio», Percival porse la selvaggina al servo che si mise subito a preparare.
Avrebbe dovuto scuoiare quel povero animale e, senza coltelli, era decisamente difficile, ma c’era il cavaliere e lui non sapeva ancora di cosa fosse capace.
Notò che Arthur lo stava osservando con interesse, «Usa la magia, Merlin».
«Magia?», Percival non fece nemmeno in tempo a pronunciare quella parola, Merlin aveva già cotto il coniglio dopo aver pronunciato delle parole magiche.
«Sono uno stregone, Percival», ammise, non sopportando più sentire quegli occhi che lo guardavano, stupito.
«Lo sapevate?», domandò ad Arthur, sedendosi vicino a lui.
Lui annuì, «da poco, ma sì. E va bene così».
Merlin sorrise tra sé e sé. L’aveva accettato e ne aveva avuto una conferma ulteriore.

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Buonasera, sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo senza ritardo! \0/
Spero vi sia piaciuto! Ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, sono davvero contenta che vi abbia incuriosito! *v* Spero che continuerà ad essere così!
Ringrazio anche l'utente che ha messo la storia tra le preferite e le dodici persone che hanno messo la fanfiction tra le seguite! Grazie mille! ♥
Alla prossima settimana!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Merlin sgranò gli occhi. «Gwen, lo porto in camera, deve riposarsi», disse, anzi, ordinò, prendendo il re tra le proprie braccia. Appoggiò la sua fronte su quella del sovrano ed appurò che la febbre era salita ancora.
«Chiamate Gaius, per favore, e fatelo venire nelle sue stanze».
La regina annuì e, di corsa, si fiondò dentro al castello.
[...]
Una volta in camera, Merlin lo spogliò e asciugò il sudore del corpo con un panno di cotone asciutto.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Così sia
Capitolo III


Finalmente riuscirono ad arrivare a Camelot. Non era mai stato così felice, Merlin. Non appena fosse stato possibile, avrebbe portato Arthur nelle sue stanze e l’avrebbe accudito come era giusto che fosse.
L’avrebbe lavato, asciugato, medicato la ferita che ora sembrava soltanto un piccolo sfregio, l’avrebbe messo a letto e sarebbe rimasto sempre con lui, non voleva perderlo di vista nemmeno per un minuto.
Merlin aveva paura, non poteva pensare di allontanarsi da lui. E se, non appena si fosse allontanato, tutto quello si fosse rivelato soltanto un sogno?
Sapeva che non era così, comprendeva che Arthur era effettivamente con lui, ma non poteva fare a meno di provare quel sentimento.
«Arthur!», sentirono urlare. Si voltarono tutti verso quella direzione e videro la regina correre verso di loro, con le lacrime agli occhi.
«Grazie, Merlin, grazie», lo ringraziò, dopo aver abbracciato il marito che Percival aveva fatto scendere dal cavallo.
«Guinevere», Arthur l’abbracciò nuovamente, ma, quando affondò il suo viso nell’incavo del collo di Gwen, perse i sensi.
«Arthur?»
Merlin sgranò gli occhi. «Gwen, lo porto in camera, deve riposarsi», disse, anzi, ordinò, prendendo il suo re tra le proprie braccia. Appoggiò la sua fronte su quella di Arthur ed appurò che la febbre era salita ancora.
«Chiamate anche Gaius, per favore, e fatelo venire nelle sue stanze».
Guinevere annuì e, di corsa, si fiondò dentro al castello.
Merlin la seguì e, una volta all’interno, utilizzò un incantesimo per rendere il corpo che portava appresso più leggero. Non sarebbe riuscito a trasportarlo altrimenti. Una volta in camera, Merlin lo spogliò e asciugò il sudore del corpo con un panno di cotone asciutto.
Non pensava a nulla in quel momento, era concentrato nel cercare di portare benessere al suo re.
Sapeva bene che Arthur era ancora con lui, sentiva il suo respiro, ma quella sensazione di paura, il non volerlo perdere, aleggiava sempre intorno a lui.
Già una volta l’aveva perso, non poteva accadere un’altra volta.
Dopo avergli fatto indossare la vestaglia da notte, Merlin adagiò Arthur nel letto e lo coprì con le coperte.
Preparò una tinozza di acqua per poter bagnare delle pezze da mettergli sulla fronte, che era caldissima e sperava che Gaius arrivasse da un momento all’altro. Merlin non si poteva allontanare e doveva chiedere consiglio al suo mentore, oltre al fatto che non vedeva l’ora di vederlo, dopo tutto ciò che era accaduto.
Voleva abbracciarlo e fargli promettere di preparagli il suo piatto preferito; in fondo si erano salutati così l’ultima volta.
Quando aveva asciugato il corpo del re, aveva notato come la – ormai – piccola ferita si fosse un po’ infettata. C’era un’infezione in corso e non sapeva se potesse servire utilizzare la magia per curarla o se gli avesse potuto fare soltanto del male. In fondo, era lì solo grazie ad una creatura magica, magari, prima di stabilizzarsi, doveva attraversare un periodo di febbre alta, o qualcosa del genere.
«Merlin», il mago lasciò per un istante Arthur, dormente nel suo letto, per correre ad abbracciare il medico di corte.
«Gaius!» Ricominciò a piangere, seguito dal suo mentore. Avevano passato tanti di quei momenti e non era riuscito a trattenersi.
Se Merlin non fosse riuscito a salvare Arthur, sicuramente non avrebbe fatto ritorno a Camelot e non avrebbe più rivisto Gaius.
«Ora, spiegaci cosa è successo», disse quando riuscì a ricomporsi. Merlin era già tornato al fianco del suo re, poi osservò Gwen, dentro la stanza insieme a loro.
«Non preoccuparti, Merlin, lo sa».
Il ragazzo annuì e cominciò a raccontare quello che era successo, non trascurò nulla, non nascose il fatto che Arthur era effettivamente morto.
Guinevere, nell’ascoltarlo, cominciò a versare le lacrime che, fino a quel momento, aveva cercato di trattenere.
Era doloroso anche per Merlin ripercorrere quei ricordi dolorosi.
«Ora ha la febbre, è da due giorni che non riesce a dormire», concluse cambiando la pezza.
Perfino in quel momento, Arthur aveva il sonno agitato. Si muoveva e aveva ripreso a sudare.
«Fammi vedere la ferita».
Merlin obbedì e dopo che Gaius la studiò a fondo, decise che il rimedio migliore per cercare di combattere l’infezione fosse un impacco di erbe.

Era notte fonda, Merlin non era mai uscito da quella stanza, non aveva mai lasciato la mano di Arthur.
Non poteva farlo.
«Merlin», si sentì chiamare.
Non appena udì il suo nome, portò una mano sulla fronte del sovrano e notò che la febbre si era abbassata.
«Vi sentite meglio?»
«Perché sei qui? Dovresti dormire un po’, anche tu».
«Non preoccupatevi per me. Starò qui finché non vi riprenderete».
«Non devi», continuò ad insistere il re.
«Non riuscirete a farmi desistere, Arthur», gli sorrise.
«Lo so, purtroppo».
Merlin non comprendeva appieno ciò che stava attraversando il suo re, aveva uno sguardo enigmatico. Come se avesse tanti, troppi pensieri per la testa che non voleva trattare con il suo servo; oppure, e il mago lo sperava, era soltanto stanchezza, di fatti i suoi occhi erano circondati da occhiaie.
«Siete sicuro di non volere qualcosa che vi faccia dormire?», chiese sperando che quella volta la risposta fosse stata affermativa visto che l'infuso l'avrebbe preparato Gaius e non lui.
Arthur negò, senza proferire parola, «preferirei un bicchiere d'acqua, per favore».
Merlin obbedì e, dopo averlo sistemato seduto sul letto, lo fece bere.
«Non è più necessario, Merlin. Essere mio servo, intendo».
Lo stregone inarcò un sopracciglio, «non mi volete più?», domandò con quasi le lacrime agli occhi. Pensò che Arthur non l’avesse davvero accettato, che avesse paura di lui perché aveva poteri magici. Non si sentiva al sicuro con lui nella stessa stanza?
Eppure, precedentemente, l'aveva sentito. Aveva percepito la fiducia che il re aveva nei suoi confronti, perché Arthur aveva già cambiato idea? Forse perché erano tornati alla – quasi – normalità e, quindi, non aveva più bisogno della sua protezione?
No, non poteva essere così. Arthur non l'avrebbe mai usato in quella maniera, non era nel suo carattere.
Arthur lo guardò negli occhi, «non ti senti sprecato in questa mansione, Merlin?».
«Perché dovrei? L'ho già detto, io sono nato per servirvi, Arthur. Servirvi non mi pesa affatto, anzi ne sono fiero, ne sono orgoglioso».
Il re sospirò e lasciò perdere, tornò sotto le coperte e mugugnò qualcosa, poi fece cenno a Merlin di lasciarlo riposare.
Si voltò quando non lo sentì uscire dalla sua stanza.
«Vuoi andare a dormire anche tu? Sappi che è un ordine. Dormi, idiota!», urlò, infine. «Se non dormire fa male a me, fa male sicuramente anche a te, quindi dormi!».
Nell'ascoltare quelle parole, Merlin sussultò. Non si aspettava di ricevere quella sgridata, ma non aveva tutti i torti, anche lui era stanco, ma sapeva bene che anche se ci avesse provato non ci sarebbe riuscito.
Era troppo nervoso, era troppo vigile.
Arthur fece cenno di dargli ascolto, «allora?».
Merlin si ridestò dai suoi pensieri, «dormirò qui per terra», enunciò tranquillamente.

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Buonasera, eccomi con il terzo capitolo della faniction! :) Spero che vi sia piaciuto.
Tra poco entreremo nel vivo della storia :)
Merlin non riesce ad allontanarsi da Arthur :3
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo. :) E ovviamente tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/seguite! Grazie mille :*
Bacioni
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Merlin sospirò di sollievo, «dovevate svegliarmi!», esclamò offeso raggiungendolo dietro il paravento della camera; probabilmente stava cercando di capire come vestirsi, tanto lo sapeva che non ci sarebbe riuscito mai.
[...] Arthur, finalmente, uscì, «non era poi così difficile», ammise, soddisfatto di se stesso.
Sia Gwen che Merlin lo guardarono cercando di trattenere le risate, «che c'è?».
«La tunica è al contrario, sire», ammise Merlin, tra un riso e l'altro.
Arthur ringhiò.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Così sia
Capitolo IV


La mattina dopo, quando Merlin aprì gli occhi dopo aver dormito sì e no un’oretta, non vide il suo sovrano sul letto.
Si alzò di scatto e si guardò intorno, preoccupato.
Durante la notte, Arthur non aveva dormito esattamente come lui e, quando si era finalmente addormentato, aveva continuato ad agitarsi nel sonno.
Cosa avrebbe dovuto fare? Forse, se fosse tornato ad Avalon, quella donna gli avrebbe potuto dire cosa non andasse e perché il suo re non riusciva a trovare un sonno tranquillo, ma comprendeva che probabilmente non avrebbe mai ricevuto risposta alle sue domande.
«Arthur?» Lo chiamò con ansia. Doveva trovarlo e di certo Arthur non poteva andare in giro per il castello in quelle condizioni, con la febbre ed una ferita infetta sul fianco.
«Sono qui».
Merlin sospirò di sollievo, «dovevate svegliarmi!», esclamò offeso raggiungendolo dietro il paravento della camera; probabilmente stava cercando di capire come vestirsi. Tanto lo sapeva che non ci sarebbe riuscito mai.
«Avrei dovuto svegliarti quando, finalmente, eri riuscito ad addormentarti?»
Non riuscì a rispondere alla domanda che qualcuno bussò alla porta, Merlin chiese chi fosse per poi farla entrare.
«Come sta?» Chiese Gwen entrando in stanza, cercandolo.
«Sta meglio», rispose prendendo il vassoio con la colazione che, fortunatamente, era andato a ritirarlo Guinevere. Lo appoggiò sul tavolo e sospirò.
«C'è qualcosa che ti turba, Merlin?» Gwen gli strinse le mani e cercò di confortarlo con un sorriso.
Non rispose, c'era Arthur presente, anche se non ancora visibile in quanto nascosto dietro il divisorio.
Merlin era, sì, preoccupato per il suo re visto che non sapeva quali fossero le conseguenze per averlo riportato indietro dal mondo dei morti, ma era in pensiero anche per se stesso.
La sua ansia e il suo nervosismo lo rendevano pazzo.
Non voleva assolutamente lasciare Arthur da solo, ma non solo quello, soltanto lui poteva rimanere solo con il suo sovrano.
Questa cosa gli pesava perché, in fondo, Arthur si sapeva difendere da solo, forse non ancora, ma non era un bambino e avrebbe potuto lasciarlo con la moglie, ma non voleva.
Aveva paura – ed era un terrore assolutamente infondato e lui lo sapeva bene – che se avesse lasciato il suo posto, Merlin stesso sarebbe morto.
Arthur, finalmente, uscì, «non era poi così difficile», ammise soddisfatto di se stesso.
Sia Gwen che Merlin lo guardarono cercando di trattenere le risate, «che c'è?».
«La tunica è al contrario, sire», ammise Merlin, tra un riso e l'altro.
Arthur ringhiò.
Era così felice di essere riuscito a vestirsi da solo che, forse, lo stregone avrebbe dovuto rimanere in silenzio.
«Come ti senti, Arthur?», Gwen gli si avvicinò e lo strinse a sé.
«Meglio, davvero. Tra poco tornerà tutto alla normalità, te lo prometto», Arthur le accarezzò i capelli e appoggiò con delicatezza le sue labbra su quelle di lei, donandole un bacio a fior di labbra.
Quando si accorse che Merlin era ancora nella stanza, lo guardò inarcando le sopracciglia.
Merlin non fece una mossa e rimase lì, in piedi, senza muovere un muscolo. «Merlin?»
«Che c'è?»
Arthur sbuffò, allontanandosi dalla moglie per raggiungere l'amico, gli appoggiò una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi, «vorrei stare da solo con mia moglie, Merlin. Esci immediatamente da qua, grazie».
Tremò per una frazione di secondo. Non voleva lasciarlo solo con Guinevere.
Non si sentiva pronto ad allontanarsi da lui.
Alla fine, però, dovette cedere. Era normale che volesse rimanere un po' da solo con la sua sposa, era Merlin il terzo incomodo, non lei.
Guardò un attimo Gwen e provò a chiederle scusa con lo sguardo, non era per cattiveria, ma soltanto perché era super protettivo nei confronti del suo migliore amico.
Sapeva che Gwen avrebbe capito. Merlin era colui che l'aveva visto morire tra le proprie braccia ed ora che era tornato, avrebbe voluto continuare a stringerlo per proteggerlo da tutti i mali che avrebbero potuto investirlo.
Il mago uscì dalla stanza e chiuse la porta. Rimase lì, nel corridoio. Se fosse successo qualcosa di spiacevole sarebbe entrato come un cavallo in corsa.
Merlin spalancò le porte quando sentì un urlo e, con occhi carichi di preoccupazione, corse a vedere cosa stesse succedendo.
Si sentì uno sciocco quando vide Guinevere cercare di coprirsi con il lenzuolo e sentire Arthur gridare il suo nome come se, non appena avesse avuto modo, l'avrebbe ucciso.
«Scusate», affermò, rosso in viso e correndo fuori dalla stanza.
Era stato un idiota, proprio come gli ripeteva sempre Arthur. Non poteva farsi trascinare così dai suoi sentimenti.
Non poteva farsi rodere l'anima dall'ansia, spesso infondata.
Doveva tornare alla vita di tutti i giorni, ma come avrebbe mai potuto farlo? Non si sentiva più il Merlin di una settimana prima. Era cambiato tutto, perfino lui.
Alzò lo sguardo quando sentì dei passi avvicinarsi.
«Merlin», lo chiamò Guinevere un po' imbarazzata.
Il ragazzo si alzò in piedi, ma tenne il viso basso e gli occhi chiusi.
Se Gwen era lì con lui, allora Arthur era da solo in camera. Merlin stava combattendo contro se stesso per non lasciare lì la regina e correre nelle stanze del suo re.
«Merlin, guardami per favore», lui alzò lo sguardo.
«Non volevo, prima».
«Lo so, lo so, ma non puoi continuare ad avere questa... questa paura. Arthur sta bene, ora».
Merlin la guardò con le lacrime agli occhi, ripensando ai giorni precedenti, «tu non c'eri, Gwen. Tu non puoi capire», le disse.
Lui era da solo, sulle rive di quel lago. Aveva provato a salvarlo, ma era rimasto soltanto lui ed il corpo del suo migliore amico che non avrebbe potuto più dirgli di stringerlo.
Si era sentito perso e svuotato e sapeva che quei sentimenti non sarebbero passati presto. Era come se avesse dovuto ancora ritrovare la lucidità, come se ancora dovesse comprendere che la realtà era quella.
Che, alla fine, era riuscito davvero a salvarlo.
«Hai una vita anche tu, Merlin. Non puoi...».
Merlin la fermò immediatamente, «la mia vita è al servizio di Arthur, tutto il resto non è importante».
«Ma...», continuò a non farla parlare, forse si stava comportando da maleducato, era la sua regina e lui, misero servo, non le faceva concludere una frase.
«Ora, scusami, ma se voi avete finito con il re, torno da lui».
Guinevere sospirò, «certo».
Merlin, rientrando in camera, si aspettava una lavata di capo dal suo sovrano, infondo gli aveva tolto la libertà e comprendeva quanto ciò potesse essere snervante. Invece si ritrovò ad osservare la tristezza negli occhi di Arthur.
Lo osservava come se dovesse studiarlo, come se stesse preparando le giuste parole da dire.
Merlin rimase in silenzio, in piedi davanti a lui che era seduto dietro la sua scrivania.
Rimasero in silenzio per diversi minuti. Merlin si sentiva uno sciocco, non riusciva a controllare le lacrime che, ogni volta, gli riempivano gli occhi. Nemmeno lui comprendeva se ciò fosse dovuto alla felicità di vedere il suo amico ancora vivo o alla paura di vederlo scomparire sotto i suoi occhi.
«Non so che dire, Merlin», ammise Arthur, «sarebbe giusto rimproverare il modo con il quale sei entrato nella stanza, ma, da un certo punto di vista, lo comprendo e sono... sono grato per la tua premura nei miei confronti».
Arthur non era mai stato molto bravo con le parole, almeno non con Merlin. Lui preferiva insultarlo in modo affettuoso, se potesse essere realmente ritenuto tale. Merlin sapeva che Arthur gli voleva bene, che lo riteneva un amico, ma, quando si era ritrovato a dovergli esprimere affetto, si bloccava.
Merlin sorrise appena, come se non avesse il diritto di poterlo fare, «ammetto che vorrei essere più tranquillo, Arthur, e mi scuso per prima, ma...».
Arthur lo bloccò, «tu hai assistito alla mia morte, Merlin. Alla mia vera morte. Credo sia alquanto normale il tuo comportamento. Probabilmente mi sarei comportato anche io così se... se i ruoli fossero stati invertiti».
Quanto gli erano costate quelle parole?
Merlin si domandò cosa dovesse fare, doveva rispondergli? Doveva smorzare la tensione? Non sapeva se ce l'avrebbe fatta, era troppo insicuro di tutto.
«Vorrei sapere dov'eri, perché non sei venuto con me a Camlann».
Non era una domanda, era un ordine. Era la seconda voleva che glielo chiedeva. Voleva davvero sapere perché Merlin aveva deciso di non accompagnarlo in guerra.
Ricordava ancora quanto il suo sovrano si fosse sentito deluso, ma non aveva potuto fare altrimenti, per proteggerlo aveva dovuto prendere la decisione di non accompagnarlo.
Aveva fatto quello che riteneva giusto e lo era. Purtroppo, però, non era riuscito a proteggerlo come si era ripromesso di fare.
Si sentiva maledettamente in colpa e, probabilmente, si sarebbe sentito così per sempre.
Merlin deglutì, «Mordred sapeva che ero uno stregone, l'aveva scoperto ed è andato a riferirlo a Morgana», fece una pausa, i ricordi facevano così male. Se in passato Merlin si fosse comportato in maniera diversa, non sarebbe accaduto tutto quello che invece era successo. Si sentiva in colpa perché le sue decisioni avevano portato alla morte del suo migliore amico. Se non avesse salvato Morgana e Mordred, se non avesse fatto nascere Aithusa tradendo la decisione di Arthur di distruggere l'uovo, se non fosse stato così stupido da credere nelle persone sbagliate, allora non sarebbe accaduto nulla e Arthur non sarebbe morto.
Era colpa sua, esclusivamente colpa sua. «Morgana ha utilizzato una creatura che si ciba dei poteri magici, me li ha tolti cosicché io non avessi più modo di proteggervi. Ha dato inizio alla parte finale della guerra ed io, io non potevo fare nulla per fermarla. Quando ho sentito che sareste andato a Camlann, ho dovuto prendere la decisione di non seguirvi perché, mentre vi stavate preparando per la battaglia, io sono andato alla caverna di cristallo, il luogo dove è nata la magia, per riprendermela... per potervi proteggere, ma... ma sono arrivato troppo tardi», concluse il discorso con un nodo nella gola.
Arthur lo osservava serio, inalò più aria del solito prima di rispondere, «non sei arrivato troppo tardi. Tu... tu sei davvero la persona più coraggiosa che conosca. Hai un'anima nobile, Merlin. Sii orgoglioso di ciò», il sovrano si alzò e batté la sua mano sulla spalla di Merlin, «credo che senza il tuo silenzioso aiuto questo regno non sarebbe arrivato ad oggi. Sarebbe caduto prima. Ti ringrazio».
«Non dovete ringraziarmi, sire. Non l'ho mai fatto per avere onorificenze».

