A romantic photo.

di _eleonora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 ***
Capitolo 12: *** Chapter 11 ***
Capitolo 13: *** Chapter 12 ***
Capitolo 14: *** Chapter 13 ***
Capitolo 15: *** Chapter 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

 
 
Sono fin troppo consapevole che si vive in un epoca in cui solo gli ottusi vengono presi sul serio, e io vivo nel timore di non essere frainteso.
                                                                                                                                                                                                          -Oscar Wilde.
                                                                                                                                                 
Tutto quello di cui ho bisogno ora è che quei due vecchietti si bacino. Ti prego, ti prego, ti prego tu da lassù che puoi sentirmi sicuramente : fai sbocciare il vero amore. Ecco… sta per succedere qualcosa. Metto a fuoco… Ma no! Si stanno alzando. È mai possibile? Insomma devo scattare questa foto romantica per il concorso ‘foto del mese’ dell’accademia, ma se tutti i vecchietti decidono di darmi buca in questo modo va a finire che scatterò una foto sulla scena del crimine! Buona idea! Potrei fotografare la strada sporca di sangue dopo un incidente… no, Johanna. Tu devi scattare questa foto romantica.
Ma perché io devo odiare le coppiette felici? Se riuscissi a farmi ispirare da quelle mani unite probabilmente la foto sarebbe già fatta. Ma io preferisco la mano di lui attorno alla schiena di lei per sorreggerla mentre si siede nella carrozzina.
Preferisco il vero amore, quello che dura per sempre, a quello momentaneo che rimane solo per… quanto? Un mese? Un anno?
No, per me non è abbastanza.
Io sto aspettando l’uomo del mio destino. Quello che mi farà spuntare i cuoricini agli occhi e mi farà dimenticare di tutto.
So cosa state pensando –devo smetterla di parlare con il pubblico invisibile nella mia testa- l’uomo perfetto non esiste. Eh no, cari miei. Secondo me esiste, perché quando sei innamorato le imperfezioni del diretto interessato diventano la cosa più bella che ti sia mai capitata. Basta trovare la persona giusta. Quella per cui vale la pena fare finta di niente per un solo sorriso.
Oh! Aspetta una coppia di vecchietti, hanno anche il bastone! Perfetto.
Mi sistemo lungo il viale del parco. Gli alberi ai bordi, i piccioni per terra, loro di schiena. Un classico che non passa mai. Metto a fuoco. Spero che venga bene, sono due giorni che vengo qui per scattare una foto decente.
Eccoli che si prendono per mano. Alleluia! Grazie signore. Okay, ora sistemo la mano ed ecco qui. Fatta! È semplicemente perfetta, questa settimana vincerò io, esattamente come tutte le altre -ma questi sono dettagli- e potrò continuare a permettermi il corso.
Oddio! No, no, no, no. No. Tu stupido ragazzino, perché l’hai fatto?
“No!” urlo tutto d’un tratto.
“Scusa, ero distratto.” Mi dice lui. Questa non è una scusa valida per avermi annacquato la macchinetta con uno Starbucks.
“Cazzo, ti prego fa che non si sia rotta.” Dico più a me stessa che a lui. Neanche da segno di vita quell’essere. Sta li a continuare a bere e tenere per mano la fidanzatina. Ma, oh! È mai possibile, tutte a Johanna Brown devono capitare.
Estraggo la schedina sperando di salvare almeno la foto. È bagnata pure quella di caffe amaro. Ma poi tu dimmi, che razza di ragazzino si va a bere il caffe amaro alle undici di mattino?
“Ora mi spieghi come faccio?” gli urlo addosso. Già mi costa seguire il corso, per la macchinetta avevo risparmiato tutta la vita. Ma infondo il vero problema è la schedina, le mie foto. E questo me la distrugge così con un ‘ero distratto’.
“Bhè, se vuoi te la ripago io.” Mi dice lui. No, ma forse non ha capito.
“Non mi importa della macchinetta, posso farmene prestare una dal mio professore. Mi importa delle foto!” sto per saltargli addosso. Giuro che lo uccido.
“Scusa!” sbotta lui alzando le mani al cielo e guardando divertito la ragazza. Lei se ride contenta. Ma si, il mio fidanzato ha appena distrutto il sogno di una povera ragazza, è così divertente. Ridiamo tutti insieme. Ed è quello che faccio perché sto ridendo istericamente. Non deve essere uno bello spettacolo. Ma so che rido per non piangere, ma soprattutto per non far piangere lui.
“Che hai da ridere?” gli chiedo incazzata.
“Stai ridendo anche tu, che dovrei fare io?” mi chiede tranquillo scambiandosi occhiate tipo ‘questa è pazza’ con la ragazza al suo fianco.
L’odore di caffe mi travolge. È caffè nero, deve essere l’amaro forte che hanno appena fatto uscire. Mi ricorda quando mamma lo preparava a papà. Vorrei sentire ancora quel profumo.
Ma erano artisti, per loro il caffe era come nettare. ‘Amore, fammi il caffè che devo finire il libro.’ Oppure ‘Tesoro, fammi il caffè devo finire un quadro e una scultura.’. Era divertente starli a guardare bere tutto quel caffè mentre facevano ciò che li faceva sentire liberi.
Scusate, non volevo farvi rattristire –ancora parlo con sti tipi immaginari?- ma dopo la morte di mio padre il caffè non esiste più nella mia vita. Mamma è malata, non vuole berlo. Il cancro le ha fatto venire strane idee, ha rivoluzionato tutta la sua vita. Ora se è messa anche a scrivere in memoria di papà.
“Non ne ho idea! Dovresti scervellarti per trovare una soluzione.” Gli sbotto fredda. Non la passerà liscia, oh no, lo giuro sulla torta dei miei diciotto anni che mi ha fatto vomitare ieri mattina.
“Sei tu l’artista qui, dimmi che devo fare.” Mi dice divertito calcando sulla parola ‘artista’.
“Che stai insinuando con questo?” giuro che se questo mi rifila una di quelle spiegazioni tipo ‘siete voi quelli creativi’ e cazzate varie, lo uccido.
“Che dovresti essere creativa e trovare una soluzione.” Appunto. Giuro che gli strappo quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra con uno schiaffo se non la smette. Sto giurando su troppe cose.
“Farò finta di non aver sentito.” Dico stringendo i denti e la presa sulla macchinetta. Continuo a cercare di asciugarla ma niente da fare.
“Perché? È la verità. Dovevi stare più attenta tu, non io.” Questa volta è più serio.
“Secondo quale strano ragionamento sei arrivato a questa conclusione?” gli dico ironicamente.
“Sei tu che stavi ferma qui in mezzo a scattare foto a sconosciuti. Io stavo camminando normalmente.” Cazzo, oh! Questo lo uccido. Che la security all’entrata del teatro venga a fermarmi, no vi prego ditemi che non sto chiedendo a guardie immaginarie di tenermi a bada.
“Dovevi guardare dove mettevi i piedi, sei tu nel torto.” Gli dico, giuro che manca poco alla scena dell’omicidio e poi posso fare la foto di cui parlavo prima. Oh, ma aspetta. Non posso farla perché mi ha rotto la macchinetta.
“Non parlare di torto o verità, studio legge. Sono sicuramente più colto di te.” Si permette anche di fare l’orgoglioso il ragazzo, eh?
“Ma fammi il piacere, sapere degli articoli a memoria non è essere colti. È solo essere informati. Ed è ben diverso.” Gli sbotto supponente. Cioè, ma ditemi voi. C’è ancora gente che crede che essere colti significa essere intelligenti. La realtà? Essere intelligenti è di gran lunga più facile.
“Bhè allora citamene anche solo uno.” Mi provoca lui.
“Dalla dichiarazione del fanciullo: Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle
frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo.  Ti può bastare o ti devo citare qualche altro articolo che metta l’arte sullo stesso piano della legge?” ora quella che provoca sono io.
Grazie grazie, troppo buoni. Oh! Addirittura le rose. Mi fate commuovere così.
Rimane zitto ovviamente. Un ghigno di soddisfazione mi si stampa in volto.
“No, va bene così.” Mi dice guardando a terra.
“E invece tu sai citarmi qualche fotografo importante, o pittore moderno? Quello che vuoi.” Mi ha distrutto la macchinetta e io gli distruggerò l’autostima.
“No.” Dice guardando a terra.
“Bene, allora spiegami qual è la tua scusa per avermi annacquato macchinetta e foto. Su, signorino Studio legge e per questo sono ‘colto’”. Dico guardandolo. Ma lui scappa dal mio sguardo. Noto che la sua ragazza ora è abbastanza in imbarazzo. Meglio. Ormai lo dovreste saper dopo diciotto anni che io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno.
“D’accordo hai vinto. Quanto vuoi?” sbotta stanco di colpo.
“Non puoi ripagarmi la foto. Ormai è andata a farsi fottere.” Questo è scarso di comprendonio.
“Si, ma potrò pur pagarti la macchinetta?” dice lui, bhè vabbè almeno ci prova a rimediare ai suoi danni.
“Settecento, e sei fortunato che non ti faccio pagare anche la schedina.” Dico stanca. Bhè gente, domani si torna al parco sperando che cupido abbia ancora frecce.
“Ma che gentile.” Pure roteare gli occhi? Mi sembra esagerato. “Tieni.” Mi porge i soldi. No, ma chi è questo per portarsi dietro più di settecento sterline nel portafoglio? Dio, deve essere figlio di qualche signore. Sei intuitiva anche tu però Johanna. È logico. Studia legge, crede che gli artisti siano degli scansafatiche, è supponente, viziato. È tutto più che logico.
“Grazie.” Gli dico ancora stupita per i soldi. Li infilo nella tasca posteriore dei Jeans neri.
“Vuoi veramente tenere settecento sterline in tasca così liberamente?” dice preoccupato. Ma è scemo?
“Se tu non urli al mondo quanti sono magari si.” Gli dico mettendo la macchinetta dentro la borsa. Odio quella borsa, è enorme solo per la macchinetta e non riesco mai a metterci bene gli obbiettivi. “Ma dato che ormai lo hai detto.” Mi tolgo i soldi dalla tasca e li infilo in una interna alla borsa. “Sei più sicuro ora?” gli domano ironica. Lui sbuffa
“Buona giornata.” Dice allontanandosi con la ragazza. Mi volto e cerco di dimenticare che nella mia borsa ora c’è una macchinetta distrutta.
Come può essere che esistano davvero persone così stupide e supponenti?
Aveva ragione il genio che, ovviamente, vi ho citato all’inizio – quello che ora i tecnici mi proietteranno gentilmente sullo schermo alle mie spalle, grazie- viviamo in un epoca dove la gente vuole sentire due parole ispirate, vuole credere che una cravatta sia simbolo di cultura. Ma è solo segno di intelligenza.
Un’intelligenza alquanto stupida a mio dire, perché gli è bastato capire quanto facili siano le persone da abbindolare e approfittarne. Gli basta fare dei discorsi che non portano da nessuna parte mettendoci dentro qualche parola difficile, e automaticamente sono intelligenti.
Quindi torno a dare ragione a quel genio quando disse : ‘La sola persona al mondo che vorrei davvero conoscere sono io. Ma per il momento non ne vedo la possibilità.’ Quindi mi accontento e vado avanti.

ANGOLO AUTRICE
Eccomi con un'altra storia.
Allora, l'ispirazione mi è venuta mentre guardavo la macchinetta fotografica in cerca di ispirazione.
Ditemi che ne pensate, a me non creano problemi le critiche o altro. Anzi, mi fanno molto piacere.
Come avevo detto ogni capitolo è basato su una citazione di Oscar Wilde, non so il motivo, so solo che mi attirava l'idea.
Lasciatemi un vostro parere :) 
Ciao :)


 

 
 

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Capitolo 2
*** Chapter 1 ***


Chapter 1

 
Mi piace sentirmi parlare. È una delle cose che mi divertono di più. Spesso sostengo lunghe conversazioni con me stesso e sono così intelligente che a volte non capisco neanche una parola di quello che dico.
                                                                                                                                                                                                                                      -Oscar Wilde
 
“Mamma, sono tornata!” urlo posando le chiavi sul tavolino sporco di tempera arancione all’entrata.
“Tesoro, quante volte te lo devo ripetere? Ho il cancro ma non sono sorda.” Dice venendomi in contro a braccia aperte.
“Non ci provare neanche, prima ti togli quel grembiule.” Le dico ironica. Mamma scherza sempre su questa cosa. Ma credo che lei ne soffra molto, insomma si è logico che ne soffre. Ma non saprei spiegare come lei riesca a non darlo a vedere. Sembra quasi che sia un tatuaggio venuto male, te lo devi tenere per sempre e sai che è una cosa negativa, ma dopo un po’ te la metti via. Lei lo prende così alla leggera.
“Tanto ora vai in doccia perché stasera devi andare alla mostra.” Dice lei abbracciandomi.
“Si, ma i vestiti avrei voluto tenerli puliti. Sai com’è li ho messi stamattina.” Le dico cercando di liberarmi. Ma ormai sono già tutta sporca, tanto vale abbracciarla. Lei mi spinge di qua e di la facendomi oscillare.
“Mamma così vomito!” le dico ridendo.
“Non lo hai già fatto abbastanza ieri mattina?” mi dice ironica.
“Vuoi rinfacciarmelo a vita?” le chiedo mettendo un finto broncio. D’accordo che ho vomitato tutta la mattina, ma non è colpa mia se quel dolce era fantastico e io ho bevuto solo un pochino. Okay, forse un po’. Lo ammetto un po’ tanto. Oh, d’accordo ho bevuto tanto, troppo. Ma non guardatemi così! Scommetto che anche voi lo avete fatto ai vostri diciotto anni. Mi riferisco a lei signora che mi guarda storto : non è colpa mia se ai suoi tempi non esistevano i superalcolici.
Siete qui per ascoltare la mia storia quindi niente critiche. Fate ripartire il filmato con la mia vita, grazie.
“No tesoro, ma devi ammettere che è stato divertente!” dice ridendo e lasciandomi andare. Io incrocio le braccia sul petto.
“Per te è stato divertente! Io ho ancora male alla gola da quanto ho vomitato.” Le dico togliendomi le borse. “Ah, mamma?” la fermo mentre sta tornando nel suo studio. “Stamattina un cocco di papà mi ha rotto la macchinetta, quindi non ho più la foto. Domani torno al parco, okay?” le dico distrattamente.
La sento urlare e aprire la sacca della macchinetta. “Cosa?” mi chiede sconcertata.
“Non ti preoccupare mi sono fatta dare i soldi. Ci credi che quello girava con più di settecento sterline nel portafoglio?” le dico togliendole la macchinetta dalle mani. “Si può recuperare?” mi chiede sconsolata.
“Non lo so, stasera la porto al professore, e se mi dice che si può aggiustare con i soldi ci compro un nuovo obbiettivo, sennò la ricompro.” Speriamo che si possa aggiustare, mi farebbe comodo un nuovo obbiettivo. I miei sono per la maggior parte di papà.
“D’accordo.” Mi dice tornando nel suo studio. Di solito passa li dentro le giornate. Dice che quando morirà le sue opere diventeranno famose e per questo si impegna a farne il più possibile. Mi piace la sua positività, la mette anche nelle sue storie. Però non ditegli che le ho lette. Tecnicamente dovrei leggerle solo dopo la sua morte ma io sono troppo curiosa.
“Tesoro, portami dell’acqua!” mi urla dallo studio.
Vado in cucina e noto il caos che vi regna. C’è roba ovunque, piatti, bicchieri, pennelli, fogli, vestiti. Devo mettere in ordine. Chi tra il pubblico si offre di aiutarmi? È tipo un gioco per interagire! Nessuno? Questa me la annoto, e mi riferisco di nuovo a lei signora. Scommetto che se fossi stata sua nipote mi avrebbe aiutata.
Riempio un bicchiere d’acqua e glie lo porto. Quando entro noto che sta facendo un ritratto, sono io.
“Da quando ti sei data al fantasy? Non sapevo disegnassi mostri.” Le dico ironica posandole il bicchiere sul tavolino insieme agli altri pieni di acqua colorata.
“Da qualche giorno, sai la loro bruttezza mi ispira.” Dice colorandomi il naso con una pennellata di rosa.
“Questi te li posso portare via?” dico ridendo riferendomi ai bicchieri sporchi con i miei colori. Ce n’è uno verde, per gli occhi. Uno castano chiaro, quasi biondo per i capelli. Uno per la pelle olivastra e uno per il vestito nero che indossavo quel giorno. Sta riproducendo una foto del funerale di papà.
Mi avvicino al tavolo e noto le foto che avevo scattato quel giorno.
“Chi me l’ha scattata quella?” le dico amareggiata.
“Credo tuo cugino, sai che lui si diverte con la tua macchinetta.” Mi dice cercando di sorridere.
“Gli è venuta bene.” Dico cercando di fare altrettanto.
“Fortuna del principiante.” Risponde divertita mentre io recupero i bicchieri.
Questa cucina la pulirò dopo. Ora devo farmi una doccia.
Quando esco indosso un vestito lungo ed elegante. È un arancione chiaro, tipo quello delle arance. Non so se avete presente quando il loro colore tende al giallo. Bhè se non ce l’avete presente correte in cucina ad osservarne una.
È senza spalline e per questo lascio i boccoli biondo scuro cadermi sulle spalle.
Mamma è ancora in studio. Entro con cautela per non inciampare su qualche pennello con i tacchi. Noto che sta rifinendo gli occhi.
“Non sforzarti troppo mamma.” Le dico lasciandole un bacio sulla guancia e allontanandomi prima che possa sporcarmi.
“Per che ora torni?” mi domanda distrattamente, sporgendo leggermente la lingua dalle labbra per concentrarsi meglio.
“Mezzanotte, solito. Mangia qualcosa che sono le otto. E vai a letto che quando torno non ho intenzione di portarti in braccio fino a camera tua.” Non le lascio il tempo di rispondere che già sono fuori casa.
Siamo ad aprile ma ancora fa freddino di sera. Però è bello vedere gli alberi in fiore e i passerotti. Il mio obbiettivo li ama, o almeno li amava.
Charlotte mi sta aspettando con l’auto qui furi.
“Hey, da quanto stai aspettando?” le chiedo montando in macchina.
“Appena arrivata, bel vestito.” Mi dice mettendo in moto. Il suo è azzurro, corto e la stoffa è molto morbida.
“Anche il tuo.” Le dico sorridendo e mettendomi la cintura. Mi sistemo la borsa con la macchinetta sopra le gambe.
“Perché l’hai portata?” fa una smorfia confusa.
“Devo farla vedere a Forrest, un deficiente stamattina me l’ha annacquata con il caffè.” Le dico ricordandomi del tizio. Quella faccia mi sta sempre più antipatica.
“Cosa?” sbotta scandalizzata. Capibile, anche io ho reagito così.
“Si, ma mi ha anche ripagata.” Cerco di tranquillizzarla.
“Perché scusa, questo girava con seicento sterline nel portafoglio?” ride. Ehm… si. “Settecento e passa, Lottie.” Lei sgrana gli occhi.
“Dimmi che gli hai chiesto il numero e domani ci esci insieme!” continua a ridere.
“Si, le nozze sono martedì. Mi fai da damigella?” ma si! Reggiamo uno stupido gioco.
“Oddio si! Credevo che non me lo avresti mai chiesto! Chi vi sposa?” continua lei tutta eccitata.
“La regina, sai noi non volevamo strafare ma lei ci ha obbligati a farla a Buckingham Palace con lei come cerimoniere ufficiale.” Le dico spostandomi una ciocca di capelli, con fare superiore. Ridiamo entrambe.
Arrivate al museo abbiamo l’incontro con gli altri. Ovviamente come due cretine ci perdiamo. Lei sembra isterica gira chiedendo a ogni persona se ha visto il nostro professore e io me la rido tranquilla.
Quando li troviamo, oltre che i rimproveri, abbiamo anche le presentazioni.
“Ragazze, questo è Styles. Il finanziatore della mostra.” Ci dice Forrest non molto gentilmente. Perché? Bhè, semplice. Quel tizio potrebbe finanziare anche il corso, è molto ricco e fa l’avvocato. Sarà sulla quarantina e sicuramente non se ne intende d’arte. Non riesce a reggere un solo discorso al riguardo. Cosa avevo detto prima? Intelligenza non va di pari passo con la cultura. Ovvio, no?
“Buonasera, Charlotte Fox.” Si presenta Lottie cercando di fare buona impressione e io sto già cercando di autoconvincermi a non sembrare scortese. Lui fa un cenno di testa e le stringe la mano.
“Johanna Brown, piacere.” dico sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
“Il piacere è tutto mio.” Risponde lui gentilmente, afferrando la mia mano. Almeno è educato. Spesso le persone come lui sono supponenti. Oh, aspetta mi ricorda qualcuno. Ma qualcuno a caso ovviamente.
“Ragazzi, ora potete girare per la mostra e cercare le vostre foto. Il raduno è qui alle dieci perché Johanna deve tenere il discorso. D’accordo?” Dio mio il discorso! Spero di averlo messo nella borsa. Inizio a frugare nella borsa quando trovo i foglietti. Okay, pericolo scampato. Si tratta di un discorso in rappresentanza del corso. Ovviamente serve a fare buona impressione su questo avvocato e l’hanno affidato a me perché sono quella più brava con le parole. Ho sempre letto molto grazie ai miei genitori e me la cavo bene.
Tutti annuiscono e ci separiamo.
Arrivo al tavolo del banchetto. -hey! Lei signora, la smetta di ridere. Non è colpa mia se ho perennemente fame. Prima o poi la uccido quella vecchietta. Si, mi riferisco sempre a lei.- Sono indecisa tra cosa prendere: del vino o un aperitivo analcolico. Di solito prenderei il vino, ma mi fa tornare in mente me ieri sopra il water che vomitavo anche l’anima. Massi! Chissenefrega, basta che non esagero.
Mi faccio dare dal cameriere un bicchiere di vino bianco e mi sento molto elegante con questo calice in mano. Tipo guardate come fingo di essere femminile e ricca. Poi questo vestito lungo e morbido, i tacchi e la borsetta. Gente mettetevela via che sembro la figlia di Styles.
Mentre cammino e vi racconto la mia storia –si, perché a quanto pare parlare con il pubblico invisibile nella mia testa mi viene naturale, tranne che con lei signora. Si sempre lei. È colpa sua se non la sopporto. Tra poco la trasformo in un gatto. E poi come dice Wilde all’inizio del capitolo, amo parlare con me stessa perché sono fottutamente intelligente e divertente.- noto una foto alla parete. Mi fermo ad osservarla. È perfetta, luce, contrasto, angolazione, messa a fuoco tutto è perfetto. E volete sapere perché è perfetta? Perché raffigura mia madre.
Quella è la mia foto. Non credevo che l’avrebbero appesa in questa sezione. Al centro mostra. Con la mano sfioro la targhetta con sopra il mio nome.
                                                                                             
Johanna Brown, ‘La morte come rinascita’ 23 marzo 2010.
È meraviglioso vedere il mio nome su una targhetta ad una mostra come questa. E spero con tutta me stessa che non sia l’ultima volta che provo questa sensazione. La foto ritrae solo metà volto di mia madre, dal naso in su è coperto dal grande cappello nero che portava quel giorno al funerale di papà. La messa a fuoco è su di lei e si intravedono delle foglie del salice più vicine. Non doveva essere una foto così all’inizio. Io mi ero solo nascosta per riuscire a farle una foto e mi sono ritrovata dietro questo salice. Il risultato è stato questo.
Ora, alla solita signora che parlotta con la vicina: no, io non sono una che crede di essere brava. Io so di essere brava. Ho il talento e la tecnica, ma sono umile. Non vado a sbattere in faccia ai miei compagni che la mia foto è stata appesa nell’atrio principale. Ma non sono di certo modesta. Se qualcuno mi dice che sono brava io accetto il complimento e non dico ‘Ma, no! Cosa dici, mi è venuta male.’ Anzi, se una foto mi è venuta bene ne vado fiera.
Perché odio le persone ipocrite, e ancora di più quelle che lo sono solo per ricevere complimenti.
Continuo a girare per la mostra e nel frattempo mi ripasso mentalmente il discorso scritto sui fogliettini. Non do la minima importanza a quello che mi accade attorno perché devo conoscere quelle parole come me stessa.
Avete presente quando vi dovete descrivere e tutto di fila dite:
Mi chiamo Johanna Brown, ho diciotto anni compiuti due giorni fa. Più precisamente il 12 Aprile. Studio fotografia e spero di diventare una fotografa.
Non sono fidanzata –signora, stia zitta lei che è zitella a sessant’anni- , mia madre è una pittrice ma ultimamente si da alla scrittura. Mio padre è morto il 20 Marzo 2010 in una sparatoria alla stazione ferroviaria. Era uno scrittore. Sono figlia unica. 

Come quando arrivate in una classe nuova e vi chiedono di presentarvi. Solo che io quel discorso non riesco ad impararlo e mi toccherà guardare sui fogliettini tutto il tempo.
Vado a sbattere contro qualcosa o qualcuno. –allora signora, patti chiari e amicizia lunga. Dato che amicizia non ne abbiamo per noi sarà patti chiari e sua vita lunga. Se non la smette di ridere la caccio fuori- Quando alzo lo sguardo noto un ragazzo intendo a pulirsi la camicia bianca dalla macchia di vino rosso.
Prima di scusarmi mi guardo sperando di non essermi macchiata e mi rendo conto che avrei preferito se fosse successo. Perché ora mi ritrovo in mano dei fogliettini che da bianche sono diventati rossi e l’inchiostro è andato a farsi fottere. Giuro che io questo lo uccido.

