Insegnami a vivere

di headintheclouds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Le sue grandi mani così tanto familiari, erano ormai prive di vita, ma mostravano ancora l’invano  gesto di un uomo disperato, pentito dell’ultima azione da lui compiuta nella vita. La corda stringeva ancora il collo, un tempo forte. Gli occhi gridavano ancora “Aiuto”.

Il respiro si fece affanato, il cuore batteva forte, la paura prese il sopravvento. Gocce di sudore scendevano lungo il giovane volto, le mani stringevano forte il cuscino. Caddero le lacrime. Cinque minuti. L’attacco finì presto questa volta, forse perche Luca aveva sentito i passi della madre avvicinarsi alla sua stanza. Se avesse scoperto che soffriva ancora sarebbe stata la fine.
-Luca sei sveglio?- chiese dolcemente la donna appena fuori dalla porta.
-Si, arrivo tra poco per la colazione- rispose il ragazzo con un tono sorprendentemente calmo. Lui stesso si stupì di essere riuscito a non far trapelare niente.
Agli attacchi di panico Luca era ormai abituato. Erano passati ben dodici anni dal primo. Aveva solo sei anni e pensava che stesse per morire. Dopo anni di terapia gli attacchi non erano finiti, ma lui riusciva talmente bene a controllarli che tutti credevano che fosse guarito. Ma quel dolore, era uno di quelli che non finiscono mai. Che ti danno una tregua ogni tanto, ma che ritornano puntuali a ricordarti che non potrai mai essere felice.

-Lulu mamma e papà litigano ancora!- disse Denise in lacrime. Luca lo sapeva bene, ed era impossibile non saperlo poiché le urla si sentivano fin nella sua stanza. Abbracciò la sorellina di appena tre anni e la fece giocare con uno dei suoi giochi, uno xilofono colorato che, egli sperava, nascondeva le voci dei genitori.

Luca si affrettò a vestirsi, raggiunse la cucina e fece colazione insieme agli altri. La madre lavava silenziosamente i piatti e la sorella sedeva imbronciata davanti alla tazza di latte ancora piena. Carlo aveva già portato le valige in auto e aspettava fuori fumando una sigaretta.
Partire per una vacanza al lago non dispiaceva a Luca, a differenza di Denise che non avrebbe visto le sue amiche e il suo ragazzo per tutta l’estate.  Lui invece non aveva amici né ragazza da lasciare, e quest’estate sarebbe stata per lui diversa da tutte le altre, ogni anno noiose e insulse.
Il viaggio fu lungo e fastidioso per tutti. Il caldo dava alla testa nonostante l’aria condizionata, e Denise non faceva altro che lamentarsi. La musica dance proveniente dalla radio che tanto ricordava a Carlo e Giada i magnifici anni ottanta, alle orecchie di Luca risultava fastidiosa, non che gli piacesse un particolare tipo di musica, per lui la musica –come il resto delle cose- era inutile e insignificante.
I quattro giunsero alla casa sul lago, che apparteneva ai genitori di Carlo, nel primo pomeriggio, stanchi e sudati, ma Giada costrinse tutti a fare comunque una passeggiata sulla riva. E fu lì che Luca la vide per la prima volta.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


La piccola Denise suonava ancora lo xilofono quando la porta della stanza si aprì di botto. –Andiamo bambini.- Franco, il padre di Luca e Denise, prese entrambi i bambini per mano e li fece salire sulla macchina. –Stasera mangiamo fuori- disse con un tono stranamente nervoso. I due bambini non dissero una parola, rimasero nei sedili posteriori, mano nella mano per tutto il viaggio. Giada rimase a casa e, piangendo, iniziò a riempire la valigia.

Più che al lago, a Luca sembrava di stare al mare, con così tanta gente che faceva il bagno. Il colore predominante però non era il giallo della sabbia, ma il verde del prato, e in lontananza non c’era più un orizzonte che dava su un oscuro infinito, ma montagne ancora innevate, che gli davano invece uno strano senso di sicurezza. Era la prima volta in diciotto anni che Luca vedeva le montagne.
Mentre il resto della famiglia passeggiava lungo il perimetro del lago, Luca decise di sedersi sul prato. Non voleva allontanarsi dalla visione che l’aveva così tanto scosso. Quella ragazza non faceva altro che sorridere, era circondata da amici, anch’essi contagiati dal suo sorriso. Mai a Luca era capitato di soffermarsi a guardare una ragazza e di rimanere ammaliato. E quando lei si accorse di essere osservata e lo guardò con sguardo interrogativo, Luca si voltò di scatto in un’altra direzione, si alzò e corse fino al bagno pubblico lì vicino. Il petto iniziò a battere e sentì un forte calore avvolgere il suo viso. Un altro attacco pensò Luca. Eppure stavolta non sembrava che stesse per morire. No, quella era una sensazione del tutto nuova per lui. Non doveva accadere di nuovo. Uscì dal bagno e corse fino a raggiungere la casa di Carlo.

