Zombie Extermination 4/8

di Shiroohiohi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fedeltà per i compagni è assoluta. ***
Capitolo 2: *** Ultima ricerca ***
Capitolo 3: *** Dante's Attack ***
Capitolo 4: *** Dialogo notturno ***
Capitolo 5: *** Poteva andare peggio, in fondo. ***
Capitolo 6: *** Lontani da troppo tempo ***



Capitolo 1
*** La fedeltà per i compagni è assoluta. ***



   “La fedeltà verso i compagni è assoluta. In pace, in guerra, in epidemia, proteggeremo la verità dell’ordine. Sulla nostra identità di mercenari combatteremo per ciò che riteniamo giusto e puniremo ciò che riteniamo sbagliato.”
Sono passati quattro anni da quando i miei sottoposti hanno pronunciato quelle parole… Mi vengono le lacrime agli occhi a pensare che il loro destino sarebbe stato quello di morire.
Erano tutti criminali conosciuti a livello mondiale, tranne uno, un eroe riconosciuto globalmente. Tutti sorteggiati a caso da un computer.
Io ero… Sono, il loro capitano, arruolato da nove anni nella LOTD (League Of Total Defence). Il mio compito era, appunto, arruolare otto uomini in una squadra fittizia di mercenari.
Il primo sorteggiato è stato Dante, meglio conosciuto come Synner, un “cassone” alto 1 metro e 90, sbattuto al fresco dopo un tentato omicidio al presidente del Sud Africa, mancato per un soffio, 0.99 centimetri, colpendo il suo segretario da una distanza di 634 metri usando una Colt M1914. Rinchiuso nel carcere di Alcatraz.
 
12/07/11   Cella 72c  Terzo piano.
Seduto su una branda mezza sudicia, tra le mani un pezzo di carta giallastra scarabocchiata, c’era il mio uomo. La guardia carceraria colpì le sbarre con un manganello, producendo un rumore fastidioso. “Ci sono visite!” Gridò prima di allontanarsi, sussurrandomi all’orecchio “Spero che lei abbia molta pazienza..”.
Mi avvicinai. “ Dante?”. La mia voce era ferma anche davanti a quell’ombra che si avvicinava, mostrandomi i colori del suo viso. “ Voglio arruolarti.”
I suoi occhi verde scuro mi scrutavano, mi sentii quasi nudo davanti al suo sguardo.
“ Ho bisogno del tuo talento, voglio un assaltatore degno di questo nome.”
“ Non lavoro per il governo.” Affermò subito.
“ Chi ha parlato di governo, io non lavoro per nessuno, io aspiro a qualcosa di meglio… Mercenari.” I suoi occhi accennarono un leggero interesse con un brillio opaco.
“ Ti ascolto.” rispose.
“ Ho intenzione di creare una squadra di mercenari, una squadra forte, con persone con le palle,  pronte a giocarsi il tutto per tutto. E tu sei perfetto.”
“ Tks, non fanno uscire per una “condotta”, qui.” Rispose sarcastico.
“ No, ma le mazzette funzionano sempre.” … Mentivo, ero già d’accordo con il presidente del carcere.
Dante scoppiò in una fragorosa risata:
“ Ahahaha, va bene… Ci sto. Però come ogni assaltatore avrò bisogno di un braccio destro.”
“ Te ne troverò uno al più presto.” Pregustavo già il sapore della vittoria. Ma non fu così.
 
“ Forse non hai capito, lo voglio scegliere io, se no non se ne fa niente.” Alla LOTD non avevamo previsto una richiesta del genere, e trattandosi di un soggetto instabile la cosa migliore fu quella di acconsentire.
“ Dammi un nome!”  Dissi deciso.
“ Shiro.”
Ne avevo sentito parlare, anche nel nostro database, aveva fatto accordi con la Yakuza, la mafia giapponese. Questo per uccidere un boss, però essendo stata scoperta, lui medesimo ha inviato i suoi uomini ad ucciderla. Risultato: sterminio di massa. Incarcerata due volte, due volte evasa, adesso scomparsa.
“ Dove posso trovarla?”
Dante guardò oltre le mie spalle. “ Eccola.”
Mi voltai, due guardie trascinavano una ragazza che si dimenava come un verme. La misero nella cella vicino a Dante, che si voltò verso la ragazza tutta arruffata e in disordine.
“ Ti hanno persa, eh?” Le chiese.
“ Se il motore della moto d’acqua fosse partito, ce l’avrei fatta!” Disse tirando fuori da un anfibio un fermaglio per i capelli.
“ E questo chi è?” Chiese Shiro, guadandomi.
“ Mi chiamo Arrel.” Risposi.
“ Shiro, ho una proposta, mi faresti da braccio destro come assaltatore in una squadra di mercenari?” Dante fu abbastanza spiccio e determinato. Lei lo guardò un po’ stranita.
“ Ti sei fumato qualcosa?” Chiese continuando a smanecchiare la modella della pinza.
“ No, questo tipo me l’ha proposto.” Disse Dante indicandomi. La ragazza sembrava titubante.
“ E va bene, però prima voglio andare a comprarmi dei vestiti nuovi , non posso andare in giro così.” Disse infilando la molla dentro la serratura della porta.
“ Alcatraz sarà anche un carcere enorme e pieno di guardie, ma queste serrature fanno schifo!” Continuò uscendo e facendo uscire anche Dante.
Così, ebbi i miei primi due mercenari, due assaltatori, uno con le palle… L’altra un po’ meno.
 

