Sheeran is an hero.

di alls_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** i biglietti per il concerto. ***
Capitolo 2: *** Era stato uno stupido sogno? ***
Capitolo 3: *** Week-end in montagna. ***
Capitolo 4: *** "Sarò io il tuo fan." ***
Capitolo 5: *** Per fortuna c'è Harry. ***



Capitolo 1
*** i biglietti per il concerto. ***










La gente era ammassata l'una sull'altra; tutte le ragazze volevano avvicinarsi il più possibile al palco, forse con la convinzione che più vicine erano, più lui le avrebbe notate, innamorandosi di una di loro, a caso.
- Amo ognuno di voi.
Pronunciò quella frase prima che le sue dita toccassero le corde della chitarra, accennando l'inizio di “The City”. 
Tra quelle ragazze si trovava Charlie. Lei non sperava che gli occhi del ragazzo incrociassero i suoi color nocciola, facendo scoppiare la scintilla tra i due, chiedendole salire sul palco e cantare con il suo idolo. Per lei la vetta più alta era trovarsi lì. Guardarlo dal vivo. Ascoltarlo dal vivo. Tanto che non dava retta al resto della folla. Solo che aveva caldo, ed iniziava a sentirsi molto stanca. Forse per la troppa folla che le arrivava addosso, forse per la stanchezza delle ore in piedi, o forse per altri motivi che non ebbe il tempo di pensare, poiché sentì le ginocchia molli, la mente ofuscata e buia, e cadde a terra, svenendo sotto gli occhi di tutti, ma soprattutto della migliore amica che l’aveva accompagnata al concerto.

[ 1 mese, 3 giorni, 4 ore prima. ] 

Charlie per i corridoi per la scuola con i libri stretti al petto, i capelli lunghi e rosso fragola costretti in una treccia che ricadeva sulla spalla sinistra, e il passo leggero. Teneva lo sguardo basso, decisa a non salutare nessuno, ma costretta a dover alzare gli occhi ogni vola che qualcuno la chiamava. 
- Charlotte! Tanti auguri. 
Un bacio sulla guancia sinistra, uno sulla guancia destra. Schiocchi quasi impercettibili, era solo come poggiare le proprie guance contro quelle pungenti e bisognose di una passata di dopobarba di Danny, uno dei più vecchi.. conoscenti? Si. L'amicizia era un'altra cosa, conoscente era il termine più adatto. 
Charlie si tenne il conto di quante persone vennero a farle gli auguri: 5 persone nei corridoi, 16 persone in classe, e altre 3 in mensa; 23 persone quel giorno avevano aperto la home di Facebook, mentre una persona se lo ricordava da sola, solamente perchè erano migliori amiche dalla terza media. Si chiamava Bea, Beatrice per gli insegnanti e i parenti. 
Sentì le braccia dell'amica gettarsi al suo collo, e fu' abbastanza sicura di sentirsi in bocca i suoi biondi capelli. Li sputacchiò, disgustata. 
- Auguri aaamore! Ci pensi che adesso che hai anche tu diciassette anni possiamo convincere i tuoi a mandarti alle feste con me? 
- Bea, ho diciassette anni da 4 ore. 
Sciolsero l'abbraccio, e raccolsero da terra i libri di Charlie, che nell'impatto erano caduti con un tonfo. Notò un movimento strano, come se Beatrice stesse mettendo qualcosa tra le pagine del suo libro di matematica. Fece finta di nulla, solo perchè sentì la campanella suonare, e dovette correre in classe per continuare le lezioni dopo l'intervallo. 

Tornò a casa, chiudendosi la porta alle spalle. Gettò la borsa a tracolla a terra, e raggiunse la cucina. 
- Mamma? 
Sua madre, dai capelli rosso fragola come la figlia, era indaffarata in cucina, gli occhiali da vista sul naso, e la faccia affondata in un grande libro di ricette. Si voltò, sfoggiando un enorme sorriso, e prendendo un panno per asciugarsi le mani. 
- Amore. 
Si avvicinò alla figlia, abbracciandola e diffondendole per il corpo quel familiare calore che solo un genitore può diffonderti. Le stampò un bacio sulla guancia, rumoroso e umido, tutto il contrario di quello che le aveva lasciato Danny. 
- Lucas, è tornata! 
Urlò al marito, che si trovava al piano superiore. Charlie, intanto, era rimasta leggermente interdetta, immobile sulla soglia della cucina, e sentì la porta dello studio del padre aprirsi, e dei passi pesanti ma attutiti da delle pantafole scendere le scale. 
Ricevette anche il calore di quell'abbraccio, e un'altro bacio umido, solo a contatto con una guancia piena di una barbetta incolta. 
- Auguri cara. 
Si mise al lato della moglie, e porse alla figlia una busta. Sua madre iniziò a parlare come una macchinetta, alla velocità della luce. 
- Si ecco, ti porti la testa con questo ragazzo. Hai sempre una delle sue canzoni in testa, porti sempre le cuffie. Infatti quando ti parliamo non ci ascolti mai per colpa sua.. 
Le mani di Charlie tremavano, aprendo la busta, ed estraendo due biglietti da essa. Per colpa del tremolio alle mani riuscì a malapena a leggere i biglietti, ma riconobbe un nome e una data "Ed Sheeran - 9 Gennaio". Lanciò un urlo, e saltò sul posto. Sentì il cuore esplodergli in pieno petto, e con gli occhi gonfi dalle lacrime si lanciò addosso ai genitori, abbracciandoli e stringendoli. 

Quando si trovò in camera sua, aveva ancora i biglietti tra le mani, e il trucco rovinato per colpa delle lacrime. Non riusciva a credere che regalo le avevano appena fatto. Era il migliore regalo ricevuto in diciassette anni. Superava perfino la casa delle barbie che per mesi aveva desiderato all'età di sette anni. 
Prese il telefono, e compose il numero di Beatrice, ma prima di mettere in chiamata di ricordò di quel suo gesto strano. Prese il suo libro di matematica, lo sfogliò e trovò un bigliettino scritto a penna: "io verrò con te. Ti voglio bene, Bea.". Chiuse il telefono, senza effettuare la chiamata. Nell’euforia si dimenticò che aveva appena mangiato, e una volta ricordato si preparò mentalmente a star male, e a raggiungere il bagno.
“Sei grassa, Charlie. Hai la vita piccola, ma hai dei fianchi enormi. Fai schifo, cicciona.”
Sfortunatamente, sapeva di non essere così cicciona. Sapeva che dell’esercizio fisico avrebbe sistemato tutto in poco tempo, ma i pensieri negativi l’avevano condizionata così tanto, da farle il lavaggio del cervello. Ogni volta che si guardava davanti lo specchio, si vedeva cinque taglie più grandi di quanto realmente era. E ogni volta che qualcuno le diceva che era più magra, lei al contrario si vedeva quasi una taglia in più. Da lì le venne il desiderio di piegarsi agli insulti, ed in silenzio di andare a vomitare dopo aver ingerito un qualsiasi pasto, perfino quei pasti che sua madre preparava con tanta cura, immergendosi in un libro di ricette che nemmeno lei capiva. Adesso era troppo magra, troppo scarnita, ma lei non riusciva lo stesso a vedersi perfetta.
Quasi come un riflesso, pensò al piatto di pasta che aveva mangiato, un piatto squisito, che però le salì per lo stomaco, era un fattore psicologico, probabilmente. Lanciò uno sguardo verso i biglietti, mentre apriva la porta di camera sua, ma si sentì bloccata. Come se quello che aveva intenzione di fare, adesso le era vietato, perché aveva un obbligo ed una data da rispettare. Stranita si mise le cuffie, chiudendo gli occhi, e buttandosi pesantemente sul letto. Pensare che quelle canzoni che in quel momento ascoltava prese da uno studio di registrazione, le avrebbe ascoltate dal vivo, le sembrava surreale. Si sentì bene con se’ stessa, per quel pranzo si sentì capace di evitare la solita sofferenza chinata su una tavoletta. Come se il pensiero di vedere Ed Sheeran, l’avesse salvata.