Circa un’ora dopo sentì gli altri arrivare, e dei passi veloci lo raggiunsero in quella che sarebbe dovuta essere la stanza dei ragazzi. Denise entrò piangendo e si buttò sul letto. Probabilmente qualche sua amichetta le aveva rubato il ragazzo. –La odio, voglio morire!- urlava. Nell’udire quelle parole a Luca venne un tonfo al cuore, ma si trattenne dal rimproverare la sorella perché ella aveva  solamente quindici anni e non capiva quanto dolorose fossero per lui quelle parole. Si limitò ad uscire dalla stanza silenziosamente. Entrò in bagno per fare una doccia e si soffermò a guardare il panorama dalla finestra. Si vedeva proprio il punto in cui era seduto poco prima e, con suo stupore, vide di nuovo quella ragazza. Non era più circondata da amici ma camminava da sola, forse stava rientrando a casa. Si fermò per qualche minuto forse per assaporare quel dolce vento che le scompigliava i ricci capelli neri. Era scalza, indossava dei pantaloncini blu e una larga canotta bianca . Aveva una mano portata alla fronte per proteggere gli occhi dal sole e l’altra che reggeva i sandali. Sorrideva. Luca avrebbe voluto essere felice e spensierato come quella ragazza. Ma ecco che a distruggere il suo desiderio di felicità giunse la sua malattia. Portò una mano al petto, che batteva all’impazzata. Iniziò a sudare e cadde a terra. Questa volta l’aveva riconosciuto benissimo. Era un altro attacco. Quando questo cessò, Luca si rialzò asciugandosi le lacrime. Tornò a guardare fuori dalla finestra ma lei non c’era più.

Si trovavano in una strada al piccolo Luca sconosciuta, nel bel mezzo della campagna. Non c’erano case lì intorno né abbastanza fari a illuminare il sentiero. Il cofano dell’auto era attaccato all’albero contro cui era andato a sbattere, una delle ruote a pochi metri di distanza. –Non fa nulla bambini,- aveva detto il padre poco prima di sparire nel nulla –ormai non c’è niente da fare.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Dopo i primi passi dentro l’acqua Luca cominciò a nuotare. In quella distesa immensa si sentiva libero. Niente e nessuno lo circondava. Si sentiva come un dio delle acque. Finchè qualcosa, forse un pesce, non sfiorò il suo piede. Allora la paura lo invase e gli offuscò la vista. Non riusciva più a respirare . Il suo corpo non galleggiava più come avrebbe dovuto. Iniziò a sprofondare. Ormai non c’è niente da fare.
 Ma ecco che qualcuno prese la sua mano. Questa fu invasa da un calore che pian piano raggiunse tutto il corpo. Non sentiva più l’acqua entrargli in gola né bruciargli gli occhi. Adesso si trovava su una distesa verde.  Riusciva a vedere bene chi l’aveva salvato poco  prima. I capelli della ragazza le coprivano gran parte del viso per la forza del vento fresco, ma il suo sorriso era ben visibile. –Come ti chiami?- chiese Luca a voce alta, per sovrastare il rumore del vento.
-Non dormirò mai più nella tua stessa stanza- si lamentò Denise, già in costume da bagno –non hai fatto altro che parlare per tutta la notte!
-Scusa- disse Luca in un sibilo, non riusciva a credere che fosse stato davvero un sogno. Quella mano, era come se l’avesse toccata veramente.
Quella mattina Luca decise di rimanere in casa, nonostante la madre lo avesse pregato di fare un giro in barca con il resto della famiglia.
Luca aveva paura. E se l’avesse vista di nuovo mentre era con sua madre? Gli sarebbe potuto venire un altro dei suoi attacchi e questo l’avrebbe fatta preoccupare, come era successo molto tempo prima.
 
“Cari amori miei,” Giada tremava nello scrivere quelle parole. “le cose tra me e vostro padre non vanno bene, ma questo lo sapete già” una lacrima bagnò il foglio. “sappiate che non vi sto abbandonando, ma per un po’ non mi vedrete. Verrò a prendervi non appena sarà possibile.
Vi  amo tanto, mamma.”

