Breathe Me

di SkyFullOfStars_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Bad Accident ***
Capitolo 2: *** Me Next to You ***
Capitolo 3: *** 14 ***
Capitolo 4: *** An Unexpected Visit ***
Capitolo 5: *** I Wish You Could Open Your Eyes ***
Capitolo 6: *** A Special Shelter ***
Capitolo 7: *** Our Song ***
Capitolo 8: *** A Friendly Talk ***
Capitolo 9: *** Dream or Reality? ***
Capitolo 10: *** Trip Out of Town (part 1) ***
Capitolo 11: *** Trip Out of Town (part 2) ***
Capitolo 12: *** Trip Out of Town (part 3) ***
Capitolo 13: *** Allarming Phone Call ***
Capitolo 14: *** Please, Stay with Me. ***
Capitolo 15: *** Helping Someone ***
Capitolo 16: *** Bad/Good Day ***
Capitolo 17: *** Hurry Up! ***
Capitolo 18: *** A Date or Not? ***
Capitolo 20: *** I Haven't Let You Go. ***
Capitolo 21: *** What Is Going On? ***
Capitolo 22: *** Chat With The Boss ***
Capitolo 23: *** Big Adventure ***
Capitolo 24: *** Here We Go! ***
Capitolo 25: *** Success or...Love? ***
Capitolo 26: *** Thrills... ***
Capitolo 27: *** Stay Away From Me. ***
Capitolo 28: *** New Beginning ***
Capitolo 29: *** Courage, Blaine ***
Capitolo 30: *** I Need You. ***
Capitolo 31: *** Please, Talk To Me. ***
Capitolo 32: *** I'll Be Your Friend ***
Capitolo 33: *** Who's That Boy? ***
Capitolo 34: *** Remember When... ***
Capitolo 35: *** I'll Always Be There. ***
Capitolo 36: *** Look After You ***
Capitolo 37: *** The Reason ***
Capitolo 38: *** Jealous ***
Capitolo 39: *** Let's Talk About...Sex? ***
Capitolo 40: *** I Will Love You, Until The End of Time. ***



Capitolo 1
*** A Bad Accident ***


1. A Bad Accident

 


-Dove caspita ho messo il mio cellulare?!- esclamò Kurt in preda alla furia come ogni mattina. Tutti i giorni succedeva così: lui era un apprendista stilista, aveva 26 anni, un appartamento a New York tutto ben ordinato,come era solito da lui, ma ogni giorno, prima di andare a lavoro, era sempre agitato e spesso dimenticava dove metteva gli oggetti, soprattutto il cellulare e le chiavi della sua macchina.
Era single, non aveva proprio tempo per pensare all'amore visto tutto quello che aveva da fare! La sua vita era strutturata in stoffe, manichini e ordini del suo burbero capo. Si era trasferito da tempo lì nella Grande Mela e si era abituato sin da subito a quella bella ma rumorosa città; suo padre era rimasto in Tennessee con la sua grande fattoria, che regnava nei ricordi di Kurt. La sua infanzia era circondata da bei ricordi, tra i quali mucche, cani da pastore, latte fresco ogni mattina...se chiudeva gli occhi per un attimo gli pareva di sentire ancora il dolce sapore del "latte di casa sua", come lo chiamava lui.
Ed ora eccolo qui. Non è stato facile per lui riuscire ad arrivare fin dov'era adesso. Già dalla scuola media le cose che giravano su di lui erano insopportabili..Forse proprio perchè nessuno aveva mai accettato la sua omosessualità, apparte suo padre. Lui si era sempre sentito così. Si era domandato tante volte perchè non fosse uguali agli altri e tutte le volte che lo pensava si odiava così tanto da provare a suicidarsi. Ma fortunatamente, dopo averlo faticosamente detto a suo padre che lo aveva accettato, si sentì più sollevato. Era come se qualcuno gli avesse tolto un pesante masso dalla schiena. Stessa sensazione, stesse emozioni. Anche al liceo purtroppo aveva subito del bullismo e nessuno lo aveva mai difeso, nessuno lo aveva mai aiutato a rialzarsi quando i bulli della scuola lo spingevano contro gli armadietti e lo facevano cadere...Nessuno si è mai accovacciato su di lui chiedendogli come stesse...Era evidente che a nessuno importava niente. Se l'è dovuta cavare da solo. Ha cominciato a dirlo a suo padre e a parlare con il preside della scuola di questo fatto...Per i bulli la sospensione arrivò subito, netta, proprio come una freccia si scaglia contro una mela. Burt, suo padre, fu fiero di lui. Non poteva credere di avere un figlio così coraggioso...neanche lui stesso avrebbe mai avuto la forza di fare una cosa del genere...era orgoglioso del suo ragazzo.
Una cosa negativa che però Kurt aveva era l'ansia eccessiva. E quella mattina, di ansia e nervosismo, ce n'erano a volontà.

-Si può sapere dove è andato a finire?!- ripetè Kurt infuriato. Erano le 8:00 di mattina, ed era terribilmente in ritardo al lavoro.
-Stavolta non scappo...stavolta mi licenziano!- blaterò il ragazzo tra una corsa e l'altra alla ricerca del suo tesoro.
-Ah ah! Trovato!- esclamò afferrando con furia il suo telefono e guardandolo come se volesse fargliela pagare per essersi nascosto.
Così prese chiavi (che non faticò per cercare), cellullare, cappotto e, correndo verso la porta del suo appartemento ben sistemato, uscì sbattendola. In fretta e furia entrò in macchina, provò ad accendere il motore...ma anche quello aveva voglia di fare il biricchino quella mattina.
-Andiamo, su!- pregò Kurt disperato- Avanti accenditi per favoree!- riprovò con tutta la sua volontà fin quando il veicolo si accese. Tutto euforico partì di corsa verso la boutique dove lavorava. 

Kurt, mentre guidava, guardava continuamente l'orologio dell'auto, tenendo d'occhio l'ora. Era ufficiale...era in ritardo un'altra volta. L'ultima volta che era arrivato in ritardo al lavoro, il suo capo gli aveva fatto una bella ramanzina sottolineando le regole principali del suo posto di lavoro. La più importante? Essere sempre puntuale. Ma a quanto pare quella maledetta regola sembrava farglielo apposta: ogni volta che voleva arrivare in orario gli capitava sempre qualcosa che riusciva a fargli fare ritardo. Aveva anche stabilito un punteggio: Regola 3- Kurt 0.

Con meno di un minuto sarebbe arrivato a lavoro...se non fosse stato per il traffico.
-Vogliamo scherzare? Traffico alle 8:00 del mattino? Roba da pazzi!- esclamò Kurt furibondo. Mentre picchiettava con le dita sul volante gli venne la brillante idea di percorrere la corsia SOS che aveva accanto. Ci ripensò un attimo, capendo che avrebbe potuto rischiare una multa o qualcosa del genere...Ma poi qualcosa gli fece cambiare idea e, con l'abilità di un pilota esperto, svoltò a destra nella corsia delle emergenze. Percorreva la strada con alta velocità mentre dava qualche occhiata ai negozi vicino: Versace, Armani e... un enorme botto lo fece sussultare e gli fece sbattere la testa sul volante, facendogli perdere completamente i sensi.
Si era scontrato con un'altra auto che gli era sbucata dal nulla.
Quello che ricordava di quell'incidente fu quasi niente...sapeva solo che l'ultima cosa che aveva fatto prima dello scontro era guardare distrattamente le vie intorno a lui.
Quello che successe veramente fu raggruppato in una manciata di secondi. Una distrazione, una frenata...un enorme botto.


Si risvegliò in ospedale, in uno che non conosceva...era sdraiato su un lettino ed era così stordito da non riuscire nemmeno ad alzarsi...All'inizio fu avvolto dall'ansia e dal panico, poi cominciò a sentire delle voci e si concentrò su di esse: c'era un bambino che piangeva, una donna che parlava con un'altra persona e...aveva tanto caos in testa.
-Oh, vedo che si è ripreso.- udì improvvisamente da il lato destro del lettino su cui era sdraiato. Si voltò piano con la testa e socchiuse gli occhi per vedere meglio...era un'infermiera.
-Allora sono vivo.- disse a malapena. La donna gli sorrise e, con delicatezza, lo aiutò ad alzarsi e a mettersi seduto.
-Come va la testa? Ha preso una bella botta, ma lei almeno sta bene.- disse la ragazza sorridendogli. Kurt si toccò la testa e si accorse di avere una fasciatura intorno al capo.
-Si..si sto bene. Ma non ricordo cosa è successo.- cercò di spiegare il ragazzo confuso.
-Bè, vede, lei ha fatto un'incidente. E'rimasto illeso per fortuna, ma...il ragazzo con cui si è scontrato ha riportato lesioni gravi.- spiegò l'infermiera con un'espressione seria.
-Quale ragazzo? Oh mio Dio, non ci posso credere... E' morto?!- esclamò spaventato Kurt. L'infermiera fece di no con la testa rassicurandolo.
-Non è morto, ma...purtroppo..bè...è in coma.
Solo allora Kurt si rese conto della gravità della situazione. "Un ragazzo? In coma per colpa mia?!" - pensò spaventato. Sapeva che era stata colpa sua: sapeva che non doveva percorrere la corsia d'emergenza senza un vero e valido motivo..Ma ormai era troppo tardi. Quello che era successo era successo. Il cuore del ragazzo illeso allora cominciò a riempirsi di una sensazione bruttissima, malvagia...Un qualcosa che lo demoliva interiormente. Il rimorso. Esso lo stava divorando vivo, accompagnato anche dalla paura.








 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------

 

Saalve!! Allora, è la prima fanfiction che pubblico, quindi mi raccomando non esagerate con i commenti ;) 

Che ve ne pare? Spero che non mi ucciderete per quello che ho fatto capitare al nostro riccioluto :/

Comunque spero che vi piaccia lo stesso! 

Un Bacioooo                                                 -SkyFullOfStars_

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Capitolo 2
*** Me Next to You ***


2. Me Next to You
             
                
 Kurt si sentiva terribilmente responsabile: non gli era mai successa una cosa del genere e sentiva che, forse, questa volta non c'era rimedio. Allora cominciò; ad incolparsi per non aver continuato a subirsi il traffico in strada, invece di svoltare e di scontrarsi con un altro ragazzo, mettendo in pericolo la sua vita...un ragazzo che alla fine era anche innocente...
Rabbia. Tristezza. Frustrazione.
 Queste erano le sole tre cose che il ragazzo sconvolto provava in quel preciso istante. Sembrava ipnotizzato: era immobile, seduto sul lettino e accovacciato su se stesso...Guardava fisso il pavimento come se aspettasse che gli dicesse qualcosa, che gli suggerisse cosa fare. Ma a quanto pare non voleva aiutarlo.
-Ti senti bene?- domandò preoccupata l'infermiera vicino a lui. Kurt allora fu scrollato dai suoi pensieri ed alzò di scatto la testa. Era così impegnato a pensare che non si era nemmeno accorto che la donna fosse ancora vicino a lui. La guardava con gli occhi velati di lacrime, senza sapere cosa dire. Si sentiva uno schifo.
-Un ragazzo è in ospedale, in coma per colpa mia.- sussurrava piangendo.- Se dovesse morire penso che non me lo perdonerei mai.
- La donna lo guardava con tristezza e comprensione, come se capisse cosa provasse...e poco dopo si accorse che una lacrima stava cominciando a scendere sul suo viso. Non sapeva come confortare il ragazzo, ma si limitò a poggiargli una mano sulla spalla e a dirgli:
-Andrà tutto bene.- Detto questo sparì dalla stanza.
Kurt intanto piangeva silenziosamente..."Perchè non ci sono io al posto di quel ragazzo? Lui non se lo meritava!";- pensò sentendosi in colpa. Dopo un po' si asciugò le lacrime con il bordo della sua maglietta e decise di andare almeno a vedere il ragazzo con cui si era scontrato. Era il minimo che potesse fare...Almeno per ora.


Così si alzò pesantemente dal lettino, poggiandosi una mano sul fianco che gli faceva male; uscì dallo studio e percorse un pezzo di corridoio cercando un dottore al quale chiedere del ragazzo. Dopo quasi quattro, cinque passi fu colpito da una stanza, la numero 14, con una figura bellissima, una figura sdraiata su un letto, con tanti fili intorno e con una macchina per il cuore che lo costrinse a fermarsi e ad osservare. Non sapeva che quella fosse la figura che gli avrebbe cambiato la vita.
Kurt fu così rapito da quell'immagine che cominciò a studiarla con cautela: era un ragazzo, uno splendido ragazzo dai capelli scuri, anche un po'ricci...Era a petto nudo, con il torace tappezzato di piccole ventose per il cuore. Il ragazzo illeso non poteva credere a quello che vedeva, o meglio a quello che sentiva...Il suo cuore cominciò a battere forte, i brividi gli percorrevano la schiena come se fossero impazziti e i suoi occhi battevano a malapena, come se non volessero perdere di vista quella specie di "angelo riccio". Questo nomignolo gli venne così, senza una ragione. Sentiva di doverlo chiamare così.
"Wow"- pensò mentre si godeva quel petto scolpito dai muscoli..- Poi l'attenzione di Kurt si soffermò sul volto del ragazzo riccio... L'a sua espressione era impallabile: gli occhi erano chiusi e Kurt non poteva vederne il colore...La bocca era socchiusa e suscitò nel ventiseienne qualcosa di strano...come un brivido. Il respiro era a malapena accennato, era debole..Gli sembrava che, da un momento all'altro, avesse cessato di farsi sentire.
Ma Kurt non era lì per lui, anche se questo gli dispiaceva, tanto. Sentiva come il bisogno di stare vicino a quel ragazzo, sentiva una specie di forza magnetica che lo attirava a lui. Ma il suo "amico accidentale" non era quello. Non poteva esserlo.

Così percorse altri due o tre passi del corridoio, lasciandosi alle spalle quella meraviglia di ragazzo. Un passo più avanti trovò finalmente un dottore con un foglio in mano, che stava facendo il giro delle stanze per conoscere la salute dei pazienti. Kurt si avvicinò a lui e chiese:
-Mi scusi, volevo un'informazione.-
-Certo, dica pure.- rispose l'uomo mostrando un sorriso a trentadue denti. Kurt per un'istante esitò a parlare, perchè gli faceva male pronunciare le parole incidente, ragazzo in coma...Ma prese coraggio e disse:
-Ehm..S-sa per caso in che stanza si trova un...un..un ragazzo in...- si fermò per un attimo, chiudendo gli occhi per impedire alle lacrime di far capolino un'altra volta..Poi respirò profondamente e riattacò dicendo: -...in coma per un incidente successo poco fa?-
Il dottore ci pensò un attimo dubbioso, poi però il suo viso s'illuminò indicando una stanza alle spalle di Kurt.
-Seguimi. Stavo per andarci.- disse l'uomo lasciandosi seguire dal ragazzo dallo sguardo triste. Dopo pochi passi il medico si fermò davanti ad una stanza con un numero che fece sobbalzare il cuore di Kurt... Due cifre. Le due cifre che gli avrebbero cambiato la vita.

 

AnGoLo DeLl' AuTrIcE-----------------------------------
 

Rieccoci qui!! Vi sta gustando (?) la mia storia? Oppure volete farmi un attentato??!! Spero di noo *si inginocchia per mostrare pietà*...
Comunque, se proprio non volete lasciarmela passare liscia, fatemi almeno finire la fanfiction ù.ù

Ci vediamo nei prossimi capitoli..(se sopravvivo...)                                                    -SkyFullOfStars_

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Capitolo 3
*** 14 ***


3. 14




"Oh Mio Dio"- pensò Kurt quasi svenendo. Come dargli torto, secondo il numero che aveva visto? 
Stanza numero 14.
Kurt impallidì. Era tutto un fremito...I suoi occhi chiari erano serrati sul quel numero, come se non volessero crederci e volessero guardare meglio, nel caso avessero visto male. Anche Kurt voleva pensarla così, ma non poteva...semplicemente perchè non era un'illusione.
Era la pura verità, tutto qui.
-Si sente bene?- domandò il dottore corrugando la fronte preoccupato. Kurt fece un balzo per aver udito la voce del medico piombargli nei pensieri. Cercò di rispondere ma l'unico gesto che riuscì a fare fu un semplice cenno con la testa. L'uomo lo guardò ancora per qualche secondo in modo interrogativo, poi disse:
-Bene, allora vogliamo entrare?- Kurt annuì distrattamente, fissando ancora il numero della stanza, per poi accorgersi che la porta era socchiusa e che riusciva ad intravedere il suo "angelo riccio".
"Mio Dio, non può essere una coincidenza! O si? Solo un caso? Io non credo ai casi! Forse..."
-Eccoci qua.- disse il dottore interrompendo i pensieri di Kurt che, senza nemmeno accorgesene, era già entrato nella stanza insieme al medico. Ora si trovava ad un lato del letto del ragazzo..."Come ho fatto ad arrivare fin qui senza accorgemene?"- s'interrogò il biondino.
Solo dopo si accorse veramente che il riccio era accanto a lui. Era fermo lì, immobile, candido, bello come un fiore e debole come un cucciolo indifeso.
Dentro di Kurt mille emozioni gli stavano sconvolgendo il cuore...esso batteva forte, batteva fortissimo, come se stesse facendo una maratona e non potesse fermarsi. I suoi occhi si stavano nuovamente velando di lacrime, anche se lui non ne conosceva il motivo, ma continuava a versare emozioni ininterrottamente...un po' forse era colpa dell'incidente, un po' della depressione, della tristezza e...e di qualcos'altro che Kurt prorprio non riusciva a capire.
Ma in quel momento non ci pensò...era troppo impegnato a nascondere le sue lacrime inutilmente e a guardare dolcemente il povero ragazzo davanti a lui. Il dottore si accorse che il biondino stava piangendo silenziosamente e così gli andò vicino e, accarezzandolo sulla schiena, gli sussurrò:
-Sta tranquillo...Faremo l'impossibile.- Detto questo Kurt lo guardò con gli occhi gonfi, mentre singhiozzava.
Aveva cercato di nascondere la sua disperazione...ma non cel'aveva fatta. Il suo cuore si stava spezzando per il dolore nel vedere quel povero angelo in ospedale e per di più in coma...
Così, ancora piangendo, si sedè pesantemente sulla sedia che aveva dietro e fissò il pavimento, in cerca di un qualcosa che lo facesse stare meglio. Il medico, vedendo la situazione, decise di lasciarlo da solo con il moretto.
"Poveri ragazzi"- pensò dispiaciuto. Ma mentre stava per uscire dalla stanza, la voce spezzata di Kurt lo costrinse a fermarsi. Si voltò, lo guardò ed ascoltò: -Mi dica l-la verità...C'-è qualche speranza...che...che s-si s-svegli?- singhiozzò il ragazzo dagli occhi chiari con il viso rigato dalle lacrime.

L'uomo, ormai sulla soglia della porta, si girò per guardare il ragazzo dagli occhi tristi e gonfi...Non sapeva che rispondere: come poteva averne la certezza? Quel ragazzo era in grave condizioni e nel peggiore dei casi poteva anche morire. Il dottore cercò di dargli una risposta sicura, ma non poteva. Così si limitò a dire:
-Vorrei tanto saperlo anch'io.- detto questo Kurt capì che nessuno conosceva la risposta, ed il che era a dir poco deprimente e frustrante per tutti.
Il medico se ne andò chiudendo la porta alle sue spalle e lasciando i poveri ragazzi da soli: Kurt stava pensando ed aveva smesso di piangere, capendo che voleva stare vicino al riccioluto e che, se doveva fare da "sostegno", doveva smettere di piangere e doveva affrontare tutti gli ostacoli. Wow, aveva appena reagito. Non era da lui.
Non riuscì a spiegarsi da dove riuscì a prendere quella forza per solo pensare quelle parole. Ma continuava a guardare il ragazzo immobile vicino a lui e capì che, almeno uno di loro due, doveva essere forte per l'altro. Solo così avrebbero superato tutto.

Anche se si "conoscevano" da solo...pochi minuti, il biondino sentiva un qualcosa tra di loro...capiva che avevano qualcosa in comune che li aveva fatti incontrare...Era destino che quella mattina un ragazzo di nome Kurt Hummel, facesse un incidente in auto con un altro ragazzo, chiamato...
"Come si chiama?"- pensò il ragazzo dagli occhi chiari fermando i suoi pensieri. Infatti, con tutta quella confusione in testa e tutti i ragionamenti che aveva fatto, non si era nemmeno preoccupato di sapere come si chiamasse il suo "amico accidentale".
"Non importa."- si disse Kurt. "E' una cosa secondaria. Io e te ce la faremo, anche senza conoscerci, senza sapere il nostro nome, senza sapere da dove veniamo..."-
Il biondino non riuscì a finire la frase, poichè si accorse che, da un bel po' di tempo ormai, stava tenendo la mano del ragazzo dai capelli scuri. Spaventato cercò di toglierla subito accorgendosì però che era morbida e calda, come quella di un bambino. Le sue guance allora si colorarono di un rosa tendente al rosso, tutto per l'imbarazzo.
Ma non importava: nessuno se ne accorse...erano soli, in una stanza, in un ospedale, e Kurt non voleva smettere di tenere quella meravigliosa mano...
-Sai, penso che da oggi in poi avrò un nuovo numero fortunato...- disse Kurt rivolgendosi al ragazzo. -Indovina qual'è?- continuò in modo ironico con un piccolo sorriso, guardando il riccio difronte a lui mentre le lacrime ricominciavano a fare la loro apparizione.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------

 

Ehi!! Come va ragazzi?? Spero che ancora non ci sia l'istinto omicida in voi tutto per me, eh! Lo so che per adesso la storia è molto triste,ma, per chi non ci avesse fatto caso, ho cambiato il genere da "drammatico, romantico" a "commedia, romantico"... :D Speriamo che dopo avervi detto questo mi risparmierete :'(

A Prestooo!                                                       -SkyFullOfStars_

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Capitolo 4
*** An Unexpected Visit ***


4. An Unexpected Visit
 
 

 
 
I quattro giorni che seguirono Kurt era sempre lì: stava seduto su quella sedia, che ormai era diventata sua amica e che ogni giorno l'aspettava all'ospedale, accanto ad un lettino con uno splendido ragazzo che lottava per la vita.
Il giorno dell'incidente, se ne era andato via la sera, anche se, mentre usciva dall'ospedale, si sentiva peggio di prima. Era andato a casa ed aveva avvertito suo padre ed il suo capo su ciò che era successo. Burt, era preoccupatissimo e tartassava il figlio di domande mentre parlavano al telefono:
 
-Ma sei sicuro di stare bene? Vuoi che venga lì da te? Potrei...-
-Papà,- lo interruppe Kurt dolcemente- stai tranquillo, ok? Ora sto bene, non mi sono fatto niente durante l'incidente...-
"Anche se per qualcuno non è stato così"- pensò Kurt preoccupato.
In realtà lui non disse niente riguardo il ragazzo in coma. Non lo fece per non far preoccupare suo padre che, conoscendolo, sarebbe piombato a New York in un attimo, e non voleva dargli questi problemi.
           
Il quinto giorno il biondino ritornò all'ospedale, ma non sapeva che non era l'unico a preoccuparsi per il riccioluto. Arrivato alla famosa stanza 14, entrò deciso, ma quello che vide gli gelò il sangue.
Il riccioluto era sparito.
In quel preciso istante Kurt cominciò a preoccuparsi e ad immaginare che, da un momento all'altro, un medico l’avesse visto, l'avesse fermato e gli avesse detto che...non c'era stato più niente da fare.
Non sapeva cosa pensare: il suo cervello gli diceva di stare lì; ad aspettare, ma il suo cuore voleva andare a cercarlo.
"Oh mio Dio...Dove lo hanno portato? Mi avevano detto che mi avrebbero avvisato per qualunque cosa.."- si disse Kurt mentre faceva avanti indietro dalla porta della stanza al muro di fronte. Per il nervoso cominciò a giocare con le mani e ad accarezzarsi le nocche con le dita, per poi passare a sfregarle: aveva le mani completamente sudate. "Aspetta"- pensò fermandosi. "Come mai sono così agitato per lui?".
In realtà neanche lui sapeva la risposta. O forse si...solo che non voleva ammetterlo. Poi scacciò via quella domanda che si era creato e ricominciò a camminare velocemente avanti e indietro.
Aspettò qualche minuto, ma poi non ce la fece più e cominciò ad andare in giro per il reparto, correndo come un pazzo, e chiedendo del suo "angelo riccio".
           
Fermò un dottore; era il dottore del giorno prima, con il famoso sorriso a trentadue denti. Quest'ultimo lo riconobbe e capì subito cosa Kurt stava per chiedergli e così lo precedette dicendo:
-Tranquillo, sta facendo dei controlli. E' tutto a posto, e sta bene.- Kurt tirò un grande sospiro di sollievo accompagnato da un piccolo sorriso. Il dottore poi continuò:
-Oh, ieri mi sono dimenticato di darti un po' di informazioni del ragazzo. Devi scusarmi ma qui c'è un sacco da fare!- esclamò l'uomo sorridendo di nuovo. In effetti Kurt aveva una voglia inspiegabile di sapere il nome del ragazzo, ed anche l'età.
-Non si preoccupi, so che è molto occupato.- rispose il ragazzo con aria comprensiva. Il medico gli sorrise ancora e poi cominciò a dirgli nome, cognome, età e via così.
-Allora...il ragazzo si chiama Blaine Anderson, 28 anni, maschio...oh ma penso che lei questo l’abbia constatato, ahahah! -rise l'uomo.
Kurt sorrise insieme a lui..."Blaine."- si ripetè tra sè e sè. "Blaine Anderson"- pensò il biondino con un'espressione da estasi, come imbambolato da quel nome... Kurt credeva di parlare a se stesso, ma in verità non stava pensando..bensì pensava ad alta voce.
Il dottore lo guardava con un sopracciglio alzato e con aria interrogativa. Poi scoppiò in una risata un po' trattenuta. Kurt voleva sprofondare.
"Bene. Pessima figura.Complimenti Kurt Hum..."-
-Lei dev'essere Kurt.- domandò una voce maschile e potente dietro alle sue spalle che non gli permise di finire di rimproverarsi.
Kurt si girò di scatto trovando davanti a sè un uomo i giacca e cravatta, sulla cinquantina d'anni, riccio, brizzolato, che lo guardava con freddezza e serietà.
Il dottore, vedendo la situazione se ne andò silenziosamente, lasciando i due uno davanti all'altro.
-Ehm, s-si signore, sono io.- balbettò il ragazzo, impegnato a capire chi fosse. L'uomo allora distese un braccio in avanti, per stringergli la mano e disse:
-Io sono Carl Anderson, il padre di Blaine.- Quelle parole scatenarono un brivido a Kurt che si affrettò a ricambiare la stretta di mano.
"Oh, ma allora ha saputo. Ecco da chi ha preso i capelli ricci" - pensò riguardando i ricci dell'uomo e sorridendo.
-Piacere. Sono molto contento di conoscer...-
-Senta,- lo interruppe l'uomo bruscamente. -Andiamo al sodo...lei ha fatto un'incidente con mio figlio se non erro.- Kurt annuì silenzioso.
-Il che vuol dire che Blaine è in quelle condizioni per colpa sua!- gridò l'uomo facendo saltare Kurt per lo spavento.
 
-Le dico una cosa e sarà la prima e l'ultima volta che gliela dico: Stia lontano da mia figlio!-
Dopo aver sentito quelle parole, Kurt non sapeva cosa dire e neppure cosa pensare...Era stupito da quello che gli aveva appena detto e non poteva credere a tutta la rabbia che l'uomo aveva nei suoi occhi di un celeste chiaro.
"Come può dirmi una cosa del genere?"- si disse Kurt."So di essere il responsabile, ma non può privarmi di vedere suo figlio..insomma...voglio stargli vicino!"-
-Senta, lo so che lei è arrabbiato e mi dispiace..ma...io vorrei stare vicino a suo figlio!- rispose il povero ragazzo mentre cercava di trattenere a fatica le lacrime.
-Non glielo permetterò! Gli ha già fatto male una volta e non voglio che questa cosa si ripeta. Quindi, ora, se ne vada e non ritorni mai più!- gridò il padre di Blaine furioso, mentre indicava con un braccio la porta di uscita del reparto.
Kurt, ormai in lacrime, se ne andò mortificato e non osò dire altro...
Sapeva che se Blaine era in coma era solo colpa sua ed odiava che qualcuno glielo rinfacciasse. Ma Carl non aveva tutti i torti: se fosse stato più attento in strada forse il suo amico riccioluto non sarebbe qui adesso, il padre non l'avrebbe odiato e lui stesso non sarebbe stato appoggiato ad un muro fuori dell'ospedale con le sue calde lacrime che scendevano sul suo viso...perchè, proprio adesso, era così che si trovava.

           
 





 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE---------------------------------------
           
Rieccoci qui con il quarto capitolo!! Piuttosto tosto il padre di Blaine, non trovate? Povero il nostro Kurt!!!
Commentate please :P
 
Baciiiiii                                                        -SkyFullOfStars_

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Capitolo 5
*** I Wish You Could Open Your Eyes ***


5. I Wish You Could Open Your Eyes


 

 
 
 

Il giorno dopo Kurt si svegliò con l’intento di andare all’ospedale come sempre.  Ma, mentre si dirigeva verso quest’ultimo, rimuginava tutto ciò che gli aveva detto il padre di Blaine. Ci era rimasto davvero male, non sapeva neanche come rifarsi vivo…
Insomma, sapeva di essere il responsabile dell’intera faccenda, ma le parole dell’uomo gli avevano penetrato il cuore come la lama di un coltello affilato: silenziosa ma allo stesso tempo dolorosa.
Anche troppo.
E’ vero che lui gli aveva anche detto di stare lontano da suo figlio, ma…Kurt proprio non poteva. Dentro di lui qualcosa stava entrando in azione…qualcosa di grande, qualcosa di veramente importante. E tutto nei confronti di quel ragazzo che l’aveva stregato, anche senza sapere chi diavolo fosse. Ogni mattina si svegliava pensando a lui…le prime volte giustificò la cosa con la preoccupazione, ma poi, quando la cosa si fece ripetitiva, cominciò a capire che sentiva qualcosa di ben più profondo.
Si stava innamorando di Blaine.
“No, no..non posso essere innamorato di uno che neanche conosco!”- si rassicurò scuotendo la testa mentre camminava ancora verso l’ospedale. “Com’è possibile?” – si chiese ancora. Ci pensò per un attimo, soffermandosi a riflettere e fermandosi proprio in mezzo alla strada.
Le macchine allora cominciarono ad inchiodare ed a suonare il clacson ripetutamente, così da far accorgere al ragazzo che quello non era un posto dove poter pensare. Kurt fu scosso dai suoi pensieri grazie a quei suoni assordanti e balzò veloce sul marciapiede mentre si scusava con gli autisti:
-Oh scusatemi tanto!- gridò alle macchine, cercando di mostrare un sorriso incerto, anche se gli autisti lo guardavano malamente.
“Una cosa è certa- si disse- "non so se sono innamorato di Blaine, ma di sicuro mi confonde le idee!”.
 Detto questo continuò per la sua strada.
 
 
Arrivato all’ospedale aveva ancora i clacson che gli risuonavano in testa ed i timpani doloranti. Mentre poggiava le sue mani sulle orecchie come per dare sollievo, raggiunse il reparto dove c’era Blaine. Salì abilmente le scale quando si accorse di essere terribilmente nervoso. Cominciò a toccarsi le mani mentre si poggiò pesantemente con una spalla allo stipite del portone del reparto. Non c’era quasi nessuno nel corridoio. Si sentivano poche persone parlare…
Kurt ascoltò attentamente: erano tre o quattro. Abbassò la testa guardandosi i piedi…Aveva messo le scarpe che gli aveva regalato suo padre per il suo venticinquesimo compleanno: qualcosa aveva imparato nel vestire.
“E se Carl mi vede e mi caccia via?”- pensò tristemente.  In effetti sarebbe potuto accadere, o meglio, sarebbe sicuramente accaduto. Ma c’era qualcosa che gli diceva che, anche se lo avrebbe cacciato fuori a calci nel sedere, doveva stare con il riccioluto. Così fece un profondo respiro e, a testa alta, cominciò a percorrere il corridoio. 
“Stanza 14.”- lesse tra sé e sé.
La porta era chiusa.
Lui Tremava.
Il silenzio, ora, regnava sovrano.
Esitò un attimo prima di spingere la maniglia e si chiese preoccupato: “Oh mamma…perché sto tremando?” “E’ un uomo, non un mostro Kurt.”
“Almeno spero”- sperò il biondino. Poi si decise e aprì la porta.
-Sei qui.- sussurrò sorridendo al ragazzo, solo dopo aver perlustrato la stanza, accertandosi che Carl non ci fosse.
Blaine era disteso sul letto come sempre, e la sua “amica” sedia era lì ad aspettarlo e pareva che dicesse:
-Amico mio sei tornato! – Kurt rise divertito per questa sua immaginazione, per poi sedersi e riguardare il suo piccolo “angelo riccio”.
-Non sai quanta voglia avevo di vederti.-disse accarezzando la mano del moretto. Era di nuovo lì, calda come sempre, morbida. Gli occhi del biondino erano lucidi…sentiva un calore inspiegabile dentro al cuore, capace di riscaldare qualsiasi cosa: ne era certo.
Chiuse gli occhi.
Tutto ciò che sentiva erano le voci di qualche dottore che parlava di chissà cosa, qualche infermiera che rassicurava un bambino che piangeva disperato…Si concentrò sulla stanza nella quale si trovava.
L’unica cosa che riusciva a sentire era il debole respiro del ragazzo accanto a lui. Addirittura il suo respiro gli regalava emozioni inaspettate: era tutto un fremito, capace di trasmetterlo a chiunque, in quel momento, l’avesse anche solo sfiorato con un dito. In certi momenti il respiro del riccioluto cessava per alcuni secondi ed, insieme ad esso, anche il cuore di Kurt.
Ed in quel momento successe.
Kurt aprì di scatto le palpebre facendo piombare il suo sguardo verso il petto scolpito di Blaine. Il suo istinto aveva deciso che le loro mani si tenessero in quell’istante.
-Ti prego respira.- implorò il ragazzo stringendo di nuovo gli occhi per non permettere alle lacrime di scendere.
“Eccolo.”- pensò sollevato. Aprì di nuovo gli occhi e, riguardandogli il petto, si accorse che si muoveva di nuovo.
-Non mi far più prendere colpi del genere!- scherzò Kurt sorridendo per la felicità. In quel momento niente lo rendeva più contento. Le lacrime ormai facevano la loro strada lungo le guance rosee del biondino e il suo cuore aveva ripreso a battere regolarmente subito dopo lo spavento.  Si tenevano ancora la mano. La sensazione di calore venne riprovata da Kurt, che sorrideva pur avendo gli occhi rossi.
-Wow. Stringi forte!- disse ad alta voce. “Oh mio Dio!”- pensò spaventato e realizzando quello che aveva appena detto.
-S-stai stringendo la mia mano! La stai stringendo!- gridò il ragazzo alzandosi di scatto dalla sedia su cui era seduto e con gli occhi sbarrati per lo stupore.
-Aspet-tta, aspetta che chiamo qualcuno!- gridò di nuovo Kurt non sapendo cos’altro fare.
Stava tremando terribilmente mentre cercava invano di chiamare un’infermiera, poiché la voce non gli usciva. Riprovò più volte fino a quando si decise di andare a cercarla, poiché la sua voce l’aveva abbandonato ormai per l’emozione.
Così lasciò la mano di Blaine, anche se non voleva abbandonarlo, ma doveva cercare qualcuno per avvertirlo di ciò che era appena successo. Spalancò con un tonfo la porta della stanza e cominciò a correre per il corridoio. “Mi ha stretto la mano, è vivo! E’ vivo!”- esultò fra sé mentre percorreva velocemente tutto il reparto. Finalmente trovò un’infermiera che lo seguì fino alla stanza 14.
Entrarono velocemente, mentre Kurt cercava di spiegarle cosa era successo:
-…e-e mi h-ha stret-tto la ma-mano! Lo giuro, l’ha fatto! La prego mi dica che è vivo!- Kurt aveva il fiatone e a malapena riusciva a respirare. Figuriamoci a parlare.
L’infermiera, appena entrò, si catapultò sul ragazzo e cominciò a controllare la macchina del cuore vicino a lui…Fece un sacco di cose in una manciata di secondi…Kurt era in piedi sulla porta, mentre giocherellava nervosamente con le sue mani: l’infermiera cominciò a sollevare le palpebre di Blaine ed a illuminargli gli occhi con una lucetta, poi poggiò una mano sul polso del riccioluto per sentire il battito…
Kurt intanto pregava che lui si svegliasse. Non poteva più sopportare di vederlo immobile senza poter fare niente.
Faceva male. Troppo.
Ad un certo punto a Kurt sembrò che tutto si fosse fermato: l’infermiera si girò lentamente verso il ragazzo che tremava…Quest’ultimo analizzò il suo sguardo: era spento. Allora Kurt pensò alla cosa peggiore e la disse con le lacrime agli occhi:
-E’- è m-mor-rto?- balbettò.
-No. Quel gesto che ha fatto, quello di stringerti la mano, è stato un…riflesso che di solito si ha quando si è in coma. Mi dispiace ragazzo. E’ stato solo un risveglio apparente, purtroppo.- rispose l’infermiera, dispiaciuta per il biondino.
 
Kurt allora si sentì morire. Le lacrime presero il via e scesero giù a più non posso…
-Q-quindi….è-è an-ancora i-in coma.- balbettò il ragazzo tra un singhiozzo e l’altro. Quando il capo della donna si abbassò ripetutamente per mostrare un “si”, a Kurt sembrò che il mondo gli fosse letteralmente crollato addosso. Rimase immobile a piangere sulla porta, dove, pochi secondi prima, aveva creduto, con tutto il suo cuore, che Blaine si fosse risvegliato e che tutto fosse andato a posto. Ma non era stato così. Niente era a posto. Anzi, era peggio di prima. L’infermiera l’abbracciò dolcemente, come per fargli sentire tutto il suo dispiacere.
Gli mancava un po’ di “affetto materno”…era da tanto tempo che non ne aveva.  Strinse forte la donna mentre tremava e singhiozzava pesantemente. In quell’istante voleva che sua madre fosse lì con lui per consigliarlo e per consolarlo…ma non era possibile, anche se lei era sempre con lui.
“Perché?”- pensò semplicemente. Si ripeté quella parola più volte, voleva sapere perché doveva sopportare tutto quel maledetto dolore che lo stava letteralmente logorando.
 
Si staccò dolcemente dalla spalla ormai bagnata della donna che gli sorrideva e si andò a sedere di nuovo sulla sedia accanto al ragazzo.
Lo guardò.
Pianse ancora.  
-Non-non ti preoc-c-cupare…Tu n-non morirai. Io sarò con t-te. A qualunque cos-to.- giurò il ragazzo singhiozzando.
La porta della stanza ormai era chiusa e c’erano di nuovo loro due, una sedia e tanto dolore dentro alla stanza che poco prima gli sembrava piena di felicità.







L'AnGoLo DeLl'AuTrIcE------------------------------------------------------------



Ciaoooooo :D  So che sto mettendo a dura prova la vostra pazienza e vi sto facendo soffrire, ma anche per me è stato difficile scrivere questo capitolo :'( Comunque spero vi piaccia e devo dire che sta venendo bene :) 


Ci vediamo nei prossimi capitolisssss!!!                                                                -SkyFullOfStars_

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Capitolo 6
*** A Special Shelter ***


6. A Special Shelter
 


 
Due settimane.
Erano già passate due settimane dall’incidente. Ed il padre di Blaine, Carl, era sparito. Da una parte Kurt era contento, perché poteva andare all’ospedale dal riccioluto senza sapere che qualcuno era lì, ad aspettarlo per cacciarlo a calci nel sedere. Ma dall’altra era triste…
“Come può abbandonare Blaine così, ora che ne ha bisogno?”- pensava incavolato, mentre si preparava la colazione per andare a lavorare.
Erano le sei e un quarto di mattina…e doveva andare a lavoro. Ma, stranamente, oggi non era in ritardo. Per dirla tutta non era in ritardo da una settimana.
“Caspita”- pensò-“Non è da me”.  Era appoggiato con i gomiti al davanzale della finestra della cucina, mentre teneva nelle mani  una tazza con il caffè che stava bevendo lentamente.  Aveva addosso la vestaglia che gli aveva regalato il padre…anche qui ci aveva azzeccato alla grande (come aveva fatto nelle scarpe).
Kurt cercava di sembrare il più tranquillo possibile, ma in realtà non lo era. Il solo pensiero che il riccioluto fosse in pericolo di vita lo faceva tremare di paura…E quello che era successo l’ultima volta, di certo non l’aveva tranquillizzato.  Come poteva essere successo? Kurt era lì, fremeva, pregando che si svegliasse, pregando che aprisse gli occhi e che gli disse: “Tu chi sei?” Dove sono?”- E lui gli sarebbe corso incontro, abbandonando quel maledetto stipite della porta, preso la mano, e risposto: “E’ tutto a posto…Io sono…Kurt.” Allora si sarebbero sorrisi e abbracciati, forse.
“Un risveglio appartente, eh?”- pensò poi tristemente. “Non va bene. Non è giusto. Io dovrei stare in quel lettino”. Intanto che si malediceva, aveva posato la tazza sul davanzale ed aveva appoggiato la testa sul vetro della finestra.
“Non ce la faccio più.”- pensò tra sé e sé, mentre le lacrime ricominciavano a farsi sentire. “Non voglio più sentirmi in colpa per quello che è successo…”.
Silenzio.
Chiunque fosse entrato in cucina in quel momento avrebbe avvertito nient’altro che il silenzio. O forse non solo quello…Kurt singhiozzava pesantemente. Le lacrime avevano rigato tutto il viso del biondo, andando a finire sul davanzale, mentre il ragazzo stringeva i pugni e li batteva sul vetro della finestra su cui era appoggiato.
Si sentiva terribilmente solo. Aveva bisogno di qualcuno che lo confortasse, qualcuno che lo capisse e di qualcuno che gli accertasse che la vita di Blaine era salva.
Ma non c’era nessuno.

Troppe volte nella vita si era sentito in colpa, in colpa di essere gay, in colpa per aver dato ai bulli della sua scuola la possibilità di pestarlo ogni volta che lo vedevano. Non avrebbe dovuto permetterglielo. Certo, suo padre era quasi venuto alle mani per farlo stare in pace, ma avrebbe dovuto essere lui stesso a fare qualcosa…Anche se parlare è una cosa e fare un’altra. Il suo corpo era stato l’obiettivo di molti pugni e calci…Si ricordava ancora il dolore e le corse in farmacia per la cura dei lividi, all’insaputa di suo padre. Se chiudeva gli occhi per un attimo poteva ancora sentire sul suo viso il leggero soffio del vento mentre correva affannosamente e sperava che suo padre non si accorgesse di tutto quanto.
Ma Kurt non era capace a raccontare bugie, e quindi Burt lo aveva sgamato subito e gli aveva fatto confessare tutto. Così erano andati a dirlo al preside, e sembrava fosse acqua passata. Ma non era così. Quando vieni pestato per anni, il tuo atteggiamento cambia. La tua autostima, i tuoi rapporti…tutto cambia.
Avrebbe quasi commesso un suicidio se suo padre non gli fosse stato vicino così a lungo. Doveva ringraziarlo. Gli doveva la vita.
Il suono del campanello di casa sua interruppe i suoi pensieri. Alzò il capo verso la porta, prese un fazzoletto per le lacrime ed infine, dopo aver fatto un bel respiro, andò ad aprire.
Quello che vide lo lasciò di stucco ma lo rese più che felice…
-Papà!- gridò Kurt balzando incontro al padre abbracciandolo.
Non poteva credere che fosse lì! In quel momento non voleva nient’altro che abbracciarlo…aveva bisogno di qualcuno al suo fianco.
Poi Kurt cominciò a piangere.
Burt se ne accorse subito, e così si voltò verso il viso del ragazzo, che poggiava sulla sua spalla ormai bagnata, e chiese dolcemente:
-Figliolo, che ti succede? Qualche problema?- In quell’istante Kurt alzò la testa verso il padre. Non sapeva neanche lui perché era scoppiato a piangere, ma sapeva che non poteva più nascondere niente a suo padre.
Doveva dirgli tutto. Doveva dirgli di Blaine.
 
 
 
 
Burt leggeva i suoi occhi velati dalle lacrime…Era solito di lui. Kurt non poteva nascondergli niente, poiché lui capiva subito che c’era qualcosa che non andava.

E anche questa volta non sbagliava.

-Kurt, adesso ci sediamo e mi dici cosìè che non va, per favore.-disse Burt prendendo controllo della situazione. Poi accompagnò dolcemente il figlio verso il divano, mentre lo teneva ancora d’occhio.
Il ragazzo era tutto un fremito; il padre gli teneva una mano sulla schiena, per accompagnarlo a sedersi…Tremava. Kurt teneva gli occhi fissi sul pavimento sotto i suoi piedi, mentre tirava su con il naso in continuazione. A Burt sembrò anche di vedere un piccolo sorriso.
Ed era vero. Kurt, da una parte, era rincuorato che suo padre fosse qui. Proprio in quella situazione aveva bisogno del suo amico, della sua spalla, di suo padre. In quel momento non c’era cosa più importante per lui. Poi si sederono e Burt iniziò:
-Ascoltami, io sono venuto fin qui perché da quella telefonata tra noi due non dormo più la notte. Ho capito che c’è qualcosa che ti preoccupa. E vorrei che tu ti sentissi libero di parlarne. Con me.-

Silenzio.

Poi Burt continuò:
-…Magari se non vuoi parlarne con me potr…-
-Ho fatto del male a qualcuno.- lo interruppe Kurt volgendo di scatto il viso verso Burt. Quest’ultimo lo fissò spaventato, senza capire cosa intendesse. Così chiese alzando la voce:
-I-in che senso? Kurt hai fatto fuori qualcuno per caso?!-
-Papà no, ma che dici!- rispose Kurt tranquillizzandolo. Poi si fermò. Il ragazzo non riusciva a dirgli quello che doveva dirgli. Pareva che non si ricordasse più come si parlava.
Poi riabbassò lo sguardo e chiuse gli occhi. Aveva ancora il viso mezzo bagnato dalle lacrime. In quei pochi secondi,che a lui parvero un’eternità, ricordò tutto l’incidente: lui che si era distratto, il botto, l’ospedale e un ragazzo in coma. Poi fece un respiro profondo, alzò di nuovo lo sguardo verso il padre impaziente e confessò:
-Ti ricordi il giorno in cui ho fatto l’incidente?-
Burt annuì.
Kurt riabbassò lo sguardo, mentre diceva:
-Bèh, io ne uscii illeso, ma…ma per il ragazzo che portava l’auto con cui mi sono scontrato…non è stato così.-
Ecco. Glielo aveva detto. Ora si sentiva incredibilmente più libero, più rilassato. Anche se una parte di lui temeva la reazione del padre.
Burt era paralizzato e lo fissava.
-E’-è mo-morto?- balbettò preoccupato. Il biondino scosse la testa, cosa che rincuorò il padre.
-E’ in coma. Ed è grave.- spiegò Kurt con gli occhi lucidi.
Il padre allora abbassò lentamente lo sguardo. Sembrava terrorizzato. Poi udì dei singhiozzi provenire proprio dal ragazzo di fronte a lui che cercava di nascondere le lacrime.
-Kurt…-
-Non ce la faccio più papà! I-io ho provato a farmi forza, ma sono già due settimane che sopporto questa situazione! Ogni santo giorno vado in ospedale, e-e vedo quel ragazzo sempre lì, immobile…in lotta per la vita. E ogni giorno che lo vedo, mi rendo conto ch-che…non è giusto. Dovrei esserci io lì! Sono stato io quello che ha percorso la corsia sbagliata per non fare tardi a lavoro, sono stato io quello cacciato da suo padre, sono sempre stato io e solo io colpevole!!- sbottò il ragazzo tutto d’un fiato.
Burt era immobile e guardava il figlio tristemente.
Kurt temeva che il padre non lo capisse e che si potesse alzare dal divano, dirigersi verso la porta da dove poco prima era entrato, e chiuderla dietro di sé con un grande tonfo.
Così, per non far si che questo accadesse, Kurt mormorò:
-M-mi dispiace papà…Non so come fare per rimed…-
Kurt non fece in tempo a finire la frase, poiché si ritrovò tra le calde braccia del padre.
Solo allora si sentì veramente sollevato: le possenti braccia di Burt e il suo profumo erano da sempre un piccolo rifugio per lui, sin da quando era bambino e aveva paura del temporale.

Ora li ritrovava di nuovo, e sentiva che tutto sarebbe andato bene.
-Non ti preoccupare, io sarò con te…qualsiasi cosa accada.- sussurrò Burt all’orecchio del ragazzo.
Il biondino, avendo sentito quelle bellissime parole, sorrise e chiuse lentamente gli occhi immergendosi di nuovo nel profumo paterno.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------



HOLAAAAAA! Lo so, lo so, ho ritardato un po' a scrivere questo capitolo, ma sono stata molto impegnata!! Spero che possiate perdonarmi *fa il labbruccio*...Comunque ora è qui, tutto per voi!! Godetevelooooo :)              A Prestooo <3                 -SkyFullOfStars_

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Capitolo 7
*** Our Song ***


 
 
7. Our Song
 
 
 
 
Kurt aveva un sacco di cd sulla sua libreria: gli piaceva tanto il pop, anche se amava la musica di per sé. Fin dai tempi del liceo, il suo ipod era stato il suo migliore “amico”, visto che di farsi amici non se ne parlava proprio.
Ogni mattina, sull’autobus per andare a scuola, si sedeva vicino al finestrino (come sempre), accendeva il suo “amico portatile”, faceva scorrere il dito sulle sue playlists e digitava la canzone che, in quel momento, in quel giorno, in quel periodo, sentiva più “sua” e che gli apparteneva.
Poi poggiava la testa verso il vetro della finestra dell’autobus e…pensava. Il più delle volte piangeva, poiché sapeva che a scuola non lo avrebbe atteso niente di buono.
Diciamo che la musica, quel misto di note così armonico e così sublime, lo aiutava a sopportare tutto quello che doveva sopportare: i bulli, la scuola, il disprezzo per essere “diverso”dagli altri…Lo aiutava ad andare avanti.
Era anche un buon calmante: la sera di solito si gettava sul letto , stanco, e si accucciava teneramente sul cuscino, come se cercasse protezione, accanto a lui poggiava il suo “amichetto musicale” e dava via ad una serie di emozioni che si scatenavano dentro di lui improvvisamente.  Andava pazzo per Pink, Celine Dion, Madonna, Patty Lupone, Barbra Streisand, Katy Perry e non solo.
Così rimaneva lì, con le sue emozioni e la sua musica che gli facevano da culla. Ed in questo modo si addormentava, a volte anche dimenticando di fare il suo rito di pulizie (ed infatti il giorno dopo si malediceva per una settimana).
Non aveva una canzone preferita, poiché ognuna aveva un proprio significato per lui e tutte lo rispecchiavano parecchio.
Una mattina delle tante stava per andare di nuovo all’ospedale e, con l’ipod e “Breathe Me” (una delle sue canzoni preferite) alle orecchie, si diresse verso l’edificio ormai conosciuto. Parcheggiò, entrò, salì le scale e percorse tutto il corridoio fino alla stanza 14.
Il suo angelo era lì come sempre: a petto nudo, coperto da vari fili, immobile, bellissimo.
Kurt, ogni volta che lo vedeva, sentiva un brivido dietro la schiena: anche solo il suo nome, “Blaine”… gli suscitava qualcosa di strano, ma bello.
Così, dopo aver studiato quella forma splendida, si sedette accanto a lui e solo lì si accorse di avere ancora le cuffiette con “Breathe Me” in riproduzione.

Era buffo.

Kurt notò che la canzone descriveva esattamente ciò che sentiva per Blaine.
“Come Kurt? Ma che dici! Non puoi innamorarti di qualcuno di cui sai quasi solo il nome!”- si sgridò il biondino.

Be my friend 
Hold me, wrap me up 
Unfold me 
I am small 
I'm needy 
Warm me up 
And breathe me…


Caspita, poteva negarlo quanto voleva, ma quella canzone pareva che gli leggesse nel pensiero.  Kurt stava quasi per ammettere a se stesso che…
“No, no, no…Kurt, piantala.”- si riprese prontamente.
Dopo questo spense la musica e si mise l’ipod con le cuffiette in tasca al suo giaccone e cominciò a raccontare a Blaine un po’ di cose. Anche se sentì un rumore verso la porta aperta non si girò poiché era concentrato su quello che doveva dire.
-Blaine, non so se tu mi senti o no, ma ho deciso di cominciare a parlare un po’ con te. Forse così mi sentirò meno in colpa per quello che è successo.- Il ragazzo si fermò subito, perché le parole gli morirono in gola. Deglutì pesantemente e, dopo un profondo respiro, continuò facendosi coraggio.
-Non sai quanto mi sento in colpa, Blaine. Io non volevo mandarti qui, in coma! Ti giuro con tutto il cuore che non era mia intenzione! Avevo paura che fossi morto!- disse tutto d’un fiato piangendo.
Per qualche minuto nella stanza si sentirono solo i suoi singhiozzi. Dopo un po’ il ragazzo dagli occhi chiari si fece coraggio e ricominciò a parlare, mentre con una mano cercava di asciugarsi le lacrime.
-Ok, ora la smetto di piangere, eh!- scherzò cercando di sorridere. I suoi occhi si fermarono un attimo sulle palpebre chiuse di Blaine. Aveva una voglia di vedere i suoi occhi che ridevano, che piangevano, che sorridevano…Era curioso di vederne il colore.
Poi, accorgendosi che stava divagando, si scrollò da quel desiderio e gli parlò ancora:
-Ti piace la musica? Spero di si! Anche perché andremmo molto d’accordo, poiché io l’adoro!- disse allegramente Kurt. Così fece mente locale a quella canzone che prima l’aveva fatto sognare e decise di risentirla di nuovo mentre parlava con Blaine.
Riprese l’ipod dalla tasca del giaccone, l’accese, cliccò su la voce “musica” e cercò “Breathe Me”, cliccando “play”. Non mise le cuffiette, bensì voleva farla ascoltare anche a Blaine. Regolò il volume.
 
*sottofondo di “Breathe Me”di Sia

Quelle magiche note, così delicate e sublimi trasportarono Kurt in una sensazione di relax e per un momento chiuse gli occhi, cercando di fare “sue” quelle parole…
Mentre ascoltava quella canzone riaprì gli occhi e ricominciò a parlare al ragazzo accanto a lui:
-Sai qualche giorno fa è venuto mio padre a trovarmi…Non puoi capire quanto sono stato contento! Ti giuro, non avrei mai pensato che mio padre si sarebbe preoccupato così tanto da venire qui da me. Ok, è vero che un padre è sempre un padre, però lui, con tutto il lavoro che ha da fare con l’officina…insomma non me l’aspettavo! Ma sono stato contento. Oggi voleva addirittura venire qui per vederti! Io gli ho detto che oggi proprio non era il caso, ma gli ho promesso che prima o poi te lo presenterò.-
E si fermò un attimo.
 
…Ouch I have lost myself again 
Lost myself and I am nowhere to be found, 
Yeah I think that I might break 
I've lost myself again and I feel unsafe…

 
Poi continuò.

-…Gli ho parlato dell’incidente, perché lui non ne sapeva niente. Lo so che forse tu ritieni che dovevo dirglielo prima, ma…avevo paura. Non so, è come se da quando c’è stato l’incidente mi preoccupassi molto di più del giudizio della gente. Non dico che al liceo non lo facessi, anzi, ero il primo a giudicare il look di Rachel o di Mercedes!
Rise. Poi si spense di nuovo.
-Vorrei solo che la gente mi accettasse per quello che sono! Insomma, io ora non so se tu sei gay o etero, ma non penso che discrimineresti la gente.-
In realtà Kurt questo non poteva saperlo, ma c’era qualcosa dentro di lui che lo spingeva a pensarla così.
Si gettò quel pensiero alle spalle e continuò:
-Devo dire che al liceo la vita non è stata facile…Bulli, prese in giro, scherzi pesanti…Insomma, in alcuni momenti ho addirittura desiderato essere etero. Ma sai che c’è?- gli domandò osservando il riccioluto attentamente.
Gli pareva che Blaine avesse cambiato espressione e l’avesse trasformata in una in cui sembrava stesse ascoltando interessato e rapito ogni singola parola di Kurt. Scacciando quel pensiero che ritenne stupido il biondino finì la frase:
-…Sono felice di essere gay.- detto questo si fermò un attimo.
Qualcosa dentro di lui era appena scattato. Per la prima volta in vita sua l’aveva detto apertamente e questo gli causava un brivido in tutto il corpo. Così accennò un timido sorriso e poi decise di continuare:
-Wow, è la prima volta che lo dico sicuro di me…E’ una sensazione bellissima!- esclamò felice sorridendo di nuovo,stavolta più deciso.
-Sai chi è stata la persona che mi è stata più vicina nel periodo del liceo? Mio padre. Ora, io non so se tu e tuo padre andate molto d’accordo, visto che lui è così freddo…Ma io penso che la relazione tra un padre ed un figlio sia un legame che nessuno può spezzare. E’ un qualcosa di indivisibile e di…bellissimo.- Kurt si stava commuovendo con le sue stesse parole. Tutto questo gli faceva ricordare le nottate passate a piangere con Burt, le camomille che gli preparava per tranquillizzarsi e le cioccolate calde alle sei di mattina, dopo le chiacchierate notturne passate insieme.

Questi ricordi suscitavano in lui un calore paterno indescrivibile che lo riscaldava, come se stesse davanti al camino ad osservare le fiamme che si dimenavano energicamente.
-Comunque io penso che tuo padre ti voglia veramente bene, anche se forse non andate d’accordo, lui sarà sempre tuo amico, sarà sempre tuo padre.- concluse guardando dolcemente il riccioluto che ascoltava silenziosamente.

…Be my friend 
Hold me, wrap me up 
Unfold me 
I am small 
I'm needy 
Warm me up 
And breathe me…


Intanto che la canzone finiva, il ragazzo si sentiva magicamente più sollevato e, rendendosi conto delle splendide parole che aveva pronunciato, si disse:
“Cos’è tutta questa saggezza?”- e sorrise.
-Bel discorso.- si sentì rispondere alle spalle. Kurt fece un balzo sulla sedia su cui era seduto e, mettendosi una mano sul cuore per lo spavento, si girò velocemente verso la direzione dalla quale proveniva quella voce.
 











AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------


Ehilà! Come va ragazzi??? Spero bene :D  Ecco qui un altro capitolo fresco fresco, appena sfornato solo per voi!! 
Sono adorabile, non è vero? Ok, la pianto qui :P.               Commentate mi raccomando!                       -SkyFullOfStars_
P.S: Durante le vacanze di Pasqua non ci sarò, quindi dovrete aspettare per scoprire chi è la "voce misteriosa"...MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!! Ok ora mi dileguo altrimenti faccio una brutta fine... ;) LOOOOVEEE  

 

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Capitolo 8
*** A Friendly Talk ***


8. A Friendly Talk




 
 
Quello che vide gli fece balzare il cuore.
-Lei?- disse Kurt stupito. 
Intanto davanti a lui una figura maschile con i capelli brizzolati gli si avvicinava …il padre di Blaine.
Alla sua vista una rabbia salì dentro al biondino.
“Come poteva presentarsi di nuovo dopo tutto questo tempo? Dov’era quando il figlio ne aveva bisogno?”- pensò Kurt furioso.
Il cuore del ragazzo batteva forte, gli occhi azzurrini se ne stavano immobili sulla figura dell’uomo che era in piedi sullo stipite della porta con una spalla appoggiata contro.
Ad un certo punto Kurt non ce la fece più a trattenersi dalla rabbia e sbottò:
-Che ci fa lei qui? Prima abbandona suo figlio su due piedi e poi si ripresenta?! Con quale coraggio?- urlò alzandosi violentemente dalla sedia.
Poi si rese subito conto che forse aveva esagerato un pochino e che non era da lui comportarsi così, ma quell’atteggiamento aveva scatenato in lui la rabbia. Non era giusto nei confronti di Blaine. Lui gli era stato vicino in questi giorni e del padre non ne aveva visto neanche l’ombra.
Così, cercando di rimediare, si mise una mano davanti alla bocca e subito si scusò:
-Oh, mi scusi tanto, non intendevo…-
-Hai ragione.- si sentì rispondere. Kurt si stupì della risposta di Carl. Solo dopo pochi secondi si accorse che il viso dell’uomo si era cominciato a spegnere lentamente e che ora ad essere seduto era lui.
Kurt allora si maledì per aversi fatto scappare quelle parole di bocca e così s’inginocchiò vicino alla sedia e poi attaccò:
-Le giuro che non volevo dire questo…sicuramente ci sarà stato un valido motivo per cui lei non è venuto…-
A quelle parole il viso spento di Carl lo guardò con tristezza ed al ragazzo si strinse il cuore.
Gli sembrava un’altra persona: la prima volta che si erano incontrati aveva un’aria più severa e per di più gli aveva risposto male. Sembrava fosse una persona aggressiva ed egoista.
Ora sembrava sperduto, depresso…Kurt poteva giurare di avere davanti a lui una delle persone più tristi che conosceva.
-Vedi, io e Blaine…non andavamo molto d’accordo in questo periodo…- spiegò con la voce strozzata dalle lacrime che stavano uscendo.
Kurt stava per piangere di nuovo.
-…l’ultima volta che abbiamo litigato è stata la mattina dell’incidente…non ricordo molto…solo mio figlio che sbatteva la porta di casa dietro di sé ed il rumore dell’accensione del motore dell’auto…poi una chiamata…un brivido…-
Il biondino ascoltava con le lacrime agli occhi. Poi prese la sua borsa attaccata alla sedia e ne tirò fuori due fazzoletti, porgendone uno all’uomo accanto a lui. Carl lo guardò con aria interrogativa ma Kurt disse:
-Non solo lei è così sensibile eh!- e così lui gli sorrise.
Solo ora il biondo si rendeva conto che il padre di Blaine era una di quelle persone che nascondono se stesse e che si mostrano più forti per non sembrare deboli. Gli fece improvvisamente tanta tenerezza e, se sarebbe stato più che un suo conoscente, sicuramente lo avrebbe subito abbracciato per confortarlo. Ma Kurt si rese conto che forse era troppo.
Intanto notò che le lacrime di Carl si erano quasi del tutto asciugate e che nella stanza regnò il silenzio per vari minuti. Poi il padre di Blaine parlò:
-Sai, ho sentito ogni tua singola parola del discorso di prima- e con un cenno della testa indicò il figlio accanto a lui.
Il moro intanto era ancora immobile come una statua: i capelli erano ricci e sparpagliati sul cuscino, la sua bocca era socchiusa e, ogni volta che Kurt la guardava, un piccolo brivido s'infiltrava in lui...La sua pelle era morbida, come sempre...Kurt si ricordava ancora la prima volta che l'aveva toccata: fu puro piacere avere la possibilità di tastare quel velo di morbidezza che lo portava in uno stato di estasi...
Ritornando all'affermazione che aveva fatto il padre del moro, Kurt allora si sentì imbarazzato, ma non fece in tempo a replicare, poiché il padre di Blaine subito riattacò dicendo:
-Ti ringrazio.-
Il ragazzo allora fu sorpreso che non si fosse arrabbiato e che ora un sorriso era stampato sulla sua faccia.
-Sai, all’inizio non mi piacevi…con tutti quei vestiti alla moda e tutti colorati ti avevo scambiato per l’animatore dei bambini- e Kurt rise divertito.
-Ma poi ho capito che sei un bravo ragazzo…l’infermiera mi ha detto che sei stato qui tutti i giorni.- e Kurt annuì mostrando un sorriso timido.
L’uomo annuì a sua volta.
-Una cosa Kurt- disse con aria seria guardandolo. Il ragazzo intanto lo guardava e si sorprese nel sapere che si ricordava il suo nome.
“Oddio, cosa vuole dire adesso?”- pensò preoccupato Kurt.
Intanto aveva cominciato a toccarsi nervosamente le mani mentre guardava impaziente Carl che stava per parlare.
-Mi devi promettere che…riuscirai a far innamorare mio figlio di te.-
A quelle parole Kurt rabbrividì.
“Come? Innamorare? Blaine è gay?!”-pensò a bocca aperta.
Il ragazzo aveva dimenticato come si parlava…le parole ormai non gli venivano più per quello che aveva appena sentito. Così chiese timidamente:
-M-ma lei come…come fa a sapere che io sono…che…-
Carl rise scuotendo la testa, ma non rispose.
Così Kurt continuò:
-E da quanto tempo sa che suo figlio è…gay?-
-Da pochi giorni prima dell’incidente. Quella mattina avevamo discusso un’altra volta su quello ed io non ero ancora riuscito ad accettarlo. Ma poi con l’incidente ho capito che il valore delle cose che hai lo capisci solo quando le stai per perdere o quando …le hai perse.- ed il suo viso si spense di nuovo.
Allora in tutta la stanza scese un lungo silenzio che Kurt sfruttò per riflettere su quelle ultime parole pronunciate.
“Il valore delle cose che hai lo capisci solo quando le stai per perdere o quando le hai perse.”
Era vero.
Tante volte nella sua vita il biondino aveva avuto paura di perdere qualcuno o qualcosa…Ma la volta in cui se ne era davvero reso conto è stata quando aveva quasi perso suo padre.
In quel periodo era nervoso, rispondeva male a tutti e non voleva parlare o sfogarsi con nessuno.
Diceva agli altri del Glee Club che era tutto a posto e che non aveva bisogno di niente.
Ma non era così.
Sapeva che suo padre poteva morire da un momento all’altro e questo lo stava logorando dentro:
si sentiva come se qualcuno lo stesse prendendo a pugni in continuazione, non dormiva la notte e ricordava di non aver mai pianto così tanto in tutta la sua vita in quel periodo.
E’ stato uno dei peggiori.
 Se avrebbe perso suo padre avrebbe perso se stesso.
-Tutto bene?- si sentì richiamare da un viso che lo stava fissando preoccupato.
Il giovane scosse un attimo la testa come per scrollarsi dai ricordi e, alzando il viso, rispose sorridendo:
-Si, si è tutto a posto. Pensavo.-
L’uomo sorrise, diede un’occhiata al figlio accanto a lui e sorrise di nuovo, stavolta più intensamente.
I suoi occhi azzurrini brillavano, tra le lacrime che li oscuravano Kurt poteva vederne una scendere furtivamente, senza essere interrotta dalla mano dell’uomo.
-Mi dispiace Blaine.- sussurrò accarezzando la mano del figlio lievemente. Poi il suo capo si chinò verso le sue ginocchia e si udirono solo dei piccoli singhiozzi.
Kurt si alzò e gli mise una mano sulla spalla. Carl alzò il viso e gli disse:
-Tu mi piaci, ragazzo. Mi sbagliavo su di te. Mi dispiace.-
Kurt sorrise timidamente ed alzò le spalle come per dire “Fa niente.” Successivamente disse:
-Le va se ci andiamo a prendere un cappuccino insieme, sig. Anderson?-
-Carl, chiamami Carl. E si, perché no?- rispose alzandosi dalla sedia e salutando con un bacio sulla fronte il figlio.
Così dopo pochi minuti furono seduti ad un tavolino con due cappuccini davanti a loro, chiacchierando liberamente.
Mentre parlavano Kurt ripensava a quello che aveva detto Carl precedentemente: “Mi devi promettere che…riuscirai a far innamorare mio figlio di te.”.
Al solo pensiero quelle parole lo fecero rabbrividire…
“Perché gli aveva detto quella cosa? E se a suo figlio non piacesse?”- pensava ininterrottamente.
Di una cosa era certo però: Blaine era gay. E questo gli suscitava un senso di euforia e di contentezza, come se avesse una possibilità di..
“No, no basta Kurt.”- si rimproverò mentre cercava di concentrasi sul discordo che Carl teneva gesticolando e sorseggiando ogni tanto il suo bel cappuccino tra le mani.
 
