Maybe i still need you.

di Allie__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


 
Chapter 1.
 





La luna era alta nel cielo e piena in tutta la sua bellezza e sfumature.
Nessuna nuvola intralciava la sua presenza in quel cielo quella notte, a farle compagnia e da spettatori con lei c'erano solo un miliardo di puntini lucenti, piccoli frammenti che vagavano nello spazio, ma che agli occhi di una persona risultavano uno dei più belli spettacoli che si poteva desiderare di vedere la notte. Infatti, tutti i cittadini di Atlanta, si trovavano distesi placidamente sull'erba dell'enorme prato, situato al centro della grande città, dove potevano ammirare e scrutare il cielo, nell'attesa che qualcuno di quei puntini luminosi cadesse, provocando dietro di se una lunga scia, da permetterli così di esprimere il tanto agognato e ben scelto desiderio, con la speranza che si avveri.
Tra tutte quelle persone c'era una ragazza, che se ne stava appoggiata con la schiena contro un albero e con il viso rivolto verso l'alto con la speranza di vedere qualcosa, le braccia incrociate sotto il seno e con un piede appoggiato contro la corteccia dell'albero.
Evie, aveva sempre adorato il giorno di san Lorenzo, adorava trovarsi con i suoi amici e stendere le coperte nel giardino sul retro sotto il grande salice  e restare per ore con il naso rivolto all'insù, urlando di gioia appena una stella cadente li passava sopra la testa e chiudeva forte gli occhi , concentrandosi sulle parole che voleva formulare.
Ricordava ancora, anche se vagamente quando accadde l'ultima volta e ricorda ancora le esatte parole che aveva pronunciato. Ma da allora erano passati anni e molte cose erano cambiate. Aveva abbandonato la fredda Germania per trasferirsi in America, la tanto agognata e sognata America, lasciandosi alle spalle tutto e tutti, ma soprattutto la sua vecchia vita. Si san Lorenzo era il suo giorno preferito dell'anno, o almeno lo era stato.
Ogni volta che arrivava quel giorno, il suo pensiero tornava indietro di due anni quando aveva visto il suo migliore amico uscire da casa sua come una furia e sbatterli la porta in faccia.
Se lo ricordava come se fosse ieri e all'improvviso tutto le tornò alla mente come un flashback. 






 
Era eccitata come non mai, era finalmente arrivata la sera di san Lorenzo e come al solito voleva che ogni cosa fosse perfetta. Perchè per Evie ogni san Lorenzo era come il natale, era un giorno che aspettava con ansia ogni anno e lo avrebbe passato come al solito con il suo migliore amico, dove avrebbero prenso ogni genere di schifezza presente in casa e si rintanavano sotto il grande salice nel giardino sul retro con una coperta, allestendo una sottospecie di piknik notturno e restavano li fino a notte fonda con il naso all'insù sperando di vedere qualche fascio di luce. 
Aprì il piccolo armadio che si trovava in corridoio e dopo averci frugato dentro per qualche istante, trovò la coperta che stava cercando e scese al piano di sotto, dirigendosi subito in cucina per preparare tutto quello che serviva per il loro "piknik" . Non era ammesso niente che non fosse ricoperto di cioccolato o che fosse per la maggior parte composto da zucchero. Insomma ogni genere di cibo sano era abolito. 
Stava finendo di prendere da uno scaffale della dispensa un sacchetto di patatine quando per tutta casa si propagò un sonoro DLING DLONG. Corse alla porta e aprendola si ritrovò davanti il sorriso mozzafiato del suo migliore amico. 
«Sei in ritardo, perciò dovrei farti rimanere a digiuno stanotte..» gli disse Evie incrociando le braccia al petto, trattenendo a stendo una risata. 
«Non lo faresti mai» replicò lui continuando a sorridere. 
«Kaulitz non mi sfidare, avrei anche il coraggio di mangiami tutto quel ben di dio davanti ai tuoi occhi senza farti toccare neanche una bric..» Non riuscì a terminare la frase che si sentì sollevare da terra e presa come un sacco di patate da Tom.  
Subito iniziò a muoversi, battendo le mani chiuse a pugno contro la sua schiena e a muovere freneticamente le gambe. 
«Tom mettimi giù!..Lasciami,lasciami!» 
«Come desidera»e non fece in tempo a dire qualcosa che si ritrovò con la faccia contro un cuscino del divano e la risata di Tom che si allontanava, mentre quest'ultimo andava verso la cucina.
«Oh no, oh no.. tu questa me la paghi!» mormorò alzando lo sguardo verso la cucina e alzandosi di scatto dal divano e arrivando in cucina lo trovò di spalle e gli saltò addosso attaccandosi a lui come una zecca e sfilandogli il capello. 
«Ma che cazz.. Ragazzina tutto ma il capello no! Lo sai» girò appena la testa di lato e le lanciò un'occhiata con un sopracciglio inarcato. 
Evie a sua volta gli rispose mostrandogli la lingua e la pallina colorato che sbucava su di essa, dimenticandosi di quel piccolo particolare e scese dalle sue spalle, facendo il giro del tavolo per raccattare tutta quella roba che qualche minuto prima aveva ammucchiato li sopra. 
«E quella da dove sbuca?» chiese subito Tom, riferendosi chiaramente alla pallina. 
«Questa..» ritirò fuori la lingua indicandosela «è sbucata oggi pomeriggio, ma non dire una parola, non lo sa ancora nessuno, tranne te ora»
«Ragazzina tu sei tutta pazza, un giorno di questi ti ritroverò all'ospedale per colpa di qualche infezione» Tom scosse la testa, incrociando le braccia al petto guardandola, ma lo sguardo gli cadde casualmente proprio sulla bocca di Evie dove, con le labbra mezze socchiuse vedeva la lingua della ragazza muovere quel piercing.
Evie, che non si era accorta di niente, si era solo espressa con uno sbuffo per l'affermazione dell'amico e si era presa  addosso tutto il cibo, che ovviamente era più quello che finiva a terra di quello che riusciva effettivamente a tenere. Istintivamente alzò lo sguardo su Tom che era ancora immerso in uno stato di trans tutto suo. 
«Ma guarda, non ti scomodare ad aiutarmi con tutta questa roba, me la cavo eh.»disse sarcasticamente, lanciandogli un'occhiataccia.
Quelle parole, anche se non erano arrivate chiare al suo cervello, riportarono Tom sulla terra, guardandola come stralunato. 
«Che hai detto?» chiese cercando di sembrare il più normale possibile. 
«Ci sei o ci fai, stasera? Mi aiuti o cosa?» chiese lei, battendo ripetutamente un piede a terra, non capendo cosa gli fosse preso. 
«Ehm.. si, si scusa»



Il cielo era tempestato di piccole lucine che sembravano li apposta per loro e ogni tanto qualcuna gli offriva uno spettacolo stupendo. 
 
Tom era sdraiato a pancia in su, con Evie appoggiata al suo petto che dormiva. La strinse di più a se, rivolgendo lo sguardo la cielo. Ancora non gli era chiaro perchè prima i suoi occhi gli avevano fatto vedere Evie in modo diverso; lei era la sua migliore amica da quando avevano 3 anni, non stava ne in cielo ne in terra che lui potesse anche solo pensare di poterci provare con lei anche perchè lei sicuramente lo vedeva solo come un amico o ancora meglio come un fratello.  Gli sembrava una grande idiozia e per un attimo si era quasi convinto di essersi fatto qualcosa prima di uscire di casa e che quella era la causa, ma si rese subito conto che lui era cosciente di testa, forse fin troppo. 
I suoi pensieri furono interrotti dalla vibrazione di un telefono e dopo aver controllato se non era il suo si rese conto che era quello di Evie. Fece finta di niente tornando a guardare il cielo, quando dopo poco il telefono vibrò ancora e ancora. Si era stufato di quel rumore e gli era salita pure una certa curiosità nel scoprire chi a quell'ora. Afferrò il telefono di Evie, che si trovava poco più in la dal corpo della ragazza. Sul display  appariva che aveva ricevuto 3 messaggi e dopo aver inserito la password di sblocco, che ovviamente lui sapeva, aprì il primo messaggio, ma prima ancora di leggerlo si bloccò. Cosa sto facendo? pensò all'inizio, ma poi lo sguardo gli cadde sul testo del messaggio. 

"Non vedo l'ora che sia domani, questa volta sappi che non mi sfuggi piccoletta
Paul." 
 
Un moto di stizza e odio per chiunque fosse il mittente si prese possesso di lui. Solo lui poteva usare quei nomignoli con lei e poi chi era questo? Lei gli diceva tutto, ma non si ricordava proprio che lei avesse nominato un certo Paul o che si vedesse con qualcuno. 
Non fece in tempo a leggere gli altri due messaggi che sentì il corpo di Evie muoversi e i suoi occhi puntarsi nei suoi con evidente rabbia. 
«Che ci fai con il mio cellulare in mano?» chiese infatti, guardandolo con un sopracciglio inarcato. 
«Com'è che tu non mi dici più le cose?» chiese a sua volta Tom, con stizza. 
«Ma di che stai parlando?» Evie non capiva, che si era persa qualcosa mentre si era appisolata? a quanto pare la risposta stava sul telefono che mostrava la pagina di un messaggio, che Tom gli aveva subito messo sotto gli occhi, senza proferire parola. 
 
«Ah Paul..»accennò un lieve sorriso «..e dove sta il problema? lo conosci anche tu.» 
«Paul? Quel Paul?» chiese strabuzzando gli occhi «spero che sia uno scherzo, lo sai che tipo è?» 
«So solo che mi trovo bene con lui e di droga e tutte le altre cose che girano su di lui non ne ho viste..» lo guardò, tirando un profondo respiro «è proprio perchè sapevo la tua reazione che non ho voluto dirtelo, per lo meno non subito, ma te ne avrei parlato..» aggiunse subito dopo, vedendo che Tom si era alzato in piedi e si stava sistemando la felpa. 
«Certo, me ne avresti parlato magari quando ti avrebbe usata o peggio e al peggio non voglio neanche pensarci.» disse guardandola, per poi muovere qualche passo per allontanarsi. 
«Do-dove stai andando?» chiese titubante Evie sperando che non se la fosse presa e che magari se ne stava solo andando a prendere qualcosa da bere. 
«A casa, non voglio disturbare mentre parli con lui e poi ho delle valige da finire di preparare.» disse mentre raggiungeva la porta ed entrava in casa. 
«Valige? che valige?» chiese stupita Evie, alzandosi subito in piedi e raggiungendolo lo afferrò per la maglia e lo fece girare verso di se. «Che valige? di che stai parlando?» 
«Cominciamo il tour tra 2 giorni, vedo che te ne sei pure scordata.» si voltò di nuovo, raggiungendo la porta d'entrata. 
«I-io pensavo..» aveva gli occhi pieni di lacrime, ma non voleva piangere.
Tom aprì la porta e si voltò a guardarla prima di varcarla. 
«Tu pensavi ad altro, che non ti è importato. Non c'è problema davvero.» 
Lo sgurado che Tom le stava riservando, il modo in cui la guardava, era davvero troppo per lei, non avrebbe retto ancora per molto con quegli occhi puntanti su di lei in quel modo, non dopo che già a stento tratteneva le lacrime.
«Tom, da-davvero credevo che avevamo più tempo io non..» 
«Tu non cosa? COSA? Eri troppo impegnata a farti scopare da quello per pensare che me ne sarei andato tra  pochi giorni?» 
«Lo sai che sei la cosa più importante e..» cercò di ricomporsi un attimo. «..non fare tanto l'offeso per sta cosa, che dovrei dire allora di tutte quelle che ti scopi tu? le usi e le getti come cambiare le mutande!»
«E ora cosa cazzo c'entra questo?»
 
