...Scorci di me...

di eCoDeTeRNo
(/viewuser.php?uid=29844)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imporsi delle regole e mandarle a all'aria ***
Capitolo 2: *** Diabattiti interiori, indovinelli e les dernière jours ***



Capitolo 1
*** Imporsi delle regole e mandarle a all'aria ***


Disclaimer: I luoghi, le persone e i vari avvenimenti, ci mancherebbe, non mi appartengono, le scelte e gli atteggiamenti dei personaggi sono stati riportati così come sono, senza cambiamenti, ne drastici tagli. Vi prego per tanto di non giudicare, di non disprezzare e se avete qualcosa da dire, non inerente allo stile, alla trama o alle parole, per favore tenetevelo per voi, a farvi compagnia. Tratta di relazioni omosessuali e bisessuali, per tanto se la cosa vi fa schifo o non siete d’accordo, non leggete, né tanto meno insultate. Le marche di abiti, o di sigarette citate sono lì per un ovvio motivo: rendere più realistica la storia, e nient’altro. Mi spiace per l’uso di termini poco ortodossi, vedrò di limitarmi, visto che ne faccio largo uso. Infine: ogni riferimento a cose o persone realmente esistite o esistenti è del tutto voluto e utile, utilizzato per diletto e non per ricavarci qualcosa che abbia a che fare con l’economia.

Note della storia: Questa storia nasce da un’implorazione di Bree, grosso egocentrismo da parte mia, e fantasie che non torneranno. È ambientata a Palermo, tra il 2005/2006 e, a volte, corrente anno, il protagonista sono io, me medesimo, per tanto è una storia originale, che parla della mia vita e di quella del nostro gruppo, spesso troverete marche più o meno conosciute, oppure espressioni in siciliano o affini, vi prego di segnalarmi qualora non afferraste a pieno il significato di qualche parola. Quando si parla di Mafia, si intende me, in quanto è il mio soprannome. Perdonate la mia scelleratezza, in queste pagine di più o meno un anno fa. Fatemi sapere cosa ne pensate. Per il resto, penso di aggiornare se la cosa avrà successo, spesso, in caso contrario, sporadicamente.

Ringraziamenti: a ‘Niele, perché il tuo calore è sempre su di me, anche se non lo sai.

a Teo, che è un ragazzo eccezionale e che ha letto in silenzio, per essere completamente partecipe, avrei dovuto dirtelo prima, ma qualcuno mi ha imposto il silenzio…

ad Alessio, che ha capito, anche se in ritardo.

a Bree, che mi ha spinto a scrivere e che mi ha sempre sostenuto.

a Franco, che c’è sempre ma ci manca, a me, a mio padre e tremendamente a Matteo. Non hai potuto insegnarci molto, ma la tua morte lo ha fatto per te. Per non dimenticare.

a Martina, che mi ha perdonato, se l’ho ferita

e infine a Cristian…il mio mentore. Ti voglio bene fratello.

Molti non leggeranno mai. Ma non perdiamo di vista le cose veramente importanti…

Chap. 1

Imporsi delle regole e mandarle all’aria

Non credevo seriamente di poter star qua. Non quando tutto è cominciato. Per arrivare a certi punti morti ci vuole arte, a volte. Altre volte, ci vuole sfiga. Di quella nera. E di quella ne ho in abbondanza in questo periodo, bella fregatura.

Comunque, sono qua, sta volta, peccato che desideri tanto, da bel vigliacco qual sono, non esserci invischiato in questa storia. Non posso tirarmene fuori. Ce l’ho fino al collo ‘sta merda.

Guardo davanti a me, ripetendomi tipo cantilena: “è per il tuo migliore amico, è per il tuo migliore amico, è per il tuo migliore amico”. Chissà perché più me lo dico più smetto di crederci. O forse non ho mai creduto in quella che tutti stringono al petto, rassicurati. Amicizia, tutto un calcolo meschino. Ve ne parla il ragioniere.

Tiro fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca sinistra del mio Blauer. Cazzo, solo tre vie di fuga in quel pacchetto sventrato. Devo passare da Tano.

Sono appoggiato al mio motorino. Mi aggrappo alle cose banali. Mi hanno fottuto il copri ruota. Bastardi, dev’esser stato quando siamo andati all’Addaura. Già proprio bastardi. Vabbè, con Teo ne fregherò un altro, magari uno nero, beh e se non lo becco nero, gli darò una mano di vernice, è da secoli che devo farlo, ho pure tutta la fiancata strisciata. Chissà perché per certe cose, alle quali non tieni molto, rimandi sempre, per rivangarle in momenti che non c’entrano nulla.

Guardo fisso d’avanti a me, il vicolo vuoto, spoglio, vedo delle ombre viscide scivolare lungo i muri, enormi ratti, chissà perché poi, stanno sempre addossati al muro, chissà perché mi faccio queste stupide domande ora. Il ragazzo ritarda. Sbuffo, vai a sentire mio padre, sono le 2 di notte e ancora nemmeno uno squillo per informarlo che sono vivo. Povero Cristo, diciassette anni a camparmi sono un inferno. Dovrei proprio fare il bravo bimbo, altrimenti…Nah, non ne ho mai avuto l’intenzione.

-Ehi!- una voce da sborone. Si è lui. Dev’essere lui, per certe cose, è impressionante, ho fiuto, o forse è lui che ha proprio quella faccia lì...

Ladro di vita, speculatore di sogni, ti vende la felicità a piccole dosi, a troppi soldi, e ci ride sopra una volta che ti scoppia in vena l’overdose. Meglio conosciuto come spacciatore.

-Ciao…- mormoro buttando a terra la Merit, cazzo ce ne era metà, ma mi mette in agitazione fumare davanti a questo qua…

-Ti manda Lele vero?- dice il cazzuto. Avrà vent’anni, è alto il doppio di me, una faccia giallastra, gli occhi scavati e rossi, si sarà fumato un cannone pochi secondi fa. Passa una Minicar Rosa, che grida sono “pucciosa” da un chilometro di distanza, sparata con il volume a palla. Che tasci(*), mah, non c’è più buon gusto…

Senz’e te nun puozz star pecchè tu m’appartieni…pecché me piaci tu…

Gianni Celeste.(**)

Quella canzone non la posso più soffrire. Lo speculatore di sogni mi guarda torvo. Sto allerta.

-Starai scherzando, figghiò(***)!- ringhia, peggio di un mastino che di napoletano ha solo il nome.

-No, Daniele mi ha dato questi!- dico troppo sulla difensiva. Non ho voglia di litigare per la fusione di Dan.

Mi guarda ancora più torvo.

-Non scherzare amico!

Amico? Non ci tengo, grazie.

-Ehi, senti qua, non voglio guai, intesi?…Ti prendi questi cinquanta e poi te la sbrighi con Daniele!- dico deciso.