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Capitolo 2
*** Ultima ricerca ***


Il secondo sorteggiato fu Daniel, soprannominato “Hentai”, il proprietario di un bordello nella periferia di Parigi indagato per tratta di schiavi con la mafia. Non è mai stato incarcerato perché è sempre riuscito a comprare la polizia e vari detective. Non ero sicuro che fosse capace di impugnare un'arma, ma per il compito che gli spettava, non avrebbe rappresentato un problema consistente.
Quando arrivai all'"Hentai's Palace", fui scortato nel suo ufficio da due uomini armati. Arrivati all'ultimo piano mi sorpresi nel vedere, che oltre a belle ragazze sparse qua e là per la stanza, una parete interamente ricoperta da fucili ed armi da fuoco di vario genere, alcune anche da collezione dal valore inestimabile.
L'interessato si avvicinò come se ci conoscessimo da una vita: " Benvenuto nel mio regno! Sei qui per una delle mie bellissime cortigiane, immagino."
Io lo guardai facendo finta di niente: " E' solo un appassionato o le sa anche usare?" Chiesi guardando il muro di fucili e pistole.
" Vuole scherzare?" Mi rispose staccando un fucile e mostrandomelo. " Il mio tesoro, con questo ho ammazzato un sacco di persone." Disse fiero, mostrandomi l'arma ludica, pulita... Perfetta.
" Fucile di precisione, eh? Saresti un buon cecchino."
" Allora, quale vuole? Si è già guardato intorno?" Mi chiese tornando al discorso donne.
" Veramente non sono qui per le donne, sono qui per lei."
Daniel mi guardò storto. " Nono, non capisca male, sono qui per proporle di entrare nella mia squadra di mercenari. La voglio dentro, ora più di prima visto che so che è in grado di usare un L96.”
" Dovrei abbandonare le mie donna e i miei affari."
" Ma guadagnerebbe lo stesso, più la caduta delle accuse nei suoi confronti."
Fece per pensarci, poi rimise a posto il fucile.
" Proposta allettante, potrei starci."
" Dovrebbe starci.", ribattei io allungandogli la mano.
Adesso che avevo il cecchino avevo bisogno di uno spotter e fu sorteggiata l'ex soldato semplice Sara dell'esercito francese. Era stata buttata fuori per una tresca con l'ufficiale (notizia che, oltretutto, era uscita su tutti i giornali). Non si tratta proprio di una criminale però era lo stesso nel nostro database.
Coincidenza straordinaria, mia moglie Gwen era stata una sua compagna di classe alle superiori e quindi la contattò lei.
L'ultima tra i criminali ad essere sorteggiata fu l'hacker Daria, un mostro dell'informatica entrato nel database del governo degli Stati Uniti in 1'04", rinchiusa in un carcere nel bel mezzo del deserto.
Quando arrivai fui accolto da una guardia armata, che mi scortò dentro. Erano tutte donne, sia le guardie che le detenute. Chiesi di Daria, mi portarono in una stanza piena di computer, e la trovai lì. Mi avvicinai.
" Daria?" Domandai.
" Sapevo che sarebbe arrivato. Il gps della sua macchina, Signor Arrel."
Rimasi con un palmo di naso, non me l'aspettavo. Si voltò verso di me, aveva due occhi stupendi.
" Allora, desidera qualcosa?" Era molto diretta e anche a primo impatto sembrava molto intelligente.
" Ti voglio nella mia squadra di mercenari". Lei mi guardò con occhio sospetto.
" Signore, ma lei non lavora per la LOTD?" Iniziai a sudare freddo.
" Una volta, ora non più!" Mantenni lo sguardo per dimostrare che non mentivo.
" Quanti ne ha già arruolati?" Mi chiese spegnendo il computer.
" Sei, tu sei la settima." Risposi.
" Scommetto che sono tutti criminali, uno come lei non arruola gente a caso e poi viene a cercare una nerd come me, in un carcere in mezzo al deserto." Non risposi, capii che in fondo a quello che stava dicendo c'era un tranello per me.
Dopo 5 minuti di silenzio:
" Capisco, ci sto', mi assoldi pure, capitano Arrel." Disse seria.
Quando tornai a casa quella sera, dovetti fare una doccia, lo sguardo di quella matta mi aveva fatto sentire sporco.