Già Evie, pensò, questo proprio non c'entra niente. 
 
La situazione, la tensione, vederlo così.. gli aveva fatto salire il sangue al cervello e quella che lei aveva interpretato come gelosia, aveva fatto venire a galla la sua, che aveva represso per anni. 
«Io..» non riuscì a dire altro, che il resto delle parole le morirono in gola. 
«Tu come al solito non finisci le frasi. Ma sai una cosa, non abbiamo più 3 anni..» la guardò per un attimo <..direi che tu non hai più bisogno di me e io penso di aver più nessun bisogno di te» e così dicendo uscì sbattendo la porta. 
 

 
Una lacrima le percorse il viso, senza che lei potesse impedirlo. 
Lo aveva perso per la sua cocciutaggine e per la paura che non approvasse una sua scelta. Quella stessa scelta che poi scoprì essere stata la più grande cazzata che poteva fare in tutta la sua vita. Tom aveva ragione, d'altronde aveva sempre avuto ragione su tutto.
Era stata usata, violentata e caduta in un abisso di droga che sembrava non avere un fondo, una fine.
Ma ora era li e sperava di poter ricominciare tutto da capo, dimenticare i suoi sbagli, dimenticare quello che era accaduto, ma soprattutto sperare di smettere di soffrire.












Note: 
E rieccomi finalmente con una nuova ff ;) Da qualche giorno su Twitter stavo dicendo che sarei tornata e come promesso ecco qui. Avevo anche deciso di cancellare le due prpecedenti ff, ma per ora ho cambiato idea, decidendo di tenerle, non si sa mai che l'ispirazione mi colga.con questo vi lascio e questa ff la aggiornerò ogni martedì, quindi niente più ritardi o quant'altro ;) Spero di ricevere una vostra opinione a riguardo, anche solo due righe per dirvi che vi fa schifo.. accetto tutto!
A martedì.
baci Moon.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Chapter 2.



 

 
Era tornata a casa serena e felice di aver combinato qualcosa di buono quel pomeriggio, ma ora che si trovava da sola in quell'appartamento, stesa sul divano a fissare un punto sul muro davanti a se, tutto era svanito.
La sera prima aveva fatto un salto indietro nel tempo, riaprendo certe ferite che non dovevano essere riaperte. Era masochista, se lo ripeteva sempre e sempre ne era più convinta.
Si, la sua ferita non sarebbe mai guarita, lasciava che iniziasse a formarsi una leggera crosticina e poi la toglieva, sopportando il dolore che ciò provocava, restando poi di nuovo in attesa che il dolore scemasse, per poi ricominciare tutto da capo.
E ora si ritrovava con mille pensieri per la testa, ma il centro di tutto quel turbinio di parole, di se e di ma era lui.
Erano 2 lunghi anni che andava avanti così, un momento sembrava che li fosse passata la tristezza della sua mancanza e l'attimo dopo si ritrovava a rovistare tra quei ricordi, che ormai gli apparivano come se fossero stati solo dei semplici sogni.
Le risa, le serate dove esistevano solo loro.
Quella mattina però era cominciata decisamente meglio, si era decisa di andare a cercare un lavoro o entro poco tempo si sarebbe ritrovata senza un tetto sopra la testa e senza cibo da mettere sotto i denti e nello stomaco. Questi pensieri l'avevano distolta dal pensare a tutto il resto per qualche ora, almeno.

Aveva dovuto girare per tutto il giorno, entrando e uscendo da negozi a bar e in qualsiasi altro posto potesse offrigli lavoro.
Solo quando stava per perdere le speranze aveva trovato un'altro negozio, l'ultimo che gli mancava e lei, che non era mai stata credente,pensò che forse qualcuno li sopra esisteva veramente, perchè per sua grande fortuna la proprietaria aveva appena perso una commessa e lei era arrivata a fagiolo.
Ammetteva che negozi di alta moda non gli erano mai piaciuti, perchè li riteneva solo per gente snob, ma il bisogno di soldi era tanto e chi era lei per rifiutare un lavoro, che aveva assolutamente bisogno, così ben pagato solo perchè odiava i clienti? Sono proprio una ragazza che ha bisogno di soldi pensò fra se e appena si era sentita dire la paga mensile, il "quando devo cominciare?" gli era uscito dalle labbra da solo, senza che lei mandasse il comando al suo cervello o che pensasse di aprire bocca.
Era sul lastrico e in Germania non voleva tornare per nessuna ragione, quindi aveva poca scelta se voleva restarsene ad Atlanta.

Il pensiero di lui, che era riuscito a tenere lontano per tutto il giorno,si era fatto vivo nella sua testa, ora che ormai il cielo era diventato scuro e la luna aveva preso il posto del sole al centro del cielo, l'unica cosa che riusciva a pensare era a solo a lui.
Aveva scelto Atlanta, rinunciando al suo sogno di Los Angeles solo perchè aveva paura di incontralo. Ammetteva che in 2 anni che lui non la vedeva, era cambiata molto e con ogni probabilità non l'avrebbe neanche riconosciuta e questo non sapeva esattamente se dovesse ritenerla una cosa positiva o no.
Forse lui si era pure dimenticato di lei, d'altronde non sarebbe stato poi molto improbabile come cosa; aveva molti impegni per via della vita che aveva scelto, altri amici, troppe cose insomma, per potersi ricordare di lei, che l'aveva deluso e chissà cos'altro.
Afferò il cellulare che si trovava sul tavolino di vetro davanti a lei e aprì la galleria, cercando tra una moltitudine di foto, una in particolare.
Appena la trovò un sorriso di felicità, solitudine,nostalgia si impossessò di lei, vedendo lei abbracciata a quell'amico che era stato la sua unica ancora di salvezza per tanti anni.
Si, era davvero stata la sua ancora e se ne era resa conto forse solo un po’ troppo tardi di quanto contasse per lei la sua presenza, di quanto senza di lui fosse caduta in basso e di quanto la sua vita fosse andata in rovina.
Spense il cellulare, riponendolo sul tavolino e alzandosi, si diresse in camera da letto, infilandosi sotto le coperte e si impose di dover dormire almeno qualche ora.
Il giorno dopo avrebbe dovuto presentarsi a lavoro, il suo primo giorno di lavoro e tutto quello che non voleva era arrivare tardi o presentarsi con la faccia stravolta.











***

 
 










 

10 agosto 2012





 

L'oceano quella sera era calmo e scuro, illuminato solo dalla luce dalla luna che brillava in tutto la sua grandezza e bellezza sopra le loro teste. La calma quasi innaturale dell'oceano rendeva quasi impossibile distinguere il cielo da quella massa enorme d'acqua.
Ma non era un caso se quella sera, aveva deciso di comune accordo di dirigersi da soli sul quella spiaggia, poco trafficata.
Bill, non aveva proferito parola, quando suo fratello aveva espressamente rifiutato ogni invito a  party lussuosi o festicciole sulla spiaggia con i soliti amici e d'altronde anche lui aveva dovuto fare lo stesso, non che lui gliel'avesse chiesto, ma non avrebbe mai potuto accettare uno di quegl'inviti , lasciando  di conseguenza suo fratello da solo, non in quello stato, non in quella sera.

Non erano servite parole o gesti per fargli capire che sarebbe andato con lui, ovunque avesse voluto..

Il silenzio era quasi inquietante, ma era proprio c'ho che voleva Tom per quella sera.
Silenzio.
Nessun schiamazzo, gente che ballava e che si divertiva, quella sera come l'anno passato, aveva una strana repulsione per la gente e per il baccano, escluso suo fratello.
Con lui non aveva bisogno di esprimersi a voce, non aveva bisogno di spiegargli che gli passava per la testa in quel momento, lui sapeva e capiva, ma soprattutto non chiedeva e rispettava il suo voler restare nel silenzio più assoluto.
Si era steso sulla sabbia, portandosi le braccia dietro la testa e le gambe leggermente piegate, con lo sguardo rivolto a cielo.
Se avesse potuto avrebbe cancellato quel giorno dal calendario.
A dirla tutta non l'aveva mai entusiasmato il giorno di san Lorenzo, anzi la trovava una cosa anche stupida, stare con gli occhi fissi su quei puntini luminosi, sperando che uno di essi prima o poi , gli avrebbero dato la possibilità di esprimere qualche desiderio, che poi non si sarebbe comunque avverato.
Ma per lei aveva cominciato a starsene anche ore e notti intere in quella posizione, non proprio comodissima, ad osservare il cielo e quelle piccole lucine che sembravano diamanti appesi al cielo.. tutto questo solo per vederla felice e vedere il suo sorriso. Perchè si, a lei bastavano quelle poche cose per essere felice, si accontentava di poco e lui aveva sempre voluto dagli il più possibile lo stesso, solo per vedere quel sorriso accendersi sul suo viso.
Ora però tutto era diverso, non doveva far finta che quel giorno fosse emozionante o magari il modo per far avverare qualche sogno. No, lui aveva già tutto quello che desiderava avere, o quasi tutto..
Una scia di luce attraversò il cielo scuro per qualche secondo e senza rendersi conto si trovò a pensare queste parole ..

Quanto darei per vedere ancora quel sorriso.



Voltò quasi involontariamente, la testa di lato sperando di poterlo davvero vedere, ma purtroppo accanto a lui non c'era lei,
non c'era Evie.

