Wedding? No, thank you.

di TheOnlyWay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La damigella disperata. ***
Capitolo 2: *** Il grande giorno. ***
Capitolo 3: *** Discorsi, lanci e balli. ***
Capitolo 4: *** Un pò di colore, please. ***
Capitolo 5: *** Fai schifo come psicologo. Te l'hanno mai detto? ***
Capitolo 6: *** L'inizio della fine. ***
Capitolo 7: *** L'utilità della carta igienica. ***
Capitolo 8: *** Colpa della pioggia. ***
Capitolo 9: *** Coerenza? No, grazie. ***
Capitolo 10: *** Coltelli e raffreddori. ***
Capitolo 11: *** Zombie, preoccupazioni e promesse. ***
Capitolo 12: *** L'ultima possibilità. ***
Capitolo 13: *** Si tratta solo di aspettare. ***
Capitolo 14: *** Futuro. ***
Capitolo 15: *** Apocalisse. ***
Capitolo 16: *** Il terzo atto. ***
Capitolo 17: *** Chiamate senza risposta. ***
Capitolo 18: *** L'altra metà della mela. ***
Capitolo 19: *** Matrimonio? No, grazie. ***



Capitolo 1
*** La damigella disperata. ***








Capitolo 1

“La damigella disperata”
 




Quand’ero piccola, mi piaceva pensare che mi sarei sposata, avrei avuto tre bambini (rispettivamente due maschi e una femmina) e sarei stata felice e contenta, come in ogni favola che si rispetti.
Poi sono cresciuta, i miei hanno divorziato e mamma, Giselle ed io ci siamo trasferite a Mullingar, proprio accanto alla casa dei nonni paterni.
Tutti i miei sogni sul matrimonio erano andati in fumo, crudelmente calpestati dall’evidenza che, in effetti, non esisteva nessun fottutissimo lieto fine.
Tuttavia, mia sorella Giselle non sembra pensarla alla stessa maniera.
Quando i miei divorziarono, lei aveva quindici anni ed era già in grado di capire che le cose non sempre andavano per il verso giusto. Io, che all’epoca di anni ne avevo solamente sette, ricordo solo che odiai mio padre per averci abbandonate.
E, per quanto sia mamma che Giselle non facessero altro che ripetermi che non era colpa di nessuno se le cose erano andate in quel modo, per me restava il fatto che il matrimonio, che di fatto avrebbe dovuto legare per sempre due persone, era una grandissima bugia.
Perciò, non riesco proprio a capacitarmi del fatto che Giselle, a ventisette anni suonati, creda che sposarsi sia una scelta saggia.
Dico io, non le è bastato il pessimo esempio che ha già avuto? No, deve barcamenarsi in un’avventura assurda, che sicuramente finirà male.
Come faccio a saperlo? Lo so e basta. E, se proprio non vi fidate della mia parola, lasciate che vi spieghi un paio di cosette su Giselle e sul suo futuro sposo.
Greg Horan è, fondamentalmente, un ragazzo simpatico, alla mano e assolutamente divertente. Ride, balla, beve quando è in compagnia – e sospetto anche quando è da solo – e di lui, prima che conoscesse Giselle, si sa ben poco.
Io però mi sono informata e, a quanto pare, il divertentissimo e simpatico Greg non ha sempre vissuto una vita all’insegna della rettitudine.
Quando frequentava il liceo, usciva con un gruppo di poveri deficienti che ancora sono in cerca di qualcosa di sensato da fare nella loro vita. Non ha frequentato il college, perché è stato assunto a tempo pieno in un bar nel centro di Mullingar. Ora: sappiamo tutti com’è la vita nei bar. Si beve (molto) e si trova un sacco di dolce compagnia. E per Greg di certo non è difficile, visto che è anche affascinante.  
Perciò la lista delle cose che non vanno bene di lui è salita a tre: è divertente, affascinante e lavora in un bar. Io non mi sposerei mai con uno così.  Nemmeno se mi pagassero, nemmeno se fosse ricco sfondato e possedesse una concessionaria di auto da corsa – be’, forse in quel caso potrei farci un pensierino…
In realtà, ci sono anche degli aspetti positivi, in Greg, ed è per questo che non me la sento di condannarlo del tutto. Tanto per iniziare sopporta me, il che – credetemi – è degno di nota.
Tolto il fatto che quando voglio sono decisamente adorabile, mi risulta ancora difficile credere che Greg mi rivolga la parola dopo che gli ho bucato le ruote della macchina.
Be’, che c’è? Aveva lasciato mio sorella, io ero piccola, ingenua e molto vendicativa. È stata l’unica cosa che mi è venuta in mente per fargliela pagare. Ed ha funzionato, perché si sono alleati entrambi per farmi confessare di essere colpevole.
Tra l’altro, Greg è stato molto gentile, visto che non mi ha nemmeno fatto pagare i danni. Chissà se l’avrebbe pensata diversamente, se gli avessi graffiato la carrozzeria come avevo progettato di fare all’inizio.
Ripensandoci, però, non sarebbe tanto male se lui e Giselle si sposassero. Almeno avrei una stanza tutta per me, a casa. Mi servirebbe proprio un po’ di spazio: non so più dove infilare tutti quei libri. Okay, magari dovrei evitare di comprarne quattro a settimana, ma che ci posso fare? E comunque non li leggo solo io! Anche Giselle, quando non è impegnata. Cioè quasi mai.
«Che ne dici di questo?» inarco un sopracciglio, mentre Bridget mi sventola sotto il naso un pezzo di stoffa che in teoria dovrebbe essere un vestito, ma che in pratica è abbastanza striminzito da poter passare per una bandana.
«Non saprei. Penso che ti si vedrebbero pure le ovaie, ma se ti piace compralo.» commento, con un’alzata di spalle.
Di Bridget ci sarebbero un sacco di cose da dire: che è castana, intelligente come un cetriolo sottaceto, che è di mentalità (e gambe) parecchio aperta e che veste come una escort d’alto borgo.
Purtroppo, però, è la figlia della migliore amica di mia madre e, in virtù di questo tanto decantato affetto, mi tocca frequentarla almeno due volte a settimana, a meno che non voglia vedere tutti i miei preziosi libri volare fuori dalla finestra o prendere fuoco nel camino.
È anche simpatica, per l’amor del cielo, ma quando inizia a raccontarmi di quanto tempo la sua ultima conquista abbia impiegato per slacciarle il reggiseno, be’, preferirei impiccarmi alle travi della mia soffitta. Comunque, onde evitare stragi cartacee, mi fingo entusiasta di accompagnare Bridget alle sue sedute di bellezza – come se ne avesse davvero bisogno – e alle sue maratone di shopping sfrenato.
«Dovresti provarlo anche tu. Ti starebbe bene, sai?» propone Bridget, allungandomi lo stesso “vestito” che ha intenzione di comprare. La osservo scettica per un secondo, prima di scuotere la testa negativamente e invitarla a infilarsi nel camerino, prima che qualcuno le soffi il posto. Nel frattempo, mi siedo sul divanetto rosso e mi guardo intorno. La vibrazione del mio cellulare mi distrae dai pensieri sarcastici su quella donna di cinquant’anni che chiede alla commessa un paio di pantaloni taglia 40, quando è evidente che la 46 farebbe più al caso suo.
Il nome di mia sorella lampeggia come una minaccia sul display del telefono, così mi affretto a rispondere.
«Sai che giorno è, oggi?» ringhia Giselle. Allontano un po’ il telefono in un inutile tentativo di salvataggio del mio padiglione auricolare e con lo sguardo cerco di leggere la data dal calendario appeso in un angolo.
«Tredici maggio.» rispondo quindi, orgogliosa di me stessa.
«Sì. E non ti viene in mente niente?» domanda allora mia sorella. La voce le si è abbassata di un paio di ottave, ciò significa che è molto arrabbiata. Ma perché?
«No. Dovrebbe?»
«Sì che dovrebbe, sottospecie di sorella degenere! Dobbiamo cercare il tuo vestito!» sbraita. Alla parola vestito, mi torna in mente tutto quanto.
«Oh…» mormoro, perciò.
«Già. Se non sei qui entro venti minuti, ti disconosco.» poi Giselle chiude bruscamente la telefonata ed io so per certo che non scherza. Quando si tratta del suo matrimonio, tende a diventare un po’ melodrammatica, ma fa sul serio.
«Bridget, mi dispiace, ma devo assolutamente scappare! Ci vediamo in questi giorni, d’accordo? A proposito, hai le ovaie più belle che abbia mai visto!» le dico, prima di precipitarmi fuori dal negozio; l’ultima cosa che sento è la sua risata divertita, poi inizio a correre.
Ho percorso appena un centinaio di metri, quando un’utilitaria blu elettrico suona il clacson e accosta accanto al marciapiede.
«Serve un passaggio, signorina?» il sorriso smagliante di Greg fa capolino dal finestrino. In questo momento, giuro che sono assolutamente felice che mia sorella se lo sposi.
«Ti amo, Greg.» sospiro, prima di sedermi accanto a lui e allacciare la cintura. Ridacchia, prima di immettersi nel traffico e dirigersi verso la zona est di Mullingar.
«Ho sentito Giselle, ed era disperata perché ancora non arrivavi. Ho immaginato che Bridget ti avesse trascinato da qualche parte in centro.» spiega, sorpassando un vecchio trabiccolo color ruggine, che procede a due kilometri all’ora, incurante del traffico che sta creando.
«L’ho già detto che ti amo?»
«Sì. Ne deduco, quindi, che non mi saboterai più.» sorride, divertito, poi si ferma in prossimità dell’atelier dove Giselle ha intenzione di scialacquare i risparmi di un’intera esistenza e mi scompiglia i capelli.
«Mi raccomando, Leighton. Non farla impazzire.»
Annuisco e faccio una croce sul cuore. Lascio un bacio sulla guancia di Greg e scendo.
«Sono quasi felice che Giselle ci sia cascata!» gli urlo, un attimo prima che svolti l’angolo.
Faccio un respiro profondo, mi ricompongo e raccolgo tutto il coraggio e la faccia tosta che ho a disposizione. Non appena varco le soglie dell’atelier, Giselle mi viene incontro, con un’espressione a dir poco terrificante e che minaccia la peggior morte possibile.
«Sei la peggior damigella della storia, Leighton.» mi afferra per un braccio e mi trascina nel retro del negozio, dove Madame Sophie, la proprietaria del negozio e Martin, uno dello staff, si stanno consultando a bassa voce. A giudicare dai loro toni concitati, direi che stanno discutendo dell’ultima, entusiasmante variazione del bianco.
«Scusate il ritardo.» esordisco, guadagnandomi un’occhiata in tralice da parte dei due. Giselle si limita a scuotere la testa con rassegnazione.
«Almeno Niall è arrivato puntuale.» borbotta.
Stop. Niall?
Niall è il fratello minore di Greg. Ha un anno più di me, frequenta il college a Londra e si fa vedere qui a Mullingar una volta ogni trent’anni o nelle occasioni speciali. A quanto ne so, era assolutamente entusiasta di partecipare al matrimonio del fratello in veste di testimone.
«Deve trovare anche lui il vestito da damigella?» domando, sarcastica.
Sento una risata divertita provenire da uno dei camerini situati sulla destra della stanza, dopodiché Niall fa la sua comparsa.
«Come sto?» chiede, facendo una piroetta su sé stesso.
«Non so, con quel rosso sembri una Drag Queen.» commento, con disinvoltura. Giselle si porta una mano sulla bocca, per mascherare la risata e la camuffa abilmente con un colpo di tosse. Niall, invece, scoppia a ridere e improvvisa una sorta di balletto orripilante. Martin e Madame Sophie, invece, sono palesemente oltraggiati, tanto che boccheggiano alla ricerca di qualcosa da dire. Niall mi si avvicina e mi stringe in un abbraccio caloroso. Un po’ perplessa, contraccambio con decisamente meno entusiasmo.
«Ti trovo bene, Leighton.»
«Anche io a te. A parte il vestito, s’intende.» aggiungo. Poi Martin si riprende e, prima che riesca a pronunciare un’altra parola, mi afferra per il polso e mi trascina in un camerino.
Mi allunga una vestaglia in morbido cotone bianco e mi ordina di svestirmi.
Il cotone è fresco, sulla pelle e, quasi quasi, sono tentata di chiedere se posso indossare questa vestaglia, al matrimonio. Se solo prendessero le cose un po’ meno sul serio, lo farei.
Quando esco dal camerino, Martin e Madame Sophie mi girano intorno. Non c’è più traccia di Niall – immagino sia andato a cambiarsi quel vestito orrendo – e Giselle siede sul divanetto con aria stanca.
«Non potresti tingere i capelli, zucchero?» domanda Madame, attorcigliandosi una ciocca dei miei capelli intorno al dito.
«Lei potrebbe rifarsi il naso?» ribatto, sperando di chiudere il discorso il più in fretta possibile. Cos’hanno i miei capelli che non và?
«Questo arancione è un pugno nell’occhio, zucchero.» mormora, affranta.
«Ora glielo tiro io un pugno nell’occhio, se non la pianta.»
«Leighton!» esclama Giselle, scandalizzata. Faccio spallucce, perché non mi interessa minimamente di compiacere questa coppia di stronzi. Dov’è il problema, se ho i capelli arancioni? A me piacciono, non devo mica cambiarli per loro.
«Con questo caratteraccio che ti ritrovi non ti sposerai mai.»
«Ancora una volta: non credo siano affari suoi. Ora, se volesse trovarmi un benedetto vestito, le sarei eternamente grata.» sbuffo, portandomi una ciocca di capelli dietro alle orecchie.
Finalmente, Madame sembra aver capito che non ho nessuna intenzione di perdere l’intera mattinata nel suo raffinatissimo negozio, così spedisce Martin a cercare diversi modelli di vestiti, avendo cura di precisare “tutti di taglia 46, mi raccomando. Zucchero è un po’ in sovrappeso.” Non che portare una 46 sia così degradante, ma detto da lei, che sfiorerà i trecentonovanta chili a stomaco vuoto, rischia di diventare ridicolo. Sto per rispondere qualcosa di non troppo simpatico a proposito del suo fondoschiena, ma Niall esce di nuovo dal camerino.
E questa volta, vi assicuro che sembra tutto tranne che una Drag Queen.
«Allora?» domanda, un po’ più imbarazzato di prima.
Sia io che Giselle annuiamo in contemporanea e ci spertichiamo in complimenti esagerati – ma sinceri – che fanno arrossire Niall fino alla radice dei capelli.
«Direi che è perfetto, zucchero.»
«Ma non gliel’ha mai detto nessuno, che questo modo di chiamare i clienti è irritante?» sussurro in direzione di Giselle, che alza gli occhi al cielo e, sistematicamente, mi ignora. Vedo Niall annuire e sorrido. Ecco, meno male che c’è qualcun altro che la pensa come me.
Intanto, è tornato Martin e trasporta una sottospecie di carrello al quale sono appesi almeno una ventina di vestiti diversi. Strabuzzo gli occhi, terrorizzata all’idea di provare quella quantità esagerata di roba e guardo Giselle con aria supplichevole ma, ancora una volta, non mi considera nemmeno di striscio.
Bene, immagino che questa sia la sua vendetta per il mio ritardo. Ma non l’ho fatto apposta, dico davvero! Non potrei mai preferire Bridget a mia sorella, è impensabile.
«Io andrei sul blu, o sul verde scuro.» sostiene Madame Sophie. Ecco, per la prima volta da quando ha aperto bocca, ha detto una cosa sensata. Niente male.
Il primo abito che provo è di un verde sgargiante, ma è troppo corto e mi lascia le gambe completamente scoperte. In più, non essendo nemmeno sto gran figurino, non mi dona affatto. Mi rifiuto proprio di uscire dal camerino e costringo Martin a passarmi il secondo abito.
È color glicine e, abbinato ai capelli arancioni, è un vero e proprio pugno nell’occhio. Perciò lo scarto immediatamente e proclamo che se il terzo non è quello giusto, mi presenterò al matrimonio in accappatoio.
Finalmente, Giselle sembra accantonare l’idea della vendetta e suggerisce quello che è, a tutti gli effetti, l’abito più bello che io abbia mai visto.
Lo indosso con l’aiuto di Martin, che per una volta in vita sua è servito a qualcosa, e il risultato è soddisfacente.
Il blu oltremare non stride affatto né con la mia carnagione pallida, né con i capelli arancioni. In più, la gonna è di un tessuto morbido, che scende dolcemente fino ai piedi.  Mi slancia, il che è assolutamente fantastico, ed il corpetto mette in evidenza quel poco seno che madre natura mi ha concesso.
«Sei bellissima, Leighton.» sussurra Giselle, portandosi le mani davanti alla bocca. Ha gli occhi lucidi e sembra sul punto di scoppiare in lacrime. Quante storie, nemmeno fossi io la sposa.
«Avevi dubbi?» replico, con un sorriso divertito.
Ciao, sono Leighton O’Connell e sono la peggior damigella della storia.


***



Hi, everybody!
Come state?
Lo so, lo so. Vi starete chiedendo perchè cavolo ho pubblicato una nuova long, quando ne ho già due in corso. E avreste perfettamente ragione. Però fregatevene, dai.
Allora, che dire?
Questa storia è... non lo so, ecco. Credo di averla sognata, qualche notte fa, così l'ho messa per iscritto. Non credo che sarà lunghissima. Almeno, non più di una decina di capitoli. Non lo so, dipende dall'ispirazione.

Okay, è tutto. Scusate il banner, che fa un pò schifo. Ancora non sono molto brava :/

Ah, recensite, per piacere. Anche per dirmi che è una totale schifezza. Grazie :)

P.s. Ho fatto Twittah, perciò se vi và followatemi: @FTheOnlyWay

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Capitolo 2
*** Il grande giorno. ***








Capitolo 2
Il grande giorno
 




Ci siamo. È il grande giorno. Oggi Giselle si sposa. Dirà di sì ad una vita all’insegna della monotonia, di una vita sessuale non più troppo attiva e alla noia.
Tuttavia, siccome mi sento piuttosto magnanima, non credo sia il caso di farle notare – ancora una volta- quanto sia stupido ciò che sta per fare. In fin dei conti, ognuno ha un proprio cervello e se quello di Giselle non funziona troppo bene non è di certo colpa mia, no? Né ho il dovere di farle capire come la penso. Dopotutto, è solo una mia idea.
Do un’occhiata all’orologio: segna appena le cinque e quarantacinque, ma sono certa che tra meno di tredici secondi, mia madre si presenterà in camera, aprirà le finestre e mi leverà le coperte di dosso. La scusa è che devo prepararmi, il vero motivo è che vuole fare colazione ed ha bisogno di qualcuno che le prepari un buon caffè.
Come previsto, non appena scattano le cinque e quarantasei, mamma entra in camera, premurandosi di fare quanto più casino le riesca e spalanca le finestre.
«Buongiorno mamma. Hai dormito bene? Io sì, fino a quando non hai deciso di rompere le scatole.» celio, arrotolandomi nelle lenzuola per evitare che me le strappi di dosso. Poi le sorrido sorniona e aspetto che mi supplichi di prepararle il caffè.
«Oggi tua sorella si sposa…» comincia, arrotolandosi una ciocca di capelli corvini tra le dita.
«Davvero? Grazie per avermelo ricordato. E scommetto che, per un’occasione speciale come questa, ci vorrebbe proprio un buon caffè, giusto?» propongo, ormai rassegnata all’idea di alzarmi dalla mia comoda postazione e trascinarmi in cucina.
«Dieci punti per la perspicacia. Ci pensi tu al caffè, allora? Grazie, tesoro.» cinguetta, prima di lasciarmi un bacio sulla guancia e dileguarsi.
Ah, quanto mi piace la mia famiglia!
Comunque, faccio passare qualche altro minuto, il tanto necessario a connettere nuovamente tutte le sinapsi e tornare in grado di formulare un discorso di senso compiuto, poi mi alzo.
A piedi nudi, mi trascino in cucina, dove trovo una Giselle palesemente in panico.
«Belle occhiaie.» ridacchio, mentre cerco il barattolo con il caffè. Giselle mugugna qualcosa di incomprensibile, poi mi tira un calcio sullo stinco.
«Non fare la stronza, Leighton. Non ho chiuso occhi per tutta la notte.»
«D’accordo, scusami. Posso fare qualcosa per aiutarti?»
«Sì, dimmi che hai preparato il discorso.» mi supplica, con gli occhi azzurri scintillanti di aspettativa.
Discorso? Che discorso? Oh, merda. Quel discorso.
«Certo, Giselle. Non preoccuparti.» sostengo, sforzandomi di risultare il più convincente possibile. Giselle sembra cascarci, visto che mi sorride grata e si rilassa un po’ di più sulla sedia. Quando il caffè è pronto, ne verso tre tazze abbondanti, chiamo mamma e svuoto la mia in un paio di sorsi, dopodiché mi scuso e me ne torno in camera.
Una volta sola, mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Non ho nessunissimo discorso. Cosa dovrei dire? Non sono brava con le parole e la maggior parte delle volte và a finire che combino un disastro dopo l’altro. E se lo faccio anche oggi, Giselle mi ucciderà. Statene certi.
Poi, l’illuminazione. Ecco, ora so perfettamente cosa dire.  Ed è anche probabile che ne uscirò incolume.
I preparativi procedono in fretta, tra urla isteriche, qualche pianto e qualche risata. Be’, a ridere sono soprattutto io, visto che mamma sembra sull’orlo di un esaurimento nervoso, mentre Giselle ha la lacrima talmente facile che il truccatore – il migliore che siamo riuscite a trovare – deve interrompere il suo lavoro ogni dieci secondi per evitare che coli tutto quanto.
Non faccio altro che girare avanti e indietro, con le cuffie dell’iPod nelle orecchie e la musica a tutto volume, fino a che mamma e Sonia, la parrucchiera, mi afferrano e mi trascinano su una sedia in cucina. Dopodiché, Sonia inizia a girarmi intorno, brandendo spazzola e piastra come se fossero armi pericolose. E, in mano a lei, probabilmente lo sono davvero.
Dopo quasi un’ora, i miei capelli sono perfettamente acconciati e raccolti in una treccia elaborata e sofisticata che si arrotola sopra il capo. Qualche ciuffo, arricciato ad arte, incornicia il mio viso. Storco un po’ il naso, perché non mi ci vedo molto, in queste vesti tanto eleganti, ma lascio stare, perché non è il mio matrimonio e Giselle merita che io faccia la brava, almeno per oggi.
Per il trucco, invece, mi butto letteralmente tra le mani di Patrick, che è obiettivamente fenomenale.
«Hai un viso meraviglioso…» mormora, afferrando il mento e facendomi girare il volto prima a destra, poi a sinistra. Arrossisco un po’, poi alzo gli occhi al cielo.
«Sì, sai, due occhi, un naso, bocca e sopracciglia possono fare miracoli.» ribatto, facendolo ridacchiare.
Patrick afferra un pennello per fondotinta – quanto lo vorrei anche io, quel pennello – e inizia a truccarmi con destrezza. Un po’ di fard, una lunga linea di eye-liner blu elettrico e ciglia arcuate e scure. Risultato niente male, lo ammetto.
Finalmente, siamo tutte pronte. Mamma è splendida, io quasi e Giselle è semplicemente meravigliosa, avvolta in quell’abito color avorio. Ora capisco perché ama tanto i matrimoni: darei l’anima per indossare un vestito del genere.
«E se Greg avesse cambiato idea?» sbotta, mentre saliamo in macchina. Alzo gli occhi al cielo, consapevole che, prima o poi, l’attacco di panico l’avrebbe colpita.
«Figurati. Chi altro vuoi che se lo pigli?»
Complimenti, Leighton, tu sì che sai come consolare una quasi-sposa in crisi.
«E poi, sei talmente bella che non può cambiare idea.» aggiungo, tanto per sembrare meno stupida di quanto non sia in realtà. Poi, siccome voglio proprio essere certa di aver ragione, decido che non appena arriveremo in chiesa, raggiungerò Greg per averne la conferma.
Così, una volta lasciata Giselle nelle abili mani di mamma, mi scuso e mi dirigo verso la casa parrocchiale, dove Greg e Niall aspettano il via libera. Incespicando sui tacchi maledettamente alti, raggiungo la fine del corridoio e busso con energia all’ultima porta.
Ad aprirla, non è Greg, ma un ragazzo che non credo di aver mai visto. Mi lancia uno sguardo un po’ malizioso, prima di farsi da parte e lasciarmi entrare. Niall è seduto sul tavolo ed è alle prese con il nodo della cravatta. Idem Greg, che si guarda allo specchio con un’espressione così concentrata che scoppio a ridere immediatamente.
«Faccio io.»
Gli sollevo il colletto della camicia, poi annodo con calma la cravatta, fino a che non è perfetta. Greg mi sorride grato, poi finalmente sembra rendersi conto che non dovrei trovarmi nella sua stessa stanza, ma che dovrei essere da mia sorella.
«Giselle sta bene?» chiede. Annuisco, intanto afferro Niall per la collottola e aggiusto anche la sua cravatta. Il ragazzo di cui non conosco il nome ridacchia, e riempie un calice con dello spumante.
«Gradisci qualcosa?» domanda.
«Sì. Gradirei che non ti ubriacassi prima di entrare in chiesa, grazie.» ribatto, levandogli il calice di mano e bevendo il contenuto tutto d’un sorso. Niall alza gli occhi al cielo e Greg ride.
«Harry, lei è Leighton, la sorella minore di Giselle.» mi presenta, posandomi una mano sulla spalla con fare protettivo. Oh, ma com’è carino. Se non lo sposa Giselle giuro che lo faccio io.
«Cosa ci fai qui, comunque?» domanda poi, un po’ curioso.
«Già, non dovresti seguire Giselle?» aggiunge Niall.
Grazie, genio. Lo so anche io che dovrei stare con mia sorella, ma prima devo accertarmi di una cosa.
«Senti, Greg. Lo so che ami Giselle e blablabla, ma se ti azzardi a farle del male, giuro che te la faccio pagare.» minaccio. Greg deglutisce, perché sa che le mie non sono mai parole campate per aria. Non permetterò che qualcuno faccia soffrire Giselle come mio padre ha fatto soffrire mia madre. Perciò è bene che Greg sappia cosa lo aspetta, in caso gli venisse in mente di fare il bastardo.
«Giselle è tutta la mia vita, Leighton.»
«Bene.»
Detto questo, gli sorrido ed esco dalla stanza, sentendomi gli sguardi di tutti quanti addosso. 
Mi sono tolta un gran peso di dosso, almeno. Sono certa che Greg sia quello giusto per Giselle. Lo so, è strano che io – che sono più piccola – provi a difendere mia sorella maggiore, ma Giselle è così ingenua, certe volte, che sembra abbia tredici anni anziché ventisette.
«Ehi, aspetta un attimo!»
Niall mi afferra per un braccio e mi costringe a fermarmi. Guardo per un attimo la sua mano, poi guardo lui. Se non mi molla entro quindici secondi, potrei conficcargli il tacco nel piede. Sembra aver colto il messaggio, visto che mi lascia e si posiziona in modo da impedirmi il passaggio. A fianco a lui c’è Harry, che mi guarda con un’espressione indecifrabile che mi fa venire voglia di tirargli un pugno.
«Cosa vuoi?» domando, seccata. Si sta facendo tardi e devo andare da Giselle.
«Non ti sembra di avere esagerato?» chiede, passandosi una mano tra i capelli biondi e scompigliati. Inarco un sopracciglio.
«Non direi.»
«Io invece direi di sì.»
«Tuo fratello mi piace, Niall. E anche tu mi stai piuttosto simpatico, in realtà. Ma se farà soffrire Giselle, gli renderò la vita un inferno. » replico, tranquilla.
«Dai per scontato che la lascerà.» si intromette Harry, puntandomi gli occhi addosso. Chissà perché, non riesco a sostenere il suo sguardo e punto il mio per terra. Ha maledettamente ragione, però. Non è colpa mia, se non credo che due persone possano stare insieme per sempre: non è che abbia avuto chissà quali grandi esempi. Quando avevo sette anni ho visto mia madre piangere disperata perché l’unico uomo che avesse mai amato l’aveva lasciata da un giorno all’altro. Come potrei credere che il matrimonio sia per sempre?
«Non è vero. Ora devo andare.» sibilo, sfuggendo allo sguardo di entrambi. Colgo l’occhiata palesemente incuriosita di Harry, poi più niente.
Non ho mica voglia di mettermi a discutere sul perché ucciderò Greg.
Quando torno da Giselle, è evidente che si trova nel panico più totale. Ora, oltre a mia madre, ci sono anche Bridget e Janine, sua madre.
Bridget lancia un urletto stridulo che mi costringe a tapparmi le orecchie, poi mi si lancia addosso e mi abbraccia con gioia.
«Sei così figa!» urla, afferrandomi una mano e obbligandomi a fare una giravolta. Ridacchio, poi mi complimento per il suo abito rosso fuoco, che è decisamente corto ma non troppo, rispetto al suo standard.
«Senti chi parla. Anche se hai le ovaie al coperto, oggi, sei fantastica. Ma come fai?» le chiedo, divertita. In realtà, sono contenta che ci sia anche Bridget. D’accordo, non sarà una cima, ma a modo suo è una buona amica.
Mi volto vero Giselle, che si sta allisciando con evidente nervoso il tessuto avorio dell’abito. La abbraccio.
«Greg non scapperà, Giselle.» le mormoro, all’orecchio. La sento rilassarsi, poi ridacchia.
«L’hai minacciato?» chiede, suo malgrado divertita.
«Io? Ma cosa ti salta in mente?» mi fingo scandalizzata.
«Come farei senza di te…» sospira. Le schiocco un bacio sulla guancia, poi torno al fianco di Bridget, che mi circonda le spalle con un braccio.
«Ho visto gli amici del testimone. Davvero niente male.» si lecca le labbra e ammicca. Alzo gli occhi al cielo, perché è un comportamento così da lei che ormai non mi stupisco nemmeno più.
«E indovina un po’? Siamo al loro stesso tavolo!» esulta.
Mi schiaffo una mano sulla fronte, indecisa se disertare il matrimonio e nascondermi da qualche parte nel lontano Tibet, oppure strangolare Harry prima che mi pianti di nuovo addosso quegli occhi verdi che mi fanno sentire come una bambina di tre anni.
In più, come se non bastasse, mi sono anche dimenticata che il padre accompagna la sposa all’altare, perciò ecco che mio padre fa il suo trionfale ingresso nella stanza.
Improvvisamente, cala il gelo: tutti sanno che quando c’è lui, io me la filo. Non sono mai riuscita a perdonarlo davvero, per aver lasciato mamma. È da allora che lo evito.
Senza nemmeno guardarlo in faccia, esco dalla stanza. Fortuna che la cerimonia comincerà a minuti. Non ho proprio voglia di sentire che mi ripete le stesse, solite cose.
“Potremmo parlare un po’” o “Mi dispiace che tu non riesca a perdonarmi” o “Se hai bisogno ci sarò sempre”. D’accordo, sarò pure stronza, e tutto quello che vi pare, ma non posso farci niente. Forse, quando sarò più grande e un po’ più intelligente riuscirò a non detestarlo per quello che mi ha fatto.
La marcia nuziale risuona per tutta la chiesa, e Giselle e papà fanno il loro ingresso.
Giselle, col volto coperto dal velo, è semplicemente raggiante. Mi sembra di vedere le sue mani che tremano, mentre stringe il bouquet con forza. Papà la tiene sottobraccio, e sorride. Io cammino dietro di loro, con lo sguardo basso e la mente altrove.
Mamma piange di già, e stringe tra le mani un fazzoletto bianco e stropicciato. Janine e Bridget hanno gli occhi lucidi, ma è Greg, quello che mi colpisce di più: guarda Giselle come se fosse la donna più bella del mondo, quasi incredulo di essere l’uomo fortunato che l’avrà al suo fianco per tutta la vita.
Niall mi sorride, incoraggiante – credo abbia scambiato la mia riluttanza per imbarazzo – ed Harry, seduto accanto a lui, mi fissa. Non solo, ma sembra proprio che stia cercando di capire cosa mi passi per la testa.
Dopo aver baciato Giselle sulla guancia, papà si siede sulla panca accanto a mamma, non prima di avermi scoccato una lunga, penetrante occhiata. Come sempre, distolgo lo sguardo.
Mi siedo anche io, accanto alla seconda testimone di Giselle, Sarah. Ci sorridiamo cordialmente, per una volta mettendo da parte la piccola antipatia che c’è tra di noi. Non so perché non mi sopporta, davvero. Non ho mai fatto niente per darle fastidio. E poi ha trent’anni, non mi interessa nemmeno entrare in competizione con lei.
«Vuoi tu, Greg Horan, prendere la qui presente Giselle Marie O’Connell come tua legittima sposa, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?»
A favore di Greg, c’è da dire che non appare minimamente titubante, quando pronuncia il fatidico “Sì, lo voglio.” Anzi, nei suoi occhi c’è tutto l’amore del mondo. Lo stesso vale per Giselle, che con la voce rotta per l’emozione sussurra un flebile “Sì, lo voglio.” che mi fa commuovere come una bambina.
«Per il potere conferitomi dalla Chiesa, vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa.» afferma infine il parroco, con un sorriso. E, quando Greg si abbassa per baciare Giselle, capisco finalmente che non le farà mai del male.
Sorrido in direzione di Niall, che è commosso anche se cerca di non darlo a vedere. E poi, ancora una volta, colgo lo sguardo di Harry. Mima con le labbra qualcosa che sembra spaventosamente simile ad un “Bugiarda” e mi fa un occhiolino che ha lo strano effetto di farmi contorcere le viscere. Ma non come se mi sentissi male.
È una sensazione strana.
In ogni caso, mi costringo ad ignorarlo. Non vedo l’ora che ci sia il lancio del riso: spero di colpire Greg in un occhio.  


