6 novembre

di EsseEffe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Uno ***
Capitolo 3: *** Due ***
Capitolo 4: *** Tre ***
Capitolo 5: *** Quattro ***
Capitolo 6: *** Cinque ***
Capitolo 7: *** Sei ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 6 novembre
PROLOGO
 

ti è mai successo di voler tornare
a tutto quello che credevi fosse da fuggire
e non sapere proprio come fare
ci fosse almeno un modo uno per ricominciare

                                                    
«Francesco, madonna mia ma la smetti di assillarmi? Un attimo e te la preparo sta caspita di merenda. Quanta fretta!» si sgolava Greta rivolta al fratello più capriccioso del solito.                                                                                                             
«Muoviti, ti prego! Voglio la merenda! Muoviti, ti prego! Voglio la merenda!» continuava ad urlare il bambino. Francesco era sempre stato un bambino particolare: carinissimo sì, con due occhioni marroni che ti facevano venir voglia di tuffarcisi dentro o di mangiarli pensando fossero il contenuto di una bel barattolo di nutella; un sorriso di quelli estremamente furbetti e un nasino a patatina. Aveva soli 7 anni ma ne dimostrava molti di più: adorava stare con i grandi e sentirsi grande e quando c’erano nei dintorni amici e amiche di Greta non si perdeva una parola di quello che dicevano. Attivissimo, forse fin troppo, sempre a gironzolare per casa con una palla tra i piedi oppure ad assillare il resto della famiglia con le sue continue richieste. In quel momento però la richiesta era più che legittima ma Greta non si decideva a schiodarsi da quel maledetto computer e allora Francesco, fin troppo stufo di aspettare, continuava imperterrito ad urlare: «Merenda, merenda, merenda, merenda, merenda, merenda, merenda e merenda!»
Greta però era ancora intenta nella lettura dei gossip del piccolo paese in provincia di Milano nel quale abitavano. Che poi piccolo paese è un vero e proprio eufemismo. La definizione buco sarebbe più appropriata. Ma nonostante ciò le piaceva venire a conoscenza dei fatti privati di quelle poche persone che conosceva e che c’erano lì. Questo non vuol dire che fosse stata un’impicciona ficcanaso, anzi! Era una ragazza molto tranquilla e sulle sue, una tipa semplice, insomma. Di quelle poco truccate, jeans, felpa e scarpette. Ma bella, bella, bella. Di quelle che non passano inosservate nonostante la semplicità. Tuttavia, la sua grande passione era la moda: adorava trucchi, tacchi alti, borse, gioielli, vestiti e tutto ciò che avesse a che fare con l’aspetto esteriore! Ma con la scuola, i compiti, lo studio non aveva tempo di acconciarsi come voleva e quindi ci si dedicava principalmente d’estate o comunque quando aveva tempo. Le piaceva studiare: pensava che fosse il miglior modo per costruirsi un futuro, e non aveva tutti i torti d’altronde. Non le importava di voti, giudizi. Niente di tutto ciò. Quello che le importava davvero era imparare ed apprendere. Estremamente matura e responsabile era pronta a qualsiasi cosa nonostante avesse ancora 17 anni e dovesse affrontare il quarto anno al liceo classico.
Ma dove eravamo rimasti? Oh sì, beh, Francesco continuava a strillare e allora stanco di non essere ascoltato e di essere ignorato si ammutolì e sulla sua faccina comparve uno di quei sorrisi malefici, che prospettavano tutto. Greta però non accortasi di nulla, continuava tranquillamente a girare su Facebook.
«FRANCEEEEEEEEEEEEEESCOOOOOO!» Ecco cosa intendevo quando ho scritto di quei sorrisi malefici che prospettavano tutto. Francesco, infatti, aveva cominciato a premere tasti alla rinfusa sul computer di Greta e, in quel caos immenso, aveva aggiunto un ragazzo che compariva tra le “persone che potresti conoscere”. Greta odiava aggiungere persone che conosceva, figuriamoci persone che non aveva mai visto in vita sua! Quindi immediatamente annullò la richiesta, sperando non fosse una presa in giro. In un battito di ciglia però, casa Ricci divenne una via di Milano all’ora di punta. Greta rincorreva il fratellino dappertutto, in ogni angolo della casa. Quando finalmente riuscì ad acchiapparlo per un braccio, gli disse semplicemente: «Niente merenda!». La fragorosa risata di Greta e lo stridulo pianto di Francesco riempirono la casa.

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Capitolo 2
*** Uno ***


UNO
 

6 novembre 2012
Se un giorno mai, un giorno mai 
tu mi riconoscerai 
illudimi che quella sia 
la prima volta che mi guardi e poi 
non ricordare il nome 
e chiedimi il mio nome ancora dai 
nascondi in una mano stretta 
la memoria che hai di noi

 

