Chi ha paura muore ogni giorno

di BogartBacall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Titoli di testa ***
Capitolo 2: *** La vita va ***
Capitolo 3: *** Noi bambine non abbiamo scelta ***
Capitolo 4: *** E così sia ***
Capitolo 5: *** La morte (non esiste più) ***
Capitolo 6: *** La guerra è finita ***
Capitolo 7: *** Gli Spietati ***
Capitolo 8: *** Nessuno muore ***
Capitolo 9: *** Titoli di coda ***



Capitolo 1
*** Titoli di testa ***


Titoli di testa
Note dell'autrice
Questa storia ha partecipato al contest "A Black's life" indetto da MissMalfoy97 sul forum di EFP, classificandosi seconda. Obiettivo del contest è scrivere una storia ambientata prima del 31 ottobre 1981 che abbia per protagonista uno dei cinque Black della Old Generation (Narcissa, Bellatrix, Andromeda, Sirius, Regulus). Ho scelto come protagonista Narcissa e il pacchetto da me selezionato, Sectumsempra, aveva come tema la paura.
La storia è una raccolta di racconti brevi di momenti particolari della vita di Narcissa in cui la paura è stata la protagonista, vissuti come flashback in un momento particolare della vita della protagonista, che apre e chiude la storia. Dei sette capitoli centrali, cinque sono quelli originali che hanno partecipato al contest. Gli altri due, ambientati dopo il 31 ottobre 1981, sono una specie di "bonus" che ho voluto aggiungere per chiudere il cerchio.
Come per altre storie che hanno i Malfoy per protagonisti, mi sono rifatta agli avvenimenti come li ho narrati in "Come il sole, all'improvviso", ovvero LA mia storia su Lucius e Narcissa. Tuttavia questa raccolta risulta leggibile anche senza conoscere la trama dell'altra.
I titoli dei capitoli, prologo ed epilogo inclusi, sono tutti titoli di canzoni dei Baustelle.
Al termine dell'ultimo capitolo troverete la valutazione completa della storia.
Dopo questa introduzione, decisamente troppo lunga, non mi resta che augurarvi buona lettura!
BB
PS - Da oggi mi trovate anche su Facebook Bogartbacall efp



Titoli di testa

Paura. Narcissa Malfoy, nata Black, conosceva bene quella sensazione. Aveva imparato presto a riconoscerla, a percepirne i segnali, a padroneggiarne gli effetti. Ad un certo punto della sua vita si era pure convinta che fosse diventata parte integrante di lei, una compagna fedele, presente in ogni momento importante della sua esistenza. Era stato allora che aveva capito che non doveva temerla, non doveva contrastarla, ma accettarla e conviverci. Solo così sarebbe riuscita a vivere davvero.

Una mano calda e forte strinse la sua, ormai fredda e debole.
Aprì gli occhi, trovandone un paio grigi che la scrutavano, apprensivi. Sorrise, passando una mano fra i capelli biondi di suo figlio.
“Hai paura, Draco?”
L’uomo annuì, nervoso “Un po’…” rispose, la voce strozzata.
Narcissa scosse la testa, chiudendo gli occhi “Molto male, tesoro, molto male” lo ammonì, serena.
Suo figlio le restituì uno sguardo interrogativo.
“Non devi avere paura” continuò “Chi ha paura, muore ogni giorno.”



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Capitolo 2
*** La vita va ***


la vita va
La vita va

Era l’estate del 1971, luglio, per la precisione. Da pochi giorni si era celebrato il matrimonio fra due membri delle più illustri casate magiche di tutti i tempi: Bellatrix Black, primogenita di Cygnus e Druella Rosier, si era unita in matrimonio all’erede della famiglia Lestrange, Rodulphus. Era stata, senza bisogno di dirlo, una cerimonia in grande stile, sfarzosa e solenne, e nessuno dei membri dell’alta società era voluto mancare.
Gli occhi di tutti erano puntati sulle tre ragazze Black, così diverse l’una dall’altra, ma assolutamente affascinanti. Bellatrix, la sposa, carattere forte e determinato, bella e fiera come la stella di cui portava il nome, non particolarmente femminile e aggraziata, Andromeda, la secondogenita, simile nell’aspetto alla sorella maggiore, ma dotata di due luminosi occhi dolci, di carattere riservato e umile e Narcissa, la piccola, straordinariamente bella e aggraziata, timida in modo quasi patologico, capace di arrossire per un’occhiata fugace, così incredibilmente diversa dalle sorelle.
Erano diverse anche nell’esternare le loro emozioni, le sorelle Black. Come quel giorno, ad esempio. Bellatrix, a regola colei che doveva essere più emozionata, era impassibile, fredda e distaccata, quasi come fosse un evento quotidiano, l’essere data in sposa ad un mago purosangue fra i più nobili. Narcissa sorrideva nervosa, gli occhi fissi sulla sorella e il suo sposo, nel timore di incrociare lo sguardo interessato di qualche uomo. Andromeda, invece, sembrava strana, triste, pensierosa.

