A new full moon is coming

di LuLu96
(/viewuser.php?uid=162977)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incognita ***
Capitolo 2: *** Nuovi arrivi ***
Capitolo 3: *** Risposte ***
Capitolo 4: *** Presentazioni ***
Capitolo 5: *** Soluzione? ***
Capitolo 6: *** Sentimenti ***
Capitolo 7: *** Luce ***
Capitolo 8: *** Riscoprirsi ***
Capitolo 9: *** Inizio ***
Capitolo 10: *** (In)Sicurezze ***
Capitolo 11: *** Realtà ***
Capitolo 12: *** Minacce ***
Capitolo 13: *** Ti amo ***
Capitolo 14: *** Appartenersi ***
Capitolo 15: *** Rabbia ***
Capitolo 16: *** (In)Solito ***



Capitolo 1
*** Incognita ***



Prologo      

Beacon Hills, 20 Gennaio
 
Chi sono io? A cosa servo? Scott è un lupo, Derek è un lupo, Isaac, Erika e Boyd sono lupi, Allison è una cacciatrice, Jackson è, tremo al solo pensiero, il Kanima e Lydia è completamente pazza! E io? Sono un semplice umano senza nessuna dote speciale, anzi potrei dire di essere piuttosto sfigato, catapultato in questo mondo sovrannaturale, senza aver avuto una reale possibilità di scelta, che non fa altro che incasinarmi la vita. Ormai sono in un costante stato di allerta, vedo lupi ringhianti e cacciatori armati dietro ogni angolo e rettili troppo cresciuti con una schiera di denti che farebbe invidia ad un T-rex in ogni ombra. A che servo, quindi? Non sono forte come i lupi o il Kanima, non sono veloce come loro, non ho i sensi sviluppati come i loro, non so maneggiare archi, balestre o armi varie come i cacciatori. Sono un'impiccio, ecco tutto. Ma ormai ci sono dentro, e la cosa non mi dispiace affatto, questa è la cosa che mi preoccupa. Dovrei correre per le strade urlando, cercando una via di fuga da tutta questa storia, invece di sentirmi come se io fossi il mostro, quello anormale, invece che loro.

Dal diario di
Stiles Stilinski



 

Capitolo 1- Incognita


 
-Oh, ma andiamo! Non di nuovo!- esclamai inchiodando. Ma perchè diavolo quel maledettissimo lupo asociale doveva apparire dal nulla moribondo proprio davanti alla mia jeep? Scesi sbattendo lo sportello con rabbia.
-Derek! Che è successo?- mi avvicinai di corsa inginocchiandomi e prendendolo al volo, evitando che cadesse sull'asfalto, anche se in quel momento avrei proprio voluto che battesse una testata degna di questo  nome.
"U-una freccia" balbettó l'Alpha. Osservai la posizione del braccio e vidi che con la destra si stringeva il braccio sinistro, proprio sotto la spalla.
"Strozzalupo" ringhió fra i denti. A mia volta digrignai i miei e prendendolo di peso lo aiutai a salire sulla jeep al posto del passeggero. Mi misi al volante e schiacciai l'accelleratore. "Immagino che non possiamo andare a casa tua, no?" Non mi dovetti nemmeno voltare per sapere che il lupo aveva scosso la testa.
"Molto bene" sospirai tra i denti. Derek aveva un'odiosissima abilità nel mandare a monte ogni programma e stravolgere ogni impegno. Per essere corretti, non era solo Derek: tutta la storia del soprannaturale e quel suo branco di lupacchiotti spauriti non contribuiva affatto a lasciare alle mie giornate una parvenza di normalità. Ma no, a pensarci bene il peggiore era  Derek, era SEMPRE colpa di Derek.
Parcheggiai di fronte all'ambulatorio del dottor Deaton, lui avrebbe saputo cosa fare.
Uscii dall'auto e aiutai Derek a scendere. Lo sostenni fino a quando non arrivammo all'ingresso. Deaton venne subito ad aprire.
"Ragazzi, cosa..." lasció la frase in sospeso quando vide il braccio di Derek. Ci fece cenno di entrare e io seguii Derek e il dottore nella stanza adibita a 'cura straordinarie'. Mi appoggiai al muro con le braccia incrociate sul petto e le gambe appoggiate una sull'altra, mentre Deaton procedeva a curare il braccio di Derek.
"Si puó sapere cosa è successo?" chiesi con tono scocciato. Suonai ben poco credibile perfino alle mie stesse orecchie. Entrambi mi conoscevano abbastanza da poter affermare che ero un ragazzo curioso e che mentire non era il mio forte. In più Derek era avvantaggiato dalla questione dei   superpoteri da lupo mannaro, che includevano un udito sviluppato al punto di percepire la differenza del battito in caso di bugie.
Deaton mi lanció uno sguardo divertito accompagnato da un accenno di sorriso.  Sospirai districando le gambe, spostando il peso e riaccavallandole in un moto di stizza e impazienza. 
"Io... Non lo so" ammise Derek alla fine corrucciando la fronte "Avevo sentito  qualcuno,  ma  non   sembrava Scott, o nessuno degli altri,  sembrava qualcun altro. L'ho seguito e dal nulla è arrivata la freccia"
"Ehi, aspetta. Hai detto 'qualcun altro?' Che vorrebbe dire 'qualcun altro?' " esclamai staccandomi di scatto dal muro. Un altro lupo? Un Omega? O peggio?
"Se chi ha sparato ti stava seguendo, saprà dove abiti" disse Deacon.
"E probabilmente dove sei" aggiunsi con una sfumatura di paura che iniziava a stringermi lo stomaco. Che  sensazione terribile. Già bastava  Derek, a spaventarmi a morte. Ma allora perché non aggiungere ancora qualcuno alla lista delle possibili persone che potevano farmi fuori? Tanto non era affatto lunga, una decina di nomi come minimo.
Sia Derek che Deaton sembrarono realizzare in quel momento la veridicità delle mie parole.
"Stiles" una pausa "Vai a chiudere la porta." disse Deaton con un tono calmo che sembrava quasi comico in quella situazione. "No, chiama Scott e digli di portare Isaac e gli altri" guardai prima Derek e poi Deaton. Quanto avrei voluto voltare le spalle all'Alpha e andare a chiudere la porta solo per fargli un dispetto! Invece estrassi dalla tasca il cellulare e mandai un messaggio a Scott: 'Vieni da Deaton SUBITO. Ce n'è un altro. Porta Isaac e gli altri'
"Fatto" dissi. Sentivo che già il mio cuore batteva più veloce e che il respiro diventava più pesante e  affannato, effetto di paura e adrenalina.
Due colpi alla porta. Il respiro di tutti e tre si fermó improvvisamente prima che reagissimo. Io è Derek ci nascondemmo in un armadio mentre Deaton andava alla porta.
"Salve! Come posso esserti utile?" la voce di Deaton era calma e cortese.
"Ho trovato questo cucciolo per strada, ma penso che abbia una zampa rotta." disse il cliente misterioso. La voce era quella di una ragazza, non  sembrava essere più grande di me. Deaton le rispose con qualcosa che non riuscii a capire, e sentii dei passi entrare nella stanza. Dalle fessure dell'armadio vidi una ragazza dai lunghi capelli rossi, che le scendevano sciolti e mossi sulle spalle. Sentivo il mio respiro farsi più veloce per l'ansia. Qualcosa peró non tornava, una sensazione che non riuscivo a capire. Come un nodo allo stomaco, diverso da quello che provocava la paura. Era un po' più in basso. Mi voltai a guardare Derek. Non so per quale motivo speravo di trovare una traccia di quella sensazione anche sul suo volto. Speravo mi confermasse che era colpa di quella ragazza.
Guardando il lupo mi accorsi di quanto eravamo vicini e stretti chiusi dentro quell'armadio. Era una posizione alquanto imbarazzante per due ragazzi, anche se uno di questi era un lupo mannaro. Cercai un qualsiasi segno che un nodo potesse lasciare su un volto. Non trovai niente.
Tornai a guardare la ragazza. Si era girata verso di noi, guardandosi in giro. Stava cercando qualcosa? La risposta sembró apparire in quel preciso momento. Il respiro di Derek si fermó improvvisamente. Di scatto mi voltai a guardarlo, i suoi occhi erano spalancati.  Lo fissai allarmato mentre cercavo di capire cosa stesse succedendo. Il nodo era sempre più stretto.
Guardai di nuovo dalle fessure dell'armadio. La ragazza dai capelli rossi guardava noi, adesso. Ne ero sicuro. Un sorriso compiaciuto e malizioso le si era dipinto sulle labbra, mentre le muoveva veloce e senza emettere suono.
"Ecco fatto. Ora starà bene"
La voce di Deaton ruppe il gelo che stava iniziando a dilagare nelle mie vene. Mi riscossi, come anche Derek e la rossa.
"Grazie infinite, dottore, arrivederci"  rispose la ragazza. Ci lanció un altro sguardo divertito, prima che il veterinario la accompagnasse alla porta. Aprii l'anta dell'armadietto e uscii. Mi accorsi che avevo trattenuto il respiro quando presi una boccata d'aria che mi brució la gola e i polmoni.
"Chi era quella? Cosa diavolo ti ha detto?" Chiesi a Derek quando Deaton tornó e fui certo che la porta fosse chiusa.
"Era lei oggi, nel bosco. Mi ha chiesto come stava il braccio..."
Derek sembrava completamente perso, impreparato a quello che era successo."Chi è quella ragazza? Non l'ho mai vista." Intervenne Deaton. Neanche io l'avevo mai vista.
In quel momento sentimmo di nuovo la porta aprirsi. Vidi Derek tirare fuori gli artigli pronto allo scontro.
"Chi era quella ragazza?" Chiese la voce di Scott. Tutti ci rilassammo e con un sospiro lasciai cadere le spalle.
"È quello che stiamo cercando di scoprire." Gli rispose calmo Deaton "Nessuno di noi l'ha mai vista."
Dietro Scott entrarono anche Isaac,  Boyd ed Erika. Brevemente Derek li aggiornó sulla situazione.
"Come ha fatto a sapere dove eravate e che potevi sentirla?" Chiese allarmato Isaac.
"Cosa ti ha detto?"
Ecco, ora sì che ero preoccupato. La voce di Scott aveva assunto quella sfumatura determinata e decisa di quando la situazione si faceva 'complicata'.
"Ha detto che aveva bisogno del mio aiuto, che voleva parlare." Rispose Derek, la cui voce aveva invece assunto il tono di quando  prende in mano la situazione e si sente 'il maschio Alpha' della situazione. Beh, effettivamente lui era l'Alpha, ma questo non faceva di lui il mio, né quello di Scott.
"Ma dove vive? Se abita qua è impossibile che nessuno l'abbia mai vista." Commentó Erika. Se si fosse trasferita quel giorno? Se non fosse mai effettivamente vissuta qui?
Deaton parve leggermi nel pensiero e ripetè ad alta voce i miei pensieri. Era strano: negli ultimi tempi mi ero spesso trovato d'accordo con il 'veterinario'. Ancora mi chiedevo cosa fosse in realtà quell'uomo, come facesse a sapere tutte quelle cose sui lupi e sui cacciatori e su tutta quella marmaglia di mostri.
I miei pensieri su cosa fosse Deaton in realtà mi portarono lontano da quella stanza, fino a eliminare dalla mia testa le voci concitate dei miei compagni.
"Stiles. Mi hai sentito?" La voc di Derek mi riportó alla realtà.
"Eh?" Dissi cadendo dalle nuvole "sì certo" l'espressione del lupo non era affatto rassicurante.
"Muoviti!" Sbraitó senza un minimo di gentilezza.
"Forse dovresti darti una calmata, eh, amico?"
Con un movimento che non riuscii neppure a vedere Derek alzò la mano artigliata e fece un passo verso di me.
"Ok, ok, ok, va bene. Vado!" Uscii dalla stanza senza aggiungere una parola  e imprecando contro Derek tra i denti.
La serata trascorse, stranamente, tranquilla, ma nonostante questo, nel mio ormai abitudinario dormiveglia, ebbi costantemente la sensazione di essere osservato. La attribuii agli avvenimenti del giorno precedente, ma la mattina, comunque, non ero affatto riposato.
Passai come tutte le mattine a prendere Scott e insieme ci avviammo alla lezione di Harris. Quanto mi odiava quell'uomo. Ancora non avevo fatto l'abitudine all'odio spassionato che il prof di chimica provava per me. Ero sempre oggetto di scherno o punizioni o quant'altro.
Io e Scott passammo l'intera lezione a parlare della ragazza misteriosa e del nuovo lupo arrivato a Beacon.
Arrivati all'ora di pranzo la giornata aveva preso una piega stranamente normale, cosa mi inquietò non poco: tutte le volte che la situazione era troppo tranquilla scoppiava un putiferio peggiore del precedente. Anche in quel caso avevo ragione, come sempre. Addentai una mela e di fronte a me il viso di Scott si contrasse e gli occhi si spalancarono.
"È qui" disse piano.
"Qui?" Chiesi quasi strozzandomi e sporgendomi in avanti sul tavolo "Chi? La ragazza?"
"No" rispose Scott "L'altro lupo"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuovi arrivi ***


Che? L'altro lupo? Stava scherzando! Cosa ci faceva il nuovo licantropo nella Beacon Hills High? Beh, certo era che il sintomo del lupo fosse più popolare tra i liceali, piuttosto che tra i più grandi. O almeno a Beacon era così.
Alle parole di Scott, dopo qualche secondo di shock duranti i quali rimasi completamente immobile, iniziai a boccheggiare e gesticolare e  bofonchiare parole, o forse era meglio  dire versi, senza senso.
"Calmati, maledizione! Non dobbiamo farci scoprire!" Intimó Scott mentre prendeva il cellulare e mandava un messaggio.
"Ho detto a Derek e agli altri di vederci al loro rifugio subito dopo la scuola. Dobbiamo parlare di questa cos..." Scott lasció la frase a metà, strabuzzando gli occhi mentre guardava qualcosa dietro le mie spalle.  Mi voltai e vidi che aveva puntato gli occhi su un tavolo dietro le mie spalle. Ci erano sedute solo due persone: uno era un ragazzo alto, muscoloso, capelli scuri a spazzola, pelle olivastra; l'altra era una ragazza dalla pelle diafana, un sorriso smagliante e capelli rossi.
Ehi, ehi, ehi, Stiles, fermo. Capelli rossi?
"Merda!" Biascicai tra i denti, mentre serravo la mascella.
Evidentemente il ragazzo mi sentì perchè alzó lo sguardo su di noi per qualche secondo, per poi riabbassarli subito sul suo vassoio.
Inclinai il viso da una parte scrutando la bocca del ragazzo muoversi veloce e contemporaneamente lo sguardo della ragazza alzarsi su di me. Non feci in tempo ad aprire bocca che già Scott era in piedi dietro di me e mi tirava per il colletto della maglia per farmi alzare. Mi trascinó fuori dalla sala mensa, lontano da quei due.
"Scott è lui! Lui è il licantropo!"
"Lui o lei, Stiles?" Mi rispose mentre ci fermavamo nel cortile e ci sedevamo su una panchina.
Ci mancava solo questa, adesso, tra la storia del Kanima, Gerard, Peter! Sospirai. C'era una lista di problemi che assillavano la mia mente, primo fra tutti uno che non avrei mai immaginato e che in ogni caso non avrebbe dovuto essere in cima alla lista, che sarebbe bastata a riempire un tomo di centinaia di pagine; ci mancavano anche un licantropo snob e una ragazzina viziata a semplificare il tutto!
"Lei? Dici che quella ragazza potrebbe essere il lupo?" Chiesi per riportare la mia mente troppo distratta alla realtà.
"Perchè no? Si spiegherebbe il comportamento di ieri."
Questo era vero, ma allora perchè Derek non se ne era accorto? Erano a pochi metri di distanza, non avrebbe dovuto essere un problema.
Espressi i miei dubbi a Scott, lasciandolo senza una risposta degna di questo nome.
"Meglio muoversi." Disse poi "Ci staranno aspettando."
 
Arrivammo al rifugio che effettivamente il branco era già radunato intorno a Derek. Quanto detestavo quel ragazzo! Ogni volta che lo vedevo non potevo trattenermi dal pensarlo. Anche se adesso, oltre all'odio e alla paura, c'era qualcosa che non riuscivo ad identificare, qualcosa di sbagliato ma che al contempo sembrava la cosa più naturale del mondo, qualcosa di doloroso ma di estremamente piacevole. Scacciai tutti quei pensieri indesiderati e riportai la mia attenzione sulla voce di Scott che raccontava ai lupi l'accaduto.
Il primo a parlare fu Isaac, che giunse alla mia stessa conclusione: il ragazzo era il licantropo.
"Ma cosa ci fa allora quella ragazza con lui? Voglio dire, se lei non sa potrebbe essere pericoloso, potrebbe trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato!" Intervenne Boyd. Erica fece  una risata ironica, che voleva dire esattamente una cosa: a chi diamine importa? Scott le lanció uno sguardo che, se fosse stato possibile uccidere con gli occhi, non avrebbe risparmiato nemmeno una particella della licantropa. L'ultimo a parlare fu Derek:
"Lei non è un lupo, non ho sentito nessun odore particolare quando eravamo da Deaton."
Tutti rimanemmo senza niente da dire dopo quella informazione. Solo a Scott, dopo qualche minuto, si illuminarono gli occhi.
"E se fosse qualcos'altro? Qualche strana creatura che non conosciamo? Anche Jackson non ha un odore particolare." osservó.
Effettivamente era vero. Beh, vero per quanto potessi affermarlo io attraverso ció che mi avevano raccontato Scott e gli altri.
Ci lasciammo senza avere un'idea precisa di cosa potesse essere quella ragazza, né sapevamo se il ragazzo era davvero un lupo. L'unica cosa certa era che dovevamo sapere di più sul loro conto. Chi erano, da dove venivano, cosa erano. Accompagnai Scott a casa sua, fermando la jeep davanti al vialetto.
"Potrebbero essere un aiuto contro Jackson e gli Argent." Mi azzardai a dire. La situazione tra Scott e Allison non era esattamente risolta, anzi erano ancora lontani dalla risoluzione del problema. Allison era andata fuori di testa in questi ultimi giorni. E potevo capirla. Anche io avevo perso mia madre, sapeva quanto faceva male. Inoltre, la signora Argent era morta a causa di Derek, che a sua volta stava cercando di non farle ammazzare Scott. Il punto, comunque, era che potevo capire che Allison fosse uscita di senno.
"Non credo che sia una buona idea, non possiamo fidarci di loro" le parole del mio amico mi riportarono sulla terra. Non potei fare a meno di notare il tono triste e l'incrinazione della sua voce. Era il mio migliore amico, non mi servivano super poteri licantropeschi per capirlo. Gli diedi un'amichevole pugno sulla spalla.
"Sì, scusa, hai ragione." Dissi "vedrai che si sistemerà tutto, dalle un po' di tempo."
Dopo che Scott fu sceso dall'auto e entrato in casa, rimisi in moto il motore.
Andai diretto a casa, deciso a fare qualche ricerca. Beh, non sapevo esattamente cosa cercare, ma qualcosa avrei pur trovato, no?
 
Salii in camera mia e accesi il portatile. Avevo pensato che nel sito della scuola ci sarebbero stati i registro degli studenti, un archivio, magari. Certo, mi sarebbe servito un buon hacker.
Ma certo! Come avevo fatto a non pensarci prima! Danny ci aveva già aiutati in passato, avrebbe potuto farlo di nuovo!
Pensai di scrivere a Derek della mia idea, conoscendo l'effetto che l'Alpha aveva sul ragazzo, ma dopo averci pensato meno di un secondo rimisi il telefono in tasca. Non volevo consultare Derek per ogni cosa e poi il ricordo dello sguardo che Danny aveva riservato a Derek l'ultima volta mi aveva provocato uno strano effetto, simile al nodo allo stomaco del giorno prima. Scacciai quei pensieri che altro non facevano se non distrarmi da ció che dovevo fare.
Spensi il computer e andai in cameradi mio padre. Stavo cercando qualsiasi cosa riguardasse nuovi arrivi, sicuro, peró, che se ci fosse stato qualcosa, quel qualcosa sarebbe stato in centrale. Con un sospiro rassegnato tornai nella mia stanza e mi lasciai cadere sul letto. Dopo poco mi addormentai, ma ancora una volta avevo quella strana sensazione di essere osservato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Risposte ***


 
Mi girai e rigirai nel letto, ma niente, nonostante il dormiveglia non riuscivo a togliermi di dosso quella spiacevole sensazione di disagio. Improvvisamente sentii una mano calda sulla spalla che mi scosse bruscamente, nonostante il tocco delicato delle dita. Mi alzai di scatto spalancando gli occhi e trattenendo un urlo che certamente avrebbe svegliato mio padre. Mi voltai e l'unica cosa che vidi nel buio furono due occhi verde intenso che mi osservavano. Sbattei le palpebre un paio di volte ancora e riuscii a mettere a fuoco la figura di fronte a me.
Derek.
Strinsi i denti, leggermente alterato per il fatto che un maledettissimo lupo mannaro scontroso mi avesse svegliato nel pieno della notte quando il giorno dopo mi attendeva un piacevolissimo compito in classe di chimica. Guardai la sveglia: le 3. Ma eravamo completamente impazziti?
"Derek ma cosa diavolo ci fai qui a quest'ora?"
"Muoviti, ti aspetto in macchina" rispose quello ignorando completamente la mia domanda.
"Ma chi credi di...? E cosa diavolo pensi che...?" Sospirai facendo un gesto di stizza con la mano all'indirizzo del lupo che era sparito oltre le finestra. Sapevo che mi avrebbe sentito, ma io non avrei sentito lui, quindi fatica inutile. Rassegnato mi vestii e una volta in bagno mi gettai dell'acqua gelida in faccia. Mentre mi infilavo la felpa pensai al perchè Derek era venuto proprio da me e non era andato, che so, da Scott o da Isaac o da uno qualsiasi dei lupi. No, lui era venuto da me.
Delegai quel ragionamento, insieme a quello con cui analizzavo il modo in cui la conclusione del primo mi faceva sentire, ad un momento più propizio. Ero sicuro  che Derek avrebbe potuto sentire i battiti del mio cuore.
Scesi le scale e, con una smorfia e lentezza eccessiva, mi chiusi la porta di casa alle spalle. Raggiunsi la Camaro nera di Derek e mi sedetti al posto del passeggero. Senza una parola, il licantropo mise in moto e sfrecció via.
Ancora non mi dava spiegazioni, ma di certo non sarei stato io a chiedergliele! Figuriamoci! Quel lupo incapace di relazionarsi con il mondo non si meritava nemmeno che mi fossi alzato, e di certo io non l'avrei fatto di mia spontanea volontà se non fossi stato completamente cosciente che se avessi fatto altrimenti mi avrebbe staccato la gola 'con i denti', per citare una delle innumerevoli volte che mi aveva minacciato.
"La prima, per essere precisi."
Dopo un secondo di stupore cacciai nei meandri della mia mente quella vocina che mi aveva portato l'informazione. Probabilmente Derek sentì il colpo che ebbe il mio cuore, poiché mi lanciò uno sguardo di traverso per poi tornare a guardare la strada.
 