***


Nuovo capitolo! Ce l'avevo lì, e mi supplicava di postarlo u.u
Quindi eccolo qui. Spero che vi sia piaciuto, davvero.
E recensite ^^
Nel frattempo, grazie a alessgirl89 e _Whatshername_ per aver recensito lo scorso capitolo! Grazie mille <3
Con affetto,
Fede. <3

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Capitolo 3
*** Discorsi, lanci e balli. ***








Capitolo 3

“Discorsi, lanci e balli”
 



Il tintinnio della posata sul calice di cristallo mi distoglie dall’intensa conversazione con Bridget a proposito di Louis, uno degli amici di Niall presenti alla cerimonia. Louis è carino – anzi, bello – ha degli occhi incredibilmente azzurri e la battuta sempre pronta. E non ha fatto alcun complimento a Bridget, che se l’è segnata al dito. Insomma, tutti quanti hanno notato quanto è fantastica, perché Louis non l’ha espresso ad alta voce?
Perciò le faccio cenno di tacere, mentre Greg e Giselle, mano nella mano, salgono sul piccolo palchetto allestito alla fine dell’enorme sala da pranzo e si impossessano del microfono.
«Grazie a tutti di essere qui.» inizia Giselle «Ci sono davvero tante persone, che dovrei ringraziare, ma ce n’è una in particolare: mia sorella Leighton, che mi ha supportato e sopportato in quest’ultimo periodo che non è stato affatto semplice. E poi, guardatela, oggi è così stupendamente bella che… niente, ti voglio bene, sorellina. Ora, che ne dici di salire qui su?» conclude, con le lacrime agli occhi.
Tutti i presenti cominciano ad applaudire, Bridget e Niall fischiano, urlando qualche incoraggiamento. «Forza, tesoro. Muovi quel bel culo che ti ritrovi.» mi intima Bridget. Dopo averle scoccato un’occhiata raggelante, prendo un respiro profondo e mi alzo.
Raggiungo Giselle e Greg sul palco e abbraccio entrambi. Dal tavolo, parte un coro: “Discorso, discorso, discorso!” riconosco la voce di Bridget – tanto per cambiare – e quella di Niall, Louis ed Harry. Zayn e Liam, gli altri due amici di Niall, si limitano a battere le mani.
Ed io che credevo di potermi salvare da questo momento.
«Ehm…» mi schiarisco la voce, intanto i due novelli sposi tornano a sedersi, abbandonandomi alla mercé di tutta questa gente che mi fissa. Panico, panico, panico.
«Giselle, stamattina ti ho detto che il mio discorso era pronto. Be’, mentivo, ma mi serviva un modo per distrarti. Sapete, sembrava le stessero partendo le coronarie.» qualcuno ride, Giselle mi guarda male.
«Ho pensato molto a quello che avrei potuto dire. Insomma, ci sarebbero un sacco di cose. Che ne so, che tu e Greg siete perfetti per stare insieme, che oggi sei una gran fi-» mia madre tossisce in maniera eloquente «cioè, che sei bellissima e che Greg è un uomo fortunato. Ma sono cose che già si sanno, no? Che sei figa lo vedrebbe anche un cieco – scusa, mamma – non c’è bisogno che lo dica io, che Greg è fortunato si sa: chi altro se lo sposerebbe, se non tu? A dire la verità, ho anche pensato di sabotare il matrimonio, poi però ho visto il tuo vestito ed ho deciso che dovevi sposarti assolutamente, perché non avrai più l’occasione di indossare una cosa del genere. Chi lo sa, magari tra qualche anno sarai un po’ fuori forma e non potresti più metterlo. Comunque – sì, lo so. Ho finito, un attimo di pazienza – sono davvero felice che Greg ti porti via di casa, perché mi serviva davvero un po’ più di spazio. Quindi, congratulazioni!» termino, sollevando il calice con lo spumante.
«Un’ultima cosa: Greg, se la fai soffrire ti ammazzo. A Greg e Giselle!» brindo, bevendo un lungo sorso dal bicchiere. Per fortuna, Giselle non sembra per niente offesa, anzi, sta ridendo con le lacrime agli occhi e mamma – che in genere è più predisposta alla sobrietà – si lascia scappare un sorriso. Quando torno al tavolo, Bridget si sta letteralmente scompisciando dal ridere e solleva una mano per battermi il cinque. Niall mi passa un braccio intorno alle spalle.
«Geniale. In assoluto il discorso migliore che abbia mai sentito.» si complimenta. Ridacchio, prima di sospirare. Wow, non mi ero neanche accorta di aver trattenuto il fiato.
«Molto d’effetto, la minaccia di morte.» si aggiunge Harry. Lo guardo per un momento, poi mi ricordo che mi ha dato della bugiarda e mi incavolo, perché non ha nessun diritto di giudicarmi, visto che non mi conosce affatto.
«Mi hai dato della bugiarda.» ringhio, consapevole di aver attirato gli sguardi di tutti buona parte dei presenti al nostro tavolo. Anche Zayn e Liam, che sembravano piuttosto annoiati, si riscuotono e prestano attenzione.
«Già.» rivela Harry, con una non-chalance incredibile. Poi sorride e sul suo volto compaiono due fossette dannatamente sexy. Santo cielo, perché dev’essere così bello?
Non pensarci, Leighton!, mi impongo.
Apro bocca per rivolgergli una sequela non proprio delicata di insulti, quando Giselle afferma che è giunto il momento del lancio del bouquet e del ballo.
«Tutte le signorine qui!» esclama, indicando lo spiazzo vuoto davanti a sé. Bridget si alza all’istante e si posiziona in prima fila. Spicca incredibilmente, con quel vestito rosso, ed è davvero bella, paragonata, per esempio, a Sarah. Perciò mi volto dall’altra parte, facendo finta di mangiare qualcosa. Odio il lancio del bouquet.
«Anche tu, Leighton.» mi richiama Giselle. Harry ridacchia, facendomi tornare la voglia di tirargli un pugno su quella cavolo di faccia che si ritrova.
«Ma io non sono una signorina!» replico, rivolgendole uno sguardo di supplica.
«Muoviti. O dirò a tutti di quella volta che…»
«Arrivo, arrivo! Pronta per il lancio!» esclamo, non proprio entusiasta. Raggiungo Bridget, che sta ridacchiando e si sta sciogliendo i muscoli. Ma che fa? Forse dovrei ricordarle che non siamo ad una partita di football.
Giselle ci volta le spalle, afferra il bouquet con entrambe le mani e lo tira all’indietro. Io mi volto dall’altra parte, non voglio nemmeno vedere dove cavolo andrà a finire o chi cavolo lo prenderà. Poi, qualcosa si schianta sul mio petto e mi ricade tra le mani.
Indovinate un po’? Esatto, proprio il bouquet.
«Che invidia.» borbotta Bridget.
«Bene, sorellina. A quanto pare sarai la prossima!» non riesco a capire se Giselle dica sul serio, perché vengo immediatamente travolta da alcune amiche di mamma, che vogliono sapere tutto – e intendo proprio tutto – sulla mia vita sentimentale. Ma quale vita sentimentale? Pensavo fosse abbastanza chiaro che i sentimenti sono del tutto fuori dalla mia testa. Non voglio finire col cuore spezzato come mamma.
«Allora, come si chiama il fortunato?» domanda una donna che credo si chiami Chloe.
«Non esiste nessun fortunato.» borbotto, scontrosa. E dai, lasciatemi stare! Inaspettatamente, Harry interviene in mio aiuto.
«Scusate, signore.» sorride brevemente in direzione di Chloe e delle comari e mi afferra delicatamente per mano.
«Posso avere l’onore di questo ballo?» domanda, ammiccante e con quella voce così roca da farmi risalire i brividi lungo la spina dorsale.
«Mi sa tanto che qui la fortunata è lei.» ridacchia una delle signore, prima di allontanarsi e lasciare me ed Harry da soli. Intanto, Giselle e Greg hanno aperto le danze, sulle note di un lento che non riconosco, ma che sicuramente non sono in grado di ballare.
Vedo Bridget ballare stretta a Niall, mentre Louis, seduto ancora al tavolo, la guarda con espressione un po’ torva. Ahi, mi sa tanto che qui gatta ci cova.
Mi accorgo che Harry è ancora in attesa di una risposta, così scuoto la testa negativamente e tolgo la mia mano dalla sua.
«Un rifiuto non era in programma.» mormora.
«Be’, allora sarà il caso che ti cerchi qualcun’altra che dica di sì.» ribatto, facendo un passo indietro. Prima che riesca a compiere anche il secondo, la sua mano sinistra si appoggia con delicatezza sulla mia schiena – né troppo in alto, né troppo in basso – e mi costringe ad avvicinarmi. Dopodiché, con la mano destra afferra la mia sinistra e fa un passo in avanti.
«Andiamo, non vuoi neanche sapere perché penso che tu sia una bugiarda?» chiede, spostandosi di lato. Seguo i suoi movimenti in automatico, senza neanche pensarci, e poso la mano sulla sua spalla.
«Sinceramente? No.»
Ride, e ancora una volta sulla sua faccia compaiono quelle cavolo di fossette malefiche. Ma perché Niall ha degli amici così carini?
«D’accordo. Te lo dirò un’altra volta.» afferma, facendomi fare un giravolta per poi riavvicinarmi a sé. Per un attimo, osservo la sua mano allacciata alla mia e mi fa un effetto parecchio strano: la mia mano è così piccola, rispetto alla sua. E poi ha una presa morbida, ma decisa.
«Cosa ti fa pensare che ci sarà una prossima volta?» domando, con un sorriso supponente stampato in faccia. Harry alza le spalle, poi sorride di nuovo.
«Resto a Mullingar per un paio di settimane.» comunica.
«Mullingar è grande. Non è detto che ci incontreremo di nuovo» ribatto. Intanto, una spallata poco delicata da parte di Bridget, mi ha fatto perdere l’equilibrio. Il risultato è che mi ritrovo praticamente avvinghiata ad Harry. Nonostante i tacchi, gli arrivo a malapena al viso, così mi ritrovo con gli occhi puntati sulle sue labbra.
Arrossisco furiosamente, facendolo ridere, poi mi ricompongo e mi allontano un po’.
«La ucciderò così violentemente che desidererà non essere mai nata.» brontolo, tra me e me.
«Sei sempre così crudele?»
«Sì.» restiamo in silenzio per qualche altro secondo, poi la canzone termina. Subito, però, ne riparte un’altra ed Harry non sembra per niente intenzionato a lasciarmi andare. Sospiro, rassegnata all’idea che probabilmente questo riccio con le fossette sia sceso sulla terra per darmi il tormento.
«Sentiamo, allora, perché sarei una bugiarda?» 
«Hai paura che Giselle soffra. E non vuoi ammetterlo.»
«Non ti conosco neanche, perché ti dovrei parlare di quello che mi passa per la testa?» gli chiedo allora, cercando di fargli capire che non sono affatto propensa a rivelare i fatti i miei ad un perfetto estraneo.
«Perché sono bellissimo, simpatico e un ottimo ballerino?» propone, in un riuscito tentativo di smorzare la tensione.
«Avrei da ridire sul bellissimo e sul simpatico. Però te la cavi abbastanza bene, come ballerino.» gli concedo, con un sorriso un po’ più rilassato. Mi sento così strana, tra le braccia di Harry. Pur non conoscendolo, ha qualcosa di familiare. O più probabilmente è il suo modo di fare, che mi fa questo effetto. È come se sapesse esattamente come prendermi. 
«Tu sei proprio negata, invece.»
«Lo so.»
Sprofondo nell’imbarazzo più totale, nonostante in genere mi vanti di essere piuttosto spigliata, nelle interazioni con l’altro sesso. Harry, però, mi mette un po’ in soggezione. Soprattutto quando mi guarda in questo modo.
«Raccontami un po’ di te.» dice.
Scuoto la testa, perché non saprei proprio che cosa dirgli. Insomma, cosa c’è da sapere, su di me? Sono una ragazza normale, con un caratteraccio e con una migliore amica un po’ facile. Nessun fidanzato, nessuna storia degna di essere chiamata tale, nessun animale domestico e una passione fuori dal comune per i libri. Tutto qui.
Cosa potrei mai raccontare, ad uno come Harry? Sembra così perfetto…
«Perché no?» domanda allora, conducendomi verso il nostro tavolo. Il momento dei balli è finito e tra poco ci sarà il taglio della torta. Mi scosta la sedia e la accompagna elegantemente, mentre mi siedo. Per un attimo rimango frastornata da tutta questa cavalleria, poi penso che si tratti di una tattica per fare colpo e, con un po’ di nervosismo, mi rendo conto che fa colpo sul serio. Soprattutto quando, come me, si è abituati ad avere a che fare con ragazzi che fanno la gara a chi è più stupido.
«Grazie. Perché non c’è niente da dire, su di me. Sono una ragazza comune, ne trovi a centinaia.» rispondo infine. Lo so che potrebbe sembrare un discorso triste e magari un po’ deprimente, ma non c’è niente di male nell’avere una vita normale, no?
Be’, cosa vi aspettavate, una specie di supereroina dal cuore d’oro? No. Non sono niente di tutto ciò.
«E tu invece?»
Mi rendo conto che il mio proposito di tenerlo il più lontano possibile da me è sparito nel momento esatto in cui l’ho formulato.
È complicato pensare di stare lontana da Harry, sebbene lo conosca da nemmeno mezza giornata. Ha un modo di fare ammaliante: potrei stare ore, a sentirlo parlare.
«Io? Studio legge al King’s College, ma sono appena al secondo anno.»
«Wow. So che è parecchio difficile entrarci…» commento, impressionata. Il King’s College London è una delle università più importanti dell’intera Europa.
Sul volto di Harry compare un sorriso orgoglioso.
«Be’, sì. Non è stato semplice, in effetti.»
Bridget mi si siede affianco e picchietta sul mio braccio alla ricerca di attenzione. Sorrido in segno di scuse ad Harry, poi mi volto verso di lei.
«Sai, pare che tu ed Harry siate quotati come futuri fidanzati.» cinguetta, con quel tono allegro che certe volte detesto.
«Cosa?» sgrano gli occhi, incredula. Accanto a me, Harry ridacchia. Lo guardo con espressione torva, poi gli rifilo una gomitata nello stomaco.
«Già. Pare che Chloe abbia notato che tu non gli hai levato gli occhi di dosso per tutta la cerimonia.» afferma, con una non-chalance incredibile. Arrossisco violentemente, in imbarazzo.
«Non è affatto vero!» protesto poi. Insomma, è una cavolata. Io non ho affatto fissato Harry. Cioè, l’avrò guardato una o due volte, magari tre, ma solo perché mi sta antipatico.
«Bugiarda.» ride Harry, gettando la testa in avanti e scompigliandosi i ricci con le mani. «Mi hai guardato un sacco di volte.» conferma.
Non arrossire, Leighton. Non. Arrossire., mi impongo.
«Be’.» si intromette Bridget «Se te ne sei accorto è perché la stavi guardando anche tu.» celia, divertita. È il turno di Harry di arrossire, così sghignazzo divertita. Almeno impara a fare il pallone gonfiato.
«Se fossi un uomo non la guarderesti anche tu?» risponde poi, scoccandomi una lunga occhiata penetrante. I miei propositi di non arrossire vanno decisamente a farsi fottere.
Bridget annuisce e mi osserva con attenzione. «Te l’ho detto, io, che sei una gran gnocca.»
«PIANTALA!» urlo, imbarazzata e molto vicino a sprofondare nell’abisso della vergogna.
«Non ha mai saputo accettare i complimenti.» borbotta, infastidita. Poi si accorge che Louis la sta fissando e ammutolisce.
Mi sa proprio che qualcuno, qui, è rimasto folgorato dal ragazzo con le bretelle.
Harry, nel frattempo, si è girato a parlare con Liam. Per fortuna, perché non sopportavo più di sentire i suoi occhi addosso.



***



Ehm, ciao.
Ecco il terzo capitolo, spero che vi piaccia e che non sia una totale schifezza. Questa cosa del matrimonio mi ha preso alla testa u.u
Cooomunque, ringrazio di cuore le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Grazie grazie grazie, vi adoro <3
Con affetto,
Fede ^^


P.s. Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay


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Capitolo 4
*** Un pò di colore, please. ***






Capitolo 4

“Un po’ di colore, please.”
 



Ieri Giselle è partita per la luna di miele. Lei e Greg se ne vanno a New York per tre settimane. Che culo, vero? Io e Niall, di comune accordo, abbiamo deciso di prenderci il compito di sistemare la casa affinché sia pronta al loro ritorno.
Perciò, questa mattina mi sono svegliata più o meno presto – le dieci può essere considerato “presto”, no? – e mi sono incamminata verso casa O’Connell-Horan, che dista solo due isolati da casa mia.
C’è fresco, questa mattina, e sembra anche che voglia mettersi a piovere. Ottimo, almeno sono certa che non morirò di caldo mentre ci diamo da fare.
Bridget ha declinato l’invito, adducendo una scusa tanto stupida come “devo fare la ceretta dall’estetista.” Andiamo, non avrà davvero creduto che ci sarei cascata? Lo so che deve vedersi con Louis.
La sera stessa del matrimonio, lei lo ha invitato ad uscire.
Lei! Bridget! Che invita un ragazzo! Non è mai successa una cosa del genere, da quando la conosco. Insomma, di solito gli uomini le gravitano intorno come le api col miele. Tutti tranne Louis, che non si è dimostrato per niente interessato a lei. Così, non potendo accettare una simile mancanza di attenzione, Bridget ha provveduto.
La casa di Giselle e Greg è una deliziosa villetta a schiera, con le pareti bianche e il tetto grigio antracite. Prima di raggiungere il portico, c’è un piccolo vialetto, circondato da un po’ di prato verde e da qualche fiore.
Cammino con calma, incurante di essere in ritardo e, soprattutto, fregandomene altamente di essere l’unica in possesso delle chiavi. Perciò Niall mi scocca un’occhiata in tralice – molto in tralice, credo che voglia uccidermi – e si alza dal gradino sopra il quale si era stravaccato in compagnia di – indovinate un po’? Esatto, proprio lui – Harry. Ma dico, io, non poteva starsene a casa a studiare legge o quel cavolo che gli pare? No, lui deve venire qui a piantarmi quegli occhi addosso. Odio i suoi occhi.
«Eravamo d’accordo che ci saremmo visti di mattina presto!» protesta Niall. Inarco un sopracciglio e do un’occhiata allo schermo del telefono, che segna appena le undici e trentacinque.
«È mattina presto.» ribatto, tranquilla. Poi mi faccio strada tra lui ed Harry, senza guardare quest’ultimo neanche di striscio, ed infilo la chiave nella toppa.
Harry tossicchia.
«Problemi?» domando, con tutta la freddezza di cui sono a disposizione.
«Non si usa salutare, a Mullingar?»
Ridacchio. «Sono per metà italiana.»
Niall ride, mi dà una leggera spinta sulla spalla e mi costringe ad entrare. Immediatamente, risulta evidente che questa casa ha bisogno di una bella riverniciata. Chi mai sceglierebbe il grigio per tutte le pareti? Io no.
Perciò faccio rapidamente un giro di tutte le stanze, osservando con scrupolo i mobili e il poco arredamento presente.
I ragazzi mi seguono in silenzio. E rimangono zitti fino a che la voce squillante di Bridget irrompe dall’ingresso.
«Leighton! Sei qui?» urla.
«In cucina.» le rispondo, un po’ infastidita. Insomma, non aveva mica detto che non poteva venire?
«E dove minchia è?»
«Hai l’orientamento di un piccione in calore, Bridget.» ribatto.
«Potremmo seguire la voce.» propone qualcuno. Louis. Ecco cosa ci fa, qui. Il suo principe azzurro con i pantaloni a mezz’asta e le bretelle deve averla convinta.
«Ma certo! Sei un genio, Lou.»
Harry, seduto al tavolo della cucina, ridacchia, mentre sfoglia il mio campionario di colori. Be’, che c’è? Questa casa ha bisogno di molto, molto colore. E i colori sono tanti ed io voglio vederli tutti. Voglio che Giselle abiti in una casa colorata.
«Eccovi. Finalmente.» mormora Bridget. Mi corre incontro e mi abbraccia stretto. Se non la conoscessi, direi che mi vuole stritolare. Fortunatamente, si stacca un attimo prima che io diventi cianotica e mi rivolge un sorriso radioso.
«Sei tornata a quelle cavolo di Superga?» domanda, adocchiando divertita le mie scarpe.
«Certo. Pensavi che avrei imbiancato con i tacchi quindici?»
«No… però saresti stata più sexy, ed Harry ti sarebbe saltato addosso.» proclama, facendo un occhiolino al diretto interessato, che scoppia a ridere. Lo guardo male. Possibile che nessuno si renda conto che queste insinuazioni mi mettono in imbarazzo? Santo cielo, ne parlano come se dovesse prendermi sul tavolo da un momento all’altro.
«Che carina, sei diventata rossa.» mi prende in giro Niall, prima di strizzarmi una guancia come se fossi una stupida bambina di tre anni.
«Cos’ho fatto di male, per meritarmi tutto questo?» domando, rivolta a non so chi. Anche perché penso che Dio abbia di meglio da fare, piuttosto che ascoltare le mie cagate.
Comunque, sottraggo il campionario ad Harry e me la filo al piano superiore, lasciandomi alle spalle le risatine di Bridget e Niall e le occhiate perplesse di Louis.
Sono qui per lavorare, io. Non per giocare a fare la fidanzatina del ragazzo con le bretelle.
La camera da letto è spaziosa, con un grosso armadio in legno scuro e un letto a baldacchino. La moquette è color sabbia e sembra così morbida che non resisto alla tentazione di sfilarmi le scarpe e camminarci a piedi nudi. Ecco, proprio come pensavo.
«Sai, credo che l’azzurro ci starebbe bene.» mormora una voce roca, a pochi passi dietro di me. mi volto di scatto, spaventata. Harry è appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate. Si guarda intorno per un attimo, poi il suo sguardo torna su di me.
«Non ti salterò addosso.» sorride e per un attimo sento un brivido percorrermi la spina dorsale e salire fino al cervello.
Se ci fosse stata Bridget, probabilmente avrebbe colto l’occasione per testare il nuovo letto. Ma si dà il caso che io non sia Bridget e che quel letto rimarrà immacolato fino al ritorno di Giselle e Greg.
«Ci mancherebbe altro.» rispondo, con un sorriso un po’ teso.
«Azzurro, dici?» chiedo poi, tanto per cambiare argomento. Mi siedo per terra con la gambe incrociate e il campionario spalancato davanti a me. Harry si allontana dalla porta e mi si siede accanto. Come al solito – e da quando c’è un solito? – non sta né troppo vicino, né troppo lontano. Tuttavia, riesco a sentire il suo calore. E mi piace in una maniera che non credevo possibile. Provo delle sensazioni così contrastanti, quando Harry è vicino a me: da una parte vorrei tanto picchiarlo – la maggior parte delle volte – e dall’altra, invece… non lo so, credo che mi piaccia.
Oddio, non può piacermi Harry! Non lo conosco neanche. Non so neanche se è possibile farsi piacere qualcuno dopo qualche ora di conoscenza.
«Questo, ad esempio.» si sporge in avanti, sfiorandomi con apparente casualità il ginocchio, e indica un turchese brillante che, in effetti, starebbe davvero bene sulle pareti. Annuisco, concorde, e gli sorrido. Per la prima volta, non sono né sarcastica né acida, solo serena.
«Vada per questo, allora.» confermo.
«Perfetto.» Harry si alza, mi porge la mano per fare altrettanto e mi tira su con uno strattone delicato. Lo guardo confusa. «Cambiamo stanza, no?»
«Certo.» balbetto, un po’ in difficoltà sotto il suo sguardo. «Dove sono Niall, Louis e Bridget?» domando. Cielo, non riesco a stare zitta, quando c’è lui. Da quando in qua un ragazzo mi mette così in agitazione?
«Sono andati a fare la spesa.»
E mi hanno lasciata da sola con lui? Scommetto che l’idea è stata di quella fedifraga, traditrice di Bridget. La impiccherò con le bretelle del suo amato, lo giuro.
«E perché non sei andato anche tu?» farfuglio, imbarazzata.
Cazzo, Leighton, ripigliati! Non vorrai passare per una deficiente? È solo un ragazzo. Certo, è bellissimo, ed ha quelle fossette e quegli occhi che Dio solo sa cosa gli farei e NO!
«Volevo stare un da solo con te…» mormora Harry, con quella voce roca e incredibilmente sexy.
«Non ci casco, sai? Con me non attacca tutta questa cosa.»
«Questa cosa, cosa?» domanda, confuso.
«Questa cosa che fai con la voce! Non funziona, sai?»
«Non faccio un bel niente, con la voce! È la mia voce, Leighton.»
«Ah, lascia stare.» sbuffo, nervosa. Gli do le spalle ed entro nel bagno. È abbastanza spazioso ed ha le piastrelle di un viola scuro e un po’ strano che non mi convince troppo.
«Non è che ti piaccio?» insinua Harry, dopo qualche secondo di silenzio.
«Zitto, mi sto concentrando.»
«Ti piaccio, allora?»
«Zitto!»
«Ti piaccio.» conclude, ignorando i miei tentativi di tenerlo alla larga. Mi strappa il campionario di mano e mi intrappola tra il lavandino e il suo corpo. Arrossisco violentemente e cerco un modo di svincolarmi, ma non mi ha lasciato scampo. Posso sentire i suoi polsi contro i miei fianchi.
«Ma che ti prende?»
«Sei mai stata innamorata, Leighton?» domanda, fissandomi negli occhi. Prendo un respiro profondo, poi rispondo.
«No.»
«Perché no?»
«E che ne so? Probabilmente è colpa del carattere di merda che mi ritrovo.» carattere che mi permette di non saltare addosso ad Harry come avrebbe fatto Bridget, perdendo così tutta la mia dignità e blablabla. Capito, no? Non mi piace agire senza riflettere.
«A me piace, il tuo carattere.» mormora, portandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
«Certo, perché non mi conosci.» ribatto, sincera. Lo so che ho un caratteraccio. D’altronde nessuno è perfetto e, tra le altre cose, meglio stronze che fesse. O no? Almeno, è quello che mi ripeto di continuo. Funziona, la maggior parte delle volte.
Ma con Harry è diverso. Perché poi? Cos’ha lui, che mi attira così? Non è normale. No. Proprio per niente. Poi, presa da un impeto di totale sfacciataggine, lo fisso direttamente, senza abbassare lo sguardo neppure un secondo. Non vorrei che si convincesse di avere tutte le carte in mano. Perché non sarebbe così.
Ci fissiamo per alcuni interminabili secondi, ognuno senza la minima intenzione di cedere. Fino a che Harry sospira e si china su di me per lasciarmi un bacio all’angolo della bocca. Arrossisco ancora una volta, come la perfetta idiota che sono. E dire che credevo di poter reggere il gioco.
«Potrei farti innamorare di me, sai?» domanda, con un sorriso volutamente provocatorio. Ecco, sono questi i casi in cui vorrei prenderlo a pugni. 
«Impossibile. Non potrei mai innamorarmi di te.»
«Non si decide di chi innamorarsi, Leighton.»
«Questo lo dici tu.»
«Vogliamo scommettere?» propone.
«Andiamo, non mi reputerai davvero tanto stupida da cadere in un tranello del genere?» ma per chi mi ha preso, per un’idiota?
«No, ma a quanto pare sei piuttosto codarda.»
«Codarda, io? Tu sei un’idiota!» gli punto il dito indice contro il petto, scandendo ogni parola con cura e attenzione. Deve capire che non sono come tutte quelle a cui, probabilmente, è abituato. Io non abbocco alle provocazioni così facilmente. Non basta darmi della codarda per convincermi ad imbarcarmi in un’avventura che sicuramente mi vedrà sconfitta.
Perché potete dire ciò che vi pare, ma io lo so, che potrei innamorarmi di Harry. Lo so. Lo sento. E non ne ho la minima intenzione. Perciò, meglio che mi stia alla larga.
«Smettila.»
«Perché se no? Cosa fai?» lo provoco, continuando a picchiettare sul suo petto.
«Questo.» ringhia, prima di afferrarmi il viso con entrambe le mani e baciarmi. Resto completamente attonita, immobile e pietrificata, fino a che la sua presa si fa meno brusca e le sue labbra un po’ più morbide. Quando si separa, mi guarda, in attesa di una mia reazione.
«Ti concedo tre secondi. Poi ti massacro.»
«Quante storie, per un bacio. Non c’era nemmeno la lingua.» protesta, passandosi una mano tra i capelli già scompigliati.
«UNO.» sollevo il dito indice, certa di essere il ritratto dell’incazzatura coi fiocchi. Lui ridacchia.
«Andiamo, lo so che ti è piaciuto.»
«DUE.» sollevo il dito medio, sempre più rossa in viso e sempre più incazzata.
«Hai solo paura di ammettere che ti piaccio.» sorride ed è il ritratto della calma e della compostezza. Non ha proprio idea del rischio che sta correndo.
«TRE. Sei mor» non faccio in tempo a finire, che Harry alza gli occhi al cielo e mi bacia un’altra volta. Mi passa una mano dietro la schiena e una tra i capelli. Tuttavia, le sue labbra sono leggere e la presa è delicata.
Ed io, come la perfetta deficiente che sono, mi ritrovo a ricambiare il suo bacio. Come se fosse normale baciare un quasi sconosciuto in un bagno. Oh, cazzo. Mi piace davvero!
Cazzo. Come faccio adesso? Niente. Sapete che faccio? Un bel niente, esatto. Devo solo evitarlo per il resto delle tre settimane che rimarrà a Mullingar, per non correre il rischio di cadere nel suo tranello. Non posso permettere che Harry sconvolga la mia vita. Non voglio innamorarmi di qualcuno, e rischiare di soffrire. Non voglio soffrire ancora. So cosa significa essere abbandonati. Lo so. E non mi piace affatto.
È con questa consapevolezza che mi stacco improvvisamente. Harry mi guarda e nei suoi occhi balena un lampo di comprensione. Dovevo immaginare che avrebbe capito subito: sembra avermi inquadrato alla perfezione.
«Leighton…»
«No.»
«Senti…»
«Non mi interessa, Harry. D’accordo? È meglio se mi stai lontano. Per favore.» lo supplico, con gli occhi lucidi. Ma perché devo essere così psicolabile? Cos’ha il mio cervello, che non funziona?
«Come vuoi. Ma non puoi impedirti di provare qualcosa per me.»
«Non ti conosco neanche, Harry.» sospiro, passandomi una mano tra i capelli. Non è tardi, per farmi passare questa sottospecie di cotta. È una cosa passeggera. Svanirà presto, immediatamente, è quello che mi ripeto.
«Tutte scuse. E lo sai benissimo.»
«Piantala di psicoanalizzarmi.»
«E tu piantala di sparare minchiate.» borbotta infine, spazientito. «Tanto lo so che ti piaccio.»



***



Questo capitolo è il mio preferito, fino ad ora. Almeno credo. Probabilmente starete pensando che è troppo presto per essere già arrivati al bacio o cose di questo genere, ma nella mia testa tutta la storia si svolge molto velocemente.
Ve l'ho detto, no? Non credo che sarà molto lunga. Anche perchè ho già altre due storie - no, tre - in corso e sto portando avanti tutte quante.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, davvero.
Mi piacerebbe ricevere qualche vostra opinione in merito, tanto per farmi un'idea... Perciò non siate timide e commentate! ^^
Grazie mille.

Con affetto,
Fede.

P.s. Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 5
*** Fai schifo come psicologo. Te l'hanno mai detto? ***





Capitolo 5

“Fai schifo come psicologo. Te l’hanno mai detto?”
 


«Tesoro, sei sicura di stare bene?» mamma mi posa una mano sulla testa, preoccupata. La situazione è piuttosto tragica. Sono tre giorni che non esco di casa, tutto per evitare di incrociare Harry anche solo per sbaglio.
Ho detto a Niall di avere la febbre altissima e di sentirmi “in fin di vita”, l’ho supplicato di occuparsi dell’acquisto della pittura per casa di Giselle e poi ho spento il telefono. Ho avuto tempo per riflettere. E tre giorni sono tanti. Sono ben settantadue ore. E settantadue ore sono tantissime. E sono sufficienti per prendere una decisione intelligente.
Forse sono sufficienti per voi, ma non per me. No, non sono giunta a nessuna conclusione.
Perché? Perché ho pensato per settantadue ore al bacio di Harry e a quanto avrei voluto baciarlo ancora.
Così, come una stupida, non ho fatto altro se non crogiolarmi nell’autocommiserazione e nella consapevolezza di quanto io stessa sia una povera deficiente pentita.
«Si, mamma. Sto alla grande.» farfuglio, nascondendo la testa sotto il cuscino. Dio, se sei da qualche parte, fai cadere un fulmine sulla mia testa e risparmiami tutti questi pensieri. Non li sopporto. Perché non posso continuare a leggere Jane Eyre come tutti i sabati? Non che io abbia letto solo Jane Eyre, sia chiaro. Preferisco di gran lunga Orgoglio e Pregiudizio.
«C’è qualcuno, non è così?» domanda, curiosa come al solito.
Scuoto la testa. «Nessuno. Non c’è proprio nessuno.» borbotto.
«Perciò cosa dovrei dire al giovanotto che ti aspetta in salotto?» ridacchia, divertita. Oh, ma che bello avere una madre che mi prende per il culo. Davvero, è così emozionante che mi viene da piangere.
Sbuffo, poi con la delicatezza di un panzer mi alzo dal letto e mi trascino in salotto dove, effettivamente, c’è un giovanotto. Ed è l’ultimo giovanotto che vorrei vedere.
«Cosa fai, qui?» domando, un po’ rigida. Cielo, Leighton, datti una calmata. Sembra che ti abbiano appena infilato un bastone su per il… calmati.
«Ti porto a fare colazione.»
«Ho già mangiato.»
«Muoviti. Ti do dieci minuti per vestirti, oppure ti porto fuori in pigiama.» minaccia, tranquillo. Lo guardo male – molto male. Così tanto che avrebbe dovuto prendere fuoco – e me ne torno in camera. Afferro le Superga, un paio di jeans e una maglietta verde acido, poi mi chiudo in bagno. Quando ne esco, esattamente otto minuti dopo, Harry sta parlando con mamma.
Colgo appena la sua risatina divertita, prima di afferrare Harry per la manica della felpa bianca che indossa e costringerlo ad alzarsi.
«Ciao, mamma.» saluto, scontrosa.
«Arrivederci, signora. È stato un piacere, conoscerla.» saluta Harry, con un sorriso mozzafiato. Mamma ride.
«Anche per me, caro. Torna presto a trovarci.» cinguetta. Ecco, sapete che farà adesso? Chiamerà Janine. E sapete cosa farà Janine? Lo dirà a Bridget. E allora sarà la mia fine, lo sento.
Quando rimaniamo soli, mollo la felpa di Harry come se scottasse e gli scocco un’occhiataccia.
«Si può sapere cos’hai in mente?» gli domando, stizzita. Arrossisco un po’, perché guardarlo mi fa tornare in mente che mi ha baciato. E che mi è pure piaciuto.
«Voglio darti la possibilità di innamorarti.» ribatte, tranquillo. Ma si è bevuto il cervello? Cos’ha questo ragazzo che non và? E perché deve accanirsi proprio con me? Non ce l’ha un hobby? Che ne so, ittica, paracadutismo, snorkeling, trekking, c’è una così vasta scelta.
«Non mi interessa innamorarmi, Harry. Dico davvero.»
«Lo so. Ed è qui che ti sbagli. Sono sicuro che se trovassi quello giusto ti ricrederesti.»
«Sei davvero così presuntuoso?»
«Si. E tu sei davvero così cinica?»
«Si.»
Restiamo per un po’ in silenzio, poi lo guardo di sottecchi, provando a concentrarmi su qualcosa che non siano le sue labbra.
È bello, Harry. Ha le ciglia lunghe, non tanto scure, e gli occhi più belli che abbia mai visto. E poi è alto, più di un metro e ottanta, credo. Ha le spalle larghe, i fianchi stretti e le mani eleganti. Mi piacciono le sue mani. Mi piace anche come si veste. E mi piacciono i suoi capelli.
Merda. Mi piace Harry.
«Ho una teoria.» dice, mentre camminiamo verso la caffetteria in centro. Intanto, mi prende  per mano, con una naturalezza che mi lascia assolutamente disarmata. Non trovo neanche la forza di separarmi, così lascio che intrecci le nostre dita e mi accosto un po’ di più.
Tra le altre cose, mi rendo anche conto di avere un comportamento un po’ ambiguo. Non posso volergli stare lontana e poi permettergli di avvicinarsi così tanto. Non è giusto, e mi confonde le idee.
«Non credo di volerla sentire.» confesso, sincera. Ho idea che quello che dirà non mi piacerà per niente. Sembra sapermi leggere fin troppo bene. E a me non piace sentirmi vulnerabile. Non mi piace affatto.
«D’accordo, allora. Parliamo di qualcos’altro. Qual è il tuo libro preferito?» domanda, inaspettatamente.
Ci penso su per qualche secondo.
«Orgoglio e Pregiudizio, credo.»
Harry si gratta il mento pensieroso. «Colore?»
«Verde. Tu?»
«Blu. Compleanno?»
«24 Ottobre. Il tuo?» «1 Febbraio. Animale preferito?» «Lupo. Il tuo?» «Gatto.»
«Ma i gatti sono stronzi!» protesto, sconvolta. Lo sanno tutti, che sono voltafaccia, acidi e scontrosi.
«Ognuno ha i suoi gusti.» replica, per niente offeso. Andiamo avanti così per circa mezz’ora, ossia il tempo necessario affinché si liberi un tavolo nella caffetteria, poi Harry interrompe l’interrogatorio e sorride.
«Visto? Ora ci conosciamo.» afferma, come se fosse una cosa normale. Questo ragazzo non sta a posto con il cervello, dico sul serio. Eppure, i suoi occhi sono così sinceri che non posso fare a meno di annuire e sorridere.
«Coraggio. Dimmi la tua teoria. So che non vedi l’ora.» borbotto, sconfitta.
«Hai paura di soffrire, Leighton. Perché tuo padre ti ha abbandonato – anche se io non la vedo proprio così – e temi che se ti lasciassi andare al punto da affidarti completamente a qualcuno, prima o poi anche questo qualcuno ti abbandonerà.» spiega, prima di addentare il suo muffin al cioccolato. Io mi limito a guardare la mia tazza di caffè con aria assente.
Ha perfettamente ragione, ma non posso dirlo ad alta voce. Fa troppo male, ammetterlo.
Si, è vero. Mio padre mi ha ferita in maniera indelebile e, seppure tenti spesso di ritrovare un rapporto, sono io a spingerlo lontano, perché sono terrorizzata dall’idea di farlo rientrare nella mia vita. Cosa succederebbe, se decidesse di abbandonarmi di nuovo? Non voglio soffrire. Questo è quanto. Ed anche Harry mi farebbe soffrire, se mi innamorassi di lui.
Tra tre settimane tornerà a Londra. Ed io rimarrò qui, a Mullingar. L’insuccesso è assicurato.
Poi sento il suo braccio circondarmi le spalle con delicatezza e con una dolcezza disarmante. In breve, mi ritrovo stretta in un abbraccio per niente malizioso.
«Perdonami. Non volevo farti piangere.» mormora, passandomi una mano sulla guancia.
Cosa? Piangere?
No! Cioè, non volevo piangere, davvero. Non me ne sono neanche resa conto. Oh, ma perché devo sempre fare ‘ste figure di merda? Dai, dì la verità, ce l’hai con me? Perché lo capirei, se fosse così. Ho smesso di andare in chiesa la domenica già da un bel pezzo, perciò è comprensibile che tu ce l’abbia con me. Però farmi piangere davanti ad Harry è stato proprio un colpo basso, scusa se mi permetto.
Scuoto la testa con rassegnazione e tiro su col naso. Femminile, vero?
«Deve essermi entrato qualcosa nell’occhio.» farfuglio, sorridendo debolmente ad Harry, che annuisce.
«Già. Forse un po’ di umanità. Sai, ce l’hanno tutti.» sibila. Wow, quanto amo questo sarcasmo da due soldi. È assolutamente divertente. Perciò ridacchio, scettica.
«Ti hanno mai detto che fai schifo, come psicologo?»
Harry scoppia a ridere, poi mi lascia un bacio sulla guancia – inutile dire che rimango decisamente spiazzata – e torna al suo muffin come se niente fosse. È incredibile la capacità che ha di lasciarmi senza parole. Davvero, è così fuori dal comune che resto inebetita ancora per qualche secondo.
Poi, un paio di mani si posizionano sopra i miei occhi, coprendomi la visuale.
«Bridget.» sospiro, rassegnata. La sento ridacchiare, poi la sedia davanti alla mia si sposta e improvvisamente al tavolo siamo in cinque. Niall, Bridget e Louis, che si danno la mano e sono tutti un pucci-pucci. Storco il naso, infastidita, e mi concentro su Niall, che ha uno sbafo di azzurro sulla guancia.
«Hai cominciato a imbiancare?» domando.
«Si. E tu perché hai pianto?» risponde, cambiando completamente argomento.
Fantastico, eccone un altro che si diverte a fare il dottor Freud. Ma io dico, non potrei conoscere persone normali, che non sono intenzionate ad analizzare parola per parola, gesto per gesto, tutto quello che faccio?
«Ha scoperto di essere umana.» rivela Harry, con tranquillità. «C’è rimasta davvero male.»
Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo. È così che vuole farmi innamorare? Prendendomi per il culo?
«Tranquilla, tesoro. Quando saprai chi viene a trovarci settimana prossima, tornerai un cubetto di ghiaccio come tuo solito. Ah, Harry, complimenti. Sei il primo che la bacia a sorpresa ed è ancora vivo.» afferma Bridget.
Resisto alla tentazione di rovesciarle il caffè sulla testa, poi, però, mi concentro sulla prima parte della frase.
«Chi?» ho quasi paura di sentire la risposta. «Non lei, ti prego. Tutte, ma non lei.» supplico, incrociando le mani in segno di preghiera.
«Tua madre l’ha detto alla mia. E la mia a me.» visto? Hanno un giro di informazioni incredibile. Forse potremmo aprire un’agenzia investigativa, sono sicura che avremmo successo.
«No. Ti prego. No.»
Colgo a malapena lo sguardo confuso di Harry, perché sono troppo sconvolta dall’orribile notizia. Non è davvero possibile che Giorgia venga qui a Mullingar.
Chi è Giorgia? Giusto, domanda più che lecita. Lasciate che vi spieghi: Giorgia è l’adorabile figlia della sorella di mia madre, Cinzia. Adorabile, ovviamente, và inteso in senso lato, visto che Giorgia è – a mio modesto parere – quanto di più vicino ci sia all’incarnazione del demonio.
Esagerato, dite? Oh, no, niente affatto. Tanto per iniziare è tre anni più grande di me, perciò ha all’incirca ventidue anni. Dico all’incirca perché è ciò che risulta all’anagrafe. In realtà, credo che la sua vera età cerebrale sia pari a quella di un alpaca mezzo morto. Ed è così stronza.
Certo, detto da me risulterà incredibile, ma Giorgia batte in assoluto tutti record di stronzaggine fino ad ora pervenuti.
L’ultima volta che l’ho vista – e che ci ho parlato, in effetti – avevo sedici anni. E mi sconvolse così tanto che decisi di non volerci mai più avere a che fare.
Passo a spiegare: avevo una cotta per un mio compagno di classe. Si chiamava Noah ed era un po’ più intelligente rispetto alla massa di idioti con cui condividevo lo spazio. E poi era carino, con quei capelli biondi e con gli occhi scuri.
Comunque. Giorgia decise che Noah sarebbe stato perfetto, come accompagnatore per il ballo di fine anno e cosa fece? Ovviamente, come succedeva con tutto ciò che desiderava, se lo prese. Poco importava che l’avessi supplicata di lasciarlo in pace. Mi spezzò il cuore. E non andai al ballo.
Be’, naturalmente ora tendo a farla più tragica di quello che fu realmente. Non mi spezzò il cuore, mi fece letteralmente incazzare come una bestia, ma se ne fregò altamente e mi rubò il futuro fidanzato.
Poi, come se non fosse sufficiente, gli rivelò della cotta che avevo nei suoi confronti e Noah, come ogni neandertaliano che si rispetti, scoppiò a ridere e dichiarò di averlo sempre sospettato. Purtroppo, però – cito testuali parole – “non sono interessato alle sedicenni in sovrappeso e con i capelli color carota.”
Ora, parliamoci chiaro: ero un po’ cicciotta, ma niente di così esagerato. E comunque una taglia 46 mi sembra più che dignitosa. E poi, i capelli color carota sono parecchio fighi.
In realtà, sono sicura che la sua fosse tutta una messa in scena per portarsi a letto Giorgia. E ce la fece. Perché mia cugina, oltre ad essere stronza, è anche troia.
Tornando alla realtà, c’è un motivo per cui non la voglio intorno ai piedi: già, avete indovinato. Harry e Niall. E anche Louis e Bridget.
Ogni volta, ogni fottutissima volta che viene a Mullingar, Giorgia cerca di portarmi via tutto ciò che ho di prezioso.
Bridget, prima di tutto. Proverà a togliermi la mia migliore amica, raccontandole cose assurde e facendo di tutto per mettermela contro. Poi, dopo che ci sarà riuscita, gli toglierà Louis.
E poi farà si che Niall si allontani da me. Ed Harry, che forse potrebbe piacermi, sarà così affascinato da lei che si dimenticherà di tutti quei bei discorsetti che mi ha fatto per tuffare la faccia nel reggiseno di Giorgia. Che poi, le sue tette sono pure rifatte, lo sanno tutti.
«Mi rifiuto.» proclamo, sbattendo le mani sul tavolo. Bridget annuisce, complice, il resto dei presenti continua a guardarmi come se fossi una pazza esaurita da ricoverare. Non mi sento di dargli torto, ma non posso certo dirgli che Giorgia è una stronza infame.
Fortuna che ho Bridget.
«Tranquilla, tesoro. Quella stronza non avrà vita facile, questa volta.» commenta, mortalmente seria. E, se devo dire la verità, mi sento un po’ sollevata. Perché quando Bridget decide di rovinare i piani di qualcuno, lo fa come si deve. È davvero brava a rovinare la vita alla gente.
Solo quella di chi se lo merita, naturalmente.
E Giorgia se lo merita.
«Sai anche quanto tempo rimane qui?» chiedo, con il timore di sentire la risposta.
«Tre settimane.» proclama Bridget, tetra.
Oh, ecco. Lo stesso tanto che rimane Harry. Lo sapevo io, che avrebbe portato la sventura.
Ora più che mai, mi rendo conto di quanto sia meglio per me farmi passare la cotta per questo ragazzo. Non avrò nessuna chance, contro Giorgia.
«Non posso stare per tre settimane con lei. Non ce la faccio.» mormoro, sconsolata.
E non posso neanche stare da Bridget, perché lei vive ancora con i suoi genitori e ci sono già le sue tre sorelle. Non è proprio il caso.
«Potresti stare da me.» propone Niall, con un sorriso entusiasta. Louis annuisce, felice ed Harry sussurra un “ottima idea” che mi fa arrossire fino alla radice dei capelli.
Perfetto.
Cosa faccio, ora?



