Paola e Andrea- Una nuova ipotesi

di Moony_911
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Familiarità ***
Capitolo 3: *** Fuga al casale ***
Capitolo 4: *** Chi ha paura degli aghi? ***
Capitolo 5: *** Se telefonando... ***
Capitolo 6: *** Gelosia e curiosità ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** Progetti ***
Capitolo 9: *** A rigor di logica ***
Capitolo 10: *** Cena ***
Capitolo 11: *** Difendo ciò che è mio ***
Capitolo 12: *** Chiacchiere ***
Capitolo 13: *** Ti fidi di me? ***
Capitolo 14: *** Devi soltanto avere fiducia in noi ***
Capitolo 15: *** Una casa che diventi casa nostra ***
Capitolo 16: *** Sommersi da una marea di scartoffie ***
Capitolo 17: *** L'ormone vagante del sabato sera ***
Capitolo 18: *** L'amore è nell'aria stasera ***
Capitolo 19: *** Risvegli ***
Capitolo 20: *** Consigli ***
Capitolo 21: *** Una domenica diversa dal solito ***
Capitolo 22: *** Alessandra ***
Capitolo 23: *** Marco ***
Capitolo 24: *** Le luci di Natale ***
Capitolo 25: *** Shake up, it’s Christmas time! ***
Capitolo 26: *** Natale in casa Ferri ***
Capitolo 27: *** Una grande novità ***
Capitolo 28: *** Nella notte ***
Capitolo 29: *** In ospedale ***
Capitolo 30: *** Il grande incubo ***
Capitolo 31: *** Sviluppi ***
Capitolo 32: *** Rientro a casa ***
Capitolo 33: *** Ho bisogno di te, vecchio orso brontolone ***
Capitolo 34: *** Cena coi futuri suoceri ***
Capitolo 35: *** Un giorno normale come tanti, speciale come pochi ***
Capitolo 36: *** 17 febbraio ***
Capitolo 37: *** Una scoperta importante ***
Capitolo 38: *** 38. Uno strano biglietto ***
Capitolo 39: *** Piccoli pomodori crescono ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


Paola era seduta in cucina davanti ad una tazza di caffè forte persa nei suoi pensieri.
Era passato qualche mese da che avevano festeggiato il venticinquesimo di Capello, ovvero dal giorno in cui, lei ed Andrea avevano preso a fare sul serio.
Ripensò a quanto successo quel giorno e un sorriso fece capolino.

Si erano ritrovati tutti in cucina per brindare al maresciallo e solo un cieco non si sarebbe accorto che tra lei ed Andrea qualcosa sicuramente bolliva in pentola.
Nonostante fossero dai lati opposti della stanza erano come due calamite, in attesa del momento giusto per potersi avvicinare.
All’improvviso, vede entrare una faccia conosciuta, passata a fare le congratulazioni a Capello in un momento di pausa.
“Palermo, testone che non sei altro, cosa aspettavi a dirci che saresti passato?!” disse il maresciallo anziano andandolo ad abbracciare.
Che diamine ci faceva lì Tom? E soprattutto, perché continuava a guardarla così, come se ci fosse ancora qualcosa tra loro???
Paola vedendolo avvicinarsi cominciò a diventare sempre più pallida e cominciò a sentire la testa girare tanto che Andrea, che aveva assistito alla scena dall’ altra parte della stanza, in un battibaleno le fu accanto.
“Ti senti bene?” le chiese stando attento a non farsi sentire dagli altri.
“Non proprio... se non ti dispiace vado un attimo su...” rispose lei allontanandosi.
“Aspetta, vengo con te...”.
Approfittando del trambusto creato dalla comparsa del figliol prodigo uscirono dalla stanza senza dare troppo nell’occhio.
Stavano per salire le scale quando Paola protestò per l’insistenza dell’amico a seguirla come un’ombra.
“Davvero Andrea, non importa, ce la faccio...” .
“Lo decido io se non importa, Vitali...” rispose Andrea con una punta di ironia e Paola si infastidì ancora di più, odiava essere contraddetta e a maggior ragione quando lui lo faceva chiamandola per cognome e questo,il maresciallo Ferri lo sapeva bene.
Paola provò a controbattere ma sentì le gambe cedere e farsi tutto buio.
Andrea che era un passo dietro di lei la vide andar giù come una pera cotta e riuscì a prenderla al volo prima che battesse la testa e dopo averla presa in braccio la portò nella sua stanza.

Passa qualche minuto e Paola comincia a svegliarsi, nonostante sia ancora stordita cerca di alzarsi ma la testa le gira ancora come una trottola e Andrea le si para davanti posandole  una mano sulla spalla e l’altra su un fianco così da impedirle di perdere l’equilibrio e con un tono dolce ma che non ammette repliche le dice di starsene ferma a letto.
“Voglio andare nella mia stanza...”.
“Ma se non ti reggi in piedi!! Tu ora da brava bambina, te ne stai qui buona buona fin quando non ti passano le vertigini e non sto scherzando...”.
“Ma sono in camera tua, non voglio disturbarti...”.
“Ma quale disturbo!” rispose Andrea come infastidito da queste sue inutili preoccupazioni “ Non penserai davvero che ti lasci da sola quando sei un cencio!”.
“Va bene, va bene, va bene...” concluse Paola sfinita “hai vinto, rimango qui, ma ti prego non urlare, mi sta scoppiando la testa!!”.
Andrea rimase stupito, non pensava di riuscire ad averla vinta così facilmente con un osso duro com’era la Paoletta, e la cosa non gli dispiacque affatto.

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Capitolo 2
*** Familiarità ***


Fuori ci sono quaranta gradi ma Paola che ha indosso una maglietta a maniche corte di cotone rossa e un paio di jeans ha i brividi, sta battendo i denti dal freddo e non riesce a smettere.
 -Ma che diamine sta succedendo?- si chiede mentre si mette sotto le lenzuola – giuro che a Tom appena lo rivedo gli stacco la testa se solo si azzarda ad avvicinarsi...-.              
Batte i denti incessantemente  e chiede ad Andrea di darle una coperta di lana perché ha freddo e lui dopo avergliela sistemata addosso, si siede sul bordo del letto.
“Va meglio?” le chiede dopo qualche minuto.
“Ho..ho..ho... fr..fr..fr..freddo...” gli disse prendendogli la mano “ r...r...resti q..q..qui con me??”.
Andrea non se lo fece ripetere due volte, va alla porta e dopo aver dato un giro di chiave alla porta per evitare che qualcuno entri all’improvviso, si mette comodo per quanto la divisa estiva possa permetterglielo, manda un messaggio a Leo per chiedergli di coprirli nel caso qualcuno avesse fatto domande  ed entra sotto le lenzuola con lei.
“Eccomi... “ risponde sistemandosi “va meglio?”.
Paola si girò e andò a posargli la testa sulla spalla così da stare a contatto col calore del suo corpo cercando di far passare i brividi.
Si accoccola su un fianco e Andrea non smette un secondo di passargli una mano sulla schiena cercando di scaldarla un po’.
“Meglio...” disse con un filo di voce e con la punta del naso gelato descrisse dei piccoli cerchi sul collo di Andrea che si girò di qualche millimetro e cogliendo la palla al balzo la baciò.
Era una situazione bizzarra, certo, non era la prima volta che si baciavano, e avevano avuto anche un intermezzo quella sera al casale dopo la quale non si erano parlati per un po’ rischiando di perdersi definitivamente trincerati ognuno dietro le proprie paure e il proprio orgoglio, ma in quel momento entrambi non avrebbero voluto essere da nessun altra parte se non lì.
Non che la situazione permettesse di fare tanto altro, ma già poter stare insieme così, senza la paura che qualcuno li scoprisse, era fantastico.
All’improvviso Paola si alzò dal letto, Andrea non riusciva a capire cosa stesse facendo ma non ebbe tempo di chiederglielo che lei si rinchiuse in bagno.
“Va tutto bene?” chiese poco dopo affacciandosi alla porta vedendola con la testa china sul wc e non ottenendo risposta si avvicinò per controllare la situazione.
“Potrebbe andare meglio...” rispose lei infine prima dell’ennesimo conato “ce la posso fare, tu vai se vuoi...”.
“Okay....” le rispose, ma prima che lei potesse protestare le si mise accanto tenendole la testa per aiutarla “non mi pare il momento per protestare, e comunque, anche se tu lo facessi, non ti lascerei certo da sola...”.
Venti minuti più tardi la nausea sembrava averle dato tregua ma decise di non tornare a letto, perciò Andrea dopo aver sistemato un asciugamano per terra, la fece stendere facendole posare la testa sulle sue gambe.
“Paola, tu scotti, lo sai vero?” le disse infine mentre le carezzava gentilmente i capelli.
“Mmmmh...” rispose lei sonnecchiando “lo so, sto facendo il solito sogno che faccio quando mi viene la febbre alta...”.
“Poi me lo racconti...” rispose lui “ ora però torniamo a letto prima che aumenti troppo, poi vado a prepararti un the caldo, misuriamo la febbre e decidiamo il da farsi okay?”
Paola non rispose, si era riappisolata e senza troppa fatica lui la prese in braccio e riuscì a portarla fino al suo letto, per le spiegazioni riguardo al perché non fosse nella sua stanza ci sarebbe stato tempo e avrebbe fornito una scusa che fosse almeno vagamente plausibile.
 
Scese giù in cucina, il brindisi era finito e chi non era di turno si era spostato nella sala comune per fare quattro chiacchiere.
- Meglio- pensò –così non corro il rischio di dover rispondere a diciotto milioni di domande-
Mentre il bollitore andava si trovò davanti Leo che lo squadrava attentamente in cerca di conferme ai suoi quesiti ma Andrea lo fermò subito informandolo delle condizioni di Paola.
“E ora?”.
“E ora niente, vediamo un po’ com’è la situazione” rispose Andrea “e poi nel caso o chiamiamo Gioia e ci facciamo consigliare un po’ sul da farsi, oppure la trascino di peso in ospedale anche se protesterà in ogni modo, certo è che non può stare così...”.
Il responso del termometro fu chiarissimo: 40.6 e il fatto che non riuscisse a tenere niente nello stomaco di certo non aiutava.
Mandò Leo a chiamare Gioia anche se sapeva che sarebbe stata di turno quella notte e magari stava riposando non potevano aspettare ulteriormente e di sicuro un parere un po’ più esperto poteva essere d’aiuto.
La ragazza arrivò subito e la lasciò a fare tutti gli accertamenti del caso mentre lui andava ad avvisare Capello che Paola sarebbe stata fuori gioco per un po’ e che probabilmente dovevano portarla in ospedale.
Quando entrò nell’ufficio comune non si accorse nell’immediato che era presente anche Palermo, che sentendo la notizia subito chiese ulteriori informazioni.
- Di cosa ti impicci?- avrebbe voluto chiedergli Andrea a muso duro – fammi capire, prima la lasci, non la consideri neanche e ora che sei capitato qui per puro caso pretendi di fare la parte del fidanzato premuroso?? Hai perso il treno un bel po’ di tempo fa caro mio!
Avvertito il maresciallo tornò di volata su nella sua stanza dove Gioia e Leo stavano parlando e lo misero al corrente.
“Andrea io la porterei in ospedale,” gli disse lei “se non altro le metteranno un accesso per l’idratazione e per fare la terapia endovenosa visto che al momento non trattiene niente nello stomaco e poi le faranno degli accertamenti per capire di che si tratta...”.
“Pensi potrebbe essere qualcosa di serio?”.
“Questo non so dirtelo purtroppo, però possiamo fare degli accertamenti...”.
“D’accordo,” concluse Andrea deciso “prendo la macchina e la porto in ospedale, meglio togliersi definitivamente questo dubbio...”.
“Okay, tu vai, io intanto avverto papà, così è tranquillo....”.

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Capitolo 3
*** Fuga al casale ***


 
 
Erano le sette e mezza del mattino quando rientrarono in caserma per prendere quanto occorreva per stare fuori due giorni cercando di fare il prima possibile così da evitare la marea di domande dei colleghi e furono decisamente fortunati perché trovarono solamente Sandro, che stava per smontare dal turno di notte e non era decisamente in vena di fare domande.
Li salutò mentre si apprestavano a salire le scale per poi vederli tornare giù meno di dieci minuti dopo con l’aria un po’ trasognata, di chi sta vivendo un po’ sulle nuvole.
Sarà la nottata assurda che hanno passato? Oppure quei due nascondono qualcosa?
Sandro non dice niente, li conosce molto bene ma soprattutto, non è cieco e fra se e se stava facendo i salti di gioia nel vedere che forse quei due irrequieti dei suoi amici erano prossimi ad un punto di svolta.
Arrivati fuori nel parcheggio Andrea carica le due borse in macchina e le dice che dovrebbero anche fermarsi a fare un po’ di spesa.
“Andrea non ti reggi in piedi, non pensi sia meglio dormire un po’ e alla spesa ci pensiamo oggi pomeriggio?” chiede Paola vedendo le sue occhiaie.
“D’accordo...” rispose Andrea trattenendo a stento uno sbadiglio.
“Sicuro che non vuoi che guidi io?”.
“Scordatelo, sbaglio o il medico ti ha detto che non ti devi strapazzare?”.
“Eh capirai!” ribattè prontamente lei “mezz’ora di guida cosa vuoi che sia! Però...”.
“Però niente!” concluse lui quasi seccato.
“Fammi finire almeno, visto che per una volta ti stavo per dare ragione!”.
Andrea non riesce a credere a quello che ha appena sentito e un sorriso si allarga sul suo viso.
Sta sognando oppure Paola per una volta gli ha dato ragione?
Quaranta minuti dopo finalmente arrivano al casale, non hanno fatto neanche colazione ma sono talmente stanchi che non ci fanno neanche caso,  tempo di entrare, posare le borse e subito si buttano sul letto matrimoniale vestiti così come sono, poiché non hanno neanche la forza di mettersi qualcosa di più comodo, giusto il tempo di abbassare la suoneria al cellulare, lanciarlo sul comodino e nel giro di poco si addormentano.
 
È quasi mezzogiorno quando Paola apre gli occhi per vedere che ore sono.
Prova a spostarsi un po’ ma sente qualcosa cingerle la vita e un respiro caldo che sfiora ritmicamente la sua nuca e impiega qualche secondo per capire che si tratta di Andrea.
Andrea che se la sta dormendo beatamente mentre la tiene stretta a se.
Paola non sa che fare, sa che se si muove troppo rischia di svegliarlo e visto che ha passato la nottata in bianco vegliandola in ospedale è l’ultima cosa che vuole, perciò riprende il suo posto, mette una mano sulla sua e ritorna a dormire.
Cerca di non farci troppo caso, ma deve ammettere, anche se non lo farà mai con lui, che sta dannatamente bene avvolta nel suo abbraccio e le è mancato questo stare così vicini ultimamente, visto che hanno trascorso la maggior parte del tempo a farsi le ripicche come i bambini.
Andrea si stiracchia mentre comincia ad aprire gli occhi per ambientarsi alla luce del sole che entra nella stanza quando la vede che dorme, rannicchiata vicino a lui e rimane come rapito da questa visione.
Certo, non è la prima volta che si svegliano insieme nello stesso letto, ma comincia seriamente a chiedersi come sarebbe svegliarsi così, con Paola che gli dorme vicina, ogni giorno per il resto della sua vita.
 
“Che ore sono?” chiede lei ancora ad occhi chiusi.
“Le quattro passate, buongiorno dormigliona!” le risponde Andrea con un grande sorriso mentre se ne sta ancora sdraiato sul letto  con la testa puntellata sul gomito per non perdersi la scena.
Paola comincia ad aprire gli occhi e ad orientarsi, era ancora un po’ intontita da tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore e le sue difese si erano abbassate ma non le dispiacque affatto trovare Andrea che la guardava cercando di cogliere ogni suo minimo movimento.
“Buongiorno!” rispose sbadigliando mentre si stiracchiava un po’.
“Come ti senti?” le chiese lui non staccandole gli occhi di dosso.
“ Come se mi fosse passato sopra un tir a dire il vero, ma che vuoi, il paracetamolo mi ha sempre fatto questo effetto!!!”.
Il pareceta... che??”.
“Paracetamolo Andrea, la Tachipirina insomma!!”.
“Ah ecco...non è che posso conoscere tutti i principi farmaceutici!”.
“Si lo so, ma non ti dimenticare che ho un padre farmacista,” rispose lei addolcendosi prima di dargli un bacio sulla guancia e cominciare ad alzarsi“e certe cose una volta che le impari non le dimentichi!”.
Si mise a sedere sul bordo del letto, e lentamente cominciò ad alzarsi così da diminuire le probabilità che la testa potesse girare.
“Va tutto bene?” chiese vedendola esitare un momento prima di dirigersi verso il bagno.
“Si” rispose lei “tranquillo, questa volta non andrò giù come una pera cotta, promesso!”.
Era ritornata la Paola di sempre, quella che prima di chiedere aiuto sarebbe stramazzata a terra ma era anche questa sua testardaggine camuffata da tenacia che la rendeva così irresistibile ai suoi occhi.
Così mentre lei era in bagno lui aveva dato un occhio alla dispensa per rendersi conto di cosa potesse essere necessario comprare; era talmente assorto che non si rese conto della sua presenza fintanto che lei non gli coprì gli occhi con le mani oscurandogli la vista.
“Vediamo...chi sei? Claudia? Francesca? Letizia?” chiese lui stando allo scherzo.
Paola rimase in silenzio per qualche altro istante lasciandolo continuare.
“Cretino!” gli disse infine ridendo.
“Cos’è Vitali, per caso stiamo diventando gelose?” rispose lui togliendosi le mani dal volto, trattenendole tra le sue e voltandosi ritrovandosi così uno di fronte all’altro.
“Certo...”concluse Paola con tono di sfida “come no, credici!”
Andrea non aggiunse altro, le diede un bacio sulla fronte e poi andò a darsi una sistemata.
 
Stavano mangiando un gelato passeggiando per le stradine del paese mentre stavano cercando di decidere cosa fare quella sera, visto che era sabato sera.
“Beh...” disse Andrea infine “ potremmo anche cenare in veranda e poi guardarci un film...”.
Paola non obiettò, non era in grado di sostenere una discussione troppo animata in quel momento, e conoscendosi sapeva che sarebbe arrivata a fine giornata esausta nonostante avesse dormito un sacco, perciò non voleva fare qualcosa di troppo impegnativo.
“Andata...andiamo a fare la spesa?!!”rispose infine.
Aveva fatto un caldo bestiale quel giorno e dovettero ammettere che poter cenare in veranda era veramente una cosa piacevole.
Andrea le aveva proibito categoricamente di affacciarsi in cucina fosse stato anche solo per sollevare un coperchio e vedere cosa c’era nella pentola, così non le restò che dedicarsi all’apparecchiatura.
“Guarda che il dottore non mi ha impedito di alzare un coperchio!” provò a protestare.
“Infatti. Te lo impedisco io!” rispose Andrea dalla cucina “Dovrai aspettare e fidarti di me una volta tanto!”.
Stava per replicare quando il suo cellulare cominciò a squillare.
Guardò il numero, fin troppo familiare e decise di rispondere seppur controvoglia.

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Capitolo 4
*** Chi ha paura degli aghi? ***


Arrivati in pronto soccorso fecero accomodare Paola su una barella e la misero in astanteria in attesa che arrivasse il suo turno di essere visitata dal medico.
Nel frattempo l’infermiera le aveva posizionato un accesso venoso iniziando così a somministrarle un po’ di soluzione glucosata, una buona dose di antipiretici per abbassare la temperatura e di antiemetici per contrastare la ricomparsa della nausea e ne aveva approfittato per prendere un paio di provette di sangue da mandare in laboratorio.
Andrea non l’aveva lasciata da sola un minuto anche se, quando vide l’infermiera armeggiare con l’agocanula vacillò un istante tanto che la donna gli chiese se avesse bisogno di un po’ d’acqua.
Paola che in quel momento aveva riacquistato per un istante la lucidità, si sforzò di aprire gli occhi sentendoli parlare.
“Ha...paura...degli aghi...” rispose Paola con voce impastata.
“Non si preoccupi signorina,” rispose l’infermiera “sentirà solo un pizzico, non le farà male!”.
“Lui...” concluse la ragazza “non io...”.
L’infermiera si mise a ridere e dopo essersi assicurata che Andrea non sarebbe andato in terra riprese ad occuparsi di Paola.
“Ecco fatto!” concluse l’infermiera prima di allontanarsi.
Quattro ore più tardi, Paola si svegliò, si sentiva meglio, vide che Andrea si era appisolato posando la testa vicino alla sua mano e istintivamente gli passò le dita tra i capelli.
 “Ehi...” le disse Andrea mettendosi seduto con lo sguardo di chi si è appena svegliato.
“Ehi...” rispose lei.
“Come ti senti?”.
“Un po’ acciaccata ma sto meglio, tu?”.
“Benissimo” rispose e poi si fece più vicino per abbracciarla.
“Lo vedo, non sei andato giù come una pera cotta quando hai visto gli aghi, “ gli disse lei con un sussurro vicino all’orecchio “direi che è già un passo avanti, no?”.
“Non li nominare, grazie!” poi si guardò un attimo intorno  e una volta certo che nei paraggi non ci fosse qualcuno che potesse riconoscerli la baciò.
Lei aveva un’aria felice, sognante, certa che non fosse solo perché era ancora un po’ frastornata dai medicinali ma perché l’aveva presa in contropiede.
 
Quando le consegnò i fogli per la dimissione il medico fu chiarissimo.
“Mi raccomando signorina, non si strapazzi e soprattutto si faccia i quattro giorni di riposo assoluto che le ho ordinato...”.
Paola voleva protestare, ma Andrea la anticipò.
“Non si preoccupi dottore,” rispose “controllerò io che non si strapazzi, glielo assicuro!”.
-Eccoci- pensò Paola –così ora non potrò neanche alzarmi dal letto senza che brontoli!-
Lo fulminò con lo sguardo dopo che il dottore li aveva congedati e lui per poco non si mise a ridere.
“Che c’è?” chiese Andrea con un grande sorriso come se le avesse letto nel pensiero.
“Cosa vuol dire che ci penserai tu?” rispose lei infastidita “Non crederai che me ne stia davvero senza fare niente per quattro giorni!”.
Andrea se l’aspettava, sapeva che avrebbe fatto come al solito il bastian contrario e decise di batterla sul tempo.

Mentre lei dormiva, Gioia era passata a vedere come stava portando un bicchiere di caffè ad Andrea che ne aveva decisamente bisogno e ne approfittò per proporgli la sua idea.
“Perché non la porti qualche giorno al casale dei miei?” gli disse di getto.
“Come?” rispose Andrea che stava quasi per strozzarsi con il caffè.
“Dai Andrea, si vede lontano un miglio che vi state rincorrendo...” proseguì la ragazza sicura di aver colto nel segno “e sai benissimo anche tu che se Paola ritorna in caserma, non riuscirà a starsene lontana dal lavoro per più di ventiquattro ore, e non è esattamente quello che le serve adesso, perciò, perché non cogliere la palla al balzo?!”.
“E con tuo padre come la mettiamo? Di certo non posso darmi malato pure io lasciando altri turni scoperti senza così poco preavviso !” continuò Andrea anche se doveva ammetterlo, Gioia gli aveva appena messo una bella pulce nell’orecchio.
Così aveva parlato con Capello che si era dimostrato decisamente comprensivo dandogli due giorni di riposo visto che avrebbe fatto nottata in ospedale e facendolo rientrare in turno il pomeriggio del terzo giorno.
“Ovviamente Ferri, tieni il telefono acceso “ gli aveva detto il maresciallo anziano “nel caso avessimo bisogno così ti posso contattare subito...”.
Perfetto, il più era andato, ora non restava che la parte più tosta. Convincere Paola.
 
“Cosa?” chiese lei una volta sentita la proposta di Andrea.
“Semplice, io e te, al casale di Capello, per quarantotto ore filate di totale relax” rispose lui con molta nonchalance “allora, che ne pensi?”.
Paola stava ancora riflettendo cercando di metabolizzare la sua proposta, chiedendosi se parlasse seriamente o fosse solamente l’ennesimo dei suoi scherzi. Sapeva benissimo che se fossero restati da soli per tutto quel tempo la situazione sarebbe sicuramente degenerata. Piacevolmente degenerata. Ma la vera domanda che la turbava era un’altra. Era pronta?

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Capitolo 5
*** Se telefonando... ***


Scoprì così che Tom si sarebbe trattenuto a Città della Pieve per l’intera durata del corso di aggiornamento che si teneva a Chiusi,approfittando del suo vecchio appartamento e non si meravigliò quando lui le chiese se una sera potevano uscire insieme come due vecchi amici che si rivedono dopo tanto tempo. Se lo aspettava visto che quando aveva fatto il suo ingresso in salotto il giorno prima non le aveva tolto gli occhi di dosso.
“C’è una cosa importante di cui vorrei parlarti Paola,”le disse senza aggiungere altro “ci terrei davvero tanto...”.
“Tom io...” provò a replicare cercando di non fargli percepire il suo imbarazzo.
Come spiegargli che ormai per lei è un capitolo chiuso e archiviato, che ha letteralmente perso la testa per un tipo coi capelli sempre scompigliati e due occhi che in confronto due calamite sono niente?
“Ne riparliamo, tu pensaci, okay?!” le disse prima di concludere la telefonata.
“D’accordo, ma non ti assicuro niente. Ciao” concluse lei senza tanti complimenti.
Richiuse il telefono e andò in giardino, così da riordinare le idee senza che Andrea se ne accorgesse.

Stava ancora gironzolando avanti e indietro quando il telefono squillò di nuovo.
“Che c’è ancora?” sbottò Paola seccata.
“Ciao anche a te eh!” rispose Luigi dall’altra parte del telefono “Scusa se t’ho chiamata per sapere come stavi, la prossima volta non lo faccio più, promesso!”.
“No, Lu, scusami è che...” provò a scusarsi.
“Si, lo immagino, hai avuto decisamente una giornataccia e non hai voglia di parlarne!”.
“Non è questo, credimi, ho appena finito una conversazione con qualcuno che non mi sarei mai aspettata e la sto ancora metabolizzando...”.
“E’ per caso quel tipo che è passato ieri?” chiese Luigi incuriosito.
“Esatto...”.
“E Andrea che dice?”.
“Lu, no. Frena immediatamente!”.
“Cosa?”.
“Sento lo scricchiolio dei tuoi pensieri. Non è come pensi!”.
“Riguardo ad Andrea o riguardo al tipo? Perché nel primo caso oramai non la date a bere a nessuno, come pensi che passi inosservata la mancanza di entrambi?!?! Se invece si tratta di mister simpatia, perché ammettilo, io non lo conosco ma mi da l’idea che sia ancora più musone di me,” continuò lui ignaro che con quest’ultima affermazione le aveva strappato un grande sorriso “non vorrei dirtelo mia cara, ma la cosa non mi quaglia e lo sai com’è...”.
“Si, lo so,” concluse Paola riuscendo a stento a trattenere una risata “ se la cosa non gli quaglia, difficilmente Testa si sbaglia! Mi sa che dovrò farti stampare questo slogan su una t-shirt e regalartela per Natale!!!”.
“Ahahah, spiritosa Vitali, davvero!” rispose lui mentre immaginava la scena “tu come stai invece?”.
“Non male anche se mi hanno riempita di farmaci e non è che faccio esattamente i salti di gioia...”.
“Il che ammettilo, per la figlia di un farmacista rasenta quasi il colmo!”.
“Ahahahah, spiritoso Testa, davvero!”.
“Vabbè bimba, devo salutarti, son di pattuglia con Mura, altrimenti chi lo sente, ci vediamo lunedì pomeriggio, d’accordo? Salutami Romeo...”.
“D’accordo te lo saluto, allora buon lavoro Lu, grazie per la chiamata!”.
“E di cosa, riposati mi raccomando, e vedi di non divertirti troppo, ci siamo capiti?”.
“Comandi brigadiere!” lo canzonò lei “e non la prendere come insubordinazione ma, ti voglio bene testone di un Testa che non sei altro!”.
“Anche io, bimba, anche io!” le disse prima di richiudere la telefonata.
 
Andrea nel frattempo, non sentendola più trafficare in veranda si era affacciato, l’aveva vista andare avanti e indietro mentre gesticolava con le mani parlando al telefono ma non riusciva a capire se fosse contenta o meno e decise che dopo cena glielo avrebbe domandato.
La cena che aveva preparato era veramente qualcosa di eccezionale, dall’inizio alla fine; Paola aveva una fame veramente da lupi e lui (di proposito forse?) le aveva preparato tutta una serie di cose che le piacevano un sacco, partendo dalle bruschette con il pomodoro tagliato a cubetti, passando per una buonissima pasta cacio e pepe, e arrivare agli spiedini con prosciutto crudo, melone e mozzarella.
Mentre mangiavano sorseggiavano un bicchiere di buon vino bianco, fresco e frizzantino.
“Che c’è?” chiese Andrea guardandola.
“Niente!!” rispose lei con un grande sorriso, ”è tutto buonissimo!”.
“Mi fa piacere! Ti va un altro pò di vino?”.
“Cos’è Ferri, per caso sta cercando di farmi prendere una ciucca stratosferica?!”.
“Chi? Io? Può darsi...ma non lo saprai mai!”.
“Ahahahah spiritoso!”.
“Vedo che la solita vena polemica è ritornata, devo supporre che tu stia davvero meglio!” concluse lui divertito.
“Può darsi...” rispose lei citandolo “ma non lo saprai mai!”.
“Ehi...la vuoi finire di citarmi?!”.
“D’accordo...e mi dica Ferri, in questo suo delirio culinario ha preparato anche il dolce?”.
“E lo chiedi anche?!? Che donna di poca fede...” rispose Andrea prima di alzarsi “dammi due minuti e lo scoprirai!”.
Sparì in cucina per ritornare cinque minuti dopo con due piatti con al centro dei canestrini di cialda con la crema chantilly, le fragole e qualche scaglia di cioccolato fondente.
Paola era senza parole... se voleva prenderla per la gola c’era riuscito alla grande e poiché i bicchieri di vino cominciavano a farsi sentire, si sentiva molto più rilassata del solito.
“Che c’è?” chiede vedendo che la sta fissando.
“Ti piace?”.
“E’ veramente buono! Non sapevo che tu sapessi cucinare così bene...”.
“Questo perché non me ne hai mai dato occasione... sai,” le disse sfoderando un sorriso sghembo di quelli che gli riuscivano particolarmente bene “ ci sono ancora tante cose che non sai di me e probabilmente è una di queste!”.

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Capitolo 6
*** Gelosia e curiosità ***


“Chi era prima al telefono?” chiese infine mentre stavano lavando i piatti.
“La prima era Tom...” rispose lei imbarazzata “la seconda era Luigi, che tra parentesi ti saluta...”.
Andrea se lo immaginava. Anche senza sentire la conversazione aveva  subito avuto la sensazione che non fosse esattamente una telefonata gradita e sentì come una fitta di gelosia mista a curiosità. Che diamine voleva ancora quello?
La vide asciugare lo stesso piatto per cinque minuti di fila persa nei suoi pensieri e provò a richiamarla.
“Sicura che vada tutto bene?”.
“Si...” disse cercando di non dare a vedere che cosa le passasse veramente per la testa anche se avrebbe risposto volentieri che non andava per niente bene.
 
