Come neve che volteggia nel cielo.

di Domino_Tabby_
(/viewuser.php?uid=183187)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ghiaccio ***
Capitolo 2: *** Neve ***
Capitolo 3: *** Brina ***



Capitolo 1
*** Ghiaccio ***


Ero solo una bambina all'epoca, si e no avevo cinque anni appena compiuti.

Mancavano pochi giorni a Natale e già fremevo all'idea di aprire i regali.

Quel pomeriggio andai con mia madre a fare una passeggiata nel bosco.

Per terra i miei piccoli passi provocavano un rumore sordo sopra il manto spesso di neve.

Avevo il nasino e le guance arrossate dal freddo ,la bocca sprofondata nella sciarpa di lana azzurrina.

Guardavo a occhi spalancati gli immensi alberi di pino coperti di bianco.

I fiocchi scendevano dal cielo come piccole e leggiadre farfalline , che andavano a posarsi un po' per terra e sui miei vestiti.

Davanti a me la figura alta e magra di mia madre camminava sicura, mentre io avevo un certo timore di quelle alte e minacciose fronde.

Qua e là c'era quale spiraglio di luce bianca, che filtrava dagli aghi dei pini e si rifletteva sui piccoli cristalli che stavano cadendo dall'alto.

Ero così incantata da quello spettacolo che le parole di mia mamma mi arrivarono distanti anni luce.

Ci fermammo in una radura circondata dagli alberi, punteggiata a volte da qualche cespuglio candido.

Non amavo molto l'inverno, ma credevo che la neve fosse una tra le piccole cose che ti rendono felice con pochi gesti.

Arrivata ad un certo punto dello spiazzo mi bloccai di colpo e sgranai gli occhi verdi.

-Mamma, Mamma! Guarda quell'albero! Sembra già addobbato per Natale!- esclamai puntando un ditino coperto dal guanto.

Era un abete, coperto solo sulla punta di neve.

Sul tronco erano disegnati con il ghiaccio degli arabeschi magnifici mentre dagli aghi pendevano delle stalattiti di ghiaccio che scintillavano come se fossero luci elettroniche, quelle che usavamo per l'albero di Natale.

Mi girai con un largo sorriso, aspettandomi di trovare il viso di mia madre...che non arrivò mai.

Persi un battito.

L'angolo dove prima era seduta era deserto.

-Mamma?- la richiamai senza ricevere risposta.

All'inizio pensai che magari si era allontanata giusto un po' e che sarebbe ritornata subito.

Un 'subito' lungo, molto lungo, troppo lungo.

Strinsi le mani mentre il mio cuore cominciava a pulsare freneticamente.

Cercai con gli occhi la sua figura familiare ma non la vidi.

Avvertii un forte pizzicare negli occhi e in fondo alla gola.

Non volevo piangere, dovevo essere forte e non farmi prendere dal panico... ma avevo solo cinque anni.

Le lacrime cominciarono a sgorgarmi sulle guance rosee e paffute.

Mi accasciai a terra e strinsi al petto le ginocchia affondando la testa tra le gambe.
Sentii sulle natiche la neve bagnata che trapassava i pantaloni.

Singhiozzai piano, mentre la paura cominciava ad assalirmi lentamente.

I grandi pini erano ancora più minacciosi e l'intera radura sembrava riflettere di una luce oscura e sinistra.

Nell'aria riecchieggiò il verso stridulo e acuto di un corvo, che mi fece trasalire.

Ero convinta che da un momento all'altro qualche mostro spaventoso mi avrebbe sbranato , tingendo la neve di un rosso vivace con il mio sangue.

Rabbrividii al solo pensiero, cominciando a singhiozzare ancora di più.

Dopo un po' sentii dei passi leggeri dietro di me.

Mi si accese dentro un barlume di speranza.
Forse è Mamma!” pensai.

Mi voltai in quell'esatto momento con un sorriso speranzoso.

Però,invece degli occhi marroni di mia madre ne incontrai un paio di azzurri.

-Tu non sei Mamma...- balbettai allontanandomi e ricominciando a singhiozzare.

Davanti avevo un ragazzo circa sui diciotto anni dai capelli lattei.

