Stronger

di lovewholovesyou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** where the story begins ***
Capitolo 2: *** where the story begins 2 ***
Capitolo 3: *** crossroads ***
Capitolo 4: *** Introducing me ***
Capitolo 5: *** I think i'm falling for you ***
Capitolo 6: *** best person i've ever met ***
Capitolo 7: *** Jealousy ***
Capitolo 8: *** wide awake ***
Capitolo 9: *** sixteen ***
Capitolo 10: *** not enough ***



Capitolo 1
*** where the story begins ***


Un buon pomeriggio a tutti! *modalità gentilezza on*
Dunque, è da circa quest'autunno che mi tormentavo sul postare o meno questa heyachele. Diciamo che se vi piacesse, potrei anche continuarla!
Lo so, ho scelto una ambientazione un po' strana, ma di quello ve ne parlerò al momento opportuno!
Well, Heya e Achele per tutti voi! *distribuisce feelings*
Questa è la prima parte del prologo, cercherò di aggiornare quando potrò! 
Non judge me, ci sto provando! ps: ringrazio la mia beta che è sempre disponibile a leggere tutto ciò che scrivo! love you so much! <3


Faccia da Libro
 / Twittah




Where the story begins
 

New York è la città preferita di quasi metà degli abitanti del pianeta terrestre. Non si capisce mai cosa la renda così famosa e desiderata ma tutti la mettono in mezzo alle metropoli da visitare prima di morire. Sarà il fatto di essere una città grande e frenetica, adatta agli elementi che amano l'avventura. Sarà il fatto che si possono incrociare le celebrità di tutto il mondo attraversando le strisce pedonali. Sarà che è così romantico passeggiare a Central Park e arrivare in cima all'Empire State Building. Sono tutte quelle strade piene di luci e insegne luminose a renderla magnifica e bella così come la si vede sempre dai film in televisione? Finché uno non ci mette piede non scoprirà mai cosa rende così attraente New York. Ma è sicuro che offre milioni di possibilità. A chi? A chi cerca qualsiasi cosa, qualsiasi cosa egli stia cercando. Le luci, i neon, il traffico sono una delle poche cose che nessuno vorrebbe mai avere nella città dei suoi sogni. Il chiasso, la folla e tutti gli odori nauseanti non fanno per tutti gli abitanti delle piccole cittadine.

Nonostante ciò, la Grande Mela resta il sogno di ogni uomo o donna, nel fondo del loro cuore. Anche per gli stessi Statunitensi che, abitando a qualche ora dalla città, si possono permettere una breve visita quando possono.

Ma sopratutto, New York, è fatta per i grandi sognatori. Per quelli che vedono la loro vita sprecata in un paesino ristretto o in una campagna sperduta. Per quelli che vogliono la fama, il divertimento e non i soliti volti ogni giorno, per quelli che odiano la monotonia. New York era, ed è, il sogno di tutti. Anche chi ci abitava non smetteva mai di innamorarsi. Eppure Lea non ce l'aveva mai fatta.

Si era trasferita da una piccola cittadina nella grande metropoli con la madre quando aveva circa sei anni. Non sapeva nemmeno chi fosse il padre, le aveva abbandonate quando Lea aveva poco più di qualche mese. I primi anni erano stati la felicità per quella bimba dai capelli castani, lisci come quelli della madre: passeggiava con lei per Manhattan ogni giorno della sua vita e si guardava attorno sognando anche lei, un giorno, di trovarsi su uno dei palchi di Broadway. Forse era stato proprio questo a tenerla legata fino ai suoi ventidue anni a New York. Man mano che cresceva, e che sua madre era più occupata a bere che a preoccuparsi della figlia, scopriva quanto in realtà quella città fosse diversa da come la raccontavano. Si, sapeva essere bella e affascinante, ma la gente non era proprio quella che la nonna le raccontava quando ancora abitava nel vecchio paesino.

New York era la città dove tutto è concesso. New York era la città dove tutto era accettato, dove potevi essere te stessa senza che nessuno ti dicesse mai nulla. Erano solo leggende, probabilmente. Lea se ne rese conto quando si scontrò con i bambini e gli adolescenti della sua scuola. Identici a quelli che poteva trovare nella sua vecchia cittadina: arroganti, tentavano in tutti i modi di trovare qualche difetto alla povera bambina. Il naso troppo grosso, il fatto di essere la più bassa della classe o semplicemente di sognare in grande. Non poteva nemmeno permettersi di canticchiare che subito una delle sue compagne di classe si azzardavano a dirle che non era abbastanza brava, che una cornacchia sapeva fare di meglio. Ma Lea sapeva di essere molto più brava. Quel che la demoliva di più era sapere di tornare a casa e non trovare la propria madre pronta a dirle che non aveva il naso grosso ma solo un po' imponente, che non era importante che fosse bassa e che era sicuramente un talento. Ma questo sua madre non lo aveva mai fatto: la vedeva tornare a casa, ubriaca e puzzolente, e non osava nemmeno avvicinarsi. Una volta che ci aveva provato, giusto per chiederli i soldi per una gita con la classe, le aveva tirato uno schiaffo in faccia. Uno schiaffo che avrebbe ricordato per sempre.

L'unico anestetico per i suoi problemi era cantare. Il suo primo vero amore. Si chiudeva volentieri nella sua cameretta rosa, piena di arcobaleni e cavalli, e registrava tutte le canzoni che cantava. Aveva cantato ogni singolo di Katy Perry e anche vecchi dischi che aveva trovato nascosti sotto il suo letto. E infine, cresciuta un po' di più, aveva iniziato a pubblicare le sue performance su internet, andando incontro a mille insulti e prese in giro dai compagni di scuola.

Alla fine, tutto quello che voleva era avere una vita normale: avere delle amiche, avere un ragazzo, avere una madre che si comportasse come tale. Non provava rabbia verso suo padre, avrebbe abbandonato anche lei una persona come sua madre. Lea non credeva di averla mai vista felice o non totalmente ubriaca. Lea ci passava sopra, a tutte queste pressioni e delusioni, e continuava imperterrita, convinta che un giorno sarebbe arrivato il suo momento.



Lea aveva appena finito la sua giornata come commessa al supermercato sotto casa. Dopo la scuola si era trovata un lavoro per mantenere lei e sua madre anziché continuare gli studi. Aveva anche appena finito di pubblicare il video dove cantava l'ultimo singolo di Katy Perry quando tornò da quella faticosa giornata di lavoro. Sua madre non era in casa, come al solito, e quindi la giovane ragazza si sdraiò volentieri nell'acqua calda della sua vasca da bagno. Finalmente rilassata, si preoccupò di preparare un piatto di pasta, come quello che le aveva insegnato a cucinare la nonna di origini italiane, anche a sua madre.

Gustò il suo piatto con la solita malinconia dei pranzi e delle cene passate intorno al tavolo insieme alla famiglia. Anche se chiamarla famiglia non era proprio esatto. Lei, la madre e i nonni si sedevano tutti attorno al tavolo di legno coperto da una tovaglia bianca, ben apparecchiato. I suoi nonni erano i migliori del mondo. La sua era una famiglia particolare, tutto qui. Ma pur sempre la sua famiglia.

Finito di mangiare, ormai alle nove passate, si stava per sdraiare sotto le coperte del suo letto quando la notifica di una email dal pc attirò la sua attenzione. Aprì la mail e quasi non credette di aver letto davvero l'indirizzo di una casa discografica estera. Il messaggio diceva chiaramente che Lea era invitata nella sede centrale italiana per un colloquio con il presidente. A quanto pareva, avevano notato il talento di Lea mostrato nelle dozzine di video sul web. Non le stavano assicurando né la fama né un contratto vero e proprio. Ma Lea era convinta del tutto che le avrebbe cambiato la vita.

In allegato alla mail, il biglietto aereo per Milano. Lea ci stava riflettendo sopra da molto quando la madre rientrò barcollando. Le chiese se aveva cucinato la cena anche per lei ma Lea era troppo impegnata a svuotare il suo armadio e infilare quei pochi vestiti in valigia. Non disse una parola di più e stampò il biglietto aereo, infilandoselo nel portafoglio. La madre la fissava, stava in piedi di fronte alla porta di casa. Lea non capì mai da dove trovò la forza di fronte a due grandi occhi castani così simili ai suoi, addolorati.

«Tesoro, stai uscendo?» le chiese innocente ed a bassa voce. Ma Lea non le rispose.

Le passò affianco, scansandola, portandosi dietro la valigia. La madre tentò di strattonarla per il polso ma, a causa della poca forza, Lea riuscì a staccarsi dalla sua presa.

«Non puoi lasciarmi qui sola.» Le ripeteva con voce rotta da un pianto. Fu difficile per Lea, ma riuscì a chiudersi dietro le spalle la porta di casa e, con essa, la sua vecchia vita.


~


Naya aveva compiuto da poco i diciotto anni quando prese la sua decisione: rivelare ai propri genitori della sua omosessualità. Non si era mai fatta problemi sul sentirsi attratta dalle ragazze. Aveva sempre pensato che i suoi genitori fossero tolleranti su questo genere di cose. D'altronde i primi ad essere stati discriminati per le loro origini erano stati loro, come avrebbero potuto odiare la loro figlia per amare una ragazza? Nonostante suo padre fosse parecchio severo, confidava nell'essere ugualmente accettata.

Successe tutto quando aveva sedici anni: una sua compagna di classe, una ragazza di bell'aspetto, le chiese di passare la notte a casa sua. Una normale serata tra amiche. Se non fosse stato per il fatto che Naya sentiva che qualcosa in lei non andava. Perché le si riempiva il cuore quando l'amica le sorrideva e la guardava con quei suoi occhi chiari? Perché quando si abbracciavano quasi tremava? Ci impiegò un po' a capire che ne era fortemente attratta. Mai, in vita sua, aveva provato tutte quelle sensazioni per un ragazzo. Quella sera, l'amica le rivelò di avere anche lei dei dubbi sui sentimenti che provasse per Naya. Per tutte e due fu la certezza di essere innamorate l'una dell'altra, in qualche modo. Baciare una ragazza era anche meglio di baciarsi con un ragazzo. Naya non sapeva spiegarsi il perché, sapeva solo che sentirsi dire da un ragazzo un complimento non era mai come sentirselo dire da una ragazza. Viveva bene con la sua omosessualità, come aveva sempre vissuto. Forse non si divertiva a dirlo a tutti o non lo dava a vedere così tanto per evitare i giudizi delle persone più cattive. Lei e Alex stavano insieme da quasi due anni ed era giunto il momento di rivelarlo ai genitori dell'ispanica. Sembrava tutto semplice, ma Naya venne presto a sapere l'ultima cosa che avrebbe voluto accadesse.

Una domenica l'intera famiglia Rivera era riunita per il solito pranzo, quando fece ingresso una delle zie di Naya, senza il cugino più grande. Quando arrivo il momento delle spiegazioni la zia di Naya scoppiò a piangere dicendo che il figlio era scappato di casa con un ragazzo. Il padre di Naya scosse la testa in segno di delusione, sostenendo che non avrebbe mai accettato un disonore così grande.

«Ma di che disonore stai parlando?» sbottò subito Naya, infastidita. «E' solo innamorato di un ragazzo.»

La nonna, l'unica della famiglia che era rimasta in silenzio per tutto il tempo della discussione, guardò Naya e si alzò dalla sedia uscendo dalla cucina senza fiatare.

Il signor Rivera intanto aveva continuato a blaterare qualcosa sul fatto che Dio aveva scelto l'uomo e la donna come pilastri della famiglia e due donne o due uomini avrebbe solo stravolto la volontà di Dio. Se c'era una cosa che Naya non riusciva a sopportare della sua famiglia era tutto quell'essere devoti alla religione e alla chiesa.

«E quindi riusciresti ad odiare i tuoi figli perché amano qualcuno del loro sesso?» lo provocò Naya.

«Li aiuterei a cambiare.» affermò serio con gli occhi scuri rivolti alla moglie. «Li aiuteremmo a cambiare.»

«Stai scherzando, vero?» disse soffocando una risata. «Tu mi stai dicendo che se io ti dicessi di essere lesbica, mi aiuteresti a guarire. Come se avessi una malattia.»

Alcuni dei parenti sobbalzò al pronunciare della parola “lesbica” come se Naya avesse detto una parolaccia.

«Ma tu non lo sei, Naya.» continuò il padre, con un tono di curiosità.

Forse non era il momento adatto per rivelarlo all'intera famiglia. Ma Naya, guidata dal disprezzo e dalla rabbia all'interno del suo petto, preferì gridarlo esplicitamente.

«A me piacciono le ragazze.»

Sua madre si morse il labbro e chiuse gli occhi piegando la testa mentre stringeva la mano al marito, che invece mantenne la sua espressione seria in volto. L'intera famiglia sobbalzò e un brusio di alzò improvvisamente tra di loro.

«Amo la mia ragazza e non ho intenzione di lasciarla perché voi credete io stia insultando Gesù Cristo o chiunque altro lassù. Potrei benissimo uscire da questa porta e non rientrare mai più se per voi è più importante che io sia etero.»

Si sarebbe aspettata che il padre si alzasse e la prendesse per il polso chiedendole di smettere con queste sceneggiate. Non si sarebbero più parlati per un bel po', poi sarebbe tornato tutto come prima. Anche se con la continua disapprovazione sulle sue scelte.

Ma il signor Rivera rimase impassibile. La moglie lo guardava implorandolo di dirle qualcosa.

«Non mi drogo, non mi metto a svaligiare i negozi di alimentari, non torno a casa ubriaca e non mi faccio mettere incinta da nessun ragazzo. E devo essere guardata come se fossi la pecora nera della famiglia perché amo una ragazza?» avrebbe potuto continuare per altri minuti se suo padre non l'avesse interrotta.

«Va bene.» disse serio, senza muovere un solo muscolo.

La madre di Naya stringeva ancora la mano del marito, ancora in silenzio, lo guardò preoccupata quasi in preda ad un pianto.

«Va bene?» chiese Naya con un briciolo di speranza. Non sapeva in realtà che il padre stava bruciando di rabbia.

«Esci da quella porta, allora.»

Naya aggrottò le sopracciglia, ancora più delusa e arrabbiata di prima. Guardò per l'ultima volta il viso dei suoi parenti, quello di sua nonna che era rimasta ferma sull'entrata ad origliare la discussione e quello della madre, segnato dalla lacrime. La ragazza continuava a pensare tra sé perché sua madre non avesse reagito contro suo marito. Se le importava davvero tanto di sua figlia avrebbe potuto ribellarsi e dire al marito, per un volta, che stava sbagliando. Che era la loro figlia, anche se era lesbica. Ma, ovviamente, era troppo codarda per farlo.

Naya non rispose ma si alzò e, a testa alta, uscì da quella stanza voltandosi per l'ultima volta verso suo padre e dicendo le ultime parole che avrebbe sentito da sua figlia.

«Dimentica di avere una figlia. Perché io ho già dimenticato di avere un padre.»

Los Angeles poteva essere una città solare e divertente ma, per Naya, ormai significava essere troppo vicina alla famiglia che l'aveva rifiutata. Non sapeva nemmeno lei come aveva preso questa decisione: sarebbe partita per l'Europa, certa che, anche se il matrimonio tra omosessuali non era ancora legale, avrebbe trovato atmosfera migliore. Dovette partire da sola perché Alex non aveva accettato di allontanarsi dalla sua famiglia. Se la sarebbe ricordata come la prima fidanzata e prima ragazza che avesse mai amato. Ma ormai faceva parte del suo passato. Ora aveva una nuova vita da vivere e sicuramente sarebbe stata migliore di quella lasciata a Los Angeles.

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Capitolo 2
*** where the story begins 2 ***


Okay, ammetto che è parecchio strano aggiornare di domenica ma purtroppo da domani avrò pochissimo tempo per collegarmi!
By the way, passiamo ai fatti: volevo aggiornare subito con la seconda ed ultima parte del prologo, che ho deciso di dividere per non ammassarvi tutte e quattro le donzelle in una sola volta! ;D
Quindi, ecco qua Dianna e Heather!
Grazie per le visualizzazioni e le recensione, anche se ancora poche! Spero la cosa vi interessi e che continuiate a seguirla!
PS: Ringrazio ancora una volta la mia beta, il mio unicorno che è sempre pronta a supportarmi! <3



Where the story begins 2




Dianna era sempre stata una bambina ed una adolescente vivace, piena di felicità e col sorriso sempre sulle labbra. Era questa una delle sue caratteristiche migliori, che tanto facevano perdere la testa ai ragazzi della sua scuola a San Francisco. La sua bellezza di adolescente e il suo modo di vivere la vita era un mix micidiale per qualsiasi ragazzo le girasse attorno. Per sua fortuna e per quella dei suoi genitori, Dianna non era una di quelle ragazzine che amava tanto farsi notare ed essere la più desiderata. Voleva solo continuare la sua vita da liceale come il resto delle sue amiche. Per qualche strano motivo, l'essersi innamorata di un ragazzo per la prima volta l'aveva completamente stravolta: era la prima volta che si sentiva amata da qualcuno, il suo fidanzato all'epoca. Credeva che con lui sarebbe potuta andare oltre alla semplice cotta adolescenziale. Tanto da cedere alle sue avance, fatte sempre più insistenti col passare dei mesi. Lei e Jason avevano fatto l'amore un paio di volte, sempre sicuro. Di tante volte, Dianna non avrebbe mai pensato che l'unica volta che erano entrambi ubriachi fradici, lei sarebbe rimasta incinta. E il mondo le crollò addosso.

Non sapeva se dirlo prima ai genitori o a Jason. Combattuta dal dolore e dalla preoccupazione si rivolse per prima al fidanzato. Diceva sempre ai suoi genitori che Jason era un ragazzo con la testa sulle spalle, responsabile e gentile. Le diceva anche che ci sarebbe stato per qualsiasi cosa. Credeva ci sarebbe stato anche nel caso che Dianna avesse aspettato un bambino. Aveva appena compiuto diciassette anni, come pretendeva di saperne qualcosa dell'amore? Credeva sul serio che i ragazzi, a quell'età, fossero così responsabili e che Jason si sarebbe occupato di lei e del nuovo arrivato?

Jason la lasciò di punto in bianco, dicendo di volersi tirar fuori dalla situazione. Per lui, Dianna era solo una cotta passeggera, non voleva impegnarsi più di tanto a maggior ragione se centrava un bambino. Avrebbe potuto semplicemente sostenerla. Non lo fece, e Dianna sentì il peso del mondo schiacciarla sempre di più.

Dirlo hai suoi genitori lo immaginava meno traumatico: sua madre aveva partorito Dianna da giovane. Ma presto realizzò che i suoi non l'avrebbero mai accettato. Per questo chiamò la sua migliore amica Taylor, che era già a conoscenza di tutto, chiedendole supporto se mai tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi.

Era veramente la giornata invernale più brutta: l'aria fredda e pungente attraversava anche i muri di casa Agron. Proprio per questo sua madre e suo padre erano usciti per prendere altra legna e riscaldare di più la casa. Dianna li aspettava, tirandosi nervosamente le maniche del maglione, seduta in salotto. Muoveva la gamba accavallata sull'altra scandendo il tempo di quella canzone di Natale che tanto le piaceva e nel frattempo sperava che andasse tutto bene. Si era fatto buio da qualche ora e i suoi genitori finalmente rientrarono. La trovarono in salotto, in piedi di fronte al divano. Premurosi le chiesero se le andava una tazza di tè, ma Dianna chiese loro di sedersi. La bionda tentò di mostrare un sorrisetto, deglutì amaramente e guardò la madre.