Il ladruncolo mi guarda, sembra quasi intelligente, ok, no è solo un miraggio.

-D’accordo. Tieni qua. Dammene settanta e siamo apposto.

Prendo, con malcelato schifo, quei dannatissimi 5gg di coca, quella polvere bianchiccia che porterà solo per un istante Dan in paradiso, o almeno si illuderà sia così. Sospiro, dicendomi che non sono affari miei, non totalmente e nemmeno saluto lo spacciatore. Salto sul Liberty e sfreccio via, veloce, frizzante, voglio dimenticare i denti giallastri e quel ghigno, il vento mi dà sollievo. Non li dimenticherò mai.

***

-Insomma, e quello allora mi fa…- Elena parla concitata, con gli occhi troppo truccati per i suoi diciassette anni. Maschere truccate, fondotinta su fondotinta, mascara troppo pesante su occhi appena apertisi sulla realtà del mondo, ombretti troppo scintillanti. Eppure, eppure, me la sono fatta con metà di quelle ragazze. Frivole.

Mi stupisco di come possiamo essere ancora là, tutti insieme, comunque vada…Qualunque cosa accada, ho la matematica certezza che saremo sempre qua, ogni dannatissimo sabato sera qua al Politeama, anche se saremo pronti a scannarci a vicenda, sempre qui a fregarci le sigarette, a passarci le ragazze, e parlare dei nostri sogni, dei nostri desideri, di cose che non avremo mai, o chissà forse le avremo, lottando, sudando, qualcuno di noi, ricevendo qualche “pedata”, meglio conosciute come raccomandazioni.

Le ragazze sono riunite in un cerchio, alcuni ragazzi, i più ficcanaso, stanno là ad ascoltare chi si è messo con chi, chi ha fatto le corna a chi, e così via. Elena è ancora al centro dell’attenzione, così come ama trovarsi, racconta di qualcuno che ci ha provato con lei, si cimenta sempre in questo genere di racconti.

Molti l’ascoltano, io sono sul mio motorino, e guardo il cielo. Ci sono troppe stelle per essere solo maggio.

-Ehi, dolce il mio angelo!- giubila quel dannato tizio, e io sbuffo annoiato.

Daniele. Alto, immancabili ray-ban a specchio, pure di sera, capelli lunghi, lisci, castani, Cristo santo quando li taglierà, penso diverito, jeans quasi a terra, boxer Armani a vista, forse volgarmente a vista, e maglia, dio solo sa di quale marca. Credo sia D&G. Odio D&G, almeno quanto Daniele ami provocarmi.

-Cazzo, ti ho detto di smetterla. Odio quando mi apostrofi così. Non c’è bisogno che mi lecchi il culo! Se vuoi qualcosa, Dan, chiedimela! Dovresti saperlo, ormai! E inoltre, non sono il tuo dolce angelo!!- dico fingendomi incazzato.

Lui sbuffa, e mi si affianca, e sussurra malsano nell’orecchio, ma non in uno qualsiasi, al mio, quello ipersensibile alla sua voce:

-Oh si che ce n’è bisogno…Ti piace così tanto…- dice sensuale, poi improvvisamente serio continua -Ieri sera ci sei andato da quello?- i suoi occhi guizzano, in cerca di un’intesa da parte dei miei.

-Impaziente Lele?- gioco, bastardo come so essere. Come mi piace essere, oserei.

Lui freme, di rabbia, di divertimento, o non so. Che importa?

-Odio, quando il Fesh(****) mi chiama così…- dice lui tirandomi un debolissimo pugno sulla spalla. –Bè dunque l’hai presa?

-Non avrei mai voluto deluderti, tesoro…- dico scherzoso, sfarfallando le ciglia, civettuolo. Amiamo prenderci per il culo, ormai è una prassi per noi due, questo rapporto nato, Matteo sa solo come.

Lui sghignazza.

-Grande Piè…ti adoro…Mi hai tirato fuori dalla merda anche sta volta…- dice cercando di abbracciarmi, sa che odio quelle dimostrazioni d’affetto e la sua esuberanza, non c’è mai bisogno di far tanto chiasso per qualche cazzata.

-Si, certo, certo…- lo allontano, sdegnato…ecco la batosta che forse gli rovinerà la serata, no, Dan non è il tipo, forse Teo…ma non Dan…-ma, ha voluto 70 euro…anzi ci siamo accordati per 70, in realtà ne voleva 100.- dico serio, tirandomi su dal motore.

Un paio di risa civettuole tra le ragazze, di “Ma nooo…” burberi dei ragazzi, ed Elena che esclama:

-Sul serio…mi fa proprio così…!

-Ele, ma li peschi tutti tu i tasci(*)?!- dice Paola, stretta in una minigonna cortissima della Gas, tra le risa. Ma Davide la fa conciare così?!

Daniele mi guarda negli occhi, riprendendosi, prepotente, la mia attenzione, fisso quei cazzo di occhi verdi o castani, in tre anni non ho saputo decidere, e ci leggo qualcosa di interrogativo.

-Non ti sto a prendere per il culo, ‘Niè. Ne ha voluti 70, quel cazzone. Per la dose stabilita.- dico serio, perdendomi negli occhi del mio migliore amico. Ok, sono castani…mah, che importa, la prossima volta sarò pronto a giurare siano verdi.

Sorride, rilassato, forse più tranquillo.

-Mi hai fatto risparmiare, eh? Sei il solito truffatore!- ride, infilandomi la mano nella tasca sinistra del giubbotto. Tira fuori le sigarette e si appropria di una delle mie vie di fuga. Daniele sa sempre tutto di me, e la cosa a volte mi spaventa. Devo cambiare…

Accende la Merit e tira, impaziente. Il primo lo schiuma sempre.

-Filter Evolution…ah, che paradiso.- dice rilassato, con gli occhi chiusi e la via di fuga che sfugge dalle labbra.

Mi porge la sigaretta, e anche io, mio malgrado, l’aspiro avido. Mi fissa un po’ stupito, forse colpevole, è stato lui a immischiarmi il vizio. Sorrido maligno, e gli scombino i capelli, so che lo odia! Ah, è bello far incazzare la gente. È troppo gratificante…

-Coglione! Sta fermo!!!- dice lui in una momentanea e impulsiva reazione.

Ridiamo come due cretini. Siamo stronzi tutti e due, e ci abbiam preso gusto ad esserlo…

-Siete proprio due scimuniti voi due!- dice Teo, raggiungendoci, allegro…Stranamente è uscito anche lui questa sera. Sarà scappato da sua madre?!

Ridiamo tutti insieme, anche le pettegole e i ficcanaso…una grande famiglia…ed effettivamente, sto più con loro che con i miei.

Daniele prende il mio Motorola dalla tasca dei miei jeans, è sempre il padrone, di tutto, di tutti, anche se tu provi a dissuaderlo di ‘sta cosa, lui è il Padrone. Stop.

