Mondi dimenticati

di TheNaiker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Satoko Houjou ***
Capitolo 2: *** II - Ryuugu Rena ***
Capitolo 3: *** III - Miyo Takano ***
Capitolo 4: *** IV - Sonozaki Shion ***
Capitolo 5: *** V - Rika Furude ***
Capitolo 6: *** VI - Akane Sonozaki ***
Capitolo 7: *** VII - Keiichi Maebara ***
Capitolo 8: *** VIII - Hanyuu Furude ***
Capitolo 9: *** IX - Mion Sonozaki ***
Capitolo 10: *** X - Satoshi Houjou ***



Capitolo 1
*** I - Satoko Houjou ***



I – Satoko Houjou


Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

È più di un anno che lui non è qui con me. Dove è andato? Forse è colpa mia, se è andato via. Devo fare la brava bambina, altrimenti non tornerà. Zio Teppei è qui a casa nostra, ora, immagino che sia venuto da noi per mettere alla prova il mio coraggio. Nostra zia era stata uccisa un anno fa, quando Nii-Nii era ancora con me, ed è stato dopo la sua morte che Satoshi è sparito. Però non so cosa è avvenuto a quella donna, di preciso... Non ho mai visto il suo cadavere, so quello che è successo solo perché Rika mi ha raccontato quello che ha sentito dagli altri. Gli abitanti del villaggio non mi parlano mai, mi odiano perché sono un Houjou.

Di Rika mi fido, lei è buona, non avevo bisogno di andare a vedere il corpo di mia zia. E neppure quello dei miei genitori. Di loro non mi è mai importato molto, erano gente cattiva. Volevano farmi del male, ne sono sicura, ne sono sicura. Se fossero state brave persone non sarebbero state detestate da tutti, trattate come dei rifiuti umani, e sarebbero ancora in vita. E se il mondo funziona così, se le persone spariscono perché sono cattive, allora anche la zia lo era, ecco perché l'hanno ammazzata. Così i conti tornerebbero... Ma allora perché Nii-Nii non è più qui? Che sia morto anche lui? No, non è possibile, lui non era cattivo, lui deve essere ancora vivo, è solo sparito da qualche parte... A meno che non fosse stato buono abbastanza per rimanere a casa, vicino a me. Ha fallito il suo test. E se io lo passo per me e per lui, allora mio fratello tornerà, e noi saremo di nuovo felici. Devo salvaguardare questa casa, devo salvare la mia famiglia finché Satoshi non torna a casa. Devo essere coraggiosa, devo comportarmi da brava bambina

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Teppei è qui da un mese, ormai. Perchè Satoshi non è ancora tornato? Non ho ancora passato questa prova così piena di sofferenze? Non sono stata brava abbastanza? Per quell'uomo ho cucinato, ho lavato i panni, ho portato la spesa, ho pulito casa, ho fatto tutto quello che mi ha ordinato di fare, e quindi perché questa mia via crucis non è ancora finita? Sono stata persino a casa, per lui, e l'unica volta che sono andata a scuola i miei compagni mi hanno supplicato di chiedere aiuto a loro, o all'Ufficio per la Protezione dei Minori, ma perché dovrei comportarmi così da vigliacca, poi? Nii-Nii non l'ha mai fatto, e se io seguissi il loro consiglio allora è come se gettassi la spugna, e fallirei il mio testo. Se questa loro interferenza nella nostra vita fosse permessa, anche mio fratello l'avrebbe chiesta, l'anno scorso.

No... la questione è un'altra, ora capisco tutto. Satoshi non aveva chiesto loro aiuto, al contrario si era mostrato distaccato, considerava i nostri compagni dei seccatori. Con loro non era stato gentile, non lo era stato per niente. Non era stato cortese perché sapeva che non era necessario esserlo, anzi, sapeva che essere carino sarebbe stato persino sbagliato... E' stato lui a uccidere la zietta, ora è tutto chiaro. L'ha ammazzata, e poi se ne è andato. E' stato cattivo, e nonostante ciò... anzi, proprio per ciò Oyashiro-sama l'ha fatto sparire, e questo è stato il suo premio, non la sua punizione. L'ha mandato via, lontano da questo villaggio orrendo, da questa gente così malvagia. Gli è bastato far fuori nostra zia... Ma allora se io mi libero di Teppei, potrò andarmene anche io? E dove? Forse Oyashiro-sama mi porterà dove si trova mio fratello? Forse potrò raggiungerlo. Sicuramente potrò raggiungerlo. Sicuramente, questo è l'unico modo per raggiungerlo.

Già, avevo torto, prima. Non devo fare la brava bambina. Devo fare la bambina cattiva.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Mi chiedo se la vita di zio Teppei sia stata un sacrificio sufficiente. La sua motocicletta è un modello abbastanza vecchio, quell'uomo dalle mani bucate non aveva mai i soldi per comprarsene una nuova. Così se ne andava in giro sempre con quello scooter... e non è stato difficile sabotarlo. Stamattina doveva recarsi ad Okinomiya per delle faccende da sbrigare, ma per farlo doveva passare attraverso i boschi. E allora ho fatto in modo che il motore esplodesse dopo una decina di minuti, causando un incidente che deve essergli stato fatale. Ne sono certa, non può essere sopravvissuto a un botto del genere. Dove potrebbe trovarsi il suo cadavere, adesso. Non lo so, ma chissenefrega. C'è una scarpata accanto alla strada, e l'esplosione deve averlo spinto giù dal dirupo. E anche se non fosse così e la polizia riuscisse a trovarlo, ciò non ha alcuna importanza. Non capiranno mai che si è trattato di un sabotaggio, quella motocicletta è vecchia, penseranno a un'avaria, a una tragica fatalità. E se ci fosse un testimone? Beh... Non sarebbe un problema. Anzi, più ce ne sono, meglio è. Sarebbe la conferma che lo scooter è la causa del decesso, che io non ero là; parlerebbero solo dell'esplosione e del boato che hanno sentito. Comunque, non è che abbia bisogno di testimoni, sono stata qui tutto il giorno, e ho pure chiesto all'Ufficio per la Protezione dei Minori di mandare qualcuno a casa mia, giusto per avere un alibi. Ho aperto la porta quando hanno suonato, e ho detto loro che era tutto OK, e in fondo non stavo mentendo. Teppei è morto, e presto raggiungerò Nii-Nii.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Perchè sto ancora qui? Perchè io sono ancora qui, lontano da Satoshi? Non capisco. Gli altri sembrano così sollevati che Teppei non sia più a casa nostra, ma continuano a pensare che io non stia bene. Certo che non sto bene, razza di idioti! Credete che io possa mai stare bene, mentre Satoshi non è qui con me? Come posso io essere felice? Forse... Forse copiare semplicemente quello che mio fratello ha fatto non va bene, o forse Teppei non era abbastanza come vittima sacrificale.

Già, lo sapevo. Nii-Nii mi ha mostrato il sentiero da seguire, ma per essere ricompensato come lui io devo superarlo, devo fare più di lui. Sì, non otterrò lo stesso premio se io non faccio qualcosa in più, qualcosa di speciale. Il mio test sarebbe stato troppo facile, devo fare qualcosa di grandioso. Ma cosa? Il festival del Watanagashi si terrà tra qualche giorno, quella sarebbe l'occasione perfetta per entrare in azione... No, anzi, un momento anche migliore per agire sarebbe proprio adesso, subito prima del festival. Sono tutti presi dalle celebrazioni, dai preparativi, anche quelli che dicono di essere i miei amici. Lo so bene. Pretendono di essere preoccupati per la mia situazione, ma intanto non vedono l'ora di festeggiare, non vedono l'ora di essere fare baldoria.

Li capisco, dopo tutto. Vogliono solo essere felici, spensierati. E anche io voglio essere felice... E quindi non posso fidarmi di loro. È così. Ora so cosa fare, con il suo operato Nii-Nii mi ha dato un prezioso suggerimento, adesso io porterò il suo consiglio alle estreme conseguenze.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Ho finito, per fortuna. Giusto in tempo. Il Watanagashi sarebbe stato domani, ma non credo proprio che a Hinamizawa ci sia qualcuno che abbia voglia di celebrarlo, ora. Le tre Grandi Famiglie avevano condannato i miei genitori, avevano condannato Satoshi, avevano condannato anche me. Oggi io ho condannato loro.

Kimiyoshi è stato il primo a cadere, e probabilmente è stato il più arduo da eliminare, quello faceva finta che io non esistessi, e cercava di evitarmi a tutti i costi. Sciocco, pensavi davvero che fosse possibile sfuggirmi? Non è stato difficile mettere del veleno nella riserva di sakè che gli avevano portato qualche giorno fa, basta fermare il camioncino che trasportava le bottiglie con un pugno di chiodi, e mentre quelli cercano di cambiare le gomme ti intrufoli alle loro spalle e fai quello che devi. Certo, così non puoi scegliere quale persona uccidere, e ho sentito che molti altri membri della loro famiglia sono morti a causa di quel veleno, ma personalmente a me importava solo che il loro capo non potesse sopravvivere.

Quanto ai Sonozaki, uccidere Oryou sarebbe stato ugualmente difficile, ma perché dovrei porre fine alla vita di una vecchia bacucca destinata a morire in poco tempo? Mettere le mani sulla sua giovane erede sarebbe stato molto più eccitante e soddisfacente, e questo è stato quello che ho fatto. Povera Mion, sempre così ottimista, e così facile da ingannare e da portare a casa mia. Una piccola scusa per farla voltare da un'altra parte, una rapida pugnalata al cuore senza darle il tempo di difendersi, e quell'ingenua ragazzina ha lasciato questo mondo non capendo neppure quello che le è successo.

Rika è stata persino più facile da scovare. È venuta dritta da me, dopo aver saputo di quello che era accaduto ai capi delle altre due Famiglie, e mi ha fatto un noioso discorso sulla condanna subita da questo mondo maledetto, una serie di bizzarri paroloni che era davvero impossibile comprendere. Però alla fine ha anche aggiunto: “Se hai intenzione di uccidermi, eccomi qui, fai quello che vuoi, non ti metterò i bastoni tra le ruote.” Grazie mille, signorina Furude.

Non ho voglia di occuparmi del suo corpo, né di quello di Mion del resto. Penso che che li terrò da qualche parte in casa mia. In fondo, anche se qualcuno entrasse qui per un qualche motivo e trovasse i cadaveri in una delle stanze, non riusciranno mai a prendermi. Nii-Nii sta per arrivare, e portarmi via da qui, verso un mondo felice. È tutto finito, ora. Ho fatto quello che avevo bisogno di fare, e non mi importa nulla se gli altri stanno nutrendo dei sospetti nei miei confronti. Nii-Nii mi salverà. Presto sarò felice, Satoshi verrà da me, e io verrò via con Satoshi.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Io davvero non capisco. Perchè sono ancora così lontana da lui? Perchè sto fuggendo? Perchè mi trovo su questo ponte sospeso? E perché questo stupido ragazzo sta correndo dietro di me, inseguendomi?

Mi fermo sul ponte. Stupido Keiichi-san, sei come Nii-Nii, vero? E allora perché non capisci? Perchè continui a dire che sei mio amico, nonostante tutto? Per favore basta, non ti azzardare a dirlo un'altra volta. Vorresti dimenticare quello che è successo, e venire a vivere con me e mio fratello? Perchè? Nessuno ti ha dato il permesso di scappare con noi. Per unirti a noi, dovresti superare il tuo test, dovresti uccidere tante tante persone, come e più di quanto ho fatto io. Dovresti distruggere l'intera Hinamizawa, per liberarti dalla tua maledizione. E quindi dovresti eliminare anche me, e anche Nii-Nii.

Mi spiace.

Pensi di essere come Nii-Nii, dici di essere come Nii-Nii, ma tu non sei Nii-Nii. Non posso lasciarti fare quello che vuoi fare, io devo proteggere Satoshi.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Da qui posso vedere il corpo di Keiichi che giace senza vita su quelle rocce. Non può essere ancora vivo, questo ponte è così alto, e questo strapiombo fa paura solo a guardarlo.

E anche ora, io sono qui, da sola. Senza i miei compagni, senza mio fratello. Sola, con me stessa.

Ora capisco, per poter riunirmi con Satoshi, io devo dargli la cosa più preziosa che mi è rimasta. Probabilmente, non dovevo uccidere gli altri, dovevo uccidere me stessa.

Sono sulla cima del ponte, e i miei piedi lambiscono ora l'orlo del baratro.

Guardo giù, inghiottendo la mia stessa saliva, e chiudo gli occhi.

Un profondo respiro, e sento il mio corpo mentre si spinge volontariamente in avanti, verso il precipizio.

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

Mi spiace, Mi spiace, Mi spiace...

Capisco di aver fatto qualcosa di terribile, lo capisco solo adesso che è troppo tardi.

Mi spiace, Mi spiace, Mi spiace, Mi spiace...

...

Nii-Nii non è qui con me, dove è Nii-Nii?

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Capitolo 2
*** II - Ryuugu Rena ***



II – Ryuugu Rena


Questo camioncino mi è sempre stato così utile, mi chiedo perché mai l'abbiano gettato in questa discarica. Gli mancano le ruote, i sedili, il volante, l'aria condizionata, le maniglie... ma ha comunque tutto quello che mi serve. C'è molto spazio qui dentro e i vetri sono tuttora integri, così mi è possibile rimanere all'asciutto, quando fuori piove e ho bisogno di un posto per stare da sola, al riparo dall'acqua, e al sicuro dagli altri. Come adesso. Qui nessuno mi ha mai trovato, qui nessuno mi troverà mai, qui la mia mente potrà continuare a viaggiare libera, nell'infinita tranquillità di questo posto.

I miei occhi si muovono da soli, dotati di volontà propria, e non possono fare a meno di fissare la mia mano destra. Non è pulita, non è per niente pulita, porta su di sé i segni del Male. Il polso annerito mi duole, il palmo è interamente coperto di lividi e graffi, le unghie si sono spezzate, le dita sono macchiate di sangue. Beh, non è che sia così strano. Quei dannati vermiciattoli... Ho tentato di rimuoverne il più possibile dal mio collo martoriato, prima, ma ho sempre l'impressione che più io li espella dal mio corpo più essi ricompaiano dalle mie ferite ancora aperte. E ora la mia povera gola sta gridando di dolore, a causa del trattamento che gli ho riservato, ma ne è valsa la pena, almeno adesso sto un poco meglio. Ma quanto durerà questo sollievo? Quei parassiti torneranno presto, e io non posso andare avanti così. Devo leggere più attentamente i quaderni che ho ricevuto da Takano-san, ma lo farò dopo, non ho tutta questa fretta.

Sono più interessata a quello che sto tenendo nella mia mano sinistra, ora. Un documento, proveniente direttamente dall'ufficio di Irie-sensei. Negli ultimi giorni soffrivo di nausea, non riuscivo a dormire, ho perfino vomitato più di una volta. All'inizio ho pensato a un qualche raffreddore, a una malattia estiva, ma in questi giorni non ho mai starnutito, quindi non poteva essere quello. Così... all'improvviso un sospetto innominabile è comparso nella mia mente, e per verificarlo ho chiesto aiuto al nostro caro dottore. Ho fatto un piccolo e semplice esame, e il risultato è stato quello che mi aspettavo. Irie invece non era preparato a un esito del genere: immagino non fosse la prima volta che annunciava una cosa del genere a una donna, ma senza dubbio era la prima volta che nel dirlo si era sentito terribilmente a disagio.

Sono incinta.

Povero papà, non so davvero come reagirà a questa notizia. Già si trova a dover vivere da solo con la sua unica figlia, e tutto ad un tratto questa si presenta davanti a lui e gli dice che aspetta un bambino. Sarà uno shock per lui, e anche per gli altri. Chissà che dirà il villaggio... Diranno che lui è un pessimo padre, un irresponsabile. Mi vorranno portare via da lui, e mi vorranno affidare a mia madre, e alla famiglia che si è creata con quell'uomo. No, non lo permetterò mai, piuttosto l'ammazzo, quella meretrice. Dopo tutto, so come si fa. Quella donna non sarebbe neppure la prima a morire per mano mia, Rina e Teppei hanno già avuto questa sorte, e infatti i loro corpi sono laggiù, ben nascosti da me e dai miei amici. Spero che nessuno trovi mai i loro cadaveri, se la polizia iniziasse a sospettare di me mi porterebbe in prigione, lontana da papà...

Ma quindi? Dovrei andare a casa? Non piove più, il cielo è ancora minaccioso ma intanto ha smesso di lasciar cadere acqua da quelle nuvole scure; potrei anche lasciare questo camioncino malridotto, però... Io vorrei restare ancora un poco. Mi piace la tana che mi sono costruita qui dentro, questo è un posto così solitario, degno del più misantropo degli eremiti. Il silenzio regna sovrano in questa discarica, interrotto solo dal raro gracchiare dei corvi, e qui le giornate si susseguono monotone e sempre uguali. Ed è così che le voglio. Io non voglio vivere delle avventure, non ne sento alcun bisogno. Vorrei che la mie settimane, i miei mesi, i miei anni... fossero tutti fatti di giorni tranquilli, privi di qualsiasi evento sconvolgente, a costo di passare un'esistenza noiosa. Sarei sempre in pace, lontana dai pericoli, e dai problemi della vita che tanto assillano e affascinano gli altri. Non sarebbe meraviglioso, se non dovessi affrontare neanche un problema, fino al giorno della mia morte? Io non voglio essere ricordata come un'eroina, come una persona che ha fatto qualcosa di speciale. Io voglio solo essere felice, ogni giorno, insieme ai miei amici, e insieme a mio padre. Non voglio che qualcosa o qualcuno distrugga il mio piccolo mondo, il mio intimo paradiso personale.

Ora però si sta facendo davvero tardi, non posso più stare qui. Devo andare a casa. Chiudiamo le porte di questo furgone, non vorrei che un ladro si intrufolasse qui dentro e prendesse tutti i miei tesori che ho lasciato all'interno... Lo so, forse la mia è una paura ridicola, ma sono abituata a seguire la mia routine quotidiana, mi fa stare meglio. Quando esco di casa chiudo sempre tutte le finestre e tutte le porte, non vedo perché non dovrei farlo anche qui. Ma ora andiamo.

Mentre cammino, rileggo il foglio di carta che Irie mi ha consegnato. Cosa dirà mio padre, quando gli rivelerò cosa si cela nel mio ventre? Resterà senza parole. La sua cara figlia.... Oh, papà, non ti preoccupare, è stata una mia scelta, tu non c'entri. Lo capisco, tu sei pur sempre un uomo, con le sue debolezze e le sue passioni, ecco perché ti eri innamorato di quella donna, ho forse torto? Rina non è più su questa terra, ora, lei non può più portarti alla rovina, ma io temevo comunque che forse tu avresti cercato qualcun'altra, un'altra amante, simile a lei. Prima la mamma, poi quella donnaccia, poi chissà chi altra. Papà, hai sempre sfortuna, quando scegli la tua compagna... e sicuramente anche la prossima sarebbe stata un pericolo per te, avrebbe rischiato di distruggere tutto, la nostra casa, le nostre cose, la nostra stessa vita insieme...