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Capitolo 2
*** Era stato uno stupido sogno? ***



Charlotte sentì un formicolio alla mano ancora addormentata ed una fastidiosa sensazione di scotch sul polso, per tenere l’ago fermo. Aprii gli occhi, e bastò il tetto bianco dall’intonaco rovinato a fargli capire che era nella stanza di un ospedale, immobilizzata su uno stupido lettino. Un fottutissimo lettino.
Non doveva essere lì, no. Doveva essere ad un concerto, e per essere arrivata su un letto d’ospedale, aveva sicuramente bruciato la sua occasione di vederlo dal vivo. Sentì la guancia sinistra inumidirsi, ed una lacrima calda scendere, ma la asciugò prima che potesse arrivare all’altezza della bocca.
Si guardò attorno, accorgendosi di essere sola, ma c’era una sedia vicino al lettino, e su di essa c’erano poggiate le cose di Bea. Sospirò sollevata, aveva bisogno di spiegazioni, ma soprattutto aveva bisogno di non rimanere da sola pure lì. Vide la porta aprirsi e rivolse un amaro alla sua amica, che però non venne ricambiato.

- Cazzo, sono veramente infuriata con te Charlie!

A quelle parole, la ragazza dai capelli rosso fragola si rimpicciolì, abbassando lo sguardo e restando in silenzio, ad auto disprezzarsi, non che fosse una cosa nuova.

- Mi avevi promesso che almeno per il concerto, che per quel cazzo di concerto, non l’avresti fatto! E invece l’hai fatto, ti sei chiusa in bagno altre mille volte ed hai rimesso tutto! E non negarlo, perché sennò non saremmo state qui Charlie!

Beatrice quando si “arrabbiava” iniziava ad usare parolacce a raffica, come se il suo vocabolario fosse formato solo da quelle parole, che ovviamente i suoi genitori (così come i professori, i docenti, i bidelli ed una qualsiasi persona adulta) non accettavano.

- Lo so, ok? So che te l’avevo promesso, come l’avevo promesso a me stessa. Ma, Bea, tu non puoi capirmi.

- Capire cosa Charl? Sei bellissima, smettila di sparare cazzate e farti del male, smettila!

La voce di Bea cambiò, si bloccò dai singhiozzi, così come gli occhi si riempirono di lacrime. Si lasciò andare sulla sedia al lato del lettino dove aveva aspettato che la sua migliore amica si risvegliasse.

- Io non voglio essere cattiva con te, lo sai, ma.. non riesco a vederti così. Sei magrissima, pure in viso, e sei sempre così delicata; ho costantemente paura che tu possa romperti come una foglia, per il troppo vento. Ogni giorno la mia voglia di andare a picchiare tutte le persone che ti dicono che sei brutta sale, sale ogni volta che ti vedo tra i corridoi, con un zaino in spalla e dei libri tra le braccia che pesano quasi più di te. E ti prometto, che se mi dai il permesso di picchiarli uno ad uno, non vedrai più quelle facce di merda sul pianeta terra.

Alle ultime parole dell’amica Charlie sorrise, prendendole la mano, e con il pollice gli accarezzò il dorso, rimanendo in silenzio ad ascoltarla.

-  Non mi sono mai trovata in situazioni come queste, non so come ci si muove, cosa si fa, ma voglio che tu faccia qualcosa, perché così non ce la possiamo fare.

Bea cercò di placarsi le lacrime deglutendo e sospirando. Non aspettava una risposta di Charl, perché ne avevano parlato mille volte, e solo una di quelle volte la ragazza era riuscita ad affrontare per bene l’argomento con lei, per come smetterla e riprendere qualche kilo.

- Ha fermato il concerto fino all’arrivo dell’ambulanza.

Disse, abbozzando il primo sorriso da quando si era risvegliata l’amica.

- Che cosa?!

- Già! Ha chiesto alla sicurezza di portarti lontana dalla folla, per farti almeno respirare, e ti ha fatta entrare nel backstage. Probabilmente se ti saresti risvegliata, saresti svenuta nuovamente per la troppa emozione.

Entrambe scoppiarono a ridere, mentre Charlotte immaginava il tutto passo passo, sicura che da sveglia sarebbe stato molto più bello.

- Oh, ha perfino provato a svegliarti con un bacio, ma non ha funzionato come nelle favole e sei rimasta ferma!

- Non sei divertente.

Le tirò addosso un pacco di fazzolettini trovato sul comodino, sospirando sconsolata. Be’, si era trovata vicino al suo idolo. Certo, era priva di sensi e probabilmente aveva un’espressione strana ed orribile, però si era trovata vicino a lui, ed era già stato qualcosa che ricorderà solo per i ricordi di Bea. Sospendere il continuo di un concerto, fino all’arrivo dell’ambulanza, per una fan svenuta tra la folla. Dio. Probabilmente alcuni non l’avrebbero notata, altri l’avrebbero fatta portare via dalla folla e avrebbero continuato a cantare, ma lui no, lui era stata nel backstage con lei e probabilmente l’aveva perfino fino a quando non la misero sul lettino, magari aveva chiesto se poteva venire anche lui.. no, ok, Charlotte e i suoi film mentali stavano esagerando in quel caso.
Un infermiere entrò nella stanza, e chiamò Bea, che uscì per parlare con lei, lasciando Charl e le sue fantasie da sola. Passarono dieci minuti quando la porta si aprì.

- Che ti hanno detto?

Chiese, mentre con lo sguardo basso guardava le foto scattate sul cellulare dell’amica durante tutto il concerto. Non ricevette una risposta immediata, e quindi sollevò lo sguardo. Per una frazione di secondo sperò di non essere collegata a quei macchinari che tenevano sottocontrollo il battito cardiaco di una persona, perché sennò si sarebbe notato subito che il suo era aumentato, e di tanto. “Libera. La stiamo perdendo”.