Era incredibile. Aveva la capacità di tenere in silenzio perfino uno come me, che non sono esattamente un tipo silenzioso.
"Dove diavolo stiamo andando?" Chiesi con la voce impastata dal sonno, abilmente proposto come insofferenza.
Nessuna risposta. Spostai lo sguardo dal finestrino al lupo. Ancora niente. Mi schiarii la voce per attirare la sua  attenzione, odiavo quando non venivo considerato.
"Alla centrale" rispose poi Derek, scocciato.
Alla centrale? "E perchè?" Chiesi spontaneamente, mentre ormai eravamo arrivati e il lupo stava parcheggiando. Si slacciò la cintura di sicurezza e fece per uscire.
"Ehi, ehi, ehi, aspetta! Rispondimi almeno!" La mia mano era spontaneamente volata ad afferrare il braccio di Derek per trattenerlo. Gli  occhi del lupo passarono più volte da me alla mia mano sulla sua immancabile giacca di pelle. Immediatamente la ritirai, alzandola insieme all'altra, in segno di resa. La mia mente -in particolare la stessa...cosa...che prima aveva prodotto quella vocina odiosissima- mi fece rivedere una scena avvenuta in precedenza esattamente come quella. Ma cosa diavolo era quello che si annidava nella mia mente e che sembrava aver registrato ogni cosa riguardasse Derek? Paura, ipotizzai.
Il mio ragionamento fu interrotto dalla voce del lupo:
"Seguimi" per un attimo lo guardai mentre usciva dall'auto.
Doveva sempre abbaiare ordini, quello? Stavolta fui più veloce a bloccare la Paura che mi voleva proporre un altro dato.
Scesi anche io dalla Camaro nera lucente e lo seguii nella centrale. Al banco sfoderó un sorriso il più convincente possibile e indicandomi disse che il figlio dello sceriffo doveva prendere dei documenti per suo padre, "ecco il distintivo di riconoscimento".
Cosa? Dove... COME aveva preso il distintivo di mio padre? Mi sforzai di sorridere alla donna al banco, che dopo aver esaminato il distintivo lo restituì a Derek e ci fece segno di entrare. Seguii il licantropo nella stanza fino a che non ci trovammo di fronte al l'archivio dove erano tenuti i dossier di tutti coloro che abitavano a Beacon Hills e dintorni.
Derek mi allungò metà del plico e iniziò a sfogliare la sua osservando ad una ad una le foto degli abitanti della cittadina. Sospirai e mi andai a sedere su una sedia dall'altra parte della stanza. Sfogliando vidi un fascicolo che portava il nome di Hale. Lo presi senza farmene accorgere, deciso a saperne di più sulla famiglia di Derek. Continuai a guardare tutte le facce che mi si paravano davanti  dentro i fascicoli, fino a che giunsi infondo alla pila, ormai rassegnato. Il piano di Derek ricalcava il mio, ma il lupo mi aveva anticipato. Aprii l'ultimo fascicolo e... Eccolo! O meglio, eccoli!
"Derek!" Lo chiamai mentre guardavo il cognome sul fascicolo: 'Montbrown'. Passai a Derek i documenti riguardanti il ragazzo, il cui nome era Zac, e tenni quelli della ragazza, la sorella, che invece si chiamava Jolene. Dopo un'occhiata veloce, mettemmo a posto il plico di fascicoli e uscimmo,  tenendo quello che ci interessava.
Durante il viaggio in macchina sia io che Derek rimanemmo in silenzio nonostante le migliaia di domande che mi ronzavano nella mente.
Proprio quando stavo per farne una a Derek mi vibró il cellulare nella tasca.
Scott.
Anche Derek vide la chiamata e mi guardò... Interrogativo? Sì, direi di sì.
"Scott, che è successo?" Dissi subito rispondendo al telefono.
"Gerard! Gerard controlla il Kanima!" 
Spaventato mi voltai verso Derek, sicuro che avesse sentito tutto. Mi strappó il telefono dalle mani:
"Come lo sai?"
"È stato qui! Ha minacciato mia madre e... Derek?"
"Stiamo venendo lì" il lupo chiuse la chiamata, mi lanció il telefono sulle gambe e fece un'inversione da pilota di rally.  In meno di cinque minuti fummo davanti a casa di Scott. Derek, dopo uno scatto a velocità lupesca, spiccò un salto entrando nella finestra lasciata aperta. Lasciai cadere le spalle e con un sospiro tirai fuori dalla tasca dei jeans le chiavi di casa MacCall. Stando attento a non fare rumore aprii e chiusi la porta e in punta di piedi salii in camera di Scott. Lui e Derek stavano parlando a bassa voce, mentre Scott raccontava all'altro cosa era successo. Sentii metà del racconto, ma da quella intuii anche quello che non avevo ascoltato. Gerard aveva ucciso Matt e così preso il controllo del Kanima. Aveva poi minacciato Scott di uccidere sua madre se "io non gli consegno te, Derek. E a quanto pare Allison lo appoggia." Terminò il mio migliore amico con tono sconsolato e tremendamente triste. Gli assestai un'amichevole pacca sulla spalla. In cambio mi sorrise, ringraziandomi.
Derek lanciò a Scott uno sguardo che non avrei saputo decifrare, a metà il dispiaciuto e il sospettoso. Anche se non avrei saputo dire su cosa Scott avrebbe potuto mentire.
"Anche noi abbiamo trovato qualcosa" dissi a Scott per distrarlo dal pensiero di Allison.
"Ah sì? E cosa... un momento. Come mai eravate insieme? Sono le 4.30 del mattino..." Osservó Scott decisamente sospettoso, stavolta ne ero più che certo.
"Derek aveva bisogno di me per poter entrare in centrale, anche se effettivamente non sarebbe cambiato niente se ci fossimo andati nel pomeriggio, quando io non stavo dormendo BEATAMENTE" sottolineai l'ultima parola per far notare il malcontento a Derek. E che diavolo, se non fosse per lui io adesso sarei comodo comodo nel mio letto a dormire! Beh, sì, più o meno.
Con quelle parole mi guadagnai un'occhiataccia e un ringhio da Derek. Gli feci una smorfia e mi rivolsi di nuovo a Scott.
"I due ragazzi che abbiamo visto ieri" dissi passandogli il fascicolo dei Montbrown. Aprì quello della ragazza e mi sporsi sulla sua spalla per osservarne il viso con più calma. I capelli rosso fuoco le incorniciavano il viso e le scendevano fin sotto le spalle. Aveva tratti delicati, la pelle chiara, le labbra rosse e carnose, morbide, perfette. Avrebbe potuto assomigliare ad una vecchia bambola di porcellana, se non fosse stato per gli occhi. Erano di un verde intenso, ma non scuro come quello di Derek -ignorai il fatto che sapessi di che colore erano gli occhi Derek-, era più chiaro. Mentre quelli del lupo ricordavano il verde scuro della foresta, quelli della ragazza erano più... più...liquidi, sì, si poteva dire così. Più chiari, ricordavano le acque di un lago di montagna.
Scott archivió la scheda di Jolene e prese quella di Zac. Osservai anche il volto del ragazzo: erano davvero fratelli? Se lei aveva i capelli chiari, quelli di lui erano scuri, se lei aveva la pelle chiara, la sua era olivastra, se gli occhi di lei erano chiari, quelli di lui....  Non si vedevano. Aveva uno strano flash sugli occhi, come succedeva ad ogni lupo.
"Trovato" mormoró Scott.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Presentazioni ***


Scott ed io alzammo gli occhi su Derek che non si era scomposto di una virgola.
"Perchè non me lo hai detto subito?" Chiesi offeso. Aveva guardato lui il fascicolo del ragazzo, aveva di sicuro già visto i suoi occhi.
"Eravamo già sicuri che uno di loro due fosse un lupo, no? Che bisogno c'era di dirtelo." Disse scocciato.
"Sì, beh... È vero, ma... Insomma..." "E poi tu non c'entri niente con questa storia" mi interruppe lui.
Mi bloccai, senza parole. Come osava dire che io non c'entravo niente in quella storia se gli avevo salvato la vita innumerevoli volte, l'ultima proprio da quella ragazzina, dell'identità del cui fratello voleva tenermi all'oscuro?
Le parole parvero salirmi alle labbra tutte insieme, senza darmi la possibilità di fermarle:
"Senti, razza di lupo mannaro dei miei stivali, non provare a dire che io non c'entro niente con tutto questo casino, perchè se non sbaglio ho salvato le tue pelose chiappe lupesche da quei due giusto due giorni fa. E sempre se non erro ho rischiato la mia vita, oltre che la mia ormai defunta sanità mentale, per aiutare te, questo qui" indicando Scott con il pollice "e il resto del tuo branco da strapazzo, quindi Derek non provare a tagliarmi fuori da questa storia!"
Cosa diavolo mie era saltato in testa di fare? Provocare così Derek Hale assicurava morte certa, istantanea, violenta e tremendamente dolorosa. Soprattutto se il tuo nome era Stiles Stilinski.
Prima che avessi il tempo di realizzare cosa avevo detto, mi trovai spalle al muro, dolorante, con il viso di Derek a pochi centimetri dal mio, il suo palmo artigliato aperto alla base del collo bastava a tenermi immobile. L'altra mano, armata anch'essa, era sollevata minacciosa davanti al mio viso. Un ringhio basso, ammonitorio, minaccioso mi paralizzò. I nostri corpi erano incollati e sentivo nel petto e in gola la paura che l'Alpha mi instillava. Sentii un nodo alla stomaco. Era una sensazione familiare, l'avevo già sentita. Ero sicuro si potesse associare al lupo. Non riuscivo a pensare, peró.
Gli occhi erano fissi in quelli di Derek, cosa che mi distraeva non poco e non ne sapevo il dannatissimo motivo. Il verde foresta che caratterizzava lo sguardo dell'Alpha ora aveva, oltre alle pagliuzze dorate, una sfumatura rossa.
Alpha's mode on, pensai.
Due secondi e già lui si era staccato da me e si era diretto fuori dalla finestra con un "Domani li seguirete, voglio sapere di più sul loro conto" per poi terminare con un "Muoviti, idiota, ti aspetto in macchina"
Così scomparve fuori dalla finestra. Rassegnato sospirai e mi diressi fuori dalla stanza.
Stupido lupo mannaro asociale.


Pov. Derek//

Quel dannatissimo ragazzino riusciva sempre a complicarmi la vita. Anche se dovevo ammettere che aveva ragione quando aveva detto di avere salvato la vita a me e al mio branco più e più volte. L'intelligenza di Stiles era pari alla sua parlantina, così come alla sua disponibilità incondizionata per i suoi amici, per il branco, per me. Non mi fidavo di lui, peró. Nonostante lui fosse disposto ad aiutarmi, per quanto poteva, nonostante mi avesse salvato la vita o parato le spalle in più occasioni, non riuscivo a fidarmi di lui. Non mi fidavo di nessuno, in realtà: l'ultima volta non era andata secondo i miei piani, ma al contrario mi aveva portato a tremendi dolori e sofferenze ancora non scontati, notti insonni o tormentate dagli incubi. L'aver riposto fiducia in qualcuno aveva ucciso il mio lato umano e disintegrato la mia capacità di provare sentimenti per le persone, se non odio, ostilità, indifferenza.
Mi aveva privato di tutto.
"Derek? Derek, mi stai ascoltando o no?" Un sospiro sconsolato "No, ovviamente no" aggiunse poi Stiles con un sussurro.
"Che vuoi?" Gli chiesi dopo un po'. Stare in macchina con quell'idiota era un ottimo modo per riflettere: la sua parlantina costante era un ottimo rumore di sottofondo e aiutava a liberare la mente da pensieri inutili. Ma ignorarlo così mi pareva troppo.
Sospirò "Lascia stare, Derek, ci vediamo" disse con tono scocciato mentre apriva lo sportelo dalla mia auto e, dopo averlo richiuso, si dirigeva verso la porta di casa. Lo guardai allontanarsi. Le spalle curve e i piedi strascicati erano un segno della sua stanchezza e dell'arrabbiatura evidente quanto il battito del suo cuore, che arrivava chiaramente fino alle mie orecchie. Stiles era arrabbiato, ma arrabbiato per cosa?
"Per te, idiota" mi ammonì una vocina nella mia mente. Cosa? ma dove diavolo era spuntata, cos'era? Ero sicuro che la risposta non mi sarebbe piaciuta, quindi spinsi forte sull'acceleratore e sgommai via.
Guidai fino a casa più veloce che potevo, concentrato al massimo sulla strada. Non volevo pensare. Troppe cose mi affollavano la mente, troppi pensieri, troppi problemi, troppo tutto!
Mi buttai su quello che restava di un divano, al centro di quello che restava del salotto di quello che restava di casa mia. Perchè dovevo vivere nei resti di qualsiasi cosa? Vivevo nei resti di una casa, con i resti non morti della ia famiglia, in quello che restava della mia parte umana, se ancora ne avevo una. Tutto ciò che mi circondava era rovinato, cadeva a pezzi e non faceva altro che ricordarmi il mio fallimento. Avevo fallito in tutto: avevo fallito come figlio, avevo fallito con Kate, avevo fallito con Laura, con Scott, con Peter, con il branco. Stavo fallendo come Alpha, stavo fallendo con il Kanima e con Gerard. Perchè? Dove stavo sbagliando?
La stessa... cosa... che prima mi aveva parlato, quando ero con Stiles -Insofferenza, ipotizzai-, tornò in superficie nella mia mente mostrandomi di nuovo l'espressione impaurita del ragazzino e le sue spalle curve. Sì, stavo decisamente fallendo anche con lui. Sospirai.
"Che?" esclamai incredulo quasi urlando e alzandomi di scatto in piedi. Da quando mi importava qualcosa di quel ragazzino idiota e logorroico? Perchè sentivo che dei numerosi problemi che avevo lui era il più impellente, il più importante.
No, no, no, no, no, così non andava per niente. Dovevo pensare al Kanima, a Gerard, a quella stramaledetta famiglia di cacciatori, a quei due fratelli, a tener unito il mio branco, che nonostante la sua breve vita già si stava sfaldando, a convincere Scott a farne parte. Non potevo preoccuparmi del fatto che Stilinski fosse arrabbiato per causa mia!
Uscii di casa a passo svelto mentre mi toglievo la maglietta e la buttavo sul legno di fronte alla porta di ingresso. Avevo decisamente bisogno di aria fredda sulla pelle, che mi facesse tornare in me. Il mio passo a ritmo di marcia divenne una vera e propria corsa non appena scesi l'ultimo gradino del portico. Sentii la voce di mio zio raccomandarmi di stare attento mentre raccoglieva la mia maglia da terra e tornava in casa. Lo faceva ormai tutte le sere. Dovevo essere in uno stato davvero pietoso se perfeino Peter si preoccupava per me.
Mi trasformai e corsi più veloce che potevo nella foresta. Non volevo pensare, volevo solo che l'istinto mi guidasse, che il lupo che era in me prendesse il sopravvento e non lasciasse che quell'Alpha insicuro e incapace che ero diventato avesse la minima possibilità di metere voce in capitolo. Corsi a perdifiato fino a che non arrivai alla strada, allora mi fermai sul limitare del bosco.
L'avevo fatto di nuovo. Avevo rivisto la stessa scena ormai tante di quelle volte che sapevo già come sarebbe andata a finire.Sospirai ritrasformandomi e mi incamminai verso la casa. Ancora una volta ero finito sotto quella finestra. Agilmente, come poche ore prima, saltai dentro. Stiles si era già riaddormentato. Scavalcai la finestra e mi appoggiai al muro, guardandolo dormire, come avevo fatto tante volte, ultimamente. Non riuscivo a capirne il motivo, ma da quando per la prima volta ero entrato di nascosto nella finestra di quel ragazzino, non avevo più saputo smettere.

Scappavo da non saprei dire quanto, ormai, ma non avevo più fiato. Forse ero riuscito a seminarli: non sentivo più il rumore delle ruote del quod di Chris e Allison. Erika aveva perso il controllo, era scappata. Avevo lasciato Isaac con Boyd, mentre io e Peter inseguivamo la lupa, che ovviamente si era fatta trovare dagli Argent. Li avevamo distratti, facendo in modo che mentre Chris e Allison seguivano me, Peter ed Erika tornassero a casa. Avevo corso, senza accorgermene, fino a casa di Stiles, che in quel momento mi sembró il rifugio più sicuro e la mossa più furba da fare. Salii nella stanza del ragazzo e mi appoggiai ansimante al muro vicino alla finestra, che avevo fortunatamente trovato aperta. Sentii, dopo qualche minuto, le voci del cacciatore e della figlia, incerti sul da farsi. Quando fui certo che si erano allontanati, osai affacciarmi alla finestra. Non c'era ombra di sentinelle o roba simile. Mi voltai verso Stiles, che nonostante tutto non si era svegliato e continuava a dormire come se niente fosse. La presenza di quel ragazzo piano piano mi calmò e non riuscii a staccare gli occhi da lui fino al mattino dopo, quando sentii lo sceriffo alzarsi e dar vita alla casa. 

 

Da quella notte, tutte le sere, da una settimana, cercavo di controllare la voglia che avevo di vedere quel ragazzino, il bisogno dell'effetto che mi faceva, ma senza riuscirci. La testa mi esplodeva proponendomi mille problemi, mille preoccupazioni, e l'unica soluzione che avevo era correre nel bosco fino a che non arrivavo, quasi involontariamente, davanti a casa di Stiles e mi rassegnavo, cedendo e entrando nella sua stanza. Guardai il suo viso rilassato, che come sempre mi infondeva tranquillità e mi restituiva la pace con me stesso. Stiles sorrise nel sonno e mi trovai a chiedermi cosa lo avesse spinto a farlo, perchè stesse sorridendo così felicemente, cosa stesse sognando.
Se per caso, in quel sogno, ero io a farlo sorridere.
In quel momento pensare al casino, perchè era un vero e proprio casino, che stavo combinando con quel ragazzino non era difficile o faticoso. Stiles era in grado di risollevarmi dal dolore che avevo dentro. Forse quelle continue visite mi stavano spingendo a fidarmi di lui? No, io non mi fidavo di nessuno, avevo solo bisogno di tenere la testa libera per un po', tutto lì, e Stiles era l'unica persona che fosse in grado di farlo.
Quella sera mi aveva tenuto testa, come sempre del resto. Quell'idiota era l'unico, in quel branco da strapazzo -come lo aveva chiamato lui-, ad avere il coraggio di dirmi le cose come stavano, nonostante fosse quello che più aveva paura di me. Veh, sì, l'unico a parte Peter, che però parlava solo per schernirmi o per svelarmi mezze verità che mi facevano impazzire e mi creavano più problemi di quanti già non ne avessi.
Guardavo quel ragazzino dormire e più mi fissavo sul suo respiro e sul suo viso più mi maledicevo per aver ceduto ad andare lì. Quel dannatissimo idiota stava diventando una specie di droga, di calmante, e iniziato a credere che non avrei potuto più farne a meno.


Pov. Stiles

Come è facile pensare, il giorno dopo ero distrutto. Maledettessimo lupo.  Mi alzai a fatica, infilandomi la maglietta che la sera prima avevo lanciato sul pavimento dopo che ero tornato a casa. Da quando avevamo lasciato Scott, Derek non mi aveva detto niente: il viaggio, per quanto breve, era stato allietato solo dalle mie domande dirette ad un Derek completamente assente. Avevo sognato di trovarmelo nella stanza, che mi guardava. Mentre uscivo da casa per andare a prendere Scott, rimuginai sulla confusione che avevo in testa, lasciando che i pensieri mi portassero lontano. Le domande che mi attanagliavano non solo erano tante e non riuscivo a trovarvi risposta, ma mi spaventavano, una in particolare, che -ma guarda che fortuna!- era quella che più mi importava e al contempo mi preoccupava di più. Non avevo nemmeno il coraggio di porre quella domanda nella mia testa, dove solo io potevo maledirmi per le castronerie che stavo pensando. Indirizzai i pensieri in un'altra direzione, quando il mio cuore iniziò a battere più forte al ricordo del mio sogno. Di sicuro era per la paura che fosse lì per uccidermi a causa delle parole che avevo detto la sera prima. Erano tutte cose più che vere, però, che diamine! Ero sinceramente stanco di rimanere sempre in silenzio e subire! Nel frattempo arrivai davanti a casa di Scott. Scesi dall'auto e aprii la porta.
"Buongiorno" salutai entrando in casa
L'odore di bacon e uova arrivava prepotente al mio naso, facendomi venire l'aquolina in bocca. Diavolo, che fame! Solo in quel momento mi resi conto di non aver mangiato niente a colazione e la fame si stava rivelando in quel momento con un sonoro brontolio.
"Ehi, amico, che hai?" mi chiese Scott invitandomi a sedere a tavola con lui con la mano. Aveva di sicuro sentito il mio cuore battere in modo strano, o il mio odore o semplicemente il mio tono di voce, oltre che lo stomaco.
"Niente, tranquillo. Solo fame e una maledetta preoccupazione per quello che ci aspetta." risposi con un'alzata di spalle, mentre lo sguardo del mio amico non faceva altro che alzarsi al soffitto, dove sapevo si trovasse la camera della madre, ma decisi di non dire nulla. "Sai che non sarà niente di buono" un'affermazione, la mia, non una domanda. I suoi occhi si abbassarono si di me, mettendomi veramente a fuoco per la prima volta da quando ero entratoin casa.
"Sicuro che non ci sia niente altro?"
E ora cosa diamine voleva dire quella domanda? Non so per quale motivo mi sentii avvampare e il mio cuore iniziò una rincorsa, che non sarebbe di certo sfuggita alle orecchie del licantropo.
"No, sono solo preoccupato dai mille problemi che abbiamo, te l'ho detto." Avevo ormai imparato a nascondere le mie bugie anche ai licantropi, grazie a qualche sotterfugio e dicendo mezze verità. Ai licantropi, sì, ma non a Scott, al mio migliore amico.
Mi guardò negli occhi per dei lunghi secondi prima di sospirare e arrendersi.
"Ho capito, come vuoi" disse poi. Gli sorrisi a sottointendere un 'grazie' e posi poi la mia domanda, mentre mi ingozzavo di bacon:
"Come sta?" accennando a mia volta al soffitto. Scott sospirò ancora, sconsolato. Troppi sospiri in troppo poco tempo: quel ragazzo aveva decisamente qualcosa che non andava.
"Si rifiuta di parlarmi, di guardarmi, di stare nella stessa stanza con me." Ancora un sospiro e inghiottì un grande boccone di bacon e uova, a sancire che l'argomento era chiuso.
"Arrivo subito" disse poi alzandosi e salendo le scale. Per qualche minuto regnò il silenzio, interrotto solo dal rumore della mia forchetta, e poi spezzato dalla voce del mio migliore amico che bussando ad una porta implorava sua madre:
"Mamma, ti prego! Dovremo parlarne, prima o poi, lo sai." Nessuna risposta. Potevo vedere come fossero davanti ai miei occhi le spalle di Scott abbassarsi rassegante e irrimediabilmente tristi. "Va bene. Io vado, ti voglio bene" disse poi.
Lo vidi risbucare dalle scale con la cartella su una spalla.
"Andiamo?"
"Andiamo"

Durante il tragitto, Scott fu particolarmente silenzioso. Non che di solito parlasse tanto, ma dava davvero l'idea di essere su un altro pianeta, su Desolazione, quindi la mia parlantina fu lasciata andare a briglie sciolte fino a che non varcammo la porta dell'aula di Harris. Quando vidi il foglio sul banco quasi mi venne da ridere: nonostante i grossi problemi -mortali, più che semplicemente grossi-, ancora dovevamo preoccuparci di compiti in classe, compiti a casa e studio. Guradi Harris e scoprii che non mi faceva più tanta paura. Sorrisi e iniziai a fare il test. I problemi continuavano a frullarmi in testa, insieme a formule chimiche, valenze, e legami. La testa stava per scoppiarmi, aiutata anche dal riposante sonno della notte precedente.
'Riposante, sì, come no'
Finita l'ora io e Scott iniziammo il compito datoci da Derek. Era strano: lui non era il nostro Alpha, -beh, l'Alpha di Scott, in realtà-, ma quando lui chiamava noi rispondevamo, quando lui ordinava noi eseguivamo, quando noi avevamo bisogno di aiuto lui accorreva. Mi resi conto che in realtà forse sì, eravamo parte del branco di Derek, anche se non quanto Isaac.
Iniziammo a seguire i due Montbrown per tutta la scuola, per quanto ci fosse possibile. All'ora di pranzo ci sedemmo a due tavoli di distanza, dove io avrei potuto tenerli d'occhio e Scott sentire ciò che dicevano. Senza Isaac, Erika e Boyd, che erano rimasti assenti per un po' di giorni, e soprattutto senza Jackson, svolgere il nostro compito era più facile.
Dopo la scuola salimmo sulla mia jeep e li seguimmo fino alla riserva, mentre Scott teneva costantemente aggiornato Derek tramite il cellulare di Isaac. Arrivati fin dove potevamo con le auto, vedemmo la loro già parcheggiata a fianco alla nostra. Seguendo l'olfatto Scott mi guidò per la foresta, che conoscevo abbastanza bene da dire che ci stavamo dirigendo verso la vecchia riserva degli Hale. Ad una radura poco distante dalla casa i due si fermarono e noi girammo loro intorno da lontano per avvicinarci al resto del branco e porci così alla destra di Derek e di fronte ai due fratelli.
"Ciao Derek" disse Zac con tono di sfida, quasi di superiorità.
"Zac, Jolene" rispose l'Alpha con lo stesso tono, solo con l'aggiunta di una buona dose di pura minaccia nella voce. Zac si aprì in un sorriso compiaciuto, inclinando leggermente la testa di lato, in segno di approvazione. Sembrava soddisfatto del lavoro fatto da Derek.
Non sembrava intenzionato a parlare, ma stava solo studiandoci. Eravamo un gruppo strano, effettivamente: Derek al centro con un cipiglio cupo e minaccioso, Scott, che li osservava serio e incuriosito -ma al contempo sul chi vive-, alla sua destra, Isaac alla sinistra dell'Alpha, con lo stesso atteggiamento dell'altro, e infine Peter, con la schiena appoggiata ad un tronco alla sinistra del Beta, testa china, braccia incrociate sul petto e il solito ghigno misterioso, saccente e terrificante. Quanto a me, ero seminascosto dalla spalla di Scott e guardavo i due fratelli con aria prettamente curiosa. Non mostravano il minimo segno di voler attaccare, o alcuna rabbia nei confronti di Derek, anzi sembrava avessero un atteggiamento... non saprei come descriverlo... amichevole. E questo li rendeva non solo più interessanti e strani, ma anche più spaventosi. Qualcosa, in un angolo della mia testolina, mi dieva che non c'era da aver paura, che non erano venuti per nuocere, ma anzi per aiutare. Guardai di sfuggita i miei compagnie nessuno di loro sembrava preoccupato, ma solo nervoso.
Ok, ora la faccenda era davvero strana, cosa diavolo stava succedendo?
"Cosa volete da noi?" chiesi alla fine Derek. La sua voce era neutra, quella di sempre, nessuna incrinazione di nervosismo, ansietà, paura o minaccia. Solo un semplice dialogo. Al suono di quella voce provai sollievo e riuscii a rilassarmi un po'.
Il viso della ragazza si fece cupo, triste, e Zac la strinse a sè passandole protettivo un braccio intorno alle spalle, rabbuiandosi, però, lui stesso.
"Abbiamo bisogno di aiuto, e tu sei l'unico che può aiutarci, Derek."


