Sento il tuo cuore

di Meg Roses
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lullaby, hai paura di crescere? ***
Capitolo 2: *** Ti fidi di me? ***



Capitolo 1
*** Lullaby, hai paura di crescere? ***


I
Lullaby hai paura di crescere?

 
«Lullaby, da quando hai paura del buio?» chiese sua madre preoccupata.
«Mamma, ho paura...»
«Domani sarà il tuo compleanno compirai 18 anni! Non sei contenta? »
Lullaby si addormentò, gli incubi che la minacciavano da quando aveva 7 anni sarebbero diventati degli incredibili sogni, custodiva un segreto e il giorno dopo sarebbe stata vittima di una maledizione: all’età di 18 anni Cassandra avrebbe dimenticato di essere una mezza Faires.
Lullaby era una bambina innocente solo che aveva una preferenza nel cibo che non era comune: le piaceva bere il sangue di animale.
Era la figlia illegittima di un cittadino di un regno nascosto agli umani che aveva protetto una giovane umana ma quando fu scoperto il re lo condannò .
Una donna portò la bambina al sicuro e trovò rifugio in una chiesa nel mondo degli umani, per far cio’ la donna infranse il legame con il popolo e fu smarrita
Cassandra, il nome dato alla bambina venne trovata in una Chiesa. La cittadina prima di sparire le aveva inciso il ricordo di quel regno e di chi era. Il consigliere del re venuto a sapere che la bambina era stata rilevata al mondo umano decise di mandare un ragazzo a ucciderla.
Divenuta mattina il padre di Lullaby irruppe nella stanza con una torta seguito da sua madre.
«buongiorno principessa! » disse il padre
«visto tesoro? Tua madre si è svegliata presto e te l’ha fatta! ».
Quella mattina per Lullaby il liquido che scorreva nelle vene dei suoi genitori era particolarmente fastidioso, la gola gli bruciava ma pensò che gli stesse venendo il mal di gola...
«che bella! Ha un profumo squisito! Ho una fame! » Lullaby stava per tagliarsi una fetta di torta quando la sua mamma esclamò «Lullaby le candeline! ».
Lullaby sorrise e soffiò sulle 18 candeline che si trovavano sulla torta.
Finalmente venne l’ora di mangiarla, ma quando ebbe finito il dolce era insoddisfatta, il profumo che aveva sentito non proveniva dalla torta e lei sapeva che se anche avesse mangiato 18 pezzi di torta quella sensazione non sarebbe scomparsa.
I suoi genitori se ne andarono e lei iniziò a prepararsi per la scuola, quel profumo intenso se n’era andato nell’esatto in cui i suoi genitori chiusero la porta.
Lullaby si guardò allo specchio, portava una camicia bianca con sopra un golfino blu notte, un paio di jeans  e un paio di allstars blu. I suoi capelli rossi ricadevano con delle onde sulle spalle, i suoi occhi ambrati erano leggermente truccati. La sua carnagione era di un rosa pallido.
Salutò i suoi genitori e andò ad aspettare l’autobus. Fosse stato il giorno prima avrebbe saputo di non avvicinarsi troppo alle persone che aspettavano come lei. La gola gli bruciava ma spinta da un desiderio si avvicinò a un ragazzo con la scusa di non conoscere l’ora.