Anche a distanza di giorni, quando tutto in casa Black pareva essersi quietato e la vita di tutti i giorni era ripresa senza intoppi, Narcissa notò che la sorella era assente, cupa.
Un pomeriggio l’aveva raggiunta in giardino, al gazebo vicino alla fontana, dove si era rifugiata.
“Che c’è?” le aveva chiesto, sedendosi di fianco a lei e notando che aveva gli occhi gonfi di pianto.
“Niente…” cercò di minimizzare, sfregandosi gli occhi con i palmi delle mani “Stavo solo… pensando…”
“A cosa?” la incalzò, passandole una mano attorno alle spalle.
Andromeda sospirò “Non trovi… frustrante che siano i nostri genitori a scegliere chi dobbiamo sposare?” le domandò, cercando di trattenere le lacrime.
Narcissa sentì il suo cuore accelerare di colpo “Vuoi dire che stanno già cercando un marito anche a te? Ti hanno detto qualcosa?” domandò, spaventata.
“No…” rispose l’altra, scuotendo la testa “Ancora no… Ma non tarderanno a farlo… Ormai mi sono diplomata, non hanno altre aspirazioni, per me. Presto o tardi decideranno con chi mi devo sposare e io mi dovrò accontentare, senza osare fiatare!” constatò, in un crescendo di rabbia.
“Beh, magari il marito che sceglieranno per te ti piacerà. Magari è qualcuno che conosci…” cercò di consolarla, attraverso l’ingenuità dei suoi sedici anni.
Andromeda sorrise, amara “No, ne dubito… Non credo potrei mai farmi piacere… o innamorarmi di nessuno… Di nessun altro!” e scoppiò in un pianto dirotto.
Narcissa rimase a bocca aperta “Perché tu… Sei già innamorata di qualcuno?” chiese, stupita “Dovresti dirlo ai nostri genitori!” esclamò, raggiante “Magari potrebbero decidere di fartelo sposare!”
“No!” urlò l’altra, facendola sobbalzare “No, ti prego, Cissy, non dirlo a nessuno! Giuramelo!”
“Sì, ma…” tentò di ribattere.
“No, Cissy, niente ma. Non è una persona che gradirebbero. Devi giurarmi che non dirai niente a nessuno, mai. Neanche se si venisse a sapere, tu devi giurare che non ne sapevi nulla. Promettimelo!”
La guardò negli occhi, scorgendo solo disperazione “Lo prometto…”
“E devi promettermi, anche, che, qualunque cosa succederà, qualunque decisione io prenda, tu non mi giudicherai mai. Io, per te, rimarrò sempre e comunque tua sorella, nel bene e nel male!” aggiunse, guardandola con occhi di supplica.
“Io… io te lo prometto, Andromeda, ma…” balbettò, confusa.
Non riuscì a terminare la frase, ritrovandosi stritolata fra le braccia della sorella, scossa dai singhiozzi. Una sensazione di morsa allo stomaco, così strana e assolutamente nuova, la colse all’improvviso. Qualcosa stava cambiando e, dentro di lei, sapeva che sarebbe stato per sempre.

La sensazione di oppressione al petto proseguì per le settimane seguenti, aumentando la sensazione che qualcosa di grosso stesse per accadere.
Andromeda non le aveva più fatto parola della loro discussione, ma, ogni giorno che passava, era sempre più silenziosa e inquieta.
Vedere sua sorella ridotta in quello stato non l’aiutava certo a non pensare: di lì a poco anche Andromeda se ne sarebbe andata e, nel giro di un paio d’anni, sarebbe toccata la medesima sorte anche a lei. Di nuovo, il suo stomaco si strinse, quasi provocandole dolore, e il battito del suo cuore accelerò, le sue mani si fecero fredde. Non conosceva quella sensazione, almeno, non l’aveva mai sperimentata così intensamente. Qualunque cosa cercasse di fare, qualunque pensiero la sua mente cercasse di elaborare per scacciare quella percezione, non erano minimamente sufficienti, non erano abbastanza felici.
Si alzò dal letto, rassegnata all’idea che non sarebbe riuscita a chiudere occhio, nemmeno quella notte. Uscì di soppiatto dalla sua stanza e sgattaiolò verso quella di sua sorella. Bussò, aprendo contemporaneamente la porta. Quel che vide entrando, però, la paralizzò.
“Cosa stai… Cosa stai facendo?” chiese, con un filo di voce.
Andromeda si voltò di scatto, una pila di abiti ancora fra le mani.
“Devo farlo, Narcissa…” si giustificò, ferma “Devo!”
“Io… io non capisco…” borbottò confusa la piccola.
La maggiore gettò i vestiti a terra e la prese per mano, facendola accomodare sul letto, accanto a lei.
“Ci sono cose molto più grandi noi, Cissy, cose a cui, anche se cerchiamo di opporci, non riusciamo a resistere” iniziò, stringendole forte la mano “Tu sei piccola, dolce, ancora convinta che quello che i nostri genitori decidono per noi corrisponda al meglio. Per me, purtroppo, non è così. Quello che desidero non corrisponde a quello che loro vogliono. E io non sono disposta a sacrificare la mia felicità per il loro tornaconto.”
“Cosa significa, Andromeda?” le chiese, timorosa.
“Me ne sto andando, Narcissa. Fuggo, come una codarda qualsiasi, perché non ho la forza per combattere, ma soprattutto, so che perderei.”
“Cosa???” domandò l’altra, sconvolta “Ma come, perché?” continuò, confusa.
Andromeda abbassò lo sguardo, affranta “Forse dovresti chiedermi con chi…”
La piccola Black le restituì uno sguardo interrogativo.
“Scappo con il ragazzo che amo, Cissy…” confessò, affranta.
Narcissa sgranò gli occhi, raggiante “Ma è magnifico!”
“Lo sarebbe” intervenne l’altra “Se l’oggetto del mio amore non fosse Ted Tonks…”
Il gelo calò nella stanza. Narcissa si ritrovò in piedi, di fronte alla sorella.
“Ted Tonks?” chiese, basita “Ted Tonks il Nato Babbano?” chiese conferma “Andromeda, come hai potuto?”
“Non ho deciso io, Cissy!” singhiozzò la più vecchia “È capitato! E non ho potuto farci nulla!”
Narcissa la guardò piangere, incapace di reagire, di capire.
Andromeda rialzò il capo, asciugandosi le lacrime con le mani.
“La tua promessa…” iniziò “Devi ricordarti la tua promessa, Cissy. Non giudicarmi. Un giorno anche tu ti innamorerai, te lo auguro dal profondo del mio cuore. E quel giorno capirai perché lo sto facendo. Nel frattempo, cerca di non essere troppo severa con me.”
Si alzò e raccolse le sue cose, facendole entrare con un incantesimo in una piccolissima pochette.
Si avvicinò alla sorella e le stampò un bacio in fronte “Addio, Cissy. So che, contrariamente al resto della famiglia, non ti dimenticherai di me.”
Narcissa chiuse gli occhi, sentendo i passi della sorella allontanarsi in direzione della finestra e, infine, il suono della sua smaterializzazione.
Scoppiò in lacrime, accasciandosi sul letto che era stato di sua sorella, la sensazione di morsa al petto sempre più opprimente.
Ora capiva di cosa si trattasse. Era paura. Paura di crescere.