«Dove scappi, Greta?»
«Non te l’ho detto? Vado a Milano da Alice, andiamo a comprarci qualcosa di carino per stasera. Rimango a dormire da lei.»
«E il permesso chi te l’avrebbe dato?»
«Dai, mamma, scusa me ne sono dimenticata, anzi, credevo di avertelo detto. Scusa, scusa, scusa!» Greta iniziò a baciare la mamma su ogni parte del viso.
«Occhei, occhei, occhei!» Adorava la figlia e non le avrebbe detto mai detto di no per qualsiasi cosa, figuriamoci per una richiesta accompagnata da tanti baci. «Però domani devi essere a casa per pranzo; vengono i nonni  e sai quanto io e tuo padre teniamo al pranzo della domenica tutti insieme.» continuò.
«Sì, certo, non preoccuparti. Era già in programma. Allora io vado, a domani.» concluse Greta strappando dalle mani della madre l’ultimo biscotto rimasto che tanto adorava e stampandole un bacio sulla guancia, che aveva il solito odore di Leocrema.
«Ciao, e grazie!» la salutò ironica.
Greta prese lo zaino nell’ingresso e uscì di casa sbattendo, come di consueto, la porta. Iniziò a camminare senza badare all’ora e al fatto che era in un ritardo esagerato. Di questo passo avrebbe dovuto prendere il treno successivo e ciò significava far aspettare Alice mezz’ora.
«Gretaa! Hai dimenticato le chiavi.» si girò e vide la madre, che, infreddolita, le porgeva le chiavi sull’uscio della porta. «Ma la testa non la dimentichi mai?» ‘Solita frase, rinnovati!’ pensò Greta, prendendo le chiavi e riponendole nello zaino.
«Grazie, mamma.»
«A che ora passa il treno?»
«Alle 4. Che ore sono?»
«Sono le 3 e 57. Sarà meglio che ti sbrighi o lo perderai.» Greta non ascoltò proprio la seconda parte di quello che le aveva detto la mamma. Iniziò a correre senza badare alle persone con le quali si scontrava. La stazione non era molto lontano da casa, camminando normalmente ci avrebbe messo 5 minuti.
Quando arrivò alla stazione, senza fiato, il treno era appena partito.
«Porca paletta!» imprecò la ragazza.
«Cosa c’è, piccola?» sentì una voce dietro di lei e una mano toccarle il braccio. Si girò e vide  il viso di colui che aveva “amato” per un anno. Christian. Non ci poteva credere: lo riteneva bellissimo. Moriva per lui. E’ comprensibile in fin dei conti: primo amore. Ora lo guardava e non provava niente.
«Nulla, ho solo perso il treno per Milano.» rispose distaccata.
«Se vuoi un passaggio, io devo andarci. E poi magari ci andiamo a fare un giro e facciamo pace.»
«Oddio Christian non stiamo più insieme, capito? Quindi niente giro, occhei?»
«Va bene, va bene. Come vuoi.» si voltò e dirigendosi verso un gruppetto di ragazze urlò: «Christian è di nuovo sulla piazza!»
In quel momento il “non provava niente” mutò in un “ma è proprio stronzo”. Potevano essere tutti così? Se lo chiedeva di continuo e non riusciva a trovare una risposta, a venirne capo.
Inizialmente credeva che quello con Christian fosse amore, vero amore. Ma dopo quel mesetto trascorso senza di lui iniziò a rendersi conto che forse quello che provava non era amore. Forse pseudo amore, ma di certo non amore. Comunque non pensava che quello trascorso insieme era un anno buttato all’aria, anzi. Le aveva comunque dato una certa esperienza e lei di sicuro aveva provato un qualcosa per lui.
Si chiedeva  quando sarebbe arrivato l’amore. Quello vero, però. Perché ad arrivare doveva per forza. In quel periodo però non voleva impegnarsi, voleva stare un po’ da sola. Voleva conoscersi meglio e ci sarebbe riuscita solo stando da sola. Tuttavia sperava arrivasse come quando esce un nuovo singolo della tua band preferita: inaspettato e tremendamente bello. Sperava arrivasse come quando un mesetto prima era uscito “ti è mai successo?” dei negramaro. L’adorava. Entrambi, sì. Il nuovo singolo lo considerava a dir poco fantastico. Parole e musica si incastravano meravigliosamente. E poi c’erano loro, i negramaro. Per lei erano qualcosa di cui non poteva fare a meno. Una specie di “un po’ di negramaro al giorno leva il medico di torno”. Adorava tesi e musica e ci si rivedeva all’interno.
‘Sii vai via, senza di me tu vai via, non puoi aspettare tanto tempo inutile, e cosi tu vai sola via’La suoneria del telefono la distolse dai suoi pensieri. Alice.
«Oi, scusa ma ho perso il treno e sto aspettando il prossimo. Dovrebbe arrivare tra una ventina di minuti.»
«No, tranquilla. Ti ho chiamata per dirti che faccio un po’ più tardi. Ho avuto un imprevisto.»
«Occhei, allora ti aspetto in duomo. Devo per forza prendere questo treno perché è l’ultimo.»
«Occhei, a dopo.»
«A dopo.» concluse Greta. Spense la chiamata e ripose il cellulare nella tasca del giubbino. Pensò bene di andare a fare il biglietto.
Dietro al bancone c’era una strana signora con un neo enorme tra il naso e la bocca, degli occhiali calati fino alla punta del naso e un’acconciatura raccolta. La guardava dalla testa ai piedi senza badare al fatto che Greta se ne era accorta.
«Un biglietto per Milano, quello delle 4 e mezzo, per favore.» pensò bene però di prendere anche quello per il ritorno e allora aggiunse: «Ah, e anche uno da Milano a qui di domani per le 12.»
«Ecco a te.» rispose consegnandole i due biglietti. Greta le diede i soldi e la salutò educatamente, ma la signora continuava a fissarla. Alla fin fine non era più di tanto stupita, non era una cosa così insolita in un paese così piccolo, nel quale tutti sanno tutto di tutti.
Si sedette su una di quelle sedie attaccate al muro ormai da buttare. Prese l’iPod in una tasca dello zaino e mise le cuffie nelle orecchie. Addio mondo. Amava allontanarsi in questo modo da ogni cosa. Quando era triste o non aveva nulla da fare, come in quel caso, si chiudeva letteralmente in quella sorta di mondo che si era creata col tempo. Le regole erano principalmente due: massimo volume; occhi chiusi. Stette così per un quarto d’ora poi pensò bene di avvicinarsi al binario altrimenti continuando così avrebbe perso di nuovo il treno e proprio non le andava di passare il weekend lì, soprattutto dopo l’incontro con Christian.
Il treno arrivò e lei, ancora con la musica nelle orecchie, si sedette in un angolino vicino a un finestrino. Non ci avrebbe messo molto: Milano era vicinissima ed infatti lei andava a scuola lì. Quindi una decina di minuti e sarebbe arrivata. Pensò a quanto avrebbe dovuto aspettare Alice. Quella ragazza aveva un talento eccezionale per i “macroritardi”. Una volta la fece aspettare due ore! In ogni caso si sarebbe seduta da qualche parte e avrebbe osservato la gente. Le piaceva da morire osservare gente sconosciuta e fantasticare su che lavoro facessero, quanti anni avessero, dove stessero andando. E ormai, avendo avuto tantissimo tempo per cui aspettare, era diventata proprio brava. Almeno lei pensava così.
«Stazione centrale di Milano.» disse la signorina all’altoparlante. Greta prese lo zaino e scese. Si incamminò verso il duomo lentamente. Una volta arrivata si sedette accanto ad una colonna alla destra del mastodontico duomo mentre Giuliano le ripeteva nelle orecchie: «Toccami le mani, toccami le mani amore, toccami le mani.» Dopo circa dieci minuti vide due ragazzi poco lontani che ne spingevano un altro scherzando e ridendo e rivolgendo spesso lo sguardo verso Greta. Quest’ultima però non ci badò e iniziò a fissare una tipa stranissima che passava proprio in quel momento: capelli rossi, neri e verdi; piercing dappertutto; e le borchie da un momento all’altro le sarebbero comparse anche sui capelli. Pensò che stesse andando ad un concerto punk con un fidanzato punk per comportarsi da punk. Sorrise al pensiero.
Stava iniziando ad osservare una signora tutta impettita quando uno dei tre ragazzi visti precedentemente le si avvicinò. «Ciao, piacere, io sono Alessandro.» Il ragazzo le porse la mano. Greta era alquanto sorpresa e, alzandosi maldestramente, si tolse le cuffie dalle orecchie, spense l’iPod e gli diede la mano con lo sguardo rivolto alle due mani sconosciute che si stringevano.
«Greta.» rispose guardandolo per la prima volta in faccia. Due occhi verdi smeraldo spiccavano su una carnagione scura e una barba nera evidentemente trascurata. I capelli neri come la barba normali sulla testa, e più corti ai lati gli davano proprio un’aria da “io sono io, e tu non sei nessuno”. Alto, abbastanza piazzato quel ragazzo, che Greta si era ritrovata di fronte di lì a un secondo ed inaspettatamente, la guardava con un sorriso sghembo stampato in faccia. Dire che era bello era davvero un eufemismo.
«Vuoi portarti la mia mano a casa?» scherzò sorridendo Alessandro.
«Oddio scusami,  stavo pensando che somigli molto ad un mio vecchio amico.» inventò Greta lasciandogli la mano.
«Mmm.. Wow, come si chiama?» la stuzzicò.
«Ehm.. In realtà non ricordo, per questo mi ero “imbambolata”. Mi pare Daniele.» lo fregò Greta.
«In ogni caso, ho fatto una scommessa con quei due miei amici laggiù. Devo convincerti a uscire con me stasera.» disse con quel suo, ormai solito, sorriso.
«Beh, allora digli che l’hai persa in partenza.» rispose prontamente Greta.
«Wowowowo, ci va giù pesante la ragazza. Non ti ho ancora iniziato a convincere, cara la mia Greta.»
«E non ci riuscirai infatti.»
«Vedremo. Piuttosto, a me sembra di averi già vista.» disse prendendo l’iPhone dalla tasca. ‘Classico figlio di papà’ pensò Greta vedendo il cellulare che aveva.
«Non lo so.»
«Ecco dove ti ho vista: l’altro giorno mi hai aggiunto su Facebook. Sembri tanto la tipa sulle sue che snobba tutti i ragazzi che ci provano e intanto poi chiedi l’amicizia a ragazzi sui social network!» Greta, impallidita, ripensò a quanto odiasse il fratello.
«In realtà ti ha aggiunto mio fratello. Io non sono la tipa che lo fa. Ho annullato la richiesta ma a quanto pare non funziona.» si giustificò lei.
«Sì sì, dicono tutte così.» scherzò lui. «Comunque i miei amici pensano che tu sia una figa da paura, ed anche io in realtà, per questo motivo abbiamo scommesso che se stasera uscirai con me loro devono pagarmi due biglietti al concerto dei negramaro di gennaio, in caso contrario potrò andare ad un loro concerto soltanto al prossimo tour.»
«Ti piacciono i negramaro? » gli chiese.
«Li adoro.» rispose lui. Definire Greta sbalordita era davvero poco. Ai ragazzi difficilmente piaceva un gruppo come i negramaro. Forse era il primo ragazzo che conosceva a cui piacevano. Non ci poteva credere.
«Ed io cosa ci guadagno?» lo provocò lei.
«Un concerto dei negramaro con un bel ragazzo.» rispose, tirandosela palesemente.
«Mmm.. A che ora mi passi a prendere?»
«Grazie, grazie, grazie!»
«Ad  una condizione però.»
«Tutto quello che vuoi.»
«Non devi innamorarti di me.» In tutta sincerità e a prima vista, quel ragazzo le piaceva da morire: l’aspetto, l’atteggiamento. Sorriso ed occhi poi tutta un’altra storia! Però in quel periodo non le andava di impegnarsi sentimentalmente, soprattutto perché da poco aveva chiuso con un tipo.
«Ovvio.» rispose lui.
«Alle 9 in via Ajaccio. Non un minuto di più, non uno di meno.»
«Perfetto. A dopo.» disse con quel suo sorriso terribilmente bello e dandole un bacio sulla guancia.
Lui se ne andò insieme agli amici che continuavano a ridere come dei bambini dopo aver visto Babbo Natale, ed un secondo più tardi arrivò Alice, che aveva visto gran parte della scena. «Chi è quel figo assurdo?»

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Capitolo 3
*** Due ***


DUE

 

chi l'avrebbe detto prima che io 
un giorno sarei andato dietro a te 
come quando un uomo cerca Dio 
questa corsa 
non ha senso 
se il senso l'ho già perso 
dietro te

 

 
«Che ne dici di questo?» chiese Greta poggiandosi un vestitino nero sul corpo.
«Sì, carino dai. Ma dove andrete?»
«Ma non lo so proprio. Ma poi figurati, non mi interessa minimamente. L’ho fatto solo affinché vincesse la scommessa e andassimo al concerto.» ripeté per l’ennesima volta dopo che le aveva raccontato tutto in duomo.
«Gre, ma la smetti di fare la sostenuta? Un ragazzo bellissimo si avvicina a te, ci prova, ti chiede di uscire, ti invita ad un concerto della tua band preferita, che ama quanto te e tu che fai? Lo snobbi in questo modo? Anzi, metti anche delle regole?» la rimproverò l’amica.
«Ali, lo sai come la penso: voglio stare un po’ da sola. Ora che lui sia perfetto o meno, non mi interessa, non voglio impegnarmi con nessuno.»
«In questo modo, però, finirai col innamorarti di lui. Sì, sì, ti innamorerai di lui. Ne sono certa!»
«Hahah, Ali ma che cavolate dici?» controbatté scettica.
«Scommettiamo?» disse l’amica.
«Ancora scommesse? Mi sta venendo il voltastomaco!»
«Sì! Ma non voglio niente se vinco. E’ soltanto per dimostrarti che ti conosco troppo bene e che quando dico una cosa, prima o poi quella cosa si avvererà.»
«Mah, convinta tu.» disse Greta con il suo onnipresente scetticismo. «Ma allora che faccio? Lo prendo questo o no?» chiese indicando il vestito nero e cambiando volutamente argomento.
«Sì, mi piace. Piuttosto, stavo pensando: ma io stasera che faccio? A casa non posso rimanerci perché ci sono i miei.»
«Vieni con me.» suggerì Greta.
«Bella battuta! Nonostante ti odi per il fatto che mi hai dato buca, non farei mai una cosa del genere. Quindi, tranquilla: Alessandrino è tutto tuo!»
«Hahahah, ma che divertente che sei oggi!» disse Greta ironica.
«Beh, andiamo?» domandò Alice.
«Sì, sì. Che ore sono?»
«Le 6. E guarda che fila che c’è! Dobbiamo sbrigarci.» disse Alice guardando la fila e mettendosi in coda, sbuffando sonoramente.
Dopo un quarto d’ora erano finalmente fuori dal negozio e si dirigevano verso la metro, che le avrebbe portate a casa di Alice.
 