 
Era quasi il tramonto. Luca aveva visto il resto della famiglia qualche ora prima a pranzo. Per il resto era rimasto dentro a osservare da dietro la finestra il panorama o a guardare qualche documentario in tv.
Giada e Carlo rientrarono per preparare la cena. Avevano fatto la spesa in una piccola bottega non molto lontana da lì. Quella sera avrebbero avuto degli ospiti: degli amici di infanzia che Carlo non vedeva da più di vent’anni, e che erano soliti trascorrere lì tutte le estati. Luca decise che era il momento giusto per fare una passeggiata. Raggiunse la riva del lago. Era quasi deserta se non per un gruppo di ragazzini, tra cui intravide Denise, e una coppia di vecchietti seduti su una panchina.
Iniziò  a camminare lungo la riva. Si accorse di un sentiero che portava in un bosco e decise di seguirlo. Mentre passeggiava sentì un suono giungergli alle orecchie. Era il suono di una chitarra; una melodia semplice, allegra, spensierata. Immaginò che fosse quella ragazza a suonarla poiché quel ritmo gli ricordava proprio lei. Senza accorgersene raggiunse il luogo da cui la melodia proveniva, e Luca non si stupì poi tanto dal fatto che fosse veramente lei a suonare. Era seduta su un tronco caduto a terra, aveva gli occhi chiusi, muoveva le mani sicura sulla tastiera e la testa riccioluta si muoveva a ritmo, come anche il piede sinistro. Luca rimase a guardarla da dietro un albero per non farsi vedere. Ma non riuscì nel suo intento. Non appena la ragazza aprì gli occhi si accorse subito di essere osservata. Luca stava per correre via, ma fu bloccato dalla vista del sorriso di lei. Il fatto che quel sorriso fosse rivolto a lui gli fece battere il cuore all’impazzata. Ma non c’era traccia di uno dei suoi attacchi. Il battito già veloce accelerò nell’udire il dolce suono della sua voce pronunciare un allegro ‘ciao!’.
Luca, incapace di pronunciare la minima parola, rispose accennando un sorriso.
-Sono Flavia! Tu sei il figlio di Carlo?- chiese la ragazza porgendogli la mano nonostante fossero a circa tre metri di distanza.
Sentendo quelle parole Luca si irrigidì. Non le si avvicinò per darle la mano, ma rispose con un secco “no” e tornò indietro lungo il sentiero che aveva percorso poco prima, lasciando Flavia lì con il braccio ancora teso verso il vuoto.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Nel momento in cui se n’era andato, Luca si pentì di quel gesto. Stupido!Stupido!Stupido! pensava.
Adesso Flavia sicuramente credeva che lui fosse un ragazzo strano, un tipo da cui stare alla larga. Ma non era colpa sua. Certe reazioni gli venivano spontanee, a volte riusciva a controllarle, a volte no.
Nel tragitto verso casa ripensò più volte al sorriso che gli aveva rivolto, così spontaneo. Non poteva sapere. Era stato un imbecille a rispondere male. No, non è mio padre. Era così difficile? Eppure in quel momento gli era sembrato impossibile.
Luca non odiava Carlo. Non si era arrabbiato quando sua madre glielo presentò molti anni prima, né quando gli annunciò che lo avrebbe sposato. Non gli diede fastidio quando Denise iniziò a chiamarlo papà dopo il matrimonio. Luca lo stimava per aver accettato una famiglia non sua, gli voleva bene. Ma, semplicemente, lui non aveva un padre. Né lo desiderava.
 

Denise scoppiò a piangere. Aveva fame e continuava a ripetere di volere la mamma, di voler andare a casa. Sembravano passate ore da quando Franco era andato a cercare aiuto, come aveva detto. Luca rimase silenzioso a supportare la sorellina, da bravo fratello maggiore. Quando Denise si calmò le chiese se se la sentiva di aspettare per un po’ in macchina da sola. La piccola annuì, e il bambino andò a cercare il padre.

 
Suonò il campanello. Erano i vicini che Carlo aveva invitato a cena. Luca e Denise scesero al piano di sotto per salutarli. Erano una coppia, Davide e Mariella,  più o meno dell’età di Carlo, e avevano portato con sé Andrea, loro figlio, un anno più piccolo di Luca. Erano tutti molto simpatici, durante la cena fu  divertente ascoltare le avventure dei giovani Carlo e Davide, e le mogli che non facevano altro che prenderli in giro. I ragazzi furono messi a sedere accanto per socializzare, anche se questa era una delle cose in cui Luca non riusciva molto bene, ma per fortuna sua sorella Denise, che sembrava avere avuto un colpo di fulmine con Andrea, rese il fratello partecipe dei loro dialoghi.

 Il nuovo amico invitò i due fratelli a trascorrere il resto della serata con lui in riva al lago, dove avrebbe incontrato gli altri ragazzi del vicinato.
-Siiiiiii!! Mamma possiamo andare??
Il modo in cui la sorella si esaltava per le piccole cose divertiva molto Luca, e anche Andrea rise vedendola saltellare e battere le mani velocemente.