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Capitolo 3
*** Noi bambine non abbiamo scelta ***


Noi bambine non abbiamo scelta
Noi bambine non abbiamo scelta

No, non era possibile. Lei non poteva essersi innamorata, no di certo! Non poteva aver ceduto così platealmente alle lusinghe di un uomo, di quell’uomo.

Lei non poteva innamorarsi, per svariati motivi.
Il primo: non era lei a dover scegliere chi sposare, per cui non valeva la pena affezionarsi a qualcuno, con il rischio di compromettersi e commettere qualche tragico errore.
Il secondo: lei era nota a tutti per essere la fredda, glaciale, impassibile Narcissa Black. Tutti erano convinti che lei non potesse avere sentimenti e, alla lunga, aveva finito per convincersi lei stessa di non essere in grado di provare alcunché, per nessuno.
Il terzo: lei non poteva innamorarsi di lui. Di tutti, ma non di lui. Lucius Malfoy non poteva essere l’oggetto del suo amore, per nessuna ragione al mondo.

La sua mente continuava a dirle di fuggire, di divincolarsi dal quell’abbraccio letale, ma lei sentiva che solo lì, in quel momento, cinta da quelle braccia, per la prima volta, si sentiva veramente se stessa, come se per tutta la vita le fosse mancata quella parte che aveva trovato fra le braccia di Lucius Malfoy. Il gelido, calcolatore, opportunista Lucius Malfoy. Lo stesso Lucius Malfoy che le stava carezzando i capelli e baciando la fronte, giurando di non essere un Mangiamorte e che mai avrebbe fatto qualcosa che potesse ferirla.

Ma com’era successo? Quando i suoi sentimenti, apparentemente ostili, si erano tramutati in amore? Nei mesi precedenti, quando aveva iniziato a frequentarlo, aveva capito che lui era diverso da come voleva apparire, almeno lo era con lei. Era stata reticente, all’inizio. Non capiva cosa lui volesse da lei, quale fosse il suo reale obiettivo. Ma quando, incontro dopo incontro, lui si era aperto con lei, raccontandole alcuni particolari della sua vita molto intimi, e lasciandola parlare allo scopo di conoscerla meglio, aveva capito che era proprio quello, il suo obiettivo: capire chi fosse realmente Narcissa Black, la timida, schiva, riservata Narcissa Black. E, settimana dopo settimana, lei si era lasciata scoprire, finendo per aspettare con impazienza ogni loro incontro.

Erano anche arrivati ad un soffio da un bacio, qualche tempo prima. Si sarebbero baciati, sì, se non fossero stati interrotti, scatenando una cascata di eventi che li aveva portati ad allontanarsi, gettando Lucius fra le braccia di un’altra ragazza e Narcissa in un baratro di disperazione.
Ma nonostante questo, Narcissa aveva negato con ogni parte di sé si essere innamorata di Lucius. Questo, finché non aveva sentito dire, da due compagne Serpeverde, che lui era un seguace di Voldemort.

No. Non era possibile. Non lui. Tutti, ma non lui. Lui non poteva essere uno di loro. Non poteva essere uno di quegli esseri spregevoli, che odiavano, torturavano, uccidevano, ma soprattutto non amavano. Perché se fosse stato uno di loro, lui non sarebbe stato mai capace che di odiare. Non sarebbe mai stato capace di amare. Di amarla.
Era stato quel pensiero, a illuminarla. Era inutile negarlo. Lei era innamorata di lui, senza possibilità di scampo.