***



Ecco qua il quinto capitolo. Che ve ne pare? Le cose si stanno un pò evolvendo, no? Ancora non so cosa ne verrà fuori, vedremo. Sto ancora riflettendo per bene. In ogni caso, spero che il capitolo via sia piaciuto.
Commentate, se vi và. Per me è molto importante ricevere le vostre opinioni.
Ecco tutto.

Detto questo, vorrei ringraziare di cuore le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo - soprattutto Ale, che legge ogni mia storia - e tutte coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate o che leggono soltanto.
Grazie di cuore.

Con affetto,
Fede.

P.s. Seguitemi su Twitter, sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 6
*** L'inizio della fine. ***






Capitolo 6

“L’inizio della fine.”
 



Oggi sarà una giornata di merda. Come lo so? Lo so. Punto e basta. Ho un certo sesto senso, io.
So anche che detto così sembrerà un po’ incomprensibile per la maggior parte di voi, ma è pur sempre vero che certe cose le si sentono e basta. 
Non lo so, non vi è mai capitato di pensare: “Oggi mi viene il ciclo?” e poi, puff!, le vostre simpatiche ovaie si risvegliano? Ecco, immaginate qualcosa di simile, con la differenza che le mie, di ovaie, stanno per tentare il suicidio.
Il motivo? È il grande giorno.
E no, non mi riferisco al matrimonio, quello ormai è già passato da un pezzo. Oggi è il giorno in cui Giorgia prenderà il suo volo “Milano-Dublino”.
Sapete, non voglio pensare di essere sfigata fino a questo punto, ma proprio non posso farne a meno. E sapete chi andrà a prendere Giorgia?
Io, esatto.
Con Niall. Per quanto mi riguarda, la prospettiva di trascorrere un’intera ora e mezza in macchina con Giorgia, mi terrorizza alquanto. Ma, perlomeno, non vedrà Harry e Louis, almeno potrò tenerli lontani dalle sue malefiche grinfie per un po’.
Perciò, quando Niall mi passa a prendere, questa mattina, mi sento come se il mondo mi stesse per crollare addosso. L’unica cosa che vorrei – non posso credere di pensarlo sul serio – sarebbe fare colazione insieme ad Harry. Mi piace per davvero, si. Nel corso di questa settimana, abbiamo avuto modo di parlare parecchio. Anzi, più che altro è stato lui a costringermi a parlare, da bravo psicologo della mutua quale è, e mi ha portato a rivelargli i segreti più reconditi della mia anima.
Scherzo. I fatti miei sono rimasti fatti miei, solo che mi sono sbottonata un po’, nel senso che gli ho rivelato alcune cose del mio passato di cui non vado tanto fiera. Come di quella volta in cui ho bucato il pallone del mio vicino di casa, un bambino di cinque anni che detesto. Sua madre voleva farmi causa, ma alla fine ha rinunciato, quando ho regalato una bellissima – e costosissima – Playstation al suo adorato marmocchio. Piango ancora, se ripenso all’attentato alle mie finanze.
Comunque, tornando al discorso principale: Harry mi piace. Sa sempre cosa dirmi per farmi passare il nervoso – ed io sono spesso nervosa – e mi ha consolato tutte le volte che il pensiero di quella disgrazia italiana faceva capolino nella mia testa. Ma non mi ha più baciata. Nemmeno una volta. Ed io credo anche di aver capito perché: vuole farmi impazzire, fino a che non sarò io a baciare lui.
Però quando camminiamo per strada, insieme, mi tiene per mano e mi abbraccia spesso. Credo sia un ragazzo molto affettuoso, a dispetto di quell’aria da “io vado al King’s College perché sono più intelligente e affascinante di te”. 
Se però crede che sarò io a cedere, si sbaglia di grosso.
«Allora…» inizia Niall, mentre ingrana la prima marcia ed esce dal vialetto di casa «Come vanno le cose tra te ed Harry?» chiede, evidentemente curioso. Di Niall, c’è da sapere una cosa: è curioso come una scimmia. E vorrebbe vedere tutti i suoi amici accoppiati, anche se non pensa mai a sé stesso. È così altruista che io, al suo confronto, sembro la regina dell’egoismo.
«Non lo so. Perché me lo chiedi?» non so se Niall è al corrente degli intenti di Harry nei miei confronti. Forse Harry non ha detto a nessuno che è convinto – povero illuso – che mi innamorerò di lui.
Ah, dimenticavo. Nel caso in cui non lo sapeste o ve lo foste dimenticato, Niall, oltre ad ospitare me, ospita anche Harry e Louis, perciò da questa sera stessa, starò in stretto contatto con il mio incubo personale.
Il che è molto meglio del dovermi sorbire tutte le boiate di Giorgia.
«Curiosità.» farfuglia, mentre le guance gli si chiazzano appena di rosso.
«Niall…»
Un’altra cosa da sapere del biondino, è che è assolutamente incapace di dire cazzate. Non ce la fa. E, se anche ci prova, viene subito smascherato da quelle adorabili guanciotte rosse.
«Harry mi ha chiesto di indagare.» brontola, offeso perché l’ho già scoperto.
«E perché mai avrebbe dovuto farlo?» domando, confusa. Che motivo avrebbe Harry, di indagare? Certo, a meno che non avesse intenzione di vincere la sua stupida scommessa a tutti i costi. Che poi, io non ho mai accettato! Quindi non c’è niente da vincere. Questa stupida competizione – che esiste solo nel suo cervello – non porterà niente di buono.
«Oh, ma certo! Che stupida. Vuole sapere se il suo piano sta funzionando.» esclamo, battendomi la mano sul ginocchio. Niall inarca un sopracciglio e si astiene dal commentare. Questo perché, ovviamente, sa che ho ragione.
«Potremmo allearci, sai? Io e te, intendo. Saremmo una grande squadra.» gli propongo, ammiccante. Niall scoppia a ridere, poi guarda un attimo nello specchietto retrovisore e cambia corsia. Con disappunto, mi rendo conto che siamo quasi arrivati all’aeroporto. Pochi chilometri mi separano da quella piaga ambulante italiana.
«Tu sei fuori di testa.» Niall continua a ridere ed io metto il broncio. Cosa c’è? Non è normale che io voglia vincere? Va bene, Harry mi piace, ma non voglio correre il rischio di innamorarmi di qualcuno che vuole stare con me solo per vincere una stupida scommessa. Tutto sommato, non credo che il mio sia un ragionamento così sbagliato.
«E poi, si può sapere di che piano stai parlando?» domanda Niall. Siccome so riconoscere quando fa finta di non sapere e quando, invece, non sa per davvero, non posso fare a meno di rimanere stupita quando leggo la verità nei suoi occhi.
Harry non gli ha parlato della scommessa?
«Harry non ti ha detto niente?»
«Di cosa, Leighton?»
«Niente. Di niente.»
Può darsi davvero che Harry non stia prendendo tutta questa situazione come un gioco? Mi sembra così strano, che possa essere interessato a me per davvero. Essendo di natura sospettosa, poi, tendo a vedere inganni, tranelli e secondi fini ovunque, perciò che Harry non abbia accennato niente a nessuno mi sembra veramente impossibile. Guardo ancora Niall, cercando di cogliere un cambiamento di espressione, ma è serafico e sorridente come suo solito, anche mentre parcheggia nell’area dell’aeroporto dedicata agli arrivi e spegne il motore.
Continuo a pensare ad Harry anche mentre camminiamo verso l’ingresso. Sono così distratta che tiro una spallata portentosa ad un ragazzino smilzo, che quasi finisce a terra. Lo sento imprecare qualcosa in una lingua che non conosco ma che sembra simile al russo, prima che il suo piede si infili tra le mie gambe e mi faccia inciampare.
Questo è essere bastardi, però! Niall, naturalmente,  scoppia a ridere, senza nemmeno preoccuparsi di darmi una mano a tirarmi su, o di picchiare il mio aggressore, difendendo il mio onore. Perciò, come al solito, mi toccherà fare tutto da sola.
«Certo che sei stronzo, sottospecie di aringa affumicata. Dì, in Russia non le conoscete le buone maniere?» ringhio, mentre mi alzo in piedi.
Lo smilzo, che nel frattempo sta sghignazzando beatamente, si irrigidisce. Poi, in un inglese perfetto e fluente, mi risponde. «Se tu sei così scema da non accorgerti di dove cammini, poi non dare la colpa agli altri, se ti ritrovi stessa a terra come una balena spiaggiata.» replica, in tutta tranquillità.
Inarco un sopracciglio, pronta a rispondergli, ma la mano di Niall si serra intorno al mio braccio e mi trascina lontano dal mingherlino.
«Si può sapere perché devi litigare con tutti?» chiede, senza riuscire a trattenere un sorriso. Sbuffo.
«Mi ha fatto cadere! Brutta acciuga del Mar Baltico.» borbotto, ancora risentita. Niall ride ancora, nemmeno fossi la più divertente barzelletta del ventunesimo secolo, poi si incammina verso il bar.
«Che facciamo?» domando, confusa. Non che io muoia dalla voglia di vedere Giorgia, sia chiaro, ma forse dovremmo aspettarla agli arrivi. Quella è così cretina che potrebbe prendere un volo per il Turkmenistan senza neanche accorgersene.
«Mentre tu eri impegnata a litigare con il ragazzino, ho controllato: il volo è in ritardo di un’ora. Abbiamo tempo per mangiare qualcosa.»
Oh, perfetto. Non solo non la voglio vedere, ma devo anche aspettare, nemmeno fosse la Regina Elisabetta, o il primo ministro o la Madonna di Fatima.
E che palle, ma perché tutte a me? Ho capito, sono sfigata e blablabla, ma nella sfiga qualcosa potrebbe anche andare per il verso giusto, una volta tanto. E invece no! Perché non solo Dio ce l’ha con me, ma credo ci sia di mezzo anche lo zampino di ogni divinità pagana esistente. Che ne so, Fortuna, oppure le Parche. Secondo me si stanno divertendo da matti ad intrecciare quei cazzo di fili, tanto per il gusto di incasinarmi l’esistenza. Dico io, nel mondo ci sono sei miliardi di persone, più o meno, possibile che non abbiano niente da fare? Cioè, si svegliano la mattina e pensano “Oh, che bella giornata! È perfetta per fare un bel nodo alla marinara al filo di Leighton O’Connell. Ma si, spediamole la cugina zoccola dall’Italia, Harry Styles dal Regno Unito e una triglia sottosale dalla Russia.”
Di una sola cosa, sono certa: prima o poi arriverà anche il mio momento. E il trionfo sarà così grande, che le tette rifatte di Giorgia, al suo confronto, sembreranno due microscopiche ciliegie.
Passo i primi tre quarti d’ora a guardare Niall abbuffarsi di qualunque cosa sembri vagamente commestibile. Non mi parla neanche, in compenso mormora di continuo quanto sia “delizioso” tutto ciò che mangia. Il che mi sembra impossibile, visto che le cose servite negli aeroporti fanno schifo. Comunque, il panino imbottito con funghi, prosciutto cotto, brie, insalata e salsa rosa sparisce nell’arco di sei minuti, seguito da una piadina con prosciutto crudo, maionese e pomodori. Naturalmente, subito dopo viene il dolce, così Niall decide di ordinare – tanto per rimanere leggero – un muffin al cioccolato e uno alla vaniglia, una brioche con la nutella, una con la crema pasticciera e una vuota.
Mi guardo intorno, per capire se qualcun altro, oltre me, è rimasto impressionato dal suo pozzo senza fondo, ma niente. Sono tutti troppo presi dal giornale, o dai saluti ai parenti appena arrivati, per rendersi conto di quante calorie Niall stia fagocitando.
Poi, mentre sorvolo una signora che stringe al petto una sottospecie di topo al guinzaglio, i miei occhi si soffermano su un paio di tette. No, non sono lesbica e no, non sono fissata con le tette, ma quel paio mi risulta vagamente familiare, così salgo con lo sguardo fino ad incrociare degli occhi scuri e contornati da una linea marcata di matita nera. Un bel po’ sbavata, tra le altre cose.
Esatto, avete capito. Lei è Giorgia. Un metro e settantadue di completa zoccolaggine, accompagnata da sei valigie di marca – da qui mi sembrano Louis Vuitton – e da un’altra ragazza. Avrei dovuto immaginarlo: le sfighe non vengono mai da sole.
Niall punta lo sguardo sulle protuberanze di Giorgia, improvvisamente dimentico della sua brioche. E in questo momento capisco tutto, perché se Niall smette di mangiare per guardare Mimì e Cocò,  l’apocalisse dev’essere molto più vicina di quanto io pensi.
Giorgia si guarda intorno e mi riconosce proprio nell’esatto momento in cui mi alzo per andare a nascondermi dietro ad una colonna.
«Tesoro! Siamo qui!» sbraita, sventolando la mano. Certo, come se non me ne fossi accorta.
Ignoro con non-chalance l’occhiata di ammonimento di Niall – che per fortuna è tornato alla sua brioche – e alzo gli occhi al cielo.
Faccio qualche passo verso mia cugina, maledicendo mia madre per aver fatto si che condividessi un po’ di DNA con questo esemplare di stronza e le sorrido.
Dieci punti per la falsità, Leighton. Complimenti.
«Ti trovo ingrassata.» è la prima, simpatica e dolcissima cosa che quella stupida dice. Ora qualcuno mi spieghi: l’attimo prima mi chiama tesoro (mi viene da vomitare se solo ci ripenso) e il momento dopo se ne esce fuori con questa botta di simpatia. Cosa si risponde, in questi casi? Non lo so, perché sono troppo impegnata a trattenere tutte le mie energie negative, che per inciso sono al massimo, al momento. Ho paura di esplodere, sapete?
Perciò, onde evitare stragi in pieno aeroporto, mi limito a stare in silenzio. Più o meno.
«Il tuo cervello invece è dimagrito ancora, a quanto vedo. Non dovevi venire da sola?»
Siccome secondo Giorgia, tutto ciò che “dimagrisce” è bene, scambia la mia constatazione per un complimento e annuisce pienamente soddisfatta.
«Lei è Erika ed è la mia migliore amica.  Avevo detto che avrei portato qualcuno con me, tua madre non te l’ha detto?»
Può anche darsi che me l’abbia detto e che io l’abbia ignorata perché, in genere, quando si parla di Giorgia la mia mente tende a spaziare altrove, verso lande sconfinate e selvagge e… okay, stavo pensando ad Harry.
Al contrario di Giorgia, Erika è minuta, un po’ bassa e apparentemente fragile. Ha un viso pulito, per niente truccato e due grandi occhi azzurri. Sorride appena, imbarazzata, poi mi porge la mano.
«Piacere di conoscerti, Leighton.» il suo inglese è un po’ stentato, ma comprensibile.
«Piacere mio. Lui è Niall.» presento brevemente anche Niall, poi lo afferro per mano e mi incammino verso l’uscita. Con un sorriso divertito, mi circonda le spalle con un braccio.
Ignoro sistematicamente le richieste d’aiuto di Giorgia, che si trova un po’ in difficoltà con le sue valigie – dai, chi mai si porterebbe sei valigie, no, dico: SEI!, solo per un paio di settimane? – e osservo con crudele compiacimento il gradino del marciapiede. Sono sicura che qualcosa (o meglio qualcuno) cadrà.
Poi il telefono di Niall comincia a suonare, insistentemente. Mi allontano per lasciargli un po’ di privacy mentre parla, ma pochi secondi dopo si avvicina e mi allunga il cellulare.
Mima un “Harry” con le labbra, poi si volta per aiutare Giorgia ed Erika con le valigie. Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere Giorgia col culo a terra.
In ogni caso, mi dimentico immediatamente di mia cugina, quando la voce calda di Harry mi raggiunge attraverso il telefono. Devo davvero farmi passare questa cosa.
«Come và?» la sua voce, come al solito, scatena qualcosa all’interno del mio stomaco. Non và affatto bene, vero?
«Insomma. Già non ce la faccio più, è normale, secondo te?»
«Tu non sei normale, Leighton. È per questo che mi piaci.» sostiene con tutta la tranquillità di questo mondo. Già me lo immagino, seduto sul divano, rilassato che sbandiera ai quattro venti i suoi sentimenti per me come se parlasse del tempo. Che poi, quali sentimenti? Andiamo, sto diventando esagerata.
Mi rendo conto di essere arrossita, quando sento Niall ridere. Certo che tra italiani e irlandesi, è complicato stabilire chi sia il più stronzo.
«Sei arrossita. Vuol dire che ti piaccio.» continua Harry, imperterrito. La finirà mai, di sparare certe cavolate? E poi come fa a sapere che sono arrossita?
«Sogna, Harry. Sogna.» borbotto, infastidita. Mi sento anche un po’ accaldata, in verità. Che mi stia venendo la febbre? Si, dev’essere per quello.
«Lo faccio già, Leighton.» e questo cosa vorrebbe dire? È incredibile la capacità che questo ragazzo ha di spiazzarmi. Cosa significa che lo fa già? Che sogna me, oppure che sa che è impossibile un futuro, per noi due? Dio, quanto la sto facendo tragica. Perché non posso essere come Bridget, e prendere le cose più alla leggera? Lei e Louis stanno praticamente insieme e nessuno dei due sembra preoccuparsi minimamente del fatto che, tra poco, Louis rientrerà a Londra, idem Harry.
«Harry…» lo ammonisco, spazientita.
«D’accordo, ne parliamo dopo.»
«Non voglio parlarne, okay?»
«A dopo.» mormora, prima di riattaccare.
Ho un bel “vai al diavolo” bloccato in gola, ma ovviamente non avrebbe senso tirarlo fuori adesso, visto che Harry non lo sentirebbe neanche. Vorrà dire che lo conserverò per dopo, sono sicura che arriverà il momento di usarlo.
Intanto, Niall ha caricato tutte le valigie di Giorgia in macchina. Faccio per sedermi davanti, nel posto che mi spetta di diritto, quando Giorgia mi passa davanti e si accomoda.
«Non ti dispiace, vero?» domanda, con un sorrisino soddisfatto.
No, certo che no. Ma non mi dispiacerebbe nemmeno se finissi sotto un treno, stronza.
 


 
* * *
 


 
Ebbene si, sono proprio io! Lo so, è passato un sacco di tempo dall’ultimo aggiornamento. Forse un mese, o forse qualcosa di più – non ho il coraggio di andare a guardare.
Comunque, per farmi perdonare, ecco il nuovo capitolo.
Allora, personalmente non mi convince un granché, non so perché. Forse c’è qualcosa che stona, anche se devo ancora riuscire a capire che cosa.
In ogni caso, mi sono appena resa conto di avere una pericolosa avversione verso le cugine. Si è notato? Non lo so, forse dovrei andare da uno psicologo per risolvere questo problema grave. -.-”
Comunque, tralasciando le mie tare mentali, che ne pensate del capitolo? Se è uscito una schifezza non fatevi problemi a dirmelo, mi raccomando.
Non mi offendo.
E scusatemi ancora per il ritardo nell’aggiornamento.
Ora, volevo ringraziare tutte le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo (scusate se non ho risposto, tra l’altro) e anche tutte coloro che hanno aggiunto la storia tra le bla/bla/bla e a chi legge soltanto!
Vi adoro,
Fede.
 
P.s. Se qualcuno volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 7
*** L'utilità della carta igienica. ***







Capitolo 7
“L’utilità della carta igienica. ”
 



Il viaggio in macchina è stato un parto. No, ma che dico? Al confronto, il parto sembrerebbe una passeggiata sotto il piacevole sole primaverile, con il vento che scompiglia i capelli e con il fidanzato perfetto al fianco.
Esagerata? Può darsi. Ma provate voi, a sorbirvi due ore di chiacchiere di Giorgia senza rischiare il suicidio cerebrale. Che poi, ad un certo punto, sono stata tentata di passare anche al suicidio vero e proprio, salvo rendermi conto subito dopo che l’omicidio sarebbe stata una scelta decisamente migliore.
Si. Dopotutto, perché dovrei privare il mondo della mia fantastica presenza, quando l’intero universo sarebbe più che lieto di disfarsi di Giorgia? Ecco, appunto.
Peccato che la maniglia della portiera non sia alla giusta distanza, perché altrimenti questo sarebbe il momento perfetto. Il tachimetro sfiora i centodieci, nemmeno Giorgia potrebbe sopravvivere. A meno che il demonio che la possiede non sia così tanto bastardo da farla tornare in vita.
Ecco, vedete cosa succede quando c’è lei nei paraggi? Divento cattiva. E se ci fosse un sensitivo qui nei dintorni, sono certa che percepirebbe la mia aura negativa e mi spedirebbe di filato da un’esorcista. Io, da un’esorcista? Ma portateci Giorgia! Magari potremmo fare una liberazione di gruppo, sempre che funzioni.
«E così Mario ha detto che sono la più bella del corso, ti rendi conto, Leighton? Diglielo anche tu, Erika!»
Leighton? Cosa? Davvero Giorgia sta parlando con me, aspettandosi addirittura una risposta? Povera illusa, ancora non ha capito che l’unica cosa che vorrei dirle davvero è di prendere le sue tette finte, le sue valigie firmate e il suo microscopico cervello e andarsene a quel paese.
Tra le altre cose, ho anche scoperto che Erika non mi dispiace affatto. E credetemi, è una cosa oltremodo sensazionale, considerato che frequenta certa gentaglia. Ancora mi chiedo come faccia ad essere amica di Giorgia.
Perciò è a lei che presto la mia attenzione. E se lo merita, visto che si sta sforzando in tutti i modi di mettere insieme una domanda un po’ più complicata del consueto “come ti chiami?”.
«Tu studi, Leighton?»
Okay, non è una domanda così complicata, ma per lo meno non verte sul colore dei miei capelli, o sull’ultima sensazionale variazione del rosa pastello.
Scuoto la testa, negativamente.
«Mi sono diplomata quest’anno, ma non ho ancora deciso se andare al College, oppure no.»
«E come mai, se posso chiedere?»
Visto? Mi sta simpatica! Le interessa sul serio quello che ho da dire, credo. Me ne sarei accorta, se mi stesse pigliando per il culo.
«Non so bene cosa voglio fare della mia vita. Da una parte preferirei andare a lavorare, sai, per l’indipendenza…» comincio a spiegare. Ovviamente, qualcuno mi interrompe.
«Perché non dici la verità, Lilly?»
Come mi ha chiamato? Vi prego, ditemi che non l’ha fatto davvero. Vi scongiuro.  Credo che Niall abbia colto la mia espressione omicida attraverso lo specchietto retrovisore, perché si affretta a distogliere l’attenzione di Giorgia, chiedendole se sia fidanzata. Lei, naturalmente, attacca a raccontare della sua ultima conquista, come se davvero a qualcuno gliene fregasse qualcosa.
Intanto, Erika mi posa una mano sul braccio e mi sorride incoraggiante.
«Ti capisco, sai? Nemmeno io vado all’università. A parte che non posso permettermela…»
«Si, sai, la famiglia di Erika è un po’ povera.» si intromette di nuovo Giorgia, con una delicatezza incredibile. Vorrei usare la sua stessa delicatezza per tirarle una testata. Quanto mi piacerebbe picchiarla, voi non potete capire.
Erika? Be’, Erika non ha risposto. Si è limitata ad arrossire violentemente e ad abbassare lo sguardo, come se avere pochi soldi fosse un crimine di guerra o, ancora peggio, una cosa di cui vergognarsi profondamente.
«Ehi, Giorgia, la vuoi sapere una cosa?» domando, con un sorrisino amabile stampato in faccia.
So già che dovrei tapparmi la bocca, perché scatenare l’oltraggio di mia cugina non è conveniente per nessuno, ma proprio non posso sopportare quello che ha detto. Perciò, se il suo scopo era farmi perdere la pazienza, be’, ci è riuscita alla perfezione.
«Si?» mi incita, con un sorrisetto divertito. Ora mi è tutto chiaro: la sta facendo apposta, brutta baldracca.
«Sei più inutile della carta igienica. Almeno quella serve per pulirsi il culo.»
«Come, prego?»
Ed eccolo, l’oltraggio. Glielo leggo negli occhi, insieme all’indignazione e alla confusione. Proprio non capisce perché le sto dicendo questa cosa. Non ci arriva, perché è stupida di natura.
«Sto dicendo che tu»
«Siamo arrivati!» mi interrompe Niall, ancora una volta. Devo proprio dirglielo, dopo, che la deve piantare di tarparmi le ali. Io ho bisogno di esprimermi, maledizione! E comunque Giorgia è mia cugina, ho tutto il diritto di insultarla, se se lo merita.  E si da il caso, tra parentesi, che se lo meriti più di chiunque altro.
Perciò osservo Niall in tralice, nella speranza che capisca che è giunta l’ora che si faccia una tazzina di affari suoi, ma lui mi ignora e scende dalla macchina per aiutare Giorgia e Erika con le valigie. Io me ne sto seduta, dato che per quanto mi riguarda spero solamente che Giorgia si rompa un dito, o un braccio, o qualunque cosa durante il trasporto.
Mentre Niall fa avanti e indietro, mi sposto sul sedile davanti e mi allungo comodamente, tanto per far capire a Giorgia che quello è il mio posto e che lei non me lo soffierà mai. A parte oggi, ma si è trattato di un’eccezione.
E comunque, ho cose più importanti a cui pensare. Tipo che questa sarà la prima sera che trascorrerò a casa di Niall. Vi sembrerà incredibile, ma sono davvero nervosa. Non tanto per Niall, al momento sono un po’ incazzata con lui, quanto per Harry. Ha detto che dobbiamo parlare. Ma parlare di cosa? Non può voler insistere davvero su questa cosa che gli piaccio. Parliamoci chiaro: è impossibile.
Davvero. E pensare che in genere non sono una disfattista, ma proprio non mi capacito del fatto che Harry potrebbe essere interessato ad una come me. Se uscirà fuori l’argomento, giuro che chiederò spiegazioni in merito.
Però lui l’ha detto, che gli piaccio. E perché dovrebbe dirlo, se non fosse vero? Certo, a meno che non si stia divertendo a prendermi in giro, riuscendoci anche alla perfezione.
Al diavolo. Mi sento una menomata mentale. Possibile che un solo ragazzo abbia il potere di farmi delirare come una stupida? Se solo fossi un po’ più masochista, mi prenderei a schiaffi.
Niall rientra in macchina qualche minuto dopo e, senza rivolgermi la parola, avvia il motore e si dirige verso casa sua.
Oh, ma certo! Adesso fa pure l’incazzato. Come se la cugina stronza fosse sua. Ma si, difendiamo pure la povera, piccola e innocente Giorgia.
«Dovresti smetterla di comportarti come una bambina.» dice, poco dopo. Lo ignoro, perché non ho voglia di mettermi a litigare anche con lui. A dispetto delle apparenze, sono una ragazza pacifica. Va bene, non proprio, però mi dispiacerebbe litigare con Niall.
«Non rispondi nemmeno?» incalza, spazientito. Sbuffo, borbotto un “lasciami in pace” e mi volto verso il finestrino. Ecco, adesso mi viene anche da piangere.
Vedete cosa succede? È così tutte le volte. Ogni volta che arriva Giorgia, tutti sembrano dimenticarsi che la stronza è lei, non io. E, magicamente, sono dalla parte del torto. Lo sapevo, che sarebbe andata a finire così. E non è giusto.
Da Niall non me l’aspettavo, però.
Quando parcheggia nel vialetto di casa sua, scendo dalla macchina e senza spiccicare nemmeno una parola mi avvio verso casa. La porta si apre prima ancora che io riesca a bussare e in un attimo Harry e Louis sono sulla soglia, entrambi con un sorriso divertito, che puntualmente scompare quando si rendono conto della mia espressione.
«Che succede?» domanda Harry. La sfumatura preoccupata nella sua voce non fa altro che accrescere la mia voglia di piangere, così onde evitare ulteriori figure di merda, scuoto la testa e mi dirigo su per le scale, dove c’è la camera degli ospiti che Niall mi ha riservato.
Mi chiudo dentro e poi mi butto sul letto. Affondo la faccia nel cuscino, che odora ancora di bucato, e sopprimo un grido isterico. Avrei davvero voglia di prendere a pugni qualcuno.
Forse sbaglio. Forse mi sto comportando come una bambina capricciosa, ma perché nessuno sembra capire l’effetto che Giorgia ha su di me?
Non dico che dovrebbero essere tutti dalla mia parte, perché ovviamente ognuno ha un modo diverso di vedere le cose, ma essere sgridata da Niall – Niall, capite? – mi fa sentire quasi umiliata. Sarà perché lui prende sempre ogni cosa sul ridere, ma saperlo infastidito per qualcosa che ho detto mi fa stare male. E non è giusto, perché io ho ragione. No?
Mi raggomitolo su un fianco e raccolgo le gambe contro il petto. Non ho più nemmeno voglia di pensare. Poi qualcuno bussa alla porta. Una, due, tre volte.
«Leighton, apri.»
Oh, ma certo. Ora il signorino Horan si mette anche a dare ordini. Ma guarda un po’. Mi giro dall’altro lato, infastidita. Se crede davvero che farò quello che dice, allora non mi conosce affatto.
«Possiamo parlare?» domanda, allora.
«Non ho niente da dirti.»
«Non fare la bambina e apri.»
«Smamma, Niall. Vai a parlare con Giorgia, visto che ti sta così simpatica.» sibilo, sull’orlo del pianto. Mi fa così male rendermi conto che ha preso le sue difese senza nemmeno tentennare.
Finalmente, Niall si arrende e sento i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio.
Ecco, bravo. Vai via.
In più, come se non bastasse, ho anche fame perché è ora di cena. Peccato che non ho nessuna intenzione di scendere a mangiare con quel traditore. Non se ne parla proprio.
Piuttosto muoio di fame o, più semplicemente, aspetterò che tutti quanti se ne vadano a letto, prima di scendere a spizzicare qualcosa.
E se non mi passa questa voglia di piangere, giuro che mi incazzo.
«Mi apri, per favore?»
Sbuffo, quando riconosco la voce di Harry. Che fa, Niall? Manda l’artiglieria pesante? Solo perché ha intuito che Harry un po’ mi piace, crede che scatterò al suo comando?
«No.»
«Dai, Leighton.»
«Ho detto di no.»
«Devo buttare giù la porta?» domanda, divertito. Mio malgrado sorrido.
«Attento a non slogarti la spalla, mi raccomando.»
«Apri.»
«No.»
«Sto seduto qui fuori tutta la notte.»
«Non hai proprio niente da fare, Harry? Che ne so, fondare il fan-club “Giorgia for president” insieme al tuo amico Niall?» farfuglio, sul punto di scoppiare in lacrime. 
«Apri, Leighton…» mormora Harry, con dolcezza. Maledizione, mi sto rammollendo. Sospiro, poi mi trascino giù dal letto e faccio scattare la serratura. Un secondo dopo, Harry sta chiudendo la porta alle sue spalle.  Torno a sedermi sul letto, senza nemmeno guardarlo. Mi sento il suo sguardo addosso e non mi piace affatto il modo in cui mi fa sentire. Come se, adesso che lui è qui, le cose non fossero tanto tragiche come apparivano fino a due minuti prima.
«Cos’è successo?» domanda, tranquillo. Nel frattempo, si siede accanto a me sul letto, così vicino che sento il suo calore avvolgermi, ma abbastanza lontano da non sfiorarmi nemmeno. Con sorpresa, mi rendo conto che vorrei fosse più vicino. Magari per una volta potrei comportarmi in maniera spontanea. Solo per questa volta, mi riprometto.
E, comunque, sia chiaro che lo faccio solo perché sono triste e sconsolata.
Appoggio la testa sulla spalla di Harry e mi accoccolo contro il suo fianco. Lui sorride, poi mi circonda le spalle con un braccio e posa la sua testa sulla mia. La sua mano, intanto, comincia a descrivere degli strani cerchi sul mio braccio.
«Secondo te, ha ragione Niall?»
«Non so neanche perché avete discusso…»
«Ha difeso Giorgia.  Perché?» farfuglio, affondando il viso nell’incavo accogliente tra la spalla e il collo di Harry, che sospira.
«Cos’hai detto a Giorgia?» chiede, col tono di chi già sospetta che la risposta non sarà delle migliori.
«Che più inutile della carta igienica.»
«Perché, la carta igienica è utile?» ribatte Harry.
«Be’, almeno con quella ti ci puoi pulire il culo.»
Passa un minuto, in cui Harry resta tragicamente in silenzio. Poi comincia a ridere, nemmeno avesse sentito la più divertente delle barzellette. Che strano, questo ragazzo. Io dicevo sul serio, quando parlavo dell’inutilità di Giorgia. Non ci trovo niente da ridere.
«Quando hai finito, fai un fischio.» borbotto, risentita. Harry prende qualche respiro profondo, si passa una mano sullo zigomo per togliere una lacrima e si ricompone. Ecco, ora è troppo serio, lo sapevo. Perciò immagino subito che l’argomento Giorgia sia stato superato e che la sua attenzione sia rivolta a qualcosa di più “interessante”, come la conversazione avuta questo pomeriggio al telefono.
Poi, siccome per natura sono abbastanza codarda, fingo uno sbadiglio.
«Scusa, sono un po’ stanca. Potresti lasciarmi sola?»
«Non funziona, Leighton.»
«Non funziona cosa?» sii furba, Leighton. Tieni duro e fingiti stanca, vedrai che se ne và. Harry inarca un sopracciglio, ma non accenna ad alzarsi.
«Davvero, Harry, avrei sonno.» come a confermare che le mie parole rappresentano assolutamente la verità, mi separo da quel mezzo abbraccio e mi sdraio. Un altro sbadiglio e qualche mugugno dovrebbero essere sufficienti.
«Buonanotte.»
«Leighton.»
«Oh, cielo, ma come si è fatto tardi!» farfuglio, con voce più acuta del solito.
Oh, certo. Che attrice del cazzo. Molto convincente, sul serio.
Chiudo anche gli occhi, ma quando li riapro per assicurarmi che Harry se ne sia andato, mi rendo conto che c’è qualcosa che non và: Harry è in piedi e sta frugando nel mio armadio.
«Ma che fai?» gli chiedo, oltraggiata.
«Vedo che il sonno ti è passato.» mormora, soddisfatto. Mugugno uno “stronzo” che sono sicura ha sentito, poi il mio cardigan bianco finisce sul letto, ed Harry si avvia fuori dalla stanza.
«Copriti, andiamo a fare una passeggiata.» Ahi. Ed è qui, che cominciano i dolori.



