A Tempo Indeterminato...

di 1rebeccam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniero nel Baratro ***
Capitolo 2: *** Riflessioni e... buoni propositi ***
Capitolo 3: *** Una Luce Per... ***
Capitolo 4: *** Un Giorno... se... ***
Capitolo 5: *** La Notte dei Segreti ***



Capitolo 1
*** Prigioniero nel Baratro ***





 

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Mmhhh… uh… no… no per favore… mmhhh… no…
Si era svegliata di soprassalto.
Era attaccata con la schiena al suo petto, lui la circondava con un braccio tenendole la mano attorcigliata alla sua, mentre con l’altra mano le stringeva la parte superiore del braccio. La stringeva fortissimo ormai da un paio di minuti, tanto da farle male e mugugnava qualcosa con la faccia sprofondata nei suoi capelli.
Aveva cercato di muoversi, di girarsi per capire cosa gli stesse succedendo, ma più lui aumentava i lamenti sillabati, più la immobilizzava con la sua stretta.
Quei lamenti strozzati la stavano spaventando, era sicura che avesse difficoltà anche a respirare, sentiva il suo fiato corto sul collo. Si staccò da lui con forza, a costo di fargli male, non le importava, doveva guardarlo in faccia, doveva capire cosa lo tormentasse, perché era palese che non era un male fisico il suo… stava sognando.
Si sollevò sul gomito e con la mano lo accarezzò con dolcezza, avvicinando le labbra al suo orecchio per cercare di calmarlo senza fare l’errore di svegliarlo d’improvviso.
-E’ tutto a posto Castle, calmati… va tutto bene… sei a casa… tranquillo…-
Ripeteva le stesse parole in un sussurro, continuando ad accarezzarlo e ad asciugargli le lacrime che gli scendevano dagli occhi serrati. Il respiro era sempre più affannato, mentre continuava a ripetere la sua cantilena disperata: no… ti prego no… per favore… 
Dormivano insieme da mesi ormai.
Dopo i primi tempi, in cui qualche sera a settimana ognuno tornava a casa propria per delimitare ancora gli spazi personali e capire meglio dove realmente questa relazione li stava portando, avevano smesso di chiedersi se avrebbero passato la notte insieme.
Uscivano dal distretto, si prendevano per mano lontano da occhi indiscreti e, senza mettersi d’accordo, si dirigevano a casa dell’una o dell’altro. In silenzio. Sorridendosi a vicenda, consapevoli che l’unica cosa importante era stare insieme, abbracciati, ad aspettare l’arrivo del nuovo giorno che li avrebbe sorpresi ancora con qualche novità su quella storia, che poteva non avere senso sulla carta, ma che li rendeva felici, che rendeva felice lei, serena, come non lo era da tanto.
Continuava ad avere delle perplessità, le sue paure ogni tanto bussavano alla porta del cervello, ma aveva imparato a fingere di non essere in casa e a non aprire ogni volta, lasciandole sul pianerottolo. Per lui. Con lui.
Aveva perfino smesso di svegliarsi più volte nel cuore della notte, aveva smesso di ritrovarsi improvvisamente in un vicolo buio a guardare inorridita gli occhi semi aperti di sua madre, ormai privi di vita.
Gli era successo un paio di volte dormendo sul suo petto, ma lui l’aveva cullata, lasciandole piccoli baci sui capelli, accarezzandole la schiena, senza dire una sola parola. Non era necessario. E piano piano, senza rendersene conto, aveva allontanato i fantasmi del passato,  riuscendo perfino a sognare qualcosa di bello. Succedeva che il più delle volte al risveglio non riuscisse a ricordare, ma non le importava, perché la leggerezza che sentiva nel cuore e anche nel corpo, le dava la sicurezza di aver sognato giornate piene di sole, perchè tutto era possibile vicino a lui, tutto era possibile se lui le sorrideva e la stringeva tra le sue braccia.
Tutto era possibile, glielo aveva insegnato lui, con tanta pazienza.
Ma in quel momento era lui ad essere imprigionato. Sembrava chiuso dentro ad un incubo che lo stava risucchiando nel buio, digrignava i denti e, dopo che lei si era voltata liberandosi dal suo abbraccio disperato, aveva stretto le mani alle lenzuola, come per aggrapparsi ad una qualche salvezza che non riusciva a vedere in fondo al tunnel in cui si trovava.
Erano passati soltanto un paio di minuti, ma lei sentiva il peso di quei lamenti e quella disperazione come se fossero passate ore. Sapeva cosa stava provando, conosceva quella sensazione di smarrimento inconscio e le si spezzava il cuore a quella sofferenza che, apparentemente, non aveva nessun motivo.
Quando i pugni si aprirono, lasciando le lenzuola stropicciate e le parole insignificanti che mormorava lasciarono il posto al silenzio, Kate capì che era riuscito ad uscire dal tunnel e che, come era successo a lei decine di volte, stava risalendo dall’apnea e riprendendo aria. Continuava ad accarezzarlo, gli asciugava il sudore e lo baciava sulla fronte.
Senza svegliarsi si era girato istintivamente verso di lei e si era accucciato nell’incavo del suo collo, lamentandosi ancora qualche secondo, come un bambino che ha smesso di piangere e cerca coccole e protezione dalla mamma.
Le aveva messo il braccio intorno alla vita, ma adesso, il suo, era un abbraccio morbido, rilassato.
Era passato dal buio alle braccia di Morfeo. Stava dormendo tranquillo, anche se l’espressione era ancora corrucciata.
Lui stava di nuovo dormendo, ma lei non era riuscita più a prendere sonno. Lo guardava preoccupata. Non aveva mai avuto incubi da quando stavano insieme, ma nell’ultima settimana aveva avuto un sonno agitato, si girava e rigirava nel letto come se non trovasse pace e al mattino sembrava più stanco della sera precedente e questa sua agitazione, quella notte, lo aveva portato nel baratro.  Non era abituata a questo.
Il suo modo di addormentarsi la rasserenava. Guardarlo dormire, tranquillo, con quella sua aria tenera e l’espressione da bambino, la faceva sentire al sicuro.
Quello che era successo a lui quella notte era più di un incubo: era paura, era disperazione, era angoscia. Un’angoscia che lei non riusciva a capire, non era successo niente che potesse giustificare ‘la cosa’ orribile che aveva sognato, almeno per quello che ne sapeva lei.
Lo aveva tenuto stretto sul suo petto fino alle prime luci dell’alba, quando finalmente anche lei, rilassando il suo abbraccio, era riuscita a riprendere sonno.
 
-Ehi…-
La voce di lei gli arriva alle spalle e Castle si volta di scatto. E’ seduto a terra, con le spalle appoggiate al divano, una tazza di caffè tra le mani e un’espressione smarrita, che le fa capire che era perso nei suoi pensieri.
-Ehi…-
Le risponde sorridendo, distogliendo immediatamente lo sguardo per riportarlo sul liquido nero che riempiva la tazza e gli scaldava le mani.
-Come mai ti sei alzato così presto? Mancano ancora 40 minuti al suono della sveglia!-
Gli si siede di fronte sul tavolino basso davanti al divano e appoggia i gomiti sulle gambe, sporgendo le mani verso di lui, che però non la guarda, ma solleva solo le spalle.
-Mi sono svegliato e non ho più ripreso sonno, così ho preparato il caffè, è ancora caldo, te ne prendo un po’?!-
Fa per alzarsi, ma lei lo ferma mettendogli la mano sul braccio.
-Lo prendo da sola… Castle stai bene?-
Solo allora lui alza lo sguardo sui suoi occhi, ha il viso stanco e le occhiaie.
-Ho l’aria di non stare bene?-
Le chiede confuso e lei annuisce preoccupata.
-Hai avuto un sonno agitato stanotte, ti sei rigirato parecchio.-
Gli risponde, sperando che fosse lui a raccontarle dell’incubo.
-Davvero? Mi spiace, non ho fatto riposare nemmeno te allora!-
Riporta gli occhi stanchi sulla tazza, ma non accenna a bere, il caffè è ancora intatto.
-Forse sto covando l’influenza, mi sento strano… stanco…-
Kate gli mette una mano sul viso e lui alza gli occhi e li incatena ai suoi.
-Credo che tu abbia avuto un brutto incubo Castle, ti sei lamentato per vari minuti, devi aver sognato qualcosa di davvero terribile.-
Lui corruccia la fronte e guarda oltre lei, come se cercasse di fare mente locale.
-Davvero? Io… io non riesco a ricordare… dovessi giurare, direi che ho dormito tutta la notte e tranquillamente…-
Sembra davvero smarrito e lei riesce a capirlo. Si è svegliata tante volte stanca, spossata, senza voglia di nulla, consapevole di avere caricato il suo organismo di un qualche sforzo, senza però riuscire a ricordare.
Si inginocchia a terra davanti a lui e inclina la testa di lato.
-Perché non resti a casa oggi?-
Gli accarezza i capelli sorridendo e, per la prima volta in quella mattina, anche Rick le sorride.
-Che c’è detective, sei già stanca di me?-
Scuote la testa seria, pensierosa.
-Mhh… vediamo… un po’… forse…-
Ride al suo sguardo offeso e continua ad accarezzarlo.
-Pensavo solo che potresti riposarti ancora un po’, rilassarti ed oziare tutta la mattina, magari hai solo bisogno di staccare un attimo dal tran tran quotidiano!-
Lui beve finalmente un sorso di caffè, solleva gli occhi su di lei e annuisce.
-Forse hai ragione… magari in tarda mattinata faccio anche una bella passeggiata e vengo a prenderti al distretto, se non hai da fare, ci imbacucchiamo per bene e mangiamo qualcosa di veloce al Central Park.-
-Perfetto!-
Risponde lei sorridendo per poi baciarlo.
-Mmhhh… che buono questo bacio al caffè…-
Sorridono labbra sulle labbra.
-Va a farti la doccia, io preparo la colazione… che preferisci stamattina?-
-Caffè e frutta fresca andranno bene, che dici mangione, ci teniamo leggeri?-
-Non sono un mangione,  la colazione è il pasto più importante della giornata… solo frutta Kate? Alle 11.00 sarai tanto affamata che vorrai mangiarti anche il pennarello con cui scrivi sulla lavagna… con tutta la lavagna!-
Sbuffa lui alzandosi e facendola ridere di gusto.
-Non preoccuparti per la mia lavagna, porta la frutta in tavola, torno subito.-
Sorride scuotendo la testa, mentre la guarda allontanarsi verso la camera da letto, muovendosi con fare sexy dentro quella che, una volta era la sua maglietta e adesso invece è il suo pigiama.
Accende la tv per ascoltare il primo notiziario del mattino e apre il frigorifero.
Sistema diverse varietà di frutta sul tavolo, mentre il giornalista parla dell’economia, prende una margherita da un mazzetto di fiori dentro al vaso sul bancone della cucina e la poggia vicino al piatto di Kate, sorride ancora compiaciuto mentre lo fa e si dirige alla caffettiera a prendere il bricco del caffè.
…Questa sera alle 21, sarà ospite nei nostri studi il senatore William Bracken, che ci parlerà della prossima apertura del centro giovanile nel Bronx…
Si volta di scatto lasciando cadere il bricco a terra. La bocca dello speaker è in movimento, ma lui non riesce più a sentire alcun suono, guarda la foto in diretta tv del senatore Bracken e  l’unica cosa che gli rimbomba nelle orecchie è il suono di uno sparo.
E’ chino sul corpo di Kate con le mani sporche di sangue.
L’incubo torna prepotente nella sua mente, lo ha ricordato all’improvviso e, all’improvviso, sente il fiato corto e un peso sul petto.
Trema, senza rendersene conto.
Se ne accorge invece lei, che uscendo dalla doccia ha sentito rumore di vetri rotti ed è corsa a vedere cosa fosse successo.
Rick è bloccato accanto alla cucina a guardare la tv, imbambolato davanti alla pubblicità che ha preso il posto del notiziario, con i pugni stretti e le labbra serrate. Ha la stessa espressione della notte appena trascorsa, ha la stessa espressione di quando era dentro il tunnel buio del suo incubo, solo che adesso ha gli occhi sbarrati.
E’ ancora perso nel suo incubo ad occhi aperti quando lei gli mette la mano sulla spalla.
-Castle… che succede?-
Lui sussulta e si guarda attorno spaesato, come se avesse dimenticato di essere nella sua casa. Guarda Kate e poi abbassa gli occhi sul caffè sparso tra i cocci del bricco rotto.
-Mi… mi è caduto il caffè…-
Lei spegne la tv, lo prende per mano e gli fa segno di sedersi sul divano.
-Guardavi la tv come se ti facesse paura, che ti succede?-
Lui scuote la testa e la guarda con gli occhi sbarrati, finalmente sospira e appoggia la testa all’indietro sulla spalliera del divano.
-Non succede niente, mi è scivolato il bricco dalle mani e sono rimasto come uno scemo… che c’entra la tv?-
Cerca di sdrammatizzare e Kate stringe le labbra in segno di dissenso.
-Nell’ultima settimana non hai dormito bene, sei nervoso, distratto e anche silenzioso, troppo silenzioso!-
-E questo è inquietante detective?-
Risponde lui sorridendo nervosamente e lei sospira.
-Smettila di fingere e di scherzare, perché non vuoi dirmi cosa ti preoccupa?-
Lui si alza di scatto dal divano e allarga le braccia.
-Davvero Kate, non capisco che intendi dire, non so che cosa vuoi da me, cosa credi che dovrei dirti? Sto bene, sono solo stato imbranato col caffè e non è nemmeno la prima volta… che c’è di tanto terribile?!-
Lei resta seduta e si appoggia pesantemente allo schienale, sbuffando.
-Aveva ragione Meredith allora…-
Si zittisce di colpo, si rende conto che avrebbe dovuto mordersi la lingua quando si accorge del suo sguardo accigliato.
-Cosa c’entra Meredith adesso? Su cosa aveva ragione?-
La sua espressione si è trasformata da stupita ad arrabbiata, ma ormai la frittata è fatta e forse è meglio così. Si alza anche lei per guardarlo negli occhi.
-Sul fatto che tu sei bravo a fare parlare gli altri, a trovare la storia che si nasconde dietro la vita di chi ti sta accanto, ma non sei altrettanto bravo a raccontare la tua di storia.-
Gli dice alzando la voce.
-Cosa diavolo vuoi dire con questo…  e da quando quello che dice Meredith è vangelo per te?-
Anche lui ha alzato la voce, il modo rabbioso con cui ha pronunciato il nome della sua ex moglie avrebbe dovuto farla desistere, ma lei continua.
-Stanotte hai avuto un incubo terrificante, mi hai insegnato tu che l’unico modo di sconfiggere i fantasmi è affrontarli, parlandone, tirandoli fuori dal loro nascondiglio, ma questo non vale anche per te, vero? Tu non parli mai di te… io non so niente di te...-
Finisce la frase in sussurro.
-Non sai niente di me? Sono io Kate, Castle, lo scrittore che ti ha scombussolato la vita, irritandoti ogni giorno!-
-Appunto, questa è l’unica cosa che dovrei sapere di te?-
-Io davvero non so di che diavolo parli, Kate?-
Le urla in faccia prendendola per le braccia e lei si divincola con una smorfia di dolore, voltandogli le spalle e tenendosi il braccio con la mano.
-Che cos’hai?-
Le chiede avvicinandosi immediatamente, preoccupato di averla stretta troppo.
-Niente…-
-Come niente… ti ho fatto male, fammi vedere!-
Le scosta l’accappatoio e spalanca gli occhi quando vede l’enorme livido sul suo braccio, proprio all’altezza del muscolo, un livido troppo violaceo e pronunciato per averglielo provocato in quel momento.
-Ma cosa ti è successo?-
Lei abbassa la testa, sistemandosi l’accappatoio sulla spalla.
-Devo essermi fatta male ieri al lavoro.-
-Ieri sera non lo avevi e poi siamo stati chiusi al distretto tutto il giorno, non puoi esserti fatta male al lav…-
Si blocca come colpito da un flash!
Respirava a fatica, cercava di urlare ma non ci riusciva e si stringeva forte a qualcosa per salvarsi dal buio…
-Sono stato io?!-
Sussurra più a se stesso che a lei. Kate si volta a guardarlo e le si spezza il cuore a vedere il dolore nei suoi occhi.
-Non lo hai fatto apposta, eri disperato nel tuo incubo e mi hai stretta troppo e se sai che sei stato tu, significa che ricordi cosa ti ha spaventato tanto. Castle non m’importa niente del livido, io…-
-Importa a me! Ho fatto una cosa terribile!-
La interrompe bruscamente lui, per poi tornare a sussurrare.
-Mi dispiace… scusa!-
Lei gli prende il viso tra le mani.
-Non m’importa del livido, non voglio che mi chiedi scusa, voglio sapere perché sei spaventato Castle… che ti succede?-
-Non mi succede niente Kate, sto bene!-
Lei gli toglie le mani dalla faccia con un gesto di stizza e gli volta ancora le spalle.
-Al diavolo Castle!-
Lui serra per l’ennesima volta le mascelle.
-Si, al diavolo… sarà meglio che vai, o farai tardi…-
Si dirige nel suo studio a grandi passi, chiudendosi dentro e sbattendo la porta.
Lei sussulta a quel rumore, sospira, si guarda intorno e non riesce a capire come abbiano cominciato a litigare. Raccoglie i cocci del bricco rotto, asciuga il caffè sul pavimento e va in camera a vestirsi.
Dopo qualche minuto torna giù, di lui nemmeno l’ombra. Prende il cappotto e la borsa e con il cuore gonfio, mette la mano sulla maniglia della porta per uscire, quando sente il suo sguardo addosso e si gira a guardarlo. Ha l’espressione di un bambino che si è comportato male, gli occhi ancora più stanchi e tristi del momento del risveglio, che abbassa su un astuccio che tiene in mano, per poi tornare a guardarla.
-E’ una pomata per i lividi, è molto efficace, attenua il dolore e li fa sbiadire presto.-
Lei gli si avvicina e guarda l’astuccio.
-Non mi serve una pomata per il livido, mi serve sapere che posso aiutarti. Quando ancora non stavamo insieme hai fatto di tutto per farmi capire che volevi fare parte, a tutti i costi, della mia vita. Ora ne fai parte Castle, in tutto e per tutto, anche se per me a volte è ancora difficile pensare per due e non solo per me, ma ci sto provando con tutta me stessa… per te!-
Lui continua a guardare lo scatolino che ha in mano e deglutisce vistosamente.
-Ci sono poche cose che non sai ancora di me, mi conosci, sai chi ero e sai chi sono adesso e se ho degli incubi, se ho paura, tu sai sempre il perché… io invece non so che ti succede perché tu non me lo dici… sorridi, fai una battuta e tutto finisce… io non faccio ancora parte della tua vita, nonostante tu finga che sia così!-
Solleva lo sguardo su di lui, la sua rabbia è svanita, è solo stanco e dispiaciuto e forse non si rende conto realmente di quello che lei vorrebbe da lui.
-Tu mi conosci Kate, sono quello che vedi… non c’è niente che non va, davvero… perché non vuoi credermi?-
Le mette il tubetto di pomata dentro la borsa e le prende la mano.
-Ho solo bisogno di riposare. Resto a casa come avevamo deciso e poi ti raggiungo, d’accordo?!-
Lei lo guarda dritto negli occhi.
-Sei abbastanza grande da decidere cosa devi o non devi fare, senza che te lo dica io Castle, se ti va ci vediamo dopo.-
Gli lascia le mani e senza dire altro va via.
Rimasto solo si guarda intorno, sente gli occhi bruciargli e un mattone sul petto. Quello stesso mattone che tempo addietro, ha sentito per tre lunghi ed interminabili mesi  e che adesso è tornato a tormentarlo.
A passi lenti si lascia andare di peso sul divano, appoggia i gomiti sulle gambe e si passa le mani tra i capelli, sospira, ma non riesce comunque a ricacciare indietro le lacrime che bruciano più di prima. Nasconde il viso tra le mani e i singhiozzi lo travolgono, senza che lui possa fare niente per combatterli.
Cosa dovrei dirti Kate? Come posso spiegarti… come posso dirti quanto male mi hai fatto?


