Alice

di Crissa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Comunicazione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Quando Alice gli aveva detto della sua visione, il vampiro era rimasto allibito dalle sue parole. Ora, era sicuro dell’arrivo del segugio. Sapeva che il vampiro sarebbe arrivato, e l’avrebbe uccisa. Le continue sollecitazioni di Alice, che gli avevo chiesto di salvarla, lo portarono ad una drastica decisione. Non poteva portarla con sé, scappare, perché il segugio li avrebbe raggiunti. L’unica possibilità era trasformarla, e bloccare il segugio prima che arrivasse a lei. Sperava con tutto se stesso di poterla assistere al risveglio, di poterla aiutare a placare il fuoco nella sua gola, di poterla affiancare nella scoperta di quel nuovo mondo. Ma era impossibile, dato che il segugio l’avrebbe ucciso. Ne era sicuro, ma nonostante questo, era felice pensando che lei, l’umana più speciale che avesse incontrato, si sarebbe salvata. Morire per la sua salvezza, era la cosa più bella, nobile e giusta che avesse fatto in tutta la sua vita da vampiro. Doveva sbrigarsi, andare da lei e trasformarla. Non aveva paura di non riuscire a trattenersi, l’amore per quella ragazza avrebbe superato qualsiasi forma di frenesia, pur sapendo che il suo sangue era più che gustoso. Sfrecciò lungo i corridoi del manicomio, fino ad arrivare alla sua cella. Da dietro la porta sentì Alice che borbottava qualcosa riguardo all’elettroshock. Entrò in fretta e si sedette accanto a lei. Era rannicchiata in posizione fetale, con gli occhi vitrei. La guardò per un attimo, prima di parlare. Era magrissima, disidratata e sicuramente non mangiava da giorni. I capelli, rasati dalle infermiere al suo arrivo alla clinica, erano ricresciuti disordinati e corti, i suoi occhi azzurri fissavano il vuoto, come se non vedesse nulla. Le labbra erano tese, morse a sangue. Il vampiro la guardò, pensando che fosse la creatura più bella che avesse mai visto, per essere umana. Si accovacciò accanto a lei.
-Alice-.
-Fallo, non c’è più tempo, fallo!-
-Aspetta Alice..-
-No! No, tra poco arriverà l’infermiere, l’infermiere no, fallo, fallo..-.
-Alice sai cosa succederà?-
-Portami via! Fallo. L’infermiere poi lui, lui sta arrivando, io l’ho visto!- lo guardò negli occhi, trafiggendolo con quel suo sguardo ferito ma consapevole. Se fosse rimasta lì un mese in più sarebbe impazzita. I soprusi, le violenze da parte degli infermieri, gli elettroshock, lui aveva provato a evitargli il più delle volte tutto ciò.
-D’accordo, ti porterò via. Stai tranquilla, andrà tutto bene..-. prese tra le braccia il suo corpicino, esile e leggerissimo. La sentì rabbrividire sotto la sua pelle gelida. Uscì dall’istituto, sfrecciando velocemente sulle scale e sui corridoi. La portò nel posto più sicuro che conoscesse. Un vecchio magazzino abbandonato, un vero e proprio labirinto. Se l’avesse nascosta nei sotterranei, il segugio ci avrebbe messo un minuto in più a trovarla e l’avrebbe scovata in preda ai dolori della trasformazione.  Sperava di ritardarlo il più possibile, andandogli incontro e cercando di ucciderlo. Alice tremava tra le sue braccia. La guardò, i suoi occhi erano supplichevoli. Piegò la testa indietro e chiuse gli occhi. Probabilmente l’aveva visto mentre la mordeva. L’odore di Alice avvolse il vampiro, provocandogli una leggera fitta alla gola. Abbassò le labbra lungo la sua giugulare, annusandola, cercando il punto giusto per affondare i denti.
-Mi dispiace tanto. Abbi cura di te, Alice-. Le sussurrò in un orecchio, poi la morse. Il suo sangue era senza dubbio il più gustoso che avesse mai assaggiato e gli colò sul mento, per la foga con cui l’aveva morsa. Si staccò con molta forza di volontà dopo qualche secondo, per paura di dissanguarla. L’urlo di agonia della ragazza squarciò l’aria. Il vampiro rabbrividì, accarezzandola e cercando di calmarla. Restò con lei per una decina di minuti, poi la adagiò accanto ad un tubo di aria gelida, nascosta alla vista di chiunque fosse entrato nella camera. Dopo un ultimo sguardo alla sua amata, le posò un bacio leggero sulla fronte e se ne andò, determinato a fermare il segugio per il tempo necessario a lei di divenire più forte.
 
 NA: Hi guys! Allors, prima long in assoluto. questo è il prologo, si so che è cortino, ci sto lavorando. La storia in realtà e tutta dal punto di vista di Alice e al presente. Racconta dal momento della sua trasformazione fino all'incontro con i Cullen. Spero vi piacerà! Ringrazio chiunque legga, mi sento onorata. 
Bye, 
Crissa

