Aku No Musume di ElPsyCongroo (/viewuser.php?uid=69204)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Che cosa stupida! ***
Capitolo 2: *** 2- Non mi pentirò mai. ***
Capitolo 3: *** 3- Una fata, un angelo. ***
Capitolo 4: *** 4- Lo scoprirà a tempo debito. ***
Capitolo 5: *** 5- Ti voglio bene. ***
Capitolo 6: *** 6- Vorrei vederti sorridere per sempre. ***
Capitolo 7: *** 6- È giunto il momento. ***
Capitolo 1 *** 1- Che cosa stupida! ***
†Aku no musume†
†La
Figlia del Male†
Capitolo 1: Che
cosa stupida!
“Che
cosa
stupida!”
“Non
è stupida
mia signora, è reale.
Non mi
crede?”
“Non
è quello
il punto!”
“E
allora qual’
è?”
“Semplice!”
rispose con un gran sorriso.
“Tutto
ciò che
desidero mi viene donato da Len, no?”
“Ha
detto una
cosa molto dolce principessa,” e a queste
parole
lei
divenne tutta rossa
“ma
ci sarà
qualcosa che io non posso darle.
Ci provi,
non
le costa niente! E poi le assicuro che funzionerà, non si
fida di me?”
“Uffi,
così
non vale! Lo sai che di te mi fido! Però in quanto
principessa e futura regina
di un regno credere
a una leggenda
popolare non va bene! Non mi si addice …”
“Allora
facciamo così …”
“Che
stai?!...”
Un lieve
movimento e la scintillante corona che dichiarava con la sua presenza
la
regalità della ragazza fu posata a terra con un lieve tonfo.
“Ora
non è più
la principessa, ma semplicemente Rin.
Così non
dovrà più prestare attenzione
all’etichetta, giusto?”
“Mhh…”
“Cos’è
che la
turba ancora?”
La
principessa
divenne tutta rossa alle parole del suo servo,
e si
voltò
dall’altra parte per non farsi vedere.
“…
hai un buon
profumo…” mormorò con un lieve sorriso.
“Come
ha detto
scusi? Parli più forte, altrimenti non posso
sentirla.”
“HAI
UN BUON
PROFUMO!!!” gridò la principessa Rin, diventando
ancora più rossa voltando le
spalle al servo, al SUO amato servo, così simile a lei.
“Ahahahahah!!!”
“Che
hai da
ridere?!”
“È
troppo buffa
principessa!”
“Come
osi-”
non riuscì a terminare la frase perché fu avvolta
dall’abbraccio del suo Len.
“La
prego, non
si offenda, l’ho detto in senso buono! Aveva un’
espressione così dolce,
serena, bella, totalmente differente da quella che mostra di solito ai
suoi
sudditi e al resto della corte! Dovrebbe essere sempre così
allegra e
spensierata, sarebbe davvero splendido.”
“Tsk,
sono solo
degli stupidi e degli approfittatori quei sudditi; se io mi dimostrassi
benevola diventerebbero degli avvoltoi. Devo essere severa con loro,
così come
lo era mio padre prima di me, prima che morisse; è
ciò che mi ha insegnato sin
da piccola, per essere una regina forte. Ma per fortuna ci sei tu, con
il quale
posso essere me stessa, semplicemente Rin, e non la
principessa.” Disse lei,
accoccolandosi tra le braccia di Len.
“La
ringrazio
per il suo affetto, principessa. Allora, tornando
all’argomento di prima: lo
facciamo?”
“…ok.”
Len prese
un
pezzo di carta e lo
divise in due,
porgendo una delle due parti all’ancora titubante
principessa. In seguito aprì
la boccetta d’inchiostro e porse la penna a Rin.
“Su,
scriva
prima lei.”
“Ok
ok!... Ecco
fatto! Contento?”
“Ovviamente!
Ora aspetti un attimo.” Dopo aver scritto anche lui sul
foglietto prese due
bottiglie vuote che aveva rubato dalle cucine e inserì un
foglietto per
bottiglia. Si alzò in piedi e tese una mano verso la
principessa “Su, andiamo.”
Mano
nella
mano si avvicinarono alla riva del fiume. “Ora stringa la
bottiglia con il suo
desiderio al cuore e lo ripeta mentalmente una volta.”
Restarono entrambi così
per un po’, con gli occhi chiusi e una bottiglietta di vetro
vicina al cuore.
“È
pronta?”
“Sì.”
Chiusero
le bottiglie con un piccolo tappo e le gettarono
nel fiume, seguendone il loro profilo fino a che non furono dei punti
lontani
che si dirigevano verso il mare.
“Ora
ci
penserà il mare ad esaudire i nostri desideri. Visto, non
era mica così
difficile.”
“Sarà,
però
non sono affatto convinta che il mio desiderio si avveri solo
perché bagnato
dal mare.”
“Non
è per
quello che si avvera, ma per l’intensità con cui
lo esprime. Il mare penserà a
proteggerlo. Su, è ora di tornare al castello, inizieranno a
chiedersi che fine
ha fatto.”
“Aspetta un attimo! Dimmi che cosa hai desiderato! ”
“Non
si può
dire cosa si ha desiderato, altrimenti non si avvera!”
“No
dai, ti
prego, dimmelo, ora sono ancora più curiosa di
prima!”
“Nono
principessa, su, ora andiamo.”
“Non
mi muovo
da qui fino a quando non mi dici cosa hai desiderato!”
“Oh,
quanto è
insistente! Si avvicini, glielo dirò, a patto che non faccia
più i capricci!”
“Finalmente!”
La principessa si avvicinò a Len e lui si
avvicinò pian piano e dolcemente al
suo orecchio sussurrando
“Ho desiderato
che il seno della principessa cresca!” e detto questo
scoppiò a ridere.
La
principessa
divenne ancora rossa e con uno spintono allontanò il servo
da se urlando “Ah
sì?! E allora io ho desiderato che tu diventi più
alto, tappetto!”
“Tappetto
eh?
Guardi che siamo alti uguali, così dicendo prende in giro
anche se stessa.”
“Non
è vero!
Io sono una ragazza, ed è un’altezza normale la
mia! Tu invece sei un ragazzo,
non è normale che tu sia ancora così basso! E poi
un servo non dovrebbe essere
così indisponente con la sua padrona, dovrei punirti per
avermi derisa cos-!”
non riuscì ha terminare la frase perché una
manata di acqua gelida la investì,
bagnandola da capo a piedi.
“Ahah,
sembra
un pulcino bagnato!” Len era vicino al fiume, con le mani
gocciolanti e piegato
in due dalle risate.
“Come hai osato! Ora me la pagherai!”
urlò Rin e così dicendo si lanciò su
Len
che nel frattempo stava tentando di ricomporsi, facendolo cadere nel
fiume
gelato con lei sopra. I due riemersero dall’acqua e
cominciarono a ridere
lanciandosi l’acqua del fiume addosso, bagnandosi ancora di
più di quanto non
lo fossero già.
“Principessaaaaa! Principessa Riiiin,
dov’è? È tardi e sta sera abbiamo
ospiti,
deve prepararsi! Principessaaaa!!!”
“Oh
no, è
arrivata la domestica!”
“È
meglio che
esca dall’acqua, e di corsa!”
“Principessa!
Come mai è tutta bagnata? E anche tu servo, che ci fai nel
fiume?”
“Colpa
mia
signora. La principessa si era avvicinata troppo al fiume in un mio
attimo di disattenzione
ed è caduta. Quando mi sono avvicinato per soccorrerla ho
avuto la sua stessa
sorte.”
“Inutile
servo, dovresti evitare che certe cose accadano. Su principessa Rin,
andiamo! E
anche tu, sbrigati!”
Rin
seguì la
domestica e con un ultimo sguardo salutò Len.
“Comunque…
“Comunque…
…ti
ho detto
una bugia…
…non
le ho
detto la verità…
…il
mio
desiderio è…
…il
mio
desiderio è…
…restare
per
sempre con te…”
…e
che tu
sorrida per sempre, sorellina mia…”
Qualche
tempo
dopo…: Non sono bellissima?
«Josephine!
Josephine! Più veloce, più veloce!»
Eccola
di nuovo,
faceva sempre così. Ogni volta che riusciva a trovare un
po’ di tempo libero (o
piuttosto, ogni volta che fuggiva dai suoi impegni) andava nella
stalla, saliva
in groppa alla sua adorata giumenta Josephine e si lanciava al galoppo
negli sconfinati
campi di proprietà del castello, divertendosi sempre come
una bambina, sempre
come se fosse la prima volta.
Le
bastava così
poco per essere felice: in fondo aveva appena 14 anni ed un intero
regno sulle
spalle; era ovvio che si divertisse con poco, purché fosse
lontana dai doveri
regali.
«Len,
Len!
Prendimi!»
«Cos-
uahhwww!!!»
La
principessa,
mentre Josephine era ancora lanciata nella sua frenetica corsa, gli si
gettò
letteralmente addosso.
«Ma
è impazzita
per caso?! Poteva farsi seriamente male!» gemette Len,
scostando dolcemente la
principessa dal suo corpo.
«No,
perché
sapevo che c’eri tu a prendermi e so che non lasceresti mai
che mi succeda
qualcosa.» disse lei, rotolandosi sul prato colmo di fiori
sul quale Len si
stava riposando prima di ricevere quel “dono”
dal cielo.
Era
vero.
Totalmente, assolutamente vero. Se anche tutto il mondo fosse stato
contro di
lei, Len non avrebbe mai permesso a nessuno di farle del male, anche a
costo di
diventare malvagio per lei, anche a
costo di morire per
lei, per la sua adorata Rin, la sua dolce
sorellina.
«Questo
è vero
miss Rin, così però rischiamo di farci del male
entrambi. In più è pericoloso
lasciare andare da sola Josephine a quella velocità,
potrebbe distruggere
qualcosa o qualcuno. Quindi, con il suo permesso, andrei a
cercar-»
«Guarda
Len, ti
piace?»
«…la…»
terminò
Len con un sussurro, guardando la principessa che dopo aver intrecciato
alcuni
fiori aveva formato una ghirlanda, in modo da creare una piccola corona
che
sembrava splendere sul suo capo.
«Non
sono
bellissima?» chiese con un gran sorriso.
“Hey
fratellone,
non sono bellissima?”
La sua
sorellina
si era messa una ghirlanda di fiori in testa, così da
sembrare la corona di una
principessa.
“Allora Len, che ne dici?”
Voleva
bene a
sua sorella e in quel momento la trovava più graziosa che
mai, però voleva
farle un piccolo scherzo. È questo che fanno i fratelli
grandi ai più piccoli,
è una sorta di tradizione.
“Dico che non sei affatto bella con quei fiori in testa,
sembri un vaso
fiorito!”
Non
l’avesse mai
detto. Il dolce volto della sua sorellina si fece più triste
che mai, e i suoi grandi
occhioni sempre allegri le si riempirono di lacrime.
“Cattivo Len, cattivo! Ti odio! Non ti voglio più,
vattene!!!” strillò la
piccola, strappandosi la ghirlanda dalla testa riducendola a brandelli
e
buttandola a terra, piangendo disperata.
“Scusami,
perdonami Rin! Non volevo farti piangere, ti prego, perdonami! Sono
stato uno
stupido! Io voglio che tu sorrida sempre, quindi ti prego, non piangere
più!”
disse in preda al panico Len, abbracciando la sorella e rimettendole in
testa
quel poco che restava della ghirlanda.
“Volevo dire che non sei bella, sei bellissima. Sembri una
regina, anzi, la
principessa delle fate, a cui tutti, persino i fiori più
belli del mondo, si
inchinano per ammirarne la bellezza!”
“Davvero?
Non mi
stai prendendo in giro?”
“Davvero davvero.”
“Ahhhh, grazie Len!” gridò la piccola
Rin, dimentica del pianto, abbracciando
forte il fratello.
-È vero- si disse Len –quelle cose le fanno i
fratelli maggiori. Noi siamo
gemelli, anzi, sei
nata prima nata tu,
per questo il nostro destino è di dividerci, ma io ti
proteggerò in eterno,
anche quando non ti ricorderai più di me.-
«Allora
Len, ti
sei incantato? Ti dai una mossa a rispondermi?»
«Scusatemi
principessa» si affrettò a dire Len, tornando al
presente, risvegliandosi da
quello che sembrava un sogno, ma che in realtà sarebbe stato
l’inizio di un
incubo. «Siete bellissima. Sembrate
la
regina delle fate, a cui tutti, persino i fiori più belli
del mondo, si
inchinano perché provano vergogna non potendo competere con
voi e con tanta bellezza.»
«Beh,
mi pare
ovvio!» disse Rin, dopo essere arrossita lievemente, tornando
ad essere per un
attimo la bambina di un tempo «Sono la futura regina del
regno più grande e
maestoso, è ovvio che io sia così
bella!» dichiarò, tornando alla sua solita
spavalderia.
«Ha
ragione, non
potrebbe essere altrimenti. Su, si rialzi e si rimetta la corona,
quella vera
intendo, che ha perso durante l’incredibile volo di poco fa.
Deve andare a
prepararsi, oggi deve incontrarsi con il Principe del Regno del
Blu.»
«Uffi,
odio
questi incontri! Sono noiosi, devo essere tutta rigida e pomposa e se
sbaglio
qualcosa la vergogna cadrebbe sull’intero regno e la
domestica non mi
permetterebbe più di vederti!»
«Allora
si
impegni, così non corre rischi. Le ricordo che io oggi non
ci sarò, quindi mi
raccomando, si comporti bene, altrimenti se verrò a sapere
che ha fatto la
bambina sarò io a punirla!» disse Len con un
ghigno stampato sulla faccia.
«Non
oserai-?!»
«E
invece sì!»
gridò, prendendola per i fianchi e cominciando a farle il
solletico,
provocandole una crisi incontrollata di risate.
«Basta,
basta!
Ok ok, mi comporterò bene! Ma ora basta, ti supplico, non ce
la faccio più!»
gridò lei senza fiato tra le risate.
«Perfetto.
Allora,
è un po’ più allegra adesso?
È pronta per l’incontro?»
«Ora
sì, grazie
Len.»
«È
il mio dovere
miss. Su, ora vada, altrimenti si arrabbieranno con me per il ritardo.
In più
devo andare in città a prendere i rifornimenti, e se non
parto subito arriverò
in ritardo.» concluse, posando un lieve bacio sulla fronte
della principessa.
«Ok,
mi
raccomando, torna presto, altrimenti mi annoio, bye.»
sussurrò all’orecchio del
servo e si allontanò, correndo verso una delle tante
domestiche del castello.
Len
la guardò
allontanarsi con un sorriso, ripensando a quell’ultimo
sussurro, e con ancora
in testa il sorriso di lei si diresse verso le carrozze che
l’avrebbero
condotto in città, dove lo aspettava l’incontro
che avrebbe distrutto tutto.
___________
Nota
d'autrice: e questo è il primo capitolo/one-shot dedicato ad
Aku no Musume. Parlo di primo capitolo o one-shot perché
dipenderà da quello che voi desidererete. Io ho pensato a
questa come ad una long fic, che raccontasse tutta la storia di Aku no
Musume, ma mi sono resa conto che questo primo capitolo funziona anche
come one-shot. Comunque spero vivamente che preferiate vedere come
procede la storia, ci tengo davvero molto, quindi spero di ricevere al
più presto recensioni che ne richiedano la continuazione. Se
così non fosse resterà una one-shot dedicata ai
nostri gemelli. Fatemi sapere presto cosa ne pensate,
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Capitolo 2 *** 2- Non mi pentirò mai. ***
Capitolo 2: Non mi pentirò
mai.
Era
quasi mezzogiorno quando Len
raggiunse la città: non c’era bisogno che
arrivasse così presto, ma doveva
andare a trovare una persona, ed era meglio che sua sorella non sapesse
di chi
si trattasse; non voleva farla soffrire, e comunque non le aveva
mentito del
tutto.
Cominciò
ad avviarsi verso la
parte povera della città. Dopo una mezz’oretta di
cammino si ritrovò davanti ad
una casa diroccata, che somigliava più ad una stalla che ad
un’abitazione. Non
era nemmeno provvista di porta: al suo posto, per riparare il varco che portava
all’interno
dell’abitazione, c’era un sacco di iuta a
brandelli, neanche fosse stato usato
da una bestia per farsi le unghie. Prima di entrare prese un grosso
respiro,
rischiando di rimanere soffocato dal puzzo che aleggiava in quel luogo,
e poi
scostò la iuta, per ritrovarsi all’interno di un
luogo buio e pieno di
sporcizia, di bisogni animali e umani e di muffa. Si
addentrò in quel luogo
buio e con sguardo e passo famigliare si diresse verso
l’angolo dove c’era un
mucchietto di paglia che fungeva da letto, sul quale vi era sdraiato un
uomo
sulla sessantina coperto di macchie nere e rughe. Si
avvicinò piano per non svegliare
l’uomo, scoprendo però che era già
sveglio, e che lo guardava con occhi velati.
«Scusami,
ti ho svegliato?»
«No….
Sapevo che saresti
venuto… me lo sentiv-» fu bloccato al termine
della frase da un attacco di
tosse, che gli fece sputare sangue.
«Attento!
Non devi sforzarti!
Tieni, bevi un po’ di questa medicina. L’ho presa
dalla riserva privata del
castello, ti farà stare sicuramente meglio, calma la tosse
per un po’ di
giorni.»
«Grazie…»
il vecchio bevve
avidamente dalla boccetta e subito si rilassò, tornando a
sdraiarsi con un
sorriso.