Non c’era una nuvola in cielo quella sera e i due ne approfittarono per osservare le stelle mentre chiacchieravano sdraiati sull’amaca in giardino.
Andrea lo maschera dietro la solita espressione scanzonata, ma vedere che stavolta è lei a rispondere per monosillabi lo fa stare ancora peggio.
Così senza dire niente la abbracciò tenendola stretta a se.
“Cosa voleva Luigi prima?” le chiese cercando di introdurre l’argomento anche se la domanda che voleva fare era un’altra.
“Niente di che... solo sapere se ero ancora viva, tutto qui...”.
“Ah...”.
“Già...” rispose lei descrivendo dei piccoli cerchi sulla sua pelle con le dita “ma non è questa la domanda o sbaglio?”.
“Infatti, hai davvero un ottimo intuito...” rispose Andrea canzonandola intrecciando le dita con le sue “sai che potresti essere un bravo carabiniere?”.
“Tu dici eh?” proseguì Paola prima di baciarlo ma lui la fermò, posandole un dito sulle labbra.
“Non ci provare, non cercare di cambiare discorso...” le disse “ti conosco Paola, e proprio perché ti conosco so che c’è qualcosa che ti preoccupa di cui non vuoi parlarmi...”.
“Cosa vuoi sapere?”.
“Perché dopo aver parlato al telefono con quel tipo, Palermo, avevi una faccia strana...”.
Paola fece una pausa e poi decise di sputare il rospo, consapevole che in un modo o nell’altro, Andrea ci sarebbe riuscito comunque.
“Perché mi ha chiesto di uscire una sera per fare quattro chiacchiere...” rispose lei cercando di scorgere le sue reazioni “e penso proprio che accetterò, per il semplice gusto di mettere le cose in chiaro una volta per tutte...”.
Andrea si irrigidì ma decise di lasciarla proseguire.
“Provi ancora qualcosa per lui? In tutto questo tempo che ci conosciamo non ne hai quasi mai fatto parola direttamente...” le chiese infine.
“Ero arrivata da poco a Città della Pieve e per i primi tempi è stato tutto tranne che amichevole essendo fermamente convinto che l’accesso delle donne all’Arma non fosse una cosa così positiva come la volevano far sembrare...” rispose “poi col tempo si è ricreduto, siamo diventati un po’ meno prevenuti l’una nei confronti dell’altro fino a che non ci siamo resi conto che c’era anche dell’altro...”.
“E come mai non è durata?”.
“Vediamo... probabilmente perché ha preso a fare il cascamorto Gioia mentre diceva di voler uscire con me...” proseguì con calma “e lo sai che se provocata riesco ad essere molto gelida con le persone...”.
“Eccome se lo so...” rispose lui ripensando a tutti i silenzi  e le incomprensioni che c’erano state dopo che avevano passato quella notte insieme “non te la prendere ma quando ti ci metti sei veramente ostinata!”.
“Senti chi parla!”  disse lei tirandogli un pizzicotto “Come se tu fossi quello che non si picca mai!”.
“Ehi!!” ribatté Andrea “ti ricordo che non è di me che stiamo parlando, e quindi?”.
“Quindi cosa? Vuoi sapere se provo ancora qualcosa?”.
Andrea non disse nulla e poiché l’ultima cosa che voleva è che quel testone si facesse strane idee decise di vuotare il sacco definitivamente accettando le eventuali conseguenze.

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Capitolo 7
*** Confessioni ***


Andrea stava trattenendo il fiato e non se ne era neanche accorto.
“La risposta è no...” la sentì rispondere dopo un istante che gli era sembrato durasse un’eternità “ un tempo forse, ma adesso ho per la testa qualcun altro e anche se tornasse alla carica ci prenderebbe dieci!”.
Non ebbe bisogno di sentire altro, lei lo stava guardando con due occhi così ricolmi di amore che persino un cretino si sarebbe accorto che stava parlando di lui.
“E posso sapere chi è costui?” chiese stando al gioco visto che lei non aveva aggiunto altro “in quanto tuo superiore lo sai che devo essere informato...”.
“Cretino...” rispose Paola prendendogli il volto tra le mani  prima di baciarlo “devo anche risponderti?”
“Beh..sai com’è, una conferma in più non fa mai male!” le rispose Andrea con un sorriso che andava da parte a parte.
E poi non ci fu spazio per altre parole, furono i loro cuori a parlare.
Presero a baciarsi, seriamente stavolta e poiché l’amaca per quanto spaziosa, non era il massimo della comodità,  Andrea si alzò, le porse la mano e la fece scendere.
Avvinghiati arrivarono fino al letto dove la fece sdraiare, cominciarono a spogliarsi a vicenda e Paola si rese conto che quello che provava per Andrea non l’aveva mai provato per nessun altro.
 
Le sei e mezzo del mattino e la luce comincia a far capolino attraverso le tende di lino bianche.
Andrea si sveglia, Paola è ancora lì tra le sue braccia che dorme beatamente coi capelli tutti scarruffati e un sorriso stampato in volto.
Cerca di alzarsi facendo il più piano possibile e va in cucina a preparare la colazione.
E’ talmente contento che mentre traffica per preparare il tutto comincia a cantare le canzoni dello zecchino d’oro e non si accorge che Paola lo sta osservando sulla porta prima di raggiungerlo ed abbracciarlo da dietro cingendogli la vita con le braccia.
“Buongiorno” gli dice posando un bacio sulla schiena.
“Buongiorno...che ci fai già in piedi?”.
“Ero venuta a cercarti...”.
“Cos’è, ti mancavo già?!” chiese mentre continuava a darle le spalle.
“Probabile,” rispose lei roteando gli occhi “ma non montarti troppo la testa...”.
“Ho quasi fatto, due minuti e ti raggiungo a letto d’accordo?”.
Paola gli diede un pizzicotto sul fianco dopo aver sciolto l’abbraccio e tornò in camera.
-Colazione a letto...wow!- pensò mentre si sedeva sul letto –mi vuole proprio viziare!-.
Lo vide affacciarsi con in mano un vassoio  con sopra due tazze di caffè e le fette biscottate imburrate con sopra la marmellata di fragole.
Così finirono in fretta di fare colazione, nonostante il caffè bello forte con il quale solitamente danno inizio alla giornata, non hanno la benché minima intenzione di mettere il naso fuori dal letto.
“Cosa hai intenzione di fare con Palermo?” chiede ad un certo punto Andrea, sdraiato a pancia in giù mentre Paola vaga sulla sua schiena con le dita, partendo dal fondo per arrivare fino alla base del collo.
“Penso che ci uscirò...” rispose lei cercando di cogliere qualche cenno di una sua reazione.
Andrea non dice niente e non importa essere un genio per capire che la cosa lo fa veramente diventare verde dalla rabbia, cosa prevedibile considerando quanto poco gli basti per essere geloso e Paola cerca un modo per farsi perdonare.
Si sdraia su un fianco vicino a lui senza dire niente, comincia a posare piccoli baci sulla sua spalla per poi arrivare a strusciare il naso vicino all’orecchio dove sa che soffre il solletico.
“Questo si chiama giocare scorretto...” le dice infine non riuscendo più a restare indifferente, poi si gira e in un istante le è sopra e se ne sta a cavalcioni tenendole i polsi fermi.
“Tu dici eh?” rispose lei cercando di svincolarsi.
Continuano a lottare per qualche minuto fino a che non prendono a fare sul serio, avvolti dalle ali della passione fino ad essere una cosa sola.
“Non voglio che tu vada...”le disse poi Andrea mentre la teneva stretta a se.
“Andrea, è solo una cena...” rispose lei prima di baciarlo senza dargli il tempo di obiettare “perché ti
preoccupi?”.
“Io non mi preoccupo,però...”.
“Però sei geloso...” concluse lei un po’ lusingata “ed è qui che sbagli...quante volte ancora dovrò ripeterti che non provo più niente per lui dato che il mio cuore è stato letteralmente rubato da un testardo uomo geloso ma dannatamente carino che peraltro conosci molto bene? ”.
“Hai ragione... non ho niente di cui preoccuparmi, però di fatto sono geloso e non posso farci niente....”.
Paola lo rassicurò ancora una volta ma nonostante le perplessità di Andrea era ben decisa ad andare a cena con Tom, se non altro per dare una possibilità alla pace e sentire cosa aveva da dirle.

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Capitolo 8
*** Progetti ***


“Come facciamo in caserma? Se ci beccano è la volta buona che ci dividono per incompatibilità ambientale...”  gli chiese Paola mentre gli accarezzava i capelli.
“Come abbiamo fatto fino ad ora...”.
“Vuoi dire punzecchiarsi e girarsi attorno ventiquattr’ore al giorno?”.
“No...”rispose lui “...intendo dire che non è una cosa che devono per forza sapere, è una cosa nostra, mia e tua e di nessun altro!”.
Paola lo abbracciò provando a replicare ma Andrea fu molto convincente nell’esporre le sue motivazioni.
Stava ancora esponendo non a parole le sue ragioni quando il suo telefono prese a suonare incessantemente.
“Lascialo suonare...” le disse “prima o poi si stuferanno!”,
“Devi rispondere...”gli rispose lei prima di baciarlo vedendo che il telefono non dava cenno di voler smettere di suonare “Capello ha detto di essere sempre reperibile, magari è proprio lui...”.
Andrea sospirò, spostò un braccio verso il comodino sporgendosi sopra Paola e rispose alla chiamata.
Paola non riusciva a sentire che cosa si stessero dicendo però lo vide farsi serio.
“Ho capito...mezz’ora e arrivo” disse prima di chiudere la telefonata.
“Cosa volevano?!”.
“Devo firmare dei verbali che avevo lasciato sulla scrivania e consegnarli al magistrato così che possa procedere....”rispose Andrea sbuffando “non posso non andare...”.
“Mmmmh...”mugugnò Paola.
“Lo so” rispose lui mettendosi a sedere sul bordo del letto “facciamo così... Vado e torno in un battibaleno e stasera non ci sono per nessuno, anche a costo di staccare il telefono!”.
“Già meglio” rispose lei arrivando ad abbracciarlo da dietro “cerca di tornare prima che puoi...”.
 
Erano quasi le sette di sera quando Andrea tornò a casa.
“Paola sono tornato!” disse entrando posando il cappello e le chiavi della macchina sul tavolino vicino alla porta..
Lei si affacciò dalla cucina e andò a salutarlo.
“Ciao!” gli disse buttandogli le braccia al collo  vedendolo stanchissimo “com’è andata?”.
“Montagne di fogli,”rispose lui prima di darle un bacio a fior di labbra “ormai posso firmare qualsiasi cosa in automatico...”.
“Ho ordinato la pizza per cena, può andare bene?” proseguì lei mentre cominciava a sbottonargli la camicia
“Certo che si, “ disse Andrea lasciandola fare “vado a farmi una doccia intanto...”.
Andrea andò a farsi una doccia per togliersi di dosso tutta la tensione accumulata in qualche ora e tornò in salotto con indosso i jeans corti, una t-shirt viola e gli infradito.
Paola nel frattempo, in attesa che arrivassero le pizze aveva cominciato ad apparecchiare quando lo vide avvicinarsi coi capelli ancora bagnati per poi,  dopo averla abbracciata da dietro, andare a strusciare con la punta del naso sulla nuca, che sapeva essere un punto sensibile per farle venire i brividi.
“Va meglio ora?” chiese senza far caso ai brividi che le percorrevano tutta la schiena.
“Molto meglio” rispose lui facendola voltare “ ora che sono qui con te!”.
La sera sarebbe stata solo per loro e non avrebbe tollerato telefonate nel cuore della notte salvo casi veramente urgenti, Andrea era stato ben chiaro e confidava che Leo e Luigi, con i quali aveva parlato quella mattina in caserma lo aiutassero.
Proprio Luigi che non appena lo aveva visto entrare in ufficio era rimasto stupito, e una volta rimasti da soli gli chiese come stessero andando i giorni di riposo.
“E dimmi, Romeo, come sta la nostra mezza malata?” gli aveva detto ridendo.
“Romeo a chi?”.
“Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?” rispose Luigi.
“Vabbè Testa, quando torni in te fammi un chiamo eh?!” concluse Andrea tirandogli un cazzotto amichevole sulla spalla.
“Io sono sempre in me caro il mio Romeo, giusto per la cronaca la rincorsa è finita?”.
Andrea capì a cosa si riferiva il collega e fece un cenno con la testa consapevole che oltre ad essere stato un cretino ad essere geloso,  se lui e Paola si erano riavvicinati era anche merito di Luigi, che aveva fatto notare ad entrambi che a volte bisogna mettere da parte l’orgoglio.
“Era anche l’ora! Caffè?”.
“E lo chiedi pure?”.
 
La sera stavano guardando un po’ di televisione semi sdraiati sul divano, Paola era seduta tra le gambe di Andrea appoggiata con la schiena sul suo petto e circondata dalle sue braccia che la tenevano stretta.
Stava talmente bene rannicchiata così contro di lui, come se fosse stata lì da sempre e pensò che era stata un’idiota totale a tenerlo lontano dopo che erano stati insieme quella prima notte.
Alzò una mano e andò ad accarezzargli i capelli con un gesto gentile e lui le baciò il palmo.
“Sicuro di stare comodo?” chiese infine.
“Mai stato meglio...” rispose lui dandole un bacio sulla spalla “sul divano, alla fine di una giornata vagamente fuori di testa, con una bella ragazza tra le mie braccia, potrei chiedere di più?”.
“Ah boh...se non lo sai tu!” rispose Paola prendendolo in giro.

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Capitolo 9
*** A rigor di logica ***


Sono le quattro del mattino e  Paola e Andrea sono abbracciati e stanno riprendendo fiato dopo aver fatto l’amore per l’ennesima volta.
Hanno entrambi un sorriso a cinquantasei denti e Andrea ha ancora quell’aria trasognata che ha sempre quando lei gli è vicino.
Poi così, come se niente fosse, si puntella su un gomito e continua a guardarla.
“Mi stai fissando...” gli fa notare Paola.
“Ti amo” le risponde Andrea cogliendola alla sprovvista.
“Ti amo anche io...” risponde lei e un grande sorriso appare sul volto di Andrea, non perché non sappia quello che prova nei suoi confronti ma perché per una volta è stata diretta e non si è trincerata nei suoi pensieri.
“E mi faccia capire una cosa signorina...”.
“Sono tutta orecchie”.
“Quindi...se io amo lei e lei ama me, direi che a rigor di logica potremmo anche dire che stiamo insieme, no?!?”.
“Esatto, direi che non fa una piega, a rigor di logica ovviamente!”.
“Ovviamente...”
Andrea fece per avvicinarsi e baciarla ma lei lo fermò posandogli due dita sulle labbra.
“Il che mi permette di metterti in guardia caro mio, “gli disse infine “ se fai il cretino con qualcun’altra ti stacco quella tua bella testolina e lo sai bene che ne sarei capace perciò...”.
“Fammi indovinare, uomo avvisato mezzo salvato?!” rispose lui  quasi ridendo spostando le due dita.
“Bravo Ferri, vedi che stai quasi diventando bravo ad anticipare le mie battute?!”.
“Ti conosco, mia cara Vitali, ti conosco!” concluse Andrea prima di anticiparla sul tempo e baciarla.
 
Il lunedì pomeriggio arrivò a passo spedito portando con se l’ora del rientro in caserma.
Durante il viaggio di tanto in tanto, quando sono fermi a qualche semaforo si tengono per mano e giocano a schiaccia pollice, che più che un gioco, è una scusa come un’altra per tenersi per mano e farsi due coccole.
Sanno che ora comincia la parte difficile, gli altri come minimo se ne sono accorti già da tempo, come le aveva detto Luigi, era un po’ difficile che la contemporanea mancanza di entrambi passasse inosservata, e che come mettevano piede in caserma avrebbero dovuto far finta di niente visto che il regolamento era molto più che chiaro. Niente relazioni personali tra colleghi diceva, e loro non solo erano colleghi, ma avevano anche una relazione sentimentale.
Perfetto, se qualcuno più in alto di Capello se ne fosse mai accorto erano fritti, come minimo li avrebbero mandati uno sullo Stelvio e l’altra a Lampedusa. C’avevano pensato, non erano così scellerati, o per lo meno non così eccessivamente, ma poi avevano deciso che se ne sarebbero fregati perché riguardava loro due e basta, Paola e Andrea come tali, come un uomo ed una donna qualunque che stavano insieme e si amavano, non come due che lavorano insieme e che vanno costantemente contro il regolamento rischiando grosso.
Arrivarono in caserma, scaricarono i borsoni e si avviarono verso l’entrata posteriore e una volta entrati nel corridoio, Andrea cominciò a guardarsi intorno.
“Che stai facendo?” chiese Paola incuriosita. –Non c’è che dire- pensa poi tra se e se cercando di capire cosa stia facendo– certe volte Andrea è veramente strano!-.
Sta ancora cercando di capire cosa fa quando se lo ritrova davanti che senza tanti permessi, si avvicina e la bacia.
“Tu sei completamente andato!” gli risponde poi una volta separatisi.
Andrea non disse niente, sfoderò il sorriso sghembo che gli riusciva ogni volta così bene e riprese a camminare.
Stavano andando verso le scale per poter salire in camera a cambiarsi prima di prendere servizio quando Capello fece capolino dal suo ufficio.
“Ah Ferri!” disse avvicinandosi “vieni un attimo nel mio ufficio??”.
Così venne intercettato dal maresciallo anziano e dovette andare nel suo ufficio con ancora addosso gli abiti borghesi senza poter seguire Paola al piano superiore.
 
Andrea uscì da quello che era anche il suo ufficio poco dopo e pensò che era bastato poco per tornare alla vita di sempre. Stava salendo le scale per andare a cambiarsi quando incrociò Paola sul pianerottolo, già con la divisa indosso, che stava scendendo per cominciare il suo turno.
“Che cosa voleva Capello?”chiese Paola un po’ preoccupata.
“Niente di che, voleva solo dirmi che stasera son di pattuglia con Luigi...”.
“Non hai neanche fatto in tempo a mettere piede qui dentro che già sei di pattuglia eh?”.
“Già... e io che già pregustavo una serata di coccole...”.
“Puoi sempre chiedere a Luigi per quelle...”.
“Ahahah, spiritosa...”.
“Okay, allora ne approfitto per fare quella cosa, così non ci penso più...” rispose Paola alludendo alla cena con Tom.
Andrea fece una smorfia, non era molto contento che lei ci uscisse, però cercò di vedere il lato positivo, in ogni caso quella sera non sarebbero usciti insieme comunque, almeno si sarebbe tolta il dente non pensandoci più.
“Va bene, io vado un po’ su a dormire, mi chiami quando rientri dalla cena?”.
“Promesso, vai adesso, che sennò faccio tardi!”.
Andrea la lasciò andare, poi si riavvicinò, le diede un leggero bacio a fior di labbra e poi se ne andò verso il piano di sopra.

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Capitolo 10
*** Cena ***


 
Pizzeria “da Gemma”, nove della sera. Paola e Tom sono seduti ad un tavolo in attesa delle loro pizze e l’imbarazzo fra i due si può quasi tagliare con un coltello.
Parlano un po’ del più e del meno fino a che Paola non decide di chiedergli per quale motivo siano li.
“Lo so che non è facile ma volevo  comunque ringraziarti per essere qui stasera e approfittarne per chiarire un po’ di cose...” disse Tom e lei non lo interruppe “ volevo scusarmi, so di essere stato uno stronzo a suo tempo...”.
“Te lo stai dicendo da solo...” rispose Paola “però anche io ho fatto del mio meglio permettendoti di esserlo...”.
“Esatto... non perché abbia molta importanza adesso, ma mi spieghi perché così di punto in bianco hai smesso di parlarmi?”.
“Forse perché ti ho visto mentre baciavi Gioia?”.
“Per la cronaca, Gioia mi ha baciato quando siamo andati a trovare Capello in ospedale non prima, comunque...”.
“Senti Tom, tanto è inutile che ci giriamo intorno, mi spieghi perché hai insistito perché ci trovassimo qui stasera?”.
“Perché vorrei mettere in ordine le cose della mia vita visto che stanno per cambiare ancora una volta!”.
“Cioè?”.
“Vorrei che io e te potessimo tornare ad essere amici o almeno, quello che eravamo prima del mio trasferimento...”.
“Tom, io... io non ti amo!”.
“Paola,” gli rispose lui percependo il suo disagio “neanche io ti amo tranquilla, respira! Vorrei poter solo recuperare il nostro rapporto di amicizia, così da avere una faccia amica con cui poter fare quattro chiacchiere qui in paese visto che ci resterò per tutta la durata del corso di aggiornamento!”.
Paola riprese a respirare tranquillamente e chiacchierarono di quello che è successo nel periodo dopo il trasferimento di Tom.
Nonostante Tom non rientri esattamente nelle sue frequentazioni preferite lo deve ammettere, chissà come è meno scorbutico di quanto si ricordasse, è allegro, sorridente e soprattutto felice e la cosa rende la cena quasi piacevole.
Finito di cenare andarono a fare un giro per il paese e ne approfittarono per continuare a chiacchierare.
“Allora, come mai sei così contento? Io ti ricordavo più scorbutico in effetti!”.
“Ah grazie eh!?”rispose lui quasi ridendo “ comunque hai ragione, sono meno scorbutico di un tempo, chissà, forse sto invecchiando, o forse è perché ci sono grandi novità...”.
“Ovvero?!” chiese Paola incuriosita.
“Tra un mese e mezzo mi sposo, lei si chiama Elena, è di Perugia e fa la logopedista...”.
“Tom è bellissimo!”.
“Ma non ti ho detto ancora tutto... stiamo per avere una bambina!”.
“Tom che mi diventa papà, e chi l’avrebbe mai detto! Sono felice per te, davvero!”.
 
Andrea intanto è di pattuglia con Luigi, e stanno chiacchierando mentre sono in macchina.
Luigi nonostante sia solitamente taciturno, ora che si trova a stretto contatto con Andrea è improvvisamente curioso come una scimmia e riesce a farsi raccontare quanto accaduto nei giorni precedenti.
Quando lui gli dice che Tom si è rifatto vivo e che in questo momento Paola sta cenando con lui per poco non si sente male.
“Ecco perché quando mi ha risposto al telefono era scocciata,” disse pensando ad alta voce “aveva appena chiuso una telefonata con l’idiota e pensava che fossi lui!”.
“In effetti era un po’ strana quando è rientrata in casa...”confermò Andrea ripensando alla scena.
“Tu come fai piuttosto, a non essere geloso marcio come tuo solito?”.
“E chi ti dice che io non lo sia?” rispose lui “Voglio avere fiducia in Paola stavolta per non ripetere il solito errore, la mia gelosia nei tuoi confronti me l’ha quasi fatta perdere, non voglio che accada di nuovo.”.
“Era anche l’ora sai?” concluse Luigi “Difendi ciò che è tuo ma non permettere che la gelosia la faccia da padrone facendoti vedere mostri dove non ci sono!”.
Andrea era sceso dalla macchina per sgranchirsi un attimo quando svoltando sulla piazza non volle credere alla scena che si stava ritrovando davanti.

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Capitolo 11
*** Difendo ciò che è mio ***


Paola  e Tom stavano parlando stando vicini, poi lui le aveva detto qualcosa, lei lo aveva guardato stupita e l’aveva abbracciato.
Se lo sarebbe dovuto aspettare, figurarsi se quel cascamorto non ci provava. Ma lei, lei perché lo aveva abbracciato?
Avevano appena sciolto l’abbraccio quando Paola alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi che in quel momento stavano lanciando scintille.
Cercò di trattenersi dall’andare contro Palermo per rifilargli un gancio di quelli fatti bene, se non altro, perché in quel momento non era semplicemente Andrea, in quel momento era il Maresciallo Andrea Ferri.
“Tom scusami un attimo, torno subito” disse Paola al suo interlocutore per raggiungere Andrea.
Fece un paio di metri cercando di seguirlo mentre lo chiamava per nome ma lui non si girò e riprese la strada per tornare in macchina uscendo dalla sua visuale.
-Chissà ora cosa si starà immaginando quel testone- pensò Paola cercando di capire come fare per sbrogliare quella matassa che si era appena creata. Perché come al solito, Andrea era dannatamente bravo a capire fischi per fiaschi e come minimo si stava immaginando chissà cosa.
 
“Tutto bene Paola?” chiese Tom vedendola ritornare con il volto scuro.
“Non ti preoccupare, non è colpa tua, si risolverà...” rispose lei. -O almeno lo spero- pensò, ma non disse niente.
“E’ meglio se rientro a casa, domani devo alzarmi presto...” le disse Tom “grazie per la bella serata Paola, davvero!”.
“Grazie a te!” rispose lei un po’ controvoglia.
“Davvero, grazie e non ti preoccupare per quel testone del Maresciallo,” disse cercando di fare il vago per non dare a vedere che aveva capito subito  che tra lui e Paola c’era qualcosa “è normale essere gelosi della propria donna, specie se si tratta di te, anche se non lo ammetterà mai apertamente, sta solo cercando di difendere ciò che è suo!”.
Paola rimase a bocca aperta, cercò di replicare ma Tom la precedette ancora una volta.
“Ah...un’ ultima cosa, puoi stare tranquilla, con me il tuo segreto è al sicuro, non sarò certo io a fare la spia al comando, gli amici servono anche a questo, no? A guardarsi le spalle a vicenda!” le disse dandole un buffetto sulla guancia “fammi sapere poi come hai disinnescato la miccia, okay? A presto!”.
E dopo averla salutata se ne andò lasciandola sola coi suoi pensieri.
 
Nel frattempo Andrea era rientrato in macchina e aveva un’espressione dannatamente cupa, esattamente l’opposto di quando era sceso.
“Tombola...” disse Luigi guardandolo “cosa è successo adesso?”.
“Luigi per piacere,”replicò Andrea di pessimo umore “non ho voglia di parlarne...”.
“Come preferisci...”.
Cinque minuti dopo il cellulare di Andrea cominciò a squillare. Anche senza guardare chi fosse sapeva che era Paola e lo lasciò squillare a vuoto.
“Si però,” protestò Luigi “se non le vuoi rispondere, almeno abbi pietà di me e abbassa il volume della suoneria, altrimenti qui va a finire che ci divento grullo!”.
 
Erano quasi le una quando Paola, dopo aver vagato da sola per il paese in balia dei suoi pensieri, rientrò in caserma dall’entrata sul retro e vide che lui non era ancora rientrato.
Dovevano essere prossimi alla fine della pattuglia, ma questo voleva dire che non l’avrebbe trovato in camera sua, anche perché vista l’ora non poteva certo mettersi a bussare insistentemente rischiando così di svegliare l’intera caserma.
Andò in camera e si fece una doccia per rinfrescarsi sapendo già che le si prospettava davanti una nottata insonne di quelle fatte ad arte. Provò ad andare a dormire ma continuava a rigirarsi nel letto perciò scese al pian terreno per bere qualcosa.
Ed è entrando in cucina che lo vede darle le spalle mentre se ne sta seduto al tavolo sorseggiando la sua solita tazza di camomilla che si fa quando ha troppi pensieri per la testa a tenerlo sveglio.
Cerca di fare il più piano possibile per non farsi scoprire e poi, una volta controllato che non ci sia nessuno nei paraggi, lo abbraccia.
Sa che se l’avesse vista come minimo avrebbe fatto l’istrice come al solito. Certo, poveretto, al posto suo, se l’avesse visto con la Morresi o chi per essa, anche lei avrebbe dato in escandescenza, ma voleva giocare d’anticipo non permettendogli di andarsene.
In fin dei conti non aveva fatto niente se non congratularsi con Tom per le due splendide notizie ed era sicura che una volta che avesse ascoltato quanto stava per dirgli, anche Andrea si sarebbe rasserenato.
“Ciao...” gli disse dandogli un bacio sulla guancia “ è andato tutto bene con Tom, so che hai visto mentre ci stavamo abbracciando, ma non devi preoccuparti, l’ho fatto perché mi aveva appena detto che si sta per sposare e che presto, lui e la moglie avranno una bambina...”.
Andrea era immobile e Paola continuò il discorso cercando di addolcirsi ancora un po’.
 “..ti conosco Andrea Ferri, so come pensi” continuò “ e siccome ti conosco e so cosa pensi, so che hai pensato subito male, anche io lo avrei fatto stupido uomo geloso, ma per quanto Tom possa cercare di ricucire un rapporto di amicizia per avere una faccia amica in città e io abbia accettato, io amo te e nessun altro, Andrea Ferri quante volte ancora te lo dovrò ripetere?”.
Andrea non aveva ancora detto niente ma neanche si era ritratto al suo tocco.
Questa improvvisa dichiarazione mista a scuse che aveva appena sentito lo aveva letteralmente messo ko, come diamine poteva ancora essere arrabbiato con lei? Certo, avrebbe comunque frantumato volentieri qualche osso al caro vecchio Tom, ma quello era un altro discorso!
Vista l’ora e visto che tanto come minimo gli ci vorrà qualche ora per assimilare il discorso e farsi passare l’arrabbiatura, Paola gli da un bacio sulla testa prima di scompigliarli i capelli come faceva sempre e si dirige verso la porta.
“Aspetta...” gli dice trattenendola per una mano prima di alzarsi ed abbracciarla.
La tiene stretta a se un minuto e poi le chiede scusa.
“Sono un cretino, come al solito non ho capito niente e me ne sono andato prima che tu avessi modo di spiegare come erano andate davvero le cose...” le disse prima di baciarla.
“No, non sei cretino Andrea” rispose lei stando a pochi millimetri di distanza dalle sue labbra “sei il solito geloso di prima categoria questo si, ma ti svelerò un segreto...è anche per questo che ti amo!”.
“Non sono il solito geloso, difendo solo ciò che è mio, niente di più...” rispose lui azzerando di nuovo la distanza tra loro.

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Capitolo 12
*** Chiacchiere ***


“Paola!”.
La voce di Luigi la scuote dai suoi pensieri e la richiama alla realtà.
“Che c’è?” chiese lei concentrandosi su quanto il collega le stava dicendo.
“Dobbiamo andare a fare dei sopralluoghi alla villa del Marasco, andiamo?”.
“Si, certo, scusami Lu, arrivo subito” disse prendendo il cappello e seguendolo in corridoio.
Luigi sorrise, finalmente lei e Andrea avevano finito di corrersi dietro come dei dannati e in caserma regnava la pace.
Certo, continuavano a punzecchiarsi per non dare nell’occhio anche se tutti, sebbene nessuno ne facesse parola, sapevano che tra quei due non c’era solo un’amicizia.
“Quindi...” gli disse Luigi mentre stavano andando alla villa “a cosa stavi pensando prima?”.
Paola sorrise.
“Fammi indovinare...” l’anticipò “a tutte le cose che sono successe negli ultimi mesi, eh?”.
“Beccata!” confermò Paola.
 
Nel frattempo Andrea era di pattuglia con Leo e anche loro stavano chiacchierando.
“Come mai sei così taciturno Leo?” chiese Andrea incuriosito.
“Eh?? Niente, niente, stavo pensando...”.
“Per caso si chiama Gioia?”.
“Come?!” chiese Leo sorpreso “E tu come lo sai?!?”.
“Bini, Bini, come pensi che possa passare inosservata la bella infermiera per di più figlia di Capello?!?”.
“Occhio Ferri, che se ti sente Paoletta, soprattutto visti i loro trascorsi, ti incenerisce in un nanosecondo!”.
“Infatti non ho la benché minima intenzione di fare alcun apprezzamento, dico solo che si vede lontano un miglio che ti piace e che anche lei ricambia!” proseguì Andrea “ma fossi in te starei un pochino più attento a non darlo a vedere, lo sai com’è il maresciallo...”.
“Certo che lo so, e riguardo al non rendere troppo evidente la cosa puoi stare tranquillo, ho avuto degli ottimi insegnanti!”.
“Che fai Bini, sfotti?!?”.
“No, no maresciallo, era semplicemente un dato di fatto! Quando le dirai della tua idea?”.
“Pensi che sia pronta?” chiese Andrea titubante.
“Sinceramente? Credo di si. Però devi essere tu il primo ad essere pronto, hai già parlato con Capello?”.
“Gli ho accennato qualcosa e ha detto che si sarebbe messo a spulciare tra le carte per trovare una soluzione...”.
“Sinceramente fossi in te prima ne parlerei anche con Paola...”.
“Pensi che potrebbe scappare?”.
“Non penso proprio, avrà mille dubbi, questo si, ma non scapperà....tiene a te, tiene a voi, e lo sai bene quanto è testarda, non è certo una che molla alla prima difficoltà...”.
“Sai che c’è, la chiamo subito così stasera ce ne andiamo a cena fuori e ne parliamo...” disse Andrea prendendo il cellulare.
“Direi che è una ottima idea!” concluse Leo felice di poter essere stato d’aiuto.
Sperava davvero che potesse esserci un modo per i suoi due amici di realizzare il loro progetto senza che questo influisca sulle rispettive carriere ed è convinto che ora che hanno trovato la quiete e stanno insieme, riusciranno ad affrontare anche questa nuova sfida.
 
