nothing like us

di rescuemejustin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


nothing like us
 

 

“MEGAN? MEGAN! ASPETTA, TORNA QUI! DOVE STAI ANDANDO?” justin gridò con tutte le sue forze cercando di far tornare indietro la ragazza che stava correndo per il parco con le lacrime agli occhi.
corse verso di lei e la afferrò per un braccio facendola voltare.
i suoi occhi pieni di dolore e delusione.
non li avrebbe mai dimenticati, mai.
“cos’hai intenzione di concludere scappando? eh? pensi di riuscire a risolvere le cose? avresti dovuto ascoltarmi, cazzo” disse il ragazzo scuotendole un po’ le spalle.
“VATTENE, LASCIAMI STARE” gridò la ragazza cercando di liberarsi e scappare.
scappare, non riusciva a fare altro in quel momento.
justin la afferrò e la strinse al suo petto, stringendola e accarezzandole i capelli. megan scoppiò a piangere sulla sua spalla e ricambio la stretta.
justin la faceva sentire protetta, sapeva che tra le sue braccia tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma in quel momento tutto sembrava sbagliato, soprattutto lei.
“ehi ehi, piccola, guardami” le alzò un po’ il mento per poterla guardare negli occhi.
la ragazza alzò la testa e scontrò i suo occhi color mare con quelli color cioccolato dell’amico, una combinazione perfetta.
“non devi piangere, ok? ci sono io con te e non me ne andrò mai” il ragazzo mise le sue mani sulle guance bagnate della ragazza e le passò i pollici sotto gli occhi per asciugarle le lacrime.
la abbracciò di nuovo e la strinse ancora di più a se, come se non volesse più lasciarla.
“lui mi ha tradita, ti rendi conto? john mi ha tradita, il mio ragazzo. pensavo mi amasse come io amo lui, ma a quanto pare sono solo un’illusa”
“non sei un’illusa, sei solo accecata dall’amore” le accarezzo ancora i capelli, profumavano di vaniglia.
“scusami” sussurrò la ragazza che in quel momento sembrava tanto fragile, cosa che non era affatto. tutto questo l’aveva sconvolta e non sembrava neanche lei la ragazza che stava parlando. aveva gli occhi rossi e gonfi, era pallida ed era molto fragile. megan non era mai stata una ragazza fragile e sentimentale, ma era innamorata, non poteva fare nient’altro in quel momento. era certa che l’unica cosa che non era cambiata era justin al suo fianco, lui c’era e ci sarebbe sempre stato.
“scusarti? per che cosa, scusa?” chiese justin evidentemente confuso sciogliendo l’abbraccio.
“per non averti ascoltato. tu mi avevi avvertita e io come una cretina ho fatto di testa mia, non mi sarei mai dovuta fidare di quel ragazzo, avrei dovuto ascoltare solo te, il mio migliore amico, l’unico che non se ne andrà. ti prego scusami, davvero, io non pensavo…” non riuscì a finire di scusarsi che venne di nuovo travolta da un abbraccio.
scoppiò di nuovo a piangere tra le braccia di justin.
lui stava soffrendo più di quanto lei immaginasse, l’aveva sempre amata ed era sempre stato lì ad aspettarla mentre lei si fidava di un altro ragazzo.
soffriva, piangeva e nessuno lo sapeva, tutto perché era innamorato della persona sbagliata.
era innamorato della sua migliore amica e non poteva farci niente, tutto quello lo faceva stare male, ma era convinto che l’amore avrebbe superato ogni cosa.
non riuscì a farsi scappare un “ti amo”.
la ragazza sorpresa alzò lo sguardo.
“sì, ti amo di bene megan” sussurrò justin.
“anche io justin, non immagini quanto”
non immagini quanto. queste parole continuavano a rimbombare nella mente di justin.
lei non immaginava quanto lui l’amava, anzi, non lo sapeva proprio.
“lo supereremo, come abbiamo sempre fatto” le disse justin prendendola in braccio come una principessa.
“io e te?” chiese accoccolandosi sul suo petto.
“sì, io e te, per sempre, è una promessa, ti ricordi?” disse baciandole la fronte e camminando verso la sua auto.
 
