A strange tale di Knitting (/viewuser.php?uid=240018)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un cupcake è meglio dell'amore ***
Capitolo 2: *** L'hobby del signor Batman ***
Capitolo 3: *** Ibrido ***
Capitolo 4: *** Il risveglio dell'eroe ***
Capitolo 5: *** Le dinamiche del primo appuntamento ***
Capitolo 6: *** Appunatmento per 4 ***
Capitolo 7: *** Eventi inaspettati ***
Capitolo 8: *** Sembri finta ***
Capitolo 9: *** Il disegno di Lorence ***
Capitolo 10: *** Breake up ***
Capitolo 11: *** Marry me ***
Capitolo 12: *** Good Bye ***
Capitolo 13: *** Almost Happy Ending ***
Capitolo 1 *** Un cupcake è meglio dell'amore ***
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Un
cupcake è meglio dell'amore
Lidia
aveva due motivi per essere al mondo: l'amore eterno e i dolci.
Il
secondo, fin troppo presente, era il tappo che soffocava le
delusioni, fin troppo ricorrenti, che provocava il primo. Non
poteva fare a meno di accoccolarsi in quel dolce abbraccio, si
sentiva sicura, un cupcake non l'avrebbe mai tradita e l'avrebbe
accettata per quello che era, era obbligato a farlo.
La
conclusione quindi era solo una, i cupcake erano meglio dell'amore,
per essere più precisi, meglio dei ragazzi stronzi.
Se
da quel punto di vista appunto gli si apriva un mondo da quello
sentimentale gli si chiudeva una porta in faccia, una serie
innumerevole di porte in realtà, la cui chiave scompariva
magicamente, non potevano più essere aperte, non da lei almeno.
Tutti
quei fallimenti erano accatastati all'interno di una cartellina
giallastra, senza nome o etichetta destinata a rimanere anonima.
Ormai
una donna non aveva più bisogno di una mano da afferrare nel buio,
perfino le principesse erano diventate capaci di salvarsi da sole. Se
l'uomo c'era bene, altrimenti evadevano dalla torre a modo loro.
Il
suo ultimo ragazzo l'aveva lasciata, come quelli precedenti, una
schiera di ex che avevano raggiunto una cifra fin troppo alta, era
giunto il momento di sciogliere i capelli e andare.
Fissò
la cartellina con sguardo di sfida. << A noi due! >>
Lidia
puntellò le mani sul tavolo, fece leva e si alzò piano con
decisione, come stesse fronteggiando l'antagonista della storia.
Era
la battaglia finale.
Afferrò
il contenitore impotente ignorando le immaginarie implorazioni di
pietà.
<<
È la tua fine! >>
Nessuna
pietà.
I
lamenti inesistenti cessarono, sopraffatti dal tonfo dei fogli sul
fondo del cestino, svuotato per l'occasione.
Era
libera.
Nella
sua mente la manovella della radio ruotò e la canzone dei Queen
cominciò a riempirgli la testa. “We are the champions!”
Chiunque
l'avesse vista dalla finestra avrebbe dubitato della sua sanità
mentale ma libertà aveva un sapore troppo bello a cui non potevano
essere messi limiti.
Il
ritmo nella sua testa la fece ballare per tutta la stanza, per la
prima volta piccola misurata dalle sue falcate da gamba corta.
Quasi
inciampò ma non interruppe la sua corsa lanciandosi verso il divano.
Afferrò un mal capitato cuscino, lo sorte non era con lui quel
giorno ma mister piume d'oca fu solo la prima vittima.
Saltò
sul divano, sul piedistallo della vittoria.
Ma
dopo l'apice vi è sempre un rovinoso declino.
Così
cadde, inesorabilmente, scivolando sul bordo traditore e si ritrovò
supina sul tappeto che odorava di gocce di caffè fuggite dalla
tazzina.
Il
cuscino assunse una piega particolare, simile un sorriso di
derisione, i suoi occhietti rappresentati dai vuoti dell'imbottitura
gli ricordarono che non si deve mai abbassare la guardia.
<<
Va bene! Ho capito, non potevi lasciarmi sognare? >> Rimproverò
risentita l'oggetto e lo posò calma sul divano, vuota di euforia
distruttiva.
Superato
il mobile però la musica torna a rimbombarle nella testa, si volta
complice verso il cuscino lontano e riprende la sua corsa per poi
inciampare nel nulla, rotolare nel corridoi e sfondare lo specchio.
Mm,
la gloria faceva male.
Se
ne stava seduto dietro la scrivania con una portamento da padre
eterno e osservava la sua ospite, le mani incrociate sulla
superficie.
Una
ventina di minuti erano trascorsi in quel modo.
Lidia
stava sprecando tempo, preziosi momenti della sua nuova vita, che
probabilmente avrebbe impiegato a dormire, ma ciò era irrilevante.
<<
La mia presenza qui non ha senso! >>
Lei
doveva essere fuori da lì. A vivere! Ad andare al cinema, diventare
scienziata, astronauta...
La
statua finalmente si mosse. << Molti sono nelle sue condizioni.
La depressione è qualcosa di difficile da superare da soli, certe
volte scava così a fondo da togliere qualsiasi ancora di salvezza,
se non una. La morte. >>
Per
tutto il tempo Lidia era rimasta a bocca aperta, a tenere il fiato
prima del grande salto.
<<
Ma io non ho tentato il suicidio! >>
<<
È comprensibile che lei tenti di
negare... >>
<<
Mi creda, se avessi voluto suicidarmi avrei trovato un altro modo! Di
certo non avrei sfondato uno specchio! >>
<<
Certamente... >>
<<
Non mi tratti come una pazza! È
così! Ammetto che tutti i miei ragazzi mi lasciano, uno dopo
l'altro, nessuno riesce ad amarmi e così affondo i miei dispiaceri
nel cibo e stupidi film. Ho visto persino Via col vento! Dico Via col
vento! Quante ore sono? Quattro e mezzo? La mia vita è un
disastro... >>
L'altro
si limitava a guardarla con un sopracciglio alzato, lo sguardo di
chi ha a che fare con una scena penosa che affronta senza la minima
compassione.
Intanto
la ragazza aveva sbattuto la testa sulla scrivania chiudendo il
discorso e continuando un monologo con se stessa.
<<
Sta bene? >> Non che gli interessasse granché ma doveva almeno
assicurarsi della sua permanenza mentale secondo la convenzione,
quanto odiava il galateo.
La
ragazza fece scivolare la fronte poggiando così il mento.
<<
Shh! Stia zitto! Sto cercando di trovare il lato positivo di tutta la
faccenda... >>
<<
Signorina, ha già le visite pagate. Ne approfitti se non per il
suicidio per i suoi indubbi problemi emotivi. >>
Quella
donna non aveva idea di come si fosse sforzato per fare uscire quello
che aveva detto nella sua prosa originale.
Le
ciglia femminili sbatterono veloci,gli occhi dolci ben aperti. <<
Lei assomiglia al mio primo ragazzo, sa? Era davvero uno stronzo...Mi
lasciò per mettersi con la ragazza che aveva reso la vita un
inferno, quanto mi odiava e la cosa era reciproca. Fu la prima volta
che associai un trincia pollo a un omicidio. >>
<<
Idea originale. >> L'uomo alzò appena le spalle, tanto per
dimostrare di non essere un miraggio.
<<
Vero? L'inventiva dei sedici anni. >>
<<
Rimpiange quell'età? >>
<<
No, io volevo crescere. A me piaceva stare sola, non aveva il bisogno
perenne di qualcuno...quando sono diventata così? >>
Lidia
aveva abbandonato la scrivania ed era tornata a sedere dritta.
<<
Avere bisogno di qualcuno non è un male, basta farlo nei limiti
consentiti. Le do il benvenuto nella vera età del dubbio. >>
Allora
lei allungò placidamente la mano.
<<
Che fa? >> Ora un pochino lo psicologo era perplesso.
<<
Aspetto che mi dia la tessera di membro onorario... >>
|
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Capitolo 2 *** L'hobby del signor Batman ***
hhh
L'hobby
del signor Batman
ovvero
come
incontrare l'affascinanate principeazzurro
Lidia
sbattè le ciglia, sfregò le ginocchia così vicine che quasi
toccarono il petto e si aprì in un grande sorriso, in un inquietante
sorriso.
<<
Allora, com'è andata la sua cena di Natale? >>
L'uomo
ricambiò con una smorfia. << Sono io quello che fa le
domande... >>
Già
da un pò di tempo, alcuni pomeriggi, senza un ordine preciso, li
passava così. Stava seduta in poltrona mentre il suo "interlucotore"
seguiva i suoi complessi discorsi.
Ogni
tanto si muoveva, giusto per assicurarle di essere ancora vivo. Se
era fortunata riuscivano ad avere un dialogo, ma, poi lei aveva
problemi, solo se era vestita di rosso e lei odiava il rosso.
<<
Lei è uno psicologo, non una guardia giurata. Avanti, esprima le
sue emozioni... >>
Allora
lui alzò il viso un pò schermato dagli occhiali.<< Mi sta
prendendo in giro? >>
<<
Licenza professionale. >> Lei si riaprì in un sorriso che lui
non sembrò apprezzare, la guardò assente come del resto osservava
il mondo intero.
Lei
continuò imperterrita, non era un problema, di solito reagivano così
i suoi ex ragazzi.
<<
Mi dica la verità. In realtà lei è Batman e mantenere il segreto
della sua identità la rende un uomo freddo e apocalittico... >>
<<
Solo il medico ferito può curare. >>
Lidia
assottigliò gli occhi.
Dalla
bocca di quell'uomo potevano uscire solo due cose, insulti o frasi di
quel genere. Chissà se era in grado di parlare come una persona
comune?
<<
È single? Se lo è si domandi il
perchè... >> Lidia continuò ancora.
Riusciva
a dragli massimo un trentina d'anni. Era più vecchio di lei, sicuro,
ma doveva ammettere che di aspetto fosse ancora passabile, in verità
più che passabile. Così sembrava pensarla poi l'intero genere
femminile in quel palazzo.
Effettivamente
gli sarebbe convenuto rimanere in silenzio.
<<
Dubito che lei possa avere voce in questo capitolo. >>
<<
Stia attento, la scrivania non è un valido ostacolo, la sua vita non
è in salvo. >>
La
ragazza tentò di afferrare la penna a biro che giaceva sul tavolo,
era suo desiderio brandirla come arma.
Lo
psicologo sembrò, incredibilmente, svegliarsi dal suo torpore e
sbattè secco la mano sull'oggetto su cui aveva un discreto
vantaggio.
<<
No.... >> La voce di Lidia uscì flebile, il diaframma
schiacciato sul mobile l'alterva, la mano ancora tesa.
<<
Lei guarda troppi film, si trovi un hobby... >>
<<
Un che? Mi parli in italiano, la prego. >>
<<
Un passatempo. >> Rimarcò le parole in maniera irritante che
riocrdò a Lidia il perché fosse in quella situazione.
<<
Sarà fatto. >>
<<
Bene...Dal momento che l'oggetto che voleva raggingere non è più
accessibile potrebbe scandere dalla mia scrivania, cortesemente? >>
Qundo
era piccola, cioè nell'arco di tempo in cui poteva essere considerata
carina in un tutù rosa, ma soprattutto quando ancora non aveva
ancora le piene facoltà di scelta, aveva preso lezioni di danza.
Era
stato un disastro.
Sua
madre avrebbe dovuto accettare il fallimento della propria prole ma
chissà per quale motivo non ci riuscì.
E
fu così che Lidia venne costretta a vestirsi da meringa glassata
fino all'età della ragione.
Gli
piacevano i balletti, sul serio, ma da osservare comodamente seduta
sulle poltroncine rosse, la sua idea non comprendeva il parteciparvi
come corpo di ballo.
Hobby.
Odiava
già quella nuova parola.
Tutti
gli sport che aveva seguito negli anni a venire non erano hobby,
erano trappole mortali a cui si era sottoposta per il suo indiscusso
masochismo.
In
qualsiasi caso, con qualsiasi esercizio fisico, sarebbe sempre stata
simile a una Pokeball.
Non
era grassa, nemmeno tonda ma aveva una caratteristica che aveva
odiato dal primo giorno in cui era improvvisamente comparsa: i
fianchi alti.
Tutti
i ragazzi che aveva avuto, nella loro immensa schiera, nella loro
lista della lamentele, chi al primo o ultimo posto, avevano inserito
la clausola " Hai dei brutti fianchi. "
No,
non era una battuta, era seria.
Avrebbero
potuto dire tutto su tutto il resto ma non su quella sua porzione di
corpo anche se era qualcosa di palesemente imperfetto.
E
così alla fine si era affezionata a quella parte di se nella
sventura.
Ma
lei amava sempre di più le cose monche e sfigate. L'unico problema
era convincere il resto del mondo a fare altrettanto, ma ci stava
lavorando.
L'opzione
danza era già stata eliminata dalla lista insiame a premio nobel e
tutto quello che avrebbe richiesto un grande sforzo mentale da parte
sua.
Proprio
mentre tendando di immaginarsi con un oblò d'astronauta in testa gli
era passata davanti.
"
Caffè Colette "
I
pasticcini ingombravano la visuale, così numerosi e pronti a
strabordare che l'avrebbero investita se non vi fosse stato il vetro
a frapporsi fra loro.
Fu
allora che gli venne l'idea, piuttosto logica in realtà, come un
lampo la luce della verità discese su di lei.
Avrebbe
fatto la pasticcera!
Aveva
corso per tutta la strada fino a casa, falciando qualche passante che
aveva ostacolato la sua ascesa, qualche piccione era stato tramortito
ma ne era valsa la pena.
