La Maschera

di Glory Of Selene
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Infanzia ***
Capitolo 2: *** Uno Specchio ***
Capitolo 3: *** Alcool ***
Capitolo 4: *** Un Unico Episodio ***
Capitolo 5: *** Mille Falchi ***
Capitolo 6: *** Un Panno Nero ***
Capitolo 7: *** A Volto Scoperto ***



Capitolo 1
*** Infanzia ***


«Sono loro, quelli che vanno all’Accademia?»
«Sì. E fra qualche anno ci sarai anche tu.»
Silenzio, per qualche minuto. Poi: «Non sono sicuro di voler andare, papà.»
«E’ normale.»
Erano in due, un bambino e un adulto, il primo si nascondeva dietro la gamba dell’altro e sbirciava fuori con un paio di grandi occhioni a metà tra il grigio e l’azzurro.
«Lo vedi anche tu, no? Sono molto più piccolo degli altri.»
L’uomo gli sorrise e gli scompigliò i capelli, come se non fossero già stati spettinati per conto proprio. Erano chiarissimi, sembravano argentati, esattamente come i suoi.
«La forza fisica non è certo il migliore strumento che un ninja abbia a disposizione. E comunque, non devi preoccuparti per questo: hai ancora così tanto tempo per crescere!»
Il bimbo non rispose, ma rimase qualche attimo a rimuginare sulla sua risposta.
«Su, ora basta, andiamo.» aggiunse l’adulto dandogli una leggera spintarella in avanti.
Il piccolo si rimise in cammino, pur senza mollare i pantaloni del padre. «Ma papà, io ho paura, ho paura sul serio!» ribatteva.
«Si può sapere che cosa ti terrorizza così tanto?»
«Non riuscire ad essere bravo come loro.»
«Se mostrerai loro di credere di essere bravo quanto loro, lo sarai.»
«Cosa?» chiese il bambino storcendo il naso.
Il ninja rise e lo prese in braccio. «Mostrati sicuro, Kakashi! Fingi di esserlo, anche se hai paura.»
«Sì, papà.»
«E poi, anche se fallissi una volta non succederebbe niente. Cosa vorresti fare? Metterti una maschera e andare in giro con il volto nascosto per tutta la vita?» un’altra risata, più forte.
Anche il bimbo rise con lui.





Ciò che dice l’Autore

Prima di tutto, grazie a chi ha voluto leggere questo primo capitolo.
Devo dirvi, tutta questa raccolta è un esperimento unico. Non ho mai scritto flashfic, raccolte men che meno (basti dirvi che normalmente non riesco a scollarmi dalle long di diciotto capitoli e passa,  di dieci pagine l’uno :S Non so mettere freni!), ma l’idea mi ha affascinato e ho voluto cimentarmi. Dovevano essere delle Drabble all’inizio, ma non credo riuscirò MAI ad arrivare a scrivere entro le 110 parole, dovrò rassegnarmi…
Altro esperimento è stato Kakashi. È il personaggio che in assoluto preferisco (potrei dire che ne sono follemente innamorata, ma vi risparmio i miei scleri da adolescente in piena crisi ormonale), e questo più che un’agevolazione è diventato un limite, perché tendo a farmi prendere da deliri da romanzo rosa, del tipo eroe bello&tormentato&coraggioso&dolce&simpatico&intelligente&strafigo&… potrei continuare così per venti pagine. Non riesco mai ad essere oggettiva con lui e infatti, tutto quello che ho scritto su Kakashino bello è stata una long infelice che non è andata oltre i due capitoli, ovviamente la odio e il mio Kakashi è all’orlo dell’OOC.
Partendo da questi presupposti, un’introspettiva su di lui potrebbe sembrare un suicidio. Ma io A) manifesto dei pericolosi istinti autolesionisti B) non riesco a resistere a certe tentazioni quando la Musa arriva a bussare alla mia porta.
Parlo di questa prima flash e poi giuro che mi tappo la bocca. La gentilissima e pazientissima The Edge, alla quale ho inflitto in anteprima  le storie di questa raccolta (al contrario mio, lei è molto oggettiva e non si perde in fronzoli), mi ha detto dopo averla letta che le suonava strano che Sakumo fosse così dolce con il figlio. Io sono caduta in crisi esistenziale e c’ho pensato per giorni; e poi ho lasciato tutto così com’era. In realtà, io temevo che criticasse di più il mio Kakashi bambino, perché potrebbe sembrare strano che prima di entrare in Accademia fosse così insicuro, ma ci tenevo a creare un netto stacco tra il Kakashi prima della maschera e il Kakashi dopo la maschera; e dato che non ci vengono forniti dati precisi su quando il jonin abbia cominciato a nascondere il proprio volto, ho voluto supporre che l’abbia fatto appena prima di diventare un ninja, entrare a contatto con le persone eccetera eccetera. Per quanto riguarda Sakumo, non ce n’è, io lo immagino proprio così. Tanto dolce, e tanto paterno. Tiratemi pure le bastonate sulle gengive, le accetto volentieri T_T
Le note sono più lunghe del capitolo. Povera me. Non mi resta che salutarvi e dirvi che aggiornerò a giorni alterni.
A dopodomani! Un bacio.
Glory.