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Parte 1- Risveglio

Apro gli occhi. Sono sotto un tubo. Un enorme tubo verde pieno di strani animaletti che non riesco a identificare. Dove sono? Che è successo? C’è un rumore assordante di auto, animaletti che zampettano, aria, tubi di scappamento, scricchiolii. Mi sento spaesata e confusa. Sono.. appena nata?Non ricordo nulla, solo che mi chiamo Alice. Riconosco ogni oggetto attorno a me, ma non riesco a capire perché sono qui. Resto immobile, sdraiata, cercando di riprendere un po’ di consapevolezza del mondo attorno a me. Mi sento forte, fortissima, e fremo per muovermi. Non penso di essere stata mai così bene. Qualcosa mi dice che devo muovermi, un desiderio pressante mi attanaglia. Mi brucia tantissimo la gola. Un bruciore tremendo, fastidioso, pungente. Secco. Lo stomaco mi si attorciglia. Mi alzo in fretta, esco da questo posto. Salgo le scale, velocemente, e riesco a trovare l’uscita seguendo i rumori di fuori. Non so dove andare, così mi lascio guidare dagli istinti, dal dolore. In un attimo sono fuori. È buio, il cielo ha una tonalità violetta e la luna è troppo fioca perché illumini qualcosa, nonostante questo, ci vedo perfettamente. Sono scalza e mezza nuda, ho addosso una vestaglia larghissima e mi trovo fuori da una fabbrica enorme. Gli odori della strada, sporco, immondizia, notte, sonno, insetti, feci, asfalto, mi avvolgono. Faccio qualche passo avanti, punto una macchina e in meno di un attimo mi trovo proprio lì davanti. Devo fare qualcosa per questa gola, potrei morire per quanto mi fa male. Brucia, mi sento quasi consumata. Giro a destra, sento che è la strada giusta. In strada non c’è nessuno. Mi trovo davanti a un edificio verdino. È come se ci fossi già stata, ma non riesco a ricordare. Raggiungo il muro d’entrata e salto, cercando di aggrapparmi alla cima. Ma sono più forte di quanto credo e mi trovo in aria a sei metri da terra. Ricado dolcemente dentro il giardino dell’edificio. Un tratto un odore strano mi arriva alle narici. Un odore buonissimo, che mi fa bruciare la gola ancora di più e aumentare il desiderio. Mi sfugge un mugolo, sento di impazzire. Inizio a correre in fretta, seguendo quella fragranza, senza nemmeno vedere dove mi sto dirigendo. Sento l’erba sotto i piedi, sono ancora nel giardino. La fonte dell’odore si avvicina sempre di più ed io mi affretto, smaniosa e impaziente. Ho paura di perderlo, di arrivare troppo tardi, di non capire cos’è quella cosa che mi sta mandando in visibilio. Mi trovo davanti a un uomo, è seduto su una sedia e dorme, russando piano. Il suo collo è esposto, e riesco a vedere il sangue che scorre nelle vene. La fragranza viene proprio da lui. Non ho tempo per stupirmi, non posso far altro che avventarmi su di lui con un ringhio. Lo afferro per una spalla, un po’ troppo forte e la sento rompersi sotto la mia mano. L’uomo urla, ma io sono più veloce e gli affondo i denti nella carotide, gli taglio la gola. Un po’ di sangue schizza sulla vestaglia, ma io cerco di non sprecarne nemmeno una goccia. È il sapore più buono che abbia sentito. L’uomo rantola sotto il mio peso, cerca di spostarmi, ma muore dopo un minuto, dissanguato. Non penso di aver mai provato una cosa del genere. Il bruciore alla gola si placa per un attimo. Poi ricomincia. Dio, vorrei poter bere sangue per sempre, non smettere mai. Sono smaniosa. Adesso che l’ho assaggiato, che ho sentito questo suo sapore afrodisiaco, non voglio e non posso farne a meno. Per fortuna ci sono altre persone nel mondo. C’è così tanto sangue per me. Perché la gente normale non lo fa? Perché non assaggia questa cosa? Ho un lampo nella mente. Non penso di poter essere catalogata tra la gente normale, che poi, la gente normale cosa fa? Io non ricordo nulla, ma sicuramente gli altri non sono soliti a uccidere i propri simili. Non mi basta. Ne voglio ancora. Ho bisogno di altro sangue, e per fortuna so dove cercare. Mi dirigo verso la porta dell’edificio, è chiusa da dentro. Forzo la maniglia, si apre dopo qualche secondo, non c’è nessun allarme. All’ingresso non vedo nessuno. C’è un forte odore di sintetico qua dentro, ma anche un confuso profumo di sangue. Potrebbero esserci centinaia di persone. Sarebbe bellissimo poter ucciderle una ad una, e berne il sangue. Potrei non averne più bisogno. Avanzo lungo il corridoio, sperando di incontrare qualcuno il prima possibile. Per fortuna mi imbatto in una ragazza che sta prendendo un caffè ad un distributore automatico. Cerco di non farmi sentire, non voglio saltarle al collo subito, voglio gustarmi il rumore del suo cuore, del sangue che fluisce nelle sue vene. Riesco a distinguere una nota dolce nel suo odore. Si sente osservata e si gira, ma quando mi vede sorride, poi sgrana gli occhi vedendo il sangue sulla mia vestaglia.
-Alice, cosa ci fai qui? Ti sei ferita? Stai..-
Ma io non le do tempo di finire la frase. Il suo fiato. Caldo. È afrodisiaco, e le salto addosso, sbattendola contro il vetro del distributore automatico. La testa le se apre, e ringhio infastidita perché perderà del sangue dalla ferita. Le affondo i denti nel collo, e non riesce neanche a urlare, le spezzo il collo e muore in un secondo. Stavolta riesco a non perdermi neanche un goccio di sangue dal collo. Il suo sapore è ancora più buono di quello del vecchio alla porta, più pulito e dolce. Purtroppo finisce troppo presto. Lascio che il corpo scivoli ai piedi della macchinetta e porto via con un dito un po’ di sangue dal vetro, poi me lo ficco in bocca e lo lecco. Purtroppo ha perso il calore di quando si trova nel corpo e ha perso leggermente il suo sapore buonissimo. Continuo ad aggirarmi per l’edificio e uccido altre tre persone. Finalmente la mia gola è a posto e non provo più desiderio per il sangue. Capisco che devo uscire da questo posto, qualcuno si chiederà chi ha ammazzato tutta questa gente. Sono al secondo piano, nella stanza di un uomo che era già legato al letto e che non mi ha dato troppi problemi. Il suo sangue però era imbottito di medicinali e un po’ troppo amaro. Apro la finestra della sua stanza e guardo giù. Ci saranno cinque metri da dove sono al terreno. E se voglio uscire direttamente fuori, devo saltare in avanti per tre metri minimo. Ma considerando che prima ho saltato facilmente sette metri in altezza, e che mi sento abbastanza forte e indistruttibile, decido di lanciarmi dalla finestra. Spingo forte con un piede e riesco a fare un volto di otto metri in avanti. Mi sembra di volare. Sono veloce, ma allo stesso tempo i dettagli del mondo attorno a me aiutano a controllare la caduta. L’asfalto sembra pieno di pietrine, ma quando ci poggio il piede lo sento piatto e ruvido. Adesso mi sento benissimo. Senza il bruciore alla gola posso pensare un po’ più chiaramente. Devo esplorare la zona.
Parte 2- Visioni dal futuro

 Sono dentro un parco, ho appena ucciso un barbone – proprio non sono riuscita a resistere a uno spuntino- quando sento un brivido che mi blocca. La mia vista si oscura, non vedo nulla per un attimo poi davanti e intorno a me appare un pub. Mi guardo intorno e vedo un’altra me seduta a un tavolino. Sono vestita bene e molto carina. Il mio aspetto mi piace già da subito e i vestiti che indosso sono assolutamente perfetti. Mi soffermo sui miei occhi, di un arancione scuro, molto diverso dal rosso acceso che ho visto negli specchi di quel palazzo. Ho un impermeabile blu e piccoli tacchetti, un vestitino celeste che esce dal cappotto e calze scure e nere. Indosso dei guanti e il mio viso è quasi del tutto coperto da un cappello. Sul tavolo c’è una birra e degli occhiali da sole. Ho l’aria di aspettare qualcuno. Dopo un secondo vedo gli occhi che mi si illuminano, quindi mi giro verso il soggetto del mio interesse. Lui è bellissimo. So che è lui, quello che sto guardando, perché non è il tipo che passa inosservato e perché lo amo con tutta me stessa. Entra nel pub con un’aria elegante, avvolto in una camicia che gli fascia il petto e dei pantaloni rinchiusi in stivali da militare. Non ha occhiali da sole e i suoi occhi scuri gli danno un’aria pericolosa, incorniciati da una criniera di capelli biondi che gli arrivano sotto l’orecchio. Ha un viso perfetto, marmoreo, squadrato, severo, devastato da centinaia di cicatrici, morsi probabilmente, soprattutto sulla gola. Rabbrividisco e ringhio per il suo aspetto così pericoloso. Potrebbe essere un pericolo per la mia incolumità, ma la me della visione lo guarda con occhi sorpresi e assolutamente beati, quindi mi calmo. Jasper. Il suo nome, il suo aspetto e lui, e tutto ha un senso ora. La mia vita ha un senso. Lui è il senso. La visione sta svanendo e vedo che sto parlando con lui. Era decisamente il futuro, di questo sono sicura. Jasper. Jasper. L’uomo della mia vita. Devo andare in quel pub al più presto. Non ora, lui non c’è lì, me lo sento, devo semplicemente aspettare. Non è pronto per me. Per amarmi. Non so dove sia in questo momento, non so nemmeno se c’è. So che è come me, che non sono sola e che passerò la mia vita con lui. Quindi ho delle visioni. Visioni del futuro. È una cosa che conosco, me lo sento. Ma è stato un caso oppure ricapiterà? Saranno veritiere? E se Jasper non esistesse? Continuo a girare qui intorno per una giornata, mi accorgo che alla luce del sole la mia pelle brilla come diamante, per non attirare l’attenzione mi nascondo nell’edificio dove mi sono svegliata. La seconda visione ce l’ho due giorni dopo. Ho appena cacciato, quindi sono abbastanza tranquilla. Sono seduta su uno dei tubi verdi, il più alto, e sfioro il soffitto con la testa. Il cadavere del pugile che ho ucciso si trova sotto di me. Mi sdraio, e cerco di ricordare qualcosa. Non riesco a capire chi sono. Di certo non posso essere nata già così grande, questo lo so. Ma cosa mi è successo? Cosa sono? Mi concentro sul passato ma ne ricavo l’effetto contrario. La vista mi si oscura e mi ritrovo in una visione. Mi vedo a qualche metro dalla mia visuale, mano nella mano con Jasper, chiacchieriamo della nostra ultima caccia. Non riesco a captare le precise parole, capisco lontanamente l’argomento. Mi vedo bussare alla porta di una casa bellissima, costruita in mezzo agli alberi, bianca e perfetta proprio come quelle che penso piacciano a me. Jasper è visibilmente spaventato, s’irrigidisce quando un uomo apre la porta. Ha i capelli biondi, è alto, magro, bello. Sul viso gli si dipinge un’espressione stupita, ma rimane calmo e sorride. Non capisco di cosa stiamo parlando, ma lui si mostra sorpreso e accomodante. Dice qualcosa verso la casa, ci porge la mano, fa un cenno al territorio intorno a noi. Accanto a lui appaiono in fretta tre persone. Una donna gli cinge la vita. È bassina , paffuta ma perfetta, ha due grandi occhi gialli come quelli di tutti i membri della famiglia, capelli lunghi e rossi e un viso dolce ma spaventato. Carlisle – ho captato il suo nome concentrandomi bene su di lui- mi presenta sua moglie, Esme, la donna paffutella, poi i suoi figli. Edward, un giovane alto e magro, con capelli color del bronzo e scompigliati che mi sorride gentilmente e mi scruta attento, Rosalie una bionda tutte curve, una specie di bambola di porcellana che mi lancia uno sguardo altero e sospettoso e un ragazzo a dir poco enorme, che fa rabbrividire quando apre le braccia e mi porge la mano. Io sono piuttosto calma e tratto tutti come vecchi amici. Jasper sembra concentrato. Mi vedo entrare nella casa. La visione finisce, ma non è l’unica sui Cullen. Apprendo un sacco di informazioni. Adesso non sono nella loro casa a Forks, ci si trasferiranno tra un paio di decenni, ma io li incontrerò in Alaska. Scopro di essere un vampiro. Loro ne parlano davvero spontaneamente, senza timore e senza vergogna, e io mi adatto e non ci penso su troppo. Era più che chiaro che non sono una persona normale. Per me è un po’ presto per accettare il fatto che dovrò accontentarmi di sangue animale. Ovviamente il sapore non è lo stesso. Non ho ancora provato, ma è chiaro, e questa cosa mi infastidisce. Torno distratta nel mio nascondiglio, non sono pronta a lasciare questo posto con così tanta fonte di cibo. 

