The Coldest December

di Aimee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - a ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 - b ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Coldest December

Autore: Aimee

Tradotto in italiano dall'inglese da Bunny83 per Erika's Fanfiction Page

Usagi è impigliata in un triangolo tra Mamoru e il misterioso Tuxedo Kamen


Note dell'Autrice: Konnichiwa, minna-chan! Sono tornataaaaa!^^ E' passato proprio tanto tempo dall'ultima volta che sono stata nei paraggi, vero? Vi sono mancata? La pausa è stata piacevole, ma ora che mi sono riposata e occupata di alcune priorità (come dormire ^^;;), torno in pista e sono pronta a scrivere! È stato un duro lavoro e ho messo tutta me stessa nella storia che state per leggere. Potrebbe essere familiare per alcuni di voi, ma per gli altri è nuova, così permettetemi di rinfrescarvi la memoria o di introdurvi alla storia. Siamo nella prima serie della storia fra Usagi e Mamoru, raccontata secondo il punto di vista di Usagi. Non segue proprio la trama dell'anime o del manga, ma penso che vi piacerà ^^ Ci sono alcune piccole differenze, come il fatto che Minako è insieme alle senshi, nonostante lei non dovrebbe ancora esserci nel cartone…mi perdonerete, vero? Non potevo lasciare fuori quella pover ragazza! Non sarebbe stato carino! Lei mi guardava dal mio album di Sailor Moon con quei grandi occhi blu, che sembrava stessero per piangere, " Ti prego, Aimee! Io *devo* essere nella tua storia!" Ahimè, sono una debole creatura. Inoltre ho reso Usagi quindicenne e matricola in una scuola superiore per l'unica ragione che io ho ODIATO la scuola media.
Ho fatto alcune serie modifiche a questa storia, così per quelli di voi che avevano letto l'originale, è meglio andare a rileggere i primi capitoli. Ho aggiunto scene extra, tolte alcune, e aggiunto alcune serie "angst"… e voi sapete quanto io *ami* angst. ^_~ Ho anche tradotto i nomi e gli attacchi in Giapponese. Oh, e le sequenze dei sogni non sono più in tempo presente.
Spero che la storia vi piaccia. ^^

Qui ci sono alcune parole giapponesi che ho inserito:

Arigatou-- grazie
Gomen-- mi dispiace
Hai-- sì
Konnichiwa-- Ciao
Konnichiha--buongiorno
Minna-chan-- tutti (con tenerezza)
Goshinpainaku-- non preoccuparti
Baka-- idiota, anche usato per riferirsi all'autrice
Nani?-- cosa?
Demo--ma

Questa storia è dedicata…
Al mio Signore e Salvatore Gesù Cristo, senza il quale non esisterei
A tutti i miei lettori, che tiro su con le mie lunghe note e lacune
Ad Angela, che ha spontaneamente corretto le bozze dell'intera storia. Sono 200K pieni di errori di grammatica. Angela è anche la co-webmistress di Moonlit Eclipse, la nostra nuova homepage!
A Serena24, la mia fantastica amica e sorella in Cristo. * un abbraccio*
A Kimmie, la mia amica e uno dei miei originali editori. Cantiamo tutti insieme, possiamo? "Oh where…is my hairbrush?" Mi manchi, Kimmie! Scrivimi!

Buona lettura!
Aimee-chan >^..^<

11-12-99 (corretto a giugno 2000)

Affermazione: so che questo sarà uno shock, ma io non possiedo Sailor Moon. Ahimè è vero. Questa affermazione è valida per tutti i capitoli della mia storia

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"Lodiamo il nome del Signore,
perché solo il Suo nome è sublime;
la Sua gloria risplende sulla terra e nei cieli" Salmo 148,13

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Prologo

"Con una parola provo così difficilmente a dimenticare,
a liberarmi di tutto, ma l'amore…"

Lui aspettava pazientemente davanti a me, i suoi occhi appassionati nascosti da profonde ombre e dalla maschera, che ho desiderato milioni di volte non esistesse. Le sue labbra non emisero neanche una sillaba, e neanch'io trovai le parole. Il lieve ondeggiare del suo mantello nella brezza leggera era l'unico suono, eccetto il battito del mio cuore.
Mi si annebbiò la vista quando lui fece un passo verso di me, il leggero click del tuo stivale aggiunto al suono del suo mantello svolazzante. L'unica cosa che riuscivo a mettere a fuoco erano i suoi occhi. Mi meravigliai alla loro vista, notando il loro intricato disegno. Erano del colore dell'oceano… come le onde agitate da una tempesta. Sprazzi di verde e oro si aggiungevano alla loro profondità e bellezza. Ci si può perdere facilmente in quegli occhi. Quelli cercarono i miei e io mi sentii come se lui potesse leggermi direttamente nella mente. Lui era entrato nei miei pensieri, aveva visitato i miei sogni, e risvegliato i miei più intimi desideri… tutto con una semplice occhiata. Mi ero avvicinata a lui, quasi contro la mia volontà, eppure allo stesso tempo, ero completamente intimidita da lui.
Lui fece un altro passo e io cominciai a tremare. Mai eravamo stati così vicini, e quando lui mi si avvicinò di più, io cominciai a sentirmi dentro più completa. Era come se il mio stesso cuore non fosse completo senza unirsi al suo.
Avevo dimenticato come respirare mentre lui continuava il suo lento, allettante avvicinamento. I suoi movimenti erano tranquilli e la sua andatura regolare. Il lungo mantello nero, che pendeva dalle sue larghe spalle, gli dava un'aria distinta--alla prima occhiata, si poteva facilmente scambiare l'uomo per un nobile. Il suo abito da sera era del nero più cupo, si intonava con i suoi indomiti capelli color dell'ebano. Non avevo mai notato davvero quanto fosse alto. La sua grande statura torreggiava sulla mia fragile persona, e le sue gambe e le sue braccia erano forti e ben scolpite. Ora non ero per nulla intimorita o spaventata da lui.
Approfittando della sua vicinanza, studiai i suoi lineamenti. Notai la sensuale curva del suo labbro inferiore, il suo mento distinto e ben definito, e le sue spesse ciglia scure che sottolineavano i suoi intensi occhi blu oceano. Il mio sguargo fisso non riuscì a staccarsi da quegli occhi per alcuni minuti, trovandoli davvero attraenti…attraenti quasi quanto l'uomo stesso. Da qualche parte, nei recessi della mia mente, iniziai a chiedermi come sarebbe apparso senza la maschera, che mi nascondeva il resto dei suoi lineamenti… e la sua identità.
Lui parlò, con una voce che era tanto profonda quanto emozionante: "Ti stavo aspettando"
In qualche modo riuscii a trovare la mia voce, ma suonò piccola e estranea "Davvero?" Respirai, inumidendomi le labbra nervosamente. Annuì, un leggero sorriso attraversò il suo viso. Allungò una mano guantata e spostò una piccola ciocca di capelli dorati dal mio viso, prima di accarezzare teneramente la mia guancia. Potevo sentire il calore della sua mano attraverso il tessuto del guanto, e il mio cuore corse ancora più in fretta. Si fece più vicino-così vicino che ero costretta a guardare in alto per incontrare l'intenso sguardo che mi offriva. Il mio respiro si mozzò in gola quando sentii l'altro braccio circondare la mia vita, la sua mano che trovava la mia piccola schiena "Stai tremando" mormorò al mio orecchio, il suo respiro fece fluttuare lievemente i miei capelli. "Hai freddo?"
Ero senza parole a causa della sua reale presenza e vicinanza e non potevo fare nulla, ma annuii, nonostante mi sentissi bruciare dentro.
Lui sorrise ancora, e io mi ritrovai a soffermarmi sulle sue labbra, invece che sui suoi occhi. Apparivano soffici e invitanti, specialmente per una ragazza che non era mai stata baciata prima. Forse lui notò il mio sguardo, perché mi strinse a sé e lentamente pose fine alla distanza fra le nostre labbra.
Mi baciò una volta. Due volte. Quando lentamente, ma sicuramente, iniziai a perdere il conto. Le sue calde labbra erano ricche e dolci, ma sorprendentemente gentili.
Lui si staccò infine, ma continuò a stringermi a sé "Ho solo una domanda, dolcezza mia" sussurrò al mio orecchio
"Si?" domandai, la mia testa girava, il mio cuore danzava
"Quante volte puoi spingere il pulsante snooze prima di essere in ritardo per la scuola?" mi chiese con quella sua allettante, sensuale voce
"È semplice" borbottai nel sonno "Quattro"
Udii ridere. I miei occhi si spalancarono pochi secondi dopo che una voce e un volto lontano si sostituirono al mio adorato Tuxedo Kamen. Non erano altro che di mia madre.
"Credo che tu dovresti alzarti, Usagi" osservò decisamente divertita "E se non è troppo disturbo, fai i miei complimenti al ragazzo-Tux"
E questo, cari lettori, è come la mia giornata comincia…

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La citazione iniziale è da Jars of Clay.

Si, lo so… le note dell'autrice erano più lunghe dell'intero prologo. Mi spiace, ma avevo tante cose da dire! Mi perdonerete, vero? E in aggiunta, il primo capitolo uscirà presto. ^^ State allegri…

~Aimee
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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


The Coldest December

Autore: Aimee

Tradotto in italiano dall'inglese da Bunny83 per Erika's Fanfiction Page

Ciao, minna-chan! Ecco il primo capitolo di TCD. Questa volta non ci sono molte modifiche, appena un pochino.

Vorrei mandare un grande abbraccio alla mia amica Andree-Anne, che non si sente molto bene questa settimana. Spero ti rimetta presto, hon! *altri abbracci*

Vorrei anche mandare un grande grazie ad Angela, senza la quale la mia grammatica sarebbe sembrata quella di un diario scritto a cinque anni. *tanti abbracci Angela*

Ho scritto una nuova fic che uscirà presto…probabilmente tra una settimana più o meno. Si intitola "Crash and Burn" e sto provando a scrivere una trama completamente diversa dalle classiche fanfiction. Riguarda il mio personaggio preferito, Mamoru… ma il resto è un segreto! ^^

Buona lettura!

~Aimee-chan >^..^<


*indica pensieri*

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"Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine"
Gesù Cristo, Apocalisse 22,12

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Capitolo 1

"Echi di risate,
danzare in corridoi lontani,
con le lacrime di cuori spezzati.
Noi inseguiamo spesso i nostri sogni,
ci danno la chiave per aprire ogni porta,
noi siamo ciò che diventiamo"
~Michael W. Smith

Mi piace sognare ad occhi aperti. Cosa c'è di sbagliato il questo?
Sognare romantici incontri a mezzanotte con Tuxedo Kamen è molto meglio di … bè della geometria, ad esempio. Ma come il destino vuole, Tuxedo Kamen non era presente, e io ero seduta nella mia vecchia classe di geometria, e il compito che mi si profilava innanzi non era per niente più facile. Sospirai, persa nei miei pensieri, come sempre.
"Signorina Tsukino?" chiamò una voce in lontananza "Signorina Tsukino, sto parlando con lei."
"Hmmm?" domandai sognante, mettendo a fuoco la vista. Davanti a me c'era la mia professoressa di geometria, che sfoggiava uno di quei suoi odiosi sorrisi. Lo giuro, quella donna è convinta di essere una qualche forza onnipotente dell'universo. Mi schiarii la gola, strappando la mia mente alla piega che stavano prendendo i miei pensieri, sforzandomi di lavorare al quarto problema. "Um…si, Mrs. Tutty? C'è qualche problema?"
"Certo che c'è, signorina" disse indicando l'orologio con aria accusatoria "Non sei neanche a metà del compito, quando la classe ha quasi finito. Cosa hai fasso esattamente per l'intera ora? Sognavi ancora ad occhi aperti?"
Deglutii a fatica, facendo del mio meglio per ignorare i risolini dei miei compagni. Sentii le mie guance bruciare dall'imbarazzo. "Gomen, Mrs. Tutty" dissi con una vocina sottile, gli occhi bassi "Mi metterò al lavoro ora"
La mia odiosa professoressa increspò le labbra, in una posa che la faceva somigliare a un topo soffocato "Per punizione dovrai restare due ore dopo la scuola. Io e lei faremo una lunga chiacchierata, signorina Tsukino"
Risatine riempirono l'aria, mescolandosi pochi attimi dopo al suono della campanella. La lezione era finita, come lo era il mio compito di geometria che non avevo completato. Ricacciai indietro le lacrime mentre mi alzai in piedi per tornare al mio lavoro.
Ami era in piedi fuori dalla porta della mia classe, aspettando che io mi unissi a lei per il pranzo. "Hey, Usagi-chan!" disse con la sua dolce voce tranquilla "Come è andato il test?"
Mi morsi il labbro, distogliendo lo sguardo dal libro Advanced Multivarient Calculus che Ami teneva protettivamente tra le braccia "Non mi va di parlarne"
Lei corrugò la fronte, spostando una ciocca di capelli scuri dai suoi occhi "La ripetizione non ti ha aiutato per niente?"
"Ami, per favore…"dissi fermamente, ma non c'era asprezza nella mia voce. Lei distolse lo sguardo da me in modo preoccupante per un momento, ma con mio sollievo, sorrise, mi prese sottobraccio e iniziammo ad avviarci lungo la strada per la mensa della scuola.
"Andiamo," sorrise "Makoto porterà sushi e riso per noi per pranzo. Non è magnifico?"
Sorrisi al tentatico della mia amica di tirarmi su con la prospettiva del cibo. Non c'è bisogno di dirlo…funzionò. "Andiamo!"
Sfoggiai un apatico sorriso durante tutto il pranzo, guardando Ami e Makoto mentre scherzavano e ridevano. Davvero, ho le migliori amiche del mondo. Loro sono sempre attente a me e sono sempre pronte a porgermi una spalla su cui piangere.
Ma…c'era qualcosa che ancora mancava. Qualcosa dentro di me, che non mi faceva sentire completa. Profondamente dentro di me, c'era un dolore…un desiderio ardente di qualcosa di più…qualcosa che le mie amiche, per quanto volessi loro bene, non potevano darmi. Neanche i miei sogni ad occhi aperti mi davano sollievo. Ma che cosa mi mancava?

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"Angoli retti… piramidi…dimostrazioni… sono tutte parti della geometria, Usagi. E quindi sono tutte parti della nostra vita"

"Lo sai, quando avevo la tua età, mi domandavo 'Perché devo imparare queste cose? Non mi serviranno nel mondo reale!' Non avevo idea che sarei arrivata nella splendida posizione dove mi trovo ora. Se sarai perseverante, Usagi, migliorerai i tuoi voti. Potresti diventare un'insegnante come me un giorno."

"E inoltre… la geometria ti renderà capace di apprezzare la piena bellezza delle forme. Non posso far finta di capire perché non ti piacciono…"
"Ehm, Mrs. Tutty?" la interruppi con riconoscenza "Le due ore sono finite…"
Si accigliò, irritata che io avessi disturbato la sua glorificazione delle sfere e dei cubi. Non solo odiavo quella donna, ma ora ero convinta che da qualche parte, tra l'università e il presente, lei avesse completamente perso la testa. "Puoi andare…ma voglio vedere dell'impegno, signorina"
"Sì, signora"
Corsi via.

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Libera da quella schifosa prigione che la mia cara mamma chiama 'scuola', scappai grata lungo le frenetiche strade di Tokyo.
Amo questa città. Tutto di essa è pieno di vita e attività; non c'è da meravigliarsi che il NegaVerse se ne sia interessato tanto. Girovagando senza meta, osservai le innumerevoli persone e il loro correre velocemente qua e là. Mi domandavo che genere di vite conducessero e perché fossero così di fretta. La mia attenzione si spostò alla splendida scena offerta dai preparativi per la stagione di Tokyo. Le decorazioni per la celebrazione dell'ultimo giorno dell'anno che si avvicinava, davano varie costruzioni e luci, rendendo ogni cosa splendente ed eccitante. Luci di ogni colore splendevano nel cielo, che andava velocemente oscurandosi con il tramonto del sole. Era l'inizio di dicembre, e il freddo pungente mi fece rabbrividire nella mia leggera uniforme scolastica. Cominciò anche nevicare, sebbene il meteo aveva predetto parecchi centimetri verso la fine della settimana. Continuai a rabbrividire saltellando per le strade della mia bella città, felice per l'anticipazione di questi piccoli preziosi fiocchi di delicato ghiaccio candido. Il mio viso si sollevò verso le nubi e sorrisi.
Qualcosa è nell'aria oggi. Cambiamento. Non potrei spiegarlo…
Persa nei miei pensieri, andai a sbattere accidentalmente contro qualcosa di largo e caldo e prontamente mi inchinai a terra "Gomen! Gomen!" gridai in tono di scusa alla persona davanti a me, terribilmente imbarazzata.
"Dobbiamo smetterla di incontrarci così, Odango Atama" disse una voce familiare

Guardai su e gemetti.

"Mi stai ignorando Odango?"chiese il mio arcinemico
<È svelto…forse se gli urlo contro se ne va>
"No di certo, non ti sto ignorando," scattai, accettando apaticamente la mano che mi offriva per aiutarmi ad alzarmi "E smettila di chiamarmi in quel modo. Non sai qual è il mio vero nome?"
Lui sorrise-quell'irritante sorrisetto offensivo e che peggiorava la situazione. Oooo, quell'uomo mi fa ribollire di rabbia…
"Ti chiamerò come mi pare, ragazzina" disse, insistendo sul fatto che ero verticalmente svantaggiata. Maledetto!
Altamente insultata, mi alzai in punta di piedi, eludendo la differenza d'altezza tra noi (non poi molto, penserete voi, ma abbastanza per farmi sentire meglio con me stessa). Conficcai pericolosamente un dito dritto nel suo occhio sinistro e gli urlai tutti gli insulti a cui potevo pensare " Tu sei senza alcun dubbio il più presuntuoso, altezzoso, arrogante, irriguardoso, borioso, egoista, verme!!!"
"Dillo un po' più forte, Odango. Non credo che ti abbiano sentito a Londra"
"Oooooo!" Sbuffai, totalmente esasperata dal, ora ridente, Chiba Mamoru.
Voi non conoscete Mamoru, cari lettori, vero?
Prendiamoci un momento per ovviare alla vostra ignoranza. Il suo passatempo preferito include organizzare la sua giornata e pensare a nuovi termini per prendere in giro i miei capelli. Avevate capito il riferimento al commento Odango Atama? Hey, smettetela di ridere! Non è divertente!
Devo ammettere, comunque, che Mamoru (sebbene totalmente privo di charme) è estremamente attraente-capelli neri, occhi blu, corpo eccezionale (non che io lo guardassi). Voi dovete capire quanto sia deprimente sapere che l'*unico* uomo di bell'aspetto a Tokyo, che al momento perde tempo a parlare con me, lo fa solo per mettere alla prova le sue nuove prese in giro. Ho già detto quanto io odi l'ironia?

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"Rei, se tu continui a fare quella faccia terrificante, andrà a finire male" dissi a disagio, distogliendo lo sguardo dalla rossa faccia da incubo che mi si stava avvicinando minacciosamente.
"Sei in ritardo di due ore… due ore, Usagi!" ripetè Rei infuriata "Dove sei stata? L'incontro delle senshi è terminato mezz'ora fa."
"Sono stata in punizione" spiegai, stringendomi nelle spalle innocentemente.
"Perché non l'hai detto a una delle ragazze?" domandò, il vapore che usciva dalle sue orecchie creando adorabili disegni di condensa sulle finestre del Tempio della Collina dei Ciliegi. "Neanche Ami e Makoto sapevano niente della tua punizione"
"Gomen, Rei" sospirai, seccata e stanca di scusarmi con chiunque incontrassi. Il mio sguardo si abbassò e silenziosamente mi inchinai a terra.
"Tutto ciò che ti chiedo è di avvertire la prossima volta" disse Rei, la sua voce più calma "Eravamo preoccupate per te" Annuii, sentendomi a disagio non appena avvertii i suoi occhi su di me. "Sei sicura che sia tutto ok, Usagi? Qualcosa ti preoccupa?"
< No, non sto bene--sono sola. Anche fra le gente, anche con i miei amici, anche con la mia famiglia--la solitudine persiste. Ho bisogno di qualcosa di più.>
"Sto bene, Rei" la mia voce era piccola, i miei pensieri da un'altra parte.
Lei continuò a guardarmi con occhi preoccupati "Tu sai che io sono qui, se mai avrai bisogno di parlare, giusto?"
"Lo so"

Prima che Rei potesse rispondere, la nostra conversazione venne interrotta dal suono acuto di entrambi i nostri comunicatori senshi che squillarono simultaneamente. Rei rispose per prima al suo "Qui Mars… che succede?"
"Credo che abbiamo un problema. C'è una crestura ripugnante alta due metri con fin troppe braccia che sta vagando per gli Shinjuku Goen Gardens" disse una voce familiare. Armeggiai con il mio comunicatore e lo aprii. Il mio sguardo cadde sui limpidi occhi azzurri di Minako, la nostra nuova senshi
"Il mostro ha già attaccato?" domandai mentre toccavo la mia spilla per la trasformazione anticipando la battaglia che di lì a poco sarebbe seguita.
"Non ancora, ma -" fu interrotta da un urlo in lontananza "Sbrigatevi ragazze! Cercherò di tenerlo a bada mentre voi arrivate!"
La comunicazione cadde e io e Rei ci scambiammo una muta occhiata d'apprensione prima di correre dal Tempio della Collina dei Ciliegi fino agli Shinjuku Gyoen National Gardens.

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"Ew ew ew ew ew!" strillai, tentando freneticamente di liberarmi dalla melma giallo-verde che stava ora avvolgendo il mio guanto destro. Il mostro stava impiegando molto tempo lanciando la melma nauseabonda con le sue sei braccia. Quell'affare era enorme, e torreggiava facilmente sulla mia misera altezza. La sua pelle era lucida ed estremamente unta, rendendolo capace di spostarsi con incredibile rapidità. Non c'è bisogno di dire che avevo a malapena il tempo per cercare di colpirlo col mio diadema. Inoltre la silhouette di Zoycite in lontananza non era esattamente un aiuto per la mia concentrazione. Lui guardava la battaglia in rabbioso silenzio.
"Proverò a distrarre il mostro!" esclamò una voce alla mia destra. "Shabon Spray!"
La densa nebbia era un impedimento…non riscivo più a vedere quel maledetto coso.
"Crescent Beam!"
L'attacco di Venus consisteva in un fascio di energia luminosa e bruciante. Eppure, nonostante il fascio si muovesse alla velocità della luce, il mostro riuscì ad evitarlo.
"È così veloce," mi stupii, guardando con soggezione il viscido mostro che eludeva con facilità attacco dopo attacco.
"Questo lo rallenterà…Surprem Thunder!"
Un altro attacco partì fendendo l'aria in un immensa scia di luce.
L'elettricità crepitò nell'aria, dissolvendo la nebbia e facendomi rabbrividire di paura. Io *odio* assolutamente quando Jupiter fa così. Dovrebbe sapere ormai che i fulmini mi spaventano a morte.
Guardando attorno freneticamente attraverso la nebbia dissoltasi, riuscii a scorgere il mostro dietro alcuni alberi alla mia sinistra. Sebbene quello avesse provato ad evitare l'attacco di Jupiter, lei aveva saggiamente diretto il suo colpo verso un'area deserta, convinta che il mostro sarebbe stato colpito. Il fulmine attaversò il suo corpo, shockandolo violentemente e facendolo cadere a terra. La sua pelle iniziò a fumare, e sembrava che la sostanza oleosa che ricopriva il suo corpo stesse per andare a fuoco. Mars decise di finire il lavoro
"Fire Soul!"
"No, Mars!" urlò Mercury, consultando rapidamente il suo computer portatile. "È ricoperto di un materiale estremamente infiam-"
Troppo tardi, cara Mercury. Davvero troppo tardi. Il povero mostro prese fuoco praticamente spontaneamente-mi sentivo quasi dispiaciuta per lui. Le fiamme che lambivano il cielo avrebbero impressionato qualunque squadra di effetti speciali di Hollywood. La sostanza infiammabile che ricopriva il mostro spiaccicato a terra e gli alberi che facevano da sfondo alla massa informe, come me e le altre senshi. Guardai con orrore come il ramo di un albero in fiamme cadde proprio in una pozzanghera vicino ai miei piedi.
"Oh merd…"
Non ebbi il tempo di finire la mia colorita espressione, che la pozzanghera bruciò tra le fiamme. Temevo che sarei stata la prossima. Fu proprio in quel momento che iniziai a volare. Sì, avete capito bene-a volare. Colpii duramente il suolo e qualcuno iniziò a battere il mio sailor-fuku furiosamente. Costrinsi i miei occhi ad aprirsi
"Tuxedo Kamen…" presi fiato, le mie parole strozzate dal fumo soffocante. Una volta che si fu convinto che il mio sailor-fuku non stava più andando a fuoco, il suo sguardo incontrò il mio. Il suo respiro era affannato, e i suoi occhi esprimevano una grande paura. Io sentii il suono delle sirene dei pompieri in lontananza. "Minna…"iniziai, le mie parole uscivano con difficoltà "Loro…loro stanno bene?"
Lui ignorò la mia domanda e mi mostrò dove mi trovavo. Strillai e avvolsi le mie braccia consciamente attorno a lui mentre vedevo le fiamme che ci circondavano. Lui saltò e passò con facilità attraverso i cespugli e gli alberi in fiamme portandomi in salvo. Scivolai via dalle sue braccia e corsi dalle mie amiche, che erano riuscite a mettersi in salvo. Le abbracciai tutte strette, sollevata che stessero bene. Guardammo i pompieri spegnere le fiamme.
"Ottimo lavoro, piromane" la sgridò Jupiter "Stavi quasi per ucciderci!"
"Guarda, ragazza," controbattè Mars "che anche la tua piccola scossa elettrica potrebbe averlo incendiato! Ci avevi pensato?"
Ignorai il battibecco delle ragazze e mi girai verso Tuxedo Kamen, per realizzare che era scomparso. Non ero sorpresa che se ne fosse andato in silenzio. Faceva sempre così. Sentii Mercury mettermi un braccio intorno alle spalle "Stai bene Sailor Moon?"
"Starò bene" dissi in tono vacuo "Zoycite se n'è andato?"
Mercury lanciò un'occhiata attorno nel cielo pieno di fumo. "Credo che se ne sia andato quando il mostro è stato annientato--proprio come Tuxedo Kamen."
"Non mi ha detto neanche una parola, Mercury," dissi, pressochè in lacrime "Come può essere così freddo?" fissai malinconicamente dove era scomparso per alcuni minuti, rifacendomi la domanda nel mio cuore.
"Sailor Moon" iniziò lentamente "Hai mai preso in considerazione la possibilità che Tuxedo Kamen potrebbe non essere dalla nostra parte?"
Shockata mi voltai verso la mia amica "Ma…ma questo è assurdo! Voglio dire, perché avrebbe dovuto salvarmi la vita se fosse un nostro nemico?"
"Non lo so" rispose con calma "Ma dobbiamo essere prudenti. Non possiamo fidarci di chiunque. Abbiamo troppi nemici."
Annuii sovrappensiero, mentre le sue parole sfievolivano. Non importava la logica che avevano le sue argomentazioni, io ero completamente sconvolta a quella possibilità.
Tuxedo Kamen, un nemico?
Fu circa in quel momento che iniziò a piovere.

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Di tutte le notti per un attacco del NegaVerse. Era buio, tetro è il nome giusto. A peggiorare le cose, stava piovendo a dirotto come un monsone con nient'altro di meglio da fare.
Non c'è bisogno di dire che dopo che il mostro era bruciato (povero piccolo mostro), ero ansiosa di tornare a casa e togliermi il mio fuku bagnato. Ho desiderato più di una volta che il mio costume da Sailor Moon fosse un po' più confortevole…tipo traspirante e con ciabatte a forma di coniglietto. Già, potrei procurare qualche danno maggiore al NegaVerse con questo abbigliamento-questo è certo. Ma tutti i miei desideri e le mie speranze sono vane; ogni volta che pronuncio le parole per la trasformazione-*BAM*--indosso il mio fuku. Scommetterei qualunque cosa che è stato un uomo a progettatare questo equipaggiamento…
Sciolsi la trasformazione velocemente come iniziai a correre, cercando di evitare il più possibile le goccie di pioggia-forse non avrei dovuto prendere quella seconda ciambella a colazione perché il mio tentativo di non bagnarmi non stava andando troppo bene.
Mentre correvo, i miei pensieri tornarono all'uomo che solo venti minuti prima mi aveva tratto in salvo. Tuxedo Kamen non poteva essere un mio nemico… o sì? Sicuramente Mercury era paranoica. Non importa che sia un genio o che i suoi ragionamenti siano fuori dagli schemi. Doveva essersi sbagliata…
Deglutii a fatica, ricacciando indietro le lacrime, mentre riconsideravo ancora una volta l'ipotesi di Mercury. Perché Tuxedo Kamen non mi aveva mai parlato? Perché non aveva mai reso manifeste le sue intenzioni? Avrebbe mai preso un momento per me--Sailor Moon? Non avevo davvero importanza per lui?
Smisi di correre all'improvviso e rallentai fino a una tranquilla camminata. Stavo prendendo tempo, diversamente da Tuxedo Kamen. La pioggia mi inzuppava, ma io ero già fradicia, perciò perché preoccuparsi? Alzai il mio viso verso il cielo e sorrisi mentre la pioggia cadeva su di me.
Lasciai vagare la mia immaginazione…
Cominciai a pensare al mio misterioso uomo mascherato, chiedendomi che cosa lui avrebbe pensato della sua Sailor Moon che danzava sotto la pioggia. Lo immaginai che rideva divertito, qualcosa che il vero Tuxedo Kamen non aveva mai fatto. Forse allora, lui mi avrebbe offerto il suo mantello per tenermi al caldo e asciugarmi dalla pioggia, e allora io avrei--
Scoppiai a piangere sonoramente. Dolore e sorpresa colpirono il mio corpo così in fretta che facilmente sarei caduta al suolo. Forse caddi davvero, ma non me ne accorsi. Sentii mani su di me… rozze mani. Strinsero in una ferrea morsa i miei polsi, procurando dei lividi sulla pelle delicata. Ero stata spinta contro un muro e lì trattenuta con forza. Costrinsi i miei occhi a mettere a fuoco il mio aggressore e vidi un uomo vestito di stracci, la sua faccia che umiliava, schernendola, la mia. Una mano si chiuse sulla mia bocca, impedendo ai miei urli di essere uditi.
Era alto e il suo viso era sottile come uno scheletro. Una cicatrice frastagliata marcava la sua guancia sinistra, mentre c'era uno scuro livido sotto il suo occhio. Un lampo brillò in lontananza, un lampo nei suoi occhi smorti. Era chiaro che l'uomo era altamente intossicato.
"Guarda un po', cosa ci fa una ragazza carina come te qua fuori? Potresti farti male…" Il suo alito ripugnante sulla mia faccia, puzzava di fumo e alcool "Hai dei soldi, dolcezza?" rantolò
Negai con la testa furiosamente, e l'uomo aggrottò le ciglia "Davvero, angelo? Bene, suppongo che mi offrirai un po' di intrattenimento allora" E quindi, con mio eterno disgusto, iniziò a palparmi. Una sporca mano scivolò sulla mia camicetta, e le mie ginocchia quasi cedettero per la paura. La sua mano libera era pressata contro la mia bocca, attenuando il grido d'orrore che ne era uscito. Ero completamente e assolutamente terrificata.
< Questo non può accadere! È un incubo-deve esserlo!>
Ma l'incubo non terminava e presto pregai freneticamente.

Da qualche parte l'Onnipotente deve avere udito la mia preghiera, perché mandò un miracolo. Tuttavia non credo proprio che l'Onnipotente avrebbe approvato la scelta colorita delle sue parole…
"Togli quelle fottute mani da lei…"
Il mio aggressore spostò la sua attenzione da me per guardare nell'oscurità del vicolo nel quale mi aveva trascinata. Colsi l'opportunità e morsi la mano che era sulle mie labbra con tutta la forza che avevo. L'uomo imprecò, tirandola via, e mi assestò un violento schiaffo in viso.
Atterrai il suolo non per mia volontà, sapendo che era la prima volta che venivo colpita da un uomo. La mia testa era stordita e la mia guancia dolorante. Avvertii le mie pulsazioni battere furiosamente nel mio labbro inferiore, che ora stava sanguinando. Del tutto disorientata, iniziai a piangere.
Sentii i suoni di una battaglia vicino a me, ma ero veramente troppo scossa e spaventata per guardare. Comunque qualcuno cadde al suolo…e vi rimase.
"Stai bene?" disse una voce. Una voce molto familiare.
Là, davanti a me, stava Tuxedo Kamen. Sbattei le palpebre alcune volte, non convinta che fosse reale. Vicino ai suoi piedi c'era il mio aggressore, privo di sensi.
"Stai bene?" ripetè inginocchiandosi accanto a me. Mi tirai indietro come un animale braccato. Non so perchè lo feci. Tuttavia, non conoscendo le sue intenzioni riguardo le senshi, anche se sapevo dalla mia esperienza di Sailor Moon, che non mi avrebbe fatto del male, iniziai a temere che ciò che pensavo non era corretto. Lui notò la mia reazione spaventata al suo avvicinamento e tornò indietro. "È tutto a posto, non voglio farti del male. Sai chi sono?" Annuii, il tremolio del mio corpo provocò un barcollante cenno col capo. Non potevo ancora controllare il mio corpo-tremava come se avesse volontà propria. Il fatto poi che ero bagnata dalla pioggia che continuava a cadere non aiutava certo le cose.
Tuxedo Kamen mi si avvicinò cautamente, e questa volta non protestai. Lentamente si portò davanti a me. desiderai più volte di poter smettere di tremare.
Ero lì--sola con l'uomo dei miei sogni.
Strano, ma i miei sogni ad occhi aperti mi piacevano più di questo. Rivolsi il mio sguardo al suolo, incapace di sostenere il suo intenso sguardo, e piansi. Non potevo fermarmi, e il fatto che sentii asciugare le mie lacrime, le fece sgorgare ancora più numerose.
Avvertii un peso sulle mie spalle e capii che lui aveva posato il suo mantello su di me. Era caldo e confortevole, e mi riparava dalla pioggia. Mi rannicchiai dentro, cercando una fuga dalla realtà. "G-grazie" tentai di dire, ma i miei denti stavano battendo troppo, dubitavo che mi avesse capito.
La sua risposta mi garantì che comunque aveva capito "Di niente. Mi dispiace di essere arrivato tardi" disse, premendo un fazzoletto sul mio labbro sanguinante "Ti prego, perdonami"

"Non eri in ritardo" sussurrai
Lui scosse la testa ma non rispose. Parlò ancora solo dopo alcuni momenti di silenzio. "Andiamo--voglio vederti arrivare a casa sana e salva"
Mi alzai barcollando e lanciai una stanca occhiata al mio aggressore. Guardando la forma accartocciata al suolo, iniziai a sentirmi nuovamente impaurita. "Andiamo" mi invitò Tuxedo Kamen ancora una volta. Praticamente piagnucolando, mi spostai dalla forma senza sensi e seguii l'uomo alto, dicendogli con flebile voce dove abitavo.
Come mi sentivo strana mentre camminavo accanto all'uomo che tanto spesso onorava i miei sogni. Le mie corte gambe stavano a stento al tempo con quelle lunghe di lui, specialmente con il suo pesante mantello drappeggiato attorno a me. Lui sembrò notare il mio struggimento e rallentò un poco la sua andatura.
Si voltò verso di me mentre camminavamo "Se non ti dispiace rispondermi, che cosa ci facevi fuori così tardi da sola?"
Incespicai. Non sapevo cosa rispondere. Non potevo certo rivelargli che ero Sailor Moon.

"Io…um…stavo cercando la mia gatta"
"La tua gatta?"

"Hai," affermai "Lei è corsa fuori, e io…um…la stavo cercando"
"Capisco" rispose, senza particolare emozione nel suo tono "Bene, Usagi, ho un favore da chiederti"

"Un favore?" ripetei, completamente intimorita
"Il favore è che non devi *mai più* uscire ancora di casa così tardi di notte senza essere accompagnata"
Si girò verso di me, i suoi occhi blu come l'oceano bruciavano dentro i miei…c'era qualcosa di nascosto nelle loro profondità…un mistero. Mi sentii come se lui potesse vedere attraverso di me. "Sei d'accordo?"
"Va bene…" risposi in un soffio, ancora in soggezione dall'uomo dinnanzi a me.
"Ma giusto per essere sicuro" disse "veglierò"
Sbattei le ciglia e se n'era andato.

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Non proprio pieno di sunspence, ma direi che è venuto bene, che ne dite? ^_~ Angela mi ha mandato un disegno per andare avanti con questo capitolo. Grazie tesoro! Lo adoro!
*saluti* Lo potete vedere qui:

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/pictures/tcd.jpg

Sì, come molti di voi probabilmente sospetteranno, ricordo con amarezza la mia insegnante di geometria del Liceo. ^^;; Quella materia era il male! Il *MALE*, ho detto! Mrs. Tutty è stata designata dopo la mia vecchia insegnante. Quindi Mrs. Luke, dovunque lei sia…questo è per lei: *tira fuori la lingua* Nah nah nah nah!