Indossava semplicemente una felpa blu ,coperta in certi punti da un leggero stato di ghiaccio, e dei pantaloni marroni che non sembravano per niente pesanti.

Nella mano sinistra teneva un lungo bastone, ricurvo fino a formare una mezza chioccola alla fine.

Non portava né calze né scarpe di ogni genere e sopratutto non sembrava soffrire dal freddo.

Continuai a fissarlo con occhi sbarrati.

Lo sconosciuto si accovacciò a terra, tendendomi una mano e sorridendo.

Strisciai goffamente per terra, cercando di allontanarmi da quello strano tizio.

-Ehi, perché piangi?- mi chiese avvicinandosi a carponi.

Vista la mia reazione protese le mani in avanti.

-Non avere paura, mica ti mangio.- rise piano.

Strinse la mia manina e mi fece sedere sulle sue ginocchia.

-Hai perso la mamma?- disse con aria preoccupata.

Io annuii, pulendomi con una manica il nasino colante.

-La ritroveremo, te lo prometto.- continuò fissandomi negli occhi.

Con mio stupore mi posò un tenero bacio sul capo.

Poi con un sorriso ebete tese la mano libera.

-Per la cronaca, Jack Frost, piacere.-

La mascella mi cadde a quelle sue ultime parole.

Jack Frost era davanti a me, in quel preciso istante.

Non potevo crederci.

-Tu...sei reale?!- esclamai scrutandolo con curiosità.

Egli annuì energicamente , mentre agli angoli delle sue labbra si formava un sorriso.
Mia madre mi raccontava spesso della leggenda di Jack Frost, mi piaceva un sacco.

-I-io...sono Sam- ripresi subito dopo.

Il ragazzo mi tenne salda e si alzò in piedi, facendosi leva sul bastone.

-Bene, Sam. Tieniti stretta adesso. Si vola!-

In meno di un secondo fu già a un metro e mezzo da terra.

Mi strinsi ancora di più alla sua felpa, sentendo un brivido percorrermi tutta la spina dorsale.

Continuai a ripetermi di non guardare giù ma fallii miseramente, ritrovandomi malamente con lo stomaco sottosopra.

Trattenni a stento un conato di vomito vedendo a che altezza eravamo.

Gli alberi sembravano piccoli sassolini sparsi in un campo bianco.

Conficcai le unghie nel tessuto del suo indumento affondando la testa nel suo petto.

-Jack, ho paura!- la mia voce arrivò più stridula del solito.

-Trovata! Jackpot...- sussurrò lo Spirito scendendo in picchiata verso il basso, tenendomi salda.

Il vento mi sferzò sulla schiena mentre avanzavamo velocemente in direzione del suolo.

Quando fummo abbastanza vicini l'albino planò dolcemente, atterrando piano sul manto innevato.

Subito davanti a noi vidi mia madre, girata di schiena e china per terra, intenta a prendere qualche cosa dal terreno.

Senza esitare le corsi in contro, abbracciandola.

-Mamma!- esclamai tra le lacrime.

-Samantha. Dov'eri?-

Io non la lasciai andare, mentre bagnavo il suo giubbotto di lacrime.

-J-Jack Frost mi ha aiutato!- dissi puntando nella sua direzione.

Mi girai ma il ragazzo era scomparso, lasciando al suo posto solo un fiocco di neve che galleggiava a mezz'aria.

Mamma rise, portandosi una mano affusolata alle labbra.

-Certo. Adesso andiamo.- mi prese di peso in braccio e si avviò fuori dal bosco.

Io continuai a fissare per tutto il tragitto il punto in cui prima era in piedi lo Spirito, che si era dissolto nell'aria.

Era stato tutto frutto della mia immaginazione? No.

Chissà se lo rivedrò. Mi piacerebbe giocare con lui.” pensai una volta a casa.

Andai nella mia cameretta e sbuffando mi buttai sul letto.

Fissai il vetro della finestra con aria annoiata, non sapendo cosa fare.

Ripensavo a Jack Frost, a come mi avesse salvato.

Una cosa attrasse la mia attenzione : una piccola crepa nel vetro.