Paola e Luigi stanno ancora gironzolando per la villa del Marasco per dare un’occhiata quando il cellulare della ragazza comincia a squillare e lei si allontana per poter rispondere alla telefonata.
“Ciao tesoro è successo qualcosa?” chiede Paola rispondendo.
“Ciao splendore, va tutto bene stai tranquilla “rispose Andrea dall’altra parte del telefono “ti volevo dire... per stasera non prendere impegni di alcun genere, ci facciamo un pizza e cinema, ti va?”.
“Andrea, sicuro che vada tutto bene?” chiese Paola cominciando a preoccuparsi.
“Si amore mio, davvero va tutto bene, devo parlarti di una cosa importante e volevo averti tutta per me stasera, ma se sei già impegnata con l’amante possiamo rimandare!!”.
“Che cretino che sei quando ti ci metti” rispose lei sorridendo “d’accordo allora, chiamo il mio amante e gli dico che per stasera non si fa niente perché sono stata ufficialmente richiesta dal mio fidanzato, può andare così?”.
“Perfetto, ci vediamo dopo” concluse Andrea trattenendo a stento una risata “E..Paola...”.
“Si?”.
“Ti amo...”.
“Ti amo anche io” rispose lei prima di riattaccare.

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Capitolo 13
*** Ti fidi di me? ***


Rientrando dal giro di pattuglia Andrea viene chiamato in ufficio dal Maresciallo anziano che lo invitò a sedersi.
“Allora... come ti avevo promesso ho spulciato un po’ le carte e mi sono consultato con il Capitano Ranieri...”.
Al sentire nominare il suo superiore Andrea sbiancò. Se li avessero scoperti era davvero la fine, ma confidava che Capello non li avrebbe traditi.
“Respira Ferri, respira... il Capitano aveva già qualche sospetto ancor prima che io potessi dirgli qualcosa perciò...”.
“Perciò?!” chiese Andrea trattenendo il fiato.
“Perciò si aspettava che io lo consultassi e insieme siamo giunti ad un modo per aggirare il regolamento...”.
“E...”.
“Di norma le relazioni tra colleghi non sono consentite, però che tu e Paola state insieme lo sappiamo noi della caserma e il Capitano... “disse Capello con il suo solito tono pacato “e proprio con lui siamo giunti alla conclusione che possiamo chiudere un occhio, a patto che la vostra relazione sia intrattenuta al di fuori dell’orario di servizio”.
“Quindi se volessimo andare a vivere insieme...”.
“In tal caso sarebbe perfetto, nel caso facessero storie potremmo farla passare che siete semplici conviventi sperando che non si intromettano troppo!”.
Andrea era talmente contento che  stava quasi per saltellare qua e la per tutta la stanza quando Capello lo anticipò.
“Lo so che sei contento ragazzo mio, però cerca di ricomporti!” disse cercando di non ridere vedendo il maresciallo giovane così contento.
Andrea uscì dall’ufficio con un grande sorriso stampato sulle labbra e la ferma convinzione che qualsiasi cosa fosse accaduta lui e Paola se la sarebbero cavata egregiamente.
 
Paola arrivò alla sera che non stava nella pelle, cosa aveva in mente Andrea??
Come al solito non le aveva detto niente, quando ci si metteva riusciva proprio ad essere misterioso ed era anche questa una delle cose che le piacevano di lui.
Era in camera a cambiarsi quando il telefono squillò annunciando l’arrivo di un nuovo messaggio.
“Ti aspetto fuori”.
Infilò il maglioncino che aveva comprato qualche tempo prima al mercato, i jeans e le scarpe tipo sneakers viola e se Andrea avesse protestato per la mise poco elegante, una gomitata non gliela toglieva nessuno. Era stata tutto il giorno in giro con Luigi, la villa del Marasco non si poteva certo definire un bilocale e passarlo in rassegna da cima a fondo stando attenti a non tralasciare niente era stato abbastanza stancante,considerando che seppur non vertiginoso,  un minimo di tacco le sue scarpe di ordinanza ce l’avevano.
-Mannaggia...ho i piedi così gonfi che sembro un hobbit- pensò trovandosi a scegliere cosa mettersi-cara gonna e cari stivali mi sa proprio che stasera ve ne restate buoni buoni nell’armadio, stasera vince la comodità!-.
 Neanche dieci minuti dopo stava finendo di prepararsi, un ultimo ritocco al trucco ed era già fuori dalla stanza.
-Cacchio, il giubbotto!- pensò rientrando in stanza per prendere il giubbotto di jeans e il piumotto smanicato – se mi prende freddo quell’altro si mette a ridere per i prossimi settantacinque anni!-.
Alla fine scese giù, salutò quei coraggiosi che restavano a cena in caserma gustando le delizie di Bordi e uscì dal portone principale.
Ed eccolo lì, appoggiato alla sua moto che la guardava come se la vedesse per la prima volta.
“Allora ce l’hai fatta a dar buca all’amante eh?!” esordì Andrea abbracciandola
“Eh già...” rispose Paola  ridendo “se poi si arrabbia però sono affari tuoi!”.
“Ma va! Chissà come mai non avevo dubbi?!” rispose lui prima di baciarla.
“Che scemo!” concluse Paola subito dopo “Allora, dove mi porti stasera?”.
“Sorpresa!” dice Andrea porgendole il casco “Ti fidi di me?!”.

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Capitolo 14
*** Devi soltanto avere fiducia in noi ***


La portò in un ristorantino appena fuori città, quella della pizza e cinema era una mera scusa  per averla tutta per sé  quella sera senza che qualcuno li potesse disturbare.
Seppur in poche ore aveva preparato tutto alla perfezione, per quanto potesse essere distratto ultimamente, quando si trattava di Paola diventava esattamente l’opposto, perfezionista allo stato puro, attento al minimo particolare tanto che Leo l’aveva definito “metodico, quasi ossessivo!”.
Sapeva che erano solo pochi mesi che le cose tra loro andavano bene e che quello che stava per fare era rischioso però per lei avrebbe corso quel rischio più che volentieri.
 
“Che ne è stato del facciamo una pizza e un cinema?” chiese Paola incuriosita mentre passeggiano sul lungo lago dopo cena.
“Beccato!” rispose lui camminando all’indietro per guardarla in faccia e vedere la sua reazione “era una scusa, volevo una serata solo per noi senza che qualcuno potesse disturbarci!”.
Paola sorrise ma non disse niente, una serata tutta per loro, lontani da occhi indiscreti era esattamente quello di cui aveva bisogno.
“A cosa pensi?” proseguì Andrea fermandosi di botto così che lei finisse direttamente tra le sue braccia.
Ritrovandosi così vicini lei non disse niente (-diamine Andrea- pensò in realtà – possibile che tu mi faccia sempre questo effetto?-) e andò a posare un bacio sulle sue labbra.
Ripresero a camminare stando abbracciati stavolta e una volta arrivati in un area giochi per bambini Paola si andò a sedere sull’altalena mentre Andrea la spingeva.
“Stavo pensando...” disse lui dopo essersi schiarito la voce “e se cominciassimo a cercare una casa che diventi casa nostra?”.
Ecco. L’aveva detto, ora stava a Paola rilanciare e senza neanche rendersene conto trattenne il fiato fino a che lei non rispose.
Paola si fermò di colpo. Aveva detto davvero che voleva cercare una casa che diventasse casa loro o era lei che capiva fischi per fiaschi?
 Stava scomponendo il pensiero in piccole parti per assimilarlo bene prima di rispondere quando si rese conto che lui si aspettava una risposta, allora si alzò dall’altalena, fece un balzo verso di lui e andò ad abbracciarlo.
“Dico che sei completamente andato ma si, ci sto!!” rispose infine.
Erano ancora abbracciati quando lei si irrigidì e si allontanò un poco da lui che cercò di studiare la sua reazione cercando di capire cosa le passasse per la testa.
“Amore va tutto bene?” chiese preoccupato.
“Si, cioè no...” rispose lei “ e con il regolamento come facciamo? È stramaledettamente chiaro, lo sai anche tu, niente relazioni sentimentali tra colleghi...”.
“Piccola e secondo te non c’ho pensato? Ho già parlato con Capello, basta che non intacchi l’orario di lavoro e se ci chiedono perché abitiamo insieme, sperando che non lo facciano mai, gli diciamo che siamo due coinquilini...e alle brutte, cercherò di essere trasferito a Perugia così da non essere troppo lontano!”.
Lei tornò ad abbracciarlo e sentì la tensione accumulata sciogliersi.
“Lo so, sono le mie solite paranoie inutili ma lo sai come sono fatta...”.
“Lo so benissimo come sei Paola” rispose lui “e ti rivelerò un segreto, è anche per questo che ti amo!”.
“Pensi che ce la possiamo fare?”.
Andrea le posò le mani sulle spalle e la guardò dritta negli occhi.
“Paola... Io sono più  che convinto che ce la possiamo fare, capito?” le disse “devi solo avere fiducia in noi...”.
 

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Capitolo 15
*** Una casa che diventi casa nostra ***


Nei giorni successivi durante i pochi momenti di pausa che avevano cominciarono a farsi un’idea sul come muoversi per cercare casa e alla fine trovarono quella giusta.
Era un martedì pomeriggio, il furto alla villa del Marasco era appena stato risolto e in caserma c’era la calma assoluta.
Paola aveva il pomeriggio libero e Andrea era riuscito ad avere qualche ora di permesso dopo aver parlato con Capello che era curioso di sapere la novità sulla ricerca della casa.
Erano quasi due ore che stavano girando come trottole per la città stando dietro a quella pazza scatenata dell’agente immobiliare, tale signora Edda Tummistufi, cominciavano ad essere stanchi e sembrava che non ci fosse una casa che si adattasse alle loro esigenze quando la signora propose loro l’ultima visita della giornata.
Li portò in un vecchio palazzo vicino alla terrazza del belvedere e Andrea si ricordò di esserci stato una volta per via di una denuncia.
Salirono al quarto e ultimo piano (fortuna che c’era anche l’ascensore!) e la signora aprì la porta facendoli accomodare all’interno.
Era un attico molto rustico, mansardato con le travi a vista, con un ampio salone, due camere da letto, due bagni, la cucina con annesso tinello attraverso il quale si accedeva all’ampio terrazzo con vista sul belvedere e il prezzo era anche decisamente accessibile.
Certo, aveva bisogno di una risistemata ma era quello giusto... era luminoso e spazioso al punto giusto e sia Paola che Andrea riuscirono immediatamente ad avere davanti agli occhi come sarebbe stata una volta diventata casa loro.
Paola stava osservando la vista che c’era dal terrazzo quando Andrea si avvicinò e le chiese cosa ne pensasse.
“Direi che mi piace un sacco, tu?”.
“Anche a me, quindi cosa diciamo alla tipa?”.
“Non lo so, che la prendiamo?!?” rispose Paola quasi saltellando dalla gioia.
“Direi proprio di si!” rispose lui abbracciandola.
 
Congedarono la signora Tummistufi fissando l’appuntamento per completare le pratiche di acquisto il venerdì mattina successivo certi che Capello sarebbe stato clemente concedendo loro un paio d’ore di permesso.
Paola non riusciva ancora a crederci, ce l’avevano fatta,l’avevano trovata!
Appena rientrati in caserma parlarono con il Maresciallo anziano che fu contento che la loro ricerca fosse terminata e concesse loro due ore di permesso per andare in agenzia.
Passarono il resto della settimana pensando che già quel sabato sarebbero potuti entrare in quella che era casa loro, cominciare a prendere le misure e farsi un’idea di come volevano sistemarla.
 
“...’mmazza Paolè” disse Prosperi  mentre erano di pattuglia insieme “certo che sei proprio raggiante ultimamente! E che è...la pattuglia co’Carletto tuo te fa quest’effetto dopo tutto questo tempo?”
“Carlo!” rispose lei ridendo “perché, non lo sapevi che sono segretamente innamorata di te?!”.
“Eccerto che lo so” concluse lui “e mo’ chissà che dice Andrea se ce scopre!!”.
Le pattuglie con Carlo avevano sempre quest’effetto, passavano le ore lavorando si, ma si facevano anche delle grosse risate per un nonnulla e Paola faceva riemergere anche l’accento  più di quanto non facesse solitamente.
Carlo era un amico, sebbene probabilmente solo Leo conosceva anche i segreti della sua anima, lui riusciva sempre a strapparle un sorriso.
“E allora?? Quand’è che tu e Andrea ve n’annate dalla caserma?” chiese infine.
“Eh?!?!” chiese Paola colta di sorpresa.
“E daje Paoletta, guarda che ‘na beve più nessuno, lo sanno anche i faldoni dell’archivio che te e Ferri non ce la raccontate giusta!”.
“D’accordo, d’accordo,d’accordo...è vero, abbiamo trovato una casa e andiamo a vivere insieme probabilmente già prima di Natale, ma guai a te se si viene a sapere in giro prima del dovuto, capito Carle’? so che tenere un cecio ‘n bocca non è il tuo forte però mi voglio fidare!”.
“A vive insieme? E ‘mo chi glielo spiega a Giovanni che la sua principessa va a stare con l’amore suo fori della caserma??!?!?” rispose lui non riuscendo a trattenere una risata.
“A vivere insieme già, fuori dalla caserma, perché i rapporti personali tra colleghi non sono permessi...e non si deve sapere troppo perché stiamo andando del tutto contro il regolamento, ci siamo capiti??”.“Ho capito, ho capito!!” rispose Carlo “Parola di Carletto tuo, sarò muto come ‘na tomba!”.
“...disse quello che non appena arriveremo in caserma comincerà a fare battutine idiote!” concluse Paola.

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Capitolo 16
*** Sommersi da una marea di scartoffie ***


“Ma ci pensi, casa nostra!” disse Paola aprendo la porta mentre Andrea era alle sue spalle con in mano un sacchetto con carta, penna e metro per prendere le misure.
Era caldo quel giorno per essere un sabato pomeriggio di metà ottobre e lo passarono tutto a stilare una lista di cose che dovevano fare prima di trasferirsi.
“Che c’è?!” chiese Andrea vedendola crucciata.
“Niente, penso mi riempirò di bolle nei prossimi cinque minuti sai?!”.
“E come mai? Ti senti bene?!?”.
“Si che mi sento bene, le bolle mi vengono pensando a tutta la burocrazia in cui ci troveremo immersi nei prossimi giorni!!”.
“E da quand’è che sei allergica alla burocrazia?!”.
“Praticamente da sempre?!?!”.
“Cos’è, deformazione professionale?!” scherzò Andrea.
“Probabile... è che lo sai come sono...”.
“Certo che lo so, testarda, orgogliosa, meravigliosa...” rispose lui abbracciandola da dietro “...mia... devo continuare?!?”.
“Si d’accordo, ma io intendevo dire che lo sai anche tu che se c’è una cosa che odio è perder tempo con le scartoffie!”.
“Lo so, e per questo ho un’idea...” rispose Andrea posandole un leggero bacio sul collo “tu compili i moduli con annessi e connessi e poi alla consegna e alle file negli uffici ci penso io!”
“Cos’è, speri di far colpo con la divisa sull’impiegata dell’ufficio così che ti faccia passare prima??!?” domandò Paola pensando alla scena. Chi sarebbe potuta resistere al fascino di Andrea, che quando ci si metteva sarebbe riuscito ad abbindolare anche un incantatore di serpenti?
“Ehi tu,” rispose lui ridendo stando allo scherzo “come diamine fai a prevedere le mie mosse, c’hai una palla di vetro nascosta lì in tasca?!?”.
“Perché ormai è risaputo che quando entri in un ufficio fai strage di cuori caro mio, ma se questo serve a farti risparmiare un po’ di fila, non sarò certo io a protestare!!”.
Fecero una lista di dove dovevano portare i documenti, così che Paola potesse prepararli e metterli ordinatamente in un raccoglitore e visto che oramai si era fatta ora di cena, decisero di rientrare in caserma.

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Capitolo 17
*** L'ormone vagante del sabato sera ***


“Cosa facciamo dopo cena?”.
“Ti va se andiamo in quel locale che hanno aperto da poco, mi sembra si chiami The Wall o qualcosa del genere...”chiese lei mentre passeggiavano percorrendo la via del ritorno “stasera c’è la serata caraibica!”.
“E tu da quand’è che sai ballare?!?” chiese Andrea sorpreso.
“Ho seguito un corso qualche anno fa e di tanto in tanto mi piace andare, più che altro per fare qualcosa di diverso, tu come te la cavi?”.
“Io?! Egregiamente!”.
“Chissà come mai non avevo dubbi!!” rispose lei “allora che ne pensi?”.
“Preparati ragazza,che stasera vamos a bailar!!”.
“Ti va bene se coinvolgiamo Leo, Carlo e Sonia?!”.
“Amore, ti sei dimenticata di Gioia...”.
“Ooops, davvero?!”.
“Ancora?!?!” rispose Andrea ridendo “certo che non cambi mai eh?!”.
“Senti chi parla, quello che per un abbraccio ad un vecchio amico mi ha tenuto il broncio sorseggiando una camomilla...”.
“E dai, ancora? Lo sai che sono dannatamente bravo a fare viaggi mentali e vedere mostri dove non ci sono, ho anche accettato di venire con te al matrimonio sabato prossimo!”.
“Non per essere la solita pignola tesoro, ma ti ricordo che l’invito era diretto anche a te, ergo non hai scampo!”.
“Lo so, l’altro giorno Palermo è passato in caserma per un fascicolo, abbiamo preso un caffè insieme e fatto quattro chiacchiere!” rispose Andrea come se fosse la cosa più normale del mondo.
Paola rimase senza parole, stai a vedere che quei due prima o poi diventano amici? Certo, se Andrea avesse fatto come con Luigi, sarebbero di certo diventati amici, ora che quello zuccone era decisamente snebbiato dalla gelosia che fino a poco tempo prima provava per Tom, le probabilità c’erano tutte.
“E...” gli disse Paola cercando di fargli finire il discorso.
“E.. si, d’accordo, sono un cretino,” proseguì lui “Tommaso è innocuo, mi ha raccontato quello che c’è stato tra voi quando era qui e mi ha assicurato che se si è fatto vivo è solo perché vuole recuperare la vostra amicizia e vorrebbe aver modo di conoscere anche me visto che stiamo insieme...”.
“Addirittura!! Cos’è, state per caso cercando di combinare un’uscita a quattro?!”.
“Potrebbe anche essere, ci ha invitati a cena a casa loro una volta che saranno tornati dal viaggio di nozze!”.
“Andrea Ferri che cosa aspettavi a dirmelo?!?!” .
 
Leo e Gioia avevano ben altri programmi per quel sabato sera mentre sia Carlo che Sonia accettarono con entusiasmo la loro proposta.
 Si ritrovarono per le dieci e mezza nell’androne della caserma e come sempre le ragazze si fecero attendere un po’.
Sonia era in panico totale, come diamine le era passato per la testa di accettare un’uscita a quattro insieme a Carlo??
Paola se n’era già accorta da un po’ che tra quei due c’era qualcosa ma aspettava che fosse la sua compagna di stanza a parlargliene.
“Come sto?” chiese Sonia rivolta all’amica.
“Sei fantastica, mi sa che a Carlo gli prende un coccolone quando ti vede!”.
“Come scusa?!?”.
“Sonia sveglia, è da mò che Carlo ti sta dietro, com’è che non te ne sei mai accorta?!”.
“Perché non fa altro che parlare di Jessica...”.
“E quindi?? Il fatto che ne parli non vuol dire che non ti muoia dietro!”.
“Tu dici?!”.
“Credimi Sonia, Carlo non me la da a bere ormai da tempo, pensa di fare il misterioso ma non ha ancora capito che non gli riesce per niente!”.
“Tu dici eh?!”.
“Eh...dico, dico... forza, stai benissimo, andiamo che sennò quei due chi li sente per tutta la sera a far battutine sul ritardo cronico delle donne!!” concluse Paola trascinando l’amica fuori dalla stanza.
Scesero le scale e furono sorprese di non trovare nessuno... ma come, erano davvero gli uomini a essere in ritardo quella sera?
-Questa è da annotare sul calendario...-pensò Paola e a tutte le volte che Andrea scherzava sul suo essere una ritardataria cronica.
Ne approfittarono per andare a salutare Luigi che quella sera aveva il turno di notte e per questo non poteva unirsi a loro.
“Wow bimbe...” disse Testa vedendole avvicinarsi entrando in cucina“siete uno schianto stasera!!”.
“E dai Lù...”protestò Paola.
“E dai cosa? Non posso dire alle mie due fanciulle preferite che sono veramente belle stasera?! E’ la verità!”.
Sonia era diventata rossa come un pomodoro nel frattempo, certo, aveva confidenza con Luigi, tanto che lo chiamava per nome e non gli dava del lei come di solito si dovrebbe dare ad un superiore però era stata colta alla sprovvista da quel complimento che in fin dei conti la lusingava.
“E i giovincelli dove sono?” chiese riferendosi a Carlo ed Andrea.
“Saranno ancora in stanza a farsi belli, che ti devo dire?” rispose Paola “E poi dite di noi eh?!”.
Luigi stava per rispondere quando i ragazzi fecero capolino sulla porta e con un colpo di tosse fecero notare la loro presenza.
“Cosa stavate dicendo?” chiese Andrea.
Paola si voltò rimanendo letteralmente senza fiato vedendolo ma cercò di non farglielo notare troppo per non aumentare esponenzialmente il suo ego che già di per sé è smisurato.
Se già era figo di suo, (ebbene si, dovette ammettere Paola, lo era in ogni modo, anche con quegli assurdi pantaloni verdi larghissimi che usava per giocare a basket e che mettevano in risalto decisamente tanto le gambe secche secche che si ritrovava), quella sera aveva davvero superato se stesso.
Indossava un jeans grigio un po’ stropicciato e una camicia nera e il tutto metteva in risalto quegli occhi che quella sera sembravano più verdi del solito e che la stavano guardando rapiti.
-Okay Paola, datti una calmata...- si disse –di qualcosa, non rimanere lì come un’ebete come al solito!-.
Cercò di tornare alla conversazione come se niente fosse e gli fece notare che per una volta non erano state loro ad essere in ritardo.
Salutarono Luigi che li guardava divertito da questi loro piccoli battibecchi e si avviarono verso l’uscita.
Stavano camminando per andare al locale quando Andrea le chiese un parere.
“Sinceramente?” rispose lei avvicinandosi al colletto della camicia che lui aveva abbottonato del tutto “.. riposo Maresciallo, non sei in divisa stasera, i primi due bottoni puoi anche lasciarli aperti!”.
Trovandosela così vicina lui ne approfittò per darle il primo bacio della serata certo che Carlo e Sonia, immersi in una conversazione qualche passo più avanti rispetto a loro, non ci avrebbero fatto troppo caso.


Cosa ne pensate???
PS.un grazie a chi lascia un commento, sia positivo che negativo, è uno stimolo a migliorarsi sempre!!!

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Capitolo 18
*** L'amore è nell'aria stasera ***


Passarono veramente una bella serata ballando e ridendo, senza tanti pensieri, lontani da quella che era la vita della caserma. Quella sera non erano in servizio, erano solo quattro ragazzi che si stavano divertendo insieme.
Il dj alternava sapientemente la salsa scatenata e ritmata a delle bachate più lente e sensuali che permettevano di stare vicini e riprendere un po’ fiato.
Carlo e Sonia ormai erano inseparabili, ballavano e chiacchieravano allo stesso tempo e Paola fu felice di vedere l’amica tornare a sorridere.
Stava riprendendo fiato dopo una salsa decisamente ritmata quando Andrea la trascinò di nuovo in pista per una bachata.
Se c’era un motivo per il quale gli piaceva il ballo era proprio perché era l’uomo a condurre e non la donna, e sorrise pensando che per una volta Paola si sarebbe dovuta lasciar condurre da lui senza protestare o fare di testa sua come era solita fare.
Di tanto in tanto si pestavano i piedi essendo entrambi un po’ arrugginiti ma si divertivano e ridevano un sacco quando se ne accorgevano.
Erano quasi le due quando Paola e Andrea decisero di rientrare in caserma lasciando gli altri due ancora sulla pista a ridere e ballare.
“E quindi Prosperi e Martini eh?!” chiese Andrea mentre tornavano indietro.
“Perché, non te n’eri ancora accorto?!”.
“Beh, tecnicamente non dovrei accorgermene, però si vede lontano un miglio...”.
“Chissà che non dicano la stessa cosa di noi...” rispose Paola prima di fermarsi, buttargli le braccia al collo e baciarlo.
Andrea rispose e la strinse a se. Non era frequente che Paola avesse questi slanci improvvisi nei suoi confronti quando non erano da soli e la cosa lo colse piacevolmente di sorpresa.
Rientrarono in caserma cercando di fare meno rumore possibile e sgattaiolarono silenziosamente in camera di Andrea.
La camera di Paola non era sicura, Sonia sarebbe potuta rientrare in qualsiasi momento e metti caso non fosse stata da sola? La cosa sarebbe stata alquanto imbarazzante.
Perciò la condusse in camera sua, lieto di non avere un compagno di stanza e che quasi tutti, ad eccezione di Luigi e forse pochi altri, fossero rientrati a casa per il fine settimana.
Richiuse la porta alle sue spalle e  dopo averla presa in braccio la portò fino al letto dove la lasciò cadere facendola rimbalzare.
Paola rideva, Andrea aveva un sorriso che andava da parte a parte e quello sguardo birbone che faceva capolino quando aveva qualcosa in mente.
Le prese una gamba e cominciò a toglierle le scarpe e i collant mimando impazienza in ogni gesto. Stava giocando e lei era fermamente intenzionata a far parte della partita.
Lo fece accomodare sul letto e cominciò a far saltare ogni singolo bottone della sua camicia mimando impazienza in ogni gesto.
Alla fine Paola aveva già finito da cinque minuti e lui era ancora perso tra i bottoni del suo vestito quando finalmente riuscì a toglierglielo.
Non ci fu bisogno di parole, si ritrovarono incollati l’uno all’altra e furono i loro cuori a parlare.
 
In quello stesso momento, Carlo e Sonia stavano uscendo dal locale. Erano le quattro passate ma loro non sentivano affatto la stanchezza addosso.
Stavano camminando per rientrare in caserma quando Carlo si accorse che lei aveva freddo e senza pensarci troppo le porse il suo giacchetto  e l’abbracciò per scaldarla.
Sonia era senza parole e avvampò di colpo (per l’ennesima volta in quella serata) a quel contatto ravvicinato.
“Meglio?” chiese Carlo.
“Molto, grazie...” rispose lei.
Rientrarono in caserma cercando di fare meno baccano possibile e salirono su per le scale.
Arrivati davanti alla porta della camera della ragazza, lei fece per restituirgli la giacca e una volta ripresa, cogliendo l’attimo, Carlo si avvicinò e la baciò.
Non ci stavano capendo niente entrambi, ma non erano intenzionati a schiodarsi da lì. Era una cosa dannatamente strana, un senso di pace li invase e quando Sonia fece per aprire la porta ed entrare, Carlo la seguì senza neanche aspettare che dicesse qualcosa.
“Sicura che non ci sia Paola?” chiese lui tenendola stretta richiudendo la porta alle sue spalle.
“Credimi, puoi stare tranquillo” rispose lei baciandolo di nuovo. Sapeva esattamente che Paola era in stanza di Andrea e non sarebbe rientrata minimo fino alle sei e mezza.
Non era la prima volta che Paola sgattaiolava in camera di Ferri per la notte con la complicità di Sonia che faceva il tifo per loro. Rientrava sempre per le sei e mezza, prima che si svegliassero tutti così da poter essere in camera all’ora in cui tutti scendevano giù per fare colazione.
Quella per Carlo e Sonia fu una situazione nuova, c’avevano girato intorno per tanto tempo e alla fine erano riusciti ad arrivare ad un punto comune che avrebbe rappresentato una svolta nella loro amicizia.

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Capitolo 19
*** Risvegli ***


La sveglia segnava le sei meno cinque quando Paola si svegliò di colpo e le ci volle qualche secondo per ricollegare che come al solito era in camera di Andrea che in quel momento se la dormiva beato lì di fianco a lei.
Tempo un’ora e doveva filare nella sua stanza prima che qualcuno potesse vederli e visto che oramai era sveglia, decise di rimanere a guardarlo dormire.
Era rilassante vederlo così sereno, quasi sorridente, una piccola cicatrice faceva capolino sul labbro, chissà come se l’era fatta, si domandò.
C’erano tante cose che non sapeva di lui e non vedeva l’ora di poterle scoprire anche se da una parte la cosa la intimoriva e non poco.
Pensò per la prima volta dopo un bel po’ di tempo a suo padre, che era cocciuto tale e quale a lei, e si chiese come avrebbe reagito quando avesse saputo che la sua bambina, che già lo aveva contraddetto scegliendo di diventare carabiniere, sarebbe andata a convivere con il suo fidanzato (e già lì la notizia rischiava di essere causa di un innalzamento improvviso della pressione), anche lui carabiniere (e lì di sicuro se non un colpo apoplettico, perlomeno una sincopetta ci scappava di sicuro!).
Chissà cosa avrebbe detto, Domenico Vitali... e pensò anche alla faccia di Andrea quando se lo fosse ritrovato davanti, sperando di avere il tempo per preparare entrambi a questo fatidico (e speriamo non fatale) incontro tra i due uomini della sua vita.
Mentre è ancora persa nei suoi pensieri segue con un dito il contorno del suo viso, gli posa un bacio leggero sulle labbra, dopo di che con la punta del naso gelido descrive piccoli cerchi sul suo collo certa che non si sveglierà neanche con una cannonata e poi sguscia via da sotto le coperte, raduna i suoi vestiti sparsi per la camera e comincia a rivestirsi.
Si rintana in bagno per non disturbarlo e manda un sms a Sonia per sapere se può rientrare...non sia mai che quei due abbiano dormito insieme e lei vada a disturbarli, meglio chiedere l’accesso prima di ritrovarsi chiusa fuori!
 
Un telefono prende a vibrare. Un nuovo messaggio è arrivato.
Sonia seppur maldestramente riesce a prenderlo sul comodino e guardare chi le ha scritto a quell’ora improponibile ma sa già che quasi sicuramente è Paola.
Legge il testo e poi si gira su un fianco e vedendolo di fianco a se fa un balzo.
“Ah!” sussulta.
“Eh? Cosa? Chi è? Che c’è?” le risponde Carlo svegliatosi di colpo prima di realizzare dov’è.
-Sonia calmati, è solo Carlo- si ripete mentalmente – è solo Carlo... CARLO???? Okay, sei ufficialmente fregata!-
Tempo neanche di metabolizzare che sono ancora nello stesso letto, praticamente nudi che Carlo si avvicina e le da un bacio leggero sulle labbra a mò di buongiorno.
Sonia che nel frattempo non sa che dire ed è diventata paonazza in volto, lo guarda allibita... la domanda è solo una, siamo sicuri che  non sia solo un sogno?
“Buongiorno!!” le dice lui di buon umore “che è questa faccia?!?”.
“Niente...”risponde lei dissimulando ancora in imbarazzo.
“Chi era al telefono?!”.
“Paola...”.
“Deve rientrare???”.
“Già...” rispose lei cercando di addolcire la pillola restituendogli il buongiorno “ e anche tu devi andare...se ti beccano è la morte...”.
“Lo so...”rispose lui controvoglia cominciando ad alzarsi per recuperare i vestiti e andare in bagno a ricomporsi.
Chiuse un attimo la porta e rimase a guardarsi davanti allo specchio per qualche istante.
-D’accordo, ci sei andato a letto ma sopratutto, ti piace, e anche parecchio vecchio mio- si disse – e allora che diamine è questa faccia...animo, sorridi!!!”-
Stava finendo di darsi una sciacquata in visto quando una domanda lo fece tornare coi piedi per terra.
E se fosse stato un errore? Voleva bene a Sonia, e tanto anche, e se questa cosa avesse rovinato la loro amicizia?? Dovevano parlarne, e anche alla svelta, non voleva ritrovarsi come Paola e Andrea che per diversi mesi non si erano tenuti il broncio giocando a farsi le ripicchino come bambini dell’asilo dopo che era saltata la castagnata...  non l’avrebbe sopportato, come poteva tenerle il broncio se non riusciva neanche ad essere arrabbiato con la stessa persona per più di mezz’ora?? E la cosa sicura è che non aveva certo intenzione di cominciare a farlo proprio con Sonia.
Uscì dal bagno e la trovò che lo stava aspettando con indosso un pigiama.
Un pigiama normale, banale, a quadretti colorati, eppure Carlo rimase a guardarla per un paio di secondi come se fosse una visione. Era talmente rapito che in quel momento nella sua testa era come se stessero  girando un film western, avete presente quando fanno l’inquadratura sulla strada principale e non si vede un’anima viva se non i piccoli govoni di fieno che girano a vuoto senza interruzioni? Ecco, più o meno in quel momento Carlo era in quella situazione!
Era quasi con la lingua strasciconi quando vide che lei lo guardava preoccupata, avrebbe voluto dire qualcosa ma non fu in grado di formulare un discorso che avesse un senso logico, le fece un cenno con la testa e uscì dalla camera cercando di fare meno rumore possibile.

