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Da giorni non fa che piovere. Con il
tempo ho iniziato ad odiare la pioggia, anche se una
volta sarei rimasta ore a vederla scendere dal cielo, come se qualcuno
dall’alto avesse lasciato i rubinetti aperti e ora non fosse più in grado di
controllare il flusso dell’acqua. Mi stupisco di quanto posso ragionare da
bambina a volte, anche se non lo sono più, non lo sono mai stata realmente,
come a volte non mi sento neanche una vera donna. Forse perché lavoro solo ed
esclusivamente con degli uomini e, anche se lo vorrei, non posso esternare la
mia femminilità, che forse con la forza dell’abitudine ho perso. Chi lo sa!
Quello che so è che da qualche tempo non riesco a fare altro che pensare a ciò
che non sono e non ne capisco il motivo. Non mi è importato mai molto di come
apparivo, a lui andavo bene in qualsiasi modo mi presentassi, ma per lui non sono che un sottoposto e sono pochi i momenti in cui mi
tratta in modo diverso o ha atteggiamenti dolci nei miei confronti, ma in fondo
che mi posso aspettare, tra soldati queste cose sciocche non sono permesse.
Prima mi davano molto fastidio i suoi atteggiamenti, soprattutto quando se ne
usciva, senza che nessuno glielo avesse chiesto, che aveva un appuntamento con
una donna. Ora invece, vorrei tanto che tornasse ad
essere quello di prima…
- Dannata pioggia, se continua così non posso neanche
andare a casa!-
Sbottò Havoc seriamente contrariato del maltempo, che imperversava da giorni.
Buttava spesso l’occhio sulla finestra, sperando che smettesse di buttar giù
acqua, ma inutilmente.
- Perché hai tanta voglia di andartene a casa, usciamo a bere qualcosa e
cerchiamo di scaricare la tensione in qualche modo.- Rispose il sergente
maggiore Fury, con qualche punta di incertezza nella
voce, a volte riusciva ad essere troppo timido per essere un soldato. Il
colonnello da dietro la sua scrivania alzò l’occhio verso quello, che in quel
momento, gli sembrava solo un ragazzino imbarazzato e abbozzò un sorriso. Havoc
rispose con un segno rassegnato del capo accendendosi un’altra sigaretta. La
proposta fu accolta anche dagli altri, gli unici che rifiutarono furono proprio
il colonnello e il tenente, seduto alla scrivania che da ore non faceva che
esaminare noiosi rapporti. A fine lavoro si prepararono per uscire. Fu Havoc a
chiedere per l’ultima volta al colonnello se voleva unirsi a loro.
- Ho ancora del lavoro da sbrigare e devo leggere l’ultimo rapporto di Acciaio,
non posso davvero. Sarà per la prossima. -
Havoc rivolse la stessa domanda anche al Tenente Hawkeye, cercando di
convincerla. Secondo lui il tenente era una donna troppo dedita al suo lavoro e
ultimamente cercava sempre di farla svagare in qualche modo. La guardò a lungo
prima di farle la domanda, ma capì subito quale sarebbe stata la risposta.
- Se vado via di sicuro il Colonnello non combinerà
niente e domani saremo costretti a svegliarci prima, per coprirlo come al
solito…- Mustang l’aveva guardata con aria di stizza cercando di sembrare il
più offeso possibile, ma lei non si lasciò intenerire e lo fulminò con lo
sguardo, dicendogli di non perdere tempo. Fu una scena divertente che costrinse
gli altri ad andarsene. Non appena chiusero dietro di loro la porta, Riza tornò
a concentrarsi dietro la piccola scrivania in legno,
cercando di correggere alcuni documenti e controllare che Mustang li avesse
firmati, mentre il colonnello si immerse nella lettura di tutta quella
burocrazia, che gli faceva venire la nausea ogni volta.
Scese un silenzio profondo, ma per nulla imbarazzante, infondo vi erano
abituati. Lavorare per entrambi era diventata una questione di
vita o di morte, tutto da quando Hughes li aveva lasciati. Mustang non
aveva fatto altro che mettere tutto se stesso in quel che faceva e voleva a
tutti i costi trovare quel bastardo che gli aveva portato via il suo migliore
amico, Riza lo sosteneva come poteva e cercava di stargli accanto, per
proteggerlo non solo dai pericoli, ma anche da se stesso. Da quel terribile
giorno era cambiato e lei spesso faticava a riconoscerlo, lo guardava per minuti
interminabili cercando di vedere, dietro quella maschera di cemento, che si era
costruito, il suo Roy Mustang, l’alchimista di Fuoco e l’uomo che stimava e
ammirava sopra ogni cosa. I suoi pensieri furono interrotti dal movimento del
colonnello, si sistemò sulla sedia stiracchiandosi le braccia e sbadigliando
senza pudore. Riza sorrise, a volte sapeva tornare
quello di un tempo. Poi i suoi occhi incontrarono quelle scure dell’uomo e ne
rimase catturata, di certo sapeva come guardare una donna, come farla sentire
osservata e desiderata.
- Tenente…- chiese lui con un filo di voce, cercando l’attenzione della donna.
- Ti da fastidio se mi metto più comodo, in questo
ufficio fa così caldo che non riesco neanche a respirare.-
Di certo una strana domanda, ma anche lei stava iniziando a soffrire quell’aria
viziata e acconsentì al sorriso malizioso che si era delineato
sul viso perfetto del colonnello. Tornò a concentrarsi sui fogli che aveva
sulla scrivania, ma non poteva non buttare l’occhio su di lui, che nel
frattempo si era alzato, gettando su una sedia la divisa blu dell’esercito e
rimanendo con una fine camicia bianca. Sbottonò i primi bottoni e accorciò le
maniche fino ai gomiti, tirando fuori dalla cintura i bordi della camicia per
sentirsi più libero possibile.
- Ultimamente la divisa mi sta sempre più stretta, non la sopporto per più di
mezza giornata.- Si grattò la testa, scombinandosi anche i capelli, divenendo
una specie di gattino arruffato agli occhi della donna.
- Forse avete messo su peso, non vi vedo molto attivo da un po’ di tempo a
questa parte.- Ironizzò sulla situazione, cercando di farlo rilassare. Mustang
accolse la battuta di buon grado e si avvicinò alla scrivania della ragazza,
poggiò le mani sul tavolo e si piegò in avanti costringendola a guardarlo negli
occhi, uno sguardo che ogni volta riusciva a immobilizzarla. Era affascinante e
misterioso, perdersi in quel baratro era dolce e bello.
- Io non sono il tipo che mostra il suo fisico come il maggiore Armstrong,
posso conquistare una donna solo guardandola negli occhi…- Aveva un tono di
voce simile ad un sussurro, Riza ebbe i brividi lungo
la schiena, Mustang se ne rese conto e vederla in difficoltà gli piaceva sempre
più. Rimasero a fissarsi per minuti che sembrarono interminabili, occhi negli occhi, due cuori che battevano allo stesso ritmo. Poi lei
non riuscì a reggere più quello sguardo e si alzò di scatto dirigendosi verso
la libreria alle sue spalle, facendo finta di riporre un libro sullo scaffale.
Mustang la sorprese di nuovo, si mosse velocemente e la cinse con le braccia da
dietro la schiena, poggiando il mento sulla spalla di lei,
nello stesso momento in cui il libro che teneva in mano, crollò a terra. Riza
lo sentiva respirare, colpendole il collo e provocandole piacevoli brividi.
Inclinò il capo verso di lui, che prese quel gesto come un assenso.
- Sai perché mi comporto così?- chiese Roy con un filo di voce, strofinando il
naso sulla guancia di lei e cercando la sua pelle con
le labbra. Si muoveva con estrema lentezza, esasperando ogni
gesto e rendendola desiderosa di approfondire quel contatto così unico.
- Sono contento che tu non sia uscita con gli altri, ne sarei stato geloso. Non
mi piace come ti guarda Havoc a volte, come se ti desiderasse più di me…- Riza
non capiva. Non aveva mai notato quel tipo di attenzione da parte del
sottotenente, ma lei non era mai stata brava con certe cose. Roy la costrinse a
girarsi verso di lui e la chiuse in un abbraccio più forte e deciso,
spingendola verso di lui. Anche sotto la divisa, riuscì a sentire la forma del
suo seno, quel contatto gli diede la spinta di
spingersi sempre più oltre. Con la mano destra le slacciò il fermaglio che
teneva legati i capelli di lei e una chioma morbida e
bionda le ricadde sulla schiena, espandendo per la stanza un buon profumo.
Iniziò a baciarle il collo, leggermente, poi sempre più forte, lasciandole
segni rossi e circolari evidenti.
- Colonnello… basta… la prego… io…- Nonostante quello che stesse dicendo, il
suo corpo non ubbidiva alla mente, era guidato da un cuore caldo e pulsante,
che da anni batteva per lui e ora che lo sentiva così vicino, che sapeva che
anche lui la stava desiderando, non riusciva a fargli capire che non era
giusto. Mustang le slacciò la divisa, facendola cadere a terra. Poi iniziò a
slacciarle i bottoni della camicetta il lino iniziando
a intravedere la biancheria e la forma dei seni. Era un gioco che gli piaceva,
lei diceva di no, ma non faceva nulla per allontanarlo e sottostava a tutto
quello che faceva, mentre lentamente, la sentiva sciogliersi sotto la sua
presa.
- Non vuoi queste attenzioni? Non desideravi che io lo facessi, ho forse
interpretato male i tuoi sguardi?- Le strinse forte un seno, facendole quasi
male e baciandola sempre più passionalmente. Lei lo voleva, eppure una cosa le
mancava terribilmente… nonostante tutto Mustang non l’aveva ancora mai baciata
seriamente. Quando sentì che le mani del colonnello avevano iniziato a cercare
dell’altro, arrivando a sbottonarle anche i pantaloni, si tirò indietro con
forza. Scattò così improvvisamente che perse l’equilibrio e ricadde a terra con
un tonfo sordo e imbarazzante.
- Che cosa ti prende?- Sembrava alquanto infastidito, ma si chinò verso di lei
dolcemente, cercando una risposta. Le prese il mento con la mano e lo alzò verso
di lui, solo allora si ritirò come un riccio, scoprendola in lacrime, gli occhi
si erano gonfiati e arrossati, probabilmente lo stava trattenendo da un po’ e
lui non si era reso conto di nulla. - Perché piangi?-
Riza cercò di coprirsi alla meglio stringendo la camicia con una mano, mentre
con l’altra cercava di fermare le lacrime, ma inutilmente. Perché piangeva, se
veramente voleva stare con lui?
- Non stai bene? Ti sei forse fatta male?- Era seriamente preoccupato e quella
reazione lo aveva spiazzato, i suoi occhi si erano fatti dolci e comprensivi,
ma c’era ancora qualcosa che non andava.
Trattenendo a stento dei singhiozzi, cercò di parlare. Sentire la sua voce così
roca e spezzata, fu come se qualcuno lo stesse
uccidendo proprio in quel momento.
- Perché lo hai fatto? Io lo volevo, ma non così… non voglio essere solo un
divertimento, avrei voluto che almeno mi avessi baciata
e non lo hai fatto.-
Aveva persino abbandonato il rispetto per un superiore, dandogli del tu come se
nulla fosse, ma la cosa fu anche peggiore per lui, se avesse continuato a
dargli del lei, avrebbe anche potuto ordinarle di smettere di piangere come una
bambina. Mustang indietreggiò cercando una spiegazione a quelle strane parole,
possibile che non lo avesse fatto? Eppure non si era reso conto di nulla?
Rimase in silenzio, dando fondamento al dubbio che la donna aveva da tempo, voleva solo passare del tempo, infondo non le
interessava. Credere in quello che, fino a quel momento, era stato solo un
dubbio lontano e sfocato, la fece cedere. Si portò
entrambe le mani al viso, schermandosi da quello sguardo privo di senso che lui
le rivolgeva e iniziò a piangere, i singhiozzi le scuotevano le spalle e non
accennò a rialzarsi. Le cose peggiorarono…
Quando lui cercò di farla alzare, lei lo evitò con violenza, gridandogli contro
che non doveva più toccarla, ma proprio in quel momento, forse per volere del
destino, qualcuno rientrò nell’ufficio. Spalancò gli occhi e la bocca, facendo
cadere a terra il solito mozzicone di sigaretta che si portava dietro per un
po’ prima di buttarlo e accederne un’altra.
- Che diavolo succede qui?- Sembrava arrabbiato, ma cercò di trattenere il
sentimento, rivolgendosi al colonnello. - Ero tornato a riprendere il
portafogli che ho dimenticato. Colonnello posso avere
una spiegazione?- Solo in quel momento Riza alzò lo sguardo verso il nuovo
venuto, Havoc sapeva che stava piangendo, ma vedere il suo viso pallido e gli
occhi rossi e carichi di lacrime, lo resero furioso. - Forse è meglio che
riporti a casa il tenente Hawkeye, non credo che stia molto bene…-
Roy non si oppose e non disse nulla, si tirò solo indietro osservando Havoc che
la copriva con la divisa, lasciata in un angolo della stanza e la prendeva di
peso da terra, portandola fuori dall’ufficio. Pioveva ancora, forse il cielo
voleva accompagnare le lacrime che ancora sgorgavano copiosi dagli occhi color
del miele della donna…
Perché?
Me lo sono chiesto a lungo, ma senza una risposta. Non riesco a credere neanche
a quello che ho visto. Lei a terra e lui che non faceva nulla, neanche un
sussurro quando l’ho portata via. Voglio bene a Riza,
in qualsiasi senso si interpreti questa mia
dichiarazione, ma ho sempre pensato che lei avesse occhi solo per lui e non per
me, non ne sono mai stato geloso, a me bastava che stessimo tutti bene. Invece
l’ho vista piangere, sembrava una bambina indifesa e non la donna forte che
conosco. Allora perché? Perché continua a difenderlo
se le ha fatto del male, perché non mi ha detto cosa è successo? Non mi posso
intromettere troppo tra loro due e non solo perché Mustang è un mio superiore,
ma se dovessi vederla di nuovo in quello stato…bè al diavolo tutto!
La sistemò con cura in auto ed entrò di corsa, cercando di bagnarsi il meno
possibile. Accese il motore e iniziò ad allontanarsi lentamente dall’edificio. Riza appoggiò la testa al finestrino, aveva smesso di
piangere, ma aveva i capelli incollati al viso e gli occhi chiusi, come se
stesse dormendo. Havoc la guardò spesso in tutto il
tragitto, non riusciva neanche a riconoscere in quella che sembrava una
ragazzina, la donna fredda e risoluta con cui lavorava tutti i giorni. Fermò
l’auto sotto la palazzina dove viveva la donna e
attese in silenzio.
- Posso chiederti un favore?- chiese lei con un filo di voce, rivolgendogli uno
sguardo di supplica, che gelò il cuore del sottotenente, Riza
notò che si era dimenticato di accedere la sigaretta, la scena doveva averlo
sconvolto. - Non dire a nessuno quello che hai visto, non voglio che il
colonnello abbia problemi a causa mia.-
Lo stava difendendo, eppure quello che lui aveva visto era una donna seminuda,
seduta a terra e in lacrime e un uomo che forse le avrebbe fatto del male, se
già non lo aveva fatto.
- Perché lo difendi? Dopo quello che ho visto io lo manderei
al diavolo una volta per tutte!- Lo aveva gridato e Riza
ne rimase colpita, Havoc aveva sempre avuto una
grande ammirazione verso il colonnello eppure avrebbe gettato tutto alle
ortiche pur di vendicare il torto che lei aveva subito. Gli
sorrise, cercando di calmarlo. Havoc continuava a non
capire, neanche il rossore sulle guance della donna era spiegabile, se ne
vergognava eppure lo difendeva.
- Grazie per avermi portata a casa…
però ti prego, fa che rimanga tra noi.- Havoc le
poggiò una mano sulla fronte, era calda e sudata. Aveva la febbre e di
lasciarla da sola non ne aveva proprio voglia.
- Ti accompagno dentro, sei troppo stanca.-
Non riuscì a rispondere, chiuse gli occhi e si lasciò prendere nuovamente tra
le braccia.
Una volta nell’appartamento, furono accolti da BlackHayate, che abbaiava stizzito per il ritardo e per una cena
mancata. Havoc cercò di non far caso al piccoletto e
portò la ragazza in camera stendendola sul letto. Le tolse la divisa con cui
l’aveva coperta e la appese allo schienale di una sedia per farla asciugare,
andò in bagno prendendo un asciugamano e le asciugò i capelli. Riza era stupita di come riuscisse a muoversi senza
problemi in casa sua, sapeva cosa fare e non la faceva
sentire in imbarazzo.
- Adesso cambiati e mettiti sotto le coperte, io vado a predente una panno e dell’acqua da metterti sulla fronte.- Uscì e si
diresse in cucina. Riza ci mise un po’ prima di
cambiarsi, indossò il solito e largo pigiama e aspettò che Havoc
tornasse in camera.
- Hai fatto? Posso entrare?- Riza rispose con un
piccolo e imbarazzato si. Lo vide rientrare con una
bacinella e una panno poggiato sul braccio, lo
appoggiò sul comodino e la fece sdraiare coprendola fin sotto il mento. Aveva
notato i segni sul collo, ma non disse nulla, anche se la cosa lo faceva
infuriare. Intinse il panno nell’acqua e lo strizzò, poggiandolo sulla fronte
della ragazza, che fu investita da una piacevole sensazione di fresco.
- Hai la febbre alta, domani non venire a lavoro, ti copro io in qualche modo.-Riza
notò che aveva iniziato a stringere forte un lembo del lenzuolo con cui era
coperta e capì che voleva sapere cosa era successo, ma non aveva il coraggio di
chiedere.
- Non mi ha fatto nulla…-Havoc
alzò gli occhi incrociando quelli di lei, stava sorridendo, ma la cosa non gli
piaceva lo stesso. - In fondo è stata anche colpa mia, mi sono tirata indietro
troppo tardi.-
- Sarà anche come dici, ma lui non stava piangendo per il rifiuto. Non doveva
neanche avvicinarsi è un nostro superiore e ci sono delle regole da rispettare.- Voltò il panno dalla parte opposta, per donarle ancora un
po’ di fresco e continuò. - Tenente, il colonnello è una persona meravigliosa e io lo stimo molto, ma quando si tratta di donne…bè io non gli ho mai visto
prendere sul serio una ragazza. Non è il tipo di uomo che intende mettere su
famiglia e io non credo che tu sia il tipo di donna
che merita di essere usata per una sola notte.-
“ Ecco, l’ho detto! Adesso che penserà di me? Oddio mi
sono cacciato in un casino terribile, domani il colonnello me la farà pagare… ma quando l’ho vista piangere non ci ho visto più,
avrei potuto pure prenderlo a pugno quel…”
Il filo dei pensieri di Havoc fu interrotto dalla mano di lei, che stringeva la sua, dolcemente.
- Grazie ancora. Forse dovrei rimanere a casa domani, ma cerca di non fare
nulla. Il colonnello è dispiaciuto per ciò che è accaduto, lo so bene e non
farà nulla contro di te. -
- Tu lo difendi troppo, chi fa piangere una donna non merita di essere
protetto.-
- Ma io… io non posso farci niente…-
Chiuse gli occhi, era stanca e le emozioni che aveva
provato l’avevano sfinita. Havoc rimase qualche
istante ad osservarla, fino a che non vide il suo
respiro farsi regolare e pesante. Solo allora decise di andare via. Era ancora
furioso, non credeva che la persona per cui provava un rispetto smisurato,
avesse potuto approfittare in quel modo di lei, prendersi gioco dei sentimenti
di Riza, sapendo benissimo che oltre al rispetto, in
lei c’era tanto amore. Scese le scale e corse nell’auto scrollandosi di dosso
la pioggia battente. Aveva voglia di tornare alla centrale e vedere se anche il
colonnello era distrutto da ciò che era accaduto, ma non lo fece. Sapeva che se
lo avesse incontrato, forse avrebbe gettato alle ortiche i gradi militari e
tutta la sua carriera, ma si sarebbe tolto un peso dallo stomaco prendendolo a pugni…
- Questa cosa mi interessa…
magari potrei divertirmi un po’, giusto per passare del tempo.- Una voce
nell’ombra ruppe il silenzio di una notte triste e a tratti spettrale.
- Lascia stare, queste non sono cose che ci interessano. Abbiamo già dato
troppo nell’occhio.- Ora la voce era femminile, suadente, ma con una punta di
malizia che rovinava quel suono. - Non abbiamo ricevuto nessun ordine riguardo
quello di fuoco quindi non ci interessa.-
- Ma è pur sempre un alchimista… e poi non vediamo il
tappo da giorni starà ancora scappando dopo averla vista e dovrà riprendersi.
Lasciami fare, un alchimista in più o in meno che vuoi che sia e poi pensaci,
se quel nanetto tornasse in città proprio per lui non
credi che ci risparmierebbe un viaggio inutile?-
- Fa come ti pare, basta che non combini disastri o ci metti nei guai.- Scomparve nell’oscurità senza fare alcun rumore,
mentre l’altro rimase ad osservare la scena, presto, forse si sarebbe
intromesso anche lui.
Ringrazio per i bei commenti The_Dark_Side, Shatzy, Malaglar, spero che continuerete a seguire questa piccola storia fino alla
fine e che non vi deluda… a presto
Sono
rimasto chiuso in questo schifo di ufficio, non mi sono mosso quando è entrato
e me l’ha portata via. Avrei voluto chiederle perché piangeva, perché le
attenzioni che le stavo dando non le piacessero, eppure il suo corpo fremeva
come il mio… lo voleva come
lo volevo io…eppure…
Credo di non aver capito nulla della vita, nulla di lei…e
poi mi chiedo perché mai non l’ho baciata? Non volevo che fosse una cosa
passeggera, volevo stringerla tra le mie braccia e per
una volta proteggerla io, invece che farmi proteggere da lei. C’è sempre quando
ne ho bisogno, al contrario io non so nulla di lei. Ora che devo fare? So che è
stato un grande errore, uno sbaglio enorme, ma non posso tornare indietro ne
far finta che non sia accaduto… sono proprio uno stupido…
Nonostante il sole fosse sorto da qualche ora, il
cielo era sempre cupo e minaccioso, continuava a piovere, una pioggia snervante
che non faceva che rendere tutto sempre più tetro. Lui odiava la pioggia, era
inutile in quelle condizioni, lei glielo aveva detto più di una volta. Non
aveva lasciato l’ufficio quella notte, era rimasto seduto su una sedia ad osservare il punto in cui lei era caduta e da dove Havoc gliela aveva portata via. Ma
cosa gli era passato per la mente? Perché si era comportato in quel modo, senza
contare che quando aveva visto il sottotenente prendere in braccio la donna e
portarla fuori dall’ufficio, aveva avuto
l’inarrestabile desiderio di bruciare vivo quel traditore. Alzò un braccio
osservandosi la mano, aveva persino indossato il guanto speciale e osservava il
cerchio alchemico disegnato sul dorso, non avrebbe mai fatto una cosa del
genere, ma allora perché aveva indossato quel maledetto guanto? Era stanco e
pieno di domande irrisolte, poi non riusciva a dimenticare gli occhi di lei carichi di lacrime e tristi, mai l’aveva vista
in quello stato, neanche durante il funerale di Maes
aveva pianto, o almeno non lo aveva fatto davanti a lui. Era rimasta seria e
decisa, cercando di donargli quella forza che a lui mancava. Osservò
l’orologio, tra poco si sarebbe visto comparire tutti i suoi subordinati,
compresi Havoc e Riza. Come
si sarebbe comportato? Havoc avrebbe detto qualcosa
in merito a quello che era successo? Non fece in tempo neanche a pensarlo, che
già la porta dell’ufficio si era aperta. Entrò, timido
ed insicuro come al solito, Fury
seguito dagli altri. Stavano chiacchierando spensieratamente e Mustang capì che
non sapevano.
- Buongiorno colonnello, non mi dica che è rimasto tutta la notte in ufficio?-
Chiese Falman vedendo il colonnello seduto in modo
scomposto su una sedia, senza divisa e con la camicia completamente in
disordine, aveva gli occhi segnati da due pesanti
occhiaie e anche la voce era roca e stanca.
- Ho lavorato…- fu solo quella
la risposta che diede, ma gli altri non fecero domande, vedendolo stanco e
provato. Solo Fury fu più indiscreto, nella sua
ingenuità, chiese proprio di colei che Mustang non voleva nominare in quel
momento.
- Anche il tenente Hawkeye ha passato la notte in
bianco? - Mustang abbassò lo sguardo verso il pavimento, la rivide di nuovo in
lacrime ed ebbe una fitta la cuore. A rispondere fu
l’ultimo arrivato, un biondo con una sigaretta perennemente in bocca, che non
salutò il colonnello prima di entrare.
- Il tenente non sta molto bene, quando sono tornato in ufficio
il colonnello mi ha chiesto di riaccompagnarla a casa perché aveva la febbre e
io le ho detto di prendersi un giorno di riposo. Ho fatto male per caso
colonnello?-
- Ah…no…- Non lo guardò
neanche, ma aveva intuito nella sua voce molta disapprovazione, era frustante
farsi riprendere da un sottoposto, lui che era sempre stato un modello di
perfezione ora si sentiva solo uno schifo. Si alzò dalla sedia, chiedendo scusa
e uscì dall’ufficio dirigendosi verso il bagno.
- Ma cos’ha il colonnello? Sembra distrutto.- Chiese Fury osservando lo
sguardo stralunato che aveva Mustang e le facce perplesse dei compagni. - Non
sarà successo qualcosa? Aveva quello sguardo anche quando il generale Hughes è…- Non concluse la frase, tutti
sapevano a cosa si riferiva e non aveva sbagliato poi di molto. Havoc li spronò ad iniziare a
lavorare, ma fu lui il primo a non farlo. Uscì anche lui, seguendo gli stessi
passi del colonnello. Entrò nel bagno, c’era un silenzio quasi palpabile, solo
dopo qualche secondo, avvertì un tonfo da dentro una cabina, come un pungo contro la parete.
- Colonnello?- Non ricevendo risposta continuò lo stesso.-
Il tenente è davvero malata, non è una scusa per non venire oggi, ma non crede
che prendersela con un gabinetto non sia la soluzione. Non nego che ieri sera
ero davvero deluso e arrabbiato con lei, poi sono rimasto un po’ di tempo con
il tenente e lei mi ha detto che non è successo nulla di quello che avevo
pensato. Non le credo affatto, visto che vederla
piangere, e oltretutto in quel modo, non è una cosa che farebbe per nulla.- Si
fermò cercando di capire se il colonnello lo stava ascoltando o meno, ma nuovamente Mustang si negò.
- Ad ogni modo Riza mi ha
fatto promettere che non avrei detto nulla ne fatto niente sull’accaduto e io
farò come mi ha chiesto. Però…
parlandoci da uomo a uomo, colonnello… se dovesse
succedere di nuovo, butterò via tutto il rispetto che ho per lei. Può avere
tutte le donne che vuole, anche quelle degli altri e senza
problemi, ma lei non è una donna come tante, è una persona speciale per ognuno
di noi e non voglio vederla soffrire a causa di un uomo…
che sia lei o qualcun altro.- Havoc si era appoggiato
al divisorio delle cabine, aspettando il colonnello.
- Havoc…- la voce giunse bassa e roca, sembrava
stesse piangendo o comunque lo stesse trattenendo il
più possibile. - Parlando da uomo a bastardo, quale io sono…
credi che potrebbe mai perdonarmi per averla offesa in quel modo?-
- Ti ha già perdonato e non sei un bastardo.- Sentirsi dare del tu anche da Havoc gli provocava una strana sensazione, era un amico
nonostante tutto e la cosa lo sollevava. Uscì dal bagno, cercando di nascondere
le occhiaie e il viso smunto e si fermò a pochi passi dall’altro.
- Se fossi stata una donna, mi sarei messo a piangere…-
- Bè almeno capirei che è dispiaciuto e che non
voleva farle del male.- Mustang accennò una specie di
sorriso forzato, si avvicinò al lavandino e si sciacquò il viso. Rimase qualche
secondo con la testa a penzoloni in avanti, osservando
il sottotenente dallo specchio.
- Ieri sera perché sei tornato qui?- Havoc lasciò
andare le braccia lungo i fianchi e si avvicinò al colonnello porgendogli un
fazzoletto con cui asciugarsi. Aspirò una boccata dalla sigaretta e rispose.
- Avevo dimenticato il portafogli e sono venuto a riprenderlo.-
- Eppure non c’era… dopo che te ne sei andato l’ho
cercato, ma non c’era nessun portafogli in ufficio.-
Alzò le spalle, sorridendo sornione. - Meglio così, vuol dire che non l’avevo
dimenticato.-
Il giorno era trascorso velocemente per molti di loro, mentre per il colonnello
sembrava una giornata interminabile. Era stanco e spesso si appisolava sulla
scrivania lasciando tutti sbalorditi. Non era mai capitato di vedere il
colonnello così stanco, anche se era già capitato che se la dormisse della
grossa a volte. Dormiva ancora quando Fury lo scosse
per dirgli che era ora di andare via.
- Colonnello, è meglio che vada a casa. Ha bisogno di dormire decentemente e se
vuole la accompagniamo a casa.-
Mustang sbadigliò strofinandosi gli occhi e alzò piano la testa che gli
martellava da ore. Persino la voce bassa di Fury gli
dava fastidio.
- Io veramente vorrei…-
- Vado io dal tenente a controllare se sta bene. Lei ha bisogno di riposare e
se non verrà anche domani, andremo a trovarla tutti che ne dite?- Havoc lo aveva bloccato prima che potesse finire la frase.
Non era una comportamento normale da parte del
biondino dalla sigaretta perennemente accesa, ma Mustang sembrò non obiettare,
anche se si era scurito di colpo e aveva annuito come rassegnato.
Non gli era permesso neanche andarla a trovare per ora e a negarglielo era
persino un suo subordinato. Falman aiutò il colonnello ad alzarsi e lo accompagnò
a casa, mentre Havoc si dirigeva in macchina seguito
dagli altri.
- Saluti il tenente da parte nostra e le dica di riguardarsi, si sente che non
c’è.-
- Sei sempre il solito, comunque glielo dirò non preoccuparti.- Havoc salì in auto e corse da Riza,
come se non vedesse l’ora di vederla, decise di fermarsi
solo per prendere qualcosa da mangiare per entrambi in una piccola locanda che
aveva visto la sera precedente, sulla strada verso l'abitazione della donna…
Ringrazio di cuore
Malaglar, grazie per tutti i complimenti e vorrei solo anticiparti che
andando avanti con i capitoli non mi incentrerò solo
su Roy e Riza, anche se lo ammetto, essendo la coppia
che amo di più, sono sempre presenti nella storia… ma
almeno non sono i soli.
The_Dark_Side, grazie troppo gentile! Credo che aggiungerò un capitolo ogni
giorno circa quindi continua a seguirmi, mi farebbe molto piacere.
Shatzy, sono felice perché hai capito perfettamente quello che volevo
esprimere!!!! La ff in
realtà è già completata e sono 28 capitoli in tutto. Come
ho detto, visto che è abbastanza lunghetta, la
aggiorno velocemente così non perdete il filo delle azioni (bè
lo faccio anche perché sono sotto esame e tra un po’ me
ne torno a casa, dove non ho internet e non potrei aggiornarla per giorni)
Come da me promesso un altro bel capitolo, avverto che
per due giorni non potrò aggiornare, quindi ci si sente sabato, mi dispiace, ma
gli esami chiamano e ho due giorni di fuoco.
Angolino dei ringraziamenti:
Per Shatzy, ho sempre
fatto molta difficoltà a capire bene il caratteri di
ognuno di loro e credevo di averli troppo idealizzati, ma mi hai confermato che
non è così e sono molto felice.Per il fatto cheHavoc non volesse
mandare Roy da Riza è solo perché temeva che lei non
volesse vederlo o avesse reazioni brusche in sua presenza. Protezione nei
confronti di una compagna e amica, nulla di più. Continua a seguirmi i tuoi
commenti mi rendono davvero felice!!!!!
Per Malaglar, grazie dei
complimenti!!! La frase che hai citato ha un
significato ben più profondo e lo vedrai, poi questo è un capitolo shock, leggilo
e fammi sapere cosa ne pensi…
Ci sentiamo presto un saluto a tutti….
4.
Pioggia di vetri
So
che non dovrei immischiarmi, l’alchimista di fuoco non ci interessa, ma quella
donna più di una volta mi ha dato realmente sui nervi. Non so perché, pensavo
di provare odio solo per acciaio, ma forse quello che provo verso di lei è
semplice invidia… coincidenze della vita direi, anche
se la mia non si può chiamare vita. Anche se mi è stato chiesto di non immischiarmi… perché non farlo lo stesso, infondo fuoco sta
diventando scomodo anche a lui e provvedere prima del previsto non mi sembra
un’idea così sbagliata. Se lui lo vuole ammazzare fisicamente, magari io posso
distruggerlo psicologicamente, gli sto girando intorno da troppo tempo, ad iniziare da quel colonnello che ho fatto fuori nella
cabina telefonica…se ora gli porto via anche lei
magari si ammazzerà da solo e non dovremo sporcarci troppo le mani…
Non era riuscita ad alzarsi dal letto per tutta la
giornata, eppure non era la prima volta che aveva la febbre. Era andata a
lavoro normalmente e nessuno si era reso conto di nulla. Invece questa volta
non riusciva a muovere neanche un muscolo del corpo, immobile e dolorante non
aveva dato da mangiare neanche a BlackHayate, che ormai guaiva da ore, ma non cercava nulla.
Aveva visto che la sua padrona non stava bene e più di una volta aveva provato
a farle compagnia. Provò ad alzarsi, si mise seduta, ma ebbe un capogiro così forte,
che sbiancò di colpo e dovette appoggiarsi alla spalliera del letto. Respirava
in modo irregolare e temeva di svenire, ma resistette.
- Adesso ti do da mangiare, scusa piccolino non volevo
ignorarti.-
Nonostante avesse fame, il cagnolino cercò di fermarla prendendole un pezzo del
pigiama e cercando di dirle di tornare a letto.
- Sei gentile, ma devo mangiare qualcosa anche io o
non mi rimetterò.- Guardò l’orologio e si rese conto che probabilmente erano
già tornati tutti a casa dopo il lavoro, Havoc non si
era fatto vedere per tutto il giorno, ma quasi certamente avevano avuto molto
da fare. Doveva essere grata al sottotenente, meglio essere rimasta a casa,
vederlo per lei sarebbe stato troppo difficile. Indossò una vestaglia e andò in
cucina, cercando qualcosa da dare al cagnolino e mettendo sul fuoco dell’acqua
a bollire, per prepararsi almeno una minestra calda. Si sedette, aveva ancora
la febbre alta e faticava a reggersi in piedi, ma doveva resistere, che razza
di soldato era se cedeva per qualche linea di febbre? Eppure sapeva che non era
quello a fermarla, ma qualcosa di molto più profondo. Solo un piccolo rumore di
passi la fece sussultare, qualcuno ora batteva alla sua porta.
- Chi è?- chiese esitante. Possibile che Havoc fosse venuto a trovarla, nonostante la mole di lavoro
che avevano accumulato e dovendo coprirla? Chiese di
nuovo, ma non ricevette risposta. La cosa la mise in allarme e sebbene a
fatica, riuscì a prendere da un cassetto, la fedele
pistola e nasconderla sotto la vestaglia. Si avvicinò alla porta e chiese
nuovamente.
- Tenente, sono… sono io…Mustang… Mi ha accompagnato il maresciallo Falmann.- Gli occhi di Riza si
spalancarono dallo stupore. Perché era venuto a trovarla? - Lo so che non vuoi
vedermi, ma volevo solo assicurarmi che stessi bene, anche se mi rendo conto di
non averne il diritto dopo…- Il cuore
di lei iniziò a battere così forte che temette di perderlo da un momento
all’atro, si era appoggiata allo stipite della porta ascoltando le parole di
Roy, era dispiaciuto, aveva una voce roca e spezzata dal rimorso. - … quando Havoc mi ha detto che eri malata mi sono preoccupato,
pensavo che non fossi venuta solo per colpa mia e in parte credo che sia anche
per questo. Se non vuoi aprirmi va bene comunque,
basta che mi dici come stai.- Rimase in silenzio aspettando una risposta, che
non ricevette. Poi il rumore di una serratura che girava e della porta che si
apriva lo fece trasalire. Gli stava aprendo, ma non sapeva se rallegrarsi o
temere la reazione della donna. In quel momento Riza
gli apparve così piccola, chiusa in quella vestaglia azzurrina, i capelli in
disordine e il viso pallido, arrossato solo sulle gote e gli occhi socchiusi.
Non lo guardò in faccia, ma gli rispose.
- Io… sono arrabbiata solo perché pensavo di contare
qualcosa per voi, ma mi sono sbagliata. Domani verrò in ufficio e le cose
riprenderanno come prima.-
- Non saranno mai come prima, tu non vuoi neanche che mi avvicini a te o non
avresti la pistola sotto la vestaglia.- Se ne era accorto. Era solo una precauzione,
ma non appena aveva sentito la voce del colonnello, non l’aveva poggiata, bensì
l’aveva stretta ancora di più in mano. Riza si ritirò
in casa chiedendo scusa, ma Mustang le sorride dicendo
che se c’era qualcuno che doveva scusarsi era proprio lui.
- Vuole entrare, le offro qualcosa da bere.-Riza tolse da sotto la vestaglia la pistola e la ripose su
un piccolo ripiano a fianco della porta. Mustang accettò ed entrò in casa
chiudendo la porta dietro di se. La donna si diresse verso il frigorifero cercando
qualcosa da bere, non stava bene, ma voleva nasconderlo il più possibile.
- Lascia strare, dovresti metterti a letto e riposare, hai ancora la febbre
alta.- Provò ad avvicinarla, ma tra i due si intromise
Hayate, che iniziò a ringhiare contro il colonnello.
Non voleva farlo accostare alla sua padrona, come se sapesse che era per colpa
sua che lei soffriva.
- Anche lui ha capito che ti ho fatto del male e vuole difenderti.-
- Lo lasci stare, infondo non ha tutti i torti. Mi aspetta qui, devo andare un secondo in bagno.- Hayate guardò la padrona allontanarsi dalla cucina,
ma continuò a ringhiare contro il colonnello per impedirgli di raggiungerla.
Mustang si avvicinò all’entrata e chiuse a chiave la porta, poi si rivolse al
cagnolino ridendogli contro. Lo prese di scatto e lo gettò in un angolo,
facendolo guaire dal dolore.
- Cosa è stato quel rumore?- Chiese Riza dal bagno avendo avvertito un frastuono sospetto.
- BlackHayate ha
rovesciato la ciotola, credo che ora mi odi molto.- Riza non rispose, si era chiusa in bagno cercando di
darsi una sistemata, aveva le occhiaie e il viso stanco, si lavò e chiuse
meglio la vestaglia, poi fece per tornare in cucina, ma appena fuori si trovò
davanti Mustang, che la guardava in modo troppo strano.
- Colonnello? C’è qualcosa che non va?- Era cattivo lo sguardo che le
rivolgeva, malizioso e sadico e non le piaceva. Mai l’aveva guardata in modo
tale, neanche quella notte.
- Magari potremo riprendere il discorso che abbiamo lasciato in sospeso…-
- Cosa…- Non riuscì a finire, Mustang le strinse il
collo con una sola mano, una pressione che le impedì di respirare. Provò a
divincolarsi, ma era debole e lui troppo forte. La lasciò di colpo facendola
ricadere all’indietro, si chinò su di lei strappandole via, con una sola mano,
la vestaglia. Riza tossì cercando di fermare la
nausea che le saliva vorticosamente dallo stomaco.
- Chi diavolo sei? Non sei il colonnello, lui…- Nuovamente non le diede il tempo di finire la frase,
la prese di peso gettandola sul letto e portandosi, con estrema velocità sopra
di lei. Le bloccò le braccia con la sola forza di una mano e con l’altra le
aprì il pigiama.
- Dici che non sono Mustang? Forse si e forse no,
magari ho sempre voluto farlo, ma tu eri troppo stupida per capirlo!-
- No, non è vero!- Le bloccò la bocca con un bacio, era qualcosa di
estremamente viscido e rivoltante. Approfittando del fatto che si fosse
abbassato per baciarla, lo spinse via con la forza delle ginocchia, facendolo
cadere a terra. Lui però fu più veloce a rialzarsi e la punì per averlo
scacciato, la prese con forza sbattendola contro uno specchio in un angolo
della stanza. Battè forte la schiena contro il vetro,
che si frantumò in miriadi di pezzi, segnandole la schiena e le braccia. Alcuni
frammenti rimasero conficcati nella pelle, mentre altri la ferirono nuovamente
quando ricadde in avanti, segnandole anche il viso. Non riusciva
a reagire, la febbre, il dolore delle ferite e lo shock di non capire chi aveva
davanti. L’uomo, incurante delle condizioni della ragazza, la spogliò
completamente e la prese per i capelli tirandole il viso verso di le, con la lingua le lambì le labbra assaporando il gusto
del sangue, poi le infilò una piccola pasticca rossa in bocca costringendola ad
ingoiarla.
- Vedrai non sentirai dolore e io potrò divertirmi
almeno finché non arriverà quel biondino. Si è fermato a prendere da mangiare e
ne avrà ancora per molto.-
La fece sdraiare a terra, incurante della pioggia di vetri che era sparsa a
terra. Lui non sentiva dolore e se i frammenti lo ferivano ne
rimaneva ancora più estasiato, al contrario lei, anche se aveva smesso dei
sentire dolore probabilmente a causa di quella strana pasticca, non riusciva a
muovere un muscolo e neanche a gridare, piangere o pregare che qualcuno l’aiutasse…
Stava perdendo tempo, aveva ordinato qualcosa da portare via velocemente, in un
piccolo ristorantino poco lontano dalla casa del tenente, ma il cuoco era
impegnato e anche scorbutico. Ci stava mettendo un infinità
e per di più una cameriera dai lunghi capelli neri e un viso fantastico, lo
stava intrattenendo per bene. Era davvero molto bella, alta e slanciata dalle
forme ben definite e molto attraente, ma quella era la sera sbagliata per
provare a rimorchiarlo, non ne aveva proprio voglia.
- A me piacciono molto i soldati, adoro la divisa, li rende così affascinanti…- Le parlava all’orecchio con una voce
sensuale, toccandogli i capelli. L’unica cosa che stonava erano le mani fredde
come il ghiaccio, ma lui non ci fece caso.
- Perdonami, sei una donna molto bella, ma stasera sono molto impegnato e non
posso fermarmi molto. Per favore puoi chiedere al cuoco di sbrigarsi con la mia
ordinazione.- La donna sorrise maliziosamente e scomparve in cucina.
- Ti avevo detto di non mangiarlo, adesso che gli diamo a quel soldatino.-
- Ma io avevo fame e poi aveva già preparato tutto guarda.-
La persona che aveva risposto, sollevò un dito obeso verso un cestino sistemato
con cura in un angolo, la donna allungò due dita verso il cestino e lo avvicinò
a lei, poi uscì dalla cucina e lo porse al giovane.
- Ti conviene sbrigarti, o si fredderà.- Havoc poggiò delle banconote sul bancone e corse
verso la macchina per dirigersi da Riza.
Non appena rientrò in cucina, oltre al grasso e basso uomo che c’era prima, ne
trovò un altro, dai lunghi capelli di uno strano colore verde.
- L’hai uccisa?- chiese lei togliendosi la divisa da cameriera e mostrandosi
con un abito nero e lungo, che esaltava uno strano tatuaggio rosso tra l’incavo
dei seni.
- Forse, chi può saperlo.- Alzò le braccia, come a significare che non gli
importava poi molto di quello che sarebbe successo. - Però è stato estremamente divertente, alla fine ha iniziato a piangere e
non si muoveva neanche più. L’ho sistemata in una posa scenica, chissà se
piacerà anche al biondino come piaceva a me…- Rise. La donna non era molto convinta che avesse fatto
una cosa intelligente, ma infondo non le importava. Loro avevano un unico
desiderio e avrebbero fatto di tutto per realizzarlo, magari così avrebbero
costretto acciaio a tornare in città e loro si sarebbero potuti
impossessare una volta per tutti di ciò che bramavano sopra ogni cosa.
Come promesso ecco il
nuovo capitoletto; innanzitutto ringrazio
Shatzy, grazie per i complimenti, mi
fa piacere che la storia ti interessi così tanto, non
rispondo alle domande che mi hai fatto, basta che leggi il capitolo e capirai
tutto quindi evito di fare anticipazioni. Purtroppo non ho avuto tempo di
rileggere il capito precedente, dov’è che di preciso non si capisce? Grazie per
avermelo fatto notare, ciao ciao
Malaglar, dimmi cosa hai pensato,
sono curiosa di sapere quello che ti è venuto in mente, ma ti avverto, niente è
come sembra e la storia cambia di volta in volta, grazie che continui a
seguirmi e goditi questo capitolo. Ciao ciao
5.
Lievi battiti
Eravamo
lontani quando ci giunse la comunicazione. Il colonnello Mustang richiedeva la
mia presenza al più presto a Central City. Parlai con
il sottotenente Maria Ross, ma capii dal tono che c’era qualcosa di veramente
grave dietro quella voce roca e spezzata, tratteneva
forse lacrime amare, che non doveva versare, anche se lo voleva. Fortunatamente
eravamo a Reesembool quel giorno, Winry
volle tornare con me in città a tutti i costi e anche il mio fratellino Al era
preoccupato, sebbene il suo viso non poteva esprimerlo.
Alla stazione, in una mattina di pioggia in cui il sole non vuole mai sorgere
da dietro quelle nubi nere come la pece, ci fu detto tutto. Strinsi così forte
i pugni che ad un certo punto sentii uno strano rumore
metallico, uno scricchiolio sinistro, ma feci fatica a capire se era il mio
auto-mail o il mio cuore ad essersi incrinato. E così avevano colpito di nuovo,
il motivo lo avrei scoperto io…
Era sotto casa del tenente, stando attento a non far
bagnare la cena che si era conquistato resistendo a
quella donna. Dovette fermarsi davanti al portone principale, una figura scura
era fissa sulla soglia, indeciso se proseguire o meno,
cercava di schermarsi dalla pioggia, che gli ricordavano una qualche colpa,
pioggia simile a lacrime. Si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla.
- Lo so che mi avevi detto di non venire, ma voglio solo sapere…
Andrò via se non mi vorrà.-
Accennò un assenso con la testa ed entrarono, salirono lentamente le scale.
Udivano la voce di due persone che parlottavano proprio al piano di sopra.
Erano una vecchietta dalla faccia simpatica e furba e una donna grassottella, erano ferme proprio davanti la porta del tenente.
- Buona sera signore, è successo qualcosa? Come mai siete davanti la porta di quell’appartamento?- Le donne si voltarono verso
i due uomini, riconobbero le divise dell’esercito e sorrisero avvicinandosi ad
entrambi.
- Meno male, il cane della signoria Hawkeye non fa
che abbaiare, abbiamo cercato di chiamarla ma non risponde, non crede che sia
maleducato lasciare un animale solo in casa?- Havoc e
Mustang si guardavano pensierosi.
- Si sbaglia signora, il tenente Hawkeye è malata ed
è rimasta a casa per tutto il giorno…- Non finì di
parlare, che Mustang si era già catapultato contro la porta bussando a più non
posso, sentiva i lamenti di BlackHayate
da dentro e la cosa non gli piaceva. Anche Havoc capì
la preoccupazione dipinta sul viso del colonnello, chiese alla donna di
tenergli la cena e alla vecchietta di chiamare subito un ambulanza.
- Tenente! Tenente Hawkeye risponda!...
Rispondi Riza!- La chiamarono in coro, ma non ebbero
risposta. La porta era chiusa a chiave e la tensione era alle stelle, la donna
paffuta era immobile e spaventata allo stesso tempo, preoccupata che potesse
essere accaduto qualcosa di male.
- Havoc spostati, butterò giù la porta!- Mustang si infilò il guanto alchemico alla mano destra e si spostò
di qualche passo dalla porta. Fissava la maniglia con estrema attenzione, Havoc riconobbe in lui l’alchimista di Fuoco che tanto
ammirava. Schioccò le dita provocando una piccola e precisa esplosione a
livello della serratura, Havoc aprì la porta con una
forte spallata ed entrarono. Il biondino prese in braccio il cucciolo, notando
che era ferito e tremante. La stanza era chiusa in un’oscurità opprimente,
eppure era permeata da uno strano odore di chiuso e ferro…sangue…
Roy si precipitò in camera da letto, aprì a forza la
porta facendola saltare come la precedente, ma non regolò bene il colpo, forse
per l’agitazione, che il legno iniziò ad incendiarsi. Entrò cercando la donna e
il suo cuore smise di battere nell’istante in cui le sue iridi nere si posarono
sul suo corpo. Lo stesso effetto ebbe anche il biondino che, non appena spente
le piccole fiammelle dell’asse della porta, volse lo sguardo nella stessa
direzione che fissava il colonnello, la sigaretta gli cadde a terra lasciandolo
a bocca aperta e pieno di paura.
Solo il grido della donna dietro di loro riuscì a destarli da quel torpore, la
donna si era portata le mani davanti agli occhi cercando di non guardare ciò
che l’aveva terrorizzata, crollò a terra singhiozzando. Dal soffitto pendeva
una corda, fine e logora, alla cui estremità erano legati i polsi della donna,
sospesa a mezz’aria, completamente nuda, ricoperta di sangue, che scendeva
verso terra creando una pozza rappresa; pallida e priva di vita, gli occhi
chiusi e il respiro impossibile da percepire. Mustang si tolse la divisa e
cercò di tirarla giù come aiutato da Havoc che tagliò la corda e aiutò il colonnello a stenderla a terra,
coprendola come meglio potevano.
- Non… non respira…- la sua
voce era simile ad un lamento soffocato, come se
qualcuno lo stesse strozzando, le mani di Havoc
tremavano, mentre cercava di fermare il sangue che sgorgava dai polsi di Riza.
Mustang le prese il mento con la mano aprendole la bocca e iniziò a insufflarle
l’aria per farla respirare, si inginocchiò al suo
fianco, contando con due dita la distanza dello sterno e delle costole, poi
incrociò le mani e iniziò con il massaggio cardiaco. Havoc
lo guardava attentamente, leggendo in lui sentimenti contrastanti, rabbia,
paura, tristezza, disperazione…
- Uno…due…tre…quattro…cinque…respira…- Si abbassava ogni
cinque massaggi, soffiando l’aria direttamente nei polmoni. Havoc
era come ipnotizzato dal movimento automatico del petto della donna che si
alzava ogni volta che lui si piegava per respirare, ma poi si riabbassava senza
dare segni di continuare quello sforzo. Allora Mustang ricominciava, cinque
massaggi e un insufflazione, così per un tempo che
sembrava interminabile. In poco tempo, sentirono giungere da lontano le sirene
dell’ambulanza, ma Mustang non cessò di soccorrere la
donna. Persino i medici fecero fatica a toglierlo dal quel corpo, per curarla e
portarla via…
Stava dormendo da qualche ora, come suo solito in una posizione scomposta e a
pancia scoperta. Parlava nel sonno agitandosi e cercando di menare le mani al
vento, dall’angolo della stanza Al lo guardava stupendosi di come potesse
dormire e agitarsi in quel modo. Un po’ lo invidiava, perché chiuso in
quell’armatura di ferro ed essendo solo anima, non
poteva e non aveva bisogno ne di riposo ne di cibo, ma gli mancavano quelle
sensazioni che ormai faticava perfino a ricordare. Il suono del telefono lo
colpì improvviso, non si alzò perché sapeva che Winry
era ancora sveglia. Erano giorni che continuava a passare notti insonni
cercando di migliorare gli auto-mail di Ed prima che ripartisse. Al la sentì
rispondere e rimase in ascolto.
- Pronto casa Rockbell,
parla Winry.- Al avvertì uno strano silenzio, Winry non parlava più forse rimanendo in ascolto del suo
interlocutore, ma era un silenzio strano, come se non sapesse cosa dire. - Si, sono qui entrambi. Sottotenente Ross è successo
qualcosa, la sento strana?- Un altro silenzio poi uno strano lamento, che mise
in allarme Al. Si alzò e andò a svegliare il fratello
dolcemente, scuotendolo con attenzione.
- Fratellone, fratellone svegliati, forse è successo qualcosa…- La voce di Al era accorata, ma Ed scattò a
sedere come una molla sbadigliando e reggendosi poi al muro al suo fianco per
non perdere l’equilibrio.
- Al, ma che cavolo succede?- Sbadiglio copiosamente,
sistemandosi i capelli che si erano completamente sciolti e gli davano fastidio
agli occhi.
- Non lo so, ma Winry ha risposto al telefono e ho
avuto uno strano presentimento.-
- Va bene mi alzo…- Lo fece come per disperazione,
indossava solo i boxer bianchi e per un attimo rabbrividì per il freddo
contatto con il pavimento. Uscì dalla stanza lentamente, cercando in quella adiacente la figura di Winry, era
ancora attaccata alla cornetta del telefono, ma aveva uno sguardo che ad Ed non
piacque affatto. Si precipitò al telefono, strappandogli la cornetta.
- Pronto sono Edward Elric, chi parla?-
- Ed sono Maria Ross…- seguì
un silenzio strano, la voce della donna era strana e roca, come se fosse malata
o stesse trattenendo le lacrime, poi continuò. - Ed,
il colonnello Mustang vuole… devi tornare a Central City, prendi il treno che parte tra un ora e vieni
qui, per favore.-
- Che significa? Cosa è successo, Mustang non ci ha
mai richiamati in questo modo. Se è successo qualcosa
voglio saperlo!-
- Ti prego Ed, non farmelo ripetere… parte tra un
ora… Ci vediamo alla stazione.-
Maria Ross, riappese senza dare il tempo a Edward di capire, ma stranamente
prese molto seriamente quella chiamata e corse a vestirsi in pochi secondi. Winry entrò nella stanza di Ed osservandolo mentre riordinava
alla rinfusa qualche vestito nella valigia e corse ad aiutarlo, spostandolo e
provando a calmarlo.
- Ed, voglio venire anche io a Central…-
chiese lei mentre piegava una maglietta chiudendo poi la valigia.
- Meglio di no, se è qualcosa di pericoloso è meglio
che tu non ne rimanga immischiata. Mustang può richiamarmi per affidarmi un
qualche incarico e potrebbe essere pericoloso.- Provò
ad essere serio e freddo con la ragazza, ma stranamente lei non reagì in modo
violento come era abituata a fare. Gli porse la valigia e lo guardò dritto nelle iridi ambra del giovane.