ANGOLO AUTRICE
uuuuu oggi è in verde *o*
passiamo alle cose più importanti.
Chi ha letto anche altre mie storie dovrebbe sapere che odio le presentazioni.
Non le sopporto davvero e di solito tendo a spearpagliare informazioni lungo i primi capitoli.
Questo è pieno di informazioni quindi spero che vi siate fatte un'idea di Johanna :)
In ogni caso mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Basta poco per rendermi felice.
più di dieci parole e io inizio a saltare per tutta la stanza, se volete faccio un video u.u
Io vi lascio, al prossimo capitolo :D






 
 

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Capitolo 3
*** Chapter 2 ***


 

Chapter 2

 
Tutte le persone affascinanti sono viziate, ecco il segreto del loro fascino.
                                                                                                                                                                                    -Oscar Wilde
 
Vi prego ditemi che non è successo davvero. Ora come lo faccio il discorso io? Non ne ho idea.
“Guarda dove metti i piedi!” urlo gettando all’aria tutta la classe e la femminilità che fino a qualche secondo fa mi dominavano.
“Io? Sei tu quella che se ne stava qui in mezzo ferma!” ribatte lui. Aspetta, io queste parole le ho già sentite.
“Ancora tu!” sbotto infastidita. Si fastidio. È questa la parola giusta da usare.
“Oddio, ma tu lo fai per hobby o cosa?” mi guarda irritato. Irritato? Dovrei esserlo io. Mi ha appena distrutto il discorso.
“Guarda il tuo vino che fine ha fatto!” gli sbatto davanti alla faccia i fogliettini tutti sporchi. E lui li butta a terra senza minimamente considerare l’idea che per me siano importanti.
“Scusa?” stringo i pugni.
“Hai visto la mia camicia? Come lo sistemo io ora questo guaio?” mi guarda come se le sue parole fossero ovvie.
“Puoi andare da un cameriere e chiedergliene una. Ma io non posso chiedere a qualcuno di ridarmi il mio discorso.” Se fossimo in un cartone ora sarei rossa e mi uscirebbero le nuvolette di fumo dalle orecchie.
“Ma secondo te io indosso camice come quelle dei camerieri? Questa costa più di te!” mi prende per il culo?
“Anche il mio discorso vale più di te, e evidentemente allora preferisci startene con una camicia macchiata!” urlo. La gente attorno a noi ci guarda come se fossimo dei cafoni.
“Sicuramente è meglio di una camicia da quattro soldi!” urla lui. Oh, ma questo lo prende in considerazione il mio discorso?
“Ti ripeto che io ho un discorso da fare tra meno di un’ora. Come lo riscrivo ora?” ora lo uccido. Già mi vedo i titoli sui giornali: ‘Giovane fotografa uccide ragazzo viziato per un discorso.’ No, sembrerei io quella dalla parte del torto poi.
“Non me ne importa niente del tuo discorso.” Dice pensando ad asciugare la sua camicia. Che razza di individuo fastidioso è costui?
“Invece te ne dovrebbe importare!” mi chino per raccogliere i fogliettini.
“Se non faccio colpo su quell’avvocato io mi uccido. Ma prima mi uccideranno gli altri.” Dico più a me stessa che a lui.
“Quale avvocato?” Ma, oh? Questo i cazzi suoi no, eh? – signora io non sono volgare. Scommetto che sua nipote dice di peggio-
“Ora te ne importa?” alzo solo la testa mentre ancora cerco di staccare i fogliettini che si sono appiccicati al pavimento bianco della sala.
“Tu dimmi che avvocato.” Continua lui trattenendosi dal tirarmi un calcio probabilmente.
“Che poi cosa ci fai tu qui? Non conosci neanche un fotografo e sei ad una mostra fotografica? La coerenza dov’è finita?” ma spiegatemela questa!
“Dimmi che avvocato.” Si china in modo da essere alla mia altezza e mi ferma le mani così gli do retta.
“Mollami!” sbraito alzandomi. Ma come si permette di toccarmi? “Styles, comunque.” Dico irritata. Almeno ora mi lascerà in pace. Lui ride. Se la ride beatamente. Ha un bel sorriso corniciato da due fossette. –no, signora. Lui non mi piace. Indaghi su quel bel ragazzo che sua nipote si è portata a letto piuttosto. Poi magari mi dia il suo numero.-
“La pianti di ridere?” giuro che ora gli tiro un pugno.
“Credo che non lo convincerai usando questi metodi poco femminili. Da quanto ho sentito è uno molto all’antica.” Qualcuno mi spiega perché continua a ridere?
-Anche lei signora può dirmelo se lo sa. Basta che qualcuno me lo spieghi.-
“Non mi importa, si attacca. È già tanto che mi ero preparata un discorso per lui e tutti i suoi amichetti che giocano a fare i ricchi con la laurea in giurisprudenza.
Di sicuro non divento più fine per lui.” dico prima di andarmene. Ma cosa vuole quel ragazzo? Cioè oltre che distruggermi il sogno ovviamente.
Mi siedo su una panchina di legno infondo alla sala e inizio a riscrivere il discorso su un blocchetto che mi ha dato un cameriere.
Cos’è che dovevo dire? Ah si, prima parlavo dell’arte in generale. Poi l’arte moderna. Poi l’arte della fotografia e poi l’arte per me.
Quando alzo lo sguardo noto quel ragazzo con una maglia bianca al posto della camicia. È leggermente aderente, non come i pantaloni che lo fasciano alla perfezione. Indossa una giacca nera elegante sbottonata. Osservandolo meglio noto dei tatuaggi ma non riesco ad identificarne la forma o il significato.
Sta parlando con delle ragazze e sembra così sfacciato. Una delle ragazze gli sta quasi sbavando addosso, non credo che a lui questo faccia dispiacere. Deve esserci abituato ad avere tutte queste attenzioni. Si capisce anche senza troppe osservazioni che è viziato. Il problema? Come dice il genio citato all’inizio del capitolo: le persone viziate sono fottutamente affascinanti. Per questo invece di ricontrollare il mio discorso passo il tempo ad osservare ogni suo minimo dettaglio. I capelli ricci e scompigliati, le labbra fine, gli occhi verdi le mani grandi che questa volta tengono ben stretto un bicchiere di vino bianco.
Mi arriva un messaggio da Forrest e mi avvio verso il palco dove tra un quarto d’ora dovrò fare il discorso.
“Allora Johanna, dimmi che questo discorso sarà il migliore della tua vita.” Mi supplica con lo sguardo. Io lo guardo incerta. “Cosa significa quello sguardo?” domanda preoccupato.
“Bhè vedi, è una storia lunga. C’è questo ragazzo che stamattina mi ha annacquato la macchinetta con il caffè, e io lo odio. Lui è tipo ‘guardate come sono ricco e viziato.’ E l’ho rincontrato qui alla mostra, e lui mi ha annacquato i fogliettini del discorso con il vino rosso. Ma a lui ovviamente importava solo della sua camicia bianca. Allora abbiamo litigato per un po’. Cioè dimmi tu sti ragazzi d’oggi?” cerco di parlare il più possibile per impedirgli di uccidermi.
“Cosa è successo?” dio, ma è sordo? Lo guardo confusa. “Chi è questo ragazzo?” domanda lui arrotolandosi le maniche del cardigan. “Ehm… quello la infondo. Il riccio.” Gli dico scrutando la stanza fino a trovarlo. Non vedo l’ora di vedere come lo uccide. “Aspetta, che cosa hai combinato Johanna?” si posa una mano sulla faccia. Oh, che ho combinato ora? “Niente, l’ho insultato. Non ti preoccupare so difendermi, ma ora vai li e fagli male.” Dico tutta eccitata. Non c’è bisogno che si preoccupa per me. E poi non è tutto sto fisico il ragazzo, Forrest può abbatterlo con un solo pugno.
“Johanna. Dio mio! Perché le combini tutte tu?” ma che diavolo succede?
“Perché? Che ho fatto ora?” non ditemi che ho fatto l’ennesimo casino.
“Quello è il figlio di Styles! Johanna avresti dovuto provarci con lui, non insultarlo e macchiargli la camicia!” se potesse credo che si scioglierebbe. Ma semplicemente si siede sul bordo del palco con i gomiti sulle gambe e la testa fra le mani.
“Stai scherzando? Ora capisco perché è così viziato.” Provo a ragionare io. “Scusa Forrest, ti giuro che io non volevo metterti nei guai. Se lui creerà problemi mi prenderò le mie responsabilità. E poi ho riscritto il discorso.” Cerco di sembrare convincente.
“Johanna cosa accadrà quando stasera tornando a casa lui dirà a suo padre ‘Sai quella ragazza che ha fatto il discorso? È una vera maleducata mi ha macchiato la camicia di seta.’ E suo padre sarà tipo ‘Stai scherzando? Basta non ho alcuna intenzione di finanziarli.’ E il figlio sarà tipo ‘perfetto, così quella impara a macchiare le camicie altrui’…” io vi risparmio il resto del discorso, perché è molto inquietante il modo con cui lui imita i due personaggi e tiene sbarrati gli occhi. Sembra un pazzo.
Ed è colpa mia. –signora non osi infierire. So di non essere brava ad evitare i guai, ma mi creda che essendo dentro la mia testa potrei fargliene passare un bel po’ anche a lei. O a sua nipote se preferisce. A proposito, glie lo ha chiesto il numero al ragazzo? Bene, dopo me lo passa.- mi siedo affianco a lui e mi metto a ripassare il discorso. È praticamente come l’altro solo più corto, ma i concetti sono sempre quelli.
Ormai lo conosco a memoria grazie al fatto che l’ho riscritto così mi dedico ad osservare l’ambiente. Amo guardarmi intorno e capire cosa accade, come si comportano le persone quando  pensano di non essere osservate.
L’occhio mi cade sempre su quel ragazzo. E noto sempre si più la sua sfacciataggine e quanto è viziato. Il modo con cui tratta male i camerieri e ci prova con le ragazze attorno a lui. Affascinante è riduttivo caro Wilde, bisogna dire che le persone viziate oltre che essere estremamente fastidiose, arroganti, supponenti, sfacciate e irritanti, sono anche particolarmente attraenti. Ti fanno venire voglia di andare da loro a parlargli e a scoprire cosa gli frulla nella testa. Quei modi così liberi, come se potessero fare tutto, sono come una calamita. Si, attraenti è il termine giusto.
I camerieri iniziano a posizionare le sedie davanti al piccolo palco e arrivano anche gli altri. Tutte le persone sono molto eleganti qui dentro. Ma solo poche sembrano educate e gentili.
Il signor Styles sale sul palco e invita i presenti a sedersi.
Mi fa un cenno con la mano e io salgo sul palco, ovviamente credo che vi ricordiate che, a meno che io non abbia un calice in mano, non risulto molto femminile. Ma credo di cavarmela abbastanza bene. Mi circonda la vita con un braccio e mi presenta. “Allora, vorrei ringraziare soprattutto il professor Forrest e la sua classe di fotografia della quarta e quinta del liceo W. Shakespeare per aver contribuito con le loro opere a questa mostra. Una delle foto migliori è stata scattata da Johanna, che è qui affianco a me. Se qualcuno di voi fosse interessato la sua foto è qui nell’atrio principale. Come si chiama?” mi guarda confuso.
Mi schiarisco la voce, sono abbastanza imbarazzata. “La morte come rinascita” sussurro quasi, ma il microfono davanti a noi amplifica anche i miei respiri.
“Perché questo nome?” ma si deve mettere a fare conversazione in questo momento? “E’ stata scattata al funerale di mio padre, e la donna ritratta è mia madre. Lei dopo quel giorno è cambiata, è come rinata. Per questo la morte in quel caso è stata una rinascita.” Cerco di abbreviare il più possibile. Non mi piace parlare di certe cose davanti a gente altezzosa alla quale importano solo le camicie di seta.
“Oh, condoglianze.” cerca discusarsi con lo sguardo.
“E’ un po’ tardi, ma grazie lo stesso.” Cerco di ironizzare con un bel sorriso palesemente falso. Lui sorride e mi lascia al pubblico.
Io cerco di ristabilizzarmi, cioè cerco di dimenticarmi delle cose tristi. Come che a prescindere da come andrà il mio discorso quel ragazzo parlerà male di me a suo padre. Cazzo. Sono quasi alla fine del discorso e praticamente per tutto il tempo ho osservato il ragazzo troppo impegnato a messaggiare per ascoltare me.
“Quindi credo che per me la fotografia sia una delle più difficili forme d’arte del giorno d’oggi. Ma allo stesso tempo è anche facile, insomma basta prendere un solo tasto e la foto è fatta, non è come la pittura per la quale ci vogliono anche settimane. E credetemi che ne so qualcosa, mi madre è una pittrice e quando inizia un nuovo quadro lo perfeziona ogni giorno, anche per mesi.
Ma è espressiva, potete dare lo stesso soggetto a centinaia di fotografi e non due foto saranno uguali. Perché ognuno ha il suo punto di vista, tutti diversi.” Ditemi se questo discorso deve essere coperto da rumore fastidioso dei tasti dell’iphone. Non so se avete tutti presente. –certo, lei signora è troppo vecchia per conoscere queste cose.- ma sto per scendere e tirargli un pugno. Com’è possibile che le persone attorno a lui non lo facciano stare zitto? Si lasciano veramente fermare dalla sua ricchezza? Basta.
“Perché la fotografia… ehm scusa?” dico cercando di attirare la sua attenzione.
“Ragazzo che mi ha annacquato la macchinetta con il caffè?” provo di nuovo. Alza la testa e si punta un dito al petto e con le labbra mima un ‘io?’.
“Si, tu. Mi sono rotta di sentire il rumore dei tasti del tuo cellulare. Se proprio non ti interessa almeno mettilo in silenzioso. Ma sappi che è molto maleducato da parte tua.” Gli dico seccata della situazione. Lui si guarda intorno e io noto Forrest che sta per svenire.
“Comunque per concludere volevo dire che la fotografia è probabilmente una delle forme d’arti più stimolanti di tutti i tempi. Grazie.” Dico sorridendo e scostandomi leggermente dal microfono in attesa dell’avvocato.
“Complimenti signorina. Questo è uno dei migliori discorsi alla quale io abbia mai assistito.” Dice per congedarmi.
Io scendo dal palco e lui saluta il pubblico.
La prima cosa che vedo è Forrest. Rettifico, la prima cosa che vedo sono guai in arrivo.


ANGOLO AUTRICE
Eccomi :)
Allora, che ne pensate della storia?
Intendo... vi interessa, vi piace, la odiate, vorreste stamparla e poi bruciarla, farla mangiare al vostro cane... cosa?
Sono pronta a qualunque opinione anche la più semplice, basta che sia più lunga di dieci parole ;)
Va bene, io vi lascio e ci vediamo al prossimo capitolo ciaoo :)

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Capitolo 4
*** Chapter 3 ***


  

Chapter 3

 
Non si è mai troppo prudenti nella scelta dei propri nemici.            
                                                                                                                                 -Oscar Wilde                                                                                                                                                                                                                                                      
 
Si, sono decisamente guai quelli che mi aspettano sotto il palco.
Vedo i miei compagni di corso lanciarmi frecciatine, sicuramente stanno pensando che loro avrebbero fatto un discorso migliore se avessero avuto la mia occasione. La verità? Non mi importa. Il discorso è piaciuto e quel ragazzo doveva avere una lezione.
“Vi prego ditemi che è un incubo.” Queste sono le parole che Foster ripete da quasi due minuti. Le persone hanno già abbandonato i loro posti e molti se ne sono andati. Rimangono solo i pochi leccapiedi che parlano con Styles. Quell’uomo è molto affascinante nei modi di fare. È molto riservato e misterioso. Ha fascino, bisogna ammettere che la teoria di Wilde non si smentisce mai.
Credo che il figlio se ne sia andato subito dopo la fine del discorso.
“Vi prego ditemi che è un incubo.” Ripete di nuovo Foster.
“Cazzo Foster, piantala! Abbiamo capito che ho combinato un guaio.” Sbotto di colpo e mi ritrovo con gli occhi dei miei compagni e di qualche elegante signora addosso.
“Johanna, qui ci sta in ballo il mio lavoro e il corso! Se non troviamo qualcuno che lo finanzi siamo messi a cartoni animati.” Bhè almeno ha detto qualcosa di diverso. Mi stringo nelle spalle e sento un braccio cingermi la vita. È il signor Styles. Guardo Forrest. Due minuti e sviene, ne sono certa.
“Johanna, brillante discorso quello di poco fa. Mi dispiace se mio figlio ti ha infastidita, ma lui non ama queste cose sull’arte.” Si sta scusando? Wow, allora non è arrogante come il figlio.
“Non si preoccupi, sono io che ho reagito male. Non so controllarmi.” Ammetto. L’ho detto di essere umile. – Alla faccia sua anziana signora che ancora non mi ha dato il numero di quel ragazzo.-
“No, no. Non si deve scusare. Lui è un ragazzo difficile.” Annuisco e lui si rivolge a Forrest.
“Ho intenzione di finanziare il suo corso se tutti gli alunni sono come Johanna. Dobbiamo coltivare i nuovi talenti, no? Ci vediamo nel mio ufficio domani mattina alle dieci.” Gli occhi di Forrest si illuminano. Ora mi deve decisamente un favore.
“Certo, la ringrazio a nome di tutto l’istituto.” Dice Forrest entusiasmato.
“Mi fa piacere, sa quello è l’istituto che ho frequentato anche io. Ma ai miei tempi era un normale liceo, non aveva alcun corso d’arte.” Sembra quasi amareggiato. Infondo abbiamo fatto colpo e gli stiamo simpatici. Cosa posso desiderare di più da questa serata? Ah, si che quel ragazzo venga qui e si scusi. – E che la signora mi dia il numero del tizio che stanotte era con sua nipote. Non sono una che si scorda facilmente le cose, è un avvertimento.-
“Johanna, se vuole venire anche lei potrei fare in modo che mio figlio si scusi di persona, anche perché da quanto ho capito le ha rotto la macchinetta.” Continua confuso il signor Styles.
“No, non si preoccupi. Per la macchinetta mi ha già ripagata stamattina.” Ma che cosa dico? Accetta e fai in modo che ti chieda scusa. No, devo fare la brava ragazza.
“Insisto.” Bhè… in questo caso.
“Accetto.” Dico con un gran sorriso in faccia. Lui annuisce e saluta il professore.
Mentre se ne va noto che suo figlio è appena spuntato dal bagno delle signore… ehm, alquanto imbarazzante. Ha veramente sbagliato bagno? Aspetta, ora tutto ha un senso. Quella ragazza che prima gli sbavava dietro è appena uscita dal bagno e si sta sistemando la scollatura. I suoi capelli non sono più così ordinati ed eleganti come un’ora fa. Cosa mi combinano questi giovani d’oggi? –signora, lo ammetta quella è sua nipote. Cioè complimenti, vedo che le avete insegnato bene con chi deve farsela. Mi sembrano tutte molto affascinanti le sue ‘prede’. No no, rimanga seduta. La mia storia non è ancora finita.- Quel ragazzo è sempre più affascinante e antipatico.
“Johanna cos’è questa cosa della macchinetta?” mi chiede Forrest fuori da museo.
“Il figlio di Styles me l’ha annacquata con il caffè, a proposito puoi vedere se si può sistemare?” ti prego fa che sia un si.
“Fa vedere.” Scusate ma perché questo è scocciato? Cioè è colpa di quel ragazzino viziato se ora la mia macchinetta è inutile. Glie la mostro ma non sembra scandalizzato. È una cosa buona, no?
“Mi aspettavo di peggio da te.” No, non è una cosa buona. “Ha toccato lo schermo e dei circuiti, ma non ti preoccupare. Lasciamela che te la riparo per domani, te la porto da Styles.” Annuisco e glie la lascio.
Bhè, diciamo che questa serata sta andando più che bene.
Quando Charlotte mi ha riaccompagnata a casa, ho subito notato lo studio di mia madre ancora illuminato.
Mi tolgo i tacchi ed entro, ed eccola lì. Per terra con un pennello in una mano ed una foto di papà nell’altra. Mi distrugge vederla così tutte le sere.
La bandana colorata che di solito porta in testa le è scivolata e si intravede la pelle chiara. Ormai la leucemia l’ha resa completamente calva. Mi ricordo quando ancora le facevo le treccine con i pochi che le erano rimasti, ma alla fine mi ritrovavo con le mani piene di capelli.
Mi avvicino e la prendo in braccio. Non mi pesa fisicamente farlo, è molto magra e riesco a portarla senza il minimo sforzo. Ma dentro fa male. Fa male perché è mia madre e dovrebbe essere lei a portarmi a letto quando mi addormento. Lei a farmi le raccomandazioni. Lei a prepararmi il pranzo e darmi le medicine quando sono malata.
Invece passa tutto il tempo qui dentro. Io la sto perdendo e le lascio passare il tempo a fare ciò che più ama, quando tutto quello che vorrei è che rimanesse con me. La poso sul letto e le rimbocco le coperte. Le tolgo il fazzoletto e lo poso sul suo comodino, le bacio leggermente la fronte e le accarezzo la testa.
Non merita di andarsene a quarantadue anni. Non lo merita. C’è gente che alla sue età è felice, è nel bel mezzo della sua vita. Come il signor Styles, lui sta vivendo i suoi anni. Perché mia madre non può farlo?
Ho paura, so cosa succederà quando morirà. Rimarrò qui a vivere con il suo profumo che mi ricorderà ogni giorno di lei. Piangerò giorno e notte. Smetterò di vivere. Fino a quando non capirò che bisogna andare avanti. E farò come con papà, farò finta di niente e la butterò sul ridere ogni volta che qualcuno mi farà le condoglianze per non far vedere quanto soffro.
È così che funziona.
La mattina mi sveglio di cattivo umore. È sabato e io dovrei dormire fino a tardi, invece devo andare dal signor Styles. – So che a voi la cosa entusiasma perché potrò ridicolizzare suo figlio, ma sinceramente io avevo voglia di dormire. Quindi signora la pianti di lamentarsi per i miei sbalzi d’umore, è il mio umore e lo governo come piace a me. E se non mi da il numero di quel figo giuro che mi arrabbio e molto anche.-
Mi vesto e lascio un foglietto a mamma con scritto che torno per pranzo.
Quando arrivo davanti all’edificio dell’indirizzo scopro che è una villa. E che villa! –si signora, credo che sua nipote abbia capito tutto dalla vita.- suono e a rispondermi è un signore che mi dice di entrare.
Avete presente i film dove c’è il riconoscimento vocale, dell’impronta digitale, della retina oculare e tutte quelle altre cazzate li? Bhè ci siamo vicini.
Quando entro il maggiordomo mi fa accomodare,–potrebbe provarci, sa signora? Così magari avrà una nipote che la chiami nonna e non zia. È carino e niente fede.- noto subito che la casa ha un arredamento classico dell’ottocento e che ci sono almeno due domestiche intente a pulire. Anche i soffitti sono molto alti e c’è una scala che porta al secondo piano. C’è una balconata tutto intorno al secondo piano che da sulla sala principale dove sono io ora. Vi immaginate vivere qui? Sono così impegnata dal sognare me con una vestaglia che vivo qui che non mi accorgo che c’è qualcuno che mi osserva.
“Che ci fai tu qui?” domandano dalla balconata del secondo piano. Volto la testa per capire dove sia la persona che ha parlato. Wow –signora chiuda gli occhi, questi non sono spettacoli per i deboli di cuore. E lei alla sua dolce età probabilmente sverrebbe.-, e quando dico ‘wow’ io intendo ‘accipicchia mamma s’è impegnata quella volta’.  La visione che mi si propone davanti è un ragazzo –si, il solito ragazzo. Ma infondo è casa sua, dovevo aspettarmi di trovarlo.- con solo i boxer addosso, che ora sta scendendo le scale. Cerco di respirare.
“Sono qui per te.” Dico cercando di non guardare oltre il suo mento.
“Oh, sei qui per chiedermi scusa?” dice divertito. Ed ecco che l’incantesimo svanisce. Un maggiordomo gli porta una vestaglia, lui si alza e allarga le braccia. L’espressione del maggiordomo è molto seccata, ma comunque gliela infila e gli fa addirittura l’asola in vita.
“Veramente sei tu che devi chiedermi scusa.” Non risulto molto gentile nel dirlo. In realtà non lo sono per niente. È così viziato che fa venir voglia di vomitare.
“Cosa?” spalanca gli occhi. Sono verdi, davvero belli.
“Tuo padre ha detto che dovevo venire qui così ti saresti scusato.” Non faccio ora a finire la frase che lui corre per le scale fino al piano superiore e inizia a chiamare suo padre.
Quello che segue non è molto gentile o appropriato, e io non ho il fegato di riportare certe parole. Quindi lascio che sia la vostra immaginazione a vagare.
-no, signora lei si concentri sull’immaginare cosa le farò se non mi da il numero di quel ragazzo.- Il signor Styles mi fa cenno con la mano di salire e io lo raggiungo.
“Harry, chiedile scusa. Subito.” Dice severo verso il figlio. Perfetto anche il nome è affascinante.
“Non ci penso neanche.” Incrocia le braccia sul petto e guarda altrove. Cosa pretende? Che sia io a scusarmi? Oh, no di certo.
“Harold Edward Styles, se non le chiedi scusa non puoi uscire di casa per una settimana.” Valgo così poco? Una settimana in questo paradiso e per giunta senza via d’uscita? Vi prego mettetemi in punizione. –signora, lo dica anche lei che sono maleducata e merito una punizione.- Mi rendo conto che anche il suo nome per intero è estremamente attraente e affascinante.
“No, tu me la pagherai cara.” Sbotta camminando pesantemente verso camera sua. Probabilmente si riferiva a me. Perfetto un nuovo nemico.
Non credo di essere stata prudente nella scelta come dice Wild. Insomma l’ho scelto viziato, ricco e sicuramente in un alto grado della società a giudicare da suo padre. E inoltre sembra ostinato ad avere quello che vuole.
Scusa Oscar, avrei dovuto ascoltarti. Ma ormai si sa che ho un talento naturale per quanto riguarda il cacciarmi nei guai. E questo guaio sarà più grosso degli altri. Ma spero davvero che non metta nei guai Forrest, gli ho sempre creato problemi. Fin dalla seconda quando durante la mia prima lezione ruppi un obbiettivo, o quando mi rifiutai di fotografare una donna nuda, per non parlare di quando mi è toccato farlo con un uomo nudo. Già, non sono mai stata una studentessa modello.
-comunque signora con lei discutiamo nel fine primo tempo, dobbiamo farle conquistare quel maggiordomo e deve darmi il numero di quel bel ragazzo che si è divertito con sua nipote.-
“Scusa, lui è sempre così. Quando si arrabbia è difficile da trattare.” Dice amareggiato il signor Styles. Oh no. Mi sono scelta proprio il nemico sbagliato.

