Acqua cheta

di shywr1ter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuvole di tempesta ***
Capitolo 2: *** Cambio della guardia ***
Capitolo 3: *** Un viaggio da un milione di miglia ***
Capitolo 4: *** Un angelo sotto copertura ***
Capitolo 5: *** Oscurità ***
Capitolo 6: *** Le prime luci dell’alba ***
Capitolo 7: *** Una manciata di cenere ***
Capitolo 8: *** Piccoli passi della fenice ***
Capitolo 9: *** Aspettando di volare ***
Capitolo 10: *** Pronto a prendere il volo ***
Capitolo 11: *** A tutta birra, fenice! ***



Capitolo 1
*** Nuvole di tempesta ***


Acqua cheta - shywr1ter

Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questa storia può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: la Fox, Eglee e Cameron possiedono i diritti. Non c’è guadagno personale qui, ma se mi capitassero soldi li passerò a chi di dovere.
   
   Note dell’autrice: ho sempre cercato un buon comprimario, e Bling è uno dei migliori eppure poco sviluppati personaggi che abbia visto da un po’. Per cui questa fanfiction tratterà per lo più la sua storia di background. Racconterà il salto di tre mesi che mostra il telefilm tra la sparatoria e la prima visita di Max a Logan nell’attico, dopo che è rimasto ferito. Anche se sono sicura che questa faccenda sia già stata esplorata, sono ancora abbastanza nuova nel fandom da non aver trovato altre storie su Bling. Risposte e recensioni sono benvenute (e richieste, bramate…). Sono curiosa di sapere se altri vedono la sua storia in modo simile.
   
   
   

Nuvole di tempesta

   
   PROLOGO:
   
   Logan avrebbe ricordato soltanto nebulosi, vorticanti, agonizzanti frammenti dei primi minuti ed ore dopo la sparatoria - il suono di altri spari, il freddo e duro suolo contro la guancia, voci e grida e sirene… dolore bruciante… un torpore che faceva paura… odore di ospedale…
   Cosciente a tratti, sotto shock e intontito, solo per poco fu consapevole della corsa in ambulanza, ma ricordava scossoni e voci concise al pronto soccorso mentre veniva sollevato, posato, girato e pungolato… poi niente… le voci apparivano e sparivano; le parole si facevano strada in lui solo in parte… finché ci fu il momento in cui i suoi pensieri frammentari iniziarono a mettersi insieme…
   … sono stato… colpito? C’era sangue…
   Il dolore era quasi insopportabile. Il dolore è… sbagliato.
   Il dolore non dovrebbe fermarsi qui…
   E nel momento in cui, nell’agonia di un altro spostamento e la crescente realizzazione di cosa ciò potesse significare, iniziò ad andare in panico e a iperventilare nel suo stato di semi-incoscienza, una voce in qualche modo familiare apparve al suo fianco, una mano grande sulla sua spalla… la voce era rassicurante, personale.
   « Logan, va tutto bene - tranquillo » lo esortò, calma tra tutti i suoni meccanici agitati e frenetici che lavoravano per riparare il danno al suo corpo. « Ci stiamo prendendo cura di te, ora. Tu stai tranquillo… »
   Logan riuscì a voltare la testa e a mettere a fuoco, un attimo prima che delle mani guantate gli togliessero gli occhiali, piegati ma intatti, dal viso. E all’altezza dei suoi occhi, da dove si trovava immobilizzato su una barella, vide le lettere nere arrangiarsi in parole su un piccolo spazio bianco che si muoveva a ritmo con la voce del suo possessore, chiare nella targhetta che portava alla cintura con la sua identità: “BL Ingrum”.
   
   STORIA PASSATA
   
   Bonner Lane Ingrum Jr era l’orgoglio e la gioia di sua nonna. Ovviamente, i suoi adoranti genitori erano completamente innamorati del loro primo e unico bellissimo figlio, ma quando sua madre e suo padre erano costretti a viaggiare e lui era ancora piccolo, era la nonna che si occupava di lui, e lo avvolgeva nello speciale e perfetto amore che solo una nonna può dare.
   Era d’estate, per lo più, durante le sessioni estive dell’università: l’archeologo suo padre e la linguista sua madre ricevevano borse di studio per recarsi in luoghi esotici e selvaggi, con malattie straniere e pericoli improvvisi che avrebbero potuto essere una minaccia anche per un bambino così precoce. Per cui, in quei primi anni, erano lui e la nonna, da soli, ad acchiappare lucciole e a fare torte di mirtilli e a cantare canzoni nel cortile sul retro…
   Ed era stata la nonna a chimarlo per prima “BL”. Nessun bambino così forte e intelligente e bello dovrebbe essere chiamato “Bonner Lane”, anche se era il nome di suo padre, ed era stata lei a dargli quel nome ventinove anni prima. No, per quanto speciale fosse suo figlio, questo Bonner era semplicemente la persona più bella, più intelligente, più coraggiosa, più allegra, più forte e più acuta che avesse mai incontrato. Ed era la stessa universale adorazione “da nonna” che l’aveva condotta a questa valutazione che la portò, per qualche motivo, a consacrarlo come “BL” nell’estate del suo secondo anno.
   E fece subito presa. A sua madre e suo padre non era mai piaciuto “Junior” e, inoltre, non solo adoravano la nonna ma erano deliziati dallo speciale legame tra nonna e nipote. Per quando iniziò la scuola, il bambino era ormai decismente “BL”.
   BL crebbe alto e forte e veloce; dall’età di sette anni accompagnò i suoi genitori nelle località più esotiche e apprese lingue e culture molto lontane da quelle della sua casa, nel nord della California.
   Durante gli anni scolastici eccelse nelle materie e negli sport; durante l’estate correva coi ragazzi delle tribù locali o dei villaggi sulle colline, radunandoli per qualche partita improvvisate di calcio coi meloni acerbi o rubando qualche vecchio cesto per tagliarne il fondo, inchiodarlo a un albero e insegnare ai locali la sottile arte del tirare a canestro.
   Nessuno rimase sorpreso quando il bello e studioso atleta fu accettato senza riserve a Standford ai corsi propedeutici alla facoltà di medicina; nessuno fu sorpreso di vedere che si specializzò in biomeccanica e istruzione sportiva. Nessuno fu sorpreso quando si unì come assistente medico ad una spedizione estiva nelle aree deturpate dalla guerra nell’est dell’Europa, un programma derivato dai Corpi di Pace, dedicando volontariamente la propria estate allo stage per l’università.
   Rimasero però completamente scioccati quando, al suo ritorno, senza dire niente a nessuno prima che fosse tutto compiuto, lasciò l’università, vendette la sua macchina ed entrò in marina. Non disse a nessuno i suoi motivi, e raccontò solo a pochi quali fossero i suoi piani, ma una volta che amici e familiari si rappacificarono col suo nuovo lavoro, non furono sorpresi di scoprire che era stato accettato per l’addestramento nelle Navy SEAL: era uno dei suoi piani. Né furono soropresi quando compì la seconda parte dello stesso piano: fece l’addestramento come membro del team medico.
   Nessuno fu sorpreso quando BL eccelse e salì di grado, e fu assegnato ad una delle squadre più rispettate e qualificate delle Navy SEAL. Ma… tristemente… nessuno fu sorpreso quando BL e i suoi compagni di squadra lasciarono la marina e si sparsero per il globo, sulla scia dell’Onda Elettromagnetica, il deterioramento delle responsabilità del governo e l’ascesa della legge della corruzione e delle tangenti.
   Furono piuttosto sorpresi quando BL se ne andò in un non meglio specificato paese dell’oriente, ma rimasero turbati quando scoprirono che viveva in un monastero studiando filosofia e hapkido. E furono tutti contenti - e, c’è da dire, sollevati - quando BL tornò a casa e riprese la scuola, stavolta iscrivendosi al programma di fisioterapia. Era ancora BL, ma diverso: più forte, più silenzioso… più grande. Chiaramente più saggio… e mantenne il silenzio su cosa avesse cambiato la sua vita così drasticamente, quell’estate di tanti anni prima.
   
   STORIA RECENTE
   
   Bling fissò il piccolo contenitore con le cose di Peter nell’armadietto degli effetti personali dell’ospedale, e sentì un nodo in gola. L’uomo non aveva famiglia; aveva chiesto che le poche cose che possedeva e i suoi piccoli investimenti fossero distribuiti tra i membri del suo vecchio team e la ragazza con cui stava uscendo. Aveva lasciato le disposizioni a Bling. I due erano stati fratelli in armi e, negli ultimi due anni, da quando Bling si era trasferito a Seattle, fratelli nel ritiro. Era stato Peter ad incoragiare Bling a venire nello stato di Washington; era stato Peter che lo aveva coinvolto in qualche occasionale incarico per Solo Occhi - ed era come ai vecchi tempi, sotto le armi. Peter gli aveva detto quanto fosse importante quel lavoro, quando bene stava facendo per tante persone. Credeva fosse come quello che facevano sotto le armi - quello che non potevano più fare da quando le cose erano andate a rotoli con l’Onda Elettromagnetica.
   Era stato Peter che lo aveva battezzato con il suo nome “di servizio”: Peter aveva notato il nome sulla sua targhetta - “BL Ingrum” - e dato che l’uomo aveva un qualcosa, calmo, ma le donne davvero gli venivano dietro, lo soprannominò “Bling”. E il nomignolo fece presa più velocemente e insistentemente di quello che gli aveva dato la nonna.
   Bling sospirò. Peter lo aveva predetto, dopotutto. Era preoccupato per un incarico recente su cui era impegnato, e aveva detto a Bling di aver preparato una cassetta di sicurezza con delle ultime istruzioni di cui confidava che Bling avrebbe saputo occuparsi. Aveva insistito che, se lui fosse stato fuori dai giochi, Bling facesse in modo di occuparsene per lui. Aveva anche vagamente suggerito che se fosse successo qualcosa anche a Logan Cale, ci sarebbero state altre faccende di cui occuparsi…
   Una cosa per volta. Tornò a guardare verso la sala operatoria dove Logan Cale era ancora sotto i ferri. Nemmeno l’abilità di Sam Carr avrebbe potuto rimetterlo in piedi - Bling aveva visto la ferita, la cartella… in circostanze ottimali sarebbe sopravvissuto all’operazione, ma nella presente situazione economica non si poteva mai dire. E… le disposizioni… doveva occuparsi della cremazione di Peter e delle sue ceneri…
   Ancora fissando la persona sul tavolo operatorio, Bling sentì il proprio respiro tremare, la perdita di quell’uomo che era come un fratello dolorosa… avrebbe onorato la memoria di Peter facendo ciò che poteva per realizzare qualsiasi desiderio avesse nascosto per lui. Quindi, come prima cosa… sarebbe andato a vedere cosa Peter gli aveva lasciato nella cassetta di sicurezza, in centro…
   
   … continua…
   
    Nota della traduttrice: buon compleanno, Logan! Certo, non proprio una storia allegra per festeggiare… ma era da un bel po’ che volevo tradurre questa meraviglia su Bling. È stata la prima di shywr1ter che abbia mai letto, quella che mi ha spinta per prima a tradurre le sue storie.
   Il prossimo capitolo sarà pubblicato tra una settimana.
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp. Spero tanto decidiate di dedicare due secondi a commentare :)

   
   

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Capitolo 2
*** Cambio della guardia ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: stesso di prima
   
   Note dell’autrice: Bling è un grande personaggio! Perché non lo hanno tenuto nei paraggi, comunque? Immagino abbiamo deciso di usare la scusa che le Industrie Cale erano cadute in rovina e Logan non poteva più pagargli lo stipendio… ma Bling sarebbe rimasto se loro lo avessero voluto - è quel tipo di persona.

Cambio della guardia



   CENTRO CITTÀ
   
   Bling sedeva nella quiete quasi tombale della stanza a volta, da solo ad un tavolo circondato dalle centinaia di visi di bronzo delle cassette di sicurezza… la sua terza stanza, nella terza banca, quel giorno, in cui era giunto seguendo una dopo l’altra le istruzioni della cassetta e i riferimenti a luoghi o codici numerici che solo lui poteva conoscere, dagli anni della loro amicizia. Peter era andato fino in fondo per essere sicuro che nessun altro fosse in grado di mettere le mani sul contenuto della cassetta… e ora Bling sapeva perché.
   Si appoggiò allo schienale della sedia, immobile, ad occhi chiusi, digerendo le informazioni che aveva appena appreso sugli incarichi e sul datore di lavoro del suo amico, sull’uomo che ora giaceva privo di sensi in terapia intensiva, non ancora sveglio dopo la lunga e delicata operazione che aveva subito per arginare quanto più possibile il danno e riparare ciò che non era ancora perduto… Per molte persone, sarebbe stato già abbastanza difficile, l’impatto di una tale lesione profondo. Ma una ferita simile a quest’uomo avrebbe avuto ripercussioni non solo su di lui, ma su una scala molto più vasta - o lo avrebbe fatto se Cale si fosse lasciato sconfiggere. L’ironia delle circostanze bruciava nel petto di Bling - la richiesta di Peter che Bling prendesse il suo posto quando lui se ne fosse andato, come guardia del corpo e braccio destro di Solo Occhi, era stata redatta quando Peter non aveva alcun modo di sapere che Cale avrebbe avuto bisogno di un altro tipo di assistenza che Bling avrebbe potuto offrirgli, come terapista. Questo pensiero lo schiacciava…
   Solo Occhi… nel suo primissimo giorno a Seattle, Bling aveva visto i grandi occhi intensi e aveva sentito la voce appassionata, le parole sintetiche del collegamento video. Lui e, avrebbe scoperto poi, innumerevoli altri, ammiravano il vendicatore mascherato, e lui sapeva probabilmente più della maggior parte degli altri quando fosse pericoloso fare ciò che quell’uomo faceva.
   Non passò molto prima che Bling scoprisse che Peter era coinvolto nel suo lavoro. Quando per la prima volta chiese a Bling di aiutarlo con una missione, Peter gli disse solo quanto gli sarebbe bastato per decidere se intendeva partecipare o meno - e per capire che la missione era parte delle indagini che Solo Occhi stava attualmente svolgendo su una locale compagnia accusata di vendere componenti di armi chimiche a chiunque fosse disposto a pagare. Dal primo momento sapeva di volerne fare parte, ma aveva bisogno di sentire da Peter le sue ragioni per farsi coinvolgere. Il ricordo di quella conversazione aleggiava su Bling, chiaro e forte…

   « Lui cosa ci guadagna? » aveva chiesto Bling, curvo sul tavolino esterno della caffetteria davanti alla quale sedevano, vicino al rumoroso mercatino all’aperto, ottimo per mascherare le loro parole da orecchie indiscrete. « È una specie di benefattore in abiti civili? Robin Hood è un personaggio inventato, amico. Non puoi dirmi che non cerca qualcosa per sé… ».
   « Posso - perché è vero » aveva risposto immediatamente Peter. « Ha risorse all’altezza di ciò di cui ha bisogno; lo fa perché può, e nessun altro sembra in grado o sembra volere occuparsi tutta la merda che c’è lì fuori ». Aveva fatto una pausa a quel punto, e aveva ammesso « È il motivo per cui ho lasciato le forze armate, Bling. La maggior parte dei poliziotti qui fuori - ovunque - è esattamente com’era nell’esercito. I pochi bravi ragazzi ancora in giro sono superati dagli opportunisti, che usano il sistema per ottenere quello che riescono. Solo Occhi è praticamente l’unico che sta dando tutto ciò che ha per cercare di proteggere anche l’ultima persona lì fuori ».
   « Oh, grande, e tu sei Sancho Panza? ». Bling aveva scosso la testa. « Stai cercando di farti uccidere combattendo i mulini a vento con Don Chisciotte? Perché ci sono modi migliori per impiegare la tua vita ».
   « No, non ce ne sono… » Peter era mortalmente serio, il fuoco nei suoi occhi mentre fissava il suo amico. « Lo hai sentito, no? “L’unica voce libera…” Lo è davvero, Bling. E forse li starà tirando giù uno per volta, ma sta combattendo la stessa battaglia che volevamo combattere noi nei paesi dove pochi hanno voce… » Peter aveva scosso la testa tristemente. « Chi avrebbe mai pensato che saremmo diventati noi una terra abbandonata di infiltrati e truffatori più vasta di qualsiasi altra che abbiamo mai visto allora? ».


   E Bling lo aiutò con quell’incarico… poi con un altro… e un altro… e incontrò un altro paio di persone che combattevano quella battaglia, compreso l’occhialuto giornalista di nome Logan Cale.
   Cale. “Che io sia dannato…” pensò, ricordando…
   Bling aveva incontrato Cale varie volte nei due anni in cui era stato parte delle missioni di Peter… all’inizio, era stato per strada o quando doveva fornire delle informazioni - o l’accesso all’ospedale. Circa una dozzina di volte gli fu chiesto di visitare qualcuno, di ripulire e ricucire una ferita, immobilizzare un osso rotto, e molte volte Cale era lì intorno. Sapeva che Cale aveva dei contatti da varie parti, probabilmente iniziati nel suo lavoro come giornalista. Bling sospettava che fosse uno dei “cervelli” dell’organizzazione, aiutando a pianificare le loro attività mentre Peter si occupava di fornire l’approccio professionale. Cale non era troppo fuori forma, e riusciva a tenere il passo con loro abbastanza bene, ma non era un combattente - Bling sospettava che se non si fosse trovato in un mondo che andava a rotoli, probabilmente sarebbe stato felice di ritrovarsi circondato da libri e ricerche giorno e notte. Era brillante, un pensatore; non era fatto per quella battaglia. Sembrava essere un solitario - qualcosa lo aveva spinto a quella lotta, qualcosa di profondo e intimo. Era instancabile, chiaramente andava avanti per ore senza dormire. “Ognuno ha le sue ragioni” pensava Bling. “Qualunque siano le sue ragioni, quell’uomo dà tutto se stesso”.
   Bling ripensò al giorno in cui aveva capito di aver passato un qualche test nell’organizzazione, perché gli fu permesso in un paio di occasioni di incontrarsi in quella che sembrava la casa di qualche ricco benefattore - uno con una sospetta e impressionante abbondanza di apparecchiature informatiche - e Peter gli aveva dato la chiave della cassetta di sicurezza che avrebbe dovuto controllare se fosse successo qualcosa. Gli era stata affidata la protezione del sistema, gli fu detto - e niente di più. Avrebbe trovato le istruzioni e qualunque altra cosa gli servisse di sapere nella cassetta.
   … era un eufemismo…
   
   METRO MEDICAL
   
   Mentre Bling si avvicinava all’ospedale sentì le sirene - niente di normalmente fuori posto al pronto soccorso, ma stavolta erano diverse… e mentre svoltava l’angolo, vide del fumo nero salire da una delle finestre superiori sul retro - il piano di chirurgia ortopedica - e pompieri vestiti di gomma riversarsi dai camion all’entrata del pronto soccorso. Bling ebbe un’improvvisa, intensa brutta sensazione al riguardo…
   Parcheggiando in fretta, Bling corse su per il viale che portava all’ingresso. Vedendo una dei medici ortopedici che conosceva le si avvicinò e le chiese « Ehi, Sarah, che succede? ».
   « Non ne sono ancora sicura - c’è stata una specie di esplosione al terzo piano ovest - non credono che sia rimasto ferito nessuno, ma era nel recupero post operatorio - quella vittima della sparatoria di stamattina di cui si è occupato Sam. Non so come abbia fatto a non essere rimasto coinvolto; hanno detto che è successo nella sua stanza ».
   Bling annuì cupamente. Le parole di Peter - e la sua richiesta di coinvolgere Bling - assunsero una gelida immediatezza. Iniziando ad allontanarsi, toccò leggermente il braccio della donna. « Ci vediamo dopo ». Sapendo che gli ascensori sarebbero stati limitati per le sole emergenze finché i pompieri non li avessero liberati, raggiunse in fretta la tromba delle scale e corse su per i gradini di cementi, a due per volta. Tirando la porta al terzo piano, Bling guardò verso la fine della sala, dove il fumo riempiva il corridoio e il personale era in gran parte assente. Osservando due infermiere del piano entrare e uscire dalle stanze, controllando i pazienti con bocche e nasi coperti con le mascherine da chirurgo per proteggersi dal fumo, si avvicinò all’area rifornimenti e prese a sua volta una mascherina. Raggiunse una delle infermiere alle spalle. « Rose, posso dare una mano? ».
   « Oh, BL - grazie, sì ». La caposala sembrò sollevata. « Come sei arrivato quassù? Credevo che avessero ordinato di evacuare l’ala… ».
   La seguì mentre si recava nella stanza successiva. « Devo essermi perso l’ordine ». Copiò le sue azioni mentre iniziava a scollegare i tubi e a poggiare le sacche per le flebo sul letto del paziente. « State spostando tutti dall’ala? ».
   Lei annuì. « Hanno il fuoco sotto controllo, ma non sono sicuri di cosa abbia causato l’esplosione, per cui vogliono spostare tutti adesso. Meglio che non respirino il fumo, comunque ».
   « Qualcuno era nella stanza quando è esplosa? »
   « No - ma avrebbe dovuto esserci ». Scosse la testa, indicando un monitor che Bling prese e attaccò alla sponda del letto. « Era il nuovo paziente di Sam - la vittima della sparatoria, in terapia intensiva dopo l'operazione. Ma quando quella cosa è esplosa, era fuori, letto e tutto - Cleo ha detto che una giovane donna lo stava spingendo giù per il corridoio, passeggiando come se non ci fosse niente di strano ad avere una stanza ad esploderti dietro le spalle, una cosa di poco conto. C’è stata un po’ di confusione per qualche minuto, ma per quando abbiamo spostato il paziente dal corridoio e in un’altra stanza, lei era sparita ».
   Bling corrugò le sopracciglia. « Staff? ».
   « No - abiti sportivi, giubbino di pelle - Cleo ha detto di non averla mai vista prima ».
   Di male in peggio? Bling non amava i rebus, anche se quando comprendevano qualche angelo custode di strada. « Dovrò lavorare con lui » esagerò Bling - era solo una sua idea, non era ancora sicuro, ma avrebbe fatto in modo che si realizzasse. « Vi aiuterò a spostare i letti, ma vorrei vederlo per un minuto - dov’è ora? »
   « 304 ».
   L’uomo annuì. « Dove state portando i pazienti? »
   « Ci sono abbastanza stanze per quasi tutti al quarto piano est. I due che hanno meno necessità della terapia intensiva andranno ai rispettivi piani ». Fece un cenno con la testa verso l’altra parte della sala.
   « Ok - fammi dare un’occhiata a Mr Cale. Fammi sapere quando vuoi iniziare a spostare tutto ».
   « In qualsiasi momento - inizia quando vuoi. Puoi portare lui giù » disse scrollando le spalle.
   « Certo - grazie ».
   Bling si voltò per andare via, oltrepassando la 304 con un’occhiata veloce, per avvicinarsi alla 312 ancora piena di fumo. Accanto all’entrata, uno dei poliziotti lo vide e gli disse attraverso la maschera « Ehi, amico, non puoi stare qui… ».
   « Lo so; volevo solo essere sicuro che Mr Cale avesse - ah, eccolo qui ». Bling si avvicinò al primo oggetto che riuscì a trovare che apparisse plausibile per giustificare il suo essersi avvicinato a dare uno sguardo veloce. « Scusate ». Si voltò e tornò alla sala e alla 304, la sua mascella che si contraeva.
   Il singolo letto mobile portava la figura immobile di Logan Cale, ancora incosciente, apparentemente non ancora in grado di svegliarsi nonostante l’agitazione. Era pallido e teso, una larga abrasione sulla guancia, ma il suo respiro era regolare e non assistito. Bling si avvicinò alla spalliera del letto e iniziò a spingerlo giù per la sala verso l’ascensore, inserendo la sequenza per l’uso d’emergenza, la mente che lavorava a mille. Non era un’esplosione, non del tipo a cui stava pensando l’ospedale, come una bombola di ossigeno infiammata o qualche problema elettrico - la finestra a pezzi e la disposizione delle schegge erano l’effetto del lancio di una granata. Chiunque desse la caccia alla gente che Peter e Logan stavano proteggendo ce l’aveva ora con Cale, apparentemente per finire il lavoro. La sua speranza che il rapimento della bambina e della donna fosse sufficiente per loro sparì - e si ritrovò improvvisamente a dover fronteggiare l’incarico di proteggere un uomo con un killer alle calcagna.
   