- Se è solo per un incarico, perché al telefono stava piangendo? Non sono
stupida Ed, potrebbe essere morto…-
- Non ci hanno avvertiti quando è morto Hughes, perché
dovrebbero farlo ora!- Ed lo aveva gridato, tanto che anche la vecchia Pinako era arrivata nella stanza, rimanendo stupida di
trovare tutti svegli e vestiti. Winry abbassò lo
sguardo tenendosi il braccio con la mano, non sapeva che cosa dirgli. Non lo
aveva mai visto così arrabbiato.
- Potrebbe essere successo qualcosa di grave, non credi?-
- Allora a te che importa? Se fosse crepato
dovresti solo esserne felice!-
- Fratellone ma che dici!- Intervenì Al, ma troppo
tardi perché Winry lo colpì in pieno viso con uno
schiaffo carico di amarezza.
- Non è così, ho imparato a perdonare le persone quando non sono responsabili
di ciò che fanno e io verrò in città con te che tu lo
voglia o meno.- Ed si voltò di scatto verso la porta
esortando il fratello a seguirlo.
- Fa come ti pare, ma il treno parte tra un ora e devi
sbrigarti…- Fece ancora qualche passo e si fermò
sulla soglia voltandosi di poco per guardala ancora una volta. - Mi dispiace Winry, non volevo dirti quellecose.-
- Non importa.- sorride dolcemente e anche Ed rispose a quel gesto con una abbozzo di sorriso, anche se estremamente preoccupato. -
Mi preparo in dieci minuti.- Corse via nella sua
stanza, mentre Ed e Al l’aspettarono fuori. Era freddo e l’aria soffiava
fastidiosa e leggermente umida.
- Fratellone, se Winry avesse ragione?-
- Smettila Al! Quello li non lo ammazza nessuno…- Eppure neanche lui ne era convinto. Partirono per
la città, il cuore a mille e tanti dubbi, non sapevano che aspettarsi una volta
alla stazione e l’idea di dover dare l’addio ad un
altro compagno era per loro insostenibile.
Era appena l’alba quando arrivarono alla stazione, erano stanchi e assonnati,
ma non avevano chiuso occhio per tutto il viaggio, rimanendo in silenzio a
rimuginare su ogni cosa. Sentivano le gocce della pioggia picchiettare sul tetto
del treno e scivolare sui vetri. Pioveva da giorni interminabili, chissà se una
volta finita tutta quella strana storia, avesse smesso? Scesero piano i gradini
del treno, era tutto silenzioso e desolato, a quell’ora del mattino non erano
molte le persone che decidevano di partire. L’avevano visti
dal treno, il tenente Maria Ross e il sergente Brosh
fermi accanto ad una panchina della stazione, seduti e con il viso pallido. Si
alzarono non appena li videro arrivare e accennarono un piccolo saluto militare.
Ed scosse la testa, come a dire che non era affatto
necessario, infine chiese la cosa che più lo opprimeva.
- Si tratta di Mustang, gli è successo qualcosa…è…-
Fu il biondino a rispondere con un segno negativo della testa, strofinandosi
nervosamente un braccio.
- Lui… non sta bene, ma non perché è ferito…insomma…- Si morse il
labbro inferiore, come se non sapesse come spiegare una cosa simile ad un bambino. Ed spalancò gli
occhi facendo un passo indietro e lasciando cadere la valigia a terra.
- Si tratta del tenente Hawkeye… è per lei che ci
avete chiamato… non è morta vero?- Maria Ross rimase
impressionata dalla capacità del ragazzino di intuire la situazione.
- Sembra che sia stata aggredita nel suo appartamento, quando il colonnello
Mustang e il sottotenente Havoc sono andati da lei,
l’hanno trovata in condizioni critiche… mi è stato
chiesto di consegnarti il fascicolo sul caso, Mustang vuole che te ne occupi
tu, anche se per un ragazzino sono immagini forse troppo forti.- Maria Ross gli stese un pacchetto di fogli dentro ad una
copertina gialla, Ed slacciò lo spago che chiudeva il fascicolo e lo aprì,
cercando di nasconderlo al fratello e alla ragazza. C’erano parecchie foto
della casa del tenente, completamente messa a soqquadro, vetri sparsi dappertutto
e sangue in ogni dove, immagini del suo corpo, completamente sfigurato dalle
lesioni, il cuore di Ed perse qualche battito, ma cercò di rimanere obiettivo e
le esaminò come se stesse guardando tutt’altro, si sforzò di rimanere
impassibile, ma dentro di lui qualcosa gridava, urlava e si dibatteva per
l’ingiustizia a cui doveva assistere. Infine vi trovò
un piccolo biglietto, la calligrafia era di Mustang, ma era scritta velocemente
e in preda alla rabbia. “ Mi fido di te Ed, ti ho fatto chiamare perché sei
l’unico a cui posso affidare la sua vita in questo momento… io non ce la faccio. Te lo
chiedo da uomo a uomo, trova quel bastardo che le ha fatto questo…”
Trattenne le lacrime, gocce intrise da una rabbia profonda. Chiuse il
fascicolo e lo porse ad Al, chiedendogli di custodirlo, ma non leggerlo per
nessuna ragione.
- Come sta la signoria Hawkeye ora?- chiese
disperatamente Winry dopo che Ed ebbe terminato di
leggere il rapporto.
- Ora è in prognosi riservata, nessuno ha il permesso di andare a farle visita.
Il colonnello è in ospedale da ore ormai, ma non si sa nulla…-
Rispose la donna cercando di essere il più distaccata
possibile.
- Al, Winry voi andate in
ospedale, vi scorteranno loro e rimanete li fino a che non verrò io.-
- Ed, che hai intenzione di fare?- Chiese la ragazza con le lacrime agli occhi,
trattenendolo per un braccio. Ed la scostò dolcemente
abbracciandola di sorpresa. Poggiò la fronte sulla spalla della ragazza,
parlandogli sottovoce.
- Rimani sempre insieme ad Al e se lui non c’è non ti
allontanare dall’ospedale e non uscire senza una scorta. Io devo indagare su
questa faccenda, non voglio che ti accada qualcosa.-
Le posò un leggero bacio sulla guancia e si rivolse ai due militari, che li
guardavano dolcemente, avevano capito bene il motivo di quel gesto.
- Vi affido Winry, non lasciatela sola per nessun
motivo.-
- Non serviva neanche chiederlo… stai attento Ed.- Il biondino corse via
salutandoli da lontano. Per prima cosa aveva bisogno di indizi
e doveva cercarli nell’appartamento della donna. Resistere e continuare senza
lasciarsi coinvolgere più di tanto, queste le parole che si ripeteva mente correva, eppure era tardi per farlo, ormai si era lasciato
manovrare dalle emozioni…
Ecco un nuovo capitolo, chiedo scusa a tutti per il
ritardo, ma mi sono ammalata e non ho potuto mettere i capitoli nuovi, per
questo ci metterò più tempo ad aggiornare. Non posso neanche ringraziare personalmente
chi ha lasciato commenti ai capitoli precedenti, quindi chiedo perdono e non
appena mi rimetto giuro che sarò più diligente …. Spero che vi piaccia e spero
di sentirci il prima possibile. Ciao ciao
6.
Indagini
Quando
arrivai in ospedale non sapevo cosa avrei visto,
temevo con tutta me stessa di incontrare il colonnello, cosa avrei potuto
dirgli io? Io, quella che qualche giorno prima gli aveva dato dell’assassino,
come potevo consolarlo? E poi Ed e quello che mi ha detto mi hanno lasciata senza parole, ho sentito il suo cuore battere
attraverso i vestiti e arrivare al mio, si sono come sincronizzati ed è stata
una sensazione bellissima, anche se mi sento in colpa a pensare a questa
felicità dopo quello che sarò costretta a vedere. Speriamo solo che vada tutto bene… prego con tutta me stessa che questa storia finisca presto…
Aveva corso come un pazzo, sotto la pioggia battente
cercando di arrivare il prima possibile. Conosceva la
strada, anche se non ci era mai stato, un istinto irrefrenabile di vedere con i
suoi occhi il peccato che si era consumato. E finalmente la meta prese la forma
di una porta scardinata, con la serratura bruciata e un odore di chiuso e
tristezza. Fu fermato da una vecchietta che gironzolava per il pianerottolo.
- Ragazzino, questo non è posto per te. I militari hanno vietato l’ingresso,
non possiamo neanche pulire la stanza.-
- Lei cosa sa di questa storia?- chiese Ed con un filo di voce e recuperando il
normale respiro dopo la corsa.
- Niente, solo che la signorina è stata aggredita in casa. Sembra fosse già
malata, per questo l’aggressore è stato facilitato. Non ci siamo accorte di nulla… Mi dispiace tanto per quella povera donna.- Era
abbattuta, proprio come si sentiva lui in quel momento. Aveva letto nel
rapporto che il tenente era a casa con l’influenza e che quindi era debilitata,
ma come aveva fatto l’aggressore ad andarsene senza farsi
notare? Entrò nell’appartamento, dirigendosi verso la camera
da letto. Dal soffitto pendeva ancora la corda tagliata con cui era
stata legata, nella mente di Ed passò come un fulmine la
foto delle braccia di Riza riportate nel fascicolo,
aveva i polsi completamente violacei con i segni della corda, feriti e laceri.
Fu un lampo, ma rivide il corpo della donna ancora appeso, indietreggiò
prendendosi la testa tra le mani, tremava come una foglia e aveva iniziato a
sudare. A terra c’era ancora la pozza di sangue, ora rappreso e incrostato, i
pezzi dello specchio distrutto, ma nulla di più.
Possibile che non avesse cercato di proteggersi? Iniziò a cercare le fidate
pistole che la donna portava sempre con se, una la
trovò nel primo cassetto del comodino, mentre per l’altra dovette tornare in
cucina, su una mensola accanto alla porta… alla porta…
- Perché in posti così scomodi e lontani? Perché non vicine?...
Deve averle spostate…- Nella mente di Ed iniziarono a
ricostruirsi i fatti…
“ Il tenente si alza dal letto, va in cucina…
qualcuno bussa alla porta…prende
la pistola prima di aprire…”
- Si ma perché poi la appoggia in quel modo?-
Gironzolava per le stanze cercando di capire la cronologia di ogni fatto. -
Conosceva la persona che aveva davanti, si fidava di lui…-
“ Ha aperto la porta, poggiando la pistola sulla mensola e lo
ha fatto entrare…”
- Si ma perché portarlo in camera?-
Dalla porta la vecchia donna continuava ad osservare
il ragazzino che gironzolava per l’appartamento, sfregandosi il mento e
cercando di sforzarsi a ragionare. Era stupita della freddezza con cui si
muoveva.
- Ragazzino… se i militari ti vedono in quella casa passerai dei guai?- chiese la donna cercando di farlo
allontanare.
- Signora io sono un alchimista di stato, vede l’orologio…-
mostrò l’orologio d’argento che teneva in tasca, non
la sopportava più e non riusciva a concentrarsi con quella vecchia tra i piedi.
- Ah sei già un soldato? Proprio come quei due che hanno soccorso la povera Riza, uno di loro era andato via poco prima, poi è tornato
con un altro compagno e la cena… dovevano volergli
proprio bene.-
Fu come un’illuminazione. Ed corse dalla vecchia,
spaventandola e cercando spiegazioni.
- Che significa? Mi sta dicendo che uno di loro è uscito da casa del tenente
poi è tornato e l’hanno trovata in quello stato?-
- Io ti dico solo quello che ho visto, mi sono affacciata per dirle di far star
zitto il cane e ho visto un uomo in divisa che usciva dall’appartamento. Ho
provato a fermarlo, ma è corso via. Dopo qualche minuto sono arrivati gli altri
due.-
- Perché non lo ha detto a nessuno, perché non ha
parlato prima?- Ed la stava letteralmente aggredendo, per farsi spiegare meglio
la situazione, ma nella sua mente si era già insinuato un dubbio.
- Io sono vecchia ragazzo mio, le cose mi sfuggono facilmente…- Ed la lasciò con un palmo di naso, correndo
via. Forse aveva capito…
La donna rientrò in casa e chiuse la porta dietro di se, accennò un sorriso
strano.
- Vuoi che lo scopra, è questo il tuo gioco?- Una voce femminile la fece
voltare da un lato, intravide la figura di una donna appoggiata alla parte con
le braccia conserte.
- In verità il mio piano si modifica lentamente, ho tante belle idee, adesso ci
rientra anche quel tappo.-
- Così ci metti nei guai Envy.-
- Se raggiungo il mio scopo, non si creeranno guai…
al contrario…-
Erano giunti in ospedale, un edificio bianco e anonimo, che appesantiva i cuori
di ognuno di loro. Winry chiese subito
dove fosse il colonnello Mustang, la richiesta per un attimo spiazzò i
due soldati.
- Voglio solo sapere come sta, non credo che sia il momento adatto per fare
scenate.- Era seria e sicura di se stessa, ma per quanto ancora non lo sapeva
neanche lei. Maria la accompagnò per i corridoi dell’ospedale, percorsero un
lungo androne fino ad arrivare ad un punto cieco, da
lontano Winry vide la figura di un uomo, seduto su
una sedia in metallo, era piegato in avanti e si reggeva la testa con una mano,
lasciando che i capelli gli andassero tutti in avanti. Faticò persino a
riconoscerlo.
- Per favore, posso chiederle di aspettare fuori con Al?-
Il tenente Ross annuì rassegnata, girando su se stessa ed
allontanandosi. Winry iniziò a camminare verso quell’uomo,
lentamente e cercando di fare meno rumore possibile.
- Colonnello…colonnelloMustang…- lo disse con un filo di voce, vergognandosi di
quanto fosse debole in quella situazione. L’uomo davanti a lei spostò
leggermente la testa nella sua direzione, scoprendosi a malapena l’occhio
sinistro. Winry rimase colpita da quello sguardo
debole e triste, le pupille erano spente e prive di vitalità, come se ci fosse
un velo davanti che gli impedisse di vedere, aveva il viso pallido e segnato da
una stanchezza senza fine e impossibile da rimuovere.
- Win…Winry… che ci fai tu
qui?- Neanche la voce era la sua, dove era finito quel tono sicuro e seducente
che lo distingueva dagli altri, quella fierezza e sfrontatezza che solo lui
sapeva dimostrare? Il Roy Mustang che conosceva era
scemato in pochi secondi, senza lasciare più traccia di ciò che era. Poi la
vide e la cosa la fece infuriare. Scorse l’angolo di una bottiglia dal liquido
scuro penzolare dalla sua mano, mezza vuota e senza neanche il tappo. Si
avvicinò a lui cercando di non fargli notare ciò che in realtà aveva visto, ma
si rese presto conto che il colonnello non aveva riflessi
pronti per fermarla se avesse deciso di prendergli quella bottiglia.
- Così è questo che fanno i militari quando si sentono
in colpa o non sono in grado di tenere a bada i propri sentimenti?- Era fredda
e per Mustang fu come essere investiti da un vento polare, le mani gli
tremarono, mescolando il liquido nella bottiglia.
- Non conosco altri modi per non soffrire…- Abbassò
lo sguardo avvicinando la bottiglia al viso e sorridendo da ebete, sapeva di
sbagliare, ma non riusciva a fermarsi.
- Ha fatto la stessa cosa con i miei genitori e quando il Signor Hughes se ne è andato vero? Solo che prima c’era qualcuno a dirle di
smettere, prima Hughes e poi la signorina Riza e ora
che si sente solo cerca di fare pena a qualcun altro?-
Mustang rimase pietrificato da quelle parole, non sembrava neanche che a
pronunciarle fosse lei. Le rivolse uno sguardo di supplica socchiudendo gli
occhi e cercando di mettere a fuoco l’immagine della ragazza. Si alzò dalla
sedia, forse per avvicinarla, ma le gambe non ressero il suo peso e ricadde in
avanti. Winry lo sorresse in tempo e Roy si appoggiò
alle spalle della ragazza, come se non volesse farla scappare.
- Voglio morire, come volevo morire in tutte le
occasioni che hai detto tu e in molte altre… Non so
comportarmi da uomo, ma solo da alchimista e uno scienziato queste cose non è
in grado di superarle da solo…-
- Adesso la aiuterò io, ma non è solo… ci sono tante
persone che le vogliono bene.-
Mustang alzò il viso verso quello della ragazza e cercò di mettersi nuovamente
in piedi, Winry notò che l’odore di alcool non era
molto forte, anche se Mustang non riusciva neanche a reggersi in piedi. Lo
aiutò a sedersi e si accomodò vicino al colonnello, togliendogli dalle mani la
bottiglia e buttandola in un cestino poco distante. Gli sistemò i capelli,
completamente scarmigliati e gli asciugò il viso sudato con un fazzoletto.
Mustang prese tra le dita una ciocca di capelli della ragazza, lasciando che
gli scivolassero morbidi in mano.
- Sono identici ai suoi, hanno quasi lo stesso profumo…
se fossi più ubriaco ti avrei scambiato per lei e
forse ti avrei anche baciata… quello che avrei dovuto
fare ieri notte… - Winry arrossì
vistosamente, sconvolta da quelle parole strane, ma piene di sentimento. Forse
era vero che non l’aveva riconosciuta, ma lei lo lasciò fare. Mustang si
sistemò meglio e appoggiò la testa sulla spalla della ragazza chiudendo gli
occhi. Sospirò forte e strinse la mano di Winry,
baciandola piano.
- Non perderò anche te…darei
la mia vita pur di riaverti indietro…-
La ragazza non rispose, attese che si addormentasse e rimase con lui per tutto
il tempo. Mustang si era seduto davanti alla stanza dove
era chiusa Riza da ore, la luce sopra la porta era
accesa e rossa, non potevano entrare, ma quando quella luce si fosse spenta,
che cosa avrebbero saputo? Tutto quello che sapeva era
che se Riza non ce l’avesse fatta, con lei sarebbe
morto anche lui…
Un
altro capitolo visto che ora posso usare internet,
appena ho tempo mi dedicherò a curare ogni particolare, se ci sono errori
fatemelo sapere, non riesco a leggere neanche un capitolo con la febbre alta…
che sfortuna, spero che vi piaccia a presto. Un bacio!
7.
Senza di lei… morirei
Winry
ha voluto rimanere sola con il colonnello Mustang.
Chissà come sta in questo momento? Quando l’ho visto
ho avuto un tuffo al cuore, mi mancava l’aria e credo di aver fatto una faccia
da idiota, ma cosa potevo fare? Mi ha chiesto di chiamare Ed e farlo tornare
subito in città, era ubriaco quando lo ha fatto, ma io
non ho avuto cuore di dirgli nulla. Neanche i suoi sottoposti riuscivano a
parlare, Havoc si guardava le mani come se fossero ancora sporche di sangue,
mentre gli altri stavano quasi per mettersi a piangere, in quel momento ho
pensato che come soldati non erano un gran che, ma quando ho sentito la voce di
Ed al telefono, preoccupato che mi chiedeva il motivo della telefonata, ho
avuto un groppo in gola ed era molto doloroso. Temo per lui come per tutti gli
altri solo che non posso darlo a vedere…questo fa un soldato e a volte odio me
stessa per esserlo…
Da quando era tornato in città
non aveva fatto altro che correre sotto quella pioggia fine, ora però stava
correndo verso l’ospedale. Il cuore e la testa gli martellavano all’unisono e
poi voleva sapere delle condizioni del tenente. Non l’avrebbe mai detto, ma è
vero che ci si accorge di voler bene ad una persona
quando sai di perderla e lui voleva bene al tenente. Quella donna che sapeva
essere fredda come un ghiacciolo, ma che sapeva sorridergli scaldandogli il
cuore, un sorriso quasi materno. Scosse la testa scacciando quella terribile
malinconia e continuò la sua corsa. Ci impiegò più di quindici minuti per
arrivare, era bagnato fino alle ossa e stanco, ma non si fermò. Entrò
nell’ospedale, fermandosi davanti al banco d’entrata.
- Cerco la stanza del tenente Riza Hawkeye, sono…-
- Fratellone…- Ed volse lo sguardo verso la grande
armatura contente l’anima di suo fratello e si avvicinò a lui. Aveva i capelli
completamente sciolti che gli si incollavano al viso,
i vestiti zuppi che lasciavano una scia di gocce sul pavimento. - Ti prenderai
un accidenti se rimani bagnato.- Ed si accorse che Al
stava girando intorno al discorso principale, ma cercò di non essere aggressivo
e gli sorrise.
- Hai ragione, ma adesso non posso pensare a me stesso. Dov’è il colonnello?-
Chiese sistemandosi la treccia dietro la schiena.
- Winry è con lui e ci ha chiesto di lasciarla sola per un po’. Del tenente non
si sa ancora nulla.- Al gli porse la valigia con gli abiti chiedendogli di
cambiarsi. Ed acconsentì e si chiuse in bagno. Non
aveva detto nulla al fratello di quello che aveva scoperto, anche se ne era
sicuro. Si cambiò indossando una maglietta rossa e un paio di pantaloni neri e
tornò dal fratello, con l’intenzione di andare dal colonnello. Al lo accompagnò
verso il corridoio dove incontrarono i sottoposti di
Mustang insieme a Maria Ross e al sergente Brosh, tutti seduti su una fila di
sedie metalliche e in segreto silenzio. La donna scattò in piedi non appena lo
vide, gli accennò un saluto, forza dell’abitudine, ma stavolta Ed non ci fece
caso.
- Notizie?- chiese lui con un filo di voce.
- E tu?- Rispose lei tutto d’un fiato. Ed capì che non c’erano novità sulle condizioni della donna,
ma lui al contrario ne aveva.
- Devo parlare con il colonnello, credo di avere degli indizi.- Questa volta fu
Havoc a scattare dalla sedia come una molla. In tutto il tempo non aveva fatto
altro che rimanere in silenzio a guardarsi le mani, come se sentisse ancora
l’odore del sangue di Riza su di se. Non aveva acceso
neanche una sigaretta per tutto il tempo e non solo perché erano in un
ospedale, quella che aveva gettato nell’appartamento della donna, forse era
stata per lui l’ultima.
- Hai scoperto chi le ha fatto questo? Ed dimmelo,
voglio sapere chi è questo bastardo!-
- Calmati, non sei nelle condizioni di agire ora e poi ho solo degli indizi…-
mentiva, ma Havoc era sconvolto e lui non sapeva altro modo per fermarlo.
Sarebbe stato capace di correre da lui e prenderlo a pugni in quel momento, ma Ed sapeva che sarebbe stato inutile, il suo
avversario non era un tipo facile da far fuori.
- Stai semplicemente mascherando la verità! Noi tutti vogliamo saperlo, basta
tenerci all’oscuro!- Anche gli altri assentirono a quelle parole,
ma Ed non si fece per nulla impressionare.
- E cosa vorreste fare? Lo capite che in questo momento lei ha bisogno di
sentirvi vicini. Non capite che quello che le manca è
la forza di svegliarsi? Il colonnello ha affidato a me questa missione e come
alchimista di stato posso essere considerato un vostro
superiore. Non immischiatevi e questo è un ordine.-
- Fratellone perché ti comporti così?- Al non riconosceva neanche più suo
fratello, non aveva mai parlato con quel tono autoritario, ne
si era mai appoggiato al suo titolo di alchimista per dare ordini. Al contrario
Maria Ross forse lo aveva capito, non voleva comandare, bensì far capire a tutti che ora dovevano fidarsi di lui.
- Ed ha ragione, ma come nostro superiore credo che
sappia quali responsabilità comporti il ruolo che si è imposto?- Ed fissò la
donna, lei gli rivolse un sorriso di fiducia piena nei suoi confronti, così
fecero anche gli altri.
- Vi chiedo di fidarvi di me, io posso combattere chi le ha fatto questo… voi
no e non voglio che un’altra persona rimanga coinvolta, se le hanno fatto questo è stato solo per colpa mia.- Aveva tirato fuori
la verità che si portava dentro e che faticava ad accettare, ma era vero. Se
Envy aveva colpito Riza, era solo perché lo voleva a Central City…
Era rimasta in silenzio per molti minuti, il colonnello si era addormentato
dolcemente appoggiato alla sua spalla, ogni tanto mugugnava qualcosa, ma lei
non riusciva a capire cosa stesse sognando. Si volse solo quando sentì il
rumore di passi provenire dal corridoio, spostò lo sguardo fermandolo sulla
figura di un ragazzo biondo che la guardava in modo strano.
- Sei già di ritorno? Hai scoperto qualcosa?- la voce di Winry era simile ad un sussurro. Ed si avvicinò a
lei osservando il colonnello che dormiva proprio al suo fianco, sorrise, come
se fosse felice di vederlo sereno in qualche modo. - Ha bevuto, per questo si è
addormentato. Non era ubriaco, ma se non lo avessi fermato
lo sarebbe diventato presto…-
- Ho degli indizi… sai niente sulle condizioni del tenente?-
- Non è uscito ancora nessuno e le infermiere non vogliono dire nulla… ho paura
Ed e se…-
- Non dirlo!- Se avesse potuto, lo avrebbe gridato con tutto se stesso, ma si
trattenne stringendo i pugni. - La colpa è mia, volevano arrivare a me e
naturalmente non si sono accontentati di chiamarmi in modo normale…- In quel
momento il colonnello scattò a sedere come se fosse stato fulminato, fu così
veloce che il cuore di Winry prese a battere freneticamente per lo spavento.
Non riuscì a spiegarsi il perché di quel gesto, ma come un presentimento capì
che era ora di sapere qualcosa su di lei.
Quella luce che per ore era rimasta accesa, mandando bagliori rossi sulla
parete immacolata opposta, si era ora spenta. Tutti e tre trattennero il
respiro, come se fosse vietato. La ragazza e il colonnello si alzarono in
attesa, lei prese la mano del biondino cercando come protezione, un sostegno se
fossero giunte cattive notizie, lui le diede ciò che cercava. La porta si aprì
lentamente, da cui uscì un uomo brizzolato chiuso in un camice verde, si tolse
la mascherina gettandola in un cestino e si passò una mano sui capelli,
spostandoli dagli occhi nocciola, era sudato e visibilmente stanco. Scese un
silenzio quasi mortale…
- Do… dottore come sta?- Più che una richiesta sembrava un lamento di dolore,
la voce di Mustang somigliava a quella di un bambino ferito. Il medico ci
impiegò un po’ prima di rispondere, anche se il suo sguardo non era dei più
confortanti.
- La signorina Hawkeye ha riportato gravi lesioni esterne e un trauma
celebrale, abbiamo riscontrato circa tre costole incrinate, la spalla destra
completamente lussata, ferite ed ematomi su tutto il corpo non solo causate dalle percosse, ma anche con armi da taglio, le più
gravi erano ai polsi… l’emorragia in qualche modo è stata bloccata dalla corda
con lui l’hanno legata… - Mustang provò a dire qualcosa, ma il medico lo fermò
con un gesto della mano quasi spazientito dall’impertinenza dimostrata. - Mi
lasci terminare. L’hanno drogata con qualche strano farmaco che non conosciamo,
inquinandole il sistema circolatorio. Ad ogni modo siamo riusciti a
stabilizzare le sue condizioni, ma… è entrata in coma. Non possiamo fare altro
mi dispiace…-
- Che diavolo significa che non potete fare altro!?-
Mustang era furioso, afferrò il medico per il camice sollevandolo quasi da
terra.
- Colonnello si calmi per favore!- Winry lo afferrò per un braccio, ma sembrava
tutto inutile.
- Come faccio a calmarmi, questo imbecille non sa fare altro che elencarmi
quello che ha e dirmi che non può fare niente! La sua compassione può anche
mettersela in un altro posto, non…- Winry lo colpì e Mustang lasciò andare il
povero dottore sconvolto. Il colonnello si portò una mano al viso, nel punto in
cui si stava formando il segno rosso della mano della ragazza.
- Le sembra il modo di fare o di agire? Crede che prendere a pungi
il dottore possa far svegliare Riza? Cerchi di ricomporsi e la smetta di fare
il bambino!- Fu come se il tempo si fosse fermato,
come se tutto non avesse più peso, la rabbia e la frustrazione erano sparite
lasciando posto ad uno strano bruciore sul viso. Lacrime calde e piene di
tristezza scesero dagli occhi corvini dell’uomo ormai sconvolto. Cadde in
ginocchio nascondendo quel sentimento alla vista di chiunque lo
stesse guardando. Le mani dolci della ragazza lo presero per le spalle,
scusandosi per essere stata così avventata.
- Non devi… sono io che devo scusarmi… ma io senza di lei… morirei!- L’aveva
gridato forte, quell’ultima parola era carica di tutto ciò che il colonnello si
portava dentro il cuore da tempo. La ragazza lo
abbracciò d’istinto proteggendo quel fragile uomo che aveva smesso di essere un
soldato o un alchimista. Ed si avvicinò al medico
chiedendogli come stesse, l’uomo rispose ancora leggermente scosso.
- Mi dispiace per la reazione che ha avuto. Possiamo vedere il tenente?-
- Solo uno alla volta, potete parlarle, ma dovete
rimanere calmi o peggiorerà solo la situazione.- Il medico li lasciò
allontanandosi lentamente. Ed si rivolse al colonnello
cercando di farlo tornare in se.
- Colonnello credo che il primo a dover entrare sia lei, ma non le permetterò
di andare se prima non si calma e non recupererà un po’ di lucidità.-
Il colonnello si alzò in piedi sistemandosi i capelli e cercando di calmarsi. Gli sorrise leggermente ed entrò nella stanza.
Chiuse la porta dietro di se e respirò profondamente, la stanza era permeata da
un odore di medicinali e disinfettante, era candida come la neve e fresca. Si
avvicinò al lettino sistemato proprio al centro della stanza e si sedette su
una piccola sedia in legno proprio al fianco. Con gli
occhi percorse la forma del corpo della donna che dormiva nel letto, i capelli
erano sparsi sul cuscino, il viso era pallido, le bende la coprivano quasi
completamente, lasciando scoperti gli occhi chiusi e la bocca, su cui era
posata una maschera per l’ossigeno. Le avevano fatto mettere uno di quei camici
ospedalieri bianchi, le braccia che uscivano fuori dal
lenzuolo erano immobili e fasciate, osservò il petto che si alzava
meccanicamente grazie ad una macchina al fianco del letto, che produceva un
fastidioso e regolare rumore metallico. Mustang le accarezzò il viso
delicatamente, come se temesse di romperla.
- Sai credo davvero di non capire nulla della vita… come ho fatto a ferirti in
questo modo? Che razza di uomo sono e tu come hai
potuto seguire ciecamente un essere come me? Quella sera ti desideravo davvero,
con tutto il mio corpo e la mia anima, ma mi sono comportato male, non ho dato
peso ai tuoi sentimenti credendo che non mi avresti rifiutato… Non credo tu
possa perdonarmi, ma non è questo quello che voglio
adesso, l’unica cosa che desidero è riaverti indietro, voglio che tu mi prenda
a schiaffi per quello che ho fatto, voglio sentire la tua voce che mi grida
contro arrabbiata, ma non voglio più vederti piangere. Vorrei vederti davanti a
me come tutte le mattine, come tutte le volte che mi riprendi perché non lavoro
seriamente o che mi sostieni perché sto per crollare. Temo persino a sfiorarti,
ho paura che tu non voglia avermi vicino, ma se è così
dimmelo ti prego, apri gli occhi e dimmi di andarmene via… ti prego…-
Da fuori la stanza, anche se non era loro intenzione, tutti ascoltavano le
parole di Mustang, le sue suppliche di riaverla indietro. Si erano precipitati
non appena erano stati avvertiti che potevano vederla, ma ora nessuno aveva il
cuore di entrare. Winry si era stretta tra le braccia di Ed, nascondendo il
viso rigato dalle lacrime agli occhi degli altri, lui le accarezzava i capelli
chiedendole di calmarsi, eppure anche i suoi occhi dorati bruciavano e ogni
parola che sentiva provenire da dentro gli pungeva il cuore. Al non poteva, ma
stava piangendo in silenzio seduto in un angolo che si reggeva
le gambe con le braccia metalliche, stando attento a non fare rumore. Havoc e
gli altri soldati erano chiusi in un sinistro silenzio, tutta quella storia,
quel dolore li univa come non mai eppure avrebbero preferito rimanere lontani,
nascondere i propri sentimenti per sempre. Dimenticare era impossibile, capire
era impossibile, vendicarsi non lo era e di questo Ed
ne era certo.
“Ti troverò Envy… questa volta non sarà come le altre,
questa volta ti ucciderò… chiunque tu sia, anche se dovrò cercare le tue ossa
fino in capo al mondo… prometto che ti rispedirò da dove sei venuto… questa è
una promessa… aspettami!
X
Malaglar, grazie dei commenti e aspetto con ansia i
prossimi, la storia si fa sempre più complicata continua a seguirmi e spero che
ti piaccia.
X
Shatzy, non so se ricordi che nel capitolo 4 ho scritto che Envy le da una piccola pasticca rossa, be aspetta e capirai meglio. Io adoro Roy e mi è piaciuto
molto scrivere questo capitolo, spero solo di non averlo troppo idealizzato e
di aver reso bene il suo carattere, è un personaggio difficilissimo da descrivere.
X
The_Dark_Side, continua a tifare per Ed, ne avrà molto bisogno, mi fa piacere
che sono riuscita commuoverti, vuol dire che sono riuscita
a descrivere bene la situazione.
Un
saluto a tutti, finalmente mi sono ripresa e posso dedicarmi alla mia ff come si deve, buona lettura
8.
La ricerca di acciaio
Non
ho mai visto mio fratello così deciso, mai in tutta la nostra vita insieme gli
ho letto quei sentimenti negli occhi. Non vuole che io vada con lui, non ci
siamo mai separati e ora non vuole neanche dirmi cosa ha scoperto. Forse
c’entra la pietra filosofale, ancora una volta nella nostra vita, quel mito
condiziona le nostre azioni. Eppure non si era mai rifiutato di avermi accanto,
mai mi aveva tenuto all’oscuro delle sue azioni…
forse so perché lo fa, ha solo paura di perdere anche lui qualcuno a cui tiene e ridursi come il colonnello Mustang e mio
fratello è troppo orgoglioso per farlo, anche se questo significherebbe
soffrire cento volte di più. Poi mi ha chiesto di non lasciare mai sola Winry… vederli così vicini mi rende felice, anche se un po’
sono geloso, lui può toccarla, sentire il calore della sua pelle…
io le ho dimenticate tutte quelle sensazioni. Ad ogni modo farò come mi ha
chiesto, questa è la sua battaglia personale ormai, io non posso entrarvi…
Quando il colonnello decise di uscire dalla stanza
del tenente erano passate più di due ore. Ed si era
appisolato insieme a Winry su una sedia, accanto a
lui tutti gli altri stavano sonnecchiando tranne Alphonse,
che non ne aveva bisogno. Si affacciò svegliando il ragazzino biondo, che
scattò come una molla in piedi.
- Calmo Acciaio, non voglio saltarti addosso!- Lo disse ridendo, come per
riacquistare la sua ironia strafottente, ma era stanco, gli occhi scuri segnati
da profonde occhiaie.
- Il tenente sta bene?- Chiese Ed cercando di ricomporsi e senza dare a vedere
al colonnello che lo trovava troppo stanco e affaticato.
- Sta dormendo, è meglio che riposi così potrà riprendersi…
Devo parlarti in privato, andiamo nel mio ufficio alla centrale.- Il ragazzo
acconsentì, ma quando sentì che anche il fratello si stava alzando lo fermò in
tempo.
- Non questa volta Al ti prego, tu devi rimanere qui a proteggere Winry e Riza, devi prometterlo.-
Voleva ribattere, ma non ne ebbe la forza, era serio, troppo per suo fratello e
come risposta si sedette di nuovo.
- Ed? Dove vai?- La voce impastata dal sonno di Winry lo fece voltare di nuovo. Ed
incrociò le perle azzurre della ragazza, che brillavano leggermente sotto le
palpebre semichiuse. Si avvicinò piano, mentre lei si strofinava gli occhi
provando a mettere a fuoco la figura del ragazzo.
- Io ho da fare, tu rimani con il tenente e Al ok?- Si era avvicinano molto a
lei, poggiandole le mani sulle spalle e portandola a poggiare la schiena contro
il muro. La fissava come se non la vedesse da anni, come se fosse l’unica donna
su cui avesse poggiato quelle iridi dorate, così penetranti e affascinanti.
- Cos’hai Ed, è successo qualc…-
Fu veloce, forse troppo. Winry lo vide chiudere gli
occhi e poggiare le sue labbra sulle sue, calde e morbide, cercando una
risposta. Winry schiuse lentamente le sue, permettendo al ragazzo di raggiungerla
più facilmente. Era un bacio pieno di sentimento, un bacio
voluto e desiderato. Un bacio carico di promesse future, in cui si
abbandonarono entrambi senza pensarci. Quando il biondo si staccò le chiese di
dormire ancora e lei gli obbedì senza chiedere oltre, osservandolo mentre si
allontanava all’ombra del colonnello. Raggiunsero la macchina, il cielo era
scuro, ma almeno per qualche ora aveva smesso di versare tutta quell’acqua.
Salirono e Mustang accese il motore uscendo dal parcheggio dell’ospedale. Gettò
l’occhio sul ragazzino al suo fianco che si toccava le
labbra come se non sapesse cosa aveva appena fatto.
- Hai fatto bene… però è vero che si riesce ad essere se stessi quando si teme di perdere una persona,
se non fosse accaduto nulla a Riza, tu non l’avresti
mai baciata in quel modo.-
- Mi sento un verme in questo momento, il mio cuore gioisce in un momento così
brutto.-
- Non sentirti peccatore per una colpa non tua. Hai agito come ti diceva il
cuore se lo avessi fatto anche io, lei non si
troverebbe in quelle condizioni.-
- Colonnello?- Quella era la prima volta che Mustang si confidava in quel modo,
si era sempre tenuto a distanza nonostante avesse capito che teneva ad
entrambi, non aveva mai provato a dire una parola dolce nei loro confronti.
Tutto quello che faceva era prendersi cura di loro da
lontano.
- Cosa hai scoperto Ed? Dimmi ogni cosa e non provare
a nascondermi qualcosa perché se verrò a saperlo ne pagherai le conseguenze.-
- Sono andato a casa del tenente e ho cercato in giro qualche indizio.
Conoscendo il tenente, anche se malata si sarebbe sicuramente difesa davanti ad
un aggressore, ma ho trovato le sue pistole in posti diversi e troppo lontane
tra loro, contando anche il fatto che una era proprio
accanto alla porta.- Ed aveva iniziato a raccontare ogni dettaglio, sforzando
la sua mente di riflettere e ricordare ogni cosa. Mustang ascoltava e assorbiva
ogni informazione come una spugna. - Perché tenerle così lontane? Allora ho
pensato che qualcuno avesse bussato alla porta e che il tenente si fosse armata prima di aprire, poi però qualcosa deve averla
convinta a lasciare l’arma e aprire. Perché farlo se prima lo temeva?-
- Perché conosceva chi c’era fuori dalla porta!-
- Esatto! Poi c’era una vecchia che gironzolava per il pianerottolo
è stata lei a farmi capire ogni cosa. Mi ha detto che poco prima che lei e Havoc arrivaste a casa del tenete,
un militare era uscito dal suo appartamento correndo via.-
- Un militare!?- Mustang frenò di colpo, costringendo
Ed a reggersi alla maniglia della portiera per evitare di sbattere contro il
parabrezza. Il colonnello strinse le mani contro il volante, le nocche
sbiancarono dallo sforzo. - Non è possibile! Io sono rimasto sotto casa del
tenente per diversi minuti prima che arrivasse Havoc
e non ho visto uscire nessuno!-
- Per forza… perché il militare che la vecchia ha
visto uscire da casa del tenente era lei!-
Mustang gli rivolse uno sguardo gelido, non adatto all’alchimista di fuoco, era
furioso per quell’affermazione.
- Che vuoi insinuare? -
- Colonnello lei era l’unico ad avere il potere di convincere Riza a lasciare le pistole e farsi aprire. Lei era l’unico
che poteva avere potere su di lei e non farla reagire.
Ma con questo non sto dicendo che sia stato lei a
farle del male.- Ed stava girando intorno alla
questione principale e Mustang lo aveva capito, lo esortò a dire ogni cosa il
prima possibile. - Ha già sentito parlare degli Homunculus?-
Annuì, ormai sapeva di loro e di cosa erano in realtà, ma volle ascoltare tutto
di nuovo in ogni dettaglio.
- Gli Homunculus sono creature nate da trasmutazioni umane fallite. Non sono
esseri umani, ma vogliono diventarlo. Ognuno di loro ha una particolarità, un
potere se così vogliamo chiamarlo. Tra loro c’è uno che è in grado di cambiare
il proprio aspetto a suo piacimento, divenire un’altra persona, uomo o donna
che sia. Il suo nome è Envy.-
- Credi che questo Envy abbia preso le mie sembianze e ingannato Riza? Anche se fosse, quale sarebbe il motivo? Fino ad ora
sei sempre stato tu il loro obiettivo, cosa volevano da lei?- Ed si sistemò meglio sul sedile dell’auto, incrociò le
mani davanti al petto e fece un lungo respiro. Chiuse gli occhi come se
cercasse di ricordare qualcosa che aveva dimenticato. Le immagini si
susseguirono nella sua mente come fulmini, un laboratorio abbandonato, una
battaglia contro un’armatura, un alchimista divenuto chimera e una stanza piena
di acqua rossa. La pietra filosofale: per crearla era necessario dare in cambio
vite umane, molte vite e lui era stato quasi disposto
a farlo pur di salvare suo fratello.
- Loro vogliono la pietra filosofale per diventare esseri umani, non gli
importa chi la crei e lei, come me, è un alchimista. Possiede tutte le
conoscenze per farla e vogliono ricattarla utilizzando lei.-
Mustang accennò un flebile sorriso, poggiò la fronte contro il volante e rise. Ed sapeva che dietro a quella risata decisamente isterica,
c’era molto di più.
- Sanno che sarei capace di gettare al vento tutto pur di salvarla. Sanno che
gli alchimisti sono persone patetiche che temono di perdere coloro a cui sono legati. Solo un alchimista potrebbe avere l’idea
di riportare in vita una persona.-
- Cercherò Envy e pagherà questa volta! Mi ha affidato questo incarico e forse
è l’unico che sono disposto ad accettare come cane dell’esercito. Le chiedo una
sola cosa in cambio.-
Mustang spostò lo sguardo su quello che ormai non era più un bambino, era un
uomo, forse più di quanto non lo fosse lui. S’immerse nelle iridi miele del
giovane alchimista cercando con la mente quello che stava per chiedergli. -
Voglio che Winryvenga
sempre tenuta sotto stretta sorveglianza, se non è con Al o in ospedale la
faccia sorvegliare dal sottotenente Ross o meglio sarebbe se fosse lei
direttamente ad occuparsi di lei.-
- Non preoccuparti, farò disporre massima sorveglianza.- In quel momento Ed
uscì dall’auto fermandosi prima di chiudere la portiera. - Dove vuoi andare a
quest’ora?-
- Devo andare in un luogo, lei torni in ospedale e si
occupi di Riza, credo che abbia bisogno di averla
vicina. Mi farò sentire io, non si preoccupi.-
Ed richiuse la portiera e iniziò ad allontanarsi, seguito dallo sguardo
dell’alchimista di fuoco, che appena non riuscì più a vedere la figura del
ragazzino, ripartì verso l’ospedale.
L’unica cosa di cui si rallegrava era che almeno aveva smesso di piovere e non
era costretto a bagnarsi come prima. Non si era mai sentito il cuore così
pesante, mai aveva agito diretto solo dalla disperazione. Non riusciva a
ragionare con freddezza, ne a controllarsi. Certo che
era davvero un ragazzo strano! Un alchimista di stato a soli dodici anni, aveva
cercato di riportare in vita sua madre sacrificando l’intero corpo di suo
fratello e due suoi arti e poi era entrato a far parte di quella storia assurda
in cui vi erano gli Homunculus, tra cui sua madre stessa. Neanche quando si era
reso conto di chi fosse, neanche quando l’aveva vista al fianco del comandante supremo si era scomposto, non aveva fatto nulla nonostante
il suo cuore piangesse di dolore e rabbia, eppure ora non riusciva a rimanere
calmo. Camminava sotto quel cielo plumbeo senza una meta precisa, nonostante
avesse fatto credere al colonnello che avesse un piano in mente. Era riuscito a
preoccuparsi solo dell’incolumità di Winry e questo
lo infastidiva in qualche modo, era stato un egoista, ma non conosceva altro
modo. Non sapeva di certo dove andare a cercare Envy,
non lo aveva mai cercato realmente, in quando era stato sempre e solo lui a
trovarlo. Senza accorgersi di nulla arrivò in quel luogo terribile che aveva
ricordato poco prima in macchina. L’edificio era in rovina, le macerie
dell’esplosione che era avvenuta in quel luogo erano ancora sparse dappertutto.
Era giunto nel laboratorio numero cinque. L’entrata era sorvegliata come
sempre, ma lui riuscì ad entrare nello stabile
scavalcando il muro di cinta con un solo salto. Ricadde all’interno e ancora
una volta fu schiacciato dal peso dei ricordi.
“Che diavolo ci sono venuto a fare in questo posto?”
- Cosa c’è, ti sei perso per caso bimbetto d’acciaio?- Ed
si voltò di scatto verso la voce che lo aveva letteralmente spaventato. Era una
donna dal tono sensuale, era nascosta in un angolo e lui non riusciva vederla
chiaramente, ma conosceva quel tono anche troppo bene.
- Che diavolo avete in mente? Perché avete agito in questo modo?- Lo gridò
incappando nel pericolo che le guardie potessero sentirlo, ma in quel momento non
gli importava poi molto di cosa fosse accaduto.
- Voglio solo parlarti bimbetto… Troviamo un luogo
meno pericoloso vieni con me.-
Siccome
sono collegati e vi ho lasciato in sospeso per troppo tempo, vi metto ben due
capitoli e buona lettura a tutti, un saluto ciao ciao
9.
Un aiuto inaspettato
Non
so cosa mi sia venuto in mente. Perché mai ho agito in questo modo? Ho fatto
tutto quello che era in mio potere per conseguire il mio scopo invece ora sto
aiutando il bimbetto ad intralciarmi. Quello che Envy
ha fatto non mi piace affatto, ma non ho potuto
fermarlo, non sono stata capace neanche di dirgli che non approvavo il suo modo
di agire. Io non ricordo nulla di ciò che ero da umana eppure quando ho sentito
le grida dell’alchimista di fuoco per quella donna ho
come avuto un piccolo flash, doloroso nonostante sia stato troppo veloce per
farmi ricordare qualcosa. Un uomo che piange di dolore per la donna che sta
perdendo, non lo sopporto. Forse anche quando sono morta
qualcuno ha pianto per me e forse per amore ha cercato di riportarmi in vita.
Sarebbe una visione romantica per giustificare quello che sono ora…
L’aveva seguita senza dire nulla, avrebbe potuto
essere una trappola bella e buona, eppure non si era opposto. La donna aveva
mascherato la sua natura indossando un abito normale e forse troppo casto per
la sua indole. Lei Lust, il nome stesso che parla di
lussuria, era seduta davanti ad un bimbetto alquanto in imbarazzo, indossando
un abito di un colore verde spento, a collo alto e lungo fino alle caviglia. Eppure persino lui che era un bambino sapeva
di avere davanti una donna bellissima. Si erano chiusi
in un locale, era quasi deserto se non per il barista e qualche uomo ubriaco
seduto al bancone, eppure nonostante fossero in quello
stato avevano notato la donna e il bambino, lanciando qualche apprezzamento
poco carino.
- Perché mi hai portato qui?- Chiese Ed freddo e distaccato, cercando con tutto
se stesso di non arrossire davanti al sorriso malizioso che lei gli stava
lanciando.
- Voglio dirti una cosa, nulla di più. Non potevamo di certo andare nella
locanda dove alloggi di solito, sarebbe stato sconveniente non credi.- Ecco,
con quella frase non era riuscito a trattenerlo ed era divenuto paonazzo,
suscitando l’ilarità della donna che gli sorrise
nuovamente. - Sarà lui a farsi vivo… non cercarlo.-
- Perché non dovrei? Il teneteHawkeye
potrebbe non farcela se aspetto quel pazzo, voglio spaccargli la faccia il
prima possibile.- In quel momento Lust tese la mano
verso di lui toccandogli il viso e accennando una specie di carezza amorevole. Ed ne rimase pietrificato, un tocco gelido che gli fermò il
sangue nelle vene.
- Envy non ha tutte le rotelle al posto giusto, ma
questo credo che tu già lo sappia. Non ho idea di cosa voglia fare, ma non si
accontenterà di quella donna e ora che sei tornato
costringerà sia te che fuoco a fare ciò che lui vuole. Potrebbe colpirti
duramente questa volta e se non è riuscito a farti creare la pietra
minacciandoti con la vita di tuo fratello, ora ha qualcosa di più forte con cui
prenderti.-
- Che significa! Non si azzarderebbe a toccare Winry,
ho chiesto a Mustang di sorvegliarla e con lei c’è mio fratello, cosa vuole fare… suicidarsi per caso?- Ed era scattato in piedi
sbattendo le mani sul tavolo davanti a lui, l’auto-mail provocò un crepa nel legno vecchio. Era strano, ma la donna aveva
completamente perso tutta la sua malizia e la sua determinazione, aveva socchiuso
gli occhi come se la reazione di acciaio l’avesse ferita. Gli uomini al bar si
voltarono verso quella strana coppia rimanendo in ascolto. - Non mi farò
fregare da te, non sono un idiota! Credi che sia così scemo da credere che ti sei pentita e che questa tua confessione sia sincera? Mi
stai chiedendo perdono per tutto quello che mi hai fatto?-
- Io… voglio solo…ascoltami…-Ed non ci fece caso,
ma quella donna lo stava quasi implorando. Se non fosse stato così furioso si sarebbe reso conto che lo sguardo che lei gli
stava rivolgendo non era falso. - Ed, sto solo
cercando di metterti in guarda da lui. Credi che mi faccia piacere vederlo
agire in questo modo? Credi davvero che non provi nulla.-
- Quelle come te non hanno sentimenti, per quanto mi riguarda non sei neanche
umana.- Quella frase fece voltare tutti i presenti, scese un
silenzio tetro ed imbarazzate. Lust era come
pietrificata dalla freddezza con cui quel bambino si era rivolto a lei, ma in
fondo non poteva sperare in nulla di positivo. Erano stati loro a manovrare
quel ragazzino fin dall’inizio, a farlo agire come volevano, a minacciarlo e
farlo crescere troppo in fretta per la sua età. Non poteva sperare che lui gli
rivolgesse delle parole gentili o la ringraziasse per averlo messo in guardia.
- Mi ha già ferito non lo capisci! Io godevo del fatto
che quando tornavo in questa città potevo scontrarmi con un uomo come Mustang,
che nonostante tutto in orgoglio riusciva a tenermi testa, arrivare al suo
livello per me è sempre stato un traguardo, l’ho sfidato per l’esame
d’alchimista e la sfida mi ha reso orgoglioso di me e di lui. Non avete fatto
del male solo a Riza, ma a lui e a tutti gli altri,
avete distrutto l’unico punto stabile della mia vita e ora volete togliermi
anche Winry per raggiungere il vostro scopo. Ora
spiegami come posso credere che tutta questa cosa possa ferire una come te?-
- Tu almeno puoi gioire di averla accanto, puoi
assaporare la sua pelle e sentire il suo calore. Prima, quando ti ho toccato, io non ho sentito nulla. Ti capisco e accetto
quello che pensi di me, ma ho il diritto di vivere anche io,
ho il diritto di tornare ciò che ero anche se questo significa sacrificare
altre vite. Non sarà giusto, ma nella mia vita non c’è mai stato nulla di
giusto e non puoi pretendere che veda la differenza tra bene e male… tutto è bene se serve a rendermi ciò che non ho!-
- Sono solo stronzate! Lo pensavo anche io, ma ero
solo un bambino idiota a cui mancava sua madre e per quel desiderio ho perso
mio fratello e una parte di me, sono diventato un cane pur di riacquistare ciò
che ho perso e che ci ho guadagnato? Niente… in
cambio ho solo avuto tanto dolore e colpe, compresa
quella di aver fatto diventare mia madre una di voi.- Ed
abbassò gli occhi verso il pavimento stringendo i pugni e rimase in silenzio
aspettando una replica della donna, che non ci fu. Non disse nulla, rimase
semplicemente con lo sguardo basso sul tavolo, coprendosi il viso con i capelli
corvini. Ed si avvicinò a lei e le strinse una mano,
l’auto-mail scricchiolò costringendo Lust a voltarsi
verso di lui. Ed rimase a fissare gli occhi viola
della donna, simili a quelle di sua madre ora che anche lei era un Homunculus.
- Anche io se ti stringo con questa mano non riesco a
sentire nulla. Anche mio fratello non può più sentire il calore di un
abbraccio, però noi abbiamo accettato le nostre colpe e tutti i nostri errori e
cerchiamo un modo per non commetterne altri. Tu non sei nata di tua volontà, la
colpa quindi non è tua, ma vedila così: sei speciale in qualche modo e forse se
sei qui c’è un motivo, ogni esistenza ha uno scopo
perché se così non fosse, dovrei ammettere che mio fratello è qui solo perché
io lo credo e nulla di più.- Lust ricambiò la stretta
del ragazzo sentendo con le dita le finiture dell’acciaio dell’auto-mail.
Quelle parole l’avevano colpita a quello che per lei doveva essere un cuore e
se fosse stata una donna normale, avrebbe pianto a dirotto come una bambina.
- Envy ha fatto ingerire a quella donna una pietra rossa. Non era molto grande
o sarebbe già morta, ma deve espellerla o le corroderà tutti gli organi. La
pietra rossa reagisce con altre pietre filosofali
incomplete, solo così puoi capire dov’è ed estrarla. Devi fare in fretta però,
non le è rimasto molto tempo.-
- Grazie…-Ed la lasciò
stringendo qualcosa nella mano, qualcosa che lei le aveva lasciato e iniziò ad
uscire dal locale, abbandonandola li da sola. Si voltò proprio prima di uscire
girandosi verso di lei, si fissarono per qualche secondo. - Se mai troverò un
modo per realizzare i nostri sogni, ti prometto che aiuterò anche te.- Lo osservò mentre si
allontanava, lo vide passare davanti alla vetrina del locale e sparire
nell’oscurità della notte.
“Forse non ci sarò più quando raggiungerai il tuo scopo bimbetto d’acciaio, ma
ti ringrazio davvero.”
Dopo qualche minuto anche lei lasciò quel locale e sparì nell’oscurità della città…
Tornò all’ospedale, per tutto il tragitto non aveva fatto altro che ripensare
agli occhi di quella donna nel momento in cui gli aveva fatto quella promessa.