- Fino ad ora, la mia musica non ha fatto così male a nessuno, tanto da portarla a perdere i sensi.

Commentò una voce che lei conosceva fin troppo bene, una voce che ascoltava cantare 23h su 24. Una voce che ormai quasi riusciva a distinguerla tra mille, per le troppe interviste guardate all’infinito. Aprì la bocca, pronta a rispondergli, ma non uscì niente, solo un imbarazzante boccheggiare. Il pel di carota la guardava con un sorriso timido, ma anche abbastanza divertito nel vederla boccheggiare. Charlie prese un profondo respiro, forse il primo respiro che fece da quando Ed Sheeran era entrato nella sua camera d’ospedale, e cercò di mettere insieme qualche lettera.

- Mi dispiace tanto. La mia amica mi ha raccontato che hai sospeso il concerto, tutto per colpa mia. Sicuramente sono sembrata una stupida.

A quelle parole Ed alzò un “sopracciglio” (così chiaro da sembrare inesistente), avvicinandosi al lettino, e non smise per mezzo secondo di guardare gli occhi grandi della fan che aveva davanti.

- Come ti salta in mente di scusarti con me, ragazza? Secondo me dovresti scusarti con te stessa.

Lei si ritrasse, poggiandosi allo schienale del lettino.

- Sei bellissima, eppure sei così magra.

“Sei bellissima. Sei bellissima. Sei bellissima.” Si guardò attorno, cercando una mascherina per l’ossigeno, ma non trovò niente. “eppure sei così magra”.. quell’ultima parte la fece fermare qualche secondo, aggrottando la fronte. Ed Sheeran, l’uomo che capisce le ragazze, aveva capito il suo problema col peso.

- Le ragazze al giorno d’oggi si fanno condizionare così tanto dal parere delle persone, e insomma, ti ho guardata un po’ oggi..

Ed capì di aver detto una cosa imbarazzante, infatti deglutì abbassando lo sguardo.

- ..e insomma, si, volevo assicurarmi che tu stessi bene, e che non fossi una di quelle ragazze condizionate.

Sorrise, timido, ma incredibilmente dolce, mettendo le mani nelle tasche della sua felpa verde, e sollevando lo sguardo aspettò una risposta.

- Lo sono.

Non riuscì a mentirgli, e appena se ne accorse si portò una mano sulla bocca sconvolta per quello che ne era appena uscito. L’aveva ammesso solo con Bea, e con nessun’altra persona al mondo. Ovvio, non aveva mai preso in considerazione l’idea di poterne parlare con Ed Sheeran, diamine! Abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore imbarazzata.

- Già, lo sono. E giuro che per il concerto mi ero.. mi ero ripromessa di non farlo più ma poi camminavo per i corridoi della scuola, mi sentivo migliaia di occhiate, e migliaia di sguardi addosso. Ed i commenti appena entravo in mensa a mangiare qualcosa, mi hanno torturata e..

Stava cedendo, le si stavano riempiendo gli occhi di lacrime. Con una qualsiasi persona (esclusa la migliore amica, che era probabilmente stata rapita dall’infermiere) avrebbe bloccato le lacrime, ma davanti quella montagna di capelli rossi non aveva motivo per fermarsi. Aveva pianto mille volte ascoltando le sue canzoni, e adesso avrebbe pianto con lui a guardarla.

- Ho cercato su internet, come provare a “guarire”. Non so neanche se posso definirmi malata, non so niente, i miei genitori non si sono accorti di nulla, e se l’hanno fatto allora hanno fatto finta di nulla pur di evitare il discorso. So di essere troppo magra, ma non so come fare a fermarmi. A curarmi. Ho parlato con la psicologa della mia scuola, ma è un’incompetente , il massimo che m’è riuscita a dire è stato di farmi visitare. Bel consiglio, come se non fosse già abbastanza scontato.

Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, e pensò che in quel momento doveva essere orribile, con gli occhi gonfi dalle lacrime, perciò iniziò a respirare profondamente, con l’intento di calmarsi.

- E poi mi sono immaginata un sacco di volte il nostro incontro, e l’idea di un ospedale giuro che non m’è mai passata per la testa.

Ammise, suscitando una risata di Ed che fino a quel momento era rimasta a guardare il suo profilo molto chiaro, e ad ascoltarla mentre si sfogava. Gli sorrise dolcemente, uscendo una mano dalle tasche della felpa e passandosela tra i capelli.

- Magari, quando ci rincontreremo, un giorno, starai meglio. Che dici?

- Magari si.

Ed si avvicinò ancora di più a lei, e le accarezzò la guancia, prima di allontanarsi e avvicinarsi alla porta.

- Ci conto, eh.

Uscì, chiudendosi la porta alle spalle, e lasciando Charlie in un sogno, un sogno..

- Ti controllano un’ultima volta e poi possiamo andarcene e tornare in hotel.

Squillò la voce di Bea, chiudendosi la porta alle spalle, e facendo sobbalzare Charl appisolata sul lettino. No, aspettate, torniamo indietro.. “appisolata sul lettino”. COSA? Era stato un cazzo di sogno?


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Ok, ho continuato. o:
Allora, per quanto riguarda il problema di Charlie, posso considerarmi abbastanza ignorante in materia, infatti quando ne parlerò non andrò mai nel dettaglio. Non voglio ferire qualcuno, o sbagliare a dire qualcosa.
Comunque, per la fine che ho dato al capitolo mi viene di uccidermi da sola HAHAHAHAHA.
Continuerò almeno dopo 4 recensioni, per questo vi chiedo un parere, negativo o positivo che sia c:

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Capitolo 3
*** Week-end in montagna. ***



“La persona anoressica può riconoscere il fatto di essere magra, ma,
nonostante ciò ha la tendenza a vedere una determinata
 parte del proprio corpo come eccessivamente grassa.

Esistono oggi centri specializzati per la cura dell'anoressia,
ma il primo passo della terapia consiste
nella presa di coscienza del problema
 da parte del paziente e di chi gli vive vicino.”