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Capitolo 3
*** Dante's Attack ***


L’ultimo sorteggiato fu l’eroe, l’assassino di Gheddafi, appena aggiunto nel database. Si chiamava Erika, italiana, una donna con le contro palle. Con le ci volle un po’ prima di riuscire a convincerla. Mi disse: “Preferisco morire per la mia patria piuttosto che tornare ad essere una mercenaria!” Tentai in tutti i modi di convincerla che doveva farlo, ma lei non mi volle dare ascolto. Per convincerla, col consenso della LOTD, le svelai le vere intenzioni di quel gruppo di criminali conosciuti in tutto il mondo, così accettò con il giuramento di non rivelare nulla a nessuno. Questi otto mi hanno obbedito in modo eccellente, anche se a loro modo. Diventarono come figli per me, alla fine, non volevo che morissero, non mi importava che fossero criminali. Lo stesso fu per Gwen, mia moglie, la mia bellissima moglie che mi ha appoggiato in ogni mia scelta… Adesso, però, la mia squadra tornerà ad unirsi, un’ultima volta. Un virus ha colpito la popolazione, trasformandola in essere senza ragione, più comunemente chiamati Zombi. Nessuno ha trovato una cura, e questo significa che siamo tutti spacciati. Così ho deciso di riunirli e dirgli la verità: voglio uscire di scena con la coscienza pulita. Ho mandato un messaggio a tutti e hanno risposto subito; i primi ad arrivare furono Sara, Daria e Daniel. “Comandante!” Urlò Sara, saltandomi al collo, erano tutti felici di vedermi, anche Daniel che in quel momento era impegnato a guardare la scollatura di Daria. La base era come l’avevano lasciata loro. “Non è cambiato nulla.” Disse Daria entrando nello stanzone. Era una stanza circolare, in mezzo c’era un divano con un tavolo basso e intorno sparsi gli armadietti, i computer e i letti. Sara e Daniel si fiondarono sul divano urlando e abbracciandosi, seguiti da Daria, che si sedette con garbo e in silenzio. Di lì a poco entrò anche Gwen, sorridente. “Buongiorno, signore!” Disse guardando le due ragazze che, nel vederla iniziarono a frignare, saltandole al collo. “Gwen!” Dopo i loro vari baci e abbracci si sedettero tutti sui divani, attendendo gli ultimi tre. “Allora, ragazzi, che avete fatto in questi anni?” Chiese Arrel. “Io sono tornata in Francia, ho messo da parte tutto. Mi sono trovata un uomo, stavamo per sposarci .. Quando è arrivato il tuo messaggio.” Questa parte arrivò come una fiondata, Sara abbassò gli occhi suscitando a tutti tenerezza, in Arrel anche molta vergogna. “Ma sono felice di essere tornata.” Continuò ritirando su la testa con un grosso sorriso, risollevando gli spiriti di tutti. “Tu invece, Daria? Dove sei sparita?” Cercò di spostare l’attenzione sulla compagna. “Bhe” iniziò Daria. “Sono partita per gli Stati Uniti, ho trovato lavoro come segretaria di Steve Jobs, per potergli rubare dei progetti e c’ero quasi riuscita, però poi è morto e ho deciso di viaggiare. Fino a ieri, sono arrivata alla Terra del Fuoco, è stata una bella esperienza, molto rilassante.” Fece una pausa. “Ora sono pronta a riprendere il mio scudo anti-sommossa!” Ironizzò con un grande sorriso sulle labbra. Infine tutti si voltarono verso Daniel, Hentai, che spiegò di essere partito per il Giappone, dove aveva messo su un'altra casa di appuntamenti, ma che nel suo attico continuava a guardare i movimenti della squadra, più precisamente della base. Però dentro di lui, mentre pronunciava quelle parole, si sentì assalito da un dubbio atroce. C'erano troppi segreti tra loro e il capitano Arrel. Sara interruppe i suoi pensieri abbastanza bruscamente. “Capitano... Come mai ci ha richiamato dopo tanto tempo?” “Quando arriveranno anche gli altri vi spiegherò tutto.” rispose appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sfiorandosi le labbra con le dita callose. “Chissà dove sono.” disse Gwen. “Non vedo l'ora di rivedere Shiro ed Erika.” aggiunse poco dopo. Anche Sara e Daria pensavano la stessa cosa, anche perché la prima delle due rivoleva il suo bel reggiseno con il fiocco nero che le aveva ingiustamente rubato nell'ultima missione. Lì si che si erano divertite. Nel frattempo, all'incirca a 10 Km da lì, sul ciglio di un burrone, c'era una jeep parcheggiata, e al suo interno, tra il fumo di una sigaretta, c'erano Dante e Shiro. Lui era al posto di guida e la ragazza con un piede appoggiato al finestrino. “Dovresti smetterla di fumare, ti fa male ai polmoni. Poi quando devi correre non hai fiato e rimani indietro.” la sgridò lui. “”Non rompere...” gli rispose buttando il mozzicone giù dal burrone, continuando a guardare fuori dal finestrino. Il sole iniziava a calare. “Dunque, che fine hai fatto in questi anni? Dove sei andata?” chiese lui guardandola. Notò che c'era qualcosa di diverso, essendo una donna con le forme abbastanza grandi, anche la pancia era sempre stata rotondetta. “Un po' qua e un po' la.” rispose lei. “Sei dimagrita o sbaglio?” continuò Dante. Lei si voltò di scatto, gli occhi verdi sbarrati, le mani messe sul ventre come per proteggerlo. “E' solo una tua impressione.” lo attaccò. Dante rimase un palmo di naso. Il silenzio ora regnava sovrano tra di loro, quando il rumore di ruote di una macchina sui sassi scricchiolanti li salvò da quella brutta situazione. “E' arrivata.” bisbigliò lui, scendendo. Shiro lo seguì poco dopo. Dall'altra vettura, una Julietta bianca lucida senza un graffio, uscì Erika, una donna dai capelli corti castani, gli occhi neri silenziosi e all'anulare sinistro una bella fede d'oro bianco che brillava alla luce del sole che scendeva. “Erika, è un piacere rivederti.” disse Dante avvicinandosi a lei con le braccia aperte e un sorriso ambiguo sul volto. “Sei pronta ad andare?” le chiese, ma lei lo bloccò subito. “Fermo lì, non ti avvicinare. Non ho intenzione di tornare.” la sua voce era ferma e tagliente. “Ho trovato l'amore, e non rinuncio a lui per tornare da voi.” “Ma... E il giuramento?” chiese lui incredulo, indietreggiando lentamente, non troppo, giusto quanto bastava per essere per essere dieci centimetri più avanti di Shiro, che continuava a starsene in silenzio. “Non mi interessa, per me ha più valore la promessa che ho fatto davanti al prete, che quella fatta con un gruppo di mercenari.” Gli altri due si scambiarono un'occhiata di conferma, dopodiché Dante, con il sole proprio al loro livello, parlò: “CI eravamo promessi fedeltà assoluta, in pace, in guerra, in epidemia, in amore, a costo della vita. Se non vuoi tornare da noi...” In quel momento Shiro tirò fuori da dietro la schiena una magnum calibro .44, e sena farsi notare, tolse la sicura con uno scatto felino. “...non tornerai nemmeno da tuo marito.” In quel momento Shiro puntò verso la compagna e sparò. Il rumore gli parve molto amplificato. Lo sguardo di ghiaccio dei due e quello incredulo di Erika. La colpì dritta in testa, cadde all'indietro con un tonfo. La portiera della Julietta, che poco prima era bianca, adesso era piena di schizzi di sangue e il finestrino era bucato. Il proiettile l'aveva trapassata da parte a parte ed era arrivato a bucare anche quello. Il silenzio inghiottì nuovamente tutto, e nessuno dei due si pentì di quel gesto. “Fedeltà.” sussurrò Shiro rimettendo la pistola al suo posto, poi salì sulla jeep e chiuse la portiera. “Fedeltà assoluta.” precisò Dante prima di fare la stessa cosa. Lasciarono il cadavere lì, per terra, a marcire nella sua decisione. Il silenzio si insinuò tra di loro anche per tutto il tragitto.