***



Here I am!
Avete visto? Questa volta ho aggiornato prestissimissimo, più o meno. Comunque, questo capitolo non è decisamente uno dei miei preferiti, però non mi dispiace. C'è un pò più di Harry, ecco u.u
Ma il prossimo... aaaaah, prevedo un gran casino e un sacco di Harry. Ma tanto, perciò, preparatevi.
Come avrete visto, Giorgia è l'odiosità fatta a persona. E' una cosa voluta, perchè mi diverte immaginare che esista qualcuno così cretino. Mi è anche capitato di conoscere ragazze al suo stesso livello, perciò non è proprio così fantasiosa, ecco. Un pò esagerata, si, ma non incredibile. Oddio, mi sono incartata.
Di Erika che ve ne pare, invece? A me piace, per cui credo che le darò una parte un pò più importante, ancora non so, devo decidere!
Ho detto tutto, credo.

Per chi volesse, su Twitter mi trovate come @FTheOnlyWay

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Capitolo 8
*** Colpa della pioggia. ***





Capitolo 8

“Colpa della pioggia.”
 


Con tutta la lentezza di cui sono capace – e, credetemi, sono un vero asso nell’essere lenta – indosso il cardigan e seguo Harry giù per le scale.
È già uscito, lasciando dietro di sé la porta d’ingresso spalancata. Do un’occhiata alla mia destra, verso il salotto, tanto per controllare che Louis stia bene e non si sia offeso per poco prima. Non si sa mai, qui sono tutti suscettibili.
«Dove stai andando?» alzo gli occhi al cielo, infastidita. Ed ora si può sapere Niall che cosa cavolo vuole, ancora?
«Non ti interessa.» rispondo, rigida. Niall sbuffa e mi afferra per un braccio; la sua presa è ferma, ma non tanto da farmi male. Mi divincolo per un attimo, ma quando è evidente che non mi lascerà andare, mi fermo.
«Sto uscendo con Harry. Posso, papà
Wow, grondo sarcasmo da tutti i pori. Niall, che fino a questa mattina avrebbe riso se gli avessi detto qualcosa in questo tono, rimane tremendamente serio.
«Ti aspetto sveglio, quando torni voglio parlare con te.» replica, senza nemmeno l’accenno di un sorriso.
«Vuoi sapere qual è la novità?» gli domando, tirando uno strattone furioso con il braccio. Quando sono libera dalla sua presa lo spintono lievemente all’indietro. Sono così incazzata, per Dio!
«Tutti volete parlare con me, ma non vi passa nemmeno lontanamente per la testa che IO NON VOGLIO PARLARE CON VOI!» sto praticamente urlando, così anche Louis accorre dalla cucina per vedere cosa sta succedendo. Spalanca gli occhi, colpito, quando si rende conto che sto piangendo. Un’altra volta.
Da quando Niall, Harry e quell’altra piaga sono entrati nella mia vita, sembra che io non faccia altro che piangere. Ed è una cosa che mi fa così arrabbiare... non sono mai stata una marmocchia, una di quelle ragazzine che frignano per avere un po’ di attenzione. Io odio stare al centro dell’attenzione. Ma qui tutti vogliono parlare con me: Niall perché ho risposto male a quella stronza, Harry perché vuole costringermi ad ammettere un sentimento per cui ancora non sono pronta, quella baldracca italiana vuole solo umiliarmi. Ed io? Chi ci pensa a me? Nessuno.
«’Fanculo.» sibilo, prima di voltare le spalle a Niall e Louis. Esco di casa in tutta fretta e, prima che me ne renda conto, sto correndo verso non so dove. Cielo, non ci credo neanche io. Sembro una di quelle patetiche protagoniste di quei film sdolcinati che, manco a dirlo, non sopporto. Non me ne frega di niente, penso solo al fatto che tutti mi sembrano contro di me e che non è giusto. Okay, pensatela pure come vi pare. Sarò patetica, esagerata, sfigata, tutto ciò che volete, ma io so di avere ragione.
Continuo a correre per dieci minuti, diretta verso una meta sconosciuta. I miei piedi vanno da soli, come se fossero dotati di vita propria, come se avessero una loro volontà.
Sapete, in tutta sincerità credo che i pianeti si siano allineati contro di me. O forse è solo il mio ascendente che è un gran bastardo, oppure, in alternativa, la colpa potrebbe essere del karma. Chissà, magari in una vita precedente facevo parte del Ku Klux Clan, o ero una mercenaria spietata, oppure ammazzavo cuccioli di foca per farne pellicce, non lo so.
Però non sono per niente sorpresa del fatto che abbia iniziato a piovere. E, non so se siete mai state a Mullingar, ma qui non si limita a qualche goccia. Perché oltre a Niall Horan, di stronzo c’è anche il tempo.
E comunque, visto che ho fatto trenta, tanto vale fare anche trentuno, così continuo a correre ma, un istante prima di svoltare l’angolo, una mano afferra il mio braccio e mi strattona all’indietro. Prima che abbia il tempo di dire “A”, Harry mi ha già spinto sotto una tettoia, riparando entrambi dalla pioggia scrosciante.
Mi azzardo a guardarlo e, a giudicare dalla sua espressione, è decisamente furioso. È fradicio, proprio come lo sono io, e l’acqua gocciola in grande abbondanza dai suoi capelli. Non sono più nemmeno tanto ricci, ormai. Stringo il pugno, colta dall’improvvisa voglia di scostargli le ciocche bagnate dalla fronte.
Non credo che avrò il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Cos’è, una cazzo di prova di resistenza?» domanda, sarcastico. La sua voce è ancora più roca del solito ed è un po’ rotta dal fiatone dovuto alla corsa. Spalanco gli occhi, sorpresa: Harry Styles ha appena detto “cazzo”. Ed è una cosa che mi lascia di stucco, perché fino ad ora non l’avevo mai sentito dire una parolaccia.
Boccheggio alla ricerca di qualcosa da dire, ma l’unica cosa che riesco a fare è fissare quasi incantata il colore strano che hanno assunto i suoi occhi. Dev’essere colpa di questa luce, ma non mi sono mai sembrati più belli. Harry se ne accorge e per un attimo la sua rabbia cede il posto alla… cos’è? Tenerezza? Malizia? Non capisco.
Poi sospira.
«Smettila di piangere, Leighton.» mormora, passandomi le mani sulle guance. Chiudo gli occhi, godendomi a pieno il suo tocco delicato, poi un brivido mi percorre la spina dorsale e subito dopo starnutisco. Harry ride.
«Arricci il naso in un modo strano.» commenta, con serenità. Arrossisco furiosamente e sto per mandarlo al diavolo, ma un altro starnuto mi blocca.
«Merda.» brontolo. Certo, ma prendetevela tutti con me: Niall, Giorgia, Harry, il tempo, Dio, le Parche. Qualcun altro? No, perché credo di essere a posto per il resto della mia misera esistenza.
«Tieni…» Harry si sfila la felpa blu e me la porge. Inarco un sopracciglio, osservando con aria scettica l’acqua che gocciola dalle maniche. Poi riguardo Harry, che solleva le spalle come a dire “in effetti”. 
«Oggi sembri più schizofrenica del solito.» commenta poi, sedendosi sul gradino. Se volessi tirargli un calcio, sarebbe in una posizione ottimale: lo colpirei in faccia senza il minimo sforzo. Sbuffo, poi mi siedo accanto a lui e incrocio le braccia sotto il seno.
«Me ne rendo conto.» rispondo, sincera. È vero, che credete? Sono perfettamente consapevole di assomigliare ad un’esaurita con qualche problema esistenziale, ma non è una cosa che posso controllare. Semplicemente, ho delle emozioni anche io. Il mio problema è gestirle in maniera normale.
«È solo per Giorgia?» chiede Harry, serio come non mai. Ecco, lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di discutere di questa cosa. Sono pronta per farlo? Probabilmente no, così come non sono sicura di riuscire a controllare ciò che dirò.
«No.» ribatto, senza nemmeno guardarlo in faccia. Non voglio parlare di quello che provo. Non voglio e basta, punto. Fine della storia.
«Cos’altro c’è?» Harry mi solleva il viso con delicatezza, costringendomi a guardarlo negli occhi. Ho come l’impressione che riesca a leggermi nel pensiero, che sappia ciò che dirò prima ancora che io apra bocca. Com’è possibile che mi conosca così bene? Non sa niente di me, a parte quello che io stessa gli ho raccontato, eppure sembra che mi abbia inquadrata alla perfezione.
Vuoi la sincerità, Harry Styles? D’accordo, eccoti accontentato.
«Ci sei tu, Harry.» lo fisso, tremendamente seria, prima di lasciare andare tutte quelle parole che sto trattenendo da quando l’ho incontrato per la prima volta.
«Tu mi confondi. Ed è una cosa che non mi piace, perché io voglio tenere tutto sotto controllo. Mi disorienti. Quando tu sei nei paraggi, quando mi parli, quando mi sfiori, io non capisco più niente. Niente, ti rendi conto? Ed è una gran cazzata, perché tu tra due schifosissime settimane te ne andrai e troverai di certo una più bella di me, più simpatica – non che ci voglia molto, in effetti, una più intelligente, che studia psicologia al King’s College o dove cavolo ti pare. Una che meriti le tue attenzioni.» farfuglio, confusa. Non so nemmeno cosa sto dicendo, accidenti. Vedete cosa intendo, quando dico che Harry mi confonde?
Harry, da parte sua, si limita a stare in silenzio fino a che la pietosa prima parte del mio monologo è conclusa.
«Non è detto che tra di noi non possa funzionare.» commenta poi, lasciandomi una carezza delicata sulla guancia. Per un solo, fantastico attimo la tentazione di arrendermi e di cedere al sentimento che provo per lui – ormai è innegabile – mi riempie il cervello. Poi, però, la realtà si fa spazio ed io sono di nuovo in piedi, con le mani tra i capelli e un mal di testa incredibile.
«Oh, andiamo! Ma guardami! E guardati tu! Non funzionerebbe mai, Harry. Ed io non posso e non voglio innamorarmi di una persona che non va bene per me.»
E allora anche Harry si alza e mi si para davanti. Come al solito, sono costretta a sollevare il viso per poterlo guardare in faccia. Rabbrividisco, quando mi rendo conto di averlo fatto infuriare come non mai. Fa un passo in avanti ed io, di riflesso, ne compio uno indietro. Continuiamo così, fino a che il muro non blocca la mia ritirata. Mi guardo intorno in cerca di una via di scampo.
«Niente da fare, Leighton. Sei in trappola.»
«Io non stavo…»
«Si, invece! È quello che fai sempre! Scappi da tutti i problemi: Niall è arrabbiato? Corri via. Giorgia è a Mullingar? Ti trasferisci da un’altra parte. Ed io? Cosa dovrei dire io? Sto cercando in tutti i modi di farti capire che a te ci tengo, ma tu niente! No, perché la signorina O’Connell non concede opportunità a nessuno, vero? No, lei è troppo per noi comuni mortali. Poveri, stupidi illusi che credono di essere al suo stesso livello. È così, vero? Cosa credi, che un giorno arriverà il principe azzurro, ti sposerà e vivrete tutti felici e contenti? Svegliati, principessa. Non funziona così. Ed io non ho nessuna intenzione di stare dietro ad una ragazzina viziata che aspetta solo che il piatto le venga servito sotto il naso. Quando deciderai cosa vuoi davvero, fammi un fischio.» conclude, gelido, prima di voltarmi le spalle e allontanarsi.
Vorrei urlargli di andarsene al diavolo, vorrei gridargli che non ha nessuno diritto di dirmi queste cose, che non sa niente di me, che è un idiota di prima categoria e che lo detesto. Ma sarebbero tutte bugie, perché ha ragione. Su tutto.
Dopo aver preso un respiro profondo, mi ributto sotto la pioggia scrosciante e me ne torno a casa, con la coda tra le gambe. La testa mi scoppia e sento le tempie pulsare dolorosamente, ma in tutta sincerità non m’importa. Vorrei solo poter tornare indietro nel tempo, cancellare l’ultima mezz’ora e dire ad Harry che l’unico motivo per cui mi comporto come una ragazzina stupida è che non so come gestire quello che provo.
Perché il modo in cui mi fa sentire, il modo in cui mi guarda, mi fa credere di essere speciale. Ed è impossibile, perché non sono mai stata speciale per nessuno, figurarsi se potrei mai esserlo per uno come lui.
Non posso credere di essermi innamorata di Harry dopo solo due settimane scarse. Sapete, sono già passati nove giorni, da quando Harry è arrivato a Mullingar. Ciò significa che, più o meno, tra una settimana e mezza se ne andrà. Vedete? Non c’è verso che le cose possano funzionare, soprattutto adesso che io ho rovinato tutto. In ogni caso, decido che Harry si merita di più di una mia bugia, così non appena tornerò a casa gli parlerò e gli chiederò scusa. Se lo merita.
La porta di casa, fortunatamente, non è stata chiusa a chiave, così riesco ad entrare evitando anche l’umiliazione di farmi trovare bagnata e arruffata come un pulcino. C’è qualcosa di strano, però, perché Niall sta gridando. E non contro di me.
Si può sapere che succede? Muovo qualche passo, cercando di essere silenziosa, ma il rumore delle scarpe bagnate contro il pavimento mi tradisce. Un secondo dopo, Louis si affaccia dal salotto, mi corre incontro e mi abbraccia.
«Stai bene? Porca puttana, Leighton, si può sapere dov’eri?» sbraita, senza mollare la presa.
«Niall, è qui! Molla il telefono!» urla poi. Dal salotto non arriva più nessun rumore, dopodiché i passi affrettati di Niall sono l’ultima cosa che sento, prima che anche lui cominci a farfugliare che “grazie a Dio sto bene.”
Stretta ancora tra le braccia di Niall, che sembra essersi completamente dimenticato di essere in collera con me, mi rendo conto di una cosa: Harry non c’è.
E poi, perché dovrei essermi fatta male?
«Harry dov’è? Devo parlare con lui.» domando, facendo un passo verso le scale.
Niall e Louis si scambiano uno sguardo strano, ed un brivido di puro terrore mi sale su per la spina dorsale.
«Dov’è Harry?» domando di nuovo.
Niall sospira, poi mi posa una mano sulla spalla e, con calma, mi risponde.
«È in ospedale, ma sta bene.»
Una fitta alla testa, un capogiro e mi cedono le gambe. In meno di un secondo mi ritrovo a terra. Allontano le mani di Louis e Niall con un gesto secco.
«Com’è successo?»
«Stava attraversando, una macchina ha slittato per la pioggia e non ha fatto in tempo a frenare.»
«L’ha preso solo di striscio, Harry si è spostato.» si affretta ad aggiungere Louis.
È colpa mia. Se solo fossi rientrata con lui, o se l’avessi trattenuto, ora Harry non sarebbe in ospedale. Sono una persona orribile e per lui è un bene stare lontano da me, ora come non mai ne sono più che convinta.
«Sei un po’ pallida, sei sicura di stare bene?» chiede Niall, guardandomi preoccupato. Annuisco, brusca. In realtà non sto affatto bene, proprio per niente. Credo di avere la febbre, ma non mi importa. Tutto ciò che voglio, è andare da Harry. E voglio farlo subito. Dopodiché gli dirò la verità a tornerò a casa. Sopporterò Giorgia, ma almeno mi toglierò dalla testa l’unico ragazzo di cui, probabilmente, mi innamorerò mai.
«Sto benissimo. Mi accompagnate in ospedale?»
«Harry sta bene, Leighton.» ribadisce.
«Mi accompagnate o no?»
Non me ne frega che Harry sta bene, io lo devo vedere. Adesso. Niall e Louis alzano gli occhi al cielo, in perfetta sincronia, poi Niall afferra le chiavi della macchina.
«Mettiti qualcosa di asciutto, almeno.»
«Mi asciugherò per strada. Andiamo?»
Dopo un ultimo sbuffo spazientito, Louis e Niall escono di casa.
È tutta colpa mia, penso, mentre Niall mette in moto il motore.
È tutta colpa mia.


***


Questo capitolo è... non lo so neanche io. Giuro che non avevo pensato all'incidente. Mi è uscita così, mentre lo scrivevo. E so anche che potrebbe sembrare banale, me ne rendo perfettamente conto. E mi dispiace. Cioè, non sono propriamente soddisfatta del risultato. Proprio per niente.
Spero comunque che non vi abbia deluso, perchè mi dispiacerebbe davvero.
Niente, i just want to say a massive thank you per aver commentato lo scorso capitolo e chiederevi scusa per non aver risposto!
Fatemi sapere che ne pensate!
Much love,
Fede. 

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Capitolo 9
*** Coerenza? No, grazie. ***







Capitolo 9

“Coerenza? No, grazie.”
 



Mentre Niall guida verso il St. Francis, ho ancora diverso tempo a disposizione per riflettere circa la mia situazione con Harry.
Alla fine, la soluzione a cui giungo è una sola: non faccio per lui. E non solo perché sono un disastro ambulante quando si tratta di intrattenere una relazione con qualcuno, ma anche perché, evidentemente, attiro la sfiga su chi mi circonda. Per non parlare, poi, di quella che attiro su me stessa. La cosa comincia a diventare preoccupante, forse è davvero il caso di farmi vedere da qualcuno. Possibilmente molto bravo.
«Mi dispiace per questo pomeriggio.» sostiene Niall, quando siamo circa a metà strada.
Aspetto un po’, prima di rispondergli, perché sono ancora indecisa: lo perdono, o continuo a tenere il muso in eterno? Nel secondo caso credo che, a lungo andare, la cosa andrebbe a mio sfavore. Voglio dire, tengo troppo a Niall, per permettere a Giorgia di separarci.
Perciò sospiro, poi annuisco.
«Non fa niente.»
«Dico davvero. Non so cosa mi sia preso. È che per un attimo mi sei sembrata cattiva e non ti ho riconosciuto, ecco…» farfuglia, in difficoltà. Louis seduto sul sedile anteriore, sbuffa.
«Avete davvero litigato per questa cazzata?» domanda, voltandosi verso Niall con espressione incredula. Le guance dell’irlandese si chiazzano immediatamente di rosso e, mio malgrado, non posso fare a meno di intenerirmi.
Perciò intervengo in sua difesa, perché nel momento esatto in cui ha pronunciato la parola “cattiva” ho capito che ha ragione.
«No, ha ragione.» sostengo, infatti «Volevo che Giorgia ci rimanesse male.»
Si, volevo che per una volta capisse come mi sento io tutte le volte che mi parla: una merda.
Evidentemente, però, il suo egocentrismo le fa anche da scudo contro l’acidità e contro la cattiveria. Quindi sarà il caso che io la smetta di cercare un modo per ferirla, perché tanto non funzione. D’accordo, vada per l’indifferenza.
«Lasciala stare, Leighton. Tanto sarai tu a starci male.» commenta Niall, in tutta tranquillità.
Annuisco, poi porto le mani sulle tempie e comincio a massaggiare in circolo, perché ho un mal di testa che mi sta uccidendo. Ci voleva la febbre, per concludere in bellezza la serata.
Dico io, non bastavano Giorgia – di fronte alla quale le piaghe d’Egitto sembrano una ricompensa -, il litigio con Niall, quello con Harry e il diluvio universale. No, mi ci voleva anche la febbre. Grazie tante.
Nel frattempo, Niall è entrato nel parcheggio dell’ospedale. Gli do a malapena il tempo di fermarsi, prima di buttarmi fuori dalla macchina e mettermi a correre verso l’entrata. Naturalmente continua a piovere, così anche se ero riuscita un po’ ad asciugarmi, mi ritrovo inzuppata un’altra volta. Non che mi importi, perché ora l’unica cosa a cui riesco a pensare è Harry.
Chissà come sta, chissà cosa gli hanno detto i medici. Chissà se mi odia, visto che per colpa mia ha avuto un incidente.
Mi accorgo a malapena delle occhiate stralunate che mi lanciano, perché sono troppo impegnata a dirigermi in tutta fretta verso il banco informazioni.
«Sto cercando Harry Styles, è stato portato qui un’ora fa. Ha avuto un incidente in macchina ed io non so come sta e, oddio, è tutta colpa mia, capisce?» farfuglio, confusionaria.
L’infermiera, una donna di circa cinquant’anni, mi sorride e alza la mano sinistra facendomi cenno di stare in silenzio per un attimo.
«Con calma, cara. Come si chiama il tuo fidanzato?» domanda. Alla parola fidanzato, arrossisco furiosamente.
Oh, certo, complimenti per la coerenza, Leighton.
«Harry Styles.» rispondo, comunque. Lei annuisce, sorride con aria materna e digita qualcosa sulla tastiera.
«Stanza 376.»
«La ringrazio.»
«Figurati, cara. In fondo al corridoio, sulla destra.» mi comunica poi. Mi sarei aspettata come minimo che facesse commenti sul mio aspetto sicuramente schifoso, ma si limita a guardarmi andare via con un sorriso un po’ enigmatico. Probabilmente si starà chiedendo quale tipo di problema ho.
Alla fine del corridoio, ho come l’impressione che il cuore mi stia scoppiando in gola. Con quale faccia posso entrare dentro la stanza? Con che coraggio, dopo tutto quello che gli ho detto? Mi passo le mani tra i capelli, arricciando le punte con nervosismo, poi prendo un respiro profondo ed entro.
Harry è perfettamente sveglio e perfettamente cosciente e, guarda un po’, sembra stare perfettamente bene.
Faccio un passo in avanti, stralunata, mentre lui mi osserva con tanto d’occhi. Be’, che cavolo guarda? Mai visto una ragazza inzuppata in ospedale?
«Cosa fai qui, Leighton?» domanda. Poi si alza in piedi e mi viene incontro.
«Niente, cosa vuoi che faccia? Razza d’idiota, mi hai fatto prendere un infarto!» urlo, mentre sento gli angoli degli occhi pizzicare fastidiosamente. Ecco, brava, mettiti a piangere!
«Guarda che sto bene.» sorride, mettendo in mostra quelle fossette diaboliche. Si avvicina ancora, poi mi afferra per le spalle.
«Non piangere. Sto benissimo, vedi?» ripete. Lo guardo un attimo e, a parte la stanchezza, sembra stare bene sul serio.
Istintivamente, gli butto le braccia al collo e lo stringo forte. Cielo, per un attimo ho temuto davvero che si fosse fatto qualcosa di grave. Non me lo sarei mai perdonata.
Lo sento sorridere tra i miei capelli, poi le sue braccia si avvolgono intorno ai miei fianchi.
«Stronzo.» borbotto, affondando la faccia tra le pieghe della sua maglietta blu. Harry ride, poi si scosta e mi guarda con attenzione.
«Sei pallida.» certo che sono pallida, ho la febbre. Ma questo ovviamente Harry non deve saperlo. Non dovrebbe preoccuparsi per me.
«Non me ne frega, come hai fatto a farti male?»
«Non mi sono fatto male, sto benissimo.» replica, convincente.
Poi il medico entra in camera.
«Signor Styles, le avevo raccomandato di stare a letto.» e, con un’occhiataccia, convince Harry a sdraiarsi di nuovo. Poi si accorge che ci sono anch’io.
«Lei dev’essere la famosa Leighton, giusto?» domanda. Confusa, guardo Harry, che solleva le spalle con un’espressione tanto innocente quanto falsa.
Sbuffo. «Si, purtroppo si.»
«Il signor Styles mi ha parlato di lei, mentre faceva la risonanza.» spettegolò, con un sorriso divertito. Oh, ma si figuri. Mi pigli pure per il culo tutto il tempo necessario, c’è sempre posto per qualche altro rompi scatole.
«Il signor Styles dovrebbe imparare a tapparsi la bocca.» replico, risentita. Ridacchiano entrambi. Che delizioso quadretto: medico e paziente che vanno d’amore e d’accordo. Se non fosse che ho un mal di testa atroce e i capogiri mi unirei all’allegra combriccola con estremo piacere.
«Mi ha detto che state insieme da poco.» continua Doc, imperterrito. Ma dico io, farsi i cavoli suoi?
«Non stiamo insieme.»
Così si fa, Leighton. Sii combattiva.
«Non ancora.» afferma Harry, distendendo le gambe sul letto. Mi rivolge un’occhiata maliziosa, che mi fa ovviamente arrossire. Come se avesse intuito le mie intenzioni, Doc abbassa il capo per controllare la cartella clinica ed io ho il tempo di sollevare il dito medio in direzione di Harry che, nemmeno a dirlo, ride.
Sembra tornato di buonumore, tutto all’improvviso. Perciò la soluzione è una sola.
«Quant’era forte, la botta che hai preso?» domando, stringendomi un po’ nella maglione. Ho un freddo esagerato, porca miseria.
«A quanto risulta dalla TAC, è tutto a posto. Potremmo dimetterlo subito, se lei mi assicura che qualcuno lo terrà d’occhio almeno per questa notte.»
«Si, certo, ci penseranno Niall e Louis.» assicuro, seria. Doc ride, poi afferma che andrà a prendere il modulo per le dimissioni e, di nuovo, io ed Harry rimaniamo da soli.
«Io voglio che ci pensi tu.» borbotta, mettendo un broncio che, in cuor mio, non posso fare altro che reputare adorabile.
«Ti ricordo che nemmeno due ore fa, mi hai urlato di essere una principessa viziata.»
«E tu mi hai detto che non vuoi stare con me, eppure ti sei precipitata in ospedale e sei scoppiata a piangere tra le mie braccia. Perciò direi che nessuno dei due è un granché attendibile, no?» commenta.
Sbuffo, seccata. Ha ragione, ma non posso mica dirglielo. Che ne sarebbe poi, di tutti i miei intenti di finire qui qualsiasi cosa ci sia tra noi due?
«Perché devi essere così testardo?» mormoro, con lo sguardo basso. Davvero, io ci provo a resistere. Con tutta me stessa, perché mi rendo conto alla perfezione che non vado bene per lui, perché attiro sfiga, sono esaurita e ho, in tutta probabilità, qualche disturbo comportamentale e un grave problema con la coerenza e con le relazioni interpersonali.
«Io? E tu invece?»
Non mi sono accorta di averlo così vicino, fino a quando le sue mani sfiorano i miei fianchi. Allora sollevo lo sguardo e resto incantata.
Merda. Come faccio anche solo a pensare di stargli lontana? È impossibile. Dovrei essere masochista e si dà il caso che non lo sono affatto. Dopotutto, cosa ci sarebbe di sbagliato, nel concedere a entrambi una possibilità?
«Io… io…» balbetto, in difficoltà. Al diavolo, ma a chi voglio darla a bere? Voglio baciarlo.
«Fallo. Prima che lo faccia io.» sussurra Harry, con la voce ancora più bassa nel solito. Mi mordicchio le labbra, in difficoltà.
Cosa faccio, adesso? Lo bacio, non lo bacio?
«Tempo scaduto.» mormora Harry, prima di inchinarsi verso di me e posare le sue labbra sulle mie. E, nel momento esatto in cui sento di nuovo le farfalle nello stomaco, capisco che non c’è niente da fare. Sono innamorata Harry, punto. Non ci sono né Giorgia né distanza che tengano. Voglio stare con lui.
È incredibile come alla fine abbia ceduto anche io ad un sentimento che credevo sarebbe rimasto sempre anni luce lontano da me. E, ancora più incredibile, è che io l’abbia trovato in Harry.
Perché lui è, fondamentalmente, il mio opposto. È posato, tranquillo, affascinante. Non dice parolacce, non s’incazza come una belva ed è piuttosto diplomatico.
Non centra assolutamente niente, con me. Eppure, quando sono con lui, ogni cosa sembra andare per il verso giusto.
«Non mi tirerai uno schiaffo, vero?» ridacchia Harry, ancora sulle mie labbra. Scuoto la testa.
«No, al momento mi fa troppo male la testa. Più tardi, magari.» ribatto, lasciando che mi abbracci.
Si, lo so. Avevo detto un sacco di cose. Ma che volete farci? Credo che Harry mi piaccia troppo, per poter lasciar perdere. Sarò incoerente, o tutto quello che vi pare, ma è la pura e semplice verità.
Non so se siete mai state innamorate, o se abbiate mai conosciuto qualcuno come Harry. Perché, se vi fosse successo, vi assicuro che nemmeno voi vi sareste arrese così facilmente. 
Sono sicura che Harry sta per proporre di chiamare il medico, ma fortunatamente Niall e Louis fanno irruzione nella stanza e bloccano sul nascere ogni suo tentativo di farmi ricoverare per un po’ di febbre.
«Come và?» domanda Niall, osservando prima Harry, poi me. Seguo il suo sguardo, curiosa di sapere perché è così sorpreso, poi mi accorgo che sono ancora stretta ad Harry.
Lui appare piuttosto tranquillo.  Anzi, tanto per dare spettacolo, mi circonda le spalle con il braccio e mi stampa un bacio tra i capelli.
«Ma davvero?» Louis scoppia a ridere, poi batte il cinque ad Harry. Un po’ perplessa, guardo entrambi.
«Che significa?»
«Significa che finalmente la smetterà di assillarci giorno e notte.» spiega brevemente Niall, con un sorriso malefico che gli ho visto poche volte. Mi volto repentinamente verso Harry, confusa.
«Assillarvi?»
«Si, è da quando è arrivato a Mullingar che continua a dire che prima o poi ti avrebbe conquistata.»
Oh. Questa davvero non so come interpretarla. Cosa significa che prima o poi sarebbe riuscito a conquistarmi? Non è quello che penso, vero?
Harry deve essersi accorto della mia faccia, perché si affretta a spiegare, non prima di aver rifilato un pugno sul braccio a Niall.
«Le fate capire cose che non esistono.»
«Quel conquistata che significa, allora?»
«Significa che speravo ti saresti accorta di me, prima o poi. Possibile che tu sia così sospettosa? Te l’ho detto mille volte che mi piaci. Dovresti cominciare a fidarti.» sostiene, apertamente.
E, il fatto che lo affermi con semplicità davanti a Louis e Niall, non è altro se non una conferma. Perché, ammettere così di tenere a qualcuno non è semplice, a meno che non si tratti della verità. Ed Harry non è il tipo che parla tanto per dare aria alla bocca.
Perciò è davvero il caso che io mi decida a fidarmi di lui una volta per tutti. Non dovrebbe essere così complicato, no?
E poi, non è detto che le cose debbano andare male per forza. Non è detto che Giorgia proverà in tutti i modi a portarmelo via, non è detto che a Londra troverà un’altra più interessante di me. E non è detto nemmeno che prima o poi la smetterò di pensare a certe boiate.
In ogni caso, Doc entra qualche minuto dopo, reggendo in mano delle carte che fa firmare ad Harry. Prima di uscire, gli augura in bocca al lupo e mi dice di prendere delle aspirine per la febbre.
«Ma come fa a saperlo?» domando, perplessa.
Insomma, io non ho mica detto che avevo la febbre. Ho parlato solo del mal di testa e Doc non era neanche presente. Perciò guardo in tralice Niall e Louis, che sorridono con aria colpevole.
«Ce l’ho già una madre, ragazzi.» gli ricordo.
«Già, ma a quanto pare hai bisogno dei baby-sitter.» mi rimprovera Harry. Oh, cielo. Ci si mette anche lui, adesso?
«Quante storie, è solo un po’ di febbre. Almeno io non mi sfascio la testa per strada.»
«Davvero? Almeno io non mi metto a correre sotto al diluvio come una sclerata.» mi ricorda.
«Be’, almeno io…» farfuglio, in cerca di qualcosa di abbastanza acido da rispondere. Non mi viene in mente niente, così boccheggio. Harry sorride, mi stampa un bacio sulle labbra e mi afferra per mano.
«Andiamo a casa, sperando che qualcuno non voglia farsi un bagno in mezzo al tornado.»
«Fanculo, Styles.»
«Su, tesoro, non mettere il broncio.»
«Piantala!» gli urlo, rifilandogli una gomitata nello stomaco.
«Sono convalescente, non dimenticarlo.»
Si, certo. C’è solo una cosa che ancora non riesco a dimenticare: mancano nove giorni.




***





Ce l'ho fatta si. E vi capirei se voleste uccidermi, perchè questo capitolo fa cagare. Dico davvero. Perciò scusate se vi ho propinato questa cacchina, giuro che il prossimo sarà migliore.
Ecco, volevo ringraziare Ale perchè mi ha aiutato a sbloccarmi - anche se poi il risultato è quello che è :( -
Well, non ho niente da dire, oggi sono di poche parole!
Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi mette la storia tra le seguite-ricordate-preferite! Vi adoro <3

Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, se avete voglia. Sentitevi libere di dirmi che fa schifo e perdonate eventuali errori :) Cioè, segnalatemeli che correggo.

Much love, Fede ^^



Se volete, su twitter sono @ftheonlyway

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Capitolo 10
*** Coltelli e raffreddori. ***






Capitolo 10

“Coltelli e raffreddori.”
 