Oh, e per i pochi di voi che me l'hanno chiesto l'altra volta, gli Shinjuku Gyoen National Gardens sono un luogo reale in Giappone. Ho realmente fatto alcune ricerche per questa storia! Siete fieri di me? Bene, e anche se non lo siete, fingete, ok?^^;;

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

~Aimee-chan

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


The Coldest December

Autore: Aimee

Tradotto in italiano dall'inglese da Bunny83 per Erika's Fanfiction Page

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"Lui non ci ama per chi noi siamo.
Lui ci ama solamente per chi è Lui." Newsboys

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Capitolo2

"Lacrime cadono sul mio libro di storia,
Colori che corrono, non voglio guardare.
C'è una nuvola sui miei occhiali da vista,
Piena di domande, sono spaventata per chiedere…"
~Whiteheart

La pioggia picchiava con un ritmo incessante contro la mia finestra in controluce, creando evanescenti disegni sulla parete della mia camera da letto. Guardai le goccie di pioggia in riflessivo silenzio, incapace di frenare le copiose lacrime che scendevano. Guardai i miei polsi, che erano coperti di scuri lividi laddove il mio aggressore mi aveva afferrato così duramente. Ogni volta che chiudevo gli occhi, mi ricompariva davanti la spettrale ombra di quell'uomo--i suoi untuosi capelli castani, il suo abbigliamento stracciato, la sua orrida espressione. Se non ci fosse stato Tuxedo Kamen…

In un istante la paura divenne puro terrore. Tenendo strette le lenzuola attorno al mio corpo tremante, piansi ancora fortemente, desiderando per tutto il tempo che Luna fosse stata là con me. Lei avrebbe saputo cosa dire e cosa fare in quella situazione. Ma lei non c'era. Ero completamente sola.
Almeno lui era là per me--Tuxedo Kamen, l'uomo che mi aveva salvato in quel terribile episodio. Il suo mantello, che era stato appoggiato su una sedia nella mia camera, fradicio per la pioggia che lo aveva enormemente inzuppato, era sparito poco tempo dopo che ero rientrata a casa. Presumetti che l'uomo misterioso avesse sciolto la sua trasformazione.
Come poi facesse a conoscere il mio nome rimaneva un completo mistero. Doveva essere che l'uomo che Tuxedo Kamen era quando non era trasformato conoscesse me--Usagi. Ma chi poteva essere? Chiunque fosse, ero praticamente del tutto convinta che non fosse un nemico. Certamente, un uomo che salva una ragazza da uno stupro non può essere cattivo.
Rabbrividii, gli occhi ermeticamente serrati

Prima che il ricordo dell'aggressione potesse ancora una volta riaffiorare, mi alzai repentinamente e mi diressi in bagno. Scansando lo specchio in un ridicolo tentativo di evitare di vedere il livido sgradevole sulla mia guancia, andai sotto la doccia e aprii l'acqua più calda che potessi sopportare. Mi strappai i vestiti di dosso e li gettai sotto il potente getto di acqua bollente.
Non prestando attenzione al calore bruciante del getto d'acqua, afferrai il sapone e iniziai a strofinare furiosamente la pelle che quell'uomo immondo aveva contaminato con le sue ripugnanti carezze. Ma il sapone poteva fare solo questo per liberarmi dall'orrendo ricordo di quel tocco.
Le lacrime che versavo divennero presto piccoli singhiozzi. Mi appoggiai al fresco muro della doccia per sostenermi e, poco dopo, scivolai in ginocchio, lasciando che l'acqua lavasse via da me, mentre piangevo, tutto il dolore e la vergogna che avevo dentro.
"Perché?" era tutto quello che riuscivo a dire. "Perché?"

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Emersi dal bagno ore dopo e sperai ingenuamente che nessuno avrebbe notato come gli angoli della mia bocca erano ora distorti. Mi sentivo molto più grande di quanto non fossi e pensai che la mia innocenza mi era stata strappata via, ma ero determinata ad uscire a testa alta, non importava quanto male mi sentissi dentro. Oggi avrei sorriso in modo smagliante e mi sarei comportata come al solito…o almeno ci avrei provato. Nessuno avrebbe saputo quello che mi era successo-nessuno. La vergogna era troppa per poter essere sopportata.
Con un sospiro entrai nella mia camera, lanciando svogliatamente un'occhiata all'orologio. Erano le 7 del mattino e io non ero ancora andata a dormire.
"Usagi!" chiamò una voce musicale "La colazione è pronta, tesoro!"
Sollevai un sopracciglio in segno di interesse. Colazione, huh? Era qualcosa che non ero stata capace di gustare per parecchio tempo. L'essere ogni giorno in ritardo per la scuola mi impediva di fare colazione per la fretta. Scesi giù per le scale, con l'andatura un po' barcollante a causa della mancanza di sonno. I miei occhi non ne volevano sapere di restare aperti, così mi lasciai guidare dal mio naso per trovare la strada verso le fettine di bacon e le uova che mi stavano aspettando.
In ogni caso, fui risvegliata di soprassalto dal rumore di un bicchiere frantumato a terra, caduto dalle dita di mia madre. "Santo cielo, cosa è successo alla tua faccia?!" gridò allarmata.
Arrossii dall'imbarazzo, quando realizzai che mi ero completamente dimenticata dei lividi.
Bene, almeno avevo provato a dimenticarli. Quel momento della mia vita non era qualcosa che avrei voluto rivivere ancora. Ma come l'avrei spiegato a mia madre?
"Io…um, sono caduta?"
Mia madre chiuse gli occhi e scosse la testa tristemente. "Tesoro" cominciò lentamente "Devi stare più attenta. Potresti davvero farti male una volta o l'altra."
Rimasi a bocca aperta. Non riuscivo a crederci-quella donna si era davvero bevuta la mia storia. "Lo so, mamma. Cercherò di prestare più attenzione. Te lo prometto."
"Questa è la mia ragazza" disse raggiante, arruffandomi un poco i capelli. "Ora vediamo se qualcuno dei miei fondotinta riesce a coprire quei lividi."
Colazione e la possibilità di andare a scuola truccata con l'approvazione di mia madre? Forse oggi non sarebbe andata così male, dopo tutto…

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Il sole splendeva nel cielo e i fili d'erba luccicavano di gocce di rugiada mentre uscivo dalla veranda. Ero truccata come una modella, grazie all'esperienza di mia madre nel campo della cosmetica. Sorrisi e iniziai a camminare con andatura tranquilla. Per una volta non avevo bisogno di correre a scuola, ottima cosa, dato che non mi sarei potuta muovere molto rapidamente dopo una colazione così pesante.
Che splendida giornata…
"Hey! Odango Atama!" disse una voce fin troppo familiare dietro di me.
Ritiro tutto. Che giornata orribile…
"Odango," ripetè la voce "Aspetta"
Aspetta? Già, certo, come no! Iniziai a camminare più veloce di proposito, ma presto vidi l'ombra del mio arcinemico raggiungere la mia sul marciapiede. Sapevo che era un giorno troppo bello per essere vero.
"Cosa vuoi?" gli chiesi impaziente, troppo seccata per guardare negli occhi quell'uomo insopportabile. Mi misi le mani sui fianchi mentre camminavo, cercando di sembrare il più possibile irritata.
"Beh, um…" esitò Mamoru, e io mi accorsi che stava esaminando la mia faccia con attenzione. Che cosa cercava?
"Si?" insistetti
"Come ti senti?" chiese un po'imbarazzato, ficcandosi svelto una mano nei suoi folti capelli neri.
Che razza di domanda era? Da quando Baka-san si interessa alla mia salute? "Sto bene" scattai "Perché?"
Lui sembrò preso in contropiede, e esitò ancora "Gomen," disse con calma, arretrando un poco-cosa che non aveva mai fatto prima. "Sembravi solo un po'stanca, suppongo."
Rimasi a bocca aperta per alcuni istanti, manifestando apertamente il mio stupore, e mi diedi dei pizzicotti alcune volte. La mia mente mi stava facendo dei brutti scherzi, oppure lui era realmente carino con me? Cos'era quella preoccupazione nella sua voce? Lui sembrava quasi…premuroso.
"Starò bene," risposi, un po'meno arrabbiata. "Grazie per avermelo chiesto."
"Ok," disse lui semplicemente, la sua mano sprofondò nella tasca dei suoi pantaloni. Avvertii il suo sguardo su di me ancora per alcuni istanti prima di girarmi lentamente e continuare a camminare.
< I suoi occhi…erano così penetranti…così freddi…c'è qualcosa di diverso in loro oggi… >
"Konnichiha, Mamoru-san," gli dissi sommessamente da sopra la spalla.
"Konnichiwa," fu la risposta.
Lasciai Mamoru indietro nella mia camminata verso la scuola, ma ebbi la strana impressione che lui mi avesse guardato durante l'intero tragitto.

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"Stai bene, Usagi?" mi chiese Makoto mentre eravamo a pranzo. "Sembri quasi…drogata, o qualcosa del genere."
Makoto-chan non sa mai come essere fine.
"Sto bene" mormorai mentre mi stiracchiavo e sbadigliavo allo stesso tempo. "Semplicemente, non ho dormito molto bene la scorsa notte."
"Io neanche," disse Ami, mangiucchiando elegantemente un pezzo di torta di riso. "Sono stata in piedi per quasi tutta la notte studiando per il mio esame di Letteratura Giapponese. Tu invece cosa hai fatto, Usagi-chan?"
"Solo…pensato."
Se non avessi avuto la testa così sprofondata tra le braccia, avrei potuto cogliere le occhiate oblique che Ami e Makoto si scambiarono. Sentii la mano di Makoto sulla mia schiena.
"Sei sicura che sia tutto a posto?" mi chiese di nuovo, la preoccupazione evidente nel tono della sua voce. "È accaduto qualcosa?"
Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma le ricacciai indietro per la milionesima volta da quando ero a scuola. Avrei dovuto sapere che le mie amiche avrebbero percepito che qualcosa non andava. Diamine-persino Mamoru l'aveva notato. Mi morsicai il labbro, avvertendo il cupo dolore dai miei polsi pieni di lividi e dalla guancia. Per quanto mi facessero male, non erano nulla se paragonati al dolore nel mio cuore.
"Io…non credo di essere pronta a parlarne…se per voi va bene," dissi lanciando una stanca occhiata alle mie amiche.
Si scambiarono sguardi preoccupati ancora una volta, alla vista delle lacrime nei miei occhi. Entrambe mi abbracciarono stretta. "Quando ti sentirai pronta, Usagi-chan, noi saremo qui per te."

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Il resto della mia giornata trascorse relativamente tranquilla. Tutti erano stranamente carini con me, forse a causa dell'espressione abbattuta del mio viso. Persino i rimproveri di Tutty-san non erano così taglienti, e nessun insegnante mi mise in punizione. Non fallii nessun test, più probabilmente perché non ne avevo alcuno. Comunque mi sentivo sempre più stanca e più assonnata. Mi rimproverai per non aver dormito la notte prima.
Mi trascinavo verso casa, pregando che nessun mostro succhia-energie del NegaVerse avesse intenzione di attare Tokyo. Mi sentivo come uno zombie, e sono certa che la gente mi guardasse alquanto sconvolta. Dovevo…trovare letto…bisogno…sonno…
"Hey, Usagi. Hai bisogno di un passaggio?" sentii dire da qualcuno. Sembrava quasi Mamoru, ma non poteva essere lui. Non mi aveva mai chiamato Usagi prima d'ora.
Mi voltai verso luogo dal quale era provenuta la voce e, ne ero abbastanza sicura-c'era Mamoru, che stava appoggiato alla più bella macchina che avessi mai visto. "No, grazie" replicai, sentendo come l'impulso di fare un pisolino sul marciapiede…e probabilmente l'avrei fatto se non fosse stato così maledettamente freddo.
"Andiamo, Odango," insistette "Lascia che ti dia un passaggio. Hai un aspetto orribile."
Ragazzi, certo che sapeva come fare un complimento a una donna…
"Sono quasi a casa, Mamoru," sottolineai, rabbrividendo, mentre mi stringevo di più addosso la mia leggera giacca per proteggermi dal vento gelido.
"No che non lo sei," respinse la mia bugia.
Come diavolo era riuscito a scoprire dove abitavo? Se mai avessi scoperto chi gli aveva dato il mio indirizzo, avrebbe assaggiato la mia ira.
Oh, ma che senso aveva? Ero troppo stanca per controbattere, e un passaggio mi avrebbe fatto molto comodo. Inoltre, si gelava fuori. Feci un respiro profondo, in modo che lui mi sentisse chiaramente, e entrai in macchina.
"Arigatou," mormorai calma, armeggiando maldestramente con la mia cintura di sicurezza.
"Non c'è problema" rispose Mamoru. Aspettò finchè non mi fui sistemata, prima di mettere in moto e unirsi al traffico.
Stemmo in silenzio per la maggiorparte della corsa. Lo guardai sinceramente alcune volte, studiando il suo profilo molto più di quanto non potessi normalmente fare con una rapida occhiata. Era veramente carino-non ci sono dubbi. Ma perché, santo cielo, quell'antipatico doveva essere così lunatico?
"Ebbene Usagi," iniziò, chiamandomi col mio vero nome per la seconda volta quel giorno; ero impressionata. "Hai avuto una nottattaccia stanotte o cosa? Sembri esausta"
"Um…sono rimasta sveglia. Dovevo studiare per un esame di matematica"
Mamoru mi lanciò un' occhiata obliqua. "Sul serio?" Era una mia impressione, o non sembrava molto convinto? "Non mi sembri una molto dedita allo studio"
Davvero, quell'uomo sapeva benissimo come farmi imbestialire. "Ah, sì? Bè ci sono un sacco di cose di me che tu non sai"
Lui sollevò un sopracciglio "Già, lo so."
Perché mi stava guardando come…se avessi fatto qualcosa di sbagliato o dovessi scusarmi con lui? Che cosa diavolo si era fumato? Io volevo andare a casa! Volevo essere nel mio bel lettuccio caldo abbracciata al mio coniglietto di pezza, non con quel maledetto demonio nella sua bella auto.
Sentendo aumentare l'impazienza, sollevai una manica della mia uniforme scolastica per guardare l'orologio. Gli occhi di Mamoru si spalancarono. Lui inchiodò e si fermò improvvisamente, facendomi gridare "Cosa diavolo stai facendo?!"
Lui afferrò il mio polso, un po' più rudemente di quanto potessi sopportare, e sollevò nuovamente la manica "Cos'è questo?" domandò, indicando il segno blu e nero.
Dannazione, perché aveva notato i lividi? Gli dev'essere caduto lo sguardo sulle ferite quando avevo guardato l'orologio. Cercò sull'altro braccio e io cercai di divincolarmi per un secondo o due, prima di cedere alla sua testardaggine. Lui ispezionò quei lividi a fondo. "Dimmi che cos'è successo," mi domandò.
"Niente…" dissi tranquillamente, cercando ancora di liberarmi dalla sua presa "Sono caduta, e questo è tutto. Cado in continuazione, nel caso tu non l'abbia notato."
Mi guardò ancora nello stesso modo-come si mi volesse far ammettere qualcosa. Era mai possibile che conoscesse la verità?

"Non mentirmi, Usagi."

Bè, di certo non avrei detto nulla, a lui meno che a tutti. "Non sono affari tuoi, Mamoru!" scattai arrabbiata, tirando via i miei polsi dalla sua presa e tirando giù le maniche così in fretta che i lividi scuri mi fecero male. "Come il tuo interesse per me, dopotutto…"
Un lampo di dolore attraversò i suoi lineamenti, e i suoi occhi si rannuvolarono incupiti, come un'ombra svelata "Sai che non è vero" disse, la sua voce calma e tranquilla--un tono che non avevo mai udito nella sua voce. Per qualche strana ragione il suo tibro rimarcava perfettamente quello di Tuxedo Kamen. "Mi preoccupo per te molto più di quanto tu possa immaginare" continuò
"Bugiardo--mi hai sempre odiata" esplosi, le lascrime premevano nei miei occhi molto più della mia cintura di sicurezza. "E credimi quando ti dico che il sentimento è reciproco."
La sua faccia insultata si sciolse in un'espressione di profonda tristezza, e anche se mi lanciai a spalancare la portiera della macchina e scappai via, quel volto depresso mi rimase impresso nella mente per l'intera strada fino a casa. Non ero mai stata così arrabbiata, avrei dovuto sentirmi dispiaciuta per lui, ma questo non era il caso.
Corsi tanto forte quanto le mie piccole gambe potessero sostenermi, lasciando quell'uomo detestabile indietro, lontano, ma non dimenticato. Raggiunsi la mia casa in tempo record. Dopo aver corso su per le scale e poi dentro la mia stanza, sbattei la porta con tutta la forza che avevo e urlai "LO ODIO!" a chiunque mi fosse stato a sentire.
"Lasciami indovinare" disse una voce gentile con un leggero accento inglese nella sua parlata. "Hai avuto un altro scontro con Mamoru?"
"Non ho voglia di parlarne, Luna" dissi alla mia gatta. Lei roteò gli occhi e si accoccolò sul mio letto per continuare il suo sonnellino.
Camminai per la stanza rabbiosamente. Mamoru e io litigavamo in continuazione, ma questa volta era diverso.
Non mi aveva insultato, ma piuttosto era andato troppo sul personale. Si era infilato dove non era voluto.

Furiosa, strappai fuori i miei compiti dal mio zaino, li sbattei sulla scrivania, e diedi velocemente un'occhiata ai test a scelta multipla prima di ricacciarli dentro lo zaino.

Nel mio atroce bisogno di sonno, non badai al fatto che fossero le quattro del pomeriggio e mi infilai il pigiama. Stizzita, strappai via le coperte del mio letto, facendo volare Luna per la camera con un sonoro "Reeeeoowwwww!!"

Mi buttai sul mio letto e impazientemente mi sistemai i capelli in modo da non rischiare di morire per un improvviso ed inaspettato caso di asfisia.

"Dormi bene, Usagi" disse Luna amabilmente dal pavimento. Ovviamente era veramente stufa della mia rabbia silenziosa.
"Comunque…" brontolai, chiudendo i miei occhi, così che potessi finalmente farmi quel sonno che avevo aspettato per tutto il giorno. Ciononostante, i miei occhi si riaprirono lentamente pochi istanti dopo, e fissai miserabilmente il soffitto.

Esausta comunque per la stanchezza, iniziai a piangere penosi singhiozzi che quasi non riuscivo a controllare. Sentii Luna saltare sul letto; camminò fino a me e strofinò il musetto contro i miei capelli. L'abbracciai stretta, continuando a piangere.
"Gomen, Luna" singhiozzai "Sono solo molto stanca, e…" mi bloccai
"Lo so" mi confortò "Allora prova a rilassarti."

Cari lettori, riuscite a crederci? Quel miserabile mi ha davvero gettato in lacrime! Ok, anche una puntura di zanzara mi fa piangere, ma non è questo il punto.
Se Mamoru fosse qui ora, non gli importerebbe che io stia piangendo…anzi probabilmente riderebbe di me. O peggio…si farebbe beffe di me e poi se ne andrebbe via.
Ma nel profondo del mio cuore sapevo che non era vero. I suoi occhi mi avevano raccontato una storia ben diversa mentre parlavamo.
Infatti, essi mi avevano rivelato molte cose su di lui…
Luna mi tenne compagnia mentre versavo le mie lacrime, e presto le sue lievi fusa iniziarono a calmare i miei nervi. Mai prima di allora, ero caduta così profondamente tra le braccia di Morfeo.

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Non sono certa di che cosa quella notte mi abbia svegliato più tardi, ma ero stata improvvisamente strappata al mio sonno, seduta sul letto con un urlo strozzato. Il mio corpo era allarmato da percezioni, e i miei respiri erano affannosi. Tremando di paura, mi sforzai di non piangere.
Era stato un incubo? *Quell'*incubo?
Il sogno aveva iniziato ad apparire da quasi un anno. Non ero mai riuscita a ricordare che cosa avvenisse, ma, in ogni caso…spesso mi svegliavo urlando. C'erano anche altri sogni…alcuni che non erano per nulla brutti. Erano persino piacevoli. Li avevo sempre relegati, benchè esitante, come prodotto della mia fervida immaginazione, ma spesso mi confondevano per come sembravano veri…
Spazzando via lo smarrimento iniziale e l'intontimento del risveglio, cercai freneticamente di richiamare alla mente che cosa stavo sognando prima di svegliarmi in una maniera così spaventosa. Ancora adesso non ricordo nulla.
Mi distesi nuovamente sul letto, ma ero ancora scossa. L'incubo, o qualunque cosa fosse, mi aveva ancora una volta resa insonne. Era sempre così. Pensando un momento alla mia inquietudine, decisi di porvi rimedio. Scuotei gentilmente la gatta addormentata accanto a me e, prima di parlare, aspettai che i suoi occhi incontrassero i miei. "Non riesco a dormire, Luna. Vado fuori a fare una passeggiata. Forse un po' d'aria fresca mi aiuterà a rilassarmi."
"Se è così allora apri la finestra. È quasi l'una di notte" mormorò assonnata "non puoi uscire da sola."
"Però quando si tratta di affari delle senshi posso uscire anche più tardi!" mi lamentai; penso di aver alzato la voce un po'troppo perché Luna si mise le zampe sulle orecchie. È così delicata.
"È diverso! Ci sono anche le senshi, non sei tu da sola."
Ma aspetta! Avrei potuto portare Luna con me nella mia passeggiatina, e lei avrebbe cacciato via ogni ospite indesiderato! Che grande illuminazione--il mio passaporto per la libertà! Svelta, saltai giù dal letto e afferrai i miei vestiti.
"Usagi, ti ho detto che non voglio che tu vada fuori da sola…" disse Luna guardandomi con un tono di voce leggermente irritato.
"Lo so" risposi prendendola dal letto. "Per questo tu verrai con me."
"Che cosa?!" strillò, cercando di divincolarsi tra le mie braccia. "Ma stavo facendo il sogno più romantico…"
"Per favore, Luna?" implorai, facendo i miei più convincenti occhi da cucciolo. Luna non può resistere quando faccio così…
sospirò e mi guardò con più affetto e comprensione. "Va bene, se è tanto importante per te, ti accompagnerò per una breve passeggiata"

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Poco dopo Luna ed io eravamo immerse nella fresca aria di Dicembre, ammirando la splendida vista delle stelle e della Luna. Presto mi sentii meglio, e l'incubo era ormai lontano dai miei pensieri. Ci dirigemmo nel parco, verso il mio posto preferito-una piccola panchina accanto al lago. Il panorama era indescrivibile, e io mi sedetti, felice, per ammirare il suo splendore per un po'di tempo. Luna mi si addormentò in braccio dopo quasi venti minuti, e colsi l'occasione per versare qualche altra lacrima.
Odiavo il fatto di essere una piagnucolona, ma non potevo farci niente. Era accaduto così spesso durante gli ultimi giorni-era troppo e basta. Comunque, persa nella mia piccola festa della commiserazione, non sentii il lieve rumore di passi in avvicinamento dietro di me.
"Mi sembrava di averti chiesto di non uscire non accompagnata" disse una voce profonda.
Immediantamente strillai, balzando su dalla panchina sulla quale ero seduta. Emisi un sospiro di sollievo quando i miei occhi incontrarono le familiari forme di Tuxedo Kamen. Sfortunatamente, Luna si svegliò bruscamente ai miei movimenti improvvisi.
"Chi? Cosa? Quando? Dove? Mmmmphhhh!" strillò, i suoi urli decisamente attenuati dalla mano che avevo chiuso sul suo muso.
I suoi occhi si spalancarono quando videro profilarsi dinnanzi a noi Tuxedo Kamen, e i suoi tentativi di divincolarsi cessarono presto. Iniziò recitare la parte della gatta, guardandolo attentamente, cercando di capire il più possibile sull'uomo che aveva così spesso protetto Sailor Moon.
"M-Mi hai spaventata" balbettai, cercando di ignorare il fatto di stare tremando di paura. Perché quest'uomo deve innervosirmi così?
"Le mie scuse"disse semplicemente, inchinando un poco la sua testa per enfatizzare. "Ma la questione è ancora aperta. Perché sei qui fuori da sola? Pensavo che avessimo raggiunto un accordo."
"La mia gatta è qui con me" risposi timidamente.
"Il tuo animaletto non è esattamente quello che avevo in mente, Usagi"
"Co-come sai il mio nome?" chiesi, sentendomi sempre più turbata da quell'uomo ogni istante che passava.
"Rispondi alla mia domanda e io sarò felice di rispondere alla tua" eluse la domanda, avvicinandosi a me lentamente. La palla di pelo tra le mie braccia aveva prontamente iniziato a ringhiare.
"Io…um…stavo cercando ancora la mia gatta" tirai su Luna per fargliela vedere "Vedi? L'ho trovata"
"Sei sicura che è questa la verità, Usagi? Non c'è qualcos'altro che non va?"
"Rispondi alla mia domanda e io risponderò alla tua" ripetei, sentendomi un po'più coraggiosa "Come sai il mio nome?"
Alzò il mento. "Abbastanza onesto. Il tuo nome è Usagi Tsukino. Frequenti la Juuban High School, e sei costantemente in ritardo."
Volevo chiedergli cosa significasse esattamente quel 'costantemente', ma decisi di tenermi la questione per me. "Ma come fai a sapere tutto questo?" domandai iniziando a sentirmi a disagio.
"Ti ho vista in giro, qua e là. In realtà, so molte cose di te," disse "eppure sei ancora un completo mistero per me".
"Cosa c'è di così misterioso in me?" chiesi, la mia voce che tremava leggermente.
"Ti nascondi dalla gente; ti stai nascondendo da me proprio ora. Per esempio mi hai già mentito due volte. La prima volta quando l'altra notte ti avevo chiesto cosa stavi facendo fuori così tardi, e la seconda volta è stata stasera, quando ti ho fatto la stessa domanda. È lampante, signorina Tsukino, che stai nascondendo qualcosa. Posso, di grazia, chiedere cosa?"
L'uomo stava guardando direttamente me e non mi piaceva.
"Cosa ti fa pensare che abbia mentito?"domandai, cercando di apparire innocente. Per favore, notate che non avevo mai conosciuto il mio lato d'attrice.
Aggirò la mia domanda e me ne fece una lui. "Perché stavi piangendo?"
Così mi aveva guardata. Perché poi stavo piangendo? Penso che fosse per tutto quello che era accaduto…l'esperienza del quasi-stupro, la lite con Mamoru, e gli incubi che non riuscivo mai a ricordare. O stavo semplicemente piangendo per la mia solitudine? Non mi piace ammettere agli altri che mi sento sola. Credo di temere che ridano di me, anche se sono circondata da carissime amiche e da una famiglia amorevole. Eppure, nonostante il loro affetto e conforto, non mi sento completa. Ma il Grande Tuxedo Kamen non si sarebbe curato di starmi a sentire, dunque perché dirglielo? Gli offrii invece un'accettabile scusa.
"Ero solo turbata riguardo…a quello che è accaduto ieri notte" spiegai, sperando che mi credesse. Luna mi fissò, domande evidenti nei suoi occhi.
"Mi stai mentendo ancora"

"Usagi, se c'è davvero qualcosa che non va e tu sei in qualche guaio…"
"Non sono in nessun guaio" gli dissi sinceramente "È solo che…"
"Si?" mi incoraggiò a proseguire.
Esitai, guardandolo a lungo e realizzai finalmente che quell'uomo era davvero interessato. Non ero solo nessuno per lui.
Prese il mio silenzio per angoscia. "Puoi fidarti di me Usagi. Ti prego, credimi se te lo dico"
Mi fidavo. Almeno pensavo di farlo…ma non ero sicura di essere pronta ad aprire il mio cuore e la mia anima a una persona che conoscevo a malapena "Non mi va di parlarne…se per te va bene" dissi timidamente.
Lui mi guardò attentamente. "Bene, almeno non mi stai mentendo di nuovo. È già qualcosa. Molto bene-tieni il tuo segreto, ma ti chiedo di essere più cauta quando vai in giro, specialmente se sei sola. Me lo prometti?"
Annuii "Te lo prometto."
"Spero che tu sappia che ti farò mantenere questa promessa, Usagi, e mi aspetto che tu sia onesta con me d'ora in poi. Niente più bugie-questa è la cosa più importante. Possono solo cacciarti nei guai"
I miei pensieri corsero a mia madre e a Mamoru-due persone a cui avevo mentito oggi. Forse non era stata una grande idea, ma cosa potevo fare per redimermi? Dire loro la verità? Non avrei mai potuto! Potevo…?
"Ti fidi di me, Usagi?" mi chiese l'uomo in nero. I suoi occhi mi guardavano con un'intensità che mi intimoriva e mi eccitava allo stesso tempo.
"N-Non lo so" risposi, completamente insicura dei miei sentimenti riguardo a Tuxedo Kamen. L'ipotesi di Ami che lui potesse essere un avversario mi tornò alla mente.
"Perché non credi che io sia degno di fiducia?" chiese facendo un passo verso di me--nello stesso modo feci un passo indietro, lontano da lui. I ringhi di Luna erano diventati un po'più alti. "Ho fatto qualcosa di discutibile?"
"No" risposi onestamente "Credo solo che non ti conosco molto bene…"
Un leggero sorriso aleggiò sulle sue labbra.
"Concepibile"
Stavo acquistando più coraggio "Chi sei tu?" chiesi con un tono di voce un poco più alto. Luna si fece silenziosa, ovviamente anche lei desiderosa di conoscere l'identità di quello straniero.
Un altro sorriso. "Questo è qualcosa che dovrai scoprire da sola, Miss Tsukino."
Mi ero innervosita "Ma come posso…?"
"Ti fidi di me, Usagi?" ripetè, interrompendomi efficacemente.
Esitai, guardando dentro i suoi occhi, e là vidi gentilezza. Mi ci volle tutto il mio coraggio per abbandonare la testardaggine dentro di me, ma lo feci.
"Mi fido."
"Bene," rispose alla mia risoluta dichiarazione. "Non tradirò mai questa fiducia, Usagi. Hai la mia parola."
"S-Significa che ti rivedrò ancora?"farfugliai. Luna mi guardava incredula.
"Lo vorresti?"
Esitai-lo *volevo*? Veramente? Il mio cervello continuava a dirmi 'Vattene!' ma il mio cuore mi diceva qualcosa di diverso…qualcosa che non potevo ignorare.
"Domani notte,"decisi avventatamente. "Stesso orario di stanotte."
Altro sorriso, "Ci sarò."

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Si, lo so…ho attribuito a Luna un accento inglese *nonostante* abbia cambiato da DIC a giapponese. Ma non posso farci niente! Mi sono sempre piaciuti gli accenti inglesi! ^^ Vi ho detto che questa storia ha delle stranezze dentro! *sogghigno*

State in guardia per il terzo capitolo…arriverà presto!

Ja ne!
Aimee-chan

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


The Coldest December

By Aimee.

Traduzione by Bunny83

Hey, minna-chan! Il capitolo tre è fatto, con qualche nuova scena aggiunta, inclusa una che Kimmie-chan mi aveva suggerito nella versione originale. ^^;; Sei *felice*, Kimmie? ^_~

Scrivetemi e fatemi sapere cosa ne pensate!

Con affetto,

Aimee-chan

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“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui.” Giovanni 3, 16-17

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Capitolo3

 

“Mezzanotte, nessun suono dal selciato.

La Luna ha perso la sua memoria?

Lei stava sorridendo da sola.”

~”Memory” from Cats

“Onestamente, Usagi! A che diavolo stavi pensando? Ancora non sappiamo chi sia Tuxedo Kamen!” mi rimproverò Luna durante il nostro ritorno alla mia camera.

“Ma Luna… sembra inoffensivo” osservai in difesa di Tuxedo Kamen, mentre mi infilavo un pigiama pesante. “Tutto ciò che ha sempre fatto è stato aiutarmi.”

“Bambina, puoi credere qualsiasi cosa, ma quell’uomo non è un nostro alleato” continuò, passeggiando avanti e indietro sul mio letto, la sua mente intrappolata in pensieri di pericolo. “Se fosse dalla nostra parte, ci avrebbe manifestato le sue intenzioni.”

Guardai la mia gattina con le lacrime agli occhi. “Non sei affatto carina, Luna.”

“Mi spiace, Usagi,” rispose fermamente, portando i suoi occhi ad incontrare il mio sguardo ferito. “Ma io sono la tua guardiana, e intendo svolgere il mio lavoro al meglio-costi quel che costi. Tuxedo Kamen non è degno di fiducia, e finchè non manifesterà le sue intenzioni, ti proibisco di avere alcun contatto con lui. Questo è tutto.”

La mia faccia era sconvolta. “Ma…” sussurrai mentre una lacrima solitaria solcava la mia guancia.

“Usagi…”disse pericolosamente. Sapevo bene che era meglio non discutere con lei quando aveva quello sguardo, così cedetti. Scacciando le minacciose lacrime che stavano per spuntare, incrociai le braccia sul petto e misi visibilmente il broncio per alcuni minuti.

“Non ho ancora capito perché è così interessato a me,” dissi tenendo il broncio. “Lui non sa che sono Sailor Moon.”

Gli occhi di Luna si restrinsero, circospetti, “Davvero? Ne sei sicura?”

Il mio respiro si mozzò in gola e i miei occhi si spalancarono. Non avevo considerato questa possibilità. Buon Dio, quanto potevo essere stupida? Quell’uomo conosceva il mio nome, sapeva dove abitavo e dove andavo a scuola,e chissà che altro!

“Capisci perché sono così turbata, Usagi?” continuò Luna “Mi sto solo preoccupando per la tua salvezza.”

“H-Hai…” balbettai, sentendo all’improvviso un brivido scorrermi giù per la schiena. “Gli starò lontana”. Lei sembrò soddisfatta della mia risposta, ma io non lo ero. Solo mezz’ora prima avevo assicurato a Tuxedo Kamen la mia fiducia in lui. Che stupida ero stata a dare la mia parola con tale facilità a un completo estraneo.

Eppure, nonostante nutrissi dei dubbi sull’uomo mascherato, le sue parole di saggezza mi risuonavano in mente con sorprendente chiarezza. ‘Niente più bugie’, mi aveva detto. ‘Questa è la cosa più importante. Possono solo cacciarti nei guai’. Gli avevo promesso che sarei stata sincera da allora in avanti.

Dio sa che avevo mentito molte volte in quei pochi giorni-a mia madre e a Mamoru. Mi sentii un verme, ma avrei avuto davvero il fegato di rivelare loro la verità? Di certo dovevo ad entrambi le mie scuse…

Con risolutezza, mi alzai e regolai la mia sveglia a 20 minuti prima, così da avere un po’ di tempo per parlare in privato con mia madre prima di andare a scuola. Fatto questo, ritornai nel mio letto e chiusi gli occhi.

Luna si raggomitolò sopra di me. “C’è ancora una cosa di cui vorrei parlare, Usagi. Cosa intendeva Tuxedo Kamen con quel ‘l’altra notte’ e con ‘non andare fuori da sola’? L’avevi già incontrato prima?”

Esitai, e una menzogna si formà sulle mie labbra.

Una lacrima scivolò lungo la mia guancia, e aprii gli occhi per incontrare il musetto intenso e alquanto preoccupato di Luna. “Usagi…? Cosa c’è? Qual è il problema?”

Mi misi a sedere sul letto, portandomi le ginocchia al petto e appoggiandomi alla testiera, cercando di raccogliere le forze per dirle la verità.

“Promettimi che non lo dirai a nessuno…” sospirai, con la gola secca.

Mi si avvicinò di più. “Se è questo che vuoi, lo prometto.”

Inghiottii rumorosamente e mi costrinsi a parlare. “L’altra notte…dopo la battaglia…stavo tornando a casa…” un piccolo singhiozzo mi sfuggì dalle labbra “E c’era quest’uomo…lui…lui mi ha aggredita…” Luna sussultò nell’istante in cui nascosi il volto tra le mani per la vergogna. “Lui voleva…stava per…ma…ma non l’ha fatto…”

“Usagi…Che cosa *ha* fatto? Stai bene? Sei ferita?”

“Mi ha colpita…qui…” toccai lievemente la mia guancia. “E…e ho alcuni lividi…”

“Ti ha…toccata?” Luna sussurrò l’ultima parte della frase quasi in rifiuto. Io annuii, e le mie lacrime aumentarono, così come la mia vergogna.

“Oh, Usagi-chan…”sussurrò, le lacrime scorrevano anche sulle sue guance. “Avrei dovuto essere là…è stata colpa mia…avrei *dovuto* esserci.”

“No, Luna…non dire così. Lo sai che non è stata colpa tua.”

“Come sei riuscita a scappare?”

“È arrivato lui…come sempre…”

“Chi?”

“Tuxedo Kamen…”

Si fermò, digerendo la notizia.

“E tutte quelle cose che ha detto prima riguardo all’essere sola…?”

“Mi ha chiesto di non andare da nessuna parte se non sono accompagnata…, così sarei al sicuro.”

Esitò di nuovo. “Non lo capisco, Usagi. Potrebbe essere un ottimo alleato, ma insiste con il voler lavorare da solo e non parla mai con noi. E tuttavia, tu sei l’unica senshi che sembra interessarlo. Difficilmente da’ una seconda occhiata alle altre ragazze. Il suo interesse per te mi spaventa, Usagi. Non mi piace affatto.”

Rabbrividii, quasi sentendo i suoi intensi occhi tempestosi su di me. “Perché io? Perché sono io quella speciale?”

“Non lo so, ma voglio che tu stia lontana da lui.” disse Luna. I miei occhi si chiusero, e ancora altre lacrime scivolarono dalle mie ciglia. “Sei stanca, Usagi,” continuò con voce gentile “E hai pensato molto. Hai bisogno di riposare. Non pensare più a Tuxedo Kamen.”

Singhiozzai, e mi asciugai le guance bagnate con le maniche del pigiama. “Va bene.” Mi sdraiai di nuovo, e Luna si accoccolò vicino a me. Il suo calore era confortante, e mi sentii più al sicuro con lei accanto.

Chiudendo gli occhi stanchi, provai a rilassarmi, ma passarono ore prima che potessi addormentarmi.

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Correvo per il giardino, ridendo allegramente come le mie compagne di gioco e giocavo tra gli splendidi cespugli di rose della Terra. Mi sentivo così giovane e libera-come un bambino senza alcuna preoccupazione. I miei capelli si gonfiavano soffici nella leggera brezza, e mi resi conto che la loro lunghezza raggiungeva a malapena la schiena. Tuttavia sarebbero diventati presto lunghissimi-proprio come i magnifici capelli d’argento della Mamma.

Fiori di ogni colore adornavano il fitto cespuglio verde. Mamma aveva detto che non dovevo toccare le rose, ma io ero troppo curiosa per darle retta. Dopotutto, non c’erano fiori così belli nel luogo da dove venivo. Allontanandomi furtivamente dalle mie amiche-no, dalle mie guardiane-mi avvicinai a un largo cespuglio, nell’intento di cogliere uno di quei preziosi boccioli. Ce n’erano così tanti--nessuno si sarebbe accorto della mancanza di un solo fiore.

Allungai una mano ansiosa e delicatamente toccai la serica morbidezza di un petalo di rosa. Sospirai di piacere, meravigliandomi della bellezza di quel fiore dinnanzi a me. Guardandomi attorno con attenzione per essere sicura di non avere spettatori indesiderati, afferrai lo stelo per cogliere la rosa.

“Oh!” piansi tirando via rapidamente la mia mano dalle profondità del cespuglio. Con una rapida ispezione alla mia mano, mi accorsi, con le lacrime agli occhi, che stavo sanguinando; due piccole gogge di sangue erano sulla punta del mio dito a testimoniarlo.

“Attenta,” disse una voce dietro di me, “le spine pungono.” Mi girai per vedere un ragazzo che mi fissava con occhi come non ne avevo mai visti prima … occhi come il mare prima di una tempesta.

“Spine?” domandai confusa, guardando ancora una volta il mio dito insanguinato.

Il ragazzo sorrise, tirando fuori un fazzoletto. Gli permisi di avvolgerlo con cura attorno alla mia mano, e lo fissai piena di curiosità per tutto il tempo. Era molto carino--capelli d’ebano come seta cadevano sopra i suoi occhi, e la sua pelle era liscia e ben tenuta-come la pelle di un nobile.

Dopo aver fasciato le mie ferite, il ragazzo estrasse dal cespuglio un meraviglioso fiore per me. Lo guardai mentre pazientemente rimuoveva qualcosa dal verde stelo. “Spine,” disse mostrandomele. “Proteggono la rosa.”