Inoltre lei aveva lasciato un piccolo regalo, una piccola
pietra rossa circolare, che lui fece attenzione di nascondere per bene. Quelle
parole erano partite dal profondo del suo cuore e avrebbe mantenuto la promessa
in qualche modo. Forse anche sua madre provava gli stessi sentimenti, chissà se
aveva qualche obiettivo da portare a termine? Stranamente sorrise nel ripensare
a sua madre, un ricordo felice gli attraversò la mente e lui voleva ricordarla
per ciò che era, non per quello che l’avevano fatta divenire.
“Si, è così che la voglio ricordare. Bella e raggiante
come il sole, dolce e buona. Sapeva sempre come comportarsi con noi, sapeva renderci felici e fermarci quando io e Al litigavamo.
Nonostante fossi il maggiore non vincevo mai contro di
lui, ma forse lo facevo apposta perchè volevo essere
consolato da quel sorriso dolce e bello che solo lei sapeva rivolgermi.”. Si
fece aprire da un’infermiera di turno, mostrando l’orologio d’argento
dell’esercito. La donna ne rimase quasi spaventata e lo fece entrare nonostante
l’ora tarda. Si diresse verso la stanza del tenente e vi trovò ancora suo
fratello accovacciato in un angolo e Winry sdraiata
sulle sedie, che riposava. Al si mosse cercando il fratello.
- Come vanno le indagini, puoi dirmi qualcosa fratellone?-
- Non qui davanti a lei Al, ne parliamo in un altro luogo. - Andò a svegliare
la ragazza lentamente, Winry si stropicciò gli occhi
e guardò Ed sorridendo. - Il colonnello è dentro con il tenente?-
- Si, ha mandato tutti a casa tranne me e Al. Cosa
succede Ed?-
- Nulla, andiamo via anche noi, a quest’ora non possiamo fare altro. Andiamo
nella solita locanda e riposiamoci un po’. -
Entrambi assentirono e si allontanarono dalla stanza cercando di non fare
rumore.
In poco tempo arrivarono nella stanza che Ed e Al usavano spesso a Central City. Era una stanza anonima e vuota, con solo due
letti, un divano e un tavolino su cui erano poggiati diversi libri e fogli
vari. Ed si stupì di come tutto fosse rimasto
invariato dall’ultima volta che si erano fermati in città. Decisero di
coricarsi, Ed non dovette giustificarsi per non aver preso
una stanza anche alla ragazza. Lasciarla sola non era la migliore delle scelte
in quel momento e lei lo sapeva. Si cambiò in bagno indossando una leggera
camicia da notte e si coricò in un letto, lo stesso fece Ed nell’altro,
lasciando Al seduto a terra contro il muro.
- Mi dispiace Al, stare tutta la notte seduto a terra
non deve essere bello.-
- Non preoccuparti Winry, io non ho bisogno di
dormire ne sento la stanchezza. Non ho bisogno di un letto ed è meglio che lo
usi tu.-
- Grazie Al, buonanotte.- Winry si strinse tra le
coperte, dopo aver salutato anche Ed. Il biondino si coprì con il lenzuolo, ma
non riuscì a prendere sonno. Rimase fermo a pensare a tutto quello che un
giorno aveva portato, ma Lust era quella che lo aveva
sconvolto di più. Cercò di mettere ordine alle idee, quando si sentì tirare le
lenzuola verso il bordo del letto. Si voltò di scatto incrociando gli occhi
azzurri della ragazza.
- Cosa c’è Winry? Non riesci a dormire?- Ed la osservò attentamente, era bella con quella camicia
bianca che le lasciava scoperte le gambe, i capelli sciolti che le
incorniciavano il viso leggermente pallido, ma luminoso.
- Posso stare con te per un po’. Tutto quello che è successo
mi ha sconvolto e non riesco a calmarmi.- Lo aveva chiesto con gli occhi bassi,
mentre un leggero rossore si espandeva dalle sue guance. Ed
le fece posto e la fece stendere al suo fianco coprendola con il lenzuolo e
sdraiandosi a sua volta. Il letto piccolo li fece stringere l’uno con l’altra,
ritrovandosi fermi in un abbraccio e i visi a pochi millimetri.
- Andrà tutto bene vero? La signorina Riza si
salverà, torneremo a Reesemboole
io ti sgriderò perché rovini gli auto-mail?- Ed rispose con un solo accenno del
capo, mentre la ragazza si voltava verso di lui stringendosi di più, intrecciò
le gambe con quelle di Ed, rabbrividendo al contatto con il ferro della protesi
e lui cercò di non farle male spostandosi leggermente.
- Non credo che dormirai bene con me, io mi agito molto nel sonno. Chiedilo ad Al.- Sorrise e lei rispose
dolcemente baciandolo sulla bocca. In quel momento Al si alzò da terra e si
diresse verso la porta. Lei lo fermò in tempo chiedendogli dove stesse andando.
- Se volete posso andare fuori e lasciarvi da soli?-
- Al vieni qui!- Winry lo
attirò verso di se chiedendogli di sedersi accanto al loro letto. Al lo fece
non riuscendo a capirne il motivo. Solo allora prese la mano di Ed e quella di
Al, le strinse forte e diede la buonanotte ad entrambi.
Per un attimo, anche se impossibile per uno come lui,
Al credette di avvertire il calore di quel gesto
attraverso l’armatura e ne rimase estasiato. Ed si
girò su un fianco e chiuse gli occhi anche lui. Rimasero in quella posizione
per tutto il resto della notte, neWinry
ne Ed si mossero e Al rimase ad osservarli, attento che non prendessero freddo.
Era felice per suo fratello, vederlo dormire sereno era una bella sensazione.
Ringrazio
tutti per i bellissimi commenti, oggi vado un po’ di fretta come al solito, il dottore mi aspetta, finalmente sono uscita
completamente da questa brutta bronchite… poi capire
come ho fatto con questo caldo è ancora un mistero… Bo!!!!
Vi
lascio al capitolo, ne metterò anche stavolta due, così quindi aspetto che mi
diciate cosa ne pensate, la storia si complica sempre di più e non siamo
neanchea metà…
Un
saluto a tutti, ciao ciao
10.
Peggioramenti
Circa un ora dopo l’alba Al
si alzò dal suo giaciglio uscendo dalla stanza. Voleva andare a prendere la
colazione per entrambi. Nonostante suo fratello non gli avesse detto nulla,
sapeva che quella sarebbe stata un giornata sfiancante
e voleva almeno che cominciasse nel migliore dei modi. Si allontanò senza fare
rumore dirigendosi verso la mensa della locanda. Ed
avvertì il rumore dell’armatura di suo fratello e aprì gli occhi vedendolo
andare via di soppiatto. Conosceva il suo fratellino e di sicuro era andato a
prendere da mangiare, la cosa avrebbe comportato la solita scena infantile in
cui litigavano perché lui non voleva bere il latte. Sorrise al pensiero di
potersi svagare e non lo fermò. Al contrario poggiò lo sguardo sulla ragazza,
che intanto si era voltata verso di lui stringendosi sempre di più. Dormiva ancora,
la bocca era leggermente schiusa e lui sentiva il suo respiro caldo e regolare.
Si mosse di nuovo poggiando la testa sul petto del giovane e abbracciandolo, godendo del calore che emanava il suo corpo. Ed arrossì leggermene, ma quel contatto gli piaceva molto.
Le accarezzò il viso e le baciò la fronte.
- Mi piacerebbe rimanere così per tutto il giorno, sto bene con te vicino e non
vorrei separarmi per nessuna ragione.-
- Allora stringimi di più e chiudi gli occhi per
qualche minuto ancora.- Aveva aperto gli occhi e lo
stava guardando.
Lui fece come gli era stato chiesto e la strinse a se, sentì la forma del suo
corpo tra le braccia, le accarezzò la schiena, portando le mani sotto la
camicia da notte e disegnandoli dei cerchi con le dita, facendola rabbrividire
al solo contatto. Si spostò leggermente sopra di lei e la baciò con passione,
intrecciando la lingua con la sua e continuando ad assaporare con le mani la
sua pelle ancora calda. Arrivò con la mano fino ai seni, sfiorandoli soltanto,
ma Winry tremò a quel contatto cercando ancora altre
attenzioni. Fu come se il resto del mondo non esistesse, come se tutto
l’universo fosse chiuso in quella stanza e nessuno avrebbe potuto disturbarli
oltre. Ed dimenticò completamente suo fratello e che
sarebbe potuto tornare da un momento all’altro, per lui ora esisteva solo lei,
la sua pelle, la sua bocca e quei leggeri gemiti che lo estasiavano. Divenne
più audace, stupendosi di se stesso e di non essere per nulla in imbarazzo. Winry lo stringeva, come se temesse di poterlo perdere da
un momento all’altro, portandolo su di se. Non si accorsero che qualcuno stava
arrivando, non udirono la voce tonante di un uomo e quella di altre due
persone, che si avvicinavano alla stanza. Ne quella di
suo fratello che chiedeva ai venuti di aspettare ancora qualche minuto prima di
entrare.
La porta si aprì di colpo sbattendo contro il muro, entrò un uomo nerboruto che
si sistemò in una posa imbarazzante esaltando il suo fisico.
- Buongiorno Edward Elrich è da un po’ che…- Le parole gli si fermarono in gola nel guardare la
scena. Ed era paonazzo, bloccato in quella posizione sconveniente con la mano ancora sotto la camicia da notte della ragazza. Anche
gli altri due, che altri non erano che il sottotenente
Ross e il sergente Brosh, rimasero pietrificati.
- Fratellone, ma che combini!- Sbottò Al cercando di farlo reagire. Ed balzò via dalla ragazza cercando di ricomporsi, ma la
situazione era troppo imbarazzante e per un po’ rimasero tutti in silenzio.
- Io non mi aspettavo di certo un irruzione in questo
modo! Potete aspettare qualche minuto per favore.- Uscirono tutti dalla stanza
lasciando i due giovani soli. Ed corse in bagno
cercando di mandar via il rossore dal viso, sentì Winry
trattenere a stento una risata e anche lui alla fine la seguì in quel gesto
liberatorio. Era imbarazzante, ma poter ridere di cuore in quel momento era una
liberazione bellissima. Si vestirono in fretta e fecero rientrare tutti
chiedendo scusa per il piccolo e imbarazzante spettacolo, ma nessuno tornò sull’argomento.
- Sono passato a salutarvi e per dirti che Mustang mi ha chiesto di aiutarti
nelle indagini.- Fece il maggiore Armstrong con viso serio. Ed
ne rimase per un attimo scioccato, quella era la prima volta che lo vedeva così
serio e non si pavoneggiava davanti a tutti.
- Maggiore non credo che sia il luogo adatto per parlare di certe cose,
preferirei in privato.- Anche
Edward aveva riacquistato non solo colore al viso, ma anche un tono autoritario
e deciso, ma il maggiore non era tipo da lasciarsi intimorire.
- Il tenente Hawkeye è peggiorata.
Questa notte ha avuto una crisi cardiaca improvvisamente, ha
iniziato a tossire e sputare sangue e poi il suo cuore si è fermato. Ora si è
stabilizzata, ma i medici non sanno ancora il motivo di questo suo peggioramento.-
- Io lo so invece.- Scese un lugubre silenzio in
attesa che Ed continuasse la frase. Il maggiore lo esortò e anche Maria Ross lo
pregò di parlare. Ed la guardò per qualche secondo e
non potendo più tacere davanti agli occhi della donna, che lo stavano
praticamente implorando decise di confessare.
- Ho avuto un contatto con una persona ieri notte, lei ha dato fondamento alle
mie ipotesi e mi ha spiegato il motivo per cui il tenente non si riprende.
L’aggressione è stata fatta da un essere chiamato Envy, è un homunculus che per
bloccarla le ha fatto ingerire una piccola quantità di pietra rossa. Il corpo
umano non sopporta quella sostanza e se non agiamo in
fretta il tenente non ce la farà.- Il maggiore sapeva
di cosa stava parlando Ed e anche Maria Ross ricordava la forza della sostanza
chiamata Acqua rossa, ad ogni modo non chiesero di più e lasciarono parlare i
due alchimisti.
- Come possiamo eliminare la pietra dal corpo del tenente?-
- L’acqua rossa reagisce con se stessa, ma il tenente non può essere esposta
oltre alla sostanza. Io non conosco modi efficaci per eliminarla, l’acqua rossa
è estremamente tossica, ma se scopriamo esattamente
dove si trova nel corpo del tenente forse…-
- Non credo che sopporterebbe un operazione così rischiosa, ci deve essere per
forza un altro modo per eliminarla.- il sottotenente Ross si era alzata dirigendosi verso la finestra della stanza,
rifletteva sulla situazione anche non conoscendo l’alchimia capiva da sola che
la proposta di un operazione era impossibile. - Con l’alchimia non si può fare
nulla?-
- Sarebbe simile ad una trasmutazione umana, potrebbe
ucciderla o chiedere come scambio equivalente la vita di chi ha provato a
farlo.- Rispose Ed, senza pensarci troppo su in realtà. Lo spaventava l’idea di
usare il tenente come esperimento alchemico, perché era questo che il
sottotenente Ross aveva proposto e la cosa era strana e innaturale.
- Ad ogni modo credo che tu debba andare a vedere il tenente e poi decidere
cosa fare, Ed.- Il ragazzino
annuì e decise di seguire il consiglio.
- Era mia intenzione parlare con il colonnello Mustang e far visita al tenente.
Maggiore le dispiace venire con me?- Armstrong annuì e attese il biondino fuori
dalla porta della stanza assieme agli altri due soldati. Chiese a Winry e Al di rimanere nella locanda, ma
questa volta trovò parecchia opposizione.
- Voglio andare anche io a far visita alla signorina Riza, per favore Ed non lasciarmi qui da sola.-
- Rimarrai con Al, il sottotenente Ross e il sergente. Non puoi rimanere da sola
in ospedale potrebbe essere pericoloso.-
- Ma io…-
Davanti ad un’altra opposizione da parte della ragazza di rimanere nella stanza
Ed perse la pazienza, la prese per un braccio
facendola sedere in malo modo sul letto e alzò la voce.
- Ora smettila! Non riesco a concentrarmi se sei vicino a me, lo capisci
questo? Voglio che tu rimanga qui sotto sorveglianza e basta!-
- Fratellone calmati, rimango io con Winry, ma non
gridare per favore!- La voce accorata di Al lo fece desistere, lasciò la
ragazza chiedendole scusa e uscì dalla stanza. Non appena fu fuori Winry scoppiò in lacrime tenendosi
il braccio che le doleva per la stretta.
- Ed sei uno scemo!- Lo gridò forte in modo che
potesse sentirla e così fu, ma il ragazzo non tornò indietro e si allontanò con
il maggiore al fianco.
Nella stanza Al cercò di far calmare la ragazza, maWinry una volta smesso di piangere, iniziò a dare i numeri
prendendosela con la prima cosa che le capitava a tiro. Era nervosa e frustata
e Al alla fine dovette lasciarla fare.
- Mio fratello è solo preoccupato per te, non vuole di certo escluderti o farti
del male. Cerca di calmarti.- Schivò a mala pena una
sedia che andò a fracassarsi contro la parete per un soffio.
“Certo che le donne arrabbiate fanno davvero paura!”.
Il rumore dello schianto fece accorrere la donna nella stanza che chiese subito
spiegazioni. Vedendo la ragazza fuori di se, chiese ad Alphonse
di uscire qualche minuto.
- Calmati Winry, di certo Edward non voleva mancarti di rispetto, ma cerca
di capire il suo stato d’animo.- Il sottotenente Ross prese la ragazza per le
spalle facendola sedere e si accomodò al suo fianco.
- Lo so questo, ma non doveva trattarmi come un peso inutile.-
La ragazza si sistemò i capelli in una coda e si asciugò il viso rigato dalle lacrime
con un fazzoletto.
- Sono sicura che non voleva questo, ma lui è
sottopressione per questa faccenda e non riesce a badare a tutto da solo. Pensa
che non si è accorto di nulla.-
- Accorto di cosa?- Volse lo sguardo verso la donna al suo fianco, le parole
che aveva appena pronunciato non erano chiare e voleva
spiegazioni, ma vide in lei qualcosa di strano. Il viso sembrava diverso, come
se mancasse qualcosa che l’aveva sempre distinta, come se non fosse tutto al
posto giusto. La donna increspò le labbra in uno strano sorriso quasi maligno
che a Winrynon piacque affatto.
- Vi siete divertiti stanotte tu e lui vero?- Anche la voce era diversa,
sembrava più mascolina, ma era comunque molto strana. La donna le strinse i
polsi con una sola mano.
- Mi sta facendo male… che significa questo
sottotenente Ross?-
- Non lo capisci? Allora cercherò di fartelo capire meglio…-
Le prese il collo con l’altra mano impedendole di gridare e si avvicinò a lei
con il viso, fino a toccarle le labbra in un bacio imbarazzante e orribile. Winry spalancò gli occhi dallo stupore vedendo il corpo
della donna mutare improvvisamente. La ragazza le morse il labbro con forza in
modo da liberarsi da quella situazione, ma quando incontrò il viso della
persona che l’aveva appena baciata ne rimase
pietrificata.
- Forse questo aspetto di piace di più?- In quel
momento davanti a lei non c’era più Maria Ross, bensì Ed. Incontrò i suoi occhi
dorati e i lineamenti del ragazzo, i capelli biondi lasciati liberi.
- Che cosa… chi sei tu?- La voce le uscì roca e
strozzata, faticava a respirare a causa della stretta di quella strana e
mutevole creatura. In quel momento la voce di Al si fece sentire da fuori la
stanza.
- Posso entrare ora? Winry ti sei calmata?-
- Al…Al…aiu…- La sua voce era simile ad un
lamento e da fuori Al non poteva di certo sentirla. Il falso Ed le tappò la
bocca e prese ora le sue sembianze, in quel momento nella stanza c’erano due Winry; si rivolse ad Alphonse con
naturalezza.
- Dammi ancora qualche minuto per favore Al…- Non appena
tornò a concentrarsi sulla ragazza questa volta prese le sembianze di un
ragazzo, aveva un viso pallido con due grandi occhi
viola, i capelli erano lunghi e di uno strano colore simile al verde. Indossava
un top nero e pantaloni corti sempre scuri.
- Basta poco per imbrogliare i bambocci, chissà come reagirà il nano d’acciaio
quando scoprirà che ti ho portata via sotto il naso
del suo fratellino adorato…- Alzò un braccio
chiudendo la mano a pugno e la colpì in pieno stomaco, facendole perdere i
sensi.
Quando Al decise di entrare nella stanza, stanco di aspettare, trovò solo una
camera vuota, la finestra spalancata, ma nessuna
traccia di Winry o del sottotenente Ross.
Non
so cosa mi succede, è come se mi trovassi sospesa a mezz’aria e non riuscissi a
muovere neanche un muscolo… ricordo a malapena ciò che è successo…
Dov’ero? …
A casa mia… si e con me c’era Havoc… ah è vero! Avevo la febbre, era la sera in
cui il colonnello ed io… mi viene da piangere solo a pensare che lui possa
avermi usata senza provare nulla in realtà…
No, però manca qualcosa alla mia mente, ai miei ricordi, come se ci fosse
qualcosa che non voglio ricordare, ma che so di aver rinchiuso nel più profondo
della mia mente. Cerco di sforzarmi, ma ho ottenuto solo un grande mal di
testa… credo che se non mi calmo non riuscirò mai a fermare questo
martellamento alle tempie. Devo respirare tranquillamente…
Sono nel mio letto, chissà perché Hayate non fa baccano e non mi viene a
chiedere la cena? Infondo l’ho addestrato bene… Provo a muovermi, ma non ci
riesco, come se ci fosse un peso che mi blocca le mani, provo a vedere di cosa
si tratta, sembra una persona… Si, una persona che dorme accanto a me… una
persona…
Mi alzo di scatto quasi spaventata e guardo chi ho di fianco spostando le
coperte… il mio cuore ha un sobbalzo quando gli vedo il viso… com’è possibile?
- Colon … Roy…- lo dico così piano che quasi temo non mi abbia sentito, ma lui
si sposta piano, apre gli occhi e mi guarda dolcemente, facendomi un sorriso.
- Buon giorno tesoro mio! Hai dormito bene? Ti sei agitata molto per la
febbre…- Si siede al mio fianco, scoprendosi completamente, non indossa nulla
se non un paio di boxer neri. Non capisco cosa succede… eppure non mi sento in
imbarazzo a stare davanti a lui. Mi appoggia una mano sulla fronte e mi sorride
dicendomi che la febbre è scesa finalmente e che posso alzarmi. Lo fa prima lui
però, si gratta la testa e sbadiglia soddisfatto, sembra un gattino arruffato a
volte.
- Ti preparo una bella e sostanziosa colazione così riprendi le forze.- Inizia
a camminare verso la porta, ma all’improvviso lancia un gemito e cade a terra
reggendosi il piede. Mi alzo anche io e mi avvicino a lui per vedere cosa è
successo. Sulla pianta del piede ha conficcato un piccolo, ma appuntito, pezzo
di vetro, esce del sangue che pulisco subito e poi tolgo la scheggia cercando
di non fargli male.
- Chissà come ci sarà finito un pezzo di vetro qui a terra?- fa lui gemendo per
il dolore, sta esagerando, ma capisco che vuole solo essere consolato. Lo
accarezzo dolcemente e corro in bagno a prendere del disinfettante, mi appoggio
al lavandino aprendo l’armadietto dei medicinali, ma ho come una strana
sensazione. Un pezzo di vetro in camera mia come può esserci finito? L’unica
cosa di vetro è lo specchio che ho alla parete, ma non è scheggiato. Corro in
camera a controllare, lo cerco ma non c’è nulla.
- Cosa cerchi tesoro mio?- Mi chiede cercando il disinfettante che ero andata a
prendere, glielo porgo, ma rimango a fissare la parete vuota, come se mancasse
qualcosa.
- Non c’era uno specchio li? Si è rotto per caso?-
- No tesoro, ma se lo desideri possiamo uscire a comprarne uno, infondo non
starebbe male.- Gli rispondo con un sorriso, la strana sensazione non è
passata, ma alla fine cerco di non farci caso. Improvvisamente sento dei passi
confusi, veloci, ma leggeri. Fanno un gran baccano, forse qualcuno si è
introdotto in casa e la cosa mi fa letteralmente tremare di paura.
- Ragazzi piantatela con questo baccano o i vicini si lamenteranno di nuovo!-
Grida lui cercando una risposta, ma ottiene solo un leggera risatina ironica. A
chi si starà riferendo?- La mamma si è svegliata e sta bene oggi!- A quella
frase ho un sussulto. Mamma! Ma che sta succedendo, è tutto così strano, ma è
naturale, come quando mi sono resa conto che Roy dormiva al mio fianco. Dalla
porta della stanza sbucano due visi, sono dei bambini, uno ha gli occhi color
del miele, mentre l’altro li ha azzurri come il cielo.
- Mamma!- lo gridano così forte che quasi mi feriscono le orecchie. Mi corrono
incontro e mi abbracciano forte, stringendosi alla camicia da notte che
indosso. Non so perché, ma riescono a scaldarmi il cuore e li accarezzo
normalmente, come farebbe una madre con i propri figli.
- Ed, Al che avete di prima mattina?- Chiede Roy cercando attenzione dai
bambini. Non devono avere più di otto anni e sono dolcissimi, uno di loro ha il
pigiama completamente zuppo, forse hanno combinato qualcosa.
- Volevamo preparare la colazione alla mamma, ma come al solito il fratellone
ha voluto fare le cose da solo e ha combinato un disastro, si è buttato
un’intera bottiglia di latte addosso!-
- La colpa è tua Al, che non mi hai lasciato in pace e poi a me il latte non
piace!- Aveva le lacrime agli occhi e la cosa mi ha intenerito. Lo sollevo da
terra esaminando il danno e poi lo stringo tra le braccia. Non è per nulla
pesante, sembra così piccolo che mi si avvinghia addosso come una piovra.
- Facciamo così, adesso Al e il papà vanno a preparare la colazione. Noi
andiamo a cambiarci e poi rimettiamo in ordine la cucina.- Mi sorride felice e
fa una smorfia al fratellino che ci rimane male. Andiamo in bagno e lo appoggio
su un piccolo sgabello in legno. C’è qualcosa in me che mi chiede di fermarmi e
ragionare sulla situazione, so che c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in
quello che sta succedendo eppure non voglio pensarci. Ho paura, un timore
celato nel profondo della mia anima, paura di soffrire se scopro che tutto
questo non è altro che mera finzione.
Non voglio pensarci… Non voglio pensarci… non voglio!
Faccio un lungo sospiro e inizio ad occuparmi del piccolo. Apro l’acqua della
doccia e gli tolgo il pigiama, costringendolo a mettersi sotto il getto caldo e
a lavarsi per bene.
- Sono pulito adesso posso uscire!- Mi richiama con un sorrido dolcissimo e io
lo copro con un grande asciugamano prendendolo nuovamente in braccio. Mi
stringe a se come se non mi vedesse da anni, come se temesse di perdermi da un
momento all’altro. - Mamma che ti prende? Ti vedo strana, stai ancora male?- La
sua voce è accorata e mi accarezza il viso mentre lo chiede, gli rispondo con
un sorriso e lo poggio a terra, chiedendogli di asciugarsi.
- Adesso vai in camera e cambiati, ti aspetto in cucina.-
Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo correre via come un fulmine,
completamente nudo, agitando l’asciugamano al vento, come se fosse un specie di
mantello da supereroe. Sento Roy che lo richiama e sorrido, questa tranquillità
è la cosa che più ho desiderato al mondo e mi piace questo clima familiare, non
vorrei mai perderlo…
La giornata scorre tranquilla, facciamo colazione tutti insieme e poi mando i
bambini a scuola. Ed ha otto anni, mentre Al sette e Roy fa spesso battute su
questo, come se non fosse stato naturale avere due bambini così vicini. Rimaniamo
a casa da soli, io e lui. Riordino la cucina e lui mi osserva rapito dai miei
movimenti. Mi sono cambiata indossando un semplice vestito marrone senza
maniche e lungo fino alle ginocchia. Mi ha fermato quando ho cercato di legare
i capelli e la frase che mi ha detto mi ha lasciato senza parole.
- Quante volte dovrò chiedertelo ancora… sai che non mi piace quando leghi i
capelli… è come se mi portassero indietro nel tempo, a quando per me eri solo
un sottoposto e io un stupido colonnello che pensava solo a salire di grado…-
Mi da un bacio e corre in camera a cambiarsi. Non so perché mi ha detto quelle
cose, non ho ricordi in merito, come se non sapessi neanche che fosse un
soldato. Lo aspetto e lo vedo rientrare in cucina, indossa una divisa blu piena
di medaglie sul petto. Quindi è ancora un soldato.
- Io devo andare in ufficio, sono anche in ritardo. Di certo questo non è il
comportamento di un comandante supremo quale sono, ma non mi importa. La mia
famiglia viene prima di ogni cosa!-
Scappa via dopo avermi baciato e chiude la porta.
Comandante Supremo!
Questa parola mi risuona nella mente con forza. No… c’è qualcosa di
orribilmente sbagliato in tutto questo e ora che sono sola me ne rendo conto,
non posso più appoggiarmi ai suoi baci o agli occhi dei bambini…Sento dolore
dappertutto, le gambe e i polsi mi pulsano, lanciandomi fitte terribili tanto
che non riesco a stare neanche in piedi. Cado in ginocchio e le lacrime mi
scendono copiose dagli occhi. Il perché non lo so, ma è troppo doloroso. Mi sdraio
su un fianco cercando di fermare il dolore e il pavimento freddo mi da un po’
di sollievo, ma non basta a farlo fermare.
Poi sento bussare alla porta. Non riesco neanche a muovermi ne a chiedere chi
sia. Non emetto un gemito, rimango ferma in quella posizione senza fare nulla.
La porta si spalanca di colpo e sento una voce maschile che si avvicina a me.
La ricordo, quella voce è presente nella mia memoria, ma non riesco a capire di
chi sia. Mi sento sollevare da terra e portare fino in camera, mi adagia
dolcemente sul letto e mi chiama cercando una risposta.
- Riza… Riza mi senti? Dimmi qualcosa ti prego!- Non è Roy, sembra una voce più
matura. Apro piano gli occhi e intravedo i suoi, verdi come due smeraldi, ha un
viso maturo dai lineamenti marcati, con una punta di barba sul mento.
- Ma…Maes…- Lo dico con un filo di voce, il cuore mi batte così forte che
sembra volermi uscire dal petto e correre da lui. Mi alzo di colpo e lo
abbraccio d’istinto, come per capire se è solo un’illusione.
- Calma! Mia moglie sarà gelosa, non deve scoprire la nostra relazione!-
- Scemo, ti va sempre di scherzare!- Continuo a piangere premendo la fronte
contro la sua spalla, non voglio lasciarlo e se dovesse sparire sarebbe un
dolore che non sopporterei.
- Mi sono spaventato quando non mi hai risposto. Roy mi ha detto che non stavi
bene e mi sono agitato. Se ti dovesse accadere qualcosa, Roy morirebbe insieme
a te e a bambini poi chi ci pensa!-
Lo lascio e mi asciugo il viso, mi chiede se sto bene e gli dico di si. Non
sento più lo stesso dolore di prima, ora che non sono sola, tutto è scomparso
improvvisamente.
- Perché sei venuto qui? Roy è uscito proprio qualche minuto fa!-
- Lo so, sono venuto solo per chiederti una cosa poi vado anche io in ufficio.
Da quando Roy è comandante supremo e io generale, le cose vanno molto meglio e
il lavoro non è poi molto, ma queste cose le sai.-
No, non le sapevo, ma feci finta di nulla annuendo e chiedendogli cosa voleva
chiedermi. Esitò qualche secondo, si guardò intorno osservando la stanza, come
se anche per lui ci fosse qualcosa di sbagliato.
- Proprio non te ne rendi conto vero? Oppure lo sai, ma fai comunque finta di
niente.-
- Cosa vuoi dire, di che dovrei rendermi conto?- Capivo eppure non volevo
ammetterlo, qualcosa era sbagliato e lui lo sapeva, forse perché io credevo
fosse morto e ora invece era vivo, fermo davanti a me, che mi sorrideva come un
tempo.
- Dammi la mano…- Faccio come dice, allungando la mano verso di lui. La stringe
e vi posa un leggero bacio, poi la gira con il palmo rivolto verso l’altro. - …
Mi dispiace…-
Lo vedo eppure non riesco a reagire, alza l’altra mano in cui regge un piccolo
coltello affilato, poggia la lama sul mio polso e lo taglia con forza. Non
sento dolore, ma il sangue esce velocemente, formando dei piccoli ruscelli
rossi che mi scorrono su braccio e cadono a terra in piccole pozze. Alzo lo
sguardo verso di lui, sta piangendo per me e per quello che mi ha fatto, ma non
fa male…Almeno fino a che il suo viso non perde completamente i suo lineamenti
e diventa quello del mio Roy, che mi sorride beffardo e soddisfatto di quello
che mi ha fatto. Ora si che sento dolore…Ogni parte di me lo avverte, mentre il
viso della persona che ho davanti cambia ancora e assume le sembianze di un
ragazzino pallido dagli occhi viola e lunghi capelli scuri. Il suo sguardo è
cattivo e so che vorrebbe continuare.
- Così va la vita mia cara, non puoi dimenticare le cose che sono accadute
sostituendole con altre…Tu sapevi che non era vera la realtà che ti stavi
costruendo eppure hai continuato a far finta di nulla…-
- Perché? Cosa vuoi da me?- Ora il dolore è diventato insopportabile, ha ferito
anche l’altro braccio e io non l’ho fermato, continuerà finche non ammetterò
che tutto ciò non è vero, ma non voglio farlo infondo è quello che ho sempre
voluto…
Come
sempre ringrazio Malaglar, Shatzy
e The_Dark_Side per i meravigliosi commenti che mi lasciate. In questo capitolo
c’è la scelta di Ed, spero di non deludervi e a presto!
12.
Scegli Ed!
Erano giunti in ospedale e avevano chiamato il
Colonnello Mustang perché li ricevesse. Quando si presentò ai loro occhi non sembrava neanche lui, persino Armstrong fece
difficoltà a capire chi avesse davanti. Non indossava la divisa, ma solo un
paio di pantaloni marroni e una camicia bianca, la
barba era cresciuta di poco, ma rovinava quella maschera di perfezione per il
quale si era sempre contraddistinto. Il capelli
completamente disordinati e due occhiaie nere in un viso pallido.
- Non guardatemi in questo modo è quasi imbarazzante. Gli abiti me li ha portati Glacyer ieri sera, è
venuta a vedere Riza e mi ha chiesto di cambiarmi, è
stata gentile.-
- Nessuna novità colonnello? I medici cosa dicono del
tenente?- Chiese Ed preoccupato, sapeva del pericolo dell’acqua rossa e la
decaduta della notte scorsa lo metteva in seria difficoltà.
- Niente di buono, ha avuto un collasso stanotte, ma le cause sono sconosciute.
Tutti i valori sono caduti in pochi secondi e ha rischiato un infarto. Ora però
si è ristabilita.-
- Posso vederla colonnello?- Rispose il biondino e lui lo fece entrare
sedendosi accanto al maggiore proprio fuori dalla porta.
Ed entrò nella stanza, c’era aria consumata, ma non ebbe cuore di aprire la
finestra, temeva che anche un piccolo spiffero potesse nuocerle. Si avvicinò al
lettino, osservando la figura della donna e cercando di rimanere oggettivo, ma
era davvero difficile. Quella era la prima volta che la vedeva da quando era
accaduto tutto, sapeva che non sarebbe stata una bella visione eppure faticò a
tenere gli occhi aperti. Era peggiorata, magra fino all’inverosimile,
completamente ricoperta di bende, c’erano tubi dappertutto, anche uno che le
permetteva di respirare entrando dalla bocca e due piccoli tubicini al naso.
Una macchina le stava ripulendo il sangue, prelevandolo e rimettendolo quasi
contemporaneamente, al fianco del letto pendevano due flebo una contenente un liquido trasparente, che doveva essere
semplice soluzione salina per idratarla e un’altra in cui c’era un liquido
giallino, che lui non seppe identificare. Ormai erano più di due giorni che si
trovava in coma e lui sapeva bene che non aveva più molto tempo, un giorno al
massimo e per Riza sarebbe stato impossibile
riprendere la vita normale se si fosse svegliata. La pietra rossa nel suo corpo
la stava distruggendo e lui doveva sapere dove fosse.
Mise una mano nella tasca stringendo qualcosa e la tirò fuori. Quello era stato
un dono di Lust, una pietra filosofale incompleta che
avrebbe reagito in qualche modo con quella nel corpo della donna. Osservò la
gemma, rossa come sangue, che mandava strani bagliori vermigli, era davvero
potente seppur incompleta e usarla su di lei lo spaventava, anche se non aveva
altra scelta.
- Tenente… spero di fare la cosa giusta, non mi
perdonerei mai se dovesse peggiorare per colpa mia…-Battè i palmi delle mani e creò un piccolo foro sul dorso
della mano d’acciaio in cui vi fermò la pietra. Il metallo si plasmò creando un
incavo perfetto. Ed sentì il potere di quella pietra
percorrergli tutto il corpo, brividi freddi lo smossero e iniziò a tremare.
“Resisti idiota, non farti prendere dal panico…
coraggio Ed non le farai del male, devo solo scoprire dove
si trova la pietra.”
Mosse l’auto-mail verso la donna, poggiando la mano prima sulla fronte di lei, non accadde nulla. Sospirò profondamente e
riprovò, passandolo sul viso e sul collo. Ancora nulla. Scoprì la donna
spostando il leggero lenzuolo, indossava quegli orribili camici ospedalieri
bianchi, che le lasciavano scoperte le braccia e le gambe, completamente
fasciate. Passò la mano sulle braccia di lei e sulle
gambe, ma ancora nulla. Dalle gambe salì verso il bacino, poi al livello
dell’intestino e lo stomaco. Nulla. Iniziò a pensare che non fosse il metodo
adatto per capire la posizione della pietra, tentò per l’ultima volta, sperando
che non accadesse nulla perché ora poggiò la mano tra i seni, proprio a livello
del cuore.
“Ti prego, fa che non sia qui… ti prego!”
Il corpo della donna ebbe un fremito, il petto si alzò di scatto e la pietra
sulla mano di Ed iniziò a pulsare emettendo una strana luce. Forse l’aveva
trovata, anche se a malincuore. Strappò il camice scoprendole il petto,
anch’esso fasciato e coperto di lividi. Intravide a livello del cuore una strana
protuberanza, come una piccola cisti, che si spostava leggermente se lui
muoveva la mano.
- Che diavolo stai combinando Ed!- La voce del colonnello lo fece scattare
all’indietro. Puntò gli occhi verso di lui, erano umidi, come se stesse
trattenendo le lacrime.
- L’ho trovata…- rispose con un filo di voce. In quel
momento anche il maggiore entrò nella stanza ascoltando la voce del ragazzino e
ripose per lui.
- Ha trovato la pietra rossa nel corpo del tenente…-
Roy si precipitò accanto al lettino e guardò la donna senza vedere nulla, solo
quando Ed avvicinò la mano d’acciaio al sorpo, anche
il colonnello intravide lo strano gonfiore.
- Che diavolo significa questo? Mi sembrava di essere stato chiaro a proposito,
non volevo essere tenuto all’oscuro!-
- Non l’ho fatto. Ieri sera ho avuto un contatto che mi ha
detto tutto. Envy ha fatto ingerire una piccola pietra rossa al tenente per
immobilizzarla e ora la pietra le sta corrodendo il corpo. Deve essere estratta
e l’unico modo per sapere dove fosse era metterla in
contatto con una pietra simile.-
- E’ stato questo tuo “contatto” a darti la pietra?- chiese Mustang sull’orlo
di una crisi di nervi, osservando la piccola gemma sul dorso dell’auto-mail, la
testa gli martellava nervosamente e forse sarebbe svenuto di li
a poco. - Dobbiamo estrarla ad ogni costo, bisogna avvertire i medici!-
- Non è così semplice. Se lo fosse stato i medici si
sarebbero accorti di questa pietra nel suo corpo, invece non è accaduto.
Dobbiamo usare l’alchimia, non c’è altro modo.-
Scese un silenzio orribile, le parole di Ed erano pesanti. C’era bisogno di una
trasmutazione umana per togliere la pietra, un pratica
tabù che lui stesso aveva sperimentato sulla sua pelle e ora forse avrebbe
ripetuto. - Io credo che…-
- Tu non farai proprio nulla!- Roy non diede tempo a Ed di finire la frase, non
gli avrebbe permesso di fare una cosa simile, non gli avrebbe permesso di
mettere a rischio la sua vita. - Lo farò io, devi solo dirmi come e darò in
cambio me stesso pur di salvarla.-
- Colonnello è una trasmutazione umana! Non sappiamo come potrebbe andare a
finire e lei vuole davvero mettere a rischio la sua vita? Tutto quello che Riza e non solo lei hanno fatto per farla salire in alto,
vuole gettarlo in questo modo?-
- Non ha senso proteggere un paese in cui non ci siamo
persone per te importanti non credi!- Lo aveva gridato con tutto se stesso,
stringendo i pugni e cercando di non cedere alla stanchezza di quelle lunghe
giornate insonni. - Tu cercheresti la pietra filosofale se tuo fratello non ci
fosse più? Lui è lo scopo che ti ha spinto ad iniziare
questa ricerca giusto?-
Si era vero, se suo fratello fosse morto lui non avrebbe più fatto nulla. Non
avrebbe mai cercato la pietra filosofale per se stesso, infondo gli auto-mail
non erano poi così male e tutto quello che aveva fatto
lo aveva fatto solo ed esclusivamente per suo fratello. Non c’era bisogno che
rispondesse, Mustang sapeva qual’era la risposta e
continuò lui.
- Vedila così, sarà una specie di alchimia d’amore…
Ora che sono solo non ho motivo di vivere senza di lei e se il mio sacrificio
la riporterà indietro ne sarò felice.-
- Vi aiuterò io!- I tre uomini si voltarono quasi contemporaneamente. Sulla
soglia videro la figura di una donna vestita di nero, che Ed riconobbe
immediatamente: Lust.
- Vi aiuterò con la trasmutazione, vi dirò come dovete fare e di cosa avete
bisogno. Ci servono delle pietre rosse e a quelle provvederò io personalmente,
per il resto voi seguirete le mie istruzioni e forse nessuno ci rimetterà la
pelle.-
- Lust, perché fai questo?- Chiese Ed incapace ancora
di comprendere lo strano comportamento di quella donna misteriosa, lei che fin
dall’inizio non aveva fatto altro che manovrarlo come un giocattolo per
raggiungere i suoi scopi.
- Ne abbiamo già discusso bambino d’acciaio e devo dire che sei stato molto
convincente sotto certi aspetti, però… prima di fare
qualcosa devi sapere…-
- Cosa dovrei sapere?- Lust
si avvicinò ai tre, muovendosi con estrema eleganza e fascino. Era difficile
non lasciarsi incantare da una donna così bella, se non fosse per la sua natura sarebbe irresistibile, ma tutti sapevano chi fosse,
il segno dell’oroborus sul suo seno era ben in
evidenza.
- Envy sa che ti ho contattato e sa che vuoi salvare
quella donna. Non te lo permetterà e per questo ha preso la ragazza. Ti sta
mettendo di fronte ad una scelta Ed, salvare la ragazza che ami o lei.-
Gli occhi di Ed si spalancarono all’improvviso, non poteva credere che Envy
fosse riuscito a prendere Winry, la sua Winry, nonostante fosse sotto stretta sorveglianza e
nonostante ci fosse suo fratello con lei. Il suo cuore avrebbe smesso di
battere se non fosse stato per Roy e per quella mano sulla spalla che gli
trasmetteva un po’ di coraggio.
- VaiEd…- Lo guardò come se
davanti non avesse qualcuno che conosceva, come se la persona che gli parlava
fosse un estraneo. - Salva Winry, non mi perdonerei
mai se le capitasse la stessa cosa che quel mostro ha fatto a Riza. Non commettere il mio stesso errore, proteggi le
persone che hai nel cuore.- Strinse i pugni forte, facendo scricchiolare
l’auto-mail per qualche secondo. Nella sua mente stava avendo luogo forse una
delle battaglie più dure della sua vita…
Era buio pesto in quella stanza permeata da un forte e fastidioso odore di
chiuso e muffa. Faticò ad aprire gli occhi, come se gli fossero stati chiusi a
forza e forse era successo proprio quello. Provò a ricordare ogni avvenimento,
la stanza della locanda, il litigio con Ed e il sottotenente Ross che si era trasformata in quello strano e maligno ragazzo, che poi
l’aveva portata via in qualche modo. Provò a muoversi, ma si rese presto conto
che era impossibile, aveva i polsi legati sopra la testa, con una corda, una
scena che le riportò alla mente vecchi ricordi. Era già successo, la prima
volta che era andata a Central City a trovare Ed era
stata rapita da un pazzo omicida che l’aveva chiusa in una cella frigorifera e
legata proprio in quel modo. Sembrava surreale, eppure era vero. Cercò con lo
sguardo qualcosa o qualcuno, ma non vide nessuno, l’avevano
lasciata sola in quella stanza per chissà quanto tempo. Improvvisamente sentì
un rumore di passi veloci avvicinarsi alla sua solitaria prigione e la porta
aprirsi in pochi secondi, provocando un rumore sordo contro la parete. Una
flebile luce le ferì gli occhi, quando si concentrò per vedere chi fosse
arrivato con tanta fretta.
- Winry sei qui vero? Rispondimi!-
- Ed? Ed sono qui!- Aveva
riconosciuto quella voce e non aveva esitato a rispondere. Lo vide avvicinarsi
a lei e cercare di slegarle i polsi, ci impiegò un po’, ma quando fu libera lei gli cadde tra le braccia cercando protezione. Ed la sentì tremare convulsamente, era ancora spaventata e
cercò di calmarla, facendola sedere a terra e accarezzandole il viso.
- Tranquilla è tutto finito… Per fortuna Al mi ha avvertito
in tempo e sono riuscito a salvarti.-
- E quel ragazzo che mi ha portato via? Cosa ne è stato di lui?- Winry si strinse a Ed sprofondando il viso tra la spalla e
il collo del ragazzo e cercando di trattenere le lacrime.
- Ho risolto anche quello, ora non potrà più farti del male…-
La ragazza si staccò leggermente, giusto per guardarlo negli occhi e capire
cosa aveva fatto, Ed aveva abbassato lo sguardo come se si vergognasse di
guardarla.
- Lo hai ucciso vero?- Lo accarezzò cercando di avvicinarlo a se, sapeva che
anche se quel tipo era un mostro, lui stava comunque soffrendo per quello che
era stato costretto a fare. Ed strofinò la guancia
contro la mano della ragazza e si avvicinò per baciarla.
- Non ho avuto scelta, ero troppo preoccupato per te. Non potevo pensare che
quel mostro ti avesse messo le mani addosso.- Le loro
labbra si sfiorarono e subito Ed divenne più audace, le prese la testa con la
mano e l’avvicinò con forza, si baciarono…eppure… Winry si staccò di colpo e lo colpì al viso con forza,
facendolo cadere all’indietro.
- Non avvicinarti a me!- Si allontanò di qualche passo da lui guardandolo
freddamente.
- Perché fai così? Non sei felice che sono venuto a
salvarti?- Mentre parlava il viso di Ed assunse un’espressione fredda e
maligna, la bocca si schiuse in un sorriso largo e innaturale. Si teneva la
guancia, ma era come se godesse di quel dolore.
- Tu non sei Ed, credi che non riesca a riconoscerlo?- Lo gridò con tutto il
fiato che aveva in gola, ma il ragazzo non si lasciò impressionare. Si alzò e
cambiò nuovamente aspetto tornando ad essere se
stesso, guardò la ragazza con quelle iridi violacee che le gelarono il sangue
nelle vene.
- Stai dicendo che quel nano bacia meglio di me?- Lo disse con strafottenza,
come se sapesse che non era per nulla vero, ma attese la risposta della
ragazza, che esitò.
- Le… le tue labbra sono fredde, fredde come la morte…-Venne colpito da quelle
parole, Winry le aveva pronunciate con naturalezza,
come se stesse soffrendo lei stessa per quella mancanza di calore. Envy si
avvicinò a lei e la prese per le spalle, sembrava arrabbiato, ma non con lei.
Nei suoi occhi c’era dell’altro.
- Credi che sia colpa mia? Credi che abbia voluto io questo corpo o questa
mezza vita che mi ritrovo?- La lasciò di scatto facendola cadere a terra,
quando il suo sguardo incontrò le lacrime della ragazza. Perché si era
bloccato? Non era la prima volta che vedeva piangere qualcuno, con quella
donna, anche se piangeva non aveva avuto pietà. Eppure
ora non riusciva neanche a muoversi, forse perché quella ragazza apparteneva al
Fullmetal, forse perché quel bimbetto era come una parte di lui.
- Io non so chi sei, non so niente di te, ma tu stai facendo del male ad Ed e questo non posso accettarlo. Perché lo fai?- La
fissò attentamente prima di rispondere, l’aveva sempre vista in compagnia del
nano d’acciaio, come lo chiamava lui e non l’aveva mai vista così fragile e
piccola. Era terrorizzata da lui, lo temeva come se fosse la morte in persona,
eppure lui non le aveva fatto nulla. Non l’aveva trattata come con Riza, aveva solo provato a baciarla nel modo più naturale
che ci fosse, si era trasformato in Ed con la speranza di poter assaporare
quelle labbra invitanti, eppure lei lo aveva scoperto.
- Perché Envy?- Conosceva il suo nome, o almeno il nome
che aveva da homunculus. Non era così stupida da non capire chi fosse, ma la
cosa lo sorprese.
- Perché lui ha tutto quello che io vorrei, ha una vita, ha degli amici, ha una
donna che lo ama. Io non posso avere nulla di tutto questo perché non sono
neanche un essere umano. Eppure…-
Voltò lo sguardo da una parte qualsiasi della stanza che non fosse quella in
cui era ferma lei.
- Eppure suo fratello, anche se chiuso in quell’armatura è più umano di me… di me che comunque sono suo fratello tanto quanto Al.-
Dopo quella frase nessuno dei due ebbe più cuore di dire nulla…
Nella stanza d’ospedale ormai da qualche minuto non si sentiva nessuno parlare.
Ed era chiuso nel suo silenzio cercando una soluzione, doveva scegliere cosa
fare, ma gli sembrava una cosa impossibile.
- Allora bimbetto, devi scegliere in fretta non abbiamo molto tempo.- Fece Lust esasperata da quel silenzio sovrumano. Ed si voltò verso di lei e le rivolse un sorriso strano, che
Lust non riuscì ad interpretare.
- Facciamo questa trasmutazione… Salverò Riza e poi andrò da Winry…-
“Perdonami, ma non posso abbandonarla proprio adesso che posso salvarla… se ti dovesse accadere qualcosa Winry ti prometto che a costo
della mia vita… ti riporterò indietro…”
Aggiungo
un nuovo capitolo, voglio lasciarvi un po’ con il fiato sospeso fino al
prossimo aggiornamento. Non odiatemi per favore!!!XD
A
presto, un saluto a tutti!!!
13.
Alchimia d’amore
- Come iniziamo? Hai detto che ci servono le pietre,
sai dove trovarle?- Fece Ed alquanto esasperato. La scelta a cui era stato
sottoposto forse era stata troppo dura per lui, per questo non voleva più
pensarci. Aveva deciso di aiutare Riza, ora nella sua mente c’era solo quella
donna e la sua vita. Roy e Armstrong erano invece in attesa, non avevano
proferito parola per tutto il tempo e ora che stavano per iniziare, i loro
cuori mancavano battiti importanti.
- Alle pietre ci penso io.- Rispose Lust, chiudendo a chiave la porta della
camera del tenente. - Tu hai con te un oggetto che per me è letale, vero Ed?-
Il ragazzo infilò una mano nella giacca nera e tirò fuori un ciondolo rotondo,
in quell’oggetto c’era chiusa la vita di quella donna misteriosa, una parte del
suo corpo che l’avrebbe uccisa. Lust indietreggiò di qualche passo alla vista
del gingillo, all’apparenza innocuo. - Disegnate questo cerchio alchemico a
terra e poi vi dirò come continuare…- La donna porse al ragazzo un foglio
vecchio e ingiallito in cui vi era disegnato un cerchio alchemico a sette
punte, lo stesso che Ed aveva creato nel laboratorio numero cinque, solo
leggermente modificato. Lo fece vedere anche agli altri e iniziarono a
disegnarlo. Ci impiegarono qualche minuto, era estremamente difficile e
complesso, un minimo sbaglio e avrebbero gettato alle ortiche ogni cosa. Lust
li osservava ferma in un angolo, puntava gli occhi anche sul piccolo ciondolo
che pendeva dalla cintura di Ed, infine volse lo sguardo verso la donna e si
avvicinò al lettino.
- Questa è la prima volta che ti guardò così da vicino… ti invidio perché
piacerebbe avere anche a me qualcuno disposto a tanto… forse da umana c’era un
uomo che mi amava, ma in queste condizioni non posso sperare di trovare
qualcuno…- Le poggiò una mano sulla fronte, era calda, al contrario del suo
corpo freddo e privo di quel bellissimo calore umano.
- Lust… è pronto…- La donna si voltò di colpo verso il ragazzino, osservò il
cerchio e… era finalmente arrivato il momento…
- Prendete la donna e posizionatela nel cerchio, quando avrete le pietre
sistematele sulle sette punte del cerchio alchemico e procedete…- Roy era
accanto al letto, aveva staccato le flebo e alcuni tubi, stando bene attento a
non staccarla dalla macchina per respirare e da quella per la dialisi, la
sollevò lentamente e si avvicinò al cerchio, mentre Armstrong lo seguiva
spostando le macchine. Lust accompagnava i movimenti attenta ad ogni dettaglio
e non appena Roy ebbe sistemato Riza, anche lei si avvicinò al cerchio.
- Quando sarò entrata dammi il ciondolo, il cerchio si attiverà e mi renderà
debole, facendomi espellere le pietre rosse che ho nel corpo. Non pensate a
nulla se non alla trasmutazione…- In quel momento Ed la prese per mano,
preoccupato. La fermò prima che potesse poggiare il piede nel cerchio.
- Un momento… questa è la stessa cosa che è accaduta a Greed! Morirai in questo
modo!-
- Lo so, ma almeno l’ho scelto io e non qualcun altro…- Aveva la voce spezzata
e roca, stava per piangere, ma Ed non le vide gli occhi lucidi.
- E la promessa che ti ho fatto allora? Non vale nulla per te?- Non voleva
lasciarla andare, non voleva buttare la vita di quella donna in quel modo,
doveva per forza esserci un altro modo. Lust si liberò dalla presa del ragazzo
e si chinò verso di lui, poggiandogli un leggero bacio sulla fronte.
- Senza sacrificio l’uomo non può ottenere nulla. Per ottenere qualcosa è
necessario dare in cambio qualcos’altro che abbia il medesimo valore… in
alchimia è chiamato il principio dello scambio equivalente… Io darò la mia
immortalità in cambio della vita di quella donna…-
Erano immobili, nessuno dei due riusciva ad emettere un fiato, solo una parola
riecheggiava nella mente di entrambi… fratello…
Envy aveva ammesso il suo più grande segreto, era il fratello di Ed e di Al,
quindi figlio di Hoheneim della luce.
- Com’è possibile? Tu non puoi…- Winry si era portata una mano davanti alla
bocca, ancora incredula.
- Io lo odio, detesto quell’uomo e detesto quel nano! Odio tutti gli esseri
umani e gli alchimisti… detesto questo modo dal profondo del mio cuore.- Lo
gridò forte, spaventando la ragazza ancora di più. Probabilmente cercava un
modo per recuperare quella superiorità che aveva perso con quella spontanea
rivelazione.
- Tu provi solo invidia perché non puoi avere ciò che gli uomini hanno! Se odi
tutti gli esseri umani significa che odi anche me, quindi uccidimi!-
Non ebbe tempo di reagire, Envy scattò su di lei come un fulmine, le si mise
cavalcioni facendole sbattere la testa sul pavimento freddo, le fermò le spalle
con le mani, ma Winry resse il suo sguardo provando ad essere più coraggiosa di
quanto non fosse.
- Tu che diavolo ne sai? Tu che hai la vita dalla tua parte, cosa ne sai di
come mi sento io?-
- Io avrò anche una vita, ma tu puoi togliermela quando vuoi…- Le lacrime le
rigarono il viso, bagnandole anche i capelli, che erano sparsi per il
pavimento. Vedendo quelle lacrime Envy allentò la presa e con una mano prese
una ciocca dei capelli della ragazza, accarezzandola come se fosse seta.