   QUARTO PIANO
   
   Fluttuava tra il sonno e la veglia; sentì non solo il tipico ping degli ospedali ma anche la voce di un uomo, calma e forte, che chiedeva una sua reazione. Sentiva un sordo ma insistente dolore pulsante lungo la schiena, dalla vita alle spalle; la testa sembrava spaccarsi. Aggrottò le sopracciglia, cercando di mettere a fuoco…
   « Dai, Logan, so che ci sei. Parlami ».
   Riuscì a forzare gli occhi ad aprirsi, e ne richiuse immediatamente uno quando due immagini indistinte non sembravano sovrapporsi. Attraverso le palpebre semichiuse vide un viso sereno, rivolto verso di lui.
   « Vedi? Ci sei quasi, amico ».
   La voce era carica di conforto, preoccupazione. Il viso lo conosceva. « … Bling… » gracchiò attraverso la gola secca, dolorante per i tubi che vi erano stati così di recente.
   « Ehi. Bentornato ». Mentre parlava, allungò la mano verso un punto dietro Logan che lui non riusciva a vedere. « La tua bocca è probabilmente piuttosto secca, ma non puoi ancora bere. Ho delle pastiglie di ghiaccio, però - ne vuoi qualcuna? ». Quando vide il cenno di assenso, Bling ne avvicinò un pezzo alle sue labbra e Cale lo prese riconoscente, lasciando che il frammento freddo sciogliendosi desse sollievo alla bocca assetata.
   « Logan, sei al Metro Medical - sai perché ti trovi qui? »
   Gli occhi rimasero chiusi, mentre la fronte di Cale si corrugava, cercando di ricordare… Alla fine rimise i pezzi insieme.
   « Lauren… Sophie…? » chiese. « Le hanno prese » affannò, agitato… « Sai se… ».
   « No, non so cosa sia successo. Mi dispiace… ». Bling vide l’angoscia dipinta sul volto dell’uomo, il dolore del fallimento « Senti, magari è andato tutto bene… ».
   « Chiama Peter. Lui lo saprà » riuscì a dire Cale, la voce lieve per la debolezza. « Dov’è? È stato ferito anche lui? »
   Bling si accigliò, odiando ciò che doveva fare, sapendo che avrebbe dovuto mentire per ora, sapendo che non poteva… « Logan, Peter è stato colpito… non ce l’ha fatta… ». Vide gli occhi lottare per aprirsi, tormentati; iniziarono a riempirsi leggermente - come fecero quelli di Bling in risposta, entrambi piangevano per lo stesso uomo. « Non ha sofferto. È stato immediato ».
   Gli occhi di Cale si chiusero lentamente, la fronte corrugata, il dolore per la perdita visibile. « È stata colpa mia… »
   « No - e non voglio sentirtelo dire di nuovo ». La voce di Bling era ferma. « Peter mi era vicino come fossimo parenti - era parte si questa costa cosa di sua volontà, sapeva che ciò che stava facendo era giusto - e non ti avrebbe mai permesso di trascinarlo in qualcosa che non voleva fare. Non avrebbe fatto andare nemmeno te a fare qualcosa che non aveva almeno una ragionevole possibilità di funzionare. Per cui non provare nemmeno a dire che è stata colpa tua ».
   Il dolore era ancora lì, ma la fronte si schiarì leggermente. Bling sapeva che l’uomo aveva bisogno di riposare e probabilmente non avrebbe ricordato molto di tutto ciò, ma doveva essere sicuro che Cale non prendesse il peso di tutto sulle sue spalle. Aveva la sensazione che avesse già abbastanza con cui confrontarsi, dovendo affrontare la vita ora da paraplegico, con qualcuno ancora lì fuori che lo voleva morto. Avrebbero dovuto parlare, seriamente, presto. Ma ora non era il momento…
   « Senti, Logan, tu resta steso e riposati. Devi rimetterti da qualcosa di serio. Vorrei restare nei paraggi, però, nel frattempo ».
   Gli occhi versi riuscirono ad aprirsi ancora una volta per studiare il volto dell’uomo. « Per quale motivo? » chiese con voce rauca.
   « Un favore a un vecchio amico ». Le parole di Bling furono immediate. « Riposati, Logan » disse con voce rassicurante. « Hai un bel po’ di lavoro davanti… »
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: e a sette giorni dal compleanno di Logan, oggi è il mio :)
   Il terzo capitolo sarà online domenica prossima.
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   Forza, gente, recensite!

   
   

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Capitolo 3
*** Un viaggio da un milione di miglia ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: personaggi presi in prestito da Cameron, Eglee, Fox. Ragazzi, non vorreste anche voi che li avessero portati avanti?

Un viaggio da un milione di miglia


   METRO MEDICAL: SESTO PIANO NORD
   
   Era tardi, l’ospedale era buio e silenzioso, e Sam Carr sedeva alla sua scrivania nella pozza di luce della lampada da tavolo, correggendo le trascrizioni che aveva dettato delle note sulle operazioni. Il pensiero della lasagna di sua moglie gli fece brontolare lo stomaco, ma aveva ancora altre quattro relazioni dell’ultima settimana da rivedere, e poi sarebbe potuto tornare a casa a riposarsi sul serio e godersi la sua famiglia per il weekend. Nel corso degli anni aveva scoperto che prendersi una notte a settimana, dopo ore, funzionava meglio; era molto meno confusionario che cercare di riempire i verbali tra un paziente e l’altro, o cercare di farlo in qualunque momento a casa dove i sue due energici gemelli, ora di sei anni, esigevano la sua attenzione…
   Sam si accorse dell’arrivo di qualcuno dal movimento della luce fioca che entrava dalla sala, e alzò gli occhi ad incontrare una familiare e imponente figura. « Ciao, BL ». Il sorriso del medico, benché stanco, era sincero. « Non ti ho visto molto ultimamente - come stai? »
   « Bene, Sam; grazie ». La sua espressione era amichevole. « Settimana dura? »
   « Si vede? ». Sam sorrise mestamente. « Alcuni casi brutti, questa settimana. Deve essere proprio dura là fuori, gente che resta ferita a destra e sinistra, non esco abbastanza da vederlo ».
   Bling annuì. « Merglio così. Hai già qui un buon quadro di tutto quello che c’è da vedere , no? ». Somigliava alla maggior parte dei commenti dello staff negli ultimi giorni, tristi, humor macabro tra persone che a volte avevano bisogno di ridere per non impazzire per l’infinita ristrettezza e disperazione della città un tempo così piena di vita. Quando Sam annuì e sospirò, Bling arrivò al punto. « Sam… uno dei tuoi nuovi pazienti - la vittima della sparatoria, T10(*) a pezzi, è stato registrato come John Doe - vorrei prendere io l’incarico quando lo segnerai per la fisioterapia ».
   Senza esitare Sam annuì. « Certo. Lo conosci? »
   Bling annuì. « È più l’amico di un amico - si chiama Logan Cale, ma… » Bling conosceva Sam da quando aveva ottenuto il lavoro lì, subito dopo il suo arrivo in citta poco più di due anni prima. Se non poteva fidarsi di Sam, non c’era nessuno di cui potesse fidarsi nell’ospedale. E poi - non c’era comunque il tempo di controllare, anche se avesse avuto le risorse per farlo. « Sam, se ce l’hai ancora registrato come John Doe, vorrei chiederti di mantenerlo così. Credo che l’esplosione nella sua stanza fosse un attentato contro di lui, per finire il lavoro che hanno cercato di fare in strada ». Bling rimpiangeva di aver parlato senza pensarci, così su due piedi, quando aveva chiamato Logan per nome non solo con il personale ma anche con uno dei pompieri. Poteva solo sperare che il nome non significasse nulla per loro e fosse presto dimenticato nel caos che aveva seguito l’esplosione. « Magari tenere il nome privato terrà tutti più al sicuro ».
   Sam si accigliò. « Perché? Chi è? »
   Bling usò la scusa che Peter aveva utilizzato con gli uomini della sicurezza delle Fogle Towers per chiedere la loro attenzione quando serviva. « Logan è uno dei Cale delle “Industrie Cale”. Apparentemente, dall’Onda Elettromagnetica, la sua famiglia è stata presa di mira dai rapitori, come altre famiglie ricche del paese, nella speranza di ottenere soldi. Inoltre, l’azienda si occupa anche di tecnologie ambite da altri governi e tanto desiderate sul merato nero. Qualunque sia la ragione adesso, non sarebbe la prima volta che qualcuno dà la caccia alla sua famiglia. Forse ammazzare un Cale attira l’attenzione degli altri Cale; chi lo sa? Forse era solo una coincidenza. Ma date le circostanze, magari è meglio essere paranoici ». Bling arrivò al punto: « Sam, l’altra vittima della sparatoria che è stata portata con lui - quello che non ce l’ha fatta - era il mio amico più caro, di quando eravamo insieme sotto le armi. Lavorava per Cale, e aveva accennato che potesse essere in un qualche pericolo… » Bling sperava non fosse troppo da scaricare sulle spalle del dottore. « Che mr Cale lo volesse o meno, Peter si era autonominato sua guardia del corpo, ed era lì per lui quanto più gli era possibile. Ora che Peter se n’è andato… e soprattutto visto che Cale avrà bisogno della fisioterapia…. » Bling riassunse, « vorrei essere io a seguirlo ».
   « Ma certo ». In suo onore, bisogna dire che Sam rimase relativamente impassibile. « Avevo pensato comunque a te, data la sua altezza e l’età… ». A quelle parole, Bling comprese che il medico stava pensando sia agli aspetti fisici sia a quelli psicologici della riabilitazione del paziente, dato che l’altra terapista dell’ospedale era giovane, minuta - e molto femmina. Non solo l’aggiuntiva altezza e forza di Bling gli avrebbero reso più semplice avere a che fare con un paziente più alto - e quindi più pesante - ma ci sarebbero stati anche argomenti che un qualsiasi uomo avrebbe trovato difficoltà ad affrontare - e non avrebbe magari mai affrontato del tutto con una ragazza giovane e carina a condurre la conversazione.
   Bling annuì. « Grazie Sam. Peter mi aveva chiesto di vegliare su di lui, se fosse successo qualcosa… ». Si accorse che le parole, pronunciate, erano ancora difficili da dire tenendo la voce ferma… ma proseguì. « Logisticamente, se potessi assegnargli una stanza interna, o senza finestre o con una che dia sul cortile interno… »
   « Va bene ». Gli occhi di Sam non lasciarono mai quelli di Bling, sondandoli… si fidava, ma era curioso. Aveva sempre rispettato il lavoro dell’uomo e i suoi risultati anche coi pazienti più difficili. Ma BL gli aveva sempre ricordato uno dei vecchi detti, “l’acqua cheta rompe i ponti”. Aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa di più oltre l’apparenza, anche se credeva completamente che qualunque natura ci fosse al di là era tanto nobile e generosa quanto quella che mostrava come terapista. Apparentemente, aveva ragione… o almeno così sperò.
   « E… solo perché tu lo sappia » continuò Bling, di slancio, poiché aveva bisogno del medico di Logan per questa cosa, aveva bisogno di sapere che Sam ci sarebbe stato per il suo paziente. « Ci sarà una qualche insistente fonte che dirà ai reporter locali che qualcuno è effettivamente morto nell’esplosione. Ovviamente non è vero, per cui l’ospedale negherà probabilmente con la stessa enfasi ». Bling mantenne i suoi occhi in quelli del chirurgo. « Ti prometto che non sarai citato o usato in nessun modo da me, ma… se qualche giornalista chiedesse… Spero solo che basti, se teniamo il suo nome fuori dai registri dell’ospedale, e lo spostiamo senza dirlo a nessuno dal quarto piano al reparto, chiunque stia cercando di farlo fuori penserà di esserci riuscito ». E un paio di verbali in più che lo confermino aiuterebbero, pensò.
   Di nuovo il medico annuì - più lentamente, stavolta, pensieroso, ma si fidava comunque di Bling dopo avergli affidato i suoi pazienti per due anni. L’uomo non aveva mai deluso lui o i suoi pazienti, nemmeno una volta. « Ok, Bling » disse piano. « Fammi sapere se posso fare qualcosa ».
   Bling si tranquillizzò un poco. « Grazie. Già il fatto che ti sia offerto significa molto ». Cambiò posizione e chiese « Sa dell’estensione delle ferite e la prognosi? »
   Sami annuì. « Ho parlato con lui stamattina ».
   « Come l’ha presa? »
   « Stoico… mascella serrata. Non ha detto molto - non ha detto nulla » Sam si corresse. « Non ha fatto domande. Era lucido e sveglio, per cui… credo lo sapesse già ».
   Bling rifletté. « Ok. Inizierò col solito lavoro a letto, poi sulla sedia, a meno che tu non voglia che faccia qualcos’altro. C’è niente di particolare che ti aspetti? »
   « No, ma vedremo tra un paio di settimane, quando il edema si riassorbirà ».
   Bling annuì ancora una volta. « Ok, doc, grazie ». Si voltò per andarsene. « Credo che mi fermerò a vederlo ».
   « Bene, BL; grazie - fammi sapere come va ». Vide il viso scuro sorridere, una piccola scintilla di speranza in un mondo cupo e buio, mentre il terapista si voltava per andarsene con passo silenzioso. Sam non era sicuro che gli avesse detto tutto - in effetti, era abbastanza sicuro di no - ma BL aveva lo stesso effetto su di lui che aveva sui suoi pazienti: che c’era sempre speranza, che la fiducia non era sprecata, e che un giorno, in qualche modo, il mondo si sarebbe raddrizzato e la giustizia, sebbene ora fosse poca, sebbene fosse umile, avrebbe ritrovato il modo di tornare a Seattle.
   
   METRO MEDICAL: STANZA 416
   
   I macchinari erano ora ridotti a uno o due soltanto, per cui la precedente cacofonia di bip e ronzii e campanelli e fruscii era ora ridotta all’irritante e regolare bip del monitor del pulsiossimetro, che Logan avrebbe volentieri lanciato attraverso la stanza, se avesse potuto raggiungerlo… se avesse avuto la forza di tirare qualcosa…
   Per la maggior parte, quando era sveglio, riusciva ad estraniarsi da tutto, recitando mentalmente poesie vecchie di secoli che aveva studiato a scuola… ripensando alle partite dei playoff di basket prima dell’Onda Elettromagnetica, ricordando Reggie Miller che segnava dai tre punti con la stessa facilità con cui respirava, ricordando la sensazione della palla tra le mani, il campo liscio sotto i piedi…
   … e con un improvviso respiro trattenuto di dolore, tornò di colpo alla poesia, di nuovo alle parole, lontano dal movimento fisico… dal ricordo di ciò che ora aveva perso.
   Tenne gli occhi chiusi, rinnegando la stanza, incapace comunque, per ora, di vedere molti dettagli intorno a lui, dato che era steso sulla schiena e non aveva gli occhiali. Non c’è niente da vedere qui, per cui non aveva insistito; non era ancora sveglio abbastanza e sufficientemente a lungo da poter cercare qualcuno con cui insistere, se avesse voluto.
   Ma i ricordi erano soffocanti, e la realtà insistente… e non importava quanto riuscisse a richiamare testardamente alla mente le parole di Poe o Whitman o Crane o Bryant, la sua realtà era che non importava quanto ci provasse, non importava quando concentrato o deciso fosse, le sue gambe e piedi erano immobili sotto la coperta. E quella, non importava tutto il resto, era la realtà, per sempre…
   
   METRO MEDICAL: QUARTO PIANO OVEST
   
   Bling si avvicinò alla porta, sbirciando attraverso il vetro, la persiana aperta così che lo staff potesse controllare periodicamente il singolo occupante della stanza. Non era esattamente sulla lista di controllo dei pazienti a rischio suicidio; diavolo, non c’era niente a portata di mano dell’uomo che potesse essere utilizzato a tale scopo, se avesse voluto, che non avrebbe attivato un allarme se ci avesse provato - tubi e cavi avrebbero azionato l’allarme se staccati, e nient’altro era a portata. Bling si rabbuiò leggermente pensando agli aspetti pragmatici, a come quelli dello staff potessero così facilmente lasciare a se stesso un paziente immobile - ma poi, sospirò, doveva essere meno severo nei loro confronti. Erano incredibilmente oberati di lavoro e il loro comportamento aveva perfettamente senso considerate le circostanze. Tuttavia, per il suo paziente… per Logan Cale… sospirò, tristemente.
   Aspettò un momento per concentrarsi su ciò che lo aspettava, sapendo che stavolta sarebbe stato più difficile per lui, dato ciò che sapeva ora. Lo stupore e l’ammirazione che aveva per quest’uomo rendevano l’incarico angosciante - tutto ciò che aveva dato, ciò a cui aveva rinunciato, la battaglia disinteressata che combatteva per migliaia di persone che non aveva mai incontrato solo perché era giusto - non c’era da meravigliarsi che Peter era stato così determinato a proteggerlo.
   E ora Peter se n’era andato, Cale era gravemente ferito, e la battaglia non era finita - anzi. Bling sapeva senza alcuna ombra di dubbio che Cale poteva tornare a combatterla, che lui avrebbe potuto far tornare Cale a combatterla - ma non poteva lasciare che la sua ammirazione per l’uomo lo portasse a trattarlo in maniera diversa da come avrebbe fatto con qualsiasi altro paziente - doveva essere fermo, non doveva accettare nessuna autocommiserazione, o debolezza, o disperazione. Sapeva, dalle suoi precedenti collaborazioni con Cale, che l’uomo aveva i suoi demoni, e Bling sospettava che la depressione sarebbe stata una grave minaccia durante la sua guarigione.
   Bling avrebbe dovuto metterci tutto se stesso per convincere l’uomo ad andare avanti - aveva troppo lavoro da fare ancora. A dispetto dei suoi sentimenti personali per i notevoli sacrifici dell’uomo solitario, Bling sapeva che doveva farlo rialzare e rimettersi al lavoro. Non ne andava solo delle vite di innumerevoli persone - ma anche dell’anima dell’uomo il cui futuro ora lui teneva nelle sue forti, capaci mani…
   
   METRO MEDICAL: STANZA 416
   
   Il rumore sommesso della porta che si apriva fu un cambiamento sufficiente a svegliarlo dal suo mezzo-sonno, mezzo-torpore. Non aprì gli occhi; di solito quando non lo faceva le infermiere lo lasciavano solo.
   Ma i passi erano più silenziosi e pesanti di quelli delle inermiere… e il rumore si avvicinò, si fermò - e attese. E anche lui lo fece - ma non era mai stato bravo nelle prove di pazienza. Dopo qualche momento, aprì lentamente un occhio…
   « Ehi. Sei occupato? ». Un sopracciglio nero si sollevò in un gesto gentile di sfida e un lento sorriso tirò le labbra di Bling.
   « Divertente » rispose Logan con voce roca, chiudendo gli occhi di nuovo. « Non immaginavo che fossi nei paraggi ».
   « No, lavoro qui durante il giorno. Tieni ». Logan alzò lo sguardo e vide che Bling gli porgeva gli occhiali, e li prese. Dopo solo un momento di esitazione li inforcò, lentamente. Bling stava spiegando « Quelli che indossavi quando sei arrivato si sono persi nel trasferimento - questi li ho trovati sulla tua scrivania… »
   Ci volle un breve momento, ma il significato divenne poi ampiamente chiaro e Logan realizzò perché Bling si trovasse a casa sua. « Ti sei occupato di tutto? » chiese, la mente improvvisamente concentrata, risoluta, decisa.
   « I protocolli di sicurezza sono attivi e il mainframe è disconnesso dalla rete ». Bling parlò con voce bassa, ferma. « Ma considerando che ti stai riprendendo - non ho voluto staccare la spina a tutto senza… »
   « Fallo ». Logan chiuse gli occhi. La sua voce era fredda e piatta. Priva di emozioni.
   « Non posso - non quando tu puoi ancora… »
   « Fallo ».
   « Non ancora ». Bling osservò gli occhi dell’uomo aprirsi verso di lui, e un milione di emozioni passò attraverso quegli abissi verdi; inadeguatezza, disperazione, rabbia, frustrazione… un’impotenza opprimente. « È tutto al sicuro per il momento. Ti pentiresti se perdessi tutte le informazioni; ci vorrebbero anni a rimettere tutto insieme - diavolo, potresti non riuscirci mai. Non staccherò ancora la spina. Non ancora ».
   « Non sta a te decidere… »
   « In realtà sì. Tu sei qui, e ci resterai per un po’. Peter mi ha affidato questo incarico - e, da quello che ho capito, è stato con la tua approvazione. Per cui, per il momento, sta a me decidere. Vorrai tutto intatto per quando tornerai, Logan. Fidati di me ».
   « Sì, beh, fidati di me, non tornerò. O non ti hanno insegnato che succede quando un proiettile fa un balletto in un midollo spinale? »
   « In realtà, hanno insegnato molto di più a me al riguardo di quanto tu possa avere imparato in quei corsi di giornalismo che hai seguito ». La risposta di Bling non vacillò nemmeno un momento. « In effetti, il tuo dottore mi ha assegnato il compito di farti tornare nel mondo, a meno che tu non pianti qualche grana al riguardo. E se anche lo facessi - non è tipo da rimanere impressionato. Non ci sono molto fisioterapisti in giro di questi tempi e gli piace come lavoro io. Per cui, direi che sei condannato ad avermi come terapista per un po’ ».
   Cale era silenzioso, i suoi occhi perforavano quelli del suo nuovo terapista. E ci volle tutta la sua determinazione perché Bling non mostrasse alcuna reazione a ciò che ci vide - che gli occhi, quegli occhi familiari che poteva ora immaginare all’interno della maschera video con scritto “streaming freedom”, non riuscirono a nascondere un fremito di sollievo e resa alla forza dell’uomo che avrebbe potuto aiutarlo a salvare ciò che rimaneva della sua vita ammaccata… Bling si alzò in fretta, non voleva interrompere il contatto più di quando volesse il suo paziente, temendo di perdere le battaglie future… e Cale deglutì, sollevando un po’ il mento. « Quanto ci vorrà? »
   « Cosa, la terapia? »
   « No, a convincerti a staccare la spina ».
   Bling sollevò un po’ le sopravcciglia, e si concesse effettivamente una risatina - che Cale lo volesse ammettere o meno, sentiva che era possibile tornare alla battaglia, e Bling comprese la sua vera domanda: “Quanto ci vorrà a tornare?”. Bling scosse la testa, e lasciò che il suo sguardo guidasse quello di Cale alla barra trapezoidale sospesa sopra la sua testa. « Non tanto quanto credi - se iniziamo ». Vide Logan seguire il suo sguardo alla barra mentre la larga mano di Bling la afferrava. « Vedi questa? Vedi se riesci ad afferrarla… »
   
   … continua…
   
    Note della traduttrice: (*) Nella puntata “Un figlio di nome Max” (titolo originale “Female trouble”), la dottoressa Vertes dice che la lesione è sotto l’ottava vertebra toracica, ma in questa fanfiction shywr1ter scrive T10. Ho deciso di tradurre fedelmente all’originale; nell’economia generale della storia, comunque, questo non cambia nulla.
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp. Su, su, non siate timidi :)


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Capitolo 4
*** Un angelo sotto copertura ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: vedi capitoli precedenti. I personaggi sono solo presi in prestito per un po’.

Un angelo sotto copertura

   
   METRO MEDICAL: QUARTO PIANO OVEST. Dieci giorni dopo.
   