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Capitolo 4
*** Dialogo notturno ***


“Ragazzi, che intendete fare?” chiese Sara.

“Cosa vorresti mai fare, abbiamo le ore contate e hai appena scoperto che dovresti essere sotto terra da quattro anni.” disse Dante, calmo come sempre, mentre apriva il frigo che qualcuno (Gwen) aveva gentilmente provveduto a riempire di birre.

“Io me ne torno in Giappone, se devo crepare voglio farlo tra le tette delle mie cortigiane.”

Daniel non riusciva ad accettare il comportamento di Arrel, e avrebbe voluto non vederlo mai più, ma questi non erano i progetti che avevano Daria, Dante e Shiro.

“Assolutamente no!” urlò Shiro fiondandosi sulle sue ginocchia con la sigaretta tra i denti, poi voltandosi verso Daria disse: “Pulce, esponi.” e la compagna iniziò a parlare:

“Ragioniamo, ragazzi. Arrel sarà anche uno stronzo che doveva farci fuori, ma alla fine non l'ha fatto, e se proprio devo morire, preferisco farlo alla nostra maniera. Insomma, Erika è morta per una ragione.”
“Fedeltà.” sussurrò Shiro lasciando cadere la sigaretta sul divano. Daniel la raccolse, fece un tiro e la ripassò alla compagna.

“Fedeltà assoluta.” ribatté lui.

“Verso i compagni.” disse Sara.

“In epidemia, in pace, in guerra.” continuò Dante. “Proteggeremo l'identità dell'ordine.”
Daria, mettendo una mano avanti, tutti si avvicinarono appoggiando ognuno la mano sinistra contemporaneamente, proprio come quattro anni prima.

“Sulla nostra identità di mercenari, combatteremo per ciò che riteniamo giusto e puniremo quello che riterremo sbagliato.”

Finito di pronunciare quelle parole, le mani si sciolsero come fanno i petali di un mandorlo quando è pronto per lasciare posto al frutto che tiene nascosto dentro al nocciolo più dolce e delicato.

Anche loro erano tutti così, frutti dalla scorza dura e cattivi al gusto, ma bastava avere una mano ferma, essere forti e pazienti per scoprire la vera dolcezza che ognuno portava dentro di se.

I loro sguardi erano intrecciati e il sorriso era apparso in tutti i volti, erano convinti di ciò che stavano facendo. Morire insieme era quello che li avrebbe aspettati alla fine di quel viaggio tra zombie e uomini.

Ognuno andò verso il proprio armadietto, dove dentro erano ancora riposti, in perfetto ordine, fucili, vestiti, munizioni e tutto l'occorrente. Ormai era tardi per chiamare Arrel, così pensarono di dormire e di farlo il giorno successivo.

“Così ci facciamo anche visitare da Gwen.” disse Dante. Shiro sbiancò sentendo quelle parole, ma cercò di camuffarlo: si infilò sotto le coperte fredde e si rannicchiò affondando il viso nel cuscino. Inspirò profondamente tanto che il profumo di detersivo le arrivò al cervello, portandole alla mente la prima notte in quel letto. Poi si addormentò lasciando spazio ai suoi sogni.

C'era gente che, invece, non riusciva a dormire.

Sara infatti continuava a guardare il diamante che portava all'anulare destro. Dietro, in un angolo, vi era incisa la data del suo fidanzamento. Erano 52 ore che lo aveva lasciato, e già gli mancava da morire.

“Potevi rimanere con lui.” le sussurrò Daniel, che era nel letto alla sua sinistra, mentre dall'altra parte c'era Daria (che invece dormiva).

“Fedeltà, ricordi? Non mi sarei mai perdonata il tradimento, e, a costo di sembrare egoista, sono troppo attaccata alla vita.” spiegò lei con un filo di voce.

“Io non ti avrei uccisa, lo sai. Sei la mia spotter.”

“L'avresti fatto. Shiro non ci ha pensato due volte prima di sparare e non è affatto una che segue gli ordini a bacchetta. L'avresti fatto.” lo interruppe lei, abbassando lo sguardo.

“Forse hai ragione. Meglio così, allora... Notte.” e si girò dall'altra parte, cadendo anch'esso nel sonno come tutti gli altri.