Fa uno squillo a suo padre, che lo richiama. Sempre la stessa storia, e Daniele è sempre senza telefono, forse per sentire sempre più lontano i suoi genitori. Non ho mai capito perché ce l’abbia tanto con loro, o forse non voglio capirlo. Mi sta bene così, non mi riguarda.

-Circa alle tre e mezza, mi accompagna Piero. Domani tanto non ho scuola…- dice telegrafico. Né un ciao, né un buona notte, nemmeno “Papà”, nulla. Sento la voce dall’altro capo del telefono:

-D’accordo, allora non ti aspetto sveglio, ok? Buona notte figliolo, e mi raccomando…- non finisce la frase.

Daniele chiude rabbioso il telefono, in faccia a suo padre. Almeno lo ha avvisato, e gli ha detto di essere con me, e quello, non so perché, rassicura sempre Filippo, il padre di Daniele.

Lo rimette nella tasca dei jeans. Né grazie, né prego. Sempre così tra di noi, lui fa cose più o meno banali, e io lo lascio dirigere.

E segretamente mi delizio del calore delle sue mani possessive.

***

La Louar, la piccola francese, alta 1 m e uno sputo e con i capelli biondi tinti, con la ricrescita per metà, scrive, scrive e scrive. Pagine e pagine di francese sulla prima rivoluzione industriale.

Geostoria, sarebbe geografia e storia in francese, è quello che ripeto sempre a tutti coloro che mi chiedono cosa sia questo Europeo che frequento e che materie si studino in questo istituto, beh questi tutti, una volta sentito della casuale esistenza di questa materia, si guardano intorno con la faccia di chi ha capito tutto…e a me tocca spiegare, sentendomi il solo cretino.

In realtà, la geostoria consiste nel scrivere pagine e pagine delle quali solo al 50% capisco qualcosa, perché sono troppo pigro per applicarmi, tanto per i compiti farò i “pizzini”(*****) così come li chiama Dan , e cazzeggiare…Beh ma questo, si può dire che è da tre anni che noi Dannati non facciamo altro, per tutte le otto ore durante le quali siamo bloccati qua dentro. E anche durante le ore di relax, Ricreazione, Pranzo, Pausa Pranzo e Studio Guidato.

Daniele tira un pezzetto di carta tutto accartocciato, indietro, verso l’ultimo banco, il mio e quello di Teo.

Teo…Occhi grandi, nocciola, innocenti, occhi che ancora credono. Occhi pieni di energia. Da ché o memoria, conosco Matteo da, più o meno, quando ho imparato il significato del dito medio. Avrò avuto 4 anni. Non so perché collego le due cose, magari sarà stato anche lui ha insegnarmelo. Nah, impossibile. Sono io il maestro, tra i due.

È un ragazzo eccezionale, generoso, disponibile, coraggioso, leale, sincero, che crede che nella gente ci sia sempre del buono di fondo, così com’è buono lui, dolce, e sensibile.

A volte penso che sia il mio opposto, lo penso orgoglioso di lui, senza sapere il perchè.

Teo è la mia coscienza. Un grillo parlante frustrato perché non riesce a migliorare il suo Pinocchio, e si lascia trascinare nelle mie pazzie. Diciamoci la verità, Teo è fatto per subire in silenzio, soffrire in sordina e accettare senza lamentarsi, è il mio riflesso e vive di questo. Anche se, pure io ho saputo donargli qualcosa, nonostante, l’abbia sempre sfruttato.

Veniamo dallo stesso paese, Monreale, attaccato a Palermo, molti pensano, erroneamente, sia una fazione della grande città. I nostri padri si conoscevano, erano grandi amici, si volevano bene, nonostante mio padre fosse quello più debole dei due, il padre di Teo non ha mai approfittato di nulla, ricambiando enormemente ogni minimo e tacito scambio che c’era tra loro, e mio padre, per quel che sono venuto a sapere, dà dei soldi a sua madre, ogni mese, perché si sente in obbligo, da quando il padre di Tony e Teo è morto. Beh poi la loro situazione finanziaria è quella che è e mio padre è un uomo troppo semplice e troppo buono. Vorrei poter somigliar lui anche solo un poco, e invece mi beo del mio essere un cattivo esempio per mio fratello più piccolo, Marco. Ah, santa donna di mia madre, non ho preso neppure da lei, e non fa altro che rinfacciarmi di essere un cattivo elemento. E di ricordarmi di Cristian e Marco, che sono tanto educati, e bravi a scuola e dolci…e perfetti. Ben venuta nel mondo mamma, non sono un idiota, come i due tuoi figli. Nonostante me ne rinfaccino sempre la perfezione amo mio fratello Cris. Perché lui mi ha sostenuto e capito. Sempre. Insieme a Virginia, che è piombata da poco nella mia mera esistenza.

Tornando a Teo, è un ragazzo semplice, ama disegnare, e lo fa benissimo, la sua camera è disseminata di ritratti, scritte e fumetti, ed anche la mia, visto che vive perennemente con me, a causa dei litigi con la madre. È una vipera quella donna, e Teo non mi dissuaderà mai nel dire che Tony è la sua stampa maschile. Ora una delle sue grandi mani, la sinistra, tutta chiazzata di macchie di colore e inchiostro nero, mi porge il biglietto tirato da ‘Niele.

Dannati, tenetevi forte e mantenete la presa salda…

Oggi si va alla fiera.

In programma assolutamente lo Star Treck!!!

Vedete di farvi dare il permesso,

miei persuasivi imbecilli!

Piero, sei da me anche sta sera, vero?

Ho detto nulla dell’esuberanza di Daniele? Un’altra persona avrebbe scritto: “Vi va di venire in fiera oggi?”

Ma non lui. Sorrido divertito.

Teo ha ripreso a scrivere, aspettandosi che mi fossi preso io la briga di rispondere, e non me ne lamento, copia sempre tutto lui, ed è lui che prende sia i suoi che i miei appunti, fa tutto lui! E per tutto intendo sia i compiti, in classe e non, che le lezioni per intero, perché sa che io non lo faccio e non può contare su di me in caso perdesse qualche parte della lezione. Così come sa che non deve chiamarmi quando è stato assente per informarsi del lavoro svolto in classe, o dei compiti a casa, e che non deve domandarmi gli appunti, non perché non glieli darei, ma semplicemente perché, onestamente, sono un tipo che prende appunti?!

Giro il pizzino dall’altro lato e afferro la penna che impugna Teo, troppo pigro per cercarne un’altra, lui svelto ne cerca una nel suo astuccio, senza lamentarsi, come mi aspettavo, sono meglio di Freud. Scribacchio qualcosa sul pezzettino di carta, cercando di non sembrare troppo sbrigativo, Daniele odia essere liquidato con qualche parola, quindi mi ci metto d’impegno, il mio essere ordinato, nella scrittura almeno, mi aiuta e mi fa prender punti rispetto a Daniele.