 


ANGOLO AUTRICE
Heylà!
Ecco il nuovo capitolo, come sempre scusate per i ritardi.
Comunque mi farebbe piacere se lasciaste un recensione, mi rendereste molto felice :)
e inoltre vorrei salutare shjne (sto che stai leggendo) perchè lei mi saluta sempre nei suoi spazi e perchè è fantastigliosa.
io vi lascio, al prossimo capitolo :)

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Capitolo 5
*** Chapter 4 ***


 

Chapter 4

Se si ama veramente una donna, tutte le altre appaiono insignificanti.
                                                                                                                                                                -Oscar Wilde
 
Forrest e il signor Styles discutono del più e del meno da quasi mezz’ora. Siamo nel suo studio e l’unica cosa a cui riesco a prestare attenzione è la musica che viene da qualche stanza più in la. Il signor Styles dice che suo figlio fa sempre così.
“Johanna?” ritorno sulla terra. Non ho capito chi dei due sia stato a chiamarmi.
“Si? Scusate ero distratta.” Oddio, pure qua figuracce.
“Domani è l’anniversario di matrimonio mio e di mia moglie, e daremo una grande festa. Forrest mi ha detto che sei molto brava in queste occasioni, e la tua foto lo dimostra. Che ne dici di farci da fotografa ufficiale?” aspetta, cosa mi sono persa? Cioè io mi distraggo due minuti e questi fanno decollare la mia carriera?
“Ne è sicuro? Insomma è un’occasione importante per lei.” Tentenno. Se poi le foto non mi vengono bene? Sapete che casini verrebbero fuori. Sarei spacciata.
“La pagherò ovviamente.” Cerca di convincermi lui. Devo smetterla di spillare soldi a gente che di cognome fa Styles.
“Non saprei…” davvero ho troppa paura. Non riuscirei e poi tutta quella gente elegante e io li in mezzo con una macchinetta fotografica con un espressione da mongola che cerca di vedere nell’obbiettivo. Significa che non potrei neanche  tenere in mano il mio vino bianco.
“Se si tratta di Harry, non ti preoccupare lui non ci sarà. E poi abbiamo davvero bisogno di una fotografa, il nostro è appena diventato padre e sai com’è…” mi sta praticamente supplicando.
“D’accordo.” Cerco di sembrare convinta. Lui sorride.
“Perfetto, domani alle otto alla Palace.” Dice alzandosi in piedi e tendendomi una mano. Io lo imito impacciatamente facendo cadere la sedia. Capita a tutti, no?
Bhè no. Perché la sedia è caduta sul mobiletto in cristallo con sopra la foto di lui e suo figlio mentre giocano a golf , e ovviamente quest’ultima è caduta a terra frantumandosi. –signora la smetta di ridere, giuro che la uccido io a sta tipa.-
Forrest si posa una mano sulla fronte e il signor Styles se la ride mentre io tutta frenetica cerco di raccogliere i pezzi.
“Lascia stare dopo sistemeranno le domestiche.” Mi dice ancora ridendo il signor Styles. Ma si può sapere perché ride?
“No, no davvero. Mi scusi.” Continuo a raccogliere pezzi. Cazzo, una scheggia di vetro. Il dito inizia a sanguinare e io gli sporco addirittura il pavimento di sangue. Mi alzo cercando di smettere di sporcare in giro ma vado addosso ad un vaso. Dio, anche quello si rompe. Johanna, stop. Bloccati e respira.
La porta si spalanca ed entrano il figlio di Styles e una domestica. Ovviamente la porta mi sbatte addosso e io cado a terra dolorante al ginocchio. Oddio ma cosa sta succedendo?
“Johanna, tutto bene?” chiede il signor Styles, intravedo il figlio alle sue spalle che ride.
“Faccia un po’ lei.” Dico ironicamente massaggiandomi il ginocchio.
“Ha talento nello sbattere contro le cose.” Ma come si permette di prendermi per il culo ora che sono dolorante sul pavimento di casa sua? Cioè no, ma questo proprio non ha un cuore.
Il signor Styles mi tende un braccio, il ginocchio non fa più tanto male ma si sa mai e mi aggrappo.
“Venga con me signorina. Le mettiamo del ghiaccio.” La domestica si intromette cordialmente guardando il pavimento. “Signor Styles ora le mando Rosa che pulisce il pavimento, non si preoccupi.” Il signor Styles annuisce e il figlio si volta di botto per vedere cos’è successo.
“Perché hai rotto una mia foto?” perché deve essere scontroso?
“Perché odio il golf. Secondo te c’è un perché?” gli chiedo ironica guardandolo male. Ma scherziamo? Ci sono delle gocce del mio sangue sotto i suoi piedi e lui si preoccupa della sua foto?
“Dovevi stare attenta.” Questo lo uccido. Manca poco. Ho già le schegge pronte a terra per un omicidio con i fiocchi.
“Vaffanculo. Starò attenta quando prima di dirmi su parole mi chiederai perché stai pestando il mio sangue.” Dico stringendo i denti.
“Johanna!” urla Forrest. “Ma lo senti come mi tratta?” gli rispondo io puntando un dito verso Harold Edward Styles.
“Non importa. Devi portare rispetto.” Si alza e viene verso di me.
“Solo quando lo farà anche lui.” ora il mio sguardo e sul suo. È compiaciuto nel vedere che quella che è finita nei guai sono io.
“Lo vedi come si diverte? Non è giusto!” sbotto di colpo.
“Harry, chiedi scusa. Ha ragione.” Dice suo padre. Almeno uno!
“Non ci penso neanche.” Che creatività, ma conosce parole diverse?
“Vedi che anche se studi legge conosci solo quelle quattro parole?” lo provoco io. No Johanna,  chiedi scusa. Potrebbe saltarti il lavoro.
“Ritira subito quello che hai detto.” Le parole escono quasi impercettibile tra i suoi denti stretti.
“No.” Incrocio le braccia al petto.
“D’accordo noi ora ce ne andiamo.” Dice Forrest spingendomi fuori dalla stanza.
“La aspetto domani sera.” Mi dice il signor Styles quando già sono giù dalle scale. Noto che il figlio ha un espressione confusa e subito inizia a parlottare con il padre.
Andrà a finire male già me lo sento.
“Cosa ti è saltato in mente? Sai quanto potente è questa famiglia e quanta gente importante ci sarà domani sera?” Forrest mi prende per un braccio e mi blocca fori da casa Styles.
“Ma hai visto come mi tratta quello? E poi suo padre è dalla mia parte.” Gli rispondo distrattamente.
“Non mi importa. Devi comportarti bene con queste persone. Intesi?”
“Ma..” non mi lascia neanche finire che mi fulmina con lo sguardo. “Okay.” Mi arrendo.
Quando torno a casa mi accorgo che mamma ha finito il ritratto ed è in entrata. È bellissimo, sembra quasi una foto. Certo io non sono poi tutto sto gran che, soprattutto quel giorno che non mi reggevo in piedi dal dolore.
“Hey, dove eri finita?” ha sentito i miei passi. Mi avvio nello studio.
“Ero dal signor Styles. Mi ha offerto un lavoro per domani sera.” Le dico prendendo di nuovo i bicchieri sporchi che lascia sempre in giro. Ne avrà una decina là dentro.
“Che tipo di lavoro?” continua a dipingere.
“Sono la fotografa ufficiale della sua festa per l’anniversario di matrimonio.” Sono ancora troppo eccitata per realizzare cosa davvero significa. Tutta quella gente ricca e io.
“Ma è grandioso!” urla correndomi in contro. Ti prego non di nuovo. Mi scanso prima che lei possa abbracciarmi. O meglio, prima che lei possa sporcarmi tutta.
Lei mette il broncio e poi torna a dipingere. È come una bambina.
Le giornate passano in fretta e Forrest mi ha già riportato la macchinetta aggiustata e un nuovo obbiettivo. Avendo anche dei soldi avanzati ho pensato che forse fosse meglio andare a comprare un vestito elegante per la serata.
Quindi dopo due ora di shopping al quanto stancante, forse perché non ci sono abituata, sono tornata a casa con un vestito azzurro cielo lungo e morbido. Il busto è più rigido e ha  come delle pietre lungo la scollatura di tanti colori.
Quando l’ho fatto vedere a mia madre lei è scoppiata a piangere urlando che stavo crescendo troppo in fretta. Se avessi potuto le avrei fatto un video, quella è la mamma che voglio ricordare per sempre.
“Mangi?” chiede lei quando entro in cucina già pronta per andare.
“Credo che mangerò li.” Le rispondo distrattamente mentre sistemo la borsa con dentro tutto il necessario per sembrare una fotografa decente.
“D’accordo allora ti devo dire un paio di cose.” Dice avvicinandosi. Da quando mi fa i discorsetti? “Primo: quello è un mondo diverso da quello a cui sei abituata. Li la gente è pronta a tutto per i soldi, quindi non ti fidare di nessuno.” Oddio, è la prima volta che mi fa delle raccomandazioni da quando è morto papà. Sorrido.
“Secondo: lo so che i ragazzi li sono affascinanti ma devi resistere perché ti farebbero solo soffrire. Sono abituati a pagare le ragazze per una notte, e tu vali di gran lunga di più di quelle ragazze. Okay?” sono confusa. Le sue mani sono sulle mie guance.
“Perché mi dici questo?” non sono di certo innocente ma non capisco perché me lo dice ora.
“Tesoro, anche io alla tua età avevo iniziato a frequentare quella gente. E ho sofferto molto” stringe la presa sulle mie guance.
“Ma io non li sto frequentando, è solo un favore che faccio al signor Styles che si è ritrovato senza fotografo. Mamma saranno tutti vecchietti, neanche il tipo che mi ha rotto la macchinetta viene. Tranquillizzati.” Rido. Lei molla la presa.
“Oddio, per fortuna. Mi hai fatto venire un colpo.” Questa è mia madre. “Non sarei stata capace di passare a discorsi un po’ più… ecco… da grandi.” È imbarazzata.
“Non ce n’è bisogno mamma, ho diciotto anni.” Prendo la borsa e metto la giacca.
“Appunto hai diciott’anni, sei ancora una bambina. Giusto?” vuole sentirselo dire?
“Certo mamma, sono ancora la stessa di otto anni fa che non vuole vedere suo cugino in costume e che prova ribrezzo verso l’altro sesso.” Dico ridendo.
“Stai scherzando? Tesoro quando è successo tutto ciò?” mi guarda scandalizzata.
“Tra la prima mestruazione e la morte di papà. Mamma sono cresciuta.” Si avvicina. “E poi ora mio cugino ha una tartaruga da paura!” cerco di buttarla sul ridere, ma lei ha gli occhi lucidi.
“Non conosco mia figlia.” Parla con se stessa. “Me ne sarei andata senza sapere quando mia figlia ha perso la verginità. Non conosco mia figlia.” Che qualcuno la fermi. “Me ne sto andando e non ti conosco.” Dice accarezzandomi la guancia.
“Mamma non dire così. Sono cose che nessuna madre sa.” Mi posa anche l’altra mano sulla guancia. Una lacrima le cade sul volto e io la osservo.
“Non è vero. Non hai neanche avuto bisogno di un discorsetto. Hai fatto tutto da sola.” Continua a guardarmi negli occhi.
“Tecnicamente ti ho fatto un favore. Non riuscivi a farmelo venti minuti fa, prova a pensare come sarebbe stato tre anni fa.” Sorride.
“Aspetta, avevi quindici anni?” spalanca la bocca e io mi stringo nelle spalle. “Signorina cosa ti passava per la mente?” non la lascio finire che le lascio un bacio sulla guancia e corro fuori. Sono già in ritardo.
Quando arrivo al Palace rimango a bocca aperta. Il ristorante è stato prenotato per quella cena e tutto brilla. Si lo so che dire che tutto brilla non è proprio meraviglioso, ma non potere capire, i lucernari di diamanti, i gioielli delle signore, -niente a che fare con lei signora- i flash dei giornalisti e i fari delle grandi auto scure che fermano qui davanti.
È tutto meraviglioso. Quando arrivo all’entrata mi chiedono nome e cognome, capite? Sono su una lista. Mi sento importante.
E BOOM! Appena metto piede dentro la sala inciampo su un ragazzo intento ad allacciarsi la scarpa lucida. Oddio, no. È lui, ma non doveva starsene a casa?
“Dillo che mi ami.” Dice alzandosi. Come ha fatto a capire che sono io? Cioè ha capito che sono io? Rimango a bocca aperta. È in smoking e la cosa che noto per prima è il papillon attorno al collo. È fottutamente affascinante.
“Cosa?” chiedo.
“Mi vieni sempre addosso, dillo che non puoi fare a meno di me.” Dice sorridendo. È la prima volta che lo vedo sorridere e potrei sciogliermi, se non fosse per il fatto che mi ha appena presa per il culo.
“Oh, certo. Hai ragione ti amo alla follia, soprattutto dopo soli due giorni che ti conosco.” Ironia grazie per esserci sempre. –non come lei signora che sfotte tutto il tempo una povera diciottenne in preda agli ormoni. A proposito, quel numero?-
“Ora capisco molte cose.” Dice avvicinandosi. Hey ragazzo? Guarda che era una battuta.
“Stavo scherzando.” Dico allontanandomi, ma le sue mani sono sui miei fianchi. Sento il suo calore attraverso il vestito leggero.
“Ma sei attratta da me.” Sussurra avvicinando anche i nostri busti. Mi tolgo dalla sua presa. Ma che tipo di problemi ha questo? –signora, mi sa che mi ha scambiata per sua nipote.-
“Non ci pensare neanche, sei soltanto un ragazzino viziato.” Dico sistemandomi il vestito.
“Ragazzino? Sono più grande di te.” Se la ride tranquillo.
“Addio.” Gli dico voltandomi.
“Tanto ricadrai fra le mie braccia.” Lo sento a mala pena, ormai mi sono allontanata. Ma decido di rigirarmi per capire se dice sul serio, in base alla sua espressione. Quello che vedo è lui avvinghiato ad una ragazza intento a infilarle la lingua in gola. È la stessa di quella mattina al parco. Ma aspetta, lui la stessa sera è andato con la nipote della strega cattiva dell’est fra il pubblico –mi scusi ma questa era bellissima. Security si sta alzando! Aiuto, sicurezza?-, e ci ha appena provato con me. Oddio, magari lei è la sua scopamica fissa. Che ne so io?
Ma sicuramente non è la sua ragazza, sennò non ci proverebbe con  altre ragazze. Vabbè.
Mi rigiro e incontro il signor Styles.
“Johanna! Sono felice che tu sia arrivata. Vieni, ti presento mia moglie.” I suoi occhi mentre pronuncia quelle parole si illuminano. Mi prende per mano e mi porta davanti a questa signora davvero bella. Indossa un abito nero lungo e non troppo attillato. È davvero bella. Ma suo marito la fa sembrare ancora più bella, appena arriviamo le mette un braccio attorno alla vita e le bacia la guancia.
“Anne, lei è Johanna.” Lei sorride e mi porge la mano.
“Piacere. Mi hanno parlato molto di te.” Le stringo la mano.
“Oddio, spero che le abbiano parlato bene. Il piacere è tutto mio.” Rido. E anche lei ride. Ha lo stesso sorriso del figlio. Perché i suoi genitori sembrano così educati e gentili, mentre lui no?
Mi congedano per salutare gli invitati e con grande gioia noto che lui non le toglie gli occhi di dosso. Ma non tipo ‘voglio spogliarti ora.’ Più che altro ‘ti amo come la prima volta’ o ‘sei bellissima’. Lui la guarda come se fosse l’unica donna qui dentro, come se fosse l’acqua in mezzo a tanta sabbia. Guardarli è fantastico e probabilmente li chiederò di posare per la foto romantica. Quelli sono gli sguardi che cerco. Perché come dice Wilde all’inizio del capitolo, quando ami qualcuno lui diventa l’unico per i tuoi occhi.


 

Look at me.

E' enooorme *O*
Mi scuso per il ritardo ma sono sempre piena di impegni,
ma appena posso aggiorno sempre, perchè voi valete (?)
Ma quanto sono tenerelli i genitori di Harry?
sono davvero dolciosi a mio parere, certo li ho inventati io uu
Poi sia Harold che Johanna hanno due bei caratterini,
ce ne saranno di casini fra quei due.

Poi, abbiamo una specie di momento toccante con la madre,
che io adoro, penso che ce ne saranno altri anche perchè sono molto unite.
Ora chiedo gentilmente a tutte le lettrici che sono arrivate fino a qui di lasciarmi una RECENSIONE.
per il semplice fatto che è un modo per farmi capire che apprezzate (o anche no)
quello che faccio.
Oggi ho scritto un sacco nel mio spazio *O* (non è adorabile questa faccetta?) io vi saluto
soprattutto shjne, so che stai leggendo ò_ò
perchè c'è sempre e perchè voglio spronarla a scrivere qualcosa di nuovo uu.
spero che questo basti per farti capire quanto ci tengo.
Dio mio, smetto di scrivere o lo spazio diventa più lungo del testo, e poi nessuno lo legge.
ciaoo :)


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Capitolo 6
*** Chapter 5 ***


 

Chapter 5

 
La maggior parte della gente è altra gente. Le loro idee opinioni altrui, la loro vita un’imitazione, le loro passioni una citazione.
                                                                                                                                                                                                                  -Oscar Wilde
 
 Durante tutta la serata ho scattato foto, non c’è una sola signora che venga male. Sono tutte così portate, e sembra siano sempre pronte per essere immortalate. Come se non aspettassero altro.
I discorsi qui sono molto superficiali, più che altro non hanno un punto d’inizio e uno di fine. Sono tutti piantati in aria. Avrò anche diciott’anni ma so parlare molto meglio di molta gente che c’è qui anche senza una laurea.
Li osservo e sono sempre più strani. L’occhio però mi cade su Harold Edward Styles che fino all’ultimo è deciso a tradire la sua ‘fidanzata’ –ancora non so se stanno insieme. Se la risposta fosse si, io credo fermamente che lei signora dovrebbe fare un discorsetto a sua nipote.- e che ci prova con tutte le ragazze in sala.
In generale la percentuale femminile in questa sala è nettamente inferiore a quella maschile, ci sono molti scapoli. Tutti affascinanti e viziati, ovviamente.
E quella femminile si divide in donne mature –diciamo così per non offendere la signora che ha sbagliato teatro stasera.- cioè oltre i cinquanta e esagerando, una decina di ragazze sotto i venticinque. Molte sono qui solo per far fare bella figura a qualche signore, come dire… sono troie. Al massimo quattro o cinque –se contiamo anche me- sono qui per ragioni più caste, per semplici questioni formali.
Comunque stavo dicendo che Harold Edward Styles ci prova spudoratamente con le poche ragazze presenti anche davanti alla sua ‘fidanzata’. Dovrei odiarlo per questo, pensare che è uno stupido ragazzino… invece non fa altro che attrarmi di più. La sua sfacciataggine è qualcosa di inspiegabile. Sembra che con uno schiocco di dita possa farti cadere fra le sue coperte senza faticare troppo.
“Ciao.” Oddio, ora che faccio? Qualcuno alle mie spalle mi batte gentilmente sulla spalla per cercare di attirare la mia attenzione. Abbasso la macchinetta e la lascio cadere attorno al collo. È una ragazza, ma non una qualunque. Lei è quella ragazza. La sua ragazza.
“Ciao.” Rispondo disinvolta e sorridente.
“Io sono Megan, pensavo che ti facesse piacere fare una chiacchierata.” Ha un bel sorriso. Le noto gli orecchini di perle, devono essere costati una fortuna.
“Io Johanna, mi piacerebbe ma devo fare queste foto.” Si, posso dire di essere amareggiata. Forse perché mi sembra simpatica e non riesco a capire come possa stare con quel ragazzo, o perché avrei davvero voluto sapere di più su di lui.
“Oh, allora scusa. Se ti va di parlare ti basta cercarmi, di solito sono affianco ad Harry e so che vi conoscete.” Lascia in sospeso il discorso. Io annuisco. “Quindi non ti sarà difficile trovarmi, sai com’è.” Dice prima di andarsene.
No, io non so com’è. E voglio saperlo. Ho scattato più di mille foto in tre ore. Il mio dito ha decisamente bisogno di una pausa.
Le rincorro a passo veloce. “Hey, Megan!” lei si volta. “Credo di potermi prendere una pausa.”  Lei si ferma e mi aspetta. Insieme ci dirigiamo nella saletta dove ci sono anche altre tre ragazze e mi siedo su uno dei divanetti.
Loro mi salutano e si presentano. Sharon, Jessica e Victoria. Così si chiamano. Sono tutte molto belle ed eleganti, ma sono più rilassate di qua rispetto a quando erano di la sotto l’attenta osservazione del mio obbiettivo.
Credo che abbiano in comune una sola cosa, oltre la classe sociale, Harold Edward Styles. Si, a quanto pare sono tutte sue ex. Per questo sono qui, perché dopo la rottura le famiglie hanno mantenuto i rapporti e sono tutte obbligate a riprovarci con lui. Praticamente tutti i padri di queste ragazze vogliono che loro siano fidanzate con il figlio di Styles, perché è molto ricco. Però nessuna di loro lo vuole, nessuna di loro lo sopporta. Ora capisco perché sembra che lui possa avere tutto, non è grazie al suo fascino. Sono le persone che sono obbligate a stargli vicine per chi lui è.
Un po’ mi fa pena, insomma credo che lo sappia questo, non ha amici veri, tutto quel potere è solo una minaccia.
Faccio vedere alle ragazze alcune delle foto che ho scattato stasera, soprattutto quelle ritraenti loro. Ne avranno una ventina a testa. Cioè, ne avevano una ventina a testa, ora ne hanno si e no cinque perché secondo loro in alcune non erano venute bene.
“Da quanto fai questo lavoro?” mi chiede Victoria.
“In realtà da stasera.” Loro ridono. “Sul serio, il fotografo è diventato padre e il signor Styles lo ha chiesto a me.”
“Che fortuna! Bhè hai talento.” Distrattamente Jessica si aggiunge al discorso ancora troppo attenta a trovare la sua foto perfetta.
“Grazie.” Quasi lo sussurro. Mi mette in soggezione essere qui fra loro, sono così… diverse.
“E come conosci il signor Styles? Scommetto che è grazie a Harry.” Dice sempre Victoria.
“Non credo, l’altra mattina al parco lui le ha rovesciato il caffè sulla macchinetta.” Ride Morgan. Io sorrido a malapena. “Scusa, non volevo essere scortese. È solo che la tua faccia era molto buffa.” Annuisco. “Lo sapete che lo ha spento?” oddio, cosa sono sti termini? Credevo che avrebbe detto : zittito, messo a tacere, ammutolito. Ma non spento.
“Mi prendi per il culo?” dice Victoria. Oddio, addirittura la volgarità.
“No no, e addirittura in ambito legislativo.” Ecco, già meglio.
“Quanto avrei voluto esserci.” Jessica è tornata fra noi.
“Io vi avevo invitate.” Continua Megan.
“Quel fottuto dentista.” Santi numi. Io sto qui con la bocca aperta e gli occhi spalancati a vedere queste quattro ragazze con collane di perle e abiti lunghi dire parolacce. Ma dove sono finita? –signora, mi sa che non è l’unica ad aver sbagliato teatro.-
Ad un certo punto qualcuno bussa alla porta e in tempo record si sistemano e tornano ad essere quello che ci si aspetta che loro siano. Ha ragione Wilde quando dice che le persone sono altre persone. Queste ragazze non hanno una vita loro, sono semplicemente alcune delle tante ragazze ricche, solo un’imitazione di quello che ci si aspetta. Anche la gente li fuori che fa discorsi assurdi, quelle non sono loro idee, sono opinioni di altra gente. E fanno tutto questo solo per stare nella società, costringono le loro figlie ad amare qualcuno per essere certi di esservi dentro. È orrendo.
Quando la porta alle mie spalle si apre loro si rilassano di colpo.
“Harry, avverti che sei tu. Così evitiamo di agitarci.” Dice Megan fredda.
“Scusa. Che fate qui? Victoria, tuo padre ti cerca.” Lei balza in piedi e si sistema la gonna.
“Johanna, prima o poi ci rincontriamo, e magari mi fai vedere qualche altra tua foto.” Annuisco e lei va verso la porta. Harold Edward Styles la ferma per i fianchi e lei sbuffa. Si avvicina e lo bacia. Un bacio abbastanza lungo, ma niente più di un bacio a stampo. Gli fa una smorfia ed esce. Ehm… non sono certa di aver capito questa cosa.
“Allora, di che parlavate?” chiede sedendosi fra le due ragazze.
“Niente che ti riguardi.” Sembrano molto seccate.
“Invece scommetto che parlavate proprio di me.” È compiaciuto, sa che è così. Mi guarda. “Tu non dovresti essere di là a fare foto?” oddio le foto. Scatto in piedi e prendo la macchinetta dalle mani di Jessica. “Scusa. Torno appena riesco.” Dico uscendo.
“Johanna, eccoti!” è Anne. Sorrido. Ti prego fa che non voglia sgridarmi.
“Si, mi scusi ma Megan mi ha fatto conoscere le altre ragazze.” Spero che la accetti come scusa.
“Non ti preoccupare, ho notato che hai fatto foto tutta la sera.” Mi ha guardata? Tutta la sera? Oddio.
“Si, qui è tutto così diverso.” Sono in soggezione, non so perché ma questa gente mi mette l’ansia.
“In ogni caso volevo dirti che puoi anche fermarti, la gente se ne sta andando e non ce n’è più bisogno.” È così cortese. Non come il figlio che si bacia le ex davanti alla propria fidanzata.
“A cosa pensi?” e ora che le dico?
“Lei e suo marito vi amate molto, si vede che c’è ancora amore fra voi.” Può andare. Un sorriso le spunta in volto. È andata.
“Grazie. Sai noi pensiamo che per una buona relazione biso…” qualcuno le batte sulla spalla. È il figlio. Cioè, ma non vede che stiamo parlando?
“Mamma, stanno facendo gli ultimi lenti e non abbiamo ancora ballato.” Sembra… gentile. No aspetta, sembra un gran leccaculo.
“Oh, Harry. Certo, ora arrivo. Lasciami finire di parlare con Johanna.” Lui mi guarda male. Ma male tipo hai intenzione di rubarmi la madre?
“Non si preoccupi.” Le dico gentilmente.
“Sapete, io credo che andrò a cercare tuo padre. Perché non ballate insieme?” ora svengo. “Sempre se a Megan va bene.” No, a Megan non va bene.
“Credo che non le crei problemi.” Dice Harold Edward Styles con un sorriso compiaciuto. Sua madre se ne va e lui mi porge la mano. La afferro e lui posa l’altra sul mio fianco, io sul suo collo. “L’avevo detto che saresti ritornata fra le mie braccia.” Mi sussurra avvicinandosi. Ormai i nostri busti combaciano.
Posa entrambe le mani attorno ai miei fianchi e io le poso sulle sue spalle, in modo da mantenere le distanze.
Ha uno sguardo intenso e profondo. Io mi blocco per rimanere ad osservarlo, perché è davvero bello, dai ricci alla mandibola pronunciata. Dalle fossette alle gambe fine. Credo che  anche se non fosse stato ricco non avrebbe avuto problemi con le ragazze. –e sua nipote se lo sarebbe fatto lo stesso, giusto signora?-
“A cosa pensi?” è così che interrompe il silenzio. Il nostro ballo è accompagnato da pianoforte e violini, ma in assoluto lo strumento che più si sente è il violoncello.
“Niente.” Rispondo imbarazzata . Non capisco neanche perché sono ancora qui. Potrei benissimo andarmene e piantarlo qui come uno stoccafisso, invece rimango fra le sue braccia.
“A quanto io sia affascinante?” ed ecco che interrompe la magia.
“A quanto tu sia maleducato.” Rispondo fredda. Ma come può essere che dentro a un corpo così perfetto ci sia un’anima così rude e antipatica?
“Andiamo, nessuna ragazza può resistermi.” È proprio convinto.
“E’ diverso, loro devono comportarsi così, io no.” Lui rimane confuso.
“Perché?” intanto la presa sui miei fianchi è più stretta. Sento la pelle bruciare sotto il suo tocco.
“Perché io non ho alcun dovere aristocratico da rispettare. Io posso trattarti come una persona normale. Il che significa che se non mi piaci mi comporto male con te.” Lui sorride compiaciuto.
“Ma io ti piaccio. Mi hai osservato per tutta la sera.” Perché deve fare quello supponente?
“Non è vero.” Bhè in realtà si, ma era a puro scopo lavorativo. Lui è il figlio dei festeggiati, dovevo avere delle foto di lui.
“Prima Jessica stava guardando le foto ed erano tutte mie.” Beccata.
“Credevo che ai tuoi genitori avrebbe fatto piacere avere tue foto.”
“Si, certo.” Da quando è anche ironico?
“Pensala come vuoi. Tanto domani già mi sarò dimenticata di te.” Brava Johanna, fai quella irraggiungibile e misteriosa.
“Sempre se non ti svegli nel mio letto.” Ora è malizioso. Wow questo ragazzo ha un sacco di identità.
“Ti piacerebbe?” Posiziono meglio le braccia attorno al suo collo. Ma si, illudiamolo un po’.
“Da morire.” Okay, è decisamente sexy quando fa lo sfacciato. Qualcuno batte sulla sua spalla. È Megan.
“Mio padre vuole che ballo con te. Dice che non si fida di Johanna.” Sembra stanca di ripetere questa cosa.
“Vieni qui.” Dice lui quasi come fosse un ordine staccandosi da me. Si baciano. No, baciano è riduttivo. Si aspirano la bocca a vicenda.
“Com’è la sua faccia ora?” domanda lui come se le stesse dicendo che la ama.
“Compiaciuta. Può andare.” Anche lei sembra che stia dicendo al cosa più dolce del mondo.
“Digli che è una mia lontana parente o che è per lavoro.” Lei lo bacia un’ultima volta e se ne va.
“Wow, ci siete abituati?” dico confusa. Lui mi fa tornare fra le sue braccia.
“Dobbiamo far credere che siamo fidanzati.” Risponde come fosse nulla.
“Quindi voi vi comportate sempre così in pubblico?” annuisce. “Frustrante” sussurro a me stessa. Lui si avvicina all’orecchio. “E’ frustrante anche resistermi.” Brividi. Brividi. E ancora brividi.


 

Look at me.