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Capitolo 20
*** Consigli ***


Paola era appena uscita dalla camera di Andrea e si stava dirigendo verso la sua quando proprio da li vide uscire Carlo ma non si dissero niente, a malapena si scambiarono un cenno di saluto.
Aprì la porta di camera sua e vi trovò Sonia che con un’aria ancora trasognante, se ne stava sdraiata sul letto.
“Immagino che la serata sia andata bene...” esordì Paola cercando di ottenere una risposta dall’amica che invece non si era neanche accorta del suo rientro in stanza.
Paola aspettò qualche istante e poi provò a richiamarla alla realtà.
“Terra chiama Sonia, Terra chiama Sonia, Sonia ci sei?!?!”.
“Eh?Cosa dici?!”.
“Dicevo... ho appena incrociato Carlo in corridoio e sembrava più intontito del solito, rientro e ti trovo che c’hai gli occhi che sono a forma di cuoricino... le cose son due, o fate schifo a mentire o la serata è andata più che bene!!”.
Sonia non disse niente ma riprese un colorito simil peperone e questo bastò a Paola per confermare le sue teorie.
“Si, cioè...no, boh, io non lo so!” rispose Sonia farfugliando andando in iperventilazione.
“Sonia... respira e concentrati! Com’è andata con Carlo?”.
“Bene... è andata più che bene, alla grande direi, solo che poi non siamo riusciti a dirci niente e ho come la sensazione che abbiamo fatto una stronzata clamorosa...”.
“Vuoi un consiglio spassionato? Parlaci, e subito... credimi, è difficile, ma lo è ancora di più se lasci che siano le incomprensioni a farla da padrone... in fin dei conti, ti piace? Gli piaci? E allora il gioco è fatto, certo, dovrete stare attenti che non vi scoprano ma è una cosa risolvibile... al contrario, non vi piacete? E allora questo è stato il gioco di una sera ma ne sarà valsa la pena...”.
“Ma...”.
“Sonia, credimi, e non te lo dico perché voglio essere la spacciatrice di consigli di turno, lo faccio perché ci son passata anche io e so come ci si sente... “ le disse Paola dolcemente mettendosi a sedere sul suo letto senza staccare mai lo sguardo dalla sua amica “ io e Andrea abbiamo sprecato diverso tempo a farci le ripicche, a non parlarci, ad essere gelosi a dei livelli assurdi l’uno dell’altro e per quale motivo? Perché siamo entrambi dannatamente testardi e abbiamo lasciato che le incomprensioni e i silenzi si mettessero tra noi dopo che avevamo passato una fantastica notte assieme.
E fidati, non è stato bello, perché anche se all’inizio non volevo ammetterlo,  prima dell’uomo di cui mi ero innamorata mi mancava quel pazzo scatenato del mio amico con cui bastava un’occhiata per capirsi, che riusciva a sapere cosa mi passasse per la testa ancora prima che lo capissi io!”.
“Ma come faccio Paola, dovevi vedere la sua espressione...se n’è andato senza dire niente, cosa dovrei pensare?”.
“Il Carlo che ho visto io poco fa aveva un sorriso a trentasei denti... e credimi, non lo vedevo così da diverso tempo, fossi in te ci proverei, subito, non appena ne hai la possibilità!”.
“Sai che c’è?” rispose una Sonia convintissima “c’è che mi hai convinta, grazie, appena saremo un attimo da soli ci parlo e sbrogliamo questa matassa, mal che vada amici come prima, no?”.
 
Nella stanza in fondo al corridoio Carlo stava ragionando della stessa cosa con Leo, suo fido confidente e consigliere in materia di questioni amorose.
Come Paola anche Leo fece appello al suo neurone per cercare di farlo ragionare, per fargli capire che se veramente Sonia gli piaceva (e anche parecchio, ma questo Leo se lo tenne per sé) tanto valeva esporsi e vedere che cosa ne pensava lei.
“A Lè, certo che quando te ce metti sei proprio ‘no psicologo fin ner midollo eh?”.
“Carlo... “ rispose Leo pacato “sto solo cercando di farti ragionare, tutto qui!”.
“Aho...e me sa che c’hai ragione... “ disse Carlo alzandosi in piedi convinto di quanto stava dicendo “ho deciso, io ce provo e speriamo d’avere un po’ de fortuna!!”.

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Capitolo 21
*** Una domenica diversa dal solito ***


Arrivarono le sette e come ogni mattina Vittorio Bordi, puntuale come un orologio svizzero, uscì dalla sua stanza per scendere al piano di sotto e iniziare il suo turno di lavoro.
E come ogni mattina comincia a berciare come un aquilotto per dare la sveglia ai suoi colleghi, rispettando la tradizione del buongiorno del mattino.
Dall’altra parte del corridoio, come ogni mattina, Carlo Prosperi si alza ancora assonnato svegliato dal fracasso del collega ma questa mattina c’è qualcosa di diverso. Carlo non ha il turno di mattina bensì quello di notte e per di più è rientrato da poco nella sua stanza ed è ancora più intontito del solito.
Apre la porta e si affaccia in corridoio alla ricerca della sveglia umana.
“Aho è mai possibile che tutte, dico tutte le mattine c’hai da fa ‘sta cagnara per dà la sveglia?!” sbottò Carlo.
“E se sei te che un te svegli manco con una cannonata e che è colpa mia?!?!” rispose Bordi con il suo solito modo di fare.
“Ho capito Bordi, ma santa pace è domenica mattina e vorrei poter dormire un po’ di più visto...”.
“Ma non sei de turno?”.
“Se me facessi finì ‘l discorso forse... vorrei poter dormire di più, visto che fino a prova contraria oggi ho il turno di notte!!”.
“E c’ha la notte lui... bello de Bordi tuo, torna a dormire allora!”.
“E infatti...e che me so svegliato per sport??!?!” concluse Carlo riavvicinandosi alla porta di camera ormai conscio che il sonno era perduto “ Bonanotte eh, Bordi!!”.
Rientrò poi in stanza giusto il tempo per vedere Leo, anche lui di mattina, si stava alzando per prendere servizio lasciandolo all’ambita pace.
Arrivato alle otto, visto che ormai il sonno se n’è bello che andato, decide di approfittare della giornata per parlare con Sonia.
 
Stanza di Paola e Sonia, un telefono vibra, un nuovo messaggio è arrivato.
Sonia, che ha appena chiuso gli occhi cercando di dormire, sporge la mano sul comodino e cerca a tastoni il suo telefono.
“Ho la giornata libera, andiamo a fare un giro insieme? Un bacio.Carlo”.
“Certo che si, dove andiamo?!”.
“Sorpresa. Alle 8.30 fuori in cortile, vestiti comoda...”.
Sonia si alzò come un razzo e cominciò a prepararsi cercando di non disturbare Paola che era riuscita ad addormentarsi da poco e in poco meno di mezz’ora era già pronta, giusto in tempo per andare a fare colazione in cucina la massima tranquillità.
Incrociò Carlo ma non si rivolsero una parola per paura di avvampare davanti a tutti che avevano le antenne dritte come non mai, sbocconcellarono la loro colazione e poi se la filarono via il prima possibile.
Sonia ne approfittò per mandare un messaggio ad Andrea, per dirgli che Paola era da sola soletta in stanza (con annesso sottotesto, ovvero, se vuoi hai libero accesso, fossi in te ne approfitterei...ma non poteva certo lei, semplice carabiniere, evidenziare persino l’ovvio al suo diretto superiore!)
Così Andrea ne approfittò per raggiungere la camera di Paola, certo che lei stesse dormendo pesantemente.
La vide che dormiva raggomitolata sotto le coperte e rimase rapito da questa visione.
Si tolse le scarpe e sgusciò sotto le coperte andando ad abbracciarla.
Paola non si accorse della sua presenza fintanto che non si rigirò sentendo il suo profumo e andò a strusciare i piedi freddi su quelli di Andrea.
-Che diamine- pensò mentre era ancora addormentata –possibile che le allucinazioni olfattive siano così dettagliate?-.
Si girò e se lo trovò ad un palmo di naso che la stava osservando come rapito, seppur sorpresa non disse nulla, si avvicinò ancora di più e gli da il primo bacio della giornata.
“Buongiorno tesoro...” gli dice sorridendo “che ci fai qui, come sei entrato?”.
“Buongiorno anche a te amore” rispose lui non badando immediatamente alla sua domanda “mi ha avvertito Sonia, è uscita presto stamani e pensava potesse farmi piacere stare un po’ accoccolato sotto le coperte con te...”.
“Non potevo chiedere un buongiorno migliore!” commentò infine Paola.
Rimasero così ancora per un’ora o forse più e poi decisero di alzarsi, seppur controvoglia, e cominciare a vestirsi.
“Ti va se andiamo a fare un giro da Ikea?” chiese Andrea “tanto per farci un’idea!”.
“Andrea Ferri, sicuro di sentirti bene?”rispose Paola ridendo sapendo quanto lui non ami i negozi troppo affollati.
“Benissimo, mai stato meglio a dire il vero, ma se vuoi la mia opinione conviene muoversi prima che cambi idea e mi riempia di bolle!”.
“Cos’è, sfotti?!?”.
“Affatto mia cara, ognuno ha le sue intolleranze!”.
Scesero giù in cucina, bevvero una tazzina di caffè al volo come erano soliti fare e poi una volta saliti in macchina sfrecciarono via in direzione Perugia.
 
Nel frattempo anche Sonia e Carlo sono in macchina e si stanno dirigendo verso Assisi ma questo lei ancora non lo sa visto che lui non le ha rivelato la destinazione.
“E allora...me lo dici dove andiamo o vuoi continuare a fare il misterioso per tutto il viaggio?” chiese Sonia dandogli un pizzicotto sul fianco.
“Un po’ di pazienza  no eh? Lo sai che vuol dì sorpresa?”rispose Carlo trattenendo a stento una risata “Che finche non arriviamo, non te posso di ‘ndo andiamo, sennò che gusto c’è?!”.
L’intenzione era quella di fare un giro per il centro e poi di andare in una trattoria carina sul belvedere dove una volta era stato a mangiare con degli amici parlando nel frattempo di quello che era successo quella notte. Sperava davvero che lei non lo rifiutasse, non ne poteva avere la sicurezza assoluta ovviamente, ma era deciso a rischiare.
Parcheggiò poco distante dal centro e una volta fermi, le aprì la portiera della macchina per aiutarla a scendere e una volta che lei gli fu vicina ne approfittò per darle un piccolo bacio.
Sonia venne colta in contropiede, non solo non si aspettava che lui fosse così galante, ma non si aspettava certo che lui si comportasse così. A dirla tutta, non le fu facile resistere alla tentazione di buttargli le braccia al collo e rendere quel contatto ancora più stretto di quanto non fosse, ma riuscì nel suo intento, non poteva sbilanciarsi troppo senza sapere che anche per lui era la stessa cosa.
Passeggiarono per le viuzze del centro storico e nel frattempo chiacchierarono.
“Scusa per come me ne sono andato via stamani...”esordì alla fine Carlo.
“Fa niente...”.
“Sicura?”.
“Sicura, davvero... però ho una domanda...”.
“Spara allora...”.
“Riguardo a quanto è successo stanotte, pensi sia stato un errore?”.
Carlo venne letteralmente spiazzato da quella domanda. Errore... era stata una serata fantastica, come poteva anche solo pensare che fosse stato un banale errore?
Così si mise davanti a lei e le posò le mani sulle spalle in modo che non potesse scappargli.
“Sonia...”le disse dolcemente “non lo pensare neanche per idea, quanto è successo stanotte, per quanto mi riguarda non è stato un errore...”.
“Sei...sei sicuro?” chiese lei esitando.
Carlo si avvicinò e le posò un bacio sulle labbra come risposta mentre il criceto nella testa di Sonia andava a mille e rischiava di fondere per l’eccessivo surriscaldamento.
“E se ci beccano?” chiese staccandosi un attimo.
“Ma bambina...” le rispose Carlo sfoderando tutto il suo charme “quando sei con me non ti devi preoccupare...che succede se ci beccano? E vuol dire che noi saremo così bravi da non farci beccare!”.
Sonia fu così contenta di sentire quella risposta che senza neanche rendersene conto, gli buttò le braccia al collo e lo baciò con trasporto, come due che stanno insieme da tempo, come due che stanno insieme da un secondo.

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Capitolo 22
*** Alessandra ***


Il tempo in caserma sembrò volare e in un battibaleno arrivò Dicembre che portò con se tante novità...
Paola e Andrea si erano trasferiti da quasi una settimana in casa nuova, che sebbene fosse ancora da finire di sistemare, stava venendo veramente bene grazie anche al contributo degli amici che nel tempo libero li avevano aiutati con l’imbiancatura.
Carlo e Sonia continuavano la loro storia sperando di passare inosservati come lo erano stati i loro colleghi confidando nella riservatezza dei colleghi e per il momento ci stavano riuscendo... certo, come al solito Carlo era esasperante, non perdeva occasione per provocare la ragazza, che puntualmente gliele faceva pagare una volta rimasti soli.
Leo e Gioia invece erano arrivati alla decisione di troncare del tutto la loro storia o quel che era in vista dell’imminente partenza per l’Inghilterra della biondina.
 
Chi invece non sapeva che di lì a poco la sua vita avrebbe preso una piega diversa rimettendo in gioco tutte le carte era Luigi, che quella sera era stato invitato a cena a casa Ferri-Vitali.
Paola aveva dovuto insistere un po’ per convincerlo ma alla fine, conscia del potere persuasivo che a distanza di tempo, ancora esercitava sull’amico, c’era riuscita.
Andrea invece ne avrebbe approfittato per farle conoscere una delle altre due donne della sua vita, ovvero quell’uragano vivente che era sua sorella Alessandra.
A differenza del fratello, perennemente in ritardo, Alessandra arrivò puntuale come un orologio svizzero.
Le prime impressioni fra le due ragazze furono ottime tanto che si coalizzarono contro di lui e passarono buona parte del tempo mentre cucinavano, a spettegolare su di lui.
“Ehi voi due!!”  esordì Andrea come se fosse stato chiamato di proposito “Che per caso stavate spettegolando di me?”
“Che ti dicevo?” rispose Alessandra rivolgendosi a Paola “Parli del diavolo!”.
Paola non riuscì a trattenere una risata e Andrea si avvicinò a lei per darle un bacio.
“Cos’è fratellone... hai per caso paura che venga fuori qualche dettaglio scottante di quando eri piccolo??” disse Alessandra rivolgendosi al fratello facendogli una linguaccia subito dopo.
Andrea si scostò da Paola e si diresse verso la sorella.
“Non per vantarmi ranocchietta,” rispose lui “ma ti ricordo che ho sempre vinto quando ti acchiappavo per farti il solletico!”.
“Cos’è Maresciallo, mi sta cordialmente invitando a scappare?” continuò lei facendogli una linguaccia.
“Ti sei data la risposta da sola...” disse Andrea sfoderando un sorriso e uno sguardo malandrino di chi aveva voglia di giocare.
Si sporse per prenderla ma Alessandra fu più scaltra e volò verso il salotto per scappare alla vendetta del fratello.
Proprio in quell’istante suonarono alla porta.
“Amore questo è Luigi...” disse Paola facendo capolino dalla cucina “ quando hai un attimo, non è che per caso potresti aprirgli?!?”.
Andrea e Alessandra stavano giocando sul divano e visto che era lei ad avere il dominio della situazione , si alzò per andare ad aprire la porta.
“Tranquilla Paola, ci penso io...” disse lei aprendo la porta e trovandosi davanti Luigi “...io...”.
Cercava di finire la frase ma rimase imbambolata davanti a lui, inchiodata da quegli occhi color nocciola simili a due calamite.
Fece finta di niente rendendosi imperscrutabile e fece gli onori di casa facendolo entrare.
“Ciao Lu’!!!” disse Paola che intanto aveva raggiunto Andrea in salotto, dirigendosi verso di lui per abbracciarlo “benvenuto!”.
“Ciao a tutti!!” rispose lui cercando di non essere burbero come suo solito.
Andrea stava per fare le presentazioni di rito ma venne battuto sul tempo da Alessandra che si presentò andando a stringere la mano di Luigi.
“Ciao!” gli disse ancora incantata dai suoi occhi “io sono Alessandra ma per gli amici Ale!”.
 
Anche Luigi non era rimasto indifferente a quel sorriso semplice che lei gli aveva riservato quando si erano presentati e approfittando che i fratelli Ferri avevano ripreso i loro soliti bisticci, si era rintanato in cucina sperando che Paola avesse bisogno del suo aiuto. Non voleva che Andrea gli vedesse quell’espressione da ebete che ora si ritrovava senza un reale motivo, perché era strasicuro che geloso com’era, se stava per staccargli la testa quando ronzava intorno a Paola, se l’avesse fatto con sua sorella era sicuramente un uomo morto.
Passarono la serata tra chiacchiere, risate e vino bianco. La cena era squisita, nonostante l’avesse preparata per intero Paola e i due uomini l’avessero presa bonariamente in giro per quello.
“Voi due, uomini di poca fede,”rispose lei con un sorriso decisamente tagliente “visto che brontolate tanto, perché non vi rendete utili, alzate gentilmente il vostro sederino da quelle sedie e non andate a prendere il dolce?!?”.
“Comandi!” risposero i due ridendo mentre si alzavano.
Poiché Paoletta aveva le antenne wireless attive h24, si era accorta subito degli sguardi tra Ale e Luigi e sperò vivamente che per quella sera la perspicacia di Andrea fosse disattivata, altrimenti potevano essere guai, così una volta rimaste sole mentre gli uomini stavano trafficando in cucina, ne approfittò per chiedere alla ragazza che cosa ne pensasse del brigadiere.
“Che te ne pare di Luigi?” chiese lei a tradimento.
“Eh?!” rispose Ale facendo la vaga.
“Si, lo so, è un po’ burbero, bisogna cavargli le parole di bocca però ti assicuro che è veramente simpatico!”.
“E basta?” rispose infine Ale “so che tu sei fedele nei secoli allo standard Ferri, e mi fa piacere, davvero, non so se c’hai fatto caso ma è veramente uno schianto!!”.
“Concordo, ma non ti far sentire da quell’orso geloso altrimenti noto come tuo fratello, sennò sai che scenata fa?!”.
“E per quale motivo pensi che non gli abbia mai raccontato molto dei miei fidanzati?! Quando è in preda alla gelosia Andrea non capisce veramente più niente!”.
“Credimi, lo so bene... la miseria, è così testardo, geloso e dannatamente orgoglioso, che ogni giorno con quell’uomo è praticamente una sfida!!”.
“Infatti...” concluse Ale sorridendo verso la donna che era riuscita a mettere a regime quella testa calda di suo fratello “e sono veramente felice che ti abbia trovata!”.
Gli uomini tornarono interrompendo i discorsi delle due ragazze totalmente ignari che fino a quel momento erano stati proprio loro al centro dei loro discorsi.
 
Finirono di sparecchiare e Paola richiamò Andrea in cucina per fare i piatti approfittando così di una buona occasione per poter lasciare i ragazzi da soli.
“Sbaglio o a mia sorella piace Luigi?” chiese Andrea infine mentre insaponava i piatti.
Paola avrebbe volentieri evitato l’argomento ma sapeva che se l’avesse fatto lui si sarebbe intestardito ancora di più.
“Così pare... e se non mi sbaglio la cosa è corrisposta...”rispose lei sganciando una bomba.
“Come scusa? Ora mi sente...” disse Andrea mollando la spugna e asciugandosi le mani ad un canovaccio... stava per partire in quarta quando Paola lo trattenne e lo abbracciò cingendogli la vita con le braccia.
“Eddai Andrea, smettila con questa tua assurda gelosia!” gli disse cercando di essere convincente mentre si avvicinava alla sua bocca “è Luigi, lo conosci, ti fidi di lui, che cosa mai potrà succedere di male!”.
Andrea stava per controbattere ma lei lo anticipò dandogli uno di quei baci fin troppo convincenti.
“Sai che questo si chiama giocare sporco, vero?” chiese infine riprendendo fiato.
Paola annuì mentre arrossiva e poi riprese ad asciugare i piatti.
 
Nel frattempo anche in salotto Luigi e Alessandra non avevano perso tempo.
Senza sapere ne come ne perché, seguendo il loro istinto si erano ritrovati stretti in un abbraccio e si stavano scambiando un dolcissimo bacio.
Si staccarono e si ricomposero giusto in tempo per il ritorno degli altri due dalla cucina che come ogni volta che rimanevano un po’ da soli, avevano l’aria sognante.
Giocarono a Taboo, uomini contro donne e le ragazze li stracciarono come se fossero dei novellini, suscitando l’ilarità generale, poi si accorsero che era giunta l’ora di tornare a casa e Ale cominciò a radunare le sue cose.
“Andrea,” esordì Luigi con fare fintamente disinteressato “non ti stare a scomodare, se a te va bene posso riaccompagnare io Alessandra fino al B&B, tanto mi è di strada!”.
Andrea fu tentato di dire di no, ma poi si ricordò di quanto gli aveva detto poco prima Paola e cercò di non essere sempre il solito orso geloso.
Così Luigi e Alessandra una volta pronti, li salutarono e si avviarono giù per le scale e Andrea richiuse la porta alle sue spalle con un grande sorriso stampato in volto.
 
“E allora, che te ne pare di Ale?” chiese Andrea mettendosi a sedere sul letto al termine di quella pazzesca giornata.
“Mmmmh...” gli rispose lei in ginocchio sul letto andando ad abbracciarlo da dietro “che è uguale sputata a suo fratello con un'unica piccola ma sostanziale differenza...”.
“E’ più carina forse? Guarda che potrei anche prendermela!”.
“Scemo! E’ un tantinino meno gelosa forse?!”concluse lei scompigliandole i capelli.
“Tutta scena, fidati!” rispose Andrea prima di baciarla e poi rintanarsi sotto le coperte facendogli posto.
“Certo che sei proprio una capra addomesticata quando ti ci metti...” gli disse ad un certo punto lei dandogli uno schiaffetto gentile sulla guancia.
“Che ho fatto stavolta?”
“Che hai fatto? Potevi anche dirmelo che avevi una sorella invece di farmi diventare verde dalla gelosia!” rispose pensando a come si era sentita quando aveva visto Andrea abbracciato a quella bellissima ragazza che poi si era rivelata essere sua sorella Alessandra.
“Ora capisci come mi sono sentito io quella volta?”.
“Ancora?!?” rispose lei sapendo esattamente a cosa si riferiva “Direi anche basta, no?.
“D’accordo, d’accordo, d’accordo... ma penso comunque di essermi meritato una dose di coccole extra stasera...” disse Andrea con una strana luce malandrina negli occhi.
Paola non se lo fece ripetere due volte, era quello che voleva anche lei e non esitò a mettersi in gioco.

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Capitolo 23
*** Marco ***


Era più o meno le undici del mattino del dieci dicembre quando un ragazzo si presentò in caserma chiedendo di poter parlare con Paola.
Il ragazzo venne accolto da Bordi che subito si precipitò in cucina dove lei si trovava in quel momento in un attimo di pausa e che non le fornì informazioni dettagliate sulla persona che la stava aspettando.
Così si diresse verso l’androne dove il ragazzo le stava dando le spalle e non ci fu bisogno di vederlo in volto per avere la certezza di chi fosse.
“Marco!” disse ad alta voce per farsi riconoscere correndogli incontro.
Il ragazzo sentendo quella voce familiare si girò di scatto e aprì le braccia per accoglierla.
“Pulce!” le disse abbracciandola tenendola stretta per qualche istante.
“Che ci fai qui?!” chiese Paola subito dopo.
“Hai tempo per un caffè in compagnia di questo vecchietto, così ti racconto tutto?!”.
“Dammi un minuto, ma penso non ci siano problemi!” rispose lei al settimo cielo dirigendosi verso l’ufficio comune in cerca di Andrea.
Entrò in ufficio e lo vide impegnato a fissare un foglio senza prestarci realmente attenzione.
“Andrea!” gli disse richiamando la sua attenzione.
“Oh, si, che c’è?” rispose lui richiamato alla realtà “Amore mio, va tutto bene?”.
“Si, senti, non è che posso allontanarmi per un quarto d’ora? Voglio andare a prendere un caffè con mio fratello!”.
“Si, certo, non ti preoccupare” rispose lui quasi sovrappensiero quando venne richiamato dall’ultima parte del discorso ”Tuo fratello?”.
“Si, dai, ti spiego dopo...”concluse lei prima di allontanarsi “ a più tardi!”.
 
Così una volta che Andrea era avvertito, Paola tornò dal fratello e uscirono di buon passo dalla caserma.
“E allora...tato cosa ti porta qui a Città della Pieve?” chiese lei una volta seduti ad un tavolino del bar Pippo.
“Non ci crederai mai pulce ma ho trovato lavoro qui in città, mi sto trasferendo proprio in questi giorni!”.
“Davvero?”rispose Paola sorpresa “ E Giulia? E i bambini come stanno?!”.
Sentendo quel nome Marco si rabbuiò e Paola si preoccupò vedendo il brusco cambiamento d’umore del fratello.
“Marco che succede?” chiese infine preoccupata posando una mano sulla sua.
“Chiara e Gioele stanno bene, crescono a vista d’occhio, non appena finisco di sistemarmi li vado a riprendere a casa di mamma e papà e li porto qui con me!”.
“E Giulia? Viene anche lei, no?”.
“Pulce, io e Giulia, beh... lei se n’è andata due mesi fa, così, da un giorno all’altro senza neanche darmi una spiegazione, senza neanche salutare i suoi figli, ho avviato le pratiche di divorzio la scorsa settimana...”.
“Che cosa?!?!” chiese non riuscendo a credere alle sue parole “tu come stai?”.
“Non c’è che dire, a mio modo me la cavo,  ho i bambini a cui pensare e di certo non posso piangermi addosso!”.
Paola lo guardò attentamente e vide che quel Marco allegro e spensierato che conosceva da sempre in quel momento aveva fatto spazio ad uno più stanco e preoccupato che cercava di barcamenarsi in questa nuova situazione.
“Tato, io...”.
“Paola, davvero, io sto bene, i bimbi stanno bene,  e sono convinto che averti vicina non potrà farci altro che bene!!”.
“Certo che si, ma dimmi, dov’è che hai trovato lavoro di preciso?”.
“All’U.O. Farmacia dell’ospedale...” rispose Marco, che come il padre era farmacista “...so che è a mezz’ora di auto da qui, ma gli affitti qui sono più bassi e poi egoisticamente parlando, pensavo che sarebbe stato più facile se fossimo stati nella stessa città, così se per caso avessi bisogno coi bimbi, avrei sempre te come punto d’appoggio qui!”.
“Certo che si, lo chiedi anche? Non ti fare problemi, per quanto mi è possibile fra turni e turnetti vari, puoi contare su di me per i bambini!” concluse Paola pensando che forse era il caso di raccontare al fratello di quello che aveva combinato ultimamente.
“E tu invece, che mi racconti?”.
“Non abito più in caserma, ho una casa tutta mia...”.
“Davvero?!?” chiese Marco stupito di quanto fosse cambiata e cresciuta quella piccola peste della sua sorellina, la sua pulce.
“Si, e c’è un’altra cosa importante che devi sapere... e si, lo so che lo fai solo perché mi vuoi bene, ma devi promettere che non ti trasformerai nel fratello geloso come fai sempre quando qualcuno mi ronza attorno, e soprattutto non farne parola con papà che altrimenti quello ci rimane secco!”.
“Paola che succede?!?”.
“Succede che non è solo casa mia, ma ci abito con il mio fidanzato, Andrea, che per la cronaca è anche lui un carabiniere!” disse tutto d’un fiato sperando vivamente che il fratello non avesse le solite reazioni del padre quando si toccava l’argomento.
Marco scoppiò a ridere.
“E ora che c’è da ridere?”chiese quasi infastidita.
“Niente, niente...pensavo solo alla faccia che farà papà se e quando glielo presenterai!”.
“Grazie del sostegno eh, veramente incoraggiante!” rispose lei facendogli una linguaccia.
“E quando potrò avere l’onore di conoscere questo essere di cui si è innamorata la mia pulce?”.
“Presto ovviamente, perciò muoviti a sistemarti e a portare i bambini qui perché ho una voglia matta di rivederli, di farti conoscere Andrea e di farti vedere casa nostra!!”.
“Anche io pulce non vedo l’ora... ora è meglio che vai, non sia mai che per causa mia tu venga cicchettata dal tuo fidanzato!!.
Così i due fratelli si congedarono e Paola rientrò in caserma con un grande sorriso dipinto in volto.

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Capitolo 24
*** Le luci di Natale ***


Era sabato, mancavano due giorni al Natale e Paola e Andrea, che avevano il pomeriggio libero, ne approfittarono per andare per bancarelle alla ricerca dei regali.
Avevano fatto una lista di quali potevano essere i regali che avrebbero potuto fare insieme e quali avrebbero dovuto fare da soli.
Erano già a buon punto per quelli in comune quando decisero di dividersi per i regali per loro.
“D’accordo allora, fra un’oretta, un’oretta e mezza ci vediamo qui...buona caccia!”.
“Anche a te, tesoro!” rispose Andrea dandole un piccolo bacio sulla fronte.
Così si divisero e Paola cominciò il suo giro alla ricerca di qualcosa di carino.
In una bancarella trovò un berretto di lana colorata, di quelli che coprono anche le orecchie e un paio di pantaloni lungi a quadretti colorati che a suo parere erano veramente stupendi.
Poi c’era la targhetta di legno da mettere sulla porta di casa alla quale stava lavorando da un po’, anche se il tempo non le era esattamente amico, aveva approfittato delle innate capacità grafiche di Marco perché le facesse il disegno per poi dipingerlo e rifinirlo con calma.
Perciò non restava che trovare qualcosa di veramente demenziale, perché non sarebbe certo sfuggito a qualche scherzo di entità epiche solo perché stavano insieme...certo, non poteva lanciargli una secchiata d’acqua come quella volta dalla finestra, perciò doveva trovare qualcosa che potesse essere simile visto che ora che stavano insieme, si che si sarebbe potuta sbizzarrire con gli scherzi!
Girovagando trovò una sveglia/palla da basket in miniatura, di quelle che puoi anche tranquillamente tirare contro il muro quando è ora di alzarti perché tanto non si frantuma.
-E’ perfetta, voglio proprio vedere la faccia che farà quando leggerà le istruzioni!-.
E infine il tocco di classe... per quanto belli potessero essere i precedenti, il tocco di classe sarebbe stato il puzzle... un puzzle di circa cinquecento pezzi che una volta composto mostrava un mosaico con delle foto scattate nel corso della loro storia e alcune ancora prima, quando erano semplicemente amici.
Non sapeva bene che cosa Andrea ci trovasse nei puzzle, ma nonostante questo l’aveva sentito definire varie volte come una delle cose che gli piace di più quando vuole rilassarsi e staccare un attimo la testa.
Così nei pochi momenti in cui non erano in casa contemporaneamente, ne aveva approfittato per cercare le foto e portarle al negozio che poi avrebbe provveduto alla realizzazione del tutto.
Una volta ritirata la scatola dal negozio era ufficialmente pronta e con le borse tra le mani, si diresse al luogo del rendez-vous dove, come ogni volta, dovette aspettarlo a causa del suo solito sano quarto d’ora di ritardo accademico.
Anche Andrea come Paola, si era mosso per tempo e aveva già le idee chiare su cosa regalarle.
Prese un berretto di lana colorata di quelli che coprono persino le orecchie, una borsa di quelle etniche che le piacciono tanto e poi si diresse verso un negozio per ritirare un piccolo pacchettino.
Sapeva che ogni cosa doveva risultare perfetta affinchè il suo piano riuscisse e fosse spettacolare così come lui l’aveva pensato.
Entrò nel negozio e subito venne accolto da Pino, il proprietario.
“Buonasera Maresciallo, è venuto a ritirare il suo pacchetto?”.
“Si, signor Rolfi, è proprio per quello che sono qui...”.
“Glielo vado a prendere subito...” disse l’uomo sparendo nel retrobottega per poi riapparire qualche minuto dopo “Ecco qua!”.
Sapeva che con Paola i brillocchi non avevano successo, e poiché neanche a lui i brillocchi piacevano troppo, aveva optato per qualcosa di semplice ma che allo stesso tempo fosse unico.
Aveva chiesto al signor Rolfi, l’orefice del paese,  di fare un anello sul modello di quello che gli aveva lasciato la sua bisnonna Adele.
Lo aveva voluto in bronzo, perché aveva scoperto che a Paola l’oro non piaceva più di tanto e l’argento a suo avviso era troppo scontato e l’orefice era stato ben contento di fare un pezzo unico, effettuando lo stampo in cera dove aveva colato il bronzo fuso.
Ed ora, posto al centro in quella scatolina di velluto blu, si trovava quell’anello. Semplice, un cerchietto di bronzo con una piccola pietruzza verde (e la scelta del colore non era stata affatto casuale) incastonata in rilievo al centro, ma d’effetto.
Lo guardò emozionato e dopo aver pagato, uscì dal negozio quasi saltellando.
 