Il mio telefono squilla a vuoto per quella che è, in tutta probabilità, la trecentesima volta. L’avevo infilato in tasca con il silenzioso, nel caso in cui avessi avuto bisogno di telefonare a qualcuno. Poi, ovviamente, Harry ha avuto l’incidente e il telefono è finito all’ultimo posto nei miei pensieri abbastanza incasinati. Per non parlare, poi, del fatto che la febbre mi sta praticamente friggendo quei pochi neuroni rimasti in vita.
Perciò, ignoro nuovamente la vibrazione e mi accoccolo ancora di più contro Harry, ricadendo in quel piacevole torpore dettato dalla stanchezza e dalla temperatura troppo alta. Lui si sposta con delicatezza per farmi mettere un po’ più comoda, e con la mano sinistra comincia ad accarezzarmi i capelli.
Ora che ho accettato l’idea di poter avere una possibilità, ogni contatto con lui mi sembra una cosa nuova. Come se potessi davvero viverlo liberamente, senza alcuna costrizione o barriera che, io stessa, mi ero imposta fino a qualche ora prima.
Non appena il mio telefono finisce di vibrare, quello di Louis attacca a suonare, con un volume spropositatamente alto, che mi fa scoppiare la testa.
«Vuoi spegnere quell’aggeggio?» mugugno, infastidita.
Santo cielo, ho freddo, mi fa male dappertutto e sto per entrare nella fase della lagna, perciò è meglio che mi lascino stare e che evitino in tutti i modi di infastidirmi. Potrei non rispondere più di me stessa.
Dopo aver ridacchiato un “minchia, la febbre ti fa male.” Louis risponde al telefono.
«Certo, Leighton è qui con me.» proclama, tranquillo. Chiunque sia dall’altro capo del telefono risponde, dopodiché Louis mi allunga il cellulare.
Con un borbottio contrariato, lo afferro e lo mollo sopra l’orecchio.
«Cosa c’è?» farfuglio, stringendomi ancora di più ad Harry.
La voce di Bridget, acuta e allegra come al solito, mi trapana i timpani. Storco il naso, quando mi rendo conto di non aver capito un accidenti di quello che ha detto. Così prendo un respiro profondo e le chiedo di ripetere.
«Ho detto che tua madre ti sta chiamando da più di due ore!» urla, inferocita.
«Ma che minchia ti gridi? Cazzo, Bridget, mi scoppia la testa.» mi lamento, infastidita. Perché non mi vogliono lasciare in pace? È possibile che ci sia sempre qualcosa che non và? Visto? Poi dite che io non attiro la sfiga. Secondo me, il destino sta solo cercando di farmi capire che dovrei rassegnarmi ad un’esistenza miserabile. Oppure è un modo implicito per dirmi di chiudermi in convento tra le monache di clausura: cosa potrebbe mai succedere, lì?
«Stai male?» Bridget ha abbassato notevolmente il tono di voce, cosa di cui le sono enormemente grata.
«Febbre.» spiego, brevemente.
«Ma tu con la febbre diventi insopportabile!» protesta Bridget, visibilmente contrariata. Probabilmente le avrò rovinato qualche fantastico piano. Non che al momento mi interessi, vorrei solo dormire in santa pace per un po’, ma non credo che mi lascerà libera di farlo.
«Grazie tante, zucchero.»
Sarcasmo. E Niall ride, divertito.
«D’accordo, ho capito. Domani mattina passo da te e ne parliamo con calma.» bofonchia, infastidita. «Ora ripassami Louis.» ordina poi.
Oh, ma certo. La signorina gentilezza è tornata tra noi.
«Si, padrona.»
Dopo aver consegnato il telefono a Louis, che riprende a parlare con la sua simpatica fidanzata, sospiro e chiudo gli occhi.
«Sei stanca?» mormora Harry al mio orecchio. Annuisco debolmente. Certo che sono stanca: chi non lo sarebbe al mio posto? Questa giornata è stata così densa di emozioni che è già tanto che ancora riesco a tenere gli occhi aperti.
Non ho nessuna intenzione di fare un riepilogo, perché sono certa che impazzirei, comunque sia, sono stremata. E tutto ciò che voglio, è andare a casa e dormire per almeno trentasei ore.
Perciò, mentre Niall ed Harry cominciano a parlare, io scivolo nel sonno, stretta tra le braccia dell’unica persona con cui, al momento, mi sento davvero a casa.
Perché è questo, realizzo, un attimo prima che il mio cervello si spenga, che Harry rappresenta per me. Un porto sicuro. È l’unica persona che, ne sono quasi del tutto certa, non mi abbandonerà mai.
Quando arriviamo a casa, Harry mi scuote lievemente per un braccio, svegliandomi.
«Ancora cinque minuti, mamma.» farfuglio, in totale confusione. Poi, quando mi rendo conto che Harry e mia madre non centrano assolutamente niente l’uno con l’altra, arrossisco.
«Che razza di rincoglionita.» sbotto, stiracchiandomi leggermente.
Più simile ad uno zombie che ad un normale essere umano, mi trascino su per le scale sorretta  da Harry, che sembra essersi preso davvero a cuore la mia salute precaria.
Una volta in camera, mi butto sul letto e, prima ancora che Harry abbia il tempo di passarmi il pigiama, sto già dormendo. Sento a malapena le sue labbra che sfiorano la mia tempia, dopodiché la porta viene chiusa con delicatezza e io, finalmente, sono libera di prendermi il mio tanto guadagnato riposo.
Trascorro tutta la notte in un continuo dormi veglia, che sinceramente è più stancante che se fossi rimasta sveglia e basta e la mattina, finalmente, cado in un sonno profondo e senza sogni di alcun genere.
Fino a che, disgraziatamente, Bridget decide di farmi visita.
Spalanca la porta e, camminando su un paio di scarpe dal tacco alto – è mai possibile che non si metta un paio di Converse? – si dirige verso la finestra e la spalanca.
Oggi, sorprendentemente, non piove. Anzi, in cielo splende un sole tiepido, piacevole. Certo, dovevo immaginarmelo: ieri il diluvio, oggi il sole. ‘Fanculo, mai che le cose volgano a mio favore.
«Ben svegliata, principessa!» cinguetta Bridget, lanciandosi sul letto accanto a me e schioccandomi un bacio sulla guancia.
«Sto dormendo.» ringhio, nervosa. Dai, ho ancora mal di testa, non pretenderà davvero che abbia voglia di ascoltare qualsivoglia baggianata sia uscita da quel cervello?
«Si, certo. È evidente. Dai, Lilly, devo assolutamente parlarti.»
Ed è a sentire quel ridicolo soprannome, che la voglia di dormire mi passa completamente. Bridget, del tutto soddisfatta, attacca a blaterare a raffica. Inutile dire che non ci ho capito un accidenti, così le tiro il cuscino in faccia, cercando di zittirla.
Imbronciata, si riaggiusta una ciocca di capelli sfuggita alla coda perfetta e mi guarda in tralice.
«Vuoi sapere chi c’è di sotto?» chiede, allegra.
«No.»
No, non voglio saperlo, perché lo so già. Ci sarà Giorgia, ovviamente. Chi altro volete che ci sia?
«Sai, mi è sembrato che Harry le piacesse parecchio.»
Dai, che novità oltremodo sconvolgente. Chi l’avrebbe mai detto che Harry le sarebbe piaciuto? A Giorgia basta che respirino o che, in alternativa piacciano a me. Perché solo portandomi via le persone a cui tengo di più, riuscirà a rendere interessante la sua altrimenti insignificante esistenza.
«Brutta bastarda.» soffio, nervosa. Be’, se crede che le darò la soddisfazione di scendere e fare  una scenata di gelosia coi fiocchi, ha perfettamente ragione. Perché è quello che farò tra esattamente trenta secondi, ossia il tempo che mi serve per imboscare il mio coltello nella manica della felpa che indosso da ieri sera.
Okay, magari diciamo che dieci minuti è un tempo migliore, almeno posso infilarmi qualcosa di pulito e di caldo. Ho un freddo terribile, per la miseria.
«Tu prendi il coltello, io mi cambio.» ordino a Bridget, che scoppia a ridere e alza gli occhi al cielo.
«Sai, con quella faccia non sembri in grado di far male nemmeno a una mosca.» si intromette una terza voce, quella di Harry.
È appoggiato allo stipite della porta, tiene le braccia incrociate e un sorriso a metà tra il soddisfatto e il divertito gli attraversa il volto.
«Ciao.» mormoro. Oh, cielo. Sono felice di vederlo, davvero. Che all’improvviso io mi sia trasformata in una specie di ragazzina tutta pucci-pucci e tesorino della mamma?
«Dio, qualcuno mi ammazzi prima.» sussurro subito dopo, schiaffandomi una mano sulla fronte. Chissà, forse se sbattessi la testa al muro, il mio cervello riprenderebbe a funzionare decentemente. Nah, impossibile.
«Che dicevi a proposito di quel coltello?» domanda Bridget, all’improvviso. Harry inarca elegantemente un sopracciglio, poi si volta verso di me e, ancora una volta, appare profondamente divertito.
«Coltello?»
«Si, per uccidere Giorgia. Dev’essere qui da qualche parte…» replico, sollevando il cuscino. Bridget comincia di nuovo a ridere, forse perché l’espressione di Harry appare vagamente terrorizzata o forse perché questa mattina si è fumata qualcosa di diverso dalle sue solite sigarette.
«Voi avete qualche problema.» sostiene Harry, prima di ridacchiare, scoccarmi una delle sue solite occhiate penetranti e scendere di nuovo giù dagli altri.
«Qualche non rende il concetto, tesoro.» gli urla dietro Bridget.
Poi chiude la porta e mi fissa con aria seria.
«Cos’è successo ieri?»
«Tanto lo so che Louis ti ha già raccontato tutto. Cielo, quanto è pettegolo quel ragazzo.»
Nel frattempo che Bridget mi racconta di come vanno le cose con Louis, mi sfilo gli indumenti sgualciti e indosso un paio di pantacollant neri, una felpa azzurra e le mie favolose ciabatte col pelo verde acido. Uno starnuto blocca a metà il discorso di Bridget. Le allungo un fazzoletto, con aria compassionevole.
«Se mi hai attaccato quest’influenza schifosa, giuro che ti ammazzo.» si lamenta.
Poi, non appena finisce la frase si blocca ed entrambe ci guardiamo con un sorriso a dir poco diabolico.
«Mi sembra una buona idea.» annuisce, complice, prima di battermi il cinque.
«Non è solo buona. È ottima.» affermo, mentre scendiamo di sotto con rinnovato buon umore.
Preparati, Giorgia. Perché potresti prenderti un brutto raffreddore. Ricordate, ve l’avevo detto che prima o poi sarebbe arrivato il mio momento.
Trattengo una risata diabolica, perché in quel caso sono certa che mi scambierebbero per una psicopatica o per una posseduta dal demonio, ma quando arrivo in salotto e vedo Giorgia seduta sul divano con le gambe maliziosamente accavallate devo trattenere tutto il disprezzo e relegarlo in un angolo. Per ora, che la prima fase del piano abbia inizio.
«Gli avete detto che ho la febbre?» sussurro all’orecchio di Bridget, che scuote il capo negativamente.
«No, però muoviti, perché si vede che non stai bene.» mi ricorda. Così sorrido, poi mi fiondo tra le braccia di mia cugina e le stampo un bacio sulla guancia.
«Mi dispiace per quello che ti ho detto ieri.» cinguetto, falsa come Giuda. Lei annuisce, un po’ inebetita da questo slancio d’affetto.
«D’accordo, tesoro. Però ti dispiacerebbe scendere? Pesi troppo.»
Razza di vipera infame, bastarda, senza cuore, spero proprio che oltre alla febbre ti venga anche un attacco di dissenteria acuta, o qualcosa del genere, in modo che tu te ne stia a letto per le prossime settimane, è quello che vorrei dirle.
«Certo, scusami tanto.» è quello che dico invece, con un sorrisino adorabile. Un altro bacio sulla guancia, poi, quando mi alzo e sono a pochi centimetri dalla sua faccia, un bel colpo di tosse. Guarda caso, è stato così improvviso che non sono riuscita a coprire la bocca con la mano.
«Che schifo, Leighton. Oddio, ma è disgustoso. Vado a casa a cambiarmi, Erika, tu aspettami qui.»
Andate, miei piccoli germi e spargetevi nel corpo di quella stronza.
Quando sento la porta di casa sbattere, mi passo una mano tra i capelli e, con aria estremamente soddisfatta, mi butto sul divano.
«Ops.» faccio spallucce, con aria angelica, ma subito dopo la risata dei presenti impedisce alla mia farsa di andare avanti. Con mia incredibile sorpresa, la risata più rumorosa è quella di Erika, che mi guarda con rinnovata simpatia.
«Tu sei il mio mito.» mi dice, con un sorriso gioioso che la fa sembrare ancora più bella. E non sono l’unica ad averlo notato, visto che Niall, per la prima volta da quando lo conosco, si è incantato a fissare un altro essere umano. E, credetemi, è un evento più unico che raro, visto che gli succede solo quando si trova di fronte ad un piatto particolarmente succulento.
Oddio, detto così sembra che Erika sia una grassa costoletta d’agnello, ma il concetto si è capito, no?
Pochi secondi dopo, Harry si siede accanto a me sul divano, mi circonda le spalle con un braccio e mi lascia un bacio sulle labbra.
«Ti prenderai il raffreddore anche tu.» dico, con le guance arrossate e, questa volta, non per la febbre.
«Quindi devo dedurre che tutto il tuo affetto per Giorgia non fosse così sincero.» afferma, mentre i suoi occhi brillano di divertimento. Quanto mi piacciono i suoi occhi, ve l’ho già detto?
«Be’, ammetterai anche tu che è meglio del coltello.» controbatto, divertita.
Harry ride, alza gli occhi al cielo, poi si alza dal divano.
«Vado a prenderti una tachipirina, scotti.» un altro bacio e si dirige in bagno, dove Niall tiene tutti i medicinali.
È solo dopo che si è allontanato, che mi rendo conto del silenzio innaturale che regna per tutto il salotto.
«Che c’è?» sbotto, infastidita. Non hanno mai visto due ragazzi che si baciano? Louis e Bridget lo fanno ogni diciassette secondi – li ho cronometrati – e nessuno ha mai fatto scena.
«Harry ti ha baciato.» comincia Bridget. «Ed è ancora vivo!» esclama poi, al colmo della felicità. Cavolo, a certa gente basta così poco per essere felice.
«Non rompere.» bercio, imbarazzata. Sto per rispondere, quando Harry torna con due pastiglie sul palmo della mano sinistra e un bicchiere d’acqua nella destra.
«Che succede?» domanda, porgendomi prima il bicchiere e poi le pastiglie. Dopo averle ingerite, gli lancio un’occhiata imbarazzata.
«Succede che qua nessuno è bravo a farsi gli affari suoi.» sibilo, incrociando le braccia al petto. Harry ridacchia, poi mi accarezza i capelli e mi strizza una guancia.
«È che sembri felice, per una volta.» risponde Bridget. Mio malgrado, nonostante cerchi di portare avanti la parte dell’insensibile, mi ritrovo a sorridere. Ed è un sorriso così sereno e sincero che anche io mi stupisco di me stessa.
Poi, la frase di Erika spazza via il mio buonumore come il vento con un castello di carte.
«Domani, durante la cena dai tuoi, Giorgia ci proverà con Harry. Ti conviene stare attenta.»



***



Ciao, fanciulle :) Come state?
In realtà, avrei voluto postare questa sera, ma siccome Jas non ha voglia di fare il tema, l'aiuto a perdere tempo. Sono brava, eh?
Comunque, che ve ne pare? A me personalmente non dispiace - incredibile, ma vero - anche se non è che ci sia tutto questo pucci pucci tra Leighton ed Harry.
Va bè, in compenso, le cose si stanno evolvendo maggiormente. Adesso volevo dirvi una cosa che probabilmente vi farà disperare (certo, come no.)
La storia è quasi finita: credo che manchino al massimo sei capitoli - a seconda dell'ispirazione - perciò ci siamo. Ehi, io l'avevo detto all'inizio, che non sarebbe stata lunga u.u
Be', ho detto tutto. Mi raccomando, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate del capitolo e vi ringrazio per aver recensito lo scorso!
Quindi, please, ditemi che ve ne pare.
Vi adoro,
Fede <3 

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Capitolo 11
*** Zombie, preoccupazioni e promesse. ***






Capitolo 11

“Zombie, preoccupazioni e promesse.”




 A mia madre è sempre piaciuto stare in compagnia. Nonostante sia una donna apparentemente altera, adora avere gente intorno. Per questo motivo, qualche volta, organizza delle cene alle quali invita parenti ed amici più stretti.
In questo caso, visto che si presenta un’occasione speciale – anche se io non definirei speciale l’arrivo di Giorgia. Direi più apocalittico – ha deciso di fare le cose in grande.
Perciò, considerato che siamo a maggio inoltrato, ha allestito una grande tavolata nel giardino dietro casa ed ha acceso il barbecue, ritrovando di nuovo la sua passione per le grigliate.
Se dipendesse da me, eviterei proprio di presenziare, visto che la febbre ancora non mi è passata del tutto – ora oscilla tra i trentasette e i trentotto – e, considerato quanto affermato da Erika, non sarebbe affatto una cattiva idea. Potrei stare a casa, avvolta nelle mie belle coperte, a poltrire tutto il giorno.
E invece no, perché Bridget ha deciso che daremo battaglia. Perciò questo pomeriggio si è presentata con un beauty case di dimensioni incredibili e con metà del suo guardaroba appresso.
«Sai cosa facciamo adesso?»chiede, con un’espressione vagamente inquietante. Da parte mia, la guardo con reverenza e con una massiccia dose di terrore e mi limito a fare un cenno negativo con la testa.
«Adesso.» riprende Bridget «Trasformerò te ed Erika – a proposito, non è ancora arrivata? – in due bombe del sesso. Giorgia, al vostro confronto, sembrerà un travestito in tournee.  E questa, mia cara amica, è la seconda parte del piano.»
«Ce n’è anche una terza?» domando, senza essere certa di voler conoscere la risposta.
Bridget sorride con aria misteriosa. «Si, ma è una sorpresa.»
«Io odio le sorprese.» le ricordo.
«Questa ti piacerà.» mi zittisce, cominciando ad estrarre da un borsone rosso corallo una piastra per i boccoli e una per allisciare.
Nel frattempo, Erika è arrivata. Si affaccia timidamente alla camera, reggendo in mano un sacchetto di tela verde acqua.
«Ciao, ragazze.» saluta, con le guance un po’ rosse.
«Entra pure, non stare lì impalata.» le sorrido, sincera. Erika mi piace. Primo perché non si è dimostrata stronza quanto mia cugina, secondo perché piace a Niall. E, se piace a Niall, piace anche a me. Semplice, no?
Un po’ più rilassata, Erika si accomoda accanto a me sul letto.
«Come stai oggi? Mi sembri un po’ più in forma.» domanda, cortese.
Le sorrido di nuovo. Vedete cosa intendo? È impossibile non farsela piacere.
«Meglio, grazie. E Giorgia?»
Erika sghignazza. «Ha il naso rosso e starnutisce ogni due secondi.» poi scoppia a ridere.
«Come mi dispiace.» affermiamo io e Bridget, in perfetto sincrono.
Be’, forse non è poi così vero che sono sfigata. Sono riuscita ad attaccare il raffreddore a Giorgia con due semplici baci sulla guancia. Ah, lo sapevo che i miei germi erano bastardi! Perciò, direi proprio che è il caso di ringraziare la pioggia.
Mentre Bridget traffica intorno a Erika con la piastra per i boccoli, ho tutto il tempo per bombardarla di domande. È da quando l’ho conosciuta, che voglio sapere cosa ha a che fare con Giorgia. Perché proprio non mi capacito del fatto che possa esserle amica.
«Erika, senti, ma tu cosa centri con Giorgia?» domando, quindi. Erika mi sorride debolmente.
«Be’, mia madre e sua madre sono molto amiche, così hanno pensato che sarebbe stato bene, per me, uscire un po’ di più.»
«In che senso?» cioè, che vuol dire uscire un po’ di più?
«Non sono esattamente l’anima della festa. Preferisco un buon libro alla discoteca e una serata con un’amica ad una notte di fuoco, ecco.» spiega, mentre le guance le si colorano lievemente di rosso.
«Sono d’accordo.» affermo, tranquilla. Bridget sbuffa, tirando la piastra verso il basso. Quando molla, un boccolo perfetto ricade sulla spalla di Erika.
«Che c’è?» chiedo, rivolta a Bridget. Lo so già, che non è d’accordo con quello che abbiamo detto, così come so che non vede l’ora di farci sapere cosa pensa.
«C’è che non capite niente, ragazze. Volete mettere la compagnia di un’amica con quella di un bel ragazzo? Su, capitemi…» ammicca, divertita, poi torna seria.
«Ma cosa centra, questo!» protesto, intanto.
«Centra che se continui a restare per i cazzi tuoi diventerai una zitella frigida e vivrai con trenta gatti, da sola, in uno squallido monolocale.»
Inarco un sopracciglio, indecisa se offendermi o se scoppiare a ridere, poi decido che ridere è senza ombra di dubbio la scelta migliore.
«’Fanculo, Bridget. Be’, io vado a prendere qualcosa da bere. Che vi porto?»
Dopo aver preso le ordinazioni, sentendomi tra le altre cose molto simile ad una cameriera, scendo al piano di sotto, sperando di incontrare Harry. Ho davvero bisogno di un suo abbraccio.  Si, lo so, non è da me essere così sdolcinata, ma la febbre mi fa questo effetto.
Quando sto per entrare in cucina, la voce di Harry mi interrompe. Sta parlando al telefono in tono piuttosto concitato. Per un attimo, la curiosità prende il sopravvento, ma subito dopo penso a quanto lui sia stato corretto con me e l’idea di origliare la conversazione mi sembra tanto sbagliata che mi vergogno di averci anche solo pensato.
Me ne vado in salotto e mi butto sul divano accanto a Louis, che sembra tutto impegnato ad ammazzare uno zombie (o almeno, è quello che sembra), mentre Niall, seduto dall’altro lato, gli copre le spalle con una mitragliatrice che fa un casino esagerato.
Un po’ costernata, rimango a guardarli, mentre urlano insulti che non è il caso di riportare e si accaniscono contro quei poveri joystick che non hanno alcuna colpa.
Harry esce dalla cucina qualche secondo dopo. Mi guarda, un po’ confuso, probabilmente perché era convinto che sarei rimasta segregata con Bridget ed Erika per tutto il giorno.
Si sporge in avanti per lasciarmi un bacio sulla labbra, poi mi sorride.
«Che fai qui?»
«Cerco di capire perché Niall non spara allo zombie che sta per staccare la testa a Louis. Ah, ecco, appunto.» Harry ride, mentre sia Niall che Louis si girano a guardarmi con espressione stralunata. Certo, magari è anche colpa mia se hanno perso come due principianti. Faccio spallucce e mi accoccolo contro il fianco di Harry, che nel frattempo si è seduto.
«Ma se stasera andassimo tutti al cinema?» propongo, accorata. Sempre meglio che sorbirmi una serata intera con Giorgia. Oh, cazzo, se mia madre avesse invitato anche mio padre? No, non credo. Che ne è stato del caro, vecchio odio tra ex? No, non ci sarà nessun padre indesiderato.
«E la cena?» chiede Niall.
«Possiamo mangiare qualcosa fuori…»
«Leighton, tua madre ci tiene.»
«Ma io sono ancora convalescente! Ho la febbre alta e mi gira la testa, e mi viene da vomitare e mi tremano le gambe. Giorgia sarebbe il colpo di grazia!»
«Fai la brava, per cortesia.» mi ammonisce anche Louis, con un sorriso divertito.
Incrocio le braccia, stizzita. Io non ci voglio andare. E se Giorgia non stesse troppo male? E se provasse davvero a portarmi via Harry? In automatico, gli prendo la mano.
Mi guarda confuso, e nei suoi occhi leggo la muta domanda del perché mi stia comportando come una sottospecie di squinternata con sbalzi emozionali non indifferenti.
«Andiamo a fare una passeggiata, ti và?» mi propone, alzandosi e porgendomi la mano per tirarmi su a mia volta.
«Non pensarci neanche.»
Bridget è comparsa sul pianerottolo, brandendo una spazzola come se fosse una katana. Osserva minacciosamente sia me che Harry. Inarco un sopracciglio, incredula.
«Tu hai qualche problema.»
«Si, be’, anche tu non scherzi mica. Ora andiamo, tra tre ore dobbiamo essere a casa dei tuoi.» mi afferra per un braccio e, senza nemmeno ascoltare le mie proteste, mi trascina su per le scale.
Una volta in camera, chiude la porta a chiave e si infila quest’ultima nella tasca dei jeans attillati.
«Meno male che preferivi la compagnia di un’amica.» celia, ironica. Erika ridacchia. La osservo per un attimo, prima di strabuzzare gli occhi.
«Ma stai benissimo!»
I capelli, prima lisci, le ricadono in eleganti boccoli su tutta la schiena. Arrossisce, imbarazzata e farfuglia qualche ringraziamento.
«Ancora è niente, vedrai quando avrò finito.» Bridget mi fa cenno di sedermi davanti a lei e, dopo un secondo, comincia ad armeggiare con la piastra.
Mi disconnetto per un po’, lasciando vagare i miei pensieri in qualcosa di più importante della serata di questa sera.
Harry. Mancano otto giorni, ormai, prima che torni a Londra. Ovviamente lo sapevo già che sarebbe dovuto ripartire, ma non pensavo che il solo pensiero mi avrebbe fatto così male.
Non voglio più stare senza di lui. In un tempo così sorprendentemente breve, è diventato importante per me.
E l’idea che mi lasci da sola, in balia di Bridget, mi rattrista parecchio.
A proposito di Bridget, anche Louis deve tornare a Londra, perché lei non ne sembra per niente dispiaciuta? Voglio dire, lo so che è più tipa da una botta e via perché, come mi ha sempre ripetuto, “il fascino dello stare con uno sconosciuto è qualcosa di impagabile”, ma da quando sta con Louis sembra diversa. Sembra seria e per niente zoccola. Perciò le soluzioni sono due: o hanno messo le cose in chiaro da subito – ossia che si sarebbero tenuti compagnia solo per queste tre settimane – o a lei non frega niente di lui e viceversa.
A me però importa di Harry. Ma cosa posso fare? Ho anche pensato di andare a Londra, ma cosa farei, dove vivrei?
La colpa, ovviamente, è di mia sorella Giselle. Io l’avevo detto che non doveva sposarsi! Perché se non si fosse sposata, Harry non sarebbe venuto a Mullingar. E se Harry non fosse venuto a Mullingar, io non mi sarei innamorata di lui. Visto? L’ho detto io, che il matrimonio è una gran stronzata.  
Bridget sembra accorgersi che sono lievemente caduta nel panico, perché interrompe il suo lavoro di provetta acconciatrice e mi rivolge un’occhiata preoccupata.
«Tesoro, è tutto okay?» annuisco mestamente, poi mi sforzo di farle un sorriso, anche se in realtà mi viene da piangere e l’unica persona che potrebbe farmi stare meglio è Harry.
Però non posso andare da lui e dirgli che sto finendo in paranoia perché so che deve partire. Avevamo deciso che ci avremmo provato e lo stiamo facendo. Ed io non voglio arrendermi solo perché, a livello di relazione, sono matura come un nano da giardino.
«Si, ho solo un po’ di mal di testa.» mi giustifico, cercando di essere convincente.
Bridget annuisce, ma non sembra proprio che se la sia bevuta.
Erika idem, con la differenza che si sforza di portare avanti una conversazione allegra e decisamente spensierata. Devo ricordarmi di ringraziarla, perché è merito suo se sono riuscita a distrarmi per tutto il tempo necessario a Bridget di acconciarmi come una principessa.
Passo l’ultima mezz’ora a ripetere a Bridget che non mi metterò mai e poi mai i tacchi alti, sia perché ho un equilibrio che dire precario è dire poco e sia perché mi fanno male i piedi solo al pensiero. Anzi, è già tanto che ho rinunciato ai miei jeans per un vestito celeste lungo fino al ginocchio. Più di quello non posso mettere, anche perché ho freddo.
In compenso, le ho garantito che non mi struccherò e che farò la persona fine ed educata.
Una volta pronta, lascio lei e Erika in camera a finire di prepararsi e scendo al piano di sotto.
Quando si accorgono che sono io, quella tutta agghindata, i ragazzi sgranano gli occhi. Poi Louis comincia a ridere. «Bridget, eh?» domanda, col tono di chi conosce già la risposta.
Alzo gli occhi al cielo e annuisco. «Bridget.»
Harry si avvicina, mi rivolge un grande sorriso e mi lascia un bacio sulla guancia.
«Allora, me la concedi questa passeggiata?» domanda.
Annuisco, serena.
«Ci vediamo a casa dei miei, ragazzi. Niall, assicurati che Erika arrivi sana e salva.» celio, con un sorrisino innocente.
Niall arrossisce, borbotta qualcosa di incomprensibile e riprende a giocare alla play station, ignorandomi.
Harry ride e mi prende per mano, afferra la copia delle chiavi di casa e poi, insieme, usciamo.
«Spero che tu non ti sia vestita così solo per me.» dice, poco dopo.
Be’, che significa? Se anche fosse? Voglio dire, è così stupido pensare di essere più carine per piacere a qualcuno? E poi cosa vuole dire, che sono ancora più brutta del solito?
«Non hai capito.» dice Harry, serafico e rilassato come suo solito.
«Sei bellissima, ovviamente, ma non vorrei che ti sentissi a disagio solo perché credi di dover dimostrare qualcosa. Ti ho vista in pigiama e ti ho trovata meravigliosa, non c’è pericolo che Giorgia attiri la mia attenzione in nessun modo. Non la vedo neanche.» rivela.
Con le lacrime agli occhi, annuisco. Visto? Come posso anche solo pensare che stare con Harry non valga la pena? Lui è… non lo so neanche spiegare. Come posso spiegare cosa significa trovare una persona che ti fa sentire bene ogni volta che ti parla?
«Harry…» mormoro, bloccando la sua camminata. Si volta a guardarmi, con un sorriso dolce e in un attimo mi ritrovo tra le sue braccia. Mi accarezza la guancia e si abbassa per baciarmi.
«Ti ricordi quando ti ho detto che come psicologo fai schifo?» gli domando poco dopo, mentre camminiamo verso casa. Siamo quasi arrivati, mancano solo un centinaio di metri, forse meno.
«Ricordo tutto quello che dici, Leighton.»
«Davvero?»
«Certo.»
«Spero di non aver detto troppe minchiate, allora. In ogni caso, non è vero che come psicologo fai schifo.»
Ride, prima di lasciarmi un lieve bacio sulle labbra e alzare gli occhi al cielo.
«Mi mancherai da matti, quando tornerò a Londra.» dice.
Un secondo dopo, si accorge di quello che si è lasciato sfuggire e si volta a guardarmi preoccupato.
Sorridi, mi dico. Sorridi, perché non è giusto che si accorga che stai male.
Ma l’ha già capito, naturalmente, perché Harry sembra leggermi come un libro aperto. Si ferma, mi blocca il viso con entrambe le mani e mi guarda, tremendamente serio.
«Ti ho detto che non ti avrei abbandonata, e non lo farò. Devi fidarti di me.» sostiene, serio. annuisco, sentendo gli angoli degli occhi pizzicare fastidiosamente.
«Io mi fido, ma…»
«Te lo prometto, Leighton.» ripete. Un altro bacio sulle labbra, poi riprende a camminare, in silenzio.
Ora mi sento un po’ più tranquilla, perché Harry non è uno che parla tanto per dare fiato alle corde vocali. Sa quello che dice. E se dice che non mi lascerà, io gli credo.




***




Bene, fanciulle, ci siamo!
Con un pò di ritardo, ma sempre meglio tardi che mai, no? Che dire, questo capitolo è transitorio, direi. Cioè, non proprio perchè c'è la promessa di Harry - a proposito, stanotte l'ho sognato, secondo me sto impazzendo - ma è di passaggio. Nel prossimo ci sarà la cena e poi direi che stiamo arrivando alla fine. Non so quanti capitoli mancano, ancora, ma indicativamente credo massimo cinque. Non lo so, dipende dall'ispirazione, ecco.
Boh, non riesco mai a fare storie con settordici mila capitoli. AHAHAH.
Niente, ringrazio di cuore le ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, spero che anche questo vi piaccia e non vi deluda, mi dispiacerebbe davvero ^^
In più, invito a recensire anche voi lettrici silenziose. Sarebbe importante, per me, avere anche un vostro parere :) Perciò fatevi coraggio, dai!
Niente, ho finito.
Vi adoro,
Fede. <3

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Capitolo 12
*** L'ultima possibilità. ***








Capitolo 12

“L’ultima possibilità.”



 

Un attimo prima di entrare in casa, mi rendo conto di una cosa piuttosto sconvolgente: sto per presentare Harry come mio fidanzato. Ed è in assoluto traumatizzante perché, credetemi, io non ho mai fatto entrare nessun ragazzo in casa. Nemmeno un amico. Perciò l’idea di farmi vedere da mamma mano nella mano con lui, mi mette in agitazione.
Non mi vergogno, sia chiaro. Chi è che si vergognerebbe di Harry? Anzi, potrei quasi vantarmi di averlo accalappiato. Potrei entrare, con incredibile disinvoltura e dire: “Lo vedete questo gran figo? È il mio ragazzo. Ed è perfetto, oltre che mio. Ah, l’ho detto che è il mio ragazzo? Si, esatto. È. Il. Mio. Ragazzo. Capito? Tutto mio.
Potrei anche farlo, in effetti, se solo non avessi il dubbio di catalizzare ancora di più l’attenzione di Giorgia su di lui. E non mi piace neanche l’idea di essere così possessiva, ma che volete farci? L’amore e la febbre mi hanno dato alla testa.
«Come devo presentarmi?» chiede Harry, sussurrando al mio orecchio. E, per la prima volta da quando lo conosco, mi sembra un po’ nervoso. Poco, ovviamente. Anche quando è agitato, ha una classe e un aplomb assolutamente invidiabili.
«Come Giordano Bruno, grande filosofo.» rispondo, sbattendo le ciglia con aria fintamente civettuola. Harry ride, poi alza gli occhi al cielo.
«Sei impossibile.»
«Grazie, lo so.» che c’è, essere impossibile è un gran complimento, secondo me. Chissà come dev’essere, essere sempre perfette, simpatiche e a modo. Di sicuro una gran noia. Voglio dire, sai che pizza rispondere sempre bene, sorridere ad ogni stronzata, uscire con gente come Giorgia. Si, è incredibile che Giorgia rientri nella categoria di gente da frequentare. Però, non so come né perché, pare che sia molto gettonata dai genitori. Forse è l’aria affidabile.
Certo, come no. Saranno quei due meloni trapiantati che ha al posto delle tette, oppure è il trucco sbavato e nero. Oppure, di sicuro, sono le sue minigonne inguinali che la rendono così seria. Cielo, il mondo sta cadendo in malora.
Sto per esporre ad Harry la mia teoria sulla zoccolaggine di Giorgia, ma mamma apre la porta e accoglie entrambi con un gran sorriso.
«Harry, caro, come stai? È un vero piacere rivederti!» cinguetta.
Prima ancora che Harry possa rispondere, mi intrometto.
«Ciao mamma, sto bene anche io, grazie per averlo chiesto. E si, sono felice anche io di vederti. No, non preoccuparti, la febbre mi è passata e non vedevo l’ora di trascorrere tutta la sera con Giorgia. Grazie tante per l’invito.» blatero, a una velocità quasi supersonica.
«Si può sapere cosa stai dicendo, tesoro? Non ci ho capito niente.» mamma inclina la testa da un lato, confusa.
«È la febbre, la fa delirare.» spiega Harry, con aria complice. Mamma ridacchia, palesemente in brodo di giuggiole, e dà un lieve buffetto sulla guancia di Harry.
«Sono così contenta che ci pensi tu, a Leighton. Non poteva trovarsi un fidanzato migliore.» proclama allora, con aria solenne. Poi si avvicina ancora e gli dice all’orecchio qualcosa che mi sembra simile ad un “non so come fai a sopportarla, sai? Sei un ragazzo coraggioso.” e, dopo averlo preso sotto braccio, lo trascina verso il retro della casa, dove c’è il gazebo con il nostro piccolo giardino.
«Si, be’, grazie per la considerazione.» borbotto, prima di seguirli a mia volta. Di positivo, almeno, so per certo che mia madre adora Harry. Ed è una bella cosa, perché mamma in genere è piuttosto selettiva.
Quando metto piede in giardino,  mi rendo improvvisamente conto che ci sono più ospiti di quanti mi aspettassi. Tanto per iniziare, pare che la mia sfiga sia tornata tutta in un colpo, visto che colgo Giorgia – stretta in un microscopico pezzo di stoffa bianca – intenta a parlare con mio padre. Ignoro entrambi,  anche se sento i loro sguardi addosso, e mi dirigo verso Janine e Rachel, la sorella minore di Bridget. Stanno parlottando tra di loro, tutte prese da un discorso che non ho la minima intenzione di seguire. Perciò comincio a fare marcia indietro, decisa a strappare Harry dalle grinfie di mia madre, ma Janine interrompe la sua discussione e mi fa cenno di raggiungerle.
Con l’aria di un condannato al patibolo, mi avvicino.
«Ciao, dolcezza. Ti trovo bene.» si complimenta – sempre che di complimento si possa parlare. Inarco un sopracciglio, scettica. Sto per chiederle se mi sta prendendo per il culo, ma Rachel la interrompe.
«Non dire cazzate, mà. Si vede che sta uno schifo.»
Rachel è il completo opposto di Bridget. Ha un caschetto di capelli corvini, occhi scuri ed è un po’ cicciotta, scontrosa e lunatica. Incredibilmente, mi adora. Forse perché caratterialmente ci somigliamo abbastanza, forse perché quando quel cretino di Josh Tucker l’ha spinta in mezzo alla strada dicendole di diventare troia come sua sorella mi sono messa in mezzo e l’ho praticamente sterilizzato, fatto sta che le sto simpatica. Non sembra, dite? Be’, credetemi, se le fossi stata antipatica, mi avrebbe demolito l’autostima con qualcosa di molto peggio di un “sta da schifo”. Mi domando se…
«Ehi, Rachel. Che ne pensi di Giorgia?» ti prego, ti prego, dimmi che la odi.
«Chi?» domanda, presa in contropiede.
«Mia cugina, quella col vestito bianco.» passo a spiegare, indicandola con un leggero cenno del capo.
«Ah, la battona! Minchia, Leighton, ti rendi conto di che gente frequenti?» mi chiede, sinceramente preoccupata. Annuisco, perché non è che possa darle torto. Voglio dire, Giorgia è una gran baldracca, perché negare l’evidenza?
«Lo so, non me ne parlare.» mormoro. Le strizzo l’occhio e mi guardo alle spalle, alla ricerca di Harry. Non so, ho come la sensazione che sia il caso ti tenerlo sotto controllo, questa sera.
E infatti, guarda un po’, pare che Giorgia l’abbia già puntato. Ed io non ho la minima intenzione di permetterle di avvicinarsi più di così. Direi che i cinquanta centimetri scarsi che li separano sono più che sufficienti. Anzi, sono troppo pochi. Un oceano di distanza sarebbe provvidenziale., ma non si può avere tutto, perciò mi toccherà fare tutto da sola.
A passo di marcia, sotto lo sguardo evidentemente divertito di mia madre, Janine, Rachel e dei Fantastici Quattro (che sono appena arrivati), raggiungo il mio fidanzato e la mia adorata cugina italiana. Quando prendo Harry per mano, lui mi rivolge un sorriso caldo e decisamente divertito.
«Stavo appunto dicendo ad Harry che questa sera stai una favola, Lilly.»
Uno: non chiamarmi Lilly. Lo odio.
Due: non dire cazzate, lo so che probabilmente gli stavi proponendo del sesso sfrenato in camera tua, che per inciso sarebbe mia, perciò poche storie.
Tre: và al diavolo, stronza.
«Hn, grazie. Ora, se non ti dispiace, devo parlare con Harry.»
«Fai pure, non c’è problema per me.»
«Forse non hai capito: smamma.» agito la mano, come per scacciare un insetto fastidioso, e finalmente la comprensione fa breccia nel povero cervellino micro sviluppato di Giorgia, che annuisce con un sorriso e sfiora il braccio di Harry in una carezza.
«Tra poco sarà pronto a tavola. Io voglio sedermi vicino te.» annuncia.
Oh, certo. E forse ti dimentichi che a tavola ci saranno un sacco di coltelli, di quelli belli grossi, e affilati e taglienti. Micidiali. Per errore ti si potrebbe conficcare nella carotide. Si sa, di questi tempi, gli incidenti domestici sono all’ordine del giorno.
«Non dirmi che stai pensando ai coltelli, Lilly.» ride, prima di circondarmi i fianchi con le braccia e lasciarmi un bacio sulla tempia. Mi stringo nel suo abbraccio, divertita. Subito dopo, però, mi rendo conto che non ho ancora molto tempo per stare con lui. Tra qualche giorno Harry tornerà a Londra ed io mi ritroverò da sola. Sospiro.
«Non ci credo che tra qualche giorno te ne vai.»
Harry sbuffa, spazientito. «Non so più come dirtelo: non ti lascio, Leighton. Perciò piantala di fare la paranoica e pensa ai mille modi in cui puoi uccidere tua cugina.»
Ha ragione, come al solito. È perfettamente inutile fasciarsi la testa prima ancora di cadere. Se siamo destinati a stare insieme, ce la faremo. Semplice, no?
«Sono già arrivata a centotrentacinque.» annuncio, più rilassata. Nel frattempo, ci siamo spostati a tavola. In ogni caso, proprio non riesco a capire cosa mio padre faccia qui. È mai possibile che devo sempre stare sul piede di guerra? Comincio a rompermi le palle, sapete?
Da vero gentiluomo qual è, Harry scosta la mia sedia e la accompagna per farmi accomodare, poi mi si siede accanto e mi prende per mano.
Gli sorrido, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla. Alla sua sinistra c’è Louis, alla mia destra Rachel. Giorgia è relegata nell’angolo opposto, quello proprio attaccato alla gamba del tavolo ed è palese che sia indispettita.
Sghignazzo, divertita. Ben le sta, voglio proprio vedere come farà a molestare il mio fidanzato da quella distanza. Le rivolgo un sorrisino di sfida, tanto per farle capire che non mi sono affatto bevuta tutta la sua pagliacciata con annessi complimenti. Lei ricambia, con un sopracciglio inarcato. Oh, certo, fa pure finta di non sapere di cosa sto parlando. Non che abbia parlato, ma in genere le mie espressioni sono piuttosto eloquenti. Perciò dovrebbe aver capito. A meno che non sia così dannatamente stupida.
«Buon appetito.» augura mamma, servendo al centro tavola un enorme vassoio colmo di salsicce, wurstel, hamburger, costine e non so cos’altro.
«Zia, non ci sarebbe qualcosa di più salutare, come un’insalata di pomodori?» ecco, mi sembrava strano che ancora non avesse cercato la sua buona dose di attenzione.
«Sopprimetela, prima che ci pensi io.» borbotto, infilzando un hamburger con aria tetra. Qualcuno ridacchia, divertito. Poi Rachel decide di guadagnarsi tutta la mia stima e comincia a prendere Giorgia per il culo. Si rivolge a mia madre, con un sorrisino innocente stampato sul viso rotondo.
«Signora O’Connell, non è che potrebbe servire anche a me un’insalata di stagione? Voglio solo le foglie verde chiaro, tagliate in strisce lunghe tre centimetri e larghe uno. Cerchi di non sbagliare, per cortesia. I pomodori invece li vorrei tagliati a forma esagonale, possibilmente non superanti i due centimetri di grandezza. Il tutto entro dodici minuti.» sibila.
Janine le tira una gomitata sul fianco, nell’inutile tentativo di farla stare zitta, anche se è evidente che vorrebbe ridere. Chi non si trattiene affatto, con mia enorme sorpresa, è mio padre. Non sentivo la sua risata da talmente tanto tempo che per un attimo fatico a riconoscerla. Ma è la sua, e non è cambiata affatto. È la stessa risata che sentivo da bambina, quando guardavamo insieme i cartoni animati. È la stessa risata che mi riporta ai lunghi sabati pomeriggio trascorsi al parco. In automatico, stringo la presa sulla mano di Harry.
«Tutto bene, piccola?» domanda, preoccupato. Scuoto la testa distrattamente: per la prima volta, non ho voglia di fingere che sia tutto a posto. Perché non lo è affatto e se c’è qualcuno che può capirmi, quello è Harry.
«Voglio andare via da qui.» sussurro, quasi sull’orlo del pianto. Cielo, sto diventando di uno psicolabile esagerato, nell’ultimo periodo. Ma dov’è il mio cuore di ghiaccio, quando serve?
Non è normale che cambi umore ogni trenta secondi, dai. Dico sul serio, sto cominciando a preoccuparmi.
«Per tuo padre?» bisbiglia, in modo che nessuno, oltre me, possa sentire. Annuisco e sto per supplicarlo di andarcene, quando Giorgia decide di fare la sua mossa, scatenando il mio odio più totale.
«Zio, Lilly ti ha già parlato di lei ed Harry?» cinguetta, anche se ormai, con il raffreddore che incombe, la sua voce è più simile a quella di un uomo.  Piccola soddisfazione, ormai inutile di fronte all’evidenza dei fatti: questa gran vacca sta cercando di farmi parlare con mio padre, quando sa perfettamente che è l’ultima cosa che ho voglia di fare.
L’atmosfera, ovviamente, si fa immediatamente tesa e un silenzio tanto fitto quanto imbarazzante si piazza tra i presenti. Poi, con semplicità, Harry inizia a parlare, con la sua voce roca e sempre maledettamente calma. Accolgo ogni sua parola con gratitudine, perché so che l’unico motivo per cui si è messo in mezzo è difendere me ed impedirmi di soffrire troppo.
A dimostrarlo, c’è la sua mano stretta nella mia.
«Be’, sa, signor O’Connell…» comincia, con un mezzo sorriso divertito.
Papà lo interrompe con un cenno della mano e un sorriso. «Chiamami Brian, Harry. E sentiti libero di darmi del tu.» lo invita poi a continuare.
Osservo papà in completo silenzio, cercando di capire dove voglia andare a parare con tutta questa gentilezza, ma non trovo neanche una motivazione plausibile. Perché dovrebbe sforzarsi di essere carino con Harry, quando non gliene è mai importato niente, di me? Dal lato opposto della tavola, intanto, mamma mi osserva con dispiacere.
«D’accordo, Brian. Come saprai, Leighton non è proprio un agnellino.» comunica Harry. Alzo gli occhi al cielo, scocciata. Io? Sono un zuccherino, quando voglio. È che Harry all’inizio ha tirato fuori il mio lato acido. E sarcastico. E cinico. E… okay, non sono uno zuccherino.
«Lo so bene.» conferma infatti papà. Certo, e come fa a saperlo? Grazie alle innumerevoli e inesistenti volte in cui abbiamo parlato, o in cui abbiamo trascorso del tempo insieme?
Sbuffo, sprezzante.
«Lo sai bene? Ma davvero?»
«Leighton…» mi ammonisce mamma, con un tono di voce duro che non ammette repliche.
«No, Leighton un bel cavolo di niente.» mi alzo in piedi, furiosa. L’attenzione di tutti si concentra su di me. Faccio in tempo a cogliere lo sguardo dispiaciuto di Niall, quello soddisfatto di Giorgia e quello particolarmente serio di Harry, prima di sbottare e riversare addosso a mio padre tutto quello che penso di lui.
«Non so cosa ci fai qua, e sinceramente non lo capisco. Hai lasciato mamma, hai abbandonato me e Giselle, perché continui a tornare? Ti diverte farmi stare male, papà? Ti piace vedere che non riesco neanche a parlare quando ci sei? Grazie tante. Cosa credi, che ti permetterò un’altra volta di ferirmi come hai già fatto? Non ce la faccio, va bene?» urlo, con le lacrime agli occhi. Quando ho finito, rimango in piedi, ansimante, coi pugni stretti e il fiato corto. Papà non dice una parola, si limita a guardarmi estremamente serio.
Rimane in silenzio per qualche minuto, poi si decide a rispondermi.
«Le cose tra me e tua madre non hanno funzionato, Leighton. Capisco che tu sia spaventata, capisco che tu abbia sofferto, ma non puoi incolparmi di averti abbandonato. Sono anni, anni!, che cerco di avere un contatto con te e tu mi respingi. Potevo capirlo quando avevi sette anni, ma ora ne hai diciannove ed è tempo di crescere. Sono sicuro che se lo volessi davvero, capiresti. Ma non vuoi ed io non posso farci niente. Ciò non toglie che per te e Giselle farei qualsiasi cosa. Ed ora scusate, ma ho il volo per Londra tra due ore. Ero passato solo per salutare.» conclude.
Se ne và, prima ancora di lasciarmi il tempo di assimilare ogni sua parola, prima ancora che io riesca a reagire e a capire, finalmente, che la vera egoista, tra noi due, sono solamente io. Non ho mai voluto capirlo fino in fondo, ha ragione. Troppo presa a portare avanti la parte della principessa oltraggiata e della figlia abbandonata, non ho apprezzato i suoi tentativi di starmi vicino. Ed ora so che se gli permetterò di andare via senza una risposta, non avrò più nessuna possibilità.
«Lilly, si può sapere che ti è preso?»
«Vaffanculo, Giorgia. Vaffanculo.» e questo, ve lo assicuro, è il vaffanculo più soddisfacente e liberatorio che abbia mai mandato.
Poi comincio a correre e inseguo papà, così come avrei dovuto fare tanto tempo fa.
 
