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di SofyHoran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** primo capitolo. ***
Capitolo 2: *** secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** terzo capitolo. ***
Capitolo 4: *** quarto capitolo ***



Capitolo 1
*** primo capitolo. ***


capitolo uno.
Non ho ancora ben capito che cosa voglio veramente dalla vita, né che cosa fare, ma di una cosa sono pur certa: voglio continuare a sognare, per un’esistenza migliore, per degli amici fedeli, per una casetta accogliente con una piccola stufetta dove appoggiarci i piedi durante il gelido inverno.. come tutte le persone normali di questo mondo, visto che ne faccio parte anche io seppure in una microscopico parte. La pioggia incessante mi distrae dal faticoso studio, mentre una tazza di tè bollente mi aspetta invitante su uno sgabello di legno massiccio con decorazioni floreali del 1800 e la televisione mormora dalla cucinotta al pian terreno della mia villetta in cui ormai vivo da ben diciassette anni. Credo di essere una persona insignificante, una di quelle persone la quale  se si facesse male correndo per la strada, nessuno accorrerebbe per curarla, una di quelle persone che cerca l’amore in semplici cose ma che si sente troppo imbarazzante, troppo minuta e troppo fragile per essere apprezzata da un ragazzo: vivo nella depressione ormai da dieci anni. Quell’episodio mi ha falciato il cuore in due e immagino che nessuno al mondo la possa ricucire, nemmeno con un pizzico di apprensione e di pietà. Non ricordo precisamente dov’ero, dove mi trovavo o cosa era successo, ma una vocina dentro di me, che si era fatta spazio tra i miei dolori vissuti, mi disse che mi trovavo in una clinica per essere ricoverata. Ricordo solitamente le urla sprezzanti del mio povero padre, con il nostro cucciolo di labrador in braccio, con una lettera tenuta sul petto e con la mano sinistra poggiata sulla mia, fredda e immobile. Qualcuno con una voce mielosa, mi sussurrò che la mia mamma si era suicidata e che io, nella notte buia, mi ero sporta dalla ringhiera del balcone e infine caduta per salvarla. Ed eccomi qui: sola e senza nessuno amico, a raccontare la mia infelice vita su una sedia troppo vecchia e colma di ricordi per essere usata come legna da ardere. La vita è troppo corta per restare a rimuginare e a pensare sul letto disfatto della mattina, ma nel mio caso, non c’è più niente da fare.
Tre ore dopo mi ritrovo ad infornare del pane, cosa che non mi era mai saltato in mente di fare, ma non avendo niente di meglio che piangere sulle memorie buttate in un cestino e mai raccolte per essere distrutte, ho capito che era meglio darsi da fare e incominciare ad essere utile, per una buona volta.
Toc Toc
Getto i guanti da cucina sul tavolo bandito per la cena, infilo le ciabatte di quattro anni fa e le mie mani scorrono sul pomelo d’oro della porta di casa per aprire a qualcuno che forse cerca di ricordarmi che domani tocca alla mia famiglia ad annaffiare  le aiuole del quartiere.
‘Ciao, scusa se ti disturbo, sono il nuovo vicino’ I suoi occhi di ghiaccio scivolano come delle bisce nei miei, insignificanti come il mio carattere e le sue guance color rosso sangue percorrono la mia schiena a piccoli ma rumorosi passi facendomi rabbrividire come le frasche degli alberi ricoperti di brina invernale. Non avendo niente da dire, le mie labbra formarono un cordiale sorriso, per invitarlo a entrare. Nemmeno nelle favole ebbi visto una creatura più rara ed affascinante come lui.
 

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Capitolo 2
*** secondo capitolo. ***