Angolo di Rebecca:
Ciao!!!
Sono tornata un attimino, con un Riccardone un po' acciaccato... ma che avrà che lo rode?
Non preoccupatevi, resto poco, solo qualche capitoletto, niente di long :p
Baci <3

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Capitolo 2
*** Riflessioni e... buoni propositi ***




...Nasconde il viso tra le mani e i singhiozzi lo travolgono, senza che lui possa fare niente per combatterli.
Cosa dovrei dirti Kate? Come posso spiegarti… come posso dirti quanto male mi hai fatto?...




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Niente omicidi quella mattina, niente di urgente, solo una montagna di rapporti e fascicoli arretrati.
Kate si ritrova con lo sguardo sullo stesso foglio da un’eternità, la penna non ne vuole sapere di scrivere per poter finire quel lavoro noioso. Sposta l’attenzione sulla sedia accanto a lei e rivede lo sguardo terrorizzato di Rick davanti allo schermo della tv.
Scuote la testa, ha bisogno di un caffè.
Si alza e si ritrova faccia a faccia con la lavagna, sospira, prende il pennarello tra le mani e non può fare a meno di sorridere mentre lo rimette a posto e si dirige nella sala relax.
Il caffè sta scendendo fumante nella tazza, il profumo la inebria e il pensiero corre ancora a lui.
Ma che mi è saltato in mente di nominare Meredith? Lui ha qualcosa che non va, non vuole parlarmene ed io, invece di prenderlo con le pinze, sono entrata subito in modalità di difesa, ho subito pensato che la nostra relazione potesse essere come quella avuta con lei… e questa non è una paura di Castle, ma mia!
Versa lo zucchero nel caffè e si morde il labbro nervosamente.
Castle sta davvero male, ha davvero qualcosa che lo rode, ma avrei dovuto essere cauta, so benissimo cosa significa sentirsi sotto pressione per i sentimenti che tieni nascosti e non vuoi fare sapere al mondo… sono una stupida!
Appoggia la tazza sul tavolo con forza, tanto che un po’ del liquido si rovescia dentro al piattino, sbuffa e chiude gli occhi, cercando di rimettere insieme le idee.
Non sono stata capace di gestire la situazione, lui ha aspettato con pazienza che io fossi pronta, ha accettato tutto di me… come ho potuto dirgli che non faccio ancora parte della sua vita!?
Il telefono la riscuote, apre il messaggio che le è appena arrivato e si morde ancora le labbra.
‘Sei impegnata? Sei ancora arrabbiata? Posso salire… oppure vuoi scendere tu? Sono qui sotto… vuoi che me ne vada?!’
Scuote la testa. E’ tipico di Castle sentirsi in colpa e balbettare anche nella scrittura. Sorride e rimette il telefono in tasca.
 
La neve ricopre il marciapiedi per una decina di centimetri. Nonostante il sole, il freddo è pungente e lui ha il naso e la faccia rossi, nella fretta di uscire ha dimenticato sciarpa e guanti. Ha le spalle appoggiate al muro del distretto e guarda insistentemente il telefono, sperando che dia qualche segno di vita.
-Ti congelerai se resti fermo impalato senza muoverti.-
Si gira verso la voce e sospira. Kate gli sta andando incontro, con le mani in tasca e imbacuccata in una morbida sciarpa.
-Aspettavo una tua risposta, pensavo non volessi parlarmi.-
Si appoggia anche lei al muro, guardando davanti a sé il traffico cittadino, reso ancora più caotico dalla neve.
-Hai fatto troppe domande tutte insieme, era più facile rispondere a voce.-
Lui annuisce e abbassa lo sguardo.
-Ti chiedo scusa Kate, mi spiace, non so perché mi sono arrabbiato, ma quando ho sentito che parlavi di qualcosa che ti aveva detto Meredith, non ho capito più niente.-
Lei scuote la testa.
-No, è colpa mia, non avrei dovuto. Era solo un discorso tra donne e non dovevo metterlo in mezzo così, come niente. Sono io che devo scusarmi!-
Lui si volta a guardarla.
-Un discorso tra donne? Cosa vi siete dette esattamente?-
-Le ho chiesto perché il vostro matrimonio è finito.-
Lui sorride sollevando gli occhi al cielo.
-E lei ti ha risposto sinceramente che è andata a letto con uno dei suoi registi? O almeno uno è il numero di cui ero a conoscenza allora!-
Kate ride abbassando lo sguardo.
-Questo, in effetti, ha evitato di dirmelo.-
Lui sospira e strofina le mani per cercare di scaldarsi.
-Allora qual è la sua versione?-
-Che la conoscevi meglio di quanto si conoscesse lei stessa, mentre tu non le raccontavi mai niente di te, del tuo passato… e questo vi ha allontanati perché a lei non andava più bene, come se fosse un rapporto a senso unico.-
-E questo ti ha fatto subito pensare a noi. Anche noi siamo a senso unico?-
Lei alza le spalle continuando a guardare la neve a terra, Rick si stacca dal muro e le si mette davanti, le solleva il viso con le dita e sorride.
-Se a lei fa piacere credere che le cose sono andate così, lasciamoglielo credere, io lo ricordo in maniera diversa… comunque non mi va di parlare di lei adesso…-
La guarda dritto negli occhi e capisce che deve misurare le parole in  modo diverso.
-Sempre che tu non pensi che non voglio metterti al corrente di quello che accade nella mia vita… solo non mi va di parlarne adesso, in mezzo alla strada!-
Si appoggia di nuovo al muro e guarda il cielo.
-Domani è sabato, stavo pensando… se ti va… che potremmo andarcene da qualche parte, lontano da tutto e… magari riuscire a parlare tranquilli, con calma.-
Lei annuisce senza alzare lo sguardo.
-Pensavo la stessa cosa poco fa, volevo chiamarti per dirtelo, ma mi hai preceduto con le tue domande a raffica.-
-Bene, potremmo andare di nuovo agli Hamptons…-
Lei lo ferma scuotendo la testa.
-No, non lì, avevo in mente un altro posto.-
-Uh… organizzi tu? Mi piace! Dove vorresti andare?-
Stavolta è lei che si stacca dal muro per guardarlo in faccia.
-Tu non dovresti essere quello a cui piacciono le sorprese?-
Lui annuisce sorridendo.
-Sulla fiducia?-
-Esattamente Castle, sulla fiducia! Adesso vai a casa, metti dentro ad un borsone roba pesante e non dimenticare per nessun motivo guanti, sciarpa e cappello.-
-Vuoi portarmi al Polo Nord detective?-
Lei non risponde alla provocazione e si volta per rientrare al distretto.
-Ti passo a prendere tra due ore, fatti trovare pronto.-
Lui la ferma prendendola per il braccio.
-Come tra due ore, non devi lavorare oggi pomeriggio?-
-Ho chiesto il resto della giornata libera, potrei bruciare la pila di rapporti incompleti che sonnecchia sulla mia scrivania, se resto ancora qui!-
-Cominci a parlare come me, lo sai? Questo potrebbe essere inquietante… per la Gates…-
Solleva un sopracciglio sorridendo e lei gli attorciglia al collo la sua sciarpa.
-La rivoglio quando vengo a prenderti, non mi serviresti a niente congelato!-
La segue con lo sguardo mentre sale le scale del distretto e si dirige alla macchina, contento per la gita organizzata da lei, ma con il cuore ancora gonfio di quel malessere che ha sentito ultimamente.
Sono sempre stato bravo a ridermi addosso quando avevo solo voglia di sprofondare. Sono sempre stato bravo a comportarmi come un idiota solo per mascherare la mia tristezza… ma adesso non riesco più a gestire tutto questo, non con Kate… ha imparato a leggermi dentro e questo mi rende felice, perché significa che tiene davvero a me, che sono diventato davvero parte della sua vita, ma mi spaventa anche, perché potrei non essere tanto forte per affrontarlo.
 