Hi guys! Grazie per la recensione (pikkola_cullen) e per chi ha messo la storia tra le seguite o le ricordate o le preferite! Mi avete resa felicississima! ç__ç Ho deciso di aggiornare oggi per ringraziarvi! Sono due capitoli in uno, ma aggiornerò solo il martedì da ora in poi ! Mi piacerebbe sapere cose pensate della storia e del fatto hce è dal punto di vista di ALice e al presente. 
Grazie di cuore,
Crissa

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Fuori è notte, potrei tranquillamente cacciare e poi addentrarmi nella città per capire dove sono e per darmi una sistemata. Adesso che ho tre mesi, mi sento un po’ più me stessa, un po’ meno fuori di testa. Noto sempre dei particolari sulla mia personalità, e questo mi piace molto. Non sono più così assetata. Dopo tutto questo tempo sono ridotta male. Sono sempre bellissima, ma il mio camice è sporco di sangue e polvere, i capelli sono pieni di rametti e sono davvero inguardabile. Ho un innato senso del gusto, io, e non posso di certo andare in giro vestita in questo modo assolutamente vergognoso. Finchè sono stata una matta assetata di sangue sono riuscita a non notare il mio aspetto, ma adesso che non passo ogni minuto della mia vita a pensare ad un umano da sbranare devo rimediare in qualche modo. Devo assolutamente uscire da questo posto e cercare di mettermi qualcosa che risalti davvero il mio aspetto. Mi alzo dal tubo, e una visione mi coglie inaspettata. Jasper combatte e vince, ma si procura quella brutta cicatrice sul sopracciglio destro che a me però piace tanto. È sexy. Sono sempre in ansia quando lo vedo combattere, anche se so che è una visione, sono quasi sicura che sia abbastanza vera. E mi da fastidio che tutti quei ‘neonati’ come li chiama lui, gli saltino addosso e gli facciano del male. Però poi penso che potrei essere uno di loro, potrei essere uccisa da Jasper, e ringrazio chiunque mi abbia creata per avermi messa al sicuro, e ringrazio me stessa per le mie visioni. Sicuramente senza di quelle non sarei cosi cosciente di cosa devo fare, né di cosa sono. Esco dall’edificio diroccato, preoccupandomi che la stanza dove ho chiuso i cadaveri di quei ragazzi sia ben sigillata. La puzza di morto è quasi fastidiosa, il corpo senza sangue non è il massimo. Storco il naso ed esco. Non ho affatto sete, sto benissimo. cammino a passo umano, per non farmi notare. è fastidioso muoversi così lentamente. come fanno gli umani a essere così lenti? È ovvio che sono così vulnerabili. Lenti, morbidi, deboli, delicati, ogni fibra del loro corpo urla ‘uccidimi, non ho la minima possibilità di fare resistenza’. Fuori dal posto in ho passato le ultime settimane tutto sembra diverso, pronto ad accogliermi. Il centro della città è silenzioso, e io cammino indisturbata. È ora di spostarsi verso fuori, ma se non capisco dove mi trovo, non posso capire dove andare. Guardo i negozi chiusi, le insegne. Vedo scritto Springtown Clothes. Non solo adesso so dove mi trovo, ma decido di entrare e dare un’occhiata ai vestiti, magari riesco anche a procurarmi qualcosa di decente da mettere. La serranda è chiusa. Non voglio scassinarla, farei troppo rumore e attirerei gente, mi metto a cercare una porta laterale. Per fortuna c’è una porticina di metallo al lato del negozio. È chiusa, ma penso di poterla aprire. Provo a spingere con un po’ più di forza del normale e con un rumore secco la porta si apre. Rimane il calco della mia mano sulla serratura, che forse dovrà essere cambiata. Appena entro un profumo buonissimo mi avvolge. Stoffa. Di tutti i tipi, di tutti i colori e dimensioni. Nel magazzino del negozio ci sono un centinaio di capi di abbigliamento e altrettanti accessori. È bellissimo, mi sento a casa. Tutti quegli abiti sono davvero stupendi, e vorrei prenderli tutti. Resisto alla tentazione di provarli, perché li rovinerei sicuramente con la mia pelle sporca. Cerco una borsa carina che si possa abbinare con tutto e trovo una sacca triangolare e rigida, color beige, davvero bellissima e capiente. Prendo quattro completi e li piego, poi li metto dentro alla borsa. Mi guardo un po’ intorno, il posto è piccolino, e dietro alla casa trovo un paio di buste di carta. Ci metto dentro la borsa con gli abiti, prendo due paia di scarpe e le aggiungo al resto, poi vedo il cappellino che indossavo nella visione, e anche gli occhiali da sole marroni che erano sul tavolo. Adesso che ho abiti necessari per un paio di settimane, devo assolutamente trovare un bagno. Sono costretta a scroccare una doccia da qualcuno, data la situazione. Mi dispiace derubare un così bel negozio, quindi lascio sulla cassa un bigliettino dove scrivo Grazie, abiti stupendi.   
Esco dal negozio e cerco subito una casa dove posso usufruire del bagno. E magari approfitto per fare uno spuntino. Mi allontano un po’ dal centro e arrivo nella zona residenziale. Ci sono tante villette molto graziose, ne scelgo una con un prato decoratissimo, deve sicuramente esserci una donna, che avrà bellissimi prodotti per i miei capelli assurdi. La luce è accesa nella camera. La serratura si apre in un attimo dopo un mio pugno deciso. Riesco ad essere abbastanza silenziosa. Entro e mi guardo intorno. La casa è spaziosa, e non c’è nessuno al piano di sotto. Cerco un bagno, ma vedo solo una sala da pranzo, una cucina un salotto e uno studio. Salgo le scale. Il piano di sopra è spazioso, c’è un lungo corridoio davanti a me, che gira intorno alle scale e dà sul salone, alla mia destra ci sono quattro stanze. Una ha la luce accesa e immagino sia la camera da letto. Sento infatti due coniugi che parlano. Il loro odore non è male, niente di che, ma non penso di riuscire a lasciarli vivi con quello che devo fare. La prima stanza sulla destra è una camera dipinta di rosa, con un letto ma un po’ spoglia. Subito dopo c’è una stanza con una grande vetrata, piena di quadri, e con in mezzo un pianoforte. Davvero graziosa. Infine c’è la camera da letto, e immagino che l’ultima stanza sia il bagno. Sarebbe semplice sfrecciare in bagno, chiudermi dentro e farmi una doccia, ma purtroppo anche con tutta la mia velocità non posso evitare il rumore della doccia, né tantomeno che i due non se ne accorgano. Quindi decido di ucciderli prima, o almeno di stordirli per un po’.  Sono sulla soglia della loro camera, e l’immagine che mi si presenta mi smuove qualcosa dentro. Dio, come sono carini. Lei è seduta sul letto, con un sorriso a trentadue denti e guarda lui, che è in ginocchio davanti al suo pancione prorompente. Entrambe stanno rivolgendo buffi versi al ventre della ragazza, che accarezza dolcemente prima il suo corpo, poi i capelli del marito. Mi viene naturale pensare che sia incinta. Mi sciolgo, sono davvero bellissimi. Non posso uccidere un amore così. Un secondo dopo però lei si accorge di me e sul viso le appare una smorfia di sorpresa, che si tramuta in orrore, dato il mio orribile stato. La capisco, anche io guardando una conciata come sono adesso, vomiterei. Lei invece si limita a fare un verso strozzato che attira l’attenzione del marito. Lui mi guarda, vede il sangue, vede quanto sono pallida, sporca e bianca, vede i miei occhi rossi e la prima cosa che pensa, ovviamente è che io abbia bisogno d’aiuto. Mi sentirei infastidita dal fatto che sembro così terribilmente indifesa, se non fossi concentrata nel tentativo di non sbranarlo. Lui si alza, si avvicina piano, con le mani in alto, e il collo terribilmente esposto, pulsante e gustoso. 