Parlarono per ore: impararono a conoscersi abbastanza bene da scherzare insieme e Kurt scoprì con suo grande stupore che Carl non era quell’uomo burbero e scontroso che aveva conosciuto all’inizio; assomigliava molto a suo padre ed era evidente che ci teneva al figlio.
-E che mi dice di Blaine, Sig. Anderson?- chiese Kurt prima di prendere un sorso dal cappuccino che teneva fra le mani.
L’uomo rise.
-Ti prego, dammi del tu e non chiamarmi Sig. Anderson…mi fa sentire vecchio!- spiegò ridendo.
Kurt sorrise e riprovò:
-Che mi dici di Blaine Sig. And….ehm, volevo dire Carl?- mentre cercava di nascondere l’errore sorseggiando il cappuccino.
Carl gli sorrise e poi cominciò a parlare:
-Beh, è uno di quei ragazzi scapestrati, che fuma, beve, si droga, và per ragazzi…- e a quelle parole Kurt si strozzò con il cappuccino e per poco non lo sputò in faccia al suo interlocutore. Così si mise una mano davanti alla bocca e guardò con aria preoccupata il padre di Blaine.
Lui lo fissò per un momento e poi scoppiò a ridere di gusto.
-Sto scherzando, Kurt! Devi scusarmi, ma volevo gustarmi la tua reazione!- ridacchiò divertito mentre Kurt si asciugava con un fazzolettino del bar.
-Molto divertente, Carl- disse mentre si asciugava un po’ i pantaloni macchiati che aveva comprato il giorno prima da Armani Jeans.
-Oh no! Proprio i miei preferiti!- esclamò dispiaciuto per i suoi jeans.
-Come?- domandò incuriosito Carl.
Kurt alzò la testa imbarazzato, poi spiegò:
-Vedi, io vado pazzo per la moda…e sono anche un apprendista stilista. In prova, ma pur sempre un apprendista stilista.-
Carl annuì.
-Adori anche tu la moda, non è così?- gli domandò sorridendo.
-Si…ma non hai ancora risposto alla mia domanda.- disse Kurt scivolando in un altro discorso.
-Ah, giusto. Allora, stavolta te lo dico sinceramente eh…Blaine è un ragazzo dolce, solare, una di quelle persone che sono con il loro sorriso ti fanno stare bene e ti rendono la giornata un gioiello.-
A quelle parole gli occhi di Carl brillarono; Kurt avvertì un brivido dietro la schiena: ora era veramente certo che quell’uomo amava il figlio. Ok, avrà anche sbagliato, ma lo amava. E questo per Blaine era importante secondo Kurt: sapeva cosa significava averel’appoggio di un padre.
-Ma devo ammettere che ha anche tanti difetti! Per esempio è molto disordinato! Ti prego, dimmi che tu non sei disordinato!-
-Oh, no io no. Ma perché mi fa, mi fai questa domanda?- chiese Kurt curioso posando il bicchiere con il cappuccino sul tavolinetto.
Carl sospirò.
-Vedi, io solo adesso sono riuscito ad accettare mio figlio per quello che è…e voglio che sia felice. Voglio che trovi un ragazzo per bene, uno che lo sappia capire, uno che sia sempre presente, che gli voglia bene…insomma uno come te, Kurt.- ed il ragazzo rabbrividì.
“Uno come me?!”- pensò eccitato. “Oh mo Dio, ha detto che…quindi vuole che…oh mio Dio!- pensò Kurt mentre si massaggiava nervosamente le nocche della mano destra.
-Insomma, so che non posso decidere io il ragazzo giusto per mio figlio…ma ho visto come sei. Ho visto che sei sempre presente, sei gentile, alla moda…e mi sono anche accorto che ogni volta che vedi mio figlio il tuo viso s’illumina e un dolce sorriso ti appare sulla faccia.- disse Carl guardandolo dolcemente.
“Caspita”- pensò Kurt-“ mi ha letto nel pensiero.”- affermò.
-Ti piace Blaine, non è così?- domandò d’un tratto Carl sorridendo maliziosamente.
Kurt lo guardò di scatto ed arrossì come un pomodoro.
“Oddio ed ora che gli rispondo?” – pensò allarmato.
-No, no no, ma ti pare? Ahahah neanche lo conosco! Ahahah no no!- disse Kurt cercando di nascondere l’evidenza.
Carl ridacchiò e poi domandò cercando di metterlo alle strette:
-Ah si? E allora perché vieni ogni giorno all’ospedale? Per qualche infermiera che ti piace?-
-Certo! E perché se no?- si affrettò a rispondere Kurt.
A queste parole Carl ridacchiò di nuovo.
-Devo ricordartelo?- gli domandò cercando di farglielo ammettere.
-Cosa?- chiese Kurt indifferente.
-Kurt, tu sei gay!- e a questo punto il ragazzo si rese conto che a dire le bugie era proprio una frana.
“Complimenti Kurt, non sei neanche capace e dire le bugie! Qualche infermiera da corteggiare?! Ma per favore!”- si rimproverò mentalmente.
Intanto Carl ridacchiava ancora per il modo in cui il ragazzo aveva provato a sgattaiolare via da quella domanda imbarazzante.
-Va bene, se non vuoi rispondermi non fa niente. Ma a me starebbe bene: avrei lo sconto nel negozio in cui lavori!- disse infine sorridendogli.
Così Kurt lo guardò e poi finì per ridere anche a lui.









AnGoLo DeLl'AuTrIcE----------------------------


Ciao a tuttiii :D Come va ragazzi? Beh ecco un altro capitolo tutto per voi miei cari :) Ditemi, vi è piaciuto di più il personaggio di Carl in questo capitolo?
Spero vi gusti (come sempre) e non vi dimenticate di commentare eh!
BESOSSSS               :*          -SkyFullOfStars_

 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Dream or Reality? ***


9. Dream or Reality?




 
 
 
“No ti prego! Non te ne andare!”


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Si trovava immerso nella nebbia, era spaventato e aveva cominciato a correre più forte che poteva. Poi si era fermato un istante e si era guardato intorno.
Buio.
Niente più che buio e nebbia lo circondavano.
Poi si sentì chiamare…era una voce che non aveva mai sentito prima…ma aveva un non so cosa di soave, sensuale…A Kurt pareva una dolce melodia che lo chiamava continuamente.
Il ragazzo era come cullato da quelle meravigliose note, così belle, da convincerlo a seguirle: anche se una parte di sé consigliava il contrario, ormai era quasi stregato da quella voce.
Piano piano si avvicinò a quel richiamo, un po’ spaventato ma comunque curioso di sapere chi fosse o, peggio, cosa fosse.
Si fece strada tra la nebbia e si rese conto di essere in una specie di bosco solo quando, camminando a tastoni, sentì qualcosa scricchiolare sotto i suoi piedi.
Si bloccò di scatto, si abbassò verso il terreno e cominciò a tastarlo lievemente…ramoscelli secchi.
Ne prese uno e lo gettò via come se fosse arrabbiato e non avesse trovato quello che cercava.
Poi notò, con sua sorpresa, che la voce non lo chiamava più.
Così si alzò lentamente dal terreno e si riguardò intorno.
Ora c’era meno nebbia e questo gli permise di accorgersi che…non era solo.
Davanti a lui apparse una figura di una donna: il ragazzo non poteva vedere granchè, ma cercò di avvicinarsi con cautela, restando un po’ diffidente.
Con sua sorpresa…non era più spaventato. Il cuore aveva preso il normale battito cardiaco, il suo respiro era stabile e gli occhi ora stavano cercando di capire chi fosse, esaminando l’ombra come se fosse un pezzo d’architettura inestimabile.
Continuò ad avvicinarsi e, man mano che lo faceva, la nebbia spariva e così si rendeva conto che la donna aveva i capelli lunghi, biondi…Era snella, non tanto alta e con un vestito lungo fino al ginocch…-
Il cuore del ragazzo sobbalzò pesantemente e lui si fermò.
Ora sapeva esattamente chi fosse. Conosceva troppo bene quella donna…ma allora perché la voce non l’aveva riconosciuta? E perché era apparsa in quell’atmosfera?-
La mente del biondo cominciò a tartassarlo di domande, ma lui le scacciò scuotendo il capo.
Non poteva farsi quelle domande adesso…doveva parlare assolutamente con lei.
.M-mamma!- esclamò Kurt con gli occhi spalancati e con il cuore a mille.
Non poteva crederci. Che ci faceva lì?
Kurt non riusciva a capire se fosse sogno o realtà quello che stava vedendo. Pensò di aver bevuto qualcosa o di aver preso qualcosa da qualcuno al sera prima, e magari non se ne ricordava e adesso aveva le allucinazioni. Aveva un sacco di dubbi.
Sapeva solo che era spaventato, che il cuore batteva forte, che le lacrime cominciavano a farsi sentire e che aveva sua madre davanti a lui.
-Che ci fai qui, mamma? Tu sei morta…sei un angelo? Mio Dio, ma sto sognando? Sono sveglio? Sono morto?!- esclamò il ragazzo con la voce strozzata e spaventata.
Ora respirava affannosamente…lo si poteva vedere dal suo petto che faceva su e giù in modo ritmico e veloce.
La donna però non rispose.
“Perché non parla?”- si domandò Kurt spaventato.
-Mamma, ti prego, rispondimi!- sbottò il giovane con gli occhi velati dalle lacrime.
Poi scosse il capo e lo abbassò in segno di rassegnazione mentre sentiva le sue calde lacrime rigargli il viso.
-Ciao tesoro.- rispose allora l’ombra.
Eccola lì. Kurt l’aveva ritrovata. La voce dolce di sua madre era lì. C’era ancora. Ora non era più sconosciuta. Adesso la riconosceva.
Quelle piccole note gli bombardarono la mente di ricordi…
Kurt aveva lo sguardo fisso per terra, dove notò che c’era ancora un po’ di nebbia. Cominciò a ricordare.
Gli parve di risentire il dolce profumo di sua madre, quello misto al cocco e alla vaniglia…Quello che sentiva ogni volta che gli dava il bacio della buonanotte…
Oh si, il suo bacio…era qualcosa di così bello…così delicato..come la sua carezza…con le mani morbide e la pelle fresca, bellissima.
Gli faceva ricordare il leggero tocco del vento in primavera…quando adorava stare fuori all’aperto, sotto l’albero di ciliegio che aveva nel cortile di casa, ed ascoltava il dolce canto degli uccelli, come se fosse una cantilena che gli diceva quanto la vita fosse splendida.
Tutto questo fu come un lampo nella mente del ragazzo, proprio come un fulmine appare in cielo. Improvviso ma intenso.
Un brivido si fece sentire sulla schiena di Kurt.
“Mamma”- pensò cominciando a singhiozzare. Ora il suo sguardo era puntato sulla figura femminile sempre immobile, muta.
Intorno a loro non c’era più atmosfera: la nebbia ora non c’era più, al suo posto ci fu soltanto buio. Ma non un buio intenso…era un buio delicato, quasi una penombra.
Questo permise ai due di non riuscire a perdersi di vista.
Ma non era finita lì.
Il vento non esisteva. Nessuna foglia, nessun’albero, nessuna pianta, nessun filo d’erba osava muoversi.
Pareva che tutto ciò che li circondava stesse assistendo con il fiato sospeso a quello che stava accadendo.
Non c’erano rumori. Nessun cinguettio. Nessuno fruscio da parte delle piante, delle foglie o degli alberi…Tutto e tutti stavano ascoltando.
Kurt non fece più caso a quello che c’era intorno a lui: prestava attenzione solo all’ombra di sua madre che aveva di fronte a sé.
-Mamma…mi manchi.- aggiunse il ragazzo in lacrime. La fissava ancora e lei fissava ancora lui.
-Lo so.- rispose finalmente la donna.
Kurt accennò un sorriso per farsi forza e la donna aggiunse:
-Devi promettermi che sarai più forte del dolore che ti tieni dentro, tesoro.-
A queste parole Kurt strizzò gli occhi e poi la riguardò.
Gli mancava. Eccome se le mancava. Il dolore della sua morte lo stava dilaniando dentro. E faceva male. Tanto male. Era anche peggio di essere torturato psicologicamente e fisicamente dai bulli della sua scuola ogni giorno che apriva gli occhi.
Il dolore che l’assenza della mamma gli provocava, era come una morsa al cuore, che non puoi toglierti, non te ne puoi liberare…si stringe sempre di più ogni volta che ci pensi…Dolorosa.
Dopo pochi secondi, una lacrima gli percorse tutto il viso, e poi decise di rispondere a quello che sua madre, o almeno la sua figura, gli aveva detto.
Così, con lo sguardo deciso, rispose tra un singhiozzo e l’altro:
-L-lo prom-metto, mam-ma.- Il cuore di Kurt sobbalzò pronunciando quelle parole.
-Un’altra cosa, piccolo. Sei mesi. E troverai la tua felicità, quella vera, Kurt. Buona Fortuna tesoro, io veglierò da lassù per te. Ti voglio bene.- e detto questo l’ombra cominciò a dissolversi davanti agli occhi increduli del giovane.
La mente di Kurt si fermò per un istante.
“Sei mesi? Vera felicità? Che vuol dire?!”- pensò allarmato.
Kurt non ci pensò due volte a cercare di fermare l’ombra di sua madre e così gridò:
-“No ti prego! Non te ne andare!”- ma l’ombra ormai era sparita nel nulla e sembrava non l’avesse sentito.
Il silenzio regnava intorno a lui: nessun cinguettio, nessun fruscio.
Tutto immobile, compreso il cuore del ragazzo.

-------------

 
Bianco.

Ecco cosa fu che vide Kurt quando aprì gli occhi.

Il soffitto di camera sua, bianco.

Il suo respiro era affannoso e gli occhi erano spalancati e fissi sul soffitto. Era immobile, disteso sul letto ed era tutto sudato.
Deglutì parecchie volte e strizzò gli occhi per la paura e per l’intensità di quello che, dopo tutto, era stato un sogno.
Ma ricordava tutto lucidamente: l’ombra di sua madre, il bosco e… i sei mesi.
“Cosa voleva dirmi con questo?”- Kurt cominciò a tormentarsi su quelle parole…
Sei mesi…sei mesi…”- si ripeteva continuamente.
Poi un trillò lo fece balzare dal letto e, cercando di spegnere la sveglia che gli aveva quasi fatto venire un infarto, si rese conto che erano le sei e mezza.
-Meglio prepararsi, altrimenti chi lo sente il mio capo?!- esclamò saltando in piedi dal letto ed incamminandosi verso la cucina, mentre afferrava la sua bella vestaglia di cotone dall’appendiabiti. Era ancora un po’ scosso da quello che aveva vissuto poco fa.
“Solo un sogno, Kurt.”- cominciò a ripetersi.
“Intenso, ma pur sempre un sogno.”
 






AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------

Heya!! Come butta ragazzi??? Oggi mi sento molto coatta, non so se si è capito! Ok, ciancio alle bande (?)...Che ne pensate dell'intenso sogno di Kurt? E secondo voi che significano i "sei mesi"? Siete curiosi? Bene,allora continuate a seguire la storia!!

Ci vediamo nei prossimi capitoliii :D                                         -SkyFullOfStars_
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Trip Out of Town (part 1) ***


10. Trip Out of Town (part 1)





Tutto pronto.
Almeno pensava.
La sua valigia sul letto sembrava un manicomio in miniatura: la lampo mezza chiusa che lasciava uscire fuori un calzino mezzo stropicciato, due maniche di magliette ed una di un cardigan beige.
Kurt la guardò da un punto lontano della sua camera ed inclinò la testa da un lato spalancando gli occhi:
-No. Così non si può fare. Passiamo alle maniere forti.- si disse, capendo che il suo solito ordine nel fare le valigie, quel giorno, non era dalla sua parte.
Così si avvicinò al letto e fece un balzo facendo forza sulle gambe e piombando pesantemente sulla valigia, come fosse un giocatore di wrestling.
Dopo pochi minuti, con parecchia forza, riuscì a chiuderla.
Kurt sospirò profondamente e, allontanandosi dal letto, diede un’altra occhiata al suo bagaglio.
-Peggio di prima!- esclamò ridendo divertito per la sua incapacità.
In effetti il bagaglio non sembrava proprio un bagaglio…assomigliava di più ad una pera gigante mezza stortignaccola.
-Pazienza.- concluse il ragazzo alzando le spalle.

Si stava preparando per una gira fuori città di tre giorni, con la sua diva, la sua migliore amica del liceo: Mercedes Jones. Stavano andando un po’ fuori New York, in campeggio, per stare tra amici e parlare. Non si vedevano da quasi tre mesi: l’ultima volta erano usciti in una giornata di pioggia per andare in un centro commerciale, ma sono dovuti tornare indietro a causa di un’autista che li aveva bagnati con una pozzanghera. Solo qualche mese dopo il cellulare di Kurt era squillato e lui, rispondendo, aveva risentito la voce squillante della sua amica, offrendogli di vedersi.
Due colpi di clacson lo convinsero a sbrigarsi a prendere la sua pesante valigia, le chiavi di casa, il giacchetto e il cellulare.
Chiuse con fatica la porta di casa sua e, si voltò verso la strada per capire dove fosse Mercedes.

-Ehi, sono qui Signor Hummel!- gridò la ragazza facendogli un cenno con la mano dal finestrino.
Kurt sorrise e cercò con più attenzione possibile di non cadere per strada con tutta quella roba.
-Salire in carrozzaa!- esclamò divertita Mercedes, aprendo intanto lo sportello per il suo amico.
-Sicuro di non volere una mano?- chiese aggrottando le sopracciglia e guardando Kurt che lottava contro la valigia e tutto il resto.
-No, no, non ti…non ti preoccupare…ce la facc---aaaaaaaaaaa!- gridò Kurt piombando a terra.
La brunetta scese di corsa dall’auto e andò a soccorrere Kurt.
-Oh mio Dio, Kurt, tutto bene?!- esclamò la ragazza portandosi una mano sulla bocca e trovando il biondo completamente disteso a terra con il giacchetto sulla faccia, le chiavi ancora in mano e la valigia sotto di lui.
Mercedes gli offrì un braccio per aiutarlo ad alzarsi, ma faceva fatica nel rimanere seria.
Kurt si scostò il giacchetto dalla faccia e la guardò alzando un dito contro di lei:
-Non…provarci. Non ti azzardare a ridere.- la minacciò con aria seria.
Poi si appoggiò al braccio dell’amica e, dopo pochi secondi, si ritrovò in piedi fissando la faccia di Mercedes rossa come un peperone per non ridere.
Kurt la guardò cercando di fare il serio… ma alla fine scoppiarono a ridere entrambi come due cretini.

-Ahahah, allora Kurt, ce la fai ad abbracciarmi senza cadere?- scherzò Mercedes.
-Mi sei mancata anche tu, tesoro!- le rispose ironicamente lui circondandola con le sue braccia.
-Allora,- continuò la bruna staccandosi da lui e guardandosi intorno.- ce la faremo a caricare tutta questa roba? Ma ti sei portato tutta New York?!- esclamò lei scherzando.
Kurt le fece una smorfia scherzosa ed insieme cominciarono a caricare tutto sull’auto della ragazza.
 
-Kurt,-disse improvvisamente lei dopo aver caricato tutto- Non manca qualcosa?-
Il biondino la guardò con aria interrogativa e ci pensò su:
-Chiavi prese, la valigia è qui, cellulare in tasca…mmm…il cestino da picnic!- esclamò alla fine.
Mercedes si mise a ridere, divertita dalla scarsa memoria dell’amico e disse:
-Ok caro, tu valla a prendere…Intanto io metto in moto.- e sorrise.
Kurt annuì, riprese le chiavi e corse (questa volta con attenzione) verso casa.
Arrivato davanti alla porta l’aprì di nuovo e andò a prendere il cestino.
Lo trovò sul tavolo da cucina, tutto bello pronto e curato. Guardandolo, sorrise soddisfatto della sua opera, lo prese e uscì di nuovo di casa raggiungendo la sua amica che lo stava aspettando fuori.
-Avanti bel fusto, andiamo!- esclamò Mercedes sorridendo.
Salirono in macchina e, finalmente, partirono.











AnGoLo DeLl'AuTrICe-----------------------------------------------------

Weeeeeee! Allora, come va ragazzi? Questo, come vedete, è un capitolo un poì particolare, poichè diviso in due parti :) Vi è piaciuta l'idea dell'intrufolamento (?) della nostra cara Mercy??
Commentate in tantiiiiii!                                :D   -SkyFullOfStars_

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Capitolo 11
*** Trip Out of Town (part 2) ***


11. Trip Out of Town (part 2):






 
 
 
-Signorina Mercedes Jones, abbassi la radioo! Mi sta rompendo i timpani!- gridò Kurt quasi isterico gesticolando con le mani come un pazzo.

In effetti la loro macchina era un’intera discoteca. Erano in viaggio, Mercedes guidava e aveva messo a palla “4 minutes”, cosa che al Signor Hummel piaceva poco.
La bruna rise divertita e, guardandolo mentre ballava sul sedile, chiese al ragazzo accanto a lei:
-Ma come! Non ti ricordi? Questa è la nostra canzone-bomba che facemmo quando eravamo nei Cheerios! Kurt, quei cappelli che metti di solito ti stanno dando alla testa e ti stanno facendo perdere la memoria!-
-Guarda che mi ricordo benissimo, signorina! E poi non toccare i miei cappelli- affermò squadrandola.
Si guardarono per una secondo per poi scoppiare in una grande risata.

Da quanto tempo non si divertivano così? Troppo tempo!
Da quando si era trasferito Kurt non aveva più tempo per i suoi amici. Ed ora era lì. A scherzare con una pazza di nome Mercedes Jones.
La fissò per un attimo con dolcezza e poi le chiese:
-Allora, racconta, come va con la tua carriera, Mrs. Jones?-
Lei sbuffò.

-Un casino, Kurt. Voglio dire, va tutto bene, alla grande, solo che..sono un po’ stanca. Ho tanti impegni.- concluse guardandolo storcendo la bocca.
Lui fece un faccino triste, portando il labbro inferiore in giù, provocando un sorriso da parte della sua autista.
-Mi sei mancato, tesoro. Mi è mancato il modo in cui mi facevi sorridere, in cui mi costringevi ad andare a fare shopping quando ero giù di morale, ed il modo in cui ti vestivi in modo esuberante- e a questo il ragazzo la guardò male per poi sorriderle ancora.
-Awww, anche tu mi sei mancata, mia piccola Arethra!- e si guardarono dolcemente, volendosi abbracciare, ma rendendosi conto che uno di loro era alla guida.
-Ma basta parlare. Ritorniamo alle nostre origini!-

Il biondo sorrise, poiché sapeva benissimo a cosa si riferiva.
Così si affrettò a togliere il cd della radio e a metterne un altro con tutte basi musicali.
Mentre Kurt sceglieva la canzone, si guardarono un attimo, come per mettersi d’accordo su cosa dovevano cantare.
-Pensi quello che penso io?- chiese Kurt sorridendole maliziosamente.
Mercedes lo guardò mostrando un enorme sorriso e annuendo.
-Sai, potrei farmi passare il dolore ai timpani, allora.-

E così cliccò su “play” e fece partire la canzone.
Non poteva non mettere quella canzone. Insomma, era sempre stata la loro canzone! Il loro inno. La loro forza. Quella canzone li aveva sempre aiutati a farsi accettare dagli altri o, almeno, a sperare di riuscirci.
Volevano solo essere accettati. Volevano soltanto che il mondo li riconoscesse come due persone, non come “la femminuccia” e “la negra”, come era successo al Liceo.
Loro erano delle persone.
Erano due ragazzi che cercavano di raggiungere i loro sogni.

Erano unici.

Erano perfetti.

Ed era questo che diceva la canzone.
 
 
 
 
 
Fu Kurt a cominciare, come sempre…diede un veloce sguardo alla sua amica e partì:
 
Made a wrong turn
Once or Twice
Dug my way out
Blood and fire

 
Subito Mercedes sorrise dopo aver sentito queste frasi e continuò:

Bad decisions
That’s alright
Welcome to my
silly life


“Wow”- pensò Kurt, come era possible che quelle parole le sentisse “sue”?

Mistreated
This place
Misunderstood
Miss knowing it’s all good
It didn’t slow me down
Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Looking I’m still around

 
E si guardarono sorridendo felici di essere ancora qui, più forti di prima…E così intonarono quelle parole insieme, cercando di farle loro.

Pretty pretty please
Don’t you ever ever feel
Like you’re less then
Perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you’re nothing
You’re perfect to me


E si indicarono a vicenda, dopo che Kurt si mise una mano sul cuore.
 
Cavolo come batteva.
Cavolo come si faceva sentire.
Anche lui teneva il ritmo e partecipava con loro. Anche lui aveva sofferto e pianto quando erano stati offesi al Liceo. Anche lui cel’aveva fatta. Anche lui, ora, era felice.







AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------


AVE FANFICTIONERS!! So che vorreste prendermi a capocciate per la mia assenza, ma ho avuto molto da fare ù.ù (compreso sclerare per il season finale di glee :'( )

Cercherò di essere più presente, lo prometto! * mette una mano sul suo cuoricino" <3

Voi intanto ditemi cosa ne pensate di questo nuovo capitoletto :P
BACIIIIII                                       -SkyFullOfStars_

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Capitolo 12
*** Trip Out of Town (part 3) ***


12. Trip Out of Town (part 3)



 
 
 
Si era fatta sera ormai ed erano stanchissimi per il viaggio ed avevano mal di stomaco per il troppo ridere.
-Ahahahah, e ti ricordi quando Rachel è caduta sul burro spalmato sul pavimento da Puck per la supplente?!- scherzava Mercedes tra una risata e l’altra.
-Si! E poi ci caddi anch’io- affermò Kurt con una smorfia di dolore, come se fosse caduto appena due secondi fa.
Erano ancora in macchina, avevano accostato poiché Mercedes, con una frenata, aveva fatto cadere il caffè di Kurt sui suoi pantaloni. Ora si trovavano davanti ad uno scorcio di strada dove si estendeva un meraviglioso paesaggio che riprendeva le tonalità del corallo, fino a quelle di un rosa limpido.
Kurt per un attimo si concentrò su quei colori così caldi: mentre li fissava, si ricordò di essersi chiesto tante volte quale fosse mai il colore degli occhi del  suo angelo che, in quel momento, era lontano da lui e dal suo cuore.
Quanto voleva saperlo. Aveva una voglia matta di essere lì vicino a lui come al solito, stringergli quella morbida mano e portarsela alla guancia, solo per un secondo…Solo per risentire il magico contatto tra le loro pelli.
La brunetta intanto si era accorta del suo amico pensieroso ed intento a fissare il tramonto; sapeva benissimo che doveva dirgli qualcosa e che c’era qualcosa nel suo migliore amico che lo turbava. Lo leggeva dai suoi occhi cristallini.
Come aveva sempre fatto.
Per un istante esitò nel chiedere, ma poi si decise a parlare.
Così, delicata come un leggero soffio di brezza marina, gli sfiorò la mano che teneva sulla gamba, appoggiata ad una fazzoletto che copriva la macchia di caffè.
Kurt si girò di scatto accennando un piccolo brivido:
-Ehi, che c’è?- domandò il biondino.
Lui corrugò la fronte e la guardò con aria interrogativa:
-In che senso? Se stavi parlando scusami ma non ti ascoltato: guardavo il paesaggio.- e diresse di nuovo la testa verso quella pennellata di colori.
-Kurt, tu ammiri i paesaggi solo quando hai da dire qualcosa o sei preoccupato.- chiarì la ragazza guardandolo seriamente.
Il biondino per un momento non capì a cosa si stesse riferendo ma poi, guardandola, riuscì ad intendere che, in effetti, qualcosa a sua insaputa era successa.
“Caspita. Ci ha azzeccato, come sempre.”
Ed improvvisamente un problemino s’intrufolò nei pensieri di Kurt:
“Glielo dico? Nego? Ma no, lei è la mia Mercy, capirà. Ok, forza e coraggio.”- si disse.
Kurt aveva fatto tutto questo ragionamento continuando a guardarla, mentre lei aspettava alzando un sopracciglio.
Proprio mentre stava per aprire la bocca per parlare, il suo amico la precedette:
-E’ vero. Infatti qualcosa è successo. Ma non è che non te lo volevo dire, è che aspettavo il momento giusto.- spiegò mettendosi comodo sul sedile dell’auto.
-Tranquillo, ti ascolto.- rispose lei sorridendo. –Ma sappi che non ti voglio obbligare, tesoro!- continuò mettendogli una mano sulla spalla.
Lui sorrise scuotendo la testa, rassicurandola.
-Vedi, un giorno, mentre andavo a lavoro, ero..ero in ritardo e, per la fretta,…beh feci un incidente. Un incidente che mise in pericolo la vita di un ragazzo.- e a queste parole Mercedes si portò una mano sulla bocca mentre teneva gli occhi spalancati. Rimase in silenzio.
-…e ora questo ragazzo…è in coma.- disse finalmente. Sembrava molto più sollevato nel dirlo.
Davanti a lui invece qualcuno aveva un’aria piuttosto preoccupata.
-Ma…quindi è in pericolo di vita! E si riprenderà mai?- chiese la bruna spaventata.
-Non lo so- rispose Kurt alzando le spalle – è per questo che sono preoccupato. Ho quasi ucciso una persona! Lo sono andato a trovare tutti i giorni all’ospedale…Ma fa male vederlo che lotta per la vita. E’ questo che non mi fa dormire la notte, questo quello che mi tormenta dal giorno di quel maledetto incidente! E se non ce la facesse? E se morisse? Avrò la sua morte sulla coscienza per il resto della mia vita! Non so che fare Mercedes, ti prego, aiutami!- sbottò il ragazzo ormai in lacrime.
La ragazza s’intenerì nel vederlo così preoccupato e debole. Così lo circondò con le sue braccia, non sapendo come confortarlo. Ora piangeva anche lei.
L’enorme bagliore proveniente dal tramonto li avvolgeva completamente e faceva brillare le loro lacrime.
Lacrime di tristezza.
Lacrime di gioia nello sfogarsi.
Lacrime di amicizia.
 
Mercedes udì i singhiozzi del ragazzo per un po’ fino a quando non tolse le sue braccia dalle sue spalle e gli sollevò il viso bagnato con un dito.
-Ascoltami, andrà tutto bene ok? L’unica cosa che devi fare è continuare a stargli vicino e sperare e pregare!- disse, mentre gli asciugava le lacrime con il fazzoletto che poco fa era sulla macchia di caffè.
-Ma cos’è quest’odore di caffè?- domandò il ragazzo.
Mercedes si mise a ridere e sventolò il fazzoletto davanti ai suoi occhi, provocandogli una risata.
Kurt poi la guardò teneramente e le disse:
-Sei la migliore amica che io abbia mai avuto!-
-Dimmi qualcosa che non so, tesoro!- rispose lei con aria da diva.
Dopo una comune risata, la brunetta continuò:
-Allora, ora basta con le smancerie e scendiamo che siamo arrivati!-
-Davvero?! Non me ne ero accorto.- chiese il ragazzo sconcertato.
In effetti dopo quel tramonto, quei pensieri, quelle domande, quella chiacchierata, quel pianto, non si era reso conto che l’insegna del campeggio era proprio alle sue spalle.
 
 
 
 
 
------------------------------------------------------------------------------------------
 
-Signorina Mercedes Jones! E’ la tua coscienza che ti parla..Non ti azzardare a schizzare di nuovo il bel tipo con la canottiera davanti a te!- minacciò Kurt all’amica che stava per bagnarlo.
I ragazzi erano in un laghetto, a pochi metri dalla loro tenda.
Erano in costume: Mercedes con un pareo addosso e i capelli raccolti con un fermaglio, il biondino con dei bermuda ed una canottiera già mezza bagnata a causa sua.
La ragazza rise divertita all’uscita mezza isterica dell’amico e, senza ascoltarlo, gli gettò un bel po’ d’acqua addosso.
Kurt urlò in modo buffo e rincorse la brunetta nell’acqua minacciandola di affogarla.
Tutti e due risero così tanto che non ce la fecero a correre per più di mezzo metro.
-Qu..questa..questa me la paghi, sig..signorina!- borbottò il ragazzo lottando contro il fiatone.
-Si, si certo capo! Ora, mangiamo qualcosa? Questo gioiello ha una fame da diva!- scherzò lei indicando la loro tenda tra il prato.
-Mmm..va bene, ma mi vendicherò!- disse puntandola con un dito.
Mentre si avviavano verso il loro accampamento, Kurt borbottava e sbuffava vedendo la sua bella canottiera tutta fradicia.
Mormorò qualcosa sottovoce e Mercedes rise tra sé, sapendo che, quando sarebbe tornato a casa, gliene avrebbe dette di tutti i colori. Magari usando una bambola vodoo con la sua faccia.
Stesero una coperta sull’erba fresca e ci poggiarono sopra il famoso cestino da picnic di casa Hummel; si sedettero e cominciarono a sbirciare nel cesto. Un ben di Dio spuntò fuori dopo una montagna di tovaglioli.
-Ovviamente non ci basterà per tre giorni…Almeno per oggi e per stasera il cibo c’è ma poi compreremo qualcosa per gli altri giorni.- affermò lei dando un morso al sandwitch al tonno che aveva in mano.
Il ragazzo seduto accanto a lei annuì e mandò giù un boccone della sua porzione di insalata di riso.
-Mio Dio Kurt, sei sempre stato bravo ai fornelli!- esclamò la ragazza tra un boccone e l’altro.
-Anche un sandwitch sembra più buono se fatto da te! Com’è possibile?-
Kurt assunse ironicamente un’aria vanitosa e rispose:
-A casa Hummel tutto è possibile, cara mia!-
Lei scosse la testa e gli diede un colpetto con la spalla.
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Kurt non aveva mai passato tre giorni più belli. Il cambio d’aria e lo stare con la sua migliore amica lo aveva fatto stare veramente bene. Ormai la sua mini-vacanza era finita ed era ritornato nella sua bella e vecchia città; non sembrava fosse cambiato nulla! In realtà non lo era.
Ma qualcosa in se stesso si che era cambiato. Era molto più tranquillo, più sereno, ed ora che era seduto sul divano di casa sua, se ne rendeva conto.
Non si sentiva così libero da quell’incidente.
“A proposito di incidente…”- pensò.
“Mio Dio…quanto mi è mancato.”- e chiuse gli occhi. Non pensava ad altro.
Anche in vacanza ci aveva pensato di sfuggita, ma l’aria pulita e le risate con la sua amica mezza svampita gli avevano messo da parte tutte le preoccupazioni.
E gli era mancato.
Gli mancava Blaine.
Ma ora era di nuovo a in città ed il suo angelo era sempre lì, in ospedale, con gli occhi chiusi, ad aspettarlo.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------

HEY SOUL SISTEEEEERRRRRRRR! HEY SOU....Ehm ,ehm...*tossisce per la figuraccia* volevo dire SAAAAALVEEEEEEEEEEE! Dovete scusarmi, ma oggi mi ha preso con questa canzone ;P

Cavolate e parte, che ne dite della "trilogia" del capitolo?? Vi voglio in tanti a commentareeee :)   

Alla prossima, guys!                                                          -SkyFullOfStars_

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Capitolo 13
*** Allarming Phone Call ***


13. Allarming Phone Call



 
 
 

Tornato a casa, Kurt aveva un sacco di cose da fare: lavare i vestiti, pulire un po’ la casa, disfare la valigia…
Ma erano ormai le sei di mattina e doveva prepararsi per andare a lavoro, di nuovo.
La sera prima lui e Mercedes erano tornati verso l’una di notte a New York e lui era subito crollato nel sonno per la stanchezza, senza aver avuto neanche il tempo di sistemare.

Guardò l’orologio: le sei e dieci. “Meglio prepararsi”- pensò il ragazzo con una tazza di cappuccino in mano, con addosso una vestaglia e con i capelli che avevano decisamente preso una brutta piega. Girando in giro per casa, passò davanti ad uno specchio e, dandogli un’occhiata veloce, spalancò gli occhi per l’orrore. In preda al panico, Kurt provò a sistemarli con le dita, anche se sapeva che, almeno per quel giorno, sarebbe dovuto ricorrere al gel.
Per le sei e mezza era già pronto e così decise di partire subito. Abbassò le serrande di tutte le stanze, prese cellulare, borsa, chiavi della macchina e, uscendo verso il vialetto, si chiuse la porta alle spalle.

Come tutte le mattine, prese i mezzi per andare a lavoro, poiché ormai la sua auto era in officina per i danni causati dall’incidente.
 


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-Sig. Hummel! Sig. Hummel! Ma cosa fa?- urlò il suo capo quasi isterico.
Kurt stava fissando la parete di fronte a lui, pensieroso, ma la voce squillante del suo odioso capo lo riportò alla realtà in un batter d’occhio, facendogli fare un balzo dalla sedia sulla quale era seduto.
-C-come? Cosa? Si, scusi, mi dica Signore…- rispose prontamente, alzando il capo verso di lui per guardarlo.
“Ma non ha un’altra giacca?”- si domandò Kurt. In effetti il suo capo indossava sempre quella. Poche volte l’aveva visto con una giacca che non fosse di color grigio topo.
-Mi spiega cortesemente il motivo per cui sta scucendo il vestito sbagliato?!- sbraitò l’uomo con aria di superiorità. –Devo rispiegare anche a lei qual è la fila di vestiti da scucire e quelli d’aggiustare?!-
Kurt allora diede un’occhiata all’abito tra le sue mani: cavolo, aveva combinato un vero disastro.
Immerso nei suoi tanti pensieri non si era accorto di ciò che le sue mani stavano facendo.
“Cavolo”-pensò pallido in viso- ed ora chi lo sente?!”-
L’apprendista strizzò gli occhi e fece una smorfia di dolore, come se stesse prevedendo lo sgrido che avrebbe fatto l’uomo che ora si trovava di fronte a lui con un sopracciglio alzato e con le mani sui fianchi.
-Si svegli Sig. Hummel! Non siamo qui per pettinare le bambole! Se la rivedo immerso nei suoi pensieri in rosa…la caccio via!- urlò l’uomo al ragazzo minacciandolo con un dito.
-Si, mi scusi Signore! Non succederà mai più, glielo giuro!- rispose Kurt gesticolando, in preda al panico. Il ragazzo continuò a scusarsi al vento, poiché il suo burbero capo era già passato a sgridare un altro suo collega. Intanto tutti i ragazzi dentro la stanza avevano assistito a quello che era accaduto ed osservavano Kurt con aria strana, proprio come si osserva un uomo in mutande nel bel mezzo di una piazza affollata.
Lo guardavano così, perché Kurt era sempre il “primo” del corso: sempre attento, sveglio e pronto a cucire e a tagliare stoffe di qualsiasi tipo. Era sempre stato un tipo che tutti ammiravano, ma ora, essendo sgridato dal capo per la prima volta…bè, questo cambia un po’ la sua reputazione.
Ma lui li ignorò e proseguì nel suo lavoro.
 
Cinque minuti dopo un ragazzo che correva come un pazzo tra i vari posti di lavoro della gente, attirò la sua attenzione. Il ragazzo si fermò tra una scrivania ed un’altra, col fiatone:
-V..vorrei sapere chi diavolo è..K..Kurt Hummel!- riuscì finalmente a dire.
Tutti si guardarono l’un l’altro fino a che i loro sguardi curiosi non si andarono a posare sul bel viso di Kurt.
Il problema era che il ragazzo non si era praticamente accorto di quello che stava succedendo e se ne stava lì seduto, a combattere con una macchina da cucire, la quale pareva non volergli dare ascolto quella mattina:
-Oh Santo Cielo! Ma perché ti blocchi! Giuro che sei più testarda del mio capo!- e la scosse violentemente tra le sue mani.
Dopo qualche secondo si rese conto di quello strano silenzio che lo circondava e alzò gli occhi mostrando un sorriso timido.
“Oh cavolo che figur…”-
-Oh, eccoti qua finalmente! C’è una telefonata per te. E’ urgente.- lo interruppe il ragazzo mostrandogli il telefono che aveva in mano mentre si dirigeva verso il suo tavolo di lavoro.
Kurt abbandonò quello che stava facendo e diede ancora un’occhiata al ragazzo ormai di fonte a lui, mentre prendeva dalle sue mani il cellulare.
-E’ l’ospedale.- si sentì dire.
A quelle parole un brivido si fece risentire come non succedeva da tanto ed anche la paura gli calò completamente addosso, facendolo sudare freddo.
“Oddio...Ma che può essere successo?”- si domandò nervosamente Kurt mentre si portava il telefono all’orecchio.
-Si… grazie.- disse al ragazzo davanti a lui, cercando di far comparire un piccolo sorriso sul suo volto. Riuscito male, ma ci aveva provato. Il ragazzo se ne andò lasciandolo solo con un telefono in mano, con il cuore in gola e con tante piccole scintille dentro di sé.
Il fatto è che in quel momento il biondino era una piccola molla pronta a scattare da un momento all’altro…Non era mai stata una persona pessimista, ma da quando aveva mandato un ragazzo in coma, le cose erano cambiate.  Quello che temeva di più era di non poter più sperare di vedere ancora il suo angelo indifeso, e di non poter più sperare ad un suo risveglio…

-Pronto?- disse con un filo di voce.
-Parlo con il Sig. Kurt Hummel?- rispose una vocina squillante di una donna.
-S-si, si sono io. Mi dica.- affermò il ragazzo con aria preoccupata.
-Bene. Sig. Hummel. C’è un problema.- spiegò la donna.

“Oddio. Blaine.”- pensò Kurt con gli occhi appena appena velati da un leggero strato di lacrime.

Quella frase lo preoccupò ancora di più di quanto non lo fosse prima. Che voleva dire?  Che Blaine..era…stava per…
“Kurt ti prego, non devi neanche pensarci!”- si sgridò mentalmente stringendo gli occhi.
-Che tipo di problema, signora?!- disse allarmato cominciando a toccarsi nervosamente il labbro inferiore.

Temeva il peggio.




AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------


YEEEEEEEEE BABY I'M BACKK! Ok stop u.u
Cavolate a parte, che ne pensate??  *CON VOCE DA "OMINO" DELLA PUBBLICITA'* Siete curiosi?? Volete sapere come andrà a finire?? La tua ragazza ti ha lasciato per una torta al cioccolato perchè era più dolce di te?? No, scherzo xD  
Aalloraaa la "bacheca" delle recensioni mi ha detto di dirvi (scusate il gioco di parole xD) che si sente sola ù.ù Vedete un po' voi come la potete aiutare :P                                      BAAACIIIIII                                     -SkyFullOfStars_

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Capitolo 14
*** Please, Stay with Me. ***


14. Please, Stay With Me.
 




 
 
-S-signora, la prego, che succede? Per favore, mi spieghi cosa è accaduto!- sbottò il ragazzo per il nervosismo e l’ansia che stava provando in quel preciso momento. Premeva fortemente il telefono al suo orecchio con la mano tutta sudata.
Desiderava che la signora dall’altro capo del telefono gli dicesse immediatamente cosa fosse successo lì all’ospedale. Quello dove c’era Blaine.  Invece del labbro stavolta prese a picchiettare con le dita sul tavolo da lavoro dov’era.
Odiava essere tenuto sulle spine. Era una cosa che lo faceva diventare quasi pazzo.
Lo faceva sempre suo padre quando gli doveva fare un regalo: niente indizi, nessun commento che potesse fargli capire cos’era o almeno fargli capire che genere di regalo era. Tutti i Natale e le feste di compleanno passate così. Insomma, gli piacevano le sorprese e capiva che se gli avrebbe detto qualcosa non sarebbe più stata una sorpresa, ma odiava attendere su cose di questo genere.

Ed ora lo odiava più che mai. Quella manciata di secondi tra il suo quasi sclero e la risposta della donna parevano un’eternità.

Sospettava di diventare completamente pazzo se non gli fosse stato subito riferito qual’era il problema.
Nei pochi secondi dell’attesa della risposta da parte della donna al telefono, nella mente di Kurt si fecero spazio grandi tragedie: lui che arrivava all’ospedale, correndo nei corridoi come un pazzo, con il viso rigato dalle lacrime e con l’aria creata dal suo movimento che lo accarezzava sul volto…Immaginò di entrare nella stanza di Blaine e che…
-Allora, ora le spiego, stia calmo!- sentì borbottare all’improvviso dal telefono.
Kurt sobbalzò dalla sedia e fece silenzio per sentire la risposta della donna.
-Vede…-
Il ragazzo stette in silenzio ancora per un po’ fino a che capì che la chiamata era terminata poiché non udiva più la vocina stridula della donna.
-P-Pronto? Signora?!- cercò di chiamare invano.

Così staccò l’aggeggio tecnologico dal suo orecchio (ormai rosso per la forza con cui aveva tenuto il cellulare contro) e lo guardò.
“Batteria scarica”- lesse sullo schermo.
“Oh, ma vogliamo scherzare?!”- gridò Kurt in preda al panico. Per la rabbia si dimenò in vari gesti che attirarono l’attenzione dei suoi colleghi un’altra volta. Questa volta però se ne accorse: cercò di evitare gli sguardi che parevano studiare ogni sua mossa, prese tutto quello che doveva prendere dal suo posto di lavoro e scattò dritto verso il corridoio per l’uscita.
Poi si rese conto che non poteva uscire così e quindi ritornò indietro riferendo al ragazzo del cellulare:
-Dì al capo che è un’emergenza. Me la vedrò io poi.- e scattò di nuovo.
Il ragazzo non fece neanche in tempo a rispondergli che lo vide volare verso l’uscita, carico di borse, chiavi, pranzo e telefono.
“Vorrei capire perché non mi hanno chiamato sul mio cellulare!”- si chiese il biondo, mentre correva per i vari corridoi alla ricerca dell’uscita.
Non aveva neanche pensato ad aspettare un’altra chiamata dall’ospedale. Voleva andare lì direttamente.
“E se fosse successo qualcosa a Blaine?!”
“Se ci fosse qualche problema con il suo respiro?!”
“Se ce ne fosse qualcuno con il battito cardiaco?!”
Tutte queste domande s’intrufolarono nella mente di Kurt senza che lui volesse.
Gli pareva di correre per un tempo infinito immerso nei dubbi e nelle domande  che gli si ponevano davanti come ostacoli di una corsa.
Finalmente riuscì ad uscire dall’edificio, entrò in macchina e chiuse la portiera sbattendola violentemente.
Mise in moto, prese il telefono e chiamò Carl.
Si mise di nuovo un altro telefono all’orecchio ed aspettò che la sua voce si facesse sentire.
Niente.
Occupato.
Riprovò più volte di continuo, fino a che quasi non fece un altro incidente per chiamare. Così gettò il telefono sul sedile anteriore accanto a lui e continuò a guidare verso l’ospedale.


“Dio, speriamo bene.”
 

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-La prego, sa dirmi qualcosa riguardo “Blaine Anderson”?! E’ urgente, per favore!- gridò diperato Kurt ad un medico passante.
-Mi dispiace ragazzo, non so dove sia.- si sentì rispondere.
Stava per diventare veramente pazzo. Aveva entrambe le mani tra i capelli: non ci capiva più niente.
“Dove sei, Blaine?”- pensò tra sé e sé.
Ovviamente il primo posto in cui la sua mente e il suo cuore l’avevano portato era la stanza numero 14, la stanza dove tutto questo era cominciato.
Ma lui non c’era. Non era lì avvolto tristemente nei tanti fili che si appoggiavano sul suo corpo scolpito.
Non era lì con quelle palpebre chiuse, con quelle mani così morbide e delicate appena poggiate sul lettino dove era disteso con naturalezza.
Lui non c’era. E se non era lì, dov’era?
A quanto pare nessuno dentro a quel maledetto ospedale lo sapeva. Nessuno stava diminuendo la sua preoccupazione e la sua ansia.
Tutto intorno a lui procedeva come se niente fosse, come sempre, come in un normale ospedale: medici che parlavano con delle persone, con altri medici, infermiere che entravano nelle varie stanze per fare qualche visita medica magari…Bambini che piangevano, qualche donna che cercava di calmarli…
La sua testa cercava di captare tutto questo, come per registrarlo: tutto il rumore, tutte le voci…
Ma stava anche andando in tilt.
Era solo, non trovava Blaine, né qualcuno che gli potesse dare un aiuto, qualcuno che lo confortasse, qualcuno che gli chiudesse cosa stesse succedendo…Qualcuno che lo abbracciasse.
Aveva bisogno di almeno una persona che gli spiegasse cosa stesse accadendo in quel corridoio.
Niente in quell’ospedale quel giorno gli era parso più confuso; niente gli pareva più tragico…
Così, in preda alla disperazione e al panico si guardò ancora intorno per un attimo fino a che non cominciò a girargli la testa e si appoggiò al muro più vicino, tra varie sedie.
Involontariamente i suoi occhi cominciarono a buttar fuori tutta quella pressione mentre lui cercava il pavimento scivolando con la schiena contro il muro.
Si mise seduto e cominciò a piangere coprendosi il viso con le mani. Le lacrime cominciarono a scendere senza tregua ed i singhiozzi cominciarono a farsi sentire invano, tra tutta quella confusione.
Un medico si avvicinò al biondino e si inginocchiò poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla.
Kurt rabbrividì al tocco leggero della sua mano possente ed alzò di scatto il viso.
“E’ lo stesso dottore di quando ho chiesto di Blaine per la prima volta.”- pensò guardandolo.
-Tutto bene?- chiese accennando un piccolo sorriso d’incoraggiamento.
-Ma, aspetta, tu sei il ragazzo che cercava il signor “Blaine Anderson”, non è così?- chiese socchiudendo gli occhi come per ricordare se fosse veramente lui.
Kurt cercò di asciugarsi un po’ le lacrime passandosi una mano sul viso ed annuì sorridendo appena.
-Si, sono io, dottore.- rispose.
-John, chiamami John, ti prego.- disse mostrandogli la mano in senso di conoscenza.
Il biondo ricambiò con il suo nome e cercò di sorridere ancora.
-Allora,Kurt, qual è il problema?- chiese sedendosi accanto a lui e guardandolo in attesa di una sua risposta.
Kurt cominciò a spiegargli la situazione.
-Vede, poco fa al lavoro ho ricevuto una telefonata dall’ospedale dove mi si riferiva di un problema, ma alla fine la donna che era con me al telefono non ha fatto in tempo a rispondermi per un malfunzionamento del telefono del  mio posto del lavoro- e a questo fece una smorfia che divertì il medico accanto a lui.
-E adesso sono qui, mi sono fiondato nella stanza di Blaine e…lui non c’è! Dove lo hanno portato, dottore?
La prego, mi dica che almeno lei sa darmi una risposta!- disse rivolgendosi al medico accanto a lui che l’ascoltava interessato.

L’uomo sorrise.

-Si, io so dov’è questo “Blaine”, decisamente. Lo hanno portato su in sala operatoria perché il suo cuore stava per cedere. Per questo ti hanno chiamato. Ma non preoccuparti, lo faranno scendere tra poco. Hanno appena finito. E’ tutto a posto.- e a queste parole a Kurt sembrò di aver appena visto il paradiso. Così sospirò pesantemente per il sollievo: quelle quattro parole gli avevano cambiato la giornata, ma soprattutto l’umore. Ora la preoccupazione e l’ansia erano state sostituite da calma e tranquillità.
-Oh, grazie a Dio.- sussurrò poggiando il capo contro il muro e chiudendo gli occhi.
-Vedo che te ne preoccupi molto, ragazzo.- affermò allora l’uomo.
Kurt lo guardò e gli sorrise.
-Si, si molto.-

Pura verità. Tutto quello che voleva sentirsi dire quel giorno era che Blaine stava bene. E questo lo rincuorava e lo riempiva di gioia.

-Ma, insomma, siamo sicuri che sta bene ora?- chiese.
-Si, tranquillo.- rispose il medico.- Diciamo che è stato portato d’urgenza, e che poteva essere grave, dato le condizioni in cui si trova, ma è forte quel ragazzo. Penso che abbia qualcuno su cui contare.- e guardò Kurt.
Lui sorrise ricambiando lo sguardo.
-Dovevo esserci.- disse sostituendo il suo sorriso con un’espressione triste.
Il dottore lo guardò tristemente e gli accarezzò il capo dicendogli:
-Non si possono prevedere queste cose, Kurt. Ma ascolta, ho visto che ti sei affezionato a questo ragazzo, ho visto che vieni qui ogni santo giorno varcando questo corridoio per poi dirigerti solo nella sua stanza; ho visto come gli stai vicino, come ti preoccupi per qualsiasi stupidaggine e cosa fai per lui.-
Kurt lo guardava con le lacrime agli occhi.
Ciò che stava dicendo era tutto vero. Ci teneva, e tanto. Quell’uomo aveva capito quanto ci si era affezionato e sentirglielo dire era la cosa più bella.
-Non hai colpe, ragazzo.- concluse.
-La ringrazio. Davvero.- rispose accorgendosi di una lacrima che faceva il suo corso scendendo dal suo viso.
Così salutò il dottore che si alzò e se ne andò e lo ringraziò di cuore.
Poi, ormai rimasto di nuovo solo, si mise una mano sul cuore:
“Spero che tu stia bene, Blaine, mio piccolo angelo riccioluto. Ma ti prego di una cosa…Ti prego,non lasciarmi. Ti prego, resta con me.”-




AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------------------------------------------


Heya, guys!!! Come stateeeee??? Io cercherò di sopravvivere ai vostri probabili attentati per quello che ho fatto al nostro povero Blaine :/             
*si inginocchia e fa gli occhioni a mo' di "gatto di Shrek"*
Bene, ora io cerco di chiedere pietà, voi intanto ditemi cosa ne pensateee!                   
Baciiiiiii                                                                                                                                   -SkyFullOfStars_

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Capitolo 15
*** Helping Someone ***


15. Helping Someone


 
 
 
 
-Kurt!- si sentì chiamare dall’alto.
Il ragazzo era ancora seduto sul pavimento dell’ospedale, anzi, si era adagiato proprio con la testa sul bordo di una sedia e con il resto del corpo poggiato a terra.
Posizione scomodissima, da non provare.

Il biondino aprì gli occhi non appena udì il suo nome. Spalancò le palpebre e si accorse che era all’ospedale e che ai suoi piedi c’era la faccia preoccupata di un uomo che conosceva bene.
Così il ragazzo si alzò facendosi forza contro il muro: aveva la testa pesante, almeno così la sentiva. Braccia e gambe erano indolenzite e il collo gli faceva male da morire appena osava a muoverlo.
“Da quant’è che sono qui?”- si chiese toccandosi il capo e massaggiandolo leggermente.
-Che ci fai ancora qui?!- chiese l’uomo che gli era davanti.
Il padre di Blaine. Sicuramente era stato avvertito anche lui dell’operazione del figlio, ma magri senza che la chiamata cadesse all’improvviso.
-E-ehi! Come va? Sono qui per Blaine…ma che diavolo di ore sono?- chiese il biondo maneggiandosi ancora la testa.
-E’ quasi sera, ragazzo! Perché stavi dormendo per terra, tra due sedie in una posizione scomoda a quanto pare?!- domandò ancora Carl indicandogli il capo.
-Oh, beh, quasi sera?! Oh mio Dio, ma come ho fatto? E i miei capelli?! Come stanno?! Spiegati?! All’insù?! Oh, non sono presentabile così!- esclamò Kurt all’improvviso, cominciando a gesticolare agitato tra un’aggiustata di capelli ed un’altra.
Carl si mise a ridere per la buffa preoccupazione del ragazzo per i capelli.
-Stai bene, calmati. Mio figlio non si sveglierà stasera, quindi puoi stare tranquillo che sei a posto e che non dovrai sistemarti per bene.- rispose l’uomo con un sorrisetto malizioso che fece alzare un sopracciglio a Kurt.
“Perché dovrei sistemarmi per bene? Che intende?”- pensò curioso Kurt smettendo di tormentarsi i capelli.
-Ora andiamo, i medici mi hanno appena detto che l’hanno riportato nella sua stanza.- affermò mentre gli faceva cenno di dirigersi verso quella stanzetta.
-A proposito- riattaccò mentre Kurt si avvicinava al suo fianco cominciando a camminare.
-Ma come hai saputo dell’operazione? A me hanno chiamato a lavoro…E mi hanno fatto salire subito al reparto rianimazione, ma non mi hanno fatto entrare. Ti giuro Kurt, stavo morendo.-

Quest’ultimo guardò il viso dell’uomo che cominciava a spegnersi e così decise subito di rispondere:
-Oh, anche a me hanno chiamato a lavoro, ma la telefonata si è interrotta e quindi sono subito corso fino a qui nel panico più totale. Poi sono entrato in quella stanza, ma non l’ho trovato e mi sono messo per terra a piangere. Nessuno sapeva darmi né indicazioni né spiegazioni di nessun genere, fino a che non è arrivato un medico che mi ha spiegato tutto. E poi devo essermi addormentato qui.- e detto questo si girò verso Carl che si era fermato e che lo guardava stupito e con un lieve sorriso.
-Aspetta, tu hai lasciato il lavoro di punto in bianco e sei corso qui per…per Blaine? Ed hai pianto?- gli chiese ancora con aria stupita.
Kurt fecce cenno di si, con aria un po’ preoccupata.
“Che significava quell’espressione adesso?!”- si domandò spaventato.
-Non so cosa dire, ragazzo. Tu sei forse la prima persona che tiene in questo modo a mio figlio. Dopo di me.- e gli fece l’occhiolino riprendendo a camminare.
Kurt sorrise dolcemente. Era da tempo che non mostrava un sorriso così: con le guance appena appena colorate di un rosa candido, simile a quello delle nuvole quando tramontano la sera…
Carl se ne accorse e sorrise.
-Beh, io ti ringrazio, ma non penso che suo figlio si “accorgi” di me. Insomma, non può innamorarsi per forza!- rispose con un velo di tristezza sul cuore.
-Oh, questo non lo metto in dubbio, caro, ma vedi, conosco i gusti di mio figlio, anche se non sono riferiti alle ragazze…Non è questa la cosa che mi preoccupa!- rispose l’uomo rassicurandolo.
-Tu sei davvero un bravo ragazzo, biondino. E se mio figlio non si accorge dei tuoi valori, beh, allora l’ho cresciuto male!- disse allargando le braccia in segno di rassegnazione.
Kurt sorrise appena.
“E se non fosse così? Se Blaine non si accorgesse veramente di lui? E se fosse arrabbiato per l’incidente?”- si domandò il ragazzo deprimendosi.
Il padre di Blaine se ne accorse e così gli diede una pacca sulla spalla facendolo balzare.
-Su, non scoraggiarti. Vedrai che farete subito amicizia.- e gli sorrise.
-Oh, lo spero. Ah ma, se posso chiedere, ha detto poco fa che non è il fatto che Blaine si innamori di me che ti preoccupa…allora, cos’è?- domandò curioso.
Carl esitò un po’ a dirlo, e sospirò profondamente.
“Sicuramente sarà una cosa seria.”- affermò tra sé e sé.
-Beh vedi,ti ho già detto della mattina dell’incidente, quando io e mio figlio avevamo litigato…-
E a questo Kurt si ricordò e fece cenno di si.
-Beh, ecco, la cosa che mi preoccupa è la reazione nel rivedermi quando Blaine si sveglierà! Sarà sicuramente furioso con me!- spiegò con espressione seria bloccandosi di nuovo.
Che strano. Carl era certo che il figlio si svegliasse e faceva anche progetti futuri su quell’argomento. Kurt ne era rincuorato, poiché ora era sicuro che non fosse l’unico a sperare in un eventuale risveglio del riccioluto.
Poi cercò di rispondere alla preoccupazione dell’uomo, dicendo:
-Ma no Carl, dopo l’incidente sicuramente non si ricorderà neanche della rabbia che ha provato e vi riappacificherete sicuramente! Vedi, quando succedono queste cose e c’è qualche inceppo di mezzo, di solito sono proprio quelle cose che succedono che mettono a posto tutto.- e gli sorrise cercando di dargli conforto.
-Lo spero, ragazzo. Lo spero tanto. Anche perché sono convinto che la causa dell’incidente possa essere io.- e a questo l’uomo si mise una mano davanti al viso per cercare di coprire le lacrime e i singhiozzi.
Kurt non seppe fare altro che abbracciarlo poiché sapeva cosa voleva dire sentirsi quel “peso” e quella colpa addosso.
-No, questo non devi neanche pensarlo. E’ solo colpa mia quello che è accaduto. Anzi, quello che gli è accaduto.- e a queste parole l’uomo lo respinse dolcemente, mostrando il viso rigato dalle lacrime che si erano fatte strada tra le rughe, per rispondergli:
-No, Kurt, è stato un incidente, niente più!- e a queste parole si riabbracciarono di nuovo, questa volta entrambi con gli occhi piangenti.
Passarono pochi secondi così, semplicemente abbracciati, accomunando i brutti pensieri e le spiacevoli emozioni che provavano da quando Blaine era stato costretto a stare su un lettino dopo una pessima giornata.
Da allora hanno avuto sempre qualcosa in comune, anche se c’erano state delle piccole complicazioni.
Ma ora erano lì, in lacrime, col cuore appeso ad un filo, e con la speranza sempre accesa per chi, nella stanza numero 14, ora, lottava per la vita.
 
 
-Ok, riprese Carl interrompendo l’abbraccio. Grazie Kurt. Grazie.-
-Grazie a lei.- rispose il biondino sorridendogli.
-Non ti avevo suggerito di darmi del tu?- e rise tirando fuori un fazzoletto bianco latte dalla tasca della sua giacca per poi porgerlo al ragazzo di fronte a lui, che assomigliava ad una piccola fontana di emozioni.
-Oh, giusto! Ahahah, grazie!- e sorrise ancora come non aveva fatto mai.
Ora nel cuore di Kurt pareva ci fosse un po’ di pace. Forse perché aveva scoperto che la sua specie di “rimorso” magari non era vera, o era condivisa da un’altra persona vicina a lui in questo momento.
O magari perché quel semplice abbraccio l’aveva tranquillizzato, facendogli intendere che qualcun altro provava le stesse sue paure e preoccupazioni.
Non lo sapeva bene, ma sapeva che ora si sentiva ancora più “libero”.
 