   Il dolore era intenso, ma non aveva in tenzione di ammetterlo: sapeva che Bling era in piedi accanto a lui e lo osservava con attenzione, ma stava mostrando la buona grazia di non chiedergli come si sentisse. Piegò un po’ la testa all’indietro, l’angolo del letto, ora alzato di quarantacinque gradi, era doloroso e disorientante, gli faceva girare la testa e lo faceva sentire come malfermo. Milioni e milioni di buchi, notò per la milionesima volta, ora con i denti serrati, osservando le migliaia di fori nei pannelli per l’isolamento acustico sopra di lui, osservando la fila di mattonelle in alto dietro la sua testa, dove il soffitto incontrava il muro, e poi lungo il muro, per le pareti senza finestre che tagliavano via ogni speranza di fuggire…
   … ci vorrebbero anni a contare tutti i buchi… una vita…
   Dovevano esserci buchi anche al pronto soccorso, rifletté di nuovo, ma senza gli occhiali non aveva avuto modo di saperlo. Inoltre, i farmaci e lo shock e l’operazione d’urgenza gli avevano impedito di contarli. Quando si era finalmente svegliato in reparto, ci era rimasto per un po’ ignaro prima che Bling gli portasse gli occhiali, e allora li scoprì. Aveva quasi finito di contare tutti quelli che poteva vedere, anche con le infermiere che venivano ogni tanto a mettergli il busto ortopedico e tutto il resto, e a girarlo su un fianco o l’altro, quando Bling arrivò e annunciò che oggi si sarebbe seduto…
   « Migliora? ». La voce di Bling, gentile - com’era spesso, realizzò - lo riportò al presente. Il suo tono lo fece sentire impacciato, sottolineva la sua impotenza - o era la risposta del suo corpo alla semplice azione di sedersi ad un angolo che lo faceva sentire così… disabile?
   « Sicuro. È fantastico » mormorò Logan tra i denti stretti.
   « Dico sul serio, Logan - hai vertigini o improvviso mal di testa? »
   « Sto bene ». La sua risposta chiudeva ogni discussione. Pensava.
   « Se non me lo dici, ti faccio scendere di nuovo, e ritorniamo indietro di un bel po’ ». Bling si mosse con decisione per usare i controlli del letto.
   « No - aspetta » boccheggiò Logan. « Mi hai fatto aspettare tanto solo per arrivare fino a qui… »
   « E ti farò aspettare ancora finché non ti deciderai ad essere onesto con me e a dirmi come ti senti - perché lo so che non è “bene”. Non ho intenzione di rischiare che la tua pressione schizzi alle stelle o di causarti ulteriori danni alla schiena perché sei troppo cocciuto per ammettere cosa non va ». La discesa iniziò.
   « Va bene. Aspetta » supplicò Logan - e Bling si fermò, in attesa. Cale prese un respiro tremante e ammise « Mi sento… come se stessi cadendo. Un po’ stordito ma… non come se mi girasse la testa, come poco fa ».
   « Così va meglio. Mal di testa? ».
   Logan rifletté, poi parlò. « No. Non proprio… più come… un dolore opprimente su per la spina dorsale, dentro la testa ».
   « Un dolore? O una fitta? ».
   « No, un dolore - come qualche giorno fa, è ricominciato ».
   Bling annuì, e cedette. « Ok. Vuoi provare un po’ più in alto? ». Quando Logan annuì e mormorò il suo assenso, Bling inserì i comandi per farlo salire magari anche cinque gradi più di prima. « Lo stesso? ».
   « Sì » rispose Logan, ma inspirò, sollevando di nuovo lo sguardo per concentrarlo intensamente sul soffitto come Bling gli aveva visto fare innumerevoli volte - come aveva visto altri pazienti fare. Ma dopo appena qualche momento parlò di nuovo. « Questa cosa… migliora, vero? ».
   Bling sorrise e annuì, contento di potergli dare qualche buona notizia. « Prima di quanto di aspetti, rispetto a come ti senti ora » promise. « Tieni duro per un po’, Logan. Faccio questo per mestiere ».
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Cinque giorni dopo.
   
   Max si fermò in un corridoio vuoto adiacente, in ascolto, prima di svoltare l’angolo. Dato che era pieno giorno, con lo staff e i visitatori che andavano e venivano per il corridoio dell’ospedale, era più facile rimanere inosservata se assumeva un passo normale e camminava come un normale visitatore.
   Cosa che, in un certo senso, era; era stata in ospedale e nei dintorni varie volte, ormai, turni diversi e orari diversi, abiti diversi, persino piani diversi, tutto in un continuo sforzo di coprire le spalle a quel tizio - o almeno mantenere un occhio vigile sulle cose, per essere certa che tutte le minacce di Sonrisa e del suo branco di delinquenti fossero finite così come lo stesso boss della malavita e quell’imbecille del suo sicario. Dopo aver passato un paio di settimane a osservare gli agenti di Sonrisa e l’ospedale, era soddisfatta di constatare che da quella parte non sarebbero più venuti problemi.
   Non che lui lo sapesse. Non che lei volesse che lui sapesse.
   L’idea di fare la veglia al suo capezzale, portando fiori e vuote chiacchiere - lei non sapeva farlo, e sospettava che nemmeno lui fosse tipo da queste cose. Lui era lì a causa della propria insensata idea di giocare a fare il salvatore del genere umano, e esattamente come avrebbe dovuto aspettarsi, scaraventato tra eventi uno peggiore dell’altro che ponevano a rischio la sua incolumità, quando le cose erano andate male, era qui. Non se ne sarebbe andato con le sue gambe da questo posto. E tutto perché gli mancavano tanto le emozioni forti nella sua vita che aveva dovuto iniziare a frugare nelle vite altrui?
   Ma lei continuava a tornare, a tenere d’occhio le cose… qualunque cosa l’avesse attirata lì, quella prima volta, l’aveva portata a controllare casa sua di nuovo, non solo per cercare informazioni su Sonrisa e Anselmo, così da poter fare una visitina anche a loro, ma anche per dare un’occhiata in giro, e controllare che il posto fosse sicuro contro evenuali altri effrazioni, almeno da parte di qualcuno senza una chiave o le sue “speciali abilità”. Avendo poi trovato Lauren lì, si era ritrovata ad aiutare la madre sconvolta a trovare sua figlia.
   “… e dopo? Pensa, Max” si rimproverò, la sua voce interiore era sacrastica mentre si accertava che non ci fosse niente di inusuale dietro l’angolo. “Ti sei sbarazzata della minaccia, hai portato via madre e figlia, e il ragazzo ricco è al sicuro. Perché sei qui questa volta?
   Non riusciva a scrollarseli di dosso, né la voce né l’irresistibile, inquieto bisogno di venire a vederlo, di studiarlo, di cercare di comprendere cosa diavolo lo avesse spinto a fare ciò che faceva. Di certo non sembrava avere un qualche tipo di addestramento per queste cose; le sue azioni erano talmente contrarie a qualsiasi addestramento che lei e i suoi fratelli avevano ricevuto, che era certa lui non fosse assolutamente un mercenario - almeno non del genere militare. E quando avevano parlato, lui era stato arrogante, sicuro di sé, persino compiaciuto in quel modo tipico dei riccastri, e più sicuro della giustizia della sua cause e delle sue decisioni di quanto fosse intelligente. In qualsiasi altra circostanza lei non gli avrebbe dato nemmeno un pensiero - no? Dopotutto, non era abbastanza pieno di sé da bastare per entrambi? Da bastare per parecchia gente? Normalmente, considerato tutto ciò, lei sarebbe scappata dalla parte opposta.
   Perciò… perché tutto questo?
   Visite ripetute rischiavano di esporla, di farla riconoscere. Anche tra questa gente che si affannava attraverso le giornate lavorative o era solo concentrata sulle proprie visite, dove avrebbe dovuto essere invisibile, più volte fosse venuta, più c’era il rischio che…
   … e, avanzando verso il reparto riabilitazione dove si trovava ora il suo obiettivo, si scontrò letteralmente con l’ampio, possente petto di un massiccio uomo di colore, che all’ultimo momento le si era piazzato agilmente davanti.
   E lei ci era cascata, come si rimproverò più tardi. Proprio mentre si cullava nella sicurezza di essere circondata dalle pecore, questo tizio era comparso. E proprio come lui voleva, lei si ritrovò a interrompere il suo cammino e ad alzare gli occhi verso di lui, rivelandosi, viso a viso.
   « Ehi. Scusa… » disse la voce gentile di lui. Le mani sollevate lontane dal corpo non solo per l’universale gesto di scusa… ma anche per aumentare la sua abilità di bloccarle il cammino. « Soltanto un momento » disse. « Solo una o due domande… ».
   Max considerò le proprie opzioni. Aveva riconosciuto gli indizi - questo tizio era addestrato. Inoltre aveva una targhetta: lavorava qui - il che significava che lei, una straniera, non aveva possibilità di convincere lo staff che lui fosse il pericolo. Aveva l’impressione che lui avrebbe potuto rivoltarle contro l’accusa, e gli avrebbero creduto. E poi il dettaglio finale: questo tizio lavorava lì con Robin Hood.
   Non era in pericolo immediato, pensò Max. Questo tizio lavorava per Cale, che già una volta aveva impedito al suo energumeno di farle del male. E il suo DNA felino pizzicava solo perché voleva delle risposte… per cui gli concesse un minuto.
   « … chi è che lo chiede? ». Assunse una posizione naturale, ma più ampia - al che gli occhi di lui luccicarono, cogliendone il significato. Era ancora cauto, però - e lei comprese che si trattava di un uomo molto più riflessivo dell’ultima guardia del corpo che aveva dovuto affrontare. Interruppe il contatto visivo e guardò la targhetta. « Che razza di nome è “BL”? ».
   « Che razza di nome è Max? » chiese lui gentilmente, gli occhi fissi su di lei. « Perché è questo il tuo nome, vero? Il corriere della Jam Pony? »
   « Non so di cosa tu stia parlando… » iniziò ad avanzare oltre di lui, per metterlo alla prova. E il movimento di lato dell’uomo fu sottile, fluido… e molto efficace. « Senti… »
   « Perché sei qui? Puoi andare a fargli visita, se vuoi ».
   « Perché tu sei qui? L’ultima guardia del corpo non ha fatto un così bel lavoro, sai? ».
   Bling riuscì quasi a nascondere la sua reazione, la dolorosa pugnalata che sentì a quelle parole. « Lavoro qui. Sono un fisioretapista e sto lavorando con lui per farlo uscire di qui ».
   « Ma non sulle sue gambe, vero? A meno che tu non abbia qualche pozione magica in grado di far ricrescere un midollo spinale reciso ».
   « No… ma c’è molto più del semplice camminare in gioco… lui ha lavorato tanto, per riguadagnare le forze per andare via da qui ».
   Max esitò, infine ammise « Lo so. Ho visto… ». Era rimasta lì vicino e aveva sbirciato all’interno, credeva non vista, per osservare gli sforzi dell’uomo e l’assistenza paziente, ferma ma gentile del suo terapista. Aveva sentito meno il bisogno di venire così spesso, dopo aver visto Cale con lui; anche allora sospettava che questo “BL” sapesse il fatto suo, e si sentiva perciò molto più in dovere di venire quando sospettava che se ne fosse andato. Non c’era alcun bisogno di duplicare gli sforzi.
   « Va bene se vuoi entrare » ripeté Bling, un po’ più gentilmente ora. « Gli farà piacere avere visite ».
   Quindi non ne aveva avute? In qualche modo, la cosa la sorprendeva ed era contemporaneamente ciò che si aspettava. Maledizione a lui, imprecò, improvvisamente arrabbiata con lui per il solo fatto che esisteva, per essere così complesso e irresistibile - così diverso dalla sua vasta e vuota banda di amici. Solo Original Cindy aveva qualcosa in più. Max le voleva bene come a una sorella; avrebbe dato la sua vita per Cindy eppure nemmeno lei conosceva i segreti che Cale sapeva su di lei… nemmeno lei l’attirava a sé ancora e ancora, per vedere cosa lo facesse andare avanti…
   « … Max? » tentò Bling, vedendo le emozioni che le attraversavano il viso. L’aveva vista qualche volta da quelle parti e non l’aveva percepita come minaccia, ma aveva deciso che lei doveva sapere che lui sapeva che era lì. Dai vaghi accenni di Peter, nei suoi ultimi giorni, ad una ladra che era comparsa a metà del caso Sonrisa e lo aveva atterrato - cosa che aveva ammesso solo dopo un paio di birre e qualche insistenza da parte di Bling - alla descrizione di una giovane donna con un giubbino di pelle che aveva allontanato Cale dal pericolo qualche momento prima che la sua stanza esplodesse, alle brevi risposte di Cale alle domande casuali di Bling sull’aumentare la sicurezza nell’edificio, compreso l’accesso dal tetto… sapeva che c’era qualcosa di inusuale riguardo quella donna minuta, e sapeva che lei sarebbe tornata, indipendentemente da come lui si sarebbe comportato. Per cui aveva deciso che ingraziarsela fosse la strategia migliore al momento.
   « No, grazie. E non dirgli che ero qui; Ero solo… ».
   « Nei paraggi » suggerì Bling.
   « Giusto. Ero in visita da un’amico malato ».
   « Giusto » annuì Bling. « Beh, sei la benvenuta quando vuoi, ma… ». Esitò, incerto su quando ammettere, non volendo che lei sapesse della rete di impiegati dell’ospedale che aveva incaricato di tenere d’occhio le cose e fargli sapere se ci fosse qualcuno di sospetto in giro… compreso il guardiano della sicurezza che lo aveva chiamato qualche minuto prima per informarlo che Max era tornata. « Qualcuno potrebbe cercare di terminare il lavoro su Logan, e… Ho chiesto ad alcuni colleghi di cercare di fare attenzione per lui. Se vieni fermata di nuovo… probabilmente stanno solo cercando di tenerlo al sicuro ».
   « Beh, puoi richiamare tutti » rispose lei serenamente. « Ho dato un’occhiata in giro io stessa - tutti quelli che avrebbero potuto essere un problema sono morti. Gli altri scarafaggi sono dovuti scappare a cercare nuove pietre sotto cui strisciare ».
   Bling socchiuse gli occhi, chiedendosi se non fosse il risultato di qualche azione che lei stessa aveva intrapreso. « Allora… immagino tu non abbia sentito nulla sulla madre e la bambina? »
   « Riunite circa quarantotto ore dopo che il tuo capo è arrivato qui; probabilmente saranno ormai a un continente di distanza, tanto per essere sicure ».
   Bling sbattè gli occhi, ogni maschera calata. « Logan sarà sollevato » disse. Dopo una pausa, decise di fare un altro tentativo. « Perché non vai a dirglielo? »
   « No - e non voglio che sappia che sono stata qui ». Era irritata, ma, si rese conto, lei stessa ancora non era sicura del motivo. « Dagli la versione che vuoi » concesse, « ma madre e figlia sono al sicuro ».
   Mentre si voltava per allontanarsi, Bling la chiamò ancora una volta. « Max… ». Lei si girò lentamente, l’irritazione dipinta sul suo viso. « Grazie. Anche da parte sua. E, dico sul serio… ». Bling considerò la posa sfacciata e insolente, i profondi occhi marroni che contenevano molta più intelligenza e profondità di quanta servisse ad un corriere della Jam Pony, e tentò « Entra a salutarlo, una di queste volte ».
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Qualche momento dopo, palestra per la riabilitazione room n°2, reparto riabilitazione.
   
   Logan aveva l’attaccatura dei capelli bagnata e un paio di rivoletti di sudore si facevano strada lungo le sue tempie; la maglia era incollata al suo petto, mentre era steso supino sul materasso, momentaneamente solo nel suo allenamento, mentre Bling rispondeva a una chiamata. Aveva lottato per rinforzare i suoi addominali; il livello della sua lesione li aveva in qualche modo influenzati, ma ora che stava guarendo dal trauma e dall’operazione, e lavorava con Bling per migliorare il controllo di ciò che gli era rimasto, il movimento muscoli dello stomaco e della schiena non era più così diverso dal normale. L’equilibrio sarebbe arrivato; il controllo sui muscoli laterali era ciò che lo rendeva ancora un po’ incerto, e aveva ancora bisogno di una mano o di qualcosa a cui appoggiardi se si girava o si muoveva troppo mentre era seduto.
   “Sarebbe arrivato”. Era sorpreso di scoprire come, nei giorni migliori, riusciva a vedere dalla stessa prospettiva di Bling, che questo era una specie di successo, che avrebbe recuperato anche di più ma che, se non ci fosse riuscito, metà corpo era sufficiente, che avrebbe lasciato quella prigione… quel rifugio… e sarebbe stato magnificamente.
   Ma quei momenti erano brevi, poco frequenti, e di solito sparivano non appena Bling finiva il suo turno. C’era troppo a cui pensare qui, e non aveva ancora la forza di scrivere, di fare ricerche - nemmeno di leggere. Bling gli consigliava di essere paziente - con se stesso, col suo corpo - ma era una virtù che Logan non aveva mai posseduto.
   In assenza di Bling, cercò di spostarsi dagli esercizi addominali, che aveva aggiunto al suo allenamento quella settimana, per provare le torsioni che sapeva avrebbero costretto a lavorare i suoi recalcritranti muscoli laterali… e sentì un’improvvisa fitta di dolore quando sovraccaricò una porzione del muscolo che ancora rispondeva al suo cervello, ma non aveva ancora sufficiente forza a sopportare il carico di lavoro che Logan aveva richiesto in quel momento…
   Ricadde disteso, inspirando a forza, ma espirando di nuovo per cercare di riprovare, sebbene con più accortezza, dall’altra parte - e sentì una simile, più lieve risposta anche da lì. Rotolò di nuovo sulla schiena, fissando il soffitto, ancora una volta ammirando i buchi anche in questa stanza. Il suo maledetto midollo spinale… chi avrebbe mai pensato quanto fosse comodo averlo intatto…
   I suoi giorni erano regolamentati e simili tra loro, nell’ala riabilitazione; il cibo non era migliore, in realtà, ma era disponibile nel reparto cucina a buffet, ogni due ore, ed era una piccola area della sua vita su cui aveva un certo controllo. Non mangiava molto - non aveva molta fame - ma Bling insisteva. L’unico motivo per cui Logan aveva alla fine iniziato a mangiare maggiormente il cibo dell’ospedale era che Bling si fermava a volte a comprare del cibo vero, dall’esterno, e non lasciava che Logan lo rimborsasse - anche se in effetti l’accesso ai suoi conti non era facile, senza una macchina o un computer. Per cui, l’unico modo per impedire al suo terapista di sperperare la sua paga per il suo cliente era di mandare giù quello che avevano da offrire qui - e ogni tanto telefonare a uno o due ristoranti dove sapeva che il maitre lo conosceva e avrebbe segnato un pranzo per due, compresa la consegna, sul conto Cale.
   Si concentrò per fare un altro piegamento, uno che gli era stato approvato, poi uno lento e lungo dal lato sinistro, il sudore che con lo sforzo ricopriva la sua fronte in un’altra ondata, poi a destra, con più o meno lo stesso effetto. Ricadde steso, ansimando, chiedendosi quanto recupero avrebbe visto dal suo corpo spezzato…
   « Ti ho visto ». Bling tornò in palestra, rientrando nel campo visivo di Cale. « Sei proprio deciso a rimanere più del previsto, vero? Perché non riesco a pensare a nessun’altra ragione per cui continui a sforzarte muscoli che non sono ancora pronti per quello che stai cercando di fare ».
   « Tu non mi stimoli abbastanza ». Logan fece una smorfia. « E poi, per cosa mi starei allenando ora, salto in alto? Corsa a ostacoli? O magari la maratona per la ricerca sul midollo spinale… »
   « Continua a così e non ti do le buone notizie che credo proprio vorrai sentire ». Bling si accovacciò agile accanto a lui, offrendo a Logan il suo braccio perché lo afferrasse e si tirasse a sedere. « Ci stai? ».
   Cale roteò gli occhi, sbuffò… rimase in silenzio, sconfortato, per un momento… e infine rise un po’, scuotendo la testa tristemente. « Per ora » rispose a malincuore. « Ne vale la pena? ».
   « Lauren e Sophie sono vive e vegete e lontane dal paese » disse impassibile - e osservò Cale mentre assimilava la notizia, la soppesava - e quasi non ci credeva.
   « Sei sicuro? »
   « Ho una buona fonte - credo di sì » sorrise Bling.
   « Qualcuno che conosco? Degno di fiducia? »
   « Senti - puoi cercare informazioni più complete quando tornerai a casa. Per ora fidati solo che va tutto bene ». Bling avvicinò la sedia “da allenamento” che Logan stava usando, con le ruote anti-ribaltamento e una base più pesante. « Vieni. Ti porto alla vasca per l’idroterapia prima che quegli obliqui facciano veramente male ». Rimase in piedi lì accanto mentre Cale si arrampicava sulla sedia. « Sta arrivando, sai? » ammise Bling. « Anche questa è una cosa buona - la tua sedia sarà pronta per domani ».
   « Domani? ». Cale battè le palpebre. Significava un altro piccolo passo verso la libertà - verso l’essere mandato via da questo luogo protetto. Non era sicuro di come si sentisse al riguardo.
   « Domani. Credimi - una volta che farai il cambio ti chiederai come hai fatto fino ad ora con questa ».
   « Me lo chiedo già » borbottò Cale.
   « Bene, allora - meglio andare all’idroterapia - non voglio che aspetti ancora ». Sorrise tra sé mentre l’uomo si aggiustava sulla sedia e si dirigeva verso la sala. Era un tipo difficile, ma stava migliorando col tempo. Fino ad ora, le cose stavano andando seconto i piani…
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: Domani finalmente inizierò il laboratorio per la tesi, per cui credo che avrò meno tempo per dedicarmi al mondo delle fanfiction. Gran parte di questa storia, però, l’ho già tradotta e ha solo bisogno di un po’ di labor limae e dell’impareggiabile apporto della mia meravigliosa beta (la migliore beta del mondo, dove la trovate un’altra ragazza così fantastica da mettersi a correggere storie su fandom che non conosce avendo anche un esame dopo due giorni? Grazie, Serpentina!), quindi resta la solita promessa di pubblicare un capitolo a settimana, ogni domenica. Spero di farcela :)
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp. Su, su, fatevi sentire, lo vedo che state leggendo! Fatemi sapere cosa pensate :)

   

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Capitolo 5
*** Oscurità ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: per favore, guardate i primi capitoli. DA ancora preso in prestito, non mi appartiene.

Oscurità


   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Due giorni dopo (51 giorni dopo la sparatoria).
   