Lullaby si avvicinò e sentì lo stesso profumo che aveva sentito in presenza dei suoi genitori, era confusa ormai era concentrata solo all’incavo del collo del ragazzo.
«Scusa? Ma che... »  Lullaby si era avvicinata un po’ troppo.
«Oh! Avevi un insetto sulla camicia»  Lullaby trovò in fretta una scusa per quella improvvisa vicinanza.
Il ragazzo non era convinto, allungò la mano e si presentò
Lullaby di colpo arrossì e balbettando rispose «Ninna nanna? È proprio il tuo nome? » 
«ehm no, ma mi chiamano così i miei genitori perché quando ero bimba mi addormentavo solo con una ninna nanna».
«e il tuo nome? »
«Cassandra» Il ragazzo la guardo con un improvviso interesse. L’autobus era arrivato, lei salì, troppo imbarazzata per salutare il ragazzo appena conosciuto, l’ultima domanda che gli aveva chiesto l’aveva infastidita. Tutti si accontentavano di Lullaby.
Quella mattina fu difficile concentrarsi perché il suo unico desiderio era sapere da dove proveniva quel profumo e assaporarlo fino a che non ne avesse avuto abbastanza.
La 3’ ora c’era artistica e Lullaby camminò fino alla classe, si sedette in un banco in fondo all’aula; nell’ultima ora aveva resistito ad assalire una sua compagna che si era tagliata un dito con la carta, in quel momento sembrò che l’odore che lei desiderava si era rovesciato dappertutto, a Lullaby la gola bruciava e il suo unico desiderio era quello di assaporare tutto quel profumo. Una sua compagna si era tagliata con la carta ma lei troppo impegnata ad respirare quell’odore a occhi chiusi non se ne accorse.
Un sacco di domande fluttuavano nella testa di Lullaby come fossero farfalle che si agitano nel vento che solo quando  il professore la richiamò al presente Lullaby si accorse che era arrivato.
«Signorina Rose stia attenta, ragazzi l’argomento del giorno sono le creature leggendarie. Disegnatele e poi vedremo la loro importanza nell’arte».
Lullaby sfogliò il libro per cercare l’elenco con le varie immagini da copiare, finì di scrivere e rilesse l’elenco e solo a quel punto che vide insieme alle altre la parola “vampiro”, proprio il giorno prima aveva iniziato a vedere una serie televisiva intitolata “the vampire diares”.
Lullaby iniziò a fare domande e il professore scocciato diede alla classe il compito di ricercare caratteristiche di tutte quelle creature leggendarie.
Usci’ da scuola di fretta e si apprestò ad arrivare a casa a iniziare la ricerca del professore di arte.
Arrivata a casa aiutò sua mamma ad apparecchiare e si misero a mangiare, mangiò la bistecca al sangue, e notò che la sensazione che aveva avuto quando si era alzata era diminuita.
Andò velocemente nella sua stanza e accese il computer e nell’attesa si mise i vestiti da stare in casa. Cassandra aveva un mucchio di domande su il perché desiderava cosi’ tanto il sangue, e l’unica risposta incerta fu quella dei vampiri.  I vampiri non erano gli unici a cibarsi di sangue ma nessun umano sapeva del popolo di Cassandra quindi non poteva trovare quello che cercava davvero.  Quando il computer si accese andò su internet e scrisse vampiri sulla barra della ricerca e schiacciò invio.