No, non era una crepa, era un piccolo strato di ghiaccio che...si stava facendo sempre più grande?!

Sul vetro cominciò a formarsi un quadro fatto di arabeschi ghiacciati e trasparenti.

Restai a fissare quello spettacolo con la bocca aperta.

Trattenni il respiro quando la finestra si aprì e ne entro il ragazzo che mi aveva salvato nel bosco.

-Jack!- esclamai correndogli in contro.

-Ehi Sam.-

Da quel giorno cominciò a venire spesso a trovarmi: giocavamo insieme oppure lui mi mostrava trucchetti che riusciva a fare con la neve.

Era diventato uno dei miei migliori amici.

Arrivò infine il periodo in cui lo vedevo entrare dalla finestra ogni inverno, per mettersi a giocare o semplicemente parlare.

Mi sentivo una bambina speciale ad avere un amico 'magico'.

Era una bella sensazione.

Fece così per dodici anni di fila.

Io credevo in lui, credevo nella sua esistenza come sapevo che ogni mattina sorgeva il sole.

Ormai ero una delle poche 'ragazze grandi' che ancora credevano.

Diventò parte della routine che Jack venisse a trovarmi dopo scuola.

Mi insegnò molte cose sui guardiani, e io lo ascoltavo con immensa curiosità.

Cominciai ad apprezzare quel suo carattere ribelle e furbo.

Mi vedeva crescere e potevo notare nei suoi occhi il timore che un giorno non avrei più creduto, che gli sarei passato attraverso come se fosse un fantasma.

Ogni giorno, ogni maledetto istante, ogni minuto, ogni secondo.

Sempre.

Ma lo sapevo anche io che prima o poi non avrei più badato a lui, che lo avrei trattato come una fantasia, come una leggenda inesistente agli occhi adulti.

Eppure questo pensiero mi faceva rabbrividire.

Decisi che avrei continuato a credere, ma non fu così semplice come mi aspettavo.






Spazio Autore:

Spero vi sia piaciuto. Scusate per gli orrorierrori grammaticali.
Ciao!
-Tappy

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Neve ***


Osservai le mie scarpe affondare nella neve sul marciapiede mentre rivolgevo lo sguardo per terra.

Dalla tasca anteriore dei Jeans sfilai l'MP3 e infilai le cuffiette nelle orecchie.

Era solita quella azione dopo una lunga giornata di scuola.

Una lunga e stressante giornata di scuola.

Avere diciassette anni non era facile per niente, anche se appena compiuti.

Oltre la barriera immaginaria che mi forniva la musica riuscii a sentire gli schiamazzi dei bambini che giocavano a palle di neve o con gli slittini.

Nella strada rombavano le macchine dei genitori, davanti alla scuola, che venivano a prenderli.

Sentii una stretta sulla spalla e una voce ovattata.

Mi girai di scatto, trovandomi davanti un ragazzo della mia età dai capelli e gli occhi castani.

Aveva un sorriso di scherno dipinto sulle labbra rosee.

-Non si saluta?- chiese incrociando le braccia al petto.

Spensi il lettore musicale alzando gli occhi al cielo.

-Ciao Bennett.- dissi ridacchiando.

Lui sbuffò, affondando il viso nella sciarpa rossa.

-Cos'è sta cosa nuova del chiamarmi per cognome, adesso?-

-Ciao, Jamie.- mi corressi dandogli un leggero colpetto sulla spalla destra.

Il ragazzo sorrise.

-Così va decisamente meglio.- sussurrò cominciando a camminare insieme a me.

Percorremmo insieme un bel tratto della strada, parlando del più e del meno.

Jamie Bennett era un ragazzo del mio stesso corso di scienze. Ci siamo conosciuti,però, alle medie. Era il mio migliore amico a quel tempo.

Ricordo che ci prendevano in giro tutti, perché credevano fossimo fidanzati.

-Fa davvero freddo non trovi?- gli chiesi ad un certo punto.

Lui rise.

-Jack Frost ha dato del suo meglio, non trovi?-

Rabbrividii, stringendo i denti.

-Uhm...si, hai ragione.- borbottai rigirandomi le mani in mano.