Come al solito fai tutto tu. Hai progettato tutto vero?

Oggi usciamo alle 15, visto che non c’è la Triolo.

Non vorrai andare in fiera a quell’ora?!

Per me come al solito è ok, i miei non fanno problemi lo sai, ma per Teo…dovremmo inventarci qualcosa.

Magari ometteremo a sua madre che le lezioni finivano prima, oggi.

IO LO STAR TRECK NON LO FACCIOO! Scordatelo, mi massacra i coglioni! L’ultima volta non riuscivo a camminare!

Imbecille ci sarai te Mon Chere Roi!

Sono da te, c’era qualche dubbio?!

Sorrido rileggendo. Tranne per la parte dello Star Treck, a causa dei ricordi della fiera dell’anno scorso. Odio quella giostra, stare a testa in giù, con una barra di sicurezza e delle imbracature che ti strizzano i coglioni per mezzora, facendo sali e scendi a velocità impressionante non è consigliabile. Soprattutto quando c’è un sadico alla console che mette delle canzoni House orrende, e che non fa che ripetere: “Dai, ancora più veloce, non c’è gusto sennò!”…con una voce da perfido pedofilo succhiacazzi. E soprattutto dopo che Teo ha bevuto quattro birre. Cazzo, ricordo perfettamente il colore del suo vomito, e non vorrei mai una maglietta di quel colore. Ricordo anche ‘Niele, che in perfetto attacco d’asma, cercava di accendersi una sigaretta, con mani più che tremanti, per sfogarsi dal nervosismo, il tutto perché non trovava l’inalatore. E vorrebbe rifarlo?! Pazzo…

No, mi rifiuto categoricamente.

Dovrò smetterla di chiamarlo Mon Chere Roi …e di andare a dormire sempre da lui. Ha una ragazza, bruttina e acida per la verità, sembra una scimmietta urlatrice perennemente in mestruo, ma è la sua fidanzata, e dovrebbe invitare lei a dormire, non me. Dovrebbe divertirsi un po’ con lei, facendo certe cose, eccitanti…

Dovrei smetterla di pensare queste cose, di impormi delle regole e di mandarle all’aria, andando da Daniele, cercando di controllarmi. E invece, beh poi…

Ho detto nulla sulla voce persuasiva di ‘Niele quando dice certe cose?

Scatto in piedi, ringraziando la Fire Trap per aver prodotto questi jeans così larghi, devo andare al bagno, adesso!

Daniele sorride malizioso. Stronzo

***

Quella sera alla fiera ci aveva rigenerati, più o meno. Tutti.

Ho fatto finalmente pace con Alessio, dopo quello che c’è stato, Bree, che si sentiva inutilmente colpevole, ci ha fatto ragionare e far pace, ma non so sia un bene o meno. Non tornerà mai come prima, certo voglio un mondo di bene ad Alessio, e gli sono eternamente grato per avermi insegnato tutto ciò che so sul sesso omosessuale, senza nulla togliere a mio fratello che mi ha praticamente illustrato quello su cui Alessio aveva delle leggere lacune, sarà l’esperienza? Comunque adesso la mia attenzione fluisce totalmente verso un unico punto. E non tornerà come prima.

La mia “storia” non è durata che 2 settimane e mezzo, la più breve relazione che abbia mai avuto, la prima con un ragazzo. Non sapevo che Alex ci tenesse sul serio. E ignoravo il fatto che lui non sapesse ch’io non mi negassi nessun tipo di piacere, ossia ch’io sia bisessuale e non completamente omosessuale, come invece è lui. Beh mi ha trovato intento a baciare, amichevolmente, lo potrei giurare davanti anche un giudice e dei giurati, Virginia. Avevo le mie buone ragioni per baciarla, mi aveva appena dato un consiglio divino, uno dei pochi aggiungerei, ed era un bacio a stampo, Cristo! Ha fatto un casino unico, dicendo che gli avevo messo le corna ecc…Troppo geloso per i miei gusti. Ma cos’è me li scelgo apposta? Comunque, abbiamo fatto pace, ci siamo chiariti e siamo tornati gli amici di un tempo, prima che scoprissi che anche un altro tipo di piacere mi soddisfaceva. Ha ficcanasato un po’ chiedendomi se c’è qualcuna o qualcuno. Ho negato entrambi, dicendo che dopo aver scaricato sia lui che Giorgia, mi sono preso una pausa dagli impegni sentimentali. Mi ha chiesto se fossi andato a letto con qualcuno. Che ho risposto? Ho detto lui qualcosa, senza mai chiarire che il soggetto delle mie nottate fosse a volte mio fratello, ci trovo qualcosa di male? No, nulla, solo che Cris è uscito l’anno scorso dall’Europeo, quindi ancora possibile bersaglio per pettegolezzi frivoli, e inoltre sta con Silvana, la sorella di Davide, quindi è meglio tenere la bocca chiusa sulle preferenze del mio, indubbiamente, affascinante, e temporaneo amante, o meglio insegnante. Ci terrei a sottolineare quell’a volte. Già perché c’è stato anche Lui, anche se non sono pronto ad accettarlo pienamente, c’è ancora…non so per quanto, ma c’è, ed in questo istante si sta spogliando.

Sono seduto sul letto di Daniele, che se ne farà mai di un letto ad una piazza e mezza non ne ho idea, decido di alzarmi e spogliarmi, anche perché sono stanco morto e non vedo l’ora di fare la doccia, per eliminare e sbollire le ultime goccioline di adrenalina che gironzolano come mine vaganti e per attutire l’eccitazione pressante. Mi alzo, cazzo, i coglioni! Ho ceduto e ho fatto lo Star Treck, che male. Serro gli occhi mettendo una mano sulla parte dolorante. Ahi, Ahi, ecco, come dicevo: devo smetterla di fare buoni propositi e poi mandarli dolcemente a fanculo.

Sento una mano calda sulla mia e la bocca di Daniele sull’orecchio:

-Duro?- sensuale, calda. Mi scosto, scuotendo vigorosamente la testa per scacciare quel veleno che mi è scivolato nelle orecchie. Sento di nuovo le sue mani, che non mi danno tregua, slacciare la cintura, sbottonarmi i jeans e abbassarli, mi spinge indietro poco carinamente, per farmi sedere, e li sfila, insieme a scarpe e calzini.

Apro gli occhi e lo guardo. Sorride.

Mi sfila via la maglietta, lentamente, poi la piega e la appoggia, insieme ai jeans, adagiati lungo la spalliera della sedia della scrivania. Lui ha ancora i jeans addosso, si mette di spalle e li toglie agilmente, piegando anche quelli e gettandoli a caso nell’armadio. È strano come sia ordinato con i miei vestiti e come non lo sia con i suoi. Chiude le ante dell’armadio, forse per paura di essere travolto da tutto quell’ammasso di abiti firmati, assolutamente firmati, tutti spiegazzati e mal conci. Riporta la sua attenzione su di me, sorride ancora.

