The Princess and the Dwarf

di Wonderland___x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

    «Se solo tu capissi che… Ma che dico! Ogni discorso fatto con te è un’inutile perdita di tempo! Sei cocciuta. Più cocciuta di un mulo da soma! »

Fissai l’uomo di fronte a me con un cipiglio vagamente irritato, lanciandogli occhiate di puro fuoco mentre questo passeggiava avanti ed indietro per l’enorme sala del castello, incurante delle guardie che lo fissavano allibite, nascondendo il sorriso nelle loro maglie di ferro.

L’uomo si fermò di scatto, nel centro preciso della sola, sopra l’enorme cerchio che raffigurava lo stemma della nobile casata a cui appartenevamo.

«Scegli!» disse puntandomi contrò l’indice inanellato e fissandomi con l’espressione più truce che avesse nel suo repertorio «O i nani o gl’elfi!»

«Nessuno dei due! »risposi per le rime, poggiando il gomito sopra il bracciolo della mia comoda poltrona e posando il mento sul palmo della mano e fissando estasiata gli anelli di fumo che uscivano dalle labbra dello stregone, poggiato elegantemente all’architrave del caminetto, che mi sorrideva furbescamente da dietro la lunga barba bianca.

«Se posso intromettermi, Mellor…» s’intromise lo stregone, lasciando il suo comodo posto ed incamminandosi verso l’uomo, che fissava il pavimento con aria pensosa,« Penso che tua figlia abbia ragione, dopotutto la stai praticamente mandando via da casa, senza spiegarle il motivo preciso»

«Che motivo preciso dovrei darle?»strillò quello, colto sul vivo «Che siamo una casata in rovina e che riuscisse a congiungersi con il principe di uno dei due popoli, il mio regno potrebbe tirare un sospiro di solievo? E’ troppo… »
Si fermò un attimo, portandosi le dita sotto il mento, riflettendo.

«Troppo?»lo incalzò lo stregone alzando un sopracciglio.

«Troppo donna!» sibilò, fissandomi truce, mentre mia madre faceva un verso simile ad un “Oh mio Dio, ci risiamo!” provocandomi un risolino.

«Oh… Per tua fortuna lo è, mio caro Mellor!»disse bonariamente lo stregone, dandogli gentili pacche sulle spalle« Un figlio con la sua stessa tempra sarebbe stato solamente un grande, enorme ed inutile guaio. Dovresti essere grato di avere una figlia come Ithil!»

M’indicò e mio padre si mise a fissarmi, mutando lentamente espressione del volto, dapprima arrabbiata, per poi diventare un triste sorriso nostalgico. Sostenni il suo sguardo, conscia di aver vinto la mia personale battaglia contro di lui, di essermi tolta quell’inutile matrimonio dai piedi e di poter essere finalmente libera di fare ciò che più mi aggradava per il resto della mia vita, senza avere alcun marito a mettermi i bastoni tra le ruote. Sorrisi grata allo stregone, che ricambiò con un enorme sorriso, prima di voltarsi e riprendere a parlottare concitatamente con mio padre, che sembrava riacquisire il suo solito smalto.

 Fissai mia madre, concentrata nell’ascoltare il discorso fra suo marito e lo stregone con un cipiglio irritato, che non deformava di una virgola i suoi bellissimi lineamenti elfici, ereditati dalla sua trisavola, che le donavano una bellezza inoppugnabile al tempo ed un piccolo accenno di orecchie a punta, che la rendevano particolare agl’occhi di tutti, e soprattutto a quelli di mio padre Mellor, che passava intere giornate, in silenzio, a fissarla. La mia idea era quella che lui non riuscisse a capacitarsi di come una creatura così eterea fosse piombata nella sua vita, l’avesse sposato, ed avesse deciso di vivere tutta la sua vita con lui. Probabilmente neanche lui, come la mamma, era consapevole della propria bellezza e questo lo rendeva vagamente comico, quando, guardandosi allo specchio, cadeva nello sconforto più totale, paragonandosi ai lontani cugini della moglie, i quali, nella loro perfetta perfettezza elfica, provocavano in lui angoscia, timore e male di vivere.

«Una festa!»strillò mio padre di colpo« Certo… certo! Un’idea geniale, mio caro vecchio Gandalf!»

Alzai il sopracciglio, rivolta verso mia madre che si massaggiava turbata le tempie, fissando un punto indistinto del pavimento.

«Ithiel!»continuò Mellor, saltellando per l’intera sala, mentre la mamma si abbandonava a gemiti sconfortati «Daremo una bellissima festa! In modo che tu possa conoscere i tuoi pretendenti! Come ha detto Gandalf, non posso pretendere di darti in sposa ad un perfetto sconosciuto! »

Mi passai la mano sul volto, sconvolta, mentre sgranavo gl’occhi e fissavo scioccata Gandalf, che da dietro il suo bastone, sghignazzava allegramente.