Studiai quegli strani oggetti nel palmo della sua mano, mettendomi un dito in bocca, come decisamente non si addice a una principessa. “Perché le rose hanno bisogno di essere protette?”

Ridacchiò. “Tu sei una piccola cosetta curiosa, non è vero?” Mi sorrise calorosamente, e io vidi come i suoi occhi scintillavano per il divertimento. Un lieve crampo di nervosismo si agitò nel mio stomaco. Perché mi sentivo così strana?

“Qual è il tuo nome, bambina?” mi domandò con quella sua voce gentile.

“Serenity,” risposi, inchinandomi esattamente come mi aveva insegnato mia madre.

“La principessa Serenity?” domandò il giovane, la sorpresa manifesta nei suoi dolci lineamenti. Mise la rosa nella mia mano, e io accettai timidamente quel dono.

Annuii in risposta alla sua domanda, arrossendo leggermente sotto il suo sguardo. “E chi siete voi, signore?”

Un altro sorriso. “Io sono…”

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“Usagi, alzati immediatamente!”

Dannato gatto.

Spinsi Luna giù dal letto per vendetta per aver rovinato un sogno così bello e lanciai un occhiata addolorata alla sveglia. Già mattino? Gemetti rumorosamente.

Luna era furiosa, e balzò sul letto con un borbottio collerico. “Vedrai se ti sveglio un’altra volta!” minacciò. Le tirai il cuscino, ma, ovviamente, la mancai. “Dici così ogni mattina. Smetti di illudermi.”

Ignorando le sue ciance, mi diressi incespicando assonnatamente verso il bagno per la mia doccia mattutina. Come mi fui spogliata, ripensai al mio sogno, meravigliandomi di quanto lo sentissi reale-come se fosse più un ricordo che qualcos’altro.

Un ricordo? Ridacchiai, richiamando alla mente come mi ero immaginata principessa. “Nei tuoi sogni, Usagi,” dissi ad alta voce “Nei tuoi sogni più pazzi.”

Eppure, come mi era sembrato familiare quello straniero-avrei potuto giurare di averlo già incontrato da qualche parte…

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“Ti ho detto che mi dispiace, Luna!…” sibilai all’imbronciata palla di pelo ai piedi del mio letto, mentre mi infilavo in tutta fretta la divisa scolastica. Non avevo ancora parlato con mia madre, e stavo velocemente andando fuori tempo massimo.

Luna continuava a tenere il broncio in silenzio, ma fece quasi le fusa in segno di perdono, quando le diedi una grattatina dietro l’orecchio. “Grazie per avermi svegliata, Luna. Ci vediamo dopo.”

Camminai esitante lungo il corridoio, verso la camera dei miei genitori, ripetendo come una cantilena “Non posso credere che lo sto facendo…non posso credere che lo sto facendo…” Ma avevo promesso a Tuxedo Kamen di essere sincera, e nonostante la mia fiducia in lui fosse ancora in dubbio, avrei mantenuto la parola data.

“Mamma?” chiamai debolmente dalla porta della sua camera. “Possiamo parlare?”

Mia madre mi sorrise candidamente dalla sua toeletta dove era seduta. “Certo, tesoro.” Si alzò e mi fece segno di sedermi al suo posto. “Che ne dici se ti pettino i capelli mentre tu mi racconti quello a cui pensi? È passato parecchio tempo dall’ultima volta che l’ho fatto, vero?”

Sorrisi e annuii nervosamente, temendo l’ormai prossimo momento di sincerità. Non sarebbe stato affatto facile.

Mi sedetti lentamente e fissai mia madre attraverso lo specchio. Era bellissima, con i suoi capelli scuri, e pochi distinti accenni di grigio incorniciavano perfettamente il suo volto. I suoi occhi neri ricordavano quelli della nonna. Le rivolsi un’occhiata sorridendo mentre tirava via alcune forcine dai miei capelli, lasciandoli cadere sciolti fino al pavimento. “I tuoi capelli sembrano diventare ogni giorno più lunghi” mormorò. Non mi sfuggì la tristezza nella sua voce, e le mie palpebre si abbassarono per lo sconforto.

“Tu sai cos’è successo, non è vero, mamma?”

Fece scorrere alcune volte la spazzola tra i miei capelli prima di rispondere, scegliendo con cautela le parole. “So che non ti sei fatta lividi come quelli cadendo, se è questo che intendi.”

Deglutii a fatica, e il mio sguardo cadde sui miei polsi. Tirai giù le maniche all’istante, desiderando che i lividi scomparissero così semplicemente. “Mi dispiace di averti mentito, mamma.”

In silenzio, divise i miei capelli e iniziò ad arrotolarli nei codini. Le sue mani erano gentili, e non mi fece alcun male. Fermò ciascun codino con delle forcine, e io le lanciai un’occhiata d’approvazione attraverso lo specchio. Lei riusciva sempre a sistemare i miei capelli meglio di me…

“C’è qualcos’altro che desideri dirmi, angelo mio?” domandò, esortandomi tranquillamente a rivelare il resto del mio segreto.

Il mio labbro inferiore tremò, e il mio sguardo cadde nuovamente a terra. “Sono stata aggredita da un uomo.” Le lacrime sgorgarono apertamente dai suoi occhi, e lei sfiorò con dolcezza il livido sulla mia guancia-nella maniera perfetta che solo le madri conoscono. “Sono stata salvata prima che lui…” mi fermai, incapace di completare la frase. “Prima di essere ferita.”

“Oh, Usagi…” le sue braccia mi circondarono in un attimo, e scoppiammo a piangere insieme fino a non avere più lacrime da versare. Non so perché non avevo raccontato subito a mia madre quello che era successo. Avrei dovuto sapere che mi sarebbe stata accanto e avrebbe saputo darmi tutto il conforto di cui avevo bisogno. Era la mamma migliore che avrei mai potuto desiderare.

Forse Tuxedo Kamen aveva ragione…la sincerità non era affatto male, dopo tutto.

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L’entrata della sala giochi era a neanche un paio di metri dal punto in cui mi trovavo. Sapevo che Mamoru sarebbe stato là. Era sempre là a quest’ora. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, cercando di calmare i miei nervi. Non so perché sentissi di dover essere sincera proprio con *lui*, fra tutte le persone di questo mondo. Mia madre era un conto, ma lui era il mio arcinemico, santo cielo! Ma la mia promessa a Tuxedo Kamen era ancora valida, e mi rifiutavo di scappare come una codarda.

Inoltre…Mamoru sembrava esserci rimasto un po’male per le mie parole del giorno prima…

La campanellina sulla porta suonò mentre entravo, segnalando il mio arrivo a coloro che erano dentro, ma pochi alzarono lo sguardo. Lui era uno di quelli che non lo fecero, ma sapevo che si era accorto della mia presenza. Era seduto laggiù, nel suo solito tavolo all’angolo, con un libro tra le mani. Il suo profilo distinto era messo in ombra da scuri ciuffi di capelli, e non potevo vedere i suoi occhi.

Riunendo quel poco di coraggio che avevo, mi avvicinai a lui e mi sedetti al suo tavolo. Lui non sollevò lo sguardo--neanche quando mi schiarii la gola. I suoi lineamenti erano duri e la sua mascella era serrata come se fosse stata di pietra.

Furioso. Sì, era decisamente furioso.

“K-Konnichiwa, Mamoru-san” mormorai cercando di raccogliere quella poca confidenza che avevo. “Come stai?”

Silenzio.

“Così bene, huh?” risi nervosamente, sperando di farlo sorridere. Ancora, non rispose.

“Ascolta, Mamoru,” iniziai lentamente, senza sapere dove avessi trovato il coraggio di parlare. “Mi dispiace per quanto ho detto ieri in macchina. Io…io non ti odio. Puoi anche essere terribilmente fastidioso a volte, ma questo non è un buon motivo per dire quello che ho detto. Non indendevo farlo. È solo che tu hai proprio toccato un … argomento difficile da discutere per me.”

Il suo silenzio iniziava a darmi sui nervi. Ovviamente lui non mi voleva in mezzo ai piedi. Forse stava cercando di ripagarmi di alcuni degli insulti che gli avevo lanciato il giorno prima. In ogni caso, sapevo che non avrei ottenuto più di quel silenzio. Prendendo un respiro profondo, decisi di darci un taglio.

“Ti ho mentito, Mamoru, ma scommetto che lo sapevi già. L’altra notte sono stata aggredita da un uomo mentre stavo tornando a casa.” iniziai con voce distaccata, cercando di minimizzare quell’orribile incidente. Non volevo la sua pietà. “È stato violento con me, ecco il perché dei lividi. Sono stata salvata prima di essere ferita gravemente.”

Mi fermai a quel punto, aspettando che dicesse qualcosa…qualunque cosa…ma non lo fece. Non aveva nemmeno alzato lo sguardo. Dio, non gli importa? Lacrime spuntarono dai miei occhi mentre cercavo il suo viso. “Mi dispiace di averti mentito, Mamoru-san” dissi, i miei sentimenti erano più che scossi. “Spero tu possa perdonarmi.”

Con questo, mi alzai per andarmene, molto vicina alle lacrime. Una calda mano si chiuse gentilmente sul mio polso prima che potessi scivolare via, e mi voltai verso Mamoru ancora una volta. I suoi occhi blu scuro cercarono i miei attraverso gli occhiali da lettura, e io sentii la sua mano accarezzare gentilmente il polso ferito che era riuscito a imprigionare, il suo pollice scorreva sulla pelle tenera.

Subito mi sentii molto a disagio.

Eppure, nonostante il disagio di quel momento, iniziai a sentirmi lievemente eccitata. In qualche modo il mio cuore era risalito fino alla mia gola, e io avevo dimenticato come si faceva a respirare. Avevo dimenticato come si faceva a fare qualsiasi cosa, in realtà. L’unica cosa che potevo fare era fissare quegli occhi…quei profondi occhi blu…

Non dovevo restare lì con lui. Era il mio arcinemico…un idiota presuntuoso senza alcuna traccia di sentimenti… … che stava accarezzando il mio polso in modo molto allettante…

“Arrivederci Mamoru-san” mormorai, tirando via delicatamente il mio polso dalla sua presa. Lasciai la sala giochi, completamente disorientata, e in totale rifiuto di quanto era appena accaduto.

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Camminai stordita lungo il marciapiede. Perché Mamoru si era comportanto così stranamente? Ognuna delle sue azioni era del tutto fuori luogo per l’uomo glaciale, distante a cui avevo cominciato ad abituarmi.

Il Mamoru che conoscevo non sarebbe esploso per alcuni lividi, esigendo di sapere come erano stati inflitti. Avrebbe detto qualcosa, certo-chi non l’avrebbe fatto? Ma quantomeno avrebbe analizzato la situazione con me con calma, in maniera distaccata. Questo era proprio quello che avrebbe fatto.

Il Mamoru che conoscevo non mi avrebbe mai fermata dall’abbandonare la sala giochi con sentimenti d’odio, accarezzando il mio polso ferito come se gli importasse qualcosa. Avrebbe roteato gli occhi e mi avrebbe lasciata andare, tossicchiando un freddo “Cresci, Odango…” da dietro le sue spalle.

Il Mamoru che conoscevo non mi avrebbe mai fissata come se la mia salute fosse importante per lui, come aveva fatto il giorno prima in macchina. A lui non importa niente di me-non gli è mai importato prima. Perché avrebbe dovuto cambiare ora?

Mi fermai nel bel mezzo dei miei pensieri, maledicendomi per aver lasciato che quel miserabile mi gettasse in un tale stato. Perché mi sarei dovuta preoccupare di quel che lui pensava di me? Tutto quello che aveva sempre fatto era stato tormentarmi e rinfacciarmi tutti i miei sbagli. Lui mi odiava…

Vero?

Deglutii a fatica, considerando, riluttante, la preoccupazione nei suoi occhi quando si accorse dei miei lividi in macchina, nascosta dalla freddezza esteriore. Pensai al fatto che mi aveva offerto un passaggio quando ero così esausta. Considerai le soffici carezze che aveva appena fatto alle mie ferite nella sala giochi e l’intenso sguardo che aveva mentre lo faceva. Stava forse cercando di redimersi ai miei occhi? Se le cose stavano così, gli avrei sicuramente concesso un’ampia opportunità. Dopotutto, chiunque merita una seconda chance. Anche Mamoru Chiba.

I miei pensieri furono interrotti da qualcuno che chiamava il mio nome. Mi voltai per vedere le senshi venire felici verso di me. Luna miagolò tra le braccia di Ami. Le ragazze sorrisero e i loro occhi privi di preoccupazioni mi provarono che Luna sapeva mantenere la sua parola; ovviamente loro non sapevano nulla dell’aggressione.

“Hey, ragazze” chiamai mentre mi voltai per saltellare su una crepa del marciapiede mentre mi dirigevo verso il gruppo.

“Come va, Usagi?” chiese Minako, sebbene la sua mente fosse ovviamente concentrata su altre cose-vale a dire, il ragazzo con la giacca di pelle all’angolo della tabaccheria.

“Sì, non sei mai stata qua attorno dopo la scuola ultimamente” aggiunse Ami, mentre si sistemava dietro l’orecchio una ciocca dei suoi corti capelli.

“Hai un nuovo ragazzo?” mi stuzzicò Makoto, facendomi l’occhiolino ”Ha per caso un cugino carino a cui piacciano le brunette alte?

Scoppiai a ridere--cosa che non avevo fatto da troppo tempo. Mi sentii bene. “Sto bene” assicurai alle mie amiche, unendomi a loro mentre camminavano lungo il marciapiede. “Avevo solo qualche impegno.”

“Sono felice che ti abbiamo trovato” disse Rei, “Luna ha convocato una riunione.” Annuii, segnalando alle mie amiche che avevo capito. C’erano molte cose da discutere con le senshi, la maggiorparte delle quali riguardava un certo misterioso uomo in nero. “Andiamo.”

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“Hai avuto dei contatti con chi?!” strillò Rei. Mi complimentai con me stessa per essermi ricordata di tapparmi le orecchie con le dita.

“Usagi, ne avevamo già parlato” disse Ami, con un tono calmo, ma deciso.

“Non è degno di fiducia” aggiunse Minako, “Anche se lui *è* carino…”

“Se ti facesse del male…” Makoto non finì la frase, ma iniziò a scrocchiarsi le dita minacciosamente.

“Usagi ed io ne abbiamo già discusso” saltò su Luna “E siamo d’accordo che Tuxedo Kamen potrebbe dare prova di essere pericoloso e che Usagi dovrà stargli lontana.”

“Di certo sembra interessato a lei” disse Ami sfogliando pensierosa il suo libro di letteratura giapponese. “Prima Sailor Moon, e ora Usagi stessa. Pensate che sia possibile che conosca la sua vera identità?”

Luna sospirò “È proprio questo che mi preoccupa.”

“Mi piacerebbe che voi ragazze la smetteste di parlare di me come se non fossi presente!” sbottai irritata.

Rei sollevò lo sguardo dall’abito rosso e bianco che stava rammendando. “Gomen, Usagi…siamo solo preoccupate per te. Teniamo molto a te.”

Annuii e non risposi, anche quando lei si alzò e mi abbracciò teneramente. Sapevo in fondo che Rei voleva la mia felicità; certo, doveva avere avuto le sue ragioni, dato lo strano comportamento che avevo mostrato l’altro giorno quando avevamo parlato. Specialmente lei ne aveva tenuto conto durante tutta la durata della riunione. Non mi sarei sopresa più di tanto se avessi scoperto che sapeva dell’aggressore. Non era facile tenere dei segreti con una veggente. “Grazie Rei” sussurrai.

“Ragazze” disse Rei dopo un momento “Non penso che Tuxedo Kamen voglia fare del male a Usagi…o Sailor Moon.”

La sorpresa era evidente in tutti i volti della stanza.

“Ma come fai a saperlo con certezza?” chiese Makoto.

“È solo un presentimento” rispose calma “il Fuoco Sacro sembra essere d’accordo con quanto vi ho detto. E…” la sua voce si spense.

“E?” insistei.

“Niente” disse a bassa voce, evidentemente riconsiderando l’idea di dirci qualcos’altro. La guardai attentamente.

“Tu sai, Rei” iniziò Ami alzando lo sguardo dal suo quaderno di appunti “Sembra che il Fuoco Sacro possa rivelarci la sua identità…non le sue intenzioni.”

La fiera sacerdotessa rimase immobile, e il suo silenzio era una risposta lampante alla domanda. La mia bocca rimase aperta per lo stupore.

“T-Tu sai chi è?” balbettai, del tutto presa alla sprovvista “Dimmelo! Devi dirmelo!”

I suoi fieri occhi viola incontrarono i miei “Questo è qualcosa che devi scoprire da sola”

Stavo quasi per mettermi ad urlare dalla frustrazione. Cos’*era* questa? Una cospirazione? Erano esattamente le stesse parole che Tuxedo Kamen aveva pronunciato la scorsa notte! Cari lettori, potrei non essere la ragazzina più intelligente della terra, ma una cosa la so per certo: se io fossi una veggente, *di certo* non terrei le mie amiche all’oscuro di notizie come queste. Maledetta!

“Ti prego, Rei? È importante per me” la pregai.

Mi ignorò e si voltò invece verso Luna e le altre senshi. “Lui non le farà del male” disse raccogliendo le sue cose, segnalandoci che la riunione era terminata. “Lo prometto.”

“Però” insistette Luna “Non penso che sia sicuro per lei incontrarsi con lui.” Minako, Makoto e Ami annuirono, d’accordo e Rei alzò le spalle con fare indifferente.

“Fate come vi pare, allora” disse semplicemente, allontanandosi per continuare le sue faccende. Osservammo la sua uscita in silenzio, domandandoci cosa passasse per la testa della bella sacerdotessa.

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“Lui mi starà aspettando, lo sai” ricordai alla mia gatta mentre osservavo la luna dalla finestra della mia stanza.

“Mi dispiace, Usagi” bisbigliò Luna “È molto meglio così--vedrai.”

“Hai” mugugnai sconsolata, confusa dai miei sentimenti per Tuxedo Kamen. Luna lasciò la stanza, mentre io continuai a guardare la luna crescente che splendeva nel cielo. Quanto mi sembrava familiare a volte-quasi come…casa.

Casa? Scoppiai a ridere. Da dove mi era uscita una tale sciocchezza? Tornato il silenzio ancora una volta, appoggiai la mano alla finestra. Il vetro pareva gelido sotto il tiepido tepore delle mie dita. Sul serio, era il più strano dicembre che avessi mai passato-niente neve, ma già così freddo.

Freddo-come Mamoru.

Misi a fuoco la vista e lanciai un’occhiata alla strada di fronte alla mia finestra. “Mamoru?” boccheggiai senza voce. Chiusi e riaprii gli occhi per due volte, per essere del tutto certa di quello che vedevo. Era sulla strada, fermo, che fissava direttamente me. Indossava un maglione nero a collo alto e un lungo cappotto, nero anch’esso, che lo faceva sembrare ancora più alto e magro di quanto già non fosse. I suoi occhi tempestosi erano scuri mentre mi fissava. Boccheggiai ancora e tirai le tende sopra la finestra.

Che cosa *diavolo* stava facendo? Mi spiava? Maledetto!

Corsi furiosamente giù per le scale e poi fuori di casa, afferrando al volo una giacca. Ma una volta raggiunta la strada, mi accorsi che Mamoru non c’era più. Guardai a destra e a sinistra, ma non vidi nessuno sulla lunga strada deserta.

“Ma…era proprio qui…o no?” mormorai, guardando il mio respiro formare nuvolette di vapore nell’aria fredda. “Mamoru!” chiamai, ascoltando l’eco della mia voce. “Non è divertente… vieni fuori così potrò urlarti contro!”

Ma il soffio del vento gelido fu l’unica risposta che ottenni, e io rabbrividii.

Sentii dei passi dietro di me e mi voltai di scatto, ma non c’era nessuno. I brividi si trasformarono rapidamente in veri tremiti e la paura mi gelò il sangue nelle vene. Afferrai il comunicatore delle senshi nella mia tasca, pronta a chiamare aiuto nel caso qualcosa-qualsiasi cosa-andasse storta. Deglutii a fatica, stringendomi ancora di più nella mia giacca. I miei occhi divennero selvaggi quando sentii un altro passo… questa volta più vicino. Il cuore mi balzò in gola, e le mie ginocchia stavano quasi per cedere.

Non ebbi bisogno di altri avvertimenti. Iniziai a correre come se fossi inseguita dalle fiamme dell’inferno. Fu una vergogna che non mi accorsi dell’adorabile curva sulla mia strada. Inciampai, naturalmente, e caddi molto poco elegantemente sulla mia faccia.

“Waaaaaahhhhh!”gemetti massaggiandomi il naso che avevo sfregato sul terreno erboso.

Sentii i passi ancora. I miei lamenti cessarono immediatamente, e il mio cuore aumentò i battiti. Le mie orecchie si tesero mentre ascoltavo attentamente i suoni della notte. Avvertii degli occhi su di me. Ora decisamente non ero più sola. È stato allora che sentii la voce.

“Sei in ritardo.”

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Scrivetemi! sailor_moon89@hotmail.com

State all’erta per il quarto capitolo…è in arrivo! Iscrivetevi alla mailing list di Moonlit Eclipse! Saprete tutto dei nuovi capitoli!

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

Ja ne!

Aimee-chan

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


The Coldest December

By Aimee.

Traduzione by Bunny83

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“Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”

Giovanni 8,36

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Capitolo4

 

“Il tuo volto mostra il segreto

Mani al tuo fianco

L’uccello dei desideri che è nei tuoi occhi

È troppo malato per volare…”

~Whiteheart

“Sei in ritardo.”

“Gyaaaaaaaaah!” fu l’urlo ultraterreno che uscì dalle mie labbra. Mi voltai vorticosamente, nel panico più totale, aspettandomi di vedere un mostro succhia-energia o occhi selvaggi assassini che dardeggiavano nelle tenebre. Non vidi nulla e il mio corpo si rifiutò di rilassarsi anche quando riconobbi Tuxedo Kamen. “Hey” sibilai all’alto uomo in nero, i miei nervi scoperti “Devi sempre muoverti così furtivamente?”

“Le mie scuse” disse l’alto uomo in nero, mentre si avvicinava a me lentamente, e io sentii il dolore nel mio cuore aumentare ad ogni passo che faceva. Da dove era sbucato? E dove era finito Mamoru? “Non c’è motivo di avere paura, lo sai. Ti stavo guardando da quando sei corsa fuori dalla tua casa, proprio come ti avevo detto che volevo.”

Non sapevo se ringraziare o chiamare la polizia per l’uomo che si stava avvicinando altezzoso.

“Perché sei così sconvolta?” mi domandò curioso mentre mi scrutava sospettoso attraverso la maschera. Mi sentivo come se i suoi occhi leggessero dentro la mia mente, vedendo tutti i miei pensieri e le mie paure per quel che erano. “Pensavo avessi detto che ti fidavi di me.”

“Io…Io ci sto provando” la mia voce tremò quando parlai “Ma…”

“Ma?” chiese alzando un sopracciglio “Come mai non hai fiducia nell’uomo che ti ha sempre tratto in salvo quando eri in pericolo, Sailor Moon?”

La mia bocca rimase aperta in modo abbastanza ridicolo, mentre rimasi congelata dallo shock per un lungo istante. Mio Dio, Luna aveva ragione. Tuxedo Kamen sapeva che ero Sailor Moon. Ma come aveva scoperto il mio segreto?

“Come…come fai a saperlo?” balbettai, facendo un passo indietro. Non mi passò neanche per la mente di fingere di non aver capito di cosa stava parlando.

Un debole sorriso gli piegò le labbra. “Te l’ho detto--so molte cose di te. Ma non preoccuparti, piccola--il tuo segreto è al sicuro con me.”

Oh, fantastico, questo mi faceva sentire *molto* meglio.

“Allora dimmi, Tuxedo Kamen” dissi, cambiando il tono della voce così da sembrare Sailor Moon-potevamo giocare in due a questo gioco. “Sei con noi o contro di noi?” Gli rivolsi la parola in tono naturale, cercando di ignorare quanto mi sentissi attratta da lui.

“Tu che ne pensi?” mi rigirò la domanda incrociando le braccia, guardandomi divertito mentre io cercavo di essere seria. Ero sicuramente lieta che *uno* di noi due si stesse divertendo. Era come se trovasse il mio stato di irritazione ancora più spassoso, proprio come fa Mamoru quando mi stuzzica. Che rabbia!

“Penso che sarebbe meglio che tu rendessi più chiare le tue intenzioni” ribattei fermamente ripetendo le parole di Luna come se fossero mie.

“Avrei pensato che le mie precedenti azioni parlassero da sole”

“Evidentemente non lo fanno” tagliai corto “È vero, mi hai salvata parecchie volte, e per questo ti ringrazio. Ma perché lo fai? Cosa ci guadagni?”

“Non capisco dove vuoi arrivare” disse, il divertimento era lentamente svanito dalla sua voce. “Ti ho salvato la vita perché sei un essere umano-una vita, un organismo che respira e che ha il diritto di vivere. Sono del tutto sicuro che tu avresti fatto la stessa cosa se i ruoli fossero stati invertiti. Ciò che io ‘ne guadagno’, come l’hai così delicatamente definito, è la soddisfazione di saperti salva.”

Vacillai, praticamente annientata. Era per questo? Era questa la ragione per la quale era sempre intervenuto quando ero in pericolo? Meramente perché ero una persona che aveva bisogno di aiuto? Che stupida che ero stata a pensare che fosse qualcosa più di questo…

“Mi dispiace sentire che la tua fiducia in me è in dubbio, e mi rendo conto che in gran parte è colpa mia” continuò con calma “Ma, per favore, credimi quando ti dico, Usagi, che non ti farei mai del male o ti causerei dolore intenzionalmente. Hai la mia parola. Lo giuro” promise, avvicinandosi a me. Cercai di scacciare la paura e il dubbio dai miei occhi. Lui mi prese una mano e la sfiorò con il più delicato dei baci. Al contatto sentii un formicolio salirmi lungo il braccio, e mi sforzai di mantenere la mia compostezza.

“Perché io?” bisbigliai debolmente “Perché non una delle altre senshi?”

“Fai un po’troppe domande, Usagi. Perché non ti dai da sola la risposta?”

Schiusi la bocca per rispondere, ma nessuna parola si formò sulle mie labbra. Scostai il volto lontano dal suo sguardo, sentendo le lacrime formarsi nei miei occhi.

“È meglio che tu vada” disse.

Deglutii a fatica, annuendo e sentendomi colpevole. Mi voltai, facendo scivolare via la mia mano dalla sua. “Veglierai su di me?”chiesi placidamente.

“Goshinpainaku,” disse mentre iniziavo ad andarmene. “Non sei sola.”

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Chiusi la porta dietro di me con un leggero click e mi appoggiai pesantemente ad essa, cercando di trattenermi dal piangere. Era sembrato così urtato dalle mie parole, e io mi sentivo come se l’avessi abbandonato. Ero stata orribile-lui non mi aveva mai fatto niente di male. Perché non potevo semplicemente lasciare perdere e fidarmi di lui?

Quello sguardo nei suoi occhi mi aveva spezzato il cuore-tristezza mista a un accenno di desiderio. Proprio come gli occhi di Mamoru.

E cosa ne era stato di Mamoru? Avevo solo immaginato di vederlo fermo sulla strada che mi fissava? Non era possibile che fosse scomparso così in fretta. L’unica spiegazione plausibile era che fosse stato un altro dei miei sogni ad occhi aperti. In fondo, perché avrebbe dovuto essere fuori dalla mia finestra ad un’ora così tarda? Non avrebbe mai fatto nulla del genere. Di certo me l’ero immaginato.

Con un sospiro, salii faticosamente le scale, tirando silenziosamente su col naso. Dopo essermi cambiata con il pigiama, mi infilai nel mio letto cadendo immediatamente in un sonno profondo.

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“Ho una sorpresa per te, Principessa” mi disse lui prendendomi per mano e guidandomi attraverso i giardini rischiarati dalla luna. “Seguimi.”

“Cosa hai in mente?” ridacchiai lievemente, notando come la mia mano si incastrasse bene con la sua-come due tasselli di un puzzle.

“Vedrai” rispose con quel tono deliziosamente malizioso che amavo sempre di più. Iniziò a condurmi nel cuore dei giardini reali. Dopo poco, strinse la mia mano e mi domandò “Ti fidi di me?”

Sorrisi alla richiesta…la fiducia era sempre così importante per lui. “Certo che sì.”

“Allora chiudi gli occhi.”

Obbedii, un sorriso divertito aleggiava sulle mie labbra. Lui ricominciò a guidarmi per il giardino. Anche se i miei occhi erano chiusi, non avevo nessuna paura. Lui non avrebbe mai permesso che mi succedesse qualcosa.

Ci fermammo e lui lasciò la mia mano. “Posso aprire gli occhi adesso?” chiesi, curiosa di scoprire la sorpresa.

“Non ancora.” Lo sentii che dietro di me faceva scivolare le sue mani attorno ai miei polsi. Ridacchiai leggermente, ma cercai di trattenere il più possibile la risata; sarebbe stata una catastrofe se avesse scoperto che stavo sbirciando.

La sua guancia si appoggiò alla mia, e la mia risata scomparve nell’istante in cui mi stupii di quando fosse meraviglioso sentire di essere fra le sue braccia. “Va bene, Principessa.” Mormorò al mio orecchio. “Apri gli occhi.”

Feci come desiderava. Boccheggiai per il piacere alla vista della scena mozzafiato che si dispiegava dinnanzi a me. “Che splendore!” esclamai, fissando l’enorme luna piena all’orizzonte, perfettamente incorniciata dagli alberi e dai cespugli di rose della Terra, quasi come un quadro. “La Luna…” sussurrai, la tristezza impregnava la mia voce. “Quanto mi manca…”

“Non temere, amore” mi confortò baciando soavemente la mia tempia. “Non appena sarà nuovamente sicura, potrai tornare a casa.”

Il mio umore divenne tetro in un istante. “Perché dobbiamo essere in guerra? Che senso ha?”

“Non lo so, angelo mio” sussurrò, stringendomi ancora di più. “Non lo so.”

Restammo ognuno tra le braccia dell’altro per alcuni meravigliosi momenti di pace, e io sospirai per la contentezza, nonostante fossi tanto lontana da casa. “Grazie per questa sorpresa” gli dissi baciando timidamente la sua guancia. “Mi è piaciuta moltissimo.”

“Non era questa la sorpresa” sussurrò tra i miei capelli

“Come?”

“Guarda la tua mano” disse, e io abbassai lo sguardo per vedere uno splendido anello alla mia mano sinistra. Rimasi senza fiato, l’adrenalina mi scorreva nelle vene per l’eccitazione.

“Sposami, Principessa” mormorò, abbracciandomi stretta da dietro.

Mi sfuggirono alcune lacrime di gioia, mentre mi voltavo e sussurravo il suo bel nome.

“Endymion…”

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“Non dimenticarti il pranzo, tesoro!” trillò la voce melodiosa di mia madre, mentre mi fiondavo giù per le scale, tenendo una scarpa con una mano e agitandomi cercando di lavarmi i denti con l’altra.

“Grazie mamma!” le gridai con la bocca piena di dentifricio, mentre afferravo al volo la borsa a forma di coniglietto piena di ogni ben di Dio che mi offriva. Le lanciai lo spazzolino da denti, e lei, da esperta quale era, lo prese al volo. Formavamo una grande squadra, lasciatevelo dire. Con soli pochi minuti prima di fare tardi a scuola, corsi verso la porta e la spalancai.

E prontamente qualcosa mi sbarrò la strada.

Mamoru era in piedi sotto il portico, il suo braccio piegato per bussare alla porta che io avevo appena aperto. Nonostante l’avessi visto la notte scorsa (ok, in realtà avevo *immaginato* di vederlo) non avevamo più parlato dall’incidente all’arcade. “Cosa stai facendo qui?” farfugliai, palesemente sbalordita.

“Um…” esitò, arrossendo un poco. “Hai bisogno di un passaggio fino a scuola?”

Guardai dietro di lui per vedere la sua macchina nel mio vialetto e presi in fretta la mia decisione. Andare a scuola con Mamoru, abietto e spregevole individuo quale era, o arrivare in ritardo e affrontare la collera di Mrs. Tutty? Il mio cervello rispose velocemente--potevo sopravvivere a qualche “Odango Atama”, giusto?

“Um…Immagino che vada bene” dissi rapidamente. “Sono per natura in ritardo. Grazie.”

“Nessun problema”. Quando raggiungemmo la macchina, aprì lo sportello per me. Da quando Mamoru era un gentiluomo? Bene, bene, bene-di certo ne avrei approfittato.

Guidammo in silenzio, e, per essere onesti, mi faceva diventare matta. A che stava pensando? Era ancora arrabbiato? O mi aveva perdonato dopo che gli avevo parlato all’arcade? Era realmente lui che avevo visto fuori dalla mia finestra? O avevo semplicemente immaginato tutto?

“Um…Mamoru?” domandai timidamente, arrotolandomi nervosamente una lunga ciocca di capelli biondi. “Eri a casa mia ieri notte? Mi è parso di vederti.”

Sorrise. “Dovevo incontrare una persona ieri notte, ma non si è presentata. Così, tornando a piedi verso il mio appartamento ti ho vista alla finestra e mi sono fermato.”

“Oh,” fu l’unica cosa che potei dire. Così lui *era* lì.

“Mi dispiace se ti ho spaventata” continuò. “Ero solo preoccupato. Sembravi non stare troppo bene. È tutto a posto?”

“Sto bene,” risposi, un po’ troppo precipitosamente.

Ma non stavo bene--ero sul punto di esplodere, e lo sapevo. La settimana appena trascorsa era stata più di quanto potessi sopportare. Ogni cosa--l’aggressione, incubi e sogni confusi, battaglie e finzioni con Mamoru, la mia confusa relazione con Tuxedo Kamen, il parlare con altre persone di quell’orribile notte-- era stato troppo pesante per me, ed ero certa che non sarei potuta andare avanti in quel modo ancora per molto.

E poi c’era la solitudine-la sofferenza-quel vuoto persistente che mi faceva venir voglia di scoppiare in lacrime per ogni secondo doloroso che bruciava dentro di me. Mi sarei sempre sentita così incompleta?

Mamoru mi lanciava sguardi preoccupati, che balenavano nei suoi occhi. “Tu sai che io sono qui se hai bisogno di parlare, vero?”

Annuii in silenzio, ma non risposi. Sentii ancora i suoi occhi su di me, e non osai alzare lo sguardo, poiché sapevo che se l’avessi fatto, sarei scoppiata in lacrime.

Fortunatamente, lui sapeva fare di meglio che urtarmi e si calmò. “Inizierò a portarti e a venirti a prendere a scuola d’ora in poi, Usagi.”

“Nani?” strillai, totalmente sorpresa. “Perché?”

Si schiarì la gola, spostando il suo sguardo sulla strada. “A causa di quello che ti è successo. Mi sentirei meglio se sapessi che sei al sicuro.”

“Oh…” la mia voce si spense.

Dopo un momento, aggiunsi “Non devi, Mamoru. Se per te è un problema--“

“Non è un problema.”

Il mio sguardo cadde sul mio grembo. “Va bene. Grazie.”

“Verrò a prenderti alle 15.30” disse fermandosi davanti all’edificio scolastico. Iniziai a raccogliere le mie cose, annuendo a lui. Prese la mia mano prima che scendessi dall’auto e la tenne nella sua per un momento, fissandomi serio.

“Ti prego, fa’ attenzione, Usagi.”

*Ti prego fa’ attenzione…* Le parole di Tuxedo Kamen mi tornarono in mente.

“L-lo farò” risposi, ma le mie parole sembrarono piccole e timorose. “E Mamoru? Non sei più arrabbiato con me, giusto?” mi mordicchiavo il labbro nervosamente.

Sorrise. “Non sono arrabbiato. Lo prometto.”

Sorrisi radiosamente e lo abbracciai strettamente per la gioia. “Allora non litighiamo più in quel modo! È stato così orribile…”

“Hai,” concordò con voce gentile. “Ora faresti meglio ad andare in classe, Usagi.”

“Buona giornata, Mamoru.”

“Anche a te, Odango” replicò, tirando giocosamente uno dei miei codini.

Lo guardai andarsene con un miscuglio di sentimenti. La mia mano formicolava per il suo tocco e il mio cuore stava battendo un po’troppo velocemente. “Mamoru Chiba” sussurrai vedendo la sua macchina diventare sempre più piccola. “Che cosa mi stai facendo?”

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“Usagi? Yuhuu? Ci sei?”

“Hmmm?” mormorai, riscuotendomi dal mio sogno ad occhi aperti dove mi trovavo da quando ero arrivata a scuola. “Oh, hey Naru!”

I suoi occhi mi fissarono maliziosamente. “Doveva essere proprio un bel sogno, Usagi. È un po’ che provo ad attirare la tua attenzione.”

Arrossii furiosamente “Gomen…”

“Comunque, Usagi,” continuò lei “mi chiedevo se ti andava di fare qualcosa dopo la scuola… magari andare all’arcade o qualcosa del genere. Non facciamo qualcosa di divertente da un sacco di tempo. E poi ho bisogno di una pausa dallo studio per gli esami.”

“Mi piacerebbe molto, ma devo incontrare una persona dopo la scuola, “ le spiegai, realmente dispiaciuta di non poter andare.

“Chi devi incontrare?” domandò, la sua allegria mai cessata.

“Mamoru Chiba-si è offerto di accompagnarmi a casa,” risposi, leggermente imbarazzata per aver ammesso di essermi alleata volontariamente con il mio arcinemico.

“C’è qualcosa tra voi due?” domandò dandomi scherzosamente delle gomitate. “Ti ho vista uscire dalla sua macchina stamattina, sai. Lui che ti teneva la mano e tutto il resto. Umino ha già mandato la foto su internet.”

“Nani?! Perché quel piccolo…” urlai, tirandomi su le maniche della mia uniforme, pronta a far fuori quella piccola serpe. “E non sta succedendo niente tra Mamoru-baka e me. Siamo solo amici.”

“Certo, Usagi…solo, ricordati cosa ci ha detto Miss. Haruna l’anno scorso.”

“Che cosa?”

“‘Il sesso sicuro non è solo per non rimanere incinta--è per la tua vita’”

Boccheggiai e cambiai quattro tonalità di rosso sulla mia faccia, completamente shockata. Maledetta! Rincorsi la mia amica, che ora stava scappando via lungo il corridoio, ridendo.

“Naru! Torna qui! Rimangiati quello che hai detto, Naru!”

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“Sei in ritardo, Odango,” Mamoru mi stuzzicò spensieratamente quando salii sulla sua auto.

“Gomen,” risposi, ancora tutta rossa per le parole di Naru, di soli pochi minuti prima. “Una mia amica ed io abbiamo parlato un po’.”