I tre si avviarono verso il gruppo di ragazzi in riva al lago. Si trovavano attorno a un falò. Alcuni erano in piedi con una bottiglia di birra in mano, altri erano seduti e cantavano al suono di una chitarra.
Flavia era lì, Luca avrebbe dovuto immaginarlo, sorridente come sempre, mentre suonava la stessa melodia di quel pomeriggio.
Quando Andrea presentò i due agli altri, tutti li salutarono allegramente. La musica si fermò e Luca non potè che voltarsi verso Flavia, che non lo guardava  più con il suo bellissimo sorriso. Quello che però sorprese Luca, fu che in lei non vide un espressione di disgusto nei suoi confronti. La ragazza sembrava dispiaciuta, tanto che Luca si sentì sprofondare. I due continuarono a guardarsi negli occhi finchè Denise non si sedette accanto a Flavia chiedendole di suonare ancora. La ragazza annuì sorridendo e, dopo essersi spostata una ciocca di capelli dietro l’orecchio, riprese a suonare.
Tutti iniziarono a cantare una canzone, che solo Luca non conosceva.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


La serata era trascorsa piacevolmente per tutti. La maggior parte dei ragazzi era già andata via. Erano rimasti circa in sette. Mentre Denise continuava a scherzare con Andrea come se si conoscessero da sempre, Luca si allontanò un po’ dal gruppo per godersi una vista che non aveva ancora sperimentato da quando era arrivato in quel luogo. Il lago di notte. Sulla superficie, che ondeggiava appena, si vedeva il piccolo riflesso del falò che stava ormai per spegnersi, ma ciò che lo colpiva di più era quel cielo blu notte sul quale giacevano imponenti le nere montagne, e ai piedi di queste, migliaia di puntinti luminosi  che indicavano quanta gente a quell’ora era ancora sveglia sulla riva opposta del lago.

-Bello vero?- sentì dire da una voce che era impossibile non riconoscere.
Si voltò, e Flavia gli rivolse quel sorriso che lui tanto desiderava.
-Mi dispiace, per oggi pomeriggio- disse, abbassando gli occhi. Quando li rialzò si avvicinò a lui. - non sapevo che Carlo non fosse tuo padre, mi dispiace se ti ho ferito.
Nonostante i suoi sforzi, Luca non riuscì a sostenere a lungo lo sguardo di quella ragazza così sicura di sé. Guardando in basso disse –non ti preoccupare, sono io che sono stato troppo…brusco- cercò di sorridere.
Flavia rispose al sorriso, sembrava contenta di quella risposta.
-Ho notato che non cantavi poco fa.
-Non conoscevo le canzoni
-Non conosci i Beatles?- chiese Flavia divertita.
-No- Luca rise insieme a lei, grattandosi la testa imbarazzato.
-Allora ti aiuterò a colmare questa lacuna- promise lei. Luca annuì sorridendo. Non capiva perché parlare con Flavia gli sembrasse così naturale.
-Siamo rimasti solo noi quattro- la voce di Andrea li interruppe. Si decise che era ora di tornare a casa, e i quattro, dopo aver spento del tutto il fuoco, si salutarono.
Dopo qualche passo Luca si voltò verso di Flavia, ormai lontana, e la trovò girata anch’ella verso di lui. Gli sembrò che sorridesse, e il suo cuore cominciò a battere.

Quella notte Luca faticò ad addormentarsi. Quando ripensava a lei sentiva il cuore battere tantissimo, come se avesse voluto uscire dal petto. E nemmeno l’ombra di un attacco. Per la prima volta poteva affermare di star bene. 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Quando ricevette la notizia dalla polizia, Giada si trovava già nella sua vecchia casa, dove ancora abitava la madre. Aveva viaggiato tutta la notte per arrivarci, e quando vi giunse non si tranquillizzò come sperava, ma il suo senso di colpa fu aggravato dai continui rimproveri dell’anziana donna, che tante volte l’aveva avvertita che tutto quello sarebbe successo.
-Non avresti mai dovuto sposare quell’uomo,- diceva- soprattutto se conoscevi i suoi problemi…mentali.  Farci dei figli poi… ma cosa speravi? Che cambiasse? Che guarisse?
Tra le urla e le lacrime Giada sentì più volte squillare il telefono, e quando rispose seguì un silenzio che né lei né la madre avrebbero mai dimenticato.


 
Luca era quasi sicuro che anche se avesse rivisto Flavia quella mattina non gli sarebbe venuto nessuno dei suoi attacchi, ma non lo era abbastanza per uscire tranquillamente con il resto della famiglia, quindi, come il giorno prima, preferì uscire il tardo pomeriggio quando Carlo e Giada rientrarono.
Non appena raggiunse il lago vide un gruppo di ragazzi. Alcuni di loro, appena lo videro, lo salutarono da lontano  e gli fecero  il gesto con la mano di avvicinarsi.
Sua sorella Denise era troppo intenta a flirtare con Andrea per accorgersi che fosse arrivato, e la prima a parlargli fu Flavia.
-Luca ma non sarai mica un vampiro?- gli chiese ridendo. Luca non capì e si grattò la testa come era solito fare quando era nervoso. –Insomma esci solo al tramonto!
Il ragazzo capì e rise anche lui. –Si sono una specie di vampiro..
-Vieni- Flavia si aggrappò al suo braccio e i due si allontanarono dal gruppo.