13 anni prima…
“ho paura di andare in quella scuola” continuava a pensare la bambina, non si era accorta di essere andata addosso ad un bambino biondo.
“ehi, fai attenzione!” disse l’altro.
“scusa, non l’ho fatto apposta, io…” un piccola lacrima scese sulle paffute guance della bimba.
“perché piangi?” chiese innocentemente il bambino.
“perché non conosco nessuno qui e la mia mamma se n’è andata e mi ha lasciata qui” piagnucolò lei.
“non piangere, anche io sono da solo e non conosco nessuno. se vuoi possiamo essere amici, cosi conosci me!” disse innocentemente il bambino porgendole una manina.
“sì, che bello!” gridò esuberante lei afferrando la manina del suo nuovo amico.
passarono la loro prima giornata di scuola insieme, senza mai dividersi e alla fine della giornata, prima di uscire da scuola si fecero una promessa: strinsero i mignoli e si promisero di restare migliori amici per sempre, senza mai dividersi.
e così fu.
 
sì, ricordava eccome.
“dove andiamo?” chiese la ragazza guardandosi intorno.
“a casa mia, a bere la cioccolata calda come piace a te e a guardare spongebob, come facciamo solo io e te” disse aprendo la portiera della macchina e poggiando la ragazza nel sedile del passeggero.
entrò anche lui in macchina e sbuffò un po’.
“justin?” sussurrò la ragazza posando la sua mano fredda e fragile sul braccio del ragazzo.
“si?” il ragazzo si girò passandosi una mano tra i capelli e tirandoli alle punte.
“ti voglio bene, grazie per esserci sempre” disse stringendo il punto dove aveva poggiato la mano.
“tutto per la mia principessa” disse.
le diede un bacio sulla fronte e mise in moto la macchina.
il viaggio era un po’ lungo e la ragazza iniziava ad annoiarsi.
“cantami qualcosa” disse girandosi verso justin accennando un piccolo sorriso.
justin prese al volo l’occasione e iniziò a cantare la loro canzone.
“there’s nothing like us, there’s nothing like you and me…” iniziò.
“together through the storm” cantarono insieme.
 

 

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“tutto per la mia principessa”
 

 
 
 
 
my world
ok, non so com’è come primo capitolo e quindi
ci tengo a sapere cosa ne pensate c:
è la prima ff di più capitoli che scrivo, le altre
sono solo os e quindi ho bisogno di consigli, sono aperta a tutto, anche
critiche, ma vi prego, recensite, ci tengo non sapete quanto c:
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


nothing like us
 

 
justin’s view:
arrivammo a casa mia.
continuavo a torturarmi le mani, ero in ansia. avevo paura di non riuscire a consolare megan come dovrei.
volevo farla stare bene e forse dopo avrei avuto una possibilità con lei.
l’ultimo mio desiderio era farla stare male e farla allontanare da me, la amavo.
aprii la porta di casa e feci passare avanti megan.
“siediti, io vado a preparare la cioccolata” le sussurrai all’orecchio.
 
megan’s view:
“siediti, io vado a preparare la cioccolata” mi sussurrò all’orecchio e sentii i brividi per tutta la schiena.
era una sensazione strana, non avevo spesso quei brividi, le poche volte che li avevo era quando ero con john.
basta, devo smetterla di pensare a lui, per il mio bene.
vidi justin allontanarsi e sparire dietro la porta della cucina.
mi sedetti sul divano e sbuffai.
ripensai a tutto quello che era successo quel giorno e iniziò a girarmi la testa.
la vista mi si appannò e le lacrime minacciavano di scendere.
cercai di non piangere, non volevo farlo di nuovo, ma le lacrime ebbero la meglio su di me, ero troppo debole per riuscire a smettere di piangere.
iniziai a piangere in silenzio per non farmi sentire da justin.
poggiai i gomiti sulle ginocchia e affondai il viso tra le mani.
la mente piena di pensieri, ricordi di lui, immagini sfocate.
non sarei durata a lungo in questo stato.
e se avessi ascoltato justin sin dall’inizio? e se non avessi fatto di testa mia e avrei pensato con un minimo di cervello? beh, probabilmente non mi troverei in questo stato adesso.
fottuto amore, ti fotte e basta.
continuai a piangere, sempre più lacrime scivolavano sulle mie guance calde.
non riuscii a trattenere i singhiozzi e scoppiai.
sentii dei passi dietro di me, prima lenti, poi più veloci.
era justin.
 