-Io faccio la doccia nel mio bagno in camera, tu va pure nel bagno grande…-

Ecco quello che avrebbe dovuto dire, invece no, mi fa cenno di alzarmi, e mi alzo, tacitamente, un pezzo di argilla calda sotto le sue mani, che mi plasmano. Mi agguanta per l’elastico dei boxer e mi costringe a seguirlo dentro il bagno in camera. Cazzo, questo non me lo aspettavo…

Una volta lì, si abbassa i boxer, apre l’acqua della doccia, io cerco di deglutire, ma mi blocco, lui è magnifico, regola l’acqua pazientemente, premurosamente, sa che non amo l’acqua troppo calda, ma nemmeno ghiacciata, lui invece adora l’acqua a due passi dall’ebollizione. Non azzeccherà la temperatura ideale per me, non lo fa mai nessuno, nemmeno mio fratello. Mi chiedo come faccia a sapere a che temperatura faccio la doccia, forse dall’anno scorso in Francia, quando nel bagno del Hotel faceva la doccia dopo di me. Si bagna una mano per controllare l’acqua. Sorride. Non fa altro che sorridere, cazzo, e questo mi spiazza. Sono tremendamente eccitato, sto per perdere il controllo.

Si avvicina a me, mi guarda negli occhi, lo sapevo, sono pronto a giurare siano verdi adesso.

Mi accarezza le ossa sporgenti del bacino, abbassando anche i miei boxer. Lo fisso, sono sicuro che i miei occhi sono velati di desiderio, e che brillano, che ho le labbra secche, le gote rosse e un’espressione sensuale. Devo ammetterlo, mi sono fatto una sega allo specchio ok? So che il mio aspetto manda fuori di testa. Dan mi stringe con le mani gelide i fianchi, facendo cozzare le nostre impazienti erezioni, un brivido mi attraversa la spina dorsale, ho la pelle d’oca ovunque, anche là sul pene, ne sono sicuro. La sua mano mi accarezza il petto, gioca con i miei capezzoli mentre continua a guardarmi. Non ci eravamo mai visti nudi. Certo abbiamo dormito insieme, mi ha accarezzato, e ho fatto altrettanto, ma sotto le lenzuola. Mi sento inerme sotto il suo sguardo.

-Perché non mi hai detto di essere così…cazzo, bello.- dice lui rimproverandomi. La sua voce melodiosa è ora roca.

Rido divertito, il mio ego si gonfia, insieme a qualcos’altro, prendo a baciandogli il collo. Leccando e mordendo, soffiando contro quella pelle liscia e bronzea.

-Non me lo hai mai chiesto…- dico semplicemente, la mia voce ferma.

Mi bacia, con irruenza, con impellente bisogno. Le nostre lingue ormai familiari l’una all’altra, sono felici di rincontrarsi e giocano vogliose, si stuzzicano, si succhiano, si avvolgono, si girano senza posa, leccano i palati, assaggiano sapori.

Interrompo il contatto.

-Facciamo la doccia.- dico con la voce roca anche io, dissoluto. Una sua carezza e vengo, giuro.

Mi bacia nuovamente e ancorandosi al mio fianco mi trascina dentro la doccia. Lo spingo contro la parete piastrellata e continuo a morderlo, baciarlo, giocare, leccarlo, marchiarlo. Velocemente ci bagniamo senza rendercene conto, i suoi gemiti misti al rumore dell’acqua sono divini. Amo lo scrosciare dell’acqua. Apro gli occhi e incontro i suoi, ha i capelli completamente bagnati. E anche io. Ha gli occhi scintillanti. E anche io.

Adagio dolcemente la mano sulla sua erezione, accarezzandola, lui geme, sfioro con i polpastrelli i testicoli gonfi, e baciandolo, comincio a muovere la mano, nella danza che abbiamo imparato ad amare, nel nostro ritmo, che fa strano dirlo, abbiamo trovato casualmente in uno scatto di rabbia. Lui singhiozza e serra una mano sul mio polso, a bloccarmi. Io mi immobilizzo, tremante, per paura di aver sbagliato qualcosa.

-Non voglio limitarmi a una sega…non questa volta. Voglio qualcosa di diverso…qualcosa che non hai mai fatto, con me.- dice lui imperativo e serio, è sempre il padrone, anche se un padrone ansimante dal desiderio. Non capisco cosa voglia dire.

Si accosta al mio orecchio, accarezzando il mio membro con impellenza. Gemo lievemente.

-Fottimi sta notte Piero …- dice sensuale, suadente. Non credo che mia madre abbia anche solo sognato l’inflessione vogliosa che Daniele ha appena dato al mio nome.

Gelo in un attimo realizzando ciò che mi ha appena ordinato, sfacciatamente. Forse grazie a questo momento di gelida sorpresa mi rendo conto che la temperatura dell’acqua è dannatamente quella esatta.

Note del capitolo:

(*)Tasci: non c’è una corretta definizione di “tascio”, è qualcosa di molto eccentrico, volgare, troppo chiassoso da guardare, orrido, fuori dal buon gusto. Da noi per persona “tascia” si intende una che veste tutta con grandi marche, a volte anche fasulle, e che parla nel peggior palermitano possibile, il più volgare, fatto di “e” ed “a” molto aperte.

(**)La famosa, o almeno qua da noi, canzone napoletana “Senz’e te nun puozz sta” di Gianni Celeste. Trad:-capirai- Senza di te non posso stare perché tu mi appartieni, perché mi piaci tu.

(***)Figghiò: Figliolo. Spesso ci chiamiamo così tra di noi. Come il Padrino. O Figghiò oppure Cuscì, ovvero cugino. (****)Il Fesh, sarebbe come si fa chiamare lo spacciatore da cui si riforniva il mio amico Daniele, per l’erba e la coca. Ed anche qualche pasticca.

(*****)Pizzini: Bigliettini. Utili per appuntarci le cose, che poi copieremo durante i compiti in classe.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Diabattiti interiori, indovinelli e les dernière jours ***


Chap 2.

Diabattiti interiori, indovinelli e les dernière jours

Primo giugno. La notte più calda della mia vita, almeno, fino ad ora. Era la prima volta che mi facevo qualcuno da attivo. Sono sempre stato passivo, con mio fratello, con Alessio non siamo andati oltre al masturbarci a vicenda. Avevo deciso di rimanere passivo, perché ricevere è meno stancante, e più facile, che dare. Ma come dici di no a quella voce così liquida che ti si scioglie addosso? Come gli dici “Senti io sono passivo, per cui sei tu che devi fottere me”? Come puoi anche solo immaginare di parlare quando ti geme contro, ti morde, ti lecca e ti fa scorrere le dita leggere, ovunque?