Nel frattempo che lui pensava, loro erano già arrivati alla fatidica stanza 14, anche se si erano fermati un paio di volte.
-Eccoci qua, entriamo.- propose l’uomo aprendo la porta chiusa davanti a sé.
Kurt fremeva dall’idea di poter rivedere il suo piccolo angelo ed il suo cuore partecipava all’eccitazione.
Il piccolo rumore scaturito dall’apertura della maniglia di quella stanza gli causò un breve brivido alla schiena come non succedeva, almeno da quanto gli sembrava, da un secolo.
La porta si aprì finalmente e lasciò lo spazio ad un lettino con una massa di ricci che incorniciavano il solito viso rilassato e con le palpebre serrate.
“Eccoti di nuovo qui, piccolo mio.”- pensò tra la gioia e la timidezza.
Carl si avvicinò a lui e gli baciò la fronte accarezzandola successivamente e sorridendogli.
-Non farci più scherzi del genere, figliolo!- scherzò.
Kurt sorrise a quella visione padre-figlio che gli suscitò una piccola lacrimuccia di gioia.
Mentre Carl gli fece cenno di sedersi sull’unica sedia che c’era in quella saletta, Kurt lo interruppe e gli disse di non preoccuparsi con un sorriso.
-Ahhhh, ti ho capito eh! Tu vuoi sederti sul letto per cominciare a farti certi pensieri eh!- e rise di gusto gustandosi l’espressione del ragazzo, piena di imbarazzo.
In effetti il viso di Kurt era diventando rosso e lui si limitava a sorridere imbarazzato, per via della sua battuta.
-Non ti preoccupare, non mi da fastidio se ti siedi, ma evita certi pensieri!- e rise ancora.
E Kurt arrossì ancora.
-Oh, non si preoccupi, voglio dire, non ti preoccupare:  non sono il tipo!- e rise anche lui.
“Mio Dio che imbarazzo! E che faccio allora, mi siedo? O rimango in piedi? Per l’amor del cielo Kurt, sembra che tu debba scegliere tra un capo di Armani e uno di Gucci!”- si sgridò mentalmente.
-Kurt- si sentì richiamare- sto scherzando, siediti.- e rivide il sorriso a trentadue denti dell’uomo.
Lui sorrise ed obbedì cercando di poggiarsi il più piano possibile sul lettino senza sfiorarlo per paura di fargli del male in qualche modo, ma non era facile agitato com’era.
“Ma perché tremo come una foglia? Diavolo, non sto mica dando un esame! Sto solo sedendomi su un lettino di un ospedale, con un…”- e non riuscì a trovare le parole per concludere ciò che stava dicendo.
“Mio Dio”- pensò- “è perfetto”-.
Il biondino dagli occhi chiari era praticamente rapito da quel ragazzo. E soprattutto dall’espressione.
Cavolo che effetto gli faceva solo guardarlo o addirittura pronunciare il suo nome!
Insomma, anche prima ne era estasiato, ma questa volta, guardandolo, aveva qualcosa di diverso: era molto più sereno e la pelle era un po’ più rosea. La sua espressione sembrava quasi felice e sorridente e Kurt poteva quasi vedere le palpebre che mostravano due occhi marroni. O verdi. O magari color miele.
Gli piaceva immaginare il colore dei suoi occhi, lo divertiva, e gli faceva anche sperare di vederli, un giorno.
Ora era lì, seduto precisamente accanto al suo braccio sinistro questa volta e si sentiva felice.
Così, senza preavviso, un altro brivido gli fece visita su tutta la schiena.
All’inizio non capì bene il perché: era immerso nei suoi instancabili pensieri e quella sensazione l’aveva fatto di nuovo ritornare sulla terra.
Ma da cosa era provocato?
Il volto di Kurt si girò verso la sua destra e non vide più Carl seduto. Così lo cercò nella stanza e se lo ritrovò alla sua sinistra mentre gli sorrideva e mentre pigiava la sua mano destra contro quella di Blaine.
Eccone il motivo.
Lui non seppe che dire, ma il suo colorato rossiccio sulle guance parlava da solo.
“Oh mio Dio, ma che fa? Mi ha colto di sorpresa, pensieroso com’ero…Oddio Blaine, se solo potessi stringerla questa mano che tengo nella mia…”- pensò cominciando a risentire le lacrime salirgli agli occhi.
Carl intanto era lì,sorridente, con gli occhi lucidi e con le mani che contenevano quelle dei due ragazzi: uno immobile e uno piangente.

Era un gesto che gli era venuto istintivo e quindi, mentre Kurt era immerso nei suoi pensieri lui gli era andato vicino e aveva sentito il bisogno di far sentire al biondo che Blaine era con loro, che era ancora vivo.
Aveva immaginato la reazione di Kurt e ne era contento. E lo dimostrava piangendo di felicità.
Kurt non riusciva a trattenere quello che stava rivenendo fuori: la sola morbidezza della mano del riccioluto lo faceva commuovere di gioia. Il suo tocco era come magico, capace di far sparire qualsiasi preoccupazione per un momento, ed era anche rassicurante. Finalmente quel contatto era di nuovo suo e nessuno poteva rubarglielo o rompere quel momento straordinario.
Ad un certo punto il biondino, mentre piangeva in silenzio insieme a Carl, si rese conto che le loro mani erano rimaste da sole, non più tenute insieme da quelle appena rugose del Signor Anderson.
Così Kurt guardò l’uomo in attesa di una spiegazione di quel gesto. Come mai era venuto lì accanto a lui per tenere insieme le loro mani?
-Mi è venuto spontaneo. Io farò così, Kurt: vi terrò vicini quando qualcuno o qualcosa vi allontanerà .- e sorrise ancora con qualche lacrima che correva lungo le guance rosee.
-Grazie. Ma non possiamo essere sicuri che ricambi.- e deglutì facendo scendere una lacrima fino al collo.
-Ragazzo mio,…-
-E lo rispetterò se succederà così. Non l’obbligherò.- lo interruppe dirigendo poi di nuovo lo sguardo verso il bellissimo viso di Blaine.
La sua mano era ancora sulla sua, ma lui sentì il bisogno di poggiarsele su una coscia e di riempire gli spazi tra le dita della mano del riccio con le sue, per poi stringere forte.
Il biondino poi strinse gli occhi: era come se desiderasse che n quel preciso istante la mano di Blaine ricambiasse la stretta. Lo desiderò duramente.
“Avanti, coraggio Blaine, coraggio svegliati.”- e passò una manciata di secondi.
Ma non fu così. E Kurt sentì scorrere giù da una guancia un’altra lacrima salata a cui, ormai, era abituato.
Riaprì gli occhi e lo guardò tristemente.

Carl intanto si godeva la dolcezza di quella scena e di quel meraviglioso ragazzo, che vedeva perfetto per suo figlio. Aveva capito cosa stesse facendo mentre gli stringeva la mano e serrava gli occhi. Lo vide preoccupato e di nuovo triste e si limitò a dirgli:
-Lo farà. Forse non ora, ma lo farà.- e sorrise di nuovo a due occhi lucidi e cristallini pieni di speranza che lo guardavano.



AnGoLo DeLl'AuTrIcE----------------------------------------------------------------

 

Hola fanfictionerssss! Allora, ecco un altro capitolo strappalacrime (spero) appena appena caricato :)
Che ne dite del rapporto che si sta creando tra Carl ed il nostro dolce Kurt??                       
Ditemi cosa ne pensate lasciando un commento :D
Grazie ragazzi, soprattutto a quelli che stanno seguendo la mia fanfiction!

Vi adorooooooo <3            BACI8                                                     -SkyFullOfStars_

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Capitolo 16
*** Bad/Good Day ***


16. Bad/Good Day




 
 
 
 
Già un mese e mezzo dall’incidente.

E un giorno dall’operazione di Blaine.
Kurt stava guidando per andare al lavoro con la radio accesa ed intanto ripensava intensamente al giorno dell’incidente. Il tempo inoltre non era molto piacevole, visto che il cielo era di un grigio spaventoso ed incominciava a scendere qualche gocciolina di pioggia.
Aveva preso l’auto di suo padre per andare a lavoro, come faceva tutte le mattine.
Insomma, guidare lo preoccupava parecchio da quando aveva mandato un ragazzo in coma, ma doveva farlo comunque per raggiungere il posto di lavoro e, quindi, era stato costretto a mettere da parte al paura di guidare ed andare avanti ogni mattina.
In realtà era preoccupatissimo a come avrebbe reagito il suo capo dopo aver saputo che ieri aveva lasciato il lavoro di punto in bianco e si era diretto all’ospedale, senza avvertirlo. E’ vero che aveva avvisato un suo collega…Ma come l’avrebbe presa il Sig. Cortes? Si, è cosi che si chiama.
Kurt diede un’occhiata all’orologio da polso che aveva e fece un sospiro: era presto ancora.
Così continuò per la sua strada e decise di riprendere a pensare ai fatti suoi e non allo stressante lavoro che doveva affrontare tra non più di quaranta minuti decidendo di mettere la musica. La sua musica.
Ne aveva proprio bisogno quella mattina: si era svegliato (come si dice) con la luna storta; sentiva che qualcosa non andava ed aveva una brutta sensazione allo stomaco.

“Sarà stato il cappuccino di stamattina. Forse il latte era scaduto. Oddio, no.”- suppose allarmato.
Ma forse non era neanche una questione di cibo…Forse qualcosa stava per succedere…o forse era solo un’impressione. Infatti Kurt non era un tipo sensitivo e quindi a queste cose non credeva molto, ma una sensazione è una sensazione.
Ma ecco lì che tra i suoi tanti pensieri la mente del ragazzo decise di esaminare meglio quello che aveva fatto tempo fa in cui c’era sua madre. Ancora non aveva ben capito che legame ci fosse tra “sei mesi” e “felicità”…Strano. Troppo strano.
Ci aveva passato notti intere a pensarci e a rimuginarci sopra in continuazione, ma proprio non ne intendeva il significato. Comunque, la curiosità si sarebbe dissolta dopo quattro mesi e mezzo.
Attendere era l’unica soluzione certa per scoprire di cosa si trattasse.
I suoi ragionamenti, i suoi soliti dubbi ed i suoi mille pensieri furono interrotti a un grande tonfo che sentì provenire dalla sua auto, facendola sobbalzare dal lato del guidatore.
Per poco non sbandò, ma riuscì comunque a tenere l’auto sottocontrollo, anche grazie alla velocità non eccessiva a cui guidava.
Kurt inarcò un sopracciglio, chiedendosi  cosa diavolo fosse successo. Era ancora un po’ lontano dal lavoro, ma stava imboccando una strada piuttosto trafficata quando decise di togliersi il dubbio di quel tonfo accostando in una rientranza della strada alla sua destra.
Così scese dall’auto e chiuse lo sportello che fece un gran rumore.
Diede una leggera occhiata al veicolo girandogli intorno con aria sospetta. Poi concluse il giro ritornando al posto del guidatore e lì si accorse del guaio.
“Oddio no, ti prego, no.”- pensò quasi pregando che i suoi occhi stessero immaginando tutto.
Il ragazzo aveva le mani tra i capelli e il suo sguardo continuava a fissare la parte bassa di quel lato della macchina.
Ruota bucata. Un classico.
-Non ci posso credere! Me lo sentivo! Immaginavo che succedesse qualcosa del genere oggi!- gridò quasi isterico per la rabbia.
Si abbassò verso la ruota per esaminare le condizioni in cui era quella maledetta gomma e dopo pochi secondi scosse la testa poggiandosi una mano sul viso per disperazione.

-Ora tu mi spieghi come ci arrivo io a lavoro senza ruota di scorta- ed incrociò le braccia a mò di sfida aspettando una risposta.
Ovviamente una risposta non ci fu, dato che stava parlando con una gomma di una ruota.
-Perché ora parlo anche con le gomme?!- si chiese rendendosi conto a chi si era appena riferito.

Sbuffò pesantemente e poi decise di agire: guardare nel bagagliaio e vedere se c’è una ruota di scorta.
Così andò nel retro dell’auto ed aprì lo sportello: niente ruota.
“Com’è possibile? Anche nei film hanno una ruota di scorta sempre dietro all’auto… perché non nella realtà?!”- pensò Kurt furioso.
-Perché ho un padre meccanico a cui è venuta la geniale idea di non mettere una ruota di scorta nel bagagliaio?!- esclamò ormai isterico alzando le braccia al cielo.
E richiuse violentemente lo sportello.
Perché proprio quella mattina? Allora era un sensitivo. C’era qualcosa dentro di lui infatti che gli diceva che quel giorno sarebbe stato un pessimo giorno, uno di quelli in cui ti succede di tutto.
Intanto, come se non bastasse, cominciò a piovere.
Il biondino fissò per un attimo il terreno sotto di lui accorgendosi delle piccole gocce che si poggiavano sempre di più sulle sue scarpe.
“Perché proprio ora?!”- si gridò mentalmente.
Così corse fino al suo sportello e, prendendo la maniglia, fece il gesto di aprire.
Ma lo sportello faceva resistenza.
Allora lui si sfilò il giacchetto che aveva addosso e lo mise sopra alla sua testa, come copertura per la pioggia.
Riprovò ripetutamente ad aprire la portiera.
Oh, andiamo, avanti apriti!- pregò il ragazzo tirando con più forza. –Ma che c’è che non va?- si chiese infine.
Improvvisamente la sua espressione cambiò di male in peggio e si ricordò di quello che succedeva all’auto di suo padre se la si chiudeva come aveva fatto lui.
-Oddio no…la chiusura automatica no!- piagnucolò coprendosi il viso con entrambe le mani.
-Ma vogliamo scherzare?!- esclamò incredulo della sua dimenticanza, continuando a provare ad aprire invano la portiera del guidatore.
Si affacciò al finestrino aiutandosi con le mani ai lati del suo viso per vedere meglio: eccole lì, infilate nel buco della serratura, le chiavi.
Così per la rabbia gli venne istintivo mollare un calcio allo sportello, procurandosi così un forte dolore alla caviglia.
-Ma porc… Dio che male!- esclamò reggendosi il piede con le mani per il dolore e cercando di strare in equilibrio sull’altra gamba.
Intanto intorno a lui pioveva sempre più forte ed ormai il suo giacchetto che gli stava facendo da “ombrello” era completamente sudicio.

Ma non finì lì.

Non appena si girò per appoggiarsi con la schiena sull’auto, una macchina gli scattò vicino a grande velocità e, passando per una grossa pozzanghera, lo bagnò da capo a piedi.
Dopo una specie di urlo che fece, rimase immobile, permettendo alle goccioline d’acqua di penetrare fino dentro i suoi pantaloni e nella maglietta.
Era ad occhi chiusi e con la bocca semiaperta e, se qualcuno sarebbe passato di lì a piedi, l’avrebbe scambiato per un poveraccio con tutta quella poltiglia di terra, acqua e piccolissimi sassolini che si ritrovava impregnata sui suoi vestiti.
-Oh mio Dio. Questo è troppo. Chi è che ce l’ha con me?!- esclamò verso il cielo, come se si riferisse a qualcuno in particolare.
-Ok, calma Kurt, ora chiami tuo padre e lui penserà alla macchina; tu intanto andrai a casa non so come e ti sistemerai e…addio lavoro di nuovo.- e a questo pensiero rabbrividì nel solo pensare al suo capo ed al richiamo che gli avrebbe fatto il Signor Cortes.
Così, per quanto importante fosse, decise di non pensarci almeno per ora.
Ora, il problema era trovare il telefono.
E qui il ragazzo diventò pallido.
-Non mi dire che l’ho lasciato lì dentro…- sperò osservando l’automobile tempestata dalla pioggia.
-Beh, almeno una cosa positiva c’è: con questa pioggia che c’è mi ripulirò un po’ dalla schifezza appiccicaticcia che sento colare addosso.- disse, cercando di scovare qualche lato positivo in quello che gli era successo quella mattina.
 In effetti non era facile: l’auto con le chiavi dentro, con una ruota bucata, senza una di scorta e lui mezzo infangato. Altro? Chi lo sapeva.
Il ragazzo, dopo aver fatto questo ragionamento cominciò a cercare il telefono, pregando che non fosse anche questo in macchina come le chiavi.
Cominciò a rovistare nelle varie tasche che aveva nei pantaloni e nel giacchetto.
“E se fosse nei pantaloni e si fosse bagnato?!”- si chiese impaurito il biondo.
Ma la sua paura passò quando tastò un oggetto squadrato in una delle tasche interne del giacchetto, miracolosamente non bagnate.
-Oh, grazie al cielo!- sospirò puntandoci gli occhi.
Beh, non era dei migliori, ma almeno gli aveva concesso di trovare il suo amato cellulare.
Così, coprendosi ancora con il giacchetto zuppo fuori, ma asciutto dentro, pigiò su rubrica e cercò il numero di suo padre facendo scorrere il dito tra gli altri recapiti.
“Eccolo”- pensò sollevato.
Si portò quell’aggeggio all’orecchio ed aspettò per vari secondi una risposta.
-Pronto, Kurt, che succede?- si sentì domandare da una voce dolce (ed anche piuttosto preoccupata) che poteva riconoscere in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento.
-Oh, papà, meno male che hai risposto! Non sai che disastro!- gli rispose lui con aria sollevata.
-E’ successo qualcosa a Blaine? Hai fatto un altro incidente? Stai be…-
-Papà stà tranquillo, rilassati: non ho fatto altri incidenti e Blaine sta bene.- affermò prima che Burt concludesse le sue domande da padre preoccupato.
-Oh, meno male. Allora qual è il problema?- chiese più sollevato dalle affermazioni del figlio.
-Ehm- esitò per un istante- vedi,…- e sbuffò.
-So che vorresti farmi a fettine, ma ho una ruota bucata, nessuna di scorta, le chiavi chiuse in macchina, io fuori sotto la pioggia, tutto fradicio grazie ad un cretino di un passante che mi ha fatto l’onore di bagnarmi con una pozzanghera e sto letteralmente sclerando.- disse tutto d’un fiato Kurt.
E detto questo non sentì più nessun suono dall’altro capo del telefono.
Così temette che fosse caduta la linea, come gli era successo ieri e chiamò ripetutamente Burt, per capire che era ancora in linea o no.
Una forte risata lo fece saltare e gli fece poggiare una mano sul cuore, che batteva forte per l’improvviso rumore.
-Ok, non è divertente.- affermò con aria seria a suo padre che intanto stava morendo dalle risate.
-Oh, ahahah, si scusami figliolo, ahahahah, ma devi capire che sotto la pioggia, tutto bagnato, con aria isterica non ti ci vedo proprio ahahah!- spiegò tra una risata e l’altra Burt.
-Si, grazie, ma non è ancora divertente papà.- rispose il figlio scuotendo il capo per l’umorismo di suo padre.
-Ora,- continuò- mi dai una mano con l’auto o preferisci stare lì a ridertela di gusto?- chiese ironicamente.
-Ehm si, credo che starò qui a morire dalle risate…-
-Papà!- lo richiamò Kurt sgridandolo.-Scherzavo! Ora arrivo con un carro attrezzi e la faccio portare via, visto che un genio ha avuto la brillante idea di lasciare le chiavi al suo interno!- disse con sarcasmo Burt.
-Ah, ah, ah molto divertente, papà.- gli rispose scuotendo ancora la testa.
-Ma io come faccio a ritornare a casa? Devo andarci a piedi? E’ lontano!- spiegò Kurt allarmato.
-Chiama un taxi!- consigliò Burt.
-…giusto, non ci avevo pensato….Ok, allora chiamo un taxi e vado a casa, tanto ormai è tardi per il lavoro.- dedusse dando un’occhiata fugace all’orologio mezzo bagnato.
-Ok, ma mi raccomando…fa che il tassista non faccia come te se gli si bucasse una ruota.- scherzò l’uomo ridacchiando ancora.
-Si, grazie dell’ottimo consiglio papà!- gli rispose stando al gioco ed infine lo salutò.
Finita la telefonata, cominciò a guardarsi intorno per vedere se adocchiava un taxi con cui andare a casa.
Niente.
“Un classico: quando non li cerchi dove ti giri ce n’è uno; quando li cerchi neanche uno in circolazione”- si disse sconfortato tra sé e sé.
“Pazienza”- e riprese il suo cellulare per digitare il numero di un taxi.
Dopo parecchi squilli una vocina rispose.
“Si, salve. Senta vorrei prenotare un taxi per favore.- chiese gentilmente, attendendo la risposta della vocina.
Improvvisamente inarcò un sopracciglio e spalancò gli occhi esclamando:
-Come?! Mi prende in giro? E come ci torno a casa se è sciopero!-
Sbuffò.
-Si, va bene, grazie, arrivederci.- ed attaccò in preda alla furia.
-Come ci torno a casa adesso?! Qualcuno che mi da una mano no, eh!- gridò isterico sbuffando e guardando il cielo, come se desiderasse un aiuto esattamente da lì.
 
-Io posso darti un passaggio se vuoi, le mani mi servono.- si sentì rispondere.
Kurt si spaventò: non era possibile che dal cielo gli fosse data una risposta e quindi alzò le sopracciglia per la sorpresa.
-Ehilà, terra chiama ragazzo infangato nel bel mezzo di una strada.- si sentì chiamare di nuovo, ma questa volta fece più attenzione e si rese conto che quella voce non proveniva dal cielo, bensì di fronte a lui.
-Come scusa?- chiese ad una macchina ferma accanto a lui con un ragazzo moro al suo interno che lo fissava con un sorriso a trentadue denti.
-Ho detto, che ti posso dare un passaggio se vuoi.- ripeté il moro aspettando una sua risposta.
Kurt non riusciva a capire chi fosse, da dove fosse spuntato e cosa voleva. Come poteva accettare un passaggio da un ragazzo che lo guardava come si guarda una torta di mele appena sfornata?!
-Ehm, scusami ma io non so neanche chi sei e da dove vieni…grazie ma no.- tagliò corto il biondo voltandosi verso la sua auto.
-Oh ma dai, non sono mica uno di quelli che rimorchia chiunque capiti! Lo faccio solo in periferia – e lo vide ridacchiare. A questo Kurt si girò verso di lui di scatto con aria furiosa.
-Ma come…Senti eh, ora è meglio che te ne vai altrimenti chiamo qualcuno e…-
-Chiami qualcuno? Con il telefono sotto la pioggia che stai tenendo da pochi minuti?- lo interruppe facendogli notare che era completamente fradicio.
Il biondino lo guardò e piagnucolò per il guaio appena fatto.
Udì ridacchiare il moretto e così alzò lo sguardo e lo guardò con aria malefica.
-Non darmi fastidio, per piacere vattene. Mi arrangerò.- cercò di concludere per mandarlo via.
Il ragazzo scosse la testa, vedendo Kurt che cercava di trovare una strada che lo riportasse a casa.
Era buffo veder correre Kurt avanti e indietro per cercare di trovare una soluzione. Infatti un ridacchiare si sentiva ogni volta che il biondino passava davanti la sua auto, fino a che Kurt non si arrese e sbuffò ancora.
-Avanti novellino, sali in macchina. Giuro che non mi approfitterò di te. Voglio solo essere gentile, tutto qui.- disse con aria piuttosto seria il ragazzo alla guida.
Kurt l’osservò ancora con le braccia incrociate, come per sfidarlo fino a che non parlò:
-E va bene, ma giuro che se fai qualcosa che non mi va bene mi fiondo giù dall’auto!-
-Agli ordini capo!- ridacchiò il moretto portandosi una mano sulla fronte, simulando un soldato.
Kurt lo fissò per qualche istante quando, alla fine, decise di salire.
Montò sul sedile e richiuse la portiera.

-Alex.- udì.

-Come?- chiese ancora un po’ irritato dal suo comportamento.
-Alex. Sai, la gente ha dei nomi ed io ti sto riferendo il mio.- scherzò guardandolo.
Occhi chiari, capelli scuri corti ma lisci e sistemati con una cresta morbida, abbastanza muscoloso con un sorriso enorme. Ecco chi aveva davanti a sé.
-Per il mio dovrai aspettare ancora un po’, ma è molto probabile che non lo saprai mai.- gli riferì mostrando un sorrisetto soddisfatto.
-Forse, ma chissà…La gente cambia idea in continuazione.- e lo guardò sorridendo.
Kurt non lo guardò e sbuffò indicandogli di partire immediatamente.




AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------------------------------------------------


Have populum Romanum (non so neanche se sia giusto :P) :D Questa volta sono stata veloce a pubblicare, visto? Credo di voler fare un capitolo a settimana! Farò del mio meglio, ma non biasimatemi se non riesco ad essere molto puntuale *fa gli occhioni*.

Comunque, apparte questi dettagli tecnici, fatemi sapere se l'entrata in scena di questo "Alex" vi gusta :)


See u guyssss <3                                                                     -SkyFullOfStars_

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Capitolo 17
*** Hurry Up! ***


Ragazzi, ciao a tutti! Prima che leggiate questo capitolo vorrei fare un tributo a Cory Monteith, che è venuto a mancare pochi giorni fa...Sarà sempre il nostro angelo volato in cielo e ci proteggerà! Questa bruttissima notizia ha colpito molto il Glee-fandom, ma non solo...Questo è la prova che quel ragazzo era amato da tutti e non solo dai suoi fan!
Coraggio ragazzi, siamo una famiglia e ce la faremo <3
Ora vi lascio al capitolo....                                                
Ci vediamo giù
.

#RipCory #StayStrongLea #PrayForLea #StayStrongGleeks  <3





17. Hurry Up!

 
 







 
-Allora, invitiamo tutti i passeggeri ad allacciare la cintura per l’imminente decollo!- esclamò ironicamente Alex mettendosi la cintura, gesticolando ed immaginando di avere un microfono, quelli delle hostess per comunicare con i passeggeri di un aereo.
Kurt più lo guardava e più era convinto di essere salito sulla macchina di un pazzo.
-Tu non hai molto senso dell’umorismo, vero “sconosciuto”?- chiese il moro ridacchiando, accorgendosi dell’atteggiamento restio del biondo.
Kurt gli diede un occhiataccia fino a farlo smettere di ridere. Allora rispose:
-Non con chi non conosco.- ed incrociò le braccia voltando il viso dalla parte opposta del guidatore.
L’altro ragazzo fece una smorfia divertita ed accese l’auto.
-Almeno ti va’ un po’ di musica, bello?- domandò picchiettandogli sulla spalla in attesa di una risposta.
“Come scusa? “Bello”?!”-ripeté Kurt dentro di sé. Poi si voltò e decise di rispondergli…Non voleva proprio che cominciasse a dargli troppa confidenza.
-Senti, non ti allargare, fai quello che vuoi: metti la musica, canta, balla! Io voglio solo andare a casa!- affermò gridandogli in faccia.
-Ok, amico, calma!- esclamò l’altro alzando le mani facendogli segno di calmarsi.
E così il biondo si rigirò infuriato ed Alex accese la radio, mise un cd e partì.
 
Avrebbe riconosciuto quella canzone anche con le orecchie attappate…
-It’s party in the U.S.A!- canticchiava intanto l’autista.
“In fondo non è poi così male se ascolta questo genere di canzoni.”- pensò Kurt accennando un sorrisetto e continuando ad osservare fuori il finestrino.
Alex ogni tanto lo osservava divertito, poiché riteneva buffo il suo modo di fare finta di niente e quello di incavolarsi…Gli piaceva stuzzicarlo.
-Ok, Monsieur, ora mi deve gentilmente riferire dove abita, altrimenti sarò costretto a lasciarla qui per strada a prendere altra pioggia.- spiegò divertito il guidatore al ragazzo al suo fianco.
Kurt finalmente si girò verso di lui con aria meno irritata:
-Te lo spiegherò strada facendo. E comunque ora devi girare a destra e poi a sinistra ed ancora a sinistra.-
-Ricevuto, caro. Passo e chiudo.- e ridacchiò, rivolgendo lo sguardo sorridente a Kurt.
Quest’ultimo gli diede un’altra occhiata.
-…Lo so, scusami. E’ il mio modo di conoscere una persona e di prenderci confidenza. Mi dispiace se ti sono sembrato un po’ strafottente. - si scusò il bruno.
L’altro ragazzo a queste parole si sentì un po’ in colpa per aver tenuto il muso tutto il tempo. Insomma, se non fosse passato quest’Alex dalle sue parti, sarebbe ancora fuori sotto la pioggia, con una ruota sgonfia a dirne di tutti i colori pur di avere un aiuto. E lamentandosi di aver bagnato il suo giacchetto costoso e di marca.
-No, non scusarti. Anzi, scusami tu. Sono io che oggi sono parecchio irritabile. Ma non puoi immaginare cosa mi è capitato!-esclamò quasi divertito, ripensando agli sfortunati eventi di quella mattina.
-Ehm, oltre ad immaginare un sacco di persone che si fermano con la macchina e ridono di te, non riesco proprio a pensare a nient’altro!- scherzò Alex.
Stavolta Kurt si mise a ridere.
-Oh mio Dio! Tu ridi! Allora sei un ragazzo normale! Pensavo vivessi in un oscuro mondo di brutte occhiatacce ed arrabbiature!- rispose lui ironicamente continuando a guardare la strada nel guidare mentre ridacchiava.
-Si, sai, mangio anche. E se mi metti un gettone racconto anche delle barzellette!- scherzò il biondino di risposta.
Ora ridevano entrambi. Kurt si soffermò un istante sul sorriso del ragazzo che lo stava accompagnando a casa.
“Wow”- pensò estasiato-“ha proprio un bel sorriso.”- si disse.
Alex si accorse che due occhi azzurrini lo stavano studiando timidamente. Allora anche lui posò il suo sguardo sul ragazzo che lo fissava, riservando però un’occhiata anche alla strada.
Si fece un silenzio imbarazzante. Il cd ormai aveva smesso di riprodurre le poche canzoni che aveva e l’unico rumore che si sentiva era il ticchettio della pioggia sui vetri dell’auto, come se anche lei volesse entrare a far parte di quello che stava accadendoci dentro.
-Kurt.- ruppe il silenzio.
-Eh?- domandò Alex corrugando la fronte.
-Il mio nome. Sai, la gente ha dei nomi…- e a questo il brunetto sorrise, poiché, poco fa, l’aveva detto lui.
Posò un attimo lo sguardo sulla strada, accorgendosi di dover girare a sinistra secondo le informazioni dettagliate di Kurt, appena descritte.
Successivamente riguardò il biondino.
-Ehm, ok…Certo che sembri proprio un pulcino spelacchiato!- ridacchiò con gusto il nuovo conoscente di Kurt.
-Oh ma grazie eh!- rispose con ironia l’altro ragazzo.
Poi quest’ultimo riattaccò dispiaciuto:
-A proposito, non mi sono neanche accorto che ti sto facendo un lavaggio dei sedili, conciato come sono! Mi dispiace!-
-Oh, non ti preoccupare…Almeno me li pulisci gratis! E poi non sei conciato tanto male…- spiegò l’autista del veicolo, evitando il suo sguardo.
-Cos’è un complimento? Non ti fare illusioni, eh!- lo minacciò con un dito Kurt sorridendo scherzosamente.
Ed Alex alzò le spalle ridacchiando.
Poi Kurt, osservando la strada, si rese conto che c’era qualcosa che non andava.
-Ehm, scusami, ma dove hai girato prima?- chiese sospettoso al ragazzo vicino a lui.
-Una volta a destra, una a sinistra e l’altra a destra!- spiegò Alex con aria sicura.
Il biondino si portò una mano sulla faccia in segno di disapprovazione.
-Non dirmi che era a…a sinistra.- si insospettì il bruno. E quando vide il capo di Kurt fare cenno di sì, si maledì per aver sbagliato strada. Così accostò.
-Oh, Kurt, mi dispiace! Ti giuro che non l’ho fatto apposta!- si scusò.
-No, tranquillo, non fa niente. Questa è la ciliegina sulla torta per oggi!- esclamò ridendo ed alzando le mani.
-Ahahahah! Ora però dobbiamo cercare di ritornare indietro e di…aspetta.- si bloccò Alex, assumendo un'aria seria.
Kurt lo guardò spaventandosi dell'espressione che aveva in volto e poi gli chiese preoccupato:
-Che c’è che non va adesso? Dimmi, tanto oramai non  mi meraviglio più di niente.- disse il biondino sorridendo.
Alex lo guardò ma questa volta non rise.
-Dimmi per favore che ore sono.- disse serio.
Kurt si affrettò ad afferrare il suo cellulare, lo sbloccò e lesse l’ora:
-Sono le dieci e un quart…Già le dieci e un quarto?!- esclamò sorpreso.
-Le dieci e un quarto?!- ripetè Alex allarmato.
-Cosa?- domandò Kurt.
-Cosa?- gli fece eco l’altro ragazzo con aria preoccupata.
-Perché fai quella faccia?- chiese il biondo notando la sua espressione turbata.
-Cavolo!- e diede un pugno sul volante che rimbalzò di poco. -Il provino!
E Kurt lo guardò aggrottando le sopracciglia e storcendo la testa di lato.
-Provino?- ribadì il ragazzo dagli occhi azzurrini, contemplandolo curiosamente.
Intanto Alex urtava nervosamente la testa contro il poggiatesta del suo sedile.
-Stamattina, verso le dieci, avevo un provino al centro della città!- spiegò collerico il ragazzo a fianco a lui.
-Oh- mormorò l’apprendista dispiaciuto. –Ma, non puoi andare adesso? Conosco una strada che potrebbe portartici in meno di cinque minuti!- si vantò Kurt cercando di rimediare, proponendogli una soluzione.
Alex non rispose e si limitò a scuotere il capo in segno di rassegnazione.
-Andiamo, Alex, sono solo quindici minuti di ritardo! Le grandi celebrità si fanno sempre aspettare!- spiegò Kurt anche con l’intento di tirarlo su.
Lui lo guardò e sorrise appena.
-Non ce la faremo m…-
-Ah! Non dire quella parola!- lo interruppe intimidendolo con un dito.
-Ma Kurt, ormai non mi permetteranno di fare un provino se sono in ritardo!- disse Alex ritenendolo quasi un pazzo.
-Questo lo vedremo!- gli rispose.
-Ok, scendi dalla macchina.- gli disse poi Kurt indicando lo sportello del guidatore.
Alex corrugò le sopracciglia a quella richiesta.
-Che hai intenzione di fare, Kurt?- gli domandò curioso ed un po’ spaventato allo stesso tempo.
-Oh andiamo, dov’è finito il tuo senso dell’avventura?!- scherzò.
-Senso dell’avventura? Ma che…?-
-Taci e scendi dall’auto.- gli ordinò di nuovo.
E così Alex gli ubbidì senza fare più domande, ma continuando a chiedersi, tra sé e sé, cosa diavolo avesse in mente il suo nuovo conoscente.
Questo gli fece scambiare i post, mettendosi così alla guida.
Si sistemò per un po’, cercando la posizione più adatta per guidare, e poi mise in moto.
-Io vorrei sapere…-provò il ragazzo.
-Shhh- lo azzittì Kurt chiedendo invece indicazioni sul luogo del provino.
-Cioè,tu vorresti arrivarci comunque?- gli domandò il moro alzando un sopracciglio.
-Almeno ci proviamo.- gli rispose Kurt mentre partiva.
Il ragazzo dai capelli scuri scosse la testa, convinto che fosse tutto inutile.
Ormai era in ritardo.
Il percorso fu il più movimentato (ed anche il più corto) che Alex avesse mai visto.
-Mio Dio, io non ci verrò più in macchina con te!- esclamò quando Kurt finalmente parcheggiò.
-E chi ti dice che riverrai in macchina con me?- gli rispose dandogli un’occhiata strana.
Alex lo guardò alzando le spalle e sorridendo.
Kurt ricambiò lo sguardo e poi lo rivolse allo schermo del suo cellulare, che segnava precisamente le dieci e diciotto. Lo fece scendere frettolosamente dalla macchina e cominciò a fargli parecchie domande:
-Ah, almeno ha smesso di piovere! Su, su…dov’è che si trova precisamente?!- chiese allarmato il biondo con anche un po’ di fiatone, come se avesse corso per chilometri e chilometri.
-Santo Cielo…sei sexy quando sei agitato…- mormorò l’altro accorgendosi della sua strana inquietudine.
“Sexy?”- si ripetè Kurt in mente non sapendo cosa rispondergli.
Così cercò di sorvolare quella frase e cercò di capire l’esatto luogo del provino.
-Ehm, senti, io lo sto facendo per te…Quindi, ora mi porti sul luogo dove avvengono questi provini!- lo sgridò con un ditò.
-Grazie.- si limitò a dire guardandolo.
Kurt arrossì. Non capiva bene la natura ed il motivo di quell’arrossamento, ma poco gli importava.
Insomma, era una cosa da nulla.
Vero?
Alex prima ridacchiò divertito dalla sua reazione, ma poi, trascinandolo in un modo del tutto innaturale ed anche un po’ buffo, lo portò correndo al provino.
 
 


Si fermarono un attimo davanti ad un cancelletto di un edificio abbastanza piccolo ed avevano entrambi il fiatone per la troppa corsa.
-Allora, ora tu entra, fai il provino ed io ti aspetto qui.- cercò di dire Kurt tra un respiro affannato e l’altro.
-Ok, ma posso chiederti perché lo fai? Insomma, eri più agitato di me e sembrava che avessi preso questa cosa a…a cuore.- disse guardandolo ed aspettando una sua risposta.
-Vedi, io una volta ho perso un provino e ci sono rimasto male per giorni e giorni. E’ comunque un’occasione e bisogna provarla! Se tu ora stessi ancora a piagnucolare dentro la tua macchina e non saresti qui, avresti perso una grande opportunità e non avresti mai saputo se ti avrebbero preso o no.- spiegò Kurt sorridendogli.

Sapeva cosa voleva dire perdere una cosa del genere e non voleva che ci rimanesse male anche lui. E poi doveva ripagarlo per essere stato gentile nell’aiutarlo!
Alex annuì e gli mise una mano su una spalla in segno di riconoscenza. Poi gli sorrise ed entrò nell’edificio.



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Passarono circa due quarti d’ora, fino a che Kurt non vide il bel viso del suo nuovo amico fare capolino dall’entrata di quell’edificio.
Sguardo spento che non diceva niente di buono.
Lo osservò camminare verso di lui con aria afflitta.
Lì allora lui gli andò incontro, capendo che qualcosa era andato storto.
Lo raggiunse e gli si fermò davanti:
-Ehi, allora?- chiese nervoso.
Alex gli rivolse uno sguardo…Parlava da solo.
Kurt sbuffò.
-Beh,- disse mettendogli una mano sulla spalla per incoraggiarlo – la vita non finisce qui, insomma, ci hai provato! Capisco che ci sei rimasto male, ma ne farai altri! Voglio dire, ci sono un sacco di persone che organizzano provini qui a New York…-
-Mi hanno chiesto un secondo provino.- si sentì rispondere all’improvviso.
-Ecco infatti! Ti aiuterò a cercarne un al…Aspetta, come?- si bloccò riflettendo su quello che il moretto aveva appena affermato.
Il suo viso era abbellito, ora, da un sorrisone a trentadue denti e da due occhi che esprimevano pura gioia.
-Un altro provino!- e, dopo aver esclamato questo a squarciagola, Alex balzò addosso a Kurt, coinvolgendolo in un forte abbraccio, dovuto all’euforia del momento.
Kurt era imbarazzato, ma oltre a questo, non riusciva quasi a respirare a causa della possente stretta del bruno. Un po’ era per la contentezza, sicuramente, ma un po’ era anche per il fisico che aveva quel ragazzo.
Mentre lo abbracciava,  Alex saltellava impazzito e continuava a ripetere:
-Mi hanno chiesto un secondo provino! Un secondo provino! Un altro!-

Parecchie persone si girarono verso di loro: era buffo vedere uno che sprizzava gioia da tutti i pori e l’altro che cercava di sopravvivere alla “morsa quasi letale” del brunetto.
-Ehm…ok, ma ora mi stai strozzando…Alex, alex?!- e lo picchiettava sulla schiena per cercare di fargli capire che ne aveva abbastanza di quell’abbraccio.
-Oh, scusami Kurt, ma non sto nella pelle!- spiegò il ragazzo staccandosi da lui e lasciandogli aria.
-Si vede!- affermò il biondino massaggiandosi il collo.
-Tutto grazie al mio bel casuale passeggero di oggi!- esclamò mettendogli una mano tra i capelli e scompigliandoglieli.
Kurt gli prese quasi una crisi isterica per quel gesto ma, questa volta, si trattenne, anche se duramente.
-Davvero grazie, Kurt. Devo ripagarti in qualche modo! Ma non ti fare strane idee, eh! – ridacchiò divertito Alex mostrando ancora il suo enorme sorriso.
-Cosa?!- esclamò Kurt alzando istintivamente un sopracciglio.
-Niente, te lo spiegherò quando sarai più grande!- scherzò ancora gustandosi l’espressione senza parole di Kurt e prendendolo per una spalla per accompagnarlo di nuovo alla sua macchina.

 

















AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------------------


Rieccoci! Vi faccio le solite domande eh: Che ne pensate? Vi sta simpatico Alex? Potrò saperlo solo se commentate u.u
Volevo farvi notare che sto rispettando la data della pubblicazione dei capitoli come una brava bimba u.u *si inchina*
Cavolate a parte,spero (come sempre) che vi sia piaciuto e che continuerete a seguirmiii!
Vorrei anche ringraziare le mie amiche che mi seguono sempre e che poi mi sclerano davanti se mi azardo a fare qualcosa di brutto ahahah!
Love u girls :3

See you miei cari fanfictionerssss C:

La vostra carissima (Spero! E posate i coltelli che vi vedo u.u :P)          ----------------->                                   -SkyFullOfStars_(#RipCory)

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Capitolo 18
*** A Date or Not? ***


18. A Date or Not?
 
 
 




 
 
-Mio Dio, ancora non ci credo!- gridava euforico Alex mentre raggiungeva di nuovo la sua auto, accompagnato da Kurt. Quest’ultimo faceva delle smorfie, pensando che stesse esagerando con l’euforia e intanto ridacchiava.
Salirono in macchina, misero le cinture e, prima di mettere in moto, Alex voltò il viso verso Kurt sorridendo:
-Allora, per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me, voglio portarti fuori a mangiare, così ci conosciamo anche meglio!- e sorrise mentre accendeva la radio per mettere su della musica.
Era praticamente al settimo cielo e non poteva che ringraziare il suo nuovo amico per questo.
Il biondo se lo guardò per un attimo, alzando un sopracciglio, e poi rispose:

-Oh, no, non devi! E non devi neanche ringraziarmi per la corsa che ti ho fatto fare!-
-No, io invece ti ringrazio e ti riferisco che l’andare fuori a pranzare non era una proposta, bensì un obbligo, Kurt!- e detto questo lo guardò sorridendo, non dando tempo all’altro ragazzo di replicare per aver già acceso la macchina.
Il biondino tacque, sapendo che se avesse cercato di obiettare ancora, Alex non l’avrebbe finita più.
Però gli pareva che fosse stato gentile a chiedergli di uscire.
“Oddio. E’ vero, mi ha chiesto di uscire in un certo senso!”- pensò all’improvviso il ragazzo, allarmandosi.

“E che voleva dire? Una specie di appuntamento per caso?!”- continuò chiedendosi con aria preoccupata ed anche un tantino nervosa.
Poi scosse la testa, come per scacciare via quel pensiero.
“No, no, lo fa per ringraziarmi…L’ha anche detto!”- e si mise a guardare fuori dal finestrino, mentre udiva “Do You Remember (Sean Paul feat. Lil’Jon)” alla radio.
Il guidatore intanto si era accorto del gesto del capo eseguito da Kurt; e così, curioso, decise di domandargliene il motivo.
-Beh? Perché hai fatto no con la testa? Non mi dire che preferivi un ristorante di lusso, poiché io voglio portarti in una pizzeria!- e ridacchiò.
-Oh, no, è che stavo pensando.- rispose il passeggero ridendo e mostrando il viso appena imbarazzato.
-E poi odio i ristoranti di lusso,- continuò Kurt.
-Non si direbbe da come ti vesti: sei elegante e così attento ai particolari…Fai paura!- disse ridacchiando ancora Alex.
Kurt rise a sua volta e dentro di sé si disse divertito:
“Wow, non gli sfugge davvero niente!”-
-Ti ringrazio. Ma sai cos’è che non mi piace di quei ristoranti?- riattaccò il biondino volgendo lo sguardo verso il moretto, che intanto guidava con calma, ma risparmiava sempre una fugace occhiata per Kurt.
-Mmmm, sono curioso. Ti dispiace il fatto che ci siano pochi tipi come me, tesoro?- scherzò ridendo e gustandosi l’espressione tra lo sbalordimento e l’imbarazzo del tipo accanto a lui.

Alla fine Kurt riuscì a ridere, dopo mille tentativi di capire il senso di quella frase, anche se pensava di aver inteso bene.
Ora non gli dispiaceva più che lo chiamasse “tesoro” o cose del genere…Insomma, ora che lo conosceva "meglio", sapeva che scherzava ed ipotizzava che si comportasse così con tutti, visto la scioltezza con cui lo faceva.
-Non mi piace il fatto che ci siano troppe posate sul tavolo! Insomma, non dovrebbe dispiacermi, visto che sono un tipo a cui piacciono le buone maniere, ma alla fine non so mai quale posata usare per il primo, il secondo! Ma quella del dolce l’azzecco sempre: è la più piccola!- se ne uscì l’apprendista tutto d’un fiato e con questo suscitò una grossa risata al suo autista, così grande che temeva che restasse senza respiro.
-Mio Dio amico, succede anche a me! Vedi, siamo già riusciti a scoprire che abbiamo qualcosa in comune!- proseguì Alex, mentre rideva per il modo in cui raccontava le cose il suo amico.
Era buffo infatti: gesticolava in continuazione, rideva in modo strano, ma la cosa che lo divertiva maggiormente era la sua espressione quando gli diceva qualcosa di malizioso.

All’improvviso alzava un sopracciglio e lo guardava con aria interrogativa; altre volte rimaneva a bocca aperta con un’espressione da ebete; altre invece arrossiva semplicemente, e quest’ultima reazione gli piaceva un sacco.
Il colorito che compariva piano piano sulle sue guance bianco latte era delizioso: tutto il viso gli si illuminava, lui cercava di nascondere un dolce piccolo sorriso e si copriva gli zigomi, per paura che gli altri vedessero il suo rossore.
Ma al moro piaceva.
Quando diventava rosso, il volto sembrava più dolce e simile a quello di un bambino che aveva tra le mani il suo giocattolo preferito.
Mentre chiacchieravano, gli capitava di canticchiare la canzone che avevano come sottofondo e questa cosa fece scoprire a Kurt che Alex era terribilmente stonato.
Aveva già cantato quando lo stava accompagnando a casa, ma lui era così concentrato sulla sua rabbia ed angoscia per ciò che gli era capitato, che non ci aveva fatto caso.
Il moretto si rese conto che Kurt aveva una faccia strana, probabilmente dovuta ai brutti suoni che uscivano dalla sua bocca.

-Sono un asso, lo so! No scherzo, sono un disastro nel canto! Ma tranquillo, il provino che ho fatto e per il quale ti sei scapicollato, non prevedeva un esame canoro. Anche perché non penso mi avrebbero preso.- gli riferì ironicamente.
-Tranquillo, ho sentito di peggio!- lo rassicurò Kurt, sghignazzando e continuando a muovere la testa al ritmo di musica.
-Tu invece sei molto bravo! Hai fatto una scuola di canto o cosa?- chiese con curiosità Alex, mentre ogni tanto gli lanciava qualche occhiata interessata all’argomento.
Kurt sospirò profondamente. Era contento che gli avesse fatto quella domanda, ma allo stesso tempo gli riusciva difficile raccontargli che l’aveva imparato ad un corso al liceo, dove veniva pestato e ridicolizzato ogni giorno.
-Ehi, tutto ok? Ho fatto una domanda troppo privata? Mi dispiace. Insomma, sono cose tue queste!- si sentì in dovere di dire il ragazzo alla guida, preoccupato.
L’aria che ora aleggiava sul volto di Kurt l’aveva fatto rabbrividire terribilmente.
Non doveva essere un bel ricordo.
-No, non ti preoccupare. E’ che ho imparato al liceo, ma era una tortura lì.- rispose battendo il capo contro il poggiatesta del sedile.
Alex aggrottò la fronte.
-Cioè? Il vostro insegnante vi trattava male?! Il mio coach di football era terrib…-
-No,no,no. Non erano gli insegnanti a darmi fastidio.- lo interruppe il biondino con aria cupa, fissando per terra.
Silenzio.
L’altro ragazzo aveva capito, ora.
Per diversi secondi Alex esitò a chiedere altro, temendo che l’espressione dell’amico potesse oscurarsi ancora di più.
-E’ che…Ogni giorno era un incubo. Me li trovavo dappertutto: nei bagni, durante le lezioni, nei corridoi…A volte anche fuori al cortile!- spiegò il ragazzo dagli occhi azzurri all’altro.
Il moro aveva assunto un’aria piuttosto angosciata, la quale fece preoccupare Kurt tanto da dire:
-Ok, ora basta. Non voglio addossarti con i miei problemi!-
-Oh, tranquillo! A me i bulli non si avvicinavano: facevo di tutto a scuola!- disse ridendo con l’intento di far sorridere Kurt.
Ci riuscì.
Ora l’espressione del ragazzo vicino a lui era cambiata completamente: gli occhi erano ridiventati giocondi come prima, le labbra erano distese per permettere ad un bel sorriso di farsi vedere, le guance non erano pennellate di rosso, ma erano comunque appena rosee.
Alex a questa visione, sorrise dolcemente.
-Dunque, ti informo che siamo quasi arrivati eh! E ti puoi fidare, non ti sto portando da uno psicologo, quindi preparati a scendere!- scherzò ancora il moro, vedendolo sorridere.
Dopo pochi metri il giovane autista raggiunse un locale abbastanza affollato; parcheggiò, mentre Kurt osservava il posto incuriosito.
Scesero dall’auto ed entrarono nella pizzeria.
Furono entrambi avvolti da una deliziosa scia di pizza.

I ragazzi all’improvviso sentirono una fame da lupo e così cominciarono ad adocchiare i vari tipi di quelle squisitezze: ce n’erano di tutti i gusti, da quella ai quattro formaggi a quella con i gamberetti e l’insalata verdina sopra.
Se la fame di Kurt avrebbe preso il sopravvento, certamente avrebbe cominciato a divorare un pezzo dietro l’altro, senza neanche curarsi del gusto e dei vari ingredienti di cui erano fatti.
-Cavolo, ce ne sono di tutti i tipi!- esclamò il biondino volgendosi verso Alex, visibilmente affamato.
-Si, io vengo sempre qui, è il mio secondo posto preferito!- rispose senza staccare gli occhi dall’abbondanza di prelibatezza che aveva davanti.
-E qual è il primo?- sollecitò Kurt, curioso di sapere.
-Non ci impiegherai molto a scoprirlo.- si sentì replicare da un sorriso malizioso.
“Che intende con questo?”- s’interrogarono gli occhi azzurri, interessati sul significato di quella risposta.
Alex non gli concedette neanche il tempo di pensare, perché stava già ordinando da mangiare, mantre al suo fianco Kurt era immerso nei suoi grandi pensieri.
-Ehi, Alex! Come va amico?- gli chiese con confidenza il pizzaiolo, salutandolo con un batti pugno.
Si salutarono e poi il moretto cominciò ad indicare due pezzi di pizza che voleva mangiare.
Nel frattempo Kurt si stava scervellando, cercando di capire cosa diavolo intendesse il suo nuovo amico con quell’espressione.
Ad un certo punto si ritrovò davanti una mano che schioccava le dita e balzò indietro spaventato, facendo quasi cadere un signore con un vassoio pieno di roba da mangiare. Fece cenno di scuse all’uomo e poi rivolse ancora lo sguardo verso Alex, che ormai lo chiamava da diversi secondi, mentre tentava di trattenere con fatica una risata.
-Allora, ragazzo dai profondi pensieri, cosa prendi?- gli chiese divertito, sospendendo le sue intense riflessioni su chissà che cosa.
-Ehm, si, prendo questo pezzo qui, per favore.- disse gentilmente al pizzaiolo, indicandogli il trancio di pizza che aveva proprio di fronte.
Il pizzaiolo porse veloce gli ordini ai due ragazzi e poi corse verso la cassa per effettuare il conto.
Entrambi lo raggiunsero ed Alex, fugace, fece tenere a Kurt tutti e due i pezzi di pizza, occupandogli in questo modo le mani.
-Alex, ma io come pago se ho le mani occupate?- gli chiese guardandolo con un sopracciglio alzato.
-Non hai bisogno di usarle per questo. Quindi, tieni e taci, Kurt.- ribatté il ragazzo alla cassa voltandosi con un sorriso verso il biondino, mentre porgeva una banconota al cassiere.
-Cosa? No, anche il pranzo offerto no eh!- obiettò il ragazzo con il pranzo in mano, mentre osservava il suo amico che scompariva tra i tavoli.
“Non posso fargli anche pagare il pranzo!”- si sgridò mentalmente e poi, impicciandosi con i tranci di pizza che gli impegnavano le mani, si fece spazio tra la gente che studiava affamata tutti i tranci fumanti.
Finalmente riuscì a capire dove si era andato a cacciare Alex e raggiunse il tavolo nel quale, ormai, quest’ultimo si era già messo comodamente a sedere.
-Mi hai lasciato con il pranzo bollente in mano in mezzo a gente affamata capace di divorarmi con tutti i pezzi di pizza!- lo sgridò Kurt con un velo di rabbia.
-Spiacente, ma era l’unico modo per non farti pagare! Offro io, punto.- ribatté il ragazzo seduto mentre toglieva dalle bollenti mani dell’amico uno dei due tranci.
Il biondo sbuffò e si mise seduto.

-Non è giusto. Mi sento in debito.- disse mordendo il suo trancio, che teneva con entrambe le mani.
Alex lo guardò con le guance completamente piene e farfugliò qualcosa, senza essere capito da Kurt, che rideva divertito per la sua somiglianza ad un piccolo criceto.
Entrambi alla fine scoppiarono a ridere.
-Volevo dire,- riprovò il bruno deglutendo – dovevo pur sdebitarmi in qualche modo per la storia del provino!- e diede un altro grande morso al suo pranzo che emanava un'aroma piuttosto invitante.
Alla fine Kurt gli sorrise e lo ringraziò dolcemente.
Dopo tutto non era stata proprio una brutta giornata; era cominciata male, si, ma chi l’avrebbe mai detto che, inzuppato dalla pioggia com’era, si sarebbe ritrovato in una pizzeria bell’asciutto e con una buona compagnia?

 




 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE----------------------------------------------------------------------------------------


Hi Guysss <3
Piacuto il capitolo??? Spero di si :) Secondo voi che "intenzioni" ha il nuovo arrivato?????? Fatemelo sapere via "recensione" :P
Grazie a tutti quelli che mi seguonooo! Un Bacio ragazziiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii                                                                                       -SkyFullOfStars_


P.S: Avete notato che sto cambiando i titoli di tutti i capitolo in inglese? Secondo me suonano meglio, quindi ho deciso di scriverli direttamente così! See u fanfictionersssss *.*

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Capitolo 20
*** I Haven't Let You Go. ***


19. I Haven’t Let You Go.
 





 
 
 
 
-Allora, futura star del cinema, che mi dici di te?- chiese Kurt dando un altro morso al suo prelibato pranzo.
-Mmmm, beh, ho un sacco di donne, mi drogo, bevo tutti i giorni e fumo tantissimo….Vuoi sapere altro?-
Il biondino allora per poco non soffocò con un pezzo di pizza che aveva appena mandato giù.
-Cosa?! Dici sul serio? Cameriere!- chiamò il biondino schioccando le dita, scioccato da ciò che gli aveva appena riferito.
Una grossa risata divertita da parte di Alex lo interruppe e lo costrinse a guardarlo in modo strano.
Così il biondo alzò le spalle in modo interrogativo.
-Innanzitutto è inutile che chiami un cameriere, poiché se ti guardi intorno non siamo in un ristorante, e poi stavo scherzando, tesoro.- rispose il moro ridendo di gusto.
Il biondino si rese conto che aveva ragione e cercò di mostrare un sorriso, anche se impacciato.


“Complimenti Kurt! Hai appena ricevuto il premio oscar per la cosa più cretina che si possa fare! Che figura!”- si sgridò mentalmente.
-Studio recitazione. E poi sono gay.- continuò il bruno.
“Gay?! Anche lui?”- si ripeté tra sé e sé Kurt accennando un altro sorriso.
-Oh, beh, anch’io.- ribattè il biondino alzando le spalle.
Alex sorrise quasi maliziosamente e morse ancora il suo trancio di pizza, di cui era rimasto solo un boccone.
-E tu?- gli chiese indicandolo -che mi racconti?-
-Io faccio l’apprendista stilista in città e vivo da solo.- rispose il biondino sorridendogli.
-Che peccato…- si sentì dire.
-Cosa?- domandò Kurt alzando la testa curioso.
-Niente, niente…Ma, dimmi un po’ sul tuo passato, a parte il fatto che venivi pestato dai bulli della tua scuola.- proseguì Alex con aria incuriosita ed anche un po’ dispiaciuta.
Kurt allora lasciò andare via quel dubbio sul “Che Peccato” che si era sentito rispondere e decise di raccontare:
-Beh, il mio passato è stato piuttosto tranquillo, anche se ho perso mia madre quand’ero piccolo…Ma ho un padre fantastico che ha saputo crescermi bene.-
-E si vede…- dichiarò Alex mentre cercava di studiare ogni parte del suo corpo, o almeno, quella che riusciva a scorgere dal tavolino.
Il biondino lo guardò incuriosito per un istante, ma poi decise di sorvolare.
-E tu invece? Riguardo al tuo passato?- disse interrompendo Alex dal suo scrutare.
-Ehm, io? Oh, io…beh, è meglio che non te ne parli…Insomma, sono cresciuto anch’io senza un genitore…Ma, invece di quella materna, è stata la figura paterna che mi è mancata.
E detto questo Kurt lo osservò mentre fissava il tavolino, occupato da vari tovaglioli e da due boccette d’acqua.
-Mi dispiace.- affermò il biondino, che intanto aveva finito il suo pranzo, guardandolo con occhi dolci.
-A me no, sai. Se ne è sempre fregato di me e di mia madre…- obiettò l’altro ragazzo, quasi con aria arrabbiata.
-Ma è pur sempre tuo padre! Dovresti cercar…-
-Kurt, non mi va di parlarne, ok?- lo arrestò bruscamente Alex.
-Scusami, non volevo sembrare invadente…-dichiarò il biondino cercando di mostrare il suo dispiacere.
-No, perdonami tu,è che parlare di queste cose mi fa sempre irritare tantissimo!- asserì il moro portandosi un tovagliolo alla bocca e pulendola delicatamente, finendo così il suo pranzo.
Poi decise di cambiare discorso, concentrandosi su qualcosa di più allegro e “recente”.
-Dimmi, cose interessanti che ti sono successe di recente?- chiese al suo nuovo amico abbandonando quel discorso.

Nella mente di Kurt, allora, apparve un solo ed unico doloroso evento che gli fece calare sul viso uno spesso velo di tristezza.

Dirgli o no dell’incidente e di Blaine?

Insomma, in fondo si conoscevano solo da un giorno! E poi l’avrebbe potuto spaventare e probabilmente Alex si sarebbe fatto una brutta e sbagliata idea su di lui.
E poi si poteva fidare?
Come poteva essere sicuro che non lo giudicasse e che sarebbe stato comprensivo?
Come poter capire che non fosse un ragazzo superficiale?
E poi era sconcertato, per il fatto che, almeno per quel giorno, il pensiero e la preoccupazione per il suo angelo riccioluto erano magicamente sparite.

Cosa voleva dire questo?

Che Alex sapeva distrarlo o che era lui poco interessato?
Come poteva essere disinteressato ad una vittima della sua stupida distrazione?!
All’improvviso tutto il dolore, il rimorso e la preoccupazione di poco tempo fa ricominciarono a farsi vivi e gettarono il povero ragazzo in una vasca colma di malinconia e tristezza, miste a rabbia e dolore.
“Oddio. Ed ora che gli rispondo? Gli riferisco di Blaine o no?”- rifletté pochi secondi.
-Biondino? Tutto a posto? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!- esclamò ironicamente Alex, accorgendosi dell’oscurità sul volto del ragazzo di fronte a lui.
Kurt allora fu come scosso da quella domanda e cercò di spiccicare qualche parola.
-Ehm..Scusami, è che in realtà mi è successa una cosa poco tempo fa…- e incominciò a guardare il pavimento del locale, quasi con l’intento di sfuggire a due occhi chiari che lo guardavano interessati.
-Beh, non sembra un buon avvenimento dalla tua faccia!- affermò il brunetto  afferrando con delicatezza la mano di Kurt che era poggiata sul tavolino.
Un brivido.
Quello che Alex sentì fu un piccolo, ma dolce brivido.
Kurt alzò il viso e lo mostrò al ragazzo…
Era una tempesta di emozioni.
Il biondino tremava quasi e cercava di nascondersi con fatica le lacrime coprendosi gli occhi, dai quali intanto sgorgavano, oppure girandosi di tanto in tanto da qualche altra direzione.
Il moretto si spaventò per la reazione del suo nuovo amico e s’interrogò su quale fosse il problema che lo tormentava terribilmente.
Così si alzò dalla sua sedia scostandola, e fece per avvicinarsi lentamente al biondo, inginocchiandosi accanto a lui.
-Ehi, ehi…- sussurrò cercando di trattenere il viso di Kurt tra le sue mani.
Gli occhi dei due ragazzi s’incrociarono per un momento, fin quando quelli azzurrini del biondino non si distolsero e sua bocca riuscì a spiegare.
-Poco tempo fa, una mattina, stavo andando al lavoro e…Ho investito bruscamente un ragazzo che ora è in ospedale, in coma, e rischia di morire per colpa mia!- e iniziò a piangere.
-Ascoltami, Kurt. Queste cose possono capitare a tutti! L’importante è che questo ragazzo non sia morto…E poi se è in coma c’è ancora una possibilità, no?- lo incoraggiò Alex, che aveva ascoltato attentamente il discorso del suo amico tra un singhiozzo e l’altro.
Due occhi cristallini lo guardarono, terribilmente rapiti dalla tristezza.
-E se non fosse così ? Io sono il responsabile dell’accaduto, Alex. Se succedesse qualcosa a quel ragazzo, non me lo perdonerei mai.- affermò il biondino indicandosi ed accorgendosi del percorso che stava intraprendendo un’altra lacrima, lungo il collo.

Il moro, in quel momento, capì che non aveva più parole per cercare di confortarlo, e così lo guardò teneramente, utilizzando uno sguardo misto tra il dispiacere e l’incoraggiamento.
Poi fece scorrere il dorso di una mano sul suo collo, rincorrendo la lacrima che era scappata da quegli occhi marini, e asciugandola.

Kurt gli rivolse un altro sguardo e, non ebbe neanche il tempo di ringraziarlo per il suo conforto, poiché si ritrovava tra la braccia mascoline di Alex.
Così strinse forte il petto scolpito del ragazzo e sorrise dolcemente.
Era strano come due parole dette con sincerità da uno sconosciuto, gli toccarono il cuore e lo fecero stare meglio.

Era strano, ma piacevole.
L’abbraccio fu un gesto fugace ma intenso, e subito dopo questo, i visi dei due ragazzi si scambiarono un sorriso.
-Allora? Che ne dici se al mio prossimo provino porto questa scena commovente? Mi prenderanno?- scherzò cercando di strappare un altro sorriso al suo amico.
E ci riuscì, un’altra volta.
-Certo! Ma io dovrei esserci!- stette al gioco il biondino, asciugandosi il viso e accompagnando poi Alex alla porta della pizzeria, uscendo con lui.
 

 



 
-Ed ora che si fa? Non vorrai mica andare a casa, mio bell’apprendista!- disse il brunetto mentre cercava di farsi venire qualche idea per passare del tempo insieme.
Kurt fu colto alla sprovvista e, mentre cercava il suo telefono per sapere l’orario, cercò di capire cosa avesse in programma il moretto.
-Ti va di divertirti un po’?- si sentì chiedere da due occhi chiari che lo guardavano.
L’apprendista lesse l’ora, ma poi si bloccò un attimo e lo guardò con aria interrogativa e preoccupata per l’ambiguità di quella frase.
-Che c’è? Mica ho dett…- s’interruppe Alex, accorgendosi del doppio senso di ciò che gli aveva appena riferito.
-Oh mio Dio…Non intendevo quello! Anche se non sarebbe una cattiva idea…- rifletté quasi con aria maliziosa.
Poi, scorgendo le brutte occhiate del biondo, si rimangiò quel pensiero.
-Ehm, meglio di no. Intendevo…Che ne dici se facciamo un bel giretto da qualche altra parte?!- propose Alex eccitato dalla sua stessa idea.
-Mi piacerebbe tantissimo! Ma, vedi, hai presente il ragazzo dell’incidente di cui ti ho parlato poco fa?-
E l’altro ragazzo annuì.
-Beh, ecco…Vorrei andarlo a trovare, se non ti dispiace. Ci vado tutti i giorni, ma oggi non ci sono andato e quindi pensavo…-
-Va bene, Kurt, non mi offendo. Voglio dire, se vuoi andare non c’è problema! Ti accompagno.- lo bloccò Alex, comprendendo l’importanza di quella visita per il suo amico.
Ricevette un sorriso riconoscente e poi fece salire Kurt in macchina per farsi spiegare bene la strada.
In realtà era un po’ dispiaciuto che non potesse, almeno per oggi, trascorrere ancora del tempo con lui, ma capiva che ciò che desiderava fare il biondino era di gran lunga più rilevante.
 


--------------------------------




 
-Eccoci qui.- dichiarò Alex avvistando l’ospedale, entrando nel cancello e parcheggiando.
Erano solo stati dieci minuti di viaggio e Kurt non vedeva l’ora di riposare i suoi occhi su quell’ammasso di ricci e di assoluta dolcezza.
-Allora, ci sentiamo non è vero? Ti do il mio numero, casomai ti perdessi di nuovo o ti capitasse qualcosa come stamattina!- ridacchiò Alex mentre era intento a cercare una penna ed un pezzo di carta.
Dopo varie ricerche riuscì a ricavare un piccolo foglio spezzettato; impugnò la penna e si appoggiò sul volante per trascrivergli il suo numero di cellulare.
Kurt ridacchiò a sua volta e prese il bigliettino dalle mani del moretto.

“Wow.”- si limitò a suggerirgli il pensiero.