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Capitolo 5
*** Poteva andare peggio, in fondo. ***


Arrivarono circa due ore dopo, parcheggiarono davanti a quel capannone abbandonato in mezzo al nulla ed entrarono. Anche a loro sembrò tutto uguale a prima, come se fosse passato un giorno solo.

“Siamo arrivati!” urlò Dante, e come se avesse chiamato un cane, arrivarono tutti.

“Ragazzi!”. “Shiro! Dante!!”. Tutti quanti erano felici.

“Grande, quanto tempo!” gridò Hentai a Dante abbracciandolo.

Le ragazze non avevano perso tempo ed erano tutte abbracciate ad urlare.

“Shiro, da quanto tempo.” disse Sara abbracciandola, ma subito notò una cosa: la pallina del reggiseno dell'amica, e con uno scatto velocissimo lo sganciò, sfilandoglielo.

“Ah ah! Beccata! Questo è mio!” urlò come se fosse un trofeo.

Tutti rimasero allibiti. Shiro, che non aveva ancora collegato, continuava a guardarsi intorno con uno sguardo ebete, mentre Sara festeggiava la vittoria. Quando Shiro capì, abbassò gli occhi.

“Oh, vabbè.” disse. “Tanto ne ho un baule pieno!”

Uscì dall'edificio e tornò poco dopo con un baule tra le mani, lo appoggiò per terra e lo aprì. Per le ragazze fu na visione, onde di colori diversi riempivano quella scatola.

“Wooo, quanti!” urlò Gwen.

Gli uomini, un po' perplessi, le guardavano andare in brodo di giuggiole, poi la curiosità li vinse e si avvicinarono.

Hentai ne tirò fuori uno, di raso nero a fascia, lo studiò per poi dire: “Perché c'è il tuo numero di cellulare scritto dietro la coppa?”

“Non si sa mai, se lo perdo.” rispose Shiro strappandoglielo di mano e facendogli l'occhiolino.

“Vado a cambiarmi” concluse.

Tornò dopo cinque minuti e tutti, una volta passato il momento di euforia, si sedettero sui divanetti.

“Manca solo Erika all'appello.” disse Arrell.

“Non verrà.” Dante guardò dritto davanti a lui, dove si ergeva la parte ovest. “E non andrà più da nessuna parte.”

Tutti capirono al volo. Gwen e Sara accennarono qualche lacrima, Daria abbassò lo sguardo mentre Arrel e Daniel rimasero impassibili.

“Fedeltà.” Shiro tagliò il silenzio come aveva già fatto ore prima, ma ci vollero ancora parecchi minuti prima che si riprendessero tutti.

Dopo una decina di minuti, Arrell si alzò: “Ragazzi, adesso che siamo tutti riuniti, devo parlarvi. E' da qualche mese che lo stato ci sta tenendo all'oscuro di un terribile fatto. In tutto il mondo, poco a poco, si sta espandendo una terrificante epidemia che fa diventare gli uomini incapaci di ragionare, trasformandoli in macchine mangia carne. Tutto è dovuto ad un virus OGM che attacca tutte le forme di vita. Per un po' sono riuscito a controllare questo contagio ma gli ordinari mezzi alla lunga non bastano, e si sta diffondendo a macchia d'olio.”

“Aspetta, aspetta.” lo interruppe Daria. “Ce ne saremo accorti se ci fosse stata una cosa del genere. Lo noti uno “zombie”, se si può definire così, che barcolla per la strada. Ognuno di noi era in un luogo diverso del mondo.”

“Tutto è partito da un'isola sulla costa degli Stati Uniti, sulla quale si conducevano esperimenti.” spiegò. “Ma, come ho detto, il virus è riuscito ad uscire da quel luogo. La cosa più spaventosa è che, anche uccidendoli, il virus si trasferisce nel terreno attaccando la prima forma di vita che trova, e non si ha attualmente una cura.”

“In poche parole, siamo tutti destinati a diventare dei fenomeni da strada ambulanti.” disse Dante.

“Esattamente” rispose Gwen al posto del marito.”Ci sono stati casi in America, Olanda, Inghilterra e Spagna, ma arriverà dovunque con una velocità spaventosa.” continuò lei, mostrando a tutti una tabella che segnava le zone colpite nel dettaglio.

“In quanto tempo è arrivato in questi luoghi?” chiese Hentai.

“Una settimana” rispose Arrell.

“E' tutto così assurdo.” disse Sara mettendosi le mani nei capelli.