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Capitolo 2
*** Uno Specchio ***


Il buio della notte s’era insinuato dappertutto, nelle strade, tra gli alberi, nelle case persino. Ma lui aprì l’uscio stancamente, e attraversò l’ingresso senza nemmeno farci caso. Dietro di lui, la porta sbatté con un rumore quasi stizzito.
I suoi passi lo portarono dritto in cucina; non si svestì neanche. Dopo aver preso nota di quanto fosse inesorabilmente vuoto il suo frigorifero, afferrò con un sospiro una mela e con quella raggiunse il bagno. Lì accese la luce per la prima volta.
S’appoggiò al lavandino con entrambe le mani. Solo allora si permise di sciogliere i muscoli, distenderli per quanto possibile, assaporare il dolore della fatica che a differenza di tutti gli altri era l’unico a mantenere un vago senso di soddisfatto piacere.
Era stata una giornata lunga.
Alzò lo sguardo sullo specchio solo dopo molti minuti di silenziosa meditazione. Non aveva mai amato fare le cose di fretta, lui. Ricambiò intensamente l’espressione dell’unico occhio che lo osservava proprio davanti a sé. Era diventato scuro; un azzurro cupo, sporco, nero. Forse aveva semplicemente visto troppe volte il volto della morte senza poterla mai abbracciare.
Il primo gesto fu lento. Curato. Quasi un rituale. Si slacciò il coprifronte con una sola mano e lo posò accanto a un asciugamano. L’altro occhio, quello solcato dalla cicatrice, quello che serbava uno dei suoi tanti segreti, lanciò una fitta d’avvertimento, ma Kakashi l’ignorò.
Tornò a guardarsi da sotto i ciuffi di capelli argentati che gli ricadevano sulla fronte. Come quelli di suo padre.
Esitò a lungo, prima di compiere l’ultima azione. Questa volta le portò al viso entrambe, a toccare quella stoffa che aveva sostituito il suo volto. Ad accarezzarla, quasi con affetto. E, con rimpianto, ad abbassarla.
Rimase a fissarsi, come congelato. Bloccato su quel viso che era diventato estraneo persino a se stesso. Quasi timore, quasi spavento, a brillare nel suo unico occhio.
Kakashi non aveva paura della morte. Non gli dispiaceva anzi, il suo sorriso velenoso, per quanto terribile.
Di che cosa può aver paura allora un uomo, se non di morire?