 
~
 
 
Buonasera ^^
Sarete stupite di quest’aggiornamento, visto che io per prima credevo che non ce l’avrei fatta. Sono stata bloccata su questo capitolo per un sacco di tempo. Era lì, eppure non riuscivo mai a finirlo in maniera che mi soddisfacesse.
Comunque, l’altra sera stavo parlottando con Ale, che mi ha aiutato parecchio a sbloccarmi. Perciò grazie <3
E, in più sono contenta perché il mio piccolo iPod, che fino a ieri sembrava morto, è resuscitato. Per festeggiare, quindi, ecco il nuovo capitolo.
Ehm… che ne pensate? Ditemelo, vi prego, perché ero molto indecisa al riguardo.
E basta, credo di aver finito. Grazie mille alle ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo, a chi ha inserito la storia tra le blablabla e a chi legge soltanto.
Vi adoro,
Fede.


Ah, dimenticavo, per chi volesse, su Twitter son @FTheOnlyWay

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Capitolo 13
*** Si tratta solo di aspettare. ***






Capitolo 13
“Si tratta solo di aspettare.”
 



«Aspetta!» rischiando la morte un numero imprecisato di volte – come ben sapete non sono molto coordinata – corro dietro a papà, sperando che non sia già salito sul taxi.
Lo becco appena in tempo, mentre sta infilando il piede in macchina.
«Aspetta, non andare.» sussurro. Si blocca con il piede a mezz’aria, e mi guarda. Dopo un secondo che mi sembra interminabile, si sporge in avanti, dice qualcosa al tassista e chiude la portiera. 
Osservo il taxi allontanarsi velocemente, fino a che svolta l’angolo. Solo allora riporto la mia attenzione su papà. Non si è mosso di un passo e capisco il motivo: questa volta, tocca a me avvicinarmi.
Tutto l’orgoglio e il risentimento che ho provato sino ad ora, non sono serviti a niente, se non a rendermi impotente e incapace di relazionarmi con l’uomo che mi ha messa al mondo.
Un passo.
Che non è solo un passo, nel senso letterale del termine. Questo è il passo. E lo faccio, perché sono stanca di provare rancore, di detestare qualcuno che non ha colpa.
Cioè, la colpa ce l’ha un po’, ma io non ho nessun diritto di immischiarmi nei suoi affari. Se con mamma non stava più bene, perché avrebbe dovuto continuare ad essere infelice?
Posso condannarlo, se ha scelto di andare avanti? No. Perciò è ora di finirla di comportarmi come una ragazzina viziata e accettare le cose così come stanno: mamma e papà non stanno più insieme, ma non per questo devo escludere uno dei due dalla mia vita.
«Io…» un altro passo.  «Ehm… ti và se andiamo a prendere un caffè insieme?» propongo, imbarazzata.
Se dicesse di no, non lo biasimerei affatto. Anzi, io stessa mi manderei a cagare, se fossi al suo posto. Tutto sommato, però, papà è molto più intelligente di quanto lo sia io.
«Ne sarei onorato.» sorride e, per un attimo, resto incantata a guardare le rughe intorno agli occhi. È invecchiato, papà, ed io non me ne sono neanche accorta. Chissà se la preoccupazione per me ha contribuito, o se semplicemente è colpa del tempo che scorre.
«Invita pure anche Harry, Leighton.» dice, un secondo dopo. Me l’ha letto in faccia, che volevo Harry accanto a me? Gli sorrido, poi annuisco e corro dentro a chiamare Harry, che è impegnato in una discussione con Niall, Bridget e Louis. Riesco a sentire solo “… non posso partire adesso.” prima di immobilizzarmi completamente.
Tranquilla, mi impongo. Non sai neanche di cosa sta parlando, non fasciarti la testa prima ancora di essere caduta. È Harry, ed Harry ti dice sempre la verità, mi ripeto, nel patetico tentativo di calmarmi.
Sono ancora incantata a fissare il vuoto, quando Bridget si accorge di me e si affretta a cambiare discorso. Le sorrido debolmente, ma ora so che mi nasconde qualcosa.
Harry, che mi guarda estremamente serio, non accenna a cambiare espressione. Credo di non averlo mai visto più serio di così, e la cosa mi preoccupa. Cosa c’è che non và?
«Ti andrebbe di venire con me e papà a prendere un caffè?» farfuglio, prossima ad una crisi di nervi. Secondo me sto rischiando di brutto oggi. Chi lo sa, magari mi prende un infarto, oppure mi torna la febbre a quaranta. Non sono abituata a tante emozioni tutte in una volta.
E in più, non sono nemmeno capace di convivere con l’ansia. Mi trasforma in un fascio di nervi e credo che potrei scattare da un momento all’altro, soprattutto se Bridget non la pianta di fissarmi in quel modo.
Harry sembra riprendersi dal suo momentaneo stato di serietà e torna quello di sempre. Mi sorride, saluta gli altri con un veloce “ci vediamo dopo” e mi viene incontro.
«Verrei anche in capo al mondo, se solo me lo chiedessi tu.» mormora, al mio orecchio. Dovrei essere felice di sentirglielo dire, davvero, eppure il sospetto che mi stia nascondendo qualcosa è ancora più radicato in me, tanto che mi limito ad un sorriso di circostanza.
Tutto ciò che vorrei urlare, in realtà, è un “smettila di prendermi per il culo, perché tanto non ci casco” ma ho così paura di sentire la verità che mi tappo la bocca e provo a concentrarmi unicamente sull’incontro con papà.
La mano di Harry stringe la mia con la consueta delicatezza. Mi si stringe lo stomaco, per la paura. E se volesse lasciarmi?
Per non farmi prendere dal panico, respiro profondamente e aspetto che la fitta allo stomaco passi. Harry non dice niente, si limita a guardarmi preoccupato.
Papà è fermo nello stesso punto in cui l’ho lasciato qualche minuto fa, e sorride serenamente.
«Andiamo?» domanda, tranquillo. Annuisco e mi incammino accanto a lui.
Restiamo in silenzio per tutto il tragitto, fino a che raggiungiamo lo stesso bar in cui Harry mi aveva portato a fare colazione. Se solo ci penso, mi sembra che siano trascorsi mesi, anziché una misera manciata di giorni.
Ma cosa voleva dire con quel “non posso partire adesso?”. Ho bisogno di saperlo e non riesco proprio a sopportare che Harry se ne debba andare prima ancora del previsto. Non ho avuto abbastanza tempo per abituarmi all’idea che presto starò senza di lui.
«Tu studi, Harry?» domanda papà, spezzando il silenzio. Harry annuisce.
«Si, studio legge al King’s College, a Londra.»
«E come te la cavi?»
«Abbastanza bene, direi. Anche se ho pensato di prendermi una pausa.» rivela, candidamente. Strabuzzo gli occhi, stupita. Ma di cosa sta parlando? Cosa vuol dire che ha pensato di prendersi una pausa?
«E come mai, sei posso chiedere?»
Papà sembra davvero incuriosito da Harry, tanto che si dimentica persino del suo caffè, per concentrarsi completamente sul discorso. Lo stesso vale per me.
«Ho altre priorità, e una promessa da mantenere.» sostiene, con tono quasi solenne.  Mi guarda e mi sorride, come se quello che ha appena detto fosse una cosa da poco, senza significato. Come se avesse appena detto che domani pioverà e che lui è intenzionato a comprarsi un ombrello leopardato.
«Capisco…» mormora papà, evidentemente colpito. «Sei un bravo ragazzo, Harry.» si complimenta, con un sorriso che mi sembra addirittura orgoglioso.
«E tu? Che progetti hai, Leighton?» chiede.
Progetti, progetti. Non ci ho mai pensato seriamente. Ho finito la scuola da quasi un anno e l’unica cosa che sono stata in grado di fare, è la commessa in un piccolo negozio di abbigliamento. So che mamma è rimasta molto delusa dal fatto che io non abbia scelto di proseguire gli studi e frequentare il college, ma so che ho preso la decisione giusta. Lo studio non fa per me. Non avrei la costanza necessaria e tantomeno la voglia. Non sono neanche una persona particolarmente ambiziosa, anzi. Tutto ciò che vorrei dalla vita, è essere felice e il college non serve.
«Nessun progetto, per ora.» confesso quindi, in tutta sincerità. Papà annuisce pensieroso ed Harry mi guarda attentamente. Non ho mai parlato di cosa avrei voluto fare, né con lui, né con nessun altro.
Quando ero piccola, sognavo di aprire una libreria, dove avrei trascorso le giornate a leggere, ad annusare l’odore delle pagine nuove a perdermi in mondi lontani in cui l’infelicità sembrava solo un brutto ricordo. Poi ero cresciuta, e avevo capito che mi sarei accontentata di molto meno.
Da quando è arrivato Harry, però, il mio piccolo mondo non mi basta più. Perché insieme a lui è arrivata anche la felicità. Ed io ho ricominciato a sognare scaffali e scaffali di libri, e storie fantastiche e una vita gioiosa e realizzata.
«Mi ricordo che quando eri piccola volevi una libreria come quella della Bella e la Bestia. Sai, Harry, ne parlava in continuazione. Tutte le bambine volevano le Barbie, lei voleva andare in biblioteca. Ci stava ore e ore e non c’era verso di smuoverla.» ricorda.
Mi sorride e a me cominciano a pizzicare gli angoli degli occhi. Ho una voglia incredibile di piangere.
«Non pensavo ricordassi queste cose…» sussurro, con lo sguardo basso. Non voglio che veda quanto sono infantile. Non voglio mi veda piangere.
Lo sento sospirare e so che da questo momento in poi, la conversazione diventerà più seria che mai. Questo è il famoso punto in cui tutti i nodi vengono al pettine ed io, dopo dodici lunghi anni, forse sono finalmente pronta ad ascoltare e perdonare
«Ricordo tutto, Leighton. Ricordo quando sei caduta in giardino e ti sei sbucciata il ginocchio, ma ti sei rialzata come se niente fosse, senza versare nemmeno una lacrima. Ricordo che subito dopo sei caduta di nuovo, sempre sullo stesso ginocchio e ancora una volta non hai pianto. Ricordo che sei venuta da me e mi hai chiesto un bacio, perché così il ginocchio non ti avrebbe più fatto male.
Ricordo che nascondevi i tuoi pastelli a cera in una scatola rossa sotto il letto, perché non volevi che Giselle li usasse. Ricordo che hai pianto, quando lei per sbaglio ti ha spezzato il pastello verde, che era il tuo preferito. Te ne ho comprato un altro e abbiamo cercato insieme un nuovo nascondiglio, che Giselle non potesse trovare.
Ricordo che una volta sei uscita fuori durante il temporale, anche se mamma ti aveva detto di non farlo perché ti saresti presa il raffreddore, ma tu hai insistito talmente tanto che alla fine ti ho seguito anche io e ci siamo beccati la febbre tutti e due. Ricordo che abbiamo passato quattro giorni davanti al camino, a bere brodo e a guardare i cartoni animati. Soprattutto il Re Leone, anche se ti faceva piangere la morte di Mufasa.
Ricordo quel vestitino giallo che tanto odiavi, perché l’aveva mandato tua nonna Maria dall’Italia e il pizzo sul colletto ti dava così fastidio che alla fine mi avevi convinto a rovesciarci sopra il mio caffè, perché così non avresti più potuto metterlo. Ricordo tutto, Leighton, e mi dispiace che tu mi abbia odiato, in questi anni, ma voglio solo che tu capisca che non ho mai smesso di volerti bene e non smetterò mai, anche se tu continuerai a detestarmi e a tenermi fuori dalla tua vita. Non mi vedrai, ma io ci sarò.» conclude.
Rimango in silenzio, troppo frastornata per dire qualunque cosa, troppo commossa per esprimere a parole quanto sia grande il mio sollievo, quanto sia importante, per me, aver capito che lui non mi ha mai abbandonata davvero, quanto sia stato coraggioso ad aver tentato in continuazione di parlarmi, di starmi accanto, nonostante la mia reticenza e, spesso e volentieri, la mia cattiveria.
«Non mi merito tutto questo…» singhiozzo. Al sollievo si aggiungono anche i sensi di colpa, perché sono stata meschina e crudele e davvero non mi merito il suo affetto incondizionato. Non dopo tutto l’odio e l’astio che gli ho riversato addosso, senza alcuna pietà.
Ed ora lo sento, il rimorso. Per il tempo perduto, per tutte le occasioni che ho sprecato.
«Si, invece. Eri solo una bambina, quando io e tua mamma abbiamo deciso di divorziare e non potevi capire. È comprensibile che tu abbia pensato che io ti abbia abbandonato, è giusto che fossi arrabbiata con me. Quello che non ti sei mai meritata, Leighton, è il dolore. Ed io te ne ho causato fin troppo, perciò lo capisco se ti ci vorrà del tempo per perdonarmi. Ti aspetterò. Perché è questo che fanno tutti i genitori, no? Aspettano.» conclude infine.
Poi, inaspettatamente, allunga una mano e mi lascia una carezza sulla guancia.
«Ora devo andare, il taxi sarà qui fra poco. È stato bello parlare con te, Leighton. Harry, spero di rivederti presto.» un’altra carezza, questa volta sulla testa, un altro sorriso, dopodiché papà si alza e si allontana.
«Grazie.» sussurro, anche se non sono certa che mi abbia sentito. 
Di una cosa sono sicura, però: aspetterà.  
Poco dopo, io ed Harry ci incamminiamo verso casa, mano nella mano e in completo silenzio. Ho smesso di piangere, ma le parole di papà continuano a risuonare nella mia mente un numero infinito di volte. Non ho spazio per nient’altro, se non per la sua voce e per il suo sorriso.
«Come ti senti?» chiede Harry.
Come mi sento? È difficile da spiegare. È come se tutto l’odio fosse svanito, lasciando il posto ad un piacevole e silenzioso vuoto. Mi sento in pace, mi sento…
«Libera.» ecco il termine più adatto. Mi sento libera, dal rancore, dall’astio e da tutte quelle sensazioni e quei sentimenti malsani che di certo non mi hanno mai fatto bene.
Mi sento così libera che potrei anche ringraziare Giorgia per avermi portato al punto di rottura e per aver fatto si che la verità venisse a galla. Okay, sto esagerando. Sarò libera, ma sono sempre Leighton O’Connell, non uno zuccherino. E Giorgia è sempre Giorgia: bastarda e zoccola.
«E com’è?»
«Bello, ma…» si, c’è sempre un “ma”. Perché se ho praticamente risolto il problema principale della mia intera misera esistenza, non mi sono affatto dimenticata della prima parte del discorso, né tantomeno ho intenzione di lasciar perdere.
Libera, non scema.
«Ma?»
«Dobbiamo parlare, Harry.» affermo, seria. Il sorriso sereno di Harry scompare, così come l’atmosfera quasi romantica della passeggiata sotto le stelle.
«Parleremo, ma non oggi.» risponde tranquillo.
«Quando?» io ho bisogno di sapere, voglio potermi preparare per ogni evenienza.
«Domani. Non c’è nessuna fretta.»
Non c’è fretta, dice. Se davvero non c’è fretta, perché allora non mi guarda negli occhi fino a che non rientriamo a casa?
Se davvero non c’è fretta, perché sembra distaccato, distante e perso in un mondo di cui non vuole che io faccia parte?
Se davvero non c’è fretta, perché mi sento come se questa fosse l’ultima notte che passeremo insieme?
«Non c’è fretta.» mormora di nuovo.
Ma, forse, cerca solo di convincere sé stesso.
 
 
 
* * *
 
 
 
No, non è un’illusione! Sono proprio io e questo è un capitolo nuovo. Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma mi sono ritrovata completamente bloccata per tutta la storia e mi era quasi passata la voglia di scrivere. In ogni caso ci tengo troppo e mollarla così non mi piace.
Perciò, ecco il capitolo nuovo.
Spero che vi sia piaciuto e niente, fatemi sapere che ne pensate, lo sapete che per me è importante!
E scusate se sono di poche parole, oggi, o se sembro incazzata, ma la verità è che mia madre mi ha fatto girare i coglioni.
Fine.
 
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Capitolo 14
*** Futuro. ***







Capitolo 14

“Futuro.”
 





Non riesco a dormire.  
Per quanto ci provi, la mia testa non vuole saperne di darmi pace. I pensieri sono lì, e ronzano, incessantemente. Sto per impazzire, forse.
Quand’è stato che la mia vita ha cominciato a girare? Un giorno andava tutto bene – più o meno, ma la mia sanità mentale non è mai stata a rischio –, quello dopo tutto i problemi e tutte le mie paure più grandi si ripresentano all’improvviso. E sono così spaesata che proprio non so cosa fare.
Il risultato? Continuo a rigirarmi tra le lenzuola come un’anima in pena.
Ed ho bisogno di Harry, perché la maggior parte dei miei pensieri sono indirizzati a lui e al suo comportamento di oggi. Mi nasconde qualcosa, ed io non posso dormire con la consapevolezza che la tempesta potrebbe abbattersi su di me da un momento all’altro.
Va bene, lo ammetto, Shakespeare mi fa un baffo, però che volete? Non è colpa mia se non sono normale e tantomeno in grado di gestire in maniera decente le emozioni.
Mi alzo e, il più silenziosamente possibile, raggiungo la camera di Harry. Se sta dormendo, giuro che me ne vado senza dire una parola.
Socchiudo leggermente la porta e do una sbirciata. Harry è sveglio, ed è seduto sul letto con le gambe incrociate. Sta guardando il display del telefono con aria assente. È a petto nudo e indossa solo i pantaloni di una tuta grigia. Per un attimo rimango incantata a guardarlo. È così bello che ancora non riesco a credere che sia il mio fidanzato. Credo che la mia paura di perderlo da un momento all’altro sia dettata dal fatto che, probabilmente, Harry è la cosa migliore che mi sia capitata in tutta la vita. E se mi lasciasse? Come farei, io?
Forse non dovrei disturbarlo. Forse, anche lui, è troppo preso dai suoi pensieri. Sospiro lievemente, poi scuoto la testa e richiudo la porta, ma la sua voce mi blocca all’istante.
«Leighton, lo so che sei tu.» mormora, scuotendo la testa divertito.
«Sei un mago?» domando, prima di entrare in camera e chiudermi la porta alle spalle.
«No, ma ho gli occhi.» replica.
Intanto, mi fa spazio sul letto e mi abbraccia.  Mi accoccolo contro il suo petto, improvvisamente triste. Come fa a scherzare? Gli importa così poco, di me, da non ritenermi neanche degna della verità?
«Sai, mi aspettavo una delle tue solite risposte.» sorride.
La sua mano scende sulla mia schiena, delicata e come ogni volta che mi sfiora, sento l’irrefrenabile impulso di stringermi ancora di più a lui. Appoggio l’orecchio in prossimità del suo cuore e mi fermo per un istante, quasi ipnotizzata dai suoi battiti. Sono lenti, e regolari.
Gli circondo la schiena con le braccia e un istante dopo lui ricambia.
Lo guardo. Harry ricambia il mio sguardo, attento e concentrato, forse in attesa che io dica qualcosa.
Ma non lo faccio, perché l’unica cosa a cui riesco a pensare è che mi sta nascondendo qualcosa e che quel “non c’è nessuna fretta”, in realtà mi sembra solo una scusa per ritardare l’inevitabile.
Ho ancora la sensazione che le cose cambieranno da un momento all’altro. Cosa succederebbe se Harry partisse domani? Se mi lasciasse da sola, di punto in bianco, all’improvviso? Questa sarebbe l’ultima occasione che ho per stare con lui, per baciarlo, per sentire le sue mani sfiorarmi, per sentirmi a casa. Non voglio più sentirmi sola, smarrita e infelice.
Ho solo bisogno di Harry, di averlo accanto e di sapere che non mi abbandonerà mai.
«Non guardarmi così…» supplica Harry, infine. Stringo gli occhi, confusa.
Lo fisso, cercando di capire cosa c’è che non và e quando mi rendo conto che il suo sguardo spazia in continuazione dai miei occhi alle mie labbra, arrossisco.
E poi, ancora una volta, la sensazione che questa sia l’ultima occasione che ho per stare con lui mi sconvolge la mente e faccio l’unica cosa che mi consente di sentirlo ancora più vicino: lo bacio.
Harry sospira, poi sembra riprendere il controllo della situazione e mi sospinge sul materasso.
La sua mano si infila lentamente sotto il tessuto leggero della maglietta del pigiama. Rabbrividisco e lo attiro ancora di più a me.
È l’ultima notte, penso di nuovo, guardando i miei indumenti cadere a terra, con un tonfo delicato.
È l’ultima notte.
 
«Io ero venuta qui per parlarti, comunque.»
Mi rannicchio al fianco di Harry, un po’ imbarazzata. Lui sorride, mi circonda le spalle con il braccio e comincia a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
È sereno, come forse non l’ho mai visto prima. Mi lascia un bacio sulla fronte.
«Lo so.»
Certo che lo sa. Lui sa sempre tutto. Sapeva che mi sarei innamorata di lui sin dalla prima volta che l’ho visto. Sapeva che se avesse insistito, prima o poi mi sarei arresa. Sapeva che la mia acidità, alla fine, non è poi così inguaribile.
«Non mi prenderesti mai in giro, vero, Harry?» mormoro, imbarazzata.
Non mi piace mostrarmi così vulnerabile, ma se c’è qualcuno di cui posso fidarmi completamente, quel qualcuno è proprio Harry. E il fatto che al momento lui sia il mio più grande problema, be’, non cambia poi tanto le cose, credo.
«Mai, Leighton. Te lo giuro.» il tono in cui lo dice è quasi solenne ed io non posso fare a meno di fidarmi di lui. Come so che non mi mentirà? Harry mi ama. Me l’ha dimostrato in ogni modo possibile. E poi, i suoi occhi sono così cristallini che è impossibile pensare che sia in grado di dire una bugia.
Ma vi rendete conto di quello che sto dicendo? L’amore mi ha trasformata in una femminuccia sentimentale. E adesso? Cioè, come dovrei gestire questa nuova me? Non sono capace di essere gentile, smielata e tutta pucci-pucci. Come faccio?
«Devi partire, non è vero?»
Sapete come faccio? Mi comporto da idiota e rovino la notte più bella della mia vita.
Semplice, no? Harry sospira, mi lascia un bacio sulla testa e resta in silenzio, probabilmente alla ricerca delle parole giuste da dirmi.
Non che ce ne siano, in effetti. Prenderò male qualsiasi frase uscirà dalla sua bocca, perciò tanto vale sapere le cose subito e senza mezzi termini.
«Non lo so.»
Ecco, lo sapevo io che se ne doveva andare, che mi avrebbe mollata così come una scema e che…
«Cosa? Che vuol dire che non lo sai?»
«Ieri ho parlato con il rettore dell’università. Volevo sapere se era possibile, che ne so, sospendere l’anno senza perdere gli esami che ho già dato o qualcosa di simile…» spiega, un po’ titubante.
Mi ci vuole un po’ per capire che Harry sarebbe davvero disposto a mollare tutto per me. Tutto quanto, compresa la sua brillante carriera universitaria.
E nel momento in cui lo realizzo, mi tiro su di scatto. Stringo il lenzuolo al seno, imbarazzata.
«No!» rantolo.
Harry aggrotta le sopracciglia, confuso.
«Stai male, per caso?»
«No! Tu stai male!»
«Sto benissimo, Leighton. E so quello che faccio, perciò non agitarti.» mugugna. Poi mi afferra per il braccio e mi trascina di nuovo accanto a lui.
«No, non lo sai invece!» protesto, con veemenza.
Harry sbuffa di nuovo.
«Ascoltami bene, perché non ho voglia di discutere. Posso mollare l’università, non è così importante.»
Non ha voglia di discutere? Oh, ma ha presente con chi sta parlando? Con colei che è la regina indiscussa delle discussioni (brutto gioco di parole, ma rende abbastanza bene il concetto.), con l’unica persona al mondo che probabilmente prende sempre la scelta peggiore.
Per Dio, io sono quella che ha fatto incazzare le Parche, perciò non può dirmi che non ha voglia di discutere e pensare che me ne stia zitta. Ormai è diventata una questione di principio.
«Questo non avrei dovuto dirlo, immagino.» parlotta Harry, tra sé e sé. «Stupido.» si insulta poi.
«Già, ma ormai l’hai detto.» gli ricordo, mio malgrado divertita.
«Ero serio, quando dicevo che ne avremmo parlato domani.»
Do un’occhiata veloce all’orologio appeso alla parete, poi sorrido.
«Be’, guarda caso è mezzanotte passata. Perciò tecnicamente è domani.» gli faccio notare, con un sorrisino soddisfatto. Ed ecco la maestra delle discussioni all’opera. Non so come finirà questa conversazione, ma l’unica cosa certa è che l’ultima parola sarà mia, dovessimo litigare fino all’alba.
«Non c’è un granché di cui discutere. Ho deciso di rimanere qui, per un po’.»
«Ma ti ho sentito dire che non puoi partire così presto, che significa?»
Nel caso in cui non l’aveste ancora capito, sono appena entrata in modalità Sherlock Holmes. Perciò, qualsiasi cosa Harry dirà potrà essere usata contro di lui, anche se c’è da dire che averlo mezzo nudo accanto è una grossa fonte di distrazione.
«Dì un po’, Detective Conan, mi punterai una torcia contro, solo per sembrare più minacciosa?» ridacchia, evidentemente divertito.
«Non provare a cambiare argomento,  tanto non ci casco. Quella è la mia specialità.»
«Almeno lo ammetti.»
«Harry, non farmi incazzare.» borbotto, seccata.
Dai, cavolo. Ma non lo capisce che sto per impazzire? Per lo meno, se sapessi le cose come stanno, potrei farmene una ragione e buonanotte.
Ho ragione o no? Lasciate stare, tanto lo so che ho ragione.
«È così rilassante, stare con te.»
Oh, certo. Continua pure a tergiversare, bello mio. Tanto ti starò attaccata come una cozza allo scoglio, come una zecca al suo cane e come… be’, non me ne viene in mente nessun altro.
«Che fine ha fatto tutta la tua serietà?»
«Quale serietà?»
Fa anche il finto tonto. Ma si può sapere quale cavolo è questo mirabolante segreto? No, perché è impossibile che sia così sconvolgente. Sono piuttosto sicura che non sarà niente di che, magari sono io che mi sto facendo mille pare mentali per niente.
«Quella che tiri fuori quando c’è da psicoanalizzarmi. Quando si tratta di parlare di te diventi stranamente simpaticone.»
«Stranamente? Vuol dire che di solito sono antipatico?»
Qualcuno mi aiuti, per favore.
Tanto per rendere ancora più chiaro che mi sto spazientendo, rifilo ad Harry una gomitata sulla stomaco, mi divincolo dal suo abbraccio e mi sporgo dal letto per afferrare i miei vestiti.
Li indosso velocemente, poi mi alzo.
«Facciamo così, Mr. Mistero. Quando ti decidi a tornare intelligente, fammelo sapere. Io vado di là a vedere un film. Buonanotte.»
Per essere ancora più incisiva, gli tiro le sue mutande in faccia e me ne vado.
Harry scoppia a ridere.
Spero che gli si incastrino le mutande in quel cespuglio che ha in testa, così impara a fare lo scemo. Mi trascino in cucina con ben poco entusiasmo: mi è venuta fame.
Perciò apro il frigo alla ricerca di qualcosa di commestibile e di dolce, ma c’è solamente del prosciutto e del formaggio. Ci rifletto qualche secondo, poi faccio spallucce e prendo solo il prosciutto.
Ovviamente, siccome sono sfigata per definizione, non ci sarà neanche una fetta di pane.
Ecco, appunto. Non posso neanche mangiare.
Sto contemplando il frigo, forse nell’attesa che si apra da solo e mi tiri fuori un po’ di torta al cioccolato, ma quello rimane stoicamente chiuso. Ma dai?
«Stronzo.» mugugno.
Poi, due mani stringono i miei fianchi ed Harry appoggia la testa sulla mia spalla.
«Sei passata agli insulti?»
«Stavo dicendo al frigo. Per caso hai la coda di paglia, signor Mollo l’Università?»
«Assolutamente no.»
«Ah, quindi è per questo che confabuli tutto il giorno con Bridget e la brigata dei falsoni.»
Harry mi osserva, confuso. È inutile, tanto lo sa che ho ragione, perciò è meglio se la pianta cascare dal pero ad ogni parola che dico e si decide a tirare fuori le palle.
«Sai cosa penso?»
«Sentiamo, sono curiosa.»
«Penso che dovresti cambiare spacciatore, amore. Non è tagliata bene, la roba che ti fumi.»
Visto? È così simpatico, per l’amor del cielo, che mi viene voglia di tirargli un calcio sui gioielli. No, quelli no. Sospiro, combattuta.
«Ti hanno mai detto che sei una fonte continua di divertimento? Non ti stanchi mai di essere così esilarante?» sarcasmo. Puro e semplice sarcasmo, che Harry accoglie – di nuovo – con una risata divertita.
«Mi è mancato un sacco, il tuo buonumore. In questi giorni eri troppo triste.» strofina il naso contro il mio in un patetico (ma efficace) tentativo di intenerirmi. Questo ragazzo ha un brutto effetto, su di me.
«Io ti ci infilerei, in un sacco. Di quelli bianchi della scientifica. O sono neri? Non ricordo…»
Harry alza gli occhi al cielo, poi mi bacia. Per un attimo, mi dimentico di tutto quanto. Ci sono solo lui e le sue labbra sulle mie. Le sue mani intorno ai fianchi e il suo profumo.
«D’accordo, ti dirò la verità.»
«Alla buon’ora.»
Ed ecco che improvvisamente sparisce tutto il buon umore – non che prima ce ne fosse in quantità industriale, ma tant’è… - e ritorna la paura. E se davvero se ne dovesse andare?
«Parto oggi pomeriggio.» rivela.
Lo sapevo, io. Ecco, ora mi viene anche da piangere. Perfetto! Ma che bella giornata del cazzo.
«Oh…»
«Ho un incontro con il rettore, devo firmare alcuni documenti, poi prendo il primo volo disponibile e torno da te.» spiega, tranquillo.
Lo farà davvero. Lascerà il King’s College per me. Ed io non voglio che rinunci ai suoi sogni solo per me. Non me lo merito, e non voglio che lo faccia.
«No.»
«No, cosa?»
«Non voglio che ritorni.»
«Scusa? Credo di aver sentito male.»
«Hai sentito benissimo, invece. Non voglio che ritorni, Harry.»
No, non se il suo ritorno significa la rinuncia a qualcosa per cui ha faticosamente lavorato. Non se vuol dire abbandonare un progetto tanto importante come l’università.
Non voglio che lo faccia per me.  È il classico esempio del gioco che non regge la candela.
«Leighton.»
Harry mi porta una ciocca di capelli dietro le orecchie, e sospira. Scuoto la testa, perché sento che scoppierò a piangere da un momento all’altro e non voglio.
Perché per una volta farò la scelta giusta e sarò io, tra noi due, quella matura.
«No, Harry.»  
«So quello che faccio, Leighton. Ti ho promesso che non ti avrei abbandonato ed io le promesse le mantengo sempre.» mi ricorda, con un sorriso sereno.
Tiro su col naso – non è femminile, lo so – e scuoto di nuovo la testa.
«Non voglio che tu rinunci al tuo futuro per me.»
«Sei tu, il mio futuro.»
Ed è esattamente questo, il punto in cui scoppio in lacrime e lo bacio.
 

 
 
***
 
 
 

Della serie “a volte ritornano”, here I am.
Ho controllato, ed ho aggiornato lo scorso capitolo quasi tre settimane fa, credo. Sono imperdonabile, lo so. Ma ho avuto un po’ di impegni, per non parlare poi, dell’ispirazione che è un po’ così… Infatti il capitolo non mi convince.
Proprio per niente. Cioè, non è esattamente come l’avevo pensato e a dire la verità non sono per niente soddisfatta del risultato.
Spero che a voi piaccia almeno un po’…
In attesa di avere le vostre opinioni in merito, vi ringrazio di tutto cuore per avere recensito lo scorso capitolo e per avermi aspettata tutto questo tempo!
Vi adoro <3
 
Con affetto,
Fede.
 
P.s. Per chi volesse, su Twitter sono @FTheOnlyWay

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Capitolo 15
*** Apocalisse. ***








Capitolo 15

“Apocalisse.”
 