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Buonasera! Scusatemi, sono di superfretta! T_T Mi spiace che ci sia stato questo ritardo, speravo di riuscire a pubblicare la scorsa settimana, ma non ce l'ho fatta! :(
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie mille per le recensioni e le letture ^^ Spero che la storia continuerà ad appassionarvi :)
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«A che pensi?» Guinevere lo abbracciò e gli posò un bacio sull'incavo nel collo.
[...]
«Stavo pensando a Merlin», rispose infine.
Gwen rise, «siete proprio... strani. Merlin vive per te e tu lo pensi continuamente e te lo porti sempre appresso. Il vostro non è un rapporto sano».
Arthur sospirò, «mi ha salvato la vita così tante volte ed io non sono riuscito mai a rendermene conto».

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Così sia
Capitolo V


Era ormai trascorsa una settimana dal loro ritorno a Camelot. Arthur, finalmente, era riuscito a riprendere il controllo della propria vita, o almeno, in parte.
Si sentiva diverso, guardava il mondo con occhi diversi.
Era stato cresciuto in modo tale da odiare la magia, ma non l'aveva mai odiata davvero.
Aveva paura della magia perché il padre aveva sempre detto che era puro male e, di certo, non avevano aiutato tutti gli stregoni che aveva incontrato nel corso della sua vita.
Spesso avevano cercato di ucciderlo, in un modo o nell'altro, senza riuscirci nemmeno una volta.
Aveva sempre creduto che era scampato alla morte grazie alle sue doti di cavaliere; in verità era sempre stato il suo fido servo – che lui non trattava propriamente bene – a salvargli la vita ogni volta.
Cosa provava Merlin ogni volta che lui si ritrovava a rischiare la vita? Comprendeva meglio anche tutte le sensazioni che il suo servo sentiva, delle volte cercava di fermarlo nell'intraprendere un percorso perché lui comprendeva quanto potesse essere difficile. Se gli avesse dato più retta, se l'avesse ascoltato di più, sarebbe stato meglio. Eppure non c'era stata una volta nella quale Merlin gli avesse rinfacciato i suoi errori, primo fra tutti: Mordred.
Arthur si era sfogato con lui dicendo che aveva sbagliato a nominarlo cavaliere e, quando lo fece, sapeva di andare contro al volere del suo servo. Merlin non si fidava di Mordred ed aveva ragione, ma quando finalmente Arthur lo comprese, Merlin gli sorrise e gli disse che aveva fatto ciò che riteneva giusto, quindi non aveva sbagliato.
Merlin era la persona migliore che avesse mai conosciuto, era stato uno stupido a non dargli mai credito.
Non per niente, Merlin non si era fidato a rivelargli il suo dono. Lui non voleva metterlo nella posizione di scegliere tra le leggi di Camelot e lui, ma sapeva che non era solo quello.
Merlin non voleva vedere la delusione, che però aveva avuto modo di vedere dopo la battaglia di Camlann, sul volto del suo re.
«A che pensi?» Guinevere lo abbracciò e gli posò un bacio sull'incavo nel collo.
Merlin, finalmente, era riuscito ad allontanarsi un po' da lui. Arthur doveva ammetterlo, cominciava a diventare pesante.
Non tanto per la sua costante presenza, a quella era abituato. Anche in passato era Arthur stesso che si portava sempre appresso il suo servo. Sarebbe potuto andare a fare esplorazioni da solo, ma Merlin doveva essere al suo fianco, doveva sempre seguirlo.
Come se sapesse che Merlin fosse importante e non solo perché fosse il suo servitore, o amico, ma perché non poteva pensare di non averlo vicino con le sue battute pronte, con le sue risate e le prese in giro.
In quel momento, però, era finalmente da solo con Gwen, con sua moglie, e poteva godersi quel meritato riposo tra le braccia della sua consorte.
Doveva ringraziare anche Gaius di ciò, aveva costretto Merlin ad andare in cerca a delle erbe che aveva finito.
Probabilmente in quel momento Merlin stava pensando a lui, se stesse effettivamente bene.
Merlin era apprensivo, soprattutto perché si sentiva in colpa per quello che era accaduto anche se Arthur non la pensava così.
Era merito di Merlin se lui era tornato, se poteva continuare a vivere la vita che gli era stata strappata troppo presto.
Arthur aveva provato a farglielo capire, ma non era riuscito nel suo intento. Il senso di colpa lo opprimeva così tanto che Merlin stesso era cambiato.
Non era più il ragazzo di prima, era più cupo, come se dovesse ricevere una punizione per la sua cattiva condotta.
Avrebbe ricevuto un premio, invece. Arthur aveva cominciato a pensarci da quando era ritornato a Camelot. Merlin doveva essere riconosciuto come colui che aveva aiutato il suo re ed il regno stesso.
Dopo anni ed anni doveva ringraziarlo come era giusto che fosse.
«Stavo pensando a Merlin», rispose infine.
Gwen rise, «siete proprio... strani. Merlin vive per te e tu lo pensi continuamente e te lo porti sempre appresso. Il vostro non è un rapporto sano».
Arthur sospirò, «mi ha salvato la vita così tante volte ed io non sono riuscito mai a rendermene conto».
«L'importante è che tu, infine, l'abbia fatto. Merlin ti adora, Arthur, e tu adori lui. Siete più che semplici re e servitore. Siete amici, vi volete bene ed il vostro è un bellissimo rapporto, ancor prima che tu venissi a conoscenza dei suoi poteri, ma non potete continuare ad essere così. Tu hai un regno a cui pensare, non puoi continuare a struggerti per lui», spiegò accarezzandogli un braccio.
«Hai ragione, come sempre», non era completamente sicuro delle sue parole. Erano vere, ma Arthur non poteva non pensare al benessere del suo amico.
«Vorrei tornare a dormire con te, la notte».
Il re la guardò, «ti prego, continua a dormire nella tua stanza».
Non voleva che Guinevere assistesse alle sue notti insonni. Alla fine aveva accettato l'aiuto di Merlin e Gaius gli aveva preparato un infuso per conciliare il sonno, ma a niente era servito.
Preferiva continuare a non dormire che addormentarsi ed avere quei sogni.
Non ne aveva parlato con nessuno, nemmeno con Merlin. Non voleva angustiarlo, non voleva fargli pesare anche quello.
Sicuramente, se Merlin ne fosse venuto a conoscenza, si sarebbe sentito ulteriormente in colpa. Avrebbe pensato che, visto che non era riuscito a salvarlo prima che morisse, fosse colpa sua se aveva sempre gli incubi.
Sognava la desolazione nelle sue terre, che, dopo l'ultima guerra, si era guadagnato. Avevano finalmente fondato Albion, ma nel suo sogno tutto il duro lavoro era stato inutile, erano arrivati dei guerrieri troppo forti e non era riuscito a contrastarli.
Guinevere era stata strappata dalle sue mani e Merlin… Merlin stesso aveva dato la sua vita per proteggere quella di Arthur.
A volte il sogno cambiava e sognava che Morgana sarebbe tornata per porre fine a tutto ciò che avevano creato, a tutto il bene che avevano fatto.
Altre volte non vedeva nulla, ma sentiva un gran dolore partire dal fianco, che Mordred aveva colpito, e salire fino al cuore, e sentiva il suo servo cingergli il corpo piangendo.
Non riusciva più a dormire e pregava, ogni notte, di riuscire a scacciare una volta per tutte gli incubi dalla sua mente.
Anche il suo corpo, ovviamente, ne stava risentendo e cominciava a pensare che, forse, era stato tutto inutile.
Che senso aveva avuto tornare in vita se poi doveva vivere tutto quel dolore durante la notte? Gli faceva male psicologicamente e fisicamente.
Era sempre stanco e a volte aveva difficoltà a rimanere in piedi per troppo tempo.
Doveva trovare una soluzione al più presto e senza chiedere aiuto a Merlin.

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Buonasera! :)
Il capitolo è un più corto dei precedenti, mi farò perdonare con il prossimo che sarà decisamente più lungo :3
Spero che il capitolo via abbia appassionato, per la prima volta è POV Arthur. ^^ Da adesso in poi i capitoli avranno a volte il POV Arthur ed altre volte il POV Merlin :)
Questo capitolo era abbastanza atteso per via dello spoiler che ho messo la scorsa settimana, spero quindi di non aver deluso le vostre aspettative. ^_^
A martedì prossimo!
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito la storia, che l'hanno messa tra le preferite e le seguite! ♥ Grazie infinite! :)
Bacioni
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«Cosa ci fai tu alzato?» [...]
Merlin sospirò, capendo probabilmente che non sarebbe sfuggito all'interrogatorio, «mi hanno chiamato».
«Chi?» Ma soprattutto avrebbe voluto chiedere come.
«Kilgharrah».
Chi diavolo era Kilgharrah? Cosa voleva da Merlin?


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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Così sia
Capitolo VI


Quella sera, come tutte le sere, Arthur non riusciva a prendere sonno e, visto che non aveva più voglia di starsene a letto senza far nulla, decise di alzarsi ed andare a fare un giro per il proprio palazzo.
Si alzò in piedi ed uscì dalle sue stanze.
Non riusciva a riposarsi, eppure la sua mente era continuamente in movimento.
Pensava, pensava e pensava.
I suoi pensieri principali erano rivolti a Merlin, a come finalmente lo conosceva veramente e lo accettasse davvero in tutto per tutto per quello che fosse. Era uno stregone, non per sua scelta, ed aveva deciso di mettere a disposizione i suoi poteri per lui, per Arthur.
Non poteva che esserne grato.
Senza Merlin, Arthur non era nessuno. Era soltanto un re che cercava di fare del suo meglio, ma che, probabilmente, non avrebbe avuto la possibilità di riuscire a regnare degnamente.
«Arthur?»
Si voltò verso colui che aveva parlato. Si ritrovò davanti agli occhi Merlin stesso. Arthur aggrottò le sopracciglia, «che ci fai ancora sveglio, a quest’ora?»
«Non riuscite a dormire? Volete che vi prepari un infuso?» Chiese velocemente lui, senza rispondere alla domanda che gli era stata fatta.
«No, Merlin. Te l'avrei chiesto, altrimenti».
Il servo gli si avvicinò, «vi sentite male?»
«Basta. Non puoi continuare a stare così in pena per me. Sono passati sette giorni, ormai».
«Scusatemi, ma non posso farne a meno», il servo si avvicinò maggiormente e, senza chiedergli il permesso, gli sentì il calore della fronte. Voleva essere sicuro che il suo re non avesse la febbre.
«Merlin, ora basta, non sono un bambino, so prendermi cura di me stesso da solo».
Merlin sogghignò, «però non siete capace a vestirvi, questa dovrebbe raccontarla lunga, lo sapete?»
Sembrava quasi che fosse ritornato se stesso, Merlin, con quell'ultima battuta. Arthur non poté fare a meno di non sorridere e di stringergli un braccio.
«Cosa ci fai tu alzato?», domandò nuovamente, questa volta avrebbe atteso la risposta che non doveva assolutamente essere campata per aria. Merlin doveva essere sincero con lui, ormai non aveva più alcun senso inventare scuse.
Merlin sospirò, capendo probabilmente che non sarebbe sfuggito all'interrogatorio, «mi hanno chiamato».
«Chi?», ma soprattutto, avrebbe voluto chiedere come.
«Kilgharrah».
Chi diavolo era Kilgharrah? Cosa voleva da Merlin?
In quel momento, Arthur prese la decisione che, se qualcuno chiamava in modo magico – perché non c'era altro modo – il suo servitore, allora lui l'avrebbe accompagnato all'incontro.
«Vengo con te».
«Non ce n'è bisogno, Arthur. Probabilmente vuole solo salutarmi, è vecchio e tempo fa mi disse che stava per andarsene», cercò di convincerlo.
«Non sta a te decidere, ho detto che vengo con te. In fondo, questo Kilgharrah è un suddito di Albion e voglio esserci».
Merlin sgranò per un attimo gli occhi, sicuramente aveva creduto che Arthur se ne sarebbe andato senza problemi, che non l'avrebbe accompagnato, ma non era così facile far cambiargli idea.
«Non è... non è propriamente un suddito».
«Che vuoi dire?»
«Bhé, è... è un drago», rispose riluttante.
Merlin non si sentiva ancora pronto a parlare liberamente della magia. L'aveva ripetuto più volte, gli sembrava strano utilizzarla di fronte ad Arthur e, effettivamente, anche a lui faceva un effetto strano.
Non ci era abituato, ecco.
«Un drago?» Arthur non poteva credere a quello che aveva appena appreso. Era forse il drago di Morgana?
«Sì, ha forgiato la vostra spada, anni fa».
«Allora... allora, visto che mi ha fatto un tale regalo, devo conoscerlo a tutti i costi, prima che spiri».
Arthur non era certo di aver usato le parole giuste, non aveva propriamente la necessità di conoscerlo e, doveva ammetterlo, aveva una certa ansia.
Merlin annuì, «se proprio insistete».

Arthur seguì Merlin prettamente in silenzio, sino alla radura al di fuori dei cancelli del proprio palazzo.
Era alquanto agitato, l'ultima volta che aveva visto un drago, aveva tentato di ucciderlo.
Merlin stesso non aveva detto parola, non ne comprendeva il perché. In fondo ci aveva già parlato con quel drago, perché doveva sentirsi così teso?
Fecero ancora qualche passo, poi, Arthur notò la figura possente del grande drago.
«L'avevo ucciso!» Esclamò Arthur, rivolgendosi a Merlin, «mi avevi detto che era morto».
Merlin lo osservò con occhi tristi, un'altra bugia veniva a galla e, come per la prima e più importante, Arthur non riuscì a non sentirsi un po' deluso.
Merlin si fidava ciecamente di lui, eppure non aveva mai avuto una fiducia tale da potergli dire la verità da principio.
Si voltarono tutti e due verso Kilgharrah quando lo sentirono ridere.
I draghi ridevano?
«Grande re, noi draghi possiamo anche recitare. Era giusto, a quel tempo, che tutti credessero che fossi morto, cosicché voi non sareste venuto a cercarmi».
Parlava pure, il drago. Arthur rimase con la bocca spalancata, come un ebete. Era decisamente un asino reale, lui. Merlin aveva sempre avuto ragione.
«Parla», sussurrò impressionato allo stregone. «Quella creatura... parla».
Merlin rise, ma dalla sua bocca non uscì nessuna parola.
Arthur credeva che, quando Merlin gli aveva detto che il drago gli aveva riferito di essere arrivato alla fine della sua vita, la creatura lo avesse fatto tramite i poteri che Merlin possedeva. Di certo non poteva lontanamente pensare che il drago parlasse realmente.
«Perché non hai mai parlato in mia presenza?».
«Non era il momento», rispose il possente drago avvicinando il suo muso al terreno. «Non che questo sia l'attimo giusto, io non avrei mai dovuto parlare con voi. Non era nel vostro destino, non è forse vero, giovane mago?».
«Ho fatto quello che ritenevo più giusto. Non mi sono perso d'animo ed ho pregato finché qualcuno non mi ha ascoltato».
Il drago ringhiò e butto fuori dal naso un po' di fumo. Li avrebbe attaccati da un momento all'altro?
«Non dovevi! Avevo chiaramente detto che il destino di Arthur era compiuto. La morte era nel suo destino e tu, invece, hai giocato con dei poteri più grandi dei tuoi. Hai donato la tua eternità, non avresti dovuto farlo».
Ad Arthur non piaceva il modo con il quale il drago si rapportava a Merlin, gli mancava di rispetto come se ciò che lui dicesse fosse l'assoluta verità alla quale Merlin non aveva dato ascolto.
Arthur, invece, era grato per ciò che Merlin aveva fatto. Poteva continuare a vivere la sua vita, a regnare sul suo popolo, proprio perché Merlin non voleva vederlo morire, non voleva rimanere da solo, ma non solo per un atto egoistico.
Merlin era assolutamente certo che il regno non sarebbe sopravvissuto senza Arthur. Merlin credeva così tanto in lui che Arthur non comprendeva come avrebbe dovuto sentirsi.
Il suo servo era più forte perfino di tutto l'esercito di cavalieri, eppure era fermamente convinto che colui che doveva vivere fosse Arthur.
«Avevo detto che avrei dato la mia vita. Una vita per una vita ed avrei dato la mia per far tornare Arthur».
Il re perse un battito.
No, Merlin non aveva donato la sua vita, era ancora lì, ma se l'avesse fatto, come si sarebbe sentito lui una volta tornato dal regno dei morti?
Non avrebbe mai potuto perdonarsi per ciò che Merlin avrebbe messo in gioco.
«Idiota!» Urlò Arthur senza pensarci.
Sembrava quasi che i due parlassero senza sapere che lui era presente, ma era arrivato il momento di far sentire la sua voce.
«L'ho sempre detto che sei un idiota, Merlin. Come ti sei permesso soltanto a provare di dare la tua vita in cambio della mia? La tua vita è importante tanto quanto la mia», era offeso, Arthur. Si sentiva offeso perché il suo amico credeva che la vita del suo re valesse più della sua. Non era assolutamente vero, anzi, più probabilmente la vita di Merlin era decisamente più importante della sua.
«L'avrei fatto volentieri, Arthur», affermò senza intonazione.
«E come pensi che avrei potuto vivere io, sapendo che avevi dato la tua vita per la mia, eh, Merlin?».
«Avreste comunque regnato su Albion».
«Senza di te», Arthur non poteva immaginare di regnare su Albion, che fondamentalmente avevano creato insieme, senza di lui. Non era logico. Non avrebbe mai potuto farlo.
«Sono solo un servo, Arthur. Ne avreste trovato un altro», gli sembrava che Merlin fosse stanco di parlare di quello. Probabilmente lui tutti i giorni ricordava quello che era accaduto e non aveva voglia di parlarne più.
«Non dire fesserie, Merlin. Tu non sei soltanto un servo. Sei Merlin, sei dannatamente importante per il regno... e per me», ammise con un po' di riluttanza Arthur, ma davvero non poteva immaginare di vivere senza di lui.
Non provava, ovviamente, quello che sentiva per Guinevere. Lui l'amava, ma Merlin era davvero importante, quando aveva qualche dubbio andava da lui, anche se – a detta di Merlin – era soltanto un servitore.
Arthur lo vide piangere, le sue parole gli avevano fatto sicuramente piacere, ma non era solo quello; Arthur lo accettava davvero, con tutti i suoi pregi e i difetti.
«Grande re, voi come state?» Parlò il drago riprendendo tutta l'attenzione, «non è cosa da poco tornare dal regno dei morti, le vostri notti sono quiete?».
Il re deglutì, «non dormo e, quando lo faccio, ho gli incubi».
Aveva deciso di non farlo sapere a Merlin, ma il drago era saggio, giusto? Avrebbe potuto trovare una soluzione, forse.
«Comprendo», il drago si avvicinò a Merlin, «mi rimangono pochi giorni di vita, giovane mago. Comprendo i tuoi stati d'animo anche se non avrei mai donato l'eternità, ma ognuno prende le proprie decisioni».
«L'eternità?» Arthur non comprendeva cosa fosse. Nessuna persona era eterna.
«Gli era stata regalata l'immortalità, è uno stregone molto potente. La Dea ha voluto la sua immortalità per riportarti qui».
«L'ho fatto con piacere, Kilgharrah. Che senso aveva vivere una vita eterna senza le persone care? Non ho mai desiderato l'immortalità. Io ho sempre e solo voluto proteggere Arthur».
Arthur appoggiò una mano sulla spalla di Merlin, «ti ringrazio».
Merlin gliela strinse e, per un momento, Arthur si domandò se avesse dovuto abbracciarlo. In fondo non gli sarebbe dispiaciuto.
«Così sia, giovane mago».
Kilgharrah aprì le sue fauci e, per un attimo, Arthur avrebbe voluto tirare fuori la sua spada per aggredirlo. Si bloccò pensando che non avrebbe attaccato nessuno dei due.
Ora che lo aveva conosciuto, aveva compreso che anche lui, il drago, era stato una parte importante nel suo regno. Aveva aiutato più volte Merlin, in passato, gli aveva forgiato la sua spada. Di certo non avrebbe fatto loro del male.
«Perché?» Domandò Merlin, dubbioso.
«Diciamo che è il mio regalo d'addio, giovane mago».
«Grazie, Kilgharrah. Addio».
«Arrivederci», disse anche Arthur, prima di vedere il drago muovere le sue ali ed allontanarsi dalla radura in volo.
Merlin ricominciò a tornare verso il palazzo ed Arthur lo seguì.
«Lo conosci da... tempo».
Merlin sorrise circondandogli una spalla con il proprio braccio, «avreste dovuto ringraziarlo, è stato lui a dirmi che sareste stato il mio destino».
«Ah, sì?!»
«Ricordo ancora che, quando me lo disse, ho dichiarato che il mio destino non sarebbe mai potuto essere un idiota come te», Merlin rise, stringendolo ancora più forte. «Non mi sono mai sbagliato come allora».

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Salve! :3 Come promesso questo capitolo è più lungo del precedente e sicuramente molto Merthuriano. *0*
Spero vi sia piaciuto e che sia riuscita a mantenere i personaggi IC (:
Grazie mille a tutte le persone che seguono la storia, ma soprattutto a chi lascia un proprio pensiero! Mi fate davvero molto piacere *_*
Ora, che come al solito sono alquanto di fretta, vi lascio subito allo spoiler sul prossimo capitolo! ^^
A presto!!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«Posso chiedervi una cosa, Arthur?», domandò Merlin in modo umile, come se non avesse il diritto di volergli porre quella domanda.
«Cosa?»
«Volevo che mi raccontaste dei vostri incubi».
Arthur sospirò, «non avrei voluto sobbarcarti anche di questo problema. Volevo trovare una soluzione da solo, tu hai già fatto tanto, troppo».
Merlin gli sorrise scherno, «andiamo, non cercare di fare l'altruista proprio ora quando non lo sei mai stato», scherzò, ma probabilmente il re non colse il gioco.
«Proprio perché in passato ti ho dato per scontato, ora vorrei liberarti da certe preoccupazioni, Merlin».