La sera della Vigilia l’avrebbero passata in caserma com’era tradizione, cenando tutti insieme e con le famiglie e come ogni anno sarebbe stata la baraonda totale mentre il giorno dopo, chi tra i giovani non fosse rientrato a casa, era invitato a pranzo a casa Ferri-Vitali.
Così si ritrovarono la sera del ventiquattro tutti insieme in cucina dove la tavola per quell’occasione era stata allungata a dismisura per accogliere tutti gli ospiti.
Erano da poco passate le otto quando il Maresciallo Capello disse a Prosperi di chiudere il portone della caserma, terminando una giornata di lavoro come al solito movimentata e raggiunse i suoi ragazzi in cucina.
C’erano tutti e oltre al vociare degli adulti che si perdevano in chiacchiere c’era anche una buona componente di voci di bambini che stavano giocando in corridoio.
C’erano tutti e cinque i piccoli Romanò, i due bimbi di Gigante Davide e Giulio, i figli di Marco, Alyssa,la nipotina di Mura ma soprattutto, Giovanni, e il baccano era assicurato.
“A tavola!!!” tuonò Bordi armato di grembiule e mestolo richiamando le truppe all’ordine.
“COMANDI!” risposero tutti quanti in coro ridendo.
I bambini avevano una parte del tavolo a loro disposizione e a turno le mamme (o i papà) facevano la spola per controllarli.
La cena era veramente ottima, Bordi si era davvero superato (anche se con l’aiuto di Gioia e Sonia che si erano occupate di preparare qualcosa a misura di bambino) e stava ricevendo i complimenti generali.
Finirono di cenare e si spostarono nella sala relax dove era stato fatto l’albero e dove, una volta giunta la mezzanotte, avevano brindato innalzando i calici con lo spumante dopo di che, i più temerari cominciarono a giocare a Macchiavelli, in una partita che si rivelò essere lunghissima.

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Capitolo 25
*** Shake up, it’s Christmas time! ***


Tra una cosa e l’altra, tornarono a casa che erano le quattro passate, ma questo non impedì loro di aprire i regali che avevano già messo sotto l’albero prima di uscire di casa.
“Ce la fa Maresciallo o preferisce riposarsi un po’ e rimandare a domattina l’apertura dei regali?” chiese Paola scherzando vedendolo trattenere a stento uno sbadiglio.
“Cioè fra neanche sei ore?! Certo che ce la faccio, per chi mi hai preso?! Ma se per te è un problema possiamo sempre mediare e giungere ad un accordo!” rispose lui dannatamente convincente.
-Perfetto- pensò lei accennando un sorriso –sta giocando a fare l’imbecille e provoca, avrà pane per i suoi denti!-.
“E cosa ti fa credere che io sia disposta a mediare?!” chiese infine avvicinandosi.
Voleva la guerra e guerra avrebbe avuto, le ci voleva proprio un po’ di solletico alle quattro e trentacinque del mattino di Natale e non si sarebbe tirata indietro anche a costo di ciondolare dal sonno per tutta l’intera giornata che stava per cominciare.
“Beh, non saprei... forse perché sei in netto svantaggio,” disse ridendo “o forse perché non hai voglia di scherzare quando non hai dormito e stai cascando dal sonno!”.
“Non so con chi credi di aver a che fare cara la mia bestiolina ma se vuoi giocare, io sono qui, mai stata più vigile e reattiva di così!” sentenziò Paola ridendo.
Andrea non se lo fece ripetere due volte, in un attimo la placcò portandola di peso sul divano e cominciò a farle il solletico.
Dopo un po’ che giocavano Paola riuscì ad alzarsi e chiedere una sorta di tregua.
“Dai, torna qui!!” le disse lui ridendo “prometto che farò il bravo bambino!”.
“E devo crederti?!?”.
“Giurin giuretto parola di lupetto!”.
“Si,e tu sei un bel furbetto...”.
“Seriamente, hai intenzione di continuare ancora per molto?”.
“Mah...” rispose Paola con un sorriso malandrino tornando a sedere di fianco a lui “dipende tutto da quanto riuscirai ad essere convincente...”.
“Tu dici eh?” concluse Andrea avvicinandosi per baciarla.
Dopo un po’ Paola riuscì a tornare lucida, anche se non era facile e la barba incolta di un giorno di Andrea la rendeva ancora più suscettibile al solletico.
“Allora...cominciamo a scartarli questi regali o vuoi stare qui fino al prossimo anno?” chiese infine ridendo mentre pregustava la sua reazione quando avesse visto i regali.
“Va bene, va bene,va bene...io ti do i tuoi, tu mi dai i miei, a patto che li apriamo in contemporanea così evitiamo di stabilire chi li apre per primo!” rispose Andrea pensando a quale potesse essere il momento giusto per darle l’anello. Aveva preso in considerazione persino l’idea di farlo al termine del pranzo di Natale davanti a tutti i loro amici ma sapeva che Paola non era il tipo da mettere in piazza i suoi affari e aveva optato per farlo in quel momento visto che erano da soli.
“Si, dai, muoviti!!!” gli disse lei che di lì a poco avrebbe cominciato ad avere le convulsioni a forza di ridere.
Andrea la guardava stranito, per quale motivo stava ridendo così?
Presero i regali e li portarono vicino al divano così da averli a portata di mano.
Paola aveva messo i regali all’interno di una scatola più grande che aveva riempito di polistirolo così che la ricerca potesse durare un po’ di più, si sporse dal divano e gliela mise davanti.
“Pronti... questo è il tuo regalo!” disse alla fine con un grande sorriso mentre Andrea rimasto senza parole la guardava estasiato. C’è da ammetterlo, quando ci si metteva d’impegno, Paola Vitali era la maga delle sorprese.
Poi arrivo il turno di Andrea, che le mise davanti solo due dei tre pacchetti che aveva preso mentre quello più importante si trovava nella tasca dei suoi pantaloni.
“Okay, ma lasciamo stare il discorso dell’apertura contemporanea, ti prego...”.
“Come vuoi ma ora aprili, ti prego!”.
Così Paola prese il primo pacchetto e cominciò a scuoterlo per sentire se suonasse rendendosi conto che era qualcosa di morbido, lo aprì e ci trovò un cappello di lana colorata e un grande sorriso fece capolino...il cappello che gli aveva preso era identico!
La borsa era meravigliosa, inutile dire che Andrea conosceva bene la sua passione per il colore viola che lei adorava e la borsa di lana cotta viola che le aveva appena regalato ne era la prova.
Infine arrivò il turno di Andrea che scoperchiò la scatola che aveva davanti e mentre andava alla ricerca dei pacchetti le tirava addosso qualche pezzetto di polistirolo.
Paola lo guardava, impaziente di vedere quale sarebbe stata la sua reazione e rischiando di essere più elettrizzata di quanto non lo fosse Andrea.
Trovò prima i pantaloni a quadretti ma la parte divertente venne quando trovò la sveglia/palla da basket in miniatura e per poco non si sentì male dal ridere quando lesse che poteva persino tirarla nel muro senza paura di romperla!
Il pezzo forte, il cappello di lana uguale al suo doveva ancora arrivare e stessa cosa per il puzzle che non si trovava nella scatola ma sotto al letto, non solo perché troppo grande ma anche perché rappresentava il tocco di classe.
“Cosa ci sarà qui?!?” si chiese Andrea canticchiando prendendo il pacchetto contenente il berretto.
Paola cominciò a ridere non appena cominciò a togliere la carta.
“Piccola mi spieghi perché stai ridendo come una matta da dieci minuti a questa parte?!”.
“Lo vedrai tesoro, lo vedrai!” rispose lei senza aggiungere altro, ma quando Andrea vide che il cappello era uguale a quello che le aveva regalato, capì il motivo di tanta ilarità.
“Beh...” disse infine Andrea “non c’è che dire, di sicuro se andiamo in giro insieme ci riconosceranno lontano un miglio!”.
“E non hai ancora visto tutto...” rispose lei prima di sparire in camera per recuperare il puzzle “aspettami qui, torno subito!”.
Vederlo mentre apriva la scatola del puzzle fu una vera goduria per Paola che vide curiosità, stupore e commozione susseguirsi sul volto del ragazzo che alla fine, con gli occhi lucidi per la sorpresa, si sporse verso di lei e la baciò.
“Paola è....è...è veramente bello, grazie!”.
“Di niente!”.
“Anche io ho un’altra cosa per te, però devi promettermi che per una volta non mi interromperai e mi farai finire il discorso” le disse prendendole le mani tra le sue.
Paola non disse niente ma restò concentrata su quanto aveva da dirgli.
“So che gli ultimi mesi sono stati pazzeschi, tante cose sono successe ed è risaputo che io e te non facciamo altro che rincorrerci...” disse cercando di dare un senso logico ai suoi pensieri “so che non te lo dico tanto spesso, sono un po’ orso è vero, ma ti amo...”.
“Anche io ti amo...”:
“Aspetta, fammi finire perché altrimenti non riuscirò mai a dirti quello che voglio...io ti amo Paola,senza se e senza ma. Ti amo ed ora che ti ho ritrovata non ho la minima intenzione di lasciarti andare, voglio stare con te, ridere con te, svegliarmi con te ogni mattina se tu sei d’accordo da qui a che saremo due vecchietti rincitrulliti, rugosi e acciaccati, perciò quello che ti chiedo è...” disse infine mettendosi in ginocchio davanti a lei e aprendo la scatolina “vorresti farmi l’immenso onore di diventare mia moglie?”.
Paola non disse niente, non si aspettava che solo dopo qualche mese dall’inizio della loro storia Andrea se ne uscisse con una proposta del genere ma se c’era una cosa che aveva imparato sul suo conto, è che era puntualmente riusciva a coglierla in contropiede come nessun altro.
Si rese conto che lui stava aspettando una risposta e rinvenne da quello stato di pseudo shock giusto in tempo per rispondergli.
“Certo che si...” rispose prendendogli il volto fra le mani prima di baciarlo mentre una piccola lacrima di gioia faceva capolino“certo che voglio diventare tua moglie!”.
Così dopo un primo attimo di smarrimento, Andrea prese l’anello dalla scatolina e glielo mise all’anulare sinistro.
“Sai che ora non mi scappi più vero?!” le disse poco dopo mentre erano stretti vicini sotto le coperte.
“E chi ha mai detto che voglio scappare...”.
“Infatti... penso che dovremmo fare un patto...”.
“Del tipo?!”.
“Del tipo che qualsiasi cosa possa succedere non ci nasconderemo dietro le nostre stupide gelosie ma ne parleremo insieme, niente segreti e non si scappa...”.
“Non si scappa...” ripetè Paola tenendolo stretto a se “Te l’ho già detto che ti amo?”.
“Potrebbe anche essere,” concluse lui prima di baciarla “ma se me lo ridici, di sicuro non protesto!”.

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Capitolo 26
*** Natale in casa Ferri ***


La sveglia quella mattina suonò presto, avevano dormito forse due ore ed erano ancora provati da tutte le emozioni provate quella notte.
Ne avevano parlato e avevano deciso che per il momento non ne avrebbero fatto parola con gli altri, non prima di averne parlato con Capello e aver reperito informazioni su come poter avere il permesso per sposarsi.
“Amore...”. Una voce abbastanza lontana la stava chiamando.
“Mmmmm...” rispose cercando di girarsi dall’altra parte.
“Sveglia...” la voce si era avvicinata e le stava parlando vicino all’orecchio “tra poco arrivano i ragazzi, dobbiamo cominciare a prepararci”.
“Altri due minuti...”.
“Va bene...” le rispose la voce “vado a preparare il caffè, mi sa ce ne servirà un catino per arrivare a fine giornata”.
Paola si alzò di controvoglia ma sapeva che Andrea aveva ragione, entro qualche ora sarebbero arrivati i loro ospiti e non poteva certo farsi trovare ancora assonnata.
Lo raggiunse in cucina e lo trovò che guardava il telegiornale mentre beveva il caffè, si avvicinò e gli posò un bacio sulla testa.
“Buongiorno dormigliona!” le disse lui porgendogli una tazza con il caffè bollente.
“Buongiorno anche a te, grazie!”.
Alessandra e Marco furono i primi ad arrivare. Come avevano promesso ai rispettivi fratelli la sera prima, massimo per le undici sarebbero stati a casa loro così da aiutarli nella preparazione del pranzo e furono di parola.
Non appena varcarono la soglia Marco che teneva in braccio il figlio si presentò ad Andrea mentre la piccola Chiara corse subito a salutare la zia e non la lasciò un minuto.
Chiara Vitali, 3 anni, era un uragano in formato bambina, due codine di un biondo grano, un visetto paffuto a forma di cuore e due grandi occhi verdi come quelli della zia.
 “Amore mio!” le disse Paola prendendola in braccio “Fatti vedere, come stai?!”.
“Bene!” rispose la bambina abbracciandola stretta.
“E il mio piccolo rospetto dov’è?!” chiese subito dopo andando a salutare il fratello e il piccolo Gioele.
Gioele Vitali invece, aveva quasi otto mesi, due occhioni azzurri, le guanciotte paffute e un sorriso sdentato che era uno spettacolo.
 
“E’ qui, tranquilla, è ancora un po’ intontito perché si è svegliato da poco ma dagli una mezz’ora e vedi che te lo ritrovi in giro per casa che gattona!” rispose Marco mentre la salutava.
Andrea la guardava estasiato, non l’aveva mai vista alle prese con bambini così piccoli e la sua confidenza con loro lo sorprendeva.
Fecero le presentazioni come di rito e poi si divisero i compiti per ottimizzare il lavoro come una vera squadra.
Erano quasi le una quando Luigi fece il suo ingresso in casa seguito da Carlo, Sonia e Leo.
Quando lo vide Alessandra non potè fare a meno di andare ad abbracciarlo ma si contenne, per il momento.
Si sedettero a tavola e il pranzo di Natale, il primo Natale a casa Ferri-Vitali ebbe inizio.
 
Il pomeriggio passò piacevolmente tra chiacchiere e risate e Paola approfittò della messa a nanna dei nipoti per il sonnellino pomeridiano per cominciare a farli conoscere ad Andrea e dare un po’ di cambio al fratello.
Chiara, come sua zia del resto, aveva fin dall’inizio subito il fascino del quasi zio e aveva passato un po’ di tempo sulle sue ginocchia a giocare ed erano diventati subito amici.
“Che ne dici topolina” le disse Paola mettendosi alla sua altezza “ andiamo a fare un po’ di nanna?”.
“Si, ma viene anche Andrea...”rispose la piccolina andando a prendere la mano del ragazzo.
“Non c’è che dire Andrea” si intromise Marco guardandolo divertito “mi sa che le donne della famiglia Vitali hanno decisamente un debole per te!”.
“Eh mi sa che hai proprio ragione!!” concluse lui seguendo la bambina.
Paola lo aspettava nella loro camera dove stava già cullando Gioele che dopo poco si addormentò.
“Zia, zia, vieni qua!” le disse Chiara che nel frattempo si era sdraiata sul letto tenendo sempre la mano di Andrea.
Paola si mise a sedere sul letto continuando a cullare il bambino e si sistemò a fianco della nipote.
“Amore facciamo un po’ di nanna, che dici?!”.
“Mi racconti una storia?”.
Così Paola le raccontò una storia tra quelle che ricordava essere le sue preferite, il re leone, e la piccola si addormentò a metà racconto.
Andrea non le aveva lasciato la mano un istante e una volta che ebbe la sicurezza che la bambina dormisse, si alzò piano piano dal letto cercando di fare meno rumore possibile mentre Paola faceva la stessa cosa e sistemava Gioele accanto alla sorella spostando i cuscini a bordo letto così che i bambini non cadessero a terra.
Poi lo raggiunse, gli prese la mano e in punta di piedi uscirono dalla camera per tornare in salotto.
Marco fu sorpreso di vederli tornare dopo neanche mezz’ora e si informò di come fossero andate le cose.
“Dormono di già?!”.
“Esatto tato, sono andati giù secchi come ciocchi prima di quanto sperassi!”.
“Wow pulce, complimenti!!” rispose lui alla fine complimentandosi.
“Com’è che si dice? La zia è sempre la zia, no?!”.

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Capitolo 27
*** Una grande novità ***


Erano quasi le sei quando Carlo, Leo e Sonia si congedarono per andare a prepararsi per prendere servizio per il turno di notte.
Anche se si era trattenuta per tutto il giorno, Alessandra aveva notato subito l’anello all’anulare sinistro di Paola e ora che erano rimasti soli loro quattro, ne approfittò per approfondire la questione.
“Ragazzi una domanda, c’è qualcosa che in qualità di sorella dovrei sapere?!?” chiese Ale sibillina mentre anche Marco, che era andato a controllare il sonno dei figli, si mise a sedere sul divano interessato dalla chiacchierata.
Sia Paola che Andrea diventarono paonazzi e gli altri ebbero conferma che non gliela stavano raccontando giusta.
“Già...”disse Andrea prendendo la mano di Paola “come al solito c’hai preso Ale, in effetti c’è qualcosa che dovete sapere....”.
Paola lo guardò un attimo perplessa, ma come, non avevano appena deciso di non parlarne a nessuno prima di averlo fatto con Capello e ora lui lo diceva non solo ad Ale e Luigi, ma anche a suo fratello?!?
Come se avesse letto nei suoi pensieri, Andrea capì a cosa stesse pensando in quel momento e la rassicurò.
“Si, lo so che avevamo detto che non l’avremmo detto a nessuno, ma Ale, Luigi e Marco non sono nessuno, sono tra le persone a cui teniamo di più ed è giusto che siano i primi a saperlo!”.
“Bimbi che succede?” chiese Luigi cominciando ad essere preoccupato.
“Tranquillo Luigi niente di brutto, è solo che stanotte ho chiesto a Paola di sposarmi e lei ha accettato!” rispose Andrea al settimo cielo.
Le espressioni sui volti dei tre ascoltatori non potevano essere più differenti tra loro.
Alessandra aveva un sorriso a cinquantadue denti, certo, sapeva riconoscere i sintomi clinici di un Andrea innamorato perso, li aveva già visti una volta, ma non pensava certo che avrebbe fatto un passo simile in così poco tempo, proprio lui che fuggiva da relazioni a lungo termine come se fossero un ceppo di peste bubbonica! Aveva visto l’Andrea innamorato perso, ma non aveva mai visto quel luccichio nei suoi occhi come ora che teneva per mano un’imbarazzatissima Paola ed era pronta a scommettere che era quella giusta.
Luigi invece li guardava compiaciuto, era veramente contento per quei due irrequieti e testoni dei suoi amici che finalmente avevano trovato la loro strada e non per fare troppo il presuntuoso ma in buona parte era anche merito suo.
E infine Marco, che ancora non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
La sua pulce era veramente cresciuta e stava per sposarsi... la sua pulce, la sua nanerottola, quella che andava a prendere a scuola in moto e alla quale aveva insegnato ad arrampicarsi sugli alberi senza farsi troppo male.
“Tato??” chiese Paola preoccupata vedendo che non diceva niente.
“E me lo dite così?!?” rispose fingendosi arrabbiato “cos’è, volevi farmi prendere un colpo per caso?!”.
Paola provò a scusarsi, farfugliava qualcosa quando lui le si avvicinò e l’abbracciò.
“Certo che sono felice nanerottola, me lo chiedi pure?!”.
“Cretino, mi hai anche fatto preoccupare...”.
“Eddai, Paola, scherzavo, certo che sono contento, se è questo che ti rende contenta io non posso che esserlo a mia volta...” le disse tenendola ancora stretta a se.
Poi si congratulò con Andrea e lo pregò di poter essere presente quando l’avessero detto al padre perché sarebbe stato estremamente divertente.
“E quindi direi che un brindisi ci sta tutto, no Andrea?!” concluse Alessandra battendo le mani per la contentezza.
“A quanto pare si! Lo spumante è di là in frigo” le rispose il fratello.
“Lo so, stavo giusto andando!”.
 
Qualche giorno dopo Natale Andrea, rimasto da solo in ufficio con il Maresciallo anziano lo aggiornò di quanto successo e della sua intenzione di sposare Paola.
Capello non era per niente sorpreso di quanto gli stava comunicando il suo vice, sapeva che era una decisione a cui stava pensando già da un po’, già da quando gli aveva accennato all’idea di convivere.
“Io non ti prometto niente, e ti mentirei se dicessi che sarà facile e indolore, o che finirà senza il trasferimento dell’altro, però possiamo provare e finchè non avremo risposta negativa, niente è perduto!!” gli disse cercando di rassicurarlo “agli altri lo avete già detto?”.
“No, per il momento no, l’unico che ne è al corrente è Testa, ma so che di lui posso fidarmi!”.
“Perfetto, aspettare è una buona idea, meno persone sanno di questa cosa e meno possibilità abbiamo di attirare l’attenzione!”.
La sera dell’ultimo dell’anno si organizzarono e andarono tutti insieme a mangiare da Gemma che per l’occasione preparò loro un cenone coi fiocchi. Brindarono al nuovo anno, risero, scherzarono, ballarono e si divertirono un sacco.
Paola a mezzanotte chiamò il fratello che per quei giorni era tornato a Nettuno dai genitori per fargli gli auguri pregandolo di farli anche a loro.

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Capitolo 28
*** Nella notte ***


2 gennaio, quasi mezzanotte e Andrea sta facendo il turno di notte.
Ha appena chiuso la telefonata con Paola che gli ha detto che stava per andare a dormire quando vede entrare Luigi trafelato.
“Che succede?”.
“Incidente sulla provinciale, dobbiamo andare...”.
“Certo,” disse recuperando il giacchetto “Arrivo...”.
Arrivarono a quello che era il chilometro dove era avvenuto l’incidente e subito Andrea comincia ad avere uno strano presentimento.
La macchina era stata  presa in pieno da un balordo che viaggiava a tutta velocità, c’era ghiaccio sulla strade ed era finita fuori strada volando oltre il guard-rail per andare a fermarsi in mezzo all’erba sottostante.
Era una monovolume verde, identica a quella di Marco Vitali. Si avvicinò ai soccorritori che avevano appena estratto il conducente e non appena lo vide sbiancò.
“Maresciallo, tutto bene?!” chiese il medico del 118 vedendolo così pallido mentre caricavano Marco, incosciente, sulla barella e si dirigevano verso l’ambulanza .
“S...si...tutto bene”.
“Lo conosce?”.
“E’...è...è  il fratello di una mia collega” disse poi non ritenendo necessario dire ad un estraneo che Marco era praticamente suo cognato “ i bambini come stanno?”.
“ I bambini...” chiese il medico.
“Si, si, due bambini, una femmina di tre anni e un maschietto di otto mesi,” disse Andrea sentendo l’ansia crescere “dove sono?”.
“Stia tranquillo Maresciallo, i piccoli sono già sull’altra ambulanza, la mia collega si sta prendendo cura di loro” rispose il medico mentre si apprestava a seguire il suo equipaggio a bordo dell’ambulanza “ se vuole può andare a vedere come stanno...”.
Andrea non se lo fece ripetere due volte, corse all’altra ambulanza per controllare  i bambini e non appena la piccola Chiara che stava piangendo lo vide, si buttò tra le sue braccia e si calmò.
L’infermiera lo guardò incuriosita finchè Andrea, che fino a quel momento non l’aveva neanche considerata, preso a cullare Chiara, si presentò.
“Ha qualche parentela coi bimbi?”.
“La zia è una nostra collega...”.
“Riesce a mettersi in contatto con lei? I bambini avranno bisogno di un volto familiare in pronto soccorso...”.
“Certo, lo faccio subito, intanto se per lei non è un problema preferirei venire con voi ed accompagnarli in pronto soccorso”.
“Certo Maresciallo, non ci sono problemi, visto che la bambina non la lascia, non vorrei agitarla di nuovo!”.
Andrea guardò Luigi e dopo un cenno d’intesa decisero che il primo avrebbe seguito i bambini e il secondo avrebbe continuato coi rilievi chiedendo l’ausilio dei colleghi dalla caserma.
In pronto soccorso, non appena ebbe consegnato i bambini alle cure del pediatra, Andrea si apprestò a fare una delle cose più difficili che mai pensava avrebbe dovuto fare, chiamare Paola e dirle che il fratello e i bambini avevano avuto un incidente.
 
-Avanti, avanti, avanti amore rispondi- pensò mentre gli squilli si susseguirono.
Paola aveva preso sonno da poco quando sentì il cellulare suonare incessantemente.
Guardò lo schermo e vedendo che si trattava di Andrea, cominciò a preoccuparsi.
“Amore che succede?” chiese battendolo sul tempo.
“Paola...” si sentì rispondere, e il suo tono di voce nel dire il suo nome non faceva presagire niente di buono “Marco ha avuto un incidente...”.
“I..incidente?!” chiese incredula “e come sta? E i bambini?!”.
Sapeva che stavano rientrando da Nettuno dove avevano passato qualche giorno e la notizia la lasciò senza parole.
“I bambini sono qui in ospedale, li ho seguiti per non lasciarli soli...”.
“E Marco?” chiese mentre finiva di vestirsi.
“Ancora non sappiamo niente, è in sala operatoria...”.
“Dammi dieci minuti e arrivo” rispose in fine non riuscendo a non fargli sentire la voce rotta dal pianto.
“Ti aspetto...”.

Che ne pensate??? Un grazie a chi legge e un grazie a chi vorrà lasciare un commento! =)

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Capitolo 29
*** In ospedale ***


Dieci minuti dopo Paola fa il suo ingresso in Pronto soccorso con gli occhi arrossati e corse ad abbracciare Andrea.
In un primo momento nessuno dei due disse niente, Andrea la tenne stretta e aspettò che tornasse a respirare normalmente e non più scossa ritmicamente dai singhiozzi.
“Marco...i bambini...” farfugliò Paola.
“Marco è in sala operatoria, i bambini sono col pediatra ma stanno bene!” rispose lui cercando di calmarla.
Erano ancora così quando il pediatra fece capolino in sala d’attesa chiedendo di un parente per Chiara e Gioele Vitali e lei si fece avanti.
“Io ti aspetto qui, okay?” disse Andrea facendole una carezza e asciugandole una lacrima.
“Okay...” rispose lei avvicinandosi per dargli un leggero bacio a fior di labbra prima di seguire il pediatra.
 
Il dottor Pinzoli, il pediatra, la fece accomodare un attimo nella sala visite prima di portarla dai bambini così da poterla informare sulle reali condizioni dei bambini.
Era un ragazzo pressappoco della sua età, forse aveva giusto qualche anno in più, aveva il camice con una scimmietta cucita sul taschino e il copri fonendoscopio a forma di ranocchia al collo.
“Piacere, Simone Pinzoli, sono il pediatra di turno, lei è la madre?” esordì sfoderando un grande sorriso cercando di rassicurare quella ragazza di fronte a lui che sembrava particolarmente sconvolta.
“No, no, io sono la zia...piacere, Paola Vitali”.
“Allora signorina, considerando l’impatto a dinamica maggiore che hanno appena subito, i suoi bambini stanno bene, il piccolo ha un piccolo taglio in fronte, appena ci sarà anche lei procederò a mettere qualche punto di sutura, la bambina invece...”.
Il dottore tergiversò un attimo e Paola ebbe veramente paura.
“Invece? Cos’è successo a Chiara?!?!”.
“Non si preoccupi,” la tranquillizzò “ era un po’ scossa quando è arrivata, quando l’ha portata qui, il suo collega era riuscita a calmarla ma la piccola sta bene, è un po’ acciaccata, ha qualche escoriazione e un polso slogato, in questo momento l’hanno portata in sala gessi per immobilizzarglielo, in quindici giorni ritornerà come nuovo”.
Paola non riuscì a trattenere le lacrime, i piccoli se l’erano vista male ma stavano bene e tutto si sarebbe risolto.
Il dottore la invitò a seguirlo mentre andava a medicare Gioele che non appena vide la zia la chiamò a gran voce.
“Bene signorina, ora lei mi tiene in braccio quest’ometto e io procederò alla sutura, okay?!”.
Paola seguì le indicazioni del pediatra, si mise a sedere su una seggiola con in braccio il bambino che rassicurata dalla zia, non fece caso al fastidio procurato dall’anestesia.
Era un po’ intontito e il dottore disse che era il caso di tenerlo in osservazione fino al mattino così da poterla tenere sotto controllo.
Seguì l’infermiera fino ad una stanza dove c’erano due letti e vi sistemò il bambino che si addormentò dopo poco.
Mentre aspettava che la bambina fosse pronta in sala gessi ne approfittò per affacciarsi in sala d’aspetto e far entrare Andrea.
Lo aggiornò sulle condizioni di salute dei bambini e poi l’infermiera li invitò a seguirla per andare a prendere Chiara che aveva un gesso leggero al polso.
Era un po’ acciaccata è vero, ma non appena vide la zia le mostrò il gesso fucsia che le immobilizzava il polso prima di buttarle le braccia al collo.
“Amore mio!” disse Paola cercando di tenere a freno le lacrime tenendo in braccio la bimba.
“Allora signorina,” le disse il dottore mentre faceva un complimento alla bimba “la principessa qui deve tenere una settimana il gesso, intanto la può portare di là nella stanza dove dorme il fratello, li teniamo entrambi in osservazione fino a domattina... io intanto le scrivo la relazione clinica dove ci sono tutte le indicazioni e le fisso l’appuntamento per un togliere il gesso e fare la radiografia di controllo a lei e per quanto riguarda il piccolino, fissiamo un appuntamento per togliere i punti e direi che poi abbiamo finito...”.
“Dottore io, non so come ringraziarla, davvero!”.
“Si figuri signorina, ho fatto solo il mio dovere!” rispose lui sorridendo.
Così Paola e Andrea portarono la bimba nella stanza dove dormiva il fratello e dopo poco riuscirono a farla addormentare. Sapevano che non potevano rimanere tanto coi bambini, c’erano le infermiere per questo, ma rimasero quanto bastava per controllare che Chiara si fosse completamente addormentata e non si accorgesse che si erano allontanati.
“Io sono Elisa” si presentò una ragazza sui ventidue anni, con una divisa con la casacca gialla e i pantaloni blu e un grande sorriso “sono la tirocinante assegnata ai vostri figli, se volete andare a prendere un caffè o una boccata d’aria non fatevi problemi, rimango io a guardare questi due angioletti!”.
Così lasciarono la ragazza a vegliare sui bambini e andarono in saletta d’attesa nella speranza di ricevere presto delle notizie riguardo alle condizioni di Marco.
Dopo due ore uscì un uomo sulla cinquantina, che si presentò come dottor Chisari, il chirurgo che aveva operato il signor Vitali.
“Lei è la moglie?!” chiese il dottore rivolgendosi a Paola.
“No, sono la sorella, come sta?!”.
“L’operazione è andata bene, ma vista l’estensione dei danni abbiamo dovuto metterlo in regime di coma farmacologico per permettere una ripresa migliore, mi dispiace...”disse il dottore.
Prima l’incidente e ora questo. Era veramente troppo, Paola sentì venir meno le forze e cominciò a veder girare tutto quanto prima che diventasse tutto completamente nero.