~

 

«Come sto?» chiese Greta, guardandosi allo specchio perplessa. Aveva indossato quel vestito comprato qualche ora prima. Era molto semplice: nero, maniche a tre quarti, abbastanza accollato e scendeva aderente fino a sopra il ginocchio. Calze velate e francesine, entrambe nere. Un paio di orecchini argento piuttosto grandi che luccicando le facevano risaltare gli occhi castani ma luminosi. Bracciale e orologio argento anch’essi. Il tutto contornato da lunghi capelli color del miele, alle punte boccoli naturali.
«Sei una bomba!» le rispose Alice.
«Hahahah, ma smettila. Dì la verità! Questo vestito non mi evidenzia le forme?» chiese sempre meno convinta.  Greta non era una ragazza né grassa né magra. Diciamo che era più magra, ma le sue forme ce le aveva. Non era molto alta, ma questo non le aveva mai creato problemi, anche se qualche centimetro in più non le sarebbero dispiaciuti.
«Sono serissima. Sei perfetta!» la convinse finalmente l’amica.
«Va bene. Sono le 9 in punto. Che dici, scendo?»
«No, no, no, neanche per sogno! Aspetta dieci minuti, anche perché io ho l’appuntamento alle 9 e un quarto.» le rispose Alice.
«Con?» le domandò sorpresa.
«Stefano.» Stefano era l’ex ragazzo di Alice. Lei l’aveva lasciato a giugno perché lui l’aveva tradita. Lei ci teneva tantissimo e scoprire quello che lui le aveva fatto era stato un colpo durissimo, uscirne un’impresa. Nonostante Greta durante l’estate aveva provato in tutti modi a farla svagare, portandola anche con la sua famiglia in vacanza, lei non era riuscita ad uscire da quel tunnel tremendamente buio nel quale l’unica cosa che vedeva e a cui pensava erano le immagini dei momenti trascorsi insieme a lui. Era terribilmente atroce, per Greta, vedere lei, la sua migliore amica da sempre, piangere ogni sera prima di dormire ed ogni mattina appena sveglia e non poter fare praticamente nulla se non abbracciarla forte tanto da lasciarle i segni, sussurrarle che andava tutto bene, che c’era lei e che ci sarebbe sempre stata, asciugarle le lacrime e convincerla a fare qualcosa che fosse diverso dal piangere.
Si era ripresa solo verso la fine dell’estate quando un ragazzo aveva iniziato a provarci. Le piaceva, era carino ed erano usciti qualche volta. Nulla di più però era proprio quello che le serviva per dimenticarsi, almeno un po’, di Stefano e chiudere quel capitolo tremendo della sua vita.
Ora, dopo aver sentito quel nome, le riapparivano alla mente tutte le immagini dell’Alice disperata, senza quel suo sorriso perpetuamente stampato in faccia e quella sua maledetta voglia di divertirsi, che l’aveva sempre caratterizzata.
«Scusa? Ma sei pazza?» le chiese Greta, a dir poco preoccupata.
«Stai tranquilla. Non voglio ritornarci insieme anzi, se potessi, gli sputerei in faccia. Non ho nulla da fare e allora lo illudo un po’!» la tranquillizzò Alice.
«Se lo dici tu.» disse e prendendole la mano continuò: «Stai attenta.»
Alice le strinse la mano tanto da farle scricchiolare le ossa delle dita e poi l’abbracciò. Uno di quegli abbracci intensi, sinceri, che solo una persona che ti conosce da una vita e più di sé stessa può darti.
Interrotte dalla suoneria del cellulare di Alice, si staccarono non volendo e la ragazza rispose all’apparecchio: «Sì, pronto?»
«Alice, sono Stefano. Che fai, scendi?» La voce di quell’essere, così lo definiva Greta, risuonava in tutta la stanza.
«Sì, sì. Scendo.» disse facendo l’occhiolino all’amica e chiudendo la chiamata. Non si poteva dire che Greta condividesse quello che stesse facendo l’amica, ma di certo non poteva rinchiuderla in casa e mettere come guardia della sua stanza un cane a tre teste.
Salutarono i genitori di Alice che gli raccomandarono di non far tardi, presero l’ascensore ed arrivate giù le attendevano due ragazzi, ognuno col proprio motorino. Immediatamente Alice prese il casco, lo indossò, salì sul motorino e i due se ne andarono, lasciando soli Alessandro e Greta, evidentemente imbarazzata.
«Ciao.» disse lui con quel suo sorriso, a cui Greta aveva pensato per tutto il pomeriggio.
«Ciao.» gli sorrise. «Dove andiamo?» continuò.
«Mmm, pensavo a dove siamo stati oggi.» disse lui.
Nonostante non se l’aspettasse acconsentì senza problemi, pensando che non sarebbe nemmeno dovuta essere lì con lui in quel momento.
«Tieni.» le disse porgendole un casco rosa pink. «Scusa, è della mia ragazza, ma non trovavo l’altro in garage.»
ECCOLA LA’. Eccola la natura tipicamente maschile che compariva anche in quel ragazzo, che all’apparenza poteva sembrare perfetto. Poteva, appunto. Ma non lo era.
Greta cercò di mascherare il più possibile la faccia allibita che pensava avesse fatto. «Ma figurati!» rispose. E guardando la faccia di lui pensò che ci fosse riuscita.
Salì maldestramente sul motorino ed un secondo dopo sfrecciavano per le vie di Milano, il vento freddo di novembre fra i capelli, che gli sferzava le guance e che gli faceva lacrimare gli occhi.
Arrivati in duomo, parcheggiò poco distante dal punto esatto in cui si erano conosciuti quel pomeriggio.
Si sedettero su una panchina e lei, non riuscendo più ad aspettare, gli chiese: «A parte il concerto, c’è qualche altro motivo per cui stasera sei uscito con me?»
«In verità, sì.» Si fermò un attimo e poi, capendo che lei non avrebbe detto nulla, continuò. «Non sei una tipa che passa inosservata e la dimostrazione è che appena ti ho vista mi sei piaciuta: aspetto fisico, sguardo, modo in cui avevi i capelli legati, il fatto che osservavi la gente passare. Credo che sarei venuto a presentarmi anche se i miei amici non mi avessero proposto quella scommessa.»
«Non capisco perché. Da quanto ho capito sei fidanzato.»
Sorrise. «Sapevo che prima o poi avresti cacciato questo discorso. Io e Cristina siamo in una crisi irreversibile. Mi rendo conto che non può più continuare. Non siamo più come prima. La nostra storia non è più come prima e stare insieme e farsi inutilmente del male non ha alcun senso. Ho provato a lasciarla ma non ci riesco: stiamo insieme da quasi due anni ed è davvero brutto porre fine ad una storia, che, a prescindere da come finisce, rimane comunque la più importante.
 Non considerarmi uno stronzo di quelli che non se ne importano un fico secco della propria ragazza e stanno con tutte. Ti assicuro che io non sono così. Tu mi piaci molto ma ora come ora non starei con te perché appunto sono impegnato.» Si era sfogato. Come da tempo non faceva. E stranamente si sentiva tranquillo e sereno, essendo sicuro che lei non l’avrebbe tradito.
«Mi dispiace tanto.» gli disse lei, pensando a quanto fosse dolce che un perfetto sconosciuto si confidasse in questo modo. Le piaceva, le piaceva tanto, si diceva. Ma poi ci ripensava e si diceva che non era possibile che le piacesse un ragazzo conosciuto nemmeno un giorno prima.
«Tranquilla. Ma basta parlare di queste cose. Hai mangiato?»
«Mmm, no. Però non ho molta fame.»
«Ancora meglio. Ti va una crěpe? Quel bar la fa eccezionale.» le propose indicandole un locale poco lontano.
«Mi va.» rispose lei sorridendo.
Si incamminarono lentamente verso il posto scelto. Lei si girò per osservarlo e si accorse che lui aveva avuto la stessa idea. Si sorrisero, complici.
Si sedettero ad un tavolino in un angolo, abbastanza appartato.
Dopo aver ordinato, lui disse: «Il cameriere ti ha letteralmente squadrata!»
«Davvero? Non me ne sono accorta.»
«Te l’assicuro. Quando mi ha chiesto io cosa volessi guardava te.»
«Esagerato, dai.»
«Te lo giuro!» ribadì.
«Occhei, ti credo.» lo tranquillizzò sorridendogli.
«Va’ da lui e provaci.» la provocò.
«Cosa?» chiese sbigottita.
«Hai capito bene.» disse strizzando l’occhio.
«Ma non ci pensare nemmeno.»
«Non hai il coraggio, ho capito.» la stuzzicò ulteriormente.
«E’ una sfida?»
«Mmm, diciamo di sì.»
«Adoro le sfide.» disse Greta, alzandosi e avvicinandosi al bancone dove il ragazzo stava preparando le crěpe.
Alessandro era sempre più colpito da quella ragazza, che poteva sembrare come tante ma che lo stava facendo ricredere sempre di più. Osservava le sue movenze, come gesticolava, la mano che continuamente spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Ne era assolutamente affascinato. E temeva, positivamente, che quell’attrazione si trasformasse in qualcosa di più di lì a poco, trasgredendo in questo modo all’unica regola che lei gli aveva dato.
Ritornò sorridente, sventolando un biglietto in mano.
«Cos’è?» chiese lui, nonostante avesse già capito.
«Indovina!» disse e poi continuò con un sorriso malizioso: «Il suo numero.»
«Non me l’aspettavo, sai?»
«Da me puoi aspettarti qualsiasi cosa, ora lo sai.» disse lei accartocciando il biglietto e buttandolo nella ceneriera.
«Mi hai stupito, davvero.»
Lei sorrise, non sapendo cosa dire.
«Ho una cosa per te.»
Lei, alquanto sbalordita, non disse nulla, ed aspettò che lui la tirasse fuori. Ma non avvenne.
«Te la dò soltanto ad una condizione.» disse lui e, siccome lei non disse nulla, continuò: «Nemmeno tu devi innamorarti di me.»
«Potevi darmela fin dall’inizio allora.» scherzò lei.
Alessandro aprì la borsa a tracolla che portava e prese un cd. Non un semplice cd: ‘Una storia semplice’, il nuovo album dei negramaro, che usciva proprio quel giorno.
Dire che Greta era stupefatta era fin troppo poco. Tra l’aver perso il treno, l’incontro con lui, lo shopping affrettato aveva completamente dimenticato di andare alla Feltrinelli e comprarlo.
Ma più che stupefatta per il regalo si rendeva conto di un’altra cosa, che ora riusciva finalmente ad ammettere a sé stessa: non avrebbe proprio potuto rispettare quella regola, proprio come lui.
 