«Mamma, papà, devo parlarvi. Promettete solo di...» soffocò il magone. «Di non lasciarmi sola.»

Dianna vide lo sguardo di paura negli occhi della madre, tanto simili ai suoi. Le faceva male vedere la bella donna che era ridursi alla preoccupazione. Sua mamma era sempre stata una donna severa, come il padre. Rigidi, poco permissivi. Sarebbe stata la fine.

«I-io...» balbettò guardandosi intorno, già in lacrime. «Aspetto un bambino. Ed ha circa due mesi e mezzo.»

Il buio si fece intorno a lei. I suoi ricordi si fermarono a quel momento: a quando sua madre si alzò, trattenendo le lacrime e cominciò a gridarle assieme al padre. Ripetevano le stesse parole: “sei una delusione.” E più lo ripetevano, più Dianna voleva morire. Si sentiva presa al collo da qualcuno e schiacciata contro un muro con violenza. Sussurrò tra le lacrime le sue scuse più volte, mentre sua madre scuoteva la testa e si metteva a buttare a terra le foto di sua figlia per terra.

«Mamma, non puoi farmi questo.» continuò Dianna, asciugandosi le lacrime. Inutilmente, perché queste continuavano a scendere. «Posso crescere il bambino.»

«Con quale padre? Con quali soldi? E tu avresti voglia di sopportare il peso che deve sopportare una madre? Come farai con la scuola? Pensi di abbandonare tutto?»

«Non è lo stesso che hai fatto tu?» non capiva cosa stesse dicendo la giovane madre. Era ovvio che lo avrebbe fatto, che altro avrebbe potuto fare.

«Esatto! E non voglio che ti accada lo stesso! Non voglio che tu sprechi la tua adolescenza in questo modo come ho fatto io!»

Dianna si sentì colpire nel profondo: sua madre doveva essere la persona che doveva amarla più di chiunque altro al mondo e ora le stava rivelando che averla come figlia era stato uno spreco. Ecco ora spiegato perché tra i suoi genitori non c'era quell'affiatamento che c'era tra i genitori delle sue amiche. Se fino a quel momento aveva pianto di disperazione, tanto da sentirle gli occhi bruciale e gonfiarsi, ora voleva solo prendere qualcosa e sbatterla contro il muro, distruggere tutto.

Prese quel respiro decisivo, guardò la madre e il padre negli occhi e sorrise a fatica.

«Levo subito il disturbo.» disse salendo nella sua camera. Lì buttò tutto quello che aveva di suo nello zaino. La sua macchina fotografica era ancora lì sulla mensola che aspettava solo di essere portata altrove. Prese anche quella, mettendo la cinta intorno al collo e uscendo da quella stanza.

Ed ecco come si era ritrovata nella camera di Taylor, saltellando mentre lei suonava la sua chitarra e cantava. Viveva da lei da un paio di mesi, avrebbero aspettato insieme la nascita della bambina.

«Taylor, perché non scappiamo? Andiamo in qualche posto, lontano da qui!» le chiese entusiasta, mentre si buttava sul letto affianco all'amica.

«Di, mi sembra che tu stia leggermente impazzendo...Dove mai vorresti andare?»

«Roma, Parigi, Londra, Berlino...Lontano.» continuò una lunga lista di città osservando la cartina appena al suo muro. Dianna voleva davvero partire, voleva lasciarsi dietro tutto quanto. «Madrid, Vienna...Milano.»

Taylor la guardò incuriosita.

«Oddio si! Taylor partiamo per Milano, ti scongiuro! Appena partorita la bambina, quando sarà più grande, partiamo!»

Taylor le annuì credendo che quello fosse solo un momento di pura esaltazione, Dianna lo faceva sempre. Non poteva sapere che sarebbero approdate davvero in quella città quando meno se lo sarebbero aspettate.

 

~

 

Heather non era furiosa. Era solamente stanca di essere tormentata dal fidanzato. Beh, ormai ex-fidanzato. Dato che aveva preferito un'altra ragazza a lei. La giovane bionda era stata inseguita per tutta la giornata da Steve, il suo ex, fino all'inizio della lezione di danza.

Heather era insegnante di ballo da circa cinque anni in una compagnia famosa in tutta la California. Lì aveva conosciuto Steve. Aveva quasi creduto che si sarebbero sposati di lì a poco! Ma i suoi sogni svanirono a causa di una giovane moretta. Non era triste o abbattuta: sarebbe andata avanti comunque. Oltretutto, a breve avrebbe intrapreso una tournée mondiale con i dieci ballerini con cui lavorava. Ne avrebbe dovuti selezionare i migliori e, tra quelli, non c'era sicuramente Steve.

Heather entrò nella sala dove tutti i ragazzi la stavano aspettando e provando i passi della coreografia. Dietro di lei, Steve la seguiva come un'ombra. La bionda lo scansò e attirò l'attenzione dei ballerini. Li informò della selezione di almeno otto di loro. E subito di scatenò l'agitazione.

«Calmi, calmi! Ora partiamo con la coreografia. Io vi osserverò da qui.» disse appoggiandosi alla sbarra in legno d'acero. «Anche tu.» si rivolse poi a Steve dato che si stava appostando affianco a lei. Vendetta. Poi fece partire la musica e tutti presero a ballare ordinati.

Heather viveva della danza, lo aveva sempre fatto sin da piccola. I suoi genitori si erano conosciuti ad una festa quando avevano quindici anni. Anche loro amavano ballare. E non importava se per sbaglio il padre di Heather si prese un tubo della caldaia in testa a causa di una giravolta scoordinata. Si sposarono e nacque Heather. Era una famiglia felice. Desideravano tanto un fratellino o una sorellina per la loro primogenita.

Qualche mese dopo la nascita di Heather i suoi genitori rimasero coinvolti in un incidente d'auto. All'arrivo dell'ambulanza, per loro non ci fu più niente da fare. Heather non scordò mai il viso di sua nonna in lacrima che la prendeva in braccio e la portava via di casa, assieme al suo peluches. Furono i suoi nonni a crescerla: rispettando il volere di sua madre, cominciarono a mandare Heather a lezione di danza classica molto presto finché non diventò la sua vita.

Heather aveva vent'anni e stava per intraprendere il suo primo tour mondiale con il ruolo di prima ballerina. Steve copriva solo una piccola parte dei suoi sogni: desiderava di averlo accanto a sé ma, ovviamente, aveva dovuto rinunciare all'idea. Non per questo avrebbe rinunciato alla tournée. Vendetta.

Heather fermò i ballerini che stavano eseguendo la coreografia da più di un minuto. Steve fu il primo a rivolgerle uno sguardo speranzoso ma la ragazzo lo richiamò all'attenzione assieme ad altri tre. Il resto dei ballerini fu mandato negli spogliatoi.

«Con voi non ci siamo.» comunicò loro Heather senza usare un tono malvagio. «Siete ancora troppo imprecisi e scoordinati con il resto del gruppo. Non riuscite a stargli dietro.»

«Heather...» azzardò Steve, credendo che la bionda lo stesse prendendo in giro.

«Ho tutti i ballerini che mi servono.»

La ragazza coi capelli rossi e le lentiggini al centro abbassò la testa e quasi non pianse. Le ricordò un po' la piccola bambina che era e le si avvicinò, ignorando Steve, per consolarla. Proprio come fece la sua prima insegnante di danza classica.

«Non perderti d'anima. Non sempre tutto va come ti aspetti: un giorno se in cima al mondo, il giorno dopo sei sotto terra. Potrai ritentare l'anno prossimo. Migliorerai e sicuramente prenderai parte.» le disse sorridendole dolcemente.

La ragazza asciugò subito le lacrime ringraziandola con un po' di singhiozzo nella voce.

E anche quel piccolo momento di serenità fu spazzato via ancora una volta da Steve, che insisteva nel chiederle perché non avesse scelto di portarlo con lei. Ancora una volta Heather fu pronta a scoppiare ma trattenne il fiato e lo ignorò, raccolse la sua borsa a tracolla ed uscì in compagnia dei suoi alunni.

Pensava di essere stata chiara con lui: primo, non poteva pensare di ballare ancora con Steve, e nemmeno starci insieme, dopo che aveva scoperto il tradimento. Secondo, dopo l'infortunio al ginocchio, e ora Heather si era fatta certe ipotesi su come possa essere accaduto, Steve non ballava più come prima.

«Heather, fermati un secondo!» Le gridava mentre saliva in auto.«Parliamo.»

«Non ne ho voglia, grazie.» cercò di liquidarlo, ma Steve si sporse dentro l'auto.

«Okay, so che sei arrabbiata, ma non è andata come pensi tu! Hai frainteso tutto quanto.»

Come poteva aver frainteso: trovarlo nel letto con una ragazza nuda non significava certo che l'aveva tradita!

«Io ti amo per davvero.»

Steve si sarebbe tenuto nel cuore e nella mente la sua ex ragazza l'ultima volta che la vide: seduta al volate, col dito medio rivolto verso di lui e con un passato da dimenticare dietro la scia della sua fiat. Vendetta.

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Capitolo 3
*** crossroads ***


Hi everyone! Ecco finalmente il primo capitolo serio serio! (per modo di dire.)
Spero vi piaccia e di avere qualche recensione in più (Vi controllo, so che leggete...)
Eh, nulla! cercherò di aggiornare più spesso.
love everyone!
Grazie alla mia beta fede <3




2. Crossroads



Lea sentiva meno la mancanza di New York con tutto quel movimento che aveva Piazza Duomo a Milano. Diciamo che l'intera città sapeva essere grigia e spenta, come le raccontavano, e allo stesso meravigliosa: la gente, anche se correva da una fermata ad un altra per non far tardi al lavoro, sembrava quasi regalare felicità ai passanti. Stretti nei vagoni delle metropolitane era difficile non venire spintonati e non rischiare di volare a terra. Ed ogni volta che accadeva, qualcuno si voltava e si scusava. Era una cosa che la rendeva davvero felice, nonostante temesse che il trucco le colasse da un momento all'altro. Quella mattina aveva un colloquio presso la casa discografica che l'aveva convocata e si era promessa di sembrare il più accettabile possibile. Non aveva nemmeno cambiato taglio di capelli e ora se ne stava pentendo perché aveva questi lunghissimi boccoli castani che le davano fastidio. Appena scese finalmente alla prima delle fermate che avrebbe dovuto affrontare si preoccupò di legare i capelli in una treccia quanto più ordinata e seria possibile e, per non evitare di perdersi e di chiedere indicazioni in un italiano improvvisato, seguì il resto delle persone salire e scendere le scale. Mentre aspettava la metropolitana si dondolava sulle ballerine di pelle che aveva comprato qualche giorno prima in un negozio vicino all'albergo dove alloggiava quando sentì lo sguardo di un ragazzo alle sue spalle. Non era nemmeno un bel ragazzo, anzi, sembrava quasi fosse uscito da un film di paura. E insisteva nel guardarle le gambe scoperte dalla gonna in cotone rossa. Lea tossì leggermente cercando di mantenere la calma finché non arrivo la metropolitana. Questa volta riuscì a sedersi accanto ad una bambina e alla nonna che parlavano animatamente di qualcosa che la newyorchese faticò a capire. E finalmente arrivò il momento di scendere.

Era da circa tre giorni che girava la piazza milanese alla ricerca dell'ufficio sicura di non perdere tempo a trovarlo il giorno del colloquio. Non aveva cantato per un'intera giornata così che, nell'eventualità di un provino, non avrebbe avuto alcun problema con le sue corde vocali. Aveva cercato di alzarsi due ore prima per essere sicura di non arrivare in ritardo nemmeno di un minuto. Lea era talmente agitata che era comunque di fretta sapendo di avere tantissimo tempo per arrivare all'ufficio che per sbaglio, mentre scendeva le scale dell'albergo, urtò violentemente una ragazza bionda che stava entrando nella hall. Si fermò solo un secondo per chiederle scusa e notò il bel viso sorridente e gli occhi azzurri luminosi. La ragazza le sorrise e Lea poté correre via di nuovo. Fosse stata nei panni di quella ragazza, Lea le avrebbe sbraitato a dietro. Arrivò nell'ufficio con una decina di minuti in anticipo: era un edificio enorme, non alto quanto i grattacieli di New York, pieno di finestre, una affianco all'altra. Forse un edificio un po' trascurato per essere la sede di una casa discografica così importante.

Lea entrò con passo svelto, tentando di non inciampare nella moquette bordeaux, e si diresse su per due rampe di scale. Le più lunghe della sua vita. Le si aprì davanti in un lungo corridoio illuminato: ad ogni lato una porta con un nome diverso e lei non seppe nemmeno dove andare. Poi vide una scrivania nera infondo e, con la speranza di trovare qualcuno si avvicinò e si sedette sul divano in pelle lì in fianco. Sulla superficie ordinata in legno, lampeggiava ai suoi occhi una targhetta nera con inciso il nome di una segretaria probabilmente. Lea si stava sistemando la gonna quando il rumore dei tacchi attirò la sua attenzione, facendola scattare in piedi.

Fece ingresso una donna che si muoveva veloce su quei trampoli in vernice neri, vestita elegantemente. Teneva i capelli corvini in uno chignon e faceva in modo che il ciuffo non le cadesse davanti alla faccia perché teneva gli occhiali da vista in testa. Passò davanti a Lea con tale velocità che non ebbe nemmeno il tempo di guardarla in viso. Lea le si avvicinò e questa alzò lo sguardo.

«Naya Rivera, come posso aiutarla?» le chiese con un italiano perfetto ma con la cadenza americana che aiutò Lea enormemente. Gli occhi neri di Naya la osservavano stanca e annoiata.

«Avrei un colloquio con il signor D'Agostino. Mi ha mandato questa.» Lea le mostrò l'email e Naya annuì scocciata.

«Purtroppo non è disponibile al momento. Deve attendere.» stavolta le risponde in inglese, cosa che la fece sollevare. Grazie al cielo non avrebbe dovuto mostrare la sua pessima conoscenza dell'italiano.

Lea ritornò quindi seduta sul divanetto, sbuffando e dondolandosi le gambe accavallate non sapendo come intrattenersi.

«Conosci bene l'americano.» le disse Lea. «Vieni dagli Stati Uniti?»

La segretaria annuì soltanto sorridendo falsamente e tornò a scrivere. Avrebbe voluto che Naya spiccicasse qualche parola, come credeva facessero le segretarie, ma quella ragazza dai tratti latini rimase concentrata sullo schermo del suo computer e rispondendo ogni tanto a qualche chiamato. Indossava e toglieva gli occhiali a minuti alterni, quando leggeva e quando scriveva. Sembrava una tipa parecchio asociale, come se il lavoro fosse la sua unica preoccupazione. Lea si strinse nelle spalle e tornò a leggere quel giornale di gossip che sfogliava da dieci minuti. Anche se ancora una volta riuscì a capirci veramente poco.

Passò più di un'ora a giocare con i ciuffi di capelli che le sbucavano dalla treccia e a leggere riviste senza capirne veramente qualcosa quando, dalle scale, sentì un rumore di passi.

Anche Naya sollevò lo sguardo per un istante, come se sapesse chi stesse per arrivare. Lea la stava osservando e scorse una leggera delusione nel suo volto. La newyorchese di voltò in cerca del motivo di tutto quel movimento: a Lea quasi mancò il fiato.

Una giovane ragazza dai capelli biondi si stava avvicinando alla scrivania con passo leggero, tenendo la testa alta e un'espressione seria sul viso. I suoi capelli schizzavano un po' a destra e a sinistra, quasi non li avesse pettinati. Eppure le stavano così bene! Guardava dritta e stava arrivando verso Naya, con la gonna del vestito in tessuto che si muoveva leggera seguendo l'eleganza della sua camminata. Lea non le scorse nemmeno un particolare del viso, ma sentiva già che fosse la ragazza più bella che avesse mai visto.

Si rivolse alla segretaria con una dolce calda e pronunciando le parole lentamente. Lea quasi si sciolse sentendola parlare che nemmeno si accorse del discorso che stavano facendo. Per quanto capisse dell'italiano, La bionda chiese a Naya di poter vedere il signor D'Agostino per quel servizio fotografico che le avevano chiesto.

«Ho una lettera che mi ha mandato. Diceva di venire oggi.» continuò la ragazza e Lea quasi percepì una somiglianza di pronuncia quasi come quella di Naya.

«Certo, prosegua per quel corridoio, infondo a sinistra.»

Lea scattò in piedi, sconvolta. Non era momentaneamente occupato?

«Scusi!» esordì avvicinandosi rabbiosa e appoggiandosi alla scrivania, dopo aver scansato la bella bionda dietro di lei. «E' tutta mattina che sto aspettando per questo maledetto colloquio. Sono scappata di casa per venire qui, fin da New York. Se perdo questa possibilità sarò costretta a tornare a casa e ritornare ai miei stupidi video su Youtube. Ho aspettato perché il presidente non era disponibile e, ora, questa bionda può parlare con lui? C'è qualcosa che non quadra!» disse arrabbiata con la sua solita voce irritante.

«Il mio nome è Dianna.» la ragazza le rispose innervosita in inglese e solo in quel momento Lea si voltò verso di lei e scorse i due enormi occhi verdi che la fissavano. «E non permetto che tu possa dirmi questo. Sei così egoista: sono mesi che aspetto che qualcuno mi chieda un lavoro retribuito modestamente perché devo mantenere una figlia e una casa. Anche io sono scappata, ma non posso tornare indietro. Non posso. Mentre tu puoi, e hai sicuramente altre possibilità di farti notare. Io non ce le ho. Smettila di giudicare prima di conoscere.»

Nonostante fosse evidentemente arrabbiata, Dianna non alzò la voce contro Lea ma la guardo con la rabbia negli occhi, un po' invidiosa. E senza proferire parola, Dianna si allontanò per il corridoio.

Naya rideva di nascosto divertita e dovette tornare a scrivere prima che Lea se ne accorgesse. L'ebrea sospirò e, un po' imbarazzata, tornò a sedersi ed aspettò per il resto della mattinata. Solo qualche ora dopo poté parlare con il signor D'Agostino: si aspettava subito qualche complimento per la sua bellissima voce e per lo straordinario talento. Ma il presidente le propose solo una piccola collaborazione con un artista italiano in un singolo e quasi Lea si sentì sprofondare. Aveva viaggiato così lontana da casa per ricevere solo la collaborazione con chissà chi. Lei si aspettava qualcosa solo suo, una collaborazione non le avrebbe portato successo, sopratutto se sul suolo europeo. Lei voleva essere un'artista mondiale.

Uscì dall'ufficio rifiutando l'offerta e correndo al bagno trattenendo le lacrime. Quando ormai stava singhiozzando appoggiata al lavandino realizzò di non essere sola in quella stanza: La ragazza che qualche ora prima con cui aveva avuto uno scontro, Dianna, stava uscendo da uno dei bagni e si avvicinava al lavandino per lavarsi le mani. Lea pensò che fosse il caso di scusarsi, come minimo. Asciugatasi le lacrime e tirato su con il naso, le si avvicinò.

«Dianna, mi dispiace per come ti ho trattata prima.» balbettò Lea. «Non sapevo quanto fosse importante per te. Davvero, mi dispiace.»

«Non importa.» rise per un secondo la bionda. «Non avrei nemmeno dovuto sbottare così ma ogni tanto, quando sono nervosa, reagisco in modo sbagliato.»

Dianna guardò Lea e vide i suoi occhi rossi e gonfi per le lacrime, ma non le chiese spiegazioni. Si limitò a sorriderle e farle un accenno di saluto mentre stava per uscire dal bagno.

«Potrei farmi perdonare con un pranzo?» le chiese improvvisamente Lea, mordendosi il labbro inferiore.