Lo aveva portato nel posto in cui lui l’aveva vista per la prima volta suonare. Adesso che lo guardava con più attenzione, Luca si accorse che era proprio un bel posto . Sembrava una piazzetta circolare in mezzo agli alberi.  Una sorta di salotto al naturale il cui unico pezzo di arredamento era quel tronco caduto  su cui Flavia era seduta quella volta.
-Questo è il mio posto preferito in assoluto- disse lei mentre si sedeva sul tronco. Luca non era stato capace di spiccicare una parola per tutto il tragitto. Si sentiva nervoso, aveva paura che il suo male rovinasse quel momento e doveva rimanere concentrato perché questo non avvenisse.
-Non è fantastico?
Luca annuì e si sedette accanto a lei.
-Allora, spero che ci sia qualcosa di molto più interessante di me e gli altri ragazzi a trattenerti a casa tutto il giorno…
-Veramente no- Luca sorrise imbarazzato.
-E allora perch..
-Ero stanco e nessuno mi ha svegliato stamattina- mentì Luca. L’aveva interrotta. Aveva di nuovo fatto il maleducato. Si sentiva stupido.
Ma Flavia aveva capito che tipo era Luca. Egli aveva uno scudo protettivo nella sua testa che entrava in azione ogni volta che qualcuno gli faceva una domanda che lui riteneva troppo personale, o la cui risposta per lui era impossibile da dare, perché aveva troppa paura del giudizio degli altri.
-Non pensare che io sia strano- disse lui portandosi una mano ai capelli. Questa risposta non faceva che confermare la teoria di Flavia. La ragazza sorrise e decise di cambiare discorso.
-Ti piace la musica?-chiese.
-Non molto.
-Probabilmente perché non hai mai ascoltato quella giusta.-Disse Flavia, e nel frattempo tirò fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloncini. –Ecco tieni.
Porse a Luca un lettore mp3 e gli disse di ascoltare un po’ delle sue canzoni. –E’ un ordine!- La ragazza sorrise e Luca non potè che fare lo stesso.

Quando tornarono alla riva del lago tutti i ragazzi stavano facendo il bagno. Flavia propose a Luca di raggiungerli, ma lui rifiutò, aveva paura dell’acqua. –Tu vai però, io vado a fare una doccia- disse il ragazzo. Non voleva tornare a casa, ma non voleva impedirle di divertirsi in acqua con gli altri ragazzi.
-Ok,- rispose lei - allora a stasera.
-A stasera.
Luca la vide allontanarsi. Sentì un tonfo al cuore quando lei si girò per salutarlo di nuovo con la mano. Dopo di che, tornò a casa.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Dopo aver raggiunto la sua stanza, Luca si sdraiò sul letto e prese il lettore mp3 che Flavia gli aveva dato poco prima. Portò le cuffie alle orecchie e premette il tasto play. Tutto ciò che sentiva era rumore. Dopo i primi trenta secondi di ogni canzone passava a quella successiva, pensando a cosa avrebbe detto Flavia se avesse saputo che non provava niente nemmeno ascoltando la sua musica.
-Da quanto tempo ascolti musica tu?- mentre Luca stoppava l’ultima canzone nel lettore, Denise entrò nella stanza ancora bagnata e con un telo avvolto attorno al corpo.
-E’ di Flavia- rispose Luca mentre riponeva il lettore in tasca.
-Certo Flavia…- disse la sorella in modo sarcastico. –Dimmi, dove siete sgattaiolati tutt’e due poco fa?- continuò Denise mentre si sedeva sul letto di Luca.
-Oh andiamo! – esclamò Luca imbarazzato, ma anche divertito. –E allora tu, che non ti stacchi da Andrea nemmeno per un minuto?
-Quindi lei ti piace!- urlò Denise, che sfilò il cuscino da dietro le spalle di Luca e prese a cuscinate il fratello. I due lottavano divertiti e Giada, dal piano di sotto, li chiamò per cenare.
Luca e Denise scesero in cucina ancora ridendo. Era una cosa che non era mai accaduta. Ne erano consapevoli Denise, Giada, Carlo, che li guardò stupito distraendosi dalla lettura del quotidiano, ma soprattutto ne era consapevole Luca.

Durante la cena , Luca non faceva altro che pensare a ciò che aveva detto Denise poco prima. Quindi lei ti piace! Quell’esclamazione gli ronzava in testa. Era così? Flavia gli piaceva? Non se l’era mai chiesto prima. Non era abituato a quel genere di situazioni, ne aveva paura, tutto ciò che gli era ignoto gli faceva paura, quindi tutto ciò che era ignoto doveva stare alla larga. Questo pensava. Ma qualcosa, dentro di sé, gli diceva  di rischiare almeno per una volta, aprirsi di più a qualcuno. E quando gli venne in mente un bellissimo sorriso smagliante, capì che quel qualcuno poteva essere Flavia.