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Capitolo 3
*** Alcool ***


Alcool. C’era sempre tanto alcool in casa, in quegli ultimi tempi.
Kakashi mise la testa nella sala, impaurito da quello che avrebbe potuto vedere. Casa sua rimaneva l’unico luogo in tutto il Villaggio della Foglia in grado di mettere a galla e denudare ogni suo sentimento più intimo. E adesso, provava timore.
«Papà?» mormorò, sperando che la sua voce non risultasse così flebile. Era tra i migliori, all’Accademia; un ninja sorprendente, dicevano tutti. Non poteva mostrarsi tanto debole.
Non gli arrivò nessuna risposta.
«Papà, sei in casa?» insistette, con più convinzione questa volta. La morsa gelida dell’angoscia gli serrò il petto in quel momento esatto, ma si costrinse a non badarci.
Poi, un suono, debole e rauco.
«Onore…» si sentì dire.
Il ragazzino attraversò la stanza di corsa per scoprire il padre affossato scompostamente dietro una poltrona.
Si trovava spiazzato, non sapeva quale reazione avere di fronte a uno spettacolo come quello, purtroppo diventato ormai la normalità. Non sapeva se essere disgustato, o disperato. Non sapeva se lasciare che il panico lo trascinasse via, o se cadere in balia della pena e del dolore invece.
«Kakashi. L’onore, tu lo sai cos’è?»
La voce di Sakumo era bassa e graffiante.
Il ragazzino non osò fiatare, ma scosse la testa.
«Nemmeno io.» sussurrò stancamente il ninja, tornando a svaccarsi sul pavimento. «Ma so cos’è il disonore. Ed è terribile.» Kakashi non aveva mai visto la paura sul volto di suo padre, e ne fu terrorizzato. «Non lasciare mai che il disonore ti colpisca. Mai! Hai capito?!»
«…Sì.»
Il padre gli sorrise; ma era un sorriso vuoto. «Bravo, ragazzo. Ora… ora lasciami.» Si alzò a fatica, lo spinse di lato e mosse qualche passo barcollante verso la propria camera. «Devo… fare una cosa. Una cosa, sì.»
Di nuovo quella morsa ghiacciata, nello stesso punto di prima. «Che cosa, papà?»
Sakumo si fermò, a guardarlo. I suoi occhi erano vacui, fissavano il nulla. Poi però si accesero; tornarono morbidi e caldi com’erano sempre stati, e per un istante, solo per un istante Kakashi sperò che tutto sarebbe tornato come prima.
Ma Sakumo s’inginocchiò di fronte a lui. «Togliti la maschera.»
Lui si ritrasse, e si portò d’istinto una mano al viso, ma il padre gliela scostò con dolcezza. «Ti prego.», insistette. «Voglio vedere il tuo volto. Voglio vedere mio figlio.»
In una situazione normale, Kakashi si sarebbe rifiutato, categoricamente. Ma quella volta, fu come se una forza misteriosa gli avesse guidato la mano, e l’avesse smascherato personalmente.
Sentì le lacrime salirgli al volto, e vide quelle stesse lacrime riflettersi anche su quello di suo padre.
«Grazie.» lo sentì mormorare tra i singhiozzi.





Ciò che dice l’Autore

Ecco un'altra flash sul passato di Kakashi; ci tenevo molto a mostrare questo episodio particolare della sua vita (la morte del padre), perché è fondamentale per la sua crescita e per il suo futuro come uomo. Ora, io ho cercato in lungo e in largo una qualche descrizione della morte di Sakumo (come si è suicidato, ad esempio), ma non ho trovato nulla e così ho dovuto supporre. Non che mi sia dispiaciuto, anzi, quando scrivo mi trovo sempre meglio ad improvvisare, ma non vorrei che mi fosse sfuggito qualcosa e, qualora abbia scritto qualche castroneria, mi scuso in anticipo con tutti i veri esperti della serie.
Un enorme grazie a tutti quelli che hanno letto sin qui, e a quelli che hanno voluto recensire!
Baci,
Glory.


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Capitolo 4
*** Un Unico Episodio ***