   ... stava scivolando indietro…
   Bling percorse la fila di bevande diretto al caffè, nella mensa dell’ospedale, tra lo staff del turno di mattina che iniziava la sua giornata e quello del turno di notte che prendeva qualcosa da mangiare velocemente prima di tornare a casa. I suoi occhi non vedevano le bevande davanti a lui, non veramente; i suoi pensieri concentrati erano sul suo paziente e la propria crescente preoccupazione riguardo gli eventi degli ultimi giorni.
   No, non indietro… via. Logan stava scivolando via, giù verso una depressione che - l’istinto di Bling lo sapeva - poteva crescere velocemente, solida e profonda…
   Bling lavorava da abbastanza da aver già avuto a che fare con un certo numero di pazienti gravemente feriti, e sapeva che momententi di stallo sarebbero andati e venuti, e non erano poi così inusuali. Ma l’improvvisa chiusura di Logan il giorno prima non era uno di quelli. Aveva il sapore di una seria depressione, di una disperazione che Bling temeva potesse lentamente trascinarlo verso il basso, più giù e più a fondo, se non lo fosse stato soccorso presto. E dato che Bling si sentiva personalmente responsabile per la sua origine, si sentiva doppiamente in colpa per non aver ancora deciso quale fosse il modo migliore per aiutarlo.
   « BL? »
   Era la seconda volta che Sam aveva parlato. Riscosso dai suoi pensieri, Bling batté le palpebre, la preoccupazione ancora incisa sul suo viso. « Ciao, Sam ». Si concentrò sul chirurgo. « Devi operare stamattina? »
   « Sì, tra una quarantina di minuti »
   « Ti offro un succo d’arancia ». Bling si allontanò dalla macchinetta del caffè con una tazza piena e fece un cenno verso il frigorifero.
   « No, non c’è bisogno… ».
   « Andiamo, prendi un succo » insistette Bling. « Volevo comunque parlarti per un paio di minuti, oggi. Se ce li hai ora…? »
   « Sì… l’ho sentito. Ti stavo cercando ». Sam osservò Bling pagare per le loro bevande e lo seguì ad un tavolo. « Lo hai inserito nella lista di controllo? »
   Bling annuì. « Da ieri pomeriggio. L’ho visto succedere, Sam; non volevo rischiare ».
   « No, va bene. Devo ordinare un consulto psicologico? ».
   Bling fece una smorfia, la sua frustrazione espressa da un’alzata di spalle. « Sam, non posso dirti di non farlo… ». Ma Sam attese. Bling raccolse i suoi pensieri per un momento, poi disse « Non lo so; mi chiedo se dirgli che è sulla lista di controllo suicidi e ordinargli contro la sua volontà il consulto psicologico possa perggiorare le cose per lui ».
   Sam considerò il terapista. Aveva un eccellente istinto e di solito aveva ragione. E di solito non era così preoccupato. Sam lo osservò. « È successo qualcosa? ».
   « È arrivata la sua sedia » mormorò Bling, e sollevò lo sguardo sul dottore, che poté vedere il senso di colpa sul volto dell’uomo. « Ha usato una di quelle sedie temporanee del reparto e ha preso questo modello personalizzato, top della linea… Ho fatto una battuta sul fatto che non la si può certo confondere con una cosa presa in prestito dall’ospedale… ». La fonte del senso di colpa, si accorse Sam. « È stato in quel momento - lo ha capito, lo ha davvero capito. Ha mormorato qualcosa tipo “solo un vero storpio avrebbe una sedia personalizzata”, si è girato e se n’è andato ». Bling si accigliò di nuovo. « Non ha più parlato da allora ». Bling bevve il suo caffè. « Ha già brontolato, si è lagnato e irritato altre volte, ma non si è mai semplicemente chiuso in se stesso, non così ».
   « Ha usato la sedia nuova? »
   Bling sbuffò lievemente, senza allegria. « No. Si è solo voltato e se n’è tornato nella sua stanza. Non ne è uscito per mangiare ieri sera, e nemmeno stamattina, ancora ». Scrollò le spalle. « Sam, lo so che non è passato nemmeno un giorno intero… »
   Il medico lo interruppe. « BL, mi fido del suo giudizio. Specialmente visto che lo conoscevi già da prima. Non è il tipo di situazione in cui si può aspettare e guardare prima di fare qualcosa per impedire che accada ». Fece una pausa. « Dimmelo tu - questa è la tua area, vedi i pazienti in questa fase molto più di quanto faccia io. Voglio seguire qualsiasi cosa tu suggerisca, o ordinare il trattamento se serve… ». Fece una pausa e rifletté. « Senti - scriverò l’ordine e lo farò conservare alla mia segretaria. E chiamererò Paul Ashton di psichiatria, gli farò sapere che abbiamo un paziente da raccomandargli ». Sam osservò Bling annuire - il suggerimento gli dava delle opzioni che apprezzava, ma nessuna vera risposta. « BL, è una tua decisione - se vuoi aspettare, prenditi tutto il tempo che vuoi con lui. Nel momento esatto in cui lo vorrai, chiama Maya e lei lo manderà da Paul. Possono portarcelo subito, se necessario ».
   Bling annuì di nuovo. « Grazie, Sam ». Finì il suo caffè. « Meglio che vada a vedere come va ».
   « Fammi sapere, ok? ». Sam si alzò con lui.
   « Appena saprò qualcosa ». Bling battè gentilmente la mano sulla spalla del chirurgo. « Grazie ».
   « Qualsiasi cosa ti serva » promise Sam. « So che questo è speciale per te… »
   … e per tutti quelli senza una voce, lì fuori, che aspettano il prossimo collegamento di Solo Occhi… pensò. Speciale per tutti noi, Sam… e allora, come diavolo faccio a riportarlo indietro…?
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO NORD, SECONDO PIANO EST, TERZO PIANO EST. Qualche ora prima, qualche ora dopo.
   
   La sera precedente, Max aveva osservato a distanza mentre lo staff del reparto - due persone diverse - erano entrate nella stanza di Logan e lo avevano incoragiato a venire a mangiare, a prendere qualcosa, ma senza risultato: persino Max poteva vedere che aveva qualcosa che non andava, ma nessuno provò a misurargli la febbre o a cercare qualche altro segno di malattia. Aveva magari perso peso ed erano preoccupati che saltasse un pasto in generale, o c’era qualcosa di più? Riusciva a sentire i loro tentativi, in vari livelli di indulgenza: “Logan, la cucina chiude tra dieci minuti…”, “Logan, non vuoi qualcosa?”, “Logan, non puoi perdere ancora peso… il dottor Carr vorrà la nostra pelle”.
   Ma ora stava seduto, immobile, fissando il muro o forse ad occhi chiusi; non si era mosso. Non era andato a letto, non si era mosso dalla sedia. Max sentì un fremito di preoccupazione per ciò che vide, ma non capiva - aveva immaginato che ci fosse qualcosa, dalle attenzioni della notte precendente da parte dello staff, per cui era rimasta nei paraggi, ad osservare, senza farsi vedere, cercando di comprendere cosa fosse successo… finché non ci fu il cambio dei turni, e li sentì parlare…
   « BL ha messo Logan Cale nel controllo ». La donna che stava andando via disse a quella che l’avrebbe sostituita. « Non è successo niente stanotte, ma ha rifiutato la cena ed è rimasto seduto per tutta la notte. La stanza è abbastanza sicura - niente che possa usare facilmente per farsi del male, ma abbiamo fatto ispezioni ogni ora » sentì Max. Parlavano del controllo per i suicidi? Si chiese. Logan… ?
   « Cosa è successo? » chiese la nuova arrivata, sorpresa.
   « Non ne sono sicura - credo abbia appena realizzato di essere stato sparato ». Il tono della prima infermiera era secco, ma non del tutto privo di gentilezza. Non era così inusuale assistere a questo tipo di comportamento in quel reparto, per cui lo staff era diventato pragmatico riguardo le reazioni dei pazienti che affrontavavo la realtà della “vita dopo”. Max apprezzava il pragmatismo: i soldati venivano addestrati ad affrontare le situazioni - ma in questo caso, la loro apparente mancanza di preoccupazione rese Max più ansiosa… perché non stavano prendendo provvedimenti?
   Sentì un’improvvisa ondata di sollievo quando, dal punto in cui si era appostata nel condotto di aerazione sul corridoio accanto alla porta di Logan - da cui poteva sentire tutto e vedere quasi tutto - vide il terapista arrivare con un’espressione seria. Il suo sollievo aumentò quando, dopo aver appreso che Logan non si era mosso per tutta la notte, la sua espressione si rabbuiò. Quest’uomo era chiaramente lì per prendersi cura di Logan ed era la persona che era riuscita fino ad ora a comunicare con lui. Se qualcuno poteva fare qualcosa, pensò Max, era quest’uomo…
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Stanza n°4, reparto riabilitazione.
   
   Bling aprì la porta dopo aver brevemente bussato senza attendere, e trovò Cale seduto sulla sedia dell’ospedale. Indossava ancora gli abiti che gli aveva visto Bling l’ultima volta, e appariva stanco e pallido. Bling si accigliò.
   « Logan » disse con voce bassa, misurata, senza emozioni. « Sono le sette e venti. Ho un altro paziente dalle sette e mezza alle otto e venti. Quando tornerò qui, alle otto e venticinque, se non sei andato lì e hai fatto ciò che devi » accennò col mento al bagno, « torni giù in ricovero, e loro si occuperanno di te ». Prese un respiro. « Penseremo dopo a vestiti e doccia. Ma non far mai più passare tanto tempo senza prenderti cura delle cose » disse come un ultimatum. « Non ti sto dando una scelta ».
   E con questo, Bling indietreggiò di un passo, chiuse la porta dietro di sé… e lasciò l’uomo da solo a considerare i suoi ordini… le sue minacce. Lentamente, come se sentisse fisicamente dolore, Logan voltò la sedia verso il piccolo bagno della sua camera…
   … e Max riprese a respirare.
   Si mosse lungo il condotto per osservare il terapista esitare in corridoio, passarsi una mano sul viso, tutta la forza e la sicurezza di pochi momenti prima sparita… e Max poteva vedere che era preoccupato, e forse tanto perplesso quanto lo era stata lei vedendo l’assenza di reazioni da parte di Logan. Si morse il labbro, odiava sentirsi così impotente - e improvvisamente sentì di nuovo l’ondata di rabbia per essersi ritrovata appesa al soffitto, ad osserare questo aspirante eroe piangersi addosso. E se il suo terapista non sapeva cosa fare con lui, certamente lei non aveva nulla da aggiungere.
   Sette e venti, aveva detto… se fosse corsa a casa a cambiarsi, avrebbe potuto forse arrivare al lavoro quasi in orario. Qui non sarebbe successo niente, si disse. Almeno questo tale BL sarebbe stato nei paraggi e, se Logan fosse rinsavito, sarebbe stato lì a prenderlo a calci. Aveva l’aria di uno capace di farlo…
   
   METRO MEDICAL: PRIMO PIANO NORD. Otto ore dopo.
   
   Max non intendeva tornare. Assolutamente.
   Certamente non intendeva gironzolare intorno a questo Logan Cale quando lui non aveva intezione di darsi una regolata - dopotutto, non era la lezione di Manticore che l’aveva fatta rimanere viva così a lungo, quella di valutare la situazione e affrontarla? Forse tutto ciò era nuovo, per il ragazzo ricco. Benvenuto nel mondo reale, Logan Cale, pensò.
   Ma aveva dovuto fare una consegna qui - qualche referto o rapporto o qualcosa del genere - inviato da una clinica privata all’ospedale. E non è che lei si fosse offerta; Normal le aveva effettivamente affidato la consegna. E una volta in ospedale…
   … beh, che diavolo, che male c’è ad andare a vedere… ?
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Reparto riabilitazione.
   
   … dovette aspettare solo dieci minuti.
   Quando arrivò all’ala riabilitazione, vide che Logan non c’era, ma il suo terapista era dentro con un altro paziente - immaginò che le cose non dovessero essere poi così brutte se non era lì con Logan, e sembrava più o meno lo stesso dell’ultima volta in cui lo aveva visto.
   Assolutamente non aveva intenzone di riappostarsi nel soffitto. Ma se era arrivata fin qui, tanto valeva chiedere… e si mosse, pronta, quando sentì BL lasciare la stanza e venire verso di lei, avvicinandosi all’angolo…
   « Max… » Bling si arrestò sorpreso dopo aver svoltanto l’angolo vedendo che stavolta era lei ad aver bloccato lui.
   « Ehi » disse lei brevemente. « Che ha? ».
   Pensieri sulla riservatezza del paziente e la sua sicurezza guizzarono immediatamente alla mente di Bling, ma la sua preoccupazione per l’umore dell’uomo era insistente. Sarebbe stato attento, ma gli avrebbero fatto comodo idee di qualunque genere. « Che intendi? » iniziò cauto.
   « Logan - perché lo tengono nel controllo suicidi? » chiese lei.
   Lui sospirò. « Ha avuto qualche problema col trovarsi qui - credo che abbia finalmente realizzato che la sua lesione è permanente, cosa significa… ». Si strinse nelle spalle. « Sei qui in visita? ».
   « No - avevo una consegna qui ». Era contenta di poter dire la verità. « Puoi farglielo superare? ». Di nuovo, brusca; non aveva intenzione di mostrare nessuna seria preoccupazione.
   « Non lo so ». L’uomo fu onesto. « Non ho ancora trovato cosa potrebbe farlo tornare a pensare che può vivere con la sua condizione. Finora, famiglia e amici e colleghi sono tre enormi nulla… ». Bling si ritrovò a chiedersi se una visita da parte di questa donna attraente potesse rallegrare la giornata di Logan - lei certamente sembrava abbastanza interessata, dal modo in cui continuava tornare. « Forse ha bisogno di qualcosa a cui afferrarsi, qualcosa che lo spinga ad andare avanti… ». Ma quando tornò a guardarla, vide sorpreso che alle sue parole gli occhi di Max si erano sollevati verso di lui, quasi interrogativi.
   « Ho qualcosa… » si ricordò, le parole lente, tormentose … poi i suoi occhi brillarono di determinazione. « Torno subito… dammi venti minuti… ».
   E Bling rimase lì, a battere le palpebre sorpreso guardando la figura minuta che scivolava tra la folla nel corridoio per correre giù per le scale.
   
   CASA DI MAX.
   
   Max scavò nelle tasche della giacca che aveva gettato in fondo all’armadio, persino negli stivali, sempre più preoccupata che l’oggettino fosse finito con la divisa SWAT che aveva gettato via quella notte… finché non ricordò il suo sottile kit degli attrezzi e lo prese speranzosa.
   E aprendolo trovò il piccolo orsetto peloso che aveva promesso di consegnare.
   Lo prese e se lo infilò in tasca, ricordandosi la breve conversazione che aveva avuto con Sophie mentre alla prima occasione si stava liberando della divisa SWAT che aveva rubato e spiegava tutto alla bambina spaventata.
   « Sophie, ti ricordi di me? Sono Max… ora andiamo dalla tua mamma… ».
   « Le hanno sparato? »
   Max era rimasta sorpresa all’inizio, poiché sapeva che la bambina aveva parlato con la madre a telefono - finché non ricordò che Logan era stato colpito mentre teneva Sophie tra le sue braccia… scosse la testa, voleva consolare la bambina ma anche muoversi in fretta. « No, sta bene; sta aspettando… »
   « Ma hanno sparato a Logan… ». Gli occhi della bambina erano spalancati e preoccupati. « È morto? »
   Max si addolcì. « No, Sophie - è in ospedale, e si stanno prendendo cura di lui ». Esitò, e senza sapere perché aggiunse « Vuole che corra dalla tua mamma - vuole che siate al sicuro ».
   La bambina abbassò lo sguardo, poi infilò la mano nella tasca e ne tirò fuori una piccola forma marrore e pelosa. « Max, gli daresti questo per favore? ». Sophie guardò la donna in attesa. « Mi ha aiutata quando avevo paura… magari ora aiuterà Logan a sentirsi meglio ».
   Max prese il piccolo orsetto, più piccolo di cinque centimetri, tiepido per essere stato nella tasca di Sophie. « Non vuoi portarlo con te…? » chiese.
   Sophie scosse la testa. « Gli ospedali possono fare paura » sussurrò. « Magari a Logan farà piacere averlo. Io non ne ho più bisogno ». Il sorriso che mostrò a Max, sollevando lo sguardo verso di lei, era il più coraggioso che lei avesse mai visto…
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Stanza n°4, reparto riabilitazione.
   
   Bling osservò l’orsetto nella sua mano, che sembrava ancora più piccolo nel suo palmo ampio. Avrebbe preferito che Max fosse venuta di persona, per dare a Logan un visitatore interessato alla sua guarigione… per dargli un resoconto diretto del salvataggio. Ma era meglio di niente e magari avrebbe fatto la differenza per quell’uomo che stava perdendo se stesso… chiuse la mano intorno all’oggettino e bussò.
   La voce di Logan giunse alla fine, lieve, e Bling entrò. « È arrivato qualcosa per te » annunciò. La sua risposta fu un lungo sguardo indifferente da parte di quegli occhi verdi che così di recente avevano bruciato di intensità. Quando capì che non ci sarebbe stata risposta verbale, Bling si avvicinò e tese la mano chiusa, in attesa. Cale non si mosse, però, e Bling incoraggiò « Tieni ».
   Sollevando la mano, Logan guardò Bling aprire la propria per farne cadere il familiare orsetto marrone… e un singhiozzo soffocato sfuggì brevemente dalla sua bocca. « … Sophie… » sussurrò… e alzò lo sguardo verso Bling, l’emozione di nuovo nei suoi occhi.
   Ricordava… la bambina che gli mostrava l’unico tesoro che era riuscita a prendere nella loro frenetica corsa a casa sua per nascondersi… l’orsetto che lei aveva definito suo amico, che la faceva sentire più coraggiosa, come un orso… ed era viva. Viva… libera… e magari aveva già dei giocattoli veri, nella sua nuova casa…
   « Dopo essere stata salvata, mentre andava dalla mamma… » Bling raccontò ciò che Max gli aveva detto, « ha detto che voleva lo avessi tu, per tenerti compagnia in ospedale… ». Bling osservò attentamente i occhi contrarsi, le lacrime li rendevano lucidi. Dopo un lungo momento di silenzio, l’uomo che aveva organizzato il loro salvataggio si mosse, le dita della mano libera che sfioravano la piccola forma.
   « … dannazione… » sussurrò alla fine, il ritratto del dolore, con la testa buttata indietro e gli occhi serrati per impedire di riempirsi di lacrime. « Dannazione… » esalò di nuovo, la testa che ricadeva ora in avanti e gli occhi che si aprivano lucidi per fissare il piccolo, peloso orsetto che teneva in mano. E finalmente, lentamente, la sua mano si chiuse intorno alla piccola forma rotonda.
   
   … continua…
   
   Una nota finale su questo capitolo: questa storia di Bling offrirà una versione dei tre mesi mancanti tra il ferimento di Logan e il momento in cui Max piomba a casa sua durante il collegamento video. Questo particolare capitolo magari stira gli eventi più del solito ma, benché possa sembrare un po’ stridente, è parte di ciò che immagino per Logan in quel periodo e per le reazioni degli altri. Spero vi piaccia.
   
   Nota della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   

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Capitolo 6
*** Le prime luci dell’alba ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: prego guardate i capitoli precedenti, in cui ho detto che Cameron, Eglee e la Fox hanno i diritti. È ancora tutto preso temporaneamente in prestito.

Le prime luci dell’alba


   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Reparto riabilitazione, 57 giorni dopo la sparatoria.
   
   Per il quinto giorno, compì precariamente il trasferimento sulla nuova sedia, odiando la costante sensazione di stare sul punto di ribaltarsi: la sedia era così leggera e veloce paragonata a quell’altra, il baricentro così diverso e ancora un mistero per Logan, che sentiva come di stare per cadere. Si muoveva più velocemente di quanto si aspettasse e o si scontrava con le cose o, più spesso, le evitava solo per un soffio; non sentendo ancora la sedia come un’estensione di se stesso, aveva paura che fosse troppo bassa e lui ne sarebbe caduto, non potendo sentire le sue anche e gambe mentre scivolava… e odiava la crescente consapevolezza di quanto disperatamente fosse rimasto ferito…
   I suoi movimenti per uscire dalla stanza e attraversare la sala, come i suoi trasferimenti, erano cauti e lenti, come quelli di un uomo di decenni più vecchio di quanto non fosse - di qualcuno molto meno avventuroso e temerario dell’uomo che era stato Solo Occhi. E Bling osservava, riflettendo…
   Aveva sperato che Logan si ambientasse più in fretta. Quando aveva provato la sedia per la prima volta, l’aveva immediatamente detestata e aveva chiesto a Bling di ordinarne una diversa. Logan non era il primo a rimanere spiazzato dal passaggio ad una ultra leggera, e Bling confidava che una volta che si fosse abituato non sarebbe più voluto tornare ad una di quelle sedie più grosse e difficili da manovrare. Bling aveva convinto Logan a provarla per dieci giorni prima di mandarla indietro, e Logan era categoricamente costretto ad usare la nuova sedia da allora. Ma era passata quasi una settimana ormai, e Logan non aveva intenzione di godersene i vantaggi. Soppesando le sue opzioni, e arrivando alla conclusione che uomini straordinari e le loro straordinarie condizioni meritavano azioni straordinarie, Bling seguì Logan nella palestra per la riabilitazione.
   « Guidi ancora come un vecchietto » commentò brusco il terapista.
   Logan si voltò per guardarlo da sopra la spalla - senza muovere la sedia per migliorare la scomoda angolazione, notò Bling. « Te l’ho detto - non mi sento a mio agio con questa… ».
   « Perché… sul serio? » pressò Bling. « Non lo hai mai detto davvero ». Fece una pausa. « È solo perché non sembra più una cosa temporanea? ». Era la prima volta che arrivava alla conclusione che aveva quasi devastato l’uomo, ma sapeva che doveva essere affrontata - e superata.
   Logan distolse lo sguardo, sentendosi esposto - in trappola. Quando l’insistente silenzio di Bling divenne fastidioso, mormorò « La cosa non aiuta ».
   « Ma…? »
   Logan sospirò, lasciando scivolare le mani sui cerchi della sedia, dondolandosi un po’, come a cercare di ricordare a se stesso quando instabile lo faceva sentire. « È… ». Fece una pausa, poi tentò. « Non riesco a sentirla, Bling. O almeno, ciò che riesco a sentire è come se potessi caderne da un momento all’altro, se non sto attento… ».
    « Non è così, e lo sai » cercò di farlo ragionare Bling. « Hai visto l’angolo del sedile, delle ruote… è solo perché è leggera… »
   « Senti, cosa c’è di sbagliato in quell’altra? ». Nella sua crescente esasperazione, Logan iniziò a lasciare il suo rifugio di depressione, mostrandosi piuttosto irritato. Era però troppo avvolto nella propria frustrazione per notare l’improvviso luccichio negli occhi di Bling quando si accorse del cambiamento di umore. « Non ho intenzione di preoccuparmi anche di questa cosa oltre a tutto il resto… »
   « Ribaltarsi fa parte della vita sulla sedia » disse Bling calmo. « Devi essere pronto ».
   « E che ne dici se uso una sedia che non si ribalta ogni due minuti? ».
   « L’hai usata per cinque giorni - quante volte ti sei ribaltato fino ad ora? ». Logan roteò gli occhi e lo fissò in silenzio, e Bling sentì la crescente speranza che fosse effettivamente sulla strada giusta per lottare per tornare in carreggiata. « Cosa c’è di male a fare un tuffo ogni tanto, comunque? Non sarebbe da così in alto… ».
   Il viso di Logan bruciava. « Già, è proprio quello che voglio che la gente veda - me che trascino la mia metà morta sul cemento, perché non sono capace di rimanere su quella maledetta sedia… »
   « E allora fai pratica qui, a più di due miglia l’ora. O, meglio ancora, fai qualche pratica con le cadute e abituati a risalire senza farne un melodramma ».
   « Pratica con le cadute? » ripeté incredulo. Bling annuì. « Cioè… buttarmi a terra? ». Bling sollevò le sopracciglia prima di annuire di nuovo. Logan scosse la testa, irremovibile. « Scordatelo ».
   Con un movimento fluido che Logan a stento riuscì a seguire, Bling fece un passo verso di lui, agganciò un piede sotto la barra su cui poggiavano i piedi di Logan e con un gesto veloce sollevò la sedia a metà all’indietro, prendendo la sbarra in mano e tenendo Logan a mezz’aria, paurosamente in bilico. « Se non puoi farlo da solo, amico mio, lascia che ti aiuti - sono qui per questo ». Delicatamente, prima che Logan potesse riguadagnare il sangue freddo perso per lo shock di ciò che aveva fatto, Bling ribaltò la sedia e il suo passeggero all’indietro… e si allontanò di un passo. « Ok, andiamo. Sulla sedia ».
   Logan lo fissò, incredulo, ancora troppo sconvolto per essere arrabbiato. Per metà sotto la sedia rovesciata, steso sulla schiena come una tartaruga capovolta, non si mosse. Nemmeno Bling.
   « Beh? » Bling aveva osservato la situazione, e aveva notato che Logan era un po’ ingarbugliato nella sedia, abbastanza da rendere la cosa una piccola sfida, ma i suoi arti insensibili erano al sicuro e sarebbero stati facilmente districati appena ci avesse provato. Si allontanò di qualche passo per sedersi su una sedia vicina. « Meglio farlo qui la prima volta che fuori in strada, no? ».
   Logan lasciò ricadere la testa all’indietro, mentre la vergogna riempiva i vuoti man mano che la sorpresa scemava - sapeva cosa Bling stava facendo, ma questo non facilitava le cose. Rimase lì, senza muoversi.
   « Andiamo, amico… » insistette Bling. « Non può essere tanto più difficile che alzarti dal materasso a fine sessione, no? ».
   Col viso in fiamme per l’imbarazzo, anche qui, davanti al solo Bling, Logan alzò finalmente lo sguardo verso la scaletta per bambini che veniva tenuta nella palestra per aiutare i pazienti a tornare sulle sedie in più stadi, e mormorò « Lasciami usare gli scalini… ».
   « Non crederai di riuscire a trovare dei gradini fuori in strada davanti casa tua, vero? ». Bling non diede alcun segno di volersi alzare. « O da qualunque parte lì fuori, quando avrai lasciato l’ospedale? ». La sua voce si addolcì un poco, per insistere. « Sei forte abbastanza ora, amico mio. E puoi abituarti alla sedia - diavolo, puoi farla diventare parte di te e muoverti anche più velocemente con le ruote di quanto facessi con le tue gambe, se ci provi. Ora come ora l’unica cosa che ti blocca è la tua testa dura, che cerca di convincerti che non puoi essere un uomo senza le gambe. Beh, è una cazzata. Non ho intenzione di lasciarti arrendere, Logan, e se l’unico modo è farti incazzare abbastanza da farti desiderare di vendicarti, allora facciamolo ». Lanciò uno sguardo truce all’uomo che ora si stava alzando su un gomito, la sedia che scivolava leggermente via per il movimento. « Non ho tutta la giornata… ».
   