Bill lo fissò per qualche istante e poi tirò un profondo respiro e si decise a dire qualcosa e distruggere quel silenzio.
«Tom..»sibilò appena, per paura di una qualche reazione negativa del fratello.
A contrario delle sue aspettative, Tom non lo guardò male o lo ignorò, ma si limitò a fargli capire che l'aveva sentito. «Mmh?» 
«Perchè non gli scrivi?»  azzardò, tenendo gli occhi fissi su di lui.
«Perchè mai dovrei farlo? Io non ho bisogno di lei e come hai potuto notare, anche lei per tutto questo tempo non ha avuto bisogno di me, quindi non ne vedo il motivo.»
«Sai a volte mettere da parte l'orgoglio non fa male a nessuno.»sentenziò Bill, alzandosi in piedi e sistemandosi i pantaloni.
Tom a sua volta, alzò lo sguardo verso il fratello. «Billi, non ha alcun senso cercare una persona che molto probabilmente si è dimenticata della tua esistenza.»
«Non fare il melodrammatico, ti stai arrampicando sugli specchi, solo perchè non hai il coraggio di farti sentire per primo.» si fermò un istante, abbassandosi sulle ginocchia e appoggiando una mano sulla spalla del fratello. «Se ti manca, non devi far altro che mettere da parte il tuo orgoglio e sappiamo entrambi che lei può essere peggio di te, per quanto riguarda il essere orgogliosi »
Tom sorrise appena alle parole del fratello e abbasso lo sguardo.
«Molto più orgogliosa di me e te messi assieme»
«Ecco, appunto e ricordati cosa ti ho sempre detto, per quanto io voglia bene a Ria, sappi che lei non può sostituire Evie.»
«Beh lei è incazzata a morte con me, perchè voleva passare questa serata insieme e gli ho rovinato i piani.» scrollò le spalle in segno di non curanza. «ma non me ne preoccupo sinceramente, tanto domani si sarà già calmata.»
«Se fosse stata Evie, l'avresti riempita di telefonate, finché non ti rispondeva e ti diceva che era tutto okay per l'esasperazione.» gli fece notare Bill ridendo, pensando  al fratello qualche anno prima, quando litigava con Evie.
«Era efficace come metodo» rise Tom, ricordando quante volte aveva dovuto ricorrere a quei metodi per farsi perdonare da lei.

Le risa scemarono quasi immediatamente e Bill si rivolse di nuovo a Tom, tornando in piedi e stirandosi le braccia.
«Seriamente Tom, pensaci bene, se metti da parte l'orgoglio ci puoi solo guadagnare in questo caso.»
«Ci penserò..» disse quest'ultimo, alzandosi anche lui in piedi e dopo essersi sistemato, segui il fratello verso l'auto.
«Anche se so che non farai niente, è già qualcosa» rise Bill , ricevendo un leggero pugno sulla spalla da parte di Tom.
«Ora muoviamoci, dobbiamo ancora finire di fare le valige, dopo domani si parte!»
«Che felicità!» disse sarcasticamente Tom.
«Oh avanti non fare il guastafeste, ci divertiremo.»
«Sai che divertimento, almeno potevi scegliere un luogo caldo»  mugugnò Tom, aprendo lo sportello dall'auto e salendo, seguito subito dopo da Bill al posto del passeggero.
«Per cambiare aria per una settimane, Atlanta è perfetta, fidati del tuo fratellino.»disse Bill tutto eccitato per il viaggio che li avrebbe portati ad Atlanta per una settimana di svago, lontano dal lavoro.
«Billi per cambiare aria avrei scelto di nuovo le Maldive, piuttosto che Atlanta!»
«Pure le Maldive non ti piacevano, perchè dicevi che ti annoiavi e ora ho scelto una città che vuoi di più?»
«La desolazione delle Maldive.»
sbuffò mettendo in moto l'auto e avviandosi verso casa.











Note: 
Salve a tutti e come promesso dopo una settimana rieccomi qui. Ho poco tempo quindi sarò breve u.u 
Ringrazio subito chi ha recensito il primo capitolo e spero che troviate ancora un attimino di tempo per lasciare il vostro giudizio anche al secondo :) 
Come noterete ho messo pure Ria, ma preciso che la situazione è vista a modo mio, quindi loro non sono fidanzati ma semplici amici (e a volte anche qualcosa di più tanto per capirci u.u). Per altre domande lasciate una recensione e risponderò ;) 
Baci a martedì prossimo. 
Allie.



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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


 

3. Chapter





 

 
 
«Sono 150 dollari» disse indifferente mentre batteva il prezzo sulla cassa.
Non si riusciva ancora a capacitare di come una persona potesse spendere così tanto per una semplice maglietta, che poteva trovare uguale a pochi spiccioli in un un'altro outlet.
Non capiva e non voleva neanche cercare di comprenderli, perchè lei quei soldi non li avrebbe mai spesi per una maglietta.
L'ennesima cliente uscì dal negozio sommersa dalle borse, senza nemmeno degnarsi di chiude la porta.
Evie con un attacco isterico, scattò andando verso la porta e richiudendola con un sonoro "sbem" .
Fuori il cielo era sereno e senza uno straccio di nuvola ad intralciare i raggi della stella che illuminava e scaldava, quasi esageratamente la città di Atlanta, e lei avrebbe tanto voluto andarsene al parco, stendersi con la musica nelle orecchie e prendersi un po’ di sole.
Invece si ritrovava tra quelle mura, che le sembravano una cella di un manicomio per la gente che entrava ed usciva da quella mattina.
Distolse lo sguardo dal cielo, per non farsi venire la brillante idea di mollare il lavoro e uscire a godersi quella giornata di sole e si rimise al suo posto dietro al bancone.


«Evie!»
La voce di Seline, una delle sue colleghe gli arrivò come un lampo a cel sereno. Si era imbambolata a guardare una rivista, dato la scarsità di clienti nell'ultima ora, con il risultato che se la sua collega non l'avesse chiamata, sicuramente si sarebbe addormentata da un momento all'altro.
Balzò in piedi di colpo e si guardò attorno, cercando di intravvedere la testa bionda della sua collega, che stava infondo al negozio con una montagna abnorme di vestiti tra le mani, che rischiava di cadere da un momento all'altro.
Svogliata, ma cosciente che doveva fare il più possibile per non perdere il lavoro, raggiunse Seline, che aveva appena appoggiato tutti i vestiti, accatastati uno sopra all'altro, sul tavolo di vetro.

«Ti serve una mano?»chiese arrivandole accanto e prendendo a piegare meglio una capo.
«Oh sei un tesoro, grazie mille»le sorrise solare lei.
Seline era una ragazza alla mano come lei, non riusciva a capire che ci facesse in un posto come quello, ma forse erano entrambe li per lo stesso identico motivo. Era alta e magra con le forme al punto giusto, carnagione abbronzata. Il viso era contornato da dei lunghi capelli biondi che risaltavano i suoi occhi blu. Si perché se c'era una cosa che Evie invidiava di Seline, oltre al suo fisico erano proprio gli occhi, quel blu raro o forse unico che non aveva mai visto in tutta la sua vita.
Evie si mise subito all'opera, iniziando a piegare capi e a sistemarli nei vari stand.
«Allora, come ti trovi? Lo so il primo giorno è sempre il più difficile, ma ti ci abituerai.»le sorrise guardando Evie intenta ad appendere ad una stampella, un abito.
«Non so se mi ci aiuterò mai, ma ho bisogno di soldi e questo è l'unico lavoro che ho trovato, quindi..»fece spallucce lei, lanciando un lieve sorriso a Seline.
«Posso farti una domanda un po’ personale?»chiese dopo un momento di silenzio, Seline.
«Certo, chiedi pure»  disse Evie, rivolgendo la sua attenzione alla collega.
«Da dove vieni? perché dalla tua pronuncia non mi sembri proprio americana. »rise Seline, guardandola mentre afferrava un'altro capo dalla pila accumulata davanti a loro.
«Germania, si sente così tanto? »rise Evie, incrociando le braccia al petto.
«No non molto, anzi lo parli davvero bene, per non essere di qui, ma hai una strana cadenza ogni tanto e mi ha dato da pensare.»
«Non è facile perdere certe cadenze forti purtroppo.. » rise, voltando la testa verso la porta, appena udì il campanello, che le aveva appena avvertite, che era entrato qualche cliente nel negozio.
 
 
 
 
 










***

 













 
Era appena arrivato ad Atlanta, con suo fratello da poco più di mezza giornata, che l'unica cosa che voleva fare era riposarsi e riprendersi dal viaggio in aereo. Era snervante per lui, non amava volare e mai gli sarebbe piaciuto, ma un po’ per il suo lavoro un po’ perché se voleva viaggiare era il modo più semplice e veloce, doveva farlo.
Aveva sempre avuto una tremenda paura di quegli aggeggi che gli permettevano di spostarsi da un continente all'altro, che aveva implorato Bill, almeno per quella volta di prediligere l'auto, ma non c'erano state variazioni.
Bill aveva deciso che avrebbero raggiunto Atlanta con il loro aereo privato e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.
Mettendo insieme, il viaggio che lui non aveva alcuna voglia di fare, l'aereo e la sorpresa che si era trovato poco dopo davanti alla porta della casa, che aveva preso per il loro soggiorno, i suoi nervi erano decisamente troppo tesi e a rischio di spezzarsi da un momento all'altro.

«Sorpresa!»appena aperta la porta si ritrovò davanti una chioma rossa, con un trolley a seguito, con un sorriso gioioso stampato in faccia.
Peccato che lui di sorprese non ne voleva proprio avere, soprattutto non in quel giorno.
Si passò una mano sulla faccia, prendendo un lungo respiro, per cercare di calmare i nervi e non risponderle male, alla fine lei non ne poteva niente.
«Ria, tu che ci fai qui?»chiese tornando a guardarla, con la faccia di uno che vuole una semplice risposta, ma sa già che non avrà.
«Non sei contento di vedermi? Ho pensato.. Bill mi ha detto dove andavate e anche io avevo bisogno di una vacanza, quindi tadà.. » sorrise, sporgendosi verso di lui e lasciandogli un sono bacio sulla guancia, sorpassandolo ed entrando in casa.
Lui rimase per qualche minuto immobile a fissare davanti a lui, scuotendo poi la testa e rientrando in casa, chiudendosi la porta alle spalle.


Era disteso sul letto da poco più di dieci minuti da quando, era riuscito a svignarsela dalla conversazione che stavano avendo Bill e Ria al piano di sotto su solo-loro-sanno-cosa , che qualcuno bussò alla sua porta.
Si voltò a pancia in giù, premendo il viso contro il cuscino, come faceva da bambino sperando che l'avrebbero lasciato in pace.
«Tom..»bisbigliò Ria entrando in camera ed avvicinandosi al letto del ragazzo. «..sei sveglio vero?»lo punzecchiò appena con un dito con l'unghia lunga smaltata di rosso.
«Purtroppo si, che c'è?»chiese lui, alzando la testa da cuscino e gli rivolse la sua attenzione.
«Andiamo a fare un giro per la città?»
La risposta di Tom arrivò in un lampo. «No!»
«Eddai, magari trovo anche qualche nuovo vestito»
«Perchè non lo chiedi a Bill? è lui il patito per queste cose..»rispose lui, riappoggiando il viso sul cuscino.
«Perchè lui è appena uscita con i cani e perchè volevo passare una giornata con te.»rispose lei, sorridendo.