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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Così sia
Capitolo VII


Merlin entrò nelle stanze del re con il vassoio della colazione tra le mani.
Quella mattina si sentiva molto più sereno.
La notte precedente non era da cancellare, aveva vissuto dei bei momenti con Arthur ed erano riusciti ad essere maggiormente sinceri l'uno con l'altro.
Sapeva che Kilgharrah gli avrebbe fatto una ramanzina per il fatto di aver riportato in vita il suo re, ma sapeva anche l'avrebbe fatto comunque, anche se avesse dovuto compiere l'azione peggiore del mondo.
Arthur era troppo importante e non solo per il regno – che lo amava –, ma anche per lui.
Merlin non poteva vivere una vita senza Arthur, lui era davvero il suo destino e avrebbe preferito morire lui stesso che stare senza il suo sovrano.
«La colazione».
Merlin non ricevette risposta. Preoccupato, appoggiò velocemente il vassoio sul tavolo e cominciò a cercarlo.
Corse da lui quando lo vide disteso a terra, svenuto.
«Arthur!», esclamò preoccupato.
Il respiro era debole e la febbre alta.
Con fatica portò il sovrano sul letto e lo coprì, non avrebbe voluto lasciarlo, ma doveva ordinare ad una guardia di correre a chiamare Gaius.
Non appena lo fece, tornò vicino a lui. Gli strinse una mano e cominciò a pensare che era stato uno stupido a tornare a dormire nella sua camera, sarebbe dovuto rimanere vicino a lui.
«Che cosa è successo?», il mentore si avvicinò al malato e lo esaminò.
«Non lo so, l'ho trovato svenuto a terra».
«Credo sia solo stanchezza, Merlin. Non preoccuparti. Deve dormire, ma non ci riesce bene».
Lo stregone sospirò di sollievo, «volevo parlargliene oggi», ammise.
«A proposito di?»
«Kilgharrah, ieri, prima di andarsene mi dato un incantesimo con il quale Arthur non dovrebbe avere più problemi a dormire. Ieri era troppo tardi, così ho pensato di parlargliene oggi, anche perché non so se ne sarà del tutto contento. Quando dovevamo ancora tornare volevo dargli l'infuso che gli prepari tu, ma non ha voluto per paura che contenesse della magia», spiegò stringendo più forte la mano di Arthur. Quella volta, però, sarebbe stato diverso. Anche se lui non avesse voluto, avrebbe utilizzato quell'incantesimo.
Arthur non poteva continuare così, sarebbe perito per la stanchezza altrimenti.
Guinevere entrò nelle stanze di corsa, «che è successo?».
«Mia regina», la salutò Gaius con un inchino, «il re si riprenderà presto, è solo la stanchezza».
Gwen sospirò, «Merlin, devi fare qualcosa. Arthur non può continuare a non dormire, non vuole nemmeno che torni a dormire con lui proprio per questi suoi problemi».
Merlin la osservò tristemente, comprendeva bene il suo senso di impotenza, anche lui si sentiva esattamente così fino al giorno precedente.
«Farò tutto ciò che è in mio potere, Gwen, puoi starne certa».
«Lo so, grazie. Sono davvero contenta che abbia un amico come te», gli sorrise sinceramente.
Se il drago non gli avesse fatto quell'ultimo regalo d'addio, Merlin aveva già deciso, sarebbe tornato ad Avalon sperando di ritrovare la Dea e chiederle come poter fare per rendere il sonno di Arthur tranquillo.
Un'ora dopo, Arthur aveva riaperto gli occhi, «spero che ora non ricomincerai a non lasciarmi un attimo da solo, Merlin», disse subito cercando di abbozzare un sorriso di scherno.
«Penso di aver trovato la soluzione», il servo gli strinse la mano con la sua e sperava davvero che Arthur avrebbe dato il proprio consenso.
«Davvero?»
Il moro annuì, serio.
«Merlin, è una cura magica, vero?».
«Sì», fece una pausa, osservando attentamente la reazione un po' rassegnata del suo re, «è stato Kilgharrah a donarmela».
Arthur sospirò, «sarò sincero, non mi piace l'idea. Non vorrei utilizzare la magia per i miei mali, l'hai già fatto una volta...»
«Uhm, facciamo più di una».
Arthur si mise seduto sul letto, «quando?»
«Più volte, l'ultima volta è successo quando Gwen, sotto l'influsso di Morgana, vi aveva avvelenato. Gaius non poteva salvarvi, sareste morto altrimenti».
«Quante diavolo di volte mi hai salvato la vita, Merlin?»
«Non ho tenuto il conto».
Arthur sgranò gli occhi, «non sarei arrivato a tre anni senza di te».
«Non vi conoscevo a tre anni».
«Era una battuta, idiota», gli diede una botta su un braccio e sorrise.
«Stasera faremo l'incantesimo, che voi lo vogliate o no, Arthur», si fece serio lo stregone senza distogliere lo sguardo.
«No, d'accordo. Non posso continuare così».
«Scusatemi», affermò Merlin osservando le coperte, senza guardare il re dritto negli occhi.
«Per cosa?», domandò, sinceramente curioso.
«Se fossi riuscito a salvarvi in tempo, probabilmente non avreste avuto questi problemi».
Arthur gli sorrise, «Merlin, non cercare di sentirti in colpa per cose che non ti competono. Non avresti potuto salvarmi in tempo e, comunque, non avevi nemmeno il dovere di cercare di salvarmi, dovrei ringraziarti, piuttosto, per tutto ciò che fai e cerchi di fare per il mio benessere».
Merlin sentì davvero la sua gratitudine, come se ora che aveva scoperto la verità dovesse ringraziarlo per ogni cosa che aveva fatto in passato, ma non doveva farlo. Non ce n'era bisogno.
Erano mutati, tutti e due. Avevano superato troppi ostacoli per poter rimanere gli stessi di un tempo, Arthur era diventato più consapevole nei confronti di ciò che lo circondava.
Merlin lo percepiva, sentiva il moto di confusione che aleggiava all'interno della sua anima. Tutto quello che aveva imparato negli anni si era lentamente ed inesorabilmente sgretolato davanti ai suoi occhi.
Aveva dovuto lottare per contrastare la stregoneria di Morgana ed aveva lottato per accettare la magia dentro Merlin.
Lo ringraziava, in continuazione, come se fosse stato un modo per scusarsi per tutte quelle volte che non si era accorto dell'aiuto magico di Merlin. Lui, però, non voleva essere ringraziato, lui avrebbe soltanto voluto percepire la tanto attesa tranquillità che però sembrava ancora lontana.
Non voleva più avere quei pensieri negativi che albergavano all'interno della sua mente.
E se l'incantesimo che gli aveva donato il drago non fosse stato abbastanza? Se gli incubi fossero continuati, se il sonno del sovrano non sarebbe più tornato?
Come potrebbe governare un regno quando mancava il sonno?
Continuavano a lottare, loro due. Questa volta insieme.
«Posso chiedervi una cosa, Arthur?», domandò Merlin in modo umile, come se non avesse il diritto di volergli porre quella domanda.
«Cosa?»
«Volevo che mi raccontaste dei vostri incubi».
Arthur sospirò, «non avrei voluto sobbarcarti anche di questo problema. Volevo trovare una soluzione da solo, tu hai già fatto tanto, troppo».
Merlin gli sorrise scherno, «andiamo, non cercate di fare l'altruista proprio ora quando non lo siete mai stato», scherzò, ma probabilmente il re non colse il gioco.
«Proprio perché in passato ti ho dato per scontato, ora vorrei liberarti da certe preoccupazioni, Merlin».
Lo sguardo di Arthur era serio, come se dovesse decidere della vita o della morte di una persona. Aveva compreso, con il tempo, quanto Merlin gli fosse accanto, nel bene e nel male.
«Dovevate dirmelo. Dovevate parlarmi dei vostri sogni», fece una pausa, «sono uno stregone, posso aiutarvi. Per favore, raccontatemeli».
Arthur lo osservò per alcuni secondi, Merlin vedeva nei suoi occhi una certa paura e non ne comprendeva il motivo. Erano solo sogni, giusto?
«Alcune volte sogno il momento della mia morte, la rivivo. Sento persino il dolore fisico della ferita che avevo, altre volte sogno il ritorno di Morgana e di come riuscirebbe a distruggere tutto ciò che abbiamo costruito, vedo la tua morte, la morte di Guinevere. Vedo il regno in rovina», durante il racconto, gli occhi di Merlin si celarono di tristezza, ogni notte, ogni volta che si addormentava doveva vivere quei momenti così dolorosi, così sofferti.
Merlin non credeva che Morgana sarebbe tornata davvero, era impossibile. Lui stesso l'aveva colpita, l'aveva uccisa; come non credeva che il regno sarebbe caduto in rovina. Albion aveva un grande re come guida, non sarebbe caduto facilmente.
Il problema principale rimaneva la psiche di Arthur, comprendeva quando gli incubi potessero essere potenti, insinuavano dentro di lui il terrore di non essere in grado di percorrere il cammino designato.
Merlin sperava davvero che l'incantesimo di Kilhgarrah potesse portare un po' di pace alle notti di Arthur.
Se così non fosse stato – Merlin doveva pensare ad ogni eventualità – avrebbe trovato qualche altro incantesimo. Doveva e voleva porre fine all'insonnia del suo re.
Comprendeva soltanto una cosa, se non fosse morto, se fosse riuscito a salvarlo, non avrebbero dovuto preoccuparsi di questi incubi, non ci sarebbero stati.
Lui lo sapeva, per ogni incantesimo – soprattutto se così potente – c'erano delle conseguenze e le stava pagando tutte Arthur, colui che era ritornato dalla morte.
Quella sera, Merlin entrò nelle stanze di Arthur con il cuore che gli batteva velocemente nel petto.
E se Arthur avesse dovuto portarsi dietro gli incubi per sempre? Se fossero stati una punizione per essere tornato dal regno dei morti?
Come poteva Merlin essere sicuro di riuscire a scacciarli?
«Siete pronto?» Chiese con voce flebile e quasi tremante.
«Sì».
Arthur era in piedi davanti a lui, lo sguardo fermo come se non avesse paura di nulla.
Voleva a tutti i costi trovare una cura per la sua situazione che, con il tempo, cominciava ad essere estremamente seccante e Merlin lo comprendeva fin troppo bene.
«Bene», affermò appoggiando tutto l'essenziale sul pavimento.
Merlin aveva già preparato un infuso che il sovrano, più tardi, avrebbe dovuto bere. Probabilmente non aveva un buon sapore, anzi, ne era assolutamente certo. L'odore era sgradevole e le erbe utilizzate per farlo erano famose per il loro cattivo sapore.
Prima di farlo bere, però, doveva incantare l'infuso, con lo stesso sangue di Arthur.
Aveva paura, Merlin, e gli tremavano le mani.
Aveva già eseguito incanti su di lui, ma mai con lui sveglio e vigile. Merlin si sentiva osservato ed aveva paura di venire giudicato.
E se Arthur, una volta fatto l'incantesimo, avesse cominciato a pensare male di lui? No, non poteva essere.
Merlin si fidava di lui ed ormai doveva essere sicuro che Arthur lo avesse davvero accettato per quello che era.
Gli aveva perfino chiesto aiuto, questo doveva farlo riflettere. Arthur aveva un'alta considerazione di lui e non sarebbe mai cambiato.
«Cosa dobbiamo fare?» Chiese curioso, osservando tutto l'occorrente.
«Non dovrebbe essere troppo difficile, devo incantare l'infuso con il tuo sangue, lo dovrai bere poi, una volta che ti sarai addormentato, dovrò fare un incantesimo. Non dovresti più avere gli incubi», spiegò, tirando fuori dalla sacca un pugnale d'argento con il quale avrebbe punto il sovrano.
«È sicuro?»
Merlin negò con il volto, «purtroppo non posso dire con certezza che funzionerà».
«Comprendo. Cosa succede se andasse male?».
Arthur cominciava ad avere dei dubbi, Merlin l'aveva visto nei suoi occhi. Non era più certo di aver scelto la giusta via.
«Continuerai ad avere gli incubi», rispose lo stregone.
Non disse la completa verità, difatti non conosceva bene le conseguenze se l'incantesimo fosse andato storto, ma non poteva pensarci. Avrebbero affrontato insieme qualsiasi ostacolo.
«Dammi la mano», ordinò il mago allungando il proprio braccio.
Arthur obbedì, ma prima di pungerlo, i due si guardarono negli occhi. Merlin voleva avere l'assoluta conferma che Arthur volesse davvero continuare per quella via.
Solo quando Arthur fece cenno affermativo con il volto, Merlin appoggiò con forza la punta della lama sulla mano del suo amico fino a far scorrere il sangue che cadde dentro l'infuso, tingendolo di rosso.
«Nu meaht begalan gio!», proferì lo stregone per incantare il liquido, prima che i suoi occhi cambiassero colore, diventando dorati.

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Chiedo perdono per il mio enorme ritardo! T_T Scusatemi davvero molto, ma questo è periodo alquanto pieno e non ho molto tempo a disposizione. :°
Grazie mille per le recensioni, le seguite e le ricordate! Spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^ Non appena ho un attimo di tempo risponderò a tutte le recensioni che mi avete lasciato alle quali ancora non ho avuto modo di rispondere!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Arthur non sapeva effettivamente dove fosse, ma quel panorama non gli era nuovo, sicuramente era già stato in quel luogo, in passato.
Si guardò intorno poi comprese.
Era ad Avalon, il luogo dove era morto e rinato.
Non vi era nessun altro se non lui, un senso di solitudine cominciò ad opprimerlo.
L'incantesimo di Merlin aveva avuto successo? Lo sperava, ma allora perché si trovava lì, in quel luogo, da solo?


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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Così sia
Capitolo VIII


Arthur aveva ben osservato le movenze del suo servo.
Si notava che sapesse il fatto suo, ma non poteva fare a meno di essere dubbioso. Non aveva mai voluto utilizzare la magia, se non in momenti di estrema necessità, come era accaduto con Guinevere.
Per lei non vi era altra via se non utilizzare la stregoneria.
Lui aveva soltanto degli incubi, perché scomodarsi tanto con l'utilizzo della magia?
Perché non potevano passare da soli?
Arthur ebbe un brivido quando udì le sue parole e notò il colore dei suoi occhi cambiare.
Percepiva il suo potere, era potente, eppure mai prima di allora era riuscito a sentire provenire dal suo amico alcunché.
Forse era solo la suggestione dettata dal vederlo operare davanti ai suoi occhi, ma nemmeno con Morgana aveva sentito niente di tutto ciò, anche se l'aveva vista più volte all'opera.
Merlin lo guardò, probabilmente voleva comprendere quello che stesse provando.
Non aveva paura, però.
Non era possibile che Arthur avesse il terrore di Merlin.
«Ora?» Chiese, completamente affidato alle mani del suo amico.
«Bevi», rispose lui porgendogli la boccetta, «d'un sorso. Una volta che ti sarai addormentato completerò l'incantesimo».
Arthur annuì prima di ingurgitare l'infuso.
«Fa schifo!» Urlò quando, finalmente, riuscì a parlare nuovamente.
«Non ho mai detto che sarebbe stato come bere vino», lo schernì Merlin prima di andare a preparagli il letto. «Buona fortuna, Arthur».
Fece come gli era stato detto e si coricò, in effetti, cominciava ad avere sonno. Non che non lo avesse precedentemente, non dormiva da giorni, ma sentiva proprio le palpebre pesanti, come se avesse preso una botta in testa e non potesse più decidere se rimanere sveglio o svenire per il colpo.
Gli occhi gli si chiusero e, l'ultima cosa che sentì prima di cadere nell'oscurità, furono le parole di Merlin.
Probabilmente i suoi occhi avevano cambiato nuovamente colore ed erano diventati ancora una volta dorati.
«Cnytte diegol, gewitte me yst, hine aliese, ha cymþ».

Arthur non sapeva effettivamente dove fosse, ma quel panorama non gli era nuovo, sicuramente era già stato in quel luogo, in passato.
Si guardò intorno poi comprese.
Era ad Avalon, il luogo dove era morto e rinato.
Non vi era nessun altro se non lui ed un senso di solitudine cominciò ad opprimerlo.
L’incantesimo di Merlin aveva avuto successo? Lo sperava, ma allora perché si trovava lì, in quel luogo, da solo?
Non era un incubo, però, o almeno, non lo sembrava. Non sembrava nemmeno un sogno, quello.
Arthur comprendeva bene di sognare, sapeva che l'ultima cosa che aveva compiuto era stata quella di coricarsi a letto con il suo servo affianco che, sicuramente, vegliava ancora su di lui.
«Siete uniti», si voltò quando sentì una voce.
«Chi sei?» Domandò avvicinandosi alla figura.
«Non ha importanza, Arthur».
La osservò a lungo, «sei tu la donna che mi ha riportato in vita? La Dea o quel che è?».
«Ho ascoltato le preghiere di Emrys. Non era nel vostro destino tornare in vita. Emrys è potente e ha un grande cammino davanti a sé, ma senza il suo Re sarebbe morto dentro, lo era già nel momento in cui il vostro cuore ha smesso di battere».
«Quindi l’avete fatto per Merlin», affermò. Non era una domanda la sua, sapeva già la risposta.
Aveva avuto la conferma di dover ringraziare ulteriormente il proprio servitore. Arthur non lo avrebbe raggiunto mai, lui non si poteva definire grande, colui che lo era davvero era Merlin.
«Ci saranno tanti ostacoli nel vostro cammino, Arthur».
«Ci sono sempre stati, non mi spaventano», rispose rassegnato.
«Volete eliminare i vostri sogni».
«Non dovrei?».
«Piuttosto, non riuscirete ad eliminarli. Non del tutto. Siete tornato dall'oltretomba, ci sono delle conseguenze che dovrete pagare voi in prima persona. Emrys è potente, ma non riuscirà a contrastare i vostri sogni. Come ho già detto, non del tutto. Questa ne è una prova», spiegò la rossa osservando il Re senza alcuna espressione.
Arthur non comprendeva appieno le sue parole, voleva forse dire che non avrebbe mai più dormito bene? Che sarebbe stato sempre stanco? Non sarebbe stato in grado di guidare un regno in quelle condizioni.
«Che senso ha avuto tornare, allora, se non riuscirò più a riposare? Non è stata una decisione mia, quella di tornare in queste terre, perché dovrei essere io a pagarne le conseguenze?» Sbottò Arthur carico di rabbia.
«Voi vedete i vostri sogni come una maledizione, Arthur. Nel momento in cui non avrete più paura di sognare allora potranno divenire un dono».
«Come potrei mai considerarli un dono? Sono una croce!».
«Potrebbero consigliarvi, prepararvi a ciò che dovrete affrontare», la donna fece una pausa e guardò l'orizzonte davanti a loro, «io posso solo indicarvi la via, sarete voi a decidere il vostro cammino, ma ricordatevi le mie parole, non dovete credere di essere da solo su questo sentiero tortuoso, vi sarà sempre una persona vicino a voi che saprà guidarvi, che rimarrà al vostro fianco fino alla fine dei giorni. Lui è il vostro vero destino».
Arthur voltò lo sguardo verso la riva davanti a loro e lo vide: Merlin.
Notò il suo servo piangere osservando la barca dove il suo corpo senza vita giaceva.
Non aveva mai visto Merlin in quelle condizioni. Arthur sentì il suo cuore battere in maniera frenetica, l'aveva fatto soffrire. L'aveva ripudiato, in un primo momento, l'aveva sempre trattato come una persona inferiore, quando invece il moro aveva sempre vissuto per lui, l'aveva sempre aiutato senza chiedere nulla in cambio.
Arthur capì che non avrebbe mai potuto eliminare i sogni che aveva cominciato a fare una volta tornato, ma non doveva averne paura perché al suo fianco ci sarebbe stato sempre lui, a confortarlo, ad aiutarlo.
Probabilmente il drago lo sapeva e l'incantesimo che aveva donato a Merlin non serviva per far cessare le visioni notturne, aveva avuto lo scopo di portarlo lì, dove tutto era avvenuto.
Arthur cominciò ad avere la convinzione che, con il tempo, si sarebbe abituato e che sarebbe stato in grado di far riposare la mente, trovando un equilibrio.
Per farlo, aveva avuto bisogno di una guida, di colei che poteva conoscere il problema.
Il re avrebbe superato anche quell'ostacolo, ne era certo e per quelli futuri sapeva di avere al suo fianco il mago più potente di tutti i tempi che l'avrebbe aiutato costantemente, che avrebbe aiutato il regno a rimanere in piedi.
«Dovrei ringraziarvi, piuttosto, per avermi dato la possibilità di poter camminare nuovamente sulle mie terre», enunciò serio, abbassando la testa in un lieve inchino.
«Non dovete ringraziare me, ma il vostro servo dal cuore puro».