Note dell'autrice
Ciao a tutti! Innanzi tutto mi scuso per il ritardo, ho avuto tantissime cose da fare e sono riuscita a finire di scrivere solo oggi. Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia e che l'hanno recensita o aggiutna nelle varie categorie! Davvero grazie!!!
Che ne pensate del nuovo capitolo? Spero vi piaccia e che lasciate qualche recensioncina per me :3
Grazie e alla prossima!
Lulu

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Soluzione? ***


Quell'uomo mi metteva in soggezione. Tutto in lui ispirava paura e rispetto. Era senza dubbio bellissimo: quegli occhi stupendi erano capaci di gelare e bruciare al contempo, potevano sciogliere come potevano far rabbrividire. Mi strinsi nell'abbraccio di Zac, in cerca di un po' di protezione. Non ero abituata a sentirmi in quel modo. Forse era perchè già avevo iniziato a considerarmi parte del suo stesso branco, senza che effettivamente lui lo sapesse, o sapesse chi fossi. 
Alla richiesta di aiuto, Derek alzò un sopracciglio, aspettando che Zac continuasse a parlare. Guardai mio fratello. Cosa avrebbe fatto adesso?
"Voglio diventare parte del branco" disse tutto d'un botto, con un solo fiato. 
"Vogliamo diventare parte del branco."
Il sorriso dell'uomo si allargò lento e lui trattenne a stento una risata.
"Cosa?" Domandò Derek con aria completamente persa. Non si aspettava quello che Zac gli aveva appena detto. Il cuore di mio fratello accelerò più di quanto già non avesse fatto e lui ribadì il concetto.
"Io e mia sorella vogliamo far parte del tuo branco, Derek"
A quel punto il riso dell'uomo non si trattenne più e lo liberò piano, appoggiando la testa al tronco alle sue spalle. Era tremendamente bello, e incredibilmente terrificante.
"Perchè dovrei farvi entrare nel mio branco?"chiese l'Alpha "Nemmeno so chi siete" osservò poi.
Osservai i suoi Beta e l'umano che era con loro. Che branco strano! Credo che mi sarei divertita con loro.
"Perchè possiamo aiutarvi, col Kanima e con Gerard"
"Lei nemmeno è un lupo, come potrebbe aiutarci?"
"Lui nemmeno lo è" risposi, accennando con la testa al ragazzo umano.
Derek rimase spiazzato per un secondo.
"Hai ragione" ribattè poi calmo "infatti non dovrebbe essere qua."
Il ragazzo, che prima si era nascosto maggiormente dietro le spalle dell'amico, ora uscì completamente dal suo nascondiglio.
"Ehi, ehi, ehi, piano! Non tirarmi in mezzo" disse indicando l'Alpha con un dito accusatorio "E poi ne abbiamo già parlato, ricordi? E sai benissimo che senza questo umano" quest'ultima parola scimmiottando l'Alpha "ora non saresti qui ad abbaiare ordini a destra e a manca, Derek! E inoltre..."
Ma Derek non lo lasciò finire, zittendolo con un ringhio e un'occhiataccia. I suoi occhi erano diventati rossi. Quello che successe dopo mi lasciò un po' sconcertata. L'umano rimase a bocca aperta con la mano sospesa a mezz'aria, mentre l'amico, il Beta, si era messo davanti a lui per difenderlo e aveva... Ringhiato al suo Alpha. La cosa finì lì, senza una spiegazione o altro.
"Stiles!" Disse poi il ragazzo all'umano parlando piano tra i denti, come a rimproverarlo.
"Perchè mi avete attaccato se volevate entrare nel mio branco?" il cambio repentino di discorso mi colse leggermente alla sprovvista. Fortunatamente, tra noi due, il portavoce era mio fratello.
Zac sorrise furbo.
"Bisogna scegliere bene il proprio Alpha e il proprio branco, Derek"
Quello annuì appena, ghignando a sua volta, mentre l'uomo dagli occhi di ghiaccio ormai rideva apertamente, anche se a bassa voce, come a schernire il moro. Notai in quel momento che tra i due c'era una vaga somiglianza. L'Alpha ci voltò le spalle e si incamminò nella foresta seguito da tutti, compresi l'umano chiamato Stiles e il Beta che gli aveva ringhiato. 
"La risposta è no" disse allontanandosi.
Quasi non lo sentii. I miei occhi perforavano la schiena di quell'uomo. Era un... Beta? Forse. Di certo non un Alpha, ma sembrava il più forte, e di sicuro era quello che ne sapeva di più. Non sembrava propriamente parte del branco di Derek, ma tra quei cinque i legami erano alquanto strani. L'immagine del suo volto mi si stampò in mente e non mi abbandonava mentre con le spalle curve ci avviavamo verso casa.
"Dovremmo dire loro la verità." Buttai lì.
"Forse hai ragione, sorellina, ma non sappiamo come potrebbero reagire."
"Sono sicura che a lui importa" dissi piano chinando il capo sul petto, parlando a me stessa, come fosse un pensiero sfuggito al mio controllo che aveva trovato la via per le labbra, più che a Zac.
"A Derek non importa di nessuno, nemmeno di se stesso, Jolene"
Annuii, sollevata che Zac non avesse capito che non parlavo di Derek.
"Se sai che lui è così, perchè vuoi unirti al suo branco?" Chiesi. Non avevamo mai parlato di questo. Zac non mi aveva mai dato molti dettagli del suo piano, solo 'troviamo Hale, ci uniamo a lui, ti fai mordere', questo era il grande piano di mio fratello.
"Perchè sotto sotto, lui non è così. E lo sai anche tu, solo... Non te lo ricordi."
 
Pov. Peter/
Quel ragazzo, oltre che una richiesta alquanto strana, aveva provocato Derek. Mi ero subito preparato ad assistere ad un bello spettacolo, ma mio nipote si era trannenuto a dovere. Le parole di quel lupo lo avevano messo in dubbio più di quanto non avessero già fatto Scott o quei due, di cui non ricordavo e non volevo ricordare i nomi, che erano scappati, lasciandoci tutti, usando un eufemismo, nei guai fino al collo. Se c'era una virtù che la mia famiglia aveva coltivato negli anni era la lealtà al branco, e di certo Derek non era il meglio in cui riporre fiducia. Bisognava conoscerlo, almeno come lo conoscevo io, per potersi fidare di lui. Un attimo, avevo appena pensato che mi fidavo di Derek Hale, il mio unico nipote che mi aveva accolto, quando mi ero svegliato dal coma durato sei anni, uccidendomi e che mi aveva dato il benvenuto, una volta tornato in vita dalla morte, picchiandomi a sangue? Beh, in fondo forse sì. Tutto quello che lui aveva fatto lo aveva fatto per salvare il 'suo' branco da quello che a lui pareva l'operato di un pazzo psicopatico, poi lo aveva difeso quando ero tornato in vita. Derke teneva al nostro branco più di quanto non lasciasse trasparire dalle sue azioni. Sì, il nostro branco. Suonava bene. Non ero più solo, finalmente.
Mentre ci rincamminavamo verso il rifugio nel vecchio vagone, però, non riuscivo a togliermi dalla testa quella ragazza. Aveva un non so che che mi attirava irreparabilmente verso di lei. Certo, era bellissima, ma non era quello che occupava la mia mente. Erano i suoi occhi. Nonostante l'atteggiamento impaurito che aveva dimostrato nella radura, nei suoi occhi avevo visto una forza incredibile, una determinazione e un coraggio straordinari, mescolati ad un'infantile ingenuità. Quegli occhi mi avevano colpito più di quanto non avesse fatto l'odore di morte che le aleggiava intorno. Aveva un che di familiare, ero convinto di averla già vista. O meglio ricordavo il suo sguardo, anche se in quello della liceale c'era solo uno spettro del mio ricordo.
Derek era inquieto, non aveva detto una parola da quando ce ne eravamo andati dalla radura. Non che in generale fosse un chiacchierone, ma mi sembrava strano. Non un ringhio, un'occhiataccia, una minaccia di morte, niente. L'unica cosa che notai fu uno sguardo, lungo, pieno di bisogno, che mio nipote riservò alla schiena di Stilinski quando lui è Scott ci lasciarono per tornare alla jeep squassata dell'umano.
Quando anche Isaac fu andato via mi rivolsi a Derek:
"Sai, nipote, dovresti imparare a essere più discreto"
Senza voltarsi e lasciandosi cadere sul divano, Derek rispose:
"Non so di cosa tu stia parlando"
"Sei anche un pessimo bugiardo: forse il tuo cuore non ha accelerato, forse il tuo tono di voce era perfettamente indifferente, ma, andiamo, sono tuo zio, ti conosco, e so perfettamente che sai benissimo di cosa sto parlando." Feci una pausa, durante la quale Derek non si mosse e io mi avvicinai a lui, sedendomi al suo fianco "Dovresti dargli una possibilità, una possibilità concreta, intendo. So che corri nella sua stanza ogni notte, che cerchi conforto nel suo viso. Ammettilo a te stesso, non c'è nulla di male." Cosa diavolo mi passava per la testa di dire certe cose a mio nipote? E perchè mi sentivo in dovere di aiutarlo, di dargli i miei consigli e il mio supporto? "Non per forza deve finire come l'ultima volta. Non finirà come l'ultima volta." Puntai gli occhi nei suoi. "Stiles è un ragazzo complicato, quella che prova per Lydia non è che un spettro di quello di cui lui ha veramente ha bisogno e che lei non potrà mai dargli. Ma tu sì! Lui non ha idea di cosa questo sia, non sa di cosa ha bisogno, ma credo che tu possa, e debba scoprirlo. Per lui, per il branco, ma soprattutto per te." Appena finii di parlare, Derek si alzò e senza uno sguardo o una parola, lanciando la maglia sul legno del portico, corse nella foresta, e entrambi sapevamo dove stava andando.
 
Una chiamata urgente di Scott. Erano passati due giorni dall'incontro nella radura e tra i liceali -umani, non e non proprio- aveva iniziato a tessersi un rapporto di studio reciproco. Nonostante noi fossimo di più, però, giocavamo con armi pari, oserei dire, anzi, a noi sfavorevoli. Il periodo in cui si trovavano insieme, infatti, era durante la scuola e mentre loro schieravano un lupo e un essere indefinito, ma comunque più potente di un umano, noi disponevamo di un licantropo, dato che Scott e Stiles lavoravano per conto loro. Non capivo: Era come se entrambi facessero parte del branco, anche se non se ne erano resi conto. O forse Stiles sì. Da quando lo avevo conosciuto avevo sempre pensato che sarebbe stato un importante elemento per il branco, da lupo, ma adesso ero dell'idea che andava bene anche averlo come umano. Non era niente male, come umano: aveva un'intelligenza straordinaria. 
Di corsa, dopo aver ricevuto la chiamata di Scott, io e Derek ci recammo a casa Hale. Anche io avevo fatto le mie ricerche e i miei archivi, non solo gli Argent. Jackson, uccidendosi, non stava facendo altro che passare al livello successivo. Ed era ben più terrificante.
"Ci serve Lydia: lei è l'unica che può salvare tutti noi e Jackson senza bisogno di ucciderlo." Dissi mentre leggevo sullo schermo del portatile tutto ciò che poteva interessarci. "Però non c'é tempo" conclusi chiudendo il computer e avviandomi con Derek verso il luogo dell'appuntamento con Scott.
Scoppiò il putiferio.
Derek combatteva contro un Kanima evoluto e dotato di stramaledette ali per difendere il suo branco, il branco combatteva per difendere il suo Alpha. Chris combatteva al fianco dei lupi, Allison contro di loro, oltre che contro il Kanima. Qualcosa era decisamente fuori posto, per non aggiungere che un quella famiglia avevano seri problemi di comunicazione. Osservai la scena in disparte, senza farmi notare: sarei intervenuto al momento più opportuno.
Ad un tratto il Kanima afferrò il collo di Allison, che aveva appena finito di prendere a pugnalate Isaac. La voce di Gerard arrivò chiara e maledettamente odiosa alle mie orecchie. Il suo piano stava giungendo a termine, e il termine che lui sperava e che aveva previsto. Non feci niente: ancora non era il momento. Non avevo previsto, però, che ciò che Gerard voleva fosse il morso. Derek si rifiutò, ovviamente, ma Scott, quel piccolo Beta testardo, voleva la sua bella che aveva appena cercato di ucciderci tutti. Ucciderli, in realtà. E proprio lei era il premio messo in palio da Gerard. Scott obbligò Derek a mordere il polso del vecchio, ma questi, invece di trasformarsi, iniziò a perdere sangue nero. Scott rivelò il suo piano mentre l'uomo cadeva a terra perdendo sangue: aveva avvelenato Gerard con lo Strozzalupo. Quel ragazzo aveva delle idee geniali, quando si applicava, lo avevo sempre detto. Sorrisi: avevo fatto una buona scelta.
"Uccidili tutti, uccidili tutti quanti!" Intimò Gerard prima di crollare al suolo. Il Kanima con un ringhio si fiondò su Derek, ma venne spazzato via subito prima di raggiungerlo. Qualcuno si era frapposto tra i due. Zac vibrò un altro colpo a Jackson mentre Derek, che si era ripreso, si rialzava e affiancava il licantropo. Il ragazzo aveva fatto una bella mossa: salvare la pellaccia a Derek gli avrebbe dato qualche possibilità in più. La mia mente, però, fu catturata da un altro pensiero: se Zac era lì, allora c'era ance Jolene. La paura che potesse ferirsi mi assalì, obbligandomi a cercarla. E alla fine la trovai, seduta sul sedile posteriore della jeep azzurrognola di Stiles. Ancora una volta il ragazzo aveva salvato la situazione. E con loro c'era anche Lydia. Investirono Jackson che cadde a terra davanti al cofano della jeep. Quando si rialzò vidi lo sgurdo terrorizzato dei tre che erano in macchina. Scesero in un baleno e mentre Lydia era rimasta di fronte al Kanima, Stiles si era spostato verso Scott e Jolene tra Zac e Derek. Non potei fare a meno di voltarmi a guradarla. Era bellissima.
Riportai la mia attenzione su ciò che stava succedendo, maledicendomi per ciò che avevo appena pensato.
Lydia, tra le lacrime, aveva allungato la mano verso Jackson e da questa penzolava una catenina con attaccate delle chiavi. Il ragazzo le prese e, non saprei dire per quale motivo, dopo qualche attimo tornò umano. Abbracciò Lydia. L'amore aveva un potere incredibile, che niente poteva sopraffare. Ma quello era il mio momento, dovevo agire subito. Sia io che Derek partimmo all'attacco e lui, da davanti e io da dietro, trafiggemmo il petto del ragazzo con gli artigli. Le lacrime di Lydia mi facevano sinceramente male, dopotutto il legame che si era venuto a creare tra me e lei era forte anche se non avrei saputo dargli un nome. Io e mio nipote ci allontanammo  dal liceale, mentre invece la ragazza si inginocchiava vicino a Jackson. Dopo uno scambio di sguardi e di promesse, la rossa si alzò con gli occhi colmi di lacrime e si voltò verso di noi. Non fece però in tempo a fare qualche passo che Jackson, completamente senza vestiti, si alzò. Solo... non era Jackson: era un lupo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sentimenti ***


Jackson era un licantropo. Finalmente aveva raggiunto il suo scopo. Dopo qualche secondo in cui lo guardammo sbalorditi, senza parole, finalmente ci scongelammo. Lydia gli corse incontro abbracciandolo, io e gli altri, con un sospiro, ci aprimmo in un sorriso. C'è l'avevamo fatta anche questa volta. Nessuno ci aveva lasciato le penne, beh non proprio effettivamente. Diciamo che nessuno di noi ci aveva lasciato le penne. Il Kanima era scomparso, Jackson era vivo ed era un lupo mannaro, Gerard era morto. Ne eravamo usciti anche stavolta.
"Cosa è successo?" Chiese poi il neotrasformato.
"Non ricordi nulla?" A parlare era stato Peter. Il ragazzo scosse la testa lentamente. Chris si tolse il giubbotto e lo allungò a Jackson che ancora stava in piedi nudo di forte a noi. Riconoscente il ragazzo si coprì e tornò a guardarci in cerca di una risposta, senza lasciare la presa sulla spalla di Lydia. Nonostante fosse ancora trasformato, lei lo guardava come fosse un dio greco, la cosa più bella che potesse esistere. Senza rendermene conto alzai lo sguardo su Derek: quanto ad aspetto fisico anche lui non...
'NO! No, Stiles, basta. Concentrati!' pensai. Cosa diavolo andavo a pensare in una situazione come quella? L'amore della mia vita, con cui ero riuscito ad avere una possibilità, per quanto piccola, stava abbracciata ad un dannatissimo licantropo killer e io guardavo Derek? Quella storia doveva avermi scosso parecchio.
Riportai l'attenzione sulle parole di Scott che stava raccontando al ragazzo quanto era accaduto da quando Derek lo aveva morso. Cercai di nascondere il più possibile il battito del mio cuore e di riportarlo alla normalità. Quando Scott ebbe finito di parlare, Derek fece qualche passo avanti portandosi di fronte alla coppia. Mise loro una mano sulle spalle.
"Benvenuti nel branco" sorrise. Un sorriso sincero che non gli avevo mai visto. Fui preso da un attacco di gelosia. Ok, era davvero il momento di mettere un po' d'ordine nella confusione che avevo in testa. Derek si allontanò con Isaac e Peter
"Vi aspetto tra due giorni." disse solo. Guardai Scott, Zac, Jolene e Jackson e mi avviai dietro i tre lupi. Il mio migliore amico diede un bacio di addio a Allison e si incamminò al mio fianco. Dopo poco, però, fummo raggiunti dalla stessa. Prese determinata la mano di Scott. Sorrisi. Aveva scelto una parte.
 
Due giorno dopo io, Scott ed Allison ci presentammo davanti a casa Hale. Derek e Peter erano in piedi davanti al portico, Isaac davanti alla porta. Tutti e tre guardavano un simbolo inciso sul legno. Una triscele. Era diversa da quella che Derek aveva sulla schiena, era più spigolosa, di uno stile diverso. Dietro di noi apparvero anche Jackson e Lydia.
"Cosa significa?" Chiese Isaac
"Un branco di Alpha" Derek.
"Sono già qui" la voce di Peter era bassa, seria, sembrava uscita da una tomba.
"Un branco di Alpha? È possibile?" chiesi. Non riuscivo a figurarmelo. Chi era l'Alpha degli Alpha? Come era possibile per un Alpha riconoscerne un altro?
"È possibile, e non è una buona cosa" disse Peter. Derek era rimasto immobile a fissare il simbolo sulla porta.
"O merda!" Tutti ci voltammo. Zac e Jolene avevano fatto il loro ingresso sulla scena. Anche loro stavano fissando il simbolo.
"Cosa vogliono da noi?"
"Un nuovo Alpha attore sempre l'attenzione" disse Derek, come svegliandosi da un sogno.
Fissai gli occhi sulla nuca di Derek. Questo voleva dire che ci abbandonava? Una parte di me lo sperava con tutta se stessa, l'altra, più prepotente, desiderava che non fosse così, sperava che non l'avrebbe mai fatto. Ma se conoscevo Derek almeno un po', potevo affermare che non ci avrebbe lasciati. Non ora che avevamo la parvenza di un vero branco.
"Bene" disse lui voltandosi. Incrociò per un attimo gli occhi con i miei per poi spostarli in quelli di Scott. Un cenno di assenso e gratitudine con la testa. Seguirlo andando via con lui due giorni prima e l'essersi presentati lì quel giorno significava che Scott, e di conseguenza Allison ed io, lo avevamo accettato come Alpha. Eravamo ufficialmente parte del branco. Anche Lydia ne era entrata a far parte. Stare con Jackson la ammetteva a tutti gli effetti nel branco. Ora nei nostri occhi c'era lealtà verso il branco e verso Derek. Il nostro 'nuovo' Alpha si voltò verso Zac e Jolene. 
"Mi riferivo solo a te" disse Derek rivolto a Zac.
"Non senza mia sorella" 
L'Alpha lo guardò negli occhi per qualche momento, poi sospirò rassegnato. Quel ragazzo aveva davvero le idee chiare.
"Scott con Isaac e Jackson, Zac con me"
I lupi si disposero secondo quello che aveva stabilito Derek nello spiazzo davanti a casa Hale, mentre io e Lydia ci sedevamo sui gradini del portico.
"Da quanto va avanti questa storia?" mi chiese a un tratto.
Mi voltai verso di lei. I suoi occhi erano puntati nei miei, i capelli raccolti solo in parte, in quel modo che mi piaceva tanto e che la faceva assomigliare ad un elfo. Il mio elfo dai capelli rossi. Però qualcosa era diverso. Risposi voltandomi verso i lupi che combattevano, soffermandomi su tutti, su uno in particolare:
"Da un bel po', Lydia"
Cos'era quel tono stanco e afflitto? Tutto stava svolgendosi per il meglio, Lydia si era spontaneamente seduta accanto a me, era venuta a parlare con me e non ero più l'unico che le dava ascolto: ora Jackson era vivo, era un licantropo e probabilmente erano tornati insieme come prima. Il piano stava cadendo in rovina. Di nuovo. Ma allora perchè non riuscivo a staccare gli occhi da quel lupo?
"Tu lo hai sempre saputo?" mi chiese poi.
"Sì. La sera in cui Scott fu morso eravamo andati a cercare un corpo. In verità la metà mancante di un corpo." Mi voltai a guardarla per vedere la sua reazione. Magari avrebbe pensato che fossimo completamente pazzi. "Scott rimase da solo e Peter, lo zio di Derek, lo morse. È stato Peter a uccidere tutta quella gente, non Kate. Lui cercava vendetta. La zia di Allison aveva bruciato viva tutta la famiglia di Derek e Peter voleva giustizia." A proposito, dove erano Peter, Allison e Jolene? Con una scrollata di spalle delegai il problema. "Io, Derek e Scott abbiamo cercato di fermarlo e contemporaneamente di non far ammazzare Scott e Derek dagli Argent."
"Che sono i cacciatori, giusto?" 
"Sì, giusto." Le risposi sorridendo. Non riuscivo ancora a staccare gli occhi da Derek. Il modo in cui si muoveva era ipnotico. Solo a guardarlo la parola che mi veniva in mente era...
"Sexy" La vocina odiosa della Paura. 
Che?? Sexy?! No, io volevo dire letale, minaccioso, terrificante!
Mi costrinsi a spostare lo sguardo su Lydia. Che strano: quel fremito che mi scuoteva tutte le volte che ero con lei era quasi sparito, così come il battito accelerato del cuore.
"Allison alla fine scoprì tutto e la notte del ballo, dopo che Peter ti aveva morsa, lui uccise Kate e io e Jackson lo bruciammo vivo, proprio lì" indicando un punto davanti alla casa. "Derek poi gli squartò la gola." Lydia deglutì. Probabilmente stava cercando di fare i conti con tutta quella storia. "Successivamente Derek morse Jackson, che divenne il Kanima, Isaac, Erika e Boyd. Jackson uccise molte persone, mentre nel frattempo Gerard, Chris e dopo anche Allison cercavano di ucciderci. La madre di Allison si è uccisa perchè Derek l'aveva morsa, per questo Allison si è schierata con Gerard. Nel frattempo, tu, non so in che modo, sei stata controllata da Peter e l'hai fatto rinascere. Immagino che quando ti ha morsa, data la tua immunità, una parte del suo spirito sia entrata in te e quindi lui ha continuato a vivere nella tua mente e nella tua immaginazione" feci una pausa riportando gli occhi sugli scontri in corso. "La fine la sai anche tu"
Lydia annuì. Si voltò verso Jackson, che ne stava prendendo di santa ragione da Scott, nonostante Isaac lo stesse aiutando. Era migliorato davvero, Scott.
"Cosa c'è adesso tra di voi?" le chiesi dopo qualche attimo di silenzio.
"Siamo tornati insieme"
La guardai. Nei suoi occhi, che guardavano il licantropo, c'era solo amore, dolcezza, comprensione, devozione. Ormai avevo capito: piano o non piano, per me non c'era spazio. Annuii.
"Stiles..." Disse lei con tono triste voltandosi verso di me. La interruppi bruscamente.
"No, va bene. È giusto così" sulle mie labbra si aprì un sorriso. Un sorriso sincero, contento, leggero. Lei sorrise a sua volta e mi abbracciò forte. Rimasi un attimo di sasso, poi ricambiai l'abbraccio e la strinsi a me. Le volevo bene e le avrei sempre voluto molto bene, ma ora sapevo quale era il modo giusto di farlo.
 