 
 
Salve a tutti, penso abbiate capito che siamo in due a scrivere su questo account, Esse ed Effe.
Io sono Esse, mi piace molto scrivere e per questo ho pensato bene di “intraprendere questo nuovo passatempo”.
Volutamente ho deciso di non scrivere personalmente nel prologo e nel primo capitolo perché sono una tipa che preferisce fare prima i fatti e poi le parole J Credo di averlo fatto e spero che la mia storia vi piaccia!
Ringrazio quella quarantina di persone che l’ha visitata: per alcuni possono essere pochi, ma per me sono tantissimi e ne sono felicissima :D Mi piacerebbe, però, che lasciaste anche qualche recensione in modo da capire cosa ne pensate!
Grazie a tutti (:
Alla prossima, bacione, Esse <3

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Capitolo 4
*** Tre ***


TRE

 

8 novembre 2011
Senza peso, senza fiato, senza affanno 
mi travolge e mi sconvolgi. 
Poi mi asciughi e scappi via. 
Tu ritorni poi mi bagni 
e ti riasciughi e torni mia. 
Senza peso e senza fiato 
non son riva senza te. 

 
«Allora? Sono passati due giorni e ancora non mi hai raccontato nulla. Voglio sapere tutto!» esordì Alice entrando e sbattendo la porta della camera dell’amica.
Greta non si aspettava proprio che venisse, anzi era sicura che quel pomeriggio non si sarebbero viste, e invece se la ritrovò in camera a stravaccarsi sul suo letto con quello sguardo che voleva dire: ‘o mi dici tutto o non sai cosa ti combino ’.
«Ma cosa devo raccontarti? Non è successo nulla.» disse Greta sorridendo e con degli occhioni lucidissimi, che mostravano l’esatto contrario.
«Dalla tua faccia non mi sembra proprio.» disse Alice e, come promesso, iniziò a farle il solletico a tal punto da non farla respirare. «Racconta o continuo all’infinito.» la minacciò. Greta soffriva maledettamente il solletico, rideva a crepa pelle e il respiro le mancava.
«Occhei, occhei, occhei. Ti racconto, anche se non c’è molto da dire.» Quindi iniziò a raccontarle la serata trascorsa con quel ragazzo praticamente sconosciuto. Una serata fatta di lunghe chiacchierate, sincere risate, sguardi penetranti. Le raccontò di come lui le avesse detto di essere impegnato e della conversazione in duomo, della sua proposta di andare a prendere una crěpe, della sfida, del regalo, della sua regola. Le raccontò che lui era stato dolcissimo nel momento in cui le aveva dato la sua giacca per il freddo che sentiva e che a ritorno aveva dato a lei il suo casco e lui aveva messo quello rosa pink della ragazza. Arrivati sotto casa di Alice, lui era sceso dal motorino e ci si era appoggiato; avevano parlato un po’ e poi quando Greta pensò che era ora di andare lui si avvicinò al suo viso, si guardarono profondamente negli occhi per qualche secondo, e poi lui le diede un bacio sulla guancia. Greta era intontita ed era sicura di aver assunto un colorito rosso pomodoro.
Mentre prendeva l’ascensore ripensava alla serata trascorsa, a quanto fosse dolce, tenero, simpatico e bello. Ripensava ai suoi occhi che la incantavano, al suo sguardo magnetico.  E pensava a quanto fosse assurdo il destino: soltanto qualche giorno prima il fratello aveva involontariamente aggiunto quel ragazzo; e qualche giorno dopo lei l’aveva incontrato, conosciuto ed erano usciti insieme, seppur per una stupida scommessa.
Si diceva sempre più convinta che di lì a poco tempo avrebbe trasgredito facilmente a quella maledetta regola. Tuttavia quest’ultima parte non la raccontò all’amica: l’aver ammesso queste cose a sé stessa era già una grande passo.
Parlando si accorse di aver detto ed anche tanto a differenza di quanto pensasse e avesse detto in precedenza.
«Se non ti sei innamorata ancora manca ben poco.» disse Alice dopo che Greta ebbe finito il suo monologo.
«Ma cosa dici? Non è affatto vero.»
«Gre, ti conosco più di qualunque altro e ti assicuro che quando provi qualcosa per qualcuno si vede ed anche tanto. Ed ora si vede tanto: occhi a dir poco luccicanti, sorriso stampato in faccia. Classiche dimostrazioni che ti sei presa una bella cotta. Ma perché non l’ammetti? Cosa c’è di male?»
«Qualcosa di male c’è: lui è impegnato; ma comunque hai ragione: mi piace. Non so se tanto ma mi piace. Contenta?»
«In realtà a me non cambia nulla. Però è bello che tu l’ammetta. E comunque credimi, ti piace tanto.» disse Alice.
«Non lo so. Intanto non si è fatto proprio vivo. Forse significa che non gliene frega niente e che la storia del concerto era solo una presa per i fondelli.» si fermò e poi, ricordandosi, continuò: «Ma che dico? Lui è impegnato e ciò significa che devo sparire.»
«Non ci pensare nemmeno. Da come mi hai raccontato la loro storia è in una grave e irrisolvibile crisi, quindi quello che devi fare ora è di stargli vicino, farlo sfogare in modo che vi avviciniate sempre più e grazie a te riesca a mollare ‘sta Cristina.» disse Alice che da un po’ di tempo aveva preso il computer e girava sulla home di Facebook dell’amica. Ad un tratto fece una faccia tra il felice e il sorpreso e orgogliosa di ciò che aveva appena detto, indicando un post di Alessandro, disse: «Guarda qui.». Quest’ultimo aveva pubblicato ‘ti è mai successo?’ con su scritto: “scommesse e regole”. Greta vedendo quel post si sentì un agitatissimo svolazzare di farfalle nello stomaco come se tutt’a un tratto volessero uscire fuori e farlo esplodere.
«Ma lo vedi che io ho sempre ragione? Io sono un genio! Non c’è nulla da fare.» la distolse dai suoi pensieri Alice.
Greta era letteralmente senza parole. Non sapeva se esserne felice o meno. Anzi, no: era fin troppo felice. Le si leggeva negli occhi, nel sorriso, nell’espressione del viso, nelle mani che sudavano freddo e si contorcevano. Non riusciva a credere che un ragazzo appena conosciuto e con cui aveva trascorso a mala pena alcune ore potesse piacerle a tal punto.
Greta aveva sempre creduto all’”amore” a prima vista, però come credeva alle favole, intendiamoci. Questo di certo non poteva considerarsi amore ma colpo di fulmine sì, decisamente. Ed ora che lo provava, perché era sicura di provarlo, non ci poteva credere. Non riusciva a credere fosse tanto bello.
Erano passati meno di due giorni da quella sera e in quei meno di due giorni non aveva fatto che pensare a lui. Si chiedeva: “Può un’assenza essere tanto presente?” Frase di Mario Galasso, era praticamente su almeno un’immagine del profilo di tutte le persone su Facebook. Nonostante l’uso smisurato di questa, in questo caso mai frase fu più azzeccata: Alessandro era assente perché in fin dei conti non poteva dirsi di far parte effettivamente della vita di Greta, ma tuttavia in quel momento occupava un posto nel cuore della ragazza ed era fin troppo presente anche nei suoi pensieri.
«E’ anche connesso.» l’avvisò l’amica facendola nuovamente sobbalzare.
«Ma non mi va di contattarlo.» disse Greta ritornando alla realtà.
«Hai ragione, meglio non farlo. Però almeno pubblica qualcosa di risposta al suo post così vede anche che sei online.» le suggerì l’amica.
«Occhei, cosa pubblico?»
«Mmm, ‘Senza fiato’. Sì, sì!» le consigliò.
«Fatto! Ma si è disconnesso.» disse Greta.
«E va be’ fa niente, lascia perdere. Comunque io devo tornare a casa per aiutare mamma a fare delle cose. Ti va di venire con me?» le propose Alice.
«Sì, va bene, tanto non ho nulla da fare.» accettò.
Greta si lavò i denti, spazzolò i capelli, buttò qualcosa nella borsa e insieme scesero in cucina dove Francesco faceva i compiti insieme alla mamma.
«Mamma, vado a Milano con Ali. Torno per cena. Ciao, ciao.»
«Ciao, piccola. Non fare tardi.» le raccomandò.
Si avviarono verso la stazione una accanto all’altro chiacchierando di qualsiasi cosa come gli era solito. Con un paio di cuffie ed un iPod da dividere iniziarono a cantare le canzoni che capitavano in modalità casuale. Quelle erano le piccole e semplici cose di cui necessitava Greta: lo stare insieme alla sua migliore amica, per lei una vera e propria sorella, il chiacchierare ininterrotto su qualsiasi argomento, il condividere qualsiasi cosa. Lo stesso valeva per Alice. E non avrebbero assolutamente potuto fare a meno l’una dell’altra.
Preso il treno, in dieci minuti furono a Milano, e in cinque sotto casa di Greta, dove c’era qualcuno che non si sarebbero mai aspettate di trovare.
«Ciao, ragazze.» le salutò Alessandro con quel suo sorriso che avrebbe fatto morire chiunque.
Le due ragazze erano sorprese, si guardarono e poi Alice disse: «Ciao. Beh, io salgo su perché mamma ha bisogno di me. Ci vediamo dopo.» disse a Greta lanciandole un sorriso. Alice se ne andò e i due non più “perfetti sconosciuti” rimasero soli, evidentemente imbarazzati.
Alessandro si decise a rompere il ghiaccio: «Non è casa tua questa?» Si avvicinò a Greta che intanto si era appoggiata ad un muretto.
«No, io abito fuori Milano, in un paesino vicino, però vengo a scuola qui.» rispose Greta.
«Io ero proprio convinto.» disse ridendo Alessandro.
«Alessandro, perché sei venuto?» cambiò improvvisamente argomento Greta.
«Ho visto il tuo post e pensavo fosse una sorta di segnale e poi avevo una gran voglia di vederti.»
«Anche io ho una gran voglia di vederti ma non possiamo, capisci? Tu sei fidanzato, anche da tanto tempo, e io non voglio fare la parte della guastafeste, della ragazza stronza che se ne frega se lui è impegnato. Io non sono così e non voglio diventarlo. Anche perché mi metto nei panni della tua ragazza e se una cosa del genere dovesse accadere a me starei malissimo e ti assicuro che lo so come ci si sente a sapere di essere stati traditi.» disse ripensando a quello che aveva passato Alice l’estate scorsa.
«Hai ragione, ma non faccio che pensare a te e già sai bene che manca poco e tra me e Cristina finirà. Ti fidi di me?» disse avvicinandosi e guardandola con due occhi grandi quanto due noci.
Greta era confusa: non voleva stare con lui perché era ancora impegnato, ma nello stesso tempo voleva stare con lui più di ogni altra cosa.
«Mi fido di te.» disse convinta lei.
«Ti prometto che fra poco saremo solo io e te. Nessun altro.» disse lui sorridendo e accarezzandole la guancia destra.
Greta era così felice che non riusciva a far uscire dalla bocca nemmeno una vocale, ed infatti, vedendo che non avrebbe detto nulla, lui continuò: «Proprio non riusciamo a rispettare le regole, eh?» sorrise.
«Diciamo che non mi è mai molto piaciuto. Sarebbe troppo scontato, no?» disse sorridendo Greta.
«Hai proprio ragione. Anche a me non è mai piaciuto. E questa volta non mi piace ancora di più!» le disse.
Greta aveva avuto sempre un carattere forte. Difficilmente, se non mai, si faceva mettere i piedi in testa, e difficilmente non sapeva cosa dire o non aveva la risposta giusta al momento giusto. Bene, che dire, con quel ragazzo era tutto diverso. Lui più volte, come in quel caso, era riuscito a zittirla e lei era rimasta lì senza sapere proprio cosa dire.
«E chiamami Ale.» disse facendole l’occhiolino. Si girò e andò verso il motorino.
A Greta il cuore batteva all’impazzata e non pensando a quello che stava facendo gli si avvicinò e gli diede uno di quelli abbraccioni che si danno perché si sentono davvero. Di quelli sinceri.
Lui non se lo fece “ripetere” due volte e lo ricambiò calorosamente sollevandola. Si staccarono dopo non so quanto tempo, ma rimasero estremamente vicini tanto che ognuno dei due poteva sentire il respiro dell’uno e dell’altro, che li riscaldava in quel pomeriggio di novembre. I due corpi vicinissimi, tanto che lui poteva sentire il suo cuore che ancora batteva forte, se non più di prima. Le mani gelide sfiorarsi. Le diede un bacino sul naso e le accarezzò le guance rosse.
Si guardavano negli occhi, sorridevano sapendo che quello era solo l’inizio.