-Ei -mi fa piano- stai bene?-
Non rispondo. Non ho mai parlato con nessuno- a parte nelle mie visioni- da quando sono così. E poi mi vergogno terribilmente, chissà com’è la mia voce. Anche se quattro chiacchiere non mi farebbero male.
-Come ti chiami, cos’è successo?- cerca di avvicinarsi, io prendo un respiro e sibilo, alzando le mani e cercando di farlo stare fermo.
-Non avvicinarti- parlo pianissimo, non so se riesce a sentirmi. Lui annuisce, e dietro la sua spalla appaiono due occhioni azzurri che mi fissano. La ragazza è a dir poco terrorizzata.
-Io.. io. Scusate, non sarei dovuta piombare in casa vostra così, io.. ho bisogno di una doccia. E poi basta non.. non vi avvicinate, per favore-.
-Sei sicura di stare bene, sei ferita? Hai fame, sete, bisogno di dormire?- continua lui insistente, facendo un passo avanti.
-Non avvicinarti! Per favore, non farlo.. per te. Io devo.. solo il bagno-. Lui mi fissa strano, non mi risponde, dopo qualche secondo sono costretta a stringere i pugni, scalpito, devo allontanarmi da lui, il suo odore è troppo buono.
-Ma che hai fatto agli occhi? Hai qualche emorragia interna?- io lo fisso e non rispondo. Non saprei come spiegare. La ragazza interviene.
-Per favore, Harry, non vuole parlarne, adesso la accompagno in bagno e basta. Sono sicura che non ruberà nulla e che ne ha solo passate delle brutte-. Viene verso di me, mi supera, io mi irrigidisco, lei  va in bagno. Il ragazzo la guarda a bocca aperta.
-Ma Ginevra..-
Io mi dirigo verso la stanza in fondo al corridoio. Finalmente una doccia. La ragazza mi sorride gentilmente, mi porge un asciugamano e prima di uscire mi sussurra semplicemente.
-Sei uguale a tua madre..-. io alzo le sopracciglia, stupita, ma non dico nulla. Mi ritrovo da sola nel bagno e sono costretta a spruzzarmi nel naso un po’ di profumo nauseante per togliermi i loro odori cosi buoni dalla testa. La doccia è piccola ma piena di prodotti. Mi infilo sotto al getto e mi accorgo che la temperatura, sia calda sia fredda, è indifferente. Cerco nelle bottigliette di sapone e le annuso, mi lavo il corpo con un bagnoschiuma alla fragola e i capelli con uno alla vaniglia. Quando mi sento pulita e non ho più macchie di sangue e sporcizia sul corpo, esco dalla doccia e mi avvolgo in un asciugamano. Mi asciugo i capelli con l’altro, frizionandoli velocemente, e in due minuti sono completamente asciutti e sparati da tutte le parti. I miei vestiti sono proprio accanto al box doccia, ma prima mi metto ad osservare un po’ il piano del lavabo. Ci sono tantissimi trucchi e profumi e ornamenti per i capelli. Prendo una spazzola e mi pettino, ma riesco solo a ordinare un po’ il disastro che ho in testa. Purtroppo i miei capelli sono cortissimi e non posso fare grandi cose, quindi li lascio semplicemente così, tirando un po’ il ciuffo davanti dietro l’orecchio, finchè non mi ritengo soddisfatta. Do un’occhiata ai vestiti, indosso della biancheria che deve avermi lasciato la ragazza e prendo un vestitino color pesca dalla mia busta. Ha le maniche lunghe e una grande fascia marrone sulla vita, ed è abbastanza lungo. È carino, ma sicuramente potrei migliorarlo. Le idee mi scorrono nella testa e mi ritrovo a strappare stoffa attenta alle proporzioni. Alla fine del mio lavoro ho un abitino corto fin sopra al ginocchio, senza maniche, e la fascia marrone è ridotta a una piccola strisciolina che dà colore al tutto. Lo indosso e mi guardo allo specchio. Finalmente mi piaccio. Per fortuna dal negozio ho rubato anche delle scarpe, quindi indosso dei tacchi rossi che si intonano con i miei occhi. Sul viso non metto nulla, sulla mia pelle bianca le labbra sembrano di un rosso acceso e anche gli occhi spiccano notevolmente. Esco dalla stanza, e trovo la ragazza che mi aspetta sulle scale. Il marito esce dalla stanza e per un attimo resta stupito e mi fissa come se vedesse una specie di angelo. Ha la bocca aperta e boccheggia, e io ridacchio e inspiro un po’ del suo profumo, che entra dritto nella mia gola e brucia, pungente. Abbasso gli occhi e mi dirigo verso la ragazza.
-Vedo che stai meglio. Sembri una ragazza appena tornata dalle spese, con questa bustona-.
-Siete stati molto gentili a offrirmi il bagno. Scusate ancora per il disturbo-.
-Non preoccuparti. Sicura che non vuoi rimane stanotte? È molto tardi..-
-No,no. Devo andare. Grazie ancora-. Scendo le scale alla mia velocità naturale e in un attimo sono in strada. Non li vedrò mai più, e la mia mente urla perché non mi sono informata sulla sua strana frase ‘ Sei uguale a tua madre … ’. Ora che sono pronta, inizio il viaggio verso la nuova me. 

Hi guys! Capitolo di passaggio, nel prossimo avremo un po’di angst: Alice cercherà di ricordare
 
Dato che mi è stato chiesto, vorrei specificare:
Alice non ricorda nulla della sua vita umana a causa degli elettro-shock subiti in manicomio, la Meyer lo specifica nel libro, fatto sta che Alice scopre solo nel primo libro parte del suo passato, guardando il video di James nella sala degli specchi. Se non dovesse essere chiaro, contattatemi e vi spiegherò bene tutto!
 
                Grazie mille a tutti quelli che seguono, recensiscono, ricordano o preferiscono (?) la storia. Siete la mia gioia :)
                Crissa

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Capitolo 4
*** Comunicazione ***


Ok, EFP è impazzito. Non avevo visto il capitolo perchè non ho una beta quindi... non avrete capito nulla! perdonatemi. Adesso riposto un capitolo decente e spero che non mi odiate, ma non è colpa mia. Okay. Mi sbrigo. Arriverà in serata!