Era passato un mese e mezzo dal concerto con fine in ospedale, carino, no?
Con un borsone tra le mani Charl salì in auto, salutando suo padre raggiante. Dopo che era finita in ospedale non poteva mentire ai suoi. Aveva confessato tutto, impaurita. Si aspettava delle sfuriate, degli urli di delusione, degli sguardi disgustati.. invece aveva fatto piangere sua madre, ed aveva fatto incazzare suo padre ma non con lei, con tutte quelle persone.
E dopo delle visite, i suoi genitori avevano deciso di far andare Charlotte in un centro fuori città. Lei si era decisa a partecipare, a farsi aiutare. Era convinta che a farle prendere questa decisione era stato il suo bruciare l’opportunità di andare al concerto del suo idolo, e dopo un mese e mezzo se ne torturava ancora.
Al centro c’erano ragazze molto più magre di lei, e quando le guardava si sentiva in colpa. Come se lei non meritasse di stare lì, perché la sua non era una forma grave come quelle ragazze e probabilmente c’erano così tante altre ragazze messe in quel modo che però non potevano permettersi quella cura.
La sua forma di anoressia era agli stati iniziali, e dopo le cure e le chiacchierate con Marianne, si sentì pronta a lasciare il centro.
Il suo colorito era cambiato, non era più pallida e scarnita come prima, anche se ancora per raggiungere un buon peso, un peso consigliato dal personale del centro doveva lavorarci un po’. Niente poteva rendere i  suoi genitori e Beatrice più felice, che vedere la ragazza in pace con se stessa. Nonostante tutto si sentiva ancora emotivamente molto fragile, perciò aveva preso accordi con Marianne per vedersi lo stesso, anche una volta uscita dal centro.  Sapeva che una volta tornata a scuola, avrebbe trovato qualcuno ad insultarla, e aveva paura di ricascarci, perché al centro tutti la facevano sentire bella, a scuola tutti l’avrebbero fatta sentire una merda, ma la psicologa aveva provato a prepararla a questo.
Per fortuna aveva abbandonato il centro di venerdì, e quindi aveva ancora due giorni prima di tornare a scuola e riprendersi tutte le interrogazioni e i compiti in classe persi. Beatrice quel fine settimana sarebbe salita in montagna con i suoi zii (i genitori di Bea erano morti in un incidente aereo, ma sua zia Jennifer l’aveva accolta con lei, all’età di otto anni), e l’aveva invitata.
Charl scese dall’auto sistemandosi il berretto di lana sui capelli rossi fragola e mettendosi subito una mano in tasca, mentre l’altra teneva sollevata la valigia. Si guardò attorno, osservando il paesaggio coperto dalla neve. Un po’ di aria fresca le arrivò contro il viso, e lei gonfiò il petto, lasciando che quell’aria le entrasse dentro. Con un sorriso felice, seguì i suoi compagni di viaggio dentro l’hotel, ma non vedeva l’ora di poter andare a sciare.

…………


Il ragazzo si passò una mano tra i capelli rossi e scombinati, guardandosi allo specchio vicino al letto che gli avevano affidato. Si alzò dal divano, aprì il minifrigo vicino il mobile e prese una bottiglia di birra, stappandola. Si bagnò le labbra con quel sapore amaro che però apprezzava un sacco, e guardò attraverso le persiane della finestra che dava verso fuori. Da lì si potevano vedere tutte le persone che entravano ed uscivano dall’albergo, e vide una ragazza scendere da una jeep. Aveva un cappellino di lana grigio, ma dei capelli rosso fragola gli ricadevano sulle spalle. Non riusciva a guardare il suo viso, ma per chissà quale strano motivo la seguì con lo sguardo fin quando non scomparve dalla sua visuale. Alzò le spalle, sorpreso, e si voltò nuovamente rimettendosi sul divano. Poggiò la bottiglia di birra sul tavolino, riprese Nigel e toccò delicatamente le corde della sua chitarra. Avvicinò a se i fogli che aveva sparso per la stanza, e in quella stanza silenziosa si sentì il tocco delicato sulle corde, e la sua voce così pura cantare un nuovo testo.
“Ed Sheeran, l’uomo che sussurra alle chitarre. Ed Sheeran, l’uomo che capisce le ragazze”. Tutto quello che sentiva dirsi nelle interviste e quello che aveva anche letto nei giornali, l’aveva elogiato. Ma sapeva come fare a non staccare i piedi da terra. Lui non si riteneva così speciale, non si riteneva un principe azzurro. Si riteneva solo un uomo in grado di amare, in attesa di amare e di sentirsi amato. Magari sì, era in grado di vedere una donna proprio con gli stessi occhi di come si vedeva lei, e quando non gli piaceva quello che la donna credeva di se stessa, faceva di tutto per farle capire come invece risultava agli occhi suoi. E la maggior parte delle volte, metteva tutto il suo amore in una canzone.
Passò un’ora, ed erano ancora le 14:00. Posò la sua chitarra, e gli spartiti pieni di scarabocchi. Ormai la bottiglia di birra era a metà, e la riposò in frigo coprendola. Si mise una mano nella tasca della felpa verde, ed uscì dalla sua stanza raggiungendo l’ascensore. Premette il bottoncino per scendere al piano terra e prese il telefono dalla tasca posteriore, mandando un messaggio: “Ehi Styles, sei arrivato?”.
Le porte dell’ascensore si aprirono nella hall e con un sorriso  -dopo aver posato il telefono- fece un passo avanti, guardando fuori dalla grande porta girevole di vetro. Non aveva intenzione di uscire, sarebbe morto dal freddo, quindi si limitò ad aspettare che Harry Styles facesse il suo ingresso raggiungendolo. Appostato vicino i divanetti neri vide di nuovo quella ragazza di prima, solo quella volta la vide uscire dall’ascensore (un minuto dopo di lui) e con la sua amica sparire in un corridoio. Quella volta, però, riuscì anche a vederla in viso e senza cappellino. Era confuso, perché gli sembrava di averla già vista, ma non riusciva a connettere ne’ quando, ne’ dove, ne’ come, ne’ perché. Quando però il suo sguardo andò all’amica bionda al suo lato, riuscì a collegare tutto.


“ - Avete chiamato l’ambulanza, vero?

Chiese lui, levandosi la chittarra e poggiandola al muro, una volta arrivato nel backstage.

- Si, mi hanno detto che stanno arrivando.

Si voltò verso la ragazza, dall’espressione terrorizzata, e tremante.

- La tua amica starà bene, ha solo perso i sensi, magari aveva un po’ di nausea.

- No, non è la nausea, credimi.

La voce bloccata dai singhiozzi, che però cercava di sopprimere, lo fecero girare ad osservare per bene il volto della ragazza priva di sensi, era bellissima. La sua pelle era molto chiara ma, sembrava perfetta anche al tatto (nonostante non si fosse azzardato a toccarla). Però notava da degli scavi nelle guance e dal corpo decisamente esile che la ragazza davanti a lui era sottopeso e storse il labbro, dispiaciuto per un angelo così perfetto, che però era rovinato da un problema con il peso.”


Fece per seguirle, ma sentì una voce dietro di se.

- Ehi amico!

- Oh, Harry, ciao!

Ricambiò l’abbraccio ed una volta staccati si voltò, ormai le ragazze erano sparite. L’amico lo guardò incuriosito, mentre si toglieva il cappuccio e si passava una mano tra i riccioli.

- Tutto ok?

Chiese Harry stranito, dirigendo il proprio sguardo nello stesso punto che fissava il pel di carota. Quest’ultimo tornò a guardare Harry, rimettendo i piedi per terra.

- Eh? Sisi, saliamo devo farti ascoltare una cosa.

Sorrise ironico portandolo verso l’ascensore. Lo criticò per le due valige che aveva, infondo il lunedì mattina sarebbero andati via, che diamine si era portato per riempire due valige? Entrarono in ascensore salendo al loro piano e chiudendosi nella loro suite, prendendo la chitarra. Non c’era motivo per il quale i due erano saliti in montagna, volevano solo allontanarsi e lavorare insieme ad un pezzo. Programmavano da settimane un week-end sulla neve e ancora non erano riusciti a partire, quindi eccoli lì. Neve, birra, chitarra, spartiti e grandi amici, non c’era di meglio.