«Traditore!» strillai, alzandomi in piedi , tremante di rabbia e incamminandomi senza alcun contegno principesco verso le mie stanze.

 

 








Angolo Autrice.
Salve a tutti! E' da un sacco che non pubblico una mia fanfiction quindi scusatemi, ma sono un pochino arrugginita sia nello scriverle che nel pensarle... In ogni caso questa è la primissima storia che scrivo sul Signore Degl'Anelli(che aihmè non ho ancora letto, visto che è tenuto in ostaggio da mio fratello), e spero di non deludervi con gli enormi strafalcioni che scriverò nel futuro più prossimo.
Questa storia, comunque, è ambientata in un periodo indefinito, poco precedente a quello dello Hobbit, che ho letto e riletto almeno una decina di volte nell'ultimo mese, e quindi mi sto totalmente inventando di sana pianta. Credo.
Vabbè in ogni caso spero che questo incipit vi piaccia e v'invogli a leggere i successivi capitoli(ancora racchiusi nella mia piccola testolina bacata).
Grazie
xoxoC

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I

 

 

 

Impugnai saldamente l’arco, caricando bene la freccia per poi prendere bene la mira, incurante del venticello che sicuramente non mi avrebbe fatto centrare in alcun modo l’obbiettivo. E certamente io non stavo tirando per allenarmi, ma solamente per sfogare la mia rabbia repressa.

 Così quando la freccia mancò di molto l’obbiettivo, caricai l’arco subito con un'altra, seguendo sempre lo stesso procedimento di non curanza. Ogni tanto un qualche valletto si metteva a correre in mezzo agl’obbiettivi, raccattando quante più frecce possibile, per poi metterle ordinatamente dentro una delle dieci faretre che mi ero portata appresso, onde evitare crisi di nervi ed insulti verso poveretti, non colpevoli dello scempio che stava diventando la mia vita.

 Naturalmente mio padre non perdeva un momento per ricordarmi della festa, del mio impegno per il popolo e tante care cose, ma nei giorni precedenti alla festa, quando di solito arrivavano gl’ospiti, aveva deciso che le mie strilla, che scuotevano l’intero palazzo, non sarebbero state un buon biglietto da visita per il mio futuro marito ed in ogni caso aveva scoperto che il Re dei Nani, un certo Thorin, aveva deciso di non prendere moglie, offrendo però come sostituto, l’erede più prossimo al trono, cioè suo nipote.

 Questo aveva portato Mellor ad una profonda desolazione interiore ed alla totale perdita del buon umore, rendendolo scorbutico, ma talmente scorbutico da evidenziare ancora di più il nostro stretto legame di parentela. Non era cosa nuova, infatti, sentire commentini della servitù quali “Tale padre, tale figlia” che serpeggiavano per tutti i corridoi del palazzo.

 Senza contare poi, che i pasti erano diventati una sottospecie di tripudio di asio reciproco, visto che entrambi davamo il meglio di noi stessi in cattiveria ed acidità, sputandoci addosso veleno e sentenze.

 

«Io sono il re, esigo rispetto!»

«Io sono un essere umano! Esigo libertà!»

«Tu sei un mostro! Dannato il giorno che ho deciso di educarti alla perseveranza!»

«Ma dannato il giorno che sono entrata a far parte della tua famiglia!»

«Sei una donna! Non devi rispondere!»

«Non ti azzardare a dirmi cosa devo o non devo fare, padre!»

«Vai in camera tua, ingrata!»

 

 Naturalmente tutti questi discorsi si concludevano con punizioni e minacce, che puntualmente non ascoltavo, rimanendo seduta al mio posto, sbuffando peggio di una ciminiera e fissando torva qualunque cosa avessi intorno.

 Ecco perché in quel periodo nessuno aveva osato parlarmi, per paura di una mia qualche pessima reazione, soprattutto se in mano stringevo delle armi perché, nonostante non mi stessi impegnando, ero davvero un’ottima arciera, capace di uccidere animali anche a grandi distanze.

«Vossignoria…»sussurrò tremolante la voce di un valletto, che mi si accosto facendo una profonda riverenza.

Grugnii irritata, mentre con grande maestria scoccavo la freccia, facendola finire al centro esatto dell’obbiettivo. Potevo sentire il valletto, al mio fianco, deglutire a vuoto, mentre gl’altri lo fissavano con un misto di terrore e paura.

«Dimmi!» sibilai rabbiosa, centrando più e più volte l’obbiettivo, incurante di spaventare a morte il giovane.

«Sono arrivati i primi ospiti e … - »sibilò in un sussurro strozzato.