«Cosa
sei venuto a fare qui,
figlio mio? Lo sai che se lei ti trova ti uccide» non
potè continuare, e questa
volta non a causa della tosse, ma perché il suo
interlocutore fu sbattuto
violentemente a terra e sovrastato da una figura dei capelli color
rubino e gli
occhi dello stesso colore iniettati di sangue.
«Cosa
diavolo ci fai qui?!?!
Come osi presentarti in questa casa dopo ciò che hai
fatto?!?! E tu papà, non
osare chiamarlo mai più figlio, perché questo qui
si è venduto l’anima alla
Figlia del Male!» gridò quella che si era rivelata
essere una ragazza mentre gli
puntava un coltello alla gola.
«Meiko!
Lascia subito andare
tuo fratello!»
«Non
osare definirlo tale! Dopo
ciò che ha fatto al castello per me potrebbe anche
morire!»
«Meiko…»
«No,
padre, ha ragione,»
mormorò Len, tra le lacrime «ha perfettamente
ragione.» disse con un filo di
voce.
“La
prego principessa!
Abbiamo bisogno di denaro! Mio padre, e non solo lui, ha bisogno di
medicine, senza
le quali potrebbe morire! La supplico!”
Era da
almeno mezz’ora che
Meiko tentava di convincere Rin a donare un po’ di soldi al
popolo più povero,
senza successo. Non che fosse cattiva di natura, ma purtroppo la sua
giovane
mente della principessa era stata deviata da quel pazzo di suo padre
prima che
morisse, un tiranno, che credeva che tutto dovesse essere gestito con
la
cattiveria e la violenza. Era un despota, e alla sua morte tutto il
popolo
aveva sperato in un nuovo regno gestito da quella piccola principessa,
che
sembrava tanto dolce con i suoi occhioni blu come il mare e i capelli
che
parevano oro. Purtroppo però ben presto si dovettero
ricredere: la principessa
era addirittura peggio del padre, per questo prese il nome di Figlia
del Male
“Perché mai mi dovrei interessare della morte di
qualche feccia della
popolazione? Una regina non deve sporcarsi le mani con feccia simile e
se
morite tanto meglio, almeno dovrò sborsare meno soldi.
Magari potrei cominciare
eliminando te e tuo padre” mormorò infine, con un
ghigno agghiacciante in volto.
“Ho ragione, Len?”
Lui rimase
impietrito. Aveva
sperato con tutto se stesso che non lo mettesse in mezzo. Rin non lo
poteva e
non lo doveva sapere, ma lui e Meiko erano molto legati: erano
fratelli, per
quanto adottivi e non di sangue, ma comunque fratelli. Lui era stato
affidato
al padre di lei dopo la separazione da Rin, un artigiano della
città, un uomo
povero in canna ma di buon animo. Lo aveva cresciuto come se fosse
figlio suo,
e anche se inizialmente Meiko non l’aveva presa bene ben
presto si ritrovò a fare
da sorellona al piccolo e triste Len.
Dopo tanti
anni passati
assieme Meiko non aveva preso bene la decisione di Len di andare al
castello
per lavorare per la sorella gemella, ma gli voleva troppo bene, quindi
accettava di buon grado le visite che lui faceva a lei e al padre
malato di
tanto in tanto.
“Io,
veramente…”
No, per
quanto amasse Rin non
ce la faceva. Non poteva condannare a morte coloro che
l’avevano cresciuto con
tanto amore quando lui ne aveva più bisogno.
“Credo che non sia la scelta più adatta.”
“E perché?”
“Uccidendoli attirerà solo le ire del popolo, e
non vorrà di certo avere
problemi con loro.”
“Hai ragione… Allora cosa proponi?”
Aveva
trovato una soluzione,
che per quanto fosse comunque triste e ingiusta era meglio della morte.
“Penso che… penso che l’idea migliore
sia di incarcerarla, in modo da tenerla
buona per un po’ e metterle la testa apposto.”
“E sia, portatela nelle segrete, e tenetela lì
fino a nuovo ordine.”
“No! NO! Lasciatemi! Lasciatemi! Non posso lasciare mio padre
da solo! Len,
maledetto, mi fai schifo! Non osare mostrarti mai più
davanti a me! Che siete
maledetti, schifosi, tu Servo del Male e quella maledetta Figlia del
Male! Il
diavolo in persona vi ha creati, vi ha accoppiati bene! Ma non la
passerete
liscia, la pagherete!!!”
Si era
condannata da sola. A
quelle parole tutti nella sala del trono erano rimasti impietriti.
Tutti
conoscevano quegli appellativi che erano stati affibbiati al servo e
alla
principessa, ma nessuno aveva mai osato pronunciarli in presenza di
lei. Era
quella che era rimasta più impietrita di tutti, ma la rabbia
ben presto
cominciò a farsi vedere. Len tentò di calmarla,
invano; la rabbia che provava non
era tanto per essere stata insultata lei personalmente, ma per il fatto
che
Meiko avesse insultato il suo adorato Len.
“Sbattetela
nella sala delle
torture!!! Strappatele quella lingua schifosa, frustatela a sangue e
cavatele
gli occhi! Dovete farla soffrire il più possibile! Ha osato
insultarmi, e per
questo pagherà con la tortura e la morte pubblica per
decapitazione! Ma prima
dovrà veder morire il padre di stenti, quindi andate
immediatamente a cercarlo!
E ora allontanatela dalla mia vista!!!”
“Miss
Rin, no! Non si ricorda
cosa le ho detto? Questo è il peggio che può
fare!”
“Stai
zitto Len! Per quanto io ritenga importante la tua
opinione questa sgualdrina ha superato il limite! Non deve passarla
così
liscia!”
“Ma-”
“Niente ma! Sono io la regina qui! E ora portatela
via!”
Len
guardò impotente Meiko
che veniva trascinata via, mentre lo guardava con odio, rabbia,
tristezza,
disperazione e terrore.
“Len! LEN! Che tu sia maledetto! Hai messo di mezzo pure
nostro padre, non te
lo perdonerò mai! Sei diventato un maledettissimo
demone!”
“Tu sei la mia dama,
io sono il
tuo servo.
Se anche
il mondo intero ti sarà
contro,
anche a
costo di diventare
malvagio,
io ti
proteggerò per sempre.”
Mormorò
infine Len, con lo
sguardo perso nel vuoto, come una cantilena di morte.
«E
non fare quella faccia! Lo sai come mi sono sentita male quando
ti ho visto dar retta alla Figlia del Male e non a me? Conoscevi la
situazione,
ne avevamo parlato, eppure non hai fatto niente!»
gridò Meiko .
«Lo
so, lo so. Hai tutto il
diritto di odiarmi.» Len sapeva che più che per le
ferite provocate dalla
tortura Meiko aveva sofferto per il tradimento di lui. Per fortuna Len
era
riuscito a convincere Rin a ridurre la pena, ma era stata comunque
pesante: pur
essendo riuscito a risparmiarla dall’accecamento, dal taglio
della lingua e
dalla morte sua e del padre, era stata frustata per un giorno intero e
rinchiusa senza cure, cibo e acqua per un mese, per
“solo” un mese, sempre
grazie alle suppliche di Len. E per “fortuna” Rin
era troppo in collera per
ripensare o far caso al fatto che i due si conoscessero, ma Len era
disposto a
tutto pur di salvare Meiko e il padre, anche a costo di rivelarle
tutto.
In
ogni caso, qualunque cosa
fosse successa, sapeva che Meiko non l’avrebbe mai perdonato.
Ne avevano
parlato, Meiko aveva chiesto a Len di parlare con la principessa e
convincerla
ad essere più buona, anche a costo di rivelarle quale legame
univa il ragazzo
ad una povera famiglia, eppure lui non aveva detto niente a Rin, non
poteva,
aveva paura della sua reazione. Temeva che lei, per qualche assurda
ragione, lo
allontanasse. Che pensiero egoistico.
«Scusami.
Volevo solo venire
a trovare nostro padre per portargli una medicina dal castello, che per
qualche
giorno lo farà stare meglio.»
Solo
allora Meiko si accorse
delle condizioni migliorate del padre e della boccetta che ora era
tornata tra
le mani di Len. Si alzò dal corpo di Len liberandolo dalla
sua presa di ferro e
dal coltello, cosicché lui potesse salutare il padre con un
lieve bacio sulla
guancia prima di avviarsi verso la porta.
«Len!»
lui si fermò sul
ciglio della porta, senza voltarsi.
«Lo
sai che restando con lei
soffrirai? So che le vuoi bene, ma se torni da noi non te ne pentirai,
se resti
con lei sì.»
Len
non rispose. Si limitò a
rivolgerle un sorriso mesto, sapendo in cuor suo che non si sarebbero
più
rivisti. Si diresse in città, e mentre le lacrime gli
riempivano gli occhi e i volti
delle sorelle si sovrapponevano nella sua mente pensò:
“Su
una cosa hai torto,
Meiko. Io non mi pentirò mai di stare con Rin, nemmeno
quando morirò. Nemmeno
se la mia morte avverrà a causa sua.”
______
Nota d’autrice: oddio,
è ufficialmente
cominciata la mia e la vostra condanna a morte la
storia completa di Aku
No Musume! Ho sperato con tutta me stessa che qualcuno, anche una sola
persona,
mi chiedesse di continuare, e così è stato ^^
Infatti non smetterò mai di
ringraziare Hikari Megami, o Hicchan, come preferisco chiamarla ^^ Senza il suo appoggio
infatti non so se
l’avrei continuata, non così presto almeno ^^ Un
ringraziamento lo voglio fare
anche a Ayukiko_Watarai
che ha messo la mia storia tra le ricordate,
quindi ho ben due persone che seguono la mia storia! Grazie mille!
Ma
parlando della storia: con
questo capitolo siamo entrati nel vivo della mia visione di Aku No
Musume.
Moltissime cose che racconterò non accadono nelle canzoni,
sono pure invenzioni
mie o insieme di cose lette qua e là, ma in ogni caso la
storia resterà quella,
la drammatica storia che tutti conosciamo. Ora come ora non credo ci
sia molto
da spiegare, quindi darò solo alcuni chiarimenti riguardo
all’impostazione
della storia, ovvero: in corsivo ci sono i pensieri, centrali e in
corsivo i
ricordi e laterali le strofe della canzone che ogni tanto
metterò. Inoltre ogni
tanto ci saranno riferimenti ad altre canzoni, chissà se
riuscirete a trovarli?
Per quanto riguarda la frequenza di pubblicazione dei capitoli
sarà puntuale,
ogni domenica un capitolo nuovo, a meno che non sorgano eventi
imprevisti.
Per
ora è tutto, spero di
ricevere recensioni e di appassionarvi con la mia storia,
See ya,
ElPsyCongroo
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Capitolo 3 *** 3- Una fata, un angelo. ***
Capitolo
3: Una fata, un angelo.
Come
sempre in città regnava il caos; le strade erano piene di
persone ricche e
povere, che vendevano o compravano al mercato che ogni settimana
giungeva lì.
Le
campane della chiesa gli annunciarono che erano le due, quindi decise
di
sbrigarsi. Aveva perso più tempo del previsto e ora doveva
sbrigarsi a compiere
i suoi doveri, così decise di dirigersi direttamente dal
sarto per ritirare i
vestiti ordinati dalla principessa.
Si
diresse di corsa alla bottega e capì di aver fatto la scelta
sbagliata: questa
volta Rin aveva ordinato più vestiti e stoffe pregiate del
solito, così da
riempire le braccia del povero Len che non riusciva a vedere niente
davanti a
sé.
Cominciò
pian piano ad avviarsi verso le carrozze, in modo da prenotarne una che
gli
potesse fare nel frattempo da deposito. Impresa che non gli
riuscì: dopo
neanche un passo era riuscito ad andare a sbattere contro qualcuno, una
ragazza
a giudicare dal grido, facendo cadere a terra entrambi, ricoperti da
stoffe e
vestiti.
Con
un po’ di affanno riuscì a riaffiorare da
quell’ammucchio di stoffe e a riportarsi
alla luce del sole, vedendo la sua povera vittima: una ragazza di circa
la sua
età, dai lunghi capelli color smeraldo e i grandi occhi
della stessa tonalità,
solo più splendenti; gli sembrava di trovarsi davanti ad una
fata dal
dolcissimo viso piegato ora da una piccola ma comunque graziosa smorfia.
«Ahi
ahi, che male… Ehi, ragazzo, stai bene?» Len, al
suono
della sua melodiosa voce, si riprese e cominciò a balbettare.
«M-mi
perdoni!
N-non volevo venirle addosso! N-non riuscivo a vedere dove andavo a
causa di
tutte queste cose e-e le sono venuto addosso! L-la prego, mi perdoni
per i
danni che le ho causato! L-le pagherò tutti i danni che ha
subito, l-la
supplico di perdonarmi!» gridò d’un
fiato Len in preda all’imbarazzo più totale
e alla vergogna.
«Phhhff,
ahahahahah!!!» fu invece la reazione inaspettata della
ragazza.
Len
alzò lo
sguardo sentendo la risata e vide la ragazza scossa dai sussulti che si
reggeva
la pancia, con le lacrime agli occhi, facendolo preoccupare.
Vedendo
Len così
preoccupato la ragazza pian piano si rilassò e
cominciò a parlare «Rilassati,
non preoccuparti! Stavo solo ridendo, non mi è successo
niente! Ma tu non hai
mai visto una persona ridere? Comunque non c’è
bisogno che ti preoccupi così, è
stata anche colpa mia! E poi non c’è bisogno di
essere così formale! Piuttosto,
tu come stai?»
«Non
si
preoccupi, non mi sono fatto niente. Lei è sicura di star
bene?»
«No
no no, non
hai capito! Primo: non mi sono fatta niente. Secondo: non devi essere
così
formale, il mio nome è Miku! Mi-ku! Chiaro? Anche
perché sono solo una serva
del casto del Regno del Verde, quindi vedi di mettertelo in testa e di
chiamarmi così! Ah sì, e tu come ti
chiami?»
«Il
mio nome è
Len, signorina. Ahi! Ma perché l’ha
fatto?» si lamentò Len, massaggiandosi la
testa dopo aver ricevuto un pugno dalla ragazza.
«Perché
ti ho
detto che mi devi chiamare Miku! M-i-k-u! Non mi sembra così
difficile imparare
il mio nome, è anche meglio di signorina, o madame, troppo
formale! Su, ora
alzati, prendi tutta la tua roba e seguimi, conosco un cocchiere che ti farà
pagare di meno, sai com’è, la
Figlia del Male ha aumentato le tasse su tutto, quindi conoscere
qualcuno fa
sempre comodo.»
«Madame,
la
prego di non usare quell’appellativo di fronte a
me.»
«Quale
appellativo? Comunque alzati, dai che ti aiuto, solo però se
la smetti di
chiamarmi madame, perché ormai l’hai imparato il
mio nome no?»
«Mi
riferisco a Figlia
del Male.»
«E
perché scusa?
Non la chiami anche tu così? È una cosa abituale
qui in città.»
«Perché
io sono
Len, servitore del casato Kagamine, più precisamente servo
personale della
principessa e futura erede al trono Rin Kagamine. In poche parole, sono
il
Servo del Male.»
Miku
rimase
immobile come una statua di cera, bella come una statua di cera, con in
volto
un’espressione di puro stupore.
«Ch-che
cosa? Tu
saresti il Servo del Male? Non ci credo, è
assurdo!»
«Se
non mi crede
guardi lei stessa. È risaputo che la principessa vesta solo
di giallo, e fino a
prova contraria tutto ciò che stavo trasportando prima del
nostro “incidente” è
giallo, esattamente come le rose della gelosia. Altro fattore
è il mio aspetto:
in giro mi conoscono come il demone d’oro dagli occhi di
giaccio a causa dei
capelli biondi e gli occhi blu, quindi senza ombra di dubbio sono il
Servo del
Male.»
«Non
è possibile!»
«È
così. Mi
scusi ancora per il disturbo arrecatole, ora tolgo il disturbo.
È stato un
piacere conoscerla, anche se in una situazione simile.
Arrivederci.»
Len
si alzò e
cominciò a raccogliere i vestiti e tutto ciò che
era a terra. Ovvio,-
pensò con gli occhi che
pizzicavano a causa delle lacrime che stavano salendo -sono
proprio uno stupido, cosa credevo? Nessuno vuole avere a che fare
con il casato Kagamine, di chiunque si tratti, anche se si tratta di un
servo,
soprattutto se si tratta di me, il Servo del Male. Ho sperato nella
carità di
una sconosciuta, una ragazza che non ha niente a che fare con me.
Speravo
davvero che mi guardasse con occhi dolci e compassionevoli
dicendo…- il suo
flusso di pensieri venne interrotto dalla dolce voce di Miku.
«Cosa
vuoi che
mi importi per chi lavori? Se per te è un problema non la
chiamerò più così, a
patto che tu mi chiami Miku, intesi? E non fare quella faccia, di certo
questo
non ti rende un ragazzo da evitare, anzi, sei ancora più
interessante!»
Len
si immobilizzò.
Forse non aveva sentito bene, non era possibile. Si girò a
guardare Miku. Di
certo non aveva una sguardo compassionevole, ma nemmeno spaventato,
anzi, il
suo sguardo sprizzava gioia, allegria, stupore e curiosità
allo stesso tempo.
«Su,
muoviti ad
alzarti, altrimenti ti lascio qui!»