Un paio di ore dopo, mezz’ora di autostrada e poche chiacchiere, Castle si guardava intorno incuriosito. Non avevano oltrepassato nessun cartello particolare che potesse fargli capire dove erano diretti e lei viaggiava nella corsia di sorpasso, dando ad intendere che lo svincolo per la loro uscita era ancora lontano. Aveva appoggiato la testa al sedile e si sentiva stranamente rilassato, come non lo era da giorni, quella sensazione opprimente si era alleggerita e riusciva a respirare a pieni polmoni, complice forse, anche il paesaggio bianco che abbracciava l’azzurro del cielo limpido.
Senza accorgersene aveva chiuso gli occhi e si era addormentato.
Kate lo guardava con il sorriso sulle labbra, aveva quell’espressione beata che non vedeva da giorni, stava riposando dello stesso sonno di un bambino innocente.
Mentre rifletteva nella sala relax, davanti a quel caffè che poi non aveva bevuto, si era chiesta cosa l’avesse portata a bussare alla porta di quell’uomo in una sera di pioggia, dopo che aveva rischiato per l’ennesima volta di morire.
Non era stato guardare in basso, mentre era attaccata al cornicione da cui sarebbe precipitata di lì a poco. Non era stata la paura di schiantarsi a terra e diventare un corpo senza vita. Non era stata la rabbia di non aver fermato l’uomo che voleva lei morta e che sapeva chi era il drago.
No, proprio no…
Il motivo per cui era corsa da lui, fradicia dalla testa ai piedi, era solo uno: il vuoto!
Non il vuoto che c’era sotto di lei, mentre la mano perdeva lentamente ed inesorabilmente la presa, ma il vuoto dentro al suo cuore.
Sentirlo lontano, dopo che lui le aveva detto ‘stavolta non starò a guardare quando ti farai ammazzare’ aveva creato nel suo cuore una voragine.
Mentre penzolava dal cornicione, desiderava ardentemente che lui corresse a salvarla, non solo dalla morte, ma più di tutto da sé stessa.
Castle però era stato di parola e quella volta non l’aveva tirata su, non l’aveva afferrata lui per il polso e questo aveva decuplicato la voragine nel suo cuore, per questo non aveva potuto fare altro che correre da lui, perché voleva essere salvata anche dal dolore, dalla solitudine, dalla rabbia… e l’unico che avrebbe potuto assolvere questo compito arduo, era solo lui: Richard Castle!
Com’era arrivata a questa considerazione?
Si era posta anche questa domanda, prima che il cellulare vibrasse e le mettesse davanti agli occhi le domande indecise di Castle.
La risposta che si era data, era ovvia. Era corsa da lui perché la conosceva bene, lui sapeva di cosa avesse bisogno. Era questa la cosa che l’aveva preoccupata dopo le quattro chiacchiere amichevoli scambiate con Meredith, ma ripensandoci, dopo la loro litigata, aveva avuto un’illuminazione: Castle sapeva tutto di lei, non perché negli anni trascorsi fianco a fianco fosse stato solo un curiosone irritante e insopportabile, ma perché con pazienza, con assiduità, con tenerezza e con piccoli gesti si era interessato a Kate, alla donna che si nascondeva dietro il detective Beckett, alla donna che avrebbe voluto essere protetta e amata, nonostante fosse lei quella armata.
Non aveva preso l’ascensore per andargli incontro, era scesa per le scale per continuare a riflettere sulle ultime ore e mentre gli si avvicinava, quando lo aveva visto infreddolito, appoggiato al muro con lo sguardo fisso sul telefono, aveva preso una decisione: ci sarebbe sempre stata per lui, anche se a volte avrebbe dovuto essere invisibile, proprio come aveva fatto lui con lei, doveva fargli capire che era interessata a Rick, all’uomo che si nascondeva dietro lo scrittore squinternato e superficiale .
Questo avrebbe fatto, non avrebbe sbagliato ancora.
Lei non è Meredith.
Doveva solo stargli vicino, come aveva fatto lui per anni.
Doveva solo farlo ridere, come aveva fatto lui da quando si erano incontrati; sapeva essere divertente anche lei quando voleva.
Doveva solo farlo sentire al sicuro con il suo abbraccio, in silenzio, senza chiedere niente, come aveva fatto lui giorno dopo giorno.
Il resto sarebbe venuto da sé, proprio come era successo a lei.
Aveva percorso un sentiero tortuoso, aveva sbagliato strada un infinità di volte, ma alla fine era corsa da lui, trovando la strada di casa nel suo cuore.
 
Mette la freccia a destra e prende lo svincolo con cautela, perché la strada è costeggiata da montagnole di neve. Castle apre gli occhi e si stiracchia, guardandosi intorno.
-Accidenti, mi sono addormentato!-
Esclama con il broncio sulle labbra.
-Meglio, vuol dire che ti sei rilassato e hai riposato un po’.-
-Lo so, ma non ho visto che uscita hai preso, volevo indovinare il posto in cui mi stai portando.-
Continua piagnucolando facendola ridere.
-Fidati Castle, non voglio gettarti in un fosso e ricoprirti di neve, giuro che non ti succederà niente.-
Lui si volta a guardarla e sorride.
-So benissimo di essere al sicuro con te.-
Le dice piano e con sincerità, lei gli mostra uno di quei sorrisi che gli fanno diventare le gambe come due budini tremolanti e ringrazia il cielo mentalmente di essere seduto in macchina.
Più vanno avanti, più il paesaggio si mostra innevato. Un manto bianco si staglia davanti a loro, mentre Kate gira a sinistra e prende un sentiero a curve. Stanno salendo e ad un tratto Castle si batte il palmo della mano sulla fronte.
-Che cretino che sono!-
Lei lo guarda un momento e poi riporta lo sguardo sui tornanti della strada.
-Non è una novità che tu lo sia, ma cosa ti ha illuminato in questo senso?-
Gli chiede seria e lui sbuffa.
-Adoro il tuo modo sottile di essere spiritosa! Comunque… ho capito dove stiamo andando, alla casa di montagna di tuo padre!-
Lei ride divertita per la scoperta fatta.
-Tecnicamente è anche casa mia! Comunque si, stiamo andando alla casa di montagna di mio padre.-
Lui la guarda un attimo pensieroso.
-Non è che se la prende a male che mi ci stai portando… anzi… non è che magari lo troviamo lì, perché ha deciso di trascorrere un fine settimana tranquillo… non è che…-
-Non è che hai ancora paura di mio padre Castle?!-
Gli chiede lei interrompendolo.
-Ehm… no, ma non sarebbe carino… per lui dico, mica per me!-
Risponde gesticolando freneticamente e lei non può fare a meno di ridere, scala la marcia per poter prendere una curva a gomito molto ripida e quando si ritrova sul rettilineo lo guarda per un attimo.
-Gliel’ho detto che avremmo passato l’week end alla baita, non ce lo ritroveremo in casa all’improvviso, non credo che ci tenga molto a fare il terzo incomodo, tranquillo.-
-Ah lo sa… certo… ora si… che sono più tranquillo!-
-Non ci posso credere, hai davvero paura di mio padre?-
Rick non risponde, ma lei scoppia di nuovo a ridere e lui non può fare a meno di andarle dietro.
-Mi sento un po’ stupido, ma… non so, tuo padre è così… tuo padre!-
-Spiegazione esauriente Castle, a volte mi chiedo come fai ad essere uno scrittore!-
Risponde lei continuando a ridere per l’espressione stralunata di Rick.
Hanno già fatto un bel po’ di strada, quando finalmente scorgono le prime case. Il colore del cielo è diventato violetto dopo che il sole ha cominciato la sua discesa dietro la montagna e le luci in strada e dentro le poche case incontrate durante il tragitto, sono già accese.
-Ci fermiamo allo spaccio per comprare il necessario per stasera, poi domani con calma facciamo la spesa o meglio, andiamo al ristorante, ce n’è uno a metà strada tra qui e la baita, dove cucinano un arrosto di cinghiale fenomenale.-
Scendono dalla macchina e Kate si avvia all’entrata del negozio, quando lui la ferma.
-Aspetta, vuoi che resti in macchina? Insomma se ci vedono insieme…-
Lei china la testa di lato e lo guarda maliziosa.
-Magari non ti conosce nessuno in questo posto sperduto!-
Lo prende per mano sghignazzando e lui alza gli occhi al cielo.
-Sempre più spiritosa, sono quasi commosso!-
Beckett si munisce di cestino e cominciano a guardarsi intorno.
-Che vuoi per cena di leggero detective?-
Le chiede con una punta di ironia nella voce e lei gli sbatte il cestino sullo stomaco, dicendogli tacitamente che deve tenerlo lui e stare zitto, mentre rovista tra gli scaffali.
-Per prima cosa il caffè!-
Dice in tono solenne con il dito sollevato per aria e lui annuisce.
-Non sia mai che entri in crisi d’astinenza proprio mentre siamo sperduti tra le montagne…-
Risponde lui sghignazzando e lei lo trapassa da parte a parte con un raggio laser partito dagli occhi che lo costringe a schiarirsi la voce tossicchiando. Riprende il suo cammino tra gli scaffali e butta nel cestino qualcos’altro, mentre lui segue ogni suo movimento.
-Gelato cioccolato e menta.-
Sussurra andandole dietro. Un altro prodotto, un’altra occhiata.
-Latte e preparato per cioccolata in tazza…-
Corruccia la fronte mentre elenca la spesa nel cestino.
-Panna…-
A questo punto solleva la testa a guardarla, mentre lei procede svelta davanti a lui a passare in rassegna il resto degli scaffali.
-Sei sicura che questa roba sia abbastanza leggera?-
Kate si gira di colpo tanto che lui le sbatte contro.
-In mezzo alla neve necessito di roba coccolosa!-
Gli risponde, incatenando gli occhi ai suoi.
-Comunque qualcosa di sostanzioso dovremmo prenderla… ti piace il pane abbrustolito con olio, sale e pepe?-
Lui abbassa la testa per rispondere affermativamente e lei prende un bel filone di pane e lo mette dentro al cestino.
-I condimenti li abbiamo in dotazione alla baita, lo scalderemo nel camino, sento già il profumo!-
Lo dice quasi saltellando e lui la guarda estasiato. Ad un tratto si blocca, segno che ha avuto un’altra illuminazione.
-Camino? C’è anche il camino?-
-Credevi che saremmo morti di freddo? E’ una baita Castle, certo che c’è il camino, un camino enorme…-
Risponde lei vedendo i suoi occhi luccicare.
-Oh… Kate ti prego, con il camino non possono mancare i…-
Si ferma perché qualcosa gli arriva in faccia, prima di cadere dentro al cestino, mentre Kate ride di gusto alla sua espressione stravolta.
-Volevi per caso dire che con il camino non possono mancare i marshmallows?-
Lui guarda dentro al cestino e si rende conto che la cosa che lo ha investito in faccia è un’enorme busta di cilindretti colorati e sorride come un bambino.
-Esattamente, volevo dire proprio questo…-
Lascia la frase a metà perché anche lei ha l’espressione di una bambina e gli ha bloccato il respiro, tanto è bella.
Abbassano lo sguardo contemporaneamente e continuano a ridere.
-Vedi Kate? Siamo in sintonia in ogni momento noi due!-
Le sussurra all’orecchio, mentre lei mette nel cestino una bottiglia di distillato alla ciliegia.
-Questo liquore lo fanno in zona, è buonissimo e anche parecchio forte…-
Lui solleva le spalle come a dire che così deve essere e lei guarda dentro al cesto.
-Allora riepiloghiamo: caffè, gelato, cioccolata e latte, panna, pane, qualcosa di forte da bere per scaldarci, i marshmallows… che altro manca?-
Lui si mette un dito sulle labbra con fare pensieroso.
-Mhh… vediamo… ah si, un mazzo di carte!-
Lei corruccia la fronte.
-Un mazzo di carte? Vuoi giocare a carte?-
Lui solleva un sopracciglio e la incastra tra il suo corpo e uno scaffale.
-Lei come vorrebbe giocare per 48 ore di fila in un posto sperduto, solitario e pieno di neve, detective?!-
Kate resta incollata ai suoi occhi, si morde il labbro e sospira.
-A… Risiko?!-
Scoppiano a ridere e lui le dà un bacio sulle labbra, prima di dirigersi alla cassa, dove una donna sulla sessantina, rotondetta e con fare gioviale li accoglie con un sorriso.
-Mi è consentito dire che siete un piacere per gli occhi?-
Loro si guardano straniti e la donna continua mentre digita il prezzo della panna.
-Belli, innamorati e in sintonia… ho sbirciato mentre facevate la spesa, sapete?-
Dice loro con un sorrisetto malizioso. Kate si aggrappa al braccio di Rick e ci appoggia sopra la testa.
-Grazie!-
Risponde con un sorriso radioso e lui si china a guardarla stupito, si sarebbe aspettato che si schiarisse la gola imbarazzata, invece lo ha preso alla sprovvista. Sorride e le posa un bacio sui capelli sentendo uno strano calore nel cuore.
Qualche attimo dopo la donna solleva lo sguardo e osserva Castle attentamente, come se lo stesse studiando.
Eccola… mi ha riconosciuto!
-Ma lo sa che lei è la copia sputata di uno famoso?-
Esclama all’improvviso, loro sollevano le sopracciglia e Castle sorride.
-E chi sarebbe questo… ‘famoso’?-
-Eh… la memoria non mi aiuta più, non ricordo il nome, ma scrive romanzi gialli, mi pare… aspetti.-
Si guardano preoccupati, dove può essere andata abbandonando la cassa al proprio destino? Torna un attimo dopo con un libro tra le mani, mostra la foto del retro copertina e segna la faccia ritratta con un dito.
-Eccolo, che le dicevo… sembra lui… è spiccicato!-
Lui la guarda divertito e decide di stare al gioco, stranamente contento che non lo abbia riconosciuto veramente. Prende il libro in mano e osserva la foto attentamente.
-Caspita tesoro, guarda, la signora ha ragione, gli somiglio proprio!-
Dice appoggiandosi la foto accanto alla faccia.
-Pensa, sono il sosia di…-
Guarda la copertina del libro e finge di leggere attentamente.
-Ehm… come si chiama? Castle… Richard Castle… strano io non l’ho mai sentito, non leggo molto sa.-
Dice alla donna restituendole il libro.
-Io ho letto qualcosa, è bravino, cattura l’attenzione, prende il lettore.-
Kate guarda sott’occhio l’espressione sempre più divertita di Castle.
-Davvero? Mhh… a me non sono mai piaciuti i gialli, troppa violenza, morti ammazzati… non conciliano sicuramente il sonno!-
Rick tossisce per mascherare una risata che non è riuscito a contenere. Pagano il conto, prendono le buste con la spesa e salutano cordialmente la cassiera, ma prima che possano aprire la porta, la donna richiama la loro attenzione.
-Fossi in lei parteciperei ad uno di quei programmi, sa, quelli che cercano i sosia delle persone famose, mi creda farebbe un bel po’ di soldi… è troppo spiccicato a lui!-
Castle solleva la mano sorridendo.
-Ci penserò seriamente signora, grazie!-
Escono dal locale in silenzio, posano le buste nel bagagliaio e Kate lo guarda seria. Gli passa le dita sulla faccia e si avvicina per guardarlo meglio.
-Ma lo sai che la signora ha ragione… sei proprio… spiccicato!-
Scoppiano a ridere  e si abbracciano.
-E poi questo ‘famoso’ è pure bravino… cattura l’attenzione, prende il lettore… posso ritenermi soddisfatto!-
Lei solleva la testa e lo bacia.
-Sbrighiamoci, ci vogliono ancora 15 minuti e tra poco sarà buio pesto.-