«Non tornare.»
Harry alza gli occhi al cielo, sbuffa e mi rivolge l’ennesima occhiata spazientita.
«Ci risiamo.» borbotta poi, evidentemente seccato.
«Si, ci risiamo. Ti ho detto che non voglio che torni, okay? Rimani a Londra, parla con il rettore e spiegagli che ti sei preso una specie di influenza che ha annebbiato le tue capacità di intendere e di volere.» farfuglio, a velocità supersonica.
Harry mi osserva in silenzio, con un sopracciglio inarcato e sbuffa. Di nuovo. Ormai, ogni mia parola corrisponde ad uno sbuffo da parte sua. È come se tutto ciò che dico gli entrasse da un orecchio e gli uscisse dall’altro.
Non pensavo che potesse essere tanto testardo. Ero certa di avere il primato, ma a quanto pare il signor Styles si è deciso a battere ogni record finora pervenuto.
Tanto perché capiate, in questo momento ci troviamo in aeroporto ed il volo di Harry parte esattamente tra un’ora e ventitre minuti.
In realtà, convincerlo a non tornare và contro me stessa e contro i miei desideri, ma sento che è la cosa giusta da fare. Non potrei mai stare con Harry sapendo di avergli impedito di diventare avvocato o qualsiasi cosa voglia, solo per seguire me.
Io non ho neanche idea di cosa mangerò stasera a cena, perciò figuriamoci se mi metto a pensare al futuro che mi aspetta.
C’è solo una cosa, che so per certa: Harry deve tornare a Londra, perché il suo futuro non è qui a Mullingar. Forse non è nemmeno destino che stia con me, ma di questo non ne sono sicura.
«Leighton, ascoltami, per piacere: posso farlo. Voglio smettere di andare all’università. Non riuscirei a concentrarmi sugli studi, sapendo che tu sei qui da sola.»
Mi viene da piangere, se solo penso a quanto mi mancherà. Chi ci sarà, per me, quando avrò bisogno di sfogarmi, di parlare, di insultare Giorgia? Chi mi impedirà di ucciderla? Come farò, senza Harry?
«Non voglio stare con te.» sbotto, all’improvviso. Harry si immobilizza, incredulo. Forse spera di aver sentito male.
Ma ha sentito benissimo ed io ho capito che l’unico modo che ho per convincerlo a non abbandonare il suo futuro è lasciarlo.
«Non voglio stare con te, non ti amo.» ripeto.
Forse, se sopravvivrò a questi ultimi minuti, potrei candidarmi per un premio Oscar. Miglior attrice drammatica, vincerei di sicuro.
«Ma cosa…?» Harry è confuso e si guarda intorno, cercando di capire se tutto ciò che ha appena sentito è frutto della sua immaginazione.
Incrocia lo sguardo di Niall e di Louis – che partirà definitivamente tra un paio di giorni -, ma in risposta ottiene solo il silenzio. Anche Bridget, stretta accanto a Louis, è immobile.
È normale che siano confusi. Non avevo mai pensato all’ipotesi di lasciare Harry, fino a che non sono stata costretta a farlo. È l’unica soluzione che mi viene in mente, per il momento.
Certo, sono sicura che poi me ne pentirò a vita, e probabilmente rimpiangerò la mia stupidità, ma è la cosa giusta.
«Mi dispiace, ma non voglio stare con te. Finisce qui.»
L’applauso per la miglior interpretazione scatta tra tre, due, uno… niente. Niente applauso ed io ho solo voglia di andarmene a letto e piangere fino ad addormentarmi.
Harry si morde il labbro inferiore, indeciso. Non mi crede, lo so. Non è tanto stupido da cascare in un tranello del genere. Non può credere che non lo amo. È impossibile. È intelligente e sa che lo sto facendo solo per aprirgli gli occhi.
Si passa una mano tra i capelli, mi guarda e sbuffa.
«D’accordo, hai vinto tu. Non lascerò l’università e non prenderò il primo volo disponibile. Sei contenta?»
Annuisco, sollevata, perché finalmente ha capito qual è la scelta migliore. Lo sapevo che ci sarebbe arrivato, prima o poi. Anzi, in realtà sono stupita dal fatto che ad averlo capito per prima sia proprio io, quando in genere ci impiego sempre un po’ prima di prendere la decisione migliore.
Dovrei essere felice, però perché mi sembra che mi stia cadendo il mondo addosso? Perché mi manca il respiro? Ed improvvisamente, la consapevolezza che Harry sta davvero tornando a Londra, mi colpisce.
Non so nemmeno quando lo vedrò la prossima volta.
E se a Londra incontrasse qualcuna migliore di me? Non che ci voglia molto, in effetti. Il mondo è pieno di ragazze simpatiche – e carine – che non vedono l’ora di stare con Harry. Che motivo avrebbe di continuare a stare con me?
Accidenti, quasi quasi cambio idea e gli dico di lasciar perdere l’università. No, non potrei mai farlo.
«Lo sai anche tu che è la scelta migliore.» mormoro, prima di tirare su col naso. Cielo, credo che scoppierò a piangere tra dieci secondi esatti.
Harry sospira, annuisce e mi afferra per le braccia. In meno di un attimo sono stretta a lui e, naturalmente, sto piangendo come una fontana.
«Non piangere, amore.»
Scuoto la testa, nascondendo il viso nel suo petto. Harry mi stampa un bacio sui capelli e mi costringe a guardarlo.
I suoi occhi non mi sono mai sembrati più belli e più sinceri.
«Ci vediamo presto, okay? Te lo prometto.»
Annuisco, tiro di nuovo su col naso – lo so, la femminilità e la delicatezza non sono certo il mio punto forte – e faccio un respiro profondo. Se c’è una cosa che ho capito, è che Harry le promesse le mantiene. Se dice che ci vedremo presto, ci vedremo presto.
«Mi mancherai da impazzire.» farfuglio, in preda alla tristezza. Non riesco neanche a immaginare come sarà stare senza di lui.
«Anche tu, amore. Ti chiamo appena arrivo, va bene?» annuisco di nuovo, ormai non riesco nemmeno a parlare (tra l’altro sono abbastanza sicura di essere orribile, con gli occhi gonfi e il naso rosso) e lo bacio.
Dopo un tempo interminabile, Harry si allontana, mi lascia un bacio sulla fronte e mi sorride.
«Ci vediamo presto.»
«Si, presto.» mormoro.
Lo osservo mentre saluta Bridget con un abbraccio affettuoso, Niall e Louis con una pacca sulla spalla, dopodiché mi bacia di nuovo e si avvia verso il metal detector.
Per un momento, sono tentata di corrergli dietro e chiedergli di rimanere, ma non lo faccio, perché non sarebbe giusto. È difficile per tutti e due, questo schifo di distanza.
Pochi secondi dopo, Niall si avvicina e mi abbraccia. Lo trovo così confortante che scoppio di nuovo a piangere.
«Ma vaffanculo.» borbotto, imbarazzata. Non riesco a credere che proprio io sto facendo questa scena da vedova sconsolata.
Accidenti, Harry non sta partendo per il Brasile, ma per Londra. Sarà al massimo un’ora di volo, non tre anni. È un viaggio che si fa in giornata ed io la sto facendo più tragica di quanto dovrei.
Così chiudo gli occhi, conto fino a dieci e li riapro: ora basta.
La Leighton piagnona se ne và in vacanza e non torna più. Da oggi in poi, la smetterò di piangere per niente.
Essere innamorati è uno schifo. Ogni tanto mi blocco a fissare il vuoto, penso sempre e solo ad Harry. Sembra quasi che il mio cervello vada in un'unica direzione. Non è una cosa normale, vero?
A proposito di Harry, mi sono dimenticata di dirgli una cosa. Perciò mi separo da Niall e individuo Harry ancora in coda prima del metal detector.
«Scusate, permesso, mi scusi, non volevo pestarle il piede.» incespicando tra la marea di gente spazientita in coda (e beccandomi, probabilmente, una marea infinita di maledizioni) raggiungo di nuovo Harry.
«Aspetta!» lo afferro per la manica della maglietta bianca e lo trascino da un lato.
Harry mi guarda un po’ confuso, ma sorride. Probabilmente ha già capito.
«Volevo dirti che ti amo.»
 
«Sai, quando ti comporti così mi sembri una psicopatica.» ridacchia Bridget, mentre scivola sul sedile posteriore dell’auto e si accoccola al fianco di Louis.
Mi limito a guardarla male, perché non è che io abbia qualcosa per cui ribattere. Sono consapevole che la metà delle volte, i miei atteggiamenti sono al limite della sanità mentale.
Lo so, sono decisamente adorabile.
Niall scoppia a ridere, poi avvia il motore ed esce dal parcheggio.
«Sembrava la scena di un film.» commenta, con sincerità.
«Che merda. Potevi fermarmi prima.» è la mia replica. Insomma, come ho già detto un centinaio di volte, non mi piace tanto fare la bimbetta sdolcinata. Ci manca solo che mi faccio due codine del cavolo, indosso la divisa scolastica e vado in giro ad adescare pedofili. Con la fortuna che ho, si creerebbe la fila.
Scuoto la testa, confusa dai miei stessi pensieri. Sto delirando e so anche il perché: non voglio pensare ad Harry e al fatto che in questo momento è sul quel maledetto aereo.
Si, va bene, avevo detto che non avrei pianto più, ma tecnicamente non lo sto facendo. Sono in stato catatonico, ma non verso una lacrima.
Rimango in completo silenzio per tutto il viaggio, con la fronte appoggiata al finestrino e gli occhi chiusi. Mi piacerebbe dirvi che nella mia mente sto rivivendo ogni singolo momento che ho trascorso con Harry, ma non è così.
Sto pensando a cosa farò domani. Perché di certo non ho intenzione di stare separata da lui per troppo tempo.
Non è umanamente possibile e, tra le altre cose, non vorrei mai che qualcuno me lo soffiasse da sotto il naso. Harry è mio e lo sarà ancora per molto, molto, moltissimo tempo.
Potrebbe sembrarvi una frase un po’ morbosa – e in effetti lo è – però, che volete farci? Non mi capiterà mai più di innamorarmi di qualcuno di così speciale. O, cosa molto più probabile, nessun altro potrebbe mai innamorarsi di me.
Detto così sembra quasi che io stia con Harry perché è l’unico che mi piglia, ma non è così, davvero. Harry è tutto. In così poco tempo, mi ha aiutato a superare ostacoli che credevo insormontabili.
Quali? Be’, prima di tutto la mia avversione per il sesso opposto. Che comprende le mie relazioni con mio padre, il mio fidanzato e Giorgia.
Lo so, che Giorgia tecnicamente è una femmina, ma preferisco pensare che il genere femminile non sia messo tanto male da doversi accontentare di un tale elemento. Perciò la faccio rientrare nella categoria del sesso opposto.  In ogni caso, se non ci fosse stato Harry, probabilmente non sarei mai sopravvissuta all’invasione italiana.
E poi, sempre grazie a lui, ho aggiustato i rapporti con papà. Certo, ancora c’è ancora un po’ di diffidenza, da parte mia, ma il peggio è passato.
Anzi, credo proprio che domani lo chiamerò per chiedergli com’è andato il viaggio. Credo sia giusto, in fin dei conti, che anche io faccia la mia parte.
«Resti comunque da me fino a che riparte Giorgia, vero?» domanda Niall, all’improvviso. Inclino la testa da un lato, sorpresa dalla sua domanda.
Pensa forse che sia così sadica? Di certo, se posso evitare di sorbirmi la presenza di quella piaga, farò tutto il possibile.
Oppure Niall pensava che sarei rimasta da lui solo fino a che ci fosse stato Harry. Il pensiero un po’ mi offende, ma rimango zitta. Non voglio più discutere con Niall, non da quando mi fa stare male.
«Si, altrimenti chi cucina? Tu e Louis fate pena, come cuochi.» rispondo, con un sorriso divertito.
Louis ridacchia e Niall alza gli occhi al cielo. Credo sia un po’ sollevato dal fatto che sembro un essere vivente e non un’ameba.
Non mi è sfuggito per niente, che continua a gettarmi quegli sguardi preoccupati e ansiosi, nemmeno fossi in procinto di buttarmi giù dall’auto in corsa.
«Pensavo l’avresti presa peggio, sai?» se ne esce Bridget, all’improvviso.
Ecco! Una fa di tutto per non pensarci, per sforzarsi di sembrare serena e cosa succede? Arriva Bridget, che ha la sensibilità di un tacchino impagliato e mi fa presente che potrei strapparmi i capelli e disperarmi, perché il mio fidanzato è lontano ed io non so nemmeno quando lo rivedrò la prossima volta.
«Mi sei molto d’aiuto, grazie, tesoro.» sibilo, senza sapere bene cosa fare. Vorrei piangere e al tempo stesso vorrei spaccare la testa a Bridget.
È parecchio fastidioso avere il groppo in gola, sapete? Ho come l’impressione che potrei aprire i rubinetti da un momento all’altro.
E, ovviamente, non voglio farlo. Primo, perché ho ancora una certa dignità e secondo, perché mi sono ripromessa che non l’avrei fatto.
So anche che la coerenza non è il mio punto forte, ma vedrò di non deprimermi troppo.
Intanto, posso sempre pensare ad un modo per vedere Harry il prima possibile.
«Secondo te, mamma mi fa andare a Londra?» domando, voltandomi completamente verso Bridget.
Ed è allora che mi rendo conto di una cosa: è troppo tranquilla, quando si parla della separazione e della distanza Londra-Mullingar.
Come fa ad esserlo?
Ed è tranquillo e rilassato anche Louis per qualche assurdo e inspiegabile motivo. Perché?
«Cos’hai fatto?» chiedo, un po’ timorosa di sentire la risposta.
Bridget sorride, sorniona.
«Ti ricordi che ti avevo parlato di una terza parte del piano?»
«Credevo scherzassi!»
«No, cara. Da domani, avrà inizio il terzo atto.»
Ora lo so, che tutto quello che ho passato fino a questo momento, non è assolutamente niente. Perché se Bridget ha un piano, l’apocalisse è vicina.
 
 


***
 
 


Ormai non lo dico neanche più, che il capitolo non mi convince. Tanto lo sapete.
Mi limiterò a chiedervi scusa per l’immane ritardo (anche se ormai immagino che ci starete facendo l’abitudine) e a prostrarmi in ginocchio. Non dirò nemmeno che non è colpa mia, perché lo è, ma vi giuro che sono tre giorni bloccata su questo maledetto capitolo.
Ora che l’ho scritto, spero di sbloccarmi del tutto e di riuscire a concludere questa storia. Anche perché ho già l’altra pronta e non vedo l’ora di sapere che ne pensata.
Comunque, avete visto il figherrimo banner? L’ha fatto Jas, che è un sacco più brava di me (grazie, Cioppi <3)
Niente, ho finito. Oggi sono di poche parole u.u
Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate!
Vi adoro,
Fede.

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Capitolo 16
*** Il terzo atto. ***








Capitolo 16

“Il terzo atto.”
 



A me i complotti e le macchinazioni non piacciono proprio per niente. Sono una persona pulita, trasparente e senza peli sulla lingua.
La maggior parte delle volte non so neanche quello che dico, né sono in grado di farlo al momento giusto.
Perciò, tutti i piani e i sotterfugi di Bridget mi fanno venire un’ansia (e un terrore) non indifferente. Prima di tutto perché non sono capace di mantenere un segreto – non come lei e la Compagnia dell’Anello, alias Niall, Louis ed Harry – e, secondo, perché non sono mica affidabile. Se mi inseriscono in un piano d’attacco, l’insuccesso è assicurato.
Probabilmente mi verrà un attacco cardiaco, o una crisi mistica. Sono ancora indecisa su quale sia l’eventualità che preferisco ma, in ogni caso, sarà uno schifo.
Così mi precipito in camera mia prima ancora che Bridget apra bocca e cominci a rendermi partecipe dei suoi progetti diabolici.
Afferro il telefono e compongo il numero di Harry.  Squilla a vuoto per qualche istante, poi Harry risponde e, a giudicare dal suo tono, non è affatto stupito dal fatto che l’abbia chiamato.
«Oddio, sono una fidanzata ossessiva.» realizzo, all’improvviso.
Harry ride e sono piuttosto sicura che abbia alzato gli occhi al cielo.
«Tranquilla, amore.»
«Non dovevo chiamarti.»
«Si, invece.»
«Appena divento fastidiosa dimmelo, va bene?» propongo, un po’ sollevata dal fatto che Harry, comunque, mi conosce piuttosto bene e comincia a capire che sono una schizzata senza troppe speranze.
«Promesso. Allora, come stai?» domanda, preoccupato.
Vedete perché lo amo? Lui pensa sempre prima a me, a come mi sento, a ciò che mi succede. Come si può non amare una persona così? Sono così fortunata, accidenti.
«Sono terrorizzata.» confesso, sincera. Non dalla distanza, comunque. Per quella sono sicura che prima o poi mi verrà in mente qualcosa. L’ho già detto, che non tollero di stare lontana da Harry.
«Spero non sia colpa mia.»
«Per una volta no.»
«Come sarebbe a dire?» finge di essere oltraggiato – o almeno spero che non lo sia davvero – ed io rido.
«È Bridget. Ha in mente un piano!» cinguetto, resistendo alla tentazione di infilarmi sotto le coperte e restare lì nascosta fino al momento in cui Louis deciderà di portare via Bridget.
«Ed è una cosa brutta?» domanda Harry, palesemente perplesso.
Strabuzzo gli occhi, incredula. Lui la conosce, Bridget! Lo sa che non è a posto con il cervello, come gli viene in mente di chiedermi una cosa del genere?
«Certo! Bridget è malefica, Harry. E non è intelligente quanto me, perciò se ha organizzato una delle sue cazzate, stai pur certo che finirà male.»
Ghigno, perché so per certo che Bridget sta origliando e so altrettanto bene che tra esattamente due secondi entrerà in camera e si metterà a sbraitare. È un’attrice nata.
Harry, intanto, se la ride di gusto.
Uno, due… signore e signori, Bridget fa la sua fantastica entrata. Spalanca la porta a mo’ di Terminator (anzi, credo che neanche Silvester Stallone nel ruolo di Rambo sappia fare di meglio) e mi viene incontro. Probabilmente, tra qualche istante comincerà a uscirle il fumo dalle orecchie. E dal naso. E spero da nessun altra parte, perché potrei rimanerne impressionata.
«Sei un’ingrata, Leighton O’Connell!» urla, mulinando le braccia. Inarco un sopracciglio, perplessa.
«Ti chiamo più tardi?» domanda Harry, tranquillo.
«Si, forse è meglio.»
«Buon divertimento, amore.» dopodiché, Harry ride e chiude la conversazione. Io sospiro, guardo Bridget, che le frattempo ha continuato ad urlare senza sosta – ed io non ho capito nemmeno una parola di ciò che ha detto – e scoppio a ridere.
«Così la prossima volta impari ad ascoltare conversazioni che dovrebbero essere private.» bercio, per niente infastidita. Tanto so già che cercare di tenere un segreto, in questo covo di matti, è un impresa impossibile.
Certo, a meno che l’unica a dover essere tenuta all’oscuro sia io. In quel caso, nemmeno la C.I.A. potrebbe fare qualcosa.
Bridget interrompe il suo sproloquio solo per gettarmi un’occhiata minacciosa, che non ha nessun effetto. Per prima cosa, le si è storto un occhio, perciò di terrificante c’è solo il fatto che sembra guercia.
Faccio un respiro profondo, perché se mi mettessi a ridere adesso, probabilmente verrei trucidata.
«Sembra che stai per farti la cacca addosso, con quella faccia.» comunica Bridget, confusa.
Respira, Leighton. Respira.
Perciò, siccome nemmeno io sono brava a seguire i miei stessi consigli, scoppio a ridere e farfuglio qualcosa a proposito del fatto che Bridget potrebbe comprarsi una benda da pirata, per evitare che la gente rimanga terrorizzata dal suo sguardo strabico.
Spalanca gli occhi, risentita, poi sbuffa, afferra un peluche dalla mia scrivania e me lo tira in faccia. Ovviamente lo schivo, perché checché se ne dica, sono un’atleta mancata.
«Ti muovi a scendere, o devi fare la scema ancora per molto?» domanda Bridget, evidentemente incazzata.
«Si, signor capitano.»
Ah, quanto sono divertente. Vero? Uno spirito incredibile, lo so. Sono la simpatia fatta persona, me ne convinco sempre di più ogni giorno che passa.
Senza più dire una parola, Bridget se ne và e torna al piano di sotto.
C’è un’altra cosa che credo abbiate capito di me: oltre ad essere incredibilmente simpatica, sono anche irrimediabilmente curiosa. Perciò, sebbene non abbia la minima intenzione di partecipare a qualsivoglia cazzata Bridget abbia in mente, voglio avere ogni più sordido dettaglio del suo stupidissimo piano.
Come so che è stupido? Lo so. Punto.
Ora devo farvi una domanda. Avete presente quelle scene nei film, in cui i protagonisti si riuniscono in cerchio e organizzano le prossime mosse, analizzando pro e contro e vagliando tutte le possibilità? Si chiama qualcosa tipo concilio di guerra, se non mi sbaglio.
Ecco, ve lo chiedo affinché possiate capire la situazione in salotto. Bridget è in piedi, con le mani sui fianchi e troneggia con imponenza sulle figure apparentemente terrorizzata di Louis e Niall.
E poi arrivo io, e vengo acclamata nemmeno fossi la Salvatrice delle Anime Perdute. Confusa, perplessa e vagamente spaventata, mi siedo accanto a Niall, sul divano e aspetto che Bridget prenda la parola.
«Prima che cominci ad esporre il mio geniale piano, voglio che sappiate che non l’ho ideato da sola.» comunica.
Un sospiro di sollievo si leva collettivo. Louis sorride, più tranquillo, Niall si rilassa sul divano e mi circonda le spalle con il braccio.
Per un momento mi chiedo se sia il caso di spostarmi, perché mi sembra quasi una mancanza di rispetto nei confronti di Harry, ma poi mi ricordo che Niall è uno dei suoi migliori amici. E comunque, a me non darebbe fastidio, se Harry abbracciasse Bridget. Perciò mi rilasso anche io.
«Per fortuna.» ridacchio poi, in riferimento alla frase di Bridget. Lei inarca un sopracciglio, borbotta qualcosa che sembra tanto simile ad un “brutta stronza ingrata” e torna ad ignorarmi.
Forse è ancora offesa per quella storia della benda da Pirata.
Quando l’ho detto, ero certa che sarebbe stata bene, comunque. Anche perché lei è una che sta bene con tutto. Potrebbero metterle un tonno morto in testa, e starebbe ugualmente alla grande.
Certo, ci vorrebbero mesi per toglierle la puzza di pesce dai capelli, ma il punto non è quello.
«Dai, Bridget, stavo scherzando, sulla benda!» la anticipo, prima che riprenda la parola.
Louis mi guarda stranito, con la testa inclinata da un lato.
«Hai notato anche tu, che ogni tanto gira l’occhio in modo strano? Lo fa quando è arrabbiata.» spiego, trattenendomi a stento dal rotolarmi sul divano.
Louis deglutisce e si azzarda a guardare Bridget, che incrocia le braccia sotto al seno, mortalmente seria e prossima ad attuare uno sterminio di massa.
E, all’improvviso, lo fa di nuovo.
«Ecco! Ecco, l’hai rifatto!» urlo, prima di nascondermi dietro Niall, che si sta letteralmente sganasciando. L’unico che mantiene una parvenza di serietà è Louis, ma credo che non rida solo perché ci rimetterebbe. Insomma, ci dorme lui con Bridget.
Perciò gli conviene non ridere.
«Bastarda. Ora, se mi fate parlare…» riprende. Sorpresa dall’essere ancora viva e vegeta, torno allo scoperto e mi sforzo di ricompormi.
«Scusa.  La smetto.» garantisco, il più seriamente possibile.
Dopo un’ultima occhiata dubbiosa, Bridget riprende a parlare.
«Come cercavo di dire poco fa, prima che una piccola ingrata mi interrompesse...» alzo gli occhi al cielo, perché se proprio ha tanta fretta di parlare, potrebbe evitare di allungare il discorso con simili frecciatine. Anche perché, io sarò pure ingrata, ma la strabica è lei.
«Io e una certa persona.» guarda Louis con aria incredibilmente soddisfatta ed io capisco che le cose stanno per peggiorare da un momento all’altro.
Perché Louis, in quanto a quoziente intellettivo, non è poi molto avanzato.
D’accordo, dite pure che sono cattiva o quello che volete, ma in questo momento sono piuttosto terrorizzata, perciò che volete che faccia? Che saltelli in giro per la stanza, urlando che non vedo l’ora di venire a conoscenza di questa “fantomatica” terza parte del piano?
«Abbiamo riflettuto a lungo sul da farsi. Siccome lasciarci era fuori discussione, l’alternativa era una sola: andare a Londra. Ma come fare? Non potevamo di certo stare per strada, dormire sotto i ponti o chiedere l’elemosina. Perciò, abbiamo riflettuto. Stare da Louis era fuori discussione, anche perché io e te siamo piuttosto ingombranti, Leighton. Abbiamo un sacco di cose e poi tu ti porterai dietro la tua minchia di libreria e sarebbe un casino.
Perciò ho fatto due cose: la prima ti farà incazzare, probabilmente, la seconda ti renderà felice.»
Panico, ecco cosa provo in questo esatto momento. Avete la più pallida idea di cosa Bridget potrebbe essere in grado di fare? Sono completamente terrorizzata.
Sospiro e con un cenno del braccio la invito a continuare: tanto non vede l’ora.
«Ho chiamato tuo padre.»
«Cosa? Quando? E dove hai preso il numero?»
Non sono arrabbiata. Probabilmente lo sarai stata, se tutto questo fosse successo un mese fa, ma da quando ho parlato con papà (o meglio, lui ha parlato con me), le cose sono decisamente migliorate.
Riesco a parlare di lui senza scoppiare a piangere e senza odiarlo. Anzi, sto cominciando a rispettarlo, perché non dev’essere stato facile cercare di starci vicino nonostante l’odio che gli ho riversato addosso.
«Ci ho parlato la sera della grigliata. E poi ieri. Mi sono fatta dare il numero da tua madre e sappi che lei è completamente d’accordo su quello che faremo.» premette, entusiasta. Sembra che si stia trattenendo a malapena dal saltellare.
Sbuffo, ormai rassegnata al fatto che di qualunque cosa si tratti, ci sono dentro fino al collo.
«Cosa faremo?»
«Tu ed io, babe, ci trasferiamo da Brian O’Connell.»
Ed ecco che viene sganciata la bomba. Spalanco gli occhi, colta di sorpresa. Non ho mai pensato davvero, all’eventualità di trasferirmi da papà. Però devo ammettere che non è un’idea tanto cattiva. Certo, all’inizio probabilmente sarà difficile, per noi, adattarsi ognuno all’altro, ma potrebbe essere una buona occasione per riallacciare un rapporto.
Se non per il fatto che…
«Non posso stare a scrocco da mio padre, Bridget. Non esiste.»
Bridget alza gli occhi al cielo.
«Grazie, Einstein. Ho già provveduto a trovarci un impiego.»
Oh. Devo dire che non me l’aspettavo, tutta questa organizzazione da parte di Bridget. Mi sta cogliendo decisamente di sorpresa.
«Non farò la spogliarellista. Né l’accompagnatrice.» preciso subito, alzandomi in piedi. Niall e Louis ridacchiano, divertiti. Facile, per loro, fanno parte della Setta di Bridget, perciò sanno già tutto.
«Deficiente. Siccome sono un’ottima amica, ho cercato una cosa che potesse piacerti. E qui entra in gioco – di nuovo, dovresti fargli un monumento – tuo padre. Si dà il caso, che un suo vecchio amico sia il proprietario di una piccola libreria a Londra. E beh, sai, è anziano e avrebbe proprio bisogno di una mano, il prima possibile.»
Non. Ci. Credo. Questo è il sogno di una vita che si realizza.
«Bridget… non so che dire.» mormoro, sopraffatta dalla valanga di pensieri che mi si fiondano in testa.
Papà, Harry, Londra, la libreria, Harry, Harry, Harry…
Devo dirlo subito ad Harry!
«Un grazie basterebbe.» ridacchia Bridget, divertita. Corro ad abbracciarla e la stringo così forte che sono sicura che le manchi il fiato, ma non mi importa.
So che tutto quello che ha fatto, è stato non solo per garantire una possibilità alla sua relazione con Louis, ma anche per permettere a me di stare con Harry.
È molto più di quanto mi aspettassi e non riesco a credere di essere tanto fortunata. Ho degli amici meravigliosi, un ragazzo che mi ama e un padre che mi accoglie in casa come se non l’avessi mai odiato.
«Vado a chiamare papà, poi Harry.»
«Harry non sa niente, Leighton. E non devi dirglielo, è una sorpresa.»
Oh, no. Non posso mantenere un segreto così, è assolutamente impossibile. Harry si accorgerà subito che gli sto nascondendo qualcosa.
«Neanche un accenno?»
«Niente.»
Impossibile. Io e i segreti, non siamo compatibili.
«Leighton… acqua in bocca, intesi?»
Bridget mi guarda minacciosa e, di nuovo, le si storta l’occhio. In realtà la sto facendo molto più esagerata di com’è veramente, ma mi diverte farla arrabbiare.
«Si, signor Capitano.»



***



Ed ecco, a grande richiesta, il capitolo 16.
Mi  sembrato di capire, dalle vostre recensioni, che molte di voi hanno capito che questo era l'ultimo. Beh, non lo è. AHAHAHAH
Mi spiego, il prossimo sarà il penultimo, dopodiché ci sarà l'epilogo.
Ah, un'altra cosa, Alessia, con la recensione che mi ha lasciato, mi ha fatto venire in mente che potrei scrivere qualcosa dal punto di vista di Harry. Magari vi proporrò una OneShot, ancora non so. Vedremo.
Niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero anche di riuscire ad aggiornare più velocemente!
Fatemi sapere che ne pensate :)
Un bacione, vi adoro! <3

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Capitolo 17
*** Chiamate senza risposta. ***







Capitolo 17

“Chiamate senza risposta.”
 



«Ti sta suonando il telefono.»
Grazie per avermelo fatto notare – di nuovo – Niall. Lo so anche io che mi sta suonando il telefono. Ho una suoneria talmente alta che probabilmente l’hanno sentita anche in Nepal e, se non rispondo, un motivo c’è. E si dà il caso che non è la mia sordità.
La signora seduta davanti a me, che sta sfogliando una copia di Vogue con aria estremamente annoiata, mi guarda come se le avessi appena detto che i capelli biondo platino non sono più di moda. Probabilmente è solo infastidita dallo squillare – quasi ossessivo, direi – del mio telefono.
Le rivolgo un sorrisino di scuse, poi spingo il telefono ancora più a fondo nella tasca dei jeans. Niente, probabilmente è più efficace dell’allarme antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale.
«Non potresti mettere il silenzioso?» domanda infine Louis, con cautela. Gli rivolgo un’occhiata in tralice, poi sbuffo.
«Sto aspettando una telefonata, se metto il silenzioso rischio di non sentirla; ve l’ho già detto.» borbotto, spazientita. Certo, lo so anche io che in questo momento mi stanno chiamando, ma non è chi mi occorre, perciò non posso rispondere.
Finalmente, torna il silenzio. Sono piuttosto sicura di aver sentito qualcuno sospirare per il sollievo, ma non mi azzardo a guardarmi intorno: non si sa mai cosa potrebbe succedere.
Do’ un’occhiata veloce allo schermo, dove è appena comparso l’ennesimo avviso di chiamata alla quale non ho risposto.
Dieci chiamate e un messaggio.
Tutte quante di Harry. Con mano tremante, apro il messaggio e lo leggo.
“Mi sento tanto uno stalker, ma saresti così cortese da rispondere ad una cazzo di telefonata, amore? Sono preoccupato, è da tre giorni che non mi parli se non a monosillabi. Cosa succede?” No, non sono impazzita, se è ciò che vi state chiedendo. In realtà, Bridget mi ha consigliato di parlare con Harry il meno possibile, per evitare di spifferare tutto quanto. Per quanto sia parecchio difficile ammetterlo, devo dire che ha ragione. Harry si accorgerebbe subito che gli sto nascondendo qualcosa e, probabilmente, io ci impiegherei meno di tre secondi a svuotare il sacco. Non sono capace di mantenere certi segreti, con lui. Soprattutto se riguardano noi.
«Posso dirglielo, adesso?» chiedo, esasperata. Non ce la faccio più.
Se disgraziatamente Harry dovesse lasciarmi, per colpa del loro segreto di stato, giuro che li sopprimo a tutti e tre.
Ma lasciate che vi racconti brevemente cosa è successo in questi ultimi tre giorni.
Primo: ho scoperto che Bridget aveva già parlato anche con mamma a proposito di un futuro ed eventuale trasferimento a Londra, e lei ha preso la palla al balzo per disfarsi di me. Ora che tutte e due le sue figlie sono fuori casa, le sembrerà di essere perennemente in vacanza.
Secondo: Giorgia ed Erika sono tornate in Italia a mangiare spaghetti. Fi-nal-men-te. Questo, ovviamente, vale più per Giorgia che per Erika. Con lei, infatti, ci siamo messe d’accordo per rivederci molto presto.
Anzi, credo che abbia pensato di iscriversi all’università qui a Londra, per diventare una specie di… com’era? Non me lo ricordo neanche, comunque sarebbe bello averla così vicina. A patto che Giorgia rimanga lontana da me almeno per un altro miliardo di anni. Per allora, spero che la razza umana si sia estinta, almeno non correrò alcun rischio di incontrarla.
Terzo ed ultimo: Harry. Per stare dietro al grande segreto di stato di Bridget, ho cominciato a mentire ad Harry. Di brutto, oserei anche dire. Ieri, per esempio, mi ha chiamata proprio mentre ero tutta intenta a infilare i vestiti in valigia. Mi stavo appunto chiedendo se fosse il caso di portarmi dietro tutto il guardaroba, quando Harry ha sentito mamma che urlava, dal piano di sotto.
E indovinate un po’ cosa stava urlando? “Ti viene a prendere tuo padre, tesoro. Ti chiama domani mattina, mentre siete in aeroporto!
E, sempre nel caso in cui non l’aveste indovinato, sono andata nel panico più totale. Ho iniziato a farfugliare ad una velocità supersonica, mentre Harry mi domandava se in zona neuroni fosse tutto a posto. Ho ringraziato il Signore un numero infinito di volte, perché evidentemente Harry non ha sentito niente.
Comunque, a proposito delle menzogne, ho chiuso la telefonata dicendogli che ero impegnata a pulire la camera e sembra essersela bevuta. A provato a chiamarmi altre tre volte, ma non gli ho risposto. Morivo dalla voglia di dirgli la verità.
Che poi, tecnicamente, non si tratta proprio di menzogne, più che altro è una verità alternativa. Ecco, in questo modo mi sento molto meno in colpa.
Questo, all’incirca, è ciò che è successo.
In questo momento, io, Bridget, Niall e Louis ci troviamo in aeroporto, in attesa dell’apertura dell’imbarco per Heathrow. Che, naturalmente, è in ritardo.
Un altro ad essere in ritardo, è mio padre, che avrebbe dovuto chiamarmi e ancora non l’ha fatto.
Quando il telefono ricomincia a squillare, quindi, sono davvero indecisa sul da farsi. O lo sbatto per terra fino a che non la smette, o rispondo e dico ad Harry che mi dispiace tanto, che mi sento una vera schifezza e che, ovviamente, la colpa della sua incazzatura è da attribuirsi a Bridget e non a me, che sono un’anima candida e caritatevole.
Rassegnata a buttare il telefono a terra, do’ un leggero sguardo. Con un sospiro di sollievo, realizzo che il nome sul display non è quello di Harry, ma papà e mi allontano per rispondere.
«Era ora.»
La gentilezza e l’educazione, dite? Be’, evidentemente sono le mie migliori qualità.
«Sono in ritardo, per caso?» la voce di papà è divertita. Probabilmente non si aspettava chissà quali smancerie, da parte mia.
«No, figurati. Giusto un’ora.»
«Stavo finendo di preparare le vostre stanze. Potresti chiudere un occhio?» domanda, tragicamente serio. Alzo gli occhi al cielo e rido.
«Solo per questa volta.» concedo, prima di tornare seria. «Papà, sei sicuro che vuoi che stiamo lì? Non sono stata molto gentile negli ultimi… be’, undici anni più o meno, e lo capirei se non mi volessi intorno. Non sei costretto a farlo.» farfuglio, un po’ in difficoltà.
Questa volta, è papà a sbuffare.
«Ci vediamo dopo, Leighton. Fate buon viaggio.»
Detto ciò, termina la conversazione, lasciandomi decisamente di stucco. Vedete da chi ho preso il mio lato incomprensibile? Il DNA è proprio una brutta bestia, lasciate che ve lo dica.
 