Dianna si voltò verso di lei e vide la sua espressione timida e il sorriso accennato brillare come i suoi occhi. Sospirò con una smorfia divertente e annuì. «A patto che decida io dove.»

Lea fece un cenno esaltato e le venne accanto mentre uscivano insieme dalla stanza.

Naya era ancora seduta alla scrivania: fingeva di scrivere qualcosa su quel computer ma, in realtà, stava solo giocando a carte per ammazzare il tempo. Era per quello che la pagavano. Stare seduta ad una scrivania, ricevere gli ospiti e portare il caffè al signor D'Agostino. Ma piuttosto che fare come la collega Sara, impegnata direttamente e personalmente con il presidente, avrebbe preferito qualsiasi cosa.

Aspettava seduta su quella sedia girevole scomodissima da ormai cinque anni aspettando qualche cosa che le cambiasse la vita. Tutto era così monotono.

Appena le due ragazze che aveva conosciuto quella mattina uscirono insieme dall'ufficio quasi non le venne da invidiarle: perché non poteva anche lei avere qualcuno con cui passare del tempo? Quelle due aveva perfino litigato ed ora stavano camminando l'una in fianco all'altro. Anche Naya voleva qualcuno con cui litigare e fare pace in meno di un minuto, magari con un abbraccio o un bacio. Eppure sembrava quasi che vivesse in una bolla, quasi che fosse trasparente.

Poi sentì i battiti del cuore accelerare quando sentì altri passi veloci arrivare dalle scale: una altra ragazza bionda correva in fretta su dei tacchi altissimi, passò davanti alle due ragazze di poco prima e la mora le fece un accenno di saluto come se la conoscesse.

La ragazza aveva i capelli biondi legati in una lunga coda di capelli, impressionante come fossero ordinati nonostante stesse correndo da chissà quanto tempo. Si fermò col fiatone, appoggiandosi sulla scrivania. Naya la guardò cercando di mantenere un'espressione seria invece che ridere per come la bionda tentasse di parlarle tra un affanno e l'altro.

Aveva due occhi color ghiaccio, forse i più belli che Naya avesse mai visto fino a quel momento, e un viso dai tratti delicati. Sembrava essere molto dolce da come si sistemava il maglione di lana tre taglie la sua.

«E' qui...L'ufficio del teatro Smeraldo?» le chiese, sempre respirando a fatica, e leggendo il foglio che teneva in mano. California, pensò Naya riconoscendo l'accento.

La latina ridacchiò e fece cenno di no. «E' al settimo piano.»

«Vuole dirmi che devo altre cinque rampe di scale?» disse sconvolta la bionda, che dovette sedersi un attimo per recuperare il fiato. «Mi sono persa mentre uscivo dall'albergo: ad un certo punto mi sono ritrova a girare in tondo finché non ho chiesto ad un turista cinese se aveva una mappa o qualcosa per aiutarmi. Questa città è caotica!» continuò a lamentarsi mentre rideva lei stessa della sua stupidaggine.

Si scambiarono uno sguardo e subito Naya fu costretta ad abbassarlo per paura di arrossire: era davvero reale quella ragazza.

«Beh, l'appuntamento era circa due ore fa, quindi ritenterò domani.» disse infine la ragazza per interrompere il silenzio.

Si alzò in piedi e automaticamente si alzò anche Naya. «Domani l'ufficio è chiuso.» le disse agitata.

«Perfetto...» sbuffò la bionda, guardando al cielo. Poi sorrise e allungò la mano a Naya. «Sono Heather.»

Naya sorrise altrettanto e le strinse la mano tremante. «Naya.»

«Dunque...» continuò Heather. «Dato che la mia giornata si prospetta noiosa e particolarmente inutile, e probabilmente anche la tua, perché non pranziamo assieme? Ho una voglia matta di patatine fritte!» gridò esaltata.

«Certo!» Naya nascose la sua esaltazione dietro quelle semplici parole. «Tra un mezz'ora qui ho finito.»

«Ottimo, così ho tempo di guardarmi in faccia...Ho corso così tanto che ho paura di essere diventata inguardabile.» scherzò allontanandosi in cerca di un bagno.

«Stai benissimo, davvero.» Naya non si accorse neanche di averlo detto ad alta voce. «Intendo dire che...Sei apposto così!» arrossì tremendamente. «Okay, dammi due minuti e ti raggiungo.» le disse infine, capendo di essersi resa ridicola in meno di tre secondi.

Heather sorrise divertita e annuì allontanandosi.

Che fosse la buona volta anche per Naya di trovare qualcuno disposto ad esserle amica?

 

 

Dianna e Lea si ritrovarono sedute ad un tavolo in un ristorante vicino all'ufficio della casa discografica. Il locale era praticamente deserto a quell'ora. Strano, per trovarsi in centro a Milano. Era un posto intimo, oltretutto, il loro tavolo era in un angolino lontano da confusione e chiacchiericcio dei pochi clienti. Dianna si accorse di come Lea guardava il cibo, rigirando parecchie volte la forchetta nel piatto. La ragazza si guardava in giro poi si stringeva nella spalle e infilava un boccone enorme di spaghetti in bocca. Dianna rise divertita.

«Hai un sorriso spento in faccia.» le chiese la bionda. «Non è andato bene il colloquio?»

«Non era come me lo aspettavo.» ammise Lea facendo un sorriso forzato. «Immaginavo un futuro diverso. Vorrà dire che tornerò a casa, alla mia solita vita.»

Dianna si morse leggermente il labbro e tenne lo sguardo fisso su Lea e sul suo viso segnato dalla tristezza e dalla delusione. Fino a qualche minuto prima l'aveva considerata come la persona più insopportabile e arrogante sulla faccia della Terra. Ma, dopotutto, anche lei lo è sempre stata, sopratutto se si trattava di ostacolarle la strada. Con un sorriso, Lea continuò a portare alla bocca il suo boccone di spaghetti.

«Come mai sei scappata?» le chiese tutto ad un tratto la mora e Dianna si sentì morire dentro. Riportarle alla mente il passato era la cosa che più le faceva male. Ma l'espressione triste di Lea le riaffiorò e capì di non essere l'unica ad avere sofferto. Lea stava ancora soffrendo probabilmente. Dianna bevve un sorso di vino e sospirò.

«Sono rimasta incinta molto giovane. Ero una ragazza piuttosto ingenua, credevo che tutto sarebbe andato per il meglio, ma mi sbagliavo. I miei genitori sono stati parecchio cattivi e io ero troppo stupida per capire che mi avrebbe aiutato. Invece sono scappata e sono andata a vivere con la mia migliore amica. Con lei, appena ho partorito Valerie, sono partita per l'Italia alla ricerca di una vita nuova. Vivo di qualche foto ogni tanto, amo la fotografia: è una delle poche cose che mi riesce meglio.» Dianna fece un sorriso quando pronunciò il nome dell'adorata figlia.

«Alla fine non ti è andata male.» affermò Lea, convinta che la ragazza avesse finito di raccontare.

«Mi sento molto sola qui. Mi manca qualcuno che mi ami. Voglio dire, Taylor è la mia migliore amica, non riuscirei a vivere qui sola senza di lei. Ma sento che mi manca un po' di romanticismo.»

«Non dovrebbe essere un problema per te trovare qualcuno.» disse Lea arrossendo, cosciente di quello che avrebbe detto di lì a poco. «Sei una bellissima ragazza.»

Dianna abbassò lo sguardo. Non era sicura di volerglielo dire, come poteva sapere se non l'avrebbe giudicata?

«Vedi, è un po' più complicato da spiegare. Prometti di non giudicarmi e te lo dirò.» Lea annuì e aspettò con curiosità che Dianna continuasse. «A me piacciono le ragazze.» fece una breve pausa. «E' partito tutto dopo la brutta esperienza con il ragazzo che mi ha messa incinta: ho creduto che gli uomini fossero l'ultima cosa che volevo. Ed ecco che sono giunta alla conclusione di amare le ragazze. Avrei dovuto capirlo molto prima, dato che ogni ragazzo che incontravo non mi faceva lo stesso effetto di una ragazza.»

Lea sorrise e si pulì la bocca dal sugo di pomodoro, credendo che lo avesse spalmato per tutta la faccia. «Non c'è problema. Ora posso capire per cosa intendi con “complicato.”»

Dianna la osservò aggrottando le sopracciglia.

«Anche io. Nel senso, ho avuto una storiella con uno dell'università, ma c'era questa ragazza che andava avanti con mille avance e proposte indecenti che ho accettato solo per sfizio. Poi alla fine è andato tutto diversamente. E, non pensare sia stupido, ma preferivo passare il mio tempo con lei che con i ragazzi.»

Dianna sorrise e avvertì come un sollievo all'interno del suo petto. Forse poteva anche fare amicizia con Lea, nonostante il carattere irriverente e orgoglioso.

Non parlarono per circa dieci minuti: continuarono a pranzare, ogni tanto scambiandosi uno sguardo e qualche sorriso tra un bicchiere di vino e una forchettata.

Lea si era soffermata spesso ad osservarla di nascosto e a pensare a quanto fosse così bella e dolce, che nemmeno riusciva a credere avesse un passato così tormentato alle spalle. La stava ancora guardando quando questa alzò lo sguardo e incrociò quello di Lea e si sorrisero ancora una volta.

«Grazie.» le disse la bionda.

«Per cosa?»

«Per avermi detto di essere bellissima, insomma...Non mi capita spesso.» Lea sentì le guance andarle a fuoco e ridacchiò per nascondere l'evidente imbarazzo. «Sei molto bella anche tu, davvero.»

Finito di pranzare, Dianna e Lea proseguirono per le loro strade. La bionda le chiese di passare a casa sua in tarda serata, giusto per prendere un caffè e parlare ancora un po'. E Lea si sentì in dovere di accettare. Pur di stare ancora qualche ora in compagnia di Dianna.

Le due capirono entrambe che quel pranzo sarebbe stato l'inizio di una lunga amicizia.

 

 

Heather si accontentò del primo McDonalds nei dintorni. Non era salutare per la sua dieta mangiare tutte quelle schifezze piene zozze di olio e grassi, ma aveva questa maledetta voglia di patatine fritte da quando era scesa dall'aereo quella notte che poteva anche fare un'eccezione. Naya invece era abituata a pranzi o cene improvvisate: non aveva tempo di cucinare con i turni da segretaria. Oltretutto finiva sempre per bruciare qualche cosa e allora preferiva fermarsi nel supermarket sotto casa e comprare qualcosa di pronto. Ma si teneva allenata: con l'ultimo stipendio era riuscita a comprarsi qualche attrezzo per fare un po' di movimento, qualche corsa la mattina presto e riusciva a mantenersi in forma. Heather lo aveva notato perché aveva scorto i muscoli della gambe scoperti dalla gonna blu scuro.

Naya era anche solita essere una chiacchierona ma proprio non riusciva a dire una parola, quasi avesse paura di dire qualcosa di stupido ed insensato di fronte a Heather. Fu proprio la ballerina a iniziare il discorso, con la bocca piena di patatine fritte.

«Non credevo di poter trovare qualcuno che venisse dall'America come me.» disse masticando con le guance paffute. «Come sei finita così lontana da casa?»

Naya rise divertita dall'immagine buffa di fronte ai suoi occhi.

«Lavoravo nelle sede della casa discografica di Los Angeles come segretaria fino ai diciotto anni, poi ho avuto dei problemi in famiglia.» Naya preferì non raccontare molto della sua vita privata. Dato che nemmeno la sua famiglia aveva accettato la sua omosessualità, forse nemmeno Heather lo avrebbe fatto. «Ed infine sono partita per l'Italia, con il posto di lavoro già assicurato.»

«Mhmh, non è una bella storia. Mi dispiace.» Heather la guardò dispiaciuta, distogliendo lo sguardo per un momento dalle patatine fritte.

«Non fa niente, è passata ormai.»

Naya la guardò con un sorriso ma dentro di se sapeva che non le era passata. Non le sarebbe mai passata probabilmente. Trattenne la lacrima che le stava scendendo sulla guancia cambiando discorso e chiedendo a Heather di passarle il suo bicchiere di coca cola, troppo lontano per la lunghezza del braccio di Naya.

Al momento di passarle il bicchiere, Heather sfiorò appena le dita di Naya e non poté far finta di non aver sentito una scossa tremenda: Heather arrossì per un secondo e guardò in basso per non darlo a vedere all'attraente ragazza che era Naya. La latina tossì leggermente, anche lei imbarazzata dal contatto.

«Ehm...Mi chiedevo se ti andasse di uscire una di queste sere, se non sei impegnata con i tuo spettacoli.» le chiese Naya balbettò un po', per paura di sembrare troppo infantile. Nemmeno lei sapeva come le fossero uscite quelle parole.

«Oh, molto volentieri! Io alloggio in questo hotel.» Heather le lasciò sul tavolo un bigliettino con scritto il nome dell'albergo e il suo numero di telefono seguito da un piccolo cuoricino. «Se non hai nulla da fare, stasera sono lì.»

Naya sorrise e alzò lo sguardo incrociando quello di Heather: faticava a credere che occhi come i suoi potessero esistere. E invece era vero tutto, era vero il battito di cuore di Naya, la voglia di non voler mai allontanarsi da Heather e l'infatuamento che stava travolgendo la latina.

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Capitolo 4
*** Introducing me ***


Heeei, sono tornata! Lo studio non mi ha impedito di continuare ad aggiornare e spero continuerò a farlo!
Bene, dopo i primi capitoli posso cominciare a torturarvi *muahaha*
BTW, vi lascio al capitolo che è meglio (o peggio).
Grazie alla mia piccola beta <3




 Introducing me



Dianna divideva un appartamento con la sua migliore amica che si trovava a pochi metri dal centro di Milano. I prezzi delle case, sopratutto in quella zona, erano altissimi e Lea si stava chiedendo come riuscisse a permettersi un appartamento come quello che si era trovata davanti agli occhi.

Quando Lea si trovò davanti al gran portone cercò il cognome di Dianna nell'elenco dei citofoni e, una volta trovato, aspettò che rispondesse. Ma ad aprirle il portone si presentò una ragazza dai lunghissimi capelli ricci, che Lea amava da morire, e dagli occhi azzurri. Indossava un vestito floreale che le ricordava tanto lo stile di Dianna e, per un secondo, pensò che quella ragazza fosse sua sorella.

«Oh, tu devi essere Lea!» le strinse la mano entusiasta. «Io sono Taylor, la migliore amica di Dianna. Non stiamo qui fuori troppo a lungo: questa zona sa essere bellissima quanto pericolosa a quest'ora! Dianna è uscita per prendere un paio di cose, sarà felice di vedere che sei già arrivata.» continuò con la parlantina simpatica tanto quanto quella di Lea

Taylor la accompagnò su per le tre rampe di scale di marmo, larghe e un po' sporche di terra. Ma mai immaginava di trovarsi di fronte ad una casa così bella ed accogliente: le si apriva di fronte agli occhi un corridoio spazioso e luminoso. Su ogni parete, Dianna era ritratta in bianco e nero, in compagnia di Taylor e di una bambina dal faccino simpatico. Quella che doveva essere sua figlia. Era un'abitazione troppo sfarzosa per essere di due ragazze di appena ventidue anni. Lea sospettava ma era troppo affascinata dal resto della casa che non osò pensarci.

Dopo il grande corridoio, Taylor la accompagnò nella stanza la quale porta era l'unica rimasta aperta. Lea si accomodò sul grande divano bordeaux, facendo attenzione a non stropicciare l'unico abito decente che si era portata da casa. Accavallò le gambe, spostò più volte i lunghi capelli da un lato e poi dall'altro, sperando di coprire la scollatura che credeva troppo eccessiva. Taylor intanto stava preparando del caffè nella cucina affianco. Lea, odiava ammetterlo, era parecchio agitata. Tanto da cominciare a canticchiare tra sé e sé, come faceva sempre quando era preoccupata o ansiosa. Poi i suoi occhi caddero su una serie di cd davanti ai suoi occhi.

«Perché non ne scegli uno e lo metti nello stereo?» Taylor era ricomparsa senza farsi sentire da Lea. «Fai pure.» la ragazza sorrise e Lea annuì alzandosi e dirigendosi allo scaffale.

Lea fece scorrere la vista e il dito lungo i milioni di cd: Queen, Beatles, strani e sconosciuti artisti country, Aretha Franklin...Certo Dianna e la sua amica non erano come il resto delle loro coetanee. Si aspettava qualcosa come musiche elettroniche che facevano girare in modo assurdo le scatole a Lea. E invece fu anche sorpresa di trovare qualcosa come un album di Barbra Streisand. E vada per la Streisand, pensò, e con grande felicità inserì il disco e tornò a riguardare il resto degli album.

«Scusami, devo scappare un secondo al piano di sotto, dal vicino! Torno subito, fa come se fossi a casa tua. Spero Dianna si muova, è quasi due ore che è fuori!» gridò dall'altra parte della casa Taylor. Lea non fece in tempo a risponderle perché sentì chiudere la porta all'istante. Si strinse nelle spalle e si guardò ancora in giro.

Non era sua abitudine sbirciare qua e là per le case dei conoscenti ma chi poteva trattenersi dal non guardare un album fotografico messo allo scoperto? Lea prese tra le mani quell'album viola scuro e lo aprì. Mio dio. Dianna era ritratta in un bellissimo primo piano che risaltava i suoi grandi, così ipnotizzanti,occhi. Continuò a sfogliare incrociando più volte lo sguardo di Dianna nelle foto seguenti finché non incappò in altro genere di foto: Dianna era praticamente coperta solo da un lenzuolo. In. Ogni. Singola. Foto. Non era abitudine di Lea, rimanere così colpita da un certo tipo di immagini. Ma proprio non ce la faceva a non deglutire e a mordersi il labbro per non pensare al fatto che tutto questo le stesse piacendo parecchio. Lea ripose subito l'album dove l'aveva trovato, tirò un lungo respiro, ma nel tentativo di rimetterlo a posto le scivolo a terra, facendo volare le foto di Dianna ovunque per la stanza.

«Merda!» imprecò la mora, abbassandosi subito per raccogliere tutte le foto sparse. Ma quasi non le mancò il fiato quando sentì il rumore della serratura e i passi lenti farsi vicini. Lea raccolse anche l'ultima foto e la nascose in fretta nell'album e rimase lì in piedi, fingendo di guardarsi intorno. Poi fece ingresso Dianna, bella più del solito anche se con un abito che sembrava più una camicia da notte.

«Oh.» disse sorpresa la bionda, appoggiando le borse che teneva in mano a terra. «Sei qui da tanto? Scusa, sono dovuta andare a prendere Valerie alla scuola di danza e sono andata a prendere alcune cose al supermercato a piedi...» continuò con un po' di stanchezza nel tono di voce. «Ogni tanto è difficile, sai. Coincidere le cose.»

«Sarei potuta passare domani se avevi altro da fare.» le disse premurosa Lea che nel frattempo aveva ancora il rossore in faccia per le foto.

«No, tranquilla. Mi ero scordata della lezione di danza...»

Lea alzò un sopracciglio: poco prima di entrare aveva letto sul muro un enorme calendario che segnava ogni mercoledì in rosso e affianco il promemoria di una lezione di danza. Dianna doveva essere parecchio stanca per non essersene ricordata.

«Ma non voglio farti perdere altro tempo! Accomodati pure in cucina, ora andrò a recuperare anche Taylor.» Dianna era pronta a dirle altro ma si fermò inclinando leggermente la testa e sorridendo teneramente. «Val, non vieni a salutare?»