«Oh certo!» dissi uscendo fuori dai gangheri, buttando malamente l’arco in terra e fissando truce il giovane, probabilmente della mia età che mi fissava con lo stesso sguardo di un coniglio consapevole di essere in punto di morte «E magari è richiesta anche la mia presenza, vero? VERO?»

Quello si limitò ad annuire, fuggendo poi a gambe levate nello stesso istante in cui mi voltai per scagliarle la freccia che avevo sottomano lontano da me.

Feci alcuni versi frustrati, tirandomi una lunga ciocca di capelli quasi fino a strapparmela e successivamente, dopo aver cappottato l’intero portantino delle armi, ripresi tutto il mio contegno e m’incamminai, a passo spedito verso l’interno del castello, premurandomi di fare un sorriso così ampio da risultare quasi folle, spaventando tutti quelli che mi incontravo sul mio cammino, perfino mia madre, che mi aspettava fuori dalla porta, vestita di tutto punto.

«Ithiel!»disse scandalizzata, fissando i miei capelli scarmigliarti ed i tratti docili del mio volto deturpati dalla mia orribile espressione.

« Si, madre?» sibilai malignamente, mentre lei si avvicinava e mi tirava uno schiaffo sulla guancia, abbastanza forte e sonoro.

Rimasi scioccata da quel gesto. Mia madre non aveva mai usato le mani su di me, era una cosa che detestava fare, che ripudiava. Preferiva di gran lungo mettermi in punizione, possibilmente chiusa nella mia stanza, a riflettere su quello che avevo fatto, oppure seduta su una sedia, con la faccia rivolta al muro e una guardia che controllava che non spiccicassi parola. Poi certo, che corrompessi le guardie era tutt’un altro discorso.

 Mi acquetai, subito, ferita dal suo gesto ed abbassai la testa.

«Insolente» disse solamente, fissandomi truce «Vatti a dare una sistemata e torna immediatamente qua. Tharanduil, suo figlio e l’intera delegazione degl’elfi di Bosco Atro sono appena giunti a palazzo».

Incassai le sue parole, senza dire niente e corsi immediatamente nelle mie stanze per riparare al disastro che ero in quel preciso istante, spazzolandomi i capelli e intrecciandoli fra di loro in una treccia molto semplice ed elegante.  Feci tutto in maniera così automatica da spaventarmi, soprattutto quando mi trovai ad osservare l’immagine di una donna a me sconosciuta davanti allo specchio.  Capelli color ebano e pelle diafana, sfigurata da una guancia rossa e gonfia, perfettamente composta ed elegante, ma con uno sguardo incredibilmente triste e vuoto.

Ero io, certo, ma non la me stessa che vedevo ogni mattina allo specchio, che criticavo o vezzeggiavo a seconda dell’umore della giornata, era un  corpo a me totalmente estraneo, se non per la piccola voglia a forma di mezza luna sulla scapola, da cui tra l’altro, avevo preso il nome.

Mi passai una mano fra i ciuffi lasciati liberi dall’intreccio della mia treccia, scombinandoli un po’ e cercando, contemporaneamente, di coprire il segno rosso sulla guancia.

 Quando mi ritenni abbastanza presentabile scesi verso la sala dei ricevimenti e bussai lievemente alla porta, facendo voltare trenta paia di occhi verso di me.

«Ithiel!»disse stupito mio padre, alzandosi dal suo trono e venendomi incontro molto frettolosamente « Credevo ti fossi persa nelle tue stanze»

«Scusate, padre!»dissi, facendo una breve riverenza mentre questo si avvicinava e mi prendeva gentilmente a braccetto, conducendomi verso il gruppo formato da una decina di elfi« Ma mi stavo allenando con l’arco ed ho perso la cognizione del tempo…»

Gl’occhi azzurri di un elfo biondo si accesero subito d’interesse.

 

 

Angolo Autrice
Incomincio ringraziando tutti quelli che hanno recensito, dandomi l'input per continuare a riscrivere la storia, e anche quelli che l'han messa fra le preferite/seguite/ricordate, perchè davvero, non ci speravo neppure che questa storia potesse piacere a qualcuno.
Spero che questo capitolo sia all'altezza delle vostre aspettative, perchè le mie le ha deluse tutte, visto che l'ho riscritto almeno tre volte in tre modi totalmente differenti, e continua comunque a non piacermi affatto. Quindi, prometto che dal prossimo capitolo riprenderò a scrivere in maniera decente ;3
Grazie mille a tutte/i tutti
xoxoC

p.s. molto probabilmente ci saranno errori disseminati un po' ovunque ma sono reduce da cinque ore di sonno e non ho la forza mentale per mettermi a rincotrollare tutto.

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