Avrei dovuto allontanarlo, avrei dovuto dire che era tutto sbagliato, che siamo amici e che non dovremmo andare oltre, avrei dovuto trovare mille scuse diverse. E invece con i miei 17 anni ho deciso di scoparmelo. Mandando tutto a fanculo, una volta tanto, fregandomene, amandolo, sorridendo ai suoi gemiti, i primi dolorosi, e poi sempre più vogliosi, avendo anche paura di fargli male, avendo anche sollievo quando mi ha stretto i fianchi e mi ha provocato, stronzo come sempre. Come avrei potuto andarmene quando si è addormentato stretto a me. Come? Quando la voce di Cris mi martella in testa: Nessuno dovrebbe mai dormire da solo, dopo la sua prima volta. Ed ora, le sei e mezza, lo guardo, dorme, sorride, ogni tanto mormora qualcosa di incomprensibile se non per Morfeo. È bellissimo, con i capelli scombinati, arricciati, finalmente ritornati indomabili, le palpebre abbassate a celare quella luce lunga e dritta, che ti corre veloce in mezzo al cuore, le labbra rilassate, sorridenti, rosse e finalmente sgonfie dalle mie torture.

La mia mente riprende lentamente a frusciare: no, non avrei dovuto andare a letto con ‘Niele. Non dovremmo illuderci a vicenda, far sesso, o tribolare ogni sera, e poi tornare a far i grandi amiconi e far finta di nulla. È un rapporto insano. Non è stabile, non è normale e mi sconvolge. E si sa, io odio gli sconvolgimenti. Lui no, ama avere doppie vite, segreti e ci convive e se ne compiace. Io no, impazzirei. Le cose devono essere chiare. Come quando stavo con Alex, certo non lo sapeva tutta la scuola, anche perché sarebbe stato rischioso, però Teo lo sapeva e tanto bastava. Il problema è questo, ‘Niele non vuole che lo sappia nessuno, all’infuori di me e di lui. Ed io non ce la faccio. Ho bisogno di condividere tutto con Matteo, lui è la mia coscienza, la mia ragione, il mio autocontrollo, il mio buon senso. Quindi è meglio finirla qua, ma finire cosa?! Non è mai cominciato nulla. Nulla, sono stati qualche bacio, qualche carezza in posti troppo sensibili, e una notte. Stop. Nient’altro. È irritante questa voce martellante, mi prude qua dentro il cervello. Freme incessantemente dicendo sgarbata:

Bravo Piero, te lo sei scopato e adesso che non ti serve più lo getti via. Bravo, veramente, sei il solito opportunista…

No, la vocina che assomiglia a quella di Virginia, è sempre lei, sbaglia. Sbaglia su tutta la linea. Non lo scaricherei perché ormai ho ottenuto quello che volevo. Non sono talmente bastardo, ma sono vigliacco e non riesco ad affrontare il mondo là fuori. Cosa potrei fare? Cosa otterremmo? Continuare a far sesso, a volerci bene, imparando magari ad amarci, ma restando nell’ombra? E poi? Cosa accadrebbe?

Oh, non ti sei mai fatto tanti problemi! Hai sempre vissuto alla giornata…cos’è si stanno invertendo i ruoli? Sei razionale, Piero?

Io non sono razionale.

Non sono razionale. Io e la Razionalità ci siamo incontrati una volta per strada, ed io non mi sono fermato a guardarla, lei non si è presentata, è passata oltre. Quindi io non sono razionale perché non ho conosciuto la Razionalità. Sono soltanto realista e calcolatore. Non voglio soffrire inutilmente, per cui elimino il problema. Daniele, fuori dalla mia vita sentimentale e sessuale. Certo, rimarremo amici ma nient’altro.

E questo ti sembra tanto più positivo?

Non sono positivo. Ma è possibile che in 17 anni ancora non mi conosci?!

Si, illuditi di essere il cattivo della storia. Illuditi di non avere un cuore. Illuditi, Piero. Ma quando ti sanguineranno le mani perché il vetro delle tue illusioni si sarà lineato e spaccato, non piangere e ingoia in silenzio le scheggie.

Non mi sono mai lamentato o sbaglio?

Sbuffo, far a pugni con la mia vocina irritante è sfiancante

-Già sveglio?- dice Daniele, gli occhi appena aperti, le labbra inumidite in un guizzo assonnato, la voce impastata ma sempre suadente.

-Si…- mormoro io, telegrafico, distogliendo lo sguardo dal suo viso. Il tetto è interessante e bianco, ah, un po’ di relax. Devo prendermi una vacanza da quella che Teo ha insidiato in me, la mia coscienza.

Daniele, la sua mano mi accarezza il fianco, e le sue labbra mi baciano il collo. Poi si alza, lo guardo, è bellissimo, non c’è che dire. Forse troppo magro, dobbiamo trascinarlo con noi in palestra. Sparisce in bagno.

Io mi tiro su, già stanco prima di cominciare. Mi alzo, apro il secondo cassetto del comodino di Daniele e tiro fuori un paio di boxer blu. Li infilo svelto, e in quell’istante si affaccia Daniele dal bagno e sorridente dice:

-Vieni, dai…prima di scendere facciamo una doccia.

Voglio proprio vederti declinare l’offerta, Gentleman…

Bree, ti sto odiando, te e questa voce ronzante, guardo Daniele, cipiglio impaziente, mani sui fianchi, ad anforetta, l’indice sinistro che picchietta sull’osso sporgente del bacino. Al diavolo!

Mi spingo sull’uscio del bagno, lo bacio, piano, dolce, lento. Schiocca contro le mie labbra, sa di sonno e di calore. Sorride sornione e soddisfatto. Mi abbassa i boxer, subdolo, approfittando della mia distrazione, e mi accarezza. Svegliandomi completamente. Ok, ho perso il buon senso che avevo trovato.

Liberandomi dei boxer innocenti e appena freschi di pulito, eppure già abbandonati per terra, ci infiliamo dentro la doccia e ci riperdiamo tra le gocce di acqua, perfettamente regolata.

***

Odio Palermo di mattina. C’è un traffico allucinante, non si cammina, qualsiasi strada tu prenda. E dire che siamo vicini a scuola, menomale, nella parallela di Corso Calatafimi, cioè Corso Pisani, dove abita Dan, c’è un casino allucinante, gente che litiga alle 7.45 di mattina, ma non hanno sonno?! Ringrazio mio padre, infinitamente, per avermi comprato il motorino. È utile, ti infili e salti metà delle code. Dan mi stringe i fianchi, ha sempre una paura fottuta quando guido io, perché sono leggermente spericolato, e abbiamo fatto un sacco di incidenti. Così mi stringe con le braccia i fianchi e poggia, casualmente, le mani sul davanti dei miei jeans, e gioca con la zip per distrarsi e allentare la tensione. Ma riesce solo a distrarre e far gemere me. Ripete scusa, ma non riesce a star fermo, non c’è malizia. Gli credo. L’ultimo incidente è stato bruttissimo, è rimasto scioccato. E dire che non guido mai ubriaco, e le poche volte che lo ero, lasciavo guidare Davide, che accompagno sempre a casa, che tanto è astemio. Eppure quella volta lì, non so che mi abbia preso. Amo la velocità, ho sgasato troppo e ho sbandato, non tenevo conto che dietro ci fosse ‘Niele che continuava a stringermi forte, ero incazzato, ecco cos’era, avevo litigato con Giorgia e lei mi aveva tirato uno schiaffo. Ricordo solo le sirene dell’ambulanza. Non riesco ancora a perdonami quell’errore madornale. Lasciamo stare.