Dovevo prendere l'iniziativa, dovevo proteggerti. Vedendoti in tutti questi anni ho capito che un uomo non può stare senza una donna, e tu ne avresti certamente cercata un'altra, ma in fin dei conti c'era già una donna in casa nostra. Sono sempre stata accanto a te nel momento del bisogno, lo sai. Non volevo che tu soffrissi ancora, il tuo cuore ha già sanguinato abbastanza, dopo il divorzio e la storia con Rina. Tu sei mio padre, la mia famiglia, il mio uomo... Tu sei il mio mondo. Ho solo anticipato il tuo istinto, ho preso questa decisione, l'ho fatto per proteggerti. Ti ho donato me stessa, ma questa è una cosa che spiritualmente ho sempre fatto, in tutti questi anni.

Lo so, sarà curioso... Un bambino verrà presto alla luce, e papà sarà suo nonno, ma allo stesso tempo sarà anche suo padre. Però che cosa succederebbe, se lui fosse spaventato dalla reazione e dall'opinione degli altri? Io spero che non accada, in fondo non è mai stato un uomo a cui importasse quello che la gente pensava di lui, e anche se fosse potrebbe sempre mentire, io non lo contraddirei di certo e nessuno morirebbe per una bugia così innocua. Papà, non devi rimproverarti o vergognarti per quello che è accaduto, mi avevi detto che non volevi fare una cosa simile, quella notte, ma dopotutto sei solo un uomo, e non c'era nulla che potevi fare per evitare l'inevitabile, a dispetto di quanto tu avessi urlato, e di come ti fossi opposto. Non ti ho forse detto Ti voglio bene, papà un'infinità di volte, in passato, e anche in questi giorni? E non hai forse tu fatto altrettanto? Ci siamo sempre voluti bene, ci siamo sempre amati. È tutto assolutamente normale.

Tuttavia... Giungerà lui alle stesse mie conclusioni, alla fine? Vorrà ancora continuare a vivere insieme a me, una volta a conoscenza di questa storia? Oppure comincerà a considerarmi una ragazza priva del lume della ragione, e a disprezzare questo bambino come se fosse un abominio? Se mi scacciasse di casa, all'improvviso, ritenendomi solo un orrendo mostro, e nulla più? Non potrei sopportarlo. Papà, non puoi negare la nostra esistenza, noi due siamo qui, e tu lo sai.

E poi, sono forse peggiore degli altri? Come possiamo anche solo pensare che noi siamo gli unici ad avere questo destino? Come può essere possibile che nessun altro abbia degli scheletri nell'armadio, oltre a noi? Non ci credo. Guardiamo gli altri, guardiamo i miei amici... Quanti terribili segreti nasconderanno? Per esempio, Mii-chan e Shii-chan sono così simili alla loro madre, fisicamente, ma non hanno preso nulla dal loro padre... Come possono essere sicure che quell'uomo sia davvero il loro vero padre? Akane-san poteva benissimo avere avuto un amante, con cui ha generato quelle gemelline, e forse ce l'ha anche al giorno d'oggi. Lei e Kasai-san passano sempre molto tempo insieme, decisamente troppo tempo.

Riguardo a Keiichi-kun, invece... Beh, non c'è bisogno che ne parli, che faccia delle ipotesi. Conosco già il suo peccato, Oishi-san mi ha raccontato tutto dei suoi problemi passati. Ci ha nascosto quello che ha fatto, facendosi passare per una sorta di supereroe senza macchia e senza paura, si è persino offerto di aiutarmi. E Satoko-chan, poi? È una rinnegata, appartiene alla famiglia Houjou, i suoi genitori ci volevano far affogare tutti, sommergendo il villaggio con l'acqua della diga. È per questo che è odiata da tutti, la sua anima è maledetta, altrimenti non sarebbe trattata così male.

Sono tutti dei mostri, ma visti dall'esterno hanno tutti la faccia di persone perbene. E per proteggere la loro reputazione non esiterebbero a tradire i loro amici, non esiterebbero a tradire me. Anzi, probabilmente l'hanno già fatto. Ecco perché sono da sola, mi sento molto più sicura, quando gli altri sono lontani da me.

Già, è tutto chiaro, finalmente. Che siano demoni come riporta la tradizione o alieni come dicono gli appunti di Takano-san, questo posto è un covo di mostri crudeli, di creature senza cuore, e non vi sono eccezioni. È un luogo dove i figli del peccato vivono e prosperano, crescendo all'oscuro della loro reale natura e pretendendo di essere ragazzi normali. Voi non siete normali esseri umani, abbandonate quest'assurda speranza. Siete delle bestie inumane, lo so che vorreste guardarmi dall'alto in basso e dire che io sono peggio di voi, che questo bambino non dovrebbe mai nascere. E questo perché la vostra anima è cupa e malvagia. Non posso lasciarvi continuare ad infestare questo posto. Non posso lasciarvi in vita.

Sì, c'è solo una soluzione. Questa gente è destinata alla dannazione, tutta Hinamizawa è maledetta. Ma per spazzare via questi mostri dalla faccia della terra, la cosa migliore è cancellare la loro ultima generazione, quelli che in teoria dovrebbero vivere più a lungo. Senza i loro figli, senza i loro bambini, questo villaggio è condannato ad estinguersi, liberando tutto il mondo dalla loro immonda presenza. È questa la strada da seguire, e so già cosa fare per adempiere al mio dovere. So dove reperire le taniche di gasolio senza farmi notare, e so anche come, dove e quando colpirli.

Questa notte, dopo che papà sarà andato a letto, inizierò i preparativi. E domani, il grande Fuoco della Purificazione colpirà quella scuola, ardendo ogni cosa e ripulendo ogni traccia di malvagità da questa terra dimenticata da Dio.

Già. Pensavo che non sarei mai stata un'eroina, ma in fondo sono costretta a diventarlo. E così io salverò il mondo, e darò a noi due il diritto di esistere.

Papà, aspettaci. Arriveremo presto.




 


Nota dell'autore: Ho sempre pensato che Rena soffrisse del complesso di Elettra, guardando come si comportava nei confronti dei suoi genitori. Mi sono divertito ad accentuare questa caratterestica, immaginandomi le conseguenze e integrandole con il suo carattere e con la sua storia nell'anime.
 


 

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Capitolo 3
*** III - Miyo Takano ***



III – Takano Miyo


Non mi importa una beata fava se quella rimbambita si è buttata giù dalla veranda del suo nascondiglio! Cercate Rika, la voglio qui prima di stasera, viva o morta!”

Takano era fuori dai gangheri. I più recenti brandelli di notizie riportavano della morte di Sonozaki Shion, ricercata dalla polizia in qualità di principale sospettata degli omicidi seriali che avevano colpito il villaggio. Aveva lasciato questo mondo prima di essere catturata, probabilmente commettendo suicidio. Ma questo era l'ultimo dei problemi di Takano, ora. Che cosa poteva fare, a parte ordinare alla Yamainu di cercare il corpo esanime di Rika? Doveva trovare assolutamente il modo di stabilire l'ora esatta del decesso della bambina. Che cosa sarebbe accaduto, se avesse scoperto che la bimba era stata uccisa davvero più di due giorni fa, come dichiarava l'autopsia preliminare? I suoi contatti alla centrale di polizia avevano raccolto alcune informazioni, ed era stato loro detto che l'omicidio risaliva circa a una settimana prima.

Una settimana fa... No, non è vero, non è vero, non è vero, non è vero, non è vero, non è vero... Takano ripetè tra se a bassa voce, pietrificata da quella lugubre possibilità. Quella notizia era stato un autentico fulmine a ciel sereno, l'aveva scossa e privata da tutte le sue certezze. Smarrita, la donna guardò il calendario elettronico appeso alla parete, era il primo di luglio, e quindi Rika sarebbe morta in un periodo compreso tra il ventidue e il venticinque di giugno. Già, era plausibile d'altronde, infatti non l'aveva più vista dopo il festival del Watanagashi, lei aveva dovuto nascondersi. Aveva utilizzato il cadavere di un'altra donna, per farsi passare per deceduta e poter agire indisturbata. Ma ora la sua strategia si stava rivelando una lama a doppio taglio. Non poteva supervisionare l'intera situazione nel modo in cui voleva, dovendo rimanere nell'ombra, e quindi poteva percepire chiaramente che qualcosa non andava.

Qualcosa, oltre al comportamento anomalo della Sindrome, per la precisione. Se Rika fosse morta realmente da così tanto tempo, gli altri abitanti del villaggio avrebbero dovuto cominciare ad agire violentemente, portati alla follia a causa dei parassiti piantati dentro il loro cervello. A quell'ora, sarebbero dovuti andare fuori controllo. Loro dovevano essere fuori controllo. Invece... nulla. Da una feritoia poteva spiare quello che avveniva nella Clinica, e nulla di strano stava accadendo. Era sufficiente dare un'occhiata a Irie per averne la conferma: era così stupidamente dispiaciuto per quello che era stato di quei mocciosi, ma a parte quello non era sotto stress, visto che non aveva dovuto fronteggiare un'epidemia di massa. Nessuno aveva mostrato i sintomi terminali della malattia.

Doveva sapere. Doveva sapere, era una questione di vita o di morte. Aveva passato in preda all'ansia e alle vertigini, senza cessare di farsi aggiornare dai suoi subordinati, nella spasmodica attesa di quella notizia che potesse capovolgere tutta la situazione e mostrare una volta per tutte che suo nonno aveva ragione. Ma non poteva starsene lì immobile per sempre. Scesa freneticamente nel seminterrato nascosto della Clinica e chiese subito di Okonogi, dopo aver controllato che Irie non fosse lì. Doveva esaminare il corpo di Rika, in un modo o nell'altro. Pertanto, dopo che l'uomo si era fatto vivo davanti a lei, gli chiese di aiutarla a raggiungere la sala autopsie all'interno della stazione di polizia di Okinomiya, senza curarsi di quanto l'operazione fosse rischiosa. La donna non accettò alcuna critica e obiezione, e alla fine Okonogi non potè fare altro che sospirare e annuire, prima di dare ordini precisi per effettuare i dovuti preparativi.

Così, alcuni minuti più tardi, Takano, Okonogi e altri tre soldati entrarono in un piccolo furgone, e durante il tragitto nessuno aprì bocca, il che permise alla donna di riflettere sui possibili scenari.

Si soffermò su quello che sapeva della storia. Rika era ufficialmente sparita il ventidue di giugno, in quanto c'erano testimoni che affermavano di averla vista nei giorni precedenti. Anche Satoko era stata data per dispersa a partire da quel giorno, e puntualmente il suo corpo era stato trovato all'interno del Maniero Sonozaki, non lontano da quello della sua piccola amica. Che cosa era mai successo, in quegli otto-nove giorni? Perché in precedenza la polizia non le aveva cercate con attenzione, dentro quell'edificio? Per quanto ne sapeva lei anche Keiichi e Rena erano stati assaliti, in quella stessa casa e giusto un giorno dopo la scomparsa di Rika. Una volta che avevano saputo che qualcuno aveva cercato di ucciderli nel Maniero, era abbastanza facile concludere che le due bambine erano state fatte fuori in quell'edificio e non da un'altra parte. Possibile che quel pallone gonfiato di Oishi non ci fosse arrivato? La casa dei Sonozaki è una costruzione antica e dalle dimensioni considerevoli, questo Takano lo sapeva, ma riteneva comunque che quella dell'ispettore fosse stata una grave inadempienza del suo lavoro. All'inizio non avevano fatto neppure una perquisizione come si deve, nel Maniero...

Era pur vero che né Keiichi né Rena avevano collaborato. Avevano solo ammesso che la sua amica aveva tentato di far loro del male, questo non potevano proprio negarlo: Rena era stata costretta a dire la verità, in modo da convincere la polizia a fare irruzione in quella sorta di grotta delle torture. Ma poi non avevano aggiunto nessun altro particolare, dopo quel giorno. Keiichi era ancora in ospedale, convalescente, e Rena era tornata a casa da suo padre. Irie li aveva invitati in Clinica, alla fine di giugno, per verificare quale fosse il suo stato d'animo, e in questo modo Takano aveva potuto osservarli da uno spioncino. Non erano più vivi, erano tutti e due morti... Ovvero, i loro corpi si muovevano ancora, ma l'esperienza vissuta aveva sfregiato indelebilmente i loro spiriti per il resto della loro vita. I loro gesti sembravano quasi meccanici, simili a quelli di marionette senz'anima, e dovuti più alla forza dell'abitudine che alla loro reale volontà. Ai due sventurati non importava più nulla di quello che succedeva attorno a loro, ormai.

E in barba a tutto ciò, quei due credevano ancora che Rika e Satoko potessero essere vive? Non avevano parlato ad anima viva di quello che era successo alle loro compagne, fino a ieri. Erano forse ignari di tutto? Non sapevano nulla? È semplicemente impossibile, i loro amici sono quanto di più prezioso hanno, non potevano non essere preoccupati per loro... Takano non capiva perché avessero protetto una ragazza che aveva tentato di uccidere Keiichi due volte. Non potevano pensare che quella fosse ancora loro amica, come hanno fatto ad avere la dabbenaggine di perdonarla sempre?

Takano alzò lo sguardo, e fissò Okonogi, il quale stava guidando e non potè ricambiare l'occhiata, concentrato solo sulla strada davanti a lui. Quindi, la donna diresse il volto verso la strada di campagna che stavano percorrendo. Non ricordava di essere mai stata su quella mulattiera. No aspetta, dove stiamo andando? Non arriveremo mai ad Okinomiya, se continuiamo lungo questo sentiero!

Senza che lei potesse avere il tempo di chiederne conto agli uomini con lei, il furgone si fermò. Erano lontani da Okinomiya, lontani da Hinamizawa, lontani da ogni edificio mai costruito su quella terra maledetta. Okonogi la squadrò freddamente, e quindi le ordinò: “Per favore scenda, Maggiore.”

"Perché dovrei mai..." Uno dei soldati non attese risposta. L'afferrò per un bracciò, e la tirò fuori con uno strattone, facendola cadere per terra su quella sporca strada. I quattro individui li stavano ora guardando, con un aspetto intimidatorio, e i tre subordinati stavano trasportando una mitraglietta ciascuno.

Takano si rialzò, ancora disorientata, e quindi chiese a gran voce: “Che significa tutto questo, Okonogi?"

"Oh, non l'hai ancora capito? Questa storia sulla Sindrome, sulla morte improvvisa della gente, sulla strage della popolazione per colpa della morte di una bimbetta... E' tutta una farsa, nient'altro che una montatura."

"NON TI AZZARDARE A DENIGRARE GLI STUDI DI MIO NONNO! NON OSARE...”

"Perchè allora non ci spieghi che cosa è avvenuto da quelle parti? Ognuno sembra in perfetta salute, alla faccia di quello che hai millantato alla Tokyo per tutto questo tempo."

"Io... Io non saprei..."

"Hmph. Tu probabilmente non ne sei al corrente, ma noi sapevamo già della morte della Regina Portatrice. Lo sapevamo sin dal... dal venticinque, o giù di lì, esattamente come la polizia. Rika-chan era passata a miglior vita già da un paio di giorni, a quanto pare, e quindi il Manuale di Emergenza non aveva ragione di essere eseguito, così abbiamo voluto fare un piccolo esperimento. Abbiamo atteso qualche altro giorno, aspettando gli eventuali sviluppi della situazione. E abbiamo visto che tutti continuano a stare bene. Nessuna follia, niente nuovi omicidi, niente di niente. Sai, Nomura-san, e anche molta gente della Tokyo... sono tutti così delusi, per colpa tua."

"Allora mi avete mentito! Al vostro Maggiore! Mi avevate assicurato che Rika era ancora in vita, fino ad oggi!”

Come se avesse importanza. Abbiamo solo modificato alcune delle informazioni che ti passavamo, solo per tenerti calmi per il tempo necessario per il nostro testo. Dopo tutto, eri sempre rinchiusa in quegli stanzini claustrofobici, non c'era possibilità che tu scoprissi la verità. E poi noi non abbiamo fatto nulla di diverso da quanto hai fatto tu. Ci hai mentito, con quella favoletta sui parassiti mortali... Ti abbiamo ripagato con la stessa moneta.”

Takano digrignò i denti: “Impossibile... E' impossibile, ho detto! Quello che il nonno aveva scritto su quei quaderni, il frutto del suo duro lavoro... Non può essere un falso! Aspettate solo un altro paio di giorni e vedrete...”

Beh, se non ti fidi di noi, puoi andare a chiedere al resto del villaggio... Ah, sicuro, non puoi, tu volevi sembrare morta, con quel trucchetto da due soldi... Certo che sarebbe interessante se ti vedessero ancora.... Ma come, non eri stata eliminata? Come mai sei ancora qui?... Sarebbe così divertente.”

Tu, piccolo bast..."

"Oh, non sono poi così piccolo, come puoi notare, Maggiore.” replicò lui, strappandole di mano i quaderni che Takano stava tuttora tenendo, prima di dar loro un'ultima occhiata colma di disprezzo e scaraventarli lontano. La donna li guardò mentre i fogli volavano in tutte le direzioni, e quindi tentò di correre per raccoglierli, ma un braccio la bloccò.

Che... Che cosa avete intenzione di fare...”

Non l'hai ancora capito? Irie-sensei sarà degradato, rimosso dal suo incarico, e mandato da qualche parte in Giappone, in qualche posto dove questa vergogna lo perseguiterà finché vivrà. In fin dei conti ha fallito anche lui, e non gli sarà dato altro tempo per studiare questa malattia, visto che tutte queste teorie sulla Regina Portatrici si sono rivelate per quello che sono, ossia storielle frutto della fantasia di uno squilibrato. Ma alla fine lui è solo un capro espiatorio, non sa nulla che possa risultare pericoloso per qualcuno dei capi, e quindi la sua vita sarà risparmiata. Questo non l'hanno ancora deciso, ma forse gli sarà dato il permesso anche di prendere con sé quel ragazzo ancora in coma, per provare a rimetterlo in sesto, in qualche modo... Ma non penso che riuscirà mai a fare una cosa del genere, senza fondi e senza mezzi adeguati... Che cosa potrebbe riuscire a scoprire su questa dannata Sindrome? Tsk, quel moccioso è comunque condannato a morire senza poter mai rivedere la luce del sole, e Irie-sensei non si perdonerà mai per questo destino tragico e inevitabile... Oh, chissenefrega. Quello che so per certo è che la tua situazione è completamente diversa dalla sua, Maggiore...”

La verità era infine apparsa davanti agli occhi di Takano.

Allora, come... come volete liberarvi di me?” disse, guardando con degli occhi inespressivi la strada piena di fogli di carta “Con quelle armi, con un'esecuzione, come se fossi una ladruncola da quattro soldi?”

"E' così... Ma poi dovremo far sparire il tuo corpo, che seccatura. Meno male che so già come sistemare la cosa. Ti ricordi di aver voluto far credere agli altri di essere stata bruciata, non è vero? È ora di far sì che ciò corrisponda alla verità.”

Capisco...”

Comunque non preoccuparti, il tuo cadavere sarà presto ridotto in cenere, non lo troveranno mai. Due Takano-san diventerebbero un grattacapo assai irritante, per i gran capi. Quindi, hai un ultimo desiderio? Un'ultima cosa da dire?”