Quando Arthur aprì gli occhi, vide la luce filtrare dalla tenda. Aveva dormito fino alla mattina seguente, osservò il lato destro del letto.
Merlin gli stringeva una mano anche durante il sonno. Si era assopito anche lui, seduto su una sedia posta affianco al letto.
«Merlin», lo chiamò sottovoce come se non volesse effettivamente svegliarlo.
Anche se aveva parlato molto piano, gli occhi del servo si aprirono di scatto, come se non stesse effettivamente dormendo fino a pochi secondi prima.
Quella scena non poté non far sorridere il sovrano.
«State bene?», domandò il moro preoccupato.
«Sì, grazie... di tutto».
Merlin inarcò le sopracciglia.
In effetti aveva cominciato a ringraziarlo un po' troppo in quell'ultimo periodo.
Era strano, tanto quanto Merlin che utilizzava la magia.
«Ho sognato la donna che mi ha riportato in vita, mi ha detto che avrei dovuto ringraziarti, non credere che lo faccia per altri motivi», continuò dopo essersi schiarito la voce.
«Ah, mi sembrava strano, ma tutto è possibile, magari tornando dalla morte vi siete addolcito», scherzò, prima di fare la fatidica domanda, «quindi i sogni sono continuati, mi spiace, Arthur».
«Non esserlo. Probabilmente il drago non ti ha donato un incantesimo per cancellare i sogni».
«Credevo...», Merlin non riuscì a completare la frase.
«Quella donna mi ha detto che devo saperli ascoltare, Merlin. Potrebbero essere utili. Devo solo abituarmi», sorrise, Arthur, cercando di confortarlo.
«I sogni sarebbero visioni del futuro?».
«Potrebbero, non lo so», rispose Arthur dubbioso. Non ci capiva molto di quelle cose, quindi non si poneva poi così tante domande.
«Saresti diventato un veggente?», disse Merlin cercando di trattenere una risata.
«Sarebbe... strano?».
«Decisamente», rise al solo pensiero di avere a che fare con, come lo direbbe Merlin, un asino reale che fa sogni premonitori. Arthur era certo che il suo servo avesse pensato proprio quello, «se doveste sognare qualcosa, raccontatemelo, cercheremo di capirli insieme, Arthur», continuò poi, facendosi serio.
Arthur, quella notte, aveva sognato eppure si sentiva riposato, forse c'era stata davvero la svolta. Magari non avrebbe più dovuto avere paura di addormentarsi.

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Buonasera! Chiedo perdono a tutti voi per il tempo di attesa di questo capitolo. Purtroppo non ho mai avuto modo di revisionarlo. Non sto quasi più al computer. :( Ad ogni modo sappiate che sono riuscita a revisionare tutti i capitoli e piano, piano li pubblicherò! Sperando di avere il tempo T_T Attendo il betaggio della mia fantastica beta: Ili91.
Spero possiate perdonarmi per questi aggiornamenti discontinui! :(
Scrivo nuovamente, comunque, che la fanfiction nel computer è terminata, quindi i capitoli, anche se lentamente, verranno pubblicati tutti! :)
Grazie mille a tutte le persone che seguono questa storia ♥
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Erano cominciate a circolare delle voci sul conto del servo. Tutti sapevano che Merlin aveva un rapporto strano con il proprio Re, nessun servitore si sarebbe mai permesso di parlare con Arthur in tono confidenziale come faceva Merlin, ma ultimamente i pettegolezzi erano aumentati.
[...]
«Ah, già», fece una pausa per schiarirsi la voce, «tornerà Morgana», annunciò come se, per il momento, non fosse una notizia di cui preoccuparsi.


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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Così sia
Capitolo IX


Un altro mese era trascorso ed era tornato quasi tutto alla normalità.
Merlin aveva ripreso a tempo pieno i suoi impegni da valletto del Re ed Arthur aveva convocato più volte il consiglio per discutere del nuovo regno venutosi a creare.
Soltanto osservandolo si notava che la stanchezza che l'aveva accompagnato per tutto il primo mese dal ritorno a Camelot era scomparsa.
Merlin si sentiva orgoglioso di lui e di se stesso. Arthur era un leader eccezionale e lo stregone, con la sua magia, era riuscito ad aiutarlo.
Erano cominciate a circolare delle voci sul conto del servo. Tutti sapevano che Merlin aveva un rapporto strano con il proprio Re, nessun servitore si sarebbe mai permesso di parlare con Arthur in tono confidenziale come faceva Merlin, ma ultimamente i pettegolezzi erano aumentati.
Probabilmente era dovuto al fatto che spesso Arthur andava nell'appartamento di Gaius, dove Merlin risiedeva, e ci si chiudeva dentro per ore.
Non facevano niente di male, ovviamente. Arthur spesso correva a riferirgli i sogni che faceva, non riuscendo a comprendere – il più delle volte – il significato delle visioni.
Era inutile negare che le persone adoravano parlare ed alimentare tanti, troppi, pettegolezzi.
Merlin ne aveva ascoltati dei più svariati e sperava che né il re, né la regina ne venissero mai a conoscenza.
Come quella volta che sentì raccontare da una vecchina che Merlin non era veramente il valletto del re, quello era il suo secondo lavoro, il primo sarebbe stato quello di renderlo felice con i propri baci e le carezze. L'anziana aveva aggiunto che per lei non c'era niente di male in tutto ciò, il proprio re – che adorava – poteva fare ciò che voleva con il proprio personale e che, se Arthur avesse deciso di prendere un servo come concubina, allora la colpa era della moglie perché non lo soddisfaceva in pieno sotto le lenzuola.
Quello era il pettegolezzo più fantasioso che avesse mai sentito.
Merlin si ricordò che quando quella storia era arrivata alle sue orecchie, mentre era al mercato a cercare qualcosa di nuovo da acquistare, non aveva potuto fare a meno di non sentirsi un po' in imbarazzo. Le persone avevano una grande fantasia, di questo ne era sicuro. Non si poteva assolutamente concepire l'idea di Arthur nel cercare di allietare la propria sete di erotismo con lui, un umile servo.
Quelli più normali raccontavano di come il grande re, una persona buona e giusta, avesse stretto amicizia con il proprio servo e che quindi trascorreva tempo con Merlin per allietare le proprie giornate.
«Non angustiarti, Merlin. Sono solo pettegolezzi, lasciali parlare», affermò Gaius porgendogli la colazione e ridendo sotto i baffi.
«Sicuramente non farei nulla a riguardo, ma, insomma... come si fa anche solo lontanamente a pensare una cosa del genere?».
Gaius rise, «Merlin, la mente delle persone pensa tantissime cose e ci sono persone più maliziose di altre, nulla di più».
Il mago stava per replicare quando la porta dell'appartamento si aprì di scatto e fece la propria comparsa il re.
Merlin lo osservò per un attimo, poi si disse che, sì, quel pettegolezzo sarebbe potuto sembrare anche fondato se Arthur si fosse presentato nuovamente in quella maniera.
«Siete in tenuta da notte, Arthur», affermò Merlin, continuando a mangiare.
«Non avevo tempo di cambiarmi».
«Non sapevate come fare, piuttosto», lo riprese facendogli segno di chiudere la porta e sedersi al tavolo.
«Buongiorno, sire».
Gaius si inchinò, «volete fare colazione con noi?».
Arthur guardò la pietanza di Merlin, probabilmente non la trovava molto gustosa. «D'accordo, ho mangiato ben di peggio».
«Come carne di topo».
«Sta zitto, Merlin», Arthur si posizionò sulla sedia, ancora in tenuta da notte, e cominciò a mangiare.
«Siete venuto qui con cotanta fretta e poi non dite per quale motivo?», Merlin sorrideva nell'osservare il proprio sovrano trovarsi così a suo agio con la propria servitù.
Era davvero un grande re, comprendeva di essere al di sopra di tutti per rango, ma – a volte, non sempre – non lo faceva pesare a nessuno, se non a Merlin. Lo stregone credeva lo facesse soltanto per prenderlo in giro perché sapeva bene che per Arthur la sua vita non era più importante di quella di qualsiasi altro suo suddito.
Ovviamente, in più occasioni, aveva dovuto far sentire la propria voce; in fondo era il re e doveva farsi rispettare.
«Ah, già», fece una pausa per schiarirsi la voce, «tornerà Morgana», annunciò come se, per il momento, non fosse una notizia di cui preoccuparsi.
Sia Merlin che Gaius, invece, voltarono velocemente lo sguardo, «non è possibile, l'ho uccisa, l'avete visto pure voi!»
«Anche io sono morto, Merlin, eppure eccomi qui. Qualcuno potrebbe averla fatta tornare come tu hai fatto tornare me», spiegò tranquillo finendo la propria colazione.
«È diverso», esclamò in fretta il servo, preoccupato.
«Perché dovrebbe esserlo?»
Merlin sospirò, Morgana non sarebbe potuta tornare, lo sapeva bene. Lei era morta, colpita con la lama forgiata dal fuoco di Killgharrah, non per una piccola scheggia.
«Raccontatemi in dettaglio il sogno, vi prego».
Perfino Gaius era tutto orecchi, era seduto al tavolo con le mani incrociate ed attendeva che il sovrano cominciasse a parlare.
«C'era Morgana, rideva e mi ha detto, cito testuali parole: non cantar vittoria troppo presto, fratello. La guerra non è finita, ti annienterò, una volta per tutte».
L'anziano medico sgranò gli occhi, ma Merlin sorrise.
«Non significa che tornerà Morgana, Arthur. Lei ha ancora dell'ascendente sulle persone magiche che credono tu sia un nemico. Probabilmente avremo da fronteggiare diversi nemici con poteri magici, i discepoli di Morgana, ma lei non tornerà».
Arthur inarcò le sopracciglia, «ne sei sicuro?»
«Assolutamente».
«Bene, allora», Arthur si alzò in piedi e ringraziò Gaius per il cibo che gli era stato offerto, «sei pronto, Merlin? Dobbiamo prepararci per il consiglio che si terrà a breve, non posso certo andarci così. Muoviti».
Merlin rise, «arrivo».

Quel giorno, Arthur avrebbe nominato tre nuovi cavalieri.
Leon e Percival ancora piangevano la morte di Gwaine. Non che Merlin non lo facesse.
Gwaine era un suo amico e quando era venuto a conoscenza della sua dipartita non aveva potuto fare a meno di versare qualche lacrima.
Aveva cercato di contrastare Morgana, finendo per farsi uccidere. Aveva lottato per ciò che credeva e Merlin non poteva fare a meno di essere orgoglioso di lui.
Non meritava quella morte, Gwaine.
Arthur appoggiò la lama della sua spada sulle spalle del futuro cavaliere, «ti nomino cavaliere di Albion, Sir Itys».
La cerimonia stava volgendo al termine, i tre cavalieri erano stati nominati e Merlin sarebbe potuto tornare alle sue mansioni.
Arthur, però, non aveva ancora sciolto il consiglio.
Osservò i presenti in sala e poi tornò a sedersi sul suo trono, stringendo la mano della moglie.
«Oggi è un giorno importante per Albion. Abbiamo tre nuovi cavalieri che so che non deluderanno il regno, ma siamo qui riuniti in consiglio per eliminare una delle leggi che mio padre, Uther Pendragon, aveva portato sul regno di Camelot», fece una pausa e osservò di sbieco il proprio servitore.
Merlin inarcò le sopracciglia, Arthur non gli aveva anticipato nulla di tutto ciò quando di solito era il mago stesso che doveva ricordargli la lista dei punti da seguire.
«La legge vieta l'utilizzo della magia in tutte le sue forme. La pena è la morte. Io e la regina non sentiamo più nostra questa legge. Abbiamo vinto la battaglia di Camlann soltanto grazie all'aiuto di uno stregone, senza il quale probabilmente saremmo caduti. Dovremmo giustiziarlo perché ha usato la magia? Dovremmo ucciderlo perché ha deciso di aiutare il regno con i propri poteri?».
Merlin aveva la vista offuscata. Sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato, credeva fermamente in Arthur e il drago stesso gli aveva sempre detto che sarebbe arrivato il momento in cui la magia sarebbe stata riammessa nel regno.
Non poteva fare a meno di sentire una gran gioia. Finalmente era del tutto libero.
«Da oggi, la magia è nuovamente riammessa nel mio regno e verrà posta a giudizio soltanto nel momento in cui un suddito o un viandante la utilizzerà per arrecare danno. In quel caso, verrà processato per il propri crimini e giustiziato se fosse ciò che merita», concluse il discorso, siglando, poco dopo, una pergamena.
Avrebbe potuto utilizzare la magia, anche in quel momento. Avrebbe potuto usarla liberamente, il moro non ci poteva ancora credere.
Ci sarebbe voluto tempo per farla accettare realmente da tutti i sudditi, alcuni erano tradizionalisti e credevano fermamente che la magia fosse soltanto malvagia, ma avrebbero cambiato idea.
Guinevere si avvicinò al marito e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, sorridendo.
«Un'ultima cosa prima di sciogliere il consiglio», Arthur allungò una mano verso Merlin, che sussultò.
«Merlin, vieni qui», esclamò con fare autoritario.
Il servo gli si avvicinò e si mise al suo fianco.
«Ditemi pure, Sire», sussurrò.
Arthur lo guardò con disapprovazione, «come al solito non hai capito nulla, Merlin!»
Nella sala si alzò un riso generale, ma Merlin non comprendeva per quale diavolo di motivo avrebbe dovuto porsi davanti al re. Che fosse stato messo sotto processo?
«Sc... scusatemi», affermò, posizionandosi in piedi davanti ai sovrani.
Merlin deglutì ed attese le parole del proprio re.
Guinevere gli sorrideva affabile ed il mago riuscì a calmarsi un po'. Lui e Gwen erano amici, quindi se era così serena non sarebbe successo nulla di male. Era Arthur quello che lo agitava, il suo volto era serio.
«La persona qui presente, il mio personale valletto, è colui che mi ha salvato la vita», si alzò in piedi e raggiunse il suo amico. Gli appoggiò le mani sulle spalle.
«Senza di lui non sarei qui, oggi. Senza la sua magia sarei morto, colpito mortalmente», dopo aver pronunciato quelle parole nella sala si alzò un gran vociferare.
«Silenzio!», esclamò il sovrano osservando tutti i presenti.
«Merlin è uno dei principali eroi della guerra appena passata, dobbiamo dargli il giusto ringraziamento. Ha utilizzato la magia, il suo dono, e l'ha messa a disposizione del regno, per proteggerlo. L'ha fatto per anni, senza chiedere nulla in cambio, ma non possiamo più ignorare il suo buon cuore».
Arthur manteneva il suo sguardo fisso su Merlin, si lasciò andare in un sorriso, stringendogli più forte una spalla.
Il mago tremava, non per paura, ma non era abituato a stare così al centro dell'attenzione. Tutti l'avrebbero conosciuto come stregone, come colui che aveva poteri magici. Non era più un segreto il suo. Il suo essere era di dominio pubblico.
Arthur, poi, lo stava ringraziando pubblicamente. Ringraziava lui, il suo servo, davanti a tutto il consiglio.
Gaius, in piedi al fianco di Gwen, gli sorrideva orgoglioso con le lacrime agli occhi. Dopo mesi dal loro ritorno era ritornato tutto alla normalità, ma allo stesso tempo era cambiato tutto.
«Grazie, Sire», disse, con le lacrime agli occhi ed abbassando la testa.
«Il regno ti ringrazia per i tuoi servigi. Ora inginocchiati, per favore», Merlin lo osservò dubbioso, ma obbedì all'ordine che gli era stato impartito.
Erano più che sufficienti quei ringraziamenti, anzi non ne aveva nemmeno bisogno. Merlin voleva proteggere il suo re, era per lui la cosa più importante.
Arthur estrasse nuovamente la spada dal fodero e l'appoggiò sulla spalla del valletto, «per i servigi dati al regno, ti nomino consigliere di corte e del re, Merlin».
Il moro alzò il volto verso il sovrano che gli sorrideva beffardo. L'aveva preso alla sprovvista ed Arthur lo sapeva bene. Quello era un regalo inaspettato, non poteva credere di avere un titolo con il quale poter dire ad Arthur quello che doveva fare o meno.
La sua bocca non rimaneva chiusa nemmeno quando era il valletto, anzi, spesso gli suggeriva cosa fare ed Arthur, ogni volta, lo rimproverava dicendo che lui era il re e che faceva ciò che voleva, ma, anche se non lo voleva ammettere, spesso aveva seguito i suoi consigli.
«Potete andare», enunciò il re avvicinandosi alla moglie.
Merlin sentiva un gran vociferare, sicuramente stavano parlando della sua nomina e della sua magia.
Sicuramente alcuni avrebbero affermato che loro avevano avuto il sentore che Merlin fosse magico, ma la verità era che, sicuramente, le parole del re avevano preso tutti alla sprovvista.
Si guardò intorno e incontrò lo sguardo di Leon e Percival che lo guardavano con stupore, Merlin abbassò lo sguardo per la vergogna.
Loro erano suoi amici, eppure non aveva detto la verità nemmeno a loro. Si sentivano delusi, proprio come lo era stato Arthur una volta scoperta la verità.
Certo, Percival conosceva la verità, l’aveva scoperto il giorno in cui lui e Arthur, di ritorno da Avalon, l’avevano incontrato, ma continuava ad aleggiare negli occhi del cavaliere un velo di disappunto. Cosa avrebbe dovuto fare Merlin, però?
Non aveva detto la verità a nessuno, se non al suo mentore e soltanto perché, la prima volta che l’aveva incontrato, gli aveva salvato la vita.
La magia era bandita e Merlin non poteva certo rischiare di essere giustiziato, non avrebbe potuto proteggere il suo re come era invece scritto nel suo destino.
«Congratulazioni, figliolo», esclamò il medico di corte, stringendogli un braccio.
«Grazie», sorrise stringendolo in un abbraccio.
«Merlin?» Lo chiamò Arthur che lo attendeva sull'uscio della porta, vicino a Guinevere.
«Arrivo, Sire».
«Muoviti, Merlin. Quanto tempo mi vuoi fare aspettare?» Lo incalzò il biondo, battendo un piede a terra.
«Arrivo, arrivo. Ci vediamo dopo, Gaius».
Merlin lo raggiunse e, tutti e tre, si allontanarono dalla sala del trono.
«Te lo meriti, Merlin», affermò Guinevere con la sua solita dolcezza.
«Non dovevate», rispose il mago non riuscendo però a nascondere un sorriso.

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Buonasera! :)
Da non credere, sono riuscita a pubblicare nei tempi giusti! *___* Non so quando mi ricapiterà! xD
Capitolo più lungo dei precedenti, ma c’era così tanto da dire! ♥
Finalmente il nostro Merlin diventa consigliere di corte. Mi aspettavo che sarebbero successo anche nella serie tv!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! A prestissimo con quello nuovo! :D
Ormai abbiamo superato la metà della fanfiction, rimangono otto capitoli.
E… Morgana tornerà davvero o è come dice Merlin? Chissà.
Inoltre vi informo che, non appena avrò revisionato i TUTTI i capitoli (e mandati alla mia beta ufficiale) tornerò in questa sezione con una nuova long (più breve di questa comunque) che sarà un crossover tra Merlin e Buffy dal titolo “King Uther? No, I’m just a watcher!” :) Spero che anche quella fic possa piacervi! *0*
Per tutti i capitoli si ringrazia ovviamente Ili91 che beta la fanfiction, come tutte le altre mie fic xD Grazie, cara!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«A proposito, la stanza per Merlin è pronta».
Arthur si voltò, «secondo te ne sarà felice? Merlin sta bene da Gaius».
Gwen sorrise, «Merlin è il consigliere di corte, come è giusto che sia deve avere la propria dimora».
Arthur annuì e si alzò in piedi, «fate venire qui il consigliere, credo lo troviate nell'appartamento del medico di corte»

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Così sia
Capitolo X


Arthur sbuffò quando, per l’ennesima volta, il suo nuovo valletto sbagliò ad infilargli l’armatura.
Doveva andare agli allenamenti, lui, non poteva certo perdere tempo a dare lezioni su come si dovesse servire il proprio Re!
«Andiamo, Lanhus! Perfino Merlin, la prima volta che ha fatto questo lavoro, è stato più bravo di te», urlò Arthur ormai a corto di pazienza.
Il nuovo servo aveva cominciato a sudare, ma non si era fatto demotivare da quelle parole.
Era giovane, era nuovo e non aveva mai vestito davvero qualcuno, Arthur sapeva bene quanto potesse essere complicato vestirsi, ma essendo lui il suo servo doveva adempiere al suo compito in modo, se non eccelso, almeno buono.
«Lo state traumatizzando, poverino».
Tutti e due gli uomini si voltarono verso colui che aveva preso la parola, «Merlin, non dovresti fare, non lo so, qualcosa? Non ti stufi mai di disturbare me, il Re?».
Il mago rise ed Arthur non poté far a meno di sorridere di rimando.
Certe cose non sarebbero cambiate mai.
«Ho decisamente più tempo libero ora, Arthur. Ero venuto a guardare gli allenamenti, ma vi fate attendere».
Arthur sogghignò, «sappi che sono riuscito a trovare un valletto peggio di te e ce ne vuole».
«Ti do una mano», il mago si rivolse al nuovo servo che non guardava negli occhi né l’uno né l’altro. Quando Merlin gli fu vicino, Lanhus arretrò.
Merlin sorrise e si fece da parte, «credo non voglia il mio aiuto», affermò allontanandosi ulteriormente fino a raggiungere gli altri cavalieri.
Arthur lo osservò chiacchierare con Leon e Percival.
Probabilmente, il suo nuovo valletto non vedeva ancora di buon occhio la magia ed aveva paura del suo consigliere.
«Hai paura di Merlin, Lanhus?», chiese, voltandosi verso di lui.
«Ha poteri magici, Sire», la sua voce era quasi un sussurro ed era spezzata dal terrore. Non si sentiva a suo agio a parlare con il proprio sovrano, si sentiva inferiore ed Arthur rimpianse di non avere più Merlin al suo fianco a svolgere quel lavoro.
Almeno lui rendeva tutto più divertente, riusciva a prenderlo in giro, riusciva a farlo ridere. Lanhus non sarebbe mai riuscito a prendere il posto di Merlin e, sinceramente, nemmeno voleva che lo facesse.
«Sappi che sei hai qualche problema con Merlin, allora lo hai anche con me», fece una pausa per cercare di confortarlo con un sorriso. Sapeva, quando aveva modificato la legge, che i suoi sudditi – soprattutto i più tradizionalisti – non avrebbero accettato sin da subito il cambiamento che stava per travolgere il regno.
Arthur sperava, però, che con il tempo le persone potessero riuscire a non distinguere più la gente normale da quella con poteri.
Nessuno era diverso dall’altro, perfino lui. Era il re, ma il suo valore era tanto quanto quello di un servo.
«Mi… mi scuso, Sire».
Le mani avevano cominciato a tremargli ed Arthur comprese che non poteva continuare così. Al suo fianco doveva avere persone forti, non coloro che avevano paura soltanto di sfiorarlo.
«Lanhus, basta così», esclamò bloccandogli i polsi.
«Sire?»
Arthur si sedette su una sedia, posta a poca distanza da lui, «non credo sia giusto continuare a farti patire un tale terrore. Non sei ancora pronto per essere un valletto personale. Non vorrei doverti mandare via, ma non posso impiegare un’ora per mettermi l’armatura, o vedere quanto tremi standomi vicino, spero che comprenderai le mie parole».
Lanhus guardò il terreno, mortificato, «lo comprendo, Sire. Mi dispiace».
«Tranquillo, non è successo nulla».
Il re si alzò in piedi e gli porse dieci monete d’oro, «per il lavoro che hai svolto oggi, grazie per i tuoi servigi», gli appoggiò una mano sulla spalla, come spesso faceva con Merlin e lo salutò.
Avrebbe dovuto cercare un nuovo valletto, ma Arthur lo sapeva bene, non sarebbe mai riuscito a trovarne uno che l’avrebbe soddisfatto come aveva fatto Merlin in tutti quegli anni.