Varcata
la soglia di casa aveva afferrato le pagine gialle, che chissà
perché erano di tutt'altro colore, e con le mani ancora guantate per
la fretta aveva cercato con fatica il suo mittente.
E
finalmente lo aveva trovato.
E
garzie a quello che alcuni potevano definire destino e che lei invece
chiamava ormai signor Batman ora si torvava con un uovo in mano che
la fissava implorante.
Due
lacrimucce, create per lei dalla sua mente contorta, scesero dalla
forma ovale prima di cadere con un rumore cristallino, prontamente
immaginario, sul bancone.
Il
vociare riprese, tanto alto da inghiottire lei e i suoi sensi di
colpa.
<<
Suvvia signorina, sono sicuro che andrà benissimo. >>
Una
voce maschile richiamò Lidia che aveva eliminato i presenti,
concentrandosi sul possibile pulcino che avrebbe potuto stringere.
<<
Come? >>
La
ragazza gli arrivava con fatica alla spalla, doveva guardarlo dal
basso per specchiarsi in quegli occhi scuri, affondati nei riccioli
castani.
<<
Intendo...non deve essere nervosa. >> L'uomo sorrise
accomodante e il volto gli brillò di luce propria o forse era
un'allucinazione di lei.
Lidia
non potè fare a meno di ricambiare.
<<
Oh, non sono in ansia! Pensavo a quest'uovo. >> E alzò
l'alimento come se avesse aiutato l'altro a capire.
<<
All'uovo? >>Probabilmente era perplesso ma non lo diede a
vedere, mantenne un cipiglio concentrato come se quello che aveva
sentito avesse senso.
<<
Si, immaginavo che pulcino sarebbe stato... >>
Per
quanto tentò, cortesemente, di trattenersi l'uomo si fece sfuggire
una risata, una di quella belle che sono musicali alle orecchie. <<
Sono sicura che non gli verrà reputata nessuna colpa signorina, sarà
un altrettanto magnifico dolce. >>
<<
Apprezzo il tentativo ma qualunque cosa creerò sarà tutt'altro che
magnifica, non voglio illuderla. >> Lidia sorrise, era raro che
qualcuno capisse il suo senso dell'umorismo.
L'uomo
inclinò appena un angolo della bocca che era in linea retta con gli
occhi vispi.
<<
S'il vous plaît silence, vous commencez! >>
Una
donna allampanata entrò in cucina, col viso austero e il mattarello
in una mano, alla ragazza ricordò sua zia Amelia, zitella, sola e
insopportabile.
<<
Ma tu la capisci? >> La voce maschile tornò a solleticarle un
orecchio.
<<
No. >> La ragazza rise sommessa, senza motivo, accompaganta
dall'altro.
<<
S'il vous plaît! >> La donna si voltò palesemente verso di
loro, lo sguardo omicida stava affinando il radar per colpire. <<
Nessuno parla durante le mie lezioni! >>
Un
mestolo arrivò a colpire sul bancone esattamente di fornte a Lidia
che non potè fare altro se non incassare la testa nelle spalle.
Si,
la gemella separata alla nascita da sua zia Amelia.
Dopo
averla osservata La Chef si allontanò brandendo l'oggetto da cucina
come fosse stato un' arma letale.
<<
Che donna incantevole... >> La ragazza parlò a denti stretti,
il viso più impassibile possibile.
L'uomo
rise senza farsi problemi. << Da sposare! >>
Alcuni
attimi di silenzio poi lui riprese.
<<
A proprosito, il mio nome è Mark. >>
<<
Io sono Lidia. >> Detto ciò la ragazza allungò la mano per
afferrare quella che gli era stato tesa.
|
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Capitolo 3 *** Ibrido ***
iu
Lidia
"l'ibrido"
ovvero
il
lato impensabile del signor Batman
<<
Penso che quella donna mi ucciderà... >> La ragazza si voltò
indietro, terrorizzata dalla paranoica idea che quella che sembrava
la sosia di sua zia Amelia gli apparisse alle spalle.
Mark
le stava accanto, sorridendo ironico. << L'amore fra le donne
è qualcosa di impressionante! >>
<<
Ecco l'inferno! >> Lidia non gli indorò la pillola credendo di
aprirgli un nuovo sipario per il mondo femminile.
<<
Anche tu sei così? >>
<<
In parte sono così ma... >> Ci stava pensando, non era portata
per la sana ironia.
Lui
però la incalzava mosso da chissà quale curiosità. << Ma? >>
<<
Ma io non sono una donna, sono un ibrido... >> Pessima, davvero
era in grado di coniare frasi del genere? Pensandoci non avrebbe
dovuto sorprendersi, c'era pur un motivo per cui andava dal signor
Batman.
<<
Ibrido? Non ne avevo mai conosciuto uno prima. Non posso farmi
sfuggire quest'occasione. Ibrido, vuole prendere un caffe con me? >>
<<
Sa Batman? Ho conosciuto un uomo. >> Lidia assunse
un'espressione trasognata, tipica da bambino il giorno di Natale.
Dall'altra
parte della scrivania tutto rimase imperturbabile.
<<
Buon per lei... >>
<<
È tutto così...bello! >>
La ragazza fece un gesto plateale con le braccia, gli occhi chiari
come due lumini nel viso arrossato per l'emozione. << Non mi
sentivo così dal liceo! >>
<<
Non si illuda la prego. >> Lo psicologo alzò appena le
palpebre, la inquadrò in uno sguardo svogliato.
<<
Eh no! De retro Satana! Non mi trasmetta il suo cinismo amoroso. Se
mi faccio corrompere dalla sua mente dispotica e arida la mia vita,
stia sicuro, avrà un nuovo crack! >>
<<
Un nuovo che? >>
Che
uomo ottuso.
Lidia
si fece avanti sulla scrivania, lui odiava quando lo faceva. <<
Una rottura. Non può dire queste cose, è stato lei il mio Cupido.
>>
<<
Primo, io non sono ne il Cupido ne il Batman di nessuno, secondo,
visti i precedenti e la sua scarsa fortuna generale perché ci ricade
sempre? >> Una nota ironica infine.
<<
Stia attento, è già a conoscenza della precarietà della sua
incolumità. E poi andiamo, il suo cuore è davvero di pietra? >>
<<
Si. >>
Probabilmente
era vero.
La
ragazza fece più pressione con le mani sulla superficie del tavolo.
<< Lei è single per scelta o... >>
<<
Non sono affari suoi. >> L'uomo affondò ancor più nalla
poltroncina, padrone indiscusso del suo territorio, del disagio
nemmeno l'ombra.
<<
No certo. Lei conosce di me solamente vita, morte e miracoli! >>
Voleva fare il grande intelletuale? Il signor ne mi piego ne mi
spezzo? Bene, ma lo avrebbe fatto anche lei. Guerra sia.
Lidia
affondò a sua volta nella sua poltroncina e incrociò le braccia al
petto, guardandolo con occhi di sfida. << Se sua moglie l'ha
lasciata è solo per è solo un coglione. Se le cose sono andate
diversamente le mie umili scuse. >>
<<
Il suo tatto è eccomiabile. >>
<<
Non svii il discorso! >> Irremovibile.
Un
altro sospiro. << Evidentemente sono un coglione... >>
La
ragazza si agitò sulla poltrona. << Ho colto nel segno! >>
Puntò il dito contro l'altro che guardava altrove insepressivo. Non
poté trattenersi dal continuare. << Perché l'ha lasciata? >>
<<
Stia zitta. >> L'uomo si fece più vicino, lasciando lo
schienale.
Lidia
lo gurdò un attimo e parlò ironica. << Vuole che mi volti
oppure che esca per lasciarla piangere in pace? >> Si stava
vendicando.
<<
Taccia. >> Ora era piegato in avanti, quasi prontò a scattare
in piedi.
La
ragazza si zitti, schiacciando le mani congiunte fra le ginocchia,
strinse un pò le spalle e attese qualsiasi segno di vita che impiegò
ad arrivare.
Non
era brava a vendicarsi, no per nulla. Tanti anni di film della
Marvel gettati al vento.
<<
È impressionante come riesca a
farmi dire tutto ciò che vuole. Dovrei autostudiarmi. >>
Mm,
non la stava insultando, era già qualcosa anche se non concordava
con ciò che aveva detto.
<<
Ma se passa il tempo a farsi beffe della mia vita. Crede che voglia
sentirmelo dire? >> Era un discorso abbastanza logico.
<<
Ha mai pensato che queste "beffe" potessero essere
consigli? >> Ma questo non faceva una piega.
<<
No, mai... >>
<<
Potrebbe incominciare... >>
<<
Sarebbe ora vero? >>
Lui
tornò al suo posto. << Se se la sente si. >>
Anche
Lidia si rialssò in parte, tenendo sempre la guardia alzata. <<
Non so se ne sono in grado. >>
<<
Ci riuscirà, io sono qui per questo. >>
Lo
psicologo la stava guardando in maniera strana. Gli portava rispetto
o aveva riconosciuto la sua pericolosità?
Aveva
paura del suo pessimo tatto?
Lui
che sembrava tanto compatto non sembrava amare confusione nella sua
vita, un'intrusione insensibile e quanto meno un occhio curioso.
E
lei era tutto questo.
Lui
non era più il suo psicologo, era una nemesi con cui confrontarsi.
Un'antagonista un pò fuori dal comune ma sempre qualcuno da far
ricredere.
Avrebbe
vinto questa battaglia, di qualunque natura sarebbe stata.
Lidia
osservava i pasticcini, tanti colori e creme diverse che faticavano
ad essere scelti.
<<
Portami nel tuo mondo... >> Mark era al suo fianco come sempre,
lo conosceveva da poco ma già amava il suo modo affettuoso di
prenderla in giro.
Era
il primo uomo che sembrava affascinato dalla sua mente contorta,
realmente desiderava sapere.
La
ragazza rise in maniera assurda, presa dall'imbarazzo si rivoltò di
scatto ignorando la vicinanza col bancone sbattendoci così contro
con una discreta forza. << Oi... >>
<<
Attenta! >> Mark posò la mano sulla sua fronte martoriata, un
sorriso mite e comprensivo dipinto addosso. << Allora, la
ferita di guerra ti ha aiutato a designiare il degno pasticcino? >>
<<
Non è così semplice! >> Lidia pose le mani sui fianchi.
<<
Illuminami. >> L'uomo sorrise ancora.
<<
Bè... >>
Quasi
investì la segretaria senza particolare dispiacere, non la
sopportava e la cosa era reciproca.
Aprì
la porta in legno dello studio di Batman con una notevole forza per
un esserino così piccolo, senza nemmeno prendere in considerazione
l'idea di bussare.
<<
Tad dan! >> Mimò la propria colonna sonora con un semi
balletto incorporato ma si interruppe presto notando che nessun
pubblico l'avrebbe acclamata.
Signor
Cupo non era lì, o meglio nonsembrava lì. Ci era quasi riuscito a
farle credere di non esserci ma un solo respiro pesante fece crollare
la copertura dell'uomo.
Lidia
affirò la scrivania fremente d'emozione di trovarsi per una volta da
quella prospettiva, tutto si spense quando intravide la mano
affusolata.
Era
ranicchiato li sotto, come un bambino si nasconde da un rimprovero
impellente, si era appallottolato e tentava di spingersi ancora più
all'interno del mobilio per quanto fosse fisicamente impossibile.
Notando
la bottiglia d'alccol Lidia cominciò a capire che non era stato un
attacco di panico a spingerlo in quella situazione. O forse si, ma
mischiata a sintomi da sbornia.
La
faccia da straccio di lui concretizzò solo le sue certezze.
Aveva
un aspetto quasi malaticcio, era più pallido del solito, i cerchi
agli occhi e umido sul volto, evidentemente non era abituato a bere.
<<
Oh Lorence... >> Gli posò una mano sulla guancia, lui non si
ritrasse, forse troppo fuori dal mondo, e si appoggiò succhiiudendo
gli occhi.
<<
Bè! Qui sotto non puoi rimanere. >>
Con
immense difficoltà riuscì a stanarlo e chissà come lo mise in
piedi.
Gli
infilò il cappello in testa, fraccandoglielo sugl'occhi sperando che
la segretaria si facesse gli affari suoi per una volta.
Ne
aveva gestite tante di ubriacature altrui, non sarebbe stato diverso.
Avrebbe potuto tenere un corso.
Solo
in corridoi il genio si riscosse. << L'ultima volta che mi sono
ubriacato fu al mio addio al nubilato, mi dovettero portare in
spalla. >>
<<
Mi spiace ma sta volta userai le tue gambe. >>
Non
ci pensò nemmeno di chiedergli dov'era casa sua, era ancora nella
fase in cui non aveva idea di essere al mondo.
Lo
infilò in macchina. << La regola la sai: non vomitare addosso
a me. >>
Lui
ghignò in un modo tipico di quella situazione. Si intorcolò con la
cintura, lo sguardo concentrato come se allacciarla avesse
significato salvare il mondo.
Stava
seduto dietro, calmo e inebetito, indicando le luci che si
riflettevano dal finestrino, ogni tanto partiva a ridere da solo.
Lidia
accostò in maniera un oò brusca, non era portata per il
parcheggio.
Slacciare
la cintura fu meno problematico per lui ma non ricordò che la
portiera fosse chiusa e ci sbattè, il vetro tremò per lo slancio.
Ci
volevano pochi passi per casa sua.
Camminavano
giù per la discesa, Lorence andava a zig-zag, la ragazza seguiva la
sua ombra che ondulava, poi improvvisamente scomparve.
Stava
suonando i campanelli.