Brividi, brividi e ancora brividi....
mi piace la fine di questo capitolo, ma non chiedetemi il perchè.
bene, iniziamo a conoscere meglio il signorino Styles...
che altro dire?

vi sarei enormemente grata (?) se mi lasciaste una recensione.
fanno sempre piacere e a vuoi non costa nulla, più di dieci parole e un sorriso si crea sulla mia faccia.
comunque mi scuso per i continui ritardi uu
vi nvito a leggere anche altre mie storie se vi va :D
al prossimo capitolo :)

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Capitolo 7
*** Chapter 6 ***


 

Chapter 6

 
Essere immaturi significa essere perfetti.
                                                                                                                                          -Oscar Wilde
 
 
“E’ frustrante anche resistermi.” Brividi. Brividi. E ancora brividi.
Si, lo è. Mi stringe di più a se. Sento il suo respiro sul collo.
“Guarda che così si accorgono che ci stai provando.” Dico sfacciatamente.
“E se fosse?” chiede. Che senso ha?
“E se fosse tu finiresti nei guai con Megan.” Mi sembra ovvio.
“Per così poco?” mi lascia un bacio sul collo.
“Ma se tra poco mi sbatti al muro.” Sono divertita. È così sfacciato da essere ridicolo.
“Proviamo?” dice abbassando le mani. No, non ho intenzione di cacciarmi in altri guai. C’è tutta questa gente elegante che beve champagne e io che mi faccio palpare il sedere. No. Mi allontano da lui.
“Te l’ho detto che se non mi piaci posso comportarmi male.” Mi giro e vado verso suo padre.
“Signor Styles!” lui si gira e mi accoglie con un gran sorriso.
“Johanna, dimmi pure.” La camicia è leggermente sbottonata e sulla giacca c’è una macchia di glassa.
“Avete già mangiato la torta?” sono scandalizzata. Appena mi rendo conto delle mie parole mi blocco subito. “Mi scusi, io non volevo è che amo le torte.” E certo, tanto poi vomiti tutto il giorno con tua madre che ti tiene su i capelli. Lui ride. “Volevo chiederle se avete ancora bisogno di me. Sennò io andrei.” Lui fa una faccia delusa.
“Oh, speravo che saresti rimasta ancora un po’. Sai, adesso che la gente più noiosa se ne va di solito diventa più interessante. Soprattutto per una ragazza come te.” Dice come se fosse un segreto.
“Una ragazza come me?” che tipo di ragazza sono io?
“Si, intendo così intelligente. E inoltre c’è ancora un po’ di torta.” Sono tentata. Davvero, quella torta è li che mi chiama a se. –signora, scommetto che la sente anche lei.-
“Mi farebbe molto piacere, ma è l’una e io devo davvero andare.” Dico guardando la torta. Scusa piccola, ma ci dobbiamo separare. Già mi manchi.
“Lo sa che se voglio posso essere molto convincente? Un solo ballo.” Bhè vabbè, sprecherei più tempo continuando a parlare. La sala si svuota in fretta, in dieci minuti gli invitati sono diventati una trentina. Mi accompagna al centro della sala e prende la mia mano, con l’altra mi cinge il fianco.
“Allora Johanna, parlami un po’ di te.” Perché il padre deve essere così gentile e il figlio deve chiederti se vuoi essere sbattuta al muro?
“Bhè… non so che dire.” Sono in imbarazzo. E decisamente troppo distratta dalla torta alle sue spalle. Ma lui sembra deciso ad avere una conversazione.
“Cosa vuoi fare nella vita?” chiede lui.
“La fotografa. Decisamente la fotografa.” Sono convinta. Se continua a farmi domande forse arriveremo ad un punto.
“E sei fidanzata?” cosa?
“No, in realtà sto aspettando il vero amore.” Ma che emerita cazzata ho detto? Johanna concentrati per favore. “Cioè, no. Per il momento sono libera.” Cerco di rimediare.
“No, è carino che una ragazza della tua età voglia serietà.” Mi fa sembrare vecchia così. –tipo la signora che mi odia in mezzo al pubblico.-“Non che sia sbagliato. Solo che alla tua età è bello che i ragazzi siano immaturi e che si divertano.” Amareggiata. Così mi sento dopo le sue parole. Mi ha appena detto che sto sprecando i miei anni? Che dovrei fare? Passare il tempo a scopare amorevolmente con sconosciuti e poi dimenticarmi di loro? Come suo figlio?
“Perché?” mi viene naturale chiederglielo.
“Bhè perché tra qualche anno troverai lo stesso l’amore della tua vita. E finche aspetti nessuno ti impedisce di vivere e divertirti.” Si, ha ragione. Ma non ho voglia di trovarmi come tutte le altre ragazze a mangiare gelato e piangere guardando le soap-opera dopo una rottura. Soprattutto se calcoliamo il fatto che tra un po’ non avrò più una madre pronta a consolarmi.
“Mi sta dicendo che devo soffrire nell’attesa del vero amore?” sono confusa.
“Ti sto dicendo che devi correre il rischio, sei bella, giovane e hai carattere. Chissà quanti ragazzi ti vorrebbero.” Uno a caso potrebbe essere suo figlio.
“Non lo so, sono scontrosa a volte con le persone. E non sono educata e gentile come queste ragazze.” Dico abbassando lo sguardo.
“Quali ragazze? Quelle che si stanno preparando per andare in discoteca e non tornare fino a domani mattina?” risponde divertito. Mi guardo intorno e noto che tutte e quattro le ragazze di prima sono all’entrata che salutano i genitori.
“Johanna, essere immaturi significa essere perfetti.” Lo guardo stupita.
“Oscar Wilde.” Sussurro. Lui annuisce. Bhè se lo dice il grande capo. “Grazie, domani pomeriggio le porto le foto.” Dico lasciandoli un bacio sulla guancia e correndo verso le altre.
“Megan!” la chiamo.
“Hey Johanna, noi stiamo andando a ballare. Vieni?” mi domanda sorridente.
“Certo.” Prendo la mia roba e le raggiungo. Quando arriviamo alla macchina loro salgono nel bagagliaio e si cambiano.
“Ragazze, io non avrei il cambio.” Perché tutte a Johanna Brown devono capitare.
Mi ritrovo in faccia un pezzo di stoffa nero. Pezzo di stoffa perché credo mi arrivi a metà sedere se sono fortunata. Mi aggiungo alle altre e mi cambio. Come avevo previsto il vestito è davvero molto corto. Dove sono finite le ragazze eleganti di prima?
“Dov’è Harry?” Victoria esce dalla macchina. Oddio, non anche lui.
“Sono qui.” Sta correndo verso di noi. Indossa un paio di  jeans scuri e una maglia bianca.
“Sei più lento di noi.” Ride Jessica.
“Scusa se lo smoking va piegato sennò va a puttane.” Torna a fare l’ironico.
“Anche il mio vestito di seta va a puttane se non lo sistemo ma ho fatto prima di te.” Gli risponde Victoria.
“Vabbè, pronte?” dice scrutandole. Quando il suo sguardo si posa su di me. “E tu che ci fai qui?” domanda divertito. “Ti sei accorta che non puoi fare a meno di me?” dice avvicinandosi.
“Papà, è tua cugina.” Tossisce Megan.
“Dillo che ti sono mancato e che sono il cugino migliore del mondo.” Mi mette un braccio attorno alle spalle. “Oh, salve signor Collins. Le posso presentare mia cugina Johanna?” fa il finto sorpreso.
“Piacere, io sono il padre della sua fidanzata.” Calca l’ultima parola e mi stringe la mano.
“Si, Megan è davvero meravigliosa. Harry al telefono mi parla sempre di lei.” Lui sembra addolcirsi.
“Spero vi divertiate. Tesoro mi raccomando.” Lei annuisce e lui se ne va.
“Cazzo, ma come fate a vivere così?” dico riprendendo il fiato. Loro ridono.
“Ci siamo abituati.” Sembra quasi ovvio.
Arrivati al locale c’è una fila lunghissima nonostante sia l’una e mezza. Insomma so che questo è uno dei locali più esclusivi di Londra ma non ho voglia di fare la fila. Come non detto. Harold Edward Styles si avvicina al buttafuori e capisco che è sulla lista con un numero illimitato di invitati. Questo è culo gente. –signora ha capito? Se vuole c’è posto anche per sua nipote.-
Ve l’avevo detto che ho qualche problemino con l’ alcol? Bhè  è per questo che di solito mi ritrovo a vomitare di prima mattina.
Nel giro di mezz’ora sono messa già abbastanza male. Anche Megan lo è, scopro con mio grande piacere che Jessica è astemia e che quindi ci riporterà a casa sani e salvi e che Sharon non è in vena. Ma il piacere svanisce quando Harold Edward Styles si avvicina a me mentre sono seduta al bancone.
“Hey!” il volume della musica è molto alto e decido di usarla come scusa per non aver sentito le sue parole. Ma posa una mano sulla mia gamba scoperta e io non sono ancora abbastanza ubriaca per far finta di niente.
“Che stai facendo?” devo urlare per farmi sentire. Lui non risponde. Mi prende per mano e mi porta in pista. Sto per tirargli uno schiaffo ma poi penso alle parole di suo padre e penso che infondo si riferisse a questo, devo lasciarmi andare. Sento le sue mani su tutto il mio corpo e non lo fermo. Le sue labbra sfiorano ogni centimetro di pelle tra il mio collo e la scollatura. Il suo respiro caldo mi avvolge mentre mi sussurra parole che non capisco. Le sue gambe sono fra le mie. Non un centimetro d’aria ci divide.
Le nostre labbra non si sono sfiorate, credo che voglia solo divertirsi. Ma infondo va bene così. Mette le sue mani sulle mie cosce e fa pressione facendomi capire che vuole prendermi in braccio. Allaccio le gambe intorno al suo bacino e sento la sua erezione premermi contro il ventre. Mi sorregge tenendo le mani sul mio sedere e sento un improvviso bisogno delle sue labbra, so che sarebbe fare il suo stesso gioco e non è molto maturo, ma stasera ho una missione. Ed è non deludere suo padre. E sicuramente farmi vedere in giro per casa sua domani mattina mezza nuda a smaltire la sbornia dovrebbe farmi passare il test.
Lo bacio. Al primo impatto lui si tira indietro. Io rimango… delusa. Lo guardo e cerco di usare la poca lucidità che mi è rimasta per capire perché lo abbia fatto.
Lui scuote la testa ridendo e torna sulle mei labbra. Sono calde e morbide.
Mi appoggia addosso al muro e continua a baciarmi con foga e voglia. Intreccio le mani ai suoi capelli e spingo di più le mie labbra contro le sue. C’è un gioco indecifrabile fra le nostre lingue. Il suo alito sa da alcol ma non mi pesa, anche il mio deve avere lo stesso sapore. Improvvisamente si stacca e non sono abbastanza lucida per capire cosa accade, sento di nuovo il pavimento sotto i miei piedi e una mano salda alla mia che mi porta fuori da tutto quel casino. L’ultima cosa che vedo è Harold Edward Styles, o meglio la sua schiena. Devo essergli in braccio. Poi il nulla.
Vengo svegliata dal profumo di caffè. Mamma sta facendo il caffè? Per quale ragione? Quando apro gli occhi mi ritrovo davanti un petto nudo. Sobbalzo.
Che ho fatto? Che ha fatto lui?
“Svegliati!” gli lascio schiaffi sulla spalla ma niente. Provo a tirargli i capelli. Chiudergli il naso. Nada de nada.
“Non dirmi che sei così prevedibile.” Sussurro a me stessa. Mi metto a cavalcioni su di lui e lo bacio mordendogli il labbro inferiore. Inizia a dare segni di vita ma niente di serio. Inizio a strusciare le nostre intimità. Ma dimmi te, guarda cosa si è costretti a fare il giorno d’oggi. Lo sento gemere. Giuro che se questo invece di svegliarsi inizia a farsi filmini nel sonno lo uccido. Sento la sua erezione premere contro la mia coscia. Cazzo, così viene voglia anche a me. Gli bacio il collo e gli mordo il lobo dell’orecchio. Sussulta e rigira la situazione con un sorriso malizioso. Aspetta –signora l’ha visto anche lei? Lui stava dormendo!- cosa?
“Ma tu non stavi dormendo?” approfittatore.
“Stavi per approfittartene?” no no, è lui l’approfittatore.
“Stavo cercando di svegliarti. Ora levati e spiegami cosa ci faccio qui mezza nuda per giunta.” È abbastanza difficile dirgli di andarsene, adesso come mai –da sobria almeno- ho voglia di andarci a letto.
“Risolviamo un problema alla volta.” Mi bacia leggermente le labbra. “Prima pensiamo a quello nei miei boxer.” Mi bacia il collo. “Poi pensiamo al perché sei qui.” Scende e mi bacia il ventre. “E poi credo che dopo il primo punto spiegarti perché sei mezza nuda sia inutile.” Mi bacia l’interno coscia. Okay, sa come farmi morire. Ma, no. Ora sono sobria e riesco a controllarmi. Johanna perché lo stai baciando? Johanna controllati. Johanna perché gli stai togliendo i boxer? Controllati. Johanna perché stai gemendo? Cazzo, dovevi controllarti prima però.
La porta si spalanca con due sue dita dentro di me.
“Harry!” è Anne. Perfetto ora mi posso sognare la buona impressione.
“Mamma! Esci!” urla lui.
“Esci tu da lei!” oddio questa me la devo segnare. -signora, ha fatto ridere anche lei, lo ammetta.- lui toglie le dita dalla mia intimità e rimane sopra di me.
“Amore vieni a vedere che fa tuo figlio!” urla lei esasperata. Mi prende per il culo? Devono farla ora la riunione di famiglia?
“Oh, complimenti figliolo. Johanna vedo che hai seguito il mio consiglio.” È imbarazzato, bhè almeno qualcuno che mi fa compagnia.
“Ehm.. scusate io non volevo creare problemi. Ora me ne vado.” Dio mio, che situazione imbarazzante. Speriamo solo che Forrest non lo venga a sapere.
“No!” urlano tutti e tre. Cosa?
“Tu ora rimani qui, abbiamo qualcosa in sospeso.” Dice Harry accarezzandomi il ventre. Ma li vede o no i suoi genitori?
“Tesoro non è colpa tua, puoi rimanere.” Dice Anne.
“Non posso dirti di farlo e poi diti di andartene.” Dice il signor Styles.
Okay, ora ho le giustificazioni di tutti ma di certo non lo farò con loro fuori dalla porta.
“Non importa io devo tornare a casa. Mia madre sarà in pensiero.” Cerco di giustificarmi. Harold Edward Styles si stende di lato e i suoi genitori escono dalla camera. “Cazzo.” dico alzandomi e prendendo la mia roba peccato che non ci sia.
“Dov’è la mia roba?” chiedo puntandogli un dito al petto.
“Te lo detto che bisogna prima risolvere il problema nei miei boxer.” C’è malizia nelle sue parole. È un ricatto?
“Non hai più i boxer.” Dico incazzata. Lui mi prende per i fianchi e mi fa stendere sotto di lui. Inizia a baciarmi con più dolcezza. Mi ritoglie le mutandine che mi ero appena rimessa e lentamente entra in me.
“Fermami se ti faccio male.” Devo scoparmelo ventiquattro ore su ventiquattro per sentire la gentilezza nella sua voce? Annuisco e lui continua.
“Johanna?” preferivo il mio nome durante l’orgasmo ma va bene lo stesso.
“Si?” se continua a rompere lo uccido.
“Ammettilo è stato il sesso più strano che tu abbia mai fatto.” Ridiamo entrambi.


 

Give me a moment.



A mio dire è un capitolo... molto ehm, strano.
Quando scrivo questa storia mi sento pazza, perchè parlo da sola, come se Johanna me la stesse raccontando.
dopo essermi sputtanata in questo modo... vorrei chiedervi una recensione.
so che leggete, e la storia è fra le seguite di molti, quindi non credo che vi costi molto scrivere più di dieci parole...
insomma ad esempio : ciao (1) la (2) tua (3) storia (4) mi piace/ fa schifo (5-6) a mai più/al prossimo capitolo (7-8-9) ciao (10)
cioè si, lo so che sono pazza perchè addirittura vi do la traccia, ma se la storia non piace io smetto di scriverla...
non ha senso continuare se a nessuno piace. spero ci rivediamo al prossimo capitolo :) ciaoo

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


  
Chapter 7

Un’idea che non sia pericolosa non è degna nemmeno di essere chiamata idea.                                                                                                                                       
                                                                                                                        -Oscar Wilde
 
“La mia roba!” improvvisamente mi ricordo. Lui scuote la testa. Che significa?
“Dov’è la mia roba?” mi metto sopra di lui e gli punto un dito al petto.
“Non ti scaldare troppo. Hai il tuo vestito giù in sala, Victoria lo ha lasciato qui e si è ripresa quello che indossavi ieri sera.” Okay, ho il vestito.
“Tutta la mia roba?” si sa mai.
“Tutto giù in sala. Ora al meno che tu non abbia voglia di un altro round scendi da me.” Risponde divertito. Annuisco e mi ristendo di lato.
“Come si fa con i tuoi genitori?” sono terrorizzata all’idea di doverli rincontrare.
“Niente, non è la prima volta. Cioè si è la prima volta che mi beccano nel mentre, ma di solito nel prima o nel dopo se ne accorgono sempre.” Perché sto ragazzo prende tutto alla leggera?
“Perché entrano ogni volta?” questa gente è sempre più strana.
“Non l’ho mai capito.” Si siede sul letto e mi guarda. Ma non è uno sguardo malizioso o altro. È tipo lo sguardo del figlio finche aspetta che il padre si svegli per giocare.
“Perché mi guardi così?” è inquietante.
“Sei carina.” Dopo averlo detto si tappa la bocca e fa una faccia confusa.
“Scusa?” domando divertita. Non è da Harold Edward Styles.
“Non lo so. Ignora tutto. Vieni andiamo a fare colazione.” Si alza e si sistema i capelli.
“Ehm… come scendo io? In intimo?” sono preoccupata.
“Bhè fosse per me anche nuda andrebbe bene.” Dice avvicinandosi a gattoni.
“Ma a me no.” Sono seria. Non ho intenzione di fare altri giochetti con quel ragazzino viziato.
“Tieni.” Dice togliendosi la maglietta bianca. La infilo e ha il suo profumo, potrei perdermici da quando grande è. Mi arriva sotto il sedere e diciamo che per scendere può andare. Tanto qui sono abituati a mettergli la vestaglia, no?
“Grazie.” Sorrido e mi prende per mano. È una fortuna che ci sia lui sennò mi sarei già persa tre volte. È piena di porte e corridoi. È la casa più grande che abbia mai visto.
Arrivati in cucina una domestica mi chiede cosa voglio da mangiare, è come essere in un ristorante. L’odore di caffè mi travolge. È ovunque. Il signor Styles entra con una grande tazza di caffè in mano e il giornale. Si siede e si mette a leggerlo.
“Allora, com’è andata ieri sera?” Domanda curioso più a me che a suo figlio.
“Non ricordo nulla, ero ubriaca.” Mi giustifico lanciando la palla ad Harold Edward Styles.
“Le solite cose Megan, Jessica e Victoria sono tornate a casa insieme, invece Sharon si è fatta accompagnare da un vecchio amico.” Improvvisamente mi ricordo che lui e Megan tecnicamente stanno insieme. Di impatto sputo il thè addosso al signor Styles, annegandogli il giornale e la faccia.
“Oddio, mi scusi!” stanno ridendo entrambi. “Perché ridete?”
“Niente, di solito è mamma che sputa la roba quando è sotto shock.” Dice il più giovane divertito.
“Cos’è che ti ha scandalizzata?” chiede il più grande altrettanto divertito.
“Ehm… Tu e Megan non…?” cerco di farmi capire solo da Harold Edward Styles ma scoppia di nuovo a ridere con suo papà. “Se non la piantate vi uccido entrambi!” sbotto di colpo.
“Scusa, non volevamo.” Dice il padre.
“Papà sa di Megan. È mamma quella che non sa niente, per questo prima ha reagito così male.” Cerca di riprendere fiato.
“Quindi ora mi crede tipo una senza morale?” ti prego fa che non sia così.
“In pratica.” Metto la testa fra le mani. Sento qualcuno accarezzarmi i capelli.
“Non ti preoccupare, lo crede anche di tutte le altre. Non ce l’avrà con te in particolare.” Cosa?
“Questo dovrebbe rassicurarmi? Mi hai appena detto che sono una delle tante che ti sei scopato e che tua madre mi odia!” dico guardandolo.
“Scusa credevo che ecco… non ci fosse niente fra noi.” Cerca di giustificarsi.
“Si, non ti preoccupare non potrei mai stare con un ragazzino viziato e supponente.” Dico distrattamente cercando di calmarmi.
“Cosa?” oddio, che non riiniziamo.
“Te l’ho detto che se non mi piaci sono libera di trattarti male. Io non ho alcun dovere verso mio padre se non cambiargli i fiori una volta alla settimana.”
Abbassa lo sguardo. “Scusa, non volevo dirlo.” Dico amareggiata.
“No, è la verità. Non ti preoccupare.” Si alza e esce. Guardo suo padre.
“Non volevo.” Lui scuote la testa.
“Tranquilla, lui lo sa.” Mi alzo e lo seguo.
Vicino all’entrata sento delle urla. Dei saluti. Devono essere arrivate delle persone. Oddio, ma i miei vestiti sono in sala. Forza, immaturità significa perfezione. Quando arrivo davanti alla porta un solo ragazzo mi nota. Ce ne sono due.
“Harry… chi è quella?” a queste parole tutti si girano e Harold Edward Styles mi guarda amareggiato ma poi cambia subito espressione.
“Johanna, ma non sperateci. È mia.” Mi mette un braccio attorno alla vita facendomi salire la maglia. La sua maglia.
“Si, a proposito io vado. Dove hai detto che è la mia roba?” lo guardo distaccata.
“In sala.” Cerca di baciarmi ma sfuggo dalla sua presa e lo guardo con rimprovero. Agli altri scappa una risatina. Siamo nemici dopotutto.
Mi sposto in sala e vedo la mia roba sopra il divano. Mi avvicino e sistemo il vestito. È alquanto stupido metterlo ora ma sempre meglio di questa maglia con il suo profumo.
Mi tolgo la maglia e mi ero dimenticata di essere senza reggiseno. –senta signora, al vestito non serviva quindi ho optato per non metterlo.- Quindi faccio in fretta e mi vesto. Quando sono pronta torno in cucina per salutare il signor Styles.
“Arrivederci.” Sorrido, c’è anche la moglie. Che mi guarda più con un espressione da ‘a mai più’.
“Ci vediamo oggi Johanna?” certo, le foto. Mi toccherà ritornare qui.
“Facciamo così, casa mia dista un bel po’, posso usare il computer e gliele lascio direttamente?” Anne on sembra molto convinta.
“Certo, di a Harry di prestarti il suo.” Annuisco e cerco di ricordarmi dove fosse camera sua. Alla fine ci arrivo grazie agli urli che quando busso si interrompono.
“Avanti!” urla Harold Edward Styles, io apro la porta e guardo sconcertata la scena. La camera che ho lasciato poco fa era ordinata, ora invece e sparpagliata di cibo e i vestiti dei ragazzi che si sono messi in boxer. Alla mia vista sui loro volti spunta un sorrisetto. Sono abbastanza in imbarazzo. –sa signora, uno di loro mi pare che sia quello che è andato a letto con sua nipote!-
“Tuo padre dice che posso usare il tuo computer per le foto.” Dico facendo un passo avanti e posandogli la maglia sopra la sedia.
“Certo, puoi usare quello se non ti disturbiamo.” Perché è gentile?
“Perché hai anche altri computer di tua proprietà in questa casa?” è divertente.
“Certo, ne ho tre portatili e due fissi.” Rimango a bocca aperta. Nel vero senso della parola.
“Ma dove l’hai trovata questa?” domanda uno di loro.
“Hey! Che vorresti insinuare con questo?” mi avvicino al tizio e gli punto un dito sul petto nudo.
“Harry…” chiede preoccupato. Io sorrido guardando Harold Edward Styles.
“Non credevo che avessi amici così fifoni.” Lui si stringe nelle spalle. “Ripeto: che vorresti insinuare?” mi avvicino di più.
“Niente.” Cerca di sembrare tranquillo.
“Ti conviene. Quindi posso usare questo?” dico indicando il computer sopra la scrivania. Lui annuisce. Mi sistemo la roba sopra la scrivania e inizio a fare il mio dovere. Sembrano abbastanza condizionati da me. E io mi sento osservata.
“Guardate che  se volete potete continuare a urlare come prima.” Dico guardando ancora il computer. Li sento bisbigliare e poi riiniziano a parlare del più e del meno. Aspetta, iniziano a parlare di ragazze e altre cose che sempre per la vostra incolumità preferisco non citarvi. Ad un certo punto sento il respiro di qualcuno sul collo. Mi giro di colpo e vado a sbattere con la testa addosso a Harold Edward Styles.
“Cazzo!” mi metto una mano sulla fronte massaggiandomi. “Si può sapere cosa ti passa per la testa?” dio mio che male.
“Impara a girarti in maniera più cauta!” lui fa lo stesso.
“Lo studente di legge vuole un’altra lezione?” gli domando ostile.
“No grazie. Piuttosto mi dici perché è da venti minuti che giri per mie foto?” gli torna il sorriso sul volto.
“Perché sono quelle che ti ho scattato ieri sera. Sei proprio intuitivo, eh?” una smorfia si dipinge sul mio volto e torno alle mie foto. Che poi ora ci sono le foto dei vecchietti.
“E perché sono tutte mie?” oddio, ora inizia a rompere.
“Cosa vuoi sentirti dire? Così la facciamo finita e posso lavorare.” Dalle sue spalle si solleva un sospiro d’ammirazione.
“Che mi stavi mangiando con gli occhi.” Divertente, l’unica cosa che stavo mangiando con gli occhi era la torta.
“Il mio obbiettivo ti divorava. Sei fotogenico.” Mi stringo nelle spalle.
“Mi hai pedinato tutta la serata, sapresti dirmi anche quante tartine ho mangiato. Non è così?” okay, non sono nata per fare la spia.
“Dovevo fotografare tutti e tu eri in continuo movimento, è per questo che ti ritrovavo sempre. Ma non ti fare strane idee.” Mi rigiro sperando che se la sia bevuta.
“Certo, tu non ti innamori dei ragazzini viziati e sfacciati.” Sbuffa e si va a risedere. Ma che tipo di problemi ha?
“Scusa se non ti sbavo dietro, o nessuno mi obbliga a farlo.” Non l’avrò detto veramente? Non di nuovo. Mi giro e lo vedo che mi fissa. Non lo capisco, mi provoca e poi ci rimane male. “Scusa, davvero. È che mi viene normale quando le persone mi provocano.” Lo guardo amareggiata.
“Cosa vuoi saperne tu?” non ho detto di saperne qualcosa, mi sono scusata.
“Niente, ma tu non puoi provocarmi e pensare che io rimanga zitta.” Mi sto scocciando.
“E tu non puoi offendere le persone e poi scusarti come se niente fosse.” Non volevo litigare lì, davanti ai suoi amici. Mi alzo e lo prendo per mano portandolo fuori dalla stanza.
“Si può sapere che tipo di problemi hai?” dice togliendosi dalla mia presa.
“Io? Sei tu che hai sbalzi d’umore come se avessi il ciclo!” gli sbotto contro.
“Se tu non mi insultassi sarei più gentile!” ma è cretino o cosa?
“Io ti insulto perché mi provochi.” Lo uccido, stavolta è la volta buona.
“Tu non mi conosci, non sai niente di me.”
“E tu neanche!” ma che senso ha questo discorso?
“Sei intrattabile, pretendi di avere sempre ragione.”
“Io ho sempre ragione.”
“Non è vero!”
“Solo perché sei sempre stato abituato ad averla vinta su qualunque cosa non significa che tu abbia sempre ragione. Hai sbagliato persona.”
“Io non ho sbagliato persona!”
“Che significa?” oh, ma cosa stiamo dicendo? –signora lei ci capisce qualcosa?-
“Che sei tu ad aver sbagliato.”
“Oddio, non di nuovo. Basta, sistemo quelle foto e me ne vado da qui.” Urlo per poi rientrare in camera. Che razza di ragazzino viziato, deve sempre avere ragione. È un’ipocrita. Sistemo le foto e spengo il computer.
“Addio.” Dico prima di sbattermi dietro la porta. E pensare che ci sono anche andata a letto, ma a cosa pensavo? Che potesse esserci un Harold Edward Styles più gentile e trattabile? Con un cuore e che prova rispetto verso le persone?
Quando esco da casa Styles mi rendo conto che ho lasciato la macchina al Palace. Mi toccherà anche rientrare la dentro ora.
“Signor Styles?” domando entrando nel suo studio.
“Si Johanna?” mi sa che l’ho interrotto.
“Ieri sera ho lasciato la macchina al Palace e volevo sapere se qualcuno poteva riportarmi a casa.” Tentenno, non so mai come trattare con questa gente.
“Chiedi a Harry, credo che non ti dirà di no.” Riabbassa lo sguardo sui fogli.
“Veramente abbiamo litigato, non so se sia disposto ad aiutarmi.” Si toglie gli occhiali e mi guarda sospirando. Ora l’ho fatto arrabbiare. Si alza in piedi e va fino alla stanza di suo figlio.
“Harry?” bussa ma c’è la televisione troppo alta. Apre la porta e rimane sconcertato dal caos che regna.
“Ignorerò tutto questo casino se accompagni a casa Johanna.” Sospira rumorosamente. Il figlio strabuzza gli occhi e guarda me. “E’ un ordine.” Si fa più severo. Lui si infila i pantaloni e una maglia, prende le chiavi ed esce dalla stanza.
Il signor Styles mi fa l’occhiolino e torna in studio.
Perfetto, un viaggio in macchina sola con Harold Edward Styles. Andrà a finire male già me lo sento.
Sono dieci minuti che ce ne stiamo in silenzio, e io odio il silenzio.
“Perché ti comporti così?” ma si cacciamoci nei guai.
“Così come?” è freddo e troppo impegnato a guardare la strada.
“Il momento prima sei gentile e vulnerabile, quello dopo sei maleducato e sfacciato. Perché?” mi volto verso di lui.
“Sono fatto così. Nessuno ti obbliga a stare con me se non sbaglio.”Porta rancore.
“Mi sono già scusata per quella cosa, non volevo offenderti.”
“Tanto da domani non saprai più neanche come mi chiamo.” Perché deve fare l’offeso? Fa tanto prima donna.
“Piantala. Con me non funzionano questi giochetti. E se ti importasse davvero faresti in modo che io me lo ricordi.” Lo provoco, è la mia ultima arma.
“D’accordo, quando arriviamo fai le valige che vieni a vivere da me.” Giro di scatto la testa. –signora, ha sentito anche lei? Questo è pazzo.-
“Cosa?” strabuzzo gli occhi.
“Hai capito bene, così ci conosceremo e tra una settimana finiremo questo discorsetto. E imparerai a non giudicare le persone.” Ancora non mi guarda.
“Non posso venire a casa tua. E poi sei tu quello che mi ha giudicata fin dall’inizio.” Non perché io non voglia, no okay, io non voglio andarci ma ho cose più importanti a cui badare che non gli stupidi problemi di questo ragazzino e le sue crisi ormonali.
“Invece si. Sei obbligata. E non voglio continuare questo discorso fino a domenica prossima.” Appunto, è abituato ad avere sempre ragione.
“Non posso, è diverso.”
“Perché? Hai paura?” chiede. Paura de che?
“No, ma non posso lasciare mia madre da sola.” Dico guardando in basso.
“Se la caverà. Forza, scendi e prendi la tua roba.” Dice fermandosi.
“E’ la casa dopo idiota! Non posso lasciarla.” Dico scendendo e prendendo la mia borsa.
“D’accordo significa che verrò io da te. Vengo stasera per le otto.” Non riesco neanche a contestare che riparte e mi lascia davanti casa a bocca aperta.
Quindi ecco qui, Harold Edward Styles che parla con mia madre durante la cena.
Cosa mi ha fatto accettare? La citazione all’inizio del capitolo e il fatto che così potrò vederlo mezzo nudo ogni volta che voglio. Ma questi sono dettagli.
  