«Ma
come? Sono
il Servo del Male, non so se hai capito! Dovresti essere terrorizzata
da me! La
gente che mi conosce mi evita, anche al castello! Perché tu
dovresti essere
diversa?! Perché dovresti essere così amichevole
con me?! Io di certo non
merito niente di tutto ciò!» Aveva perso la calma,
se ne rendeva conto, ma era
troppo: non era possibile che quella ragazza volesse davvero avere a
che fare con
lui, si sentiva preso in giro.
«Ma
sei impazzito
o cosa? Cosa vuoi che mi importi che servi la principessa Rin? Io non
ti
conosco, so solo che ti chiami Len e che servi il casato Kagamine, e
con ciò? È
vero, ho sempre sentito parlare del servo che sta sempre attaccato alla
Figlia del
Male -»
«Non
chiamarla
così!»
«Scusa
scusa!
Senti, a me non interessa chi servi, perché al momento mi
trovo di fronte ad un
ragazzo che accidentalmente mi è venuto contro e che si
è seriamente
preoccupato per me. Non importa quello che dice la gente, di certo non
mi
ucciderai perché ci siamo scontrati, no? Forza, è
ora di andare! Se mi
accompagni al mercato dopo andiamo in una locanda che conosco, ormai
è ora di
pranzo!» Miku tese una mano a Len. Lui la guardò
un po’ scettico, ma alla fine
allungo anche la sua e con un timido sorriso strinse quella piccola e
calda
mano, guardando il volto sorridente di Miku.
Dopo
aver
lasciato tutto il carico in una carrozza si diressero al mercato. Miku,
tutta
allegra, si fermava ad ogni bancarella che attirava la sua attenzione,
in
particolare a quelle di vestiti. Ogni volta però si
costringeva ad
allontanarsi, perché non poteva spendere soldi per
sé. Fu all’ennesimo vestito
che Miku guardò con occhi sognanti che Len si decise.
«Te
lo compro io.»
«Cosa?»
«Il
vestito. È
l’ennesimo che guardi e mi dispiace vederti ogni volta con il
volto triste
perché non puoi prenderlo. Ti è vietato spendere
soldi per te, giusto? Quindi
se ti viene fatto un regalo non c’è niente di
sbagliato. Poi non credo che ti
possa ricapitare un’occasione simile: conosco il mercante che
porta questi
abiti, e so che sono di primissima qualità. Li porta solo
una volta al mese.
Per trovare qualcosa di anche solo lontanamente simile e ad un prezzo
accessibile dovresti cercare al di fuori dei Regni.» Lei non
se lo fece
ripetere due volte. Prese il vestito che tanto le piaceva e
sparì. Passò
qualche minuto e Len cominciò a preoccuparsi: sapeva per
abitudine che i
vestiti da donna erano lunghi da indossare, soprattutto quelli da
festa, ma
Miku ci stava mettendo troppo. Iniziò a cercarla,
addentrandosi nella selva di
vestiti.
«Miku,
dove sei?
Sei riuscita a cambiarti? Se hai difficoltà chiedo a una
delle mercanti di
aiutar- Ahhh!!»
«Ahiiii!!
Oh,
scusami Len, è la seconda volta che cadi per colpa mia e in
più ti ho fatto
cadere di nuovo tutto! Guarda, ci sono mele ovunque.»
«Non
preoccuparti» Len si tirò lentamente su, guardando
tutto il suo cibo riverso a
terra, cominciando a raccogliere le mele per risistemarle insieme al
resto « è
ancora tutto sano. Tu piuttosto, ti sei fatta
male…»
Due
mele caddero
di nuovo a terra, rotolando hai piedi di Len «Che
c’è, p-perché mi guardi
così?
Dai che mi vergogno! Sapevo che non mi stava bene, vado subito a
cambiarmi! Che
stupida, ti ho pure fatto aspettare un’eternità,
vado subito a cambiarmi-»
quando fece per alzarsi Len le afferrò un braccio e la
riportò a terra.
«Sei
bellissima»
«C-cosa?
Non
prendermi in giro!»
«Non
lo sto
facendo. Sei splendida con quest’abito.» Ed era
vero. Indossava un lungo abito
nero senza spalline, raccolto in vita da un’enorme rosa, che
allargandosi
dolcemente sui fianchi finiva con un orlo a pieghe. Indossava una
fascetta al
collo orlata di pizzo e dei lunghi guanti, anch’essi neri. I
capelli erano raccolti
in una splendida acconciatura, probabile causa della sua lunga assenza.
Pur
essendo di un colore così cupo, quell’abito la
faceva sembrare un angelo.
«Sei
davvero
splendida. Ne è valsa la pena aspettare.»
«Grazie….»
Miku
era diventata tutta rossa, apparendo ancora più bella agli
occhi di Len.
«Forza,
alzati,
potresti sporcarlo restando li a terra, sarebbe un peccato. E poi
dobbiamo
andare a mangiare, ti ricordo che mi hai promesso un pranzo con
te.»
«S-Sì,
hai
ragione! Aspettami qui, torno subito!» e così
dicendo corse via, sparendo di
nuovo tra i vestiti.
Riapparve
poco
dopo con il vestito tra le mani e il viso ancora rosso
d’imbarazzo. Len spese
quasi tutto ciò che aveva per l’abito. Dopo la
sosta al mercato si diressero ad
una locanda consigliata da Miku. Si sedettero e ordinarono da mangiare.
Consumarono il pasto in uno strano silenzio. Len non sapeva che dire e
probabilmente Miku era ancora in imbarazzo per il dono che le aveva
fatto.
Quando finirono Len si assicurò che non ci fosse nessuno a
portata di orecchio
e cominciò a parlare.
«Ancora
non mi
hai spiegato perché hai deciso di passare il tuo tempo con
il Servo del Male.
Tutti tendono ad evitarmi.»
«Non
so. Mi
sembri un bravo ragazzo, del tutto diverso da come vieni descritto.
Tutti ti
descrivono come un demone, un assassino a sangue freddo che ucciderebbe
anche
la sua amata se fosse un ordine della sua principessa.»
«E
hanno ragione.»
«Cosa?»
Miku si
sentì il sangue gelare nelle vene. Len, con uno sguardo di
ghiaccio,
completamente differente dall’allegro blu marino di poco
prima, si era
avvicinato al suo viso, sussurrando quella frase al suo orecchio e
portandole
un pugnale alla gola.
«Io
potrei
ucciderti qui, in questo preciso istante. Mi basterebbe premere il mio
pugnale leggermente,
solo un po’ nel tuo delicato collo, per ucciderti. E sai qual
è la cosa
divertente? Nessuno se ne accorgerebbe. La mia fama mi precede, nessuno
riesce
a vedere il Servo del Male all’opera. In più la
principessa tiene molto a me,
quindi non lascerebbe mai che mi succedesse qualcosa, ancora meno una
condanna
a morte per omicidio. Troverebbe sicuramente un modo per discolparmi,
anche
perché nessuno osa mettersi contro il suo volere. O contro
di me; hanno tutti
troppa paura per sfidarmi. Allora, che ne pensi del “bravo
ragazzo”?»
Miku
era semplicemente
terrorizzata. Era impallidita ed aveva addirittura smesso di respirare.
Poteva
scorgere solo il profilo del volto di Len, ma poteva vedere il gelo del
suo
sguardo, il piccolo ghigno che era sorto sulle sue labbra mentre
pronunciava
quelle parole con tono agghiacciante, mentre il freddo respiro che
usciva dalle
sue labbra socchiuse le procurava brividi gelidi.
Tornò
a
respirare solo quando Len tornò indietro, facendo sparire il
pugnale così come
era apparso, permettendo a Miku di notare solo allora che si trattava
del
pugnale che gli aveva appena regalato lei stessa, un pugnale con un
intrico di
spine e rose inciso sull’impugnatura che aveva subito
attirato l’attenzione di
Len.
«Bene,
io ora
vado, si sta facendo tardi e la strada per il castello è
lunga. È meglio che
torni anche lei dal suo signore, lady Miku. Arrivederla.» e
così dicendo, dopo
un lieve inchino, uscì dalla locanda.
«Aspetta
Len!
Non andare! Non così! Io non ti ho mai visto come Servo del
Male, non ti
giudico! Ti conosco
appena, non sarebbe
giusto! Certo, mi hai fatto davvero paura prima, ma ho capito! Ho
capito che
non potresti mai uccidermi! Hai degli occhi troppo dolci per essere un
assassino!» Len era sconcertato: quella ragazza, colei di cui
si era follemente
innamorato, era altamente convinta di ciò che stava dicendo,
ci credeva
davvero, avrebbe convinto anche lui se solo non fosse assolutamente
vero.
Lei
è la mia
dama,
io sono il
suo
servo,
se
è per
proteggerla,
se
è per suo
desiderio,
sono
disposto a
diventare un assassino.
«Lei
è molto
gentile, ma ciò che vede non sono davvero io. È
stata davvero gentile a passare
la giornata con me e sarei lieto di rivederla in futuro.» E
se ne andò,
trattenendo le lacrime, nascondendo il volto nel risvolto del mantello,
per non
vedere il viso triste di Miku, per cui provava un amore forse
corrisposto. Urtò
per sbaglio un uomo dagli occhi color zaffiro, che stranamente lo
guardò per un
momento, prima di allontanarsi nella direzione da cui era venuto. Len
salì
sulla carrozza che partì immediatamente, avendo solo il
tempo di scorgere
l’uomo dagli occhi di zaffiro avvicinarsi a Miku che era
caduta in terra in
preda alle lacrime.
Meglio così,-
pensò con un
nodo alla gola –magari ha trovato
qualcuno che possa sostituirmi al più presto.
E
con questi pensieri
pian piano si addormentò, ricordandosi all’ultimo
che si era dimenticato di
comprare un regalo per la sua sorellina.
_______
Nota
d’autrice:
capitolo immensamente corto! Ma in compenso è uno dei
più importanti, quindi
per questa volta mi perdono ^^ Come ho detto la volta scorsa qui
c’è un
riferimento ad una canzone Vocailodosa, avete indovinato qual
è?
Dunque,
non
credo che ci sia molto da spiegare, nel caso come sempre basta chiedere
^^
Quindi
ora passo
ai ringraziamenti:
Hikari
Megami (Hicchan
*W* ♥)
Glasgow_R_evolver
Ayukiko_Watarai
SabryKagamine
Grazie
per aver recensito/messo tra i preferiti/messo tra la ricordate/messo
tra le
seguite la mia storia ^^ Ve ne sarò grata vita natural
durante ^^
See ya,
ElPsyCongroo
|
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Capitolo 4 *** 4- Lo scoprirà a tempo debito. ***
Capitolo
4: Lo scoprirà a tempo debito.
«Leeeeeeeen!!!
Ma quanto ci hai messo? È da ore che ti aspetto!
Devo raccontarti una cosa! Non ci crederai! Sono felicissima!»
Len
era appena arrivato al castello quando
un’ombra vestita di giallo gli era piombata
addosso, facendolo finire a terra per l’ennesima volta
durante quella giornata.
Ovviamente la suddetta ombra era Rin, che sprizzava felicità
da tutti i pori. Len
era parecchio confuso: non era mai capitato che dopo una giornata
intera di
incontro ufficiale con ambasciatori di altri paesi lei fosse
così felice. Ma
questa volta, per qualche strano motivo a lui ancora ignoto, lei era
incredibilmente allegra.
«Cos’è
che l’ha resa tanto felice?» chiese ancora
spiazzato.
«Il
principe del Regno del Blu! Kaito! È stupendo, bellissimo! E
lo sai perché è venuto?! Per chiedermi in sposa!
A quanto pare mio padre aveva
già organizzato tutto tempo fa a mia insaputa, ma oggi Kaito
è venuto per farmi
ufficialmente la proposta! Dovevi vedere la faccia delle serve, erano
scioccate
almeno quanto me! Questo sabato si terrà una grande festa
qui al castello per
annunciarlo a tutti! Kaito allora mi farà la proposta
davanti a tutto il
popolo, tutti dovranno sapere del nostro fidanzamento!
A
Len cadde il mondo addosso. La sua sorellina doveva sposarsi con
un perfetto sconosciuto!?! Era un principe, ok, ma neanche conosceva
Rin! Come
si era permesso loro padre di fare una cosa simile!?! Non poteva
assolutamente
accettarlo! Per carità, era felice che sua sorella si
sposasse, sapeva che un
giorno sarebbe successo, se n’era già fatto una
ragione, ma non poteva
accettare che il tutto fosse successo a sua insaputa. Suo padre non gli
aveva
più parlato da quando lui e Rin erano stati divisi, ma per
una cosa così
importante doveva renderlo
partecipe! Sapeva dove trovarlo, quindi poteva informarlo, anche
tramite
lettera, non era quello l’importante, ma doveva venirne a
conoscenza! Era lui
che negli ultimi anni si era occupato di Rin e non poteva permettere
che un
morto prendesse ancora decisioni!
Però
capì che se Rin era davvero felice con questo Kaito, allora
anche lui doveva esserlo, altrimenti sarebbe diventato come suo padre,
l’avrebbe resa triste, ed era l’ultima cosa che
voleva.
«Ehi
Len, Leeen! Ma mi stai ascoltando? Guarda che se non mi
ascolti non ti invito alla festa!»
«Mi
scusi lady, è che mi ha colto di sorpresa. Non ne sapevo
niente, ma se lei è felice allora lo sono anch’io
per lei.»
«Grazie
Len! Oh, vorrei che lo conoscessi! È bellissimo! Ha gli
occhi e i capelli blu zaffiro, e un sorriso splendido!»
Occhi
blu zaffiro? Li aveva già visti da qualche parte….
…urtando
per sbaglio un uomo dagli occhi color zaffiro…
«Non
è possibile…»
«È
dolcissimo! Devi assolutamente conoscerlo! Anche perché se
non
piace a te non lo sposo mica» disse con semplicità
la principessa, bloccando il
flusso dei pensieri di Len.
«Come
scusi?»
«Hai
capito bene. È anche per questo che devi partecipare anche
tu
alla festa sabato, così lo conosci e poi mi dici che ne
pensi. Non posso mica
passare il resto della mia vita con uomo che non ti piace.»
«Ma
cosa dice lady? Io sono solo un servo, non le deve mica interessare
la mia opinione. Non dovrebbe mai rinunciare a qualcuno o qualcosa per
me, un
servo! Ahi! Ma perché l’ha fatto!?»
Un’altra botta in testa. Possibile che oggi
tutte ce l’avessero con lui? Tra cadute e botte in testa
aveva perso il conto
di quante volte si era fatto male.
«Non
dire queste cose! Tu per me sei importante, molto più
importante di un servo! Sei come un fratello per me! Sei più
importante della
mia stessa vita, sarai più importante anche dei miei stessi
figli! Tu mi
consoli, mi aiuti e fai di tutto per rendermi felice! Non potrei mai
ignorare
qualcosa che mi dici tu! Perciò rinuncerò a Kaito
se non lo riterrai degno!»
Len
rimase senza fiato. “Come un fratello” aveva detto.
Avrebbe
pianto se questo non avesse fatto insospettire Rin. In quel momento
aveva
voglia di rivelarle tutto, di stringerla forte a sé come
solo un fratello può
fare con la sua sorellina: non pensava che lui fosse così
importante per lei.
Certo, sapeva che ci teneva a lui, ma pensava che fosse solo
perché era l’unico
della sua età… Che sciocco che era, non era
nemmeno in grado di capire la
propria sorella.
«D’accordo
principessa. Le sue parole mi rendono molto felice,
perciò non vedo l’ora di conoscere il principe
Kaito, anche se so per certo che
il mio futuro “cognato” sarà perfetto
per la mia lady Rin e che andremo
d’accordo.»
«Eheh,
cognato!
Guarda che purtroppo non siamo davvero fratelli! E se anche lo fossimo
non
sarei di certo disposta a condividerti con qualcuno, saresti solo
mio!»
«Ah
no eh? Guardi che non sono mica di sua proprietà
esclusiva.»
«E
invece sì! Io Len non lo condivido con nessuno, a patto che
non
sia la donna che colpirà il mio Len dritto al cuore come un
fulmine.»
«Quindi
se avessi un colpo di fulmine con un eventuale ragazza mi
cederebbe a lei?»
«Se
fosse il vero amore di Len sì.»
Len
non se lo aspettava: un tempo non l’avrebbe mai fatto.
Sorrise
pensando a quanto era cresciuta in poco tempo. Tornò con la
mente, con un misto
tra la rabbia e la tristezza, a quel giorno in cui aveva pensato che il
mondo sarebbe
finito, al giorno in cui erano stati separati.
“Ahhhh,
grazie Len!” gridò la piccola Rin, dimentica del
pianto,
abbracciando forte il fratello.
-È
vero- si disse Len –quelle cose le fanno i fratelli maggiori.
Noi siamo gemelli, e anzi sei nata prima nata tu, per questo il nostro
destino
è di dividerci, ma io ti proteggerò in eterno,
anche quando non ti ricorderai
più di me.-
“Ehi,
cos’è successo!?! Che cosa le hai fatto!?!
Lasciala subito
andare!” Rin fu strappata via violentemente dal fratello da
un uomo dal volto
severo, crudele, che incuteva timore. Un uomo che poteva decidere della
vita e
della morte dei due gemelli, perché quest’uomo,
questo demone, era loro padre.
“Non
è successo niente, davvero! Non era mia intenzione farla
piangere, le avevo fatto solo un piccolo scherzo! Mi sono pentito
amaramente di
ciò che ho fatto, la prego, non si arrabbi,
padre!” Len Era praticamente in
ginocchio, stava pregando quel demone con tutta la sua
volontà per ottenere la
sua grazia.