Si presentarono parecchi siti, Lullaby scelse il primo.
Lullaby aveva capito che cosa era quell’odore e era curiosa di sapere perché aveva quell’attrazione per il sangue, ma di caratteristiche in comune, a parte la pelle bianca e l’istinto di prosciugare un umano non avevano nulla.
La differenza tra i vampiri e io fairies era sottile, i faires avevano dei solchi dietro alle spalle da dove uscivano ali e la loro bellezza era straordinaria, avevano un liquido nero con lo stesso compito del sangue cioè quello di portare sostanze nutritive in tutto il corpo. I vampiri aveva una pelle diafana mentre i faires avevano una carnagione rosea.
Lullaby era confusa ma si rese conto che quello che stava pensando era assurdo.
Continuò la ricerca per finire il compito, trovò tutte le informazioni che gli servivano, ma in fondo alla pagina del sito c’era una pagina sottotitolata “Ibridi: individuo generato dall'incrocio di due organismi diversi”.
Lullaby incuriosita cliccò sulla pagina e si aprì una nuova pagina.
Quello che a Lullaby gli saltò subito all’occhio fu “Wamparn: incrocio tra un’umana e un vampiro”.
Ci cliccò e si aprì una pagina con delle informazioni, lesse e notò che delle caratteristiche fisiche e del carattere combaciavano.
Lullaby si alzò dalla sedia e andò davanti allo specchio. Guardò l’immagine riflessa nello specchio la sua descrizione era molto simile  a quella che aveva letto sui Wamparn tranne che per il colore della pelle e per gli occhi ambrati.
Aveva una vista perfetta e quando si concentrava riusciva a sentire suoni molto lontani.
Dormiva e sognava come una persona normale, seguiva il suo istinto più di qualsiasi cosa, aveva denti perfetti e lucenti, i canini erano molto appuntiti ma non ci aveva dato importanza fino allora.
Da quanto era bella la scambiavano spesso per una modella, la sua camminata era fluida e sembrava che volasse invece di camminare, Lullaby spesso si sentiva osservata e aveva la strana impressione di spaventare la gente perché tanti ragazzi le giravano intorno ma nessuno osava parlarle e non aveva nessuna amica. La sua descrizione era molto simile  a quella che aveva letto sui Wamparn tranne che per il colore della pelle e per gli occhi ambrati.
Lullaby tornò al computer e non sapendo quello che gli stava capitando lo spense stufa di pensare a quelle cose. Lullaby era confusa, uscì di casa e quando fu fuori iniziò a correre non aveva idea di dove andare ma voleva correre per liberarsi da quella sensazione. Arrivò a un parco ma in torno non c’era nessuno.
Si mise a sedere su un’altalena e iniziò a dondolare. Dopo qualche minuto che stava dondolando sentì il profumo, la gola cominciò a bruciare.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Ti fidi di me? ***