 
 
 
Ciao a tutti, ed ecco a voi il quarto capitolo (:
Se nel precedente mi sono presentata, in questo voglio chiarire e chiedervi delle cose!
Scelta voluta è stata quella di descrivere la protagonista, Greta, al terzo capitolo, il Due, per lasciare spazio alla vostra fantasia ed infatti ero proprio curiosa di sapere come ve l’eravate immaginata prima che ve la descrivessi. Mi farebbe piacere saperlo e se vi va potete farlo con una recensione (: Vi risponderò
Altra scelta voluta: ho notato che alcune scrittrici ponevano attori famosi come punti di riferimento per l’aspetto dei vari personaggi. Beh, io credo che leggere significhi crearsi una propria idea di tutto e A PARER MIO è sbagliato farlo perché in questo modo si condiziona inevitabilmente l’immaginazione del lettore.
Con ciò termino il mio sproloquio e concludo ringraziandovi semplicemente per le continue visite che dedicate alla mia storia :D Non potete immaginare quanto ne sia felice! Anche se mi farebbe piacere vedere qualche recensione, positiva o negativa non importa, per capire cosa ne pensate (:
Grazie a tutti :D
Alla prossima, bacione, Esse <3

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Capitolo 5
*** Quattro ***


QUATTRO

 

8 dicembre 2012
Eccoli
sono più colorati
i miei giorni passati ad aspettar
i miei giorni passati ad aspettar
i miei giorni
i miei giorni
i miei giorni
passati ad aspettar.
Non vedi che 
sono più o meno colorati 
i miei giorni passati ad aspettare 
i miei giorni
i miei giorni
i miei giorni
passati ad aspettare strade che
non portano a mai niente
ad aspettare strane idee
che non portano a mai niente
mai niente.