“Te
l’ho detto mille volte stupido idiota di non chiamarmi
padre!”
sbraitò l’uomo, mentre la piccola Rin, di nuovo in
preda ad un pianto
disperato, si trovava contro la sua volontà tra le sue
braccia.
“Non
dire così papà, ti prego! Len è
così bravo con me, io sono
felice che lui sia con me! È dolcissimo, non mi farebbe mai
del male! Ti prego
papà, non arrabbiarti con lui!”
“No,
mi sono stufato! Avrei dovuto affogarlo nello stesso fiume in
cui ha fatto cadere tua madre! Ti avevo avvisato schifoso verme: se ti
fossi
avvicinato ancora troppo a lei non l’avresti rivista mai
più, ed ora è arrivato
il momento! Serg! Vieni immediatamente qui! ”
“No!
No no no! La prego! Mi perdoni! Non accadrà mai
più! La
supplico padre! Non voglio, non ancora! È troppo presto! Se
ci separa adesso
Rin potrebbe non ricordarsi mai più di me!”
“Tanto
meglio! Tu dovrai sparire dalla sua vita, non dovrai mai
più farti vedere! E ringrazia che non ti uccido! Forza Serg,
portalo via!”
“Papà,
papà, cos’è questa storia!?! Dove vuoi
portare Len!?! Siamo
fratelli, non dovremmo stare sempre insieme? Ti prego, non portarlo via
da me,
non separarci, non voglio! Ti prego, ti prego!”
“Stai
zitta! Questo qui deve essere allontanato da te,è
pericoloso! Ha ucciso tua madre, ti ha resa orfana di madre! Potrebbe
uccidere
anche noi per quanto ne sappiamo!”
“Basta
papà, non dire che Len ha ucciso la mamma! Non lo ha fatto
apposta! Era caduto nel fiume mentre giocavamo insieme e la mamma si
è tuffata
per salvarlo! Se poi si è ammalata ed è morta non
è colpa di Len! Non avrebbe
mai ucciso la mamma!”
“Piantala!
Lo faccio per il tuo bene! E adesso andiamo via da qui!”
“No
no, ti prego! Lasciami, lasciami! Len, Leeen!”
“Sorellina, Rin! Vi prego padre, non portatemela
via!”
Con
un ultimo sforzo i due gemelli, entrambi con la forza della
disperazione, riuscirono a liberarsi dai loro carcerieri e a corrersi
incontro,
abbracciandosi il più forte possibile.
“Non dimenticarti di me Rin, ti supplico! Ricordati sempre di
me, ti prego! Tieni!”
disse Len con disperazione, prendendo la mano della sorella e donandole
un
ciondolo a forma di chiave di violino.
“Non dimenticarti, ti prego! Non dimenticarti per
sempre di me! Indossa
questo quando nostro padre morirà, forse allora ci
rivedremo, ma fino ad allora
tienilo nascosto, non fartelo prendere! Deve essere il tuo
più importante
tesoro! Promettimelo!” erano soliti fare così per
le promesse; poggiare la mano
sul cuore dell’altro, giurando così sulla cosa che
avevano di più importante:
loro.
“Ma che stai dicendo Len?! Non ti potrei mai dimenticare,
mai! Anche se saremo
divisi, sarai sempre nel mio cuore, non potrò mai
dimenticarti! No!” urlò lei,
quando fu di nuovo divisa dal fratello.
Con
quel gesto violento venne alla luce, a causa dei vestiti che
si erano strappati, un particolare, che solo loro possedevano, che li
distingueva da tutti gli altri: un piccola voglia a forma di due sul
cuore di
entrambi i gemelli, una strana voglia di cui andavano fieri,
perché era il loro
piccolo segreto. Nessuno infatti ne era a conoscenza.
“No,
no! Len, Leeen!”
“Riiin!
Vi
supplico, non le faccia del male! Padre, padre!”
Ormai era
tutto inutile, nessuno stava più ad ascoltarlo. Lui riusciva
solo a sentire le
grida disperate della sorella, e i suoi occhi si riempirono di lacrime,
tristezza, odio e rabbia verso il padre, lasciandolo completamente
disperato.
«Ehi
Len, Len! Ma vuoi piantarla di ignorarmi? Ultimamente hai
davvero la testa fra le nuvole! Non mi ascolti
più!» La principessa si era
alzata da terra per dirigersi all’interno del castello. Si
trovavano infatti
nel giardino di rose dove era solita stare la giovane principessa.
Len,
ancora perso nei suoi pensieri, mentre si alzava toccò il
ciondolo che portava al collo, ben nascosto sotto la maglia: una chiave
di
basso. Aveva deciso di comprare quei ciondoli perché
entrambi amavano la
musica: Rin cantava come un angelo e lui suonava come nessuno
nell’intero
paese. Quando duettavano tutti restavano a bocca aperta, totalmente
incantati.
Poggiò
una mano sul cuore, lì dove era ancora ben visibile la
voglia a forma di due. Si era sempre chiesto se la sorella ce
l’avesse ancora e
se si fosse mai chiesta il perché di quello strano segno.
«Uffi,
ma allora proprio non mi ascolti! Cos’hai per la
testa?»
L’espressione
che aveva in quel momento era identica a quella che
gli aveva mostrato tempo prima, un misto di curiosità e un
po’ di fastidio,
quando lui si era presentato al castello come nuovo servo. Ancora
rideva a
pensare a quel giorno.
“Chi
è questo ragazzo?”
“Si
è presentato qui in qualità di nuov-”
“Il
mio nome è Allen, miss Rin, ma la prego di chiamarmi Len. Da
oggi in poi spero di poter essere al suo fianco come suo nuovo
servitore.”
“Ehi
tu, pezzente! Come osi rivolgerti così alla principessa?
Avresti dovuto inchinarti ed aspettare il consenso della principessa
per poter
parlare! Solo per questo meriteresti di-”
“Piantala
stupida domestica! Il ragazzo ha la lingua, può
presentarsi da sé!”
“Ma-”
“La
ringrazio lady Rin” disse Len con un lieve inchino.
“Allora,
cosa ci fai qui? Sembri avere la mia età, come puoi
essere mio servo?”
“Sono
venuto a sapere, come il resto del popolo d'altronde, che il
re è da poco venuto a mancare e che, in mancanza di altri
eredi, è salita lei
al potere. Detto ciò sono anche venuto a conoscenza del
fatto che sta cercando
ancora qualcuno che possa sostituire il precedente servo che la serviva
direttamente e che chiunque poteva presentarsi. Dato che io necessito
di un
tetto sulla testa per dormire e di un lavoro ho pensato di venire qui.
Mi
accontento anche di dormire nelle cantine, l’importante per
me è essere suo
servo.”
“Come
fai ad essere a conoscenza di tutto ciò?”
“Quella
del raccogliere informazioni nel migliore dei modi in
minor tempo possibile è una delle mie abilità che
potrebbero tornarle utili.”
“Non
hai risposto alla mia domanda.”
“Infatti
non intendevo rispondere più del necessario.”
“Cosa
significa?”
“Lo
scoprirà a tempo debito.”
“E
cosa ti dice che tu abbia il tempo in futuro di dirmelo? Chi ti
dice che ti assumo?”
“L’intuito.”
“Potrebbe
sbagliarsi il tuo intuito.”
“In
genere sono abbastanza intuitivo.”
“E
io sono abbastanza la principessa. Spettano a me le
decisioni.”
“So
che prenderà la decisione giusta.”
“E
sarebbe?”
“Assumermi.”
“Perché
sarebbe la decisione giusta?”
“Perché
possiedo molte abilità che potrebbero tornarle
utili.”
“E
sarebbero?”
“Lo
scoprirà a tempo debito.”
“Ti
diverti a farmi innervosire?”
“Devo
essere sincero?”
“Ovvio.”
“Allora
sì”
“Come
osi, feccia! Non puoi permettert-”
“Vuoi
stare zitta una buona volta? Parla ancora una volta senza il
mio consenso e ti faccio tagliare la lingua. Sono in corso di un
colloquio con
il qui presente Allen,”
“Len.”
“Sì,
scusa, Len, e fino a prova contraria sono io a decidere cosa
può o non può dire, chiaro?”
“Ma
milady! Non può parlare con questo plebeo! Lui è
suo-”
“Suo
cosa? Dimmi.”
“Niente,
mi scusi. Sono solo contraria alla presenza di questo
ragazzo per motivi personali e comunque non credo che suo padre avrebbe
accettato questo ragazzo.”
“Motivo
in più per assumerlo se questo mi permetterà di
far
rivoltare nella tomba quel vecchio schifoso. Su, ora va, devo
continuare a
parlare con Len e non accetto nessuna obiezione, chiaro? Ora
sparisci.”
“Come
volete, mia signora” e dopo un breve inchino se ne
andò,
passando accanto a Len che le rivolse uno sguardo glaciale, che la fece
tremare
come mai prima di allora.
“Torniamo
a noi.”
“Certo
miss.”
“Spiegami
una cosa: come mai desideri tanto lavorare nel mio
castello, al servizio della Figlia del Male?”
“Ho
le mie ragioni.”
“Fammi
indovinare: anche questo lo scoprirò a tempo
debito?”
“Esattamente”
rispose Len con una gran sorriso.
“Lo
sai che sei un insolente?”
“Me
lo dicono in molti”
“E
sei anche molto coraggioso. Non conosco nessuno che osi
parlarmi in questo modo, tutti mi temono; tu no?”
“No
miss.”
“E
perché?”
“Lo
scoprirà…”
“…a
tempo debito?”
Len
sorrise di nuovo, inclinando lievemente il capo per assentire.
“E
quando sarà questo “tempo”?”
“Dipende
se mi assume”
“Immaginavo.”
“Quindi
sono assunto?”
“Devo
ancora pensarci.”
“So
che da quando suo padre è morto per avvelenamento ha fatto
licenziare tutti i servitori perché erano tutti sospettati,
così da non
rischiare. Ovviamente ha provveduto immediatamente a far assumere nuovi
servi e
domestici per non destar sospetti, ma nessuno vuole accettare
l’incarico per
cui mi sto proponendo volontariamente. Credo quindi che le convenga
assumermi.”
“Sei
davvero convinto di essere così speciale?”
“Ovvio.”
“Dimostramelo.”
“Come
desidera.” Rin non ebbe nemmeno il tempo di un battito di
ciglia che Len le si era avvicinato e le aveva posato una ghirlanda di
rose
gialle in testa al posto della corona.
“Le
rose gialle sono le sue preferite, vero?” e con uno schiocco
di dita fece cadere un pioggia di petali sul capo della principessa,
come una
dolce nevicata.
“Come
hai fatto a-? Ok, non te lo chiedo più” disse lei
con un
gran sorriso in volto.
“Allora
sono assunto?”
“Non
lo avevi ancora capito?”
“La
ringrazio lady.”
“Grazie
a te. Non so se tu l’abbia fatto apposta a farmelo capire,
ma l’ho capito. Ti ringrazio per avermi liberata. Comunque
non preoccuparti,
nessuno lo verrà a sapere, ci penserò io a
proteggerti.”
“Non
ho idea di cosa parli miss, e comunque spetta a me il compito
di proteggerla.”
“Hai
ragione. Beh, ti aspetto domani mattina con la mia colazione
già pronta a letto, chiaro? Hai ancora la stessa divisa di
allora vero?
Altrimenti chiedi alla prima persona che incontri, te ne
fornirà una nuova.”
“Eh
va bene, è inutile nasconderlo. Non si preoccupi,
l’ho
conservata. Mi può solo spiegare una cosa?”
“Certo.”
“Come
ha fatto a vedermi?”
“Lo
scoprirai a tempo debito.”
“Lo
immaginavo. A domani allora, miss Rin.”
“A
domani, Len.”
-Ovvio
che l’ho fatto apposta, sorellina. Volevo che tu capissi
subito ciò che è successo in realtà.
Non pensavo però che tu mi avessi visto:
forse mi sono fatto prendere troppo dalla situazione. Comunque sapevo
che non
ti saresti arrabbiata: uccidere nostro padre è stata una
liberazione per
entrambi.-
Rin,
allora, esattamente come adesso, non lo aveva riconosciuto.
Di certo il padre aveva fatto in modo che lei dimenticasse tutto del
fratello.
Che schifo d’uomo era: sin da quando era piccola il padre
aveva sempre abusato
della sua piccola Rin. Forse dipendeva dalla prematura morte della
moglie, o
forse dal fatto che Rin assomigliava incredibilmente ad essa, ma niente
poteva
giustificare il comportamento del padre nei suoi confronti. Era per
questo che
aveva deciso di ucciderlo: sapeva che da quando lui era stato
allontanato da
lei il padre si era preso ancora più
“libertà” con la sua sorellina.
L’unica
cosa di cui si era pentito era che non era intervenuto prima. Ancora
pensava al
giorno della morte del padre: era il giorno del loro compleanno, suo e
di Rin.
Len si era travestito da servo del castello e aveva indossato una
maschera per
non farsi riconoscere e passare inosservato: infatti la festa dedicata
alla
sorella era in maschera, quindi nessuno gli avrebbe prestato troppa
attenzione.
Aveva
colto l’occasione al volo: appena il re si era allontanato
dalla sala da ballo per ritirasi brevemente nelle sue stanze Len
l’aveva
seguito ed era entrato nella sua stanza con la scusa di servirgli
un’ottima
bevanda rinfrescante che gli avrebbe permesso di ritornare al
più presto dalla
figlia. Che sciocco che era. Quando si accorse che c’era
qualcosa che non
andava era già troppo tardi: mentre il padre si contorceva
tra atroci dolori
davanti ai suoi occhi Len si tolse lentamente la maschera, scoprendo il
suo
volto.
«Sai,
mi fai davvero pena» aveva detto rivolgendosi al padre
«no,
anzi, scherzavo. Ora hai finito di torturare la mia sorellina. Pensavi
davvero
che ti avrei lasciato continuare? Ahah, proprio non mi conosci! Io la
proteggerò per sempre, da chiunque, anche se questo dovesse
costarmi la morte!
Però una cosa buona l’hai fatta: mi hai permesso
di ucciderti nel giorno del
nostro compleanno, il dono migliore che tu potessi fare a tua figlia.
La ringrazio
infinitamente, sire.»
Quando
Len pronunciò quelle parole aveva un’espressione
calma,
placida, come se si stesse rivolgendo a chiunque, in una situazione
qualunque.
Fu per quello che, quando il re fu ritrovato ormai senza vita, sul
volto aveva
un’espressione di puro terrore.
E
anche tutti coloro che ritrovarono il corpo avrebbero avuto la
stessa espressione di puro terrore, se prestando attenzione avessero
sentito
quella voce, un sussurro, che canticchiava con tono glaciale,
spaventoso, “happy
birthday to we”, interrompendosi soltanto per lasciar udire
un urlo di terrore
troncato sul nascere, appartenuto, si scoprì in seguito, al
servo Serg, il
fedele cane del re, tale al padrone per la sua ossessione, perversione, verso la principessa.
«Allora
Len mi raccomando, voglio che tutti vengano alla mia
festa! Assicurati di invitare tutti, anche dei regni
confinanti!»
«Certo
principessa, mi assicurerò di far venir tutto il popolo
alla sua festa, non si preoccupi.»
Potrò
rivedere
Miku alla festa. Verrà sicuramente ed allora
parlerò di lei a Rin. Di sicuro
l’accetterà. La riconoscerò, molto
probabilmente indosserà il vestito che le ho
regalato. Non vedo l’ora: sabato sarà il giorno
più felice per entrambi, io e
Rin saremo finalmente felici.
______
Nota
d’autrice: questo è uno dei capitoli che
preferisco, adoro
soprattutto la parte in cui Len ricorda il giorno della sua assunzione,
mi
diverte ogni volta che la leggo e me ne vanto tantissimo (la mia
modestia è
andata a farsi una passeggiata al momento, portate pazienza ^^) ^^
Passando
ad altro spero di essermi riuscita a spiegare bene per
quanto riguarda la morte della madre dei nostri adorati gemelli:
giocando Len
era caduto in un fiume ed essendo piccolo non era riuscito ad uscire da
solo,
così la madre, essendo l’unica ad essere con loro,
si tuffò per salvarlo, ma
essendo di costituzione debole si ammalò ed in seguito
morì. Dopo il fatto il
padre scaricò tutta la colpa al figlio ed iniziò
a prendersi certe “libertà”
con la figlia, poi separò i due gemelli perché
non sopportava più la vista del
figlio e che spesso nascondeva la piccola Rin per difenderla da lui. Da
lì
divenne il Re del Male, che portò alla crescita della Figlia
del Male.
Bon,
credo sia tutto, quindi ringrazio:
Hikari
Megami (la
mia dooolce Hicchan che scrive Synchro, leggetela che è uno
spettacolo *W* ♥)
Glasgow_R_evolver
(a cui ricordo che adoro
complicarmi la vita)
Ayukiko_Watarai
(che ha vinto il “concorso”
della volta scorsa, ovvero indovinare qual’era la canzone
citata (non l’avevo
pensato come un vero e proprio concorso, anzi, pensavo che fossi stata
ignorata
ç.ç), vincendo una storia a richiesta scritta
dalla sottoscritta (e me ne vanto
anche, mi credo una gran figa, bye bye modestia))
REAwhereverIgo
(che
mi ha tempestata di recensioni e quindi è una persona da
amare *W*)
SabryKagamine
(che segue la mia storia ed è dunque da amare
V.V)
Blue_Flames (idem come sopra V.V)
Raven
Cullen (idem come sopra sopra V.V)
Al
prossimo
capitolo,
See ya,
ElPsyCongroo
|
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Capitolo 5 *** 5- Ti voglio bene. ***
Capitolo
5: Ti voglio bene.