Pov. Jolene/
 
Il modo in cui Derek mi aveva ignorata mi aveva fatto male. Se aveva accettato mio fratello ero parte del suo branco anche io, in fondo. Sì, certo, ma lui non mi voleva. Mi arrampicai su un albero al limitare dello spiazzo davanti al rudere e mi appollaiai su un ramo. Scrutai i lupi che combattevano. Zac era bravo, ma non quanto Derek. L'Alpha voleva metterlo alla prova. Sentii un frusciare di rami sopra di me. Inspirai forte, poi mi calmai, per così dire: era il suo odore. Cercai di tenere a bada i battiti del mio cuore. Lo sentii sedersi vicino a me. Non mi voltai a guardarlo, non avevo idea di quale sarebbe stata la reazione del mio cuore. 
"Non devi prendertela per mio nipote. Lui è fatto così, ha la sfera emotiva di un mattone, ma non è cattivo." Fece una pausa. Sentivo i suoi occhi sul mio volto, mentre i miei erano fissi su Zac. "Devi dargli un po' di tempo, vedrai che capirà"
"Non ha importanza. Derek non mi conosce, non sa chi sono, qual è la mia storia, di cosa sono capace." risposi sicura.
Si lasciò scappare un risolino divertito per poi puntare gli occhi sul nipote. Cosa c'era da ridere? Io facevo ridere?
"Sei quella Jolene, vero?" Mi chiese all'improvviso.
"Scusa, non capisco"
"Sei quella bambina. Sai ci ho messo un po', ma alla fine mi sono ricordato."
Mi voltai a guardarlo senza capire, ma non mi aspettavo di trovarlo così vicino. Senza che potessi farci nulla, il mio cuore perse un battito, accelerò e poi tornò alla sua velocità standard.
Sorrise.
"Laura vi teneva d'occhio quando voleva a tutti i costi comprarsi una macchina. Ogni tanto si portava anche Derek. La andavo a prendere io quasi sempre e tutte le volte che mi vedevi tu ti attaccavi al mio collo e non mi lasciavi se non quando tua madre ti tirava giù a forza." Raccontava sorridendo, un sorriso malinconico. La perdita bruciava ancora, anche a distanza di tutti quegli anni. Ma stava parlando di me, e questa era l'unica cosa di cui riuscivo a preoccuparmi.
"Una sera Laura disse che mentre litigavate vi eravate trasformati e da quel giorno non vi vedemmo mai più."
Stava davvero parlando di me? I suoi sussurri arrivavano a malapena alle mie orecchie. Non voleva che altri sentissero.
"Io.... Io non ricordo nulla" dissi guardandolo negli occhi. Quegli occhi... 
Chinai la testa, combattendo le lacrime. Non potevo permettermi di farmi vedere debole. Io non ero debole. Una mano si posò sulla mia schiena e poi le mie spalle furono circondate da un braccio. Peter mi attirò a se, carezzandomi la spalla. Quel contatto era la cosa più naturale che potesse esserci in quel momento. Nessun imbarazzo, nessun timore, niente.
"Siamo figli di un lupo e di un'umana. Zac è un lupo a tutti gli effetti, mentre io ho solo i vantaggi dei lupi. Ho i sensi sviluppati, ho artigli e zanne, super velocità, non ho un odore particolare e non perdo il controllo le notti di luna piena. Sarebbe bellissimo, ma non dura. Quelli come me sono chiamati Upsilon, la lettera iniziale della parola greca ubridìo, ibrido. Tutti gli Upsilon devono scegliere il loro destino entro il ricorrere della Luna di Morte, una luna piena speciale che sorge ogni cento anni. Alcuni Upsilon sono tanto fortunati da vivere in un periodo che non vede il ricorrere della Luna di Morte, vivendo un'esistenza tranquilla e perfetta." Spiegai. Non sapevo perchè stavo raccontando a quel lupo sconosciuto e che mi stava abbracciando quello che non direi a nessuno, ma sentivo di potermi fidare. Era la cosa giusta da fare.
"Ma tu non hai quella fortuna" ipotizzò Peter. Scossi la testa in segno di diniego e ripresi a parlare:
"Chi non ha questa fortuna ha di fronte due scelte: farsi mordere da un Alpha e diventare così un lupo a tutti gli effetti, oppure avvelenarsi con lo Strozzalupo la notte della Luna di Morte e così diventare umani. Altrimenti la morte. Ma il rischio di morire ugualmente è alto in entrambi i casi: la nostra condizione ci indebolisce con l'avvicinarsi della Luna e piano piano perdiamo i nostri ricordi, la nostra identità."
Peter mi strinse di più a se.
"Sono sicuro che c'è una soluzione a questa storia."
Mi prese il volto tra le mani e mi fissò negli occhi, costringendomi a fare altrettanto.
"Non lascerò che ti succeda niente di male, Jolene. Io e te troveremo una soluzione a tutta questa storia, te lo prometto"
Non avevo idea del perchè, ma mi fidavo di quell'uomo. Sapevo che quello che mi stava dicendo era vero, che lui era sincero e credeva davvero in quelle parole. Una lacrima solitaria scavalcò una palpebra e scese lenta sul mio viso. Con il pollice lui la fermò e mi asciugò gli occhi. Perchè all'improvviso la voglia di baciarlo era diventata così incontrollabile, così irresistibile... così dolce? Abbassai gli occhi sulle sue labbra. Il controllo sul mio cuore era ormai andato a quel paese. Dovevo togliermi da quella situazione. Mi staccai da quelle mani e volai giù dal ramo, mettendomi a correre tra gli alberi, senza una meta, il più veloce che potevo. Passai accanto ad Allison che si stava esercitando con l'arco contro un albero. Ancora non capivo come avesse potuto fare una scelta tanto difficile in così poco tempo. Immaginai fosse l'amore. Scacciai il pensiero dell'amore, perchè quella cosa completamente senza senso, irrazionale, contraddittoria, che sentivo nei confronti di Peter non poteva essere amore. Mi bloccai in una radura nel bosco e mi sedetti appoggiando la schiena e la testa ad un masso. Chiusi gli occhi sospirando. Che diavolo stavo facendo? 
All'improvviso un rumore alle mie spalle. Mi alzai di scatto e atterrai la minaccia. Era Peter.
"Oddio, scusami! Non mi ero accorta che eri tu!" Allungai una mano verso l'uomo e lo aiutai a rialzarsi. La forza con cui tirai, però, era troppa e mi trovai con le spalle attaccate ad un tronco e lui a pochi centimetri di distanza.
Risi piano, imbarazzata e nervosa, e lasciai la sua mano.
"Ops, scusami"
Lui peró non accennò  a spostarsi nemmeno di un centimetro. Sorrise.
"Cosa ci facevi qui tutta sola?"
"Pensavo" risposi di getto. Pregai il mio cuore di smettere di battere così velocemente, ma non mi dava retta.
"A cosa?" chiese Peter inclinando la testa di lato, sempre con quel sorriso stupendo.
O merda. Una scusa. Una scusa plausibile, Jolene, ti serve subito una scusa!
"Pensavo a te" ammisi.
'Che? E tu quella la chiami 'scusa plausibile'?'
Ignorai del tutto il mio cuore che aveva preso il volo. Fissai gli occhi nei suoi. Che diavolo avevo combinato? La sua espressione si fece preoccupata.
"Perchè sei scappata prima?" cambiò discorso velocemente. 
Beh, ormai il danno era fatto, tanto valeva finire l'opera.
"Non sapevo se avrei resistito."
Si avvicinò ancora di pochi centimetri.
"Ho voglia di baciarti, Jolene."
Deglutii. Ero in preda al panico.
'E ora che faccio? Cosa diavolo faccio?'
I suoi occhi erano fissi nei miei. Avrei fatto qualunque cosa per quegli occhi. Sentivo il battito del suo cuore, veloce almeno quanto il mio, e lanciai una breve occhiata alle sue labbra, per poi tornare ai suoi occhi. Non mi resi nemmeno conto di averlo fatto, ma annuii quasi impercettibilmente.
Si avvicinò ancora posando le mani sulle mie spalle. Le sue labbra erano sempre più vicine, le mani scendevano lungo le braccia fino ad arrivare alle mani. I suoi movimenti erano estremamente lenti. Quando le sue mani erano sulle mie, le sue labbra erano a un paio di centimetri dalle mie. Intrecciai le dita alle sue e a quel segno di assenso lui azzerò la distanza. Le nostre labbra si sfiorarono, per poi staccarsi subito. Sospirai. Peter fece di nuovo combaciare le labbra con le mie, con un contatto leggermente più concreto. Non ce la facevo più. Strinsi le sue mani e questa volta fui io a colmare la poca distanza che ci divideva. Spinsi sulle sue labbra, staccandomi poco dopo. Le nostre labbra, sempre più bramose le une delle altre, si riavvicinarono, questa volta più decise. Mi staccai ancora. Alzò una mano e la portò al mio viso. Mi strinse contro l'albero e premette ancora la bocca sulla mia. Mossi le labbra contro le sue, desiderosa di quel contatto, bisognosa di lui. I nostri corpi combaciavano alla perfezione, mentre anche lui premeva e muoveva le labbra sulle mie. Con la lingua mi disegnò il contorno delle labbra. Sospirai sulla sua bocca e lui introdusse la lingua nello spiraglio che gli avevo lasciato, alla ricerca della mia. Non lo feci attendere: feci subito intrecciare la mia lingua alla sua, mentre, prima timidamente poi sempre più sicuri, esploravamo l'uno la bocca dell'altra. Era un contatto giusto, ma sbagliato, bellissimo, ma tremendo, piacevole, ma  doloroso. L'unica cosa di cui ero sicura era che in quel momento, per un arcano motivo a me sconosciuto, avevo bisogno di lui.


Note dell'autrice:
Ciao! Rieccomi con un nuovo capitolo! Di nuovo grazie a chi mi recensisce e a che ha inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite e grazie anche a chi invece legge e basta!
Su questo nuovo capitolo, che dire, spero che vi piaccia! E' un capitolo incentrato tutto sui sentimenti di Stiles e Jolene, che inaspettatamente si sta rivelando un personaggio protagonista e che io adoro! Spero davvero che mi lascerete qualche recensione!
Ciao e alla prssima!
Lulu

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Luce ***


Pov. Peter/

Strinsi la presa sulla sua mano e avvicinai di più il viso al suo. Quel sapore dolcissimo mi invadeva la bocca, mi inebriava, il suo cuore batteva velocissimo vicino al mio e intrecciandosi con questo formava un ritmo perfetto. Cos'era quella sensazione di bisogno che quel contatto sapeva darmi? Non lo sapevo, ma sapevo che sarebbe stato insopportabile separarmene adesso. Jolene staccò la mano dalla mia e insieme all'altra la fece scorrere lentamente lungo il mio addome, sul petto fino alle spalle, per unirla all'altra dietro il mio collo. Mi strinse di più a lei, mentre mi mordeva piano il labbro inferiore. Portai le mani ai suoi fianchi. Cosa mi succedeva? Ne volevo ancora. Volevo ancora quelle labbra sulle mie. Strinsi le mani sul suo corpo. Mi sospirò sulle labbra premendo poi su di esse con più forza. Le mie mani, lentamente, si spostavano su e giù sui suoi fianchi, esplorandone ogni centimetro, cercando di saziare la mia fame, che però non faceva che aumentare. Non riuscivo a pensare e le sue mani attaccate ai miei capelli che mi tiravano verso di lei non aiutavano affatto a migliorare la situazione.  Le mie mani scesero ancora, osando, forse troppo. Quando delicatamente le strinsi sulla sua carne morbida e calda e lei, per tutta risposta, iniziò a baciarmi con più foga, capii cosa stavo facendo. Stavo davvero toccando una ragazzina? Quell'esserino tremante che tenevo tra le mani mi stava davvero stringendo come se non desiderasse altro?
Cosa diavolo stavo facendo? Jolene era una ragazzina, non potevo comportarmi come uno stupido adolescente in preda agli ormoni. Non potevo farle questo. Con un grande sforzo mi staccai dalle sue labbra e dal suo corpo. Ero senza fiato, come lei. Nei suoi occhi uno sguardo deluso, ma ancora con quell'accento di desiderio e follia che immaginavo avrebbe visto riflesso nei miei.
"Perdonami" sussurrai mentre le voltavo le spalle e facevo per andarmene. Di corsa. Via. Veloce.
"No! Resta!" Mi afferrò per un braccio costringendomi a voltarmi. Mi fissò negli occhi.
"Per favore" mi implorò.
Sospirai e abbassai le spalle, rassegnato: avrei detto di sì a qualsiasi cosa, se me lo avesse chiesto.
Era... No, non poteva essere.
Mi prese per mano e mi riportò al masso al quale prima si era appoggiata. Si sedette, tirandomi a sedere accanto a lei. Mi abbassai a terra senza dire una parola. Lei era seduta con le gambe tirate al petto, cinte dalle braccia, la testa appoggiata di lato sulle ginocchia. Mi guardava. I miei occhi, invece, erano fissi sull'erba davanti a me. Non riuscivo a capire. Avevo una voglia quasi incontrollabile di prenderle la mano, di abbracciarla, di baciarla. Provavo una sensazione nuova, ma familiare. Era come con... No, non era come con lei. Avevo giurato che non l'avrei tradita mai, per nessuna ragione. Eppure sentivo che non la stavo tradendo. L'avrei fatto se al posto di Jolene ci fosse stata una qualsiasi altra donna. Forse non la stavo tradendo. Forse potevo permettere a quella cosa che mi cresceva dentro il petto di rivelarsi per quello che era, senza timore, senza remore. Tutto con quella ragazza era venuto così naturale, così spontaneo! Ma era una ragazzina, era solo all'ultimo anno del liceo, mentre io... Io ero un uomo adulto, morto e risorto letteralmente parlando. Era sbagliato anche solo pensare che io e lei potessimo... avere un'opportunità, stare insieme, amarci.
"Sono stata così pessima?" Mi chiese lei all'improvviso, sottraendomi ai miei pensieri. Mi voltai a guardarla senza capire. Sulle sue labbra si era fatto strada un sorriso, ma nella sua voce sentivo una sfumatura diversa, una sfumatura di dubbio e amarezza.
"Cosa?" chiesi facendo finta di non capire a cosa si stava riferendo.
"Sono stata così pessima a... Beh... Prima?"
Sorrisi trattenendo una risata e chinando la testa sul petto per rialzarla subito dopo, puntando lo sguardo sul tronco che prima ci aveva ospitati.
"Cosa te lo fa pensare?" chiesi sempre sorridendo e spostando gli occhi su di lei. Sorrise imbarazzata, sulle guance apparve un rossore appena accennato.
"Beh... Ti sei staccato così all'improvviso, stavi andandotene così di corsa-"
"Ma sono rimasto, quando me lo hai chiesto" la interruppi.
Mi guardò per qualche secondo senza parlare, ma sorridendo, e poi riprese:
"Sì, è vero"
"C'è altro?" Chiesi come a prenderla in giro.
"No... Cioè..." sospirò "sei corrucciato, serio, non parli. Hai lo sguardo triste, deluso, quasi... Pentito" ammise. La guardai negli occhi. Il suo cuore batteva più veloce, ma era per l'intensità del momento. No, pensava davvero quelle cose.
"Tu pensi che io mi sia pentito di averti baciata?" le chiesi. Lei abbassò testa e sguardo, rattristandosi all'improvviso. Le misi due dita sotto il mento, alzandole il volto per far sì che mi guardasse.
"Baciarti è stata la migliore idea che mi sia venuta negli ultimi sei anni, Jolene."
Mi guardò fisso negli occhi. Sul suo volto leggevo l'indecisione chiara come fosse scritta a caratteri cubitali sulla sua fronte. Le presi la mano e me la posai sul petto in corrispondenza del cuore.
"Puoi credermi"
Lei guardò le sue dita sul mio petto, ascoltando il battito accelerato del mio cuore e la verità che ne derivava.
Con movimenti estremamente lenti mi avvicinai ancora a lei, sporgendomi verso il suo corpo. Alzò il viso, puntandolo verso il mio. I nostri respiri si mischiarono. Le posai una mano sul viso, accarezzandole una guancia. Tra le nostre bocche c'erano sì e no due centimetri, ma mi fermai. Volevo che fosse lei a colmare la distanza che ci divideva, se avesse voluto. La guardavo negli occhi, mentre lei osservava le mie labbra. Il mio cuore accelerò sotto il suo tocco. Perchè non si decideva?
Poi, lentamente, quasi avesse paura di rovinare quel momento, si avvicinò azzerando la distanza e poggiando le labbra sulle mie. Mi rilassai non appena  mi sfiorò. Le sue labbra erano ciò che di più dolce esisteva al mondo. Quella volta il nostro bacio fu meno passionale, ma più moderato, più dolce. Mi staccai lentamente, sorridendo. Sorrise anche lei. Mi prese una mano e se la passò sopra le spalle creando un abbraccio, raggomitolandosi accanto a me e appoggiando la testa sulla mia spalla. Le baciai la fronte.
"Così va bene" disse strusciando un po' la guancia sul tessuto della mia giacca. Risi piano. Già, così andava molto meglio.

Pov. Derek/

Non se la cavava poi tanto male, quel ragazzino. Certamente aveva ancora tanto da imparare, ma era ad un buon livello. Feci partire un gancio verso il volto di Zac, che prontamente lo schivò abbassandosi. Sorrisi, sicuro sul da farsi, ma in quel momento sentii qualcosa di cui, non so per quale motivo, sapevo esattamente la provenienza. Un cuore. Un cuore che batteva. Ma perchè stava battendo in modo regolare e non a velocità ultra come al solito in quelle situazioni? Stiles, abbracciato a Lydia, aveva il battito regolare e non velocissimo, come mi sarei aspettato. Mi voltai a guardarlo. Non saprei dire perchè ma sentii un'improvvisa sensazione di sollievo nel constatare che il cuore di Stiles non batteva più per Lydia. Mi tornarono in mente le parole di Peter di pochi giorni prima. In quel secondo in cui ero distratto, il calcio di Zac mi aveva raggiunto alla stomaco, facendomi piegare in due. Ringhiai e lo atterrai con un solo colpo.
"Bene, basta per oggi!" dissi al mio branco. Avevamo lavorato bene e a lungo, avremmo continuato un altro giorno. Mi guardai intorno: i due umani erano ancora abbracciati sugli scalini del portico, ma appena sentirono la mia voce di separarono e si alzarono in piedi. Stiles fissò gli occhi nei miei assumendo un'espressione incuriosita e perplessa. Solo in quel momento mi accorsi che a mia volta lo stavo fissando e che la sua espressione era dovuta a questo. Mi voltai subito, il cuore che rischiava di sfuggire al controllo forzato a cui lo stavo obbligando. Non andava per niente bene! Prima mi distraevo e mi facevo menare per quell'idiota, poi mi mettevo a guardarlo senza un apparente motivo. Dovevo stare male, non c'era altra spiegazione.
Lasciai vagare lo sguardo sullo spiazzo davanti a casa, ma, a parte i lupi e i due umani, non c'era nessuno. Mancavano all'appello Peter, Allison e la sorella di Zac. La cacciatrice arrivò poco dopo, ma degli altri non vi era traccia.
'Arriveranno' pensai, senza preoccuparmi più di tanto. Era un altro il pensiero che mi assillava: perchè diavolo quell'idiota di Stiles non aveva le palpitazioni per la vicinanza di Lydia? Tutti i miei Beta si fermarono e per uno strano fenomeno si formarono involontariamente delle coppie: Scott si avvicinò a Allison, Jackson a Lydia, Isaac, stranamente, a Zac. Solo io e quell'umano petulante restammo spaiati. Anche Stiles sembrava essersi accorto della situazione e aveva alzato gli occhi su di me. Lo fissai meno di un istante. Dovevo uscire da quella situazione.
"Vado a vedere dove si è cacciato Peter" dissi piano e iniziai a correre verso il bosco.
Cosa mi stava succedendo? Stavo iniziando a pensare troppo e troppo spesso a quel ragazzino, senza riuscire a dare un senso logico ai miei pensieri. Ripeto: non andava affatto bene. Non potevo permettermi di ricaderci di nuovo, non ci stavo ricadendo, non con... Quello! No, ora dovevo solo trovare mio zio e Jolene, fare una doccia fredda -no, che dico fredda, ghiacciata!- e smettere di pensare a Stiles. Ecco, questo era quello che dovevo fare, non era difficile. Una parte della mia testa mi diceva che in realtà lo sarebbe stato, ma decisi di ignorarla.
L'odore di Peter era mischiato a quello della ragazza e le tracce portavano ad un fiumiciattolo che scorreva non esageratamente lontano da casa. Li trovai lì, Peter stravaccato a terra con la schiena appoggiata ad un tronco vicino alla riva, a torso nudo mentre prendeva il sole e sorrideva all'indirizzo della ragazza, che invece era con i piedi nell'acqua seduta sulla riva accanto a mio zio con un braccio appoggiato ad una gamba dell'uomo e la testa sul suo petto.
Non saprei dire se fu più forte la sorpresa o l'invidia. Penso più o meno si equivalessero. Un'immagine di me e Stiles nella stessa posizione si sovrappose a quella di mio zio e Jolene.
Non andava affatto bene, andava più che malissimo!
Mi schiarii la gola mentre cacciavo quell'immagine dalla mia mente, senza però riuscirci completamente.
Peter si voltò a guardarmi, così come la ragazza.
"Nipote! Avete finito gli allenamenti? Come è andata?"
"Bene" risposi semplicemente senza riuscire ad emettere altre parole, un po' per la sorpresa, un po' per la spontaneità di quella situazione, da parte loro s'intende, nonostante il lieve imbarazzo della ragazza, un po' perchè non riuscivo a smettere di desiderare di poter essere io in quella situazione e di provare invidia per Peter, che nonostante tutto riusciva ad amare ancora. Sempre che si trattasse d'amore, ma conoscendo mio zio, che non era tipo da fare certe cose, era probabile che lo fosse, o che avrebbe potuto esserlo.
"Ci vediamo a casa" dissi e cominciai a correre nel bosco senza aspettare una risposta. L'immagine di me e Stiles non mi abbandonava.
Che odio!
Quel ragazzino mi stava rovinando la vita. Non faceva che provocarmi, mettere in dubbio la mia forza, fisica, psicologica ed emotiva, portarmi al limite del controllo e della pazienza. Ma mi dava anche pace quando ero all'inferno ed era una luce quando camminavo nel buio.