«C'è qualcosa che ti turba, Arthur?», la voce di Guinevere lo fece sobbalzare, era assorto nei suoi pensieri e non si era neanche accorto che la moglie era entrata nella sua stanza.
«Sei lontano», aggiunse avvicinandosi al marito per depositargli un bacio sulla guancia.
«Scusami, Guinevere».
«Hai avuto altri sogni? È questo che ti turba?», Gwen si sedette vicino a lui e gli strinse una mano, sorridendo.
«No, non sono i sogni. Sono i valletti, non riesco a trovarne uno decente», rispose serio, rimembrando ciò che era accaduto la mattina stessa.
Non aveva cacciato Lanhus per la sua incapacità, Arthur sapeva che con il tempo avrebbe sicuramente appreso come gestire il proprio lavoro. Arthur non poteva sopportare l'idea che il proprio valletto personale avesse paura di Merlin.
Nessuno doveva provare quel sentimento, Merlin era la persona più coraggiosa e buona che avesse mai avuto il privilegio di conoscere.
Arthur non aveva mai dubitato di lui, nemmeno una volta, se non il giorno stesso che lo conobbe; avevano cominciato con il piede sbagliato, ma, anche se Arthur si era comportato come un asino reale quel giorno, Merlin non aveva esitato e gli aveva salvato la vita.
Come si poteva avere il terrore di lui?
«Non sopportavi nemmeno Merlin, all'inizio, ma con il tempo ti sei affezionato a lui. Dovresti cercare di non mandarli via soltanto dopo mezza giornata di lavoro, dovresti avere più pazienza», Guinevere la faceva facile, ma aveva avuto Merlin al suo fianco per tutti quegli anni che trovare un sostituto degno di lui era un'impresa decisamente ardua.
Il re mugugnò qualcosa, non aveva più voglia di pensare a quell'idiota del suo ex servo o alla ricerca di quello nuovo. Era stanco.
«A proposito, la stanza per Merlin è pronta».
Arthur si voltò, «secondo te ne sarà felice? Merlin sta bene da Gaius».
Gwen sorrise, «Merlin è il consigliere di corte, come è giusto che sia deve avere la propria dimora».
Arthur annuì e si alzò in piedi, «fate venire qui il consigliere, credo lo troviate nell'appartamento del medico di corte», ordinò alla guardia che stanziava al di fuori della propria stanza.

«Mi avete fatto chiamare?».
Arthur alzò gli occhi e si rilassò nell'osservare la figura familiare del suo amico.
«Accomodati, e scusami per questa mattina».
Merlin sorrise, «per cosa, scusa?».
«Lanhus. Non si è comportato bene».
Lo stregone rise, «non importa, le persone non possono accettare la magia da un giorno all'altro dopo che è stata bandita per tanto tempo».
Arthur aggrottò la fronte, «la fai sempre così facile, tu», affermò.
«Dov'è ora? Pulisce le tua armatura?»
«L'ho mandato via».
«Mi dispiace, spero non sia per colpa mia», il viso di Merlin si fece cupo, non voleva essere la causa dei continui licenziamenti dei valletti.
La verità era che Merlin non ne era la causa diretta, ma Arthur non avrebbe certo ammesso davanti a lui che avrebbe voluto un suo sosia. Sarebbe stato troppo imbarazzante e non era solito rivelargli i propri sentimenti.
«No. Lanhus non era adatto per quel compito, tremava. Tu non hai mai avuto paura di me».
Merlin rise, «ma io sono uno sconsiderato. Se fossi stato una persona normale avrei avuto paura anche io soltanto standovi di fronte».
«Incuto così tanto timore?» Arthur non si era mai visto come colui che potesse trasmettere ansia. In fondo non era un tiranno e cercava di trattare tutti con rispetto. O almeno, tutti tranne Merlin.
«No, ma siete il Re. Comunque, avete trovato un altro valletto?».
«Non ancora, ma ci sarebbe così tanto da fare che dovrei trovarne uno in fretta, l'armatura non la pulisce nessuno da dieci giorni».
Arthur osservò l'amico sorridere, quel giorno non faceva altro.
Era passato dal piangere tutto il giorno, preoccupato per la vita del suo re, a sorridere in ogni momento della giornata.
«Se vuoi posso pensarci io, non ci metto molto».
Il re lo guardò dubbioso, «eri lento, lentissimo».

Arthur si domandò come Merlin fosse riuscito a convincerlo ad entrare in armeria, con lui.
Il re avrebbe dovuto annunciargli di trasferirsi nei suoi nuovi appartamenti, non dovevano certo finire col parlare di servi e di armature non lucidate.
Forse gli aveva lanciato contro un incanto e non lo ricordava, ma non era certo da Merlin.
«Allora, come pretenderesti di pulire tutte le armi ed armature in poco tempo?», domandò Arthur, scettico, «no, perché starò qui finché non finirai il lavoro, visto che ti sei offerto volontario tu».
Merlin rise, «Oh, state a guardare», fece una pausa e si voltò verso il magazzino, «Onstyrian, onbregdan».
Pronunciò quelle parole con una facilità, come poteva conoscerne il significato? Quando lo aveva studiato?
Arthur fece un salto quando appurò che tutti gli attrezzi per la pulizia, ma anche le armature e le armi, avevano preso a muoversi nell'aria con l'intento di lucidarsi da sole.
No, Arthur non avrebbe mai potuto abituarsi alla magia, o più precisamente, ogni volta che Merlin ne compiva una si domandava come diavolo facesse, come se si dimenticasse dei suoi poteri ad ogni proprio risveglio.
Inconsciamente, il re sapeva, ormai l'aveva visto più volte operare con le arti magiche, anche sotto sua richiesta; come alla festa in onore dei nuovi cavalieri, quando Arthur aveva chiesto al mago di farli un po' divertire con giochi di luce, ma ogni volta che lo vedeva stentava quasi a credere a quello che Merlin aveva appena compiuto.
«L'hai sempre utilizzata, in tutti quegli anni?» Domandò incerto. Non lo voleva sapere realmente, non voleva un'altra delusione da parte sua.
«No. Era troppo pericoloso, non potevo farmi scoprire. Anzi, l'ho usata, una volta, ma Gaius mi ha subito scoperto e mi ha fatto una lavata di capo», spiegò voltandosi per uscire.
«Lo spero bene», Arthur lo seguì, «dove vai? Non è finito il lavoro! Cioè... non hanno finito chiunque, qualunque... insomma...».
Non sapeva cosa dire realmente. Chi stava pulendo le armature? Un fantasma? L'aria? Cosa?
«Quando il lavoro sarà finito torneranno automaticamente al loro posto, non dobbiamo per forza stare qui», Merlin continuava a camminare, poi si fermò di scatto e si voltò verso il re, «ma mi avevate chiamato solo per parlarmi delle armature da pulire?»
«No, certo che no, ma tu non mi fai mai parlare, idiota di uno stregone», lo raggiunse, «è pronto il tuo nuovo appartamento».
Merlin sgranò gli occhi, «il mio nuovo cosa?».
«La tua nuova stanza, se il termine appartamento non ti piace, Merlin», rispose Arthur battendogli un colpetto sulla testa.
«Perché dovrei avere una nuova stanza? Sto bene...».
Arthur lo fermò, «sei il consigliere e... mago di corte, non puoi vivere per sempre negli appartamenti del medico. Vedrai, ti piacerà», affermò il re sorridendo divertito.
«Non so per quale motivo, ma credo che dietro a tutto questo ci sia una fregatura».
«Perché mai dovresti pensare una cosa del genere, Merlin?», fece il finto offeso, Arthur, e dopo giorni, finalmente era rilassato. Nei giorni precedenti aveva avuto talmente da fare che non aveva avuto il modo di scambiare quattro chiacchiere con il suo ex valletto e, non l'avrebbe mai detto, ma gli mancava.
«Perché vi conosco da così tanto. Ci sarà una fregatura, è una cosa certa», esclamò Merlin con il sorriso sulle labbra.

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Buonasera!
Spero che il capitolo vi piaccia! ^_^
Vi do un indizio per i prossimi capitoli: non dimenticatevi chi è apparso in questo capitolo.
Tanti pensieri Merthur aleggiano nella storia! ♥ Il nostro Re adora Merlin e non lo riesce a nascondere tanto bene. xD
Spero di tornare presto con un nuovo capitolo :D
News! Io e Ili91 abbiamo deciso di scrivere una fanfiction a quattro mani, indovinate un po' quali saranno i fandom! Sì, sono due! Sì, sarà un crossover.
News 2 Ancora non sono riuscita a revisionare tutti i capitoli del mio crossover su Buffy/Merlin, ma spero di riuscirci presto, così comincio a pubblicare, anche se a questo punto potrei anche attendere la conclusione di questa fanfiction. Già ho difficoltà a pubblicare regolarmente questa...
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Il suo ragionamento non faceva una piega, non sapeva però che, probabilmente, tutto quello avrebbe fomentato ancora di più i pettegolezzi dei suoi sudditi che, ovviamente, lui non aveva ancora udito.
Merlin aveva sentito persino Percival e Leon discutere di quanto fosse strano il comportamento del re, di quanto si fosse affezionato, fin troppo, del proprio ex servo.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Così sia
Capitolo XI


Da un po' di giorni, Merlin si sentiva più libero, come svuotato di tutta la frustrazione e l'ansia che aveva provato nei mesi precedenti.
Finalmente aveva accettato il ritorno di Arthur e non aveva più paura di perderlo improvvisamente.
Non provava più il senso di colpa per non essere riuscito a salvarlo in tempo, non poteva più struggersi e non lo voleva.
Le cose sarebbero potute andare diversamente, ma non aveva senso chiedersi continuamente come.
Avevano seguito quella strada, non sarebbero mai potuti tornare indietro per modificarla, quindi Merlin non si doveva più perdere nei pensieri di una vita alternativa.
Inoltre, doveva ammettere che a volte i sogni che faceva Arthur erano alquanto utili. Lui non era abituato a conoscere prima il futuro, e non sapeva quanto ciò potesse essere un dono, come una maledizione.
Nei giorni precedenti, erano riusciti a fermare un gruppo di briganti che stavano per attaccare un carro pieno di armi diretto verso Camelot.
Arthur l'aveva sognato ed aveva deciso di coglierli di sorpresa.
Non sempre i suoi sogni erano così chiari, spesso dovevano essere interpretati e a Merlin era toccato quel lavoro.
Non sempre lo stregone era certo che le sue spiegazioni fossero giuste, come quando Arthur aveva sognato Morgana. Poteva lui essere sicuro che effettivamente non avrebbe fatto ritorno?
Merlin sentiva che nel mondo magico le acque si stavano agitando. Sentiva vibrare la magia nell'aria e sapeva che, per il momento, non avrebbe potuto fare nulla.
In quel momento, stava seguendo Arthur per il castello, gli doveva far vedere la sua nuova stanza e Merlin si domandava dove fosse.
Imboccarono il corridoio che portava alle stanze del re e Merlin non poté fare a meno di aggrottare la fronte.
«Siamo arrivati», annunciò il sovrano fermandosi davanti ad una porta.
«Ne siete sicuro?», domandò Merlin perplesso.
«Certo».
«Ma... questa è la vostra stanza», affermò il mago che conosceva dannatamente bene tutte le dimore del re.
Arthur spalancò la porta e, una volta entrati, Merlin notò come fosse cambiata la camera.
Vi era un letto a due piazze nel mezzo, una libreria, ancora vuota, lungo tutto il lato destro del muro e un armadio per i vestiti.
Precedentemente, quella stanza veniva usata da Arthur per rimanere da solo a leggere o a pensare, ora era diventata la sua camera. Il suo appartamento.
«E, guarda, Merlin!», esclamò tutto eccitato il re, aprendo una porta che era posta sulla loro sinistra, «ogni qualvolta urlerò il tuo nome, potrai arrivare in tre secondi nella mia stanza».
«Eccola, la fregatura», aggiunse Merlin sarcastico.
«Dai, Merlin, almeno non devo correre in tunica da notte nell'appartamento di Gaius ogni volta che ho un sogno che non comprendo, sarà tutto più veloce e privato».
Il suo ragionamento non faceva una piega, non sapeva però che, probabilmente, tutto quello avrebbe fomentato ancora di più i pettegolezzi dei suoi sudditi che, ovviamente, lui non aveva ancora udito.
Merlin aveva sentito persino Percival e Leon discutere di quanto fosse strano il comportamento del re, di quanto si fosse affezionato, fin troppo, del proprio ex servo. Loro erano giunti alla conclusione che si comportava in tale maniera perché Merlin era riuscito a salvargli la vita e che si sarebbe sentito debitore a vita.

Non essere più il servo personale di Arthur avrebbe dovuto aiutarlo nel rifiutare, cortesemente, di non accompagnarlo a caccia.
Merlin, però, non era riuscito a dirgli di no quando, quella stessa mattina, Arthur era entrato nella sua camera, senza bussare e con solo addosso i pantaloni del pigiama.
«Merlin, oggi andremo a caccia!», aveva esclamato con il suo fare da asino reale.
Lo stregone, che ancora era a letto perché se lo poteva permettere, aveva mugugnato qualcosa e alzato una mano nell’aria per scacciarlo.
«Ci credo che arrivavi sempre tardi, dormiglione!» Urlò, con il suo solito modo di fare educato, spogliò Merlin dalle proprie coperte, facendogli venire un brivido.
«Grazie, Arthur, per l’offerta, ma mi vedo costretto a rifiutare», affermò con voce assonnata il mago, mettendosi seduto con la schiena appoggiata alla sponda del letto.
«Non puoi rifiutarti».
«Posso eccome, ora», aveva risposto con prontezza, «non mi è mai piaciuta la caccia, quindi se posso evitarla, la evito. Ripeto, grazie per l’invito, ma mi vedo costretto a declinare».
I suoi occhi cambiarono colore e la legna nel camino cominciò a bruciare, Arthur era sobbalzato, come accadeva ogni qualvolta lui usasse qualsiasi incantesimo, anche il più futile.
«È un ordine, Merlin», insistette il sovrano.
Sbuffò, «per favore, Sire».
«Mi spiace, ma devi esserci! Non ho ancora un valletto, ne farai tu le veci, per oggi», continuò a parlare il biondo con fare offeso.
«Non sono più un servo, perché dovrei…».
Arthur non gli fece finire di formulare la frase, «se vuoi posso indire il consiglio e toglierti il tuo titolo. Non ci metto nulla, sono il re, Merlin, e voglio che tu venga a caccia».
Lui sbuffò e scese dal letto.
In fondo aveva ragione, era lui il re e se lo voleva a caccia ci sarebbe dovuto andare.
«Avete vinto», affermò sconfitto Merlin osservando il sorriso vittorioso del suo re.
«Perfetto, bene. Ora… preparami tutto l’occorrente e, per favore, non dimenticarti nulla».
Così, Merlin si era ritrovato a seguire il suo sovrano per il bosco, in allerta e con tutto il materiale – ultra-pesante – sulle sue spalle.
Quant’era durata la sua vacanza? Un mese circa.

Era ormai trascorsa mezza giornata ed erano riusciti a catturare soltanto due conigli.
«Fermiamoci qui», aveva detto il sovrano. «Merlin, prepara il pranzo e abbevera i cavalli», ordinò poi senza guardarlo nemmeno in volto.
«Sarà fatto, Sire», rispose lui con uno sbuffo.
«E non lamentarti!» Urlò allora Arthur mentre raggiungeva gli altri cavalieri.
Era la prima battuta di caccia di Sir Itys, Sir Logan e Sir Fionnghal, ma si erano integrati con Leon e Percival in maniera eccelsa e già scherzavano tutti insieme.
Ovviamente, il tema delle risa era proprio lui: Merlin. E, come sempre, a cominciare era stato quell’asino reale di Arthur.
Se con una magia gli avesse fatto calare le braghe, sarebbe stato mandato alla gogna o, peggio, a morte?
Di certo non poteva mancargli di rispetto, non davanti ai nuovi cavalieri. Cosa avrebbero pensato? Che il re non era abbastanza autoritario da riuscir a tenere in riga il proprio consigliere.
Merlin decise, allora, di lasciar correre, per il momento.
«È pronto, Sire», annunciò il moro a gran voce.
«Alla fine, è utile utilizzare la magia, non abbiamo dovuto attendere nemmeno cinque minuti per mangiare», esclamò Logan addentando un pezzo di coniglio.
«Se utilizzata a fin di bene», aggiunse Leon, «tu non hai visto Morgana»
«Morgana ormai è acqua passata, Leon, non ci pensare», rispose Arthur troncando il discorso. Merlin lo guardò, sapeva che non gli piaceva parlare della sorellastra, voleva che quei ricordi fossero confinati in fondo alla mente.
Quel periodo era passato e finalmente c’era la pace, Arthur voleva giustamente godersela.
«Dio santissimo!», urlò il re sputando ciò che aveva appena messo in bocca e bevendo, tutto d’un fiato, l’acqua.
«Qualcosa non va, Sire?», chiese Merlin con finto fare preoccupato.
«Tu, dannato! Che diavolo ci hai messo qui dentro? E togliti quel sorrisino dalla faccia o ti mando alla gogna non appena torniamo!», Arthur si sporse verso di lui e gli diede un colpetto sulla nuca.
Il mago non poté fare a meno di ridere, insieme a tutti gli altri.
Si stava divertendo alla fine.
Forse Arthur aveva fatto bene ad insistere tanto a volerlo con lui, e, se doveva essere del tutto sincero, non gli dispiaceva nemmeno di dover lavorare come suo valletto. In fondo, quel compito non gli era mai pesato in passato – se non in alcune occasioni – e di certo non lo odiava ora.

---


Buongiorno! Scusatemi, ma sono di corsa. Volevo comunque aggiornare :D
Merlin purtroppo non è riuscito a prolungare la sua vacanza, anzi… Arthur ormai l’ha ripreso nelle veci di valletto! Non riesci a trovare un valletto? Riprendi il vecchio che è anche il tuo consigliere e stregone di corte! :P
Mi chiedo quanto prenda di salario xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Mancano sei capitoli alla fine! T_T Spero che la fic non vi deluda!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Merlin non aveva mai abbassato il suo stato d’allerta fino a quel momento.
Era così tranquillo, con Arthur e gli altri cavalieri, che era stato uno stolto ed aveva abbassato le proprie barriere.
Non aveva ascoltato la terra che lo circondava, non aveva previsto quell’attacco.
«Saresti il più forte stregone del mondo, eh, Merlin?!»