Miyo scosse la testa, così i soldati sollevarono le loro armi, mirando al suo petto. Però, alla fine, quelle mitragliette non erano neppure necessarie. La donna aveva chiuso gli occhi, rivestiti da un'amara pellicola di lacrime. Suo nonno aveva avuto torto, evidentemente, e tutto il suo lavoro, la sua ragione di vita, era null'altro che carta straccia. Era stato tutto inutile. I suoi studi erano stati inutili, i suoi sforzi erano stati inutili. La sua intera vita era stata inutile. Oyashiro-sama l'aveva sconfitta, con un crudele quanto beffardo scherzo del destino. Nella sua mente, Takano pensò di non essere stata in grado di battere il Monaco, di cancellarlo e sostituirsi ad esso come dio di Hinamizawa. Pensava di avere fallito. Pensava di essere lei stessa un fallimento.

I tre soldati di fronte a lei mossero all'unisono i loro indici per premere il grilletto, ma nel profondo del suo cuore Takano era già morta.


Nota dell'Autore: E che è sta roba, direte voi? È un mio epilogo del Watanagashi-hen/Meakashi-hen, quelli in cui Shion è la colpevole. In questi mondi il Grande Massacro di Hinamizawa NON avviene, in quanto Rika muore per mano della sua amica e non di Takano, e quindi ho provato ad immaginare come la donna può aver reagito a uno scenario del genere. La storia ufficiale non ne parla, si ferma al momento in cui “Mion” attacca Keiichi in ospedale e Shion precipita dal palazzo, e quindi mi sono divertito a riempire questo “buco”.

Notare come, dando per vera questa teoria, la conseguenza è che la Sindrome sia una bufala e che non causi stragi di massa dopo la morte di Rika, nonostante quello che temeva quest'ultima. Non me lo sto inventando io, è una cosa che si può intuire pensando a molti particolari della storia, ma in fondo Rika stessa non può saperlo, muore sempre prima di scoprirlo...


 


 

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Capitolo 4
*** IV - Sonozaki Shion ***



IV – Sonozaki Shion


Accidenti, sarebbe bastato avere una coda di cavallo come acconciatura e un acquerello dipinto sulla schiena...

Invece lei non li aveva, e quella triste verità la faceva rimanere con l'amaro in bocca. Lei non era Mion, punto. Lei era Shion. E quel nome le ricordava che, delle due, lei era la gemella inutile. Quella ignorata da tutti, quella per cui nessuno avrebbe fatto qualcosa. Quella che l'intera famiglia voleva tenere lontana, in modo che non causasse loro delle seccature, con la sua semplice presenza. In fondo era per quello che l'avevano confinata in quel collegio di suore, così distante da Hinamizawa. In fondo, in quel gelido Maniero, lei non era amata, era solo sopportata: parenti, amici, servitori... tutti la guardavano con una malcelata diffidenza, era qualcosa di più forte di loro. Nessuno le voleva davvero bene, nessuno la apprezzava per quello che era.

Nessuno, tranne Satoshi.

Quel ragazzo era l'unico che non provasse fastidio, nello stare con lei. Anzi, a lui era sempre piaciuta la sua compagnia, fin dal loro primo incontro. Quel biondino sembrava gradire l'attenzione che lei gli dedicava, e la confusionaria pazienza di Satoshi ben si amalgamava con l'irruenta premura di Shion. Con lui, la giovane sperava di poter avere una propria vita autonoma, dopo che il casato Sonozaki aveva fatto di tutto per levargliela. E per avere questa dolce possibilità lei era pronta a qualsiasi sacrificio.

Era stato per questo motivo, che pochi giorni prima lei aveva accettato di farsi strappare tre unghie. Era stata ricattata da tutta la sua famiglia, Mion inclusa, l'avevano minacciata dicendo che non li avrebbero mai perdonati, se lei non avesse ubbidito. E lei aveva chinato il capo, in segno di resa. Avrebbe passato anche quel supplizio così doloroso, per saldare ogni suo debito. Quelle unghie strappate erano un segno inequivocabile, erano il simbolo della definitiva separazione tra lei e tutti i suoi cari. Voleva stare lontana da sua madre, da suo padre, da sua nonna, perfino da sua sorella. Sarebbe stata insieme solo a Satoshi, finché morte non li avrebbe separati.

E invece...

Qualcos'altro li aveva separati. Satoshi non era più lì, inghiottito nell'oblio di quell'improvvisa sparizione. Era stato Oishi a dargli quella terribile notizia, era stato lui a gettarla nello sconforto assoluto. Quelle poche parole che le aveva detto erano state una coltellata al cuore. Il suo sacrificio era stato quindi inutile, le sue povere unghie erano state divelte solo per il sollazzo di sua nonna e degli altri vecchiacci di casa Sonozaki. E la scarsità di informazioni riguardo l'accaduto non facevano altro che acuire quel senso di smarrimento che la ragazza provava. Non voleva certo arrendersi, ma cosa poteva mai fare, per lui? Dove poteva mai cercarlo? Dentro la sala delle torture, forse? Nella fredda e grande casa del suo clan? No, Shion sapeva che non l'avrebbe mai trovato là, nel caso fossero stati davvero i Sonozaki a farlo sparire. Allora, dove mai...

“Satoshi-kun?”

Shion si era voltata di scatto. Qualcosa nella sua mente le aveva suggerito che lui potesse essere dietro di lei, che lui la stesse seguendo. Ma evidentemente lì con lei non c'era nessuno, si era sbagliata. Solo un fantasma avrebbe potuto starle dietro senza farsi vedere, o roba del genere... stupidaggini.

L'unica cosa che le stava facendo compagnia, in quel momento, era il dolore insistente che sentiva alle dita della mano sinistra. Sotto le bende e le garze, laddove una volta c'erano le sue unghie così ben curate, ora c'erano solo delle improvvise fitte, accompagnate da una fortissima sensazione di bruciore che non le dava un attimo di tregua. Evidentemente le ferite avevano fatto infezione, Shion non si era medicata per bene, tutta presa com'era dal destino riservato a Satoshi.

Cosa avrebbe dovuto fare, però? Andare dal dottore per farsi controllare lo stato della mano? Andare da Irie-sensei, nella sua Clinica? Era fuori discussione. Se quelle dita erano davvero conciate male come lei presupponeva, il medico l'avrebbe portata in ospedale per degli esami più approfonditi, e l'avrebbe bloccata su uno scomodo lettino. Le avrebbe fatto perdere tempo prezioso, non avrebbe mai potuto cercare Satoshi, e quando l'avrebbero lasciata andare sarebbe stato troppo tardi. Doveva stringere i denti e convivere con quel dolore.

Dopo tutto, adesso, si trovava nella sua abitazione ad Okinomiya, immersa in una momentanea quanto apparente quiete. Kasai era uscito di casa per delle faccende da sbrigare, lasciandola da sola, e quindi Shion poteva fare a meno di dissimulare il dolore fisico e spirituale che provava. Il suo volto si contorceva di continuo nelle più diverse smorfie, fino al punto di far raggrinzire la levigata pelle del suo viso. Guardandosi allo specchio, le sembrava talvolta di diventare un mostro, a furia di deformare la sua faccia con quelle bestiali ed involontarie boccacce.

La mano le faceva male ora, seriamente. Le garze le dolevano, parevano quasi bruciarle la pelle sottostante. Doveva controllare cosa stava accadendo lì sotto... Così si tolse le medicazioni, e vide ciò che si immaginava. Le unghie dovevano ancora ricrescere, essendo state estirpate solo pochi giorni prima, e nel punto in cui si trovavano prima si potevano notare chiazze rosse e rossastre, segno che quelle zone erano tutte infiammate. Oramai anche il dorso della mano si era ricoperto di eczemi... dall'aspetto si sarebbe detto che quello fosse l'arto di un ustionato. E tutte quelle macchiette informi sembravano quasi disegnare delle faccine sulla superficie delle dita, come a raffigurare delle persone che la stessero guardando negli occhi, deridendola. Che razza di scherzo... Shion si irritò enormemente, sentendosi irrisa da parti del suo stesso corpo, e quindi si bendò nuovamente in fretta, senza badare troppo a fasciarsi nel modo corretto le dita.

La giovane non aveva tempo per curarsi di simili inezie. La mano non smetteva di tormentarla, ma mai quanto quello che le passava per la testa. Doveva pensare, spremersi le meningi, per riuscire a farsi venire un'idea su dove cercare il suo amato...

“Satoshi-kun?”

Le era sembrato che qualcuno avesse bussato alla porta. In teoria poteva essere anche Kasai, ma questo non le era neppure venuto in mente. Si precipitò fino al pomello, e lo ruoto con una forza e una veemenza spropositata, rischiando anche di sfondarne i cardini.

Nel corridoio esterno all'appartamento, però, non c'era nessuno.

Shion ansimava, con gli occhi sgranati. Era forse un frutto della sua soggezione? Un'allucinazione? Però le era parso davvero di udire il suono di qualcuno che bussava, di qualcuno che stava tentando di raggiungerla... Forse era stato veramente Satoshi, forse era stato lui, solo che era dovuto scappare prima che lei aprisse la porta e lo potesse vedere... Forse era lui, forse era lui, forse era lui... Sicuramente era lui, sicuramente era lui, sicuramente era lui... Era lui, era lui, era lui...

Basta, basta, basta... Shion scosse la testa per almeno un minuto, temendo di diventare matta. Non avrebbe tollerato un secondo di più quello stato delle cose, quella situazione le impediva persino di deglutire, di respirare, e avrebbe fatto qualsiasi cosa perché il suo spirito in pena potesse trovare un attimo di sollievo. Ma al tempo stesso non poteva permettersi di perdere il controllo, doveva restare calma. I suoi nervi erano a fior di pelle, ne era cosciente, e invece doveva mantenere il sangue freddo per poter ragionare meglio.

La ragazza sapeva benissimo che, non potendo contare sull'aiuto di molte persone, una delle poche cose che poteva fare era fare domande in giro, e farle di persona in quanto non voleva far correre ulteriori rischi al povero Kasai, dopo quello che era successo nella grotta delle torture. Peccato solo che non ci fossero molte persone informate del caso, con tutta probabilità. Oishi era un osso troppo duro per lei, era certamente abituato ad interrogatori e minacce di vario tipo, non le avrebbe mai rivelato quello che voleva sapere; altri ufficiali di polizia avrebbero avuto il terrore di spifferare qualcosa per cui non avevano avuto l'autorizzazione, e si sarebbero chiusi in un muro di silenzio per non incorrere nelle ire del loro ispettore capo.

Ai suoi occhi, non rimaneva che rivolgersi ai Sonozaki... Ma anche in quel caso l'impresa sarebbe stata tutt'altro che facile. Se avesse fatto anche solo una domanda riguardante Satoshi a un membro qualsiasi del clan, questo sarebbe andato diretto da Oryou, per informarla delle sue ricerche, e nessuno era in grado di prevedere quello che sarebbe potuto succedere. Persino di Mion non poteva più fidarsi, in quella grotta si era comportata in maniera gelida nei suoi confronti, totalmente insensibile alle sue suppliche, e non aveva mosso un dito affinché le fosse risparmiata quella barbara operazione alle sue unghie. Shion era consapevole di doversi muoversi con discrezione, sola com'era contro il mondo intero.

Era al colmo della frustrazione, chiusa in quel minuscolo trilocale, impossibilitata a muoversi... Sapere che le era stato portato via quanto aveva di più prezioso, e non poter fare nulla per impedirlo... La saliva le fuoriusciva dalla bocca, come a una bestia assetata di sangue. No, questo non l'avrebbe mai accettato, sarebbe impazzita al solo pensiero. Inoltre, quell'infiammazione che aveva alla mano le faceva temere di non avere molto tempo a disposizione: se l'infezione si fosse propagata dalle dita alla mano, e poi al braccio, e poi al resto del corpo, avrebbe rischiato di morire di cancrena, lasciando questo mondo nella disperazione e nei rimorsi... D'altronde, che poteva fare? Avrebbe ammazzato tutta la sua famiglia con le sue stesse mani, se avesse potuto, ma questo non avrebbe risolto nulla. E nel momento stesso in cui avrebbe contattato qualcuno, quest'ultimo avrebbe detto tutto agli altri, e questa volta non ci sarebbero state speranze per lei.

A meno che questa persona non avesse alcuna possibilità di parlare ad anima viva.

Già, era l'unica chance che poteva avere. Rapire qualcuno, e fargli vuotare il sacco senza che il resto del clan potesse sospettare di alcunché. Certo, il Watanagashi era appena passato, e vi erano già stati una vittima e una sparizione, ossia Satoshi e sua zia, ma in fondo nessuno avrebbe avuto qualcosa in contrario, se quest'anno si fossero verificate due scomparse, o due morti; anzi, l'avrebbero ritenuto un segno dell'accrescimento dell'ira del Monaco. Tutto il villaggio sarebbe piombato nel panico, non avendo le idee chiare sulla situazione nel suo complesso, e in questo modo sarebbe stato addirittura più semplice per lei ottenere le informazioni desiderate. Una prospettiva che deliziava l'animo agitato di Shion, che si mise una mano sul viso e iniziò a ghignare come un demonio. Doveva agire in fretta, però, doveva muoversi ora che il Watanagashi stesso era appena passato, doveva fare apparire il tutto come una conseguenza della furia di Oyashiro-sama. Devo, devo, devo.... Non posso attendere troppi giorni.

Chi colpire, quindi? Senz'ombra di dubbio non poteva sequestrare mezzo clan, doveva scegliere con particolare cura la sua vittima. Doveva essere una persona che conosceva tutti i particolari, quindi non poteva essere un parente qualsiasi. Questo restringeva molto il cerchio, in quanto...

“Satoshi-kun?”

Questa volta qualcuno aveva davvero bussato. Non poteva essere un'altra allucinazione. E anche se lo era, era pronta a correre nuovamente il rischio e passare per una stupida. Afferrò avidamente la maniglia della porta, che fu aperta in men che non si dica.

Ancora una volta, Satoshi non c'era. Ma in compenso c'era qualcun altro.

“Onee, sei tu...”

“Ciao, Shion. Posso entrare? Ho portato dei biscotti.”

La sorella acconsentì, e Mion si accomodò silenziosa in salotto. Dall'espressione sembrava dispiaciuta per quello che era successo a Shion, e una volta dentro si era messa a vagare per la stanza turbata e un poco disorientata, prima di inginocchiarsi lentamente di fianco al tavolino. Ma mentre richiudeva la porta dietro di sé, il cervello della sorella stava viaggiando a cento all'ora, e i suoi pensieri erano dei più foschi e terribili. Non le importava nulla, se Mion era pentita o meno; non vi poteva essere perdono, per lei. Facendo attenzione che la sorella non la potesse mai guardare in faccia, Shion la osservava con uno sguardo saturo di odio e vendetta. Non aveva bisogno di guardarsi neppure allo specchio, si era già resa conto da sola che il suo volto era ormai deformato dal risentimento che provava verso la sua famiglia, e soprattutto verso Mion, che non aveva fatto nulla per salvare lei o Satoshi. Le vene del suo collo le pulsavano impazzite, in preda a un'euforia e un'eccitazione mai vissute prima, e sentiva dentro di sé la pazzia che le riempiva il cuore e la mente, mentre lei non faceva nulla per contrastarla.

In fin dei conti, aveva appena trovato il suo agnello sacrificale, e questo le bastava.

Eh, già, Onee, sei venuta tu da me, mi hai risparmiato una bella fatica... Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma mi avete portato via Satoshi-kun... Non avreste mai dovuto farlo. Adesso avete un debito con me, no? E finché non mi dirai dove lo avete messo, non passerai dei bei momenti, te lo giuro. Ti farò sputare fuori la tua confessione, fino all'ultima amara parola, fino all'ultimo inconfessabile segreto. Sarà uno spettacolo coi fiocchi... ma in fondo è tutto normale, la nostra è una famiglia di demoni crudeli, no? E ora ti mostrerò quale dei nostri due è il più terribile e spaventoso... Considerami come uno strumento, un pupazzo... Considera questa come la vendetta di Satoshi-kun.

Aveva preso la sua decisione, e non sarebbe tornata indietro per nessuna ragione. Con una scusa, quindi, Shion andò in cucina, e da uno dei cassetti prese il suo taser.

Fuori, intanto, le cicale continuavano a piangere, e Oyashiro-sama faceva altrettanto.
 


Scusate il ritardo, come ho detto nell'altra mia storia ho avuto vari impegni, piacevoli e meno :)
Il capitolo in questione è ambientato, come potete intuire dalla storia, nel giugno 1982, ossia un anno prima del Watanagashi finale. In pratica ho fatto impazzire Shion prima del tempo, spero vi sia piaciuto.
La prossima? Una bimba dagli occhi blu...

 

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Capitolo 5
*** V - Rika Furude ***



V – Furude Rika


Per cortesia, Hanyuu, lasciami stare e riposa un po'. Presto avrai bisogno di tutte le tue energie, dovrai usare i tuoi poteri ancora una volta, ed accompagnarmi verso un altro mondo.

Teppei è sparito dalla circolazione. Non lo vedono da due giorni, ormai, mentre Shion è stata confinata in camera sua nel Maniero dei Sonozaki, sua sorella ci ha detto che è in preda a una febbre delirante e che faremmo meglio a starle lontano, invece di farle una visita che non servirebbe a niente. Mah, a me sembra chiaro quello che è successo davvero, la Sindrome l'ha colpita di nuovo.

Però Oishi ha fatto visita alla scuola di Hinamizawa così tante volte, nell'ultimo periodo... Di cosa sospetterà mai? Non di Shion, immagino. Lei non è mai venuta da noi a studiare, dopo che l'anno scorso era fuggita dall'Accademia di St. Lucia ha frequentato altri istituti di Okinomiya, sorvegliata a vista dagli sgherri della sua famiglia. È sempre rimasta lontana da noi, lontana da sua sorella, lontana da Satoko. Eppure...

Eppure, forse quel detective non ha tutti i torti. Anche Mion ha iniziato a diventare aggressiva, soprattutto nei miei confronti... Che le ho fatto di male? Vai a capirlo. Magari la pazzia della sua sorellina l'ha coinvolta in qualche cosa di poco pulito, ed ora sta cercando di uscirne fuori in tutti i modi. Lo capirei, si sono sempre volute bene e farebbero qualsiasi cosa l'una per l'altra. Però questo comunque non spiega perché Mion se la prenda con me.

Non l'ho mai capito, in realtà, neanche nei mondi precedenti. Ho paura che questo mondo finirà come è finito quello dove non sono riuscita a drogarla in tempo con la siringa piena di C120, quella che Irie aveva preparato per me. Se fossi riuscita ad iniettarle il siero, quel giorno nel Maniero, lei sarebbe morta rapidamente, e avrei risparmiato tante torture a me stessa, ed a Satoko. Invece lei ha opposto resistenza e la differenza di forza tra i nostri due corpi ha fatto il resto.

Satoko, mi stavo dimenticando di Satoko... Sta cominciando ad avere paura di Mion, dopo che per tutti questi mesi erano state grandi amiche... e questo solo perché negli ultimi due giorni quella ragazza ha preso ad incolparla della sparizione di Satoshi. Ovviamente senza fornire uno straccio di prova, come diamine avrebbe potuto fare una cosa simile, povera piccola? L'assenza di suo fratello è il suo più grande dolore, ed anche solo insinuare che lei sia la colpevole di tutto ciò è pura follia.