……


Verso le 17:00 deciso di andare a sciare, dovevano pur godersi la vacanza. Styles ci aveva rotto l’anima tutto il tempo per convincere Ed, che in realtà non aveva veramente voglia di sciare, ma solo di far star zitto Harry! Il ricciolino uscì di casa prima, dicendo al rosso che l’avrebbe aspettato lì, ma quando l’ultimo raggiunse la funivia non lo trovò.
“Magari è rotolato giù..”
Mormorò a bassa voce, guardandosi attorno. Nah, era solo sceso senza aspettarlo. Scrollò le spalle rassegnato e prese la funivia, però con lui la prese una ragazza altamente distratta e spaventata, che non si era accorta di nulla. Charlotte continuava a guardare verso sotto tremando e mordendosi il labbro, per poi sistemarsi il cappellino di lana meglio sulla testa. Per tutto il tempo Ed non smise di guardarla ormai sicuro di chi lei fosse. Le guance erano più piene anche se arrossate per colpa del freddo, così come la punta del naso. Non voleva dirle niente, perché non voleva spaventarla, ma non voleva neanche che lui lo ignorasse. Si sistemò goffamente il cappello sulla testa arancione e mai in ordine, e quel gesto catturò l’attenzione di Charlotte, che lo guardò rimanendo immobile e in silenzio, mentre dentro però moriva dall’emozione. Quello però non era un sogno, ne era sicura. Boccheggiò.
“No, diamine, non boccheggiare!”
Si disse da sola, rimproverandosi nella sua testa.



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Come avevo promesso, ho caricato il terzo capitolo. Allora, sì si sono incontrati, sono felice anche io gufydgdyklf. Ho fatto passare un mese in mezzo, così da far “ristabilire” Charlotte. Ma come ho già scritto, lei combatterà il suo problema con lui, quindi questo benessere non sarà definitivo, state attente huidgd.
Anche qui, continuerò alle quattro recensioni. C:
vi prego, fatemi sapere che ne pensate, e se proprio vi scazza recensirla allora mettetela tra le seguite lol.
ciao babiees. <3

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Capitolo 4
*** "Sarò io il tuo fan." ***



Charl non riuscì ancora a proferire parola, così come Ed, e rimasero in silenzio a fissarsi fin quando la funivia non si fermò e dovettero scendere.

- Ciao.

Charlotte prese un profondo respiro, pronunciando quell’unica parola da quattro lettere.
“Ciao? Seriamente riesco solo a dirgli ciao? Ma mi drogo o cosa?”
Si chiese, maledicendosi. Ed voleva dirle che si ricordava di lei, ma aveva paura di spaventarla, o magari di offenderla prendendo quell’argomento, solo che non riuscì a trattenersi. Sentii il freddo pungente arrivargli contro il viso, e chiuse gli occhi pochi secondi, infastidito.

- Vedo che stai meglio..

Disse, con un sorriso imbarazzato. Charlotte si soffermò su quel sorriso, sulle guance paffute e arrossate dal freddo. Mai aveva visto quel sorriso da quella vicinanza, e mai le sarebbe capitato di nuovo. Voleva darsi un pizzicotto, per accertarsi che non era un sogno, ma poi sarebbe sembrata una stupida, e quindi rimase immobile, riuscendo solo a decidere che se fosse stato veramente un sogno, allora per nulla al mondo si sarebbe mai più risvegliata. La confusione nella testa della ragazza non le permise di capire la frase di Ed, e la spinse a chiedere stupidamente:

- In che senso?

Quella domanda mise Ed in imbarazzo, forse perché costretto a sputare il rospo. Intanto si guardò attorno, tutte le persone si erano lanciate per sciare e loro due erano fermi lì come statue.

- Si be’, ricordo che sei svenuta al mio concerto e.. non sembravi stare benissimo.

Queste parole colpirono Charl, facendole esplodere il cuore in pieno petto. Oddio. Si ricordava di lei, dopo un mese e mezzo? Si ricordava della stupida ragazza svenuta al suo concerto? Improvvisamente si sentì speciale, importante. Ed Sheeran si ricordava di lei.

- Si, sto molto bene adesso.

Rispose, sfoggiando per la prima volta da quando se l’era trovato accanto un sorriso sereno, rilassato. Quasi senza dir nulla scesero per la pista, iniziando a sciare. Non si dissero nulla eppure venne spontaneo ad entrambi seguirsi giù per la distesa bianca. Charl gonfiò il petto respirando profondamente, mentre scendeva a ruota libera, ed incrociò lo sguardo di Edward. A lui bastò poco per distrarsi e cadere, rotolando come un sacco di patate. Lei lo raggiunse allarmata, mettendosi al suo lato, e spostandogli un ciuffo di capelli rossi dalla fronte. Aveva paura si fosse fatto male, ma capì che stava benone quando lo vide ridere senza sosta.
Quella risata.
Quella risata la contagiò.

- Hai fatto una caduta veramente aggraziata.

Lo prese in giro lei, aiutandolo ad alzarsi. Ripresero a scendere e se prima uno era dietro e l’altro avanti, e non facevano altro che superarsi a vicenda, adesso sciavano uno vicino all’altra, quasi coordinati. Guardavano in avanti, ma il loro pensiero fisso era quello di voltarsi e guardarsi dritto negli occhi, scambiarsi dei sorrisi dolci che facevano star bene l’altro, solo che non lo potevano fare. Non in quel momento.

“- Tra trenta minuti alla caffetteria dell’hotel, ok Charlie?

- Ok.”