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Ecco il capitolo! Scommetto che adesso capirete di più! Scusate ancora! :)  




Per prima cosa, nei seguenti mesi, inizio a dirigermi verso il sud e a sostituire un po’ il sangue umano con quello animale. All’inizio è dura, ricordo ancora la mia prima caccia. Ero da qualche parte verso sud, nella foresta, decisa a sperimentare il sangue animale. Mi ero ritrovata davanti a una mastodontica alce, che era scappata appena si era accorta di me. In qualche secondo l’avevo atterrata, ma mentre affondavo i denti nella carne e nel collo, il sapore era del tutto sbagliato, fatto sta che l’avevo lasciata agonizzante a terra e mi ero sporcata il vestito di sangue. Con il tempo i successi si sono fatti sempre meno sporadici, adesso riesco a resistere anche un mese e qualche giorno solo con il sangue animale. Il problema è che dovrò rinunciarci per sempre. Ma so che ce la farò. Ora mi trovo nei dintorni della città dove incontrerò Jasper, ma ora lui sta ancora gironzolando con i suoi due amici nomadi, quindi dovrò pazientare qualche settimana. Un rumore mi distrae dai miei pensieri. Sono stata immobile nella boscaglia per ore, aspettando che arrivasse quell’orso enorme che viene qui per bere. Lo sento avvicinarsi e camminare a passi felpati sull’erba, emettendo piccoli versi. Il suo cuore è affaticato, il respiro pesante, e il profumo buonissimo. Giro di scatto la testa alla mia destra, lo vedo, punto al suo collo, mi alzo da dietro il cespuglio dove mi trovavo. Il mio vestitino color pesca è ancora intatto, e sono perfetta nonostante questi mesi passati nella foresta come una selvaggia. Rimpiango l’assenza di specchi terribilmente, e odio il fatto che ho dovuto lasciare i vestiti che avevo rubato perché mi erano di impiccio. L’orso si è accorto di me e mi sta ruggendo contro, tenendosi a distanza. Si alza sulle due zampe posteriori ed è enorme, dovrò stare più attenta o rischio che con una zampata mi strappi il vestito. Lo fisso e ringhio, mi viene d’istinto, dopotutto non sono così diversa da lui, sono anche io un predatore, forse il più pericoloso. Un attacco frontale non è adatto alla situazione. Svanisco nella foresta, scattando a destra, e lo prendo di sorpresa da dietro. Non fa in tempo a girarsi che io ho puntato i piedi sulle sue scapole e gli ho abbracciato il collo. IL respiro gli si spezza, io affondo i denti nella carne, incapace di resistere oltre. Il sangue – ho iniziato a reputarlo più buono di quello degli erbivori, data la lontana somiglianza con quello umano- mi esplode in bocca, abbondante. Ingoio in fretta, e ci metto un po’ a finire perché l’animale è davvero enorme. Quando lo sento cedere sotto di me faccio un salto al lato e aspetto che cada a terra, poi finisco l’ultimo goccio di sangue caldo, che gli scorre giù dal collo. Odio quando non riesco succhiare così forte e il sangue schizza dalla bocca. Uno spreco inutile, soprattutto con quello umano, che ultimamente ho imparato ad apprezzare sul serio. Se mi capita di uccidere un umano non spreco neanche una goccia, anche se poi sono capace di sentirmi in colpa per settimane. Ora che sono più grande, capisco il motivo per cui i Cullen non uccidono gli umani. È brutto, mi fa sentire sporca e un po’ inadatta, quasi un’assassina. So che non dovrei sentirmi così, perché è una cosa del tutto normale, ma proprio non posso farne a meno. Almeno mi sarà più facile entrare completamente a contatto con lo stile di vita di Carlisle e degli altri. Dio, loro non sono nomadi. Hanno una casa. Darei qualsiasi vestito per una casa, dove potrei avere una grandissima cabina armadio con milioni di vestiti. Solo a pensarci mi sento emozionata. Mi allontano dalla carcassa dell’orso e finalmente arriva la visione che aspettavo da tempo. Jasper ha lasciato i suoi amici e ora girovaga nei dintorni da solo. Domani sera andrò al pub, ora devo assolutamente cercare un posto in cui stare durante il giorno, sta per sorgere il sole. Filadelfia è molto affollata.
 