«Ma
che stai
facendo!?! È tutto sbagliato! Ma l’hai letto
sì o no il progetto? Ho dato
ordini precisi! Dovete eseguire tutto nei minimi dettagli!»
Era
ormai una
settimana che andava avanti così. Tutto il castello si era
mobilitato per la
preparazione del grande evento che li attendeva e pur essendo ormai
giunti al
tanto atteso giorno non era ancora tutto al suo posto, cosa che faceva
alterare
e irritare alquanto la principessa.
«Lady,
si calmi.
Lo sta spaventando a morte, non vede? Cosa è
successo?»
«Len,
meno male
che sei arrivato! Qui nessuno capisce niente!»
«Non
dica così.
Mi spieghi piuttosto cosa è successo.»
«Questo
qui»
disse indicando il povero servo intimorito e successivamente le rose
che
decoravano il salone «ha decorato il salone con delle rose
appassite, quando
avevo esplicitamente ordinato di usare rose fresche!»
«Secondo
me sta
esagerando milady. A me non sembrano affatto appassite e anche se cade
qualche
petalo non credo che sia una tragedia. Anzi, credo che agli invitati
piacerà
danzare sotto una pioggia di profumati petali dorati, non crede anche
lei? Non
si ricorda quanto le era piaciuto il mio trucchetto al nostro primo
incontro?»
«Secondo
incontro.»
«Primo.
Quello a
cui allude lei non può essere considerato come incontro,
dato che io non l’ho
nemmeno vista.»
«Io
però ho
visto te, quindi è stato quello il nostro primo
incontro.»
«Non
credo
proprio. Un incontro è basato sul principio di due persone
che si vedono, non
di una che vede un’altra ad insaputa di
quest’ultima.»
«Quanto
sei
petulante.»
«La
ringrazio
per il complimento.»
«Prego.
Comunque
ricordo ciò che è successo al nostro primo
incontro e devo ammettere, mio malgrado, che hai ragione. Allora tu,
continua a
lavorare, c’è ancora molto da fare e non puoi
permetterti di poltrire oltre.»
Il servo si dileguò, lanciando ai due uno sguardo molto
confuso e perplesso,
ricevendo in risposta un sorriso da parte di Len che lo invitava a non
farsi
troppe domande.
«Allora,
è più
calma adesso?»
«Ma
io sono
sempre calma! In particolare se ci sei tu» disse la
principessa sorridendo. In
effetti Len era l’unico in grado di calmarla, di farla
rilassare quando era
nervosa e di conseguenza sfogava le sue ire sulla servitù.
«Mhh,
avrei
qualche dubbio a proposito.»
«Impertinente
come al solito.»
«È
la mia
qualità migliore miss, quella che mi ha permesso di essere
al suo fianco oggi.
Non è per questo che mi ha assunto?»
«Assolutamente
no. È stato più per curiosità, per
scoprire tutti i tuoi segreti, per vedere
fino a che punto saresti stato disposto ad arrivare per me.»
«E
le sue
aspettative sono state soddisfatte?»
«Per
mio
dispiacere non ancora. O forse per fortuna. Comunque immagino che tu
non abbia
ancora voglia di rivelarmi i tuoi segreti, giusto?»
«Ha
perfettamente ragione miss. Diciamo che la considero come
un’assicurazione per
il mio lavoro: credo di aver capito che non mi lascerà
andare fino a quando non
saprà tutto ciò che c’è da
sapere su di me.»
«Che
cattivo che
sei Len! Non è mica per questo che ti tengo al mio fianco.
Se fosse stato per
quello a quest’ora ti avrei fatto sputare fuori tutti i tuoi
segreti con la
tortura, invece eccoti qui, ancora sano e salvo. È
perché ti voglio bene che
sei al mio fianco.»
«Anch’io
sono
molto onorato di essere al suo fianco, non potrei chiedere di
meglio.»
«Uffa
Len! Per
una volta abbandona tutte queste formalità e dimmi
chiaramente che mi vuoi
bene! Tanto lo so che è così! Su dai,
è la principessa in persona ad
ordinartelo! Non essere timido!»
«D’accordo
lady.
Come desidera» e si avvicinò a lei, abbracciandola
e sussurrandole all’orecchio
« Rin, ti voglio be-» non odiò mai
così tanto i servi come in quel momento. Due
di loro, distratti forse da quella strana scena d’affetto, si
erano scontrati
facendo cadere a terra i piatti che portavano, facendo un tale caos da
interrompere quel momento che tanto aspettava con Rin. Pian piano si
girò verso
i servi, con sguardo glaciale. Sapeva che al suo fianco anche la
principessa
aveva lo stesso sguardo. Chiunque li avesse visti in quel momento
avrebbe potuto
giurare che nei loro occhi si poteva vedere l’immagine
vivente del male, delle
rabbia, del terrore. Coloro che avevano assistito alla scena, coloro
che
avevano provocato la rabbia dei due gemelli, in quel momento pensarono
che la
morte si sarebbe abbattuta su tutti loro. E così sarebbe
stato se Len non fosse
stato in grado di calmarsi e mettere da parte la rabbia, almeno in
parte.
«Voi
due,
alzatevi, in fretta!» disse in tono perentorio ai due servi
tremanti ancora a
terra.
«La
preghiamo
principessa, ci perdoni! Oggi è un giorno speciale per lei,
in nessun modo
vogliamo rovinarglielo, quindi la prego, ci perdoni e lasci sistemare
tutto a
noi!»
Rin
era
stranamente calma. Doveva essere a causa della festa, o della semplice
vicinanza di Len, ma sembrava che non avesse la minima intenzione di
rovinare
tutto per un incidente.
«Non
preoccupatevi. Esattamente come avete appena detto oggi è un
giorno speciale
per me, e per nulla al mondo voglio che qualcosa rovini la giornata.
Muovetevi
a riparare al danno che avete commesso.»
«La
ringraziamo
principessa! Non sa quanto le siamo grati! Faremo di tutto per rendere
questa
giornata splendida per lei, principessa Sharin!»
Nella
sala cadde
un silenzio di tomba. Il servo che per tutto quel tempo era stato
portavoce
dell’incidete causato da lui e dal suo compagno
diventò ancora più pallido
rispetto a prima.
«M-mi
scusi
principessa Rin, non era mia intenzione! Non stavo pensando a quello
che
dicevo, le giuro che non era mia intenzione! La prego di cre-»
«Taci,
verme!»
La frase pronunciata all’unisolo dai due gemelli
risuonò nella sala ancora in
preda ad un silenzio spettrale. Lo sguardo di Len era in grado di far
gelare il
sangue, quello di Rin era solo pieno d’angoscia. La
principessa si lasciò
cadere a terra e mentre i suoi occhi si spalancavano per il terrore
tutto il
suo corpo era scosso a causa della crisi di pianto che
l’aveva colta.
«Ora»
disse Len con
voce calma, lenta, ma al contempo piena di disprezzo e rabbia, una voce
che
prometteva solo un futuro molto oscuro per colui che ascoltava
«tu non ce l’hai
un pugnale, vero? Tieni, ti presterò il mio, però
non sporcarlo troppo, intesi?»
La voce di Len, carica di minacce, rimbombava nella sala. Il tutto era
reso
ancora più agghiacciante dal volto calmo, sereno e
sorridente di Len, in netto
contrasto con la sua voce.
«Come?»
«Forza,
prendi!
Non ti farò niente, promesso.» disse sorridendo ed
inclinando la testa di lato.
«C-cosa
vuole
che faccia signorino Len?» Che ridere che gli faceva! Quando
era arrabbiato
tutti cominciavano a comportarsi con lui come se fosse un principe,
come se
sapessero chi fosse davvero, ma nessuno di loro aveva ancora capito che
non
serviva a niente con lui. Era il male fatto persona, non poteva
negarlo: nelle
loro vene, nella vene del casato Kagamine, scorreva sangue malvagio.
Pur
facendo di tutto per tenere nascosto quel lato di sé Len non
poteva resistere
quando si trattava di sua sorella.
«Non
preoccuparti, tu non dovrai fare niente.» disse con un
sorriso glaciale,
prendendo la mano del servo che stringeva il prezioso pugnale con
l’intrico di
spine e rose inciso sull’impugnatura che la giovane serva del
Regno del Verde
aveva regalato a Len. Con un movimento fulmineo colpì con la
lama affilata la
mano sinistra dell’altro servo, tranciandogli di netto il
mignolo e parte
dell’anulare. Quest’ultimo cominciò a
gridare in preda al dolore, tra gli
sguardi pieni di paura del resto della servitù.
«Ottimo,
taglia
davvero bene! Grazie per avermi dato la possibilità di
provarlo!» disse Len al
servo, come se niente fosse, come se non avesse appena amputato le dita
di una
persona.
«E
ora tocca a
te» mormorò rivolgendosi al servo ancora
dolorante, sfilando il pugnale
insanguinato dalla mano del servo che aveva parlato troppo.
«Mi
raccomando,
sii rapido, come lo sono stato io con te, altrimenti
soffrirà il doppio.»
«Cosa
dovrei
f-fare?»
«Ovvio
no?
Tagliare la lingua a questo verme. E veloce, bisogna ancora finire di
sistemare
gli ultimi dettagli e pulire il disastro che avete
combinato.» Sorrideva Len
mentre pronunciava queste parole, come se stesse spiegando le regole di
un
gioco ad un bambino.
«No!
Non potrei
mai, come faccio a-»
«La
prego, mi
risparmi! Non era mia intenzione, glielo giuro! So che non avrei
dovuto, che
dovevo prestare più attenzione a ciò che dicevo,
ma la prego di perdonarmi! Non
accadrà mai più, quindi la prego!»
«Basta
con
queste scuse! Sapete tutti che quel nome è tabù
all’interno di questo castello,
anzi, ovunque le orecchie della principessa possano udirlo, quindi non
hai
scusanti! Ringrazia che al posto della lingua non ti faccio tagliare le
mani o
peggio ancora non mando al rogo la tua famiglia! Hai due figlie piccole
vero?
Loro magari potrei darle in mano a qualche mercante pervertito e far
torturare
a morte tua moglie, devo ancora decidere…»
Ciò che faceva più paura è che ci
pensò veramente. Alzò per un attimo lo sguardo al
cielo e assunse una faccia
pensierosa. «Meglio di no, ci vorrebbe troppo tempo e
già ne abbiamo sprecato a
sufficienza. Quindi muoviti, altrimenti me ne frego e mando qualcuno a
prenderle!» gridò con tutta la rabbia che aveva in
corpo. Non poteva passarla
liscia quel servo, doveva pagarla per aver fatto piombare la
principessa nella
disperazione.
«La
prego, no!»
«MUOVITI!»
gridò
in preda ad una rabbia cieca.
I
due servi si
guardarono in preda alla disperazione, consci del fatto che non poteva
essere
altrimenti, che non potevano opporsi.
«P-perdonami,
è
tutta colpa mia…»
«Niente
lagne!
Queste scenette risparmiatevele per dopo, mi sto stufando!»
Len si avventò sul
servo che ben presto non avrebbe avuto più niente da dire e
con forza gli aprì
la bocca e gli prese la lingua. «Visto? Non è
difficile, ti do una mano io.» E
con gli occhi pieni di disperazione e terrore, e un’ ultima
scusa mormorata con
un fil di voce, il servo senza dita tagliò via la lingua
all’altro servo. Quest’ultimo
emise un grido di puro dolore prima di svenire tra le braccia di Len.
«Visto
che non
era difficile? Ora muoviti a portare via questo qui e a pulire, fatti
aiutare
da qualcuno, così potete riprendere i vostri compiti al
più presto. Al lavoro!»
disse alla fine, voltandosi verso la principessa e allontanandosi con
lei,
dando le spalle alla servitù che malgrado tutto aveva
ripreso con i preparativi
della festa.
«Lady,
come si
sente?» Durante il tragitto fino alla sua camera la
principessa non aveva detto
una parola, si era limitata a camminare e a piangere senza emettere un
suono,
facendo solo scendere calde lacrime dai suoi grandi occhi color mare.
«La
prego miss,
deve riprendersi. Non può continuare
così.» Sapeva che serviva qualcosa di
più
per farla riprendere. Erano chiusi nella sua stanza già da
un po’ ma la principessa
non si era ancora ripresa. A nulla serviva ricordarle che giorno era e
la festa
che la aspettava quella sera. Len cominciava a perdere le speranze, non
era mai
capitato che la sorella piombasse in un tale stato.
D’improvviso gli venne in
mente l’unico modo per farla reagire, l’unica cosa
che forse l’avrebbe fatta
sorridere.
«Devi
reagire,
Rin!» le gridò, stringendola il più
forte possibile a lui. Non le aveva mai
parlato così, non le aveva mai dato del tu, ma in quel
momento non era il
fedele servo della principessa, ma solo Len, il gemello di Rin.
«Tu sei Rin,
non Sharin! Devi dimenticare quel nome, è morto esattamente
come colui che lo
pronunciava! Non devi più pensare al passato, ormai
è morto Rin, tuo padre è
morto, per mano mia, lo sai! Quando ho messo fine alla sua vita,
l’ho fatto per
mettere fine al suo regno di terrore nei tuoi confronti! Con lui
è morto tutto
ciò che poteva farti del male! Tu non sei Sharin, non lo
sei! Sharin era tua
madre, la regina!»
Sharin
Lily
Kagamine, questo era il nome completo della regina. Ovviamente il
cognome
l’aveva preso dal matrimonio con il re Lennard Leon Kagamine.
Era stata la
regina a scegliere i nomi per i figli come da tradizione:
così la figlia prese
il primo nome della madre, Sharin, e il figlio prese il nome Allen,
nome del
fratello defunto della regina. Il re aveva acconsentito alla scelta ed
aveva
deciso di dare come secondo nome un nome che contenesse parte dei loro,
in modo
opposto però: così Lenka per Sharin, prendendo il
“len” di Lennard, e Rinto per
Allen, prendendo il “rin” di Sharin. In questo modo
voleva che anche dai nomi
si capisse che tutti e quattro erano legati e uniti in modo
indissolubile.
Il
risultato
erano stati Sharin Lenka e Allen Rinto Kagamine. Forse suonavano un
po’ strani,
ma i regnanti Kagamine erano felici della loro scelta ed ovviamente
nessuno
aveva avuto il minimo desiderio di contraddirli, non per paura, ma per
il
semplice fatto che era giusto che fossero i genitori a scegliere i nomi
dei
figli. In seguito erano stati i gemelli stessi a chiamarsi con i
diminutivi Rin
e Len, soprannomi che sarebbero passati alla storia più dei
loro nomi completi.
«Non
importa
cosa dicesse il re! So cosa ti faceva, e so che era così che
ti chiamava quando
ti faceva quelle cose, ma è successo tempo fa, non devi
più pensarci! Devi solo
pensare ad adesso, devi pensare al tuo regno, devi pensare a me! Ora ci
sono io
a proteggerti e nessuno, nessuno potrà mai farti del male,
mai più! Ti
proteggerò per sempre, non devi preoccuparti più
di niente! La prego
principessa, torni a sorride come sempre, quel gran sorriso che
illumina il suo
volto come se fosse il sole. La prego di non far più
riempire i suoi occhi di
lacrime.»
Lei
ora lo
guardava incantata. Mai nessuno le aveva parlato così,
né i servi che la
seguivano sin da piccola, né quelle che in teoria erano
definite sue amiche, né
tanto meno il padre, che quando la toccava era o per picchiarla o per
essere
fin troppo affettuoso. Lo guardava con occhi che, sebbene ricolmi di
lacrime,
esprimevano una gioia indicibile. Gli saltò al collo e
ricominciò a piangere. Questa
volta piangeva per sfogarsi, per liberarsi di tutta la rabbia e la
disperazione
accumulata negli anni. Lui la lasciò fare, accarezzandole la
schiena,
sussurrandole parole dolci mentre lei pian piano si sfogava e calmava.
«Allora,
si è
calmata adesso?» le chiese guardandola con enorme dolcezza.
«Sì,
grazie Len.
Per tutto. Per essermi sempre accanto, per sostenermi, per consolarmi,
per
sgridarmi e per fare ciò che io non sono in grado. Io ti
devo tutto, non so
come farei senza di te.»
«Per
me è
davvero un onore poter essere sempre al suo fianco. Comunque ho
un’idea per
farla riprendere al meglio.»
«Davvero?
E
quale sarebbe?»
«Ho
intenzione
di portarla in città. So che è ciò che
ha sempre desiderato, così ho pensato di
fare una gita con lei. È già tutto pronto; cibo,
carrozza, scorta. Manca solo
il suo consenso.»
«E
me lo chiedi
anche!?! Certo che vengo! Ho sempre voluto andare in città!
Non ci sono mai
andata e poi con te è ancora meglio! Però la
scorta non la voglio, sarebbe
inutile, ci sei tu a proteggermi, e questo basta.»
«Come
desidera.
Allora avviserò la scorta di restare al castello. Su, si
prepari. Prima
partiamo meglio è.» E così dicendo fece
scendere la principessa che nel
frattempo si era seduta sulle sue gambe come una bimba, alzandosi a sua
volta.