Finita la cena, i ragazzi si diressero verso il lago. Man mano che raggiungevano la riva, il suono di una chitarra si faceva sempre più intenso.


Raggiunse il commissariato in pochissimo tempo. Entrò di corsa chiedendo disperata, al primo poliziotto che vide, dove fossero i suoi figli. L’agente la condusse nell’ufficio del commissario. La prima cosa che vide fu la piccola Denise, silenziosa e pallida, dallo sguardo triste, intenta a guardare il commissario, che firmava dei documenti. Luca, pensò. Si girò, perlustrando il resto della stanza, e lo vide. Era seduto a terra, in un angolo, le ginocchia piegate al petto e le braccia attorno ad esse. Gli occhi erano spalancati. 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Era qualsi l’una di notte. Quasi tutti i ragazzi erano tornati nelle proprie case. Gli unici rimasti erano, di nuovo, Luca, Flavia, Andrea e Denise. Nessuno aveva voglia di andare a dormire e quando Andrea propose un giro sulla barca di suo padre, sia Flavia che Denise esultarono per quella proposta. Luca rimase senza parole. Sapeva che per lui non era una buona idea, aveva paura dell’acqua, delle barche e del buio. La luce delle case in lontananza sulla riva opposta non gli bastavano. Ma che fare? Era combattuto. Voleva rimanere con Flavia il più possibile, non voleva lasciare la sorella, ma le sue condizioni gli impedivano di rischiare un qualche pericolo. Avrebbe fatto preoccupare tutti. Eppure, da quando frequentava quei ragazzi gli attacchi non si erano presentati, forse il solo rimanere accanto a Flavia lo tranquillizzava.
Le sue paure scomparirono.

Andrea e Luca si recarono a casa di Andrea, che non distava molto, per prendere la barca che si trovava in garage. Non fu difficile trasportarla, poiché poggiava su una base dotata di ruote, e in breve tempo raggiunsero le ragazze al lago, che durante la loro assenza si erano munite di torce elettriche.
I due ragazzi, seppur non ne erano molto capaci, iniziarono a remare, finchè la barca non raggiunse una ragionevole distanza dalla riva. Luca si sentiva felice, non aveva la minima preoccupazione riguardo la sua malattia. Aveva notato però che la sorella lo teneva d’occhio, come se quella preoccupata fosse lei, come se si chiedesse se davvero il fratello era tranquillo come sembrava.
-Tutto ok?- gli chiese quando lo vide fissare l’acqua scura e profonda, che sempre gli aveva fatto paura.
-Si- rispose lui con un sorriso, per farla tranquillizzare.
A Flavia sembrò strana quella breve conversazione tra i due fratelli. Che motivo aveva Denise di preoccuparsi? Ma non le sembrò il caso di fare domande.
-Sapete cosa c’è di bello nell’andare in barca di notte?- chiese Andrea d’un tratto. –Tuffarsi!- si rispose da solo, e nello stesso si tolse la T-shirt, si alzò e si tuffò in acqua, facendo ondeggiare non poco la barca per la forza del suo tuffo.
Luca si immobilizzò. Un tonfo al cuore. Flavia seguì le orme di Andrea e si gettò in acqua con un urlo di gioia. Un altro tonfo. Denise non sapeva che fare. Non le era sfuggito il cambiamento di espressione nel volto del fratello. Andrea le urlava di tuffarsi, ma lei non poteva. Doveva tener d’occhio Luca.
Quest’ultimo si fece ancora più pallido, ma la poca luce impediva agli altri di notarlo.
Nel frattempo Andrea era risalito in barca. Abbracciò Denise da dietro per farla tuffare. E lei non riuscì a impedirlo.
 –Denise!- Luca si alzò e urlò il nome della sorella finchè questa non riemerse dall’acqua scura.
-Sono qui!- rispose lei per non farlo preoccupare. –E’ tutto apposto! – continuava a dire mentre cercava di salire sulla barca. Questa non faceva che ondeggiare e Luca si aggrappava disperato, come se stesse per cadere. Ti prego no. Pensò mentre la paura cominciava a pervaderlo.
-Denise!- continuava a urlare. E la sorella, che era finalmente riuscita a raggiungerlo, gli si sedette accanto e lo abbracciò, ripetendogli di calmarsi. Inutilmente però, perché Luca tremava di paura e nulla poteva tranquillizzarlo.
Andrea e Flavia erano rimasti in silenzio. Non si potevano aspettare di certo una simile reazione. Andrea salì sull’imbarcazione e aiutò Flavia a fare lo stesso. E in quel momento la ragazza poteva ben vedere quello che stava succedendo. Luca era appallottolato su se stesso. Riusciva a stento a vedere il volto del suo amico che pullulava di sudore. Ma furono i suoi occhi, pieni di lacrime, a terrorizzarla. L’istinto fu quello di avvicinarsi a lui. Fece per prendergli la mano, stretta in un pugno, ma fu fermata da Denise, che le disse, con un filo di voce, torniamo a casa.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