- Anche così sei più viva di me… quelle lacrime dicono molto più di quanto
pensi…- Winry scivolò dalle braccia di Envy mettendosi in ginocchio, era
bloccata dalla parete, chiusa in un angolo con quello strano e labile ragazzo,
si sentiva persa e voleva tanto che Ed giungesse ad aiutarla. Lo invocava nella
sua mente, stando attenta a non nominarlo davanti a lui. Lo vide avvicinarsi e
si schiacciò contro l’angolo cercando di diventare un’ombra. Sentì la mano
gelida di lui sfiorarle le gambe scoperte da una gonna troppo corta, e poi salire
sempre più in alto…
- Questo calore… stai tremando… potrei farti quello che voglio…-
Si avvicinò a lei e la strinse tra le braccia, infilandosi tra le gambe della
ragazza e costringendola a muoversi come voleva lui, infilò una mano sotto la
camicetta e facendo saltare qualche bottone, poggiò la lingua sul collo di lei,
lambendolo lentamente.
- No ti prego… non voglio… lasciami andare…-
- Non posso, questa sensazione mi piace troppo per fermarmi…- Winry era
immobilizzata, come se ogni suo muscolo fosse diventato di pietra, voleva
allontanarlo, ma non ne era capace.
- Non voglio… Ed…- Al suono di quel nome si bloccò staccandosi da lei, spalancò
gli occhi quando la ragazza si schermò il viso umido con le mani, mentre
invocava il nome di quel ragazzo. Quel nome maledetto che lui odiava.
- Ed… ti prego…- Singhiozzava disperata e lui non riuscì neanche più ad
avvicinarsi a lei. Pietà, rabbia o timore, non sapeva perché si era fermato, ma
vederla piangere in quel modo lo stava distruggendo e nonostante lei sapesse
che lui odiava quel nome tanto quanto la persona che lo portava, continuava
imperterrita a chiamarlo. Si alzò e si avvicinò alla porta, fece per uscire, ma
si fermò prima di chiuderla completamente.
- Ucciderò quel nano, lo farò fuori con le mie mani. A quel punto verrò a
riprenderti e la smetterai di chiamarlo! Alla fine inizierai ad invocare solo
il mio di nome.-
- Pretendi che io sostituisca il nome della persona di cui sono innamorata solo
perché mi hai detto che la ucciderai? Continuerò a chiamarla fino a che ne sarò
capace.-
- Avremo tempo per riparlarne e cambierai idea…- Chiuse la porta facendo cadere
la stanza in una cupa oscurità, rimase fermo sulla soglia appoggiando la
schiena contro la parete, ascoltando i lamenti della ragazza chiusa all’interno.
“Chiamerai me prima o poi e quando lo farai, allora non smetterai di
invocarlo…”
Quando entrò nel cerchio alchemico, sentì subito le forze abbandonarla. La
testa iniziò a girarle vorticosamente e cadde in ginocchio di fianco alla donna
stesa a terra. Ed provò a soccorrerla, ma Lust gli gridò di non muoversi per
nessun motivo.
- Dammi il ciondolo… muoviti Ed o non riuscirò neanche a muovermi.- Non appena
il ragazzo tese la mano verso di lei e il ciondolo entrò nel cerchio, tutto il
pavimento si illuminò di una luce rossa molto intensa, per un attimo fu come se
la terra sotto di loro iniziasse a tremare. Lust prese il ciondolo in mano e lo
poggiò con molta fatica accanto al cuore della donna. Non riusciva a muoversi
bene e dentro di lei qualcosa si agitava freneticamente, qualcosa che voleva a
tutti i costi uscire. Osservò i tre alchimisti disporsi accanto al cerchio e
inginocchiarsi appena fuori dall’ultimo segno disegnato sul pavimento. La luce
non voleva scendere d’intensità e quando Ed si tolse dal braccio meccanico la
pietra rossa poggiandola sul primo angolo del cerchio, le cose peggiorarono. Il
corpo di Lust ebbe un sussulto fortissimo, si portò le braccia allo stomaco e
si piegò in avanti. Con quel gesto iniziò a rigettare alcune pietre rosse, che
Roy si preparò a sistemare come gli era stato detto. Ne rigettò molte altre, ma
alcune si scioglievano al contatto con il corpo della donna, mentre le altre,
sette in tutto, erano ormai disposte perfettamente. Lust si sdraiò su un fianco
sfinita, il suo viso era ancora più pallido e tirato in una smorfia di puro
dolore, la bocca spalancata.
- A…adesso… è… è ora…- Solo quelle ultime e tirate parole prima di chiudere gli
occhi. In quel momento Ed, Roy e Armstrong poggiarono contemporaneamente le
mani sul cerchio alchemico. Si sprigionò una luce fortissima e un vento
improvviso li investì, come se cercasse di scacciarli, e come un turbine il
vento avvolse le due donne all’interno del cerchio, la stanza fu oscurata
improvvisamente e scese un lungo e tenebroso silenzio…
Purtroppo
non riesco ad aggiornare velocemente come vorrei, quindi chiedo scusa a tutti…
Inizio
con il ringraziare dei bei commenti
Gold_dragon,
sono felice di essere riuscita ad incuriosirti ecco il nuovo capitolo…
The_Dark_Side,
non posso rispondere alle tue domande mi dispiace, ma leggendo il capitolo
capirai un po’ di cose e spero di sorprenderti
Irene
Adler, lieta di ricevere nuovi commenti, grazie per i complimenti e spero che
continuerai a seguirmi fino alla fine di questa avventura
Malaglar,
lieto fine è? Non dico nulla o rovinerei tutto! Descrivendo Lust mi è diventata
simpatica, poi mi sono sorpresa perché non avevo ancora visto gli episodi
quando ho scritto questo capitoli e il fatto che nell’anime si era comportata
in modo simile a come l’ho descritta io mi ha sorpreso e mi fa felice che non
ti sia sembrata banale, mi spaventava un po’ la cosa.
Shatzy,
mi piace tenere i lettori con il fiato sospeso, ci saranno altri capitoli da
suspence, te lo assicuro. La storia prenderà una piega completamente diversa,
mi piace anche stravolgere le aspettative, lo dico per metterti in guardia
dalla mia mente contorta. Siiiii sono guarita, ora posso postare i capitoli
come voglio, anche se devo rubare il computer di mia cugina per farlo, il mio
ha fatto cilecca, puff… morto!!! Certo che sono sfigata!
Bene,
auguro a tutti buona lettura, un saluto ciao ciao
14.
Il sogno di Riza (II)
Non
volevo andare via, quella vita era tutto ciò che desideravo, non me l’avrebbe
portata via nessuno…
- RIZA!!!!!-
Il mio nome gridato così forte mi fece sussultare, spostai con forza quel
ragazzino da me e ricaddi a terra dolorante. Il sangue usciva dalle ferite, non
mi avrebbe lasciato via di scampo… non volevo morire in quel modo assurdo, non
in quel momento… Eppure gli occhi iniziarono a chiudersi da soli, cercai di
resistere per un po’, ma non ce la feci e il buio mi avvolse…
-Mamma! Mamma stai bene vero? Mamma rispondi!-
La voce di una bambino mi destò da quell’oscurità, aprii velocemente gli occhi
scattando a sedere. Voltando lo sguardo incontro gli occhi color del miele del
mio bambino.
- Ed…- Mi guardai i polsi terrorizzata e spaventando ancora di più lui. Non
avevo alcun segno, non c’erano macchie di sangue, non c’era nulla… era stato
tutto un sogno?
- Finalmente… ho avuto tanta paura… paura che non ti saresti svegliata…-
trattiene a stento le lacrime e pronuncia il labbro inferiore mordicchiandolo e
cercando di non piangere, solo allora lo stringo forte a me e gli dico che è
tutto a posto.
- Al è andato a chiamare papà, ha detto che tornerà subito a casa.- Gli accenno
un sorriso e nel frattempo anche Al mi raggiunge saltandomi addosso e
abbracciandomi forte. Lui invece non si fa tanti scrupoli e piange sulla mia
spalla.
- Ora è tutto apposto, ho solo avuto un calo di zuccheri non è niente di
grave.-
- Ma eri così pallida, pensavamo che fossi morta!-
- Sciocchini, se io muoio a voi chi ci pensa. Lo sapere che papà non sa
cucinare!-
Con quella mia piccola battuta iniziarono a discutere ridendo di Roy e degli
errori che aveva sempre commesso in cucina. Li lasciai andare via quando alla
porta comparve lui. Aveva corso come un disperato, era sudato e pallido,
ansimava e si reggeva a stento alla porta fissandomi. Fece uscire i bambini e
chiuse la porta, avvicinandosi al letto e prendendomi le mani tra le sue.
- Non fare quella faccia, io…- Non riesco a finire la frase, che mi da un bacio
così profondo e bello da togliermi il respiro, ne rimango completamente
scioccata che, anche quando si stacca da me, non riesco a dire nulla.
- Non voglio perderti, non lasciarmi mai!-
- Non lo farò…- Mi bacia di nuovo e mi fa sdraiare sul letto.
Si toglie la divisa e sale anche lui. Ha gli occhi più dolci che abbia mai
visto, mentre mi bacia dappertutto e mi dice che per lui sono importante…
mentre mi accarezza e mi dice che non vuole lasciarmi mai… mentre facciamo
l’amore e mi dice che mi ama e che non vivrebbe senza di me.
Mi sveglio improvvisamente, lui non è con me e non sento neanche le voci dei
bambini. Mi guardo intorno spaventata fino a che non scorgo un piccolo
biglietto scritto da Roy che mi avverte di aver portato i bambini fuori a cena.
La notte è scesa improvvisamente e mi sento tanto sola nella casa vuota, non mi
ha svegliata per paura che non mi fossi ancora ripresa. Mi alzo lentamente e
provo ad andare in bagno, ma qualcosa cattura la mia attenzione, qualcosa che
prima non c’era. Poi lo vedo, sulla parete prima vuota, ora c’è uno specchio lo
stesso che ricordavo di avere. Mi avvicino lentamente, come se temessi di
specchiarmi e vedere la realtà. Ora sono davanti allo specchio e non vedo altro
che la mia immagine riflessa, sono pallida e ho i capelli completamente in
disordine. Poi un rumore mi fa voltare di scatto, sento dei passi e chiamo Roy
sperando che sia lui, ma non ricevo risposta.
C’è qualcuno in casa mia, lo so, ne percepisco la presenza, ma non riesco a
vedere nessuno.
- Riza…-
Mi volto di scatto verso lo specchio e lancio un grido strozzato… Quella non
sono io!
Il mio corpo è completamente sporco di sangue, nuda e coperta di ferite ed
ematomi, ho una spalla rotta e il braccio pende da una parte in una posa
rivoltante. Chi diavolo sei tu?
Non mi aspetto una risposta, perché in fondo al cuore so di essere io quella
riflessa nello specchio…
Basta! Basta! Non voglio più vederla, non voglio sentire più questo dolore!
Ancora un rumore mi distrae e in quel momento mi sento afferrare da due braccia
alle spalle, sono le mie riconosco le ferite… Mi spingono all’indietro e sbatto
con forza sullo specchio che si frantuma per l’impatto, le schegge volano per
tutta la stanza, come una pioggia di vetri…
Ho dolore dappertutto, la schiena, le braccia e le gambe, il viso e il cuore mi
dolgono insopportabilmente… Aiutami Roy ti prego!
Poi alla fine la vedo, un ombra si aggira per la stanza rimanendo oscurata
negli angoli bui.
- Chi diavolo sei? Fatti vedere?- Per gridare quella frase ho raccolto tutto il
mio coraggio, ma ammetto a me stessa di essere terrorizzata.
- Devi tornare indietro, questo non è il tuo posto…-
- Non è vero! Questa è la mia casa, questa è la mia famiglia... è tutto quello
che avrei sempre voluto…- Inizio a piangere, sono patetica, lo so, ma ho paura
e questo è l’unica cosa a cui riesco a pensare.
- Invece non lo è, è solo quello che tu vuoi, ma non è la realtà…-
La voce è di una donna, è molto suadente, ma non riesco a capire di chi sia.
Solo in quel momento mi accorgo dei passi veloci fuori dalla casa, avverto
anche la voce di Roy che richiama i bambini a stare calmi. Non devono tornare!
Sono in pericolo!
Provo a gridarlo, ma non riesco ad emettere neanche un suono, la mia voce, come
il mio corpo è paralizzata.
- Ammettilo prima che sia troppo tardi…-
Tardi per cosa? Sono in pericolo lo sento e non devono rientrare. La porta di
casa si apre e la figura si rende visibile, è una donna dai lunghi capelli
scuri e due occhi viola… viola proprio come quelli di quel ragazzo… proprio
come gli occhi di colui che mi ha fatto tutto questo…
La donna si volta in direzione della porta, li lo vedo di nuovo, quel ragazzo
pallido dagli strani capelli, che sorride beffardo. Ha in mano un coltello e so
che sta per fare. Farà del male alla mia famiglia… Non posso permetterlo eppure
non riesco a reagire…Ora anche la porta della mia stanza sta per aprirsi… No,
dovete andare via!
- Mamma ti abbiamo portato qualcosa da mangiare!- La voce è quella del mio Ed…
nel momento in cui lo vedo entrare, quel ragazzo gli si lancia addosso e lo
colpisce alla sprovvista. La vista del sangue del mio bambino mi fa rivoltare
lo stomaco, non riesco neanche a gridare… Lo vedo entrare nella cucina e sento
le grida di Al e Roy… Stanno combattendo e Roy vuole difendere Al a tutti i
costi…
Perché? Il mio cuore è in mille frammenti e non riesco a raggiungerli, vedo il
corpo del mio piccolino che ha smesso di agitarsi… me lo hanno strappato sotto
gli occhi e non ho potuto fare nulla…Perché questo dolore, perché questo deve
capitare a loro!?
Non riesco neanche a piangere, ma rimetto sangue e bile dal dolore. La donna mi
si avvicina e mi tende una mano, ma con le uniche forze che ho in corpo mi
allontano e mi avvicino al mio piccolo bambino dagli occhi color del miele
ormai chiusi…
Provo a chiamarlo, lo stringo forte a me e il suo sangue, ancora caldo, mi
sporca le gambe e le braccia… le lacrime che sto versando in questo momento non
sono nulla a confronto del dolore che sento nel cuore… dolore di aver perso
tutto quello che ho sempre voluto…
Vorrei voltarmi e andare in cucina, ma non ne ho la forza, ne il coraggio… non
riesco ad entrare in quella stanza e trovare gli stessi occhi chiusi di Ed,
anche sul viso di Roy e del piccolo Al… non ce la faccio…
Se quel maledetto ragazzino vuole la mia vita che venga a prenderla… io sono
qui non mi tirerò indietro, mi ha tolto già la voglia di continuare a vivere,
non voglio altro che morire insieme a loro
- Ora vieni via o sarà troppo tardi…- La donna mi richiama nuovamente, ma non
voglio ascoltarla, non voglio lasciare il mio bambino da solo… non voglio
rimanere sola…
- I miei bambini… il mio Roy… perché!-
- Questo è accaduto perché tu non hai accettato che questa vita non fosse vera…
vieni via loro ti stanno aspettando e vogliono riavere la vera Riza…-
Nuovamente mi viene accanto e sposta con dolcezza il corpicino del bambino
lontano da me… Mi allunga la mano e prende la mia cercando una risposta, che
non ha… non voglio lasciarli.
- Ti prego… Se aspetti ancora sarà tardi… ti prego…- Piange. Calde lacrime
escono da quegli occhi, lacrime come le mie, possibile che anche lei soffra
tanto quanto me? Eppure quelle lacrime sono di qualcuno che non ha mai avuto
quella felicità che avevo fino a poco fa, ma il dolore della solitudine è la
stessa, si… lei è uguale a me…
Solo allora le stringo a fatica la mano, è calda e piacevole, morbida…Non è
cattiva, vuole aiutarmi.
- Riza…-
Sento ancora il mio nome e mi abbandono a quella parola, lei mi rimane vicino,
mi stringe a se mentre piango e mi dispero, percepisco tutto il suo calore su
di me ed è piacevole…
- Lasciati andare… ti accompagnerò io da colui che ti sta chiamando…-
- Chi mi sta chiamando?…-
Non so chi sia, ma la sua voce è dolce nella mia mente, chiudo gli occhi e il
buio prende nuovamente il sopravvento… però mi sento libera e leggera… forse
sto morendo davvero…
Visto
il capitolo precedente, e per lasciarvi ancora un po’ di suspence,
nuovo capitoletto…ciao ciao
15.
Il respiro dell’anima
La luce nella stanza era diventata insopportabile… nessuno dei presenti era riuscito a tenere
gli occhi aperti. Da gialla e lucente, era divenuta improvvisamente viola e
tenebrosa, era una scena che in Ed riportò alla luce ricordi passati, i ricordi di un bambino che non accettava la morte di sua madre…
La paura in quel momento ebbe il sopravvento, forse avevano sbagliato qualcosa,
forse erano stati ingannati o forse… Non voleva
neanche pensare a quello che sarebbe potuto accadere a Riza
se quella trasmutazione non fosse andata a buon fine, anche se ormai lo sapeva
troppo bene. Quella che avevano appena fatto era una trasmutazione umana e
dalle trasmutazioni fallite nascono gli homunculus… Continuò a chiamare con la mente il nome della
donna e concentrarsi su ciò che doveva fare, ma era davvero una prova
impossibile per lui…
Anche Armstrong stava dando tutto se stesso, il suo contributo a
quell’esperimento era vitale, era l’unico li in mezzo
che possedeva abbastanza forza da reggere la trasmutazione, ma in quel momento
si sentiva svuotato nell’anima. Pregava in cuor suo che se qualcuno doveva
sacrificare la propria vita per la donna, quel qualcuno sarebbe stato lui…
Roy, il FlameAlchemist,
stava sudando e tremando come una foglia. Non aveva mai sofferto così tanto per fare una trasmutazione, lui che con uno
schiocco delle dita poteva far ardere una città intera, ora non riusciva neanche
a rimanere inginocchiato accanto al cerchio alchemico. Aveva gettato lo sguardo
sugli altri due alchimisti, loro stavano dando se stessi, persino quel bambino
che aveva sempre preso in giro a causa dell’altezza, si stava impegnando
nonostante i suoi occhi dimostrassero tanto timore. Lui non sarebbe stato da
meno e continuava a pregare che la donna a cui teneva
di più nella sua vita, tornasse indietro da quel mondo oscuro.
In quel momento Ed si sentì mancare, era come se qualcosa lo stesse tirando
all’interno del cerchio alchemico, una forza a cui non
sapeva resistere, stanco e con ogni muscolo del corpo dolorante, cercò di
opporsi, ma non era per nulla semplice. Fu Roy ad accorgersi del suo cedimento,
lo chiamò senza staccarsi dal cerchio, ma lo vide crollare al suo interno e
sparire velocemente…
- Fammi uscire di qui!- Era questo che Winry gridava da ore, ma nessuno la stava ascoltando e
sebbene cosciente di questo, non smetteva di gridare. Aveva
freddo, indossava solo una gonna molto corta e fine e una camicetta bianca, i
cui bottoni erano saltati a causa dell’intrusione di Envy poco prima e riusciva
a coprirla a malapena. I capelli le coprivano il viso, non era riuscita a
legarli in nessun modo ed erano molto fastidiosi. Non capiva il perché quello strano
ragazzo l’avesse rapita e la teneva segregata in quella piccola stanzetta umida
senza fare nulla. Quando l’aveva portata via aveva
temuto che lui potesse trattarla come con Riza,
invece aveva provato solo una volta ad avvicinarsi e, dopo il rifiuto di lei,
non si era più fatto vedere.
- Hai intenzione di lasciarmi morire di fame e solitudine? Rispondimi
maledetto!-
Ancora nulla, cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione,
ma nulla sembrava smuoverlo. Alla fine si rannicchiò in un angolo, stringendosi
le ginocchia con le braccia e invocando il nome della persona che in quel
momento gli mancava di più al mondo.
- Ed… Ed ti prego aiutami…- Lo disse piangendo e così soffusamente, che
nessuno avrebbe potuto sentirla, invece, dopo quell’invocazione dettata solo
dal cuore, lo vide entrare velocemente nella stanza, sbattendo la porta. Si
avvicinò a lei con una tale velocità che non se ne rese conto, si sentì
prendere per la gola e alzare di peso da terra, tanto che i piedi non toccarono
neanche il pavimento.
- Ti ho già detto che non voglio sentirti pronunciare quel nome!!- Lo gridò, era arrabbiato tanto che il suo viso era
diventato irriconoscibile e i suoi occhi brillavano di pura malvagità.
- Mi… non riesco a respirare…-
Solo a quel punto la lasciò, Winry cadde a terra
sbattendo la schiena contro il pavimento. Si chiuse a riccio trattenendo le
lacrime e cercando di calmarsi, mentre lui la osservava.
- Non devi pronunciare il suo nome…-
- Perché? Per te è così difficile confrontarti con lui, proprio non riesci a
capire che non puoi pretendere che lo dimentichi per farti felice?- Winry cercò di rialzarsi, mettendosi seduta e poggiando la
schiena contro la parete fredda e umida della sua prigione. Cadendo si era morsa il labbro inferiore e ora un rivolo di sangue le
macchiava il viso, scendendo fino al collo. Cercò di pulirsi con il dorso della
mano, ma non fece che peggiorare la situazione allargando solo la macchia. Envy
si piegò su di lei, fermandole le braccia con le mani e avvicinando il viso a
quello della ragazza, poggiò le labbra su di lei, leccando via il sangue e
assaporandolo come se fosse il nettare più dolce che esistesse.
- Quando anche io diventerò umano…
quando i miei baci non ti faranno ribrezzo… allora in
quel momento smetterai di chiamare quel nano…- Le
succhiò il labbro facendole male, ma per lui era una sensazione meravigliosa,
la sentiva in suo potere, poteva farle ciò che voleva, ma non lo faceva. Una
volta che l’impiccio di Fullmetal fosse stato
eliminato, avrebbero avuto tutto il tempo…
- No, neanche allora lo farò… se Ed dovesse morire,
allora lo farei anche io!- Lo spinse via con tutte le
forze che le erano rimaste, intimorita dalla reazione che avrebbe potuto avere,
ma per tutta risposta Envy si alzò e uscì dalla stanza.
- Vedremo se non lo farai!- Chiuse la porta percorrendo a gran velocità il
corridoio. Winry lo vide tornare poco dopo e gettare
un corpo immobile all’interno della stanza. - Così non morirai di solitudine…- Non appena se ne fu andato, Winry si gettò sul corpo che Envy aveva portato, lo girò
supino lentamente per capire se fosse ancora vivo. Rimase sconvolta quando si
trovò davanti il viso del sottotenente Ross tumefatto.
- Signorina Ross, mi sente? La prego mi dica qualcosa…-
La donna aprì piano gli occhi e accennò un lieve sorriso. La ragazza sospirò
nel vederla ancora viva, anche se molto provata dalla situazione.
- Winry… meno male…- Tossì
forte tanto che sbiancò di colpo. Winryl’aiutò a respirare meglio facendola sedere e appoggiare a
lei.
- Perché le ha fatto questo?- Aveva, ancora una volta, le lacrime agli occhi, ma Maria Ross la rasserenò con un altro flebile
sorriso.
- Infondo ho solo qualche ammaccatura… a confronto
del tenente Hawkeye sono stata fortunata.- Winry la prese sotto le braccia e la tirò in un
angolo, togliendole la divisa sporca di sangue e cercando di recarle sollievo
come meglio poteva.
- Ho visto qualcosa Winry…- disse lei soffocando un
lamento di dolore al fianco destro. - Hanno in mente qualcosa di orribile… non so perché mi hanno spostata,
ma prima ero insieme ad un centinaio di altre persone, ci tenevano segregati in
una stanza…- Non riuscì a finire, ma la ragazza non
le chiese nulla. Lei non sapeva come funzionava quella maledetta alchimia, ma
se Envy aveva riunito così tante persone, forse gli servivano come una specie
di scambio per qualcosa… qualcosa che lei temeva
terribilmente.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, una luce bianca intensa lo colpì alle
pupille costringendolo a chiuderle di nuovo. Sentiva tutto il corpo indolenzito
e si era addormentato su un fianco, che ora gli doleva da impazzire. Si mise
seduto, cercando di capire dove fosse, anche se in cuor suo si rendeva
perfettamente conto di dove fosse finito. Ci era già stato…Quandovoltò lo sguardo lo vide chiaramente, un grande
portale in pietra, ai cui lati c’erano scolpite delle statue deformi di esseri
umani, grigio ed enorme, le porte spalancate che mostravano un grande abisso
saturo di occhi dalle iridi viola che lo osservavano. Perché era finito in quel
posto? Significava che Lust non era riuscita a
portare indietro Riza o che lo scambio equivalente
richiedeva ancora una volta lui?
- Ed?- Si voltò di scatto quando sentì pronunciare il
suo nome. Poggiò i suoi occhi color miele sulla figura di una donna mora che
teneva tra le braccia una donna bionda priva di sensi. Era inginocchiata a
terra e la abbracciava come se fosse il suo più grande tesoro.
- Lust… perché sono qui?- Lei gli rivolse un sorriso
caldo e dolcissimo, gli chiese di avvicinarsi e lui obbedì.
- Io non ce la faccio a riportarla indietro… devi farlo tu per me…- Solo allora si
accorse che la donna aveva il viso umido e gli occhi arrossati, aveva pianto
molto sperando in un aiuto. La guardò a lungo e si rese anche conto che la
donna non aveva più le gambe, erano scomparse nel nulla senza lasciare alcuna
traccia.
- Mi sta consumando lentamente, tra un po’ finirà tutto, portala indietro ti
prego.- Allungò una mano, era semitrasparente, ma Ed
sentì sulla sua guancia il calore di quel gesto.
- E la mia promessa, io volevo davvero aiutarti!-
- Portami vicino al portale e poi vai via il prima
possibile.- Lust lasciò a terra il corpo immobile di Riza e si protese verso il ragazzo, che la strinse tra le
braccia, era leggerissima, quasi impercettibile il suo peso e si avvicinò al
portale poggiandola a terra.
- Grazie di tutto bimbetto d’acciaio…- Lo spinse via
mentre delle mani lunghe e nere si avvinghiavano al suo corpo e la trascinavano
in quell’oscurità senza fine. Ed si riprese in fretta
e corse da Riza per portarla indietro, per riportarla
nella realtà… sperando con tutto se stesso di averla salvata…
Quando il portale si chiuse, Ed venne investito da un
vento caldo e quasi morbido, come un respiro… un
respiro di un anima… l’anima di quella donna…
Quando il fumo e quella strana e accecante luce si ridussero, permettendo ai
due uomini ancora inginocchiati di potersi guardare negli occhi, entrambi
notarono una piccola figura seduta la centro di quel maledetto cerchio
alchemico. Solo dopo qualche minuto Mustang scorse un camice bianco e lunghi
capelli color dell’oro. Due occhi ambra lo fissavano e
calde lacrime bagnavano quel viso ora perfetto. Riza
era seduta immobile nel cerchio alchemico, stringeva tra le braccia il corpo
del ragazzino, lo teneva come se fosse il suo tesoro, come se mai volesse
lasciarlo andare.
- Riza… Sei salva?- Le parole di Mustang uscirono
flebili e smorzate, Riza non lo guardò ma spostò gli
occhi sul ragazzino incosciente.
- Roy… il mio bambino non respira…-
Nuovo
capitolo!!! La canzone che ho aggiunto è “Somewhere”
dei Within Temptation, spero vi piaccia e vi saluto al prossimo aggiornamento,
grazie a tutti per i bellissimi commenti a presto… ciao ciao
16.
Ricordi sbagliati
"Lost in
the darkness
Perduto nell’oscurità
Hoping for a sign
Sperando in un segno
Instead there's only silence
Invece c’è solo silenzio
Can't you hear my screams?... Non
riesci a sentire le mie urla?...”
Ogni minuto che passava diventava sempre più freddo, si era chiuso in una
piccola stanzetta sdraiato supino su un letto con le mani dietro la nuca. Non
stava pensando a nulla in quel momento, neanche il freddo della stanza gli dava
fastidio, ma forse era fastidioso per lei. Benché si sforzasse
non riusciva a non avere impresso nella mente le parole di quella ragazza,
l’unica cosa che era stata in grado di dirgli era che le sue labbra erano
fredde. “Oh certo quelle del nano sono calde, per forza!
Naturale che si preferisca qualcosa di vivo a qualcuno che è freddo come un dannato
cadavere… non è colpa mia maledizione!”
In quel momento sentì un leggero battito alla vecchia porta in
legno, con non curanza diede il permesso di entrare. Si presentò
a lui una figura femminile, chiusa in un lungo e attillato vestito nero, le
braccia incrociate sul seno, mettendo ben in evidenza il simbolo rosso
dell’oroborus.
- Che diavolo vuoi Sloth? Non sei mica venuta a farmi la predica spero, non è
il momento…-
- Per ora puoi fare come credi, quella persona non ha detto niente in merito.
Ad ogni modo sono qui per dirti una cosa importante… Lust se ne
è andata, ha scambiato la sua vita con quella della donna che hai
aggredito.-
- Cosa?- Envy scattò in piedi, saltando giù dal letto con una
solo salto. Aveva spalancato gli occhi, come se non riuscisse a capire bene
quelle parole. - Quella stupida! Che diavolo le diceva la testa, aiutare
quell’alchimista di fuoco… stupida!-
- Non lo ha fatto per Mustang, ma per il Edward e per
se stessa. Ad ogni modo io di stupido ne vedo uno
proprio davanti a me.- Envy non ebbe tempo per assorbire quella frase, che
sentirsi chiamare stupido lo fece andare su tutte le furie.
- Non ho bisogno che mi fai da mamma come con Wrath… sentiamo perché sarei uno
stupido?-
- Perché tieni chiusa quella ragazza in questo posto e non l’hai fatta fuori
subito?-
Non rispose, si limitò a voltare lo sguardo dalla parte opposta, accennando una
nota di disappunto nell’espressione del viso.
- Te lo dico io il perché… tu vuoi per te quella ragazza, magari pensi di
usarla per ricattare i fratelli e costruire la pietra filosofale, ma non andrà
come pensi. Perché invece non cerchi di creare una nuova Lust?- Solo a quel
punto Envy decise di guardare negli occhi quella donna, così pacata
e serena, ma anche crudele e senza un briciolo di umanità, proprio come lui. -
Pensaci bene, lei non ti accetterà mai neanche se tu fossi un essere umano,
allora perché non farla diventare una di noi, ricostruiremo il gruppo, lei
rimarrà con te per sempre e anche quando potremo tornare tutti esseri umani… a
quel punto non ricorderà nulla di acciaio…-
- Pensi che quel nano commetta due volte lo stesso errore? Non farà una
trasmutazione per riportarla in vita…- C’era quasi dispiacere nelle sue parole,
ma non aggiunse altro, attese semplicemente che quella donna finisse di
parlare.
- Non c’è bisogno che lo faccia lui, anche il fratello è un alchimista e tu sai
bene che per la felicità di Ed, Alphonse farebbe qualsiasi cosa…- Quella fu la
frase che lo fece sorridere, la sua solita espressione di puro sadismo,
impresso su quel viso pallido e freddo. Sloth se ne andò senza aggiungere
altro, lasciò la porta socchiusa accompagnata da suono dei suoi passi per il
corridoio. Solo quando Envy non avvertì più la presenza della donna, decise di
andare dalla ragazza.
“Never stop hoping
Mai smettere di sperare
Need to know where you are
Finchè non sai dove sei But one thing's for sure
Ma una cosa è sicura
You're always in my heart… Sei sempre nel mio cuore…”
- Respira maledizione! Respira!- Roy era piegato sul corpo di Ed e cercava di
rianimarlo artificialmente, Riza era ancora inginocchiata al loro fianco,
piangeva disperata continuando a chiamarlo bambino, ma
Roy in quel momento non ci fece molto caso. Solo quando iniziarono a sentirsi
le grida dei medici e delle infermiere che bussavano violentemente contro la
porta della stanza, Armstrong decise di agire.
- C’è qualcosa che lo sta soffocando!- Gridò Roy cercando aiuto, la fronte
imperlata di numerose goccioline di sudore e il viso sempre più pallido.
Armstrong sollevò il ragazzo da terra, lo strinse tra le braccia incrociando le
mani proprio sotto le gabbia toracica, spinse
violentemente le braccia, schiacciando il corpo di Ed contro il suo, ripete il
movimento più volte, fino a che il ragazzo non rigettò violentemente una piccola
gemma rossa e riprese a respirare. Armstrong lo poggiò sul lettino aspettando
che il viso, prima cianotico di Ed, riprendesse colore lentamente.
- Ora respira, deve solo riprendere i sensi…- Si passò una mano sulla fronte
calmando il battito del cuore e facendo profondi e rumorosi respiri.
Solo allora Roy si concentrò sulla donna, lei gli rivolse uno sguardo di
felicità, gli sorrise e poi si gettò tra le sue
braccia, aggrappandosi alla camicia umida del colonnello.
- Meno male, ero così spaventata!- Senza pensarci Roy la chiuse tra le braccia,
felice di riaverla indietro, per lui in quel momento non c’era niente di più
bello che tenerla stretta a se.
- Ora è tutto a posto… perdonami, io…-
- Tesoro quanto tempo sono rimasta priva di coscienza?
Ed sembra così cresciuto, e io non ricordo bene cosa è
successo.- Quella, parola. Quel tesoro pronunciato con il sorriso sulle labbra
fece voltare persino Armstrong. Anche Roy era incredulo, poi gli tornarono alla
mente le parole che aveva pronunciato, “il mio bambino…”,
così aveva chiamato Edward nel momento in cui tutto si era calmato. In quel
preciso istante sentirono la porta della camera cedere sotto potenti colpi, si
spalancò all’improvviso, rompendo i cardini. Nella stanza piombarono due
soldati, una donna, alcuni medici e infermieri e Al. Rimasero pietrificati
quando videro la scena, un grande cerchio alchemico disegnato sul pavimento, il
tenente Hawkeye abbracciata al colonnello Mustang, Edward steso sul letto.
- Colonnello che sta succedendo? Tenente…- Havoc si avvicinò ai due, aveva gli
occhi ancora spalancati e increduli, i medici però furono più lesti, si
gettarono sulla donna, iniziando a visitarla e cercando di capire se fosse
tutto a posto. Fu Armstrong a calmare la situazione, si frappose tra la folla e
la coppia, troneggiando con la sua voce sugli altri.
- Credo che sia meglio fare un po’ di silenzio e ordine, usciamo fuori e lasciamo i medici al proprio lavoro, vi spiegherò io
tutto quanto.- Era stato convincente, forse solo perché si era messo in mostra pavoneggiando la sua innaturale “bellezza” e sfoderando il
suo immenso carisma. Anche Roy fu costretto a lasciare la stanza, riunendosi al
gruppo numeroso fuori dalla stanza.
- Colonnello mi dica per favore che sta succedendo?- Sbottò Havoc seriamente
preoccupato. Sapendo che nel gruppo c’era anche Glacyer, Mustang cercò di
essere più delicato possibile per non spaventarla.-
Quello era un cerchio alchemico, non mi dica che ha…-
- Non era morta, quello che abbiamo fatto era solo per toglierle dal corpo una
sostanza nociva… era davvero l’unico modo.-
- E riguardo a mio fratello? Perché era steso sul letto?- Si intromise
Alphonse, dalla voce si capiva che era molto agitato.
- Non preoccuparti sta bene, ha solo perso i sensi per la stanchezza.- A quelle
parole sembrò calmarsi e anche gli altri, sebbene non convinti al cento per
cento, accettarono quella misera spiegazione. Mustang
si accasciò su una sedia completamente stremato e così anche Armstrong, erano
entrambi molto pallidi e la prima ad occuparsi di loro
fu proprio Glacyer. La donna estrasse un piccolo fazzoletto bianco dalla
borsetta e si piegò sul colonnello, asciugandogli la fronte. Mustang incontrò
gli occhi nocciola della donna e sorrise, ringraziandola ancora una volta. Era
convinto che lei lo odiasse, era sempre stato del parere che Glacyer non
volesse più avere a che fare con lui e che lo incolpasse per la morte di
Hughes, ma lei si era dimostrata una donna molto buona ed era andata in
ospedale a trovare Riza e ad occuparsi persino di lui.
- Come sta ora Riza? Sei riuscito a guarirla con l’alchimia?- La voce di lei era accorata e lui rispose gentilmente.
- Si sta bene, ma credo che sia molto confusa… prima ha detto che Ed era suo
figlio e mi ha… mi ha chiamato tesoro, come se fosse la cosa più naturale del
mondo per lei.- Per un attimo quella dichiarazione li
lasciò senza parole. Roy si voltò verso la grande armatura che aveva di fianco,
si rivolse al ragazzino cercando di non farlo agitare. - Al devo
chiederti un favore.-
- Mi dica colonnello.-
- Non entrare nella stanza del tenente, vedrai Ed quando uscirà.-
- Perché?- Al si trattenne dal gridarlo, ma non voleva assolutamente lasciare
solo suo fratello. Provò ad opporsi, ma per tutta
risposta, ricevette solo una supplica da parte del colonnello.
- Ti prego Al! Se Riza crede che Ed sia suo figlio, può essere la stessa cosa
anche per te. Non prenderla a male per favore, ma come credi che reagirebbe se
ti vedesse in queste condizioni?-
Anche se quelle parole lo ferivano erano vere. Nessuno
avrebbe mai accettato facilmente di vedere quello che si crede un figlio,
chiuso in un armatura vuota, e quindi non si oppose.
Si accucciò in un angolo in attesa di sapere qualcosa di più.
Dopo quelli che sembrarono minuti interminabili, i
medici uscirono dalla stanza dicendo che era tutto a posto, ma che dovevano
ancora risolvere una questione riguardo all’esperimento alchemico che era stato
svolto in quella camera. Mustang si prese tutte le colpe e promise di risolvere
tutto a tempo debito.
Nella camera entrarono Havoc e Glacyer assieme a Roy, mentre Alphonse,
Armstrong e il sergente Brosh decisero di rimanere fuori, il sergente avrebbe
avvertito Armstrong della scomparsa del sottotenente Ross e di Winry, mentre
l’alchimista stava spiegando la situazione al ragazzino. Riza si trovò davanti
molti visi felici di rivederla e lei sembrava contenta
tanto quanto loro. Cercarono di non notare, che stringeva tra le braccia Ed,
ancora addormentato e lo coccolava amorevolmente. Roy si avvicinò a lei
chiedendole se ricordava chi fossero quelle due persone.
- Certo che mi ricordo tesoro. Sono Jean e Glacyer. Sono confusa, mica scema!- Lei gli diede un leggerissimo buffetto sul viso
sorridendo.
- Perdonami non volevo dire questo.- Anche Glacyer si
avvicinò al letto chiedendole come stesse. Ancora una volta disse di stare bene
e strinse la mano della donna, senza però lasciare andare il ragazzo. Era una
situazione molto strana e per alcuni anche imbarazzante, solo Glacyer sembrava
sapere come comportarsi con lei senza farle pesare la situazione.
- Come sta Edward?-
- Fortunatamente bene, ho avuto molta paura quando ho
visto che faticava a respirare. Non sopporterei di perdere il mio bambino.- Lo
disse con le lacrime agli occhi, aveva davvero quel timore nel cuore e non si
vergognava ad ammetterlo ed a esternarlo, lei la
capiva perché si sarebbe sentita allo stesso modo se fosse successo qualcosa a
sua figlia. - Come stanno Maes e la piccola Alicia? Spero bene…- Ogni parola
pronunciata da lei con tanta naturalezza era per loro un dolore, Glacyer faticò
a trattenere le lacrime mentre rispondeva che Maes stava bene, quando invece
non riusciva ancora a dimenticare il giorno del funerale e le grida della sua
bambina. - Sono contenta, Alicia deve essere cresciuta molto, chissà se anche il
mio piccolo Alphonse è cresciuto.- Lo disse rivolgendo
lo sguardo verso Roy, ma lui non riuscì a sopportare quegli occhi gentili,
sapeva di doverle mentire e per lui era davvero terribile prenderla in giro, ma
temeva una reazione sbagliata e non conosceva altro modo per ora. Non riuscì
comunque a trovare una scusa per coprire il ragazzo, era come dover affrontare
una guerra interiore e rimase in silenzio per minuti interminabili. Fu allora
che Ed si svegliò, si mosse leggermente attirando l’attenzione della donna.
- Ed sei sveglio finalmente…- Lei lo abbracciò e lui
stranamente ricambiò quel gesto, facendo rumore con il braccio meccanico, lei
infatti se ne rese conto. - Cosa è successo al tuo
braccio?- Era spaventata e molto preoccupata.
- Non ricordi vero? Al è morto mamma e io… sono stato
fortunato ad averci rimesso solo il braccio e la gamba.- Iniziò a piangere, le
lacrime uscivano copiose dai suoi occhi, mentre gli altri faticavano a capire
il perché di quella risposta, perché l’avesse chiamata mamma e perché si fosse
inventato quella scusa, ma non riuscirono a dire nulla. Non una parola quando
lei prese tra le braccia il ragazzo piangendo sulla
sua spalla e lui la strinse forte, cercando di calmarla e nascondendo il viso
alla vista degli altri.
“Perdonami Riza, non me la sento di dirti la verità
adesso, non dopo quello che ho visto. Eri felice in quella realtà e a modo tuo
mi volevi davvero bene. Non so neanche come tu abbia potuto immaginare il vero
viso di Al, non credo che tu l’abbia mai visto eppure ti giuro che era lui quel
bambino e io ero proprio così a quell’età… Scusa se
mento, ma per ora è meglio che tu non sappia in che orribile mondo ti abbiamo
riportata…”
“I'll find you somewhere
Da qualche parte ti troverò I'll keep on trying
Continuerò a cercare
Until my dying day
Fino al giorno della mia morte I just need to know
Ho solo bisogno di sapere
Whatever has happened
Cosa mai è successo?
The truth will free my soul… La verità libererà la mia anima…”
Il tenente Ross non si era più svegliata da quel
momento e Winry aveva appoggiato il suo corpo in un angolo, coprendola con la
divisa logora, ma che per un po’ l’avrebbe tenuta al caldo. Era come essere
chiusi in una cella frigorifera, non riusciva più a sentire le mani, erano
completamente congelate, le labbra erano cianotiche e
screpolate e ogni parte del corpo tremava con la speranza di darle un
po’ di calore. Gli occhi erano diventati così pesanti, tanto che non riusciva a
tenerli aperti, ma non poteva addormentarsi per nessuna ragione o non si
sarebbe svegliata, proprio come era accaduto al
tenente. Non poteva neanche piangere, le lacrime erano come piccoli ghiaccioli
che le ferivano le guance. Aveva smesso di parlare e quindi anche a chiamare il
nome di Ed, anche se nella sua mente quel nome era ben impresso, ma non aveva
la forza di invocarlo. Che intenzioni aveva Envy? Voleva forse farla morire
assiderata in quella angusta cella? Perché le faceva
tutto questo?
- Pe… perché… Envy…- Lo aveva chiamato, aveva ceduto alla stanchezza e aveva
invocato il nome di quel mostro invece che quello di Ed, ma forse lui non
l’avrebbe sentita. Invece, nel momento in cui i suoi occhi si chiusero,
qualcuno entrò nella stanza, prendendola di peso da terra e portandola fuori.
Quel corpo, a confronto del suo ormai ghiacciato, sembrava ardere come fuoco…
Aprì a stento gli occhi, sentì scorrere sulla pelle delle lenzuola morbide e
calde, si crogiolò in quel calore per qualche secondo, chiudendosi come un
riccio. Era in una stanza molto elegante, in un caldo letto a baldacchino dalle
tende e lenzuola nere di seta, la camera era scura e non poteva coglierne i
particolari, ma aveva uno stile antico molto prezioso.
- Ti sei ripresa, credevo che saresti rimasta un ghiacciolo per sempre.- Riconobbe la voce, era quella di Envy, ma sembrava
gentile, come se fosse lui e allo stesso tempo non lo fosse. Lo vide piegato su
di lei i visi a pochi centimetri, lui le stava sorridendo.
- Perché mi hai portato qui?- chiese lei ancora sfinita da quella strana
prigionia, cercò di alzarsi a fatica e riuscì solamente ad appoggiare la
schiena contro la parete. Indossava una camicia da notte di seta bianca,
morbida e liscia come una seconda pelle.
- Tu mi hai chiamato e io sono venuto a prenderti,
erano questi i patti.-
- Io non ho fatto alcun patto con te!- ribattè con vigore, ma le forze le
mancavano persino per respirare ed ebbe un capogiro, Envy la sorresse facendola
sdraiare nuovamente.
- Diciamo che le regole le stabilisco io. Ti ho riscaldata
per bene stanotte altrimenti saresti già morta.-
- Che vuol dire, cosa mi hai fatto?- Lei lo scacciò imbarazzata interrogando il
proprio corpo e cercando qualcosa che le spiegasse la situazione, non si
sentiva diversa, lui non l’aveva toccata come aveva pensato.
- Siamo maliziosi è? Non ti ho fatto nulla, ma vederti reagire in quel modo mi
piace.- le prese il viso con la mano spostandolo verso
di lui, sorrise di nuovo, ma Winry notò che era diverso dalle altre volte che
si erano incontrati, sembrava calmo in quel momento, come se avesse raggiunto
il suo scopo, come se non avesse preoccupazioni. - Sai, ho trovato il modo di
farti dimenticare quel tappo e per averti con me per sempre. Sarai la mia Lust
per tutta la vita…-
Quelle parole la spaventarono e iniziò a tremare, quel fremito piacque ad Envy che rise di lei sdraiandosi al suo fianco e
bloccandola con le mani.
- Ti ho detto che non succederà mai, io amo Ed!-
- Lo dimenticherai quando morirai, io sarò la prima persona che vedrai nel
momento in cui riaprirai gli occhi e a quel punto non potrai più fare a meno di
chiamarmi.- Provò a reagire scacciandolo, ma lui
sgattaiolò come una biscia fuori dal letto e uscì dalla stanza lasciandola
nuovamente sola.
“Lost in the darkness
Perduto nell’oscurità
Tried to find your way home
Tentando di cercare la tua strada verso casa
I want to embrace you
Voglio abbracciarti
And never let you go… E non lasciarti andare mai…”
Riza si era addormentata dopo aver pianto per ore intere tra le braccia di Ed. Roy non era riuscito neanche ad avvicinarsi e ora l’avevano
lasciata in quella stanza a riposare. Il colonnello aveva portato il ragazzo
fuori dall’ospedale, la scusa era stata quella di prendere una boccata d’aria.
- Spiegami Ed, perché le hai detto quelle cose?- Fece lui improvvisamente, dopo
un forzato silenzio. Ed si mise le mani in tasca
alzando le spalle e cercando di non guardarlo, ma sapeva che doveva dargli
delle spiegazioni, Roy non si sarebbe accontentato di un silenzio.
- Quando sono svenuto mi sono ritrovato in… bè
chiamiamolo mondo alternativo. Ho visto Lust e lei mi ha detto di andarmene
insieme al tenente, ma quando ho cercato di riportarla indietro
ho visto delle cose. Lei mi stringeva continuando a chiamarmi e piangeva, solo
allora ho capito…- Fece una pausa lunga, respirando l’aria fresca della sera,
era leggermente umida per via delle piogge passate, ma molto piacevole. - Ho
visto me ed Al da piccoli, chiamavamo Riza mamma e
lei, colonnello, era nostro padre. Era quello che lei ha creduto di vivere, una
vita tranquilla con una famiglia perfetta e con la persona che ama. Chiusa in
quella finzione era davvero felice, non esistevano questi orrori, ma solo belle
e tranquille giornate. Per questo quando lei si è svegliata e credeva che io
fossi ancora suo figlio non me la sono sentita di dirle che non era vero.-
- Le stai mentendo Ed, la illuderai e soffrirà di più. Lo sai questo vero?-
Sembrava deluso dal comportamento di Ed, ma in un certo senso, in fondo al suo
cuore, capiva bene il perché aveva agito in quel modo e non fu capace di
sgridarlo oltre.
- In questo momento non so dirle cosa sia giusto o
sbagliato. Dovrei correre a cercare Winry, ma non ho la minima idea di dove
sia, vorrei dire al tenente la verità e capire dove abbiamo sbagliato, ma non
ne ho la forza…- Ed rivolse all’uomo uno sguardo di
supplica, lui capiva lo stato d’animo del ragazzo, lo comprendeva a pieno
eppure non poteva aiutarlo. Lo fermò prima che rientrasse in ospedale.
- Dove vai ora? Vuoi parlare con Riza?- Ed annuì
semplicemente e rientrò seguito dal colonnello. Si ritrovarono davanti a quella
porta ancora una volta, insieme ad un gruppo numeroso
di compagni che volevano ancora delle spiegazioni.
- Mustang che succede?- La voce di Glacyer fece sussultare il colonnello, voltò
i suoi occhi scuri sulla figura minuta della donna e gli rivolse un debole e
falso sorriso.
- Il tenente Hawkeye ha perso la memoria e ora ha una visione tutta sua di
questa realtà. Prima Ed le ha parlato in quel modo per non ferirla, ma credo
che non sia giusto ingannarla.-
- Vuoi dirle la verità? Non credi che sia troppo presto, deve riprendersi e poi
si è appena svegliata.- Rispose lei avvicinandosi
all’uomo e prendendogli dolcemente la mano tra le sue, erano calde e morbide,
che Roy rimase quasi imbarazzato di quel gesto.
- Io credevo che tu mi odiassi, credevo che non…- Lo zittì non appena la voce di lui iniziò a tremare dall’emozione, lo abbracciò e
lo salutò dolcemente, portando con se anche gli altri. Sapeva che ora spettava
solo a Roy e al ragazzino mettere a posto la situazione, avere a che fare con
altre persone sarebbe stato troppo difficile per lei.
Non appena furono soli decisero di entrare. La
trovarono seduta sul letto, con gli occhi ancora gonfi per le lacrime, ma li
accolse sorridendo, felice di avere ancora qualcuno accanto, non sapendo che
quell’illusione sarebbe presto finita…
Grazie
Malaglar per la ff che mi
hai segnalato, la leggero presto e ti ringrazio per i
commenti, sempre ben accetti
Grazie
Shatzy per i bei commenti, ma non posso assicurarti
ciò che speri per Roy e Riza, leggi questo capitolo e
vedrai…
Grazie
anche a The_Dark_Side, questo cpaitolo sarà un'altra svolta,
continua a seguirmi
17.
Accettare…odiare… fuggire!
Le aveva detto che sarebbe morta. Forse lui voleva
solo questo da lei, voleva vederla morire e rimanere ad
osservare il viso di Ed soffrire. Più che invidia questo sembrava puro sadismo.
Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di avere la sua soddisfazione, che
avrebbe preso per se qualsiasi cosa pur di vederlo morire, compresa lei. Per
questo la teneva chiusa in quella bellissima stanza da tempo,
aveva provato persino ad affacciarsi a quella che era solo una falsa finestra,
oltre il vetro c’era solo un muro scuro. Faticava persino a capire come
riuscisse a respirare, eppure, chiusa in quella vestaglia di seta, era ancora
viva. Aveva spento le luci, rimanendo solo con una piccola lampadina accesa,
che faticava perfino ad illuminarle il viso, era in
piedi davanti a quella finestra, con una mano reggeva la tenda e con l’altra si
sistemava i lunghi e biondi capelli. Lui le aveva proibito di legarli, le aveva
detto chiaramente che ora apparteneva a lui e che sempre lui, la voleva in quel
modo, semplice e debole. Sentì la serratura della porta girare, ma non si voltò
verso la porta ad osservare chi fosse, lo sapeva e
basta.
- Ti ho portato la cena, non voglio farti dimagrire troppo…-
Parlava sempre con quel tono di malizia e cattiveria, ma lei ci stava facendo
l’abitudine ormai e non ci faceva neanche più caso.
- Grazie…- rispose flebilmente. Udiva il rumore dei
suoi passi che si avvicinavano a lei, poi la mano gelida che si posava sulla
sua spalla nuda.
- Ti ho sentita cantare prima, per chi lo facevi?- le
chiese a bassa voce, avvicinando il viso al collo di lei e soffiandoci sopra,
la sentì rabbrividire.
- Volevo semplicemente farlo, mi sentivo sola…- Era
una bugia. Quando aveva aperto gli occhi dopo un lungo sonno e si era alzata da
quel letto andando alla finestra, in quel preciso istante, quando aveva visto
ogni via d’uscita a lei ormai preclusa, e mentre le lacrime le scendevano dagli
occhi inumidendole il viso, aveva iniziato a cantare quella canzone. Non sapeva
neanche che fosse in grado di farlo, ma in un certo senso, come in quei film
d’amore dove la persona desiderata corre al suono della voce
di lei, così Winry sperava che anche Ed la
sentisse e corresse da lei.
- Canta ancora, ma fallo solo per me…-
" Lost in the darkness
Hoping for a sign
Instead there's only silence
Can't you hear my screams?
Never stop hoping
Need to know where you are
But one thing's for sure
You're always in my heart
I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened
The truth will free my soul
Wherever you are
I won't stop searching
Whatever it takes me to know…"
E
lui ascoltava, sentiva quelle parole scivolare sul suo falso cuore e toccarlo,
scaldarlo in qualche modo, nel profondo… Le prese la
mano costringendola a sedersi sulle morbide lenzuola del letto e lui si
accomodò accanto a lei, osservando le sue labbra che si muovevano a ritmo di
quelle parole, era così bello vederla cantare, che quasi potè
udire anche la dolce musica che l’accompagnava. Non si
era mai sentito in quel modo, era lei a farlo vacillare e a farlo
sentire insicuro. Come poteva riuscirci, una semplice ragazza che fino a pochi
giorni prima odiava con tutto se stesso?
- Cosa vuoi da me Envy? Se vuoi uccidermi fallo… io non mi tirerò indietro, servirà solo ad
allontanare Ed da te.-
- Io voglio te e nient’altro… solo te, ma senza il fantasma di lui nella tua mente.-
- E se mi avrai, lascerai in pace Ed? Se io ti accettassi, tu smetteresti di
fargli del male?- Per lei, pronunciare quelle parole furono
come togliersi la vita, eppure non conosceva altro modo, non c’era altro modo
per allontanarlo da lui. Envy le spostò il viso dalla sua parte, cercando in
quegli zaffiri un significato a quelle parole, ma non trovò
che un abisso turchese in cui presto si perse. Gli occhi di quella ragazza
erano diventati freddi, proprio come i suoi, privi di qualsiasi calore.
- Lo fai solo per lui e io non lo accetto!- fece lui
lasciandola in malo modo, la ragazza ricadde in avanti, battendo la fronte
contro il petto di lui. Neanche da così vicino riuscì a sentire il suo cuore,
ma ormai aveva deciso… Si aggrappò alla piccola ed aderente maglietta nera di lui e si portò proprio davanti
al suo viso pallido.