justin’s view:
“ehi megan, ho preparato la cioccolata come piace a te” dissi guardando per terra, facendo attenzione a non far cadere le due azze per terra.
sentii dei singhiozzi e sperai di aver sentito male, con tutte le mie forze.
un altro singhiozzo, un altro e poi un altro ancora.
“megan? megan! cazzo, cazzo, cazzo.” posai le tazze sul tavolo lì vicino e corsi da lei sul divano.
le scossi un po’ le spalle e cercai di farla smettere di piangere, ma sembrava inutile, così la abbracciai.
“megan, non piangere, ti prego, fallo per me” le sussurrai stringendola al mio petto e accarezzandole il braccio.
la sentii tirare su con il naso e iniziò a calmarsi.
“ti prego” dissi di nuovo continuando ad accarezzarla e dandole un bacio sulla nuca.
“non ce la faccio” disse fievolmente cercando di asciugarsi il viso.
“ascoltami” dissi staccandomi da lei e guardandola negli occhi, volevo parlarle con il cuore in mano, anche se non del tutto.
alzò lo sguardo su di me e si morse il labbro inferiore.
“tu sei forte, ok? lui non meritava il tuo amore e merita tantomeno le tue lacrime. lui non ha il diritto di far piangere la mia principessa” dissi infuriato, marcando sulla parola “mia”.
chi cazzo si pensava di essere quel ragazzo? lui non può far soffrire la mia piccola.
la vidi abbassare di nuovo lo sguardo.
mi morsi il labbro.
“vieni qui, piccola” le feci segno con le braccia di abbracciarmi e lo fece, questa volta senza piangere.
“hai ragione, quel bastardo non può scoparsi la prima che capita e farmi stare così, io sono megan james, eccheccazzo” alzo lo sguardo di scatto su di me.
“io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, né tantomeno da uno come lui. andrò avanti, come ho sempre fatto, insieme a te. adesso voglio la mia cioccolata e guardare spongebob con il MIO migliore amico” disse infuriata stringendo i pugni.
le nocche delle sue mani diventarono bianche dalla stretta e le sue guance erano rosse.
non si vedeva neanche un po’ che era incazzata nera.
megan era così: prima piangeva ed era triste, poi passava nella fase “incazzata nera/istinti omicida”. era fatta così e io l’amavo anche per questo.
si alzò e andò a prendere le due tazze che avevo posato poco prima sul tavolo.
tornò da me, questa volta con un ampio sorriso sul viso e sorrisi a mia volta vedendola felice.
forse ancora non era del tutto felice, ma era bello vederla sorridere anche in queste situazioni, situazioni in cui una normale ragazza come lei sarebbe affondata nelle lacrime per ore e ore.
“sai di essere fantastica? è questa la megan che voglio” dissi prendendo la tazza che mi porgeva.
“ti voglio bene, non sarei così se non sarebbe per te. sei stato tu a dirmi di essere forte, no? bene, lo farò, costi quel che costi” disse bevendo un po’ di cioccolata.
feci un gran sorriso e mi alzai dal divano.
la vidi corrugare la fronte e piegare la testa da un lato. “dove vai?”
a quella vista scoppiai a ridere. “a prendere il dvd di spongebob, no?” dissi alzando le spalle.
scoppiò a ridere e mi fece segno con la mano di andare.
vedere spongebob con la cioccolata calda era la nostra “tradizione” o come si può chiamare.