«Comunque
Len,
non si fa così.»
«Così
cosa?»
«Chi
ti ha
insegnato a dare del tu alla tua principessa? Nessuno ti ha insegnato
le buone
maniere?» disse tentando di essere seria, ma chiunque avrebbe
capito che
scherzava, che non era arrabbiata, anzi, era assurdamente felice.
«Perdoni
la mia
impudenza miss. Se vuole può tagliarmi la lingua come ho
fatto io prima.» Ribatté
sorridendo bonario mostrandole la lingua.
Rin
arrossì
leggermente, perché in quel momento Len, mentre le mostrava
la lingua, con la
testa piegata di lato ed un occhio chiuso in modo complice, era
molto… Sexy.
Non aveva mai avuto pensieri simili per lui, e si affrettò a
pensare ad altro.
«Nono,
che
schifo. Per carità, ti ringrazio per aver provveduto tu, ma
io non potrei mai
fare una cosa simile» disse con tono schifato ripensando alla
scena di prima in
modo da cancellare quei pensieri assurdi dalla propria mente.
«Anche
perché se
lo facesse non potrei più dirle una cosa
importante.» Mormorò con dolcezza Len,
totalmente inconsapevole dell’effetto che aveva provocato
alla sorella.
«E
cioè?» chiese
Rin mentre si avviava alla porta della stanza dopo essersi preparata
per
uscire.
«Ti
voglio bene,
Rin.» Mormorò Len al suo orecchio, mentre
l’abbracciava con tutta la tenerezza
del mondo, con tutta la tenerezza che poteva donarle.
Rin
spalancò gli
occhi dalla sorpresa prima di accoccolarsi al suo petto scaldandosi con
quelle
tre semplici parole che per loro valevano quanto le loro vite.
_______
Nota
d’autrice:
capitolo corto, me ne rendo conto, ma dopo la lunghezza del precedente
mi
perdonate, vero?
Cooomunque,
passando al capitolo: è chiaro? Ci sono domande in merito?
Se ne avete fate
pure, altrimenti passiamo a fare il giro della scuola
così da poter vedere
le aule (perdonatemi, ma sto scrivendo questo commento dopo
una lunga
giornata passata a fare da presentatrice della mia scuola alle Porte
Aperte per
i ragazzi di terza media, e fidatevi, a furia di ripetere le stesse
cose a 50
persone è un miracolo che io non mi sia messa a parlare di
orari scolastici,
materia di indirizzo e proporvi di accompagnarvi per il tour scolastico
.-. Mi
sento alquanto morta .-.) io rispondo sempre ad ogni domanda ^^
Non
avendo altre
stronzate altro da dire riguardo il capitolo passo ai
ringraziamenti:
Hikari
Megami (tesoro caro, non te preoccupe se
non mi recensisci subito,
mi basta sapere che l’hai letto ^^ ♥)
Glasgow_R_evolver
(che continua a conservare la mia storia tra i preferiti quindi posso
continuare a sperare che continui a piacerti ^^)
Ayukiko_Watarai
(che intuisce un po’ troppo, fai la brava, se continui
così va a finire che ti
racconto tutto in anticipo e non va bene!)
REAwhereverIgo (a
cui ricordo che è ovvio che sarà tutto sempre
più straziante, è nella norma, è
drammatica di natura la vita di Len V.V)
SabryKagamine
(che continua a seguire la mia storia e resta da amare
perché io mi accontento
che venga letta V.V)
Blue_Flames (idem
come sopra V.V)
Raven
Cullen (idem
come sopra sopra V.V)
(Si
lo so, gli ultimi due sono come quelli della volta scorsa, ma oltre a
ringraziarvi non so che fare XD)
Al
prossimo capitolo,
See
ya, ElPsyCongroo
|
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Capitolo 6 *** 6- Vorrei vederti sorridere per sempre. ***
Capitolo
6: Vorrei vederti sorridere per sempre.
L’arrivo
della principessa
in città fu un’enorme sorpresa per tutti. Pochi
l’avevano vista dal vivo, e
quando questo era successo era al castello, mai per le vie della
città. Tutti
sapevano come era fatta, ma nessuno l’aveva mai vista,
perché sin dalla nascita
era rimasta reclusa nel suo castello. Le uniche occasioni di uscita era
per
raggiungere altri regni per affari, di certo non per andare a far
compere in
città.
Tutti
la
guardavano allibiti, anche perché
lei
non dava affatto l’apparenza di essere la Figlia del Male;
aveva un’enorme
sorriso stampato in faccia, andava di banco in banco gridando di gioia
per ogni
cosa che vedeva. Era tutto nuovo per lei, non aveva mai visto niente di
tutto
quello: il mercato, che si teneva due volte a settimana, quel giorno
era al
meglio di sé a causa della festa al castello di quella sera
e Rin non poteva
chiedere di meglio; non c’era mai stato mercato
più colorato, festoso e allegro
di quel giorno.
«Allora
miss, si
sta divertendo?»
«Oh
sì Len! Grazie
mille! Credo di non aver mai visto così tante cose e persone
tutte insieme
nello stesso luogo! E pensare che il castello è grande e che
spesso ci sono
ricevimenti, ma mai, mai in tutta la mia vita, ho visto così
tante persone! In
più tutte si divertono, sono allegre: i commercianti, le
famiglie che vanno a
far compere, i bambini che ridono e giocano tra loro, le anziane
signore che si
aggirano tra i banchi cercando qualcosa per i nipotini, che sorridono e
non
mostrano tristezza davanti a tutto questo colore… Loro sono
sempre allegri e
felici, sin da piccoli hanno potuto giocare con qualcuno della loro
età,
correndo nei cortili e nei parchi, con i palloni ed i pupazzi, dando
sfogo al
loro essere bambini… Loro non sono mai dovuti stare chiusi
in quattro mura,
lontano da tutto e da tutti, con come unico compagno di giochi loro
stessi…
Loro ricevono doni che tutti i bambini desiderano, come una nuova
marionetta, e
non vestiti su vestiti, troppo elaborati per la vita di tutti i giorni,
o
gioielli troppo grandi per le loro piccole braccia… Loro
portano cappelli di
stoffa e dolci nastri in testa, e non pesanti corone che a fine
giornata ti fanno
sentire come se sul collo avessi appoggiato un masso enorme…
Loro, loro…».
Rin
aveva
cominciato a piangere. Si era fermata
in
mezzo alla strada del mercato, tra il via vai della gente, che notando
la
principessa immobile che piangeva cominciava a fermarsi
anch’essa,
interrompendo le proprie conversazioni per ascoltare curiosi il motivo
del suo
pianto, il pianto della terribile Figlia del Male.
«Miss
Rin, cosa
succede?» chiese Len con tono apprensivo, guardando di sbieco
la folla che si
era creata attorno a loro, come fossero bestie da circo.
«N-non
è niente
Len… Solo che sono un po’ invidiosa, tutto
qui… Sin da piccola, essendo l’unica
erede, sono stata costretta a comportarmi da adulta senza poter fare
ciò che
tutti i bambini normalmente fanno: giocare…
Chissà, forse se ci fossi stato tu
al mio fianco sin da subito avrei evitato un’infanzia
così pessima, come tu
sai… Ma ora basta, hai organizzato tutto questo per farmi
divertire e distrarre
prima della festa, quindi forza, portami da qualche parte a divertirmi
Len!».
«Hai
suoi ordini
miss» disse Len chinando il capo con un sorriso, facendosi
largo tra la folla, che
non aveva capito molto di ciò che era successo, al fianco
della principessa.
Dopo
qualche
bancarella Len disse «Che ne dice di andare a mangiare ora
miss? È quasi ora di
pranzo e il luogo che ho scelto per il nostro pasto è un
po’ distante da qui,
quindi è meglio affrettarsi.»
«Hai
ragione
Len, è meglio andare, torniamo alla carrozza.»
«Perché
non va
un attimo avanti lei? Il cocchiere conosce la destinazione, quindi non
deve
preoccuparsi. Devo prendere alcune cose per il pasto che ci attende,
quindi
essendo più pratico di lei è meglio che vada da
solo, così potrò fare il più
velocemente possibile.»
«Ok
Len, però
fai in fretta.»
«Certo
miss.»
Len
guardò la
principessa allontanarsi e salire sulla carrozza, e attese fino a
quando non si
fu allontanata. Appena fu un puntino lontano Len tornò al
mercato e si diresse
il più velocemente possibile nel luogo in cui la principessa
si era fermata a
piangere. Era sicuro, sicurissimo di aver visto Miku tra la folla. I
suoi
capelli di smeraldo erano inconfondibili, non poteva sbagliarsi.
Si
guardò
attorno alla ricerca di lei, senza successo. Era parecchio agitato, ma
non per
il fatto di aver visto lei. Il problema era uno, ed uno soltanto: Miku
non era
sola, c’era un uomo con lei e Len sperava con tutto il cuore
di aver visto
male, perché quell’uomo gli era sembrato Kaito, il
futuro sposo di Rin. Non
l’aveva mai visto, ma era bastata la descrizione di sua
sorella per
riconoscerlo. Sperava comunque di sbagliarsi, non poteva essere vero:
lui era
un principe, cosa ci faceva al mercato con una serva? Non aveva senso.
Un
po’ più
rilassato tornò su i suoi passi, dandosi dello stupido e
pensando a qualcosa da
compare per avere una scusa decente con Rin. Proprio mentre ci pensava
scorse
la stessa bancarella in cui aveva comprato l’abito per Miku e
lì si fermò
davanti al regalo perfetto per la principessa Rin, dato che ancora non
le aveva
comprato niente dopo la pessima svista della volta prima. Dopo aver
comprato e
impachettato ciò che doveva si allontanò, non
prima però di aver visto l’abito
nero di Miku che aveva comprato la volta prima tra gli altri vestiti
del banco.
Pensando che semplicemente ne avessero portato un altro si
allontanò
tranquillo, senza tener conto del fatto che la volta prima
l’abito era in bella
mostra su di un manichino, mentre questa volta era buttato semplice nel
mucchio
di abiti in saldo, a causa di uno strappo in fondo alla gonna che si
era creato
dopo la rovinosa caduta di Miku tra le braccia di Len.
«Miss
Rin, miss
Rin! Si svegli! Non dovrebbe dormire così
all’aperto, potrebbe prendersi un
malanno. Su forza, si svegli!»
Rin
aprì
lentamente gli occhi, trovandosi davanti gli occhi leggermente
preoccupati del
suo adorato servo.
«Cosa
è
successo?»
«Non
saprei,
dovrebbe essere lei a dirmelo, quando sono arrivato lei stava dormendo.
Ho
pensato di lasciarla riposare ma la vedevo agitata. Ha fatto un brutto
sogno?»
«…
Sì.»
«Vuole
raccontarmelo?»
«Il
solito
incubo…»
«Quello
di sua
madre?»
«Sì…»
«Lo
sa che è
solo un incubo. Lei non ha colpa di quello che è successo,
era debole, non
poteva accadere altrimenti.»
«Non
posso fare
a meno di pensare che in parte sia anche colpa mia.»
«Non
è affatto
così, si fidi. Lei non è in nessun modo
colpevole.»
Ed
era vero. Rin
era da anni ormai che sognava la madre morta che usciva da un fiume e
che
tentava di strozzarla mentre la accusava della sua morte.
Però lei non
conosceva la verità, o piuttosto, l’aveva
dimenticata. Il padre infatti,
continuando a negare l’esistenza di Len, aveva fatto
dimenticare a Rin il fatto
di avere un fratello gemello. La rabbia ed il disgusto che il re
provava per il
figlio era tale che non solo aveva fatto dimenticare la sua esistenza
alla
figlia con strane pozioni e tecniche psicoanalitiche, aveva anche fatto
dire a
tutto il Paese che il figlio era morto ed aveva ordinato di tacere
sulla sua
esistenza, pena la morte. Ecco perché la principessa aveva
dimenticato il tanto
amato gemello.
Inoltre
i
ricordi in generale di ciò che era successo prima della
morte della madre erano
danneggiati, così aveva finito per credere di essere stata
lei la causa
dell’incidente che aveva portato alla morte della madre.
Ciò che non sapeva era
che Len aveva il medesimo incubo, per il semplice fatto che era stato
lui a
causare la morte della madre. Era accaduto tutto molto rapidamente,
all’improvviso, e nessuno aveva potuto fare niente: Rin e Len
stavano
semplicemente giocando in riva ad un fiume sotto lo sguardo vigile
della madre,
ma ad un certo punto Len era caduto nel fiume e la madre si era tuffata
per
salvarlo. A causa della salute già cagionevole si
ammalò ed in seguito morì.
Ovviamente
non
era davvero colpa di Len, ma lui non riusciva a togliersi dalla testa
il fatto
che se non fosse caduto in quel maledetto fiume non sarebbe successo
niente.
«Comunque
ora
finalmente sei arrivato, pensavo ti fossi perso o che mi avessi
abbandonata
qui!»
«Non
potrei mai
miss, piuttosto che abbandonarla mi ucciderei.»
«Esagerato,
te
l’ho già detto che non c’è
nemmeno bisogno che tu pensi a cose del genere!»
«È
inutile miss,
non cambierò mai idea. Su, è ora di mangiare,
altrimenti il cibo che le ho
preparato potrebbe rovinarsi.»
«Uff,
sei
proprio uno stupido lo sai? Comunque va bene, vediamo cosa mi hai
preparato di
buono!»
Si
sedettero
sotto l’enorme albero di ciliegio in fiore, che lasciava
cadere i suoi petali
come una leggera pioggia. Len si era impegnato con tutto se stesso per
preparare quel giorno. Non avevano mai avuto occasione di stare loro
due soli e
ora che lei si sposava ci sarebbero state ancora meno
possibilità, anzi,
nessuna, quindi si era impegnato più che poteva per rendere
tutto perfetto.
«Ahhh,
Len, è
tutto magnifico! Certo che sei proprio bravo in tutto! Nemmeno le
cuoche del
castello sanno cucinare come te!»
«La
ringrazio
del complimento, sono molto lusingato.» A fine pasto la
principessa pretese di
usare Len come cuscino per riposarsi un po’ e il ragazzo
molto divertito ed un
imbarazzato acconsentì, ritrovandosi il capo della sorella
sulle gambe.
«Mhhmhmh,
mhmhmh,
un uccellino nella gabbia, quando se ne andrà?»
canticchiò ad un certo punto la
principessa.
«Cosa
canta miss?»
«Mentre
venivamo
qui il cocchiere ha dovuto deviare nel bosco perché la
strada era bloccata. Ad
un certo punto ho scorto un edificio e davanti ad esso dei bambini
stavano
facendo uno strano gioco. Erano tutti in cerchio e canticchiavano
questa
canzone. Ero incuriosita perciò volevo scendere ed andare da
loro ma il
cocchiere me lo ha impedito, dicendo che era un gioco maledetto. Tu lo
conosci?»
«In
realtà no.
Se vuole indagherò.»
«Si
grazie, sono
un po’ preoccupata. Mi era sembrato di sentire un urlo
provenire dall’edificio
mentre ci allontanavamo, ma non ne sono sicura.»
«Ci
penserò io,
non si preoccupi.» Tornarono in silenzio e Len stava per
addormentarsi quando Rin
parlò di nuovo.
«Sai
costruire
gli aereoplanini di carta?»
«…
No, lei sì?»
«Perfetto
allora! Te lo insegno io! Guarda bene come si fa, me lo ha insegnato
mia
madre!» Len la guardò sorridendo mentre ricordava
il giorno in cui la madre gli
aveva insegnato quel semplice gioco.
“Mamma,
mamma!
Ci racconti di come vi siete conosciuti tu e papà?”
“Io
e papà? Come
mai vi è venuto in mente?”
“Così.
Papà ci
ha letto una delle tante favole che ci raccontate sempre ma ci
annoiavamo così
gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcos’altro, ma lui ha
detto di chiedere a
te, di raccontarci come vi siete conosciuti.”
“Certo
che
vostro padre poteva scegliere un’altra storia. Ok, vi
racconterò cosa è
successo.” I due piccoli si sedettero sul prato davanti alla
madre con occhi
pieni di curiosità.
“Io
sono di
origini povere, provengo da una semplice famiglia del popolo. Quando
avevo più
o meno 14 anni vivevo con la mia famiglia in una specie di villaggio
circondato
da un’alta rete. Non potevamo uscire da lì ed
anche se ero di salute
cagionevole dovevo lavorare.”
“Lavorare?”
“Sì.
Aiutavo i
miei genitori a lavorare la terra nei campi insieme agli altri abitanti
del
villaggio. Io mi annoiavo molto e spesso andavo al confine del
villaggio, alla
rete che ci separava dal resto del mondo, sperando di poter uscire. Un
giorno,
al di là della rete, vidi un ragazzo. Era ben vestito e
sembrava poco più
grande di me. Gli feci un cenno di saluto e lui si avvicinò.
Ci guardammo un
attimo e poi lui si presentò: era vostro padre. Cominciammo
a parlare e lui mi
disse di essere il principe Kagamine, ed io mi stupii moltissimo.
Iniziai a
parlargli come si fa con chi è importante ma lui disse che
andava bene così,
che non dovevo, perché eravamo amici. Lo ringraziai ma poi
dovetti tornare
dalla mia famiglia perché si stava facendo tardi e
cominciava a fare freddo.
Purtroppo quella notte mi ammalai e, a causa del forte mal di gola,
persi la
voce. Il giorno dopo tornai alla rete e vostro padre era lì.