 
 
 
 









 

***

 











 
 
Ancora non riusciva a crederci, che alla fine la ragazza che era appesa al suo braccio, l'avesse davvero convinto ad uscire. Era stanco e non gli interessava poi molto Atlanta.
Lui adorava i luoghi caldi, per quello aveva scelto Los Angeles e non New York.
Anche se quel giorno le temperature erano alte in quella città, lui non voleva restarci li.
Improvvisamente riscosso dai suoi pensieri, si sentì strattonare dalla ragazza, verso un negozio.
«Entriamo qui.»disse la ragazza, che senza dagli il tempo di dire una parola l'aveva già tirato dentro il negozio in questione.
Appena entrato si ritrovò nel solito banalissimo negozio, che suo fratello avrebbe adorato, ma non lui, che non avrebbe sicuramente trovato niente di interessante.
Rimase un attimo immobile sulla porta, per poi avvicinarsi ad alcuni stand e curiosarci dentro, mentre Ria si stava rivolgendo a una commessa. 

«Certo glielo prendo subito» rispose Evie a quella ragazza, mentre si avvicinava alla vetrina e toglieva dal manichino, l'abito che la ragazza voleva.
 
Sentendo quella voce, Tom si bloccò immediatamente e puntò il suo sguardo sulla ragazza, che stava gentilmente porgendo l'abito a Ria.
Quella voce l'aveva già sentita, ma guardando la ragazza non gli sembrava di averla mai vista.
Era alta magra e con poche forme, i capelli scuri gli ricadevano lisci fino al seno. In quel istante la ragazza si voltò verso di lui e la vide sbiancare, come se avesse appena visto un fantasma davanti a lei.

Evie dal canto suo, rimase di sasso nel incontrare nuovamente quelle pozze d'ambra, che la guardavano come se stessero cercando di capire chi fosse.
Non riusciva a dire una parola e il sangue gli raggelò nelle vene, quando lo vide avvicinansi a lei.
«Scusa, noi ci conosciamo per caso?»













Note.
E riccomi puntuale ;) 
questo capitolo fa un po pena, lo so e mi odierete per aver bloccato il capitolo così ..
Sono di fretta (come al solito) e quindi non ho tempo di stare a scrivere molto. 
ringrazio chi recensisce e chi legge in silenzio. 
a martedì prossimo. 
Baci Allie.

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***


Chapter 4.



 

 
Rimase immobile senza sapere esattamente che dire.
Le lacrime premevano per uscire, il corpo sembrava diventato un blocco di ghiaccio e non aveva nessuna intenzione di rispondere ai comandi che il cervello, continuava a mandagli per fargli fare una qualsiasi mossa. 
Era li, con gli occhi fissi nei suoi color ambra e non poteva ancora crederci, che gli avesse fatto una domande simile.
L'aveva sempre detto e immaginato che non l'avrebbe riconosciuta, ma tra l'immaginazione e il fatto concreto la strada era tanta e lei ora li, con gli occhi del ragazzo che la guardavano, attendendo una risposta e gli sembrava che tutte le barriere che aveva costruito faticosamente per tenere tutte le emozioni più forti lontane e ben nascoste, impedendogli di devastarla, stavano prendendo poco alla volta il pieno possesso di lei.
«E' tutto okay?»chiese una voce alle spalle di Evie.

Silenzio.

Ria si era avvicinata a loro, mettendosi accanto a Tom e lo guardò preoccupata.
«Tom, è successo qualcosa?»ripeté, ma il ragazzo sembrava non sentirla e continuava a tenere lo sguardo fisso su Evie.
A quel punto la ragazza si voltò verso Evie e la fissò, cercando di capire cosa fosse accaduto, ma non ricevendo nessuno cenno da Evie, che sembrava diventata una vera e propria statua di ghiaccio, si voltò di nuovo verso Tom e gli appoggiò una mano sul braccio, facendo riscuotere per un secondo il ragazzo.
«Vado a pagare poi possiamo andare okay?»
Il ragazzo si limitò ad annuire e tornò a fissare la ragazza davanti a lui.

Era sicuro di averla già vista e più di una volta, ma non riusciva a ricordarsi ne dove ne quando. Sapeva che probabilmente la ragazza davanti a lui si stava chiedendo se fosse un tipo apposto, ma era più forte di lui guardarla, sentiva di conoscerla e non si sarebbe messo l'anima in pace, finchè non avrebbè scoperto chi era.
Eppure quegli occhi qualcosa gli dicevano.
Erano di ghiaccio e poteva notare distintamente le lacrime che la ragazza stava invanamente tentando di trattenere a tutti i costi, ma non riusciva a capire perchè.
All'inizio la prima cosa che pensò fu che doveva essere una fan, forse una qualche groupie che si era postata a letto una volta e ora nel rivederlo avrebbe avuto una reazione isterica, come la maggior parte delle ragazze che incontrava e dato che voleva venirci a capo di chi fosse quella ragazza, si convinse che forse era proprio così.

Era solo una groupie.

«Per caso ci siamo conosciuti a qualche concerto? Scusa se non mi ricordo, ma i nomi non sono il mio forte e a dire il vero non so neanche se te l'ho mai chiesto.»disse tutto ad un tratto Tom, guardandola e grattandosi la nucca, come era solito fare quando era in imbarazzo, poi continuò..
«Però se mi dici come ti chiami, potrebbe tornarmi in mente qualcosa..» disse alla fine, tornando a guardarla negl'occhi.
Evie a quelle parole raggelò.
L'aveva presa per una di quelle sue ragazze da una botta e via, lei che con lui non si era mai neanche scambiata un bacio.
Le lacrime a quel punto le fu impossibile trattenerle e scoppiò portandosi le mani sul viso, lasciando davanti a se un Tom alquanto turbato e confuso. 
Perchè, okay l'isteria nel vederlo, ma quello gli sembrava un po’ esagerato.
Cercò di avvicinarsi alla ragazza, ma questo lo scansò e non fece in tempo a dire qualcosa che sentì la voce di Ria richiamarlo dalla porta d'entrata del negozio.
«Qualsiasi il motivo per cui stai piangendo, scusa.»  mormorò Tom, non sapendo esattamente cosa dire e si voltò per andarsene e raggiungere una Ria alquanto sconvolta nel vedere la ragazza, che ancora piangeva.

Un moto di rabbia, misto a delusione si impossessò di Evie, nello stesso istante in cui vide Tom appoggiare la mano sulla maniglia della porta per uscire.
Non voleva fare la figura di essere una delle sue fan lagnose o una di quelle che fanno una scenata simile perchè si sono sentite usate per una notte.
No, lei non voleva che lui pensasse quello, non accettava che lui non l'aveva riconosciuta.
Si ricordava ancora una frase che in quell'istante le faceva davvero male, ricorda.


Non potrei mai dimenticarmi di te, sei troppo importante.

 
Forse non era stata poi così importante, forse tutte quelle parole gliele aveva dette tanto per dire.
Ora era pervasa da mille dubbi, ma la delusione era stata talmente tanta, che improvvisamente il suo corpo, come riscosso da un lungo letargo, si mosse in direzione del ragazzo in uno scatto.
Appoggiò una mano sulla spalla di lui, come per richiamare la sua attenzione, cercando di trattenere le lacrime che non volevano cessare di bagnarle il viso.
Appena lui si voltò, lo guardò dritto negl'occhi e  anche se lo vedeva un po’ opacamente, per via delle lacrime che scendeva indisturbate sul suo viso, anche contro la volontà di lei e gli disse con voce piena di rancore.
«Vuoi sapere davvero il mio nome, Tom?» pronunciare quel nome, gli provocò una fitta al cuore. Da anni non aveva più avuto il coraggio di pronunciare quelle tre lettere, provocavano troppo dolore e troppa sofferenza.
«Lo vuoi sapere?»riprese nuovamente lei, alzando di un tono la voce.
Lui rimase fermo di sasso, non sapendo esattamente cosa dovesse rispondere, ma alla fine si limitò ad annuire con un cenno del capo.
Lo fissò, per un lungo e interminabile secondo, prima di sputare tra i denti sprezzante, il suo nome.

«Evie!»

In quello stesso istante, l'espressione di Tom mutò .
Come aveva fatto a non accorgersi che era lei? Come aveva fatto a non collegare quegli occhi a Evie?
Ora quello che sembrava essersi trasformato in una statua di ghiaccio era lui, non più lei.
«Evie..tu..» riuscì solo a mormorare, ma per Evie quello era troppo.
Sentire pronunciare nuovamente il suo nome da lui, con quel tono..
Evie gli voltò le spalle e corse nel  retro del negozio, dentro il magazzino, rannicchiandosi dietro delle scatole di cartoni stracolme di vestiti.
Piangeva e non riusciva a smettere.
Atlanta doveva essere un nuovo inizio non l'apertura di vecchie ferite.
La poteva sentire dentro di lei, quella ferita che da anni non sanguinava più, riaprirsi come una ferita nuova, appena fatta.

«Tom, ma la conosci?»chiese Ria al ragazzo, che ancora incredulo stava guardando il punto in cui la ragazza era fuggita.
Fu un attimo. Il corpo di Tom si mosse d'istinto e senza dire una parola, scattò andando come un razzo verso la porta da cui era sparita la ragazza.
Ria lo richiamò più volte e pure Seline lo aveva richiamato, dicendogli che lui li non poteva entrare, ma ormai nel suo cervello non entrava più nessuno messaggio, se non che quella ragazza, era la stessa che gli era mancata per due lunghi anni.
Raggiunse il magazzino e iniziò a chiamarla, cercandola.
«Evie, ti prego.. dove sei?»

Silenzio.

«Evie!»

Silenzio.

«Ti prego, scusa.. sono stato un'idiota!»

Silenzio.

«Cazzo!» imprecò a quel punto tra se e se, guardandosi intorno, sperando di scorgerla con lo sguardo.
Continuò a camminare, finchè non sentì dei singhiozzi, provenire da dietro una montagna di scatoloni aperti .
Fece il giro, ritrovandosi davanti una ragazza seduto a terra, china sulle ginocchia che piangeva.
Non si era accorta che era arrivato, forse era troppo scossa, proprio come lui di averlo rivisto.
Si avvicinò piano e si inginocchiò davanti a lei e allungò una mano accarezzandogli i capelli .
«Piccola..»mormorò, quasi avesse paura di spaventarla.
Evie alzò immediatamente il capo e incrociò subito lo sguardo del ragazzo davanti a lei.
«Vattene via.» sibilò, tornando ad appoggiare la fronte sulle gambe.
«Io non vado da nessuna parte..»
«Sei bravo a farlo invece e anche a dimenticarti delle persone a quanto vedo.»rispose secca lei, scostando infastidita la sua mano da lei.
«Sono stato un'idiota okay? Me ne sono pentito un secondo esatto dopo aver chiuso la porta, che aveva fatto una stronzata, ma..»
«Ma non sia mai che Tom Kaulitz metta da parte il suo orgoglio, giusto?»rispose ancora più acidamente lei, alzandosi e scansandolo definitivamente da se.
Non fece in tempo a compiere due passi che  si sentì stringere da dietro da due grosse braccia, senza aver più nessuna possibilità di muoversi.
«Sei una stupida..io sono uno stupido e non mi sono mai dimenticato di te, è solo che sei così..»mormorò lui al suo orecchio, stringendola ancora di più a se.
«Tom, lasciami!»disse lei, cercando di liberarsi dal suo abbraccio.
«Questa volta no»rispose serio lui, aumentando la presa su di lei.
Questa volta no, non avrebbe fatto l'idiota per l'ennesima volta, non l'avrebbe lasciata, non avrebbe fatto finta di niente e soprattutto non avrebbe permesso al suo orgoglio di comandare un'altra volta.
«Tom, ti prego.. »sussurrò allo stremo lei, di nuovo in lacrime.
«Evie ma fammi spiegare..»
«Hai già spiegato, ti prego..ora lasciami» 
Senza farselo ripetere Tom sciolse le sue braccia, lasciandola libera e prima di andarsene di voltò un'ultima volta a guardarlo.
Non disse una parola ma i suoi occhi lo fecero per lei.
Rabbia, felicità, delusione, gioia.
Mille emozioni una diversa dell'altra si potevano leggere dentro quegli occhi .