Lea si voltò e dietro di lei si nascondeva la piccola ritratta nella foto. Beh, non era più così piccola. Ricordava tanto Dianna: tratte che per i capelli di una tonalità di biondo più scuro di quello della madre, ma gli occhi. Diamine, erano identici a quelli di Dianna. Era una bambina magrolina ma aveva le guance piene e rosse e delle adorabili fossettine su di esse. Si avvicinava quasi imitando il modo di camminare della madre e i capelli le cadevano giù dopo le spalle mentre se li spostava intimidita.

«Di solito salta qua e là e parla tutto il giorno. Ma deve essere parecchio stanca.» Dianna le si avvicinò a la tirò su, prendendola in braccia. «Ti hanno distrutta oggi, amore?»

La bambina sbadigliò ma subito dopo guardò Lea negli occhi. Era bella tanto quanto la madre.

«Ciao.» le disse dolcemente e la bambina la salutò agitando la manina ma poi si appoggiò subito alla madre, abbracciandole la vita.

«E' solo stanca. Ora la porto a dormire.» sussurrò Dianna e uscì dal salone facendo un occhiolino a Lea.


~
 

Naya aveva svuotato l'intero armadio per cercare qualcosa che non fosse uno di quei vestiti da cocktail, ristretti, che tanto le piacevano perché le risaltavano il fisico, ma che mai avrebbe pensato di mettere per stare seduta in una hall di un grand hotel. Insomma, Heather avrebbe sicuramente pensato male di quanto quell'abito nero in seta fosse corto. Non era un problema di autostima, figurarsi: sapeva benissimo di quanto fosse dannatamente sexy, lo diceva sempre guardandosi allo specchio. Semplicemente credeva che Heather potesse pensare che lei fosse troppo altezzosa e che fosse una poco di buono. E magari non le avrebbe chiesto mai più di uscire con lei, anche solo per mangiare ancora da McDonalds. No, non doveva pensarci. Così, decisa, scelse il solito abito blu scuro con la spalla scoperta. Avrebbe sopportato di rimanere con le gambe all'aria per qualche ora.

Se c'era cosa che adorava oltre ai questi vestiti seducenti erano i suoi capelli. Ci aveva impiegato anni per riuscire ad averli così lunghi ed ordinati che neanche se l'avessero pagata li avrebbe tagliati. Allora li raccolse in una lunga coda di cavallo e lasciò cadere qualche ciuffo.

Aveva appuntamento con Heather al Grand Hotel di Milano alle nove e mezza ma ovviamente lei si era precipitata lì quasi un'ora prima. Certo, l'attesa era stata parecchio snervante, seduta su quei divanetti scomodi, ma almeno si sarebbe risparmiata la figura che avrebbe potuto fare se fosse arrivata in ritardo. Anche perché scoprì presto quanto Heather era puntuale: la ragazza uscì dall'ascensore in tutto il suo innocente splendore. Le due guance rosse le risaltavano ancora di più gli occhi color ghiaccio e il viso dai tratti delicati e puliti. La coda dei capelli le cadeva lungo una spalla toccando la camicetta azzurra, quasi della stessa tonalità dei due diamanti che portava in viso. Le sue lunghe gambe erano avvolte da un paio di jeans blu scuro che la facevano sembrare ancora più alta.

Heather si avvicinò a Naya con un enorme sorriso e subito la latina scattò in piedi sistemandosi l'abito per paura di dar a vedere troppo. Gli occhi di Naya caddero per un secondo sul movimento veloce della lingua di Heather sulle labbra adornate da un rossetto rosso vivace.

«Scusami se sono in ritardo, aspetti qui da tanto?» le chiese con un po' di fiatone.

«No, sono arrivata giusto ora.» mentì Naya. In realtà era lì da quasi un'ora ma per Heather lo avrebbe sopportato.

«Ti va di prendere qualcosa da bere? Pago io, è tutto compreso nel pacchetto dell'albergo.» le mostrò un piccolo sorriso soddisfatto. Naya annuì mentre tornava a sedersi sul divanetto. «Perfetto! Allora aspettami qui!»

Quando Heather tornò con due bicchieri pieni di alcolici Naya lasciò la sua inusuale timidezza e prese a conversare con la bionda.

Naya la guardava senza toglierle lo sguardo dagli occhi e dal modo in cui le labbra si muovevano mentre parlava di lei e della sua vita. Heather le raccontò di Steve, il suo ex fidanzato, di tutto il male che le aveva fatto.

«Ma non voglio parlare solo di me! Raccontami qualcosa di te!» ogni sorso che Heather buttava giù nella gola la sua voce diventava sempre più alta, quasi biascicava mentre tentava di dire che avrebbe preferito non aver mai incontrato Steve.

«Ehm...Diciamo che io e i ragazzi non andiamo molto d'accordo.» sussurrò Naya che si preoccupò subito, temendo che Heather fosse quasi sicuramente ubriaca.

«Lo sono, sono tutti degli stronzi. Come Steve.» e sorseggiò ancora.

«Ecco, io la vedo in un altro modo invece...» tentò di spiegarle Naya ma la bionda la bloccò.

«Sai, Naya, mi piacciono i tuoi capelli.» la bionda si spinse verso Naya. La latina sentì un dolce profumo arrivarle alle narici ma subito distolse l'attenzione e si allontanò da Heather.

«Heather, penso che dovresti andare a dormire.» disse Naya, cercando di alzare Heather dal divano.

La bionda aveva continuato a raccontare di Steve e di tutti i ragazzi che l'avevano trattata male, Naya capì persino di un lontano cugino che le aveva fatto il filo, anche mentre la cercava di tenere dritta e di portarla nella sua stanza di albergo. Furono le tre rampe di scale più lunghe della sua vita, siccome l'ascensore era guasto.

Naya teneva un braccio sotto l'ascella di Heather e con l'altra la teneva più in piedi che poteva, faticando perché la bionda continuava a ridere istericamente e buttarsi addosso a lei. La latina era ormai esperta di sbronze e post-sbronze e sapeva benissimo che una persona come Heather non sarebbe mai potuta rimanere da sola. Infatti, come entrò nella suite, notando il grande disordine, la bionda tentò di liberarsi dalla presa di Naya.

«Tu non andrai proprio da nessuna parte!» la riprese e la portò fino al letto, dove Heather cadde a peso morto.

«Non ho sonno! Io voglio uscire, voglio scoprire il mondo!» gridava mentre Naya pensava a riempirle un bicchiere di acqua. Non che questo cambiasse qualcosa.

«Certo, ma magari domani, quando non avrai mal di testa.» Naya le consegnò un bicchiere mentre si dondolava sul bordo del letto.

«Che cos'è?» chiese schizzinosa.

«E' gin. Ti piace il gin?»

Heather la osservò curiosa poi prese il bicchiere e buttò giù tutto il liquido senza esitare.

«L'ho bevuto solo perché sei bella e simpatica.»

Naya era cosciente del fatto che Heather fosse ubriaca. Eppure quei due aggettivi usciti dalla sua bocca la fecero arrossire e sussurrò un grazie intimidito.

Heather rimase per dieci minuti a fissarla senza dire parola, si dondolava e sbadigliava ogni tanto.

«Heather, penso che sia ora di andare a dormire e penso che io debba andare così puoi riposare.» disse infine Naya che non poteva più sopportare lo sguardo della bionda addosso al suo corpo.

«C-come te ne vai? Avevi detto che mi avresti raccontato dei problemi coi tuoi ragazzi!» gridò Heather quasi piangendo e tirando Naya per il polso.

La ragazza cadde sul letto finendo a pochi metri dal viso di Heather. Naya dovette tapparsi il naso per il pessimo odore di alcol che il suo alito emanava.

«Sai, sento ancora di più il tuo profumo se mi stai così vicina.» le rivelò la bionda, sbadigliando. «Allora, rimani qua con me?»

Naya poteva già sentire la colonna sonora di un film d'amore, il sax suonare prima che potesse tornare sulla Terra.

Si sdraiò accanto alla bionda che le allungò un cuscino e si accoccolò affianco a Naya socchiudendo gli occhi e addormentandosi in un attimo.

 

 

Dianna rientrò in salotto dopo aver messo sotto le lenzuola Valerie, dandole un bacio sulla fronte. Lea la stava aspettando seduta sul divano e solo in quel momento si accorse di quanto fosse affascinante: i boccoli castani le scivolavano giù fino alle curve dei seni, quasi a coprirle la scollatura del vestito attillato e il modo in cui accavallava le gambe la rendevano ancora più sexy. Sentiva il suo profumo delicato inebriarle le narici e riempirle subito il cuore.

La ragazza si accorse finalmente della presenza di Dianna sulla porta d'entrata del salotto e si ricompose, mostrandole un sorriso smagliante.

«Vado a fare il caffè.» balbettò la bionda, indicando la cucina. Lea annuì ridendo divertita e Dianna tornò qualche minuto dopo con due tazzine di caffè.

Lea si stava ancora osservando attorno e notò una bellissima macchina fotografica digitale appoggiata ad un mobile, con i rispettivi obbiettivi e una serie di accessori.

«Quando mi hai detto che ti piaceva la fotografia non credevo avessi tutti quegli affari. Devi piacerti proprio tanto.» le disse Lea.

Dianna guardò la sua macchina fotografica. Se la ricordava ancora quando era appoggiata alla sua mensola quando ancora abitava coi suoi genitori.

«E' il mio lavoro, in qualche modo. Mi occupo di set fotografici per qualche giornale locale, ogni tanto mi chiamano per i matrimoni e le celebrazioni in qualche chiesa.» le disse Dianna passandosi le dita tra i capelli. «Punto a qualcosa di più. Sai, qualche modella per qualche giornale di moda, qualche video musicale o album. Sai, vedere il proprio nome scritto da qualche parte di importante.»

Lea sorseggiava il suo caffè e ascoltava con attenzione ogni cosa che la bionda diceva, anche se sembrava senza senso persino per lei. Ma aveva continuamente quei suoi due occhi marroni puntai su di lei che si chiudevano e si aprivano piano.

«Magari un giorno sarai tra i ringraziamenti del mio album!» disse Lea ridendo.

«Come mai il colloquio è andato male?» Dianna ebbe paura di essere troppo invadente.

Lea però si strinse nelle spalle e ripensò alle parole del presidente della casa discografica. Sei un grande talento, potresti cominciare a piccoli passi, hai già un contratto per un cd...Per un cd di sigle di cartoni animati, forse. Non che a lei non dispiacesse né un duetto con chissà chi né registrare canzoni per bambini. Però non era quello che voleva.

«Forse ho sbagliato posto. A me piace il teatro, sono più adatta ai musical, a Broadway. Certo, vorrei un cd mio ma finché mi proporranno quello che non desidero sarò costretta ad aspettare ancora.»

Dianna alzò il sopracciglio.

«Secondo me sbagli, Lea.» disse a Lea, con tono infastidito. I due occhi verdi la fissavano senza battere. «Dovresti cogliere questa opportunità. Sai, molti non hanno la fortuna che hai avuto tu.»

«Non lo so.» fu capace di dire Lea, sapendo in realtà che Dianna aveva perfettamente ragione.

Ci furono circa due minuti di silenzio imbarazzante tra entrambe quando Lea fece cadere l'occhio sull'orologio.

«Scusami, è tardissimo, non vorrei farti perdere anche tempo in più, magari hai altro da fare, sistemare casa...» cominciò a dire Lea alzandosi dal divano e correndo a prendere il suo cappotto appeso all'appendi abiti non poco lontano da lì.

«Se vuoi, posso accompagnarti.» le propose Dianna.

«No davvero, tranquilla, posso andare da sola...»

«Non è prudente che tu vada sola. Vestita in questo modo, a quest'ora. Non so quanto Milano sia diversa da New York, ma i pervertiti sono li stessi e mi sentirei in colpa. Domani devo ripassare alla casa discografica, sembra vogliano propormi di lavorare per la loro rivista. Potresti passare la notte qui e venire con me domani.»

Nel cervello di Lea si creò una improvvisa confusione totale. Lei, a casa di una ragazza che stava cominciando a piacerle parecchio? Se non fosse stato per il fard Dianna avrebbe visto il suo evidente arrossamento sulle guance. Lea ribolliva.

«E' molto carino da parte tua chiedermi di venire ma davvero, potrei disturbare Valerie, forse hai altre cose da fare domani, e chiedermi di stare qui stanotte potrebbe essere un problema! Ma tranquilla, torno in hotel, devo rimettere a posto le valig-» Lea aveva preso a parlare velocissimo come faceva di solito quando si innervosiva o si agitava troppo e Dianna fu costretta a interromperla, girandole attorno, e togliendole il cappotto che Lea aveva indossato poco prima.

«Non c'è nessun problema. Ho una stanza libera, tutta per te. Ti presto qualsiasi cosa ti serva.» la bionda sorrise. «Mi fa piacere passare del tempo con te. Non ho molti amici qui.»

Lea non disse più una parola. Semplicemente si lasciò convincere dalla luce che il suo sorriso e i suoi occhi emanavano. Dianna le diede uno dei suoi vecchi pigiama e le diede la buona notte, andando nella sua stanza.

Lea se ne stava innamorando, lo sentiva.

 

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Capitolo 5
*** I think i'm falling for you ***


Ehiiiilà, buona sera! Sono tornata alla riscossa! Spero che la cosa vi stia piacendo perchè sto cercando di metterci il cuore!
Recensite se vi è piaciuta, vi controllo....*muahha*

Just kidding, spero solo vi piaccia!


http://www.facebook.com/pages/Lovewholovesyou-EFP/142506699228449 qui c'è la mia pagina facebook, per chi fosse interessato.




I think i'm falling for you


Lea dormiva con la testa completamente affondata nel cuscino. Nemmeno nell'hotel dove alloggiava si dormiva così bene. Santo cielo, l'hotel! Se ne era improvvisamente ricordata. Chissà che avrebbero pensato quelli dell'hotel dopo non averla vista più rientrare. Oltretutto, le cadde l'occhio sulla radiosveglia alla sua sinistra e saltò su dal letto quando lesse l'orario tardivo. Si spogliò in fretta, rivestendosi e correndo in cucina: lì Dianna aveva apparecchiato per tre e stava cucinando quelli che sembravano essere pancakes. Quando si avvicinò un poco di più al tavolo Lea sentì una leggera melodia in sottofondo e Dianna che la seguiva cantando.

Nonostante non ci stesse capendo una parola, Lea rimase in piedi ferma ad ascoltarla: non era una delle più belle voci che avesse mai sentito ma era così bello stare lì e semplicemente lasciare che il suo canto le arrivasse all'orecchio. Poi all'improvviso Dianna si voltò, sempre cantando, e si bloccò all'istante.

«Oh, ciao Lea! Credevo non ti saresti più svegliata!» rise e portò in tavola i pancakes. «Caffè o latte?» continuò riprendendo a fischiettare a tempo di musica.

Lea si voltò verso Valerie, seduta composta a bere la sua spremuta che osservava le due ragazze sorridendo.

«Caffè grazie.» rispose la mora sedendosi al tavolo ancora mezza addormentata.

In realtà era semplicemente rimasta folgorata per un secondo dall'effetto che Dianna le aveva fatto. Involontariamente spostò lo sguardo verso la bionda e si soffermò per un secondo sul vestito a fiori che indossava: non troppo aderente, le scendeva perfetto sul corpo, nulla che mettesse in mostra troppo. Eppure Lea lo trovava più attraente di altre centinaia di cose. Lo sguardo che le lanciava, il sorrisetto che mostrava ogni tanto, quella risata un po' strana erano le cose che più riuscivano a sedurla.

Lea continuava ad osservarla mentre sorseggiava anche lei il suo caffè finché questa non incrociò il suo sguardo e piegò leggermente la testa, poggiando la tazza sul tavolo.

«Taylor deve essere rimasta dal vicino di casa, stanotte.» disse con un tono leggermente malizioso. «Devo accompagnare Valerie a scuola e ho da fare alcune commissioni, poi andremo dirette agli uffici della casa discografica. Ci stai?»

Lea guardò Valerie e poi annuì continuando a guardare Dianna.

«Perché mi guardi così?» le chiese la bionda ridendo.

Lea non sapeva bene che risponderle: “Niente, è che sei bellissima”, avrebbe voluto dirle. Invece Lea sorrise ancora una volta scuotendo la testa e Dianna tornò a sorseggiare il suo caffè.

 

Heather si svegliò accompagnata da quel forte mal di testa che le fece ritornare alla mente di aver bevuto troppo. Fu felice solamente di risvegliarsi nella sua camera d'albergo, che significava non essersi imbattuta in qualche disavventura da ubriaca. Poi si girò tra le lenzuola e si accorse di uno strano foglietto di carta appoggiato sul cuscino. Heather si tirò su stiracchiandosi e allungando la mano per prendere il foglietto. Lesse accuratamente la calligrafia ordinata e capì che si trattava di quella di Naya: la ragazza le aveva spiegato che non sarebbe potuta rimanere a vigilare sulla sua salute dopo che l'aveva letteralmente trascinata su in camera da letto perché era a lavoro. Heather avrebbe dovuto richiamarla per farle almeno sapere se era tutto apposto.

La bionda si passò le mani tra i capelli sospirando e ripetendosi quanto fosse stata stupida. Era triste a causa di Steve, odiava ammetterlo, e si era gettata sull'unica cosa che in quel momento non le avrebbe fato pensare a lui. Poi si rese conto che forse sarebbe bastato stare a chiacchierare con Naya. Da quando si erano incontrare per caso non aveva pensato a lui nemmeno per un secondo. Nulla che le ricordasse Steve. Lesse il numero di cellulare della ragazza e prese il cordless appoggiato al comodino, compose il numero e aspettò che Naya rispondesse.

«Heather?» Naya aveva risposto in meno di pochi secondi e subito Heather aveva sorriso: era preoccupata tanto da chiedere se fosse lei.

«Sì, sono io. Naya, sono davvero dispiaciuta per la pessima serata che avrai passato. Grazie di esserti preoccupata, ora sto molto meglio!» mentì massaggiandosi le tempie.

«Sono sollevata! Non ero molto convinta di lasciarti sola, non sapevo se fosse tutto apposto, non so se mi spiego.»

«Sei stato molto carina.» Heather arrossì e poté sentire Naya ridacchiare. «Vorrei farmi perdonare per la pessima serata: oggi pomeriggio ho le ultime prove dello spettacolo, ti andrebbe magari di venire a dare un'occhiata?»

Naya, seduta sulla sedia girevole, cominciò a girare come se dovesse anche pensare a cosa risponderle.

«Per me va bene, va benissimo.»

«Ottimo!» rispose la bionda esultando. «Allora vi vediamo dopo!» e attaccò la chiamata.

Aveva ancora un paio di ore per sistemarsi e recarsi alle prove, sapendo in realtà di aspettare soltanto di vedersi con Naya.

 

 

Naya poggiò la cornetta e tornò a controllare la posta elettronica del suo capo, alternandosi al foglio di paint che aveva riempito di cuoricini rossi. Oh, se si era presa una sbandata per Heather. Non una di quelle tanto gravi, che la tenevano costantemente a pensare a lei. Però l'idea di poterla rivedere la faceva sentire improvvisamente meglio e allo stesso tempo avrebbe preferito sbattere la testa contro un muro: come poteva innamorarsi di una ragazza palesemente etero? Naya non aveva mai avuto problemi con l'amore. Più che altro passò mesi interi per capire quello che veramente le piaceva. Ormai sapeva riconoscere benissimo i suoi sentimenti.