Give me a moment.


*si materializza*
innanzitutto per aver recensito :)
abbiamo una specie di svolta,
che ne pensate?
non ho molto da dire, e devo anche aggionrare le altre storie, quindi vi lascio.
al prossimo capitolo :)

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Capitolo 9
*** Chapter 8 ***


 

Chapter 8

 
 Fra uomo e donna non può esserci amicizia. Vi può essere passione, ostilità, adorazione, amore, ma non amicizia.
                                                                                                                                                                                       -Oscar Wilde
 
“Tesoro, posso parlarti?” ti prego fa che voglia dirmi che devo buttarlo fuori di casa. Annuisco e andiamo nell’altra stanza.
“Dimmi.” Sorridi Johanna, stai tranquilla.
“Che ci fa un ragazzino viziato in casa mia? Avevi detto che non frequentavi quella gente.” Inarca il sopracciglio, io me la immagino con un cappotto a quadri e una lente d’ingrandimento in mano, sarebbe perfetta.
“Vedi è difficile da spiegare. Solo una settimana.” Faccio gli occhi da cucciolo.
“E’ il tuo ragazzo?” oddio, ma sa chi sono?
“Certo che no! Mamma lo faccio per farlo stare zitto.” Rido, speriamo rida anche lei. Invece rimane impassibile a guardarmi.
“Quindi non ti piace?” tossisco per prendere tempo. Ma che domande fa?
“No, è viziato e sfacciato. E ha avuto tipo una crisi ormonale e non volevo contestarlo.” Lei ride. Sia lodato il cielo: ride.
“D’accordo. Ma se combina guai lo metto in punizione. Intesi?” annuisco sorridendo. Torniamo entrambe in cucina.
“Ci sono problemi?” è preoccupato. Scuoto la testa e mi siedo affianco a lui.
“Allora, Harry giusto?” inizia mamma, dove vuole arrivare? Lui annuisce. “Come mai sei qui?” sorride.
“Devo dimostrare a sua figlia che non sono come crede.” Mi guarda.
“Oh, e come credi che sia?” si riferisce a me? Credevo che lo sapesse già.
“Bhè diciamo che secondo me è viziato, sfacciato, supponente, antipatico e ha continui sbalzi d’umore.” Guardo lui. Sorride, tipo ‘vedremo tra una settimana.’
“Sei incinto?” si, l’ironia è una cosa di famiglia. Almeno con lei ride. “E tu cosa pensi di Johanna?” continua. Da quando ho una madre psicologa?
“Che è cocciuta, maleducata, carina, fissata e intrattabile.” Lei annuisce.
“Tutto vero.” Ridono. Ma ha veramente detto carina?
Mamma torna in studio e io faccio i piatti, almeno ieri avevo riordinato casa. Harold Edward Styles rimane fermo a guardare. Ma dico io, ce le ha due mani per aiutarmi. Perché sta la fermo? Fatto sta che faccio tutto da sola, e mentre lui guarda la tv, io mi faccio i soliti giri per prendere i bicchieri di mia madre.
Quando torno per prendere gli ultimi li vedo parlare. In maniera molto cortese, ma soprattutto del quadro di mamma.
“Ne ho visti altri così, in Francia.” Pff, viziato. Entro per prendere i bicchieri.
“Johanna, perché non mi hai detto che se ne intende d’arte?” non lo sapevo neanche io. Deve essere grazie a tutte quelle mostre fra gente ricca.
“Da quanto avevo capito a lui non piace l’arte.” Dico confusa.
“Non l’ho mai detto.” In effetti, vabbè forse su questo ha ragione lui. Mi stringo nelle spalle ed esco con i bicchieri. Continuano a parlottare.
“Hey.” Mi chiama alle mie spalle. “Dove dormo io?” non ci avevo pensato.
“Cazzo…” dove lo metto ora? “ehm ti dispiace dormire in camera mia?”
“Oh, no per niente.” Dice avvicinandosi maliziosamente. Che ha capito?
“Da solo. Io dormo con mia madre.” È divertente. Fa una smorfia, poverino lo capisco. Niente ragazze per una settimana. Deve essere difficile.
“Se proprio devo…” continua ad avvicinarsi. Rimango incantata dai suoi occhi e dai suoi modi di fare. Come può essere sempre così sicuro di sé?
“Mettiamo in chiaro delle cose.” Sfuggo dall’altra parte della stanza, non ancora seria. La sua espressione è così divertente. “Esiste un io: Johanna Brown, e un tu: Harold Edward Styles, ma non esiste e non esisterà mai un noi. Okay? Okay. Quindi tu non ci proverai con me e io prometto che cercherò di essere il meno affascinante possibile. Okay? Okay.” Ancora sorrido.
“Semmai devo essere io che cerco di essere il meno affascinante possibile. E poi non chiamarmi con il mio nome completo.” Sorride e prende un bicchiere d’acqua. Li avevo appena puliti! –signora gli dica qualcosa! Insomma è maleducato.- Si avvicina di nuovo ma questa volta è più furtivo. “Perché tua mamma indossa quell’orrenda bandana?” mi chiede divertito. Come se fosse uno scherzo, un modo per prendere in giro una donna con una bandana ‘fuori moda’. Gli tiro uno schiaffo per togliergli quel sorriso dalla faccia.
“E’ malata idiota.” Dico cercando di non urlargli addosso sennò mamma sentirebbe. Io non l’ho giudicato male, lui è così. Non ha un minimo riguardo e pensa soltanto a se stesso. Corro in camera e cerco di non pensare a niente, ma in mente ho solo mia mamma, non lui, mia mamma. Lei sta per andarsene e io non posso farci nulla. Devo stare qui a guardare. Piango e piango ancora. Fino ad addormentarmi.
Quando mi sveglio sento profumo di caffè. Balzo in piedi confusa e scendo di fretta. Quando arrivo in cucina li vedo tranquilli a sorseggiare del caffè. Lui è in mutande e lei ha la sua solita vestaglia con sotto l’intimo. Cosa sono tutte queste libertà? Oddio, no non è che hanno scopato? – oddio signora la prego lo dica anche lei che non l’hanno fatto, la prego me lo dica. Se l’hanno fatto deve essere lei a spararmi, d’accordo. Perché è felice? Perché mi ucciderà? Non capisce, se quei due hanno scopato io lo uccido.-
“Johanna copriti!” urla mia mamma. Io? È lei quella che indossa una vestaglia semitrasparente. Aspetta, perché dovrei coprirmi? Oddio, sono in intimo.
“Chi è stato?” domando prendendo dal salotto una coperta.
“Io, chi altro sennò?” ragionevole come risposta. “Vuoi un po’ di caffè?” come può offrirmi del caffè? Non si ricorda di papà? La guardo male.
“Da quando in questa casa si beve caffè? Non lo prepari più dalla morte di papà.” Sono amareggiata. Le basta una scopata per scordarsi di papà, ah si, la scopata. Ora glielo chiedo.
“Harry lo beve e ho pensato di farglielo, a lui piace amaro proprio come a papà, giusto caro?” lo sta paragonando a papà? Sorride anche se sta parlando di papà? Lo ha chiamato caro? Che cazzo sta succedendo?
“Avete scopato?” sbotto di colpo. Lui sputa il caffè e lei strabuzza gli occhi.
“Cosa?” chiedono entrambi.
“Avete scopato?” scandisco meglio le parole.
“No, ma come ti viene in mente? Potrebbe essere mio figlio!” oddio, grazie al cielo. –non faccia quella faccia signora! Ci sarà un’altra occasione per farmi fuori.-
“Che ne so? State qui mezzi nudi a bere caffè e chiamarvi in modi gentili!” è logico che uno poi si fa idee sbagliate.
“Non si può essere gentili con chi ha dormito sul divano?” continua lei come per rimproverarmi. Oh, giusto lui doveva dormire nel mio letto.
“Perché non mi hai svegliata?” poteva benissimo farlo.
“Eri arrabbiata, non volevo disturbarti.” Da quando è gentile?
“Oh, okay.” Sta di fatto che io non berrò caffè. Noto la posta sul tavolo. Inizio a scorrerla quando ne intravedo una dell’ospedale. La apro e guardo mamma.
“Cos’è? Non l’ho ancora guardata la posta.” È distratta.
“Oggi è il 18 mamma.” ho gli occhi lucidi. Lei alza lo sguardo.
“Non ho intenzione di andarci, lo sai.” Dice seria, vedo la tristezza nei suoi occhi.
“Mamma, ti prego. Ti possono aiutare.” Sto per piangere.
“Johanna, vuoi che io viva un’altra settimana qui o due settimane li dentro?” domanda acida. Si capisce che vuole scoppiare anche lei.
“Vorrei che tu vivessi per sempre.” Dico uscendo dalla stanza e lasciando la lettera sul tavolo. Vado in camera e mi preparo per la scuola. È Lunedì dopotutto.
Quando scendo lo noto sul divano.
“Tu non devi studiare?” domando prendendo la cartella.
“Vado all’università, ho orari diversi.” Si alza e si mette la giacca. “Forza ti accompagno.” Mi mette un braccio attorno alle spalle ed esce di casa.
“Veramente io avrei già un passaggio.” Lui si blocca a guardare la macchina parcheggiata li davanti. Mi tolgo dalla sua presa. “Di a mamma che non torno per pranzo.” Sorrido e faccio per avviarmi ma mi afferra il polso.
“Tre domande : chi è lui? perché non rientri a pranzo? E non rientri a pranzo per stare con lui?” era… geloso?
“Lui è Niall, non rientro perché ho un incontro con il corso d’arte per discutere sulla mostra dell’altra sera, e quindi no, non rimango fuori per stare con Niall. Ora posso andare?” l’ironia mi accompagna sempre. Lui inarca un sopracciglio.
“E chi sarebbe Niall?” guarda oltre le mie spalle.
“Mamma lo conosce.” Lui mi guarda confuso.
“E’ il tuo ragazzo?” ma che gliene frega?
“Non sono cavoli tuoi. Posso andare?” ma oh, guarda questo.
Annuisce e io vado.
“Hey Niall!” dico salendo in macchina e baciandolo sulla guancia.
“Posso farlo ingelosire? Ti prego, poi mi dici chi è!” fa gli occhi da cucciolo.
“Non ci pensare neanche!” lui ama prendere per il culo la gente, ride sempre.
“Una sola volta. Ti prego.” Oddio. Annuisco e lui posa le labbra all’angolo della mia bocca, posa una mano sulla mia coscia e sembra che mi stia davvero baciando alla grande da come si muove. Io sto per scoppiare a ridere.
“Credo che se potesse verrebbe qui e mi ucciderebbe.” Dice come se stesse dicendo un ‘ti amo ’ per poi lasciarmi un bacio a stampo. Io torno seduta e guardo fuori dal finestrino. Ha i pugni stretti e non è proprio la felicità fatta persona. Lo saluto con una mano e Niall parte.
“Allora, chi è?” domanda curioso.
“Harold Edward Styles.” Lui strabuzza gli occhi.
“Quel Styles? Quello che il padre finanzia il corso d’arte?” annuisco. “Te la fai con un miliardario? Non sapevo fossi così furba.” Sorride.
“Non c’è niente fra noi, sta a casa mia per una settimana. È una specie di scommessa.” È confuso. “Praticamente fin dal primo momento ci siamo odiati, è quello del parco. Te ne ho parlato l’altro giorno.” Annuisce. “E dato che ha problemi ormonali, vuole che prima di giudicarlo di nuovo lo conosco. Quindi eccomi qui a vivere per una settimana con un miliardario.”
“E scusa non potevate vivere a casa sua? Scommetto che è più grande della tua!”
“Più grande? Niall è enorme, mi ci sono persa due volte. E poi non potevo lasciare mamma. È il 18 oggi.” Lui cambia subito espressione.
“Di già? Dio, il tempo passa troppo in fretta.” È più amareggiato di me. “Tu ti sei persa a casa sua? Sei stata a casa sua?” eccolo il Niall che conosco. Inizio a raccontargli e ci ritroviamo a scuola.
Prima di dividerci mi bacia la fronte e mi stinge a sé “Passerà piccola, te lo prometto.” Lui c’era alla morte di papà, lui c’è sempre stato. Ogni momento importante della mia vita l’ho passato con lui. Stavamo insieme e ci amavamo, abbiamo rotto solo perché quella scintilla era scomparsa. Ma non riuscirei mai a stare senza di lui. Credo che siamo stati gli unici che dopo aver rotto hanno davvero realizzato le parole ‘restiamo amici?’ e a me non dispiace per niente. Come dice Wilde tra uomo e donna non può esservi amicizia, ma se l’amore c’è già stato secondo me sì. Insomma se ti togli il pensiero, sai già che non può funzionare e pensi all’altro come una persona normale. E poi fra me è lui c’è uno strano rapporto, più che altro è ammirazione  e complicità. Ci ‘amiamo’ come se stessimo insieme, solo che non lo siamo. Dopo un po’ la cosa fra noi era diventata monotona. Tutti quei baci, quelle cose tenere, l’essere fedeli, non funzionavano più. Gli lascio un bacio sulla guancia e vado in classe. Tra me e Harold Edward Styles c’è solo odio, e qualche altro sentimento ancora indecifrabile. Non arriviamo alla tolleranza, provate ad immaginarvi l’amicizia o addirittura l’amore. No, assolutamente no.
Dopo il corso d’arte Niall mi riporta a casa.
“Vieni anche tu?” gli domando prima di salutarlo.
“Se vengo dobbiamo far credere che stiamo insieme, sai che io non lascio gli scherzi a metà.” Com’è fissato.
“Ma mamma lo sa che non stiamo insieme.” Lui sorride.
“Ma mica dobbiamo entrare e urlarlo al mondo, saremo solo un po’ meno amici…” dio, questo ragazzo mi farà finire in prigione un giorno.
“D’accordo, ma fai i complimenti a mamma per il quadro arancione.” Lui annuisce e scendiamo. Mi mette un braccio attorno alle spalle ed entriamo.
“Mamma c’è Niall!” urlo appena entrata. Lei lo adora, si potrebbe dire che ha una cotta per lui. Se solo sapesse che è lui il ragazzo che mi ha sverginata… non voglio neanche pensarci. Lei arriva saltellando e lo abbraccia.
“Niall! Da quanto tempo.” Ora non si stacca più.
“Settimana scorsa Thara.” Lui ride e io intanto mi tolgo la cartella. Harold Edward Styles arriva e guarda stranito la scena. Cos’è è geloso perché mia mamma vuole più bene a Niall?
“Oh, Harry lui è Niall.” Dice mia mamma  tutta contenta.
“Piacere, ci siamo già incontrati stamattina.” Niall gli tende la mano.
“Si, mi ricordo.” Harry è più distaccato ma ricambia la stretta.
“Vieni tesoro, devo farti vedere i miei ultimi quadri.” Dice lei tutta contenta a Niall. Se ne vanno in studio e io mi tolgo la giacca.
“Sono molto legati vedo.” Ma che genio!
“Si, è da una vita che mamma lo tratta come un figlio. Lo adora.” Si, è geloso.
“Oh. Bhè sembra simpatico.” Stringe i denti.
“Simpatico? È meraviglioso, lo adorerai anche tu.” Ma si, provochiamolo.
“Voi due state…” Niall arriva e lo interrompe mettendomi un braccio attorno alla vita e lasciandomi un bacio sulla guancia.
“Io devo andare, mia mamma mi ha appena chiamato.” Dice amareggiato.
“Di già? Credevo saresti rimasto un altro po’.” Lo abbraccio. Lui capisce le mie intenzioni e mi bacia la fronte.
“Domani, a casa mia?” domanda maliziosamente. Sento Harold Edward Styles  tossire. Perfetto. Faccio finta di volere privacy.
“Vieni, ti accompagno.” Dico prendendolo per mano e accompagnandolo davanti alla sua macchina. “Ci sta guardando?”
“Si, vieni.” Mi appoggia alla macchina e mi imprigiona fra lui e lo sportello. Si avvicina a me e inizia a dire cose senza senso.“Mi piace far ingelosire la gente.” Per poco non scoppiamo a ridere entrambi.
“Corri.” Gli dico rientrando. “Ciao!” urlo prima di entrare. Lui mi manda un bacio volante. Dio mio come siamo bravi a recitare. Quando entro mi trovo Harold Edward Styles davanti.
“State insieme?” domanda serio.
“No, siamo solo amici.” Un nuovo guaio per Johanna.
“Gli amici non si infilano la lingua in gola.” Sembra seccato.
“Dipende da che amici si è. Mai sentito parlare di scopamici?” domando andandomene. La sua faccia è da immortalare. –anche la signora bisbetica sta ridendo.- vado in camera e prendo la roba per fare la doccia. Mi rendo conto che la mia macchinetta fotografica e gli obbiettivi sono scomparsi. Tiro un urlo ed entrambi corrono in camera mia.
“Dov’è la mia roba?” giuro che uccido qualcuno.
“Dio mio Johanna mi hai fatto prendere un colpo! L’ha usata Harry, gli sto insegnando a fare foto.” Cosa?
“Da quando ti piace la fotografia?” gli punto un dito al petto.
“Dovevo trovare qualcosa da fare e a quanto pare sono portato, vero Thara?” sorride. Perché cazzo sorride guardando mia madre?
“Si, ha molto talento.” Ricambia il sorriso.
“Non è una buona scusa per prendere la mia roba senza permesso.”
“Non fare la scontrosa. Abbiamo provato con la pittura ma non sa disegnare neanche una casa.” Perché mamma lo difende? Non era lei quella contro i ricchi?
“La prossima volta chiedi.” Ho troppa fretta per litigare. Voglio approfittare del bel tempo per fare quella foto. Mancano due settimane al concorso e io ancora non ho una foto.
Prendo la mia roba e vado in bagno.
Siamo solo al primo giorno, respira. Puoi farcela per altri sei?


 
Give me a moment. 


*Saluta*
allora... so di essere in ritardo, ma mi conoscete.
ehm... che dire riguardo a questo capitolo? bha.
succedono tante cose, se alcune non le avete capite vi basta aspettare il prossimo.
noto che recensite solo quando vi minaccio... no no no, non va bene.
quindi continuo a tre recensioni, perchè so che ci riuscite.
io credo in voi (?)
bene, ci leggiamo al prossimo capitolo :)

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Capitolo 10
*** Chapter 9 ***


 

Chapter 9

 
Le donne non si comprendono, si amano.
                                                                                                             -Oscar Wilde
 