 







 
***

 
 







 
Dentro di lei una voce gli gridava che non avrebbe dovuto andarsene, che doveva restare li con lui. Ma in quel momento gli faceva troppo male.
Troppo male rivederlo, troppo male non essere stata riconosciuta e per di più scambiata per una groupie.
Aveva bisogno di restare da sola, chiarirsi le idee e sorridere.
Si sorridere, perchè da quando aveva aperto la porta del suo appartamento non aveva fatto altro che sorridere, ridere e sorridere.
Gli era mancato così tanto che non poteva ancora crederci di averlo rivisto e di essere stata nuovamente abbracciata da lui .
Era felice si, ma non poteva nascondere la rabbia e  anche quella piccola arpia verde che era la sua gelosia.
Si perchè era sempre stato così, lei era gelosa di lui e vederla con quella ragazza, aveva riacceso in lei un senso di possesso che non aveva mai in realtà posseduto.
Poteva essere arrabbiata quanto voleva, ma averlo rivisto aveva confermato la sua teoria, che più volte nel cuore della notte aveva attraversato i suoi pensieri, proprio come una stella cadente. 
Lei aveva ancora bisogno di lui.














Note: 
Scusate per il ritardo, ma oggi sono stata talmente presa che non ho fatto in tempo a postare prima e a dire ilv ero anche a scrivere. Quindi mi scuso già per gli eventuali errori o segni di punteggiatura mancanti mancanti.
Bhe che dire? Spero che lascierete un vostro parere ;) 
ringrazio sempre chi recensisce!
Un bacio a martedì prossimo ♥ 
Allie.

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***


Chapter 5.






 

 
 
I primi raggi di sole filtravano dalle persiane della sua camera, arrivando dritti sul volto di Evie, che era stesa in posizione supina in mezzo a una confusione di coperte. Il sonno quella notte aveva preso le distanze da lei, lasciandola in balia dei suoi pensieri e di tutto quel casino che si trovava nella testa, da quando l'aveva rivisto. 
Ancora era sconvolta e delusa che lui non si fosse accorto che quella ragazza che gli stava di fronte era proprio lei.
Si alzò dal letto, scostando da se le coperte e si diresse verso il bagno, specchiandosi poi dentro il grande specchio sopra il lavandino.
Ammetteva che era cambiata.
Il suo aspetto era completamente diverso dalla ragazza che Tom aveva lasciato, uscendo dalla porta di casa sua, due anni prima.
Il corpo era più asciutto e forse quasi eccessivamente magro, ma ormai c'era abituata e forse non sarebbe neanche più riuscita a vedersi con qualche chilo in più.

Si avvicinò alla vasca e aprì il rubinetto dell'acqua calda, facendola riempire d'acqua e aggiungendo dei sali.
Si tolse la maglietta bianca e la gettò a terra, facendola raggiungere subito dopo dai pantaloncini e in seguito dal suo intimo e raccolse in una crocchia disordinata i lunghi capelli neri, entrando poi nella vasca, sperando di potersi finalmente rilassare.
Era stressata come non mai e tutto per colpa di Tom.
Aveva paura di mettere il naso fuori casa, con il terrore di incontrarlo, perchè lo conosceva troppo bene, ora l'avrebbe continuata a cercare per parlargli,per scusarsi e rifilargli una delle sue solite frasi per farsi perdonare.
In altre circostanze sarebbe stata al settimo cielo, ma come poteva anche solo pensare che lei avrebbe fatto finta di niente e dimenticare?

Dimenticare che non l'aveva riconosciuta?

Dimenticare che l'aveva scambiata per una sua groupie?

Dimenticare che non era solo..

Si, perchè nella sua mente la cosa che più la infastidiva era proprio quella ragazza.
L'aveva vista più volte con lui sul web e l'odio per quella ragazza che aveva la possibilità di stagli accanto, mentre lei no, era cresciuto minuto dopo minuto.
Doveva però ammettere che non gli sembrava una brutta persona, era stata cordiale e gentile quando gli aveva chiesto del vestito in vetrina o quando aveva richiamato Tom e l'aveva guardata, non aveva letto odio o sentimenti negativi, ma solo curiosità.
E seppur non avrebbe dovuto aver niente contro di lei, la voleva vedere a un miglio di distanza da Tom.
Era cosciente, che quella gelosia era scaturita principalmente per la vicinanza che lei poteva avere con Tom, ma dopo il giorno precedente quella che aveva messo le distanze tra lei e il ragazzo era stata proprio lei.

Passò una lunga mezz'ora immersa, fino a quando si costrinse ad alzarsi sentendo l'acqua che diventava troppo fredda. Quel giorno non aveva nessuna intenzione di andare a lavorare, aveva troppa paura per ritrovarselo davanti.
Afferrò l'asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo quando il cellulare posato vicino al lavandino iniziò a suonare.
Lo afferrò e dando una rapida occhiata al mittente, rispose.

«Seline, buongiorno.. se mi stai chiamando perchè sono in ritardo, tranquilla ho già avvisato il capo ieri sera che non potevo venire oggi.»  disse  subito, credendo che la collega la stesse chiamando per quello.
«Si si, lo so..ma non è per questo che ti ho chiamato..»disse fermandosi poi, restando in silenzio.
«E' successo qualcosa? non farmi preoccupare!»
«Qualcosa è successo e ti prego scusami! Io giuro che non volevo ma..»
«Ma?»la spronò a quel punto Evie.
Odiava quando le persone la tiravano tanto per le lunghe, perchè era chiaro che non era successo niente di buono, almeno qualcosa gli diceva che non era niente di positivo per lei.
«Ma Tom ha insistito e non voleva andarsene, i clienti si lamentavano.. scusa Evie!»
A quel punto scoppiò. «Seline, dannazione che c'entra Tom? mi vuoi dire che è successo?»
«Io..»ma non riuscì ad udire altro che il campanello della porta suonò.
«Seline, aspetta un attimo che hanno suonato alla porta, non attaccare!»  gli disse veloce Evie, appoggiando il telefono sul mobile della cucina ed avvicinandosi alla porta per aprire.

«Già era proprio di quello che mi volevo scusare..»mormorò Seline dall'altra parte del telefono, ma ormai Evie stava per aprire la porta ed era troppo lontana per sentirla.

 

Appena aprì la porta, il suo cuore perse un battito.
Come aveva fatto a trovarla?



I suoi occhi color ghiaccio si incontrarono con due occhi più scuri e profondi. Pura ambra liquida.
Il suo corpo per la seconda volta in due giorni diventò l'esatta copia di una statua di ghiaccio, rigida e allo stesso tempo fragile.
La mano strinse, quasi convulsamente, la maniglia della porta, senza distogliere gli occhi da quelli della persona che si trovava davanti a lei.
Appena lo vide muovere un passo, per avvicinarsi, si irrigidì ancora di più e l'unica cosa che riuscì a fare fu cercare di chiudere la porta, ma il piede dell'altra persona fu più veloce di lei.
Evie si allontanò immediatamente dalla porta, tremando.
Le parole sembravano esserle morte in gola, ancora prima che pensasse solo di dire qualcosa, ma al contrario le lacrime erano già pronte a scendere copiose dal suo viso.
Lo vide, entrare e chiudersi la porta alle spalle e dopo un attimo, che per Evie sembrò un'eternità, si decise a voltarsi di nuovo verso di lei.

«Non sei neanche andata al lavoro per paura di vedermi?»  chiese, cupo in viso e guardandola dritta negl'occhi.
Solo in quel istante Evie notò quanto erano spenti e vuoti i suoi occhi, mai li aveva visti così.
Si limitò ad annuire ed indietreggiò fino a scontrarsi contro il divano che le impedì di distanziarsi ancora di più da lui.
«Evie, ti prego non fare così.. io ho..ho sbagliato, ho sbagliato andarmene quella sera, ho sbagliato a non farmi sentire.. e non hai idea di quanto mi sono sentito un idiota a non averti riconosciuta ieri..»disse tutto d'un fiato guardandola.

Stava mettendo tutto il suo orgoglio da parte, aprendosi completamente, come forse mai aveva fatto, neanche con Bill.
Questa volta non voleva fare di nuovo l'idiota e rovinare tutto, non voleva perderla di nuovo dopo quanto gli era mancata in quei anni.
«Co-come hai fatto..»
«..a trovarti?»terminò la domanda lui per lei. «La tua collega non ne poteva più di avermi al negozio ee..»sorrise divertito e quel sorriso riuscì a contagiare pure lei, incredula ma divertita nel ricordarsi quanto testardo potesse essere, quando si metteva in testa una cosa.
«Immagino, cosa vuoi?»Evie tornò sulla difensiva, incrociando le braccia al petto ma guardando altrove, era ancora troppo difficile per lei guardarlo negl'occhi, sapeva che se l'avrebbe fatto, tutta la sua determinazione sarebbe svanita e lo avrebbe abbracciato senza lasciarlo più andare.
«Cosa voglio? voglio finirla con questo mutismo e finirla di far finta che non ci conosciamo.»Tom mosse un passo nella sua direzione e senza che lei fece in tempo ad accorgersene, se lo ritrovò a pochi centimetri da lei, che cercava in ogni modo in incrociare il suo sguardo. «Voglio che la smettiamo di prenderci in giro e far finta di niente, perchè..»A quelle parole Evie alzò subito lo sguardo verso di lui, incredula su quello che stava sentendo.. ma quello era troppo.
«Forse è ora che tu te ne vada.»disse secca lei, scansandolo.
«Evie..»la afferrò per il braccio, tirandola a se e abbracciandola, tenendo il suo sguardo incrociato a quello di lei. «Mi sei mancata da morire in questi anni..»
«Ti sono mancata così tanto, che ho visto quante volte ti sei fatto vivo..»rispose acida lei, cercando di divincolarsi dalle sue braccia.
«Non vuoi proprio sistemare le cose?»la guardò per un attimo, avvicinandosi ancora di più a lei, senza distogliere lo sguardo.
Le difese di lei piano  stavano cedendo, ma non gliel'avrebbe data vinta, non questa volta. Era stato il suo migliore amico, la persona che in segreto aveva forse anche inconsciamente amato, ma non riusciva a pensare di dimenticare quei due anni di silenzio e ricominciare da capo, come se niente fosse accaduto, come se fossero due amici che si erano solamente persi di vista.
Il suo orgoglio purtroppo era molto più presente e forte di quello di lui e lei non lo avrebbe mai messo da parte, neanche se fosse stata lei a volerlo.
«Tom, davvero vai, ho un mucchio di cose da fare»disse, sbuffando, facendogli chiaramente capire che stava arrivando al limite.
«Me ne vado, solo se prima mi rispondi a questa domanda..»la guardò per un lungo istante.. «Vuoi davvero che me ne vada?»
Lo guardò per un istante, titubante.