Ma come, quando era successo? Com’era potuta cadere in quella trappola così ben congegnata? Era stata attenta a non lasciare trapelare nulla, nemmeno il suo più minimo pensiero o turbamento. Eppure… lui si era insinuato in lei, minando le sue più ferme convinzioni.
Era stata così stupida… Quelle come lei non si innamoravano! Quelle come lei erano destinate a diventare mogli-oggetto, ad essere immolate per la prosecuzione della specie magica più pura. Sapeva che da che era nata aveva avuto gli occhi delle maggiori famiglie purosangue puntati addosso: tutti erano interessati alla sua evoluzione, volevano essere sicuri che fosse la perfetta moglie purosangue per indole e aspetto, in grado di garantire alla propria famiglia una progenie geneticamente pura. Era così che funzionava, da secoli. Chi aveva figlie femmine le cedeva al migliore offerente, in cambio di un’ingente quantità di galeoni e del nome della casata inserito nell’albero genealogico di qualche altra famiglia purosangue, evitando, così, di cadere nell’oblio. Era il suo destino, da sempre. Non c’era posto per i sentimenti, sarebbero stati solo un’inutile complicazione.
Avrebbe davvero voluto crederci, avrebbe voluto essere convinta che il suo destino era già scritto e che l’amore sarebbe rimasto solo un’ipotesi non contemplata. Invece, con il passare dei mesi, aveva iniziato a pensare che, forse, i suoi genitori avrebbero potuto considerare l’idea di farle sposare qualcuno che non le fosse così ostile, qualcuno che fosse purosangue, ma allo stesso tempo che le fosse gradito. Qualcuno tipo Lucius. Di cui non era innamorata, ma quanto meno lo conosceva. E l’idea di sposarlo, baciarlo, farci l’amore… non le sembrava tanto male. Anzi, la trovava quasi piacevole.
Di nuovo, si maledisse per i suoi pensieri. In un matrimonio combinato non si faceva l’amore. In un matrimonio di convenienza ci si accoppiava per generare figli. E in nessun caso lo si trovava piacevole. O, almeno, così le aveva sempre detto sua madre. Ma lei, in fondo, sapeva di non averci mai creduto.

Era sempre stata una sognatrice, Narcissa. Non era mai riuscita ad accettare le rigide regole imposte dai genitori, ma, soprattutto, proprio non ci si vedeva a vivere una vita senza amore.
D’improvviso, le tornò in mente un’immagine. Lei, Andromeda e Bellatrix, rispettivamente 10, 12 e 14 anni, un pomeriggio d’estate. Stava giocando con le sue bambole, Andromeda le pettinava i capelli, mentre Bellatrix stava sdraiata scomposta sul letto, quasi incurante delle due sorelle.
“Voi cosa sarete, da grandi?” chiese, d’un tratto.
“Beh, Cissy…” iniziò Andromeda, annodandole un fiocco in fondo alla treccia che aveva realizzato “Penso che saremo delle mogli e delle madri…”
“Sì, ma a parte questo… Cosa pensi che sarai?” ripeté la piccola, continuando a giocare.
“Io… non lo so…” balbettò l’altra, confusa, cercando l’aiuto della sorella, che si era sollevata, con sguardo confuso “Tu cosa credi che sarai?”
Narcissa sollevò lo sguardo, eccitata “Io sarò innamorata!”
Andromeda rimase a bocca aperta “Come, prego?”
“Ma sì!” continuò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo “Io sarò innamorata. Di mio marito, ovviamente!” precisò “D’altronde, noi bambine non abbiamo scelta: siamo destinate ad innamorarci di un uomo meraviglioso che ci farà sentire importanti!” aggiunse, seria.
Andromeda la guardò con tenerezza, mentre Bellatrix scoppiò a ridere, sgraziata.
“Sono tutte stupidaggini!” gracchiò la maggiore “Nessuna di noi si innamorerà! L’amore è per le sciocche sentimentali, noi siamo nobili streghe purosangue. Abbiamo altre cose a cui pensare!”
Narcissa la guardò, accigliata “E come sceglierai tuo marito, allora?” domandò, con aria di sfida.
“Non lo sceglierò io, infatti. E neanche tu. Spetta a mamma e papà decidere chi dobbiamo sposare!” rispose la sorella, trionfante.
Narcissa ricordava perfettamente quel momento: era stato il giorno in cui qualcosa si era spezzato per sempre in lei, ponendo fine definitivamente alla sua infanzia.
Ma quando Lucius era entrato nella sua vita, sconvolgendola, l’idea che qualcosa di magico come l’amore potesse esistere anche nella sua vita di vergine purosangue destinata al migliore offerente era tornata prepotentemente a farsi largo in lei. E, inaspettatamente, la sua reazione, fu tutt’altro che positiva.

Perché mentre era avvolta dall’abbraccio caldo e totalizzante di Lucius Malfoy, non riusciva ad essere felice. O, meglio, avrebbe voluto esserlo, ma quello che sentiva era la solita, inquietante morsa allo stomaco, e il battito del suo cuore, aumentato dalla vicinanza forzata con l’oggetto dei suoi desideri, era ulteriormente accelerato da quella sensazione incontrollabile di paura.
Sì, perché mentre stava abbracciata a Lucius Malfoy, realizzando di essersi perdutamente innamorata di lui, Narcissa, per la seconda volta in vita sua, aveva paura. Paura di amare.



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Capitolo 4
*** E così sia ***


E così sia
E così sia

No. No, non era possibile. Non lui, no. NO!
Lo stava guardando con sguardo disgustato, se ne rendeva conto. Come aveva potuto? Lui l’aveva giurato! Aveva giurato che non sarebbe mai diventato un Mangiamorte perché non avrebbe mai fatto nulla che potesse ferirla! E, invece, l’aveva tradita, così platealmente, così spudoratamente.
Continuava a fissarlo, incapace di distogliere gli occhi da lui, e ogni istante sembrava durare ore mentre osservava il disgustoso serpente strisciare fuori dalla bocca del teschio ghignante.
Gli sputò contro il suo risentimento, la sua rabbia, con tutto l’odio di cui disponeva, gettandogli addosso parole di puro veleno e, quasi meccanicamente, sentì uscire dalla sua bocca parole che mai si sarebbe aspettata di riuscire a pronunciare.

No, Lucius. L’amore non basta. È finita

Voltò i tacchi, rapida, ignorando le sue grida di richiamo, perché sapeva che non avrebbe resistito ai suoi occhi di ghiaccio che la imploravano di restare. Perché lei non poteva restare. Lei non poteva essere la fidanzata e poi moglie di un Mangiamorte.