“Posso accompagnarti?” mi prende in giro?
“Perché?” mi volto nella sua direzione prima di uscire di casa.
“Così vedo meglio come si fa.” Non mi fido, decisamente no. –lei è dalla mia parte? Certo, è troppo strano lui non possa davvero voler imparare l’arte della fotografia, lo pensa anche lei signora?-
“Dovresti guardare e basta, ti annoieresti.” Cerco di liquidarlo.
“Non ne hai altre?” oddio, ma perché non mi lascia fare una benedettissima foto?
“Si, Johanna dagli quella di papà!” urla mia mamma dalla cucina.
“Ma è di papà!” ma stiamo impazzendo? Nessuno l’ha mai toccata, e di certo non sarà lui il primo.
“Allora dagli la tua e tu usi quella di papà.” Sembra seria. Da quando lei è così indifferente sull’argomento papà? Ma fa quasi soffrire che a lei importi così poco da concederla ad uno sconosciuto. Sbuffo e gli do la mia macchinetta. Quella di papà è un po’ più vecchia ma è lo stesso ottima. Si prepara e andiamo al parco, speriamo solo che ci siano abbastanza vecchietti.
“Allora, che tipo di foto devi fare?” interrompe il silenzio abbassando la musica della radio.
“Una romantica, è per il corso.” Sono distaccata. Non per tanti motivi, solo che quando vado a fare foto voglio essere da sola e non avere qualcuno a cui badare.
“Posso farla anche io?”
“Puoi fare qualunque cosa tu voglia, basta che non mi rompi niente.” Annuisce e continua a guidare.
Arrivati al parco inizio a dare un’occhiata in giro, e ci credete se vi dico che non c’era un vecchietto? Non uno! Neanche single, nessuno. Tutte a me devono capitare. Così abbiamo optato per qualche lezione di messa a fuoco, il signorino voleva usare l’automatico. Ma non gli ho lasciato finire di parlare che l’ho impostata su manuale. Diciamo che dopo venti foto solo tre erano venute non sfuocate.
“Ti prego posso usare l’automatico?” i suoi occhi chiedevano pietà.
“No, prima impari meglio è.” Dico mentre mi siedo su una panchina. Lui fa lo stesso e io osservo le foto che ho fatto. Ho provato a farne alle coppiette che condividono il cibo… ma sinceramente sono orrende.
“Ma come ci riesci? Sono tutte a fuoco.” Si lamenta guardandole insieme a me.
“Fanno schifo. Non una grida amore.” Sbuffo e continuo a scorrerle.
“Stai scherzando? Sono tutte di innamorati.” Si sporge di più per vedere meglio.
“Si certo. Non sono innamorati, sono attratti. Sono tutte storielle. Io voglio il vero amore.” Mi lamento. Non credo di chiedere tanto.
“Ma perché voi ragazze vi fate tutti questi problemi?” domanda alzando lo sguardo.
“Non mi faccio problemi perché sono una ragazza ma perché sono una fotografa esigente.” Il mio tono è superiore, forse un po’ troppo arrogante.
“Certo perché ovviamente tu cerchi il vero amore solo nelle foto e non nella realtà.” Guarda altrove.
“Chi non cerca il vero amore?” mi sembra ovvio che chiunque prima o poi si meta alla ricerca del vero amore, chi prima chi dopo.
“I ragazzi. Tutti i ragazzi.” si certo.
“Non ci credo. Insomma anche voi vorrete qualcuno da amare, no?” che cosa stupida.
“Si, ma nessuno si immagina il futuro con una ragazza. Voi vi fate tutti i progetti, tipo le vacanze insieme, i nomi per i bambini, il matrimonio, addirittura il colore della torta nunziale. Come se nella vita non ci fosse altro. Io non vi capisco.”
“Perché crediamo che voi ci amate, quindi progettiamo la vita insieme.”
“Cosa? Se un ragazzo ti ama ora non è detto che ti ami per sempre.” Fa una smorfia confusa.
“Si ma se voi ci dite che ci amate, allora noi ci crediamo. E poi dovresti imparare ad usare la parola ‘amore’ perché quando dici a qualcuno che lo ami è una cosa seria, non una cantilena che si ripete dopo aver scopato.” Spengo la macchinetta.
“Non ho mai detto che è una cantilena, solo che quando lo dici parli al presente, non all’infinito.”
“Si ma dire ‘ti amo ‘ è una cosa impegnativa, cioè uno ci pensa prima di dirlo. E quando ne è sicuro lo dice.” Veramente stiamo discutendo su sta cosa?
“Allora, capiamoci se io dico che amo una ragazza, in questo momento io non sto dicendo che la amerò per sempre, sto solo dicendo che ora è la ragazza migliore che io conosca.” Ma che ragionamento fa?
“Se dici che non la amerai per sempre allora non la ami davvero. Quando ami qualcuno lui diventa l’unica cosa di cui hai bisogno. Come l’aria. Pensi davvero che un giorno ti stancherai dell’aria?” non so come altro spiegarglielo.
“No, ma non si sa mai cosa accadrà.” Si stringe nelle spalle.
“Si ma nella tua testa devi pensare al per sempre. Se poi succede qualcosa nessuno lo può prevedere. Ma al momento devi essere sicuro che la amerai per sempre. Non puoi sperare in un imprevisto.”
“Si, ma pensare al futuro è esagerato. Perché voi dovete progettare tutto? Non riuscite a vivere il momento.”
“Non è vero! Solo che dopo un po’ a uno viene naturale pensarci. Perché è una cosa tenera pensare al per sempre e quindi progettarlo.” Dio santo sti ragazzi d’oggi.
Mi vibra il cellulare e quando lo prendo vedo il nome di Niall.
“Ciao.” Mi ritorna il sorriso.
“Ciao, che stai facendo?” lo sento mangiare.
“Sono al parco con il figlio di Styles, sto ancora cercando di fare quella foto.” Dico scocciata.
“Ho un nome.” Bisbiglia Harold Edward Styles.
“Quindi bisogna farlo ingelosire?” domanda divertito Niall.
“Esattamente.” Complicità, questa è la caratteristica migliore della nostra amicizia. Sempre stato così, anche con le sue ragazze. Molte lo hanno mollato proprio per colpa di questo nostro strano rapporto.
“D’accordo, dimmi qualcosa di provocante.” Dice divertito.
“Sei sempre tu a governare i giochi se non sbaglio.” Cerco di sembrare il più provocante possibile. Probabilmente mi riesce bene.
“Addirittura il doppio senso? Potresti iniziare a governarli tu a questo punto.” Continua a mangiare. Butto lo sguardo su Harold Edward Styles, sembra molto curioso.
“Stasera allora invertiamo i ruoli.” Quasi lo sussurro
“Hey, vacci piano sono pur sempre un ragazzo. Posso eccitarmi anche io.” Ride.
“In questo caso mi piacerebbe essere li, le mie mani sarebbero già su di te.” Tra poco scoppio a ridere anche io. Ma noto che Harold Edward Styles è particolarmente attento alle mi parole, quindi mi impegno. Sento Niall tossire.
“E sai perfettamente cosa farebbero.” Cerco di continuare.
“Mi stai creando dei problemini.” Sussurra. Sto per scoppiare a ridere.
“Allora ci vediamo dopo e sistemiamo questi problemini.”
“Fanculo, ora devo fare tutto da solo, ciao.” Dice per poi riattaccare. Io rido divertita.
“Per fortuna cercavi il vero amore.” Dice guardando altrove.
“Chi ha mai detto che Niall è il mio vero amore?” è geloso, bene ora sono compiaciuta.
“Una che cerca il vero amore non ha uno scopamico.”
“E’ un modo per riempire il tempo fino a che non lo trovo.” Che poi questa è un’emerita cazzata perché io e Niall non siamo scopamici.
“No, non vi capirò mai.” Sbuffa.
“Le donna non si comprendono, si amano.” Grazie Wilde di essere esistito.
“Lo dice sempre anche mio padre.” Fa una smorfia confusa.
“Si, mi è già capitato di sentirlo citare Oscar Wilde.” Mi ricordo la sera del suo anniversario. La sera che mi ha fatta andare a letto con suo figlio. Oddio.
“Si, esatto proprio lui.” dice come se avesse scoperto la luna.
“Sai chi è?” se dice di no lo uccido.
“Più o meno. Però so che probabilmente ha detto quella cosa solo per giustificarsi del fatto che neanche con il suo genio riusciva a capirvi.” Sorride.
“Bene, quindi se non ci è riuscito lui non ci riuscirai neanche te.” Ricambio il sorriso. È carino quando sorride, gli spuntano le fossette e le labbra sono fine.
Mettiamo via tutta la roba e saliamo in macchina.
“Mamma ha il cancro.” Dico senza neanche pensarci. Non so perché l’ho fatto, forse perché non voglio che lui la giudichi.
“Scusa.” Sussurra guardandomi. Ho gli occhi lucidi.
“Scusa non basta, è inutile. Anche lei odia quelle stupide bandane ma odia ancora di più essere calva.” Sono arrabbiata. Non può permettersi di fare tutto ciò che vuole, e poi scusarsi. Non si tratta di cose come gli amici o altro, qui si tratta di qualcosa che farà morire mia madre in meno di un mese. Si perché oggi è il 18, il giorno in cui lei dovrebbe andare a vivere in ospedale, perché potrebbe morire da un momento all’altro, massimo un mese. Mi prende una mano e la stringe.
“Io non ne avevo idea, se lo avessi saputo non lo avrei detto.” Piango. Penso a tutte le conseguenze, all’essere davvero senza una madre, all’essere orfana. Non mi importa che dovrò mantenermi da sola, dovrò imparare a gestirmi o a fare tutte quelle cose da adulto. Mi importa solo che non la avrò più. Mi abbraccia e io non sono nella posizione di respingere un abbraccio, è l’unica cosa di cui ho bisogno. Le sue braccia mi circondano e io mi stringo al suo petto piangendo. Sento le sue mani accarezzarmi i capelli e le sue labbra baciarmi la fronte. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era fargli pensare che io sia vulnerabile. Che grandissimo errore. Mi separo subito da lui e mi asciugo le lacrime. La sua maglia ora è sporca di mascara, ci sono due macchie dove si posavano i miei occhi. Mi scappa un sorriso.
“Scusa.” Dico sorridendo.
“Non ti preoccupare. Johanna, dovevi dirmelo prima.” Sembra più serio.
“Non credevo che ti sarebbe servito.” Guardo verso il basso.
“Mi avresti fatto vivere con lei per una settimana senza dirmi che potrebbe morire?” posa due dita sotto il mio mento alzandomi il volto.
“Lei morirà, stamattina è arrivata la lettera che dice che deve andare in ospedale, è una questione di giorni. D’ora in poi non posso più parlare di mesi con lei, gliene danno al massimo uno. Non ci sarà neanche al mio diploma, capisci?” la vista mi si offusca. “E lei non vuole andarci, l’hai sentita stamattina. Io voglio solo aiutarla, voglio tenerla con me e lei si ostina a fare quella forte che può farcela da sola. Ma nessuno può combattere con un cancro da solo.” Le lacrime riiniziano a scendere e lui mi abbraccia sussurrando parole dolci.
“Lo dice anche Wilde, le donne non si comprendono, si amano. Devi solo darle la tua approvazione.” Mi sussurra continuando ad accarezzarmi.
“La amo troppo per fare una cosa del genere. Non posso permetterle di ignorare tutto, deve lottare.” Mi nascondo sul suo petto e sento le sue labbra sfiorarmi i capelli. Rimane zitto aspettando che io lo lasci, ma non voglio farlo. Io voglio solo che lui rimanga qui, non perché è lui, ma perché ho bisogno di qualcuno che mi stringa e che mi faccia sapere che questa non è la fine.
“Johanna, va tutto bene?” chiede smettendo di accarezzarmi. Scuoto la testa e lui mi separa dal suo petto. “Devi affrontare la cosa, non puoi nasconderti.”
“Non posso affrontarla! Non ho una laurea in medicina, non posso aiutarla.” Mi riappoggio al suo petto e stringo la maglia fra le mani. Non voglio parlarne o trovarne una soluzione, voglio solo piangere e sperare che lei guarisca. Non si può guarire da un cancro cretina. –si signora, ha sempre avuto ragione, sono solo una maleducata illusa. Sono una cretina che non si rende conto di ciò che sta accadendo. Se vuole uccidermi può farlo. – Rimaniamo così, abbracciati. O almeno io sono abbracciata a lui e lo tengo stretto mentre lui mi culla.
“Andiamo a casa.” Mi dice mentre mi metto la cintura.
“Grazie.” Sussurro quasi impercettibilmente.
“Non ti preoccupare, puoi sporcare le mie maglie di nero ogni volta che vuoi.” Sorride. È stato così gentile e io non lo capisco, insomma credevo che mi odiasse e poi l’ho trattato male tutto il giorno. Qualche giorno fa stava per uccidermi per averlo macchiato.
“Scusa, era anche bianca.” Ridacchio mentre mi asciugo le lacrime che la sua maglia non è riuscita ad assorbire.
“Mi devi una maglietta.” Continua a guardare la strada. Sorrido e la guardo anche io. Quando arriviamo a casa Harold Edward Styles si mette a spostare le poche foto venute bene dalla macchinetta al computer e io intanto vado in doccia, è la seconda in un giorno.
 
 

Give me a moment.

*appare da dietro lo schermo*
si è aperta a lui *O*
e lui l'ha ascoltata *O*
scusate, ma mi sconvolgo anche io quando scrivo.
va bene, sto impazzendo.
mi dite che ne pensate con una recensione?
pubblico il prossimo a 3 recnsioni.

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Capitolo 11
*** Chapter 10 ***


 

Chapter 10

La spontaneità è una posa difficilissima da tenere.
                                                                                                   -Oscar Wilde
 
Mi sto sciacquando i capelli quando la porta si apre. Di solito è mamma che viene a prendere i colori, li teniamo in bagno perché non abbiamo altro posto se non nell’armadietto degli asciugamani. Continuo indisturbata e sento la porta richiudersi un po’ troppo in fretta, come può aver già preso i colori? Mi giro e vedo Harold Edward Styles con la macchinetta in mano.
-Che cosa stai facendo?- chiudo di fretta la tenda che di solito lascio aperta.
-Mi dedico al nudo.- Risponde compiaciuto. Questo è completamente pazzo.
-Forse è un po’ troppo presto.- Dico ridendo e finendo di sciacquarmi i capelli. Lui si siede sulla vasca e aspetta. Non so bene cosa stia aspettando ma mi osserva attentamente dallo spiraglio della tenda. La apro un po’ di più e faccio sbucare la testa. -Che aspetti?-
-Che tu riapra la tenda.- Posa la macchinetta per terra e incrocia le braccia.
-Tanto è trasparente, vedi lo stesso.- È semplicemente opaca e sfuoca le immagini. Però in effetti se calcoliamo la sua messa a fuoco non verrebbe fuori proprio una bella cosa. Credo che lo lascerò provare, gli devo un favore e questo dovrebbe bastare. Apro la tenda e lo guardo seria.
-Questa è la prima e l’unica volta che mi faccio fotografare nuda, per di più da un principiante. Quindi ritieniti fortunato.- I suoi occhi si illuminano e accende la macchinetta. Il bagno è abbastanza grande, e le pareti sono bianche, in realtà tutto è bianco. È l’unica stanza senza colori di tutta la casa. Io cerco di continuare a lavarmi disinvolta ma mi rendo conto che non è così facile come credevo, seriamente sto cercando di sembrare spontanea e creativa nel muovermi ma sotto il suo sguardo è estremamente difficile. Come diceva Wilde la spontaneità è molto difficile da tenere, in effetti credo che nessuno lo si arealmente, anche perché ci pensi sempre prima di fare qualcosa.
-Hai già posato qualche volta?- domanda lui.
-Un paio di volte, per i lavori in classe o per i dipinti di mamma.- Mi passo la spugna su tutto il corpo. Cerco di fare movimenti fluidi e lenti, in modo che lui riesca a catturarli ma quando butto lo sguardo su di lui noto un evidente rigonfiamento nei suoi pantaloni.
-Sei brava.- Cerca di non distrarsi ma lo sento deglutire.
-Si, me ne sono accorta.- Trattengo una risata. Appena capisce mi fa una smorfia ma continua a fotografarmi. -Prendi l’altro obbiettivo, quello è da primi piani.- Gli dico voltandomi verso di lui.
-Quale?- peccato che non riesca a guardarmi negli occhi.
-Quello che ho usato io prima, è in camera mia.- Lui si precipita in fretta e torna subito con l’altro obbiettivo. Cerca di montarlo ma non ci riesce. Mi asciugo solo le mani e lo faccio avvicinare. Deglutisce rumorosamente e mi porge la macchinetta. Gli monto l’obbiettivo e gli do delle dritte, non è facile da usare e poi non c’è l’automatico. Quando sono certa che ha capito riapro l’acqua e mi tolgo il balsamo.
-Okay, credo che sia meglio se mi fermo qui.- Spegne la macchinetta e io lo guardo. -Sai, problemi fisici.- Dice accennando ai suoi pantaloni. Io sorrido e gli faccio un cenno con la testa.
-Vuoi farti una doccia? Io ora esco.- Dico strizzandomi i capelli.
-Con te qui che ti asciughi?- mi stringo nelle spalle ed esco prendendo un asciugamano. Non se lo fa ripetere due volte ed entra nella doccia lasciando i suoi vestiti sul bordo della vasca. Sento gli schizzi gelidi arrivare, come cazzo può farla così fredda? Io la faccio così bollente che ora il bagno è pieno di vapore acqueo.
-Dio mio, ma non hai freddo?- gli dico voltandomi verso la doccia. Mi rendo conto che non ha chiuso la tenda e mi rigiro in fretta.
-Devo farla gelida.- Dice ironico.
-Perché non hai chiuso la tenda?- domando imbarazzata.
-Preferisco questa visuale.- Accenna con malizia. Mi volto e lo guardo, guardo tutto lui, dai capelli che gli cadono ondulati sulla fronte all’accenno di addominali, e forse anche un po’ più in basso. Noto tutti i suoi tatuaggi, quelli che non riuscivo a decifrare. Ne ha dalla spalla alla caviglia, credo sia esagerato e molti sono senza senso ma sono lo stesso molto affascinanti. Lui è affascinante, anche se non sembra più quel ragazzino viziato.
-Anche io.- Rispondo avvicinandomi. Cosa? Aspetta perché mi sto avvicinando, non vorrai davvero farlo, insomma tu non sei così Johanna. Entro nella doccia con lui che sembra abbastanza compiaciuto, probabilmente sapeva che sarebbe andata a finire così. -Oggi è la tua giornata fortunata.- Gli sussurro baciandogli il collo. Sento l’acqua picchiettare sul mio corpo. Con le mani percorro ogni centimetro di pelle dalle sue spalle alla sua vita e lui mi tiene per i fianchi.
D’un tratto la porta si apre ed entra mia mamma. Perché ogni volta veniamo interrotti? Fatto sta che lei si immobilizza a guardarci.
-Mamma!- urlo io mentre Harold Edward Styles si nasconde dietro di me.
-Scusate, io non sapevo che voi due… tesoro non credevo che tu…- oddio, ora uccide uno dei due, ne sono certa.
-Mamma, parla in fretta ed esci.- Le dico schietta.
-Non credevo che tu facessi certe cose, insomma sotto la doccia… tesoro io fino all’altro giorno ti credevo vergine e ora sei sotto la doccia nuda e avvinghiata ad un ragazzo. Com’è possibile?- con le mani indica cose a caso e fa strani gesti.
-Ne parliamo dopo, okay?- tranquillizzati.
-No, io voglio sapere da quando sei così. O è colpa sua, ammettilo Harry è colpa tua, non è la mia bambina che fa certe cose.- È disperata. Io guardo Harry e lo supplico di mentire.
-Si Thara, scusa è che sono venuto a chiederle di montarmi l’obbiettivo e mi sono fatto prendere dal momento. Lei mi ha respinto più volte ma alla fine è ceduta.- Uno dei suoi sorrisi accompagna le parole. Lei sospira ma subito si irrigidisce.
-Tu e io dopo faremo i conti, spero che ora voi usciate e non facciate niente.- Esce e sbatte la porta dietro di se. Ridiamo, mi sa che lui è in un gran bel guaio.
Stringe la presa sui miei fianchi e mi avvicina a se.
-La sua bambina non fa certe cose, eh?- domanda divertito.
-A quanto pare.- Dico guardandolo. Si avvicina e credo voglia baciarmi. Posa la fronte contro la mia e fa strusciare i nostri nasi. Posa delicatamente le labbra sulle mie e sono calde a confronto con l’acqua gelida che ancora ci avvolge. Un brivido mi percorre la schiena, e le gambe e le braccia e il petto… vengo travolta dai brividi. Sono brividi che non avevo mai provato, e sono qualcosa di meraviglioso.
-Sto aspettando che usciate.- Dice scocciata mamma da fuori.
-Mamma!- urlo, quella scocciata dovrei essere io non lei.
-Johanna! Credevi davvero che ti avrei lasciata fare sesso con uno sconosciuto mentre sono a casa? Chi pensi che io sia? Avete dieci minuti, se non uscite vengo dentro io.- Ma mi prende in giro? Se solo sapesse che io ci sono già andata a letto… probabilmente lo ucciderebbe. Mi mordo il labbro inferiore per tenermi lontana dalla sua bocca.
-Perché ci interrompono sempre?- mi domanda. Improvvisamente torno sulla terra, stavo veramente per fare sesso con lui? Con Harold Edward Styles di nuovo? Io lo odio.
-Non lo so, forse è destino.- Esco e mi avvolgo un asciugamano attorno al busto.
-Destino un cazzo, è tua madre che si prende cura di te.-Ma è ancora là?
-Mamma vattene, subito!- sbotto incazzata.
-Così potrete farlo amorevolmente? Neanche per idea.- Harold Edward Styles ride come un cretino, ma smette subito dopo essersi reso conto che non ha un asciugamano.
-Mamma, usciamo fra dieci minuti. Ti giuro che non lo guardo neanche, basta che ti allontani dalla porta.-
-No. Fate in fretta.- Dice puntando i piedi a terra. Sbuffo e lui ride.
-Lo trovi divertente? Quella dopo ti uccide.- Gli sussurro in modo che lei non senta. Lui si stringe nelle spalle.
-Posso venire lì?- indica l’asciugamano e io annuisco. No, non dovevi annuire. Apro l’asciugamano e lui si stringe a me, poi lo riavvolgo attorno a noi. Le mie braccia lo circondano e le sue circondano me. Ci guardiamo negli occhi per del tempo indecifrabile e mi accorgo che è davvero un bel ragazzo, si me ne ero già accorta prima ma anche senza quel fascino da viziatello ha lo stesso dei lineamenti degni di nota. Mi bacia il naso e io lo arriccio istintivamente.    
-Che stai facendo?- gli chiedo divertita.
-Oltre che abbracciare una ragazza nuda?- dice ironicamente, prima avrei odiato una frase del genere ma ora nella sua voce c’è gentilezza e simpatia.
-Cosa? Guardate che entro subito!- butto gli occhi al cielo e appoggio la testa al suo petto.
-Fai pure, a tuo rischio e pericolo.- Speriamo solo che non voglia entrare davvero. Le sue mani mi accarezzano la schiena, non so di preciso cosa stia accedendo, se c’è del tenero fra noi due, o se io provo qualcosa. So solo che Johanna Brown sta aspettando il vero amore, e di certo non si innamora dopo cinque giorni. La porta si spalanca e entra una mamma che tra poco ha le nuvolette di fumo alle orecchie.
-Cosa sta succedendo qui? Staccatevi subito.- Sbotta puntandoci il dito addosso.
-C’è un solo asciugamano, dove sono finiti i nostri dieci minuti?- tranquillamente lascio l’asciugamano ad Harold Edward Styles e spingo mia mamma fuori dalla porta. -Non sono una bambina, so gestirmi e se ti dico che non ho intenzione di scopare con lui, allora vuol dire che per ora non scoperò con lui. Ci vediamo in cucina quando entrambi saremo vestiti.- Le chiudo la porta in faccia e sospiro.
-Ma chi me lo fa fare?- sussurro a me stessa. Mi giro verso di lui che ha una faccia compiaciuta. -Che hai?- mi avvicino e mi stringo nell’asciugamano.
-Per ora non scoperai con me… mmh… per ora, eh?- è divertito.
-Si, ho intenzione di farmi sbattere al muro da te come mi avevi proposto quella sera, ma per ora non posso farlo. Sto solo aspettando che mia madre non sia in casa.- Ovviamente sono ironica, e questo lui lo capisce.
-Non mentire, sei tu prima che sei entrata nella doccia. Io non ti avevo chiesto niente.- Mi abbraccia e mi bacia i capelli ancora bagnati. Non è un gesto pervertito, il che mi manda in confusione. Io davvero non  lo capisco. Alzo lo sguardo e incontro il suo, mi lascia un leggero bacio a stampo sulle labbra e inizia a far scorrere l’asciugamano lungo la mia schiena per asciugarmi. Ora sono ancora più confusa, un bacio a stampo? Lui non voleva nulla da quel bacio, è uno di quei baci che si danno ai fidanzati ma noi a questo punto proviamo solo attrazione. Potrei assecondarlo insomma sono anche io giovane e dovrei divertirmi anche io. Ma non ci riesco, io sono portata alla razionalità, so che può sembrare strano dato che sono un’artista ma dopo la morte di papà e la scoperta del cancro di mamma ho smesso di illudermi e ho cercato di accettare la realtà. Per questo amo la fotografia, è un modo di interpretare la realtà a modo mio. Ma non sono fatta per tutte quelle illusioni come il piacere, probabilmente invecchierò in fretta me lo ha detto anche il signor Styles, ma questa sono io. Non esco di sera almeno che non ci sia un’occasione speciale, non scopo con il primo che passa ( A meno che non sia un miliardario a dirmelo e io mi ritrovi ubriaca con un figo mezzo nudo davanti.), semplicemente non ci riesco.
Non è che io mi diverta a essere così, vorrei davvero essere come tutte le altre ragazze che vogliono solo divertirsi però non ci riesco.
Mi rivesto e lui fa lo stesso, prendo la macchinetta che aveva lasciato sul pavimento e vado in sala con il computer portatile per vedere le foto di oggi e capire cosa ha combinato Harold Edward Styles mentre ero in doccia.
Sto scorrendo le foto e mi stupisco che la maggior parte ritraggono solo il mio volto, dal seno in su o addirittura dalle spalle in su. Si è concentrato sulla mia faccia quando aveva tutto il mio corpo, certo alcune mi prendono tutta ma la maggior parte no. È abbastanza strano, mi sa che è perché prende sul serio questa cosa della fotografia il che mi da piacere.
Sono ferma su una foto che mi piace particolarmente e la sto mettendo in bianco e nero quando sento mia mamma piombarmi alle spalle e prendere il computer.
-Cosa avete fatto?- mi guarda assassina.
-Ha voluto provare con il nudo, è bravo.- Sorrido, sperando che si renda conto del suo talento. Invece mi fulmina.
-Voglio quel ragazzo fuori di casa, subito.- Strabuzzo gli occhi.
-Ma abbiamo quella scommessa in atto, non posso.- Lei mi guarda ancora peggio.
-Non hai capito, lo voglio fuori di casa ora.- Calca sull’ultima parola.
-Mamma sono grande ormai, ho diciotto anni. Credi davvero che dopo la tua morte continuerò a stare da sola?- le dico pungente, so che è un tasto dolente per entrambe ma oggi sta davvero rompendo.
-Quando sarò morta potrai fare quello che ti pare, ma ora sono qui e decido io.- Dice fredda. Ma perché mi sta dicendo tutto ciò?
-Perché non vuoi che rimanga?-
-Perché vi ho beccati nella doccia, credo possa bastare.- Sbotta incazzata.
-Allora andrò da lui per una settimana, sappi che l’unico motivo per la quale siamo qui e non nella sua villa è perché volevo stare con te.- Mi alzo e le prendo il computer di mano dirigendomi in camera. Vedo Harold Edward Styles disteso sul letto con il telefono in mano.
-Ti dispiace se ci spostiamo a casa tua?- gli dico sedendomi sul letto a gambe incrociate con il computer sopra la gambe.
-Mi odia?- si tira su e guarda la foto con me.
-Già, comunque sono belle.- Mi volto verso di lui e gli sorrido.
-Merito della modella.- Ricambia e mi lascia un leggero bacio sulle labbra.
-Perché lo fai?- mi tiro indietro.
-Cosa?- come può non capire, mi bacia come se stessimo insieme!
-Perché continui a baciarmi in questo modo?-
-Non lo so.- Dice amareggiato.
-Sono baci da fidanzati o comunque da persone che si amano e non vogliono altro se non amore. Fra me e te ci sono solo attrazione fisica e odio.- Dico fredda.
-Come con tutte le altre.- Sussurra a se stesso. Perché? -Scusa, non volevo. Non so cosa mi sia passato per la mente. Prepara la tua roba.- Fa un sorriso palesemente falso e si alza dal letto.
 

Give me a moment.

*arriva canticchiando*
come butta?
lasciando stare i miei problemi di personalità, volevo ringraziarvi per le recensioni all'ultimo capitolo **
allora... in questo capitolo abbiamo un cambiamento, ci sposteremo in una bella villa... quindi credo sia un cambiamento in meglio.
se c'è qualcuna di voi che sa cosa sta succedendo a Styles potete benissimo provare a dirmelo in una recensione.
in ogni caso, continuo a 3 recensioni :)
al prossimo capitolo :)

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Capitolo 12
*** Chapter 11 ***


 

Chapter 11

Esperienza è il nome che tutti danno ai propri errori.
                                                                                                              -Oscar Wilde
 