Angolo di Rebecca:

Capitolo più leggero.
Kate riflette sulla lite e sui suoi 4 anni insieme a Castle e capisce che non deve fargli pressione.
Rick sembra più tranquillo...
Grazie come sempre a tutte <3

 

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Capitolo 3
*** Una Luce Per... ***




...Allora riepiloghiamo: caffè, gelato, cioccolata e latte, panna, pane, qualcosa di forte da bere per scaldarci, i marshmallows… che altro manca?
Mhh… vediamo… ah si, un mazzo di carte!
Vuoi giocare a carte?
Lei come vorrebbe giocare per 48 ore di fila in un posto sperduto, solitario e pieno di neve, detective?!
A… Risiko?!...



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Poco meno di un quarto d’ora dopo, Kate parcheggia nello spiazzo davanti ad una costruzione di legno e pietra.
Il portico e gli scalini sono completamente ricoperti di neve, così come il tetto spiovente e tutto il terreno intorno.
Rick scende dalla macchina con la stessa espressione che aveva lei la prima volta che l’ha portata negli Hamptons.
Qualche lampioncino solitario illumina di poco il tutto, la luna comincia a fare capolino da dietro i monti innevati e la casa sembra piccola in mezzo a tutta quell’immensità.
E’ come trovarsi  davanti ad una cartolina natalizia.
Kate fa il giro della macchina e si mette accanto a lui, sciogliendosi a quella faccia da bambino catapultato improvvisamente dentro un libro di favole.
-Sembra… sembra la baita di Heidi!-
Esclama allargando le braccia e lei ride, annuendo.
-Anch’io la chiamavo così da piccola, ho chiesto per settimane a mio padre di prendermi una capretta, ma non ha mai voluto comprarmela!-
Rick la guarda sconcertato e Kate pensa che sia stupito dal fatto che da ragazzina volesse una capretta, invece lui continua con la stessa espressione.
-Davvero non ha voluto comprartela!? Insomma… con tutto questo spazio…-
Lei gli mette una mano sul viso senza riuscire a reprimere una risata e lo accarezza.
-Calmati Castle, sono riuscita a superare questo trauma tanto tempo fa, credimi.-
Lo bacia sulle labbra e lui sorride, approfittandone per stringerla a sé.
-Prendi tu i borsoni? Io vedo di aprire la porta, se la neve me lo consente.-
Rick annuisce staccando la fronte dalla sua, apre il portabagagli e Kate sale i due scalini che la separano dal portico, strofina i piedi contro la montagna di neve che lo ricopre, per liberare almeno il quadratino di spazio che le avrebbe dato accesso alla porta.
Prende le chiavi dalla tasca del cappotto, trova quella che le serve e avvicina la mano alla serratura.
Si ferma. La mano comincia a tremarle. Sospira!
Forza Kate, devi solo inserire la chiave, aprire ed entrare… non è difficile… sei qui per questo… per dimostrargli che puoi fare qualunque cosa quando sei insieme a lui.
-Ehi… problemi con la porta?-
Sussulta quando sente la sua voce alle spalle e le chiavi le cadono di mano, Rick posa i borsoni sulla neve e si ritrovano chini per terra, tutti e due con le mani sulle chiavi. L’espressione di Kate lo blocca.
-Tutto… bene!?-
Le chiede esitando e lei annuisce.
-Tutto bene, non… non riuscivo a trovare la chiave giusta!-
Si alza e inserisce la chiave nella toppa, ma non riesce a ruotarla per fare scattare la serratura. Lui le mette la mano sulla sua.
-Kate…-
Riesce a dire prima che lei sollevi lo sguardo e lo incateni ai suoi occhi.
-Non sono più stata qui da… da tanto!-
Sussurra continuando a guardarlo, lui le stringe la mano con forza.
-Ma allora perché sei voluta venire? Eri così entusiasta, non ho pensato nemmeno per un momento che non fossi più tornata qui da… quel giorno.-
Kate continua a fissarlo e lui le sorride teneramente.
-Se vuoi possiamo fermarci in quel piccolo Hotel che abbiamo incontrato mentre venivamo qui, anzi, se vuoi, possiamo anche tornare in città.-
-No…-
Gli mette la mano guantata sulla bocca e sorride scuotendo la testa.
-No… tu ed io adesso entreremo in casa… insieme. Posso farcela… posso farcela se tu mi tieni la mano.-
Abbassa lo sguardo sulle loro mani e toglie lentamente la sua dalla stretta di Rick, lasciandogli la chiave.
-Aprila tu!-
Lui ruota la chiave, la serratura scatta e la porta si apre di pochi centimetri, Kate solleva la mano risoluta e la spalanca del tutto, mette un piede oltre l’uscio e meccanicamente, si sporge verso destra per cercare l’interruttore. Prende Castle per mano ed entrano insieme, in silenzio. Lui la guarda preoccupato, ma sospira improvvisamente quando lei, guardandosi intorno, accenna un timido sorriso che diventa dopo qualche secondo immenso e luminoso.
-Non è cambiato niente, papà ha lasciato tutto come l’ultima volta che siamo stati qui tutti insieme.-
Rick esce a prendere i bagagli sul portico, li poggia sul pavimento di legno e finalmente, si guarda intorno anche lui.
-Caspita! E’ bella e anche spaziosa, da fuori sembrava piccola.-
Lei solleva un sopracciglio e si toglie il cappotto dirigendosi verso il camino.
-Cosa credevi, che fosse davvero la baita di Heidi? Materassi di fieno, camino e pentolone per il formaggio? Sul retro ci sono anche il bagno e due camere da letto!-
Si ferma davanti al grande camino. Sopra la mensola, sono disposte 3 grosse candele e una scatola di fiammiferi. Ne accende uno e in religioso silenzio lo avvicina ad una delle candele.
-Una luce per accendere il buio…-
Sussurra, aspetta che la fiamma sia viva e avvicina il fiammifero alla candela accanto.
-Una luce per l’amore che il destino ha scelto per te…-
Un altro sussurro e mentre la fiamma vacilla al suo respiro, passa alla terza candela.
-Una luce per la gioia di questa casa…-
Con l’ultimo sussurro spegne il fiammifero e resta a guardare le piccole fiammelle che danzano davanti a suoi occhi, mentre Rick la fissa ammaliato.
-La prima cosa che faceva mia madre appena entrata, ancora prima di accendere la luce, era far vivere tre candele… e credo che papà continui a fare lo stesso, visto che queste sono nuove, le accende quando arriva e le cambia quando va via, pronte per la volta dopo, come faceva lei.-
Sfiora la cera con le dita e sorride.
-‘Una luce per accendere il buio’… perché per illuminare la casa della vita basta una sola fiammella, se il fuoco che la alimenta viene dal cuore. Questa era mia madre.
‘Una luce per l’amore che il destino ha scelto per te’… perché la casa della vita la costruisci ovunque ci sia il tuo amore. Questo era mio padre.
‘Una luce per la gioia di questa casa’… perchè la casa della vita deve essere illuminata dal sorriso di un bambino. Questa ero io.-
Getta il fiammifero nel camino spento e si volta a guardare Castle. I suoi occhi azzurri sono lucidi e sorride, un sorriso dolcissimo dal quale si sente avvolgere, si avvicina a lui e si stringono forte.
-Tutto qui parla di lei…-
Lascia la frase a metà e si stringe più forte a lui, che le lascia piccoli baci sui capelli, senza dirle niente. Non servono le parole, al momento il silenzio urla già abbastanza.
-Sarà meglio accendere il camino o congeleremo.-
Dice lei dopo qualche minuto con il sorriso sulle labbra.
Rick è sollevato. Credeva che si sarebbe intristita e che la malinconia l’avrebbe sopraffatta, invece sembra essere tranquilla e stare bene.
Dopo aver acceso il camino,  fatto una rapida conoscenza del resto della casa e sistemato la loro roba nella camera di Kate, tornano in cucina mano nella mano.
-Sono affamata… mettiamo il pane sul fuoco?-
Rick si avvicina al bancone della cucina e svuota le buste della spesa. Taglia il pane a metà, lo farcisce con olio, sale e pepe e, dopo averlo messo dentro una teglia lo appoggia sul camino, mentre Kate mette a scaldare il latte per la cioccolata.
-Dentro la cassapanca, sotto la finestra, devono esserci un mucchio di coperte, lascio a te l’organizzazione, crea l’atmosfera Castle!-
Lui solleva le sopracciglia, lo sta sfidando per caso?
Va alla cassapanca e si munisce di trapunte e plaid colorati, li stende a terra davanti al camino e li ricopre con i cuscini presi in prestito dal divano. In giro per la stanza ci sono altre piccole candele, le accende tutte, dopo di che controlla il pane.
-Mh… Kate, a che punto sei? Il pane croccantoso è pronto.-
Le dice, mettendo la teglia a terra su uno dei cuscini, diventato momentaneamente un vassoio un pochino traballante, poi torna in cucina e, mentre lei poggia un vassoio con la cioccolata fumante sul camino, in modo che non si freddi, lui prende la panna e il liquore alla ciliegia.
-Cosa manca?-
Chiede a se stesso.
-Ah si… i marshmallows!-
Spegne la luce, poggia tutto sulle coperte e si siede accanto a lei, che ha già preso posto davanti al fuoco e possesso del primo pezzo di pane caldo.
-L’atmosfera è di suo gusto detective?-
La sua riposta è muta, ma molto eloquente e lui sorride su quelle labbra morbide che lo stanno baciando.
Mangiano in silenzio, guardandosi negli occhi e bevendo il liquore profumato e forte dallo stesso piccolo bicchiere. Si sorridono e si baciano tra un morso di pane e l’altro. Dopo un po’ lui la avvolge da dietro con le braccia, attacca la faccia alla sua e le bacia la guancia.
-La migliore cena che abbia mai fatto…-
Lei gira di poco la testa e ricambia il bacio.
-E non hai ancora preso il dessert!-
Si sporge di poco verso il camino, prende le tazze di cioccolata e ne porge una a Rick, anche se lui si sta ancora chiedendo se era quello il dessert a cui aveva appena accennato, sorride a se stesso e mette sulla cioccolata un ciuffo di panna, mentre Kate sta già bevendo la sua, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
La fiamme del camino scoppiettano e tremano, disegnano sul suo viso un gioco di ombra e luce che la rende ancora più bella, i suoi occhi ardono come il fuoco davanti a loro. Kate poggia la tazza a terra, si mette in ginocchio e con l’attizzatoio smuove un po’ la legna per ravvivare il fuoco, lui osserva ogni suo piccolo movimento e quando torna a sedersi, le si avvicina in maniera pericolosa e si china a leccarle il lato destro delle labbra. Lei segue il tutto immobile e con gli occhi aperti e quando lui si allontana, solleva le spalle.
-Avevi un delizioso baffetto di cioccolata sul muso, non potevo mica lasciarlo lì!-
Fa per avvicinarsi di nuovo, ma qualcosa lo colpisce in pieno viso… di nuovo…-
-Ci stavamo dimenticando dei marshmallows…-
Urla lei ridendo, mentre Rick stringe gli occhi fino a farli diventare una fessura, apre il pacco con calma, troppa calma e la guarda serio.
-E’ la seconda volta che mi colpisci oggi, detective.-
Mette la mano dentro la busta.
-Vuoi la guerra, per caso?-
Kate scuote la testa per rispondere di no, ma…
-Perché se vuoi la guerra, io sono pronto!-
Afferra un pugno di marshmallows e glieli butta in faccia come fossero stati coriandoli, lei gli salta addosso cercando di impossessarsi della busta, ma lui ne prende un altro pugno e glielo scarica sulla testa.
-Guerra Castle? Questa sarà una battaglia all’ultimo sangue!-
Continuano a rotolarsi sulle coperte, tirandosi addosso quei cilindretti colorati che non avrebbero più mangiato, cercando di vincere una battaglia persa in partenza da entrambi, soprattutto perché cominciano a ridere e a perdere le forze. Si ritrovano accartocciati uno sull’altra e continuano a ridere.
Castle le sfiora la pelle calda sotto al maglione e poi, con lentezza, lo solleva e lo fa scivolare a terra insieme ai marshmallows e in un attimo il suo sorriso si spegne.
Kate non riesce a capire il suo cambiamento d’umore e gli mette la mano sul viso. Lui invece le accarezza il braccio con la punta delle dita.
-Ti fa male?-
Le chiede senza guardarla, riferendosi al livido che le aveva provocato la notte precedente, lei scuote la testa e cerca di riportare lo sguardo su di sé, ma lui continua a guardare quel livido.
-Avresti dovuto torcermi il collo, Kate!-
Le dice con un gesto di stizza, lei si solleva di poco e lo bacia sulle labbra.
-Credimi Castle, se avessi fatto questo mentre eri sveglio, saresti un uomo morto da ore ormai.-
Lui finalmente la guarda negli occhi e lei lo bacia ancora.
-Dimmi che non sei più arrabbiata con me, non lo sopporto!-
Sussurra sulle sue labbra e lei lo fissa negli occhi.
-Non sono mai stata arrabbiata, sono preoccupata! La mia non è curiosità Castle, voglio solo che torni a dormire tranquillo… sapere che qualcosa ti turba tanto da toglierti il sonno mi fa male. So cosa si prova, so dove ti portano i brutti pensieri e voglio solo che tu sia certo che io ci sono…-
Fidati di me Castle!
Gli sorride teneramente, lui appoggia la fronte sulla sua e finalmente il suo viso si rilassa, si china a sfiorarle il livido con le labbra e poi continua a baciarla, risalendo dalla spalla al collo, dal viso alle labbra. Si ferma un attimo praticamente sulla sua bocca.
-Suppongo che adesso giocheremo a carte!-
Lei ride mentre gli toglie il maglione e annuisce strofinando il naso contro il suo.
Il camino continua ad ardere e a disegnare sui loro corpi strani giochi d’ombra, le tre candele sono quasi consumate e paure e incubi sembrano così lontani.
 