Che pensi, Hanyuu? Più ci rimugino sopra e più mi convinco che sia stata Mion o Shion, ad uccidere Teppei... Ed il movente non è arduo da trovare. Per loro quell'uomo era stato uno dei sequestratori di Satoshi, probabilmente. Forse si immaginavano che interrogandolo o torturandolo lui rivelasse loro dove lo tenevano nascosto... Tsk, povere illuse. Come se una persona rapita un anno fa da dei malintenzionati potesse essere ancora viva. Loro non hanno la più pallida idea di quello che ne è stato veramente del loro compagno di scuola.

Anche se i conti non tornano, devo dire. Non capisco come mai Mion sia così ossessionata da Satoshi... Non si era presa una cotta per Keiichi? Satoshi era l'oggetto dei desideri di sua sorella, non il suo. A meno che quel ragazzo non le piacesse a sua volta, e che non l'abbia rimpiazzato con il primo sostituto che le sia venuto a tiro appunto per non entrare in conflitto con Shion; ed ora il suo istinto la starebbe sopraffacendo, ricordandole di chi lei è davvero innamorata. È solo un'ipotesi, però potrebbe finzionare... In fondo sono gemelle, no? Potrebbero avere gli stessi gusti, in fatto di uomini.

Però adesso la mia unica preoccupazione è il destino di Satoko. La mia povera Satoko... Questa Hinamizawa è diretta verso una lenta e drammatica fine, ed a lei saranno riservate le peggiori sofferenze, per l'ennesima volta. Stasera, prima di andare a letto, la porteranno al Maniero con qualche pretesto, come in decine di altri mondi, e poi non so cosa le faranno... Io... Io non voglio che lei debba sopportare un dolore così enorme, almeno non stavolta. Potrei dirle di nascondersi, ma sarebbe perfettamente inutile, dopo la mia morte lei sarebbe comunque condannata a lasciare questo mondo.

È così. Ho preso una decisione, Hanyuu.

Sono le cinque e mezza e lei non è qui a casa, ora, è la mia occasione per organizzare i preparativi. Vado in fretta in camera sua, so dove cercare: apro un cassetto e vi trovo dentro una piccola scatola di metallo. Sua madre la usava come portagioie, lei invece l'ha riciclata per riporre le siringhe piene della medicina che deve assumere ogni giorno a intervalli regolari. Sollevo quindi il coperchio della scatola, la appoggio sul tavolino e corro in camera mia, recuperando una fiala di C120 che tenevo nascosta nell'armadio tra due pesanti coperte invernali. In quell'altro mondo avevo provato ad usarla contro Mion... stavolta sarà meglio cambiare bersaglio.

Scambiare il contenuto della fiala con quello della siringa non è un'operazione difficile, l'ho visto fare a Takano molte volte, alla Clinica. E per fortuna il colore delle due sostanze è lo stesso, Satoko non noterà mai la differenza, per quanto sia una bambina sveglia. Non sarà una morte indolore, ma non ho altra scelta che fare così, non posso permettermi di commettere un errore. Non ho pistole in casa e non posso aspettare che lei si addormenti, Mion telefonerà prima per mettere in pratica il suo inganno. E se provassi ad utilizzare un coltello per ucciderla, lei potrebbe sfuggirmi e scappare lontano, il che sarebbe molto peggio per lei, anche se questo non lo sa... Per il resto sono tranquilla, lei deve prendere la sua medicina alle nove in punto, questa sera come tutte le sere, e lei tiene molto ad essere puntuale, d'altronde non può fare altrimenti o la sua malattia peggiorerebbe.

Adesso devo solo aspettare. Quando sarà l'ora, penso che andrò a fare una breve camminata, le sto togliendo la vita per non farla soffrire, ma anche così non riuscirei a vederla rantolare per terra mentre esala l'ultimo respiro e si recide le vene del collo con le unghie, sarebbe uno spettacolo orribile. Ma dopo che sarà tutto finito? Cosa posso fare...

Ma avrà mai importanza quello che avverrà dopo, poi? Il Watanagashi avrà luogo di qui a tre giorni, quelli che mi hanno ucciso nei mondi passati verranno a prendermi anche qui. L'unica vera questione da risolvere è piuttosto trovare la maniera di nascondere il cadavere esanime di Satoko, non vorrei che Mion venisse qui a torturare il corpicino di una bambina morta, almeno. Già me la immagino, quella ragazza fuori controllo che da di matto non riuscendo a trovare Satoko da nessuna parte... Suppongo che verrà qui a chiedermi dove sia finita, e forse si sfogherà su di me, infliggendomi la fine che lei avrebbe voluto dare al suo vero obiettivo.

Chissà se Mion ha già ucciso Shion. In fondo ci ha detto che sua sorella è a letto con una febbre molto alta, ma non abbiamo che la sua parola a riguardo. Potrebbe averla già eliminata, e al tempo stesso mentire a tutti asserendo che ha solo bisogno di riposo e solitudine... Quella ragazza è... No, forse dovrei smetterla di chiamarla ragazza, dovrei etichettarla come demone, invece. La sua coscienza è già stata spazzata via dalla Sindrome di Hinamizawa, quella malattia è così crudele verso le proprie vittime. Mion era solita giocare allegramente con noi fino a pochi giorni fa, ed ora ci reputa come i suoi peggiori nemici, degni solo del suo massimo disprezzo.

Al suo stato attuale farebbe di tutto per causarci dolore e sofferenza... Già, ora so cosa devo fare, dopo la morte di Satoko. È inutile che io patisca ancora, perlomeno in questa Hinamizawa.

Chissà che cosa si inventerà quel demone, quando si sarà accorta che sia io che Satoko siamo svanite. Ha assoluto bisogno di un capro espiatorio contro cui scaricare parte della sua frustrazione, la sua mente malata non le darà respiro finché non si sarà macchiata con il sangue di un altro essere umano. Se fosse così, non avrebbe molte persone tra cui scegliere, il suo bersaglio non potrebbe che essere uno tra Keiichi e Rena.

Chi dei due, però? Keiichi rappresenta il suo amore senza speranza, un qualcosa che lei teme di non essere in grado di ottenere, ed il fatto che lei sia innamorata di Satoshi o Keiichi non ha rilevanza. Quello sventurato ragazzo è il simbolo del suo terrore di non essere apprezzata, il cuore ferito di Mion esige vendetta, e poi quello è sempre così fiducioso in tutti quelli che lui ritiene suoi amici, sarebbe estremamente facile da catturare.

D'altro canto, Rena è la sua nemica. Voglio dire, è la sua agguerrita avversaria in quella corsa disperata alla mano di Keiichi. Temo che una parte di Mion la veda così, e che continuerà a vederla così anche nei prossimi mondi. Dal suo punto di vista, sarebbe una notevole soddisfazione, conciare per le feste la sua rivale in amore... Mio Dio, non ci voglio neppure pensare. Metto una mano sulla bocca, per non vomitare di disgusto.

Mi dispiace, amici miei, non posso aiutarvi a non bere questo amaro calice. Voi non accettereste mai di farvi iniettare il C120 di vostra spontanea volontà, l'ho verificato in un altro mondo, dove Rena si era opposta con rabbia e mi aveva quasi aggredito, dopo la mia proposta... Inoltre sono troppo piccola e debole per tentare di darvi una morte meno angosciante, quando avevo provato a drogare Mion l'esito è stato il peggiore possibile e ho ricevuto la mia stessa medicina... Alla fine mi ero uccisa con quel pugnale.

A questo punto rileggo l'ora sulla parete... Sono ormai le sei, Satoko dovrebbe rincasare a momenti. Però sono agitata, un dubbio agghiacciante mi gela il sangue nelle vene. Mi chiedo se abbia agito in tempo, o se la mia piccola coinquilina sia stata già abbrancata da quel demone feroce. Forse avrei dovuto prendere prima questa decisione, forse ora è già troppo tardi, accidenti a me. Povera Satoko, che le potrebbe succedere se si trovasse già al Maniero, in qualche stanza segreta delle torture? Non avrei fatto nulla per salvarla, sarei stata un'amica inutile, come sempre.

No, ragioniamo un attimo... Non può essere. Perché mai Mion avrebbe cercato solo lei, ignorandomi? Le volte passate aveva sempre ucciso me prima di concentrarsi su di lei, devo mantenere la calma. Probabilmente è al sicuro, almeno per ora. Che essere inutile che sono, in questa situazione non posso neppure uscire a cercarla, se arrivasse a casa mentre io sono fuori, e se Mion le telefonasse in quel momento per indurla a dirigersi verso il Maniero... No, no, questo sarebbe un errore catastrofico, da parte mia.

No, aspetta, eccola. La sento fischiettare, si sta avvicinando a casa. Che sollievo. Ora posso pensare ai vari particolari con più serenità, devo localizzare un posto adatto a celare il corpo. Mi si stringe il cuore solo all'idea di pensare a lei morta... Ma devo farlo. Non posso portare il suo cadavere molto lontano, non sono sufficientemente forte. Non mi resta che il Saiguden, l'edificio dei paramenti sacri del tempio. Quel luogo andrà benissimo, in fondo devo solo nasconderla per i prossimi due giorni, fintanto che l'intero villaggio non si accingerà a mostrare i sintomi finali della malattia. Presto sarà tutto finito, Satoko. E anche voi, amici miei.

Però dovrei pensare anche a cosa fare del mio corpo. Dovrei uccidermi nel Saiguden ed accasciarmi accanto alla mia piccola amica? Oppure usare quel precipizio che c'è lungo il tragitto da casa nostra a scuola? Da lì potevamo vedere tutta Hinamizawa e la parte di vallata circostante, ed io e Satoko sostavamo spesso là per ammirare tutto il panorama... Però io mi sono anche accorta di quanto profondo fosse quel burrone.

Anche se, ripensandoci meglio, non è una buona idea. Il mio solo desiderio per questo mondo è far sì che quel demone non oltraggi il corpo di Satoko più del dovuto. Ma perché dovrei proteggere il mio, invece? Io non voglio che le persone a me care soffrano inutilmente, anche se questo villaggio è maledetto, e se trovasse il mio cadavere, forse Mion si sfogherebbe su di me, non sugli altri. Una volta lasciato questo mondo io non soffrirei più, a prescindere da quello che avverrebbe alle mie spoglie mortali, ed il destino di Rena e Keiichi potrebbe risultare un poco meno nefasto. Sarei così felice, se fosse così, ci sarebbe tanta sofferenza in meno per loro... Vale la pena tentare. La cosa migliore è tornare qui a casa, dopo aver portato Satoko nel Saiguden, e quindi usare un normale coltello da cucina per tagliarsi la gola. Sarebbe stupido escogitare una fine più raffinata.

Satoko è rientrata, finalmente, e mi saluta cordialmente. Sembra spossata ed ancora un po' allarmata dalle ultime notizie che circolano nel paese, ma intanto sta bene. Ricambio il suo saluto, mentre lei mi chiede che cosa io voglia per cena. Facendo uno sforzo incredibile per non scoppiare in lacrime, le rispondo che non ho fame e le suggerisco che anche lei dovrebbe saltare il pasto, inventandomi come scusa il fatto che la trovo ingrassata.

Lei mi guarda di sottecchi, seccata da quel commento poco cortese, mentre io mi sento uno straccio. Temo che lei mi possa scoprire, sarebbe una catastrofe. Ma dopo alcuni secondi mi sorride e decide di seguire il mio consiglio. Si allontana dal soggiorno e va in cucina, mentre io trattengo a stenti i conati. Mi odio, mi disprezzo per quello che sto commettendo, ma devo andare avanti, devo finire il lavoro. Perdonami, non lo faccio per cattiveria, Satoko... Non voglio perdere minuti preziosi per cucinare un pasto che non serve a niente, adesso voglio solo avere più tempo possibile per parlare con te e passare delle ore piacevoli, sola con la mia amica del cuore. Presto saranno le nove, tu correrai a prendere la tua medicina, e dopo che te la sarai iniettata i tuoi dolci occhi vispi saranno chiusi nel placido sonno della morte, mentre il telefono suonerà invano. Mi vengono le lacrime agli occhi già adesso... Ma non posso lasciarle scendere.

Non giudicarmi per questo, Satoko, ti prego. Lo faccio per te. Sei la prima persona che uccido, voglia il cielo che sia anche l'ultima... So che è difficile da capire, ma desidero con tutto il cuore risparmiarti una fine ancora più atroce. Non posso evitare che voi andiate incontro a questo disastro, posso solo far sì che esso sia meno doloroso, e che questa tragedia sia meno terribile di tante altre a cui ho già assistito. È tutto quello che una bambina inutile può fare. Perdonatemi, per questo.

Fuori è estate, le cicale cantano, ma io sento un freddo mai provato in vita mia.

E tu, Hanyuu, per favore non dire nulla. Questa sera sono così stanca, e avrei tanto bisogno di un riposo che non avrò.

Perdonami, anche tu, Hanyuu.

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Capitolo 6
*** VI - Akane Sonozaki ***



VI – Akane Sonozaki


I suoi occhi provati si erano appena riaperti, ma non sapeva se era mattina, pomeriggio o notte inoltrata.

In quello stanzino era sempre notte fonda, l'unica finestra che si trovava su quelle quattro pareti disgraziate era sempre chiusa, e la luce non poteva filtrare in alcun modo all'interno di quelle mura spesse. Era sempre stato così, quella saletta era stata costruita proprio per lasciare al buio chiunque si trovasse lì dentro, e tutti la consideravano al pari di un piccolo tempietto votivo. Infatti, da decine di generazioni i primogeniti della famiglia Sonozaki nascevano in quel piccolo tugurio, illuminato solo da una flebile candela.

Akane fece per alzarsi, cosa che non le riuscì subito. Il ventre le doleva, i parti gemellari sono particolarmente probanti per chi li deve sostenere, e la levatrice che l'aveva accudita durante il travaglio le aveva consigliato un paio di giorni di riposo assoluto. Ma lei non poteva farlo, non aveva tempo da perdere. Il fatto che non ci fosse più nessuno ad assisterla in quel bugigattolo era un chiaro segnale, tutti erano andati nella grotta per prendere una decisione importante. Una decisione di vita o di morte, che riguardava le sue due bambine.

Una secolare tradizione di famiglia imponeva infatti che, nel caso di nascita di due gemelli, il più giovane dovesse essere ucciso subito, prima ancora di dargli un nome. Le leggende di casa Sonozaki riportavano di infauste maledizioni e sciagure sanguinarie che avevano luogo nel caso questo precetto non fosse osservato, ma più concretamente questa prassi era seguita in modo da evitare in futuro lotte intestine all'interno del clan, per la successione ed il potere che ne conseguiva. Così, durante il travaglio la primogenita, Mion, era stata identificata tramite un nastro rosso che le era stato annodato attorno al polso sinistro, ma che sarebbe accaduto di Shion, sua sorella?

Akane era decisa ad unirsi a quel raduno ad ogni costo, ma sapeva bene che l'accoglienza in serbo per lei non sarebbe stata calorosa. Non molto tempo prima, avendo sposato un uomo non gradito a sua madre Oryou, lei era stata disconosciuta come erede e le era stato proibito di parlare ad ogni incontro ufficiale del clan. Era stato per quello che si era presa la decisione di nominare come erede del casato Mion, e non lei, anche se al momento della decisione la piccola doveva ancora venire al mondo. Tutto era stato predisposto affinché quella futura bambina prendesse un giorno le redini di quella grande famiglia, pure il suo nome era stato scelto appositamente. Prima ancora di nascere il suo destino era stato marchiato a caratteri di fuoco, ed Akane era conscia di non poter fare nulla per cambiarlo.

Ma forse poteva ancora far sì che il fato di Shion non fosse quello di morire in fasce, stroncata da una tradizione di morte. Era una cosa che forse la donna poteva ancora scongiurare, anche se si preannunciava un'impresa ardua; per di più, nel suo stato attuale non era in grado di correre, il parto era avvenuto poco tempo prima e lei era stremata per lo sforzo, ma non poteva permettersi il lusso di riposare. Prese in prestito il bastone di sua madre, lasciato chissà come in quello stanzino, e raggiunse prima l'ingresso della casa e poi quello della grotta che conduceva ai sotterranei, ed alla sala delle torture. Spinse con fatica il pesante cancello, e quindi camminò ciondolante verso la stanza.

Una volta dentro la caverna, sentiva delle voci. Non era effetto di suggestioni o illusioni, quelle erano reali, erano i membri del clan che stavano discutendo animatamente. Volavano insulti, accuse, parole grosse. Evidentemente non erano tutti d'accordo sul da farsi, il che era un buon segno: Akane temeva che tutti concordassero sull'obbedire a quello che la tradizione prescriveva, temeva di essere arrivata tardi. Invece quell'incontro non era ancora terminato, c'era qualcuno con un briciolo di coscienza tra di loro, e lei poteva raggiungerli e dire la sua in proposito. Oryou non glielo avrebbe perdonato, forse, ma per la salvezza di Shion era pronta a questo ed altro.

Prese quindi la maniglia della porta che l'avrebbe condotta dove stavano gli altri, e la tirò.

Due dozzine di occhi glaciali si voltarono verso di lei, squadrandola da cima a fondo e non provando alcuna pietà per la sua pietosa condizione. Oryou la matriarca, appena rimasta vedova del vecchio capofamiglia, i fratelli minori del suo defunto marito, nonché tutti i più importanti elementi del clan. Tutti erano lì, a discutere se quella bambina avesse diritto ad esistere o meno, e facendolo stavano ignorando l'opinione di colei che avrebbe dovuto avere più voce in capitolo, ovvero sua madre.

Akane.” le disse allora Oryou, prima che la figlia potesse prendere la parola “La tua presenza non è gradita in questo posto. Ti prego di lasciarci immediatamente e di non disturbarci oltre.”

E voi pensante che io accetti una cosa simile?” replicò Akane orgogliosa.

Akane, ti ho detto di farti da parte, fuori dai piedi!” gridò allora la madre. Oryou aveva già perso la pazienza. Il suo volto si era contratto in spaventose espressioni, le sue lunghe rughe contribuivano a donarle un'atmosfera intimidatoria a chiunque si permettesse di parlare con lei. Era la più piccola della sala, ma al tempo stesso era quella che incuteva più timore tra tutti i presenti. Tutti erano al corrente delle leggende che giravano sul suo conto, delle indicibili torture con cui quell'aguzzina si era liberata di coloro che la osteggiavano, dentro e fuori del casato. Alcune voci, sparse non si sa da chi, insinuavano che avesse anche eliminato suo marito, per concentrare il potere nelle proprie mani. e nessuno si era fatto avanti per smentirle esplicitamente, neppure la diretta interessata. Lo faceva per circondarsi di dicerie maligne, al fine di guadagnarsi il rispetto ed il timore altrui? Oppure vi era un fondo di verità? Erano pensieri orribili da farsi, ma alla vista di quella donna sorgevano spontanei.

Però Akane non si poteva fermare di fronte a lei, e neanche di fronte a qualcun altro, fosse uomo, dio o demone. Aveva una vita innocente da salvare, quella della sua bambina. Tuttavia, avendo fatto irruzione nella sala in maniera così irruente, non aveva sentito chi era dalla sua parte e chi l'avrebbe ostacolata. A quale fronte apparteneva Oryou, per esempio? Lei non poteva capirlo, poteva farsi un'idea solo vedendo la freddezza mostrata da sua madre nei suoi confronti, ma non aveva tempo per tirare ad indovinare. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo, e dichiarò solennemente: “Posso sapere che cosa avete deciso per mia figlia?”