-Non sarà l’ultima volta che mi regalerai dei nomignoli, allora!- esclamò il biondino mentre rileggeva il numero di Alex.
Quest’ultimo sghignazzò divertito e poi ribatté:
-Preparati ad anche di peggio!- il che fece corrugare le sopracciglia a Kurt, cercando di dare un senso a quell’affermazione.
Il moro intanto si godeva la sua espressione: gli piaceva da matti stuzzicarlo e soprattutto si poteva dire che “faceva quasi la collezione” delle sue facce, spesso buffe o avvolte da aria interrogativa.
Mentre rifletteva su questo, il ragazzo più alto si autointerrogava sulla natura di tutte quelle battute ambigue e dei suoi buffi soprannomi.
“Che intenzione ha? E’ un simpaticone di suo o…?”-
-Ehilà! Signorino, il suo Blaine la sta aspettando!- si sentì riferire da una voce mascolina, leggermente segnata da una piccola nota di “gelosia”, almeno è quello che parve a Kurt.
-Cosa? Ah,si, hai ragione, eheh!  Grazie davvero di tutto e…ci sentiamo!- disse scendendo dall’auto e svolazzando il fogliettino.
-Sicuro. Ciao!- rispose Alex inviandogli un sorrisone e salutandolo con una mano, mentre spariva dal parcheggio dell’ospedale.
Il biondino ricambiò il sorriso, sospirò e, finalmente, ripercorse la solita strada per raggiungere il reparto di Blaine.
Il solo gesto di salire le scale lo faceva rabbrividire, e gli pareva un’eternità dall’ultima volta che le aveva salite.
“Eccomi Blaine, sto arrivando piccolo.”-disse tra sé e sé mentre portava sul viso un grande sorriso al solo pensiero di poter, di nuovo, riassaporare il tocco soave della sua pelle ed ammirare la sua chioma, invasa da ricci di colore scuro.
Con una leggera corsetta, si diresse verso la stanza 14, aprì la porta e trovò, come sempre, il suo angelo che sonnecchiava come un cucciolo.
Preferiva pensare e ripetersi che stesse solo dormendo, poiché sembrava che lo stesse davvero facendo: la sua bocca era appena aperta e le labbra erano rosee, e lasciavano a Kurt una grande, irrefrenabile, maledetta e strana voglia di baciarle.
Non era la prima volta che gli veniva in mente un desiderio di questo genere, ma ogni volta riusciva a non pensarci…
Ora invece qualcosa era cambiato: voleva farlo assolutamente.
Ma non poteva.
Insomma, sapeva che era gay, ma voleva farlo solo se anche Blaine l’avesse voluto.
Non era questo che si fa quando si bacia? Non è una cosa che si fa e che si vuole, soprattutto, in due?
Con ancora un pizzico di quel pensiero insistente si avvicinò alla sedia, la stessa che ormai era diventata la sua e ci si sedette lentamente, non distogliendo gli occhi dalla bocca del riccioluto.
-Ciao, Blaine. Sai, oggi mi è successa una cosa buffa: sono rimasto sotto la pioggia con le chiavi chiuse nell’auto, e con una gomma bucata! Pazzesco, eh?!- gli raccontò Kurt, come se lui stesse ascoltando in quel momento.
-Per fortuna poi è arrivato Alex, che mi ha dato un passaggio! Ormai siamo amici!- continuò sorridendo e scrutando interessato le guance di quel ragazzo.
Il lieve rossore che le colorava, faceva intendere a Kurt chec’era ancora vita, lì, dentro al petto che faceva su e giù leggermente.
Ogni giorno che lo vedeva, desiderava ardentemente che le sue palpebre chiuse si aprissero e che lasciassero spazio ai suoi occhi.
“Perché non succede mai?”- si chiese quasi irritato dall’impotenza che provava.
“Quando succederà, perché io ho la speranza e ce l’avrò per sempre”- si disse in mente il biondino, quasi in lacrime - “…Io ci sarò, Blaine. Ed anche dopo.”- e, promesso questo, gli prese una mano, tappezzata da flebo e tubicini vari, e se la portò al petto, proprio sul cuore.
Il battito era molto veloce, per via del contatto tra le loro pelli, anche se la maglietta di Kurt ne impediva uno più diretto.
-Lo senti? E’ il mio battito del cuore.- e respirò profondamente, notando la mano di Blaine che accompagnava quel movimento.
-Sai perché te lo faccio sentire?- e cominciò a sentire le lacrime salirgli agli occhi, i quali battevano più volte per non farle uscire fuori.
-…Per ricordarti come si fa a vivere.- e prese ad accarezzare la tenera pelle del riccio, così liscia e così bella.
Lo faceva sentire al sicuro.
E sperava lo stesso per lui.










 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------------------------------------------------




Heya, miei amatissimi fanfictioners!!! Vi supplico di non farmi il malocchio per avervi rifatto leggere un Blaine in brutte condizioni..... *prende un crocifisso per difendersi dalle maledizioni...*
After all, spero tanto che vi piaccia questo nuovo capitolo :D   E mi sono venute certe ideucce per la storiaaaaaa!
Muahahahhaahahahhahahahah :P      *si sente potente ed intraperende una risata malefica, ma si strozza*
*tossisce*... Ehm, allora! Chi è che ha tossito??!!!!
Dicevo, ho preso taaaaaaanti appunti per questa ff, ma non c'è niente di sicuro :')

Baciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii                                   -SkyFullOfStars_   (e non mi prendete in giro per la mia incapacità di fare le risate malefiche -.-)

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Capitolo 21
*** What Is Going On? ***


21. What Is Going On?!
 







 
 
 
Già quattro mesi e mezzo.
-Cavolo come passa il tempo…- mormorò Kurt mezzo appollaiato sul letto, terribilmente malaticcio.
Purtroppo, anche se di solito non si ammalava molto spesso, ora era toccato anche a lui.
Tutte le mattine all’ospedale, infatti, era avvolto da una brezza apparentemente leggera, alla  quale ora biasimava il suo mal di gola, il mal di testa ed un naso tutto attappato.
Il piumone che aveva adagiato sopra infreddolito e tremolante, sembrava accarezzargli ogni parte del corpo, posato così delicatamente che il biondino aveva immaginato tante volte che non fosse un semplice oggetto inanimato…Desiderava fosse il corpo di qualcuno che, ora, lo stava mandando in orbita.
“Blaine…Vorrei che fossi qui.”- desiderò mentalmente, anche se non capiva perché non lo stesse dicendo ad alta voce, poiché nel suo appartamento quella mattina non c’era proprio nessuno: solo varie stanze che parevano assistere alla sua “richiesta”.
Si poggiò una mano sulla fronte per sentire se fosse calda, ed in effetti lo era.
Quello che era successo nei mesi precedenti era stato davvero faticoso: il suo capo che tutte le mattine che andava a lavoro gli dava il tormento e non lo faceva respirare; il ragazzo pareva una piccola Cenerentola indaffarata a cucire, tappezzare, riparare, scegliere stoffa…Insomma, di certo non era la prima volta che lo sentiva borbottare di continuo, ma sicuramente non come quelle mattine.
Una parola per descriverlo? Insopportabile.
Ora aveva dovuto avvertirlo della sua malattia e meglio non descrivere la sua ira, anche se, almeno stavolta, non poteva attribuirgli la colpa.
Intanto la macchina di Burt era stata riparata con pochissimo tempo e lui aveva potuto usarla normalmente per andare al lavoro e all’ospedale, accordandosi con suo padre.
Ma non era finita lì: altre cose erano accadute, però non erano tragiche o pesanti come il suo capo. Blaine stava bene, ma non aveva ancora avuto l’opportunità di aprire gli occhi. Era ancora in coma e questo struggeva e metteva a dura prova le lacrime ed il cuore di Kurt. Non faceva altro che pensare a sperare ad un suo risveglio. Aveva deciso, però, anche di distrarsi un po’e, con questo, non aveva di certo avuto problemi, avendo conosciuto un pazzo.
Era uscito altre volte con Alex e si erano divertiti un sacco: avevano approfondito la conoscenza dell’uno e dell’altro e gli sembrava un ragazzo davvero simpatico (ma forse questo già lo aveva capito dal primo incontro), molto sociale, a cui piace divertirsi, anche se un po’ scapestrato ed incredibilmente fuori di testa.
Ecco, questo era l’aggettivo che forse gli si addiceva di più; ma, in fondo, era un bravo ragazzo.
Kurt se ne era accorto soprattutto quando, quella volta in pizzeria, il moretto gli si era inginocchiato vicino per consolarlo ed aveva subito inteso che, dentro di sé, era un tipo tenerone e anche sensibile.
Ma ora nella mente del biondino c’era un piccolo pensiero che si era intrufolato a forza: provava attrazione per Alex? E per Blaine cosa provava? Amore o soltanto attrazione? In fondo non lo conosceva: vedeva solo il suo aspetto…
“Questo si che è un problema…”- rifletté con un velo di preoccupazione sul volto, mentre afferrava la tazza di thè che aveva sul comodino e ne prendeva un sorso, tirando su col naso.
“Sono confuso…”- si disse.
“Quando vedo Alex mi sento… attratto da lui.”- e bevve un altro sorso del suo thè bollente, appena preoccupato da quest’affermazione che aveva fatto.
 “Mi piace il modo in cui si muove, in cui si prende ironicamente gioco di me, in cui mi guarda…”- ed accennò un sorrisetto.
“E Blaine? Anche da lui mi sento attratto…ma in modo diverso…”- e posò la tazza color lilla di nuovo sul comodino.
Tutto intorno a lui pareva aspettare che continuasse la sua riflessione: un misterioso silenzio aspettava intrepido che il suo cervello inviasse un’altra sola parola alla sua bocca.
Solo il ticchettio dell’orologio da cucina era disinteressato all’argomento, e continuava tranquillo a farsi i fatti suoi.
“Ogni volta che vedo Blaine…il cuore comincia a fare le capriole ed io sono avvolto dai brividi.”-
“Ma se fosse anche questa attrazione? In fondo io non lo conosco e quindi non posso sapere se dipende dal suo magnifico aspetto…”- proseguì appiattendo il piumone che lo avvolgeva e tirando su con il naso.
Poi il ragazzo malaticcio scacciò quella quantità di pensieri e tutte quelle riflessioni che lo costringevano a sprecare energie, anche se sapeva che erano importanti.
Così si sistemò con fatica sdraiandosi, si accucciò teneramente sul cuscino e chiuse gli occhi.
Lo squillo del campanello lo fece sbuffare pesantemente e lo obbligò ad alzarsi controvoglia dal suo bel lettuccio caldo.
Con la lentezza di un bradipo, raggiunse la porta con i capelli che sembravano gridare aiuto con i vari ciuffi  sparati qua e la, indossando pantofole enormi animalesche (non solite da lui, ma estremamente comode) ed un pigiama di quelli enormi, anche se con un tocco di classe: a tinta unita blu scuro con righette bianche orizzontali.
“Impresentabile.”- si giudicò Kurt dandosi un’occhiata piuttosto schifata.
Ma come ci si deve vestire quando si sta male?! Anche se, chiunque conosca Kurt, sa per certo che è sempre impeccabile. Però quella mattina aveva fatto un’ eccezione e si era goduto la sensazione di essere un “pantofolaio”, come tanti.
Alzando le spalle si convinse ad aprire il portone, anche se era in quelle condizioni.
Probabilmente gli sarebbe servita una rianimazione per quello che vide.
Le gambe per poco non gli cedettero e la bocca gli si spalancò stupita, facendolo cadere in una terribile sensazione di imbarazzo.
-Cia…- si bloccò la persona alla porta.
Moro, occhi chiari, corporatura decisamente ben fatta ed espressione visibilmente sbalordita: Alex.
“Fantastico. Ci mancava solo che mi vedesse così. Ben fatto, Kurt.”- si sgridò mentalmente, mentre cercava di nascondere questo rimprovero dietro ad un incerto sorrisetto.
-E-ehi!- cercò di salutare il biondino.
-Disturbo? Magari posso passare un’altra volta…Non ti vedo affatto bene, amico.- spiegò il moretto mentre assumeva un’espressione preoccupata.
-Oh no,no! Sto benissimo!- rispose Kurt per poi starnutire per più di tre volte di seguito.
-Ehm, si lo vedo! Tranquillo, ripasso un’altra volta!-
-No, davvero, entra! Ma, come hai fatto a sapere che abito qui?- s’incuriosì il biondino mentre con una mano si soffiava il naso e con l’altra gli spalancava la porta di casa sua per farlo entrare.
Alex si guardò intorno curioso, con aria piuttosto interessata al nuovo ambiente in cui era entrato, ma poi rispose:
-Mmm, conoscenze…-
“Che vuol dire? Fa parte di qualche banda di stalker?!”- si terrorizzò l’apprendista mentre chiudeva la porta dietro di sé.
-Bella casa, Kurt. Abiti da solo o vivi con…qualcuno?- azzardò il brunetto mentre continuava a girovagare per l’appartamento.
-Cosa? No, non sono fidanzato.- e si diresse in cucina, interessato a quella strana domanda.
-Caffè?- propose il malaticcio dalla cucina.
-Si, grazie!- gridò rispondendo l’altro ragazzo.
“Perché quella domanda?”- rifletté ancora Kurt, tirando un po’ su con il naso, indaffarato a caricare la macchinetta del caffè.
-Come mai ti sei ammalato, caro? Preso freddo per uscire la sera per conquiste?- sghignazzò il bruno, raggiungendo la cucina.
Kurt rise un istante tra sé e sé, dicendosi che non poteva proprio nascondergli nulla.
-Credo di aver preso freddo, scemo.-
Si era stabilito un bel rapporto tra lui ed Alex. Era un’amicizia nuova, fresca, ma molto sincera.
Avevano preso tanta confidenza ed ora scherzavano come due persone che si conoscono da tempo.
Kurt era sempre nominato in modo scherzoso dal moro, ma di recente anche lui aveva preso l’abitudine di assegnargliene qualcuno.
In pochi minuti la macchina del caffè cominciò ad emettere piccole nuvolette di fumo; così Kurt, allontanatosi un attimo per procurarsi delle tazzine, corse a spegnerla e ci versò la bevanda.
-Ecco qui. Dimmi, che ci fai nei paraggi?- chiese sedendosi al suo amico, già sistematosi al tavolino della cucina.
-Beh, volevo venire a controllare se il quartiere dove vivi è uno per bene.- argomentò con sarcasmo, annegando una zolletta di zucchero nella sua tazzina.
-Ma piantala!- ridacchiò il biondino.
-Piuttosto tu, come stai, signor “non mi ammalo mai”?- continuò bevendo un sorso del suo caffè.
Kurt gli fece una smorfia e, prima di rispondere, dolcificò il suo caffè ancora caldo.
-Malaticcio, come vedi, ed in metamorfosi per diventare un “pantofolaio D.O.C.”!- scherzò alzando una gamba all’aria e facendogli ammirare le sue mitiche ciabatte.

Questo provocò una grossa risata da parte di Alex, che per poco non si soffocò con il caffè.
-Aw, sono adorabili!- ridacchiò.
-Ma sul serio? Non mi vorrai mica diventare un “sedentario a tempo pieno”!- proferì il giovane.
-Non preoccuparti…Oggi, influenza o no, io vado a trovare Blaine!- si pavoneggiò Kurt, bevendo poi l’ultimo sorso della sua bevanda.
Alex oramai sapeva bene la storia dell’incidente, e conosceva anche il nome della vittima. Era molto dispiaciuto della brutta situazione, anche se ammirava la forza del biondino che aveva incontrato.
Era contento che fosse così “affezionato” a questo Blaine, anche se provava come una strana gelosia
Lo contemplava rapito, in silenzio, mentre sciacquava le tazzine da caffè: ogni sua mossa corrispondeva ad un sorriso per lui.
Non sapeva spiegarsi come e perché, ma ogni volta che lo vedeva, ogni volta che gli rivolgeva lo sguardo…
-Allora? Com’è andato il tuo secondo provino?- lo interruppe Kurt, dai suoi pensieri.
-Ehm, bene. Mi faranno sapere presto, almeno così hanno detto. La solita frase storica.- fece una smorfia il giovane attore.
-Mi hai detto che si trattava di una comparsa in un film d’azione, no?- osò il malaticcio soffiandosi il naso, preoccupato per la reazione dell’amico, visto che gliel’aveva ripetuto mille volte.
-Si, Kurt! E’ sempre quello! Immagina me, in un film tipo “The Advengers”…- fantasticò Alex mentre faceva strani gesti da sognatore con le mani.
Kurt lo osservò ridacchiando appena e si appoggiò con un fianco su una credenza, con il mento adagiato su una mano.
Era buffo come lo facesse ridere ogni volta. Nella sua vita aveva sempre desiderato di incontrare un ragazzo che lo facesse sorridere.
“Aspetta, che mi succede?”- si preoccupò Kurt mentre provava una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Si poggiò una mano sopra quella parte quasi “dolorante”, cercando di tenere d’occhio il brunetto nel modo che non lo vedesse; ma dubitava di questo, poiché l’altro ragazzo era intento a sognare sulla sua fantastica e futura carriera hollywoodiana.
Nel frattempo il biondino malaticcio stava cercando di spazzare via quello strano pensiero che gli suscitava un sacco di dubbi e domande, perché adesso non gli pareva il caso di rispondere.
-Da non perdere!- continuò ironicamente, per poi smettere alla vista di un Alex quasi furioso.
-Scusa.- mormorò poi, facendo spazio sul viso per un piccolo sorriso.
Un lieve ridacchiare gli fece capire che l’aveva presa bene.
“Ha una bella risata…”-confermò a se stesso.
“Ok, basta, Kurt che ti prende?!”- si sgridò isterico, scuotendo la testa.
Non poteva spiegarsi quei pensieri e quelle sensazioni che lo avvolgevano in quell’istante…Che gli stava accadendo?
Possibile che fosse un qualcosa?
Oppure era solo il fatto che fosse malato che gli suscitasse quei brividi e quei sudori freddi?


 
-…Kurt? Hai capito quello che ho detto?- si sentì domandare da un’espressione piuttosto preoccupata.
-Eh?- biascicò il pensieroso imbarazzato.
“Wow, devo aver avuto una brutta reazione a questi “sintomi”, dalla faccia di Alex…”-suppose cercando di sforzandosi a mostrare una specie di sorriso.
-Perdonami…Cosa hai detto?- chiese sporgendo il capo in avanti, per farsi vedere interessato.
“Dio mio, perché sono così distratto stamattina?!”- si rimproverò ancora, per poi tacere subito, evitando di perdersi ancora quello che Alex stava cercando di dirgli.
-Dicevo, io ora devo scappare, ma potremmo andare a prenderci un caffè quando starai meglio.- ripetè il brunetto con un sorriso, visibilmente compiaciuto della sua proposta.
-Ehm, si, voglio dire…Perché no?- e si grattò nervosamente il collo, tentando inutilmente di assumere un’espressione tranquilla.
Alex lo fissò per un momento, comtemplandolo, mentre starnutiva e tossiva continuamente, apparentemente ansioso.
 -…Salute! Tutto a posto Kurt? Sembra che tu debba andare a fare un esame molto importante!- scherzò divertito mentre si gustava un Kurt misto tra imbarazzo e ansia.
-Cosa? Ah, eheheh, no! E’ che mi fanno male la testa e la gola e credo di non sopportare più di stare a letto!-  rispose tra un colpo di tosse e uno starnuto, poggiandosi una mano leggera sul collo, massaggiandoselo delicatamente e socchiudendo gli occhi, rabbrividendo per un piccolo brivido.
-Awww, vieni qui, mio piccolo ed indifeso cucciolo di bradipo bisognoso di coccole!-
“Ma da dove li prende questi nomignoli strambi?!”- s’incuriosì Kurt divertito dal suo formidabile talento nel assegnargli ogni volta qualche nuovo e bizzarro appellativo.
Improvvisamente i due visi dei ragazzi si ritrovarono poggiati negli incavi dei loro colli.
Una soave percezione di estrema dolcezza fece immergere il biondo in un bagno di spavento, misto a tepore e ad una quantità di fremiti, che lo stava sconvolgendo.
Ma cosa stava succedendo? Perché quelle tante emozioni? Perché si sentiva come in paradiso, mentre Alex lo stringeva a sé?
Si erano già abbracciati, ma stavolta era…diverso.
Kurt quasi tremava e percepiva il suo cuore che batteva all’impazzata; chiuse gli occhi per godersi ancora quel momento.
Alex intanto circondava la vita di Kurt con le sue braccia mascoline, nel modo che i due corpi aderirono perfettamente.
Poi, dopo pochi secondi, il biondino si sentì sollevare delicatamente le braccia e poggiarsele intorno al collo del brunetto…Si sentì improvvisamente leggero, anche se tremava dall’imbarazzo e così arrossì.
Quel lieve rossore lo faceva diventare più vulnerabile; decise di chiudere gli occhi facendosi trasportare da quella dolce sensazione di protezione e di bisogno.
-Mi raccomando, guarisci presto!- disse poi Alex schioccandogli un fugace bacio sulla guancia arrossata.
Il malaticcio era come bloccato ed aveva dimenticato come si faceva a camminare e a muoversi; era attraversato da una specie di paralisi del corpo.
Osservò il moro che mostrava il suo solito sorrisone e poi cercò di accompagnarlo alla porta, anche se colmo di imbarazzo.
-…Ehm, ok..Allora ciao!- si limitò a dire, con le labbra secche.
Alex lo salutò ancora con un cenno e poi lasciò l’appartamento, ringraziandolo per l’ospitalità ed il caffè.
Kurt chiuse di nuovo la porta di casa sua, poggiandosi con le spalle su questa.
Si lasciò scivolare e si mise a pensare su quello che era appena successo; o meglio che gli era appena successo.
“Un abbraccio e un bacio sulla guancia…E’ logico, l’ha fatto per amicizia…giusto?”- si chiese mentalmente, facendo scorrere qualche minuto, come se aspettasse un’improvvisa risposta da qualcuno.
“…Il punto è…”- riprese, quasi deluso che non potesse avere una risposta alla sua riflessione.
“Credo di essere attratto da lui…”- e si toccò la guancia dove, poco prima, Alex aveva posato le sue soffici labbra.
“Ma…Blaine?”-

Alla fine lasciò andare via tutti quei pensieri e si toccò la testa, la quale ricominciava a battergli incessantemente.
La stanchezza che aveva sul corpo (e la confusione che gli annebbiava la mente) lo costrinsero ad alzarsi e a trascinarsi fino al suo letto, abbandonando tutto ciò che lo aveva fatto riflettere.
 












AnGoLo DeLl'AuTrIcE---------------------------------------------------------
 
Hola Chicossssssssssss =) Spero che tuuutti voi abbiate gustato per bene il nuovo capitoletto!!!!!
Già siamo al venteesimo...cavolo, ragazzi :O
Che dire...grazie a tutti quelli che mi stanno seguendo!     *si commuove*
Vi adoroooooooooooooooo (anche se vi faccio un po' soffrire x Blaine in queste condizioni... *fa gli occhioni* )


Abbracci e baci a tuttiiiiiiiiii

P.S. Devo avvisarvi che questa settimana partirò e starò via per un po' di giorni, quindi il prossimo capitolo arriverà in ritardo :/
Mi macherete :'( Fate buone vacanze anche voiiiiiii <3                                              La vostra -SkyFullOfStars_ :P
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Chat With The Boss ***


22. Chat With The Boss












 
 
 
 
“Oh ma andiamo! Chi può essere a quest’ora?!”
Erano le cinque e mezza a casa di Kurt quando il telefono squillò.
Vari rumori di macchine e di clacson si infiltravano nell’appartamento, rendendo il tutto ancora più odioso.
Avvolto nel solito pigiamone, il biondino si sentiva già meglio riguardo alla sua influenza: il mal di gola era passato, la febbre l’aveva finalmente lasciato respirare di nuovo; solo un po’ di raffreddore gli faceva ancora compagnia, come affezionato a lui.
Per un momento gli venne in mente una cosa piuttosto strana, senza senso anche se sarebbe stata bellissima e l’avrebbe sollevato un sacco: quello che desiderava era che, con quella telefonata, gli  fosse stato comunicato che il ragazzo che aveva fatto quasi morire, quello che lo teneva in stretto contatto con l’ospedale, quello con cui voleva parlare e scherzare, fosse…salvo.
Voleva con tutto il cuore guardarlo negli occhi per la prima volta, per un istante che sarebbe durato un secolo…voleva farlo per sempre.

Perché non poteva essere così?

Perché era ancora in coma?

Molto spesso, oltre ad incolparsi per l’accaduto, si diceva che il motivo, l’unico, per cui Blaine non si svegliava era che…qualcuno gliela voleva far pagare per quello che gli aveva provocato.
C’erano giorni in qui voleva davvero lasciare tutto e quelli in cui era carico di una forza e di una tenacia incredibile.
Poi c’erano quelli dedicati interamente a varie fantasie.. Ecco uno di quei giorni.
Fissò per bene il telefono che continuava a squillare incessantemente e decise di aspettare un attimo per pensare ad una possibile cosa:

Stava per succedere?

Era forse un’infermiera o un dottore che gli riferiva che il suo riccioluto era fuori pericolo?
D’altronde chi può cercarlo alle cinque e mezza del mattino?!
Questa fantasia si era fatta spazio nei vari pensieri di Kurt, guadagnandosi il primo posto nella classifica dei “pensieri più importanti della giornata” (tra i quali c’era sempre stato Blaine, ed il lavoro).
 
 
Il ragazzo si trascinò pesantemente e senza la minima voglia verso quel maledetto aggeggio che continuava a trillare e, afferrandolo con forza, se lo portò all’orecchio cercando di mormorare qualcosa simile ad un “pronto”.
Un voce squillante, che ormai conosceva abbastanza bene, gli risvegliò tutti i pensieri e lo fece saltare, quasi facendogli cadere di mano la cornetta.
-Buongiorno piccolo suricato! Devo darti una notiziona!- gridò euforico quella che era la voce di Alex.
-Oh mio Dio…Alex, ma come fai ad essere già in piedi alle cinque di mattina?!- domandò infastidito Kurt mentre tirava un lungo sbadiglio.
-Eheheh,- ridacchiò- gli attori sono sempre mattinieri!- rispose convinto il brunetto, provocando un’alzata di sopracciglio al biondino.
-Allora? Qual è la notiziona la quale non riesci a trattenere?!- riprese l’assonnato mentre si dirigeva verso il bagno, dandosi una sistematina ai capelli,simili ad una criniera di un leone.
-Prima voglio un rullo di tamburi!- obiettò Alex ridacchiando ancora.
Kurt alzò gli occhi sbuffando ed, accontentandolo, gli simulò quel rumore da suspance.
-…Mi hanno preso!- disse finalmente il brunetto con voce così euforica che sembrava saltare per casa.
-Cioè? Vuoi dire che ti hanno sbattuto in galera?- lo interrogò l’altro, che sembrò non capire quell’affermazione.
Un’abbondante risata lo fece sobbalzare di nuovo, maledicendo di conseguenza il suo amico dall’altro capo del telefono.
-Che amico simpatico che ho! Devi aver preso da me…No, scemo, il provino!- riprovò Alex, mentre rideva ancora per la battuta del biondino.
Kurt ci pensò un attimo su, scostando tutti i vari pensieri che aveva in testa, fino a raggiungere lo scompartimento di quelli di Alex e a prelevare quello sul famoso provino.
-Oh, giusto! Santo Cielo, Alex, è stupendo!- esclamò, complimentandosi con lui.
-Lo so! Mi hanno chiamato poco fa…-
-Poco fa? Ma sono le cinque e mezza di mattina!- obiettò Kurt sconcertato, mentre si sistemava pazientemente una piccola ciocca di capelli ribelle.
-Ti ho detto che gli attori sono mattinieri! E comunque… dobbiamo festeggiare!- propose con aria allegra il moro.
-…Adesso?-
-Ma no! Ma come mai dai i numeri stamattina, Kurt?!- scherzò con sarcasmo, ridendo di gusto.
-Beh, forse perché qualcuno mi ha svegliato alle cinque di mattina!- lo rimproverò indirettamente lui.
-Ma perché lei a che ora si alza,mio signore?- chiese in modo ironico, dandogli del lei.
-Alle sei! Un’ora mi fa la differenza!- protestò osservandosi soddisfatto allo specchio del bagno.
-Per un’ora! Anzi, mezz’ora!- si corresse cercando di precisare.
-Lo sai che sono un dormiglione!-
-E tu lo sai che mi piace svegliarti di mattina…-
Kurt rise.
-Ok, stella del cinema, ora però devo andare! Ci sentiamo per organizzarti una festa ad Hollywood, intesi?- concluse sarcasticamente l’apprendista.
-Ovvio! E mi raccomando, invita anche qualche bel spogliarellista..a meno che non voglia farlo tu…-
-Ma piantala e vai a dormire!- gli rispose divertito Kurt.
Dopo una risata attaccò, con il sorriso sulle labbra.
Gli faceva sempre venire il sorriso, anche alle cinque e mezza di mattina, con un pigiama enorme addosso e con i capelli tutti scompigliati.




 
 
Verso le sette fu già a lavoro, pronto per mettersi sotto e recuperare i giorni persi.
Aveva preferito essere puntuale, per cominciare bene la giornata lavorativa; in effetti se sarebbe arrivato in ritardo ovviamente non sarebbe stato lodato dal suo capo, né questo gli sarebbe servito per non essere richiamato.
Forse doveva anche ringraziare il suo amico Alex di averlo svegliato quasi all’alba, poiché si sentiva molto più carico quel giorno. Forse anche la sua colazione, basata su cappuccino bollente e cornetto, l’aveva risvegliato per bene…
O forse il pensiero giornaliero del suo caro Blaine era la causa di tutto quel buon umore.
Ci pensava in continuazione e non riusciva a non farlo: per tale motivo aveva da poco iniziato a pensare che l’attrazione per Alex fosse ben diversa da quella per il riccio.
Ci rifletté per notti e giornate intere, fino a quando non era giunto alla conclusione che provasse per Alex solo una leggera attrazione; questa dipendeva probabilmente dal suo modo di scherzare con lui e da quel giocherellare con i soprannomi assegnatogli volta per volta.
Poi come negare che non fosse carino?
Quei due occhi chiari, circondati da tantissime sfumature di verde e da pennellate marroni chiaro, erano impossibili da non piacere.
Il suo fisico mascolino e ben evidenziato faceva fermare un attimo il fiato a chiunque, e probabilmente un tipo molto più malizioso di Kurt se lo sarebbe mangiato con gli occhi come un dolce al cioccolato ricoperto di altro cioccolato fuso; e poi c’era quell’enorme sorriso che dava un tocco elegante e piuttosto sensuale al tutto.
Oltre a questa deduzione portata a termine, aveva capito di averne risolta un’altra, forse la più complessa: era innamorato di Blaine.
Ce ne aveva messo di tempo per capirlo! Ma di una cosa era sicuro: non poteva negarlo.
Non poteva perché altrimenti non si spiegava tutti quei balzi di cuore alla sola vista di Blaine, al bisogno di baciare quelle labbra invitanti che faceva capolino dentro di lui, a tutte quelle fantasie che la sua mente gli faceva godere…
Dire però che era innamorato di lui era diverso.
Pensarlo non direttamente lo faceva sentire come se non lo sapesse nessuno e se lo tenesse per sé; come se potesse quasi scappare da quell’affermazione, convincendosi che fosse solamente una delle sue fantasie.
Ma quando, una notte, sdraiato sul suo letto, con il sonno che non arrivava, completamente al buio, la sua testa gli aveva dato lo stimolo per riflettere e lui l’aveva finalmente ammesso, tutto era cambiato.
Si sentiva come più libero, rilassato, ma anche terribilmente impaurito.
Di quello che l’aspettava?
Oppure del fatto che non potesse probabilmente mai dire a Blaine ciò che provava per lui?
Ecco un altro problema.
Kurt rimuginava sopra queste acute riflessioni mentre teneva lo sguardo concentrato sul suo pezzo di stoffa da cucire.
Sapeva ciò che doveva fare mentre il suo tutor lo contemplava silenzioso, ma di certo non era buttare giù tutti i suoi pensieri!
Un improvviso tonfo di una porta lo fece balzare sulla sedia, costringendolo a rassicurare il suo cuore impazzito, poggiandoci una mano sopra.
Tutti gli altri apprendisti si voltarono urtati da quel violento rumore, alcuni addirittura allarmandosi eccessivamente credendo ad uno sparo.
Un uomo massiccio con uno di corporatura esile al fianco, varcarono la porta del laboratorio.
L’accostamento dei due uomini era veramente buffo, accentuato ancora di più dall’espressione timorosa del piccoletto e quella burbera dell’altro.
Kurt si voltò e tirò un profondo sospiro, sapendo già cosa si aspettava dal sig. Cortes, che era appena entrato in scena.
Una sua ramanzina davvero non poteva sopportarla; insomma, in fondo se la meritava, ma proprio non voleva essere umiliato.
“E se provassi a spiegargli il motivo della mia assensa?”- s’interrogò curioso Kurt, mentre giocherellava nervoso con il metro che aveva in tasca.
Il sig. Cortes intanto superava le varie scrivanie dei suoi dipendenti, indossando un’aria piuttosto ringhiosa e provocatoria.
Non si perdeva d’occhio neanche un attimo il lavoro compiuto dagli altri, e li controllava attentamente.
Nessuno, lui compreso, disse una parola fino a che il capo non raggiunse il biondino, faccia a faccia.
Kurt deglutì appena e poi cercò di sembrare molto coraggioso, alzando leggermente la testa per parere più determinato e deciso ad affrontare quello che, sapeva, gli aspettava.
-La voglio nel mio ufficio. Adesso.- ringhiò socchiudendo gli occhi e mostrando così le folte sopracciglia che incorniciavano due occhi marrone scuro.
Kurt fece cenno di si con la testa e poggiò i suoi attrezzi da lavoro sulla scrivania.
-Certo…Andiamo.- rispose un po’timoroso.


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Mentre varcavano il lungo corridoio che conduceva all’ufficio del suo boss, la mente del giovane non gli dava pace e lo tartassava di curiose domande:
“Oddio e se mi licenziasse?!”-
“E se mi umiliasse davanti a tutti dicendo che sono un fallito?”-
“Se mi cambiasse tutor solo per vedermi penare?!”-
“Meglio non pensare..”- concluse poi scuotendo la testa e scacciando così quei brutti pensieri.
-Prego, sig. Hummel, entri.- propose Cortes, facendolo accomodare nella stanza.
-Grazie.- si limitò a rispondere.
Un breve silenzio bloccò il discorso; l’uomo intanto si versò un amaro dentro un bicchierino e lo bevve tutto d’un sorso. Lo offrì anche al ragazzo, ma quest’ultimo rifiutò gentilmente con un sorriso.
Il suo capo fece per parlare quando Kurt decise che fosse meglio dirgli tutto, prima di essere sbattuto fuori a calci (o peggio, a colpi di bicchierini da liquore). Almeno sarebbe stato sincero.
-Prima che parli e che mi licenzi, sig. Cortes, devo dirle un paio di cose. Innanzitutto non mi è mai piaciuto il tappeto scolorito che ha in questa stanza, e dovrebbe cambiare i quadri che fanno rabbrividire…- e a questo l’uomo alzò un sopracciglio ed aggrottò la fronte.
-Poi, volevo dirle che…mi dispiace tanto se non ho fatto tutto il mio dovere in questi mesi. Il fatto è che… ho avuto un brutto incidente in auto, nel quale un ragazzo è rimasto ferito e adesso è in coma! Le chiedo scusa se sono stato poco presente ed anche in ritardo, e so che lei conta molto sulla puntualità e sulla determinazione, ma …vorrei che mi concedesse un’altra possibilità…Non chiedo altro! E…ed ora mi sbatti fuori a calci, come vuole lei.- disse tutto d’un fiato il giovane, mentre adottava un’aria depressa.
-Signor Hummer,- mormorò finalmente una voce cupa e roca.
-Come prima cosa sorvolerò i commenti sull’arredamento del mio ufficio,- e a questo Kurt si maledì per aver detto quelle cose –come secondo le volevo dire che so già quello che le è accaduto e che non la licenzierò.-
-Davvero non lo farà?!-
-No, ma farò un’altra cosa…-continuò l’uomo, che ora aveva un’atteggiamento piuttosto calmo.
“Ecco qui…Dovevo immaginare che mi buttasse dalla finestra!”-
-La congederò per ogni volta che starà via dal lavoro per andare a trovare il suo amico all’ospedale.-
“Cosa? L’hanno fatto bere per caso?! Il Sig. Cortes gentile?!”- disse tra sé e sé, stupito da ciò che aveva detto.
-Dice sul serio, capo? Non è arrabbiato con me?-
-No, capisco la situazione. Vede, sig. Hummel, anche se tutti hanno timore di me, io non torcerò mai un capello a nessuno dei miei dipendenti. A meno che non siano spogliarellisti incalliti che si mettono a fare soldi ed altre cose sui tavoli da lavoro!-
Una piccola risata di Kurt rese il tutto più digeribile.
-Lei è uno dei miei migliori dipendenti, Hummel.-
“Wow.”-
-G-grazie, signore. Lo apprezzo molto.-
-Non ringraziarmi. Anzi, ti consiglio di tornare al tuo posto prima che cambi idea su di te e…un’altra cosa: tutti commettono degli errori, e la maggior parte delle persone neanche se ne accorge…l’importante è accettare di aver sbagliato e perdonare.-
Ciò che gli aveva detto lo aveva colpito in modo molto profondo.
Non aveva mai visto il suo capo in quel modo: così gentile ed incredibilmente..buono.
Ma ne era felice… almeno era certo che fosse umano e non un abominevole bestia della giungla nera, come appariva e come dicevano tutti.
-Non abbandonare mai la speranza che lui possa conoscerti, ragazzo.- continuò in seguito il suo capo, accennando quasi un mezzo sorriso.
-Grazie davvero, sig. Cortes.- mormorò quasi commosso Kurt. -Non lo farò.-
-Ora torna a sgobbare, altrimenti potrei rubare il tuo guadagno e spenderlo in uno strip club..Avanti, va!- gli ordinò con un cenno mentre sistemava dei fogli, indaffarato.
Dopo ancora un grazie ed una risata soffocata, il biondino uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
“Mio Dio…non mi sembra vero di non aver assistito ad una delle noiose ramanzine del boss!”-
Poi, con passo veloce e deciso, se ne tornò alla sua amata scrivania.
 
 




AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------------------------------------------------------------
   

 
Ciaoooo piccoli cupcake (?)
Come potete ammirare sono tornata dopo una luuuunga settiama in Emilia,al mare :D
Si, mi sono abbronzata u.u Volete vedere??
Meglio di no, altrimenti mi uccidete per il coma di Blin Blin (eheheh :P)

Comunque, godete di quest'altro capitolino e fatemi sapere, se volete, che thinkate (?????? HELPATEMI -.-)
Se volete sapere la causa del mio stato mentale, basta guardare gli ultimi spoiler Klaine usciti fuori....Capirete....
BYE BYEEEEEEEEEEEEEE           <3

Love you, guys :3                                                                                                                                                                           --SkyFullOfStars_




 

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Capitolo 23
*** Big Adventure ***


23. Big Adventure







 
 
 
-Papà, smettila!-
Gridò un Kurt isterico, mentre tentava di far tacere lo buffo stuzzicare di suo padre sul suo abbigliamento di quel giorno.
Da una settimana infatti, il ragazzo fremeva per il fatidico evento per cui aveva lavorato tutto l’anno: una sfilata di moda.
Tutti gli apprendisti dell’azienda in cui lavorava, quindi lui compreso, avevano la meravigliosa possibilità di mettere in mostra le loro capacità, per gareggiare con gli altri e vincere una lode da parte del capo e una buona reputazione riguardo l’azienda. Ma non era finita qui.
Kurt avrebbe finalmente potuto diventare un vero stilista: il che significava non essere più guidato da un tutor, bensì voleva dire fare di testa sua, diventando ufficialmente un dipendente, creando i suoi vestiti a modo suo e così realizzando il suo sogno, quello di una vita.
Lui e i suoi colleghi dovevano munirsi di una modella (o un modello) scelti dalla giuria, e dovevano creare un abito e degli accessori secondo il tema degli anni venti.

Non era un problema per Kurt, visto che era dotato di una conoscenza straordinaria su questo campo, ma allo stesso tempo…era incerto sulla vittoria.
Aveva l’impressione che…gli mancasse qualcosa, come se non fosse davvero pronto.
Era già passato un altro mese dall’incidente, ed in tutto quel tempo si era preparato tantissimo: sempre concentrato sul suo lavoro e su quello che doveva realizzare, procurandosi l’occorrente per la sua creazione e vivendo costantemente con l’ansia e con l’adrenalina che gli circolava nelle vene.
Cercava sempre di non far notare l’agitazione, ma suo padre lo sgamava ogni volta, ripetendogli invano di stare tranquillo e sereno e che, anche se non avesse vinto, l’azienda avrebbe tenuto conto del suo gran lavoro.
Il giovane cercava di calmare se stesso, chiedendosi il motivo della sua preoccupazione: non si era mai comportato così! Il massimo della sua agitazione si mostrava solo due minuti prima di qualsiasi evento.
Tutta la voglia di mostrare la sua creazione, risalente a 5 mesi e mezzo fa, era magicamente sparita.
Ed ora che il momento tanto aspettato era arrivato, cominciava ad avere dei seri dubbi.

Forse anche suo padre non era proprio d’aiuto.

-Eheheh, molto elegante Sig. Hummel!- continuava ironico Burt, imitando goffamente la voce cupa del Sig. Cortes.
L’apprendista sbuffò pesantemente ed alzò gli occhi verso il soffitto della sala.
Un vorace chiacchiericcio la occupava pienamente, con vari ragazzi e ragazze che correvano di qua e di là con lacche in una mano, forcine dall’altra e vestiti posati malamente sulle braccia.
Il solo muoversi velocemente di quelle figure suscitava in Kurt una tremenda agitazione, che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Tirava profondi respiri tremolanti per cercare di dare uno stop a quell’incessante emozione, ma più lo faceva più sembrava fargli l’effetto contrario.
Kurt intanto studiava bene la folla, cercando con gli occhi scattanti di esaminare ogni singola persona per un valido motivo, sconosciuto al padre.
-Kurt! Stavo scherzando! Sto solo tentando di alleggerire la situazione!- cercò di spiegare l’uomo accanto a lui, ora visibilmente dispiaciuto e preoccupato.
Quando suo figlio non rispose, intento a guardare la gente presente nel backstage del palco, insistette per delle spiegazioni.
Così gli si mise davanti, impedendogli così la visuale; lo prese per le spalle e lo scosse appena.
-Ehi! Mi spieghi qual è il problema?!-
Lo sguardo del ragazzo si diresse verso quello preoccupato del padre: stava quasi per esplodere dalla disperazione e dalla rabbia, quando decise di fargli sapere cosa aveva.
-Il mio modello è sparito!-
-Cosa?! Se ne è andato? E adesso come si fa?- lo interrogò in preda al panico il padre, mentre cercava invano di trovare una soluzione.
-Non lo so, papà! Sono nel panico più totale! Devo capire perché non è qui! Ma non posso lasciare tutto senza custodia!- si irritò Kurt, mentre si passava una mano tra i capelli, disperato.
-Okay, calma figliolo, facciamo così: io chiedo in giro se qualcuno ha visto il tuo modello e che fine ha fatto, tu rimani qui e cerca di stare il più tranquillo possibile!- propose, poi guardò l’orologio che portava solitamente al polso e lo rasserenò sul fatto che mancasse ancora più di una mezz’oretta all’inizio dello spettacolo.
Kurt accettò il piano improvvisato da Burt, capendo che non c’era altra soluzione almeno per adesso, e cominciò a mettere a posto il suo tavolo, tappezzato da forbici, stoffe, vari accessori, vestiti e molti fogli svolazzanti.
-Signor Hummel!- si sentì chiamare da una voce che conosceva piuttosto bene.
-Oh, Sig, Cortes! Come va? Ha visto che bel tempo oggi?- cercò di distrarlo Kurt, mentre mostrava il suo sorriso più smagliante.
“Che caspita ci fa lui qui?!”
-Lo sarà solo se riesce a risolvere il problema che ha tra le mani!- spiegò quasi furioso con il dito alzato.
Il ragazzo per pochi secondi si intrattenne a seguire con gli occhi il dito dell’uomo che svolazzava con velocità nell’aria, ma successivamente cercò di rivolgere la sua attenzione su ciò che gli stava dicendo.
-Problema? Quale problema?- dichiarò il giovane biondo, facendo il vago.
“Perché viene sempre a conoscenza di tutto?!”
E sforzandosi di sorridere e di sembrare sereno il più possibile si appoggiò alla scrivania con i gomiti, ma scivolò pericolosamente, fortunatamente riprendendosi per un pelo.
-Veda di non suicidarsi e si trovi un altro modello! Buona fortuna!- esclamò alla fine il suo boss, andandosene via e lasciandolo solo con la sua disperazione e con l’imbarazzo per la quasi caduta.
“Dov’è finito il boss quieto che avevo conosciuto un mese fa?! Oh, che qualcuno mi dia una mano!”- pregò tra sé e sé.
Poi prese a gesticolare furiosamente per il nervosismo, facendo così insospettire qualche suo collega che gli domandò se fosse tutto a posto e lui si limitò a fingere, ringraziando e dicendo di si.
“Dov’è mio padre?! No, devo pensare positivo e cercare di rassenerarmi…”
All’improvviso tutto gli parve che si spezzasse davanti ai suoi occhi: i suoi sogni, la sua carriera e in generale la sua vita. Era quasi impossibile non pensare negativo, ma se l’avrebbe fatto, questo sarebbe solo servito a peggiorare la soluzione.
“Meglio se mi prendo qualcosa per calmarmi…”- decise, intraprendendo una corsetta verso il distributore di bevande, situato proprio a pochi passi dal suo tavolo.
Dopo circa pochi secondi ritornò a passo veloce alla sua postazione, cominciando a bere un sorso dal bicchiere bollente e fumante e facendo aventi e indietro di pochi metri nella sala.
Nel frattempo che tutti gli altri parlavano con i modelli e li ritoccavano, li sistemavano e li modificavano, Kurt non sapeva cosa fare: non poteva iniziare nulla senza il suo modello.
Perché proprio a lui era successo? In quel giorno poi?
Pareva fatto apposta: nei mesi precedenti in cui si preparava per questo momento niente era andato storto: con i vestiti e gli accessori non aveva avuto problemi, anzi, gli venivano in mente sempre più idee con le quali sbizzarrirsi e gli sembrava proprio che fosse stato un successone; era sicuro di sé come non lo era mai stato prima, neanche quando qualcuno gli faceva un complimento su un lavoro che aveva fatto e quando il suo tutor lo lodava per aver svolto al meglio ciò che doveva fare.
Ora era depresso, triste, insicuro di sé e del suo lavoro, si sentiva solo, tremava e gli sembrava che tutto fosse sbagliato e fatto malamente.
Come riprendersi da un pensiero simile?
Forse solo una persona poteva far sembrare le cose più facili da gestire…Un ragazzo, al quale il suo cuore si era legato tantissimo e a cui aveva dato tutto il suo tempo libero, pur di stargli vicino e di fargli sentire il suo dispiacere ed il suo affetto.
Un giovane dal quale desiderava un profondo, intenso abbraccio; uno di quelli dai quali non vuoi più staccarti, uno di quelli che ti lasciano senza respiro solo per il semplice fatto che il tuo corpo e quello dell’altra persona, toccandosi lievemente, diventano uno solo…
Sentiva il dolce bisogno di uno di quei momenti, e giurava che non l’avrebbe di certo dimenticato.
Era sempre stato dell’idea che un gesto valeva più di mille parole messe insieme, e dopo aver incontrato Blaine, gli era stata data l’opportunità di confermare quest’opinione solo poggiando la sua mano su quella morbida e delicata del riccioluto.
Quanto desiderava che fosse stato lì al suo fianco, anche solo per sentirsi dire un “andrà tutto bene”.
Chiunque poteva dirlo, anche suo padre, certo, ma era convinto che non sarebbe stata la stessa cosa.
Il rumore dei passi fugaci che riuscì a distinguere tra il pesante frastuono della folla nella grande sala, lo fece ritornare alla realtà, facendolo rendere conto dell’orario e del fatto che suo padre non fosse ancora tornato.
Era tutto pronto; doveva solo scoprire dove diavolo fosse finito il ragazzo che avrebbe potuto dare una svolta alla sua carriera d’apprendista e farla diventare un gran successo…
Ma se non c’era lui, niente di ciò poteva avvenire.
“Ok, facciamo un bel respiro…”- si disse saggiamente chiudendo gli occhi ed appoggiandosi con un braccio sulla scrivania, colma di roba.
-Ciao Kurt!-
Il giovane fece un balzo spaventoso e si fece cadere di mano la tazza di camomilla che teneva, versandola completamente sulla tavola.
-Oh no, no, no, no!- esclamò disperato mentre sbuffava per il disastro avvenuto e cercava di asciugare invano il suo vestito, ormai inzuppato e odorante di camomilla.
Buttò la testa all’indietro, lamentandosi, e poi girandosi vide Carl che si portava le mani sulla bocca, visibilmente rammaricato.
-Oh cavolo, mi dispiace tantissimo!- mormorò Carl mortificato, poggiando una mano sulla spalla del giovane, sul punto di sbottare in un pianto isterico.
-Ehm…Non-non ti preoccupare..non è colpa tua! Troverò una soluzione…- lo giustificò accennando un sorriso forzato.
-No, davvero, ho combinato un disastro! Cosa posso fare per…-
-Cosa diavolo è successo, Kurt?-domandò una voce preoccupata, alla vista di un abito da sfilata gocciolante di un liquido appiccicoso, che il biondo cercava di pulire ed asciugare.
-Eh? Niente…solo..solo un piccolo incidente!- cercò di buttare lì il ragazzo, di risposta.
-Mi sembra più di un piccolo incidente! E per di più mi hanno appena riferito che il tuo modello è ammalato!- spiegò Burt, che intanto osservava demoralizzato la scrivania enormemente allagata.
-Cosa?! Come è ammalato! Non me ne possono mandare un altro?!- chiese in preda all’ira.
-Oh, temo sul serio di aver rovinato tutto!- ritené dispiaciuto il padre di Blaine, che cercava di trovare il modo più convincente di porgere le sue scuse.
-Sta tranquillo, Carl, è colpa mia! E poi per il vestito…ne ho una copia! Ma è ancora da ritoccare…- chiarì il biondino, provando ad essere convincente, anche per se stesso.
“Non poteva andarmi peggio! Perché tutto a me?!”
Non era arrabbiato con Carl, ma il cruccio che provava in quel momento gli faceva passare la voglia di trovare una soluzione.
In quel preciso istante il suo corpo aveva preso a tremare e desiderava a
-Oh, quindi lei dev’essere Carl! Mio figlio mi ha parlato molto di lei e di Blaine…Mi dispiace di non essere mai venuto in ospedale ma, sa, il lavoro chiama!- e dicendo questo Burt tese una mano verso l’uomo avvilito, per presentarsi adeguatamente.
-No si preoccupi, la capisco! Quindi presumo che lei sia Burt, il padre di questo meraviglioso ragazzo a cui ho rovinato la giornata!- e lo guardò con aria abbattuta.
-Ti prego, dammi retta Carl, è successo! Non sei tu il responsabile, davvero!- lo scusò ancora Kurt, mentre asciugava il tavolo e ricambiava un piccolo sorriso.
-Si, non si preoccupi! Possono capitare cose di questo genere, no?- intervenne suo padre, mostrando un sorriso.
-Va bene, ma almeno posso fare qualcosa per rimediare?- lo interrogò il padre del riccioluto, rivolgendosi a Burt e al ragazzo.
-Beh, ti dispiacerebbe andarmi a prendere il vestito di riserva in macchina, intanto? Temevo fosse successa una cosa del genere, quindi mi sono preparato…anche se questo non risolve il problema del modello…-
-Oh, d’accordo! E sta tranquillo…in qualche modo ce la caveremo!- gli rispose Carl incoraggiandolo e facendosi dare le chiavi della sua macchina.
-Davvero simpatico!- affermò Burt, mentre si sforzava a distogliere l’attenzione del suo ragazzo sulle varie sciagure di quel giorno.
-Si! Ma ora aiutami a trovare una soluzione che tra poco inizia la sfilata, per favore!- lo pregò umilmente congiungendo le mani e buttando via i vari ed enormi pezzi di carta con cui aveva asciugato la tavola con sopra l’abito ancora mezzo bagnato.
-Vediamo…Ci serve un altro modello! Ma visto che l’azienda non te ne può procurare altri…- lasciò in sospeso rivolgendo lo sguardo a Kurt.
Quest’ultimo lo ricambiò e si bloccò:
-Oh no, mi dispiace papà ma non puoi farmi da modello!- intervenne il ragazzo, facendo spazio sulla scrivania.
-No! Non parlavo di me…-
-Carl? Non posso chiedergli di…-
-Lascia stare Carl!- esclamò Burt, cercando di fargli capire ciò che intendeva.
Così il giovane apprendista stilista si fermò un attimo da quello che stava facendo ed alzò le spalle:
-Vuoi che chiami il Sig. Cortes?- gli disse ironicamente, immaginandosi divertito, per pochi secondi, il suo capo che si pavoneggiava sulla lunga passerella del palco.
Quella sola e breve immagine, riuscì a suscitargli un effetto “di stacco”, come se tutto quelle cose non fossero accadute, e lo fecero distrarre quel poco che bastava per mostrarsi più sollevato e rilassato.
-Che? Beh, anche quella non sarebbe male come idea…- rispose suo padre, giocando anche lui con quella bizzarra fantasia.
Ammirava il modo di scherzare di suo padre; certo, in quell’occasione forse non era proprio il momento giusto, ma che importava, tanto…poteva andare peggio di così?
E poi camuffare la preoccupazione con qualche battuta comica, non guastava mai, anzi, spesso era il modo giusto per scacciare l’inquietudine di qualsiasi situazione dalla mente (e dal corpo, poiché Kurt si era tormentato le nocche delle mani per tutto il tempo).
-Insomma, chi dovrei chiamare?- chiese infine Kurt, appoggiandosi con i gomiti sulla tavola.
Suo padre sorrise e si avvicinò a lui; lo guardò negli occhi e capì che la risposta gli era magicamente spuntata fuori e pensava fosse la più sensata.
 
 

 







AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------------------------

Yooooo guys! Sorry, ma oggi sono molto "yeaaahhh maaannn"...

 

Okey, apparte avervi mostrato lo stato di salute mentale che possiedo, come state cari??
Io oggi sto tipo un po' rimbambita (cosa che succede spesso xD)...Piuttosto, ecco qui un Kurt impanicato nell'evento di lavoro più importante degli ultimi mesi! Che ne pensate?
Hope u like it!!!! 
Un graaaande abbraccio dalla vostra autrice adorata (*fa gli occhioni ma poi capisce che potrebbe avere un attentato in questo momento e sparisce improvvisamente*    =)                                       --SkyFullOfStars_:3


        
 

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Capitolo 24
*** Here We Go! ***


24. Here We Go!
 

 
 



 
 
 
-Ok  ferma, ferma, ferma.-
La mente di Kurt aveva immediatamente concepito l’idea che suo padre aveva da poco avuto.
Era come se il suo sguardo gliel’avesse trasmesso magicamente; gli occhi di Kurt erano fissi sul pavimento della sala, che rifletteva ombre scattanti di qua e di là; il suo cuore cominciò stranamente ad intraprendere una corsa frenetica e le sue mani iniziarono a racimolare sudore.
Forse era quella più sensata come idea, ma anche quella più imbarazzante: doveva ricorrere all’unica possibilità che aveva…l’unica persona che poteva risolvere il problema..e con cui, oltretutto, avrebbe fatto anche una bella figura.
Doveva ricorrere ad Alex.
-Andiamo figliolo, è l’unica soluzione! A meno che tu non ne abbia una migliore…- lasciò in sospeso Burt, dandogli un leggero colpetto sulla spalla.
“In effetti lui farebbe al caso mio, ma…”- si bloccò preoccupato, mentre rifletteva profondamente su cosa avrebbe risposto il suo amico.
-No,no,no non posso chiedergli di sfilare! E poi avrà di meglio da fare, non credi? Non vuole di certo perdere tempo a fare il modello!- e fece per andarsene quando l’uomo lo fermò, ribattendo:
-Ascolta Kurt, innanzitutto non vedo altra soluzione; lui se la caverà poiché non mi pare bruttino da quanto mi hai raccontato…E poi che ti costa chiamarlo? Voglio dire, ti deve un altro favore dopo la storia del provino!-
Non aveva torto. E questo il biondino lo sapeva… Ma qualcosa in lui non voleva chiamarlo.
Non sapeva bene cos’era, forse timidezza ed imbarazzo di parlarci al telefono, poiché era da un po’ che non lo sentiva. Ma non poteva competere con quelle emozioni,almeno non in quel momento: aveva un problema da risolvere e solo Alex avrebbe potuto farlo.
-Va bene.- sbuffò il giovane dopo alcune profonde riflessioni.
Guardò il padre sorridente per un attimo, per poi osservarlo parlare con Carl, che era ritornato con il vestito di riserva in mano, curioso di sapere cosa si era perso.
Il suo vecchio si allontanò chiacchierando con l’uomo, e solo allora, vedendolo, si ricordò di Blaine.
Il solo pensare a quel ragazzo, al suo angioletto, a quel riccioluto che l’aveva completamente rapito, gli diede una forza di reagire incredibile, quasi spaventosa.
Era come se qualcuno gli avesse dato un’enorme spinta di partenza; dopo lunghi respiri decise di non togliersi dalla testa il volto di Blaine, che lo guardava sorridendo.
Tantissime volte si era chiesto come fosse stato quando avesse finalmente aperto gli occhi.
Purtroppo non si era mai potuto dare una risposta sicura ed una parte di sé era dispiaciuta per questo; ma l’altra parte era quasi eccitata, perché così poteva sempre immaginarsi un incontro ed un risveglio diverso.
Aveva una voglia tremenda di concepire il colore dei suoi occhi; li immaginava sempre color azzurro chiaro e non sapeva spiegarsi il motivo di ciò. Poi voleva studiare bene il movimento delle labbra, poiché le aveva viste sempre ferme e statiche, di un color rosa pallido, il quale gli suscitava una dolcissima sensazione, simile a quella che sia ha quando si tiene un neonato tra le braccia.
Fremeva dal desiderio di sentire anche la sua voce; come sarebbe stata?
Roca e cupa come quella del Sig. Cortes? No, non poteva essere così tenebrosa.
Doveva probabilmente essere molto dolce e delicata, così soave che l’avrebbe rapito dalla prima sillaba.
“Non vedo l’ora di incontrarti, piccolo.”- rifletté con un piccolo sorriso sul viso.
Così, stimolato da quel pensiero, con decisione afferrò il suo cellulare che teneva in tasca e, passeggiando un po’ nervosamente, digitò il numero di Alex e portò l’aggeggio al suo orecchio, attendendo una risposta.
Cominciò a preoccuparsi dopo molti squilli.
“Cavolo…Lo sapevo! Dai, rispondi ti prego, ti prego, ti prego!”- supplicò Kurt tra sé e sé.
Anche se provava imbarazzo a chiamarlo, desiderava che Alex rispondesse perché in questo momento era l’unico che poteva salvare lui ed il suo futuro.
Altri squilli senza risposta.
Kurt fu preso da un leggero sconforto e fu sul punto di interrompere la chiamata quando, una voce appena assonnata, biascicò qualcosa di buffo dall’altro capo del telefono.
-…Ehm? Pro..pronto?- si udì tra uno sbadiglio e l’altro.
-Per l’amore del cielo, Alex! Allora ci sei!- esclamò Kurt per la contentezza.
-Eh? Si…Kurt sei tu?- ribatté il ragazzo mezzo addormentato.
-Si, sono io!- rispose euforico il biondino, per poi accorgersi che Alex non ricambiava perfettamente  la sua felicità. -Ehm…dormivi per caso?- chiese curioso l’apprendista, quasi certo di infastidirlo e dando una veloce occhiata al suo orologio da polso, che segnava le quattro di pomeriggio.
-Si…cioè no, no…figurati…- si riprese il brunetto al telefono, mentre suscitava in Kurt un certo dubbio.
-…Mi dispiace se ti ho svegliato…non volevo…ora ti lascio stare…-
-No! No,no aspetta, ti prego non attaccare! Dimmi, che è successo?- lo fermò il bruno, capendo che ci fosse qualcosa che non andava.
-…Ma no, è tutto a posto! Solo un piccolo contrattempo, ma visto che tu hai di meglio da fare …non fa niente, davvero!- cercò di concludere Kurt, sentendosi in imbarazzo per averlo disturbato.
“Come ho potuto essere così stupido?! E’ ovvio che è impegnato..anche se dormiva!”- si rimproverò duramente.
-Kurt…- lasciò in sospeso l’altro ragazzo, con voce decisa.
Pochi secondi di silenzio bastarono per far capire al biondo che doveva spiegargli cos’era successo e che Alex era disposto ad aiutarlo.
-…Beh, ecco, il fatto è che oggi ho una sfilata importante qui dove lavoro e…e il mio modello non c’è, quindi pensavo…pensavo che…che tu avresti potuto aiutarmi…ma…ma tranquillo, mi inventerò qualcos’altro! Ora vado…-
-Ehi, ehi, ehi, frena, frena!- lo bloccò Alex dal chiudere la chiamata.
Kurt ubbidì al suo amico e, anche se con enorme imbarazzo, lo ascoltò attento.
-Vuoi…vuoi che ti faccia da modello alla sfilata importante dell’ azienda in cui lavori?- ripeté il moro, portando il giovane apprendista ad accennare un piccolo “si”.
-…Ma se non ti va fa niente! Non voglio…-
-Va bene, Kurt.-
-Ecco, visto? Avevo ragione! Non… che hai detto scusa?-
Una risatina divertita da parte di Alex lo fece smettere di parlare tutto d’un fiato e lo portarono ad indossare un sorrisetto trattenuto da una valanga di euforia.
-Ho detto che è ok! Dopo tutto devo ancora sdebitarmi per il provino…- lasciò in sospeso il moretto, quasi con un accenno d’imbarazzo.
-…Ma non l’avevi già fatto con il famoso pranzo?- lo incastrò Kurt mentre aspettava che una risposta emergesse dal silenzio che si era creato.
-Ehm…si… ma…non importa, ok?- si sentì ribattere da una voce poco decisa.
Questo provocò una piccola ed innocente risata da parte del biondino, per poi precisare i dettagli per l’incontro.
-Grazie, Alex, sei un’amico!- concluse Kurt, sorridendo.
-Dimmi qualcosa che non so, tesoro. Arrivo subito!- obiettò l’altro, per poi chiudere la telefonata.
“Oh santo cielo…meno male che c’era lui!”- si disse tra sé.
-Allora? Tutto risolto?- domandò Carl, curioso, che aveva già saputo tutto da Burt con una breve chiacchierata.
Kurt gli fece cenno di sì e sorrise, dirigendosi poi ad aggiustare e modificare il suo vestito di riserva, posato  sulla scrivania.
-Ragazzi, ragazzi!- chiamò l’attenzione una vocina squillante di una delle segretarie del capo.
-Tra meno di dieci minuti di comincia! Buona fortuna a tutti!- esclamò dirigendosi oltre il palco.
Un brivido freddo fece visita a Kurt, cominciando ad agitarlo e a fargli sudare viso e mani.
Intanto lui cercava di cucire e di ritoccare qua e là, anche se nervosamente, fino a che non si ritrovò lo sguardo misterioso di Alex che lo osservava incuriosito.
-Oh, sei già qui!- esclamò sollevato, lasciando in sospeso il suo lavoro ed abbracciandolo fugacemente.
-Te l’avevo detto che avrei fatto subito!- disse l’altro, ricambiando l’abbraccio.
-Allora, dov’è il mio vestito..capo?- chiese ironicamente mentre posava la sua roba sulla scrivania.
-E’ qui!- esclamò Kurt rimettendosi a lavorare per finire gli ultimi ritocchi.
Lo sguardo dell’arrivato si posò su una distesa di tessuto di un bianco splendente, un completo di giacca, pantaloni bianchi e camicia sul grigio chiaro, con accanto una cravatta rosa a pois marroni, un fazzoletto da tasca marrone e delle scarpe simili a mocassini bicolore, marroni e bianchi.
-Oh…ehm…wow…- blaterò Alex, stupito da tutto quel lavoro fatto così bene e con cura nei dettagli.
-Kurt,è davvero fantastico!-
-Grazie…-arrossì il biondino, anche se cercò di non farlo notare da nessuno.
-Ciao Alex!- esclamò Burt porgendogli una mano.
-Salve Sig. Hummel!-
-Oh,- si lamentò l’uomo – quante volte devo dirtelo? Mi chiamo Burt! Sentirmi chiamare così mi fa sembrare ancora più vecchio!-
-Ok- rise- giusto, Burt.- si corresse il brunetto, ricambiando la stretta di mano.
-Così va meglio…-
-Papà, dov’è Carl?- chiese Kurt prendendo da parte il padre e corrugando la fronte, curioso.
-Oh, è andato a prendere un caffè per tutti…L’ha offerto lui e non mi ha permesso di rifiutare!- alzò le saplle l’uomo, dopo aver indicato con un dito la direzione dove si era diretto il papà di Blaine.
-Allora, cosa aspetti a farglielo indossare, figliolo?- continuò il padre di Kurt, poiché non vedeva ancora Alex indossare l’abito bianco.
-Eh? Ah, si, si! Và lì dietro e…metti tutto!- gli ordinò sorridendo il biondino, indicandogli con un dito un camerino poco distante con un cartellino con su scritto “K. Hummel”.
Alex ubbidì e, in non più di due minuti, riuscì ad uscire fuori dalla tenda del camerino tutto ben vestito di bianco.
“Wow.”- pensò Kurt, cominciando ad arrossire. Burt applaudì ridendo, soddisfatto di ciò che ammirava.
-Che ne pensate?- li interrogò il brunetto, intraprendendo una piccola piroetta su se stesso.
-Va benissimo!- rispose veloce Kurt, per paura che qualcuno potesse accorgersi del suo lieve rossore, se non diceva subito qualcosa.
Poi si diresse verso di lui e gli sistemò bene i capelli, con una mano imbrattata di gel.
-Oh, fantastico!- esclamò Alex mentre il biondino dava varie pieghe ai suoi capelli color castano scuro.
La vicinanza tra i due era ridotta al minimo ed entrambi potevano sentire l’uno i respiri dell’altro…
-Ok, fatto!- affermò il biondo affrettandosi ad allungare quella pericolosa vicinanza.
Non sapeva bene cosa l’avesse preso, ma non voleva stare troppo vicino ad Alex, perché temeva che il suo sguardo si potesse incatenare al suo, agitato e confuso.
Da quando aveva chiarito che era completamente innamorato di Blaine, non voleva pensare all’attrazione che provava per il brunetto, ora intento ad aggiustarsi soddisfatto allo specchio interno del camerino.
Solo il guardare Alex gli ricordava la sua attrazione che provava e questo lo faceva sentire una specie di “traditore” nei confronti del riccioluto, come se fosse impegnato con lui.
Ma c’erano momenti in cui l’attrazione era davvero forte e Kurt cercava di evitarla o di bloccarla il più presto possibile, come aveva fatto poco fa in quella vicinanza ridotta.
Ma su di una cosa era più che certo: ciò che provava per il suo angelo non era lo stesso per Alex.
Amava Blaine, questo era  l’importante.
Intanto che rifletteva, osservava la massa mascolina del brunetto e, rendendosi conto che i suoi occhi ammiravano solo il suo corpo ben scolpito, tentò con tutta la sua volontà di concentrarsi sui dettagli del vestito e sulle recenti modifiche che ci aveva fatto.
-E’ a posto!- affermò alla fine, dopo varie osservazioni.
Alex lo guardò per un attimo, prendendolo alla sprovvista e costringendolo a dirigergli a sua volta lo sguardo…Un sorriso da parte del brunetto lo portò a soffermarsi per un istante sulla sua bocca, carnosa e ben delineata.
-Sto bene, eh?- domandò facendogli l’occhiolino.
-Eh? Si, si, ti dona questo vestito…- rispose Kurt, offrendogli un sorrisetto terribilmente imbarazzato.
-Beh, è merito tuo, amico. E poi le taglie sono perfette!- affermò incredulo Alex, rivolgendo di nuovo lo sguardo interessato allo specchio.
-Grazie. Eh già!- ribatté il giovane biondo, tirando un profondo sospiro di sollievo.
-Wow, tu devi essere il famoso Alex!- esclamò una voce sorpresa, che s’intromise nel discorso.
La figura di Carl apparve di nuovo, con un vassoio marroncino tra le mani e con aria incredula davanti al capolavoro di Kurt.
-Ehm…si, sono io! Lei.. è?- chiese incuriosito Alex, mentre con una mano si teneva un lembo della giacca bianca.
L’uomo, veloce, cercò un piano su cui posare il vassoio che portava e poi, con estrema eleganza, gli porse una mano, la quale fu ricambiata subito dal ragazzo.
-Io sono Carl Anderson!-
-Oh, si, Kurt mi ha parlato di lei e dell’incidente…- spiegò il giovane mentre assumeva un’aria mesta.
-Mi dispiace tantissimo per suo figlio.- dichiarò mentre concludeva la stretta di mano.
-Grazie, ma comincia a darmi del tu, eh!- lo minacciò con ironia l’uomo, provocando una leggera risata da parte di entrambi.
-Bene, ora che vi siete conosciuti, direi che è ora di andare in scena…Ed io sto morendo dall’ansia!- confessò Kurt che nel frattempo aveva ripreso a torturarsi nervosamente le nocche delle mani.
A quel punto Alex rise appena e si avvicinò a Kurt, poggiandogli una mano leggera sulla spalla, tutta tremante.
-Andrà bene! Cerca di rilassarti e di divertirti! E poi se non vinciamo…beh, i giudici dovrebbero cambiare lavoro!- esclamò per sdrammatizzare.
Riuscì a farlo ridere e a tranquillizzarlo per un po’.
-Alex ha ragione!- intervenne suo padre per rassicurarlo ulteriormente.
-Guarda il lavoro che hai fatto: è splendido! E questo non scapperà ai giudici!- continuò Burt indicando il vestito addosso al brunetto, il quale annuiva di continuo.
-I dettagli sono molto importanti, Kurt. E tu li hai curati con vera e propria manualità!- intercedette anche Carl, cominciando a porgere il caffè a tutti.
-Grazie davvero.- si limitò a dire Kurt, preso completamente dall’emozione.
Tutti poi ringraziarono Carl e bevvero il caffè, anche se il biondino fu l’ultimo a gustarselo per bene, poiché lo mandò giù con due sorsi per via del tremolio da cui era avvolto e dal battito cardiaco troppo accelerato.
Tra un sorso e l’altro rifletté all’importanza di quelle quattro persone che aveva avuto con sé: suo padre (che c’era sempre stato) e che gli faceva da supporto morale; Carl, che si rendeva utile anche con il contrattempo avvenuto; Alex, che aveva sostituito il suo modello mancante e gli aveva così risparmiato una brutta figura ed un futuro bruciato.