Il vento mi scombina i capelli, e gioca, meno male che Dan mi ha prestato un paio dei tanti ray-ban, altrimenti le lenti a contatto mi sarebbero volate via. C’è un vento del diavolo. Ho dato il casco a Dan, così mi sto beccando tutto lo scirocco nelle orecchie, che ormai fischiano. Cominciamo bene quest’estate di caldo. Finalmente riesco a uscire dalla traversina, affollatissima, e sgaso scendendo a destra, verso Corso Calatafimi Basso, dove si trova la nostra scuola. Liceo Classico Europeo, nell’Educandato Statale Maria Adelaide.

-Siamo perfettamente in orario, la campanella suona tra 3 minuti netti.- mi dice Dan nell’orecchio. Io tremo, la sua voce a questa vicinanza ormai mi fa quell’effetto. Lui si irrigidisce leggermente.

-Che c’è?- mi domanda, sempre nell’orecchio.

-Niente…niente…- dico scuotendo la testa.

Lo sento ridere, sommessamente, quando fa così vuol dire solo una cosa: ho una paura matta che abbia capito.

-Sei un pervertito!- mi dice sensuale.

Sospiro, rassegnato, si, ha capito.

Arriviamo davanti la scuola, posteggio, salendo sul marciapiede, sulla sinistra del portone, come al solito. Dan scende e si toglie il casco, io alzo il sellino e metto il casco là dentro, esco la catena ed mi abbasso per attaccare il motore al paletto.

Dan mi tira su i jeans, geloso. Rido dentro la mia testa. Blocco la catena, prendo gli zaini e entriamo.

In quell’istante suona la campanella, salutiamo il portiere, quello alto che ride sempre alle nostre battute e si è affezionato ormai. Dan mi sorride con l’aria di chi ha capito tutto e dice:

-Ah, dovevo nascere in Svizzera e fare l’orologiaio, lì si che mi sarei fatto i soldi. Sono un genio!

Ridendo e prendendoci in giro, saliamo le scale che portano al triennio.

***

-Wei, Piè!- Luca mi saluta allegramente, dandomi un colpetto sulla spalla. Mi mancherà, quando l’anno prossimo dovrà andarsene, la scuola mi sembrerà un po’ vuota senza Luca, Marco e Federico. Penso di riflesso a Rocco e Francesco che sono già al quinto, e che se ne vanno quest’anno. Che tristezza, sono volati questi tre anni, tutti insieme… Perché mi faccio queste seghe mentali di prima mattina?!

-Luchino!- dice Dan a mo’ di saluto.

Decido di entrare al quinto per salutare Rocco. Quella classe è un continuo casino, è bellissima. Sulla parete più interna ci sono delle carte da poker poste a formare la frase: “Ultima Fila” e sotto con un pennarello nero c’è scritto: “Manu, Gin, Crì e Fiò le regine del burraco”. Dev’essere una tradizione dell’Europeo, giochiamo tutti a burraco, e tutti abbiamo imparato da Emanuela, Ginny, Cristina, la sorella di Daniele, e Fiorella. Sta cosa mi fa sorridere sempre, mi sento un bambino, che ha tanto da imparare, ma che un po’ ha capito.

Rocco appena ci vede ci saluta allegramente, Francesco non c’è ancora, come al solito è in ritardo. Emanuela dice che è dal primo che Francesco arriva sempre quando l’insegnante ha appena chiuso la porta, è un tempismo maturato con gli anni. Rocco dice che ci vuole arte. Ed ogni mattina è la stessa storia. Loro che dicono queste cose, l’insegnante di turno che chiude la porta e Francesco che due minuti dopo bussa, tutto trafelato, sigaretta dietro l’orecchio e zaino più vuoto che pieno. Che grande famiglia l’Europeo.

Di riflesso, entro al quarto e saluto Marco, il fratello di Gianlù, il nostro filosofo, e Federico, il campione di judo. Loro ancora, e perennemente, intenti in una discussione tra fascismo e comunismo, Marco è comunista mentre Fede è un fasci convinto, ci salutano distrattamente. Io e Dan ridiamo, e Silvana afferma convinta che tra cinquant’anni saranno gli stessi solo con più barba e con più capelli bianchi, ma tanto non verranno mai a capo a quella discussione, non finché uno dei due cederà.

Ridiamo ancora un po’ entrando in classe. Mi guardo intorno. È un sollievo potermi ritrovare lì, in mezzo a loro, ogni mattina, lasciando il mondo fuori dalla porta.

Gianluca, sorridente, seduto sul banco, intorno a lui Valeria e Alessio parlano concitati. Micio e Gianlù ridacchiano. Mi accosto a loro, facendo qualche segno, a mo’ di saluto, getto lo zaino a Matteo, che lo poggia sul nostro ultimo banco e riprende a parlare con Davide di qualcosa che non ho afferrato. Daniele prende intanto posto accanto a Gianluca, nel loro incasinatissimo banco.

-Allora, ve lo ripeto, se un albero cade nel bel mezzo di una foresta, deserta, senza né animali, né uomini, so che è improbabile- dice Micio troncando sul nascere la razionalità di Alessio…- Fa o non fa rumore?- conclude Micio con il mento all’insù a mo’ di sfida.

Alessio non sembra pensarci affatto, la sua razionalità prevale su tutto. Che fossimo incompatibili per questo? Risponde candidamente. Quegli assurdi occhi verdi-azzurri, che mi mandano tutt’ora in tilt ogni volta che li guardo, brillando intelligenti, sospira e mette una ciocca bionda dietro l’orecchio sinistro. Poi scarta il suo pensiero:

-Certo che fa rumore. Il fatto che tu non possa sentirlo non vuol dir nulla. Cade e fa rumore ugualmente, anche se non lo sai e non puoi vederlo!-

Gianluca assottiglia lo sguardo e pesa la risposta di Alessio. Lui la filosofia ce l’ha nel sangue, Gianluca, intendo.