Angolo dell'autrice
Eccomi di nuovo! Chiedo scusa per il ritardo colossale ma ero preda di una mancanza di ispirazione pressoché totale XD Beh che dire, questo è il capitolo, spero vi piaccia, anche se non sono molto convinta di quello che ne è venuto fuori.
Grazie per l'attenzione e alla prossima!a

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Riscoprirsi ***


Note dell'autrice:
Rieccomi!  Capitolo nuovo nuovo, fresco di stamani! Che dire... in realtà dovevano essere due, ma mi piaceva di più l'idea di pubblicarli insieme. Mentre scrivevo stavo ascoltando "If my heart shuold somehow stop" di James Vincent McMorrow (http://www.youtube.com/watch?v=uQH-L8EnN6w), che riflette i pensieri di Derek verso Stiles in questo capitolo. Spero che vi piaccia e recensite!!!

2 settembre 2010

Forse ho trovato una risposta. La cosa divertente è che era sempre stata lì, davanti ai miei occhi. Sono stato io a non permettermi di vederla. Mi sono reso cieco con le mie stesse mani, ho chiuso le stesse porte che desideravo aprire, ma che continuavo a sbarrarmi davanti da solo. Ho amato la mia nuova vita nel soprannaturale fin dal primo momento, fin da quando prendevo in giro Scott dicendogli che era un licantropo (Mai scherzo risultò essere più vero di quello!), ho voluto farne parte fino in fondo, non curandomi del fatto che fosse pericoloso, soprattutto per un umano come me. Ma io stesso mi ero impedito di entrarci con tutte le scarpe, rifugiandomi sempre nell'illusione di una vita semi-normale con piccole cose: la scuola, le lavate di capo di mio padre, la stragrande cotta per Lydia. Tutt'un'illusione.

Dal diario di
Stiles Stilinski


Capitolo VIII
Riscoprirsi

Non ne sapevo il motivo, ma quella notte il mio sonno era più leggero del solito, cosa strana, effettivamente, perchè chiamare 'sonno' il dormiveglia che caratterizzava ogni mia notte da oltre cinque mesi era un eufemismo. Ma per qualche strano motivo quella notte era peggio del solito.
Avevo ignorato il rumore proveniente dalla finestra: sicuramente era un animale, un uccello o forse un gatto. Dopo un po', però, la mia coscienza mi suggerì di aprire gli occhi e controllare comunque.
"Oh mio Dio, tu cosa diavolo ci fai qua?"
Derek Hale era in piedi in un angolo della mia stanza vicino alla finestra e mi guardava. Certo non era la prima volta che succedeva, ma al momento non c'era alcun motivo apparente perchè lui fosse qui. L'ultima volta era stata circa quattro mesi prima, quando eravamo dovuti andare a cercare i documenti di Zac e Jolene. Avevo anche preso i suoi, che avevo riposto, dopo averli letti, in un cassetto della mia scrivania. Ed erano ancora là. Lanciai uno sguardo al suddetto cassetto e riportai gli occhi su un imbarazzato Derek. Accesi la lampada sul mio comodino. Il lupo mi fissò per un attimo e poi si avviò veloce alla finestra.
"No no no, fermo. Mi devi una risposta, che ci fai qui?" Mentre parlavo mi ero alzato, fermando il lupo prima che potesse andarsene.
Nel mio petto il mio cuore batteva a mille e cercai subito i suoi occhi. Persi un battito, ma subito ne recuperai altri cento.
"Io... Non lo so..." Rispose piano Derek "cioè, voglio dire, so perche sono qui, ma non ne sono sicuro"
Mentre parlava mi guardava negli occhi, ma appena finito li riabbassò al pavimento. Da quando Derek si comportava in quel modo? E perchè non mi aveva ancora staccato la mano a morsi? Qualcosa non andava, decisamente.
"Che vuol dire questo?" chiesi esasperato. Avevo bisogno di una risposta, e ne avevo bisogno subito. Avevo trilioni di domande da fare al lupo, centinaia di cose da dirgli.
Mi sedetti a gambe incrociate sul letto, facendo segno al lupo di fare altrettanto. E così fu: Derek si sedette sul bordo del letto, voltato verso di me.
"Ok, vuoi che inizi a parlare io? Perchè avrei qualche cosa da dirti." Iniziai a parlare a vanvera "Ad esempio potrei esporti le mille ipotesi che mi sono fatto sul perchè tu sia qui adesso, e ancora non mi hai né buttato a calci giù dal letto né mi hai ancora dato dell'idiota o provato ad uccidermi -"
"Vuoi chiudere quella maledettissima bocca dannato idiota?"
Ecco, ora sì che ci siamo
Mi zittii all'istante e lo guardai in attesa di spiegazioni.
"Io..." Fece una pausa e mi guardò il petto. Il mio cuore stava facendo circa la velocità della luce. Feci un gesto con la mano, avvampando un po' per l'imbarazzo, e intimandogli di continuare. Per tutta risposta si limitò a guardarmi negli occhi. Era uno sguardo che non avevo mai visto su di lui. Lo rendeva semplicemente bellissimo, ma allo stesso tempo dannatamente inquietante. Nei suoi occhi verdi, nei suoi bellissimi occhi verdi, c'era la disperazione di un uomo che ha perso tutto, il dolore di chi sta perdendo anche sé stesso, la delusione di chi non si sente all'altezza, il coraggio e la forza di un uomo che sta lottando, una richiesta di aiuto urlata al mondo, un cuore che lottava per sciogliere delle spesse catene gelate, un amore che cercava di accendere un fuoco in una landa desolata sferzata da un vento gelido, la paura di chi per quell'amore ha perduto tutto ciò in cui credeva e non riesce più a fidarsi nemmeno di sé. stesso.
Quello sguardo mi paralizzò, mi congelò, mi spaventò, ma mi fece battere il cuore come mai era successo prima, mi riempì gli occhi di bellezza e amore, quello stesso amore che vedevo nei suoi.
E allora capii.
Tutto parve trovare il suo posto, tornare a quell'ordine, che nel caos più totale che era la mia vita, aveva senso. Scoprii che il mondo iniziava e finiva in quegli occhi, che per la prima volta avevo guardato davvero.
"È così, allora" dissi piano, scioccato da ciò di cui mi ero reso conto. Lui annuì. Abbassai gli occhi sulle sue labbra. Un desiderio che avevo chiuso a chiave in un angolo del mio cuore e nascosto anche a me stesso mi si riversò nel petto come un fiume in piena che spacca una diga e rompe gli argini improvvisamente, senza lasciare scampo a chi si trova nei paraggi. Senza quasi accorgermene mi sporsi in avanti, verso di lui. Tenevo gli occhi sbarrati per la paura di aver capito male e che tutto quello che avrei ottenuto sarebbe stato solo altro dolore, fisico e psicologico. Mi mossi con estrema lentezza, non volevo guardare.
Ad un certo punto sentii il suo respiro sulla pelle e capii che ero ormai vicino, vicinissimo, alla bocca del lupo. Mi fermai un istante sentendo l'indecisione di Derek. Cosa dovevo fare? Andare avanti? Nascondermi sotto le coperte e sperare che non mi uccidesse? In un moto di coraggio, optai per la prima opzione.
In un movimento poco più veloce del primo azzerai la distanza e sfiorai appena le labbra del lupo.
Trattenevo il respiro.
Sentivo il suo sapore a portata di mano, ma se volevo avere una minima possibilità di non rimetterci la pelle dovevo andare con calma.
Derek risfiorò a sua volta le mia labbra. Spinsi un po' di più, creando un contatto più concreto.
Derek si staccò da me.
'Ecco, ora mi ammazza' pensai rassegnato senza aprire gli occhi.
Invece il lupo si riavvicinò a me, unendo ancora le nostre labbra. Sospirai su di lui è spinsi ancora muovendo le labbra sulle sue. Sentivo che era rigido, sentivo che stava lottando contro i fantasmi del suo passato, contro Kate.
Mi separai da lui e lo abbracciai, forte.
"Lei non c'è, Derek, è morta." Lo sentii irrigidirsi tra le mie braccia. "Non è stata colpa tua, tu non c'entri." Derek affondò il viso nella mia spalla, stringendomi la schiena con le braccia. Un liquido caldo mi bagnò la maglietta. Derek stava... Piangendo?
"Andrà tutto bene, sh, andrà tutto bene"
"St...Stiles" mormorò stringendomi di più.
"Sono qui"
Si staccò dalla mia spalla e mi guardò negli occhi. Mi portò una mano al viso e mi passò il pollice sullo zigomo, asciugandomi una lacrima. Non mi ero accorto che stavo piangendo.
Abbozzai un sorriso.
"Andrà tutto bene" forse lo dicevo più a me che a lui, ma in quel momento era quello che entrambi volevamo sentirci dire. Riavvicinò il suo viso al mio e poggiò le labbra sulle mie. Il suo odore  mi invase le narici. Le nostre labbra parevano essere fatte per rimanere attaccate, combaciavano alla perfezione e sembravano sapere esattamente le une i movimenti delle altre. Le labbra di Derek erano morbide, calde, le sue braccia e il suo corpo accoglienti, protettivi. Sui nostri visi attaccati si mischiavano le lacrime liberatorie dell'uno e dell'altro: avevamo sofferto dolori simili e adesso avevamo trovato qualcuno che era pronto a comprenderli e a caricare sulle proprie spalle anche il peso dell'altro. Allungai le mani tra i suoi capelli e lo strinsi a me ancora di più. La sua lingua chiese il permesso di entrare nella mia bocca, ma la trovò già aperta e ben disposta ad accoglierla. Il suo sapore mi invase la bocca. Derek sapeva di fresco, di vento, di muschio e di bosco. Il lupo iniziò ad avanzare verso e sopra di me, costringendomi a stendermi sul letto; lui, puntellato sui gomiti, sopra di me. Ci esplorammo a vicenda, le nostre mani correvano sui nostri corpi, scoprendo ogni centimetro l'uno del petto dell'altro. Derek trovò i lembi della mia maglia e piano ci fece scorrere sotto le dita. I suoi polpastrelli erano freddi sulla mia pelle rovente -e non solo per il calore del letto- ma questo contribuì solo a darmi brividi di piacere ancora maggiori.
Non sapevo come avrei fatto a fermarmi, non volevo fermarmi. Volevo Derek fino a scoppiare, volevo il suo corpo sul mio fino a quando entrambi non avremmo ceduto. L'urgenza di respirare, però, si faceva sentire, ma sembrò che Derek lo avesse capito. Infatti si staccò da me e mentre io riprendevo fiato, lui mi sfiorava con le labbra il collo, la mascella, mi mordicchiava il lobo e poi di nuovo di nuovo giù, fino all'incavo tra il collo e la spalla. Sarei potuto rimanere in quella posizione per sempre.


Le lacrime ancora bagnavano il viso del lupo e il mio quando, non saprei dire quanto tempo dopo, Derek si sdraiò accanto a me e io poggiai la testa sulla sua spalla.
"Quante volte sei venuto qui?" gli chiesi. Le domande che erano sparite al momento del contatto con lui riaffiorarono urgenti.
Una risatina. Quando mai Derek rideva?
"Vuoi saperlo davvero?"
Annuii senza staccarmi dal suo petto.
"Circa tutte le notti da più o meno cinque mesi"
Che? E io non me ne ero mai accorto? Diavolo forse non era poi così leggero il mio dormiveglia!
"E che facevi?" chiesi poi.
"Io... Ti guardavo dormire. Ho passato tutte le notti qua, nell'angolo dove mi hai visto, a guardarti dormire"
Non avrei saputo dire come mai, o forse sì, ma la paura di ammetterlo e di accettarlo era ancora troppo grande, ma il fatto di sapere che Derek aveva passato le ultime seicento notti circa in camera mia a fissarmi era rassicurante e stranamente piacevole.
"E perchè?"
Un sospiro. Aprire il suo cuore a qualcuno doveva costargli molto.
"Guardare il tuo viso, starti vicino... Mi dava pace, tranquillità. La notte i fantasmi sono più vivi rispetto al giorno, la guerra infuria nella mia testa e nel mio cuore, tu rimetti tutto al suo posto."
"I..io?" dissi sbalordito alzando gli occhi e il viso verso di lui, puntando il mento sul suo petto.
"Non chiedermi perchè, o come sia possibile, perchè non lo so. So solo che è così." Una pausa durante la quale non osai aprire bocca per paura che non continuasse. Perchè qualcosa mi diceva che avrebbe continuato. "Non ho idea di cosa stia succedendo, so solo che sta succedendo, e sono completamente impotente! Non riesco più a fermare la voglia di baciarti, di abbracciarti, di starti accanto! Il mio cuore mi dice che è giusto così, che devo lasciarsi entrare e che risolverai tutto, ma la mia testa, oh, la mia testa tutt'altro! Mi ripropone immagini di fuoco e fiamme, urla, il ricordo della mia famiglia morta, sterminata, il dolore e in sottofondo la risata di Kate, il suo viso, il suo sorriso, le sue promesse e la fiducia riposta in lei infrante! Se sono morti per colpa mia e la mia testa me lo ricorda ogni santissima volta che penso di aver accettato il fatto di provare qualcosa per te!" Mentre parlava, preso dalla foga del suo discorso, di era alzato a sedere con le gambe piegate e le braccia appoggiate sulle ginocchia, la testa tra le mani, le dita arpionate ai capelli sulla nuca.
"E cosa provi per me?" chiesi forse insensibilmente, ma non riuscii a fermare la lingua prima che emettesse quelle poche parole.
Si voltò a guardarmi, nei suoi occhi l'inferno. Vi lessi quello che la sua bocca non era in grado di esprimere.
"Credo" disse solamente.
Annuii.
"Anche io" mi fissò ancora un attimo negli occhi prima di lasciar trasparire un accenno di sorriso.
"Non so come sia possibile, però"
"Come sia possibile cosa?"
"Che tu provi queste cose per uno come me. Sono un mostro. Ho ucciso la mia stessa famiglia."
Ne era davvero convinto, quel dannatissimo lupo mannaro depresso!
"Non è colpa tua! Quella era una psicopatica assassina!" Avevo preso a gesticolare, allargando le braccia. Derek non rispondeva: la sua reazione era stata un'abbassarsi del capo verso il mio letto. Gli presi il viso tra le mani e lo costrinsi a guardarmi negli occhi.
"Non è stata colpa tua"
"Lo stesso vale per te"
Lo guardai spiazzato.
"Come...?" Non avevo mai parlato di quella storia con lui, di come le immagini di mio padre che mi accusava della morte di mia madre mi assillassero la notte, di quanto male facesse.
"Noi due siamo simili, anche se tu sei stato più forte di me"
"Sono stanco di essere forte" sussurrai appena, abbassando la testa e lasciando cadere le braccia. Era la pura verità, ammessa per la prima volta anche a me stesso. Stavolta furono le sue mani a raggiungere il mio viso e a costringerlo ad alzarsi. Sentii un calore piacevole e rassicurante premere sulle mie labbra. Risposi al bacio senza paura.
Improvvisamente capii cosa intendeva Derek quando diceva che l'inferno si calmava. Il caos che aveva preso possesso di me tornò a posto al solo contatto della sua mano sul mio viso. Mi beai del suo bacio e seguii i suoi movimenti che ci riportarono a stenderci uno sull'altro, solo che adesso le posizioni erano invertite: mentre prima ero io a poggiare la testa sulla spalla di Derek, ora era il suo capo a pesare sulla mia spalla. Le sue dita si muovevano leggere sul mio petto, mandandomi in tilt ogni pensiero razionale, tranne uno.
"Quando?" Chiesi. La sua risposta fu una risata, leggera e fresca sul mio petto.
"Ricordi il giorno in cui abbiamo scoperto il segno dell'alpha?" Annuii "Quel giorno avevo visto Peter e Jolene insieme e alla loro immagine si era sovrapposta una di noi due. L'avevo respinta, ma senza riuscirci davvero e mi aveva ossessionato tutto il pomeriggio. In quel momento ho cominciato a capire, ma ho realizzato quanto grande fosse quel sentimento solo quella notte, quando sono venuto per mettere pace al mio inferno. Non so cosa sia successo, cosa sia scattato, ma in quel momento ho capito che non lo potevo più ignorare. Ho cercato di respingerlo, di ricacciarlo indietro. Ho provato a non venire più qui, ma ogni notte, quando il fuoco imperversava nella mia testa e stavolta, oltre a Kate, c'eri anche tu che cercavo di farti spazio e chiedevo, no pretendevi, la mia attenzione e l'unica soluzione per farlo tacere era ironicamente il tuo viso, il tuo odore, il battito del tuo cuore, la tua vicinanza."
Ero letteralmente senza parole. Quello che aveva detto Derek era... era... Ero senza parole! Non credevo che in quel lupo musone si nascondesse un lato tanto dolce, capace di provare simili emozioni, credevo fosse morto in quell'incendio e che fosse stato sepolto con Laura. Nella sua voce, però, c'era incertezza, c'erano il dubbio e la lotta.
"Non succederà ancora, te lo prometto"
Derek si voltò verso di me. Poteva sentire, letteralmente parlando, la mia determinazione e la mia sincerità. Si allungò verso di me e mi baciò di nuovo. Non mi sarei mai abituato a quelle labbra, così calde, morbide, buone. Sapevano di casa, sapevano di protezione, sapevano di sicurezza, sapevano di amore. Erano mie.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Inizio ***


Note dell'autrice:

POTREBBE SFOCIARE NEL ROSSO!

Eccomi! In questi giorni sto sfornando capitoli ad una velocità impressionante, speriamo non mi passi l'ispirazione!
Allora, che dire.... in questo capitolo ho voluto, oltre dare un breve riassunto di quello sucesso prima della notte in cui Derek si confessa a Stiles, concedere spazio alla coppia Peter/Jolene, che io adoro! Mimmimamins ( non ho idea di come taggarti o se è possibile farlo), questo capitolo è venuto un po' prima del previsto proprio per la tua richiesta, ache se non vedevo l'ora di scriverlo e pubblicarlo, quindi... grazie! Come già detto potrebbe sfociare nel rating rosso, non sono sicura, ma meglio specificare XD
Spero che via piaccia e che mi lasciate qualche recensioncina, che è sempre gradita XD
Detto questo ringrazio tutti quello che recensiscono, aggiungono la storia tra le seguite, preferite o ricordate o chi semplicemente legge in silenzio, Grazie!!