Il viso di Jamie sembrò oscurarsi.

Sembrò come se mi volesse dire qualcosa, ma invece si limitò a mordersi un labbro.

-Tu credi in Jack Frost?- chiese infine.

Un brivido mi percosse la spina dorsale.

Feci un sorriso forzato.

-E' roba per bambini! Ovvio...che no.- mentii stringendo i pugni.

Il ragazzo mi scrutò, sospettoso, poi riprese a camminare a passi pesanti.

Io cominciai a fissare il suolo con ostinazione, corrugando la fronte.

Raggiungemmo l'entrata di casa sua, e io lo salutai con un abbraccio, poi ripresi i miei passi, rimettendomi le cuffie nelle orecchie.

Passai davanti ad una gelateria chiusa, un calzolaio ed un negozio d'abiti, fino a trovarmi un po' fuori della città.

L'abitazione dove vivevo con la mia famiglia si trovava in quell'intermezzo tra la campagna e la città.

Da piccola la chiamavo “Cittagna”; buffo vero?

Arrivata davanti a casa mi fermai un attimo a fissare la porta d'ingresso in legno chiaro, analizzando le venature che formavano delle chiocciole.

Buttai la borsa sulle scalette che precedevano l'entrata, a destra del dondolo al momento inutilizzabile.

Mi tolsi le cuffiette e le ripiegai delicatamente, infilandole in una tasca dello zaino.

Con un balzo sfrecciai di lato e raggiunsi il cortile della casa che si affacciava al bosco.

L'unica cosa che separava la città dalla selvaggina erano dei campi coltivati poco grandi.

Per l'ennesima volta mi arrampicai sul recinto, procurandomi delle mani tutte rosse e segnate, cominciando a correre verso gli alberi.

Affondai il viso nella sciarpa bianca, sentendo che le mie guance si stavano colorando di rosso di conseguenza al freddo.

Una volta davanti ai maestosi alberi di pino mi appoggiai i palmi delle mani sui polpacci, ansimando e cercando di riprendere fiato.

Con un ultimo sospiro mi incamminai tra le alte fronde.

Per terra si stava formando un piccolo sentiero fatto d'erba ghiacciata schiacciata al suolo, tante erano state le volte che vi ero passata sopra.

Dei fruscii sinistri accompagnavano i miei passi spediti.

Non avevo paura, ormai conoscevo quel posto come le mie tasche.

Canticchiando, svoltai un albero che sembrava un anziano con un bastone.

Tutto era coperto di neve, a parte qualche pezzo di terra qua e la.

Mi strinsi ancora di più nel cappotto, avanzando lentamente.

Piccoli cristalli di neve cominciarono a scendere piano dal cielo, danzando nel vento.

Una mi si posò sul naso arrossato, sciogliendosi quasi subito al contatto.

Finalmente arrivai alla radura, immersa in una calda luce biancastra, che faceva riflettere le sfumature del manto candido sui miei vestiti.

Agli angoli delle mie labbra si formò un sorriso sereno mentre mi chinavo per terra.

Degli uccelli riempivano il silenzio con i loro dolce canto.

Tutto era così...magico.

Eppure lui non c'era ancora.

Ormai erano giorni che lo aspettavo e l'inverno era cominciato già da un pezzo.

Infatti erano già parecchie settimane che andavo nel nostro solito “punto d'incontro”, sperando di trovarlo.

Ma lui non c'era con il suo sorriso smagliante e a braccia aperte.

Ero sola.

Cercai di cacciare indietro quel pensiero.

Lui tornerà, ne sono sicura.” mentii a me stessa.

Avvertii un pizzicare negli occhi e il mio labbro inferiore tremò leggermente.

-Maledizione.- sussurrai sfregandomi gli occhi con la manica.

Alla fine cedetti e cominciai a piangere.

Perché non sei qui, Jack? Dove cavolo sei?!”

Mi presi il volto tra le mani, singhiozzando.
Dov'era? Perché mi aveva abbandonato?

Non badai al leggero fruscio dietro di me e neanche ai quei passi leggeri sulla neve.

Solo quando delle mani mi presero le spalle con dolcezza mi voltai.