Tutti in quella stanza erano presi da un attaccamento alla vita, sapere che prima o poi dovrai morire ti fa cadere in un buco nero senza fondo.

“E qual'è la nostra missione, capitano?” chiese Shiro. Il capitano si alzò.

“A dire il vero, non c'è nessuna missione.” tutti rimasero scioccati da quella frase. “Ragazzi, vi ho mentito.” continuò “Non esiste nessun gruppo di mercenari, e io non sono il vostro capitano.” Il volto di tutti i presenti si fece scuro. “Lavoro per la LOTD, mi era stato affidato il compito di sterminare un gruppo di criminali... Voi, ma come avete visto, vi ho lasciati andare. Mi scuso profondamente, e se non volete seguire la causa, capirò.” Non ci furono giri di parole, Arrell fu più schietto possibile.

“Lo sapevo.” disse subito Daria. “Quel giorno al carcere avevo ragione, è lei che ci ha mentito. È tutto così assurdo: zombie, la perdita di Erika, ed ora la perdita del nostro capitano.”

Nessuno aggiunse altro. Arrell e la moglie se ne andarono, lasciando i criminali alla base

Il sole ormai non c'era più da diverse ore.

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Capitolo 6
*** Lontani da troppo tempo ***


La mattina dopo, alle 5:57 erano già tutti in piedi tranne Dante. Anche se era sveglio, si era perso nei suoi pensieri filosofici, che, quando arrivano, non lo lasciano andare più finché non giunge ad una qualche spiegazione, anche non logica.

“Il bagno è mio!” urlò Shiro fiondandocisi dentro. Dopo 15 minuti non era ancora uscita e qualcuno iniziava ad avere bisogno di sfogare i suoi bisogni fisiologici.

“Shiro, puoi uscire? Daniel ha bisogno del bagno!” disse Daria bussando delicatamente alla porta.

Ma nessuno rispose.

Ti prego! Fammi usare il bagno!” gridò lui sbattendo il palmo della mano sulla superficie laccata di legno.

La porta si aprì di scatto, ne uscì Shiro, i lunghi capelli neri erano raccolti in una lunga coda di cavallo. Non l'avevano mai vista con i capelli legati, e così era molto diversa, a parte la fronte corrucciata che era ormai scontato avesse in quelle situazioni. Daniel la ringraziò e si precipitò verso il gabinetto.

Daria, che era stata la prima ad alzarsi, indossava la sua divisa e portava lunghi pantaloni grigio scuro che infilava dentro di pesanti anfibi neri. Seduta davanti al PC, assonnata, con una tazza di caffè bollente in mano, stava cercando di contattare Arrel. I capelli scompigliati le creavano sulle spalle mille disegni incomprensibili. Sara si avvicinò.

“Vieni qua, non puoi farti vedere da Arrel così.” disse sorridendo e portando la spazzola alla testa della compagna, che la ringraziò in maniera impacciata e imbarazzata.

Se qualcuno le avesse viste da fuori avrebbe pensato a due sorelle che si pettinano a vicenda e non alle due criminali che erano.

Dopo vari tentativi, riuscirono a contattare il loro comandante, e mentre Daria parlava, Sara le acconciava i capelli. Nel frattempo, anche Dante e Daniel erano impegnati a prepararsi.

Tirarono fuori dagli armadietti tutte le munizioni che avevano, più le armi di tutti. Solo un armadietto era rimasto chiuso.

“Aaaah, Gwen ha lucidato tutto!” esclamò Shiro, spuntando da dietro Dante. Poi gli occhi le caddero sul suo G36C.

“Il mio cucciolo! Dammelo!” urlò sporgendosi verso il tavolino, sbattendo il suo seno contro il viso, impreparato, del “povero” Dante.

“S-Shirooo!” le gridò, mettendole una mano sul petto e spingendola indietro. “Insomma, piantala di fare la sciocca!”

Ma lei, invece di adombrarsi, si girò verso la parete adiacente al divano dove era seduto Dante.

“Sei proprio scemo a spingerla via, potevi bearti di un così delicato tocco, e invece l'hai respinto. Vieni da me, Shiro.” disse Daniel aprendo le braccia.

Lei, che ormai era arrivata alla parete, si voltò di scatto ed iniziò a correre verso di loro. Daniel era convinto, certo, sicuro che le sarebbe saltata al collo. Invece la ragazza saltò, e con una ruota, riuscì ad atterrare con le mani sul tavolino, afferrare il fucile e ributtarsi dietro l'altro divano.