<<
No! >> Lo stava per portarlo via quando intravide un nome. <<
In fondo li hai suonati quasi tutti. >>
Pigiò
il bottone e scappò via trascinando l'altro per un braccio nella
notte.
Se
la macchina era stata una sfida ci si può solo immaginare cosa
furono le scale in salita. La ragazza lo tenne dalla parte del muro
arginando qualsiasi idea strampalata.
All'ultimo
gradino lui si accasciò con un sorriso da schiaffi.
<<
Eh no! >> Esclamò la ragazza.
<<
No! >> Gli faceva il verso!
Si
arrese e gli avvolse il torace con le braccia e tentò di trascinarlo
su. Doveva aver fatto parecchio rumore perché mentre lo stava
occultando come un cadavere fu illuminata.
La
sua vicina aveva aperto la porta.
Lidia
infilò svelta la chiave e lo portò dentro per il colletto
trascinandolo. << Non sta tanto bene! >>
Una
volta dentro lo mollò e si poggiò alla porta.
Batman
trovò da solo la strada per il divano e dopo averlo raggiunto
gattonando vi si arrampicò.
Lidia
gli lanciò il pile addosso. << La mia vicina penserà che sono
una sodomiata.
<<
Buona notte. >> Un lamento
biascicato venne dall'uomo.
<<
Notte. >>
|
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Capitolo 4 *** Il risveglio dell'eroe ***
uu
Il
risveglio dell'eroe
ovvero
il
post sbronza di Batman
<<
Batman si svegli! >>
<<
Che ore sono? >>
<<
L'ora di salvare Gotham... >>
Eh?
Gotham? Che cosa stava vaneggiando quella voce? Perché c'era una
voce? Oh cazzo!
Lorence
soffocò un urlo, mai abbandonare il contegno, ma non poté fare a
meno di scattare sulle ginocchia ad occhi spalancati dimenticandosi
del suo pessimo equilibrio.
Infatti
dopo un attimo euforico rotolò giù dal divano senza ritegno. Non
era un mobile fortunato.
<<
Buon giorno anche a te. >> Lidia fece finta di niente cantando
vittoria dentro di se. L'umiliazione altrui era piuttosto
gratificante, doveva ammetterlo.
Pose
la tazza di caffè all'uomo che riversava a terra esanime.
Nemmeno
quell'odore caldo riuscì a risollevarlo ma dovette arrendersi ai
picchiettii insistenti della ragazza. Si appoggiò ai gomiti
sconsolato.
Il
caffè gli venne piazzato sotto il naso mentre Lidia si sedeva
accanto a lui a gambe incrociate.
<<
La testa... >> L'uomo si passò una mano fra i capelli, quasi
per nascondersi dallo sguardo di lei puntato addosso. Le ciglia
femminili sbatterono con insistenza, questo lo confuse ancora di più.
<<
A parte le sue lamentele esistenziali da donnicciola non ha niente da
dire? >>
<<
Cose desidera sentirsi dire? >>
Lei
sorrise maligna dietro il brodo della tazza e assunse l'espressione
da grande piano malefico.
Notando
l'imperturbabile silenzio il suo viso riprese un aspetto umano. Puntò
gli occhi al cielo prima di parlare. << Sa, l'ho solamente
scarrozzata fino a casa mia. Dopo che ha suonato tutti i campanelli
ho impedito che la linciassero. L'ho trascinata su per le scale e
ospitata in casa mia. Oh! E la mia vicina ora pensa che io sia una
sodomita a causa sua. >>
Lui
rise appena, si lasciò sfuggire un cenno d'assenso. << La
ringrazio. >>
L'unico
suono che li accompagnò per molto tempo fu il sorseggiare del caffè,
poi Lidia prese coraggio e pose la domanda che l'aveva tormentata
tutta la notte.
<<
Perché... >>
Non
giunse nemmeno al termine della frase che fu interrotta. << Non
me lo chieda, la prego. >>
<<
Oh andiamo! Me lo deve! Deve essere una cosa dalle proporzioni epiche
se l'ha ridotta così ma sono abbastanza sicura che non sia morto
nessuno... >>
L'uomo
inarcò le sopracciglia corrucciato dubitando più del solito
dell'insanità mentale della sua paziente.
<<
Da cosa lo deduce? >>
Il
lord tornò a sedere composto, la tazza posata sul tavolino, nemmeno
il caffè lo avrebbe aiutato, che per di più sapeva d'acciaio.
<<
Non si offenda... >> Di fatto l'uomo sembrava piuttosto
risentito.
<<
Ascolti, la ringrazio, va bene? Per avermi ospitato e tutto il resto
ma le chiedo, per favore, di non immischiarsi nella mia vita privata.
Domandi qualcosa d'altro come ricompensa, tutto fuorché qualcosa che
riguardi la mia situazione sentimentale. >>
Lidia
rimase seduta imperturbabile, non lo comprendeva certe volte. In
realtà mai.
Lui
era uno psicologo, tutto il giorno sentiva i fatti di tutti, eppure
quando veniva il momento di parlare di se Lorence non sapeva più che
fare, lo vedeva come si agitava dietro a quegli occhi freddi.
Wow,
aveva un futuro come psicologa.
<<
Andiamo! Non può farmi morire di curiosità! Magari potrei
aiutarla... >>
<< Ne dubito... >>
<<
Provi. >>
L'uomo
sospirò, poggiò i gomiti sulle cosce inclinandosi in avanti, la
testa un po' a penzoloni, gli occhi socchiusi.
<<
La mia ex moglie si risposa... >>
Lo
ammise in un soffio, con un tono che non lasciava intendere la fatica
che gli era costata esprimersi.
Lidia
formò un “o” con la bocca, il volto pensoso e assorto.
<<
Ti turba così tanto Batman? >>
Lorence
si era alzato, girava calmo per la stanza. << Come non
dovrebbe? >>
<<
Lei è la tua ex, gli ex si devono scordare! Questa è la legge
naturale delle cose, della sopravvivenza. >>
Lui
rise, non seppe dire se in modo amaro. << Ma io l'ho
dimenticata. Mi sono solo guardato indietro. Da quando le mi ha
lasciato niente è cambiato, mi sento ancora un moccioso che non sa
nulla, mi sembra di essermi appena laureato. Lei invece, invece
svolta radicalmente. Io sono qui al punto di partenza. >>
Lidia
rimase a fissarlo, sembrava davvero affranto. Il profilo affilato
nella penombra prese una vena malinconica, come quella di un bambino
che si è perso e non sa che via prendere.
<<
Ho un'idea Batman! >>
<<
Oh poveri noi... >>
la
ragazza lo ignorò palesemente. << Le organizzo un appuntamento
al buio! >>
<<
Oh no.... >>
<<
Collabori! Con quella faccia farebbe scappare chiunque. >>
L'uomo
alzò gli occhi al cielo. << Magari era il mio intento... >>
<<
Non sia stupido! >> La ragazza scomparve in un nugolo di fogli,
era inciampata.
<<
Tutto bene? >>
<<
Si! Ho trovato anche il numero della mia amica! >>
Lidia
borbottò ancora distesa a terra, i fogli cadevano svolazzanti, il
suo braccio svettava mentre brandiva un post-tit, il numero a chiare
lettere.
<<
Non è una buona idea lo sa? >>
Lorence
aveva le braccia incrociate, lo sguardo serio e davvero poco
convinto.
Lidia
non si diede pena nemmeno di guardarlo, continuò quasi come se non
esistesse, qualunque cosa stesse facendo.
L'uomo
si era riseduto impotente sul divano martoriato, il caffè di fronte
a se non più fumante, pensieri altrove.
Venne
riportato alla realtà dalla voce della ragazza, si era voltata
leggermente, prima di spalle, poi era ruotata del tutto. <<
Batman? >>
<<
Mm? >> Non c'era del tutto con la testa.
<<
Da quant'è che non va a letto con qualcuno? >>
Lorence
impiegò alcuni minuti per rendersi conto del significato della
domanda, insomma non se lo aspettava, dopo essersi reso conto
strabuzzò gli occhi, quasi balbettò. << Come?!? >>
<<
Non faccia il timido e me lo dica! Come può pensare altrimenti di
fare delle avance a una donna? >>
<<
Con il mio carisma? >> Lui alzò un sopracciglio.
<<
Ma per favore! Sfrutti il fatto di essere un bel uomo... >>
Lidia
sentì il suo sguardo puntato addosso, si era sorpresa lei stessa di
ciò che aveva detto.
<<
Mi trova un bell'uomo? >>
Lorence
aveva stampato in faccia un sorriso, ma non il solito arrogante, era
bello. Un po' timido in realtà, gli occhi nemmeno sfiorati dalle
guance. Aveva il fascino da misterioso e dannato ma quando sorrideva
chiunque si sarebbe sciolto nel guardarlo.
<<
Bè, non gli e l'hanno mai detto? É
un vero peccato che poi apra bocca. La smetta di guardarmi così! >>
Lidia
gli schiaffò in mano il biglietto giallo prima di continuare. <<
La chiami, è una ragazza speciale. Tira fuori il meglio da chiunque!
>>
<<
Sono un po' troppo vecchio per queste cose... >>
<<
Ha si e no trent'anni, esca dal guscio! >>
<<
Io sono già uscito abbastanza dal guscio, non ho nessun desiderio di
ritentare la fortuna amorosa, quanto meno
di traviare una giovane
donna. >>
<<
Potrebbe tramortirla con il suo logorroico flusso di parole. >>
Lui
in realtà parlava in quantità normali ma quando lo faceva sembrava
una dizionario stampato, la lingua comune era troppo bassa per lui.
Lidia
gli girò attorno come un avvoltoio. << Faccia una prova. Se
poi non se la sente o le cose non vanno come previsto potrà sempre
tornare indietro, è la magia del primo appuntamento. >>
La
ragazza gli si era appoggiata alla spalla, il biglietto stretto fra
le dita in prossimità del viso di lui. Quest'ultimo lo prese
titubante, tenendolo come fosse qualcosa di alieno, non di questa
terra.
<<
La sua amica non le somiglia vero? >>
Lidia
gli rifilò un'occhiata risentita. << La sbornia non è
ottimale su di lei....e comunque no. É
graziosa ed elegante. >> Simulò un'espressione più a modo
possibile per sbeffeggiarlo.
<<
Signorina... >>
<<
Si? >>
<<
Grazie. >>
<<
E di che? >>
Lei
gli sorrise e lui gli ricambiò con uno ampio e luminoso, per la
prima volta.
|
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Capitolo 5 *** Le dinamiche del primo appuntamento ***
uu
Le
dinamiche del primo appuntamento
ovvero
la magia delle tazze blu a pois
<<
Lei è un completo idiota?!? >> Lidia aveva sbattuto le mani
sulla scrivania dopo essere piombata come una furia nello studio di
Batman, l'innata grazia di un elefante in una sala di specchi.
<<
Buon giorno anche a lei... >>
Impassibile,
come sempre.
<<
E io che pensavo che avesse capito! Evidentemente le dinamiche del
primo appuntamento non le sono ancora del tutto chiare dopo decenni
d'esperienza, certo! Quando la sua signora si sporge per baciarla
lei la deve ricambiare, non deve ritrarsi come se fosse affetta da
peste, pensavo le fosse chiaro! >> La ragazza gesticolò
animatamente per poi rispostare il peso delle mani sulla superficie.
L'uomo
dall'altra parte si tolse gli occhiali e si lasciò sfuggire un
sospiro prima di parlare. << Era giovane, baciarla al primo
appuntamento sarebbe stata una viltà da parte mia. >>
Lidia
lo guardò come allo stesso modo avrebbe osservato un alieno, lo
faceva ogni volta che partiva con quel genere di discorsi. Sul suo
animo nobile, sulle virtù di un uomo e poi continuava con una serie
di parole che la ragazza non si dava la pena di ascoltare.
<<
Ma quale viltà?!? Si chiama ordine naturale delle cose. Per colpa
sua ho passato una notte insonne! >>
Lidia
gli puntò addosso il dito con fare melodrammatico e con lo sguardo
che fiammeggiava . Nella sua goffaggine faceva una discreta paura.
<<
Per colpa mia? >> Batman inarcò un sopracciglio confuso.
Perché doveva essere sempre colpa sua?
La
ragazza sospirò, come se fosse logico o pretendesse che l'uomo
leggesse nella sua mente. << Si, per colpa sua. In questo modo
lei ha rifiutato una dolce e sensibile a cui lei piace. Chi doveva
consolarla se non la fautrice del suo dolore? >> Terminò auto
indicando se stessa.
L'uomo
non si espresse immediatamente si limitò a incrociare le mani sulla
scrivania e a lasciarsi andare sullo schienale della poltrona.
<<
Non era mia intenzione demoralizzarla, mi creda, ma era
così...piccola. >>
<<
Ha 24 anni! >>
<<
E io 30! >> La voce appena alterata come se 6 anni fossero un
abisso di tempo.
Lidia
lo fissò confusa. << E con ciò? Per essere una ragazza
giovane è matura... >>
<<
Non ho dubbi, ma io...mi sembrava di farle un torto, ecco. Lo dica ad
Anna. >>
La
faceva facile lui.
La
ragazza roteò gli occhi. << Non può fare così Batman! Ha
invaghito e sedotto una giovane fanciulla, ne approfitti e ricominci
da capo. >>
<<
Concordo. >> La voce della donna parlò calma, i due si erano
quasi scordati di lei.
Quando
Lidia era entrata di fatto Lorence non era solo ma non si era
trattenuta, riversandogli addosso le sue parole ignorando il nuovo
pubblico.
Entrambi
si girarono a fissarla perplessi, cadendo nel silenzio più totale.