Quando si era innamorata per la prima volta di una ragazza, fece molta fatica a capire che cosa le stava accadendo in testa: non capiva perché quella sua amica, a cui Naya era tanto legata, le provocava così tanti emozioni. Stavano insieme giorno e notte. Tutti sapevano quanto fossero amiche. Oltretutto, Naya aveva sempre creduto che Alex fosse una bellissima ragazza, per quanto gli altri dicessero il contrario. La ragazza aveva un carattere così adorabile, e allo stesso tempo strano, che Naya credeva impossibile non innamorarsi di lei. Forse, all'inizio, lo diceva solo per farle un complimento ma poi Naya capì che c'era sotto qualcosa. C'era qualcosa di più che batterle forte il cuore ogni volta che Alex l'abbracciava, che la faceva sentire amata, che le ricordava quanto Naya fosse la sua migliore amica.

Naya aveva combinato una grande confusione con Heather: provava gli stessi identici sentimenti che aveva provato per Alex, solo più forti e marcati. La conosceva da solo pochi giorni! Come poteva esserne già cotta in così poco tempo?

Se lo stava chiedendo da ore quando dei movimenti sospetti dal fondo del corridoio la disturbarono.

Quella bionda e l'altra ragazza irritante che Naya aveva incontrato giorni prima al lavoro si stavano dirigendo verso di lei con due strani sorrisi e delle espressioni motivate. La più bassa si fece avanti poggiando le sue mani sulla scrivania. Guardò Naya negli occhi con un sorriso inquietante e aspettò che la latina si voltasse a guardarla.

«Posso aiutarvi?» chiese Naya, alzando un sopracciglio e dando un veloce sguardo alla bionda.

«Devo parlare con il signor D'Agostino e non ho intenzione di sentire la solita storia del fatto che lui è impegnato.» rispose la moretta, in modo altezzoso.

«Dobbiamo discutere di alcune proposte ed io ho già appuntamento per il colloquio.» precisò la bionda.

«Va bene...» sussurrò piano Naya spaventata da entrambe e sollevò la cornetta per chiamare il signor D'Agostino. «Signore, qui ci sono...» l'ispanica si voltò verso le due ragazze chiedendo implicitamente il loro nome.

«Agron e Michele.» disse Dianna, quella bionda.

Mentre Naya discuteva con il suo capo riguardo il fatto di poter fare un colloquio con le due ragazze, la mora della due rise e picchiettò sulla spalla dell'altra. La latina potè quasi sentire le carie ai denti: sembravano così dolci insieme! Sicuro erano fidanzate, non c'era altra spiegazione. Un colpo di fulmine!

Ritornata sulla terra, diede l'okay alle due indirizzandole verso l'ufficio principale. Naya guardò l'orario indicato dall'orologio del suo cellulare e quasi saltò su dalla sedia: una intera mattinata di lavoro giungeva al termine. Erano quasi le due del pomeriggio e presto tutti i suoi colleghi dei piani superiori sarebbero andati a pranzare.

Naya portava con sé il suo piatto di insalata e rimaneva a mangiare seduta alla scrivania. Non le piaceva passare del tempo con quelle teste vuote dei suoi colleghi, perché solo così li si poteva chiamare! A quel punto decise di smetterla di disegnare cuoricini vari al computer e pensò di mandare un messaggio a Heather per chiederle per che ora doveva farsi trovare al teatro. Ma questa, passati i dieci minuti, non rispose. Naya lasciò allora il cellulare sulla scrivania e riprese a disegnare.

 

 

Dianna e Lea erano entrambe sedute davanti al signor D'Agostino, pronte ad ascoltare la decisione dell'uomo sulla loro proposta. Dianna aveva avuto l'idea mentre viaggiavano in metropolitana: Lea avrebbe registrato tutto quello che la casa discografica le avesse proposto a patto che Dianna sarebbe stata assunta per occupare del set fotografico dell'album e per le news cartacee della società.

A primo impatto, il signor D'Agostino rimase parecchio sconcertato. D'altronde le due ragazze erano talmente diverse e si erano poste in due atteggiamenti differenti che l'uomo si era spaventato: Dianna era l'unica delle due ad essere composta sulla sedia, accavallando le gambe, semi coperte da un vestito a righe bianche e blu. La bionda annuiva ascoltando le parole dell'uomo mostrando un sorriso ogni tanto e, ogni tanto, cercava lo sguardo dell'amica seduta affianco a lei.

Lea, invece, era seduta anche se si alzò spesso per ribattere contro le proposte del signor D'Agostino ripetendo che il suo talento e quello di Dianna valeva molto di più. Aveva quella mania di rendere tutto così teatrale che spesso il vecchio uomo le era scoppiato a ridere in faccia e più volte le aveva chiesto di sedersi ed ascoltare.

«Bene, chiariamoci mio signor discografico: non ho intenzione di farmi ricordare per una sola canzone. Voglio essere ricordata per sempre.» continuò convinta Lea.

Dianna rise passandosi una mano sulla fronte mentre il signor D'Agostino le guardò ancora una volta sorridente.

«Avete mai pensato di fare un qualcosa insieme voi due? Non so: un duetto, un video, qualsiasi cosa.» disse loro il vecchio uomo e subito Lea e Dianna si guardarono in faccia scoppiando a ridere.

«Non so cantare.» affermò Dianna guardando a terra.

«Siete tutte e due molto carine e secon-»

«Dianna, tu sai cantare!» Lea interruppe il signor D'Agostino. «Ti ho sentita stamattina. Canti davvero molto bene. E non lo dico a tutti: ti ricordo che la migliore sono decisamente io.»

Dianna, se non fosse stato per la poca professionalità che avrebbe potuto mostrare davanti al signor D'Agostino, avrebbe voluto abbracciare Lea. Quella ragazza si stava rivelando più dolce di quanto si aspettava: tralasciando il suo modo di essere altezzosa, Lea era la ragazza più disponibile e gentile che avesse mai incontrato. Si sentiva bene a passare del tempo con lei.

«Perfetto, ragazze...Mi dispiace interrompere il vostro momento di dolcezza ma avrei preso una decisione.»

Entrambe si voltarono e si sorrise a vicenda. Lea allungò la mano verso quella di Dianna e la strinse nella sua. La bionda sollevò lo sguardo e le parve di sentire Lea mimare con il labiale: “non ti preoccupare, ti prometto che avrai quello che hai sempre desiderato.”

 

 

Il signor D'Agostino fu chiaro con Lea e Dianna: era concesso ad entrambe tutto quello che aveva richiesto a patto che alcuni costi fossero a carico ad entrambe. Dopotutto, Lea e Dianna si ritennero soddisfatte. Lea avrebbe iniziato ad incidere quel duetto che le era stato proposto a partire dal giorno seguente mentre Dianna avrebbe iniziato a lavorare come fotografa per gli eventi, per le pubblicità e per il magazine a partire dall'inizio della settimana seguente.

Le due ragazze stavano uscendo serene e sorridenti dall'ufficio principale e passarono ancora una volta davanti alla scrivania di Naya, trovandola intenta a mangiare una vaschetta di insalata mista. Dianna e Lea si guardarono.

«Naya, giusto?» la chiamò Lea e Naya alzò lo sguardo curiosa annuendo. «Ci chiedevamo se ti andasse di mangiare qualcosa con noi. E' molto tardi per l'ora di pranzo e non avevamo per niente voglia di cucinare qualcosa, perché non vieni con noi a mangiare una bella pizza?» continuò la mora con un sorriso che le copriva tutto il viso.

«Almeno c'è qualcuno a farti compagnia e mangeresti qualcosa di più consistente.» proseguì Dianna.

Naya le guardò con un'espressione ancora confusa in viso. Guardò il cellulare: ancora nessuna risposta da Heather. Solo una pizza e via, pensò tra se e se. Si morse il labbro inferiore e sorrise alle due ragazze.

«Va bene, mi farebbe piacere.»

Dianna e Lea sorrise improvvisamente allo stesso e si avvicinarono a Naya prendendola quasi sottobraccio trascinandola letteralmente verso l'uscita.

Naya quasi non si spaventò: non era abituata a parlare con nessuno e ora queste due ragazze la prendevano e la trascinavano via dalla scrivania senza dire nulla. Ma per la prima non si era innervosita. Per la seconda volta, aveva trovato qualcuno disposto a volerle bene.

 

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Capitolo 6
*** best person i've ever met ***


Buongiorno a tutti! Okay, ce l'ho fatta finalmente! 
Non ha dire molto se non ringraziarvi per le visualizzazioni e per le recensioni e spero continuerete a seguire la storia con piacere!
PS: credo di aver fatto male a non avveritirvi nei capitoli precedenti! L'ex fidanzato di Dianna si chiama Jason solo perchè non avevo fantasia e ho pensato al primo nome che mi ricollegasse a Dianna! Non è una roba incestosa! Ahahahah! :D
Tralasciando la mia stupidaggine io vi lascerei al capitolo.


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best person I've ever met

 

Naya era rimasta fuori con Dianna e Lea più del dovuto. Davanti a una bella pizza, un bicchiere di vino e una lunga chiacchierata riguardo diverse cose aveva perso la cognizione del tempo. Erano anche uscite a prendersi un caffè, proprio di fronte al Duomo in tutta la sua bellezza. Non parlava mai apertamente dei suoi problemi passati eppure quelle due ragazze le avevano ispirato tanto simpatia di permettersi di raccontare tutto di lei. Non che ci fosse tanto da dire su di lei.

Tutto stava andando alla perfezione. Diede un'occhiata al cellulare e si accorse di avere cinque messaggi di Heather, tutti a distanza di pochi minuti l'uno dall'altro. Lo spettacolo sarebbe iniziato alle otto e Naya, alle sette di sera, era ancora dall'altra parte di Milano.

La latina saltò su dalla sedia e lasciò venti euro sul tavolo.

«Scusatemi, ma mi sono praticamente scordata che ho un impegno importantissimo e tra meno di un'ora devo essere allo Smeraldo.*» disse mente indossava il cappotto. «Grazie per la compagnia che mi avete offerto! Dio, sono una testa di cazzo...Scusate anche l'espressione.»

«Naya, è tutto apposto! La prossima volta potresti venire a casa nostra.» le disse gentilmente Dianna, guardando Lea con uno sguardo complice. E poi non doveva credere che fossero fidanzate.

«Siete state molto carine. Spero di rivedervi presto!» disse Naya, o meglio gridò, mentre scappava mischiandosi alla folla di turisti cinesi davanti agli occhi di Dianna e Lea.

Naya scese nella metropolitana facendo lo slalom tra l'ammasso di gente che sostava davanti all'entrata della metropolitana. Quasi non fu tentata di saltare i tornelli per non erodere la metro. Ma Naya la perse comunque, costringendosi ad attendere quella seguente, pregando Dio di arrivare in orario alle prove di Heather.

 

 

Heather aveva appena finito ma di Naya nessuna traccia. Era quasi l'ora di cena e, dopo cinque ore di fatica alle prove, la ballerina era fin troppo stanca e sudata per aspettare Naya nel teatro.

Non le era mai capitato di rimanerci così male: si sentiva particolarmente triste per il fatto che Naya non si fosse presentata, come le aveva promesso. E come Heather sperava. Le piaceva stare in sua compagnia nonostante la conoscesse da così poco.

Naya era dolce e stranamente timida: Heather credeva fosse più estroversa e che avesse più esuberanza e invece sapeva mettere a suo agio chiunque.

Naya era proprio la persona con cui avrebbe voluto passare volentieri il tempo e le dispiaceva parecchio di non averla vista.

Heather ci stava giusto pensando quando, mentre stava uscendo dal teatro, vide Naya venirle incontro correndo.

«Heather, santo Dio, meno male che non te ne sei già andata!» le disse col fiatone. «Ho cercato di avvisarti ma non c'era linea in metropolitana! Oltretutto il treno si è bloccato a metà strada e abbiamo dovuto aspettare che ci venissero a recuperare dopo due ore. DUE MALEDETTISSIME ORE!» gridò esasperata la latina.

«Naya, non importa...» tentò di dire la bionda.

«No, Heather, non è vero! Mi dispiace tanto, avrei voluto davvero vederti ballare, avrei voluto passare ancora più tempo con te...Sono un disastro umano.»

Heather ebbe un tuffo e al cuore e l'unica cosa che si sentì di dirle fu:

«Anche a me piacerebbe molto.»

Entrambe si sorrisero e Heather quasi non si sciolse di fronte al sorriso luminoso di Naya: amava vedere che riusciva a rendere le persone felici.

«Verrò a vederti al primo spettacolo, domani.» continuò Naya. «Non me lo perderei per nessuna cosa al mondo.»

Heather poté sentire il cuore cominciare a battere forte il cuore senza capirne il motivo. Sentiva una forte esigenza di abbracciare Naya. Non sapeva nemmeno lei il perché, ma lo voleva davvero tanto. Così, Heather strinse la ragazza tra le braccia, lasciando Naya spiazzata. Questa aspettò qualche secondo e poi, anche lei, ricambiò l'abbraccio.

La bionda fece un sospiro di sollievo e appoggiò la testa nell'incavo della spalla di Naya.

«Grazie, Naya. Sei la prima amica che mi fa sentire così bene da moltissimo tempo.» le disse, stringendola più forte. «Grazie, davvero! Sei la persona migliore che potessi incontrare.»

Naya sentì una profonda amarezza. Se solo Heather sapesse quanto le volesse bene.

«Ti va di bere qualcosa insieme? Giuro che stavolta non esagererò!» le propose la bionda, ridendo.

«C-certo...»

Se solo Heather sapesse.

 

Naya era scappata in preda al panico quando Dianna si decise a pagare. Nascose i soldi che Naya aveva lasciato sul tavolo e bloccò Lea dal consegnarle i suoi.

«Questi glieli ridarò domani.» disse la bionda sventolando i venti euro di Naya. «E tu non pagherai niente! Offro io.» si rivolse poi a Lea. La mora non poté nemmeno bloccarla che Dianna aveva già consegnato tutto alla cameriera che era passata dal loro tavolo.

«Mi stai ospitando a casa tua dopo che ho prenotato in un hotel...»

«Proprio per questo stamattina ho chiamato l'hotel e ho chiesto di annullare la tua prenotazione e ho fatto recapitare le tue valigie a casa mia.»

Lea la fulminò.

«Ti sto odiando Dianna! Perché stai facendo tutto questo?» Lea stava urlando, come suo solito quando si innervosiva.

«Lo faccio perché sei la prima persona, dopo tanto tempo, che mi sta rendendo un po' più felice e che non ho intenzione di perdere. Faccio tutto questo per te.» disse a sottovoce, quasi volesse che solo lei la sentisse. «Non parlo di grandi cose, parlo di quel poco di compagnia che mi fai perché, da troppo tempo, sono sola. Parlo di quanto la tua voce sia insopportabile quando ti comporti come se fossi l'unica persona capace del mondo che, nonostante ciò, mi ricorda che posso ancora sperare di trovare qualcuno, là fuori.»

Lea poteva vedere gli occhi di Dianna farsi man mano più lucidi. In realtà, non rimase stupita da questo: da quel poco che aveva capito di Dianna era che non amava parlare troppo. Se lo faceva, sembrava quasi timida.

Lea non si sentì in grado di non fare altro se non sorriderle e stringerla in un forte abbraccio. Ed ecco che sentì il profumo delicato dei suoi morbidi capelli biondi. Sarebbe rimasta lì stretta ancora per un po' se non si fosse fatto buio troppo presto e non avessero dovuto tornare a casa. Poi Lea alzò lo sguardo e vide dei piccoli fiocchi di neve cadere sulle loro testa.

«Dovremmo decisamente andare a casa.» disse all'amica, ridendo.

«Spero che ne scenda parecchia: a Valerie piace da morire la neve.» e con occhi sognanti, Dianna fu la prima ad incamminarsi verso casa.


 

L'ultima volta che Heather aveva visto la neve fu quando aveva circa quattro anni: la nonna l'aveva svegliata molto presto e le aveva detto di correre fuori in giardino a vedere quanto era soffice e bianco il manto di neve che si era posato durante la notte. Lei e il nonno avevano giocato per tutta al giornata, buttandosi nella poltiglia fresca, lanciandosi nella creazione di un buffissimo pupazzo di neve. Naya poteva immaginarsela con gli occhi cristallini che scrutavano fuori dalla finestra di una piccola casa di campagna, le guance rosse e piene.

Lo stesso sguardo che Heather aveva quella sera: il freddo le stava ghiacciando il viso, nonostante avesse tentato di coprirsi con una enorme sciarpa color azzurro chiaro. Aveva gli occhi ancora più brillanti, concentrati sui piccoli fiocchi di neve che stavano scendendo e si stavano posando sulle strade ciottolate di Milano.

Heather e Naya avevano camminato a lungo fino all'incrocio che avrebbe separato le loro strade.

«Grazie mille, Naya. Ancora una volta, grazie!» le disse timidamente, stringendosi nel cappotto, col vano tentativo di scaldarsi di più.

«È stata davvero una bella serata.» disse Naya dondolandosi avanti e indietro sul posto.

Le due mantennero il contatto visivo ancora per qualche minuto poi fu Naya a distogliere lo sguardo dai bellissimi occhi color ghiaccio di Heather.

«Beh, se non rimarrai incasinata nella metropolitana puoi sempre venire domani sera.» le propose Heather facendo un passo in più verso Naya.

«Ti assicuro che pur di arrivare la farò a piedi.»

Entrambe risero e Heather, per spezzare il silenzio imbarazzante, si fece avanti stringendo in un forte abbraccio Naya. Bastò meno di pochi secondi: Heather era ancora stretta a Naya quando si fermò a guardarla negli occhi e spontaneamente si avvicinò alle labbra di Naya. La latina fu sorpresa dal gesto improvviso della bionda ma non si ritrasse. Rimase lì, ricambiando quel contatto tra le loro labbra per quello che sembrava essere un lunghissimo tempo.

Heather realizzò solo poco dopo di quello che stava facendo e spalancò gli occhi allontanandosi da Naya.

«M-mi dispiace...» balbettò Heather terrificata. «N-non...» pian piano indietreggiava stringendosi nel cappotto.

«Heather, non è successo niente.» tentò di dirle Naya ma Heather stava già scappando via gridando ancora una volta che le dispiaceva.

Naya si passò una mano nei capelli sbuffando e tenendosi quello strano peso sul petto dopo aver visto scappare via Heather.

Era stata un momento così magico, seppur improvviso e inaspettato. Le labbra di Heather erano proprio come se le era immaginate: morbide, dal tocco delicato e quasi sapevano di pesca. Naya aveva la tentazione di passarsi la lingua sulle labbra con la speranza di risentirne la presenza.

Presa anche lei da un un po' di nervosismo, Naya frugò dentro la sua borsa alla ricerca dell'accendino e del pacchetto di sigarette. Si sedette sul bordo del piccolo marciapiede e aspettò che la sigaretta si consumasse del tutto. Se prima credeva di avere semplicemente una cotta passeggera per Heather ora era sicura che stava per prendersi una sbandata, se non era già così.

Perché l'aveva baciata e poi se ne era andata via? Aveva paura dei suoi sentimenti? Domande che la perseguitarono fino a che non rientrò nel suo appartamento. Ci impiegò più di un'ora per prendere sonno, tormentata dai dubbi.

Ma Naya non era l'unica ad essere agitata: Heather, appena finito di correre per qualche metro, dovette fermarsi. La bionda si appoggiò ad un muro del vicolo che stava percorrendo e chiuse gli occhi cercando di ripercorrere i secondi più imbarazzanti della sua vita. Come le era saltato fuori di baciare Naya dal nulla? Oltretutto, quando non aveva mai avuto attrazioni verso le ragazze. Sapeva solo di desiderarlo davvero tanto. Voleva davvero baciarla, stare tra le sue braccia, rimanere lì a scaldarsi. Ecco perché quando la trovò a breve distanza da lei lo fece. Lo fece e basta, rendendosi conto solo dopo essersi sentita in paradiso di quello che aveva fatto. Non riusciva a dare spiegazione al suo gesto ed ogni passo che faceva verso l'hotel si sentiva sempre più confusa e tormentata. Come si sarebbe scusate con Naya? Chissà a cosa stava pensando ora! Cosa stava pensando di lei!