-Sam, non piangere. Sono qui, sono qui.-

Affondai il viso nel petto del ragazzo, stringendo con forza la sua felpa blu, fino a bagnarla.

Non mi serviva guardarlo in faccia per capire che Jack aveva assunto un espressione a dir poco imbarazzata.

Ora che era insieme a me sembrava quasi surreale.

-SAI QUANTO HO DOVUTO ASPETTARE?! MA DOVE DIAVOLO ERI?- gli gridai contro infuriata più che mai, ma comunque non lasciando la presa.

Mi pentii subito di averlo detto. Di sicuro aveva avuto commissioni da fare con i Guardiani, d'altronde non ero l'unica ragazza al mondo.

Lui non mi rispose ma cominciò ad accarezzarmi i capelli castani.

Ero alta quasi quanto lui.

Seguì un lungo silenzio, spezzato dai miei singhiozzi e imprecazioni.

-Mi spiace di non essere venuto al tuo compleanno.- sussurrò dopo che mi fossi calmata un po'.

Io mi staccai da lui e mi sedetti su un tronco d'albero caduto, cominciando a sgretolare la corteccia vecchia e secca e togliendo il muschio ghiacciato.

Finalmente gli sorrisi, pulendomi delle ultime lacrime agli angoli degli occhi.

-Adesso abbiamo circa la stessa età fisica, no?-

Egli intrecciò le dita e le mise dietro alla nuca.

Fece un sospiro malinconico, fissandomi intensamente con i suoi occhi azzurri.

-Sei cresciuta in fretta.- disse semplicemente.

Vidi di nuovo nel suo sguardo quel timore.

Mi faceva star male tutto questo, mi faceva star male il fatto che anche lui stesse soffrendo.
Era come se una morsa mi stesse stritolando il cuore lentamente.

Io cercai di sdrammatizzare.

-Ma comunque io di mente sono più matura.- ghignai.

Lui mi puntò il suo bastone contro.

-Mi stai per caso sfidando?-

Io inarcai un sopracciglio.

-Probabilmente.- dissi con un sorriso di scherno.

Jack Frost sbuffò e leggero come l'aria si issò sul suo bastone, mettendosi a gambe incrociate.

-Eri molto più simpatica da piccola sai? Quando andavi in giro dicendo “Fratellone, Fratellone giochiamo a palle di neve, dai”.-

Io feci una smorfia, per poi mettermi a ridere.

-”Fratellone”? Non ci credo che ti chiamavo così!-

Lui mi raggiunse sul tronco.

-E invece si, ho pure le prove.-

Io incrociai le braccia al petto.

-Sarebbero?- sghignazzai.

Il ragazzo mi guardò con aria da sfida, poi, cautamente estrasse dalle tasche della felpa un piccolo foglietto piegato.

Lo aprì lentamente, cercando di non romperlo.

C'era un disegno probabilmente fatto da un bambino piccolo che raffigurava un ragazzo dai capelli lattei e una bimba che gli teneva la mano.

In basso a destra, scritto in una calligrafia che lasciava molto a desiderare lessi “Al Fratellone Jack. Da Sam”.

Egli mi porse delicatamente tra le mani il disegno.

-Non..non ci posso credere. L'hai tenuto per tutto questo tempo.- dissi con un sorriso a trentadue denti.

Lo Spirito dell'Inverno annuì, spalancando le braccia come per invitarmi ad un abbraccio.

Io accettai, affondando il viso nell'incavo della sua spalla.

Il ragazzo strinse ancora di più la presa, come se non volesse mai più lasciarmi andare.

-Ti voglio bene, Jack.-

-Anche io Sam.-

Detto ciò mi stampò un bacio sulla fronte, cosa che mi fece arrossire.

Il mio cuore cominciò a battere forte.

A dire il vero il mio non era il semplice amore che si prova tra amici, io amavo profondamente Jack.

In fondo, però, sapevo che lui non ricambiava. Almeno era questo quello che credevo io.

Non riuscivo mai a dichiararmi, a esprimere i miei sentimenti.

Ogni volta che ci provavo non era il momento adatto, e quando lo era succedeva sempre un imprevisto.