   FOGLE TOWERS. 61 giorni dopo la sparatoria.
   
   Bling fermò la macchina nel parcheggio, inserendo il codice di accesso al garage con sicurezza. Logan non poté evitare di chiedersi quante volte fosse venuto qui, tra la supervisione dei lavori di adattamento nella sua casa e il dover controllare… cose. Si strofinò le tempie, già stremato.
   « Senti, Bling. Mi fido del tuo giudizio - qualsiasi cosa pensi abbia bisogno di essere modificata, modificala; qualunque cosa vuoi spostare o cambiare, fallo. Non hai bisogno che lo faccia io… »
   « Forse no, ma verrai comunque ». Il tono di Bling era gentile, calmo. Cale si era opposto a qualsiasi gita fuori dal cortile dell’ospedale, qualsiasi pubblica apparizione sulla sedia, e mancavano meno di dieci giorni dalla data programmata in cui sarebbe stato dimesso. « Se non lo fai, non verrai dimesso ». Quando non ricevette alcun commento, Bling aggiunse « E rimanere non è un’opzione - la tua stanza serve. Verresti rimandato all’altro piano ».
   Questo provocò una reazione fisica, anche se non una verbale: Cale detestava l’ospedale, almeno tutto ciò che non era il reparto riabilitazione, e minacce opportunamente disseminate di farlo tornare in degenza avevano avuto un certo successo fino a quel momento. Bling sterzò verso il nuovo posto macchina di Logan, accanto all’entrata e all’ascensore, e spense il motore. Guardò l’uomo nuovamente malinconico che sedeva ora con gli occhi fissi in grembo, come se stesse cercando un modo per sprofondare nel sedile.
   « Andiamo, amico mio… è quasi tutto fatto, ma dobbiamo vedere se va bene, se c’è bisogno di qualcos’altro prima che torni. Meglio ora, quando gli operai sono ancora al lavoro e hai qualche altro giorno ».
   Logan prese un respiro profondo e sollevò la testa, emettendo un lungo sospiro. Sapeva ormai che di solito il suo terapista riusciva a ottenere ciò che voleva, e che qualunque resistenza era inutile. Aprì la propria portiera, senza parlare, e si protese verso la sua sedia. Aspettare aiuto o, Dio non voglia, chiedere aiuto, era fatica sprecata. Liberò la sedia dal retro del sedile della macchina di Bling e iniziò il procedimento di riassemblarla, sperando per tutto il tempo di riuscire ad evitare gli sguardi curiosi dei vicini.
   
   Di sopra.
   
   Era surreale.
   Logan entrò nell’ascensore con Bling, notando subito che il pulsante per il suo piano era quasi fuori portata se non si fosse messo proprio attaccato al pannello, e comunque doveva allungarsi per raggiungerlo… i luoghi familiari eppure ora diversi gli ricordavano ad ogni momento che doveva ora affrontare la sua esistenza dalla sedia.
   Dentro era peggio. L’aria nelle stanze era soffocante perché erano rimaste chiuse e acre per i prodotti che gli operai avevano usato quando avevano fatto a pezzi la sua casa così che lui potesse viverci - odore di legno trapanato, di polvere di marmo e di vernice e di qualsiasi altro materiale costituisse il suo bagno…
   La sua casa. Straniera - a stento accessibile. Lo colpì più dolorosamente di quanto avrebbe pensato.
   Bling aveva reso le cose più semplici, rimuovendo parte dei mobili del soggiorno per renderlo più facile da navigare con la sedia. Uno dei piani di lavoro della cucina era stato abbassato, le leve del lavello allungate e il rubinetto arcuato maggiormente sulla superficie piana. Logan ebbe un brivido. Accessibilità
   I suoi occhi salirono involontariamente agli armadietti alti, immaginando che Bling avesse spostato le cose di prima necessità in quelli più in basso. Cosa aveva spostato Bling, dato che lui non aveva mai risposto alle sue domande su cosa volesse in basso? Bicchieri da vino? Candele? Non gli sarebbe più servita quella roba, comunque, no? Chiuse gli occhi per un momento, senza volerlo.
   « Ehi, Logan? Torna tra noi, amico »
   Avanzò silenziosamente per l’attico, notando più cose familiari che cambiamenti nella maggior parte della casa. Giunto alla sua camera da letto, sentì a mala pena Bling che gli indicava ciò che aveva portato per “aiutare a rendere le cose un po’ più semplici”; rifiutò la proposta di provare un trasferimento dalla sedia al letto, per testare la differenza di altezza… e si lasciò trascinare nel bagno, dove i suoi occhi notarono i cambiamenti più accecanti: maniglie ovunque, un sedile nella sua bellissima cabina doccia di marmo nero a tre getti…
   … maniglie sulla jacuzzi…
   Lo assalì un’ondata di nausea e subito sentì girare la testa. Si chinò, gli occhi chiusi, opponendosi all’immagine davanti a lui. Improvvisamente sentì una mano forte sulla spalla e una voce rassicurate echeggiare tra le piastrelle. « Andrà tutto bene, amico mio. Lo so che è tanto da accettare ».
   Da qualche parte nella sua testa turbinante fu sorpreso dall’improvviso conforto offerto dal suo rigido guardiano - lo ricordava da molte settimane prima, ma ultimamente… Si costrinse ad aprire gli occhi e vide il viso di Bling teso empaticamente. Quando i loro occhi si incrociarono, l’espressione di Bling si addolcì.
   « Fa male quasi quanto venire sparati, vedere quell’idromassaggio rovinato, eh? ».
   E poiché non sapeva cos’altro fare, Logan iniziò a ridere… disperatamente, dolorosamente, gli occhi pieni di lacrime per ciò che aveva perso… la sua risata liberò tanti dei suoi più spaventosi demoni.
   
   Oltre.
   
   Logan seguì Bling fuori la porta, rallentando involontariamente mentre passavano accanto alla stanza dove i suoi computer giacevano silenziosi. La sua casella di posta era piena, e lampeggiava ripetutamente un miserabile “99” in rosso, incapace di aspettare pazientemente il suo ritorno.
   Bling si fermò. « Vuoi dare un’occhiata? » chiese gentilmente.
   Logan esitò, ma poi scosse la testa. « A che servirebbe? » chiese, la voce priva di emozioni. « Non sono in grado di portare a termine nulla, e se vedessi cosa c’è lì… » si interruppe.
   « … potresti voler tornare e basta ».
   Logan rimase per un po’ seduto lì in trance fissando il pavimento, prima di tornare a guardare Bling che rimaneva in piedi a fissarlo apertamente. « Non posso » mormorò infine.
   « Dove sei stato negli ultimi due mesi, Logan? » gli sussurrò Bling con trasporto, lo sguardo che perforava quello di Cale. « Non lo hai ancora capito? Cosa credi che abbiamo fatto tutto questo tempo? ». Fissò calmo l’uomo sulla sedia a rotelle, i suoi occhi accesi della stessa passione che lui stesso aveva visto negli occhi di Peter - nei video di Solo Occhi… « Non c’è niente di tutto questo che non puoi fare, in un modo o nell’altro »
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   

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Capitolo 7
*** Una manciata di cenere ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: vedi gli altri capitoli; niente è cambiato, non è mio, nessuna truffa.

Una manciata di cenere



   FOGLE TOWERS: strada.
   
   Si allontanarono dalle Fogle Towers, Logan con la testa piegata stancamente all’indietro contro il poggiatesta, gli occhi chiusi. Era il ritratto della disperazione; non riusciva ancora a vederla - non capiva che i messaggi in coda nella sua casella aspettavano di essere ascoltati dalla mente e dallo spirito di Solo Occhi, senza fregarsene nulla di come il vendicatore avrebbe portato a termine il suo compito. Bling sospirò tra sé, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per riportare Logan a se stesso e al suo lavoro. Era così importante per tanta gente - ed era così importante per l’uomo al suo fianco.
   Bling gli lanciò un’altra occhiata, accigliandosi quando vide l’angoscia sul volto di Logan. Sapeva che era il prodotto del trauma emotivo che Cale aveva appena ricevuto, e non di qualcosa di fisico: sebbene fosse ancora faticoso per Logan salire e scendere dalla macchina, i loro esercizi durante la terapia erano ora molto più lunghi e comportavano molto più sforzo fisico di quanto fosse necessario pr questi trasferimenti. No, questo sfinimento era la conseguenza del nuovo scontro con la realtà che aveva appena avuto… vedere ancora un’altra porzione di ciò che aveva perso. Bling desiderava che tutti i suoi pazienti potessero vedere il bicchiere mezzo pieno, ma semplicemente non succedeva. E non sembrava fare differenza che si trattasse dei rari casi come Cale, che godevano del lusso di poter comprare tutte le comodità disponibili - alcuni pazienti riuscivano a vedere solo ciò che avevano perso, all’inizio…
   Avendo preso la sua decisione, Bling svoltò verso nord, lontano dall’ospedale, accelerando nel traffico. Se Logan fosse stato davvero logorato dalla gita, Bling lo avrebbe riportato subito indietro. Ma data la natura della sua stanchezza, Bling non avrebbe ceduto. C’era un’altra fermata da fare.
   
   CENTRO RICREATIVO SULLA 43a
   
   Bling fermò la macchina in un parcheggio accanto a un grosso edificio di mattoni, che ora mostrava i segni dell’invecchiamento ma anche dell’amorevole manutenzione fai-da-té. Il parcheggio aveva però bisogno di essere ripavimentato, e gli scossoni che presero e le sterzate per evitarne altri risvegliarono Logan dal suo indolente torpore. Sollevò la testa, guardandosi intorno. Era la prima volta che parlava da quando erano tornati in macchina.
   « Cos’è? ».
   « Vieni e vedrai ». Bling aprì la porta per uscire.
   « Credevo che stessimo tornando… ». Era una richiesta - no, una supplica: si sentiva esposto, così, fuori, in pubblico; ancora non riusciva a sopportare il pensiero che qualcuno lo vedesse così, dipendente, le ali tagliate. Erano già abbastanza brutti gli sguardi pietosi degli sconosciuti o il loro aperto, rude fissarlo.
   L’unica volta in cui aveva tentato di parlarne con Bling, il terapista lo aveva praticamente ignorato, liquidando le sue osservazioni come troppo autocoscienti, eccessivamente sensibili, prodotto della sua immaginazione… vero? Beh, Bling non era costretto ad affrontare ciò che lui doveva, legato alla sedia; ovvio che pensava non fosse vero. Ma lo era.
   « C’è una cosa che voglio mostrarti ». Bling si voltò di nuovo verso Logan, e vide esattamente ciò che si aspettava - un’espressione torva che non copriva completamente il fatto che, sotto, l’uomo era ancora terrorizzato al pensiero di entrare nel mondo - e nel suo futuro - com’era ora. Il suo tono divenne un po’ più gentile per incoraggiarlo « Andiamo ».
   « Cosa? ». Irritato, ora, Logan non stabilì alcun contatto visivo, ma fissava i dintorni o forse l’interno della macchina. Il che significava che era ancora una volta concentrato sui suoi demoni interiori ancora non eliminati. Ma stavolta Bling nutriva qualche speranza.
   « Vieni a vedere » ripeté Bling. Scese dalla macchina e si piegò verso di lui per dire « Ti aspetto al di là delle porte d’ingresso ».
   « Bling… ». Vedendo il terapista allontanarsi tranquillo, lasciandolo da solo in un posto strano, Logan si riappoggiò allo schienale, sentendosi indignato - e infastidito. Proprio una brava guardia del corpo sarebbe stato, andarsene così, lasciando Logan a trascinare fuori la sedia e se stesso, di nuovo, da solo, stavolta in un parcheggio dissestato… E comunque, che razza di terapista lascia il suo paziente all’aperto e vulnerabile così? si chiese. Prima di esser sparato, sbuffò tra sé, nessuno avrebbe fatto una cosa del genere a lui… non si sarebbe ritrovato nelle mani di qualcuno che lo trascinava in giro per la città, pretendendo…
   Odiando la sua condizione e tutto ciò che comportava, Logan si rannicchiò nel sedile, le braccia incrociate strette. Bene, d’accordo, decise. Sapeva essere testardo anche lui, come Bling gli ricordava allegramente fin troppo di frequente. Avrebbe semplicemente aspettato che Bling si stancasse e allora se ne sarebbero andati.
   … finché non realizzò, due minuti dopo, con una perdita di speranza, che Bling era molto più testardo di chiunque altro conoscesse - se qualcuno poteva aspettare lì dentro per ore… giorni… settimane - Bling poteva. Logan sbuffò… poi sospirò… e finalmente si voltò cupo per tirare a fatica la sedia dal sedile posteriore, per poterla mettere insieme. Prima si fosse mosso - sentiva quasi Bling dirlo - prima sarebbero tornati in ospedale… prima sarebbe potuto tornare a nascondersi.
   L’area del parcheggio era disseminata di buchi, crepata ed accidentata per l’intero percorso verso l’edificio, rendendo persino la sedia leggera e veloce di Logan difficile da manovrare. Aprendo a fatica la rigida, pesante porta, Logan notò una targhetta di ottone sporco che, tanto tempo prima, annunciava con orgoglio a chi entrava che si trovava al Centro Ricreativo sulla 43a Strada. Logan si fece strada nell’edificio. Mentre i suoi occhi si abituavano all’oscurità, vide Bling restituirgli lo sguardo dalla porta interna a cui era appoggiato…
   … che conduceva ad un campo da basket col pavimento di legno risalente a metà del ventesimo secolo…
   … che era, al momento, messo a dura prova da una rumorosa, chiassosa partita di basket piena di parolacce e di sudore, giocata a velocità accecante e ruote che giravano…
   « Perché ci hai messo tanto? » chiese Bling con voce cantilenante.
   Logan non si mosse, congelato. Bling aveva parlato di questo, di questi ragazzi che giocavano a basket sulle sedie, una proposta che Logan non aveva intenzione di ascoltare. Col cavolo che era possibile giocare a basket - il vero basket - su una sedia a rotelle, e soprattutto da gente con lesioni come la sua. Ma Bling aveva insistito, Logan lo aveva ignorato, o aveva rifiutato, o aveva litigato - e improvvisamente si ritrovava raggirato ed era lì. Lo guardò in cagnesco, senza dire nulla, impuntandosi pronto ad aspettare.
   « Oh, andiamo, Logan, vieni a vedere - sei qui, ormai, tanto vale che impari qualcosa ».
   Bling poteva suonarlo come un violino: non poteva non cascare nella sua rete. « Che impari qualcosa? ».
   Bling sorrise vedendo la reazione di Logan, godendosi il punto appena guadagnato. « Sì - che avevi torto, tutto questo tempo, riguardo al basked sulla sedia. È basket vero, e non è per femminucce ». E come a farlo apposta, alle spalle di Bling si fu un rumoroso scontro tra due giocatori che inseguivano la palla, che si aggancianrono l’uno all’altro e uno dei due finì a terra mentre l’altro abilmente riuscì a salvarsi, un braccio teso, quando la sua sedia iniziò a perdere l’equilibrio. Logan osservò sorpreso e ammirato l’uomo che, con un una torsione della spalla e una spinta, si raddrizzò, e continuò a fissarlo mentre si allontanava di un metro o due, afferrava la sedia del suo avversario e la girava verso il suo proprietario caduto, che si stava intanto rialzando a sedere. La partita rimase sospesa per i pochi momenti che servirono per tutto ciò, gli altri giocatori che chiacchieravano o si stiracchiavano con noncuranza, la caduta chiaramente nulla di inusuale per loro. Il fischietto suonò e il gioco riprese. « Vedi? » chiese Bling.
   Vedeva. Per quanto volesse che Bling avesse torto, almeno una volta, non ce l’aveva, e Logan non riusciva a distogliere lo sguardo dai dieci giocatori che percorrevano su e giù il campo regolamentare, con punti regolamentari, smarcandosi (*) e affondando ganci, e rubando la palla per passarla attarverso tutto il campo al veloce giocatore in testa alla squadra…
   Trenta minuti dopo, Bling parlò di nuovo. « Cambiato idea? » chiese tranquillamente.
   Logan distolse gli occhi dal capannello di uomini che si salutavano per il resto della giornata, la partita finita. Questi ragazzi giocavano in un modo che era a volte più deciso, più duro di quello che era abituato a vedere in qualsiasi partita di strada giocata in piedi. Sbattè le palpebre verso Bling, la sua ammirazione per i giocatori esigeva la sua onestà. « Sì ». Quasi sorrise un po’.
   « Ehi, BL! ». Prima che potessero dire di più, uno dei giocatori, e poi altri due, si avvicinarono ai due che ancora aspettava sulla porta. « Sangue fresco? » chiese il primo a Logan, poi alzando lo sguardo verso Bling.
   « Ciao, Corey - ehi, ragazzi » aggiunse Bling rivolto ai due dietro. « Logan, questo è Corey, il capitano della squadra; questo è Don e questo Miguel. Ragazzi, Logan ».
   « Ehi, Logan ». Quando Corey gli tese la mano, cordialmente, Logan realizzò che si trattava del giocatore che era riuscito a impedirsi di cadere a metà ribaltamento - una prodezza che ancora lo colpiva. Sorrise, improvvisamente un po’ imbarazzato, e mormorò un saluto. Mentre gli altri offrivano le proprie mani per salutare, Corey chiese « Allora, Logan, giochi? ».
   « Cosa, a basket? No… » scosse in fretta la testa.
   « Ma giocavi » corresse Bling.
   Corey colse al volo, senza dare a Logan il tempo di lanciare un’occhiataccia a Bling. « Bene - allora vieni con noi a fare pratica, tornerai in campo in un batter d’occhio ».
   Bling osservò attentamente la luce negli occhi di Logan guizzare mentre osava considerare la proposta, la rigettava… la riconsiderava… e alla fine con una scrollata di spalle diceva « Non sono ancora molto bravo a… muovermi »
   « Oh, il basket lo aggiusterà » rise apertamente Miguel. « Ci andremo piano con te - almeno la prima volta ».
   « Se hai BL come allenatore, è fatta » incoraggiò Corey. « Conose più trucchi lui che tizi che sono sulla sedia fin da bambini ».
   Mentre gli altri ridacchiavano, dandogli il benvenuto in un modo disinvolto e naturale, Logan si ritrovò a chiedersi se avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere… si arrischiò ad alzare lo sguardo verso Bling e disse « Non sono sicuro che BL sia pronto a farmi coinvolgere in una cosa del genere ». Tornò a guardare gli altri con le ruote, piacevolmente alla sua altezza, anche qui, nel Grande Mondo. « Dice che ho ancora da fare tutta quella noiosa roba giornaliera ».
   « Ah, sangue fresco proprio » fischiò Don. « Bene. Non sarò più io l’ultimo arrivaro ».
   Logan lo osservò, sorpreso. Il ragazzo, che dimostrava forse venticinque anni o giù di lì, era sorprendente nella sua capacità di maneggiare la palla, coordinando i suoi movimenti e i dribbling, i passaggi e i tiri come in un balletto. Giocava come se lo avesse fatto fin da bambino.
   « Senti, vieni solo a vedere un allenamento, se ti va » propose Corey. « Martedì prossimo alle sette, qui ».
   « Grazie » sorrise alla fine Logam, incerto, ma contento della loro accoglienza, e rimase seduto un po’ da parte mentre gli altri scambiavano qualche parola con Bling su un torneo e un giocatore infortunato. Considerò quanto vivaci e vivi e forti questi ragazzi apparivano. Un vero mix di età, e forme e colori e, apparentemente, background, e nessuno di loro avrebbe mai potuto essere considerato un invalido… e li osservò con una nuova speranza negli occhi.
   Mentre si dirigevano alla macchina Bling era silenzioso, nella speranza che Logan parlasse per primo - cosa che fece. « Bling… ». Esitò, le parole non erano abbastanza. « Grazie ».
   Le sopracciglia di Bling si sollevarono - era anche più di quanto avesse sperato. « Sei interessato? ».
   « A giocare? ». Bling annuì, e Logan si fermò, abbassò gli occhi per un momento, poi li sollevò di nuovo verso di lui. « Sì, lo sono, ma… ». Cale fece una pausa, un po’ di imbarazzo presente, le sue difese calate. « Credo mi serva un altro po’ di tempo, per assorbire la cosa ». Sperava che Bling capisse che si trattava di una cosa che non voleva fare troppo in fretta e finire per odiare perché non aveva fatto per bene. « Va bene? ».
   Bling vide qualcosa di nuovo negli occhi dell’uomo, e annuì. « Sì, possiamo farlo ».
   « Grazie ». Il lieve sorriso era sincero e aperto, stavolta.
   « Sali in macchina » gli disse sorridendo Bling, le sue speranze decisamente incoraggiate. « È ora di andare ».
   Si allontanarono dal centro ricreativo e stettero in silenzio per almeno cinque minuti; Bling notò che Logan era perso nei suoi pensieri, ma non era cupo o chiuso in se stesso come era di solito. Il terapista sentì un crescente sollievo nel constatare che le cose potevano, dopotutto, andare bene per Cale, e lo lasciò ai suoi pensieri senza insistere.
   « Allora… tu… vai e lavori sulle modifiche in casa di tutti? ».
   Bling lanciò uno sguardo al suo passeggero, che parlava ora dopo lunghi momenti di silenzio, e si chiese quale filo di pensieri lo avesse condotto a questa domanda. Annuì e rispose « Se lo vogliono. O se vogliono fare da soli, magari li aiuto a pianificare le cose ». Bling si voltò di nuovo e vide uno sguardo interessato - e gli ingranaggi in movimento. Qualunque fosse il motivo, Bling pensò che poteva aver appena guadagnato improvvisamente l’attenzione di Solo Occhi su un argomento che era ora di chiaro interesse per lui - e non aveva intenzione di sprecare questa opportunità, non se significava far uscire Solo Occhi dal suo isolamento. Continuò « Ho lavorato a lungo coi ragazzi che hanno riadattato casa tua - non gli servono troppi input da parte mia, tranne forse l’altezza e il peso della persona, qualche circostanza speciale. Fanno questo lavoro da molto tempo - si occupavano di un sacco di edifici pubblici, quando l’ADA (**) fu effettivamente imposto. Ma ora, nessuno si preoccupa di applicarlo - è stato una delle prima cose ad essere abbandonate quando l’economia è crollata » rifletté Bling. « Ormai l’unica cosa per cui stanziano fondi è il coprifuoco e il controllo dei pass settoriali, e lasciano che le rampe franino ».
   « E il parcheggio del centro ricreativo ha più crateri della superficie della luna… ». Logan rimase seduto in silenzio per un momento, fissando le strade della città davanti a lui, guardando la gente che avanzava sui marciappiedi, le migliaia di persone senza una voce che cercavano di tirare avanti… ripensando alla palestra piena di uomini sulle sedie, chi per un motivo chi per un altro, che spingevano e lottavano e rivendicavano di essere normali… nessuno di loro, nessuna di queste persone per strada o in palestra avrebbe dovuto combattere anche contro il sistema - e di sicuro non avrebbe dovuto combattere anche il proprio governo. Era osceno. Dopo vari minuti, Logan si voltò e chiese « Avresti mai immaginato, quindici anni fa, che avresti vissuto in uno stato di polizia? ». Sospirò. « Come siamo arrivati a questo, Bling? ».
   Bling scosse la testa, non era sicuro di come Logan fosse passato da un argomento all’altro, ma sentiva la speranza crescere ulteriormente sentendolo. « Diavolo, non è quello che hai fatto per i passati, quanti, cinque o sei anni, cercare di capire come il governo è diventato così alterato e corrotto? Se in tutto questo tempo tu non lo hai capito, non so chi altri possa rispondere a questa domanda ».
   « Immagino che siamo stati noi a permetterlo; non è la prima volta - succede qualcosa di catastrofico come l’Onda Elettromagnetica, c’è un’emergenza immediata e una risposta terrorizzata; ognuno crede all’idea che vale la pena rinunciare a qualche libertà individuale in nome del “bene della società”… e non ci siamo opposti quando ci è stato detto che era per farci rimanere “al sicuro” ». Logan rise senza allegria. « Ma stavolta ci è davvero sfuggito di mano. Improvvisamente alziamo gli occhi e ci ritroviamo a dover avere dei pass del governo per spostarci di più di dieci isolati da casa ». Tornò a guardare le strade di Seattle. « Non impariamo mai… ».
   Cale rimase di nuovo in silenzio, perso nei suoi pensieri; stavolta lo sguardo acuto che Bling gli lanciò gli rivelò che il suo passeggero era di nuovo pensieroso - ma per la prima volta da quando era stato ricoverato, Cale sembrava concentrato sui problemi degli altri - non sulle proprie immobili gambe. Lasciò Logan a ricordare in silenzio coloro per cui Solo Occhi conduceva le sue crociate.
   Non passò molto prima che Logan parlasse di nuovo. « Che mi dici dei tuoi pazienti che non possono nemmeno comprare tutta la roba - le sbarre o qualsiasi altra cosa - figuriamoci pagare per le modifiche. Cosa fanno? ».
   Bling si strinse nelle spalle, mantenendo la sua voce neutra. « Fanno del loro meglio senza ». Cercò di non guardare il suo passeggero. Si azzardò a credere che stava assistendo al risveglio di Solo Occhi dopo un’ibernazione forzata - e ricordò a se stesso di avere pazienza.
   Silenzio. Poi…
   « Hai detto che c’è l’accesso a internet nella biblioteca medica? ».
   « Mmm-hmm ».
   « Puoi farmici entrare? ».
   Bling ridacchiò. « Sì. Ma non è questione di “farti entrare” - più “mostrarti dov’è”. I pazienti dell’ospedale possono andarci quando vogliono, in qualsiasi momento ». Bling osservò di nuovo Logan, chiedendosi se davvero ci fosse qualcosa di più… quando Logan non parlò subito, Bling incoraggiò con un lieve e non minaccioso “te l’avevo detto”: « Vedi quanto ti sei perso tutti questo tempo, non volendo prestare attenzione a tutto il materiale di orientamento che ti hanno dato? Chissò cos’altro potevi avere a portata di mano ».
   Ci fu silenzio per qualche altro secondo. « Bling… ». Logan guardò il guidatore, e realizzò che quell’uomo riservato e silenzioso lo aveva salvato e gli aveva dato un’altra possibilità di vivere… quell’uomo di cui, ora lo sapeva, aveva imparato a fidarsi più di chiunque altro nella sua vita com’era ora « Possiamo tornare indietro? ».
   « Indietro… dove? ». Bling trattenne il fiato, sperando non si notasse.
   « A casa mia. Io… ». Logan guardò lontano per un momento, l’aria un po’ scossa nonostante la decisione fosse ormai presa, che volesse ammetterlo seriamente con se stesso o no. « Forse… dovrei leggere quei messaggi ».
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
TANTI AUGURI DI BUON ANNO NUOVO!