Arrivati a casa sua come prima cosa mi mostra la mia stanza, che è grande come la cucina e il salotto di casa mia messi insieme. A primo impatto rimango a bocca aperta. Voglio stabilizzarmi qui a vita.
-Che ne pensi?- si butta sul letto orgoglioso.
-Cosa ne penso? È quello che ogni ragazza sogna!- dico sconcertata. C’è un bagno solo per me, il letto è matrimoniale, ci sono due armadi, uno specchio grande e uno piccolo sopra una scrivania che regge un computer. Cioè è quello che chiunque sogna, è meglio di un Hotel a cinque stelle. Lui sorride fiero di se stesso. E io mi avvicino stendendomi sul letto.
-E’ pure comodo!- urlo rannicchiandomi fra i cuscini.
-Ti pare che ti do un letto scomodo?- ride lui.
-Saranno i sei giorni migliori della mia vita.- Dico sognante guardandolo. Già mi immagino la colazione a letto, o avere un bagno tutto mio… si mi stabilizzerò qui in un modo o nell’altro. -Mi sposi?- gli domando.
-Certo.- Sorride lui.
-Dico sul serio, io non voglio spostarmi più da qui e l’unico modo per farlo è sposarti.- Mi sistemo sedendomi a gambe incrociate. Lui si gira su un fianco e rimane a guardarmi. Non so quale sarà il mio pensiero su di lui fra una settimana ma so per certo che sarà ben diverso da quello che avevo fino all’altro giorno.
-Domani in chiesa verso le tre?- mi domanda sorridendo.
-Ma anche ora.- Rido io alzandomi e aprendo l’armadio, non avrò mai abbastanza vestiti per riempirlo tutto.
-I miei sono fuori a cena, che vuoi mangiare?- mi domanda alzandosi e dirigendosi verso la porta.
-Sorprendimi!- gli urlo distrattamente mentre guardo la stanza.
-Tra mezzora in sala, se ti perdi tira un urlo o chiamami.- Chiude la porta, aspetta. Lo rincorro fuori dalla porta.
-Io non ho il tuo numero.- Gli poso una mano sulla spalla e gli do il telefono.
Quando mi ha salvato il numero riprende la sua strada ed entra nella sua stanza che è infondo al corridoio. Io ne approfitto per fare qualche giro. Si, c’è proprio bisogno di un telefono per comunicare qui.
Mi ritrovo nella sala cinema ed è più forte di me sedermi in una di quelle poltrone e accendere il proiettore. Cerco un film e alla fine opto per ‘The Avengers’  e mi accoccolo sulla poltrona con i pop-corn che ho preso alla macchina apposta infondo alla sala. –si signora ha capito bene: macchina per i pop-corn. Io rimango qui a vita.- Dopo venti minuti mi arriva un messaggio di Harold Edward Styles che mi chiede dove sono. Gli dico di raggiungermi in sala cinema e nel giro di cinque minuti è già arrivato.
-Non hai fame?- mi domanda alle mie spalle ancora all’entrata della sala. Io come risposta gli alzo il sacchetto di pop-corn senza degnarlo di uno sguardo, la mia attenzione va tutta al film e alla calzamaglia di Capitan America. –signora vedo che lei ha capito cosa intendo.- Lo sento ridacchiare e avvicinarsi. Con la mano mi fa cenno di fargli posto e dato che la poltrona è enorme non pongo obiezione.
Si siede affianco a me e io porto le ginocchia al petto accoccolandomi a lui.
-Giù c’è la cena.- Mi dice a metà film.
-Cosa c’è da mangiare?- non credo che riuscirei a mangiare altro, questi pop-corn mi hanno riempita abbastanza.
-Aragosta.- A quelle parole balzo in piedi e lo osservo.
-Stai mentendo?- assottiglio gli occhi con fare indagatore. Scuote la testa e io gli afferro una mano portandolo fuori di li. -Dov’è la cucina?- lui mi guarda ridendo e mi accompagna fino alla sala da pranzo. C’è un cameriere che ci serve e… oddio sembra di stare in un film, manca solo l’omicidio. Inizio a mangiare e so che domani vomiterò per colpa di tutto questo cibo, però cerco di essere elegante e mangio con calma e grazia.
Chissà che sta facendo mamma. Mi dispiace di averla lasciata a casa da sola, ma l’ha voluto lei. Johanna, goditi l’aragosta e falla finita.
-Avevi mai mangia…-
-No.- Lo interrompo prima che possa finire la frase. Ma ti pare che l’avevo già mangiata? Non sono mica come lui io. Inizia a ridere.
-Potremmo metterla nel menù del matrimonio.- Continua a mangiare.
-Vedo che sai come conquistare una ragazza.- Rispondo divertita.
-Me la cavo.- Si stringe nelle spalle e sorridiamo entrambi. La cena continua e ogni tanto facciamo battutine, è piacevole passare il tempo con lui. Credevo che fosse un montato ma a quanto pare l’avevo davvero giudicato male, ti prego dimmi che non l’ho detto. Finirà male, già lo so.
Entrambi i nostri cellulari suonano contemporaneamente, il che è abbastanza inquietante a mio dire. Da me c’è Niall e da lui Megan.
-Dimmi.- Continuo a  mangiare.
-Domani non posso passere a prenderti, vado da Caterine.- Sta mangiando anche lui. Mi ero scordata di lui, non diteglielo.
-Meglio, sono da Styles per tutta la settimana.-
-Non eravate a casa tua?- mi domanda curioso.
-Mamma lo odia, ci ha beccati sotto la doccia.- Abbasso un po’ il tono di voce, si sa mai tutte le cameriere pettegole che ci sono qui in giro.
-Cosa?- lo sento sputare.
-Non stavamo facendo niente, ti racconto meglio domani a scuola se la tua fidanzata gradisce la mia presenza.- Dico seccata, di solito tutte le sue ragazze mi odiano, per motivi a me sconosciuti o per il semplice fatto che lui mi preferisce a loro. Il che non mi importa dato che anche a me stanno tutte antipatiche.
-Ecco, vedi a Cat non piace molto l’idea di te e me insieme… ci vediamo appena la mollo, okay?- divertente.
-Come faremo quando troverai la ragazza giusta?-
-Quella giusta ti adorerà, e allora non avremmo nessun tipo di problema.-
-D’accordo, ci vediamo prima o poi allora.- Rido e riattacco. Mi accorgo che Harold Edward Styles ha già finito la sua chiamata da un bel po’.
-Era Niall?- annuisco.
-Chi era?- accenno con la testa al suo telefono sopra il tavolo.
-Megan, suo padre mi ha invitato a pranzo li.- Dice seccato.
-La scuola è distante da qui, come ci arrivo?- finalmente ho finito l’aragosta.
-Domani mattina ti accompagno io, a che ora esci?- sembra disponibile.
-Alle quattro, puoi venire?- faccio gli occhioni dolci.
-Certo.- Sorride e si alza, io rimango abbastanza confusa. -Vieni.- Mi fa cenno con la mano di seguirlo. Torniamo nella sala cinema e finiamo il film.
Rimaniamo li a guardare i titoli di coda, sto letteralmente morendo dal sonno ma lui sembra ancora perfettamente lucido, abbastanza da intraprendere una conversazione. -Che hai intenzione di fare dopo il diploma?- mi accarezza i capelli. -Tecnicamente vuole diventare fotografa.- Dice una voce maschile alle nostre spalle. -Che ci fate qui?- è il signor Styles.
-Qui è più comodo di casa sua.- Dice Harold Edward Styles ridendo.
-Quindi siete già alla convivenza? A quando le nozze?- domanda divertito.
-E’ un esperimento, credo che lei mi odi ancora.- Dice come se non ci fossi.
-E allora perché è fra le tue braccia?- il maggiore mi indica.
-Sta per addormentarsi, credimi questa se ne sarebbe già andata se non fosse per l’aragosta.- Ma si rendono conto che ci sono anche io?
-Bella mossa l’aragosta, vedo che hai imparato.- Gli fa l’occhiolino.
-Scusate? Ci sarei anche io qui.- È abbastanza scocciante. Il minore mi lascia un bacio sulla fronte e poi accarezza il punto sfiorato dalle sue labbra con il naso.
-Lo so, come posso dimenticarmi che sei qui?- hey, ma che sta succedendo?
-Ehm… okay.- Dico allontanandomi.
-Ragazzi, io e Anne andiamo a letto. Non tenete troppo alto il volume.- Dice uscendo dalla sala e richiudendo la porta.
-Credo che andrò a dormire anche io.- Dico alzandomi, sono tutta dolorante e neanche stiracchiandomi mi sento meglio. Si alza anche lui e mi bacia la guancia per poi stringermi a se, io sciolgo in fretta l’abbraccio e esco dalla stanza. -Notte.- Dico per poi richiudere la stanza. Ma che problemi ha? Devo chiamare Niall, assolutamente.
-Pronto?- è assonnato.
-Niall, ho bisogno di un parere maschile.- Mi rannicchio sotto le coperte e lo sento sbadigliare, ma sto ragazzo dorme e mangia tutto il tempo?
-All’una di notte? Fanculo, parliamo domani.- Sbotta incazzato.
-Ma domani c’è Cat!- gli dico seccata, ma ti pare che ora non posso neanche più parlare con il mio migliore amico?
-Troverò un modo, basta che mi lasci dormire. Notte.- Non faccio a tempo a rispondere che ha già messo giù. Perfetto.
La mattina dopo Harold Edward Styles mi accompagna a scuola e io cerco di evitare ogni contatto, sono troppo confusa per parlargli. Sto smontando quando lo sento prendermi per un polso, a primo impatto sussulto e sinceramente ho paura di cosa possa accadere. -Alle quattro, giusto?- domanda confuso e io ringrazio il cielo per avermi assistito.
-Si, ma ti conviene arrivare cinque minuti prima sennò non trovi posto.- Gli sorrido e scendo. -Ciao.- Dico andandomene, lui accende la macchina e parte.
Come prima cosa cerco Niall, ho l’immediato bisogno di parlargli, e lui ha promesso che troverà un modo per farlo. Lo intravedo davanti all’armadietto di Cat mentre di baciano. Mi avvicino e attiro la sua attenzione tossendo.
-Un attimo solo.- Torna a baciarla.
-Cazzo Niall, hai tre secondi poi vi stacco io con la forza.- Sbotto seccata, lo sa che odio aspettare. Lui si gira di scatto e lei ovviamente si offende.
-Scusa non avevo capito che fossi tu.- Sorride e mi abbraccia, io lo stringo ancora più forte e davanti ai miei occhi c’è Cat abbastanza infuriata.
-Devo parlarti.- Mi stacco e lo guardo per fargli capire che la cosa è seria, lui si gira a e bacia leggermente Cat. -Ci vediamo a pranzo.- Le dice.
-Niall, te l’avevo già detto: lei o me. Scegli.- Dice battendo ripetutamente il piede per terra con fare nervoso, ovvio sa già che lui sceglierà me.
-D’accordo, ed è così che finisce una storia d’amore.-  Prendo la mano di Niall interrompendo il silenzio e andiamo in giardino.
-Rimarrò  zitello a vita.- Si lamenta sedendosi sul prato.
-Non ti preoccupare prima o poi ne troverai una simpatica.- Mi stringo nelle spalle. Lui mi punta un dito al petto con fare minaccioso.
-Vorrei fare un po’ di esperienza in campo sentimentale.- Gli scosto il dito.
-Ma se hai avuto centinaia di ragazze!- urlo divertita.
-E’ diverso, mi sono fatto un centinaio di ragazze. Quando arriverà quella giusta non saprò comportarmi fuori dal letto, lo capisci che ho bisogno di esperienza?-
-Esperienza è il nome che tutti danno ai propri errori.- Gli passo una mano sulla guancia. Lui sbuffa.
-Non iniziare con Wilde, sei tu la mia esperienza peggiore.- Rido ma lui sembra ancora abbastanza serio. -Devi fare in modo di stare lontana dalle mie future ragazze.-
-Andiamo Niall sappiamo entrambi che saresti tu a cercarmi. Comunque ho un problema.- Lui sorride compiaciuto.
-Ma che novità.- Dice ironicamente.
-Ascoltami, Harold Edward Styles fa il tenero con me, ma non tenero tipo non mi insulta. Ma tenero tipo mi bacia la fronte, mi accarezza mi dice cose dolci. Fa paura, si comporta come se fossimo fidanzati.- Lui spalanca gli occhi.
-Tu mi hai fatto mollare con Cat per questo? Fanculo.- Si alza e prende il suo zaino. Io lo guardo confusa e lo fermo per un polso. -E’ logico che gli piaci, perché senno sarebbe diventato geloso quando ti ho baciata? Ora mollami che vado a cercarla.- Sbuffa e va via.
-Vuoi veramente tornare con lei?- urlo.
-Sempre meglio di te.- Ride, andrà a finire proprio come con tutte le altre, già lo so. Entro nella classe di storia, ma sinceramente la mia attenzione è pari a zero sono troppo impegnata a pensare a ciò che mi ha detto Niall, io gli piaccio. Io gli piaccio? Non che questo mi piaccia, anzi mi rompe abbastanza. Si è simpatico ma io non provo nulla per lui se non una leggera tolleranza, o amicizia se coì volete chiamarla, ma niente di più.
Le lezioni finiscono non proprio in fretta, anche perché a pranzo mi tocca stare da sola perché Niall è di nuovo con Cat. Quando esco lo vedo appoggiato alla macchina che parla con un paio di ragazze, fa conquiste pure qui?
-Hey!- lo saluto salendo in macchina.
-Scusate ragazze, devo andare.- Da un bacio ad ognuna di loro sulla guancia e monta in macchina, le due sedicenni sembrano in paradiso e se ne vanno saltellando, io rido per la scena.
-Come ci riesci?- gli domando divertita.
-Talento personale.- Si stringe nelle spalle e poi si sporge per baciarmi la guancia. Io mi scosto in fretta. -Cosa stavi per fare?-
-Salutarti?- come se fosse ovvio. -E ieri sera? Perché sei così gentile con me?- domando distaccata.
-Dovrei comportarmi da stronzo? Se è questo che vuoi…- è confuso.
-No, ma non capisco perché lo fai.-  Lui è quello viziato e arrogante, dovrebbe comportarsi male con me.
-E’ per questo che viviamo insieme: dovevo dimostrarti che non sono quello che credi.- Sembra offeso, in effetti ha ragione.
-Scusa, non ci avevo pensato.- Sorrido e cerco di prendere la cosa alla leggera.
-Tu rimani sempre quella che giudica troppo preso.- Ride e accende la macchina.
-Quindi questo è… il vero Harold Edward Styles? Gentile e premuroso?-
-Non proprio così tanto ma si.- Si stringe nelle spalle.
-Ma le altre dicono che sei antipatico.- Sono quasi arrabbiata, non ci capisco niente.
-Le altre non mi conoscono, non ci hanno mai provato. Per loro sono quello che vogliono i loro padri, e automaticamente divento antipatico.-
-Oggi dovevi andare a mangiare da Megan?- domando titubante.
-Si, abbiamo detto ai suoi che non stiamo insieme da mesi ormai.-
-E come l’hanno presa?- fa una smorfia di disapprovazione. -Non molto bene. Ma alla fine se la sono messi via.- Fossi stata nei genitori di Megan mi sarei fatta delle domande, insomma obbligano la propria figlia a stare con un ragazzo che non le piace per mesi e tutto quello che sanno fare è arrabbiarsi? E’ assurdo, davvero assurdo.
 
 

Give me a moment.

*soffia in una di quelle trombette da festa*
non sono in ritardo *O*
meraviglioso, davvero meraviglioso.
in ogni caso, che ne dite della storia? insomma è questo quello che importa.
come sempre, continuo a 3 recensioni :)

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Capitolo 13
*** Chapter 12 ***


 

Chapter 12

 
-Vi siete mai amati?- non so da dove mi esca questa domanda ma glie la faccio lungo la via di casa sua.
-All’inizio si, ma non era proprio amore… ci piacevamo. E quando suo padre ha scoperto chi ero è diventato tutto un casino, dopo un po’ abbiamo capito che non eravamo fatti l’uno per l’altra ma era troppo tardi.- Ne parla come se fosse un film horror. In effetti non deve essere stato bello neanche per Megan, insomma non poter stare con chi si ama veramente per colpa di una finta.
-Io al posto vostro sarei scappata.- Sbuffo, troppa pressione.
-Magari.- Dice sognante. -Ma finalmente è finita.- Scrolla le spalle e parcheggia nel vialetto, prende la mia cartella ed entriamo.
-Devi studiare?- appoggia la mia cartella a terra. -Domani ho verifica di diritto e economia.- Dico schifata. -Quella mi boccia quest’anno.-
-Lo sai che hai davanti uno studente di giurisprudenza?- si siede sul divano divertito. I miei occhi si illuminano, non ci avevo pensato. Prendo il libro e mi siedo a gambe incrociate affianco a lui, vado alla pagina giusta e glielo porgo.
-Oddio, hai beccato l’unica cosa in cui non sono bravo, alle superiori mi sono abbassato la media per questo argomento.- Mi poso una mano sulla faccia.
-Quanto abbassata?- c’è ancora un po’ di speranza in me.
-Bhè avevo la media del nove e in questo ho preso sette e mezzo, mi sono rovinato.- Strabuzzo gli occhi. -Mi prendi per il culo? Pagherei oro per un sei e tu ti lamenti di un sette e mezzo? Inizia a spiegare.- Poso un dito sul libro e le mie parole risultano come un ordine ma si mette a ridere e poi inizia a spiegarmi.
Risulta tutto più facile, ma dopo un po’ sono costretta a guardare altrove perché i suoi lineamenti mi distraggono, come gesticola con le mani, la sua parlata lenta, come mi fissa le labbra quando gli faccio una domanda o lo fermo per farmi spiegare meglio, ogni cosa di lui mi distrae quindi prendo il libro e seguo da lì.
-Ma come puoi studiare questa roba?- potrei vomitare.
-Se smetti di pensare che è difficile diventa anche bella.- Sbuffo, non sarà mai bella. Rosa –la cameriera personale, pff.-  arriva e si siede sul divano per vedere la sua soap-opera preferita. Tecnicamente le domestiche non potrebbero ma lavora qui da molti anni e con il tempo è riuscita a farsi concedere un ora tutti i pomeriggi per guardarla. Io e Harold Edward Styles rimaniamo li con lei a guardarla, al meno fino a che lei non ci caccia perché ridevamo troppo. No ma davvero quella donna riesce a guardare un telefilm spagnolo dove la gente resuscita addirittura? C’hanno fantasia sti scrittori d’oggi.
-Piantala di ridere o viene qui a picchiarci.- Dico buttandomi sul suo letto. Camera mia la stanno rifacendo ora quindi non posso andarci, ancora rido.
-Piantala tu Rosalita, non capisci che Pablo è risorto solo per amore verso Cristina e che io devo ucciderla perché lo amo anche dopo che mi ha abbandonata con un figlio?- rido ancora di più, è identico a quegli attori del cavolo che neanche sanno dire bene i loro nomi. Si stende affianco a me ridendo.
-Ti prego basta, mi fa male la pancia.- Mi poso entrambe le mani sulla pancia e mi metto su un fianco per guardarlo. Ha ancora un sorriso stampato in faccia, ci sono anche le fossette e si vedono i denti. Ha il sorriso più bello che io abbia mai visto, anche la sua risata è meravigliosa. Posa una mano sulla mia guancia, e mi accarezza dolcemente. -Che stai facendo?- dico cercando di regolare il respiro, ancora mi fanno male le mascelle per quando ho riso. -Niente.- Si avvicina e sento il suo respiro sulle labbra. -Se questo è il tuo niente, non voglio sapere com’è il tuo qualcosa.- Sorrido. -Perché devi rovinare tutto?- sbuffa e si riallontana, ora siamo ognuno su un lato del letto e ci guariamo. -Tanto non stavi facendo niente.- Rido io. Non voglio che succeda qualcosa fra di noi, io sto ancora aspettando il vero amore e sicuramente non è lui, quindi non voglio illudermi.
-Sei una guastafeste, se al posto tuo ci fosse stata una qualunque altra a ragazza ora sarei già nudo.- Si mette con la pancia verso l’alto. -Cos’è ora che sei senza Megan hai paura di rimanere in astinenza?- non riesco a smettere di ridere. Lui fa una finta risata e si siede alla scrivania aprendo un libro.
-Non dirmi che ti sei offeso!- mi alzo e poso la testa sulla sua spalla. -Andiamo Harold Edward Styles, non puoi offenderti per così poco.- Mi siedo affianco a lui. -Perché mi chiami ancora con il mio nome completo?- non so cosa rispondere. In effetti nei miei pensieri lo chiamo sempre con il  suo nome completo, è abbastanza bizzarra come cosa. Faccio un’espressione confusa. -Non ne ho idea.- Sussurro terrorizzata. Perché lo faccio?
-Sono Harry, mettitelo in testa.- Sorride.
-Si ma Harold Edward Styles è più affascinante.- Che cazzo ho detto?
-Più affascinante?- domanda divertito e compiaciuto.
-Problemi se trovo il tuo nome completo affascinante?- Tappati la bocca.
-No, ma sei la prima probabilmente.- Ecco appunto, ora crede che io sia pazza.
-Non ci credo, probabilmente sono la prima a dirtelo, ma a pensarlo no di certo.- Cerco di difendermi il meglio possibile, ma non sono poi così convincente mi sa. -Sei strana.- Sorride e io mi stringo nelle spalle e guardo il libro. -Cos’è?- cerco di cambiare discorso.
-Letteratura inglese.- Dice scocciato, d’accordo non gli piace letteratura inglese.
-Perché la fai? Non centra niente con giurisprudenza.- Lo guardo confusa.
-Dovevo scegliere un altro corso e questo era quello meno brutto.-
-Cioè tu trovi bello imparare a memoria degli articoli e brutto leggere brani che hanno fatto la storia della nazione?- ha dei seri problemi.
-Deduco che ti piace la letteratura inglese.- Sorride, ma che genio.
-Diciamo che mi piace soprattutto il prof di letteratura inglese, ma anche la materia fa la sua buona parte.- Dico ironicamente sfogliando il libro.
-Non sapevo che ti piacessero i vecchietti.- Ha di nuovo le stesso tono che usa quando parliamo di Niall.
-Infatti, ma ha avuto problemi per colpa dell’età e a sostituirlo c’è un neo laureato con la voce sexy.- Continuo a sfogliare il libro e sento il suo sospiro sul collo. -Come la mia.- sussurra, si proprio come la sua. No, forse quella di Harold Edward Styles è ancora più sexy, forse è il suo tono caldo e basso, il modo con cui il suo respiro pesante si sentirebbe anche infondo alla strada, il fatto che è roca, tutto la rende estremamente sexy. -Finche te lo dici da solo.- Perché deve sempre mettermi in situazioni imbarazzanti?
-Sei impossibile.- Si risiede sulla sua sedia fregandomi il libro.
-Sei tu quello che si ostina a provarci con me, credevo di avertelo detto che io non mi innamoro dei ragazzini viziati e sfacciati.- Faccio una smorfia e a lui scappa un sorriso. La porta si spalanca ed entrano i tre ragazzi dell’altro giorno, parlando di ragazzini viziati…
-Hey Hazza!- lo salutano senza calcolarmi. Che significa Hazza? È tipo un gioco?
-Ciao, che ci fate qui?- sembra confuso.
-E’ martedì, il martedì guardiamo sempre un film.- Tranquillamente si siedono sul letto. Lui sembra ricordarsi improvvisamente. -Ti dispiace se guardiamo un film?- fa gli occhi da cucciolo.
-Magari vi raggiungo dopo, devo finire di studiare.- Gli dico alzandomi, lui mi ferma per un polso e mi abbassa fino a raggiungere il suo volto, mi lascia un bacio sulla guancia, uno di quelli con schiocco che ti fanno impazzire. -Fai in fretta e cerca di non perderti.- Sussurra facendomi venire i brividi, sorrido con non-calanche e faccio un cenno con la mano agli altri uscendo. Quel ragazzo mi farà svenire.
Arrivata in sala vedo che Rosa adesso sta guardando un’altra soap e questa è ancora più stupida. Prendo i libri e mi siedo sulle scale cercando di ripassare.
Harold Edward Styles è stato abbastanza esauriente nelle spiegazioni, quindi ci metto poco. La cosa che più mi terrorizza è che la verifica è domani alla prima ora e io sarò addormentata, ma quella deve farla alla prima in modo da consegnarcela alla sesta ora. Fatto sta che non riesco più a ripassare quindi decido di andare nel piccolo cinema personale della famiglia Styles.
Appena apro la porta si girano tutti, forse è colpa della luce quindi la richiudo subito. Mi vado a sedere sulle gambe di Harold Edward Styles, in effetti devo smettere di chiamarlo così, dato che non ci sono altre poltrone libere. Non sembra che a lui dispiaccia poi tanto, mi accoccolo a lui e poso una mano e la testa sul suo petto, lui mette un braccio attorno alle mie spalle e continuiamo a guardare il film. Si tratta di Batman, non ho mai adorato quel film, ma a dire la verità la mia attenzione è tutta sulle mani di Harold Edward Styles che disegnano figure a caso sulla mia coscia scoperta dato che indosso ancora l’uniforme scolastica. Quando mi volto a guardarlo lui è sempre preso dal film, quindi dopo un po’ ho dedotto che è come un’azione inconscia, o al meno spero che sia così. Il film finisce e uno dei tre ragazzi si mette a cantare la colonna sonora in maniera abbastanza ridicola, facendoci ridere tutti. Il ragazzo che invece è andato a letto con la nipote della signora e che aveva paura di me è nella poltrona affianco a quella dove sono io e continua a parlare con Harold Edward Styles, sembrano molto affiatati.
-Allora, Johanna giusto?- domanda incerto, io annuisco. -Ti piace Harry?- un sorrisino malizioso gli si stampa in faccia, cioè questo non sa neanche il mio cognome e mi fa ste domande? Il diretto interessato gli tira un amichevole pugno sulla spalla e lo rimprovera. -Lou, ma che dici? Scusalo lui è sempre così.- mi sorride.
-Non ti preoccupare, comunque credo possa essere un buon amico, ma niente più.- Mi rivolgo a lui questa volta. Però bisogna ammettere che sono tutti carini sti ragazzi, mi sa che vale la regola del viziato è affascinante. Lui guarda Harold Edward Styles con una faccia confusa. -Davvero?- domanda ancora.
-Si.- Rispondo testa divertita. -Credo tu sia la prima.- Si gratta il mento con una mano, come se stesse cercando di capire qualcosa. -Hazza è innamorato!- urla tutto ad un tratto girandosi verso gli altri due che si avvicinano in fretta. Mi osservano attentamente e poi se ne escono con - Credevo avessi gusti migliori.- Dice uno dei due. -Si, cioè passi da Megan a lei? È tipo un insulto.- Aggiunge l’altro. -Non è così brutta, e poi è divertente.- No scusate, perché non li contraddice?
-Ma se è sempre acida con noi.- dice il tizio seduto affianco a noi.
-Con voi! Con me è carina.- Borbotta Harold Edward Styles, ancora non capisco perché non li contraddice. L’unico motivo sarebbe se loro avessero regione… no ma che pensieri faccio, però infondo lo ha detto anche Niall. Ti prego fa che mi odi con tutte le sue forze.
-Sta di fatto che hai avuto ragazze più carine e cortesi di lei.- Aggiunge uno dei due ragazzi in piedi davanti a noi. Si rendono conto che ci sono anche io?
-Non capisco perché sprechi il tuo tempo con lei.- Continua l’altro.
-Ma l’avete vista? È adorabile, e non potete paragonarla a Megan.- Cerca di difendersi lui.
-Rimango dell’idea che non ha nulla per cui valga la pena impegnarsi tanto.- Ora mi incazzo, come si permettono?
-So di non essere miss universo o di non essere il modello di ragazza elegante e gentile, ma non sono un mostro a cui stare alla larga!- sbotto alzandomi. -E se sono scortese con voi ci sarà un motivo, no?- aggiungo puntando il dito sul petto di uno di loro. -Johanna, non picchiarlo.- Dice Harold Edward Styles. -Per quale motivo non dovrei farlo?- sbotto stanca. Lui mi guarda comprensivo.
-So che sono insopportabili, ma loro sono miei amici.- Calca sulla parola amici, il che mi fa capire che sono davvero amici e che non sono obbligati a stare con lui.
Questo mi frena, torno a sedermi sulle sue gambe ma ho voglia di urlare, quindi mi rannicchio su di lui come una bambina piccola nascondendo la faccia contro il suo petto. Sento che mugugna qualcosa agli altri e capisco che gli sta chiedendo di cambiare discorso, mi tormenta il perché lui non li abbia contraddetti.
Si, lui è carino e simpatico e affascinante e tutto quello che ci volete mettere, ma non siamo in un film d’amore, non andremmo mai d’accordo e poi no, lui non mi piace e sicuramente non inizierà a piacermi solo perché io piaccio a lui. Mancano ancora cinque giorni… che Dio mi aiuti.
 
Give me a moment.

Buonasera **
allora, vi avverto che sono così puntuale solo perchè una di voi domani parte.
E quindi io sono così gentile da postare prima il capitolo, in modo che lei lo possa leggere.
Le auguro buon viaggio, se incontri uno di loro spero che tu ti faccia fare un autografo anche per me uu
In ogni caso... sono felice che recensiate, mi fate sentire amata (?)
Johanna è molto testarda, credo... no, io so che non si innamorerà facilmente.
Come sempre continuo a 3 recensioni.
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 14
*** Chapter 13 ***


Chapter 13

Il segreto nel rimanere giovani sta nell’avere un’sregolata passione per il piacere.
                                                                                                                                                    -Oscar Wilde.
 