Lo faccio accomodare sul morbido divano di pelle che padroneggia in salotto, e smuovo le tende rosse per far entrare un po’ di luce in quello spazio così pieno di vita e anche nel mio animo, appassito come una rosa di cui nessuno si prende più cura. I suoi occhi cristallini come l’oceano  si guardano intorno per cercare di constatare in che razza  di posto fosse capitato: i suoi capelli biondi come il grano appena raccolto, le sue labbra delicate come i petali di rose del mio sguarnito giardino e le sue gambe,  le sue mani, le sue guance farebbero morire tra le sue braccia ogni ragazza. Noto con molta diligenza che continua a muovere le mani, come se cercasse di esprimersi ma nessuna parola esce dalla sua deliziosa bocca. Scosto i miei capelli dal viso ancora da ragazza, accavallo le gambe senza un filo di imperfezione e guardo attentamente nei suoi occhi, anche se è molto difficile concentrarsi e atteggiarsi come una padrona di casa con questa meraviglia a soli due centimetri da me.
‘Io sono Niall Horan, tu sei..? mi porge la mano e io la stringo delicatamente, come se avessi in braccio un neonato incapace di parlare ma con un’infinità di insicurezza.
‘Io sono Allison, Allison Smith’ il suo sorriso è come un arcobaleno appena sorto nel cielo grigio di una tempesta ormai passata: mette allegria e dolcezza nel cuore.
Passiamo quattro minuti e due secondi in silenzio, facendo comunicare solo i nostri sguardi, i nostri gesti e i nostri pensieri che si accavallano tra i fatti della giornata e le paure di un lunedì mattina. Con molto imbarazzo e con molta agitazione mi alzo dal divano in cui mi pare di averci passato un secolo e curo ogni mio passo, ogni mio movimento pur di non sembrare impacciata, come ho sempre fatto in diciassette anni.
La mia mano si posa sulla teiera di porcellana con decorazioni azzurre appartenente alla mia defunta nonna e le mie dita curate ne portano via la polvere accumulatasi in tutti gli anni passati in questa casa, senza mai essere utilizzata: è come mi sento io, come un oggetto messo da parte da un genitore con troppe preoccupazioni per essere ammirata e compresa come dovrei.
‘Ti va un tè’
‘Certo, come no.’ Non riesco a togliere gli occhi di dosso dalla sua persona, sono totalmente attratta da lui sia fisicamente che moralmente: come un bambino non smetterebbe mai di leccare il suo lecca-lecca io non finirò mai di ammirarlo. Finalmente qualcosa sta cercando di uscire, qualcosa che non ho mai sentito, mai provato e che non mi era mai capitato, credo che sia un colpo di fulmine in un cielo azzurro come i sui occhi.
‘Oh scusa, si è fatto tardi, ho allenamento fra cinque minuti. E’ stato un piacere conoscerti’. Aspetto la fatidica frase. Su.Su.Su. ‘Ci si vede’. Lo vedo scomparire dalla mia vista, da dietro una semplice porta di legno di quercia. Sento improvvisamente una nostalgia che compare nel mio stomaco e nella mia testa che prima o poi scoppierà dal troppo pensare. Mi ha lasciata qua, da sola, con una teiera in mano, ma sono sicura che fra di noi si fosse accesa una luce  in una città buia e noi siamo l’unico modo per tenerla ancora accesa e salvare milioni di persone. La chiave gira lentamente nella serratura. Il mio cuore sobbalza.
‘Ciao tesoro, tutto bene?’
‘Si papà’.
Un’incontro con un angelo si può definire ‘bene’? Io direi semplicemente fantastico.
 
 

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Capitolo 3
*** terzo capitolo. ***