Si sono addormentati abbracciati davanti al camino, la stessa posizione della notte precedente, Kate attaccata al suo torace e lui stretto a lei, pelle contro pelle, le coperte sparse disordinatamente li coprono per metà, lasciando loro le spalle scoperte.
Rick si sveglia all’improvviso, si guarda intorno e si passa la mano tra i capelli, sospirando. Ha sognato di nuovo, non riesce a ricordare se è lo stesso incubo, ma la sensazione che gli è rimasta è di ansia, il cuore gli sta galoppando veloce.
Si solleva su un gomito e si sofferma a guardare il profilo di Kate, dorme tranquilla. Il suo viso sembra essere accarezzato dalla penombra delle fiamme, adesso più basse di qualche ora prima. Le accarezza ancora il livido, si china a baciarlo cercando di non svegliarla e resta in quella posizione  per un tempo indefinito. Si sente tranquillo con lei tra le braccia. Le fiamme continuano a diminuire e l’aria nella stanza si sta raffreddando. Si alza il più piano possibile, indossa i pantaloni della tuta e mette altra legna nel camino, premurandosi di attizzare il fuoco.
Copre per bene Kate sollevandole la coperta fino a sotto il mento, ne prende un’altra per mettersela sulle spalle e si siede sulla cassapanca sotto alla finestra.
Sta nevicando, davanti a lui ci sono il buio, la luna e la neve.
Sospira, si stringe nella coperta e appoggia la testa al vetro freddo della finestra, che lo fa rabbrividire.
Osserva quei fiocchi leggeri che si posano a terra silenziosi e deglutisce, cercando di ricacciare indietro quel nodo in gola che lo tormenta…


Angolo di Rebecca:

Altro capitolo leggero... ma è veramente così?
Kate ha fatto un altro passo avanti, ha portato Rick alla baita, sapendo che per lei sarebbe stato difficile.
Ha un piano secondo voi? 
Mmmhhh... chissà!!!

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Capitolo 4
*** Un Giorno... se... ***




...Si siede sulla cassapanca sotto alla finestra.
Sta nevicando, davanti a lui ci sono il buio, la luna e la neve.
Sospira, si stringe nella coperta e appoggia la testa al vetro freddo della finestra, che lo fa rabbrividire.
Osserva quei fiocchi leggeri che si posano a terra silenziosi e deglutisce, cercando di ricacciare indietro quel nodo in gola che lo tormenta…