A
riprendere la parola fu l'uomo. << Continuiamo più tardi. >>
<<
Ma... >>
<<
Dopo. >>
<<
Va bene Batman, ma tornerò. >> Detto ciò la ragazza scomparve
con un sordo suono della porta dietro di se.
La
signora Pool sorrise sorniona a Lorence. << Quindi te la cavi
ancora in campo sentimentale. E io che pensavo che fossi gay... >>
<<
Sai, voi due parlate allo stesso modo... >>
In
tutta risposta lei rise.
Mark
era seduto imperturbabile su una delle numerose tazze azzurre della
giostra con la stessa espressione di un genitore che accompagnava il
proprio figlio.
In
questo caso lui stava accompagnando Lidia, elettrizzata come se non
avesse mai messo piede su un ordigno simile.
Per
quanto finisse per rimettere ogni volta quando riportati i piedi a
terra da bambina si era sempre ostinata a salirci,, tra le proteste e
i bronci di sua madre.
Quella
donna organizzava il suo matrimonio da quando era venuta al mondo
trovando irrilevante la sfortuna amorosa di sua figlia. Chissà
cos'avrebbe detto nel vedere Mark.
Lidia
fu costretta ad abbandonare il suo flusso di pensieri, la giostra
cominciava a muoversi e lei doveva stare ben attenta a conservare la
sua dignità, che si possedeva.
Le
bollicine vennero sparate in aria, alla ragazza cominciò a girare la
testa e Mark diveniva sempre una macchia più indistinta.
Quando
finalmente tutto quel delirio cessò Lidia ignorò completamente
l'uomo che gli domandava se voleva fare un altro giro e si fiondò
fuori.
Non
diede spettacolo in alcun modo, la ragazza si sentì orgogliosa di se
stessa.
Dopo
essersi accasciata su una panchina sentì lontane le parole di Mark,
il suo principe.
Ebbe
una strana visione mentre lo attendeva e aveva ancora gli occhi
chiusi.
Lei
era in cima alla torre, come era di norma e aspettava il suo
salvatore che intravedeva all'orizzonte.
Tutto
era perfetto e la Lidia del sogno non faceva minimamente caso al
fatto che il suo principe non stesse venendo a prenderla, non con un
cavallo bianco o una moto, bensì con una tazza a pois da giostra,
magicamente semi volante.
La
ragazza rise rumorosamente facendo uno sgradevole rumore col naso.
“ Fa
che non sia qui.”
Ma
Mark sembrava avere un tesserino apposito dove venivano timbrate le
sue figure peggiori, al completamento avrebbe ricevuto una sua
cazzata catastrofica gratis.
<<
Tutto ok? >>
Oh,
aveva ancora il coraggio di parlarle, che dolce, un vero galantuomo.
<<
Ahah! Si, non preoccuparti. >> La voce di Lidia in quel momento
sembrava qualcosa di inascoltabile ma Mark era Mark, sembrò non
farci caso.
La
ragazza si alzò di scatto e con decisione contando inutilmente sulle
proprie gambe. Ricrollò su se stessa senza nessun contegno.
Due
mani forti l'afferrarono prima che combinasse altri disastri. <<
Forse è meglio portarti a casa. >>
Lidia
era appena voltata verso di lui, il naso quasi gli sfiorava la
mascella, se lui avesse abbassato di poco il volto si sarebbero
baciati. Avrebbe avuto il suo bacio e si sarebbe trasformata in una
bellissima principessa e poi...
Tad
dan, tad dan!
Il
cellulare vibrò nella tasca dell'uomo a mandò in fumo tutte le sue
speranze come uno specchio che va in frantumi. Lidia sentì quel
fastidioso rumore nella propria testa.
Lo
sentì premere il tasto verde e rispondere, stava troppo male per
prestare attenzione, viveva in un'altra dimensione in quel momento.
<<
Si, si...ho capito. Adesso? Sicuro?Si... >>
Tasto
rosso, fine chiamata e fine appuntamento, lo avrebbe rivisto?
Mark
si voltò verso di lei ma invece dell'espressione “ Sei simpatica
ma no” stampata in faccia ne aveva una più simile a “ Sono un
povero cucciolo bisognoso di aiuto”. Sembrava davvero mortificato.
<<
Perdonami, ho un emergenza. Vieni... >>
<<
Nono, è tutto ok. Vai pure senza di me. >> Sembrava che stesse
per morire.
<<
Ma non puoi! >> “ Davvero mio principe? Tira fuori la tazza
blu e andiamo! "
<<
Ti giuro! Mi prendo ancora un po' d'aria... >>
<<
Sicura? >>
<<
Si. >> Niente tazza...
<<
Va bene, allora... ci vediamo al corso. >> L'uomo allungò la
mano timidamente.
Lei
l'afferrò mai i petali che aveva immaginato non scesero e tutto finì
in pochi secondi.
Lo
vide allontanarsi, illuminato dalla luce dei lampioni come in una
scena di Midnight in Paris in cui il protagonista si avvia per le
strade incantate di una magica città.
<<
Che sta facendo? >>
Era
rimasta un attimo immobile, troppo assorbita da quella figura non si
era accorta dell'ombra scura che si era posizionata al suo fianco.
<<
Vedo svanire il mio sogno. Ma lei è un incubo! Spunta ovunque!
Comunque, come l'è andata? >>
Lorence
gli sedette vicino prima di rispondere. << Ho adempiuto ai miei
doveri. Sembrava...contenta. >>
<<
Lo sarà sicuramente, altrimenti non gli sarebbe parso. Bè, però
dobbiamo contare il suo egocentrismo. >>
<<
Ancora con questa storia? >>
<<
La rivedrà? >>
<<
Non lo so. >> Ammise incolore l'uomo.
Lidia
si voltò incredula ma rimase bloccata. Era strano vederlo vestito in
maniera “normale”, non in giacca e cravatta. Nessuna scrivania a
nasconderlo.
<<
E perché? >>
Batman
sorrise un attimo. << Mi sento confuso e provo..bè...sentimenti
contrastanti e... >>
Ma
non si seppe mai cosa il lord volesse dire siccome Lidia rimise in
quell'esatto momento.
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Capitolo 6 *** Appunatmento per 4 ***
kmjgbh
Appuntamento
per 4
ovvero
anche
Batman è un essere umano
<<
Pensavo... >> Nel dirlo Lidia incrociò le mani sulle ginocchia
accavallate lasciando una pausa.
<<
Davvero? >>
La
faccia fintamente stupita, gli occhiali appena alzati per guardarla
meglio e immerso in quell'aria da intellettuale snob. Batman aveva
una vena ironica davvero strana, le ipotesi erano due: o l'aveva
influenzato o anche gli uomini avevano le mestruazioni perchè
ultimamente l'umore dell'uomo era davvero altalenante.
<<
Se lei fosse un uomo, e non un iceberg scostante e represso come è
in realtà, un uomo simile a Mark, uscrebbe con me? >>
<<
Io non... >>
<<
Non lei! Un tipo come Mark! >>
<<
Si ho capito, mi lasci parlare. >> L'uomo assunse il solito
tono stizzito che tirava fuori quando Lidia si spingeva troppo oltre.
Di solito seguiva sempre una domanda che sviava il discorso. <<
Comunque...perché me lo chiede? >>
<<
Mi risponda e basta... >>
<<
A volte dimentica chi è lo psicologo in questa stanza... >>
<<
Non siamo sotto una dittatura, esca dalla modalità Risiko e torni
sulla terra! Lei è il mio strizza cervelli non la luce divina! O la
Provvidenza, che so io... >>
Batman
si radrizzò in tutta la sua altezza che era perecchio notevole. <<
Non usi quel termine. >>
<<
Quale? Ha problemi con la parola Provvidenza? O forse con la luce
divina? >> Lidia assunse un espressione ebete che per anni
aveva riservato solo a sua sorella. Continuò a punzecchiare il suo
interlucutore incurante delle conseguenze.
Lorence
afferò i braccioli della poltrona con irritazione. Quel giorno era
proprio di cattivo umore.
La
ragazza rimase a fissarlo a braccia incrociate mantendendo un sguardo
di sufficenza tipicamente infantile per poi spalancare gli occhi più
del normale ed esplodere. << Batman! Ma noi stiamo litigando!
>>
L'uomo
sospirò con rassegnazione. << Ma va? Con le tue urla tutto il
palazzo se ne è reso conto. >>
<<
Ma non possiamo! >>
<<
E perché di grazia? >>
<<
Se litigo con te con chi vado a parlare? Con mia madre? >>
Batman
raccolse i pezzi del suo contegno e inarcò le sopracciglia . <<
Mi sembra abbastanza logico. >>
<<
Dice così perché non hai mai conosciuto la mia famiglia. Lei è il
mio unico amico, vero vero intendo. >>
Lidia
si trattenne dal tirare fuori il labbro, non voleva rovinare quel
momento perché quello che aveva detto era vero.
Lorence
rimase vagamente perplesso, l'uomo di ghiaccio non era abituato a
manifestazione d'affetto?
La
ragazza pensò di aver esagerato, troppo calore avrebbe potuto
scioglierlo.
L'uomo
trovò giusto togliersi definitivamente gli occhiali, Lidia lo vide
sporgersi sulla scrivania.
<<
Su su, non dica così. Mi dispiace di averle urlato contro, davvero.
>> Ba, se per lui quello era urlare un vero litigio doveva
equivalere all'Apocalisse.
<<
Interessante...e così sa provare dei sensi di colpa. >>
L'uomo
alzò gli occhi al cielo, gli capitava spesso da quando la conosceva.
<< Non si torturi, se questo Mark ha avuto il coraggio di
chiederle di uscire una volta lo farà ancora. Deve essere una
persona che ama il rischio se l'ha avvicinata. >>
<<
Lo pensa davvero? >> E fu così che Lidia si trasformò in una
bambina bisognosa di attenzioni..
<<
Cosa? Che è un persona dalla sanità mentale compromessa o che il
ragazzo sia un tipo tenace? >> La sua faccia in quel momento
ricordò quella di un bambino monello e ciò impedì a Lidia di
arrabbiarsi, la ragazza si limitò a lanciargli un occhiata eloquente
a cui lui rispose. << Si, lo penso davvero.>>
L'uomo
ruppe la sua maschera in un sorriso. Era inevitabile non ricambiare.
Che
ruolo quella persona avesse nella sua favola non lo aveva ancora
capito, ma di sicuro era importante.
E
mentre quell'idea si faceva sempre più insistente dentro la sua
testa si rese finalmente conto di tenerlo per mano sul legno scuro
della scrivania.
Dopo
aver pensato che la mano di lui era morbida e affusolata la sua testa
arrestò le sue fantasie ridestandola dal coma.
La
sua stretta calda scomparve imporovvisamente.
Si
ritrovarono a guardarsi negli occhi ma ancor prima che lei potesse
ribattere così come il calore Batman si era dileguato in un
sussurrato arrivederci.
Anche
Batman dunque aveva un calore corporeo non dovuto all'alcool.
Quindi,
fino a prova contraria, era umano.
In
quel momento Lidia si setnì la regina del mondo, Mark le si stava
avvicinando con un espressione allegra in volto.
Che
non lo avesse spaventato mortalmente? Che avesse visto quealcosa, non
aveva idea di cose, in lei?
La
ragazza intrecciò inconsciamente le mani dietro la schiena, un piede
nascosto dietro all'altro che gli fece perdere l'equilibrio.
Non
era esattemente l'inizio migliore, se non altro sarebbe stata
afferrata da lui.
Ma
per la prima volta in 24 anni i suoi riflessi decisero di funzionare
e si tornò nel suo baricentro afferrando il bancone.
Dopo
un attimo di smarrimento e la ritrovata stabilità tentò di
recuperare in estremis assumendo una posizione più da calendari che
pitesse.
<<
Buon giorno madam! >> Gli occhi scuri dell'uomo si illuminarono
di una loce nuova.
Lidia
si perse nell'immaginare di essere lei il motivo di quel barlume in
quei pozzi scuri.
La
ragazza sorrise nervosamente producendo un bassa risata.
Mark
sembrò non notare il suo imbarazzo e continuò. << Volevo
scusarmi per l'altra sera. Da parte mia è stato stupido, me ne
vergogno, non avrei mai dovuto abbandonare una ragazza, anche se era
un'emergenza. Mi dispiace... >>
E
si ripresentò quell'espressione da " Ho bisogno d'amore"
Ma anche senza quella Lidia si sarebbe sciolta.
D'altra
parte il principe azzurro era lui e senza principe non c'era nemmeno
la storia.
<<
Okai! >> La ragazza non riconobbe la sua voce, un tono simile
ad un acuto.
<<
E per farmi perdonare ti porto in un posto speciale! Un mio amico ha
un locale, molto di moda e bè, lo so che è solo il terzo
appuntamento ma è un gran bel posto. L'inaugurazione sarebbe venerdì
porssimo. Ci verresti con me? >>
<<
Eccome, non entro in un locale da secoli. Wow, ho condotto davvero un
vita da vecchietta, tutta colpa di Batman... >>
"
Nota per me stessa: smetterla di pensare ad alta voce. "
Ma
Mark non sembrava spaventato dalle stranezze della ragazza e rise. <<
Porta anche questo famoso Batman, magari con la sua accompagnatrice.
E poi noi ci potremmo vedere anche prima di venerdi... >>
Aveva
detta la parola con l'A, appuntamento, l'aveva invitata in un posto
speciale, voleva consoscere la sua vita e l'ascoltava. Poteva andare
meglio?
L'unico
problema era sdradicare Batman dalla sua bat-caverna.