Lui annuì e si infilò nel traffico. Fu un percorso confortevole. La musica leggera in sottofondo, e il calore del riscaldamento, mi facevano sentire felice e contenta. Guardai sovrappensiero l’uomo accanto a me, grata del fatto che lui ed io fossimo in rapporti migliori. Il nostro litigio di solo pochi giorni prima era stato spaventoso--per quanto avessimo litigato e ci fossimo tormentati a vicenda in passato, non era mai stato niente di così serio o crudele come quel giorno, ed io speravo sinceramente di non trovarci mai più in una discussione come quella.

Sorrisi, grata di aver deciso di aprirmi con Mamoru e di avergli raccontato la verità riguardo a quanto mi era successo. Quel semplice atto di onestà sembrava aver trasformato la nostra relazione. Lui mi guardava in modo differente ora-potevo leggerlo chiaramente nei suoi occhi. Era come se qualcosa fosse sbocciato fra noi due,e nonostante non volessi ammetterlo, mi piaceva quello che stava accadendo.

C’era un’altra cosa che non volevo ammettere…anch’io stavo iniziando a guardarlo in modo diverso. Sì, era sempre il solito vecchio Mamoru, ma non sembrava più così freddo, uno straniero sempre distante. Stavo iniziando a conoscerlo e a capire i suoi pensieri e il suo modo di risolvere le situazioni. Mi piaceva quello che stavo scoprendo in lui. Era un individuo complesso, e io ero curiosa di sapere che cosa l’avesse fatto diventare com’era.

C’era qualcosa di misterioso in lui. Mi scoprivo eccitata quando mi toccava, e non potevo farci niente, ma sentivo il mio cuore iniziare a battere più veloce quando i suoi occhi incontravano i miei. Anche quella sofferenza insistente dentro di me sembrava essere soddisfatta quando lui era presente--ma era ancora desiderosa di qualcosa di più. Ma lui, tra tutte le persone, non mi avrebbe dimostrato affetto in quel modo. Sicuramente non c’era in quelle carezze e sguardi niente di più di semplice amicizia o gentilezza. Mamoru poteva essere davvero molto dolce a volte. Si preoccupava per me, voleva essere sicuro che arrivassi a scuola sana e salva, e…

“Allora, Odango…” iniziò Mamoru.

Come non detto. Quell’uomo era un idiota.

“Guarda, miserabile baka--che il mio nome è Usagi,” dissi fermamente, incrociando le braccia sul petto. “Se vuoi restare mio amico, ti suggerisco di iniziare a chiamarmi così.”

“Amici, huh?” riflettè, e io notai il sorriso che comparve sulle sue labbra.

“Beh, sì. Che cosa pensi che siamo?” chiesi, leggermente irritata.

“Nemici mortali che probabilmente sarebbero i migliori assassini” rise, i suoi occhi blu scuro brillarono mentre lo fece. “Ma mi piace di più come suona ‘amici’.”

“Anche a me.” dissi dolcemente, sentendo un lieve rossore salirmi alle guance.

“Comunque-tornando a quanto stavo per dire prima di essere così *rudemente* interrotto,” mi stuzzicò facendomi l’occhiolino, “Hai lasciato questo in macchina stamattina. Non avevo intenzione di spiare, ma il segno rosso era leggermente difficile da ignorare.”

Mi imbronciai visibilmente alla vista del test di Inglese che mi porgeva. Già, l’enorme 37% in cima alla pagina di certo *era*difficile da ignorare. “Non è colpa mia se mi è andato male” brontolai. “Io parlo giapponese, non inglese.”

“Saper parlare e scrivere in una lingua straniera è una parte importante della tua educazione, Usagi. Dovresti davvero--“

“Santo cielo--sembri Mrs. Tutty,” gli sibilai contro. “Ho già subito una bella ramanzina a scuola, non ho bisogno di sentirne un’altra da te.”

“Non ti sto rimproverando. Stavo solo dicendo…”

“Non voglio ascoltarlo! Posso scendere dalla macchina, per favore?” chiesi con rabbia, appoggiando la mano sulla maniglia. “Preferisco andare a piedi piuttosto che andare avanti su quest’argomento.”

“Ok, stiamo andando a 50 km/h. Se salti abbastanza in alto puoi riuscire ad evitare quel camion vicino a noi” mi prese in giro, accelerando un po’.

“Lo sai che il 75% degli incidenti automobilistici è causato dalla velocità?” chiesi fissando con preoccupazione il tachimetro.

“E tu lo sai che il 95% delle statistiche sono inventate?”controbattè lui.

“Ok, *perfetto*,” borbottai rabbiosamente “Uccidici entrambi. Per quel che me ne importa, puoi tenerti stretto il tuo contachilometri fin quando il sole non brillerà più.”

“Andiamo, Odango--sai che non abuserei del mio equipaggiamento in questo modo”

“Oooooo, ti odio!” strillai, schiaffeggiando in maniera inoffensiva la sua giacca.

Lui catturò la mia mano mentre lo stavo inefficacemente colpendo--l’uomo stava praticamente ridendo dei miei flebili tentativi di picchiarlo. “Vieni nel mio appartamento, Usagi” provò a dire attraverso le risate. “Ti aiuterò con il tuo inglese.”

Ero veramente in collera. “Perché? Per potermi insultare ancora?”

“Sì, certo…posso fare anche quello” rise, riaccendendo il mio intenso desiderio di spalancare le

porte dell’inferno sotto di lui. “Dico solo questo-se lasci che io ti dia ripetizioni, e prenderai

una A nel tuo prossimo test di inglese, non ti chiamerò mai più Odango Atama.”

“*Mai* più?” chiesi con la speranza nella voce. Potevo benissimo stare insieme a lui per qualche ora, no?

“Mai più, lo prometto.”

“Aspetta un secondo,” esitai, improvvisamente sospettosa, “Se non mi chiamerai più Odango Atama, come mi chiamerai?”

Sorrise, cercando di non ridere. “Credo che ‘Meatball Head’ sarebbe carino”

“Meatba-“ boccheggiai, i miei occhi sbarrati. “Tu…IDIOTA! Cosa c’è che non va nei miei capelli?”

“Andiamo” si giustificò. “Mi sembra appropriato.”

“Assolutamente no!” ribollivo di rabbia.

“Va bene,” si arrese infine con un sospiro. “Ti chiamerò Usagi.”

Gli mostrai la lingua “ Farai meglio a mantenere la tua parola, baka.”

Come le parole proruppero dalle mie labbra, mi pentii della mia decisione. Ancora una volta avevo insensatamente e volontariamente accettato di passare del tempo con quel figlio di Satana abilmente camuffato da ottimo studente universitario. Sospirai, e mormorai alcune parole sotto il mio respiro.

In cosa mi stavo cacciando?

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Pronti per il quinto capitolo…sta arrivando! Visitate il mio sito Moonlit Eclipse!

Ja ne!

Aimee-chan

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


The Coldest December

By Aimee.

Traduzione by Bunny83

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“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora,

rallegratevi!” dalla lettera ai Filippesi 4,4

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Capitolo 5

 

“Whoa, mamma mia!” fu la delicata frase che esclamai non appena misi piede nell’umile appartamento di Mamoru. Quel posto era assurdamente pulito. La scura carta da parati di due tonalità era un po’ troppo perfettamente intonata ai suoi bei mobili, e io dovetti trattenere l’improvvisa urgenza di correre spietatamente per il suo appartamento con una bottiglia di sciroppo di cioccolato. Immagino che mi sarei dovuta aspettare che la casa di Mamoru fosse così--dopotutto il baka spende 20 minuti al giorno per organizzare la sua giornata--di certo il suo appartamento sarebbe stato impeccabilmente pulito.

Mentre continuavo a curiosare nei dintorni, Mamoru stava in piedi dietro di me, armeggiando con le chiavi e la giacca. “Fai come se fossi a casa tua, Odango.”

“Non credo di potere-non sono certa che starei bene nella tua scenografia,”replicai in modo impertinente, ancora in collera con lui per il nostro battibecco in macchina tanto quanto per la sua persistente abitudine di usare quell’odioso soprannome.

“È chiaro che non lo saresti” rispose, strizzando l’occhio mentre prendeva la mia giacca. “in questo caso la stanza non potrebbe competere con la tua sfavillante bellezza.”

“Se stai cercando di farti perdonare per quello che hai detto in macchina, è fatica sprecata,” risposi impassibile mentre facevo scorrere un dito sulla cornice di un quadro per controllare la polvere-fui soddisfatta di trovarne almeno un pochino. Ah ah! Allora il baka non era così perfetto, dopo tutto!

“Non puoi biasimarmi per averci provato,” commentò con un’alzata di spalle. “Posso portarti qualcosa da bere? Credo di avere un po’ di quella roba di zucchero frizzante (N.d.T.:non ho la più pallida idea di che cosa sia…forse acqua zuccherata?), a voi bambini piace.”

“Bambina?” lo schernii alzando indignatamente il naso. “Voi non siete esattamente un vecchio, signor Chiba. E giusto perché tu vivi di acqua minerale e tofu, non significa che hai il diritto di farti gioco di ciò che piace a me.”

“Touchè, mia cara” si ritirò, sollevando le sue mani a difesa. “Allora, cosa posso portarti?”

“Prenderò un bicchiere di acqua ghiacciata. Con *limone*,” richiesi orgogliosamente, il naso rivolto verso l’alto, facendo del mio meglio per sembrare adulta. Non avrei lasciato che quell’idiota di 19 anni mi facesse sentire una poppante--oh no. Comunque, stavo segretamente pregando che mi *piacesse* realmente l’acqua con il limone. Di certo sembrava scoraggiante…

“Come desideri” replicò, chinando il capo sarcasticamente. Abbandonò momentaneamente la stanza, lasciandomi sola con me stessa. Colsi l’occasione per tirare un sospiro di sollievo.

Ero insopportabile.

Il mio umore, che già era abbastanza gradevole, non era migliorato nel trascorrere della giornata. Come se non bastasse, mi stavo deprimendo sempre più ogni momento che passava. Mi presi la testa fra le mani miseramente, mentre restavo in piedi nell’ingresso di Mamoru e ricacciai indietro le lacrime che mi erano sgorgate per tutto il giorno. Come desideravo non aver accettato delle ripetizioni, ma per quanto odiassi ammetterlo, ne avevo davvero bisogno, specialmente con l’avvicinarsi della fine del trimestre. Non c’erano altre possibilità se non accettare che Mamoru mi aiutasse. Dopotutto, non capitava tutti i giorni che uno studente del quarto anno di college (per non dire carino) offrisse il suo aiuto ad una umile matricola delle superiori come me. Avrei potuto avere dei vantaggi dalla situazione.

“Possiamo cominciare?” domandò Mamoru, interrompendo i miei pensieri mentre entrava nella stanza. Mi diede in mano il mio drink, che accettai senza interesse.

“Dopo di te” risposi con tono deciso. Lui lanciò uno sguardo profondo nella mia direzione, ma non disse nulla. Io evitai il suo sguardo, nella paura che i miei stessi occhi gli confermassero ciò che sospettava…letteralmente, che avrei voluto essere ovunque anziché lì.

Sollevata che Mamoru non menzionasse il mio umore depresso, lo seguii nel soggiorno con i miei libri appresso, così che potessimo iniziare a studiare. Comunque, presi un sorso della mia bibita e, nonostante il mio pessimo umore, non potei fare altro che sorridere. Era molto frizzante e molto dolce…e non sapeva neanche un po’ di limone.

 

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“Così, nella lingua inglese, la virgola è usata per separare due proposizioni indipendenti. Ecco un buon esempio…” Le parole di Mamoru smisero, e io sentii una significativa occhiata nella mia direzione. “Stai ascoltando, Odango? Non sto dicendo queste cose per il gusto di sentirmi parlare, sai?”

Deglutii rumorosamente e strattonai malamente il mio maglione. Iniziai il paragrafo del mio libro d’inglese, ma non mi appariva altro che una macchia indistinta. Mamoru stava provando--stava sul serio provando--ad essere paziente con me, ma sembrava che non riuscissi a concentrarmi su niente. Mi sedetti sul divano accanto a lui, completamente e assolutamente sconcertata e depressa. La mia mente si era perduta innumerevoli volte in tutte le cose che erano accadute durante la settimana. Mi sentii vicina alle lacrime, e probabilmente non avrei voluto avere Mamoru nella stessa stanza. Stavo velocemente crollando ed era necessario che arrivasse al più presto un sollievo o qualcosa del genere.

“Gomen Mamoru” mormorai debolmente “Proverò a concentrarmi di più.”

Mamoru inclinò la testa da un lato, scrutandomi attraverso i suoi occhiali da lettura con quel suo sguardo scettico che sembra sempre avere. Chiuse in modo risoluto il mio libro di inglese e io lo guardai interrogativamente. Perché si era fermato? Avevo detto che avrei cercato di prestare più attenzione, no? Era colpa mia se avevo avuto una settimana d’inferno? Senza una parola, Mamoru lasciò in disparte il dimenticato libro di testo e lentamente si avvicinò a me.

Flash del mio aggressore e di quell’orribile notte mi tornarono alla mente, e spinsi via Mamoru, alquanto violentemente, terrorizzata al pensiero che un altro uomo mi toccasse. “Che stai facendo?!” protestai, spostandomi velocemente verso l’altro lato del divano e lontano da lui, “Fermati!”

“Vieni qui, Usagi” disse gentilmente, i suoi occhi mi guardavano con compassione. Il mio volto gli disse quanto confusa fossi, così come il mio corpo tremante.

“Usagi-chan, sai che non ti farei mai del male…coraggio, siediti qui vicino a me.”

Sembrava sincero. Potevo fidarmi di lui? Non c’erano ragioni per cui non avrei dovuto…

Mamoru tese la mano verso di me. Io la fissai e deglutii a fatica. “Ti prego?” chiese sottovoce.

In maniera esitante, mossi la mano verso la sua. Non mi abbracciò né cercò di prendere la mia mano mentre si avvicinava lentamente verso di lui. Era la mia scelta; rispettò la mia decisione.

Iniziai a sentirmi emozionata quando la sua mano si richiuse sulla mia nella più soffice delle carezze. Ci sedemmo per pochi secondi, e lui mi fece sentire subito a mio agio con il suo tocco. Strinse la mia mano, avvicinandomi delicatamente a lui.“Coraggio”disse, la sua voce suonava come se stesse parlando con un bambino piccolo. Acconsentii alla sua richiesta e mi mossi per sedermi accanto a lui. Le sue braccia mi circondarono lentamente in un abbraccio, facendo appoggiare la mia guancia sul suo petto, ma la rigidità del mio corpo lo rese un abbraccio impacciato.

“Rilassati…” bisbigliò tra i miei capelli. Io sospirai e mi abbandonai tra le sue braccia.

Il battito del mio cuore si ristabilì lentamente a un ritmo normale, e i miei nervi iniziarono a calmarsi. Com’era caldo. Il suo torace era solido, con la giusta dose di morbidezza. Lo spesso maglione che indossava rendeva l’abbraccio ancora più confortevole; la stoffa era impregnata del penetrante profumo della sua colonia. Mentre notavo ognuna di queste cose, mi sentii sempre più rilassata tra le sue braccia.

“Dimmi cosa c’è che non va” chiese Mamoru con gentilezza.

Deglutii a fatica, cercando di trattenere le lacrime dallo sgorgare. “Sto bene, Mamoru. Non preoccuparti per me.” Mormorai nella sua camicia, respingendo la sua domanda nella speranza di far cadere l’argomento. Per quanto volessi rivelare tutti i miei problemi e il mio dolore, conoscevo ancora a malapena l’uomo che mi stava abbracciando. Era impossibile che capisse tutto ciò che era racchiuso nel mio cuore.

“Non stai bene, e lo sai. Sei stata sul punto di scoppiare in lacrime per tutte le ultime ore. Sono preoccupato per te, Usa” sussurrò dolcemente ma in tono deciso. Rabbrividii per il suo nuovo soprannome per me; quel vezzeggiativo suonava così dolce e personale. La sua voce era bassa, e io sentivo il suo petto vibrare leggermente con ogni sillaba che pronunciava. Mi sentivo confortevole e al sicuro con lui, e affondai ancora di più fra le sue braccia, mettendo una delle mie attorno a lui, mentre continuava i suoi sommessi bisbigli “Non mi piace vedere così tanta tristezza nei tuoi occhi. Voglio vederti sorridere e sentire ancora la tua risata. So che quella felice ragazzina è dentro di te, da qualche parte--dobbiamo solo cacciare via tutto il dolore dentro di te, così che lei possa venire fuori di nuovo.”

Avvertii le sue dolci parole più che sentirle. Dio sa quanto avrei voluto liberarmi del dolore dentro di me. La gola iniziò a bruciarmi, e le lacrime pizzicavano i miei occhi. “Ti prego, dimmi cosa c’è che non va, Usa”

Tentai di far uscire le parole, ma tutto quello che riuscii ad ottenere fu un patetico “Non posso…” dissi fievolmente in un singhiozzo. Alcune lacrime sfuggirono dalle mie palpebre serrate. Le strofinai via in fretta, vergognandomi di stare piangendo davanti a Mamoru.

“Smetti di cercare di tenerti tutto dentro,” mi sussurrò, catturando nella sua la mano che avevo usato per strofinare via le mie lacrime. “Hai bisogno di piangere. Lasciale andare.”

Non ebbi bisogno di ulteriori persuasioni; le lacrime giunsero con sincerità. I singhiozzi erano lenti e dolorosi. Aumentarono di intensità, così come la mia desolazione. Piansi per molto tempo, i miei pensieri vagavano sui miei molti dolori: la mia aggressione, i miei perduti ultimi anni d’infanzia, rubati dalla responsabilità di diventare Sailor Moon, il mio confuso rapporto con Tuxedo Kamen, per non menzionare il mio particolare, ma costantemente in cambiamento, rapporto con Mamoru. Ma sopra ogni cosa, piansi per la mia sensazione di solitudine e di desolazione. Il dolore dentro di me mi spinse a desiderare di gridarlo fuori, nell’agonia e nella frustrazione.

E poi c’era Mamoru, che stava così pazientemente e dolcemente aspettando che anche l’ultima lacrima fosse versata. “Va tutto bene” sussurrò tra i miei capelli “Ogni cosa andrà a posto”

Perché mai era così carino con me? Non riuscivo ad immaginarlo. L’avevo giudicato molto male; presi pochi minuti per piangere anche per quello, stringendo forte Mamoru per tutto il tempo.

Sentii le sue mani aggrovigliarsi nei miei capelli, accarezzandomi gentilmente il collo. Era la prima volta che mi toccava in quel modo, e sentii un brivido correre per tutto il mio corpo. Era una strana sensazione, essere tra le sue braccia, e sentii dentro di me qualcosa che non mi aspettavo di provare per Mamoru…

Attrazione.

Alquanto spaventata da quel che provavo, mi allontanai esitante dal suo caldo abbraccio e mi asciugai le lente lacrime dalle guance. Mamoru mise ancora le sue braccia attorno a me ed io non protestai. Guardandolo in modo incerto, iniziai a chiedermi…che cosa provava lui?

Arrossii quando vidi che la sua camicia era bagnata in alcuni punti dalle mie lacrime. “Mi dispiace per la tua camicia” tirai su col naso, facendomi piccola piccola per l’imbarazzo.

“Non preoccupartene” rispose Mamoru con un leggero sorriso. “E’ di Motoki.”

Risi attraverso le lacrime, gioendo della sensazione della sua mano che riposava sulla mia schiena. Ero riscaldata e comoda, mi sentivo completamente al sicuro. Dopo qualche momento di silenzio, Mamoru iniziò a parlare “Ne vuoi parlare? Potrebbe farti sentire meglio.”

Sospirai e considerai le alternative. Qual era la cosa peggiore che sarebbe potuta succedere se mi fossi sfogata con Mamoru? Avrebbe potuto ridere di me, ma lui rideva sempre di me, quindi in realtà non c’era nulla da perdere. Ah, al diavolo…

“Sono tante cose” mormorai tristemente “Tutto è andato storto ultimamente…”

“Ti ascolto,” mi assicurò Mamoru, e spostò i miei capelli dal mio volto accaldato. Cercai di non guardarlo mentre parlavo, per paura di fargli capire quanto ero felice di quel contatto.

“Beh…” cominciai prendendo un profondo respiro “Tu sai…tu sai dell’aggressione…” rabbrividii ma le sue mani furono rapide a calmarmi. Lo guardai con sguardo incerto. “Io sono ancora un po’…spaventata a volte”

I suoi occhi si addolcirono “Me ne sono accorto.”

“Ma credo che probabilmente ciò che mi preoccupa di più è che io…mi sento sempre molto sola”

Sentii la sua mano iniziare a massaggiarmi la schiena, incoraggiandomi gentilmente a proseguire “Va avanti”

“So quanto questo possa sembrarti sciocco. Ho molte amiche meravigliose, e amo la mia famiglia. Loro si preoccupano per me…l’hanno sempre fatto, ma io mi sento lo stesso sola. Vuota.”

“Come se una parte di te mancasse?”

Lo guardai sorpresa “Esattamente”

“Sai Usagi?” la sua voce era dolce e gentile mentre parlava “Dio ha in mente qualcuno di speciale per te--creato apposta per amarti. Ma tu devi essere paziente ed aspettarlo fino a quando arriverà. Dobbiamo farlo tutti.”

“Avverti il vuoto anche tu?” chiesi, stupita di non essere sola nelle mie sensazioni.

“Ogni giorno” rispose, rivolgendomi un sorriso triste, mentre mi arruffava lievemente i capelli “Quindi non preoccuparti, tutto si aggiusterà alla fine. Vedrai.”

Annuii, cercando di accettare le sue parole. Erano sensate, ma il vuoto c’era ancora, e mi faceva male e mi supplicava di essere colmato. Davvero sarei riuscita a resistere? Davvero sarei riuscita ad aspettare qualcosa che non ero sicura fosse là fuori? Di certo valeva almeno un tentativo…

“Ti senti meglio?” mi chiese passando il dorso della sua mano sulla mia guancia, eliminando con cura ogni traccia di lacrime rimasta. I miei occhi si serrarono quando la sua pelle toccò la mia… le sue mani erano così gentili.

“Un po’” risposi, aprendo timidamente gli occhi “Grazie per avermi ascoltata.”

Mi fissò attentamente per alcuni istanti.

“Dimmi di cosa hai bisogno da me, Usagi. Dimmi cosa posso fare per renderti tutto questo più facile. Non posso continuare a vederti in questo stato.”

Riflettei su quella domanda per un momento, scegliendo con cura la risposta “Ho bisogno di un amico…qualcuno con cui poter parlare”

“Sono sempre stato tuo amico, Usa” mi assicurò, stringendomi in un altro lungo abbraccio “E lo sarò per sempre--non importa quanto questo possa darti fastidio”

“Grazie Mamoru-chan” sussurrai piano, quasi a scatti, cercando di trasmettergli quanto la sua semplice affermazione avesse significato per me.

Mamoru mi sollevò il mento e disse “Sorridi per me”. Feci del mio meglio e sorrisi con sorprendente facilità. “Questa è la mia ragazza” disse con un grande sorriso.

“Va bene--ora dimmi onestamente, sei stanca di studiare?”

“Sì” risposi senza esitazione

“Questa volta lascerò perdere perché hai avuto una giornata pesante, ma mi aspetto che tu studi sodo questa settimana. Siamo d’accordo?” domandò. In risposta annuii decisamente.

“Dimmi che ne pensi” continuò “Ho preparato della cioccolata calda in cucina; potrei prenderne un po’ per noi e potremmo rilassarci e parlare un po’”

“Parlare? E di cosa?”

“Beh” iniziò, facendo correre una mano tra i suoi capelli scuri “Ho improvvisamente realizzato che non ti conosco bene quanto vorrei”

“D’accordo” accettai con un sorriso (e arrossendo leggermente) “Sembra divertente”

 

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In un attimo Mamoru ed io stavamo confortevolmente chiacchierando davanti ad un fuoco scoppiettante, bevendo di tanto in tanto un sorso da una tazza fumante di cioccolata calda. Lui era sdraiato sul suo lato, davanti al camino, con un braccio sotto la testa. I suoi occhi erano chiusi, e, onestamente, non potevo ricordare un momento in cui era parso più tranquillo o soddisfatto. Io ero seduta accanto a lui, abbracciata alle mie ginocchia, e studiavo alternativamente le fiamme e l’uomo che giaceva accanto a me.

[Nota dell’Autrice: Sì, si può avere un camino in un appartamento. Io ne ho uno ^_~]

Durante l’ora trascorsa, Mamoru ed io avevamo giocato ad un gioco che si era dimostrato molto interessante e divertente. Ma soprattutto era uno splendido modo per conoscerci meglio. Io gli avrei fatto una domanda a cui lui avrebbe risposto e viceversa.

“Colore preferito?” chiesi

“Nero” rispose in fretta.

“Hmmm… avrei pensato che fosse il verde, visto quell’odiosa giacca che porti sempre” lo presi in giro.

“Dovrei farti sapere che sono parecchio affezionato a quella giacca” rispose misteriosamente “Allora, qual è il *tuo* colore preferito, Odango?”

“Rosa pallido” dissi sognante

Lui sghignazzò “È così…così… femminile!”

“Beh, io sono una ragazza, sai” risposi in modo impertinente

“Questo l’ho notato” disse tranquillamente, facendomi maliziosamente l’occhiolino. “Prossima domanda, Odango”

“Film preferito?” domandai, sorseggiando la mia cioccolata calda

“Vediamo…penso che si tratti de La bella Addormentata della Disney”

“Nani?!” ridacchiai, quasi soffocandomi con la bevanda “Ti piacciono i film Disney?”

“Cosa c’è di male?” chiese, subito sulla difensiva

“Niente--non ti avrei mai creduto il tipo che si diverte con i film per bambini” spiegai tentando di immaginarmi Mamoru rimanere incantato davanti a un cartone

“Stai scherzando?” rispose “La bella addormentata è una delle più grandi storie di tutti i tempi! Pensaci Odango. Un principe innamorato che combatte per riportare indietro la sua principessa, caduta addormentata. Puoi immaginare cosa il principe debba aver provato durante il corso della storia? Perdere la sua principessa, la persona più importante della sua vita--e quando finalmente la ritrova, se lei non si svegliasse del mondo dei sogni e non lo raggiungesse nella realtà?”

Ero un po’ divertita del fatto che Mamoru ed io stavamo avendo una discussione seria riguardo i conflitti interiori e i sentimenti di un personaggio Disney. “La principessa *si* sveglia, sai” dissi, mostrando la mia superiore conoscenza della classica fiaba a lieto fine. “Tutto quello che il principe deve fare è baciarla, ricordi?”

Mamoru ridacchiò leggermente, aprendo gli occhi per guardarmi con un’espressione indecifrabile “Se solo nella vita fosse tutto così facile”

Lo fissai in silenzio per qualche istante e sospirai profondamente.

Le sopracciglia di Mamoru si sollevarono “Che c’è che non va?”

“Tu…mi confondi”

“E come?”

Esitai, tentando di scegliere con cura le parole “A volte sai essere molto dolce--come adesso--è facile parlare con te, sai capire, ti preoccupi. Ma altre volte…beh…tu sei…”

“Un idiota?” finì lui, con una parola sorprendentemente azzeccata.

Annuii pensierosa “Qualcosa del genere--sì. Quindi, perché ti comporti così?”

“È una questione molto semplice, Odango” rispose con un sorriso “Penso solo che tu sia assolutamente adorabile quando ti arrabbi”

“You are so full of it!” [Nota della traduttrice: non so come tradurlo!Che c’entra?! Scusate] piagnucolai arrossendo fino alla radice dei capelli “Mi tormenti solo perché non ti piaccio! Te lo leggo negli occhi”

“Davvero? Non avevo idea che mi i miei occhi fossero tanto rivelatori” mi prese in giro Mamoru… o stava flirtando? Accidenti, perché quel disgraziato era così complicato da capire?

“Puoi leggere molto negli occhi di una persona, sai” gli dissi confidenzialmente.

“E cosa vedi nei miei?”

Mi morsi il labbro, insicura se dirgli o meno ciò che realmente vedevo…cosa avevo visto in loro da tanto tempo.

“Coraggio, Usa…cosa vedi?”

“Un bambino”

Il sorriso di Mamoru si dissolse, e i suoi occhi tempestosi divennero scuri mentre mi fissava in silenzio.

“Cos’è accaduto ai tuoi genitori, Mamoru?” chiesi esitante

Le sue labbra si strinsero “Cosa ti fa pensare che gli sia successo qualcosa?”

Diedi un’occhiata attorno nel suo appartamento.

“Nessuna foto di famiglia. Nessun tocco di una madre. Niente.”

Rimase in silenzio per alcuni istanti, ed i suoi occhi si chiusero ancora una volta. Immediatamente mi pentii di aver sollevato l’argomento. Avrei dovuto continuare con le domande semplici…

“Quando avevo 6 anni andammo a fare un giro in macchina” iniziò con voce flebile “Loro non sono ritornati.” I miei occhi si chiusero in rifiuto. Di tutto ciò che mi ero aspettata di sentire, quella era l’unica cosa che temevo. Avevo sospettato qualcosa del genere, e Motoki vi aveva accennato qualche tempo prima, ma non lo sapevo per certo. Molte cose dell’atteggiamento di Mamoru--la sua freddezza, la sua tendenza a tenere distanti le persone--assumevano un senso ora.

Aprii gli occhi e lo guardai, e scese una lacrima solitaria. Allungai una mano tremolante e passai un dito lungo una piccola cicatrice sul suo mento, appena sotto le sue labbra, mentre lui si allontanò leggermente. “È così che ti sei procurato questa cicatrice?”

“Hai” rispose debolmente

“Mamoru-chan?” domandai dopo un lungo momento di silenzio “Ho detto qualcosa di sbagliato? Non avevo intenzione di essere indiscreta…mi dispiace tanto…”

“No, Usa--non hai motivo di scusarti” mi assicurò con un flebile tentativo di sorriso “Sono stato bene da solo. Ho una casa. Ho degli amici. Ho…te”

Arrossii alla sua esitante affermazione. “Hai, tu hai me” Avvolsi le mie braccia attorno a lui e lo abbracciai per molto tempo. In tutta onestà, non potevo fare a meno di stargli vicino. Mi faceva sentire speciale.

Allontanandomi un poco, posai una mano sulla sua guancia e teneramente baciai la cicatrice sul suo mento. La sua pelle era calda e sapeva vagamente di sale quando la toccai lievemente con la lingua. Lanciai timidamente un’occhiata a Mamoru e sussurai “La tua cicatrice se n’è andata ora”

Lui ridacchiò leggermente…in modo triste “Bugia. Non potrà mai andarsene”

Baciando la cicatrice di nuovo, risposi fermamente “Se n’è andata.” Come fossi diventata così audace era oltre la mia comprensione. Confortarlo sembrava così naturale, ed io ero più che felice di farlo.

Mi regalò un dolce sorriso e io praticamente mi sciolsi alla vista. Prese le mie mani e baciò teneramente entrambi i miei polsi. Poi prese il mio viso tra le mani e depose un caldo bacio sul livido sul mio zigomo. Dopodiché appoggiò la sua fronte sulla mia e sussurrò, “I tuoi lividi--se ne sono andati.”

Abbassai lo sguardo per studiare i miei polsi e sorrisi. “Sì, è così.”

 

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La passeggiata verso casa fu piacevole. Non dicemmo molto, e credo che non avevamo bisogno. Non molto tempo dopo aver lasciato il suo appartamento, Mamoru si sporse a prendere la mia mano nella sua, ed io sorrisi mentre le nostre dita si intrecciavano. Le sue mani era piuttosto grandi, paragonate alle mie. Erano calde e compassionevoli--il tipo di mani che avrebbero protetto la persona che si ama. Non avevo mai minimamente considerato o immaginato me stessa mano nella mano con Mamoru, ma era così, beandomi, in quel meraviglioso momento, di quel semplice, romantico gesto.

Quando arrivammo a casa mia, mi accompagnò alla porta. “Grazie per avermi aiutato con il mio inglese” dissi, quando ci fermammo sotto al portico “Anche se abbiamo avuto un piccola distrazione…”

“È stato un piacere, Odango” rispose con un sorriso, ma il sorriso fu presto sostituito da un’espressione molto più seria. “C’è qualcosa di cui vorrei parlarti, Usa--qualcosa di personale.” iniziò Mamoru, prendendo entrambe le mie mani fra le sue e stringendole teneramente.

“Sì?” dissi in un soffio, trovando difficile parlargli mentre mi toccava in quel modo.

“Come posso dirlo?” chiese, con una risata che gli vibrava nella voce. “Tu sei una ragazza deliziosa, Usagi. Mi sono davvero divertito passando del tempo con te stasera.”

“Anch’io mi sono divertita” dissi piano, quasi timidamente.

“Quello che voglio chiederti è…vorresti rifarlo qualche volta?”

“M-mi stai chiedendo un appuntamento?” balbettai.

“Qualcosa del genere--sì” rispose con un accenno divertito nel suo tono.

Arrossii visibilmente, incapace di nascondere il mio sorriso al suo sguardo. “Mi piacerebbe.”

“Domani, allora” disse, sollevandomi tra le braccia in un abbraccio. “Verrò a prenderti alle dieci, d’accordo?”

“Hai” mormorai, improvvisamente sentendo molto caldo. Era ancora quella sensazione--il nodo allo stomaco, il brivido di nervosismo che correva lungo il mio corpo, il calore che colorava le mie guancie arrossendole. Non riuscivo a capire come lui potesse farmi sentire così strana con un semplice abbraccio. Mamoru sciolse leggermente l’abbraccio e guardò nei miei occhi per un lungo momento; il suo viso era una maschera di serietà. Allungò una mano e scostò una ciocca di capelli dai miei occhi, e poi passò il suo dito sulla mia guancia…poi sulle mie labbra.

“Usagi?” chiese dolcemente “Posso baciarti?”

Il respiro mi si bloccò in gola e lo fissai in attonita sorpresa. Così era questo--ciò che per anni avevo desiderato sentire. Non ero mai stata baciata prima, ma avevo fatto molti meravigliosi sogni ad occhi aperti di quel momento. Realizzai con un brivido di nervosismo che quel momento era arrivato--tutto quello che dovevo fare era dire sì. Solo che trovai di non essere in grado di dire niente a causa del mio nervosismo. “Io…tu…ma…” fu tutto ciò che riuscii a tirare fuori.

Mamoru sorrise divertito. “Lo prenderò per un sì.” disse e fece dolcemente scivolare un braccio attorno alla mia vita, attirandomi più vicino. Non protestai. Posò la mano libera sulla mia guancia, ed io inclinai la testa così da poter incontrare il suo sguardo. Accarezzò pensierosamente la mia guancia, prima di appoggiarsi e portare il suo volto sopra il mio.

E allora accadde. Qualcosa di dolce accarezzò le mie labbra, nella più leggera delle carezze. Le sue labbra erano calde, e mi baciavano con una gentilezza che, sinceramente, non mi aspettavo che Mamoru possedesse. Mai avevo sognato che qualcosa potesse essere così deliziosa…o così perfetta.

Ci separammo e lentamente aprii gli occhi per incontrare i suoi. Nonostante il bacio non fosse stato lungo, mi mancava il respiro e stavo tremando. Mamoru mi strinse addosso il cappotto, scambiando il motivo del mio tremore per brividi di freddo. “Dormi bene, Usa” mi disse deponendo un caldo bacio sulla mia fronte. “Ci vediamo domani.”

Annuii senza parole, ancora scossa e in soggezione del momento. Aprii la porta di casa con mano tremante, regalai a Mamoru un debole, ma dolce sorriso ed entrai. Appoggiandomi alla porta dopo averla chiusa, chiusi gli occhi e mi sfiorai le labbra, che erano deliziosamente brucianti. Non avevo mai provato qualcosa di così dolce e gentile come il bacio di Mamoru. Che momento prezioso era stato. Il mio primo bacio.

Venni strappata alle mie fantasticherie, comunque, dal suono di sommessi sospiri. Aprii gli occhi per vedere mia madre guardarmi, mentre si asciugava gli angoli degli occhi con un fazzoletto. Ritrovai subito la voce.

“Mamma! Ci stavi spiando?!”

Lei tirò su col naso e fece un piccolo cenno col capo.

“È stato così bello…”

 

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Entrai nella mia stanza, sentendomi come se danzassi sulle nuvole. “Luna!” esclamai eccitata, strappando la mia adorabile gattina dal mio letto e facendola roteare per aria facendole girare la testa. “Non indovinerai mai chi mi ha appena chiesto un appuntamento!”

“Chi?!” praticamente pretendeva la risposta. È risaputo che la mia gattina è iperprotettiva.

“Chiba Mamoru” annunciai con orgoglio.

Luna mi fissò senza parole per 20 secondi buoni prima di esplodere in una risata “Sì certo, e io sono il Papa. Ora dimmi la verirà.”

“Ti sto dicendo la verità” risposi precipitandomi tra i miei vestiti alla ricerca di qualcosa di appropriato da indossare il giorno dopo. “È accaduto che si è pazzamente innamorato di me.”

Luna si stava praticamente rotolando dalle risate.

“T-te l’ha detto lui questo?” ansimò tra una risata e l’altra.

“Beh, non esattamente” riconsiderai, portando un dito alle labbra pensierosamente. “Ma me lo dirà presto--ne sono sicura. Indovini che cos’ha fatto, Luna?!”

“Lasciami pensare… ti ha chiamata Odango Atama?”

Se non fossi stata di un umore tanto splendido, l’avrei fatta dormire all’aperto per quella maligna osservazione.

“Mi ha baciata” annunciai trasognata.

Il divertimento si trasformò in furia scatenata in esattamente 2,4 secondi “Lui cosa?!” strillò Luna “Io gli-io gli caverò gli occhi! Lo riempirò di graffi! Nessuno tocca la mia protetta ed esce con lei! NESSUNO!!!”

Nonostante gli strilli di minacce ed altri irripetibili insulti provenienti dalla bocca della mia guardiana, mi sedetti sul davanzale della mia finestra e sospirai felice, guardando la luna splendente. I miei pensieri tornarono a ciò che mi aveva detto Mamoru solo poche ore prima--cioè che esisteva qualcuno di speciale per me là fuori--qualcuno che Dio aveva creato apposta per amare me.

Un sorriso mi attraversò le labbra. Poteva essere Mamoru-chan?

 

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Write me! Sailormoon89@hotmail.com

State pronti per il capitolo 6… arriverà presto! Iscrivetevi alla mailing list di Moonlit Eclipse! Saprete dei nuovi capitoli!

 

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

 

Ja ne!

Aimee-chan

 

Nota della Traduttrice : Desidero scusarmi con tutti i lettori di questa fanfic per il ritardo di questa traduzione. Davvero non ho attenuanti. Un ritardo simile, ve lo giuro, non si ripeterà. Vi ringrazio per aver avuto la pazienza di aspettare. Grazie di cuore.