Ci riuscirò un giorno, prima o poi.”






SPAZIO AUTORE:
Eccomi dinuovo. Spero vi sia piaciuto pure questo capitolo.
Non sapevo se mettere Jamie nella lista dei personaggi, perché, beh, compare solo in questo capitolo.
Comunque ringrazio tutti quelli che recensiscono o mettono le storie tra le preferite, o le ricordate o le seguite. Mi fate sempre più felice!
Voglio dire che il prossimo capitolo sarà quello conclusivo, infatti non avevo in mente di fare una FanFiction con tanti capitoli. Vi avviso già che, come scritto negli avvertimenti, la FF è incompiuta.
Spero che la fine non sia così tanto "brusca"...
Adieu
-Tappy

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Brina ***


Dalla finestra aperta passava l'aria gelida di Gennaio e si intravedeva il lungo paesaggio bianco del bosco davanti alla abitazione dove vivevo.
La neve riempiva di luce la notte ormai giunta.

Eppure tutto quello che stava succedendo era surreale, impossibile, inimmaginabile.

Un brivido mi percosse la spina dorsale quando Jack si staccò dalle mie labbra.

Il cuore mi martellava nel petto con l'intensità di un rinoceronte alla carica.

Era successo in fretta, troppo in fretta.

Solo pochi minuti prima ero seduta sul mio letto, a sfogliare un libro di cui non ricordavo neanche il titolo.

Il cielo si stava tingendo di un arancione acceso, punteggiato di macchie viola e blu.

Uno spettacolo bellissimo.

Ero da poco tornata dall'incontro con Jack nel boschetto e avevo ancora il naso congelato.

Feci un risolino pensando al famoso detto.

Sotto i polpastrelli potevo perfettamente sentire ogni curva e rigonfiamento della carta, mentre l'inchiostro mi sporcava le dita.

Mi grattai il naso e finii per ritrovarmi con un segno nero che sembrava dei baffi come quelli di Super Mario Bros.

Cercai di rimuoverlo strofinandovi sopra la mano ma non sembrò funzionare, perciò mi avviai a passi pesanti per la casa vuota.

I miei erano andati via per la notte dal mio fratello maggiore, che ormai ha trent'anni. Non sono voluta andare con loro per il semplice fatto che volevo che passassero del tempo da soli con lui, e a concedere loro un po' di libertà.

Mi sentivo un po' in colpa a vederli sempre lavorare e sforzarsi per le mie esigenze spesso inutili.

Fuori il cielo non era ancora uniforme ma già si intravedevano le piccole e brillanti stelle. La luna era grande e di un pallido quasi sbiadito.

Dopo essermi lavata viso e mani ritornai in camera.

Invece del mio libro, però, ad aspettarmi c'era un ragazzo albino con un aria strafottente a sfogliarne le pagine.

Lo fece roteare nella mano destra, mentre con la sinistra si appoggiava al suo bastone ricurvo.

-Woah, roba seria.- mormorò chiudendo il volume e mostrandomi il titolo.

-Da quando hai Oscar Wilde nella libreria?-

Io risi, prendendogli l'oggetto dalle mani.

-Ciao Jack.- mormorai sorridendo.

-Ciao Samantha.-

Sobbalzai.

Non mi chiamava spesso con il mio nome completo, e se lo faceva mi doveva dire qualcosa di importante.

Quel “Samantha” a inizio frase era sempre come un avvertimento.

Però, questa volta sembrava qualcosa di davvero importante.

-Ti va' una cioccolata calda?- gli chiesi rimettendo il libro nello scaffale.

Lui si buttò sul letto.

-Si, grazie. Per fortuna posso berla senza sciogliermi.- disse ammiccando.

Cercai di ridere alla battuta, ma tensione era palpabile, e ne uscii fuori solo con un mezzo sorriso forzato, che doveva assomigliare ad una specie di ghigno inquietante.

Andai in cucina.

Quello che provavo era un miscuglio di curiosità e timore.
Ritornai in camera con due tazze fumanti.

Porsi una delle bevande allo spirito della Neve, mentre mi sedevo sul letto accanto a lui, sistemandomi con le spalle al muro e tirandomi sopra la coperta, come se fosse stato uno scudo per le mie preoccupazioni.