Pov Peter/
 
Erano passati quattro mesi da quando avevamo scoperto il segno degli Alpha e ancora non era successo niente. Cosa piuttosto strana, in effetti: la vita a Beacon era trascorsa tranquilla, senza strane creature soprannaturali a rovinarne la quiete. Certo, a parte noi.
In quanto a noi le cose andavano piuttosto bene, Scott e Allison potevano finalmente stare insieme senza problemi: Chris aveva accettato la cosa e aveva abbandonato i fucili, per ora. Non parliamo di Jackson e Lydia, tra loro le cose andavano a gonfie vele, Isaac aveva stretto una forte amicizia con Zac, passavano il loro tempo libero insieme nei boschi a scherzare o più semplicemente a correre. Zac e Jolene si erano integrati alla perfezione, tutti sembravano voler loro bene. Io e Jolene avevamo raccontato a mio nipote la loro storia, l'aiuto di cui la ragazza necessitava e da quel giorno anche Derek parve avere simpatia, sempre di più, per lei. La notte della Luna di Morte la aveva morsa. L'urlo che aveva lanciato mi risuona ancora nelle orecchie. Avevamo rischiato di perderla, io avevo rischiato di perderla, e in quel momento mi ero accorto di quanto tenessi a lei, di quanto fosse importante per me. Ma aveva superato la notte ed era una lupa a tutti gli effetti. Derek le si era affezionato, tanto che era diventata una specie di sorella per lui. Nessuno avrebbe potuto rimpiazzare Laura, ma lei ricordava mia nipote, in qualche modo. Non saprei dire per quale motivo, forse per la grande forza di spirito, la determinazione. Fatto sta che, anche se a modo suo, Derek le voleva bene.
Erano anche tornati Erika e Boyd, anche se i loro rapporti con il resto del branco non erano esattamente dei migliori. Da parte mia mi comportavo come se non esistessero la maggior parte delle volte.  Non mi piaceva chi si ritirava davanti alla prima difficoltà. Da parte loro stavano insieme tutto il giorno, la loro relazione era ormai a conoscenza di tutto il branco. E per la prima volta sì, potevamo davvero dire di essere un branco a tutti gli effetti, una grande famiglia. Avevamo imparato ad amare uno i difetti dell'altro: Jackson era il solito sbruffone altezzoso, Scott, che era riuscito a non farsi bocciare con un grande sforzo fisico e psicologico dell'intero branco, era rimasto un grandissimo tonto e Derek il solito musone depresso e aggressivo, ma ci andava bene così. In quegli ultimi mesi, effettivamente, mio nipote sembrava essersi accanito ancora di più contro il povero Stilinski, che altro non faceva che lasciarlo perdere o andare via con le spalle curve e gli occhi bassi. Era incredibile che non se ne fossero accorti: ai miei occhi era evidente l'attrazione e l'affetto che aleggiava tra i due, ma entrambi continuavano imperterriti a voler tenere chiusi gli occhi e il cuore. Era sempre stato il problema di mio nipote: non dava alcuna importanza all'amore.
Amore.
Questa parola aveva condizionato la mia vita da quando l'avevo baciata quella prima volta nel bosco. Tra noi era tutto perfetto, spontaneo, naturale, giusto.
Seduto sul divano con le sue gambe appoggiate sulle mie, la sua testa posata sulla mia spalla e il suo corpo raggomitolato sul mio non potevo desiderare altro. La guardai leggere, osservando ogni particolare del suo viso stupendo. Gli occhi scorrevano veloci concentrati sulle parole, le labbra perfette. Alzò la testa dal libro e mi guardò con un sorriso. Mi tolse il fiato.
"Cosa c'è?" Mi chiese inclinando il capo da una parte.
"Niente" risposi a mia volta sorridendo e spostandole una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
Rise piano.
"Sei bellissima" le dissi in un sussurro giocando ancora con i suoi capelli. Sorrise ancora di più e abbassò lo sguardo imbarazzata, le guance si erano tinte leggermente di rosso. Mi faceva impazzire!
"Grazie" disse con voce tanto sottile che perfino io faticai a sentirla mentre rialzava lo sguardo verso di me. Mi sporsi in avanti, prendendole il viso con una mano. La baciai dolcemente. Non avrei mai avuto abbastanza di quelle labbra. Rispose al bacio portando anche la sua mano ai miei capelli. Mi strinse di più a sé. Con la mano libera percorsi tutta la lunghezza del suo corpo, dalla spalla al fianco fino alla coscia, dove la fermai. Sospirò sulla mia bocca. Seguii i suoi movimenti, che mi tirarono sopra di lei, che indietreggiando si era sdraiata sul divano. Il nostro bacio si fece piano piano più umido, più lussurioso, più carico di necessità. Le sue mani iniziarono a muoversi sulla mia schiena, su e giù, in un movimento che mi mandava la testa e la ragione in fumo. Arrivò al lembo della mia maglia e lo tirò piano su, lasciando scoperta la pelle della schiena. Vi fece scorrere le dita. Questa volta fui io a sospirare su di lei. Feci risalire la mano che era rimasta sulla sua coscia fino al suo fianco, per farla poi infiltrare sotto la sua maglietta. I pensieri irrazionali della mia mente stavano convergendo in un'unica direzione. Feci scorrere la mano sulla pelle liscia della sua schiena, lentamente, sfiorandola appena, fino ad arrivare all'allacciatura del reggiseno. Con un gemito leggero lei annodò una gamba sulla mia schiena facendo aderire maggiormente i nostri corpi. Con le dita ripercorsi la sua schiena mentre rallentavo il ritmo del nostro bacio. Quello che mi aveva dato era il segno del limite, non potevo più andare avanti, dovevo fermarmi lì. Appoggiai il palmo della mano sul suo petto, proprio sotto il collo, e con le dita le accarezzai piano la gola.
"Perchè ti sei fermato? Non c'è nessuno" disse riprendendo subito possesso delle mie labbra. Dovevo calmarmi. Dovevo assolutamente calmarmi, o avrei perso il controllo. Mi staccai da lei malvolentieri e lentamente tornai seduto, una sua gamba abbandonata sulle mie e una dietro la mia schiena.
"Lo sai perchè"
Sbuffò
"Ancora la questione dell'età?" chiese incredula e spazientita. Si alzò di scatto, sedendosi a cavalcioni sulle mie gambe. Mi prese il volto tra le mani tirandolo vicinissimo al suo, le nostre fronti si toccavano, e guardandomi dritto negli occhi.
"Peter non sono una bambina, sono grande e vaccinata: so quello che faccio e so quello che voglio." Una pausa ad effetto. "Questo non ti basta?" Risi piano. Jolene era brava quanto me nell'arte della parola, riusciva ad incantare chiunque parlasse con lei. La guardai negli occhi e vi vidi la ragione del perchè la amavo: forza, determinazione, coraggio. Non resistetti e mi avvicinai a lei posandole un bacio sulle labbra, leggero, appena accennato. Quando capì che quella era la mia risposta alzò gli occhi al cielo e si staccò da me.
"Santo cielo, Peter!" Mi spinse contro lo schienale del divano e mi mise le mani sulle spalle, spingendomi verso la stoffa. Avvicinò il volto al mio, tenendomi sempre immobile. Parlò in un sussurro che spinse il suo respiro fresco sulla mia pelle:
"Non puoi solamente fidarti di me?"
La guardai fissa negli occhi. Certo che mi fidavo di lei, incondizionatamente. Lesse la risposta nei miei occhi e ci unì in un bacio. Dapprima fu lento, dolce, poi, quando vide che non avrei opposto resistenza, premette di più le labbra sulle mie, muovendole più velocemente. La sua lingua si insinuò nella mia bocca e raggiunse subito la mia. Si intrecciarono senza paura, assaporandosi l'un l'altra. Trasportata dal nostro bacio, Jolene iniziò a muovere lentamente anche il suo corpo, stimolando il mio ad assecondarla. Fece scorrere le mani sul mio petto fino a raggiungere le mie. Le prese e se le portò dietro la schiena, facendo in modo che io la abbracciassi. Le spostò in modo che le mie dita fossero appena più in basso della cintura dei suoi jeans. Quando vide che non opponevo resistenza e che non avrei spostato le mani, fece scorrere le sue sul mio corpo fino ad arrivare ai miei capelli. Stavo letteralmente impazzendo. Si staccò un secondo dalle mie labbra, il respiro di entrambi un po' affannato, ma subito ricatturai le sue con le mie. Mi baciò con più foga, trovando riscontro nei miei movimenti. Tirò la mia testa indietro, in modo che la mia nuca appoggiasse sulla stoffa del divano e si fece sopra di me. Le mie mani trovarono coraggio, spinte dai suoi baci, dai suoi sospiri, dai suoi movimenti. Scesero più in basso ad esplorare il suo corpo, desiderose di quel contatto, bramose della sua carne morbida. Gustai quel contatto fino in fondo, accompagnato dal sorriso che si era aperto sulle labbra di Jolene, seguito poi dal mio. Si alzò dalle mie gambe appoggiandosi alle ginocchia per facilitare il mio movimento. Se il mio corpo stava andando a fuoco, la mia mente era all'inferno. Una parte di me era felice di quel contatto, lo desiderava da tanto, bramava il suo calore, l'altra parte di me mi diceva che Jolene era solo una bambina, che io non potevo prenderla. Ma era stata lei a creare quella situazione, era stata lei a fare in modo che io la toccassi, che la prendessi.
"Non provarci nemmeno" sussurrò lei sulle mie labbra prima di riprendere il possesso e, abbandonata la presa sui mie capelli, aveva portato le mani sulle mie per impedire loro di spostarsi. Sorrisi e strinsi la presa sul suo corpo. Lei voleva che io la toccassi, lo desiderava. E come aveva detto lei, non era più una bambina, sapeva quello che voleva. La baciai con più forza e sorridendo lei riportò le mani al mio viso. "Non conoscevo questo tuo lato" sussurrai tra un bacio e un altro, divertito. Rise di rimando:
"Ti dispiace?" rispose con voce maliziosa. Sospirai fingendomi dispiaciuto, per poi sorridere e rispondere alla domanda:
"Mander in fumo ogni mio buon proposito" Ancora una volta, sulle mie labbra, si liberò la sua risata.
"Meglio così" rispose per poi riattaccarsi alle mie labbra e riprendere a baciarmi con foga.
Staccai le labbra da quelle di lei e assaggiai la pelle liscia e morbida del suo collo, mentre lei spingeva il suo corpo contro il mio. Mentre con la bocca risalivo la sua gola, con una mano risalivo il suo corpo, la sua schiena, fermando la mano all'altezza del seno. Ripresi a baciarle le labbra, e lentamente spostai la mano fino a sfiorarle appena un seno con il pollice. Ingoiai un po' di saliva, aspettando la reazione a quel movimento. Nessun segno di rifiuto. Spostai ancora la mano, lentamente, fino a che anche l'indice si trovò a contatto con il seno. Di nuovo nessun rifiuto. Cominciai a muovere il pollice, lentamente, avanti e indietro. Piano piano andai avanti spostando la mano, fino a che tutte le dita sfiorarono il seno, piano, solo con il polpastrello. Con il pollice trovai il capezzolo sotto la maglia e il reggiseno. Lo sfiorai più volte, passandoci sopra con il dito, premendo appena. Jolene, con un leggero gemito, mi baciò con più foga, dando mi il permesso di continuare. A quel punto presi possesso del suo seno con tutta la mano e presi a massaggiarlo, prima lentamente, con timidezza, poi sempre più velocemente e con più sicurezza. Jolene si strinse di più a me, questa volta gemendo più forte. Fece scorrere le mani fino alla cintura dei miei jeans e prese i lembi della mia maglietta. Si staccò da me il tempo necessario per sfilarmela, per poi riprendere il contatto. Mentre io presi possesso di entrambi i suoi seni, lei passò le mani su tutto il mio busto, sul petto sugli addominali, esplorando ogni centimetro della mia pelle. Stavo letteralmente impazzendo, ma ora avevo la sicurezza che anche lei mi voleva come io volevo lei, e la libertà di agire privo di sensi di colpa.
Jolene si staccò dalle mie labbra e assaggiò la pelle del mio collo, il mio lobo, per scendere poi anche sui pettorali. Al contempo le mie mani avevano lasciato il suo petto per infiltrarsi sotto la sua maglietta, sulla schiena, ripercorrendo la strada fino al laccetto del reggiseno. Lei sembrò irrigidirsi leggermente, ma si rilassò subitò quando sentì che stavo armeggiando con il ferretto per slacciarlo. Quando ce la feci lei tornò alle mie labbra e mi facilitò i movimenti mentre lo facevo scorrere fuori dalla sua maglietta.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** (In)Sicurezze ***


Pov Jolene/

Stavo impazzendo. Il mio corpo era in fiamme, la mia mente priva di ragione, i pensieri senza un filo razionale, non esisteva niente che non fosse Peter, il suo corpo sotto le mie mani, le sue mani sul mio corpo. Quelle mani! Quanto le avevo aspettate? Da quella prima volta nel bosco le avevo sognate tante, troppe notti. E ora eccole. Calde, ruvide, delicate, tremendamente affamate. E le sue labbra! In quel momento avevano una forza nuova, una nuova bramosia che le spronava a volere ancora di più il contatto con le mie. Le sentivo come fuochi sulla mia pelle, incandescenti mi facevano tremare di piacere. Lo aiutai a sfilarmi il reggiseno dalla maglietta. Le mie mani tornarono a esplorare il suo corpo perfetto, mentre le sue scesero sui miei fianchi e mi strinsero a lui. La sua pelle aveva un profumo inebriante, mi mandava fuori di testa più di quanto già non fossi. Con le dita seguii la linea del suo petto, e poi giù seguendo gli addominali scolpiti. Per essere uno tornato dalla morte non era messo poi tanto male. Lasciai le sue labbra e posai le mie sul suo collo. Scesi fino sul petto, sull'addome, posando sulla sua pelle leggeri baci e sfiorandola con la punta della lingua ogni tanto. Arrivai fino ai jeans, indugiando con le dita sulla pelle sensibile e solleticandola appena. Gemette e mi spinse sul divano, stendendosi sopra di me. Lo guardai negli occhi e risi piano della luce folle che li bruciava, sicura che lo stesso bagliore fosse riflesso nei miei. Mi baciò riprendendo possesso del mio seno. Diavolo, era...dire estasiante era un eufemismo. Questa volta fu lui a scendere con le labbra sul mio collo. Senza davvero toccarmi scese con il viso lungo il corpo fino ad arrivare alla cintura dei pantaloni. Col naso spinse il lembo della maglia scoprendo la pelle. Teneva gli occhi chiusi. Lasciò dei piccoli baci sulla mia pelle, inumidificandoli con la punta della lingua, come prima anche io avevo fatto. Continuò a risalire sul mio corpo sfiorandomi con il naso e le labbra. Dio, ero in paradiso! Se davvero esisteva una vita oltre la morte, speravo fosse così, con lui.
"Stanno arrivando Derek e Stiles" disse in un sussurro sulla pelle appena sopra il mio ombelico. Portai le mani ai suoi capelli, stringendolo a me.
"Andiamo di sopra" sussurrai a fatica. Sapevo che l'idea non lo entusiasmava, avere suo nipote e Stiles in giro per casa mentre... In quel momento, non era una cosa piacevole, certo. Nonostante questo continuò imperterrito continuando a risalire il mio corpo, lentamente. Sapevamo che dovevamo fermarci, ma nessuno dei due ne aveva la benché minima voglia, o ne era in grado. Li sentivo avvicinarsi. Ma cosa ci faceva Stiles qui con Derek a quest'ora della notte? Dovevano essere le due passate.
Peter continuava a sfiorarmi la pelle con le labbra, arrivando fino sotto al seno, nudo sotto la maglia. Gli strinsi di più i capelli. In quel momento la porta si aprì e sia io che lui ci alzammo di scatto.
Merda!
La scena che si presentava era alquanto imbarazzante: il mio reggiseno giaceva a terra vicino al divano, insieme alla maglia di Peter. Alzai gli occhi verso la figura che si stagliava sulla porta. Derek era solo, Stiles... non era altro che l'odore del ragazzo che impregnava la pelle e i vestiti dell'Alpha. Il viso di Derek era sconvolto, ma non per quello che aveva visto, no, quello sembrava solo una cornice, qualcosa che in realtà non aveva visto. Ci guardò meno di un secondo durante il quale un cipiglio di dolore gli si dipinse sul volto. L'imbarazzo che provavo scomparve sostituito dalla preoccupazione.
"Derek..." Lo chiamai in un sussurro. Quello ci superò e si diresse in camera sua. Presi leggermente la mano di Peter, voltandomi un attimo a guardarlo prima di alzarmi e seguire l'Alpha.
"Derek aspetta!" Ripetei più forte.
Lo raggiunsi in camera sua e lo trovai steso sul letto con le braccia dietro la nuca e gli occhi fissi al soffitto. Mi sedetti sul bordo del materasso vicino a lui.
"Ne vuoi parlare?" chiesi solo, appoggiando una mano sul suo addome. Quel contatto mi riportò a pochi attimi prima, in salotto, sul divano, con Peter... No, Jolene concentrati, Derek.
"Io... Non lo so." Rispose solo. Capii che quella era la risposta ad un'altra domanda, posta nella sua stessa testa.
"Credo che sia così, ma la verità è che ho paura" riprese "una tremenda paura che sia io che lui soffriremo soltanto."
Rimasi in silenzio a guardare il volto contratto di Derek, gli occhi sempre fissi al soffitto.
"Mi ha detto che sarebbe andato tutto bene e io... io volevo credergli. E gli ho creduto. Per qualche ragione, nell'istante in cui mi ha abbracciato, ho creduto davvero di potercela fare. Quando mi ha baciato ne ero sicuro." Cercai di trattenere l'espressione stupita e felice che quell'informazione mi stava dando. "Sdraiati sul suo letto, abbracciati, con la sua voce, il suo odore e il suo calore pensavo davvero che avrei potuto farcela, avrei potuto amare ancora. Ma sono un mostro, un assassino." Cercavo con tutta me stessa di non pensare a Peter, solo al piano di sotto, e a quello che era successo, e da un parte stavo maledicendo Derek per averci interrotti: avevo i miei dubbi sul fatto che Peter avrebbe ceduto di nuovo.
"Ha detto che non era stata colpa mia e gli ho creduto, ma purtroppo non è vero: la colpa è solo mia. Quell'incendio..." Non gli permisi di finire la frase. Mi abbassai su di lui e lo abbracciai. Rimanemmo in quella posizione in totale silenzio per qualche minuto, poi parlai:
"Stiles ha ragione, non è colpa tua, e andrà bene. Dagli la possibilità di renderti felice ancora, dai a te la possibilità di farlo rendendo lui felice." Una pausa "Lui ha bisogno di te, ha un disperato bisogno di te e tu di lui." Mi rialzai e mi avviai alla porta. Mentre mi tiravo dietro la maniglia mi fermai e mi voltai a guardarlo.
"Credo anche lui, in ogni caso" dissi sicura che avrebbe capito. Ed era vero, credevo veramente che Stiles amasse Derek quanto Derek amava Stiles. Ferma fuori dalla stanza sulla porta chiusa con ancora la maniglia in mano, mi fermai. Mi concessi il tempo di ripensare a quello che era successo prima e alle parole di Derek: i sentimenti che aveva provato con Stiles erano simili a quelli che io provavo quando ero con Peter. Mi sfuggì un sorriso. Lo amavo? Senza ombra di dubbio sì.

Note dell'autrice:
Eccomi con un nuovo capitolo, mi sto stupendo di me stessa in questi giorni!
Allora, vediamo che dire... In questo capitolo vediamo Derek e Jolene che affrontano i loro sentimenti, chi in un modo chi in un altro. Ho cercato di mostrare un Derek sensibilmente in crisi, che finalmente decide di aprirsi e confidarsi. E' stata un'impresa ardua mantenere il tratto prevalente del carattere di Derek, ma al contempo far sì che si sfogasse, spero di esserci riuscita almeno un po'!
Grazie e alla prossima!
Lulu

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Realtà ***


Pov Stiles/

Non ci credo. Derek Hale... mi ha baciato. Era venuto da me, aveva 'detto' che provava qualcosa per me, aveva pianto sulla mia spalla, mi aveva baciato, aveva chiamato il mio nome.
Ommioddio. Ommioddio, ommioddio, ommioddio Derek Hale -e no, dico, Derek Hale!- mi aveva baciato! Ed era stato semplicemente stupendo. Non sapevo nemmeno da quando avevo iniziato a sentire certe cose per lui, ma era sicuro che provavo qualcosa, e qualcosa di più di una semplice cotta. Quando avevo guardato i suoi occhi tutto ciò che di sicuro avevo nella vita era crollato e una sola cosa ne aveva preso il posto e in qualche strano modo aveva dato le giuste priorità a tutto. Quella notte avevo dormito con un sorriso stampato in faccia, avevo rivissuto quei momenti milioni di volte e ognuna di queste osservavo particolari in più.
Mi svegliai con ancora quel sorriso ebete sulle labbra. Strinsi piano gli occhi voltandomi da un lato, consapevole che vi avrei trovato il petto del licantropo ad aspettarmi. Allungai una mano per saggiare il territorio prima di aprire definitivamente gli occhi. Non c'era nessuno, niente, il materasso era freddo, come se nessuno avesse dormito lì. Mi alzai di scatto aprendo gli occhi.
Niente.
Iniziai a disfare il letto, se aveva dovuto andare via magari aveva lasciato un biglietto o qualcosa del genere.
Niente.
Era come se Derek non fosse mai entrato in quella stanza e tutto quello che era successo la sera prima fosse solo frutto della mia immaginazione, un sogno. Molto vivido, certo, ma pur sempre un sogno. Eppure i suoi occhi, il suo odore, il suo sapore, quello che mi aveva fatto provare, sembrava tutto così vero! Scombussolato dalla confusione che avevo in testa, andai in bagno e mi infilai sotto la doccia, magari l'acqua fredda mi avrebbe fatto riprendere un po'. Il getto gelido, in effetti, mi svegliò, ma non riuscì in alcun modo a togliermi quel maledetto sogno dalla testa. Scorrendo le dita sulla pelle non potevo fare a meno di pensare alle sensazioni che Derek mi aveva fatto provare facendo quegli stessi semplici, leggeri, maledettamente piacevoli gesti.
Continuavo a maledirmi per quei pensieri, era stato solo un sogno, un sogno maledettamente realistico e stupendo, ma solo un sogno.
Derek Hale, tsé, come potevo anche solo immaginare o sperare che uno come Derek Hale potesse provare qualcosa, anche se mera attrazione fisica, per uno come me? Era impossibile. Ma poi a me che interessava? Era stato un sogno, a me non piaceva Derek Hale.
Risi e scossi la testa. Ma chi volevo prendere in giro? Avevo una tremenda, tremendissima cotta per Derek Hale. Anzi, forse molto più di una semplice tremendissima cotta per Derek Hale. E perchè continuavo a chiamarlo per nome e cognome? Maledettissimo Derek Hale.
Uscii dalla doccia più teso di prima. Rientrato in camera non riuscivo a non guardare il letto vedendo risuccedere quello che era accaduto nel mio sogno senza desiderare ardentemente che fosse stato vero, che potesse esistere una possibilità per me... Per noi.
Andai a prendere Scott, ma ancora Derek e il caos di sensazioni che il suo pensiero mi scatenava mi incendiava la testa.
Durante la scuola mi furono offerte molte occasione propizie per rimanere solo con i miei pensieri, l'ora di chimica per prima, ma tutto ciò che riuscivo a tirarne fuori era che, diavolo!, ero fottutamente innamorato di quel maledetto lupo depresso e asociale, aggressivo, violento, musone, bello da mozzare il fiato, bisognoso d'aiuto, di sicurezze, di qualcuno che lo ami, con quegli occhi che ti ipnotizzano e dentro ci potresti affogare e da quando sono diventato una dannata ragazzina piagnucolona?

"Ciao ragazzi" dissi con un sorriso sedendomi al tavolo della mensa all'ora di pranzo. Scott, Isaac, Jackson, Lydia, Jolene e Zac erano già seduti. Mi sedetti vicino alla neo-lupa, sfoggiando un sorriso. Ero arrivato ad una conclusione, quella era una cosa importante, e ci avevo messo tutta la mattina per capirlo e accettarla. Potevo ritenermi soddisfatto. Dopo poco arrivarono anche Allison, che si sedette vicino a Scott, Erika e Boyd. Formavamo un bel gruppo. Sorrisi compiaciuto. Anche Jolene rise dolce dopo aver allungato gli occhi sul cellulare appoggiato sul tavolo vicino al vassoio. Lo prese e iniziò a digitare una risposta.
"Che vuole lo psicopatico?" Chiesi scherzando. Lei mi guardò storto per un secondo poi sorrise ancora e mi allungò il cellulare.
'Pensi di poter saltare le due ore di quella mummia di Harris? Ho voglia di vederti' lessi sullo schermo. Non potei fare a meno di desiderare che un altro lupo avesse scritto a me quelle stesse parole. Sorrisi.
"Non avrei mai detto che un ex Alpha-killer-devo ammazzare gente e terrorizzare i miei Beta-psicopatico potesse concepire frasi tanto dolci" la presi in giro.
"Ti copriamo noi" disse poi Zac, che aveva letto il messaggio da sopra la mia spalla, battendo una mano sul mio petto. Le strizzai l'occhio.
"Fila via" confermai.
Ci sorrise riconoscente, raccolse la sua roba e dopo un breve saluto sparì oltre la porta.
Le ultime ore passarono più in fretta. Ero nella stessa classe con Lydia, con la quale avevo instaurato un bellissimo rapporto una volta capito che dovevo andare avanti, che non era davvero lei quella che volevo. Certo se quando avevo avuto quella brillante illuminazione avessi saputo che invece quello che volevo era un Alpha scorbutico ci avrei pensato due volte!
Passammo l'ora di letteratura tra chiacchiere e bigliettini, e poi finalmente fummo liberi. Incontrai Scott per i corridoi mentre mi recavo all'uscita. Stava andando dalla parte opposta.
"Ehi, amico, che fai? Non vieni?" Chiesi quando gli fui arrivato davanti.
"No, purtroppo."
"Harris ti ha messo in punizione"
"Harris mi ha messo in punizione" dicemmo all'unisono. Ci guardammo straniti per un secondo e poi ognuno andò per la sua strada con una pacca sulla spalla.
Uscii dall'edificio e mi avviai al parcheggio. Dovetti arrivare a pochi metri dalla jeep per accorgermi che c'era qualcuno appoggiato all'auto dalla parte del guidatore. Il mio cuore si rese conto di chi fosse prima degli occhi, infatti perse un battito per poi prendere altri cento.
"Derek" dissi avvicinandomi e cercando di non far battere il cuore così veloce. Allungai una mano verso lo sportello sperando che capisse che doveva spostarsi e lasciarmi entrare. Le immagini del sogno si fecero così pressanti nella mia mente!
"Scott è in punizione, gli altri sono là" dissi indicando il gruppo fermatosi a parlare davanti alla porche di Jackson.
"Non sono qui per loro, Stiles"
Ok, perchè mi ha chiamato per nome?
Lo guardai negli occhi cercando di impedirmi di guardarli veramente e affogarci. C'era qualcosa che non andava. Derek mi guardava e parlava come se stesse alludendo a qualcosa che avrei dovuto capire e sapere.
"Beh allora scusami..." Dissi provando ancora ad avvicinarmi allo sportello. Questa volta si fece da parte e mi fece salire, ma restò impalato acanto allo sportello chiuso.
"Vuoi..." Mi schiarii la voce "Ti serve un passaggio?" Si limitò ad annuire, aggirare l'auto e salire. Misi in moto e partii. Scese un silenzio imbarazzante.
"Davvero tu... Tu non hai niente da dirmi?" Chiese poi lui all'improvviso, quando ormai eravamo vicini a casa sua.
"Riguardo a cosa?" Chiesi senza capire. Che avesse sentito un cambio del mio odore o roba lupesca di quel genere dovuto alla mia nuova consapevolezza?
"Riguardo a... Per te non è significato niente?" Mi chiese cercando di trattenere la rabbia e... forse... sì, forse, la delusione, altro dolore.
"Non è significato niente cosa? Di che stai parlando Derek?" Chiesi voltandomi verso di lui dopo avere parcheggiato la jeep davanti alla casa degli Hale.
"Tu sei sincero... Tu davvero non sai di cosa sto parlando" un'affermazione, non una domanda.
Lo guardai con ancora più confusione in testa. Che diamine stava blaterando?
"Derek continuo a non capire di cosa tu stia parlando." Dissi esasperato. Che si spiegasse una buona volta!
"Ieri sera... Non ricordi niente?" Mi chiese. Ieri sera?
"Come fai a sapere del mio sogn-" bloccai la frase a metà. Stavo dicendo a Derek che avevo sognato di baciarlo? Davvero, Stiles, davvero sei così imbecille?
"Sogno? Quale sogno?"
Mi sentii avvampare. Dovevo essere rosso dalla testa ai piedi, ne ero sicuro. Sbirciai nei suoi occhi e vi vidi quel bagliore di quando ci si rende conto di aver capito. Durò meno di un istante. L'istante dopo, infatti, i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra incollate alle mie. Rimasi basito. Stavolta era vero. Derek Hale mi stava baciando davvero! Risposi al bacio. Quel sapore era diventato così familiare dopo tutte le volte che lo avevo richiamato alla mente quella mattinata. Mi arpionai ai suoi capelli e lo tirai verso di me. Ne volevo ancora.
"Non era un sogno, vero? Ieri sera" dissi tra un bacio e l'altro senza permettere che si allontanasse troppo.
"No"
La sua lingua si insinuò nella mia bocca. Ansimai in estasi. Credevo che avrei dovuto sudare quelle attenzioni molto di più, ma evidentemente mi sbagliavo.
"Mi hai davvero baciato ieri sera?"
La sua bocca di staccò dalla mia e si spostò sul mio collo, negli stessi punti infuocati in cui era sceso nel 'sogno'.
"Sì"
Le sue mani si infiltrarono sotto la mia maglia. Avevo perso l'uso della ragione, ormai, ma dovevo cercare di restare lucido il minimo indispensabile.
"Pensi siano stati loro?"
Facevo fatica a parlare. Le mie parole erano interrotte da gemiti di piacere. Una mano del licantropo scese sulla cintura dei jeans, le dita ne grattavano leggere e provocanti il bottone. Gemetti e così anche lui.
"Sì" tornò sulle mie labbra "ma ora puoi chiudere quella dannata bocca?"
Lo presi in parola e strinsi le labbra sotto le sue. Rise senza staccarsi e continuò a baciarmi. Non resistetti due secondi e risposi al bacio. Diavolo era come una droga! E poi aveva riso. Lui non rideva mai. Memorizzai quel suono prezioso. Poi un dolore lancinante alla gola.