- Lo faccio per me… non voglio più soffrire…- Lentamente, come se fosse un peccato farlo,
poggiò le labbra su quelle di lui e lo convinse a baciarla. Questa volta lo
aveva fatto lei e a questo gesto non potè sottrarsi,
Envy rispose subito con vigore.
“… lo faccio perché questo è l’unico modo per salvarlo…
perdonami Ed…”
- Ti accetto per quello che sei, umano o meno…
rimarrò fino alla fine con te…-
Sul viso pallido di Envy si delineò un sorriso, per la
prima volta spontaneo, che esprimeva solo felicità. Si,
era felice, era riuscito ad averla senza costringerla, aveva ceduto e ora gli
apparteneva. Non si era spinto oltre, avrebbe voluto averla completamente, ma
non lo fece. Era ancora troppo presto e lei non era pronta. Per una volta nella
sua vita aveva pensato ad altri che non fosse lui, non voleva vederla piangere.
Eppure non sapeva, non si era accorto che lei, chiusa nuovamente in quella
stanza scura, non stava piangendo, ma china sul letto aveva iniziato a fregarsi
forte te labbra con le mani, tanto che erano diventate
rosse e il labbro inferiore aveva iniziato a sanguinare. Si rannicchiò quando
non le sentì più sensibili e si strinse su se stessa, dicendo addio per sempre ad Ed.
- Siete tornati…- disse lei sorridendo. Entrambi,
ancora sulla soglia della porta, ebbero una stretta al cuore davanti al suo
sincero sorriso. Lei gli chiese di avvicinarsi, era seduta sul letto, ma si era
vestita, indossava una gonna scura e una camicetta, donatele da Glacyer. Aveva lasciato i capelli sciolti, che le ricadevano
morbidi sulle spalle, e per un attimo faticarono a riconoscere in lei il
tenente che avevano sempre visto.
- Dobbiamo parlare…Rizaio…- fece Ed avvicinandosi a lei e prendendole la mano.
- Perché mi chiami così Ed?... Tesoro che succede?- Lo
aveva chiesto a Roy e lui aveva distolto lo sguardo, non era riuscito a
guardarla in viso per la seconda volta.
- C’è una cosa che devi sapere, una cosa importate Riza
e devi ascoltarci…- Entrambi si sedettero davanti a
lei, la fissarono per qualche minuto senza dire una parola, come se tutte le
cose che avrebbero dovuto dire, fossero sparite davanti a quel viso gentile e
dolce, davanti a quegl’occhi che guardavano Roy con
tanto amore e Ed con affetto. Lui per primo ne rimase paralizzato, in quel
momento sembravano davvero gli occhi di una madre, ma non potevano tacere, non potevano mentire ancora.
- Io non sono tuo figlio…- lo aveva detto tutto d’un fiato, sperando che il dolore di quelle parole fosse
altrettanto veloce, ma non fu così.
- Perché parli in questo modo Ed, non capisco. Roy, ti prego spiegami perché Ed
si comporta in questo modo.-
Chiedeva aiuto, ma non lo ebbe. Anche Roy fu veloce con lei. - Tesoro ti…-
- Non chiamarmi così ti prego, altrimenti diventa impossibile…-
Deglutì abbassando lo sguardo, non voleva vedere l’espressione scioccata della
donna, che naturalmente non capiva nulla e voleva che quello brutto scherzo
finisse il prima possibile. - Io non sono tuo marito, non lo sono mai stato e
lui non è tuo figlio. Tu sei il tenente Hawkeye, mio
diretto sottoposto, il colonnello Roy Mustang nonché
un alchimista di stato…-
- Bugiardo!- lo gridò sgattaiolando dalla parte opposta del letto e chiudendosi
in un angolo della stanza, aveva portato le mani davanti alla bocca, come se si
fosse pentita di aver gridato, ma le lacrime le solcavano ancora il viso. -
Bugiardo! Ed, piccolo mio ti prego digli anche tu che…-
- Il mio nome è Edward Elrich, sono il FullmetalAlchemist, un cane
dell’esercito.-
- Ma che dite, perché mi state facendo questo?-
- Stiamo solo cercando di aiutarti, non voglio che tu…-
Roy si era alzato provando ad avvicinarsi, ma lei lo aveva scacciato gridando
ancora una volta. Quei lamenti furono sentiti da troppe persone e quando un
medico aprì la porta per vedere cosa stava accadendo, in quel momento Riza intravide una grande armatura ferma davanti
all’entrata.
- Che sta succedendo?- Disse Al, dimenticandosi completamente delle avvertenze
che il colonnello gli aveva dato. Così quando Riza
sentì la voce di quello che credeva essere il suo defunto
figlio Alphonse, uscire da quella gigante armatura,
ne rimase sconvolta.
- Al, tu non puoi essere il mio Al, ma la tua voce…- Scacciò ancora una volta Roy, che cercava di
fermarla e si allontanò nuovamente. - Voi, state solo cercando di confondermi, dove
sono i miei figli e mio marito? Se Maes fosse qui,
lui ti farebbe ragionare e…-
- Ora smettila, Maes è morto! Lo hanno
ucciso e tu eri con me al suo funerale, mi hai visto piangere davanti alla sua
tomba!- Non aveva resistito, non era riuscito a controllare il suo cuore, non
voleva vederla in quello stato, così debole e fragile. Quella non era la Riza
che conosceva, non era la donna fiera e sicura di se, che avrebbe fatto di
tutto per proteggerlo, quella non era che una falsa
immagine di lei.
- Io rivoglio la mia Riza, rivoglio
indietro la donna che amo da sempre. Tu non sei lei e devi ricordarti chi sei
realmente!- Dopo quelle parole cadde in ginocchio privo di forze, ogni muscolo
del suo corpo aveva ceduto a tutto quello stress. Ed
provò ad aiutarlo, ma non ne fu capace, quando lei rispose a quelle parole.
- Io… io ti odio! Tu maledetto come puoi farmi
questo, ti ho dato la mia vita, sono sempre stata con
te, ti ho dato tutta me stessa e mi tratti in questo modo? Sei un mostro!-
- Riza ti prego cerca di calmarti!- Ed provò a trattenere la donna, ma anche con lui fu
spietata, lo scacciò violentemente facendolo sbattere contro il letto.
- E tu chi sei, il mio bambino era innocente e puro, tu invece sei proprio come
lui! Perché mi avete riportato indietro se dovete farmi vivere questo inferno?-
Non ricevette che un silenzio vuoto, privo di qualsiasi sentimento. In quel
momento non riuscì a capire se stesse ancora sognando o se fosse vero, ora era
davvero sola. Anche se in quella stanza con lei c’erano le persone che più amava al mondo, era sola. Il suo cuore era vuoto, debole il
suo respiro eppure non voleva più restare in quella stanza, non voleva più
vederli perché quelli per lei, non erano nessuno.
Corse via, una fuga dettata dalla ferita che pulsava a livello del cuore, uscì
dall’ospedale senza trovare resistenza, come se non importasse se non fosse più
tornata, in realtà non era così. Mustang non riusciva a darsi pace, perché le
aveva detto quelle cose, perché sentirla parlare in quel modo gli dava solo fastidio?
Invece di capirla, comprendere la sua confusione, le aveva gettato la verità
addosso, come olio bollente che corrode le carni. E poi, quel ti odio, gridato
con tanto rancore… Forse era così che doveva andare,
forse era quello il destino che doveva subire, non avrebbe mai dovuto avvicinarsi a lei.
- Colonnello! Colonnello Mustang per la miseria si riprenda!- Ed cercava di svegliarlo, lo scuoteva leggermente cercando
di richiamarlo indietro, ma non riusciva a smuoverlo. - Sei solo un idiota! Lo
capisci che lasciarla andare via in quel modo è pericoloso!-
Nulla. Non reagiva a nulla. Era fermo e immobile, inginocchiato a terra, che si
reggeva la fronte con entrambe le mani.
Al contrario lei correva, muoveva le gambe utilizzando le ultime forze che possedeva, il resto era stato lui a toglierglielo. Quegli
occhi onice, quelle labbra e quel corpo che ancora poteva sentire su di se,
l’avevano rifiutata e ora di lei e di quello che pensava, non rimaneva che solo polvere. Forse scappare via in quel modo non avrebbe
risolto proprio nulla, ma non era riuscita a reggere
quel silenzio, non ne aveva la forza. Ed invece, dopo aver cercato inutilmente di smuovere
il colonnello, aveva deciso di correre a riprenderla. Lui sapeva che farle
accettare quella realtà sarebbe stato troppo difficile, eppure pensava a come
sarebbe stato farle credere realmente di essere suo figlio. Gli mancava il
calore di un abbraccio materno e lei sapeva dargli quell’affetto, ma sarebbe
stato solo un falso e non poteva mentirle in quel modo. Quella donna era sempre
stata presente da quando era diventato un cane dell’esercito, era stata l’unica
che a volte riusciva a dirgli qualcosa di realmente sensato, che riusciva a
calmarlo. Non poteva lasciarla sola in quel momento, era stato come ferire la propria madre e il suo cuore non lo permetteva.
Quando le gambe non ressero più lo sforzo della corsa
cadde a terra riuscendo a malapena a respirare, la pioggia aveva ripreso a
battere la città, i capelli le si erano incollati al viso e i vestiti così bagnati
erano molto fastidiosi. Chissà cosa stavano pensando le persone che
passeggiavano per la strada, coperte dall’ombrello, nel vedere una donna
distrutta e in lacrime correre come una pazza.
Era così confusa e ferita che di certo quello di essere presa per una pazza era
l’ultimo dei suoi pensieri, ma ora cosa avrebbe fatto?
Era scappata improvvisamente lasciando tutti basiti dal suo comportamento e ora
non sapeva cosa fare.
- Oh mio dio Riza! Ma cosa!...-
Non appena quella voce era giunta alle sue orecchie, aveva spalancato gli occhi
come se fosse stata colpita alla sprovvista. Quella voce calda e forte, che lei
conosceva bene, la stava facendo piangere ancora di più. Quella persona si era
piegata verso di lei, proteggendola con un ombrello scuro e le aveva poggiato
sulle spalle un cappotto caldo, stringendola in un lieve e piacevole calore
affettuoso. - Quando ti sei svegliata? Mia moglie non mi ha detto niente.-
- Maes…come…- parlava a
fatica e per lei fu ancora più difficile quando lo vide in faccia, i suoi occhi
verdi così buoni e dolci, quella punta di barba e i capelli leggermente umidi
dalla pioggia. Era davanti a lei e non come avevano detto, non era morto e ora
poteva stringerlo a se.
- Cosa è successo Riza, come
mai Roy ti ha
lasciata uscire in questo stato? Sei gelata e bagnata
come un pulcino…- la prese di peso da terra,
stringendola forte, la chiuse tra se e il cappotto che le aveva prestato. - Vieni ti porto a casa così mi racconti.-
Come una bambina tra le braccia di suo padre, Riza si
accoccolò in quell’abbraccio così caldo e si lasciò cullare da quella premura.
Chiuse gli occhi addormentandosi in pochi minuti e lasciandosi trasportare
senza pensare a nulla che non fosse la vicinanza del suo migliore amico.
Ancora chiusa in quella camera aveva smesso di agitarsi da qualche ora, ormai
tutto le scivolava addosso come se nulla fosse, persino quel bacio che l’aveva
così turbata, nonostante fosse stata lei stessa ad agire, ora non era più
importante. Aveva fatto una scelta e quello ora era il suo destino, doveva
dimenticare ogni cosa, togliersi dalla mente le persone che amava
e far in modo che quei visi non la turbassero più, doveva diventare fredda e
distaccata, doveva essere come lui la voleva. Ora le si
prospettava l’ultima sfida, come avrebbe reagito?
Il silenzio della stanza fu bruscamente interrotto dal rumore di passi veloci,
che provenivano dall’esterno. Sentì qualcuno poggiarsi alla porta e cercare di
aprire la maniglia. Si alzò dal letto in attesa di vedere chi fosse, forse era
nuovamente Envy oppure un suo compagno, anche se fino a quel momento non ne
aveva mai visti nessuno.
- Winry? Winry sei li dentro?- Rimase come paralizzata quando riconobbe quella
voce, era quella di una donna, quella del sottotenente Ross. Non riuscì quasi a
credere che potesse essere realmente lei, si era quasi convita che fosse morta
dentro quella stanza gelida, dove anche lei aveva ceduto.
- Sottotenente Ross, è lei?- La donna fuori dalla camera rispose con un si
deciso, ma in quel momento Winry riportò alla mente
la facoltà di Envy, lui poteva mutare il suo aspetto a piacimento e si era già
trasformato in lei. Per questo non poteva essere per nulla sicura che fosse la
vera.
- Winry meno male! Apri la porta, dobbiamo andarcene
ora che non c’è nessuno! Apri ti prego o sarà tardi!-
- Io… io non posso! La porta è chiusa da fuori…- Si era avvicinata alla porta nel frattempo,
poggiandosi ad essa. Ascoltava la voce che la chiamava
da fuori e non riusciva a capire se fosse vera o meno.
- MaWinry, tu sei un
meccanico sarai capace di aprire una serratura! Ti ha fatto del male? Sei ferita per caso?- Era preoccupata, e da dentro Winry sentiva la voce del sottotenente tremare dalla fretta
e dalla paura. Non era Envy. Lui non aveva questo
timore e non sapeva simularlo in quel modo realistico. Eppure era riluttante,
anche quello poteva davvero essere il momento adatto per scappare.
- No… io non posso! Lei vada e dica ad Ed di non cercarmi. Non mi accadrà nulla, ma lui non deve
più avvicinarsi ad Envy!- Dire che il sottotenente era
sorpresa era dire poco. Winry non voleva andare via e
lei non ne capiva il motivo.
- Se vuoi te lo spiego io il perché?- La donna si
voltò di colpo trovandosi davanti un ragazzo vestito in modo strano, dalla
pelle chiara e due occhi lilla. La guardava sorridendo, come se fosse
pienamente compiaciuto delle parole sentite da Winry.
Tirò fuori una chiave e aprì la porta, avvicinandosi alla ragazza, le passò un
braccio sopra le spalle, stringendola a se. Il sottotenente era ferma a guardare quella scena. Era riuscita a scappare dalla
prigione per qualche strano miracolo, quando aveva riaperto gli occhi aveva visto la porta socchiusa e la temperatura si era
stranamente alzata. Che lo avessero fatto per farla
assistere a quella scena orribile? Winry non riusciva
a tenere gli occhi alti verso di lei, ma al contrario quello strano ragazzo la
guardava con fierezza.
- Che significa questo? Winry ti prego spiegami il
perché!- Era stanca, faticava persino a parlare, ma si era trascinata a forza
fino a quel punto di quella strana casa per cercarla e ora era costretta a
sentire un suo rifiuto.
- Io non posso andarmene… lei non avrebbe dovuto
sprecare tempo a cercarmi.-
A quel punto Envy si staccò da lei avvicinandosi alla donna, la prese di peso
per le spalle, come se non pesasse affatto.
- Ora è tempo di farti fuori, credo che tu abbia visto anche troppo.-
- No Envy! Avevi promesso, avevi promesso di non far del male a nessuno!- Winry si era gettata su di lui, prendendolo
per il braccio e cercando di fargli lasciare la donna. Envy lasciò la presa in
malo modo, facendola cadere a terra e strinse ancora una volta la ragazza, era
strano per lui non vederla piangere, non uscivano più lacrime da quegl’occhi cristallini e un po’ gli dispiaceva, ma quella
determinazione era per lui molto importante. In quel momento da dietro apparve
la figura di una donna alta e bella, vestita di nero. Il viso di quella donna
era fin troppo conosciuto agli occhi di Winry, ma lei
non fece in tempo a sorprendersi, che immediatamente il sottotenente venne colpita alla sprovvista, perdendo i sensi.
- Che hai intenzione di fare con lei Envy?- chiese Sloth
incrociando le braccia sul petto e guardandolo in modo truce.
- Occupati della mia compagna, penso io a lei.- Detto
questo si precipitò sul corpo della donna e la prese appoggiandola sulla spalla
destra, chiuse la porta con dentro le due donne e andò via. Winry
rimase fissa ad osservare quel volto, era la madre di
Ed non poteva di certo sbagliarsi, ma allo stesso tempo non lo era.
- Signora Trisha? Lei è…-
- Il mio nome è Sloth, non chiamarmi con altro nome
se non questo.- Rispose risoluta, ma Winry si accorse che, anche se in modo quasi
impercettibile, sentirsi chiamare con quel nome l’aveva ferita.
- Sloth… credi che Envy ucciderà il sottotenente Ross?-
- Se tu gli hai detto di no, non lo farà. Credo che tu
sia l’unica che riesca a farlo stare buono…- Le
rivolse un debole e stanco sorriso, come se cercasse di rassicurarla, ma non fu
molto brava. Anche lei, come Envy, faticava a capire i sentimenti umani, eppure
quella che aveva davanti era la donna bella e gentile che conosceva da quando
era piccola, quella per cui Ed e Al avevano commesso un grande peccato e quello
era il risultato.
- Perché?- Chiese lei improvvisamente, ma Winry non
riuscì a capire il significato di quella domanda. - Puoi ingannare lui, ma non
me. Non sei di certo innamorata di Envy, da scegliere di rimanergli accanto di
tua volontà. Allora perché non sei scappata quando potevi?-
- Non è proprio così. Lui non mi ha costretta, avrei
potuto continuare a negarmi per sempre e forse un giorno mi avrebbe uccisa,
magari nel momento in cui Ed fosse venuto a salvarmi. Se le cose devono andare
in questo modo allora preferisco essere io a scegliere
il mio destino…-
- Hai accettato Envy solo perché non vuoi morire o perché vuoi salvare i miei
figli da lui?-
- Non lo so, l’ho fatto e basta!- Forse era la realtà o forse non lo era, ma
non poteva neanche ammettere a se stessa il motivo per cui aveva agito in quel
modo. Sapeva solo che Envy ora prendeva in considerazione quello che lei le
chiedeva, in qualche modo, avrebbe potuto avere una possibilità di fermare la
sua furia. Forse poteva donargli qualcosa, forse poteva
fargli capire che la rabbia che covava nel cuore era insensata. Eppure ora lo
comprendeva un po’ di più, sapeva che l’unico suo
desiderio era quello di diventare un essere umano, era stato richiamato
indietro e chiuso in quel corpo a metà, senza una vera vita. Lei ora, gli
avrebbe fatto dimenticare quella terribile vendetta che si covava dentro.
- Envy ha portato un’altra donna in casa poco fa…-
fece Sloth interrompendo il filo dei pensieri di Winry e facendo in modo che la ragazza le prestasse la
massima attenzione. - Deve essere successo qualcosa, mi ha detto di averla
trovata in uno stato orribile e che si è trasformato nel tizio che ha ucciso
pochi mesi fa e l’ha portata qui. Tu la conosci bene, è la donna del FlameAlchemist.-
- La signorina Riza?- Sloth
annuì semplicemente.- Come è possibile? Era in coma e
non poteva di certo spostarsi dall’ospedale!-
- Non credo tu possa capire a fondo quello che è accaduto, ti basti sapere che
Edward ha scelto di salvare quella donna anziché te, ha tentato una
trasmutazione alchemica molto pericolosa, rischiando anche la vita.- A quelle parole Winry non riuscì a rispondere. Non capiva nulla di
alchimia, ma aveva imparato bene che quando quella scienza veniva a contatto
con esseri viventi il risultato non era dei migliori e una prova l’aveva
proprio davanti ai suoi occhi. Possibile che Ed avesse commesso di nuovo lo
stesso peccato? Possibile che non si fosse preoccupato minimamente di lei? Fino
a quel momento pensare che Ed la stesse cercando, pensare che lui si stava preoccupando per la sua vita, per quella ragazza
che con un solo gesto era riuscito a far sentire importante, era stata la sua
unica salvezza. E invece si era solo sbagliata. Lui aveva preferito nuovamente
quella dannata alchimia a lei.
- Posso vedere la signorina Riza per favore?- chiese
dopo qualche minuto di silenzio. Sloth acconsentì e la
condusse in una stanza vicina, identica alla sua. Nel corridoio Winry aveva osservato bene la casa, sembrava una di quelle
ville antiche, c’era un forte odore di chiuso e alcune porte che vedeva al piano inferiore erano sbarrate. Entrò nella camera
osservando il corpo di Riza steso sul letto, dormiva
profondamente, era ancora umida a causa della pioggia, ma non era quello che
catturò l’attenzione di Winry. Nonostante non fosse
mai entrata nella camera dell’ospedale, conosceva bene le sue condizioni, ma sul
copro che vedeva ora, non c’era alcun segno. Sembrava
in perfetta forma, se non per il colorito pallido del viso. Decise che si
sarebbe occupata di lei. Quando Envy tornò a chiamarla, chiese il permesso di
rimanere in quella stanza. L’homunculus accettò senza dire nulla, darle
qualcosa da fare per uccidere il tempo era la cosa migliore, le riferì che
aveva lasciato il sottotenente Ross in un posto dove l’avrebbero trovata
facilmente. Questo fece capire alla ragazza che Envy voleva far sapere ad Ed che lei aveva scelto un’altra persona, che lo aveva
fatto di sua volontà.
In quel momento pensò che forse era meglio se non si
fossero più visti…
Soli come non si erano sentiti fino a quel momento.
Ed quella sera era corso a cercare Riza, sotto la pioggia, bagnato fino alle
ossa, correva per le strade di Central City chiamando il nome della donna e
chiedendo ai passanti, di quella notte cupa e uggiosa, se l’avevano vista. Si sentiva
in colpa come non mai per aver reagito in quel modo, era stato crudele da parte
sua e del colonnello dirle la verità a quel modo, ma era stato proprio Roy
quello che lo aveva sconvolto di più. Ancora non riusciva a capacitarsi di aver
visto nuovamente il viso di quell’uomo fiero ed altezzoso, contorto dal dolore
e dalla paura.
Non lo accettava!
Però quella sera, non era riuscito a trovarla. Aveva vagato senza una meta
precisa, era tornato a casa del tenente, ma non aveva trovato traccia del suo passaggio.
Inoltre si sentiva in colpa anche perché stava sprecando tempo, minuti utili e
preziosi, che poteva dedicare alla ricerca della sua Winry, perché ora lei era
nelle mani di Envy. Era stata Lust a dirgli tutto, ma lui aveva scelto Riza e
ora non sapeva se fosse ancora viva o meno. Si fermò sotto la pioggia, alzando
gli occhi al cielo plumbeo e implorando un dio che non conosceva di aiutare la
sua ragazza. Si sentiva estremamente stupido in quel momento, lui era uno
scienziato in qualche modo e non credeva nell’esistenza di un Dio, ma in quel
momento capì il perché le persone si rifugiassero tanto facilmente dietro alla
religione.
Era passato un mese, trenta lunghi giorni in cui l’evento più importante era
stato il ritrovamento del sottotenente Ross. Era stata raccolta da dei
passanti, priva di sensi, un braccio rotto in più punti, ma nulla di
estremamente serio. Quando Mustang ed Edward furono avvertiti si precipitarono
in ospedale. Li, vi trovarono un sergente Brosh con le lacrime agli occhi da ore,
forse felice di aver ritrovato la donna che amava da sempre, anche se non
ricambiato e Alphonse, in attesa in un angolo. Erano stati ricevuti da lei
nella stanza, volevano farsi spiegare cosa le era accaduto e se sapeva dove
fosse Winry. Lei aveva annuito abbassando lo sguardo, poi aveva raccontato ogni
cosa di getto, come se non riuscisse più a tenerle nascoste.
- Sono stata catturata da quello strano ragazzo che riesce a trasformarsi, mi
ha ingannata facilmente e anche se ho provato a fare resistenza ho ottenuto
solo questo. - disse alzando leggermente il braccio ingessato. - Mi sono
risvegliata in una stanza fredda e scura, vicino a me c’erano molte altre
persone, alcune erano chiuse li dentro da molto tempo da quello che ho capito.
Sembravano dei vagabondi e senza tetto, ma non possono esserne sicura. Ho
faticato in quelle ore per restare sveglia, fino a quando quel ragazzo non è
venuto a prendermi. Mi ha fatto perdere i sensi e trascinato via. Quando mi
sono ripresa ero con Winry, anche lei era stata rinchiusa in una di quelle
strane prigioni, ma era sola. Non sembrava ferita, solo molto spaventata. Ha
provato ad aiutarmi, ma era freddo, troppo freddo e non ho resistito.- Ed e Roy
ascoltavano le parole di Maria Ross, rimanendone pietrificati. Tutte quelle
persone rinchiuse in quella stanza era qualcosa che soprattutto Ed conosceva
bene, probabilmente quelle persone erano solo dei sacrifici. - Quando sono
riuscita a riprendere i sensi Winry non c’era più, la porta della prigione era
aperta e sono uscita. Non mi ha fermato nessuno, non c’erano guardie o cose
simili. Ho vagato per i corridoi, fino ad arrivare in una strana casa vuota.
Sono salita al piano di sopra e senza pensarci ho iniziato a cercare nelle
stanze, fino a che non l’ho trovata. Era chiusa dentro, ma quando le ho chiesto
di provare a scassinare la serratura mi ha risposto che non poteva. La cosa mi
è sembrata strana, infondo è un meccanico e di certo una serratura non poteva
fermarla, ma lei mi ha chiesto di…- Si fermò, deglutì e ci impiegò molto prima
di continuare. Era riluttante, sapeva bene che le parole che avrebbe detto
avrebbero ferito Ed e lei non voleva. Era affezionata a quel ragazzino, gli
voleva bene come se fosse suo figlio e dirgli una cosa simile era difficile, ma
dovette farlo. - Mi dispiace Ed, ma non è voluta venire via con me. Mi ha
chiesto di dirti di non cercarla, di stare lontano da Envy. Non capivo il
significato di quelle parole, ma quando anche quel ragazzo è arrivato… bè ho
capito. Lui ha aperto la porta facendomi vedere la ragazza, era in una camera
da letto e lui l’ha abbracciata senza che lei facesse nulla. Io credo che Winry
abbia accettato di stare con lui a patto che non facesse del male a nessuno, o
almeno è quello che lei ha detto.- Gli occhi di Ed si erano scuriti di colpo e
Maria se ne era accorta. Roy aveva poggiato una mano sulla spalla del ragazzo,
cercando di donargli un po’ di forza, ma alla fine era solo riuscito a chiedere
se Envy le avesse fatto del male.
- Non credo, non aveva segni sul corpo, l’ho notato perché non indossava gli
stessi abiti che le avevo visto la prima volta. Ad ogni modo io credo che quel
ragazzo, Envy, mi abbia lasciato in vita perché dovevo dirti quello che ho
visto. Sicuramente lui l’avrà costretta, l’avrà minacciata in qualche modo e
lei non ha potuto tirarsi indietro.-
Nonostante Ross cercasse di rincuorarlo, lui non le credeva. Conosceva Winry da
sempre, conosceva bene il carattere di lei e sapeva che non si sarebbe fatta
minacciare facilmente senza reagire, era una ragazza forte. Allora perché?
Perché il suo cuore gli provocava dolore al solo pensiero di saperla con lui,
perché temeva così tanto che lei avesse ceduto? Se magari avesse agito prima,
se avesse scelto Winry invece di Riza, ora magari non sarebbe stato costretto a
sentire quelle parole.
“Dimmi che non mi hai abbandonato, dimmi che non hai scelto lui solo per
salvare me, perché se così fosse sarebbe inutile. Io verrò a prenderti, ti
troverò Winry e solo allora mi dirai la verità. Aspettami ti prego, non
dimenticarmi.”
Un mese…
Giorni passati chiusa in quella casa.
Minuti trascorsi senza vedere segni di cambiamenti…
Era circondata dal silenzio e dal nulla chiuso nel suo cuore.
Dove lui fosse? Cosa stesse facendo? Se la stava cercando?
Domande che sarebbero rimaste tali forse per sempre.
Da quando si era rifiutata di scappare Envy non l’aveva più chiusa a chiave,
ora era libera di girare per la casa e andava spesso a trovare Riza. Dal
momento in cui lui l’aveva portata li e lei gli aveva chiesto di prendersi cura
della donna, non era più accaduto nulla.
Riza si era svegliata, ma non parlava. Non faceva altro che passare giorni
interi a letto, in un tetro silenzio, il viso completamente privo di qualsiasi
tipo di espressione. Winry cercava di farla reagire, ma sembrava tutto inutile
e per di più, non sapeva il motivo di quel cedimento.
E poi c’era il suo rapporto con Envy.
Ogni mattina era lui a svegliarla, le posava un gelido bacio sulla guancia
dandole il buon giorno, le portava abiti nuovi e profumati e poi spariva per
tutto il resto della giornata. Lei si alzava e andava da Riza a farle
compagnia.
Anche lei, come tutto ciò che la circondava stava diventando fredda ed
insensibile. Aveva incontrato in quei giorni anche altri homunculus, aveva
rivisto Wrath, lo aveva sentito chiamare Sloth mamma, poi aveva incontrato un
tipo basso ed obeso, con un dito perennemente fermo in bocca e un rivolo di
bava al lato ed infine c’era lui, Pride. Era un soldato, indossava sempre e con
orgoglio una divisa piena di fregi e aveva un occhio coperto da una benda. Lui
era quello che ogni volta le metteva i brividi, nonostante la salutasse con
aria bonaria e le chiedesse se si trovava bene in casa. Falso, lo pensava ogni
volta che lo vedeva. Si sentiva un piccolo oggetto davanti a lui e ogni volta
cercava di evitarlo.
Spesso trascorreva le ore in completo silenzio, oppure provava a parlare con
Riza senza ricevere risposta o la forzava a mangiare, ma nulla la smuoveva.
La sera si chiudeva in camera, indossava le lunghe camicie da notte di seta che
Envy le portava e si metteva sotto le coperte, e ogni notte, quando lei
dormiva, Envy si infilava sotto le lenzuola e la abbracciava forte a se, poi si
addormentava anche lui. Da quando lei si era dedicata a quel ragazzo, lui non
le aveva chiesto nulla di più di quello, voleva dormire con lei e basta, non
aveva neanche provato a baciarla di nuovo.
Una notte cercò di rimanere sveglia, lo aspettò come ogni sera e lo vide
entrare di soppiatto in camera e salire sul letto. Envy rimase sorpreso di
vederla ancora alzata, ma ne fu quasi felice.
- Mi aspettavi?- chiese lui avvicinando il viso a quello di lei.
- Volevo parlarti…- Envy la fece sdraiare e anche lui poggiò la testa sul
cuscino, erano l’uno di fronte all’altra, gli occhi di lui sprofondavano nel
mare di quelli della ragazza. Era bella e lui lo sapeva; la voleva, ma non ci
riusciva. - Envy, non ti piaccio più per caso? Non sei più attratto da me?
Eppure sei tu il primo che lo ha voluto.-
Non riuscì a rispondere, non credeva che fosse proprio lei a dirle quelle cose.
Lo stava in qualche modo implorando, voleva attenzioni dalla persone che aveva
scelto, ma lui non ne era capace.
- Io ti ho scelto Envy, ho abbandonato ogni cosa. Non mi sono mai lamentata, ho
fatto quello che mi hai chiesto, non sono fuggita. Allora perché adesso mi stai
ignorando? Vuol dire che tutto quello che hai fatto era solo per allontanarmi
da Ed?- Si alzò, mettendosi seduto, i capelli gli scivolarono davanti al viso,
coprendo gli occhi spalancanti per la sorpresa. Anche lei seguì quel movimento,
mascherando le lacrime che le stavano scendendo dagli occhi, dopo giorni che
non piangeva più per Ed, ora lo stava facendo per lui e la cosa lo
disorientava.
- Non mi dici nulla? Dimmi che non è come penso, perché se lo fosse allora ti
prego uccidimi adesso, non voglio più vivere pensando che anche tu mi hai solo
usata, proprio come ha fatto Ed. Mi sto quasi abituando a stare qui, non dirmi
che non servo più neanche a te!-
Completamente spiazzato, non sapeva come reagire e l’unica cosa che fu in grado
di fare, fu lasciarla sola. Se ne andò lasciandola in lacrime, ancora una volta
quella ragazza lo aveva spiazzato.
Iniziò a correre per il corridoio, chiudendosi frettolosamente in una stanza
scura e vuota. Respirava a fatica, i polmoni gli facevano quasi male e non ne
conosceva il motivo. Lui, un homunculus non provava dolore, non poteva neanche
morire e allora perché?
Riusciva a capire il significato di quella supplica, capiva il perché lei gli
stesse chiedendo di fare qualcosa, ma perché, nonostante lo volesse, non
riusciva neanche a sfiorarla?
Cercò di tranquillizzarsi e provare a mettere ordine nei suoi pensieri, fatica
inutile, non ci era mai riuscito!
Uscì da quello sgabuzzino e tornò nel grande corridoio del piano superiore
della casa. Era deserta, non si sentiva nessun rumore. Grandi tende di velluto
rosso coprivano le finestre completamente oscurate dalle mura, lui sapeva il
perché di quello sbarramento. Nessuno doveva vedere dove si trovassero, era un
luogo dimenticato da tutti, un luogo proibito sprofondato nel profondo della
terra a causa della pietra filosofale.
- Non ti ho mai visto così agitato…- Si voltò di scatto verso la voce che lo
aveva colto alla sprovvista, era una donna. Il tono che usava era malizioso
tanto quanto il suo, una voce calda quasi umana, anche se ormai di quel corpo
non c’era più nulla di umano.
- Che vuoi da me? Ti sembra il caso di sbucare fuori così all’improvviso?-
Rispose di rimando, cercando di mascherare quella strana tensione e confusione
che lo tormentavano in quel momento.
- Che ti prende Envy, possibile che quella ragazzina ti sconvolga così tanto?
Vuole solo un po’ di attenzione da te, non è così difficile…-
- Piantala! Non mi servono consigli amorosi soprattutto da te!-
- Ma io so molto sull’amore e anche qualche cosa che tu ancora non conosci, di
mariti ne ho avuti tanti e quindi posso vantarmi di una certa esperienza, non
credi?-
Era irritante, era come se le alitasse sul collo, costringendolo a fare quello
che voleva. Quella persona era tra tutti loro la più spietata. La sentì ridere
in modo quasi isterico e questo lo mise in allarme.
- Ti lascio il tuo giocattolo Envy, ma sappi che è ancora per poco. Ho bisogno
di altri seguaci, ora che Greed e Lust non ci sono più. Lei sarebbe perfetta e
lo sai anche tu, porterebbe da me il figlio di Hoeneim e io…-
- Lo so! Ti interessa molto di più quel nano, di me di certo non te ne importa
nulla. Non preoccuparti di niente, mi servono solo alcuni giorni per chiarire
una cosa.-
Non sentì rispondere, quella persona era scomparsa proprio come era venuta.
Sparita nel buio di quel grande corridoio lasciando solo un lieve odore alle
sue spalle.
Tornò da Winry con la consapevolezza che quella ragazza sarebbe rimasta se
stessa solo per qualche giorno ancora. Era dispiaciuto, perderla era doloroso,
ma non poteva disubbidire a quella persona, però poteva averla. Doveva decidere
in fretta, doveva capire il prima possibile cosa provava per lei e perché in
sua presenza era così diverso.
Lo vide rientrare lentamente, come se temesse una sua reazione, ma lei non
avrebbe detto o fatto nulla se prima lui non le avesse dato una spiegazione.
Envy si mosse con estrema lentezza fino a letto, dove salì rimanendo in
ginocchio proprio di fronte a lei. Le prese le mani portandole verso il suo
viso, il profumo di quella ragazza era inebriante, gli provocava uno strano
sussulto allo stomaco, ma era piacevole, quasi simile al brivido caldo.
- Io volevo… insomma devo dirti una cosa.- Era impacciato, le parole gli si
intrecciavano in gola e uscivano spezzate, lei se ne accorse, ma aspettò che
proseguisse. - Io ti voglio, ti desidero con tutto me stesso, ma… Oddio mi
sembro un lattante!- Sbottò Envy lasciandola completamente basita, eppure sulle
sue labbra si disegnò un leggero sorriso, come se fosse felice. Non sapeva
spiegarsi il motivo di quel sorriso eppure era contenta che lui, in qualche
modo, anche se molto personale, si stava aprendo.
- Mi stai forse dicendo che non riesci a prendere qualcosa se questa ti viene
offerta?- Si fermò aspettando una qualche risposta, ma lui non fece nulla. Di
certo quella frase lo aveva lasciato senza parole, ultimamente aveva imparato
molto di lui e, quindi, anche come spiazzarlo completamente.
- Envy io voglio essere sincera… Non sono innamorata di te e dirti quelle cose
prima è stato davvero difficile, ma cerca di capirmi. Da quando sono qui ho
sempre sperato che Ed venisse a prendermi, l’ho invocato tutte le notti, anche
quando tu eri al mio fianco….- Envy lasciò le mani di Winry in malo modo, come
se fossero tizzoni ardenti, gli occhi divennero piccoli, simili a fessure
nascosti dietro la frangia. Ancora il suo nome, ancora una volta doveva sentire
il nome di quel maledetto sulla sua bocca e non lo accettava.
- Non aggiungere altro! Non voglio ascoltarti!- Lo gridò preso dalla
disperazione. Era stato uno stupido, ci aveva quasi creduto eppure doveva
sapere bene che era impossibile per un essere umano accettare uno come lui.
- Ascoltami fino alla fine ti prego!-
- No! Non voglio più saperne di te io…- Le parole gli morirono in gola, quando
la sentì stretta a lui. Lo aveva abbracciato per calmare la sua rabbia e ci
stava riuscendo, per qualche incomprensibile motivo, anche se lui ora la stava
detestando, quel gesto lo calmava.
- L’ho fatto e ti chiedo scusa… solo ora ho capito che lui non mi sta affatto
cercando! Ora che anche Riza è qui me ne rendo conto. Ed è un alchimista, mi ha
già abbandonato più di una volta per quella scienza maledetta… io non valgo
quando la pietra filosofale! Non sono nulla a confronto, però per te valgo
qualcosa? La mia vita ti è utile in qualche modo?-
- Si… io ho un disperato bisogno di te, della tua presenza e del tuo profumo…
ho bisogno di guardarti mentre dormi o quando ti occupi di quella donna…-
Chiuse l’abbraccio stringendola a se, riuscendo a percepire, dietro quella fine
camicia da notte e quella pelle calda, il battito del suo cuore.
- Ho sentito quella donna poco fa…- In quel momento Envy si ritrovò su di lui
quegl’occhi che amava, ma erano lucidi e pieni di paura. Aveva sentito le
parole di quella persona e sapeva che quella donna voleva ucciderla. - Io non
voglio diventare un homunculus, so come funziona. Tu dovresti uccidermi e
sperare che Ed mi riporti in vita, ma non succederà perché io non conto nulla
per lui, non valgo quando una madre o suo fratello.-
- Io non ti farò diventare come me… anche a costo di tradire quella persona,
non glielo permetterò!-
- Grazie, almeno con queste parole posso sperare…-
- Che diavolo significa che non posso ancora andare?!- Ed lo aveva gridato,
sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania in legno dell’ufficio di Mustang.
Lui lo guardava con quel’occhi onice, erano seri, ma estremamente tristi. Da
quando avevano perso le tracce di Riza, Mustang aveva smesso di sorridere,
parlava a monosillabi la maggior parte delle volte e Havoc aveva detto ad Ed,
che mangiava a stento. - Se sta così male, perché non fa qualcosa?-
- Smettila…-
- Non le interessa di Riza, non vuole sapere dove si trova o se le è accaduto
qualcosa? Come fa a rimanere seduto senza fare nulla.- Ed non capiva, non
riusciva a comprendere come fosse possibile per lui rimanere inerme davanti a
quello che stava accadendo. Lui al contrario non ci riusciva, Mustang gli aveva
ordinato di non fare nulla da solo, di non cacciarsi nei guai, perché lui non
aveva tempo di dedicarsi anche ai suoi capricci. Aveva detto più volte che se
stava occupando, ma Ed non vedeva progressi e il tempo scorreva inesorabile.
Provò a ribattere qualcosa, ma Mustang lo scacciò con un segno della testa,
indicandogli la porta. Una volta fuori incontrò Havoc e lui si rese ben conto
della frustrazione del giovane alchimista.
- Non credere che a lui non importi. Tiene a Winry tanto quanto al tenente. Sta
facendo tutto quello che è in suo potere, ma non deve assolutamente far sapere
al comandante supremo ciò che sta facendo. Capisci questo non è vero Ed?-
- Si certo, ma io non riesco a stare con le mani in mano…-
- Lo so, per questo dovrai aiutarci. Il sottotenente Ross non è in grado di
ricordare da sola dove è stata lasciata, ma tu potresti darle una mano. Ora è
in licenza fino a che non si rimetterà e anche tu lo sei.-
- Cosa?- A quelle parole Ed scattò come una molla verso il sottotenente
fissandolo truce, solo allora si rese conto che da giorni non vedeva Havoc fumare,
anche lui stava mettendo anima e corpo nella ricerca.
- Sei troppo coinvolto in questa storia e Mustang ha deciso di lasciarti fuori,
se posso suggerirti qualcosa, perché non vai a trovare il sottotenente Ross,
magari uscite insieme e chi lo sa… potrebbe ricordare qualcosa, girando per la
città.-
Non era necessario che rispondesse, aveva capito cosa intendeva con quella
frase. Non avevano indizi, nulla che potesse dire loro dove si trovassero in
quel momento le due donne. Vagavno in un mare oscuro senza bussola, persi in
quei silenzi e bugie, che reggevano quel mondo corrotto. Gli homunculus non si
erano fatti vivi, nessuna notizia da parte di Envy.
Però Maria Ross era l’unica che potesse fornirgli qualche informazione e lui
forse poteva aiutarla a ricordare qualche dettaglio. Era una speranza, una
piccola e lieve speranza di sapere qualcosa e lui doveva sfruttarla, ma nel suo
cuore lui non faceva altro che pensare a lei. Non riusciva a credere di averla
persa, dopo tutto il tempo che aveva impiegato per capire quanto quella
ragazza, sempre presente nella sua vita, sempre pronta ad aiutarlo, a donargli
quel caldo sostegno di cui aveva bisogno, non accettava che ora fosse Envy ad
averla.
Di
certo non credeva che fosse così difficile comportarsi come una persona
normale. Doveva soltanto andare a trovare qualcuno, ma in quel momento avrebbe
preferito sottoporsi alla prova annuale per rimanere un alchimista di stato.
Sapeva bene che per un alchimista non era semplice comportarsi come un uomo
qualsiasi, la prova l’aveva avuta con Mustang stesso. Non solo il modo con cui
aveva affrontato tutta quella storia, dall’aggressione di Riza fino alla sua
scomparsa, ma anche come si comportava con Glacyer. Se non fosse stato per il
suo tenente non sarebbe mai andato a trovarla, nonostante volesse bene sia a
lei che alla bambina. In un certo senso pensare agli errori di quell’uomo lo
rassicurava, ma era lui che ora doveva andare in quella casa e fare finta di
nulla. Perché lui non stava andando dal sottotenente Ross perché era
semplicemente preoccupato per la salute della donna, ma lo faceva con il
preciso scopo di usarla e in quel momento si sentiva un verme, o qualcosa di
molto simile. Havoc gli aveva dato l’indirizzo dell’abitazione del
sottotenente, mettendogli in mano un mazzo di fiori rosa. Era agitato quella
mattina, aveva persino legato i capelli con una semplice coda alta, come se non
volesse farle vedere che era in missione, ma solo in visita. Mossa sciocca,
Maria Ross non era una sprovveduta.
Era
fermo davanti al portone del palazzo da qualche minuto, quando un uomo andò ad
aprire. Indossava una giacca nera da cui si intravedeva la camicia bianca,
perfettamente inamidata e una cravatta scura
-
Hai bisogno di aiuto ragazzino?- Fece l’uomo guardandolo con espressione
bonaria, forse credeva che un ragazzo come lui stesse andando a trovare la sua
fidanzata e fosse nel panico più assoluto.
-
Io cerco la signorina Maria Ross, il mio nome è Edward Elric.- L’uomo lo
squadrò attentamente, non poteva avere che una quindicina d’anni ed era strano
che un ragazzino andasse a trovare una donna come lei e per giunta anche un
soldato dell’esercito.
-
L’avverto subito, aspetta un secondo.- Detto questo entrò in quella che doveva
essere la portineria dell’edificio, una piccola stanzetta completamente
decorata in legno. L’uomo alzò il telefono e digitò un numero aspettando che
rispondesse. - Maria? Cara qui c’è un ragazzino molto carino che chiede di te,
posso farlo salire?- Il viso di Ed diventò paonazzo dalla vergogna a causa di
quelle parole, abbassò lo sguardo verso la moquette rossa dell’entrata e
attese. - Bene, tra un secondo te lo mando su, però non credevo che circuissi
così i ragazzini e sei anche un soldato, dovrei denunciarti tesoro per questo.-
L’imbarazzo di Ed era sempre più evidente, non poteva sentire le risposte della
donna all’altro capo del telefono, ma sperava tanto che non stesse ridendo di
lui. L’uomo riagganciò e tornò dal ragazzo indicandogli il piano e il numero
dell’appartamento dove doveva andare.
Si
ritrovò davanti ad una porta in legno, con un grande battente dorato in cima.
Ed bussò timidamente e sentì i passi di lei all’interno. Maria aprì la porta
accogliendolo con un grande sorriso, era felice di vederlo e non lo nascondeva.
Edward rimase qualche secondo ad osservarla, indossava un paio di jeans fino al
ginocchio molto aderenti e una canottiera rosa, con un grande fiore disegnato
sulla pancia e lui non ricordava di averla mai vista in quel modo, era radiosa
e molto bella.
-
Ed? Sono rimasta sorpresa quando Reiv mi ha chiamato al citofono. Spero non ti
abbia messo troppo in imbarazzo, non farci caso fa sempre l’idiota. Vieni
entra.- La casa del sottotenente era un piccolo appartamento, dall’entrata si
accedeva direttamente alla cucina e alla sala da pranzo, come quello di Riza,
ma questo aveva qualcosa di particolarmente accogliente. Tutto era decorato con
la minima attenzione, dalle tende rosa alle finestre ai piccoli soprammobili.
C’era un buon profumo di casa, odore di pulito e di fresco. Per un attimo fu
assalito da una tremenda nostalgia, ma cercò di riprendersi il prima possibile.
Porse i fiori alla donna, che spalancò gli occhi dalla sorpresa. In quel
momento Ed capì perché Havoc li avesse scelti tutti di quel colore, Maria Ross
adorava il rosa.
-
Ed sono bellissimi! Come fai a sapere che mi piace questo colore?-
-
Ho tirato ad indovinare…- rispose timidamente. Si trovata in imbarazzo davanti
alla normalità in cui era stato catapultato. Non si aspettava che Maria lo
ricevesse in quel modo, era abituato a vederla con la divisa, sempre seria e
ligia al suo dovere. Lo fece accomodare e gli offrì del the e qualche biscotto
al cioccolato, mentre lei si era seduta proprio di fronte a lui, stringendo in
mano una tazza di latte caldo. - So che odi il latte, per questo di ho offerto
il the, ho fatto bene?-
Ed
annuì semplicemente, non pensava minimamente che potesse ricordare un simile
particolare di lui e in un certo senso ne era anche contento. Stava bene in sua
compagnia, era una donna con cui si era confrontato più di una volta, che lo
aveva aiutato e gli era stata sempre vicino, proteggendolo e sgridandolo quando
ce ne era bisogno. Per questo motivo, ora che la vedeva sorridere dolcemente,
felice della visita, si sentiva ancora peggio.
-
Come mai sei venuto a trovarmi? Non dirmi che è successo ancora qualcosa?-
-
Non preoccuparti… Mustang mi ha messo in licenza ed io volevo sapere come
stavi, infondo se ti è successo questo è per colpa mia.-
-
Smettila di incolparti! Io sto bene, ho solo un braccio fuori uso per qualche
giorno.- Ed alzò le spalle, come se non sapesse cosa risponderle.
-
Pensavo che potessimo trascorrere un po’ di tempo insieme, uscire magari.-
Maria si rese subito conto che quella proposta non proveniva da lui
direttamente, ma vederlo arrossire, come se stesse chiedendo ad una ragazza di
diventare la sua fidanzata, le piaceva molto e giocò molto su questo aspetto
del carattere di Ed.
-
Mi stai chiedendo un appuntamento? Dammi qualche minuto che mi preparo.- La
donna si alzò velocemente e corse in camera. In quei minuti in cui rimase da
solo fu percorso da un miriade di sensi di colpa, lei sembrava davvero felice
di quella proposta, mentre lui sapeva bene che era solo per usarla. Maria Ross
tornò in sala da pranzo dopo aver indossato una gonna lunga fino al ginocchio e
una camicia bianca aderente e anche molto scollata. Si era truccata
leggermente, mettendo in risalto soprattutto le labbra fini, ma perfette. Ed
rimase come un ebete ad osservarla, non avrebbe mai pensato che sotto quella
divisa blu ci fosse una donna così bella, neanche i capelli tagliati corti
riuscivano a rovinare quell’immagine. Si avvicinò alla porta prendendo le
chiavi e chiamò Ed perché la seguisse. Lui si fermò poco prima di uscire, con lo
sguardo basso verso il pavimento e intrecciando qualche parola, roso dalla
vergogna.
-
Sei… sei molto bella, però io… ecco, mi dispiace!-
Lei
si voltò verso il ragazzo, piegandosi su di lui e prendendogli il viso con la
mano perché alzasse lo sguardo.
-
Grazie del complimento e non pensare a nulla che non sia oggi. So perché sei
qui Ed non sono una ragazzina anche se mi comporto così a volte. Se posso
aiutarti in qualche modo lo farò e questa è una promessa. Ora vogliamo andare?-
Il
giovane alchimista annuì, con quelle parole lei era riuscita a spazzare via
ogni sua indecisione e decise di godersi quella piccola vacanza dedicata un po’
alla spensieratezza. Davanti alla portineria vennero fermati nuovamente da
Reiv, che salutò la donna con qualche battuta sulla differenza di età tra lei e
il giovane. Trascorsero la mattina per le vie della città, attraversarono un
grande mercato e Maria si fermò ad ogni banco osservando tutto con molto
interesse, trascinò Ed in un negozio di abbigliamento comprandogli un nuovo
soprabito, simile a quello rosso che indossava di solito, di colore nero e con
le rifiniture in argento. Ed provò a dissuaderla in ogni modo, ma lei non
sembrava sentire ragioni e per l’ora di pranzo il ragazzo si ritrovò con due
paia di pantaloni nuovi e una decina di maglie diverse. Si fermarono per il
pranzo, in una locanda molto pittoresca ma dalla buona cucina.
-
Perché hai voluto comprarmi tutte queste cose, non era necessario.-
-
Lasciami fare, voglio solo passare una mattina nella più completa normalità. Un
po’ mi dispiace, ti sto monopolizzando per i miei capricci, ma ti prometto che
oggi pomeriggio lavoreremo un po’ sulla mia memoria lacunosa.-
-
Non voglio obbligarti a nulla, lo faremo solo te la senti.-
Maria
si limitò a rispondere con un sorriso e un cenno della testa. Osservava Ed
mentre mangiava, era la prima volta che lo vedeva rilassato, era riuscita nel
suo intento, vederlo tranquillo almeno per una volta. Si sentiva completamente
appagata, quel ragazzino era cresciuto velocemente, se non fosse per l’età
sarebbe stato già migliore di qualsiasi uomo sulla terra, anche se in quel
momento non dimostrava neanche di essere così giovane, forse per gli abiti o i
capelli legati in quel modo.
-
Sei molto carino sai Ed? Se fossi più giovane mi sarei presa una cotta per te!-
Cercando
di non strozzarsi per quella confessione inaspettata, Ed cercò di risponderle,
ma infondo non era necessario. Finito di pranzare, Ed la fermò prima che
potesse prendere nuovamente in mano il portafogli.
-
Questa volta pago io! Mi hai già riempito di regali nonostante sia stato io a chiederti
di uscire con me.-
Le
guance della donna assunsero un colorito rosa sempre più vivo, Ed lo aveva
detto ad alta voce e molte persone si erano voltate a guardare quella strana
coppia. Era una situazione strana e allo stesso tempo molto piacevole. Pagato
il conto iniziarono ad incamminarsi nuovamente.
Rannicchiata
nel grande letto, faticava ad aprire gli occhi. Era da giorni che soffriva di
un grande mal di testa e non ne capiva il motivo. Aveva cercato di nasconderlo
in tutti i modi ad Envy, si comportava normalmente, andando a trovare Riza
nella sua stanza e cercando anche si istaurare un dialogo con lui e con gli
altri homunculus. Negli ultimi giorni aveva visto spesso Wrath, il ragazzino
era andato a trovarla una mattina, entrando con strafottenza in camera e
cercando forse di falsa arrabbiare, punzecchiandola con battute poco carine, ma
lei non si era mai arrabbiata e alla fine il bambino ci aveva anche rinunciato
e avevano iniziato a parlare normalmente. Quel giorno però il dolore alle
tempie era insopportabile e non riusciva ad alzarsi dal letto. C’era Sloth al
suo fianco, le poggiava ogni tanto un panno umido sulla fronte, ma non lo
faceva con preoccupazione nei suoi confronti. A metà mattina, rimasta sola,
cercò di alzarsi per andare in bagno, ma non appena provò a mettersi seduta,
una nausea terribile la invase facendola sbiancare.
-
Non dovresti sforzarti in questo modo, sembri una donna incinta.- La voce era
di una donna, ma Winry faticò a mettere a fuoco la sua immagine, era entrata
nella camera senza che lei se ne accorgesse. Poco dopo si sentì prendere per le
spalle e sistemare nuovamente sotto le coperte.
-
Chi sei?- la voce le uscì spezzata da un dolore invisibile, fece fatica persino
a riconoscersi.
-
Nessuno che tu possa capire. Non sono un homunculus comunque.-
-
Quella persona… tu sei quella che persino Envy teme.-
La
sentì ridere e quel suono le fece male. Sembrava molto giovane dalla voce, però
aveva un tono che metteva i brividi. Si sentì accarezzare le guance calde e
umide, da una mano altrettanto calda poi avvertì uno strano odore, che le fece
aumentare la nausea.
-
Non preoccuparti non sono venuta per ucciderti, non è ancora il momento adatto,
ma ho bisogno che tu ti sottometta a me, per questo sei così stanca in questi
giorni. Piano piano riuscirò a controllarti come voglio, Envy smetterà di
essere ossessionato da te e tornerà ad obbedirmi, poi io mi prenderò il tuo
corpo e anche il figlio di Hoheneim.-
-
Lui non verrà a salvarmi…-
Rise
di nuovo, bloccandola con entrambe le mani. Lo stomaco di Winry era in
subbuglio, ma in qualche modo quella persona le impediva di rimettere.