Bunny83

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


The Coldest December

Autore: Aimee

Tradotto in italiano dall'inglese da Erika per Erika's Fanfiction Page

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"Poichè Mi avete visto, avete creduto. Benedetti siano coloro che non hanno visto eppure hanno creduto."

Gesù, Giovanni 20:29

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Capitolo 6

"Ti sento dire che è tutto quello di cui
hai bisogno,ma non penso sia vero.
Perchè quello che provi non è reale.
Stai cercando di riempire il vuoto che
ti si sta ingrandendo e ti sta uccidendo."
~Michael W. Smith

Era notte fonda. Le nuvole all'orizzonte coprivano la luna, e le oscure ombre che coprivano la città erano più scure che mai.
Svegliandomi da una notte insonne, i miei occhi si aprirono di scatto al suono inesistente della nottte. L'aria nella mia stanza era densa e pesante - quasi oppressiva. Sgranando gli occhi così da riuscire a vedere al buio, mi sedetti sul letto e lanciai uno sguardo ai numeri rosso luccicanti della sveglia. Le 3 e 42. Ansimante, cercai di calmare il mio cuore impazzito.

C'era qualcosa che non andava. Come se avesse udito il mio pensiero, il suono del mio orologio Sailor ruppe il silenzio, facendomi sobbalzare. Facendo altri grossi sospiri per calmarmi i nervi, andai a prendere il comunicatore dal comodino. Accendendolo, fui accolta dallo sguardo stanco ma attento di Ami. "E' stato l'allarme del mio computer Sailor a svegliarmi," mi informò. "C'è del movimento nella parte nord della città, vicino al centro commerciale. Molto probabilmente è un demone. Fa' in fretta Usagi."

"Arrivo!" Le assicurai, spegnendo l'orologio e prendendo in mano la spilla. Dopo aver completato la trasformazione, uscii dalla finestra. Iniziai a correre per le strade di Tokyo..

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"Sono qui!" gridai come canticchiano, da sopra i rami di un albero. Avvistai le mie compagne Sailor e corsi a raggiungerle, castigandomi mentalmente per essere stata l'ultima ad arrivare.

"Secondo il mio computer," iniziò Mercury, "ci sono tre soggetti a circa 100 metri dal luogo in cui ci troviamo. Due di loro emettono energia negativa. Secondo me il terzo soggetto è la vittima."

"Due?" esclamai. Non avevamo mai affrontato due demoni alla volta, e lo stesso pensiero mi spaventava.

Un urlo spezzò il silenzio della notte. Le guerriere ed io girammo l'angolo di gran fretta, sperando e pregando che non fosse troppo tardi per il proprietario della voce spezzata. Ci fermammo quando vedemmo in lontananza tre figure. Stavamo sotto un lampione. Un ragazzo, quello che aveva gridato, era in ginocchio dolorante mentre un demone gli succhiava l'energia. La terza figura, nascosta dall'ombra, era ferma a guardare, a qualche centimetro da terra.

La luna venne fuori da dietro le nnuvole e il viso della terza persona venne alla luce. "Quello non è un demone ..." esclamò con un sospiro mozzato Mars, con gli occhi che si spalancavano.

"Zoycite!" esclamò Venus. Prima che chiunque potesse dire altro, un altro orribile grido lasciò le labbra del ragazzo mentre l'attacco del demone si intensificava. Gridai spaventata. "Dobbiamo fare qualcosa!"

"Andiamo!" urlò Jupiter.

"Oh no ..." brontolai quando le altre guerriere ripresero a correre. Se c'era una cosa che odiavo, era correre - e il cielo solo sapeva quante corse mi ero fatta già ogni mattina. Tuttavia, presi a correre anche io dietro alle mie amiche, e quando arrivammo, ansimavo, cercando aria.

"Fermo 'anf' dove sei 'pant' Zoycite!" Occhi freddi mi squadrarono. "Voi ... " ringhiò. "Vi consiglio di stare fuori da questa storia se tenete alla vostra incolumità."

"Neanche per sogno!" ringhiò Jupiter e fece un passo in avanti, i pugni serrati.

Zoycite si mise a ridere. A 'ridere' di Jupiter. Cari lettori, c'è una cosa che ho imparato che non bisogna 'mai' fare ... mai prendersi gioco di Sailor Jupiter. La mia amica diventò rossa dalla rabbia,  e io mi scostai impaurita guardando i suoi pugni stringersi. Anche Zoycite doveva aver notato la furia crescente della mia amica, poichè fece un rapido sorriso e disse, "Alla prossima volta, signore."

E detto ciò, svanì in un turbine di petali di rosa, col suo sorriso che riecheggiava nella notte. Rabbrividì al suono mentre i petali mi si posavano addosso.

"Certo che fa delle uscite spettacolari, non trovate?"

"Dimenticatevi di Zoicite," disse Mars, indicando il demone, che si erano allontanato dal ragazzo ora svenuto. "Abbiamo cose più importanti a cui pensare al momento." Trattenendo il respiro, osserva il il demone, completamente sbalordita. Era la prima volta che lo osservavo per bene. Coperto interamente di nero, era alto e magro. Occhi iniettati di sangue mi squadravano, e l'odio traspariva chiaramente dalle loro profondità. In tutta onestà, sembrava più uno che aveva letto Dracula troppe volte. Guardandolo ancora una volta, feci l'unica cosa ragionevole che mi venne in mente ... scoppiai a ridere.

"Un vampiro?" sbottai, ridendo per quanto era ridicola tutta la scena davanti a me. Era troppo. Ma il regno del Male non poteva venirsene fuori con qualcosa di più originale? (NdA: hmmm ... sicuramente Aimee poteva).

"Ehi, El Chupacabra!" lo presi in giro senza ritegno. "Halloween è stato tre mesi fa! E' passato un po' di tempo amico!"

"Voglio succhiarti il sangue ... " Jupiter si unì alle mie risate.

"Ragazze, penso che lo stiate facendo arrabbiare," Mercury deglutì nervosamente. "Vi consiglio caldamente di finirla."

"Andiamo, Mercury!" replicò Jupiter, dando alla nostra secchiona preferita una bella 'pacca' sulle spalle. A Mercury scappò un gridolino di dolore. "Vivi l'attimo! Non trovi anche tu sia divertente!"

"Non c'è niente di divertente in una dissanguazione notturna," rispose Mercury, diventando sempre più pallida.

"Dissang- che?" mormorò Venus.

"Ma voi due vi deciderete mai a crescere!" ci rimproverò Mars. "Abbiamo un nemico da combattere se non l'avete notato. Siete pronte o no?"

Come se l'avesse sentita, il demone uscì dall'ombra in cui si trovava. Deglutì profondamente, non volendo ammettere a me stessa che questo mostro di Halloween mal vestito mi stesse facendo paura. Si mosse piano, a passi cadenzati. Un leggero ghigno gli uscì dalla bocca, e mi fece venire i brividi. All'improvviso, desiderai di non essermi presa gioco della situazione. Mercury aveva ragione - dissanguazione, o quel che cavolo era, non sembrava un modo piacevole di morire.

"Non mi piace ..." bisbigliai, mettendomi dietro Mars.

"Allora facciamo qualcosa," disse Venus, preparandosi ad attaccare "Fascio di luce!" L'attacco si diresse verso il demone a velocità supersonica. Vicino ... più vicino ... e poi all'improvviso, il demone sparì. Il fascio di luce attraversò il luogo dove si sarebbe dovuto trovare il mostro e si spense. "Aspettate un attimo," disse Venus, sorpresa.

"D-dov'è andato?" balbettò Mars. Ci guardammo intorno frenetiche, sorvegliando l'area che ci stava intorno alla ricerca dell'ombra del mostro. La notte sembrava all'improvviso stranamente calma. Il silenzio era più assordante di qualunque altro suono avessi potuto immaginare.

"Non mi piace ... non mi piace ..." Tremavo di paura, e mi aggrappai forte al braccio di Jupiter cercando sostegno. Il computer di Mercury emetteva piccoli suoni mentre lei vi digitava sopra velocemente. "E' vicino, ragazze." disse, facendo calcoli su calcoli.

"A 20 metri."

"In quale direzione?" chiese Mars impaziente. Per la prima volta, sentì la paura nella sua voce.

"Ci sto lavorando ..."

"Beh, lavora in fretta! Non è divertente!" la incitai, cercando di non piangere. Mi guardai disperata intorno, sia a destra che a sinistra, ma non vidi niente che non fossero ombre oscure e vie poco illuminate. Qualcosa in lontananza attirò la mia attenzione. Mi allontanai da Jupiter e mi avvicinai di alcuni passi a quell'oggetto curioso. Sgranai gli occhi e cercai di focalizzarlo meglio. Fu allora che lo riconobbi. Il demone si nascondeva dentro le oscure ombre dell'angolo di un edificio e mi fissò dritto per tutto il tempo in cui lo guardai. Lanciai un piccolo gemito quando il suo sguardo pieno d'odio incrociò i miei occhi per la prima volta, ma non riuscivo a guardare altrove. Cercai di avvertire le ragazze, ma scoprii che non potevo parlare, nè muovermi. Ero come paralizzata. Il panico percorse tutto il mio corpo mentre vidi il demone sghignazzare, ben cosciente di quello che mi stava succedendo. Compresi con mio orrore che era lui a farmi rimanere ferma - mi aveva in un qualche modo intrappolata. Cominciò ad avvicinarsi a me a passo spedito, forse preparandosi ad attaccare e i miei occhi si spalancarono terrorizzati.

"Qualcuno ... mi aiuti ... " pregai in silenzio, con le lacrime agli occhi. "Tuxedo Kamen ... " Miracolosamente, una rosa fendette l'aria e si piantò pericolosamente vicino al demone. Quello si fermò di colpo, completamente stordito dall'attacco. La presa mentale che aveva su di me svanì e io ne uscì con gioia, scuotendo la testa furiosamente per sbarazzarmi dell'orribile sensazione. Le guerriere, allarmata dall'improvvisa apparizione della rosa, si spaventarono nel vedere il demone.

"Ora, Sailor Moon!" gridò Tuxedo Kamen da lontano. Guardai alla mia destra e lo vidi osservare la battaglia da un tetto. Gli mandai mille ringraziamenti nella mia testa, mentre rimuovevo la mia tiara luccicante dalla fronte. La mandai dritto verso il demone a una velocità pazzesca. Ancora scioccato dalla rosa, il demone non riuscì a schivare l'attacco. Rimasi lì impalata, ancora terrorizzata, mentre il demone si disintegrava in un mucchio di polvere.

"Stai bene?" mi chiese una voce profonda. Mi girai a fissai senza espressione gli occhi di Tuxedo Kamen. Stavo sognando? Era davvero qui? Non era mai rimasto dopo l'attacco di un demone.

"Tuxedo Kamen," bisbigliai. "Io ..."

"Cosa vuoi?" gridò Jupiter, mettendosi fra me e lui che si avvicinava. Osservai la scena in un muto silenzio, perdendo all'improvviso il mio coraggio. Mercury mi mise una mano sulla spalla, il suo modo di ricordarmi della discussione che avevamo avuto prima - non dovevo avvicinarmi a Tuxedo Kamen.

"Ragazze, voi non capite ..." iniziò a contraddirle Mars, esitante. Le altre guerriere, accaldate com'erano, la ignorarono e perseguirono nella loro linea.

"Ascolta," si intromise Venus, fissando male l'uomo in nero. "Non sappiamo chi sei o cosa vuoi."

"E fino a che non lo sapremo, non ti vogliamo vicino a Sailor Moon." aggiunse Mercury mostrando un'insolita risolutezza.

Vidi, mentre la lacrime mi appannavano la vista, gli occhi di Tuxedo Kamen indurirsi e guardare nei miei, aspettando che dicessi qualcosa. Volevo intervenire e prendere le sue difese, ma qualcosa dentro di me mi diceva di trattenermi e nascondermi dietro le mie amiche. Le ragazze continuarono a guardarlo storto, anche se il sollievo si fece largo nei loro sguardi quando il ragazzo alto girò sui tacchi e se ne andò, ovviamente irritato dalle parole delle guerriere e dal fatto che non avevo detto niente. Mentre spariva nell'oscurità, ritrovai la mia voce.

"Voleva solo sapere se stavo bene ... " bisbigliai piano, cercando di fare del mio meglio per non piangere mentre vedevo la sua figura sparire in lontananza.

"Non mi importa di cosa voleva," disse Jupiter, con le braccia incrociate al petto. "Non ti si deve avvicinare."

Guardai le altre guerriere, e sembravano tutte testarde quanto Jupiter. Tutte tranne Mars, naturalmente. Sembrava esitare, e quando la guardai interrogativa, scostò rapidamente lo sguardo. Cosa nascondeva?

"Mars .. ?" dissi piano.

"E' tardi Sailor Moon," rispose tranquilla. "Dovresti andare a riposare."

Detto ciò, si girò e se ne andò, lasciandomi da sola con le altre guerriere, mentre mille domande mi giravano in testa.

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Dopo aver sciolto la trasformazione, iniziai a tornare a casa da sola, in silenzio. Le altre guerriere avevano voluto accompagnarmi, ma avevo rifiutato. Avevo bisogno di un po' di tempo per riflettere. Non sapevo che pensare dell'incontro che avevo appena avuto con Tuxedo Kamen. Sembrava che se la fosse presa per il fatto che non lo avevo difeso, e mi sentivo terribilmente in colpa per quello. Ma perchè si era avvicinato a me dopo la sconfitta del demone? Non l'aveva mai fatto prima. Non era mai rimasto a vedere se ero ferita o avevo bisogno di aiuto. Cosa c'era di diverso stanotte? Il sangue mi si gelò nelle vene quando mi venne in mente una cosa. E se 'fosse' rimasto a controllare anche dopo tutte le altre battaglie? E se si era nascosto nell'ombra e mi seguiva da lontano?

< Veglierò >

< Non sei sola. >

Erano le parole che aveva pronunciato ai nostri precedenti incontri, e all'improvviso assunsero nuovo significato. Vegliava su di me? Mi seguiva? Tutto il tempo?! Era qui adesso? Mi fermai di scatto sotto un lampione. Mi guardai intorno, a destra e a sinistra, e sui tetti sopra di me. Non vidi altro che l'oscurità, e il mio stesso respiro che gelava nella notte.

"Tuxedo Kamen?" urlai, girando su me stessa. La mia voce sembrava piccola e poco familiare alle mie stesse orecchie, mentre riecheggiava sui muri degli edifici abbandonati intorno a me.

"Sei lì? Per favore - voglio parlarti."

"Di cosa?" Gridai terrorizzata. Mi voltai rapida e lanciai un esclamazione quando i miei occhi incontrarono i suoi. Eccolo lì, alla mia destra, con uno sguardo tranquillo in viso.

"Tu ... come ...?" Balbettai incredula. "M-mi segui dappertutto?" gli domandai in tono accusatorio.

"No," rispose semplicemente lui, per nulla colpito dalla rabbia nella mia voce. "Solo dopo che un demone ti attacca ti seguo. Per assicurarmi della tua incolumità, naturalmente. Non fare quella faccia offesa. A quanto pare hai avuto bisogno del mio aiuto, una o due volte, se ben ricordo."

Il sangue mi si gelò nelle vene al ricordo di quell'orribile notte di pioggia in cui mi aveva appoggiato il fazzoletto su un labbro sanguinante, col mio assalitore privo di conoscenza solo a qualche passo da noi. Iniziai a tremare quando capii cosa avevano voluto dire le parole che aveva pronunciato quella notte.

< Mi dispiace di essere arrivato tardi. >

"Ecco come sapevi!" esclamai in tono accusatorio, sentendomi improvvisamente la più grande idiota della terra. "Ecco come hai scoperto che sono Sailor Moon! Perchè mi hai seguito!"

"E la cosa non ti piace perchè...?" mi invitò ad andare avanti, quasi prendendosi gioco di me. Capivo dalla sua voce che era arrabbiato con me, ma stava cercando di nasconderlo con queste battute. Dannazione a lui ...

"Non capisco che vuoi da me!" praticamente gli urlai in faccia. "Non voglio che tu mi segua! Non ho mai chiesto il tuo aiuto!"

"Non hai mai dovuto chiederlo," rispose con la stessa voce calma, le braccia incrociate al petto. "E' mio compito proteggerti. Mio dovere. E non solo questo - morirei se ti accadesse qualcosa."

"Che? Ma l'altra notte mi hai detto che-"

"Ti ho detto che ti ho salvata semplicemente perchè eri un essere umano che meritava di vivere, e questo è vero - fino a un certo punto. Ora sai tutta la verità."

"Tu credi?" lo sfidai, facendo un passo in avanti, con rabbia. "Tutta la verità? Chissà perchè, ne dubito! Sembra sempre che nascondi qualcosa!"

"Ho le mie ragioni," ribattè lui, avvicinandosi un passo anche lui. Eravamo vicini. Troppo vicini. Deglutii, a disagio. "Non guardarmi in quel modo. Sai bene che non ti farei mai del male."

"Ah sì?" bisbigliai, con voce tremolante. Aggrottò lo sguardo alle mie parole, e i suoi occhi diventarono visibilmente più scuri sotto la sua maschera. "Perchè non riesci a fidarti di me? Perchè è così difficile?"

"Non lo so," confessai, e i miei occhi caddero al terreno. "Le altre guerriere mi hanno detto che-"

"Al diavolo le altre guerriere!" ringhiò, costringendomi ad alzare lo sguardo su di lui per la sorpresa. "Loro non c'entrano in questa storia!"

"Io penso di sì invece!" ribattei, arrabbiata per le sue parole. "Forse hanno ragione su di te in fondo! Forse sei un nemico!"

"Col cavolo che lo sono ... " ringhiò a bassa voce.

"Beh, cosa sei allora? Un alleato? Dannazione, dimmelo!"

Con un solo movimento veloce, avvicinò il mio corpo al suo e sigillò le mie labbra con le sue, facendomi gridare per la sorpresa. I miei sensi andarono in tilt nel medesimo istante in cui posò la sua bocca sulla mia in un bacio che avrebbe fatto arrossire chiunque. Dopo essermi preso dallo shock iniziale, il mio cuore si sentì immediatamente oltraggiato. Cercai di svincolarmi, ma la sua presa era salda. Non dolorosa, ma salda e irremovibile. Dopo aver cercato invano di divincolarmi, caddi come morta nel suo abbraccio. Lasciandomi prendere dal bacio, lasciai che un mare di sensazioni inesplorate mi avvolgesse.

Non avevo troppa esperienza coi baci, ma sapevo di per certo che questo faceva impallidire quello fra me e Mamoru. Il bacio di Tuxedo Kamen era pieno di passione e di emozione, mentre quello di Mamoru era innocente e dolce. Per favore, non fraintendetemi cari lettori - adoro ancora adesso il bellissimo momento fra Mamoru e me, ma questo ... questo era ... wow.

Il bacio proseguì, e la mia mente iniziò a vacillare. Cosa avrebbe pensato Mamoru se avesse mi avesse visto baciare appassionatamente Tuxedo Kamen sotto il chiaro di luna, nel modo intimo in cui solo gli innamorati dovrebbero baciare? Ne sarebbe stato geloso? Ricordai gli eventi di qualche ora prima, sentendomi colpevole - il modo in cui Mamoru mi aveva stretto mentre piangevo, le sue parole gentili, il suo tocco delicato, il suo bacio. Era stato così dolce - così affettuoso, come non lo era mai. Ed io invece, eccomi qui a baciare un altro uomo quando il sapore delle labbra di Mamoru era ancora fresco nella mia mente.

Non sono certa di quanto a lungo Tuxedo Kamen ed io siamo rimasti così, in quell'intimo abbraccio, ma mi sembrò un'eternità. Quando finalmente la sua bocca si separò dalla mia, i suoi baci caldi si trasferirono alla mia guancia e poi al mio collo. I miei occhi si chiusero tristemente mentre le lacrime cominciavano a scendermi lungo le guance.

< Mamoru ... mi sembra di averti tradito ... >

"Questo risponde alla tua domanda, Usagi?" mi chiese Tuxedo Kamen, ancora tracciando baci lungo il mio collo.

"Tuxedo Kamen ... " bisbigliai, mentre le mie lacrime aumentavano in intensità. "Per favore, fermati ... io non ... io non posso. Non è giusto."

La sua bocca si fermò immediatamente alle mie parole e mi guardò dritto negli occhi. Notai per la prima volta quanto erano grigi i suoi occhi, così simili a quelli di Mamoru - quelli di un bambino che cercava di atteggiarsi da adulto. Erano occhi tristi, e io scostai lo sguardo, spaventata da quello che potevano nascondere. "Sei certa che vuoi che smetta?" chiese, il suo fiato corto che si mischiava col mio.

"Sì ... io non posso farlo ... non con te," risposi con voce tremante. "Scusami, Tuxedo Kamen. Il mio cuore appartiene ad un altro."

Lui si allontanò di un poco, forse ferito dalle mia parole, anche se stava facendo un buon lavoro nel nasconderlo.

"Capisco," disse, schiarendosi la gola. "Beh allora - di sicuro ti devo delle scuse."

Mi lasciò andare di colpo, e io dondolai un poco di lato, ancora scossa. "Per favore, non c'è bisogno di-"

"Buona notte, Usagi," mi interruppe. "Continuerò a vegliare." Aprii la bocca per protestare, ma se n'era già andato.

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NdT - da questo capitolo in poi riprendo a tradurre io, Erika la webmistress. Non ho contattato a dire la verità la precedente traduttrice ... visto che è tanto tempo che non traduce e non mi contatta, suppongo avrà avuto altri impegni. O forse sono io stessa che non mi sono ricordata di contattarla ... sinceramente non ricordo, e me ne rammarico.Figuratevi che mi sono ricordata che questa traduzione era incompleta per puro, purissimo caso. Per dirvi il livello di impegni che ho, che vanno naturalmente ben oltre questi lavori.

Attualmente seguo altre 3 o 4 traduzioni, comunque cercherò di terminare in fretta questa, data l'attesa che avete già dovuto soffrire. Quindi aspettatevi il prossimo capitolo a breve.

Ancora scuse.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


The Coldest December

Autore: Aimee

Tradotto in italiano dall'inglese da Erika per Erika's Fanfiction Page

 

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"Il paradiso e la terra passeranno, ma non le Mie
parole, che non spariranno mai."
Gesù Cristo, Luca 21:33

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Capitolo Sette

"Seduta sola nella tua stanza vuota,
nell'immobilità della notte,
Dove tutti i sogni che erano soliti accompagnarti,
non sono più in vita."

~Michael W. Smith

Rimasi sdraiata a letto, insonne, a lungo dopo essere tornata a casa, e solo guardare il vento freddo di Dicembre che soffiava tra i rami dell'albero fuori dalla mia stanza mi era di una qualche consolazione. Cercai di pensare a qualcos'altro, ma non ci riuscivo. Tutto quello che mi veniva in mente era lui - quel viso mascherato di nero.

Mi portai una mano alle labbra ingrossate e sentii quanto erano ancora soffici. Era stato davvero un bacio indimenticabile. Arrossivo ancora al solo ricordo- un ricordo che continuava a ripetersi nella mia testa sin da quando era avvenuto l'evento originale.

Non riuscivo a capire perchè mi aveva baciato. Non c'erano stati segnali, indizi, nessun ammiccamento sottile riguardo a ciò che Tuxedo Kamen provava per me. Era sempre così riservato e controllato. Ma stanotte, si era lasciato sfuggire quel controllo per qualche momento e mi aveva permesso di vedere la vera persona che si nascondeva dietro quella maschera.

E se devo dire la verità, non mi piace quello che ho visto ... mi spaventa. Cosa voleva?

Forse ... *gulp* ... me?

Lasciando velocemente da parte quel pensiero spaventoso, tirai le coperte fin sopra la mia testa e mi sforzai di pensare ad altro. Se continuavo così, non mi sarei mai addormentata. Mamoru sarebbe arrivato a prendermi alle dieci, e non avrei lasciato che questo piccolo incidente rovinasse la mia giornata con lui.

Lanciai un'occhiata stanca da sotto le coperte alla mia sveglia

5:15

Arrabbiata, chiusii gli occhi e provai a dormire.

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"Posso avere questo ballo Principessa? Potrebbe essere l'ultimo."

La sua voce era solenne e pacata, e il cuore mi si spezzò nel sentirla. I suoi occhi erano tormentati e apprensivi mentre mi fissavano da dietro la maschera bianca. Avrei voluto che il suo viso non fosse nascosto, ma era necessario, dato che i terrestri non erano i benvenuti sulla Luna ... non da quando Beriglia aveva preso possesso del pianeta blu. Nemmeno il mio fidanzato era il benvenuto.

"Sono così felice che sei qui, mi sei mancato," bisbigliai mentre mi trascinava sulla pista da ballo, sbirciando sospettoso quelli che ci stavano intorno. Infine si rilassò e permise al suo sguardo di fermarsi sul mio viso. "Mi sei mancata anche tu," mi disse con un tono di rimpianto mentre cominciavamo a ballare. La sua mano strinse ancor di più la mia, e sentii l'anello che portava premere contro la sua mano, un ricordo del fatto che ora gli appartenevo. Era il suo anello - quello che mi aveva dato quasi mezzo anno prima. Come era tutto diverso allora.

"Mi dispiace che le cose debbano essere così, Sere."

Io sospirai e chiusi gli occhi piena di dispiacere. Era stato difficile andare avanti senza di lui negli ultimi mesi. Era tempo di guerra. Mia madre da principio mi aveva mandato sulla Terra per proteggermi, ma quando le forze nemiche e la loro regina avevano cominciato a minacciare il pianeta blu, mia madre mi aveva mandato a prendere, avendo paura che potessero trovarmi e farmi uccidere. Erano passati quattro mesi dall'ultima volta che avevo visto Endymion, ma anche mentre mi stringeva, avevo troppa paura di godermi questo momento.

Correvano voci insistenti di un possibile attacco di Beriglia alla Luna e mi spaventavano come non mai.

"Stai tremando," mi mormorò nell'orecchio, stringendo il mio corpo per confortarmi. "Non c'è bisogno di aver paura. Sono qui con te."

"Non riesco a credere che stia succedendo tutto questo ... " bisbigliai, iniziando a piangere piano. Mi appoggiò una mano calda sul collo e la fece scivolare volutamente con lentezza fino alla fine della schiena. I suoi gesti mi calmarono, e mi lasciai sfuggire un sospiro che non mi ero resa conto di aver trattenuto sino ad allora.

"Principessa, vostra madre sa che non sono una spia. Mi ha chiesto aiuto per proteggere il Regno della Luna ... e te."

"R-rimarrai qui?" gli chiesi speranzosa e sorpresa, guardandola con occhi pieni di lacrime.

"Sì," bisbigliò lui, carezzandomi la schiena in lungo e in largo sempre con lo stesso gesto rassicurante. "Non potevo abbandonarti in momenti come questi, Sere."

"Endy... sono così felice che tu sia qui ...."

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Per una volta, non furono le insistenze di Luna a svegliarmi dal mio bel viaggio nel mondo dei sogni. Piuttosto, mi sentii scuotere dolcemente, e il sogno svanì piano nel momento in cui sentii una voce familiare.

"Usa ... andiamo, testolina buffa. Sveglia."

I miei occhi si aprirono piano. "Mamoru?" bofonchiai, strofinandomi gli occhi così da vederci meglio. Beh, eccolo là, seduto sul mio letto, con una mano che giocava coi miei capelli. Aprii la bocca per la sorpresa, rendendomi conto all'improvviso di quanto somigliasse all'uomo dei miei sogni. Gli occhi blu gentili, i capelli color ebano, l'espressione dolce - erano tutte uguali.

"Sai, ora capisco che non scherzavi quando dicevi che il tuo colore preferito era il rosa," commentò Mamoru mentre osservava scettico la stanza. "La tua stanza sembra l'angolo di Barbie in un negozio di giocattoli."

"C-che fai tu qui?" gridai, portandomi le coperte fino alle orecchie.

"Sono venuto a prenderti, sciocca. Sai che ore sono?"

I miei occhi andarono alla sveglia.

10:07

"Oh mio dio! Mi sono addormentata!" gridai. "Mi spiace così tanto, Mamoru!"

"Va tutto bene," disse con una risatina mentre si avvicinava a me per abbracciarmi, e io lo abbracciai felice e a mia volta. "Ti senti bene?" chiese quando ci separammo.

Ero stanca morta - questo era certo. Non solo l'attacco del demone la notte precedente mi aveva tolto ore di sonno prezioso, avevo passato il resto della notte in un sonno disturbato da strane immagini. Che significato avevano quei sogni? Stavano davvero iniziando a preoccuparmi.

"Sto bene," dissi per riassicurare Mamoru. Mi girai davanti al suo sguardo preoccupato, cercando di nascondere la confusione e la mia stanchezza, che senza dubbio erano evidenti nel mio sguardo.

"Non dobbiamo uscire oggi per forza, sai. Se devi riposare, possiamo ... "

"No, sono alzata," insistetti mentre uscivo dal letto (in verità, ci caddi fuori). "Ahia - avrò un brutto livido più tardi," mi lamentai quando toccai terra. "Vedi? Sono sveglia!"

"Bel pigiama," Mamoru mi fece l'occhiolino mentre ammirava il mio pigiama tutto rosa.

"Bella giacca," ribattei io, osservando storto la più brutta giacca verde sulla faccia della Terra

"Sono felice che ti piaccia, testolina buffa. Sai, l'ho indossata solo per te."

"Ohhhh, ma non avresti dovuto!" risposi sarcastica. "Davvero." Ahhh ... non c'era niente come un bel bisticcio con Mamoru per cominciare la giornata.

Ridacchiai e gli lanciai un cuscino. "Sarò pronta in dieci minuti. Aspetta qui."

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Una volta in bagno mi spruzzai dell'acqua in viso che mi fece svegliare più in fretta di quanto avrei davvero immaginato. Guardandomi nello specchio del bagno mentre i miei denti battevano da soli incontrollabilmente per il freddo, notai che il livido sul viso ora era praticamente sparito.

Sorrisi al mio riflesso nello specchio. Tuttavia, smise di sorridermi da sola qualche istante dopo, quando udii un suono stranissimo ...

Ma che era? Sembrava un animale selvatico ... una tigre forse? No, era un gatto! E fu seguito a breve da un grido maschile strozzato. Ma che diavolo? Lanciai un grido, e i miei occhi si ingigantirono quando compresi che poteva trattarsi solo di una cosa. "Luna!"
Spalancai la porta della mia stanza e scoprii che la mia gattina iperprotettiva aveva costretto Mamoru sopra una sedia. I suoi denti e le piccole unghie erano bene in vista, ed era pronta ad attaccare il ragazzo se solo avesse provato a scendere.

"Testolina buffa, il tuo gatto sta cercando di uccidermi!"

"Luna, allontanati da lui immediatamente!" gridai, prendendola in braccio. "Ma che ti è preso?!" I suoi occhi marroni mi guardarono accusatori, dipingendomi tutto quel che pensava piuttosto bene ... 'Se ti tocca, non riuscirà più a camminare'.

"E' sempre una tale psicopatica?" disse Mamoru sorpreso, scendendo cauto dalla sedia. Quando cercò di avvicinarsi, Luna soffiò nella sua direzione. Lui si allontanò di un passo, alzando le braccia in segno di resa. "Brava gattina ... giù ... giù ..."

"Non è psicopatica," lo rassicurai, guardando male la mia gatta. "Solo un po' troppo protettiva. E' molto dolce quando la conosci per bene. Vuoi accarezzarla?"

Luna gli lanciò un'occhiata che diceva, 'Provaci e vedrai.'

Mamoru rise nervosamente, sudando in fronte. "Uhm ... no grazie."

Io scrollai le spalle mentre mi dirigevo verso il bagno, con il felino che sibilava ancora in braccio. "Accomodati. Sono quasi pronta."

Chiusi la porta del bagno con risolutezza e mi preparai a sgridare Luna come mai in vita sua.

"Ma che avevi in testa?!" urlai, alzando un pugno in aria. "Non posso credere che tu abbia appena cercato di polverizzare Mamoru! Potrebbe portarti in tribunale, sai!"

"Non mi piace, Usagi," sibilò lei, guardando in direzione della mia stanza. "C'è qualcosa di strano in lui."

"Ti stai immaginando troppe cose ... " bofonchiai, dando le spalle alla palla di pelo e girandomi verso lo specchio. Comincia ad annodare i miei capelli nel solito modo.

"Chiunque diventi da un giorno all'altro il tuo ragazzo dopo essere stato tuo nemico giurato per me è un poco sospetto ..."

"Non è il mio ragazzo!" gridai.

"Usagi, c'è qualcosa che non va qui. Non capisco come fai a non capirlo ...."

"L'unica cosa che vedo è te che ti impicci nei miei affari. Posso curarmi di me stessa." Le diedi di nuovo le spalle, mentre lacrime arrabbiate mi solcavano il viso.

Lei sospirò, scuotendo la testa tristemente. "Molto bene, bambina. Fa come vuoi. Spero solo che tu non ti faccia male ... sta attenta, Usagi. Per favore."

Facendo finta di ignorarla, continuai a sistemarmi rapidamente i capelli. Mi asciugai rapida le lacrime dal volto così che non potesse vedere che avevo pianto. Ma che ne sapeva lei poi?

E tuttavia, in un angolo buio della mia testa, una piccola ombra di dubbio aveva trovato posto.

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"Andiamo, testolina buffa. Ci stai mettendo una vita!" si lamentò Mamoru, cosa non proprio da lui.

"Hai mai sentito che 'la pazienza è una virtù'?'" chiesi mentre cercavo qualcosa da mettere nei miei armadi.

"No, non credo. Come faceva?" mi prese in giro.

Gli tirai addosso una maglietta, che lo mancò di parecchio. "Falla finita. E dimmi piuttosto dove andiamo."

"E' una sorpresa."

"Dammi un indizio."

"Si tratta di qualcosa che ispirerà la tua mente e sfiderà il tuo pensiero ..."

Feci una faccia. "E' meglio che non si tratti di uno di quei noiosi musei."

Lui si limitò a ridere.

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Era un punto.

Un piccolo punto rosso nel bel mezzo di un'enorme tela bianca. E tuttavia, per una qualche strana ragione, quel pezzo era il capolavoro riconosciuto dell'intero museo. Era appeso, alto e fiero. Nessuna cornice lo circondava per oscurarne l'effetto.

"Meraviglioso, vero?" commentò Mamoru estasiato. "L'artista ha catturato la vacuità dell'esistenza in modo così accurato. Amore. Odio. Rabbia. Rimorso. La battaglia fra bene e male. E' tutto qui. In una singola pennellata. Da togliere il fiato ..."

Un punto, cari lettori. Era un piccolo puntino rosso.

Mi grattai la testa, cercando di fare del mio meglio per trovare la battaglia fra bene e male in quel piccolo disegno.

"Già ... certo ... è favoloso."

Spostai riluttante il mio sguardo trasognato dal puntino ispiratore e notai un altro dipinto. "Hey, guarda Mamoru!" gridai eccitata, avendo finalmente trovato qualcosa di bello da guardare. "E' una di quelle belle rappresentazioni 3-D!" Immediatamente mi sforzai di trovare l'immagine nascosta, guardandolo da diverse angolazioni.

"Uhm ... " Mamoru si schiarì la gola, guardandomi mentre il mio viso si contorceva. "In verità, è una copia di un dipinto di Claude Monet. Era un'impressionista del diciannovesimo secolo. Il dipinto si chiama 'Camilla sul suo letto di morte.' Bello, no?"

Cambiai espressione. Mio dio, che noia.

"Ecco qualcosa che ti piacerà, Usagi." disse Mamoru, portandomi verso un bel dipinto.

I miei occhi lo squadrarono in ogni dettaglio, meravigliati. Lì, rappresentata con accuratezza dal dipinto, c'era la scena che avevo visto nel mio sogno la notte precedente - l'uomo mascherato che danzava con la principessa bionda.

La mia somiglianza con la principessa era impressionante - tutto quello che le mancava era la mia pettinatura, laddove i suoi capelli biondi cadevano liberi a terra. La mia attenzione si spostò verso l'uomo nel dipinto. Aggrottai la fronte nel notare chi mi ricordava - Tuxedo Kamen. La somiglianza fra i due mi fece quasi sospettare che l'artista avesse usato Tuxedo Kamen come modello per il dipinto. Trovai ancora più strano che l'uomo mascherato nel dipinto somigliasse anche all'uomo dei miei sogni. Ma stamattina non mi ricordava Mamoru? Perchè avrei dovuto vedere all'improvviso Tuxedo Kamen nel suo viso? Maledetti sogni. Ma che volevano dirmi?

"E' un dipinto di Lonnie Lanai chiamato 'Ultimo ballo'. E' uno dei miei preferiti. Ti piace?" mi chiese Mamoru, stringendomi piano la mano e riportandomi alla realtà.

"Da morire," mormorai dopo un attimo di riflessione, non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla coppia rappresentata nel dipinto. Sembravano molto innamorati. Sorrisi, affascinata dalla bellissima figura. Mi accendeva qualcosa dentro. Qualcosa di familiare. Qualcosa di dimenticato.

Come un ricordo.

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Dopo essere usciti dal museo, Mamoru mi portò a un bel ristorante per pranzo. Mi divertii moltissimo a ingozzarmi. Stavo passando una bella giornata. Cavolo, qualunque posto che aveva a che fare col cibo era una tappa degna di nota per me. In più, era bello parlare con Mamoru. Durante la giornata, avevo capito che mi piaceva stare con lui. Eravamo più compatibili di quanto avessi pensato all'inizio. Avevamo le nostre differenze, di sicuro, ma era anche quello che rendeva il tempo che passavo con lui più interessante. Ci bilanciavamo l'un l'altro, in un qualche modo.

E tuttavia, anche se mi stavo godendo il cibo e la sua compagnia (specialmente il cibo), non ero in grado di offrire sorrisi senza sforzarmi. Non ero infelice - solo avevo troppe cose per la testa, e cioè i sogni. Il dipinto al museo aveva fatto sì che le domande che già giravano nella mia testa fossero ancora più difficili da ignorare.

"Allora, dimmi cosa c'è," mi chiese Mamoru. Suppongo avesse notato il mio sguardo estraniato.

"Che vuoi dire?" chiesi innocente, come se non lo sapesi.

"Non hai parlato molto da quando siamo usciti dal museo, e so di per certo che non sei mai così tranquilla, a meno che tu non abbia qualcosa in mente," disse, logico.

Non gli risposi subito. Ma come riusciva a capirmi così, senza sforzarsi?

"Andiami, testolina buffa. Sono solo io. Dimmi che c'è che non va."

"Beh ... " inizia riluttante, facendo dei nodi col mio fazzoletto. "Ho questi sogni ... ma non sono sicura di volerne parlare," aggiunsi rapida.