Nda:
Rieccomi qui con un nuovo capitolo! Spero di avervi lasciato un po' di suspense! Diciamo che mi è non era programmato proprio così, ma così è venuto fuori e il risultato non mi dispiaceva affato, ma aspetterò vostre opioni, che spero di ricevere numerose!
Grazie a Mimmimaminis per le sue recensioni, davvero mi fanno un grandissimo piacere!
Vi lascio, alla prossima!
Baci <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Minacce ***


Nda: Sono imperdonabile, lo so! Chiedo scusa a chiunque stesse aspettando il nuovo capitolo, ho avuto un periodo complicato sotto ogni punto di vista e non riuscivo a trovare nè il tempo nè la voglia di scrivere. Nn so come chiedere perdono, davvero! Spero almeno che il capito vi piaccia, prometto che cercherò di essere più puntuale.
Un bacio e grazie a tutti quelli che recensiscono etc <3
Lulu



Pov Derek/
 
Un sogno. Ma come diavolo poteva quel ragazzino pensare che fosse stato tutto u... Un momento. Certo che poteva. Non mi aveva trovato al suo risveglio, certo, ma non poteva essere per quello. Si sarebbe ricordato. Ricordare. Quella era la parola chiave.
"Pensi siano stati loro?" Mi chiese Stiles in un soffio.
"Sì" dissi. Non volevo pensarci. In quel momento tutto quello che volevo era lui. La sua pelle, il suo odore, il suo sapore, le sue labbra. A chi importava di tutto il resto del mondo? "Ma ora puoi chiudere quella dannata bocca?" Tornai a prendere possesso delle sue labbra, che però si serrarono sotto le mie, imprigionate tra i denti. Risi. Una risata naturale spontanea. Da quanto non sentivo quella risata? Troppo. Continuai a baciarlo nonostante le labbra chiuse cercando di tentarlo e fargliele aprire. Così fu, dopo pochi secondi. Mi compiacqui dell'effetto che avevo su di lui. Sentivo il suo cuore battere, sentivo i suoi sospiri, sentivo il calore della sua pelle, sentivo il suo desiderio, scatenato anche dalle mie mani, percepivo i brividi che scaturivano dal suo corpo. Lo strinsi ancora completamente perso in lui e nel nostri bacio.
All'improvviso un rumore di vetri infranti e nello stesso istante io corpo di Stiles fu strappato da me, mentre delle mani forti mi tenevano ancorato allo sportello. Tentai di liberarmi e in pochi secondi fui di nuovo in piedi, fuori dalla macchina. Lo spettacolo che mi si parò davanti era orrendo.
Un uomo teneva Stiles stretto per la gola a una ventina di centimetri da terra. Sentivo il cuore del ragazzo battere veloce come un treno, stavolta per la paura. Fissai gli occhi in quelli dell'uomo. Avevo visto la donna che lo affiancava, ma non era lei il mio obbiettivo. Ringhiai forte verso quell'uomo. La testa di Stiles era coperta di tagli provocati dal vetro rotto, del sangue gli scorreva lungo una tempia. Dio, la voglia di uccidere che mi assalì in quel momento era tale che faticavo a trattenerla!
"No, no, no, Derek, così non va" disse l'uomo che tono con un tono di falso rimprovero, e arcuando le labbra in un'espressione di disappunto. Mi stava prendendo per i fondelli. Mostrai i denti, raddrizzandomi e dandomi un contegno, cosa mi risultava abbastanza difficile, dati gli artigli che giocavano con la pelle della gola di Stiles. Dovevo concentrarmi, dovevo stare calmo.
"Così va meglio" disse il licantropo sorridendo compiaciuto. Anche la ragazza accanto lui fece lo stesso. Ma non la degnai di uno sguardo: i miei occhi erano tutti per l'uomo che stringeva fra gli artigli la mia vita. Qualcuno doveva avercela con me, lassù. Ogni volta che ero felice succedeva qualcosa che rovinava tutto.
"Sai, non doveva andare così." ricominciò a parlare lui. Odiavo quella voce, era troppo profonda, troppo liquida. Sembrava scivolarmi addosso come il sangue. "E' interessante, però, la piega che ha preso questa cosa. Non lo avevo previsto." Scoprii i denti e arricciai il labbro superiore un po di più. La conferma al timore mio e di Stiles era questa. "Non doveva sembrare un sogno, doveva semplicemente scomparire, ma qualcosa l'ha bloccato." I suoi occhi si posavano alternativamente sul mio volto e su quello di Stiles.
Dio, non sopportavo che lo guardasse così, come se fosse solo carne. Tornò a guardare me.
"Non ti sembra strano, Der? Posso chiamarti Der, vero" Un mio ringhio profondo segnò la risposta. Lui rise. " Hai idea di cosa possa essere?" aggiunse poi tornando serio e stringendo inevitabilmente gli artigli sulla gola di Stiles, lo sentii gemere dal dolore. Il moi cuore iniziò a sanguinare per quel suono. Era possibile provare del dolore fisico per veder soffrire qualcun altro? Evidentemente sì.
"Ecco, ti sei risposto da solo." Aggiunse con un nuovo sorriso compiaciuto. Aveva scovato il motivo del suo fallimento. "E' un amore forte, vero Derek? Lo ami più di quanto tu non ami te stesso, più della tua stessa vita. Senti che finalmente con lui respiri, vero? Senti che puoi farcela ad andare avanti, se lui rimane con te." Fece una pausa per poi aggiungere scandendo bene ogni singola parola.
"Io so tutto."
Quelle tre parole mi fecero rabbrividire. Abbandonai leggermente le spalle. Nella mia testa si iniziava a delineare il sentiero che portava al punto che volevano raggiungere. Volevano me, questo lo sapevo, ma perchè ora? Perchè prendersela con lui? Puntai gli occhi in quelli di Stiles, sentendo tutte le mie emozioni venir fuori quando anche lui smise di ribellarsi e ancorò i suoi occhi nei miei.
"Vi amate qi quell'amore che è salvezza, che è fuoco e ghiaccio insieme, che è vento e aria e terra, che è tutto." Rise di gusto, divertito dal nostro dolore. "E così il freddo Derek Hale, il lupo senz'anima, ha ritrovato una ragione di vivere."
La mia vera ancora, pensai.
In un secondo mi trovai il viso dell'uomo a pochi centimetri di distanza e sentii il suo fiato di sangue soffiarmi sulla pelle.
"Questo è un avvertimento, Hale, vedi di non farmi essere ripetitivo" Non ebbi nemmeno il tempo di ribattere che entrambi erano spariti, lasciando cadere Stiles tra le mie braccia. Sul suo collo si potevano vedere quattro linee rosse, abbastanza profonde che avrebbero lasciato il segno, da cui sgorgava del sangue. Troppo sangue.
"Stiles" farfugliai incapace di dire altro, mentre gli sorreggevo la testa.
"Derek, sto bene, è tutto a posto. Non ti preoccupare."
Lo ignorai e lanciai un ululato straziato dal dolore. Poggiai una mano sulle sue ferite e premetti piano, per fermare l'emorragia. Con il pollice sentii un altro segno lasciato dalla quinta unghia sul retro del collo. Ringhiai di rabbia e presi su di me un po' del suo dolore. Mi investì forte come un treno, amplificato dal mio dolore. Lanciai un altro ululato. Perchè non si muovevano?
 
Pov. Peter/
 
Jolene uscì da scuola dopo pochi secondi da quando avevo ricevuto la sua risposta. Non potei trattenere un sorriso nel vederla. Gli occhi verdi erano messi in risalto da un maglione a maglia larga dello stesso colore, con sfumature anche color panna e marrone, con sotto una maglia che ne richiamava i toni. Le gambe erano coperte da jeans attillati che ne mettevano in mostra la forma stupenda,  ai piedi degli stivaletti color panna sporco, con qualche centimetro di tacco. Una giacca di pelle marrone e la borsa abbandonata su una spalla a completare il quadro. Era una visione stupenda. Mi sorpresi a ringhiare appena quando notai lo sguardo che un ragazzo le stava lanciando, ma lei non lo considerò e si precipito in macchina.
"Ciao" dissi con un gran sorriso.
"Ciao" rispose a sua volta. Mi sporsi verso di lei per baciarla. Il contatto con le sue labbra mi colmò. Ci lasciammo trasportare, ma dovetti interrompere il bacio.
"Non qui, siamo davanti ad un luogo di cultura" dissi scherzando e rimbeccandola.
"Sarà la volta che imparano qualcosa" ribattè maliziosa. Risi, le diedi un ultimo bacio a stampo e modo in moto. Derek non si sarebbe arrabbiato se avessi preso la sua auto. Anzi, potevo dire di averlo fatto per lui, per dargli una scusa per passare del tempo con Stiles. Ci dirigemmo verso il bosco, lasciando l'auto al limitare della riserva, per poi andare a piedi fino alla radura dove ci eravamo dati quel primo bacio. Quando credevo di aver sbagliato tutto. Mi tirò con un sorriso verso quello stesso tronco e vi si appoggiò. Ridendo a mia volta la assecondai. La costrinsi attaccata alla corteccia dell'albero e la baciai. Stavolta niente remore, niente paura e soprattutto niente ragazzini intorno. Con la lingua sfiorai le sue labbra, che si schiusero senza farmi aspettare nemmeno un secondo. Le mie mani ripresero ad esplorare il suo corpo, come già avevano fatto la sera precedente. Solo che stavolta non avevo paura.
"Dove eravamo rimasti?" Chiesi con tono basso e suadente.
Rise appena mentre mi afferrava i capelli con le dita e mi tirava a sè. La baciai con più foga mente le mie mani si insinuavano sotto la sua maglietta. Dio, quanto la amavo! Ma non per il suo corpo, non perchè voleva che io la toccassi, ma perchè mi dava forza e coraggio quando avevo paura, perchè mi scaldava quando avevo freddo, perchè dopo la morte mi aveva dato la vita. Volevo dirglielo. Volevo gridarlo al mondo intero. Le parole erano lì lì per uscire dalle mie labbra quando un ululato squarciò l'aria. Un ululato disperato, pieno di dolore. nello stesso istante sia io che Jolene ci raddrizzammo e volatammo la testa verso la direzione da cui era arrivato quel suono infernale.
"Derek" sussurrammo nello stesso momento. Non ci servì neppure uno sguardo per iniziare a correre più veloce che potevamo verso quella richiesta di aiuto.  Cosa diavolo era successo? Nella mi amente si focalizzò subito un solo motivo che avrebbe potuto far gridare Derek a quel modo, come se fosse morto, e questo motivo era Stiles. Cosa gli era successo? Anche questo volta nella mia mente si andò a formare a caratteri cubitali una sola parola. Gli Alpha. Un altro ululato si sommò al primo. In questo c'era, oltre al dolore, anche una rabia devastante. Arrivammo seguimmo la direzione dettata dell'odore di mio nipote fino davanti a casa nostra. Ci pietrificammo. Derek era inginocchiato a terra, Stiles sdraiato appoggiato sulle sue ginocchia. La mano di mio nipote, insanguinata, gli copriva la gola e le vene del suo polso erano nere. Una rapida occhiata mi permise di vedere che l'intero corpo di Stiles era insanguinato: aveva tagli su tutta la testa, sulla gola, sulle braccia. Indiviaduai subito la causa dei tagli. Il finestrino dalla parte del guidatore della jeep azzurrognola del ragazzo era spaccato, infranto in mille pezzi. Io e jolene eravamo come pietrificati dalla scena. Poi ci riprendemmo. In un attimo fummo ai lati di Derek.
"Scott, Isaac portalo via, ci pensiamo noi qui." disse con voce ferma Jolene. La guardai per un secondo prima di vedere i due Beta, scioccati, costringere mio nipote ad alzarsi da terra e trascinarlo a forza via d aquel posto.
"Peter devi tenergli ferma la testa e il collo. Non lasciare che si muova per nessun motivo." Non l'avevo mai vista così. Era sicura di ciò che faceva, con uno sguardo forte e determinato che non le vedevo addosso da molto. L'ultima volta era stato quando Derek la aveva morsa. Feci come mi aveva chiesto, obbedendo in silenzio. Le nostre mani erano sporche di sangue. Jolene strinse le ferite che Stiles aveva sul collo, per poi bendarle con delle strisce della mia camicia, strappati poco prima. Strinse forte reclindando appena la testa del ragazzo all'indietro. Questi urlò, squarciando l'aria con voce strazionate. Il suo grido fu seguito poco dopo dall'ululato dei Derek, da qualche parte nel bosco. Jolene alzò gli occhi, cercando disperatamente qualcosa nel sottobosco.
"Eccola! - disse all'improvviso- Tienilo così, non lascire che si muova." Si alzò dopo che io ebbi velocemente preso il suo posto. Corse verso un punto al limitare del bosco e prese delle foglie. Tornò veloce da noi e aprì la mano. Nel suo palmo c'era una strana polverina verde. Mi guardò con occhi preoccupati e severi: dovevo tenerlo più stretto, adesso. Con un movimento secco aprì le bende e rovesciò sulle ferite sulla gola quella strana polverina. Un altro ulro fece vibrare l'aria. Questa volta, però, gli ululati che si unirono al grido del ragazzo furono tre: Derek, Scott e Isaac.
"Zac, me ne serve ancora" disse Jolene ricoprendo le ferite cosparse di quella roba verde con nuove bende strappate dalla mia camicia che ormai era ridotta a brandelli. Il ragazzo faceva forza sulle mie mani per contorcersi e sfuggire alla mia presa. Zac arrivò pochi secondi dopo con altra di quella polverina. Jolen la sbriciolò ancora un po' e rifece lo stesso procedimento di prima. Sentivo le lacrime nell'ululato di mio nipote.
"Cos'è?" chiesi sottovoce guardando le ferite di Stiles iniziare a rimarginarsi.
"E' un misto di foglie di ortica e muschio." rispose concentrata sulle ferite di Stiles.
Dopo qualche minuto in cui tutti rimanemmo in silenzio, le ferite iniziarono a richiudersi, diventanto meno profonde e con i contorni più definiti. Non erano ferite troppo gravi, per essere state inflitte da un Alpha, erano paragonabili a graffietti, ma per un umano potevano essere rischiose se non venivano curate in tempo. Stiles aprì gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte. Si guardò intorno spaesato come a cercare qualcuno. Probabilmente l'ultima persona che ricordava di aver visto, ossia Derek. Tirammo un sospiro di sollievo quando puntando gli occhi nei miei sussurrò il mio nome. Fece per tirare su la testa, ma un gemito di dolore lo fermò.
"Sta fermo, non ti muovere. -lo rimproverò Jolene ripoggiando la testa del ragazzo sulle sue ginocchia- Stanno guarendo, ma ci vorrà qualche ora perchè rimangano solo dei graffi. In ogni caso ti rimarranno le cicatrici." disse piano l'ultima frase. "Non sono stata abbastanza veloce" Aggiunse poi in un sussurro dispiaciuto e triste.
"Sei stata magnifica" le dissi guardandola negli occhi e prendendole la mano.Lei la strinse e alzò gli occhi nei miei. Sorrise appena grata.
Un risata divertita e sadica si levò tra gli alberi, da qualche parte, lontano.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Ti amo ***


Pov. Stiles/
 
Il volto di Peter era davanti a me, la mia testa era poggiata sulle ginocchia di Jolene. Non riuscivo a ricordare quegli ultimi minuti: sapevo di aver detto a Derek che andava tutto bene, di aver visto Scott e Isaac portarlo via da me e ricordo che non volevo che lo facessero, che lo volevo vicino. Poi buio e dolore e infine il volto di Peter. Sussurrai il suo nome, cercando di rialzarmi, ma un gemito di dolore acuto mi bloccò. Riappoggiai la nuca sulle gambe di Jolene e un secondo dopo sentii una mano calda e familiare sulla guancia che con il pollice mi carezzava il viso.
"Derek" sussurrai con un sorriso.
"Sono qui" rispose, con le stesse parole che io stesso avevo usato la sera prima, quella che credevo fosse solo un sogno. Ma non lo era. Come un treno, quello che era successo poco prima mi investì con forza costringendomi a riportare a galla la sensazione delle sue labbra sulle mie, delle sue mani sul mio corpo, sul bottone dei jeans. La mia immaginazione si spinse oltre, eliminando il dolore e facendo finta che nessuno ci avesse interrotti e iniziò a immaginare le dita di Derek che sbattonavano i pantaloni, abbassavano la zip. Il cuore a mille mi ricordò che non ero solo nella mia stanza, ma che un branco di lupi mi era intorno. Imbrazzato cercai di togliere quelle immagini così dolci dalla mia testa. Derek sorrise appena, ero sicuro che avesse capito a cosa pensavo. Sorrisi anche io. Ora che sapevo che non era un sogno, sapevo quello che provavo e quello che provava lui, ora potevo davvero godere della sua mano sulla mia guancia.
"Portiamolo in casa" la voce di Peter riportò tutti alla situazione presente. Quella risata tremendamente divertita risuonava ancora nelle orecchie di tutti. Derek mi alzò di peso, mentre Jolene mi teneva la testa, in modo che le fasciature di fortuna non tirassero. Sentivo fitte di dolore che minacciavano sempre di farmi riscivolare nel buio, ma le combattevo, il viso di Derek sempre ben presente nei miei pensieri a tenermi lucido. Potevo farcela, potevo non cedere.
Mi adagiarono su un letto al piano di sopra della casa diroccata degli Hale. Non ero mai stato al piano di sopra. In effetti non ero mai entrato veramente in quella casa, anche se il piano inferiore, o almeno l'ingresso, mi era familiare dalle brevi occhiate lanciate attraverso la porta. Una volta che fui steso e che mi ebbero sistemato sotto la testa un paio di cuscini, tutti uscirono dalla stanza, tranne Derek e Jolene. Lei mi si avvicinò e mi posò un bacio sulla fronte. Le sorrisi debolmente e la guardai andare verso la porta.
"Grazie" La voce di Derek la fece fermare. Si voltò verso di lui e gli rivolse un gran sorriso. La sua espressione era stanca, ma sollevata.  Si chiuse la porta dietro mentre usciva. Solo allora Derek, seduto sul bordo del letto che ipotizzai fosse il suo, mi prese la mano e la strinse nella sua.
"Sto bene, non è successo niente di grave" iniziai a dire, ma fui fermato prima di riuscire a terminare la frase. Le sue labbra premettero sulle mie senza lasciarmi alcuna alternativa, anche solo considerabile, che non fosse rispondere a quel bacio e dimenticare tutto il resto del mondo. Non credevo che avessi imparato a conoscerlo così bene in quel periodo di 'odio' reciproco da sapere, dopo soli tre baci, che quello era diverso da come avrebbe dovuto essere. Era tormentato, disperato, angosciato, ma non solo per quello che era successo. Era un bacio di addio. Sapevo esattamente quello che gli passava per la testa.
"Scordatelo" gli dissi staccandomi dalle sue labbra "Non provare nemmeno ad iniziare a parlare, non ti ascolterò, quello che stai pensando è improponibile sia per te che per me. Sai che entrambi soffriremmo più a starci lontani che a rischiare la vita uno per l'altro." Come a rafforzare quel dolore, il ricordo dei suoi ululati e dei miei urli di dolore si formò nella mia testa e vidi dal suo viso che nella sua stava accadendo lo stesso.
"Stiles, non si fermerà! Vuole me. Non so per cosa, ma lui vuole me ed è disposto a tutto pur di avermi. Non voglio che ti succeda niente di male, non potrei sopportarlo."
"Ma mi accadrà TUTTO di male se te ne vai ora! Non lo capisci? Ho bisogno di te come dell'aria e non puoi portarmi via l'ossigeno due minuti dopo che ho iniziato a respirare! E poi, hai sentito quello che ha detto quel tipo, che era chiaro come il sole che io avevo bisogno di te e tu di me e che non era una semplice attrazione fisica, che era qualcosa di forte. Anche se stessimo lontani, mi troverebbero e mi ucciderebbero comunque, solo per farti male. Se invece stiamo insieme, saremo più forti e ci proteggeremo a vicenda." Portai una mano al suo viso e lo guardai fisso negli occhi, per far sì che vi leggesse tutto quello che provavo. La sua pelle ruvida e la barba corta e incolta sfregavano la pelle liscia delle mie mani e la pungevano. I suoi occhi verdi brillavano di una luce triste.
"Ti amo, Derek. Ti amo più della mia stessa vita e non lascerò che tu te ne vada. Non adesso"
Lo avevo detto davvero. Avevo davvero confessato di amare Derek Hale e la cosa era più che vera. Come se solo dirlo ad alta voce avesse reso quel sentimento davvero concreto, lo sentii scendere lungo le ossa, rinvigorirmi i muscoli fiacchi per il dolore, pervadere ogni centimetro del mio corpo. Nessun imbarazzo, nessuna paura. Vidi i suoi occhi sgranarsi appena, sorpresi. Non si muoveva più, non respirava nemmeno. Sapevo che stava lottando contro se stesso per credermi, che stava cercando di cacciare la risata di Kate dalla sua testa, di nascondere tutte le promesse infrante. Puntellandomi sul braccio libero mi alzai appena e unii le labbra alle sue. Nonostante gli occhi chiusi sapveo che i suoi erano sbarrati.
Non rispondeva. Non rispondeva al bacio. Non prova lo stesso, ho corso troppo. Sono sempre il solito stupido. Feci per staccarmi, ma una sua mano mi fermò. Mi prese il viso e lo riattirò verso il suo. Finalmente rispose al bacio e sospirai sulle sue labbra. Con un sorriso parlai senza separarmi da lui.
"Santo cielo, credevo che non l'avresti più fatto. Iniziavo a perdere le speranze" Rise piano sulla mia bocca.
"Ti amo anch'io, idiota"
L'aveva detto davvero. Derek Hale aveva davvero confessato di amarmi e sentivo che stava dicendo la verità. D'altronde Derek non si era mai preoccupato di ferire i miei sentimenti, non avrebbe avuto problemi a farlo ancora. Lo baciai con foga e poi lo strinsi forte a me in un abbraccio che non lasciava alcuno spazio a repliche. E quando anche lui mi strinse, seppi che non mi avrebbe abbandonato.