-
Se vomiti adesso, ti passerà anche il dolore. Ti ho drogato per impedirti di
cambiare il mio Envy. Gli darai quello che vuole e una volta che si sarò tolto
lo sfizio tornerà da me.-
La
lasciò in malo modo, Winry crollò sul cuscino trattenendo un conato. La sentì
mentre si allontanava dalla stanza e la lasciava sola. Cercò di alzarsi per
andare in bagno, voleva liberarsi di qualsiasi cosa quella strega le avesse
dato, ma era molto difficile mettere un piede davanti all’altro.Si liberò della camicia da notte che le
intralciava i movimenti e scese dal letto reggendosi al muro. Teneva la testa
piegata in avanti, i capelli che la schermavano come un sipario e le davano
tremendamente fastidio. La testa le girava terribilmente, e alla fine cadde in
ginocchio a pochi passi dal bagno. Strisciò sul pavimento freddo cercando di
avvicinarsi, ma ogni movimento sembrava impossibile. Faticava persino a
distinguere la porta dalla parete scura della stanza, la vista era offuscata e
spariva velocemente. Avvertì che qualcuno era entrato nella camera, ma non
riuscì a muoversi oltre.
-
Che diavolo combini!- Era Envy, lo sentì aumentare il passo e avvicinarsi a
lei, la prese da terra e la riportò indietro poggiandola sul letto. Era sudata
ed estremamente calda, il viso arrossato e gli occhi socchiusi. - Perché non mi
hai detto che stavi male?- Envy la coprì con il lenzuolo e la abbracciò. Winry
si sentiva troppo debole, non riusciva neanche a dire una parola, non ce la
faceva a chiedergli di portarla in bagno o di farle vomitare quella schifezza
che le era stata data e di certo sapeva bene che lui non se ne sarebbe mai reso
conto.
-
Mi spieghi che cosa ti prende?- Non rispose e anche se sapeva che era inutile,
provò a fargli capire che doveva aiutarla. Si strinse a lui cercando aiuto,
aggrappandosi ai suoi vestiti, ma non ottenne l’effetto sperato. Riuscì solo a
farlo innervosire, si sent stringere per le spalle e tirare verso di lui. La
testa le ricadde all’indietro, il respiro irregolare.
Dal
canto suo, lui non capiva che cosa le stesse succedendo. L’aveva vista per
terra, seminuda e ora non riusciva a farsi dire nulla. Stava male per qualche
motivo, ma lui non la capiva. All’ennesimo silenzio la prese di forza
avvicinandola al suo viso, la sentiva estremamente calda tra le mani, ma quella
differenza di temperatura era naturale, per uno perennemente senza calore come
lui. Vederla in quello stato, sofferente, con il respiro flebile, le guance
rosse, gli occhi socchiusi era per lui estremamente eccitante. La poggiò sul
letto togliendole i capelli da davanti al viso, poggiò una mano sul viso e poi
le accarezzò il resto del corpo, sentendola fremere a quel tocco. Lei non
riusciva a muovere un muscolo, aveva capito il gioco di quella persona,
conosceva bene le sue pedine e sapeva come manovrarle. Aveva capito il perché
Envy non l’avesse mai toccata fino a quel momento, era cosciente del fatto che
la mente di quell’homunculus era strana e non riuscisse ad apprezzare le cose
non ottenute con la forza. Ora che lui la sentiva così debole e sapeva che lei,
anche se non reagiva, non voleva quelle attenzioni da lui, non riusciva a
fermarsi. Le tolse gli ultimi indumenti che indossava e continuò ad esaminarla.
Si piegò su di lei baciandole le labbra e scendendo sempre più in basso, sui
seni, sulla pancia e il bacino. Si infilò tra le gambe di lei continuando a
toccarla, non voleva farle del male e resistere per lui era difficile.
Invidiava la perfezione che vedeva in quel corpo, che anche in un momento come
quello, malata e spaventata, perché lui sapeva che lo era, ma non se ne
preoccupava, era bellissimo e molto invitante. Senza contare che sapeva che
quella perfezione era solo sua… Lui non l’aveva mai potuta avere, magari solo
assaggiata, con qualche carezza, ma non si era spinto fino a quel punto. In
poco tempo si ritrovò senza abiti anche lui, la sua pelle lattea al contatto con
quella rosea di lei. Non aveva mai provato quella sensazione, era già successo
che avesse qualcuno, come perla donna chiusa nella stanza a fianco. Lei aveva
cercato di proteggersi, ma non ci era riuscita e l’unica sensazione quella
volta era stata puro e semplice divertimento. Quella era una donna matura e non
ci aveva provati gusto, ma ora era diverso. Lui amava quella ragazza, ma la sua
natura era più forte, era fatto così e non riusciva a fermarsi.
-
Envy… non farmi del male…-
Attirato
da quella voce sofferente, da un sussulto del suo corpo, volse lo sguardo verso
il viso di lei. Piangeva come non l’aveva mai vista fare, erano fiumi lucenti
quelli che uscivano dai suoi occhi… eppure fermarsi era troppo difficile… a che
scopo privarsi di quel piacere e soffrire per non averlo avuto?
Avevano
camminato per qualche minuto, ritrovandosi in una via secondaria praticamente
deserta. Maria Ross si era fermata davanti ad una vicolo cieco, ai lati della
via c’erano diverse buste dell’immondizia in cui rovistavano i gatti.
-
Da quanto mi ha detto il sergente Brosh sono stata ritrovata in questo vicolo.-
Disse lei avvicinandosi alle mura che costeggiavano la via. Poggiò la mano sana
sulle pietre, seguendo le crepe con i polpastrelli.
-
Ti riporta alla mente qualcosa questo posto?- Chiese Ed osservando la serietà
con cui lei si impegnava ad aiutarlo. In quel momento, come se avesse un
qualche presentimento, si portò la mano sul cuore, inspirò profondamente,
ricevendo come risposta una piccola scossa elettrica.
“Che
cos’è questa sensazione? Come se mi mancasse qualcosa… come se l’avessi persa
in questo momento? Mi fa male il cuore…” In quel momento, il braccio emise uno
strano scricchiolio, Ed si scoprì l’auto-mail cercando il problema, ma non
trovò nulla.
-
Va tutto bene Ed? Mi sembri pallido.-
-
Credo che sa ora di far revisionare il mio auto-mail, fa degli strani rumori.-
-
Vedrai che andrà tutto bene. Ti aiuterò a trovare Winry.-
Non
rispose, continuò ad osservare la donna che si concentrava sui suoi ricordi e
attese da lei qualche novità in più.
-
Non ero del tutto priva di coscienza quando mi ha portato in quel posto
orribile… mi ha trasportato sulle sue spalle, come se fossi una piuma… -
Maria
Ross aveva il viso contratto in un’espressione di dolore, era impallidita e gli occhi le si erano arrossati. Ed la osservava preoccupato, le aveva già chiesto di fare
una pausa, ma lei si era opposta in modo categorico. Si era spostata dal vicolo
e percorreva a passi stretti e lenti la piccola via, era un quartiere povero, i
pochi negozi ancora chiusi e le case in stile vecchio e
alcune anche decadenti. C’era uno strano odore di muffa nell’aria, ma
entrambi ci avevano ormai fatto l’abitudine.
-
Ricordo una grande porta in pietra chiara, faceva un gran rumore quando l’ha
aperta, poi è sceso in basso e tutto è diventato scuro… c’era anche tanto eco…-
La
donna ebbe un capogiro e il ragazzino corse ad aiutarla, facendola sedere sul
bordo del piccolo e malandato marciapiede. Era evidentemente molto stanca, ma
non aveva voluto fermarsi. Ora si stava comportando come la conosceva e stimava
molto questa sua grande forza di volontà.
-
Credo che dovresti riposare un secondo, sei troppo pallida.-
-
Uno strano rumore mi ha ferito le orecchie quella volta come… dum… dum… dum…-
Nonostante
il ragazzo cercasse di farla calmare, non riusciva neanche a raggiungerla.
Aveva iniziato a ripetere quel verso con un tono cupo e lui non capiva a cosa
si riferisse, almeno fino a quando non gli giunsero alle orecchie gli stessi
suoni, solo più lontani. Erano campane di una chiesa non molto distante e Maria
Ross aveva preso ad andare a tempo con quei rintocchi sinistri.
“Una
porta in pietra chiara…”
-
Un’entrata in marmo…-
“
Un posto dove c’è eco…”
-
Una chiesa… il rumore delle campane…-
“Un
luogo buio e freddo…”
-
Un sotterraneo!-
In
pochi minuti tutti i pezzi stavano tornando al loro posto, la facilità con cui
Envy era riuscito a portar via entrambe senza farsi
vedere, era rimasta fino a quel momento un grande interrogativo, ora almeno
aveva una traccia e non avrebbe più sprecato tempo.
-
Grazie, senza di te non sarei riuscito a capire nulla.-
La
donna era molto affaticata, ma era riuscita comunque a vedere l’impazienza di
Edward, ora che sapeva non voleva aspettare.
-
Ti prego Ed, avverti prima il colonnello Mustang, non fare le cose da solo.- La voce di lei era roca e spezzata da una qualche
sofferenza, oltre che dalla preoccupazione di lasciar andare il ragazzo da solo.
-
Non posso più aspettare, le è successo qualcosa lo sento… me lo dice il mio
cuore.-
-
Ed, avvicinati per favore.- Il ragazzo acconsentì
avvicinando il viso alla donna, che allungò il braccio portandolo dietro al
collo di lui e stringendolo dolcemente a se. Ed
appoggiò il mento sulla spalla di lei, inalando il suo dolce profumo. - Stai
attento, non voglio venirti a trovare in ospedale, sono stanca di quel posto…-
La sua voce aveva iniziato a tremare, Ed lo sentiva chiaramente, ma lei non gli
permetteva di guardare il suo viso. Ed si spostò
leggermente poggiandole un leggero bacio sulla guancia. - Va bene vai, non pensare a me, tornerò a casa e ti aspetterò li,
quando tornerai… usciremo ancora insieme.-
Il
ragazzo annuì di nuovo e si slacciò da quel gesto affettuoso iniziando ad
allontanarsi a grandi passi da lei.
Quando
Maria non lo vide più si alzò a fatica e corse verso
una cabina telefonica, estrasse qualche moneta dal borsellino e digitò il
numero di telefono. All’altro capo rispose un uomo dalla voce leggermente
impastata dal sonno.
-
Eddy che diavolo combini, dormi sul posto di lavoro!-
-
Sottotenente Ross!- Sentire la voce della donna che lo riprendeva
lo aveva fatto scattare a sedere sulla sedia, aveva anche fatto il saluto
militare, mossa stupita visto che lei non poteva vederlo.
-
Sergente, devi farmi un favore. Ho ricordato insieme ad
Edward il luogo in cui mi ha rinchiusa l’homunculus, voglio che tu vada dal
colonnello Mustang e gli dica dove sono e che Ed è andato da solo a cercare
Winry.-
-
Certo, dimmi dove sei.-
Maria
Ross iniziò a dettargli la via e come raggiungerla, il sergente appuntò tutto
su un foglio e poi riagganciò correndo nell’ufficio del colonnello.
-
Colonnello Mustang, vuole mangiare qualcosa?- Chiese timidamente Fury al suo superiore,
che da giorni disdegnava qualsiasi tipo di cibo solido. L’alchimista rispose
con un segno negativo della testa e tornò a concentrarsi sulle montagne di
fogli e cartelle che aveva accumulato in quei giorni, erano tutti rapporti che
Hughes aveva tenuto nascosti per proteggerlo, erano i suoi appunti sugli
homunculus e su cosa stessero combinando all’interno dell’esercito, ma c’erano
poche tracce su dove si nascondessero, troppo poche. - La signora Glacyer le ha
preparato il pranzo, perché non si sforza un po’.-
-
Smettila e torna a lavorare!- Lo aveva gridato e sembrava anche piuttosto
arrabbiato, ma Fury non sembrò prendersela per quella sfuriata, come se ci
fosse abituato, infatti da giorni non faceva altro che
gridare.
-
Mustang, cerca di controllarti…- Roy alzò lo sguardo sulla persona che aveva
parlato, per un attimo gli era sembrato di sentire la voce di Riza. Era
Glacyer, ferma sulla porta dell’ufficio, lo aveva visto sfuriare e ora si
vergognava come un ladro. Fury li lasciò soli per qualche minuto, la donna si
sedette al fianco del colonnello, tamponandogli il sudore sul viso con un
fazzoletto.
-
Perdonami… non volevo offenderti, ma non è bene che tu stia qui, perché non vai
a casa da Alicia.-
La
donna fu felice di sentirlo parlare, visto che si era sempre espresso a
monosillabi in quei giorni e gli sorrise.
-
La bambina è all’asilo e quindi venire qui non è un
problema. Io non posso aiutarti, non capisco nulla di queste cose, ma posso
sostenerti in qualche modo. Hai bisogno di dormire e mangiare, quindi
comincia…- Gli fermò sotto il naso un piatto e lo
costrinse a prendere in mano la forchetta e mangiare.
-
Mi tratti come un bambino, mi hai anche tagliato la carne… sei gentile.-
-
Con Maes lo facevo sempre, lui a volte s’impuntava peggio di te dimenticandosi
spesso di venire a cena, ma io sapevo come costringerlo… però non posso fare la
stessa cosa con te, la mia era una minaccia molto
particolare.-
Roy
la osservò, era arrossita come una ragazzina al ricordo di quei momenti. Forse
solo ora, guardandola da così vicino era riuscito a capire il perché Hughes
fosse tanto innamorato di lei. Glacyer era una donna dalle mille doti, dolce e
gentile, ma anche forte e sicura di se. Roy poggiò il piatto
semi vuoto sulla scrivania, spostando un cumulo di fogli e prese la mano
della donna tra la sua.
-
Vuoi che ti dia una mano a riordinare tutte queste carte?- chiese lei non
riuscendo a capire perché le stesse tenendo la mano in quel modo. In quel
momento le tornarono alla mente tutte le volte che Maes le parlava di Roy, lo descriveva come un eterno Don Giovanni che doveva mettere la
testa a posto e trovare una moglie. Solo ora si
rendeva conto che non era quella la verità, Roy aveva semplicemente paura di
rimanere solo, era sicuro di se solo quando qualcuno lo appoggiava e ora che
Riza non c’era, voleva appoggiarsi un po’ a lei.
-
Grazie per tutto quello che fai, grazie per essermi vicina
anche se non lo merito.- Lei si staccò da lui, iniziando a raccogliere i
fogli sparsi per terra e riordinandoli sulla scrivania di Riza. Mustang si
concentrò di nuovo sul lavoro, gettandole un occhio ogni tanto.
Scattò
come una molla quando la porta del suo ufficio si aprì di colpo, mostrando un
sergente Brosh senza fiato per la corsa.
-
Colonnello abbiamo novità, poco fa il sottotenente
Ross mi ha avvertito di aver ricordato ogni cosa, ma Ed è andato avanti da
solo!-
Mustang
si alzò cercando ulteriori spiegazioni, aveva mutato
la sua espressione in pochi secondi. Glacyer faticò a riconoscere l’uomo di
pochi minuti prima, da quello che aveva davanti in quel momento. Messo al
corrente della situazione, richiamò tutti i suoi
sottoposti in ufficio. Havoc, Falmann, Breda, Fury insieme al
maggiore Armstrong avvertito da quest’ultimo.
-
Dobbiamo agire il prima possibile, non ho avuto alcuna
autorizzazione, quindi non posso ordinarvi di venire con me. Agirò in borghese,
chi vuole venire si prepari ora.-
-
Colonnello lei è il nostro superiore, come lo è anche il tenente Hawkeye, credo
di parlare a nome di tutti quando le dico che deve continuare
ad essere il nostro capo anche in una missione come questa.- Rispose Havoc,
trovando l’assenso di tutti i presenti.
In
poco tempo era cambiato tutto, Mustang era tornato il solito colonnello e anche
gli altri, che in quei giorni oscuri erano cambiati, stavano tornando come
prima. Glacyer porse a Mustang i guanti alchemici che aveva trovato nel
cassetto della scrivania di Riza.
-
Sta attento mi raccomando.-
-
Torna a casa e dimenticati di tutto questo, non devi entrarci anche tu in
questa storia. Forse dovresti lasciare Central City per qualche giorno, so che il genitori di Maes vivono qui vicino…-
-
Non sono mai scappata Roy, non c’è pericolo per me e
per Alicia. Stai tranquillo e pensa a recuperare Riza e Winry.-
Prima
di uscire Roy si infilò un secondo paio di guanti in
tasca e lasciò l’ufficio.
Stavano
iniziando!
Tutto
si sarebbe risolto con loro, non voleva neanche pensare che fosse
troppo tardi, non voleva neanche pensare che in quell’operazione avrebbe potuto
dire addio a qualche suo amico, perché tutti quelli che avevano deciso di
seguirlo non erano solo dei suoi sottoposti, erano una parte di lui, da solo si
sarebbe lasciato andare da molto tempo.
La
porta si aprì lentamente, entrò uno spiffero d’aria consumata molto fastidiosa.
-
Sta iniziando Envy, lui è già all’entrata e presto arriveranno anche gli altri.-
-
Che le hai fatto?- rispose l’invidia a quella persona così irritante. Stava
sorridendo nel vederli in quello stato, come se fosse una scena troppo
divertente. La ragazza era stesa sul letto, coperta dalle lenzuola, respirava
ancora in maniera difficoltosa, mentre Envy era seduto al suo fianco,
indossando solo i pantaloncini neri e cercando di alleviarle il dolore.
-
Ora che ti sei tolto dalla mente la tua ossessione per lei, puoi dedicarti a
quello che è il tuo scopo. Ti ho dato una mano, forse tra qualche giorno
tornerà normale. Ti aspetto il quel luogo.-
Detto
questo chiuse la porta lasciandoli soli. Winry aprì
leggermente gli occhi, cercando a fatica la figura di Envy al suo fianco. La
ragazza gli poggiò una mano sulla gamba, cercando attenzione. Envy spostò lo
sguardo, la sentiva ancora troppo calda, ma lui non poteva sapere se fosse
febbre.
-
Non si è accorta di niente, era troppo presa da quello che deve succedere.-
Detto questo si mise in ginocchio, prendendola con
entrambe le braccia e alzandola dal letto, scese con un salto e si avvicinò
alla porta del bagno. La fece inginocchiare davanti al water e si mise al suo
fianco, tenendogli i capelli con una mano.
-
Forza, lo so che ti fa male, ma devi liberarti di quella schifezza che ti ha dato.-
-
Grazie…-
Envy
non rispose, la fece piegare in avanti aiutandola a rimettere. Era già la terza
volta che lo faceva, ma la ragazza non dava segni di miglioramento, forse era troppo tardi e aveva già assimilato quella strana
sostanza, ma doveva provarci.
Terminata
l’ennesima tortura, la ragazza si aggrappò a lui cercando un sostegno, faticava
persino a tenere gli occhi aperti, lui sapeva che non riusciva a mettere a
fuoco. Envy le fece bere un bicchiere d’acqua a forza, aveva bisogno di molti
liquidi in quel momento. Non poteva neanche immaginare quanto lei stesse male,
lui che non era umano, non aveva di questi problemi, sicuro non si sarebbe mai
fatto mettere ko da una simile cosa, ma lei era debole. Tutte le volte che l’aveva vista insieme a quel tappo, tutte le volte che ne
aveva preso l’aspetto, per capire cosa ci fosse in lei che ad Ed piacesse, non
l’aveva mai vista in quelle condizioni. Era sempre forte, risoluta e a volte
anche molto nervosa per essere una ragazza, invece era da ore che non faceva
che aggrapparsi a lui, dirgli grazie e cercare qualcosa che lui non capiva.
Nonostante tutto, era quel grazie ripetuto fino
all’inverosimile, a farlo sentire strano. Non capiva se fosse un ringraziamento
all’aiuto che le stava dando o al fatto che prima, nonostante potesse farle ciò
che voleva, aveva invece scelto di non fare nulla? Da quando aveva iniziato ad
avere i sensi di colpa per quello che faceva? Da quando aveva iniziato a dare
ascolto alla sua coscienza se mai ne aveva una? Forse da quando l’aveva
incontrata.
La
riportò a letto e la coprì per bene. Si rivestì in fretta, ma prima di poterla
lasciare, lei lo fermò ancora una volta. Sembrava aver ripreso un po’ di
lucidità, era riuscita ad aprire completamente gli occhi, anche se erano
pallidi e privi di luminosità.
-
Non andare… rimani qui…-
-
Hai visto anche tu che il tappo alla fine è venuto a prenderti, quindi smettila
di fare tante scene, di certo non ti importa di me.-
-
Rimani con me… Non voglio che tu combatta contro di lui, vi ucciderete…-
-
Piantala!- si voltò di scatto staccandosi da lei, il
braccio di Winry ricadde senza forza sul letto e lui ne fu quasi dispiaciuto. -
Non credere che mi lasci ammazzare da uno come lui!
Quando lo avrò fatto fuori tornerò qui e non ci
saranno più scuse, smetterò di sentirmi in colpa per qualcosa che non ho ancora
fatto.-
-
Non è colpa, ma amore.-
Non
volle ascoltare oltre e la lasciò chiudendo a chiave la porta.
“Amore…
io non sono umano e quelli come me non provano simili cose… se non l’ho fatto era perché non lo volevo punto e basta. Non certo
perché mi dispiaceva per lei o perché stava piangendo. Ora devo solo pensare a
far fuori quel nano, solo allora smetterò di stare in questo modo”
Aveva
trovato la chiesa quando ancora le campane segnavano l’ora, la porta della
struttura era come aveva detto Maria Ross, grande e in marmo bianco. Entrò
nella chiesa, sembrava in disuso da un po’ di tempo, le panche delle navate
erano accumulate agli angoli e sul pavimento c’erano più di cinque centimetri
di polvere, tanto che si riusciva a distinguere se qualcuno era passato di
recente, ed infatti era così. In un angolo c’era un
pezzo di pavimento in cui non si era accumulata tanta polvere, portava da una
porta nascosta in un angolo. Si incamminò ascoltando
l’eco dei suoi passi. Arrivò alla porta, era ferro, costruita di recente, l’aprì forzando la serratura con l’alchimia e si ritrovò a
dover scendere una lunga scala scura. Dall’interno proveniva un forte odore di
marcio, come di carne putrida, così forte da dare il
volta stomaco. Continuò a scendere, cercando di fare meno rumore possibile, se
magari fosse stato attento a non farsi scoprire, avrebbe potuto liberare Winry
evitando inutili battaglie, eppure voleva confrontarsi con Envy, voleva averlo davanti e farsi dire ogni cosa. La confessione
di quel pazzo, sentirsi dire in faccia che aveva fatto del male alla sua Winry,
lo avrebbe reso cieco e si sarebbe lanciato contro di lui cercando una sciocca
vendetta. Ma in un certo senso lo voleva.
Terminata
la scalinata si trovò a dover percorrere un lungo
corridoio, al lato solo mura di pietra scura e umida, eppure davanti a lui
sentiva provenire un lieve spiffero d’aria. Non aveva incontrato alcun tipo di
resistenza, ma la cosa non lo sollevava affatto.
-
Sei arrivato finalmente Edward… ti stavamo aspettando tutti con molta
impazienza.- La voce era di una donna, con una cadenza lenta e quasi
soporifera, stanca in qualche modo.
-
Mamma…- Il tremore nella sua voce era ben evidente. L’aveva già vista, ci aveva
già parlato, eppure ogni volta era una tale sofferenza vedere quel corpo.
Quello era l’homunculus che lui e suo fratello avevano creato, quello era il
frutto del loro grande peccato, un essere con lo stesso aspetto della loro
madre, ma completamente diverso. - Ah, no! Il tuo nome è Sloth non è vero?-
-
Sono stata chiamata in questo modo, ma tu puoi anche continuare a chiamarmi
mamma, non mi disturba affatto.-
-
Ma disturba me! Tu non sei lei, solo una sua brutta
copia.-
-
Se sono così brutta avresti dovuto farmi meglio, non
credi?-
-
Piantala! Sei qui per conversare o per combattere?-
Evidentemente per Ed era difficile parlare con quella donna, non riusciva a
trattarla realmente con la freddezza con cui poteva parlare ad
un nemico, era pur sempre il corpo di sua madre.
-
Sono qui per accompagnarti, potresti perderti in questi vicoli e quella persona
ti vuole sano e salvo. Sei importante…-
Sloth
iniziò a camminare per il corridoio seguito da un Ed con i sensi tesi e molto
concentrato, che non facessi brutti scherzi. Sentire il ticchettio dei tacchi
sulla roccia era quasi ipnotizzante, la osservava da dietro
anche se non voleva. Somigliava davvero molto a sua madre e sapeva che
avrebbe dovuto combattere con lei, doveva vederla
quindi come un nemico e nulla di più.
-
A cosa pensi Ed?-
-
Nulla, ero solo concentrato.-
-
Vuoi sapere di quella ragazza, Winry?- Ed si fermò,
come paralizzato, Sloth si voltò sorridendo, aveva centrato il nocciolo della
questione, Ed era in ansia per quella ragazza. - Ora appartiene ad Envy, non credo che voglia tornare con te. Ci hai
impiegato troppo e ha ceduto. Non voleva morire e quella persona l’ha
sottoposta a uno stress non indifferente. Le ha messo paura, dicendole che
l’avrebbe trasformata nella nuova Lust. Se tu avessi agito prima, ora avresti
avuto qualche chance in più di riaverla.-
-
Envy le ha fatto del male, non dirmi che…-
-
Non ha agito di certo da solo, se hanno fatto quello che tu pensi, lo hanno fatto in due, lei non è mai stata obbligata, questa
volta Envy ha fatto le cose per bene.- Aveva di nuovo colpito, girato il
coltello nella piaga, Ed stava soffrendo. Lo dimostravano il viso basso e i
pugni serrati. - Se vuoi rinunciare a salvarla sappi che ti impedirò
di lasciare questo posto.-
-
No, non me ne vado. Voglio sentire da lei la verità, voglio
che mi dica che non vuole più vedermi. So di aver sbagliato, so
che avrei dovuto agire prima, ma mi fidavo di lei.-
-
A volte la fiducia non basta e la paura di morire diventa più forte di qualsiasi sentimento… Io credo che tu lo sappia Ed, ma
non tutti hanno la tua stessa forza. Qualcun altro al tuo posto avrebbe già
ceduto da tempo.-
-
Mamma…- Sloth rimase per un attimo sorpresa di sentirsi chiamare ancora in quel
modo, credeva che Ed la odiasse o che provasse disgusto nel vederla, invece
aveva alzato il viso e le aveva quasi sorriso.
-
Dimmi.-
-
Potresti non parlare più con me… quando ti comporti così
sembri davvero mia madre e non riuscirei a combattere con te con questa consapevolezza.-
Rimase
in silenzio per qualche secondo, poi sorrise anche lei di rimando, voltandosi
dalla parte opposta.
-
Certo…-
Per
tutto il resto del viaggio non disse più una parola, Ed recuperò un po’ del
coraggio che con quel dialogo aveva perso e si concentrò su quello che doveva
fare… Non voleva pensare che Winry lo avesse dimenticato, glielo avrebbe detto
lei di persona… come fossero andate le cose, alla fine quello scontro si
sarebbe svolto comunque, ma crederlo una battaglia d’amore, forse era più
romantico e meno crudele di quanto non fosse la realtà.
Il
sergente Brosh non ragionava bene quando si trattava
del sottotenente, nonostante Mustang lo avesse avvertito di non dare troppo
nell’occhio, lui si era gettato sulla donna, felice di rivederla, ma come
risposta aveva ricevuto in cambio un pugno in testa e un idiota gridato con
rabbia.
-
Colonnello Mustang.- La donna accennò il saluto militare come poteva e si mise
automaticamente sull’attenti.
-
Non c’è bisogno, nessuno di noi è in servizio adesso. Sa che vestita così è
proprio una bella donna?- rise leggermente, ma il suo sguardo tornò subito
serio e chiese immediatamente di Ed.
-
Ho provato a dirgli di aspettare, ma non ha sentito ragioni. Poco distante c’è
una chiesa, ho saputo da alcuni di qui che nessuno la usa da anni. Deve esserci
un passaggio o qualcosa che conduca a dei sotterranei. Forse siete ancora in
tempo e incontrerete Ed ancora li.-
-
Speriamo che sia così, ma quel nanetto sa il fatto suo e avrà già trovato
l’entrata. Grazie di tutto. Ora è meglio che torni a riposare, la vedo stanca.-
-
Vorrei esservi di aiuto in qualche modo, ma con il braccio in queste condizioni
non sono neanche in grado di mirare.- Maria si scusò ancora con il colonnello,
ma Mustang cercò di rassicurarla, le poggiò una mano sulla spalla sforzandosi
di sorriderle.
Maria
Ross osservò il gruppo che si dirigeva per la stessa strada che aveva percorso
Ed poco prima, aveva il cuore a mille in quel momento. Mustang aveva lasciato
indietro il sergente Brosh con l’ordine di occuparsi
della donna.
-
Sottotenente sarebbe meglio se la accompagnassi a casa ora.-
-
Mi dispiace che tu sia dovuto rimanere qui ad occuparti di me.-
rispose con tono triste, mentre lui la accompagnava verso la macchina che
avevano usato per arrivare fin li.
-
A dire la verità Mustang mi ha chiesto di occuparmi di Alphonse,
lui non sa nulla di quello che è accaduto ad Ed e il colonnello teme che possa
fare qualche sciocchezza.-
-
Vengo con te se non ti dispiace.-
-
Certo che no…-
Il
sergente continuò a mordersi il labbro inferiore per tutto il viaggio, cercando
di non farle notare che le stava guardando ad intervalli molto regolari, le
gambe lasciate scoperte dalla gonna.
-
Ecco io… sei molto bella vestita così…-
Il
sergente fece per cambiare marcia, lei ne approfittò per incrociare la sua mano
con l’altra. Non era riuscita a rispondergli in quel momento, ma a lui bastava
quel piccolo gesto.
Suo
fratello era uscito la mattina presto, ci aveva impiegato un sacco di tempo per
vestirsi e non aveva neanche voluto farsi la solita treccia ai capelli. Lui
sapeva che doveva andare a trovare il sottotenente Ross per aiutarla a
recuperare qualche ricordo di quel periodo, ma Al avrebbe voluto seguirlo
almeno questa volta. Da quando era cominciata tutta quella strana storia, suo
fratello non aveva fatto altro che lasciarlo fuori. Non sapeva che cosa stesse
facendo o a cosa pensava, non sapeva se era preoccupato per Winry
o meno. Neanche il colonnello Mustang si era fatto vivo, era rimasto solo in
quella stanza della loro solita locanda, ad aspettare che qualcuno lo rendesse
partecipe. Si sentiva escluso, forse perché tutti pensavano che fosse troppo
piccolo, ma nonostante non avesse un corpo di carne e ossa, la sua anima era
cresciuta insieme a suo fratello, solo che nessuno lo sapeva. La noia di quella
giornata fu interrotta da una visita inaspettata. Al sentì bussare alla porta,
ma non rispose subito.
-
Che c’è gigante, hai paura che possa farti del male? Sei quattro volte più
grande di me!-
Ci
mise un po’ a riconoscere quella voce, era di un bambino e all’ennesimo
silenzio entrò senza attendere oltre, era Wrath.
-
Sono venuto a prenderti, il tuo caro fratellone tra un po’ si troverà in un
mare di guai e magari potresti dargli una mano.-
-
Che gli avete fatto? Dov’è mio fratello adesso?-
-
Calma, calma! Vieni con me prima che ti fermino e lo incontrerai.- rispose Wrath fingendo di temere la mole di Al. Non era stato poi
così difficile convincerlo, al contrario di Ed, lui non era così risoluto da
capire che lui lo stava ingannando. Uscirono dalla locanda, senza preoccuparsi
minimamente di dare nell’occhio, un’armatura e un bambino a dir poco
terrificante, che vagavano per le strade di Central.
Non
fu difficile per Mustang e gli altri trovare la via giusta, Ed aveva lasciato
delle tracce più che evidenti e Roy provò un senso di fierezza totale verso
quel ragazzino. S’incamminarono anche loro per la scala, facendosi luce con
delle torce elettriche. L’odore nauseante sembrava diventare sempre più forte e
penetrante mentre scendevano. Nessuno di loro parlava, camminavano in un muto
silenzio osservandosi intorno. In poco tempo si ritrovarono a dover scegliere
quale via seguire. La strada principale si diramava in tre diverse direzioni.
-
Colonnello, non ci sono tracce di Edward, credo che a questo punto dovremo
separarci.- fece Havoc, cercando qualche indizio che
potesse aiutarli.
-
Come avrà fatto Ed a scegliere la via giusta?- si chiese Mustang senza potersi
dare una risposta.
-
Ha ragione Havoc, dobbiamo dividerci o non riusciremo
ad uscirne.-
Decisero
le tre squadre da due membri, nel cunicolo di destra entrarono Mustang assieme
a Fury, Havoc e Breda
presero quello centrale, mentre Armstrong e Falmann
quello di sinistra.
-
D’ora in poi non potremo comunicare, se vi trovate in pericolo, prego tutti di
scappare. Non strafate e non rimetteteci la pelle o dovrete vedervela con me.-
Si
congedarono con il saluto militare e proseguirono.
-
Quanto manca ancora?-
Non
ricevette risposta, infondo era stato lui e chiederle di non parlare e Sloth stava rispettando perfettamente quella richiesta.
Solo che ora si era stancato di quel silenzio, per tutto il tragitto aveva
cercato di memorizzare la strada, ma ora aveva perso completamente il senso
dell’orientamento. Improvvisamente si trovò a sentire aria meno consumata,
respirò a fondo cercando di capire se fosse giunto alla fine, ma continuando a
seguire quella donna alla fine si ritrovò in una strana stanza molto grande.
Infondo scorse come un palco in legno, parzialmente coperto da tende in velluto
rosso; si guardò in giro. Intorno era come se ci fossero delle piccole stanze
per l’osservazione, era in una specie di vecchio teatro.
-
Finalmente sei arrivato moccioso d’acciaio! Mi stavo stancando di aspettare.-
Ed si voltò verso la voce irritante che conosceva bene. Envy lo attendeva con
le braccia conserte sul palco. - Sloth hai altro da
fare, puoi lasciarci.- La donna sparì in pochi secondi, proprio come le era
stato ordinato.
-
Envy!!!!- Ed lo gridò senza volerlo. Era stanco ed estremamente frustrato.
-
Non serve gridare nanetto, guarda che ci sento benissimo.- Scese dal palco con
un solo salto e iniziò ad avvicinarsi indicandogli di guardare bene dove stava
mettendo i piedi. Ed abbassò lo sguardo, sul pavimento era disegnato un grande
cerchio alchemico a sette punte, lo stesso che avevano usato per la
trasmutazione di Riza in ospedale, con qualche
leggera differenza.
-
Cosa vuoi da me Envy? Dov’è Winry?-
-
Oh, lei non è più affar tuo nano. Piuttosto pensa a quello che devi fare.-
Ora
gli era vicinissimo, così tanto che Ed poteva sentire il suo respiro sul collo,
mentre ad Envy prudevano terribilmente le mani, voleva prendere a pugni quella
faccia, che tanto somigliava a quella di un uomo che lui odiava forse più di
Ed.
-
Che vuoi che faccia? Che diavolo vi siete messi in mente?-
Per
Envy, sentirsi rispondere il quel modo
era troppo e non resistette, strinse il pugno colpendolo al viso. Ed stramazzò
a terra reggendosi la mandibola e spuntando sangue. Envy lo prese per il
colletto tirandolo su e guardandolo con rabbia.
-
Fa scendere un po’ la tua arroganza tappo, qui sono io che dirigo il gioco e tu
fai quello che io dico, così è sempre stato.-
Ed
rispose con un calcio, scacciandolo da lui e rialzandosi. Batté i palmi delle mani, passando poi sull’auto-
mail per creare una specie di lama.
-
Buono, buono barattolo! Se ti scaldi così ora, non avrai forze per quello che
devi fare. Abbiamo in custodia non solo la donna del FlameAlchemist, ma anche il tuo caro fratellino, quindi
vedi di collaborare.-
-
Come siete arrivati anche ad Al, gli avevo detto di rimanere fermo?-
-
Vedi, il caro fratellino era in pensiero per te, ho mandato Wrath
a prenderlo e lui lo ha seguito senza fare storie.-
Envy
aveva colpito nel segno, Ed sembrava essersi calmato e pronto ad ascoltarlo.
-
Dov’è Al adesso?-
-
Wrath!!- Gridò Envy al vuoto e in quel momento il
ragazzino comparve da un angolo tirando verso il basso una leva in legno e
indicando di guardare in alto. Ed alzò lo sguardo verso il soffitto, attaccato
ad una corda c’era l’armatura di Al, gli arti erano stati staccati e agganciati
alla stessa corda. In quello stato era impossibilitato a muoversi.
-
Fratellone mi dispiace!- Gridò Al da sopra, ad Ed giunse la sua voce ovattata
dall’eco del salone e molto debole.
-
Quello che devi fare caro Fullmetal tappo è una
trasmutazione, come quella che ti abbiamo chiesto nel laboratorio numero
cinque. Qui sotto ci sono i tuoi sacrifici e tutta l’acqua rossa di cui hai
bisogno, ogni cosa è al suo posto. La volta scorsa ti sei emozionato vedendo in
faccia i sacrifici, ma questa volta è diverso, non credi?-
-
Envy sei un bastardo, non farò mai una cosa simile!-
-
Non ti importa di tuo fratello? Non sai neanche chi siano i tizi chiusi li
sotto, mi spieghi dov’è il problema?-
-
Io non posso uccidere tutte quelle persone…-
Come
risposta ebbe solo una triste risata da parte di Envy, l’homunculus lo colpì di
nuovo alla sprovvista, facendolo capitolare a terra. Questa volta era stato
ancora più feroce e non appena cercò di rialzarsi, Ed sentì uno strano
scricchiolio alle costole, che gli mozzò il respiro.
-
Envy! Se fai così lo ammazzi prima del tempo.- L’invidia si voltò di colpo a
quella voce, sul palco da dove era sceso lui poco prima, c’era la figura di
quella persona. Aveva indossato un vestito nero con un velo che le copriva il
viso, in mano reggeva un pugnale vecchio stile e teneva per i capelli una
ragazza bionda. La costrinse ad inginocchiarsi davanti a lei e le fermò la lama
proprio sul collo, Envy la sentì lamentarsi per il trattamento brusco.
-
Che diavolo significa questo? Perché l’hai portata qui?- Gridò Envy preso dalla
rabbia, Ed volse lo sguardo verso ciò che succedeva ed incontrò il viso di Winry, pallido e spento.
-
Se non vuole farlo per il fratello, vediamo se lo fa per la persona che è
venuto a salvare.-
Ed
provò a chiamare il nome della ragazza, ma il colpo di Envy gli strozzò le
parole in gola.
-
Vedi mio caro, questa ragazzina non sta molto bene e tu non hai neanche molto
tempo. Adesso ha perso la vista, tra un po’ non riuscirà neanche più a
parlare.-
In
quel momento Envy fu travolto dalla rabbia di prendere a calci quella persona,
ma non poteva farlo e cercò di non badare a Winry.
-
Ora che rispondi Fullmetal, vuoi che la uccida
davanti ai tuoi occhi?- La donna vestita di nero tirò ancora di più indietro la
testa della ragazza, procurandole un leggero taglio sul collo, Ed vide alcune
gocce di sangue scorrerle in basso e morire tra i seni, scoperti dalla
vestaglia.
-
Smettila!- Gridò Ed, accorgendosi che la ragazza aveva sentito la sua voce e si
era leggermente agitata, eppure il nome che invocò non fu il suo, il ragazzo la
vide muovere le labbra, ma da quella distanza non riuscì a cogliere cosa stesse
dicendo, aspettò quindi che la donna riferisse ogni cosa.
-
Envy, la ragazzina ti sta chiamando, vuole che tu non faccia del male al figlio
di Hoheneim. Non so, dice che è una promessa.-
-
Che significa questo?- Forse non era così, forse quella donna si stava
semplicemente prendendo gioco di lui, eppure sapere che lei poteva solo aver
pronunciato il nome di Envy anziché il suo, lo infastidiva. Di certo non poteva
immaginare che lei temesse di chiamarlo, aveva imparato a conoscere
l’homunculus e sapeva che se solo avesse invocato il nome di Ed lui si sarebbe
arrabbiato e gli avrebbe fatto del male, eppure così facendo feriva entrambi.
-
Basta con questa falsa, cerchiamo di non perdere altro tempo.- Irruppe Envy
esortando a fare come gli era stato ordinato. - Hai tutto ciò che ti serve,
quindi procedi o perderai entrambi.-
Il
vicolo che stavano percorrendo sembrava diventare sempre più stretto, Mustang e
Fury facevano fatica a muoversi, per di più si
respirava a malapena. Si fermarono per riprendere fiato un secondo,
appoggiandosi alle pareti.
-
Colonnello non le sembra tutto troppo strano… da un
po’ c’è un odore particolare che mi sta dando fastidio e…-
Si bloccò di colpo e senza dire altro, tirò fuori la pistola, mirando alla
cieca davanti a lui. - Ho sentito un rumore sospetto, sembrano come… sembrano passi trascinati…-
Anche
Mustang si mise in ascolto, teso come una corda di violino, se li avessero
attaccati in quel luogo così stretto, lui non avrebbe potuto utilizzare
l’alchimia, il pericolo di far esplodere tutto era grande.
-
Non tema colonnello, non sono bravo come il tenente Hawkeye,
ma ho una buona mira.-
-
Non ne dubito sergente maggiore, mi fido…- In quel
momento sentì anche lui gli stessi passi trascinati a forza, poi un odore
nauseante di carne putrida diede entrambi allo stomaco.
-
Mio dio è rivoltante!- Sbottò Fury trattenendo un
conato a fatica. La via si riempì di strani rumori gutturali, come versi di
animali, sembrava di essere in un film horror, in cui improvvisamente sbuca il
mostro. Infatti fu proprio così. Quando Mustang alzò la torcia verso il corridoio
incrociò figure deformi che avanzavano verso di loro, una sorta di zombi
mutati, chimere di persone defunte.
-
Come è possibile fare una cosa simile?- Fury non ebbe
risposta, Mustang non avrebbe saputo come rispondergli. In quel momento
percepirono in lontananza il rumore di spari, anche gli altri avevano
incontrato qualcosa di molto simile a quell’orrore che avevano davanti agli
occhi.
Mustang
si preparò con i guanti alchemici, cercando di concentrare le fiamme in punti
ben precisi ed evitare danni a loro o alla struttura. Schioccò le dita
ripetutamente, ad uno ad uno quegli strani esseri prendevano fuoco o cadevano
sotto i colpi del sergente Fury.
-
Quante munizioni hai?- Domandò Mustang schivando una chimera prima che potesse
afferrarlo.
-
Abbastanza per ora, mi chiedo se siano come gli zombie dei film?- mirò alla
testa di un secondo, facendolo stramazzare a terra.
-
Non ho intenzione ne di chiederlo ne di sperimentarlo.-
In
quel momento Fury fu afferrato per una gamba e tirato
giù come un sacco, Mustang fece esplodere la testa di quell’obbrobrio appena in
tempo, ma non si accorse che qualcosa stava arrivando alle sue spalle.
Armstrong
non era il tipo da tirare le cose per le lunghe, aveva messo al tappeto una
ventina di quelle chimere orribili, cercando di capire come fossero state
create. Alcune avevano parti intere di animali, altri invece avevano un corpo
simile a quello umano, ma si comportavano come bestie senza contare che la
maggior parte erano solo cadaveri che camminavano. Non avvertivano il dolore
delle ferite e bisognava metterle fuori gioco con un colpo preciso. Falmann se
la cavava molto bene con la pistola e il fuoco di protezione, che concedeva
allo Strong Alchemist, era molto utile.
-
Dovreste sentirvi onorati di sperimentare l’alchimia artistica tramandata da
generazione in generazione dalla famiglia Armstrong!-
-
Con tutto il rispetto maggiore, ma non credo che a loro interessi.-
-
Ma interessa me!- Il maggiore sfoderò tutto lo splendore del suo corpo,
meravigliandosi che quelle chimere non svenissero davanti alla sua enorme ed
esuberante bellezza. - Io comincio a stare un po’ stretto!- Detto questo colpì
con forza la parete alla sua destra aprendo un grande varco e connettendo, tra
loro, la via che stavano percorrendo e quella che Havoc e Breda avevano preso.
Anche loro erano in difficoltà, sparavano a raffica cercando di fermare
quell’orrenda ondata, ma sembra tutto inutile.
-
Maggiore splendida entrata!-
-
Grazie sottotenente Havoc, credo di aver dato il meglio di me!-
-
Maggiore! Crede di poterci ricongiungere anche con il colonnello?- Chiese Breda
prendendo una chimera per il braccio e usandola a mo di spolverino, mentre il
maggiore si concentrava per capire se potesse aprire un secondo varco. Tastò la
parete del cunicolo con molta cura e attenzione, nonostante la situazione.
-
No, questo cunicolo non è collegato con quello preso dal colonnello! Qui la
parete è piena rischierei di far crollare tutto!-
Le
imprecazioni del sottotenente furono coperte da una decina di spari continui,
ma ora dovevano occuparsi di uscire il più presto possibile da quella
situazione.
Era
stato colpito alla sprovvista, ma non era stata una chimera a ferirlo. Il colpo
era venuto netto e preciso facendogli perdere i sensi in pochi secondi.
L’ultima cosa che ricordava erano state le grida di Fury. Si alzò lentamente
tenendosi la testa dolorante. Era stato portato in una strana stanza dalle mura
in pietra, fredde come il ghiaccio.
-
Certo che gli umani sono prevedibili, vero mamma?-
-
Si Wrath, ma smettila di chiamarmi mamma.-
Cercò
di concentrarsi sulle voci che lo avevano attirato, scorse una donna dal lungo
vestito nero e un bambino che gli scodinzolava intorno.
-
Dove sono?- chiese biascicando qualche altra parola, ma era ancora molto
stordito dal colpo ricevuto.
-
Ben sveglio Flame Alchemist, ti conviene aprire gli occhi e darti un’occhiata
intorno.- Roy fece come gli era stato ordinato, davanti a lui c’era una grande
prigione in cui erano rinchiusi molte persone, sotto di loro un grande cerchio
alchemico a sette lati. Sapeva cosa significava tutto quello, ma lo temeva come
non aveva mai temuto nulla nella sua vita.
-
Volete che faccia una trasmutazione?-
-
Sei perspicace! Vogliamo proprio questo, ma in cambio riceverai qualcosa, non
siamo così egoisti.-
Wrath
si spostò impedendo a Mustang di vedere dove stesse andando e tornò poco dopo
trascinandosi dietro il corpo di una donna.
-
Riza…- al suono del suo nome la donna spostò leggermente la testa nella sua
direzione, ma non gli rispose. Non cambiò minimamente espressione nel vederlo.
-
Non capisco come mai, ma io me la ricordavo più combattiva, invece non ha mai
detto una parola da quando Envy l’ha portata qui.- Wrath la stava esaminando
come fosse un giocattolo e lei si lasciava manovrare. Solo in quel momento Roy
scorse il calcio della pistola di Fury appeso alla cintura dei pantaloncini del
bambino.
-
Che avete fatto al sergente Fury?-
-
Oh quell’altro tizio lo abbiamo chiuso con questi, servirà anche lui come
ingrediente.- Mustang spostò nuovamente lo sguardo verso i prigionieri, erano
tutti ridotti allo stremo e anche per questo nessuno si lamentava o cercava di
dire qualcosa, tra loro scorse il viso di Fury, era ancora privo di sensi
appoggiato in un angolo della prigione.
-
Ingredienti per cosa? Volete creare la pietra filosofale usando tutte queste
persone, ma è una follia!-
-
Queste e un altro centinaio circa!- rispose Wrath lasciando in malo modo la donna.
Riza ricadde priva di forze a terra, senza emettere un solo lamento. Roy non
riusciva neanche a guardarla in quello stato.
-
Non hai molto tempo Flame Alchemist, i tuoi compagni verranno uccisi dalle
chimere tra poco, ma possiamo concederti qualche minuto con la donna, tanto in
queste condizioni non andrà lontano.- Sloth ordinò a Wrath di far avvicinare
Riza al colonnello, il bambino obbedì sorridendo, come se fosse felice che la
donna gli avesse dato un ordine. Lasciò Riza a pochi centimetri da lui
rimanendo ad osservare la scena. Mustang si avvicinò e provò a toccarla, ma lei
sussultò come se non volesse.
-
Riza…Mi riconosci?- Allungò la mano verso il suo viso, notando che anche i
guanti alchemici gli erano stati portati via, in quelle condizioni e con Riza
priva di coscienza non poteva che obbedire a loro. Le prese la mano baciandola
leggermente, senza spaventarla. Lei lo lasciò fare, ma in un certo senso non se
ne era neanche accorta di averlo così vicino. - Mi dispiace… è solo colpa mia
se sei in questo stato…-
-
Se la vuoi salvare devi creare la pietra con queste persone. Tu non sei uno
sciocco come Edward e lo farai, infondo hai già ucciso senza motivo, sei un
alchimista e un soldato.-
Mustang
volse ancora lo sguardo verso le vittime, non si muovevano e nessuna di loro
sarebbe vissuta ancora a lungo, erano persone dimenticate da tutti, nessuno
avrebbe sofferto se fossero sparite. Riza al contrario era importante, per lui
e per molte altre persone. In guerra aveva ucciso molta più gente di quelle e
le colpe di cui si era macchiato erano anche peggiori, se fosse servito per lei
lo avrebbe fatto.
-
Liberate Fury da lì ed io farò quello che volete.-
Envy
lo aveva costretto a inginocchiarsi davanti al cerchio alchemico, lo aveva
picchiato e lui non aveva reagito minimamente. Dal palco quella persona
guardava ogni cosa compiaciuta di quello che sarebbe di lì a poco successo.
Tutto stava andando come lei voleva. Davanti ai suoi occhi il figlio di Hoheneim
e al piano inferiore il Flame Alchemist, insieme avrebbero avuto la forza
necessaria per creare una nuova pietra filosofale, c’erano tutti gli
ingredienti. Nessuno dei due alchimisti si rendeva conto di quante persone
avesse rinchiuso in quelle prigioni e ognuna di loro era collegata, in modo da
entrare a far parte della trasmutazione. L’acqua rossa scorreva nelle tubature
di tutto l’edificio, tonnellate di acqua rossa per dar forza all’alchimia.
Avrebbe così ottenuto ciò che voleva, la vita eterna e un nuovo corpo in cui
vivere, quello che utilizzava in quel momento stava deteriorando a vista
d’occhio.
-
Che diavolo stai aspettando? Vuoi muoverti a procedere, mi sono stancato di
aspettare!-
-
Fratellone non farlo, non ascoltarlo!- Dall’alto Al cercava di raggiungere suo
fratello come poteva, ma Ed sembrava stanco. Non aveva più combattuto da quando
quella donna aveva detto quelle cose di Winry, non aveva reagito minimamente
alle percosse di Envy e ora sembrava una marionetta nelle mani dell’homunculus.
-
Fratellone!-
-
Ed non farlo!- Solo il suono del suo nome, gridato da lei lo fece destare. Envy
si voltò di scatto verso il palco, tremava come una foglia, lei lo aveva
chiamato dopo tanto tempo. Era riuscita a raccogliere le ultime forze
scacciando la donna, ma non riuscendo a vedere dove si muoveva, era precipitava
dal palco. La caduta era stata forte e il colpo ricevuto la fece stare molto
male, iniziò a tossire convulsamente macchiandosi di sangue il viso.
-
Win…-
-
Winry!- Nel momento in cui Ed la stava chiamando, Envy era scattato verso di
lei ad una velocità sovrumana e in pochi secondi l’aveva raggiunta,
stringendola tra le braccia e controllando i danni della caduta. Ed li
osservava e in quel momento era come se gli mancasse l’aria per respirare, era
cosciente del fatto che lei sapesse che al suo fianco c’era quell’homunculus,
ma non ne era per nulla spaventata, al contrario si era aggrappata a lui con
forza.
-
Sei una stupida! Se ti agiti in questo modo peggiori la situazione.-
-
Mi… avevi promesso che non gli avresti fatto del male…- faticava a parlare e
nonostante lui le stesse chiedendo di non fare altri sforzi, lei non lo
ascoltava, sembrava arrabbiata.
-
Queste non sono cose che io posso scegliere… senza contare che la promessa è
venuta meno ora… tu lo hai chiamato!-
-
Allora uccidimi e facciamola finita con questa falsa… in fondo al mio cuore non
ho mai smesso di aspettarlo…- Nonostante il dolore che stava provando in quel
momento, nonostante tutto quello che era stata costretta a sopportare, era
riuscita ad essere forte, li in mezzo era sicuramente la migliore di tutti.
Envy
strinse le mani intorno al collo della ragazza e lei chiuse gli occhi, da
lontano Ed provò a fermarlo, ma l’invidia lo bloccò prima che potesse fare una
sola mossa e allontanarsi dal cerchio.
-
Prova ad avvicinarti e le spezzo il collo con un solo gesto! Sarai contento
vero? Ti fa piacere?!-
-
Envy lasciala andare!- gridò di rimando, ma il tono con cui lo aveva detto non
era neanche paragonabile a quello usato dall’homunculus. Era arrabbiato, forse
deluso o triste, non era abituato a tutti quei sentimenti e non sapeva neanche
controllarli.
-
Muoviti tappo, in queste condizioni mi basta davvero poco per ammazzarla!-
Ed
battè le mani richiamando l’attenzione della donna, la vedeva impaziente,
fremeva al solo pensiero che era bastato davvero poco per farlo cedere. Envy al
contrario non si voltò neanche, rimase fermo a fissare la ragazza che aveva tra
le mani, non aveva stretto la presa, ma le sue labbra erano diventate violacee e
respirava in modo troppo irregolare.
-
Dimmi di non ucciderti!- gli chiese in preda a un turbinio di emozioni che lo
rendevano forse più pazzo di quanto non fosse in realtà.
-
Fermalo…- rispose a fatica, non si sforzava neanche di aprire gli occhi, tanto
ormai la vista se ne era andata da tempo, riusciva solo a sentire la sua voce a
stento e quelle mani gelide su di lei ancora una volta. Provò ad allungare un
braccio verso di lui, strinse un lembo della sua maglietta e si tirò su a
forza, Envy allentò la presa non riuscendo a capire cosa volesse fare. Se la
ritrovò tra le braccia, con il viso sul suo petto, lo stringeva con quelle
poche forze che le erano rimaste. - Fermalo ti scongiuro…- Envy spostò lo
sguardo verso il biondino, aveva le braccia tese in avanti, le mani stavano per
toccare il cerchio alchemico.