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Capitolo 30
*** Il grande incubo ***


Ad Andrea sembrò un incubo senza fine. La vide impallidire, a malapena riuscì ad accorgersi in tempo che si stava accasciando su se stessa e a sorreggerla prima che andasse giù sul pavimento.
“Ecco...”gli disse il chirurgo che l’aveva aiutato “la metta pure su questa barella...”.
Così l’adagiò sulla barella e aspettò che riprendesse i sensi.
Erano quasi le otto del mattino, lei non aveva bevuto neanche un caffè e con tutte le emozioni che si erano sovrapposte, aveva avuto un mancamento.
Aspettò che si risvegliasse e poi le diede da bere un po’ di acqua e zucchero.
“Che...che è successo?!” chiese infine con un filo di voce.
“Sei svenuta...”.
“Io...i bambini!” disse agitandosi.
“Paola, stai tranquilla, i bimbi stanno ancora dormendo, ce la fai ad alzarti?!” chiese certo che non sarebbe riuscito a trattenerla a lungo.
“Si, si... ma tu non devi andare a fare rapporto?”.
“Paola... ho già chiamato Capello, gli ho detto che sarei passato più tardi non appena saremmo usciti da qui...” rispose lui addolcendosi “forse è il caso che chiami i tuoi genitori...”.
Una volta bevuta l’acqua zuccherata Paola si sentì subito meglio e si alzò.
Tempo di alzarsi in piedi e prese il telefono per comporre il numero di casa dei genitori.
Rispose suo padre, sorpreso di sentirla al telefono a quell’ora del mattino e quando le chiese se andasse tutto bene, Paola non riuscì a trattenere le lacrime e singhiozzando gli raccontò cosa era successo.
Demetrio ed Anna Vitali si misero immediatamente in viaggio per raggiungere i figli e dopo qualche ora erano già all’ospedale.
Quando vide entrare suo padre, nonostante le loro incomprensioni passate, Paola gli corse incontro e si buttò tra le sue braccia cercando un po’ di conforto.
Subito dopo anche la madre l’abbracciò e poi cercarono di capire che cosa fosse successo cercando di dare un ordine logico alle parole convulse della figlia.
“Tesoro hai provato a chiamare Giulia?!”.
“Mamma, no, non ancora,” sbottò Paola “e poi che differenza fa, lo sai anche tu che non risponde neanche se si tratta dei suoi figli, no?!”.
“Amore calmati!”.
“No io non mi calmo affatto mamma, e sai perché?? Perché Marco ha avuto un incidente ed è in coma, dovrebbe esserci lei qui al mio posto e invece ci sono io a calmare i suoi bambini che sono ancora abbastanza scossi, ecco perché!”.
“Paola...” dissero Demetrio e Andrea quasi in contemporanea.
“Paola un corno papà, è da quando Marco me l’ha detto che cerco di trovare una spiegazione logica al fatto che abbia lasciato i suoi figli, i suoi figli papà,  non due bambini a caso e non si sia fatta più sentire, quindi non venite a dirmi che me ne devo stare tranquilla o che dovevo chiamarla perché non l’ho fatto e non lo farò. Datemi dell’incosciente o della stupida, non me ne frega niente, se volete chiamarla, chiamatela voi, io non lo faccio!! Io ora prendo Chiara e Gioele e li porto a casa così che stiano tranquilli, ecco cosa faccio, non perderò certo tempo chiamare quella deficiente!”.
“Paola...”disse Andrea prendendole la mano “sei esausta, andiamo a casa, dai...”.
“Scusi lei sarebbe?!” chiese allora Demetrio posando per la prima volta lo sguardo su quel giovane  con la divisa da carabiniere che teneva per mano sua figlia.
“Signor Vitali, signora” disse allora Andrea porgendo loro la mano cercando di sfoderare il suo sorriso migliore nonostante la nottata da incubo appena passata  “io sono Andrea...”.
Stava per concludere la frase quando Paola lo anticipò.
“Il mio fidanzato...” disse lei concludendo la sua frase.
“Come?!” chiese il signor Vitali.
“Pà non ora...” disse Paola vedendo l’espressione cupa sul volto del padre “se vuoi urlarmi contro perché ho scelto di fare il carabiniere e perché sono fidanzata con un mio collega hai tutto il diritto di farlo ma, ti prego, non adesso...”.
Demetrio stava per dirle qualcosa quando Anna prese parola cercando di placare gli animi.
“Dem  non adesso...” disse la moglie posando una mano su quella del marito.
“D’accordo, d’accordo...”gli rispose lui calmandosi.
Fece un grande respiro e poi tornò a guardare i due ragazzi.
“Tesoro ne riparliamo con più calma,” disse addolcito “e lei giovanotto, la porti a casa coi bambini e abbia cura di loro...”.
“Certo signore, ci conti...” rispose Andrea stringendo la mano al futuro suocero.
 
“Eccoci a casa...” disse Andrea aprendo con una mano la porta mentre con l’altra teneva in braccio la piccola Chiara mentre Paola teneva il bambino.
Seppur a fatica, era riuscito a riportarli tutti e tre a casa e tirò un sospiro di sollievo.
Paola mise i bimbi nel lettone e si sdraiò di fianco a loro per non lasciarli soli.
Andrea la guardava preoccupato, vederla così turbata ed avere la consapevolezza che non potesse fare niente per aiutarla se non starle vicino, lo faceva stare solo peggio.
Squillò il telefono e dovette uscire per rispondere così da non svegliare i bambini.
Era Luigi, che gli chiedeva di tornare di corsa in caserma per degli sviluppi riguardo all’incidente.
Rientrò in camera qualche minuto dopo e quando la vide rannicchiata su un fianco, le si sdraiò accanto e l’abbracciò.
“Chi era?” chiese dopo qualche minuto che erano abbracciati e Andrea  le accarezzava i capelli..
“Era Luigi, mi sta aspettando in caserma...” le disse “faccio il prima possibile, promesso”.
Non si aspettava di ottenere una risposta, Paola era ancora frastornata, si era chiusa a riccio e sapeva che forzarla non avrebbe che peggiorato la situazione ma quando si accorse che lo stava trattenendo per una mano, capì che non sarebbe stato come le altre volte.
Si voltò verso di lui e gli fece una carezza sulla guancia prima di lasciarlo andare.
“A dopo...”.
“Per qualsiasi cosa chiama, okay?”.
“Okay...”.
Andrea si congedò con un bacio leggero e poi si alzò per uscire dalla stanza.

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Capitolo 31
*** Sviluppi ***


Demetrio e Anna erano ancora in ospedale e stavano riflettendo sul da farsi.
Erano preoccupati, non solo per Marco ma anche per Paola che avevano visto particolarmente sconvolta.
Demetrio in particolare era molto preoccupato anche per un altro motivo, quel giovane che si era presentato come il fidanzato di sua figlia. Un carabiniere. Come diamine le era venuto in mente di andarsi a scegliere un suo collega?!
Quasi fosse capace di percepire i pensieri del marito (o forse erano giusto i quasi trentacinque anni-trentasette considerando anche il fidanzamento- anni passati insieme che avevano affinato le sue abilità?!) Anna gli prese la mano e lo richiamò dalla giungla di pensieri nella quale si era sperso.
“Dem non essere il solito geloso, non partire prevenuto nei confronti di quel povero ragazzo come hai fatto l’ultima volta che Paola ci ha presentato un suo fidanzato!”.
“Prevenuto io? E quando mai!”.
“Sempre quando si tratta dei fidanzati di Paola,” lo corresse la moglie “a maggior ragione stavolta visto che è un carabiniere come lei!”.
“Dimmi una cosa, sinceramente, puoi darmi torto?!?”.
“Posso capirti, ma non posso giustificare le tue assurde gelosie!”.
 
Nel frattempo Andrea era seduto alla sua scrivania mentre Luigi lo aggiornava su quanto avevano scoperto dopo aver effettuato i rilievi.
Non era stata una macchina ad urtare quella di Marco, bensì un furgone bordeaux metallizzato.
“Quanti furgoni bordeaux metallizzato ci saranno mai in questa zona?”.
“Appunto, perciò ho chiesto al nostro mago del computer, altrimenti detto Prosperi, di effettuare una ricerca, abbiamo la lista di tutti i furgoni di quel tipo e di tutti i carrozzieri della zona, prima o poi salterà fuori qualcosa....”.
“Lo spero bene...”.
Luigi guardò l’amico che portava ancora addosso i segni di quella nottata assurda e decise di offrirgli un caffè per distrarlo un po’.
Gli chiese come stava Paola  e ascoltò le sue perplessità.
“Dovevi vedere come ha fatto il cane addosso ai genitori quando le hanno chiesto se aveva chiamato la madre dei bambini, credimi, era agguerritissima!”.
“Più del solito?”.
“Per avere un’idea, immagina il solito ma elevato all’ennesima potenza!”.
“Omamma!! E ora come sta?”.
“Ora è a casa coi bambini ma credimi, avrei preferito non  lasciarli soli... si è rannicchiata sul letto a fianco a loro e non ha detto una parola, non l’ho mai vista così sconvolta...”rispose lui passandosi una mano tra i capelli.
 
“Ah Ferri, sei qua!” disse Capello affacciandosi nell’ufficio “vieni nel mio ufficio, volevo parlarti un attimo!”.
Andrea non esitò a fare quanto chiesto e  si accomodò nell’ufficio del comandante.
“La Vitali e i bambini come stanno?” esordì Capello.
“E’ un po’ provata da quanto è successo ma sta bene, i bambini beh...sono un po’ acciaccati, la bimba deve tenere il gesso per dieci giorni però tutto sommato stanno bene, considerato cosa è successo poteva andare decisamente peggio!” rispose Andrea tranquillo.
“Per il momento non c’è alcun motivo per il quale tu debba rimanere ancora qui, perciò vai a casa, cerca di riposare un po’ figlio mio, hai una faccia! Tieni il telefono acceso così se c’è di qualcosa di urgente ti chiamo...Ah, un’ultima cosa, di a Paola che non appena ci riesce l’aspetto qui nel mio ufficio per quattro chiacchiere...”.
“Comandi!” concluse Andrea prima di uscire.
 
Mentre percorreva la strada di casa, nonostante fossero quasi le undici, decise di fermarsi al bar Pippo per prendere i cornetti di quelli integrali con la marmellata come piacevano a Paola e due cappuccini da portar via di quelli ad alto contenuto caffeinico come piacevano a lui.
Entrò in casa cercando di fare meno rumore possibile e dopo aver posato i cornetti e i cappuccini sul tavolo andò ad affacciarsi sulla porta di camera. Paola ed i bambini stavano dormendo beatamente e non aveva la benché minima intenzione di disturbarli, perciò si mise la tuta da ginnastica con la quale trafficava per casa, si sdraiò sul divano coprendosi con la coperta di tweed che usavano quando guardavano la televisione e cercò di dormire un po’.
Mezz’ora dopo Paola cominciò a rivenirsi e uscendo senza far rumore dalla camera, si diresse verso il salotto e rimase sorpresa di vedere Andrea che dormiva tranquillo sul divano.
Anche per lui non era stata una nottata facile, gliel’aveva letto negli occhi e si rese conto che essendosi chiusa a riccio forse non l’aveva ringraziato come doveva.
Decise allora di mettersi a sedere anche lei sul divano, si sdraiò al suo fianco e lasciò che percependo la sua presenza, Andrea la stringesse inconsciamente nella morsa del suo abbraccio e in quel preciso istante si sentì invadere dalla quiete e dalla sicurezza che qualsiasi cosa sarebbe accaduta, non sarebbe stata da sola ad affrontarla ma ci sarebbe stato lui al suo fianco.

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Capitolo 32
*** Rientro a casa ***


Sono quasi le due quando Andrea apre gli occhi e realizza che Paola sta ancora dormendo tra le sue braccia. Senza fare troppo rumore si alza e per prima cosa va a controllare i bimbi e mentre Chiara dorme pesantemente, ancora intontita dagli antidolorifici (- deve aver preso dalla zia-pensò fra sé e sé sorridendo), Gioele è sveglissimo e sta per reclamare a gran voce la sua attenzione rischiando così di svegliare la sorella.
Affrontò così i suoi timori nel prenderlo in braccio, aveva quasi paura che potesse rompersi, e lo portò con se in cucina.
Stava cominciando a piagnucolare perché aveva fame e prima di aprire il frigorifero e cadere nel panico totale, chiamò al telefono Sandro per chiedergli un consiglio.
“Hai un formaggino in casa?!” gli disse il collega.
Non era esattamente il massimo ma al momento non aveva omogeneizzati per casa e mettersi a frullare una cosa qualsiasi rischiava di svegliare le ragazze e non era il caso.
Così si ritrovò a frugare nel frigo in cerca del fantomatico formaggino, e una volta trovato, si mise a sedere con il bambino sulle ginocchia e lo aiutò a mangiare.
“Avevi fame eh, ometto!?” chiese guardandolo divertito mentre si gustava il suo pranzo.
Il bambino si girò verso di lui e gli fece un grande sorriso.
“Si lo so,” continuò Andrea “è stata una nottata movimentata, che dici, andiamo a svegliare quella dormigliona di tua zia?!?”.
Ma non ce ne fu bisogno perché Paola era ferma sulla porta di cucina e aveva assistito a tutta la scena senza far notare la sua presenza.
Si avvicinò, andò a posargli un bacio sui capelli scompigliati e poi si mise a sedere lì a fianco.
“Come ti senti?”.
“Molto meglio ora che siamo a casa...” rispose lei accennando un sorriso.
“Hai fame?”.
“Un po’ in effetti...”.
“Ti va uno spaghetto veloce?” chiese Andrea mentre Gioele cominciava a scalpitare per andare dalla zia.
“Sarebbe perfetto” rispose lei allungando le braccia per accogliere il bimbo “passami il rospetto, così puoi metter su l’acqua senza problemi!”.
Si scambiarono rapidamente i ruoli e meno di un quarto d’ora dopo la pasta era pronta.
Mangiarono un boccone e Gioele che li guardava incuriosito dagli spaghetti, decise di reclamarli pure lui.
“Che cosa vedono i miei occhi” rise Paola “mi sa che il rospetto qui ha preso di mira gli spaghetti della zia!!”.
Fortuna che li avevano fatti con burro e formaggio e Paola decise che, opportunamente spezzettato, poteva persino fargliene provare uno o due.
“Amore mi passeresti un cucchiaino per piacere?!”.
Andrea fece come gli era stato richiesto e guardò estasiato la scena che aveva davanti a se, Paola che aiutava il bambino con gli spaghetti e le sue smorfie mentre assaggiava questa cosa nuova.
Le avrebbe voluto dire che era veramente carina col bambino in braccio e si chiese come sarebbe stato avere un bambino tutto loro che scorrazzava per casa anche se non ne avevano mai parlato prima.
Finito di pranzare misero Gioele sul tappeto e controllandolo sempre con la coda dell’occhio, andarono a sistemare la cucina approfittandone per fare il punto della situazione.
“Come ci organizziamo coi bambini?!” chiese infine Andrea.
“Per il momento staranno con noi, non ti dispiace vero?!”.
Andrea l’abbracciò tenendola stretta a se.
“Non era questo che volevo dire... la mia domanda era, visto che staranno da noi per un po’, come ci organizziamo, c’hai già pensato?!”.
“Okay...”Paola tirò un sospiro di sollievo “pensavo che non appena Chiara si sveglia potremmo andare a casa di Marco e prendere un po’ delle loro cose così da rendere la cameretta un po’ più accogliente e poi se ce la facciamo, di fare un salto in caserma così da poter chiedere un congedo momentaneo per motivi familiari...”.
“Certo, e per quanto riguarda Capello, mi ha chiesto di dirti che ti aspetta nel suo ufficio non appena ci riesci...”.
Erano le quattro quando Chiara si svegliò rivelandosi fin dall’inizio particolarmente nervosa e il braccio immobilizzato che le faceva ancora male di certo non aiutava la situazione.
Si vestirono tutti e quattro e poi uscirono per andare a casa di Marco a recuperare le cose dei bambini. Chiara non ne volle sapere di staccarsi da Andrea che non oppose resistenza per non innervosirla ulteriormente e la tenne in braccio mentre scendevano le scale.
Entrarono in casa e Paola sussultò. Andrea aveva una vaga idea di quanto potesse passarle per la testa in quel momento e le strinse la mano come per infonderle un po’ di coraggio.
Mentre lui giocava coi bambini in salotto Paola andò nella cameretta e fece mentalmente una lista di quello che doveva prendere.
Cercando una valigia entrò in camera di suo fratello senza neanche pensarci e rimase un attimo ferma quando se ne rese conto. Si mise un attimo a sedere sul suo letto e la sua attenzione venne attirata da una foto sul comodino. Non una foto qualsiasi, una di loro due insieme, avranno avuto all’incirca quindi anni lei e diciotto lui,erano al lago, sdraiati a pancia in giù sul prato e per averla fatta con l’autoscatto era venuta abbastanza decentemente.
Si assomigliavano tanto, si poteva dire che erano identici persino nei lineamenti,se si tralasciava il fatto che Marco aveva gli occhi che erano verdi tendenti all’azzurro e i capelli castani ramati dannatamente ricci.
Decise che avrebbe portato quella foto nella sua camera d’ospedale insieme a quella che lo ritraeva con in braccio i suoi bambini, probabilmente non sarebbe servito a molto, ma la rassicurava credere che potesse fargli bene avere vicino le foto di chi gli voleva bene.

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Capitolo 33
*** Ho bisogno di te, vecchio orso brontolone ***


Usciti da casa di Marco, passarono un attimo in caserma così che Paola potesse parlare con il maresciallo anziano.
Quando li vide entrare con in braccio i bambini, Sandro che in quel momento era di turno al telefono, sorrise.
Dopo aver messo la bimba a terra, Paola gli passò il bambino, salutò tutti e tre e si diresse verso l’ufficio di Capello.
“Paola! Accomodati pure!” le disse Giuseppe con fare paterno facendole segno di seguirlo ed accomodarsi sul divanetto“Allora...come stai?”.
“Bene...” rispose lei anche se la sua faccia diceva il contrario.
Parlarono un attimo di quanto era accaduto e di quella che sarebbe stata l’organizzazione nei giorni successivi.
“Avrei bisogno di qualche giorno di permesso, so che al momento siamo sotto organico, mi creda, preferirei non farlo, ma ho bisogno di poter stare dietro ai bambini finché non staranno un po’ meglio...” disse tutto d’un fiato quasi in preda all’agitazione.
“Paola...” le disse allora il maresciallo posando una mano sulla sua “calmati... non ti preoccupare per l’organico, ora ti prendi qualche giorno per seguire i bambini e per riprenderti un po’, hai una faccia stanca figlia mia!”.
Paola fece un cenno con la testa e poi tornò a guardare il maresciallo.
“E dimmi, i bambini come stanno?!” le chiese infine cercando di alleggerire la conversazione.
Così Paola gli raccontò dei piccoli, di come Gioele non avesse battuto ciglio quando gli avevano messo i punti e di come avesse mangiato gli spaghetti mentre Chiara andava in giro per casa facendo vedere il suo gesso fucsia fotonico.
“Hai già idea di come ti muoverai dopo?”.
“Non lo so, Marco mi aveva detto che stava per fare l’inserimento all’asilo per entrambi, mi sa che dovrò occuparmene io...”.
“Ho un’idea a questo proposito, dopo che i bimbi saranno entrati all’asilo potremmo pensare ad una riduzione dell’orario, tipo un part-time provvisorio finchè la situazione non si sarà stabilizzata un minimo, che ne dici?”.
“Direi che va più che bene, devo compilare qualche foglio?”.
“Intanto la richiesta di ferie per motivi familiari, per il resto ci penseremo al momento più opportuno...”.
 Finito il colloquio, Capello l’accompagnò fuori dal suo ufficio, salutò il suo secondo e i due bambini e li guardò uscire fuori dalla caserma tutti insieme.
 
Fecero una sosta in ospedale ma visto che i bambini si erano appisolati, Andrea rimase con loro in macchina e Paola, che era stata taciturna per tutto il viaggio, prima di scendere, gli diede un piccolo bacio.
“Faccio prestissimo, promesso!” gli disse prima di chiudere la portiera alle spalle.
Entrò a passo spedito in reparto ed entrò nella camera di Marco, i suoi genitori non c’erano, probabilmente erano andati a prendersi un caffè, così si avvicinò e si mise a sedere vicino al suo letto.
“Ciao tato,” gli disse facendogli una carezza sul viso “ti ho portato un paio di cose, spero che non ti arrabbierai..”.
Prese le due cornici che aveva preso a casa e le mise sul comodino, poi tornò a prendere la mano di Marco tra le sue continuando ad accarezzarne il dorso.
“Sai che non hai proprio una bella cera eh?! Di solito eri tu a prendermi in giro, ma vedo che ultimamente mi stai battendo...si, lo so, non devo cantare vittoria, posso aver vinto una battaglia ma non ho ancora vinto la guerra” disse immaginandosi che cosa le avrebbe risposto il fratello in quel momento “ perciò muoviti a svegliarti, i tuoi bambini hanno bisogno del loro papà e non ti montare troppo la testa, ma anche io ho bisogno di te, vecchio orso brontolone che non sei altro!!!”.
Sperava inconsciamente che averlo sfidato e aver ammesso che aveva bisogno di lui servisse a qualcosa ma l’unica risposta che ebbe fu il bip ritmico delle macchine a cui era collegato.
“I bambini stanno bene, puoi stare tranquillo, sono un po’ abbacchiati ma stanno bene, è stato Andrea a trovarvi e dopo che ti avevano barellato, non li ha lasciati da soli neanche un minuto mentre erano in ambulanza, mi sa che almeno un grazie ti tocca dirglielo!” continuò accennando un sorriso “e penso proprio che sarà uno zio coi fiocchi per i tuoi bambini, ti farei vedere Chiara, oggi era uggiosissima e non c’è stato modo di calmarla se non era lui a tenerla in braccio!”.
Fece una piccola pausa e in quel momento i suoi genitori entrarono.
“Ciao tesoro” esordì Demetrio posandole un bacio sulla testa “ tutto bene?”.
“Si, siamo andati a prendere un paio di cose per i bambini e mentre tornavamo indietro abbiamo fatto una sosta qui...”.
“E i bambini?” chiese Anna.
“I bambini sono in macchina con Andrea, si sono appisolati mentre venivamo in qua, sono agitatissimi oggi e non mi andava di sballottarli ulteriormente” rispose lei.
“Okay...”.
Paola guardò l’orologio e disse che doveva andare.
“Perché non venite a cena da noi stasera? Così parliamo un po’ e state coi bambini!” disse infine prima di dare un bacio sulla fronte al fratello e recuperare le sue cose.
“D’accordo” rispose Demetrio “allora ci vediamo dopo!”.

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Capitolo 34
*** Cena coi futuri suoceri ***


Anna e Demetrio arrivarono a casa della figlia verso le otto e un quarto, incuriositi dal vedere come si fossero sistemati.
Suonarono al campanello e fu Andrea ad andare ad aprire seguito a ruota dalla piccola Chiara che non appena vide che si trattava dei nonni, andò ad abbracciarli.
Anna si trattenne con la bimba mentre Demetrio, dopo un saluto veloce ad Andrea, andò alla ricerca della figlia che stava trafficando in cucina.
“Ciao Pà!” esordì lei andandolo ad abbracciare “avete trovato facilmente la strada?”.
“Si, dai, Città della Pieve non è esattamente una metropoli!”.
Stavano ancora chiacchierando quando Chiara entrò in cucina puntando dritta al nonno e dopo averlo preso per mano lo trascinò in salotto.
Andrea intanto raggiunse Paola in cucina per cominciare ad apparecchiare e prima di aprire la lavastoviglie, si avvicinò e l’abbracciò.
Paola non disse niente, poggiò la testa sul suo petto e chiuse gli occhi in cerca di un briciolo di serenità che potesse placare l’irrequietezza che sentiva addosso.
“Andrà tutto bene Paola, te lo prometto...” disse cercando di rassicurarla.
Paola non disse niente, rimase un po’ così a gustarsi quel contatto e poi, dopo aver alzato lo sguardo, gli diede un bacio.
“Ti amo” gli disse subito dopo accennando un piccolo sorriso.
“Per così poco?!” rispose lui con un sorriso sghembo.
“Lo sai ance tu che non è poco e non posso fare altro che ringraziarti!” rispose lei prima di tornare a trafficare con la cena.
Andrea la trattenne per una mano e fece si ce potessero guardarsi negli occhi.
“Paola, siamo una famiglia io e te, no?!” gli disse dolcemente “E in una famiglia ci si aiuta, si cammina insieme per affrontare gli ostacoli che si incontrano per superarli, insieme! Non c’è bisogno che mi ringrazi, io ti amo, e proprio perché ti amo non ho la benché minima intenzione di lasciarti da sola, neanche se tu mi obbligassi!!”.
“Come se fossi solo io quella che si intestardisce sempre, eh?!”.
“Non cambiare argomento...” la rimbeccò Andrea rubandole un bacio prima di aprire la lavastoviglie.
 
Finirono di cenare in tranquillità e dopo aver messo a dormire i bambini nel letto matrimoniale, tutti e quattro si misero a sedere sul divano per prendere il caffè.
“Tesoro che ne penseresti se i bambini li portassimo con noi quando rientreremo a casa?” esordì Anna consapevole che stava per sganciare una bomba non indifferente.
Paola li guardò torva e prima di urlargli di nuovo contro, decise di volatilizzarsi in cucina e tenere la mente occupata. Certe volte si chiedeva come diamine le venissero in mente certe idee, i bambini a Nettuno, lontano dal padre, quando stanno per cominciare l’inserimento all’asilo? Neanche morta si disse, i bambini avevano bisogno di stare in un ambiente a loro familiare e  quel posto di certo non lo era.
Andrea stava per alzarsi e raggiungerla quando Demetrio prese parola.
“Anna, che diamine, la loro vita è qui, Marco è qui e vorrà vederli quando si sveglia, vedrai, Paola saprà cavarsela!” disse cercando di placare la moglie.
“Ma è da sola, Dem, ha il lavoro, come pensi che ce la possa fare da sola con due bambini piccoli?!” ribatté la donna.
“Non sono da sola mamma...” rispose Paola tornando a sedere al suo posto dopo essersi calmata un pò “c’è Andrea con me e sono sicura che mi darà una mano come ha fatto fin ora!”.
Non sapeva bene se fosse quello il momento giusto per sganciare l’ennesima bomba di quella serata, ma Andrea ebbe l’impressione che fosse proprio quello il momento per affrontare seriamente il discorso con i futuri suoceri.
“Signor Vitali, signora...” disse Andrea “ io amo vostra figlia, e so che è una situazione assurda quella che si è creata nelle ultime ore, ma vi posso assicurare che non ho la benché minima intenzione di lasciarla sola, soprattutto adesso che Marco ha avuto l’incidente e deve occuparsi dei bambini...”.
Stava per essere interrotto da Anna quando il marito le fece segno di lasciarlo continuare.
“E non sono solo parole messe lì a caso, potete esserne più che sicuri, perché le ho chiesto di sposarmi qualche giorno fa e lei ha detto di si...” disse innocentemente Andrea prendendo la mano di Paola nella sua.
Paola sbiancò, sperando proprio che il padre non lo incenerisse con il solo sguardo, poi lo guardò un attimo cercando di capire cosa potesse passargli per la testa, e quando lo vide tranquillo, seppe che il peggio era passato.
O perlomeno era quello che credeva, perché chi si dimostrò perplessa fu proprio Anna.
“Come scusa?!? E da quant’è che state insieme?!?” chiese con una voce di un’ottava più alta del normale.
“Si mamma, Andrea mi ha chiesto di sposarlo e io ho detto di si, e sono quasi sei mesi che stiamo insieme se è questo quello che vuoi sapere, perché non è solo questo, vero mamma?!?”.
“Si, cioè, no! Perché non ce l’hai mai detto in tutti questi mesi?!”.
“Perché volevo fosse una cosa solamente nostra, perché non sapevo ancora come si sarebbe evoluta e perché volevo essere sicura al mille per cento prima di presentarvelo, ho già sbagliato una volta e lo sai anche tu com’è andata a finire...” disse infine sperando che la madre avesse colto l’allusione al suo ex fidanzato, Giacomo, senza dover aggiungere altro.
Demetrio capì al volo che presto sarebbero state di nuovo scintille fra le sue due donne e decise di aiutare quel povero ragazzo offrendogli una via di fuga.
“Andrea ti serve per caso una mano a scaricare la macchina?” chiese.
“In effetti, se non è troppo disturbo!”.
“Certo che no, andiamo?!” rispose l’uomo.
-Anche perché io e te caro mio dobbiamo fare quattro chiacchiere da uomo a uomo– pensò in realtà senza dar voce ai suoi pensieri.
Andarono giù lasciando le due donne da sole che ancora si studiavano.
“Come avete intenzione di fare?”.
“In che senso?!”.
“Sbaglio, o non sono ammesse storie tra colleghi??!”.
“Non sbagli infatti, ancora non lo so, non c’abbiamo pensato, è successo tutto così in fretta che ancora non abbiamo avuto il tempo di parlarne con il Maresciallo, e finchè non l’avremo fatto non metteremo in piazza la nostra relazione...”rispose Paola “...poi inoltreremo domanda, e se proprio andrà male, uno dei due cercherà di essere trasferito a Perugia, così da non essere incompatibili ma allo stesso tempo, non essere troppo lontani da casa..”.
“Tesoro sei sicura, voglio dire, dopo Giacomo...”.
“Dopo Giacomo cosa, mamma? Devo per caso ricordarti che sono stata io a lasciarlo visto che non faceva altro che andare a letto con la sua segretaria un giorno si e l’altro pure? Ci sono stata male, non posso negarlo, ma proprio quest’esperienza mi fa capire quanto io sia fortunata ad aver trovato Andrea, e se non ci faranno più lavorare insieme, pace, avremo sempre la nostra casa per ritrovarci a fine giornata e raccontarci com’è andata!!”.
Anna la studiò un istante... la storia con Giacomo era stata massacrante per l’autostima di Paola che non si era più buttata in storie serie, e sentirla parlare così dell’uomo che amava, con il quale stava costruendo una famiglia la rassicurava, il passato era ormai un lontano ricordo che sua figlia aveva relegato in un angolo sperduto della sua memoria.
 
Nel frattempo anche Demetrio e Andrea stavano chiacchierando mentre portavano su il lettino e il box.
“E quindi le hai chiesto di sposarti, eh?!”.
“Si... a tal proposito, mi dispiace se non mi sono mai presentato prima di farlo, mi pare di capire che lei è molto legato a sua figlia...”.
“Certo che sono legato a Paola, è la mia bambina, però ragazzo, non siamo più nel medioevo che  devi chiedere la mano prima ai genitori...capisco che pensi che io sia legato alla tradizione, e in parte lo sono, ma non sono un cariatide!!” rispose Demetrio.
“Quindi non le dispiace che abbia chiesto a sua figlia di sposarmi?!”.
“Certo che no, se lo hai fatto devi avere le tue motivazioni e considerando quanto sa essere testarda quella ragazza, confido tu sappia già in partenza quello che ti aspetta!”.
“Mi creda, è da quando l’ho incontrata la prima volta e mi ha arrestato pensando fossi uno spacciatore che so quello che mi aspetta, e francamente, non vedo l’ora!!” rispose Andrea accennando un sorriso ripensando a come si erano conosciuti.
“Come?!?” chiese Demetrio sorpreso.
“Già... mi creda, sua figlia è tosta, in tutti i sensi, ed è anche per questo che mi sono innamorato di lei!”.
Demetrio, che anche se non lo dava a vedere in realtà era partito un po’ prevenuto nei confronti del fidanzato della figlia, dovette ricredersi, e ammettere persino che quel ragazzo gli stava simpatico, pur essendo un carabiniere.
Si fece spiegare un po’ come avrebbero gestito il discorso dell’incompatibilità, e sentirlo disposto persino a trasferirsi in una stazione della zona per poter stare con sua figlia lo fece stare più tranquillo, quella zuccona della sua bambina sarebbe stata in buone mani ed era sicura che lui ne avrebbe avuto cura.
Si dovette ricredere, anche se lo conosceva da poche ore, era sicuro che Andrea non era  come quel verme aveva spezzato il cuore della figlia anni prima, e questo lo rincuorò, convincendolo ad accordargli fiducia.
Tornarono in casa che scherzavano come due che si conoscono da tempo lasciando le donne a bocca aperta per questa inaspettata complicità.
Paola sorrise, sapeva quanto affascinante sapesse essere Andrea quando voleva e si ripromise di chiedergli i particolari non appena fossero stati da soli perché Demetrio Vitali che non disintegra il fidanzato della sua bambina dopo un nanosecondo, è un avvenimento da segnare sul calendario.