Voleva che se ne andava, ma era combattuta con quella parte di lei che voleva che restasse. 
Ma alla fine come sempre d'altronde, l'orgoglio, che era e sarebbe sempre stata la parte più forte di lei, prese nuovamente il sopravvento. 

«SI» mormorò, convinta, ma per quanto cercò di esserlo lui capì che quella risposta npon era quella che lei realmente voleva dare. 
«Come vuoi allora..» la liberò dalla sua presa e si avvicinò alla porta, ma prima di appoggiare la mano sulla maniglia, si voltò verso la mensola accanto alla porta d'entranta, dove Evie appoggiava le chiavi del suo appartamento e dove c'era una cnfusione di foglietti che neanche lei ricordava per quale motivo teneesse. Tom allungò una mano e afferrò uno di quei foglietti e prendendo la matita che trovò appoggiata accanto, ci scrisse sopra un pugno di cifre.
Guadò poi il biglietto e poi Evie, riappoggiandolo sulla mensola. 
«Ho cambiato numero, se per caso cambi idee sai come contattarmi..»

e senza più aggiungere altro lasciò l'appartamento.














Note: 
Rieccomi, lo so che questo capitolo è molto corto confronto al solito ma mi sembrva giusto mettere una seconda "discussione" tra i due.  Come avrete capito Evie è molto combattutta su come comportarsi con Tom, una parte di lei vorrebbe sistemare le cose con lui, l'altra è troppo piena di orgoglio per dargliela vinta e anche troppo ferita. 
Il prossimo capitolo sarà molto intenso vi avviso, ma dovrete aspettare martedì prossimo ;) 
Recensite, recensite ! Mi piace sentire cosa ne pensate, sia negativamente che ovviamente positivamente. 
Baci
Allie ♥

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


Chapter 6.











 
 
Erano nove del mattino e Evie  guidava lungo la strada principale di Atlanta, oltrepassando caffè, negozi e persone che li riempivano già a quell'ora, passando quel caldo sabato mattina e tutto l'imminente pomeriggio a fare spese.
Lei per sua fortuna era riuscita a ricavarsi il week end libero e ora si stava dirigendo verso il parco centrale dove Seline ed alcuni suoi amici, la stavano aspettando. 
Dall'improvvisata di Tom a casa sua era passata ormai una settimana e da quel momento non l'aveva ne più visto ne sentito. Forse voleva lasciarle il suo spazio per calmarsi e stava aspettando che lei prendesse quel telefono e lo chiamasse, cose che Evie era stata più volte tentata di fare, ma che ogni volta che prendeva il telefono in mano, andava sulla rubrica e scorreva fino alla lettera T ed era pronta a schiacciare la cornetta verde che appariva sullo schermo , accanto al suo nome, rispegneva il telefono. 

Per sua fortuna, il lavoro stava andando bene e non le pesava più così tanto, aveva imparato a non dar troppo peso alle persone che entravano dall'entranta del negozio e limitarsi a porgere, il più cordialmente possibile ciò che chiedevano e stamparsi in faccia un sorriso di circostanza. Era convinta che se avrebbe fatto qualche provino per interpretare qualche parte in un film qualsiasi l'avrebbero presa, talmente era diventata brava a recitare. 
Ammetteva che però senza Seline, le cose sarebbero state sicuramente molto più complicate di quel che voleva far credere, perchè in così poco tempo era diventata la sua ancora di salvezza. Aveva cominciato a confidarsi con lei, raccontandogli la sua vita compreso Tom, uscivano la sera e qualche volta la ragazza si fermava a dormire da lei come due amiche che erano cresciute insieme. Evie normalmente non era una che si legava facilmente alle persone ma Seline era così trasparente nel mostrarti cosa provava e la sua simpativa,allegria e la sua stravaganza ti contagiava subito, che era impossibile non legarsi a lei. Uscendo con lei aveva conosciuto anche altri 3 ragazzi, che da qualche giorno a quella parte vedeva quasi ogni sera per andare a bere qualche in un pub.

Macy, Jason e Michael. 

Era abbastanza schiva inizialemente nei loro confronti e ancora un po lo era, ma riuscivano a farla sentire a suo agio ed a farle dimenticare per quelle poche ore che stavano insieme, tutto il casino che aveva in teste.
 
Parcheggiò e scese dall'auto afferrando la borsa, sul sedile del passeggero accanto a lei, chiudendosi la portiera alle spalle e dopo essersi data un'ultima occhiata al riflesso di se stessa nel vetro del finestrino della sua macchina, sistemandosi la coda in cui aveva raccolto i suoi capelli neri, si voltò e indossando gli occhiali da sole e si incamminò alla ricerca degl'altri, passando accanto a persone che si erano già accampati con coperta e cestino da picnic per essere sicuri di non arrivare troppo tardi e di non trovare più uno spiazzo verde libero.
Sul suo viso si accese un sorriso appena intravide Seline che si sbracciava per farsi vedere seduta su una coperta leopardata, che sicuramente apparteneva a lei.
Si avvicinò con passo deciso, facendo lo slalong tra le varie persone. 
Appena arrivò, una testa bioda si voltò verso di lei e sorridendole, si alzò e l'abbracciò salutandola. 
«Ciao, bella sei arrivata finalmente» disse Macy lasciandola e tornando a sedersi, seguita subito da Evie che si sedette tra lei e Seline. 
«Si, scusatemi per il ritardo, ma sembra che oggi tutta la città si sia svegliata di colpo dopo millenni..» 
«Bhe tesoro, l'importante è che sei arrivata giusto in tempo, stavamo decidendo cosa fare questa sera» disse Seline, sporgendosi verso di lei per darle un bacio sulla guancia. 
Evie si sistemò sulla coperta, conscia del fatto che sarebbero rimasti li a lungo come ogni volta, che dovevano decidere dove andare il sabato sera. 

Erano un gruppo strano, doveva ammetterlo. 

Macy era una ragazza solare che si era iscritta da poco all'università ed a vederla era la classica "maschiaccia", sia nel vestire che nel carattare. Se c'erano una cosa che era certa, è che non avresti mai visto Macy in giro con tacchi o vestiti, ma sempre e solo con felpe di qualche taglia in più, in tuta e sneakers e odiava truccarsi, per questo si limitava a un filo di matita a contornare i suoi occhi color ambra, molto scuri. 
Tutto il contrario di Seline che viveva per i vestiti, tacchi e tutto ciò che rendeva una donna femminile. Invidiava Seline, per la sua carnagione e per i suoi capelli di quel biondo ramato. 
Lei a confronto delle due ragazze si sentiva un po in soggezione, perchè le riteneva entrambe delle belle ragazze e lei invece si trovava mille difetti. I capelli erano di un nero pece mossi e avrebbè dato oro per aver quelli di Macy dritti senza dover ricorrere alla piastra ogni giorno.
I due ragazzi invece erano normali, senza tante stramberie, anzi forse l'unica stramberia che avevano era che giravano con tre pazze scalmanate. 
Jason era il classico ragazzo capelli castani a spazzola, occhi verdi che si vestiva seguendo la moda e un po creando a la sua. Michael invece era l'opposto di Jason, capelli di un castano chiaro e occhi marroni.
Nell'insieme erano due ragazzi comuni, i classici americani. 
 
La discussione sul dove e quando si stava dilungando anche più del normale.
«Hanno aperto una nuova discoteca, non molto lontano da qui e stasera la inagurano.. andiamo li?» uscì improvvisamente Seline, illuminandosi. 
«No no, in una discoteca no!» esclamò Macy, scuotendo vigorosamente la testa.
«Oh avanti, per una volta non muori mica..» si impuntò Seline, incrociando le braccia la petto. 
«Ragazza vi prego non ricominciamo..» si mise in mezzo Michael che con un sonoro sbuffo, alzò gli occhi al cielo, chiedendo cosa mai avesse fatto di male. 
«Facciamo una votazione per alzata di mano!» propose Seline a quel punto. 
«Line, non siamo più a scuola..» disse Evie scoppiando a ridere, per la proposta dell'amica e coivolgendo anche gli altri. 
«Dai, facciamolo se no non finiamo più» disse alla fine Macy «Alzi la mano chi non vuole andare in questa discoteca!» e dicendolo fulminò tutti con lo sguardo, in una muta richiesta di alzare la mano o avrebbero tutti fatto una brutta fine. 
Ovviamente la mano di Macy scatto subito in aria, seguita da Michael che aveva ricevuto una secca gomitata nelle costole da Macy e dato che ci teneva alla sua salute fisica che mentale alzò anche lui la mano. 
Sul viso di Seline si dipinse un sorriso di vittoria. «Mi sa tanto che questa sera ti toccherà camminare sui trampoli» disse continuando a sorridere. 
«Questa sappiate che me la pagherete.. almeno tu Evie potevi alzare la mano» mugugnò guardandola. 
«Scusa Macy, ma è l'unica proposta decente che è uscita in due ore che siamo qui e il mio stomaco sta richiedendo del cibo» rise Evie .
«Parlando di cibo, andiamo a mangiare qualcosa? Ho dimenticato di portare i panini» disse Jason , alzandosi in piedi. 
Tutti acconsentirono e Jason aiutò Evie ad alzarsi, ma diede troppo slancio e si ritrovò Evie tra le proprie braccia. 
«Scusa» sorrise lui guardandola dritta negl'occhi. 
Lei diede un leggero colpo di tosse, guardandosi in giro. «Nulla tranquillo.»  si limitò a rispondere. 