Si
era inginocchiato a terra, Wrath aveva ripreso in custodia Riza e si era
riparato in un angolo della grande stanza aspettando che lui compisse la
trasmutazione. Avevano liberato Fury e legato accanto alla donna, proprio come
gli era stato chiesto. Non doveva essere un elemento importante se ci avevano
rinunciato tanto facilmente, questo gli fece capire che oltre a quelli che
aveva davanti ce ne erano molti altri. Ad ogni modo non poteva esitare, quelle
persone sarebbero alla fin fine morte comunque, mentre lui voleva salvare la
donna a cui probabilmente aveva rovinato la vita. Allungò le braccia in avanti,
pronto a poggiare le mani sul grande cerchio alchemico…
-
Muoviti alchimista… non abbiamo tempo…-
Erano
riusciti ad arrivare molto avanti, le chimere avevano perso forza o forse loro
si erano abituati a farle fuori in poco tempo. Erano giunti davanti ad una
porta immensa costruita in ferro molto spesso, all’interno non si sentiva nessun
rumore. Armstrong poggiò le mani sulla porta cercando un punto dove potesse
aprire un varco per passare, prima che le chimere li raggiungessero. Erano
tutti salvi a parte qualche leggera ferita e ammaccatura, ma erano stanchi e a
corto di munizioni.
-
Muoviti alchimista… non abbiamo tempo…-
Quando
da dentro, Armstrong sentì quella voce, non perse più tempo, preparò un colpo
potente con i suoi guanti speciali e colpì la porta facendola cadere in avanti…
…
eppure in quel momento qualcosa fu attivato, delle mani furono poggiate sul
grande cerchio alchemico… una luce rossa investì tutti i presenti… grida di
dolore e sangue versato…
Scusate il ritardo, ma
sono andata in vacanza, ben due settimane senza internet, oddio che incubo!!!
Spero che il capitolo vi piaccia e prometto di aggiornare presto, un saluto a
tutti ciao ciao
23. Dolore…
La
stanza si era riempita di un bagliore rosso accecante, nonostante lui non
avesse ancora toccato il cerchio alchemico, qualcosa si era attivato
automaticamente. Le grida delle persone all’interno della prigione gli ferivano
le orecchie, senza contare il colpo improvviso che era giunto dalla porta, ora
completamente sfondata. Era difficile tenere gli occhi aperti a causa di quel
bagliore, le pareti tremavano violentemente e lui ne approfittò per tirare
fuori il secondo paio di guanti dimenticati a causa della tensione, li infilò
in pochi secondi e cercò nel trambusto il viso di lei.
-
Colonnello Mustang!- la voce baritonale del maggiore Armstrong lo fece voltare
verso destra, senza rendersi conto di nulla si ritrovò in braccio al nerboruto
uomo, che cercava di portarlo via da quel luogo.
-
Mi metta subito giù, devo salvare Riza!-
-
Il tenente è qui? Non la vedo da nessuna parte!- rispose lui iniziando a
cercarla in ogni dove. Da lontano udirono le voci di Wrath e Sloth che
cercavano di andarsene, neanche loro sapevano cosa stava succedendo.
-
Mamma, non doveva andare in questo modo! Deve essere successo qualcosa al piano
di sopra!- Non ricevette risposta dalla donna, ma in quel momento il maggiore
fu bloccato da un’ondata d’acqua gelida simile ad uno schiaffo. Capitolò a
terra facendo cadere anche Mustang. Il colonnello corse nella direzione in cui
aveva visto la donna poco prima e iniziò a cercarla freneticamente.
-
Riza! Dove sei, ti prego rispondimi!- Nel trambusto di grida e rumori non fu in
grado di capire se avesse risposto, ma non volle demordere. Come se non
bastasse, anche le chimere li stavano raggiungendo, Armstrong aveva dato
l’ordine agli altri di rimanere di guardia alla porta e sparare a vista a
chiunque si avvicinasse, infatti in poco tempo oltre al trambusto si era unito
il rumore degli spari.
-
Wrath, uccidila subito! Nessuno deve scappare da qui!- questa volta era stata
Sloth a gridare, nonostante il suo tono di voce fosse sempre stato pacato e
debole. Mustang avvertì il rumore di uno sparo lontano dagli altri e si diresse
in quella direzione senza pensarci. Scorse la figura del bambino che si divincolava,
qualcuno gli aveva impedito di sparare nella direzione giusta.
-
Fury!- gridò Mustang riconoscendo la figura del soldato. Il sergente fece
volare via la pistola dalle mani del bambino, ma la forza dell’homunculus era
superiore e il povero soldato fu sbalzato via senza troppi problemi. Mustang
intervenì appena in tempo, fece schioccare le dita in direzione del moccioso,
che subito prese fuoco, ma non appena le fiamme si estinsero il bambino tornò
normale in pochi secondi.
-
Brutto idiota, pensi che basti questo per far fuori uno come me!- Lo vide
avvicinarsi velocemente, provò a ferirlo di nuovo, ma era tutto inutile. Poi
uno sparo, preciso e sicuro, colpì Wrath alla testa facendolo cadere
all’indietro. Mustang concentrò la vista in direzione dello sparo e la vide. In
ginocchio in un angolo della stanza, la pistola ben salda nelle mani, la mira
come sempre perfetta, aveva dato loro qualche minuto in più.
-
Riza…-
-
Colonnello!- la donna sparò di nuovo non appena vide il bambino rialzarsi da
terra. Sapeva di non poterlo uccidere, ma in quel modo poteva fermarlo anche di
poco. Il colonnello si avvicinò a lei in fretta, Hawkeye non si mosse, tenendo
ben ferma la mira verso l’homunculus.
-
Quando ti sei ripresa?-
-
Quando l’ho sentita gridare e ho visto la pistola accanto a me, ho come avuto
l’istinto di proteggerla colonnello, mi dispiace per tutto quello che ho…- Non
finì, non ne fu capace. Mustang l’aveva presa dietro la nuca e tirata verso di
se, baciandola con foga. Lei aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa, ma il
suo cuore stava esultando dalla felicità. Nonostante tutto non si distrasse,
non appena vide Wrath rialzarsi gli sparò di nuovo, staccandosi da lui a
malincuore.
-
Dobbiamo andare, al piano di sopra c’è Edward e Winry, sono in pericolo.- riferì
lei alzandosi e facendo segno al colonnello di seguirla.
-
Credi sia stato lui ad attivare la trasmutazione?-
-
Probabilmente, dato il fatto che nessuno a parte il bambino può utilizzare l’alchimia.
Conosco la strada, mi segua…-
Mustang
chiamò a gran voce gli altri verso di se, vide per primo il maggiore che
cercava di sfuggire ai colpi di Sloth, baciato fradicio, faticava persino a
rimanere in piedi. Riza mirò in direzione della donna, colpendola con
precisione e facendola stramazzare a terra. Accorsero anche gli altri del
gruppo, felici di vederla sana e salva. Riza li condusse attraverso una porta e
la chiusero dietro di loro. Armstrong la bloccò con l’alchimia.
-
Non abbiamo più molte munizioni e quelle chimere sono tantissime!- fece Havoc
gettando la pistola ormai inutile. - Tenente, sono felice di rivederla.- Riza
gli sorrise di rimando, era molto stanca, ma cercò di non dare a vedere a
nessuno il suo stato, infondo anche loro erano molto provati. La donna li
condusse per un lungo corridoio fino a sbucare davanti ad una scala in legno,
alquanto cadente. Al termine si trovarono davanti ad una porta, dall’altra
parte c’era molto rumore soprattutto molte grida.
-
Winry!!!-
Nonostante
il nome gridato fosse quello della ragazza, la voce non sembrava quella di
Edward.
La
stringeva ancora tra le braccia quanto tutto ebbe inizio. Nonostante le grida
del fratello, Ed aveva attivato il cerchio e la stanza si era riempita di una
luce accecante, il pavimento aveva iniziato a tremare pericolosamente e lui non
si era reso conto di quello che stava succedendo. Lei lo aveva pregato di
fermare il piccolo alchimista e per un attimo aveva ceduto a quella supplica,
solo che quella persona se ne era resa conto molto prima e lo aveva fermato, o
per lo meno aveva fermato la responsabile di quel cedimento. Era scesa dal
palco senza farsi vedere ed era sbucata alle spalle della ragazza quando aveva
abbracciato l’homunculus, alzando il pugnale e colpendola con forza tra le
scapole. Lei si era accasciata priva di forze sul corpo dell’invidia, il sangue
fuoriusciva dalla ferita forse troppo lentamente, ma bastava per farle perdere
conoscenza.
-
Winry!-
Envy
aveva gridato il suo nome con rabbia, come se fosse arrabbiato più con lei che
con quella persona che l’aveva colpita.
-
Sei solo un peso Envy, in queste condizioni non mi servi.- Senza preoccuparsi
minimamente di lui, quella donna si voltò verso il cerchio alchemico aspettando
con ansia di veder comparire la sua agognata pietra filosofale, ma una volta
che la luce si fu ridotta e il fumo prodotto dalla trasmutazione abbassato, non
vide nulla se non un enorme cratere sul pavimento.
-
Che diavolo significa questo? Dov’è la pietra, maledizione?-
Edward
era steso a terra privo di sensi, dall’alto Al si agitava come poteva per
cercare di raggiungere suo fratello, la corda vibrava terribilmente e il
tremore della terra era ancora pericoloso.
Quando
il gruppo di militari entrarono a forza nel salone, si trovarono davanti una
scena terribile. Envy teneva tra le braccia la ragazza coperta di sangue, non
si era mosso da quella posizione ne cercava di soccorrerla, sembrava non capire
cosa stesse succedendo. Riza fu la prima a correre in suo soccorso, per nulla
intimorita dalla presenza dell’homunculus. Lo scansò da lei con una spinta e la
fece voltare per esaminare la ferita, era profonda, ma la ragazza respirava
ancora. Senza pensarci oltre si tolse la camicetta e iniziò a tamponarle la
ferita, Mustang si avvicinò a lei togliendosi la giacca e coprendo il tenente
come poteva.
-
Respira ancora, ma è molto debole… ha bisogno di un dottore, dobbiamo andare
via.-
-
Voi…- la voce di Envy li fece voltare verso di lui, si era alzato tenendo la
testa bassa, anche la sua voce era mutata, roca e piena di una strana e
innaturale rabbia. - Voi… non me la porterete via!- Riza passò la ragazza nelle
mani di Mustang e puntò la pistola verso l’homunculus.
-
La colpa è tua, sta male per colpa tua! Ricordo tutto quello che mi raccontava,
come la trattavi, perché allora hai permesso questo?-
-
Io non ho fatto nulla, non c’entro con questo!- Envy si lanciò sulla donna con
furia, sbattendola a terra e stringendole il collo.
-
Tu… sei innamorato di lei… ammettilo!- Riza lo scacciò con le gambe, ma la
forza del ragazzo era cento volte superiore alla sua e non riuscì ad allontanarlo
di molto, lui tornò all’attacco con più forza.
-
Innamorato? Non farmi ridere, io non sono umano e non provo questi sentimenti!-
Fu Mustang ad agire, prese il ragazzo per il bacino sbattendolo dalla parte
opposta alla donna, la aiutò a rialzarsi chiedendole se stava bene. Riza annuì
poco convinta, ancora pochi minuti e l’avrebbe strangolata senza rendersene
conto.
Nel
frattempo Armstrong si era adoperato per far scendere Al dal soffitto, aveva
tagliato la corda con un proiettile di pietra e lo aveva preso al volo,
provando a riattaccargli gli arti come poteva e cercando di non danneggiare il
simbolo di sangue, che legava l’anima del ragazzo all’armatura, con l’alchimia.
-
Mi dispiace, ma meglio di questo non posso, serve Ed!- Si scusò il maggiore,
anche se non ce ne era bisogno. Entrambi provarono ad avvicinarsi al ragazzo
privo di sensi poco lontano, ma la donna vestita di nero sbarrò loro la strada
creando un muro dal pavimento. Solo a quel punto Havoc e gli altri cercarono di
tenerla buona puntandogli contro le pistole, ma non bastò a spaventarla. A gran
voce, la donna invocò il nome di Gluttony e l’homunculus obeso comparve
dall’alto scaraventandosi verso di loro infuriato.
-
Divorali! Per colpa loro Lust è scomparsa!- Sembrava una furia, avanzava a bocca
aperta sbavando dappertutto, preso dall’ira e continuando a gridare il nome di
Lust. A poco servivano le pallottole, quelle a lui non facevano che il
solletico.
Al
si fiondò sul corpo del fratello invocandolo a gran voce mentre Armstrong si
dedicava a tenere a bada quella strana donna.
-
Fratellone riprenditi! Fratellone!- La voce del ragazzino usciva da
quell’armatura disperata, lo scuoteva leggermente preoccupato che fosse ferito.
Poco dopo Ed accennò un movimento, schiuse gli occhi con fatica, trovandosi
davanti il fratello minore.
-
Al… sei vivo? Che…- come un fulmine gli tornò alla mente quello che aveva
fatto. Non era riuscito a resistere e aveva attivato il cerchio alchemico, però
qualcosa era andato storto, la trasmutazione gli stava risucchiando tutta la
forza e si era staccato all’ultimo momento, eppure le aveva sentite. Le grida
di dolore e disperazione delle persone che in quei secondi avevano perso la
vita, aveva sentito i loro lamenti nella testa e questo lo stava distruggendo.
-
Fratellone che ti prende?- chiese Al spaventato, Ed era sbiancato di colpo, la
bocca gli tremava e gli occhi erano spalancati.
-
Io… io ho ucciso tutte quelle persone… io ho fatto tutto questo…-
-
No, hai interrotto la trasmutazione in tempo. Non sono…- Forse non erano tutti
morti, ma alcuni di loro erano stati veramente risucchiati dall’alchimia e
questo Al non poteva negarlo. - Non lo hai fatto di tua volontà, non hai
colpe.-
Ed
si mise in ginocchio guardandosi intorno, Mustang teneva Winry tra le braccia,
era sporco di sangue, cercava di fermare Envy insieme a Riza, ma l’invidia
aveva perso completamente la ragione. Poco distanti Havoc, Falmann, Breda e
Fury cercavano, come potevano, di tenere a bada Gluttony, mentre Armstrong si
difendeva dalla donna. Tutto quello per colpa sua… In quel momento nel suo
cuore non c’era spazio per altro che non fosse la colpa di cui si era
macchiato, non pensava ad altro e il pensiero lo dilaniava, come un cancro.
Ricadde
in avanti, piangeva di dolore e Al non sapeva come consolarlo.
-
Fratellone… Winry è stata ferita, dobbiamo andare via di qui…-
Winry…
quel nome non lo toccava per niente. Lei lo aveva tradito e lo dimostrava la
furia di Envy in quel momento, ma forse anche questo era stato per colpa sua.
-
Al vattene! Non starmi vicino…-
-
Perché fratellone? Che significa questo?- Non riusciva a capire il perché suo
fratello si stesse comportando in quel modo, ancora una volta non voleva
condividere con lui quello che pensava.
Non
rispose, si limitò a spostarsi, sbattè le mani e le poggiò a terra creando un
grande cerchio alchemico. Al lo riconobbe subito, era quello che serviva per
sigillare gli homunculus. Ed si sistemò al centro del cerchio, allargò le
braccia e chiamò il nome di Envy a gran voce. L’homunculus lo sentì e bloccò
l’attacco che voleva scagliare contro il colonnello, si voltò verso il ragazzo
e sorrise, un’espressione maligna che non stava a preannunciare nulla di buono.
-
Proprio te volevo! Edward!- L’invidia si scagliò contro di lui senza rendersi
conto del cerchio alchemico, troppo preso dalla rabbia e dalla furia di
scontrarsi con l’oggetto della sua invidia. Ed modificò l’auto-mail per formare
nuovamente una spada e lo attese. Neanche la voce di quella donna, che fino a
quel momento aveva avuto il massimo controllo su di lui, riuscì a fermarlo.
Envy correva a perdi fiato, gli si scagliò contro e Edward lo colpì allo
stomaco con la lama, la ferita non era nulla, al contrario Envy sorrise
avvicinandosi di più al viso del ragazzo.
-
Che credi di fare pezzo d’idiota! Non hai nulla con cui sigillarmi, non hai ne
pezzi del mio vecchio corpo ne la forza necessaria…-
-
Forse è vero… ma posso ucciderti tante volte quante sono le pietre che hai
dentro di te.-
-
Ancora più stupido, io ho quasi quattrocento anni, credi di avere abbastanza
forza per uccidermi tutte quelle volte!- Con una mossa veloce Envy riuscì a
rompere la lama liberandosi dalla presa del Fullmetal e gli saltò addosso
facendolo sbattere contro il terreno, Ed fece appena in tempo ad attivare il cerchio
impedendo ad Envy di uscire. Iniziarono a picchiarsi come due bulli, Ed lo
prendeva a pugni e ad ogni colpo Envy cambiava aspetto, prendendosi gioco di
lui.
-
Sai è stato divertente giocare con la tua ragazza, non puoi immaginare quante
volte me la sono spassata mentre tu eri occupato a fregartene altamente di
lei…-
-
Bastardo! Non voglio neanche sentirti!- Lo colpì di nuovo con l’auto-mail
cercando di fargli più male possibile. - Non credo ad una parola di quello che
dici!-
-
Fai male, in tutto questo tempo non ti ha mai cercato. Abbiamo dormito insieme,
abbiamo fatto l’amore ogni volta che ne avevo voglia e non si è mai tirata
indietro… Mi sono divertito che neanche immagini!-
-
Piantala!-
Mustang
era corso ad aiutare gli altri alle prese con l’homunculus obeso, la donna
vestita di nero era sgattaiolata via in pochi secondi senza che nessuno se ne
accorgesse. Roy aveva lasciato Riza con Winry, la ragazza era in gravi
condizioni. Stretta tra le sue braccia la sentì muoversi leggermente.
-
Ferma Winry non devi muoverti ora che il sangue ha smesso di uscire.-
-
E…e…- Riza avvicinò l’orecchio alla sua bocca per cercare di capire cosa stesse
cercando di dirle. - … portami li… io…-
-
Non sforzarti così, stai tranquilla vedrai che andrà tutto bene.-
-
… Envy… Ed… ti prego…- Aveva aperto gli occhi appena, Riza notò che non vedeva
nulla, le iridi erano pallide e molto arrossate. Non potè tirarsi indietro,
chiamò Alphonse e l’armatura corse da loro per vedere cosa stesse accadendo.
-
Tenente, come sta Winry?-
-
Devi aiutarmi, riesci a prenderla e portarla da loro senza muoverla troppo.-
-
Il maggiore non mi ha attaccato bene le braccia, potrebbe cadere.- rispose lui
esaminandosi l’armatura e rendendosi perfettamente conto di non essere in buone
condizioni per trasportare una persona ferita.
-
Allora lo faremo insieme, stai attento mi raccomando.- Al prese la ragazza da
sotto, aiutato dal tenente, che le reggeva la testa e le gambe in modo che non
pesasse troppo sugli arti del ragazzino. Coordinarono bene i movimenti, in modo
da non farla sussultare e iniziarono ad avvicinarsi al cerchio alchemico.
Mustang li aveva notati, ma in quel momento non poteva nulla, si stava
praticamente consumando le dita a forza di far bruciare quel mostro, lo stesso
valeva per Armstrong, che lo tratteneva a forza e per gli altri completamente
esausti.
Avanzavano
lenti, ascoltando le grida dei due ragazzi che si picchiavano, Envy rideva continuando
a prenderlo in giro, mentre Ed stava perdendo il lume della ragione davanti a
quelle parole. Una volta vicini Winry chiese loro di poggiarla a terra, iniziò
a strisciare a fatica verso le voci che sentiva.
-
Fermati ti prego Winry, riaprirai la ferita!- A nulla servirono le urla di Al o
la resistenza di Riza, lei aveva deciso che, in qualche modo, li avrebbe
fermati. Avanzava con la sola forza delle braccia, si rese conto di toccare il
cerchio alchemico quando sentì le forze venirle meno. Lo stesso fecero i due,
voltandosi praticamente nello stesso istante. Vedendola muoversi Envy sorrise e
approfittando di un attimo di distrazione di Ed, lo spinse via da se. In quel
momento sperava che lei lo chiamasse, in modo da dare fondamento a tutte le
cattiverie che aveva detto poco prima, voleva vederlo soffrire davanti ai suoi
occhi.
Anche
se non poteva vederlo riusciva ad avvicinarsi a lui, guidata da un istinto che
solo in quel momento aveva scoperto di avere. Toccò con la mano quella di Envy,
era fredda come al solito, quindi sicura che fosse lui.
-
Aiutami...- chiese lei con una voce simile ad un sussurro. Lui la tirò a se
facendole poggiare la testa sul petto, la strinse guardando Ed con occhi
maligni. - Basta… smettila di farti del male… morirò anche io…- Quella frase lo
incuriosì, forse non riusciva a rendersi conto che lei era solo un essere
umano, che si era già spinta oltre le sue possibilità. In quel momento gli
importava solo che lei si fosse rivolta a lui davanti agli occhi di Ed, vederlo
soffrire era l’unica ragione della sua vita. Forse per questo non lo vide
arrivare, senza che nessuno si rendesse conto Winry aveva recuperato il pugnale
con cui quella donna l’aveva colpita, lo aveva tenuto nascosto fino a quel
momento e ora lo aveva usato. Con le ultime forze lo aveva conficcato nel petto
di Envy, colpendolo alla sprovvista, lui l’aveva lasciata andare e lei era
ricaduta a terra, priva di sensi.
Poi
tutto accadde in pochi secondi, Al corse a recuperare la ragazza e Ed uscì dal
cerchio alchemico. Envy non riusciva neanche a muoversi, non poteva essere
ucciso in quel modo, la mossa di quella ragazza era stata inutile, eppure non
riusciva a muovere un muscolo del suo corpo. Ed attivò ancora una volta il
cerchio alchemico, si sprigionò una luce azzurra molto forte, che fece
rigettare all’homunculus le pietre rosse che aveva in corpo. La terra tremò
sotto i loro piedi, il pavimento iniziò a frantumarsi in mille pezzi, tutto
stava crollando. La voce di Mustang e degli altri in lontananza, le grida di
Riza che cercavano aiuto, i passi di Al che correvano a recuperare anche il
fratello. Ed si sentì sollevare, era privo di forze, perse in pochi secondi i
sensi.
Ecco un nuovo capitolo, ringrazio come sempre tutti quelli che lasciano
delle bellissime recensioni, mi rendono molto felice
Ecco un nuovo
capitolo, ringrazio come sempre tutti quelli che lasciano delle bellissime
recensioni, mi rendono molto felice.
In questo capitolo ci
sono molti sviluppi e colpi di scena, spero che vi appassioni ed emozioni, come
ha fatto con me mentre scrivevo…. (Questi
ultimi capitoli sono stati i più difficili….)
Ciao a tutti!!!!
24. Voglio vederti
Era sera, le strade di Central
City erano deserte, nonostante fossero appena le otto. Bussò alla porta
rimanendo in attesa che qualcuno gli aprisse. Da
dentro sentì la vocina allegra di una bambina che era corsa alla porta senza
riuscire ad aprirla. Poi una donna che rideva e le chiedeva
di calmarsi. La porta si aprì mostrando il viso gentile di Glacyercon in braccio la piccola
Alicia, che non appena vide il visitatore spalancò gli occhi dalla felicità.
- Roy!- gridò a gran voce cercando un abbraccio da
lui. Il colonnello fu felice di darle quelle attenzioni, da un po’ di tempo la
bambina aveva smesso di vergognarsi in sua presenza, forse da
quando aveva iniziato a far visita regolarmente alla madre. - Mi hai
portato un regalo?-
- Alicia, non si chiedono queste cose!- la rimproverò la madre, scusandosi con
lo sguardo nei riguardi di Roy, ma lui a sorpresa
tirò fuori una piccola busta rosa da dietro la schiena e la porse alla bambina.
- Te lo avevo promesso mi sembra, spero che ti piaccia.- Alicia scartò il pacco
scoprendo un grazioso gattino di peluche con un grande
fiocco rosso sulla testa e due occhi azzurri molto dolci.
- Oh! Bello! Lo chiamerò Roy-chan!-
Alicia saltò giù iniziando a correre per casa gridando il nome del
gatto.
- Entra Roy, ti stavamo
aspettando per la cena.- Glacyer lo fece accomodare
in salotto, Roy rimase qualche minuto a fissare le
fotografie di Maes sul mobile, fu preso da tanta
nostalgia in quel momento, forse nessuno si rendeva conto di quanto gli
mancasse il suo più grande amico.
- Dov’è Riza? - chiese Mustang
mentreGlacyer iniziava ad apparecchiare la
tavola. Da quando quella brutta storia era finita, Riza
aveva chiesto alla donna di ospitarla per qualche giorno, almeno fino a che
sarebbe stata in grado di tornare a casa sua e lei aveva accettato di buon
grado.
- Era sotto la doccia poco fa, credo che scenderà tra qualche minuto.- La donna
poggiò i piatti sulla tavola e si avvicinò all’uomo di
soppiatto. - Ho saputo come sono andate le cose. Come sta adesso?-
- Io starei allo stesso modo se lo avessi fatto e non
ti nego che ci sono andato molto vicino. Se penso che
li avrei uccisi pur di salvare Riza, adesso mi sento
un miserabile, ma lo avrei fatto comunque. Senza contare che ci sono tante cose
che non abbiamo ancora risolto.-
- Mi dispiace per lui, Maesteneva
molto a quei ragazzi. Ora però non parliamo di questo, non ti ho invitato a
cena per farti demoralizzare.-
- Hai ragione scusami.- Roygli
sorrise cercando di non farle vedere, soprattutto alla bambina che si
divertiva a giocare con il peluche, che non era di buono umore.
- Riza mi ha raccontato che tra voi è successo
qualcosa…- Roy arrossì di colpo, strano per uno come
lui provare imbarazzo per una cosa simile. Era successo tutto in pochi secondi,
l’adrenalina, la felicità di riaverla indietro e una miriade di
altre emozioni, l’aveva baciata senza pensarci.
- Ecco, bè… è successo tutto all’improvviso.- Glacyer sorrise divertita nel vederlo in imbarazzo e
tornò in cucina. In quel momento, a parte le grida della piccola Alicia che
continuava a chiamare il gatto con il nome di Roy,
arrivò anche Riza. Indossava gli abiti di Glacyer, un vestito azzurro che le rimaneva molto aderente.
Roy rimase a fissarla per un po’, aveva legato
nuovamente i capelli, una specie di segnale che stava ad indicare che era
tornata se stessa, ma era comunque molto bella.
- Buonasera colonnello.- Anche se lo chiamava ancora così Roy
ne rimase comunque felice, almeno non le aveva fatto il saluto militare, il che
era un buon passo avanti.
- Buonasera tenente.- Rispose spostandosi i capelli dal viso, ancora
leggermente in imbarazzo. Dalla cucina sentirono all’improvviso la voce di Glacyer che proibiva entrambi di chiamarsi in quel modo.
- A casa mia ci si chiama per nome…- Risero insieme a
quella frase, Riza si avvicinò a lui lentamente, e
prese ad aggiustargli il colletto della camicia.
- Sempre sbadato come al solito.-
- Forse lo faccio apposta per averti vicino.- Rispose lui, prendendogli la mano
tra la sua e facendola avvicinare ancora di più al suo viso. Era così vicina,
che tutto di lei gli provocava un mare di emozioni,
voleva baciarla di nuovo e lei sembrava non tirarsi indietro.
- Oh mamma… guarda si baciano!-
- Alicia lasciali stare, è una cosa normale quando due persone si amano, non
ricordi la mamma e il papà quando stavano insieme?-
Forse un po’ indiretta come dichiarazione, ma alla fine era la semplice e pura
verità, quella che per anni avevano tenuta nascosta.
Dopo la cena Glacyer li fece accomodare in salotto,
mentre lei sistemava alcuni piatti su un vassoio, Roy
la seguì con lo sguardo mentre saliva le scale ed
entrava in una stanza chiudendo la porta.
- Non magia?- chiese rivolgendosi a Riza, lei rispose
abbassando lo sguardo.
- Non esce dalla stanza, a pranzo al massimo spizzica qualcosa, poi a cena non
se ne parla neanche di mangiare. Forse tu potresti fare qualcosa, con me è
inutile, non vuole neanche ascoltarmi.-
- Proviamo…-
Attese che Glacyer uscisse dalla stanza, come
prevedibile non aveva voluto mangiare nulla. Bussò nonostante la donna avesse
lasciato la porta socchiusa, non ricevette risposta, ma entrò comunque.
- Perdonami se entro in questo modo, volevo vedere come stavi.- Cercò di
sembrare il più naturale possibile, ma la situazione non lo era per niente.
Scorse la sua figura, seduta sul letto, le braccia strette sui fianchi, i
biondi capelli legati in una coda alta. Non si mosse neanche
quando lui si sedette al suo fianco.
- Winry… ti prego dimmi qualcosa.- Le poggiò
delicatamente la mano sulla guancia, stando molto attento a non farle male.
Quando erano riusciti a scappare da quel luogo orribile, avevano subito provveduto a portarla in ospedale. I medici le avevano
medicato la ferita con una lunga operazione durata tutta la notte e l’avevano sottoposta ad una lavanda gastrica per liberarla
dallo strano intruglio che le era stato dato. Era rimasta una settimana in
osservazione, ma i medici non potevano fare nulla più di quello. Stava a lei
recuperare le forze, la vista sarebbe tornata da sola, il danno era temporaneo,
anche se ancora non dava segni di miglioramento. Era debole, bastava anche un
piccolo urto per provocarle dolore ed ematomi, per questo si rifiutava di
uscire dalla camera. Alla luce della luna che filtrava dalla finestra, sembrava
un fantasma, pallida come la morte, gli occhi vacui e parlava a fatica.
- Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi. Io voglio aiutarti, lo sai vero?-
- Voglio vederlo… ma tu non puoi obbligarlo se è lui che non vuole.- Fece
scivolare la mano sulla sua spalla, sapeva che soffriva molto per questo. Ed non aveva mai voluto vederla da quando si erano salvati,
era come se la credesse morta, per lui non esisteva più, infatti le uniche
parole che aveva pronunciato in tutto quel tempo, erano state proprio: “Non
voglio vederla… è morta!”
Nessuno, Al compreso, era riuscito a fargli cambiare idea.
- Ed deve riprendersi dallo shock, i medici lo tengono ancora sotto sedativi.
Dobbiamo essere pazienti con lui. Però tu devi
reagire, perché non ti sfoghi un po’.- Solo in quel momento riuscì a farla
muovere un po’, Winry spostò il viso verso di lui,
nonostante non potesse vederlo e alzò il braccio, gemette per lo sforzo, i
muscoli del suo corpo erano ancora atrofizzati. Poggiò la mano sul suo viso e
con il dito ne percorse i lineamenti. Si spostò a fatica verso di lui.
- Sei gelida… perché non ti copri.- La ragazza si appoggiò completamente a lui
e lo abbracciò debolmente, solo allora lui provò a donarle un po’ di calore,
stringendola senza farle troppo male.
- Io non ho fatto nulla di quello che ha detto Envy,
lui non mi ha mai toccata… io non ho tradito Ed, non
ho fatto nulla di sleale nei suoi confronti. Volevo proteggerlo e basta,
pensavo che se fossi rimasta con Envy
lui non sarebbe stato in pericolo, ma non ho fatto altro che pensare ad Ed per
tutto il tempo…-
- Lo so, non devi giustificarti con me… Ed ha solo bisogno di tempo e capire
cosa prova.- Iniziò a piangere, Mustang potè sentire
le sue lacrime bagnargli la camicia e toccargli il cuore. Ora che tutto
sembrava essersi concluso, le persone soffrivano
ancora di più.
- Il mio cuore ha sopportato di tutto per lui, l’ho aspettato fino alla fine,
ma in quei giorni ho creduto davvero che lui non volesse salvarmi. Mi sono
sentita sola, avevo paura… Envy mi ha trattato bene,
mi ha aiutato quando quella donna mi ha avvelenato,
non ha approfittato di me neanche se poteva…-
Continuò così per molto tempo, piangendo e cercando di capire dove avesse
sbagliato. Si era appoggiata a Roy e lui in quel
momento non si sentiva all’altezza di consolarla, forse perché senza volerlo
aveva ricordato di essere lui l’assassino dei genitori
di lei. Se non fosse arrivata Riza a sostenerlo forse
non ce l’avrebbe fatta. Lei lo
prese per mano e poggiò l’altra sulla testa della ragazza, rimanendo ad
ascoltare il suo sfogo fino a quando non si addormentò tra le braccia di Roy senza accorgersene…
La prima a svegliarsi quella mattina fu Alicia, la bambina corse in camera
della madre saltando sul letto e svegliandola di colpo.
- Alicia che ti prende a quest’ora del mattino?- con
la voce ancora impastata dal sonno cercò di calmare la bambina.
- Mamma… mamma… Roy e la signorina Riza dormono insieme, sono tanto carini!-
- Davvero? Allora che ne dici di preparare la
colazione ad entrambi e a Winry, scendiamo prima che
si sveglino.-
La bambina sprizzava gioia da ogni poro, scese dal letto prendendo con se il
regalo che le aveva fatto Roy la sera prima e scese
di corsa per le scale andando in cucina. Il trambusto della bambina, che non
riusciva a controllarsi, svegliò proprio Roy. Si
mosse leggermente, sentendo sul braccio sinistro un piacevole peso. Aprì gli occhi trovandosi davanti il viso addormentato di Riza, la bocca leggermente schiusa e il respiro pesante di
chi, ancora, dorme della grossa. Cosa non aveva fatto
per poterla vedere serena, proprio come in quel momento. Cercò di
svegliarla posandole un leggero bacio sulla fronte. Lei si mosse voltandosi
dalla parte opposta e biascicando qualcosa di poco comprensibile. Roy non volle cedere e iniziò a stuzzicarla passandole
delicatamente una mano sulla schiena, lei rabbrividì, ma non diede segni di
volersi svegliare.
- Mi stai sfidando?- Aggrottò le sopracciglia indignato
e scivolò sotto le coperte con un sorriso malizioso dipinto sul viso, anche se
ancora leggermente addormentato. Riza sentì su di se
le mani di Mustang che la toccavano, ma forse per
colpa del sonno non si rese conto di quello che stava facendo e improvvisamente
scattò a sedere di colpo, tirando via le coperte e scoprendo il viso dell’uomo
acquattato ai piedi del letto.
- Buongiorno! Ci impieghi sempre tanto a svegliarti?-
- Roy! Ero convinta che fosse Hayate,
la mattina mi sveglia sempre infilandosi nel letto.-
Mustang raccolse le lenzuola che lei aveva gettato via, risalì fino al cuscino
e coprì entrambi, portandosi sopra di lei.
- Bè sono stato già paragonato ad un cane, ma non
credevo che facessero certe cose!-
- Ma che hai capito, io intendevo che per svegliarmi mi tocca i piedi!-
- Birichina!- Pur di togliersi quel viso insolente da davanti alla faccia, Riza prese il cucino sbattendoglielo addosso. Iniziarono
una piccola battaglia, ma alla fine fu lei a cedere, gettando un’occhiata
all’orologio sul comodino.
- Io sono in licenza, ma tu dovresti andare in
ufficio. Farai tardi.- Mustang sbuffò e come risposta si infilò
nuovamente sotto le coperte girandosi dalla parte opposta alla sua.
- Buonanotte!-
- Colonnello Mustang, le sembra il modo di comportarsi, lei deve dare il buon
esempio ai suoi sottoposti!- Rispose con un gesto annoiato della mano,
stringendosi poi il cuscino sulle orecchie e tornando a sonnecchiare. Lasciò perdere, tanto sapeva che non sarebbe riuscita a
farlo alzare facilmente, se si era impuntato in quel modo. Conosceva il suo
colonnello e a volte sapeva comportarsi proprio peggio di un ragazzino.
- Ci rinuncio… vado a farmi la doccia, spero di trovarti vestito o questa volta
ti butto fuori dal letto!- Al nominare la doccia, come
se avesse ricevuto una scarica elettrica, balzò giù dal letto tirandola con se
nel bagno.
- Ma che ti prende?-
- I cani non fanno il bagno da soli…-
Glacyer aveva preparato una colazione abbondante e ne
aveva portato un po’ anche a Winry, ma era tornata in
cucina con il vassoio ancora mezzo pieno. Finito di mangiare Roy fu il primo ad andare via, era già in ritardo, ma non
se l’era sentita di lasciare quella casa prima. Glacyer
lo accompagnò alla porta consegnandogli un piccolo cestino, coperto da una tovaglietta a quadri rossi e bianchi.
- Io non posso andare a trovare Edward
ora che Winry è con me, non me la sento di lasciarla
sola. Ho preparato una torta e qualche panino, potresti
portarglieli tu per favore.-
- Certo non preoccuparti. Mi dispiace di essermi fermato qui stanotte, non
succederà più, sono stato indelicato. - Rispose lui prendendo in mano il
cestino.
- Non dirlo neanche per scherzo, finché Riza rimane
qui puoi venire a trovarla e rimanere tutte le volte che vuoi, mi fa piacere aveva la casa piena di persone.-
Si diresse alla macchina e mise in moto salutando la bambina ferma al portone
che si sbracciava cercando di mandargli un bacio. Ci impiegò poco per arrivare al quartier
generale, era raro vederlo arrivare senza la divisa, ma non aveva avuto il
tempo di tornare a casa a cambiarsi e indossò quella che teneva nello
spogliatoio. In ufficio trovò tutti i suoi sottoposti, sembravano essere
tornati quelli di sempre, Havocaveva
anche ripreso a fumare come un disperato.
- Quella roba ti ucciderà.-
- Devo recuperare il tempo perduto colonnello.-
Si sedette alla scrivania contemplando la mole di lavoro che lo aspettava,
senza Riza al suo fianco non sapeva da che parte
cominciare.
- Odio il lavoro d’ufficio, scartoffie inutili.- blaterò per un buon quarto
d’ora ancora, ma alla fine riuscì a concentrarsi sul lavoro. La mattinata trascorse lenta e monotona, Mustang si
aspettava di venir chiamato da un momento all’altro dal comandante supremo e
essere punito per aver agito di sua iniziativa, ma per ora non era ancora
successo nulla. Verso l’ora di pranzo decise di andare a trovare anche Ed. Si fece accompagnare dal sottotenente Havoc in ospedale, Ed era ricoverato da quasi due
settimane, era stato chiuso in una specie di isolamento,
riceveva solo il fratello e il colonnello, ma raramente faceva entrare qualcun
altro, infatti Havoc fu costretto ad aspettarlo
fuori.
La struttura era separata dal resto dell’ospedale, c’erano poche stanze e la
maggior parte erano vuote. Arrivò davanti alla porta
della stanza di Ed, strinse per bene il cestino del pranzo e bussò. Sentì la
voce di Al da dentro che chiedeva chi fosse.
- Sono Mustang, posso entrare?- Rimase in ascolto, sentendo Al che chiedeva al
fratello il permesso di farlo passare, molto probabilmente Ed rispose con un
cenno della testa, visto che Mustang non sentì nulla e poco dopo si trovò
davanti l’armatura di Al. Ed non l’aveva ancora sistemata, Roy
poteva vedere le suture provvisorie che gli aveva fatto Armstrong,
ma in fondo non era neanche colpa di Ed. L’auto-mail
era rimasto seriamente danneggiato durante lo scontro e l’unica in grado di
poterlo riparare era proprio Winry.
- Vi lascio soli per un po’.- fece Al uscendo dalla stanza, Mustang si accomodò
su una sedia osservando il ragazzo seduto sul letto. Indossava
uno di quegli orrendi camici ospedalieri, i medici gli avevano rimosso
il braccio chiudendo la manica con delle spille. Era pallido, non guardava mai
nessuno in faccia e rispondeva a stento, forse a causa dei sedativi che i
dottori erano stati costretti a somministrargli per impedirgli di farsi del
male. Era capitato più di una volta che tentasse di
ferirsi da solo e oltre a tenerlo legato per tutto il giorno, non potevano fare
altro che narcotizzarlo.
- Come ti senti oggi? Ti ho portato qualcosa da mangiare, lo ha fatto Glacyer, te la ricordi?-
Fece un semplice si con la testa continuando ad
osservare in una indefinita direzione.
- Riza vorrebbe venire a trovarti, te la senti di
vederla?-
Questa volta mosse la testa in un no indeciso, ma Mustang se lo aspettava e non
insistette.
- Vorresti riparare il braccio? Non è scomodo muoverti in queste condizioni?-
Mustang gli parlava dolcemente, il suo tono era calmo e pacato,
non doveva e non voleva farlo agitare. Come risposta Ed alzò il braccio sano,
mostrandogli la cintura in pelle con cui era legato al
letto, stava a significare che non avrebbe potuto comunque muoversi a suo
piacimento.
- Se tu ti calmassi un po’, potrei anche convincere i medici a non farti
questo. Ed devi collaborare, non hai colpa di quello
che è accaduto.-
- Tu però non lo hai fatto…- Anche se poco era riuscito a farlo parlare, aveva
toccato il tasto dolente in qualche modo, quello che gli stava accadendo era a
causa della trasmutazione che era stato costretto a compiere.
- Lo stavo per fare e lo avrei fatto se non mi avessero fermato, non c’è
differenza Ed. Io ho ucciso molte più persone di te e
a volte l’ho fatto secondo la mia volontà.-
- Ma ora non sei solo, mentre io ho perso tutto.-
- Questo non è affatto vero! Hai tante persone che ti vogliono bene, ci sono Al, io, Riza, Glacyer
e poi c’è Winry non lo dimenticare.-
- Lei è morta!- Solo in quel momento si era deciso a guardarlo in faccia, aveva
spostato di fretta il viso verso il colonnello, arrabbiato e deluso da quella
frase. - Io ho solo mio fratello, lui è l’unico che non mi tradirebbe mai.-
- Neanche lei ti ha tradito!-
- Non è vero!- Si stava agitando di nuovo, aveva iniziato a tirare le cinghie
ferendosi il polso, il viso era tirato in una strana smorfia di
ira, somigliava molto ad una persona che aveva detto di odiare.
- Sai a chi somigli in questo momento? Non sei diverso da Envy,
hai la sua stessa espressione, ma lui almeno è stato più coerente di te.-
- Vattene!-
Attirato dalle grida del fratello, Al si precipitò nella stanza cercando di
bloccarlo come poteva, Ed si dibatteva come una biscia
e non si rese conto di colpire anche suo fratello. In quel momento il braccio
destro dell’armatura di Al si staccò dal resto del
corpo cadendo a terra, solo quel rumore riuscì a calmarlo. Rimase qualche
secondo a contemplare quel braccio metallico, come se non lo avesse mai visto.
- Al ti sei fatto male? Mi dispiace tanto, vedrai che appena riparo il braccio
ti rimetto a posto.- Iniziò a passare le dita
sull’armatura, come per calcolare il danno, poi voltò lo sguardo verso il
colonnello, che nel frattempo si era alzato dalla sedia, per aiutare Al.
- Colonnello da quanto è qui? Mi ha portato qualcosa?- chiese osservando il
cestino che Mustang aveva poggiato sul pavimento. Lo
aveva chiesto sorridendo e Mustang non riusciva a capacitarsi di come riuscisse a cambiare umore in quel modo. Lo stava perdendo,
lo vedeva morire davanti ai suoi occhi e non poteva nulla. Pranzarono
tranquillamente con le cose che Glacyeraveva preparato, Ed rimase sereno per tutto il tempo.
- Io devo tornare a lavoro ora, ci vediamo presto Ed.
Ciao Al mi raccomando.- Uscì dalla stanza incrociando il medico che seguiva Ed
da quando era in quelle condizioni.
- Cosa è accaduto poco fa?- chiese l’uomo sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Ha avuto una crisi, ma è passata subito. Dottore che gli sta
succedendo?-
Il medico lo fece accomodare su una sedia della sala d’aspetto e si sistemò al
fianco del militare. Poco lontano Havoc li vide e si
avvicinò ai due chiedendo al colonnello se poteva prendere parte alla
conversazione. Havoc era l’unico che conosceva bene
le vere condizioni di Edward,
Mustang era stato chiaro su questo, nessuno doveva saperlo. Il medico squadrò
per qualche secondo il biondino con la sigaretta spenta in bocca poi iniziò a
parlare.
- Ha delle perdite di memoria a breve termine causate
da uno shock molto forte, ma io credo che lui sappia bene il motivo per cui si
comporta in quel modo, solo non vuole ammetterlo. Vuole auto convincersi che
sia pazzo per non pensare a cosa gli è successo, solo che il suo cervello ormai
non riesce più a distinguere la realtà dalla finzione, che lui stesso si crea.-
- Non c’è nulla che possiamo fare per aiutarlo a recuperare?- Ogni volta che
sentiva quelle parole dal dottore, Havoc faticava a
riconoscere Edward in quella descrizione, fino a quel momento non lo aveva mai visto, ma anche se lontane,
era riuscito a sentire le sue grida.
- Ho parlato molto con lui, il ragazzo ricorda bene chi è, sa di essere un
alchimista e non fa fatica a ricordare le cose inerenti a questa scienza, ma
quando gli chiedo della sua famiglia o dei suoi amici, si chiude in se stesso
continuando a ripetere che per lui esiste solo suo fratello. Io vorrei
aiutarlo, ma mi state tenendo all’oscuro di troppi particolari, ha per caso subito una perdita di recente? I genitori
magari?-
- A parte Alphonse non ha nessuno della sua famiglia,
il padre è scomparso anni fa e la madre è morta.- a rispondere fu Mustang,
sperando che il dottore non chiedesse il motivo per cui
i corpi di quei ragazzi erano ridotti in quello stato.
- Allora chi è questa Winry? Lui la crede morta, ne è convinto o cerca di convincersi che è così, dice che
lei l’ha tradito, ma una delusione d’amore non provoca tanto.- Roy era pienamente cosciente di non poter tenere nascosti
al medico certi avvenimenti, cercò di raccontargli i fatti omettendo alcuni
particolari e modificandone altri e cercando un appoggio morale dal
sottotenente al suo fianco. Il dottore ascoltava attento, senza lasciarsi
sfuggire la mia informazione.
- Quindi questa ragazza è viva. Vorrei vederla se non è un problema. Deve aver
subito un trauma non indifferente a quello di Edward, se potessi parlarle almeno un po’ avrei più
informazioni a riguardo.-
Mustang acconsentì promettendo che sarebbe tornato il giorno successivo con la
ragazza.
Shatzy: grazie per i complimenti,
felice di averti sorpreso ancora una volta… stiamo arrivando alla fine… per ora
purtroppo non ho altri porgetti, sono impegnata con
l’università e il trasferimento, ma prometto che mi dedicherò a qualcosa il
prima possibile.
Irene Adler: grazie mille! Roy\RizaedEd\Winry
sono le coppie che adoro, mi piace sconvogliergli la
vita con la mia pazzia in rapida crescita… spero che ti piaccia anche il finale
The_Dark_Side: si, ne succedono di
tutti i colori e sono contenta di riuscire a sorprenderti… non ti posso dire
che succederà ad Ed, ma ti posso dire che ci saranno altri colpi di scena…
Buona lettura con il 25 capitolo
25. Io esisto!
“ If
I tellyou
Se ti parlo Willyoulisten?
mi ascolterai? Will you stay? Resterai?
Will you be here forever? Starai qui per sempre? Never go away?
Non andrai mai via? Neverthoughtthingswouldchange,
hold me tight
Non ho mai pensato che le cose sarebbero cambiate, stringimi
forte, Pleasedon't sayagainthatyouhaveto go
per favore non dire di nuovo che devi andare. ”
- Vuole vedere Winry e capire come aiutare Ed.- Roy era tornato a casa di Glacyer
e stava discutendo con Riza della questione e di come
aveva trovato il ragazzo dopo la visita.
- Non credo che lei sia pronta per uscire e poi farla parlare con un perfetto
sconosciuto.-
- Hai ragione, ma io non so cos’altro fare.- Mustang
si prese la testa con le mani, sforzandosi di trovare una qualche soluzione. Glacyer portò loro una tazza di caffè
sedendosi di fronte alla coppia.
- Però mi sembra che ora Winry sia più
disposta a parlare, oggi ha accettato di giocare qualche minuto con Alicia,
forse se le diciamo che potrebbe aiutare Ed accetterà.- Roy decise di salire da solo dalla ragazza, entrò
bussando e cercando di non farla spaventare, non si era ancora abituata a
riconoscere le persone ed era molto suscettibile. Come al
solito la stanza era in perfetta oscurità, solo la sera le era permesso aprire
la finestra, la luce naturale o artificiale, le dava molto fastidio agli occhi.
- Ti ho spaventata?-
- No, sei venuto per farmi una ramanzina sul cibo per caso?-
- Magari più tardi.- Si sedette sulla sponda del letto. La osservò bene, era
molto dimagrita, non camminava da quel giorno e i muscoli ne risentivano
troppo. - Sono qui per chiederti una cosa, ma prima non te la senti di scendere
un po’ in cucina, ci sono Alicia, Glacyer e Riza. Sarebbero contente di vederti fuori
da questa camera almeno per un po’.-
- Io non posso camminare…- Era come una rinuncia, ma questa volta non aspettò
un suo assenso. Le passò un braccio dietro la schiena e uno sotto le gambe, era
così leggera che non fece alcuno sforzo. Winry
gemette per il dolore della presa.
- Stringi i denti, devi solo abituarti alla posizione.- Lei si aggrappò a lui
cingendogli il collo con le braccia e poggiando la testa sulla sua spalla.
- In questi giorni, trovo sempre qualche pretesto per abbracciarti…- Sorrise
leggermente, lui se ne accorse e ne fu molto felice.
Prima di uscire chiamò Riza
pregandola di spegnere le luci, lei obbedì lasciando accese solo due
lampade accanto ai divani. Entrambe le donne attesero di vederlo uscire, il
loro cuore esultò quando videro anche la ragazza con
lui. Roy scese le scale lentamente e la poggiò sul
divano inginocchiandosi al suo fianco.
- Ti ho fatto male?- chiese preoccupato di averle
causato qualche ematoma in più.
- No, sono solo un po’ indolenzita. Di cosa volevate parlarmi?- Roy si sistemò i capelli con la mano, cercando di non
farli andare davanti agli occhi, in quei giorni erano
cresciuti senza controllo e continuavano ad infastidirlo parecchio.
- Si tratta di Ed.- Quel nome la fece sussultare, si portò una mano davanti al
viso cercando di calmarsi e di non piangere davanti a loro. - Noi non ti
abbiamo detto tutta la verità su di lui. In questo
momento è tenuto sotto stretta sorveglianza in un istituto di
igiene mentale. Il dottore che segue il suo caso
non capisce perché si comporti in questo modo, ha degli attacchi di rabbia molto
violenti in cui non riesce a riconoscere nessuno, seguiti da perdite di
memoria. Il medico crede che sia lui stesso ad obbligare la sua mente ad agire
in quel modo. Io gli ho parlato di quello che ha passato e anche di te, vorrebbe parlati per capire come aiutarlo. Sei disposta ad
andare a trovarlo domani?-
- Dovrei raccontare ad una persona che neanche conosco
quello che mi è accaduto? Io non ci riesco…- Era ancora sconvolta per quello
che Mustang le aveva detto su Ed, lei non sapeva nulla di questa sua pazzia, ma
solo che per ora era chiuso in ospedale e non voleva vederla.
- Non sei sola, se vuoi saremo tutti con te domani.-
- Che cosa dovrei dirgli, volete che gli parli di Envy?- Si rendeva conto da sola di non poter dire al medico
tutta la verità, di certo non avrebbe mai accettato l’esistenza degli homunculus e non avrebbe capito cosa era stato costretto a
fare Ed per salvarla.
- Cerca solo di non parlare di quello che sono in realtà, per il resto puoi
essere sincera, puoi dire cosa ha fatto Ed, in quelle condizioni non può essere
incolpato di nulla.-
“ A bitter thought
un pensiero amaro
I haditall
l'ho avuto tutto But I just letit go
ma l'ho appena lasciato andare Holdyoursilence
Stringo il tuo silenzio It's so violencesinceyou're gone
è così violento da quando sei andato via. ”
Il mattino successivo Winry accettò di uscire, si
fece aiutare da Riza per cambiarsi e sistemarsi e si
fece prestare un paio di occhiali da sole molto scuri.
Attesero che Royvenisse a
prenderla, aveva lavorato tutta la notte per concedersi la mattina libera quel
giorno, fu lui a trasportare la ragazza fino alla macchina. Arrivarono in
ospedale in pochi minuti, aveva guidato Riza, come ai
vecchi tempi, ma Mustang non ne era stato molto
contento.
All’entrata chiesero agli infermieri di poter usare una sedia a rotelle per la
ragazza, in quel momento Winry si sentì molto in
imbarazzo, avrebbe voluto recuperare la vista e tornare quella di sempre, ma
per il momento non ne aveva la forza. Vennero ricevuti tutti e tre nello studio del dottore che
seguiva Ed, era una uomo giovane per essere già un primario, aveva una testa
piena di capelli ricci e folti e un paio di grossi occhiali dalla montatura
nera. Il fatto di non poterlo vedere, la metteva molto a disagio. Il dottore li
fece accomodare, voleva parlare da solo con la ragazza, ma si rendeva
perfettamente conto della difficoltà in cui lei si trovava e la presenza,
inizialmente, degli altri l’avrebbe aiutata.
- Piacere di conoscerti Winry, io sono il dottor Krad, seguo Edward da quando è
stato trasferito in questo istituto.-
- Buongiorno Dottore.- lo disse abbassando la testa e sperando che lui non le
avesse allungato la mano per stringerla, sarebbe stato molto imbarazzante se
lei non avesse risposto.
- Non devi vergognarti, sono un medico e queste cose le capisco molto bene.
Sentiti libera di comportarti come meglio credi.-
Parlarono per una mezz’ora piena, il dottore continuava a farle domande
semplici per metterla a suo agio, sembrava una persona molto gentile e
cordiale, spesso faceva delle battute simpatiche che la facevano
sorridere. Infine chiese ai due accompagnatori di lasciarli soli e Winry acconsentì serenamente.
- Ora credo che sia meglio parlare di questioni più serie. So che ci conosciamo
appena e parlare di certe cose può risultare
imbarazzante, ma io ho il dovere di aiutare quel ragazzo con tutte le mie
forze, solo che senza il tuo aiuto non posso nulla.-
- Cosa vuole sapere? Non ho mai raccontato tutto neanche a Roy
e agli altri, mi sono limitata a dirgli che non avevo
fatto niente di male.-
- Cosa è successo in quei giorni? Cosa ha fatto Edward
per ridursi così?-
Non fu semplice, raccolse tutto il suo coraggio per raccontare ogni particolare
di quello che era accaduto, dall’aggressione di Riza,
al suo rapimento e ai giorni trascorsi insieme adEnvy in quella camera.