Daniel ci rimase male, mentre Dante fu percosso da una strana sensazione. I due uomini si guardarono, il silenzio era caduto su di loro. Poi, ad un tratto, sentirono un “click” tanto strano quanto inconfondibile.

Daniel si voltò, e dopo cinque secondi, da dietro il divano spuntò Shiro. Impugnò la sua arma e mirò verso Dante:

“Synyster!” urlò, poi sparò. Il ragazzo non si mosse di un millimetro, e il proiettile gli sfiorò i capelli, scompigliandoli leggermente. “Hai appena firmato la tua condanna a morte.” disse Dante alzandosi in piedi. Afferrò il suo ACR 6.8 ed ebbe inizio una piccola battaglia, nella quale non furono risparmiati colpi.

Daniel, non volendo venire coinvolto, strisciò per terra fino alla scrivania dove Daria e Sara continuavano a parlare con Arrel, non dando peso alla scaramuccia dei due assaltatori.

“Arrel, ti prego, fermali!” urlò Daniel da dietro di loro.

“Dieci minuti e arriviamo.” disse Gwen sbucando dalla destra del marito e chiudendo la schermata della videochiamata.

Ci volle mezz'ora prima che quei due arrivassero davvero, e in quel lasso di tempo, i due combattenti avevano devastato la base. Le uniche cose ancora intatte erano il PC di Daria e il bagno. Il resto era distrutto.

Arrel parcheggiò il suo furgone accanto a quello di Dante. Quando entrò nell'edificio, tutto il baccano si chetò.

“Che diavolo succede qui?!?” gridò tirando un'occhiata fulminea a Shiro e Dante.

“Dante mi tratta male!” urlò lei piagnucolando, come fanno i bambini piccoli.

“Shiro mi sbatte le sue tettone nel muso!” seguì lui indicando la ragazza che adesso era inginocchiata a terra e frignava.

“Smettetela tutti e due! Se mi avete fatto venire fin qui per questo, non è il momento di fare i cretini!” sbottò Arrel. Nessuno di loro lo aveva mai visto così arrabbiato, neanche Gwen, che viveva con lui da dieci anni.

“Dai, amore, calmati.” provò a farlo calmare, ma appena appoggiò la mano sulla sua spalla, percepì uno strano tremore.

 

“Arrel... Vogliamo combattere un'ultima volta!” disse Daria, seria in volto.

“Già, se dobbiamo morire, lo faremo insieme, sotto i tuoi ordini.” aggiunse Sara.

L'uomo si voltò anche verso gli altri tre, che annuirono. I coniugi percepirono la determinazione presente negli occhi di ognuno di loro.

“E così sia. Gwen, fai la visita ad ognuno di loro. Domani partirete per le Lande, da lì farete il percorso che vi segnerò, fino ad arrivare in una piccola città, dove potrete divertirvi un po', e se tutto andrà bene, vi invierò il punto preciso nel quale si trova la base della LOTD. Una volta là, vi darò ulteriori informazioni.”

Detto questo, Arrel si girò ed uscì dalla struttura. Era scuro in volto, ma non era la rabbia che si era intravista prima. No, era qualcos'altro che nessuno era in grado di capire, e forse neanche lui sapeva cos'era.

Gwen osservò il gruppo di mercenari, e sospirò. “Sistemate tutto. Sara, quando torno, sei la prima!” disse prima di seguire il marito. I cinque si guardarono tra di loro, e come dei ragazzini che hanno combinato qualche guaio, si misero a sistemare quello che poteva ancora essere salvato.

Fuori, Arrel guardava le macchine mentre si sfilava dalla bocca, con mano tremante, una sigaretta mezza piegata.

“Amore... Che c'è?” chiese gentilmente la moglie, avvicinandosi a lui e accarezzandogli la guancia ruvida e pungente.

“N-Niente.” rispose lui con la voce soffocata come se si stesse trattenendo dal piangere.

“Dai, non fare così. È quello che volevi, no? I tuoi bambini sono tornati.”

A queste parole, Arrel iniziò a piangere sul serio.

Lui e la moglie erano parecchi anni che cercavano di avere dei figli, ma non ci erano mai riusciti. Così avevano trovato un rimpiazzo con sei adulti nel corpo, ma bambini nell'anima.

Rimasero fuori una ventina di minuti. Quando rientrarono, il caos era stato leggermente migliorato, e i cinque continuavano a lavorare.

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