Erano tornati in hotel, e Charlotte si accorse delle cinque telefonate, i tre sms e i due messaggi in segreteria telefonica da parte di una Beatrice decisamente allarmata. Le raccontò tutto, suscitando un urlo da parte dell’amica che le ruppe un timpano. Nessuna delle due ragazze riusciva a crederci, soprattutto non Charlotte. Le raccontò perfino il sogno che aveva avuto tanto tempo fa in ospedale, e come tutto quello le sembrava surreale; la bionda per farle capire che non era un sogno le tirò un cuscino in faccia, sgridandola per la sua stupidità. La aiutò a scegliere cosa indossare ed optarono per un paio di pantacollant neri, un lungo maglione grigio e un paio di stivali alti fino al ginocchio. Si mise attorno al collo una sciarpa bianca, e raccolse i lunghi capelli rosso fragola in una treccia laterale che le ricadeva sulla spalla sinistra. La aiutò Bea con i capelli e con il trucco, per il semplice fatto che lei tremava come una foglia, e con quelle mani tremolanti non sarebbe riuscita a combinare un accidente.  Aveva paura di star esagerando. Infondo non era un appuntamento, era solo un “incontriamoci alla caffetteria dell’hotel dove alloggiamo entrambi” e lei si era sistemata con tanta cura e poca, pochissima naturalezza.
Guardò l’orologio, salutò l’amica e prese l’ascensore. Si guardò allo specchio della parete sinistra e, convinta di star ancora esagerando, si sciolse velocemente la treccia e si tolse tutto il gloss che l’amica le aveva messo in faccia. Cercò di ignorare gli sguardi interrogativi della vecchietta in ascensore con lei, ed uscì fingendosi disinvolta e raggiungendo la caffetteria che si trovava nell’ala ovest del grande hotel.
Perfino Ed aveva raccontato tutto all’amico, anche lui preoccupato per non averlo più trovato. Harry sembrava abbastanza contrariato da tutta l’attenzione che l’amico stava rivolgendo verso quella ragazza, ma per ricordarsi del suo viso capì che probabilmente c’era altro sotto, altro che il pelo rosso non aveva intenzione di rivelargli. Ed si mise un felpone largo ed Harry sospirò esasperato, certo che non si sistemava mai il ragazzo eh? Anche Edward salì in ascensore, e anche lui si guardò allo specchio, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandoli (come se non fossero già abbastanza disordinati).
Raggiunse la caffetteria e si guardò attorno, speranzoso, ma impaurito che la ragazza potesse avergli dato buca. Ma infondo, erano nello stesso hotel, quindi dove poteva nascondersi?
Poi la vide.
I capelli le ricadevano dolcemente sulle spalle, ed era con i gomiti appoggiati al tavolo. La gamba destra si muoveva velocemente sotto il tavolo, ansiosa, e quel gesto fece sorridere il ragazzo che con le mani in tasca la raggiunse.

- Per un secondo avevo paura mi lasciassi qui da sola.

Gli disse lei, voltandosi vedendolo arrivare.

- Be’, tu ti sei seduta nel tavolo più nascosto quindi non ti vedevo, ed ho avuto la stessa paura.

- L’ho fatto perché pensavo ti facesse piacere, più riparato in confronto agli altri, più nascosto dagli occhi indiscreti e dalle macchine fotografiche.

Ammise lei, imbarazzata, abbassando lo sguardo. Il porta-tovagliolini al centro del tavolo era improvvisamente diventato molto interessante. Il gesto sorprese Ed, che si sedette davanti a lei.

- Oh, tranquilla, basta dirgli che c’è Harry al piano di sopra e vedi come si dileguano tutti.

Ammise lui, con un leggero tono di amarezza nella voce. Ebbe quasi paura di dire quelle parole, paura che improvvisamente Charlotte si alzasse di scatto e salisse sopra per cercare Harry Styles. In caso, metti che lei avesse fatto una cosa del genere, be’ lui l’avrebbe perdonata comunque accettando il fatto che preferiva Harry a lui, e accettando anche il fatto che non era lei la ragazza che cercava da tanto. Mettiamo però in chiaro che Ed non si sentiva oscurato da Harry, era il suo più grande amico, come non era geloso o invidioso della sua di fama. Magari si, aveva pochi fan, ma li aveva, e a quei pochi doveva veramente tutto, e stava bene. Però Charlotte sembrò indifferente, e non staccò gli occhioni scuri da quelli chiari di lui. La cosa lo fece sorridere, mentre si sedeva in modo composto sulla sedia, aspettando il cameriere. Non era andata via, a cercare il celebre Styles. Styles? Ma che gli importava di Styles. Sia lodato il cielo, era un bellissimo ragazzo, ma aveva davanti Sheeran, il vero principe azzurro. Diverso da quello biondo e magro come il manico di una scopa proposto dalla Disney.
Mentre aspettavano le loro  ordinazioni Ed cercò di aprire un discorso, facendo una delle domande più stupide che gli potessero venire in mente.

- Be’, che mi racconti di te?

- Mi chiamo Charlotte Scott, vengo proprio dal centro di Londra e.. non credo di avere una vita molto interessante, sai?

Mormorò lei, diventando rossa in viso, e mordendosi il labbro inferiore. Quel gesto fece incantare per pochi secondi Ed, che quando si rese conto delle parole della ragazza che aveva davanti la guardò sorpreso.

- Tutti abbiamo qualcosa da raccontare.

- Io no.

- Allora vuol dire che ti farò delle domande io.

Sorprese la ragazza che si poggiò allo schienale della sedia, prendendo in mano la sua tazza di cioccolata calda, e sorseggiandola lentamente. Annuì, acconsentendo al fatto che fosse lui a fare le domande.

- Facciamo finta che sono un giornalista, e ti farò le domande che fanno più spesso, su che vogliono sapere i fans.

- E i miei fan chi sarebbero?

- Sempre io.

Le sorrise affabile, e poi si guardò attorno.

- E scommetto che ogni persona in questa caffetteria potrebbe essere un tuo fan.

Lei sorrise, colpita dalla dolcezza del ragazzo, e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sospirando.

- Dai, iniziamo con queste domande.

Edward ci pensò su, facendo un’espressione buffa per mostrarsi concentrato.

- Parlaci della tua famiglia.

- Be’, sono figlia unica, quindi non ci sarà molto da dire sai? Mia madre è una casalinga, ma un tempo lavorava come chef. Ha abbandonato le cucine circa due anni fa, ma non ha abbandonato la sua passione. Cucina qualcosa di diverso ogni giorno, partecipa a tutti gli eventi stile “fiera del dolce”. Secondo me lo fa solo per accaparrarsi il premio, e far sfigurare tutte le altre persone che spuntano con delle semplici torte fatte in casa. E’ molto orgogliosa e competitiva. Al contrario di mio papà. Lui è un chirurgo. E’ sempre pronto ad aiutare tutti, perfino a cedere i suoi interventi agli specializzandi, ma solo se si fida di loro. Ci tiene tanto ai suoi pazienti, soprattutto perché i pazienti che vanno da lui ci vanno per poi uscirne belli, migliorati, e non vuole deludere mai nessuno.

- Cosa ti piace fare? Sono convinto che hai nostri lettori piacerà tanto sapere i tuoi interessi.

- I vostri lettori? Ripetimi per quale giornale lavori, mi sa che mi sono persa sto pezzo.

Scherzò lei, scoppiando a ridere e coinvolgendo anche lui in una risata.

- Per Vanity Fair.

- Oh, adoro quella rivista!

- Ah si? Forza, rispondi.

Scherzò lui, incantato dal grande sorriso di lei.

- Mh, mi piace molto leggere. La mia scrittrice preferita è JK Rowling. Poi mi piace molto suonare il piano, prendo lezioni da quando avevo sei anni e infine mi piace passare il mio tempo all’oratorio. Tanti ragazzi e bambini lì hanno bisogno di aiuto, e di amici. Ed io sono sempre lì per loro.

Charlotte colpiva Ed ad ogni parola che diceva, che veniva sorpreso continuamente da quella favolosa ragazza. Calò il silenzio, e lei decise di spezzarlo.