Io non riuscii
neanche a salutarlo tanto era il dolore alla gola così
scrissi ciò che volevo
dirgli su un foglio e , costruendo un aereoplanino, glielo lanciai
facendolo
volare sopra la rete. Così cominciammo a scambiarci messaggi
solo scritti. Era
più sicuro, in quel modo nessuno poteva sentirci, ed era
anche divertente.
Andammo avanti così per mesi, anche quando recuperai la
voce. L’amicizia si era
tramutata ben presto in amore. Purtroppo però fummo
scoperti: le guardie di
vostro padre riferirono il legame che si era instaurato tra noi ai
regnanti di
allora, ai vostri nonni, e loro diedero l’ordine di
separarci. Io venni portata
via da quel villaggio e mi fu detto che se avessi osato cercare il
principe
avrebbero ucciso la mia famiglia. A lui invece dissero che ero morta.
Così per
molto tempo non ci vedemmo più. Fu lui a ritrovarmi tempo
dopo. Creò grande
scalpore quando disse di voler sposare una popolana, ma ormai aveva
preso la
sua decisione. Così ci sposammo e dopo poco tempo siete nati
voi due.”
“È
una storia
tanto dolce! Però non abbiamo capito una cosa?”
“Cosa?”
“Cos’è
un
aereoplanino di carta?” chiesero incoro i piccoli.
La regina
Lily
scoppiò a ridere per la dolcezza dei figli. Erano
così adorabili nella loro
ingenuità e dolce ignoranza di bambini.
“Ok
piccoli,
allora vi insegno a farli.” E così crearono tanti
aeroplanini di carta, tutti
di colori diversi. I gemelli iniziarono a farli volare ovunque e a
lanciarseli
a vicenda, facendoli volare in alto.
“Vediamo
se
riesci a prendere questo Len!” La piccola Rin
lanciò l’ennesimo aereoplanino
ma, complice il vento, questo volò troppo alto. Len
arretrò per recuperarlo ma
così facendo inciampò e cadde nel fiume dietro di
lui. L’urlo disperato della
madre e il pianto della sorella furono le ultime cose che
sentì.
«Ecco
fatto!
Visto, è semplice!»
«Ha
ragione. Lei
è davvero molto brava.»
«Grazie
mille!
Questa è stata l’ultima cosa che mi ha insegnato
mia madre, perciò mi sono
allenata tanto per riuscirci bene.» La principessa sorrideva
dolcemente mentre
guardava la sua creazione volare lontano sul prato. Ad un certo punto,
in
lontananza, udirono le campane suonare: erano le tre di pomeriggio.
«Oh,
è ora della
merenda! Cosa mi hai preparato oggi?»
«Brioshe!»
«Le
mie
preferite!»
«Esatto!»
Dopo
la merenda Len finalmente si decise a porre il suo dono alla sua amata
sorella.
«Madame,
ho
un’altra cosa per lei.»
«Davvero?
Cosa?»
«Questo»
disse
Len tirando fuori il pacco che fino a quel momento era stato nascosto
nel cesto
del pranzo «È per lei, come dono di buon
augurio.»
«Ahhh,
Len mi ha
fatto un regalo! Allora era questo che eri andato a prendere
prima!»
«Esatto.
Su, lo
apra, che se non le piace o non le va bene magari siamo ancora in tempo
per
cambiarlo.»
Rin
cominciò a
strappare tutta la carta che circondava il regalo di Len. La
principessa rimase
a bocca aperta: il pacco nascondeva un bellissimo abito giallo scuro,
sembrava
oro colato, orlato di nero alle maniche, allo scollo che terminava con
un
piccolo fiocco dai lunghi nastri e all’orlo delle due balze
del vestito. Sul
retro dell’abito era applicato un magnifico fiocco nero, che
terminava i suoi
nastri dopo una lunghissima discesa lungo l’abito. Il tutto
era completato da
un paio di scarpe nere e due ornamenti per i capelli: una rosa dello
stesso
colore dell’abito e un nastro bianco.
«La
commessa mi
ha detto che questo va messo così.» Len si
avvicinò a Rin con il nostro in mano
e facendolo passare sotto i capelli lo lego in cima alla nuca, creando
un
piccolo ma bellissimo fiocco.
«Ho
pensato di
prenderglielo dopo averla vista gioire di fronte alle bambine tutte
infiocchettate, spero le piaccia.»
«Len,
è tutto
semplicemente magnifico. Indosserò tutto alla festa di
questa sera, te lo
prometto!»
«Non
deve
sentirsi obbligata.»
«Ma
infatti non
è così. Il vestito che mi ha regalato Len
è magnifico, tutti lo devono vedere.»
«Come
desidera
miss, sono lusingato che abbia apprezzato il mio dono.»
«Ovvio
no?
Qualunque cosa Len faccia per me è bellissima» E
così dicendo diede un piccolo
bacio sulla guancia di Len. Lui divenne immediatamente rosso e si
affrettò a
dire «S-su principessa, è ora di finire la merenda
e di tornare al castello,
altrimenti non avrà il tempo di prepararsi.»
«Prima
devo
provare l’abito» e scappò
all’interno della carrozza. Ne uscì poco dopo, e
fu
come una visione: era stupenda. L’abito le calzava alla
perfezione, il suo
piccolo corpo che aveva appena cominciato a diventare come quello di
una donna
era fasciato in quella seta dorata in maniera incantevole. Sotto la
pioggia di
petali la principessa sembrava una bellissima fata dorata.
«È
incantevole
miss.» Questa volta fu il turno di lei per arrossire. Si
girò di schiena per
non farsi vedere e si affrettò a dire «O-ok, ora
basta. Dobbiamo tornare e
ancora non abbiamo fatto merenda!»
«Allora
vada a
cambiarsi, non vorrà rovinare l’abito
vero?»
«Certo
che no!
Grazie Len, è stata una giornata magnifica» e
sparì di nuovo.
Len
si alzò per
sistemare tutto quando sentì un rumore dietro di se e subito
dopo il caldo
corpo di Rin era stretto al suo in un dolce abbraccio. Len
piegò leggermente la
testa di lato ed iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli.
«Miss
Rin, non
crede che sia un po’ fuori luogo?»
«Non
c’è
nessuno, posso abbracciarti tranquillamente…»
«Cosa
succede
miss? Non mi ha mai abbracciato, è diversa dal solito
oggi.»
«…
ho paura di
perderti.»
«Principessa,
gliel’ho sempre detto che non la lascerò
mai.»
«Ho
paura, ho un
brutto presentimento.»
«Qualunque
cosa
accada la proteggerò, lo sa.»
«È
per te che ho
paura! Tu mi proteggi sempre, ma temo che sia tu quello che
dovrà essere
protetto!»
«Le
prometto che
non morirò miss Rin, io vivrò fino a quando non
sarà lei stessa a non volermi
più. Questa è una promessa, non la
lascerò mai.»
«…
Lo giuri?»
«Lo
giuro.»
«Mi
prometti che
non mi lascerai mai?»
«Lo
prometto.»
«Mi
prometti che
un giorno torneremo qui, sotto il ciliegio?»
«Lo
prometto. Le
prometto che sarò sempre al suo fianco e che se mai
sparirò potrà venire a
cercarmi qui. Io l’aspetterò per sempre.»
La
principessa
si sciolse dall’abbraccio ed allungò una mano
chiusa a pugno verso di lui, con
il mignolo teso.
«Yubikiri.»
«Non
pensavo che
credesse a queste cose.»
«Yubikiri!»
«Ok»
Len sorrise
dolcemente alla sua sorellina e le strinse il mignolo con il suo.
«Yubikiri,
e che
il dito ti possa essere tagliato se non rispetterai la
promessa!» I due si
guardarono e finalmente, dopo quel momento di tristezza e malinconia,
risero.
Risero con le lacrime di gioia agli occhi, mentre si aggrappavano con
tutte le
loro forze a quella piccola promessa, così infantile ma
così vitale in quel
momento.
«Grazie
Len, per
tutto. La prossima volta che torneremo al ciliegio sarai tu a
ringraziarmi!»
«Ci
conto.»
«Eheh.
Ora vado
a cambiarmi, aspettami e non sbirciare!» e sparì
nella carrozza.
Len
si avvicinò
al tronco dell’albero e con il suo pugnale incise le loro
iniziali a fondo,
così che la promessa di rincontrarsi potesse avverarsi.
-Magari
potessimo restare qui per sempre sorellina, con il tuo sorriso e il tuo
sguardo
innocente. Vorrei restare qui e vederti sorridere per il resto dei miei
giorni.-
__________
Nota
d’autrice:
capitolo molto dolce secondo me, anche perché finalmente ho
potuto parlare
della loro mamma, una donna che ho voluto immaginare estremamente
dolce.
Inoltre ho potuto spiegare il perché della perdita di
memoria di Rin e
dell’allontanamento di Len, mettendo in chiaro alcune cose.
A
parte questo
anche qui apro il concorso “Indovina la canzone
citata!” che in questo caso
sono due, perciò fate molta attenzione. Non credo che siano
troppo difficili da
indovinare, o almeno, chi conosce abbastanza i Vocaloid dovrebbe
conoscerle ^^
Il premio è una storia dedicata scritta da me o un disegno
fatto da me, non che
sia un granché come premio ma non ho davvero altro di meglio!
Ora
i
ringraziamenti:
Hikari
Megami (la mia tesoro che si preoccupa
sempre troppo ^^ Dovresti
preoccuparti seriamente dei danni
che subirai a causa mia, sai che soffrirai molto ♥)
Glasgow_R_evolver
(che anche se non ha recensito conserva la mia storia ^^)
Ayukiko_Watarai
(che sta volta ho fregato! Non si è affatto pentito di aver
portato la sorella
in città, anzi, è stata una delle sue giornate
più belle ^^ Credo però che
riuscirai ad indovinare le canzoni, così mi freghi
un’altra storia (giuro che
la prima arriverà, giuro!))
REAwhereverIgo (prepariamogli
una bella tomba al nostro Len caro, tanto tra non troppo gli
servirà V.V)
Raven
Cullen (che
ha timidamente scritto la sua
prima recensione alla mia storia dicendo che la faccio impazzire
rendendomi
felicissima ^^)
SabryKagamine
(che mi segue ancora, evviva :D Non ho ancora perso lettori!)
Blue_Flames (idem come sopra :D Non sono
stata
abbandonata!)
Al
prossimo capitolo,
See
ya, ElPsyCongroo
|
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Capitolo 7 *** 6- È giunto il momento. ***
N.B.
LEGGETE LA NOTA D’AUTRICE, È IMPORTANTE!
Capitolo
7: È
giunto il momento.
Nervi.
«Dov’è
la principessa? È in ritardo! Sei tu che devi occuparti di
lei!»
Ner-vi.
«E
vedi di ascoltare quando la gente ti parla! Devi prenderti le
tue responsabilità!»
N-e-r-v-i.
«Allora?
Dov’è? Non l’avrai nascosta da qualche
parte perché non
vuoi farla sposare, vero? Questo è un giorno importante per
la principessa Rin,
non devi prendere questa situazione come se fosse un gioco! Se il
principe
Kaito e la principessa Rin non si sposano i regni non troveranno mai la
pace,
anzi, molto probabilmente finiremo in guerra! Perciò vedi di
dirmi
immediatamente dov’è la principessa altrimenti te
la farò pagare, non mi
interessa che sei il suo prediletto!»
NERVI!
«Taci
vecchia!» Len non ce la faceva più. Appena erano
tornati
dalla loro uscita Rin era stata letteralmente trascinata via dalle
serve del
castello cosicché potesse essere preparata per la festa di
quella sera; Len
aveva tentato di seguirla ma come era ovvio che accadesse era stato
spedito a
fare altro malgrado la proteste della principessa. In realtà
non c’era molto da
fare, ma trovavano sempre tutte le scuse del mondo per allontanarlo da
lei.
Così, dopo aver controllato che fosse tutto apposto, il
salone ben decorato, la
sala da pranzo pronta con tutti i cibi per il banchetto, i giardini con
tavoli
e sedie per i commensali, l’entrata al castello riccamente
addobbata e i vari
domestici, cuochi e quant’altro pronti ed efficienti era
andato a prepararsi
anche lui.
Quella
sera avrebbe avuto il privilegio di stare al fianco della
principessa in veste di accompagnatore e non di servo. Sarebbe stato
impeccabile. Aveva comprato uno smoking che si abbinasse
all’abito della
principessa: la lunga giacca era color oro bordata di nero. Il colletto
alzato
ed abbottonato da metà petto fino all’attaccatura
dei pantaloni lasciava vedere
la camicia bianca, ed attorno al collo aveva legato un foulard dello
stesso
bianco candido. I pantaloni erano più semplici, neri, e ai
piedi indossava dei
lucidi stivali anch’essi neri. Si era anche legato i capelli
in una piccola
coda con un nastrino nero. Ironia della sorte, sembrava un vero
principe con
quell’abito. E sembrava anche più grande.
Appena
pronto era uscito diretto alle stanze di Rin, ed era così
che aveva scoperto che lei era sparita. Appena dopo essere stata
vestita con un
abito che non era quello che lui
le
aveva appena regalato era uscita dicendo che sarebbe andata a
chiamarlo, ma
così non era stato. Lui non l’aveva vista da
nessuna parte. Non aveva idea di
dove fosse, ma tutti si erano accaniti su di lui, tempestandolo di
domande e
facendogli salire i nervi a fior di pelle.
«Tacete
tutti! Per quanto mi costi ammetterlo non ho idea di dove
sia, non è venuta a cercarmi, non mi ha detto che volesse
andare da qualche
parte altrimenti a quest’ora sarei con lei e non so dove
potrebbe essere! Se
magari non mi aveste cacciato questo non sarebbe successo! Ora, voi la
cercate
in ogni angolo del castello, io andrò a cercarla fuori. Se
la trovate
avvisatemi immediatamente, sono stato chiaro?» Essendo
gemello di Rin anche lui
aveva solo quattordici anni, ma in quel momento, circondato dalla
maggior parte
dei servi del castello, aveva un’età indefinita in
grado di intimorire tutti.
«Allora?»
Tutti si riscossero ed annuendo in fretta andarono a
cercare la principessa per tutto il castello. Len si diresse
immediatamente
fuori, con un posto ben preciso in mente. Era vero, non sapeva dove
fosse, ma
una mezza idea se l’era fatta. Una volta fuori dal castello
attraversò in gran
fretta il cortile e si addentrò nel giardino di rose.
Superò il centro dove si
ergeva un magnifico gazebo anch’esso allestito per la festa
(era stato
preparato per i due futuri sposi, per concedergli un po’ di
“privacy” dopo
l’annuncio) ed andò verso il labirinto che si
trovava poco più in là. Per buona
parte percorse la strada giusta, quella che l’avrebbe portato
al lago sul
retro, ma ad un certo punto si fermò. Guardò
l’alta siepe davanti a lui per un
attimo e quando individuò un piccolo nastro dorato lo
tirò, riuscendo a
spostare con facilità una grande sezione di rami
così da poter passare
dall’altra parte.
Davanti
a lui si figurò un enorme e fitto bosco. I grandi alberi
non permettevano alla luce di penetrarvi all’interno,
così da renderlo
estremamente buio. Si avvicinò ad uno dei prima alberi e
fece un piccolo
sorriso. Aveva indovinato: appeso ad un ramo c’era un abito
molto elaborato,
nero e oro, finemente decorato. Ai piedi dell’albero
c’erano delle scarpe con
il tacco alto color oro affiancate dalla corona che Rin tanto odiava.
Len si
tolse giacca, cravatta e stivali e lasciò il tutto insieme
alle cose di Rin. Si
addentrò nel fitto bosco e dopo alcuni minuti di cammino
scorse una parete di
roccia nella quale si apriva una grotta. Len entrò piano
senza far rumore ed
avvertì l’eco della voce della sorella.
Addentrandosi ancora di più arrivo al
centro della grotta che si apriva in una grande
“stanza”, e al centro di essa,
davanti ad una lapide, c’era Rin, in piedi che ballava, a
ritmo della dolce
melodia che canticchiava.
Len
riconobbe immediatamente la melodia, così
cominciò a cantare:
«Nella
culla del tempo
Ciò che
vidi fu un sogno terribilmente freddo
Ma tu cantavi per me
Una gentili,
gentile ninna nanna
Rin
interruppe il suo canto e si girò verso di lui. Non gli
chiese
niente, semplicemente sorrise, ed iniziò anche lei a
cantare, rispondendo alle
sue domande.
Cosa desideravi?
- Un mondo che non
finisse mai-
Cosa desideravo?
-La fine del mondo
...?-
“La voce
prescelta,”
Con esitazione e
dolore
- Con sorrisi e
consolazioni -
“Continua
a cantare”
Trasformando
l’afflizione in gioia
-Mutando il dolore
in sorrisi-
Stai camminando in
mezzo alla distruzione senza speranza?
-Tutto quello che
posso fare è pregare-
Voglio salvarti
- Voglio proteggere
questo mondo -
“Desidero
ardentemente l’intersezione che deve ancora
arrivare”
Voglio concludere
tutte le vite con le mie mani
- Voglio portare la
pace e la benedizione per il mondo senza fine
-
Ah, non si
può raggiungere
- Il mio cuore non
si può raggiungere -
“I nostri
desideri lasciarono solo illusioni, ricominciando
un’altra volta ancora”
Rin
intanto che cantava
ballava, e il suo spettacolo era ciò che di più
magnifico si potesse vedere.