La sera dopo mi decido ad andare al pub. Purtroppo il mio vestito si è strappato e non ho la minima intenzione di farmi vedere da Jasper in queste condizioni. Inizio a camminare per strada, cerco un negozio, ma quando davanti a me vedo una giovane vestita benissimo e con una corporatura simile alla mia, decido che farò un piccolo spuntino e ne approfitterò per prenderle i vestiti. Per fortuna è sola, mi avvicino a lei furtivamente, poi la prendo per un braccio e le tappo la bocca, sfreccio in un vicolo e la sbatto al muro. Mi guarda con occhi spaventati, mi morde la mano, si divincola ma è bloccata. I suoi occhioni marroni sono assolutamente terrorizzati e per la prima volta un umano mi fa pena. Ringhio a me stessa, non la uccido e le faccio segno di tacere. Le tolgo la mano dalla bocca ma lei ne approfitta per urlare, io la rimetto e le ripeto che deve tacere se vuole sopravvivere. Non so se riuscirò a resistere, dato che il suo collo è a un centimetro dai miei denti e il suo sangue non è niente male. Per fortuna ho sbranato da dodici ore un orso, perché proprio non mi va di ucciderla. Nel senso, è ovvio che mi va, è sangue, solo che mi dispiacerebbe, è così carina e con tanto gusto per la moda. La lascio e non dice nulla. Mi fissa.
“Che cosa vuoi da me..? Ti prego non uccidermi..”
“No. No, no. Ti sembro un’assassina?” la guardo e sorrido. Il suo sguardo si posa sui miei capelli da matta e sugli occhi rossicci.
“Beh..”
“Lasciamo stare. Senti, ragazza, ho bisogno dei tuoi vestiti”.
“I miei vestiti?”
“Esatto. Non mi senti? Devo parlare più forte? Dio, non sono abituata con le faccende umane..”
“No, ti sento.. ma.. io non posso darti i miei vestiti!”
“E perché?”
“Perché sì. Sono miei! E poi resterei nuda..”
“Ovviamente no. Perché vi si deve spiegare sempre tutto? Faremo una specie di scambio, no?”
“Puoi anche scordartelo!” che bel caratterino la ragazza. Appena ha immaginato di non essere in pericolo, eccola che mi guarda stizzita. Che rabbia. Quasi quasi la uccido. Ringhio forte e lei alza le sopracciglia. Ok. NO. Non devo ucciderla. È una specie di prova questa, no? La fisso. Indietreggia di un passo e si ritrova al muro.
“Senti ragazzina. È ovvio che non hai capito nulla della situazione. Adesso ti spogli e mi dai quel vestitino celeste assolutamente perfetto, il trench e le scarpe. Oppure ti ammazzo. D’accordo?”
Il mio sguardo truce la fa deglutire. Cosa non farei per un vestito. Ma voglio dire, mi starebbe benissimo, quel colore acceso è perfetto con la mia pelle bianca. Lei singhiozza.
“Non piangere, per favore. Su, spogliati!”
“Ma fa freddo.. mi prenderò un accidente..”
“Ti prego, donna, dammi il cappottino e il vestito e questo vestito color pesca sarà tuo. ho una certa fretta, mi aspettano in un locale..”
La ragazza si spoglia in fretta, e mentre si toglie il vestito io sono già in sola biancheria intima davanti a lei. Ovviamente la velocità la spaventa, ma mi porge il vestito senza fare domande. Si mette il mio e lo aggiusta bene sui fianchi, il suo vestito mi sta da dio. Lo strappo, mi piace leggermente più corto, e indosso i tacchi e il trench. Lei mi fissa e io le sorrido e le do una sistemata. Non ha un cappotto, e mi dispiace, ma già è tanto per lei essere viva.
“Sei stata gentilissima. Ricordati di ringraziare ogni giorno di essere viva, l’hai scampata bella. Ringrazia un orso e Carlisle Cullen”. Lei mi fissa con gli occhi sbarrati, devo sembrarle completamente stupida.
“Io.. vado”. Mi schiva e corre via. Esco dal vicolo e mi dirigo dalla parte opposta. Mi specchio in una vetrina e l’aspetto mi piace, anche i capelli stanno bene con tutto il look. Mi dirigo verso il pub, ormai so dov’è, e entro. Mi siedo al tavolo dove mi sono vista, non prendo nulla, e mi concentro su Jasper. Mi arriva una visione. Staserà non verrà. Sono un po’ infastidita e delusa, pensavo di poterlo vedere finalmente, ma nulla da fare. La stessa cosa si ripete per tutte le sere della settimana. Stasera non ho intenzione di andarci. Jasper sta ancora gironzolando qua vicino, a caccia, e non verrà. Sono arrabbiata. Ci speravo davvero, volevo vederlo così tanto. Invece sono costretta a starmene qui in giro, e non posso toccarlo, guardalo incontrarlo. Sono passati sei mesi da quando mi sono svegliata. Sei mesi di totale buio, e so che lui è la mia luce, sono così vicina ma non riesco a raggiungerla. Non ce la faccio più. Io lo amo, lo amo davvero, ho bisogno di lui, e so che anche quando lo incontrerò lui non mi conoscerà affatto. E avrà bisogno di tempo. Sibilo frustrata e ringhio, dando un calcio al cassonetto davanti a me e ammaccandolo. Salto su un tetto, mi sdraio al buio e fisso le stelle. Mi sto deprimendo. Non voglio continuare così. In questo momento vorrei dormire. Ho visto tanti umani farlo, e so che tutto tace e si ferma per qualche ora. Sarebbe ideale. Uno stop per qualche ora. Ho troppi pensieri tutti insieme nella testa. ‘Sei uguale a tua madre..’, Jasper, il sangue, gli umani, i Cullen, le visioni, l’eternità, chi sono io?, ho bisogno della sua pelle.. non riesco a non pensare tutto questo insieme. Chiudo gli occhi, e mi arriva una visione. Jasper sta arrivando nel locale. Ha cambiato idea all’ultimo minuto, e in cinque minuti sarà lì. Mi alzo e mi butto giù dal tetto, troppo poco attenta a ciò che c’è intorno a me. Sfreccio veloce, ignorando gli umani ed entro nel pub più in fretta possibile. Ordino una birra e mi siedo. Mi specchio sulla parete di fronte a me, mi assicuro di essere perfetta e quando sono soddisfatta mi stampo in faccia un’espressione enigmatica e faccio un piccolo sorrisetto. Avvicino il bicchiere alle labbra e faccio finta di bere, storcendo in naso all’odore forte della birra. Tra due minuti Jasper entrerà da quella porta e finalmente potrò vederlo davvero. Scalpito sulla sedia e un uomo mi si avvicina sorridendo. Lo inchiodo e lo scaccio via con un gesto, e lui sbianca e va via. Mi alzo e vado allo sgabello vicino al bancone, il locale – se così posso chiamarlo- è semideserto. Mi torturo le mani per un po’ di tempo, poi finalmente sento la porta che si apre. E lui entra. Dio è bellissimo. E lo amo. Non so cosa sto provando dentro di me, ma voglio solo abbracciarlo e baciarlo e stare con lui per sempre. Ovviamente è molto meglio che nella mia visione. Potrei fissarlo per ore, mi sento piena. Scatto giù dallo sgabello, gli vado incontro. Lui si accorge di me e fa un passo indietro, forse pensa che lo stia attaccando, poi sgrana gli occhi e mi fissa, piegando leggermente la testa, con le sopracciglia aggrottate. Gli vado incontro, sono a dieci centimetri da lui, non so cosa dire. Lo guardo, sono incredula, non può essere lui davvero, qui, con me.
“Mi hai fatto aspettare parecchio”. Sorrido e lo guardo. Lui alza le sopracciglia e mi scruta bene. Sembra che stia cercando di capire se uccidermi o no, ma non ho neanche un fremito di paura nonostante la sua stazza e il suo aspetto minaccioso. Ha davvero tante cicatrici. Poi sorride, china la testa con un piccolo inchino e alza gli occhi. Dio è bellissimo.
.
Lo guardo un attimo, e mi accorgo che un sorriso è sorto spontaneo sul mio viso. Non ho mai sorriso in questi mesi, a parte quando ho indossato i nuovi abiti. Gli do la mano, ho bisogno di uscire di qui. Lui mi guarda un secondo, mi prende la mano e la stringe e io mi sciolgo completamente. Non voglio esagerare con i contatti, spaventarlo, farlo scappare. Usciamo fuori dal locale. Non ci credo, Jasper è con me. Non parliamo, continuo a stringergli la mano e ci spostiamo un po’ più fuori dal centro abitato. Mi giro verso di lui, lo guardo, mi liscio il vestito e abbasso gli occhi. Lui continua a fissarmi incredulo. Sono io che devo parlare per prima, capisco che lui non abbia la minima idea di chi sono io.
“Sono Alice. Io.. ho delle visioni. Visioni del futuro, penso siano visioni che arrivano quando qualcuno decide di fare qualcosa sicuramente. Sai, Jasper, io non so chi sono. Quando mi sono.. svegliata, non avevo nessun ricordo della mia vita, né tantomeno ne ho ora. Non ho idea di chi sono. Però di una cosa sono sicura. Io sono Alice, Alice che deve passare la sua vita con Jasper. Tu sei stata la mia prima visione. Il nostro incontro, e poi noi, sono state le prime cose che ho visto nel buio, quelle che mi hanno permesso di uscire dall’oscurità, dalla voracità e dalla pazzia di una neonata.” Abbasso gli occhi di nuovo. Dio, mi sento in imbarazzo, vorrei solo abbracciarlo forte e saltare questo passaggio, essere subito felici insieme. Mi fissa. Continua a non dire nulla.
“Hai visto la nostra vita?”
“Il nostro incontro, e poi qualche visione delle tue battaglie prima di arrivare qui, di Peter e Charlotte e ho visto confusamente la tua schiena… nuda, in una visione, e altro..”. Mi fissa sconcertato, deve essere davvero difficilissimo per lui.
“Conosci Peter e Charlotte?” commenta sorpreso
“No. Li ho visti, parlavate. Eri depresso. Stai bene?” alzo lo sguardo verso i suoi occhi.
“Meglio..credo” sussurra incerto. Faccio un lieve sorriso, tentando di metterlo a suo agio.
“Jazz non so come posso spiegarti. Ma io ti amo. Ti amo tantissimo, dio, anche troppo. E averti davanti a me davvero, e non solo nelle visioni ecco, mi fa strano. Ma in un senso buono. Mi sento migliore, diversa. Mi viene da ridere, avrei voglia di saltare ovunque, abbracciarti e baciarti, e poi non so, perché non sono pratica di queste cose. Ma devo essere sincera con te, su quello che penso. Sei speciale. Sei il mio uomo, Jasper, anche se ancora non lo sai” dico tutto d’un fiato fissandolo negli occhi. Il rosso acceso del suo sguardo mi fa sentire a casa, nonostante non sia ancora esattamente lo sguardo del mio Jazz, quello di casa Cullen.
“So che ti sembra difficile, ma.. ti fidi di me?” finisco il discorso.
“Io.. mi dispiace deluderti ma.. – prende un sospiro e io già mi sento morire- ho bisogno di tempo”. Ammette deluso.
“Oh. Oh sì, ovviamente. Quindi.. vai via?” il mio tono tradisce la delusione e il dolore.
“Uhm..” si passa una mano tra i capelli, con uno sguardo colpevole e dispiaciuto.
“Tornerai, vero Jazz?” mi si spezza la voce. speravo che potesse essere tutto più semplice, invece non pare proprio.
. Accenna un sorriso incoraggiante.
Lo guardo, gli poso una mano sulla guancia. Freme, ma non si muove. Gli accarezzo lo zigomo con il pollice, è bellissimo. Guarda la mia mano, poi inchioda il mio sguardo con il suo. Faccio un passo avanti, mi alzo sulle punte. Sono ad un centimetro dalle sue labbra, inspiro, sento il suo profumo dolce e inebriante, sono ad un millimetro da lui. Non faccio nulla, non voglio che mi azzanni o che si senta pressato. Mi scoppia il cuore, ad averlo così vicino. Non si muove, sospira, mi fissa e io gli sfioro la bocca con le labbra. È morbida e fresca. Lo sfioro solo, sospiro,
“Ci spero tanto” soffio sulle sue labbra e lui freme.
mi allontano di scatto e in un attimo si è girato ed è sparito.