Non sei autorizzata a saperlo.” rispose Oryou, sprezzante.

Storie. Io ho il diritto di conoscere il destino di Shion.”

Ma davvero?”

Certo! Shion è sangue del mio sangue, ed è anche sangue del tuo sangue, quindi trattala come merita un membro della famiglia Sonozaki.”

Shion, uhm? Allora sarebbe questo il nome dell'altra poppante, quello che hai scelto?”

Già. Lei non ha colpe per quello che sta accadendo qui, lasciala in pace.”

Sciocchezze. I figli portano sempre su di sé il peso di ciò che compiono i loro padri, od in questo caso le loro madri... Tu sai bene i peccati che hai commesso. Sposare quel degenerato... Non c'è da sorprendersi che siano nate due gemelle, a causa della tua unione impura. È colpa tua, questa infausta nascita è un segno della collera di Oyashiro-sama nei nostri confronti, avremmo dovuto fermarti prima che fosse troppo tardi. Ed ora vi è solo un possibile rimedio. Sai bene che il Watanagashi, una volta, consisteva nello sventrare una persona reale, al posto di un insulso materasso. Sarebbe bene tornare alle origini, e qui ci è stato offerto un agnello sacrificale ideale da sgozzare.”

Non ti azzardare a torcere un capello a Shion, altrimenti...” Akane alzò la mano chiudendola a pugno, come se tenesse in mano una spada e la stesse puntando alla giugulare di sua madre.

Altrimenti cosa? Non sei nella posizione di fare minacce che puoi mantenere. Qui sei di troppo, sta al tuo posto, Akane.”

La donna non aveva mai odiato sua madre come in quel momento, se avesse avuto un'arma con sé l'avrebbe assalita in men che non si dica. Ma ora vi erano altri assilli che occupavano la sua mente. Dove potevano trovarsi le sue adorate bambine, adesso? Le erano state sottratte non appena le aveva partorite, e in quella sala buia e tetra non c'erano da nessuna parte. Dove le avevano portate? Erano ancora vive, senza dubbio, ma dove le avevano nascoste? Finché quella discussione continuava erano al sicuro, ma sarebbe bastato un cenno di Oryou, affinché i suoi sicari entrassero in azione e la povera Shion cessasse di esistere.

Akane si sentiva da sola, contro quella muraglia di demoni. Le sembrava di non avere alleati in quella stanza buia, poteva contare solo sulle sue forze. Non vi era nessuno che fosse dalla sua parte, né alla destra né alla sinistra di Oryou... A quei vegliardi non importava di ammazzare i parenti a sangue freddo, a loro bastava salvaguardare usi e costumi di famiglia... Come uscirne? Inutile cercare di convincere quelle teste dure. Ma forse sua madre le aveva dato un'idea, inconsapevolmente, parlando di Watanagashi.

Senti un po', tu.” disse quindi con voce tonante “Allora quello che vuoi è un sacrificio, un atto riparatore, non è vero?”

Oryou non rispose.

Allora ce l'ho io una proposta. Non c'è bisogno che tu sfoghi la tua ira su Shion, prenditela con qualcuno di più grande. Prenditela con me.”

Un sorriso apparve sul sorriso dell'anziana, che sussurrò: “Allettante come suggerimento. In fondo la nostra famiglia ha sempre dato una notevole importanza al senso di distinzione, alla capacità di prendersi delle responsabilità. Però, così facendo, ti stai assumendo le colpe di tre persone.”

Tre persone?”

Mi sembra ovvio. È chiaro che tu voglia prendere il posto di tua figlia, prendendo su di tè il suo peccato di essere venuta al mondo. Tuttavia, è lampante che quella scellerata non sarebbe mai venuta alla luce senza di te e senza quel perdigiorno di tuo marito. Quindi, vi sono tre responsabili, per questo atto ignobile.”

Akane l'avrebbe volentieri strozzata per quegli insulti ai membri della sua famiglia, ma non poteva concedersi di perdere il lume della ragione. Quindi sibilò solo: “Continua.”

E' molto semplice. C'è un'alternativa alla morte della tua pupilla. In questo momento è come se tu stessi affermando che se in futuro accadrà qualcosa a causa di Shion, o come cavolo si chiama, sarà solo per colpa tua. E per suggellare questa dichiarazione, c'è un prezzo da pagare.” Oryou fece una pausa “Tre unghie. Tre unghie per tre vite. L'indice destro per te, il medio destro per tuo marito, l'anulare destro per tua figlia. Mostraci la tua capacità di distinguerti dalla massa, e strappati a viva forze quelle tre unghie dalle dita della tua mano destra.”

Ah sì?” Subito, senza neanche pensarci, Akane afferrò il piccolo strumento di tortura che avrebbe dovuto compiere quel lavoro. Lo conosceva bene, sapeva come funzionava, l'aveva già visto all'opera. Infilò quindi il dito indice sotto lo strumento e premette la leva prima che qualcuno potesse dire alcunché.

Il dolore che sentì fu indescrivibile. Era molto peggio di quanto avesse mai ritenuto, mentre la levetta si abbassava le era parso che l'intero dito le venisse tranciato via dall'arto, e gli schizzi di sangue si sprecavano lungo le venature del vecchio tavolo su cui si trovava lo strumento. L'unghia divelta aveva provocato una fitta lancinante, costringendo Akane ad inginocchiarsi ed a chiudere il dolore per il tormento che percepiva alla mano. Così accovacciata, non era un'immagine molto dignitosa per lei, ma aveva altro a cui pensare. Si rialzò lentamente serrando i denti, e posizionò l'unghia del medio, affinché facesse la stessa fine di quella precedente.

Ebbe un'esitazione, questa volta, ma alla fine premette la leva con la mano sinistra, ed un nuovo terribile dolore la raggiunse, mentre anche la seconda unghia volava via. La candida pelle della sua mano veniva man mano lordata del suo sangue vermiglio, e la sua stessa carne si mostrava agli occhi di tutti, privata delle unghie che fino a pochi secondi prima la ricoprivano, proteggendola dalle intemperie. Akane stava patendo una sofferenza mai vissuta, la sua mano stava come bruciando dalla sofferenza, ma non era ancora finita. Lei e suo marito erano stati perdonati, ma mancava ancora un'unghia.

Shion... devo farlo per lei...” disse stentatamente la donna. Era il punto più arduo di tutta l'operazione. Il suo stesso organismo si stava rivoltando contro la sua volontà, stanco di quell'orribile supplizio. La sua mano sinistra si rifiutava di premere la leva che avrebbe sradicato l'ultima unghia, la destra cercava in tutti i modi di non stare ferma e di uscire da quell'aggeggio infernale. Il suo corpo non voleva più soffrire in quel modo, ma il suo spirito non se lo sarebbe mai perdonato.

Shion...” pianse Akane, facendosi forza un'ultima volta. Un colpo secco, e anche il terzo dito era rovinato. Tutto era compiuto.

Due ore dopo, Akane era ancora dolorante, ma orgogliosa di sé. La sua mano non sarebbe guarita del tutto prima di diversi mesi, due delle tre dita si erano infettate gravemente, e per un po' non avrebbe potuto utilizzare la propria katana; ma Shion era viva e vegeta, e in quel momento la stava allattando al lontano da ogni pericolo. Era questo, quello che contava.

Alla fine il resto del clan aveva storto il naso, ma Oryou aveva dato ad intendere che era stufa di questa storia, ed aveva scacciato dalla grotta la figlia e le due gemelline, troncando il raduno senza una spiegazione. Probabilmente in un secondo momento sarebbe venuto qualcuno della famiglia, oppure uno degli inservienti, per parlarle dei dettagli della cosa: la secondogenita avrebbe dovuto vivere seguendo precise condizioni, isolata e lontana da ogni incontro formale del casato Sonozaki. Per il ramo principale del clan Shion era come morta, non l'avrebbero mai degnata di un vero sguardo, ma perlomeno ora era viva, Akane sentiva di aver fatto quanto era in suo potere per salvarla.

Però la donna si chiedeva una cosa. Quando era entrata nella caverna, aveva udito delle voci che litigavano, il che voleva dire che vi era un dibattito reale tra due opposti schieramenti. Qualcuno si era evidentemente pronunciato contro la morte della più giovane delle due bambine. Chi mai era? Di chi si trattava? Quando lei si era presentata, quando lei si era offerta di strapparsi le unghie, quando se le era effettivamente recise... nessuno aveva preso le sue difese.

Ma poi vide sua madre che passava accanto alla porta della stanza, cercando di non farsi scorgere, ed Akane ne guardò di soppiatto il volto che era diretto verso le nipotine. L'anziana signora si curava di entrambe, era chiaro. E, realizzando come lei fosse sollevata del fatto che stavano bene, Akane capì chi era stata la sua alleata nascosta.

Dietro quella maschera crudele, sua madre le aveva permesso di comprare per Shion il diritto ad esistere. Non poteva dirlo esplicitamente, non aveva il coraggio per farlo, ma anche Oryou si era fatta in quattro per salvare la piccola, nonostante le veementi resistenze del resto del clan, e lo aveva fatto sempre nel suo stile taciturno e un po' scorbutico. Akane lo sapeva, lei era fatta così.

Certe volte sei proprio strana, mamma...

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Capitolo 7
*** VII - Keiichi Maebara ***



VII – Maebara Keiichi


Forse mi sono fermato appena in tempo.

Le mie unghie stavano penetrando sempre più in profondità nel mio flaccido collo, ma in qualche modo sono riuscito a stopparle. Non sarei vissuto a lungo se avessi proseguito con quei gesti suicidi... Che caspita mi stava accadendo? Mi sembrava di desiderare la mia stessa morte, di non riuscire a sopportare la mia vita. Sentivo un formicolio intensissimo sotto la pelle del collo, volevo togliere quel prurito che mi stava dominando, ad ogni costo... Bah, ora ho ripreso il controllo del mio corpo, perlomeno. Ho anche riagganciato il telefono, dall'altro capo Oishi stava iniziando a diventare insopportabile. Meglio uscire da questa cabina telefonica, i poliziotti sanno da dove li stavo chiamando ed arriveranno qui in forze. È meglio che non mi trovino, non passerà molto prima che trovino i corpi a casa nostra, e non ho voglia di dare spiegazioni, non sono dell'umore giusto.

Mion e Rena sono ancora in camera mia, esanimi. Lo so bene, sono stato io ad ucciderle.

Tuttora non mi è chiaro cosa volessero farmi di preciso. Che cosa conteneva quella siringa che Mion teneva in mano, mentre Rena mi bloccava da dietro le spalle? L'ho nascosta insieme alle altre prove dietro l'orologio da parete, però che mi invento adesso? Tornare a casa per andarla a recuperare? Non è il caso, non credo di avere tempo a sufficienza per rientrare in camera mia, la polizia sarà lì a momenti. E forse non è sola, credo di aver visto qualcun altro di fuori, mentre quelle due si intrufolavano nella mia stanza, ed è probabile che abbiano ispezionato casa mia dopo la mia fuga, per controllare cosa fosse avvenuto. Saranno ancora lì, forse pensando che io sia così ingenuo da tornare a casa mia dopo un crimine del genere... Individui come quelli sono molto pazienti, sanno aspettare. E Mion e Rena non sono venute da sole, avevano un buon piano. Però non si aspettavano una mia reazione tanto violenta. Forse ho esagerato, ma è stata legittima difesa, no?

Il fatto è che di loro non mi potevo fidare, per questo ho reagito. Le loro parole dall'oscuro significato, equivoche e ricche di doppi sensi... Le loro azioni inspiegabili... Le loro evidenti bugie, i loro terrificanti misteri... Non potevo sentirmi a mio agio finché quelle due mi stavano alle costole. Anzi. Non mi posso fidare di nessuno, qui ad Hinamizawa, neanche dei miei genitori, loro non hanno mosso un dito per venire in mio soccorso, né oggi né prima, e pensare che loro hanno visto che non stavo bene, che ero in pensiero per qualcosa di serio. Essere sempre fuori per lavoro o per commissioni non è una valida giustificazione, se tenessero al loro unico figlio allora troverebbero il tempo per ascoltarmi. Oppure avevano capito che mi sarei rifiutato di parlare, e non hanno insistito? Bah, non riesco a capire, non riesco a capacitarmi di quello che sta avvenendo in questi giorni. Avrei bisogno di calma per rifletterci attentamente, però una cosa del genere è fuori questione.

Più che altro il problema viene adesso. Quelle due non ci sono più, ma sarebbe da cretini ritenere di essere finalmente al sicuro, quelle disgraziate non erano certo da sole. E non mi riferisco solo a quelle quattro o cinque persone che mi aspettavano fuori di casa mia con quel loro furgone bianco, subito dopo il mio doppio omicidio. Rena doveva avere degli alleati, delle spie che mi tenevano d'occhio giorno e notte. Altrimenti come avrebbe mai fatto a sapere tutte quelle cose sul mio conto, a sapere che andavo al discount a comprare piatti pronti, a sapere che avevo un passato burrascoso, a sapere tante, tante altre cose? Ci doveva essere qualcuno che la informasse sulle mie mosse, e di tanto in tanto mi pedinava personalmente: lo so per certo, una volta i miei mi avevano avvisato che si era presentata in casa nostra, e che era salita in camera mia dove c'ero io... Ma quella volta si era fermata dietro l'ingresso, ad ascoltare quello che avevo da dire al telefono con l'ispettore Oishi. Quella ragazzina era più scaltra di quanto dava ad intendere con il suo modo di fare apparentemente tra le nuvole.

Quanto a Mion... Beh, era il capo del clan Sonozaki, ogni commento è superfluo e non ci sarebbe nemmeno bisogno di aggiungere altro. Mezzi e uomini per tenermi sotto controllo non le mancavano, non mi stupirei se il camioncino che mi ha quasi investito appartenesse a quella famiglia di criminali, se le persone che mi attendevano fuori da casa mia fossero stati suoi scagnozzi. Gente che agisce nell'ombra, che trama complotti e congiura contro lo Stato e gli altri abitanti del villaggio... Tutte quelle voci sugli incidenti durante la Guerra della Diga sono emblematiche, immaginare che la famiglia più potente del villaggio ne sia stata estranea è... è pura follia. Quei tizi nascondono qualcosa, questo è evidente.

Insomma, dietro a quelle due ci sono decine di complici, e forse la vera mente dietro a tutta questa strana congiura. Io sono in pericolo, sanno che possiedo informazioni scomode per loro e cercheranno a tutti i costi di non lasciarmi vivere. Ma dove potrei mai rifugiarmi? Casa mia è esclusa, così come quelle di tutti gli altri abitanti, non potrei mai intuire di chi potrei fidarmi e di chi no. Ammesso che ci sia qualcuno che sia pronto a darmi una mano, se lo facessero si metterebbero contro i Sonozaki e gli altri congiurati, e ci vorrebbe un bel coraggio per fare una cosa simile.

Persino la polizia è mia nemica. Oishi mi ha interrogato più e più volte, è stato il suo atteggiamento a fare insospettire le altre, se ci pensiamo bene. Però non esiterebbe a sacrificarmi, se lo volesse. Un rapido arresto, un'accusa basata su prove costruite sul momento, ed ecco che il nostro caro detective ottiene il suo attimo di gloria. Anche prima, a lui non fregava niente di me, gli è sempre importato solo del suo caso, come se si fosse trattato di una questione di vita o di morte. Punto. Temo che al momento attuale l'amara verità sia che non mi posso fidare di nessuno.

Calma, ora, ragioniamo. La polizia troverà presto i due cadaveri, ed ipotizzerà che il colpevole sia io. Non mi arrabbio certo per questo, anche io lo farei al loro posto considerando le circostanze, e poi è quello che è effettivamente successo. Inoltre, la mazza da baseball è rimasta in camera mia, ed essendoci sia le mie impronte che il sangue delle vittime diventerà presto una prova schiacciante. E dire che non apparterrebbe neppure a me, ma a Satoshi. Se solo mi avessero rivelato che fine ha fatto davvero, invece di tacere o inventarsi delle frottole banali come il trasferimento in un'altra scuola...

Però allora, qualora Oishi rinvenisse le prove che ho celato dietro l'orologio... lui ed i suoi sottoposti le ignorerebbero, visto che sono state messe da me, che ai loro occhi sono un assassino e nulla più. Rischierebbero di non indagare oltre sull'organizzazione che c'era dietro Mion e Rena, e questo è un problema. Ammazzandole ho sbagliato due volte... Non solo perché ho ucciso due persone che ritenevo mie amiche, ma anche perché così facendo mi sono incastrato da solo. Quei lestofanti adesso avranno gioco facile ad addossare su di me tutte le loro colpe.

Ricapitolando, non posso contare sul villaggio, non posso contare sulla mia famiglia, non posso contare sulla polizia... Ma che bella posizione, quasi quasi avrei fatto meglio a morire in quella cabina telefonica. L'unica possibilità che avrei sarebbe provare a contattare la famiglia di Takano, o quella di Tomitake... Ma ne avranno una, poi? Sono sempre state due persone molto reticenti sulla loro vita privata, e non ho modo di scoprire dove siano i loro cari, sempre che siano ancora in vita. Le persone che li hanno uccisi potrebbero anche aver tolto di mezzo pure loro, a quanto ne so io. Dovrei cercare di scavare dietro i motivi che hanno portato gli assassini ad eliminare le loro ultime due vittime... Ma da solo è un'impresa disperata.

Ho paura che l'unica vera alternativa attuabile sia darsi alla macchia, e far sparire le mie tracce per un po'. Potrei usare la discarica che Rena visitava abitualmente per le sue assurde sparizioni, là non ci va mai nessuno. Sì, è una buona idea, in quel caso potrei anche riadattare il furgoncino che quella pazza usava come riparo di emergenza. Il freddo non è certo un problema, in questo periodo dell'anno.

Secondo passo, gli indizi che mi sono lasciato indietro. Impossibile tornare a casa propria e recuperare ciò che ho nascosto, gli agenti saranno certamente già arrivati sul posto. La cosa migliore a questo punto è ricordarsi ed annotarsi quanti più dettagli avevo notato su di essi. Per esempio, quali parole avevo riportato sul mio messaggio dietro l'orologio? Gli inquirenti potrebbero usarlo come prova a mio carico, potrebbero adoperarlo per affermare che io sapevo qualcosa, qualcosa che io invece ignoro... Devo spremermi le meningi, farmi tornare in mente ogni sillaba di quello che ho scritto. E poi, come era quel pennarello che ho appiccicato dietro l'orologio? Era nero, giusto?

Pennarello? No, aspetta, di che pennarello sto parlando? Io dietro l'orologio ci ho messo una siringa, non un pennarello. Era una siringa, era una siringa. Era una siringa, sì. Sto avendo le traveggole, Mion voleva eliminarmi con una sostanza mortale, un'iniezione letale, mica voleva colorarmi la faccia o la maglia. Devo calmarmi, questo stress mi causerà delle allucinazioni prima o poi. Non c'era nessun pennarello, Keiichi, non c'era nessun pennarello. Mettitelo bene in testa.