<<
Un uscita a quattro? >> Lorence riposizionò il taglia carte
sulla scrivania esprimendosi nel tono più scettico di sempre.
<<
Oh andiamo! Questa è una grande occasione per far colpo su Anna. >>
<<
Io ho già ammaliato la mia signora. >>
La
ragazza saltò come una molla. << Ecco! Questo è la morte del
romanticismo, dare per scontato è la tomba dell'amore. Ora che ha le
attenzioni di lei se le deve tenere. >>
<<
Disse l'esperta... >>
<<
La ignorerò ma solo perché sono molto felice. Felicità che
potrebbe incrinarsi con una sua rsiposta negativa.
<<
Io non sono adatto alle feste... >> Perché era così
titubante?
Lidia
appoggiò la testolina al tavolo sporgendo il labbro inferiore.
<<
La smetta! >> Lorence non sembrò apprezzarlo e si tirò inditro
infastidito.
<<
Per favore... >>
<<
Non mi darai tregua? >>
<<
No. >>
<<
E va bene. >>
E
fu così che Lidia pote esibirsi nella sua posa alla Freddy Mercury.
|
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Capitolo 7 *** Eventi inaspettati ***
pp
Eventi
inaspettati
ovvero
vegetali
con le ruote
Lidia
si era scervellata tutta la settimana su cosa indossare e, come era
ovvio, quella sera aveva avuto un attacco di panico davanti
all'armadio improvvisamente vuoto.
I
suoi vestiti la fissavano smorti sulle grucce quasi a ricordargli che
lei era la morte della sensualità.
Alla
fine aveva messo quello che spiccava di più fra tutti, quello rosso.
Probabilmente
non doveva averci azzeccato perché lo sguardo che Batman gli rivolse
era tutto fuorché normale.
<<
Sembro un sacco da box, vero?Uno di quelli che si vedono nei
film...oppure un semaforo rosso, a tua scelta. >> Lidia mosse
nervosa la gonna ampia.
Lorence,
che non aveva mai brillato nell'arte della consolazione, rimase un
po' spiazzato dal paragone. << No, no...sei... >>
“Eh,
che cosa sei?” Pensò scettico.
<<
Non sembri nemmeno tu! >>
Nel
dirlo l'uomo stesso inarcò le sopracciglia ma la ragazza non sembrò
fare caso alle sue pessima doti, anzi sembrò sollevata.
La
ragazza intrecciò le mani sulla gonna e si chiuse nel suo silenzio,
un film romantico sulla sua vita era in corso nella sua testa.
Poi
si ricordò di non essere sola e cominciò a dondolarsi sui piedi. <<
Allora, Anna quando arriva? >>
<<
La puntualità non è il suo forte... >>
<<
Già... >>
“
Wow,
l'eloquenza aleggia proprio nell'aria.”
<<
Batman ? >> Lidia alzò appena gli occhi nel chiamarlo.
<<
Dimmi? >>
Improvvisamente
avevano iniziato a darsi del tu, così, di punto in bianco.
<<
Dobbiamo parlare di una cosa... >> La ragazza assunse
un'espressione contrita e si fece avanti di qualche passo.
<<
Di noi? >>
<<
Cosa? Noi? In che senso? >>
Lorence
spalancò gli occhi e tentò ti tornare sui propri passi. <<
Intendo io e Anna. >>
<<
Si, esatto! Hai visto Batman! A furia di stare insieme pensiamo allo
stesso modo. >>
<<
Tu lo sai che è il peggior complimento che avessi mai potuto farmi?
>>
La
ragazza alzò le spalle non curante << Certo che lo so. >>
<<
Okai...Comunque, cosa volevi dirmi? >>
Lidia
abbassò la voce come se il mondo dipendesse da quello che stava per
dire. << Come va con quella cosa? >>
<<
Quella cosa, cosa? >>
<<
Quella! Insomma...il sesso. >> Lo disse come fosse stata la
cosa più naturale del mondo ma lui non sembrava dello stesso avviso.
<<
Come va?!? >> Era mai possibile che quella ragazza non serbasse
mai nemmeno il minimo tatto?
Probabilmente
non si rese conto di star urlando.
<<
Ti serve la storiella dell'ape e del fiore? >>
<<
Lidia! >>
La
ragazza allungò una mano e lo tirò per una manica. <<
Andiamo! Sei così pudico... >>
<<
Io non parlerò di questioni del genere con te! >>
La
ragazza sghignazzò. << Di la verità, non ti ricordi come si
fa... >>
E
fu allora che Lorence esplose. <>
<<
Okai... >> Non fu la voce di Lidia a rispondergli.
Anna
era sulla soglia, calma e contenuta, e dietro una folla di curiosi
che si erano trattenuti per scambiarsi due chiacchiere.
Era
il sogno di ogni paziente scoprire i segreti più reconditi del
proprio psicanalista, era un po' come vedere un professore in un
negozio o in vacanza. Ti dimostrava che anche quest'ultimo era un
essere umano fatto di carne, ossa e forse persino dei sentimenti.
<<
No, io intendevo... >>
<<
Va bene, andiamo? >> Anna sorrise comprensiva e Lorence non
sembrò esitare ad avvicinarsi.
Ma
prima di andare una sua paziente gli si avvicinò. << Sa, se ha
bisogno di aiuto mio figlio è un bravo dottore. Più l'età avanza e
certe cose non vanno come desideriamo. >>
Dopo
essere diventato paonazzo l'uomo si dileguò con le due donne.
Lidia
era troppo concentrata a non ridere per rendersi conto dello suo
sguardo per tutto il tragitto.
Il
locale era fantastico e anche Mark lo era, nonostante fosse pirlata a
terra senza nessun tipo di ritegno si era scoperta meno imbranata del
previsto nel ballare, incredibilmente anche Batman non se la cavava
male.
Ma
Lidia aveva sentito il bisogno di allontanarsi da tutta quella
confusione. Uscì in terrazza per prendere un po' d'aria anche se
della brezza serale non c'era nemmeno l'ombra.
Si
appoggiò alla balaustra cercando di inalare più aria possibile.
Faticò
ad accorgersi di lui, se lo ritrovò accanto senza rendersene conto.
Sussultò.
<< Ma la vuoi smettere! >>
In
tutta risposta Lorence alzò le mani in segno di resa. <<
Troppa confusione? >>
Lidia,
troppo traumatizzata dal vederlo in jeans, ripose solo quando lui le
rivolse di nuovo quello strano sguardo.
<<
Bé, che hai? È tutto il tempo
che hai quella faccia. >>
<<
Sei molto bella sta sera... >>
<<
Dici così perché sei sbronzo! Alla mezza notte la magia svanirà e
dovrò tornare a casa con la zucca. Ma non è un problema, ho sempre
sognato di salire su un vegetale con le ruote. >>
<<
Non sono sbronzo, lo penso spesso. >>
Lidia
sorrise maligna. << Di essere sbronzo? >>
<<
Che tu sia bella... >>
Batman
non la stava guardando, fissava dritto di fronte a se. Non si volse
verso di lei nemmeno quando riprese. << Peccato che poi tu apra
bocca... >>
<<
Mi fai il verso?! >> Lidia sorrise fintamente scioccata.
<<
Licenza poetica. >> Lui sorrise composto, come suo solito.
La
stava prendendo in giro, quello era sicuro ma Lidia non era mai
capace di prendersela sul serio, non con lui.
<<
Nessun uomo mi ha mai detto che sono bella... >>
Lorence
alzò un sopracciglio, lo sguardo di sbieco. << Nessuno?
Nemmeno Mark? >>
<<
No, nemmeno lui. Non so nemmeno se mi trovi carina. >>
L'uomo
finalmente si volse verso di lei. << Lo penserà sicuramente.
>>
La
ragazza sentì quelle dita sfiorargli un avambraccio, calde e
avvolgenti, senza però avere il coraggio di afferrarla.
Il
respiro leggero dell'uomo le accarezzava il volto.
In
quanto bassa non gli importava quanto gli altri fossero alti, tanto
avrebbe sempre dovuto reclinare il collo per guardarli. Forse per
questo non si era mai resa conto di quanto Lorence la sovrastasse.
Si
ritrovò a stringergli i lembi inferiori della giacca.
<<
Forse hai ragione tu, forse sono un po' brillo... >> Gli parlò
sulle labbra, la ragazza ne stava già immaginando la consistenza
e...poi la lucidità ripiombò su entrambi.
<<
Lidia! Eccoti qui! >> Mark, che aveva un dono per la
tempistica, apparve dal nulla.
Lidia
si lasciò prendere per mano.
Voleva
che il suo ragazzo rimarcasse ciò che era suo, quasi desiderò che
li avesse visti così le avrebbe ricordato con chi stava assieme.
Perché lei aveva bisogno di un principe azzurro e Lorence non era nulla di
tutto ciò.
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Capitolo 8 *** Sembri finta ***
sem
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
P.S. Buona festa della liberazione!
Sembri
finta
ovvero
Lidia
il punchingball
“Sembri
finta...”
Le
lo aveva detto il suo primo ragazzo.
Era
una persona dolce, Lidia lo aveva sempre visto come qualcosa di
inafferrabile, ma anche molto complesso.
Aveva
sempre avuto uno strano rapporto con l'altro sesso, a quei tempi non
aveva nessuna relazione con un ragazzo, ne di amicizia ne amorosa.
Gli facevano quasi paura.
Ma
lui era diverso, era speciale, e da brava adolescente masochista si
innamorò di lui nonostante fosse di un anno più grande e la
considerasse una bambina.
Quello
che le aveva detto era solo la prova che lui non l'avrebbe mai vista
come una ragazza.
D'allora
Lidia cambiò.
Iniziò
a dire tutto quello che le passava per la mente, si stirò i capelli
e si vestì in modo diverso, ma non era abbastanza, lui le ripeteva
sempre la stessa cosa.
“Sei
troppo buona.”
Non
era un pregio, perché i ragazzi non volevano le ragazze dolci e
gentili, volevano quelle che sapevano farli ridere, con cui potevano
flirtare e non erano inesperte come era lei.
Ma
vi fu il miracolo, e lui le chiese di uscire e Lidia si mise in testa
l'idea di piacergli per quello che era.
Grosso
errore.
Forse
era stato così all'inizio, ma un ragazzo non aveva bisogno di una
bambina e l'aveva lasciata, con un sorriso triste e con delle parole
di scuse, ma lo aveva fatto.
Poi,
qualche tempo dopo, si era messo con una sua amica, la sua amica che
aveva continuato a flirtare con lui nonostante fosse fidanzato con
Lidia.
La
bella mora, simpatica e provocante, che lei non sarebbe mai stata.
Che
teatrale, eh? Ma era così, anno dopo anno veniva lasciata per lo
stesso motivo, non c'era nessuno pronto ad amare una tappa, una nana
di stirpe gnomica, che ancora vedeva i cartoni della Disney.
Mark
sembrava avercela fatta, o per lo meno ci stava provando, e non si
sarebbe lasciata scappare quest'occasione.
<<
Batman, ho deciso! >>
<<
Cosa? >> Lo sguardo impassibile dell'uomo si posò su di lei.
Lidia
imitò il rullo di tamburi con le mani sull'amata scrivania dello
psicologo. << Andiamo a fare box! >>
Lorence
rise sommesso, quasi soffocandosi.
<<
Wow, sei messo così male? Comunque, è giusto per un fiore come me
sapersi difendere di questi tempi, e tu devi sfogare la tua tensione
sessuale. Visto, due piccioni con un fava. >>
<<
La vuoi piantare con questo discorso?! >> L'uomo si abbandonò
stancamente sulla poltrona sapendo già di aver perso la guerra.
La
ragazza al contrario, sapendo di avere in mano il potere, si
raddrizzò indignata. << Anzi tre piccioni, sfogherò i miei
istinti omicidi nei tuoi confronti. >>
<<
Quest'idea non ha senso. Non ti colpirei, in qualche modo sei una
donna, non domandarmi come e perderei tutto il fiato ad insultarti.
>>
<<
Oh! Muoio, una battuta! Hai fatto una battuta! >>
Lui
sorrise appena. << Se questo ti ucciderà prendere lezioni da
un circo... >>
<<
Oh! Due battute in un giorno! Bene posso crepare felice...Guarda la
box come una terapia di coppia. >>
<<
Io sono un psicologo, le faccio agli altri le terapie. >>
Lidia
alzò le spalle noncurante. << A mio parere nei hai sempre
avuto bisogno... >>
L'uomo
gli lanciò un'occhiata di sbieco mentre riponeva alcune carte.
<<
E poi in terapia di coppia non si fa a pugni. >> Lorence
incrociò le mani sulla scrivania, come ogniqualvolta che doveva
puntualizzare. Cioè spesso.
<<
Lo dica ai miei, mi ci portarono una vola. Il mio compito era
impedire che si picchiassero e dal momento che non potevano farlo fra
di loro rivolsero tutta la loro frustrazione su di me. Sembravo un
punchingball... >>
Lidia
mimò un movimento ondulatorio, di qua e di là, sotto lo sguardo
perplesso di Lorence, prima di continuare. << E poi non li
vuole un po' di muscoli? >>
<<
No, il mio aspetto mi va bene così com'è. >>
<<
Modestia... >>
Lorence
risistemò per la centesima volta le carte, nel richiudere il
cassetto impresse più forza del dovuto. << Non è questione di
superbia ma di maturità, cosa che lei non sembra possedere... >>
<<
Lei? >> Finalmente la ragazza aveva notato che le stava
parlando usando la terza persona. << Non più del tu? >>
<<
No, non più... >>
<<
E come mai mister Iceberg ?>> Lidia incrociò le braccia al
petto non semplicemente infastidita.