forse era un cosa un po’ infantile per dei diciottenni, ma spongebob era il cartone animato che amavamo di più da bambini e tutti e due amavamo la cioccolata calda.
è stupido, lo sapevamo, ma continuavamo incondizionatamente a farlo, sempre.
andai nello scaffale dove tenevo tutti i dvd e lo presi, era il primo, come sempre, e tornai in salotto, ma non trovai megan, solo la sua tazza sul tavolino davanti al divano.
“megan?” andai in cucina e la vidi impegnata a prendere un sacchettino di marshmallow in uno scaffale alto e con una coperta sulle spalle.
soffocai una risatina e mi appoggiai allo stipite della porta osservandola.
riuscì a prendere il sacchettino e si voltò di scatto verso di me sentendomi ridere.
sorrise anche lei, ma smise subito mettendo su una faccia imbronciata.
“è così che aiuti la tua migliore amica? dove sono finiti i gentiluomini di una volta? pft” disse con un’aria di donna vissuta sbuffando e mangiando un marshmallow.
mi passò davanti alzando la testa ignorandomi, sempre con la faccia da finta imbronciata.
mi voltai per continuare ad osservarla mentre andava verso il divano.
le corsi dietro e la presi per i fianchi, mettendomela a mo’ di sacco di patate sulla spalla.
la sentii lanciare un gridolino e iniziò a ridere e a dimenarsi.
tirava caldi dappertutto e continuava ridere, pensai di essere in paradiso.
“LASCIAMI! HAHAHAHAHAH JUSTIN! SE NON MI LASCI TI INFILO I MARSHMALLOW NEI PANTALONI” gridò tirandomi una pacca sul sedere.
mi misi a ridere anche io e la lasciai andare, poggiandola per terra.
si aggiustò i capelli e cercò di ricomporsi in modo buffo, cercando di fare la seria, ma con scarsi risultati, dato che subito dopo scoppiò a ridere.
scoppiai a ridere anche io e mi avvicinai a lei, mettendole le mani sui fianchi.
“pensi ancora che non ci siano più i gentiluomini di una volta?” dissi iniziando a ballare un lento alla bene e meglio, facendo il buffone.
le feci fare una giravolta e la feci avvicinare ancora un po’ a me.
“mmh no, dato che tu sei il mio principe” disse sfoderando un sorriso bellissimo.
“mh, bene, dato che tu sei la mia principessa” le sussurrai a pochi centimetri dalle sue labbra.
la voglia di baciarla era troppo forte e per un momento ci pensai, ma non mi sembrò il caso, non in questo momento, così le diedi un piccolo bacio sulla guancia.
“principessa, le va di prendere i primi posti per vedere spongebob?” le chiesi facendo una voce profonda e buffa e porgendole il braccio.
“ovviamente” disse afferrandolo.
arrivammo in salotto e finimmo tutta la scena buttandoci sul divano.
mi alzai e andai a mettere il dvd nel lettore e poi mi risedetti affianco a megan, mettendole un braccio intorno alle spalle.
si accoccolo di fianco a me e iniziammo a guardare il film.
io sapevo tutte le scene a memoria e non era tanto per dire, eh.
dopo un’ora mi stavo per addormentare e mi girai verso megan.
stava beatamente dormendo appoggiata alla mia spalla, era così tenera, non sarei riuscita a svegliarla neanche se mi avessero pagato, così spensi la televisione dal telecomando e mi addormentai anche io, abbracciato a lei.
 