Avrebbe preferito darsi una botta in testa e smettere di agire prima di pensare.

Per evitare ulteriori problemi, dato che dopo Steve non poteva chiedere di meglio che una sua nuova amica potesse già odiarla, non avrebbe richiamato Naya. Assolutamente, non ce l'avrebbe potuta mai fare. E con quell'ansia addosso, quel peso sul petto cercò di addormentarsi.

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Capitolo 7
*** Jealousy ***


Buon pomeriggio a tutti! 
Eccomi qua dopo una settimana esatta dall'ultimo aggiornamento!
Sono contenta che nonostante non ci siano molte recensioni però le visualizzazioni aumentino!
Spero ancora in una buona riuscita del tutto.
Torniamo al capitolo: da questo capitolo in poi ci saranno un po' più di movimenti sia per quanto riguarda Heather e Naya che per Dianna e Lea, non è tutto così rose e fiori per nessuno, purtroppo!
Mi odierete!

Ora vi lascerei al capitolo!


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 / qui la canzone a cui si riferiscono le parole in corsivo nel capitolo, io ve la consiglio, è bellissima.






6. Jealousy

 

Heather non chiamò per circa tre giorni. Naya non ebbe sue notizie per quel lunghissimo tempo: non una chiamata, un messaggio. Era anche andata a cercarla dopo le prove e dopo la prima ma, ogni volta, le avevano risposto che Heather se ne era già andata.

La latina non aveva intenzione di diventare assillante ma sentiva l'esigenza di parlare, di dirle che quello che era successo era stata solo una piccola incomprensione. Piuttosto che rivelare che per lei aveva significato tanto.

Così decise di aspettarla nella hall del suo hotel, un pomeriggio dopo il lavoro. Quando la vide arrivare, Heather si accorse subito di Naya. La bionda sospirò mostrando la sua preoccupazione e si avvicinò alla latina, che stava già correndo verso di lei.

«Naya, io...»cominciò Heather tremando, quasi in preda al pianto. «Giuro che non mi è mai capitato di...» ma non fece in tempo a finire quella frase che già singhiozzava.

«Heather, vorrei che tu mi ascoltassi: puoi stare tranquilla, qualsiasi cosa tu voglia dirmi, prometto di non offendermi.»

Heather la guardò confusa.

«N-non sono lesbica.» balbettò mentre si asciugava le lacrime. «Non so come mi sia venuto in mente di baciarti.»

A quel punto Naya non capì: se negli ultimi giorni aveva creduto che Heather fosse attratta da lei ora non stava comprendendo che cosa significava quel bacio. Per un momento si era perfino illusa.

«Oh.» si limitò a dire la latina.

«Scusami se la cosa può averti dato fastidio ma, davvero, ancora non capisco come abbia potuto farlo...»

Naya sorrise con un po' di amarezza.

«Non importa, puoi stare tranquilla. Anche se lo fossi stata non ti avrei detto nulla.»

«Ma non devi neanche preoccupartene perché non lo sono!» le rispose Heather quasi scocciata.

Naya la guardò sollevando un sopracciglio.

«Heather, forse questo ti spaventa, ma potresti essere confusa...» tentò di dirle Naya un po' preoccupata dalle possibili reazioni della bionda.

«No.» rispose secca. «Sono sicurissima. Ora cambiamo argomento: stasera ho uno spettacolo e il tuo posto è ancora libero. Ti va di venire?»

Naya sospirò e fu costretta ad annuire. Non perché non le andasse di andare allo spettacolo di Heather, ma perché quel piccolo dialogo che c'era appena stato tra loro la rattristò.

Ammettere che Heather stava cominciando a piacerle davvero tanto non era un problema per Naya: quanto volte si era innamorata, questa non era sicuramente la prima. Non contando il fatto che fino all'ultimo aveva creduto che Heather non potesse essere interessata a lei.

Aveva ancora l'immagine di quel breve bacio in mente, il sapore sulle labbra, il calore della stretta della sua mano intorno al braccio. Non riusciva a mantenere la calma. Forse era troppo presto, forse stava correndo ma Naya era innamorata di Heather.

Morì dentro quando le sorrise, quando l'abbracciò o quando le fece un complimento per i bei capelli che aveva quella mattina.

La povera ragazza stava letteralmente impazzendo e non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe durata.

 

 

Dianna e Lea ritornarono nel grande appartamento della bionda, cenarono con Taylor e Valerie ed infine si piazzarono sul divano a cantare e ballare come solitamente facevano le due giovani ragazze con la bambina. A Lea piaceva quel l'atmosfera di serenità che le aveva trasmesso il passare una serata con quella che si poteva considerare una piccola famiglia: Taylor era una appassionata di musica e aveva intrattenuto Dianna, Lea e Valerie con alcuni pezzi che lei stessa aveva scritto. Pezzi che Lea trovò meravigliosi. Non solo il fatto che fossero dei testi così profondi ammaliava Lea, ma anche la voce tanto delicata di Taylor rendeva tutto così bello che la mora faticava a trovargli un aggettivo degno.

Valerie, con la sua dolce voce da bambina, conosceva tutte le parole delle canzoni che suonava Taylor. E ci fu poi un momento, quando Dianna prese in braccio Valerie. La tenne seduta sulle ginocchia e fece un cenno a Taylor. La bambina stava già sbadigliando.

«You’re little hands wrapped around my finger and it’s so quiet in the world tonight.» cominciò a cantare Dianna mentre l'amica l'accompagnava con la chitarra. Lea rimase in silenzio ad ascoltare ogni parola della canzone.

«Your little eyelids flutter cause you’re dreaming so I tuck you in, turn on your favorite night light.»

Dianna accarezzò dolcemente la guancia di Valerie mentre la dondolava sulle sue gambe.

«To you everything’s funny, you got nothing to regret. I’d give all I have, honey, if you could stay like that...»

Dianna aveva già la voce rotta dal pianto e per un secondo Lea credette di averla vista girarsi verso di lei e fissarla. Incredibile come Valerie tenesse lo sguardo di quegli occhietti verdi sulla madre e rideva con lei quando Dianna le sorrideva.

«Oh darling, don’t you ever grow up, don’t you ever grow up, it could stay this simple.
I won’t let nobody hurt you, won’t let no one break your heart and no one will desert you:
Just try to never grow up.»

Dianna fu presa da un singhiozzare che presto la portò a lacrimare e che dovette fermarsi dal cantare.

Lea cominciò a lacrimare anche lei, non solo per l'adorabile scena davanti ai suoi occhi: le mancava sua madre. Per quanto quella donna fosse stata crudele e menefreghista, e per quanto Lea odiasse ammetterlo, le mancava sua madre. Una persona che nonostante tutto non sarebbe mai riuscita ad odiare.

«Lea, tutto okay?» le chiese Taylor riportandola per un momento con la testa sulla terra.

La mora annuì asciugandosi gli occhi e mostrando un dolce sorriso sia a Taylor che a Valerie. La bambina era quasi crollata nel sonno tra le braccia della madre. Dianna guardò Lea e alzò un sopracciglio.

«Poche volte si addormenta così facilmente. Torno subito, aspettami qui.» Dianna si rivolse a Lea, che sapeva avrebbero avuto un discorso, e si incamminò portandosi Valerie tra le braccia.

 

 

Anche se era il decimo spettacolo che andava in scena, Heather aveva tanta paura e agitazione. Da quando c'era stata la prima, ogni spettacolo aveva registrato il tutto esaurito. Un grande successo che spaventava sempre di più la ballerina.

Quella sera, oltretutto, sarebbe stata presente anche Naya e Heather non voleva sbagliare nemmeno un passo: temeva che la nuova amica potesse pensare che lei fosse incapace.

Heather fece capolino da dietro il sipario pochi minuti prima dell'inizio dello spettacolo. Il teatro era pieno e il pubblico già in fermento per lo show. La bionda cercò nelle prime file e trovò Naya intenta a controllare il suo cellulare. Heather sorrise e tornò nel dietro le quinte per prepararsi all'entrata in scena.

Nel frattempo, Naya stava spegnendo il suo cellulare ed aspettava seduta sulla sua poltrona. Quella accanto a lei era ancora vuota ma presto la latina avrebbe scoperto chi avrebbe preso il suo posto: una ragazza alta, dai capelli ricci corti e castani le si sedette affianco. Naya fece cadere l'occhio sulla ragazza che si stava sistemando il corto abito color rosso fuoco, scoprendo un po' le gambe bianche. Solo dopo essersi soffermata su una rosa tatuata sul petto della ragazza, quasi sulle curve dei seni, Naya la riconobbe: era Sara, una ragazza con cui aveva avuto una sorta di relazione trasformatasi in parecchie serate bollenti qualche mese prima. Naya era rimasta folgorata dal corpo e dalla sensualità della ragazza, talmente tanto che quando la rivide cominciò a sudare freddo.

Sara si voltò verso e Naya e, dopo poco, la riconobbe anche lei.

«Naya?» le chiese. «Nay Nay? La mia latina preferita?» continuò già con il sorriso. «Quanto tempo!»

Sara l'abbracciò continuando a ridere contenta per l'incontro.

Certo le sensazioni che aveva provato erano le stesse che stava provando in quel momento.

«L'ultima volta che ti ho vista ricordo solamente che ci stavamo divertendo parecchio...» le ricordò maliziosamente Sara.

Naya se lo ricordava bene invece. Eccome, se si ricordava tutto.

«Una delle nostre serate più belle...» sentenziò la latina, ricordando quanto lei e Sara avevano fatto: non a caso le ritornarono in mente i tanti baci, le sue mani calde, il suo corpo da favola...Naya stava indirizzando troppo i suoi pensiero verso qualcosa di propriamente non casto.

«Già, speravo non fosse l'ultima.» le rispose Sara, sorridendole ancora una volta, mentre le luci si spegnevano e il sipario si apriva.

Dietro il telo rosso, Heather era schierata con gli altri ballerini, preoccupata per la sua esibizione che, nonostante tutto, le andò benissimo.

Per tutta la coreografia non aveva guardato il pubblico: solo alla fine della prima scena aveva cercato lo sguardo di Naya e l'aveva trovata intenta ad applaudire parecchio presa. La bionda ignorò l'idea che la ragazza seduta affianco alla latina potesse cambiare la serata e corse a cambiarsi per il secondo atto.

Naya e Sara lasciarono il teatro verso le undici e mezzo ma si fermarono all'entrata dell'edificio per aspettare Heather un altro po' di tempo.

Naya aveva sempre avuto un debole per Sara. Non a caso, lei e la ragazza avevano iniziato la loro relazione. Relazione che entrambe capirono non avrebbe funzionato perché troppo diverse. Il loro non fu un rapporto disastroso, tutto sommato: da ragazza desiderosa di piacere che era, e che probabilmente era ancora, Sara non aveva deciso di troncare l'amicizia con Naya. Anzi, trovarono un equilibrio nel soddisfare i desideri intimi di entrambe, lasciando i sentimenti al di fuori. A causa però dei loro diversi orari di lavoro, Naya e Sara avevano smesso di vedersi.

Sara era rimasta la stessa bellissima, attraente e seducente ragazza.

«Allora, spero ti sia piaciuto lo spettacolo perché potrebbe continuare anche a casa a casa mia, mhmh?» la malizia di Sara non era certo cambiata, come pensò Naya. «The show must go on.» le fece un occhiolino.

«Sara, sono sempre lusingata dalla tue proposte ma ho promesso ad una mia amica che l'avrei aspettata qui dopo la fine dello spettacolo.» le rispose Naya.

Sarà si strinse nelle spalle e appoggiò la mano sulla schiena di Naya.

«Magari potrebbe venire con noi.» le propose con ancora in viso un sorriso malizioso.

«Fingerò di non aver colto alcun doppio senso.» le rispose Naya ridendo e togliendole la mano dalla sua schiena.

«Non hai mai rifiutato.» Sara alzò un sopracciglio.

«Penso di aver messo un pochino la testa apposto.» le disse, guardandola negli occhi con un sorriso perverso.

La ragazza davanti a lei le si avvicinò al viso muovendo le labbra adornate da un rossetto rosso fuoco, lentamente e abilmente finché Naya non si fece tentare da quel contatto di pochi attimi con le labbra di Sara.

«Mmhmh...» mugugnò la latina, lasciandosi scappare un sorriso.

«Penso proprio che stasera avremo una lunga serata.»

Le sarebbe tanto piaciuto non farsi tentare così facilmente da Sara ma Naya era stata fin troppo sedotta con grande facilità che non aveva resistito a non cadere nella trappola.

Naya stava giusto per risponderle quando Heather corse verso di loro con un enorme sorriso sul viso, che si incupì un po' quando vide Sara. Heather guardò Naya come per chiederle spiegazioni e Naya dovette mentire.

«E' una mia amica. Sara, lei è Heather.» disse, nascondendo l'evidente eccitazione.

«Piacere.» disse Heather salutando la ragazza, parecchio seccata dalla sua presenza.

Non sapevo spiegarsi nemmeno il perché, ma vederle troppo vicine stava facendo impazzire Heather. D'altronde erano solo amiche.

«Okay, ragazze, che ne dite di farci un bel giro? Conosco un piccolo posto dove chiacchierare con in mano un bel drink!» propose Sara guardando ancora una volta Naya.

«Non avevo molta intenzione di bere, dato i precedenti, ricordi Naya?» alludette Heather alla latina.

Sara anticipò Naya nella risposta.

«Si può anche ballare. Dovrebbe piacerti, no?» Heather capì che Sara, con quel tono, stava cercando di sfidarla. Di conseguenza non poté reagire a quel sorriso inquietante se non accettando la sfida indirettamente lanciata.

Naya sentiva perfettamente la tensione tra le due ragazze ma non sapeva come si sarebbe conclusa la serata.



Dianna rientrò in salotto dopo che Valerie si era addormentata. La ragazza fece un cenno all'amica Taylor, seduta sul divano accanto a Lea, intenta a raccontare alla mora delle sue canzoni. Taylor annuì e si alzò dal divano, uscendo dal salotto. L'iniziale silenzio imbarazzante si interruppe grazie a Lea.

«Taylor scrive delle canzoni davvero bellissime, Dianna!» le disse la mora visibilmente stupita. «Dovresti dirle di presentarsi a qualche discografico.»

Dianna rise e si sedette affianco a Lea, portandosi dietro la coperta che aveva preso dalla camera di Valerie.

«Ti va di parlarmi un po' di quelle lacrime?» le disse Dianna cercando lo sguardo di Lea, intenta a cercare il telecomando.

"Quali lacrime?" chiese la mora, ignorando Dianna e i suoi occhi.

«Lea, sai di che parlo.» la bionda insistesse capendo che Lea voleva evitare appositamente l'argomento.

La ragazza sospirò profondamente e lasciò perdere l'inutile ricerca del telecomando e si soffermò a guardare lo schermo nero del televisore. Aveva il timore che guardarla negli occhi l'avrebbe resa più vulnerabile di quello che già normalmente era.

«Quando sono andata via da New York credevo che mia mamma non mi sarebbe mancata. Non ho mai avuto quell'amore che una mamma dovrebbe dare alla propria figlia. Io odiavo mia madre.» disse la mora, lasciandosi scappare solo di voltarsi per un attimo verso Dianna.

«Voglio dire, non sapeva nemmeno che sono stata fidanzata con una ragazza, che ho partecipato a centinaia di provini! Non sa nemmeno che a me piace il teatro! Proprio per questo non ha mai visto una delle mie recite a scuola.»

Lea si guardava le dita, si spostava i capelli dietro l'orecchio, tutto senza cercare il contatto visivo con Dianna.

«La mia ha fatto finta di amarmi, quindi posso capirti. Ora, perché sei triste?»

«Dianna, vedere il modo in cui ami tua figlia...È quello che ho sempre desiderato. E in quel momento, quando ho cominciato a piangere, ho capito che mia madre mi mancherà. Sempre e comunque.»

Dianna le prese la mano e solo allora Lea alzò lo sguardo e la guardò in viso. La bionda le accarezzava dolcemente il dorso della mano.

«Troverai qualcuno che rimpiazzerà quell'amore, te lo prometto. Ci sarà qualcuno che ti amerà tanto da farti scordare il tuo passato perché renderà il tuo presente e il tuo futuro più maestoso e magnifico.»

Dianna non si fece troppi problemi e allargò le braccia per ospitare Lea nel loro calore. La ragazza singhiozzava appoggiata sulla spalla della bionda.

«Te lo prometto.»

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Capitolo 8
*** wide awake ***


Zan, zan! Pensavate avrei mollato tutto e invece sono qui! Ci sto solo impiegando più tempo per scrivere quattro righe messe in croce ma capitemi: sono stata malata per circa metà settimana e ancora ieri. Non contando lo studio che non mi lascerà mai tregua.
Spero il capitolo vi piaccia comunque! 





Wide awake


Heather non aveva previsto che sarebbe stato così difficile ottenere l'attenzione di Naya con una persona come Sara intorno: era una giovane donna che sapeva utilizzare le sue capacità per conquistare chi voleva e ottenere quello che voleva.

Oltre al fatto di essere attraente e simpatica, Sara aveva anche la capacità di sedurre e di conquistare chiunque anche con un semplice sorriso o uno sguardo. Era molto più spudorata di Heather.

Ma, ora che la bionda ci pensava, che le interessava se Naya fosse amica o meno di una ragazza come Sara? Forse stava esagerando solo per il fatto che Naya tentò più volte di avere un contatto con Heather ma, puntualmente, Sara glielo aveva impedito. Per tutta la serata.

La ragazza non aveva lasciato il suo posto a fianco a Naya nemmeno per un secondo e Heather era rimasta nell'angolo a guardarle ridere e scherzare.

Anche al bar dove erano rimaste fino a tarda notte, Sara si era seduta accanto a Naya e, occupato quel posto, Heather si vide costretta a sedersi di fronte a loro. La bionda sorseggiò per tutto il tempo il drink analcolico che aveva ordinato, giocando con la fetta d'arancia incastrata nel bicchiere e con la cannuccia mentre Naya e Sara le raccontavano di come si erano conosciute.

«A primo impatto non credevo ci sarebbe stata.» disse Sara, riferendosi a Naya. In quel l'istante Heather non capì.

Non a caso, Naya aveva subito cambiato argomento.

«Ci siamo perse un po' di vista ed eccoci qua!» concluse la latina, evidentemente agitata, mentre beveva dal suo bicchiere.

Heather aggrottò le sopracciglia e rimase in silenzio. La bionda era parecchio insospettita dal comportamento di Naya: per il resto della serata aveva respinto ogni singolo tentativo di contatto fisico tra lei e Sara, aveva parlato di quanto Heather fosse stata brava al suo spettacolo. Qualcosa doveva averla turbata, pensò la bionda. Aveva tormentato Naya a tal punto dal costringerla a bere più in fretta quello che la cameriera posava sul tavolo.

«Sei così silenziosa, Naya.» le disse Sara, sempre con quel suo sorriso ammiccante. Quella ragazza dava proprio i nervi a Heather.

«N-non mi sento molto bene. Credo andrò al bagno.» Naya liquidò le due ragazza alzandosi in fretta correndo verso il bagno.