Questi miei vaneggiamenti mi inquietano. Dovrei mantenere il sangue freddo, se voglio avere qualche speranza di combinare qualcosa, però... Mi sento inutile. Quella che ho in mente è una guerra che condurrei solo per me stesso, in fin dei conti, uccidere o essere ucciso. E questa cruda realtà mi sta deprimendo. Sento un prurito rinascere sotto la pelle del mio collo, come prima, più di prima... Anche le unghie prudono, istintivamente vorrebbero squarciarmi la gola, uccidermi. La cosa mi sta spaventando...

Non perdere la testa, Keiichi. Sarà meglio correre verso la discarica, ad ogni modo. Qui in strada non è sicuro, là invece avrò tutto il tempo che voglio per schiarirmi le idee, e riposare un poco visto che ne ho proprio bisogno.

Eccoci qui. Salire lungo queste montagne di rifiuti è sempre stato difficile per me, non ho mai capito come mai fosse così naturale per quella squinternata di Rena. Ma tant'è.

Sono più preoccupato da me stesso, adesso. Per un paio di volte, lungo il viaggio, mi è venuta voglia di grattarmi furiosamente il collo, ma mi sono trattenuto. Se facessi quello che stavo per fare prima mi ammazzerei con le mie stesse mani. È come se volessi strapparmi la gola dal resto del corpo... Deve essere perché ho i nervi a fior di pelle. Minuto dopo minuto, pensiero dopo pensiero, mi sto rendendo conto che la mia situazione è a dir poco critica. Ho un posto dove stare, per ora, ma questo è l'unico dato positivo. Allo stato attuale non ho di che mangiare, né ho modo di procurarmi del cibo o dei soldi. Mi rincresce, ma la situazione mi sta obbligando a diventare un ladro.

O forse dovrei costituirmi? In fin dei conti ho ucciso due persone, dovrei farlo, e poi il fatto di aver agito per legittima difesa mi dovrebbe permettere di avere una condanna mite. O addirittura, visto che ho solo sedici anni potrei cavarmela con un breve soggiorno in un carcere minorile, o in istituto di correzione, o un'altra cosa di quel tipo. Però... potrei non essere sicuro dai Sonozaki, o da chiunque voglia eliminarmi. Saprebbero dove mi trovo, lo potrebbero verificare senza fatica vista la capillarità della loro organizzazione, e pianificherebbero facilmente ed in tutta tranquillità il modo più adatto per mettermi a tacere definitivamente, senza che io abbia la possibilità di fuggire. Non voglio fare quella fine.

O forse dovrei? Ho rovinato la vita a tanta gente, è una cosa che ho sempre fatto fin da quando ero giovanissimo... Quella bambina a cui ho cavato un occhio a Tokyo, i miei genitori, Mion e Rena... Dovrei rovinarla anche a me stesso, quindi? Un modo per pagare per i miei errori? Ma questo non riporterà in vita nessuno, e le sofferenze di tutti rimarranno al proprio posto. L'unica possibilità che mi rimane è far sì che esse non siano sprecate, che non risultino inutili... Devo andare avanti, e scoprire cosa c'è dietro...

O forse dovrei rinunciare a questa lotta contro i mulini a vento, e dare pace a quelle anime martoriate, e pure a me stesso? Anche se trovassi la verità, loro cosa ci guadagnerebbero? Non ripagherei nulla del dolore che ho loro provocato...

Ci risiamo, ho sentito un bruciore agghiacciante provenire dal mio collo, e la mia mano sinistra ha dovuto compiere uno sforzo enorme per bloccare la destra. Non mi sento bene, anzi, mi sento proprio male... Più ci penso e più concludo di non aver via d'uscita. Mi sono proposto di fare delle indagini per conto mio, ma in che modo? Con quali mezzi? Già sopravvivere per un mese sarebbe un'impresa non da poco, nelle mie condizioni. Il fatto è che non ho una vera idea, un vero piano di battaglia. Perché sono ancora vivo? Non essere morto là nella cabina sta solo prolungando il mio dolore, senza alcun senso o motivo.

Quel senso di smarrimento che covo da anni nel mio cuore sta crescendo a dismisura, come posso ignorarlo... Qui ad Hinamizawa pensavo di aver trovato il mio piccolo paradiso, un posto tranquillo e lontano dalle frenesie e dalle gelosie che avevano caratterizzato la mia esistenza nella grande città. Mi sentivo realizzato lì, nel mio habitat naturale. Invece ora Oishi ha rovinato tutto...

No, vediamo di essere onesti con noi stessi, almeno ora. Io ho rovinato tutto, nessun altro, e questo formicolio che mi sta facendo impazzire ne è il segno tangibile. Sono da solo, senza amici, senza genitori, senza aiutanti, senza niente di niente. Non ho più nessuno per cui battermi, e quest'assenza di ragione per cui combattere mi sta uccidendo mentalmente. La mia forza di volontà mi viene meno, mentre mi sto rendendo conto che mi sono appena arreso, che la mia vita non ha più senso qui, che non riuscirò mai a risalire dal tetro fondo in cui sono sprofondato. Le mie mani si muovono quasi da sole, cercano in continuazione di raggiungere la mia gola, e faccio sempre più fatica a ricacciarle giù...

Mi sento male, non riesco ad immaginare quello che accadrà tra dieci anni, o tra un anno, o tra un paio di giorni. Questo perché sento che non sarò più su questo mondo, quando quei momenti verranno. Non mi sento più degno di stare su questa terra. So che c'è gente malvagia qui intorno, ma io non sono meglio di loro. Chi sono io per dare loro la giusta punizione? Nessuno, ecco che cosa sono.

È così, ora ne ho la certezza. È in questa discarica che morirò. Non è giusto che io viva e le persone di cui ho distrutto il futuro no. Non ho voglia di battermi contro un Destino che non posso sconfiggere.

Mi arrendo al mio subconscio, e chiudo gli occhi sorridendo amaramente. Con un ultimo atto della mia folle volontà, lascio infine che le mie unghie si ergano fino alla cima del collo, là dove risiede la giugulare, e che esse affondino mortalmente nella mia stessa carne. È solo un semplice e velocissimo gesto, e dopo vedo solo un rassicurante buio che avvolge la mia anima, come in una culla al centro di una stanza senza luce. Va bene così, questo è tutto quello che desidero per me, adesso.
 



Lo volevate ed eccolo qui, Keiichi...
Questo, in particolare, è un finale alternativo dell'Onikakushi-hen, la prima storia dell'anime. Qui Keiichi prova una reazione, ma poco a poco capisce che tutto è compromesso, e quindi la sua volontà si azzera pian piano. Spero che vi sia piaciuto.

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Capitolo 8
*** VIII - Hanyuu Furude ***



VIII – Furude Hanyuu



“Questo non va bene, questo neanche, questo nemmeno...”

Era notte, ad Hinamizawa, le cicale erano troppo stanche per cantare, e Rika era finalmente andata a dormire, dopo essere rimasta in piedi fino ad un'ora decisamente tarda, anche per le sue abitudini. Era rimasta in piedi sorseggiando un bicchiere di vino dopo l'altro, annacquando i propri dispiaceri nell'alcool e bevendo per dimenticare quello che le sarebbe successo di lì a poco.

I suoi adorati compagni di avventura erano morti. Tutti. Rena era stata condotta alla disperazione dalla situazione drammatica di suo padre, come in tanti altri mondi, e dopo aver sequestrato tutti i suoi amici aveva fatto saltare in aria l'intera scuola del villaggio, uccidendo chiunque si trovasse all'interno. Keiichi non era riuscito a disinnescare in tempo l'ordigno, dovendo tenere anche a bada quella pazza scatenata e la sua mannaia, ed era quindi tragicamente perito come tutti gli altri. Se Rika era ancora viva doveva solo ringraziare il fatto che quel giorno, grazie alla memoria dei tanti mondi passati, lei era rimasta a casa, malgrado Satoko non ne avesse capito il motivo e l'avesse spinta fino all'ultimo ad andare con lei a scuola, come tutti gli altri giorni.


Mi spiace... Mi spiace... Mi spiace...


In realtà, però, la bimba era tutto fuorché felice per essere sopravvissuta a quell'eccidio di massa. Aveva pur sempre perso tutti i suoi amici, e soprattutto sapeva che nel giro di uno o due giorni qualcuno l'avrebbe rapita per sacrificarla davanti al tempio di Oyashiro-sama, esattamente come successo in tante altre Hinamizawa. Senza alleati al suo fianco era impensabile provare ad opporre una qualche resistenza ai suoi prossimi aggressori, e Rika stava seriamente valutando l'opzione di suicidarsi per passare direttamente al villaggio successivo, anche se così facendo rischiava di perdersi indizi preziosi sull'identità di coloro che la volevano morta.

Ecco perché Hanyuu era così indaffarata, anche se era ormai notte fonda. In un angolo della loro modestissima abitazione, si stava dannando l'anima nel tentativo di creare la prossima Hinamizawa, il luogo dove l'animo di Rika sarebbe presto migrato, cercando di renderla il posto migliore possibile. Lo spirito era stanco di vederla soffrire ogni volta, una bambina non dovrebbe mai vivere in prima persona quelle torture. La prossima Hinamizawa doveva essere l'ultima, doveva essere un mondo perfetto, un paradiso. Un mondo dove nessuno potesse perdere il lume della ragione, dove potessero tutti fare quadrato e collaborare per eliminare una volta per tutte il male dai propri cuori... Ma una cosa del genere era realizzabile?


Mi spiace... Mi spiace... Mi spiace...


Come doveva essere un mondo perfetto?

Innanzitutto, un mondo ideale doveva essere un mondo in cui fosse impossibile diffidare dei propri amici. Keiichi non doveva sentire il bisogno di guardarsi da Rena e Mion, non doveva pensare che le sue due compagne fossero implicate nella sparizione di Satoshi, altrimenti si sarebbe chiuso come in passato nella sua torre d'avorio e non ne sarebbe più uscito. Quel ragazzo si sarebbe disinteressato del destino di Rika e dei membri del club, se questa eventualità si fosse ripresentata, e questo andava evitato con ogni mezzo, se si voleva avere una chance di vittoria. Keiichi doveva imparare ad aprire il suo cuore, di tanto in tanto...

Un mondo ideale doveva essere un mondo in cui fosse impossibile che un dono sbagliato potesse portare tanta sofferenza. La bambola che Keiichi aveva dato a Rena, invece che a Mion... Chi l'avrebbe mai detto che un regalo dato ad una persona invece che ad un'altra potesse condurre a delle disgrazie quali quelle che abbiamo dovuto vivere sulla nostra pelle? Keiichi aveva sbagliato in quelle occasioni, indubbiamente, ma in fondo era sbagliato fargliene tanto una colpa, Mion aveva sempre cercato di apparire come un maschiaccio molesto, e teoricamente farle quel regalo poteva persino risultare una presa in giro nei suoi confronti. Il problema giaceva a monte, stava nel fatto che quella ragazza aveva sbagliato approccio con lui, ma a questo proposito Hanyuu non poteva fare nulla. Finché Keiichi non fosse maturato e non avesse mostrato più sensibilità questo equivoco avrebbe continuato a verificarsi, quindi quel mondo doveva dargli gli strumenti necessari per crescere e diventare una persona coscienziosa, ma era più facile a dirsi che a farsi...

Un mondo ideale doveva essere un mondo in cui fosse impossibile proibire agli altri di correre in aiuto dei propri amici. Il Centro di Tutela dei Minori, nei mondi precedenti, si era sempre rifiutato di soccorrere Satoko. I Sonozaki avevano le mani legate, influenzati come erano dai fatti avvenuti anni prima, mentre gli altri abitanti non volevano agire per il terrore di subire l'ira della vecchia Oryou... Tutti erano bloccati, la Paura era il vero capo del villaggio. Forse allora i suoi amici avrebbero fatto meglio a rapire Satoko per portarla in un altro posto... ma come piano non avrebbe avuto senso, in definitiva. Certo, in questa maniera la si sarebbe tenuta lontana da Teppei, ma quella non poteva mai essere una soluzione definitiva, visto che segregarla avrebbe voluto dire tenerla lontana da scuola e dagli altri ragazzi. E poi lei adorava la casa in cui vive, aveva giurato a se stessa che l'avrebbe protetta fino al giorno in cui suo fratello sarebbe ritornato, e dividerla dalle stanze che ama sarebbe stato così traumatizzante, per lei... Sarebbe andata incontro ad un esaurimento nervoso e date le sue condizioni di salute precarie questo significherebbe morte certa. Tutti avrebbero dovuto prendersi le loro responsabilità, per evitare il peggiore degli epiloghi...

Un mondo ideale doveva essere un mondo in cui fosse impossibile ingannare menti più semplici. Takano aveva fatto di Rena quello che voleva, riempiendole la testa con tutte quelle storielle sulle invasioni aliene e sui germi che gli extraterrestri avevano portato sulla terra proprio ad Hinamizawa. Un adulto avrebbe avuto senz'altro l'esperienza e la saggezza per dire di no a quelle porcherie, avendo già visto probabilmente in giro degli altri santoni che andavano dicendo di cose assurde e mirabolanti e che puntualmente si rivelavano dei cialtroni. Però una ragazza della sua età poteva effettivamente cadere preda di quei vaneggiamenti, e Takano questo lo sapeva. Forse è per questo che andava sempre dai ragazzi del club, per confonderli con le sue storielle. Nei prossimi mondi dovevano insegnare ai loro amici a riconoscere le persone di cui non fidarsi...

Un mondo ideale, infine, doveva essere un mondo in cui fosse impossibile impazzire per la perdita di un caro, per quanto dolorosa potesse essere. In quelli precedenti, era stato troppo arduo rimanere lontana da Satoshi, per Shion. Quello che le accadeva intorno, gli affari di famiglia, la situazione di Satoko, le turbe amorose di sua sorella... Tutto ciò non faceva altro che esacerbare il suo astio verso coloro che lei riteneva fossero i responsabili di tutto. I Sonozaki avevano sempre avuto dei problemi con i rapporti interpersonali, sia all'interno della famiglia stessa che con il mondo circostante, e questo difetto era causa di un'infinità di incomprensioni, soprattutto quando si parlava di Satoshi e degli Houjou in generale. Ad Hanyuu dispiaceva di non poter fare più nulla per quel ragazzo, ormai, la Sindrome l'avrebbe sempre forzato a stare in coma alla Clinica Irie; però poteva sempre aiutare colei che l'aveva amato più di ogni altra cosa. Shion doveva imparare a superare quella tragedia, con l'aiuto degli altri, e nel frattempo doveva trovare il modo di far pace con i rami della famiglia che detestava...

Ecco come doveva essere un mondo perfetto. Così tante condizioni da soddisfare... Sembrava assurdo. Far coesistere tutte quelle vite, in modo che nessuna di esse fosse portata alla distruzione da parte del parassita... Sembrava qualcosa che andava oltre le capacità di Hanyuu. Nemmeno un dio poteva fare una cosa del genere, per realizzare un'impresa simile lei avrebbe dovuto scendere sulla terra e comandare tutti a bacchetta, facendo presagire orribili punizioni per i disobbedienti, ma questo non sarebbe stato affatto un mondo ideale... Non avrebbe funzionato nemmeno così, in realtà, non si può ordinare agli esseri umani di essere felici, alla lunga le persone avrebbero provato delle esperienze talmente traumatiche e dolorose da cadere inevitabilmente vittima della Sindrome, portando tutti al disastro.


Mi spiace... Mi spiace... Mi spiace...


Lo spirito si era messo a piangere, a quel pensiero. Nessuno avrebbe mai pensato che qualcosa di simile ad un fantasma potesse versare delle lacrime.

Ella infatti temeva a ragion veduta che anche il mondo seguente avrebbe fatto la fine di quello in cui si trovavano adesso, e lo stesso valeva per quello che sarebbe seguito, e per quello successivo, e per quello dopo, e per quello dopo ancora... Una lunga scia di dolore inutile attendeva Rika, infinito e beffardo come il più tragico dei destini, e per provare ad evitarla Hanyuu si stava convincendo pian piano di fare qualcosa di inaudito.

Stava valutando l'ipotesi di finirla lì. Sarebbe bastato non creare un nuovo mondo dopo il compiersi del Grande Disastro di Hinamizawa, e la sua piccola amica non sarebbe più tornata in vita dopo la sua morte nel mondo vecchio. Era una cosa così facile da eseguire, bastava stare fermi e non fare nulla, ma al tempo stesso era così complicata, quella era una decisione drastica dalle conseguenze enormi, inimmaginabili... Significava ammettere la propria sconfitta, in poche parole. Non combattere più, rinunciare a scoprire la verità su quella catena di morti che ciclicamente si ripeteva. Però avrebbero evitato ulteriore dolore, e del resto Hanyuu era sempre stata pessimista sul riuscire a farcela. A lei era sempre bastato “vivere” a contatto con la propria discendente, seppur in forma spirituale, vedere con i propri occhi da spettro quello che succedeva nelle solite giornate di Hinamizawa, il sole che sorgeva, gli adulti che lavoravano, i bambini che studiavano, la gente che viveva... Ma ciò non era sufficiente per giustificare la dannazione a cui Rika era andata incontro fino a quel momento, e lo spirito si sentiva in colpa, per questo. Senza di lei, la bambina sarebbe stata uccisa una sola volta, nel primo mondo, e tutto questo scempio sarebbe terminato lì senza che nessuno potesse viaggiare da un universo all'altro... Hanyuu pensò che la madre di Rika avrebbe fatto meglio ad essere sterile e non aver mai avuto una figlia, ma questo non dipendeva certo da nessuno. Quella bambina era stata il frutto dell'amore tra lei e suo marito, il sacerdote del villaggio nonché precedente capo dei Furude. Nella nascita di Rika non c'era niente di negativo o sbagliato, anzi... Hanyuu si diede della stupida, per aver pensato questo.


Mi spiace... Mi spiace... Mi spiace...


Era un tradimento bello e buono, questo era chiaro, ad Hanyuu si stringeva il cuore a quella prospettiva, ma quel passo ormai le pareva addirittura quasi doveroso. L'altra non sapeva niente di questi suoi pensieri e quindi non avrebbe avuto voce in capitolo. Non le avrebbe permesso di mettersi di traverso, di impedirle di fare quello che aveva in mente. Rika sarebbe morta senza più rinascere, non avrebbe mai potuto avere occasione di lamentarsi se Hanyuu le avesse tenuto nascosto tutto. A meno che non fosse rinata in forma spirituale, assumendo l'aspetto di un fantasma come appunto la propria antenata: in fondo era sangue del suo sangue, anche quella ragazzina doveva pur avere un qualche potere magico che le consentisse di fare ciò, dentro di sé... In quel caso gliene avrebbe dette parecchie, rimanendo con lei nell'altra dimensione. Le avrebbe reso la vita impossibile, l'avrebbe sommersa di rimproveri a suon di Perchè mi hai fatto questo senza neanche consultarmi, mi hai tradita e dire che mi fidavo di te, sei un Dio inutile che non sa prendersi cura del proprio villaggio... Hanyuu non sapeva se sarebbe accaduto questo o no, e non sapeva se augurarselo o meno. Forse, a conti fatti sarebbe stata contenta di avere ancora compagnia, dopo la distruzione dell'ultimo mondo. Non avrebbe più avuto occasione di mettere piede su questa terra, ma almeno non avrebbe sofferto di solitudine.