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I fiocchi non accennano a smettere e Rick è rimasto seduto accanto alla finestra ad assaporare, in mezzo al silenzio, il crepitare del fuoco dentro al camino e il respiro tranquillo di quella donna che è davvero preoccupata per lui.
Sente un fruscio e si volta verso di lei. Si è spostata dalla sua posizione e si è resa conto di non averlo vicino.
Gli si apre un sorriso quando vede la sua espressione corrucciarsi, con gli occhi che evidentemente fanno fatica ad aprirsi, mentre tasta il vuoto accanto a lei cercandolo, fino a che i loro sguardi s’incontrano.
Si chiede come possa essere così bella anche dopo un corpo a corpo ravvicinato come quello che avevano intrapreso poco tempo prima e un paio di ore di sonno.
Kate si solleva su un braccio, avvolgendosi in una delle trapunte più pesanti. Si siede di fronte a lui, sollevando i piedi sulla cassapanca.
-Brutti sogni!?-
Lui scuote la testa e le sorride.
-Il fuoco si stava spegnendo, così mi sono alzato per ravvivarlo e mi sono accorto che ha ripreso a nevicare… non ho resistito… è così rilassante stare a guardare.-
Lei annuisce, non molto convinta, spostando lo sguardo fuori dalla finestra.
-Questo posto è bellissimo Kate, infonde una strana sensazione di benessere, è… è come tuo padre!-
Esclama all’improvviso, sollevando le spalle, come se la sua fosse un’esclamazione ovvia e lei si morde le labbra ridendo.
-Già… pacifico e silenzioso… per questo lo adora e si rintana qui da quando io ho memoria.-
Restano ancora un paio di minuti in silenzio a guardare l’immensa distesa bianca, fino a che lui le sfiora la mano.
-Grazie!-
Lei intreccia le dita alle sue e sorride.
-Per che cosa!?-
-Per avermi portato qui, nel tuo vecchio mondo… pur sapendo che sarebbe stato difficile per te.-
-E’ stato solo egoismo il mio, senza di te non ci sarei mai tornata, non l’ho fatto fino ad oggi nemmeno con mio padre.-
China la testa sulle loro mani intrecciate, si guarda intorno un paio di secondi e abbassa di nuovo lo sguardo.
-Non avrei mai dovuto fare il poliziotto!-
Esclama d’improvviso in un sussurro e lui corruccia la fronte.
-Che vuoi dire?-
Le chiede quasi preoccupato. Lei riporta lo sguardo fuori e solleva gli occhi a contemplare la luna.
-Quando qualcuno che ami ti viene portato via in maniera violenta, quelle che gli psicologi chiamano ‘fasi del lutto’ non hanno nessun senso. Papà ed io abbiamo reagito in maniera diversa. Siamo passati insieme dal non accettare la realtà, alla rabbia e poi abbiamo preso strade diverse. Lui aveva scelto l’autodistruzione.-
Rick ascolta con attenzione e annuisce in silenzio.
-L’alcool gli dava la sensazione di distruggere i ricordi e con i ricordi era convinto di distruggere anche il dolore. Ma quando tornava sobrio il dolore era sempre lì, anzi, stava peggio perché si scontrava anche con me. Ci sono stati momenti in cui essere dolce o dura con lui, non aveva nessuna efficacia, come se io non esistessi.-
Appoggia il mento sulle ginocchia circondandole con le braccia, mentre lui non le toglie gli occhi di dosso.
-Si è fatto del male per tanto tempo, facendone anche a quello che restava della nostra famiglia, ma quando ha preso consapevolezza che avrebbe perso anche me e che mia madre lo avrebbe odiato, se avesse visto come stava buttando via la sua vita, con fatica, altalenando momenti si a momenti bui, ne è uscito.-
Accarezza l’orologio che ha al polso, guarda prima Rick sorridendo e poi sposta lo sguardo ancora fuori dalla finestra.
Ha appena smesso di nevicare.
-Lui è stato più bravo di me, perché quando ha deciso di riprendere in mano la sua vita, è riuscito a passare oltre. Ha capito che il vero dolore era volerla cancellare e che l’unico modo di trovare pace era ricordarla e farla vivere nei suoi ricordi.-
Sposta lo sguardo per tutta la stanza e sospira.
-Il giorno che gli hanno dato il gettone che segnava il suo primo anno intero senza bere, ha preso una borsa, ci ha messo dentro un paio di ricambi pesanti e con la sua solita calma mi dice che sarebbe venuto qui, a festeggiare.-
Rick continua ad ascoltarla rapito dalla sua voce.
-Io ero preoccupata, questo posto era pieno di ricordi, più di quelli con cui convivevamo giorno dopo giorno in città, avevo paura che avrebbe potuto lasciarsi andare e farsi prendere dallo sconforto completamente solo, così gli ho chiesto se era sicuro che fosse la cosa giusta…-
Continua ad accarezzare l’orologio, con uno sguardo tenero.
-Lui mi ha guardata con una luce nuova negli occhi e ha sollevato le spalle ‘è la prima cosa che faccio, dopo gli alcolisti anonimi, di cui sono sicuro da quando lei non c’è più’. Mi ha risposto con una tale sicurezza, mentre metteva la foto di mia madre nel borsone, ha richiuso la cerniera e mi ha sorriso ‘dovresti venire anche tu Katie’,  lo ha detto speranzoso che gli dicessi di si, ma io ho preso il lavoro come scusa e ho declinato l’invito. Ricordo che mi ha accarezzato il viso con un velo di tristezza negli occhi… ora so perché…-
Sospira spostando lo sguardo su Rick che non le ha tolto gli occhi di dosso nemmeno per un momento.
-…perché qui si lascia abbracciare dalla sua presenza, in mezzo al nulla, in mezzo al silenzio… lui è passato alla fase successiva, io non ci sono riuscita.-
Rick le accarezza la guancia teneramente e le sorride.
-Questo lo capisco benissimo, ma non riesco a capire cosa c’entri con il fatto che non avresti dovuto entrare in polizia.-
Lei gli prende la mano tra le sue e gliela bacia, tenendola poi stretta sulle ginocchia.
-Come poliziotto ho avuto accesso al suo fascicolo. I primi tempi era diventata un’ossessione, lo sai già, lo studiavo in continuazione, memorizzavo ogni parola, convinta che prima o poi avrei trovato quel particolare sfuggito agli altri e così facendo, ho perso di vista lei…-
Rick corruccia la fronte e Kate continua.
-Lei è diventata un cadavere, un insieme di termini tecnici, di esami autoptici, di misure e fotografie.-
Chiude gli occhi e sospira.
-Fotografie di una donna morta per ferite da arma da taglio e lasciata a dissanguarsi su un cumulo di spazzatura… questo mi ha impedito di passare oltre, perché ho perso di vista mia madre vedendola solo come una missione, un caso da risolvere, un caso personale per il quale ho rischiato più volte di distruggere me stessa.-
Deglutisce e chiude gli occhi, come se avesse davanti quel corpo senza vita.
-Quelle foto, quelle immagini terribili, quei dettagli che nessun parente di una vittima di omicidio dovrebbe vedere, mi hanno impedito di ricordarmi di lei come realmente era: una donna Castle, una donna piena di vita che si arrabbiava, rideva, si irritava, giocava e sperava. Una donna che credeva nella verità, nell’amore e nella magia del destino, sennò perché avrebbe acceso quelle candele di volta in volta quando veniva qui?! Era una donna che viveva il presente cercando di costruire il futuro, un futuro che gli è stato rubato… era la mia mamma.-
Gli occhi lucidi le brillano alla luce del camino mentre batte la mano contro se stessa per rendere incisiva l’ultima frase. Rick resta in silenzio ad ascoltarla, parla con una tale serenità che stenta a riconoscerla, come se improvvisamente anche lei, avesse preso consapevolezza di come riuscire ad andare avanti.
Si guarda intorno ancora una volta, si sofferma alle sue spalle verso la cucina e sorride.
-Quando siamo arrivati qui, per un momento, ho avuto paura di aprire quella porta, ho avuto paura di piombare ancora nel dolore, ma tu eri con me Castle, mi è bastato prenderti per mano per trovare il coraggio. Quando sono entrata ho immediatamente rivisto lei, lì, dietro ai fornelli. Lei era quella che amava cucinare, che sorrideva orgogliosa  quando tirava fuori il soufflé dal forno e che sbuffava sonoramente dopo pochi secondi perchè le si sgonfiava… non le ne è mai riuscito uno, si arrabbiava, non con se stessa ma con il soufflé, naturalmente era colpa sua se non stava su e giurava che non lo avrebbe cucinato mai più, ma potevi stare sicuro che la settimana dopo ne avresti trovato un altro nella pattumiera.-
Rick sorride scuotendo la testa.
-Chissà come mai mi ricorda qualcuno per testardaggine!-
-E chi sarebbe!?-
Chiede lei con aria innocente, continuando poi il suo discorso.
-Lei era quella che rimproverava mio padre quando mi portava alle partite di Baseball, rinfacciandogli che mi faceva fare cose da maschiaccio, urlare e mangiare schifezze che mi avrebbero fatto stare male e poi, uscivamo qui fuori con la neve alta, mi diceva di coprirmi per non prendere freddo e all’improvviso prendeva tra le mani un chilo di neve e me la spiaccicava  sui capelli ridendo come una matta.-
Scoppiano a ridere tutti e due.
-Davvero? Dici sul serio?-
Lei annuisce continuando a ridere.
-Si, ci colpivamo con la neve a vicenda e rientravamo in casa completamente fradice e papà seduto sul divano a leggere, impassibile, fingeva di non guardarci e mormorava qualcosa come ‘così non si ammala di sicuro’, ma lei non gli badava proprio. Riempiva la vasca da bagno e restavamo dentro l’acqua bollente a coccolarci per dei minuti interminabili.-
Abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
-Chissà quante volte è rimasta seduta su questa cassapanca a guardare la neve come noi adesso, a stringere le mani di mio padre. Questo avrei dovuto ricordare di lei, nonostante il modo in cui è morta… perciò non avrei dovuto fare il poliziotto… e perciò sono io che devo ringraziare te!-
-Me? Continuo a non capire Kate. Io non ho fatto niente!-
Gli si siede più vicina, appoggiando le spalle e la testa sul suo petto, Rick la stringe a sé e si avvolgono per bene nelle loro coperte.
-Per me tu sei stato un po’ quello che sono stati gli alcolisti anonimi per mio padre: un appiglio a cui aggrapparmi per non cadere. Non volevo ammetterlo perché questo mi faceva sentire fragile, ma è sempre stato così dal primo giorno che hai deciso di tormentarmi.-
Si ferma un istante e lui sorride, stringendole le mani.
-Ci sei stato… sempre e comunque….-
Lascia la frase sospesa e solleva la testa per guardarlo. Non serve dirgli altro perché lui la fissa serio, con quei suoi occhi che, alla sola luce del camino, sembrano scuri come la notte.
-E ci sarò… sempre e comunque…-
Sussurra lui e Kate si accoccola di nuovo sul suo petto e storce le labbra.
-Con questo credo di avere esaurito i racconti della mia vita! Almeno quelli che si possono raccontare…-
Esclama ridacchiando quando solleva la testa per baciarlo sul collo.
-Un giorno forse… ti racconterò qualcosa anche dei miei momenti scabrosi.-
Rick ricambia il bacio sulla guancia e sorride.
-Bene, cercherò di stare attento e di prendere appunti per un capitolo a luci rosse.-
Lei solleva le sopracciglia.
-Sempre che tu mi racconti i tuoi… momenti scabrosi…-
Si morde le labbra e lui si allontana dal suo viso e comincia a balbettare.
-I… i miei… scabr… io non…-
-Un giorno Castle, riprendi fiato, ho detto un giorno, non adesso!-
Rick sospira sollevato di averla scampata al momento e attacca di nuovo il viso al suo.
Kate indugia un paio di secondi. Non vuole sbagliare stavolta. Senza guardarlo comincia a parlare, ma il suo è solo un sussurro.
-E un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai di quel bambino che stava seduto per delle ore accanto alla finestra a guardare la neve, mentre fantasticava e inventava storie diverse per rendere le sue giornate meno pesanti…-
Rick s’irrigidisce improvvisamente e lei lo sente chiaramente deglutire.
-Un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai qualcosa di più di quel ragazzino che credeva a Babbo Natale solo perché lo aiutava ad aggrapparsi alla speranza, quella speranza di potere avere una vita diversa che contemplasse anche la presenza di un papà, o di conoscere almeno il suo nome…-
Sente il suo cuore prendere velocità, lo sente andare veloce attraverso la coperta che li separa.
-Un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai della tristezza e della rabbia di quel ragazzino che desiderava disperatamente essere preso per mano da suo padre, perché lo aiutasse a diventare uomo. Mi racconterai di quel ragazzino che per tanto tempo, ha dato la colpa a sua madre per il grande vuoto che sentiva nel cuore… e per l’immensa solitudine che si può sentire dentro la stanza sconosciuta di un collegio.-
Lui appoggia la testa alla finestra, vorrebbe chiederle di smetterla, ma non riesce a reagire a quel sussurro che sembra ipnotizzarlo.
-Un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai di quel giovane uomo che si è ritrovato improvvisamente ad essere un buon padre, nonostante tutto…-
Gli stringe le mani sotto la coperta e lui ricambia la stretta chiudendo gli occhi.
-Un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai di quell’uomo meraviglioso che finge di essere superficiale, impermeabile al dolore e pronto sempre a fare lo stupido per non sentire il peso della tristezza…-
Il suo cuore continua a correre e lei china la testa sospirando.
-E un giorno… se ne avrai voglia… mi racconterai qual è la paura più grande che adesso t’impedisce di dormire…-
Solleva lo sguardo su di lui che guarda fuori verso la luna e continua a deglutire, gli prende il viso tra le mani e gli sussurra praticamente sulle labbra.
-E quel giorno… quando vorrai farlo, puoi essere certo che io sarò lì ad ascoltarti, in silenzio, come hai sempre fatto tu con me. Non importa quando… io ci sarò… ho imparato l’arte della pazienza da un ottimo maestro…-
Gli occhi di Rick sono pieni di lacrime e cerca in ogni modo di non farle scendere, un miscuglio di emozioni gli stanno attorcigliando lo stomaco e non riesce ad aprire bocca, Kate continua a sorridergli e a guardarlo con i suoi smeraldi di fuoco.
-E poi non ho nessuna fretta… ormai… sono impegnata a tempo indeterminato…-
Gli sfiora le labbra e lui ci mette un paio di secondi a registrare la frase.
-A tem… tempo in… indeterminato!?-
Balbetta e lei annuisce. Gli accarezza la nuca, il viso e lo bacia dolcemente a fior di labbra. Rick la stringe a sé, come se lasciarla allontanare potesse significare per lui non riuscire più a respirare, si stringono forte, in uno di quegli abbracci che li fa sentire al sicuro entrambi.
Dopo qualche minuto lei si scosta per guardarlo in faccia, gli asciuga le lacrime e lo sente tremare attraverso la coperta. Capisce che il momento è troppo carico d’emozione, bisogna alleggerire l’atmosfera e lei ha avuto un buon maestro anche per questo.
-Torniamo a dormire, ti voglio in forma tra qualche ora, dobbiamo visitare le grotte, in questo periodo sono ghiacciate e sembrano miniere di diamanti, sono fa-vo-lo-se.-
Lui corruccia la fronte.
-E poi voglio portarti sulla funivia, il panorama è spettacolare!-
-Ehi… frena con tutti questi aggettivi affascinanti… funivia? Cioè quella cosa che ondeggia a non so quanti metri di altezza?-
Lei si allontana e solleva un sopracciglio.
-Non è una cosa, è una cabina e certo che ondeggia sospesa per aria, sennò che funivia sarebbe!?-
Lui sembra preoccupato e lei gli mette le mani sulle spalle.
-Hai paura anche della funivia!?-
-No… no… per niente, anzi l’adoro… cioè… mi piace un sacco quella sensazione di sentire le budella salire e scendere dentro lo stomaco… però devo dire che la gradisco di più quando sta a terra, prima che spicchi il volo… ehm… verso il vuoto…-
Lei scoppia a ridere, recupera la sua trapunta e si alza.
-Io torno a dormire e ti conviene fare lo stesso, perché volente o nolente, domani tu ti ritroverai sospeso nel vuoto, con me.-
Sottolinea le ultime due parole, per essere incisiva. Si distende con la faccia rivolta verso il fuoco e si accuccia per benino nella sua coperta, aspettando che Rick la raggiunga.
Gli dà le spalle e lui continua a guardarla pensando a tutto quello che gli ha detto.
Da quando ha deciso di buttarsi in quella relazione, in quella storia che ancora adesso la spaventa e la rende insicura, è davvero cambiata. Si è aperta completamente a lui, gli ha permesso davvero di entrare nella sua vita.
Lo ha portato in mezzo al silenzio per affrontare le sue ultime paure, cercando di fargli capire che ci è riuscita grazie a lui.
Quel modo di parlargli, di chiedergli cose di lui che non conosce nessuno, a parte sua madre forse, gli hanno fatto capire quanto lei sia davvero presa da lui e soprattutto preoccupata per il suo stato d’animo. In un certo senso sta facendo il suo gioco. In tutti gli anni passati insieme, ogni volta che lei ha passato un periodo buio, lui ha cercato di aiutarla come ha potuto, con leggerezza, facendola ridere, senza mai fargli mancare la sua presenza e lei sembra decisa a  fare la stessa cosa con lui.
Guarda ancora una volta la luna e pensa che in definitiva non ha nulla da raccontarle, perché tutto quello che ha descritto poco prima era esattamente lui. E’ riuscita a scoprire la storia che si nasconde dietro la sua vita. Quella mattina gli aveva rinfacciato di non conoscerlo, ma dopo quello che gli ha detto, è evidente che non si rende conto di quanto sia stupido anche solo pensarlo. Kate Beckett lo conosce profondamente, come nemmeno lui immaginava che potesse fare e l’unica spiegazione è che in tutti quegli anni, anche lei lo ha osservato, lo ha studiato ed è riuscita a leggergli dentro, interessandosi non all’apparenza, ma solo a Rick.
Ama quella donna, come non ha mai amato nessuno, ma come può spiegarle che è questa la sua paura più grande…


Angolo di Rebecca:

Kate ha messo le carte in tavola, tutte quelle di cui era capace... Rick è emozionato e preoccupato allo stesso tempo...
Che dire di più? Mah... credo che Kate abbia parlato abbastanza!
Ah... si... buon san Valentino a chi ha il suo Valentino vicino e buon san Valentino a tutti gli amici, virtuali e non, che rappresentano comunque un tipo d'amore *-*

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Capitolo 5
*** La Notte dei Segreti ***




..Ama quella donna, come non ha mai amato nessuno, ma come può spiegarle che è questa la sua paura più grande...