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Così sia
Capitolo XII


Merlin non aveva mai abbassato il suo stato d’allerta fino a quel momento.
Era così tranquillo, con Arthur e gli altri cavalieri, che era stato uno stolto ed aveva abbassato le proprie barriere.
Non aveva ascoltato la terra che lo circondava, non aveva previsto quell’attacco.
«Saresti il più forte stregone del mondo, eh, Merlin?!»
Il mago si voltò verso Arthur. Era mortificato di quanto successo.
«Scusatemi», sussurrò imbarazzato.
«No, non è colpa tua», continuò il re, «ci stavamo divertendo, tutti noi siamo stati degli sciocchi a credere che sarebbe andato tutto bene. Ogni volta che andiamo a caccia succede sempre qualcosa, dovevamo aspettarcelo, perché questa volta doveva essere diverso?», si sfogò infine cercando di liberarsi dalla corda che gli stringeva i polsi.
«Non siamo mai stati molto fortunati, in effetti».
Merlin si guardò intorno, erano all’interno di una caverna, era freddo per quanta umidità fosse presente. Sembrava che fossero da soli per il momento. Il suo sguardo si posò su degli arbusti che, pochi secondi dopo, presero fuoco illuminando ciò che vi era nei paraggi.
Per il momento, stavano tutti bene.
Merlin cercò di comprendere quando fossero stati rapiti. L’ultima cosa che ricordava era che stavano tornando a Camelot. Improvvisamente, ricordò anche le parole utilizzate per incantarli.
Era opera di druidi.
Come nel sogno di Arthur, i seguaci di Morgana avevano deciso che fosse arrivato il tempo per riprendere lo scontro.
«Alìese», pronunciò lo stregone, liberando tutti i presenti dall’essere incatenati.
Si alzarono tutti in piedi, ma quando stavano per uscire, due persone fecero il loro ingresso.
Merlin si pose immediatamente davanti al re, allargando le braccia, così da poterlo proteggere da eventuali pericoli.
«So difendermi, Merlin», gli aveva sussurrato Arthur, offeso.
«Non avete alcuna arma e usano la magia, quindi non lamentatevi», era serio e determinato, Merlin.
Arthur non proferì altra parola al suo consigliere, ma interagì direttamente con i due uomini. Portavano una lunga tunica verde scuro ed il loro volto era coperto da dei cappucci.
«Chi siete? Cosa volete da noi?».
«Lady Morgana non c’è più, ma lei sarà sempre la nostra signora», pronunciò uno dei due, con voce greve.
«La magia non è più proibita nel mio regno, non vi ho fatto alcun torto».
«Il trono spettava alla nostra signora, ma voi l’avete uccisa, vostra sorella».
«Veramente, l’avrei uccisa io», prese la parola Merlin mentre i suoi occhi si colorarono d’oro ed i due uomini balzarono in aria, «andiamo».
Quando arrivarono all’uscita, però, Merlin si voltò un attimo indietro.
Aveva sentito una voce, era lontana, ma l’aveva udita.
«Voi andate avanti», affermò bloccandosi.
Arthur inarcò le sopracciglia, «che stai dicendo, Merlin?».
«Ho sentito qualcuno chiedere aiuto, andate avanti, potrebbe essere una trappola».
Merlin cominciò a correre all’interno della caverna, «vi avevo detto di andare, Sire, perché non date retta al vostro consigliere?», gli domandò senza voltarsi, dandogli le spalle.
«Perché non potrei mai lasciarti indietro, anche se questa fosse una trappola, soprattutto se lo fosse».
Lo stregone sbuffò, «non cambierete mai».
Tutti e due si zittirono quando sentirono un urlo.
«Aiutatemi», sentirono piangere ancora una volta. Merlin osservò l’interno della caverna con i propri poteri, sapeva dove andare e poteva guidare Arthur.
«State attento, mi raccomando», affermò entrando in un antro buio.
«Obey me», una luce rischiarò l’oscurità e lo videro, incatenato al muro a quasi mezzo metro da terra.
«Aiutatemi, vi prego, Sire», supplicò il ragazzo con le lacrime agli occhi.
«Lo faremo, Lanhus, fidati di noi», rispose il re.
Merlin si avvicinò all’ultimo valletto del re, «stammi lontano, creatura demoniaca, stammi lontano, mago!», urlò in preda al panico.
Si voltò un attimo per guardare il proprio re annuire, «non ti farà del male, è un amico, davvero».
«È malvagio, ha poteri magici. È malvagio. Mi ucciderà con la sua magia», era in uno stato di puro terrore e Merlin non poteva fare a meno di comprenderlo. Già aveva paura della magia, non era abituato ad essa, inoltre ora era stato perfino catturato da esseri magici.
Era normale che non si fidasse di lui e non gliene faceva una colpa, ma non poteva non sentirsi triste nel constatare che, probabilmente, c’erano tantissime persone che la pensavano come Lanhus.
«Alìese», pronunciò nuovamente, le catene si spezzarono e Merlin prese al volo il corpo del servo che cominciò a dimenarsi e ad urlare.
Quando lo appoggiò a terra, Lanhus corse verso il suo Re e, tremante, gli si posizionò dietro la schiena per protezione.
Merlin notò la scusa silenziosa che Arthur gli aveva appena mandato, e gli sorrise per fargli comprendere che non importava, che comprendeva. Anche Arthur stesso aveva avuto, quasi, la stessa reazione una volta scoperto il suo segreto.
«Andiamo», esclamò il mago facendo strada ai due.
«Fermi!».
Merlin si voltò e si ritrovò faccia a faccia con i due druidi, «perché?», chiese soltanto, con le lacrime agli occhi.
«Lady Morgana, la nostra signora, ce l’ha detto in sogno. Dobbiamo uccidere re Arthur ed Emrys, coloro che l’hanno portata alla rovina. Voi morirete, qui dentro».
Non fecero in tempo ad attaccare con qualche incantesimo, che Merlin scagliò su di loro due massi. Caddero a terra perdendo i sensi.
«Dobbiamo portarli a Camelot, dobbiamo giustiziarli nella piazza, davanti a tutti», affermò Arthur osservando i due distesi a terra, «ce la fai a tenerli a bada?».
«Sì».
Il re si voltò verso Lanhus che continuava a tremare, «non temere, ora sei al sicuro».
«Non sarò mai al sicuro finché tutti loro non saranno morti», era un sussurro carico di rabbia, quello e Merlin comprese che, in futuro, Lanhus sarebbe potuto diventare un problema.
Il suo era un odio puro verso tutto ciò che era magico.

Quando arrivarono a Camelot, Arthur lasciò Lanhus nelle mani del medico di corte, che lo visitò scrupolosamente. Non sembrava esserci nulla che non andava, se non una grande paura per quello che aveva patito.
Merlin ed Arthur entrarono nella sala del consiglio ed i due druidi vennero processati per i crimini contro il re.
«Come vi chiamate?», domandò Arthur, prima di cominciare il processo.
I due non risposero ed il sovrano non poté fare a meno di proseguire con le accuse.
«Per le leggi di Albion io giudico voi colpevoli di tradimento ed uso malvagio della magia, per questo motivo verrete impiccati all’alba di domani, nella piazza pubblica», Arthur fece cenno a due cavalieri di scortare i druidi nelle proprie celle, «Merlin, vai con loro e poni un incantesimo di protezione, fa sì che non possano evadere».
«Sarà fatto, Sire», rispose guardando lo sguardo cupo di Arthur. Non si sarebbe mai aspettato di dover fare così presto una sentenza del genere.
Merlin fece come gli era stato ordinato e, dopo essersi assicurato che non potessero scappare, prese la parola, «perché siete così fedeli a Morgana?».
«Lei è buona e giusta. Lei doveva regnare», rispose uno dei due, serio.
«Ha ucciso persone innocenti, come potrebbe essere giusta?».
«Ci sono cose che non potrete mai comprendere, la nostra signora è Morgana come voi avete il vostro seguito, voi credete di essere nel giusto, come lo crediamo anche noi. Non potrete mai farci cambiare idea, come noi non potremo mai far cambiare idea a voi».
«Voi non siete malvagi, siete deboli di carattere e siete stati raggirati. Mi dispiace che dobbiate essere giustiziati, ma non potevamo fare altrimenti. Non avreste mai trovato la redenzione», rispose Merlin con le lacrime agli occhi, «ora che nel regno è ammessa la magia, vorrei solo che andassimo tutti d’accordo».
«Come potremmo quando tu hai ucciso la nostra signora?», lo stregone abbassò lo sguardo verso il terreno.
«Morgana ha scelto di seguire una via fatta di distruzione, se solo si fosse soffermata a discutere, se solo non…», fece una pausa, non aveva senso parlare del se, «lasciamo stare. Addio».
«Addio, Emrys. Forse, se i tempi fossero stati diversi, saremmo stati tuoi discepoli».
Merlin si voltò un’ultima volta e sorrise, «non si vive di forse».

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Eccomi!! :D Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto ^_^
Ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine della fanfiction :(
In questo capitolo i nostri eroi sono stati presi dai seguaci di Morgana... in fondo non potevano essere andati perduti, no?!
Vi lascio con lo spoiler al prossimo capitolo ;)
Finalmente... dopo domani... sono in FERIE!!! \0/
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«E comunque, prima o poi voglio conoscere meglio Dolma, non è che per caso le servono altri vestiti… sai, fa l’eremita».
«Che c’entra Dolma, ora?» Chiese Merlin non capendo come fosse uscito quel discorso.
«Andiamo, credevi davvero che non lo capissi che eri tu? Potrei mettere nero su bianco che il consigliere Merlin, per consigliare, deve diventare Dolma. Potrei ridere per giorni».

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Così sia
Capitolo XIII


Voleva rimanere da solo nella sua stanza, ma sapeva bene che, di lì a poco, avrebbe fatto il suo ingresso Arthur, pronto a chiedergli consigli.
Non passò molto che sentì la porta comunicante aprirsi lentamente.
«Secondo te ho agito bene, Merlin?» Gli chiese sedendosi su una sedia.
«Non avreste potuto fare nient’altro», rispose stanco il mago, massaggiandosi le palpebre.
«Mi chiedo se avessi potuto fare qualcosa di più».
«No. Ci saranno sempre dei seguaci di Morgana, non possiamo farci nulla», spiegò Merlin tentando di sorridere.
«Era questo che avevo sognato? Devo essere pronto a ricevere i suoi seguaci con pensieri di morte?».
«Credo proprio di sì, mi dispiace».
«Non è colpa tua, per cui non scusarti», si stiracchiò, «fortuna che ti ho convinto a venire a caccia, altrimenti sarei morto».
Questa volta lo stregone non si sforzò per nulla e, sulle sue labbra nacque un sorriso sincero, «se può farti piacere ho deciso che vi seguirò ovunque voi andiate».
Arthur sogghignò, «allora non devo più cercare un valletto. Puoi tornare a fare il tuo lavoro e quello di consigliere», disse compiaciuto.
«Non riesci proprio a trovare nessuno che ti soddisfi quanto me, eh?!»
«Non farmene una colpa, in questi anni ho cominciato ad apprezzare i tuoi insulti e la tua lingua lunga, come potrei star senza, ora? E poi tu sei abituato alle mie urla e ai miei ingiuri, e non tremi davanti a nulla».
«La prossima volta che sarò il tema delle risa tra voi e i cavalieri vi farò calare le braghe con un incantesimo», affermò Merlin ridacchiando.
«Dovrebbe farmi paura questa minaccia? Lo sai che non ho paura di nulla, Merlin».
«È vero, dovevi vedere la tua faccia impaurita quando ti ho detto che ero uno stregone, stavi per fartela addosso», rivangò il passato senza pensarci.
«Per forza, mi hai creato un drago con il fuoco! Non ero abituato a vedere la magia così da vicino, è stato naturale», ribatté contrariato, come se non avesse avuto paura di lui, di Merlin, come se dopo non gli avesse chiesto di andarsene.
«E comunque, prima o poi voglio conoscere meglio Dolma, non è che per caso le servono altri vestiti… sai, fa l’eremita».
«Che c’entra Dolma, ora?» Chiese Merlin non capendo come fosse uscito quel discorso.
«Andiamo, credevi davvero che non lo capissi che eri tu? Potrei mettere nero su bianco che il consigliere Merlin, per consigliare, deve diventare Dolma. Potrei ridere per giorni».
Merlin, ascoltando quelle parole, divenne completamente rosso, «non provarci nemmeno, Arthur, o ti lancio contro un maleficio», esclamò in preda all’imbarazzo.
«Non potresti neanche lontanamente farmi una cosa del genere», ribatté lui sicuro, non avendo poi tutti i torti, ma qualche dispetto avrebbe potuto farglielo, oh sì.
«E dovevate vedere come, il giorno precedente, sceglieva il vestito che avrebbe dovuto indossare, sembrava davvero una donna», Arthur si voltò verso il medico che era appena entrato e scoppiò a ridere.
«Non ci credo, ti sei preso pure la briga di provare prima i vestiti? Merlin, sei un idiota, davvero».
Il mago, se avesse potuto, sarebbe diventato piccolo, piccolo. In quel momento avrebbe voluto scomparire.
«Gaius, sei venuto qui soltanto per deridermi?», domandò poi con voce carica di imbarazzo.
«Volevo farti un saluto, ma vedo che sei impegnato, posso tornare un’altra volta. Con permesso», come era arrivato, salutò i presenti e tornò nei suoi appartamenti, non senza ridacchiare tra sé e sé, ovviamente.
Nessuno si sarebbe mai scordato Dolma, Merlin ne era certo, e comprendeva che, con tutta probabilità, Arthur l’avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni.

All’alba del giorno successivo, la piazza era gremita di gente.
Merlin scorse Lanhus in prima fila, davanti al palco, voleva assistere con i propri occhi alla dipartita dei due druidi che ancora non avevano nome, e mai lo avrebbero avuto.
Lui osservava tutto al fianco del re e della regina.
Non aveva un bell’aspetto, Merlin non avrebbe mai più voluto assistere alla pena di morte di qualcuno dai poteri magici, ma Arthur non aveva davvero potuto comportarsi diversamente. Loro avevano tentato di ucciderlo ed era giusto che pagassero per quel crimine, che fossero magici o meno.
Merlin chiuse gli occhi quando Arthur diede l’ordine di aprire le botole, non aveva il coraggio di guardare e si sentì più calmo quando apprese che Guinevere gli aveva stretto la mano, nello stesso modo in cui stava stringendo quella di Arthur.
Non avrebbero potuto comportarsi diversamente, la legge doveva essere messa in pratica e quei tre druidi avevano cercato di uccidere il sovrano di Albion, non potevano rimanere impuniti, anche se Merlin aveva sperato fino all’ultimo che avrebbero potuto redimersi in qualche modo.

Merlin aprì lentamente la porta ed entrò dentro a quell’abitazione che, fino a pochi mesi prima, era la sua casa.
Gli mancava stare lì.
«Ciao», si sentì salutare.
«Gaius, come state?», chiese sorridendogli.
Il suo mentore si avvicinò al mago e gli diede due colpetti sulla spalla, «io sto bene, Merlin. Tu, piuttosto, come ti trovi nei tuoi nuovi alloggi?».
«Non so se sentirmi orgoglioso per il fatto che mi voglia vicino, o offeso per quanto si sia legato a me», rispose sedendosi sulla sedia.
«Offeso?» Gaius inarcò un sopracciglio, come faceva sempre quando aveva dei dubbi. Merlin sorrise, gli mancavano il suo mentore e tutte le sue espressioni, i suoi consigli.
«Gaius, mi fa stare nella stanza a fianco alla sua», fece una pausa, «passa più tempo con me che con Gwen. È normale che la gente poi sparli, anche se Arthur fa tutto ciò senza malizia».
Il medico sorrise, «ti preoccupi troppo, Merlin. Il re sa che può fidarsi di te e fa affidamento su di te. Dovresti esserne orgoglioso».
«Lo sono. Non è questo. Quando siamo tornati non riuscivo a lasciarlo solo e lui stesso mi diceva di dovermi allontanare, ora è il contrario e… non posso lamentarmi. Davvero, mi piace la sua compagnia come mi è stata sempre gradita anche in passato, ma ha una moglie e ultimamente dormono sempre separati», si sfogò finalmente lo stregone che per troppo tempo aveva nascosto i suoi sentimenti.
«Comprendo», sussurrò il medico battendo ritmicamente le dita sul tavolo, «non ti dispiace la compagnia del tuo re, ma vorresti che procreasse, giusto?».
Merlin sgranò gli occhi, «abbiamo bisogno di un erede», ammise infine, imbarazzato.
Gaius ridacchiò tra sé e sé. Merlin inarcò le sopracciglia e gli fece cenno con le mani di voler capire cosa ci fosse tanto da ridere.
«Ho avuto un pensiero… impuro», parlò, «non offenderti, ma ho pensato che se avessi potuto avresti regalato tu stesso un erede al re».
Merlin divenne paonazzo, se avesse potuto avrebbe rimesso solo per aver immaginato una tale prospettiva di vita. Perfino il suo mentore era perverso. Non ne aveva mai avuto idea.
«In fondo siete destinati a stare insieme, nel senso che vi proteggerete a vicenda fino alla fine. È normale che le persone che non conoscono il vostro destino possano pensare un po’ male, ma tu non devi prendertene. Devi andare avanti, devi proseguire lungo la tua strada, Merlin», Gaius sorrideva sereno; lo stregone comprendeva quanta fiducia provasse nei suoi confronti, ma continuava ad avere dei dubbi che mai si sarebbero sciolti. Era una persona anche lui ed era nella natura umana non essere sicuri di nulla in quanto tutti loro erano le creature più fragili del mondo.

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Buongiorno! :) Eccomi qui con il nuovo capitolo. :3
Io sono sicura che Merlin potrebbe davvero dare un eredo ad Arthur, dai, dai, con un po’ di magia si può tutto :P
Questo è un capitolo un po’ di passaggio, ma spero che sia stato di vostro gradimento. :)
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«Cosa dovremo fare ora, Merlin?», chiese il re, preoccupato.
Merlin sospirò, «non posso suggerirvi quello che dovremmo fare, io dovrei battermi assieme alla mia gente, Arthur».

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Così sia
Capitolo XIV


Arthur sbatté la porta della camera del suo valletto, consigliere e stregone.
Era agitato e non sapeva come si sarebbe dovuto comportare, non avrebbe mai creduto che, una volta accettata la magia, sarebbe accaduto quello che stava succedendo in quel periodo.
Se prima c'era stata una battaglia per far accettare la magia nel regno – Arthur non poteva scordare le Desir, che avevano decretato il suo destino –, in quel momento c'era la battaglia opposta.
Non era giusto, ogni cosa che faceva era sbagliata.
Com'era possibile?
«Cosa dovremo fare ora, Merlin?», chiese il re, preoccupato.
Merlin sospirò, «non posso suggerirvi quello che dovremmo fare, io dovrei battermi assieme alla mia gente, Arthur».
«Ma...», provò a parlare il sovrano, bloccandosi.
Se Merlin doveva battersi con le creature magiche, lui da che parte doveva stare? Non aveva alcun potere, era soltanto un re. Avrebbe dovuto scontrarsi con Merlin, durante la battaglia? Doveva allearsi con le persone come lui e combattere contro il suo migliore amico?
«Dovete alzarvi, mio signore, non è tempo di sognare, ora, ma di vivere», lo stregone, seduto nella sua camera gli sorrise, «non dimenticate questo sogno e fermate ciò che sta per arrivare, proteggete Albion e proteggete tutti i vostri sudditi, che siano magici o meno».
Arthur inarcò le sopracciglia, poi si ritrovò, con gli occhi spalancati, ad osservare il soffitto della sua camera.
Sospirò, il re e, dopo esseri messo in posizione seduta, si massaggiò le palpebre. Aveva mal di testa.
Quel sogno l'aveva distrutto.
«Arthur, stai bene?», chiese Guinevere con la voce ancora impastata dal sonno. Gli accarezzò una guancia e gli sorrise, «buongiorno, comunque».
Il sovrano deglutì, «devo assolutamente andare a parlare con Merlin».
Vide Guinevere osservarlo rammaricata, «Arthur, sono io tua moglie, non Merlin. Parlane con me, te ne prego».
«Ti amo, Gwen», Arthur le accarezzò i capelli e posò le sue labbra su quelle di lei, in un casto bacio, «ti amo così tanto, ma Merlin è il mio consigliere, è colui che mi può aiutare. Ne parleremo, te lo prometto, ma è una questione... magica e ne devo parlare con lui».
La moglie sospirò, «lo comprendo e lo accetto», iniziò a parlare, con le lacrime che cominciavano ad offuscarle gli occhi.
«Guinevere?», la chiamò, preoccupato.
Non capiva perché fosse così triste, non poteva farlo. Lui si comportava così soltanto perché voleva proteggere lei ed il loro regno. Parlare del futuro, di quello che avrebbero dovuto affrontare era troppo doloroso.
Inizialmente, quando Arthur aveva accettato i sogni aveva creduto che la Dea gli avesse fatto un dono, ma con l'andare del tempo aveva compreso quanto potesse essere complicato e doloroso.
Conosceva il futuro, ma non sapeva se fosse riuscito a modificarlo. Non voleva opprimere Guinevere con la consapevolezza che qualsiasi cosa che avrebbero compiuto, avrebbe potuto distruggere tutto quello che avevano costruito.
«Scusami, ma questa situazione è opprimente. Vorrei essere io colei che ascolta tutti i tuoi dubbi, non è questo il compito di una moglie? Essere la consigliera del proprio marito?», cominciò a versare le lacrime che, fino a quel momento, aveva cercato di trattenere.
«Guinevere, io lo faccio anche per te», rispose Arthur asciugando le lacrime con il pollice. Non voleva vederla in quello stato, ma non voleva nemmeno distruggerla.
«Non devi. Se sono con te posso superare tutti i mali del mondo».
Arthur guardò le proprie mani, «non posso, mi dispiace».
Non aveva il coraggio di rivelarle la verità, non sapeva nemmeno che aveva le visioni del futuro. Non aveva intenzione di angosciarla ulteriormente, prima o poi, avrebbe accettato quella situazione, ne era certo. Doveva essere così.
Gli occhi di Gwen bagnarono nuovamente le sue gote, «non comprendi, perfino nel popolo c'è chi dice che hai più riguardi verso il tuo servo che verso di me», fece una pausa per guardarlo negli occhi, «gira la voce che Merlin sia diventato la tua concubina, che è lui la tua vera consorte», si sfogò infine, lasciando Arthur decisamente accigliato.
«Cosa?» Chiese sorpreso, «come possono pensare una cosa del genere? Che assurdità! Merlin è il mio consigliere, è colui che mi aiuta a prendere determinate decisioni! Chi ha sparso questa calunnia? Pagherà con la galera!».
Arthur si alzò di scatto in piedi e cominciò a camminare avanti ed indietro, per cercare di calmare i propri nervi.
«Non è questo l'importante, Arthur!», sbottò la moglie, scendendo anch'essa dal letto, «dovresti avere più riguardi nei miei confronti, quando non stiamo in camera, stai tutto il tempo con il tuo servo! Non mi tieni mai compagnia».
«Ho del lavoro da sbrigare, non sto mica tutto il giorno con le mani in mano, Guinevere», le rispose, un po' irato.
Gli stava mancando di rispetto, non aveva mai creduto di dover osservare sua moglie attaccarlo per gelosia, per di più era gelosa di Merlin, come se lui fosse diventato più importante di qualsiasi altra cosa.
Lei non conosceva tutti i fatti, non capiva quanto Merlin potesse rilassarlo. Era l'unico che, con la sua saggezza, poteva eliminare la nube di preoccupazione che si celava all'interno del cuore del sovrano.
Era l'unico che potesse interpretare le sue visioni, rendendole meno terrificanti di quello che erano.
Se ne avesse parlato con Guinevere, lei si sarebbe preoccupata a sua volta, rendendo tutto più difficile.
Arthur non aveva più voglia di parlare con lei, non voleva altre preoccupazioni per la testa, come i pettegolezzi che giravano tra la popolazione.
«Comprendo», affermò la moglie con sguardo serio, «ora vorrei cambiarmi, se hai bisogno di me, ma non credo visto che hai Merlin, puoi farmi venire a chiamare. Non ti disturberò oltre, con permesso».
Arthur la osservò dirigersi verso la porta, «Guinevere», la chiamò, rassegnato.
«Hai preso la tua decisione, Arthur. Non sarò certo io a cercare di farti cambiare idea», la sua frase era tagliente, come se il re l'avesse effettivamente tradita.
Arthur avrebbe voluto che lo comprendesse, anche se non le aveva raccontato tutto. Lei però doveva comprenderlo, giusto? Gwen era sua moglie ed erano innamorati l'uno dell'altra, allora perché non riusciva a vedere oltre le apparenze?
«Vorrei che mi capissi, ti amo troppo per...», Guinevere non gli fece concludere la frase.
«Ti amo anche io, Arthur, ma a volte l'amore non è abbastanza. Ci sono delle cose che vorrei cambiassero, vorrei essere io la persona più presente nella tua vita, non Merlin», la regina aprì leggermente la porta, «sono sicura che mi passerà, mi serve soltanto un po' di tempo».
Arthur non aprì più bocca, lasciò andare via la sua amata per farle raggiungere la propria stanza.
Voleva stare sola e lui avrebbe accettato la sua lontananza, per il momento.