 
 

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 “ti prego” 

 
 
 
eccomi con un nuovo capitolo sjhdsj
voglio sapere cosa ne pensate, non importa se vi piace o no, è solo per sapere c:
vi prego, recensite, fatelo per me, scrivere è il mio sogno sjdhfsgj
grazie per l’attenzione, bye.

 

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Capitolo 3
*** 3. ***


nothing like us
 

 
justin’s view:
mi svegliai lentamente, avevo un mal di testa atroce e sentivo gli occhi bruciare, e mi accorsi che megan non era più accanto a me.
saltai in piedi anche se ero rintronato e ancora un po’ addormentato e mi guardai intorno. nessuna traccia di megan. vidi un bigliettino sul tavolino è lo afferrai violentemente, tanto che si strappò.
“cazzo” imprecai sottovoce e cercai di leggere ciò che c’era scritto sul bigliettino unendo le due parti del foglio.
“sono andata a casa per farmi una doccia perché era tardi, ci vediamo domani a scuola, tua megan” lessi nella mente e sospirai.
forse pensavo che non se ne sarebbe mai andata? ero davvero uno stupido.
non riuscivo a stare senza di lei, era come una droga: inizi e poi non riesci più a smettere perché ne sei dipendente e pensi che senza, la tua vita sarebbe finita.
mi succedeva la stessa cosa, ma con megan. era come se fossi incollato alla terra per l’amore che provavo per lei, non per la forza di gravità.
era assurdo, ma fottutamente vero.
perché ero così fottutamente innamorato di un a persona che non avrebbe mai ricambiato? perché ero sempre io quello che doveva soffrire? perché sembrava che dio ce l’avesse con me? ero stanco, troppo stanco.
ero stanco di essere innamorato, ero stanco di soffrire, ero stanco di stare male per lei, ero stanco di svegliarmi la notte dopo aver fatto un incubo, ero stanco si pensare sempre a lei anche se non sarebbe mai successo niente tra di noi.
ero stanco di tutto e di tutti.
ma che ci potevo fare? niente.
potevo cercare di reprimere tutto l’amore che provavo? no.
“vaffanculo” dissi strappando con foga il biglietto e lasciando cadere i pezzetti di carta per terra.
avevo bisogno di distrarmi, subito. un po’ di musica mi avrebbe fatto più che bene.
corsi in camera mia e presi la chitarra e il mio quaderno.
iniziai a trimpellare qualche accordo e provai a tirarne fuori una melodia, ma non riuscivo a comporre niente.
“QUESTA E’ UNA CAZZO DI MALEDIZIONE” gridai tirando un pugno sul letto.
chiusi gli occhi e contai fino a dieci, per calmarmi. era un metodo che mi aveva insegnato mia mamma due anni prima che morisse.
riuscivo a calmarmi solo in quel modo, forse perché ripensavo a lei.
“mi manchi mamma, qui senza di te è uno strazio. non riesco ad andare avanti senza te e il tuo sorriso. vorrei tanto poter tornare indietro, ma è impossibile. qui non c’è nessuno che mi sappia aiutare come facevi tu. ti voglio bene” sussurrai alzando un po’ lo sguardo al cielo, come se lei potesse realmente sentirmi.
come se lei mi stesse guardando da lassù e potesse sentire il mio dolore.
ero solo un depresso del cazzo, innamorato della ragazza sbagliata e solo come un cane perché sua mamma era morta per colpa di una cazzo di malattia.
cancro di merda, perché hai preso proprio lei, eh?
mi sentivo a disagio.
era strano, non riuscivo a capire cosa fosse.
pensavo a megan e provavo dolore.
pensavo a mamma e provavo dolore.
era come se tutto il mio amore stesse cambiando me e i miei pensieri.
era da un po’ di tempo che mi comportavo in modo strano, me lo avevano fatto notare anche i miei amici.
un minuto ero felice e il minuto dopo mi sentivo uno schifo, come se fossi uno sbaglio.
dicevano che ero bipolare. non sapevo bene cosa significasse e la cosa mi spaventava, sapevo solo che non era una bella cosa.
accesi il mio portatile, andai su wikipedia e scrissi “disturbo bipolare” e lessi tutto quello che c’era da sapere.
dopo aver letto sgranai gli occhi e digrignai i denti.
non.era.possibile.
ero bipolare, o almeno così sembrava.
ero un cazzo di psicopatico. non riuscii a trattenere la rabbia e lanciai un urlo.
chiusi il portatile con un colpo secco e ci tirai un pugno sopra. me ne pentii subito dopo e controllai che fosse tutto intero, fortunatamente lo era.
ancora più innervosito di prima mi alzai dalla sedia e tirai un altro pugno, questa volta alla porta, provocandomi un dolore acutissimo alla mano.
corsi in bagno e sbattei la porta dopo esserci entrato dentro. mi appoggia al lavandino e mi guardai allo specchio con una faccia schifata.
aprii l’acqua e mi sciacquai il viso, forse mi sarei calmato un po’.
sfortunatamente non funzionò, quindi decisi di farmi una doccia per rilassarmi. magari sarei riuscito a farmi scivolare tutti i problemi addosso.
mi spogliai ed entrai nella doccia.