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Rick non si è mosso per vari minuti, perso nei suoi pensieri e nella visione del dipinto che ritrae la sua musa incorniciata dal camino in fiamme, con i capelli sparsi disordinatamente sulle spalle poco scoperte. Dà un ultimo sguardo alla notte fuori dalla finestra, una notte scura che sembra rischiararsi leggermente attraverso lo splendore della neve che le sta di fronte.
Chiude gli occhi e resta immobile per dare tempo a pensieri e parole di fare ordine nel suo cervello. Con un movimento lento si toglie la coperta di dosso, come se non avesse più bisogno di quella protezione calda sulle spalle nude, la ripiega con cura e la poggia sulla cassapanca, stringe i pugni e con un paio di passi decisi si avvicina al loro giaciglio, si distende accanto a lei e se la stringe al petto, mette la fronte praticamente tra i suoi capelli e le sfiora il collo.
-Sono davanti ad un’enorme croce di pietra. Intorno a me non c’è nessuno e nient’altro che quella croce… con il tuo nome inciso sopra…-
Il suo è solo un sussurro, lei ci mette un momento a realizzare che ha appena iniziato a raccontare il suo incubo e istintivamente fa per voltarsi, ma lui la blocca.
-No… non girarti ti prego… non mi guardare…-
-Ma…-
-Shhh… per favore, non mi guardare e ascolta.-
Lei gli stringe il braccio che le ha posato attorno alla vita e lo sente sospirare di nuovo.
-Sono confuso, non riesco a capire cos’è quel posto, quando un rumore rimbomba nell’aria. Sento urlare e mi guardo intorno spaesato, perché fino ad un momento prima non c’era nessuno vicino a me… e poi ti vedo… a terra, con gli occhi spalancati e un’unica lacrima che scende sul tuo volto mentre stai per lasciarmi… e le mie mani insanguinate…-
Si ferma a riprendere fiato, mentre lei continua a restare immobile, ricordando quell’incubo vissuto realmente.
-Ti chiedo di restare con me, di non andartene, ma qualcuno mi mette le mani intorno al collo e stringe forte. Con una forza sovrumana cerca di trascinarmi via da te e sussurra ‘è andata via… non esiste più…’ io cerco di restarti accanto, ma non riesco a respirare perché quelle mani mi soffocano, continuano a trascinarmi via e, inesorabilmente, lascio la presa dal tuo corpo…-
Continua a sussurrare e lei si rende conto di avere trattenuto il respiro per tutto il tempo che lui ha parlato. Chiude gli occhi, pensando al dolore e alla stanchezza che lasciano incubi del genere.
-Ho… ho sognato quella croce per settimane…-
Senza voltarsi a guardarlo corruccia la fronte.
-Per settimane? Ma…-
-Non in questi giorni… ho cominciato a sognarlo dopo che sei uscita dall’ospedale… certe volte non ricordavo, ma altre mi svegliavo con la sensazione di soffocare, allora prendevo il telefono, digitavo il tuo numero… ma poi…-
Lei comincia a sentire una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-Ma poi!?-
-Ma poi la tua voce mi ripeteva ‘ti chiamo io Castle!’-
Eccola! La sensazione che sentiva pochi secondi prima diventa un pugno allo stomaco bene assestato che le toglie il respiro.
-Per settimane sono uscito di casa solo per andare al distretto e collaborare alle indagini sul tuo ferimento, poi quando la Gates mi ha mandato via non sono più uscito, non c’era niente che suscitasse il mio interesse, non avevo nemmeno voglia di vestirmi e stare in ordine. Mia madre diceva che ero ancora sotto shock per quello che ti era successo, ed aveva ragione… non riuscivo a… com’è che hai detto tu prima? Si… a passare oltre… non ci riuscivo…-
Si ferma un momento stringendosi più forte a lei.
-…non ci riuscivo perché tu non c’eri!-
Lei chiude gli occhi e deglutisce, ricordando quei mesi in cui si era imposta di stare lontano da lui, estromettendolo completamente dalla sua vita, sempre per paura dei suoi sentimenti.
-Tu non c’eri Kate! Non eri con me per rassicurami. E’ vero, quella con un buco nel cuore eri tu, ma quel proiettile me lo sono portato dentro anche io per settimane. L’ho capito… dovevi riprenderti da sola, dovevi dimostrare a te stessa di potere tornare a vivere e fare quello che facevi prima senza l’aiuto di nessuno… ma una telefonata Kate! Una sola, per sentire la tua voce, per sapere che stavi bene…-
Si ferma un secondo e lei lo sente portarsi la mano al volto. Si sta asciugando gli occhi. Sta piangendo mentre continua a sussurrare il suo dolore.
-… per chiedere a me… se stavo bene! Forse hai creduto che non me ne importasse niente, ma continuavo a chiedermi come potessi anche solo pensarlo.-
-Castle io…-
-Shhh… ti prego… volevi sapere… perciò adesso ascolta in silenzio!-
Lei annuisce e cerca di nascondere le lacrime, anche se lui non riesce a vederla in viso.
-Mi sentivo in colpa senza sapere perchè. Era come se mi stessi punendo, come se la nostra amicizia non avesse significato niente per te… io… non significavo niente per te, nemmeno come amico.-
Lei chiude gli occhi, non riesce a trattenere un singhiozzo e Rick si ferma un momento. Sapeva che dirle la verità l’avrebbe fatta soffrire, ma non può più tenersi dentro il dolore, non vuole più avere paura, così deglutisce, riprende fiato e continua.
-Dopo un po’ mi sono detto che dovevo smetterla di vivere in funzione tua, mi sono detto che, se era stato così facile per te lasciarmi fuori dalla tua vita  dopo quello che avevamo passato insieme, non potevo più giustificarti, così mi sono imposto di dimenticarti. Volevo odiarti…-
Lei s’irrigidisce e lui allenta la stretta.
-…volevo odiarti con tutto me stesso, per riuscire a sopravvivere… mi sono buttato sul lavoro, ho finito quel benedetto libro, convinto che sarebbe stato l’ultimo su Nikki Heat, cercavo di stancarmi il più possibile, di tenermi occupato ogni minuto della giornata, per essere così esausto la sera da crollare e riuscire a dormire… per un po’ ha funzionato! Fino al giorno in cui sei riapparsa in quella libreria come se niente fosse, come se tutto fosse normale… e quando mi hai guardato, ho capito che non ero riuscito ad odiarti nemmeno per un secondo e che il dolore era sempre lì, a corrodermi!-
China la testa attaccandosi completamente alle sue spalle e lei gli stringe il braccio ancora di più.
-Qualche giorno fa, dopo mesi di assenza dalle scene, il senatore Bracken è tornato alla ribalta con quella farsa della costruzione del centro giovanile e mi sono reso conto che lui è ancora lì, pende sulla tua testa come una spada di Damocle e non importa che tipo di patto abbiate fatto, lui è pronto a colpire,  in ogni momento e… l’incubo è tornato prepotente. Ho sentito di nuovo ansia, inquietudine e questo mi ha fatto ripiombare in quel sogno terribile.-
Si ferma un attimo e sospira per l’ennesima volta per trovare il coraggio di continuare.
-Ma mi sono reso conto di una cosa ancora più terribile... mi sono reso conto che stavolta non sono le sue mani che cercano di soffocarmi e di portarmi via da te…-
A questo punto Kate si gira a forza verso di lui e restano qualche istante in silenzio, occhi negli occhi.
-Sei tu che mi trascini via da te… tu mi costringi a lasciare la presa come se io non fossi mai esistito per te! Il dolore di quelle settimane è tornato all’improvviso, la paura di perderti non mi ha mai abbandonato, meno che mai adesso.-
Abbassa un momento lo sguardo, perché non sopporta di vedere i suoi occhi pieni di lacrime, poi la guarda ancora e resta intrappolato dentro quella tristezza.
-Volevi sapere qual è la paura più grande che non mi fa dormire? Ho paura di perderti Kate, per mano di Bracken, per mano di un assassino qualsiasi… ma ancora di più ho paura che sia tu ad andartene, che possa renderti conto all’improvviso che noi insieme non siamo niente… che io non sono niente…-
Kate si sente crollare la terra sotto i piedi.
Come ho potuto pensare solo a me stessa e non vedere nient’altro?  
-Ti ho amata in silenzio per tanto tempo e prima poteva anche bastarmi, sono passato sopra a tutto fingendo di non provare nulla, ma adesso no…-
Come ho potuto pensare che quelle parole dette prima che perdessi i sensi fossero dettate solo dalla paura? 
-Ora che stiamo insieme il terrore di rivivere quel dolore, quel male che sentivo dentro…-
Lo sguardo di Rick è implorante, la pena che sente nel cuore è visibile nel blu scuro dei suoi occhi e lei si sente morire.
Come ho potuto pensare che non avresti sofferto? 
-…perché mi hai fatto male Kate… tanto e non posso pensare di…-
Come ho potuto avere paura di amarti… e la cosa peggiore è che ho ancora paura di farlo e non lo avevo ancora capito!
Non sopporta più le sue parole, gli mette la mano sulla bocca e lo ferma.
-Perdonami… non so che altro dire… io… io dovevo riprendermi è vero, ma non è solo questo il motivo per cui non ti ho voluto vicino. Io ero troppo…-
-Spaventata da quello che avevi sentito prima di svenire? Tanto da non avere il coraggio di dirlo nemmeno dopo mesi?-
La interrompe lui e Kate lo guarda con gli occhi pieni di lacrime, non si è mai sentita in colpa come in quell’istante. Annuisce abbassando di nuovo lo sguardo.
-Ho avuto paura. Hai detto di amarmi ed io non ero pronta, dopo un proiettile nel petto e la morte di Montgomery, non ero pronta a discutere di questo con te. E anche dopo sono stata codarda ed egoista e… davvero io… non credevo di averti fatto tanto male! Ora è normale che non ti fidi di me, del mio coinvolgimento nella nostra relazione… e se hai questi dubbi, è evidente che non sono brava a rassicurarti.-
China la testa e chiude gli occhi.
-Non riesco a capire perché non mi hai cacciata via quel giorno, perché stai con me ora…-
L’ultima frase è solo un sussurro e lui la guarda serio.
-Perché mi sei entrata nel sangue…-
Lei solleva il viso, ha l’espressione disperata e sembra diventata più piccola.
-Perdonami… ti prego…-
Rick scuote la testa.
-Non devo perdonarti niente Kate, abbiamo sbagliato tante volte insieme, evidentemente non eravamo pronti in due… ora però…-
Kate si asciuga le lacrime.
-Ora… però!?-
Chiede quasi spaventata.
-Io lo sono, non ho nessun dubbio su questo.-
-Ma non lo sono io, è questo che stai dicendo!?-
La sua voce è spezzata dal nodo in gola che la sta tormentando, ma lui scuote ancora testa.
-Non eri più stata qui dalla morte di tua madre, non hai mai voluto tornarci per paura dei ricordi e del dolore, ma oggi hai portato me qui. Perché?-
Lei non risponde, ma non distoglie lo sguardo dai suoi occhi.
-Mi hai portato qui per dimostrarmi qualcosa, mi hai portato qui per dimostrarmi che ti fidi di me… e soprattutto che credi in me… in noi…-
-Tu eri tormentato ed io invece di cercare di capirti ho detto quella cosa stupida su Meredith e abbiamo litigato senza motivo e...-
E’ così agitata mentre cerca di spiegarsi che Rick sorride e le accarezza la guancia, interrompendola per l’ennesima volta.
-Basta Kate! Ho capito… tutti quei discorsi su tua madre, il modo in cui hai cambiato prospettiva verso il suo omicidio e verso la sua morte, i ricordi di tuo padre… quelle candele… volevi che mi sentissi parte di te…-
Lei abbassa il viso e lui glielo solleva immediatamente.
-Guardami Kate! Mi hai portato qui per dirmi che con me puoi superare i fantasmi del passato e che io, con te, posso fare altrettanto. Mi hai portato qui per farmi capire che ci sarai sempre… ed io ti credo... non penserò più che potresti allontanarti ancora da me.-
Le fa un sorriso dolcissimo e lei gli accarezza il viso.
-Castle…-
Comincia lei, ma lui la zittisce subito sollevando la mano, le asciuga le lacrime e sorride.
-Basta piangere, ora ascoltami attentamente, ormai ho cominciato e voglio andare avanti ad oltranza.-
Kate corruccia la fronte, non riuscendo a capire a cosa si riferisce.
-Per quanto riguarda me, il mio passato, la mia vita, i miei segreti… non ho molto da dire, hai detto quasi tutto tu, hai imparato a conoscermi meglio di quanto credi!-
Lei continua a guardarlo stranita.
-Quel bambino seduto davanti alla finestra a guardare la neve ero davvero io, solo che invece di fantasticare su storie diverse, le scrivevo proprio. Avevo un quaderno con dentro le mie mille vite.-
-Addirittura mille!?-
-Già… in ogni vita cambiavo città, scuola, amici, ma tutte quante avevano un unico denominatore comune come soggetto: un bimbo, una mamma… ed un papà. Anche la sua faccia cambiava in ogni vita, così come il suo lavoro e in ognuna di quelle vite era orgoglioso di me e mi diceva che avrei potuto fare qualunque cosa, perché lui non mi avrebbe mai lasciato… era una cosa un po’ stupida, lo so… ma ero solo un bambino!-
Abbassa lo sguardo sorridendo mesto.
-Non ci vedo niente di stupido!-
Gli sussurra lei, mettendogli la mano sul viso e quel tocco lo aiuta a continuare.
-Quel ragazzo triste che sfogava la sua rabbia dando la colpa a sua madre per il vuoto che sentiva nel cuore, ero io… mi sentivo esattamente così: arrabbiato, deluso, senza riuscire mai a capire se sia stato lui a rinunciare a me, o se veramente non abbia mai saputo niente della mia esistenza.-
Sbuffa tra sé, perché si rende conto che anche dopo anni, quel vuoto è sempre lì, poggiato in un angolino del suo cuore.
-La solitudine quando ero lontano da casa diventava sopportabile solo con la lettura e la mia voglia di raccontarmi, di sognare che un giorno qualcuno avrebbe letto i miei racconti e avrebbe ricordato il mio nome… un nome che sarebbe stato solo mio…-
Lei gli sorride orgogliosa.
-Richard Edgar Castle! Ci sei riuscito… non ti sei mai arreso!-
Lui scuote la testa.
-Non ti dimenticare che io avevo Babbo Natale dalla mia parte, lui mi dava la forza e la speranza di un futuro migliore… e poi, per quanto io l’abbia sempre presa in giro per il suo comportamento, a volte frivolo, a volte indifferente, mia madre è sempre stata una grande con me, ha sempre fatto in modo di farmi sentire speciale quando mi dicevano che ero diverso perché non avevo un papà, o quando mi prendevano in giro sempre per lo stesso motivo. Si è fatta in quattro pur di non farmi mancare mai niente, a modo suo è vero, ma è mia madre… ed io l’adoro! Sono diventato quello che sono anche grazie a lei.-
Kate non può fare a meno di sorridere e si sporge a baciargli la punta del naso.
-E anche quel giovane uomo che ha cercato di essere un buon padre nonostante tutto, ero io. Quando Meredith mi ha detto di essere incinta, potevamo anche lasciar perdere, lei avrebbe potuto abortire, avremmo potuto continuare ognuno per la nostra strada… ma mi sono reso conto improvvisamente che, chiunque fosse mio padre, non volevo essere come lui. Io non avrei mai rinunciato a mio figlio.-
Mentre parla di sua figlia gli brillano gli occhi e lei si sente scaldare il cuore dall’amore di cui è capace il suo uomo. Corruccia la fronte e per un momento non riesce a sentire cosa dice. Il suo uomo, non l’aveva ancora definito esattamente così e pensarlo improvvisamente la fa stare bene. Sorride tra sé e torna a prestargli ascolto.
-E poi, quando Alexis è nata, quando ho cominciato ad occuparmi di lei, quando ho capito le responsabilità che mia figlia comportava, ho smesso anche di essere arrabbiato con mia madre. Qualunque sia il motivo per cui non ha mai voluto dirmi chi è mio padre…-
Si ferma un attimo e la guarda alzando un sopracciglio.
-…perché io ho la certezza assoluta che lei sappia chi è, ma qualunque sia il motivo per cui ha tenuto questo segreto con me, consapevole di farmi del male, deve essere stato un motivo importante, un motivo al di là di ogni ragione, qualcosa che si è tenuta dentro solo per proteggermi, non so da cosa, ma so che è così.-
-Come fai ad esserne certo?-
-Perché quando sono diventato padre, mi sono reso conto che per Alexis avrei mentito, omesso, picchiato… sarei morto per il bene della mia bambina e forse, ucciderei anche per proteggerla… quando era piccola le ho mentito tante volte pur di non vederla soffrire per la mancanza di Meredith, non era una cosa bella, lo so, ma avrei fatto qualunque cosa per farla sorridere… e credo sia quello che ha fatto mia madre con me…-
Si sorridono e restano in silenzio per un attimo, lui le scosta i capelli dalle spalle e le sfiora la pelle nuda.
-Castle, io…-
Lui la blocca di nuovo con un bacio a fior di labbra.
-Non ho ancora finito…-
Lei annuisce e lo incita a continuare, anche se comincia a fremere dentro.
-Per concludere, con Meredith è finita perché… beh… non volevamo più le stesse cose, forse non le abbiamo mai volute, forse ci siamo illusi solo per nostra figlia, ma alla fine nemmeno lei è riuscita a farci stare insieme. E’ vero, non sono mai stato molto espansivo sul mio passato o sui miei tormenti con lei, ma perché sapevo che lei mi voleva come mi mostravo, quello che le avrei detto di me non era quello che voleva che le rispondessi… e di sicuro non è per questo motivo che cerchi calore tra le braccia di un altro. Se hai bisogno di guardarti intorno, vuol dire che non tieni alla persona che hai vicino, tanto da importi di conoscerla davvero fino in fondo, con i suoi pregi e i suoi difetti, le sue gioie e le sue tristezze…-
Le stringe la mano e se la porta alle labbra.
-Per questo tu… non sei Meredith!-
Lei sorride e si avvicina ancora di più a lui, per quanto possibile, visto che sono già attaccati, uno di fronte all’altra con i nasi che praticamente si sfiorano.
-Adesso posso?-
Lui corruccia la fronte.
-Parlare. Mi hai interrotta due volte.-
-Si… si, ho finito, non sei ancora pronta per conoscere i miei momenti scabrosi!-
-Bene, perché mi è venuta in mente un’altra cosa molto importante che devi sapere di me!-
Lui solleva un sopracciglio.
-Un altro aneddoto della tua vita?-
Lei scuote la testa mordendosi le labbra.
-No… è un segreto!-
-Oddio! Un segreto? Uno di quelli indicibili? E’ molto scabroso?!-
Kate ride scuotendo ancora la testa.
-Non lo so, questo sarai tu a dirlo.-
-Quindi questa è la notte dei segreti? Sono tutto orecchi!-
Si sistema per guardarla meglio, ma lei si allontana improvvisamente trascinandosi la trapunta dietro, lasciandolo un attimo spiazzato. Apre lo sportello di un mobiletto basso accanto al camino, torna verso Rick e resta in ginocchio, facendogli segno con la mano di sollevarsi anche lui, che la guarda confuso, ma s’inginocchia comunque davanti a lei. Gli mette tra le mani una candela uguale alle tre sopra la mensola del camino. Rick passa lo sguardo sempre più confuso, dalla candela a lei, che invece lo guarda negli occhi seria.
-Dalle vita!-
Sussurra porgendogli un fiammifero acceso. Lui fa come gli ha detto e lei soffia sul fiammifero per spegnerlo, mette le mani su quelle di Rick che avvolgono la candela e guarda la fiammella che si muove al ritmo dei loro respiri.
-Una luce per un nuovo amore… perché la casa della vita deve tenere sempre aperte le porte al domani…-
Rick la fissa trattenendo il respiro e quando lei gli sorride radiosa, lui abbassa gli occhi sulla fiamma.
-C… cosa…-
Solleva ancora lo sguardo su di lei, che gli mette una mano sul viso.
-Mia madre diceva sempre che quelle candele sarebbero aumentate prima o poi… e questo è il momento giusto.-
Lo trascina davanti al camino, gli prende la candela dalle mani e la poggia accanto alle altre tre ormai consumate.
-Questo sei tu, Rick!-
Si gira a guardarlo, gli stringe le mani e si perde in quell’oceano illuminato dalla fiammella della candela.
-Io-ti-amo!-
Sussurra scandendo le parole,lui abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate e poi torna a guardarla. Deglutisce e per un attimo non riesce a emettere alcun suono, anche perché Kate è radiosa, rossa in viso e sorridente, da togliere il fiato. Fissa la candela e cerca di ritrovare la lucidità.
-Senza nessun dubbio? A tempo… indeterminato!?-
Le chiede quasi intimorito e lei gli butta le braccia al collo.
-Senza nessun dubbio, a tempo indeterminato… e anche di più!-
Restano stretti per qualche secondo, lui tiene gli occhi chiusi aspettando che quel sussurro passi dalle sue orecchie al cervello perchè lo memorizzi, spedendolo direttamente al cuore.
-Wow… questo si che è un segreto scabroso!-
Esclama alla fine facendola ridere. Rick le scosta la coperta dalle spalle, guarda ancora una volta quel livido e lei gli prende il viso tra le mani.
-Anche tu mi sei entrato nel sangue Rick… non voglio più scappare… mi credi? Dimmi che ti fidi di me!-
Lui annuisce e assapora il calore delle sue mani sulla faccia.
-Mi fido di te… al punto che tra qualche ora mi farò attorcigliare le budella per passeggiare nel vuoto insieme a te.-
Kate ride e gli salta di nuovo al collo, lui la solleva da terra e la trapunta scivola via, si baciano mentre le fa fare un paio di giri tra le sue braccia, ma perde l’equilibrio e si ritrovano a terra, aggrovigliati tra loro, ridendo come due ragazzini, mentre si rotolano tra le coperte disordinate e scomposte sotto i loro corpi.
Il fuoco si sta spegnendo, ma loro non se ne accorgono.
Non si accorgono nemmeno che la prima luce del mattino sta dando vita al nuovo giorno, un nuovo giorno che li avrebbe sorpresi con qualche novità su quella relazione, che sicuramente non ha senso sulla carta… ma che ha l’aria di essere così assolutamente perfetta!
 