 
II
Ti fidi di me?

 
 
Cassandra chiuse gli occhi trattenendo il respiro niente era più fastidioso di non sentire gli odori ma in quel momento era indispensabile.
«Cassandra? »  Lullaby sentì una voce alle sue spalle.
Si girò e riconobbe il ragazzo che aveva conosciuto quella mattina.
Gli sorrise e gli andò incontro.
Massimo era il solo che la chiamava così
Lullaby desiderava che si avvicinasse di più.
«Perché mi chiami cosi? »  Lullaby era proprio curiosa di sapere il motivo.
«Pensavo che fosse il tuo nome»
«Si è così, ma nessuno mi chiama in quel modo. »
«E come ti chiamano a scuola? »
«I professori per lo più con il cognome»
«E i tuoi amici? »
A quel punto Lullaby rimase in silenzio
«Ti va di fare una passeggiata » Lullaby non aveva voglia di rispondere a quella domanda.
«Ok... »   Massimo accettò.
«Dove si va? » Lullaby non aveva la minima idea di dove andare.
«Ti fidi di me? »  Massimo cercava di tranquillizzarla,  sembrava agitata.
«Veramente mi hai chiesto se ti fidi di me? Ma se non ti conosco neanche!».
Massimo iniziò a camminare più velocemente, chi era quella ragazzina da trattarlo in quel modo?
«Massimo fermati! »  Lullaby correva non riusciva a tenere il passo del ragazzo; corse più forte e lo raggiunse e si fermò davanti a lui.
«Non ti volevo offendere, nessuno mi aveva mai fatto questa domanda, mi hai spiazzato! ».
«Effettivamente chi si fiderebbe di un estraneo?Da come mi hai risposto sembravi una che si sa delle arie»
«Io? Non penso che una snob esca di casa come me.»
Massimo la guardò cercando di non perdersi a guardare le sue gambe affusolate e il suo seno perfetto.
«In effetti, chi uscirebbe di casa con pantaloni della tuta scoloriti gli stivali mezzi sfondati e i capelli spettinati? »
«Che scemo! »  Lullaby si allontanò per gioco.
Massimo non riusci’ a fare a meno che afferrarla per i fianchi e stringerla.
A Cassandra la gola le bruciava più forte, la voglia di mordelo e assaggiare quel liquido caldo era insopportabile. Ma stranamente in quel momento, tra le braccia di quell’estraneo  si sentiva protetta, per una volta non era sola.
Iniziarono a camminare e Massimo iniziò a farle delle domande. Parlarono delle proprie origini e su come era bello quel parco.
Si fermarono alle rive di un fiume dove piccoli anatroccoli si divertivano a inseguirsi.
Lullaby si sedette osservò la scena in silenzio. Massimo si sedette accanto a lei.
«Allora sei di origine inglese»
«A dire il vero sono nata là, ma ci siamo trasferiti quando avevo all’incirca 7 anni»  ribatte Cassandra.
«E come mai sei venuta qua? »
«Per ragioni di lavoro di mio babbo»
All’improvviso iniziò a piovere e Massimo si alzò di scatto e prese Cassandra per mano e iniziarono a correre alla ricerca di un riparo.
«Di qua, avevo visto un capanno prima»  Massimo urlava, il rumore della pioggia era assordante.
Lullaby annuì.
Dopo circa 5 minuti arrivarono e Massimo aprì il portone del capanno.
Entrarono e all’interno c’era il fieno sparso dappertutto.
«Carino»  Lullaby anche essendo bagnata non sentiva freddo.
Si voltò verso Massimo e per la prima volta notò i suoi grandi occhi neri, il suo sorriso, e i suoi capelli chiari. Gli sorrise, e mentre lui cercava un posto dove accendere un fuoco osservò il suo corpo.
La maglietta aderiva al suo corpo assolutamente perfetto. Cassandra l’ho guardò a lungo e distolse lo sguardo solo perché sentì scricchiolare. Massimo era riuscito ad accendere un fuoco.
Erano le sei,fuori era buio ela pioggia continuava a scendere molto forte.
Nel capanno c’era solo la luce del fuoco, Massimo si era tolto la maglietta e si era messo a scaldarsi.
«Forza o ti prenderai un raffreddore»
Cassandra non si era mai ammalata prima di allora e lei non era affatto preoccupata di un semplice raffreddore.
«Non sono così debole»  Lullaby gli sorrise e gli si avvicinò.
«A no? »  Massimo aprì le braccia e lei lo strinse in un abbraccio.
Il suo odore era sconvolgente e la pioggia lo aveva reso ancora più squisito.
Massimo la guardò negli occhi e avvicinò il viso al suo.
Si incontrarono con un bacio e lei non seppe resistergli.
Quel pomeriggio di pioggia si baciarono a lungo, stettero abbracciati per terra in mezzo al fianco in quella stalla che sembrava essere stata improvvisata proprio da due amanti prima di loro.  Cassandra era assuefatta dal suo odore ma l’energia che gli trasmetteva Massimo era più forte del desiderio di morderlo.
Massimo iniziò a cantare a bassa voce.

«What day is it?
And in what month?
This clock never seemed so alive
I can’t keep up
and I can’t back down
I’ve been losing so much time

cause it’s you and me and all of the people
with nothing to do
nothing to lose
and it’s you and me and all of the people
and I don’t know why
I can’t keep my eyes off of you
»
Lullaby si voltò e gli sorrise.
 