 
 
Da una distanza più ampia, la scena poteva essere facilmente malintesa.
Il viso di lei era semi nascosto da quello di lui e poteva benissimo sembrare che i due si stessero baciando. 
Due occhi color ambra, purtroppo aveva assistito a quella scena e avevano subito fatto uno più uno. 
La rabbia montò in lui quando vide il gruppo di ragazzi, seguiti dalla corvina, allontanarsi e le mani si chiusero istintivamente in due pugni.
La voce di suoi fratello lo fece ripredere dallo stato in cui era caduto. 
«Tom il cane!!»
Si voltò verso l'origine di quella voce che lo richiamava e rivoltandosi indietro un'ultima volta vide la ragazza, salire su un'auto seguita dagl'altri. 
«Toom!» 
Al secondo richiamo decise di incamminarsi verso suo fratello.
«Arrivo!»
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
L'armadio era aperto davanti a lei e i suoi occhi continuavano a scorrere da una parte all'altra alla ricerca di qualche da indossare. 
Il letto era ricoperto da una montagna di vestiti, il tappeto non era messo tanto meglio ricoperto da scapperpe.
Non era una che dava molta importanza all'apparenza, ma Seline si era raccomandata per quella sera e sapeva che se non si sarebbe vestita bene, come intendeva Seline, l'avrebbe ripostata in casa e l'avrebbe fatta cambiare, rischiando anche di arrivare tardi e no una figura simile non ci teneva a farla. 
Quindi fu costretta a munirsi di tanta pazienza e scegliere cosa mettere.
Si malidì più volte, per non aver mai comprato un vestito o qualcosa che sembrasse anche solo lontanamente sexy o elegante. 
Alla fine riuscì a trovare un tubino nero, con scollo a V e con la schiena coperta solo da un sottile strato di pizzo fino sopra al fondoschiena, che arrivava a metà coscia. Non sapeva neanche di averlo un vestito simile, non per altro lo trovò nel angolo più remoto di tutto il suo armadio e non avendo altre opzioni di vestiti si decise di mettere quello.
Afferrò un paio di decoltè nere e si rinchiuse in bagno. 
Truccò gli occhi azzurri con una linea di eyeliner e con un po di ombretto nero e bianco e maschara e sulle labbra stese un rossetto rosso non troppo acceso. 

Erano le dieci e mezza quando sentì il campanello suonare e scalza si diresse verso la porta per aprire.
Non appena aprì la porta, si ritrovò davanti una Seline mai stata così bella.
Indossava un mini abito bianco senza spalline, con delle borchie sulla scollatura a cuore e sopra una giacca di pelle nera con anch'essa delle piccole borchie sul colletto e ai piedi portava un paio di tronchetti neri. 
«Ma come siamo belle questa sera» disse Evie, sporgendosi verso di lei per dagli un bacio e la face entrare. 
«Ma ti sei vista tesoro? sei uno schianto!» disse Seline,facendole fa una giravolta.
«Non esagerare dai, metto i tacchi e sono pronta, gli altri?» chiese Evie mentre spariva dietro la porta della camera, prendendo in mano le delcoltè che aveva preparato in precedenza ed indossandole. 
«Macy e Michael arrivano assieme, Jason dovrebbe essere già li» 
Evie, apparve subito dopo, con la giacca di pelle sul braccio e controllando di aver tutto dentro la borsa.  
«Possiamo andare?» chiese Seline, eccitata. 
«Andiamo.» 
 









 
 
***
 










 
Un folata di vento le scombinò i capelli, appena scese dalla macchina di Seline.
Era una serata serena con il cielo stellato e la luna vista solo per un quarto nel cielo, con un venticello caldo che metteva ancora più adrenalina. 
Davanti a lei si ergeva una struttura colossale, che stonava non poco in mezzo a edifici di media dimensione.
Era la nuova vita notturna di Atlanta e sembrava che tutta la città si fosse riunita li quella notte, per inaugurare come si deve il posto.  Aveva sempre creduto che le città del vero spirito notturno, fossero New York o Los Angeles, ma dovette ricredersi quella sera. La gente di Atlanta sapeva il fatto suo in fatto di feste, sballo e divertimento. 
Si avvicinò all'entrata con l'amica ed aspettò il suo turno per entrare.
Ovviamente come ogni luogo notturno che si rispetti in una grande città, non mancavano ospiti famosi, che entravano senza alcun problema, passando davanti a tutti. 
Solo dopo un buon quarto d'ora riuscirono finalmente ad entrare e ci volle un'altro quarto d'ora abbondante per trovare gli altri. 
Era un'inagurazione con i fiocchi, doveva ammetterlo.
Cocktail a poco prezzo, musica a tutto volume, mille luci e fumo che ti facevano perdere la conizione dello spazio e del tempo.  
Ed Evie aveva proprio bisogno di una serata così, dove sicuramente non sarebbe riuscita a pensare a nulla, estraniandosi da tutti i mille problemi che aveva e pensare solo a divertirsi.
Di fatti non ci volle molto che si ritrovò al centro della pista a ballare con tutti gli altri, con già parecchio alcool in circolo.



 
«Vado a prendere qualcosa da bere»  urlò improvvisamente Evie, allontanandosi dal gruppetto che ancora si stava scatenando in pista, senza sosta da ore ormai. 
Arrivò al bancone, con non poca fatica e ordinò l'ennesimo angelo azzurro della serata, restando poi appoggiata al bancone per in attesa. 
Fece vagare lo sguardo ovunque, anche senza realmente vedere le facce di tutta la gente che li stava in torno e aveva seri dubbi, che sarebbe riuscita a ritrovare Seline e gli altri. 
Continuava a far scorrere il suo sguardo da un lato all'altro della pista quando una voce alle sue spalle la fece voltare di colpo. 
«Due mojiti ,grazie» urlò il ragazzo che le stava accanto. 
Evie, da suo canto non potè che restare a fissarlo come caduta in un mondo tutto suo. 
Il ragazzo, probabilmente molto più per puro caso che per il sentirsi osservato, spostò lo sguardo alla sua sinistra, incontrando due occhi azzurri che lo fissavano sgranati, come se avessero appena visto un fantasma. Gli sorrise, non sapendo esattamente cosa fare, ma poi una lampadina gli si accese immadiatamente, sgranando gli occhi a sua volta. 
«Evie?» domandò quasi come se fosse una domanda retorica. 
«Bi-Bill..»













Note: 
Eccomi, ho fatto una piccola modifica a quello che vi avevo anticipato. 
Avevo detto che questo sarebbe stato un capitolo con qualche colpo di scena diciamo, ma ho preferito rimandare tutto al prossimo per concentrare il tutto in un unico capitolo. 
In questo ho preferito concentrare di più l'attenzione di come la vita di Evie stia prendendo forma, ora che si trova ad Atlanta. 
Vi avviso già che purtroppo ho dovuo utilizzare un programma di scrittura che non mi mostra gli errori, perchè l'altro pc purtroppo è dal tecnico a riparare, quindi se trovare qualche strafalcione è comprensibile, anche se teoricamente ho riletto il tutto più volte, ma non si sa mai. 
Aspetto di sapere cosa ne pensate :) 
Ringrazio sempre chi gentilmente recensisce ogni volta ♥ 
Baci Allie.

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


Chapter 7. 










 
 
Tutti i giovani - compreso qualche adulto- di Atlanta, si trovavano in quella discoteca per l'innaugurazione. Troppe persone una schiacciata all'altra, troppe voci mischiate alla musica a tutto volume, troppa confusione anche solo per riuscire ad orintarsi e distinguere dove si trovava il bagno dal bancone del bar, che era impensabile l'dea di riuscire a scorgere un volto noto in quella calca di gente, Evie era cosciente del fatto, che ci avrebbe messo anni, infatti, per ritrovare gli altri.
Ora era sconvolta per due semplici ragioni. 
La prima, forse la più logica, era che non riusciva a capacitarsi quanto qualcuno la sopra, ce l'avesse con lei, per fargli incontrare proprio quella persona dentro un locale colmo di gente. 
La seconda, motivo per cui si era data della stupida, appena aveva incrociato quelle due pozze d'ambra liquida, identiche ad altre due molto note a lei, era per quale assurdo motivo non aveva pensato che anche loro ci sarebbero stati.
Pensandoci un momento lucidamente, era scontato ci fossero. La parola festa sul dizionaria aveva come secondo sinonimo il loro cognome, ma forse la sua mente aveva ben pensato di lasciarla navigare nella sua quiete e tranquillità finchè avrebbe potuto farlo. 
E ora poteva di certo rendere ufficiale che di tranquillità dentro di lei, non c'era proprio traccia. 

Ma come poteva essere tranquilla?
Tutto il mondo era a conoscenza, che dove trovavi un Kaulitz, automaticamente nei paraggi si aggiava l'altro.
 
Nel fare di pochi secondi, tutta la tensione e le emozioni che aveva cercato di accantonare, la investirono all'improvviaso.
Aveva il terrore di voltarsi e incontrare due paia di occhi, identici a quelli che lo stavano ancora fissando, come se stessero vedendo un fanstama.
La tensione era palpabile ed Evie non potè che ringraziare mentalmente il barista che aveva richiamato la sua attenzione, porgendogli il suo drink. 
Afferò subito il suo bicchiere e senza sapere esattamente che dire, guardò per un altro secondo, il viso del ragazzo, voltandosi subito dopo, pronta ad andarsene e raggiungere nuovamente gli altri, sperando in un miracolo divino nel ritrovarli tra tutta quella gente ammassata.
Purtroppo non servì a nulla pregare come un mantra, che non la fermasse e che la lasciasse andare, perchè non face in tempo a fare mezzo passo che la mano del ragazzo scattò nella sua direzione, afferrandola per il polso, costringendola a girarsi di nuovo e impedendogli così la sua fuga. 

«Vieni con me»  le disse il ragazzo, avvicinandosi quel tanto che bastava a lei, per permetterle di recepire le sue parole e la condusse in seguito, senza aspettare un consenso nel parcheggio sul retro del locale. 

L'aria calda che l'aveva accolta al suo arrivo savanti alla discoteca, ora si era trasformata in un venticello più fresco, che la fece rabbrividire appena, ma non solo per quello si sentì raggelare appena uscita dal locale. 
Sapeva con esattezza cosa sarebbe accaduto da li a poco e la situazione che si stava andando a creare con successive domande e obbligate risposte in seguito, non le piaceva per niente.
Il ragazzo si fermò appena scesa la piccola scaletta in ferro e le lasciò andare il polso, frugando successivamente nella tasca dei suoi pantaloni, estraendone un pachetto di sigarette e l'accendino. Accese la sigaretta e porse il pacchetto a lei che rifiutò con un leggero cenno del capo,il tutto nel più teso silenzio. 