"Andiamo ... che sarebbe successo se Martin Luther King avesse detto una cosa del genere?" scherzò mentre riempiva col contenuto di un pacchetto di un dolcificante il  suo tè freddo.

Lo guardai completamente confusa. "Chi è Martin Luther King?"

"Non importa," sorrise. "Parlami dei tuoi sogni."

Dentro di me esitai ancora. "Promettimi che non riderai?"

"Lo prometto," mi rassicurò con uno sguardo che mi tolse ogni apprensione e qualunque sfiducia, facendomele dimenticare totalmente. Mi diresse la sua totale attenzione mentre aspettava che iniziassi. Mi mossi sulla mia sedia e lo guardai.

"E' da mesi che ho questi sogni, ma di recente sono più frequenti - li ho quasi ogni notte. A volte sono piacevoli, ma spesso sono incubi. Mi sveglio nel cuore della notte praticamente urlando quando è un incubo ... ma non riesco mai a ricordarmi cosa ho sognato dopo che mi sono svegliata. Mi ricordo qualcosa di quelli più piacevoli però." Spiegai piano.

"Parlami di quelli," chiese Mamoru mentre si appoggiava pensieroso allo schienale della sua sedia. Spiegai nel dettaglio cosa traspariva da miei sogni, per quel che ricordavo. Non erano molti quelli di cui avevo una completa rimembranza, ma diversi li ricordavo in qualche loro episodio, come quello della notte scorsa.

Mamoru mi ascoltò paziente e parlò solo dopo che ebbi finito il mio racconto. "E perchè questi sogni ti danno così fastidio?"

"Beh, sembrano così reali. Mi pare quasi di essere lì per davvero a volte," spiegai.

"Interessante," mormorò Mamoru pensieroso. Non disse altro per alcuni momenti e sembrava che stesse pensando a cosa dire e a come dirlo. "Forse sono ricordi passati, che stanno uscendo dal tuo subconscio attraverso la fase REM, e-"

"Ehi ehi ehi," lo fermai. "Mi hai persa. Ti dispiacerebbe ripetere il tutto, in modo che abbia un senso però?"

Mamoru esitò prima di parlare. "E se non fossero solo sogni? E se fosse davvero successo? Magari qualcosa che hai dimenticato?"

Lo guardai stranita.

"Ricordi, Usagi."

"Ricordi?" gli risi praticamente in faccia. "Il mio sogno è ambientato in un regno lontano popolato di principesse e principi. Mi dispiace dirtelo, ma io ho solo 15 anni."

"E' solo una teoria," disse scrollando le spalle. La conversazione finì lì, ed entrambi rimanemmo in silenzio per un po'. Quando alzai lo sguardo nella sua direzione dopo alcuni attimi però, notai stupita che sembrava sorridere appena.

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Il sole era basso sull'orizzonte e Mamoru ed io camminavamo tranquilli in mezzo al parco pieni di alberi. C'erano poche persone in giro, dato che era quasi sera, ed era piuttosto romantico stare da sola con Mamoru alla luce fioca creati dagli alberi vicino ai quali ero solita giocare da piccola. Non riuscivo a non sorridere pensando alla mano che stringeva protettivamente la mia. Vero, oramai mi ero abituata a farmi tenere la mano da lui durante la giornata, ma quel semplice gesto mi faceva ancora piacere fin nel profondo. Di certo niente poteva rendermi più felice ...

"Hai freddo?" mi chiese, portandomi un braccio intorno alle spalle. Gli sorrisi. Non importa - preferivo questo a lui che mi teneva la mano.

"Non più," mormorai felice, sentendomi in verità riscaldata dentro.

"Usagi, posso chiederti una cosa?"

"Certo," risposi, cercando di capire la ragione del suo nervosismo.

Fece un grosso respiro e cominciò a parlare piano. "Cosa provi per me?"

Esitai, colta di sorpresa dalla domanda.

"N ... non ne sono sicura," risposi. "Mi piaci tanto, specialmente quella parte di te che ho conosciuto negli ultimi giorni."

"Ma pensi potresti essere felice con me? insistette mentre ci avvicinavamo a una albero.

"Con te?" gli feci eco sbigottita. "Che stai cercando di chiedermi, Mamoru?"

"Usagi," iniziò, prendendomi entrambe le mani fra le sue e stringendole gentilmente. "Ti piacerebbe essere la mia fidanzata?"

Spalancai immediatamente gli occhi, e il mio cuore fece un balzo prima di sciogliersi a terra. Wow! Di tutte le cose che mi aspettavo di sentire, una discussione su una relazione seria non era fra quelle. Attonita, lo fissai vacua per alcuni momenti.

"Cosa?" dissi respirando a malapena. Una piccola bolla di eccitazione cominciò a crescermi dentro.

"Potrei renderti felice, Usa, se me ne dessi l'opportunità ..."

Senza parole, inclinai la testa di lato per un attimo e mi limitai semplicemente a fissarlo, a osservare i suoi tratti - i suoi occhi blu profondi, la pelle liscia, le lentiggini appena accennate sul suo naso. Il mio sguardo cadde sulle sue labbra. Sembrava soffici, invitanti, e molto sensuali.

"Usa ... mi hai ascoltato?" chiese, alzandomi il mento per far sì che lo guardassi negli occhi.

Dannazione, ma perchè doveva essere così meraviglioso? Con la mano gli presi la testa, accarezzando con le dita i suoi capelli. Raccogliendo tutto il coraggio che avevo dentro di me, lo spinsi verso le mie labbra con un rapido movimento e ... mancai completamente la sua bocca.

Lo sentii ridere prima che mi prendesse le guance tra le mani e guidasse le mie labbra (che si erano appoggiate sul suo mento) sulle sue. Sospirai felice e mi avvicinai ancora di più a lui in quel bacio lento.

< Lo vedi questo, Tuexdo Kamen? Lo spero proprio. Ecco come dovrebbe essere un bacio - non qualcosa di puramente istintivo come quello della scorsa notte. >

Mamoru iniziò a scostarsi dopo un lungo momento, ma lo tenni stretto, rifiutandomi di allontanarmi. Da quel punto in poi il bacio iniziò ad approfondirsi significativamente, e sensazioni meravigliose mi bombardarono. La sua bocca si aprì contro la mia, e sentii la sua lingua che tracciava piano le mie labbra. Incerta, le aprri anche io e lo lasciai entrare. Mi rilassai quando scoprii che la sensazione mi piaceva. Dopo un'eternità, si allontanò lentamente, piantandomi soffici baci sulle labbra. Tracciò la mia guancia con un dito e fece lo stesso sulle mie labbra.

"Lo prendo per un 'sì'," commentò sorridendo, e io arrossi copiosamente. La sua bocca si abbassò di nuovo sulla mia e ci scambiammo un altro lungo bacio che mi fece praticamente cadere come morta fra le sue braccia. Alla fine le nostre labbra si separarono, ma non lasciai il suo abbraccio a lungo.Lui sembrava semplicemente contento di stringermi. "Stai bene?" mi bisbigliò sui capelli.

"Sono un po' imbarazzata," confessai, sperando che non notasse le mie guance in fiamme.

"Imbarazzata?" ridacchiò, dandomi un altro bacio veloce. "Usa, non c'è niente di vergognoso nell'esprimere quello che si sente dentro."

Inalai profondamente, sorridendo all'odore che al mio olfatto sembrava appartenere solo a lui. Sospirando felice, alzai lo sguardo per studiare il suo viso. Anche se la luce del sole ormai sul viale del tramonto era fioca, riuscivo a vedere che i suoi occhi nascondevano un'espressione preoccupata, quasi triste. "Mamoru, cosa c'è?"

Il suo sguardo si diresse al terreno. "Usagi, non sono stato completamente onesto con te riguardo a una cosa." Mi guardò di nuovo, e vidi uno sguardo che non riuscivo a decifrare - un misto fra nostalgico e dispiaciuto. Avevo visto la stessa espressione negli occhi di Tuxedo Kamen solo la scorsa notte.

"Ti ... ti ascolto."

Notai la sua esitazione nel parlare e feci del mio meglio per dargli uno sguardo di incoraggiamento.

"Usagi, quello che voglio dirti è che," iniziò piano, "Io sono Tux ..."

Prima che potesse finire di parlare, un grido orribile squarciò la pace di quella sera, facendo spaventare sia me che Mamoru.

"Sembrava la voce di Naru!" gridai nel panico, facendo qualche passo nella direzione da cui avevo sentito provenire l'urlo di terrore.

"Probabilmente è un demone," disse Mamoru di fretta. "Farai meglio a trasformarti."

Mi irrigidì di colpo.

Lentamente, mi girai verso di lui e lo fissai con gli occhi spalancati, increduli. Ricambiò il mio sguardo con uno quasi colpevole.

"Cosa?" disse senza fiato.

"Mi hai sentito, Usagi,"disse deciso, togliendomi la spilla dalla divisa e piazzandola in mano. "Trasformati - ora! La tua amica ha bisogno di te."

Lo fissai per alcuni attimi, confusa oltre ogni comprensione. Come? Come sapeva? Un altro urlo acuto, ma più debole questa volta, mi portò fuori dal mio stupore.

I miei pensieri si allontanarono immediatamente da Mamoru.

"Naru..." mormorai, stringendo la spilla.

Urlai la formula di trasformazione senza perdere un altro attimo. Mamoru sparì dalla mia mente e della mia vista mentre una luce bianca fortissima mi avvolgeva. I miei vestiti svanirono e fiocchi si materializzarono dal nulla. Si annodarono protettivi intorno a me, a formare un uniforme fin troppo familiare. Apparve anche la mia tiara, e tutto finì in un istante.

Non ero più  Tsukino Usagi. Ero proprio davanti a Mamoru, trasformata in Sailor Moon, e tuttavia lui non sembrava minimamente sorpreso.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - a ***


Konnichiwa, minna-chan! E dopo un lunga attesa (cough cough… sì giusto) ecco l’ottavo capitolo di TDC. Ho corretto questo capitolo un’infinità di volte e la trama cambiava. Ma penso di aver finalmente sistemato tutto come volevo.spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate, ok?

rating: PG-13… in questo capitolo c’è un po’ di violenza… scusatemi per questo ^^;;;

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Il timore del Signore è l’inizio della scienza” Proverbi 1, 7

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The Coldest December

By Aimee - capitolo tradotto in italiano da ^Sophie^

Capitolo 8 - Parte A

Una novella di fantasia narrata,

scritta con linee d’oro,

il segreto della vita si schiude,

sulla tela del mio cuore.

~ Whitehearts

Sfrecciavo tra alberi svettanti e fitti cespugli nella direzione da cui provenivano le grida che riecheggiavano nel bosco. Mentre mi affrettavo per trarre in salvo le mie amiche, lasciai indietro Mamoru, lungi dall’essere dimenticato. Lui aveva guardato mentre silenziosamente mi voltavo e correvo via da lui.

Lo sguardo sul suo volto… come posso descriverlo? Di colpevolezza e quasi vergogna. I suoi occhi incerti e sfuggenti… come quelli di un bimbo che è stato sorpreso con le mani nel barattolo dei biscotti.

Mi allontanai da lui… come una codarda terrorizzata dalla verità… terrorizzata dall’idea di scoprire come lui avesse saputo che io ero Sailor Moon. Tra di noi si era instaurato un equilibrio delicato. Prima nemici, ora una coppia che si sentiva più unita di minuto in minuto, eravamo ancora su un terreno fragile. La relazione non aveva avuto tempo per maturare e noi dovevamo ancora sviluppare un amore vero e imperituro verso l’altro. Quel tipo di amore e fiducia che impiega anni per crescere. E io in poco tempo mi agitai. Avevo la sensazione che tutto potesse spezzare il nostro giovane legame. E Dio sa che non voglio perderlo…

Un debole grido echeggiò lontano e io scacciai dalla mia mente tutti i pensieri tranne quelli relativi al proprietario di quell’urlo… Naru. Avrei affrontato Mamoru più tardi.

Ci fu un improvviso tuono in lontananza e con sollievo riconobbi che era il suono del fulmine di Jupiter. I rinforzi erano arrivati. Il mio comunicatore suonò e l’afferrai in fretta, senza fiato per la corsa.

“Sailor Moon… attacco di un Demone… al parco…”

La voce di Mars era affaticata, forse anche lei per l’ andatura rapida.

“Lo so. Sono quasi sul posto.”

“Veloce… Jupiter e Venus hanno bisogno di te. Mercury ed io saremo là tra cinque minuti circa.”

“Bene.”

Sbucando fuori dal boschetto, individuai il luogo in cui si svolgeva la lotta. Jupiter stava trasportando Naru, priva di sensi, ai bordi del campo di battaglia, mentre Venus si accingeva a scagliare un attacco contro una bellissima creatura.

Questa era alta e magra con la pelle liscia e bianca che sembrava brillare e riflettere luce, anche nella fievole luce del crepuscolo. Neri capelli mossi ricadevano verso il suolo ondeggiando come acqua. Le sue labbra erano carnose e rosse come sangue. Nella mano destra stringeva un piccolo specchio meravigliosamente decorato.

“Sailor Moon, ce l’hai fatta! Oh, grazie a Dio!” disse una voce familiare. Riconobbi le piccole figure di Luna e Artemis nascoste in un cespuglio lì vicino.

“Cosa state facendo voi due qui?” ansimai. “Potreste farvi male!”

“Ti stavo aspettando” rispose Luna. “Ascoltami… questo demone è diverso. È un…”

“Non ho tempo per parlare! Tu e Artemis mettetevi al riparo!” dissi da sopra la spalla, correndo verso lo scontro. Lei gridò qualcosa, ma non riuscii a capire le sue parole. Così me ne infischiai, giudicandolo insignificante.

Venus stava attaccando il demone faccia a faccia.

Fascio di luce, azione!

Il demone non si mosse per schivare l’attacco. Io, la fronte corrugata, rimasi a bocca aperta per la sorpresa. Gente, questi demoni stavano diventando sempre più stupidi… non sembrava neanche preoccupato!

All’ultimo momento, prima che il fascio di luce lo colpisse, il demone lo bloccò con il suo specchio. I miei occhi si spalancarono mentre l’attacco veniva riflesso e spedito indietro verso la bionda guerriera. “Venus! Attenta!”

Fortunatamente, lei era pronta, come se avesse saputo in anticipo cosa sarebbe accaduto, e il suo fascio di luce volteggiò alla sua sinistra senza far danni. Venus digrignò i denti, furiosa per il suo infruttuoso attacco.

Il demone, allora, alzò il suo specchio e lo puntò verso Jupiter, che, dopo aver messo in salvo Naru, si stava preparando per scagliare il suo colpo. Il vetro dello specchio del demone cominciò a risplendere di una soprannaturale sfumatura di blu.

Fulmine, a…”

Lo specchio lampeggiò luminosamente nella direzione di Jupiter. L’alta guerriera gridò coprendosi gli occhi e lasciandosi cadere sulle ginocchia.

“Jupiter!!” Venus ed io gridammo all’unisono, precipitandoci verso di lei.

“Io non… Io non ci vedo…” ansimò Jupiter, ondeggiando convulsamente le sue mani di fronte alla sua faccia. “Non ci vedo!!”

“Cosa?!”

“Cosa è successo?” urlò Mars mentre correva verso di noi. Mercury era dietro, poco distante da lei, e immediatamente cominciò a controllare Jupiter con il suo computer.

“Quella cosa…” tentai di dire con voce vacillante, indicando il demone. “Ha fatto lampeggiare il suo specchio verso di lei…”

“La cecità non è permanente…” disse Mercury finendo di digitare. “Dovrebbe svanire.”

“Tuttavia abbiamo appena perso una guerriera per questa battaglia e noi abbiamo bisogno di le…” brontolò Venus. “Il demone può riflettere ogni nostro attacco contro di lui con quello specchio e rispedirlo indietro. Fate attenzione, ragazze.”

“Oh cavoli…” mormorò Mars, gli occhi spalancati.

“Cosa faremo ora?” gemetti.

“Pensiamo a un’azione diversiva” suggerì Mercury, facendo appello alle sue superiori abilità strategiche. “Io mi posizionerò alle spalle del demone e lo attaccherò. La sua attenzione sarà quindi rivolta su di me. Sailor Moon… tu lo colpirai con la tua tiara da dietro. Mira allo specchio. Distruggendo quello indeboliremo il demone. Mars, Venus, voi aiutatela.”

Prendemmo posizione. Mercury puntò e scagliò l’attacco contro il demone, catturando la sua attenzione lontano dal resto del gruppo. Lo specchio del demone cominciò a brillare e le mie mani tremarono mentre rimuovevo la mia tiara dalla fronte.

Bolle di nebbia, azione!” Il demone sollevò lo specchio verso Mercury, pronto a riflettere il suo colpo.

Intravidi la mia occasione. “Cristallo di Luna, azione!”

Mentre la tiara si librava dalle mie mani, il demone si voltò rapidamente e i luccicanti occhi neri mi squadrarono malignamente. L’attacco di Mercury lo colpì alle spalle, ma lui rimase in piedi saldamente. Lo specchio fu sollevato e brillò nella mia direzione. Io urlai di dolore mentre i miei occhi cominciarono a bruciare atrocemente. Ogni cosa nel mio campo visivo sbiadì in un accecante bianco.

“No! Sailor Moon! Abbassati!”

“Cosa? Non… non vedo nulla…”

Fui afferrata e sbattuta a terra mentre qualcosa di rosso e caldo sfrecciava attraversando parte del mio braccio. Urlai come non ho mai urlato in vita mia. Nonostante piangessi e urlassi di dolore, riconobbi la sensazione delle braccia di Tuxedo Kamen intorno a me.

“Cosa mi ha colpito?!” gridai, contorcendomi per il dolore e cercando intorno con occhi ciechi.

“La tua tiara” mormorò lui senza fiato. “Il demone te l’ha rispedita contro.”

Io gemetti incredula. Mio Dio… se lui non mi avesse spostata dalla traiettoria, avrei potuto essere uccisa con facilità…

Sentii il rumore di un tessuto che si lacerava. “Sta ferma” ordinò lui. Gridai ancora una volta per il dolore mentre qualcosa veniva stretta intorno al mio braccio, proprio sopra la ferita. Il mio braccio era appiccicoso e umido per il mio stesso sangue.

“Cosa le stai facendo?” urlò Luna, da qualche parte nelle vicinanze.

“Sto fermando l’emorragia. Allontanati.”

“Ora stammi a sentire…”

“ALLONTANATI!!”

Avrei potuto vedere gli occhi spalancati di Luna, scioccati dalla forza delle parole di Tuxedo Kamen. Diverse voci risuonarono intorno a me e cominciai a gemere. “Non vedo… Oh, Dio… Fa male…”

Mercury strillò da qualche parte in lontananza.

“Mercury?!” gridai, afferrando quello che ritenevo essere il mantello di Tuxedo Kamen. “Cosa sta succedendo?”

“Sta bene?” domandò Mars, spostandosi dal mio lato. Sentii la sua mano sulla fronte che scostava alcune ciocche di capelli dai miei occhi spenti.

“Il taglio sul braccio non è profondo. L’emorragia si arresterà presto. Dobbiamo alzarla… lei è l’unica che può combattere contro questa cosa” rispose Tuxedo Kamen, il suo tono molto diverso da quello usato con Luna.

“Ma non può vedere… come può combattere con la sua tiara?”

“Sì… e può essere colpita di nuovo se il colpo verrà riflesso…” Luna parlò con voce grave e insistente. “Ho provato a dirlo a Sailor Moon prima, ma lei non mi ha voluto ascoltare. Non può usare la tiara contro questo demone. È un umano.”

Rimasi a bocca aperta. “Cosa?! Un umano? Ma…”

“Te lo spiegherò più tardi, Sailor Moon. Dovrai usare questo.” Qualcosa di lungo e pesante fu appoggiato sul mio palmo.

“Cos’è?” dissi maneggiandolo. Ero stordita e disorientata, ma la mia vista stava lentamente ritornando. Potevo vedere delle ombre, ma niente più. Venus gridò a gran voce un attacco in lontananza.

“Lo scettro lunare” rispose Luna. “È il simbolo del leader del gruppo e sono convinta che quel capo sia tu, Sailor Moon.”

“Io? Il leader?” sussurrai, barcollando di lato a causa dello stordimento. Le braccia di Tuxedo Kamen mi tenne in equilibrio e mi sollevò in piedi.

“Non c’è tempo per questo” disse astiosamente. “Io distrarrò il demone e farò qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione lontano da lei. Mars, quando darò il segnale, dite a Sailor Moon di attaccare. Capito?”

“Sì… Buona fortuna.”

Sentii le sue mani lasciarmi e Mars prendere velocemente il suo posto nel sorreggermi.

“Ascoltami, Sailor Moon” disse Luna fermamente. “Mi stai ascoltando?”

“Ci sto provando…” mormorai tra i denti serrati. “Fa proprio male… tanto male… posso appena mettere a fuoco…”

“Ripeti solamente quello che dico… va bene?”

“Sì…”

“Ecco il segnale da parte di Tuxedo Kamen!” disse Mars, puntando il mio corpo in certa direzione e aiutandomi a sollevare il braccio. “Puntalo solo dritto davanti a te, Sailor Moon. Ti aiuterò io.”

“Dì: cristallo dello scettro lunare entra in azione” ordinò Luna. “Ora!”

Io strinsi i denti e pronunciai ad alta voce le parole, ma non ero preparata a quello che accadde.

Cominciò dai miei piedi, spostandosi lungo le mie gambe, il torso e protendersi fino alle mie dita. Era caldo e vibrante… un senso di completo soggiogamento e mi sorprese rapidamente.

Mi sentivo… forte.

La mia vista tremolò mettendo a fuoco e vidi il demone davanti a me che stava colpendo spietatamente Sailor Venus e Tuxedo Kamen respingendo indietro i loro stessi attacchi. Allontanando il mio braccio dalla presa di Mars, feci oscillare lo scettro intorno al mio corpo, tracciando un cerchio nell’aria. Un’accecante luce lampeggiò sopra di me e il cielo rifulse di una grande e potente energia. Il demone si voltò per lo spavento e Venus colpì lo specchio nelle sue mani con un poderoso calcio.

La luce sopraffece il demone e un urlo disumano risuonò tra gli alberi. Il grido diventò più umano e la bellissima figura del demone scomparve lasciando al suo posto il corpo di una normale ragazza. Questa s’accasciò a terra in stato di incoscienza. Accanto a lei c’era un luccicante cristallo blu. Tuxedo Kamen lo prese e lo mise in tasca. I suoi tempestosi occhi incontrarono i miei. Lo guardai con disapprovazione.

< Traditore… tu non sei uno di noi… tutto quello che volevi era quel cristallo, qualunque cosa esso sia. >

Le guerriere, incluse le ristabilite Mercury e Jupiter, mi guardarono con timore. Stavo praticamente risplendendo di energia mentre abbassavo lo scettro.

“Sailor Moon…”

“Ce l’hai fatta…”

Ma presto la luce svanì e la realtà colpì brutalmente.

Lo scettro scivolò dalle mie dita e il dolore per la ferita al braccio ritornò a farsi sentire atrocemente. Incespicai e gridai.

“Hey… va tutto bene?” domandò Mars, le braccia pronte a sorreggermi.

Non riuscivo a sentirla… tutto quello che sentivo era il dolore.

Sopraffatta dallo stordimento, le orecchie tappate, il mondo cominciò a ruotare pericolosamente. Mi accasciai al suolo e sentii due braccia afferrarmi.

L’ultima cosa che vidi fu l’espressione allarmata negli occhi di Tuxedo Kamen mentre cercavano i miei.

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http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

Ja ne!

Aimee-chan >^..^<

sailor_moon89@hotmail.com (l'autrice originale è inglese ... non scrivetele richiedendo aggiornamenti^^ La storia è finita ... rimane solo da tradurla.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 - b ***


rating: PG-13… in questo capitolo c’è un po’ di violenza… scusatemi per questo ^^;;;

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Il Signore tuo Dio ti ha infatti benedetto in ogni opera delle tue mani; ha vegliato sul tuo viaggio in questo grande deserto. Da quaranta anni il Signore tuo Dio è con te, e non ti è mancato nulla.

Deuteronomio 2, 7

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The Coldest December

By Aimee - Tradotto in italiano da ^Sophie^ per EFP

Capitolo 8 - Parte B

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“Ha smesso di sanguinare?”

“Sì… passami quella benda.”

“Che cosa sei riuscito a dirle?”

“Niente… Non ne ho avuto la possibilità.”

Le voci erano vagamente familiari. Attraverso l’oscurità dell’incoscienza mi sforzai di aprire gli occhi ed emisi un pietoso gemito quando sentii dolore. Ebbi un capogiro per lo stordimento.

“Hey, penso si stia svegliando.”

< Rei… sembra la voce di Rei… >

La seconda era una voce maschile. “Usa? Riesci a sentirmi?”

< Mamoru-chan… >

Le mie labbra si mossero, ma nessun suono ne uscì fuori.

“Shhh… va tutto bene, Usa. Non sforzarti a parlare” mormorò Mamoru dolcemente, accarezzando i miei capelli.

Non avevo molta scelta. Lo stordimento era opprimente e persi i sensi nuovamente.

L’oscurità velocemente mi avvolse… L’incubo era appostato dietro di me.

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Con occhi pieni di lacrime, fissai la Terra debolmente illuminata dalla finestra aperta. I miei occhi si posavano dovunque tranne che sull’orizzonte distante della Luna, che aveva assunto una spaventosa tonalità cremisi.

Non volevo guardarlo… era la terribile ombra degli attacchi contro i nostri soldati, nella battaglia che si stava svolgendo laggiù. Ricacciando indietro le lacrime di paura e preoccupazione, soffocai un gemito poco principesco. Mia madre non lo notò.

Ascoltava le parole sbrigative di Endymion, il quale cercava di avvertirla e consigliarla, ma nel profondo sapevo che i suoi tentativi erano vani.

Una fredda e pungente sensazione serpeggiò lungo la schiena e tremai involontariamente facendo ondeggiare anche il calice d’acqua nella mia mano. Alcune gocce caddero sul pavimento di marmo. Endymion mi guardò e i suoi occhi preoccupati incontrarono i miei per un breve istante. La gentilezza e la forza che vidi nel profondo dei suoi occhi mi calmarono momentaneamente, ma presto l’incertezza e la paura si fecero risentire e il mio stomaco si contorse dolorosamente. Appoggiando impetuosamente il bicchiere sul tavolo, avvolsi le mie braccia intorno al corpo, tentando di smettere in questo modo di tremare.

“Principessa…”

Restai senza fiato per la voce non familiare e guardai mia madre e il mio fidanzato, ma nessuno dei due sembrava aver udito la voce estranea sussurrare il mio nome.

La paura non mi era neppure passata per la mente. Il tremore delle mie membra cessò e un falso senso di pace si sprigionò lentamente dentro di me.

“Principessa…” La voce era affabile. “Venite in giardino.”

Cercai di battere le palpebre, ma non ci riuscii.

< Il giardino. >

Mentre scivolavo fuori della stanza, mia madre e il mio fidanzato non alzarono lo sguardo, perché erano impegnati a studiare una mappa di qualche tipo. Le parole che si scambiavano non erano più udibili dalle mie orecchie. Sentivo solo quella voce.

< Il giardino. >

Il corridoio era poco illuminato, ma i miei piedi sapevano dove andare senza preoccuparsi della profonda oscurità.

La mia vista era confusa e sfuocata. I miei pensieri sfuggivano via.

“Il giardino, principessa. Venite da me.”

“Sto arrivando…”

Una cameriera che stava passando nel corridoio mi guardò con curiosità, ma, lo sguardo fisso, non la riconobbi mai. Avevo gli occhi fissi sulla porta del giardino.

< Il giardino. >

“Milady? Vi sentite male?” disse la voce preoccupata della domestica.

La ignorai e, da qualche parte nella mia testa, sentii l’anziana donna sussultare e chiamare freneticamente aiuto. Io proseguii senza curarmi delle grida allarmate della domestica. La punta delle mie dita toccò la maniglia della porta che portava ai giardini. Non c’erano guardie là. La maggior parte di loro era stata chiamata sul campo di battaglia… in quel lontano orizzonte rosso. I miei occhi aperti si spalancarono ancora di più e la maniglia girò lentamente.

“Principessa…” sibilò la donna davanti a me, vestita di tenebre.

“SERENITY!!” Il grido agitato apparteneva a mia madre, ma io non la udii.

“Avvicinati, bambina” mi ordinò con dolcezza la donna-ombra. Le sue parole echeggiarono fragorosamente nella mia testa anche se erano appena udibili.

I miei piedi cominciarono a muoversi, ma io me ne accorsi con difficoltà.

“No!!” Calde braccia mi afferrarono da dietro, spingendomi indietro… lontano dalla donna-ombra. Mi voltai impetuosamente e i miei occhi spalancati e fissi incontrarono quelli di Endymion, sebbene lo riconobbi a malapena.

Dopo avermi studiato per un momento, imprecò e cominciò a scuotermi. “Reagisci, Serenity!”

Lo sballottamento mi turbò e cominciai a divincolarmi, lacrime di confusione e rabbia rigavano le mie guance. Dov’ero? Chi era questa persona e perché mi stava scuotendo?

“Smettila!” urlai cercando di allontanarmi da quelle braccia esigenti. La mia vista lentamente cominciò a mettere a fuoco. Sbattei le palpebre, realizzando per la prima volta quanto freddo avevo essendo fuori senza scialle.

La realtà e il riconoscimento mi colpirono improvvisamente e sussultai guardando il volto di colui che mi stava scuotendo.

“Endy…” mormorai, cominciando a tremare per la spavento. “Come… come sono arrivata qua? Cosa è successo?”

Lui scosse la testa e mi circondò in un abbraccio rassicurante, baciando la mia fronte. “Sere…”

Sbirciando oltre il mio sicuro rifugio, fissai la donna-ombra con un timore che non avevo mai conosciuto.

Lei ci guardava silenziosamente, non sembrava preoccupata per aver perduto il controllo mentale su di me. Le sue labbra si assottigliarono rabbiosamente mentre Endymion mi spingeva via e si posizionava davanti a me.

Un suono metallico e affabile echeggiò per i giardini mentre lui sguainava una spada dall’aspetto letale.

“Dov’è mia madre?” mormorai alle sue spalle, stringendo convulsamente il suo mantello.

“È andata a prendere il cristallo” mi rispose lui, lanciando un’occhiata truce alla creatura davanti a noi. Parlò con fermezza, come per avvertire la donna-ombra che stava camminando su un terreno pericoloso. Il cristallo significava certamente morte. “Chi sei?” domandò Endymion.

Quella uscì dall’ombra, il suono dei suoi tacchi che battevano sul selciato echeggiando nella notte.

“Oh, mio Dio…” gemetti, i miei occhi si spalancarono quando il suo volto malvagio si palesò.

I suoi capelli rossi ricadevano in onde, sfiorando quasi il suolo. Si muovevano da soli, come fluida acqua, nonostante non ci fosse vento. I suoi occhi erano di uno scintillante nero e in profondità l’odio che sprigionavano mi gelò il sangue nelle vene.

“Madre!!” gridai freneticamente, guardando dietro di me verso la porta ancora aperta, che sbatté chiudendosi guidata da una invisibile forza, e io sussultai per il terrore.

“In trappola… siamo intrappolati. Oh, Dio…”

“Sta zitta, tu.”

“Cosa vuoi?” domandò Endymion, la sua mano protettivamente chiusa sul mio polso.

“Pensavo fosse piuttosto ovvio, principe Endymion. La principessa. Costituirà un piacevole riscatto per il cristallo di sua madre, non pensi?”

La paura mi colpì così brutalmente che mi sforzai per non cedere allo svenimento. “Endy…” singhiozzai stringendo strettamente il suo mantello.

“Tu non poserai mai le tue mani su di lei, hai capito?” minacciò lui attraverso i denti serrati.

Berillia rise di gusto. “La tua piccola principessa e sua madre si sottometteranno a me o saranno annientate. Mi impossesserò del Regno Argentato. Perché non ti unisci a me, principe Endymion, e gustare la gioia della vittoria per una volta? Non riesco a immagine il dolore che tu hai provato quando la Terra è stata sconfitta. Sai, i tuoi genitori, il re e la regina, erano abbastanza scioccati quando gli stessi generali del figlio li avevano traditi…”

Gli occhi di Endymion si ridussero a gelide fessure di ghiaccio blu e sentii la mano chiusa sul mio polso cominciare a tremare di rabbia. “Muori.”

“Oh, che storia! Ma altamente improbabile” rimarcò quella con un sorriso compiaciuto. “Unisciti a me, Endymion, o sarai il primo a perire. Questa è la tua ultima possibilità…”

“Vai all’inferno…”

“L’inferno non riuscirebbe a contenermi, figliolo! Vacci là tu stesso!”

Con un grido di shock e dolore, Endymion cadde sulle sue ginocchia, guidate da un’invisibile forza. La sua spada colpì il terreno rumorosamente.

“Endy…?” gemetti. “Cosa hai? Alzati!”

“Io… non posso…”

Un fulmine brillò in lontananza e Berillia allungò le sue mani. Gli occhi fermenti di fuoco e odio, una sfera cremisi di energia cominciò a formarsi tra le sue dita nere. Era dello stesso colore del cielo alle sue spalle. Scintillò luminosamente, energia potente vibrava da quella, e cresceva più grande e più densa di secondo in secondo.

“NO!! ENDY!!” urlai, gettandomi di fronte al corpo inginocchiato e vulnerabile di Endymion, facendogli da scudo con il mio. “Dio, aiutami!!”

“No… Sere… vai dentro…” La sua voce era affannata e sofferente. “Vai ora… lasciami…”

La mia testa oscillò avanti e indietro mentre soffocavo un singhiozzo. “MADRE!!” Dov’era? Non avrebbe dovuto metterci così tanto tempo per arrivare! Berillia le aveva fatto qualcosa per trattenerla?

“Ne vale davvero la pena, principessa? Morire cercando di salvare un uomo che non è nemmeno della tua stessa classe? Lui perirà ugualmente e non pensare che esiterei a ucciderti. Prenderò il cristallo di tua madre nonostante la tua morte. Ora, se vuoi vivere, allontanati da lui” ordinò con astio Berillia. La sfera di energia vibrante fra le sue dita, illuminando il suo viso di una terrificante color cremisi, oscillava leggermente come fuoco.

Gridando violentemente, abbracciai Endymion disperatamente. Le sue mani indebolite tentavano di spostarmi, ma non ci riusciva. Le sue mani erano sempre state forti… ora non riusciva neppure a scostare una piccola ragazza. Con un gemito, ricordai la prima volta in cui, per un bacio, lui mi aveva abbracciato con quelle mani forti… come le sue mani arruffavano i miei capelli quando eravamo stretti in un abbraccio appassionato… come quelle mani riuscivano a toccarmi in un modo che nessun altro aveva fatto... Come potevo riuscire a vivere senza di lui? Senza le sue braccia attorno a me a darmi forza? Era tutto per me. Era una parte di me.

Le sue labbra vicine al mio orecchio mi sussurrarono debolmente, implorandomi di fuggire. “Serenity, per favore…”

“Se tu muori”, sussurrai a intervalli, “io sarò già morta.”

Raccogliendo quel poco di coraggio che avevo, guardai con sguardo freddo la strega. Parlai gravemente.

“Non mi sposterò.”

Le labbra di Berillia si assottigliarono e uno sguardo di rabbia attraversò i suoi lineamenti. “Stupida ragazzina. Così sia.”

Lacrime caddero senza freni mentre mi voltavo verso il mio principe che stava gridando qualcosa che io ero troppo spaventata per comprendere. Lo baciai e sussurrai un debole “Ti amo”.

I suoi occhi incontrarono i miei e, per la prima volta, vidi lacrime sgorgare da essi. “Troverò un modo per tornare da te… te lo prometto.” La mia testa si abbandonò sulla sua spalla con un singhiozzo quando lui mormorò “Ti amo”.

“SERENITY!!” giunse il grido attutito di mia madre, che era intrappolata dietro la porta chiusa

Le cose cominciarono a muoversi al rallentatore.

La mia vista divenne rossa per il sangue. Calore e dolore fluttuarono dentro al mio corpo come un insaziabile fuoco. Il respiro mi abbandonò e il corpo si richiuse nel rifiuto di tutto quel dolore e quel tormento.

Nel mio ultimo respiro, le mie esangui labbra emisero un ultimo grido.

“ENDYMION!!”

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“ENDYMION!!”

Ero solo vagamente cosciente del mio urlare e dimenarmi. Tutto quello che potevo vedere era il color rosso sangue del colpo di Berillia che bruciava dentro di me come fuoco. Le lacrime cadevano lungo le mie guance a dirotto, avevo la sensazione di annegare.

Urlai quando sentii delle mani toccarmi. “Noooo!! Non toccarmi!! Per favore!!”

“Usa…”

Quelle mani stavano scostando i miei capelli indietro, asciugando le mie lacrime.

“Per favore…” piagnucolai, il mio corpo scosso dai singhiozzi.

“Usa… sono qui… sei al sicuro…”

La voce era calda e tranquilla, ma le mie orecchie registrarono appena quelle parole. Mi divincolai ancora, spingendolo via alla cieca. Calde braccia mi circondarono, catturandomi e tenendomi stretto mentre piangevo.

Facendo ancora qualche inutile tentativo, rinunciai e mi arresi con un lamento di sconfitta. Il mio corpo si afflosciò, ma forti braccia mi tennero saldamente contro un petto caldo.

Delle labbra erano vicino al mio orecchio e sussurravano parole gentile che io comprendevo appena. “Era un sogno, piccola… era solo un sogno…”

Il mio respiro rallentò un poco mentre cominciavo a calmarmi.

< Un sogno? >

Le immagini e i suoni dell’incubo si affievolirono e si fermarono e il color rosso sangue che aveva inondato la mia vista sbiadì in un silente grigio.

Era una voce maschile quella che stava mormorando nel mio orecchio e le parole erano teneramente pronunciate… appena un sussurro. Esprimevano così completamente un senso di protezione che il mio corpo si rilassò. Solo il tremito persisteva.

“Sei al sicuro, Usa…” Teneri baci si riversarono su di me - sulla mia fronte, le mie guance bagnate dalle lacrime, i miei capelli. “Sono qui…”

Io conoscevo quella voce…

< Mamoru… >

Sbattei lentamente le palpebre e misi a fuoco il suo viso. Dio, era reale? Alzai una mano tremante per toccare la sua guancia. “Mamoru…” La mia faccia si aggrottò di nuovo e mi sfuggì un altro singhiozzo.