Heather la guardò andare via e, mossa dal profondo del suo cuore, si alzò dal tavolo e la seguì. Sara nemmeno l'aveva vista andarsene via.

Quando la bionda entrò nel bagno delle signore, Naya era appoggiata al lavandino e si passava disperata le mani tra i capelli. Sembrava quasi in preda ad un pianto. Per questo Heather le si avvicinò cautamente. Quando Naya si accorse della sua presenza, dopo un'iniziale spavento, sospirò e le fece un cenno col capo. Heather le poggiò una mano sulla spalla e, quando Naya sollevò lo sguardo, le sorrise.

«E' tutto apposto?» le chiese premurosa.

«Si, è tutto okay. Sono solo un po' stanca.» le disse la latina, aprendo il rubinetto e lavandosi il viso.

Heather spense per un secondo il sorriso che aveva in viso. Allungò la mano verso quella di Naya, costringendola a guardarla ancora negli occhi.

«Non è vero che stai bene, Naya.» le disse con tono fermo. «Lo vedo dallo sguardo che hai. Da quando Sara ha cominciato a parlare di voi.»

Naya non rispose subito. Sospirò ancora una volta scuotendo la testa e con lo sguardo a terra.

«Prometti che se te lo dicessi non cambierà nulla?» le chiese la latina.

«Sembra quasi tu stia per rivelarmi un omicidio, Naya.» scherzò Heather, prendendole la mano. «Tranquilla, anche se tu fosti una degli attentatori delle torri gemelle non cambierebbe nulla.»

Lasciatasi scappare un sorriso, Naya tornò quasi subito seria e strinse più forte la mano di Heather.

«Heather, io e Sara siamo più che amiche.» disse dopo un lungo sospiro. «E dicendo più che amiche intendo dire che abbiamo avuto una relazione.»

Heather si morse il labbro e la guardò come per dirle di continuare.

«Io preferisco le ragazze ai ragazzi. E' una cosa che mi porto da molto tempo. Avevo paura a rivelartelo semplicemente perchè temevo non l'avresti accettato.»

«Naya, l'avrei fatto comunque...» tentò di dirle Heather.

«La fanno tutti facile a dire che se una loro persona cara fosse omosessuale continuerebbero a volerle bene. Poi quando lo si viene a sapere capita che questi se ne vadano. Te lo dico perché è quello che mi è successo.» il tono di Naya era improvvisamente diventato più alto e arrabbiato.

«I tuoi genitori ti avrebbero mai abbandonata se tu avessi detto loro di essere innamorata di una ragazza?» le chiese la latina e a quel punto Heather si fece un po' più debole e abbasso lo sguardo.

«Non conosco i miei genitori.» le rispose Heather fredda.

Naya sbiancò e si pentì di aver parlato prima di ragionare. Non trovava nemmeno le parole e, se fino a qualche secondo prima si era sentita il centro di quella piccola discussione, ora si trovava in una situazione al quanto imbarazzante.

Le due ragazza rimasero in silenzio. Naya non diceva una sola parola per la vergogna che stava provando. Heather, di conseguenza, sentiva di aver proferito troppo. Fu la latina a proporre di uscire dal locale, salutando Sara, e dirigersi verso casa sua. Così facendo, avrebbero finalmente parlato di tutto. Parlato di tutto quanto, senza la minima censura.

 

 

Dianna appena aprì gli occhi vide il viso di Lea: la mora era sdraiata in fianco a lei e dormiva ancora profondamente. Si erano addormentate la sera prima come due bambine dopo che Lea aveva smesso di piangere perché le mancava da morire la madre. Era rimasta appoggiata alla spalla di Dianna come fosse la persona che più la conosceva. Quanto si trovava bene tra quella braccia, pensava la mora. Sentire quel calore era un po' la sua esigenza, qualcosa che desiderava veramente tanto. Forse perché gli abbracci di Dianna erano la cosa che più la rendevano felice. Chi non sarebbe felice di riceve un abbraccio?

Non era molto tardi così Dianna decise di rimanere un po' di più sdraiata accanto a Lea. Quella ragazza era proprio la compagnia che cercava e non se la sarebbe lasciata scappare per nessun motivo al mondo.

Dianna avrebbe preferito che la mora potesse continuare a dormire ma questa si era svegliata non appena la bionda aveva tentato di alzarsi dal divano.

Lea sbadigliò e, come aprì gli occhi, fece un sorriso smagliante.

«Buongiorno.» disse a Dianna con la voce rauca. La bionda le ricambiò il sorriso. «Avresti dovuto svegliarmi così sarei andata a dormire sul letto.»

«Non importa. Almeno mi hai fatto compagnia!» la buttò sul ridere, ma era davvero così.

Per non costringersi a guardarla di continuo, Lea si alzò dal divano e corse dritta verso la cucina.

«Sono così contenta che oggi sia la mia prima giornata di registrazioni alla casa discografica!»

«Ed io sono altrettanto contenta di poter finalmente occuparmi di qualcosa di più importante di qualche fotografia qua e là.»

Le due ragazza si sorrisero mentre si aiutavano a preparare la colazione: Dianna versava il latte ed il caffè nelle tazze e Lea ci metteva lo zucchero. Due cucchiai per Dianna e solo uno per lei.

Il profumino delle frittelle arrivò fino alla stanza di Taylor e a quella di Valerio che corsero in cucina non appena gli arrivò alle narici. La bambina, nonostante si fosse appena svegliata, era corsa dalla madre già pimpante e si era seduta con Taylor al tavolo. Quella famiglia, per quanto strana, era la miglior cosa che Lea potesse desiderare.

Tutte e quattro stava sorseggiando le loro tazze in fretta dato che Valerie andava accompagnata a scuola e alle tre adulte aspettava una giornata di lavoro.

«Taylor, porti tu Valerie? All'uscita passeremo io e Lea.» disse Dianna all'amica bionda che aveva annuito. Poi, Dianna, richiamò all'attenzione Lea. «Ti va di venire con me questo pomeriggio? Voglio mostrarti una cosa.»

Lea sperò di non arrossire violentemente ma lo aveva fatto. Quel che non poteva sapere era che cosa avesse in mente Dianna per lei: la bionda non era rimasta solo nella zona di Milano. Da ragazza curiosa e desiderosa di avventura, aveva spesso cercato quei luoghi che tanto l'avevano ispirata, quei paesaggi che aveva stampato nella sua mente grazie alla macchina fotografica che portava sempre con sé. Lea era il tipo di soggetto a cui avrebbe potuto mostrare quei luoghi e che avrebbe potuto capire che cosa significassero per lei.

 

 

 

Naya pensò bene di versare una tazzina di caffè per Heather prima di sedersi con lei al tavolino di casa sua per parlare: per tutto il tragitto di ritorno verso casa Rivera, le due non si erano dette parola, probabilmente per l'imbarazzo. In realtà, entrambe avevano molte cose da dirsi: la prima era Naya.

«Mi dispiace non avertelo detto subito. Credevo non sarebbe stato lo stesso.» disse la latina a Heather, ancora impegnata a sorseggiare la sua tazzina. La bionda non disse nulla, si militò solo ad annuire.

«Non l'avrei presa così se tu me l'avessi detto con più tranquillità.» le rispose alla fine Heather ridacchiando.

«Scusami, ma ero parecchio nervosa.» Naya sorrise. «Mi dispiace anche averti fatto tirare fuori quel discorso dei tuoi genitori, non credevo tu...» la latina aveva timore a pronunciare la parola “morte” davanti ad Heather.

«Non fa nulla, davvero, tu non potevi saperlo. E poi ero abbastanza piccola quando accadde.»

Naya fece una smorfia con le labbra e cercò di non continuare a premere sull'argomento.

Nel frattempo, Heather si guardava in torno tenendosi la tazzina stretta tra le mani, forse per scaldarle un po', ed evitava lo sguardo di Naya. La latina si chiedeva a che cosa potesse pensare in quel momento. Fu allora che Heather appoggiò la tazza sul tavolo e improvvisamente si mise a parlare.

«Ero molto piccola, ma ricordo chiaramente ogni attimo di quella giornata.» disse quasi le mancasse il fiato. Naya si voltò di scatto e senza nemmeno chiederle di che stesse parlando si sedette di fronte a Heather.

Era maggio, così come se lo ricordava Heather. Era proprio una di quelle belle giornate primaverili: il sole scaldava l'enorme prato verde della casa degli anziani signori Morrison, i genitori del padre di Heather. I cani con cui la bambina amava giocare correvano su e giù per le colline e così faceva anche Heather. Stava quasi giungendo il tramonto e la signora Morris, con i suoi occhioni azzurri come quelli della nipotina, si affacciò alla finestra della cucina e guardò per tutto il perimetro del giardino cercando Heather. La vecchia signora allora la chiamò a gran voce finché Heather non la sentì e tornò di corsa verso casa.

La bambina sapeva benissimo che se la nonna cominciava a chiamarla con quel tono significava che i genitori stavano per venire a prenderla. Per questo, Heather doveva lavarsi e vestirsi prima del loro arrivo. Quando però Heather rientrò e si fece il suo bagnetto, dopo quasi un'ora i suoi non erano ancora rientrati.

Da bambini si è così innocenti che la preoccupazione per le persone a cui si tiene di più non esiste. È così che Heather, da bambina, non aveva pensato a nessuna preoccupazione. Pensava che i suoi genitori stessero facendo tardi perché, come diceva suo padre, era meglio andare piano in auto.

Heather conobbe quella brutta sensazione di paura che normalmente non si dovrebbe provare da così piccoli: il tremolio alle gambe e alle mani che non ti fa reggere in piedi, il fiato che improvvisamente ti manca e quella sensazione di voler piangere da morire.

Il signor Morris, dopo svariati tentativi di chiamare il figlio e la moglie, ricevette una risposta, non propriamente quella che desiderava. Ora come avrebbe spiegato alla sua adorabile nipotina dalle guance rosse che lo guardava con un sorrisone enorme che i suoi genitori non sarebbero più venuti a riprenderla?

«Fu difficile per me capirlo. Mia nonna scoppiò a piangere e lo disse senza un minimo di censura, e credo fosse stato meglio.» disse Heather, interrompendo per un secondo i pensieri di Naya. «Fosse per me, andrei a cercare quello stronzo che non ha voluto rallentare quando avrebbe dovuto.» continuò con tanta rabbia.

Naya allungò la mano verso quella di Heather e la strinse con forza senza dire nulla: forse bastava quel gesto per consolare la sua amica.

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Capitolo 9
*** sixteen ***


sono ancora viva dopo una giornata all'insegna della depressione/felicità per la notizia di Naya al Giffoni.
Capitemi, non mi passerà facilmente.
Quindi vi lascio al capitolo, grazie mille a tutti!




 sixteen

 

Naya sarebbe rimasta molto più a lungo con Heather a chiacchierare e a rivelare finalmente tutto quello che teneva nascosto. Beh, forse non tutto. Ma si era fatto veramente tardi e Heather doveva riposarsi per lo spettacolo del giorno successivo.

Avere quel sorriso da ebete stampato in faccia mentre si buttava a peso morto sul letto non significava nulla per Heather. Sentire ancora le palpitazioni di quando Naya le aveva stretto la mano non significavano nulla. Quello era un sentimento che cercava di reprimere e Heather ne era perfettamente consapevole. Eppure lo ignorava, fingeva di non sentire proprio nulla quando dentro di sé c'era qualcosa di molto più grande. Qualcosa che pian piano il sonno aveva soffocato per un attimo.

Naya non riusciva a pensare ad altro se non a Heather: persino quando giocava a Solitario dal computer della sua scrivania a lavoro. Era venerdì, non c'erano alcun genere di riunioni così Naya sarebbe potuta tornare a casa molto prima del normale. Un vero sollievo. Non che lavorare in quel modo fosse faticoso: passava le sue giornata a rispondere al telefono, a dare qualche indicazione, al limite portava un caffè ogni tanto. Certo, tornare a casa molto prima era sempre meglio che scaldare quella sedia fino all'orario di chiusura.

Naya, verso le dieci del mattino, stava tranquillamente controllando alcune mail ricevute nella casella di posta elettronica del signor D'Agostino, quando vide in lontananza Dianna e Lea. Le due le si avvicinarono e con un gran sorriso la salutarono.

«Alla fine vi hanno proposto qualche contratto?» chiese loro Naya, mentre lasciava perdere per un attimo il suo lavoro.

«Qualcosa di simile! Oggi devo registrare, finalmente.» le rispose Lea con un gran sorriso fiero in viso. «Dovresti vedere che belle foto ha fatto Dianna questa settimana per il magazine!»

La bionda arrossì abbassando lo sguardo. «Non sono nulla di straordinario...Sto aspettando solo la modella giusta.»

«E io non vedo l'ora di esserlo.» le rispose la mora con uno sguardo che Naya poté interpretare in un solo modo: quelle due erano palesemente innamorate, non c'era altra spiegazione. Insomma, chi farebbe uno sguardo così ammiccante per nulla?

Naya tralasciò però i suoi pensieri per un secondo e fece accomodare Dianna nelle poltrone in corridoio mentre Lea corse dritta in studio di registrazione. Quello era il momento migliore per chiedere consiglio a qualcuna che sembrava essere sua amica.

«Dianna, potrei chiederti una cosa?» iniziò il discorso, un po' intimidita. A quel punto, Naya le si avvicinò sedendosi in fianco a lei. Dianna annuì.

«Penso di avere un grosso problema.» e così, la latina, introdusse i suoi pensieri.

Raccontò a Dianna di quel presunto sentimento che sembrava provasse nei confronti di Heather, anzi, quasi sicuramente ne era persa. Tutto girava intorno a Heather, ormai.

«E' tanto tempo che non ho amici, non ho nessuno con cui uscire il sabato sera. Se accadeva, andavo in qualche locale da sola e passavo la mia serata con qualcuno che neanche mi chiedeva il nome se non di andare nella sua auto o a casa sua.» spiegò Naya, mentre Dianna prestava parecchia attenzione. «Poi mi trovo Heather, che invece sembra essere contenta di voler essere una mia amica...Quasi mi sembra di ritornare a sedici anni quando fare una nuova amicizia sembrava essere il centro della nostra esistenza.»

«Allora perché non fare finta di essere una sedicenne?»

Naya guardò confusa Dianna che, come si accorse del suo sguardo, scoppiò a ridere.

«Sai, quando si è sedicenni si tende ad essere un po' a voler fare tutto quello che si potrebbe fare in una vita nell'arco di meno tempo possibile. Perché non ricreare quell'atmosfera?»

«Fatico a capire la tua proposta, ma mi stai dicendo di comportarmi da sedicenne?» chiese nuovamente confusa.

«Naya, non dirmi che tu a sedici anni non avevi gli ormoni che schizzavano ovunque e non hai mai voluto strafare. Non hai mai voluto farti più grande delle altre?» le spiegò dunque Dianna.

«Di solito alle feste tentavo di farmi notare, sì.» annuì la latina, anche se ancora un po' confusa, ma quando vide il sorriso di Dianna si bloccò. «Devo organizzare una festa?»

La bionda sorrise fiera, si sistemò l'abito e si spostò il ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio.

«Potresti invitarci per una pizza o una cena e con questa scusa invitare anche lei. A quel punto, se non si rifiuterà di bere, come già mi hai raccontato, sarà tutto molto più facile.»

Naya fece una smorfia. Non le andava proprio di sopportare ancora l'immagine di Heather ubriaca come tempo prima.

«Non saprei, Dianna. Mi sembra così...» esitò un secondo la latina per paura che la bionda potesse offendersi. «...Squallido. Voglio dire, preferirei che fosse consapevole di quello che fa e di quello che dice.»

«Si può sempre tentare.» Dianna ci pensò un secondo e fece un piccolo mugolio.

Naya la guardò mentre ancora ci pensava a lungo e, presa la decisione, si alzò dalla poltrona.

«Domani è sabato, alle nove.» Naya non fece in tempo a dirlo che Dianna mostrò un sorriso a trentadue denti. «Ma prima devo parlarne con Heather.»

Poco dopo, Naya teneva stretto tra le mani il suo cellulare: aveva mandato un sms molto lungo e dispersivo, secondo lei, per chiedere a Heather di farle visita il giorno seguente per una pizza in compagnia. Heather non aveva ancora risposto e Naya temeva non l'avrebbe mai fatto. Inutili paranoie, continuava a ripetersi. Finché sul display non apparve la risposta di Heather.

Ne sarei davvero felice :)”

 

 

 

Nonostante fosse una fredda e terribile giornata d'inverno, il sole che brillava in cielo stava riscaldando tutta Milano. Era un di quelle giornate che si poteva passare tranquillamente senza rabbrividire o senza sentirsi improvvisamente in un film dell'orrore per colpa di tutta quella neve. Una situazione che Dianna conosceva bene e che era felice non si fosse presentata dopo tanto freddo.

Lei e Lea si erano recate quella mattina in casa discografica per continuare il lavoro che le era stato “gentilmente e senza compromessi”, come riteneva la mora, offerto dal signor D'Agostino. Così, mentre Dianna era rimasta seduta in corridoio, Lea si stava occupando delle registrazioni e di nient'altro. Amava quel lavoro e stava amando ogni giorno sempre di più Dianna, nel vero senso di quella parola.

Lea non vedeva l'ora di uscire da quello studio, nonostante tutto, solo per scoprire dove l'avrebbe portata Dianna.

Trovò l'amica intenta a chiacchierare con Naya e, dopo aver rivolto alla latina un sorriso, seguì Dianna. Le due non andarono tanto lontane da Milano: dopo un viaggio di circa mezz'ora in metropolitana, tenendosi stretti ai paletti in ferro e sopportando gli odori più disparati, Dianna accompagnò Lea in un immenso campo di grano. Una cosa parecchio strana, pensò subito Lea.

Avevano fatto tutta quella strada cercando di non farsi schiacciare da un vecchio inquietante sulla metropolitana, correndo su e giù per rampe di scale infinite, per vedere un campo di grano, oltretutto spoglio? La mora faticava a crederlo.

«Vedo già la tua faccia sconvolta.» le disse Dianna, sorridendo. Lea annuì. «Ma ti prometto che non te ne pentirai.»

Dianna tirò fuori dalla borsa la sua macchina fotografica, quella che una volta stava bella in vista sulla mensola della sua cameretta in America. L'accarezzò con così tanta delicatezza che Lea pensò fosse ancora più importante di quello che immaginava. La bionda puntò l'obbiettivo dritto verso Lea. I suoi occhi verdi sbucarono da dietro la macchina.

«Cheeeese!» disse divertita Dianna, incitando Lea a mettersi in posa.

Nonostante fosse parecchio imbarazzata e pensasse di essere qualsiasi cosa tranne che fotogenica, Lea si divertì a stare davanti all'obbiettivo e prendere in giro Dianna. La mora non poteva credere di star correndo in un campo spoglio di grano, inseguita da una sua amica perché non voleva essere fotografata: aveva smesso a sedici anni di divertirsi in compagnia di qualcuno, un po' perché doveva convivere con una madre che si spostava dall'essere severa all'essere menefreghista e un po' perché aveva perso lei stessa voglia di divertirsi.

Corsero in tondo per nemmeno lei sapeva quanto tempo, finché Lea non si fermò e Dianna la raggiunse con il fiatone.

«Certo che corri parecchio!» le disse facendo lunghe pause tra una parola e l'altra. «Sai, ti ho portata qui perché adoro questo posto. Non lo so nemmeno io perché...»

«Forse ti fa dimenticare per un momento tutto il resto.» disse Lea. «Solo tu e la tua macchina fotografica. Come me quando me ne sto sotto la doccia e canto.»