- Pensavo che il vostro giornale fosse più organizzato, sapete? Insomma, non avete preso uno straccio di appunto.

Ed se ne rese conto, e sorrise imbarazzato.

- Be’, vuol dire che saremo costretti ad incontrarci una seconda volta e rifare l’intervista.

Scrollò le spalle, quasi fingendosi dispiaciuto.

- Oh, che sfortuna.

Sussurrò lei, poggiandosi con i gomiti al tavolo, e sporgendosi in avanti.




- Ahia, sta attento a dove metti i piedi, bifolco!

Mormorò un’infastidita Beatrice, appostata all’entrata della caffetteria, per spiare l’amica.

- Non c’è bisogno di essere così maleducati.

Rispose un ricciolino, mettendosi dall’altro lato dell’entrata, sporgendosi anche lui per cercare l’amico. Notò i capelli, ed osservò la ragazza davanti ad Ed.

- Però, meglio di quanto pensassi.

Pensò a voce alta, catturando l’attenzione di Bea, che solo in quel momento si accorse della vera identità del bifolco. Si lasciò scappare un urlo che attirò l’attenzione di tutti in quella sala, perfino quella di Charl e di Ed.

- Dannazione, ci hanno visti.

Sussurrò Styles, acchiappando la bionda per il polso e tirandola via velocemente.


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Here I am! Scusate se vi ho fatto aspettare tanto, lol. Non posso scrivere tanto nello spazio autrice perché mamma mi sta per linciare se non scendo a cena da lei, quindi niente.
Spero vi sia piaciuto, come al solito continuo alle 4 recensioni, fguygdfsk.

- Alls.

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Capitolo 5
*** Per fortuna c'è Harry. ***




-Quindi sei tu l’amica biondina di cui parlava Ed.

Mormorò Harry, passandosi una mano tra i capelli ricci. A quelle parole Beatrice alzò le sopracciglia, sconcertata, mentre ancora si sentiva le guance bruciare per colpa del rossore.

- L’amica biondina? E’ così che m’ha chiamato?

- Be’, sono parole sue. Non mie. Come ti chiami, biondina?

Le porse la mano, con un sorriso dolce sul volto. Bea prese la mano in una frazione di secondo, la strinse bloccando la circolazione di Styles, e la mosse freneticamente.

- Mi chiamo Beatrice.

Sfoggiò un sorriso enorme pronunciando quella frase, un sorriso così grande ed inquietante che fece rabbrividire Harry;  gli sembrò quasi di guardare quelle lugubri bambole di porcellana, che ti sorridono sembrando schizofreniche. Lottò per avere la propria mano indietro, e quando la ragazza mollò la presa la aprì e la chiuse ripetutamente, tentando di sentire di nuovo del sangue in circolo.

- E’ un piacere Bea.

Ammise, sinceramente, e poi vide il suo amico e Charlotte uscire dal caffè. Lo sguardo di Ed attaccava Harry, bruciandolo vivo, e lo stesso faceva Charlie guardando l’amica. Sorridendo indifferente si slanciò sulla ragazza sulla quale Sheeran gli aveva fatto una testa enorme. Porse la mano anche a lei, e al contrario della stretta precedente, questa era delicata e timida, a mala pena riuscì a sentire la mano sottile di lei stringere la sua.

- Charlotte, giusto?

- Giustissimo.

Affermò lei, incrociando le braccia sotto il petto. Il minuto seguente calò il silenzio, un silenzio imbarazzante che nessuno ruppe. Erano tutti impegnati a guardarsi attorno imbarazzanti, con le mani lungo i fianchi.

- Volete salire?

La voce di Harry rimbombò per tutta l’Hall dell’hotel, mentre il rosso lo guardò male infuriandosi. Non c’è bisogno che io vi trascriva la risposta che diede Bea, con il suo sorriso schizofrenico, ma Charlotte rimase leggermente titubante, cercando il consenso di Ed.

- A te va?

Chiese, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e stringendosi le spalle.

- Eh? Oh, certo che mi va..

Lui rispose spontaneamente, andando verso l’ascensore. Prese Harry per il gomito, e lo tirò a se’ mentre camminavano qualche passo avanti rispetto alle ragazze.

- Sei impazzito? E’ davvero speciale quella ragazza, mi sta piacendo e tu te ne esci così?

- Non ho fatto nulla di male, le ho solo chiesto di salire.

- Perché non lo chiedevi solo alla biondina?

- Primo, si chiama Bea.. Secondo il suo sorriso mi spaventa un po’.

Ammise, sincero, ridacchiando. Ed si girò automaticamente, per guardare Beatrice intenta a parlare con Charlie, con’espressione sovraeccitata.

- Se invece con te e Charl non dovesse funzionare..

Non continuò la frase, perché una gomitata sul fianco lo fece piegare in due.

- Ma calmati! Hai il ciclo?

Sussurrò lui, massaggiandosi un fianco. Raggiunsero la suite dei due ragazzi e si chiusero la porta alle spalle, guardandosi attorno. Charlotte adocchiò dei fogli sul tavolo, e si avvicinò spostando i fogli incuriosita.

- Oh, non è niente.

Il rosso quasi le strappò i fogli dalle mani, passandosi una mano dietro la nuca. A quel riflesso Charlie arrossì, facendo un passo indietro. Sorrise per poi mordicchiarsi il labbro.

- Scusami, non dovevo.

Ed si sentì addosso lo sguardo di rimprovero del compagno di viaggio, e porse nuovamente i fogli a Charl. Si sedette sul divano, prendendo la chitarra.

- No, scusami tu. Guardali pure. E’ una canzone che stavo provando a scrivere con Harry. Sono tutti appunti e scarabocchi, non so se ci capirai qualcosa.

Iniziò a leggere, per quel che poteva, il testo e le correzioni del lavoro. Oh, i testi di quel ragazzo erano un crimine. Ti facevano esplodere il cuore nel petto per la troppa emozione, ti facevano stare bene, e ti facevano sentire capita.

- Sembra veramente bella. Posso sentire come fa? Giuro che non metteremo il testo su internet, e non vi registreremo.

Chiese con un sorriso sincero al quale non si poteva non credere, sedendosi al suo lato sul divano e stringendo ancora i fogli come se fossero un tesoro dal quale non si sarebbe mai staccata. Ed si passò una mano tra i capelli  rossi, guardando poi l’amico. Quest’ultimo annuì, senza problemi, sedendosi dietro Sheeran sul bracciolo del divano, e lo stesso fece Bea dietro Charl.

Le dita di Ed toccarono la chitarra delicatamente aprendo la canzone, e continuò così fin quando non si sentì la voce di Harry. Si esibirono per loro due proprio come avevano provato qualche ora fa da soli, tra un sorriso e l’altro. Poi si sentì anche la voce del rosso, che accompagnò quella del riccio. In quel preciso momento sia Charlotte che Beatrice si sentirono speciali. Quei due stavano cantando solo per loro la canzone sulla quale stavano lavorando insieme. Era molto corta, essendo ancora in lavorazioni, ed il testo era pieno di quelle che Ed definiva “imperfezioni” ma Charl definiva perfezione pura. Oh, questo era stato meglio di un concerto. Niente persone urlanti, niente svenimenti, solo le loro voci senza un minimo di ritocco in studio di registrazione, o disturbate dai microfoni messi male.