 
Ebbene sì, quelli che Greta stava trascorrendo da un mese a quella parte erano senza ombra di dubbio i giorni più colorati che avesse mai trascorso. Certo stava aspettando. Quei giorni, nonostante fossero coloratissimi, erano passati ad aspettare, pieni di attesa.
Penso si sia capito il perché di tutte e due le definizioni.
Colorati, beh, perché da quando Alessandro era comparso nella sua vita, quest’ultima era diventata un arcobaleno di colori. Sia chiaro: non c’erano i soliti sette colori, ma molti di più.
Quei trentatré giorni erano passati velocemente ma erano stati intensissimi. Ogni mattina si svegliava con il suono del cellulare che riceveva un suo sms, che le augurava buongiorno e tremila altre cose con una dolcezza tale che avrebbe potuto fare anche a meno della colazione. Durante la giornata ne riceveva tantissimi altri, nei quali le prometteva quello che le aveva detto per la prima volta esattamente un mese prima: «Ti prometto che fra poco saremo solo io e te. Nessun altro.» Continuava a prometterglielo e lei, estremamente fiduciosa, continuava a credergli in maniera incondizionata e sapeva che prima o poi quella sarebbe stata la realtà che sognavano entrambi. Ogni sera le inviava la buonanotte a qualsiasi ora andasse a letto e cercavano di vedersi il più possibile. Ogni volta che poteva lui si faceva trovare, senza preavviso, davanti  la sua scuola e per passare anche pochissimo tempo insieme a lei l’accompagnava alla stazione. Delle volte, soprattutto di sabato, aveva così tanta voglia di passare del tempo con lei che prendeva il treno, l’accompagnava e poi ritornava indietro. Quei pochissimi dieci minuti di viaggio, nonostante, ovviamente, non bastassero ad entrambi, erano essenziali perché potevano essere considerati l’unico momento in cui erano davvero soli. Quando tornava a casa, lei si ritrovava bigliettini con frasi dei negramaro nelle tasche del giubbino e il cassetto del suo comodino era ormai stracolmo di questi. Talvolta c’erano anche cioccolatini ed una volta trovò un cuoricino di cuoio rosso.
Nonostante i bellissimi momenti che stessero trascorrendo, quando non erano insieme, lei continuava a pensare che non poteva considerarlo solo suo o addirittura suo. Continuava a pensare che la sua ragazza sarebbe stata malissimo se l’avesse scoperto. Continuava a pensare che magari proprio in quel momento lui la stava lasciando. Continuava a pensare a come avrebbe reagito lei. Continuava a pensare che stava facendo qualcosa di sbagliato, e continuava a pensare che tuttavia non voleva smettere di farlo. Pensava, pensava e pensava, appunto, continuamente. E, a parte il forte sentimento che ogni giorno cresceva sempre più, l’unica cosa che incombeva nella vita di tutti i giorni era l’attesa. I giorni passavano e lei aspettava.
Greta e Alessandro non parlavano quasi mai della relazione ufficiale di lui, né tantomeno di quando aveva intenzione di chiuderla o come pensava di farlo, quali parole usare e quali giustificazioni dare. Parlavano e pensavano soltanto a loro due. Nient’altro.
Ho già detto che era passato poco più di un mese dal loro primo incontro. Era la mattina delll’8 dicembre 2012, e non si andava a scuola per via della festa dell’Immacolata Concezione. Natale era alle porte e in casa Ricci i preparativi fervevano. Via vai sfrenato: la mamma che prendeva tutti gli addobbi, Francesco che le stava alle calcagna tutto eccitato, il papà che montava l’albero, Matteo, il fratello di due anni più piccolo di Greta, che metteva canzoni prettamente natalizie, ed infine Greta che preparava panini con la nutella.
«Mamma, dai, muoviti!» continuava a ripeterle Francesco.
«Se mi dai il tempo! Mi fai cadere tutto così.» disse la mamma rimproverandolo e odiando la sua continua e, tra l’altro inutile, fretta.
«Chi vuole un panino?» propose Greta, felice per quel clima, che tanto le piaceva.
«Io, io!» rispose Francesco prevedibile.
«Ecco a te.» glielo porse la sorella.
«Gre, danne uno anche a me.» disse Matteo.
Mangiando, ridendo e scherzando addobbavano tutti insieme la casa come gli era solito fare ogni anno. Greta adorava quel periodo perché erano sempre tutti riuniti ed era l’unico nel quale facevano qualcosa tutti insieme.
Ad un tratto bussarono alla porta. «Vado io.» si propose Matteo.
Dopo qualche secondo ritornò. «Gre, è per te.»
Greta, che era seduta per terra ad aggiustare il laccetto di una pallina, si alzò e si diresse nell’ingresso. Si aspettava di vedere Alice alla porta, che magari aveva fatto una delle sue tante e solite sorprese. E invece no. Non era Alice.
Alessandro.
Estremamente infreddolito, aveva una sciarpa che per poco non gli copriva l’intero viso. Gli occhi, però, gli occhi si vedevano fin troppo bene: spiccavano, come sempre. Erano più verdi del solito e Greta quando li vide sperava che li avesse visti e l’avessero guardata per sempre. Aveva un borsone, che aveva poggiato a terra per non raffreddare le mani, e lei pensò che dopo sarebbe dovuto andare in palestra.
Le mani nelle tasche, i capelli scompigliati, gli occhi che sorridevano, era tremendamente bello.
Greta era più che sorpresa: aveva un sorriso a trentadue denti e quella giornata, che era già bella di per sé, stava diventando indimenticabile.
«Ciao, darling.» si avvicinò. Le diede un bacio sulla guancia e le prese la mano.
Era freddissimo, ma non le importava: gli strinse la mano. «Ciao, Ale. lo salutò.
«Ti va di andare a fare un giro?» le propose.
«Sì, certo. Un momento.» accettò. Lasciandolo sull’uscio della porta, si catapultò in soggiorno e prese il cappotto.
«Vado a farmi un giro!» urlò, dopo essere tornata nell’ingresso, sbattendo la porta.
Camminavano attaccati, come se sfiorarsi fosse un buon modo per riscaldarsi o sapere che erano insieme, finalmente.
«Dove mi porti?» le chiese lui.
«In realtà qui, come vedi, non è che ci sia molta scelta. C’è una sala da tè, se ti va.» rispose e propose Greta.
«Mi va.» le sorrise infilando una mano nella tasca del cappotto di Greta, dove c’era anche la sua mano. Si intrecciarono e quel gesto era così naturale, e le due mani erano così ben legate fra loro che non ci sarebbe stata cosa più perfetta di quella.
Lei si voltò verso di lui e gli sorrise guardandolo negli occhi.
Non riusciva a non pensare al fatto che con lui si sentiva completa, si sentiva finalmente sé stessa. Come se in tutti quegli anni non fosse riuscita ancora a trovare quel pezzo che avrebbe finalmente concluso e completato il puzzle. L’ultimo pezzo del puzzle era proprio lui, Alessandro, e l’aveva trovato. Con lui si sentiva la vera Greta. La Greta “finita”.
Arrivati al locale, si sedettero su un divanetto ad angolo vicino al camino. Abbracciati, ridevano, scherzavano e parlavano di qualsiasi cosa: episodi del passato, racconti del presente, progetti per il futuro. Ormai non riuscivano a vedere le loro vite diversamente da com’erano: separate.
Ad un certo punto Greta si alzò per andare in bagno e quando tornò, trovò sul divano un bacio perugina. Sorrise ad Alessandro. Lo aprì e ne mangiò una metà; imboccò, ridendo, Alessandro con l’altra.
Prese il foglietto con la frase e lesse: «Eravamo insieme. Tutto il resto del mondo l’ho scordato.»
«Tu l’hai scordato?» le chiese.
«Mmm.. Tu?» Greta era una tipa abbastanza orgogliosa.
«Lo scordo ogni volta anche solo guardandoti.» le rispose e la strinse forte tra le braccia.
«Ho deciso una cosa.» disse dopo un po’ Alessandro in un momento di silenzio. «Rimarrò a Milano all’università.» continuò.
«Come mai?» chiese stupita Greta, che sapeva del suo sogno di andare all’estero.
«Non voglio lasciarti.» rispose deciso.
«Ma, Ale, non devi abbandonare i tuoi sogni per me.»
«Greta, forse non hai ben capito che il mio sogno sei tu! Niente e nessun altro.»
«Beh, non si direbbe.» disse Greta, volendolo evidentemente colpirlo con le parole.
«Ho una cosa da dirti.» le disse sorridendo, quasi dimenticando o non badando a ciò che aveva appena detto lei.
Non era della stessa opinione Greta, però. Infatti la ragazza era convinta che le stesse proprio per dire che aveva finalmente chiuso con Cristina e che finalmente potevano stare insieme ed essere solo loro due, come le prometteva se non ogni giorno, quasi. Sprizzava felicità da tutti i pori nonostante ancora non fosse sicura al 100% della sua supposizione.
Ed infatti non era così. «Mi sono inventato una scusa con i miei e ho le chiavi per andare alla casa in montagna, a Bormio. Solo io e te, che ne dici?»
Ora si spiegava la presenza del borsone.
Certo, non era quello che Greta si aspettava al 99,9% e che sperava da fin troppo tempo, però la proposta del ragazzo non poteva che essere allettante. Gli sorrise. «Quando si parte?»
 
 
 
Ciao, ciao, ciao a tutti :D
La storia di Greta ed Alessandro si fa sempre più interessante e coinvolgente, almeno per me hahah, che sono curiosa quanto voi, poiché ogni qual volta mi metto a scrivere un nuovo capitolo mi vengono in mente sempre nuove idee e quindi la più curiosa qui sono proprio io hahah
Spero che la storia vi piaccia, anche se questo non lo so perché recensioni non ce ne sono :| Come non so nemmeno se non vi piace (:
Vi ringrazio delle visite (: Mi rendono davvero felice!
Però qualche recensione me la scrivete? Anche con una sola parola tipo “Bello!” oppure “Cagata!”, qualsiasi cosa, ma, vi prego, fatemi sapere quello che pensate!
Alla prossima, bacione, Esse <3

 

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Capitolo 6
*** Cinque ***


CINQUE

 

8 gennaio 2013
sì ma basta così, così, scendiamo qui, qui,
che senza di noi c'è la libertà,
sì ma basta così, così,
e tu baciami qui, qui,
che l'ultimo sia e poi che senso avrà?
tanto basta così, così,

fermiamoci qui. 