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Capitolo 35
*** Un giorno normale come tanti, speciale come pochi ***


Era già passato un mese da quando Marco aveva avuto l’incidente e visto che seppur lentamente le lesioni stavano migliorando, i medici avevano deciso di continuare a tenerlo sedato, così che potesse guarire meglio e più rapidamente.
Demetrio ed Anna si erano momentaneamente trasferiti a casa del figlio così da poterlo assistere in ospedale mentre i bambini continuavano a stare con Andrea e Paola, portando grandi cambiamenti in quella che era la loro routine familiare.
Sono le sette e dieci di un mattino come tanti altri e Andrea sente delle manine minute che scorrazzano sulla sua faccia, apre gli occhi e vede una bambina con due occhi verdi estremamente familiari, in pigiama, che lo sta studiando attentamente.
Decide così di stare al gioco, come ogni mattino, e comincia a fare delle facce strambe che riescono nel suo intento di far ridere la piccola.
Quel mattino però c’era una sostanziale differenza che lo rende un po’ più speciale del solito, una ragazza, sui trent’anni circa, che se ne sta sulla porta ad osservarli in silenzio, come in contemplazione, rapita dalla visione davanti ai suoi occhi.
“Che dici rospetta, andiamo a dare il buongiorno alla zia?!” chiese Andrea che nel frattempo non si era accorto della presenza della fidanzata mentre Chiara continuava a guardarlo divertita.
Ancora qualche minuto e poi Andrea si alza prendendo in collo la bimba e solo in quel momento si accorge di Paola che non si è spostata di un millimetro.
“Buongiorno amore!” le dice accennando una carezza sul viso prima di darle un bacio veloce.
“Buongiorno!” rispose lei dando poi un bacio ad entrambi.
“Da quant’è che sei qui?!”.
“Da un po’, sei davvero carino mentre fai le facce stupide di prima mattina!” rispose sinceramente.
“Ahahah spiritosa, anche tu non sei niente male con i capelli tutti scarruffati che ti ritrovi ogni mattina quando puntualmente mi chiedo se tu abbia messo per caso le dita in una presa della corrente!” le rispose lui con una linguaccia prima di portare la bimba in cucina dove la colazione era già pronta mentre lei andò a sistemare Gioele prima di raggiungerli.
Chiara era autonoma, faceva un po’ di confusione ma sapeva cavarsela discretamente bene con la tazza della colazione, Gioele invece ancora prendeva il biberon rendendo le cose più semplici da un punto di vista puramente gestionale.

“A che ora devi entrare?!” chiese Paola vedendolo ancora con abiti civili.
“Non prima delle dieci, ho lo spezzato oggi, vorrei venire con te all’asilo se non ti dispiace, tu?”.
“Tempo di portarli a scuola e poi inizio il turno fino a che non devo andarli a prendere verso le tre e comunque certo che non mi dispiace se ci fai compagnia!”.
Così si vestirono di tutto punto, faceva freddo quella mattina ma per fortuna c’era il sole, così decisero di andare a piedi. Presero il passeggino e vi sistemarono Gioele mentre Chiara continuava a gironzolare per casa con il suo grembiule a quadretti rosa, inseguita dalla zia che le doveva sistemare le codine prima di mettersi il berretto e la sciarpa.
Alla fine anche le ragazze furono pronte, con buona pace di Andrea che aveva osservato la scena divertito e uscirono di casa.
Paola non aveva la divisa, una volta arrivata in caserma avrebbe indossato quella che teneva ancora nell’armadio in quella che era stata la sua camera di comune accordo con Sonia.
Uscirono di casa come una famiglia qualunque, Paola che teneva per mano la nipote che portava in spalle il suo zainetto colorato mentre Andrea spingeva il passeggino e per chi non li conosceva, potevano benissimo essere scambiati per una mamma ed un papà che portano all’asilo i loro due bambini prima di entrare in ufficio.
Arrivati davanti alla scuola, accompagnarono prima la bambina fino all’entrata dove trovarono la maestra ad accoglierli e una volta assicuratisi che Chiara era serena in compagnia degli altri bambini, si allontanarono e fecero il giro del cortile per raggiungere l’entrata del nido.
Entrarono e videro subito il grande acquario che si trovava nel centro della stanza vicino a delle poltroncine dove i bambini si sedevano prima di rimettersi le scarpe.
Furono immediatamente accolti dalla maestra dei piccoli, i bambini sotto un anno, che prese Gioele in braccio e lo portò sul tappeto insieme agli altri bambini.
Andrea si aspettava chissà quali pianti e capricci invece lo avevano salutato e lui si era accoccolato tra le braccia della maestra senza batter ciglio.
Uscirono dal nido spingendo il passeggino vuoto e ne approfittarono per camminare un po’ stando abbracciati.
“A che stai pensando?” gli chiese Paola dopo qualche minuto.
“A quante poche bizze abbiano fatto i bimbi...io mi aspettavo già pianti e capricci a non finire e invece non hanno fatto storie!” rispose lui.
“Questo perché non c’eri quando abbiamo iniziato l’inserimento, Chiara si è ambientata alla grande, del resto è tutta sua zia, Gioele invece mi stupisce ogni giorno, i primi giorni ha fatto un po’ di capricci ma penso sia normale, invece ora va senza problemi e sapendo quanto sia diffidente verso gli estranei all’inizio, direi che è andata di lusso!!”.
“Diffidente?!? Ma se con me non ha mai fatto una piega!”.
“Forse perché ormai c’ha fatto l’abitudine e dopo il formaggino siete diventati amici, che ti devo dire?!” rispose lei ridendo.
“O forse perché sono così affascinante che non solo ho le donne della famiglia Vitali che non sanno fare a meno di me, ma riesco a farmi amica anche la componente maschile!!” rispose lui con un sorriso sghembo.
“Certo, come no, passi Gioele perché è ancora piccolo,”rispose lei a mo’ di provocazione sorridendo “ e passi pure quell’orso geloso e testardo di Marco, siete talmente simili che non potete non andare d’accordo, ma sei davvero così sicuro che Demetrio Vitali sia un tuo grande fan?!?!”.
Andrea si fermò, deciso a giocare tutte le sue carte. Non le aveva mai detto esattamente come era andato il colloquio con suo padre mentre scaricavano la macchina, si era sempre tenuto sul vago e visto che gli si presentava l’occasione, decise di stupirla.
“Donna di poca fede” le disse avvicinandosi tenendola stretta “e chi ti dice che non lo sia? Direi che il fatto che sono ancora qui con te a parlarne lo dimostra, altrimenti avresti un simpatico cumulo di cenere che cammina come fidanzato, o sbaglio?”.
“D’accordo, te lo concedo, e anche se mi costa ammetterlo, saresti dannatamente carino anche in versione cumulo di cenere” rispose lei prima di baciarlo “ma non farci troppo l’abitudine!”.

La giornata passò tranquilla, Paola uscì per alcuni sopralluoghi con Leo mentre Andrea era sommerso dalle scartoffie e rimase buona parte del suo turno chiuso in ufficio cercando di venirne a capo.
Rientrarono dalla pattuglia in ritardo tanto che guardando l’orologio Andrea cominciava a preoccuparsi, ma come mise piede fuori dal suo ufficio per andare in cortile a telefonare, li vide rientrare e tirò un sospiro di sollievo.
Sapeva che era una cosa stupida, non poteva certo farsi prendere dall’ansia anche per una semplice pattuglia, altrimenti non sarebbero riusciti a far funzionare il loro rapporto, ma si giustificò pensando che era condizionato da quanto era successo negli ultimi giorni e non appena tutto si fosse sistemato sarebbe stato più tranquillo.
Paola lo vide fermo vicino all’albero, perso nei suoi pensieri e dopo aver detto a Leo che lo avrebbe raggiunto qualche minuto dopo, si avvicinò.
“Ehi..” gli disse cercando di richiamarlo dalla giungla di pensieri dove quel testone si era andato a ficcare.
“Ehi...” rispose lui abbracciandola. In cortile. Davanti a tutti.
“Sicuro che vada tutto bene?” chiese osservando un attimo l’espressione sul suo volto.
“Si...” rispose lui trincerandosi dietro ai suoi soliti monosillabi prima di baciarla.
Paola non aggiunse niente, rimase così tra le sue braccia, beandosi di quel contatto  ancora per qualche istante.
“Non so che cosa ti passi per la testa, ma  qualsiasi cosa sia quello che ti rende così pensieroso, ricordati che ti amo...” gli disse tenendolo stretto, passando una mano tra i suoi capelli a mò di carezza.
“ Tranquilla,” le rispose lui “è già passata...”.
“ Meglio così, non mi piace quando ti trinceri dietro i tuoi monosillabi...”.

Erano quasi le tre quando Paola uscì dalla caserma dopo essersi cambiata per andare a prendere i bambini all’asilo.
Prese prima Gioele e lo sistemò nel passeggino e poi andarono a recuperare Chiara che non ne voleva sapere di lasciare i suoi amichetti, ma prontamente convinta dalla promessa della zia di andare a trovare Andrea, dichiarò la resa in poco tempo.
Fece salire Chiara sul retro del passeggino del fratello dove c’erano due piccole pedane per il passeggero, si mise in spalla lo zainetto della bambina e nel si incamminarono verso la caserma.
Trovò la porta aperta e dopo aver fatto scendere la nipote, entrano nel corridoio principale e si fermano in prossimità del gabbiotto dove trovarono Prosperi a guardiano del telefono.
“E cosa ti porta qui bella signorina?!” chiese Carlo vedendo la bambina che si affacciava in guardiola.
Paola che intanto teneva in braccio il nipote aspettava la risposta tagliente della bimba sicura che avrebbe dato del filo da torcere persino a quel burlone di Carlo.
“Voglio dire ciao a Andrea!” rispose Chiara avvicinandosi a Carlo per scrutarlo meglio.
“E a me ciao non lo dici?!”.
Chiara lo guardò un attimo  e fece no con la testa, facendo sorridere Paola. Doveva essere lei a condurre il gioco, non le piaceva essere condotta.
“Come ti chiami?” chiese la bambina.
“Carlo, e tu?”.
“Io sono Chiara Vitali” rispose lei facendo un po’ di fatica a pronunciare la V, fissandolo con i suoi occhioni verdi.
“Anvedi questa qui... tosta come la zia!” commentò trattenendo un sorriso.
Paola li guardò e trattenne una risata a stento, Carlo aveva ragione, la bambina era veramente tosta.
“E senti Chiara, ci vieni con me a cercare Andrea?” proseguì lui porgendogli la mano che la bambina afferrò prontamente.
Uscirono dalla guardiola e la bambina guardò la zia dicendole che andava con Carlo a cercare Andrea e lei li seguì.

Andrea stava prendendo l’ennesimo caffè appoggiato al piano della cucina quando vide entrare Chiara che di corsa gli si abbarbicò ad una gamba.
“Ciao topolina” le disse accarezzandole la testa.
“Ciao” rispose la bambina prima di staccarsi.
Posò la tazzina del caffè ormai vuota nell’acquaio e la seguì fino al tavolo dove, dopo essersi messo a sedere, lasciò che lei si arrampicasse sulle sue ginocchia.
“E dimmi, è andata bene oggi all’asilo?” chiese mentre la bambina guardava rapita i bottoni luccicanti della sua giacca e le mostrine che aveva vicino al taschino.
“Si”.
“E cosa avete fatto?!”.
Così la bambina gli raccontò di tutte le cose che aveva fatto a scuola, di come avesse giocato coi suoi amichetti, tutto nel modo convulso in cui lo fanno i bambini di tre anni.

Paola intanto era rimasta nel corridoio dopo che Carlo era tornato di piantone perché aveva incontrato Sonia e si era fermata un attimo a parlare con lei che era rimasta rapita dal sorriso sdentato di Gioele.
Parlarono del più e del meno, delle condizioni di Marco e Sonia le disse che per qualsiasi cosa le servisse, poteva benissimo contare su di lei  e che le sarebbe piaciuto organizzare una sera per sole donne così da poter spettegolare liberamente.
Paola le disse che potevano fare una sera a casa sua quando Andrea fosse stato di notte, così che se voleva poteva rimanere a dormire lì e tirare a chiacchiera fino al mattino successivo.
“Se non ricordo male Andrea è di notte dopodomani, facciamo che ora glielo chiedo, ultimamente mi scordo un sacco di cose e non vorrei dirti una cosa per un’altra!!”rispose Paola.
Si congedò da Sonia che venne richiamata da Testa per una pratica in archivio e andò in cucina dove trovò la nipote seduta sulle ginocchia di Andrea.
“Ehi!” gli disse lui prendendole la mano per portarla a se.
“Ehi!” rispose lei passandogliela intorno alle spalle subito dopo “Come sta andando il turno?”.
“Tutto tranquillo” rispose lui andando ad accarezzare con una mano il piedino di Gioele “ E voi?”.
“Noi tutto bene...” concluse lei “A che ora smonti?
“Non prima delle sei e mezzo, sperando che fino a quel momento tutto taccia...”.
“Okay, allora noi andiamo...” rispose lei.
“Aspetta, vi accompagno!” disse poi alzandosi dalla sedia mettendo a terra la bambina.
Uscirono tutti e quattro dalla cucina e Andrea li accompagnò fino nell’androne dove avevano lasciato il passeggino.
“Allora ci vediamo a casa!” disse lei accennando un sorriso dopo aver sistemato i bambini.
“Si,” rispose lui che si era piegato per salutare i bambini e ora era tornato a guardarla negli occhi.
Paola fece per andare via quando lui la trattenne e dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro, le diede un bacio veloce prima di tornare in ufficio.  

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Capitolo 36
*** 17 febbraio ***


Era un venerdì sera e visto che Andrea e Carlo avevano il turno di notte, Paola ne aveva approfittato per organizzare quella serata tra ragazze che avevano progettato  con Sonia.
E poiché non c’è due senza tre, anche Luigi era di notte e loro avevano esteso l’invito anche ad Alessandra così che potessero spettegolare in santa pace senza il rischio di essere interrotte dagli uomini.
Sono le nove e mezzo e i bambini, che sono arrivati stanchissimi al termine di una giornata frenetica passata in buona parte a giocare con Andrea prima che uscisse per il turno di notte, dormono beatamente nei rispettivi letti.
Alessandra aveva portato una bottiglia di vino fragolino che le ragazze sorseggiarono dopo cena comodamente sedute chi sul divano, chi sulla poltrona mentre chiacchieravano del più e del meno.
Paola chiese a Sonia come andassero le cose con Carlo e lo stesso fece con Alessandra e Luigi e passarono un’oretta e passa a raccontarsi gli aneddoti sui rispettivi fidanzati.
Alessandra chiese alle amiche di raccontargli qualcosa riguardo a Luigi prima del suo arrivo e loro le raccontarono di come all’inizio fosse un musone allucinante.
“All’inizio riuscire a cavargli una parola di bocca era un’impresa impossibile, hai presente un istrice?!? Ecco, un istrice è più facile da gestire!” rispose Sonia.
“Davvero?!?” chiese Ale.
“Davvero si” continuò Paola “ e poiché io sono stata l’unica che all’inizio era riuscita a sintonizzarsi sulle sue frequenze medie, puoi immaginare che putiferio è successo...”.
“Cioè?!?” chiese incuriosita. Luigi le aveva accennato qualcosa del suo rapporto con Paola, dei sensi di colpa dopo la morte di Silvia e di come si fosse creato un buon rapporto tra loro tanto che lui aveva, seppur per una frazione di secondo, pensato di provare qualcosa di diverso dall’amicizia nei suoi confronti, ma sentirlo raccontare da Paola era più divertente.
“Secondo te chi è che s’è fatto dei film mentali degni di un Oscar?!”.
“Andrea ovviamente”.
“Esatto. Ora tu li vedi così, tipo pappa e ciccia, ma all’inizio non si potevano vedere!”.
“Confermo” intervenne Sonia “era una cosa allucinante, se gli sguardi potessero incenerire, quei due al tempo si sarebbero trasformati in un cumulo di cenere a vicenda un minuto si e l’altro pure!”.
“Non ci credo!” rispose Ale ridendo immaginandosi suo fratello verde di gelosia che mandava degli sguardi al vetriolo a Luigi.
“Credici, tra Andrea e Luigi non so chi fosse più rintronato al tempo!!” confermò Paola “fortuna che poi sono rinsaviti, un pochino, non esageriamo, che quando ci si mettono sono veramente ingestibili!!”.
“Eh beh...se non gli ha ancora staccato la testa perché stiamo insieme direi che è un buon segno, no?!?”.
“Direi di si, considerando quanto sa essere geloso quell’uomo!! Addirittura una volta, subito dopo aver passato quella sera al casale, io e Lu eravamo il cambio di Andrea e Carlo, ci siamo salutati e il mattino dopo, quando siamo andati a fare un controllo insieme, mi ha chiesto per la quindicesima volta di fila nel giro di tre ore se fosse andato tutto bene...”.
“E...”.
“E niente, quando gli ho detto che poteva leggersi la relazione di servizio mi ha risposto che era semplicemente preoccupato sapendo che ero da sola nel bosco, neanche fossi cappuccetto rosso prossima ad essere mangiata dal lupo!!”.
“Ti capisco, quando ci si mette è veramente iperprotettivo, quando hai tempo chiedigli un po’ cosa hanno fatto lui e Stefano quando stavo con Pollo...” rispose Ale. Quella volta era stata veramente eclatante, Andrea e Stefano, il gemello di Ale, avevano fermato il suo fidanzatino dicendogli che se la trattava male lo avrebbero gonfiato come una palla da basket e quando lei raccontò l’accaduto le altre due non vollero crederci.
“E chi è Stefano?!” chiese allora Sonia.
“Mio fratello gemello!” rispose Ale tirando fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni per mostrare loro una foto che ritraeva i tre fratelli Ferri tutti insieme.
Era il giorno in cui Stefano aveva concluso gli studi alla scuola ufficiali della Guardia di Finanza e avevano tutti e tre un’espressione felice. Andrea e Stefano, praticamente uguale al fratello (sebbene lo superi di una spanna abbondante e abbia due occhi azzurri di quelli che ti trapassano da parte a parte anche da una fotografia), impeccabili nelle loro rispettive divise e Alessandra nel mezzo mentre i due posavano ognuno un bacio sulla guancia della sorella.
“Belli eh i miei due ometti?!” chiese alla fine con una punta d’orgoglio.
“Non sapevo che avessi un gemello...” disse Sonia dando voce alla domanda di Paola.
“Strano che Andrea non te ne abbia mai parlato, forse perché Ste è a Udine in questo momento e non si sentono tanto spesso, boh vallo a capire, quando ci si mette è veramente un enigma!”.
“Beh, se è per questo quella capra addomesticata di tuo fratello non mi aveva mai detto neanche di te fino a che non sei arrivata qui,”rispose lei sorridendo “ma che ci vuoi fare, il ragazzo sta invecchiando, non lo vuole ammettere ma sta cominciando a perdere qualche colpo!”.
 
Era mezzanotte passata quando, dopo aver chiacchierato tutta la sera tracannando la bottiglia di vino, Sonia annunciò che sarebbe rientrata in caserma poiché il giorno successivo aveva il turno lungo.
“Buona la scusa...” la prese in giro Ale bonariamente “ dillo che è perché vuoi il bacio della buonanotte da Carlo che ritorni in caserma non perché devi riposare!”.
“E va bene, è anche per quello,”rispose Sonia arrossendo “ma anche perché se tiriamo avanti a chiacchiera fino a domattina poi il turno lo faccio strascicando la lingua per terra e non mi pare il caso!!
“D’accordo, per stavolta sei perdonata!” concluse Paola ridendo “e visto che ci sei porta un saluto anche a quei disperati di turno con Carlo!!”.
Salutarono Sonia e richiusero la porta di casa.
Ale e Paola si cambiarono e poi andarono a rintanarsi sotto le coperte continuando a chiacchierare di tutto e dei rispettivi fidanzati.
In fin dei conti, Ale era la persona che meglio conosceva Andrea così come Paola era quella che conosceva meglio Luigi visto che era già un po’ di tempo che erano amici.
Si fece raccontare un po’ di com’era Andrea da bambino e poi si trovò a chiederle se sapesse come si era fatto quella cicatrice sul labbro che lo rendeva tremendamente affascinante.
“Quella? Sai che non l’ho mai capito?!?” rispose lei ridendo “quando eravamo piccoli se n’è fatte talmente tante che sembrava una cartina geografica ambulante, specie quando giocava a rugby, allora si!”.
“Rugby?!? Davvero?!Anche Marco c’ha giocato fino a che non si è fratturato del tutto la spalla e allora ha dovuto smettere”.
“Si, il nostro caro Maresciallo era un mediano di mischia o come diamine si chiama, Stefano invece giocava a basket e penso ci giochi tutt’ora... Si, è vero, Andrea non si stacca mai dalla sua palla da basket, ma solo perché odia l’idea che il suo fratellino sia più bravo di lui e che l’ultima volta che hanno giocato insieme lo abbia stracciato miseramente!”.
Stavano continuando a chiacchierare, Paola le aveva raccontato di quella volta in cui, di pattuglia insieme lui si era infilato in un tombino alla ricerca di una borsa  mentre lei lo teneva per la cintura e di come avesse ricevuto la telefonata del farmacista al quale lui, a sua insaputa aveva dato il suo numero di telefono.
“E poi che è successo?!” chiese Ale incuriosita.
“Che gli ho fatto venir la strizza quando per vendicarmi l’ho lasciato per un istante e stava andando giù come una pera cotta...sai giusto cinque secondi? Ma sono bastati, per non parlare della faccia che ha fatto quando sotto al suo naso ho chiamato il tipo per accettare il suo invito a cena la sera successiva!” rispose lei ripensando alla scena.
 In fin dei conti, dopo il mezzo bacio di copertura al prato delle margherite di Giovanni, quello in seguito all’appuntamento col farmacista (al quale lei aveva dato buca salvo ritrovarselo poi in pizzeria, dove loro stavano cenando coi vecchietti della casa di riposo, quando gli aveva detto che non era disponibile quella sera), era stato il primo bacio serio e non di copertura che si erano dati e che li aveva lasciati entrambi con sentimenti contrastanti.
Alessandra stava ancora ridendo, attraverso le sue parole riusciva benissimo ad immaginarsi il fratello e le sue reazioni quando Paola venne richiamata dal pianto di Gioele e andò in camera a controllare.
Lo prese in braccio rendendosi conto immediatamente che il bimbo aveva le guance caldissime e andò a cercare un termometro per dare fondo al suo sospetto dopo averlo messo nel lettone.
Il termometro dava esito negativo, Paola provò a farlo riaddormentare ma non c’è verso e poi realizza di cosa potrebbe trattarsi quando, il bambino le prende un dito e lo porta attaccandole un morso.
-Stai a vedere che sta mettendo i denti?- pensò andando ad ispezionare la bocca del nipote rendendosi conto che il piccolo aveva le gengive gonfie.
 Decise di chiamare la guardia medica ma senza ottenere risposta così con Alessandra cominciò a ragionare sulle possibili opzioni.
“Faccio un salto in farmacia e vediamo che mi dicono, ti dispiace rimanere con i bambini per una decina di minuti?!”.
“Certo che no! Vai tranquilla adesso, qui ci penso io”.
Paola si vestì di fretta e furia e uscì andando di buon passo verso la farmacia comunale che per sua fortuna è aperta h24.
Entra trafelata in farmacia e trovò Francesco al bancone, proprio quello al quale a suo tempo aveva dato buca, che una volta sentito il suo problema, le consigliò un giocattolino refrigerante che però richiedeva di essere messo in congelatore per due ore e una specie di dentifricio naturale a base di menta che poteva alleviare un po’ il fastidio dando un po’ di refrigerio.
Rientra a casa venti minuti più tardi con in mano la busta della farmacia e trova un’Alessandra decisamente agitata poiché Gioele brucia ed è abbastanza soporoso.
-Merda!- pensò guardando il termometro. Poi disse ad Alessandra di prendere delle pezze, bagnarle e metterle sulla fronte del bimbo mentre lei chiamava di nuovo la guardia medica giurando a se stessa che avrebbe fatto un pandemonio se non avesse risposto ancora una volta.
Venti minuti più tardi, suonano il campanello e quando va ad aprire la porta, si trova davanti il dottor Pinzoli, il giovane pediatra che aveva seguito i bambini subito dopo l’incidente.
Il dottore prese il bambino e le chiese di procurarsi tutto il ghiaccio in cubetti che avesse in casa e delle pezze bagnate così da poter continuare a fare gli impacchi.
Controllò la bocca del bambino, stavano spuntando due dentini insieme ed era per questo che probabilmente aveva la febbre, ma la rassicurò che una volta somministrata la supposta di antipiretico e aver continuato per un po’ con gli impacchi freddi, tutto si sarebbe risolto.
Rimase un’oretta buona complessivamente in casa e dopo aver controllato che la febbre si stesse effettivamente abbassando, si congedò.
 
Sette e venti del mattino e non appena mette piede in casa, Andrea è sorpreso di trovare la sorella che dorme in poltrona e Paola sdraiata sul divano con Gioele che le dorme in braccio.
“Ale!” dice sottovoce cercando di svegliare la sorella senza fare troppo rumore.
“Ciao fratellone, ma che ore sono?!?”.
“Le sette e venti, come mai siete qua e non in camera?!”.
“Lunga storia,” rispose lei stiracchiandosi “c’è da svegliare Chiara e portarla a scuola, altrimenti farà tardi!”.
“Dai, ci penso io, ti serve uno strappo?!” concluse lui ricevendo risposta affermativa dalla sorella.
Così svegliò Chiara, la preparò e la portò a scuola prima di portare Alessandra e rientrare a casa.
 
Quando rientra a casa per la seconda volta nel giro di un’ora, trova Paola che si è svegliata mentre Gioele è ancora addormentato ma non scotta più.
Si fa spiegare tutto per filo e per segno e provò a convincere Paola a chiamare in caserma e prendersi un giorno.
“Dai amore per piacere, non c’è bisogno, davvero!”.
“Si invece, sei distrutta e tutti e tre abbiamo bisogno di riposare”le disse componendo il numero diretto dell’ufficio di Capello.
Paola non aveva voglia di protestare troppo, Andrea aveva ragione, un po’ di riposo non avrebbe certo fatto male a nessuno, perciò misero Gioele nel lettone con loro e si addormentarono dopo poco.
Erano circa le undici e quaranta quando il telefono di Paola prese a squillare insistentemente e lei, seppur addormentata, riuscì a premere il bottone per accettare la chiamata.
“Pà, dimmi, è successo qualcosa?!”chiese preoccupata sapendo che i genitori erano da Marco.
“Amore non ci crederai” disse Demetrio con voce rotta da lacrime di gioia “ Marco si è svegliato!”.

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Capitolo 37
*** Una scoperta importante ***


Quel pomeriggio di inizio marzo mentre passeggiavano per la città durante il turno di pattuglia con Sonia, Paola venne colta da una forte nausea, per l’ennesima volta in quei giorni tanto che oramai cominciava quasi a farci l’abitudine.
“Che ne dici se ci fermiamo un attimo e ci prendiamo un the?”.
“Volentieri!” rispose lei felice di potersi riposare un momento.
Erano sedute ad un tavolino nella saletta interna e Sonia si fece raccontare quanto successo negli ultimi giorni.
Marco si era svegliato, la ripresa stava andando alla grande ma di comune accordo coi genitori aveva deciso di trasferirsi giusto il tempo che serviva per la fisioterapia da loro insieme ai bambini..
“E a te dispiace non averli più per casa?”.
“Certo che mi dispiace, ma sono più contenta che vadano per un po’ coi nonni e il loro papà piuttosto che stiano con me...” rispose lei “non mi fraintendere, io adoro i miei due rospetti,e sono stata contenta di averli con me vista la situazione assurda dell’ultimo mese ma lo sai com’è, papà batte zia cento a zero ed è giusto che recuperino il tempo perduto, non può che fare bene a tutti e tre passare del tempo insieme!”.
Stava sorseggiando il suo the quando cominciò a sudare freddo e congedandosi dalla collega, si fiondò in bagno prima che fosse troppo tardi.
-E che diamine, possibile che sia di nuovo l’influenza?!- pensò irritata.
Si ricompose un attimo e tornò da Sonia che la guardava perplessa.
“Meglio?”.
“Una favola” rispose lei cercando di essere meno sarcastica del solito.
“Lo vedo... davvero Paola, sei sicura di stare bene?!?”.
“Si, perché?!”.
“Perché hai una faccia come dire...”.
“Cadaverica?!? Si, lo so, Andrea dice che potrei far concorrenza a Mercoledì della famiglia Addams!”.
“Mi hai tolto le parole di bocca!”.
“Davvero Sonia, sto bene... è solo un periodo un po’ strano, starò smaltendo tutte le tensioni dell’ultimo mese, che ti devo dire...”rispose lei  “so solo che sono dieci giorni quasi che non mi sento affatto bene, non riesco a tenere niente o quasi sullo stomaco e non dormo, non c’è verso, neanche se Andrea mi da una botta in testa!!”.
“Beh Paola, lasciatelo dire ma si vede!”.
“Lo so...” rispose lei consapevole di avere un aspetto pauroso e poi un dubbio cominciò ad insinuarsi nella sua testa.
 
Poteva praticamente considerare Sonia come la sua migliore amica, non era certo come Lara, la sua amica di Nettuno con la quale si conoscevano da che erano bambine e che ora era la dottoressa Lara Passanti, anatomopatologa in forza all’istituto di medicina legale di Roma, ma era quella che ci si avvicinava di più all’interno della caserma.
Per quanto Leo e Luigi fossero i suoi angeli custodi, solo Sonia poteva essere sua confidente per questa cosa.
Per questo quando il giorno successivo si fermò in farmacia a comprare dei test di gravidanza, ebbe paura a farli da sola e chiese a Sonia asilo in quella che una volta era anche la sua stanza.
Ed ora eccola lì, alle sette del mattino, appena smontata dal turno di notte, in attesa che quelle strisce reattive emettessero il loro verdetto. Ne aveva prese quattro per sicurezza, meglio essere certi, anche se sapeva che per avere la certezza ematochimica prima di quella ecografica, c’era solo una persona che poteva fare al caso suo, e quella persona era proprio Gioia.
In attesa che i cinque minuti passassero, Paola andava avanti e indietro per la stanza...che stupida, come aveva fatto a non pensarci prima? E se fosse stato davvero positivo, come l’avrebbe presa Andrea, ne sarebbe stato felice?!
Sonia continuava a seguirla con lo sguardo tanto che alla fine dovette supplicarla di fermarsi perché le stava venendo il torcicollo.
La sveglia sul cellulare di Paola cominciò a suonare avvertendole che i cinque minuti erano passati ed ora non restava che guardare i risultati.
Quando vide tutte e quattro le strisce con due linee rosse sentì sentimenti contrastanti invaderla.
Da una parte la gioia, in fin dei conti così facendo stavano chiudendo il cerchio, dall’altra una grande paura per la reazione di Andrea e tutto quello che questo comportava per le loro rispettive carriere.
Sonia vide tutti i pensieri nelle espressioni che man mano assumeva il suo viso e quando vide che stava piangendo, andò ad abbracciarla.
“Ehi, che succede?!” le disse cercando di rassicurarla “Perché piangi?”.
Paola farfugliò qualcosa e Sonia le disse che tutto sarebbe andato per il meglio e che questo bambino sarebbe stato felice, perché avrebbe avuto due genitori che si amano davvero tanto che lo ameranno da morire.
Si ricompose, asciugò le lacrime e una volta cambiata, scese in cucina dove trovò proprio Andrea che stava cominciando il suo turno e che vedendola crucciata, la guardava preoccupato.
“Sicura che vada tutto bene?!” le chiese dopo averle dato il buongiorno.
“Si, tranquillo, è stata una nottata un po’ faticosa, ma adesso vado a casa, mi faccio una doccia, una bella dormita e sono come nuova!” rispose lei cercando di deviare il discorso.
Andrea annuì poco convinto, non sapeva bene cosa, ma c’era qualcosa che non gli tornava nello strano comportamento di Paola.
 