“Usa… non piangere, amore… per favore…”

Le mie braccia volarono a circondare il suo collo e lo abbracciai con frenesia. “Oh, Mamoru… il… il sogno… era…”

“Shhhhh… lo so, piccola. Credimi, lo so.” Scostò i miei capelli dalla fronte calda. Baci si fecero strada lungo la mia guancia, lungo le tracce lasciate dal pianto. Sfiorarono per un momento le mie labbra, lasciandovi il sapore delle mie stesse lacrime.

Ma ancora, piansi. Il ricordo dell’incubo era troppo fresco e ogni dettaglio riviveva nella mia mente all’infinito. Sebbene avessi avuto diversi incubi, prima d’ora non avevo mai ricordato quello che accadeva. Questa volta era diverso; potevo richiamare ogni dettaglio: il castello, il bicchiere che tremava nella mia mano, la strega nera…

Rabbrividii.

< Berillia. La strega era Berillia. >

Ma come poteva la regina del Regno delle Tenebre essere entrata nei miei sogni? Non l’avevo mai vista prima… solo udita attraverso l’obbedienza mormorata da parte dei suoi generali. Ma il volto nel mio sogno… era così reale. Come avevo potuto immaginare una così orribile creatura? Forse ero semplicemente spaventata dopo la notte passata a combattere contro il demone e la paura aveva dato vita a Berillia nei miei sogni…

Gemetti. La battaglia! Me ne ero dimenticata!

I ricordi si riversarono su di me. Una spira di dolore saettò attraverso il mio braccio e realizzai in modo confuso di essere stata bendata. Mi servirono alcuni istanti per ricordare il bruciante calore della tiara d’oro che feriva il mio braccio e cominciai a tremare ancora una volta mentre la paura si diffondeva dentro di me.

< La tiara… avrebbe potuto uccidermi… >

Mamoru mi toccò con gentilezza mentre mi abbracciava, stando attento a non fare pressione sulla ferita. Abbracciandomi a sé più strettamente, sussurrò ancora una volta, forse sentendomi tremare. “È tutto a posto, Usa. Sei al sicuro. Cerca di rilassarti.”

Forse a calmarmi furono le sue parole, o semplicemente il suo calore. Rifiutandomi di pensare ancora all’orribile incubo e alla battaglia, lentamente mi tranquillizzai e lasciai che lui trasformasse la mia ansietà in serenità. Mi rannicchiai vicino a lui, nascondendo il mio viso contro il suo petto come una bimba spaventata.

“Stai meglio?” chiese Mamoru preoccupato.

Io feci una smorfia, provando a ignorare il dolore che si era impadronito del mio corpo, ma sembrava che non riuscissi ad allontanarmene. “Mi fa male la testa… e il braccio…” dissi tirando su col naso.

“Probabilmente dovremmo cambiare le bende” replicò, toccando il mio braccio fasciato con gentilezza. “E dovrei avere delle medicine per la tua testa in bagno. Su, vieni.”

Mi aiutò ad alzarmi, ma barcollai pericolosamente da una parte per un capogiro. Le sue braccia mi circondarono all’istante e mi sostennero fino a quando non riuscii a stare in piedi e camminare da sola. Prendendomi per mano, mi condusse lungo un corridoio buio che non riconobbi. Era vagamente familiare, ma ero così stanca che non riuscivo a situarlo.

Brontolai quando accese la luce in bagno e lui ridacchiò leggermente quando coprii i miei occhi assonnati con una mano. “Vieni, Bella Addormentata. È ora di svegliarsi” disse, mettendo le mani sotto le mie braccia e sollevandomi fino a farmi sedere sul piano del lavabo.

“Tu e i tuoi film Disney…” borbottai tirando su col naso.

Con cura, cominciò a srotolare la fasciatura e io sbirciai tra le dita che avevo davanti agli occhi per scrutare la ferita con curiosità. Non sanguinava più e non era poi così brutta come pensavo. Pareva come se la tiara avesse appena sfiorato il mio braccio.

Scossi la testa. Cavoli, tutto quel dolore e mi aveva appena toccato? Immediatamente mi sentii in colpa per tutti quei demoni che avevo affrontato come Sailor Moon. Non mi meraviglio se loro facevano tutto quel chiasso quando venivano eliminati. Ero stata molto fortunata di essere stata tolta dalla traiettoria della tiara in tempo. Avrei potuto…

Scossi la testa e rabbrividii.

“Tutto ok? Ti sto facendo male?” chiese Mamoru mentre picchiettava un po’ di unguento sulla ferita.

“No… sto bene…” mormorai, tentando di scacciare i ricordi dello scontro.

Sbadigliai e sbattei le palpebre un paio di volte, quello che mi circondava veniva messo a fuoco, mentre l’iniziale intontimento dovuto al sonno svaniva.

Sbattei di nuovo le palpebre… questa volta per la confusione.

Ero nell’appartamento di Mamoru. Come diavolo ci era finita là? Tale era la paura e lo stordimento quando mi ero svegliata dall’incubo che non mi ero posta domande sull’ambiente.

Fu allora che mi ricordai.

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“Quella sembrava la voce di Naru!” avevo praticamente urlato nel panico, facendo qualche passo nella direzione da cui il grido era venuto.

“È probabilmente un demone” disse Mamoru concitatamente. “Faresti meglio a trasformarti.”

Io mi bloccai all’istante.

Lentamente, mi voltai e lo guardai a bocca aperta con occhi increduli. Anche lui mi guardava, mi fissava con occhi quasi colpevoli.

“Cosa?” sussurrai.

“Mi hai sentito, Usagi” disse lui fermamente, rimovendo la mia spilla dalla giacca e mettendomela in mano. “Trasformati. Ora! La tua amica ha bisogno di te.”

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< Oh, Dio… lui sapeva da sempre. >

Mamoru accarezzò il mio viso. “Cosa è successo, Usa? Stai tremando di nuovo. Devo chiamare un dottore?”

Girai la faccia. “Come… come lo hai scoperto?” Sussurrai.

Lui aggrottò le sopracciglia. “Come ho scoperto cosa?”

Scossi la testa, i miei occhi incontrarono i suoi. “Tu sai di che cosa sto parlando…”

Lui ammutolì per qualche momento e la stessa espressione che avevo solo poche ore prima ricomparve nei suoi occhi.

Colpa.

Lasciandosi sfuggire un lento sospiro, finì di avvolgere le bende attorno al mio braccio. “Ne parleremo domani, ok? Quando ti sentirai meglio.”

Lo guardai stancamente, volevo una spiegazione, ma non avevo abbastanza energie per domandarla.

“Mamoru, ho bisogno di sap…”

“Domani, Usa. Te lo prometto” mi interruppe, sporgendosi per baciarmi gentilmente. Permisi alle sue labbra di toccare le mie, ma non ricambiai il suo bacio. Se lui aveva notato la mancanza di partecipazione da parte mia, non lo diede a vedere. “Ti porterò dell’acqua” disse mettendomi due piccole pillole in mano.

Chinai il capo silenziosamente, non avevo la forza di discutere. Inoltre, la mia testa stava martellando con furia. Quando lasciò la stanza, notai per la prima volta il modo in cui era vestito. Aggrottai le sopracciglia confusa.

Era vestito con una bianca camicia sbottonata e pantaloni neri. Erano complicatamente pensati e sembravano adattarsi a lui perfettamente… quasi come se fossero stati creati apposta per lui. Ma, al nostro appuntamento, non indossava dei pantaloni color cachi e quella orribile giacca verde? Certo, poteva essersi cambiato, ma perché avrebbe dovuto scegliere un abbigliamento così costoso ed elegante? Non aveva senso.

La mia testa protestò davanti a tutti quei pensieri martellando furiosamente. Facendo una smorfia, portai una mano alla tempia dolorante e la massaggiai cautamente, desiderando che Mamoru si sbrigasse a portarmi l’acqua così da poter prendere la medicina che mi aveva dato. Avendo disperatamente bisogno di sdraiarmi, mi diressi silenziosamente nella camera da letto. Notai la sedia che era stata messa accanto al letto. Un sorriso sfiorò i miei lineamenti realizzando che lui mi aveva vegliato mentre dormivo.

Il mio sguardo cadde su diversi vestiti gettati senza cura vicino alla sedia. Con curiosità, mi inginocchiai per dargli un occhiata e i miei occhi vacillarono davanti a quello che stavo vedendo.

“Usa… ecco l’acqua per…” Le sue parole si smorzarono quando notò l’espressione sul mio volto.

Mi alzai in piedi lentamente e i nostri occhi rimasero incatenati per un prolungato momento.

< Non può essere… >

Mi avvicinai a lui lentamente… attentamente… nervosamente.

Mani tremanti sollevarono davanti alla sua faccia l’oggetto che avevo trovato sul pavimento. I miei erano chiusi come a tentare di negare l’evidenza.

La maschera bianca scivolò dalle mie dita e cadde volteggiando sul pavimento.

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Lo so, lo so… avete aspettato tutto questo tempo per questi ultimi due capitoli e io li ho finiti con una suspence maggiore rispetto al capitolo 7.

Scusate, cari lettori, ma qualcuno mi ha sfidato a terminare in questo modo… ed era un “triplo” cane a sfidarmi “senza” cancellature! Come potevo resistere?!? Mi perdonerete, giusto? Rimanete in collegamento per il capitolo 9.

E-MAIL!! E-MAIL!! E-MAIL!!

Oh, e andate a visitare il mio nuovo sito internet, in comproprietà con la mia migliore amica, Angela. Vi troverete i capitoli finiti di questa storia e di altre prima che siano pubblicati da qualsiasi altra parte! Potete unirvi alla nostra mailing list per scoprire esattamente quando verranno postati nuovi capitoli:

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

Ja ne!

Aimee-chan >^..^<

sailor_moon89@hotmail.com

NdT ... L'autrice è inglese e questo messaggio è di parecchi anni fa.

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


*guarda con imbarazzo i lettori* Uh… ciao, minna-chan! *nervoso sorriso smagliante* Ecco il capitolo 9. *gocce di sudore* Spero vi piaccia! *indossa un giubbetto anti-proiettile* Ecco… uh… ora penso che me ne andrò… *fugge e si nasconde*

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The Coldest December

By Aimee

Capitolo 9

Cinico, questo è il tuo modo di fare.

Tu impersoni il dubbioso Tommaso.

Senti le cicatrici e cancelli le vergogne,

così tu combatti e ti ritrai,

e ti dissuadi dal credere,

in qualsiasi armonia che non puoi vedere.

~ Jars of Clay

Il silenzio era denso e pesante. Inondò la stanza mentre io e Mamoru stavamo in piedi l’’una di fronte all’altro. Respirai profondamente, non ero più la piccola ingenua ragazza che ero stata solo pochi istanti prima. Una dura consapevolezza prese forma e corse pesantemente nel mie vene, ridendo di me… burlandosi della mia stoltezza… della mia innata capacità di avere fiducia… di perdonare… di lasciare entrare le persone nella mia vita senza pormi domande sui loro motivi. Pensieri e ricordi si rincorrevano nella mia testa che pulsava, rivivendo eventi passati, cercando di dare conferma a questa nuova informazione appena appresa. Tentai di negarlo, ma una verità così accecante non poteva essere ignorata.

Chiba Mamoru era Tuxedo Kamen. Ed io ero una sciocca.

Non riuscivo a guardarlo. Proprio non potevo. Abbassai il mento e chiusi gli occhi, tentando ancora di sminuire quel fatto. Respirando in modo irregolare, quasi faticosamente, tale era il mio rifiuto, feci un barcollante passo indietro, completamente spiazzata dalla sensazionale scoperta.

“Usagi…” incominciò esitante l’uomo, come se non sapesse cosa dire ma si sentisse obbligato a parlare. “Lo so cosa probabilmente stai pensando…”

Una lacrima scivolò lungo la mia guancia.

“Ma avevo le mie ragioni per tenertelo nascosto…”

La mia testa si mosse avanti e indietro quando cercai di inspirare ed espirare, ogni respiro era come un macigno sul mio petto.

“Avrei voluto dirtelo più avanti… quando ti saresti senti meglio, ma io…”

*SCIAFF*

Il suo volto si voltò bruscamente da una parte sotto la forza del mio schiaffo. Il mio braccio bendato urlò selvaggiamente di dolore. Soffocai un singhiozzo mentre uno sbalordito Mamoru si girava a guardarmi completamente scioccato, posando una mano sulla guancia dolorante. “Usa-chan…”

“NO!” strillai, gli occhi traboccanti lacrime di rabbia. “Non *osare* chiamarmi in quel modo!”

“Ma…”

“Bugiardo! Ti sei preso gioco di me per tutto il tempo, non è così? Non *ho* ragione?” urlai, voltandogli le spalle, le mie mani tremanti unite in un pugno serrato. Volevo colpirlo ancora e ancora con furia.

Mamoru non sapeva cosa fare. “No! Io…”

“Tu hai *mentito* a me! Mi hai manipolato! E dopo tutte quelle cose che hai detto a *me* riguardo al non mentire più… dopo avermi messo addosso un profondo senso di colpa alla sala giochi perché *io* avevo mentito. Ipocrita!!” Stavo tremando, tanta era la mia rabbia. Mi precipitai fuori superando quell’uomo farfugliante e mi affrettai lungo il buio corridoio. Trovai le mie scarpe accanto al portone d’ingresso.

Lui era poco dietro di me. “Usa, potresti ascoltarmi, per favore?”

“No, non lo farò! Mai più!” dissi in tono brusco, girandomi rapidamente per guardarlo in faccia, una mano tremante sul pomello della porta. “Luna e le guerriere avevano ragione. Tu *sei* il nemico! Avrei dovuto stare più attenta con i miei sentimenti. E pensare che mi sono veramente innamorata di te. Ritenere che qualcuno senza cuore e freddo come te potesse realmente interessarsi di qualcun altro oltre a se stesso…”

Il suo labbro inferiore tremò sotto quegli colpi inesorabili. Sul suo volto si dipinse un’espressione affranta. Sembrava che fosse stato colpito. Povero caro. Lui certamente avrebbe potuto recitare qualsiasi parte avesse voluto, ma stavolta io non ci sarei cascata di nuovo. Non ero così stupida come lui pensava io fossi.

“Questa intera farsa sentimentale… farmi innamorare di te… quale parte del tuo piano era, *Tuxedo Kamen*? Avvicinarsi a Sailor Moon? Per chi stai lavorando?!”

“Io non sto lavorando per nessuno.” Il suo tono di voce era piatto. Sconfitto.

“Allora sei una specie di mercenario? O hai solo una malata ossessione nei miei confronti? Dopo quel bacio ti sei *approfittato* di me la scorsa notte, non mi sarei stupita se tu lo avessi fatto! Tu non sei migliore dello stupratore che mi ha assalita!”

La sua bocca si aprì leggermente, gli occhi spalancati e increduli. “Non posso credere che tu abbia potuto dire questo…”

“Stammi lontano!” minacciai l’uomo, che si era fatto piccino come un bimbo anche se si stagliava di fronte a me in tutta la sua altezza - era una trentina di centimetri più alto di me. “E stai lontano dalle guerriere! Non so che rapporto hai con Rei, ma che Dio mi aiuti, se le fai del male… io… io ti ucciderò!!”

Mi voltai e uscii, urtando dolorosamente con la spalla lo stipite della porta nella fuga. Gridai per il dolore e incespicai, ma cercai di proseguire. Le lacrime mi accecavano mentre mi affrettavo verso l’ascensore alla fine del corridoio. Premetti freneticamente i bottoni sulla parete e, sperando facesse in fretta, singhiozzai miseramente. Tremando di paura, allungai una mano per toccare la mia spilla, solo per scoprire che mancava.

Maledii la mia sbadataggine realizzando che sarei dovuta tornare in quell’ignobile appartamento. Doveva essere caduto nelle mani di Mamoru… no, di Tuxedo Kamen… e *lui* era il nemico. Tirai un calcio alla porta dell’ascensore con rabbia e dopo protestai vivacemente per il dolore. Saltellando su un piede, decisi che per nessuna ragione al mondo sarei tornata indietro nel suo appartamento. Le guerriere lo avrebbero affrontato più tardi. Alla fine quando le porte si aprirono, entrai barcollando nell’ascensore, agguantando il mio braccio ferito mentre protestava contro i miei movimenti con una lancinante fitta. Una mano tremolante si allungò per premere il bottone ‘1’ e le porte cominciarono a chiudersi.

Tuttavia non ci riuscirono…

Una mano si infilò tra le due porte in chiusura, forzandole a riaprirsi. Mamoru si precipitò dentro l’ascensore, i suoi occhi infuriati e scuri.

“No…” mormorai, la paura aumentò. Era inutile lottare contro di lui. Le porte si chiusero dietro di lui e l’ascensore fortunatamente cominciò a muoversi.

“Sta lontano da me…” mormorai con tono di severo ammonimento, facendo un esitante passo indietro, lontano da lui.

“No, ora mi ascolterai, Usagi” disse pacatamente, la rabbia evidente nella sua voce. “I giochi sono finiti.”

Le lacrime aumentarono così come la paura. Rabbiosamente, Mamoru pigiò il pulsante dell’arresto di emergenza sul pannello di controllo dell’ascensore e io caddi a terra quando questo stridette fermandosi. Alzai lo sguardo verso di lui, la bocca aperta per il terrore. Mi aveva intrappolato… avrebbe potuto uccidermi se avesse voluto… molestarmi… tutto. E io non avevo il potere di battermi contro di lui. Senza la mia spilla, ero solo una piccola ragazzina in confronto alla sua slanciata struttura muscolare.

Negli occhi della mia mente, il volto di Mamoru svanì lasciando il posto a quello dell’uomo che mi aveva assalita. Potevo vedere solo gli orribili lineamenti dell’uomo: capelli untuosi, ghigno irascibile e mani luride. Mi accasciai sul pavimento, gli occhi spalancati per il completo terrore. Era come se un incubo fosse diventato realtà… e questo era il peggior incubo. Le mie lacrime divennero singhiozzi di paura e mi raggomitolai come una piccola palla sul pavimento, vicino all’angolo dell’ascensore. “No…” dissi senza fiato, coprendo la testa con mani tremanti. “Per favore… non farmi male… Dio, per favore… no… non di nuovo..”

“Usagi! Buon Dio! Io *non* ti farò del male!” gridò rabbiosamente, ma i miei singhiozzi erano così forti che non riuscii a sentirlo. Udii il mio nome ripetuto, ma rifiutai di comprendere cosa veniva detto. Imprecò ad alta voce, passandosi impaziente le mani tra i capelli. “Per l’amor di dio, vuoi solo *ascoltarmi* per una volta!?”

Ma ero al limite e il suo gridare serviva solo a spaventarmi ancora di più. Sconfitto, camminò faticosamente verso la porta dell’ascensore e vi si appoggiò pesantemente, guardando dalla parte opposta a dove mi trovavo. Rimase lì, in piedi, per un lungo momento in completo silenzio. Il suo volto sembrava di pietra e la sua testa, che riposava sul freddo metallo della porta, si mosse avanti e indietro rabbiosamente. Attese fino a quando i miei singhiozzi non si ridussero a uno spaventato tirar su col naso prima di premere di nuovo il pulsante d’emergenza. Io gemetti piano quando l’ascensore sobbalzò nel rimettersi in moto e ricominciare la sua discesa verso il piano terra. All’arrivo, le porte si aprirono con un confortante ding ed io guardai oltre Mamoru la mia libertà con occhi increduli.

“Esci” ordinò calmo, una indecifrabile emozione coloriva la sua voce.

Io esitai guardandolo incerta.

“ESCI!!” ruggì, occhi irati lampeggiarono nella mia direzione lucidi di lacrime.

Sussultai, allontanandomi fisicamente al suo ruggito. Incespicando goffamente sui piedi, schiva attentamente la statua d’uomo che mi fissava amaramente con uno sguardo che mi tramutò in ghiaccio il cuore. Guardando un’ultima volta il mio delatore, mi voltai e fuggii.

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Una pioggia ghiacciata mi colpiva sprezzantemente mentre correvo lungo le strade buie di Tokyo. Le lacrime di spavento che sgorgavano dai miei occhi erano velocemente lavate via. Mi ritrovai completamente fradicia a causa di un forte acquazzone che si riversò sulle strade appena mi allontanai dalla hall del buio complesso residenziale. Incrociando le braccia strettamente attorno al corpo, tentai di respingere quel freddo pungente. Tremai e strepitai, maledicendomi per aver lasciato l’appartamento di Mamoru senza giacca. Tuttavia, proseguii incurante del mio fisico ormai quasi indebolito. Volevo allontanarmi il più possibile dal traditore.

Soffocai un singulto pensando a Mamoru… a Tuxedo Kamen.

Mi ero innamorata perdutamente di lui, donandogli parte di me stessa e cosa avevo avuto in cambio? Mi ha tradita… mi ha ingannato… mi ha sottratto con l’inganno qualcosa di cui avevo più bisogno. Tutto quello che volevo era essere amata… stare con lui… sentirlo abbracciarmi e baciarmi come se per lui io fossi la cosa più preziosa. Era chiedere troppo? Era stato la risposta alle mie preghiere… o così pensavo.

La mia corsa rallentò quando mi sentii intorpidita per la fredda pioggia e inciampai lasciandomi sfuggire un singhiozzo stanco. Lottai per rialzarmi ma fallii, completamente esausta. Il mio fiato si congelava davanti a me quando inspiravo ed espiravo. Quando in un altro debole sforzo tentai di rialzarmi spingendo contro il suolo, realizzai di non sentire più le dita. Strofinandole convulsamente in un inutile tentativo di riscaldarle, cominciai a piangere disperatamente, questa volta per lo sgomento. Sapevo che se rimanevo fuori al freddo ancora a lungo, poco vestita com’ero, molto probabilmente mi sarei ammalata. Ma non riuscivo a rialzarmi, ad andare avanti verso casa. Ero troppo stanca. Sia la mia forza fisica che mentale erano state prosciugate dagli eventi di quel giorno.

Tremando, guardai l’ambiente che mi circondava attraverso le ciglia umide. Le strade erano deserte e la pioggia scrosciava sulla città. Era molto tardi. Nessuno sarebbe passato di lì ancora per molte ore. Anche le mani tremanti che stavano massaggiando le dita congelate cominciarono a intorpidirsi per il freddo. Rabbrividii quando la dura realtà si impossessò delle mie ossa. Ero sola e veramente nei guai.

Nonostante i miei sforzi per rimanere sveglia, i miei occhi cominciarono a chiudersi per la stanchezza. Scossi la testa avanti e indietro per rimanere sveglia. “Non puoi addormentarti, Usagi… tu non puoi…” mormorai a me stessa, le labbra tremanti.

Tuttavia il mondo era freddo e inospitale, mentre il sonno era caldo e invitante. Non avevo alcuna energia per combattere contro una tale forza. Solo quando sentii che stavo cominciando a perdere contatto con la realtà, qualcosa di caldo mi lambì… una soffice tenera sensazione, come quando la mamma ti rimbocca le coperte alla sera e ti bacia sulla fronte amorevolmente. Il tremito cessò quasi immediatamente mentre una pace si stabilì dentro di me in profondità.

Per un attimo pensai di essere morta. Non pensavo fosse possibile raggiungere un tale stato di pace senza essere in Paradiso con l’Onnipotente. Tuttavia, come aprii gli occhi e mi guardai intorno, l’angolo della strada in cui mi ero accasciata mi convinse che ero ancora viva. In Paradiso non ci potevano essere bottiglie rotte e bidoni della spazzatura straripanti.

Il calore continuò a diffondersi nel mio corpo lentamente… fino alla punta delle dita, che cominciarono a bruciare e pizzicare dolorosamente e sembrava si stessero riprendendo dal principio di congelamento. La stessa sensazione si propagò lungo le gambe e fino ai piedi e improvvisamente capii che avevo le forze per rimanere in piedi. Mi alzai con sorprendente facilità, sentendo la mia energia tornare con abbondanza. I miei occhi si aprirono quando quel calore si sprigionò dentro di me… giù verso il profondo del cuore. Là, sembrò che quel calore tentasse di rintanarsi nella mia anima.

Il dolore… la solitudine… il vuoto che sentivo bruciare nell'animo ogni singolo giorno… era stato seppellito in profondità dentro di me dove nessuno avrebbe potuto toccarlo. Ma quell’energia scovò quel vuoto e lo affrontò… lo accarezzò… entrò in sintonia con quello… lo estirpò.

Qualcosa in me si schiuse.

I miei occhi si spalancarono quando il mio sangue si raffreddò. Il dolore all'improvviso gridò con una tale intensità e tormento che fui quasi spinta a terra. Si contorceva e fremeva, lamentandosi e ululando per la sofferenza. Coprendo il mio cuore con una mano tremante, barcollai piangendo per quello sconvolgente dolore. “Cosa… cosa sta succedendo?” urlai, le lacrime sgorgarono dalle palpebre chiuse. Caddi sulle ginocchia, lottando per respirare. “Dio, per favore! Non posso più sopportare tutto questo!!”

La vista iniziò a vacillare e quello che mi circondava svanì, sostituito da un’accecante luce che calava su di me rinchiudendomi in un mare di bianco infinito.

Gridai e tutto si oscurò.

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*si inginocchia* Oh per favore oh per favore oh per favoooooore! Non datemi fuoco per lo scontro tra Usagi e Mamoru! E non infliggetemi altre punizioni crudeli e insolite! Potrei piangere se lo faceste… *piagnucolio convincente*

Voi non pensate *veramente* che io potrei finire la storia con loro in disaccordo, vero? Dovevo mettere il climax della storia da *qualche parte*, non è vero? E buon dio, io *dovevo* ripagare Mamoru per essere stato un tale cretino! Sì, amo anche l’uomo a pezzi, ma voi dovete ammettere che lui ha fatto delle cose abbastanza spiacevoli a Usagi-chan. Se fosse accaduto a me, avrei fatto molto più che schiaffeggiare il ragazzo.

*imbarazzato sorriso* Mi perdonate? *grandi e acquosi occhioni da cucciolo indifeso* Nel capitolo 10 mi impegnerò… lo prometto! ^_~

Scrivetemi! Ma niente fiamme! Solo *voi* potete prevenire gli incendi delle foreste. ^_~

sailor_moon89@hotmail.com

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

Con affetto!

Aimee-chan, che stanotte dormirà con un occhio aperto -_0

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


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"La mia anime attende il Signore più di quanto le sentinelle attendano il giorno." Salmo 130:6

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La mia vista iniziò a sfocarsi e ciò che mi stava intorno svanì. Il mondo sparì mentre una luce accecante mi raggiungeva, inglobandomi in un mare di bianco infinito.

Urlai mentre tutto diventava nero.

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The Coldest December
di Aimee

Tradotto da Erika per EFP

Capitolo 10

"Girati,
Guarda cosa ti sta davanti.
Nel viso di lei,
Lo specchio dei tuoi sogni."
~Neverending Story

L'oscurità mi sommerse in un nero fitto che si estendeva senza fine davanti al mio fisico spaventato e allarmato. Non sentivo più il marciapiede bagnato sotto i miei piedi. Infatti non sentivo assolutamente nulla e questo per diversi attimi che mi sembrarono un'eternità. Ma prima di quanto avessi pensato, l'oscurità si alzò come un velo, tornando rapidamente da dove erano venuta, ed ero nuovamente conscia di ciò che mi stava intorno.

L'aria lasciò i miei polmoni in un lungo singhiozzo spaventato e i miei pensieri corsero rapidamente al fatto che non mi trovavo più su un marciapiede bagnato al centro della città di Tokyou. Una sensazione di costernazione si espanse nelle mie vene come fuoco feroce, facendole bruciare di apprensione ed ansia.

I miei occhi incredubi girarono a destra e sinistra. Mi girai su me stessa una volta, in un piccolo cerchio, poi ancora una volta, memorizzando ogni dettaglio di ciò che mi circondava. Sotto i miei piedi c'era solo terra pallida e secca, che andava avanti fin dove i miei occhi riuscivano a vedere. Una nebbia bianca ricopriva le antiche rovine che mi circondavano. Una volta erano state strutture bellissime, ma ora le pietre e i marmi degli edifici giacevano distrutte e rovinate ovunque mi girassi. Le statue e i monumenti erano monchi, abbandonati e di fatto in completa rovina.

Cosa poteva aver causato una tale distruzione? E dove erano le persone che una volta avevano regnato sopra questa città in rovine? Tremai senza volerlo, pensando alla battaglia che doveva aver avuto luogo sotto i miei piedi. L'aria che respiravo sapeva di morte. Era come se fossi nel bel mezzo di un incubo.

In effetti, così somigliante ai 'miei' stessi incubi ...

Senza fiato, i miei occhi viaggiarono verso il cielo infinito sopra di me e vide letteralmente migliaia di stelle. Pareva che mi trovassi ben lontana da qualunque città moderna. Non c'era modo di vedere tanti corpi celesti vicino alle luci di una metropoli di qualunque tipo. Fissai le stelle e la loro luce si rifletteva sui miei occhi ansiosi e pieni di lacrime.


Mi girai, ancora stupita e senza fiato, e continuai a cercare qualcosa nello spazio infinito che si estendeva davanti a me.

Le mie pupille si dilatarono per l'orrore e lo sgomento nel momento in cui vidi ciò che stava nel vasto cielo davanti a me. E per un lungo momento, rimasi in piedi a fatica davanti a quello che vedevo nel cielo, torreggiante sopra di me.

La Terra.

I miei occhi si chiusero, cercando disperatamente di negare la realtà.
Caddi a terra, svenuta.


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Ignara di dove mi trovassi, solo per metà cosciente, sorrisi istintivamente quando qualcosa di soffice toccò la mia guancia, accarezzandola con affetto e amore ... come il tocco di una madre. I mie occhi si aprirono piano man mano che lo svenimento andava passando e osservai senza ben focalizzarla la donna radiante sopra di me, che mi accarezzava il viso con sorprendente tenerezza.

Era ... bellissima.

I pallidi occhi blu che incontravano i miei erano pacifici e sereni, e sapevo senza pensarci due volte che non mi avrebbe fatto del male. Una tale dignità non apparteneva al nemico. I suoi occhi capelli erano color argento vivo e brillavano alla pallida luce che ci avvolgeva nelle sue ombre. Erano acconciati come i miei, ma erano molto più lunghi e ricadevano in bellissime onde fino a toccare terra. La sua pelle era pallida e sembrava brillare. Il meraviglioso vestito che indossava era come di seta bianca svolazzante.

Ma la cosa più strana di tutte era sicuramente il marchio luccicante che aveva sulla fronte. Era molto simile al simbolo della luna crescente, solo che brillava tanto quanto le stelle sopra di noi.

"Sei ... sei un angelo?" bisbigliai, con gli occhi spalancati per lo stupore e l'incanto.

Sorrise. Era un sorriso felice, ma anche triste e pensieroso. Lacrime cristalline le cadevano chiare dagli occhi mentre parlava in un mormorio tranquillo e pieno di emozione. "Oh, Serenity ... mia piccola Sere. Come mi sei mancata."

Sgranai gli occhi. "Come mi hai chiamata?"

Ma l'avevo sentita bene. Ma soprattutto, conoscevo quel nome. In qualche modo .... *in qualche modo* lo conoscevo. Era scolpito dentro di me, in profondità ... in un posto di cui non avevo saputo nulla.

"Ho così tanto da dirti," continuò l'angelo con lo stesso sorriso struggente che le piegava le labbra. "C'è così tanto che devi imparare ... e ricordare."


Scossi la testa confusa, sentendomi sopraffatta e disorientata. "Io ... io non capisco."
Mi sedetti da dove ero sdraiata, ignorando il mal di testa che cercava di farmi tornare a terra.

"Capirai, principessa. Lo prometto. Sei venuta da me ... come, non lo so. Ma deve essere tempo per te di sapere del tuo passato."

Detto ciò, si avvicinò a me e mi baciò sulla fronte. Qualcosa si mosse in quel punto e si accese. Sentivo una sensazione di bruciore soffice. Non era dolorosa, ma mi confondeva immensamente. Mi toccai la fronte con dita curiose. Che era successo?


L'angelo mosse il braccio e contenni a malapena un grido di sorpresa quando uno specchio si materializzò dal nulla, svolazzando davanti a noi. Come era possibile una cosa del genere?

< Stai perdendo la testa, Usagi. Perdendo quel poco di sanità mentale che ti rimane. Lo specchio non sta *volando*. No no no! Inconcepibile! E' solo un trucco! Deve esserlo! E di certo non è la *Terra* che sta là sopra in cielo! Oh no! E' solo un altro pianeta a casa che ha deciso di visitare il nostro sistema solare e guarda caso somiglia tantissimo alla Terra. Niente di cui preoccuparsi! Proprio niente! E' tutto nella tua testa Usagi. Pensa positivo! >

Sicuramente stavo sognando. Alzando di nuovo la testa al cielo, incontrai nuovamente il pianeta verde-azzurro, così familiare. Dissetandomi di quella incredibile visione, mi rassicurai ancora una volta sul fatto che fosse tutto una mera allucinazione.

Ma sembrava così reale ....

"Vieni," ordinò l'angelo, prendendo la mia mano fra la sua e conducendomi allo specchio che non era *davvero* sospeso in aria ... o almeno questo era quello che volevo credere. Fissai il mio riflesso, ma riconobbi a malapena la mia faccia mentre mi guardava di rimando. Il mio vestito era bianco, oro e ricamato d'argento e cadeva a terra in cascate di seta. Il corpetto era attillato, ma l'abito aveva un che di innocente. Avevo un anello nella mano sinistra che sembrava incredibilmente estraneo e familiare tutto in una volta e un bracciale di perle stava sul mio polso destro.

I miei capelli ... oh, mio Dio, come potrei iniziare a descriverli? Erano *argento*. Proprio come quelli dell'angelo, solo non così lunghi o magnifici. Toccai le ciocche con meraviglia, non riuscendo a credere che le immagini che i miei occhi stavano passando al mio cervello fossero corrette.

Ma la cosa che mi scioccò di più fu la luna crescente e luminosa sulla mia fronte. Con mano tremante andai a toccarla, piano. Era calda sulla punta delle mie dita, ma non mi fece male. Mi lasciai sfuggire un gemito di confusione. Era reale. Ma più di questo, era *parte* di me.

Ma ... *come*?

L'angelo appoggiò le mani sulle mie spalle e insieme guardammo ai nostri riflessi nello specchio. Anche mi sovrastava di una testa circa, fui stupita dalle somiglianze nei nostri tratti. "Come fai tutto questo?" bisbigliai, sentendomi a disagio e piena di apprensione. Ma ancora una volta l'angelo sorrise e quelle sensazioni svanirono rapidamente. Non riuscivo a spiegare perchè, ma la sua presenza portava pace.

"So che sei confusa, Serenity. Ed è giusto," commentò lei, facendo un altro gesto con la mano. Gemetti quando lo specchio sparì. "Ma sarà tutto spiegato a suo tempo. Prima dobbiamo discutere quello che sta succedendo sulla Terra."

Senza un'altra parola, mosse una mano verso il pianeta blu e io guardai con occhi spalancati e increduli mentre fasci di luce di ogni colore partivano dalla Terra e venivano verso di noi con una velocità che riuscivo a malapena a concepire. Era come guardare una pioggia di meteore ... solo che le meteore si avvicinavano sempre di più. Mi allontanai di un passo spaventata mentre i fasci arrivavano impossibilmente vicini, ma l'angelo rispose alle mie preoccupazioni con un semplice, "Non avere paura."

Nel momento in cui l'ultima delle parole uscì dalla sua bocca, i fasci colorati erano sopra di noi. Accesero il cielo e io mi coprii gli occhi per lo spavento mentre convergevano tutti in uno. Quando ebbi il coraggio di guardare fra le mie dita, vidi sette cristalli colorati galleggiare sopra di me. Mi meravigliai della loro bellezza, notando che non era la prima volta che vedevo quello blu. Tuxedo Kamen lo aveva rubato dopo la battaglia col mostro. Ma non sapevo nulla della natura o significato dei cristalli.

"La tua missione non è semplice," continuò l'angelo, il viso illuminato dai colori dell'arcobaleno che le strane gemme emanavano. "Ma questo aiuterà la tua battaglia."

I suoi occhi si chiusuro e le sue mani andarono verso i cristalli. Brillarono tutti immensamente e nel giro di un battito di palpebre erano diventati una cosa sola, un singolo cristallo chiarissimo che brilava e crepitava con una intensità a cui non avevo mai assistito. Il suo nome si formò sulla mia lingua istintivamente.

Il cristallo d'argento.

Ne avevo sentito parlare. Luna aveva spesso parlato della sua importanza, ma non eravamo riusciti a trovarlo per quanto lo avessimo cercato. E ora mi stava davanti e avevo le nocche bianche contro le mie labbra per lo spavento, meravigliata davanti alla presenza di un tale potere.

Era *potere*. E mi spaventava a morte.


"E' per me?" mormorai. Lei annuì e immediatamente pensai di essere stata investita da quattordici elefanti. "Ma ... m-mi era stato detto che il c-cristallo apparteneva alla Principessa della Luna."

L'angelo sorrise, come se tutto sapesse, gli occhi luminosi puntati su di me. "Sei stata correttamente informata, ed è questo il motivo per il quale lo dono a te ora. E' tuo."

Le mie labbra si aprirono, ma non ne uscì nulla. Non riuscivo a parlare, nè ad espellere l'aria che stava racchiusa nei miei polmoni. Tutto quello che riuscivo a fare era ripetere le stesse tre parole nella mia mente, ancora e ancora.


*LA* Principessa della Luna. La *Principessa* della Luna. La Principessa della *Luna*.

*Io*? Mio Dio, ma l'angelo delirava. Era semplicemente assurdo! Ridicolo! Fuori dal mondo ed estremamente POCO DIVERTENTE.

"Non mi credi?" chiese l'angelo.

Non ero divertita e il mio viso lo faceva ben vedere.

"Quando è nato mai tale scetticismo dentro di te?" continuò lei, scuotendo la testa e non attendendo una mia risposta. "Credi a quello che desideri per il momento, piccola Serenity, ma presto la verità sarà difficile da negare. Per ora, focalizzati sulla missione."

"The Terra è in pericolo," continuò. "Beriglia attaccherà presto ... da Nord. Devi comprendere la sua determinazione. Dal momento che il pianeta era una volta sotto il suo dominio, ora è ossessionata dall'idea di riaverlo. Tu, le altre guerriere e Tuxedo Kamen dovete fermare questa assurdità."

Sbiancai, ancora una volta colpita da quello che mi diceva. "Tuxedo Kamen? Ma ... lui è nostro nemico! Magari lavora persino per lei!"

Scosse la testa. "No, bambina. Non è così. Ma soprattutto, lui è cruciale per il tuo successo nella guerra."

"Ma ..."

"Dimmi," mi interruppe, "ricordi il nome Endymion?"

La mia fronte si aggrottò. "Endymion ... ?" le feci eco. Il nome sembrava stranamente familiare alle mie labbra e il mio cuore sembrò battere più forte al solo pronunciarlo. Quel nome era nascosto in profondità dentro il mio subconscio, scolpito lì per l'eternità.