-Denise, che cosa è successo?- chiese Luca alla sorella. Erano passati due giorni dall’attacco della sera in barca, e solo adesso aveva trovato il coraggio di dire a Denise che non ricordava nulla. Non era la prima volta che gli succedeva, di dimenticare, ma quella era la prima in cui voleva sapere cosa era realmente accaduto, dal momento dell’attacco al momento in cui si era svegliato l’indomani mattina sul suo letto.
Denise non voleva parlare, -non importa, riposati- continuava a dire al fratello. Se gliel’avesse raccontato l’avrebbe fatto stare ancora più male.
-Denise, ne ho bisogno, dimmelo.
Luca doveva sapere. Doveva sapere il motivo per cui sua madre aveva ricominciato a chiedergli come stava ogni cinque minuti, perché Denise non usciva e rimaneva sempre con lui, come una badante. Voleva sapere come aveva reagito Flavia, che non vedeva da quella sera perché non aveva più avuto il coraggio di uscire di casa.
Denise era combattuta, ma alla fine si decise a raccontare tutto al fratello, nella speranza che lui non reagisse troppo male.
Dopo che Andrea e Flavia erano risaliti sulla barca, nessuno disse niente, e Andrea si affrettò a tornare alla riva, con l’aiuto dell’amica. Scesi dalla barca, Flavia tornò a casa senza dire una parola e Andrea aiutò Denise a portare Luca nella sua stanza. Durante la notte, Luca aveva avuto dei brutti incubi, e non faceva altro che lamentarsi nel sonno, tanto da svegliare Giada, alla quale Denise dovette spiegare tutto.
Mentre Denise raccontava tutto, con le lacrime agli occhi, Luca ascoltava in silenzio. Non gli importava di sua madre, o di quello che poteva pensare Andrea. L’unica cosa a cui non riusciva a smettere di pensare era la reazione di Flavia. Era stato uno stupido ad andare in barca, a poter pensare di essere guarito. Lui non era destinato a stare tranquillo. Nemmeno Flavia allora poteva aiutarlo.
-Denise non guarirò mai… -disse rassegnato.
-Non dire così Luca. Se tu ti facessi aiutare…
-Denise mi sono già fatto aiutare ma non è servito a niente- Luca urlava in quel momento.
Denise stava per dirgli di calmarsi ma fu bloccata dal fratello – e non dirmi di calmarmi. Non servirà a niente comunque. Sono destinato a stare solo…- adesso la sua voce si era abbassata di tono. –Flavia…- disse in un sospiro.
-Flavia è stata qui Luca…
Luca la guardò sorpreso.
-E’…stata qui?
-Si ma non l’ho fatta salire nella nostra stanza. Voleva vederti ma credevo che tu non volessi…
-Hai fatto bene- rispose prontamente Luca. Ma forse non lo credeva veramente.
Denise lo guardò incuriosita. –Se tu ne parlassi con qualcuno…forse con Flavia. Perché non provi a parlarne con lei? Potrebbe farti bene.
-Sei impazzita forse?- chese il fratello incredulo. –Non capirebbe..o..o si?
Denise sorrise. Gli doveva piacere veramente quella ragazza. –Credo che dovresti parlarle Lulu.
-Ci penserò- disse Luca e uscì dalla stanza.
 
Quella sera Denise uscì, lasciando il fratello in casa. L’unico suo obbiettivo, oltre  vedere Andrea, era trovare Flavia. Ma con sua sorpresa, la ragazza non era lì con gli altri. Chiese di lei ad Andrea, che le rispose che non la vedeva dalla sera in barca. Era andato a trovarla a casa un paio di volte. L’aveva trovata strana, era rimasta turbata, supponeva Andrea, dall’aver visto Luca in quello stato.
-Mi accompagni da lei? –gli chiese Denise, e insieme si diressero verso casa dell’amica.
 
Luca gironzolava pensieroso per la stanza. Il suo istinto gli urlava di uscire e andare a parlare con Flavia, ma il suo cervello, che sempre era riuscito a prevalere sul primo, gli imponeva di restare in quella stanza, che da un paio di giorni sentiva come una prigione. Per la prima volta prevalse l’istinto.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Aprì il portone un uomo sulla cinquantina. Doveva essere il padre di Flavia. Denise e Andrea chiesero dell’amica. Ma il padre stupito comunicò loro che credeva fosse al lago.
Denise e Luca si guardarono in modo interrogativo. Dov’era? Decisero di non far preoccupare l’uomo dicendo che non erano ancora andati al lago e che probabilmente era lì.
 