Non riusciva a vedersi in una vita di angoscia, preoccupazione e orrore. Non sarebbe riuscita a guardare in faccia suo marito, conoscendo i crimini di cui si macchiava. Non era disposta a dividere ciò che era suo, l’amore della sua vita, con un pazzo sanguinario di cui non condivideva gli ideali e che di certo non rispettava.
Sì, di certo era meglio così. Meglio chiudere quella storia subito, prima che le cose degenerassero irreparabilmente. Perché sì, sarebbero degenerate, lei lo sapeva. Sapeva che effetto potesse avere quel marchio sulle persone. Sapeva che, in breve tempo, ogni traccia di amore sarebbe scomparsa dal corpo di Lucius, lasciando posto solo a odio e devastazione. Lo sapeva, perché aveva visto con i suoi occhi sua sorella, già cinica e disillusa, divenire spietata e sanguinaria.
Non voleva rovinare i ricordi meravigliosi che serbava di lei e Lucius. Preferiva fuggire, mandare tutto all’aria ora, quando ancora la sua mente e il suo cuore erano pieni di lui, piuttosto che ritrovarsi ad odiarlo, con il rischio di dimenticare quanto lui l’avesse fatta sentire importante e speciale. O, peggio, ritrovarsi a doverlo piangere, caduto in qualche scontro di cui lei francamente non capiva il senso o la necessità.

Un forte senso di nausea l’assalì, incontrollabile. Aveva pensato che lasciarlo, allontanarsi da lui, fosse la cosa peggiore che potesse succederle. Non aveva considerato la possibilità che lui potesse morire. Sì, perché checché ne dicessero lui, Bellatrix, gli altri Mangiamorte, Voldemort in persona… la possibilità di morire esisteva, ed era anche piuttosto concreta. Quella era una guerra e, si sa, solo i morti hanno visto la fine della guerra.

Si fermò, respirando a pieni polmoni, cercando di ricacciare indietro quel fastidioso senso di malessere, invano.
Si accasciò a terra, sforzandosi di trattenere le lacrime e cercando di frenare il battito impazzito del suo cuore.  
Perché c’è solo una paura, più forte del timore della morte stessa. La paura di perdere la persona che si ama.

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Capitolo 5
*** La morte (non esiste più) ***


La morte (non esiste più)
La morte (non esiste più)

Dolore, infinito dolore. Poi, lentamente, ritorno alla normalità. Si accasciò a terra, priva di forze, sentendo gli occhi chiudersi.
No, non poteva farcela. Era decisamente troppo doloroso, troppo intenso, troppo lungo. Era troppo, troppo per lei.
Era preparata al dolore fisico, sapeva che non sarebbe stata una passeggiata, ma mai si sarebbe aspettata un’esperienza così dolorosa. Ma soprattutto, non avrebbe mai pensato che partorire sarebbe stato psicologicamente devastante.

Ogni contrazione, corrispondeva all’elaborazione perfetta di un momento particolarmente doloroso e triste della sua vita, in un crescendo di angoscia e sofferenza. Grazie al cielo la natura sapeva rendere le cose perfette e, ad ogni contrazione, contrapponeva un momento di pausa e assenza di dolore, in cui i ricordi di maggiore felicità risollevavano il suo animo.

Così, durante quelle ore di travaglio, le immagini della sua vita si assecondarono rapide e nitide nella sua mente.
Le liti con Lucius, ai tempi di Hogwarts, quando ancora negava di provare interesse per lui.
La prima volta che l’aveva abbracciata, facendole capire quanto lo amasse, rassicurandola sul fatto che non era un Mangiamorte.
L’opposizione dei suoi genitori alla loro relazione, la loro decisione di darla in sposa ad un uomo che non amava.
Il primo, intenso bacio che si erano scambiati, l’ultimo giorno di scuola di Lucius, sull’espresso di ritorno da Hogwarts. Inaspettato, rubato, meraviglioso.
La scoperta dell’affiliazione di Lucius ai Mangiamorte, il Marchio sanguinante, la paura di perderlo.
La prima volta che avevano fatto l’amore.

Ma ora… Ora la sua mente era sgombra, sentiva che la fine era vicina. Sentiva solo dolore, dilatazione, lacerazione, pressione e morte.
Perché nessuno sarebbe mai stato in grado di sopportare un dolore simile, tantomeno lei. Si sentiva morire, sentiva che le sue forze stavano venendo meno e che, presto, la vita avrebbe abbandonato il suo corpo esile e stremato.

Un’altra contrazione, un’altra spinta, altro dolore, un’innaturale impressione di sentirsi dilaniare da qualcosa di irrefrenabile, la consapevolezza che, dopo quello, ci sarebbe stata solo la morte.

E, di nuovo, sentì l’ormai familiare sensazione di panico farsi strada in lei. Ma questa volta, qualcosa la bloccò, proprio da dove aveva solitamente origine, dal cuore. Al suo posto, riusciva a sentire solo calore, immenso calore.
Aprì gli occhi e abbassò lo sguardo, verso la genesi della sua pace.
Una manina era appoggiata sul suo petto, all’altezza del cuore. Spostò di nuovo lo sguardo, incrociando quello del bambino che le avevano adagiato sul petto. Due penetranti occhi grigi la fissavano, quasi offesi dal fatto che lei ci avesse messo tanto a cercarli. Gli stessi occhi grigio ghiaccio che, anni prima le avevano fatto conoscere l’amore.
Di colpo, la sensazione di morsa al petto cessò e un sorriso felice comparve sul suo volto.

Perché guardare tuo figlio negli occhi per la prima volta può farti vincere anche la paura di morire. 