Kakashi era un pensatore. Parlava poco, rifletteva molto. Troppo, forse; ma rimaneva pur sempre la dote che rendeva perfette tante delle sue strategie.
Quel giorno, in particolare, rifletteva sugli esaminatori. Da molto tempo non veniva più esaminato da nessuno; da quando avevano stabilito che sarebbe stato lui ad esaminare, e allora, all’improvviso, nessuno parve avere più l’interesse o il diritto addirittura di farlo con lui. Certo, le sue azioni, le sue capacità, parlavano da sole. Ma dava sempre una certa sicurezza la prestazione finalizzata al mero giudizio, possedeva una meccanicità quasi rassicurante.
Hatake Kakashi, avrebbe detto. Figlio della Zanna Bianca della Foglia, allievo del Quarto Hokage. Divenuto chunin a sei anni, jonin a tredici. Inventore del famoso Taglio del Fulmine, altrimenti detto Mille Falchi. E…
Conosciamo tutti queste cose, l’avrebbero interrotto, e anche di più, considerando tutte le varie leggende che circolano sul suo conto. Ma a lei, personalmente, sensei. È mai riuscito qualcuno a mettere davvero in difficoltà?
Kakashi suppose che si sarebbe stupito di fronte ad una domanda del genere, ma che sarebbe rimasto tranquillo, a pensarci su.
Probabilmente avrebbe mentito.
Ma se il fantomatico esaminatore fosse stato una persona di cui davvero si fidava, allora avrebbe risposto sì, una volta.
E, nel suo racconto, non avrebbe parlato di tutti i ninja straordinari che aveva affrontato nel corso della sua vita. Non avrebbe ripercorso gli eventi di quelle imprese note a tutti, che sentiva sussurrare quando veniva riconosciuto.
Avrebbe parlato di quella volta che gli era stato affidato il compito di eliminare un ninja pressoché sconosciuto, ma del tutto squilibrato, e pericoloso per questo.
Kakashi forse, non aveva paura di ammetterlo, l’aveva sottovalutato. Come tutti, d’altronde; ma è un errore comune, quello di sottovalutare la follia, e stupirsi della sua grandezza solo quando ormai è diventata così profonda da essere impossibile da sradicare.
Era stato uno scontro difficile; e alla fine lui si era ritrovato immobilizzato, il suo nemico a torreggiare su di lui. Kakashi lo guardava negli occhi. Sapeva che sarebbe morto, ma non provava alcun timore.
L’altro ricambiava lo sguardo, e sorrideva. Gli bastava poco, pochissimo, per ucciderlo, ma non lo faceva. Aveva allungato una mano invece; prima di ogni altra cosa, Kakashi aveva capito il suono della stoffa strappata.
Dapprima stupore. Puro. Ingenuo. Nessuno aveva mai fatto una cosa simile.
Poi il pudore. La vergogna. Solo allora, la paura. Aveva tentato di nascondersi con una mano, ma l’altro era stato veloce ad inchiodarla a terra con un kunai.
«Io, solo, ho visto il viso di Kakashi Hatake. IO!» aveva gridato. «E lo vedranno tutti. Tutti. Sul cadavere che appenderò a Konoha. Sì…». Rideva.
Il terrore, Kakashi, lo conobbe così. Sentendosi nudo, e vulnerabile, come un bambino.
Aveva piantato un kunai nello stomaco del suo nemico con la mano libera, che tremava ancora. Non gli importava di essere vivo, grazie alla pazzia del suo avversario.
Si era rialzato. Nudo, sconvolto, e tremante.
 

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Capitolo 5
*** Mille Falchi ***


Erano mille. Mille e più. Volavano tutt’attorno a lui, facevano un rumore terribile, lo annientavano; avrebbe voluto gridare, che la smettessero, che lo lasciassero in pace, per una volta.
Erano mille, mille falchi, neri come la notte che, complice, li aiutava a venire a ghermirlo, e contro di loro lui sapeva di non poter fare niente.
Molti ninja preferivano le armi da lancio a quelle corpo a corpo. Le armi da lancio permettevano di uccidere con freddezza, non facevano distinzione tra la persona reale e il bersaglio di paglia, e il lanciatore non si accorgeva neanche del momento esatto in cui la sua vittima esalava l’ultimo respiro. Il gesto delle armi normali, invece, era molto più brutale. Avvertire nettamente la vita del nemico fare resistenza e aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non svanire, e continuare invece a spingere, andare sempre più a fondo, lottare di persona contro quell’anima.
La gente la chiamava Mille Falchi, perché il rumore era quello di uno stormo di uccelli. Lui aveva sempre preferito Taglio del Fulmine, perché odiava quel suono.
Ricoprire la propria mano di chakra del fulmine, far di se stesso un’arma. Chissà quante persone aveva ucciso, in quel modo. Atroce.
Perché di atrocità si trattava. Quando non è lama, non è ferro a penetrare nel corpo di un uomo, mai sei tu stesso, allora è lì che sei brutale. Quando vai ad afferrare con la tua stessa mano l’anima del tuo nemico, e sei tu di persona a strappargliela via, non sei né cecchino né uccisore. Sei la morte stessa. Li avverti tutti, i rantoli della vita che stai massacrando. Uno per uno, finché rimane solo silenzio, e non c’è più nulla nell’avversario che ti si oppone.
Kakashi li aveva sempre sentiti tutti.
Era una ragazzina, giovane quanto lui, ed era bella. Si era sempre stupito di come una parola talmente comune – bella – acquistasse un significato così candido e pulito quando si parlava di Rin. Nemmeno la maschera poteva proteggerlo da quella bellezza, anzi, la peggiorava. Si guardava allo specchio, e vedeva solo il nero, il nulla senza espressione del peggiore tra gli assassini.
Kakashi si dimenava, come preda delle torture più terribili, e quel suono gli rimbombava nelle orecchie. Ogni notte.
Quando nessuno, nemmeno lui stesso, poteva sentirlo, Kakashi gridava perdono.