Lo fissai mentre si portava la cioccolata calda alle labbra.

A dire il vero sembrava nervoso, perché ogni volta che il suo sguardo glaciale cadeva su di me lo spostava di scatto.

Piccoli fiocchi cominciarono a volteggiare fuori dalla finestra, raccogliendosi in un mantello candido che ricopriva la terra.

-Mi devi dire qualcosa, Jack?- chiesi gentilmente.

L'albino annuì, senza guardarmi.

In fondo avevo paura, non sapendo neanche io il perché.

Con riluttanza presi le sue mani nelle mie.

Erano fredde.

Egli sbarrò gli occhi azzurri, spostando i suoi palmi altrove.

Non aveva mai rifiutato quel tipico contatto.

Per un secondo mi guardò intensamente, poi ritornò come prima.

-Io...devo dirti una cosa.- balbettò passandosi una mano tra i capelli lattei.

-Mi sembra un po' ovvio.- scherzai. Poi quando vidi la sua espressione molto imbarazzata me ne pentii.

Stava facendo sul serio.

Mi maledii : rovinavo sempre tutto.

-Scusa. Che cosa vuoi dirmi?- cercai di rimediare inutilmente.

Jack si grattò dietro la nuca, prese un bel respiro e si decise a guardarmi negli occhi, deciso.

-E' già da un po' di tempo che lo penso e, il fatto è che...mi piaci Samantha.- poi si illuminò di colpo, mentre il mio cuore cominciava a battere all'impazzata.

Una morsa gelida si impadronì del mio stomaco, la mia testa sembrava che stesse per esplodere.

-No, tu non mi piaci, Samantha. Io ti amo.- aggiunse stringendo i pugni.

Cominciai a tremare.

Un milione di domande vorticarono nella mia testa.

Che cosa dovevo fare?
Perché io, che ero goffa, non molto carina e un po' rotondetta?

Una come me non faceva innamorare “il più bello”.

-Anche io ti amo, Jack.- sussurrai ricacciando indietro le lacrime.

Mi pentii subito di averlo detto.

Lui sobbalzò.

Mimò con le labbra quelle mie ultime parole, incredulo, come se fossero state la sua salvezza, l'incantesimo per la libertà.

A quel punto sentii come una scossa in tutto il corpo.

Stava per succedere qualcosa, lo percepivo nell'aria.

Il ragazzo mi prese per le spalle e prima che potessi reagire mi distese sul letto e posò le labbra sulle mie.

Cercai di scostarmi, non sapendo bene neanche io il motivo.

Anche io amavo Jack, allora perché mi spostavo?

 

Paura. Timore. Dubbio. Ansia. Innocenza.

 

Comunque fosse riuscì ad immobilizzarmi tra le sue braccia, baciandomi ancora e ancora, dolcemente.

Lo faceva come se avesse avuto paura di rompere una bambola di ceramica.

Questa volta non opposi resistenza, lasciandomi abbandonare al piacere.

Egli ripeteva all'infinito le parole “ti amo”...mi faceva quasi male.

 

Tristezza e felicità vengono sempre mischiate in coppia.

 

Le farfalle nel mio stomaco sembravano voler quasi uscire.

Strinsi le mie mani nelle sue e poi lo abbracciai con foga.

Assaporai il suo odore che sapeva di foglie secche e...inverno.

-Ti amo, Samantha.-

-Da quanto?-

L'albino appoggiò la fronte sulla mia.

-Da sempre.-

Lo strinsi ancora di più a me, affondando la testa nel suo petto.

Rimanemmo abbracciati, immobili.

Non volevo lasciarlo andare, desiderai che potessimo rimanere così per sempre.

Il suono del suo respiro era rassicurante, piacevole, caldo.

Le lacrime che pungevano agli angoli dei miei occhi si fecero strada tra le guance arrossate.

Singhiozzai piano, cercando inutilmente di non farmi sentire.

-Ehi. Sono qui, sono qui.- sussurrò Jack asciugandomi una goccia di pianto.