Luca si diresse verso il lago. Non vide né Flavia, né la sorella e Andrea. Suppose che Denise e Andrea si erano allontanati per stare un po’ da soli, ma Flavia… Non aveva intenzione di andare a casa della ragazza, quindi si diresse verso il luogo che lei amava tanto. E non si era sbagliato.
Flavia era lì. Supina sul tronco caduto, poggiava la testa sulle mani che tenava sotto il collo. Gli occhi chiusi si aprirono quando sentì qualcuno arrivare.
-Flavia…- disse Luca, mentre la ragazza si metteva seduta. Era la cosa più coraggiosa che Luca avesse mai fatto in vita sua. E lo spaventava non poco.
La ragazza non parlava, sembrava come a disagio.
-Luca io non capisco. Cosa…cosa è successo l’altra sera?
-Voglio raccontarti una storia.- disse lui. E le si sedette accanto. La ragazza gli prese la mano e lui arrossì. Un po’ imbarazzato, cominciò a raccontare.

Quando aveva sei anni, la madre e il padre di Luca e Denise litigavano continuamente. Franco, fin da giovane aveva avuto dei problemi, a livello mentale, che Giada non aveva mai voluto raccontare ai figli. Luca l’aveva capito da sé. Era un bambino molto intelligente per la sua età.
Quando una sera sua madre minacciò il marito di lasciarlo, questi diede di matto. Prese i bambini e li portò a mangiare in un fast food. Giada non aveva idea di quello che sarebbe successo. Decise di andare a vivere nella sua città natale da sua madre per un po’ di tempo. Poi dopo il divorzio avrebbe preso con sé i bambini e sarebbe andata a vivere lontana da Franco. Questo non accadde mai.
Usciti dal locale Franco non tornò a casa. Ma passò per delle strade di campagna, che il piccolo Luca non aveva mai visto. La sorellina piangeva, ma lui rimaneva silenzioso, all’erta. Quando l’auto prese una fossa, una delle ruote anteriori si staccò dal veicolo. La macchina sbattè contro un albero e Franco uscì fuori con l’aria sconvolta e del sangue sulla fronte. Luca e la sorellna non si erano fatti alcun danno. Il bambino uscì dall’auto e chiese al padre che cosa avrebbero dovuto fare. Non fa nulla bambini, ormai non c’è niente da fare. Queste furono le ultime parole che sentì dalla bocca di suo padre, che lasciò lì i due fratellini. Dopo un paio d’ore che Luca non vedeva arrivare il padre, pensando che fosse andato a cercare aiuto, decise di andarlo a cercare, imponendo alla sorellina di non muoversi da lì. Non ci volle molto a trovarlo. Non era andato lontano. Luca lo vide e capì subito quello che era successo. Il collo di suo padre era appeso a un albero. Non si dovette avvicinare troppo per vedere che i suoi occhi erano spalancati, ma ormai privi di vita. Aveva le mani aggrappate alla corda che lo aveva soffocato, come se negli ultimi istanti prima di morire si fosse pentito di quello che aveva fatto. Luca non disse niente, non pianse né si mostrò turbato davanti alla sorella, con la quale passò tutta la notte in auto, finchè un anziano signore, che passava di lì, non li trovò addormentati il mattino seguente.

Flavia aveva ascoltato la storia di Luca in silenzio. Rabbrividì al pensiero di quel bambino che aveva visto il padre impiccato. Ma non mostrò pietà nei confronti del suo amico, bensì stima, per essere stato così forte, anche se non era quello il comportamento che ci si aspetta da un bambino di sei anni.
-Il mio primo attacco di panico,- continuò Luca – mi venne mentre ero in caserma, nell’ufficio del commissario. Mia madre era appena arrivata, e in quel momento provai una paura assurda. Paura di morire. Non mi rendevo conto di quel che facevo, urlavo, piangevo, e non riuscivo a controllarmi. Col passare degli anni, dopo varie terapie,  imparai a rendere gli attacchi meno evidenti, a tal punto che la mia famiglia credette che ero guarito, finalmente. Ma l’attacco di due giorni fa ha sconvolto tutto. Adesso mia madre è di nuovo triste e dovrò ricominciare tutto da capo.
-Non l’hai mai raccontato a nessuno?- chiese Flavia.
-No. Non voglio la pietà di nessuno. E poi non lo sa nemmeno mia sorella, quello che è successo a mio padre intendo.
-Capisco. Se posso chiedere- Flavia arrossì un po’ –perché l’hai detto a me?
Sul momento Luca non seppe che cosa rispondere. Ci pensò un po’ su. La mano di Flavia continuava a stringere la sua.
- Voglio che tu mi insegni a vivere..- le disse –insegnami a vivere come fai tu.

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