Aspirò la prima boccata di nicotina e si voltò del tutto verso di lei, scrutandola per qualche secondo, facendola sentire non esattamente a suo agio. 
«Sei cambiata molto dall'ultima volta che ci siamo visti, Tom.. » a quel nome Evie tremò appena e interuppe subito il ragazzo. 
«C'è anche lui, qui?» chiese con il tono più deciso che riusciva ad addottare in quel momento. Lo sapeva che se l'avrebbe rivisto, non era certa di riuscire a ripetegli di lascirla in pace, gli mancava.. eccome se gli mancava. 
«Si, ma dubito che ti abbia vista» 
Bill aspettò una risposta o una qualsiasi reazione, che però non arrivò, così si decise a continuare a parlare. 
«Mi ha raccontato tutto quello che è successo in questi giorni e davvero non capisco..» fece una breve pausa per aspirare dell'altra nicotina. «non risco a capire, perchè siete così idioti entrambi, eppure la cosa non dovrebbe stupirmi poi molto, conoscendovi» distese le labbra in un sorriso divertito, guardando la ragazza che aveva incrociato le braccia al petto e lo guardava con un sopracciglio inarcato. 
«Qui l'unico idiota di nascita è tuo fratello, non io!» disse decisa. 
«Bhe, che abbia avuto quel gene molto sviluppato fin da piccolo, non è una novità, ma anche tu cara mia non gli stai tanto indietro, dato come si stanno svolgendo le cose..» disse pacatamente lui, ridendo vedendo l'espressione della ragazza e portandosi la sigaretta alla bocca. 
«Come? che avrei dovuto fare, sentiamo! Avrei dovuto..» 
«Avresti dovuto digli quello che pensi e lo stesso avrebbe dovuto fare lui, ma come ho detto non so ancora perchè mi stupisco, siete entrambi delle teste dure  pure orgogliose» 
Evie non seppe che rispondere, perchè sapeva che Bill aveva ragione a riguardo. Lei e Tom erano molto simili come caratteri e in fatto di orgoglio e cocciutaggine non li batteva proprio nessuno. 
Bill vedendo che era riuscita a farla tacere, buttò la sigaretta a terra e le si avvicinò, appoggiandole le mano sulle spalle e la guardò negli occhi. 

«Per la cronaca, si è sentita molto la tua mancanza» disse sorridendole appena. 

Anche lei non riuscì a trattenere un sorriso e lo abbracciò, stringendosi forte a lui; doveva ammettere che anche quel logoroico di Bill gli era mancato. 
«Pure a me siete mancati molto» mormorò quasi timorosa di ammetterlo. 
Lui sorrise e la tenne stretta a se per qualche istante, ma quello fu a sufficieza per mostrare ad entrambi quanto avevano sentito la mancanza dell'altro. 
«Ammettilo però che non ti è mancato solo vedermi..» disse ridendo 
«Ma smettila» rise, tirandogli una pacca sul petto. 
 
 
 
 









 
 
 
***
 
 
 
 
 





 
 
Si avvicinò ai divanetti, doveva aveva lasciato gli altri e si sedette accanto a suo fratello, facendo finta di niente.
Evie gli aveva detto splicitamente di non rivelare a suo fratello, che lei era li e lui se pur aveva promesso di tener la bocca chiusa, non riusciva a essere del tutto indifferente e non pensare che la cosa migliore che poteva succedere era che quei due si parlassero. 
Decise però, che ormai aveva promesso a Evie di non dire una parola, anche se la tentazione era forte. 
Immerso nei suoi pensieri se parlare con il fratello o meno, proprio quest'ultimo richiamò la sua attenzione.
«Ma non eri andato a prendere da bere?» chiese notando il fratello, ma non vedendo le ordinazioni. 
«Mh? ah già me ne sono dimenticato, c'è talmente tanta gente che mi sono perso a guardarmi in torno» 
Tom inarcò un sopracciglio. Bill che dimenticava qualcosa? lui che era quello pignolo e perfettino dei due? 
Lo guardò attentamente per quelche secondo. 
«Cosa c'è?» chiese a quel punto l'altro. 
«Non me la racconti giusta»
 
Beccato! pensò immediatamente. 
 
«Oh Tom, vado adesso a prenderti quello stupido cocktail, se proprio è di vitale importanza.» disse sviando il discorso e fece per alzarsi, ma il fratello lo bloccò. 
Lo fece avvicinare a lui e gli disse all'orecchio.
«Vi ho visti uscire dal locale» disse sorridendo furbo. 
Bill però non si sentì molto rinquorato, ma tutt'altro. 
Gli aveva visti, ragion per cui voleva dire che sapeva che lei era li e per cui lui avrebbe corso seri guai. Si perchè tra lui e Evie c'era sempre stato uno strano rapporto.. una specie di amore-odio che li portava anche a litigate non del tutto da persone civili e sapeva bene, che non si sarebbe salvato le palle stavolta. 
«Tom, ti prego non..» 
«Tranquillo non ho nessuna intenzione di andare a cercarla»
«Lasciala stare per stasera» disse contento di sapere che il fratello aveva capito. Ma alla fine si ritrovò a seguire li suo sguardo, che erano puntati proprio sull'ultima persona su cui doveva. 
«Questo non è cercarla, questo è trovarla e parlarci» disse assumendo quella sua solita espressione da schiaffi e alzandosi si diresse verso la ragazza che era a due tavolini dal loro. 

Bill si schiaffò una mano sulla faccia. 
Suo fratello non era solo idiota ma era anche sordo.
 
 
 

 
 
Si avvicinò a lei deciso a parlarci. 
Il tempo per pensarci gliel'aveva dato, forse era stato anche troppo per i suoi standard e non sopportava di sapere che lei era li, che finalmente dopo tanto tempo era riuscito a ritrovarla e non riuscire a farsi perdonare, non se lo sarebbe mai perdonato. Perderla per la sua stupidaggine e orgoglio una volta gli era bastato e non voleva ricompiere lo stesso sbaglio, neanche se era una decisione presa da Evie, questa volta non si sarebbe arreso. 
Lei era di spalle e quasi sicuramente non l'aveva visto avvicinarsi a lei, anche perchè era certo che in quel caso, l'avrebbe vista scappare il più lontano possibile da lui. 
Aveva solo bisogno di parlagli, riuscire a convincerla che le era mancata, che aveva bisogno di nuovo della sua presenza nella sua vita, che non gli bastava Bill per sfogarsi, che aveva bisogno anche della sua spalla. 
Allungò una mano toccandole una spalla, per attirare la sua attenzione. 
La ragazza, che era in piedi, si voltò verso di lui e per una frazione di secondo tutto ciò che fu in grado di fare fu guardarlo e restare in silenzio. 
 
Me lo dovevo immaginare. pensò mesta fra se e se Evie.
 
Si voltò di nuovo verso i ragazzi e li fece segno di aspettare, appoggiando il suo bicchiere e voltandosi verso il ragazzo. 
Non disse nulla, semplicemente si limitò a muoversi tra la folla, raggiungendo un angolo più appartato e calmo, per quanto poteva essere calmo trovando all'interno di una discoteca piena di gente. 
Lui senza esitare un attimo la segui, mentre Seline li seguiva con lo sguardo, sperando che l'amica non facesse qualche sciocchezza. 

 
«Immagino che Bill abbia ancora il problema, di non saper tener la bocca chiusa con te» disse ad un certo punto Evie, appogiandosi con le spalle al muro, vicino alla porta che dava, su un piccolo atrio, dove si trovava tutti per fumare una sigaretta. 
«Evie, ti avevo visto uscire con lui, non ha avuto bisogno di dire niente» 
«Ah, bene» 
Era fredda, distaccata, forse scocciata del fatto che non gli desse ascolto, quando gli diceva di lasciarla in pace.
Si avvicinò di qualche passo, appoggiando una mano sulla sua spalla, guardandola dritta negli occhi. 
«Senti, lo so cosa mi hai detto e so che hai la tua vita, in cui non sono più compreso, ma..» 
«Ma?» lo spronò lei. 
«Evie, io tra due giorni parto e torno a Los Angeles, forse non ci rivedremo più e non ce la farei a far finta di non averti rivisto e sapere che stiamo ancora allo stesso punto di prima. Ho bisogno di te, ne ho sempre avuto bisogno in questi anni, sei una sorella per me, paragonabile benissimo a Bill. Mi sei mancata davvero..» prese una breve pausa. Per lui aprirsi in quel modo era davvero difficile, ma doveva farlo se voleva avere qualche possibilità. «Evie..ti prego perdonami» 
 
Non ce la fece, non quella volta.
Era la prima volta che si apriva in quel modo, era sempre stato restio nel dire apertamente cosa provava. 
Lo guardò con le lacrime agli occhi e alla fine lo abbracciò. 
Lo strinse così forte, per paura che potesse sparire da un momento all'altro e che lui non fosse stato mai li, che tutto quello fosse stato solo un sogno.
 
Inizialmente Tom, rimase interdetto e stupito, piacevolmente stupito. 
Non se lo aspettava, aveva comunque continuato a ripetersi che qualsiasi cosa avrebbe detto o fatto non sarebbe mai stata abbastanza e invece adesso se la ritrovava piccola tra le sue braccia, che lo stringeva con tutta la forza che possedeva. 
Non ci pensò su due volte a ricambiare quell'abbraccio.
Non servivano parole in quel momento, bastava quello. 
 
«Ehm scusate»
Una voce si intromise in quel momento e Tom si innervosì parecchio. 
 
Jason.

Quel ragazzo non gli piaceva per niente, anzi se avesse potuto lo avrebbe, ucciso in quello stesso istante. 
«Che c'è?» chiese Evie, si staccò da Tom, portandosi davanti al ragazzo. 
«Gli altri stanno già andando alla macchina, andiamo?»
«Aspetta un momento e arrivo»
«Ti aspettiamo fuori» disse lanciando un'occhiata a Tom e accarezzando lievemente il braccio della ragazza, per poi allontanarsi. 
«E quello chi è?» chiese immediatamente Tom. 
«Jason, un amico» disse semplicemente Evie. 
«Un amico?»
«Si perchè? ti sembra così strano?» 
«Un'amico non ti dovrebbe guardare così e poi non mi piace»
«Neanche lo conosci!»
«Eh, a me non piace lo stesso!» incrociò le braccia il ragazzo, guardandola di traverso. Lo voleva vedere a un chilometro da lei e qualcosa saliva dentro di lui sempre di più al solo pensiero che quello la toccasse. 
«Sei peggio di un fidanzato, altro che fratello» rise lei. 
 
Fratello, Tom sei un fratello e tu le hai detto, che è una sorella per te, solo una sorella!  pensò immediatamente.













Note: 
Rieccomi! Vi prego non uccidetemi per il tremendo ritardo, ma in questo periodo tra le feste e tutto ho avuto poco tempo per scrivere! Ora dovrei riuscire a postare regolarmente, almeno spero :) 
comunque perdonatemi, ma ancora non mi hanno restituito il pc e quindi il programma che uso su questo pc non mi segnala eventuali errori, quindi pardon se ne trovate alcuni o qualche parola scritta male (perchè qualche svista l'avrò sicuramente avuta)
Spero vi sia piaciuto, anche perchè finalmente Evie ha ceduto e sembrerebbe aver perdonato Tom, ma chissà..
Recensite mi raccomando, che sono sempre curiosa di sapere cosa ne pensate!
Baci Aliie. ♥ 

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