-Per me non fa rumore, se non c’è nessuno a poterlo sentire, allora, nello stesso istante si annulla anche la probabilità di percepire quel rumore. È come la gente. In questo momento staranno morendo decine di persone, ma noi non possiamo sapere come si chiamino, di cosa stiano morendo, se stiano morendo sul serio, possiamo solo immaginarlo. In questo momento può anche star cadendo un albero, però io non riesco a sentire quel rumore, quindi può anche darsi che non stia accadendo affatto. Usando la razionalità, Alessio, puoi benissimo renderti conto che finché non sei lì a vederlo, a sentirlo non puoi decretare se faccia o meno rumore, e visto che la foresta è deserta, io sono certo che non faccia rumore, perché nessuno può sentirlo.- dice Daniele, che non sembrava stesse ascoltando, lucidamente e ancora più freddo e razionale, in quel caso, di Alessio. Che allibito lo guarda, poco convinto.

Gianluca ride, batte le mani. Come un bimbo soddisfatto del suo castello di sabbia. Gianlù ha reso Daniele il ragazzo stupendo che è, intendo dire caratterialmente. Fisicamente ci ha pensato sua madre, e le sono infinitamente grato.

-Benissimo, io direi che è Daniele ad averla spuntata. Se non c’è l’uomo non c’è nulla. Non c’è né ragione né memoria. I fenomeni accadono, ugualmente, ma non possiamo esserne matematicamente certi. Per tanto, Micio, mi trovo d’accordo con il nostro rappresentante d’Istituto, ovvero ‘Niele, e dico che l’albero non fa rumore.- dice Gianluca, la mente solleticata dalle parole, che conosce fin troppo bene, uscite dalla bocca di Dan.

Micio, ovvero Giuseppe, annuisce soddisfatto. Il suo indovinello è stato risolto anche sta mattina. Che gusto ci proverà, poi, a propinarci ogni mattina un indovinello diverso, non lo so proprio. Gianluca dice che è una cosa positiva, che ci fa iniziare la mattina con una buona dose di riflessioni, cose che all’uomo mancano, o come preferisce definire lui: cose cui l’essere umano è, molto spesso, all’oscuro.

Quaranta, il nostro professore di Storia, l’unico che in otto anni di scuola, tra elementari e medie, mi abbia fatto amare la sua materia, entra in classe, sorridente e strafottente. La camicia stropicciata, le scarpe con una macchia d’olio, probabilmente a causa del suo amore per le auto, così come i pantaloni con qualche macchia di grasso che non va via facilmente, tenute lì a ricordargli, ogni giorno, che ha abbandonato le auto per una sensuale donna dalla doppia lama, del quale si è innamorato, la Storia. Ricordo la prima lezione di Quaranta, aveva iniziato dicendo:

La Storia sa chi siete stati, sa chi siete, e sa chi sarete. La Storia, non la fa lo sfigato che ha scritto il nostro libro di testo, che sono stato costretto, dal Consiglio dei docenti, ad adottare. La Storia, siete voi, per tanto siete voi a farla. Buon divertimento.

Come non si può amare un uomo così?

Ha un solo difetto, Domenico Quaranta. È comunista, fino pure a farsi ammazzare. E di conseguenza è ateo. Ma non ci influenza mai con i suoi credo, li lascia fuori dalla classe, perché dice che ognuno di noi deve avere le proprie idee, e anche se sono sbagliate, sbatterci le corna contro, sanguinare e ricominciare d’accapo.

Io adoro Quaranta, insieme alla La Porta. La nostra cazzutissima prof di francese.

-‘Giorno giovani dalle belle speranze…- ci saluta cordialmente il prof.

Alcuni ridono, alcuni sbuffano, già annoiati, altri ricambiano.

-Capisco che non è il massimo una pallosissima ora di Storia, di Martedì mattina alle otto. Ma che volete farci, è il sistema che è sbagliato…- dice sedendosi, non fa mai l’appello, non ne ha bisogno, nonostante abbia le classi che vanno dal primo al quinto più il triennio del classico, ci ricorda tutti quanti…segna gli assenti domandando pacatamente che fine abbia fatto Enzo, qualcuno risponde che è malato, che ha la febbre.

-Ah, solo Enzo Napoli può prendersi la febbre a giugno!- sospira divertito Quaranta.

Noi ridiamo, perché è così dannatamente vero.

Si comincia.

***

La sua lingua di nuovo dentro la mia bocca, di nuovo le sue mani sotto la mia maglia.

Ad accarezzarmi, con impellente bisogno. Non possiamo starci lontano. La cosa comincia a spaventarmi.

Lo fermo. Come se potessi fermare tutto questo, ironico.

-Dan…- la mia voce è meno che un ansimo. Lui continua a baciarmi il collo.

Lo allontano. Mi guarda deluso.

Mi sono lasciato mordere. Ho una droga in corpo o sono solo ingordo di lui? Spero per la prima…

-La ricreazione è finita…- dico espirando.

-Non mi sono ricreato per nulla…- dice lui malizioso, baciandomi il petto.

Chiusi in questo angusto bagno della scuola. Che cattivo gusto, storco il nasco guardandomi intorno, ma c’è lui di fronte a me, e il suo buon odore, profumo firmato of course, credo Acqua di Giò, mimetizza bene il pungente puzzo del piscio, tipico dei bagni.

-Dan…- dico di nuovo, con più fermezza.

-D’accordo. Ma oggi pomeriggio, abbiamo un ora di buco!- mi dice lui sensuale, forse non si rende conto di quanto lo sia.

Mi sta facendo impazzire.

Io, che ero già messo bene a sanità mentale…

Mi lecca il collo e va via…

Note e risposte:

Emh…nessuna nota, credo di essere stato abbastanza chiaro su tutto.

Si passa subito alle risposte all’unico, spero per ora, sigh, commento:

Intanto: Baby, troppo bello!,Siemmu i Palieimmu paisà, mi farò troppi flash a leggere i tuoi commenti, se continuerai a seguirmi.

Felice di realizzare i tuoi sogni…XD! Eh orgoglio rosanero, anche se sono dell’inter, il nostro dialetto è il più simpatico, insieme a quello romano. Come non citare il Politeama??? E all’Addaura. Presto anche l’immancabile Mondello…e la mia adorata Monreale…^^.

Gianni Celeste, Gigi D’Alessio, Mario Merola, Toni Colombo…tutto spazzaturaaaa…lo odio, come facciano i tasci proprio non lo so! Mah…misteri della fede. Putroppo…ma meglio tasci che truzzi!

I personaggi sono veri, perché ci sono, sono persone che ho imparato a conoscere in tre anni di liceo, e credo di essermela cavata discretamente nell’aver descritto come sono, così come me la sono cavata nello scavare dentro di loro. Presto ci saranno nuovi chiarimenti e le personalità, anche la mia, soprattutto la mia, si delineeranno. Aspetto il tuo giudizio, tra i preferiti?! Ma noooooo.O non me lo merito…*falso modesto…*. Mi spirugghiu, mi spirugghiu, ma ha aviri n’anticchia i pazienza^^se l’ispirazione non mi fa “ciao ciao” presto aggiornerò…grazie ancora.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=158054