Entrò nelle stanze di Merlin con la consapevolezza che giravano voci su loro due.
Continuava a domandarsi come fosse possibile inventarsi tali storie, non stavano né in cielo né in terra.
Arthur non avrebbe mai tradito sua moglie, soprattutto non l'avrebbe mai fatto con un uomo, con Merlin.
«Tu eri a conoscenza delle storie su noi due?», domandò serio, appoggiando una spalla sull'uscio della porta.
«Quali storie?» Merlin alzò lo sguardo ed Arthur non poté non notare le gote del proprio valletto imporporarsi.
«Quindi lo sapevi», fece una pausa per trattenere l'ira dentro di sé, «perché non me ne hai parlato, Merlin? Ne sono venuto a conoscenza da Guinevere».
Lo stregone sospirò e si alzò in piedi, «queste storie non hanno importanza, ve ne giravano tantissime anche ai tempi di Uther, o prima ancora, i vostri sudditi ne creeranno una nuova, prossimamente. Sono storie, per l'appunto. Non ci devono interessare», spiegò sicuro di quello che diceva.
«Forse, eppure Guinevere dà importanza a questi pettegolezzi. Non mi interesserebbero, altrimenti».
Merlin sgranò gli occhi, «perché dovrebbero interessarle?».
Il sovrano fece spallucce, «non lo so, ma è così».
«Le parlerò, Arthur».
«Non ve n'è bisogno. Piuttosto, ho fatto un sogno questa notte e credo di doverne parlare con te», cambiò discorso, ormai stanco di parlare di pettegolezzi inutili e senza fondamenta.
«Di che cosa si tratta?».
«Di una battaglia, di una nuova guerra che ci vedrà nemici, Merlin».
Il mago aggrottò la fronte, «non potrei mai esservi nemico», rispose senza doverci nemmeno pensare, facendo sorridere Arthur per la lealtà del proprio valletto.
«La battaglia sarà tra gli esserci magici e le persone... normali».
Il consigliere sorrise, «allora faremo cambiar loro idea».
«Lo spero, Merlin. Non voglio un'altra guerra».

Quella notte Guinevere non si era presentata nella stanza del re per coricarsi, aveva chiesto di chiamarla, ma lei aveva declinato l'invito, aggiungendo che non si sentiva molto bene.
Arthur sapeva la verità, non voleva stare con lui e per quella sera avrebbe fatto finta di nulla, ma dal giorno dopo Guinevere avrebbe dovuto fare nuovamente quello che ordinava.
Non poteva tenergli testa così, anche se era sempre stata un testa calda. Lui era il re e se voleva trascorrere la notte con sua moglie, lei doveva assecondare la sua voglia con piacere.
Non aveva più voglia di pensare a sua moglie, doveva dormire e sperava che quella notte sarebbe stata tranquilla, ma ovviamente non poteva vincere sui suoi sogni.
Erano schiena a schiena, lui e Merlin.
Arthur brandiva la propria spada e la puntava contro i propri cavalieri.
Provò a guardare con la coda dell'occhio dietro alle sue spalle, Merlin teneva testa ad un esercito di druidi.
Loro erano esattamente al centro della battaglia.
«Non ha senso combattere questa guerra», urlò il consigliere di corte alla propria gente.
«Sta zitto, stregone!», gridò qualcuno di cui Arthur non conosceva il nome, «voi siete il male!».
«Sono il vostro sovrano, il vostro re e vi chiedo di fermarvi, di non oltrepassare la linea di non ritorno», cominciò a parlare il biondo, «la magia non è il male, sono determinate persone ad esserlo, che siano magiche o meno».
Arthur e Merlin si strinsero ancora di più l'uno addosso all'altro, pronti ad attaccare, se proprio fosse stato necessario.
«Albion è un regno di pace, non create proprio tra di voi una guerra, porterà solo desolazione, ve ne prego», continuò il re con espressione triste.
Non stava certo recitando, lui. Era davvero addolorato per ciò che aveva davanti agli occhi.
Se fosse stato per lui, non avrebbe mai voluto combattere una guerra perfino contro Morgana, la sua sorellastra, ma non aveva potuto impedirlo ed aveva sofferto tanta, troppa gente.
Non voleva rivivere tutto. Non ce l'avrebbe fatta questa volta, il dolore sarebbe stato troppo grande.

---


Buonasera :3 Finalmente in questo capitolo c’è un po’ di Arwen. Finalmente Gwen dice la sua sul rapporto che ha con Merlin e direi che fosse anche ora! :p
Bia, hai visto? ;) Tu che dicevi che era strano che Gwen stesse zitta :P Nemmeno a farci apposta! Ahah
Ricordo che i capitoli sono stati scritti tutti e che presto la fic giungerà alla sua fine. Mancano tre capitoli :(
Ringrazio tantissimo tutti gli utenti che recensiscono la storia e mi fanno sapere il loro parere e le tantissime persone (ben 51) che hanno messo la storia tra le seguite, i 14 utenti nelle preferite! Grazie! E le 3 persone che hanno messo la fic tra le ricordate :)
Ora vi lascio allo spoiler del prossimo capitolo :D
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«Uccidere?»
«Vorresti lasciarlo libero, forse? Morgana...», Arthur cercò invano di parlare, ma Merlin lo bloccò.

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Così sia
Capitolo XV


Quando Sir Leon entrò di corsa nella sala del trono, Merlin trattenne il fiato.
Lo conosceva bene e sapeva che era successo qualcosa che avrebbe fatto andare tutti in agitazione.
La sua previsione non fu infatti contraddetta.
«Mio signore, un drago, credo sia il drago di Morgana, si sta dirigendo verso il castello», affermò, inginocchiandosi davanti a sua maestà.
Arthur sospirò e portò una mano davanti al mento, aveva spostato lo sguardo su Merlin, probabilmente per chiedergli qualche conferma.
Negò con la testa. Lui non voleva certo che Aithusa fosse uccisa. Non se lo meritava, lei era soltanto una creatura che aveva sbagliato strada. Merlin sarebbe riuscito a farla ragionare, sicuramente.
«Leon, cosa faresti?» Chiese al cavaliere, prima di interpellare il suo consigliere.
«Dobbiamo ucciderlo, mi sembra ovvio».
Non aveva avuto un attimo di esitazione e Merlin comprese quanto ancora la magia fosse vista in maniera sbagliata tra la popolazione.
«Potremmo evitare ciò in qualche modo?» Il re guardò Merlin che si irrigidì.
«Avremmo bisogno di un signore dei draghi, Sire», rispose serio, dandosi mentalmente dello stupido.
Arthur voleva la verità, sempre, eppure Merlin si era dimenticato di riferirgli che lui aveva il poter di comandare i draghi. Se fosse stato da solo, avrebbe voluto prendere a testate il muro.
Come aveva fatto a dimenticare una cosa così importante?
«Merlin, sono morti. Tutti».
Il mago deglutì e spostò lo sguardo altrove, «Merlin? C'è qualcosa che non mi vuoi dire?» Aggiunse con un'intonazione divertita.
L'aveva preso in castagna e ne andava dannatamente fiero.
Merlin, invece, si chiedeva come avrebbe fatto ad uscire da quella situazione.
Poi si ricordò che, durante la battaglia di Camlann, Merlin aveva ordinato ad Aithusa di non attaccare l'esercito di Camelot. Avrebbe usato quella scusa, avrebbe detto ad Arthur che credeva lo sapesse visto che aveva utilizzato quel potere di fronte a lui. Che poi, era l'assoluta verità. Non era certo colpa di Merlin se Arthur era un asino e cominciava ad avere problemi di memoria.
«Non tutti, sono rimasto io», rispose infine, come se fosse cosa ovvia.
«Tu?» Sia Arthur che Guinevere avevano parlato all'unisono.
«Da quando in qua saresti pure un signore dei draghi, Merlin?» chiese il re brusco e, probabilmente, risentito.
«Da quando mio padre è morto. Lui era l'ultimo signore dei draghi».
Arthur boccheggiò in un primo momento, poi schioccò le dita nella direzione del mago e gli fece cenno di seguirlo.
Raggiunsero insieme un'altra sala, più piccola della precedente, dove avrebbero potuto parlare in pace.
«Quando avevi intenzione di dirmelo?», chiese indispettivo, nuovamente.
«Credevo lo sapeste, Arthur. Ho già utilizzato questo potere davanti a voi», Merlin non voleva deluderlo. Non più. Eppure sembrava di esserci riuscito ancora una volta.
Gli occhi di Arthur si socchiusero, cercando di ricordare, «a Camlann, giusto? Quando avevi preso le sembianze del vecchio».
«Esattamente».
Il re annuì, «sì, certo, non ci avevo pensato visto l'aspetto. Hai ragione, avrei dovuto esserne a conoscenza».
Merlin sospirò di sollievo e sussultò quando si sentì colpire la testa, «avresti dovuto comunque farmelo presente, razza di idiota».
Il mago si massaggiò la testa, «Io, l'idiota? Siete voi che non vi ricordate nemmeno quello che avete mangiato a colazione! Siete voi l'asino!», lo attaccò. Non gli sembrava per niente giusto essere picchiato soltanto perché Arthur non si ricordava di averlo già visto in azione. «E poi, dai... siete venuto con me da Killgarrah! Se proprio non ricordavate Camlann, allora il drago avrebbe dovuto farvi venire un dubbio, che senso avrebbe, se no, essere convocati da un drago?».
Arthur fece un verso gutturale, come se avesse voluto ringhiargli, «lasciamo perdere, Merlin», disse, «ora vai a uccidere quel drago».
«Uccidere?»
«Vorresti lasciarlo libero, forse? Morgana...», Arthur cercò invano di parlare, ma Merlin lo bloccò.
«Non ucciderò Aithusa, Sire. Le ordinerò di diventare il vostro drago reale, ecco», il mago parlò lentamente, scandendo bene ogni sillaba. Sapeva di aver detto una cavolata, era mai esistito un drago domestico? Che magari camminava per il castello e chiedeva le coccole alle guardie?
Il re aggrottò la fronte e le labbra, come se quello che Merlin avrebbe fatto sarebbe stata una cosa altamente impossibile.
«Non pensarci nemmeno!» Alzò la voce, infastidito, «che idiozie ti passano per la mente?»
Merlin sorrise, in effetti era davvero una cosa stupida.
«Posso ordinargli di non attaccare mai nessuno».
Arthur sospirò, sconfitto, «se credi che possa andare, Merlin. Sappi, però, che se ci saranno casini con questo drago...»
«Si chiama Aithusa, Sire», lo fermò.
Arthur socchiuse gli occhi infastidito, «... con Aithusa, le responsabilità saranno anche tue e pagherai per i crimini che potrebbe commettere il dr... Aithusa».
Merlin si illuminò, «certo, mio signore».

Aithusa si trovava davanti a loro due.
Erano andati nella radura, fuori dalle mura di Camelot per attendere l'arrivo del drago.
Merlin vide la sagoma bianca e, velocemente, lo chiamò. I suoi occhi divennero dorati e Aithusa planò vicino a loro, avvicinandosi poi a piedi.
«Nu meaht begalan gio».
Aithusa abbassò le orecchie e successivamente il capo.
«Che gli hai detto?», domandò Arthur perplesso. Merlin comprendeva quanto gli sembrasse strano riuscire a dominare quella creatura che, fino a poco prima, voleva attaccare il regno per vendetta.
«Le ho detto che non deve più attaccare, mai più», rispose Merlin avvicinandosi ad Aithusa e accarezzandole il muso, «non è cattiva , Sire. Si era affezionata soltanto alla persona sbagliata».
Avrebbe dovuto curarla di più. Merlin ricordava il giorno della sua nascita, era stata per lui una grande emozione, eppure poi non era più riuscito a vederla. Aveva sempre creduto che stesse con Killgharrah, invece aveva vissuto la sua vita, decidendo di aiutare Morgana. Forse aveva visto del buono in lei perché altrimenti non aveva idea di come avesse potuto starle vicino, lui sapeva che Aithusa era buona. Non poteva essere altrimenti.
«Quindi? Perché non se ne va?», Arthur si avvicinò un po' a loro, camminava cauto per paura che, da un momento all'altro, Aithusa avrebbe potuto attaccarlo.
Merlin si chiuse nelle spalle, «ha bisogno di qualcuno che la segua», affermò senza pensarci, «è stata torturata, ed è cresciuta dentro un posto angustio, non si è sviluppata bene».
Provava un gran senso di colpa verso Aithusa, avrebbe voluto rimanere con lei, ma non poteva certo abbandonare così Arthur. Dovevano lavorare per evitare la guerra che il re aveva sognato.
«Non vorrai portarlo al castello?!».
Merlin si voltò entusiasta, «posso?»
Arthur inarcò le sopracciglia, «non posso permetterti una cosa del genere, idiota, è un drago non è... un cane».
«Lo so, lo vedo che non è un cane, Arthur», rispose Merlin cominciando a pensare ad una soluzione. Se Aithusa fosse rimasta nei paraggi, in quella radura, lui sarebbe potuto andarla a trovare anche tutti i giorni, «le daresti il permesso di rimanere qui?».
Arthur appoggiò una mano sulla sua spalla, «vuoi proprio stargli vicino, eh?! Ma lo sai che non è una tua responsabilità?»
«L'avete detto voi, visto che non voglio ucciderla, sarò suo responsabile e voglio starle vicino, sì».
«Così sia, Merlin. Potrà rimanere qui se mi assicuri che ora non può più infliggere del male».
«Ve lo prometto, Sire».
Arthur annuì, «bene. Ora... ma questo drago qui non parla?».
Merlin rise per la domanda che gli era appena stata posta. Arthur aveva per caso la fobia dei draghi parlanti?
«Non ha mai imparato», rispose poi con amarezza.

---


Buongiorno! Eccomi con il terzultimo capitolo! :3 Tutto dedicato ad Aithusina bella ♥ Mi è dispiaciuto tanto come sia stata trattata nel telefilm. Papà Merlin (visto che l’ha fatta nascere) avrebbe dovuto prendersene cura invece di lasciarla alla sua sorte T_T
Scusatemi, sono un po’ di fretta, quindi vi lascio subito con lo spoiler! Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto :)
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«Sire!»
Arthur osservò l'amico, aveva il fiatone e le guance gli si erano colorate di rosa per la corsa, «che succede? Dov'è Gwen?»
«Non c'è, Sire. Nessuno l'ha vista da stamattina».

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Così sia
Capitolo XVI


Arthur, ogni volta che andava in perlustrazione, teneva con forza l'elsa della spada ed avrebbe attaccato se fosse stato necessario.
La verità era che, però, non c'era più bisogno di lui. Merlin poteva usare la magia e avrebbe allontanato quei brigati con un semplicissimo incantesimo.
Arthur, oramai, si sentiva inutile.
Certo, prendeva le decisioni più importanti, come quelle dell'amministrazione del regno, quante tasse far pagare ai propri sudditi, decidere del destino di criminali, ma non aveva più mosso un muscolo.
Continuava ad allenarsi, ma che senso aveva se, ogni volta che si trovava un nemico davanti, il suo fido valletto gli si poneva davanti e lo difendeva con la magia?
Arthur era una persona importante, era il sovrano ed era anche giusto che avesse cavalieri pronti a dare la vita per lui, se fosse stato in pericolo, ma Merlin stava esagerando.
Era grato per la sua bontà, per la sua dedizione, ma Arthur non era certo interdetto, sapeva prendere le proprie decisioni e soprattutto sapeva difendersi, come sapeva che si era rammollito nei confronti del proprio consigliere.
Gli permetteva tutto. Gli aveva perfino permesso di tenere un drago nella radura a ridosso di Camelot!
Doveva cominciare seriamente a pensare di mettere dei paletti tra di loro e magari spostarlo di stanza, così da fargli notare una netta lontananza.
«A cosa state pensando, mio signore?» Chiese l'oggetto dei suoi pensieri appoggiando sul tavolo un vassoio pieno di cibarie.
Arthur lo osservò per un attimo, «a nulla. Vai a chiamare Guinevere, per favore».
Aveva mentito, ma non era quello il momento per discutere delle sue perplessità. Aveva fame e voleva gustarsi un buon pasto in compagnia di sua moglie. Avrebbe pensato dopo a Merlin, forse.
Come se non fosse abbastanza, Gwen continuava a tenergli il muso e non era riuscito a farle cambiare idea.
Solo in quel momento aveva compreso quanto Guinevere avesse ragione, non poteva continuare a fare affidamento sempre e solo su Merlin quando era veramente sposato con la donna che amava.
Lei doveva venire per prima, non uno stupido consigliere e valletto personale.
Finalmente Arthur aveva ritrovato la ragione; ci aveva messo un po', ma era finito il tempo di essere grato a Merlin per ciò che aveva fatto. Lo sarebbe sempre stato, ovviamente, ma non poteva continuare a tenerlo al di sopra degli altri.
Era normale che il suo popolo avesse cominciato a parlare di loro due. Ora che Arthur vedeva le cose con chiarezza, aveva compreso che lui stesso aveva sbagliato a dar troppa importanza a Merlin.
Allo stesso tempo, però, non voleva allontanarlo troppo. Era un membro importante del suo consiglio e comprendeva quanto in passato – e sicuramente in futuro – avrebbe fatto per lui e per il regno.
Si ridestò dai suoi pensieri quando sentì dei passi pesanti fuori dalla sua porta, qualcuno stava correndo.
«Sire!»
Arthur osservò l'amico, aveva il fiatone e le guance gli si erano colorate di rosa per la corsa, «che succede? Dov'è Gwen?»
«Non c'è, Sire. Nessuno l'ha vista da stamattina».
Merlin teneva le braccia sopra le ginocchia, tentando di riprendere fiato.
Arthur scattò in piedi e si avvicinò a lui, «dov'è la valletta di Guinevere?»
Lo stregone negò con la testa. Aveva lo sguardo cupo, quasi sicuramente si stava incolpando della scomparsa, come succedeva di solito.
«Dobbiamo trovarla».

Avevano controllato più volte tutto il castello, ma di Guinevere non v'era traccia. Era ovvio, non potevano certamente nasconderla lì.
Anche la valletta di Guinevere, di cui Arthur non ricordava nemmeno il nome, era scomparsa. Non poteva dire con assoluta certezza, però, che fosse lei la rapitrice. In fin dei conti potevano aver portato via pure lei cosicché non desse la notizia della sparizione della regina.
Stava tornando nella sala del trono quando vide Merlin andare nella direzione opposta, verso l'uscita del castello.
«Dove vai, Merlin?», chiese girandosi verso di lui.
«Da Aithusa, Sire», rispose con affanno. Sicuramente l'aveva cercata in lungo ed in largo.
«Non è tempo di andare a giocare con il drago, idiota», esclamò con fermezza, un po' deluso dal comportamento dell'amico.
«Non vado a giocare, voglio chiederle di perlustrare il regno in volo. Magari trova un accampamento nel quale la regina viene tenuta prigioniera», si giustificò.
«Ah, d'accordo», era stato preso in contropiede, Arthur. Non aveva pensato che quel drago potesse essere così d'aiuto. «Muoviti», aggiunse poi come se l'idea fosse stata sua, come se dovesse avere per forza l'ultima parola.
Merlin sorrise, «corro».