<<
Dopo quello che è accad- >> Lorence non fu in grado di
terminare la frase che fu interrotto dalle lamentele della ragazza.
Lidia
si premette le mani sulle orecchie. << Lalala! Lalala! Se non
ti sento non è vero! Lalala! Lalala! Se non ti sento non è vero! >>
L'uomo
si alzò innervosito e le tolse le mani dalle testa con meno grazia
del solito, cioè come una persona normale. << Smettila! Non è
accaduto niente va bene! >>
La
ragazza si zittì immediatamente, lo lasciò continuare. << È
solo una stupida infatuazione che svanirà fra qualche tempo, una
sciocchezza. Noi siamo impegnati, supereremo la cosa da adulti,
mantenendo un profilo professionale. Io sarò il tuo psicologo, per
un periodo smetteremo del darci del tu, smetterai di chiamarmi
Batman, non ci sfioreremo e poi torneremo ad essere amici, come
all'inizio...Non è accaduto nulla, è stato solo un sentore che
abbiamo preso in tempo. >>
Dopo
un primo momento di sollievo la ragazza cominciò a fissarlo ferita.
<< Preso in tempo? Sarebbe stato così terribile innamorasi di
me? >>
Lui
roteò gli occhi! << No! Lo sai cosa intendo Lidia! >>
<<
Si lo so... >>
Lorence
era inginocchiato davanti a lei, le mani strette alle sue sul suo
grembo mentre gli parlava in modo dolce e sicuro. Sembrava un vero
lord in quelle situazioni, forse era quello a farla arrossire.
<<
Okai, allora va bene così? >>
<<
Però io vorrei ancora chiamarti Batman... >> La ragazza tirò
fuori il labbro inferiore.
<<
Va bene, ma niente labbro in fuori. >> Lorence fu categorico
prima di lasciargli le mani.
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Capitolo 9 *** Il disegno di Lorence ***
p
Il
disegno di Lorence
ovvero
la
mucca viola
Lorence
non aveva mai avuto particolari problemi di apprendimento, era stato
un bambino normale, un adolescente normale e infine un adulto
normale.
Normale
ovviamente non era sinonimo di perfetto, aveva sempre pensato, quanto
meno di meglio e ultimamente aveva dei seri dubbi sul significato del
termine.
Aveva
imparato a scrivere, ad andare in bicicletta, aveva salito ogni
gradino che la convenzione o i suoi genitori gli chiedevano. Non
aveva problemi a manifestare il suo affetto per qualcuno, ad
esprimere i suoi sentimenti a parole eppure era stato sempre
discretamente sfortunato, perché ciò che gli accadeva non sapeva
definirlo diversamente.
<<
Che cosa stai disegnando Lo? >> Gli occhi pieni di suo fratello
si divertivano a seguire il pastello colorato che si muoveva in
maniera fluida guidato dal piccolo Lorence.
Ebbene
Lorence rispondeva sempre allo stesso modo. << Il mio futuro.
>>
Su
quei fogli vi era sempre colore, talvolta mischiato insieme senza
nessun senso cromatico o ordine, in un esplosione tanto caotica da
sembrare quasi armonica. Gli alberi divenivano viola, il cielo verde,
gli occhi di un personaggio un arcobaleno empio di sfumature, di
ricordi e immagini in cui poter sognare, in cui poter andare lontano.
Il
suo piccolo universo felice.
Con
il tempo si era scoperto molto empatico con coloro che gli stavano
attorno. Se qualcuno era triste anche lui di conseguenza lo era, se
sua madre era nervosa lui ne risentiva, così per suo fratello e via
discorrendo.
Più
cresceva e più i disegni divenivano monotoni e questo a Lorence non
andava, doveva trovare un modo per far si che tornassero vivi, in
fiore.
Che
bisogno c'era di essere tristi? Avrebbe trovato un modo per far si
che tutti fossero stati allegri.
Lui
avrebbe curato la gente, ma da dentro, avrebbe fatto il medico del
cuore. Non delle arterie e dei vasi sanguini, ma del battito del
cuore, dei sentimenti di quell'affarino rosso, lo avrebbe protetto da
ogni male così nessuno sarebbe mai stato triste.
Ma
le grandi intenzioni finiscono per morire sempre per prime quando ci
si affaccia alla realtà lasciando solo un ombra, un impronta che ci
trascina avanti se di noi stessi non è rimasto più nulla.
E
fu così anche per Lorence che si era tanto adoperato per tenere al
sicuro il cuore degli altri dimenticandosi di proteggere il proprio.
Ecco,
era questa che definiva sfortuna.
Tutti
vengono delusi, la vita è anche questo ma quello che Lorence non
aveva mai capito era che nessuno era in grado di farcela da solo.
<<
Che vengano pure i problemi, io non ho paura! Pensi questo vero? Tu
sei forte tesoro, lo so, assomigli a me. Ma tutte le persone forti
hanno un brutto vizio: pensano di poter continuare da sole. Credono
che nonostante la vita continui a buttarle giù continueranno a
rialzarsi come niente fossi. Ma non è così, un giorno rimarrai a
terra e non ti rialzerai più, sarai troppo ammaccato per rimanere in
piedi. Fermati adesso oppure ti distruggerai. >>
Il
problema era che non aveva mai trovato qualcuno che lo sostenesse.
Perché
lui cercava molto più di questo.
Il
Lorence di adesso afferra dubbioso la penna nera, incide qualche
segno a casaccio sul foglio poi improvvisamente si ritrova a
congiungere i punti dando forma a un disegno troppo astratto per
essere qualcosa. Nemmeno un critico di arte moderna potrebbe capirci
qualcosa.
Continua
così per un po', procedendo senza un vero senso e dopo anni si
ritrova a desiderare di possedere un pastello, verde se possibile,
verde come il prato della montagna che pare tanto allegro illuminato
dalla luce del sole il quale avrebbe colorato di giallo e con gli
occhiali da sole.
E
piano piano il suo disegno si colora, nella sua mente si delinea
anche un ruscelletto, degli uccellini stilizzati prima di scomparire
nel nulla giusto per ricordargli che è tutta un'illusione.
<<
Che cosa disegni? >> Lidia si sporge in avanti, apparsa al suo
fianco da chi sa dove, i riccioli castani seguono la figura
inclinandosi. Anche loro sono illuminati dai raggi, gli occhi
mandorlati osservano la strana opera inerme sotto le strane idee di
Lorence.
<<
A dire il vero non lo so...spero non il mio futuro. >> Ironizza
l'uomo, ridendo da solo. Lei non lo segue non può capire ma sorride
comunque, forse perché le piace vederlo fare altrettanto, non lo sa,
è solo una stupida teoria.
<<
Dai, tira fuori i colori! >> La ragazza saltella sul posto,
agitata come una bambina che in fine dei conti è. Bambina che si ostina a
fargli un dispetto dandogli del tu.
<<
Davvero secondo lei, signorina, ho dei colori? >>
Lei
mette le mani sui fianchi contrariata. << Uf! Basta chiedere
agli uffici affianco! >>
Lorence
sorride, quel giorno sembra averne voglia, forse solo per
dimenticarsi dei suoi fallimenti, disegno compreso. << Questa
sarebbe un seduta, non un corso di disegno. >> Il tono con cui
lo dice però non è duro e non blocca minimamente la ragazza che è
già vicino alla porta.
<<
Tanto sono io a pagarti! >>
<<
Allora va a prenderli. >> L'uomo si arrende e gli da del tuo
lasciandola sparire dietro l'uscio. Lei riappare dopo poco, ha tutti i
capelli scarmigliati per la corsa che deve aver fatto.
Gli
si siede in braccio, Lorence pensa che lo faccia apposta per cercare
di tirargli fuori qualche reazione, ma lui non se la sente di privare
quel raggio di sole al mondo.*
Lidia
comincia a colorare e a parlare. ad ogni pastello che prende gli
chiede se va bene.
<<
Questo lo facciamo verde? Ti piace come colore? O preferisci quello
più chiaro? >>
Improvvisamente
a Lorence non importa più di che colore sarà il prato o il sole o i
fiori, gli importa solo che sia lei a colorarlo, come ha sempre
tinteggiato la sua vita da quando la conosce. Gli posa delicatamente
le mani intorno alla vita impedendole di scivolare via ma lasciandole
la possibilità di andarsene quando lo desidera.
<<
Sai, però come colore un po' triste... >> Si volge verso di
lui brandendo il colore come un arma.
<<
Allora fallo viola... >> Non sa nemmeno di cosa stanno
parlando.
<<
Viola? Vuoi fare una mucca viola? Non sapevo ti piacesse la
milka...comunque va bene... >>
Una
mucca? Da dove era uscita un mucca? Lui di certo non l'aveva
disegnata, gli facevano paura ma non importa. Lascia che Lidia
aggiunga cose che la sua mente non può nemmeno immaginare allargando
quegli orizzonti che aveva sbarrato tanto tempo prima.
*Si,
ho copiato spudoratamente da Tutti insieme appassionatamente e grazie
moonguardian, mi hai fatto venire un idea!
|
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Capitolo 10 *** Breake up ***
k
Breake
up
ovvero
i
sogni nel cassetto
Un
po' di tempo dopo
<<
Lorence? >>
L'uomo
si riscosse come da un sogno profondo. Al suo risveglio si ritrovò a
specchiarsi con due occhi chiari e preoccupati, gli occhi di Anna.
<<
Dove sei? >> La ragazza continuò con un strana espressione in
viso, difficile da decifrare.
Lui
non trovò subito una risposta, era un domanda piuttosto strana, non
la comprendeva.<< Qui... >>
<<
No...non sei qui. >> Suonò piuttosto duramente, era in tutto
per tutto un'affermazione quella della ragazza.
<<
Perdonami, ero sovrappensiero... >>
<<
C'è qualcosa che ti turba? >>
Qualcosa
gli pressò sullo stomaco, Lorence riusciva a sentirlo
indistintamente, e per un attimo ebbe quasi l'istinto di riversargli
addosso tutto quello che pensava, le sue preoccupazioni, i suoi
timori e i suoi sbagli. Ma poi si ricordò di avere di fronte una
persona innocente e che non poteva farle questo, che non era giusto
da parte sua.
E
così, per l'ennesima volta da quando ricordava, represse tutto sul
fondo del suo cassetto. Ma come diceva James Matthew Barrie, quel
cassetto diveniva sempre più difficile da richiudere.
<<
No, no, va tutto bene. Il lavoro ultimamente mi stanca parecchio...
>>
<<
Ma davvero? >> Non gli fu difficile registrare la nota ironica
che Anna impresse nella frase, anche per lui che era l'essere più
tonto in questo campo.
Alzò
gli occhi aspettandosi di trovarsi in chissà quale espressione,
invece era seria, calma come un deserto, solo le labbra gli tremavano
appena. << Davvero è solo lavoro Lorence? >>
L'uomo
si limitò a fissarla nel più completo silenzio, lasciandola
continuare. << Sai, quando mi hai chiesto si uscire non hai
idea di come mi sono sentita. Pensavo di aver trovato qualcuno di
serio, di gentile e che sapesse qualcosa della vita... >>
<<
Sei rimasta delusa? >>
<<
No, tu sei così. Sei un uomo, non un ragazzo ingenuo e idealista.
Hai dei principi morali, la gente ti ascolta qualsiasi cosa tu dica,
credo che tu sappia molto più di me. Ma non avevo preso in
considerazione cosa questo avrebbe significato. >>
Lorence
la guardò a lungo, non se la sentiva di interromperla, sembrava così
sincera.
<<
Non avevo preso in considerazione cosa avrebbe significato tutta
questa tua maturità, la tua conoscenza del mondo. Tu non sei
autonomo Lorence, sei molto più di questo, tu vivi in solitario
nella tua testa. La vita ti ha battuto giù abbastanza volte per
impedirti di amarmi. >>
Lui
rimase piuttosto confuso da quell'ultima affermazione.
Certo
non era mai stata una persona dalle grandi effusioni, soprattutto in
pubblico, ma si era sempre sforzato di essere affettuoso e ricordarsi
delle cose importanti.
Aggrottò
le sopracciglia prima di parlare. << Come? >>
<<
Tu non potrai mai amarmi, l'ho capito negli ultimi tempi sai?
Osservandoti, non sei un tipo di persona che ama due donne
contemporaneamente, non precludo che ne esistono ma tu non lo faresti
mai. Doneresti un sentimento del genere a una sola persona, e lo hai
già fatto e la ragazza non sono io. >>
Lorence
si sporse in avanti, le mani poste in avanti come a bloccare
qualsiasi altra parola, il petto contratto. << An- >>
<<
Avresti potuto amarmi prima, quando eri ancora un ragazzino e non
avevi bisogno di qualcuno che ti aiutasse a uscire dal tuo
isolamento, quando non avevi bisogno di qualcuno che ti costringesse
a fidarsi degli altri. Io non ne sono stata capace, esistono poche
persone così, le definiscono quelle giuste. >>
<<
Amore, quelle giuste, aiuto, ma di cosa stai parlando? >>
<<
Di cosa sto parlando Lorence? >>
<<
Non ne ho idea, sembri mia moglie in questo momento! >>
Lei
sorrise, non in quel modo stanco che aveva adottato fino a quel
momento, ma in maniera gentile, degno di una persona come lei. <<
Anche lei aveva capito Lorence... >>
<<
Cosa? Cosa aveva capito?! >>
<<
Che non avevi bisogno di lei. >>
L'uomo
strabuzzò gli occhi. << Io avevo bisogno di lei! L'ho sposata,
ero suo marito, mi sembrava abbastanza logico! >>
<<
A volte la logica non è tutto. L'ha fatto per il tuo bene, aveva
compreso che forse si, ora l'amavi e che non l'avresti mai lasciata
ma che saresti andato affondo, il vostro matrimonio sarebbe andato
affondo, perché lei non era quella giusta. Dimmi, quante volte ti
sei appoggiato a lei in tutti quegli anni? L'hai fatta partecipe? Ti
sei fidato di lei? >>
<<
Non mi sembra un buon motivo per lasciarmi... >>
<<
A me sembra più che buono. Lei non aveva nessuno con cui competere,
perciò l'ha compreso tardi. Per tua fortuna invece io sono stata
costretta a capirlo prima. >>
<<
E quindi? >>
<<
E quindi sarai tu a scegliere...io rimarrò sempre un po' innamorata
di te ma so farmi da parte, non ho l'arroganza di trattenerti. >>
Lorence
incrociò le mani sul tavolino del bar dove stavano discutendo, o
meglio dove lei gli parlava e lui cercava di comprendere.