Massimo ripeté l’ultima frase e Lullaby arrossì.
«la conosci questa canzone? »  era uno dei gruppi preferiti di Massimo.
Lullaby imbarazzata fece di no con la testa e Massimo afferrò i jeans in terra lì vicino e prese il suo mp3.
Passò una cuffietta a Cassandra e mise play.
Cassandra la mise nell’orecchio e partì una dolce melodia.
Massimo cominciò di nuovo a cantare e Lullaby cercava di seguire il significato delle parole, Massimo se ne accorse e gli sorrise.
«ascolta la canzone, non ti preoccupare se non sai cosa significa, fidati di me».
Cassandra chiuse gli occhi e appoggiò la sua testa come prima al suo petto.
Massimo smise di cantare solo quando la canzone si interruppe.
Ma la rimise, abbassò il volume ma invece che cantarla iniziò questa volta a tradurla.
Quando ebbe finito, Cassandra gli sorrise
 
«perché siamo io e te»  gli si avvicinò e prese a baciarlo.
Squillò un cellulare e allora si interruppero. Era quello di Cassandra, si alzò a rispondere, era la sua mamma che le chiedeva dove fosse andata e lei le disse che stava tornando e che spiegava tutto quando sarebbe arrivata. Massimo iniziò a vestirsi e lei quando chiuse la chiamata iniziò a fare lo stesso. Aveva smesso di piovere.
«Galeotto fu la pioggia e chi la mandò»  Massimo iniziò a recitare Dante o quello che ne restava... Cassandra iniziò a ridere e gli si avvicinò e gli rubò un altro bacio. Massimo la prese per mano e la portò fuori, un po’ diversi da come erano entrati.
Massimo l’accompagnò a casa e Cassandra si senti meglio lì fuori all’aria aperta.
L’odore che proveniva da Massimo non era stato più fastidioso che in quel momento, all’interno il suo odore si era sparso per tutto il capanno e ne aveva respirato il profumo ma lì fuori all’aria aperta dove l’ossigeno era pulito non riusciva a resistere a quel profumo, decise di trattenere il fiato, aveva scoperto nel pomeriggio che riusciva a trattenere il fiato per qualche minuto e così fece.
Massimo l’accompagno fino a casa, si salutarono con un bacio. Cassandra aprì la porta e se la richiuse alle spalle. Era molto tardi e probabilmente sua mamma era a dormire allora decise di non svegliarla ma scrisse un biglietto e lo mise sotto alla porta della sua stanza. “mamma sono tornata, se ti fossi svegliata perché eri preoccupata non allarmarti, sono nella camera accanto che dormo. Baci baci C.”
Cassandra era agitatissima, tremava, le sensazioni che aveva provato non l’aveva mai provate.
Si fece una doccia e andò a letto.
Quella notte Cassandra sognò di aspettare qualcuno, alla finestra mentre guardava davanti a se intenta a scrutare tra i tronchi una foresta incontaminata. Era concentrata a vedere i movimenti nella foresta quando qualcuno gli bussò alla finestra.
Era lui, Massimo la invitò a uscire fuori, la temperatura era bassissima ma lui portava solo dei jeans. Due ali spiccavano dalla sua schiena, erano fantastiche.
Massimo la fece salire nelle sue spalle, volò fino a una radura, in mezzo alla foresta c’era una cascata che terminava in un laghetto. Massimo con un movimento leggiadro si era tuffato per assaporare il riflesso della luna. Era disteso in superficie e con l’effetto della luce dell’astro i suoi capelli erano più chiari. Cassandra si immerse nelle acque, si avvicinò a lui e si baciarono come avevano fatto quel pomeriggio, ma c’era qualcosa di diverso in lui ma Cassandra non riusciva a capire cosa. Si svegliò con una strana sensazione, era già mattina, si vestii di corsa e da lì a qualche minuto sarebbe iniziata la prima lezione a scuola, uscendo dalla camera notò degli abiti in terra li raccolse per portarli a lavare, erano sporchi, avevano tutte delle foglie attaccate e erano umidi, notò che in tasca dei jeans c’era un foglio lo prese e lesse: “Un sogno può essere molto più vero della realtà”.
Cassandra sorrise dopo aver letto quelle parole, immaginò che Massimo gli aveva messo in tasca quel foglietto quando erano sdraiati in mezzo al fieno e lei non se n’era accorta di quel gesto.

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