 
“ ‘Essere più liberi’, vuoi essere più libera, senza sapere dove andare, cosa fare, con chi, come? Lo vuoi essere con me?” «Sì, lo voglio. Quando partiamo?» rispose a bassa voce, sorridendo, Greta, dopo aver trovato un biglietto di Alessandro sotto la cover del cellulare. Quest’ultimo si era bloccato, lo sfondo con lei e Alessandro era bello che stampato e non permetteva nessun’altra azione, come se quell’immagine dovesse rimanere per sempre così, lì, immutata. Tolse la cover, intenzionata a levare la batteria, e facendolo cadde sul letto questo bigliettino. Allora Greta rimise in funzione il cellulare, andò in ‘Invia sms’, ad ‘Ale’ e gli scrisse le stesse cose che aveva pronunciato qualche istante prima. Lui non rispose direttamente, ma aggiornò il suo stato in “Essere più liberi”.
“ ‘Parole per noi due’, mmm, ci sono? Ci sono parole per descriverci, per descrivere noi due? Oppure parole da dirci? Ma noi, abbiam bisogno di parole, se con un solo sguardo ci siamo già detti tutto?” «Che sono le parole?!» rispose, ironica, dopo che la mamma per lavarle i pantaloni aveva controllato se ci fosse stato qualcosa e lei gliel’aveva strappato di mano. «Greta, ho trovato un biglietto nei tuoi pantaloni neri.» disse la mamma.
«Ma non avevo biglietti nei pantaloni. Però, ferma, non ti azzardare a leggerlo.»
«Sto per farlo.» scherzò la mamma.
«Mammaaa!» urlò Greta alzandosi velocemente dalla sedia, correndo e strappando il biglietto dalle mani della madre.
“ ‘Vederti ridere’, ridi, Greta! Ridi senza smettere, tanto da non riuscir a respirare, tanto da aver dolore alla pancia! Sei sempre bellissima, ma quando ridi, beh, anche in questo caso, non ci sono parole.” Greta rise, dopo aver trovato un altro biglietto nel diario durante una pallosissima ora di filosofia.
«Che te ridi?» le chiese Alice. Greta le mostrò il biglietto, sorridendo. L’amica lesse e disse: «Ma non stai ridendo come una forsennata, però! Su, forza, ridi!» sorrise.
«Hahah, Ali, ma non riesco a ridere tanto.» rise ma non eccessivamente come diceva il biglietto.
«Allora ti faccio ridere io.» detto ciò, iniziò a farle il solletico e Greta, di conseguenza, cominciò a ridere a crepapelle. Soltanto quando la professoressa se ne accorse, la fragorosa risata della ragazza si trasformò in una frenetica tosse per mascherare ciò che aveva appena fatto.
 “ ‘Sarà facile’, sì, lo sarà, te l’assicuro, sarà facile perché saremo insieme, sempre, comunque, dovunque, in un modo o nell’altro. Quindi anche se le cose saranno difficili, complicate, tortuose, impossibili, tutto sarà facile perché anche solo guardandoci riusciremo a risolverle. Siamo una forza, io e te.” «Siamo una forza, io e te.» ripeté, confermando, Greta dopo aver trovato l’ennesimo biglietto nel portafoglio. Anche questa volta gli inviò un sms, scrivendo ciò che aveva detto. Dopo un’oretta, Greta cercava di studiare per un’importante interrogazione di fine quadrimestre di fisica. Cercava perché in quel periodo le risultava difficile concentrarsi poiché non faceva altro che pensare a lui. Bip bip. La vibrazione del cellulare: sms. Alessandro. ‘Ehi, darling, voltati.’
Greta, sorridendo, si voltò e notò dalla finestra una frase scritta sulla parete opposta a casa sua.
‘ SIAMO UNA FORZA, IO E TE.’
“ ‘Averti ancora qui’, ti ho, e lo so, lo so bene. Ma io ti voglio sempre, per sempre. E sono anche un coglione, lo so. Perché io ti ho, ma tu non hai me.” Dopo aver letto l’ennesimo biglietto, trovato nella tasca del giubbino mentre era in treno, a Greta scese una lacrima, che le attraversò tutto il viso fino a superare il collo largo del maglione e raggiungere l’incavo della clavicola.
«Che succede, piccola?» chiese un’anziana signora, seduta di fronte.
«Niente, signora, grazie.» rispose.
Io non ho lui’, pensava Greta nella sua testa.
Era passato un altro mese. Io penso che un mese è un tempo abbastanza lungo perché alla fin fine in trenta giorni possono accadere una miriade di cose, ma in quel mese non era cambiato nulla, ed era come se fosse passato un secondo. Sì, certo, il sentimento si era rafforzato inevitabilmente, il weekend passato in montagna era stato a dir poco indimenticabile, il Natale il più bello, ma in fin dei conti, di concreto, non era accaduto un bel niente. E quando dico concreto si sa benissimo che voglio dire: lui non si era ancora deciso a lasciare la tipa. E Greta continuava a frequentarlo solo perché non riusciva in nessun modo a fare il contrario. Prima di Natale aveva anche provato a chiudere definitivamente quella storia, ma era stato solo un buco nell’acqua.
“ ‘Portami altrove’, leggila al contrario. Sono io che ti porto altrove. Ti porto nel mio, anzi nel nostro, mondo. Cosa c’è? Nulla, se non, io e te.” «Portami altrove, Ale.» chiese Greta, quando trovò e poi lesse un biglietto che Alessandro le aveva nascosto nello stivale e che lei aveva trovato solo una volta tornata a casa, mentre si toglieva le scarpe. Aveva appena pranzato, studiò quanto bastava e poi si catapultò sul primo treno per Milano. Doveva esser in duomo per le 16 e 45, orario e luogo nei quali si incontrarono per la prima volta due mesi prima.
Fiatone, capelli spettinati che le si infilavano in bocca, giubbino sbottonato, matita colata: non le importava come stesse messa ad aspetto; voleva vederlo. In quel momento più di ogni altro. Non sapeva perché. Non se lo spiegava.
Lui era appoggiato alla famosa colonna al lato del duomo, distolse lo sguardo dal monumento, e vide la ragazza di cui, era sicuro, si era innamorato.
Le andò incontro, e lei fece lo stesso. Una volta a pochi centimetri l’uno dall’altro, lui le sorrise e le disse, sarcastico: «Tu sai che non mi piacciono le regole, ed io sono una persona coerente. Tu mi avevi dato una regola ed io l’ho trasgredita. Come la mettiamo?» sorrise Alessandro.
«La mettiamo che io ho fatto lo stesso.» sorrise Greta.
«Sono innamorato di te, Greta.»
«Ed io di te, Alessandro.»
«Questo è il nostro ‘altrove’, ma il nostro ‘altrove’ è ovunque. Ti va di cercarne un altro?» le propose.
«Certo.» sorrise lei.
Le prese la mano e la condusse verso il motorino. Le porse un semplice casco nero, sorrisero. Dopo qualche secondo erano in giro per Milano, le braccia di Greta allacciate al busto di Alessandro come fossero una cintura di sicurezza, lui che attraverso lo specchietto le faceva facce buffe, e lei che gli ripeteva nell’orecchio le frasi che lui nei giorni precedenti le aveva scritto.
Dopo qualche minuto, lui si fermò, scese, l’aiutò a scendere e a togliere il casco, che si tolse anche lui. Erano in un parco e lui la portò sotto un enorme magnolia.
«Adoro questo posto. Ci vengo da quando sono bambino. Mi aiuta a riflettere, a pensare, a trovare le parole giuste da dire, le cose giuste da fare, le decisioni giuste da prendere. Non sai quante volte ci sono venuto nell’ultimo periodo, ma fino ad ora è servito a poco. Anche se quel poco equivarrebbe ad esprimerti i miei sentimenti.
Non riesco a farlo, non riesco a lasciarla. E tu, se non volessi più vedermi, avresti tutte le ragioni di questo mondo. Perché sono un coglione, perché io posso averti e tu no.»
Greta stava cercando di trattenere il più possibile le lacrime. Era una ragazza a cui non piaceva, nei pochi momenti in cui accadeva, farsi vedere piangere, o comunque triste. Era una ragazza solare, col sorriso costantemente stampato in faccia. Una ragazza positiva, che cercava in ogni cosa, seppur brutta, di trovarci qualcosa di bello, interessante. Ma stava cercando, appunto. Cercando. Infatti, ad un tratto le scivolarono tutte, impetuosamente, senza che lei potesse fare qualcosa, senza che lei potesse fermarle, senza che lei potesse convincerle a restare ancora un po’ lì dentro. In un secondo, le si bagnò l’intera faccia. Si voltò e, mentre si asciugava le lacrime, diceva: «Non preoccuparti, sto bene. Solo un momento di sfogo.»
«Greta, mi dispiace, ma ti prometto che le cose cambieranno, a partire da ora.»
Si rivoltò verso di lui con aria interrogativa.
«Ho una sorpresa per te. E’ nel cruscotto del motorino.» le comunicò, sorridendo.
Lei gli sorrise, gli prese la mano e lo portò con lei al motorino. Aprì il cruscotto: sotto al casco spuntava qualcosa di giallo. Un biglietto. Alzò il casco e ne vide due, gialli e rettangolari. Ma non dei semplici biglietti.
I biglietti.
Greta lo abbracciò, e avrebbe voluto non lasciarlo più. E non sciogliendo quell’abbraccio, urlò: «NEGRAMARO, ARRIVIAMO!»
 
 
 
Ragazzi, salve a tutti (:
Scusate l’assenza, ma ho avuto vari problemi in famiglia e non ho avuto modo di mettermi all’opera. Ma finalmente ci sono riuscita, ed ecco a voi il sesto capitolo della mia storia, il Cinque.
Come avete potuto leggere, Alessandro non riesce a fare quello che deve, e Greta non riesce a rompere con lui. In ogni caso il loro rapporto e i loro sentimenti si consolidano sempre di più J
Beh, non ho più nulla da dire, se non che vorrei vedere qualche recensione, siccome non so che ne pensate!!! Hahah
Alla prossima, bacione, Esse<3

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Capitolo 7
*** Sei ***


SEI

 

24 gennaio 2013
tu sei,non sei più quel che eri un tempo e ora sei quel che c'è
di diverso da me
..e pensare a quanto tradirono tutti quei baci
che tolsero via dalle bocche le frasi che avremmo voluto gridare
per convincerci che di amarci noi non ne saremmo mai stati capaci
e allora tu spiegami dei nostri baci il senso
e se un senso lo trovi dimmi almeno qual è
,
dimmi se c'è..