E poi c’era Blaine che, anche se non fisicamente, mentalmente era stato con lui per tutto il tempo.
Sentiva come se il suo cuore ed il suo fossero stati messi vicini, come se potesse udirlo battere accanto al suo… Era strano, forse quasi ridicolo, ma era così che vedeva il suo angelo.
In ogni momento, in ogni luogo, in ogni cosa che faceva…Blaine era sempre con lui.
Questo lo faceva sentire così protetto e così difeso da qualcuno, che non poteva (e non voleva) smettere di pensarla in questo modo.
O forse era solo una stupidaggine? Forse Blaine non si sarebbe mai svegliato. Mai più. Per colpa sua.
Kurt pensava assorto, con il bicchierino di plastica del caffè in mano, ormai vuoto.
I suoi occhi erano fissi  sul pavimento, di nuovo, e sentiva un’enorme paura salirgli addosso, all’improvviso.
-Kurt,- gli si avvicinò Carl - va tutto bene?-

Lui fu come scosso e diresse il suo sguardo vitreo verso gli occhi scuri e preoccupati dell’uomo.

Annuì.

Carl esitò per qualche secondo, capendo che fingeva, e così decise di prenderlo da parte e chiedere di più.
Lo accompagnò delicatamente, con una mano sulla schiena, vicino al camerino, approfittando della distrazione di Alex e Burt per la cravatta rosa a pois, che adornavano con una sacco di commenti positivi.
-Ragazzo, ti conosco da poco, ma ho inteso che qualcosa ti preoccupa…Che succede?- arrivò dritto al punto il papà di Blaine.
-…E’ che…è che ho paura, Carl.- confessò finalmente il biondino, dirigendo nuovamente lo sguardo per terra.
-E di che cosa? Sei stato bravissimo con il tuo lavoro!- ribatté l’uomo, con l’intento di rianimarlo.
-…E se ai giudici non piacesse? E se avessi sbagliato? Di nuovo? L’ho già fatto con Blaine, non voglio fare un altro grande errore!- sbottò il ragazzo, trattenendo a fatica le lacrime.
L’uomo esitò a rispondere, limitandosi a mostrare dispiacere.
-L’ultima volta che ho provato a fare una cosa…guarda cos’è successo! Ed ora? Non voglio combinare un altro disastro! Non mi sembra di avere più il controllo di me stesso! Non ho più fiducia in me! E se continuo così non ce ne avrò neanche un po’ per il risveglio di Blaine!- spiegò singhiozzando lievemente il giovane.
-Ok, Kurt, basta! Tu devi credere in te stesso! Guarda che capolavoro che è venuto fuori facendolo!- ed indicò il completo bianco di Alex.
-Ascoltami,- e gli afferrò le spalle per costringerlo a guardarlo.- ti devi perdonare per quello che è successo. Tutti fanno degli errori, Kurt, tutti.- spiegò deciso il padre del riccioluto, mentre provava compassione per il ragazzo piangente davanti a lui.
-Ma questo non vuol dire che non si possa rimediare! E poi devi avere fiducia che mio figlio si svegli..Ho capito quello che provi per lui, ragazzo.-
“Oh, bene, facevo prima a prendere un megafono e gridarlo a tutti.”- rifletté Kurt, imbarazzato.
-L’ho capito dal primo giorno che ti ho visto…Ecco perché mi sono alterato così! Il modo in cui lo guardi, come gli sorridi anche se non vieni ricambiato…La dolcezza con cui gli prendi la mano, così delicatamente…Sei un ragazzo fantastico, Kurt. Ed io desidero tanto che Blaine abbia accanto uno come te, soprattutto dopo che io e lui abbiamo avuto una brutta discussione…- e tirò un sospiro.
-Devi essere forte. Dobbiamo tutti. Lo devi essere per Blaine.- disse sorridendo ad un leggero rossore da parte dell’apprendista, anche solo alla nomina di quel bellissimo nome.
-Credi, Kurt.- concluse abbracciandolo fortemente.
Le lacrime del ragazzo si erano ormai asciugate sul volto, ancora tracciato da un lieve rossore; capiva perfettamente ciò che Carl gli aveva appena riferito ed era d'accordo su tutto. Forse non doveva essere così duro con se stesso...
I suoi occhi erano gonfi ed ora il suo grazioso viso, simile al colore della porcellana, era dolcemente appoggiato sulla spalla dell’uomo.
-Ehi, cos’è successo qui?- chiese curioso ed un po’ preoccupato Burt.
-Tutto a posto, papà.- lo rassicurò il figlio, interrompendo l’abbraccio.
-Sembrava una puntata di un telefilm strappalacrime!- se ne uscì Alex, dando inizio ad una grossa risata da parte degli altri.
Buon pomeriggio, signori e signore! Un caloroso benvenuto dalla “Fashion Style”!
Kurt balzò appena udì una voce femminile annunciare queste parole con euforia.
Subito dopo seguì un grosso applauso ed il cuore di Kurt cominciò a fare le capriole.
“Ci siamo!”

 




 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------------------------------------------------------------------


Salve, popolo fanfictionus (?)!
Lo so, lo so, sto messa male eheheh :P 
Anyway, come va ragazzi? Io oggi sono di buon umore :)
Let's talk about the chapter: ora avete scoperto la soluzione che aveva in mente il nostro caro Burt, riguardo il problema del modello...Avevate thinkato (????) a qualcos'altro voi? Se vi va, scrivetelo! Sono taaaaaanto curiosa di sapere :D  Abbiate pietà per lo spazio recensioni *-*  
*dice una preghiera per la barra recensioni*
E che ne pensate della chiacchierata Hummel/Anderson?
Ci vediamo nei prossimi capitoli!!!!                                                Besitossss                                             -SkyFullOfStars_<3

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Capitolo 25
*** Success or...Love? ***


25. Success or…Love?
 

 






 
 
 
L’agitazione era tanta ed il biondino si sentiva come se avesse corso una maratona il più veloce possibile; il cuore gli sobbalzava nel petto come impazzito e batteva così velocemente che, per un attimo, temette che potesse uscirgli dalla gabbia toracica.
Tutto quello che sentiva e vedeva, contribuiva a gettargli addosso solo nervosismo: la sala colma di bei modelli, i suoi scattanti colleghi che li adornavano con vari accessori colorati, il chiacchierio della folla dalla parte opposta della passerella da sottofondo e l’odore insistente di lacca e di gelatina per capelli mischiati insieme era davvero in grado di immergerti in un altro mondo.
Kurt osservava curioso gli altri partecipanti della gara, ma notò che lui era il più agitato.
“Ma perché gli altri se ne stanno tranquilli e quieti mentre io sto qui ad impanicarmi?!”- si chiese con isteria, mentre ricorreva a tormentare le sue mani per scaricare un po’ di tensione.
“Vorrei tanto che fossi qui, Blaine”.-
Non desiderava altro. Aveva bisogno di lui. A tutti i costi.
Ma mentre lui moriva dalla voglia di averlo lì con sé, sapeva che il riccioluto se ne stava all’ospedale, a combattere tra la vita e la morte. Questo lo divorava dentro lentamente e profondamente…Gli veniva ancora più voglia di stare vicino a lui in questo momento…
Parecchie volte aveva tentato di scappare dalla realtà, da tutto e da tutti…Ma alla fine aveva capito che non si può fuggire dai problemi…L’unico modo per annientarli è…affrontarli.
Suo padre gli era stato molto vicino, e forse anche grazie a lui era riuscito a diventare la persona che è oggi.
Ora doveva reagire, assolutamente. Questo era uno dei momenti in cui, tutto quello che hai imparato, ti viene messo alla prova dalla vita. E ce l’avrebbe fatta.
“No, non posso lasciarmi andare adesso…Carl ha ragione: devo essere forte.”- concluse e, con un’incredibile voglia di farcela presa dal nulla, riuscì a stringere i pugni e a riprendere il controllo di se stesso.
-Ok,- disse Kurt richiamando l’attenzione degli altri – Alex, tu cerca solo di imitare un modello e quindi di recitare, visto che è quello che sai fare meglio.- gli ordinò gesticolando nervoso.
-Sei sicuro che sia questo quello che so fare meglio?- gli sussurrò l’altro avvicinandosi furtivo all’orecchio, provocandogli un piccolo brivido.
“…Oh Dio.”-pensò quasi in bilico tra l’imbarazzo e l’incredulità di quel momento.
Kurt si soffermò un attimo su quella frase, ma poi sorvolò, poiché lo spettacolo era già iniziato e lui non voleva certo farsi scappare o rovinare la sua più grande opportunità di lavoro.
-Ehm…voi restate qui dietro e mi farete da sostegno morale, d’accordo?- stabilì il ragazzo rivolgendosi a suo padre e a Carl, stupiti dal suo cambiamento d’umore.
-Ok! Ma, figliolo, solo cinque secondi fa eri in preda al panico; ora invece sembri molto più convinto di te stesso! Hai vinto una collana di diamanti o cosa?!- scherzò suo padre, vedendolo così deciso e convinto.
-No papà!- rispose ridendo, divertito da quell’ipotesi. –E’ che tu mi hai sempre insegnato che i problemi, o qualunque ostacolo che ti si presenta davanti, va affrontato…quindi sto solo seguendo ciò che mi hai suggerito…- spiegò, suscitando così in Burt un lieve brivido di contentezza.
-Bisogna credere ed essere forti.- e diresse lo sguardo a Carl, che gli sorrise annuendo soddisfatto.
Aveva trovato un amico ed ora quest’ultimo lo guardava con grande ammirazione e con un enorme sorriso a trentadue denti.
-Beh, ora basta altrimenti mi metto a piangere!- dichiarò Burt, abbracciando suo figlio.
-Oh, tutte queste smancerie! Sul serio vi state preparando per una puntata di un telefilm strappalacrime?!- si insinuò dicendo Alex, che ebbe come risposta una risata dagli altri.
-Si va in scena!- esclamò Carl mentre passava davanti al brunetto, sorridendogli.
Uno squillo di un cellulare interruppe quel momento, colmo di euforia ed adrenalina.
Tutti si guardarono l’un l’altro, .
-Ragazzi, di chi è?- s’incuriosì Burt.
-E’ mio! Scusatemi, dev’essere  il meccanico…Torno subito!- chiarì sorridente l’uomo, dirigendosi verso l’uscita dell’azienda.
Kurt gli sorrise come risposta, anche se aveva un brutto presentimento. Lasciò correre per avviarsi verso il suo nuovo modello, il quale ora cominciava a sentirsi addosso la pressione.
-Ehi, straniero, sei pronto per sfilare?- indagarono due occhi chiari, scrutando per bene la figura slanciata del moro.
-Ehm…si…sempre…- tentennò Alex, cominciando a provare paura.
-Ehi, sta tranquillo, andrai alla grande! Guardati: stai benissimo!- gli fece notare indicandogli l’abito bianco di seta che portava.
Il bruno gli diede retta seguendo il suo dito che delineava tutto il suo corpo. Poi un piccolo sorriso fu accennato dal viso visibilmente teso.
-Si, ma…non mi sono mai trovato in una situazione del genere! Voglio dire…sono un attore, ma tutto questo mi da solo nervosismo!- e poi sbuffò angosciato.
-Scusami, non dovrei farmi prendere dall’irritabilità…ma mi succede sempre prima di ogni cosa importante che faccio…per qualcuno…- lasciò in sospeso scrutando per terra.
Kurt sorrise a quell’affermazione ritenendola molto dolce, ma quel “per qualcuno” aveva aggiunto un pizzico di curiosità al tutto.
“Che intende?”- domandò a se stesso, mentre osservava il giovane di fianco a lui aggiustarsi la giacca con uno strano imbarazzo.
“Che buffo: non l’avevo mai visto in questa prospettiva!”-
Alex si muoveva in continuazione, deglutiva nervosamente e non riusciva a posare il suo sguardo sfuggente su Kurt.
Le mani gli sudavano ed il suo respiro aveva iniziato ad accelerare. Dopo di che ne tirò uno profondo e definitivo, per prepararsi a sfilare in passerella.
-Ehm…Mi raccomando, non fare lo scemo e cerca di imitare il più possibile un comune modello!- gli pregarono due occhi azzurri che brillavano per l’emozione.
-Ok…farò del mio meglio…- gli rispose una voce affievolita e quasi tremante.
Il biondo gli sorrise timidamente e, proprio in quel preciso momento, gli parve che tutto stesse andando per il meglio. Ogni cosa era al suo posto, finalmente; tante volte nella sua vita precedente aveva desiderato avere quest’incredibile certezza, quella di essere certo che tutto ciò per cui hai lavorato duramente e per cui hai lottato e dato tutto te stesso andasse nel verso giusto.
Con chi ti tartassava a scuola, non era proprio facile provare quest’emozione, ma ora…ce l’aveva fatta.
Il suo futuro dipendeva tutto da un completo bianco di seta. Buffo, eh?
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno sarebbe andato a vivere a New York, la città dei suoi sogni, a fare il lavoro che aveva sempre desiderato fare? Ed ora una grande opportunità gli aveva bussato alla porta…era fiero di averla aperta.
Tutto questo lo doveva a suo padre, che l’aveva sempre incoraggiato, nonostante lui avesse i suoi problemi, ad andare avanti e a non mollare…Ma forse anche lui stesso aveva contribuito in qualcosa.
La sua forza di volontà, la tenacia ed il credere nei suoi sogni avevano dato modo di fargli vivere tutto questo.
Si sentiva realizzato, felice, supportato…Poteva andare meglio di così?
-Kurt!- si sentì chiamare da suo padre, che interruppe tutte le sue positive riflessioni.
Il ragazzo si girò di scatto e con lui anche Alex; osservò Burt che camminava veloce verso di lui, con un’aria piuttosto curiosa.
-Che succede?- chiese l’apprendista mentre si dirigeva verso l’uomo.
-Ascolta, Carl ha detto che devi venire subito da lui. E’ nell’ingresso sud e…mi sembrava piuttosto preoccupato…Io gli ho detto che era quasi il tuo turno, ma lui ha insistito! -spiegò suo padre alzando le spalle impotente.
“Venire da lui?”- ripeté nella sua testa, annebbiatasi di tanti pensieri che si sovrastavano l’un l’altro.
“Non posso lasciare Alex e tutta la gara!”- e controllò l’orario dal suo orologio da polso, essendo indeciso su cosa fare.
-Kurt, va tutto bene?- gli chiese accorgendosi della sua reazione inquieta.
-Spero di si, ma sta tranquillo…- lo rassicurò. -Io vado a vedere cosa è successo…- decise alla fine.
–Tu resta con Alex, intesi papà?- ed osservò un po’sollevato il capo di suo padre che annuiva.
-Torno subito!- gridò mentre usciva dalla porta della sala con una corsetta veloce.
-Qualche problema, Burt? Dov’è…-
-E’ andato un attimo fuori, Carl l’ha chiamato…Ma penso sia tutto a posto.- assicurò con un sorriso incerto ad un Alex curioso. In realtà neanche lui era convinto che fosse così. Solo Carl poteva saperlo.
Ogni passo era un dubbio per Kurt, ma almeno una certezza ce l’aveva: di sicuro Carl non era al telefono con il meccanico.
Nel corridoio che percorreva poteva udire solo i suoi passi fugaci e decisi, ed il suo respiro quasi affannato.
L’inquietudine cominciò a scorrergli nelle vene, di nuovo, e la sua testa iniziò a decifrargli le varie domande confuse che gli si erano create.
Lui scuoteva la testa, impaurito, spaventato dalle possibili risposte e si rifiutava di rifletterci su.
Aumentò il passo, facendosi così venire il fiatone; tutte le preoccupazioni vennero a lui e lo stato d’animo felice e deciso che aveva poco fa era come svanito nel nulla. Risucchiato da quella misteriosa telefonata.
Kurt nel frattempo si sforzava di pensare positivo e di non temere nulla: poteva averlo chiamato magari per qualche informazione, oppure per…
“E se fosse qualcosa di grave?”- gli suggerì un pensiero che s’intrufolò nel suo tentativo di vedere positivo.
Il suo corpo gli inviò un brivido di risposta, ma questo era diverso dagli altri: era più intenso e l’aveva sentito arrivare fino alle punte delle dita.
Le lacrime lo avvertirono del loro arrivo; non sapeva neanche perché stava per piangere e perché il suo corpo reagisse così ad una cosa che neanche conosceva. Non ancora almeno.
Si concentrò sul motivo di quella reazione, un po’ per distrarsi, un po’ per calmare se stesso, sia dentro che fuori. Ora anche le dita gli tremavano, il fiato era accelerato e la fronte gli sudava freddo.
Combattendo ardentemente tra i suoi pensieri e le sue profonde riflessioni, riuscì ad arrivare finalmente da Carl.

Ora si ritrovava fuori, all’entrata posteriore dell’azienda: con un ultimo respiro affannato si affacciò svelto allo stipite della porta, aperta, e scorse un uomo con i capelli ricci che faceva avanti e indietro e si rigirava il telefono tra le mani, a pochi passi dall’ingresso.
Il cuore del ragazzo si intenerì parecchio a vederlo così preoccupato. Così, senza attendere ancora, decise di andargli incontro e capire una volta per tutte quale fosse il problema e quindi perché aveva richiesto la sua presenza.
-Carl!- chiamò Kurt ad alta voce, permettendo all’uomo di girarsi dalla sua parte.
Il viso rigato dalle lacrime e gli occhi rossi e gonfi, portarono il giovane a pensare al peggio.
-Oh mio Dio, Carl, cosa c’è?!- accorse vicino a lui, prendendolo per le spalle e cercando di farlo parlare.
L’uomo era tutto un brivido tra le braccia del ragazzo, ma tra un singhiozzo e l’altro riuscì a spiccicare qualche parola.
-K-Kurt…No-non..- e strinse gli occhi, come per non voler continuare a dire niente, frenando e trattenendo le parole.
-Cosa? Carl, ti supplico,spiegati?!- lo riprese scuotendolo delicatamente.
Ora solo l’agitazione gli scorreva furtiva in tutto il suo corpo inquieto, inquieto di sapere e di capire.
Temeva che Carl avrebbe potuto crollargli tra le braccia, e per questo motivo intervenne:
-Ehi, avanti, ti prego, dimmi che succede!-
Due occhi piangenti lo guardarono in modo triste, ed una voce incerta sussurrò:
-..B-Blaine..è…-
Il cuore del ragazzo di fermò improvvisamente solo dopo quelle due parole.
Le sue braccia non gli ressero e lasciarono la presa delle spalle dell’uomo.
Indietreggiò lentamente, pugnalato a morte dallo spavento…
“No…dimmi che…non…non può essere quello che penso!”- supplicò nella sua testa, desiderando con tutto il cuore che si sbagliasse.
Tutti i suoi pensieri positivi gli si erano spezzati davanti agli occhi…erano ormai distrutti. Quelle parole, quel nome l’aveva terrorizzato e bloccato le parole che voleva dire.
Dentro di sé cominciò a sentire uno strano bruciore che lo costrinse a portarsi una mano sul cuore.
Avrebbe potuto improvvisamente non battere più.
Tutto gli sembrava impossibile ed assurdo…Tutta la forza accumulata cominciò a lasciarlo miseramente…
Le lacrime allora ritennero adatto il momento per farsi spazio sulle guance trepidanti di Kurt… Le sue labbra erano secche, al contrario dei suoi occhi, lucidi e vitrei, rapiti da quella brutta sensazione che era la voglia di scatenare un inferno.
Forse non sarebbe servito a niente farlo, visto che la sua mente ci stava già pensando.
Il biondo strinse gli occhi e si portò una mano tremante sulla bocca, come per non voler credere a quella notizia…
“No…non può essere…-“- gli faceva male la testa per il troppo pensare ed ogni cosa intorno a lui gli appariva sfocata ed incomprensibile.
Il suo corpo iniziò ad urlare letteralmente, facendolo quasi cadere in ginocchio per il dolore…
Eppure sentiva ancora in lui una piccola, innocua speranza che non si era spenta e che non era stata spazzata via dalle tremende brezze della paura che aleggiavano in lui.
Decise di chiedere un’ultima volta se quello che gli passava per la testa in quell’istante fosse vero, così, con le sue ultime briciole di forza rimastegli, s’incoraggiò a dire con voce spezzata:
-Carl…dillo…Blaine cosa?...- e fu distratto per un attimo da una lacrima che tracciava il suo corso sulla sua pelle di porcellana.
-…Blaine è…è stato ricoverato per delle complicazioni…Ho paura di perderlo, Kurt.-
“Allora è ancora vivo.”- si disse dentro di sé, sollevato da quell’affermazione.
In quel preciso momento era tutto quello che voleva sentirsi dire: Blaine era ancora in vita.
Il mondo gli sembrava di nuovo reale dopo quell’informazione. Aveva temuto il peggio.
Ora il corpo stava riprendendo il suo controllo e lui intanto si malediva per aver pensato anche solo per un momento in modo negativo…Ma il dolore poteva essere così grande da farlo piegare in ginocchio ed urlare forte il nome del suo angelo, fino a scaturirne una rabbia terribile.

Non poteva lasciarlo andare, non adesso.

Aveva bisogno di lui.

-Q-quindi non…- e deglutì, accompagnato da una lacrima liberatoria che scendeva dal suo viso – non è…morto…-
-No! Santo Cielo no!- esclamò Carl, mentre singhiozzava.
Poi quest’ultimo sia avvicinò incerto al ragazzo; non poteva vederlo così. Aveva inteso che i suoi pensieri l’avevo portato su un’altra strada…quella peggiore. Era mortificato per averglielo lasciato credere e adesso era lui a cercare di consolarlo.
-Kurt…Non volevo fartelo neanche pensare…mi dispiace…- si giustificò, riprendendo un leggero pianto.
Il ragazzo era distrutto; non riusciva a capire cosa stesse succedendo…Tutto l’apparente dolore che aveva provato prima sulla sua pelle ora si stava alleviando, lasciandogli però ancora delle piccole tracce…
Si buttò in ginocchi, sul freddo asfalto sotto di lui che li circondava. Tutto ciò che vide allora era il nero mezzo offuscato dalle ultime lacrime rimaste.
La sua mente, forse per lo spavento, per il terrore provato non riusciva a mandargli nessun impulso, se non quello di battere per una sola volta le palpebre.
-Ragazzo!- gridò spaventato Carl, osservando un corpo fermo come se non avesse vita, in ginocchio, impassibile. Così si piegò anche lui e gli prese le mani.
-Sono mortificato…credevo davvero che fosse…- e fu interrotto da una lacrima che gli rubò la scena.
-Mi hanno chiamato dall’ospedale e mi hanno comunicato che aveva avuto un arresto cardiaco…un altro…- e fece una pausa, controllando il corpo del giovane biondo che respirava a malapena, con il capo rivolto verso terra.
-Ascoltami…- lo richiamò cercando di dirigergli lo sguardi verso i suoi occhi lacrimanti. Il biondino alzò finalmente alzò la testa, mostrando due occhi distrutti, gonfi e rossi, desiderosi di un po’ di pace.
-Ti ho chiamato perché Blaine ha bisogno di te. Adesso più che mai. Dobbiamo correre lì…ti prego Kurt…- lo supplicò abbassando piano la testa per permettere ad altre due lacrime e due singhiozzi di fare il proprio dovere.
“Blaine ha bisogno di me…”- echeggiò nella sua mente, che ora stava riprendendo il controllo.
Quella frase lo svegliò completamente, regalandogli di nuovo quel calore che provava ogni volta che sentiva quel  nome.
Delicatamente, poggiò una mano sulla spalla dell’uomo piangente vicino al suo addome; Carl lo guardò con occhi pieni di speranza e fu rincuorato quando il piccolo sorriso del biondino gli regalò un confortante miraggio.
-Se Blaine ha bisogno di me, io ci sarò.- riuscì finalmente a dichiarare, fiero di se stesso per aver detto ciò.

Ma poi qualcosa lo bloccò, qualcosa che sentiva importante e necessario fare: si rese conto che si trovava di fronte ad una scelta: scegliere il successo o scegliere…l’amore?









 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------------------------------------------

Hi there :) Lo so, lo so....scommetto che ce l'avete con me perchè vi ho fatto prendere un colpo...Beh... Sorry (Not Sorry :P) <3
Mi dispiace eheheh ma non ho potuto non farlo ahah!!! Immagino le vostre facce xD 
Okkey, ora magari la smetto, altrimenti mi ritrovo qualche fanfictioners con un fucile puntato verso di me ': /..... *si guarda intorno sospettosa e si nasconde sotto il tavolo per sicurezza*

Ehm, ehm...spero solo che vi sia comunque piaciuto tanto, apparte il piccolo finto infarto che vi ho fatto prendere =P
Vi mando taaaaaanti baciiiiiiii <3          
P.S. So che dovrei caricare il capitolo martedì, ma questa settimana lo carico prima perché martedì sarò impegnata, ma comunque continuerò a pubblicare sempre ogni martedì ;) Ah e...vi supplico, non fatemi un attentato...sono troppo giovane per morireeeeee :(
                                  -SkyFullOfStars_

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Capitolo 26
*** Thrills... ***


26. Thrills...
 










 
 
Caos, caos e solo caos nella testa di Kurt.
Una scelta gli si era piazzata davanti agli occhi, senza permettergli di scostarla, per vedere altro.
Per un momento lo sguardo del ragazzo si soffermò sulla porta di uscita dell’azienda, dietro le sue spalle.
Lì dentro c’era il suo futuro; tutto quello per cui aveva lavorato duramente…era lì. E lo chiamava.
Poi si voltò verso il viso preoccupato di Carl e lo fissò. Da quella parte, invece, c’era, forse, la sua felicità.
L’espressione dell'uomo era coperta da un misto di emozioni: tristezza, inquietudine, ansia, sollievo, depressione, rassegnazione…e speranza.
Forse sperava che scegliesse di avvicinarsi da questa parte. O probabilmente gli stava solo dicendo di fare la cosa giusta. Ma qual era la cosa giusta?
Mai nella sua vita si era trovato davanti ad una scelta così…
Il suo cervello gli suggeriva una cosa…il suo cuore, che batteva impazzito, un’altra.
Chi seguire?
Da una parte aveva un futuro certo, pieno di soddisfazioni ed opportunità.
Dall’altra c’era Blaine e ciò che provava per lui, i suoi sentimenti per quel ragazzo che gli aveva sconvolto parte della sua esistenza.
Kurt era sicuro che l’avesse fatto di bene in meglio…Ma ora la decisione era “complessa”.
Carl intanto aspettava intrepido che Kurt dicesse qualcosa, mentre si godeva un miscuglio di emozioni che facevano visita al viso limpido del biondino.
-Kurt…- lo richiamò l’uomo alla fine.
Quest'ultimo si girò di scatto, volgendogli il volto rigato dalle lacrime.
-Si…- rispose lui annuendo, felice della sua scelta.
L’espressione dell’uomo si fece ancora più curiosa ed instabile…
Per chi aveva deciso?
Carl sperava, con tutto se stesso, che avesse seguito il suo tenero cuore, e che quindi avesse optato per Blaine.
Ma esitò per un momento.
Pochi minuti fa, prima di quella chiamata allarmante, aveva visto la felicità sul volto di Kurt. Dubitava che se la fosse fatta sfuggire…
Sapeva anche però che teneva a Blaine, forse anche più di lui.
Intanto sperava, sperava che la sua bocca gli sorridesse e che pronunciasse la sua decisione a favore di Blaine.
-Ragazzo…So che per te è importante questa serata, ma…- azzardò Carl, abbassando poi il viso.
Il giovane respirava profondamente ed ascoltò desideroso di conoscere la fine di quella frase.
-Blaine è più importante.- decise alla fine una voce affievolita.
-Sul serio?!- esclamò incredulo Carl, quasi sprizzante di gioia.
Quando rialzò il viso, il suo desiderio era stato avverato e le sue speranze ascoltate.
Un sorriso illuminava il volto del biondo e gli occhi parlavano da soli.
Il cuore dell’uomo fu come sollevato da quell’affermazione, facendogli capire quanto Kurt tenesse a suo figlio. Questo pensiero lo fece sentire protetto, gli regalò una dolce sensazione di sicurezza e di assoluta contentezza.
-Oh, grazie Kurt, grazie davvero…- rispose una voce singhiozzante che si stringeva il petto, piangendo.
Le lacrime del biondino decisero di scendere di nuovo ed il suo cuore provò pena per l’uomo e così Kurt decise di abbracciarlo, di nuovo.
Furono pochi secondi, ma intensi.
“E’ la cosa più giusta…”- si disse Kurt in mente.
Era estasiato di quella decisione che aveva preso.
Al diavolo la sfilata, al diavolo il vestito…Il suo angelo aveva bisogno di lui.
-Ok…ora sbrighiamoci ed andiamo all’ospedale…vedrai che andrà tutto bene!- concluse il giovane, parlando chiaramente a Carl per farlo sentire meglio, e per farlo anche con se stesso.
Un sorriso di risposta gli fece capire che non era solo in quel momento. E che forse non lo sarebbe mai stato.
-Andiamo.- confermò l’uomo, armandosi di coraggio.
Non c’era tempo neanche più per una lacrima. Neanche per avvertire suo padre ed Alex.
Gli dispiaceva un sacco lasciarli da soli nel bel mezzo di un’importante sfilata, ma…un improvviso evento si era aggiudicato il primo posto in classifica.
Mentre salivano in macchina, Kurt mandò un messaggio a Burt, in fretta e furia.
Stiamo andando all’ospedale per Blaine. Dì al mio capo che io mi auto squalifico dalla sfilata. Mi dispiace tanto.
Rilesse infinite volte quelle parole…Non riusciva ad inviarlo per paura che suo padre si sarebbe arrabbiato per averlo lasciato in mezzo ai casini.
Ed Alex, che era venuto qui solo per lui…Come l’avrebbe presa?
Un trillo del cellulare risvegliò i pensieri del ragazzo.
Andrà tutto bene, tesoro. Saremo lì in pochi minuti. Hai fatto la scelta giusta.
Un sorrisetto ed una lacrima lo fecero accorgere della confortante comprensione da parte di suo padre e di Alex. Fu rincuorato per questo.
Ora non era più solo.

 
 

 
 
-Dov’è mio figlio?!- sbraitava Carl, instabile tra la preoccupazione e la paura.
I corridoi del reparto erano pieni, ma nessuno sapeva rispondere a quella domanda.
Dov’è Blaine Anderson.
Appena arrivati, Carl e Kurt si erano diretti alla stanza numero 14, ma non c’era nessuno.
Così avevano corso per un po’, chiedendo in giro se qualcuno avesse visto quel ragazzo.
Erano più di venti minuti che girovagavano agitati per varie stanze, domandando a chiunque…ma niente.
Nessuno aveva visto Blaine.
-Dov’è mio figlio?!- ripeté ancora una volta Carl ad alta voce, terrorizzato dallo spavento, agitato e sfinito.
Si avvicinò piangente ad una parete del corridoio e si lasciò scivolare giù, tristemente rassegnato.
Questo gesto riportò la mente di Kurt al giorno in cui l’aveva fatto lui, dove poi, prima il dottore e poi Carl, l’avevano trovato addormentato lì, stanco. Stesso posto, stessa posizione, stessa causa.
Il ragazzo, addolorato da quella visione, cercò di farlo rialzare.
-Per favore, non fare così, lo troveremo…- lo rassicurò inginocchiandosi davanti a lui, con dolcezza.
-E se gli fosse successo qualcosa di veramente grave?! Se stesse male sul serio?!- ipotizzò l’uomo, spaventato dalle sue stesse idee.
-No, mi rifiuto di pensarlo!- obiettò Kurt, deciso a non abbattersi.
-Ora tu alzati, ma rimani qui. Io chiederò in giro e troverò Blaine.- lo rassicurò, cercando di essere forte.
Almeno uno dei due non doveva farsi prendere dal panico.
Carl si alzò ubbidendogli e, scovata una sedia, si mise a sedere con le mani sul viso, come per nascondere la sua disperazione.
Kurt gli rivolse un’ultima occhiata, fino a che non si voltò e varcò il corridoio con una leggera corsetta.
“Blaine…dove sei?”- rifletteva intanto la sua mente inquieta.
Se l’avesse perso, sarebbe morto dentro.
Cercò di non far accedere quei pensieri nella sua testa, la quale era inondata da mille riflessioni ed ipotesi, che galleggiavano indisturbate.
A quasi metà del lungo corridoio, si bloccò.
Rimase in piedi, guardandosi intorno ed osservando bene tutte quelle persone che c’erano lì dentro.
Magari alcune erano nella sua stessa situazione…o magari avevano già conosciuto la fine.
“No…”- pensò il giovane. “Non è così che deve andare.”- si convinse, disperato.
Desiderava avere un appiglio, anche minuscolo, sul quale fare forza e dimostrare a chiunque che Blaine ce la poteva fare.
Poi  abbassò un istante la testa, immergendosi appena nella paura, nello stesso modo in cui ci si immerge nell’acqua fredda: lentamente, esitando.
Stava scivolando giù anche lui. Non voleva che accadesse, ma non poteva fare niente. Niente.
Tutte le sue speranze stavano per essere colorate di terrore e di depressione.
Ma poi ci fu qualcosa. Qualcosa che strappò via quelle vive speranze dalle furtive mani della malinconia.
Un flash.
Un lettino che veniva spinto da alcuni dottori dal fondo di quel corridoio vivente. Avevano una camminata veloce.
Kurt abbandonò velocemente quel mare di terrore che se lo stava portando via, sbarrò gli occhi e corse verso quello che gli sembrava un miraggio, uno da cogliere al volo.
-Blaine! Blaine!- cominciò ad urlare come impazzito, continuando a correre veloce.
Parecchie persone si girarono verso di lui, seguendolo con gli occhi, curiosi e stupiti.
-Blaine!- chiamava ancora il ragazzo a squarciagola, mentre alcune lacrime di contentezza gli scivolavano giù.
-Kurt!- accorse Carl correndo, realizzando l'andatura impazzita che stava intraprendendo il biondo.
Così cercò di seguirlo anche lui, pur non avendo quell’agilità di una volta nel correre.
Il nome del riccio si ripeté parecchie volte in quel lungo corridoio.
“E’ lui! Dev’essere lui!”- sperava ansioso Kurt, sentendosi il cuore che galoppava insieme a lui.
Il lettino allora si fermò. I dottori,sbalorditi, cercarono di calmarlo non appena Kurt li raggiunse.
-B- Blaine!- singhiozzava il ragazzo, trattenuto dai medici.
Era davvero lui.
Le guance erano rosee come sempre, il suo petto era tempestato di fili come al solito e la sua chioma di ricci era lì, immobile.
-Oh mio Dio, Blaine! Dove lo state portando?!- chiese il biondino, agitandosi tra le braccia dei dottori.
Nessuno gli rispose veramente, bensì cercavano solo di allontanarlo leggermente, per permettere al lettino di fare il suo corso verso chissà dove.
-No! Per piacere, qualcuno mi spieghi!- esclamò inquieto Kurt, non volendo abbandonare il suo piccolo angelo.
-Si calmi!- lo incitò un dottore, rimanendo con lui e facendo cenno agli altri di andare avanti.
Così il biondo sbuffò pesantemente, trattenuto da un uomo.
“Perché lo portano via…”- si chiese quasi arrabbiato.
-Aspettate! Kurt!- gridò una voce quasi spezzata ed agitata, dietro alle spalle del giovane.
-Signore, dove va?- gli chiese il dottore, invano, poiché la sua domanda non fu ascoltata dall’uomo, con gli occhi puntati sul fondo del corridoio.
-Carl! E’ Blaine! Raggiungilo almeno tu, ti prego!- lo pregò il ragazzo, sollevato dal fatto che non era solo.
-Sono il padre! Vi prego fermatevi! Sono il padre!- gridò quasi impazzito Carl, mentre Kurt osservava la scena col respiro affannato e con il cuore speranzoso.
Gli uomini si fermarono finalmente, e tutto quello che riuscì a scorgere Kurt fu Carl che gli faceva un cenno e che seguiva i dottori, probabilmente interrogandoli su cosa diavolo stesse succedendo.
Si allontanarono sempre di più, fino a che il biondino non riuscì né a sentire né a vedere niente.
Il cuore gli balzava ancora nel petto, agitato, come se volesse prendere parte anche lui a quel momento.
-Ora si calmi…- gli consigliò il dottore, prendendolo per le spalle ed accompagnandolo a sedere.
Kurt era stato così preso da quella situazione che non si era accorto che chi lo stava facendo mettere a sedere fosse lo stesso dottore della prima volta, quando si era addormentato sulla parete del corridoio.
-Oh, ma è lei, dottore!- esclamò stupito.
L’uomo gli sorrise, prendendo posto accanto a lui, sedendosi.
-Non pensavo ci fossero persone così veloci in questa città!- scherzò, scorgendo un sorriso da parte del giovane.
-Dove lo state portando? Sta bene? Perché lo avete trasferito? Ha avuto un altro…-
-Frena ragazzo! Tranquillizzati e ti dirò tutto.- spiegò il dottore, facendogli cenno di prendere fiato.
Lui ubbidì, prendendo un profondo respiro e poi rivolse di nuovo lo sguardo ansioso al medico.
-Alllora- cominciò l’altro – Blaine ha avuto un altro attacco, ma ora sta bene. Lo stanno portando a fare solo l’ultimo di tanti accertamenti che ha già fatto…E l’uomo che è andato con lui, essendo suo padre, lo faranno assistere. Tra meno di due minuti lo riporteranno nella sua stanza.- concluse sorridendo appena.
Kurt tirò un sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi e ringraziando il cielo per quella notizia.
-Sta tranquillo, lo rivedrai presto.- lo rassicurò il dottore, alzandosi dalla sedia.
Il giovane biondino gli sorrise e cercò di trattenere in sé quella sensazione di sollievo che provava.
-Ora io devo andare…Ci vediamo, ragazzo. Abbi fede.- lo salutò, dandogli un leggero colpetto sulla spalla.
Lui ricambiò il saluto anche con un “grazie”, e poi tornò a fissare il pavimento e le sue scarpe, che aveva indossato proprio per l’avvenimento più importante della sua carriera da apprendista stilista.
Così ripensò un attimo a quello che era accaduto, perché gli era sembrato così veloce che non aveva avuto il tempo di pensare a cosa aveva fatto.
“Spero solo che sia l’ultima volta che rischio di perderlo.”-riflettè.
-Figliolo!- si sentì chiamare dalla voce preoccupata di suo padre, che portava dietro di sé un Alex svestito dall'abito della sfilata e con l’espressione inquieta.
-Papà!- lo abbracciò Kurt, scorgendo un piccolo sorrisetto di conforto da parte del suo amico.
-Oh santo cielo…come sta Blaine? L’avete visto?- gli chiese Burt, ansioso.
-Ha avuto un altro attacco, ma ora sta bene e Carl è con lui.- spiegò frettolosamente, mentre si passava una mano sul viso per asciugarsi le lacrime, già in parte asciutte.
-Cavolo, vedrai che andrà tutto bene.- lo confortò suo padre, accarezzandogli il collo.
-Mi dispiace, Kurt.- si fece sentire Alex, con aria mortificata.
Il biondino si avvicinò a lui e lo abbracciò forte.
-Ce la farà.- gli sussurrò il bruno, rassicurandolo.
-Carl!- esclamò Burt, vedendolo e correndogli incontro.
L’uomo spuntò visibilmente più rilassato, con accanto suo figlio disteso sul lettino di prima. Kurt notò che gli teneva la mano e fu scosso da un’improvvisa dolcezza.
Due dottori spingevano Blaine dentro la stanza 14, per riposizionarlo al suo posto.
“Sei di nuovo qui.”- pensò Kurt, riservando quella confessione solo per sé.
-Burt! Alex! Sono contento che siate qui!- confermò Carl, con il viso sollevato.
Il padre del biondino andò ad abbracciarlo ed i due ragazzi sorrisero per quel gesto.
-Kurt, se vuoi puoi entrare a vederlo.- dichiarò convinto Carl, mentre veniva tenuto per una spalla da Burt, che cercava di confortarlo.
Il biondino guardò per un attimo Alex, il quale gli sorrise, e poi annuì, incamminandosi verso la stanza di Blaine.
Mentre raggiungeva la soglia della porta, i due dottori uscirono dalla stanza e furono ringraziati da Carl con una generosa stretta di mano.
Poi Kurt entrò.
Il cuore aveva ripreso a battere più veloce, ed il suo respiro era di nuovo accelerato.
Abbassò la maniglia, come aveva fatto infinite volte…Entrò spingendo la porta.
“Eccoti qui, meraviglioso come sempre.”- confermò la sua mente alla vista del suo angioletto riccioluto, disteso pacioso sul lettino, con il petto nudo e con le labbra semiaperte.
L’irrefrenabile voglia di baciarlo gli fece visita di nuovo, costringendolo a passarsi la lingua sulle su labbra, come per contentarle almeno un po’.
Dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si avvicinò lentamente, con la bizzarra paura di svegliarlo.
La leggerezza con cui il suo torace respirava, fecero sorridere e poi rabbrividire il biondino, che intanto si era posizionato sulla sedia, poggiata lì, come la prima volta. Sembrava davvero che dormisse.
-Ho avuto paura di perderti, Blaine.- affermò il ragazzo quasi tremante, dando il permesso alle lacrime di entrare in scena.
Poi l’istinto gli suggerì di accarezzargli la mano e lui ubbidì silenzioso: posò con delicatezza la sua su quella di Blaine, così morbida e debole, quasi inesistente.
Riuscì furtivo a riempire gli spazi tra le dita del ragazzo e fu come felice per questo…Sentiva che quel momento era solo per loro.
Un silenzio aleggiava nella stanza, interrotto qualche volta da respiri profondi da parte di Kurt.
Entrare in quella stanza significava accedere in un altro mondo, per lui. Lì riusciva ad essere vicino al riccioluto ed accarezzarlo e confortarlo. Questo lo faceva riposare in una soave sensazione di pace.
Osservò per un attimo la sua mano stretta contro quella del riccio e sorrise:
-Sono qui. Sono qui per te…- sussurrò.
All’improvviso le lacrime non si limitarono solo a scendere, bensì presero a scorrere indisturbate e Kurt non riuscì più a trattenersi… Pianse più di prima, poggiando il suo capo sull’addome di Blaine.
Singhiozzava terribilmente…Non voleva più tenersi tutto dentro. Non ce la faceva.
Tirò fuori tutto: il dolore, il rimorso, l’attesa, la paura, il terrore, lo spavento, la tristezza…Tutto quello che lo disturbava lo stava sfogando così.
Strinse gli occhi mentre con la fronte accarezzava la parte alta addominale di Blaine.
Nella stanza non si sentiva altro che lui.
-Perché non ti svegli…Apri gli occhi ti prego…-supplicò tra un singhiozzo e l’altro, mentre continuava a rabbrividire ed a piangere a dirotto sul corpo immobile del riccioluto.
Le lacrime intanto facevano la loro comparsa, quasi soddisfatte di compiere il proprio dovere.
Poi ci fu un sospiro.
Kurt si sentì sollevare il capo lentamente, per poi essere riportato al suo posto, avvenendo così un profondo respiro.
Sbarrò gli occhi, spaventato. Rimase in quella posizione, non osando muoversi.
Mille brividi gli accarezzarono la schiena, tutti frenetici, uno dopo l’altro.
Era stato lui a respirare, no? Si, probabilmente tra tutti quei pensieri e quelle preghiere non se ne era accorto. Quella situazione l’aveva fatto sbandare così tanto, che ora non riconosceva neanche i suoi movimenti. Che buffo.
“Credo di essere proprio fuori…”- rifletté.
 
Poi udì uno biascicare di parole.
Eh no, questa volta non era lui.
Subito scattò con lo sguardo verso la porta, per vedere se qualcuno era entrato, ma non c’era niente di strano.

Nessuno era entrato.

La porta era chiusa.
 
C’erano solo lui e…

Un brivido.
Poi due e poi tre gli attraversarono la spina dorsale, costringendolo a tremare.
Voltò lentamente la testa verso il lettino ed il suo cuore sussultò pesantemente quando due occhi color arcobaleno lo fissavano, mezzi socchiusi.
Tutto si fermò. Il suo cuore, la sua testa, le sue lacrime…Ma no, i brividi no, quelli continuarono a scorrere tranquilli per tutto il suo corpo, paralizzato sulla sedia.
Due labbra color porpora si stavano muovendo, si schiudevano con delicatezza, emettendo brevi e veloci respiri.
Kurt si portò una mano alla bocca, come per impedirgli di commentare quello a cui stava assistendo…
Gli occhi, spalancati, gli si fecero lucidi ed il suo respiro fece fatica a ripartire.
“B-Blain-Blaine…?”- si chiese tra sé e sé, terrorizzato di avere una brutta allucinazione.
Si strofinò parecchie volte gli occhi, ma questi sembravano fargli vedere sempre lo stesso corpo in movimento: respirava più animatamente, con gli occhi socchiusi e le sopracciglia corrugate, volgendo lentamente la testa di qua e di là.
-Che…chi…chi sei?- sussurrò finalmente una voce affievolita e spenta.
Kurt fu scosso da ciò che le sue orecchie avevano appena avuto a che fare e restò immobilizzato, senza essere capace di parlare. Rimase seduto sulla sedia, con una mano sulla bocca e lo sguardo fisso in quello del ragazzo.
Blaine era stordito da ciò che gli stava accadendo intorno e, con un po’ di fatica, riuscì a riprendere controllo della vista annebbiata che aveva, e fissò curioso il biondo davanti a lui.
-Non..non…- si sentì rispondere dalla figura seduta accanto a lui.
-Non ci posso…credere…- affermò Kurt, avendo ripreso l’uso della parola.
Blaine deglutì e batté per alcune volte gli occhi, come se stesse facendo una prova sulla loro utilità.
-Ci conosciamo?- riprovò il moretto sforzandosi di essere più convinto, ma non ebbe nessuna risposta, poiché il ragazzo di prima era già corso fuori la porta.
Corrugò la fronte e si chiese dove fosse andato, ma poi, debole, attese, osservando incredulo il suo corpo che rispondeva alle sue mille richieste di movimento.

 




 


AnGoLo DeLl'AuTrIcE----------------------------------------------------------------------------------------


Heya, little kids!!! Credo che questo capitolo vi sia piaciuto a priscindere, vero??? Eheh :D  

Quindi ora mi amerete per aver fatto questa cosa??? *fa gli occhioni ma si guarda intorno per controllare se cia sia qualche fanfictioner-terrorista.....* 

Si, ehm...eheh allora, spero con todo mi corazon che questo capitolo vi sia piaciuto abbastanza da farmi contenta :)  Per scriverlo ho cercato di immedisimarmi il più possibile nel nostro dolce Kurt, quindi... prego che sia venuto decentementeee!

Detto questo, vi lascio stare :D                     Il capitolo è finito, andate in pace (xD)                                         -SkyFullOfStars_

 



 

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Capitolo 27
*** Stay Away From Me. ***


27. Stay Away From Me.
 

 
 






 
 
 
Gioia.
Solo questo circolava nelle vene di Kurt.
Gli occhi facevano scendere le lacrime di continuo, ognuna di queste piena di una grande dose di contentezza. Poteva sentire il suo cuore battere impazzito.
Si era già precipitato fuori dalla stanza, abbandonando un Blaine mentalmente disperso; a pochi passi si trovò davanti Carl, Alex e suo padre che discutevano animatamente con un dottore.
Il ragazzo fu grato per aver avuto subito a sua disposizione un medico, così si era risparmiato altri giri inutili per trovarne uno.
La bocca era ancora sbalordita da ciò che aveva appena visto, e non obbediva agli impulsi del biondino per parlare. Si bloccò davanti agli altri, immobile, con gli occhi piangenti e con il corpo tutto tremante.
-B-Bl-Blaine…- provò, immerso in un mare di felicità assoluta. Tutti lo guardavano preoccupati ed allo stesso tempo curiosi di sapere.
Non sapeva perché tutto il suo corpo aveva reagito così, bloccandosi per l’emozione. Forse perché aveva desiderato così tante volte di ammirare gli occhi del suo piccolo angelo riccioluto che,  adesso che era successo sul serio, non poteva crederci.
 -Cosa? Che gli è successo, Kurt?!- si allarmò subito Carl, avvicinandosi a lui agitato.
-No…S-si è svegliato!- esclamò finalmente, causando un grido di stupore in tutti quelli che lo guardavano agitarsi. Dirlo ad alta voce era ben diverso e più eccitante.
-Oh mio Dio! Grazie Gesù!- disse Carl, alzando gli occhi e le mani al cielo, in segno di preghiera. Kurt poteva scorgere uno spesso velo di lacrime che stava oscurando i suoi grandi occhi marroni.
Non poteva descrivere l’immensa felicità di quella notizia. Suo figlio era vivo…vivo. Tantissime volte aveva desiderato questo momento, ed ora era successo…Come descrivere la sua felicità?
Tutte le loro preghiere erano state ascoltate e questa era la cosa più bella, adesso.
-Ce l’ha fatta…- mormorò l’uomo rivolgendo il suo più dolce sguardo al biondino.
Il giovane non fece in tempo a replicare che si ritrovava già nelle possenti braccia di Carl.
Era incredibile il legame che si era stabilito tra Carl e Kurt negli ultimi mesi; si erano donati forza l’un l’altro e questo l’aveva fatti ricorrere alla speranza, aiutandoli ad essere tenaci, combattivi. Il ragazzo non avrebbe mai pensato che avrebbe incontrato un uomo così forte: gli ricordava tanto suo padre. Forse anche per questo ora la loro amicizia era più forte che mai. Adesso non dovevano più preoccuparsi di correre da Blaine ogni volta che qualcosa non andava.
Ora era tutto finito. Il loro ragazzo era al sicuro, ormai.
Era bellissimo avere questa certezza. Kurt non desiderava altro. Ogni volta che ci pensava, era abbracciato da una dolce sensazione di protezione e di salvezza…La sola sicurezza di veder splendere un sorriso sul viso del suo angioletto, era un’emozione infinita.
Burt ringraziò a sua volta il cielo e si unì all’abbraccio, insieme ad Alex, sollevato nel vedere Kurt con il primo vero sorriso sul volto. Non ricordava di averlo mai visto così felice. Neanche quando stavano insieme.
Il dottore, che era con loro, intanto aveva raggiunto veloce la stanza, nella quale Blaine era un po’ confuso da tutto quello che aveva visto e sentito poco fa.
 Pregò gli altri di non entrare fino a quando non si sarebbe accertato che fosse tutto a posto; così Carl, Kurt, Burt ed Alex rimasero ad aspettare fuori nel corridoio, ancora scossi positivamente da quella notiziona.
-Non ci posso ancora credere! Qualcuno ci ha ascoltato, ragazzo.- aggiunse il padre del riccioluto interrompendo l’abbraccio, con gli occhi colmi di gioia ed un sorriso più raggiante che mai.
Kurt si limitò a sorridere e ad annuire con gli occhi lucidi, mentre suo padre gli accarezzava i capelli, rincuorato di vedere suo figlio così sollevato, dopo tutto quello che era successo.
Tutta la sua felicità era concentrata nel sorriso di suo figlio: era da tempo che non lo vedeva così raggiante, così gioioso e così pieno di speranza e di ottimismo…Per un attimo gli passò davanti tutta la sua infanzia ed i momenti trascorsi insieme…Senza dimenticare tutto quello che Kurt aveva passato al liceo.
L’aveva visto debole, al limite delle sue forze; ma era rinato, ringraziando il cielo ed aveva ripreso sotto controllo la sua vita. Ora il suo ragazzo lo guardava, con una dolcezza negli occhi che non gli aveva mai visto prima.
Il giovane si mise a pensare di quanto fosse incredibile il fatto che suo padre gli fosse stato così vicino. D’altronde non era una novità: ci era sempre stato e gliene era grato per questo.
Si erano tutti messi ad attendere su delle sedie lì vicino ed ognuno di loro aveva una ragione in comune per sorridere.
Kurt era in paradiso: ora non gli importava più della sua sfilata…Questo valeva cento volte di più.
Tutto quello che in quell’ istante riempiva la sua testa era il momento di pochi attimi prima: due splendidi occhi grandi che lo fissavano, curiosi e storditi.
Lui che tremava ed il suo cuore che era rimasto bloccato da quel magico momento.
Ricordava i mille brividi che gli correvano per la schiena e quelli brevi, ma concisi, alla bocca dello stomaco.
Come poteva dimenticarsi una cosa del genere? Come poteva non stamparsi in mente quegli occhi?
Ora era avvolto da una delicata sensazione di dolcezza, poiché sapeva che non sarebbe stata l’ultima volta che li avrebbe visti. Questo gli regalò una piccola quantità di euforia e lui fu come scosso da un brivido non appena la sua testa glielo ricordò.
-Credo sia tutto a posto, signori.- dedusse un enorme sorriso del medico, il quale ora chiudeva dietro di sé la porta della stanza 14.
Carl si alzò scattante e si precipitò dall’uomo, ringraziandolo vivamente.
-Non so davvero come sdebitarmi, dottore! Quindi sta bene?-
-Faremo dei controlli più approfonditi, ma per ora tutto va bene.- gli rispose il medico, mentre teneva in mano una strana cartellina con fogli bianchi, mezzi scarabocchiati.
Kurt, appena udì quelle parole, fu preso da un’indescrivibile consolazione, simile a quella che prova un bambino quando vede il suo papà che gli corre incontro per stringerlo forte.
-Lei può entrare subito, Sig. Anderson.- disse, rivolgendosi a Carl.
-Voi altri dovrete aspettare ancora un pochino. Non vogliamo che Blaine avesse qualche altro attacco o cose del genere.- chiarì agli altri del gruppo.
“Sarà dura aspettare ancora un altro po’ per rivedere i suoi occhi.”- rifletté il biondino tra sé, accennando un piccolo lamento, scontento del fatto di attendere.
Il padre di Blaine si precipitò nella stanza con gli occhi desiderosi di rivedere suo figlio in vita, chiuse la porta e lasciò fuori gli altri e la loro in trepidazione.
“Spero solo che le cose tra loro si sistemino al più presto.”- pregò Kurt tra sé.
Era un buon padre, anche se aveva sbagliato. Non aveva mai visto un uomo così forte e così dispiaciuto per il figlio…Certo, quale padre non lo sarebbe, ma il ragazzo capiva che quei due sicuramente avevano un rapporto speciale. Proprio per questo desiderava che tutto si sistemasse. Non valeva la pena rovinare quel legame.
-Che bella notizia, ragazzi.- attaccò Burt, esibendo un grande sorriso per poi allontanarsi un attimo e passeggiare per un bel pezzo del corridoio.
-Andrà tutto bene.- rassicurò ulteriormente Alex, mentre si avvicinava a Kurt,arridendo.
Un lieve sorriso apparve nel volto illuminato del biondo, che lo guardò parecchio riconoscente per tutto quello che aveva fatto per lui.
-Ti ringrazio di tutto. E scusami per la storia della sfilata…-
-Va tutto bene, Kurt! Hai fatto davvero la cosa giusta e quando Blaine lo saprà, te ne sarà riconoscente.-
“Cavolo, Blaine non sa chi sono, è vero.”-
Questa riflessione lo bloccò improvvisamente.
Come dirgli che era stato lui a causare tutto questo? Un’altra prova da affrontare.
Sperava solo che il riccio la prendesse bene e che lo perdonasse al più presto. Forse solo allora sarebbe riuscito a perdonare del tutto se stesso.
-Kurt! Vieni qui, c’è una persona che vuole vederti.- lo chiamò Carl, affacciandosi sollevato dalla stanza.
 Interrotto dai suoi pensieri, il ragazzo ubbidì, varcando la soglia e ritrovandosi nello stesso luogo dove, pochi minuti fa, le sue speranze si erano finalmente esaudite.
Entrare nuovamente in quella stanza, valeva a dire essere ripercorso da mille brividi, forse gli stessi che poco prima lo avevano assaliti, ma questi erano spaventosamente positivi. Sentiva che ora tutto sarebbe andato nel verso giusto…Che Blaine l’avrebbe capito.
Solo si domandava come mai ci fosse un’aria stranamente serena dopo aver saputo del brutto litigio tra padre e figlio. Forse il giovane aveva perdonato il padre…e quindi, se l’aveva fatto con un suo parente…con uno sconosciuto sarebbe stato più facile! Ma pochi secondi dopo si accorse che l’espressione serena e felice di Carl non era compatibile con quella del giovane moretto, che se ne stava disteso sul letto, imbronciato e quasi infastidito dalla presenza di suo padre.
“Non credo che Carl abbia capito che suo figlio non ha dimenticato affatto la loro discussione…”- arguì il biondo, con espressione seria.
-Vieni, ti aiuto a sederti, figliolo.- mormorò Carl, mentre cercava di posizionare in modo eretto il corpo indebolito di Blaine.
Era strano per Kurt vederlo muoversi. Per tutto il tempo che era stato con lui le sue braccia, le sue gambe nascoste dal lenzuolo freso e bianco dell’ospedale, le sue palpebre e la sua bocca erano state sempre stabili ed immobili. Ora avevano preso vita, quasi magicamente.
Il riccioluto emise un piccolo gemito nel fare forza sulle braccia per alzarsi, poi scansò leggermente il padre, quasi spingendolo via bruscamente; una volta messosi bene guardò Kurt, tappezzato già da un lieve rossore, e lo scrutò curioso per alcuni secondi.
-Tu devi essere il ragazzo di prima.- ipotizzò il brunetto socchiudendo i deboli occhi ed indicandolo con un braccio indebolito.
-Si, si, sono io.- gli rispose Kurt, con voce flebile; l’altro giovane gli regalò una piccola smorfia positiva, come se fosse contento di riaverlo lì.
-Bene,- parlò Carl, -ora magari vi lascio soli così potete presentarvi come si deve. –
L’uomo, detto questo, raggiunse sorridente la porta e salutò suo figlio, ma non ebbe nessuna risposta. Così, forse arresosi, abbassò l’espressione pacata che aveva e ne assunse una piuttosto mesta.
Il rumore della chiusura della porta, avvertì i due ragazzi che erano rimasti soli.
Se Blaine avesse avuto un orecchio più acuto, avrebbe potuto sentire il battito maledettamente affrettato del biondino.
-Quindi tu sei…?- parlò con voce flebile Blaine, adocchiandolo mentre si sistemava meglio sul lettino.
-Ehm…io, sono..sono… Kurt.-
“Non posso credere che sto parlando con lui.”- si disse, mentre il cuore cominciava a fare delle veloci capriole.
Il riccioluto annuì guardando in basso e tirò un gran sospiro.
-Io sono Blaine, piacere di conoscerti.- gli rispose, accennandogli un'altra piccola smorfia, forse di letizia questa volta.
Kurt era estasiato che gli avesse permesso di ammirarla, anche se voleva vedere un vero e proprio grande sorriso sul suo volto, così grande da illuminare ulteriormente tutta la stanza.
-Ehi, mettiti a sedere, non voglio che tu rimanga in piedi tutto il tempo!- chiarì Blaine, indicandogli la sedia alla sua sinistra.
“Non sai quante volte l’ho già fatto.”
Kurt ubbidì timidamente.
-Allora, Kurt, devi perdonarmi se sono stordito…- e si passò una mano tra i capelli, osservandosela poi curioso, come e la vedesse per la prima volta.
-Ma davvero non ricordo se ci conosciamo o no.-
“Io ti conosco.”
-Credo di no, almeno non come conosco tuo padre.-accertò Kurt, mentre sorrideva imbarazzato dagli occhi color miele che lo fissavano interessati.
-Già, mio padre…- e sul viso del moro calò un’ espressione spiacevole e cupa.
Kurt allora si zittì, quasi sentendosi in colpa per aver toccato un argomento alquanto delicato e cercò di farsi spiegare meglio.
-Ti va di dirmi che è successo? Non ti preoccupare, conosco tuo padre e so cosa è successo…Ma se non ti va non fa niente…-
-Non è cambiato nulla tra noi.- lo interruppe con aria seria Blaine.
-Quando l’ho rivisto mi è ripassato davanti tutto quello che è successo. Tutto il litigio.- e si guardò in bassò, come per distrarre la mente su qualcos’altro.
-Tuo padre è davvero pentito. Dovreste parlare.- gli suggerì Kurt, azzardando ad intromettersi.
“Perché è così perfetto anche con quell’aria tenebrosa che porta in volto?”
-Che fai nella vita, Kurt?- cambiò argomento Blaine, mentre cercava di assumere un’aria più decisa, anche con il lieve mal di testa che aveva.
-Oh, beh, faccio l’apprendista stilista.- rispose.
Già, la sfilata. “L’evento al quale ho rinunciato per te.”
-Wow!- disse Blaine, poggiandosi una mano sulla testa e lamentandosi appena per il dolore.
-Tutto bene, Blaine?- si preoccupò Kurt quasi maledicendosi per averlo fatto stancare troppo.
Vide una massa di ricci che annuiva lentamente, incerta.
-Forse è meglio che io tolga il disturbo e che tu riposi un po’.- concluse deciso, alzandosi dalla sedia e ricomponendosi.
-No, aspetta…Prima devo chiederti una cosa e voglio che tu mi dica la verità, Kurt, anche se non ci conosciamo bene…- ora la sua voce era più stabile e l’apprendista  ascoltò.
“Mio Dio…Possibile che pronunci meravigliosamente anche il mio nome?!”
-S-Si, dimmi.- balbettò nervoso l’altro, che intanto iniziò a torturarsi le nocche delle mani per l’agitazione di quel momento.
-…Tu sai chi è che mi ha ridotto così?-
“Ti prego, no.”
Non poteva dirgli tutto. Almeno non subito. Non si sentiva pronto.
“Voglio che tu mi dica la verità”- ora solo quelle parole gli ronzavano in testa, facendolo quasi svenire pur di non ferirlo.
“Non posso mentirti.”- meditò mentalmente, ferito dall’unica possibilità che aveva di scampare quella domanda tagliente.
Non poteva davvero. Prima o poi l’avrebbe saputo comunque, magari da qualcun altro e probabilmente questo sarebbe stato peggio. Doveva prendere tutto il coraggio rimastogli e dirgli la verità, proprio come gli aveva chiesto Blaine.
Ma perché proprio ora? Proprio adesso che si stavano conoscendo meglio?
Intanto il moretto aspettava inquieto la risposta, mentre ammirava dubbioso l’espressione incerta del ragazzo di fronte a lui.
Voleva sapere assolutamente chi l’aveva costretto a stare in ospedale per chissà quanti giorni. Sentiva una rabbia dentro di sè che ribolliva ardentemente e temeva di poter esplodere da un momento all’altro se solo quel biondino l’avesse fatto aspettare ancora di più.
-…Si. So chi è stato.- bisbigliò con voce insicura Kurt. Un imponente tremito gli fece gelare il sangue; il cuore gli pompava nel petto, come se volesse fermarlo nel dire ciò che stava per dirgli.
Blaine fu rincuorato che almeno lui lo sapesse, visto che suo padre non gli aveva voluto rispondere a quella domanda. Chiedeva troppo?
-Il responsabile sono io.-
Ecco, l’aveva detto. Ora che sarebbe successo? Non voleva saperlo; tutto ciò che desiderava era ritornare indietro nel tempo e rimediare a quell’orribile errore che aveva causato tutto questo: invece di andare veloce quella mattina sarebbe andato piano, magari invece di andare a lavoro sarebbe addirittura rimasto a casa accoccolato sul divano a guardarsi un film, fingendosi malato; non avrebbe mai fatto del male ad un ragazzo. Se avrebbe saputo.
Niente di questo sarebbe mai successo se avesse avuto il potere di non far accadere nulla. Ma doveva guardare in faccia al realtà.
-Non sai quanto mi dispiace, Blaine. Ti prego, perdonami, io non volevo, lo giuro!- supplicava Kurt, ormai piangente con le mani sul volto, quasi che non volesse far scorgere il viso del colpevole. Era questo che si riteneva. Un colpevole.
Il riccioluto era senza parole. Non avrebbe mai pensato che fosse stato lui. Mai.
Gli iniziava addirittura a piacere quel ragazzo. Ma come poteva stargli simpatico chi l’aveva costretto a combattere tra la vita e la morte?
-Sparisci.- mormorò Blaine mentre fissava con occhi lucidi ed incerti la porta di fronte a lui.
-Blaine, per favore…-
-Stai lontano da me.- continuò deciso, con voce esitante.
“Lo sapevo. Non potrà mai perdonarmi per quello che ho fatto.”
Tutte le speranza che si erano costruite nel cuore pulsante di Kurt, ora erano state buttate giù dalla verità, dalla pura verità.
Poco prima aveva pensato che Blaine l’avrebbe perdonato poiché in fondo ce l’aveva fatta a sopravvivere…Ma chi voleva prendere in giro?
Gli aveva fatto rischiare la vita…come poteva assolverlo.
-Vattene!- gli sbraitò contro il moro, mostrandogli gli occhi gonfi, pieni di lacrime, con una punta di odio ed una buona dose di rabbia.
Singhiozzando, Kurt decise di dargli retta, per non peggiorare la situazione. Poteva sentire il suo cuore piangere se restava in silenzio.
Blaine era furioso per aver saputo chi gli aveva fatto del male e tutto ciò che c’era in lui in quel momento era solo tanta collera. Era enormemente infastidito dal fatto che non avesse la forza sufficiente per alzarsi e gettare a terra tutto quello che trovava; strinse i denti e spinse la sua testa contro il cuscino alle sue spalle, cercando di contenere l’arrabbiatura.
Nel frattempo l’altro ragazzo, ferito, corse verso la porta della stanza, gemendo, e quando la richiuse si trovò davanti suo padre che cercava di capire cosa fosse successo.
-Kurt? Che diavolo…-
-Lasciatemi in pace!- obiettò il biondino, intraprendendo una via di fuga verso la fine del lungo corridoio.
-Kurt!- lo richiamarono invano Carl e Burt, ignari di tutto.
-Vado con lui…- propose Burt, preoccupato.
-No,- lo fermò l’uomo con i capelli neri –forse ha voglia di restare da solo.-
-Ha ragione, Burt.- rinforzò ulteriormente Alex, anche se inquieto per l’accaduto.
Il mutamento delle emozioni del biondino era strabiliante: quando era entrato nella stanza da cui Carl lo aveva chiamato era imbarazzato ma contento allo stesso tempo. Ora, con le lacrime sgorgatogli dagli occhi arrossati, la sua felicità era irriconoscibile, mascherata da quello spiacevole turbamento.
-So esattamente cos’è successo.- continuò Carl, dirigendo lo sguardo verso la porta serrata della stanza numero 14 ed assumendo un’espressione piuttosto severa.
Senza farsi arrestare da nessuno, piombò dentro quelle pareti e decise di farsi dare spiegazioni da chi, sapeva con certezza, era il responsabile.
Un tonfo di una porta che si chiuse risvegliò la rabbia ed i mille pensieri che circolavano nella testa di Blaine. Era rimasto con un fuoco d’ira che gli bruciava dentro, con i denti stretti e con il volto girato da una parte.
-Che cosa gli hai detto?!- lo interrogò furioso suo padre.
-Niente che ti riguardi.- ebbe come risposta da un’espressione furiosa.
-Ti rendi conto di cosa hai fatto?!- proseguì irato Carl, indicando la porta dove poco prima un ragazzo piangente ne aveva varcato la soglia.
-Tu non sai quello che Kurt ha fatto per te! Non sai niente Blaine!- lo sgridò deciso l’uomo.
-Certo che lo so! Guarda quante belle cose mi ha lasciato!- e si indicò il corpo, con gli occhi di nuovo lucidi.
-Sei un’egoista!- lo rimproverò ulteriormente Carl.
-Quel ragazzo non si è mai, e dico mai allontanato da te neanche per un momento!- e Blaine lo guardò, quasi incuriosito da quella frase.
“Non ci credo.”-
-Dal primo giorno che ti ha visto, ti è stato sempre vicino, sacrificandosi per te e maledicendosi continuamente per tutto quello che ti ha causato! Ma tu, no, non hai neanche un briciolo di umiltà per lui!-
Solo allora il giovane, che stava per obiettare, si zittì.
Qualcosa in lui gli disse che doveva ascoltare.
-Ha addirittura rinunciato all’opportunità più importante della sua vita per venire qui da te!- riprese Carl, più deciso che mai a spiegargli tutto.
Riteneva fosse giusto che sapesse ciò che aveva fatto per lui. Era davvero un bravo ragazzo e, anche se aveva sbagliato e capiva in parte l’ira di suo figlio, non doveva essere punito. Non più.
“Per venire qui da me?”- ripeté mentalmente il ragazzo sul lettino, come se non potesse crederci; intanto giocherellava con un lembo del candido lenzuolo.
Carl si prese una pausa per osservare l’espressione incerta che aveva suo figlio.
-Ti sto dicendo quello che devi sapere. Capisco che tu sia infuriato con tutto il mondo per la tua condizione, ma devi perdonare quel povero ragazzo. Ha vissuto le stesse cose che hai vissuto tu. Credo anche che sia stata dura pure per lui farsi accettare dagli altri per quello che è.- l’uomo ora parlava con voce più bassa e calma, ma non smetteva di osservare suo figlio.
“Quello che è?”- gli fece eco la testa del ragazzo, ancora un po’intontita da tutto quanto.
Blaine non capiva. Che voleva dire? Aveva avuto problemi con cosa in passato?
-…Visto che ci sono ci tengo anche a dire che mi dispiace di quello che ti ho detto, figliolo. Non lo pensavo veramente. Sei mio figlio e ti accetto per ciò che sei.- si scusò l’uomo, avvicinandosi al lettino del giovane.
Silenzio.
Gli occhi caramello del ragazzo scrutarono il padre, che attendeva anche solo un cenno da parte del figlio.
Ora era terribilmente confuso, non sapeva cosa dire o cosa fare; sapeva solo che, per adesso, non se la sentiva di perdonare Kurt. Era ancora intrappolato nella rabbia. Quanto a suo padre, beh, non sapeva se essere contento per il suo dispiacere o esserne irritato ulteriormente.
-Beh, comunque io ora sono stanco, quindi lasciami solo per favore.- s’irrigidì.
Carl annuì ed, alzandosi mormorò:
-Pensaci Blaine. Non farti sopraffare dalla rabbia: hai bisogno di quel ragazzo.- e, uscendo, chiuse la porta dietro di sé, abbandonandolo nei suoi pensieri incerti.
Il giovane deglutì pesantemente e si guardò intorno, come se si assicurasse di essere rimasto veramente solo.








AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------------------------------

Tattatataaaaaaaaaa :D Potere ai piccoliii (?)
No, cominciamo con un saluto normale....Salve :)
Piaciuto il capitolo? Spero che alcuni di voi non stiano escogitando qualche terribile trucidazione (.-.) o sconosciute e crudeli torture per me per aver creato altri problemi nella ff... *fa un sorrisino* 
Quale pensavate fosse la reazione di quel fig...ehm, ehm, allora! Chi ha parlato???? Volevo dire....di Blin Blin?               
Sono curiosa di sapere cosa le vostre menti perverse/klainer/darrenose (?) hanno thinkato =)           Kissesss                            -SkyFyllOfStars_

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Capitolo 28
*** New Beginning ***


28. New Beginning

 
 
 
 

 
 
 
 
Hai bisogno di quel ragazzo.”- solo questa frase echeggiava ed echeggiava da giorni nella confusa ed annebbiata mente di Blaine.
“Io non ho bisogno di nessuno!”- ringhiò tra sé stesso, col viso imbronciato, come se dovesse convincere qualcuno su quel fatto.
Come poteva necessitare di qualcuno che lo aveva già ridotto male? Era ridicolo.
In ospedale era ormai pomeriggio; dall’ultima volta che Blaine aveva cacciato Kurt, il biondino non era più entrato nella stanza.
Nella camera il silenzio era padrone in quel momento e, se non fosse stato per i suoi pensieri, probabilmente sarebbe stata davvero vuota.
Eppure, scavando nel profondo della sua ira per Kurt e per l’incidente, c’era un parte di sé dispiaciuta per aver trattato in quel modo crudele il biondino.
Era diviso a metà, come se due persone esistessero in lui…era forse la sua coscienza che parlava?
Sospirava, forse incerto su ciò che aveva detto, o forse sulla noia di quel momento nel non poter alzarsi o fare qualcos’altro. Era dura stare ventiquattro ore su ventiquattro sdraiato sempre sullo stesso lettino.
Il dottore gli aveva comunicato che ora stava bene, ma che doveva solamente pensare a riposare.
Era parecchio difficile con un mal di testa terribile; sentiva tutto il suo corpo indolenzito e quando provava a muoverne una qualsiasi parte, un leggero e fastidioso formicolio gli si infiltrava tra i muscoli.
Si accarezzò con una mano il petto, delicatamente; tastò vari aggeggi appiccicaticci e proseguì fino alla parte sinistra, quella del cuore. Batteva tranquillo.
“Cosa diavolo mi è successo?”- s’interrogò, quasi irato dal fatto che nessuno potesse rispondergli in quell’sitante.
La parte sinistra su cui teneva la mano si faceva sentire ad intermittenza, come per rassicurarlo almeno sul fatto che ora era vivo sul serio.
Non ricordava nulla di quello accaduto prima che si ritrovasse circondato da quattro mura di un ospedale: il dottore gli aveva spiegato che era stato in un lungo e difficile coma, ma quando lui gli aveva chiesto cosa l’avesse ridotto così l’uomo gli aveva solamente accennato un brutto incidente.
Era quell’aggettivo, brutto, che lo preoccupava: la sua più grande paura era di avere altri problemi.
Con quest’ultima parola gli vennero in mente le parole di suo padre di poco fa, quelle che dicevano di Kurt che aveva passato le sue stesse cose per farsi accettare dagli altri.
Non riusciva proprio a decifrare quello che a lui pareva un codice segreto. La sua mente, stanca, tentò di concentrarsi su quell’argomento, ma il forte mal di testa era terribilmente martellante e così continuo che il moro non riusciva neanche a pensare.
Seduto come stava, cercò di mettersi giù con fatica per riposare un po’, stufo di quel tutto riflettere e così si accucciò sul cuscino, addormentandosi beatamente.
 
 
 
 
“Lui non mi vuole. Non mi perdonerà, me lo sento.”- singhiozzava intanto Kurt,  seduto su una sedia in una sala di attesa in un altro reparto.
Aveva corso così tanto, così a lungo per scappare da chi glia aveva detto di andarsene che non si era neanche accorto dove fosse arrivato. Ma in quel momento non era importante. Blaine lo odiava, era questo il punto. Come poteva dargli torto? Dopo tutto ciò si sentiva ancora in colpa.
-Sei qui!- si sentì dire da una voce mascolina, piuttosto sollevata di averlo scovato.
Quando alzò gli occhi si trovò davanti il corpo ben scolpito di Alex, che lo guardava con un caloroso sorriso.
Kurt riabbassò lo sguardo e lo lasciò metterlo a sedere accanto a lui.
-Posso almeno io sapere cosa diavolo è successo ancora?- gli domandò con l’intento di diventare insistente se non gli avesse risposto.
-Blaine…è arrabbiato con me per quello che gli ho fatto.- rispose sconsolato il biondino, senza aver più bisogno di scappare.
Doveva affrontare i problemi, non correre via.
-…Beh, è normale che reagisca così.- obiettò Alex, gesticolando.
-Lo so, ma…- si fermò esitante Kurt, fissando per terra.
-Ma… cosa?- lo sollecitò il moro.
-…Se mi odiasse per sempre? So bene quello che ho combinato e sento che non mi perdonerà mai.- affermò il biondo, tenendo a freno le lacrime.
-Questo non puoi saperlo, Kurt.- ebbe come risposta da una voce quieta e rassicurante.
Il giovane dagli occhi chiari lo guardò per un attimo, triste e abbattuto.
-E se la situazione peggiorasse?-
-…Devi solo continuare a stargli vicino, anche se lui ti respinge…- e lo accarezzò in viso con una mano incerta ma delicata.
-Forse hai ragione, ma non è facile.- ribatté Kurt, concedendo una piccola lacrima alla sua enorme ed amara tristezza.
-Niente è stato facile fino ad ora. Ma tu sei forte e se avrai bisogno di me, basta un fischio.- continuò Alex, simulando il gesto del fischiare in modo buffo.
Una leggera risata da parte di Kurt rese il tutto più colorato, rincuorando Alex ed assicurandolo che fosse ancora lui e che non stesse parlando solo con la sua malinconia.
-Ora andiamo.- e, alzandosi, il bruno gli tese una mano.
Kurt la osservò per alcuni secondi e poi ricambiò il gesto, ritenendosi fortunato ad avere un amico così speciale.
Alex gli aveva detto qualcosa che gli aveva fatto cambiare completamente atteggiamento: da quel momento Kurt si era promesso di continuare a stare vicino a Blaine, anche se lui l’avrebbe probabilmente cacciato via. Non se ne sarebbe andato neanche se gli avessero messo una bomba sotto al sedere.
A testa alta e deciso in ciò che voleva fare, sarebbe entrato in quella stanza ed avrebbe chiarito con il suo angioletto.  Questo era il suo piano.
 
Dopo pochi minuti furono di ritorno nello stesso corridoio, dove Burt teneva un’aria preoccupata e Carl se ne stava lì, seduto su una sedia con un’espressione statica.
Gli occhi di Kurt erano stanchi di far scendere lacrime e, al loro posto, ora avevano raccolto una forza incredibile ed erano diventati più decisi. Scrutavano la soglia della stanza numero 14 mentre Alex cercava di inviargli vari sguardi.
Però tutta l’attenzione del biondino era rivolta a quella stanza. A quel numero. E a quel ragazzo che c’era dentro.
Una volta raggiunto gli altri, Alex si posizionò vicino a Carl, sorridendo appena come se fosse soddisfatto della sua ricerca di Kurt portata a termine.
Burt corse ad abbracciare il figlio e cercò di indagare su quello che era accaduto, ma il ragazzo lo tranquillizzò invano, dicendogli che tutto era a posto. Poi guardò Carl e, deciso, entrò di nuovo dentro la stanza, indossando un’espressione strana.
Appena richiuse la porta dietro di sé, si trovò davanti ad un ammasso di coperte bianche, dentro le quali un Blaine sonnecchiante dormiva pacioso.
Kurt, della sua postazione, poteva scorgere solo qualche riccio ribelle che faceva capolino da un lembo delle lenzuola. Quel piccolo dettaglio lo fece ridere e gli suscitò una sensazione di dolcezza.
Si avvicinò furtivo alla sedia, in punta di piedi, per non svegliarlo; si mise a sedere buono buono ed aspettò che si svegliasse.
Intanto fu rapito dal guardarlo sonnecchiare.
Era splendido quando dormiva.
In quel momento gli parve di ritornare indietro nel tempo, quando era ancora bloccato in un lungo sonno e si ricordò delle mille volte che aveva desiderato ardentemente che si svegliasse. Gli era sempre piaciuto pensare che dormisse anche prima, quand’era in coma. Forse perché lo estraniava dalla realtà? Non era importante, ora il peggio era passato. Solo che un altro problema si era infiltrato tra lui e Blaine. Avrebbe risolto anche questo.
Un sospiro da parte del moro gli carezzò il cuore; ora ammirava completamente il suo viso pulito e rilassato, girato dalla sua parte.
Più lo guardava e più pensava che fosse perfetto. Notò che le labbra gli si schiusero leggermente ed udì un altro respiro profondo inondare la stanza.
Kurt in realtà non sapeva cosa gli avrebbe detto di preciso quando Blaine avesse aperto gli occhi. Probabilmente il moro si sarebbe stranito e gli avrebbe ordinato di andarsene, ma di una cosa era certo: non voleva ubbidirgli. Non doveva.
Sentiva il bisogno di stare con lui e di farsi “perdonare”.
-Che ci fai di nuovo qui?!- Blaine si era svegliato e ora lo guardava in cagnesco, anche se con i ricci mezzi arruffati e con un’aria appena assonnata.
 -Esci fuori! Non voglio vederti mai più!- continuò gridando quasi isterico.
Il biondino non fu sorpreso che gli rispondesse in quel modo, ma continuò comunque a non ascoltarlo e rimase seduto comodamente sulla sedia accanto al letto.
-Non mi interessa, io rimango qui, che ti piaccia o no.- si impuntò Kurt, mettendosi a braccia conserte.
“Perché vuole rimanere dopo che gli ho sbraitato contro?”- si domandò mentalmente il moretto, mentre cercava di assumere un’aria più severa.
-Ho detto vattene…- preoseguì Blaine, indicandogli la porta.
-No. Dobbiamo chiarire.-
-Che cosa? Il fatto che mi hai portato a rischiare la vita?-
-Mi ucciderei per questo…Ti chiedo solo di permettermi di starti vicino.-
“Davvero ti uccideresti?”- ripeté Blaine, quasi stupito da quell’affermazione.
-Non ho bisogno del tuo conforto.-
-Ma io si.-
“C-cosa?”- si chiese il moro mentalmente.
-Tu hai bisogno di me ed io di te.-
-Balle. Guarda cosa mi hai combinato…-
-Almeno non puoi alzarti per picchiarmi.- affermò quasi ironicamente il biondino.
-Piantala, non è divertente…- ringhiò il moretto, mettendosi a braccia conserte.
“Dio…è insopportabile…”-
-Se pensi che sia insopportabile, beh, comincia ad abituarti poiché ho deciso di romperti le scatole da oggi in poi.-
Era la cosa giusta da fare. Sapeva che Blaine aveva ragione ad essere furioso con lui, ma Kurt l’avrebbe supportato fino alla fine, qualunque cosa sia successa.
-Ti prometto una cosa.-
-Cosa?- chiese infastidito Blaine, anche se in lui c’era un pizzico di curiosità.
-Non ti libererai di me facilmente.-
-Sapevo che l’avresti detto.-
-Quindi lo speravi?-
-Cosa? Io…-
I loro sguardi s’incrociarono per qualche secondo.
-Te lo ripeto per l’ultima volta, esci fuori da qui!- cambiò discorso Blaine.
Silenzio.
-Dopo che mi hai mandato all’ospedale dovrei passare altro tempo con te?! Come vuoi che la prendi?!- continuò il moro, stufo del comportamento di Kurt.
-Hai ragione ad essere arrabbiato…- ammise la flebile voce del biondo.
-Meno male, almeno su una cosa siamo d’accordo!-
-Ma io voglio continuare a starti vicino anche se tu mi odi.-
Blaine schiuse le labbra per obbiettare, ma si bloccò. Concordava col biondo riguardo alla sua rabbia, ma una parte di sé non riusciva ad affermare completamente l’odio per il ragazzo.
-Non ti chiedo di perdonarmi…Non mi sognerei mai di farlo…- aggiunse Kurt, guardando ora in basso, con la sicurezza di prima che andava schiarendosi piano piano.
-Ma…voglio rimediare almeno con me stesso…Continuare a supportarti è già un passo per cercare di stare meglio…Dammi solo quest’opportunità, ti prego.-
Sulla schiena del riccio si mosse un breve brivido quando i dolci occhi di Kurt s’incatenarono ai suoi.
Era strano ciò che sentiva: non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e a negargli quello che gli era stato chiesto.
Alzò le spalle, non sapendo cosa rispondere.
-Lo prendo come un si?- chiesero due occhi speranzosi.
Toc Toc.
-E’ permesso?- domandò una voce maschile da fuori la porta.
I due ragazzi furono scossi da quel rumore improvviso; poi Blaine fece entrare l’uomo che aveva bussato gentilmente.
-Mi dispiace disturbare, ragazzi, ma ho delle…notizie.-
Kurt scrutò il viso dell’uomo: riconobbe il dottore che lo aveva consolato parecchie volte… Dalla sua espressione non pareva portare buone notizie.
-Si, mi dica.- rispose Blaine, volgendosi per un microsecondo verso il biondo.
Il dottore si posizionò accanto al letto del moro, proprio dalla parte opposta di Kurt; aveva la solita cartellina di plastica con dei fogli scarabocchiati sopra.
-…Beh, ho qualcosa di cui avvisarti e non ti piacerà.-
Blaine deglutì.
-Dai risultati degli ultimi accertamenti che abbiamo fatto pochi giorni fa, abbiamo rilevato una…immobilità delle tue gambe.-
“Dio no, ti prego.”- supplicò Kurt.
-Un…un’immobilità?- ripeté il riccio, incredulo.
-Proprio così. Ma non è del tutto finito: c’è una possibilità.-
“Oh grazie al cielo!”- si disse sollevato l’apprendista, che intanto ascoltava curioso, regalandosi ogni tanto una visione di un Blaine super preoccupato.
-Quale? Un’operazione?- Gli occhi del ragazzo dai capelli ricci si illuminarono per la speranza.
-..No..-
-E-e… allora cosa?-
-Hai bisogno di una lunga terapia.-
“Terapia? Solo una terapia?!”- s’irritò mentalmente.
-Ci sono delle probabilità che tornerai a camminare se le seguirai con attenzione.- seguitò il medico.
-Quindi potrebbe di nuovo camminare!- esclamò sollevato Kurt.
Un cenno affermativo dell’uomo lo rassicurò ancora di più. Ma l’espressione dell’altro ragazzo non sembrava esprimere lo stesso conforto.
I suoi occhi erano puntati sul pavimento, quasi furiosi, stanchi di tutta quella situazione.
-Mi sta dicendo che ora io non…non sono in grado di camminare.- disse Blaine col cuore che gli batteva forte per la rabbia.
-Al momento no, sono mortificato. Ma…-
-Ma un bel niente!- sbraitò il moro irato.
Kurt balzò sulla sedia che lo sosteneva e cercò di parlare, ma invano, poiché Blaine riattaccò pronto:
-Prima il coma, adesso questo! Ci manca solo che…-
-Non è tutto perso, le terapie possono essere eseguite anche da una persona comune, ma bisogna che sia molto determinata e che sia capace di supportarla parecchio!- spiegò il dottore, cercando di calmarlo.
-E dove pensa che possa trovare una persona adatta?!- obiettò Blaine, alzando le braccia.
Silenzio.
L’uomo stava per parlare, sicuramente con l’intento di arrampicarsi sugli specchi, quando un’idea gli balenò in mente. I suoi occhi in un baleno furono puntati sul corpo di Kurt, che nel frattempo pensava assorto, osservando nel vuoto. Successivamente si accorse dello sguardo del medico che aveva addosso e s’interrogò sul motivo.
-…I-Io?- domandò stupito l’apprendista, indicandosi con un dito.
-Perché no? Sei l’unico che potrebbe farlo!-
-Cosa? Neanche per sogno!- intervenne prontamente Blaine, sforzandosi di sembrare infastidito il più possibile.
Si, si stava sforzando di esserlo. In realtà il suo cuore aveva fatto un piccolo balzò quando aveva udito il nome del biondo, e il resto del suo corpo non sembrava dispiaciuto.
-Vuole tornare a camminare si o no?- lo sfidò il dottore.
Il riccio allora si zittì, vinto dalla scelta. Le cose stavano così: doveva sopportare la persona che l’aveva mandato in ospedale come suo nuovo terapista. Odioso.
-Ma-ma io non, non sono capace!- tentennò Kurt, quasi spaventato.
-Non importa, le verranno date le informazioni necessarie; ma le cose più importanti sono la determinazione e… la forza di volontà- e guardò severamente il riccioluto, che sbuffava pesantemente.
-Io non lo voglio come terapista.-
-Le consiglio vivamente di cominciare ad essere più docile se vuole guarire. E poi credo che vi sarebbe bene ad entrambi stare parecchio insieme.-e detto questo, l’uomo sparì dalla stanza con pochi passi.
-Ci mancava solo questa!- sbuffò Blaine, mentre lottava con una parte di lui contraria alla sua reazione.
“Perché non riesco ad essere completamente infastidito?!”-
-Ho promesso che ti sarei stato vicino qualunque cosa fosse accaduta e…-
-E?- ripeté Blaine, cominciando a rassegnarsi e a far sfumare la sua testardaggine.
-…e voglio farlo. Ti prometto che farò del mio meglio, Blaine.-
“Perché i suoi occhi stanno brillando?”-
Che gli stava succedendo? Bastava che gli occhi di Kurt si posassero sul suo corpo e sul suo viso per farlo andare su di giri? No, probabilmente era il suo mal di testa che gli suscitava queste strane sensazioni.
Dopo un lungo sospiro, sbuffò.
-Beh, credo che passeremo molto tempo insieme da oggi in poi.- concluse il moro, quasi abbandonando la sua espressione scocciata e cominciando ad assumerne una più addolcita.
Ora capiva che non c’era altro da fare. Perché non dare l’opportunità a Kurt di rimediare? In fondo era ancora vivo, no? Sentiva che doveva ascoltare ciò che sentiva. Già, ma che sentiva?
-Grazie.- gli risposero due occhi lucidi che lo guardavano timidamente.
La sua risposta fu un lieve sorriso, anche se un po’ forzato, come se volesse tentare con tutto se stesso di cominciare ad incamminarsi sulla via del perondono...ma senza nessun risultato, almeno per ora.
Ma forse poteva anche riuscire a perdonarlo. Gli era stato vicino…e forse gli doveva qualcosa…O forse no...
Confusione. Tanta.
“Ha delle labbra bellissime…”-dichiarò poi tra sé, scuotendo successivamente il capo, quasi spaventato dal suo stesso pensiero.
 

 







 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------

 

Eh si Blin Blin, hai proprio ragione...Capirai, se dovessi mettermi ad elencare le volte in cui sono d'accordo con Kurt che fa complimenti mentali a Blaine...apparte il fatto che sverrei al solo pensiero... *apre le finestre perchè si accorge che fa caldo...*... ma poi vi terrei qui fino a notte fonda, e probabilmente alcuni di voi mi lancerebbero addosso qualcosa! *si immagina la scena e si va a ficcare sotto alla scrivania...*
Un'altra cosa, avete visto la 5x01 di Glee??????????? Non voglio spoilerare nulla a chi ancora magari non l'ha vista, ma ragazzi se non l'avete fatto interrompete IMMEDIATAMENTE ciò che state facendo e correte subito a watcharlaaaa (?) !
Per quelli che l'hanno già vista, dovete sapere che io ho sclerato troppo..non so voi...<3
However, piaciuto il capitolo? Io intanto mi sto mettendo sotto a scrivere il 29esimo, voi dovete solo attendere... (loading...xD)
Basta, vi lascio in pace :)      

                                                                                                                      ¡Hasta Pronto!                                -SkyFullOfStars_

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Capitolo 29
*** Courage, Blaine ***


29. Courage, Blaine
 






 
 
 
 
 
 
-Cominceremo oggi stesso.-
“Cosa diavolo sta succedendo di là?”-
Blaine era nella sua solita postazione, nella sua stanza, a cercare di capire cosa il dottore stesse spiegando a Kurt, a distanza di una parete.
Ormai era il suo terapista personale, non poteva negarlo.
Dall’ultima volta che avevano parlato era passato qualche giorno: Kurt aveva continuato a fargli visita e lui a tentare di snobbarlo, anche se con fatica. Ogni volta che incontrava il suo viso provava uno strano ma piacevole brivido.  Questa cosa lo spaventava, e non sapeva nemmeno il  perché.
Quel chiacchierio incomprensibile che gli tormentava le orecchie, diventò assolutamente fastidioso; Blaine si accucciò teneramente sul cuscino, lasciandosi scivolare all’ingiù e permettendo così alle varie domande di farsi ancora più nitide.
“Cosa sta dicendo il dottore a Kurt? Perché ci mettono tanto a parlare? Altri problemi?”-
Sprofondò ancora di più la testa contro il cuscino, desiderando di mettere pace a quei mille pensieri scomposti. Finalmente lo scricchiolio di una maniglia lo destò, facendolo mettere a sedere come prima.
Il viso di Kurt fu riconosciuto di nuovo dai suoi grandi occhi color cioccolato…Non sembrava portare brutte notizie dalla sua espressione placata e timida, come al solito.
Il moro aveva notato che ogni volta che gli occhi dei due si scambiavano qualche occhiata, le guance del biondino si coloravano di un dolce rosa chiaro, più scuro del normale e terribilmente tenero. Non capiva come né perché, ma quando accadeva Blaine era attraversato da un brivido allo stomaco. Strana situazione.
-Beh, il dottore mi ha detto che le terapie vanno cominciate subito e che devono essere piuttosto aggressive. Quindi credo che mi odierai ancora di più.- parlò finalmente Kurt, riprendendo il suo posto accanto al lettino.
-Non ho mai detto che ti odio.-
-Me lo hai fatto pensare.- rispose il biondo, deviando il suo sguardo da quello del ricco, che lo cercava esitante.
“Non. Non volev…Oh si Blaine, si che volevi!”- gli suggerì una piccola vocina nella testa del ragazzo.
Era combattuto da due parti di se stesso: una gli diceva una cosa e una un’altra. A chi dar retta? A quella che voleva mettere una pietra sopra a tutto e a perdonare, oppure a quella che intendeva continuare a farlo reagire malamente, convincendosi di averne tutte le ragioni per farlo?
-…Comunque ,- seguitò poi l’apprendista – tuo padre è andato a casa perché mi ha affidato…te.-
“Sono affidato a te?”-
E poi medici hanno detto che puoi uscire dall’ospedale a patto che…- si bloccò Kurt, quasi spaventato nel continuare a spiegare.
L’espressione del moro divenne più preoccupata ed inquieta, ma allo stesso tempo curiosa di sapere.
-Che…?- gli fece eco.
-…Che verrai a stare da me, nel modo che io possa seguirti più da vicino per le terapie.- concluse alla fine.
-Scherzi? Non ci vengo con te!- obiettò Blaine, assumendo un’espressione infastidita.
-Non è stata una mia scelta, ok? E’ per il tuo bene…- spiegò Kurt, sul limite delle lacrime.
Perché doveva prendersela ancora con lui? Lo stava facendo solo per Blaine…Ma quest’ultimo non sembrava capire.
-Per- per me?- balbettò con una lieve esitazione sul volto.
“Si preoccupa per me…”- affermò nella sua testa.
Forse era così. In realtà il moro non ci aveva capito più niente da quando aveva incolpato il biondo del suo stato. Tutto intorno a lui si era coloato di un grigio scuro, malinconico. Ma ora che il viso di Kurt era di nuovo con lui, ogni cosa gli sembrava colorata come prima. Solo un’impressione?
“No, lui è il ragazzo che mi ha fatto del male…Come posso pensare che…”- I suoi pensieri furono fermati improvvisamente da vari leggeri singhiozzi che venivano da due mani rosee poggiate sulla faccia del biondino.
Il cuore del moro si strinse fortemente, quasi volesse auto abbracciarsi per scovare un po’ di consolazione in quel momento. Si sentiva in colpa. Eccome.
Le sue labbra si scostarono lentamente, con l’intento di liberare qualche parola…ma nulla riuscì a calmare né l’inquietudine di Blaine, né il pianto di Kurt.
“Per favore…smettila…”- pregò il moretto nella sua mente. Desiderava ardentemente che la piantasse di bagnare i suoi occhi color bosco di quelle lacrime amare. Allora la sua mente lo riportò indietro nel tempo in un lampo, a quel giorno, quel maledetto giorno che l’aveva trattato rudemente…Grande sbaglio.
Riflettè quante volte aveva potuto piangere e a quante volte sicuramente l’aveva fatto. Quante volte si era sentito così?
Ora era convinto di aver sbagliato sul serio. La parte di se stesso, quella egoista ed insensibile andava via via dissolvendosi piano piano e subito Blaine si sentì come disincatenato. Strano, ma vero.
Un battito accelerato del suo cuore pulsante lo risvegliò da quei pensieri e lui si concentrò sugli occhi: ancora la visione del ragazzo piangente. Non sapeva cosa fare. Come farlo smettere?
Deglutì pesantemente.
“Coraggio, Blaine.”- si disse.
Alzò lentamente la sua mano un po’ indolenzita, con una punta di incertezza. Sperava solo che gli permettesse di consolarlo. Si, non poteva crederci, ma stava per confortarlo.
Fu incredibile come avesse spazzato via da sé la parte negativa della sua personalità; beh, quella che gli si era formata dentro dopo aver saputo dell’incidente.
Con tocco leggiadro e morbido andò a sfiorare le dita tremanti sul volto d Kurt; un brivido si fece sentire.
Non si riusciva a capire chi avesse più emozioni tra i due in quel momento. Provavano, forse, le stesse cose, solo che entrambi non ne erano a conoscenza.
Era il minimo che potesse fare Blaine in quell’istante. Non aveva mai avuto vicino a sé un ragazzo che piangesse per lui…In quel modo poi. Poteva solo immaginare il dolore che lo trafiggeva di parte in parte, ora.
-Non voglio…cioè, non…posso vederti…così.- balbettò imbarazzato il riccio, accarezzando ancora la pelle di Kurt.
Quest’ultimo poi mostrò tentennante il viso, terribilmente segnato da quella tempesta accaduta in pochi secondi dentro di lui, confusione che Blaine poteva solo immaginare.
Quel gesto gli ricordava le tante volte che l’aveva fatto al suo angioletto, quando ancora il mistero del colore dei suoi occhi non era stato svelato...
Poi la dolce mano di Blaine abbandonò  velocemente il viso vellutato del biondo e ritornò al suo posto.
-Se mi dici che è per il mio bene, lo farò. In fondo, sei tu il mio terapista, no?- mormorò Blaine nell’imbarazzo, distogliendo gli occhi da quelli color miele, gonfi ed arrossati. Uno strano impulso l’aveva costretto a smettere di donare dolci carezze alle mani ed alle guance di Kurt. Aveva sentito qualcosa, e ne era stato scosso.
-Si-si, giusto.- concordò il biondo, tirando su con il naso e cercando di far sparire i segni delle lacrime sul suo volto.
-Allora, casa tua…dove abiti?- continuò il riccio, ancora un po’ emozionato per i teneri istanti prima.
-Ehm, abito nel cuore della città, poco distante da dove lavoro.-
-E sarebbe?-
-In un’agenzia di moda.-
-Giusto.- affermò Blaine, cercando il più possibile di evitare ulteriori brividi, schivando gli sguardi Kurt.
-Il dottore mi ha detto che le terapie dureranno molto, quindi dovremmo passare tutto il tempo insieme.-
“Tutto il tempo insieme?”- ripeté imbarazzato Blaine tra sé.
Kurt aveva ancora i segni del pianto sul volto: le guance ed il naso erano arrossati e Blaine li trovava semplicemente deliziosi, anche senza conoscerne il motivo.
-E…e quando mi faranno uscire dall’ospedale?- continuò poi il moro, non volendo farsi inondare da quei pensieri, anche se invitanti.
-Subito. Infatti mi hanno chiesto di aiutare a prepararti.-
-E come riuscirò ad “alzarmi”?- chiese sconcertato Blaine.
-Beh,  ti aiuterò io…e poi ti poggerò su una sedia a rotelle, che sarà la tua nuova amica.-
L’espressione del moro non sembrava molto entusiasta, e così Kurt si maledì per averci scherzato sopra.
-Ops, mi- mi dispiace…Non volevo…-
-Tranquillo, hai detto la verità.- lo bloccò Blaine, accennando un minuscolo sorriso.
 
In pochi secondi la sedia a rotelle fu portata nella stanza numero 14 e fu posta accanto al lettino e vicino alla sedia sulla quale Kurt era adagiato.
Il cuore del riccioluto aveva cominciato a tremare già da un po’: tutto questo, tutte quelle cose nuove…semplicemente, lo spaventavano. Quell’attrezzo che, dalle parole di Kurt si era materializzato davanti ai suoi occhi, gli aveva sbattuto in faccia la realtà.
Ora aveva paura.
-Blaine?- lo richiamò la dolce voce del biondino, il quale ora era in piedi e lo osservava.
-Si, sono pronto.-
Detto questo le coperte che erano adagiate sul corpo indolenzito del moro, furono sollevate dalle rosee mani di Kurt, che poi piegò il busto verso quello di Blaine. Afferrò con cautela le gambe del ragazzo, poggiandole poi verso il bordo del letto e poi facendole scivolare giù.
-Male?- si fermò il biondo.
-No, purtroppo no.- rispose con il volto spento Blaine.
“Come ho potuto fargli una domanda così stupida?!”- si sgridò mentalmente Kurt.
Il riccio si ritrovò seduto su un lato del letto, aspettando che l’altro ragazzo decidesse come posizionarlo sulla sedia a rotelle. Dopo qualche esitazione Kurt trovò finalmente il modo di farlo alzare, permettendogli di muoversi il meno possibile.
-Ok, ora devi cercare di mettere il braccio sul mio collo…-spiegò arrossendo appena.
Sapeva che d’ora in poi ci sarebbero stati molti più contatti ravvicinati con il suo nuovo “paziente”, e questa cosa lo eccitava parecchio.
-Mmm, e-e poi?- sussurrò il moro ubbidendogli e trovandosi ormai vicinissimo al suo orecchio, accorgendosi così di un piccolo tremito.
-Ehm…ora ci penso io.- bisbigliò soavemente il biondino, tirando un piccolo sospiro e carezzando in questo modo la guancia di Blaine, colorata di un lieve rossore.
Appena le braccia dell’apprendista afferrarono decise le gambe di Blaine, quest’ultima si ritrovò completamente accucciato sul petto di Kurt, in braccio.
Per un magico ed inspiegabile momento i due visi s’incontrarono sfiorandosi; i ragazzi comunicavano adesso con i respiri agitati, alternati.
“Non…perché tutti questi maledetti brividi…?”- la mente di Blaine era confusa ed annebbiata, di nuovo, come se solo in quell’istante avesse aperto gli occhi per la prima volta e si fosse trovato faccia a faccia con una visione, una visione splendida. Era davvero questo quello che pensava ora di Kurt? Che significato aveva?
-Non so se riuscirai ancora a tenermi in braccio se non ti sbrighi a mettermi su quella sedia.- subentrò la voce flebile ed incerta del moro.
-Ehm, si, giusto…scusami.- biascicò imbarazzato Kurt, posizionandolo finalmente sull’attrezzo, spettatore di quell’amabile momento.
Ora Blaine si trovava in posizione eretta. I braccioli della sedia erano freddi e, grazie a quel contrasto di temperatura, la sua mente gli fece rivivere in un flash il confortante e caldo incontro ravvicinato con la delicata pelle del biondo.
-Beh, grazie di avermi aiutato.- concluse.
-Figurati…Non sarà l’ultima volta.- affermò Kurt, sorridendo appena.
Con parecchi minuti di silenzio, Blaine fu pronto per lasciare finalmente l’ospedale. Non gli pareva vero, dopo tutti quei mesi di coma. Non era neanche solo.
 
 
 



-Mi piace questo posto.- affermò convinto Blaine, lasciandosi rapire dall’ enorme spazio intorno a lui.
Kurt sorrise sollevato e, carico di due borse piene di roba, andò a posarle nel salotto di quella che era casa sua.
-Vivi da molto qui?-chiese il moretto, concentrato ad osservare qualunque cosa gli capitasse davanti.
L’appartamento di Kurt era molto accogliente: tutto intorno era colorato di varie tonalità di un leggero arancio chiaro, che trasmetteva un piacevole conforto; ogni cosa era ordinata e da questo dettaglio il riccio riuscì a scovare qualcosa in più del carattere del biondo.
Un improvviso piccolo tonfo fece sussultare il cuore di Kurt, costringendolo ad abbandonare ciò che stava facendo e a correre da Blaine.
Lo trovò con la sedia a rotelle contro un mobile del corridoio.
-Blaine?! Tutto a posto?- accorse preoccupato.
Un gesto negativo da parte del moro lo fece scostare bruscamente.
-Si, si, va tutto a meraviglia.- disse ironicamente, mentre cercava di riprendere il controllo della sua sedia  rotelle.
“Perché è cosi difficile manovrare quest’ammasso di metallo?”-
-Maledetto aggeggio!- si arrese sbuffando dopo parecchie prove,mentre Kurt se ne stava accanto a lui, volendolo aiutare.
-Una mano?-
-No, è tutto sotto controllo.- rispose il moro in maniera burbera.
Tentò ancora parecchie manovre, sbattendo nuovamente su quel mobile e continuando a lamentarsi, ma senza chiedere aiuto a Kurt, il quale lo osservava quasi divertito dalla scarsa abilità di Blaine di maneggiare quella sedia.
"Quant'è carino quando è scocciato..."-
Con una spalla, il biondino si poggiò delicatamente sulla soglia della grande porta del corridoio, senza essere capace di staccare gli occhi di dosso da quella piccola figura sbuffante.
-Ora lo vuoi un aiuto, eroe dell'abilità?- ironizzò Kurt.
-Uff, si…- si arrese Blaine mentre fulminava con lo sguardo il maledetto ammasso di metallo che lo sosteneva.
Con poche mosse il biondino riuscì a metterlo dritto di nuovo e fu sorpreso da ciò che sapeva fare,anche perché non aveva mai avuto esperienze del genere.
-Vieni, ti accompagno in salotto.- e lo spinse in quella direzione, con appena un po’ di fatica.
-Allora, per rispondere alla domanda di prima…no, non vivo qui da molto. Ho visto questo posto la prima volta quando ho finito il liceo.- rispose, accostandolo vicino al divano di stoffa che si presentava maestosamente.
-Ah, quindi non sei di qui.-
-No, vengo dall’Ohio.- gli sorrise Kurt, mentre riprendeva a svuotare i bagagli del suo nuovo ospite.
I due occhi color caramello lo scrutarono, ammirando per la prima volta la figura intera, vista da un po’ più lontano di quel ragazzo.
“Wow.”-
-Io invece sono di qui. Vivo con mio padre, o meglio…vivevo…-
-Non devi preoccuparti, ho detto a Carl che può venire qui quando vuole, tanto io ci sarò sempre.-
-Che vuoi dire? Hai detto che lavori…-
-Si,- lo interrupe Kurt –ma ora, a quanto pare, ho un nuovo lavoro.- e lo guardò senza aggiungere altro.
Il moretto poteva scorgere un bagliore di dispiacere e di dolcezza in quello sguardo. Si sentiva quasi il “responsabile” di quella faccenda. Non avrebbe mai voluto che Kurt abbandonasse il suo futuro.
-Aspetta, vuoi dire che hai lasciato il lavoro per…per me?- balbettò incredulo Blaine.
Il viso porcellana del biondo accennò un si con la testa.
In realtà poco gli dispiaceva di quella scelta; tutto ciò che ora desiderava e che riteneva importante era solo Blaine.
“Ha fatto questo solo per me?”- pensò quasi perplesso il nanetto.
-Oh. Beh…E che ne sarà della tua carriera? Fai lo stilista, no?-
-Apprendista a dir la verità. E poi non credo che sarebbe andata alla grande visto quello che è successo l’ultima volta.- spiegò Kurt, cominciando ad accumulare i panni di Blaine, per prepararli a lavare.
-Cioè?- chiese la voce curiosa del moro.
“Cavolo, non dovevo dirglielo.”-
Tutto quello che aveva fatto Kurt era stato accennare la serata della sfilata. Non voleva che Blaine potesse dargli dello stupido per aver abbandonato quella che poteva essere una grandiosa carriera da stilista.
-Niente.- si limitò a rispondere, affrettandosi a cercare un altro argomento col quale nascondersi.
-Ma…-
-Alllora,- lo interruppe prontamente l’apprendista,- siccome è quasi ora di pranzo, dovrei andare a preparare qualcosa, ma prima vado a mettere questi nella lavatrice.- disse mostrando pile di panni nelle sue mani e poi, veloce, sparì dalla vista di Blaine, che non ebbe neanche il tempo di replicare.








 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------

Hey guys :)
Chiedo venia per il piccolo ritardo nel pubblicare il capitolo eheh '=P Spero che nessuno di voi mi aspetti fuori casa con un ascia in mano e delle uova da lanciarmi addosso, a mò di Vocal Adrenaline xD *realizza che potrebbe accadere veramente*
Comunque, ecco qua un piccolo Blaine impacciato con la sedia a rotelle e un Kurt forzuto che riesce ad aiutarlo (so cute, isn'it??)
Ok, vi lascio prima che qualcuno mi scleri nelle recensioni :D
Besitossssss                                                                                                -SkyFullOfStars_ <3 

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Capitolo 30
*** I Need You. ***


30. I Need You.
 
 










 
 
 
 
 
 
-Blaine, sai per caso dov…-
Le parole di Kurt furono bloccate da una tenera visione del suo angioletto, che sonnecchiava silenziosamente.
Il corpo del ragazzo, in piedi sulla soglia della sua camera da letto, era completamente immobile. Il suo piccolo cuore batteva in modo strano, quasi deliziato anche lui da un Blaine dormiente, simile ad un cucciolo di panda. Era raggomitolato su se stesso sul letto, accarezzato da due piumoni, poiché Kurt glieli aveva messi quando gli aveva detto di sentire freddo. Non aveva tutti i torti: era quasi ora di cena, e fuori il gelo regnava sovrano.
Concentrandosi ancora di più su quella figura, notò che respirava lentamente e questo movimento lo riportò indietro a quando si trovava in ospedale ed era in coma. Kurt fu per un attimo sconsolato da quel pensiero, ma poi si rassicurò sul fatto che ora non era più così, che era vivo e che adesso dormiva tranquillamente nel suo lettone.
Si avvicinò furtivamente,accostandosi al letto e sedendosi. Temeva che persino il fruscio delle coperte potesse svegliare il moretto: possedeva un modo di sonnecchiare talmente dolce che non voleva proprio disturbarlo.
Sorrise, mentre gli passò una mano sulla fronte, stranamente calda.
“Dio. E’ bollente.”-
In quel momento si spaventò.
“Forse è accaldato perché sta dormendo ed è sormontato da ben due piumoni.”- ipotizzò Kurt, cercando di non allarmarsi inutilmente.
“O forse ha al febbre?!”- dedusse poi.
A malincuore, decise di svegliare Blaine per misurargli la febbre e assicurarsi così se aveva ragione.
-Blaine…- provò scuotendolo leggermente, ma senza risultati.
-Ehi, dormiglione…-
Questa volta il corpo sotterrato nelle coperte, emise un lungo sbadiglio ed il biondino osservò due occhi color miele che lo fissavano, appena socchiusi per l’improvviso risveglio.
-Uhm? Che c’è?- biascicò il moretto, stropicciandosi gli occhi.
-Ehm…mi dispiace svegliarti, ma credo che tu abbia la febbre.- spiegò Kurt, imbarazzato.
Si trovava a pochi centimetri dal suo viso ora. Non sapeva come, né quando aveva azzardato ridurre la distanza tra i loro corpi. Il solito rossore si fece spazio sulle sue guance.
-La febbre?- ripeté Blaine.
-Non ne sono proprio sicuro, ma meglio controllare.- e, detto questo, sparì dalla camera per poi tornare pochi secondi dopo con un termometro in mano.
-Mi fanno male tutte le ossa…- si lamentò il riccioluto.
-Questo non è un buon segno.- dedusse Kurt, riposizionandosi accanto al suo ospite.- Ma forse è perché sei stato fermo tutto questo tempo ed ora che hai ricominciato a muoverti, il tuo corpo si fa sentire.- e gli porse il termometro.
Blaine lo guardò ancora con gli occhi socchiusi e con aria assonnata; alla fine il biondo capì che doveva aiutarlo anche a misurarsi la febbre.
-Ok, ci penso io. Scosta la maglietta.-
-Posso toglierla se vuoi.-
-Ehm…-
L’imbarazzo improvviso di Kurt non servì a frenare il riccio, che intanto stava già liberando il suo petto bollente dalla maglietta di lana che portava.
Senza aggiungere altro, l’apprendista pose l’aggeggio elettronico sotto il braccio di Blaine, che non sembrava per niente contrario a quel gesto; intanto se ne stava in silenzio con gli occhi chiusi, accennando qualche volta alcune smorfie di lieve dolore.

Gli occhi di Kurt vagavano per la stanza, cercando di non puntarsi su quel corpo perfetto che giaceva lì, davanti a loro.
Il bip del termometro ruppe quel silenzio imbarazzante creatosi ed il biondo lesse i piccoli numeretti sullo schermo.
-Trentanove e nove! Mio Dio, credo proprio che tu stia male!-
Blaine sbuffò e poi si passò una mano sul petto, gemendo.
-Che hai?- chiese Kurt, abbandonando il termometro sul comodino lì affianco.
-Te l’ho detto, ho dolori dappertutto. Ma soprattutto qui.- e si indicò la parte dei pettorali.
-Ehm…Forse posso aiutarti.-
In effetti poteva. Al Liceo McKinley, per un anno, c’era stato un corso di pronto soccorso che aveva trovato molto interessante e piuttosto utile per chi, come lui, veniva pestato quasi ogni giorno.
Tra le parecchie cose che aveva imparato, sapeva come eseguire un massaggio del genere. Punto a suo favore, no?
“Che Dio mi benedica per aver scelto di fare quel corso.”- rifletté tra sé, mentre poggiava le sue mani fredde sul corpo caldo di Blaine.
-Sss…- gemette quest’ultimo, guardando poi Kurt accennare un cenno di scusa.
Le mani del biondino lavorarono quella parte di pelle bollente con praticità, spingendo e massaggiando ora con cura e dora con più energia; Kurt non poteva credere a quello che stava facendo. Era terribilmente imbarazzato e temeva che Blaine si potesse accorgere del suo viso in fiamme.
Nel frattempo il moro lo ammirava stupito, domandandosi quando sarebbe riuscito ad assicurarsi che in Kurt non ci sarebbero stati più abilità nascoste.
Tremava leggermente, poiché i palmi e le dita del biondo erano così morbide e soffici, che Blaine non riusciva a non sentire i brividi scorrergli per tutto il corpo.
-Ora dovrebbe andare meglio…- disse Kurt, abbandonando controvoglia il petto del ragazzo e cercando di calmare il suo evidente imbarazzo.
-Non pensavo di fare quest’effetto.-
“Cavolo.”-
-C-Cosa?- balbettò impacciato Kurt.

Una piccola risatina lo fece arrossire ancora di più.

“Complimenti Hummel, hai vinto il premio per la figura più imbarazzante della settimana!”- si rimproverò mentre giocava nervosamente con le sue mani.
-Ehm, ok, è quasi ora di cena…Dovremmo cominciare con le terapie, ma non so se te la senti…-
-Si, ce la posso fare dopo il messaggio che mi hanno fatto le tue mani fatate.- rispose il moro, anche se ogni tanto si passava una mano sugli occhi arrossati.
 Il sorrisino che aveva fatto arrossire Kurt era ancora lì, sul viso di Blaine e lui non poteva farlo andare via. Lo aveva divertito vederlo così vulnerabile ed era una cosa che gli piaceva.
“Cosa? No, devo ricordarmi che è per lui che sono stato in coma e che non posso camminare…”- subentrò una vocina nella testa del ragazzo. La piccola parte di sé, quella insensibile, a quanto pare era ancora con lui.
Dopo un timido sorriso, Kurt si precipitò a prendere tutta la pila di fogli che l’ospedale gli aveva affidato per le terapie di Blaine e si sedette di nuovo sul letto.
-Ok, ci siamo. Ora scopriti.-
-Ma…devo rimanere così?- chiese il moretto, indicando il suo petto nudo mentre si levava di dosso quella montagna di coperte pesanti.
-Ehm…in realtà…il dottore mi ha raccomandato di farti spogliare completamente.- disse esitante, con voce incerta e abbassando lo sguardo verso i fogli che teneva in mano.
“Vuole che rimani nudo?”- si allarmò Blaine.
-No! Aspetta, non intendo…completamente privo di vestiti…ma…solo con…-
-Ho capito, Kurt. Sta tranquillo, non ho problemi.- ridacchiò, accorgendosi dell’evidente incertezza del biondino nel parlare.
Il moro, con facilità, si alzò dal letto un po’ barcollando e poi si tolse di dosso quei vestiti, rimanendo esclusivamente con i boxer color crema.
“No,no,no,no,no…non arrossire Kurt…non arrossire…”- supplicò mentalmente a se stesso, anche se tutte quelle preghiere sembravano assolutamente inutili: ormai era rosso in viso e sentiva ogni poro della sua pelle emanare calore.
Aveva cominciato a tremare a causa di quel corpo dannatamente sexy che aveva davanti; cercava di non incrociare lo sguardo di Blaine per non farlo accorgere della sua espressione super imbarazzata.
Ma era troppo tardi.
Il moro, infatti, aveva notato la vergogna  di Kurt e le guance sottolineate dal rossore: non voleva ammetterlo, ma trovava adorabile quel comportamento, soprattutto davanti a lui.
Alla fine si sdraiò, seguendo i comandi del biondino.
-O-ok…cominciamo.- dichiarò poi Kurt.
Con estrema delicatezza iniziò a maneggiare le gambe del suo nuovo paziente, anche se aveva un po’ paura di provocargli dolore o magari di fare un movimento sbagliato. Ora le sue mani avevano ripreso a tremare.
-Ehi,- lo rassicurò Blaine poggiandogli una mano sulla sua –andrà tutto bene.-
Strano. Strano e spaventoso sentirselo dire da lui. Non era arrabbiato con lui poco tempo fa? Che avesse cambiato idea?
Intanto il moretto si sentiva strano; c’era sempre quella parte di sé ancora restia e sempre insensibile. Ma cosa l’aveva spinto a quel gesto?
-Ehm, perdonami…Non volevo distrarti…-
-Grazie.- lo bloccò deciso Kurt.
Ora il suo cuore aveva raccolto ancora un po’ di speranza. Forse non era tutto finito.
-Allora, Anderson, che mi racconti di te?- domandò il biondo, afferrando forte una gamba e portandosela sulla spalla.
Era imbarazzante fare quei movimenti, ma per il bene di Blaine avrebbe fatto tutto.
-Beh, niente di speciale. –
-Come sarebbe?-
-Lascia stare, non ho una vita da rockstar…Tu piuttosto? Quando mi farai conoscere il tuo ragazzo?-
Ops.
-Non- non c’è nessun ragazzo.- rispose la flebile voce di Kurt, insicura ed esitante.
-Oh…-
Perché quella domanda? Non poteva chiedergli altro? Proprio quello? E che gli avrebbe potuto rispondere? Giusto la verità sarebbe stata la scelta migliore: ed infatti era quello che aveva appena fatto.
-Ahi!- si lamentò Blaine, dopo che Kurt gli aveva stirato per bene la gamba destra.
-Così impari a fare domande troppo intime.- e gli sorrise ironicamente.
-Penso che ti odierò alla fine di ogni terapia!-
-Forse, anzi, molto probabile, ma ti converrà sopportarmi!- e lasciò la presa dalla gamba destra per continuare con la sinistra.
-Dimmi invece della tua famiglia.-
-Mia madre è morta quand’ero piccolo, invece mio padre è qui a New York da me.- gli rispose Kurt.
-Oh, mi dispiace.- ed una piccola alzata di spalle lo seguì.
-Com’era la vita in Ohio?- continuò.
-Bella, tutti i miei amici sono lì, quelli del liceo intendo...-
-E a scuola come andavi? Scommetto che eri uno di quei nerd asociali, non è vero?- ironizzò Blaine, poggiando poi un braccio sotto la sua testa.
-Cosa te lo fa pensare?!-
Il moretto alzò le spalle ridacchiando e così il biondino prese il primo cuscino che gli capitò sul letto e glielo tirò addosso.
Seguirono piccole risatine, mentre Kurt fingeva di soffocare il riccioluto, che intanto si dimenava inscenando di essere senza respiro.
All’improvvisò un forte gemito da parte di Blaine riecheggiò nella stanza e spaventò i due ragazzi.
-Oh mi dispiace! Ti prego perdonami! – si scusò Kurt, resosi conto di aver urtato fortemente la sua gamba sinistra.
-E’-è tutto a post…ahi!- si lamentò ancora.
-No! Ti ho fatto del male…ancora.- e fece per andarsene quando il braccio del riccio lo bloccò.
-Ti prego…Può succedere…è tutto ok.- lo rassicurò, convincendolo a restare.
Lo trovava meraviglioso. Si, trovava splendido il fatto che non l’avesse lasciato andare via.
-Ho…-
-Male?- lo aiutò Kurt.
-No…- rise il moro.
-H-ho…ho…-
-Fame?- concluse ancora il biondino.
-No!-
-E allora cosa?-
-Mi fai parlare?-
-Scusami, è che quando le persone non riescono a finire una frase io…
-Kurt…
-E’ vero…
-Lasciami finire…-
-Mi dispiace, non so tenere la bocca chiusa per…-
-Ho bisogno di te.- disse alla fine il moretto, lasciando di stucco il ragazzo di fianco a lui.
Brividi.
Non poteva credere che l’avesse detto. Ora in lui qualcosa si era davvero sbloccato. In una manciata di secondi, quando Kurt stava per lasciarlo di nuovo da solo, lui si era sentito di farlo rimanere. Incredibile, ma nello stesso tempo…magico. Aveva sbagliato una volta, ora non voleva che succedesse mai più.
Il respiro del biondino si era fermato con quelle parole ed il suo battito cardiaco aveva ormai cominciato a correre rumorosamente. Non se l’aspettava.
 Un piccolo sorriso, accompagnato da una lieve velatura di lacrime sugli occhi, convinsero Kurt a fare marcia indietro. Come abbandonare chi ha bisogno di te?
-Uhm…Ci mancava solo la febbre…- riprese poi Blaine, per rompere quel silenzio che si era creato.
-Oh, già, si, la febbre…Ascolta, vado a prepararti qualcosa di caldo e poi continueremo con le terapie. Tu intanto non coprirti e non rivestirti, altrimenti sale la temperatura.- lo raccomandò il biondo, sparendo così dalla soglia della porta.
Blaine gli fece un cenno e poi chiuse gli occhi ancora arrossati e lacrimanti. La sua mente gli fece rivivere i pochi attimi prima, quando le morbide mani di Kurt poggiavano delicatamente sulla sua pelle.
Solo ripensandoci gli venne la pelle d’oca. Poi si passò una mano leggera sulle gambe, prima quella destra e poi quella sinistra…Come dimenticarsi del suo tocco?
Di seguito si concentrò sui rumori nella casa, circondata dalla fredda atmosfera della sera; solo un ticchettio di un orologio da muro. No, ora anche Kurt partecipava ai rumori. Probabilmente stava cucinando.




 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE------------------------------------------------------------------------------------



 

Salut!! Apparte il fatto che dovrò presto fare una lista di tutti i modi per salutarvi, perchè non ho più idee -.- ...Comunque...
Eccoci qui con un altro capitolooo! Si, è teneroso u.u 
Vorrei anche ringraziare tutti i fanfictioners che stanno seguendo questa storia *si commuove*...VI ADOROOOOO *W* 
Ehm, ehm...basta smancerie...
Godetevi la dolciosità (?) dei primi momenti Klaine e fatemi sapere che ne pensate :)

Baciiiniiiiii                                                                                                      vostra ----->   -SkyFullOfStars_ <3

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Capitolo 31
*** Please, Talk To Me. ***


31. Please, Talk To Me.
 











 
 
 
 
-Eccomi.- annunciò Kurt sorridente, entrando nella camera con un piatto di minestra fumante.
Blaine, con gli occhi ancora doloranti, cercò di delineare bene i bordi di quella figura che aveva fatto irruzione nella stanza. Socchiuse gli occhi alzandosi un po’ sullo schienale e, con suo divertimento, notò che il biondo portava un buffo grembiule da cucina con alcuni gatti sopra.
Trattenne una risata, mentre vedeva avvicinarsi il piatto e, con esso, anche il ragazzo.
-Lo so che non hai nessuna voglia di mangiare un brodo vegetale…Ma nelle tue condizioni…beh ti farà bene.-
-Va bene così, grazie.- rispose il moretto, accennando un sorriso.

Per i prossimi istanti s’incantò sul viso roseo di Kurt.

Non capiva bene cosa l’avesse rapito in quel modo: gli occhi forse? Quelle due porte che nascondevano un arcobaleno? Oppure erano le labbra? Apparivano così morbide e soffici…tanto quanto un dolce natalizio.
O forse era semplicemente il sorriso che teneva ora?
Si, ma forse era un po’ tutto. La grande bocca di Kurt si distendeva ora, lasciando spazio ai suoi denti bianchissimi; gli occhi gli brillavano e questo gli succedeva solo quando guardava Blaine.
La massa di ricci dopo un po’ dette un colpetto di tosse, come per svegliare se stesso da quell’ipnotizzazione.
-Tutto a posto?- chiese la dolce voce del biondino, con un accenno di curiosità.
-Mmm.- mugugnò il riccio.

No. Non era tutto a posto.
Tutta l’incertezza che era in Blaine si era nascosta dietro quel “mmm”.
Come poteva dirgli di avere qualcosa che non andava se neanche riusciva ad ammetterlo a se stesso.

Ops.

Era forse questo il problema? Era ancora la storia dell’incidente che lo…bloccava?
Forse.
 Ma come dimenticarla? Era ancora una ferita aperta.
E chi sarebbe mai stato in grado di chiuderla? Dio solo lo sapeva.
-Vuoi che ti prepari un the? Se non vuoi mangiare il brodo…-
-No, no davvero, sto bene così.- intervenne Blaine tentando di distrarsi dai suoi pensieri complessi.
Ad un certo punto il piatto di minestra fu posato con decisione sul comodino.
-Blaine. Non ti conosco da molto, ma riesco a capire quando una persona mente.- spiegò Kurt, con aria seria.
I due occhi marroncini ai quali si rivolgeva non osarono alzarsi e rimasero a fissare un lembo del grembiule del giovane apprendista.
-Ti prego, parlami.- supplicò la flebile voce di Kurt.
Ora si sentiva di nuovo male.
Era strano: sembrava che l’umore del moro coincidesse perfettamente con il suo; se Blaine era triste, anche lui lo era. Come era possibile se neanche si conoscevano bene?
Che importava, tanto ora Blaine si rifiutava di parlargli. Questa cosa lo faceva arrabbiare. Voleva che si confidasse almeno con lui, visto che era la persona con la quale avrebbe vissuto da oggi in poi. Beh, almeno per un bel po’.
I due ragazzi se ne stavano lì, Kurt aspettando una risposta da Blaine e quest’ultimo tentando di farsi venire in mente una scusa.
Niente. Solo silenzio.
-Blaine…-lo richiamò ancora il biondo.
-Lasciami in pace! - urlò.
Forse era la stanchezza che lo faceva essere così rude? Oppure era la rabbia a parlare? Si, decisamente.
Non poteva reprimerla? Eppure aveva pensato che fosse possibile…Tutte balle?
Ora desiderava solo stare da solo. Avrebbe voluto alzarsi e spaccare tutto, ma non poteva.
Non poteva.
Era proprio quell’impossibilità che lo faceva infuriare.
Kurt sobbalzò a quel grido, guardando Blaine con aria interrogativa.
“Cos’ho fatto di male?”- s’interrogò mentalmente.
-Sc-scusami Kurt…- continuò poi Blaine, con evidente fatica di trattenersi da una sfuriata. -Non riesco…n-non posso…lasciami da solo, per favore.-
Kurt lo guardò con aria turbata per un attimo e poi, con passi leggeri, ubbidì alla richiesta del suo ospite.
Mentre varcava la soglia della porta di camera sua si girò, rivolgendo il viso al moro: non lo vedeva più.
Blaine si era già catapultato sotto le coperte, coperto fino sopra la testa.
Con sguardo triste, si diresse nel salotto.
“Non capisco.”- affermò a se stesso.
In effetti non capiva davvero. Possibile che Blaine avesse parecchi  e frequenti sbalzi d’umore?
Oppure…che fosse semplicemente ancora furioso per l’incidente? Come escludere questa questione.
Avrebbe voluto farlo. Avrebbe voluto che questo fosse solo un brutto e stupito sogno. Eppure sembrava così maledettamente reale.  Era dura sentirsi sgridare da due persone in contemporanea: Blaine…e se stesso.
Se il moretto era felice era contento anche lui…ma se era rabbioso…lui lo era con sé.
Non c’era più tempo ormai per rimediare? Forse si, forse… no.
 