E poi ricordai l'incubo e il nome che avevo urlato nei miei ultimi momenti. Non era altro che quel nome. Endy, l'avevo chiamato. Nobile e forte. Affettuoso e giusto. Crudelmente assassinato da una strega di nome ... Beriglia.


Tremai a quel ricordo, gli occhi spalancati mentre incontravano lo sguardo intenso che l'angelo mi offriva. "Tu ... tu se quella che mi ha mandato quei sogni, non è vero?" bisbigliai.

La donna scosse la testa, gli occhi brillanti di qualcosa che somigliava ad una maliconica ed eterna tristezza. "No, piccola, non sono io. I sogni sono venuti a te, credo, perchè era tempo che comprendessi che ciò che avevi nella tua vita non era abbastanza."


< Il vuoto ... > Ricordai, poggiando una mano sopra il cuore. < Grida da dentro di me, e vuole di più. Vuole *cosa*? Cosa potrebbero portarmi questi ricordi? >

"Sai che Mamoru fa questi sogni sin da quando i suoi genitori sono stati uccisi?" chiese.

Mi irrigidìi, presa alla sprovvista dalla domanda, desiderando disperatamente di non pensare a lui. Faceva troppo male. E il vuoto ... il dolore che urlava per il suo tradimento ... come quella volta sulla strada quando la luce mi aveva sopraffatta. Ma perchè? Che aveva a che fare quel vuoto con lui? Di certo no poteva essere *lui* ciò di cui avevo bisogno per completarmi.

Ma Dio, quanto volevo che lo fosse ...

"Come sai di Mamoru?" chiesi con rabbia, farfugliando senza speranza il suo nome, sentendomi come se delle unghie stessero grattando il mio cuore.

"Mamoru è Endymion," disse semplicemente l'angelo.

Tremai dentro, chissà come sapendo già tutto quello che mi stava dicendo. "Mamoru è un bugiardo."

"Endymion ti ama."

"Endymion è morto."

"Tuxedo Kamen ti protegge."

"Tuxedo Kamen mi ha tradito."

"La tua mente ti ha tradito."

"La mia mente è tutto ciò che mi rimane," dichiarai arrabbiata. "Inoltre, fa troppo male dare retta al mio cuore."

"Ma non puoi allontanarti da loro, vero? Tutti e tre ti perseguitano e lo faranno sempre. Anche se riuscissi ad allontanare per sempre Mamory, sarebbe ancora nel tuo cuore."

Lacrime di rabbia mi scivolarono sulle guancie. "Perchè mi hai portata qui?"

"Sei venuta qui da sola, piccola Serenity."

"Io non so nemmeno chi sei!"

"Ma certo che lo sai," rispose lei calma.

Con un grido di frustrazione, scoppiai a piangere, lacrime di confusione e insoddisfacimento che mi presero completamente. Portando con forza le mani alla faccia, mi allontanai da lei, desiderando di svegliarmi da quest'incubo in cui mi ero ritrovata.

Ma dentro di me, in profondità, sapevo che non stavo sognando. E ancora di più ... in un qualche modo sapevo chi era. E sapevo anche chi ero io.

Come potevo spiegarlo. Era come una luce nascosta dentro la profondità della mia mente, che apriva stanze segrete lì nascoste. Le porte di quelle camere ora erano spalancate e le catene che le avevano ingabbiate a terra.


Spalancai la bocca con un gemito e i miei occhi si riempirono di lacrime mentre la conoscenza mi assalivano ... obbligandomi ad accettare ... fornendomi un ricordo alla volta ... lasciandone da parte altre per un altro momento. Ma anche così era troppo veloce e le lacrime caddero sulle mie guancie fino a che non tremai.

Delle braccia mi circondarono, stringendomi forte fino a che non gridai. Mi rivolsi all'genlo con un altro nome ancora prima di capire quello che stavo dicendo. "Madre ... " mormorai, appoggiando la mia testa sulla sua spalla, gli occhi che si chiudevano.


"Sei sopraffatta, piccola principessa. I ricordi stanno venendo a te troppo rapidamente," mi dise, lisciandomi i capelli. "E' accaduto molto, e ancora tanto deve accadere. Devi trovare riposo, Serenity. Devi perdonarlo e andare avanti o non avrai mai la forza di affrontare le battaglie che verranno."

"E' vero? Lui mi ama?" bisbigliai, osando accettare quello che mi aveva detto ... osando sperare in Mamoru ... in Endymion.

"Ti ama, tesoro. Ma questo lo sai già. Non hai bisogno che te lo dica."

Il mio cuore si gonfiò. < Endy ... hai mantenuto la tua promessa. Mi giurasti di tornare da me. >

"Cosa devo fare?" mormorai tra i suoi capelli.

Sorrise. "Amalo a tua volta."


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Fui riportata sulla strada con la velocità con cui vi ero stata allontanata. Anche se non più infreddolita per l'esposizione alla fredda pioggia di Dicembre, ero come intorpidita, dentro. Riuscivo a malapena a parlare, tanto era il mio choc per l'incredibile viaggio.

Gli occhi viaggiarono rapidi al cielo, appena visibile dietro le nubi di pioggia. Sembrava ricambiare il mio sguardo, fissarmi attraverso il cuore e la mente.


Ero davvero stata là? Con lei? Con mia *oh dio* madre? Ero davvero una principessa? Sua figlia? La futura regina? Custode del cristallo?

Sentì un peso poco familiare che mi gravava sul collo e abbassai lo sguardo sopresa. Il cristallo d'argento era lì appeso ad una catena d'argento anch'essa, e si muoveva assieme al mio respiro, come il ciondolo di una collana qualunque. Ma era così tanto più di quello ...

Lo prese protettiva tra le mani, timorosa di perderlo ... timorosa di guardarlo ... timorosa del suo significato ...


L'angelo aveva ragione. La verità stava iniziando a diventare difficile da negare.

Una voce familiare mi svegliò dal torpore in cui mi trovavo.
"Usagi!" urlò da lontano.

Sgranai gli occhi. "Rei?"

Mi girai verso i passi che si avvicinavano in fretta e vide la sacerdotessa. "Usagi! Eccoti qui! Oh, Dio, ti ho cercata dappertutto!" Le sue braccia mi avvolsero in un abbraccio inaspettato prima che potessi rispondere. "Stai bene? Cos'è successo? Dove sei stata? Ero così preoccupata ... "

Ed io ero senza parole. "Perchè?"

Lei si interruppe per un istante e i suoi occhi viola si allontanarono dal mio viso, come se stesse rimuginando su qualcosa. "Ne parleremo al tempo, va bene? Sei stata qui abbastanza a lungo." Si tolse la giacca ma io la allontani prima che potesse mettermela sulle spalle.


"No, non ho freddo. Indossala tu."

"Non hai freddo? Usagi, non indossi nemmeno le maniche lunghe! Si gela qui fuori!"

"Sto bene, Rei," risposi tranquilla, guardando ancora una volta la lunga prima che sparisse di nuovo dietro le nubi. Il mio respiro si congelò in una piccola nuvola davanti a me e il vento soffiò contro le mie braccia nude, ma nemmeno lo sentivo. Era come se fossi scaldata dall'interno da una forza sconosciuta. Poggiai una mano sul mio cuore e sul vuoto che si girò su se stesso dolorosamente in risposta. Gli occhi mi si chiusero nel vano sforzo di tenere le mie lacrime a bada.




"Usagi-chan?" bisbigliò Rei, guardandomi con occhi preoccupati. "Dovremmo veramente entrare in casa."

La mano si allontanò dal petto e io deglutii il nodo che avevo alla gola, non notando nemmeno che Rei mi aveva nuovamente messo la giacca sulle spalle. "Sì."

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Rei insistette per avere una spiegazione non appena raggiungemmo il tempio. Io esitavo dapprima ... comprensibilmente, dal momento che ero ancora a mia volta sospettosa sull'intera vicenda. Ma il cristallo che pendeva dal mio collo mi fece ricredere. Se il sogno fosse stato null'altro che un'allucinazione, allora non avrei avuto alcun modo per spiegare l'apparizione del cristallo. E d'altronde, *qualcosa* mi era accaduto là fuori, e davvero non potevo tenermi una tale esperienza solo per me ... non quando mi erano stati rivelati dettagli così importanti.

Rei sgranò a malapena gli occhi. Dire che era folgorata era dire niente. Ero un po' sorpresa dal fatto che non mi avesse interrotto dopo la prima frase, facendomi capire che soffrivo di manie di grandezza.

"Allora *è* vero," mormorò. "Sei la principessa."

"Non lo crederei nemmeno io, se non fosse per questo ..."

Il cristallo era ora nelle sue mani e i suoi occhi si allargarono a dismisura. "Usagi ... " si lasciò sfuggire in un sospiro. Insieme lo osservammo semplicemente, inspiegabilmente meravigliate dal fatto che una tale piccola gemma potesse essere così bella e potente, eppure apparire così innocente e indifesa. "Lo sapevo ... lo *sapevo* proprio che eri tu," continuò.

Fu il mio turno di rimanere stupita. "Lo sapevi? Ma come?"

"Non ero completamente certa fossi tu, ma lo sospettavo," ammise. "Da molto faccio sogni sulla principessa e sul Regno della Luna."

I miei occhi si spalancarono. "Da quando esattamente."


Ci riflettè un attimo. "Suppongo che siano iniziati quando le cose hanno cominciato ad andare male a casa mia ... prima che venissi ad abitare col Nonno." Annuì facendo capire che avevo inteso, e lei continuò. "Quando ti ho incontrata, ho iniziato a sospettare che fosse tua la faccia che vedevo nei miei sogni, ma non era un'ipotesi seria almeno fino a che non ho parlato con Mamoru l'altro giorno. Avevo riconosciuto anche il suo viso come il tuo. Gli parlai dei sogni, la cui frequenza era continuata ad aumentare in maniera continua sin da quando lo avevo incontrato."

Come era successo a me ...

"Lui non si ricordava di me nè mi riconosceva e sembrava completamente sorpresa da quello che gli dicevo," continuò, "ma ammise che anche lui faceva dei sogni ... sin da quando era bambino."

"L-lui sognava la principessa?" bisbigliai, facendo scorrere le parole ancora e ancora nella mia testa, cercando di fare del mio meglio per accettarle, ma ancora incredula davanti ad esse, anche se l'angelo stesso mi aveva detto la stessa cosa.

Rei sorrise alla domanda. "Sì, sognava te. Gli dissi di sospettare che tu fossi la principessa e lui ammise di aver avuto un'idea simile. Mi disse anche che era Tuxedo Kamen."

Mi morsi il labbra a sentir pronunciare *quel* nome, e al dolore che il mio petto produceva inesorabilmente. Rei notò lo sguardo disperato sul mio viso con un sospiro colpevole. "Usagi, mi spiace di non avertelo detto, ma voleva farlo lui. Me lo fece promettere."


"Voleva dirmelo?" le feci eco e fui sorpresa davanti al cenno di assenso con cui rispose. "Ma ... non l'ha mai fatto alla fine e mi ha fatto così male quand lho scoperto da sola."

"Con tutto il dovuto rispetto, Usagi ... non è che tu stessa abbia mai offerto a Mamoru indicazioni sul tuo essere Sailor Moon."

Tacqui. Oh Dio.

"Non so perchè Mamoru non te l'abbia detto. Dovrai discuterne con lui tu stessa," continuò, "ma so perchè non ti ha mai parlato dei suoi sospetti sulla tua natura di principessa. Io e lui eravamo entrambi d'accord sul fatto che dovessi essere tu stessa a scoprire la verità sul tuo passato. Non pensavamo fosse giusto metterci a parlarti seduti ad un tavolo, spiegandoti cose che ti riguardavano personalmente. Avresti ricordati quando fossi stata pronta." Esitò, sorridendomi. "Suppongo che ora tu sia pronta, giusto?"

Il mio labbro inferiore tremò mentre le lacrime mi pungevano gli occhi. "No, non lo sono. Ho paura, Rei."

Il suo viso si addolcii. "Usagi, non è necessario avere paura. Non sei da sola. Hai Luna, le guerriere e me. Sai che ti aiuteremo sempre e ti proteggeremo. Siamo le guardiane della principessa. Ma soprattutto, siamo tue amiche."

Annuii silenziosamente, incapace di parlare. E per la prima volta nella storia della nostra amicizia, Rei mi lasciò piangere in silenzio. Apprezzai il suo silenzioso conforto e la sua premura nel permettermi di raccogliere i miei pensieri secondo i miei tempi. Ogni cosa era un tale colpo .... riuscivo a malapena a comprendere tutto quello che mi era stato rivelato. Ma in un modo o nell'altro alla fine digerii ogni cosa e le lacrime si fermarono.


"Rei..." mormorai, passandomi la mano sopra le guancie per asciugarle, "come sapevi che dovevi cercarmi stanotte?"

"Mamoru mi ha chiamata," ammise esitante.

Deglutii forte. "Ah sì?"

"Era piuttosto preoccupato per te. In effetti, cancella quella frase. E' dire poco. Era impazzito dalla preoccupazione. Ti aveva cercata dappertutto e mi aveva chiamata nella speranza che ti avessi vista o sentita." Esitò, aggiungendo dopo un po', "Mi ha detto quello che è successo."

Mi mossi un poco, a disagio, occupando la mia mente colpevole con un filo invisibile sul vestito. "Penso di aver davvero rovinato tutto, no?"

"Qualcosa mi dice che lui sta pensando la stessa cosa," rispose lei, mettendomi una mano sulla spalla per confortarmi. "Vuoi usare il telefono per chiamarlo?"

"No. Abbiamo bisogno di parlarci faccia a faccia."


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Mi strinsi nella giacca che Rei mi aveva dato mentre aspettavo fuori il taxi che aveva chiamato per me. Non volevo che mi accompagnasse all'appartamento di Mamoru, sapendo che sarebbe dovuta tornare a casa da sola e, da testarda qual era, si rifiutò di farmi andare lì a piedi da sola. Così aspettai un taxi per farmi percorrere la 'lunghissima' distanza di dieci isolati. Avrei potuto percorrere la strada in pochissimo tempo, e dio solo sapeva quanto volessi parlare con Mamoru, ma la pioggia che ancora cadeva mi scoraggiò dall'andare prima che arrivasse il taxi. Mi rifugiai sotto la tettoia, vicino alla porta del tempio ancora aperta, ad osservare la strada alla ricerca del mio taxi.

Il suono di un ramo che si spezzava catturò la mia attenzione. Girando velocemente la testa a destra, mi misi in attento ascolto ma udii solo il soffice crepitare delle gocce di pioggia sul terreno. Indietreggiando un po' di più verso la porta gemetti un poco, sentendo come degli occhi su di me.


I *suoi* occhi. Quelli di Tuxedo Kamen.

Deglutii forte e mi guardai intorno. Non vidi niente, ma sapevo che era lì. Riuscivo a sentirlo fra le ombre, che mi guardava.

"Tuxedo Kamen?" lo chiamai debolmente nella notte. "Sei lì?"

A rispondere fu solo lo scroscio della pioggia.

"Voglio parlare," tentai ancora. "Per favore ... "


Attesi ancora. Niente.

La mia testa si abbassò miserabilmente e cercai con forza di non piangere ... ma era impresa impossibile. Una singola lacrima mi scappò. Forse mi ero sbagliata. Forse non era affatto qui.

Perchè dovrebbe esserlo? Dopo tutto quello che avevo fatto e le cose orribili che avevo detto, lo consideravo un miracolo il fatto che mi avesse cercata. Lo avrei schiaffeggiato, avrei rifiutato di ascoltarlo, lo avrei accusato senza prove, insultato senza ragioni e poi sarei scappata da lui come se fosse una sorta di violentatore. Non riuscivo a pensare ad una sola ragione per la quale non dovesse odiarmi.

Forse Rei si sbagliava. Forse non mi aveva cercata. Perchè dovrebbe volermi vedere dopotutto?

Ma, dannazione, io volevo vederlo. Rifiutandomi di aspettare il taxi un secondo di più, mi girai determinata in direzione dell'appartamento di Mamoru.

E mi fermai suoi miei passi, come congelata.


Tuxedo Kamen stava davanti a me, completamente bagnato dalla pioggia che ancora cadeva.

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NdT: l'epilogo sarà online dopodomani sul tardi.

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Capitolo 13
*** Epilogo ***




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"Sii misericordioso con me, O Dio, sii misericordioso con me! Poichè la mia anima ha fede in Te; E nell'ombra delle Tue ali io cercherò rifugio." Salmo 57:1

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The Coldest December
By Aimee

Epilogo



Traduzione di Erika per EFP

"Sono l'unica da biasimare per questo.
Chissà come finisce sempre così.
Volando sulle ali dell'orgoglio egoista,
volo troppo in alto,
e come Icaro, cado."
~Jars of Clay


Rimase in attesa davanti a me, nervoso, gli occhi turbati nascosti da ombre profonde e dalla maschera che avevo desiderato mille volte non esistesse. Le sue labba non pronunciarono una singola sillaba, e anche io mi ritrovai a non riuscire a parlare. Il soffice fruscio del suo mantello e del vento erano gli unici suoni che sentivo, a parte il battito del mio cuore.

Poi parlò, con una voce tanto profonda quanto toccante. "Ti stavo cercando."

In un qualche modo riuscii anche io a trovare la voce, ma mi suonò piccola e sconosciuta. "Davvero?" bisbigliai, bagnandomi le labbra nervosamente. Non rispose.

Osservai in silenzio mentre toglieva la trasformazione, lasciando una figura meno intimidatoria della precedente. Mamoru sembrava disperatamente perso mentre era in piedi davanti a me, i vestiti fradici, le ciocche di capelli appiattite contro la fronte, gli occhi supplicanti fissati sui miei. "Usa," mormorò, tanto piano che riuscì a malapena a sentirlo. "Io ... " Fu interrotto da un improvviso attacco di tosse e io sgranai gli occhi, destata dal mio intorpidimento.

"Stai male!" esclamai, allontanandomi dal mio riparo e andando sotto la pioggia gelata. Lo raggiunsi in due passi lunghi, ma lui mi afferrò le spalle e mi riportò dove era asciutto. Io gli tirai la manica, portando anche lui via da sotto la pioggia ... e più vicino a me. Gocce di pioggia scivolarono giù dalle sue guance pallide fino al mento. Tremò nonostante il cappotto nero pesante che indossava. "Da quanto era qui fuori?" domandai, scioccata dalla sua apparizione.

"Sin da quando sei uscita," fu la debole risposta.

Ero inorridiita. "Mio Dio. Mamoru, dobbiamo riscaldarti! Che stavi pensando?" Avrei potuto picchiarlo per la sua idiozia e magari l'avrei fatto se il taxi non fosse arrivato in quel momento e il clacson non fosse stato troppo forte per quell'ora della notte.

"Andiamo," dissi, trascinandolo verso la macchina. "Potremo parlare dopo che ti sarai asciugato."

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La corsa in taxi cominciò in perfetto silenzio, a parte il debole ticchettare della pioggia gelata sulle finestre. Vedevo le strade, i vicoli scuri e gli edifici passare senza alcun interesse e ogni tanto lanciavo sguardi al ragazzo tremante accanto a me. Era calmo e provato. Mai lo avevo visto così piegato. Fissava le proprie mani con fare miserabile. Una volta o due lo vidi chiudere gli occhi con forza e scuotere piano la testa, come se stesse cercando di dimenticare un pensiero spiacevole. Il mio cuore si strinse davanti alla tristezza che vedevo sulla sua faccia. Nell'oscurità dell'abitacolo, la mia mano cercò la sua. Le mie dita calde si intrecciarono con quelle mezze gelate di lui e diedero una stretta rassicurante. Lui si lasciò sfuggire un sospiro lento.

La corsa finì nel giro di pochi minuti e non appena fummo usciti dal taxi, reclamai nuovamente la sua mano con la mia. Non solo mi sentivo incredibilmente in colpa per il suo stato, mi sentivo ancora male per tutto quello che gli avevo detto e fatto. Avevo sbagliato a non voler sentire cosa aveva da dire. Non aveva mai avuto l'opportunità di difendersi dalle mie accuse e ora avevo tutta l'intenzione di lasciare che parlasse. Ma prima doveva scaldarsi. I suoi brividi mi preoccupavano.

La mano che stringevo si irrigidì quando entrammo nell'ascensore e ancora una volta il senso di colpa mi scorse dentro come veleno, quando ricordai il terribile litigio che avevamo avuto esattamente in quel punto. Alzando gli occhi al suo viso, che era teso nel tentativo di ignorare il mare di sensazioni dolorose in cui stava sicuramente annegando, gli dissi piano, rompendo il silenzio tra noi. "Mi dispiace Mamoru. Per tutto quanto."

Il suo sguardo cadde a terra, ma annuì anche lui. "Dispiace anche a me, Usagi.". La sua voce era bassa e tranquilla, e nascondeva la minaccia di una imminente esplosione di emozione. Prima che potessi rispondere, le porte dell'ascensore si aprirono, e la mano attaccata alla mia mi portò gentilmente lungo il corridoio appena illuminato. Rimasi in piedi, ferma e paziente, mentre usava la chiave di case e teneva aperta la porta per me.

"Sei gelata," commentò lui piano. "C'è una coperta sul divano del salotto. Vai a scaldarti e ti preparerò un po' di tè."

"No, farò io del tè," replicai io rapidamente, aiutandolo a togliersi il cappotto bagnato che gli stava addosso come una seconda pelle. "Voglio che tu ti cambi. Tremi come una foglia."

La testa gli si abbassò piano, lo sguardo sul mio viso. Era chiaramente troppo esausto e infreddolito per discutere. Lo spinsi leggermente verso la camera da letto, e lui per fortuna eseguì il mio comando materno senza un'altra parola. Guardando la sua figura sparire, sentii una stretta al petto e allo stomaco. Era una sensazione strana ... non completamente spiacevole. Era qualcosa di simile all'affetto, credo. Non proprio amore .... ma un senso di profondo attaccamento. Sorrisi per la prima volta quella sera e mi diressi in cucina per preparare un po' di tè caldo, per riscaldarci entrambi.

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Era una scena familiare. Noi due, seduti sul pavimento davanti al fuoco, le tazze fumanti in mano; ma l'umore era parecchio diverso. Non era spiacevole e non vi era tensione nell'aria. Non avevamo detto quasi nulla, semplicemente godendoci la pace che c'era tra noi, lasciando che lenisse le nostre ferite.

I brividi che provenivano dal mio compagno cessarono piano mentre gli sforzi combinati dei vestiti caldi, del tè caldo e del fuoco scoppiattante andavano a scaldare le sue membra. Lo osservai attentamente mentre iniziava a rilassarsi e a respirare normalmente. Gli occhi rimanevano bassi, anche se i tratti del suo viso si erano notevolmente addolciti. Il giorno era stato duro e senza dubbio lui era sfiancato da una fatica fisica ed emotiva. Ma per quanto volessi vederlo riposare, sapevo che non era tipo da dormire quando c'era qualcosa da dire ... e c'era sicuramente molto da discutere tra noi.

Mettendo da parte il mio tè, mi avvicinai a lui, dato che fino a quel momento eravamo stati un po' lontani. Sorridendo con fare incoraggiante, bisbigliai, "Ora ti ascolto. Quando vuoi."

Un po' sorpreso, appoggiò anche lui la sua tazza di tè, portandosi nervosamente la mano fra i capelli ancora umidi. "So a malapena da dove cominciare."

"Quando hai iniziato ad avere i sogni?" lo incalzai.

Lui sospirò profondamente, con gli occhi che si spostarono dal mio viso fino al fuoco. "Poco dopo che i miei genitori morirono. Avevo solo sei anni. Ero molto solo. I sogni mi hanno confortato in un qualche modo. Suppongo perchè mi offrivano qualcuno che mi amava in un modo che mi era sconosciuto." A quel punto i suoi occhi caddero sul mio viso, e io arrossì appena al ricordo dei miei stessi sogni. Endymion ed io eravamo stati spesso intimi. I suoi baci ed il suo tocco erano da tempo scolpiti nella mia memoria e chiaramente anche in quella di Mamoru. I nostri occhi si incontrarono per un lungo attimo e vidi la passione bruciare nelle sue profonde sfere blu. Quella passione mi aveva spaventato in Tuxedo Kamen, ma ora ... ora non sapevo quello che mi stava facendo ...

"Quei sogni mi hanno aiutato a farcela," continuò Mamoru. "Mi hanno dato una speranza in qualcosa ... o meglio, in qualcuno. Sei stata il mio angelo, Usagi. Lo sei ancora."

"Quando hai capito che ero io?" chiedi, voltandomi all'altra parte, col viso in fiamme.

"Non ci ho messo molto. Avevo visto una connessione fin dal primo giorno che ti avevo incontrata. Quando te ne sei andata, non potevo fare a meno di notare le somiglianze fra te e la principessa. Il viso nei miei sogni era scolpito a tal punto nella mia mente che quando ho visto il tuo, sono rimasto subito colpito. E quando ho visto per la prima volta Sailor Moon quella stessa notte ho avuto la stessa reazione, solo che quella volta ero anche confuso. Fino a quel momento avevo considerato i sogni come tali ... solo *sogni*. Niente di più. Ma cominciai a dubitarne allora."

"I sogni hanno alimentato un'attrazione verso le tue due identità ... verso una ragazza di nome Usagi e un'altra chiamata Sailor Moon. Non avevo capito che eravate una e una sola. L'amore per la principessa, che avevo sempre considerato immaginario, si spostò rapidamente verso te e Sailor Moon e presto mi ritrovai innamorato di due ragazze. Non sapevo come agire di fronte a quei sentimenti, ma sapevo che dovevo prendere una sola strada quando si trattava d'amore. Non potevo avervi entrambe eppure non potevo scegliere fra di voi. Perciò cercai di allontanarmi da tutte e due per negare quei sentimenti, sperando che sparisssero. Per te divenni uno tormentatore. E con Sailor Moon divenni freddo e distante. Odiavo farlo e il mio cuore urlava di stare assieme a te, ma ... " Sospirò. "Mi dispiace Usagi, ma non riuscivo a entrare in una relazione con te quando il mio cuore bramava anche qualcun altro. La stessa cosa valeva per Sailor Moon. Non sarebbe stato giusto."

"Va tutto bene. Capisco," gli assicurai, poggiando le mie mani sopra le sue, sollevata di sentire che non erano più fredde e tremanti. "Va avanti."

"La notte che ho scoperto la tua doppia identità è stata la notte in cui sei stata aggredita." Rabbrividìi involontariamente al solo pensiero e scostai lo sguardo. "Dopo che il mostro non fu più un problema, mi sentivo ancora agitato. Avevo dentro una sensazione orribile, inspiegabile ... sentivo che eri ancora in pericolo. Mi attanagliava con una forza che non avevo mai sentito, anche come Tuzedo Kament. Perciò ti ho seguita. Quando hai tolto la trasformazione, sono rimasto scioccato. Semplicemente sconvolto. Le due ragazze di cui mi ero innamorato erano una sola. Mi sono fermato per un attimo a pensarci e nel frattempo tu eri andata avanti e la sensazione allo stomaco divenne fortissima. E quando ti ho trovato ... lui stava ... "

Si interruppe, gli occhi chiusi, la testa che andava da un lato all'altro mentre cercava di rimanere calmo. "Lo giuro, Usagi, non fossi stata lì ad assistere, lo avrei ucciso. Sei stata l'unica cosa che mi ha trattenuto." Riuscivo solo a fissarlo in un silenzio attonito, gli occhi spalancati, mentre continuava "Quando rimanesti seduta davanti a me, tremante e spaventata, volevo così tanto portarti vicino a me e stringerti, ma dopo quello che avevi appena passato non pensavo fosse una mossa saggia. Pensai che ti avrei solo spaventata di più. Perciò ti ho fatta arrivare a casa al sicuro e, almeno per allora, lasciai le cose in sospeso."

"La tua doppia identità non era più un segreto per me, per cui mi sentii meglio all'idea di starti accanto, per cui mi avvicinai a te la mattina seguente e dal momento che volevo disperatamente sapere come stavi, ti chiesi come ti sentissi quel giorno. Sembrasti rilassarti un po', per cui presi coraggio e ti offrii un passaggio anche quel pomeriggio. Le parole non possono spiegare quanto ero preoccupato a quel punto. Sembravi stanca e depressa. Non volevi parlarmi di quello che era successo per quanto cercassi di fartelo capire. Ero risentito del fatto che non ti fidassi abbastanza di me per chiedermi aiuto, ma in fondo capivo. Dopotutto, mi conoscevi appena."

"Ma quando ho visto i lividi sui tuoi polsi, persi la pazienza. Non avevo idea del fatto che il bastardo ti avesse trattata *così* male. Tu ti arrabbiasti per le mie domande, che per via della mia rabbia erano anche diventate pressanti." Si fermò, guardandomi con chiaro senso di colpa. "Non avrei dovuto essere così brusco con te. Mi scuso."

"No, è stata colpa mia. Ti ho detto alcune brutte cose ... cose che non meritavi," gli ricordai.

"Eri esausta, Usagi. Sfiancata. Avevi una scusa. Ti ho perdonata subito."

"Subito? Ma il giorno dopo eri così arrabbiat con me alla sala giochi ... "

"No, non ero per niente arrabbiato con te. Prima che entrassi nella sala giochi, avevo parlato con la tua amica Rei. Mi aveva detto alcune cose che non mi ero aspettato ... riguardo ai sogni."

Annuii. "Sì, mi ha parlato di quell'incontro."

"Avevamo caito che non erano sogni ma ricordi. E che tu eri la Principessa della Luna. Ancora una volta ero sconvolto. Non solo eri Sailor Moon, eri anche qualcuno così inspiegabilmente prezioso per me. E più di quello, la principessa era ora reale. Ero in uno stato di choc suppongo. Rei se ne andò e io non notai la sua uscita. Quando finalmente alzai lo sguardo tu eri lì, come un piccolo fantasma. Inoltre eri arrabbiata. Non avevo idea di quanto tempo fossi stata lì, a parlarmi. Ti alzasti con rabbia. Suppongo pensassi che ti stessi ignorando apposta. Fortunatamente ti presi per il polso e anche se non dissi niente, sperai di aver portato via un po' del tuo dispiacere."

Sorrisi al ricordo di quella carezza gentile sul mio polso e fui felice della spiegazione che avevo ricevuto per il silenzio di quel giorno. "Ci riuscisti," mormorai e le nostre dita andarono ancora una volta a intrecciarsi.

"Mi dispiace di aver avuto così tanti fraintendimenti, Usagi. Ma se c'è una cosa per cui davvero sento che devo scusarmi, è per quel bacio che ti ho dato quella notte come Tuxedo Kamen," disse, con gli occhi sul tappeto. "Avevo sperato che quel primo bacio che ci eravamo scambiati avrebbe tranquillizzato almeno un po' le fiamme dentro di me, ma fu un po' diverso. Fu come gettare legna al fuoco. Avevo bisogno di averne di più, e dopo averti vista ancora una volta attaccata da un mostro e dopo essere stato allontanato dalle guerriere quando avevo cercato di parlarti, ero semplicemente arrabbiato. Non con te. *Arrabbiato* e basta. Di solito riesco a controllari questi sbalzi, ma quella notte erano semplicemente troppo per me. Non solo ti parlai duramente, ma ti costrinsi anche a baciarmi. Non posso ripetere quanto mi dispiace, Usagi. Non ho mai voluto farti del male."

"Non mi hai fatto del male. Non ho sentito dolore," replicai a bassa voce.

"Eri a disagio," ribattè lui.

"Ma mi hai lasciato andare quando te l'ho chiesto."

"E poi sono scappato via come un codardo poco dopo," aggiunse piano.

"Non sei un cordardo, Mamoru," dissi, stringendogli la mano. "Ci sono state volte in cui non riuscivo a capire come potessi essere così forte."

Lui scosse la testa, ancora una volta in disaccordo. "Non sono nemmeno riuscito a dirti che ero Tuxedo Kamen. Ero spaventato a morte da come avresti reagito. Ho cercato di dirtelo oggi quando eravamo al parco, ma in quel momento la tua amica ha urlato e tutto è diventato sbagliato in un momento solo .... e poi abbiamo litigato .... e poi tu sei corsa via ... e oh dio, sono semplicemente diventato pazzo nel cercarti."

La mano che tenevo tremava e assistetti al suo viso che si contorceva con un'ondata di emozioni. Senza pensarci due volte, mi lanciai nelle sue braccia. "Va tutto bene, Mamo-chan. Non piangere," bisbigliai, non sapendo davvero da dove avevo tirato fuori quel nomignolo. Lo strinsi a me e lui mi abbracciò a sua volta. "Andrà tutto bene. Ti perdono per tutto quanto, anche per avermi chiamato Testolina Buffa. Ma per favore ... per favore non piangere ... Mamo-chan ... "

Ma fu inevitabile e presto fummo entrambi in lacrime. Mi strinse forte al suo petto, baciandomi i capelli mentre continuava a mormorare scuse senza senso.

"Shhh ... " lo zittì piano, asciugandogli le lacrime mentre lui faceva lo stesso con le mie. "Tutto questo non è colpa tua. Mi dispiace di non essermi fidata di te e per non averti ascoltato quando cercavi di spiegare." Accarezzai la sua guancia sinistra con un bacio, quella guancia che avevo così crudelmente schiaffeggiato nella mia rabbia incontrollata. "Mi dispiace, Mamo-chan. Mi dispiace ... " singhiozzai, affondando il mio viso nella sua spalla.

"Va tutto bene, Usako," disse, il suo respiro nei miei capelli. "Possiamo ricominciare daccapo ora. Basta fraintendimenti."

Ricominciare? I miei occhi brillarono speranzosi, come un piccolo arcobaleno nella tempesta. Poteva davvero riuscire a perdonarmi? Mi voleva ancora? Lo abbracciai forte mentre mi stringeva, andando avanti e indietro, mormorando confessioni d'amore appena udibili sui miei capelli. Capivo appena quello che stava dicendo, ma la dolcezza della sua voce mi calmò e mi tranquillizzò. "Ti amo, Usako. Io voglio solo te. La mia graziosa testolina buffa. Bellissima. Ti amo." *** (NdT: nota sotto)

"Endy..." bisbigliai con un soffio di contentezza, facendo scorrere le mie mani lungo la sua schiena, felice di sapere che era vero e che mi amava. Il vuoto dentro di me non era mai stato tanto soddisfatto o tranquillo. Il suo amore aveva placato tutte le sue richieste e per una volta nella mia vita mi sentivo completa. "Mamo-chan, sono così giovane. So appena cos'è l'amore. Ma per quel che ne so e se quello che sento ora è di una qualche indicazione, allora ti amo così tanto da non riuscire quasi a vederci bene."

Lui mi scostò da sè, con gli occhi ancora sorridenti. Ci prendemmo il viso in mano entrambi e le lacrime continuarono a scorrere sulle nostre guance, ma non erano più lacrime di tristezza a sconforto, ma di sollievo e gioia. Accarezzai il suo viso con le mie labbra, assaggiando le sue labbra mentre si mescolavano con le mie.

E ci baciammo. Baci infuocati che, se non fosse stato così freddo fuori, avrebbero potuto incendiare il palazzo. L'emozione pura che avevo sentito con Tuxedo Kamen l'altra notte era nulla paragonata alla passione presente nell'abbraccio in cui mi trovavo ora. Se non altro, pareva che da mascherato si fosse contenuto se era questo quello che c'era dentro di lui. Con le mani che gli tenevano il viso, attaccai le sue labbra con le mie, tentando di rispondere alla sua passione. La lingua di Mamoru si spinse dentro la mia bocca e danzò con la mia mentre le sue mani si intrecciarono nei miei capelli, spostando la mia testa di lato per approfondire il bacio.

Prima di quanto avessi immaginato i nostri baci erano diventati meno violenti ... più profondi. Mani gentili mi spinsero all'indietro così da farmi sdraiare a terra, con le nostre labbra che non si erano mai separate nel frattempo mentre aggiustava con attenzione il suo peso sopra il mio. Tremai senza potermi fermare tra le sue braccia mentre sentivo che il ragazzo che mi stringeva mi apriva la sua anima e la piazzava con fiducia tra le mie mani. Con incertezza, feci lo stesso.

Sentii il suo dolore e lui sentì il mio. Vidi il viso di bambino, sconvolto e pallido, mentre le infermiere gli dicevano che i suoi genitori non c'erano più. Assistetti alla tristezza che lo aveva seguito per così tanti anni. Sentii persino la macchina cadere dallo strapiombo. E incontrai dentro di lui il vuoto che impossibilmente rivaleggiava alla pari con il mio per intensità. Toccai le ferite dentro di lui, accarezzandole piano e lenendole con lentezza. Quel dolore era stato troppo a lungo rifiutato da altri. Lui fece lo stesso con me e il vuoto dentro di me respirò di sollievo e tremò, sparendo nel nulla. Come fece il suo.

Le sue labbra erano come fantasmi sulle mie, accarezzando piano la pelle che fino a qualche momento fa avevano attaccato. "Usako ... " bisbigliarono contro la mia bocca e sentii il tocco delle sue ciglia mentre passavano sulla mia guancia e la testa di lui si abbassava a terra, a riposare accanto alla mia. Dopo qualche attimo di pacifica tranquillità, mi si tolse da sopra e si appoggiò sulla sua schiena, mentre le mani gentili mi portavano dentro l'incavo delle sue braccia. Appoggiando la testa contro il suo petto, sorrisi nel vedere il suo viso pacifico, gli occhi chiusi, i tratti fermi e tranquilli. Con un sospiro, lasciai che anche i miei occhi si chiudessero, mentre le braccia di Mamoru si chiudevano intorno a me e io mi avvicinavo ancora di più.

Il fuoco nel camino continuò ad ardere e ad illuminare la stanza con la sua luce mentre noi entravamo ed uscivamo da un meritato sonno. E fuori iniziò a nevicare. Ma nessuno di noi due lo notò. All'improvviso Dicembre non sembrava più così freddo.

Fine.

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*** Le parole di Mamoru nella storia originale (in inglese) erano in lingua giapponese. Ho fatto una traduzione approssimativa secondo le mie conoscenze e con qualche breve ricerca.

NdT: eccovi il finale di questo storia.
Vorrei invitarvi a leggere e recensire.
Se siete interessati a storie simili a questa (come trama, come toni), leggete gli altri lavori di questa autrice e magari altre traduzioni (che ho fatto molto tempo fa, come quelle dell'autrice Iamthelizardqueen, sempre di fanfic di Sailor Moon).
Se conoscete la lingua inglese, provate a leggere nel sito www.moonromance.net le storie di Lilac Summers, autrice di cui Aimee era amica e che apprezzava. Le sue storie sono scritte bene, sono molto divertenti e anche romantiche.
Su EFP vi consiglio la traduzione della fanfic di Alicia Blade, Love Potion N 19 (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=103810&i=1)


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