Ciò che dice l’Autore

Allora, questa storia un pochino si allontana dall’argomento principale della maschera, ma ho pensato che parlando del mondo delle emozioni e dei pensieri di Kakashi fosse impossibile tralasciare una cosa tanto importante per lui.
È difficile parlare di questo evento, perché ancora non si sa bene per quale diavolo di motivo Kakashi abbia dovuto uccidere Rin, e quindi era complicato decidere che emozioni provasse il jonin a riguardo. L’unico sentimento che sono certa che provi è il rimorso; ed è su questo ho basato la flash.
Spero vi sia piaciuta!
Glory.


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Capitolo 6
*** Un Panno Nero ***


Una delle caratteristiche fondamentali di un ninja, insegnavano, è la freddezza. Mai farsi cogliere dalle emozioni, in missione come in guerra.
Lui era questo, un freddo. Poche cose lo infuocavano, poche lo commuovevano, poche lo esaltavano, poche lo abbattevano. La sua non era apatia, era freddezza. Non crudeltà: freddezza.
Esisteva un unico sentimento immune alla freddezza.
Kakashi si ricordava della paura.

Doveva essere forte. Era una consapevolezza, non un’imposizione.
Lui aveva molte consapevolezze. Troppe forse, per un bambino della sua età; ma era fatto così, non poteva smettere di pensare. Il pensiero, la mente, erano tutto per lui; e nemmeno se ne rendeva conto.
Suo padre mancava spesso da casa. Era un ninja, gli dicevano, tra i più forti al mondo: doveva andare in missione, per il bene del villaggio. Kakashi era orgoglioso di lui.
Sul volto del padre, non aveva mai visto la paura. Aveva visto la rabbia, il dolore, la felicità, ma il terrore, quello mai. Kakashi si guardava allo specchio, e vedeva un Sakumo bambino, che aveva paura. E allora voltava le spalle alla sua immagine, e tentava di dimenticarla.
Che cos’è, un volto?
Se l’era posta eccome, questa domanda, mentre osservava il cielo. I grandi lo paragonavano ad un libro; e lui aveva deciso che poteva essere d’accordo. Un foglio bianco dove scrivere emozioni e pensieri.
Kakashi era fatto così, non poteva smettere di pensare. Il pensiero, la mente, erano tutto per lui; e quando se ne rese conto, cominciò a diventarne geloso. La riflessione, quella la sua unica arma. Senza era vulnerabile. Scoperto. Nudo.
Vorrei poter dire che era notte – momento perfetto, davvero perfetto, per le decisioni importanti, quelle che cambiano la vita –, ma era mattino invece. Non pioveva, ma c’era il sole. Kakashi – questa la cosa che meglio si ricordava – si era svegliato, e suo padre non era a casa.
La stanza non aveva niente di strano. Soliti letti, soliti comodini, solito armadio.
Ma, per terra, abbandonato sotto una sedia, come se fosse stato una cosa di nulla importanza, c’era un panno nero.
La prima cosa che vide Kakashi, quella mattina, fu un panno nero.




Ciò che dice l’Autore

Dunque, a rischio di ripetermi, anche questa singola storia è un esperimento. È l’unica che la cara Edge non ha letto, anche perché inizialmente le storie erano sei, ma rileggendole ho visto che c’era qualcosa che non andava, e ho scritto questa per completare il tutto, così, di getto. Contiene molti rimandi alle riflessioni presenti nella quarta (il suo essere “un pensatore”), e descrive il momento in cui Kakashi ha deciso per la prima volta di coprire il proprio volto.
Spero proprio che vi sia piaciuta!
Glory.



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Capitolo 7
*** A Volto Scoperto ***


Senza rumore e senza odore… E’ questa la fine di un ninja.