Lo sapevo. Avrei dovuto immaginarlo.  Mi alzo dal letto incapace di mettere in funzione il mio cervello e mi trascino pesantemente in cucina dove mi aspetta una tazza di tè fumante.
‘Ehi tesoro, dormito bene?’ vorrei ancora capire come mai i genitori alla mattina, non abbiamo una domanda di riserva al ‘dormito bene?’. E’ ovvio che non ho chiuso occhio tutta la notte, neanche con la musica classica che mio padre continuava ad ascoltare per mezzo del megafono in salotto.
‘Si, grazie’. Come no.
Mi accascio sulla sedia di legno che padroneggia nella sala, regalatoci dal nonno, e sfoglio il giornale mattutino che come al solito ritrovo sul tavolo puntualmente alle sette e mezza.   
‘Allora Allie, pronta per le ripetizioni di latino?’ Cerca di assumere un’aria felice giusto per tirarmi un po’ su di morale, ma invano.
‘Certo, prontissima’. Sbuffo e con aria contrariata, mi metto a cavalcioni sul divano e fisso, quella che una volta era la nostra famiglia: papà, mamma, il piccolo Jason, nonno, nonna e il cucciolo di labrador che avevo trovato nel bosco: Puff. Alcune lacrime mi inumidiscono gli occhi, ma cerco di ricacciarle indietro. In fondo, sono una persona adulta, responsabile.. e poi è passato così tanto tempo.
Salgo le scale in fretta e in furia scacciando quei brutti pensieri che alle volte si precipitano furiosamente nel mio cervello. Apro l’armadio e decido con noncuranza di indossare una felpa grigia,i  jeans e le mie adorate vans: niente di più normale. Stacco il filo del caricabatterie dalla spina e infilo gli auricolari nelle orecchie e alzo al massimo la mia canzone preferita dei the script; scendo le scale facendo attenzione a non inciampare ed eventualmente rompermi una costola e do un bacio frettoloso a mio papà intento a cuocere delle crepes per il mio fratellino.
‘Non fare tardi, mi raccomando’ perché i genitori devono ripetere sempre le stesse cose?
‘Si, tranquillo’ apro la porta e la sbatto alle mie spalle. Finalmente sono libera. Finalmente posso passeggiare tranquillamente senza essere assalita da preoccupazioni, ansia e le solite paranoie che colpiscono le povere diciassettenni depresse. Depresse però non vuol dire che non ho soldi a sufficienza per comprarmi la borsetta di Louis Vuitton messa in vendita dieci giorni fa: è sempre per ragioni più che valide. I miei piedi calpestano l’erba rigorosamente verde situante nel giardino di nostra proprietà mentre le mie mani sono intente a scivolare sul display in cerca di una canzone in grado di ridarmi energia, che ho perso più o meno da sette anni.
‘Ehi, Allison’ Sussulto. Quella voce..Mi giro di scatto. Una mano alzata cerca di attirare la mia attenzione e mi accorgo che un angelo è fermo sul vialetto di casa mia con in mano una bottiglia di birra fresca.
‘Ciao’ Allison. Calma. Calma. Cerca di non arrossire, di iniziare una conversazione normale, tra gente assolutamente normale e di non gesticolare come fai di solito per nascondere l’imbarazzo. I miei pensieri non mi agevolano affatto. Oddio.
‘Robin, Cole, Meredith, venite qui a salutare la mia vicina di casa’ Vedo avanzare due ragazzi, e uno di questi, ha sottobraccio una ragazza,truccata pesantemente, con una borsa di Gucci in  mano e con un tubino che dovrebbe essere sexy, ma il grasso le fuoriesce dal vestito troppo attillato per le sue forme generose.
Lei,  accortasi del mio sguardo posato sui suoi vestiti, mi osserva con provocazione e in direzione di Niall, osserva:  ‘E questa pezzente chi sarebbe?’ Ho un groppo in gola. Sto cercando di non piangere davanti a tutti. Questo è troppo. Nessuno ha mai pronunciato queste parole con tanta facilità e disgusto.
‘Meredith, cerca di essere cortese, almeno per una volta’ I suoi occhi. Mi ci potrei perdere dentro. Sono di un azzurro perfetto.  Dentro di essi, scorgo tutte le sue verità, tutti i suoi segreti mai rivelati e la sua purezza d’animo.  Cerco di assumere un’aria da ‘tanto non me ne frega niente di quello che stai dicendo’ ma non riesco. Non posso far scivolare via queste parole, come la pioggia scivola dall’ombrello.
‘Dai, cerca di non essere sempre imbronciata’ un ragazzo alto quanto un palo del lampione mi fissa e ride a tutto spiano mentre io  intravedo  il suo apparecchio per i denti, da una gomitata a Niall e quest’ultimo si unisce al gruppetto che sta ridendo di me. Fantastico. Con la voce tremante  sussurro ‘stronzi’.  Spero che mi abbiano sentito, anche se ne dubito. La mia giornata è rovinata . Più o meno come la mia vita. Cerco di non badare molto a loro e mi faccio strada tra gli alberi di ciliegio e i cespugli potati alla bell’è meglio, anche se è molto difficile restare concentrati quando un ragazzo affascinante ti sta guardando da ben dieci minuti e controllando che tu non cada da un momento all’altro.
‘Grazie Niall, ma non c’è bisogno del tuo aiuto morale per camminare’ queste parole sono uscite dalla mia bocca come un fulmine, non ho neanche pensato al significato che assumono e soprattutto non sono stata così tanto sgarbata in tutta la mia umile esistenza. Bhè, ma in fondo è colpa sua. 
‘Allison, sei arrabbiata con me?’ cosa te lo fa pensare?
‘Fatti un esame di coscienza’ Bene. Alcune lacrime scendono, rigandomi il viso. Non voglio che la gente pensi che sia una sensibile e che non faccia altro che piangere, anche se non hanno tutti i torti.
‘Allison, aspetta!’
‘Se vuoi cercami, ma non adesso perché mi stai facendo solo perdere tempo.’ Ormai soffrire fa parte della mia routine quotidiana. Devo solo non pensarci. Non è così complicato, no?
 