 
 
 
 
 
 
Il mattino successivo uno strano odore lo svegliò.
“Ho lasciato il gas aperto ieri sera?!”-
Kurt precipitò letteralmente giù dal divano con un grande tonfo. Il panico lo avvolse completamente, tanto da farlo tremare.
Si diresse con tutta fretta verso la cucina, con neanche le ciabatte ai piedi: solo in pigiama, con una faccia quasi accartocciata dalla strana posizione in cui aveva dormito e con i capelli tutti buffamente arruffati.
“Dio! Sto per far esplodere l’intero palazzo!”- si allarmò ulteriormente mentre correva verso la cucina.
Il suo corpo si bloccò stupito non appena varcò la soglia della stanza. A bocca aperta, stropicciò gli occhi per vedere meglio e per cercare di capire se fosse un’allucinazione.
-Buongiorno, Kurt.-
Blaine era sulla sedia a rotelle, perfettamente accostato al tavolo come se fosse seduto, con davanti una ricca colazione con pancakes che stava appunto adagiando su un vassoio; c’erano anche toast, marmellata, latte e succo di frutta alle more.
Pareva lo stesse aspettando.
-Non stiamo per esplodere?- chiese sollevato Kurt.
-Cosa?-
-Niente, non farci caso.- rispose. Poi si concentrò ancor di più su tutto ciò che gli era stato preparato quella mattina: un dolce profumo di farina e di zucchero gli si infilò leggero nelle narici, cosicché lui poté assaporarne tutto il sapore.
Incredibile. Come si era alzato da solo? Come aveva preparato tutto? Era incredulo, ma allo stesso tempo curioso di sapere il motivo di quella preparazione.
-So che avrei dovuto chiederti il permesso di fare tutto questo…-
-No, tranquillo…Era da tempo che non facevo più dolci, quindi…-sorrise Kurt mentre si sedeva goffamente.
Una piccola risatina da parte del riccio lo fece preoccupare.
-Che-che c’è?-
-Niente…- rispose Blaine ancora ridacchiando e nascondendo appena la labbra per cercare di smetterla.
Kurt corrugò le sopracciglia incuriosito, ma poi diede un’occhiata al suo outfit mattutino e fu colto dall’imbarazzo più totale.
-Oh…ehm…-
Una risatina ancora più convinta del moretto ruppe quella rigidità che c’era stata in casa da ieri sera.
-Mi dispiace di aver reagito così ieri sera.- spiegò poi Blaine con aria seria.
-E’ normale che tu reagisca così.- affermò il biondino con un filo di tristezza e di rassegnazione che gli trapassò l’anima.
-No, cioè si…Ma non vorrei essere così…Insomma, mi stai aiutando dopotutto.- e sorrise.
I pensieri di Kurt si fermarono, felici di sentirsi dire quelle parole. Forse non era tutto perduto?
-Quindi, ho pensato che io e te potevamo fare colazione insieme e andarcene un po’ al Central Park.-
Io e te? Al Central Park?”- si ripeté il biondino.
-E-e le terapie?-
-Avremmo tempo oggi pomeriggio!- esclamò il riccioluto, con l’aria di aver programmato tutta la giornata.
-Che ne pensi?- azzardò ancora Blaine.
-Che se vengo conciato così probabilmente mi scambieranno per un artista di strada.- ironizzò convinto Kurt.
Seguì una risata di sollievo ed un sorriso imbarazzato da parte dell’apprendista.
 
 
 
 
Dopo essersi riempiti la pancia di pancakes e delizie varie, era arrivato il momento di dirigersi a Central Park. I due ragazzi si prepararono con velocità, per far si di passare più tempo possibile immersi nel verde.
Kurt aiutò Blaine a vestirsi, anche se era super imbarazzato.
In pochi istanti furono fuori casa con due cappotti belli pesanti e pronti per incamminarsi.
 
-Allora? Ti piace New York?- chiese curioso Blaine, mentre veniva spinto dal biondo verso il viale brulicante di gente.
-Certo! E’ stato il mio sogno fin da quando ero bambino.-
-Come mai non sei andato a vivere in una di quelle case con più ragazzi?-
-Mmm…- fece una smorfia- troppa roba da pulire.-
Blaine ridacchiò divertito e guardò dirigersi verso un altro viale, anch’esso pieno di gente.
-Quindi il tuo ragazzo sarà contento.-
“Oddio.”-
-Non ho un ragazzo.- sussurrò imbarazzato Kurt, mentre spingeva la sedia a rotelle all’entrata del parco.
-Scherzi?-
-No.- fece un cenno il biondo.
Che imbarazzo.
Blaine cercò di voltarsi verso di lui nel frattempo che veniva trasportato nel verde del parco.
Kurt ringraziò il fatto che il riccioluto non potesse girarsi più di tanto, nel modo da non notare a pieno il rossore che gli si era adagiato sul volto, carezzato dalla leggera brezza mattutina.
-Sei sicuro?- continuò incredulo il moro.
-Lo saprei se avessi un ragazzo.- ridacchiò Kurt di risposta.
-…Giusto.- e alzò gli occhi al cielo per aver domandato una cosa inutile.
-Beh, è ridicolo.- continuò Blaine.
-Ridicolo?-
-Si. Perché mai non dovrebbero innamorarsi di un ragazzo così premuroso come te!-
Brividi.
Il cuore del giovane biondo fu sfiorato da dei piccoli dolci tremiti, grazie a quelle tenere parole. Dette dal suo angioletto, poi, avevano ancora più valore.
-Beh, eccoci qui. Da che parte andiamo ora?-
Erano dentro Central Park ormai. Le vaste distese d’erba verdognola facevano d’appoggio ad un sacco di gente che leggeva, rideva, mangiava in deliziosa compagnia.
Kurt non poteva credere che si trovasse a New York, a Central Park, con Blaine. Era bellissimo.
-Mmm, andiamo da quella parte.- decise il riccioluto indicando una stradicciola che faceva il giro di gran parte del parco.
Così Kurt s’incamminò verso quella direzione e continuò a tenere viva la loro conversazione mattutina. Notò anche che era terribilmente piacevole passeggiare con Blaine tra quelle coperte di verde che gli danzavano intorno.
-Raccontami un po’ del liceo, su.-
-Liceo? Non lo conosco.-
-Piantala.- ridacchiò il biondo.
-Ok, non saprai molto, visto che non andavo molto bene…-
-Ma come! Ti facevo uno di quei secchioni con gli occhiali, tipo nerd…- scherzò Kurt.
-Non è vero! Ero molto popolare sai?- si vantò ironico Blaine.
-Non ne avevo dubbi.-
-Solo che c’era qualcuno a cui non piacevo molto…-
-Che intendi?- s’incuriosì il biondo, spingendolo ancora verso la stradina con qualche passante.
La preoccupazione s’impadronì di lui a causa di quelle parole, dette  in modo incerto, quasi spaventato.
Poi Kurt si fermò, accostando su uno spazio verde, accanto ad un albero.
Blaine era così immerso nei ricordi dolorosi che non si era neanche accorto che Kurt si era fermato e che, ora, si trovava sotto l’ombra di un alberello, accarezzato da un venticello rassicurante.
-Ascolta,- iniziò Kurt -dobbiamo cominciare a parlare. Voglio dire, non solo dei nostri interessi, ma visto che staremo molto tempo insieme è meglio che tu mi dica se c’è qualcosa che non va. Qualsiasi cosa.-
-D’accordo.-
I dolci occhi caramello del moretto lo guardarono, feriti, turbati.
Raccontare ciò che aveva passato non era una passeggiata, come quella che avevano intrapreso poco fa. Significava rivivere vivamente tutti i ricordi, quei ricordi.
Ma sentiva che il suo terapista personale aveva ragione. Doveva pur aprirsi con qualcuno.







 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE----------------------------------------------------------------------


Hi everybody :)

Eccomi di nuovo qui a rompervi le scatole mentre mangio cioccolato :P Lo so, lo so, siete invidiosi... xD
Passiamo agli affari...Piaciuto il capitolo?? Vi spoilero solo che nel prossimo saprete di più sulla vita di quel figo/distributore di coccole/ cubista-ubriaco/ (e altre cose che non posso dire, altrimenti mi caccerrebbero da EFP) di Blin Blin :)
Bene, dopo questo mini sclero...Alla prossimaaa!                                                                                -SkyFullOfStars_

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Capitolo 32
*** I'll Be Your Friend ***


32. I'll Be Your Friend
 
 
 
 


 
 
 
 
Il dolce rumore del vento che soffiava insistente carezzò le guance rosee di Kurt.
Solo quella presenza invisibile si aggirava intorno a loro: il parco era piuttosto desolato di mattina, esattamente dov’erano poi.
Era una parte in cui pochi venivano e dove regnava la pace più serena. Buffo che avessero scelto proprio quel posto per una chiacchierata improvvisata.
Un caso.
Gli occhi di Blaine vagavano in giro per il verde, come se stessero cercando disperatamente un modo per sfuggire dai ricordi.
Ma il giovane sapeva che non c’era scampo.
Come cominciare a raccontare? Come?
-Che ti è successo, Blaine?- iniziò finalmente il biondo.
La sua postura eretta era tipica di una persona che si accinge ad ascoltare quella che pareva un lunga storia. Le mani non avevano assunto una posizione precisa e non stavano nemmeno ferme: l’apprendista aveva preso a sfregarle nervosamente.
Il moro le guardò per un istante, assorto ed assente.
Perché non poteva semplicemente… sparire?
Una piccola ed innocente emozione sfuggita alla sua grande ed abituata capacità di trattenersi, scivolò dallo sguardo colorato del riccioluto…
Era convinto che Kurt non se ne fosse accorto, ma invece lo aveva fatto, eccome.
-Che ti hanno fatto?- chiese di nuovo, stavolta con più convinzione.
Con una mano leggera gli rubò quella lacrima sfuggita dai suoi dolci occhi.
L’esitazione di Blaine, allora, si cominciò a dissolvere, lasciando spazio alla verità.
-…Quand’ero…quand’ero al liceo…-parlò,-frequentavo un gruppo di ragazzi molto popolare in tutta la scuola.-
Deglutì.
-Poi un giorno…Era ricrezione, credo…non ricordo bene…-
La tremante mano del narratore andò a prelevare la prossima lacrima sul suo viso.
-…Insomma, avevo deciso di confidarmi con loro sul fatto di essere gay, visto che con mio padre non ne avevo il coraggio…-
Kurt lo guardava soffrire mentre raccontava e questo gli tormentava l’anima. Avrebbe voluto fermarlo per non vederlo più così addolorato dai ricordi, ma sapeva bene che farlo sfogare non gli avrebbe fatto niente di meno che bene.
-Erano i miei migliori amici, di cui mi potevo fidare…quelli con i quali scherzavo…come fa un ragazzo…normale…-
Kurt annuì. Sapeva esattamente cosa volesse dire.
-Beh quella volta, quella maledetta volta…gli dissi che ero gay.-
-Che…che è successo poi?-
-L’hanno presa bene. Mi sorridevano e mi abbracciavano.-
“Non capisco.”- pensò Kurt tra sé.
Tutto qui?
-Ciò che odio di più è quanto è successo quello stesso giorno quando mi hanno dato appuntamento nel posto in cui passavamo le giornate.-
“Oddio.”-
-Che…che cos-
-Mi hanno picchiato. A sangue.-
Ecco. L’aveva detto.
Era come se qualcuno gli avesse dato un colpo in faccia, ma l’aveva detto.
Ora si che si sentiva più libero. Scoppiò in un profondo pianto, singhiozzando e buttando fuori tutto ciò che aveva dentro.
Kurt si mise una mano sulla bocca. Era stato pietrificato da quelle taglienti parole e successivamente dal suo modo di piangere: così intenso e così voluto… Chiuse gli occhi per trattenere le lacrime intrepide di uscire; adesso poteva udire solo i leggeri singhiozzi del moro.
-C’erano tutti i miei amici…- blaterò tra le lacrime. -Dopo avermi picchiato mi hanno lasciato per terra, sanguinante…Svenni…Non ricordo più niente da lì in poi…Solo che quando mi risvegliai avevo un mal di testa pazzesco e che le mie ossa erano quasi tutte rotte. E questo solo perché sono gay.-
Kurt non sapeva cosa dire. Le sue labbra tentavano di tirare fuori qualche parola che fosse di conforto, ma niente.
In quel momento si rivide nel suo angelo.
Era proprio così: avevano passato le stesse cose.
-Non…non…mi dispiace tantissimo, Blaine.- bisbigliò commosso l’apprendista.
-Li ho odiati.- continuò il moro in lacrime.
Eh già.
Non l’aveva mai visto piangere prima d’ora. Come sopportare la vista dei brutti e dolorosi ricordi che riaffioravano dai dolci occhi del suo angioletto? Non ne aveva avuta già abbastanza di sofferenza?
-Sai, ci assomigliamo molto io e te.-
-Che vuoi dire?- gli chiese Blaine, passandosi una mano sopra la guancia per raccogliere una lacrima.
-Anch’io ho passato le stesse, identiche cose.-
Un brivido scosse il corpo mezzo influenzato di Blaine, mentre cercava di riprendersi la voce di sempre.
Possibile che il destino li avesse fatti incontrare per questo?
-Mi- mi dispiace t-tanto.- bisbigliò il moro.
Si sentiva quasi adiacente a lui. Strano.
-Aspetta,- rifletté poi,- quindi…-
-Si, sono gay anch’io.- lo interruppe Kurt.
“Wow”- pensò il moro.  “Che coincidenza.”
 Per pochi istanti ci fu una pausa di silenzio, durante la quale lo stupore di Blaine si fece spazio tra i suoi pensieri.
Non poteva credere che il destino fosse stato così…preciso? Si, poteva essere definito in questo modo.
Anche se non aveva fatto niente di particolare, gli sembrava di essere stato capito seriamente dal biondo che giaceva sull’erba accanto a lui.
Era contento che lo capisse.
 Era contento che fosse con lui in quel momento.
La rabbia gli ricordava chi era, ma per un attimo lui riuscì a metterla da parte e ad essere finalmente felice. O almeno a credere di essere. Che importava?
Lo era, punto.
-Hai fatto bene a portarmi qui.- disse poi.
-Come?- chiese Kurt, assorto nei suoi pensieri.
Una piccola risata da parte del moretto lo fece imbarazzare per la sua solita disattenzione.
“Adoro quando sorride…Speriamo che non sia accorga del mio ross…-
-Non diventare rosso ogni volta che sorrido, Kurt.-
“Ecco”.- terminò il biondo.
-Cosa? No! Voglio dire…-
-Hai fatto bene a portarmi qui.- ripeté Blaine.
-Eh?-
-Cosa?-
Una risata collettiva si espanse per il piccolo pezzo d’erba che occupavano.
Un’altra cosa in comune ce l’avevano: la disattenzione.
Era sorprendente come riuscivano a passare da una cosa triste ad una divertente, come quella.
-Continuiamo il nostro giro?- disse Kurt, con ancora un piccolo resto del sorriso sul viso.
Il capo di Blaine gli fece cenno di si e così, pochi secondi dopo erano già in cammino verso un’altra stradicciola del parco.
Il cuore dei due ragazzi battevano sereni, convinti di aver trovato qualcuno con cui condividere almeno una parte della loro vita.
Una nuova amicizia era nata.
 
 
 






 
 
 
-Tu sei pazzo! Mi hai fatto fare tutto il giro del parco!- si lamentò Blaine, mentre entrava dentro casa Hummel grazie a Kurt che gli aveva aperto la porta.
-Te l’avevo detto che ti facevo uscire!- rise il biondo mentre richiudeva con il piede la porta dietro di sé.
Erano a casa. Avevano passato tutto il pomeriggio fuori…Avevano fatto maggiore conoscenza l’uno con l’altro ed entrambi sentivano che le cose stavano andando meglio…molto meglio.
Ora riuscivano più spesso a ridere insieme; mentre facevano la loro infinita passeggiata nel verde di Central Park, si erano fermati per un cappuccino (ed un thè per Blaine) ad un bar lì vicino, brulicante di gente.
Poi avevano intrapreso un altro giretto e, alla fine, avevano fatto ritorno a casa di Kurt.
Ora era quasi sera e mancava ancora un’ora alla cena.
Kurt si tolse il giacchetto di dosso ed aiutò il moretto a levarsi il suo, per poi distenderlo sul divano, nel salone, dove poteva ammirare il dolce vento che faceva ballare gli alberi che giacevano fuori, tra le strade di New York, ancora colme di gente.
Lo squillo del cellulare di Kurt lo fece saltare.
Il giovane biondo si affrettò a recuperare il telefono, mentre gli occhi curiosi di Blaine lo sorvegliavano dall’accogliente salotto.
Con pochi passi l’apprendista raggiunse il corridoio e, prendendo l’aggeggio tecnologico, rispose.
-Pronto? Alex!-
“Chi diavolo è Alex?”- si chiese Blaine, sentendo quel nome echeggiare per la casa silenziosa.

Woh.

Perché aveva usato quel diavolo? Che voleva significare?
Non riusciva a capire il motivo della sua…agitazione. Perché ora tendeva attento l’orecchio verso il corridoio per…
“No”- pensò, “Non voglio origliare…”-
Si morse il labbro, gesto che gli fece capire che il suo corpo non era per niente d’accordo con la sua mente.
-…Si, certo che puoi!-parlò la voce di Kurt.
“Dio…ma perché mi comporto così? Che mi importa con chi…parla.”- e rivolse il suo sguardo verso la porta del corridoio, dove un Kurt passeggiante faceva avanti e indietro.
 Lo vedeva sorridere e lo sentiva fare battute. Questa cosa lo faceva …arrabbiare
Ma perché? Quale poteva essere la spiegazione di ciò?
-…Va bene…ciao!- ridacchiò Kurt, chiudendo la telefonata.
“La devo smettere.”-
-Blaine!- lo richiamò il biondo.
Il moro sobbalzò trovandoselo davanti che cercava di attirare la sua attenzione.
-Ehi!- disse poi, sforzandosi di non sembrare scosso.
-Tutto ok?-
-Si!- esclamò.

No.

-Sicuro?-
-Certamente!-

Bugiardo.

-Ehm…Ok…- rispose Kurt alzando un sopracciglio. -Che ne dici se facciamo un po’ di terapie prima di cenare?- propose poi.
-Si, certo.- gli sorrise il moro, mentre se ne stava buono buono sul divano di Kurt.
-Dici che riusciamo a farle qui?-
-Cosa?-
-…Le terapie! Blaine ci sei?- lo svegliò Kurt, mentre gli si avvicinava.

No. Non c’era proprio.

Ora che gli si era avvicinato e lo guardava dal basso verso l’altro, un minuscolo brivido fece visita al suo stomaco.
-Oh, si, scusami.- rispose, anche se ancora assente, così tanto che non si era nemmeno accorto di essere già catapultato tra le grandi braccia color rosa chiaro di Kurt che lo stavano trasportando in camera sua.
In poche mosse lo adagiò sul lenzuolo tiepido che ricopriva il suo letto e stette in piedi accanto a lui.
-Ehm…- esitò improvvisamente imbarazzato. –Faremo un altro tipo di terapia, stasera.-
-Okay. Come devo mettermi?- chiese Blaine, avendo un po’ ripreso il controllo della sua testa.
Le guance di Kurt si arrossirono in un modo adorabile, mentre con una mano andava a grattarsi la nuca.
-A pancia sotto.-
“Ah.”- pensò Blaine.
Annuì e così, con lenti gesti e grazie all’aiuto del biondo imbarazzato, si ritrovò con il naso a poca distanza dal suo cuscino.
-Ok…- sussurrò l’apprendista mentre cercava di assumere quella che era, una nuova posizione.
All’improvviso la parte parecchio bassa della schiena del riccio subì l’intrusione del bacino di Kurt il quale, con estrema vergogna, si era dovuto andare a mettere a cavalcioni su di lui con la faccia verso le sue gambe, al contrario in pratica.
L’imbarazzo di quel momento invase la stanza.
-Spero non ti dia fastidio, ma…-
-E’ tutto ok.- lo rassicurò Blaine, anche se si tratteneva dai brividi che ogni centimetro della sua pelle stava avendo.
Così Kurt cominciò a maneggiare le gambe del suo paziente all’indietro, in modo piuttosto deciso: aveva imparato a memoria tutti gli esercizi.
Un piccolo sospiro da parte del moretto gli carezzò l’anima…Così leggero che poteva sentirselo vagare intorno: si stava rilassando.
Era felice che potesse, in qualche modo, dargli sollievo e farlo stare bene dopo tutto quello che era successo e che aveva passato.
-Grazie, Kurt. Per tutto.-
Il biondino fu preso alla sprovvista, poiché era troppo impegnato nel manipolare gli arti inferiori del moro, così ben evidenti…
-Soprattutto per…beh, per la chiacchierata di oggi.- continuò la voce rilassata.
-E’ il minimo che io possa fare.-
-Non tutti l’avrebbero fatto.-
Forse Blaine aveva ragione.
E quella lacrima, quella sola, piccola ed innocente lacrima di gioia che ora scendeva dagli occhi di Kurt, ne era consapevole.











 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-----------------------------------------------------------------

 

Ciao ragazzi :D
Eccoci qui con il 32esimo capi....Cavolo, già il trentaduesimo?! *si commuove*
Incredibile come questa fanfiction stia crescendo così in fretta!!! Tutto grazie a voi che leggete e che recensite *si commuove di nuovo*
Beh, detto questo, vi auguro di passare un buon e horrorifico (?) Halloween, che si sta avvicinando!!!


P.S: Non mi minacciate con "Dolcetto o Scherzetto", grazie (sapete com'è, ho una reputazione da difendere U.U) XD

Ci vediamo martedì prossimooo!                 Adiosssssssss                                                                                             -SkyFullOfStars_

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Capitolo 33
*** Who's That Boy? ***


33. Who's That Boy?




















Gli occhi di Kurt si aprirono lentamente.
Tutto ciò che vedeva era un’insicura e sfocata visione del suo soffitto.
“Che ore sono?”- si domandò mentre cercava di alzarsi dal letto sul quale era comodamente sdraiato.
Ma quando provò a raggiungere la sveglia poggiata sul mobile accanto al letto, fu bloccato da qualcosa.
Ok, ora non poteva muoversi.
“Che diavolo…”-
La massa di ricci del suo ospite era accanto a lui, ed ora il suo addome poggiava su quello del biondino, respirando tranquillo.
“Oddio.”-
Per poco non pensò che avessero fatto qualcosa di poco consono la sera prima, fino a che non si ricordò che, dopo le terapie, avevano cenato serenamente e poi Blaine si era magicamente addormentato, quindi lui l’aveva dovuto trasportare a letto…E probabilmente si era addormentato lì anche lui.
Questo pensiero lo rasserenò, facendo scomparire l’idea di un certo tipo di divertimento.
Un lieve sospiro da parte del moro lo fece trasalire: c’era così tanto silenzio in casa che solo quel morbido rumorino lo spaventò.
Poi si concentrò sulla presenza dell’altro corpo su di lui: le braccia di Blaine gli circondavano il collo; il petto era poggiato a pancia in giù sul suo, così da cingergli completamente buona parte della parte superiore del petto.
Non ricordava di aver assunto quella posizione.
Un fremito lo percorse in modo uniforme quando un braccio del moretto si mosse…Kurt gli andò a guardare gli occhi…Ancora chiusi. L’osservò accomodarsi maggiormente e ricadere nel sonno più profondo, come prima.
Perfetto. Ora non poteva davvero più muoversi.
La presa che aveva assunto Blaine era molto stretta, anche se allo stesso tempo maledettamente tenera.
Così Kurt, non sapendo cos’altro fare, si mise a scrutare per bene il viso del riccioluto.
L’aveva visto così tante volte dormire, che solo se pensava che ora era vivo sul serio, si spaventava e gli pareva di dire una grossa bugia.
Eppure questa volta era così dolce…
I capelli erano spiaccicati sulla spalla di Kurt, quasi da provocargli un leggero solletico; le palpebre erano chiuse, immobili.
Ora però, aveva la certezza che si sarebbero riaperte, non come le volte precedenti, all’ospedale, quando lo vedeva combattere tra la vita e la morte.
Ora, almeno questa certezza ce l’aveva.
Scorse verso le guancie: poggiate in modo innaturale sul suo petto, schiacciate così tanto da convincerlo a dormire con una buffa smorfia sul volto.
Una piccola risatina si fece largo sul viso di Kurt.
L’istinto lo spinse a raccogliere un riccio che era finito sul suo naso.
Poi passò alla sua bocca: bellissima, con quel colore rosa carne, quasi che fossero state colorate con una tonalità particolare di rosa.
Era unico.
Scese ancora più giù verso la sua mascella…Lo poteva guardare deglutire.
Perché ora la riteneva una cosa così…sensuale? Come poteva pensare una cosa del genere?
Però cavolo se lo era.
Poi il viso di Blaine si mosse.
Le labbra si distesero in un tenero sorriso…gli occhi non si aprirono però; lui sospirò e si morse il labbro inferiore.
Ok. Ora era il momento giusto per avere un mancamento.
Quella mossa, quella dannata mossa, stava per fare fuori il biondino, letteralmente.
Possibile che ogni cosa fatta da lui risultasse più…sexy?
“No, basta.”- scosse la testa.
-Perché scuoti la testa, Kurt?-
Sussultò.
Ora l’assonnato viso di Blaine l’osservava curioso.
Un fremito vagò nelle vene dell’apprendista, fino a che non arrivò al cervello e quindi ad ogni cellula del suo corpo, facendo accelerare il battito cardiaco.
-Ehi! Ehm…già sveglio?-
Un tenero gemito, accompagnato da un cenno positivo, lo fecero intenerire ancora di più.
Poi seguì uno stiracchiamento da parte del moro, cancellando del tutto la posizione in cui aveva sonnecchiato beatamente per tutta la notte.
Seduto, alzò le braccia e le distese in alto, il tutto accompagnato anche dalla distensione dei suoi addominali…
“Dio…”- commentò il biondino, godendosi quello spettacolo quasi proibito.
-Ehm, d’accordo…vado a preparare la colazione eh…-si affrettò a dire Kurt, quasi volesse scappare da quella visione, per non fare cose poco consone.
Sparì nel corridoio, mentre Blaine sorrideva, quasi sapesse esattamente cosa lo aveva fatto fuggire via.
 
L’allegro ticchettio dell’orologio in cucina faceva compagnia all’ansia momentanea di Kurt.
“Quel corpo…”- pensò, mentre cercava di recuperare un contenitore per del latte.
Tremava. Era nervoso.
Quella visione, quella dannata, maledetta, stupenda visione…lo aveva sconvolto. Eppure non era la prima volta che lo vedeva a petto nudo…In ospedale, per esempio, era tutti i giorni mezzo spogliato.
Ma ora tutto il suo corpo era in funzione. Questa era la differenza.
-Kurt, che diavolo fai?!-
L’improvvisa voce fece balzare il giovane biondo, causandogli quasi un infarto.
Si voltò di scatto per lo spavento, finché non vide la muscolatura scolpita di Blaine sulla sedia a rotelle, sulla soglia della porta della cucina.
-Blaine!-
-Che stai facendo?!- ripeté incredulo il riccio, cercando di trattenere una grossa risata.
Kurt corrugò le sopracciglia e poi rivolse lo sguardo a ciò che aveva cominciato a fare poco prima dello spavento.
“Ops.”- disse tra sé.
Bella figura: dopo aver preso il latte, aveva pensato di recuperare una tazza…ma ora aveva in mano una padella.
Una risata vivace lo fece arrossire ancora di più di quanto già non fosse.
-Divertente…-borbottò, cercando di pulire.
“Sei un grande, Kurt…Diamo spettacolo di noi stessi!”- si rimproverò.
-Aspetta…- parlò poi.
Un piccolo e fastidioso dubbio gli si era intrufolato tra l’imbarazzo e gli altri pensieri…
-Che ci fai qui?-
-Vivo con te…forse?- ironizzò Blaine con un sorrisetto.
-Cosa? Si ma, voglio dire…che ci fai sulla sedia a rotelle…qui, in cucina?!- continuò Kurt sempre più curioso.
Il moro sorrise.
-Come…come hai…-
-Volevo farti una sorpresa.- dichiarò poi il riccioluto mentre tratteneva il suo bel sorriso.
Gli occhi di Kurt brillarono dalla gioia a quell’affermazione.
Era un miracolo; era davvero incredibile che Blaine fosse riuscito a mettersi sulla sedia a rotelle, completamente da solo.
Brividi.
-Ci sei riuscito da solo!- gridò.
-Da solo!- ripeté euforico, mentre si precipitava verso la soglia della porta della stanza.
Un lungo e strano abbraccio seguì. Con pochi passi le gambe di Kurt avevano raggiunto Blaine e poi le sue braccia si erano chinate insieme al petto e l’avevano raccolto in un tenero e forte abbraccio.
Non si erano mai abbracciati prima…anche se tutte le prese in braccio erano quasi equivalenti.
Ma questo era diverso.
C’era gioia da tutte e due le parti, ora.
Questo era sentito. Era magico, e vivo.
I due petti respiravano regolarmente, anche se i cuori andavano ognuno per conto proprio.
Il profumo di vaniglia della pelle del biondino vagò nelle narici del riccio, che inspirava piacevolmente.
Sorridevano imbarazzati e non una parola volò durante questo gesto spontaneo.
Solo i pensieri di Kurt parlavano. I brividi lo assalivano e lo invitavano a saltare dalla contentezza.
“Ce la stiamo facendo…”- pensò stringendo gli occhi.
Quell’affermazione gli fece di nuovo credere che tutto era possibile e, soprattutto, che niente era perso.
Non ancora.
Le sue speranze furono richiamate improvvisamente, come se da quando avevano avuto quel brutto scontro all’ospedale, si fossero andate a nascondere in qualche vicolo cieco del cuore del biondo.
Un campanello li fece ritornare sull’attenti.
-Chi sarà a quest’ora?- borbottò Kurt mentre abbandonava controvoglia il dolce profumo di Blaine.
-Non so…Aspetti qualcuno?- gli domandò la morbida voce del moro, che intanto si stropicciava gli occhi.
-Si…il postino magari!- scherzò l’apprendista, andando verso il portone, a pochi passi lì vicino, e facendo per aprirlo.
Il moretto cercava di non darlo a vedere…ma, in realtà, era stato letteralmente travolto dalle emozioni grazie a quell’improvviso abbraccio avvenuto pochi magici secondi prima.
Non poteva farci niente…Aveva sentito dei brividi…
Ora aveva la pelle d’oca. Non era certo la prima volta che Kurt lo toccava, però questa volta aveva sentito che era stato…diverso.
-Ehilà! Che ci fai qui?- s’intromise la stupita voce di Kurt, tra le riflessioni vaganti nella massa di ricci di Blaine.
Scorse allungando il collo la figura snella e conosciuta di Kurt, e poi ne vide un’altra piuttosto mascolina, con dei bicipiti ben evidenziati da una camicetta celestina, di seta, sovrastata da un giubbino marroncino, che portava in un modo molto elegante.
“Chi è?”- si domandò il riccio, con appena un accenno di scontrosità.
La figura di Alex  si fece spazio negli occhi di Kurt. Era da un po’ che non lo vedeva, anche se lo aveva sentito per telefono. Ed ora eccolo lì, con un vestito che gli sottolineava tutto il corpo e…con un braccio dietro la schiena.
Strano.
-Come sta il mio sfigato preferito?- ironizzò Alex, abbracciandolo.
La dolce risata mattutina di Kurt si espanse per la casa.
-Allora, come stai?- continuò il biondo, facendolo entrare in casa.
-Benone! Ho una grande sorpresa…e anche,beh…- e il bruno tirò avanti il braccio nascosto dietro la schiena, mostrando un enorme mazzo di fiori.
-Oh, ma sono bellissimi! Grazie!- lo ringraziò Kurt abbracciandolo di nuovo e baciandolo sulla guancia.
Alex arrossì appena.
-A cosa devo tutto questo? Ti servono dei soldi per caso?!-
-No! Ma se sei disposto a darmeli non rifiuto di certo!- ammiccò Alex, mentre il suo amico gli fece strada verso la cucina.
-Oh…ciao.- disse poi il bruno, accorgendosi di un’altra, strana presenza.
Il sorriso un po’ infastidito di Blaine ricambiò quel saluto.
Forse reagiva così perché era lui che aveva interrotto il magico abbraccio tra lui e Kurt o forse perché…Già,Perché?
-Oh…si, non ti ho detto di Blaine…- affermò Kurt, dopo aver posato i fiori sul tavolo.
-Oh! Così tu sei Blaine! Mi chiamo Alex, piacere.-
-Il..il piacere è tutto mio, Alex.- rispose finalmente il moretto sforzandosi di sorridere e porgendogli la mano.
Già non gli piaceva quel ragazzo. Proprio per niente.
-Come va? Ho saputo del coma, mi dispiace tanto. C’ero anch’io in ospedale quando…-
-Ehm…Perché non ti siedi?- lo interruppe Kurt, evitando di tirargli fuori la storia della sfilata.
Riteneva fosse meglio che Blaine non la sapesse…Insomma, sapeva che anche se cominciavano ad andare d’accordo, un po’ di rabbia regnava ancora dentro di lui. Sebbene dovesse ringraziarlo per essere corso subito da lui e aver mollato tutto…magari avrebbe fatto il contrario.
Chissà come avrebbe reagito.
-Ehm, ok, certo, mi siedo volentieri.-
“Non dirmi che si ferma?!”-
-Grazie dell’interessamento.- obiettò Blaine sorridendo, o mostrando una smorfia simile.
Nel frattempo cercava di studiare Kurt in ogni singola mossa, per capire cosa l’avesse spinto a non farlo finire di parlare.
-Allora? Qual è questa notiziona che mi ha portato a casa un bel mazzo di fiori?-
“Fiori?”- ripeté spaventato Blaine.
A causa della conoscenza con quell’Alex, il giovane non si era neanche accorto che gli avesse portato dei fiori.
Allora si preoccupò. Era come se sentisse il forte bisogno di sapere cosa c’era tra quel tizio e Kurt. Ma ne aveva diritto?
“Fiori…”- sbuffò mentalmente.
-Mi hanno preso al provino!- urlò euforico il brunetto, ricevendo così un pronto abbraccio dal suo biondo amico, il quale si precipitò di nuovo su di lui.
 Una sensazione di quasi…gelosia s’iniettò nelle vene del moro a quel gesto.
“No,”- rifletté, “Non posso essere geloso…Non…posso…”-
Eppure era più forte di lui: vedere il suo terapista personale scherzare con un'altra persona, un ragazzo poi, lo faceva…ingelosire. Si.
-Complimenti.- mormorò poi.
-Grazie amico!- gli rispose il sorriso di Alex.
-Posso offrirti un pezzo di torta, futura star di Hollywood?- ironizzò Kurt, esuberante.
-Lo sai che vado pazzo di dolci Kurt!- esclamò mentre già divorava la grande fetta di dolce, portata davanti a lui in pochi secondi.
“Avanti Blaine, è soltanto un ragazzo…”- pensò il riccioluto tra sé, come se cercasse di confortarsi sul fatto che tra i due non ci fosse proprio nulla.
Ma niente. Non poteva sopportarlo.
-Ehm…sono stanco…vado di là e vi lascio soli.- annunciò infastidito.
-Cosa? Ma ci siamo appena svegliati…-
Il biondino parlò al nulla, poiché la sedia rotelle del suo ospite era già sparita, immergendosi nella quasi oscurità del corridoio del suo appartamento.
-Tutto a posto?- chiese Alex, mentre mandava giù un grosso boccone.
-Spero di si. Spero proprio di si.- continuò mentre sbirciava verso la camera da letto.
Che diavolo aveva fatto di male ora? Aveva detto qualcosa che non andava?
Non riusciva a capire, davvero.
Per pochi secondi un pensiero gli suggerì di raggiungere Blaine e di chiedere spiegazioni, ma poi lui l’abbandonò. Forse voleva stare da solo.
E ora che sarebbe successo?
Chi poteva saperlo.

















 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------------------

 

Hey Guys :)
Ovviamente ho modificato il testo di questo angolo dell'autrice, poichè le cose sono cambiate :) (per chi non sapesse legga il prossimo capitolo...) Spero che non mi abbandonerete per gli scherzetti che vi faccio eheh...Love u guys!!!



           -SkyFullOfStars_  =D

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Capitolo 34
*** Remember When... ***

















34. Remember When…
 













 
 






 
 
 
Sei mesi esatti.
In casa Hummel l’atmosfera serale s’intrufolò in un batter d’occhio donando nell’aria un leggero freddo, mentre Kurt preparava la tavola per la cena e Blaine se ne stava seduto in modo innaturale sul divano, senza spiccicare parola.
Dall’ultima volta in cui Alex gli aveva fatto visita, le cose tra Kurt e Blaine erano cambiate. Parecchio.
Le terapie le avevano continuate, certo, ma le chiacchierate che nascevano prima, adesso erano maledettamente sostituite da un maestoso silenzio, soprattutto da parte di Blaine.
Kurt non riusciva proprio a capire…Che cosa lo aveva fatto comportare così? Centrava Alex, per caso?
Tra questi mille pensieri nel disporre due bicchieri sul tavolo, un altro si fece spazio nella sua mente: il sogno di sua madre.
Strano ciò che gli aveva detto, ma non l’aveva di certo dimenticato. Oh, gli mancava così tanto.
Ancora non riusciva a spiegarsi il fatto dei sei mesi…della vera felicità…un enigma per caso?
Ma ora il significato doveva venire fuori, visto che la data era esatta quella sera.
-Blaine!- chiamò Kurt –la cena è pronta!-
Nessuna risposta.
Riprovò a fare il suo nome, convinto che magari avesse acceso la tv e che non avesse sentito.
Niente.
Si diresse verso il salotto e lo trovò nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato, a contemplare con sguardo fisso sulla finestra di fronte a lui.
Il biondino tentò di guardare nella sua stessa direzione, ma non c’era nulla di strano che lo potesse trattenere lì.
-Blaine, va tutto bene?-
-Non ho fame.- rispose lui, con voce ferma e convinta.
-Ma…ma come? Devi pure mangiare qualcosa! Sono giorni ormai che cerchi di evitare cibo! Non puoi…-
-Kurt, non ho fame ho detto.- lo interruppe bruscamente Blaine.
Per pochi secondi il biondo restò lì, senza afferrare il motivo del suo comportamento.
-No,- obiettò poi, - non lascerò che tu rimanga giorni e giorni senza nutrirti.- e detto questo si mise a braccia conserte al lato del suo divano.
Il moretto sbuffò pesantemente.
-Voglio andare via.-
-Via? E dove?-
-A casa mia, e via dal tuo appartamento. Sono stufo di te.-
-Scusami?-
-Non ti sopporto più.-
Ora era Kurt a fissare la finestra.
Perché gli stava riferendo quelle cose? In che aveva sbagliato?
Il suo cuore sussultò per un attimo, cominciando poi a prendere quel ritmo sfrenato che aveva provato tante volte.
-Perché…mi dici questo, Blaine?-
-Perché non ce la faccio più di stare qua dentro! Tu, mio padre, quell’Alex…-
Ops.
-Aspetta,- lo bloccò Kurt con una punta di sospetto,- che diavolo centra Alex?-
Doveva proprio capire.
-E’ lui la causa di tutto!-
-Cosa? Blaine, ma che…-
-Sono geloso, ok?!-
Tutto si fermò d’un tratto.
Non può essere”-esclamò Kurt nella sua testa.
Geloso? Blaine? Quello che provava rabbia per lui, ora gli interessava così tanto da esserne geloso?
-E’ uno scherzo?- continuò Kurt con il cuore che batteva forte.
Silenzio.
La mente di Kurt era in confusione: vari pensieri e riflessioni vagavano velocemente, come se avessero fretta di non essere elaborati dal biondo apprendista.
Blaine intanto sembrava più arrabbiato di prima per ciò che aveva appena detto.
Si passò una mano sul viso e si massaggiò gli occhi, come per riflettere.
Intanto il giovane biondo se ne stava al lato del divano, con la bocca semi aperta e con gli occhi fissi, ora, su un fianco del sofà.
-Mi stai prendendo in giro?-
-No, Kurt, è così!-
-E allora la tua rabbia? Il tuo odio per me? Tutte balle?-
-…Non sono arrabbiato con te.-
“Cosa?”- pensò Kurt.
-…Sono arrabbiato con me stesso.-
-Adesso basta questi giochi di parole, Blaine!-
-Vuoi la verità?!- rispose il riccio, alzando la voce e spalancando le braccia.
-Si. Voglio la verità.- annuì prontamente Kurt.
Improvvisamente il moro fece per parlare…ma dalle sue labbra tremanti non uscì nulla.
Neanche una sola, singola, parola.
Niente.
Gli occhi azzurri del biondo si riempirono allora di profonda delusione…
-Ti prego…- mormorò tra le prime lacrime.
-Ti scongiuro Blaine…dimmi cosa c’è che non va…-
Il moro volse lo sguardo, ora debole, verso di lui.
-Cos’ho fatto di male? Perché mi tratti così?- continuò, lasciando scivolare sulla sua guancia la prima calda lacrima.
Silenzio.
-Tu non hai la minima idea di ciò che ho fatto per te.-
-Kurt…io…-
-No,- lo interruppe la voce spezzata dell’apprendista,-tu non sai che vuol dire venire a trovarti ogni giorno all’ospedale…l’ho fatto ogni giorno da quel maledetto incidente, Blaine, ogni giorno!- ripeté sforzandosi di mostrare un po’ di convinzione, ma invano.
Blaine abbassò la testa lentamente, quasi si vergognasse.
-Ho trascurato il mio lavoro per te, ti ho dedicato tutto il mio tempo…me stesso, la mia casa…- un’altra lacrima faceva il suo corso.
-Non sai che dolore vederti ogni volta disteso su quel lettino dell’ospedale…con gli occhi serrati…il respiro quasi assente…Con la costante paura di non vedere più il tuo petto alzarsi…Ho sofferto, Blaine! Ma a te non importa questo, vero?- proseguì, piangendo.
La risposta che gli fu data fu solo un altro pesante silenzio ed il capo di Blaine che fissava per terra.
-Non ti importa neanche il fatto che ho perso la più grande occasione della mia vita…solo per correre da te quando stavi per…morire?-
Il debole cuore di Blaine fece un forte balzo.
-Cosa?- sussurrò, con gli occhi velati dalle lacrime.
Davvero era arrivato a questo per lui?
-Tu non sai queste cose…- continuò Kurt sulle sue parole sfocate.
-Non sei a conoscenza di come mi sono sentito io quando ho saputo che avevo quasi ucciso una persona…quando ho messo in pericolo di vita te…- singhiozzò.
Blaine lo guardò, piangendo anche lui.
Solo allora si rese conto di tutta la sofferenza repressa che stava tirando fuori Kurt.
Adesso, voleva solamente scomparire.
Dopo una breve pausa, la flebile voce di Kurt continuò:
-Mi sono sentito colpevole…quasi un assassino...Avrei dato la mia vita solo per accertarmi che tu potessi riprenderti…- disse, poggiandosi una mano sul cuore, e sentendolo palpitare rumorosamente.
Blaine si passò una mano sulla bocca, per maledirsi di ciò che aveva detto precedentemente.
Ora aveva i brividi.
All’improvviso il suo cervello interruppe tutti i suoi altri pensieri.
Nella confusione di quel momento, cominciò a parlargli con delle semplici frasi…
…Non possiamo essere sicuri che ricambi…
Che diavolo mi sta succedendo?”-si chiese mentalmente.

…E lo rispetterò se succederà così. Non l’obbligherò…

-C-Che…- balbettò il riccio, reggendosi la testa con una mano.

Kurt corrugò la fronte, allarmandosi appena per la sua agitazione momentanea.

…Lo senti? E’ il mio battito del cuore…

Questa è la voce di Kurt!”- ragionò ancora.

Il respiro di Blaine, allora, si fece accelerato, costringendo il biondo a corrergli incontro, disporsi in ginocchio davanti a lui e ad accarezzarlo delicatamente, come per rassicurarlo.

-Blaine…Blaine…- chiamò allarmato tra le lacrime.

-Io …-

-Cosa? Per favore, guardami…- e tentò di alzargli il viso per collegare i loro sguardi sconcertati.

L’ansia inondava il salotto in quel momento ed il silenzio che li circondava sembrava attendere il resto come un vero spettatore accanito.

…Sai perché te lo faccio sentire?...

Gli occhi di Blaine si posarono su quelli di Kurt, ormai ritrovati.

…Per ricordarti come si fa a vivere…

-Per ricordarti come si fa a vivere!- ripeté la massa di ricci scompigliati, stupita e sorridente.

-Cosa? Blaine, ti senti bene?!-

-Io…mi ricordo…-

Lo sguardo del biondino lo scrutò, cercando di capire le sue parole.

-Ti ricordi…cosa?-

-Le tue parole…Mi ricordo che…che mi stringevi le mani…all’ospedale, quando ero in coma…- Blaine respirava affannosamente.

Il giovane biondo si mise una mano sulla bocca e ricominciò a piangere, di gioia.

-Io…,-continuarono ancora le labbra tremanti del moro, -ti ho sentito! Ho sentito il tuo tocco, le tue parole…ricordo tutto adesso!-

La stanza attorno a loro si riempì di sollievo, compreso il cuore di Kurt, il quale riprese il suo solito battito veloce, dovuto a una forte emozione.

E che emozione.

Le sue speranze, ora, si erano fatte più forti e l’apprendista adesso poteva essere sicuro che i suoi sforzi non erano stati vani e che avevano portato gioiosamente a questo.

Indescrivibile emozione.

-Oh..Oh mio Dio…- sussurrò, avvicinandosi ancora di più al viso di Blaine e poggiando la sua fronte su quella del moretto.

-Tu…tu ti ricordi…ogni mia singola parola?-

-Si…ogni cosa…-

I sospiri erano tanti in quel momento e nessuno dei due si era davvero accorto che, ora, erano in una posizione piuttosto ravvicinata.

-Kurt…- cominciò Blaine, con voce tremante.

-Mi dispiace di quello che ho detto…-

Il biondino si morse un labbro ed incatenò il suo sguardo bagnato dalle lacrime a quello del moretto, altrettanto emozionato.

-Non ti meriti di essere trattato così dopo tutto quello che hai fatto e che stai facendo per me…Perdonami.-

-No, non ti preoccupare. Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato con me…Insomma, sono io quello che ti messo in simili condizioni…- obiettò il biondo, dando un’occhiata fugace alle sue gambe immobili.

-Ma se non l’avessi fatto non ti avrei mai conosciuto.-

Ecco che ritornano i brividi.

Ma questi erano diversi dagli altri provati in precedenza…Erano più dolci, come se qualcuno li avesse presi uno ad uno e spennellati con un po’ d’amore e di estrema dolcezza…possibile?

I cuori pulsanti dei due ragazzi pareva stessero facendo una gara a chi batteva di più.

Blaine allora sentì il bisogno di dire qualcosa…Forse quella cosa che lo aveva fatto essere così duro e così scontroso per tutto questo tempo…Ma ci sarebbe riuscito?

-Kurt…- prese coraggio, e sussurrando, fece il suo nome..

-Si?

Le due parole che doveva dire gli si bloccarono proprio sulle labbra, insistendo a rimanere dov’erano sempre state.

Ma il riccio sapeva che se non l’avesse dette adesso, non l’avrebbe più fatto.

Era il momento giusto.

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Capitolo 35
*** I'll Always Be There. ***


35. I’ll Always Be There.









Gli occhi di Kurt erano ormai lucidi a causa delle lacrime versate poco prima, ma allo stesso tempo contenevano una curiosità pazzesca, mentre che il suo piccolo dolce cuore aveva ripreso a battere veloce, come ogni volta che incrociava lo sguardo di Blaine.
Gli sembrava impossibile che ogni volta che lo vedeva, provava la stessa identica sensazione.
“Cosa starà cercando di dirmi?”- s’interrogò il biondino.
Le labbra di Blaine erano semi aperte, pronte a spiccicare parola…Ma le parole sembravano non venire.
Dentro il ragazzo si manifestò la delusione di non riuscire a dire allo splendido biondino che ora lo guardava con piena speranza. Gli veniva da piangere. Ma resistette.
-Kurt, io…- riprovò.
-Si?- lo incintò l’apprendista, ormai quasi convinto che stesse succedendo davvero.

-Credo che adesso sia meglio andare a mangiare.-
Questo fu tutto quello che il riccio riuscì a dire.
Lo sguardo di quest’ultimo si spostò subito per terra, tentando di evitare quello sconcertato, almeno credeva, di Kurt.
Il biondo non sapeva cosa fare ora: il suo corpo era letteralmente bloccato, gli occhi gli si velarono di lacrime di nuovo, e sapeva perfettamente il perché. Lo sapevano entrambi, in quella stanza, in quell’istante, in quel momento.
Forse si aspettava troppo da Blaine? Era da poco uscito dall’ospedale per l’incidente…causato da lui.
Forse era troppo che si dichiarasse?
“No, non potrebbe mai…Gli ho fatto troppo male.”-
-Certo, vado…vado a mettere i piatti e…e poi…poi ti vengo a prendere…-
Si alzò con lentezza, sperando fino all’ultimo che la forte e tenera mano di Blaine lo fermasse…Non successe.
“Si può sapere che diavolo stai combinando?!”- l’interrogò la mente del moretto, all’improvviso.
Gli occhi del riccio si spostarono, dal pavimento, alla figura tentennante di Kurt che faceva per andarsene.
Non poteva perderlo. Non voleva perderlo.
Senza dire una parola, afferrò il braccio sinistro di Kurt, fermandolo.
Gli occhi inzuppati di lacrime che gli si mostrarono davanti lo fecero maledire ancora di più per non essere riuscito a dire quello che voleva, quello che doveva.
Il cuore cominciò a battere più forte, mentre lo sentì intenerirsi alla visione di quella figura che pareva così indifesa, così…così…
“Basta parlare.”- si decise mentalmente.
-Blaine, ti prego, lasciami andare. –
-Non posso.-
Lo sguardo di Kurt si diresse verso il corpo del moretto, intento a non volergli mollare il braccio.
-Kurt, se non lo faccio adesso, ho paura di pentirmene per il resto della mia vita.
-…Fare cosa?-
Il bassetto lo fissò per quello che sembrò, in quel fugace istante, un secolo infinito.
Con uno sforzo che richiese la partecipazione di tutto il suo corpo, percosso da brividi insistenti, fece leva sulle sue braccia tremanti e si alzò in piedi, avvicinandosi al viso di Kurt, e baciandone le labbra.
Dio, che sollievo.
Entrambi si ritrovarono uno stretto nella dolce presa dell’altro, mentre le loro bocche si accarezzavano con estremo piacere.
Il respiro di ognuno dei ragazzi era agitato, instabile, pronto a fermasi in ogni microsecondo.
Kurt arrossì subito, avvertendo l’intero corpo di Blaine che lo accarezzava, tra i brividi che provava e tra il suo battito cardiaco a mille.
Entrambi avevano atteso questo momento dal primo giorno che si erano visti. Kurt anche da prima.
Da quella volta che aveva visto l’amabile massa di ricci posata leggera su un cuscino di un letto d’ospedale.
Ora ogni piccola cellula del suo corpo era avvolta da Blaine, dalla sua dolcezza, e dalle sue braccia, che gli sfioravano gentilmente la vita, poi passavano dietro al collo e tornavano sul suo petto, scandito dal ritmo veloce con cui si sollevava.
Blaine era in estasi, letteralmente, mentre la sua lingua vezzeggiava lentamente quella di lui, e ci giocava, come due bambini che giocano insieme. Era come un ritrovarsi dopo un sacco di tempo.
Le mani del riccio strinsero a sé il corpo di Kurt ancora di più, per sentirlo vicino, per essere sicuro che c’era ancora, come c’era stato in ospedale. E sapeva che ci sarebbe sempre stato.
Dopo un tempo che parve un eternità, le due bocche affamate di baci si staccarono l’una dall’altra, mentre i due ragazzi riprendevano il normale respiro umano.
Non si lasciarono, bensì tenevano le loro mani ancora intrecciate tra i loro corpi.…Volevano rimanere così per sempre.
-Oh mio Dio…- mormorò Kurt, col respiro affannato.
-Lo so…-gli sorrise Blaine, accarezzandogli leggermente la guancia arrossata con un palmo.
-No…sei in piedi.-
Questo era impossibile. Come faceva ad essere in piedi se non poteva camminare?
Blaine corrugò le sopracciglia con aria interrogativa e subito dopo andò a posare gli occhi in basso.
Era perfettamente in piedi, davanti a Kurt.
I suoi occhi cominciarono a raccogliere le lacrime, forse tutte quelle che aveva nascosto per tutto quel tempo, forse tutte quelle.
-Io…Io…non…non ci…credo!- esclamò con gli occhi colmi di lacrime di gioia.
Kurt si passò le mani sulle labbra per lo stupore, mentre gli occhi verde speranza gli si colorarono di un leggero velo di lacrime.
-Ce l’hai fatta, Blaine! Sei in piedi!- gli disse, mentre le sue mani si andarono a posizionare dietro il suo collo, stringendolo a sé, fortemente, come se non volesse lasciarlo mai più.
Blaine ormai non aveva più forza e coraggio di dire una sola vocale per quanta era la sua emozione. Era terrorizzato, ma nello stesso tempo in estasi per essersi alzato da solo. Poi, se ci aggiungeva che lo aveva fatto per baciare Kurt, allora era in paradiso.
Si sentiva di nuovo bene, veramente bene.
Era così sbalordito e disorientato che quasi perse l’equilibrio, affondando ancora di più nell’ampio petto di Kurt.
Lui prese a sorreggerlo per la vita, per far sì che non cadesse.
-Sta tranquillo,ci sono qui io. Non spaventarti.- lo confortò sorridendo di gioia.
Blaine lo guardò con i suoi occhi arcobaleno, pieni di lacrime, fino a che non riuscì finalmente a piangere.
Il biondino non riuscì a trovare una cosa migliore da fare che circondarlo tra le sue braccia passandogliene una sotto la vita e l’altra dietro il collo, come per farlo sparire da quelle che, fino a quel momento, erano state le sue preoccupazioni, le sue delusioni.
Sapeva che tra le sue braccia ci sarebbe sempre stato un posto per Blaine, che lì sarebbe sempre stato al sicuro.
-Shh…- lo rassicurò, chiudendo gli occhi.
-Sono qui.- sussurrò.
Le lacrime del riccio ormai avevano preso il via, mentre il suo volto affondava sempre più profondamente tra il petto ed il collo del biondo, avendo così la possibilità di respirare il suo profumo.
Blaine inalò a fondo, quasi sentendo la sua anima colmarsi di Kurt stesso.
Non voleva lasciarlo andare.
Tra singhiozzi e gemiti, l’apprendista riuscì a scostare il viso del suo moretto dal suo corpo e lo costrinse dolcemente a guardarlo negli occhi.
Posò delicatamente le sue labbra di nuovo sulle sue, schiudendo appena la bocca, per assaporare meglio il sapore della sua, e delle sue lacrime.
Tutto era perfetto. Blaine era perfetto.
-Che ne dici se adesso andiamo a mangiare? Basta lacrime.- gli suggerì Kurt, mentre con un mano gli asciugava leggermente le calde lacrime, intente a scorrere lungo il luminoso viso del riccioluto.
Un timido,piccolo cenno del ragazzo lo tranquillizzò.
-Ce la fai ad incamminarti fino alla cucina?-
-Si…solo se ci sei tu al mio fianco.-
-Io ci sarò sempre.- sussurrò Kurt all’orecchio di Blaine.
-Non mi perderai mai.-
Eccolo.
Ecco quel sorriso che Kurt aspettava da Blaine.
Ora era lì. Sulla sua bellissima bocca, che aveva appena baciato, oltretutto.
 Ormai era suo. Tutto suo. Non avrebbe lasciato che qualcuno glielo avrebbe portato via. Mai.
-Credo che sia meglio se ti prendo in braccio però, nel modo che tu non faccia ulteriori sforzi.- proseguì Kurt.
-Perché? Posso camminare, come hai ben visto, Dottor Hummel!-
-Nah, non mi fido, sei ancora debole.-
-Beh, allora dovremmo rafforzare in qualche modo questa mia debolezza…Qualche idea?- ridacchiò Blaine, con gli occhi scintillanti di malizia, mentre la sua mano destra carezzava dolcemente la vita del biondo.
Kurt scoppiò in una sonora risata mentre giocava con i suoi capelli; poi glieli baciò.
-Sei bellissimo.- commentò guardandolo amorevolmente negli occhi.
Per un momento giurò di potersi persino perdere in quel'oceano di colori. Aveva trovato chi lo faceva sentire in un modo speciale.
E Blaine aveva trovato chi lo faceva sentire vivo, di nuovo.
 
 
Quella sera un’atmosfera d’amore era calata in casa Hummel: i due cenarono felici, quasi con la sensazione che da lì in poi sarebbe andato tutto bene. Finchè erano insieme, tutto era a posto.
Mentre Kurt sparecchiava, Blaine era ancora seduto sulla sedia, dopo essere stato rimproverato da Kurt per essersi solo azzardato ad aiutarlo.
-Avanti, posso almeno asciugare i piatti? Tanto se mi sono alzato una volta, posso farlo di nuovo.-
-Scordatelo. E poi ti sei alzato per baciarmi.- ribatté il biondo, mentre posava un coltello nell’acqua calda del lavandino.
-Beh, non è detto che non lo rifaccia.-
Kurt gli sorrise e proprio in quel momento sentì un atroce dolore alla mano destra.
Con un gemito l’alzò e si accorse di essersi tagliuzzato con quel maledetto coltello da cucina che stava sciacquando.
-Dio…che imbranato che sono!-
-Che succede?- esclamò preoccupato il riccioluto, sporgendosi verso il lavandino per vedere cosa stesse accadendo.
-Niente, è tutto a posto…- Kurt si controllò la mano e capì che non era solo un taglietto. Non una lacerazione, ma neanche una piccola ferita.
-Fa vedere.- gli sussurrò la voce confortante di Blaine, il quale si era ormai alzato, disubbidendo ai suoi precisi ordini.
-Blaine,- sbuffò- è solo un taglietto! Ti avevo detto di stare…-
-Ce la faccio ad alzarmi! E poi vuoi tacere per un momento?- gli ordinò lui.
Kurt si rassegnò ed osservò la faccia del moro, intenta a valutare la situazione.
-Ok, metti la mano sotto l’acqua fredda ed aspetta qui.-
-Ma…-
-Non. Ti. Muovere.- lo minacciò Blaine con un dito, sulla soglia della porta. Poi sparì muovendosi né troppo lentamente né troppo velocemente, lasciando Kurt che faceva ciò che gli era stato detto.
“Premuroso…”- sorrise.
Nel frattempo che osservava, sbuffante per la sua disattenzione, l’acqua gelida del lavandino scorrere insieme al suo sangue rosso acceso, sorrideva quasi imbambolato da ciò che era successo tra lui e Blaine in salotto.
Per pochi secondi chiuse gli occhi, cercando di ricordarsi il preciso istante in cui le loro labbra si erano ritrovate…Poteva ancora avvertire le delicate mani di Blaine che gli circondavano le vita e che salivano e scendevano lungo il suo corpo…Facendolo sentire desiderato.
-Hai fatto ciò che ti ho detto…Potrei farci l’abitudine.- bisbigliò la sensuale voce del moretto, ormai tornata e posizionatasi dietro di lui.
Il suo viso era appena sfiorato dalla barba accennata del riccio, mentre quest’ultimo chiudeva il rubinetto dell’acqua e cominciava a disinfettargli la ferita con l’acqua ossigenata ed un po’ di ovatta.
Kurt emise un piccolo lamento, subito fatto sparire dalle labbra di Blaine, che gli rasentarono la mascella.
Il petto del biondino esalò un flebile respiro, trattenendo il dolore, mentre il riccio iniziava a fasciargli la mano con della garza.
Kurt percepì il mento del moro poggiarsi sulla sua spalla sinistra, mentre lui continuava a prendersi cura della sua mano tagliata. Un brivido li attraversò entrambi, a causa del contatto delle loro pelli.
-Quanto sei sbadato.- ridacchiò Blaine.
-Grazie, lo prenderò come un complimento.-
-Ma mi piaci anche per questo.-
-Oh, e così io “ti piaccio”?-
-Perché, non te l’ho fatto capire bene prima?-
Kurt sorrise.
-Rimedieremo.-
Il biondo ridacchiò, mentre Blaine gli cingeva il ventre, avendo ormai finito con la mano.
-Ecco qui.- bisbigliò, baciandogli la guancia.
-Ora sei anche dottore?-
-Beh, ho fatto un corso di pronto soccorso al liceo. Era divertente.- rispose.
-Ed anche utile.- proseguì Kurt.
-Ora, lasci fare a me in cucina o hai deciso di tagliarti anche l’altra mano?-
-Ma…-
Il biondino non fece in tempo a spiccicare parola che subito la sua bocca fu occupata ad accogliere la labbra di Blaine.
Con un dolce schiocco, le labbra si staccarono, e poi il riccio alzò un sopracciglio, capendo di averlo convinto, finalmente.
-Va a sederti sul divano, io ti raggiungo.-
 
Pochi minuti dopo la cucina era diventata di nuovo pulita; Blaine si congratulò con se stesso per aver fatto un buon lavoro e, mentre sorrideva tra sé e sé, diede un’occhiata in salotto, dove Kurt giaceva addormentato sul divano.
Ridacchiò e lo raggiunse lentamente.
“Dio, come sei splendido.”-
Lo era. Lo aveva sempre pensato, solo che era troppo coperto di rabbia per capirlo davvero. Ma almeno ci era riuscito, E baciarlo era stata la cosa migliore che avesse fatto in tutta la sua vita, fino ad allora.
Si sedette accanto al corpo dell’apprendista, ammirando il petto sollevarsi delicatamente.
Gli passò una mano sulla fronte e poi scrutò le palpebre chiuse. Per un momento ebbe la sensazione di riuscire a capire cosa avesse passato Kurt nel vedere lui disteso su un letto d’ospedale, con gli occhi chiusi. Come era ora Kurt.
Sapeva che se fosse successo a lui, non avrebbe mai avuto tutta la forza che aveva avuto Kurt. Non era forte come lui.
-La finisci di guardarmi come se stessi morendo?-
-Oh, sei già sveglio.- sussultò Blaine, nell’accorgersi degli occhi-universo del biondo aperti, che lo fissavano giocondi.
-Vieni qui.- lo incitò Kurt mentre apriva le sue braccia.
Blaine ci si accoccolò, sentendosi di nuovo protetto, proprio come un bambino si sente difeso dalla sua mamma.
-Come va la mano?-
-Meglio. Grazie a te, mio angelo riccioluto.-
-Ehi, mi piace questo nomignolo.- ridacchiò Blaine.
-Abituatici, allora.- continuò il biondo apprendista sorridendo tra sè, mentre si rannicchiava accanto al suo angelo ritrovato.


















AnGoLo DeLl'AuTrIcE-------------------------------------------------------------------------------------





Tarataraaataraaaaaaaaaaaa!!!!

*si schiarisce la voce* "UDITE UDITE, IN ONORE DELLA GENTILE CORTE DI EFP, SI COMUNICA CHE LA PAZZA ISTERICA, LA QUALE SI FA CHIAMARE "-SkyFullOfStars_", E' DI NUOVO TORNATA!"
Oh yeaaaaaaaah! I'm still alive U.U

No, sul serio, CIAO A TUTTI RAGAZZIIIIIIIII <3
Lo so, lo so. Sarei da prendere a schiaffi per 3 motivi:
1. Perchè non entro da questo sito dall'epoca medievale;
2. Perchè ho caricato un altro capitolo senza fare una seconda stagione di questa storia come avevo detto (poi vi spiego);
3. Perchè non vi ci sto facendo capire più nulla!
Mi culpa. Mi culpa.
Capisco che avevo detto che non ci sarebbero state più soprese e bla bla bla, ma la mia mente mezza pervertita ha cambiato idea :)
Dalle recensioni lette, credo che l'idea della seconda stagione non piaccia a nessuno :( Quindi ho deciso di continuare la storia normalmente, così è più facile per voi e per me :D
Lo so che cambio idea più volte io che Speedy Gonzales (?), ma credo sia meglio così.
Oltre a "Breathe Me", MI STO OCCUPANDO DI ALCUNE ONESHOTS CHE VORREI PUBBLICARE IL PIU' PRESTO POSSIBILE, perchè le mie amiche mi rompono le scatole da più di un anno -.-' (non è vero, sono adorabili)
Vi chiedo scusa (per la 233482930849 volta) e vi chiedo anche di non abbandonarmi, anche se ho fatto un casotto :)

Detto questo, mi dileguo, prima che qualcuno di voi raduni un esercito...(Come ai vecchi tempi?!)                                                     -SkyFullOfStars_

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Capitolo 36
*** Look After You ***


36. Look After You
 

 
 
 












 
 
 
 
-Pronto? Salve, vorrei parlare con il Signor Anderson, per cortesia.-
In casa Hummel  la voce di Kurt si espandeva tranquilla, con la sola compagnia dei dolci gemiti di Blaine, il quale intanto giaceva, assomigliante ad un cucciolo, sul letto del biondo, mezzo spogliato.
Nel frattempo lui lo osservava dal corridoio, col telefono in mano, intento a chiamare Carl. Adorava vederlo dormire così, con la consapevolezza che avrebbe riaperto gli occhi.
Quella sera, dopo un bel po’ di dolci coccole, avevano dormito insieme. Non che fosse la prima volta, ma di certo erano strati sdraiati in modo intimo tutto il tempo, cosa che prima non succedeva.
Inoltre, la visita effettuata pochi giorni prima all’ospedale, l’aveva reso molto più tranquillo, dopo che gli era stato detto che la salute del suo angioletto stava rinascendo rapidamente.
Ora l’apprendista si sentiva felice: sarebbe tornato a lavoro molto presto, aveva un ragazzo bellissimo che lo amava, viveva nella città dei suoi sogni…Ma mancava un tassello.
Non a lui. Ma a Blaine. E stava cercando di riprenderselo.
-Si?- si sentì dall’altro capo del telefono.
-Oh, Carl, ciao, sono Kurt. Disturbo?-
-Ragazzo mio, come stai? Non ti preoccupare, non disturbi mai tu!-
Kurt sorrise.
-Dimmi, che succede? Qualcosa a Blaine?-
Il biondo poteva avvertire un leggero accento d’inquietudine nella possente voce dell’uomo, e così cercò di rassicurarlo subito.
-No,no è tutto a posto. Dobbiamo solo farti vedere…Beh, puoi passare da me oggi pomeriggio? E’ importante.-
Un istante di silenzio si fece spazio in quel momento.
-Va bene, passerò da te verso le 3 allora?-
-Perfetto, a dopo.- salutò Kurt con una certa soddisfazione.
Dopo aver posato il telefono, il biondo apprendista tirò un sospiro di sollievo e tornò a letto dal suo piccolo angelo riccioluto, che intanto non si era mosso di un centimetro tra le coperte.
Aveva dovuto fare quella telefonata, proprio per fare una sorpresa a Carl: suo figlio camminava di nuovo. E lui ancora non lo sapeva.
Blaine non aveva mai fatto accenno sul fatto di rivedere suo padre…Ma Kurt sapeva che era importante e che lui lo voleva in realtà.
Distendendosi accanto al riccio, rimase lì per qualche secondo, socchiudendo poi gli occhi.
-Chi era?- sussurrò la flebile voce mattutina del moro.
-Oh, buongiorno tesoro.-
-Tesoro?- ripetè l’altro –è molto sexy…-
Detto questo guardò Kurt negli occhi e sorrise, andando a far incontrare il suo sorriso con quello del biondino.
Si adagiò con lentezza sul petto scolpito di Kurt e cominciò a lambire il suo collo di teneri piccoli morsi.
-Mmh…- gemette Kurt. –Blaine, cos-cosa fai?-
-Sto solo marcando il mio territorio.-
Kurt ridacchiò.
-Beh, lo marcherai in un altro momento, sono le dieci di mattina…meglio alzarsi.- e cercò di scostarsi dal caldo corpo del moro, ma senza riuscire a farlo, poiché i ben accennati muscoli dell’altro lo bloccarono.
-No,no…Dove credi di andare?-
Il sussurro che ne venne fuori da quella frase fu così sensuale che Kurt dovette fermarsi all’istante.
-Tu ora,- disse mentre il suo dito andava ad alzare la maglietta del pigiama- rimani qui buono buono…- e scorse fino ai suoi addominali.
Kurt gemette leggermente. Poi scosse la testa.
-No, seriamente, meglio se andiamo a…- fu costretto a fermarsi a parlare, poiché il suo addome fu accolto dalla lingua bollente di Blaine che ne sottolineava ogni singola linea.
-Andiamo a…-
-Shh.- lo zittì l’altro con la leggera pressione del suo dito sulle sue labbra semiaperte.
All’improvviso il telefono squillò.
Blaine sbuffò.
-Chi diavolo è adesso?-
-Visto? Questo è un segno: dobbiamo alzarci.- e si ricoprì l’addome, baciando poi le labbra semiumide del riccio.
Kurt intraprese una leggera corsetta verso il telefono e rispose, seguito dal corpo quasi spogliato del moretto, intento a stropicciarsi gli occhi.
-Pronto? Oh ciao Alex!-
A quel nome l’attenzione di Blaine fu richiamata e lo portò a sbuffare ed ad alzare gli occhi al cielo.
“Sono geloso di questo Alex.”- dichiarò mentalmente mentre, una volta raggiunto il suo biondino, gli cinse la vita con le braccia e gli baciò una spalla.
-Oh…si, certo…- e cercò di trattenere una risatina divertita per colpa delle labbra di Blaine che gli stavano accarezzando il collo.
-Eh? No, non sto ridendo…- rispose al ragazzo dall’altro capo del telefono, e diede una lieve gomitata al moro, nel modo che si scostasse.
Blaine ridacchiò e poi si diresse in cucina.
-Certo, puoi passare tra mezz’ora se vuoi.-
“Cosa? Non dirmi che viene qui!”- ripeté il moretto facendo capolino dalla porta della cucina con un cucchiaio colmo di crema di nocciole in bocca.
-Ok…- Kurt rise. Probabilmente Alex aveva fatto una delle sue solite battute o lo aveva chiamato con uno nuovo strano nomignolo.
Blaine sospirò, tenendo d’occhio Kurt preoccupato, come se potesse sparire da un momento all’altro.
Poi tornò a preparare la colazione.
 