Harold Edward Styles sta salutando i suoi amici e io me ne sto rannicchiata sul divano, in attesa che torni e mi interroghi in diritto ed economia, ho davvero bisogno di quel bel voto. Il problema è che sto crollando, sono le undici e vorrei solo dormire perché so che domani mattina non avrò abbastanza forze per fare bene il compito, ma se non ripasso ora non lo farò bene lo stesso. Questi sono i traumi della vita, quando sei fottuto in entrambe le direzioni.
-Vieni, andiamo a letto.- Dice prendendomi in braccio.
-Devi interrogarmi.- Cerco di porgli obbiezione ma i miei pugni sono come carezze. Mi porta fino alla camera e mi lascia affianco al letto. -Io vado a mettermi il pigiama, tu fai lo stesso e quando torno ti faccio un paio di domande, okay?- mi accarezza la guancia sorridendo ed esce dalla porta. Mi sorge un problema quando ormai sono in intimo… io non ho un pigiama, io dormo così. Sono troppo addormentata per cercare una tuta così vado in camera di Harold Edward Styles e se fossi stata più sveglia probabilmente gli sarei saltata addosso visto che indossa solo i boxer, ma nella realtà lo guardo di striscio e mi dirigo verso il suo armadio, prendo una maglia a caso ed esco senza dire una parola lasciandolo a bocca aperta. Torno in camera mia e mi stendo sotto le coperte. Ho gli occhi chiusi quando lui arriva e lo sento ridacchiare, si avvicina a me e mi lascia un bacio sulla fronte per poi allontanarsi. -Harold?- lo chiamo con la scarsa razionalità che mi rimane. -Rimani qui?- si sono proprio addormentata. Sento dei passi venire verso di me, le coperte che si alzano e fanno entrare il freddo dove prima mi ero tanto impegnata a creare il caldo, i pantaloni della sua tuta che mi sfiorano le cosce nude, le sue braccia che mi circondano, il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto la mia testa, il suo respiro sfiorarmi i capelli, le sue dita disegnare cerchi immaginari sulla mia spalla e le sue labbra sfiorarmi la fronte. Da tanto non mi sentivo così, da tanto non abbracciavo qualcuno per il piacere di farlo, da tanto non dormivo affianco a qualcuno solo per non sentirmi sola, per paura del buio, della notte, di quello che il mondo può fare. Da tanto non sentivo delle braccia stringermi in questo modo, tanto tempo quanti gli anni passati dalla morte di papà, troppi anni. Neanche Niall mi abbracciava più così, ormai ci dovevamo consolare a vicenda, con Harold Edward Styles invece mi bastava lasciarmi cullare dai miei pensieri e tutto si risolveva.
A svegliarmi è quella maledettissima suoneria al cellulare, aspetta la mia sveglia è ‘Paradise’ dei Coldplay, questa invece è ‘Skyfall’  di Adele… mi siedo sul letto e prendo il cellulare. Tre chiamate perse Niall, perché questo mi chiama alle otto di mattino? Otto di mattino? Cosa?
-Oddio, sono in ritardo, mi sono appena svegliata. Dì alla prof che avevo una visita ma arrivo subitissimo.- Riattacco subito senza neanche sentire la sua voce. Mi alzo e mi metto l’uniforme, lego i capelli in una coda alta e decido di non truccarmi. Non ho tempo per queste cose, salto addosso a Harold Edward Styles.
-Svegliati! Ho verifica fra due minuti.- Lui sobbalza e mi guarda confuso. -La sveglia non è suonata, muoviti o tutto il lavoro di ieri sarà stato inutile.- Io corro giù per le scale e mi metto le scarpe, lui arriva strofinandosi la faccia e in pantofole. Gli poso una mano sulla schiena e lo spingo avanti. -Ho capito! Lasciami capire chi sono al meno.- Sbraita ancora addormentato. -Ora sei il mio autista, veloce.- Urlo mentre saliamo in macchina.
Arrivati davanti alla scuola gli lascio un bacio sulla guancia e mi slaccio la cintura, ma ovviamente quel tipo deve fare tutto per bene, no? Mi prende il viso fra le mani e mi bacia la fronte, ha ancora gli occhi gonfi e il viso leggermente arrossato per colpa del cuscino. -Buona fortuna.- Lo dice con una tale gentilezza che io mi immobilizzo davanti ai suoi occhi e annuisco leggermente. Mi lascia la testa e io scappo fuori ancora mezza incantata dai suoi modi gentili e inaspettati.
Entro nella classe correndo, ho solo un quarto d’ora di ritardo ma la prof ha lo stesso un’espressione omicida.
-Signorina Brown, se le sue visite mediche consistono in occhiate dolci allora non credo di poterla giustificare.- Dice battendo ripetutamente la penna sulla cattedra. Rimango confusa dalle sue parole, come fa a saperlo? Poi mi accorgo che le finestre dell’aula danno sul parcheggio davanti alla scuola, cazzo.
-No, in realtà…- non mi lascia finire. -Sono stata giovane anche io, cosa crede? A me ora basta che ammetta che è arrivata in ritardo per il suo fidanzato e non per una visita medica.- Ma oh! Pure la supponente?
-Ha capito male, lui non è il mio fidanzato.- Sorrido cercando di sembrare convincente. -Questo non le fa fare bella figura signorina Brown, passare la notte con sconosciuti non è una cosa onorevole. E inoltre..- la interrompo subito.
-E’ solo un amico e frequenta l’università, per questo nessuno mi ha svegliata, i suoi lavorano e si sono svegliati molto prima.- Dico andando al mio posto dopo aver preso un foglio dalla cattedra. La sento mugugnare qualcosa ma alla fine si zittisce. La verifica risulta una cavolata, in mente ho tutte le soluzioni registrate con la voce di Harold Edward Styles, quella voce. Dio mi sta distraendo.
Quando esco da scuola un magnifico ragazzo con tanto di Ray-Ban mi aspetta appoggiato alla sua auto nera circondato da qualche cheerleader. Ha sempre quell’aria da sfacciato e estremamente tranquilla, come se potesse fare tutto e subito.  Mi avvicino a lui e alzo una mano per farmi notare dalla massa di ragazzi intenti ad ammirare l’auto, dato che non mi nota continuo a camminare fino a che non si accorge della mia esistenza.
-Hey Johanna!- mi chiama con un’enorme sorriso. Faccio un cenno con la testa e gli vado in contro, mi stringe a se e il suo profumo mi stordisce momentaneamente. -Come è andata?- mi domanda lasciandomi andare, ma non mi fa finire di parlare che saluta le ragazze ed entra in macchina seguito da me.
 
-Spara un numero a caso.- dico fiera di me stessa. - Non dirmi che sei riuscita a prendere sei!? Complimenti piccola.- dice lasciandomi un bacio sulla guancia. Perché sembra così strano che io abbia preso un bel voto? -Veramente ho preso otto e mezzo.- voglio proprio vedere la sua faccia. Spalanca la bocca e mi guarda sorpreso, si a quanto pare è davvero difficile credere che io abbia preso un bel voto. Si avvicina e mi abbraccia -Sono fiero di te.- sorride e mi stringe si più. Mi sta praticamente soffocando, ma lo lascio fare perché è piacevole. -Grazie.- dico con il poco fiato che mi rimane. -Dobbiamo festeggiare, stasera mamma e papà vanno al balletto, quindi abbiamo la casa libera e puoi invitare qualche amico.-
 
 Mi lascia e si sistema la cintura, ha davvero detto balletto? - E se invece andassimo con loro? Amo il balletto.- dico sognante. -Perché vuoi rinchiuderti in un teatro per vedere dei tizi in calzamaglia che saltano?- dice schifato. -A me piace, e poi sono io quella che deve festeggiare.- incrocio le braccia sul petto. -Se proprio vuoi, insomma okay.- mette in moto l'auto e quando siamo a casa ci dirigiamo in sala da pranzo.
 
-Che devi fare oggi?- mi domanda mangiando la sua pasta. -Niente, oggi avevo due ore buca e ho fatto i compiti.- lui alza lo sguardo.
-Da quando durante le ore di buca si fanno i compiti? Io giravo per la scuola in cerca di qualche bella ragazza.- domanda divertito, dio che razza di persona.
-Sai com'è io non posso andare in cerca di belle ragazze.- mi stringo ironicamente nelle spalle.
-Potresti benissimo essere una di quelle ragazze.- certo, io sono una di quelle che gira innocentemente in corridoio in attesa di un ragazzo che voglia scopare in un lurido bagno.
-No grazie, non ho intenzione di farlo in un bagno con un giocatore di football.- lo guardo storto.
-Io ero un giocatore di football.- dice fiero di se.
-Ora capisco molte cose.- Ridacchia ma poi si alza e apre il frigo. I miei occhi si illuminano, credevo di averla persa per sempre e invece ora è li innocente e distrutta, il destino ci ha fatte rincontrare e lo ringrazio per questo. La torta dell'anniversario, dio quant'è bella. Me ne porge una fetta e la ammiro.
-E' una torta.- dice preoccupato Harold Edward Styles.
-Mamma riconosce le sue piccole anche senza bisogno di aiuto.- dico distrattamente. Lui ride e si siede affianco a me infilando una forchetta nella glassa. -signora, l'ha visto anche lei? Insomma come ha osato?-
-Hey signorino faccio svenire tutte le ragazze, che cosa stai facendo alla mia torta?- sbotto tirando il piatto verso di me e mettendone in bocca una quantità esagerata.
-E' rimasta solo quella, dovremmo condividerla.- mi stringo nelle spalle e con ancora la torta in bocca cerco di parlare.
-Non so cosa significhi condividere una torta, questa torta, la mia torta.- Metto in bocca altra torta calcando sul ‘mia’.
-La tua torta?- dice arrabbiato. Annuisco ed emetto un suono strozzato dalla bocca piena di glassa. Amo le torte. Si avvicina di scatto e mi butta in faccia la torta rimasta sul piatto, sta sprecando la mia torta?
-Che cazzo stai facendo?- dico spalancando la bocca e alzandomi in piedi, probabilmente intravede il mio sguardo assassino ed inizia a correre. Lo inseguo fino a che non esce in giardino, fa freddo perché stamattina ha piovigginato e se esco così potrei ammalarmi, ma si tratta della mia torta e farò questo ed altro se necessario. Si ferma al centro del giardino con la canna d’acqua in mano, il giardiniere ci guarda con lo stesso sguardo che avevo io poco fa. La canna si apre e il getto mi arriva addosso proprio sulla pancia, sento la maglia diventare pesante e alzo le mani in segno di resa ma lui continua e io scappo. Inciampo sugli attrezzi da lavoro del giardiniere finendo stesa a terra. Harold Edward Styles mi guarda con sguardo superiore.
-Di chi è la torta?- domanda divertito, non gliela darò vinta così.
-Mia!- urlo rannicchiandomi per proteggermi. Il getto si riapre e lo sento ridere, la sua risata si confonde con l’acqua che mi scorre addosso. La gonna blu e la maglia bianca sono diventate pesanti e impregnate d’acqua, non ce la faccio più e mi butto a pancia all’aria ridendo, sperando che abbia pietà di me e che mi lasci in pace. Sento il getto chiudersi e lui stendersi affianco a me ancora ridendo. -Stronzo, se domani sono ammalata è colpa tua.- Gli tiro un pugno sulla spalla.
-Non volevi darmi la torta.- Dice con tono scontato.
-Potevi non sprecarla sulla mia faccia.- Sento il colletto della camicia ancora sporco di glassa, mi passo le mani sulla faccia per toglierne ancora un po’.
-Ti do una mano io.- Dice mettendosi su un fianco. Noto la sua maglia sporca di verde, strano che non stia urlando ma probabilmente non sa che l’erba non si toglie dai vestiti. Si avvicina e inizia a togliermi la glassa con un mano, piano si avvicina e inizia a posare le labbra sulla punta del mio naso.
-Che stai facendo?- domando incantata.
-Almeno una volta, stai zitta e lasciami fare.- Mi guarda seccato.
-Quindi stai facendo il tuo solito niente?- domando ridacchiando. Lui si ributta a pancia all’aria.
-Fanculo Johanna, con te non ci si può mai divertire.- Guarda in cielo. In effetti gli rovino ogni volta i piani, ma potrebbe anche impegnarsi un po’ di più se proprio ci tiene a portarmi a letto. Sembra demoralizzato, gli sto distruggendo l’autostima. Non sono così cattiva, quindi mi alzo leggermente da terra e mi sporgo verso di lui. Sei sicura Johanna? Non importa, infondo devo solo divertirmi, si tratta di provare un po’ di piacere così suo padre non mi definirà più vecchia. Mi poso sopra di lui e incontro i suoi occhi confusi. -Sei sempre più fortunato, spera solo che stavolta qualcuno non ci interrompa.- Dico sorridendo e posando le mie labbra sul suo collo.
-Sai, ieri sera non te l’ho detto, ma il tuo reggiseno è molto carino.- Posa le mani sulla mia schiena e gira la situazione mettendosi sopra di me. -Giusto, scusa se ti ho fregato la maglia.- Arriccio il naso, lui sorride e mi accarezza i capelli. Non capisco cosa aspetti a baciarmi, perché deve sempre fare tutti questi giochetti? È davvero troppo romantico. Finalmente si avvicina e sta per posare le sue labbra sulle mie, quando l’acqua ci travolge nuovamente. Ha iniziato a piovere e non poco, i miei vestiti tornano ad essere pesanti e ridiamo entrambi. Si alza e mi porge una mano. -L’ho detto che il destino non ci vuole insieme.- Ridacchio alzandomi, appena sono in piedi mi ritrovo a pochi centimetri dal suo volto. -Secondo me è tutto il contrario.- Sussurra avvicinandosi. -Perché?- domando incantata dalla situazione. -Ho solo cercato di farci aspettare fino ad ora.- Sento il suo respiro sulle mie labbra e la sua fronte sulla mia. -Per un bacio sotto la pioggia, o per vedermi ammalata?- non riesco a ragionare, neanche sulla cosa più stupida forse è colpa dei suoi ricci bagnati fra le mie mani, della sua maglia sempre più aderente per colpa della pioggia, della sue mani infondo alla mia schiena. Sta per succedere, e non so se a questo punto sarebbe solo divertimento. Lui non può essere quello giusto, non dopo sei giorni.
Posa leggermente le sue labbra sulle mie, sono calde a differenza di tutto quello che ci circonda, le sue mani percorrono la mia schiena e le mie giocano con i suoi capelli. Approfondisce il bacio, chissà con quante altre ragazze ha fatto pratica. Probabilmente è il nostro primo vero bacio, sempre se può esserci qualcosa di vero, non sono ne ubriaca ne attratta da lui, voglio solo sentire le sue labbra. Si allontana di poco per guardarmi negli occhi. -Scommetto che ti stai pentendo di avermi bloccato tutte le altre volte.- Con una mano mi sfiora la guancia spostandomi i capelli fuoriusciti dalla coda dietro l’orecchio. Sorrido spontaneamente. Si, mi sono pentita di averlo sempre bloccato. 

Give me a moment.
Mi scuso con le lettrici che non hanno potuto leggere per colpa del blocco di efp. 
Oggi che me l'hanno sbloccato ho pubblicato subito. 
Ma non è rooomanticoo? Cioè sono carini. 
Godetevi il romanticisimo di questo capitolo, perchè quello dopo sarà molto triste. 
Mi tappo la bocca. Bene, spero di non metterci molto a pubblicare.
In ogni caso continuo come sempre a 3 recensioni. 
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 15
*** Chapter 14 ***


Chapter 14

 
Amami quando meno me lo merito, perché sarà allora che ne avrò più bisogno.
                                                                                                              -Anonimo
 
Dove cazzo è l’altra scarpa? Non posso andare al balletto con le scarpe da ginnastica e quelli sono gli unici tacchi che ho, esco dalla porta e vado da Anne che è nella sua cabina armadio che si dedica alla scelta di una borsa da intonare al bellissimo vestito lavanda che le cade morbido fino alle caviglie.
«Anne?» busso alla porta già aperta. Lei alza lo sguardo e mi esamina attentamente, oggi quando siamo rientrati tutti fradici lei era in salotto e probabilmente aveva visto tutta la scena, chissà cosa pensa ora di me.
«Dimmi pure.» Sorride come sempre, con lo stesso sorriso del figlio.
«Vedi, non trovo le scarpe e pensavo che magari potevi prestarmene un paio tu.» La supplico con lo sguardo, con le mani, con la voce, con il pensiero, con tutto quello che ho.
«Posso fare di meglio.» Mi squadra dalla testa ai piedi e mi prende per mano portandomi in un’altra cabina armadio, questa volta ci sono solo abiti lunghi, dio ma quanti vestiti ha? Si avvicina agli attaccapanni e inizia a guardarne alcuni, è molto inquietante ma credo che voglia darmi uno dei suoi vestiti e non mi dispiace affatto. «Quindi tu ed Harry…» lascia in sospeso il discorso ancora guardando i suoi vestiti sperando che io capisca qualcosa.
«Io e Harry?» la incito a continuare, non so neanche io cosa dire alle parole ‘io e Harry.’
«Vi ho visti oggi e volevo sapere se… ecco, c’era qualcosa di ufficiale.» Domanda titubante, sono quasi certa che voglia sentirsi dire un no. Tossisco all’impatto con l’esplicita domanda, più che altro per la paura.
«Siamo solo amici.» Cerco di rassicurare più me stessa che lei. Lui non mi piace, sono solo attratta dai suoi modi di fare e dal suo aspetto ma non potrei mai sprecare del tempo con lui, è puro divertimento.
«Tesoro, non so voi che idea abbiate di amicizia, ma io ero rimasta che a baciarsi sotto la pioggia fossero gli innamorati della pubblicità dei baci perugina.» Ridacchia prendendo un vestito rosa pallido. Come posso spiegarle il rapporto fra me e suo figlio? – signora, lei ha qualche vaga idea? – «Tieni, questo lo portavo da giovane dovrebbe andarti bene, al massimo lo stringiamo.» Mi porge un abito lungo con la scollatura a cuore davvero meraviglioso. Lo prendo e sento il tessuto morbido scorrermi fra le dita ed accarezzamele, lo poso su una sedia e tolgo il vestito che indossavo prima. «Dopo ti porto di la e ti raccolgo i capelli, poi magari ti trucco un altro po’ e ti do delle belle scarpe. Poi mio figlio si pentirà di averti solo come amica.» Mi fa l’occhiolino e mi aiuta ad indossare il vestito, sorrido perché magari essendo sua madre lo conosce e forse crede che io gli piaccia. Aspetta, perché questo mi rende felice? Lui non mi piace, no no.
Quando scendo dalle scale ormai pronta con i capelli raccolti e gli occhi ben delineati dal nero noto Harold Edward Styles in smoking, di nuovo. E io, di nuovo, potrei svenire da quanto il suo fisico stia bene negli abiti eleganti. Sta parlando con suo padre e mi da le spalle, incontro lo sguardo del signor Styles e un sorriso gli spunta sul volto. Il figlio lo osserva e poi si gira nella mia direzione, avete presente quei momenti da film tipo la sposa che entra in chiesa e lo sposo rimane incantato? Probabilmente la scena deve essere risultata simile. Si avvicina e io rimango ferma sul primo gradino, lo supero di poco nonostante i tacchi e il fatto che lui non è sulle scale, mi porge una mano e io la afferro scendendo anche l’ultimo gradino ma rimango ferma li.
«Che stai facendo?» si sta avvicinando un po’ troppo, ecco che sta facendo.
 «Qualcosa.» Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi.
«Non ti lascio fare il tuo ‘niente’ e credi di poter fare ‘qualcosa’.» Rido e vado verso suo padre, si tratta di una risata alquanto finta, non voglio che lui creda possa esserci qualcosa fra di noi. «Buonasera signor Styles»- Noto lui ridacchiare.
«Vedo che sai come comportarti con mio figlio.» Si complimenta, è già ho dovuto imparare o a quest’ora sarei già incinta. 
«Me la cavo.» Ricambio e sento il mio cellulare squillare, faccio un cenno con la mano al signor Styles di aspettare un secondo e rispondo. «Pronto?» dall’altra parte qualcuno tossisce.
«Johanna, volevo solo sapere come stai.» Dice gentilmente mamma, ero così arrabbiata con lei da essermi dimenticata di richiamarla.
«Sto bene, te?» potrebbe essere già morta, ho solo tanta fortuna che lei mi abbia richiamata, o avrei potuto non sentirla più.
«Bene, me la cavo però la casa è piena di bicchieri.» Mi allontano ed esco dalla porta, lei parla a malapena.
«Sai, oggi ho preso otto e mezzo in diritto e ora sto andando al balletto per festeggiare.» Ho un nodo in gola, penso che se dovessi dargli un nome sarebbe paura, tanta paura che lei stia male e non me lo voglia dire.
«Sono fiera di te tesoro.» La voce è sorridente ma interrotta dal suo continuo tossire. Il nodo ora si chiama terrore.
«Mamma, sicura di stare bene? Se vuoi torno, questa cosa la posso fare anche il mese prossimo.» Quasi lo sussurro lei sospira solo. «Ti prego dimmi che stai bene e che non hai bisogno di me, che vivrai ancora abbastanza da aiutarmi a trovare il vero amore, e che ti potrò portare a vedere le mie foto nelle mostre più prestigiose del mondo, che quando tornerò a casa tu sarai li ad aspettarmi. Ti prego.» La vista mi si offusca, il nodo ora si chiama consapevolezza, consapevolezza che è la fine.
«Te lo prometto.» Ancora tossisce.
«Perché mi hai chiamata?» sembra quasi un insulto da come lo dico ma lei non risponde «Perché?» le urlo addosso. Sento la porta dietro di me aprirsi, mi tolgo in fretta le scarpe e corro nel prato ancora bagnato in modo che nessuno provi ad avvicinarsi, arrivo fino alle mattonelle che contornano la piscina.
«Tesoro, è il 22, sono tre giorni che vivo sfidando la medicina.» Dice ironicamente.
«Devi smetterla di scherzare su queste cose! Smettila, non ne posso più del tuo ridere quando si parla della tua morte. A te farà ridere ma io rimarrò orfana a diciott’anni!» le lacrime iniziano ad uscire. «Tu puoi farcela, hai una massima di un mese, e ne vivrai altri tre.» Cerco di convincere me stessa e non lei, continuo a sussurrarmi quelle parole.
«Johanna, non sono mai stata un donna così forte, da quasi due anni sei tu ad accudirmi, non sono riuscita a combattere contro la morte di tuo padre e di certo non ci riuscirò con una malattia come il cancro.» Piange anche lei, posso immaginarmela davanti a me mentre le lacrime le scendono fino ad incontrare il suo sorriso.
«Mamma…» se lei non sarà forte non posso esserlo io.
«Sei tu quella forte, quella che è andata avanti, che mi ha portata in ospedale tutte le settimane, che mi ha accudita e ha fatto in modo che io non mollassi. Tu ce la puoi fare, devi farcela. Per entrambe.» Si interrompe e tossisce rumorosamente, la sento bere e il ricordo di tutti quei bicchieri mi terrorizza. «Come sta andando?» domanda con un filo di voce.
«Bene, qui hanno anche una sala cinema.» Sto morendo dentro, queste sono le parole più difficili che io abbia mai detto, ma lei si ostina a fare finta di niente e non ho voglia di sprecare il suo ultimo tempo per litigare.
«Dovresti rimanere li a vivere, sai Harry in fondo è simpatico ma è un po’ troppo sfacciato per i miei gusti. Per fortuna vi ho fermati prima che accadesse qualcosa.» Il suo tono è rilassato, per quanto sia possibile. Sento dei passi e delle voci chiamarmi.
«Non sono una bambina.» Sorrido, mi ricorda il nostro ultimo discorso.
«Lo avete già fatto, giusto?» mi domanda arrendendosi.
«Scusa.» Sussurro sorridendo, è bello che si preoccupi per me almeno alla fine.
«Tu gli piaci Johanna, quella sera prima di dormire sul divano è stato in camera tua per assicurarsi che stessi bene. Era terrorizzato all’idea che fossi davvero arrabbiata con lui.» dice tutto d’un fiato prima di tossire nuovamente. «Johanna, non aver paura, fermati un secondo e pensa a cosa faresti se fosse l’ultimo giorno della tua vita. Hai sempre pensato troppo, lasciati andare.» Mi dice con quel tono materno che tanto mi è mancato.
«Tu cosa faresti?» chiedo.
«L’ho già fatto, ho lasciato da parte il mio orgoglio e sto facendo la madre almeno per una volta.» Ridacchia e io piango ancora di più. Quel nodo ora si chiama rabbia, e non posso fare nulla per lei.
«Avrai altre occasioni per farla.» Dico stringendo un pugno la vestito.
«Perdonami.» Sussurra.
«Per cosa?» almeno continua a parlare.
«Per non essere stata una brava madre.» Mi si stringe il cuore.
«Sei stata la mamma migliore che potessi desiderare.» Continuano a scendermi gocce d’acqua fino al collo.
«Non mentire, sappiamo entrambe che avrei potuto fare meglio.»  Ancora ride.
«Stai ridendo mentre la morte ti travolge, chi altro ci riuscirebbe?» sento il petto inumidirsi, non ho abbastanza forze per asciugarmi le lacrime.
«Ti voglio bene, ricordalo.» Mi sussurra per poi tossire.
«Anche io.» Le rispondo.
«Voglio quella foto che hanno esposto sulla mia tomba.» Il suo tono è sorridente.
«Ti prego, non farlo.» Guardo in alto, il cielo e tutti quegli uccelli che volano, le nuvole grigie sparse qua e la che minacciano di un altro temporale e la luna che si intravede ancora bassa. «Ti prego!» urlo ma non ricevo risposte, è finita. Mi faccio il segno della croce e cado a terra sulle gelide mattonelle rannicchiandomi su me stessa, non doveva andare così. Doveva combattere e vincere. Sento il trucco sciogliersi sulle mie guance e quel nodo con lui, cosa mi succederà ora?
Sento due braccia avvolgermi e prendermi in braccio, i suoi capelli mi accarezzano il collo inumidito dalle lacrime, gli occhi sono pesanti e non riesco ad aprirli, non voglio aprirli. Percorre le scale e continuo a bagnarli lo smoking di lacrime e mascara, mi appoggia al mio letto e mi mette sotto le coperte. È tutta colpa sua, se lui non fosse esistito ora sarei con lei ad abbracciare il suo corpo un’ultima volta, invece sono fra delle coperte di seta a piangere da sola.
«Johanna, passerà.» Mi sussurra accarezzandomi.
«No! Non passerà, lei è morta lo vuoi capire? E io potrei essere li con lei, invece sono qui con te.» Scosto bruscamente la sua mano dalla mia guancia. «Ti odio! È colpa tua se non la sto abbracciando, se non ho avuto il tempo di convincerla ad andare in ospedale, se l’ultima volta che l’ho vista le ho urlato contro. È colpa tua.» Nascondo la faccia nel cuscino, e ricordo le parole di mamma ma non so cosa farei se fosse l’ultimo giorno della mia vita. Probabilmente sarei li con lei, le avrei scattato le ultime foto per poi lasciare che se ne andasse fra le mie braccia.
«Ti odio.» Continuo a dire affondando sempre di più il volto nel cuscino, singhiozzo e voglio solo che se ne vada. Che capisca che non sono la ragazza facile dalla bella vita con la quale può fare tutte quelle cose tenere.
Sento la coperta alzarsi e il suo corpo avvolgermi. Mi stringo al suo petto spontaneamente. «Ti odio.» Continuo ripetere al suo petto, sono attaccata a lui e le sue braccia mi impediscono di allontanarmi. «Ti odio.» Dico un’altra volta, mi aspetto il peggio da lui ora, invece mi stringe di più a se e mi bacia i capelli raccolti.
«Ti amo.» Sussurra lui. Alzo lo sguardo, perché non vuole capire che non sono fatta per certe cose, per queste storielle? Aspetto il vero amore, quello che rimanga con me per sempre, che non pensi al presente ma anche al futuro, che sia pronto ad amarmi nonostante tutto, che non si lasci abbattere da niente. Che mi ami davvero, che sia ostinato e mi faccia sognare, che mi faccia bloccare e pensare, wow mi ama davvero. Che mi abbracci anche quando fa male, che mi sconvolga la vita, che mi faccia fremere nell’attesa dei suoi occhi, che mi ami come nessuno ha mai fatto e che me lo faccia capire. Invece lui…. lui… «Ti amo anch’io.» Sussurro. 

Give me a moment.
*vi abbraccia tutte una per una*
Sei recensioni? Vi amo tanto tanto tanto.
*si ricorda che la madre è morta e prende un fazzoletto*
Bhè, alcune di vuoi avevano già capito che sarebbe successo quindi non è proprio un colpo di scena come speravo io.
In ogni caso, non so se l'ultima parte si capisce.
Perchè per quanto mi sia impegnata non sono riuscita a renderla migliore.
Ve la spiego nel caso non l'abbiate capita, ok?
Allora: lei è distrutta per la morte della madre e Harry cerca di consolarla e le dice che la ama, 
questo per farle capire che le starà vicino,
e lei non sa come reagire, perchè fino ad ora credeva che lui fosse solo uno qualunque,
e nella sua testa pensa all'uomo che ha sempre sognato e alle cose che dovrebbe fare per Harry per esserlo.
Qui si rende conto che lui è esattamente quello che aveva sognato, solo che doveva capirlo, perchè Harry non è che le può urlare:
guarda che sono perfetto per te! 
E quindi gli dice che ricambia. 
Bene, ora che mi sono accertata che vi abbiate capito, vi lascio.
Questa volta voglio sprecarmi e chiedervi 4 recensioni, tanto so che ci arrivate.
Al prossimo capitolo :)

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