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Capitolo 4
*** quarto capitolo ***


Corro a perdifiato con le cuffiette pendenti da un lato,con la borsa viola da cui fuoriescono un libro e un quaderno a strisce bianche e rosse mentre cerco disperatamente di pigiare i tasti per telefonare a mio padre per accenargli l`accaduto anche se in questo momento credo sia impegnato nel suo ufficio.
`la persona da lei chiamato non è al momento raggiungibile` no.
il cellulare scivola mia dalla mano sudata e frenetica come una farfalla che spicca il volo; lo raccolgo dal terreno freddo e bagnato cautamente, curando tutte le mie mosse per non sporcarmi di catrame e quindi oltre ad arrivare in ritardo, di assomigliare ad una barbona raccolta dalla strada. Senza offesa per i senzatetto. ma adesso come faccio? riordino le idee nella mia mente cercando di capire come mai mi caccio sempre nei guai. Ma non finirei più. Una macchina sfreccia vicino a me facendomi sobbalzare e inzuppandomi tutti i vestiti: mi sembra di recitare in un film o piu probabilmente di essere la protagonista dei miei stessi incubi. A testa alta, facendo particolarmente attenzione a non incrociare gli sguardi con i passanti che ad ogni mio rumore mi lanciano occhiate di compassione e di stranezza,cammino sul marciapiede che mi dovrebbe portare alla scuola in cui si tengono lezioni di latino, algebra e altre inutili materie che fanno solo perdere tempo ad alunni che aspirano a diventare qualcuno, invece di sprecare ore sui libri che non danno senso logico alle frasi. Prendo una ciocca dei miei monotoni e castani capelli e la rigiro fra le mie dita candide e bianche come il latte sbuffando ripetutamente con la bocca: diciamo che tutto sarebbe filato liscio se uno sconosciuto non mi avrebbe rubato il foglio con dentro tutte le istruzioni per arrivare all` innominabile posto. Continuo a camminare non sapendo da che parte andare e soprattutto non sapendo neanche dove mi trovo, il che è preoccupante; ma come si usa dire, tutte le strade portano a Roma: peccato che io non debba andare a Roma. In lontananza intravedo un taxi giallo diretto nella mia direzione, e il cuore mi batte fortissimo, senza neanche saperne il motivo. Si ferma proprio davanti a me e un ragazzo apre la sportiera per farmi salire. No: è un sogno oppure uno scherzo?
`Questo è per farmi perdonare` Ok. Mi sa che sto sognando.I suoi occhi si specchiano nei miei come in una fontana ricolmo di monetine e i suoi capelli biondi risplendono al sole primaverile mentre con le mani spegne il suo cellulare che stava ricevendo una chiamata.
`Non dovresti essere qua` Sto assumendo un tono da povera vittima, ma il risultato non è quello sperato.
`E tu non saresti dovuta scappare` Ma non ha capito?
`Sai com`è, non è molto bello venire derisa da un branco di idioti.` Si, vai cosi Allison.
Lui sta cercando disperatamente di rispondere con frasi intelligenti ma niente esce dalla sua bocca.
`E comunque..` continuo `tu cosa ci fai qui?`
Il mio stomaco si contorce in attesa di una sua eventuale risposta,ma lui calmo, inspira e con un fil di voce dice `È una storia troppo lunga` Ma questa sarebbe una risposta?
`Abbiamo un lungo viaggio da fare, mi sembra` Entro in macchina e incrocio le mani per
calmarmi.
`Si, giusto` Farfuglia. E per tutto il viaggio i nostri sguardi parlarono da soli senza il bisogno del suono delle parole.


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