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Ringhio arrabbiata e inizio a correre verso la periferia. Mi trovo in un campo e mi siedo sull’erba, affondando la testa nelle mani. Vorrei poter piangere, ma non posso. Mi sento oppressa, pensavo finalmente di aver sistemato tutto invece Jasper se ne è andato, e non riesco a vedere se tornerà. Rimango immobile, senza fare nulla, finchè un rumore non mi attira. Ci sono quattro uomini che si avvicinano a me, mi fissano e ridacchiano. Il puzzo di alcol mi arriva subito, e dai loro discorsi non sono ben intenzionati.
“Ehi bella! Ehi! Dico a te!” urla uno di loro con un tono da sbronza. Sbuffo, non apro gli occhi, non ho neanche lontanamente voglia di dargli retta dopo tutto quello che ho in testa. Fisso un filo d’erba dove si sta arrampicando un insettino a cui non so dare il nome, e fa qualche passo, è quasi arrivato in cima ma scivola giù e si ritrova a metà. Ridacchio istericamente. Mi ricorda qualcuno. Sento una pressione sulla spalla. Uno degli uomini cerca di buttarmi a terra spingendomi da dietro, alzo la testa. Sono circondata. Uno davanti a me, cerca di spingermi giù puntando un ginocchio sull’erba in mezzo alle mie gambe e uccidendo l’insettino. Il suo alito è davvero orrendo, ma sento bene il sangue che scorre nelle vene, e sento la gola raschiarmi. Ogni respiro è un po’ di dolore in più, e cerco di evitare di respirare. Provano a buttarmi giù, ma resto assolutamente immobile. Non riesco proprio a sentire la pressione delle loro mani. Eppure continuano a urlarmi in faccia i loro desideri da pervertiti. Uno mi prende per i capelli e tira, ed inizio ad innervosirmi. Non si toccano i miei amati capelli. E quando il tipo davanti a me inizia a tirarmi la gonna del vestito in su e in giù, cercando di strapparmi via le calze e la biancheria mi infurio. Caccio un ringhio animale che li fa bloccare per un secondo. Mi fissano e io mi alzo in fretta. Ricomincio a respirare, e il loro sangue cosi invitante mi dà alla testa. Vado in visibilio, mi si girano gli occhi e sento che l’istinto da cacciatore mi sta sopraffacendo. Quando riapro gli occhi sono scuri, quasi marroni, simbolo di quanto sono assetata. Gli uomini mi si buttano addosso, io li schivo, ne prendo uno che mi ha agguantato la vita e gli spezzo il collo con un colpo di mano. Poi affondo i denti nella carne e succhio via tutto il liquido dolciastro, e mi sento meglio. Mi era mancato davvero tanto il sangue umano. I compagni del tipo iniziano ad urlare, spaventati, e provano a scappare. Li lascerei anche andare, se non avessi cosi bisogno di qualcosa di davvero buono, di uno strappo alla regola. Quel mese di sangue animale mi ha reso ancora meno schizzinosa nei confronti dei gusti degli umani. Prima dell’astinenza, avrei sicuramente sentito il saporaccio dell’alcool che rovinava il sangue di quello che ho appena ucciso, ora mi è sembrato squisito. Presto uccido anche gli altri due, e mi sento soddisfatta. Accatasto i corpi e li brucio con un fiammifero preso dalla scatola che porto sempre con me. Mi allontano, e noto un paio di occhi rossi che mi fissano dal buio. Riconosco l’odore di Jasper, ma non ho intenzione di avvicinarmi o forzarlo. In fondo se ne è appena andato, e sicuramente ha bisogno di pensare. Io invece, ho un desiderio sfrenato di un vestito elegantissimo e di un ballo regale, ma nella mia situazione proprio non potrei presentarmi a quelle festa bellissime,  probabilmente le trasformerei in un racconto dell’orrore. Ringhio. Penso di odiarlo in questo momento, mi fissa da lontano e non fa nulla. Guardo il cielo. Fra poco il sole sorgerà e devo assolutamente trovare un posto dove stare. Sbuffo infastidita e cammino nella direzione opposta a dove si trova Jasper. Presto mi trovo nella campagna, in mezzo al nulla, e inizio a innervosirmi. Mi sforzo di correre più veloce, e mi accorgo che mi sto allontanando per kilometri dalla città senza trovare nemmeno una casolare abbandonato. Quando la luce del sole si fa lieve, mi viene l’ansia. Passo di albero in albero, sperando che nessuno noti qualche strano brilluccichio in piena campagna e venga a controllare o si metta in testa di fotografare il fatto. Ringhio infastidita, continuo a correre. I piedi affondano nella terra soffice, il profumo dell’erba tagliata mista a quella secca dovrebbe rilassarmi, l’umidità nell’aria e le gocce di rugiada sulla mia pelle farmi tranquillizzare, invece adesso la tristezza ha lasciato il posto alla rabbia. Vorrei strillare, piangere, schiacciare i piedi a terra, andare da Jasper e dirgli quanto mi ha fatto soffrire, vorrei che lui tornasse. Vorrei trovarmelo davanti ora, a braccia aperte, con un piccolo sorriso, vorrei che mi dicesse che va tutto bene. Che mi ama, o che almeno imparerà a farlo. E invece sono sola, lui se ne è andato, e non so se tornerà. Lo spero, ma non lo so. Ed è questa la cosa che più mi fa innervosire. Sono così persa nei miei pensieri che non mi accorgo di aver passato una piccola fattoria, con un grande fienile. Il cielo ha quel colore rossastro e tipico dell’alba, un arcobaleno che varia dal blu delle tenebre e che sfuma sempre più verso la linea d’orizzonte, passando a un celeste scuro e ad un colore rosato e poi infine rossastro. E’ questo l’istante che io osservo tutte le notti, l’istante che segna il momento di nascondersi, che mi condanna a chiudermi nel buio, qui dove il tempo è sempre bellissimo e il sole splende limpido nel cielo. Torno sui miei passi ed entro nel fienile. Per fortuna vi è un piccolo rialzo dove si trova il fieno, mi nascondo lì, so che fra poco qualcuno verrà a nutrire le mucche e le galline. Al mio arrivo gli animali si innervosiscono, le oche starnazzano e si scostano, le galline fanno un gran rumore e la mucca scalpita. Anche il cavallo è nervoso, ha le orecchie attaccate al collo e gli occhi sgranati, e fa avanti e indietro nel fienile. Il gallo canta, e io mi accuccio ancora di più tra le balle di fieno. Il giorno passa lento e pacato, il proprietario della fattoria non mi vede, e conversa allegramente con la moglie mentre munge la mucca. Quando non ci sono, se faccio un movimento troppo forte o mi faccio notare, gli animali si innervosiscono. Per questo rimango immobile fino a sera, solo quando sono sicura che il contadino e la moglie sono a letto mi alzo. Esco dal fienile, respiro un po’ d’aria fresca, con solo qualche traccia dell’odore acre che mi ha accompagnato per tutto il giorno. I miei capelli saranno sicuramente un disastro, pieni di fieno, come anche il mio vestito.  