-Sam, sono qui.- ripeté come se avesse avuto delle perle sulla lingua.

Cullata dal suono dolce della sua voce mi addormentai.

Niente sogni, niente preoccupazioni.

Dormii come un bambino piccolo, senza timore.

Quando mi svegliai mi avvolgeva un piacevole tepore.

Avvolta tra le coperte mi stropicciai gli occhi, notando che era buio.

Sarà stato verso mezzanotte.

Jack era seduto accanto a me, a gambe incrociate sul letto.

Mi fissava sorridente, poi mi accarezzò dolcemente i capelli castani.

-Scusa, devo andare.- mi mormorò in un orecchio.

-Va bene.- bisbigliai tirandomi su.

Prima di scomparire fuori dalla finestra mi diede un bacio sulla fronte.

-Ciao.- mi rivolse un sorriso sincero.

Non volevo che se ne andasse.

Non volevo che mi lasciasse sola.

-Ciao.- dissi io vedendolo quasi materializzarsi tra la neve.

Mentre fissavo la finestra, inerme sospirai.

Non potevo farci niente: Jack era immortale.

Lui sarebbe rimasto un diciottenne per sempre, io no.

Ma forse era meglio così. Forse nella vita bisogna capire che non ci sono solo rose e fiori.

No.” pensai alzandomi di scatto.

Presi le scarpe e le calzai, infilando un giubbotto e indossando una sciarpa di lana.

Scesi le scale lentamente, cercando di fare meno rumore possibile.

Il cuore mi batteva all'impazzata.

Spalancai la porta, esponendomi alle grinfie del gelo e della notte.

Rabbrividii per il freddo avviandomi a passi decisi verso il bosco.

Non ricordo per quanto camminai, ma non avevo paura.

Il respiro mi si fermò in gola quando vidi il laghetto congelato.

Presi un lungo respiro, stringendo i pugni.

Lo vuoi davvero fare Samantha?”

La luna era piena come non mai e dava dei bagliori azzurrini alla neve.

Tremavo da capo a piedi.

-Ehi.- gridai -Uomo nella luna? Io ho un desiderio.- dissi avvicinandomi al laghetto, puntando gli occhi sul sottile strato di ghiaccio.

Mi rigirai le mani in grembo, nervosa.

-In poche parole io adesso...morirò.-

Poggiai una scarpa sulla superficie poco spessa.

-Ma amo Jack. Perciò, ti prego...-

Inspirai ed espirai profondamente, vedendo che il ghiaccio si stava già lentamente crepando.

-Fammi diventare come lui.- sussurrai mettendo anche l'altro piede sul lago.

Crack.

Un suono nitido e semplice.

Non ricordo come accadde il tutto, ma in men che non si dica ero immersa nell'acqua gelata, che mi trafiggeva come mille lame.

Sbarrai gli occhi e cercai di tornare in superficie, agitando braccia e gambe in sincronia, ma il dolore era troppo lancinante.

Pensai che quello che avevo fatto era un enorme grande cazzata.

Vidi piccole bollicine materializzarsi vicino alla mia bocca.

Avevo paura, tanta paura.

Il freddo mi paralizzò e la mia vista si offuscò.

Il mio cuore palpitò un ultima volta, cercando aria e vita, poi, finalmente, si fermò.

Silenzio.

Buio.

Buio totale.

Poi udii una voce bassa, lontana.

Samantha Waterhorse. “ disse calma.

Pian piano ricominciavo a risalire, senza la mia volontà.

Dalla punta delle mie dita cominciò a salire un formicolio.

Il cuore fece un lieve battito, poi un altro ancora, più forte.

Svegliati...”

Aprii gli occhi di scatto. Erano ancora più verdi, screziati di oro.

Mi sentivo nuova, viva.

Sei uguale a lui, ora.”








SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti! Come promesso questo è l'ultimo capitolo.
Spero vi sia piaciuto! Grazie a tutti quelli che hanno recensito, seguito, messo la FF tra le ricordate ho le preferite e chi ha solo letto. Sono davvero felice, ed  tutto merito vostro! :D
Scusate sempre per gli orrori grammaticali. ^^"
Bye Bye!
-Tappy

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1548739