Dianna rise a quell'immagine e si sedette tra i ciuffi di erba che sbucavano qua e là dal terreno. Lea ne seguì i movimenti e solo in quel momento capì.

«Ti ci ho portata perché volevo condividere questa cosa con te.» continuò la bionda, guardando verso l'orizzonte. Il sole stava pian piano riscendendo verso il tramonto.«L'ho fatto perché mi piaci.»

Lea deglutì cercando di nascondere in realtà l'esplosione che aveva avuto all'improvviso dentro di sé.

«Ti piaccio?» le chiese senza mostra alcuna espressione facciale ma spalancando gli occhi e fissandola.

«Sì. Nel senso, sto bene con te, mi diverto, rido, anche Valerie ti adora. Insomma, a me piace e mi piaci tu.» disse con frenesia Dianna, preoccupata per aver detto qualcosa di sbagliato.

Lea si rilassò un po' di più e guardò l'amica con un sorriso.

«Se la metti così, anche a me tu piaci.» rispose quindi la mora captando un momento di eccitazione negli occhi di Dianna alla sua risposta. «Possiamo fare come tutte le persone che si piacciono a vicenda?»

Lea desiderò che quel momento potesse durare così a lungo. E così sembro nella sua mente, quando vide Dianna avvicinarsi con dolcezza al suo viso accarezzandole prima il dorso della mano. Eppure, come la bionda tentò di sfiorarle le labbra, furono costrette ad allontanarsi perché qualcuno pensò bene di chiamare Dianna al cellulare.

«Questo è imbarazzante.» disse Lea, alzandosi da terra ed aiutando Dianna intenta a controllare chi l'avesse chiamata.

«No, questo è stronzo.» rispose la bionda agitando nervosa il cellulare che teneva tra le mani e correndo irritata via da quella distesa di campi infinita.

 

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Capitolo 10
*** not enough ***


Ehi, sono di nuovo in pista! 
Non ho avuto la connessione internet per circa una settimana e mi sono portata avanti con i capitoli, non avendo distrazioni come Twitter e Facebook.
Nonostante tutto, sono qui con questo capitolo.
Ringrazio chi recensisce e chi no, anche perchè mi aumenta le visualizzazioni ma grazie comunque.
Spero vi piaccia!









Not Enough


La moda aveva una certa importanza nella vita di Naya: oltre ad essere uno dei suoi hobby preferiti, avere un vestito adatto ad ogni situazione era essenziale, anche quando si trattava di andare fuori a correre sul Naviglio. Per questo, manteneva in ordine ogni scaffale del suo grande armadio mettendo il vestiario diviso a seconda del suo uso, ad esempio le gonne e le camicie per il lavoro oppure gli abiti stretti per le serate in qualche locale. La sua fissazione era come quella che poteva avere qualunque altra donna con la sola differenza che Naya riusciva sempre a rendersi presentabile. Ad ogni occasione.

Ovviamente, non poteva che essere Heather a creare confusione anche su quella unica certezza che la latina aveva. Se Naya la prima volta che si erano incontrate nella hall dell'hotel che ospitava la bionda aveva indossato un abito forse fin troppo elegante ed aveva pensato di essere stata esagerata, ora si trovava di fronte ad una semplicissima cena tra amiche. Fosse stato per lei, avrebbe messo il primo paio di jeans che avrebbe trovato e, al limite, un paio di scarpe basse abbinate ad una maglietta semplicissima. Si trattava di Heather, non poteva permettersi un look troppo scontato. Nemmeno lei sapeva perché ci stesse pensando: assurdo, si ripeteva tra sé e sé.

Ecco che si ritrovò di fronte al suo letto matrimoniale dove erano appoggiate due diverse possibilità di vestirsi. Anche se fosse stato un pigiama party, il suo pigiama doveva essere perfetto, ma in quel caso non doveva nemmeno pensare a quella tenuta decisamente imbarazzante. Perché non optare per un paio di leggins e un maglione caldo? Tutto si stava facendo parecchio stressante e, accortasi dell'orario tardivo, Naya tirò su dal letto il maglione bordeaux e le calze nere e le indossò in poco tempo.

Dianna e Lea arrivarono poco dopo portandosi dietro due bottiglie di champagne e Naya sapeva benissimo che Dianna lo aveva fatto apposta dopo averle raccontato del primo incontro che la latina aveva avuto con Heather. A Naya pareva un metodo così infantile: ricorrere all'alcool per cosa, oltretutto? Per rischiare che Heather non si potesse ricordare nulla? No, non era proprio nei piani di Naya. La ispanica appoggiò comunque le due bottiglie, facendo ben attenzione a nascondere anche alle altre bottiglie di alcolici che Naya aveva in casa, nel frigorifero e accompagnò le due amiche in salotto. Portò i loro cappotti in camera sua, sdraiati sul letto tra il disordine della stanza, e quando ritornò in salotto Dianna e Lea erano già intente in una sorta di coccole. Adesso non potevano dire di non stare insieme.

«Vado a finire di preparare qualche stuzzichino per l'aperitivo.» disse loro con un sorriso beffardo in faccia e l'aria addolcita, lasciandole nella loro intimità.

In realtà, Dianna stava solo accarezzando i capelli di Lea. Forse un po' troppo dolcemente da sembrare una cosa da amiche.

«Dovrai dirmi che shampoo usi, sono morbidissimi.» le disse Dianna, passando ancora una volta le dita tra i capelli lisci di Lea.

«Anche i tuoi sembrano morbidi, Dianna! Oltretutto hanno un colore magnifico.» quando Lea glielo disse, Dianna abbassò lo sguardo.

«Sono biondi, come quelli di tante altre persone, lo sai?» forse per il tono un po' troppo scocciato, Lea si imbronciò subito.

«Era solo per farti un complimento. Le persone lo fanno alle altre per farle sentire un po' bene con se stesse.» e notando la freddezza di Dianna alle sue parole, Lea si strinse nelle spalle e si alzò dal divano.

Non fece però in tempo ad allontanarsi che Dianna la bloccò per il polso costringendo la mora a risedersi accanto a lei.

«Scusa, ma è una cosa che tutti quelli con cui sono stata mi hanno fatto sempre notare, sopratutto il padre di Valerie. Spesso ci ripenso, so che può sembrarti infantile, ma non mi passa mai. Non puoi capire quanto Valerie sia stata la mia salvezza e fino all'ultimo ho quasi creduto che l'avrei odiata per colpa di Jason. Non sono forte abbastanza.» Dianna evitò di tenere lo sguardo fisso a terra come di solito faceva per non rischiare di piangere in faccia a chi parlava per vedere il sorriso confortante di Lea e vederla annuire alle sue parole.

«E' bello che tu mi voglia dire tutte queste cose di te.» solo quando Lea le prese la mano, Dianna abbassò lo sguardo. «A tempo debito, prometto che saprai tutto quanto di me e allora sarà tutto migliore.»

Lea e il suo sorriso erano l'immagine più rassicurante che Dianna aveva visto fin da subito. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che qualcuno l'aveva fatta sentire sicura, a parte Valerie e la sua migliore amica Taylor.

Naya le richiamò dalla cucina dicendo loro che era tutto quasi pronto. Quindi, le due si alzarono dal divano e tenendosi timidamente la mano si diressero in cucina.

 

In quella cucina stranamente in ordine, dato che Naya non riusciva mai a sistemare la stanza, la latina attendeva impaziente Heather: era già in ritardo di venti minuti e temeva che non sarebbe mai arrivata. Non che Dianna e Lea le dessero fastidio, ma le sarebbe dispiaciuto se non Heather non fosse venuta.

«Naya, stai tranquilla.» le rispose Lea quando Naya raccontò della sua paura alle amiche. «Milano è grande e per quelli che non ci abitano può essere dispersiva.»

«Dovresti avere più paura di quello che potrei fare io.» intervenne Dianna, con la sua solita punta di malizia.

«Te ne ho già parlato!» sbottò Naya, puntandole il dito.«Vogliono parlarne seriamente e, sopratutto, da sobria con Heather.»

Dianna scosse la testa mentre prendeva un'oliva dalla ciotola sul tavolo.

«Se pensi che lei sia pronta a rivelarti che improvvisamente è attratta da te, pensi male. Se fino ad ora è stata sempre con un ragazzo tenderà a negare di avere un'attrazione per te.» «Io non volevo nemmeno accennarle a quel particolare.» disse Naya ma Dianna continuò a parlare.

«E' una cosa normale, ma lei lo prenderà come una cosa che è capitata perché era distrutta dalla storia precedente e tu le eri così vicina, per questo ti ho baciato ma io non volevo anche se dentro di me penso a te continuamente.» Dianna finì la frase con un tono di voce acuto, agitando le braccia teatralmente.

In quel momento, scese un silenzio imbarazzante. Naya aveva l'espressione confusa e Lea guardava Dianna aggrottando le sopracciglia. La bionda sbuffò ridendo.

«Era per sottolineare il concetto.»

Dianna avrebbe potuto continuare a dire stupidaggini per interrompere il silenzio ma, finalmente, suonarono alla porta e Naya si precipitò ad aprire. Come se dovessero recitare un copione, Dianna e Lea si appostarono a pochi metri dalla latina con un sorriso a trentadue denti. Naya aprì la porta e, sconvolta, non trovò Heather ma Sara.

Le ragazze alle spalle dell'ispanica si guardarono con uno sguardo confuso: credevano che la ragazza alla porta fosse Heather ma a giudicare da come Naya aveva risposto al saluto della ragazza capirono che qualcosa non andava.

«S-Sara? Che cosa ci fai qui?» Naya, nonostante continuasse a non capire, fece entrare la ragazza che con un accenno di mano salutò Dianna e Lea.

«Pensavo di passare per farti compagnia.» si voltò sorridendole maliziosa per poi ritornare a squadrare Dianna e Lea. «Ma vedo che sei già impegnata.»

Lea riconobbe lo sguardo di disprezzo e sospirò rabbiosa per aver contenuto le parole.

«Si, infatti, e sta per arrivare anche Heather quindi-» tentò di dire Naya.

«Heather?! Oh, magnifico! Non sarà un problema se rimango, allora!» e con tutta tranquillità, Sara appese al gancio dietro la porta il suo cappotto e si andò a buttare sul sofà in salotto.

Ancora una volta, Dianna, Lea e Naya si ritrovarono in silenzio: la bionda alzò le braccia in segno di richiesta di spiegazioni guardando Lea, che era ancora nervosa per la superficialità con cui si era rivolta Sara. Naya, però, scosse la testa passandosi le mani tra i capelli con nervosismo e, prima di chiudere la porta, fece capolino per controllare se Heather stesse salendo le scale, ma di lei nessuna traccia. Arresa all'idea che non sarebbe arrivata, tornò in salotto con Dianna e Lea con la certezza che Sara avrebbe rovinato la serata.

 

Heather non era mai stata così in ritardo in vita sua. La verità fu che non era mai stata abituata ai mezzi pubblici: sin da piccola, per muoversi dalla fattoria della nonna ed arrivare a scuola utilizzava il bus scolastico che la portava nell'edificio e la riportava a casa. Per il resto dei suoi movimenti aveva sia la patente per l'auto che per il motorino. Metropolitane, autobus, o qualsiasi cosa non fosse la sua automobile, era impossibile da usare. I vagoni erano pieni, Heather si ritrovò schiacciata assieme ad altre cento e passa persone durante tutto il tragitto. Sbagliò un paio di uscite perché le troppe linee metropolitane, che erano solo quattro, si andavano ad intersecare. Tutto questo le provocò un ritardo di quasi mezz'ora.

Fu grata a chiunque stesse al di là delle nuvole di essere arrivata sana e salva all'appartamento di Naya. Heather salì le scale di fretta, tentando di non schiacciare ulteriormente i pasticcini che si erano già ammassati durante il disastroso viaggio in metropolitana e ad aprire la porta trovò Naya tra il sorridente e il preoccupato.

«Perdonami, ma io non riuscirò mai a capire le metropolitane.» si scusò, ancora col fiatone.

«Ci si fa l'abitudine.» le rispose Naya mentre le appendeva il cappotto e portava in cucina i pasticcini.

Heather si sistemò la lunga maglia di cotone e, facendo attenzione, sentì un leggero chiacchiericcio in lontananza. La bionda ricordò che Naya le aveva detto che ci sarebbero state alcune sue amiche, ma non credeva di rivedere nuovamente Sara: la ragazza se ne stava sdraiata sul divano, intenta a raccontare di qualche sua scorribanda amorosa con i suoi ex e le sue ex, anche se Heather credeva parlasse di Naya.

Quando Sara si voltò e la vide, rivolse ad Heather un sorriso bastardo che, se Heather ne avesse avuto il coraggio, le avrebbe tranquillamente levato dalla faccia.

«Heather, quanto tempo!» disse esaltata Sara, facendole segno di sedersi affianco a lei. «Loro sono Dianna e Lea, le amiche di Naya. Sono simpaticissime!»

Come se non fossero capaci di presentarsi da sole, pensò Heather. Passò comunque a stringere la mano sia a Dianna che a Lea, le uniche che le ispiravano sicurezza e simpatia in quel momento.

Infatti, come Heather immaginava, Sara fu insopportabile per tutta la serata. La ragazza irritò tutte quante, persino Naya. La latina tentò pure di farla tacere il più possibile, ma più ci provava più Sara insisteva nel voler sparlare di qualsiasi cosa. Heather mandò giù la pizza a fatica.

Poi la serata si fece un po' più movimentata, complice l'alcool che Sara aveva bevuto con esagerazione in confronto alle altre. I suoi discorsi si fecero sempre più a sfondo sessuale e Naya dovette uscire da quella stanza per non sentirla raccontare di come era stata brava a letto con lei quando uscivano insieme.

La sigaretta e un bicchiere di rum non erano il modo migliore per scaricare la tensione accumulata ma a Naya dava quell'attimo di evasione che le serviva per non scazzottare nessuno, conoscendo il suo carattere impulsivo. Il fumo bianco le offuscava la vista ogni volta che respirava e il viale dove abitata spariva dietro di esso. Dal balcone vedeva la gioventù del sabato sera muoversi verso i locali, le ragazze tutte in ghingheri che strillavano perché eccitate dall'idea di divertirsi e di conoscere gente nuova. Come lo era lei, alla fine. Naya era cresciuta in fretta: pensava sempre e solo al lavoro e aveva lasciato la sua parte di giovane ragazza indietro, sovrastata da una Naya più matura.

Era talmente presa dai suoi pensieri che non si accorse di Sara sulla soglia della portafinestra fare capolino.

«Dentro ci stiamo divertendo un mondo: l'ultima volta che ricordo di aver giocato a obbligo o verità quando avevo quindici anni e non me lo ricordavo così esilarante!» le disse sciogliendo i ricci dalla coda e sedendosi in fianco a Naya. «Non vieni a divertirti anche tu?»

«Potevi avvisarmi che saresti venuta. Non piace a tutti che le persone si presentino a casa propria senza un minimo di preavviso.» disse seccata Naya, lasciando che un po' di fumo finisse direttamente in faccia a Sara. Questa le prese la sigaretta dalle dita se la portò a le dita e dopo aver inspirato la spense sul pavimento piastrellato.

«Credevo fossi sola. Non hai mai invitato nessuno a casa tua.» le fece notare la ragazza.

«Non invitavo nessuno perché l'unica con cui uscivo eri tu. Ed ero io a chiamarti quando avevo bisogno.»

Sara fece un sorriso soddisfatto.«Sono sempre stata un'amante puntuale.»

Naya deglutì quando l'amica le accarezzò il dorso della mano.

«Non ricordo, è passato troppo tempo. Ero appena arrivata e gli ormoni facevano tutto al posto mio.» rispose secca la ispanica, spostando la mano infastidita.

Sara le si fece ancora più vicina e ritornò a giocare con le dita di Naya, le accarezzò il fianco e salì piano al suo viso.

«Non lo ricordi?» le chiese mentre sussurrava sulle sue labbra.«Forse hai bisogno di un ripasso, Naya.» e lentamente le lasciò un bacio. Naya sentiva la stessa morbidezza che avevano i suoi baci l'ultima volta che l'aveva baciata mischiata al gusto frizzante del rum sulle sue labbra. Odiava ammetterlo ma Sara sapeva benissimo come sedurre e la conosceva fin troppo bene per riuscire a incastrarla. Per questo, Naya si lasciò conquistare dal bacio di Sara e pian piano la situazione si fece più calda: Sara aveva ancora la mano posata sulla coscia di Naya e lenta salì fino al ventre della ragazza. La latina diede un'occhiata veloce alla mano di Sara infilarsi sotto la maglietta e accarezzale la pelle del ventre e scendere pian piano verso la sua intimità.

Naya non si tirò indietro, convinta un po' dalla mancanza di rapporti e un po' dal rum, e si lasciò toccare finché non sentì l'esigenza di fermarla prima che fosse troppo tardi.

«Sara, non è il caso. Ci sono qui le altre...» le disse Naya soffocata dal fiato che le mancava. Sara, però, non l'ascoltò e, lasciata perdere la tentazione di sedurre Naya, tornò a baciarla più passionalmente di prima.

 

 

Dianna e Lea erano nervose quanto Heather: non solo Sara aveva criticato le giovani madri dicendo che “forse dovevano fare più attenzione, perché per rimanere incinta così giovani dovevano essere delle sgualdrine”, cosa che mandò sulle furie Dianna, ma la ragazza aveva parlato tutto il tempo di come lei e Naya si divertissero a letto.

Heather bruciava di rabbia. Sentiva l'esigenza di tirarle un pugno dritto sul naso, di cacciarla via e distarsene sola con Naya e le sue amiche. Grazie al cielo, Sara si era allontanata poco dopo che avevano iniziato a giocare ad obbligo o verità, dando loro un attimo di tregua. Solo da quel momento avevano parlato degli affari loro, delle loro vite, e si erano scambiate indirizzo e numeri di cellulare, giusto per tenersi in contatto. Un suggerimento di Dianna, che aveva previsto il peggior finale per la serata.

«Giuro su Dio, che non ho mai conosciuto una persona così.» intervenne Lea, sfinita da tutto quel parlare a sproposito. «E giuro, Dianna, l'avrei presa a botte io stessa per quelle cose brutte che ha detto.»

«Lo so.» eccome se Dianna lo sapeva, dato che Lea da sotto il tavolo aveva stretto la sua mano con forza.

«Penso che andrò a dire a Naya che me ne vado.» disse poi Heather, alzandosi dal divano. «Domani ho un sacco di prove e se rimango un minuto di più qui dentro rischio davvero di impazzire.»

Aprì la porta finestra della cucina e, con tranquillità, si sporse avanti chiamando Naya. Non lo avessi mai fatto, pensò, guardando al cielo. Naya e Sara erano avvinghiate, impegnate in un bacio passionale e Heather sentì bruciarle lo stomaco. Ma quello fu il meno, dato che il cuore le batteva all'impazzata e sentiva gli occhi pronti ad essere inondati dalle lacrime.

«Heather!» gridò Naya allontanando Sara. Scattò in piedi per raggiungere la bionda ma Heather alzò la mano salutandola.

«Vado a casa.» aveva tentato di nascondere il nervoso ma aveva già la voce rotta dal pianto quando rientrò in casa prendendosi il cappotto. Guardò sul tavolo della cucina: Naya aveva dimenticato i suoi pasticcini sul ripiano.

Già abbastanza nervosa, si preoccupò di salutare con un accenno Lea e Dianna promettendo loro che sarebbe venuta a trovarle in settimana a casa loro. Ma l'unica cosa a cui non smetteva di pensare era a quanto le avesse fatto male vedere Naya con Sara: non si sarebbe mai tolta dalla testa quell'immagine.

 

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