 
 








 
 
 
-Dov’è il mio biondo preferito?!-
-Alex!- lo abbracciò Kurt, accogliendolo sulla soglia del portone di casa.
Blaine era pochi metri dietro di lui mentre, con le braccia incrociate, se ne stava appoggiato al muro, con un lieve sorriso.
Era geloso, si. Ma non per questo non voleva che Kurt non avesse amici. Questo era troppo egoista. E non era da lui. Quindi avrebbe provato a farsi piacere Alex, anche controvoglia.
-Blaine!- accorse Alex a braccia aperte verso di lui.
-Ehi, Alex, ciao!-
-Ma…sei in piedi! Oddio sono contentissimo, complimenti!- esclamò, mentre lo abbracciava stretto.
Blaine sorrise leggermente e poi rivolse gli occhi su Kurt, il quale intanto rideva con una scatola di ciccolatini in mano.
Aspetta…Una scatola di cioccolatini?
-Ti va un caffè?- propose il biondo.
-Mi perdo i tuoi caffè io?!-
Dopo una risata, Alex e Blaine si ritrovarono in salotto mentre Kurt usciva fuori dalla cucina con un vassoio con tre tazzine ed una zuccheriera.
-Allora? Raccontaci com’è fare l’attore!- parlò Kurt, sedendosi accanto a Blaine.
-Si, vogliamo sapere.- aggiunse il moro.
-Beh, faticoso, stancante, ma soddisfacente.- rispose dopo aver preso un sorso di caffè.
E cominciò un discorso riguardo la sua carriera.
Poi però, dopo aver ripetutamente osservato Kurt, decise di cambiare argomento.
-Ditemi di voi invece.- e si accomodò meglio sul sofà.
-Noi?- domandò Blaine, guardando Kurt.
-Si, insomma…Da quanto state insieme?-
Kurt arrossì lievemente.
-Poco tempo.- replicò svelto Blaine, passando un braccio dietro il collo di Kurt.
Quest’ultimo sorrise e lo guardò con una lucentezza negli occhi-universo.
-Vorrei che mi fossi accorto prima di lui.- bisbigliò il moro, perdendosi in quell’incrociarsi di galassie.
-Sono…contento.- sorrise Alex.
Kurt ricambiò quell’espressione, ma colse un’allusione di gelosia e bugia nella sua voce.
-Beh, io ora devo proprio andare.- intervenne il moro dopo pochi istanti di silenzio.
Blaine si sentì quasi sollevato da quell’affermazione: aveva deciso di esporre la sua relazione con Kurt proprio per mostrare ad Alex che Kurt era suo.
-Oh, va bene, ma non sparire, mi raccomando.- gli sorrise Kurt, accompagnandolo alla porta.
-Come potrei…- e stampò un profondo bacio sulla guancia di Kurt, mentre chiuse gli occhi.
La gelosia di Blaine entrò in azione di nuovo, mentre li osservava da vicino, poiché in piedi accanto a Kurt.
-Beh, allora ciao Alex.- intervenne dopo aver assistito a quel gesto che lo aveva fatto ingelosire, di nuovo.
La porta di casa Hummel si chiuse con un tonfo ed un sorriso (quasi forzato) del moro che se ne andava.
-Finalmente soli.- dichiarò  Blaine, abbracciando intimamente il corpo del biondo apprendista.
Kurt ridacchiò a quell’affermazione e si godè i baci che le tenere labbra del moretto stavano lasciando sul suo viso e sul collo.
-Mmh…ho capito dove vuoi arrivare signorino…- mugugnò il biondo mentre indietreggiava verso la cucina.
-E dove?-
-In cucina.- ridacchiò Kurt, lasciando un Blaine ridente fuori la porta della stanza.
-Oh, e questo pomeriggio avrai una sorpresa.- mormorò Kurt.
-Mmh…che tipo di sorpesa?- l’interrogò malizioso il biondino.
Sperava che rivedere suo padre l’avrebbe reso più felice, e sapeva che si sarebbero abbracciati subito ed avrebbero chiarito. Sapeva di fare la cosa giusta.
-Vedrai.-
 






 
 
 
 
 
 
-Allora? Posso uscire ora?!-esclamò impaziente Blaine, rinchiuso da Kurt in bagno nel modo che non scoprisse la sorpresa.
Il campanello suonò e Kurt sapeva già chi era.
Si diresse verso il portone e lo aprì, dando modo a Carl di entrare.
Un volto preoccupato gli si parò davanti agli occhi.
-Kurt, io non credo sia…-
-Tranquillo, ne sarà felice.- lo interruppe l’altro.
-No, ascoltami. Lo conosco bene…Si arrabbierà…-
-Kurt, dove…-
Ops.
Blaine ora aveva davanti suo padre. E Kurt sorrideva, anche se era infastidito dal fatto che il riccio fosse uscito prima che lui glielo ordinasse.
Gli occhi di Carl scrutavano stupito suo figlio, vedendolo in piedi.
-Blaine, figlio mio…Sei in piedi!- esclamò con voce rotta dall’emozione.
-Che ci fa lui qui?- domandò serio il moro.
-Beh, è la tua sorpresa!- sorrise il biondo.
-Lo hai invitato tu?-
-Si, volevo che faceste pace…-
-E chi te l’ha detto che voglio vederlo ancora, Kurt?!- gridò rabbioso il riccio.
Wow. Non si sarebbe mai aspettato questa reazione.
Perché ora era così arrabbiato?
La mascella di Blaine si strinse fortemente ed i pugni si serrarono come se fossero stati chiusi con le catene e lucchetti.
Tutto quello che il suo corpo provava ora, era rabbia.
Come aveva potuto fargli quella cosa alle spalle? Kurt?
-Voglio che tu te ne vada!- gridò all’uomo, indicandolo minacciosamente.
-Ma, Blaine…-
-No! Non me l’aspettavo da te!-
-Credevo che ti facesse piacere chiarire con tuo padre…-
-Mio padre? Mio padre è morto per me.-
-Blaine…- lo richiamò Carl, quasi con le lacrime agli occhi.
-No!- gridò di nuovo. –Io e te non abbiamo più nulla da dirci! Tu mi hai ferito! Ed io non voglio più vederti!-
-Figlio mio, lo so, ciò che ho fatto e quello che ti ho detto…So che la mia reazione non era giusta….e me ne pento amaramente!- rispose Carl, cercando di avvicinarsi a Blaine.
-Blaine, ti prego, non fare così…- intervenne Kurt.
-Vattene ho detto.- ripeté a suo padre, cercando di allontanarsi da lui.
Carl abbassò lo sguardo mortificato e gli ubbidì, capendo che non c’era niente da fare.
-E tu, Kurt…Io mi fidavo di te…-
Blaine lo indicava con le lacrime agli occhi mentre quasi singhiozzava.
Il cuore di Kurt aveva preso a battere veloce per il panico…Che cosa aveva combinato?
-Mi-mi dispiace, Blaine…-
-Me ne vado.-
-Cosa? No, ti prego, scusami…Blaine!- cercò di fermarlo mentre usciva dalla porta di casa, quasi scavalcando Carl.
Con un forte tonfo, il portone si chiuse.
Gli occhi di Kurt scrutarono quelli spaventati di Carl, mentre cercavano di decidere cosa fare: seguire Blaine o no?
-Va,ragazzo. Dà più retta a te che a me.-
Senza farselo ripetere due volte, Kurt si precipitò sulla strada, mentre correva per raggiungere Blaine, già parecchi metri davanti a lui, vicino ad un incrocio.
“No, ti prego, fermati…Dio, che cosa ho fatto?”-
-Blaine! Blaine, aspetta!-
Ma il moro pareva non sentire. Poi Blaine si fermò, appoggiandosi sul muro di un marciapiede e guardando dietro di sé.
Kurt che correva.
“Perché quasi zoppica?”
All’improvviso si rese conto di cosa stesse succedendo e tornò indietro come una furia.
-Oddio, Kurt! Kurt!- gridò a squarciagola mentre correva più veloce del vento in direzione del ragazzo.
Il biondino si era quasi gettato del tutto per terra, con una mano sul cuore, vestendosi di un’atroce espressione di dolore sul volto.
Intanto Carl, scrutando casualmente da una finestra di casa Hummel, vide il corpo del biondino ormai disteso per terra e, con un fugace panico che lo colse da testa a piedi, piombò fuori e raggiunse agilmente Kurt.
-Kurt?! Kurt?!- chiamò disperato.
In quell’istante il corpo ansimante di Blaine accorse; il suo corpo scosso dal respiro affannato e dalla preoccupazione lo portarono ad inginocchiarsi sul corpo disteso di Kurt ed a richiamarlo più volte, un po’ schiaffeggiandolo e scuotendolo per cercare di farlo riprendere.
Ma le palpebre serrate del biondino lo fecero entrare nel panico più totale.
-Blaine, calmati, ora chiamo un’ambulanza. Tu non ti muovere da qui!- gli ordinò Carl con già il telefono in mano.
Il ragazzo guardò suo padre con sollievo: se fosse stato da solo, probabilmente ancora non saprebbe cosa fare.
Si sedette per terra, mentre alcuni vicini accorrevano curiosi, e poggiò la testa di Kurt sulle sue cosce.
-Kurt, ti prego, mi dispiace…Kurt…- chiamava debolmente, senza esito.
Lo accarezzava continuamente, sperando con tutta la sua anima che le palpebre gli permettessero di scorgere nuovamente i suoi occhi-universo.
"Perchè non apri gli occhi?"
Perchè si era buttato per terra? Perchè? Era forse in pericolo?
Il suo sangue ed il battito cardiaco avevano deciso di fermarsi alla sola vista del biondino precipitare a terra, sulla strada.
Tutto per inseguire lui? Ora si sentiva in colpa...

Carl lo guardava in lacrime mentre teneva il telefono accostato all'orecchio. Non aveva mai visto un'espressione così preoccupata come quella che ora aleggiava sul viso di Blaine.
Il moro giaceva seduto sull'asfalto,con il biondo tra le braccia e, a quella vista, per poco non scoppiò a piangere anche lui, ma decise che doveva essere forte.
Doveva essere forte per suo figlio, come Kurt aveva fatto tempo prima.
 

































 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE------------------------------------------------------------------------------------------------





Ciao Ragazzi!!
Eccomi qui (di nuovo) con un altro capitoletto di "Breathe Me"...
Please, lo so che mi vorreste picchiare per quello che la mia mente ha escogitato per Kurt ma, ahimè, dovevooo!
(giù i fucili U.U)
Comunque, spero che vi sia piaciuto lo stesso e che io sia riuscita a tenervi attaccati allo schermo fino alla fine!
Non so dirvi quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma posso predire che questa fanfiction sta per finire! Mancano pochi capitoli, e poi...sarà il tempo di un'altra fanfiction! YEEEEEEEEEEEEEEEEEE (come se non ne avessi già abbastanza in corso -.-')


Vi lascio con un grosso bacioooooooooooo                                                                                                              -SkyFullOfStars_

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Capitolo 37
*** The Reason ***


37. The Reason
 

 
















 
 
 
 
 
 







Non poteva essere successo davvero.
Non poteva.
Gli occhi di Blaine fissavano con stanchezza la parete del reparto davanti a lui: bianca, inespressiva.
Ecco, si sentiva così.
Quando aveva visto il corpo di Kurt crollare davanti ai suoi occhi, poco prima, per strada, il suo cuore aveva cessato di battere.
E lui aveva smesso di respirare.
Gli occhi gli si erano gonfiati di lacrime. Ed aveva cominciato a correre, correre, correre verso Kurt.
Non poteva abbandonarlo.
“E se fosse qualcosa di grave?”
“E se non si risvegliasse più?”
“Se andasse in coma?”
No. Questo non poteva pensarlo. Sapeva benissimo cosa significasse e si rifiutava di aggiungerlo alle altre opzioni.
Restava comunque il fatto che il senso di colpa lo stava divorando vivo.
“Se non avessi reagito in quel modo, a quest’ora saremmo insieme, a casa, o da qualunque altra parte, Non all’ospedale…”-
Solo ripetendosi queste parole, le lacrime venivano richiamate e cominciavano a tracciare il loro solito percorso, accarezzando la pelle liscia del moro.
-Blaine.-
Conosceva troppo bene quella voce per non poterci volgere il viso.
Papà.
Carl si sedette vicino a lui, su quelle scomode e solite sedie degli ospedali.
Dovevano parlare.
-Ho appena sentito il dottore, e mi hanno detto che sta bene, non è nulla di grave, solo uno svenimento dovuto ad un grande sforzo.-
Blaine aveva smesso di guardarlo ora.
Il suo sguardo era di nuovo concentrato su quella stessa parete pallida. Pareva capirlo più di chiunque altro.
A quelle parole un peso si sciolse lentamente.
Il suo Kurt stava bene.
Cominciò a piangere più forte.
Tentò di trattenersi, ma non era abbastanza forte per farlo.
Non voleva piangere, non davanti a suo padre, ma non ne poteva più.
Tutte quelle ore ad aspettare notizie di Kurt…Non aveva mangiato, né dormito.
Iniziò a sentire le lacrime scenedere, fino a che non fu costretto a coprirsi il viso con entrambe le mani.
-Oddio, Blaine, no, non piangere.-
Le calde braccia dell’uomo lo accolsero, facendolo accoccolare sul suo giacchetto di pelle sintetica.
Blaine non si mosse. Tutto ciò che fece, fu lasciarsi circondare da suo padre.
I singhiozzi che vennero fuori dal pianto di Blaine si fecero sempre più forti, fino a creare un pianto di sfogo…Un pianto liberatorio.
Non ricordava di aver pianto così tanto in vita sua. E non ricordava di averlo fatto per un ragazzo.
Il calore che sentiva dentro di sé, era dovuto all’enorme sollievo che aleggiava dentro di lui ed alla forte presenza di suo padre.
Era lì con lui ora. Gli era vicino. Non pensava l’avrebbe fatto.
-Papà…-mormorò, -mi dispiace.-
-No,- lo interruppe Carl, accarezzandogli quei ricci ribelli – sono stato cattivo con te…Dovevo accettarti per quello che sei già tempo fa.-
Sospirò.
-Oh, Blaine, se solo non avessi permesso che quella volta andassi via…-
-Se l’avessi fatto non avrei mai conosciuto Kurt…-
Gli occhi di Carl si velarono all’improvviso di un leggero strato di lacrime.
-Mi sento terribilmente in colpa.-
Non aveva mai visto suo padre piangere. Eppure gli ricordava tanto una persona fragile…
-Papà, non sentirti in colpa…Tu non hai colpe…Ti voglio bene.- lo abbracciò di nuovo.
Non importava più parlare…I gesti avevano poteri curativi.
Sentire suo figlio rivolgergli quelle dolci parole, per Carl era una vittoria.
Aveva riconquistato suo figlio.
Tutto questo anche grazie a Kurt.
-Papà?- chiamò ancora Blaine.
-Mh?-
-Credo di essere innamorato di lui.-
-Lo so.- sorrise Carl, mentre con una mano gli portava via quelle lacrime posate sul viso del giovane.
-O meglio, lo sapevo. Quando ancora eri in coma, Kurt veniva qui ogni giorno.-
Il cuore del ragazzo si fermò.
-Lo vedevo soffrire. S’incolpava così tanto per averti mandato in ospedale, che stava quasi per perdere se stesso. Eppure non mollava.-
Sul serio aveva fatto tutto questo per lui?
Gli occhi dell’uomo brillavano mentre parlava, quasi incantato dalle sue stesse parole.
-Mi ricordo una volta, prima che io e Kurt diventassimo amici, perché all’inizio io gli avevo detto di stare lontano da te, sai?-
Blaine lo guardò.
-E’ stato il secondo sbaglio più grosso della mia vita, a parte quello di non averti accettato.- continuò dopo aver passato una mano sulla guancia di suo figlio, il quale lo ascoltava assorto, ancora protetto dalle sue braccia.
-E…dopo che gli hai detto di andarsene…cos’ha fatto?-
-E’ tornato e me ne ha dette quattro.- rise lievemente Carl. –Non ti ha mai lasciato, Blaine.-
Quelle parole andarono ad infiltrarsi nel suo petto, quasi a toccare il suo cuore.
-Ha messo da parte i suoi impegni e la sua carriera per stare vicino a te e per confortare me. Se questo non è amore, beh, che Dio mi fulmini in quest’istante!-
Blaine si strinse di più a suo padre e sorrise.
-Ha dato forza a me anche quando non l’aveva lui. Mi ha aiutato. Ed ha aiutato anche te.-
Un piccolo sorriso commosso apparve sulle labbra di Blaine, mentre quest’ultimo si sentiva riscaldato da uno strano tepore, oltre a quello di suo padre.
“Non mi ha mai lasciato.”- ripeté tra sé.
-Grazie, papà.-
Il padre lo accarezzò dolcemente per rispondergli.
-Credo che però tu debba andare da Kurt ora: gli farà piacere vederti.-
Incoraggiato dal sorriso paterno, Blaine fece un sospiro e si diresse verso la camera di Kurt, la numero 14.
“Mi è familiare…”- pensò corrugando la fronte.
Poi, con coraggio, anche se infastidito dal senso di colpa, entrò.
 
 
 
 
 
 
-Blaine!-
Il corpo di Kurt era seduto sul letto d’ospedale, mentre il riccio lo guardava con gli occhi velati di lacrime, alla vista del suo ragazzo, ancora vivo.
Non seppe come, ma con due balzi gli venne incontro e lo abbracciò come non avesse mai abbracciato nessuno in vita sua.
Kurt fu sorpreso di sentire il suo ragazzo piangere singhiozzante tra le sue braccia, così cercò di tranquillizzarlo, stringendo ancora di più la presa ed accarezzandolo.
-Ehi…Sono qui, calmati.-
Il dolce sussurro del biondino raggiunse le orecchie di Blaine e le vezzeggiò lievemente, regalandogli una sensazione indescrivibile.
-Mi dispiace…-
-Shh, non è niente. Ora sono qui, no? Sto bene.-
-Se non avessi reagito in quel modo…ora saremmo…-
-No, Blaine, ascoltami.- lo prese per le spalle, -non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Oramai è successo.-
Blaine tirò su col naso.
-Forse ho sbagliato io. Non avrei dovuto far venire tuo padre senza il tuo permesso.-
La mano tremante del riccioluto andò a posarsi sulla guancia destra del biondo.
-Tu mi hai dato la possibilità di rivederlo e di riallacciare il legame perso. Tu mi hai aiutato, mi hai aperto gli occhi quand’ero cieco di rabbia.-
Kurt sorrise, mentre con i suoi occhi blu marino s’immergevano in quelli dell’altro ragazzo.
Lo abbracciò di nuovo, come se sapesse di doverlo perdere per sempre.
-Non ti lascerò andare, mai.-
Il viso del moretto si staccò dalla spalla di Kurt dove era poggiato ed andò a scontrarsi con quello dell’altro, terminando in un lungo ed appassionato bacio.
Kurt fu estasiato da quel gesto: si sentiva di nuovo vivo.
Il corpo tremante di Blaine lo fece intenerire e lo baciò con più foga, mettendo in chiaro che non l’avrebbe abbandonato per nessun motivo.
-Adesso capisco come ti sentivi quand’ero in coma…- singhiozzarono gli occhi di Blaine, osservandolo.
-Avrei dovuto capirlo prima.-
-Capire cosa?- lo sfiorò Kurt con il palmo della mano.
-Che ho trovato la mia ragione  per andare avanti.-
I battiti si fecero più forti a quel punto; il sangue circolò più velocemente e l’emozione salì alle stelle.
Il respiro del biondo si fermò per pochi istanti, fino a che non fu costretto a baciare il suo ragazzo, per farlo ripartire.
Credeva fosse tutto un sogno. Credeva che quelle parole se le fosse inventate. Ma il tocco delle labbra di Blaine con le sue cambiò tutto.
Infatti non era così. Era tutto reale.
La pelle di Blaine, i suo baci, le sue carezze, il suo respiro ed il suo battito…Era tutto reale.
Poteva avvertire i brividi, quelli veri, quando una mano calda gli s’intrufolò sotto la maglietta, fino a delimitare i bordi dei suo addominali.
Trattenne il respiro per pochi secondi, fino a che non sentì la stessa mano accarezzandolo vicino la vita.
Aveva così voglia di Blaine.
E Blaine aveva voglia di lui.
Si staccarono da quel bacio colmo di passione, senza smettere di far toccare le loro fronti.
Tra l’affanno, sorrisero entrambi, lieti di essersi cibati di nuovo delle loro labbra e di essersi ritrovati.
Kurt ripensò allora alla sua mamma ed al sogno riguardo la vera felicità…Ora aveva capito.
Aveva capito che la sua felicità aveva un nome.
 La sua felicità si chiamava Blaine.













 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE------------------------------------------------------------------------------------------------------------


Hi everybody :')
Spero che non vi siate sciolti dalla dolcezza (si spera) di questo capitoletto :D Altrimenti come faccio senza fanfictioners assassini che seguono questa ff??!?!?!?!!?!
Ho bisogno di voi.... *fa il visino da cucciola*
Bando alla sweetaggine (?)...come vi sembra???
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi seguono e/o che mi hanno seguito fino qui, perchè...SIETE ADORABILIIIII! VI MERITATE UN MIO APPLAUSOOO :>   *batte le mani a mo' di Kurt fangirlizzante*
Cooooomunque, spero (come sempre) che vi sia gustato mucho (e commosso, se ci sono riuscita :P)
Beh, che dire.......ALLA PROSSIMAAAAAAAA <3                                                                                                         -SkyFullOfStars_



P.S. Calcolate che ho scritto questo capitolo ascoltando "The Reason (Hoobastank)" a ripetizione: anche per questo si capisce la scelta del titolo (eheheheheh <3)....Quindi, potete immaginare i miei (ed ora i vostri) poveri feels come possano essere ridotti <3 Basta, vi lascio in pace...CIAOOOOOOOO

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Capitolo 38
*** Jealous ***


38.  Jealous
 

 
 







 
 
 
 
 
 
-Ehi, tesoro, sei pronto? Faremo tardi!!-
-Quanto adoro quando mi chiami tesoro…-
Il sorriso malizioso di Blaine fece capolino dalla camera da letto, facendo intravedere la sua camicia mezza slacciata, con un papillon a pois ancora da sistemare.
Quella sera Carl li aveva invitati a cena, giusto per stare tutti insieme.
Kurt,ovviamente, non aveva potuto non invitare anche Mercedes, visto che dopo che era venuta a sapere di ciò che gli era successo, lo tempestava di telefonate ogni giorno.
E poi non vedeva l’ora di presentarle il suo Blaine.
-Credo che la mia amica ti piacerà!- urlò il biondo dal salotto, intento nell’allacciarsi la sua cravatta.
-Ne sono sicuro.-
La voce di Blaine ora sfiorava il suo orecchio, mentre le sue mani armeggiavano con quel pezzo di stoffa color rosa antico, adagiato intorno al collo del biondo.
Lo sguardo del moro accarezzò quella pelle pallida ma allo stesso tempo invitante, mentre la bocca di Blaine si distese in un piccolo sorriso.
-Finiscila di mandare i miei ormoni in tilt, per favore.-
-Non mi stancherò mai di farlo, e di vederti arrossire soprattutto.-
Kurt gettò gli occhi all’insù, subendosi la risata divertita e soddisfatta del moretto.
-Allora, verrà anche…Alex?-
Kurt sapeva benissimo dove voleva arrivare.
-Non è che, per caso… sei geloso?- lo canzonò ridacchiante l’apprendista, punzecchiandolo con un dito.
-Ptf, io…geloso?!-
Blaine cercò di mantenere un’espressione seria, ma quando il biondo cominciò a solleticarlo, non riuscì a non sbottare a ridere come un bambino, mentre Kurt continuava a punzecchiarlo, fino a buttarlo sul divano del salotto.
Il biondo gli si gettò sopra, solleticandolo con le mani in vari punti del corpo.
Le loro risate echeggiarono tra le mura, mentre l’atmosfera serale li abbracciava.
-No, basta! Kurt….ti prego!- rideva Blaine, ormai con le lacrime agli occhi.
-No, non la smetto fino a quando non ammetti di essere geloso!-
-Ok, ok, va bene, sono geloso! Geloso! Geloso!-
Con un’altra risata Kurt diede tregua al corpo agitato del riccioluto, mentre quest’ultimo cercava di contenere il fiatone, oramai stramazzante sul divano di casa Hummel.
I due visi dei ragazzi si ritrovarono a stretto contatto, fino a che quello del moro prese l’iniziativa di restringere ancora di più quella distanza che li separava e di affondare su quelle morbide e gustose labbra profumate.
Fu un bacio non lungo, ma abbastanza intenso.
-Sai di ciliegia.- sussurrò il moretto, ridacchiando appena per quell’insolito gusto.
-Deve essere il balsamo per labbra.-
-E’ sexy.-
Il biondo alzò d’istinto un sopracciglio, nel frattempo che sentiva le morbide dita del suo ragazzo carezzargli leggermente la camicia.
-Mmm, mi farai impazzire, Hummel.-
L’apprendista si alzò dal divano sorridendo.
-Piantala e prendi la tua giacca. E, per la cronaca, quel papillon ti dona.-
Il riccio ridacchiò.
 
 























 
 
 
 
 
-Dolcezza! Come stai?!-
La voce squillante di Mercedes echeggiò per tutto il portico di casa Anderson, mentre la sua figura sinuosa intraprendeva una pericolosa corsetta verso Kurt, su dei tacchi a spillo.
-Mercedes! Sono così contento di vederti!- l’abbracciò Kurt.
Blaine osservava la scena di fianco al suo ragazzo, mentre un lieve sorriso gli si dipinse sul volto: già aveva capito che quei due si conoscevano da parecchio, ed erano molto amici.
La nera si staccò dall’abbraccio e mostrò il suo sorriso smagliante al riccioluto, intrepida di conoscerlo.
-Tu devi essere Blaine! Kurt mi parla in continuazione di te, tesoro!-
Il ragazzo ridacchiò sistemandosi il papillon, quasi nervoso.
-Beh, diciamo che il mio nome è tra le sue parole preferite.-
Kurt mostrò un’espressione riconoscente a tutta quella dolcezza del suo ragazzo.
Si, era fiero di poterlo chiamare così.
-Ho saputo di ciò che ti è successo…mi dispiace molto…Ma vedo che ora stai alla grande, bellezza!-
-Si, va meglio, grazie. Kurt mi ha anche parlato di te, sai? Dice che canti da Dio!-
-Oh, è sempre poco modesto, e molto dolce!- disse la mora, mentre giocherellava con una delle guance rosee di Kurt.
-Sei splendida, ragazza!- continuò il biondo osservando il suo vestito di seta rosso ed i suoi trampoli abbinati.
Doveva ammetterlo, non aveva mai dovuto dargli molti consigli sui vestiti.
-Ha assolutamente ragione!- li raggiunse Carl, abbracciando poi suo figlio, salutando Mercedes e Kurt con un gran sorriso.
-Tuo padre?- domandò il padrone di casa al biondo.
-Oh, dovrebbe arrivare…Lo chiamo un attimo, Scusatemi.- e si allontanò tirando fuori il suo cellulare.
Nel frattempo, nel vialetto di casa, fece irruzione una BMW nera, anche se Blaine non riusciva davvero a distinguerne i colori, visto che era sera.
Si chiese più volte chi fosse, nel frattempo che si scambiava dolci sorrisi con Kurt.
“Ho avuto davvero paura di perderti.”- gli confessò mentalmente.
E ne aveva avuta sul serio.
-E chi è questo bel fusto?- 
-Ciao Blaine.-
Alex.
-Oh, beh, Mercedes, questo è Alex, un…un amico di Kurt.-
“Spero.”-
-Molto piacere, Alex.- la voce della ragazza si fece più emozionata alla vista di quei bei bicipiti.
-Kurt, tesoro, perché non mi dici che hai questo tipo di amici?!-
-Cosa? Oh, beh…- rispose imbarazzato, mentre metteva via il cellulare e si dirigeva verso i ragazzi.
Passando vicino Carl gli fece sapere che Burt stava arrivando e poi si posizionò vicino al suo ragazzo, lanciandogli una dolce occhiata.
-Sul serio, dovresti aggiornarmi sui tipi che conosci.- continuò la mora, mettendosi a braccetto con Alex, che intanto ridacchiava.
-Mercy, è gay.-
-Oh, beh, meglio ancora tesoro!-
“Mica tanto.”- pensò Blaine, che intanto cercava di sorridere a quella situazione.
Kurt fece una faccia strana alla vista del riccioluto come un po’…scontroso.
Aveva esattamente capito che Alex proprio non gli piaceva, ma cercava comunque di farlo andare d’accordo con lui per assicurarsi una serena e tranquilla serata.
Alex ridacchiò poco dopo alle parole di Mercedes, abbracciando la ragazza e salutando Kurt con un bacio sulla guancia.
Poi si diresse verso Blaine e fece lo stesso.
E adesso?
Il riccio si trovò un po’ impreparato a quel gesto, ma tentò di sorridergli comunque.
Non che gli stesse antipatico, ma era geloso.
Si, geloso.
Pochi minuti dopo, tutti entrarono in casa, solo dopo aver aspettato l’arrivo di Burt, il quale si presentò con un buon vino tra le mani.
Dopo cena, si misero tutti quanti a chiacchierare un po’ tra di loro: Burt che rideva con Carl e Mercedes che faceva l’interrogatorio ad Alex riguardo moda, musica e film.
Kurt se ne stava in veranda, mentre sorrideva alla vista di tutto ciò, ripensando a quanto era stato preoccupato Blaine per tutta la durata della cena, su cosa dovesse bere o mangiare, riguardo all’attacco che aveva avuto.
Ed eccolo lì ora, che si avvicinava a lui, con il papillon mezzo disfatto ed il suo solito sguardo da cucciolo.
Perfetto come sempre.
-Bella serata eh?-
-Si, se ci sei tu accanto a me.-
Le braccia del moretto andarono a circondare la vita dell’altro, avvicinandolo pericolosamente ed invitandolo a  partecipare ad un bacio appassionato.
-Ho voglia di stare da solo con te.- gli sussurrò.
-Anch’io.-
Kurt gli spostò dolcemente un ciuffo ribelle che gli era caduto sul viso, e ne baciò quella parte, facendola sua.
-Ora vado a prendere un bicchiere di vino…Ne vuoi uno anche tu?- chiese il moro, giocherellando con la camicia del suo ragazzo.
Avrebbe voluto togliergliela del tutto, ma non gli sembrava né il momento, né il caso.
-Come posso rifiutare.-
Blaine ridacchiò e si diresse verso la cucina.
Alex, chiudendo velocemente discorso con Mercedes, lo seguì.
Doveva parlare con lui.
 
 


-Ehi.-
-Ehi.- rispose il riccio, voltandosi verso Alex, che aveva appena varcato la soglia della cucina.
-Tutto a posto, amico?-
-Non c’è male, grazie, Tu? Ti stai divertendo?- gli chiese Blaine, non guardandolo in faccia. Proprio non capiva perché l'aveva seguito.
-Si.-
Lo sguardo di Alex si andò a posare sul lavandino, accanto al quale c’erano due calici, contenenti del vino rosso.
Non gli piaceva affatto quella freddezza che si era stabilita tra di loro. Doveva rompere il ghiaccio.
-Beh, vado a portare questo a Kurt.- disse il riccio, sfuggente.
-Ehi, no, aspetta un momento.- lo fermò Alex, sfiorandogli il braccio.
Blaine sospirò, riposando i due bicchieri che aveva afferrato poco prima.
-Senti, lo so che tu cerchi di andare d’accordo con me solo per Kurt.
Blaine lo guardò silenzioso.
-So anche che sei geloso di me.-
Questo non poteva negarlo. Il rapporto di profonda amicizia che si era stabilito tra Kurt e lui a volte gli sembrava sovrastare il loro.
-Vuoi che sia sincero con te?-
-Si.- rispose Alex.
Blaine sospirò e si appoggiò al lavandino.
-Si, in realtà muoio dalla gelosia quando ti vedo con Kurt, ecco.-
-Lo sapevo, insomma, si vede. E credo che il tuo ragazzo lo abbia già capito.-
Il riccio bevve un sorso del suo vino.
-Il fatto è che…quando mi sono reso conto di non odiare davvero Kurt per quello che mi è successo, ho capito che lo stavo trattando troppo male…E tu…tu lo hai consolato…Quando invece dovevo farlo io…- si passò una mano sul viso.
Alex corrugò le sopracciglia.
-Ma tu sei il suo ragazzo, adesso.-
-Adesso. E prima dov’ero?-
-A combattere tra la vita e la morte, forse?-
Blaine sospirò profondamente.
-Senti, amico, io ho conosciuto Kurt quando ancora tu eri in coma. So come stava, come era preoccupato per te e per tuo padre…Ho cercato di consolarlo, certo…ma non l’avresti fatto anche tu? Quello che voglio dire... è che se pensi che io ti voglia rubare Kurt…ti sbagli di grosso.-
Sospiro di sollievo.
Questa si che era una buona notizia per le orecchie di Blaine.
-Come faccio a saperlo davvero?- intervenne Blaine, quasi del tutto sollevato.
-Beh…Se mi allargo troppo, dammi un pugno in faccia.-
Blaine ridacchiò. Forse Alex non era come pensava.
-Lo farò, stai sicuro.-
-Non ne dubito!- rise il ragazzo castano, di risposta.
-Quel ragazzo ha fatto di tutto per te. Ha anche dato buca al suo boss per venire da te in ospedale, sai?-
-D-Davvero?- Blaine si bloccò.
Possibile che avesse fatto tutto questo solo per lui?
-Non…Non lo sapevo.-
Ora sapeva di amarlo davvero. Anche di più di quanto potesse immaginare.
-Ovvio, ha voluto tenertelo nascosto. Per non farti preoccupare e per non farti pensare che fosse uno stupido.-
-Stupido? Come avrei potuto pensare una cosa del genere?-
-Eri ancora infuriato con lui per quello che ti era successo, ricordatelo.- gli rispose la voce calma di Alex.
Giusto.
-Beh, ti ama davvero,sai.-
Gli occhi del moretto brillarono a quelle parole, mentre un lieve sorriso gli colorò il viso di un acceso senso di sollievo.
-Lo amo anch’io.-

Intanto, da un lato della porta, con le spalle al muro, silenzioso come non mai, Kurt aveva sentito tutto.
Il suo cuore batteva, gli occhi erano lucidi, il sorriso era vivo, mentre conteneva dentro di sé la consapevolezza che tutto si era finalmente sistemato.










 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE--------------------------------------------------------------------------------------






Hi everyone!
Devo ammettere che ci ho messo un po' ad aggiornare stavolta, eheh :D Chiedo venia U.U
Vi avviso che questa ff sta per finire...Non so se sia una cosa buona o una cattiva in realtà eheh!
Ditemi voi!
Allora, che ne pensate del discorsetto tra Alex e Blaine? Vi aspettavate una rissa? Ci avevo pensato in realtà ma alla fine ho cambiato idea (solito da me ahah)!!
Comunque, spero (come sempre) che vi sia gustato e fatemi sapere cosa ne pensate! Ovviamente, ringrazio anche i fanfictioners silenziosi :D

SIETE GRANDIIII!

*batte le manine a mo' di Blin Blin fangirlizzante*

Ok, ora mi dileguo :)                       Bye byeeeeeeeeeeee                                                                                      -SkyFullOfStars_

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Capitolo 39
*** Let's Talk About...Sex? ***


39. Let’s Talk About…Sex?
 
 
 
 









 
 
 
 
 



-Blaine! Blaine, sono a casa…Dove sei?-
Silenzio.
“Giusto, mi aveva detto che non poteva essere a casa per cena…”

Peccato.

Kurt varcò la soglia del suo appartamento incrociando una strana atmosfera: finestre chiuse, luce soffusa, un’incredibile silenzio.
Che il suo angioletto fosse tornato a casa prima del previsto?

Troppo strano.

Continuava a chiamarlo, ma non sentiva nessuna risposta.
Con un’alzata di spalle posò le chiavi della macchina di suo padre con il giubbotto e sospirò.
Da quando era tornato a lavoro pochi giorni prima il suo capo gliene aveva dette quattro riguardo alla sfilata; lui aveva provato a spiegargli, ma questa volta lui proprio non percepiva il fatto di aver mollato la serata più importante della sua intera carriera. Allora Kurt aveva smesso di parlare e si era subito tutta la ramanzina.
L’unico problema è che il suo boss gli aveva anche detto esplicitamente: “Non avrai un’altra opportunità come questa…mi dispiace Hummel.”
Diamine.
Era stanco morto e posò il suo giacchetto come se le sue braccia non gli rispondessero più tutto a un tratto.
Gli faceva dannatamente male la testa, così si portò una mano sulla tempia ed iniziò a massaggiarla quando all’improvviso udì un leggero rumore che proveniva dal salotto.
S’immobilizzò dalla paura in mezzo a quella mezza oscurità della casa e corse a cercare una padella in cucina, giusto per precauzione.
Con quell’aggeggio di alluminio nelle sue mani, cominciò a perlustrare attentamente il corridoio, dirigendosi verso dove aveva udito quel rumore.
I suoi passi erano lenti ma decisi, proprio come se fosse in un film horror dove la vittima si avventura per capire se c’è qualcuno in casa sua e poi viene preso come un pesciolino inesperto.
Ok, perché stava pensando queste cose visto che poteva essere lui il pesciolino inesperto?
Con la bocca cucita penetrò in salotto, distendendo una mano sull’interruttore della luce…
Poi però un’ombra passò furtiva vicino al suo braccio, Kurt lanciò un urlo isterico e colpì quell’oscurità movente proprio in pieno.
Quella sagoma si lamentò fortemente ponendosi le mani in testa, dove Kurt l’aveva colpita ed il biondo approfittò di quel momento per raggiungere di nuovo l’interruttore ed accendere la luce.
-Blaine! Ma che diavolo ci fai qui?!-
Il riccioletto era in preda al dolore causatogli da quella padellata lancinante in fronte.
-Volevo…ahi…Volevo solo farti una sorpresa…Dio Kurt, ma dovevi proprio prendere una padella?!-
Si massaggiò la parte già gonfiatasi del capo mentre Kurt si scusava di averlo ferito.
Poi iniziò a ridere.
-…Perché ridi?-
-Non so…ma sei buffo con quel bernoccolo in testa!- ridacchiò il biondo.
Blaine lo guardò male e Kurt abbassò il sorriso.
-Ok,- disse poi, -vieni che…-
Le sue parole furono bloccate da ciò che vide addosso al suo ragazzo. O meglio, da ciò che non vide.
-Ma che…-
-Oddio non ti piace.-
-Eh? No…è che…- deglutì pesantamente.
In effetti non era semplice continuare a parlare davanti ad un Blaine mezzo nudo nel bel mezzo del suo salotto.
Un finto grembiule nero di cotone da cameriere gli copriva per poco il bacino, quanto bastava in realtà,mentre l’attenzione era tutta rivolta ai suoi addome e torace, completamente spogli.
Kurt ridacchiò passandosi una mano sulla bocca.
-Non hai freddo?-
-Beh…troverò qualcosa che mi riscalderà…-
Il moro si avvicinò pericolosamente alle labbra dell’altro e le accarezzò con le sue, giusto per dargli un assaggino di quello che sarebbe stato il resto della serata.
-E questo è solo il pre-antipasto…- sussurrò il moretto all’orecchio del biondo, facendolo tremare di piacere.
-Oh, quindi c’è un antipasto?-
Le braccia di Kurt andarono a cingere il collo di Blaine,mentre quest’ultimo lo diresse verso il divano al centro del salotto.
Camminarono per alcuni secondi, accarezzati dall’aroma delle candele alla lavanda che li avvolgeva entrambi, fino a che non precipitarono sul morbido sofà con un tonfo.
Blaine si sedette, mentre gli occhi di Kurt lo riempirono di malizia studiandogli il bacino, finché il biondo non atterrò su di lui con un leggero balzo.
Blaine sospirò compiaciuto e continuò a baciarlo avidamente, avvertendo il bacino dell’altro accostarsi pericolosamente al suo.
Kurt gemette e buttò la testa all’indietro, lasciando che i baci del suo ragazzo facessero il resto sul suo collo.
Aprì maggiormente le gambe per gustare di più di quel sensuale contatto fra i loro corpi.
-Aspetta…- sussurrò Blaine, con i capelli tutti mezzi arruffati.
-Guarda sul tavolo.-
Kurt ubbidì ed i suoi occhi si accorsero finalmente di una tavola imbandita di candele, piatti, forchette e…una ciotola piena di cioccolato?
-Lo sai che il cioccolato è afrodisiaco, Anderson? Potresti metterti in qualche guaio stasera…-
-Allora ho fatto centro…- sorrise maliziosamente, donando alle sue labbra un altro bacio dei suoi.
-Posso imboccarla signor Hummel?- farfugliò Blaine tra un bacio e l’altro.
-Assolutamente si, ma solo dopo aver rimediato un po’ alla padellata che ti ho dato.-
 
 
 













 
 
 
 
 
-Ahi!-
-Andiamo, non fa poi così male!-
-Si invece!-
Blaine era seduto sul tavolino del bagno, cercando di resistere il più possibile al dolore del bernoccolo, mentre il suo ragazzo cercava di medicarlo.
-Ok, così dovrebbe bastare…Mi dispiace tanto, piccolo.-
-Beh, dovrai farti perdonare per bene…-
L’apprendista socchiuse gli occhi e sorrise maliziosamente, dopo aver afferrato l’esatto significato di quella frase.
Non poteva resistergli. Soprattutto conciato com’era.
-Bene. E…- mormorò facendo scorrere un dito vicino all’inguine del riccio, -da dove dovrei cominciare..?
Blaine sentì un fremito correre impazzito per tutto il suo corpo, mentre afferrò le tasche dei pantaloni color beige di Kurt e lo strinse a sé, coinvolgendolo in un bacio appassionato.
Le mani di Kurt andarono pericolosamente a tastare il morbido fondoschiena dell’altro, accorgendosi solo allora di non percepire nessun tessuto.
-Oh, wow…Mi sei entrato nel cervello ed hai spulciato nei miei desideri per caso?-
Blaine non gli rispose; si limitò a scendere dal tavolinetto color glicine e ad affondare quelle mani calde ancora di più.
Oh, ora si che era in paradiso.
Fece scorrere le sue braccia intorno al collo di Kurt nel frattempo che le sue labbra mordevano quelle dell’altro e, con un piccolo salto, si avvinghiò al corpo del biondo, divaricando il più possibile le gambe, andando intenzionalmente (oh si, ne aveva proprio intenzione) a venire a contatto con la maggior parte della pelle di Kurt. Soprattutto con quella parte.
Si sentì appagato per alcuni secondi, ma il vero piacere lo coinvolse quando iniziò a sfregare giusto appena un po’per godersi veramente quel momento.
Quest’ultimo lo tenne fortemente, come per non farlo scappare, mentre seguiva i suoi invitanti movimenti quasi sedendosi sul tavolinetto del bagno, sorreggendolo dal fondoschiena.
-Credo…credo che dovremmo andare a mangiare…- bisbigliò Blaine con il viso appena arrossato e con un leggero fiato agitato.
-Non lo stiamo già facendo?-
 
 
 
 
 












 
Dopo pochi secondi erano già sul morbido tappeto del salotto, con la ciotola di cioccolato accanto, uno avvinghiato all’altro, Kurt già mezzo nudo.
-Apri la bocca…Così, bravo…-
Le dita del riccio si intromisero tra le labbra di Kurt, mentre quest’ultimo ubbidiva ai suoi ordini.
Come puoi non farlo quando ti trovi un ragazzo del genere mezzo nudo sul tappeto del tuo salotto?
Kurt gustò a lungo ad occhi chiusi quel mix di sapori delle morbide dita del moro con quello sensuale del cioccolato, denso ma piacevole.
-Forse ha bisogno di qualcos’altro, Maestà?- s’inginocchiò il moretto, andando imprudentemente a scostare maggiormente il microscopico pezzo di cotone che copriva il suo basso ventre.
-Mmmh…- Kurt si morse il labbro inferiore a quello spettacolo.
-Un massaggio?- continuò Blaine, mordendosi appena il labbro ed intraprendendo un sensuale gattona mento verso di lui.
Ok.
Sapeva benissimo come farlo impazzire.
Il sorriso di Kurt gli rispose positivamente e così lui lo fece girare a pancia sotto e ci si posizionò sopra, per un attimo facendo aderire pericolosamente il suo corpo a quello dell’altro.
-Rilassati.- gli bisbigliò il moro, leggero come una folata di vento estivo.
Pian piano le esperte mani di Blaine cacciarono via tutto lo stress e la stanchezza dalla schiena e dalle spalle di Kurt.
Era incredibile come avesse fatto.
-Sai che potrei prenderci l’abitudine?- dichiarò il biondo mentre restava a occhi chiusi, adagiato sul tappeto.
Blaine ridacchiò mentre con un dito percorreva furtivo la linea della sua spina dorsale.
-Per me non c’è problema. Voglio solo che tu ti goda questo momento…- disse, spostandosi appena con l’inguine, proprio per tentare una leggera frizione tra il suo bacino e quel sedere perfetto del compagno.
Kurt gemette appena.
-Mi farai impazzire prima o poi.-
Blaine ridacchiò ancora abbandonando il corpo di Kurt ed andando a posizionarsi vicino al suo viso, osservandolo attentamente mentre restava ad occhi chiusi.
Avvicinò la sua mano a quel viso così dannatamente perfetto e gli carezzò le labbra, domandandosi come diavolo facessero a farlo andare fuori di testa.
Dopo la confessione che gli aveva fatto Alex riguardo all’aver dato buca al suo boss nella serata fondamentale della sua carriera, non poteva restarsene con le mani in mano.
Avrebbe fatto qualcosa.
Anzi, lo aveva già fatto, solo che Kurt non lo sapeva.
Non ancora.



































 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE------------------------------------------------------------------------------------------




 

Ciao Ragazzi!
Mi rendo conto che è da giugno che non aggiorno, ma i polsi e le braccia in generale mi stanno uccidendo!! Però ce l'ho fatta a scrivere questo capitolooo!!! Viva meeeeeeeee!
Ok, basta. Come state? Spero che questo sexy-capitoletto abbia raggiunto il suo OBIETTIVO (capite a me...) e che vi sia piaciuto! Dovevo pur mostrarvi un po' della mia immensa perversione, no?
Ad essere sincera avevo altre idee...(insomma avete capito...*fa la faccina maliziosa*) ma essendo di rating giallo mi sono dovuta trattenere!!

Anyway, volevo anche dirvi che questo è il PENULTIMO CAPITOLO di "Breathe Me" e che non ho intenzione di fare una sorta di "seconda parte" o cose del genere, come vi avevo già detto.
Ma non preoccupatevi...ho certe idee per altre ff e os...Mi piacerebbe farne qualcuna su Hiddleswort, Thorki, Stony, RDJude, Rinn (MY MAD FAT DIARY, per chi non conoscesse)....DAAAAAAAAAAAAA! Sono troppe, per le tette di Sharon!
Eh? Cosa? No, non ci fate caso....*si nasconde dietro un cuscino*
Basta, vi sto già dicendo troppo! Grazie ancora a chi mi segue sempre, a chi recensisce ed ai lettori silenziosi! Siete tutti importanti!!!
*si commuove*


Baci!!                                                                                                                                                         -SkyFullOfStars_

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Capitolo 40
*** I Will Love You, Until The End of Time. ***


40. I Will Love You, Until The End of Time.
 
 
 
 














 
 
 
 
 
Pochi giorni prima.
 
 






-E’ permesso?-
Blaine fece capolino dal bordo della porta del Signor Cortes, il temuto capo di Kurt.
Un uomo dagli occhi profondi  sedeva dietro una grande scrivania, immerso tra vari fogli svolazzanti e cartelle multicolore.
Lo guardò e gli lanciò un’occhiataccia, pigiando poi con un dito tozzo sul piccolo tastino del telefono da ufficio.
-Sally, le avevo detto di non far entrare nessuno. Sono occupato.-
Una voce femminile piombò nel silenzio della stanza, proveniente dall’autoparlante del telefono..
-Mi perdoni Signore, ho tentato di trattenerlo, ma non sono riuscita a fermarlo…-
-Va bene.- rispose l’uomo con tono secco.
Blaine richiuse la porta dietro di sé non appena il capo gli fece il cenno di entrare, senza mai perderlo di vista.
-Si sieda. A cosa devo quest’irruzione?-
Blaine si sedette su una poltroncina stile antico.
-Io sono Blaine Anderson, Signore.- continuò poi porgendogli una mano.
L’uomo la scrutò, poi la strinse.
-Probabilmente lei non mi conosce, ma io sono il ragazzo vittima di un incidente avvenuto con un suo dipendente.-
Il Signor Cortes corrugò la fronte e si sistemò meglio sull’enorme poltrona marrone su cui sedeva.
-Ho capito…Quanto vuole di risarcimento? Mille, due milioni? Facciamo cinque?-
Il moretto sbatté le palpebre più volte.
-Signore,- lo interruppe il moro, -non sono qui per questo.-
Cortes lo guardò alzando le sopracciglia stupito.
Non gli era mai capitato di vedere qualcuno rifiutare dei soldi.
-Che cosa vuole allora?-
-Voglio che mi faccia un grande favore.-
-Un grande favore?- ripeté l’altro con un sopracciglio alzato.
Blaine annuì.
-So che forse è troppo chiederglielo…Ma sarebbe davvero importante. E le posso assicurare che non se ne pentirà.
L’uomo sospirò e si protese in avanti, poggiando i gomiti sulla scrivania ed unendo le punte delle dita.-
-Di che tipo di grande favore si tratta?-
Blaine sorrise.
 
 
 
 
 









 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Allora? Sei pronto per passare una bella serata con il ragazzo più dolce del mondo?-
Kurt rise divertito.
-Certo che lo sono…A quanto pare ho un sacco di tempo libero da quando il mio boss mi ha sospeso…- alzò le spalle.
Blaine cercò di non mostrare il piccolo sorriso che era derivato da quell’affermazione.
Magari Kurt l’avrebbe visto e se la sarebbe presa a male pensando che lo trovasse divertente.
Ed addio serata.
Solo che moriva dalla voglia di dirgli tutto sulla sorpresa.
No, una cosa alla volta.
-Beh, andiamo?-
-Ehi, ehi, fermò là. Dove credi di andare con quel papillon stortignaccolo?!- lo riprese Kurt, ponendogli una mano sulla giacca blu elettrico.
Il biondino perse qualche minuto ad aggiustarglielo con mano abile, mentre il suo ragazzo lo guardava come se avesse scoperto il paradiso tutto ad un tratto.
-Piantala di guardarmi così.-
-Cosa?-
-Mi fai venir voglia di togliertelo questo papillon invece di aggiustartelo.-
Blaine rise.
-Più tardi ne riparleremo.-
Kurt ridacchiò, diede un ultimo tocco ai vestiti del moretto, prese il giacchetto, le chiavi della macchina del padre, anche se fu inutile, poiché con un veloce gesto il riccio gliele tolse di mano.
-Stavolta guido io.-
 
 
 
 

 
 
-Blaine…Questa non è la strada per il ristorante…-
-Lo so.-
Entrambi erano in macchina da dieci minuti, quando Kurt si era accorto che, di certo, quella sera non stavano andando a mangiare fuori.
Blaine accennò un sorriso notando la faccia preoccupata del compagno.
-Ma…ma quindi dove andiamo?-
-Niente domande.- lo zittì l’altro.
Ok, ora era confuso.
Il biondino iniziò a domandarsi dove lo stesse portando…
Forse aveva cambiato ristorante?
Oppure magari avrebbero trascorso la serata da un’altra parte?
Chissà.
I suoi pensieri furono interrotti quando l’auto si fermò pochi minuti dopnel parcheggio dell’azienda dove lavorava Kurt.
Panico.
Cosa ci facevano lì?
-Blaine…-
L’apprendista non fece neanche in tempo a continuare la frase che si ritrovò il moretto dalla parte opposta del guidatore, vicino la portiera spalancata che aveva aperto.
-Metti questa.- disse, lanciandogli una benda sulle ginocchia.
Kurt lo guardò con aria interrogativa.
-Non aver paura, non ti butterò giù da un burrone.- ridacchiò il moretto.
Il biondo sospirò ed ubbidì agli ordini del suo angioletto.
Uscì dall’automobile lentamente, appoggiandosi alle braccia di Blaine per capire dove andare.
-Fermo qui.- gli disse lui.
Poi sentì una portiera chiudersi e dei passi intorno a lui.
Altre macchine che parcheggiavano.
E poi il fiato di Blaine che gli parlava:
-Ok, possiamo andare. Vieni, stammi vicino.-
Dopo aver inciampato un paio di volte sulla strada imprecisa, l’apprendista stilista camminava ancora nella tarda sera, sostenuto dal suo ragazzo, il quale proprio non voleva dirgli perché diavolo si trovassero sul suo posto di lavoro.
Stava iniziando ad irritarsi.
Poi sentì una porta aprirsi e Blaine che imprecava per l’essersi schiacciato un dito.
Salirono degli scalini, fino a sentire una musica in lontananza.
Musica?
Kurt era in preda al panico, non vedendo e non capendo cosa stesse succedendo intorno a lui in quel momento.
L’altro ragazzo lo accompagnò lungo un breve corridoio fino a portarlo in un luogo che a Kurt sembrò parecchio familiare: tacchettii veloci qua e là, persone che parlavano e gridavano, odore di lacca e di capelli bruciati…
“Ma che diavolo…”
In quel momento Blaine gli tolse la benda portandolo alla luce, di nuovo.
Gli occhi del biondo vennero investiti da milioni di luci colorate, modelle che sgattaiolavano qua e là e tutti i suoi colleghi che correvano appresso a loro per gli ultimi ritocchi.
-Ma…Ma questa…-
-E’ una gara di sfilata.-
La voce di suo padre concluse la frase, sorridente.
-Papà! Ma che ci fai qui?!-
-Ti spiegheremo dopo! Ora devi aiutare Mercedes con quei capelli…vai su!
Mercedes?
Ma che diavolo stava succedendo?
Si guardò intorno confuso e solo allora riconobbe il posto che gli era stato assegnato l’ultima volta che aveva abbandonato la sua sfilata per…
Oddio.
Era di nuovo alla sfilata più importante della sua carriera?!
Blaine, il quale si era goduto le varie emozioni che passavano sul viso di Kurt, era accanto a lui e ridacchiava divertito.
-Ascoltami,- lo prese dolcemente per le spalle, -ti spiegherò tutto dopo…Ora fa un viaggio nel tempo e fa finta che io non ci sia e che sia ancora all’ospedale, come la sera che hai abbandonato tutto questo per venire da me.-
-Co-Come fai a sapere…?-
Blaine lo interruppe ponendogli un bacio sulle labbra.-
-Questa è la sfilata che aspettavi da una vita. I tuoi modelli sono di là…Va e conquista la giuria.-
Kurt era quasi in lacrime.
Non se lo aspettava.
Davvero Blaine aveva fatto tutto questo per lui?
Fece combaciare il suo sorriso con quello del riccioletto davanti a lui ancora una volta e poi si diresse con una corsetta verso i suoi modelli.
Trovò Carl con una spilla da balia in bocca, intento a sistemare un ciuffo ribelle dei capelli di Mercedes.
-Carl! Ma che ci fai qui?!-
L’uomo gli sorrise e poi corse ad abbracciarlo.
Si tolse la spilla dalla bocca ed esclamò:
-Ti spiegherò dopo! Ora credo che i tuoi modelli abbiano bisogno delle tue mani di fata!- e lo lasciò alla compagnia di Alex e Mercedes.
-Non è facile liberarsi di me!- gridò Alex, indossando un capo cucito da Kurt.
Il biondo lo abbracciò senza dire nulla e poi corse da Mercedes, iniziando a chiedersi come avessero fatto a tenerlo all’oscuro di tutto quello, rubando anche i suoi vestiti e piazzandoli addosso a due splendidi modelli.
-Oh mamma, ragazzi, quelli sono i mie abiti!-
-E sono fantastici, tesoro!- replicò la nera con un sorriso, mentre Kurt le sistemava i capelli.
-Ok, non ci sto capendo più nulla…Che cosa è successo a Cortes? Ha alzato troppo il gomito ed ha riorganizzato tutto solamente per me?! Mi ha sospeso!-
Mercedes ed Alex si guardarono.
-Beh, diciamo che non poi così insensibile come sembra.- irruppe la voce di Blaine.
Kurt finì con il vestito di Mercedes e lo guardò stupito.
Si avvicinò a lui ed al suo sguardo così giocondo e sensuale allo stesso tempo.
-Non volevo che tu perdessi quest’enorme opportunità per me…E così qualche giorno fa sono andato a parlare con il Signor Cortes e gli ho pregato di darti un’altra possibilità. Lui ha accettato a patto che organizzassi tutto questo da solo, modelli compresi.- sorrise indicando Alex e Mercedes.
-Poi ho avvisato Carl e tuo padre, perché mi serviva una mano ed ora…beh, eccoci qui. Niente serata romantica tra me e te.- ridacchiò.
-Ti amo, Kurt, e voglio solo che tu sia felice. Hai fatto così tanto per me e questo è solo un piccolo modo per ringraziarti di avermi salvato la vita.-
Kurt era commosso.
Gli aveva detto che l’amava.
I brividi avevano iniziato a scorrere indisturbati per tutta la linea della schiena, fino a raggiungere il cuore ed abbracciarlo in un’amorevole morsa.
-Ma io non ti ho salvato la vita, Blaine…Te l’ho rovinata.-
-No.- rispose l’altro con tono deciso. Poi avvicinò il suo viso a quello del biondino puntando lo sguardo dritto nei suoi occhi.
-E’ grazie alla tua esistenza se vivo. Senza di te non ce l’avrei mai fatta.-
Poi il moro accorciò le distanze e lo avvolse con un braccio per la vita, stringendolo a sé e baciandolo amabilmente.
-Si,si, e vissero felici e contenti, bla, bla, bla…Hummel! Ha una sfilata da affrontare!-
La voce del Signor Cortes tuonò per la stanzetta, costringendo i due piccioncini a dividersi.
-Signore,- gli si affiancò Kurt,- la ringrazio.-
L’uomo accennò appena un sorriso.
-Non ti ci abituare.- ed ammiccò al piccoletto.
 
 
 
 
 
 





 
 
 
 
-Mercedes , sei stata fantastica! Sei una modella nata!-
-Dimmi qualcosa che non so, tesoro!-
Kurt era completamente preso dall’euforia e dall’adrenalina: la sfilata era finita.
Era stato classificato come apprendista migliore dell’anno.
Wow.
Chi l’avrebbe mai detto.
Sette mesi prima era in una stanzetta di ospedale, a stringere la mano ad un ragazzo in coma.
Abbracciò entrambi i suoi fantastici modelli, versando appena una lacrimuccia per tutta la strada che aveva fatto.
Il boss che si era congratulato con lui poi, era stata la parte più divertente della serata.
In fondo non era poi così male. Una specie di gigante buono, ecco.
Se ne stava lì in quello che assomigliava ad un camerino a congratularsi con i suoi modelli quando Blaine fece irruzione con un sorriso, seguito da suo padre e Burt.
-Complimenti, piccolo!- lo baciò il riccio stringendolo a sé.
Era fiero di lui. E di essere lì con lui.
Blaine interruppe il piccolo bacio per abbracciarlo, ma il biondo lo fermò.
-Vieni qui tu…- gli sussurrò mostrando un sorriso malizioso e cingendogli il collo con le braccia.
Le loro bocche si toccarono di nuovo, trasformando quello che era un fugace bacio in uno più profondo e passionale.
-Ok, io vado a cambiarmi!- gridò Mercedes, col fine di concedere un po’ di privacy a quei due.
-I-io ti seguo!- continuò Alex,afferrando le sue intenzioni.
-Ehm, Burt, mi daresti una mano con la macchina…Credo che abbia qualche problema nel motore…- disse ponendo un braccio intorno al collo dell’uomo, inventando così una semplice scusa per entrambi, per lasciare soli soletti quei due piccioncini.
Blaine e Kurt sorrisero senza staccare le labbra l’uno dall’altro.
-Direi che siamo rimasti soli.-
-Direi proprio di si.-
Il biondo gli morse delicatamente un labbro, portando l’altro al culmine della malizia.
-Grazie per tutto questo.- mormorò poi, afferrandogli i lembi del colletto della camicia.
-Sono io che dovrei ringraziarti per essermi stato vicino dal giorno dell’incidente.- gli rispose il moro, carezzandogli una guancia.
Kurt sorrise dolcemente.
-Beh, allora diciamo che siamo pari.-
Il moro lo baciò ancora, fino a farsi venire voglia di non voler abbandonare mai più quelle labbra così invitanti.
Entrambi si staccarono l’uno dall’altro quando, dagli autoparlanti del camerino, una leggera musica volteggiò nel silenzio…
A Kurt sembrò parecchio familiare, e lo confermò quando le sue orecchie attente la riconobbero.
-Questa è la mia canzone preferita! “Breathe Me”, di Sia…la conosci?-
-…E’ anche la mia.- rispose Blaine alzando un sopracciglio.
Entrambi scoppiarono a ridere.
Incredibile. Semplicemente Incredibile.
-Ti amo da impazzire.- bisbigliò il moro accostando la fonte alla quella del suo splendido stilista.
-Ti amo anch’io.-                                                                                                                                          
I due ragazzi restarono lì, avvinghiati l’un l’altro, con occhi sognanti, e cullati da quella che era appena diventata la colonna sonora della loro storia d’amore. 































 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE---------------------------------------------------------------------------------------------------------






EEEEEE STOP! Buona!




Ehilà fanfictioners!
Ebbene si, siamo arrivati al capolinea: devo annunciarvi che questa fanfiction è finita!!!!
Non so se sia una cosa buona o cattiva in realtà...
Comunque, volevo ringraziare tutti quelli che mi ha seguito fino a qui, impegnandosi a leggere le cavolate che scrivo :D
Scherzi a parte, GRAZIE veramente a voi che avete letto la mia storia, chi ha commentato ed anche a chi non ha fatto nessuna delle sue cose xD




Ma tranquilli, non vi libererete di me così facilmente U.U
Ho in lavorazione alcune OneShots, quindi state sicuri che mi rivedrete presto! Se siete interessati, le troverete sulla mia pagina!
Che dire ragazzi....GRAZIE E A PRESTOOOOOOOOOOO :)



 

P.S A tutti quelli che hanno avuto più volte l'istinto omicida contro di me....chiedo perdono e domando se possibile stipulare un patto di pace...*fa il faccino puccioso*
BASTA, LA FF E' FINITA, ANDATE IN PACE!

(Rendiamo grazie alle ships....)   


LOVE YOU ALL!                                                                                                         Quella rompiscatole di --------------------------->  -SkyFullOfStars_

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