   (*) Nella versione originale l’autrice parla di “pick”, che a quanto ho capito è un termine del backet utilizzato anche in italiano. La mia ignoranza in materia però mi ha fatto propendere per tradurre in questo modo. Chiedo scusa aglia amanti di questo sport, sono aperta a qualsiasi suggerimento in proprosito :)
   (**) ADA: Americans with Disabilities Act. È una legge del 1990 che proibisce la discriminazione sulla base delle disabilità. Comprende tutta una serie di regolamentazioni dell’impiego pubblico e privato, trasporto pubblico, costruzione di strade e edifici… (Info prese da wiki inglese).

   

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Capitolo 8
*** Piccoli passi della fenice ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: stesso degli altri capitoli.

Piccoli passi della fenice



   METRO MEDICAL: tetto.
   
   Erano passati dieci giorni, e Max si era ritrovata ancora e ancora ad osservare Logan Cale che lottava contro i suoi demoni interiori più che con le limitazioni che aveva da quando gli avevano sparato. Non riusciva a capire perché si sentisse così in dovere di tornare, perché fosse incapace di rimanere lontana per più di qualche giorno, e la faceva anche rabbrividire un po’pensarci: la metà del tempo si ritrovava ad essere arrabbiata con lui, per varie ragioni, di solito perché era lui ad attirarla qui.
   … beh. Magari non metà del tempo.
   Per l’ultima settimana e mezza, era tornata per vederlo impegnato nella battaglia più disperata della sua vita: combattere il buio della disperazione e del disprezzo per se stesso, per riuscire ad affrontare le realtà fisica di continuare la sua vita com’era ora. E per quanto cercasse di convincersi che tutto il dramma nasceva dal fatto che era solo un bambino viziato che non aveva mai avuto un problema prima, sapeva che non era vero.
   Se lo fosse stato, lui non sarebbe stato qui, a dover affrontare le conseguenze…
   Si accigliò, accovacciandosi dietro una bocca d’aerazione sul tetto dell’ospedale, quasi invisibile sull’edificio così alto rispetto agli altri nell’area, programmando la sua mossa successiva. Era un’altra fonte di irritazione, questa: era la sua terza gita lì, oggi, e Logan Cale non c’era da nessuna parte. Ancora. Ovviamente, non c’era nemmeno la sua tata, e una rapida chiamata al reparto riabilitazione da dietro l’angolo la informò che BL non era sul piano; e in effetti, dopo aver controllato, la segretaria del reparto le disse che BL era via ma sarebbe tornato, oh, probabilmente verso le due e mezza o le tre. Quindi dopo essersi fermata per la seconda volta, Max immaginò fosse ora del viaggetto di istruzione per la coppia, e che sarebbe potuta tornare più tardi.
   Ma ormai erano le sei, e non c’era ancora alcun segno di loro - che diavolo avrebbe dovuto fare?
   Maledizione a lui, comunque, brontolò tra sé, irritata ancora una volta con se stessa per essere qui in ansia per un folle sconosciuto che credeva di esser Batman. Riusciva ad immaginare come i suoi insegnanti e superiori a Manticore avrebbero deriso il suo comportamento, come avrebbero tutti detto che un vero soldato con almeno metà cervello lo avrebbe previsto e avrebbe piantato la missione molto prima che ci fosse l’imboscata…
   … oh, merda… pensò… è questo che mi è preso? Solo per condurre qualche ricerca indipendente su cosa spinge qualcuno a fare qualcosa di così sconsideratamente stupido?
   Alzò gli occhi verso il cielo piacevolmente blu che si avviava al crepuscolo, una rara sera primaverile di brezza leggera e tramonto, e si concesse di godere del conforto della privacy che aveva trovato qui. Era davvero ossessionata da questo tale Cale, ammise a se stessa, ma non era perché era rimasto ferito dopo che lei aveva rifiutato di essere parte del suo team suicida, era sicura di questo. Lo era.
   E allora… cosa? Si arrischiò a chiedere a se stessa lasciando i che suoi pensieri rallentassero e le difese si sciogliessero un po’, per esaminare con onestà gli ultimi due mesi. Ammettilo, Max, non hai mai spiato nessuno così prima d’ora, non te n’è mai fregato niente di nessuno, a parte i tuoi fratelli, finché non sei arrivata qui e hai incontrato Cindy e Herbal e persino Normal… e anche loro, non ti saresti mai messa a spiarli…
   Allora, cos’aveva questo tizio? Hai incontrato altri ragazzi prima, alcuni anche carini.
   Ma non hai mai, mai conosciuto qualcuno fuori da Manticore che sapesse tutto, o almeno sapesse abbastanza perché non ci fossero troppi segreti, sapesse abbastanza da aver cercato il tuo codice a barre, sapesse esattamente perché ci fosse del triptofano nel tuo armadietto… sapesse perché potevi buttarti da una finestra a qualche piano di altezza senza spiaccicarti… sapesse come ti hanno fabbricata…
   Rabbrividì, improvvisamente, al pensiero successivo: e c’è dell’altro… Era forte in modi che lei non era, puro nel suo altruismo, paragonato al modo di lei di sopravvivere giorno per giorno.
   … aveva degli occhi verdi che ti uccidono, capaci di vedere al di là, di vedere ciò che lei era, chi lei era… e sembrava che vedessero una persona. Nessuno sapeva chi lei fosse, nemmeno i suoi fratelli l’avevano guardata in modo che lei vedesse che sentivano la sua umanità.
   Rabbrividì di nuovo. Dove diavolo era lui? Maledetto pazzo benefattore.
   
   FOGLE TOWERS
   
   Da quando Logan aveva chiesto di tornare indietro, poche parole erano state scambiate tra loro, e Bling era stranamente apprensivo riguardo il momento che sapeva essere lo spartiacque: nei prossimi minuti, Logan Cale avrebbe deciso se sarebbe andato avanti, o sarebbe caduto di nuovo nell’abisso da cui aveva lottato per scappare. Bling era abbastanza saggio da sapere che sarebbe stata una scelta di Logan, e che avevano raggiunto il punto in cui lui gli aveva offerto tutto ciò che poteva, in quanto a speranza per il futuro. Ma era anche abbastanza pragmatico da sapere che qualsiasi mossa brusca da parte sua avrebbe potuto essere colta da Cale come scusa per rinunciare. Per cui rimase tranquillo, era lì per dare il suo silenzioso supporto ed essere presente se ci fosse stato bisogno… ed era assolutamente deciso a mantenere la sua faccia da poker.
   Mentre guidava verso il Settore Nove, stavolta con gli occhi attenti di Cale che osservavano i dintorni, ricordò l’evento che era stato lo spartiacque per lui, tanto anni prima. Era tornato a Seattle dopo la sua estate oltreoceano con i Medical Corps con una settimana di anticipo rispetto al previsto, dato che la situazione e gli attentati terroristici erano stati così intensi che i Corps - l’ultimo team medico rimasto nella regione collinare sotto assedio - erano stati trascinati via e smembrayi tra tre divisioni armate nella loro unica possibilità di fuga.
   Appena ventenne, il giovane che aveva avuto il vantaggio di aver visto tante culture straniere e paesi esotici, era rimasto scioccato dagli orrori del genocidio, della distruzione spietata e della prova di quanto barbari e assetati di sangue potessero essere gli umani. Non era sicuro di poter andare avanti, di voler essere parte di questo mondo. Senza sapere esattamente come avesse fatto, si ritrovò nell’aeroporto di Phoenix, ancora impolverato e coperto di graffi per la sua fuga, a chiamare un taxi e recitare un indirizzo di tanto tempo prima.
   Non aveva parlato, non poteva, ma era comparso sulla sua porta, fissandola con gli occhi grandi e tormentati e le guance scavate… il fisico atletico e l’aria fiduciosa si erano in dieci brevi settimane piegati sotto il peso emotivo che portava ed erano scossi dalla sfilata di corpi spezzati e insanguinati che aveva visto ogni giorno e lo avevano visitato nei suoi sogni ogni notte.
   E nemmeno la nonna aveva parlato, ma lo aveva solo preso tra le braccia come quando era piccolo, crollando a terra lì dov’era sotto l’arco della porta con lui, cullandolo in silenzio e scacciando i fantasmi, permettendogli finalmente di lasciarsi andare piangendo in un basso e tremante dolore coloro che non avevano potuto salvare.
   La donna con la saggezza degli anni, che gli aveva insegnato la gioia delle canzoni e delle lucciole, che aveva letto per lui e gli aveva raccontato tante cose, ora gli insegnava il potere del sostegno silenzioso e incondizionato. Rimase con lei per due settimane, solo una o due parole scambiate ogni giorno, ma il suo tocco amorevole e le sue braccia calde erano lì per riportarlo indietro e assicurargli che c’era ancora del bene nel mondo. La sua nonna, che poteva fare tutto, provò ancora una volta di essere la sua guida, la sua forza. Aveva riportato il suo spirito logoro e abbattuto al sicuro attraverso il fuoco e lo aveva aiutato a trovare un appiglio. Forse non la pace, non allora… ma certamente lo aveva messo sulla strada per trovarla.
   « Bling? »
   Bling battè rapidamente le palpebre un paio di volte, scoprendo che i suoi occhi si erano leggermente annebbiati mentre i suoi ricordi tornavano così netti. Alzò lo sguardo e vide Logan fissarlo, un po’ di apprensione sul suo viso ora, e notò anche di essere riuscito a trovare automaticamente la strada per il garage. Bling offrì un sorriso neutro di rassicurazione a Logan. « Pronto? »
   « Senti… ». Logan esitò ora. « Va bene, se dobbiamo tornare… se devi tornare. Ho già preso parecchio del tuo tempo ». Il sorriso evidentemente non era stato una rassicurazione sufficiente. « O potrei prendere un taxi… ».
   « No, amico mio, va tutto bene. Andiamo ». Bling aprì la portiera. « Ho ancora delle cose da fare di sopra, comunque. In questo modo mi risparmio un viaggio più tardi ». Meglio ancora, vide: Cale aveva aperto la propria portiera e si stava protendendo verso la sua sedia.
   
   Bling completò la lista di cose che voleva comprare per la stanza che voleva allestire per la terapia di Logan, dato che il suo paziente aveva deciso che preferiva seguire il suo programma a casa piuttosto che andare in ospedale come paziente esterno per la fisioterapia. Bling era in realtà contento per l’opportunità per un paio di ragioni: primaditutto, come terapista privato e non più dipendente dell’ospedale, avrebbe potuto mostrare a Cale alcune opzioni alternative che l’ospedale ancora non approvava contro il dolore e i probabili spasmi che avrebbe dovuto affrontare, come la digitopressione e l’agopuntura e le tecniche di meditazione. E secondo… aveva un pass per il sancta sanctorum di Solo Occhi, e sarebbe stato disponibile per dare una mano, se Logan lo avesse chiesto. Prima, doveva farlo in memoria di Peter. Ora… voleva anche essere lì per l’uomo che voleva così tanto rendere il mondo di nuovo giusto.
   Oltrepassò la stanza dei computer senza realmente fermarsi, ma rallentando abbastanza da gettare uno sguardo al suo paziente, che sembrava un po’ teso ma aveva di nuovo quel fuoco negli occhi che era mancato da quando gli avevano sparato. Notando la crescente oscurità fuori, Bling realizzò che Logan non aveva mangiato da un po’ e aveva bisogno di un po’ di nutrimento. Sapeva che la dispensa era vuota, letteralmente; aveva lui stesso gettato via la maggior parte del contenuto del frigorifero settimane prima. Si voltò per tornare alla stanza dei computer e aspettò tra un messaggio e l’altro mentre Logan scribacchiava delle note, poi fermò l’apparecchio e sollevò lo sguardo verso il suo terapista.
   « Avrei voluto offrirti da mangiare, ma non c’è nulla da offrire - letteralmente. Non hai del tonno in scatola nascosto da qualche parte, una o due cene congelate? »
   « Ne dubito » sbuffò lievemente Logan.
   Bling ridacchiò al suo tono. « Beh, senti - ho visto un supermercato a un paio di isolati di distanza. Ti serviranno comunque un paio cose, presto. Tu continua qui e io vado a prendere del cibo, preparo qualcosa… »
   Gli occhi di Logan si oscurarono e la sua fronte si corrugò mentre la sua espressione si rabbuiava, come se stesse nascondendo qualcosa. « Senti, non so, magari invece dovrei aspettare per tutta questa roba e tornare più in là… ».
   Pentendosi di qualsiasi cosa avesse fatto per frenare i progressi di Logan, Bling esitò, chiedendosi se l’uomo non fosse magari nervoso all’idea di rimanere solo, ben sapendo che se così fosse avrebbero dovuto affrontare l’argomento, ma incerto se fosse il momento giusto. « Sarebbero solo pochi minuti; compro qualcosa e preparo una cena veloce… » tentò di nuovo.
   Ma se non altro, Cale sembrò un po’ più irritato al pensiero, e si piegò per sbloccare i freni della sedia, aggirando il tavolo dove aveva lavorato per trovarsi di fronte a Bling. « Forse dovrei venire con te » asserì.
   Il che fece rimanere Bling perplesso, ora. Ancora accigliato, Bling osservò l’uomo sulla sedia di fronte a lui, i cui occhi verdi, che cercavano di non stabilire un contatto visivo, sfrecciavano via, come se si sentisse in colpa per qualcosa…
   … e capì: sorpresa e persino soddisfazione attraversarono il viso di Bling quando comprese, certamente per lo più sollevato, e scoppiò realmente a ridere, contento che questo fosse il motivo.
   « Non ci credo ». La sua risata era bassa, vibrante. « Solo Occhi si fida di me abbastanza da farmi entrare in tutto questo, da lasciarmi vedere tutto e avere pieno accesso… » fece un gesto per comprendere la stanza, gli occhi luccicanti, « ma non si fida di me in cucina? ».
   Scoperto, Logan alzò lo sguardo, per poi deviarlo di nuovo. « Sono due cose totalmente diverse » brontolò, solo per vedere Bling ridere di nuovo sollevato di avere ragione, e radunò le proprie difese. « Ti ho visto con questa roba » accennò col mento ai monitor ancora spenti, poi guardò Bling dritto negli occhi. « Ma come faccio a sapere cosa farai nella mia cucina? ».
   
   Si accordarono per un take-away dal cinese, Bling contento di vedere il suo assistito attaccare anche il mediocre lo mein con un appetito che non gli aveva mai visto per tutto il tempo in cui aveva lavorato con lui. Mentre mangiavano, Logan raccontò a Bling delle richieste che aveva controllato fino a quel momento, compreso una trama in via di sviluppo da parte di uno dei suoi informatori più affidabili, che sembrava l’inizio di una storia che aveva tutta l’intenzione di seguire.
   Mentre Logan parlava, Bling notò che lanciava un paio di desiderose occhiate alla schiera di computer, e colse qualche allusione a cosa avrebbe potuto provare a rintracciare, sul sistema. Dopo il terzo accenno alle informazioni che doveva trovarci, Bling propose: « Logan, senti… lasciami vagliare i messaggi. Posso fare quello che stavi facendo tu, registrare le informazioni. Tu vai avanti e riporta il sistema online ». Notando la sua esitazione, Bling continuò. « Ho aggiunto alcune nuove misure di sicurezza, sia per l’attico sia per il sistema - per ora solo esternamente. Non c’è motivo per cui tu non possa staccare di nuovo quanto hai finito, se vuoi, ma si tratta solo di un’altra settimana prima che torni qui a tempo pieno - puoi lasciare con lo stesso livello di sicurezza che usavi quando eri via per uno o due giorni. Posso passare a controllare ogni giorno, se vuoi… e puoi venire anche tu ».
   Guardinghi, gli occhi verdi incontrarono quelli di Bling, ancora cauti riguardo al tornare buttarsi in tutto quello. Ma dopo solo un altro momento tornò a guardare il sistema, come se stesse vedendo un amico da tempo perduto. Gli occhi ancora fissi sui computer, disse alla fine « Se lo faccio, ci vorrà un po’. Potremmo non finire prima delle undici, forse mezzanotte… »
   « Faccio un paio di telefonate » disse gentilmente Bling senza esitare, alzandosi in piedi.
   Logan alzò lo sguardo verso di lui con aria colpevole. « Bling, senti, se hai qualcosa… ».
   « No. Devo solo fare un paio di telefonate » ripeté. « L’attrezzatura è dove l’hai lasciata tu ». E mentre andava nell’ingresso per recuperare il suo cellulare e comporre il primo numero e scusarsi per la serata, si sentì stancamente sollevato che Logan Cale avrebbe superato la tempesta.
   
   CRASH
   
   « Ehi, Max! » La voce di Sketchy finalmente la raggiunse. « Tocca a te ».
   Aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi al lato del lavoro, si allineò per fare la sua mossa, ignorando lo sguardo dell’amico e piegandosi per colpire con rabbia le palle. Non voleva permettere a se stessa di preoccuparsi, per cui tutto ciò che le rimaneva da provare era rabbia, dato che non riusciva a strappare i suoi pensieri dal fatto che Logan Cale era disperso. Due palle andarono in buca. Un altro tiro, ancora buca… senza prestare attenzione al gioco, e quindi giocando molto meglio di quanto i suoi amici le avessero mai visto fare, completò il suo turno e lanciò la sua stecca sul tavolo, tendendo una mano verso Sketchy. « Paga » ordinò categoricamente.
   « Dannazione, bambolina » mormorò Original Cindy. « Qualunque cosa ti sia presa statotte, è bene che la mantieni. Una ragazza può diventarci ricca dandosi da fare con un talento del genere ».
   « Cosa? » Max si voltò verso Cindy irritata, ma vedendo la sua espressione sbuffò tra sé. Adesso si stava scaricando sui suoi amici… Roteò gli occhi e rivolse, soprattutto a Cindy, un mormorato « Scusa ».
   « Che hai per la testa stasera, comunque? » pressò Cindy. « C’è qualche problema? » le chiese, la voce bassa.
   « Oh… no. Solo… » Solo cosa? Come poteva dire alla sua migliore amicia che era diventata una maniaca del controllo, che se non poteva essere sicura che il ragazzo ricco fosse ben accoccolato nel letto lei diventava nevrotica? C’era decisamente qualcosa di sbagliato nella sua programmazione, e non c’era nessuno che conoscesse abbastanza i suoi segreti perché potesse parlargliene.
   Tranne lui.
   Dannazione!

   « … senti, devo evaporare » si scusò con Cindy. « Non è niente, è solo… ». I suoi occhi si illuminarono ricordando il malinconico mantra di Kendra. « È solo, sai… ormoni… »
   « Oh, amica mia, so come ci si sente » immediatamente Cindy simpatizzò. « Sicura di voler andare via sola? »
   « Probabilmente è meglio per tutti » si arrese finalmente Max, offrendo un sorriso triste. « Sto bene - ci vediamo domani ». Diede un veloce abbraccio a Cindy e salutò gli altri. Fuori, saltò sulla sua Ninja e avviò il motore più rumorosamente del necessario, con un’altra ondata di costernazione. Ancora un altro tentativo per stasera… se poteva ancora chiamarla “stasera”. Era già “domani”…
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Stanza n°4, reparto riabilitazione.
   
   Logan entrò nella propria camera, stanco, sentendo le spalle doloranti alla fine della giornata più lunga che avesse da mesi - letteralmente. Il reparto era tranquillo. Un altro paziente sedeva nel salone guardando un vecchio film in tv, ma per il resto era tutto buio e silenzioso. “È mezzanotte e dieci e tutto va bene…”
   Erano successe tante cose quel giorno; ripensò brevemente all’uomo che era quando aveva lasciato quella stessa stanza la mattina. Era quasi come se ora vedesse con occhi diversi, come se la nebbia fosse scomparsa… e sentì il senso di colpa per aver lasciato passare tanto tempo mentre lui sguazzava nell’autocommiserazione e nella paura, nonostante gli appelli di Bling che non aveva nessuna ragione per sentirsi in colpa, e tutte le ragioni per riprendersi e tornare in pista.
   Nonostante le fitte e gli eventi del giorno, sapeva che sarebbe passato un po’ prima di riuscire a dormire, e si avvicinò al letto. Bloccando i freni, si issò con grazia sul copriletto trapuntato, fermandosi per sollevare il cuscino contro la spalliera e poggiarvisi, tirando fuori una piccola cartelina di pelle dalla tasca della sedia. Aperte le pagine davanti a lui, si fermò, lo sguardo fisso nella stanza, perso nei suoi penseri… Sapeva che non sarebbe stato facile, e conosceva se stesso abbastanza da sapere che avrebbe avuto tanti giorni in cui non si sarebbe sentito così ottimista.
   Ma oggi era stato un buon giorno, tutto considerato, un giorno pieno. Forse Bling aveva ragione: c’è sempre un modo per trovare la propria strada, se uno cerca abbastanza da trovarlo.
   E mentre lentamente inspirava a fondo e poi espirava, sentendo le fitte nelle spalle diminuire, si ritrovò la bocca tirata in un arrugginito sorriso speranzoso… e credette di sentire, da qualche parte sopra di lui, un sottile respiro trattenuto nell’emozione di averlo visto.
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
   
   
   

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Capitolo 9
*** Aspettando di volare ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: no, non ho improvvisamente acquistato i diritti. È ancora tutto nelle mani di Eglee, Cameron e la Fox.