In verità, però, questo era un pensiero decisamente egoista. Stava valutando solo quello che sarebbe stato di lei e della sua discendente, ma che dire di tutti gli altri? Di Keiichi, Rena, Mion, Shion, Satoko, Satoshi, e tutti gli altri... Senza un nuovo villaggio, le loro anime non sarebbero più rinate e sarebbero state condannate a vagare per sempre nel regno dei morti. Non avrebbero mai più potuto vivere un mondo felice, il mondo che Rika ed Hanyuu avevano bramato per loro e per se stesse; anzi, con quella decisione lei li avrebbe privati anche della limitata felicità che essi avevano sempre provato stando insieme, praticando le attività del club, passando le tranquille giornate l'uno a contatto dell'altro... Non li avrebbe mai più visti giocare, non li avrebbe mai più visti esprimere la loro allegria ed esuberanza, così tipica dei ragazzi della loro età. Rinunciare ai dolori di quei mondi significava anche rinunciare alle loro gioie.

Ne valeva la pena?


Mi spiace... Mi spiace... Mi spiace...


Hanyuu tentennava, sapeva di non avere troppo tempo per prendere quella gravosa decisione. Non creare una nuova Hinamizawa poteva portarle un enorme rimorso. Il rimorso di aver costretto tutti i propri cari a fare una cosa che probabilmente mai avrebbero voluto fare... Ossia non vivere più. In pratica, con quella scelta stava uccidendo definitivamente duemila persone, come il peggiore dei criminali. Da quel punto di vista, non c'era alcuna differenza tra lei ed i malvagi che ogni volta squartavano Rika.

Lo spirito di Oyashiro stava giungendo ad una conclusione. Se avesse creato un altro mondo e avesse sbagliato, allora l'unica cosa che le avrebbero potuto rimproverare sarebbe stata solo un'altra catena di morti ed un'altra scia di disperazione e sofferenza. “Solo” per modo di dire, ma in fondo Keiichi ed il suo gruppo ne avevano già affrontate parecchie, e Rika ogni tanto si divertiva a prendersi gioco della sua antenata dicendole che ormai si era abituata a venire squartata.

Ma se lei invece non avesse creato quest'altro universo, se avesse deciso che avevano visto abbastanza, e avesse sbagliato... Allora i rimpianti sarebbero stati infiniti. Forse Rika e gli altri sarebbero stati davvero in grado di farcela, avrebbero potuto vincere e costruire il mondo che avevano sempre sognato, ed Hanyuu non si sarebbe mai potuta perdonare il fatto di averglielo impedito. Forse neanche loro gliel'avrebbero mai perdonata, nel profondo dell'animo. E poi, se avesse chiesto loro un'opinione in proposito, tutti avrebbero detto di procedere con la nuova Hinamizawa, questo lo spirito lo sapeva da sola.

Hanyuu chiuse gli occhi e sospirò. Era troppo fifona per pensare di affrontare il giudizio dei suoi amici.

Lo spirito uscì dalla casa, senza farsi vedere. Con il favore della notte, uomini vestiti di grigio erano scesi da un pulmino bianco, seguendo gli ordini della loro comandante, e stavano facendo irruzione nell'edificio per prelevare chi stava dormendo all'interno. Era del tutto inutile stare lì a vedere, era ovvio quello che avevano intenzione di fare. Quell'Hinamizawa era maledetta, e stava per finire.



Quest'Hinamizawa sta per finire, già...
Ma non preoccupatevi, ben presto sorgerà da queste ceneri un nuovo mondo.
Solo un altro mondo, però, questo è l'ultimo, poi basta, va bene?

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Capitolo 9
*** IX - Mion Sonozaki ***



IX – Sonozaki Mion


Ormai era sotto quella doccia da più di un'ora, ma sembrava tutto inutile...

La morte della zia di Satoshi, la punizione inferta a Shion per essersi messa in mezzo e per essere evasa dal Collegio, e poi la sparizione di Satoshi stesso... Mion temeva che sua sorella non glielo avrebbe mai perdonato, il fatto che l'avesse aggredita a casa di Kasai ne era un evidente indizio. Le aveva messo le mani addosso... Certo, Shion si era calmata, dopo aver visto che anche lei si era fatta asportare tre unghie nello stesso identico modo, però... L'avrà davvero perdonata?

Mion si sentiva sporca, come se la sua anima fosse stata insudiciata dagli eventi dei giorni scorsi, ed aveva un enorme peso sulla coscienza, tanto che la prima cosa che fece dopo essere tornata alla grande villa Sonozaki fu un lungo e caldo bagno ristoratore. Dentro l'acqua, inondata da un mare di schiuma e di shampoo tonificante, lei aveva la possibilità di rilassarsi per bene e di sbollire la tensione, così chiese a sua madre di non essere disturbata e poi si barricò in bagno. Nessuno da fuori le avrebbe mai rovinato quel momento di piacere, se l'avessero chiamata anche con urgenza lei avrebbe fatto finta di non esserci.

Si sentiva frustrata. Aveva cercato di aiutare Satoshi, si era fatta in quattro per tenere nascosta la fuga di Shion alla sua stessa famiglia e per far sì che sua sorella non fosse punita... Ma non aveva ottenuto nulla, anzi l'altra gemella era quasi arrivata al punto da vendicarsi su di lei. Ma chi glielo faceva fare, di dare una mano al prossimo? Mion era un po' delusa da come gli altri si erano comportati con lei, però pensò che quella triste emozione se ne sarebbe andata man mano che il suo corpo continuava a galleggiare in quelle dita d'acqua.

Ma un'amara sorpresa l'aveva colta dopo essere uscita dalla vasca. Dopo aver estratto il tappo per lasciar defluire l'acqua, Mion si sentì come pizzicare sulla schiena. Forse era stata una zanzara od un qualche altro insetto, fatto sta che la prima reazione che ebbe la ragazza fu quella di girare il capo verso lo specchio del bagno, per controllare se avesse un qualche segno rosso sul dorso. E lì, vide il tatuaggio che ormai conosceva molto bene.

Erano anni che ormai ce l'aveva addosso. Il disegno di un demonio... Un volto deturpato da rughe e cicatrici, gli occhi spiritati, le lunga corna aguzze, una bocca assetata di sangue, e tutta una serie di decorazioni simboliche dal significato nefasto, emblemi di un'oscura epoca medievale che non voleva proprio saperne di finire. Mion avrebbe tanto voluto non aver più quella roba sulla schiena, ma era stata realizzata con intrugli particolari le cui ricette erano tramandate di generazione in generazione, in maniera tale che il disegno potesse durare per decenni, perfino dopo la morte del suo possessore. Una prospettiva poco allettante, per certi versi persino macabra.

Quel disegno sarebbe rimasto sempre lì, sempre immutabile, sempre uguale...

… Oppure no?

Mion ebbe l'impressione che prima il disegno fosse diverso.

Difficile dire dove, ma le sembrava di ricordare una qualche sfumatura diversa nel muso di quel demonio, il suo ghigno non era così pronunciato, fino ad un paio di giorni fa. Quel diavolo aveva tutta l'aria di divertirsi, come se fosse stato deliziato dallo spettacolo di morte e desolazione a cui aveva assistito nelle settimane precedenti. La ragazza ebbe un momento di esitazione, spiazzata, e subito tornò a riaprire il rubinetto dell'acqua calda. Voleva farsi un altro bagno, per togliersi di dosso quella spiacevole sensazione, forse le era rimasto dello sporco sulla schiena che dava un'immagine diversa del tatuaggio... Poi però ritornò in sé e scosse la testa.

“Ma figuriamoci! Mi sono appena ripulita da cima a fondo, come posso avere ancora delle macchie qua sopra? Deve essere il mio stato d'animo, sono troppo stressata in questo periodo, ho le allucinazioni... Piuttosto, dove è il mio asciugamano?”



La giornata era stata terribile.

Perchè si era fermata a scuola, dopo la fine delle lezioni? Avrebbe fatto molto meglio a tornarsene a casa subito, si sarebbe risparmiata quell'umiliazione. E invece no, si era dovuta intromettere... Vedere Keiichi allenarsi in modo così ossessivo con la mazza da baseball l'aveva resa inquieta, sembrava che volesse spaccare la testa a qualcuno a furia di dar fendenti con quel pezzo di metallo... Era stato per quello che gli aveva chiesto cortesemente di fermarsi, di piantarla di comportarsi come uno psicopatico solitario, e di riporre quell'attrezzo al suo posto, dove era sempre stato. In fondo quella mazza non gli apparteneva neanche, era quella di Satoshi, non la sua.

E lui? Si era voltato di scatto manco gli avesse dato un pugno sulla schiena, e le aveva vomitato addosso tutto il veleno che aveva in corpo, con una rabbia che lei non aveva mai visto in una persona sola. Keiichi che la insultava, che insinuava che lei avesse fatto sopprimere Satoshi e che avesse intenzione di fare lo stesso con lui... Per quale motivo era impazzito fino a quel punto? Che c'entrava lei con la sparizione di Satoshi, che elementi aveva lui per pensare che fosse stata lei? Che fosse stato Oishi, a mettergli quelle strane idee in testa? L'avevano visto più volte circuire il loro amico, e parlargli in luoghi tranquilli al riparo da orecchie indiscrete. Evidentemente gli aveva detto delle cose strane, che voleva tenere riservate... La cosa non era piaciuta affatto, a Mion, quando era venuta a saperlo.

Almeno ora era a casa, e poteva piangere liberamente, chiusa in camera sua. Keiichi l'aveva addirittura presa per un braccio, a scuola, l'aveva strattonata gridandole Dimmi la verità, dimmi la verità... Ma che verità voleva scoprire? Manco lei la conosceva, Mion non sapeva che fine avesse fatto Satoshi, ed anche se gli avesse giurato che non gli aveva fatto nulla, Keiichi non ci avrebbe mai creduto... La cosa bizzarra era che Mion pensava che in parte fosse anche colpa sua... Per quanto non sapeva dire che cosa lei aveva mai fatto di male, anzi voleva solo aiutarlo. Si sentiva dispiaciuta per lui, la giovane pensava di essere addirittura innamorata di lui, ma dopo quello che le aveva fatto... La ragazza non avrebbe mai pensato che il suo amico potesse diventare tanto violento, le aveva perfino parzialmente strappato la manica della camicetta, denudandone la spalla. Mion non poteva continuare ad indossare quello che ormai era stato trasformato in uno straccio per rimuovere la polvere, così aveva deciso di cambiarsi d'abito. Aprì l'armadio e cercò una nuova maglietta.

Nel farlo, aveva dato le spalle allo specchio presente in camera sua. Uno specchio come tanti altri, lo avevano regalato ai suoi genitori come omaggio per aver comprato gli altri mobili della camera da letto, però a Mion non spiaceva come oggetto d'arredamento, le dava una sensazione di familiarità, era abituata a vederlo sempre lì. Le dava tranquillità, come tutti gli altri elementi della stanza. Era il suo piccolo rifugio, dove nascondersi quando, di tanto in tanto, lei desiderava un momento di pace e serenità.

Fu quindi colta da una grandissima sorpresa, quando udì il vetro dello specchio cigolare, come se si stesse crepando. Cosa era successo? Mion non se lo aspettava, come soprammobile quello non era nuovissimo, ma arrivare al punto di incrinarsi da solo, senza che lei avesse fatto niente... La ragazza si girò verso di esso, ruotando il capo e continuando a dare le spalle al vetro. Da lì, poteva vedere la zona in cui il tessuto della camicia si era strappato. Poteva vedere la pelle della propria spalla... ma non solo. C'era anche una grossa linea nera che si stagliava sopra di essa. Di che cosa si trattava? Il suo tatuaggio non arrivava a coprire anche quel punto, non era così vasto. E quindi Mion, incuriosita ed un po' intimorita, si affrettò a sfilarsi il vestito.

Il disegno sulla schiena le sembrava davvero ingrandito. Occupava ora tutta l'area del dorso, arrivando a sfiorare braccia e gambe... Come era possibile? Anche il volto del Demonio che aveva addosso pareva essersi espanso, e pareva aver assunto un aspetto ancor più angosciante. I canini si erano allungati, erano vere e proprie zampe intrise di inchiostro rosso... Come se avesse bevuto sangue a profusione di chissà quale fonte. Anche il mento di quel diavolo si era tinta di un color vermiglio. Era diventato il disegno di un essere totalmente malvagio, senza più un'anima.

Mion si chiese come potesse essere possibile una stregoneria del genere... Il tatuaggio si era alterato, era divenuto qualcosa di irriconoscibile rispetto al consueto, non poteva essere una sua impressione. O forse lo era? Lo shock dovuto al trattamento subito da parte di Keiichi... avrebbe potuto giocarle dei brutti scherzi. Alla giovane girava la testa, e dunque prese la sola decisione che avrebbe potuto prendere: non uscire più di casa e chiudersi in camera sua, andando a dormire prima del solito. I suoi genitori, ed anche sua nonna... Si sarebbero preoccupati, ma Mion sperava che avrebbero capito.

Alle volte lei pensava che avrebbe fatto meglio a sparire... A togliersi la vita. Sarebbero stati meglio tutti... Oppure che avrebbe fatto meglio ad isolarsi dal resto di Hinamizawa. Dedicarsi solo ai propri problemi avrebbe reso la sua vita un'esistenza migliore, invece che star lì a dannarsi l'anima per i capricci di persone che non le erano neppure riconoscenti...

Che strani pensieri le ronzavano per la testa, ogni tanto.



La corsa a casa fu precipitosa.

Mion era volata fino alla villa dei Sonozaki, il più in fretta possibile, e si era barricata in camera sua per controllare una cosa. Aveva ricevuto una notizia sconcertante... Rika era stata uccisa da sconosciuti. L'avevano sventrata, e ne avevano abbandonato il corpo presso il Tempio Furude. Tutti i suoi amici lo avevano appreso dal sindaco Kimiyoshi, che aveva fatto la macabra scoperta mentre si dirigeva all'edificio sacro per la preghiera mattutina, e che aveva corso a perdifiato fino alla scuola per avvisare tutti di questa terribile rivelazione... E la maestra Chie aveva dato a tutti un giorno di vacanza straordinaria, era chiaro che nessuno avrebbe trovato la forze di studiare od insegnare, in quelle circostanze.

E Mion allora era andata subito a casa, ignorando Rena che voleva parlarle e tenerla là in classe. Ma perché mai farlo? Che aveva da fare, là dentro? Tanto i rapporti con gli altri suoi compagni si stavano lentamente ma irrimediabilmente guastando. Con Keiichi non si erano più parlati da quel giorno, nessuno dei due aveva il coraggio di rivangare l'argomento. Shion era stata rimandata al Collegio da cui era scappata l'anno precedente, e le suore la sorvegliavano a vista impedendole ogni via di comunicazione con il mondo esterno. Satoko pensava solo a Satoshi ed a Teppei, non si era curata neanche di che fine avesse fatto Rika, ed era inutile provare a dialogare con lei, non ascoltava nessuno. Rena, infine, si era fissata con il fatto che questa fosse il castigo di Oyashiro-sama ed andava ripetendo che presto tutti avrebbero fatto la fine della loro piccola amica... Mion ne aveva abbastanza di tutti loro, ma oltre a questo c'era una cosa che voleva verificare.

Non appena fu chiusa a chiave la porta della sua camera, la ragazza si svesti dell'abito che usava abitualmente come uniforme scolastica. Erano diverse ore che sentiva male alla schiena, ed un orrendo sospetto doveva essere dissipato al più presto. Si mise di fronte allo specchio, ed ammirò la scena che aveva davanti agli occhi.

Il tatuaggio era diventato ancora più grande, ed ora le marchiava quasi tutto il corpo, dando l'impressione di essere in procinto di risalire anche lungo il collo ed il volto, usando le sue vene come corde su cui arrampicarsi. Il volto di quel demonio si era espanso in misura spropositata, le copriva il petto, la schiena, e tante altre zone della sua cute. Le sembrava di essersi trasformata in un mostro. Quel disegno la stava contagiando, stava penetrando nel suo essere in tutto il suo potere distruttivo, e si stava radicando anche nel suo cervello. Cosa sarebbe avvenuto, quando il disegno le avesse ricoperto anche la faccia? Sarebbe stato impossibile celarlo alla vista degli altri.

Il problema era un altro, però. Come mai si era ampliato fino a questo punto? Mion non si sentiva rappresentata da quel tatuaggio, però... Non riusciva a cogliere il senso di quel sortilegio, perché non poteva che essere una magia, quella, non poteva di certo essere un tumore od una malattia. Supplicare Irie perché le dicesse che malattia fosse non avrebbe portato a nulla, il medico ne avrebbe saputo quanto lei, probabilmente... Quella non era una patologia come tante altre, aveva qualcosa di sovrannaturale, qualcosa che la faceva stare davvero male. Essa non colpiva solo il corpo fisico, ma anche lo spirito della persona colpita, e Mion ansimava da questa paura, non sapendo cosa aveva. Che fosse solo una tremenda suggestione? Era possibile una cosa del genere?

Oppure forse era legato a qualcosa che riguardava le tradizioni di famiglia... Ogni leader della famiglia Sonozaki portava su di sé quel dipinto, in quanto memoria del fatto di discendere da dei feroci diavoli, vissuti sulla terra diversi secoli or sono. Però non si sentiva cattiva come loro: anzi, ricordando come le aveva prese da Shion, da Keiichi, e da tanti altri... a lei pareva piuttosto di essere un capro espiatorio. Una persona a prendere a schiaffi per sfogarsi e smaltire la propria rabbia. Quel tatuaggio allora assumeva un senso tutt'altro che spaventoso... Nel caso di Mion, quello era il segno distintivo della stupida di Hinamizawa. Un po' come quando si marchiava a fuoco un traditore, in modo da renderlo immediatamente agli occhi di tutti, o quando si indica lo scemo del villaggio, quello da deridere a prescindere... Il disegno non era un segno di timore reverenziale, anzi, additava la persona da umiliare di più in assoluto. Ed il tatuaggio, con il suo ghigno malefico, non stava ridendo con lei, stava ridendo di lei. Espandendosi stava divorando il suo corpo, e presto avrebbe fatto altrettanto anche con la sua anima... Non era il simbolo della propria natura, ma quello della natura degli altri, dei suoi compaesani, della sua stessa comunità.

A giudicare da queste riflessioni, il morale di Mion era decisamente basso... Ma non per la morte di Rika. Anzi, si sorprese di notare come verso la sua ex-amica stesse provando unicamente una certa indifferenza. Di lei, come di Rena, di Keiichi, di Satoko, perfino di sua sorella Shion... Non le importava più molto. Stava pensando solo a quello che stava accadendo a lei, e non si voleva neanche interessare del trambusto che la morte della bambina stava suscitando ad Hinamizawa.

Ne aveva fin sopra i capelli di farsi in quattro per aiutare chi era in difficoltà. Aveva fatto da sorella maggiore a Rika per tutti questi anni... Aveva scongiurato la nonna affinché Shion ricevesse la punizione più mite possibile dopo la sua fuga... Aveva creato il club scolastico per dare una mano a Satoshi e permettere a Satoko di sentirsi meglio... Aveva accolto Rena e Keiichi dopo il loro trasloco, in modo che si sentissero a casa... E per cosa? Per essere trattata come uno straccio da tutti loro? Mion non era buona ed ingenua fino a questo punto.