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Capitolo 6
*** La guerra è finita ***


La guerra è finita
La guerra è finita

Lampi, rumori sordi di esplosioni.
Benché Villa Malfoy fosse posta a miglia di distanza da qualsiasi centro abitato, riusciva comunque a sentire gli echi della battaglia.
Da poco si era coricata, aveva atteso che Lucius fosse di ritorno perché mai, come quella notte, aveva avuto timore di non rivederlo vivo. Ma lui era tornato. Prostrato, spaventato, fragile. Aveva dovuto raccogliere i resti di quello che una volta era stato il suo fiero e sprezzante marito e aveva dovuto dare loro la forza di rimettersi insieme.

Era spaventato, Lucius. Il Signore Oscuro era caduto, sparito nel nulla dopo aver lanciato una Maledizione Senza Perdono contro un bambino, lasciando i suoi fedeli seguaci nel panico, in balia della loro stessa follia.

Alcuni erano caduti combattendo, difendendo fino alla fine la fede nel loro Signore, rifiutandosi di consegnarsi alla giustizia.
Altri, come sua sorella, avevano portato a termine compiti ormai inutili, al solo scopo di mostrare la loro devozione ad un uomo che non esisteva più, ed erano stati, infine, catturati, pronti per una vita di disperazione ad Azkaban. Una vita infausta, infelice e senza amore. Una vita, rifletté Narcissa, non del tutto dissimile a quella che avevano vissuto in tutti quegli anni di fedele militanza fra i Mangiamorte.
Altri ancora erano stati catturati, ma tutti sapevano che avrebbero parlato e tradito tutto quello in cui avevano fino a quel momento creduto, in nome della libertà.
Molti avrebbero negato, spergiurato di non essere loro, quelli che, maschera in volto e bacchetta sguainata, avevano inflitto maledizioni e terrore a quelle vittime innocenti. Loro stessi, erano vittime di una Maledizione Imperius, sapientemente eseguita da qualche fedelissimo dell’Oscuro Signore. Ma sì, come potevano non essersene accorti? Non erano loro quelli che accettavano di essere marchiati come animali da macello, non si erano accorti del cambiamento, dello sguardo privo di luce, ma carico di terrore che li aveva caratterizzati in quegli anni?

Narcissa si voltò verso suo marito, che si lamentava nel sonno. Doveva averne viste di tutti i colori, in quegli anni e ciò giustificava il lento, ma inesorabile cambiamento della sua personalità. Non che fosse mai stato una persona gioviale e solare, ma sicuramente la presenza del Marchio aveva contribuito ad accentuare quelle zone d’ombra del suo carattere che da sempre la spaventavano.
Era per questo che non poteva permettere che finisse ad Azkaban. Un solo giorno trascorso in quel luogo, a stretto contatto con quelle creature mostruose e raccapriccianti che rispondevano al nome di Dissennatori, avrebbe finito per distruggere l’uomo che lei conosceva. Sì, perché lei, lei sola sapeva che dietro al Mangiamorte, dietro al purosangue altezzoso, c’era un uomo, un uomo meraviglioso e buono, capace di amare e farsi amare.
Lo guardò ancora, cercando di ritrovare nei suoi lineamenti induriti dal tempo e dagli orrori di cui erano stati testimoni il ragazzo di cui si era innamorata quasi dieci anni prima. Senza troppi sforzi di fantasia riuscì a figurarselo, perché era esattamente così che lei lo vedeva, ogni volta che lui faceva qualcosa che le dimostrasse il suo amore.

Aveva deciso. Avrebbe mentito. Avrebbe dichiarato che era sotto Imperius, a costo di finire lei stessa ad Azkaban per spergiuro, perché il suo posto, il posto di Lucius Malfoy era lì, accanto a lei, a Draco, il loro bambino. Loro sarebbero riusciti a sconfiggere gli effetti del Marchio e a far trionfare Lucius, l’uomo, su Malfoy, il Mangiamorte.

Aveva paura, Narcissa, lo sapeva bene, non poteva negarlo. Aveva paura delle conseguenze, per sé, per Lucius, per Draco.
Cosa avrebbe pensato, la gente? Avrebbe creduto a quella messinscena? Sicuramente no. Tutti erano in attesa di vederli fallire, come lo erano stati alla morte del padre di Lucius, sicuri che, data la sua giovane età, non sarebbe mai riuscito a mantenere alto il nome del casato. Ma lui era forte, era già riuscito a cambiare le carte in tavola una volta, cosa vietava al destino di essere ancora dalla loro parte? Soprattutto, avevano davvero bisogno dell’approvazione dell’intero mondo magico? L’importante è che loro, solo loro tre rimanessero uniti, nel bene e nel male.

Si girò verso suo marito e gli lasciò un fugace bacio a fior di labbra. Chiuse gli occhi, attendendo che il sonno la cogliesse, gettandola fra le braccia di Morfeo, e udì il rimbombo sordo del suo cuore, nel petto, scandire il ritmo della sua paura. Perché era proprio quella, l’essenza di tutte le paure: il timore del futuro.



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Capitolo 7
*** Gli Spietati ***


Gli spietati
Gli spietati

Era fatta. Anche Draco, il suo Draco, era diventato Mangiamorte. Marchiato, vincolato e privato di un’anima per sempre.
Narcissa voleva urlare, sì, urlare tutto il suo disappunto, la sua rabbia, la sua frustrazione.
Perché proprio a lei? Lei che aveva giurato di rimanere fuori da tutto quello, lei che aveva sempre guardato con compassione e disappunto i suoi coetanei che bramavano quel vessillo di odio e morte. Lei, che ora si ritrovava ad essere moglie e madre di due di quegli esseri spregevoli.