Aspettado di volare



   APPARTAMENTO DI MAX
   
   Max fissò l’esotica statua di bronzo nelle sue mani, che le ispirava ancora un’altra ventata di irritazione verso Logan Cale: la statuetta di Bast era finita nelle sue mani una seconda volta, dopo la prima in cui l’aveva avuta solo per pochi minuti nell’attico di lui; questa seconda volta era in seguito all’effrazione di lui nella casa di lei per lasciarle il prezioso oggetto.
   Aveva provato a piazzarla - dopotutto, era il motivo per cui gliel’aveva portata, no? Ma con sua sorpresa, quando Max aveva cercato non una ma due volte di mollare quella cosa mentre Cale si stava ancora riprendendo, aveva scoperto di aver apparentemente sviluppato una coscienza - una coscienza trasandata, miope, che voleva fare il vendicatore mascherato - seduta sulla sua spalla, che l’aveva fermata ogni volta che aveva cercato di ricettare l’oggetto e intascare i soldi di cui aveva dannatamente bisogno…
   Aveva rinunciato. Magari lui avrebbe avuto bisogno dei soldi, ora che gli avevano sparato e non poteva esattamente rimettersi in piedi. Aveva chiamato un paio di “broker” che conosceva. Anche se era stata in grado di scoprire il commerciante d’arte da cui Logan aveva inizialmente acquistato la statua, aveva anche scoperto che il suddetto commerciante era morto e il partner che aveva rilevato la compagnia non era degno di fiducia.
   E ora? Mollare la statua a casa di lui come aveva fatto lui con lei? Oh, no, si infuriò con se stessa, aveva intenzione di lavarsi le mani di lui, e odorava una sorta di “test” in tutto ciò: se lui avesse scoperto che lei non aveva rivenduto la statua, non l’avrebbe mai lasciata in pace, pronto a arruolarla come un’altra caritatevole attivista, come era lui. Lo aveva sentito con BL negli ultimi giorni, e lo aveva visto impegnarsi nei suoi esercizi con fermezza. Voleva tornare, e voleva continuare la sua missione. Se ancora pensava di poterla coinvolgere, poteva dire addio a quell’idea. E lei non avrebbe mai fatto nulla per lasciargli credere anche solo per un minuto che avrebbe potuto comprare i suoi servigi.
   Presa la sua decisione e pianificando l’attacco, iniziò a scavare nel suo armadio alla ricerca di qualcosa che potesse andare bene, e trovò un vestito adatto, uno più tradizionale dei suoi soliti, tenuto da parte per quei particolari momenti in cui era necessaria una diversa Max. Lo indossò in fretta e tirò indietro i capelli in una ordinata, classica coda di cavallo, muovendosi in fretta per raggiungere il centro città prima di mezzogiorno. Per quanto la polizia fosse un problema negli ultimi tempi, era la via più adatta a far riavere quella cosa a Cale rispetto a qualsiasi altra a cui lei riuscisse a pensare. Con tutta fortuna, i soldi e il nome dell’uomo avrebbero potuto spingere i poliziotti a rigare dritto per lui. In caso contrario… beh, lei ci aveva provato.
   
   DIVISIONE CENTRALE DELLA POLIZIA DI SEATTLE
   
   Matt Sung era di ritorno da una chiamata ricevuta a metà mattina e si dirigeva alla sua scrivania, la mente concentrata sul caso che gli era appena stato assegnato, quando alzò lo sguardo e vide uno dei nuovi ragazzi, Klaus, parlare con una donna particolarmente attraente: giovane, bruna, tratti esotici e pelle olivastra, la ragazza sembrava chiaramente frustrata dal giovane investigatore. Le orecchie di Matt si rianimarono un po’ a sentirla chiedere - apparentemente non per la prima volta - di parlare con un detective. Inoltre, apparentemente non per la prima volta, Klaus le stava assicurando di essere un detective.
   « Comunque, signorina - noi non ci occupiamo di oggetti smarriti. Deve andare al piano di sotto, ufficio centoquattro… »
   « Questo non è un trofeo del bowling » rimarcò lei, agitado un po’ la scatola. « Lavoro per un commerciante d’arte - è un oggetto di grande valore. Deve tornare al suo legittimo proprietario, ma non riusciamo a contattarlo. Voi potreste fare qualcosa ».
   « Ad esempio? » chiese Klaus, esasperato. « Non possiamo cercare persone scomparse per qualcuno a meno che lei non faccia una denuncia ufficiale… »
   « È ricco. Ha conoscenze… » sussurrò la ragazza minacciosa. « Ha mai sentito parlare delle Industrie Cale? Ecco cosa intendo per ricco. Magari questa cosa potrebbe rendere la sua famiglia felice ».
   « Klaus. Signorina…? ». Matt si avvicinò con quella che sperava apparisse un’andatura casuale: il nome Cale aveva fatto scattare ogni sorta di allarme dentro di lui. « Cosa possiamo fare per lei? ». Guardò Max, ignorando l’occhiataccia che gli stava rivolgendo il giovane detective.
   « Ho una statua qui che appartiene a Logan Cale - ma non riusciamo a trovarlo a casa, né per telefono né cercandolo direttamente al suo attico ». Max entrò in modalità “fascino preoccupato” di fronte a Matt. Nessuno dei due sospettava che l’altro conoscesse Logan in qualche modo. « Deve essergli restituita, solo non sappiamo come raggiungerlo. L’abbiamo ritrovata sul mercato nero - e il mio capo è riuscito a intervenire prima che venisse spedita fuori città. Mr Cale e la sua famiglia sono preziosi clienti, e il mio capo voleva essere certo che… »
   « Il suo capo è…? » sondò Matt, gentile ma cauto.
   « Josef Rimmel ».
   Gli occhi di Matt si ridussero solo lievemente, ma Max se ne accorse; questo poliziotto conosceva il nome del rognoso partner del broker di Cale. Magari sapeva che Rimmel era un problema? Non era una cosa propriamente grandiosa
   « … i Cale sono stati clienti per anni, e il signor Rimmel mi ha detto che dobbiamo restituirgli questa statuetta ». Lasciò che il suo viso assumesse un’espressione preoccupata. « Potrei essere licenziata se sbagliassi la mia parte dopo che siamo riusciti a recuperara la statuetta dal mercato nero ».
   Il poliziotto non era del tutto convinto, ma stava cedendo un po’, notò lei. « Beh, di solito non ci occupiamo di cose del genere… ». Sarebbe stato abbastanza facile per Matt chiamare Logan: sarebbe stata una buona scusa per chiamarlo, e se Rimmel voleva che riavesse la statuina… « Credo che possiamo trovare il signor Cale ».
   Il viso della donna si illuminò. « Oh, grazie, detective…? »
   « Sung ».
   « Detective Sung » miagolò lei, offrendo la mano quasi timidamente. « Ha salvato il mio lavoro ».
   Matt finalmente si rilassò, gli occhi brillanti della donna erano troppo luminosi per resistere. « Posso dirgli chi…? »
   « Oh, gli dica solo che lo manda il signor Rimmel » rispose lei con disinvoltura voltandosi per andare via. « È stata tutta una sua idea ».
   
   COMPLESSO METRO MEDICAL: SECONDO PIANO TORRE CENTRALE. Biblioteca.
   
   Bling attraversò l’atrio dal reparto riabilitazione diretto verso la parte principale dell’ospedale, e prese le scale per la biblioteca del secondo piano. Come gli avevano detto, dentro trovò il giornalista/paziente disperso Logan Cale chino sul monitor di un computer, le sue lunghe dita che danzavano delicatamente sulla tastiera, concentrato sulla missione di ricerca. Bling si avvicinò alle sue spalle e parlò a bassa voce. « Cos’è, hai mangiato i tuoi Wheaties (*) o cosa? »
   Affamato delle informazioni che scorrevano davanti a lui sullo schermo, Logan iniziò a voltare la testa verso Bling prima ancora di staccare gli occhi dal computer. « … cosa? ». I suoi occhi si sollevarono finalmente su quelli di Bling, con aria innocente, e onestamente non ricordava molto al di là della sua immediata ricerca.
   Bling sollevò un sopracciglio. « Ho sentito che sei stato occupato ». Quando Cale gli restituì un’espressione confusa, stringendosi nelle spalle interrogativo, Bling pungolò finalmente « Non ti piacevo come insegnante di guida? »
   A quella frase, la luce si accese, e il viso di Logan assunse un’espressione di difensiva alterigia, ricordando improvvisamente: dopo un tutt’altro-che-stellare primo viaggio nel suo nuovo veicolo con controlli manuali il giorno prima, Logan era di nuovo sgattaiolato fuori dall’ospedale quella mattina, all’alba, per affrontare i non familiari nuovi controlli girando per il parcheggio e intorno all’ospedale finché non si sentì abbastanza sicuro dietro il volante della sua nuova Aztek. Sarebbe servito solo un po’ di tempo perché la risposta delle sue mani diventasse una seconda natura come era stata quella dei piedi.
   « Non ho fatto una grande performance ieri » mormorò, il ricordo delle sua conquista in solitaria rendeva questo giorno migliore, mentre cercava di smorzare il sorriso che minacciava di illuminare il suo viso. Si raddrizzò per stiracchiarsi leggermente mentre iniziava a chiudere le finestre.
   « Sei pronto? » chiese Bling, osservando mentre Logan usciva dai siti che stava navigando.
   « Sì ». Logan tornò alla pagina di log-in, sbloccò i freni e si voltò per seguire Bling verso l’uscita della biblioteca. « Puoi ancora uscire oggi pomeriggio per venire a casa mia? Se non puoi… beh, immagino che ora ho il mio mezzo di trasporto ».
   « Uh-uh » disse Bling lentamente. « Fai un giro per il parcheggio per cinque minuti stamattina e ora sei pronto per guidare dall’altra parte della città? Questa la voglio vedere ».
   « Erano più di cinque minuti » borbottò Logan, premento il bottone dell’ascensore quando uscirono in corridoio.
   « Bene. Allora sì, posso uscire - e guidi tu ».
   « D’accordo » accettò Logan, deglutendo le brevi ondate di nervosismo che sentì al pensiero di guidare. Almeno Bling sarebbe stato con lui, semmai avesse avuto qualche problema. Così come era stato da quando Logan si era svegliato come vittima di una sparatoria… quanto lontano Bling lo aveva portato, rifletté.
   Si spinse nell’ascensore che si apriva e girò abilmente su se stesso per trovarsi di faccia alle porte. « Andiamo » disse bruscamente, concedendo finalmente ad un sorriso di serpeggiare sulle sue labbra. « Abbiamo da fare ».
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Reparto riabilitazione.
   
   Novanta minuti più tardi, dopo un allenamento che aveva lasciato la maglia di Logan umida di sudore e le sue braccia ancora calde, Bling era in piedi accanto al lettino dove Logan era steso supino, il respiro ancora profondo, ad osservava l’uomo alto lavorare abilmente sulle sue articolazioni, con pazienza. Dopo tre mesi così, non era più così estraneo vedere Bling lì, muovere gambe che non poteva sentire. Aveva pensato, all’inizio, che non ci si sarebbe mai abituato… ma non sembrava più così estraneo…
   E con un respiro profondo, piuttosto fiero di sé per ciò che stava per fare, sorrise compiaciuto verso l’allenatore e chiese « Stanford, uh? »
   Bling gli rivolse un’occhiata strana, in silenzio. Il suo paziente si sentiva allegro, a quanto pareva, e anche se Bling non era troppo interessato a parlare si sé, almeno Logan stava perseguendo qualcosa. Era in effetti un ottimo segno il fatto che Logan stesse ficcanasando così, decise - e aveva intenzione di permettere a Cale di giocare un po’. « Ti stai pavoneggiando perché sai hackerare file protetti anche dal terminale della biblioteca qui? »
   « Scuola di preparazione a medicina, biomeccanica… ». Logan si strinse nelle spalle, ignorando la frecciatina. « Avresti dovuto essere tu ad operarmi ».
   Bling ridacchiò. « Oh, così a Sam sarebbe toccato il compito di spingerti a suon di calci a rimetterti in forma? ». L’allenatore non rallentò il suo ritmo, continuando a lavorare sulle articolazioni dell’anca e del ginocchio di Logan. « Sam è un ottimo neorochirugo, ma è lì che deve rimanere. Se fosse qui al posto mio, tu staresti da qualche parte a poltrire tutto il giorno, diventando flaccido e grasso, e facendolo impazzire con i tuoi capricci ».
   « Oh, davvero? ». Logan rise per davvero a quel punto. « Ora, cosa ho mai fatto per farti credere che approfitterei dell’animo gentile di Sam - o di chiunque altro? »
   « Allora è vero che non ti ascolti quando ti lagni durante la terapia… l’avevo sospettato… »
   Logan rimase silenzioso per qualche momento, perso nei suoi penseri. Abbastanza a lungo perché Bling iniziasse a chiedersi se l’umore più allegro che aveva appena visto non fosse passato. Ma poi Cale ricominciò a parlare. « Allora, hai fatto pratica medica con più azione che tutor ». La sua voce era tranquilla… rispettosa.
   « Beh, no, non per la parte pratica… Ho avuto una bella dose di “prontezza nell’applicazione pratica” lì ».
   « E non ti interesserebbe tornare indietro, alla scuola di medicina? ». Bling alzò lo sguardo e vide gli occhi verdi fissarlo, fermi e preoccupati. Improvvisamente comprese - Logan sospettava che lui, come molti altri dopo l’Onda Elettromagnetica, fosse stato improvvisamente costretto a rinunciare al sogno di un’educazione costosa, al di là delle sue possibilità senza prestiti o borse di studio. Bling ricordò improvvisamente tutto il lavoro clandestino che aveva portato quest’uomo a trovarsi lì tra i suoi pazienti… e sorrise lentamente, scuotendo la testa.
   « Non ancora ». Sollevò un sopracciglio, ammettendo che forse poteva essere interessato alla cosa - ma rassicurando Logan che era stata una sua scelta, non qualcosa che gli era stata tolta. « Troppe cose che devo fare prima, che ancora non ho fatto ».
   « Tipo? »
   Bling rallentò i suoi movimenti, ora, notando l’intensitò tornare negli occhi di Logan. Non aveva preso i commenti di Bling come buttati lì per cambiare argomento, ma come un piano vero e proprio per la sua vita - e c’era una sola ragione a cui riusciva a pensare che potesse essere così importante per Logan. Bling lo guardò negli occhi. « Questo. Questo e gli altri incarichi connessi al campo medico che mi hai visto fare, prima. È sulla prima linea. Scuola medica, poi l’internato, l’attesa di collocamento… ci vuole troppo tempo prima che si possa fare qualcosa per davvero. Questo invece è pratica vera, subito. Ed è tanto necessario quanto qualsiasi altra branca medica che avrei potuto intraprendere, e… » si strinse nelle spalle prima di ammettere « è più personale che limitarsi a tragliuzzare qualcuno… la si vive di più » aggiunse con una risatina.
   Logan annuì, ora un po’ meno intenso, ma il suo sguardo ancora diretto e fermo. « Vieni a lavorare per me » disse senza preamboli. « Qualunque cifra ti paghino, la raddoppio. Se dici di no, dovrò pagare due persone, un terapista e qualcuno che mi aiuti col mio lavoro. Ti darò direttamente entrambi gli stipendi ». Osservò la reazione dell’uomo. « Che dici? ».
   Bling sbatté le palpebre, preso in contropiede; non si aspettava un’offerta così generosa - o così ambiziosa. « Logan… ho altri pazienti… e l’ospedale ha solo due terapisti al momento… ».
   « Puoi continuare a mantenere una base qui; i tuoi orari con me possono essere flessibili ».
   « Non sarebbe giusto nei tuoi confronti ». Bling scosse la testa.
   « Non approfitterai di me ». Gli occhi di Logan erano potenti, pensò Bling in quel momento. Appropriato, dato il suo personaggio: Bling sapeva che non avrebbe potuto negargli il suo aiuto, di qualunque cosa avesse bisogno: era esattamente il tipo di lavoro che aveva scelto al posto della scuola di medicina. « Bling… vorresti lavorare per me? ».
   L’espressione seria di Bling si rilassò un poco, e c’era gratitudine nei suoi occhi. Esitando solo per un momento in più, disse piano « Non posso farlo quaranta ore a settimana… ma magari trenta sì. Posso lavorare qui la mattina presto, prima dell’orario in cui di solito ti alzi e inizi a funzionare » disse con voce bassa e calma. « Ma voglio solo ciò che è ragionevole - non due stipendi da tempo pieno se lavoro solo part-time ».
   Gli occhi verdi cambiarono finalmente da concentrati e determinati a uno sguardo di sollevata soddisfazione. « Troveremo una soluzione ». Un lieve sorriso si aprì sulle sue labbra. « Grazie ».
   « Tu devi tornare » affermò Bling, tornando a lavorare sui piedi e le caviglie di Logan, distogliengo lo sguardo, improvvisamente preda di un’emozione che non era pronto a mostrare a Cale. « E io voglio esserci per essere certo che tu lo faccia ».
   
   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Stanza n°4, reparto riabilitazione.
   
   Logan uscì dal bagno e si avvicinò al cassettone, fermandosi per sollevare l’asciugamano che portava in grembo e dare ai suoi capelli un’altra strofinata prima di gettarlo sul portasciugamani. La ginnastica lo aveva stancato un po’, ma aveva anche reso il suo respiro più profondo e lento, effettivamente aiutando a rilassarlo e a sciogliere i nodi che aveva prima nelle spalle. Facendo scorrere distrattamente le dita tra i capelli, si voltò per prendere una maglia leggera e se la infilò, proprio mentre il telefono della stanza squillava. Lo prese sorpreso e rispose - era probabilmente la prima volta da quando si trovava lì che squillava.
   « Logan? Ehi, sono Matt Sung ».
   « Matt… ciao ». Era piacevolmente sorpreso di sentire la voce familiare.
   « Ciao ». La voce assunse all’istante un tono di scuse. « Senti, Logan, sono passato a trovarti un po’ di tempo fa, ma… mi hanno detto che non ricevevi nessuno… ».
   A quelle parole, Logan si sentì imbarazzato per il modo in cui si era nascosto da tutti, rifiutando di avere visite… e sapeva che avrebbe provato un’altra ondata di imbarazzo quando avrebbe rivisto Matt dopo essere tornato a casa. « Io… lo so, Matt. Mi dispiace. Non ero pronto ad andare avanti, avevo bisogno di un po’ di tempo… ».
   « Ehi, è tutto ok - sono solo contento che tu abbia accettato la mia chiamata » si affrettò a rispondere il detective. « Allora - ti senti bene? ».
   « Sì, nessun problema al riguardo ». Voleva superare tutta la parte medica e arrivare al motivo per la telefonata, anche se sapeva che Matt stava solo cercando di essere gentile. « Allora, che sta succedendo fuori nel mondo reale? ».
   « Lo stesso di sempre… le trasmissioni televisive sono state un po’ noiose, però ».
   Logan sapeva che l’uomo non avrebbe resistito alla tentazione di accennare all’assenza di Solo Occhi. Prese un respiro prima di rispondere « Ho notato… Hanno la tv anche qui ». Andiamo, Matt, cos’hai? Logan si chiese, respirando tranquillamente, con studiata pazienza. Cosa ti ha spinto a chiamare?
   « Oh già, ovvio… ». Anche Matt sembrava un po’ a disagio, ma tornò all’argomento principale della chiamata. « Beh, senti… abbiamo ricevuto qualcosa che ti appartiene, oggi. Ti è stata rubata una statuetta. Dall’aspettto - direi egiziana, di bronzo, una figura umana con la faccia di un gatto, una di quelle dee? ».
   Le sopracciglia di Logan si sollevarono per la sorpresa. « … Bast… ». Si riprese in fretta. « Non rubata, in realtà, ma… sì, non ce l’ho più da un po’. Come l’hai avuta? ».
   « Il tuo venditore l’ha salvata dal mercato nero - o, immagino, l’ha salvata dal perdersi da quelle parti. Hanno provato a chiamarti e non ci soni riusciti, per cui hanno chiesto di considerarla proprietà rubata e di portarla tramite il reparto di competenza a te. Sapevo di poterti contattare abbastanza facilmente, per cui ho detto che era ok ».
   Ma non aveva senso: come avrebbe fatto Rimmel ad averla da Max? Non riusciva a immaginare una connessione, anche se Rimmel avesse cercato eventuali ladri - cosa possibile. Max aveva quella statuetta, ma l’aveva venduta, Rimmel non l’avrebbe mai avuta - non senza pagarla profumatamente lui stesso… e gli avrebbe chiesto una cifra ancora maggiore per ridargliela, non l’avrebbe consegnata allegramente a Matt. Questo significava - per forza, no? - che Max l’aveva riconsegnata lei stessa?
   « Bene » riuscì a dire. « Non è che hai visto chi te l’ha portata, vero? »
   « Sì, la ragazza ha detto di lavorare per Rimmel ».
   « La ragazza? ». Logan si riprese. » Che aspetto aveva? ».
   « Bella. Bruna, sui vent’anni, labbra piene… minuta… Bella » ripeté. « La conosci? ».
   « Sì… » rispose lentamente Logan, un sorriso di meraviglia sulle labbra. « Credo di sì… ».
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.
    (*) i Wheaties sono una marca di cereali.

   
   

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Capitolo 10
*** Pronto a prendere il volo ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: I personaggi e il loro universo non sono miei; nessun guadagno personale qui.

Pronto a prendere il volo



   METRO MEDICAL: TERZO PIANO EST. Stanza n°4, reparto riabilitazione.
   