 
C’era guerra.
C’era dolore. Acuto e martellante. C’era determinazione, una determinazione bruciante, o la riuscita o la morte, questa la consapevolezza.
Lui sapeva che cos’era la guerra, e quali erano le strategie – strategie – che permettevano di vincerla. Un soldato non valeva niente. Niente.
Quante persone aveva visto morire, Kakashi. Quante ne aveva fatte morire egli stesso; sembrava essere diventata una sua compagna abituale, la morte. Silenziosa, sempre al suo fianco, senza che mai lo toccasse.
Nel momento esatto in cui decise di morire, Kakashi la sentì. Nulla, nella sua testa. Solo un rimpianto.
Obito…
Fu un trapasso dolce, per sfinimento. Quasi come addormentarsi. Un attimo prima aveva chiuso gli occhi, un attimo dopo quel buio era diventato tutto il suo presente, tutto il suo futuro, tutto se stesso. Dentro al buio, si sentiva perso e insieme ritrovato. Avvertiva distinte le due forze – il suo corpo morto, e la sua anima che bramava il volo – impegnate in una lotta furiosa, atroce quasi, avrebbe detto.
E poi, gli capitò qualcosa.
Per la prima volta, avvertì il tatto della stoffa ruvida sul volto.
Un fastidio, una costrizione. Non più paura. E il desiderio di toglierla. E vivere. Libero.
Si ribellava, il suo cadavere. Lo tratteneva a sé, in quel limbo, in quel buio.
Sei tu, Kakashi?
Non l’aveva più sentita, quella voce. L’ultima parola che ricordasse avere quel suono, era stato un Grazie.
Kakashi avrebbe voluto fare tante cose, tante cose che anni passati a centellinare le proprie emozioni gli impedivano.
Non sapevo fossi qui.
Perché non mi racconti la tua storia?
Lui gli sorrise, sorrise a suo padre, e si sedette accanto a lui. Un senso di pacata beatitudine dentro di sé, persino in quel limbo nero. Finché…
 
Luce.
Il volto di suo padre che sbiadiva.
Che succede?
Sembra che per te sia troppo presto. Hai ancora da fare lassù.
Panico.
Papà…
Sono contento di aver parlato con te. Grazie per avermi perdonato. Finalmente riuscirò a riposare in pace, e a rivedere mia moglie.
La luce era sempre più forte, ma Kakashi non voleva andare. Voleva anche lui rivedere la mamma.
Voleva anche lui togliersi la maschera. Lo desiderava più di ogni altra cosa.
 
Quando riaprì gli occhi, non si ricordava di suo padre. Né della meravigliosa sensazione della promessa di poter vivere, un giorno, a volto scoperto. 




Ciò che dice l'Autore
E così finisce anche questa raccolta. E' stata breve, ma io l'ho trovata intensa. Scriverla mi è piaciuto da morire, mi sono divertita come non mi succedeva da molto tempo e sono davvero felice che abbia anche riscontrato dei giudizi positivi.
Per quanto riguarda questo singolo capitolo finale, devo dire che l'ho ideato molto prima di molte altre, ma mi è subito stato chiaro che avrebbe dovuto essere la chiusura di tutto. Morire e poi tornare indietro non dev'essere un'esperienza facile; soprattutto il tornare indietro. Pur essendo una cosa terribile, per Kakashi la morte avrebbe avuto un riscontro positivo, si sarebbe liberato da tutti quegli stupidi vincoli con la vita terrena, si sarebbe tolto la maschera, perchè non ne avrebbe più avuto bisogno. Pur essendo confinato in un luogo che non era il vero aldilà, lui capiva come sarebbe stata la sua esistenza senza maschera, e la desiderava con tutto se stesso.
Beh, adesso la smetto di dilungarmi, vi dico solo che spero davvero che la mia conclusione sia piaciuta a tutti. Prima di passare ai saluti, però, ho qualche disclaimer da fare: Kakashi Hatake, Sakumo Hatake, Obito e Rin non sono personaggi che mi appartengono, ma sono stati partoriti da quel geniaccio di Masashi Kishimoto, e compaiono nel manga Naruto. Non ho scritto a scopo di lucro. La frase che compare all'inizio di questa storia, scritta in corsivo, non è mia ma è tratta da una battuta di Kakashi nel numero 3 del manga (dove lui spiega alla squadra 7 che cosa sia un ninja inseguitore); anche tutte le battute che in questa storia si scambiano Sakumo e Kakashi sono tratte dal manga, dai numeri 46 e 48.
Dunque, che dire, devo solo ringraziare tantissimo chi ha voluto leggere le mie storielle e chi ha lasciato una recensione, che sono molto importanti per me per capire dove poter migliorare ^^ Ho un sacco di storie da finire e da pubblicare in altri fandom, ma credo che tra un po' di tempo potrei tornare con un'ideuzza che mi ha sfiorata proprio in questi giorni sul caro Kakashi... Ok, basta, devo rimanere coi piedi per terra.
Un enorme abbraccio a tutti, e buon San Valentino :D
Glory.





 

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