Volteggiava nella grotta, con i piedi nudi a contatto con la roccia
fredda ed
indosso solo la leggera sottoveste bianca. Con le braccia reggeva un
lungo
drappo dorato, che risplendeva ogni volta che la luce che filtrava tra
le crepe
della grotta la raggiungeva. Len prese fiato per due secondi e riprese
a
cantare la melodia
È
giunto il momento»
e
a quel punto Rin cadde
a terra, come sfinita dal canto.
«Lady
Rin!» Len corse dalla sorella che pian piano si stava
rialzando, pronto a fare qualunque cosa potesse servire per aiutarla.
Stava impazzendo,
temendo che Rin si fosse fatta seriamente male, ma lei,
all’improvviso, si girò
verso di lui e lo guardò con un gran sorriso.
«Ops,
sono caduta!»
«Oddio
principessa, mi ha fatto preoccupare! Credevo che si fosse
ferita!»
«Tranquillo
Len, non mi sono fatta niente!»
«Sicura?»
«Sicurissima!
Anzi, sono arrabbiata con me stessa perché sono
inciampata nei miei stessi piedi! Eppure ci stava venendo
così bene!»
«Non
si arrabbi, non è colpa sua. È vero, è
caduta, ma non deve farsene
una colpa. Capita. È stato comunque bellissimo poter cantare
assieme.»
«Anche
per me è stato bellissimo. Era da tanto che non cantavamo.
È un peccato… Comunque non credevo che la
ricordassi ancora.»
«Non
potrei mai dimenticare una canzone tanto importante per la
mia principessa.»
«Lecchino.»
«Non
è così. Lo sa che ci tengo a lei.»
«Certo
che lo. Per questo ci vogliamo bene, vero?»
«Vero.»
«…
Senti Len…»
«Mi
dica.»
«Secondo
te lei mi voleva bene?» chiese Rin indicando la lapide.
«Senza
ombra di dubbio,» rispose Len guardando il nome inciso
sulla pietra «le voleva sicuramente bene. Me
l’aveva detto lei stessa no? La
canzone è un suo dono, giusto?»
«Già…»
Rin chiuse un attimo gli occhi, ed insieme a Len
ripensarono a qualche tempo prima, quando Rin per la prima volta aveva
portato
il suo servo in quella grotta.
“Allora
Len, adesso ti porto in un posto che nessun altro a parte
me conosce. Beh, in realtà c’era anche mio padre.
Ma appunto c’era, quindi ora
lo so solo io.”
“E
se mi è concesso chiederlo, perché lo vuole far
sapere anche a
me?”
“Così.
Sei il mio servo, non si sa mai che ti torni utile
saperlo.”
“Come
desidera.”
I
due ragazzi uscirono dal castello, mentre la notte cominciava a
scendere.
“Non
sarebbe meglio andare un altro giorno? Ormai è tardi, si sta
già facendo buio.”
“Non
preoccuparti, conosco la strada a memoria. Non mi perderei
nemmeno in mezzo ad una tempesta di neve, figurarsi al buio”
e così dicendo
proseguì spedita verso il giardino delle rose.
Len
le andò subito dietro, senza perderla d’occhio
nemmeno per un
secondo. Guardò furtivo le guardie del castello che
sorvegliavano l’esterno, ma
nessuna di loro sembrava prestare attenzione ai due.
“Per
quanto gli riguarda io potrei anche sparire senza lasciare
traccia, quindi poco gli importa dove vado. Non ci seguiranno, anche
perché
gliel’ho vietato.”
Superarono
il gazebo e raggiunsero il grande labirinto formato da
alte siepi.
“Conosci
la strada per uscire da questo labirinto?”
“Le
strade. Una porta al cancello principale, una alle
coltivazioni di corte, un’altra ancora alla zona di
allevamento, una alle
stalle, e l’ultima al lago sul retro, oltre alle varie strade
senza uscita o
che portano alle celle o in mezzo ai cani da guardia.”
“Chiederti
come fai a saperlo immagino sia inutile, vero?”
Len
sorrise senza rispondere. Sapeva tutte le strade del labirinto
perché erano stati loro stessi, insieme all’aiuto
della madre e del padre,
prima dell’incidente, a creare la mappa del labirinto. Sin da
piccolo Len aveva
una memoria fotografica molto sviluppata, quindi gli era bastato poco
per
ricordare tutte le vie giuste.
“Figurarsi.
Beh, caro il mio servo, sappi che questa volta ti
sbagli. C’è una strada che non conosci.”
“Davvero?
Strano, non credevo di averne dimenticata una.” Len si
mise a ragionare ma no, era impossibile, non poteva aver dimenticato
una
strada.
“Infatti
sei stato bravo, hai elencato tutte le strade scritte
sulla mappa, ma te ne manca comunque una.” Terminando la
frase la principessa
si fermò davanti una delle pareti di siepe del labirinto.
Mentre parlavano
infatti avevano cominciato a percorrerlo e Len era convinto che si
stessero
dirigendo al lago, ma a quanto pareva non era così. La
principessa lo fece
mettere vicino a lui e gli indicò un punto nella siepe:
anche se era buio Len
vide un sottile nastro d’oro legato ad uno dei rametti. La
principessa lo tirò
e così facendo parte della siepe si aprì: il
nastro infatti era collegato a
tanti altri e in questo modo bastava un tiro leggero per far smuovere
vari
rami, aprendo un passaggio.
Senza
lasciargli il tempo di parlare Rin lo trascinò con
sé verso
il bosco in fondo alla proprietà dei Kagamine. Prima di
addentrarsi si tolse le
scarpe e il vestito senza curarsi sella presenza di Len, che nel
frattempo era
parecchio arrossito. Dopo averlo esortato a togliersi anche lui le
scarpe lo
prese per mano e lo trascinò in mezzo agli alberi. Dopo un
breve tragitto Len
vide una grotta che si apriva nella roccia e fu proprio li che Rin lo
portò. Dopo
aver percorso uno stretto corridoio arrivarono ad una parte
più ampia della
grotta, una specie di enorme stanza. Al centro c’era una
croce di pietra
illuminati dai raggi di luna che filtravano dalla roccia.
Una
volta abbastanza vicini Len scorse il nome su quella che si
era rivelata essere una tomba:
-Sharin
Lily Kagamine, morta per proteggere il futuro dell’Oro-
“Questa
è la tomba di mia madre. È morta anni fa, quando
ero
ancora molto piccola, quindi non mi ricordo molto di lei. Vedi? Ho
preso il suo
nome, anche se ormai nessuno mi chiama così.
“Sharin Lenka Kagamine”, non
lo trovi un nome orribile ed esagerato?” Len
fece fatica a rispondere: trovarsi così
d’improvviso davanti alla tomba della
madre era stato traumatico. Era un miracolo che non fosse scoppiato a
piangere.
“Comunque,
non ti ho portato qui per lamentarmi. Volevo
raccontarti una storia che mi raccontò mia madre poco prima
di morire. Siediti
qui.” Rin si era seduta davanti alla tomba con Len accanto.
“La
storia narra la leggenda di questo regno. Si racconta di come
un tempo tutti i paesi fossero uniti in uno solo e di come il suo
equilibrio
fosse governato dalla presenza di un enorme drago nero. Questo drago
viveva in
una grotta come questa e per compiacerlo e venerarlo il popolo offriva
una
giovane ragazza con grandi abilità canore e di danza. Essa
doveva placare la
collera del drago quando si sarebbe manifestata, ed era conosciuta da
tutti
come Diva. Purtroppo la Diva non aveva vita lunga: il danzare e cantare
in modo
continuo la sfiniva fino alla morte, ed a quel punto si sceglieva una
nuova
Diva. Arrivò il giorno in cui fu scelta una giovane
fanciulla dai capelli
dorati come Diva. La madre si oppose con tutte le sue forze,
inutilmente. La
fanciulla fu portata via. Il fratello gemello però
continuò a sentire la sua
voce; così, dopo anni di attesa e la morte della madre,
partì alla ricerca
della sorella. Quando raggiunse la grotta del drago incontrò
un ragazza che gli
sbarrava la strada: era la Guardiana che aveva il compito di fermare
chiunque
tentasse di liberare la Diva, anche a costo di morire. Il ragazzo
lottò strenuamente
e quando sembrò tutto perduto ruppe la maschera della
Guardiana. Come se fosse
stata colpita al cuore essa si immobilizzò così
il ragazzo raggiunse la
sorella. Purtroppo però era arrivato tardi: la ragazza, dopo
averlo visto ed
avergli sorriso dolcemente, si accasciò al suolo, stremata.
Il fratello la
raggiunse ed implorando per la sua salvezza la strinse a sé.
All’improvviso un
bagliore verde li avvolse e la Diva sembrò riprendere tutta
la vitalità e forza
persa in quegli anni. I due gemelli si strinsero forte e guardarono
senza
timore il drago che stava per scagliare tutta la sua furia su di loro,
pronti a
morire, felici di essere si nuovo insieme. Prima di colpirli
però la Guardiana
si parò tra loro, e dopo aver sorriso ai due ragazzi una
grande luce bianca
riempì la grotta. Nessuno conosce il vero finale della
leggenda, ma tutti sono
d’accordo su una cosa: la Guardiana si sacrificò
per proteggere i gemelli e
così facendo i drago nero morì, sconvolgendo
l’equilibrio del mondo. Per questo
ora è divido. Si dice anche che la Guardiana
diventò lei stessa il drago e che
ancora oggi riposi, aspettando che arrivi il momento adatto per sparire
del
tutto, il momento in cui il mondo saprà gestirsi da
solo.”
“E
i gemelli?”
“Una
versione dice che sono morti, ma non mi piace molto. Da
allora comunque si crede che i gemelli abbiano una forza ed un potere
nascosto
in grado di governare il mondo. In fin dei conti secondo la leggenda
è proprio
grazie a loro che il mondo si è salvato, ma forse a causa
loro è nato un nuovo
drago in grado di distruggere tutto quando lo riterrà
necessario.”
“Perché
ha voluto raccontarmi questa storia?”
“Per
tu hai salvato il mio mondo come il ragazzo della leggenda
uccidendo il drago, ed hai salvato me, la Diva. Forse però
è un male, salvandomi
forse hai dato vita ad un drago in grado di distruggere tutto. Come la
Guardiana.”
“Io
non la vedo così.”
“E
come la vedi?”
“Secondo
me sì, posso essere paragonato al ragazzo, ma in quanto
ho salvato la vita di una povera ragazza uccidendo il drago che la
teneva
prigioniera. Poco importa se ho creato un nuovo drago,
l’importante è aver
protetto la Diva.”
“E
la guardiana?”
“Non
saprei, è l’unico personaggio della storia che mi
manca.”
“Quindi
la tua teoria non può essere considerata valida.”
“Io
continuo a considerarla tale.”
“Fa
un po’ come vuoi!” La principessa si
abbracciò le ginocchia ed
vi affondò il viso. Dopo un attimo di silenzio Len le
poggiò una mano sulla
testa, e disse
“Secondo
me la guardiana è sua madre, la regina Lily.”
“Come
scusa?”
“Lei
è morta dopo averla salvata, giusto? Non le sto dando la
colpa della sua morte, non oserei mai, è stato un tragico
incidente, ma come la
Guardiana della leggenda ha deciso di salvare la vita della sua Diva.
Ed ora
protegge il mondo della sua Diva.”
“…
Detta così mi piace…” La principessa
arrossì e sorrise
leggermente.
“Visto?
Le sono tornato utile?”
“Tu
mi sei sempre utile! Lo sarai di più però se
impari questa!”
Rin tirò fuori un pezzo di carta su cui era scritto il testo
di una canzone.
Era diviso in frasi diverse che dovevano cantare separatamente o
contemporaneamente, o frasi uguali. Leggendolo alla veloce
scoprì che era il
testo della leggenda. Sul retro era riportato anche lo spartito per
suonarla al
piano e al violino.
“Entro
quando dovrei impararla?”
“Subito!”
“Subito!?
Ma è lunghissima, per non parlare della
difficoltà! E
poi non ho neanche il violino con me, figurarsi il piano!”
“Non
preoccuparti! Ho già pensato a tutto io!” Rin
prese una
scatola di legno, che aprendosi rivelò essere un carillon.
“Trovare
qualcuno che riuscisse a costruirlo è stato difficile, ma
almeno hai una base su cui allenarti quando non sei con me. Ora fallo
partire,
ti farò sentire com’è!” Len
iniziò a girare la manovella del carillon e la
principessa iniziò a danzare. Prima un ballo lento, leggero,
quasi mimando una
scena di vita quotidiana. Poi cominciò a cantare, e da quel
momento in poi Len
non poté far altro che guadarla pieno di meraviglia.
«Tu
allora dicesti che mia madre mi protesse, che protesse la sua Diva. Ci
credi
ancora? Credi ancora che mia madre mi protegga?»
«Sì,
lo credo ancora, ed anzi, ne sono sicuro.»
«Ma
io non ho fatto niente di buono. Sono malvagia, non merito la
sua protezione.»
«Lei
è sua madre lady. Qualunque cose abbia fatto la
proteggerà,
perché è la sua bambina, la sua amata figlia. Non
potrebbe mai volere il male
per lei.»
«Ma
mio padre…»
«Suo
padre non centra. Tutto quello che ha fatto l’ha fatto dopo
la morta della regina Lily. Non che questo lo giustifichi, ma anche lui
era
buono. È stata lei a dirmi che vivevate una vita felice,
senza problemi. Suo padre
era un uomo buono e gentile e non avrebbe mai fatto del male a sua
figlia se
non fosse morta la regina, ne sono sicuro. È stata la sua
morta a farlo
impazzire, a farlo diventare un mostro, un demone. Perciò
non deve
preoccuparsi: lei non diventerà mai malvagia, glielo posso
assicurare, perché non
permetterò che accada mai niente che possa farla diventare
tale.»
«Sicuro,
sicuro… Hai un po’ troppe sicurezze per essere
solo un
ragazzino!»
«Non
importa l’età. Per lei io sarei in grado di
attraversare le
fiamme e di rinascere dai morti se necessario. Per me non esiste nulla
di
impossibile o esagerato se è per proteggerla e saperla al
sicuro.»
«Esageri
come al tuo solito.»
«Forse
ha ragione.» I due fratelli restarono un po’ seduti
davanti
alla tomba della madre, ognuno perso nei propri pensieri.
«Forza
principessa, dobbiamo andare. È giunto il momento tanto
atteso.» La principessa, che alla giovane età di
14 anni aveva un regno da
gestire ed un matrimonio alle porte, fece un grosso respiro, diede un
bacio
alla tomba della madre e si avviò mano nella mano con il suo
amato servo verso
il castello.
Fine
prima parte
Nota
d’autrice:
non uccidetemi! Abbassate tutte le armi, fucili,
mitra, bombe a mano, bazooka e quant’altro!
Fatto? Ora posso parlare senza rischiare di morire? Ok… Ehi, giù anche la
pistola ad acqua, se
mi bagno mi ammalano, fa un freddo cane in sta città!
Bene,
ora posso
dirvi con “calma e serenità”: vi
annuncio che questa è la fine della prima
parte di Aku no Musume! In realtà volevo interromperla
già la settimana scorsa
ma poi ho pensato che questo capitolo fosse più conclusivo,
quindi ho scelto di
finire oggi. Il motivo è semplicissimo: ho solo scritto
altri 2 capitoli della
storia. Non volendo lasciarvi in attesa con una storia incompleta ho
preferito
farla finire e dividerla. Proprio per questo non ho idea di quando
comincerà la
pubblicazione del seguito, dipende tutto dal tempo che ho per scrivere
e dall’ispirazione
che mi viene.
Quindi
con sommo
dispiacere vi annuncio che prima o poi tornerò,
farò il possibile perché sia
più prima che poi, promesso!
Prima
di
concludere vi annuncio che anche in questo capitolo
c’è la citazione ad una
canzone ed è davvero semplice, quindi si tratta
più che altro di chi mi
scriverà prima rispetto agli altri. Come sempre per dubbi o
problemi di
qualunque natura chiedete pure a me, sono sempre disposta a rispondere
a tutto.
Ora
i
ringraziamenti finali (mi viene quasi da piangere a pensare che non vi
sentirò
per chissà quanto tempo):
Hikari Megami (la
mia piccola
che anche se non mi ha più scritto so che legge sempre la
mia storia e quindi
le voglio tanto bene ♥)
Glasgow_R_evolver
(che spero abbia seguito la mia storia fino a qui e che le sia piaciuta
^^)
Ayukiko_Watarai
(che come sempre è la prima ad indovinare le citazioni e che
abbraccio forte
forte perché ama la mia storia e
perchéééééé….
vabbeh, il perché lo sappiamo
noi ^^ Tornerò su efp con le due storie dedicate, quindi non
sparisco per
troppo tempo ^^)
REAwhereverIgo (visto
che ho spiegato del padre? Vuoi le cose troppo in fretta, impara ad
aspettare,
anche perché ora non puoi fare diversamente V.V)
Raven
Cullen (che
ama i Kagamine per i miei
stessi motivi quindi è da amare tanto tanto ^^)
Silver
Wings (che ha scritto una recensione ad un capitolo a caso ma va bene
comunque
XD Mi dispiace che sei arrivata solo adesso, spero che leggerai il
seguito
quando uscirà ^^)
SabryKagamine
(che spero mi abbia seguita fino alla fine apprezzando la mia storia ^^)
Blue_Flames (idem
come sopra :D)
Alla
prossima storia, con enorme affetto,
See
ya, ElPsyCongroo
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