Avrebbe pensato solo a sé stessa, d'ora in poi. Potevano anche pregarla in ginocchio, adesso, lei non li avrebbe mai più aiutati. Perchè un conto è essere gentile con chi lo merita, un altro conto è invece esserlo con chi pensa che la tua cortesia sia un atto dovuto e che tu debba servirlo come l'ultima delle sguattere.

Ci sono tanti tipi di demoni, concluse allora Mion. Quelli che azzannano le proprie prede con le zanne e gli artigli, quelli feroci e sanguinari che seminano morte e distruzione attorno a sé, e poi ci sono quelli che non ascoltano una richiesta d'aiuto, rimanendo freddi ed impassibili e beandosi delle sofferenze altrui. Lei sarebbe divenuta quel tipo di Demonio, li avrebbe lasciati tutti morire se era il caso... Ma sì, che crepino tutti, tanto io non ci perderei niente, se ciò accadesse. Sarà divertente vederli mentre capiscono che stavolta devono fare da soli, che devono reggersi solo sulle proprie gambe. Troppo facile, chiamare sempre Mion in proprio aiuto e poi dimenticarsi di lei quando le cose si sistemano... Posso essere felice anche da sola...

Ed intanto quel dipinto sulla sua schiena continuava a ridere, sollazzato ed inebriato dall'anima di cui si stava voracemente nutrendo. Lo spirito di Mion stava inesorabilmente divenendo di ghiaccio, ed il demonio al centro di esso ne era enormemente compiaciuto.

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Capitolo 10
*** X - Satoshi Houjou ***



X – Satoshi Houjou



Svegliarsi senza avere la possibilità di aprire gli occhi deve essere qualcosa di orribile. Sentirsi fermi, con le palpebre come ricoperte da delle bende stregate, con le braccia come legate da catene d'acciaio, mentre ogni singolo muscolo del tuo organismo non risponde ai tuoi comandi ed i tuoi polmoni annaspano disperatamente per un briciolo d'aria. Il tuo corpo non produce calore, senti freddo, nonostante ci siano distese di lenzuola e coperte elettriche sopra di te che scioglierebbero un iceberg intero. Non c'è nulla materialmente che ti ostacola il movimento, ma ti senti come in una bara che sta per essere richiusa, mentre ti senti di affogare dentro un mare d'acqua che in realtà non c'è.

Fu quella la sensazione che visse Satoshi, quando gli parve di ridestarsi. Si sentiva cosciente, più o meno, però non vedeva nulla, non sentiva nulla. E non perché intorno a lui fosse tutto buio. In verità gli sembrava di avere le palpebre fissate con del fil di ferro alle guance, inamovibili nel senso più assoluto; ed anche le orecchie erano come intirizzite, gli pareva di avere due inservibili pezzi di creta al loro posto. Che diamine gli stava accadendo? Era fin troppo assurdo per essere solo un incubo, nessuno sognerebbe mai una cosa tanto strana, avrebbe visto dei mostri, od altre cose spaventose, non il nulla più assoluto. Non poteva darsi un pizzicotto per verificarlo, ma tutto dava l'impressione di essere vero, per quanto incredibile potesse essere... Comunque, a parte quello, l'unica cosa che il giovane riusciva a comprendere era il fatto di trovarsi in posizione orizzontale: le gambe non erano sotto sforzo, gli pareva di percepire un materasso sotto la schiena – se fosse stato un sogno non l'avrebbe sentito, questo – e poi sarebbe stato strano che lui stesse dormendo in piedi.

Sapeva quindi di essere disteso, probabilmente in un letto. Qualcuno ce lo aveva portato, forse lo avevano trovato svenuto da qualche parte, forse si era solo addormentato in camera sua ed aveva dormito per giorni e giorni. Erano però ipotesi troppo vaghe, congetture fin troppo infondate e immotivate; Satoshi dovette ammettere a se stesso di brancolare nel buio, in tutti i sensi. Dove si trovava? Sarebbe bastato schiudere gli occhi per scoprirlo, ma non ci riusciva. Si sentiva debolissimo, bloccato da qualcosa. E gli sarebbe anche mancato il respiro, se non fosse che ogni due o tre secondi un getto di aria gli arrivava di colpo sulle narici ed in bocca. Di che diamine si trattava? Era ossigeno, evidentemente, fossero stati gas di scarico di un motore si sarebbe sentito male. Aiuto provvidenziale, lui al momento non aveva la forza neppure di gonfiare i polmoni autonomamente e quel fresco fiotto salutare dava tutta l'impressione di essere vitale, per lui.

Ma da dove veniva? Quale ne era la ragione? Satoshi non si sentiva del tutto ripreso, si sentiva come intontito, intirizzito da un lungo sonno, quindi era conscio di non essere del tutto lucido. Però non ci potevano essere molte ipotesi che si potevano fare... Un ventilatore? No, il flusso d'ossigeno sarebbe stato molto più regolare in quel caso. Il respiro di una persona? Ridicolo, era da decerebrati pensare che una persona potesse alitargli in faccia di continuo per il solo gusto di farlo, ed inoltre l'aria sarebbe stata molto più calda. E quindi? Gli era rimasta solo un'alternativa, una cosa che di tanto in tanto vedeva alla Clinica Irie, quando portava Satoko affinché fosse curata... Un respiratore. Uno di quei aggeggi che permette alla gente in coma di respirare e di sopravvivere.

Se era così allora molte cose trovavano spiegazione. Lui si trovava in un ospedale, il che spiegava il silenzio che aveva tutto intorno. Non era solo lui che era ancora mezzo addormentato, il fatto era che lui non udiva niente perché di rumori in giro proprio non ce n'erano. Fosse stato a casa sua avrebbe sentito dei sussulti ogni tanto, i suoi zii che litigavano tra di loro, ed anche con Satoko...

Già, è vero, Satoko. Come stava adesso lei? Gli sembravano secoli che non vedeva sua sorella. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta in cui aveva parlato con lei... Quando era stato? In che circostanza? Satoshi non riusciva a farselo venire in mente, e questa impotenza lo fece sentire un pessimo fratello maggiore, uno di quelli che tratta la propria famiglia con negligenza e trascuratezza. Era suo espresso dovere prendersi cura di lei, ed invece se ne stava in panciolle, immobilizzato come una mummia.

Il ragazzo cercò una seconda volta di aprire gli occhi, sforzandosi di smuoversi da quello stato di catalessi, poi ci provò una terza, una quarta, una quinta, una sesta, ma niente. Non gli riusciva di tendere un muscolo, il suo organismo era in tutto e per tutto come un pezzo di legno, un vecchio burattino tarlato i cui fili erano stati recisi per gioco da un moccioso dispettoso. Che cosa gli stava accadendo, stava morendo, era in agonia? E cosa stavano facendo a Satoko, mentre lui era confinato in quel coma? Forse qualcuno lo aveva fatto apposta, forse lo avevano neutralizzato per potersi liberare di lui e per disporre di sua sorella come meglio credevano... I peggiori scenari possibili gli apparvero immediatamente davanti. Quale era l'ultima cosa che gli era successa, prima di perdere i sensi? Chi aveva visto, prima di chiudere gli occhi? Rispondere a questa domanda poteva aiutarlo a fare un po' di luce su quei misteri angoscianti.

Satoshi però non se lo ricordava. Prima si stava rimproverando per il fatto di non sapere quando aveva parlato con Satoko per l'ultima volta, però ora si stava rendendo conto che anche gli altri suoi ricordi recenti erano alquanto evanescenti. La sua memoria era come se non esistesse, era un album di fotografie completamente vuoto. Era come se avesse dato un colpo di spugna a tutto il suo passato, come se avesse voluto cancellare ogni traccia dei fatti accaduti, e così non sapeva più cosa aveva fatto il giorno prima, e quello prima, e quello prima ancora... Ma questo non era possibile, non avere un passato era come non essere mai esistito, e lui era convinto di essere esistito, di avere fatto qualcosa nella vita... Certo, era tutto fuorché Dio, Satoshi non aveva mai combinato molto negli anni scorsi, senza l'aiuto di Mion e di Shion non avrebbe mai creato da solo il club, non avrebbe mai dato alla sua sorellina un ambiente allegro in cui sfogarsi e passare del tempo in modo piacevole, lontano dai suoi zii... Però...

Il giovane si concentrò, e cercò ad ogni costo di rammentarsi l'ultima azione compiuta di cui aveva memoria. Cercava di mettere a fuoco quelle immagini, a poco a poco ricomponeva i pezzi di quel puzzle mentale, facendo non poca fatica... E pian piano gli si parò davanti una risposta a quel suo dilemma. L'ultimo ricordo che era stato in grado di ricostruire era lui che si trovava... Nell'auto del dottor Irie. Mentre si stava grattando nervosamente il collo, anzi, se lo stava quasi strappando con le unghie, come in preda ad un raptus, ad uno stress insopportabile. Ma perché? Perché quel giorno stava compiendo un'azione che a rivederla ora gli pareva tanto insensata? Gli veniva in mente il dottore che era seduto accanto a lui, che mentre guidava cercava di calmarlo e di rassicurarlo con le parole, però Satoshi che gli stava rispondendo quel giorno? Quest'ultimo stava facendo del suo meglio per ricordare, e quei frammenti perduti di passato gli stavano tornando in testa uno a uno... Quel pomeriggio, Satoshi aveva avuto paura perché gli era sembrato di aver scorto sua zia per le vie di Okinomiya, ancora viva...

Ora se lo ricordava bene. Aveva di nuovo davanti agli occhi quella scena, vivida come se si stesse ripetendo dinanzi a lui proprio in quel momento, sebbene il suo intero corpo fosse ancora serrato nella morsa di quel gelido letargo così innaturale. Lui aveva appena fatto fuori Houjou Tamae, quella che l'anagrafe qualificava come sua zia. L'aveva massacrata, fatta letteralmente a pezzi con la sua mazza da baseball in un luogo appartato durante il Watanagashi, e ne aveva nascosto il cadavere in un posto che lui reputava sicuro. Solo che pochi giorni dopo aveva cominciato a vederla dappertutto, per strada, nei negozi, nelle automobili, a casa... Lui l'aveva tolta di mezzo per salvare la vita a Satoko, quella donna era una vigliacca violenta come poche, una che si divertiva a torturare e malmenare la nipotina per ogni pretesto ed ogni sciocchezza che riusciva a trovare per picchiarla. Un essere spregevole, che doveva sparire da questo mondo... Ed invece, proprio quando era sicuro di averla tolta di mezzo... Lei aveva cominciato a spuntare fuori in ogni dove, dinanzi ai suoi occhi, era divenuta una sua fobia, una sua fissazione, non riusciva a schiodarsi di dosso l'immagine di sua zia che continuava a vivere a dispetto dei suoi sforzi. Era stata il suo incubo, nel vero senso della parola. Forse quelle erano state solo visioni, pensò Satoshi, lui ci sperava ed in fondo aveva dei buoni motivi per crederlo: evidentemente la temeva così tanto che la vedeva dappertutto, come la preda che ha paura che all'improvviso compaia il suo predatore da dietro un angolo.

Comunque, era arrivato ad ucciderla, pur di liberarsene... Satoshi non riusciva a capire come fosse potuto giungere a tanto. Odiare una persona fino al punto di eliminarla dalla faccia dalla terra... Lui non era mai stato in buoni rapporti con sua zia, tuttavia... Si sentiva in colpa, si sentiva come se avesse fatto qualcosa di irreparabilmente sbagliato. Anche legalmente. Se l'aveva davvero fatta fuori, allora la polizia l'avrebbe arrestato, lui non era capace di nascondere quello che aveva commesso, non era abbastanza sveglio per poterla passare liscia, ne era consapevole. Ed una volta in carcere, lui non avrebbe più potuto vegliare su Satoko... Lasciarla da sola, indifesa, in balia dei suoi nemici... Certo, la zia non era più in condizione di nuocere, però Teppei era ancora a piede libero, e poi anche il resto del villaggio era ai ferri corti con lei, erano anni che continuavano ad ignorarla ed a non considerarla come parte integrante di Hinamizawa... Quanto avrebbe resistito la sua sorellina senza alcun aiuto?

Lui l'avrebbe delusa, se lei avesse saputo che suo fratello era accusato di omicidio. Anzi, probabilmente avrebbe peggiorato la posizione della sorella, chiunque ad Hinamizawa l'avrebbe additata come la parente stretta di un efferato assassino. Sarebbe stata isolata ancora più di quanto non fosse già, evitata dovunque lei andasse, trattata come la peggiore dei reietti, tenuta del tutto in disparte come un cane randagio; il tutto senza che qualche anima compassionevole si degnasse di controllare ogni tanto come stava. Satoshi pensava che avrebbe rovinato per sempre la vita a Satoko, se il suo gesto fosse divenuto di dominio pubblico.

Ma come fare per tenere celato tutto? Come appena detto, il ragazzo non era in grado di truffare la gente e mentire. Se lo avessero messo alle strette, lui avrebbe confessato tutto, la sua faccia spaventata avrebbe rivelato ai poliziotti tutto quello che c'era da sapere, e lo avrebbero arrestato su due piedi senza nemmeno attendere un processo. Però, perché quei figuri potessero farlo, c'era una condizione assolutamente indispensabile: Satoshi avrebbe dovuto essere vivo, avrebbe dovuto essere sveglio... E quindi per lui era sufficiente non svegliarsi proprio. La cosa era più facile di quel che sembrava, in fondo era già in coma, no? Doveva solo smettere di cercare di aprire gli occhi, e dormire per sempre. La verità sulla storia di quell'omicidio sarebbe rimasta per sempre sigillata dentro di lui, se non si fosse mosso da quel sonno eterno. Certo, questo voleva dire abbandonare Satoko per sempre, lei era praticamente tutto quello che gli rimaneva. Non l'avrebbe vista crescere, e neanche lei avrebbe mai più avuto occasione di parlargli, ma quello era un sacrificio a cui il giovane era pronto. Era consapevole che neppure Satoko avrebbe fatto salti di gioia per questa decisione, ma lui stava pur sempre scegliendo il male minore per la sua cara sorellina.

Il ragazzo si rendeva conto che presumibilmente in molti sapevano del fatto che lui fosse in coma. E la cosa tornava a suo vantaggio: avrebbero continuato a sapere che era così, per l'eternità. Nessuno avrebbe mai scoperto che lui aveva ripreso i sensi, anche se per pochi minuti. Nessuno lo avrebbe mai saputo.


 

...Atosh...


 

Che cosa era stato quel suono? Il ragazzo si stava per riaddormentare, ma quella specie di verso lo aveva trattenuto. Però in precedenza Satoshi aveva ipotizzato che non poteva udire nessun rumore, perché invece quello lo aveva sentito? Era come uno di quei segnali acustici simili a delle campane che si sentono in porto quando c'è la nebbia, per permettere alle navi di orientarsi e non andare a sbattere contro le banchine.

Non era stato un suono sgradevole, infatti. Sembrava una parola pronunciata con tanta dolcezza, una voce calda ed umana. E se era così, era evidente cosa essa aveva voluto davvero dire. Qualcuno doveva averlo chiamato per nome, impossibile fraintenderlo. Forse si erano accorti di qualche cambiamento nel suo stato di salute? Forse si erano resi conto che aveva ripreso parzialmente conoscenza, e pertanto lo volevano risvegliare? Però non era stata Satoko, il timbro di voce era quello di una ragazza più grande di lei. E tra l'altro a Satoshi non suonava neppure nuova, gli pareva di averla già ascoltata da qualche parte. Però era sparita troppo in fretta, non era durata abbastanza, aveva parlato per troppo poco tempo e lui non era sicuro di averla riconosciuta...

Avrebbe dovuto cercare di scoprire di chi si trattava? Ma per poterlo fare aveva solo due possibilità. La prima era sperare di poterla riascoltare, ma quello dipendeva solo dalla volontà di quell'altra persona: se questa avesse deciso di non riprovarci lui sarebbe rimasto con le pive nel sacco, quindi come strategia da seguire non era il massimo. E poi c'era la seconda alternativa.

Aprire gli occhi e verificare di persona.

Avrebbe mai trovato l'ardore di farlo? Se lo invocavano allora lo stavano aspettando, però... Una volta tornato nel mondo dei vivi non avrebbe più potuto tornare indietro e fingere di essere ancora in coma, avrebbe dovuto dare molte spiegazioni, e lui pensava di non essere ancora pronto per farlo. Tuttavia, aveva anche il presentimento che se non avesse colto al volo quest'occasione se ne sarebbe pentito per sempre... Quindi, che fare? Prendere il coraggio a due mani, oppure attendere un'occasione più favorevole? Satoshi ci pensò. Ma poi, sentì il fortissimo bisogno di uscire da quel limbo così buio. Se lo chiamavano, potevano anche avere bisogno di lui. Costi quel che costi, non era giusto lasciare qualcuno da solo nel momento del bisogno, le conseguenze non sarebbero importate. Quel senso del dovere era la sua più grande virtù, anzi forse era addirittura la sua unica dote, non poteva rinunciare anche a questa.

E quindi sollevò le palpebre, non arrendendosi di fronte alla loro incredibile pesantezza. Vincendo la resistenza del proprio corpo inerte, egli riprese finalmente a muoversi, issandole e tirando su come le ciglia se fossero delle pesanti tende da palcoscenico, dei drappi impolverati da aprire a costo di strapparli a viva forza. Stava tornando alla vita.

Ma anche così non poté vedere nulla. Prima ancora che la luce potesse raggiungere le sue pupille, due braccia si erano avventate su di lui, ed un corpo coprì il suo volto. Satoshi non riusciva a dire nulla, sentiva solo che chi lo stava abbracciando stava piangendo a dirotto, non era in grado di scorgere altro in quella posizione. Anzi, sul momento pensò di aver fatto la cosa sbagliata, credette che l'altra piangesse perché lui aveva commesso qualcosa di sbagliato nei suoi confronti. E ci volle non poco tempo, tra carezze e sorrisi da parte della persona in questione, prima che il ragazzo si rese conto di aver fatto la cosa giusta.

“Ah... Shion-chan... Sei tu...”

Satoshi provava un immenso calore, stretto al corpo di quella ragazza, e la sensazione gli piaceva. Lo faceva stare bene. Intanto, fuori dalla stanza in cui si trovavano c'era trambusto, c'erano infermiere e personale che stava avvisando tutti di quello che stava succedendo dentro. Satoko lì non c'era, ma le inservienti la stavano chiamando, lui le poteva sentire, e non sarebbe passato tanto tempo prima che lei avesse saputo la novità.

E quindi Satoshi richiuse gli occhi, ma non per morire o ripiombare nel sonno, tutt'altro. Voleva rimanere lì, con gli altri. Al peccato che c'era ancora nel suo cuore ci avrebbe pensato dopo, non era il momento di occuparsene, ora era il momento di rasserenare la propria anima. Sì, Satoshi ora si sentiva davvero a suo agio, come in paradiso.

L'aveva azzeccata, almeno questa volta. Già, probabilmente aveva fatto bene a svegliarsi.


 

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