Le avevano tolto tutto. Gli spietati seguaci di Lord Voldemort erano arrivati a farle detestare la sua stessa vita. Odiava il nome che portava, il suo status sociale, la sua condizione di purosangue… Tutto, l’aveva portata verso di lui, verso quell’individuo che detestava, ma in nome del quale aveva dovuto immolare tutto ciò a cui più teneva. Aveva sacrificato se stessa, il suo unico figlio, il suo sogno di una vita tranquilla con l’uomo che amava… Quello stesso uomo che avrebbe continuato ad amare, nonostante fosse rinchiuso in una cella ad Azkaban, lontano da lei, da Draco, che mai come in questo momento avrebbe avuto bisogno di lui.

L’avevano condannato, non avevano potuto fare altrimenti. Colto in flagrante, l’avevano sbattuto seduta stante in una cella ad Azkaban, come il peggiore dei criminali, come fosse lui stesso il responsabile di quel pandemonio, come se fosse stato proprio lui a riportare a nuova vita il suo padrone. Non aveva avuto nemmeno il tempo di salutarlo, di dirgli un’ultima volta quanto lo amasse. Tutto ciò che era stata in grado di fare, mentre andava incontro al fallimento, tentando di farle credere quello di cui nemmeno lui era realmente convinto, ovvero che quella era una missione contro un gruppo di ragazzini, da cui sarebbe uscito vincitore, era stato lanciargli uno sguardo carico di disappunto, voltandogli le spalle, disgustata da quella sua smania di potere. Dimenticando per l’ennesima volta che lui non aveva scelta. Anche volendo, non avrebbe mai potuto ribellarsi al volere del Signore Oscuro, non senza morire e condannare lei e Draco alla medesima sorte.
L’aveva rivisto solo all’udienza del Wizengamot, da lontano, provato, gli occhi vuoti, già segnati dalla vicinanza con i Dissennatori. Aveva cercato di attirare la sua attenzione, di avvicinarlo, ma quello sguardo spiritato l’aveva spaventata a morte. Aveva temuto che lui potesse respingerla, riversarle addosso il suo odio e la sua umiliazione. Aveva paura che lui si fosse scordato di lei, di loro, di quello che erano stati. Così, al termine del processo, se n’era andata. Aveva tenuto gli occhi incollati su di lui per tutto il tempo, sperando che volgesse il capo verso di lei, ma, nel momento stesso in cui l’aveva visto muoversi, si era alzata e se n’era andata, voltandogli le spalle. No, non ce l’avrebbe fatta. Non sarebbe riuscita a sopportare lo strazio nei suoi occhi, non di nuovo, non quella volta.

E ora, quella nuova, devastante svolta. Quando era rientrato a casa, curvo su se stesso, spaventato, tremante, Narcissa aveva capito subito. Lui aveva colpito, di nuovo. L’Oscuro Signore si era frapposto fra lei e l’uomo che amava, ancora una volta. Ma l’uomo in questione, quella volta, era una parte di lei. Era cresciuto in lei, si era nutrito al suo seno. Non poteva ignorare il muto grido di dolore che le stava lanciando. Non poteva fuggire, come aveva fatto quando aveva scoperto che suo padre era un Mangiamorte no, non poteva. Perché, quella volta, il Marchio era anche parte di lei.
Sarebbe rimasta al suo fianco, l’avrebbe supportato, aiutato, difeso, nonostante quel simbolo la terrorizzasse, nonostante quella volta non fosse certa che ce l’avrebbe fatta. Perché, con il peso di Lucius ad Azkaban tutto sulle sue spalle e il destino di Draco nelle sue mani, la paura di fallire era davvero, davvero troppa.

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Capitolo 8
*** Nessuno muore ***


Nessuno muore
Nessuno muore

Era finito. Quell’orrore era finalmente finito.
Si guardò attorno, smarrita. Non le interessava che gli altri la guardassero con disprezzo, lei sapeva di aver fatto la sua parte, in quel momento voleva solo riabbracciare la sua famiglia. Aveva rischiato tanto, tutto per i suoi due uomini. Aveva mentito al Signore Oscuro, facendogli credere che Harry Potter era morto, riportandolo dritto nelle fauci della battaglia, là dove il Prescelto aveva potuto annientarlo definitivamente. Aveva seguito la battaglia stando ai margini, disarmata. Già, disarmata. Aveva ceduto la sua bacchetta a Draco, dopo che aveva perso la sua durante la fuga di Potter da Villa Malfoy e l’aveva fatto istintivamente, senza pensare. Sapeva che sarebbe stata più utile a lui, perché lui doveva salvarsi. Affidandogliela, l’aveva pregato di essere prudente, ma già sapeva che lo sarebbe stato: la sua reazione trovandosi di fronte Harry Potter le aveva fatto capire che, come lei, aveva già deciso da che parte stare. Nonostante il Marchio, nonostante la paura.
Il suo Draco. Così straordinariamente simile a suo padre, così incredibilmente simile a lei. Il risultato perfetto di un’unione perfetta.

Finalmente lo intravide, in un angolo della Sala Grande, il capo chino, smarrito. Gli corse incontro, il cuore che batteva all’impazzata. In una frazione di secondo anche Lucius, che si era allontanato alla ricerca di Draco, le fu accanto e, insieme, investirono il loro unico figlio con un abbraccio totalizzante. Non dissero nulla, restarono in religioso silenzio, godendo di quel contatto che per troppo tempo si erano negati, perdendosi in quella sensazione di amore e famiglia che temevano di aver perduto per sempre.