Uscendo dalla caserma chiamò Gioia al telefono la quale le rispose subito.  Le chiese se fosse in turno in ospedale e una volta che ebbe avuto una risposta positiva, si accordarono per vedersi nel giro di un’ora all’ambulatorio dove lei stava lavorando.
Paola si presentò all’ambulatorio prelievi all’ora stabilita e Gioia si staccò un attimo per vedere di cosa aveva bisogno la ragazza.
“Paola! Che cosa ti porta qui con tanta urgenza!?” le chiese.
“Ho bisogno del tuo aiuto, avrei bisogno di fare gli esami per il test di gravidanza...” rispose lei con un sorriso.
Un espressione di stupore comparve sul  viso della giovane che subito invitò Paola a seguirla in un ambulatorio.
“Sai già come funziona vero?!”.
“Beh... non esattamente, è la prima volta che mi capita di farlo!” ammise lei.
“D’accordo allora, facciamo il prelievo, lo mandiamo in laboratorio e se va tutto bene, e non c’è troppo lavoro avremo la risposta per l’ora di pranzo!” le spiegò Gioia e sapendo chi era il tecnico in turno quella mattina, e  quale effetto esercitasse su di lui il suo sorriso, era più che certa che salvo urgenze, avrebbe fatto il prima possibile.
“Okay...”.
In meno di cinque minuti Gioia preparò tutto l’occorrente e le fece il prelievo chiedendole se le stava facendo male.
“No tranquilla, non sono come quel fifone di Andrea che va giù anche solo se nomini aghi e prelievi!” rispose Paola pensando a tutte le volte che lui era sbiancato di colpo.
“Eh già...ti ricordi quella volta che Leo aveva bisogno di sangue e lui si presentò a donare? Era tesissimo!!”.
“Perché non l’hai visto quella mattina in caserma, sembrava un condannato a morte che stava per andare al patibolo!!”.
“Senti ma... gliel’hai già detto?”.
“Non ancora, prima voglio avere la certezza assoluta, anche se i quattro test che ho fatto con Sonia prima di venire qui erano tutti e quattro positivi...”.
“Okay, non ti preoccupare, ora vai a casa e riposati, come mi arrivano i risultati ti chiamo!”.
“Gioia grazie mille, davvero!”.
“Di niente... so che in passato io e te non siamo mai andate troppo d’accordo e di certo la storia di Tom non ha aiutato, ma mi piacerebbe recuperare e se ti servirà una mano, sai che su di me puoi contare!”.
Paola uscì dall’ospedale e tornò a casa per farsi una doccia e buttarsi a letto per qualche ora.
Era mezzogiorno e venti quando il telefono cominciò a squillare. Ancora mezza addormentata prese il cellulare e senza neanche guardare chi fosse rispose.
“Amore stavi dormendo?!?” disse Andrea dall’altro capo del telefono.
“Più o meno...” rispose lei trattenendo a stento uno sbadiglio “è successo qualcosa?!?”.
“Si, mi dispiace doverti richiamare ma è sparito un bambino ed abbiamo bisogno di tutti quanti...”.
“D’accordo, dammi un quarto d’ora e arrivo...” rispose lei chiudendo la telefonata.
Si rivestì seppur controvoglia e uscì di casa in meno di dieci minuti.
Entrò in caserma e andò subito nell’ufficio comune dove trovò Luigi.
“Che ci fai tu qua?!” chiese trovandosela davanti.
“ Hanno chiamato perché è sparito un bambino e automaticamente addio smonto notte!”.
“Si, lo so... abbiamo cercato in ogni modo di non chiamarti ma non c’è stato verso... mi dispiace bimba!”.
“Dai, Lu, fa niente, mal che vada mi porterò dietro una cisterna di caffè!”.
“Si, l’ho appena messo su, immaginavo ne avresti avuto bisogno!”.
Fecero giusto in tempo a finire la tazzina veloce di caffè che vennero richiamati tutti da Capello che voleva aggiornarli tutti sulla situazione.
Un bambino, Luca Merlini, di sei anni circa, era sparito da scuola dove il nonno era andato a prenderlo per portarlo a pranzo a casa.
Fecero il punto della situazione cominciando con l’andare a scuola per sentire le maestre e guardare i video di sorveglianza ma purtroppo con scarsi risultati, giusto qualche giorno prima un fulmine si era abbattuto sulla centralina facendo friggere l’intero circuito.
Cominciarono a perlustrare i dintorni dividendosi in coppie e Paola venne assegnata a Luigi mentre Andrea sarebbe andato con Leo.
Andrea l’aveva osservata per tutto il tempo in cerca di un indizio che potesse suggerirgli cosa le passasse per la testa non riuscendo però, a venire a capo dell’enigma. Certe volte Paola era veramente un rompicapo e lui col cubo di Rubik non era mai stato un granchè.
“Scusa se te lo chiedo Andrea” esordì Leo mentre stavano girando lungo il perimetro che dovevano setacciare “Paola come sta?”.
“Bene perché?”  chiese Andrea.
“E’ solo che l’ho vista un po’ strana oggi e mi chiedevo se andasse tutto bene...”.
“In effetti ultimamente non è che si senta tanto bene, fa fatica a dormire, è sempre sovrappensiero... Credo sia la stanchezza accumulata nell’ultimo mese che ha lasciato i suoi strascichi...”.
“In effetti il vostro non è stato un inizio d’anno facile...”.
“Si, questo è vero, ma ho come la sensazione che ci sia qualcosa che la preoccupa e lei non me ne voglia parlare!”.
“Sai come la penso in questi casi,” disse Leo pacato come al solito cercando di rassicurarlo “ non fasciarti la testa prima che sia effettivamente rotta!”.
“D’accordo, ma...”.
“Ma niente...dalle un po’ di tempo e vedrai che si risolve tutto, sicuramente è meno complicato di quanto sembri e soprattutto, non lasciarla sola, per quanto voglia dare a tutti l’impressione che è forte, è molto più fragile di quanto sembri!”.
 
Nel frattempo anche Luigi e Paola stavano perlustrando la loro area quando il telefono della ragazza cominciò a suonare.
Guardò lo schermo e vide che era Gioia che la stava chiamando e sentì l’ansia aumentare.
-Ci siamo- pensò.
Così si scusò con Luigi prima di spostarsi di qualche metro per poter rispondere in tranquillità.
“Gioia dimmi!”.
“Oh, Paola, ciao!! Ho i risultati, puoi passare a prenderli!”.
“Al momento sono un po’ incasinata a dire il vero, puoi dirmi che c’è scritto e poi li prendo non appena ci vediamo in caserma?!”.
“Okay..” rispose Gioia semplicemente “comunque il risultato è confermato, congratulazioni!”.
Paola chiuse la telefonata poco dopo e stette qualche istante con lo sguardo perso verso l’ignoto e si rinvenne solo quando Luigi le posò una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
“Va tutto bene?!” chiese guardandola preoccupato.
Paola stava per rispondere quando venne colta da un attacco di nausea e si rifugiò dietro un cespuglio per non farsi vedere mentre buttava fuori anche l’anima.
Luigi la seguì poco dopo per vedere come stesse e la vide più pallida del solito.
“Bimba che hai?!” chiese avvicinandosi per vedere se avesse bisogno d’aiuto.
“Lu sai tenere un segreto?!” gli chiese lei guardandolo dritto negli occhi.
“Certo, sicura che vada tutto bene?!”.
“Lu, sono incinta...” disse lei dicendo per la prima volta a voce alta quella frase.
Luigi la guardò sorpreso, non si aspettava certo una rivelazione del genere. E ora lei era lì davanti a lui che la guardava provata da quanto gli aveva appena rivelato e non poté fare altro che abbracciarla come avrebbe fatto un buon amico.
“Paola, è meraviglioso! Ad Andrea lo hai già detto?!”.
“No, Lu, non lo sa ancora, e sinceramente non so come dirglielo, non so come la prenderebbe!”.
“Come non sai come la prenderebbe Paola, ti ha chiesto di sposarlo, state formando una famiglia, pensi davvero che potrebbe mai essere scontento di una notizia del genere?!?” le rispose Luigi.
“Certo, ma non ne abbiamo mai parlato...”.
“Per la miseria ragazza, se fossi al posto suo farei i salti e le capriole dalla gioia dopo aver saputo una cosa del genere, e se lo conosco, Andrea sarà al settimo cielo!”.
Paola sorrise sperando davvero che anche lui reagisse come Luigi, altrimenti avrebbe trovato una soluzione diversa, non voleva rovinare la sua carriera. Non voleva neanche abortire e se tenere il bambino poteva essere un elemento d’intoppo per la carriera di Andrea, avrebbero trovato una soluzione diversa come cominciare a prendere in considerazione l’idea di un suo congedo definitivo anche se era certa che lui avrebbe fatto opposizione alla sua idea di abbandonare quella divisa per la quale era nata.
Luigi intanto era contento e dopo averla osservata un istante sfoderò un sorriso enorme.
“E quindi questo vuol dire che divento zio?!?! Che bello!!”.
“Si, diventi zio Luigi, e non solo perché sei il fidanzato della zia, sappilo fin da adesso, sei zio a prescindere, quindi preparati!” rispose lei cercando di essere un po’ più ottimista.
“Okay! Immagino che nessun altro lo sappia...”.
“Solo Sonia, era con me quando abbiamo fatto i test e Gioia perché mi ha fatto il prelievo... sei il primo in assoluto quasi, non lo sa neanche Leo, perciò vedi di non tradirmi!”.
“Parola di Testa, promesso!”.
“Augh!” rispose lei “allora si che sono tranquilla!!”.
Proprio in quel momento la radio in macchina gracchiò, la voce metallica di Bordi annunciava che il bambino era stato ritrovato vicino alla stazione, dove aveva cercato di salire sul treno verso Perugia per andare a trovare l’altro nonno senza riuscirci.
Tirarono un sospiro di sollievo e si apprestarono a tornare in caserma.
“Andrà tutto bene...” le disse infine Luigi dandole un buffetto gentile sulla guancia mentre erano fermi ad un semaforo sulla strada del ritorno.
 
Visto che il bambino era stato ritrovato, una volta rientrati in caserma Paola venne automaticamente restituita al suo smonto notte. Si andò a cambiare per poi tornare a dare una mano a Luigi con la relazione di servizio quando questo gli disse che riusciva a cavarsela da solo e lei poteva tranquillamente andare a casa.
“Dai Lu...”.
“No Paola. È un ordine, e non scherzo stavolta, “le disse prendendola per le spalle accompagnandola fuori dall’ufficio “forza,fila a casa e vedi di non mettere piede qui dentro prima di domani pomeriggio!”.
“Dispettoso!” rispose lei facendogli una linguaccia.
“Vai... sbaglio o c’è qualcosa che devi fare invece di stare qui a perdere tempo con le scartoffie?!” disse riferendosi al referto.
“Si, d’accordo, vado, vado... ciao testone di un Testa!!”.
“Ciao testona di una Vitali!” disse vedendola allontanarsi.”Ah, Paola, fammi sapere com’è andata, vediamo se la scommessa l’ho vinta io!!”.
Andrea e Leo, che avevano la zona più lontana rispetto alla caserma non erano ancora tornati quando lei se ne andò e si disse che era meglio così, doveva ancora capire bene come dirglielo e se l’avesse incontrato, come ogni volta, le avrebbe fatto svuotare il sacco in meno di dieci minuti.
Mentre usciva per tornare a casa incrociò Gioia che rientrava in caserma dopo il turno e si fece consegnare il referto prima di salutarla e ringraziarla nuovamente.

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Capitolo 38
*** 38. Uno strano biglietto ***


38.
Uno strano biglietto


 

Mezz’ora dopo Leo e Andrea entrano in ufficio e lui rimase subito stupito di non trovarla alla scrivania.
“Paola?!”.
“L’ho mandata a casa Andrea, era un po’ stanca e della relazione me ne posso occupare io” disse cercando di essere convincente senza dare modo all’amico di sospettare qualcosa.
“Ma è successo qualcosa?!”.
“No, davvero, solo che è pur sempre smontata dalla notte stamani e ha dormito forse due ore, e visto che non era indispensabile la sua presenza l’ho rispedita a casa a dormire!”.
“Okay Luigi,grazie! Leo, torno subito, devo fare una telefonata..”.
“Vai tranquillo, io intanto comincio a fare una bozza della relazione mentre ti aspetto!”.
“Grazie!”rispose lui allontanandosi per andare in salotto.
 
Paola gli rispose al secondo squillo.
“Ciao amore, dimmi!”.
“Ciao piccola,tutto bene?!”.
“Si, perché?!”.
“Perché Luigi mi ha detto che eri un po’ stanca e volevo sentire se era tutto ok..”.
“Si topo, va tutto bene!” rispose lei cercando di essere convincente.
“Paola... davvero, sei sicura?!”.
“Sicurissima!”.
“D’accordo allora ci vediamo a casa!”.
“Si e mi raccomando, non prendere impegni di alcun genere, stasera sei soltanto mio!” gli disse prima di concludere la telefonata.
“Agli ordini mia signora!” rispose lui entusiasta “allora a più tardi!”.
 
Così Paola andò a fare la spesa, quella sera avrebbe organizzato una cena coi controfiocchi e qualcosa, anche se non sapeva ancora bene cosa, per dargli la notizia in modo che fosse indimenticabile.
Sulla via di casa si fermò da Carta e Cartoni, uno dei negozi della città che le piacevano di più dove vendevano carta di ogni genere, spessore e colore e la sua scelta cadde su un foglio filigranato un po’ spesso con relativa busta e un pennarellino a punta fine con il quale poter scrivere; si fermò poi dalla signora Lastrucci, l’impiegata delle Poste che abitava nel loro palazzo, e dopo aver comprato un francobollo da mettere sulla busta, le chiese di metterci il timbro come se fosse arrivato per posta.
La signora provò a chiederle il perché di quella bizzarra richiesta e Paola rispose con un semplice “Ogni cosa a suo tempo signora, la ringrazio!” e riprese il suo percorso.
Arrivò a casa e per prima cosa decise di sistemare il biglietto. Cercò sul computer l’immagine di una cicogna con il berretto da postino e un sacchettino di stoffa tenuto col becco, creò un logo con scritto “Cicogna Express” confidando che Andrea non fosse così furbo da ricollegare le cose nel giro di due secondi e pensò ad un testo che fosse assurdo e serio allo stesso tempo.
Dieci minuti dopo, ripiegò la lettera e la mise nella busta sistemandola così che sembrasse più realistica possibile dopo di che cominciò a preparare la cena.
Andò alla televisione e aprì l’interfaccia Sky Music dove c’erano un sacco di canali che davano musica senza interruzioni. Mise sul canale che passava musica degli anni ’90 e tornò a trafficare in cucina cantando a squarciagola  le canzoni che avevano fatto da colonna sonora alla sua adolescenza.
Passarono i Chumbawamba e le fu praticamente impossibile rimanere ferma.
Si ritrovò così a saltellare come un’idiota mentre preparava la frittata per gli involtini e cantava mimando il microfono con un mestolo di legno.
Mentre pelava le patate passarono Jovanotti, che lei adorava e continuò a cantare mentre la cena prendeva forma. Ragazzo fortunato era una delle sue canzoni preferite alla quale erano legati i ricordi degli anni di oratorio come animatore quando con Lara, avevano inventato i gesti per accompagnare il testo della canzone ridendo come delle dannate.
 
“Amore sono a casa!” disse Andrea chiudendo la porta di casa alle sue spalle.
Erano le otto passate ed entrando aveva sentito la musica provenire dal salotto.
“Ciao tesoro! Com’è andato il pomeriggio?!” rispose Paola affacciandosi dalla cucina.
“Tutto tranquillo,” rispose lui “wow, che profumino, che si festeggia?!?”.
“Ma come siamo impazienti!!” disse lei avvicinandosi per dargli un bacio veloce “Ogni cosa a suo tempo maresciallo, ora vai a cambiarti mentre finisco di preparare la cena!”.
Ancora non lo sapeva, ma con il passare del tempo, riguardando indietro a quel momento, Paola si sarebbe sempre chiesta come avesse fatto a non svuotare immediatamente il sacco visto quanto era elettrizzata dalla notizia appena ricevuta.
Andrea andò a farsi una doccia così mentre aspettava che le pietanze in forno fossero pronte, Paola cominciò ad apparecchiare.
Il menù della serata prevedeva la pasta col pesto appena fatto, gli involtini come li faceva sua nonna accompagnati da patate al forno e per finire in bellezza la crème brulé di cui Andrea andava matto.
Era tutto pronto, doveva solo mettere l’acqua sul fuoco e andarsi a cambiare quando Andrea rientrò in sala, profumato e più carino del solito, con i jeans scoloriti, una t-shirt grigia e sopra una camicia a quadretti a maniche lunghe lasciata sbottonata.
“Vado a farmi una doccia “ disse accarezzandogli la testa mentre era seduto sul divano “guai a te se metti piede in cucina e sbirci nelle pentole, capito?”
“ Agli ordini!” mi rispose ridendo “La vuoi finire di citarmi?!?”.
Quindici minuti dopo, tempo tecnico per una doccia, cambiarsi e dare una sistemata ai capelli era pronta.
 Tornò in sala con indosso un paio di jeans e una maglia a maniche lunghe bianca con lo scollo squadrato, i capelli raccolti in una mezza coda veloce e un filo leggero di trucco, se non altro per mascherare le occhiaie, l’acqua sul fuoco bolliva e calò la pasta che in otto minuti era giunta a cottura.
 Lo spettacolo poteva avere inizio.
Alla fine mancava solo il dolce prima della grande notizia, e Paola che cominciava a non stare più nella pelle, si alzò per andare a prendere il dessert.
“Senti ma.. non sarà mica la crostata che hai preparato quella sera a cena tutti insieme?!” le disse Andrea ripensando a quella crostata leggermente carbonizzata.
“Ah ah Ferri,sfotti pure!” rispose lei dalla cucina “Stavolta mi sono superata..dammi due minuti e potrai constatarlo coi tuoi occhi!”.
“Ahia, mi devo preoccupare?”.
“ E di cosa?!? Tanto il primo ad assaggiare la mia creazione sarai tu..”.
“ Ora si che sono tranquillo!”
“ Va bene, ne riparliamo appena avrai visto cosa ti ho preparato.. e poi scusa di che ti preoccupi? Mal che vada sarai il primo a manifestare eventuali effetti collaterali!” gli rispose.
Tornò con i due contenitori con la crème brulé adagiati su un piatto e li posò sul tavolo.
La faccia di Andrea, non appena capì che gli aveva preparato uno dei suoi dolci preferiti (senza che lui gliene avesse mai parlato e cominciò ad avere il dubbio che ci fosse lo zampino di Ale) divenne quella di uno che muore dalla voglia di affondare il cucchiaino e dare il primo assaggio.
-Caspita…- pensò bevendo un sorso di vino bianco -deve essere successo qualcosa di grandioso perché questa crème brulé è  veramente la fine del mondo!-.
Andrea stava ancora perso nei suoi pensieri quando lei lo richiamò.
“A che pensi?!” chiese Paola.
“Che la cena è veramente buona amore, c’è qualcosa da festeggiare?!”.
Paola tergiversò un istante e lui la prese come una risposta positiva.
“Amore che succede?!?”.
“Va tutto bene topo, non ti preoccupare, fammi prendere lo spumante così non mi devo rialzare dopo!”.
Lo invitò a sedersi sul divano, sistemò due calici sul tavolino lì davanti e vi versò lo spumante prima di sedersi lì di fianco.
Andrea la osservava attentamente studiando ogni minimo movimento in cerca di qualche indizio riguardo a cosa stava nascondendo.
“ E allora?” chiese cominciando ad essere impaziente.
“ Allora? Ah..già..cosa c’è da festeggiare?”.
“ Appunto”.
“Ogni cosa a suo tempo, intanto...è arrivata una lettera un po’ strana stamattina e volevo fartela vedere”.
“ Tutto qui?” chiese sorpreso. Una cena per dirgli che era arrivata una lettera aveva un che di strano.
“ Guarda tu stesso e dimmi cosa ne pensi..” dissi porgendogli una busta bianca indirizzata alla Famiglia Ferri-Vitali.
Dentro c’era un cartoncino che richiamava i biglietti dei pony express con dentro il logo della compagnia (non a caso si chiamava Cicogna Express) e un testo alquanto demenziale, un modo scherzoso per annunciare il cucciolo in arrivo.

 
12 marzo

Gentile Famiglia,
è con molto piacere che Vi informiamo che in data ancora da definire, all’incirca tra nove mesi, un nostro addetto arriverà a casa vostra per la consegna di qualcuno di molto speciale che aspetta solo di conoscere la mamma ed il papà.
Congratulazioni!

Lo staff Cicogna Express
 
Andrea lesse il biglietto e non riuscì a capire se fosse serio o fosse un semplice scherzo.
“ Allora? Che te ne pare?” chiese cercando di capire che cosa gli passasse per la testa.
“ E’ uno scherzo?”.
“No tesoro...ovviamente il riferimento alla cicogna era puramente simbolico, ma  è vero, c’è un cucciolo in arrivo!”.
“Sul serio?!”rispose lui cominciando a sentire una grande felicità.
“No, per finta!!” scherzo lei “Mai stata più seria di così in vita mia, il test stamani era positivo, ma per sicurezza ho fatto anche le analisi del sangue e l’esame di laboratorio lo ha confermato!”.
“Piccola, è stupendo!” concluse Andrea abbracciandola “Un bambino... un bambino tutto nostro!”.
“Già... non chiedermi come sono riuscita a non dirtelo subito perché non lo so, volevo fosse qualcosa di indimenticabile!”.
“Amore hai fatto benissimo!” le rispose euforico “ma anche se tu me l’avessi detto in altro modo, sarebbe stato bellissimo lo stesso!!”.
Paola non disse niente, lo baciò e in poco tempo si trovarono sdraiati sul divano, abbracciati e sorridenti.
“Un bambino...”continuava a ripetere Andrea con un sorriso che andava da parte a parte.
“Hai intenzione di ripeterlo ancora?!” scherzò lei dandogli un bacio sulla guancia.
“Non ne hai idea mia cara!” rispose lui “direi che possiamo aprire ufficialmente le scommesse!”.
“Come?!”.
“Se sarà un bimbo oppure una bambina bellissima come la sua mamma!”
“Chi lo sa... e poi mi piacerebbe saperlo solo alla fine, non prima, se anche per te va bene...”.
“Penso di poter resistere....” poi un immagine di un bambino con un sorriso sdentato come quello di Gioele gli si parò davanti e sorrise  “ ti immagini un altro bimbo in giro per casa, chissà cosa dirà nonno Demetrio!!”.
“ Spero solo che non diventi casinista come il padre, già uno in casa mi basta e mi avanza!!”.
“Casinista?! Io mi preoccuperei più se fosse testardo come la mamma!” rispose lui avvicinandosi per baciarla.
“No comment!” rispose lei ridendo perché con la barba incolta di un giorno le stava facendo il solletico.
Stettero ancora un po’ così a fantasticare su come sarebbero cambiate le loro vite, sull’infarto che avrebbero fatto venire a Capello una volta appresa la notizia e poi si chiesero come avrebbero fatto per regolarizzare il tutto.
Avevano chiesto informazioni su come fare, ora era arrivato il momento di agire.
“Hai già fissato l’ecografia?!” le chiese poco dopo.
“Lo faccio domani, perché?”.
“Perché non me la voglio perdere, come perché! E poi subito dopo andiamo da Capello e firmiamo i fogli, che ne pensi?!”.
“Che ti amo!” rispose lei.
Quando si alzarono per sistemare la cucina Andrea le impedì categoricamente di affaticarsi troppo e lei protestò.
“Non avrai intenzione di fare così finchè il pomodorino non sarà con noi vero?!” gli disse lei alzando un sopracciglio stupita.
“Pomodorino?!?” chiese Andrea accennando un sorriso.
“Si, lo so che di solito viene chiamato fagiolino, ma io non ho un buon rapporto coi fagiolini quindi non lo voglio chiamare così!” rispose lei categorica “ e pomodorino è la prima cosa che mi è venuta in mente, e converrai con me che è decisamente più breve di cesto d’insalata!!”.
“Come?!”.
“Ecco, lo vedi, stai cambiando discorso, di solito amore quella è la mia specialità, quindi vedi di non sconfinare, perché saresti in netta minoranza!!”.
Andrea batté le ciglia guardandola con un sorriso divertito.
“Non ci provare, hai intenzione di fare così tutto il tempo?!”.
“Ti sei data la risposta da sola!!”.
“Andrea sono incinta, non sono malata!”.
“Appunto, e poiché ora siete in due ed è tutto più faticoso, non protestare se ho intenzione di prendermi un po’ cura di voi!” disse lui dandole un bacio sulla testa poi si piegò sulle ginocchia, sollevò la maglietta della ragazza lasciando scoperto il ventre e fece una cosa che la lasciò senza parole.
“Ciao piccolo pomodoro!” disse parlando come se sperasse di avere risposta “E’ il papà che ti parla, anche se è ancora presto non vedo l’ora che tu sia con noi!! E che rimanga tra noi, piccolo,  vedi se riesci un po’ tu a far ragionare quella testona della mamma per piacere, la strada è ancora lunga e non si deve stancare più del dovuto!”.


Lisetta's Corner
Avvertenze per la puntata...come avete visto si tratta di una puntata ad elevato tasso musicale, e poichè leggerla con il sottofondo musicale fa la sua differenza, vi lascio i link delle tre canzoni, a voi la scelta se utilizzarle o meno, in ogni caso, buona lettura, aspetto con ansia un commento anche piccino picciò, fa sempre piacere.
http://www.youtube.com/watch?v=KCkmIyC6v00(Tubthumping- Chumbawamba)
http://www.youtube.com/watch?v=knnLLx1PkWY(Ragazzo fortunato)
http://www.youtube.com/watch?v=_R8XkdFSJqM(La flaca- Jarabe de Palo)
Un grazie infine a chi l'ha messa tra le preferite e tra le seguite, grazie davvero e perdonate il ritardo immenso nell'aggiornare, spero da qui a che mi laureo di avere un pò più di tempo libero e riuscire ad aggiornare più frequentemente, visto che ci sono tipo altri 19 capitoli già pronti! XD

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Capitolo 39
*** Piccoli pomodori crescono ***


39.
Piccoli pomodorini crescono


 

Qualche giorno dopo Paola aveva l’appuntamento per fare la prima ecografia e se c’era una cosa di cui era certa, era che avrebbe chiesto a Gioia di seguirla durante la gravidanza.
In fin dei conti aveva preso l’abilitazione da ostetrica qualche anno prima e sapeva che era una forza nel suo lavoro.
Così si ritrovarono alle tre del pomeriggio seduti in sala d’aspetto tenendosi per mano in attesa di essere chiamati.
Poco dopo uscì Gioia avvertendoli che era il loro turno e sorrise vedendo l’aria trasognante di Andrea che non aveva detto niente.
La dottoressa non tardò ad iniziare la visita e dopo un primo colloquio, la fece accomodare sul lettino.
Le immagini si materializzarono sullo schermo, la dottoressa stava per dire qualcosa quando si fermò a ricontrollare e Paola ebbe paura che ci fosse qualcosa che non andava e strinse di più la mano di Andrea.
“Dottoressa va tutto bene?!” chiese Gioia che si era accorta della faccia preoccupata di Paola.
“Si, scusatemi!” rispose lei con un grande sorriso “volevo essere sicura prima di dirvi una cosa per un’altra!”.
“E quindi?!” chiese Andrea “è tutto nella norma,no?!”.
“Si ragazzi, è tutto a posto, solo che...”.
“Solo che?!”.
“Che ci sono due battiti cardiaci,” rispose la dottoressa sapendo di aver sganciato una bomba “e dalle dimensioni dell’embrione, Paola, sei di sei settimane più tre, il che torna con quanto mi hai detto prima!”.
Paola e Andrea erano ancora sconvolti dalla notizia, avrebbero avuto non uno, ma due bambini, i loro bambini!
Paola guardò Andrea e non riuscì a trattenere una lacrima di felicità, lui se ne accorse e le diede un bacio sulla testa. Non disse niente, avrebbero avuto tempo più tardi per parlare.
La dottoressa la invitò a rivestirsi e tornare a sedersi alla sua scrivania così da fare un attimo il punto della situazione su quello che sarebbe successo nelle settimane successive.
Uscirono dall’ufficio della dottoressa con un grande sorriso sulle labbra tenendosi per mano.
“Non c’è che dire” commentò Paola ad un certo punto con gli occhi lucidi per l’emozione“buona festa del papà amore mio!”.
Andrea sentendo le sue parole si fermò, l’abbracciò sollevandola da terra per farle fare un giro completo prima di rimetterla a terra.
Gioia li richiamò poco dopo, non voleva disturbarli ma avevano dimenticato di ritirare il libretto della gravidanza dove c’erano segnati tutti gli esami da fare divisi secondo la settimana di gravidanza, glielo consegnò e si congratulò con entrambi.
L’aria fresca che li colpì all’uscita dell’ospedale li fece scendere dalla nuvoletta felice dove erano saliti e li riportò alla realtà.
Andrea prese il telefono e compose un numero mentre Paola lo guardava cercando di capire chi stesse chiamando, quando lo sentì dire il nome del suo interlocutore.
“No Maresciallo, non si preoccupi,non è successo niente di grave, anzi, solo che avremmo bisogno di parlarle con calma il più presto possibile!”.
Aspettò la risposta dall’altra parte del telefono e si congedò dicendo che nel giro di venti minuti si sarebbero presentati.
“Che succede?”.
“Niente. Ho chiesto a Capello di riceverci, è bene che sia lui il primo a saperlo e potremmo anche cominciare a firmare la richiesta per il matrimonio”.
“Davvero?!”.
“Davvero davvero, “rispose lui tranquillo cingendole le spalle con un braccio mentre camminavano “anche se c’è ancora tempo non siamo più soli adesso e mi piacerebbe fosse tutto in ordine da quel punto di vista quando arriveranno i pomodorini!”.
Venti minuti più tardi entrarono in ufficio dell’anziano maresciallo che li aspettava incuriosito dalla loro richiesta.
“Allora ragazzi, che succede?!?”.
Fu Andrea a rispondere a quella domanda. Gli spiegò che era giunto il momento in cui firmare i fogli per la dispensa per il matrimonio e quando Giuseppe gli chiese il motivo, il suo giovane vice non riuscì a non trattenere un sorriso mentre prendeva la mano di Paola.
“Aspettiamo un bambino Maresciallo...” rispose timidamente lei.
“Un bambino!?” replicò Capello stupito.
“Due per l’esattezza,” intervenne allora Andrea quasi gongolando alla sola idea di avere due bambini in giro per casa “ma questa è un altro discorso ad essere sinceri, ma si, Paola è incinta!”.
Capello era rimasto senza parole. indubbiamente era contento perché quei due avevano dato finalmente una forma al loro rincorrersi degli ultimi anni e questi bambini ne sarebbero stati la prova tangibile, dall’altra era preoccupato, che cosa sarebbe successo?
Aprì il cassetto della scrivania e vi estrasse una cartellina, dove aveva riposto tutti i documenti che aveva ricevuto qualche giorno prima dal capitano Ranieri e si apprestò a farglieli vedere.
“A questo proposito penso sia bene cominciare a riempire questi moduli così che possiamo inoltrare al più presto la richiesta e sperare che non tardino a rispondere” disse porgendo loro una penna.
Compilarono tutti i moduli e li restituirono al maresciallo che una volta imbustati, li avrebbe messi nella posta in partenza del giorno successivo.
“Ora non ci resta che aspettare... ovviamente Paola sappi fin da ora che col passare del tempo ti assegnerò al lavoro d’ufficio” gli disse infine prima di sorridere e congedarli”... e non accetterò proteste di alcun genere!!”.
Erano già in corridoio e stavano andando verso l’uscita quando vennero richiamati.
“Ah, Ferri...” disse Capello “visto che sei qui, mi sono dimenticato di dirti una cosa, torna un attimo nel mio ufficio!”.
Paola lo guardò con aria interrogativa come a chiedere che cosa stesse succedendo, lui fece spallucce e fece il percorso a ritroso.
Chiuse la porta alle sue spalle e chiese di che cosa si trattasse. Aveva una strana sensazione addosso, ma probabilmente era la bellissima notizia che avevano appena avuto che lo aveva frastornato.
“Prima che me ne dimentichi...” esordì Capello “è arrivato questa stamattina, e il colonnello Di Chiara ha già chiamato quattro volte nel giro di due ore, cosa diamine sta succedendo?!”.
“Non lo so...” rispose Andrea guardando il fax che aveva in mano con il logo del comando di Roma dove appunto lavorava Di Chiara“ma ho come la sensazione che non sia niente di buono.”
E infatti c’aveva preso perché subito dopo ne lesse il contenuto sotto lo sguardo preoccupato del suo superiore e non appena capì di che cosa si trattava, la appallottolò con rabbia prima di scaraventarla contro il muro.
“Dannazione!” esclamò mettendosi a sedere con la testa poggiata sulle mani cercando di capire cosa doveva fare.

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