-
Allora?

Chiesero in coro, aspettando l’opinione della giuria.  Le due si guardarono negli occhi, con un’espressione soddisfatta.

- Splendida.

Risposero in coro come loro, con dei sorrisi dolci sul viso.


- Quanto tempo starete qui, ragazze?

Chiese Harry, buttandosi come un sacco di patate addosso ad Ed.

- Domani sera ce ne andremo.

Rispose tristemente Bea, stringendo le spalle. Charl andò ad aprire al cameriere col servizio in camera e trascinò il carrello vicino al tavolino al centro della stanza. Tolse dai vassoi i coperchi, e si beò del profumo di frittura che le arrivò al naso. Ed buttò a terra Styles, alzandosi di colpo dal divano.

- Pensi sempre a mangiare, Ed!

- Oh, sta zitto.

Gli ordinò lui, prendendosi un tovagliolino ed iniziando a mangiare tranquillamente. Guardò Charlotte, che rimase per un po’ di tempo immobile davanti tutti quei cibi pieni di grasso. Deglutì, avvicinandosi a quella piccola ragazzina così esile.

- Vuoi assaggiare questo?

Le chiese, indicandole quello che aveva preso lui dal carrello. Notò la riluttanza della ragazza, e la guardò rimproverandolo.

- Forza, un morso.

Riuscì a convincerla, e diede un morso alla mozzarella impanata che aveva preso Ed. Se la gustò lentamente, sorridendogli.

- Mh, è buono.

Ammise, pulendosi il lato del labbro.

- Ovvio che è buono! Prendilo tu questa, io vado a prenderne un’altra prima che Potter se le divori tutte.

Intanto Harry e Beatrice seguirono tutta la scena, rapiti. Beatrice era felice per la sua migliore amica, per come stava riuscendo a mangiarsi senza alcun problema quel cibo impanato e fritto, che di solito evitava sempre, oppure rimetteva.

- Vuoi un morso anche tu?

Chiese Harry a Beatrice, scherzando e prendendo per i fondelli Sheeran.

- Non fare il coglione.

Scoppiarono a ridere tutti e quattro, continuando a mangiare.
Dopo qualche ora si salutarono, accompagnandole fino all’ascensore. Harry non aveva più tanta paura nei confronti di Beatrice, insomma, infatti le lasciò un bacio sulla guancia. Invece Ed non si avvicinò minimamente per toccare con le sue labbra la guancia fredda di Charl, come se gli sembrasse inappropriato e stupido per quel momento. Per questo motivo fu Charlie a mettersi in punta di piedi, per lasciare un bacio delicato sulla guancia ruvida per colpa della barbetta incolta di Ed. Mentre la porta dell’ascensore si chiudeva i quattro ragazzi si salutarono un’ultima volta con dei gesti della mano, si erano ripromessi di fare colazione insieme il giorno dopo, promessa che ovviamente aveva proposto Harry, che come sempre faceva il primo passo che Ed non faceva praticamente mai, perché non voleva sembrare avventato, pesante, stressante, e magari un illuso.

- - -

Il mattino seguente, Charl e Beatrice aspettarono per circa mezz’ora che i ragazzi venissero a bussare alla loro camera. Entrambe si prepararono al meglio, era solo una colazione eh. Quando però notarono che era passato tanto tempo, e che ancora non arrivavano, decisero di salire loro.
Bussarono più volte davanti la loro porta, ed aprì una ragazza del servizio pulizie.

- Oh, i due famosi? Se ne sono andati prima questa mattina, mi dispiace.

Disse lei, indifferente, masticando fastidiosamente una gomma e tornando a pulire sbattendo la porta in faccia a quelle due.
Se n’erano andati.
Charlie cercò di rimanere impossibile, scrollando le spalle quando l’amica le domandò sul suo stato d’animo, ma non ci riuscì ed una volta chiuse in ascensore una lacrima calda le scese lungo il viso, ma cercò di asciugarla subito tirando su con il naso.
“Quanti film mentali che ti fai, Charlotte.”  


5:00
Il telefono di Harry suonò, disturbando il sonno dei due ragazzi.

- Spegni quel fottuto telefono, Styles!

Gli urlò Ed, rigirandosi tra coperte e nascondendo la testa sotto il cuscino. Harry prese il telefono “Louis”. Sospirò, scazzato, e prese la chiamata mentre si strofinava l’occhio addormentato. Non fiatò neanche mezzo secondo, e la cosa fece preoccupare Sheeran, che di malavoglia si alzò dal letto, raggiungendo Harry e poggiandosi allo stipite della porta. Il riccio chiuse la chiamata, e si guardò attorno cercando la sua valigia, per mettere dentro tutti i vestiti.

- Che stai facendo?

- Zayn è finito in ospedale, torno in città.

- Ma dai, torna a letto. Domani saremo lì e lo vedrai, starà bene Harry.

- No, Ed! Io ci vado adesso, se vuoi venire bene, sennò ci vediamo lunedì.

Si adirò, infilandosi i jeans e allacciando la cintura. Il rossiccio si passò una mano sul viso addormentato, e sospirò cedendo. Non disse nulla, andò semplicemente a sistemarsi la valigia e a vestirsi.

- Ti hanno detto almeno che era successo?

- No, Louis era nel panico. Sai com’è quando entra nel panico!

Ed si guardò attorno dispiaciuto di doversene già andare, ma non tanto per la neve o il panorama, ma per Charlotte che avrebbe dovuto incontrare il giorno seguente. Entrarono in ascensore, e per una frazione di secondo pensò di premere il quarto piano, bussare alla porta di Charlie, avvertirla e lasciarle un bacio, ma era troppo tardi, quindi premette il piano zero, piano terra.


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Here I am! Dio, quanto tempo è passato dall’ultima volta o: spero mi perdonerete. Il capitolo non mi piace molto, quindi se dovete darmi delle critiche negative le accetterò, consapevole di non aver dato del mio meglio. La fine mi dispiace un sacco, fhujdks. çç Non chiedetemi cos’è successo a Zayn e perché è in ospedale, non lo so, ci penserò al prossimo capitolo per farvelo sapere lol.
Anyway, recensite hfjdgjfhd. Alle cinque recensioni appena avrò un po’ di tempo continuerò c:
e seguitemi su twitter se vi va, sono @xriverashug :3
Ah, un’ultima cosa. Stavo pensando a Beatrice ed Harry, non so che fare. Volevo far nascere qualcosa, ma me ne son pentita subito. Insomma, sarebbe troppo stile film che tutte e due le amiche si fidanzano con qualcuno di famoso, non pensate? O: penso che per loro due opterò per una sana amicizia.
alla prossima. <3
-Alls.

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