Niente, da lì in avanti, sarebbe più stato come prima e Narcissa capì che il motivo era che non avrebbero mai più avuto paura. E la vita non può che riservarti sorprese meravigliose, quando smetti di aver paura della paura stessa.

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Capitolo 9
*** Titoli di coda ***


Titoli di coda
Titoli di coda

Il suo respiro si fece sempre più lento, cadenzato da lunghe pause che avevano il potere di far mancare il fiato anche a suo figlio, seduto al suo fianco.

Sollevò le palpebre, pesanti come macigni, di ritorno dai suoi ricordi e, per un attimo, quando ancora i contorni delle figure attorno a lei apparivano sfuocati, pensò che al suo capezzale non ci fosse suo figlio, ma qualcuno che aveva i suoi stessi occhi.
Fece per sollevarsi, ma ricrollò sul letto, sfinita. Era davvero allo stremo delle forze.
“Non sforzarti, mamma” sussurrò Draco, carezzandole i capelli, utilizzando quel vezzeggiativo che era solito usare solo quando erano nell’intimità della loro famiglia, al posto del freddo ‘madre’ che più si confaceva alla loro condizione di purosangue.
“Draco…” mormorò, con un filo di voce “Io… ti voglio bene…” biascicò, lasciando cadere una delle lacrime che da giorni si sforzava di trattenere lungo la guancia scavata dall’età e dalla malattia.
“Lo so, mamma” rispose, prendendole la mano “Te ne voglio anch’io!”
“Sai, quel che ti ho detto prima, a proposito dell’aver paura?” chiese, a fatica “Beh, mentivo. Ho paura, Draco.”
Guardò suo figlio, benevola. Non era vero. Non aveva paura, ma sentiva che lui ne aveva e voleva fargli sentire che era con lui, in quel momento.
“Non avere paura, mamma. Io sono qui, con te” esclamò lui, accorato, cercando un briciolo di coraggio nel profondo del suo animo.
Narcissa gli strinse la mano, più forte che riuscì e Draco rispose con una stretta vigorosa, salda. Una stretta che significava tante cose, la più importante delle quali era “Non lasciarmi”.

Qualcosa dentro il suo petto si fece improvvisamente leggero e guardò suo figlio un’ultima volta, ben sapendo che non sarebbe riuscita ad accontentarlo, non in quell’occasione. Vide l’immagine di suo figlio sbiadire, mentre alle sue spalle compariva una figura a lei ben nota, che le porgeva la mano. La figura dell’uomo che, unitamente a Draco, aveva amato più di ogni altra cosa al mondo.

Un sorriso si dipinse sul suo volto, mentre la sua anima lasciava per sempre il suo corpo, sotto forma di un ultimo, profondo respiro.


Seconda classificata
Sweet Cupcake - BogartBacall su EFP

Grammatica: 9,5/10
Stile e forma: 10/10
IC e caratterizzazione: 10/10
Originalità: 5/5
Utilizzo appropriato del tema assegnato: 5/5
Attinenza alle regole del contest: 4,5/5
Gradimento personale: 5/5
Totale: 49/50

Grammatica
Non ho trovato errori, se non un piccolo “problema” – se vogliamo chiamarlo così – con i dialoghi. Quando scrivi, ad esempio, L’uomo annuì, nervoso “Un po’…” rispose, la voce strozzata. dovresti mettere un punto dopo “nervoso” e poi andare a capo, o se proprio non vuoi andare a capo, mettere un punto e basta. Non è un errore grave, ma aiuta per la chiarezza del testo.

Stile e forma
Il tuo stile mi è piaciuto molto, è buono. Anche se la tua one-shot era abbastanza lunga, la lettura è stata scorrevole e è riuscita a “rapirmi”. Direi che anche la punteggiatura è inserita correttamente, non ho altro da dirti se non di continuare così.

IC e caratterizzazione
Hai dato un’idea generale di Narcissa che mi è piaciuta molto ed è stata convincente, è simile a come l’ho sempre immaginata io. Anche gli altri personaggi sono ben caratterizzati, da Andromeda che un po’ si sente in colpa per ciò che fa, ma segue il suo cuore, a un Lucius innamorato, ma sempre un po’ freddo e contenuto. Brava.

Originalità
Non c’è bisogno di rivoluzionare il fandom per scrivere una storia originale, e tu l’hai dimostrato con questa one-shot, che rivede in modo personalizzato alcuni avvenimenti della vita di Narcissa, legandoli tra loro con un filo conduttore e – probabilmente anche grazie alla sua lunghezza – riesce a dirci qualcosa in più delle solite cose.

Utilizzo appropriato del tema assegnato
Hai capito lo spirito del contest, legando la paura a Narcissa e mostrando l’evoluzione di questo sentimento durante alcuni momenti della sua vita; perché dimostri che lei ha sempre avuto il timore di qualcosa, anche se ha cercato di vincerlo.

Attinenza alle regole del contest
Mi avevi chiesto se era possibile raccontare un periodo precedente al trentuno ottobre partendo da un momento successivo, e per questo non c’è stato problema, anzi! Ho apprezzato l’originalità della tua idea. L’ultima parte della tua storia – La guerra è finita, intendo – è, appunto, ambientata dopo la fine della guerra. Si tratta comunque di un periodo appena successivo ad essa, magari novembre o dicembre del 1981, quindi non mi fiscalizzo troppo e ti tolgo mezzo punto come all’altra concorrente che ha fatto una cosa simile.

Gradimento personale
La tua storia mi è piaciuta molto, rivive la vita di Narcissa partendo dalla donna sul letto di morte, e dimostra tutta, o quasi, l’evoluzione di questo personaggio. Sei riuscita a coinvolgermi, brava.

Link del contest - A Black's life



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