<<
Questa sera esco con Mark. >> Lidia parlò con calma
occhieggiandolo da sotto le cigli ma l'unica risposta che ricevette
fu un grugnito, che fosse di assenso o di diniego non ne aveva idea.
<<
Ormai è quasi un anno che stiamo insieme e penso voglia dirmi un
cosa importante...sarebbe anche ora non trovi, Batman? >> Lei
continuava in maniera piuttosto timida.
<<
Trovo. >>
<<
Stiamo alludendo alla stessa cosa? >>
<<
Alle tue possibili nozze, si credo di si. >> Lorence lo disse
con noncuranza mentre aggiustava quelle sue odiatissime carte che da
vari mesi a quella parte non sembravano mai nella posizione giusta.
<<
No! Ma che sciocchezza! >>
<<
Perché? Io domandai a mia moglie di sposarmi un anno dopo che ci
fidanzammo... >>
<<
Bè, guarda un po' come è finita e per di più Mark non è te! >>
L'uomo
sospirò. << Si, lo avrai rimarcato una decina di volte. Ma se
non era questo, allora cosa deve dirti? >>
La
ragazza puntò gli occhi al cielo spalancando le braccia come per
invocare aiuto. << Forse che mi ama? >>
<<
Di solito viene con la proposta... >>
<<
Perché ci tieni tanto che mi sposi?! >>
Lorence
rise. << Sarebbe anche ora no? >>
Lidia
rimase in silenzio, per la prima volta dopo mesi, non aveva nulla da
dire.
<<
Che c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato? >>
<<
No no. E tu e Anna? >>
<<
Che cosa ti ha detto? >>
<<
Che l'hai lasciata... >>
<<
Oltre a ciò non c'è altro da dire. >>
La
ragazza sorrise timida, con apprensione. << E tu stai bene? >>
<<
Sono stanco che me lo chiediate tutti! Lo sai, quando ho divorziato
mio fratello infilava la testa nella mia stanza ripetendo sempre la
stessa cosa. “Davvero è tutto ok?”. >>
<<
Te lo chiedevano perché sei un coglione e un bugiardo e hai la
fisima di soffrire in silenzio! Di sacrificare la tua felicità per
gli altri! >>
L'uomo
scombinò tutte le carte, sbatte le mani sulla scrivania.<< Io
sono masochista, mi piace soffrire! >>
<<
Bene, non mi preoccuperò mai più per te! >>
<<
Brava, pensa alla tua situazione sentimentale che miracolosamente è
arrivata a questo punto! >>
<<
Non sono io che sono divorziata! >>
<<
No certo, perché non hai mai avuto il coraggio di sposarti,
altrimenti sai che ro- >>
Lidia
era in piedi. << Che ti prende oggi?! Taci adesso! Ora uscirò
da quella porta, avrò la mia bella serata e chiuderò la tua
maledetta voce dietro un porticina, zitto! Non esisti, non esisti...
>>
La
ragazza se ne uscì a lunghe falcate ignorando completamente l'altro.
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Capitolo 11 *** Marry me ***
h
Come ho già accennato potresi star sproloquiando solo per me stessa ma nonostante tutto ho deciso di scrivere una nota.
Insomma, giusto per schiarire le idee...Siamo in dirittura d'arrivo, dunque!
Non è l'ultimo capitolo ma ci siamo quasi, perciò non perdete le speranze, la salvezza è vicina! Grazie a tutti i lettori e per il mio ostinato recensore, Moonguardian!*faccia da consegna degli Oscar*
Okai, basta! Buna lettura!
Marry
me
ovvero
i
sogni sono solo illusioni
La
lumachina la stava fissando con insistenza, Lidia poteva percepire il
suo sguardo mentre avvicinava la forchettina che somigliava più a una bacchetta da fata turchina.
<<
Anche lei ti parla mia cara? >> Mark sorrise sornione mentre la
fissava prendendola in giro in quel modo bonario che era suo solito.
Più
la ragazza passava del tempo con lui e più si rendeva conto che era
l'uomo perfetto per lei, un principe azzurro dalle buone maniere che
sua madre avrebbe di certo accettato. Avrebbe fatto volare lo stuolo
di colombe che aveva cresciuto per l'occasione e da una magica
borsetta avrebbe fatto uscire tutto l'occorrente per il matrimonio
che organizzava da anni.
Magari
ci sarebbe stata anche una scritta in cielo dal momento che il
miracolo era avvenuto.
<<
Se vedo pulcini inesistenti come non potrei vedere vita in una lumaca
presente in tutto e per tutto. >> Lei gli sorrise di rimando,
forse ancora più impacciata del solito.
Non
era abituata, lui non l'aveva mai portata in un posto di così alta
classe, nonché l'avesse desiderato. Ma di certo non se lo aspettava.
Doveva
esserci qualcosa sotto, se lo sentiva.
<<
Allora, come andata oggi da Lorence? >> L'uomo rimarcò
maggiormente il nome esprimendoci insieme tutta la sua diffidenza e
frustrazione. Non era un segreto che lo psicologo non gli piacesse.
Per
la cronaca a fare box ci erano andati ma Lidia aveva avuto la
brillante idea di portarli entrambi, provocando il caos in palestra
di cui solo lei non si era resa conto.
Ci
mancava poco e si lasciavano segni che nemmeno il tempo avrebbe
rimosso, si erano picchiati con una certa irruenza inusuale per
Lorence.
Quest'ultimo
per discolparsi aveva sostenuto che “Non c'è peggior cattivo di un
buono che diventa cattivo” e che evidentemente l'altro ce l'aveva
messa tutta per farlo andare fuori dai gangheri.
Al
di la di ogni previsione aveva vinto lui, dopo essersi beccato un bel
pugno nei denti, ma aveva avuto la meglio.
“Stagli
lontano.” Aveva detto a Mark prima di lasciarlo a terra.
<<
Abbiamo litigato... >>
<<
Ah si? >> A Lidia parve di sentire quasi una nota allegra nella
frase ma la ignorò, non aveva voglia di polemizzare. Questa volta
Batman gli era sembrato davvero arrabbiato.
Tuttavia
dopo tanto tempo passato anche con Lorence gli era venuto il callo di
puntualizzare. << Non fare quella faccia, lo so che non lo
sopporti ma almeno potresti provare a fartelo piacere... >>
<<
Trova almeno due persone a cui piaccia! >> Rispose Mark
incassando la testa nelle spalle per difendersi.
Ecco,
adesso si chiude a riccio.
<<
Per tua sfortuna sono ben più di due, avrà uno charme che non
riesce a cogliere... >>
<<
Ma quale charme! Non ha nessun lato positivo quell'uomo... >>
Lidia
guardò il piatto, la forchetta vagava senza meta. << A volte
sorride in modo gentile... >>
<<
Oh bé, allora siamo proprio messi bene... >>
<<
Smettila per favore. >> Lidia tentò il suo sguardo più
supplichevole possibile
<<
Dicevo solo... >>
<<
Per favore. >>
Mark
prese il bicchiere prima di assentire contro voglia. << Come tu
desideri. >>
La
ragazza si concesse un sorriso di vittoria. << E poi è grazie
a lui se ti conosco. La mia favola si è avverata e ti ho incontrato!
>>
<<
Ti amo. >>
Ti
amo,
quanto a lungo aveva aspettato quelle parole? Gli sembrava un
eternità, aveva avuto tutto il tempo per trovare una risposta eppure
in quel momento rimase nel più completo silenzio.
Non
riusciva a parlare, in nessun modo.
Che
fosse perché non aveva nulla da dire? Era possibile?
Gli
occhi penetranti di Mark però non le lasciarono scampo.
<<
Anch'io. >> La risposta uscì in un sussurro timido e insicuro,
nemmeno lei si rendeva conto di averlo detto. Si ritrovò a non
provare niente.
<<
Usciamo da qui, devo dirti una cosa importante... >>
E
se davvero gli avesse chiesto di sposarla? La ragazza entrò nel più
completo panico.
<<
Fuori? Ma fuori fa freddo! Non voglio uscire! >>
<<
Avanti, è una cosa importante... >>
E
senza nemmeno rendersi conto si trovò fuori sul marciapiede deserto
poco lontana dalla piazza. Lui ce la trascinò tenendola per una
mano.
<<
Cosa c'è che non va Mark? >>
<<
Io ti amo, non immagini quanto. >>
Alla
ragazza venne spontaneo rispondere “okai”, ma fortunatamente
prima di farlo riuscì ad imporsi il silenzio. Optò per una maschera
di cera, come suo padre gli aveva sempre detto.
<<
Vorrei stare con te per sempre... >>
Oh
no...
<<
Mark, ascolta... >>
<<
No, aspetta. Tuttavia non posso...perché...perché... >>
Cosa?
<<
Perché io sono sposato... >>
Eh?
Aveva
sentito bene o se l'era sognato? La stava prendendo in giro, giusto?
<<
Ahah, è un scherzo divertente. >>
<<
Non sto scherzando... >>
Il
silenzio che si formò fu il rumore più assordante che aveva mai
sentito.
L'uomo
con cui era uscita da mesi e mesi a questa parte era sposato.
Uomo.
Sposato.
Lui
era sposato.
Uomo+Sposato+Lei=
Adulterio
<<
Che cosa?!? Mi stai dicendo che hai una moglie che ti aspetta a casa
ogni volta che finisce un nostro appuntamento? >>
Nonostante
la drammaticità del momento Lidia si sentì carica di un energia che
non aveva mai posseduto, quasi fosse pronta per passare allo stadio
di Super Sayan.
<<
Non prenderla in questo modo! Mi sembra logico che non l'amo più...
>>
<<
Come dovrei prenderla?! Sono uscita con un uomo sposato, forse con
figli! E mi hai pure mentito, mi hai ingannato! >>
<<
Ti prego calmati! >>
<<
Calmarmi? Appenderò per tutta la città volantini con la tua faccia
scrivendo che sei uno stronzo e che nessuna ragazza dovrà mai
avvicinarsi a te! >>
<<
Non mi pare che mister Sotuttoio sia tanto meglio! >>
Lidia
sgranò gli occhi. << Lui è divorziato! >>
Mark
allungò una mano per trattenerla ma con scarsi risultati.
<<
Toccami e ti fracasso... >> Si trattenne dall'urlare cose
sconce nel bel mezzo della strada ma nonostante il contegno che la
vincolava gli tirò un calcio nello stinchi prima di scappare via.
Corse
con i tacchi, pendolante da una parte all'altra, la sua ombra
ondulava sui muri. Andò avanti senza nessun senso dell'orientamento,
praticamente a caso.
Un
uomo sposato!
Non
riusciva a pensare altro.
Alla
fine alla sua corsa si frappose una fontana in cui quasi non cadde.
Vi si sedette e pianse.
Cominciò
a piangere come una pazza, sia per la rabbia che per l'umiliazione
eppure, per quanto fosse troppo sconvolta per rendersene conto, un
peso dal cuore se ne era andato.
Inconsciamente
prese il telefono, quasi mossa da un'altra forza, e pigiò i numeri.
<<
Lorence? Vienimi a prendere ti prego! No, non lo so dove sono...su
una fontana! Va bene, cerco la via se è segnata...si, ti aspetto
qui...Lorence? Vieni presto! >>
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Capitolo 12 *** Good Bye ***
p
P.S.
Penso si sia capito che non è una storia molto "seria" o dalle
grandi scene di disperazione. Le avversità vengono vissute in
maniera normale, talvolta forse un pò indifferente ma tutti i
personaggi racchiudono nei propri modi profondi turbamenti che vanno da
un amore mai trovato, un aiuto mai cercato o un sogno mai avverato.
Vi è sempre una velata ironia che in un certo senso evidenzia il
fatto che per quanto tu desideri una cosa sarà solo il caso a
donartela.Tra queste cose anche l'amore.
Perciò
questi personaggi non hanno nessuna pretesa di essere drammatici ma
solemante quella di essere loro stessi :) Questo è il penultimo
capitolo, quindi la vostra angoscia sarà di breve durata. Grazie
a Moonguardian e gli altri lettori, la vostra opinione è sempre
gradita ;) Non temete, il caos riordina sempre tutto.
Good
Bye
ovvero
il
sole all'albeggiare
<<
Avevi ragione tu Lorence, la vita fa schifo... >> Lidia si
stava rotolando nella sua auto commiserazione mentre il diretto
interessato stava armeggiando in cucina, preparando un laborioso te.
Era
arrivato in bicicletta, no, non era una battuta. La città era
intasata, quella sera ci sarebbe stato un importante concerto e tutto
lo stato sembrava essersi rovesciato fra le vie di quella cittadina,
senza alcuna pietà.