Note dell'autrice:

Se mi metto in ginocchio e inizio a supplicare mi perdonate? Chiedo umilmente scusa per il ritardo, è stato un periodo un po' incasinato e non sono stata molto bene, ma ora dovrei riuscire a tornare a scrivere con altretanta assiduità. Spero che il capitolo riesca a farmi perdonare e che vi piaccia!
Grazie per le recensioni, graditissime! <3
un bacio e alla prossima
Lulu :3

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Appartenersi ***


Pov. Jolene/

Derek. Quel lupacchione insensibile aveva finalmente trovato chi non lo avrebbe mai tradito. Dal paino di sotto, io e Peter, abbracciati sul divano, avevamo fatto di tutto per non ascoltare la loro conversazione, ma quando Stiles aveva detto quelle due parole, non avevamo potuto fare a meno di trattenere il respiro. Perchè Derek non rispondeva? Ci stava mettendo troppo.
"Ti amo anch'io, idiota" alla voce dell'Alpha che diceva quelle parole, un sospiro di sollievo lasciò le nostre bocche e entrambi ci rilassammo. Tutto il branco era andato via subito dopo che Stiles era stato portato a letto per riposare, anche se ero sicura che, nel giro di un paio d'ore, sarebbero di nuovo stati tutti lì.
"Finalmente" sospirai con un sorriso mentre mi raggomitolavo di più tra le braccia di Peter.
"Già, finalmente" rispose Peter. La sua voce era bassa, calda, seducente. Non faticavo a pensare che la povera mamma di Scott si fosse presa una brutta cotta per lui. Mi dispiaceva pr lei, ovviamente, ma la gelosia era più forte. Peter era mio. Mi voltai e trovai i suoi occhi che mi osservavano, attenti. Mi scappò un risolino.
"Cosa c'è?" chiesi, aprendomi ancora di più in un sorriso.
"Sei stupenda"
Un sorriso imbarazzato si fece strada sulle mie labbra, ma questa volta i miei occhi non si abbassarono. Rimasero fissi nei suoi e sentii la mia voce uscire dalla mia bocca come se fosse quella di qualcunaltro.
"Anche tu" Rise piano.
Portò una mano al mio viso e con il dorso mi carezzo la pelle per tutta la sua lunghezza, lasciandosi dietro una striscia di fuoco. I nostri occhi erano legati indissolubilmente, intrecciati per sempre. Mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si avvicinò. Mi baciò piano, dolcemente, con uno di quei baci che non si riesce mai a dimenticare, che non sono solo un contatto, un modo per far sapere all'altro il proprio affetto, per esprimere il desiderio. Sì, certo, c'erano anche tutte quelle cose, ma il bacio che mi diede Peter, oh, era ben di più. Attraverso le nostre labbra stavamo regalando all'altro la nostra anima, il nostro stesso essere. Non eravamo più due persone che si volevano bene, eravamo due cuori fatti per battere insieme, due anime intrecciate in modo tanto perfetto da sembrare una sola. Si staccò da me.
"Quelle due parole sono semplicemente troppo poco"
"Anche per me" risposi. Avevo temuto quel momento da quando mi aveva baciata quella prima volta. Avevo capito di amarlo da quel momento, per poi confermarlo in ogni secondo che lui c'era, in ogni attimo che era lotano, con ogni carezza, con ogni bacio, con ogni sguardo. Le sue mani sul mio corpo non erano solamente desiderio, non erano fuoco o passione, erano comunione di corpi, oltre che di anima. Io e Peter eravamo una cosa sola, senza possibilità di separarci. Avevo temuto quel momento, ma avevo risposto senza paura. Capii nell'istante in cui parlai che il mio timore derivava dal fatto che dire di amare Peter non significava nulla. Quelle due semplici, piccole paroline erano riduttive. Certo, si poteva dire che io e Peter ci amavamo, ma voleva dire esprimere solo una parte microscopica e insignificante di quello che ognuno di noi due provava per l'altro.
Quando riportò le labbra sulle mie, toccò il mio corpo, lo spogilò e io spogliai il suo, lo assaggiai, seppi che nessuno ci avrebbe interrotti, quella volta, perchè io e lui dovevamo essere lì in quel momento. Capii quanto ero disposta a perdere per lui, perchè lui era tutto ciò che in questa vita aveva significato qualcosa per me e perchè tutto, caldo, freddo, ghiaccio, fuoco, amore, odio, luce, buio, vita e morte iniziava a finiva in quei due occhi.
Quando entrò in me seppi che non c'era niente di più naturale e giusto, che noi due, quello che avevamo fatto, il nostro dolore, le scelte che avevamo preso, tutto ci aveva portato a essere lì, in quel posto, in quel momento e a sentirci in quel modo, ad appartenere l'uno all'altro, fisicamente e spiritualmente. Seppi che non avrei potuto vivere se lui non ci fosse stato, che la mia vita prima di incontrare lui non era stata vita, che avrei accolto la morte come la grazia più grande se questo voleva dire salvare lui o vivere senza di lui. Seppi che io ero lui e che lui era me.



Note dell'autrice:
Per farmi perdonare, ecco subito il nuovo capitolo. E' un capitolo un po' più breve del solito, ma penso che il suo contenuto compensi la lunghezza. Spero vi sia piaciuto! Le emozioni di Jolene sono estremamente chiare nelle mia testa, ma sono state abbastanza complicate da scrivere e spero che su "carta" rendano altrettanto bene di come le sento io. Detto questo vi lascio, un bacio e a presto <3
Lulu

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Rabbia ***


 
 
 
 
Pov. Deucalion/
 
Da fuori la casa, nel bosco, riuscivo a sentire i loro cuori battere all'impazzata,  la loro eccitazione salire alle stelle. Ghignai: non sarebbe durato a lungo. Voltai le spalle alle rovine della casa e mi incamminai verso la grotta con Kali subito dietro le mie spalle. Non badai troppo alla sua presenza e iniziai a correre tra gli alberi. Se c'era una cosa che amavo fare, quella era correre. Liberava la testa da ogni pensiero superfluo e stimolava il ragionamento. Per non parlare dell'adrenalina della velocità e del senso di libertà che questa sapeva darmi. Dopo pochi metri mi buttai sulle mani e iniziai a correre a quattro zampe, i lineamenti del viso tramutati in quelli di lupo, gli artigli che affondavano nella terra umida. Sorrisi tra me trovando finalmente un po' di pace.
Dopo due ore di corsa ininterrotta arrivammo al nostro rifugio. Era lontano, certo, ma per il momento sarebbe andato bene. Ci saremmo spostati quando i ragazzi si fossero integrati meglio a scuola. Mi raddrizzai e mi ritrasformai sulla soglia e senza fermarmi mi avvicinai a uno dei gemelli.
"Non ha funzionato, Aiden! Sei solo un buono a nulla!" Gli sbraitai in faccia mentre con una mano lo afferravo per la gola e lo issavo facendolo sbattere contro la parete della caverna.
"Io... Mi dispiace, Deucalion, davvero, ero sicuro che avrebbe funzionato!" Si giustificò quello tremante afferrandomi il polso con le mani. Sentivo l'aria grattare contro la sua trachea, lottando per passare e arrivare ai polmoni. Con un ultimo strattone lo lasciai cadere a terra. Si massaggiò la gola con una mano, respirando affannosamente. Mi voltai verso il fratello, che guardava l'altro come sentisse su di lui il suo dolore. Sapevo che la connessione tra gemelli era fortissima da umani, avevo sentito dire di due che riuscivano quasi a leggersi nel pensiero, potevo immaginare quanto lo fosse da lupi, con tutti i sensi sviluppati. Avevo notato che quei due erano una persona sola, condividevano tutto, persino il ruolo di Alpha. Avevo capito presto che punire uno voleva dire punire anche l'altro, uccidere uno voleva dire uccidere anche l'altro. Era un'arma a doppio filo, certo, ma poteva tornare assai utile e comoda, soprattutto quando in battaglia bisognava coordinare i "soldati".
"Tu lo sapevi, eh? Sapevi che non sarebbe stato abbastanza potente?" Chiesi all'altro cercando di calmarmi. Urlare non sarebbe servito a niente. Ovviamente quello scosse la testa. Che domanda stupida, era ovvio che anche se l'avesse saputo lo avrebbe negato, nonostante io potessi sentire quando mentiva. Sorrisi tra me e abbassai lo sguardo a terra. Quando lo rialzai, il sorriso era diventato un ghigno malefico, gli occhi si erano tinti di un rosso sangue e le zanne erano spuntate dalle mie gengive.
Con un ruggito fui addosso ad Ethan e lo scagliai contro la parete accanto al fratello. La forza del colpo era tanto forte che nella roccia vidi comparire una minuscola ragnatela di piccole crepe.
"È possibile che debba fare sempre tutto io? Siete degli incapaci!" ringhiai loro contro. Mi venne in mente quel proverbio, chi fa da sé fa per tre. Era dannatamente vero.
Puntai gli occhi in quelli di tutto il branco e puntai un dito accusatore verso il petto di ognuno.
"Che non succeda mai, e dico mai, più che qualcuno di voi non svolga il compito assegnatogli come richiesto, altrimenti sapete perfettamente cosa accadrebbe." Li squadrai attentamente uno ad uno, mentre dai loro occhi vedevo formarsi nelle loro menti le immagini del corpo straziato di quel lupo di cui non ricordo nemmeno il nome che aveva osato sfidarmi. "Avete capito?" gridai a pieni polmoni, senza preoccuparmi di essere sentito. Vidi i corpi di tutti rabbrividire e tremare di rabbia, le zanne in bella vista. Era sempre così quanto urlavo o impartivo ordini. Il loro istinto di Alpha li portava al comando, a non obbedire alle decisioni e agli ordini di nessuno, ma l'istinto di sopravvivenza li spingeva a obbedire al più forte, a chi poteva ucciderli da un momento all'altro. Nonostante i ringhi soppressi, sapevo che avevano recepito il messaggio.
"E ora via" dissi in un sospiro esasperato e furioso. Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro dal naso dando le spalle all'entrata della caverna e portandomi una mano al viso. Il tempo che i passi frettolosi del branco fossero ormai silenziosi e lontani che sentii delle dita appoggiarsi alle mie spalle e massaggiarle piano. Un sorriso mi comparve sulle labbra mentre un sussurro caldo mi accarezzava il collo. Un brivido che non sapevo spiegare mi attraversò la schiena.
"Sta calmo, non ti arrabbiare. Non sono così male, infondo, nemmeno tu potevi prevedere che sarebbe successo" le sue labbra si posarono leggere sul mio collo. Sorrisi ancora, con un ghigno furbo. Sapevo esattamente cosa voleva. Tutte le volte che mi arrabbiavo succedeva quella stessa scena e, dalla prima volta, era successo tutte le volte. Senza staccare le mani dalle mie spalle, mi girò intorno fino a pararsi davanti a me, i suoi occhi fissi nei miei. Con una mano mi prese quella ancora appoggiata alla fronte e la strinse nella sua. Portai l'altra al suo viso e lo avvicinai al mio, baciandola prima leggermente, poi sempre più appassionatamente, lasciando che fosse l'istinto a guidare i miei movimenti. Feci scivolare le mani fino ai fianchi, poi fin sotto la vita e strinsi la sua carne. Con un piccolo salto lei strinse le gambe intorno ai miei fianchi e io avanzai di qualche passo fino alla parete, facendovi sbattere la schiena di Kali. Lei mi amava, ne ero sicuro, e forse io amavo lei. Non ne ero certo, però, ma a lei andava bene così. Dopotutto, era l'unico modo che avevo di sfogare la rabbia e evitare di uccidere altri componenti del branco.
 
Pov.Aiden/
 
Io e Ethan corremmo a perdifiato il più lontano possibile da Deucalion. Odiavo quell'uomo con tutto me stesso e lo stesso valeva per mio fratello. Odiavo ricevere ordini, soprattutto da lui. Io e Ethan eravamo nati per comandare, lo avevamo sempre fatto, e dover sottostare alle scelte di uno come Deucalion era insopportabile, anche se necessario. Hale andava eliminato o tirato dalla nostra parte. Ma poi qual'era la nostra parte? Il piano era reclutarlo nel nostro branco, ma dopo? Non era dato saperlo, così come il motivo per cui lo volevamo. Già, plurale. In fondo eravamo un branco, anche se particolarmente anomalo e guidato da un bruto spietato, e il plurale veniva naturale. Io e Ethan facevano parte di quel branco, e la nostra lealtà era legata a Deucalion e a Kali e agli altri. Ecco perchè non li avrei traditi.
Corremmo fino ad arrivare al limitare del bosco vicino alla città. Il nostro piano ora era entrare nelle grazie del branco di Hale, ottenere la sua fiducia, e poi portarlo dalla nostra parte. Il punto debole, ovviamente, erano gli umani. C'erano Stilinski, Martin e Argent, ma tutti e tre erano troppo coinvolti per tradire i loro compagni, soprattutto Stilinski. Arrivammo davanti all'edificio che ospitava il liceo e ci scambiammo un'occhiata. Io e mio fratello ci parlavamo in quel modo, con semplici sguardi. Ci avvicinammo a fianco all'entrata e poi alla segreteria per consegnare i nostri documenti, firmati da nostro padre Deucalion.
 
Note dell'autrice:
Rieccomi con un capitolo nuovo e un po' diverso, spero che il punto di vista vi sia piaciuto! Devo ancora decidere se continuare o no con il Pov dei "cattivi", anche se secondo me potrebbe rivelarsi interessante ;) Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio,
Lulu <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** (In)Solito ***


 

Sotto le mie dita, il cuore di Derek batteva regolare, sincronizzato col suo respiro e con il mio. Non riuscivo ancora a crederci. Aveva detto che mi amava. E io amavo lui, senza ombra di dubbio. Chiusi gli occhi e mi strinsi di più a lui, una mano sul suo petto, la testa sulla sua spalla e il suo braccio a circondarmi le spalle. Ci eravamo addormentati così la sera prima e così mi ero svegliato quella mattina. Ero debole, le ferite mi facevano ancora male, ma almeno i tagli del vetro e delle unghie si erano rimarginati del tutto. Erano rimasti solo dei segnetti bianchi sulla pelle. Ripensare all'attacco mi faceva male, era come sentire di nuovo su di me gli artigli e la sensazione del vetro infranto contro la mia nuca. E poi la vista di Derek così impotente, così...debole a causa mia era insopportabile. Non volevo essere il suo punto debole. Non volevo che soffrisse, che fosse ferito, ancor meno che lo fosse per colpa mia. Era la persona più importante per me, insieme a mio padre e a Scott.

Già, mio padre? Cosa gli avevano raccontato? Non ero tornato a casa dalla mattina prima, probabilmente aveva già fatto annunci in tutte le stazioni di polizia nel raggio di cento chilometri.
"Sta tranquillo, ci ha pensato Jolene"
La voce di Derek mi arrivò rassicurante, calda e bassa all'orecchio. Mi calmai subito. Sorrisi senza aprire gli occhi: se Jolene si era occupata di tutto, potevo stare tranquillo. Non percepii il movimento, ma all'improvviso sentii due labbra calde premere sulle mie. Risposi con gioia al bacio. Altra conferma che non mi ero inventato tutto. Derek era davvero lì e mi aveva davvero baciato. Nella mia mente si insinuò il ricordo del giorno prima, di quel bacio bagnato e appassionato e coinvolgente e tremendamente stupendo che ci stavamo dando. Il mio corpo reagì allo stimolo prima della mia testa e senza rendermene conto mi trovai a spingere di più sulle labbra di Derek, a tracciarne il contorno con la punta della lingua, a stringere con forza la stoffa della sua maglietta, desiderando potesse sparire magicamente. Dopo un attimo di sorpresa, anche il lupo reagì al mio bacio e al mio desiderio. Aprì le labbra e lasciò che le nostre lingue si incontrassero ancora. Spinse anche lui sulla mia bocca e con un movimento a super velocità lupesca si spostò sopra di me, le gambe piegate all'altezza della mia vita, seduto su di me, le braccia stese con il peso appoggiato sulle mani, intrecciate alle mie che erano immobilizzate sul cuscino. Volevo ancora di più, sempre di più. Il corpo di Derek pesava sul mio, mandando ogni pensiero razionale e coerente a quel paese. La bocca di Derek si staccò dalla mia.
"Non è il tempo, nè il momento giusto." la sua voce, profonda e calda mi investì in pieno, tanto che quasi non capii cosa volessero dire quelle parole. "Arriverà, ma non è oggi" Mi posò un altro lieve bacio sulle labbra e poi si alzò dal mio corpo. Un sorriso mi si aprì sulle labbra e lo guardai mentre si toglieva la maglietta e se ne metteva una pulita. La vista del suo corpo mi distrasse, ma qualcosa riuscì a farmi mantenere un minimo di lucidità e di dignità.
"Non mi liquiderai tanto in fretta, sappilo" gli dissi mentre mi mettevo seduto sul letto con un sorriso sarcastico di sfida. Si voltò verso di me e mi guardò divertito. Era uno sguardo raro, su di lui, ma Derek lo indossava benissimo, apparendo ancora più affascinante e bello da mozzare il fiato. Ok, non sapevo di essere diventato una femminuccia così, tutto d'un tratto. 
Con passo lento si avvicinò a me, la maglietta ancora stretta in pugno e la pelle calda nuda davanti ai miei occhi. Il suo viso si avvicinò al mio tanto che le nostre labbra si sfiorarono appena, senza però toccarsi davvero.
"E chi ha detto che io voglio liquidarti?" un sorriso ironico illuminò il suo viso, rendendolo bellissimo ai miei occhi. Mi baciò un'ultima volta, si infilò la maglietta e mi fece cenno di seguirlo. Mi alzai e gli camminai al fianco mentre mi guidava al piano di sotto. Ora riuscivo ad osservare la casa con più attenzione. Era cadente, ma non distrutta del tutto. I vetri delle finestre erano infranti, i pavimenti cigolanti, le porte annerite dalla cenere e la polvere copriva tutto, ma si vedeva la presenza di una ragazza e soprattutto di gente che andava e veniva. Il salotto era stato pulito e riordinato, così come la cucina e il bagno attiguo alla stanza. Il passaggio di persone era reso evidente dalla necessità di utilizzare al meglio quelle stanze, così come era anche per la stanza di Derek e immagino per quella di Peter e Jolene. Il suono di voci allegre e assonnate arrivava alle mie orecchie proprio dalla cucina. Entrando nella stanza, infatti, vidi riunito intorno al tavolo tutto il branco. Peter, Scott, Isaac, Zac, e Jackson erano seduti intenti a trangugiare tazze di caffè, uova, becon, pane e quant'altro, mentre le ragazze continuavano a riempire i piatti e a servirli al branco di lupi. Lydia e Allison, servita l'ultima porzione, si appoggiarno al banco della cucina e iniziarono a mangiare la loro, mentre Jolene si sedette sulle gambe di Peter e ci rivolse un sorriso.
"Buongiorno, ragazzi! Vi abbiamo lasciato da parte la colazione, ma fate in fretta, prima che questi qua divorino tutto" ci fece l'occhiolino prima di infilarsi in bocca una forchettata di uova miste a becon. Derek fece un smorfia scocciata e si avvicinò al banco dove due piatti pieni erano coperti con della stagnola. Io rimasi qualche secondo sbalordito sulla porta, poi mi ripresi e sorrisi. Era una scena tanto strana e fuori luogo che sembrava perfetta.
"Grazie" dissi allegro seguendo Derek e prendendo l'altro piatto, aprendolo e scoprendo con mia grande gioia che era ancora caldo. Masticai il primo boccone e mi resi conto di avere una fame da lupi. In pochi minuti il mio piatto era già vuoto, mentre gli altri avevano ancora uova e becon e caffè nelle tazze. Mi voltai indietro per vedere se fosse rimasto qualcosa, ma con disappunto notai che i lupi si erano finiti tutto. Vidi Derek alzare gli occhi al cielo e tendermi il suo piatto. Lo guardai, ma mi fece segno di prenderlo. Gli sorrisi e biascicai un "grazie" mentre masticavo il becon, annaffiato col caffè. La strana sensazione di essere osservato che mi pervadeva mi impediva di godermi il resto delle uova. Alzai gli occhi e vidi lo sguardo sconcertato degli altri volare tra me e Derek, stupito. Tutti con l'eccezione di Jolene, che sorrideva, e di Peter, che invece aveva continuato a mangiare, ma non era riuscito a nascondere un mezzo sorriso.

"Beh, qual è il problema?" Biascicai con il cibo ancora in bocca. Alzai velocemente lo sguardo verso Derek, magari lui aveva una risposta, ma dal viso contratto e lo sguardo duro non riuscii a capire niente. Si era trasformato nel momento esatto in cui eravamo entrati in cucina, tornando il Derek di sempre. La versione che rideva e sapeva essere dolce o mostrare le sue debolezze era riservata solo a me. A quel pensiero, a quella cosa che mi rendeva davvero speciale, non potei far a meno di accennare un sorriso.

"Niente, assolutamente nessun problema" disse Jolene fulminando gli altri con uno sguardo di rimprovero. Che strano. Avrei dovuto indagare su cosa diamine stava succedendo, il comportamento dei lupi stava diventando sempre più strano, ed era dire tutto. Cercai gli occhi di Scott, mentre appoggiato al banco della cucina finivo il piatto di Derek. Quando incrociò il mio sguardo, Scott lo spostò veloce verso Derek per poi riportarono su di me. Una domanda silenziosa che non ebbi difficoltà a decifrare, ma a cui avevo una gran paura di rispondere. Mossi appena un dito a indicare che ne avremmo parlato dopo.

 

E infatti così fu. Dopo colazione io e Scott salutammo il resto del branco. O meglio, il resto del branco eccetto Derek, il quale mi riservò solo uno sguardo prima di voltare le spalle e andarsene con un grugnito. Aggrottai le sopracciglia, ma d'altronde dovevo aspettarmelo: si trattava pur sempre di Derek Hale, il solitario lupo perennemente arrabbiato. Il fatto che quando eravamo soli fosse diverso non supponeva che lo fosse anche con gli altri.

Arrivammo alla jeep e mi bloccai sul posto. I vetri erano perfetti, come se non fosse successo nulla.

"L'abbiamo riparta noi stanotte" la voce di Scott tardi il suo sorriso soddisfatto che potei vedere anche senza voltarmi.

"Oh, beh... Grazie ragazzi" dissi con un sorriso sicuro che anche gli altro avrebbero sentito.

Salimmo in macchina e ci avviammo verso la città, uscendo dal bosco. Guidare in mezzo agli alberi mi dava una strana sensazione di pericolo, come se dovesse succedere qualcosa da un momento all'altro. Scrollai le spalle cercando di togliermi di dosso quella spiacevole sensazione. Ero sicuro fosse a causa dell'attacco del giorno prima. Appena usciti dal bosco, Scott si voltò verso di me.

"Beh?" Chiese solamente. Con un sospiro iniziai a raccontare tutto quello che era successo. Dalla notte di solo due giorni prima, che sembrava però lontanissima, in cui avevo trovato Derek in camera mia, del bacio, al fatto che pensavo fosse un sogno, all'attacco, alla sera prima. Non rivelai quello che Derek mi aveva confidato o che gli avevo letto negli occhi. Sapevo che non avrebbe voluto. Beh, non avrebbe voluto nemmeno che dicessi a Scott che lo amavo e che lui amava me, ma era il mio miglio amico, mio fratello, ed era prevedibile e normale che mi gli raccontassi una cosa simile.

"Quindi adesso state insieme? Sei... La femmina Alpha?" Chiese prima dubbioso e poi decisamente divertito da quello che aveva detto.

"Davvero molto simpatico, Scott, complimenti" lo sbeffeggiai risentito. Avevo sempre sospettato di poter provare attrazione per i ragazzi, ma avevo anche sempre pensato che sarei stato con le ragazze. Ma amavo Derek, a prescindere che fosse un ragazzo o una ragazza. Non era proprio quello, l'amore? Una forza che trascendeva ogni cosa, che andava oltre, che prescindeva da tutto, colore della pelle, religione, orientamento politico, sessuale e sesso stesso? Quindi sì, amavo Derek Hale e non c'era assolutamente alcun problema in questo.

Ad un tratto lo squillo del mio telefono mi distrasse dai miei pensieri filosofici per riportarmi alla realtà. Guardai lo schermo. Derek. Non trattenni il sorriso spontaneo che mi nacque sulle labbra.

"Ehi" dissi allegro rispondendo.

"Tornate qua subito" la sua voce era allarmata, preoccupata. Era successo qualcosa. Anche Scott sembrò aver sentito. Quando mi voltai verso di lui, infatti, il suo sguardo era lo specchio del mio.

"Che è successo?" Domandai serio mentre facevo manovra.

"Ve lo spiego quando arrivate, fate in fretta" e chiuse la conversazione. Pigiai l'acceleratore con forza mentre riprendevo la strada della riserva. Ma perché non si poteva stare tranquilli più di cinque minuti?


Lulu's corner:
Ciao! Scusate il ritardo ENORME, sono imperdonabile!!! Avevo iniziato a scrivere il capitolo ma poi il computer ha fatto una brutta fine e con lui il testo :( Potete immaginare quanto sia frustrante dover riscrivere tutto daccapo. Ho lasciato stare per un bel po' e poi mi sono rimessa a scrivere, quindi... rieccomi! Spero possiate capirmi e perdonarmi *Prega in ginocchio*!!!
Parlando del capitolo, spero vi piaccia il quadretto familiare che ho voluto ricreare, era una scena che i sembrava talmente surreale da essere divertente. Spero di sentire cosa ne pensate!
Un bacio,
Lulu :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1561661