Arthur attendeva trepidante il ritorno del proprio consigliere. Era seduto sul suo trono, il pugno appoggiato al mento e batteva con ritmo un piede a terra per sconfiggere la tensione.
E se il drago non avesse trovato nulla? Cosa avrebbe dovuto fare? Sicuramente avrebbe cominciato la ricerca personalmente, avrebbe girato tutta Albion, fino allo sfinimento. L'avrebbe trovata e riportata a casa.
Quanta paura poteva provare Guinevere in quel momento? Tanta, probabilmente, e lui non era con lei a tenerle la mano.
No, era stato troppo testardo e aveva deciso di non rivolgerle parola fino a quando Gwen stessa non fosse tornata da lui a chiedergli scusa per le insinuazioni che aveva fatto nei giorni precedenti.
Era colpa sua, era sempre colpa sua. Non riusciva mai a prendere una decisione sensata, sbagliava sempre tutto, perfino con la donna che amava.
Arthur scattò in piedi, quando vide Merlin rientrare.
«Dobbiamo andare», affermò serio.
Per quella spedizione aveva deciso di portare con sé, oltre Merlin, i nuovi cavalieri, Leon e Percival. Ormai erano una squadra ed erano in sintonia.
«Siete pronti? Ci sarà da combattere», disse il re sbattendo i talloni sul cavallo che cominciò a camminare, seguito dagli altri.
«Siamo pronti a tutto», parlò Logan, affiancandosi al cavallo di Itys.
«Mio signore, dobbiamo seguire Aithusa», spiegò Merlin, indicando il cielo verso la sagoma del drago bianco.
«A qualcosa è utile, allora», ammise Leon che non aveva mai visto di buon grado l'arrivo della creatura. Sperava che venisse ucciso, come Arthur aveva ucciso il drago che Uther teneva prigioniero nelle segrete. Non aveva mai avuto il coraggio di dire la verità, di ammettere di aver incontrato quel grande drago e che esso stesso gli aveva forgiato la spada che portava sempre con sé.
«Aithusa non è cattiva, Leon», ogni volta che si parlava del drago, Merlin si sentiva chiamato in causa. Arthur non comprendeva perché volesse difenderlo a tutti i costi. Certo, in quel momento li stava davvero aiutando, quindi scacciò quel pensiero dalla testa. Doveva raggiungere Guinevere, non poteva farsi distrarre da altro.
Quando Aithusa atterrò sul terreno si fermarono tutti.
Avevano cavalcato per più di due ore ed Arthur voleva ardentemente credere di essere finalmente arrivato da sua moglie.
Il drago mosse la testa, più volte, verso l'interno del bosco che si trovava davanti a loro.
«Dobbiamo proseguire», affermò Merlin piazzandosi davanti a tutti, «grazie, Aithusa».
Il drago emise un sibilo e si fece accarezzare la nuca da Merlin, poi si alzò nuovamente verso il cielo e riprese la strada verso Camelot, verso la radura che era diventata casa sua.
«Non ci ha indicato il punto esatto», esclamò Leon, indignato.
«Non poteva certo atterrare in un bosco, sopra ai nostri nemici, Leon».
«Basta! Merlin, Leon, finitela ed andiamo», Arthur cominciava a perdere la pazienza. Da quando aveva acconsentito a Merlin di tenere il drago, qualcosa tra quest'ultimo e Leon si era spezzato. Si mandavano continuamente frecciatine, anche pesanti e Leon parlava continuamente male del drago così da far indispettire Merlin.
Era una situazione che Arthur cominciava a sopportare sempre meno.

Avevano lasciato i cavalli fuori dal bosco addentrandosi al suo interno a piedi.
Arthur voleva a tutti i costi prendere quei bastardi di sorpresa.
Quando sentì odore di bruciato, Arthur comprese di essere vicino a Gwen.
Lui e gli altri cavalieri accerchiarono l'accampamento e rimasero per alcuni istanti in attesa, studiando il terreno nel quale dovevano muoversi.
«Ora!» urlò Arthur cominciando a correre.
«Fermi, o la uccidiamo», un uomo sulla quarantina e ben piazzato aveva circondato il busto di Guinevere che non versava nemmeno una lacrima.
Si bloccarono tutti, l'effetto sorpresa era saltato ed Arthur non comprendeva cosa fosse andato storto. Che Aithusa in qualche modo fosse riuscita a comunicargli del loro arrivo?
«Perché?» Domandò soltanto Arthur rilassandosi in modo tale da non sembrare minaccioso o pronto a difendersi.
Sgranò gli occhi quando dalla tenda uscì il suo ultimo valletto.
«Lanhus?»
«Perché la magia è malvagia», affermò con voce ferma, come mai l'aveva avuta.

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Ci siamo… il prossimo sarà l’ultimo! T_T
Eccoci con il penultimo capitolo! Spero vi sia piaciuto :3
Vi lascio con lo spoiler del prossimo capitolo, sono le righe iniziali dell’ultimo capitolo…
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
Arthur deglutì e, con una mano, ordinò a tutti i suoi uomini di non muoversi, di non attaccare.
«Perché odi così tanto la magia, Lanhus?» Chiese. Gli dispiaceva che avesse deciso di compiere un'azione così malvagia soltanto per un motivo così futile.
Forse aveva avuto una brutta esperienza con la magia, ma ciò non significava che poteva rapire la regina.
«La magia ha ucciso mia madre, mio signore», ammise con le lacrime agli occhi, «io ci ho provato, davvero. Ho provato a starvi vicino, vi stimo, ma voi avete riportato la magia in questo regno e facendolo lo porterete alla rovina».

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Così sia
Capitolo XVII


Arthur deglutì e, con una mano, ordinò a tutti i suoi uomini di non muoversi, di non attaccare.
«Perché odi così tanto la magia, Lanhus?» Chiese. Gli dispiaceva che avesse deciso di compiere un'azione così malvagia soltanto per un motivo così futile.
Forse aveva avuto una brutta esperienza con la magia, ma ciò non significava che poteva rapire la regina.
«La magia ha ucciso mia madre, mio signore», ammise con le lacrime agli occhi, «io ci ho provato, davvero. Ho provato a starvi vicino, vi stimo, ma voi avete riportato la magia in questo regno e facendolo lo porterete alla rovina».
«Lahnus, sei tu che vuoi portare il regno alla rovina, non capisci? Sei tu che vuoi dare inizio ad una guerra inutile».
«Inutile? Non permettetevi di dire che sia inutile! Tutte le creature magiche devono essere uccise. Voi, invece, avete permesso ad un pericoloso drago di stare nella radura. Voi siete diventato il male!»
Arthur osservava Lanhus con pietà. Trovava le sue parole povere di fondamento. Era vero, forse qualcuno con dei poteri magici aveva ucciso sua madre, ma non significava che tutti i maghi fossero malvagi. Merlin ne era la prova concreta. Non avrebbe ucciso nemmeno una mosca, eppure aveva poteri magici.
«Lascia andare la regina, per favore».
«Ho provato a parlarvi, nei giorni scorsi, ma non mi avete voluto ascoltare, Sire», fece una pausa per asciugarsi le lacrime, «non posso lasciare andare la regina, finché non farete una legge con la quale abolirete la magia dal regno».
Arthur sospirò, «per farlo devo convocare il consiglio, devo essere a Camelot, ed anche facendolo non si arriverebbe ad alcuna soluzione. Tu, suddito di Albion, vorresti abolire la magia e giustiziare chiunque abbia poteri magici, altri sudditi vorrebbero che la magia continuasse ad essere parte integrante del regno. Non comprendi, come non lo comprendevo io in passato, Lanhus», si fermò cercando di scrutare l'espressione del suo ex servo, «la magia può essere usata per fare del bene, davvero. Può curare mali incurabili dalla medicina, può far divertire, come può essere utilizzata con scopi malvagi, ma anche tu puoi essere cattivo, come colui che ha ucciso tua madre. Potresti uccidere mia moglie, la donna che amo, senza utilizzare la magia. Saresti forse nel giusto? Saresti migliore dell'assassino di tua madre?».
Lanhus deglutì e cominciò a tremare, poco dopo si accasciò a terra, sconfitto dalle parole di Arthur, «mi dispiace», sussurrò singhiozzando.
Arthur gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio, «sii coraggioso, Lanhus. Chiunque commetta un crimine, pagherà con la vita, che sia magico o meno. Questa è la giustizia».
«Mi dispiace, Sire», aveva cominciato a ripetere sempre quelle parole. Arthur gli diede due pacche sulla spalla, poi corse dalla moglie che nel frattempo era stata liberata dai suoi cavalieri.
«Stai bene?», le chiese prima di unire le loro labbra, «ho avuto paura di perderti». «Sto bene, Arthur. Grazie», rispose sorridente, «Lanhus non è cattivo, voleva soltanto farsi ascoltare».
«Dovrà pagare, però. Non possiamo lasciarlo impunito», affermò prima di interrompersi, «ci penseremo poi, ora torniamo a casa».

Arthur entrò nelle stanze di Merlin, lo guardò intento a leggere un libro, probabilmente di magia.
«Non sei stato molto presente durante il salvataggio, credevo che prima o poi avresti preso parola», ammise sedendosi davanti a lui.
Merlin sorrise, «non c'era bisogno del mio intervento, siete un gran parlatore, Arthur, ed ero certo che avreste fatto comprendere a Lanhus il suo errore. Io, parlando, avrei soltanto fatto accrescere la sua rabbia», gli rispose calmo e composto.
Lui non poteva non notare quanto, in quei mesi, fosse maturato. Sembrava più un anziano consigliere che un suo coetaneo. Nelle sue parole, Arthur vedeva sempre – o quasi – saggezza, ma quello non glielo avrebbe mai detto, sarebbe stato troppo imbarazzante.
«Come sta Gwen?» Domandò poi Melin chiudendo il libro e donandogli tutta la sua attenzione.
«Sta bene, ora ha deciso di fare un bagno caldo. Non nascondo di sentirmi un po' in pena per lei, non è sotto i miei occhi. E se qualcuno la rapisse nuovamente? So che è una preoccupazione infondata, davanti alla porta della sua stanza vi sono due guardie, è impossibile, ma se penso che Lanhus è riuscito a sequestrarla...».
«Lanhus? Cosa ne sarà di lui?», lo interruppe Merlin. Forse non aveva voglia di ascoltare i vaneggiamenti del suo re.
Arthur sospirò, «non lo so, davvero. La punizione la deciderà Guinevere e spero non sia troppo severa, è solo un ragazzo, ma non può non pagare per quello che ha commesso».
«Guinevere è di buon cuore, mio signore, sono sicuro che sarà magnanima», cercò di confortarlo con le sue solite buone parole. Non mancavano per nessuno, se avessero cominciato a parlare di Morgana, ne avrebbe trovate anche per lei.

Il giorno successivo era previsto il processo di Lanhus e dei suoi uomini. Colui che, nel bosco, aveva tenuto stretto a sé Guinevere era il padre di Lanhus, anch'esso si sentiva tradito dal proprio re per aver concesso alla magia di tornare ad essere legale.
Come aveva già deciso, fu la regina a decidere la punizione per i prigionieri.
Decise di esiliarli dalle terre di Camelot, non avrebbero dovuto più mettere piede nella loro città.
Una volta conclusa la sentenza, i prigionieri avrebbero dovuto fare le valigie e partire verso nuove terre. Arthur decise che li avrebbe accompagnati al confine, insieme a Leon e Itys, così da poter scambiare due parole con il proprio ex valletto.
Gli dispiaceva per come erano andate le cose. Lanhus non era un servo efficiente, anzi non ne aveva mai visto uno peggio di lui, però non ce l’aveva con lui. In quel poco tempo che era stato al suo servizio, si era affezionato a quel ragazzo così impaurito.
In poco tempo, era cambiato. Nel bosco aveva visto in Lanhus una persona completamente differente da quella che aveva avuto modo di conoscere. Era deciso a portare su Albion una guerra e sicuramente, se non avesse commesso lo sbaglio di rapire la regina, ci sarebbe pure riuscito.
Avrebbe viaggiato e incontrato altre persone che la pensavano come lui, alleandosi insieme affinché potessero avere un numero sempre maggiore di persone per poter porre in essere la battaglia tra loro e coloro che avevano poteri magici.
Quasi sicuramente, se il suo piano fosse proseguito, ci sarebbe stata una strage. Coloro dai poteri magici avrebbero vinto – ancora si ricordava come Merlin fosse riuscito a fronteggiare da solo un esercito di sassoni –, ma avrebbero alimentato l’odio verso di loro da coloro che avevano perso i propri uomini in battaglia e si sarebbe dato luogo ad un circolo vizioso.
La guerra non sarebbe mai arrivata ad una conclusione vera e propria. Si sarebbero dovuti guardare sempre alle spalle.
Erano a cavallo, Arthur si affiancò al mulo di Lanhus e lo osservò, avrebbe voluto dire qualcosa, ma non riusciva a trovare le parole.
«Mio signore, non dovete cercare di consolarmi», lo anticipò, «siete stato magnanimo e vi ringrazio per questo».
«Non ce l’hai con me?» Chiese inarcando le sopracciglia.
Lanhus sorrise amareggiato, «ho compreso di aver sbagliato, sire. Soprattutto rapendo la regina, credevo che mi avreste mandato alla forca ed avevate ragione nel dire che non sarei stato migliore dell’assassino di mia madre se avessi proseguito con la mia vendetta», rispose abbassando lo sguardo.
«Spero tutto il bene per voi, Lanhus», aggiunse Arthur avvicinandosi ulteriormente per dargli una pacca sulla spalla.
«Siete troppo buono, mio signore. Siete un grande re e spero che il vostro regno possa prosperare per sempre».
«Le tue parole mi fanno davvero piacere».
«Anche lo stregone, Merlin, vi ha aiutato a fondare Albion, vero?» Domandò con curiosità.
«Sì, è merito suo se sono qui a regnare su Albion».
Lanhus sorrise felice, «allora questa è la prova che la magia può essere buona e utile», voleva avere la certezza che si fosse sbagliato, «vi prometto, sire, che la mia condotta sarà perfetta. Non vi disturberò più e sicuramente non cercherò più di attaccare voi o il vostro regno. Io vi… vi ringrazio di tutto, davvero. Siete un re giusto e narrerò le vostre imprese, come le ho sentite a Camelot, a tutte le persone che vorranno ascoltarmi».
Arthur sorrise compiaciuto, «ne sarei onorato», e non vedeva l’ora che le sue gesta arrivassero anche alle proprie orecchie, così da crogiolarsi nella soddisfazione di essere al centro dell’attenzione.
I cavalli si fermarono, «buona fortuna per tutto», affermò Arthur con espressione greve. In fondo gli dispiaceva dover vederli andare via, e l’aveva già perdonato per il crimine che aveva commesso. Non poteva però non punirlo, non poteva farsi vedere dai propri sudditi come un re fin troppo buono, che non puniva nemmeno coloro che rapivano la regina. Quella soluzione era
la migliore. Non avevano dovuto porre fine alla vita di due uomini, le cui azioni erano basate sul dolore della perdita, ma sicuramente non li avrebbero più visti.
Forse, se Lanhus avesse deciso di narrare le vicende del re di Albion, Arthur avrebbe ancora sentito parlare di lui e questo gli risollevava il morale.

Arthur entrò nelle proprie stanze. Merlin l’aveva già avvertito che Guinevere lo attendeva lì.
«Bentornato!» Gwen gli si avvicinò e unì le loro labbra.
«Non sei più arrabbiata con me?» Domandò stringendole una mano, «scusami, ma io...»
Arthur si bloccò quando vide nel volto di Guinevere un sorriso, «Arthur, dovrei essere io a scusarmi. Sono stata avventata, gelosa di Merlin! Ti rendi conto? Di Merlin!» Provò a sdrammatizzare, non riuscendoci appieno, «comprendo che tu abbia passato un periodo difficile dal tuo ritorno e che Merlin ti sia stato di grande aiuto. È il tuo consigliere non per nulla, in fondo».
Gwen gli accarezzò una guancia, il suo sorriso, che Arthur tanto amava, non accennava a diminuire.
«Sono contento», la baciò con trasporto, «devi capire che i sogni che faccio sono, come posso dire, diretta conseguenza di ciò che è accaduto a Camlann e alcune volte sono così agghiaccianti che mi preoccupano e, se te li raccontassi, angoscerebbero anche te, ma Merlin riesce sempre a dare un’interpretazione tranquilla al sogno e mi rilasso. È per questo che corro sempre da lui. Mi spiace se con il mio silenzio ti abbia fatta comunque preoccupare. Io lo facevo solo nel tuo interesse», spiegò, cominciando ad accarezzarle i capelli mori che le ricadevano ordinati sulle spalle.
Guinevere sorrise divertita, «hai la mia benedizione con Merlin, Arthur».
Aggrottò la fronte, «ben… benedizione?»
«Sì, la mia benedizione. Puoi andare da Merlin quante volte vuoi, non mi arrabbierò più. Non potrei comunque arrabbiarmi se sei sincero con me, ma non voglio che mi nascondi più nulla».
«Non lo farò mai più, te lo prometto, Guinevere».
Arthur unì le loro bocche, gli era mancato baciarla con così trasporto. Aveva avuto paura di perderla, e, se fosse accaduto, non si sarebbe mai potuto perdonare per la discussione che avevano avuto.
«Ora, vediamo di togliere questo vestito che dà impiccio», affermò maliziosamente Arthur cercando di slegare il nodo sulla schiena mentre lasciava una scia di baci sul collo nudo di Guinevere.

«Sei stata gentile con loro», ammise Arthur stringendola a sé.
«Non volevo che ci odiassero e non sono cattivi, hanno compiuto una brutta azione per paura. Spero che ora abbiano capito che la magia non è malvagia», rispose prima di baciarlo.
«L’hanno capito, ne sono più che certo».
Quella notte, Arthur sognò il suo regno. Non era un incubo, bensì una visione felice del suo futuro, almeno così sperava.
Tutti andavano d'accordo l'un con l'altro e la pace regnava sovrana.
Vi erano piccoli crimini, ma lui e Merlin riuscivano egregiamente a porne riparo.
Lui e Merlin si trovavano nel balcone del castello, quello che dava sulla piazza cittadina. Erano sereni, tutti e due, come se niente ormai potesse colpirli.
«Siete un grande re, Arthur», affermò Merlin, sorridente.
«Non ho bisogno delle tue lusinghe», lo schernì Arthur, sorridendo sotto i baffi per non far vedere al suo mago che le sue parole lo rendevano comunque felice.
Rise, «lo so, lo so, non dovrei farvi montare la testa, ma è vero se dico che avete fatto un ottimo lavoro».
«Non l'ho fatto soltanto io, Merlin. Abbiamo creato Albion insieme e regneremo insieme, fino alla fine dei giorni».
«Così sia, fintanto che saremo insieme, Arthur».

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Ed eccoci all'ultimo capitolo della storia! Grazie mille a tutte le persone che hanno seguito la fanfiction sino all'ultimo, che l'hanno letta, che hanno scritto una recensione. Grazie davvero. :)
I miei più sentiti ringraziamenti vanno a Ili91, la mia fantastica betareader che mi sopporta e supporta sempre! Grazie, cara :*
Ma non solo, anche a tutte le persone che hanno recensito, come già detto, ma a chi non l'ha fatto ed ha seguito la storia in silenzio. Grazie anche a tutti voi e spero che la long vi abbia appassionate un pochino :)
Grazie mille alle persone che hanno messo la storia tra le preferite:
1 - alessandra92 2 - Baka Lolita 3 - Caracalla92 4 - Cecilia Black 5 - Cla90 6 - Giulietta4691 7 - Lienne 8 - merthur 9 - Nickelback 10 - Nyechiss 11 - Redhaired 12 - sharry 13 - susankinney 14 - tj95p 15 - xx91xx 16 - Yuu chan
Tra le ricordate:
1 - Ellina94 2 - Giulietta4691 3 - Jasminevampire 4 - Nyechiss
Tra le seguite:
1 - Aeryn 2 - ahiru_dancingprincess 3 - Anna24 4 - aquizziana 5 - areon 6 - Artorias 7 - arya131 8 - Axyna 9 - Baka Lolita 10 - BeJames 11 - black _sofiacolandrea_ 12 - calliope88 13 - Cecilia Black 14 - crilla92 15 - Deirdre Willowfrost 16 - DessMQ 17 - DoraInPoi 18 - Echo85 19 - Estate 20 - Evelyn Wright 21 - Giulietta4691 22 - giulietta98 23 - joey_ms_86 24 - LadyEclipse 25 - Lestrange_88 26 - Linss_ 27 - Lux_daisy 28 - marghevale123 29 - marrrry 30 - Martolilla96 31 - MileyVero 32 - Miss_Crazykey 33 - MiSs_Vampire 34 - None to Blame 35 - Nyechiss 36 - Parre 37 - Ringil 38 - Rosso_Pendragon 39 - Sana e Akito 40 - SARAHPOXY 41 - Sasha29 42 - Selvy 43 - shannara970 44 - Sheireen_Black 22 45 - Slytherina 46 - SunakoNakahara 47 - susyko 48 - Toru85 49 - valeromantica 50 - VSRB 51 - _truecolors 52 - _Yozora_ 53 - __Shiroi
Grazie davvero di cuore!!
Come ho già anticipato, non appena riesco a revisionare tutti i capitoli e passarli alla beta, ritornerò in questi lidi con un crossover ;) Spero quindi di ritrovarvi! :)
Baci
Deb

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