۝

 

Il sole è caldo, il cielo azzurro e limpido.
Sono appoggiati alla balaustra da circa cinque minuti, Kate osserva le persone che risalgono il pendio per raggiungere la stazione della funivia, mentre Rick tiene gli occhi fissi al cielo. Cerca di scorgere l’arrivo di quella cosa che ondeggia nel vuoto a non so quanti metri di altezza e che, a detta del guardiano, avrebbe dovuto fare capolino dalla montagna di fronte, entro un paio di minuti.
Quando vede apparire la cabina della funivia da dietro la montagna, sospira abbastanza forte da indurre Kate a sollevare lo sguardo su di lui e subito dopo verso il punto in cui guarda fisso. Gli si avvicina, ma lui continua a guardare l’ondeggiare impercettibile della cabina, che viaggia tranquilla e senza scossoni.
Arrivata a metà strada dalla stazione Kate gli prende la mano, non riesce a sentire che è gelata perché indossano entrambi i guanti, ma riesce ad immaginarlo benissimo, quello che invece non si sarebbe mai immaginata è che l’intrepido Richard Castle potesse avere paura dell’altezza.
Lui si gira a guardarla sorridendo, senza riuscire a nascondere però di essere rigido.
La cabina è ad una trentina di metri dall’arrivo.
-Se vuoi possiamo fare semplicemente una passeggiata a piedi costeggiando la montagna, non è necessario passare dall’altra parte.-
La cabina si ferma, le porte si aprono e una ventina di persone sorridenti escono da quel cubicolo una alla volta, con l’aria di essere soddisfatte.
-No, siamo qui… saliamo, voglio proprio ammirare il panorama.-
La guarda sollevando la mano stretta alla sua.
-E poi mi terrai per mano, giusto?-
Lei annuisce e sorride. Salgono e si sistemano nell’angolo vicino al vetro, per avere una migliore visuale.
-Non è l’altezza, dovrei avere paura anche dell’aereo se fosse così, è proprio quella sensazione di vuoto che ti assale alle budella e ti blocca il respiro, come quando vai sulle montagne russe, anche quelle non è che mi facciano impazzire!-
Lei gli si stringe contro, le porte si chiudono e con un leggero scossone, che gli fa chiudere gli occhi per un attimo, si ritrovano a viaggiare nel vuoto.
Kate guarda le montagne di fronte e il panorama innevato. Le persone rimaste alla stazione o che passeggiano sulla zona pianeggiante sembrano davvero tanto piccole. Sorride raggiante, con la fronte appoggiata al vetro e la mano stretta a quella di Rick. Ad un tratto solleva lo sguardo e si rende conto che lui la sta fissando.
-Non dovevi guardare il panorama?-
Gli chiede inclinando la testa verso il vetro.
-E’ quello che sto facendo. Il più bel panorama mai esistito, l’ottava meraviglia del mondo.-
Le sussurra avvolgendola nel suo abbraccio, lei si solleva per raggiungere le sue labbra e sentono entrambi quel vuoto che scombussola lo stomaco, ma non sono sicuri che sia colpa della funivia.
Uno strano silenzio li avvolge, sarà la montagna ricoperta completamente di neve che attutisce ogni voce, ogni rumore…
-Ehm… scusate…-
Il silenzio viene interrotto da qualcuno che si schiarisce la voce e si girano di malavoglia verso quel balbettio.
-Mi spiace disturbarvi, ma sono scesi tutti e tra un paio di minuti si riparte…-
Si rendono conto solo in quel momento di essere arrivati all’altro capo della montagna, Rick poggia la fronte su quella di Kate e le sorride.
-Che ne dici di fare un altro paio di giri, credo di stare riuscendo a superare la paura del vuoto… e poi il panorama è fantastico!-
Lei annuisce e scoppiano a ridere, mentre il guardiano sospira, scuotendo la testa.
-Ho capito… vi lascio soli…-
 

۝

 

Dove sta scritto che una relazione deve avere senso? Chiunque lo pensi o lo creda, chiunque cerchi insistentemente questa regola scritta non è mai stato innamorato veramente, non solo di un lui o una lei, ma innamorato dell’amore in generale. Della magia con cui due persone possono incontrarsi e sentirsi attratte senza motivo e senza sapere nulla dell’altro. Della sensazione che provano due anime completamente diverse nel fondersi insieme e sentirsi uguali: fragili e forti, pieni di paure e sicuri di tutto, bambini nell’animo e saggi nel cervello.
Nessuno può mettere sulla carta la sensazione di essere semplicemente innamorati, senza nessuna spiegazione razionale… senza un senso…
Ma non è forse questo che rende due anime sconosciute magicamente perfette!?




Angolo di Rebecca:

Come ho detto a qualcuna di voi, ci sono lacune che Marlowe non ha mai colmato,
almeno per me, forse intende farlo più avanti, o forse vuole lasciare tutto aperto,
ma io credo che una di queste lacune siano proprio quei 3 mesi,
mesi in cui Kate aveva bisogno di stare sola per potere reagire, ma che per Castle, dopo l'attentato al cimitero, devono essere stati terribili. 
Io li ho immaginati così e farli chiarire anche in questo, per me, non ha lasciato più ombre tra di loro e Kate... 
Lei ha capito quanto lo ami ed disposta a tutto adesso.

Anche questa è finita, troppo sdolcinata forse... boh... ho messo il lanca fiamme a riposo per adesso e non riesco a ritirarlo fuori *-*
Chissà... magari la prossima storia, se mai ce ne sarà un'altra.
Grazie a tutte per il vostro affetto e tanti baci...

PS:. ma quanto è stato bravo Nathan nella 5x15???
Splendido!
<3

 

 

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