   Bling sbirciò nella stanza di Logan e la trovò vuota, la borsa pronta e in attesa. La stanza non era molto diversa senza i suoi effetti personali - Cale non aveva mai portato nessuno dei piccoli “tocchi di casa” che altri spesso volevano con sé se dovevano restare a lungo. Almeno non era la tipica scena che accadeva con altri pazienti che andavano via: stavolta sarebbe andato via con lui, e avrebbe continuato con la terapia e molto di più.
   Però… questo momento rappresentava decisamente la fine di un capitolo nella vita di Cale, un libro del tutto nuovo che si apriva davanti a lui. Era spesso un momento forte dal punto di vista emotivo sia per il terapista sia per il cliente, sebbene di solito Bling non lasciasse che i propri assistiti vedessero quanto a fondo fosse commosso dalla forza e dal’impegno che vedeva in ognuno dei suoi pazienti, Cale di certo non l’ultimo tra loro.
   Ma avrebbe preferito aver affrontato questo argomento prima…
   Mentre tornava in corridoio, vide Logan che si dirigeva verso di lui dall’ufficio dell’ospedale, il suo file in grembo, e fece spazio per lasciarlo passare. « Ehi ». Osservò Logan entrare in camera e lo seguì, notando che Cale appariva un po’ teso, un segno che aveva imparato a riconoscere come dovuto alla stanchezza, alla tensione o al dolore. Logan gli sorrise, non aveva intenzione di ammettere qualsiasi cosa avesse visto Bling - ma il sorriso non raggiungeva i suoi occhi.
   « Ehi ». Logan attraversò la stanza per prendere una sottile cartellina sulla scrivania e mettersela in grembo sopra al suo file.
   « Sei andato da Sam? ».
   « Sì, ma mi hanno detto che è in ritardo - ha dovuto fare un qualche intervento di emergenza stamattina che ha fatto slittare tutti i suoi appuntamenti ». Alzò lo sguardo verso Bling, cercando di rimanere ottimista riguardo alla giornata. « Ora hai il tuo ultimo cliente? ».
   « L’ultimo oltre a te? ». Bling sorrise ironicamente. Al ghigno silenzioso di Logan, ridacchiò e annuì. « Sì, tra qualche minuto ». Lo osservò, soppesandone l’umore ora che era così vicino a lasciare il luogo in cui aveva lottato per riprendere in mano la propria vita - e dove aveva lottato con la vita nell’ambiente protetto di terapisti e professionisti medici. « Oltre a dover vedere Sam… hai preso tutto e sei pronto ad andare? ».
   Logan si strinse nelle spalle, evasivo. « Sì, credo ». Fece vagare lo sguardo per la stanza… senza vederla sul serio… e senza guardare Bling.
   « Come ti senti riguardo l’andare via? ». Bling si chiese se fosse il momento migliore per sollevare ancora un’altra faccenda imbarazzante - ma stavano per esaurire il tempo a loro disposizione. Attese la risposta di Cale.
   Alla domanda, Logan sollevò lo sguardo verso gli occhi scuri del terapista, poi distolse lo sguardo facendo spallucce, la sua corazza forte per il momento. « Bene. Mi chiedevo se sarei mai scappato ».
   Bling sorrise lievemente e annuì, avvicinandosi per sedere sul bordo del letto, più a livello con lo sguardo di Cale. « Sai, abbiamo fatto un po’ tutto quello che c’era da fare, o almeno avviato quasi tutto, e pianificato anche qualche cosa extra, tipo il basket » iniziò Bling. « Solo un’altra cosa, però… ». Prima sarebbe stato più facile, quando era ancora lui a dire a Cale cosa fare e come muoversi. Ma ora Logan avrebbe preso il comando, Bling lo avrebbe aiutato non solo a preparare casa sua per adeguarsi alla vita sulla sedia, ma avrebbe anche assistito Solo Occhi nel perseguire quei funzionari che stavano orchestrando una serie di omicidi pagati dal governo, il servizio era pronto ad essere mandato in onda ancora prima che Cale fosse dimesso. Bling prese un respiro per prepararsi - sapeva che era un passo necessario da compiere - e continuò « Ma ora, la maggior parte dei miei clienti - specialmente gli uomini - o chiedono… o semplicemente ricevono… Il Discorso » iniziò con cautela. « Ti aspetti che io creda che non ci hai fatto nemmeno un pensierino? ».
   « Ti sembra che abbia l’aria di uno che possa andare al ballo della scuola tanto presto, papà? ». La risposta di Logan era sarcastica, era chiuso contro quell’argomento così personale. « E poi » mormorò « non ho mai ricevuto “Il Discorso” da mio padre… o da mio zio » disse imitando il tono di Bling su quelle parole, esagerandole nel sacrasmo. « Perché rovinare il mio curriculum finora? ».
   « Stai scherzando… ».
   « No ». Le sopracciglia di Logan si sollevarono e le sue difese si allentarono un po’, pensieri sulla sua famiglia lo distrassero, voleva distrarsi, pensare ad altro il più a lungo possibile, tanto che si ritrovò ad ammettere a quest’uomo che aveva fatto tanto per lui « I Cale non fanno discorsi… ». Esitò, poi proseguì « Assumono altri che lo facciano per loro ». Sbuffò, un suono malinconico, amareggiato, al ricordo degli sforzi di suo zio. « Io… immagino che mio padre avrebbe lasciato passare le cose senza commentare. Invece, Jonas… ». Logan scosse la testa. « Il sedicesimo compleanno di un maschio Cale è il passaggio per diventare un uomo, secondo mio zio Jonas. Sentiva che fosse necesario un rito di passaggio, per cui… ordinò un certo… regalo di compleanno ».
   Bling strinse gli occhi e lo fissò, a lungo. « Mica…? ».
   Logan annuì, ricordando l’umiliazione acuta provata mentre rispediva a casa in taxi quella ragazza stupenda con una mancia discreta, tre minuti dopo che era arrivata… e due minuti dopo che la ragazza con cui era uscito quella sera fosse fuggita in lacrime per il proprio imbarazzo. Era stato uno dei momenti decisivi della sua vita, che aveva dato forma alle lezioni apprese dal suo distante ma onorevole padre e dalla sua graziosa e sensibile madre: essere rozzi era una cosa, usare la propria ricchezza per essere profondamente rozzi era umiliante. E non essere in grado di capire cosa avesse reso la cosa umiliante era… Jonas. « Quattro maschi: a tutt’oggi non so se nessuno di noi… sia andato fino in fondo. So per certo che tre di noi non lo hanno fatto. Mio cugino maggiore… ». Logan fece spallucce. « Potrebbe aver fatto un tentativo ».
   « Maledizione ». Bling lo lasciò parlare, per esorcizzare i propri demoni come aveva bisogno di fare, anche se lo stava facendo indirettamente. Aveva un grosso ostacolo immediatamente di fronte a lui, e una pausa gli avrebbe fatto bene. « Alla faccia del discorso ».
   Logan annuì, le sopracciglia che si inarcavano ironiche. Guardò Bling, non ancora pronto ad ascoltare ciò che l’uomo aveva da dire sull’argomento, ma sicuramente interessato a saperlo. Ovviamente, aveva fatto qualche ricerca online, ma le parole significavano poco a questo punto. Si fidava che Bling fosse diretto con lui - solo non ora, non ancora… ma tenne la porta aperta, un po’. « Tu hai ricevuto Il Discorso? ».
   « Io? Oh, sì… » ridacchiò Bling. « Con mio padre, “Il Discorso” divenne “Il Trattato” - se il discorso ti viene fatto da un professore di archeologia non hai solo le api e i fiori, ma anche i reperti, le culture indigene, le strutture sociali e le antiche rune e le usanze tribali… ». Sorrise vedendo che Logan si rilassava con una risatina grata, e rimase in silenzio per un momento, osservando il proprio assistito. Alla fine disse « Logan, sarà diverso, ora… ma non fuori questione. Ci sono un sacco di possibilità, e in questo più che in tutte le altre cose, ognuno è diverso… ». Vide la gratitudine negli occhi di Cale, ma anche una leggera chiusura, come se l’argomento fosse ancora troppo dolososo… come se ancora non fosse capace di credere che la vita potesse ancora includere queste cose per lui. «In qualunque momento vorrai parlarne sappi che io ci sono. Ma… non considerare ancora nulla come senza speranza, d’accordo? C’è ancora troppo lì fuori perché pensi che la tua vita sessuale sia finita… ».
   Il velo era caduto alla parola con la “s”; Bling se lo aspettava, perciò l’aveva lasciata alla fine. Si alzò, e disse « Meglio che vada. Finirò tra un’ora - ci rivediamo qui? ».
   « Sì, e devo andare da Sam ». Logan senuì Bling in corridoio. « Dovrei tornare prima di te. Senti… ». Cale si fermò, e si strinse nelle spalle. « Non c’è motivo per cui dobbiamo partire insieme; ti servirà la tua macchina, per cui io carico la mia e vado, quando ho finito… ».
   « Sei sicuro? ».
   « Sicuro - non c’è momento migliore per vedere se sono davvero pronto a spiccare il volo ».
   « Ok, amico… ci vediamo lì ». presero direzioni diverse, e Bling lanciò uno sguardo alle spinte risolute dell’uomo verso l’ascensore. Sperava che presto Logan iniziasse a sentirsi dentro come ora cercava di apparire al mondo…
   
   METRO MEDICAL: SOPRA.
   
   Quindi era il suo ultimo giorno.
   Un’adeguata fine al suo gironzolare, si rimproverò Max gentilmente mentre, con la facilità che deriva dalla pratica, attraversava il tetto dell’ospedale verso l’edificio successivo, attraversava la porta di servizio e si addentrava nell’ospedale anche se in realtà quell’accesso era stato costruito per facilitare la manutenzione del sistema standard e di quello d’emergenza dell’ospedale - e per permettere a lei di accedere facilmente ai condotti da cui poteva spiare la stanza di Cale e il corridoio adiacente. Non c’era nessuno in giro al momento, ma sentì il responsabile del reparto dire che l’uomo si trovava nell’ufficio del suo medico e che era stato appena segnato come dimesso nel sistema. Tra non molto sarebbe stato fuori dall’ospedale e di nuovo nella sua casa lussuosa, lontano da questi comodi spazi per nascondersi.
   Suonava bene, decise - lui sarebbe stato a casa e fuori dalla sua testa, avrebbe riavuto la sua vita, così lei avrebbe riavuto la propria.
   Perfetto.
   Dopo solo una manciata di minuti, il suo obiettivo comparve in vista, attraversò la stanza verso la grossa borsa di tela sul letto e se la piazzò in grembo. Si voltò per avviarsi verso la porta, e Max pensò che la propria visita fosse finita. Ma quando lui rallentò lei rimase a guardare, ancora non in grado di vedere la sua faccia chiaramente. Rischiando quasi di essere scoperta, ma spinta dalla curiosità, si spostò un po’ in avanti, appiattendosi contro il muro, per vedere meglio. E quando lo fece, i tratti di lui furono ben in vista.
   Lo vide voltarsi di nuovo per guardarsi intorno ancora una volta. All’inizio, pensò che stesse solo controllando di non aver mancato nulla. Ma poteva vedere, dal suo punto di vista avvantaggiato, che in quel momento l’uomo non stava vedendo nulla nella stanza, ma i propri pensieri inespressi - che erano cosa? Nuovi piani da stendere? Nuovi funzionari corrotti da abbattere? Qualunque cosa fossero, pensò con una certa riluttante ammirazione, lui ce l’aveva fatta, era tornato indietro dopo che metà di lui era stata uccisa. Indipendentemente dai suoi motivi, ammise, doveva riconoscergli questo. Sentendo una certa dimensione di chiusura lei stessa, lo vide avanzare con forza, e arretrò, voltandosi per ritirarsi.
   E ce l’aveva quasi fatta. Ma poi sentì un suono che la trattenne…
   Si girò in silenziò per guardare nella stanza, dove la figura solitaria si era avvicinata al cassettone perché il suo sguardo aveva colto la piccola forma che aveva quasi mancato, credendola già in valigia… e Max sapeva che il suono che l’aveva richiamata era un momentaneo suono di dolore, un lamento involontario che era sfuggito alla nuova facciata che aveva costruito. Logan sedeva chino con l’orsetto in mano, il respiro poco profondo forzatamente regolare, e sbatteva in fretta le palpebre.
   L’uomo lottò per regolare il proprio respiro, chiuse gli occhi e li strinse e serrò i denti come se grazie alla pura forza di volontà potesse allontanare il dolore. All’inizio Max pensò che fosse un dolore fisico, del tipo che aveva letto poteva accadere con una lesione come la sua. Ma osservando quel viso attraente cercare di concentrarsi, se ne accorse - non era fisico. Era sofferenza e disperazione e paura e tutta la solitudine che aveva mai affrontato, tutto ad assalirlo lì in quel momento, quando era totalmente, disperatamente solo. Max lo fissò in silenzio, tesa verso la sua sofferenza in una potente compassione, non sapendo come fare per allontanare il suo dolore. Se Solo Occhi era la speranza dei derelitti… chi era lì per salvare lui?
   E molto dopo che l’uomo fosse riuscito a costringere i demoni in un piccolo angolo della propria anima… molto dopo che con un sospiro tremante aveva indossato una maschera coraggiosa e si era voltato per lasciare la stanza e dire addio allo staff… Max sedeva nascosta in un condotto buio sopra la stanza, toccata da uno spirito e da un’anima molto più complessi e interessanti di quanto avesse mai creduto.
   
   FOGLE TOWERS
   
   « Anche questo è nuovo ». Bling avanzò lungo il corridoio per mostrare a Logan un monitor più al suo livello dalla sedia di quanto fosse a quello di Bling in piedi. « Queste letture del perimetro ti possono dire se c’è stata una violazione - hai monitor identici nelle altre stanze, più un read out sul tuo computer se vuoi richiamarlo. Attiverò un allarme visivo o uditivo se c’è qualcuno sul tuo piano o fuori, ovunque - la porta, le finestre… il tetto… ».
   Logan alzò lo sguardo, leggermente sospettoso. « Solo un allarme, niente trappole esplosive o cose del genere? ».
   « No, niente trappole, a meno che tu non voglia metterne… ». Bling sollevò un sopracciglio.
   « No, non ce n’è alcun bisogno… per quanto ne so » considerò Logan. « Il tetto, prima… il lucernario non è mai stato, beh, proprio serrato; chi penserebbe che serve un lucernario chiuso a chiave un un palazzo di trentasei piani? » cercò di ridere, ma la sua forzata nonchalance non stava funzionando. « Non so se Peter lo abbia mai fatto sigillare, dato che ne aveva parlato ».
   « No, è com’era quando è stato costruito in origine. Se vuoi farlo sigillare… ».
   « No » rispose Logan troppo in fretta. « Voglio dire… non ce n’è bisogno. Hai tutta la gamma di strumenti anti-intrusione… ».
   « … e quel sistema allerta la sicurezza di sotto per qualsiasi segnale che provenga da qualsiasi parte che non sia la porta d’ingresso ».
   Logan sbatté le palpebre, preoccuparo; Bling, che cercava proprio quella reazione, vide la conferma ai propri sospetti. Attese, sperando di riuscire a nascondere il proprio divertimento. « Vuoi dire… per esempio… se qualcuno cercasse di entrare, diciamo… attraverso il lucernario… ? » disse Logan cercando di assumere un tono casuale.
   Bling rise apertamente. « Sì, “per esempio” » ripeté. Beccato, Logan guardò Bling e quando il suo sguardo impose una risposta, Bling confessò « Senti, amico, Peter mi ha detto della ragazza - voglio dire, andiamo, era piuttosto memorabile, una ragazzina di un metro e mezzo e quarantacinque chili che lo atterra ». Bling ridacchiò sommessamente, al ricordo dell’avvilimento di Peter - e desiderando che Peter fosse ancora lì per essere preso in giro al riguardo. « Gli ha fatto più male all’orgoglio che alla mascella ». Fece una pausa e disse « Il sistema può essere resettato, ma… ho programmato i sensori sul tetto per seguire soltanto, non riportare, qualsiasi forma umana intorno al metro e cinquanta e quarantacinque chili, poco più, poco meno. Sai… nel caso… ».
   « Non ho motivo di credere che ci sarà una replica » disse Logan cauto - confermando per Bling in quell’istante quanto ci sperasse, e servendo anche per avvisare Bling di non nutrire le speranze dell’uomo, non quando la sua struttura emotiva era ancora così nuova e fragile.
   « Beh ». Era normale comunque che avesse qualche idea sulle sue visite, ma Bling conosceva i segni, e sapeva riconoscere due persone con una potente, irresistibile attrazione che nessuno dei due vedeva in se stesso o sospettava nell’altro. Pericoloso… potenzialmente devastante… e, se le stelle erano allineate nell’universo come dovevano… indistruttibile. « Non so il tetto, ma… credo che Max potrebbe comparire, prima o poi ».
   Logan corrugò le sopracciglia e si ritirò nel rifiuto, un gesto difensivo. « No… perché lo pensi? »
   « Beh… ho avuto da lei l’orsetto, Logan. Lo ha portato in ospedale » disse semplificando di molto la realtà. « Sophie voleva che te lo desse; credo che la imbarazzasse vederti di persona, ma… era preoccupata per come te la stessi cavando ».
   « Grande » disse Logan laconico, le guance in fiamme. « Un’altra persona in fila per piangere al mio capezzale? ».
   « No, non è così » disse Bling pacatamente. « Non mi ha nemmeno chiesto delle tue ferite o della prognosi o di niente del genere. Mi ha solo chiesto come tu te la cavassi ».
   Non lo avrebbe chiesto… non voleva sapere se Max sapeva che era sulla sedia definitivamente, perché poi avrebbe dovuto saperne la reazione, e non voleva pensarci. Mettendo il pensiero da parte, sentì se stesso dire a Bling di essere pronto col testo per il suo collegamento pirata su Solinski e i trafficanti, e si voltò per dirigersi al computer. Arrivato alla tastiera, sentendo Bling tornare ad assemblare il solido lettino per gli allenamenti che aveva ordinato per la propria palestra in casa, Logan richiamò le clip video che aveva intenzione di usare per il collegamento, e si costrinse a concentrarsi su di essi. Ma invece delle clip, continuava a vedere gli occhi scuri e il viso perfetto che aveva faticato tanto a dimenticare. E invece che al testo, i suoi pensieri tornavano al fatto che lei era andata in ospedale mentre lui era lì. Era venuta… aveva chiesto… era venuta…
   
   … continua…
   
   Nota della traduttrice: il prossimo sarà l’ultimo capitolo.
    Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   
   

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Capitolo 11
*** A tutta birra, fenice! ***


Traduzione a cura di: AryYuna
Betato da: Serpentina


   L’originale di questo capitolo può essere trovato qui .

   DISCLAIMER: DA e tutti i suoi personaggi appartengono ancora a Eglee, Cameron e la Fox, per quanto ne so (se fossero miei, sarebbero ancora in tv e la seconda serie e i seguiti sarebbero stati MOLTO DIVERSI!). Il dialogo preso da “Soldati perfetti” (titolo originale: “Pilot”) è proprietà del telefilm e dei suoi autori; grazie a Kyre per la trascrizione online.
   
   (NdT: per la traduzione italiana, i dialoghi sono ripresi direttamente dalla puntata, benché siano, a mio parere, tutt’altro che ben resi rispetto alla versione originale).


A tutta birra, fenice!



   FOGLE TOWERS.
   
   Bling osservò il pannello della sicurezza quando una piccola forma fu localizzata sul tetto mentre seguiva il percorso che si aspettava verso il lucernario. Il sistema funzionava perfettamente, notò con soddisfazione. La soglia preprogrammata mostrava non un allarme intrusione, ma solo una segnalazione, data la taglia, il peso e il modo di avvicinarsi al pannello di vetro del bersaglio: al sistema era stato “insegnato” che questa era una combinazione accettabile per qualcuno che volesse entrare dal tetto. E l’intruso che al sistema era stato insegnato di aspettarsi era perfettamente in tempo, per come la vedeva Bling. Bling sentì la sua bocca piegarsi in un sorriso quando realizzò quanto in fretta fosse arrivata.
   Mentre la voce di Logan riecheggiava in toni ricchi e sicuri attraverso l’attico, Bling si posizionò senza fare rumore nel corridoio attiguo, dove sentì prima un lieve fruscio e poi un sommesso “thwap” quando la punta di una corda un po’ troppo lunga toccò il pavimento srotolandosi. Non passarono nemmeno pochi momenti prima che ci fosse il sussurro di un movimento, un passo leggero di qualcuno che atterrava… e una lieve corrente d’aria che si muoveva. Bling arretrò ancora in attesa, cauto come sempre, ma consapevole che non era necessario. Proprio come il sistema di sicurezza, Bling sapeva che questo “intruso” sarebbe stato il benvenuto, che Cale volesse ammetterlo o no.
   « … i responsabili devono essere individuati. La loro potenza e i loro privilegi non li proteggeranno. Loro pagheranno di persona. Questo era un bollettino video di Streaming Freedom dalla rete di informazioni di Solo Occhi. Pace. E Chiudo ».
   
   Max si fermò nell’ingresso della stanza, con studiata nonchalance.
   
   « Bene, vedo che insisti… nella tua missione ». Dopo tutto ciò che è successo… cosa ti riporta qui, Logan? Quali demoni ti inseguono?
   Allora… è tornata davvero. Non farlo, Logan, non reagire…
« Qualcuno deve pur farlo ».
   … e si comporta come se si aspettasse che sarei tornata qui. « Sarei venuta prima, ma… non potevo ». È pronto a tornare a tutto questo? « Come stai? ».
   « Non sento dolore. È il bello di avere la colonna vertebrale a pezzi ». Lo sapeva? Quando Bling l’ha vista in ospedale, quando lei gli ha detto di Lauren e Sophie… glielo ha detto? Se lo sapeva, ed è venuta comunque… cosa ha pensato? E se non lo sapeva… cosa ha pensato?
   « Mi dispiace ».
   No, Max, non da te; non voglio che tu “ti dispiaccia” per me, non voglio che tu mi veda in modo diverso da prima… in qualunque modo mi vedessi prima. « Mia madre diceva che è tutto programmato, tutto succede quando deve succedere ».
   « Pensi che sia vero? ». Così presto? Non è stato tanto tempo fa che tutti pensavano che la facessi finita. Un falso allarme, allora, eh? Sicuro…
   « Non ho mai cercato di capire perché le cose succedono. So solo che succedono. L’unica cosa è vedere come affrontare le conseguenze ». E lo farò. Ma non voglio che tu sia lì a guardare. Non è bello da vedere. Per cui… andiamo avanti. « … come hai fatto tu. Hai preso quel bastardo ».
   Allora l’omone glielo ha detto. Mi chiedevo se gli avrebbe detto che sono passata in ospedale. E se lo ha fatto… « Non io personalmente ».
   « Beh, grazie a te Sonrisa non ha ucciso il giudice o comprato la giuria ». Non vedi quanto puoi aiutare? « È morto, una volta per tutte. Era una guerra, Max, e tu hai vinto ». Prova a dirmi che non è una sensazione straordinaria, fare così tanto bene…
   « Era il minimo. Un mio amico è morto per colpa sua ». E guarda cosa ha fatto a te…
   « Mi dispiace ». Allora non ce l’ha fatta. Un’altra vittima, ora una vicina a Max. Farà la differenza per lei, abbastanza da convincerla ad aiutare? « Questa è per te. Aprila ». Andrà fino in fondo e la piazzerà, stavolta? So che le farebbero comodo i soldi. Le farà piacere conservarla, o l’unico valore che aveva per lei era quello in denaro? « L’ho ritrovata al mercato nero… non so come ». Lo saprà che so della sua recita alla stazione di polizia?
   … ? Lui… ?
« Grazie ».
   Ok; sa mantenere una faccia da poker… ora vediamo se ci riesci anche tu. Fallo… e basta. « Mi serve un favore ».
   Allora è di questo che si tratta? Non riesco proprio a capirlo, questo tizio… « Tienila pure. In realtà non ho un posto dove metterla ».
   « Dovrei fare un lavoretto usando le tue gambe ». No, non guardarla! Non chiedere
   Dopo quello che è successo ha intenzione di rompere le palle anche a quelli del governo? È… me ne vado. Proprio non sa quando fermarsi, vero?
   Continua come se avesse detto sì… deve dire di sì…
« Joel Solinski ».
   Max, vattene; dici a questo tizio di andare al diavolo e evapora, ora…
   « Aveva una moglie e tre figli, una ex moglie e due bambini, un’amante e due fidanzate… »
   E poi ho i miei problemi. Se fosse furbo, Logan capirebbe che ne ha anche lui, e sarebbe maledettamente contento di essere vivo per poterli affrontare…
   « Alle mogli vanno le case, all’amante una villetta, e una macchina a tutte quante… tutto con lo stipendio di guardia costiera ».
   Lo so, lo so « Ho sentito il tuo annuncio. Prende bustarelle. È pagato per non vedere i contrabbandieri che vendono il carico ». E allora?
   « Ha fatto anche una fortuna… come complice in omicidi ». Max, possiamo farlo! Non lo vedi?
   « Ok, è una sorta di mostro. Non voglio essere coinvolta, comunque ». Ed essere di nuovo sul radar di tutti quelli che adorerebbero trovarmi.
   « Tu sei coinvolta. Dal momento che sei viva sei coinvolta ». Ed essendo ancora vivo… devo esserlo anche io.
   Oh, per favore! Max, vai via ora. ORA! … non riesco a capirlo, questo tizio…
« Ho già i miei problemi personali ».
   Senti, Max… « Senti… siamo sfortunati a vivere questo momento e a non essere da qualche parte seduti a bere un caffè con un orologio da duemila dollari al polso a programmare le vacanze, ma il mondo è molto più meschino. Non dovrebbe essere così… ma lo è. Adeso vige di nuovo la legge della giungla, e ci sono predatori e vittime… ».
   
   … e a quello, Bling prese un respiro profondo, sospirò… e si spostò, senza farsi sentire dai due che discutevano nell’altra stanza, per scrivere a Logan un biglietto e scivolare per il corridoio e nell’ascensore. Camminando nella notte si fermò sul marciappiede per alzare gli occhi verso le stelle. Uno dei pochi benefici dell’Ondra Elettromagnetica, rifletté, meno luci della città permettevano di vedere più ciello notturno, in una notte chiara come questa…
   Con un sorriso tra sé, Bling prese un’altra profonda boccata della dolce aria notturna, si aggiustò la borsa sulla spalla e si incamminò verso la propria macchina. Logan Cale era tornato, incazzato e carico, e stava facendo la predica a una ragazza che gli era letteralmente piombata addosso, dopo essere stato via per tre mesi, come se non fosse passato nemmeno un giorno.
   Le cose sarebbero state diverse, domani, rifletté Bling. Da oggi in poi… lui era Sancho Panza, e Don Chisciotte sarebbe tornato, pronto a combattere contro i mulini a vento. Cosa avrebbe detto Peter di tutto ciò? Peter - spero tu sia fiero di me, amico…
   E, nonna? Vai a parlare con Peter, puoi? Il ragazzo avrà qualche problema…
   
   Fine

   
   Nota della traduttrice: e siamo giunti alla fine. Sono felice siate rimasti fino a qui, e spero che questa storia vi sia piaciuta almeno la metà di quanto l’abbia amata io. Sto già lavorando alla traduzione della prossima storia di shywt1ter, che - ve lo anticipo - è un mezzo sequel alla presente “Acqua cheta”, nel senso che riprende la storia di background di Bling. Ma ci saranno altre sorprese. Spero rimarrete con me e con questa meravigliosa autrice :)
   Ringrazio la mia meravigliosa beta, Serpentina, che pur non conoscendo Dark Angel mi ha aiutata in questo progetto di traduzione. Sei la migliore, sorella mia! *abbraccio*
   Qualsiasi recensione verrà tradotta ed inviata all’autrice, e se ci saranno risposte ve le posterò tramite il servizio di replica di efp.

   

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