Odio viaggiare in aereo. Lo detesto profondamente. Preferirei morire, piuttosto che farmi un altro viaggio del genere.
Tanto per iniziare, visto che la sfiga si è decisa a perseguitarmi, ha cominciato a diluviare.
E sapete cosa significa la pioggia? Turbolenza. Con annessi e connessi.
A questo punto mi sembra quasi inutile dire che l’aereo ha traballato per metà del viaggio e che il mio stomaco è stato violentemente ballonzolato a destra e a manca. Non so cosa mi abbia trattenuto dal vomitare, fatto sta che il decollo è andato una merda.
Questo per quanto riguarda la partenza. L’atterraggio? Oh, quello è stato ancora peggio. Traballare in discesa, è una gran schifezza. E non dico altro, perché il solo ricordo mi fa tornare la nausea.
Bridget invece si è divertita un casino, continuava a saltellare, nemmeno si trovasse su delle fottute montagne russe. Per tutto il viaggio ha continuato a cinguettare “oh, una montagna”, “oh, una nuvola”, “oh, non si vede più niente”, “oh, quanto siamo in alto”, fino a che io non mi sono scocciata e le ho detto, molto simpaticamente, “oh, hai un po’ rotto le palle.”
Solo a quel punto ha smesso di urlare, e ha cominciato a stressare Louis.
Niall, seduto nella fila dietro la mia, ha dormito come un sacco per tutto il tempo. Si è svegliato solo per mangiare il tramezzino offerto dalla compagnia aerea, dopodiché è ripiombato di nuovo nell’oblio.
Mi trattengo a stento dal baciare il pavimento, perché so che sembrerebbe piuttosto strano e vorrei evitare di prendermi qualche malattia di qualsivoglia genere e seguo gli altri fino al nastro del ritiro bagagli. Mi tremano ancora le gambe e sto sudando freddo: maledetto aggeggio infernale d’alta quota. Giuro che non ne prenderò mai più uno.
«Sei un po’ pallida, Leighton.» mi fa notare Niall. Mi accarezza una guancia, poi appoggia le labbra sulla mia fronte, per controllare che non abbia di nuovo la febbre.
Gli sorrido, gli lascio un bacio sulla guancia e poi gli spiego che la colpa è solo dell’aereo.
Niall ride.
«Ci farai l’abitudine.» afferma, mentre tira la mia valigia giù dal nastro.
«Non penso proprio. Non prenderò mai più un aereo!» prometto, seria. Niall ride di nuovo e alza gli occhi al cielo.
«Vi muovete, voi due?» urlo, rivolta a Louis e Bridget, che sono ancora in attesa di tutte le valigie di Bridget. Se non mi sbaglio, si è portata dietro il set completo, che comprende una valigia enorme, in cui penso abbia infilato anche il cadavere di sua madre, sua sorella e probabilmente anche di mia madre, due trolley e un borsone.
«Manca la cappelliera!» si lagna Bridget, infastidita.
«Ma tu non hai un cappello.» replico, piuttosto confusa. Che accidenti se ne fa della cappelliera, se non ha il cappello? Bridget sbuffa.
«Non ancora.» be’, ora si che è tutto molto più chiaro. Scuoto la testa, ormai completamente rassegnata alla sua stupidità e trotterello fino a Niall che ormai è praticamente fuori dall’area del ritiro bagagli.
Mi guardo intorno, un po’ confusa dal gran numero di persone presenti. C’è chi si sbraccia, chi si saluta e chi piange, per la gioia di aver ritrovato un parente.
E poi ci sono io, che inciampo ogni due passi per colpa di una tonta con un trolley stratosferico che si blocca ogni cinque secondi, per sistemarsi i capelli. Giuro che la ammazzo.
Sono sul punto di infilare un piede tra i suoi, tanto per farla inciampare, quando la voce familiare di papà mi distrae dal suo intento. Sospiro, poi sgomito un po’ per farmi strada e lo raggiungo, seguita da Niall, Louis e Bridget, che finalmente ha trovato la sua cappelliera.
«Com’è andato il viaggio?»
Stupendo me stessa della mia spontaneità, lo abbraccio e mi stringo al suo petto. Sento che trattiene il fiato, poi si rilassa e mi passa una mano sulla schiena.
«Il viaggio è andato male, eh?» domanda.
Annuisco, separandomi con un po’ di imbarazzo.
«Uno schifo. Ho avuto voglia di vomitare per tutto il tempo.» mi lagno. Lo so, che sembro una bambina di tre anni, ma che volete? È stato uno schifo totale, perciò vedete di non rompere e comprendete la mia sofferenza.
«A me è piaciuto un sacco!» sostiene Bridget, con voce squillante. Reprimo la voglia di prenderla a calci e mi rifugio al fianco di Niall, che mi circonda le spalle, protettivo come al solito.
«Sarete stanchi, ragazzi. Vi accompagno a casa, okay?» sostiene papà, tranquillo. Afferra una delle valigie di Bridget, che gli sorride riconoscente, e si avvia verso l’uscita.
Stanca?
Io? Sono il ritratto della freschezza.  
«Io voglio andare da Harry.» affermo, con tutta la tranquillità del mondo. Oddio, mica troppo. Probabilmente sono arrossita come una bambina, ma non è che la cosa mi interessi più di tanto. Ora che sono così vicina ad Harry, non vedo l’ora di baciarlo di nuovo, di abbracciarlo, di stare con lui e…
«No.»
Come? Devo per forza aver sentito male, perché Niall e Louis non possono aver detto “no”.
È assolutamente impossibile. Primo, perché non hanno alcun diritto di decidere quando devo vedere Harry, visto che di fatto è il mio fidanzato e non il loro.
Secondo, perché non sono fatti loro.
Be’, in effetti il primo e il secondo punto coincidono, ma chi se ne frega. Perciò ignoro entrambi completamente e mi siedo sul sedile posteriore della macchina di papà, stretta tra Bridget e Louis.
«Harry sarà in università, a quest’ora. Magari posso aspettare da voi che torni, vi dispiace?.» propongo, speranzosa. Ancora una volta, Niall e Louis scuotono la testa.
Vogliono proprio farmi incazzare, oggi, o è il viaggio in aereo, che ha momentaneamente interrotto il normale funzionamento dei neuroni?
«Aspetterò fuori, allora. Grazie per l’ospitalità.» bofonchio, offesa. Incrocio le braccia sotto al seno, con tutta l’intenzione di non rivolgere la parola a nessuno di questi due stronzi.
Questa me la lego al dito, lo giuro. Non gli parlerò mai più. Mai, mai, mai.
Nemmeno se mi pagassero tre miliardi di sterline.
Afferro il telefono dalla tasca dei jeans e lo accendo. Sul display, compare immediatamente l’avviso di cinque chiamate – cinque, maledizione – e un messaggio.
Non so che ti prende, ma mi manchi.
Mi viene da piangere, adesso. Chissà come si sente, per colpa mia. Anzi, nemmeno per colpa mia! È colpa di questi stronzi insensibili.
«Harry?» domanda Bridget, sbirciando il messaggio con la coda dell’occhio.
Annuisco, digito velocemente un “Mi manchi anche tu, da impazzire.” e sospiro.
«Posso dirglielo, per piacere?» mormoro, mentre i sensi di colpa accrescono ancora di più.
«Non puoi resistere fino a domani, Leighton?» domanda Niall, voltandosi per guardarmi in faccia. Mi giro dall’altra parte, poi sbuffo.
«Sono venuta qui per vedere Harry, e voi non volete nemmeno ospitarmi per un paio d’ore. Siete dei bastardi!» sbraito, incazzata come un aspide. Ah, quanto vorrei avere una spranga.
Papà scoppia a ridere.
«Leighton, cara, quello che vogliono dire, è che hanno in mente una sorpresa per Harry.»
Oh, ecco. E ci voleva tanto a dirlo in questo modo?
No, loro devono per forza farmi girare le palle. Stronzi. Tutti e due.
«Che genere di sorpresa?» domando, rassegnata e curiosa.
«Lo vedrai.» sibila Louis, poi si strofina le mani con aria diabolica e scoppia a ridere.
«Lou, piantala di fare lo scemo.» lo riprende Bridget, miracolosamente seria.
«Tranquilla, Lilly. È un piano talmente semplice, che neanche tu puoi fallire.»
«Grazie per l’incoraggiamento.»
«Figurati. Ora, ascoltami bene…»
Bridget comincia a spiegare e, ad ogni parola che pronuncia, mi rendo conto che, in effetti, è tutto talmente semplice, che nemmeno io potrei fallire.
Almeno, si spera.



***



Oggi sono proprio di poche parole, perchè ho passato una nottata di merda e non mi sono ancora ripresa del tutto.
Perciò vi lascio solo un paio di informazioni di servizio, se così si può dire: questo è il penultimo capitolo. Ci saranno ancora il 18 e l'epilogo. E una One Shot che pubblicherò lo stesso giorno dell'epilogo, se riesco.
Niente, vi ringrazio per le recensioni, per i preferiti, seguiti e ricordati e scusate se sono così di poche parole, ma proprio non sto bene.
Ho aggiornato perchè so che qualcuno di voi aspettava con ansia (?) :)
Vi adoro.

 

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Capitolo 18
*** L'altra metà della mela. ***








Capitolo 18

“L’altra metà della mela.”
 





La Gresham Books è, in tutta probabilità, la libreria più bella che io abbia mai visto.
Sembra quasi fuori dal mondo, come se fosse uscita direttamente da un libro di favole.
Si trova vicino al King’s College, in una stradina laterale, non troppo trafficata, ma nemmeno isolata.
È perfetta, calda e accogliente ed ho come l’impressione che lavorare qui mi piacerà da impazzire. Il signor Gresham, un uomo anziano, mingherlino e con due brillanti occhi azzurri, è una persona gentile e decisamente adorabile.
Ha accolto me e Bridget come se fossimo due nipoti che non vede da anni. Ci ha abbracciato, baciato sulle guance e ci ha riempito di complimenti.
Inutile dire che Bridget è andata in brodo di giuggiole. Io sono stata un po’ più cauta – sono sempre un po’ restia ad accettare i complimenti – ma comunque ho la sensazione che questo sarà il lavoro migliore di sempre.
«Potete cominciare subito, ragazze. Ve la sentite?»
Io e Bridget annuiamo praticamente in sincrono, poi ci dividiamo. Lei và dietro la cassa, io nel retro a recuperare uno scatolone con gli ultimi arrivi da sistemare.
Ne afferro un paio e cerco lo scaffale giusto. La libreria non è tanto grande, perciò non dovrebbe essere troppo complicato nemmeno per me, che sono disordinata come un cane.
E, comunque, ci tengo a fare una buona figura, visto che questo è praticamente il lavoro dei miei sogni.
«Pronta per questa sera?»
Esatto. Finalmente ci siamo: questa sera rivedrò Harry.
Bridget e i ragazzi mi hanno spiegato il piano, ed è davvero semplice: Niall e Louis diranno di avere ospiti e, alle otto in punto, io e Bridget ci presenteremo a casa loro. Semplice, no? Nemmeno io posso sbagliare.
Certo, non resisto più, senza Harry, ma posso aspettare ancora un po’, senza rischiare di dare di matto.
«Si, non vedo l’ora. Spero che Harry non sia arrabbiato con me.» mormoro, preoccupata.
Ieri non mi ha più chiamata e non vorrei davvero che si fosse offeso. E se decidesse di lasciarmi? Cosa farei? Oh, cielo. Sono così agitata che potrei correre per due ore senza fermarmi. Mi sento un tantino isterica, ma forse è normale, no? Ditemi che è normale.
«Vedrai, tesoro. Le cose si sistemeranno prima di quanto pensi.» ghigna Bridget.
Mi volto a guardarla, confusa, ma lei fa spallucce e continua a sorridere, imperscrutabile.
Se devo essere sincera, un po’ mi terrorizza quando fa così, ma proprio non me la sento di indagare oltre. In questi giorni, la mia sanità mentale – e la mia pazienza – sono state messe a dura prova fin troppe volte e un altro mistero da risolvere, di certo non mi sarebbe d’aiuto.
Riprendo a sistemare i libri, completamente assorta nei miei pensieri.
Mi rendo conto a malapena dello scampanellio che annuncia l’ingresso di un nuovo cliente, troppo presa a pensare ad Harry e al fatto che probabilmente, in questo momento, mi sta odiando. Io al suo posto mi detesterei.
«Leighton, credo serva una mano.» ridacchia Bridget, divertita. Perplessa, appoggio lo scatolone per terra e mi dirigo verso la cassa, velocemente.
«Buongiorno, come posso aiutarla?» dico, per poi sorridere con gentilezza.
Il sorriso mi si congela sulla faccia: davanti a me c’è l’ultima persona che mi aspettavo di vedere, ma l’unica che avrei voluto incontrare davvero dal primo momento in cui ho messo piede qui a Londra.
«Harry…» farfuglio, emozionata come non mai. Lui mi osserva, incredulo.
Forse sta ancora cercando di capire se sono davvero davanti a lui o se, invece, sono frutto della sua immaginazione.
«Sei qui.» sussurra.
Nell’arco di un secondo, percorre la piccola distanza che ci separa, mi stringe tra le braccia e mi bacia.
Mi è mancato così tanto, che mi sembra solo adesso di aver ricominciato a respirare.
«Sei qui.» ripete di nuovo.
«Sono qui.» confermo, prima di allacciargli le braccia intorno al collo e baciarlo a mia volta.
Sono così felice che potrei urlare.
«Coraggio, piccioncini. Andatevi a fare una passeggiata.» Bridget sventola una mano, per scacciarci.
«Ma il signor Gresham…»
«Sapeva già tutto, Lilly. Sai, è incredibile che tu sia così tonta. Ti sei bevuta tutta la storia della cena di questa sera. Polla.» ridacchia.
Guardo Harry, che nel frattempo mi ha preso per mano e non sembra per niente intenzionato a lasciarmi andare.
«Tu lo sapevi?»
«No! Louis mi ha chiesto se potevo venire a ritirargli un libro. Oh, che stupido.» realizza anche lui di essere stato preso per il culo da due come Bridget e Louis e non sembra tanto fiero di sé.
Potrete anche non essere d’accordo, ma è estremamente frustrante, sapere di essersi fatti fregare da gente del genere. Andiamo, Bridget si porta dietro una cappelliera senza avere una cappello e Louis è convinto che le bretelle siano all’ultima moda. Capite?
«Dai, andatevene.» ci esorta, tranquilla.
«Ti ammazzerò più tardi.» sibilo.
Sono stroppo felice di avere di nuovo Harry al mio fianco, per ucciderla. Ora, non riesco a pensare a nient’altro.
Una volta fuori dalla libreria, ho a malapena il tempo di tirare un respiro, che Harry mi bacia nuovamente. E non è più trattenuto come qualche secondo fa. Mi passa una mano tra i capelli e con l’altro braccio mi cinge un fianco.
Mi stringo a lui, desiderosa di recuperare un po’ del contatto che in questi giorni mi è così mancato.
«Non riesco a credere che tu sia qui.» mormora, poco dopo. Ci incamminiamo, tranquilli. Mi sembra quasi di essere tornata a Mullingar e per un istante mi convinco che, una volta girato l’angolo, raggiungeremo la tettoia sotto cui ci siamo riparati quella sera in cui abbiamo litigato.
«Mi dispiace, di non averti risposto al telefono! Ma Bridget ha insistito così tanto… volevo che fosse una sorpresa…» spiego, mangiandomi un po’ di parole.
Ci sono così tante cose che vorrei dirgli: che mi è mancato da pazzi, che lo amo, che non vedo l’ora di stare con lui per davvero, senza la paura della distanza.
«Non importa, amore. Ora che lo so, è tutto okay. Ma se devo essere sincero, cominciavo a temere che volessi lasciarmi.» risponde, in tutta tranquillità.
Ecco un’altra cosa che amo di Harry.
È sempre così calmo, così posato e così razionale, che è impossibile non sentirsi protette al suo fianco. È come se sapessi che quando c’è lui niente può andare male. Perché sarà sempre lì, per dire la cosa giusta al momento giusto e impedirmi di compiere, probabilmente, un grosso sbaglio.
A costo di sembrarvi sdolcinata, Harry è la parte mancante di me. L’altra metà del puzzle, o della mela. Oh, cazzo. Ditemi che non l’ho appena pensato. Non posso essere arrivata a questo punto. Dev’essere lo smog di Londra, senz’altro.
«Perché fai quella faccia?»
«Ho appena pensato che tu sei l’altra metà della mela.» rivelo, sconvolta. Boccheggio per qualche istante, alla ricerca della mia sanità mentale, ma non succede niente.
«Sicura di stare bene?»
«No, devo essere malata. Forse ho preso il colpo della strega. O il Fuoco di Sant’Antonio. Magari è Morbillo, o Varicella. Si! Dev’essere per forza la Varicella!» esclamo, preoccupata.
Mi passo una mano sulla faccia, cercando di capire se ho la febbre o se stanno cominciando a uscirmi quelle schifide pustole rosse, ma Harry mi blocca con una risata e con un bacio.
«Se vuoi, faccio finta che tu non mi abbia detto niente.» ridacchia, circondandomi le spalle con un braccio e dirigendosi verso un piccolo bar all’angolo.
Entriamo e ci accomodiamo in un tavolo in fondo, così da poter stare tranquilli: in ogni caso, non c’è tanta gente ed è improbabile che verremo disturbati. Certo, a meno che Bridget decida di impicciarsi anche adesso.
Sorrido, perché le sono terribilmente grata, per tutto quello che ha fatto per me. E pensare che all’inizio non credevo neanche che avrebbe potuto essere una buona amica.
E invece si è trasferita a Londra con me, ha attuato un piano malefico e l’ha anche portato a termine con successo. È davvero incredibile e la apprezzo così tanto che forse, quando tornerò a casa, potrei rivalutare l’ipotesi di ucciderla. Magari le concederò di vivere un altro po’, almeno fino a che non le verrà in mente un altro piano da malata mentale. Per quello, c’è sempre il mio famoso coltello, che ancora è rimasto inutilizzato, visto che Giorgia è lontana chilometri e chilometri.
«Stai pensando al coltello, amore. Te lo leggo in faccia.» ride Harry, mentre mi passa la tazzina con il caffè.
«Ma tu mi leggi nel pensiero?» domando, perplessa. Davvero, ancora mi sembra incredibile, il modo in cui capisce perfettamente ogni più piccola sfumatura del mio umore psicotico.
Fa spallucce. «Ti si legge in faccia.» comunica poi. Vedete? Praticamente, se solo ce la facessi, potrei anche evitare di parlare, perché tanto lui capirebbe lo stesso.
«Non è giusto.» borbotto, imbarazzata. Okay, è bello che mi comprenda, ma prima o poi comincerà a pensare di essersi fidanzato con una pazza omicida e non è quel che si dice “cosa buona e giusta”. Perciò sarà il caso che io mi sforzi di relegare i pensieri sui coltelli in un angolo recondito del mio piccolo cervello.
«Perciò, per quanto tempo starai qui?» chiede Harry, cambiando completamente argomento. Un po’ spiazzata da questa sua improvvisa serietà, sospiro.
«Domani riparto.» comunico, seria.
Harry socchiude gli occhi, poi annuisce con aria mesta. Ed io scoppio a ridere, perché non riesco a credere che se la sia bevuta così facilmente. Che razza di pollo. E pensare che fino a un attimo fa credevo avrebbe indovinato anche quando mi scappa la pipì.
«Meno male che mi si legge tutto in faccia.» replico. Sono molto simpatica, me ne convinco ogni giorno di più, lo sapete? Si, davvero. Dovrei partecipare a qualche talent show o piazzarmi direttamente in un circo, accanto ai pagliacci.
Harry sbuffa, poi alza gli occhi al cielo.
«Non si può mai parlare sul serio, con te.» dice, offeso. Inarco un sopracciglio, sarcastica.
Si è forse dimenticato di quando gli ho lanciato le mutande in testa perché non voleva dirmi che partiva? Sono troppo felice per ricordarglielo, perciò mi limito a bere il mio caffè in completo silenzio, prima di passare alle spiegazioni che probabilmente aspetta dal primo momento in cui mi ha vista.
«Resto per sempre.»
Wow, molto matura, Leighton. Adesso ci manca solo che Harry dica “per sempre è un tempo incredibilmente lungo” e poi la nostra storia verrà presa come spunto per una fantastica fanfiction polpettosa e romantica. Forse potrei scriverla io, con tanto di dettagli della mia stupidità. Anzi, no, sarebbe troppo imbarazzante.
«Che schifo.» bercio, infastidita dalla mia stessa idiozia. Harry ride, poi con un cenno del capo mi esorta a continuare.
«Quello che volevo dire, è che non devo più partire. Vivo con Bridget a casa di papà e lavoro dal signor Gresham, perciò le cose vanno abbastanza bene, no? certo, non vedrò mamma tanto spesso e un po’ mi dispiace e… no, aspetta. Non mi dispiace. Perciò direi che và tutto alla grande. Ho una casa, un lavoro e un fidanzato abbastanza carino, meglio di così!»
«Abbastanza carino?» farfuglia Harry, in difficoltà. E certo, ora magari si aspettava che facessi un elogio alla bellezza di Styles, con tanto di ossimoro, iperbole e antitesi.
In realtà potrei anche farlo, perché lui è davvero bellissimo, ma non vorrei si montasse la testa e si convincesse che potrebbe avere una fidanzata migliore di me.
Cosa che in effetti è molto possibile, perciò meglio non correre il rischio.
«Duro colpo per l’autostima, tesoro?» lo stuzzico, con un sorrisino divertito.
Harry sbuffa. «Antipatica. E comunque tu per me non sei abbastanza carina. Sei semplicemente bellissima.»
Arrossisco così tanto che probabilmente potrei essere scambiata per un semaforo, poi allungo un calcio ad Harry, che scoppia a ridere e alza gli occhi al cielo.
«Ma è vero! Possibile che ancora non accetti i complimenti?» borbotta, a metà tra l’offeso e il divertito.
«Certo che li accetto! Infatti non ho fatto apposta, a tirarti quel calcio. A proposito, ti ho preso?»
Be’, che c’è? E’ tanto per sapere, così avrò una conferma della mia fantastica mira.
«Mi hai mancato. E sei meravigliosa, la più bella ragazza del mondo.» sussurra, ammiccante.
Bastardo, lo sta facendo apposta. Allungo un altro calcio e questa volta sento forte e chiaro il suo stinco e, ancora più forte, il lamento che gli esce dalla bocca. L’ho preso! Che mira, gente, che mira! Sono un fenomeno. Forse dovrei darmi al calcio.
Gli sorrido con aria innocente, poi do’ un morso alla mia brioche e lo mando giù con aria soddisfatta.
«Ti amo anche io, Harry.»
Harry sorride, si sporge in avanti per baciarmi e mi lascia una carezza sulla guancia.
«Ce n’è voluto di tempo per convincerti, eh…»
«Si, be’, non è che ora ne sia del tutto sicura, sai?»
Mi guarda con gli occhi sgranati, vagamente terrorizzato. Poi, però, continuo a parlare, per chiarirgli ogni dubbio.
«Ma una persona speciale mi ha detto che devo smetterla di comportarmi come una principessa viziata e capire quello che voglio. Ed io l’ho fatto.» sostengo, sincera.
È vero. Ci ho messo un po’ di tempo per capirlo e probabilmente, se Harry non fosse stato così paziente e così testardo, ancora starei brancolando nel buio, ma ora lo so.
So che non sarò più sola, so che chi mi vuole bene starà sempre al mio fianco, so che l’amore non è un sentimento così schifoso come ho sempre pensato e so che certe persone mantengono le promesse, nonostante le difficoltà e nonostante, spesso e volentieri, si trovino ad avere a che fare con gente ottusa, testarda e cocciuta.
Come me, dite? Potreste anche avere ragione, ma non ve lo dirò mai.




***




Okay, ci siamo.
Questo che avete appena letto è l'ultimo capitolo di "Wedding? No, thank you."
Sono ancora mezza traumatizzata, perciò non mi dilungherò più di tanto e niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere, per piacere.
Ci sentiamo settimana prossima, per ben tre aggiornamenti: epilogo, oneshot dal punto di vista di Harry e prologo di Pretending :)
Vi adoro <3

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Capitolo 19
*** Matrimonio? No, grazie. ***








Epilogo

“Matrimonio? No, grazie.”
 





«Orribile. Decisamente inguardabile.»
Ma chi me l’ha fatto fare? Lo sapevo io, che dire di sì sarebbe stato un grosso, gigantesco e madornale sbaglio.
Andiamo, lo sanno tutti che non sono fatta per il matrimonio. Io, Leighton O’Connell, non sono adatta a fare la moglie, nossignore. Figuriamoci, a momenti sono in grado di cucinare un uovo, figurarsi se potrei mai mandare avanti un’intera casa per conto mio.
E poi, quando ci si sposa si ingrassa di brutto, ed io non ho proprio bisogno di mettere su altri chili. Sono già in sovrappeso e con questo cazzo di vestito sembro una bomboniera, perciò non oso immaginare che spettacolo orribile sarà, per Harry, vedermi invecchiare.
Oddio, diventerò, grassa, puzzolente e scorbutica. Più di adesso, intendo.
Forse sono ancora in tempo per andare via. C’è quell’uscita sul retro che fa proprio  a caso mio. Me la ricordo, perché quando si è sposata Giselle avevo provveduto a farla sbarrare in modo che Greg non potesse darsi alla fuga. Ovviamente è una cosa che non sa nessuno, perché con quel “avevo provveduto”, intendo dire che l’ho sbarrata io stessa.
Comunque, dovrei essere ancora in tempo.
Mi guardo intorno, circospetta, nella speranza che nessuno abbia capito cosa mi sta passando per la testa. Giselle, che esibisce un pancione stratosferico, è tutta intenta a parlare con Bridget, che è splendida, in un vestito azzurro lungo fino al ginocchio. Si, avete capito: fino al ginocchio. Da quando sta con Louis, e cioè, quattro anni, ha abbandonato i suoi abiti da abbordaggio e si è data ad uno stile un po’ più castigato, che nel suo caso significa scollato, ma non troppo.
Erika sta parlando con mamma, nell’angolo opposto della sala, ed è decisamente raggiante, visto che Niall le ha proposto di trasferirsi da lui. Ebbene si, alla fine, anche loro due si sono dati una mossa e hanno deciso di fare il grande passo. Non grande quanto il mio, certo, ma abbastanza importante. Sono belli, insieme, questo lo devo ammettere.
Ora, volete sapere una cosa divertente? Ho invitato anche Giorgia e il suo fidanzato. Li ho visti prima, mentre percorrevano il piccolo viale che conduce alla chiesa. Ovviamente, mi sono sganasciata da ridere, perché il suo caro Giulio è decisamente brutto. Ha una panza esagerata e credo anche che sia un po’ strabico. Niente da togliere agli strabici, ma Giulio ha anche un naso importante (enorme, la più gigantesca appendice nasale che io abbia mai visto) e la bocca larga. Erika mi ha spiegato che stanno insieme da poco e che lui è il figlio di un famoso imprenditore italiano. Ovviamente la cosa non mi stupisce, perché Giorgia è decisamente il tipo che sta con qualcuno solo per i suoi soldi. Che, credevate che quando le davo della zoccola esagerassi? Assolutamente no. Io parlo sempre per cognizione di causa.
Comunque, siccome sono tutte troppo occupate a parlare dei fatti loro, continuo a riflettere sulla seria possibilità di darmi alla fuga.
Ora come ora, continua a sembrarmi un ottima idea. E se per caso state pensando che sono preda di un attacco di panico, vi sbagliate di grosso.
Muovo qualche passo all’indietro, rischiando di inciampare nello strascico. Non solo sono in precario equilibrio sui tacchi - non sono troppo alti, ma mettono a dura prova la mia stabilità – ma questo bastardo di un vestito mi impedisce qualsiasi movimento.
Immediatamente, nemmeno avessi attivato un campanello d’allarme, Bridget è al mio fianco.
«Hai una faccia strana, Leighton.» afferma, squadrandomi con attenzione.
Mi sforzo di sorridere, ma probabilmente mi esce una smorfia strana, perché lei non sembra per niente convinta. Un sospiro, un altro passo indietro.
«Ho bisogno di prendere un po’ d’aria.» farfuglio.
E va bene, lo ammetto! Sono terrorizzata! Probabilmente potrei svenire da un momento all’altro. Sto anche sudando freddo e di certo non è un bene.
«Sorellina…» Giselle si fa avanti e mi accarezza la spalla con dolcezza.
Oh, com’è carina. E pensare che quando si è sposata lei, io sono andata a minacciare di morte il suo sposo.
«Sto bene.» mormoro.
«Si, lo vedo.» ed eccolo qua, il fantastico sarcasmo made in O’Connell. Mi sembrava strano, che ancora non fosse venuto fuori. Forse la gravidanza ha un brutto effetto, su Giselle.
«Fanculo.»
Giselle ride, divertita, poi scuote la testa e annuisce, con l’aria di chi sa perfettamente cosa fare. Spalanca la finestra e una folata di aria fresca entra nella stanza; respiro a pieni polmoni, cercando di rilassarmi.
«Forza, tutte fuori. Leighton ha bisogno di qualche minuto da sola.» sostiene. Prende mamma sottobraccio, fa un cenno del capo a Bridget ed Erika, che mi sorridono in segno di incoraggiamento ed in pochi secondi mi ritrovo sola, circondata dal silenzio.
Mi affaccio alla finestra, nell’inutile tentativo di ritrovare un po’ di serenità. Santo cielo, sono così agitata che potrei vomitare.
Cosa sto facendo? Non sono pronta per sposarmi, non lo sarò mai.
«Mantieni la calma, Leighton. Mantieni la calma. Mantieni. La. Calma.» mi ripeto.
Perché improvvisamente mi sembra che vada tutto male? Il cielo non è così azzurro come volevo, forse fa troppo freddo, e forse il diciassette maggio non è una data adeguata.
Dai, chi è che si sposa il giorno diciassette? È una data che attira sfiga, lo sanno tutti. Perciò, ovviamente, è il giorno perfetto per me.
Le Parche, la Dea Bendata, Giorgia e tutti gli ascendenti dei maledetti segni zodiacali, staranno brindando con fiumi di champagne alla mia sfiga.
Mi sto sposando, mi sto sposando, mi sto sposando. Mi sto sposando! Oh, cazzo, mi sto per sposare e sono completamente nel panico. Cosa faccio, adesso?
Qualcuno bussa alla porta, facendomi sussultare.
«A-avanti.» balbetto, in difficoltà.
Niall, bellissimo in smoking blu notte, mi rivolge un sorriso caloroso e chiude la porta alle sue spalle, con delicatezza.
Mi raggiunge, poi mi abbraccia con delicatezza, per evitare di rovinare l’acconciatura elaborata che mi hanno fatto. Io volevo tenere i capelli sciolti, ma Sonia – la stessa parrucchiera che ha torturato Giselle per il suo matrimonio – ha stabilito, senza peraltro chiedere un mio parere, che uno chignon elaborato sarebbe stato perfetto, perciò, beh, nemmeno i capelli stanno come voglio io.
Come potrebbe andare bene, perciò, se anche l’acconciatura non mi piace?
«Sei splendida.» si complimenta Niall. «E in panico.» aggiunge poi, accompagnandomi fino alla poltrona. Mi siedo, cercando di non stropicciare il vestito e nascondo il viso tra le mani.
«Cosa sto facendo?» chiedo, sull’orlo del pianto.
Niall sorride, mi solleva il mento con dolcezza e mi costringe a guardarlo negli occhi.
«Harry ti ama, Leighton. Non c’è il rischio che ti abbandoni, non succederà mai, perché sei tutto ciò che vede, tutto il suo mondo. È ora che tu la smetta di pensare al peggio, perché non ce n’è motivo. Va tutto bene: è una giornata splendida, tutte le persone a cui vuoi bene sono qui, ed hai un testimone stupendo che ha già minacciato di morte il tuo futuro sposo. Perciò, piantala di fare la paranoica e sorridi, perché sei bellissima.» conclude, prima di baciarmi la fronte e alzarsi in piedi.
Annuisco e tiro su col naso – si, certe cose non cambiano mai, ed io non sarò mai delicata – e picchietto l’angolo dell’occhio sinistro, da cui scende un’accidenti di lacrima traditrice.
Se mi si rovina il trucco, potrei incazzarmi sul serio.
«Hai ragione. Ora và molto meglio, grazie.» gli sorrido e prendo un respiro profondo.
Niall sorride di nuovo e si incammina verso l’uscita.
«Aspetta!» lo blocco, un attimo prima che apra la porta e che mi lasci da sola di nuovo.
«Puoi dire ad Harry che lo amo?» chiedo, con voce tremante.
«Diglielo tu stessa, è qui dietro.» ridacchia Niall. In un attimo, esce dalla stanza e richiude la porta.
«Ma che cavolo…?» sbotto, provando ad uscire in corridoio. Dall’altra parte, però, qualcuno oppone resistenza, e la porta rimane stoicamente chiusa.
«Porta sfortuna vedere la sposa.» la voce di Harry mi arriva dall’altro lato ed ha l’incredibile effetto di calmarmi, come sempre.
In questi anni, ho quasi perso il conto di tutte le volte in cui ha calmato i miei attacchi psicotici. Bastava semplicemente un suo abbraccio, un bacio, o una carezza e tutti i problemi sembravano lontani, quasi un brutto ricordo.
È questo, Harry, per me. È il mio porto sicuro, tutto ciò che mi tiene ancorata a questo schifo di realtà in cui la sfiga mi perseguita e in cui condivido il DNA con esemplari strani.
«Harry…» mormoro, appoggiando la fronte sulla superficie fredda della porta.
«Si?» la sua voce mi sembra quasi divertita, come se sapesse alla perfezione ciò che sto per dirgli. E probabilmente è così: ha sempre saputo cosa mi passava per la testa, senza che io parlassi.
«Ecco… forse non è una buona idea, sposarci, intendo.» comunico, con la voce rotta.
Dall’altra parte ricevo solo un sonoro sbuffo.
«Ci risiamo. Di nuovo.» borbotta Harry, spazientito. Non è un discorso nuovo, per lui, ed ha ascoltato le mie paranoie un numero pressoché infinito di volte.
«No, senti. Questa volta è una cosa intelligente.» replico, indispettita.
«Ti ascolto.» un lieve tonfo, e me lo immagino mentre si siede per terra, con le gambe incrociate e la testa appoggiata alla porta. Di sicuro ha gli occhi chiusi. Perché quando parla con me gli succede spesso: probabilmente ha bisogno di raccogliere tutta la sua pazienza possibile.
«Ora immagina: ci sposiamo e tra diciamo dieci, quindici anni, tu non mi sopporterai più, perché ovviamente sarò ancora più stupida di adesso, e avrò raggiunto dei livelli di acidità inimmaginabili. Allora ti stancherai di me, anche perché sarò diventata brutta, bavosa e puzzolente. E mi lascerai o, molto più probabilmente mi ucciderai, in maniera brutale, tanto per farmi scontare tutto il nervoso che ti ho fatto passare e poi…»
«Sai cosa immagino io, invece?» mi interrompe Harry. «Io ti immagino con il pancione, bellissima e raggiante, con il tuo sorriso fantastico e con i capelli raccolti. Ti immagino con le occhiaie, stanca, ma felice, perché stai per diventare mamma. E sarai una mamma fantastica. Ci immagino tra cinquant’anni, vecchi, seduti in veranda, insieme ai nostri nipotini. Ed anche lì, sono sicuro che sarai una nonna meravigliosa. Sai qual è il punto, amore? Io non mi stancherò mai di te, perché sei e sarai sempre la cosa migliore che mi sia mai capitata. Perciò facciamo così: io adesso vado a sposarmi. Se mai decidessi di raggiungermi, io sarò quello davanti all’altare.» dopodiché sospira e sento i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio.
Ed in questo preciso momento, capisco qual è la cosa giusta da fare.
Passa ancora qualche minuto, dopodiché la porta si apre di nuovo, ed entra papà.
«Un uccellino mi ha detto che eri preoccupata, tesoro.» sostiene, venendomi incontro. Mi aiuta a sistemare il velo dietro le spalle, in modo che non si spiegazzi.
«Niall dovrebbe imparare a farsi i cavoli suoi.» borbotto, imbarazzata. Papà ridacchia, divertito. Sapete, abbiamo legato tanto, in questi anni. Ho scoperto di avere tante cose in comune con lui, più di quanto pensassi. Compresa una vena sarcastica e una buona dose di umorismo davvero esilarante. Bridget ha rischiato più volte di esaurire, ma per fortuna stare con Louis l’ha fornita di una pellaccia dura e coriacea.
Comunque, tutto questo per dirvi che non posso fare a meno di paragonare il matrimonio di Giselle al mio. Il suo, è stato il punto di partenza, una vera fortuna per me, oserei dire.
Mi ha portato Harry, mi ha portato papà e mi ha portato una vita meravigliosa e felice (certo, anche Giorgia, ma è solo un dettaglio). Il mio matrimonio, invece, è la fine, ma al tempo stesso è anche l’inizio. Tutto quello che ho passato, tutte le litigate, i pianti, i colpi di testa e le scenate isteriche, mi hanno portato nella stessa chiesa in cui tutto è cominciato, davanti all’altare, pronta a diventare la sposa dell’uomo più fantastico del mondo.
Perciò, ho solo un’altra cosa da dire: Parche, andatevene a fare in culo, questa volta Leighton O’Connell ha vinto.
Ferma davanti all’inizio della navata, osservo Harry, che è in piedi davanti all’altare ed è evidentemente emozionato. Non mi accorgo di niente, sono a malapena consapevole di essere sottobraccio a papà. Non vedo mamma, che piange accanto a Giselle. Non vedo Bridget ed Erika, mie testimoni, ferme di lato all’altare. Non vedo Louis e Niall, testimoni di Harry, dall’altra parte.
Vedo solo il mio futuro marito, i suoi occhi verdi e il suo sorriso dolce. Incespicando sui tacchi – non sia mai che mi risparmi una figura del cavolo – mi posiziono al fianco di Harry.
Papà solleva il velo, scoprendomi il volto, e mi lascia un bacio sulla guancia.
Faccio un respiro profondo e sorrido.
«Guarda un po’ chi si rivede. Ciao, amore.» sussurra Harry, divertito.
«Zitto tu. Mi hai incastrato con quel discorso malefico.» ribatto, divertita. Il prete, in piedi dietro di noi, tossicchia lievemente, poi mi guarda come a dire che è giunta l’ora che io stia zitta. Mi scuso con un cenno del capo e con un sorriso lieve e torno a guardare Harry.
«E comunque ti amo.» concludo, un istante prima che il sacerdote cominci a parlare.
«Vuoi tu, Harry Edward Styles, prendere la qui presente Leighton O’Connell come tua legittima sposa, per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?»
Oddio. E se avesse cambiato idea? Che faccio, se ora dice di no? Giuro che lo uccido.
«Non aspettavo altro.» conferma Harry, tranquillo. Nella sua voce, non c’è la minima traccia di dubbio, ma tutta la sincerità del mondo. Sospiro, sollevata, e probabilmente qualcuno se ne accorge, visto che sento un paio di risate provenire da non troppo lontano. Ripromettendomi di uccidere Niall non appena avrò smaltito tutta questa dose di felicità, torno a concentrarmi sul parroco.
«E vuoi tu, Leighton O’Connell, prendere il qui presente Harry Edward Styles come tuo legittimo sposo, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?»
Silenzio tombale e lievemente carico d’attesa. Probabilmente, qualcuno si aspetta che io dica di no. Sbuffo, irritata da questa mancanza di fiducia nei miei confronti, poi guardo Harry e gli sorrido. Lui ricambia, sereno, perché a differenza di quest’ammasso di malfidenti, sa che lo amo e non nutre alcun dubbio al riguardo.
«Si, lo voglio.»





***





Trauma. Traaaaaaauma.
Cioè, voi ci capacitate del fatto che Wedding sia finita? In tutta sincerità, io no. Perciò, Trauma.
Non c'è niente da dire su questo epilogo, se non che è piuttosto scontato, ma io volevo che lo fosse. Cioè, il matrimonio è il punto di tutta la storia.
Scusate, non so neanche cosa sto dicendo. Trauma.
Comunque, spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso, perchè mi dispiacerebbe.
Perciò, fatemi sapere che ne pensate, okay? Ci tengo. Anche voi, lettrici - o lettori, se ce ne sono - silenziose, fatevi avanti! :)
Niente, sono traumatizzata e non so nemmeno cosa dire.
Se non grazie.
Grazie a tutte le persone che hanno inserito questa storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie a chi ha inserito ME (incredibile, ma vero), tra gli autori preferiti.
Grazie a chi ha commentato, a chi ha aspettato i miei capitoli, nonostante la mia incostanza nel pubblicarli. E grazie anche a chi a letto in silenzio. Grazie a chi mi ha contattato su Facebook, Ask e Twitter e... GRAZIE.
Mamma mia, manco fossi il Presidente della Repubblica. Comunque, sappiate che vi adoro tutte, dalla prima all'ultima.
GRAZIE.

Qui sotto, vi lascio il link della nuova long che ho pubblicato lunedì e della OneShot dedicata a Wedding, dal punto di vista di Harry.
E, oltre a quello, vi rilascio anche i contatti di Twitter, Facebook, Ask e del gruppo Facebook, che ho appena creato :):)  
(cliccate sul nome)

Spero tanto che questa storia vi abbia emozionato un po', e magari tenuto compagnia quando siete state annoiate, o tristi o anche solo nostalgiche. Davvero, spero vi abbia lasciato qualcosa.
Con affetto,
Fede.




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