Per una settimana continuo a gironzolare nei dintorni, quando sento che la rabbia cresce troppo e non riesco a controllarmi, sono costretta a uccidere qualche animale. Non voglio più toccare il sangue umano, è tremendamente sbagliato. Il senso di colpa per quegli uomini c’è ancora, nonostante loro non si sarebbero fatti molti scrupoli ad aggredirmi, stuprarmi e uccidermi. Per fortuna c’ero io, al posto di qualche ragazza molto sfortunata. Jasper continua a seguirmi da lontano, e questo mi fa innervosire ancora di più. Una volta mi sono girata e l’ho guardato così intensamente che lui è quasi inciampato. Cosa piuttosto strana per un vampiro. I suoi occhi rossi spuntano qua e là durante le mia nottate, e mi seguono da lontano. La cosa più brutta è che continua a seguirmi, non scappa. Questo dovrebbe rincuorarmi, invece mi fa saltare i nervi ancora di più. Sto camminando nella notte, e sento i suoi occhi addosso. Mi fissa ansioso. Ormai riesco quasi a captare i suoi sentimenti, i suoi pensieri. Con tutta questa rabbia nel corpo, quasi non riesco più ad avere visioni. L’unica cosa che vedo sono i posti in cui devo rifugiarmi la notte. Stasera mi sono concentrata troppo tardi. Ho visto una casa a circa due miglia da qui, ma è già l’alba. A quest’ora il sole ha anche più effetto sulla mia pelle. Divento rosea. Dovrei raggiungere quella casa, ma vedo una piccola fattoria abbandonata prima, e mi ci ficco dentro senza pensare. Mossa sbagliata.
Sento subito qualcuno che mi balza alle spalle, non riesco a schivarlo, nè a girarmi in tempo. Il vampiro mi stringe forte il collo. Per fortuna riesco a mollargli un calcio su una gamba, molto forte, e lui è costretto ad alzarla per non scivolare. A quel punto mi stacco la sua mano dal collo e mi giro. È a dir poco un colosso. Mi fissa con una sguardo cattivo, è il triplo di me, e non ho alcuna speranza di sopravvivere. Questo le mie visioni non me l’avevano proprio detto. Ringhia forte, io rispondo, quasi istintivamente. In un attimo è su di me. Una mano sul collo, l’altra sul braccio, mi sbatte al muro e mi stringe. Sembra che il mio collo stia andando in frantumi. Un gesto, gli basta un gesto per staccarmi la testa. Cerco di divincolarmi, ma mi si è schiacciato completamente addosso. Ringhio, mordo l’aria, cerco di girare la testa, lo prego, ma il tipo è pronto alla mossa finale. Ho una visione, completamente buia. La morte. Sto per morire. Dio, non sono riuscita neanche a passare un po’ del mio tempo con Jasper. Sono felice per lui però, non soffrirà troppo. Il senso di colpa è un sentimento secondario per i vampiri.
È un attimo. Una chioma bionda mi si para davanti, il suo profumo, un ringhio, e il colosso è volato dall’altra parte della stanza. Jasper mi guarda un attimo, come per assicurarsi che io stia bene, e poi si lancia contro il vampiro. Mi tremano le gambe per il sollievo. Sospiro, Jasper ha battuto vampiri molto più forti di lui. Chiudo gli occhi, non riesco a sopportare di vederlo combattere. Sento un urlo, un paio di strappi, e il vampiro che mi ha attaccato giace a terra, senza testa e senza un braccio e una gamba. Jasper prende un accendino dalla tasca e lo brucia. L’odore dolciastro inonda la casetta. Storco il naso. Jasper si gira verso di me, mi corre accanto, prende la mia mano e la stringe forte, come io ho fatto con la sua qualche tempo prima. Usciamo fuori. Per fortuna c’è qualche nuvola a coprire il sole, iniziamo a correre. Non dico nulla, nemmeno lui, lo guido fino al fienile che avevo visto, entro dentro e mi segue. Stiamo per un attimo in silenzio, nessuno dei due sa bene cosa dire.
“Grazie. Mi hai salvato.”
“Niente, non preoccuparti..”
“Resti?” lo interrompo. Lui sgrana gli occhi, poi abbassa lo sguardo e si preme le tempie con le dita.
“Si. Penso di si. Io.. è un po’ dura. Sento tutte queste strane sensazioni, poi ci sei tu.. e tu mi ami e io non …”
“Il tuo potere deve essere parecchio incasinato”- Lui mi fissa stupito, poi fa un sorrisetto triste.
“Non quanto lo sono io..”
“Io penso di doverti dire una cosa, prima che tu decida di restare”.
“Cosa?”
“Io … non uccido umani. Mi cibo solo di sangue animale.”
“Sangue animale? Come diavolo fai?”
“All’inizio è stata dura, non ci si abitua mai, ma ad un certo punto smette di pesare così tanto”.
“Ma.. ma tu hai ucciso quegli uomini, ti sei nutrita..”
“Beh, è stato un caso. Ero piuttosto arrabbiata, sai, per.. te.. e mi sono un po’ lasciata prendere dalla situazione.”
“Oh, si. Ma non posso non chiedermi il perché”.
“Non mi fa sentire un mostro. Non mi sento un’assassina.”
“Ma tu non sei un’assassina. Sono umani.” mi guarda come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Appunto, Jasper. È omicidio.”
“No che non lo è! Devi nutrirti! Non sono nulla, sono solo umani!”
“Non mentire. Tu percepisci le emozioni, sai benissimo che sono troppo simili a noi. Sono troppo vulnerabili.”
“Io non ti capisco. Ma sento che ci credi, e .. vorrei comunque restare con te. Magari provarci, ma su questo non ti prometto nulla.”  Fissa il suo sguardo nel mio. Io sorrido sincera. Resterà. Resterà! Finalmente sarò felice. Sono felice, mi correggo. Gli vado incontro, saltellando contenta, lo abbraccio forte. Lui mi ricambia un po’ esitante, ma so che non mi farebbe mai del male. Nelle sue braccia mi sento tranquilla, sicura. Spero che non andrà più via. Vorrei poterlo avere qui con me per sempre. So che sarà difficile. Lui non mi conosce, deve innamorarsi di me, e sarà un percorso lungo e pieno di impicci. Ma confido in lui. Mi stacco dal suo collo, fissandolo negli occhi. I nostri nasi si sfiorano, le labbra sono a un centimetro di distanza. Freme. Decido però di non baciarlo. Gli stringo la mano e mi siedo, lui si mette davanti a me. È l’ora di una lunga chiacchierata. Parliamo di tutto, ci raccontiamo i particolari della nostra vita fino ad adesso. Lui si ricorda qualcosa della sua vita umana. Scopro che è sempre stato un ragazzo altruista quando era umano, un soldato bravo e carismatico. È giovane, forse quanto me. Ha vissuto i suoi decenni da vampiro sempre in guerra. Viveva con Maria, la vampira che l’ha trasformato. Da quanto ho capito c’è stato qualcosa tra di loro, ma niente di importante. Jasper parla di Maria superficialmente, mi racconta della sua cattiveria, del fatto che sia stato costretto ad uccidere suoi simili. Mi racconta di Peter e Charlotte, di come siano scappati insieme da quel clan. Lo vedo intristirsi quando mi confessa della sua depressione, del fatto che non riesce a cacciare senza essere sovrastato dalle emozioni delle prede. È quasi come se sentisse i pensieri degli altri, con la differenza che tutto quello che provano le altre persone, soprattutto se sono emozioni forti, possono entrare dentro di lui e farlo stare male per giorni. Jasper è davvero bello, e più parla, più sento di innamorami di lui, anche se non sono sicura di poter contenere così tanto amore. E ogni volta che mi innamoro un po’ di più, ogni volta che sento il mio cuore muoversi, pur essendo imprigionato in un involucro di roccia, lui mi fissa attentamente, le sopracciglia alzate e uno strano sguardo, la bocca tesa che poi si scioglie in un sorriso quando uno dei due ricomincia a parlare. Non è difficile per me raccontargli tutto, soprattutto sfogarmi per la prima volta con qualcuno riguardo ai dubbi sul mio passato. È frustrante non sapere nulla della mia famiglia, o della mia vita passata, e la frase di quella donna ‘sei uguale a tua madre..’ a volte mi tormenta così tanto che non riesco a non pensarci. Jasper mi consola, mi tranquillizza e mi dice che troveremo un modo di scoprire chi sono. Io non sono cosi speranzosa, ma lascio stare. Il cielo diventa scuro, appaiono le prime stelle, noi usciamo tranquillamente, mano nella mano. Mi è servito molto parlare con lui, di lui, e di me. Mi sembra di conoscerlo ancora di più, sono contenta che lui conosce me. E’ l’inizio di una nuova vita. E sono sicura che sarà meravigliosa. 

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