aprii l’acqua, era gelida, proprio come desideravo. mi bagnai tutto e iniziai a tremare per il freddo, avevo freddo, ma almeno mi stavo calmando.
restai almeno quindici minuti sotto l’acqua ghiacciata e iniziai a pensare a megan. pensai ai suoi lunghi capelli neri e ai suoi occhi verdi e grigi.
era bellissima.
amavo tutto di lei.
amavo il suo viso dolce, amavo il suo sorriso, amavo il modo in cui mi abbracciava, amavo quando si metteva in punta di piedi per farlo essendo un po’ più bassa di me, amavo il modo in cui si scostava i capelli dal viso, amavo quando si incazzava per il mio carattere e amavo quando subito dopo mi chiedeva scusa e mi stringeva a se.
ma odiavo il fatto che ero entrato nella doccia per dimenticarmi per un po’ dei problemi e lei invece tornava sempre nei miei pensieri.
sarei riuscito a stare calmo per cinque fottutissimi minuti? probabilmente no.
uscii dalla doccia e mi avvolsi un asciugamano alla vita. mi guardai nuovamente allo specchio e questa volta vidi un ragazzo sorridente.
che cazzo mi stava succedendo? perché prima ero incazzato nero e dieci minuti dopo ero felice e sorridente?
tutto ciò non era assolutamente normale, no, neanche un po’.
probabilmente pensando a megan la mia rabbia era scomparsa un po’, anche se stava costantemente lì ad assillarmi.
“come stai?” ecco, probabilmente se in quel momento qualcuno mi avesse fatto quella domanda, prima sarei rimasto immobile e poi avrei tirato un pugno al primo che mi capitava sotto mano.
non riuscivo neanche a capire come mi sentivo, capite? era come se mi avessero chiuso in una bara: solo, senza niente e nessuno.
una persona normale vedendomi avrebbe pensato “oh quel ragazzo sarà intelligente e simpatico”, invece mi sentivo come se in quel momento avessi tutto tranne che un cervello che mi dicesse cosa fare.
non ci stavo più con la testa, dovevo trovare un modo per rimediare, non ce l’avrei fatta un minuto di più.
andai in camera e presi dei vestiti puliti: maglietta bianca, jeans neri e supra viola.
originale, penserete, vero? no, sempre la solita merda.
mi asciugai e mi vestii in fretta. facevo tutto di fretta e non sapevo perché. non avevo niente da fare, quindi, perché fare tutto di fretta? non lo sapevo, ma dovevo uscire da quell’inferno.
forse non era la mia casa o la mia vita l’inferno, forse erano i miei stessi pensieri.
pensieri che mi assillavano giorno e notte, paure, emozioni, problemi.
pensieri che sembrava non se ne volessero andare.
vi siete affezionati a me, piccoli stronzetti, vero?pensai irritato da tutto questo. stavo usando troppo il cervello, dovevo smetterla di fare così, ma come?
oh, cazzo justin, stacca un po’ il cervello deficiente. pensai ancora.
okay, bastava solo andare da megan, no? d’altronde avevo capito che stando con lei mi “calmavo” e non pensavo a nient’altro, quindi.
illuminazione.
scesi gli scalini due a due e mi fiondai sul divano per prendere il cellulare che avevo lasciato lì qualche ora prima.
1 nuovo messaggio” non mi importava, dovevo andare da megan, subito.
andai in cucina, presi le chiavi di casa e corsi fuori.
aria. pensai quando un leggero venticello mi colpì.
la mia mente si stava già liberando, strano.
casa di megan era abbastanza vicino, ma iniziai a correre lo stesso.
avevo bisogno di parlarle, non come ragazzo innamorato di lei, ma come un ragazzo che aveva bisogno della sua migliore amica.
corsi per qualche minuto e quando intravidi la casa gialla che tanto desideravo vedere corsi ancora più velocemente.
arrivai davanti al portone e pensai ad una cosa.
se megan era andata via da casa mia perché era tardi, adesso, che ora era? presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e strabuzzai gli occhi quando vidi che erano già le nove di sera.
ero così agitato che non mi ero neanche accorto che fuori era buio.
la cosa era ancora più grave, ma non potevo aspettare il giorno dopo per parlarle.
bussai freneticamente al portone e mi aprì una megan in pantaloncini e canottiera.
un pensiero diverso dagli altri mi balenò per la testa e mi morsi il labbro.
no, non ero lì per questo.
“justin? che ci fai qui? che ore sono?” disse controllando l’ora sul cellulare che teneva in mano.
“non importa. adesso devi aiutarmi”

 

 
 
 
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“che cazzo mi stava succedendo?”
 

 

 

 
ecco un nuovo capitoloooo c:
questo è concentrato soprattutto sui pensieri di justin, è una cosa un po’ confusionaria, lo so.
mi sono sentita confusa anche io scrivendolo lol
niente, ditemi solo quello che pensate di questo capitolo.
vorrei soprattutto sapere cosa ne pensate della confusione di justin e di tutti i suoi pensieri c:
bye <3
 

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