Fortunatamente
Lorence era una persona che pensava in fretta, dal veloce intuito e
dalle idee piuttosto strampalate. Non si era lasciato perdere d'animo
e aveva afferrato la sua vecchia bicicletta, arrugginita, di una
vernice blu opaca e con i freni rotti. In realtà quello sinistro
funzionava ma era meglio non usarlo a sua definizione, ti saresti si
fermato ma anche capottato dolorosamente.
Se
solo non fosse stata in lacrime e nel bel mezzo di una crisi di
depressione forse avrebbe compreso la romanticità del momento, ma
era troppo occupata ad autocommiserarsi.
Era
stato uno strano salvataggio, ma era pur sempre stato un salvataggio.
<<
Non ho mai detto nulla di tutto ciò. Sei tu che ti sei posta strani
pensieri in quella tua testolina, non per niente sei venuta da me. >>
L'uomo
non ottenne risposta, continuò facendo forza su di se. <<
Adesso dovresti dire:”Non hai fatto un bel lavoro!” >>
Lidia
non sorrise, rimase a guardarlo vacua, come non aveva mai fatto. Si
voltò dall'altra parte per poi rigirarsi ancora una volta verso di
lui. << Sai, adesso ti capisco, più o meno. Ti capivo anche
prima, ma adesso forse mi è più facile comprendere come ci si sente
quell'altra, ma io non volevo
essere quell'altra. Tutto ciò
che volevo era un ragazzo gentile a cui piacessi nonostante tutto.
Sarebbe potuto essere brutto o dal pessimo carattere ma se mi avesse
amata non ci avrei dato peso. >> Lei tirò appena su col naso.
<< Non fraintendermi, non sono così superficiale, ma non hai
mai desiderato di avere così ardentemente qualcuno al tuo fianco
tanto da accontentarti? >>
Lorence
gli scostò una ciocca serio. << Si, ma io non mi innamoro di
qualcuno perché mi sento solo, ne mi ci metto. Se sbaglio a fare la
mia scelta non è certo perché mi accontento. E nemmeno tu sei così.
>>
<<
Come fai a saperlo? E invece sono così, lo sono stata tutta la mia
vita e ho come il dubbio che lo rimarrò. Ogni volta che cerco di
cambiare va sempre peggio, guarda com'è finita questa volta. Voglio
morire! >> Lidia affondò la faccia nel cuscino da cui salì un
rantolio molesto ma l'uomo non sembro scandalizzarsi.
<<
Ti preparo dell'altro tè. >> O Lorence credeva che il tè
avesse degli strani poteri curativi o la stava imbottendo a tal
punto per farla rinchiudere in bagno per il resto della giornata, non
dovendo più sorbire le sue lamentele.
<<
No, niente tè. >>
<<
Va bene, niente tè. >>
<<
Tu lo sapevi, no? >>
<<
Cos'è che sapevo? >>
<<
Lo sapevi che nascondeva qualcosa, per questo lo hai picchiato.
>>
<<
Supponevo che qualcosa non andasse ma non lo sapevo... >>
<<
Perché non me lo hai detto? >>
A
quella domanda Lorence impiegò del tempo a rispondere. Provò di
nuovo quella sensazione di dirle tutto, come con Anna, e prese in
considerazione l'idea di non richiudere ancora una volta quel
cassetto.
<<
Non te l'ho detto perché eri molto felice, sembravi finalmente a tuo
agio con il mondo e con te stessa. E io farei qualunque cosa per un
tuo sorriso, anche avere le crisi coscienza... >>
Lidia
rimase a fissarlo, incitandolo a parlare.
<<
Insomma...mi sono reso conto che non era quello che volevo ma che
allo stesso tempo lo era. >> L'uomo aggrottò le sopracciglia
mentre parlava.
<<
Eh? >>
Già,
che cosa doveva significare?
<<
Io volevo, lo so che sembra una frase fatta, che tu fossi felice. Da
quando sei arrivata da me ti ho sempre vista sorridere ma solo alcune
e rare volte ti ho vista davvero felice e io credevo che lui ti
rendesse felice. Così ho pensato, che cosa importava se era pieno di
difetti, se ti faceva sentire bene, cosa importava? Lo so, è stato
un ragionamento assurdo, ma cerca di comprendermi... >>
<<
Ci provo... >>
Lorence
tirò un sospiro di sollievo. << Ne sono lieto. >>
<<
Avresti potuto rendermi tu felice... >> Lidia lo disse con
leggerezza, infilando la supposizione nel discorso con riguardo e
circospezione.
Stranamente
l'uomo, per quanto sembro cogliere la provocazione, non sembro
particolarmente turbato. << Lo pensi perché sei giovane, non
solo gli anni tuttavia fanno la differenza. Io non sono mai stato la
felicità per nessuno, averti lasciato andare è stata la cosa
migliore che ho fatto nella mia vita. Tu sei esattamente il mio
contrario. Hai troppo bisogno di qualcuno, io troppo poco. >>
<<
Smettila di parlarmi da psicologo... >>
<<
Io ti sto parlando come uomo, uomo innamorato e con esperienza... >>
Innamorato.
Non
sapeva perché ma faticava ad immaginare qualcosa che riguardasse
l'amore uscire dalle sue labbra, eppure il suo cuore non sembrava
aver atteso altro e anche se la stava prontamente allontanando si
sentì felice, in qualche modo.
<<
E io non potrei essere innamorata? >>
<<
Forse lo sei ma non è quello di cui hai bisogno, non adesso. >>
<<
E tu sai di cosa ho bisogno, immagino? >> La voce della ragazza
risuonò sarcastica.
<<
Tento. >>
<<
Così, è un good bye? >>
<<
Si, mia cara, è un good bye. >>
<<
E dovessi tornare? >>
<<
Sarò sempre qui per le tue turbe mentali... >>
Lidia
gli si sedette sulle ginocchia. << Sai, fin da bambina mi sono
immaginata un momento del genere, è completamente diverso. Tuttavia
è stato comunque un bel sogno, mi dispiace che sia finito. >>
Lorence
sorrise in quel suo modo strano, a metà tra il birichino infantile e
il maturo disamorato. << Non è finito Lidia, ti sta aspettando
dall'altra parte, se corri un po' ne prendi l'inizio. >>
<<
Lo vuoi il bacio del lieto fine anche se non vuoi far parte del mio
epilogo? >>
<<
Si... >>
E
la principessa baciò Batman, l'apocalittico amore della sua vita che
tuttavia non si trasformò in una persona normale. Rimase uno
scontroso psicologo che l'avrebbe sempre aspettata al di là del sole
all'albeggiare.
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Capitolo 13 *** Almost Happy Ending ***
fine
Almost
Happy Ending
ovvero
se
ce la fanno loro ce la faremo tutti
Eh
già, siamo giunti alla fine! O come dice il titolo al quasi lieto
fine, perché nella vita non esiste una fine, un momento in cui sei
veramente al riparo ma forse per questo esiste la felicità. I
filosofi ci hanno stressato troppo per non metterci in testa che ad
ogni pro c'è un contro, ma anche senza contro non ci sarebbe un pro.
Si, ma insomma lo sapete tutti anche senza di me u.u Grazie a tutti i
lettori che sono giunti a questo punto, sarebbe da darvi un premio!
Ma, ahimè per voi, questa non è la vera fine. Sto progettando un
seguito ;) Magari dopo l'estate, ovviamente non troppo lungo, se no
vi tramortisco.
Così,
a presto! n.n
Quando
era bambino spesso sua madre lo portava in quel luogo. Si sedeva su
una roccia o sotto un solitario arbusto e l'osservava mentre si
orientava in quel luogo meraviglioso, mentre lo esplorava e veniva
attirato dalle stelle alpine.
La
montagna era vicina ma non abbastanza, permettendo al prato di
crescere ancora.
Era
un lontano ricordo come fosse stato una vita fa, uno di quelli che
conservi dell'estate tinto da quei raggi che rendono tutto più
bello, di quel colore caldo che non vedi in nessun'altra stagione e
ti fa sentire giovane. Quel tipo di sole che ti porta alla mente
eventi passati provocandoti fitte al cuore, lacrime represse e una
triste sensazione che ti ricorda che non puoi tornare indietro e che
puoi solo andare avanti.
Non
aveva nessuna cognizione di tempo allora quindi non riusciva
veramente a cogliere quale effetto quel luogo gli facesse. Nella sua
testa pensava semplicemente che era bello, che aveva un buon profumo,
che il vento era piacevole e che poi sua madre gli avrebbe comprato
un brezel.
Poi
un bel giorno, non si ricorda nemmeno come, tutto era cambiato. Era
arrivato, dopo un'immensa scarpinata, e si era sentito come in un
altro mondo, come se la realtà circostante non esistesse benché ce
l'avesse esattamente di fronte.
E negli anni a seguire quella
sensazione si intensificò sempre di più portando con se altri
sentimenti come una pungente nostalgia.
E
così aveva smesso di andarci.
Perché
andare in salita per quel sentiero disconnesso era diventata troppa
fatica, perché non valeva la pena puntare in alto, perché alla
bellezza si sarebbe affiancato il dolore.
La
meta era troppo lontana e lui era troppo stanco.
Una
volta arrivato in cima si sarebbe sentito confuso, una volta arrivato
in cima non avrebbe più avuto una realtà a cui aggrapparsi e solo
un passato da rimpiangere.
E
rimpiangere era essere deboli, essere deboli era la fine di tutto. E
lui non voleva essere debole ma non aveva compreso che le cose
sarebbero potute finire male anche in un altro modo, quello che aveva
intrapreso.
Se
avesse puntato in alto si sarebbe dovuto confrontare con se stesso,
con quello che non era più e avrebbe dovuto convenire che un tempo
era meglio. Doveva ammettere di essere solo un ombra di quello che
avrebbe dovuto essere.
E
così aveva anche smesso di guardare la cima, di pensarci nonostante
continuasse ad agitarlo nei sogni, persistesse in fondo al suo cuore
dove finiscono le cose che vorremmo dimenticare. Ma quello che
nessuno ha mai capito è che noi non possiamo dimenticare.
Tutto
si depositerà sul fondo ma rimarrà lì, certamente sepolto, ma
starà lì e non avremo nessun potere per rimuoverlo.
E
Lorence non poteva esimersi, era un uomo impotente nei confronti di
se stesso, come tutti gli altri, forse ancor più di tutti gli altri
perché si rifiutava di auto confrontarsi e di accettarsi, almeno un
poco.
Forse
era quello che dicevano.
Siccome
non era in grado di farlo da solo aveva bisogno che qualcuno lo
facesse per lui, il problema era che nessuno ci era mai riuscito.
Ma
Lorence pensava che non vi erano dilemmi irrisolvibili mentre
aggiustava l'inquadratura della macchina fotografica in quel luogo
che per tanto tempo aveva dimenticato.
Aggiusta
lo zoom, nel suo obbiettivo il viso di Lidia è armonioso nella
natura, inconsapevole di essere ripreso. Poi lei sbadiglia e tutti i
tentativi di farle una foto vanno in fumo.
Alza
gli occhi al cielo.
Lei
corruga la fronte. << Cosa stai cercando di fare? >>
<<
Sai com'è, non ho nessuna foto della mia fidanzata. >>
<<
Noo, non voglio che finisca nel tuo portafoglio, mi sa tanto da film
strappa lacrime. A tutti i protagonisti che ce l'avevano finisce
male, se non lo hai notato! >>
<<
Oh, andiamo! Non vorrai dirmi che quando sarai vecchia non vorrai che
io ti ricordi come sei diventata! >>
<<
Non voglio che tu abbia nostalgia di come eravamo un tempo! >>
Lei incrociò le braccia come una bambina viziata.
<<
Non accadrà, in un presente con te il passato sarà solo un
splendido ricordo a cui guarderò per avere la forza per andare
avanti, non più il desiderio di tornare indietro. >>
<<
Wow...davvero profondo, hai trovato un modo per tramortirmi, dovresti
fare un corso ai miei genitori. >>
E
Lorence sorrise, anche con gli occhi, se possibile persino con le
orecchie, con ogni parte del suo corpo e della sua anima.
Aveva
trovato qualcuno che aveva bisogno di lui, che aveva amato il suo
riflesso e avrebbe amato il vero lui, quello codardo che si era
nascosto per anni, quello con ambizioni e sogni. Quello che disegnava
la propria vita piena di sfumature.
Le
favole avevano un lieto fine, la vita ne aveva uno?
Di
fatto le fiabe erano legate alla vita, erano i desideri dell'uomo che
si proiettavano su carta e non era vero che lì tutto era semplice.
Gli eventi erano ardui com'erano sempre quando si parla di
raggiungere i propri sogni.
Perché
le principesse prima di essere salvate erano rimaste chiuse in una
torre per tutta la loro vita, al buio, da sole. I principi magari non
erano sempre stati principi, magari erano stati tristi ranocchi o
chissà cos'altro. E magari non per tutti arrivava l'happy ending.
Ma
c'è chi diceva che non sia aveva diritto alla felicità ma la si
poteva desiderare, altri sostenevano che il mondo era caos ma alla
fine tutto aveva un senso e che tutto arrivava a suo compimento, per
altri ancora era solo confusionario. Poi c'era qualcuno che sosteneva
che la felicità era solo un illusione.
Una
bella illusione.
Ma
Lorence era felice, perciò se lo provava, quel sentimento non doveva
essere poi così irreale. Per quanto riguarda la fine, bè su quello
le favole si sbagliavano, perché non era assolutamente la fine.
Perciò
il suo era più un almost happy ending. Il suo quasi lieto
fine.
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