 
«’Tu sei, non sei..’» cantava Greta. Stava ascoltando il cd che quasi tre mesi prima le aveva regalato Alessandro.
«Gre, così fai mettere a piovere e stasera niente concerto.» la prendeva in giro la mamma.
«Quanto sei divertente! Comunque tranquilla, è al chiuso. Tu, piuttosto, pensa a guidare.» controbatté la ragazza.
Le due stavano andando a Milano: la mamma di Greta doveva fare delle commissioni e ne approfittò per accompagnarla; quella sera avrebbe dormito da Alice dopo essere stata al concerto dei negramaro con Alessandro.
«Signorina, vediamo di moderare le parole, se no niente concerto.» la provocò.
«Occhei, occhei, starò muta come un pesce.» promise Greta.
«Con chi vai al concerto, se ad Alice non piacciono i negramaro?»
«Ehm..» sospirava Greta. Non le aveva raccontato nulla di Alessandro.
La mamma era una donna giovane, quindi con una mentalità abbastanza aperta. A Greta piaceva confidarsi con lei, raccontarle delle sue storie, dei suoi amori e l’aveva sempre fatto. Lei stava in silenzio per tutta la durata del suo racconto, e solo alla fine le esponeva i suoi punti vista, come la pensava, le dava dei consigli e ovviamente le solite raccomandazioni. Le aveva raccontato anche di Christian, e alla fine la mamma le aveva detto che non era un ragazzo che le ispirava fiducia e non le piaceva molto, ma l’importante era che lei fosse felice e che lui non la facesse soffrire. Una volta finita quella storia, Greta si era confidata con la mamma come se fosse un’amica, e lei non solo era sollevata per il fatto che fosse finita ma anche e soprattutto perché era stata lei a decidere di chiuderla lì, e quindi non avrebbe sofferto molto.
Greta nell’ultimo periodo aveva sempre pensato di raccontarle di Alessandro, e per vari motivi. Principalmente perché riteneva che fosse il suo primo vero amore, ed una cosa tanto importante voleva assolutamente condividerla con la mamma. Da questo motivo scaturiva il problema, più che motivo, ormai esistenziale per Greta, del fatto che Alessandro non si decideva a lasciare la ragazza. Non sapeva cosa fare! Se lasciarlo e rinunciare, in questo modo, a quello che credeva fosse l’amore della sua vita. Oppure continuare a condividere un ragazzo con un’altra ragazza nell’attesa che lui la lasciasse una volta e per sempre. Alice glielo ripeteva continuamente che doveva dargli un ultimatum e lei era d’accordo con lei, voleva farlo, ma non ci riusciva. C’aveva provato ma non riusciva a lasciarlo.
Ora che si presentava l’occasione, credeva che fosse il momento perfetto per parlarle di Alessandro e così fece.
«Mamma, è da qualche mese che frequento, esco, insomma non so come definirlo. Ecco, sto. Sto con un ragazzo. Ed andrò con lui al concerto..»
«E chi è?» domandò la madre che stava iniziando mostrare i primi segni di rabbia.
Greta iniziò il racconto partendo da quel sabato pomeriggio in duomo e alla scommessa, quindi al concerto, alla’uscita la sera stessa, alle regole, alle corse in motorino, alle miriadi di bigliettini che trovava dappertutto.
Pensò bene di omettere il weekend trascorso in montagna, altrimenti quella sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe detto in vita sua.
La mamma era entusiasta nel vedere gli occhi di Greta che brillavano quando descriveva lui e le cose che faceva, e le mani che si contorceva per l’emozione. In effetti, soltanto in quel momento si rese conto che in quel periodo Greta era cambiata, era diversa: più felice, attiva, sorridente, con gli occhi che parlavano.
«Sei innamorata?» le chiese, sorridendo.
«Sì, mamma, davvero tanto. Però c’è un problema.» disse la ragazza.
«E qual è?» domandò perplessa.
Le raccontò di Cristina. E mentre lo faceva scoppiò in lacrime, come faceva spesso, quasi ogni giorno.
«Non so cosa fare, mamma. Non so se lasciarlo o meno, non so se considerare questa una dimostrazione che forse lui non ci tiene poi così tanto a me. Non lo so, non so niente.» singhiozzava Greta.
«Tesoro, non piangere. Nella mia borsa ci sono dei fazzoletti e dell’acqua. Prendili e riprenditi, così ne parliamo con più tranquillità, dai.»
Intanto la mamma si era fermata ad un autogrill. Aveva fatto benzina ed era scesa per comprare qualcosa al bar.
«Tieni.» tornata, le porse un Twix, sorridendo. Era il suo snack preferito, e la mamma la conosceva troppo bene.
«Grazie, mamma.»
«Va meglio?» le chiese.
«Sì, grazie.»
«Vieni qui.» si avvicinò per abbracciarla.«Da quanto mi hai raccontato è un bravo ragazzo e dalle cose che sta facendo sembra tenerci a te. Certo dovrebbe fare una sola cosa, la più importante, ma magari è davvero difficile per lui. Tieni conto che dura da due anni la loro storia, non da due mesi. Aspetta un altro po’, se vedi che lui non si decide allora gli dai un ultimatum, come giustamente dice anche Alice. Se nemmeno dopo l’ultimatum prende una decisione allora chiudi questa storia. Sai quanti ne troverai ancora! Più belli, più intelligenti, più simpatici.» sorrise la mamma per sollevarle l’umore.
«Grazie, mamma.» l’abbracciò Greta così forte da lasciarle i segni.
«Dai, andiamo. Siamo già in ritardo.» disse la mamma staccandosi dall’abbraccio e dandole un bacio sui capelli.
Mise in moto la macchina e partì. Dopo meno di dieci minuti erano a Milano.
La mamma lasciò Greta sotto casa di Alice con un bacio. «Mi raccomando stasera, divertiti. E domani per l’1 a casa!»
«Sì, certo. Ciao, ciao, mamma.» la salutò Greta.
Prese l’ascensore, ed una volta arrivata al piano, bussò alla porta.
«Salve, signora. Tutto bene?» salutò cortesemente Greta.
«Ciao, Greta. Tutto bene. Alice ti aspetta in camera.»
«Grazie.» disse, precipitandosi dall’amica.
«Ciao, Ali. Sei pronta?»
«Gre, ciao, finalmente. In realtà non so cosa mettere.. Lui che tipo è?»
Di lì a poco sarebbero dovute uscire con Alessandro ed un suo amico, Marco, per far conoscere i due amici. Era stata un’idea di Alessandro, e Greta la reputò buona poiché da tempo Alice aveva voglia di uscire con qualcuno.
«Ma infila un jeans ed una maglietta. Andrà benissimo.» le consigliò Greta.
«Va bene. Tu sei pronta per stasera?» domandò all’amica, vestendosi.
«Ovvio, prontissima! Non vedo l’ora, se poi lui mi desse anche la tanto attesa notizia, sarebbe la giornata perfetta, ma ne dubito fortemente.» disse lei, guardando l’amica vestirsi di fretta e furia.
«Lo spero davvero per te, Gre. Dai, andiamo, è tardi.»
Greta acconsentì e, salutati i genitori dell’amica, scesero di corsa le scale. Presero la metro e dopo cinque minuti erano in duomo. Le attendevano i due ragazzi.
Greta ed Alessandro si salutarono in maniera affiatata a differenza degli altri due che non si erano mai visti nella loro vita.
«Marco, lui è Alice. Alice, lui è Marco.» ruppe il ghiaccio per loro un Alessandro, come sempre, intraprendente.
I due si strinsero la mano dicendo il solito ‘piacere’.
Greta li guardava incuriosita. Soprattutto lui, che aveva visto una mezza volta fare lo stupido quel 6 novembre in quello stesso posto. Riguardandolo meglio, era davvero un bel ragazzo. Certo con caratteristiche diverse da quelle che preferiva Greta. Biondo, capelli corti ed ordinati, occhi azzurri, labbra sottili e fisico simile a quello di Alessandro, ma per il resto il suo esatto opposto. Classico principe azzurro, insomma. Perfettamente accordato quindi alle caratteristiche fisiche di Alice.
Aspettate, aspettate, ma voi non sapete com’era Alice fisicamente. Avete presente Pippi Calzelunghe? Ecco, quel genere lì! Capelli rossi, spesso raccolti in una treccia o sciolti ondulati, lentiggini dappertutto, occhi blu. Era alta e magra, ma con le sue forme, proporzionata, insomma. Bellissima, in una parola. A tal punto da essere stata anche chiamata per servizi fotografici da stilisti di un alto calibro, ma lei aveva sempre rifiutato perché non le piaceva quel mondo, a differenza di Greta, che l’adorava.
Sembravano carini insieme, pensava. E sperava che, se la cosa fosse andata in porto, lui non l’avrebbe fatta soffrire, come aveva fatto qualcun altro, di cui non voleva ricordare neanche il nome.
Fecero un giro per il centro. Greta ed Alessandro camminavano abbracciati pensando all’imminente concerto che li aspettava. Di quella notizia nemmeno l’ombra, ovviamente.
Marco e Alice, invece, camminavano a pochi centimetri di distanza, parlando ininterrottamente tanto che ad un tratto i primi due si chiesero di cosa parlassero dopo tanto tempo.
Dopo un po’ decisero di fermarsi a prendere qualcosa ad un bar nei dintorni. Chiacchierarono tutti e quattro per un bel po’ di tempo, si divertirono e Greta era sempre più convinta che Marco era perfetto per l’amica: era simpatico, dolce, scherzoso.
«Gre, dobbiamo andare o faremo tardi.» disse Alessandro, interrompendo Marco che stava raccontando un loro aneddoto a scuola con la professoressa di greco.
«Sì, vero. Allora, ciao Marco, è stato un piacere conoscerti.» lo salutò, poi rivolgendosi all’amica disse:«Ciao, Ali, ci vediamo dopo a casa.» stampandole un bacio sulla guancia, poi ancora all’orecchio:« Mi raccomando, e dopo voglio sapere tutto!»
«Certo, certo. Ciao Gre, ciao Ale, divertitevi!»
«Sicuro!» risposero in coro i due, sorridendo.
Se ne andarono lasciando Marco e Alice da soli. Si piacevano, anche loro.
«Sei pronta?» chiese Alessandro con un sorriso a trentadue denti uscendo dal bar.
«Sono nata pronta!» scherzò lei.

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