- Quindi questa persona che tu chiami Envy, non ti ha
mai costretta a fare ciò che lui voleva?-
- All’inizio era così, ma poi si è calmato, voleva solo che io lo accettassi
per quello che era e io l’ho fatto, con la speranza che non si accanisse contro
Ed.-
- Cosa mai era per dover essere accettato? Da quello che ho capito sembra un
ragazzo con problemi di schizofrenia molto gravi. Perché si era
accanito tanto contro Edward?-
Rifletté molto prima di rispondere, doveva stare attenta a quello che diceva, Roy non voleva che si parlasse degli homunculus,
ma lei poteva girare come voleva la verità, conosceva un particolare che
nessuno sapeva.
- Non so quale sia il suo vero nome, si è sempre fatto chiamare Envy, ma mi ha detto che in realtà è il fratello maggiore
di Ed, hanno lo stesso padre. Da quello che ho capito
credo che lui sia arrabbiato per il fatto che il padre abbia scelto Ed e Al a
lui.- Il dottore continuava ad appuntare ogni cosa sul suo quaderno, aveva
riempito pagine intere di appunti e informazioni, che lui non avrebbe mai
neanche immaginato.
- Poi cos’è successo?- Ora per lei arrivava la parte dolorosa, doveva
raccontagli di essere stata avvelenata da quella persona perché si
sottomettesse ad Envy, del fatto che lui nonostante
poteva farlo, si era fermato e l’aveva aiutata a stare meglio.
- Quando Ed è venuto a salvarmi, Envy non mi ha
permesso di uscire visto che stavo male, ma una donna mi ha portato nel luogo
dove si stavano confrontando.-
- Questa donna è la stessa che aveva ordinato ad Envy
di ucciderti?- Winry fece un segno positivo con la testa e cercò di
raccontare il resto della storia, quella era la parte più dolorosa e difficile,
non solo per quello che era accaduto, ma anche per il fatto che doveva basarsi
solo su quello che aveva sentito, visto che la vista se ne era già andata da
tempo.
- Envy ha minacciato Edward,
gli ha detto che se non avesse usato l’alchimia per lui, mi avrebbe uccisa.
C’erano delle persone tenute prigioniere che sarebbero state uccise se Ed
avesse fatto la trasmutazione, in più tenevano in ostaggio anche Al, suo fratello.- Il medico aveva per un attimo allontanato
la penna dal foglio, tracciando una strana linea dettata solo dalla sorpresa.
Aveva spostato gli occhi verso la ragazza vedendola molto in difficoltà, si
mordeva il labbro inferiore e continuava a stringere un piccolo fazzoletto tra
le mani nervosamente. - C’è stato uno strano tonfo e poi la terra ha iniziato a
tremare, ho capito subito che Ed aveva usato l’alchimia, ha ucciso quelle
persone per salvare me… Ho sentito tante grida… era
orribile…- Il dottore si era tolto gli occhiali, passandosi una mano sulla
fronte. Ecco spiegato il motivo della pazzia di Ed, aveva
ucciso molte persone per salvare quella ragazza, la stessa che ora non voleva
neanche vedere. - Io ero stata ferita gravemente ed ero con Envy quando Ed ha fatto la trasmutazione, poi sono arrivati il colonnello Mustang e la signorina Riza ed Envy si è arrabbiato con
loro perché volevano portarmi via. Hanno iniziato a combattere fino a che non
ho sentito la voce di Ed che chiamava Envy. Li sentivo anche da li, ma non potevo muovermi,
allora ho chiesto ad Al e a Riza
di portarmi da loro… mi sono avvicinata ad Envy e
l’ho colpito con lo stesso coltello con cui ero stata ferita, poi ho perso i
sensi e mi sono svegliata in ospedale, cieca e sola.-
- Quindi sei stata tu ad uccidere Envy. Hai avuto una
grande forza di volontà Winry,
per quello che vale, hai agito bene.-
- Dice?- aveva iniziato a piangere di nuovo. Cercava di tamponare le lacrime
con il fazzoletto, ma era inutile e lei lo sapeva bene. - Io, Ed e Al siamo cresciuti insieme, erano con me quando i miei genitori
sono stati uccisi e io con loro quando la loro madre è morta. Ho costruito io gli auto-mail di Ed, ho pianto al suo posto quando ha
bruciato la sua casa ed è diventato un alchimista di stato. Ogni notte tenevo
accesa una luce dalla mia finestra per indicargli la strada di casa e ho
aspettato che tornasse. Vorrei essere forte, vorrei andare in quella stanza e
gridargli che esisto, che non l’ho abbandonato, ma non
sono forte… non ne sono capace…-
Nonostante la conoscesse da poche ore non poteva fare altro che rammaricarsi
per lei, vederla in quello stato era difficile anche per un estraneo. Aveva
analizzato la sua storia, ogni parte della sua vita, sapeva tracciare un
profilo psicologico estremamente dettagliato per
ognuno di loro, eppure non sapeva come comportarsi in quel momento.
- Posso andare dottore? Non mi sento molto bene e vorrei
andare a casa.-
- Vorresti incontrarlo? Parlare un po’ con lui?- Aveva preso la sedia a rotelle
guidandola verso la porta, mentre le parlava per convincerla ad incontrare Ed.
- Quello che io voglio non credo conti in questo momento.-
Il dottore la portò fuori, dove Roy corse ad
accoglierla chiedendole se stava bene. Lei rispose
accennando un sorriso nonostante i suoi occhi fossero molto arrossati. In quel
momento, cercando di seguire la voce di Roy per
capire dove si trovasse, riuscì a scorgere debolmente una strana ombra. Chiuse
gli occhi, le bruciavano molto e iniziò a sfregarli.
- Cos’haiWinry? Non stai bene?- Roy sembrava
preoccupato, il dottor Krad si frappose tra lui e la
ragazza, inginocchiandosi davanti alla sedia e tirando fuori una piccola torcia
elettrica a forma di penna. La accese puntandola verso gli occhi della ragazza
e costringendola a guardare dritto nella sua direzione.
- Riesci a vedere la luce, seguine il movimento se ci
riesci…-
- Mi fanno male gli occhi, non riesco a tenerli aperti.- Lacrimava, ma
nonostante tutto cercava di seguire le direttive del dottore. - Vedo solo una
strana ombra che si muove, non riesco a seguire la luce… Mi viene da vomitare…-
- Ok basta così, va bene comunque.-
Ripose la torcia elettrica e cercò di farla rilassare, le chiuse gli occhi con
la mano chiedendole di respirare regolarmente e a pieni polmoni. Il viso della
ragazza riprese gradualmente colore, fino a che non si fu completamente
calmata. - Stai facendo progressi… complimentiWinry.-
In quel momento, forse attirato dalla voce di Mustang, sentirono avvicinarsi a
grandi falcate, Alphonse. Lo videro
sbucare dal corridoio scuro, sembrava abbastanza in ansia. Fissò per un
po’ la ragazza sulla sedia a rotelle, chiamandola dolcemente. Winry voltò appena la testa verso la direzione da cui aveva
sentito la voce, ma subito dopo Al si rivolse al dottore allarmato.
- Dottore, Ed si sta agitando non riesco a calmarlo in
nessun modo!- Il dottore senza dire nulla, si alzò e corse verso la stanza del
ragazzo chiamando a raccolta un robusto infermiere di nome Karl.
Anche gli altri seguirono il dottore, Mustang condusse
la sedia di Winry fino alla porta della stanza di Ed,
stando attento a non renderla visibile agli occhi del ragazzo. Edward si stava agitando, continuava a gridare parole
senza senso, tirando con forza le cinghie che lo tenevano legato al letto e
provocandosi ematomi e ferite al polso e alla caviglia. L’infermiere gli bloccò
i movimenti mentre il dottore preparava un’iniezione
di calmante da somministrargli.
- Lasciami andare! Lo so che è qui, lo ammazzo con le mie mani! Lasciami!-
- Non c’è nessunoEdward,
calmati ora.- Il dottore cercava di calmarlo a parole, mentre l’infermiere gli
tendeva il braccio per la puntura.
- Envy! Lui è qui, vuole portarmi via tutto un’altra volta!- Era furioso, i suoi occhi sembravano
due braci ardenti, colmi di rabbia, Riza da lontano
ne fu quasi spaventata e Winry, che poteva solo
sentire le sue grida, cercava di tapparsi le orecchie con le mani senza
successo. AncheRoy corse a dar
loro una mano, chiamando il ragazzo.
- Non lo vedi? Possibile che riesca ad ingannarvi tutti? Vuoi che metta
nuovamente le mani su Riza? Fermalo…
Roy…- Lentamente la sua voce, come la sua forza, si
stavano affievolendo. L’anestetico stava entrando in circolo
velocemente. Dopo che si fu calmato, l’infermiere lo sistemò per bene sul letto
e lo legò ancora più stretto. Il dottore si deterse il sudore
dalla fronte, fissandolo come se non riuscisse a riconoscere lo stesso ragazzo
di pochi minuti prima, ora che dormiva beatamente. Da fuori Al continuava a guardare la ragazza che cercava di calmarsi, si
avvicinò a lei chiedendole come stava, si accorse subito che non vedeva bene,
in quando non aveva neanche provato a guardarlo.
- Al… portami dentro un secondo per favore.-
- Non credo che sia una buona idea, Ed crede che…- si bloccò di colpo, dirle
che lui la credeva morta forse era troppo, non sapeva di certo che lei era già
al corrente di tutto.
- Ora dorme non credo che si accorga di me… ti prego…- Al acconsentì e anche il
dottore non sembrava contrario a quella breve visita.
“ Allmythoughts are withyouforever
Tutti i miei pensieri sono con te per sempre,
'Till the day we'llbe back together
sino al giorno in cui saremo di nuovo insieme
I willbewaitingforyou
ti aspetterò.”
Portò la sedia accanto al letto, Riza le prese la
mano portandola accanto al corpo di Ed, poi la lasciarono sola per qualche
minuto.
Lei cercò una mano che non riuscì a trovare, camminò fino al viso delineandone i contorni, la bocca, gli occhi chiusi in un
sonno forzato.
“ If I hadtoldyou
se ti avessi parlato, Youwould've listened
mi avresti ascoltato, Youhadstayed
saresti restato Youwouldbehereforever
saresti stato qui per sempre Neverwentaway
non saresti mai andato via. ”
- Sono qui… io sono viva… So che tu ora non vuoi la mia presenza nella tua vita
e se questo potrà farti stare meglio sparirò per sempre, ma sappi che
continuerò ad aspettarti fino alla fine…-
“ Itwouldneverhavebeenall the same
non sarebbe mai dovuto essere così Allour time whathavebeen
in vain
tutto il nostro tempo è stato inutile
Cause youhadto go
perchè sei dovuto andare. ”
Ed si mosse leggermente attirato da quella voce dolce
e carica di lacrime che lo stava chiamando. Il medico e l’infermiere scattarono
come molle vedendolo leggermente sveglio, schiuse appena gli occhi senza essere
in grado di descrivere bene la figura che aveva davanti, percepiva a malapena
la mano di lei che lo accarezzava. Mosse appena le
labbra cercando di dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì neanche un suono.
“ The sweetestthought
il pensiero più dolce Haditall
l'ho avuto tutto
Cause I didletyou go
perchè ti ho lasciato andare Allourmomentskeep me warm
tutti i momenti insieme mi scaldano Whenyou're gone
quando non ci sei. ”
- Io esisto Ed! Nella mia vita ti ho perso e ritrovato tantissime volte e non
vorrei mai che tutto finisse proprio ora che sembrava ci fossimo trovati per
sempre… Mi dispiace se ti ho fatto soffrire, mi dispiace se ho pensato che non
mi avresti salvato, mi dispiace se adesso non sono in grado di arrivare fino al
tuo cuore… perdonami…-
“ Allmythoughts are withyouforever
Tutti i miei pensieri sono con te per sempre,
'Till the day we'llbe back together
sino al giorno in cui saremo di nuovo insieme
I willbewaitingforyou
ti aspetterò. ”
Continua...
La canzone è sempre dei WithinTemptation,
come la precedente... in pratica adoro questo gruppo,
ma le inserisco perchè hanno tutte un significato che coincide con la mia
storia... Si chiama "BetterSweets" è una
melodia triste e malinconia, ci stava a pennello!!!
Bene al prossimo aggiornamento... ciauuuuu
Riportò sia WinrycheRiza a casa di Glacyer e tornò al quartier
generale per riprendere il lavoro. Era rimasto alquanto scosso da quello che
era accaduto in quella stanza, Ed sembrava davvero
aver perso ogni speranza di poter uscire da quel luogo orribile e questo lui
non riusciva ad accettarlo. In ufficio tutti i suoi
compagni vollero sapere delle condizioni di Edward,
trovò ad attenderlo anche il sergente Brosh e il
sottotenente Ross, ormai ristabilita e rientrata in
servizio da quasi una settimana. Mustang sedette alla sua scrivania incrociando
le mani sotto il mento e sbuffando, trovare le parole adatte per descrivere lo
stato del Fullmetal era davvero difficile.
- Colonnello Mustang, non c’è ancora permesso andare a far visita ad Edward, mi spiega il perché, sono in ansia per lui.- A
parte Havoc, nessuno di loro era a conoscenza delle
vere condizioni del ragazzo, nessuno di loro poteva neanche immaginare come
stesse in quel momento e quanto si sentisse frustato il FlameAlchemist.
- Ed non riceve nessuno in questo momento, ha bisogno
di riprendersi e stare lontano dall’esercito… bè, non
può che giovargli.-
- Perché non la smette di prenderci in giro per una buona volta!- MariaRoss si era alzata in
piedi, mettendo da parte il rispetto che doveva ad un suo superiore. - Mi
spieghi questo allora?-
La donna sbattè con forza un piccolo plico di fogli
sulla scrivania del colonnello e gli ordinò di leggerli attentamente. Gli occhi
del FlameAlchemist si
spalancarono dalla sorpresa, era un rapporto dettagliato su quello che era
successo in quei giorni, del recupero del tenente Hawkeye
e di Winry, della trasmutazione eseguita da Ed e di
dove fosse ricoverato in quel momento. Il rapporto era
firmato proprio dal colonnello Mustang.
- Chi le ha dato questo rapporto?- disse con un filo di voce, le mani
gli tremavano terribilmente.
- Era diretto all’ufficio del comandante supremo, non era stato lei a dirci di
tenere tutto in segreto? Devo dedurre che sia un modo
come un altro per ottenere una gratifica e magari una promozione a generale di
brigata per caso?-
- Sottotenente Ross, cerca di calmarti è sempre un
nostro superiore…- Brosh era intervenuto per calmare
la rabbia della donna, parlando in quel modo rischiava una punizione se non
direttamente il posto e lui non avrebbe mai accettato che la donna di cui era
innamorato venisse punita, visto che era stato lui ad intercettare quel
rapporto qualche ora prima.
- Al diavolo i gradi, il rispetto e altre stupidaggini! Io amo quel ragazzino
da profondo del mio cuore e non le permetterò di sfruttare quello che è
successo per ottenere una promozione… adesso lei mi spiega che significa che Ed
è chiuso in un istituto d’igiene mentale, che gli è successo?!-
Stava gridando, non riusciva più a controllare le sue emozioni, gli occhi le si
erano riempiti di lacrime senza volerlo, nonostante avesse promesso a se stessa
di non piangere davanti a nessuno. A parte il sergente Brosh,
nessuno in quell’ufficio cercava di calmarla, forse
perché erano più che convinti che avesse ragione o si fidavano ciecamente del
loro colonnello.
- Non ho scritto io il rapporto.-
- Ah no? Allora mi spieghi perché c’è scritto tutto quello che Ed ha fatto, ma
non una parola sulla trasmutazione che lei e il maggiore avete
fatto in ospedale per il tenente Hawkeye?-
Un’altra cocente e cruda verità gli era stata gettata addosso. Tutto sembrava
fatto a posta per far credere che fosse stato proprio lui ad avvertire il comandate supremo di quello che era accaduto.
- Questo rapporto è già arrivato dal comandante supremo?-
- No signore, era sulla scrivania della sua segretaria, ma il comandante è
fuori da giorni, quindi non ne sa nulla.-
- Bene sergente, ha fatto un buon lavoro.- Detto questo Mustang indossò ad una
velocità impressionante i guanti alchemici, gettò il rapporto nel cestino e gli
diede fuoco senza pensarci troppo. - Che tu lo creda o meno
non ho redatto io questo rapporto. Quindi c’è qualcuno che sa ogni cosa, non
voglio puntare il dito contro nessuno, solo che non mi
fido del comandante supremo e tanto meno della sua segretaria.- E come poteva
fidarsi, aveva visto quella donna molte volte e ricordava alla perfezione il
suo viso, identico a quello dell’homunculus che,
assieme al bambino, lo stavano costringendo a mettere in atto la trasmutazione
della pietra filosofale. Non poteva essere sicuro che anche il comandante
supremo fosse implicato in una simile questione, ma non poteva neanche
escluderlo. Mustang si alzò dalla sedia e fece per
andarsene dall’ufficio, fermato all’ultimo momento dal sottotenente.
- Voglio sapere di Ed, la prego colonnello… poi potrà punirmi per essere stata
violenta nei suoi confronti.- Mustang voltò lo sguardo verso la donna,
facendola indietreggiare di qualche passo. Sorrise, come per rassicurarla e le
prese il braccio tirandola verso di se.
- Le va di uscire con un suo superiore sottotenente Ross?
Le prometto che non mi approfitterò del mio grado in nessuna circostanza.-
Lei annuì semplicemente e si allontanò insieme al suo superiore, lasciando
tutti, soprattutto Brosh, con un palmo di naso.
Erano in macchina, Mustang guidava tenendo gli occhi fissi sulla strada e non
aveva detto neanche una parola da quando erano
partiti, sul lato del passeggero MariaRoss era alquanto imbarazzata dalla situazione, soprattutto
da quello strano silenzio.
- Colonnello… è arrabbiato con me per caso?- lo chiese a voce molto bassa,
sperando che lui non si adirasse ulteriormente, ma Mustang non era il tipo da
prendersela con gli altri e gli rispose rivolgendole un semplice sorriso.
- Anzi dovrei ringraziarti. Sei una donna forte e decisa, ammiro il tuo
carattere.-
- La ringrazio, ma sono stata molto scortese con lei.-
Dopo qualche secondo di silenzio, Mustang decise di
fermare la macchina in un piccolo parcheggio coperto, spense il motore e chiuse
ogni finestrino della vettura, voltandosi verso la donna. MariaRoss rimase basita da quel modo di fare, lo aveva
davanti, lo osservava mentre spostava i capelli
corvini dagli occhi felini che lo contraddistinguevano, era davvero un uomo
affascinante.
- In questo periodo non ho né la forza né il tempo per occuparmi di queste
faccende, come ad esempio scoprire chi ha scritto quel rapporto, ma con questo
non voglio dire che me ne lavo le mani.-
- Vuole che investighi io su questo caso?- gli aveva risposto senza mai staccare
lo sguardo dagli occhi di lui, come se fosse stata catturata da una strana
magia.
- No, nessuno di voi dovrà investigare su questo per ora e questo è un ordine,
non dovete fare nulla.- lei annuì poco convinta, ma non poteva ribattere. - Ora
parliamo di Ed, infondo è lui che ti interessa.- Come
se si stesse sfogando, rigettò tutto quello che sapeva in un mare di parole e
informazioni che Maria faticò ad assimilare tutte in
una volta. Solo in quel momento lo vide davvero come un uomo
normale, osservò ogni suo movimento, tutte le volte che parlava di Riza e intrecciava le dita tra loro, imbarazzato; ogni
volta che nominava Winry e si spostava i capelli dal
viso; oppure quando si riferiva ad Ed e si appoggiava senza forze al sedile
della vettura sbuffando. Lei d’altro canto non si comportava in modo
molto diverso, continuava ad accavallare le gambe ad intervalli regolari e
teneva tra le mani un piccolo e ormai distrutto fazzoletto di carta.
- Povero Ed, io non avrei mai immaginato una cosa
simile. E Winry come l’ha presa?-
- Non ne ho idea… non mi ha mai detto niente, continua a tenersi tutto dentro… Vorresti andare a trovare Fullmetal,
credo che ti farebbe entrare.-
Lei annuì e Mustang accese nuovamente l’auto, uscì dal parcheggio e imboccò la
strada per l’ospedale. Una volta arrivati era come se
qualcuno le avesse attaccato un peso sul cuore, non era come andarlo a trovare
in ospedale, cosa che aveva fatto un paio di volte, era una cosa completamente
diversa che la metteva in difficoltà.
- Se non te la senti non sei obbligata, capisco che possa essere difficile, lo
è stato anche per me.-
- No voglio andare, credo che essere chiusi qui sia molto peggio.-
Non avrebbe saputo che parole usare per descrivere quel luogo, tetro e
disperato forse erano quelle che si avvicinavano di più. Come al solito, fermo davanti alla camera di Ed incontrarono il
suo dottore, che li fermò prima che potessero avvertire il giovane.
- Lei chi è mi scusi? Non per essere maleducato signorina, ma Ed riceve solo due persone per ora.-
- Non si preoccupi, se Ed saprà che è qui vorrà vederla.- Il dottore rimase
qualche secondo ad osservare la donna, la divisa da militare non le donava e
avrebbe potuto mettere in ansia anche il ragazzo, però non si oppose oltre. MariaRoss bussò delicatamente
alla porta, nuovamente fu Al a rispondere per primo.
- Al, sono MariaRoss,
posso entrare?- sentì Al rivolgersi al fratello per chiedergli il permesso e
stranamente, sorprendendo sia Roy che il dottore, fu
proprio Ed a dirle di si, sembrava felice. La donna entrò nella stanza
chiudendo la porta. In quel momento, forse curioso della reazione di Ed, il
dottore invitò il colonnello ad osservare la scena in un luogo appartato. Lo
portò in una stanza con un grande specchio sulla parete, da cui riuscivano a vedere
la camera di Ed e la donna che si avvicinava al lettino. In quel momento Al decise di lasciarli soli e uscì senza che nessuno gli
dicesse nulla.
- Ciao Ed, sono felice di vederti.- Il ragazzo sembrava eccitato nel vederla,
si agitava contento cercando di attirarla verso di se e le sorrideva
continuamente, il suo viso era rilassato e dolce, come quello di un bambino.
- Sono contento che il tuo braccio sia guarito e che sei venuta a trovarmi,
grazie.- La donna sedette ai piedi del letto, si accorse delle cinghie in pelle
che lo tenevano fermo ed era come se in quel momento le stessero stringendo il
cuore. Ed si accorse che le stava osservando e alzò il
braccio sano per mostrargliele meglio, alzò le spalle senza abbandonare il suo
sorriso.
- Dicono che a volte divento violento per questo mi tengono legato e non avendo
l’auto-mail non riesco neanche a muovermi, però… se prometto di rimanere buono,
potresti liberarmi almeno la mano, mi fa male.- Lei non temeva che potesse
avere reazioni violente, si fidava di lui e non riusciva a vederlo in quello
stato, ci pensò bene eppure non riusciva a resistergli, si avvicinino a lui
iniziando a sciogliere la cinghia. Dalla stanza il dottore osservò la scena e
avvertì subito l’infermiere perché si preparasse a fermare il ragazzo se si
fosse comportato male, eppure Roynon
sembrava affatto in pensiero. Maria allontanò la cinghia, facendola ricadere al
lato del letto ed esaminò l’abrasione che aveva lasciato sulla pelle di Ed. Teneva la sua mano tra le
sue, la sentiva più piccola del normale, era smagrito molto.
- Posso abbracciarti?- chiese lui sorprendendola.
- Certo che puoi.- Maria si avvicinò al ragazzino
cingendolo con delicatezza, lui gli passò il braccio dietro al collo e poggiò
la testa sul suo petto, ascoltando i battiti del cuore di lei
accelerare.
- Io non ti farei mai del male, ti voglio bene. Mi piacerebbe che tu fossi la
mia mamma in questo momento…- aveva abbassato la voce,
adagiandosi sul suo profumo e appoggiandosi a quel calore che la distingueva da
tutte le altre. Lei gli passò una mano sui capelli, li aveva lasciati sciolti e
il quello stato, lo facevano sembrare ancora più
piccolo.
- Ti prego portami via di qui, non fanno altro che dirmi cose cattive, continuano a ricordarmi cosa sono stato costretto a fare, mi
parlano di Winry come se fosse ancora viva e io non
lo sopporto più. Voglio solo essere lasciato in pace per un po’, non riesco a
dimenticare di aver ucciso tutte quelle parsone…- Si strinse a lei come se
fosse l’unica salvezza, come se non avesse nient’altro che lei nella vita.
- Non sei solo Ed, ci sono io adesso e anche gli altri ti sono vicini…- Ed si aggrappò alla divisa della donna, chiedendole di
sdraiarsi insieme a lui, Maria poggiò la schiena alla
parete mentre lui appoggiava nuovamente la testa sul suo petto, cercando un
altro abbraccio. - Dormi un po’ ora, io ti rimango vicino lo prometto.-
- Mi fido di te, non mi abbandonerai come ha fatto lei.-
- Neanche lei lo ha fatto, ci credi se sono io a dirlo?- Ed alzò il viso verso
di lei e gli sorrise, si avvicinò e gli poggiò un
bacio veloce sulle labbra, tornando poi nella posizione di prima.
- Va bene… se lo dici tu non posso arrabbiarmi… mi manca tanto…- lo aveva detto
con un filo di voce prima di addormentarsi senza volerlo tra le braccia della
donna.
Il dottor Krad li aveva convocati entrambi nel suo
ufficio, aveva osservato bene il comportamento di Ed insieme a quella donna e
se ne era compiaciuto molto.
- Non si è agitato anche se lei le ha parlato della
ragazza, Edward ha piena fiducia in lei e crede a ciò
che dice, potrebbe essere un buon passo avanti.-
- Però dottore vorrei che venisse liberato da quelle corde, non fanno che
peggiorare la situazione.- MariaRoss
era una donna risoluta e sapeva far rispettare il suo volere, il dottore sentì
subito su di se il peso di quelle parole e il modo in cui le aveva dette, non
poteva far altro che far pensare ad un militare quale era.
- E’ una precauzione, non sappiamo quando possa avere delle crisi e il fatto
che non le ha avute oggi non significa nulla. Si rende conto di essere stata
imprudente? Con questo non voglio dire che sono
d’accordo nel tenerlo legato o imbottirlo di narcotici, ma a volte fatica a
riconoscere persino suo fratello e questo è pericoloso per gli altri e
soprattutto per lui stesso.-
Il dottore si tolse gli occhiali e li pulì con un panno, stava riflettendo
sulla condizione di Edward, come faceva da giorni.
Inforcò nuovamente le lenti e incrociò le mani sul mento.
- Io credo che sia giunto il momento di mettere Edward davanti alla verità, deve vedere la ragazza, capire
che è viva e rendersi conto che non è solo. Se ci
riusciamo possiamo sperare di fargli superare anche il trauma di ciò che ha
fatto.-
“EdwardElric, quindici
anni. Alchimista di Stato all’età di dodici anni e conosciuto
con il nome di FullmetalAlchemist.
Orfano di madre, padre scomparso, l’unico famigliare in vita è il fratello
minore Alphonse. Del passato di entrambi e di come
abbiamo potuto ridurre i loro corpi in quello stato
non so molto. Il paziente presenta gravi disturbi della psiche e perdite di
memoria riconducibili ad un forte trauma. Pur di salvare la ragazza di cui
probabilmente era innamorato, WinryRockbell, è stato costretto ad uccidere molte persone con
una trasmutazione alchemica. Lo shock lo ha portato a credere che anche la
ragazza sia perita in quello scontro, responsabile il
soggetto nominato da tutti come Envy. Un ragazzo dal
passato oscuro, sembra essere fratello maggiore di Edward, ma manifesta una forte schizofrenia e sadismo. Da
quando è stato ricoverato ha ricevuto poche persone, tra cui il fratello
minore, il colonnello RoyMustang
e il sottotenente MariaRoss.
Di particolare interesse il rapporto con quest’ultima.
Fino ad ora il ragazzo si è sempre rifiutato di sentire nominare il nome di Winry, reagendo con violenza contro chiunque
gli dicesse che la ragazza era viva, al contrario non ha avuto nessuna reazione
quando è stata la donna a dirlo. La vede come una specie di figura materna,
quindi un qualcosa di sacro e intoccabile. Per ora è l’unico miglioramento
appurato da quando è stato ricoverato. Ho parlato
anche con la ragazza, ha riportato una temporanea cecità e difficoltà di
movimento dovuta ad un avvelenamento. Mi ha messo al corrente
di molti dettagli che il colonnello Mustang mi ha tenuto nascosti, ho compreso
meglio il rapporto che lega Edward alla ragazza ed a Envy. Ad ogni modo vorrei mettere Edward
davanti alla realtà, comprendere quale reazione possa avere vedendo la ragazza
viva con i suoi occhi, visto che fin ora si sono incontrati solo una volta e il
paziente non era in grado di capire la situazione in quanto sotto sedativi,
dopo una violenta crisi…”
Il dottore aveva riletto e riletto più volte i suoi appunti cercando qualche
soluzione meno drastica, ma non ne aveva trovata. Quella
mattina si era diretto nella stanza del giovane, aveva fatto uscire il fratello
e si era seduto accanto al letto.
- Buongiorno Edward, come ci sentiamo oggi?-
- Meglio da quando mi avete slegato.- sembrava sereno
e questo rese felice il medico.
- Ti sei comportato bene in questi giorni, devo dedurre che la visita di quella
donna ti abbia giovato?-
- Si, lei è una persona speciale.- Lo aveva detto sorridendo, era la prima
volta che aveva una simile reazione parlando di una persona del suo passato. Di
solito o non ne parlava affatto o aveva una reazione
violenta.
- Te la senti di rispondere a qualche domanda?- Annuì semplicemente, aveva
promesso al sottotenente di collaborare e lo avrebbe fatto pur di uscire da
quel luogo. Il dottore prese la sua cartella e una penna iniziando ad annotare
tutto quello che gli avrebbe detto.
- Edward come ti senti da quando
il sottotenente Ross viene a trovarti tutti i
giorni?-
- Sto bene, lei è gentile con me e non cerca di farmi del male, vuole
aiutarmi.-
- Ma anche gli altri vogliono aiutarti. Che mi dici di
tuo fratello Alphonse.-
- Lui è molto paziente con me, a volte è lui il maggiore tra i due. La mia vita
non avrebbe senso senza di lui.-
Tutte queste cose lui le sapeva bene, ma era un modo come un altro per mettere
il giovane a suo agio, farlo parlare era la soluzione migliore.
- Perché non mi racconti qualcosa tu adesso, va bene tutto.-
- Che dovrei dirle?- Nonostante sembrasse riluttante, la cosa lo aveva incuriosito non poco e di questo il dottor Krad se ne compiacque.
- Quello che vuoi, ad esempio se c’è qualcosa a cui pensi spesso in questo
periodo, qualche desiderio o magari qualcosa del tuo passato. Scegli tu.-
Rimase qualche secondo a riflettere su cosa dire, non era semplice visto che si
era sempre limitato a rispondere alle sue domande.
- Ultimamente ho in mente una canzone, mi sembra di averla
sentita da qualche parte, ma non ricordo dove. Mi ha messo tanta nostalgia.-
- Di cosa parlava la canzone?-
- Parlava di qualcosa che era sfuggito, pensieri e parole mai dette… giorni
futuri in cui si sarebbero ricongiunti… Due persone lontane che vogliono
rivedersi, ma non possono.- La cosa lo aveva incuriosito,
sembrava si stesse riferendo proprio al rapporto che c’era tra lui e Winyr, anche se da solo non se ne rendeva conto, forse era
davvero arrivato il momento di farli incontrare.
- Edward, vorrei che tu incontrassi una persona, lo
devi fare se vuoi uscire da qui e guarire…-
- Volete farmi incontrare di nuovo il fantasma di Winry,
era lei che cantava quella volta, ma lei non lo farebbe mai per me, lei non la
conosce come la conosco io…-
- Devi capire la differenza tra ciò che è vero e ciò che credi… nessuno ti
tradirà questa volta, ti do la mia parola che non soffrirai mai più… domani Ed
la vedrai…-
- Ma io la vedo già adesso è questo che non capite. Lei è qui con me, la vera Winry non quella che volete farmi vedere e io lo proverò
domani, così capirete tutti che non sono pazzo.-
Capitolo 27 *** 27. Con gli occhi del cuore... ***
Penultimo capitolo della mia storia, l’incontro tra Winry ed Ed… come
andrà a finire, sarà un lieto epilogo
Penultimo capitolo della mia storia, l’incontro tra WinryedEd…
come andrà a finire, sarà un lieto epilogo?
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e spero che il
finale vi emozioni… almeno un po’…
Buona lettura a tutti, siete stati meravigliosi!!!!
27. Con gli occhi del
cuore…
Il telefono squillò più volte, visto che nessuno sembrava
correre a rispondere, fu Alicia ad alzare la cornetta, euforica perché quella
era la prima volta che lo faceva.
- Pronto! Io sono Alicia, la mamma non può rispondere ora.-
- Ciao piccolina, mi riconosci?-
- Roy!!!!- lo gridò così forte che Mustang dall’altra
parte del ricevitore dovette allontanarlo dall’orecchio per non perdere un
timpano. - Vuoi parlare con Riza?-
- Ti ringrazio piccolina, la prossima volta che ci vediamo ti porterò un altro
pensierino…- Attese qualche minuto, sentiva la voce della bambina
che chiamava Riza, poi la voce di lei all’apparecchio
che lo salutava.
- Roy, è successo qualcosa?-
- Io per ora non mi posso allontanare dall’ufficio, dovresti avvertire Winry che il dottor Krad ha
deciso di farle incontrare Ed domani mattina.-
- Ed ha chiesto di vederla?- la notizia la rallegrava, un piccolo sorriso le
increspò le labbra, ma la risposta di Mustang spense subito il suo entusiasmo.
- In verità è stato il dottore a dirlo, Ed è ancora convinto che lei sia morta
e ora che gli è stato imposto di vederla, ha accettato solo per dimostrare che
l’unico che ha ragione è lui.-
- Non è una situazione semplice, Winry potrebbe non
farcela?-
- Ma non abbiamo altra scelta, avvertila. Deve prepararsi.- Royriagganciò senza darle il tempo di rispondere, sapeva
che la situazione non le piaceva e avrebbe ribattuto e lui non se la sentiva di
litigare per una cosa del genere, visto che nessuno poteva farci nulla. A casa
di Glacyer, Riza tornò da Winry per dirle quello che doveva fare. Entrò nella stanza,
stupendosi di trovare le luci accese.
- Non mi da fastidio la luce, riesco persino a vedere la tua ombra accanto alla
porta.-
- Riesci a distinguermi?-
- No, vedo solo un’ombra sfocata, ma è sempre qualcosa.- Riza
si avvicinò al letto e le prese le mani tra le sue attirando l’attenzione della
ragazza. Winry si rese subito conto che doveva dirle
qualcosa di importante, lo capiva dal modo di
respirare.
- Domani il dottor Krad ti farà incontrare Ed. Te la senti?-
- Si. Io devo essere forte per lui, anche se mi respingerà o mi tratterà male,
perché accadrà, ma io non cederò. Basta piangere, non credi che lo abbia fatto
abbastanza?-
- Brava Winry, non sai quanto queste parole mi rendano felice.- La abbracciò dolcemente, rimanendo in
quella posizione per alcuni minuti.
- Non ti nego che ho paura…-
- Lo so bene, tutti abbiamo paura di ferire le persone a cui teniamo…-
Dopo una notte praticamente insonne Winry fu aiutata
da Riza a prepararsi. Era agitata e tesa, non era
ancora riuscita a camminare, ma ci aveva provato più di una volta ed era un
buon segno. Come al solito Mustang andò a prenderle a
casa di Glacyer, caricò la ragazza sul sedile
posteriore e lui si accomodò al suo fianco, lasciando guidare Riza. Rimasero in silenzio per tutto il viaggio fino
all’ospedale e una volta arrivati furono ricevuti dal
sottotenente Ross, Alphonse
e il dottor Krad, che salutò la ragazza.
- Come va la vista Winry? Mi sembri abbastanza in
forma!-
- Riesco a distinguere le figure, anche se non metto a fuoco praticamente
nulla.- Ripose sorridendo, come ad indicare che non era affatto agitata, mera
bugia visto che persino Roy che in quel momento non
doveva fare nulla, non riusciva a stare tranquillo.
- Ti porteremo nella stanza di Ed e verrai lasciata
sola. Un’infermiere rimarrà fuori nel caso Ed diventi
violento, mentre io osserverò tutto dalla stanza adiacente. Va bene per te?-
- Non potrei comunque rifiutare. Sono pronta.- Era
seria e decisa e il dottore ne rimase molto colpito.
Fu lui ad accompagnarla da Ed, dopo aver pregato gli altri di chiudersi nella
stanza con lo specchio per osservare la scena. Aprì la porta richiamando
l’attenzione di Ed, il ragazzo si voltò verso quella direzione puntando gli
occhi sulla sedia a rotelle e sulla ragazza.
- La riconosciEdward? Vi
lascio soli per un po’, mi raccomando non fare niente di cui potresti
pentirti.-
Ed annuì semplicemente e attese che uscisse, il medico aveva avvicinano la
sedia della ragazza al letto, ma non abbastanza perché lui potesse
arrivare a toccarla. Continuò a guardarla, sembrava lei eppure il suo cuore gli
diceva che non lo era. I suoi occhi, i capelli, la
bocca e il suo corpo erano simili, ma non uguali. Lei dal canto suo non
riusciva a distinguere bene la figura di Ed, forse perché non si muoveva.
- Ed? Sei qui vero?- Le tremava la voce nonostante avesse fatto credere a tutti
che non era agitata. Si torturava le mani e lui se ne era reso conto.
- Sei agitata?- disse spostando lo sguardo in un’altra direzione, tanto era
sicuro che non se ne fosse accorta.
- Un po’ si. Come ti senti?-
- Come qualcuno a cui non rimane che essere preso in giro…- Il tono che stava
usando, nonostante non fosse aggressivo, era distruttivo per lei, avrebbe
preferito vederlo urlare e gridare piuttosto che così freddo e distante. - Mi
credete uno stupido, ma io conosco la mia Winry e tu non le somigli affatto!-
- Ed guardami… sono io… che devo fare per fartelo capire!-
- Non lo capisci vero? Anche se ti ho qui davanti a me, non riesco a
considerarti come la stessa ragazza per cui da piccoli
io e Al ci picchiavamo per chi dovesse sposarla, non sei la stessa che ha messo
tutta se stessa per costruirmi gli auto-mail… Ora per me sei solo il giocattolo
preferito da Envy e quel giorno sarei dovuto morire
io al suo posto, magari saresti stata più felice.- Se fosse stata investita in
quel preciso istante, sarebbe stato meno doloroso. Ed
non era arrabbiato ne furioso, era sereno e parlava con la consapevolezza di
avere ragione, ed era proprio questa sua consapevolezza che la feriva. Non
riuscì a rispondere, non riusciva neanche a parlare,
aveva abbassato la testa, facendo ricadere i capelli in avanti.
- Puoi anche andartene ora, non voglio più vederti.-
- Io non sono la persona forte che tu credi, non lo sono mai stata. Non puoi di
certo sapere quante lacrime ho versato per te da quando
te ne sei andato di casa. Tutte le volte che mi sono
affacciata alla finestra sperando di vederti arrivare. Ti ho sempre
aspettato, ma se ora la mia lontananza ti farà stare
meglio allora sparirò. Però prima devi sapere quello che è successo.-
- Oh ma io lo so già e non ho voglia di ascoltare
altre storielle… mi basta sapere che mi hai tradito e questo è quanto.- Non
rispose, sapeva che era inutile fargli capire qualcosa che non avrebbe mai
accettato. Si asciugò quelle poche lacrime che i suoi occhi continuavano a
gettare automaticamente, e strinse le mani sui braccioli della sedia tirandola
leggermente indietro.
- Ed guardami…- gli chiese con un filo di voce,
ricevendo come risposta un secco no da parte sua.
- Guardami ho detto!- lo ripetè con più voce,
cercando di capire se era riuscita a farlo voltare, ma lui continuava ad
ignorarla. - Brutto pidocchio ti ho detto di guardarmi
adesso!-
- Vattene, non voglio più sentire la…- senza neanche rendersene conto aveva
involontariamente voltato la testa verso di lei e le parole, in quel momento,
gli erano morte in gola. Era in piedi, aveva spostato la sedia da una parte e
cercava di tenersi in equilibrio come poteva, le tremavano le gambe. Alzò il
viso verso di lui, sperando di capire se la stesse guardando.
- Io non riesco a vederti e non cammino da quel
giorno, le gambe e tutto il resto del mio corpo sono un continuo dolore. Questo
mi è accaduto perché non ho dato ad Envy quello che
voleva e quella donna mi ha avvelenato sperando che lui ne approfittasse…-
Avanzò incerta mettendo un piede davanti all’altro e sperando di non inciampare
in qualcosa lungo la strada, sarebbe arrivata da lui a qualsiasi costo, anche
se l’avesse scacciata. - … ma non lo ha fatto, non mi ha mai neanche sfiorata e io l’ho sempre preso in giro sperando che lui non
si avvicinasse più a te. Sono stanca di aspettarti inutilmente, stanca di
soffrire per qualcosa che non avrò mai, perché continuerai a scappare da me e
di questo ne sono pienamente cosciente.- Era arrivata
accanto al letto, in tutto quel tempo Ed non era riuscito a dire una parola né
a staccarle gli occhi di dosso. Nella sua mente era in corso una lotta, una parte di lui voleva scacciare quell’immagine,
voleva mandarla via, mentre un’altra sarebbe corsa da lei in men che non si dica. Per questo non mosse un muscolo.
Attese che si appoggiasse al letto, aveva il fiatone,
segno che per lei era stato davvero difficile arrivare fin li. Persino la
fronte si era riempita di piccole goccioline di sudore, poggiò entrambe le mani
sulla sponda del letto per riprendere fiato e successivamente
cercò con la mano di arrivare a lui. Non avvertì il minimo spostamento da parte
sua e continuò in quello che voleva fare. Riuscì a sfiorargli la spalla senza
sentire l’auto-mail, poi andò sempre più in alto cercando il viso e gli poggiò
una lieve carezza sulla guancia.
- Che cosa vuoi da…- Senza dargli il tempo di dire altro allontanò la mano
velocemente e con forza lo schiaffeggiò facendogli spostare il viso dalla parte
opposta. Sulla sua guancia divennero subito ben evidenti le impronte rosse
delle dita di lei e non potè
che reggersi la parte dolorante.
- Pezzo di idiota buono a nulla! Hai rovinato di nuovo il mio
auto-mail e scommetto che la gamba non sta messa meglio! Quante volte te
lo devo dire che sono delicati e adesso che non ci
vedo non posso neanche rimetterli a posto, ti rendi conto di quello che hai
combinato?-
Dalla stanza adiacente, erano tutti senza parole, forse solo Alphonse si aspettava una simile uscita da parte della
ragazza. Il dottor Krad aveva già avvisato l’infermiere quando aveva visto Winry
avvicinarsi al letto, ma Roy lo aveva fermato prima
chiedendogli di aspettare. Infatti Ed non si era mosso
di una millimetro, ascoltava senza dire nulla le lamentele della ragazza che
gli sbraitava contro come una pazza.
- Credi che basti impuntarsi come un bambino per farmi cedere? Ammetto di avere
avuto un periodo di depressione, ma la colpa è solo tua! Non mi sarei mai fatta
mettere le mani addosso da quel tipo! L’unico che… l’unico che…-
Non era riuscita a finire la frase, le guance le erano
diventare rosse e aveva cercato di nascondersi da lui. Ed al contrario non
aveva ancora detto nulla, era come paralizzato dalla furia che si era trovato
davanti.
- L’unico sei tu… non esiste nessun altro per me. Non
ti sto chiedendo di perdonarmi, ne di dimenticare… voglio solo che tu non
sparisca dalla mia vita, mi basta rimanere anche solo il tuo meccanico, ma ti
prego non cancellarmi in questo modo…-
Senza dire ancora una parola, allungò il braccio prendendole la mano e
tirandola verso di se, Winry ricadde sul letto
sbattendo la fronte sul petto di lui, si sentì stringere sulla schiena
dolcemente, avvertì il suo respiro sul collo, quel calore che le mancava e che
solo lui doveva donarle.
- Sei tornata… finalmente sei ritornata da me…-
- Stupido… stupido… stupido… stupido… non me ne sono mai andata.- Ricambiò il
suo abbraccio, stringendosi a lui più forte che poteva, si ripromise di non
piangere, non doveva farlo perché era felice in quel momento e non lo avrebbe
rovinato con le lacrime.
- Vorrei tanto poterti vedere in questo momento…- Alzò il viso verso quello di
lui, scorgendone a malapena i contorni, nonostante questo era felice, lo
accarezzò sentendo la sua guancia ancora calda per il colpo che gli aveva dato
poco prima.
- Allora fai come me… guarda con gli occhi del tuo cuore e riuscirai a vedermi…
-
Lei annuì sorridendo e si avvicinò come poteva per sentirlo ancora più vicino,
lui l’aiutò poggiando per prima le sue labbra su quelle di lei, quel sapore di
buono che aveva avvertito la prima volta che l’aveva baciata non era cambiato,
era lei e lo sapeva bene, perché nessun’altra lo
avrebbe picchiato con tanta forza e poi baciato con la stessa intensità.
In quel momento si ritrovò la stanza ghermita di persone che lo guardavano. Si
sentiva strano, come se avesse dormito per tutto il tempo e svegliato di colpo
con un colpo ben assestato. RoyMustang lo guardava con il suo sguardo malizioso, ma
anche pieno di un affetto che a lui piaceva, Riza era
accanto al suo colonnello finalmente, era felice per lui e lo dimostravano i
suoi occhi color del miele. MariaRoss
invece non si tratteneva, piangeva senza vergognarsi, felice di averlo
nuovamente indietro. Accanto a loro Al, il suo corpo
non gli permetteva di esprimere alcuna emozione, ma lui era suo fratello e non
servivano espressioni, lo sentiva nel cuore che era felice per lui.
Passarono cinque giorni prima che Ed potesse essere dimesso. Ringraziò di cuore
il dottor Krad per tutto quello che aveva fatto per
lui e che di certo non avrebbe dimenticato. Riza era tornata nel suo appartamento, lo aveva
rimesso a nuovo, cercando di cancellare i segni di ciò che era accaduto ed era
tornata ad occupare il posto di tenente accanto al colonnello. Winry aveva ripreso a camminare tranquillamente e la
vista riaffiorava velocemente, poteva dirsi davvero fortunata per non aver
avuto danni permanenti. Era ancora ospite a casa della signora Glacyer e lei aveva offerto una stanza anche ad Ed, ma lui
l’aveva rifiutata educatamente con una scusa.
Aveva delle cose da fare, qualcosa che solo lui poteva risolvere. Come se fosse guidato da una forza sconosciuta, ripercorse tutta la
strada che aveva fatto giorni prima per arrivare in quello strano e tetro
teatro. Non aveva incontrato nessuno sulla strada, nessuna traccia degli
homunculus o di quella donna. Tutto era lasciato
all’abbandono, quel grande salone era semidistrutto,
sul pavimento c’era ancora il cerchio alchemico che aveva usato e il grande
cratere che si era creato. Si fermò proprio sul brodo del precipizio guardando
verso il basso osservando solo oscurità senza fine.
- Non dimentico, non riuscirò mai a togliermi dal cuore una tale colpa, però
vado avanti con la consapevolezza che non sono più
solo. Qualsiasi cosa mi aspetti in futuro non cederò
mai più e non farò mai più del male alle persone che amo…- Si piegò in avanti
portandosi le mani di fianco alla bocca, per il momento, finché Winry non riprendeva completamente la vista, aveva
indossato un auto-mail provvisorio e anche molto scomodo, ma svolgeva bene il
compito. - Mi senti vero? La prossima volta chiuderemo i conti!- Lo gridò con
tutto il fiato che aveva in gola, poi se ne andò in
completo silenzio.
Era ancora presto per andare a dormire, infatti non riusciva a stare buona nel
letto nonostante si sentisse stanca. Sentì bussare alla porta e diede il permesso di entrare.
- Sono Glacyer, non riesci a dormire?-
- No, mi sento agitata e non ne conosco il motivo.- Sorrise mettendosi seduta e
aspettando che lei si avvicinasse. Distingueva bene la sua figura, ma i
lineamenti erano ancora sfocati per lei e con il buio della stanza era ancora
più difficile. Avvertì il movimento del letto e sentì la mano
di lei che le stringeva la sua, era fredda, ma molto morbida.
- Fa un po’ freddo stasera vero? Ero venuta a chiederti se volevi
qualcosa da bere per rilassarti.-
- Io sto bene così, grazie. Volevi dirmi qualcos’altro?- Lo aveva avvertito dalla
sua voce che voleva qualcosa, ma attese che fosse lei
a dirlo. Avvertì che si era avvicinata molto a lei e le sorrise cercando di
farle forza.
- Sei contenta così? Ti va bene tornare a casa da
sola, come se niente fosse accaduto?-
- Avrò ripetuto questa frase un milione di volte, ma
non mi stancherò mai. Il mio compito è aspettarlo, ha molto da fare prima di
potersi riposare, ma io ho fiducia in lui e so che un giorno i miei sforzi
saranno ripagati. Quando avrà compiuto il suo compito
tornerà da me… lo sento nel mio cuore o non potrei andare avanti.-
- Quindi hai scelto così…- si alzò allontanandosi da lei e avvicinandosi alla
porta. Lei la seguì con lo sguardo nonostante le difficoltà che aveva. -
Buonanotte Winry.-
- Buonanotte… buonanotte Envy!- Non fece in tempo a
rendersi conto di come era stato chiamato, che quando
si voltò lei era già addormentata o forse faceva finta, il fatto era che
nonostante tutto, riusciva sempre a riconoscerlo…
Questa è la fine della mia storia… Buona lettura a tutti, i miei
ringraziamenti sono alla fine…
Questa è la fine della mia storia… Buona
lettura a tutti, i miei ringraziamenti sono alla fine….
28. Squarci di vita.
La vita
riprende a scorrere, anche se in realtà è sbagliato dire così, perché in fondo
non si è mai fermata. Siamo noi esseri umani ad aver arrestato il nostro modo
di vivere. Quello che è successo sembrava aver cambiato ogni cosa…
ma si può davvero dire che sono cambiate?
In fondo cosa c’è di veramente diverso? Cosa ci ha
fatto diventare questa esperienza?
Io credevo che non ci fosse nulla di diverso, forse solo i sentimenti che ci
hanno trascinato in questa avventura sono cambiati, ma
poi neanche questo è vero in assoluto. Personalmente ho provato ogni genere di emozione, dalla più bella alla più orribile, ma sono
andato avanti sperando di tenere per me solo quelle belle alla fine, invece non
credo proprio che ci sia riuscito.
Amore. Cosa significa questa parola? Ci ho pensato spesso ultimamente, ho forse provato amore in
questo periodo? Non credo proprio, quello che mi ha sempre spinto ad agire era
la voglia di non rimanere solo e di questo se ne è
resa conto una sola persona. L’unica, forse, che non avrei
mai fatto avvicinare a me, invece ora mi trovo spesso ad incrociare il
suo sorriso e quella della bambina… Ti prego amico mio, non volermene a male,
ma voglio bene ad entrambe e farò di tutto per restare loro vicino, come credo
che avresti fatto tu per me se fossi stato al mio posto e io chiuso in quella
fredda e solitaria bara, con lo stupido rango di generale di brigata, che in
questo momento suona così orribile da farmi venire voglia di vomitare!
In realtà non so neanche cosa significhino queste sensazioni che mi stringono
il cuore, devo assolutamente capire perché voglio allontanare l’unica donna che
non posso proteggere e non merito neanche di farlo. E’
proprio vero, non so comportarmi da uomo. Mi sono trovato molte volte a
rivedere ogni cosa e come alla fine sono andate a finire…
Winry ha riacquistato la vista, ora deve portare
degli occhiali, ma sono solo temporanei. Ha riparato gli
auto-mail poi è ripartita per Reseembool
qualche giorno dopo, proprio come era stato deciso. Tenerla lontana dalla città
poteva solo essere un bene e lei non ha mai obiettato. Siamo andati tutti a
salutarla, Ed l’ha baciata e lei gli ha detto di
avergli lasciato un piccolo ricordo sul braccio. Mentre il treno partiva, Fullmetal ha cercato di capire cosa fosse,
poi l’ha trovata: una piccola incisione su cui la ragazza aveva scritto “ti
aspetterò per sempre”, se non fossimo stati tutti con lui sarebbe scoppiato a
piangere.
Qualche giorno dopo anche lui ha ripreso il suo viaggio, non mi ha detto dove
era diretto, infondo non lo ha mai fatto e non ha visto motivo
per cui dovesse iniziare proprio in quel momento… Ho una strana
sensazione su quei due fratelli, sensazione che un giorno dovrò dire addio ad
entrambi o saranno loro a dirlo a me… Ho paura… paura di morire e non rivedere
nessuno, compresa lei che nella mia vita è così importante…
Sto indagando su chi ha scritto quello strano rapporto. Ci sono molte cose che
devono ancora essere chiarite, come stabilire se il comandante supremo ha a che
fare con gli homunculus rimasti. Non sappiamo neanche
quanti ne siano realmente rimasti, Ed non mi ha dato
la certezza assoluta di aver ucciso Envy, è stato
molto vago su questo argomento.
Per questo continuo il mio lavoro come se in realtà non sapessi nulla, Riza è tornata in servizio come mio tenente e questa è la cosa che mi lascia più perplesso. Tutto è tornato come primam per questo ho detto che
forse non è mai cambiato, mi chiama colonnello, mi sgrida se poltrisco e mi
aiuta quando non arrivo con il lavoro. Chissà cosa ci
riserverà il futuro, se mai ci sarà un futuro insieme. Non ne sono affatto certo, in questo periodo non sono sicuro
neanche di essere vivo. Però ho imparato a gioire dei
piccoli momenti, di quei secondi in cui la vedo sorridere e quelle rare sere in
cui vado a trovarla nel suo appartamento. Non mi rifiuta, non lo farebbe mai…
Forse è vero che le persone capiscono le cose quando
sono in pericolo o quando non vedono che oscurità davanti a loro. Solo in quel
momento si riesce a dare il vero peso alle cose e soprattutto alle persone e
pensandoci mi viene da dire: quanto tempo ho sprecato
nella mia vita!!!!
Chissà come finirà questa strana storia, che ci avvicina e ci allontana con
estrema facilità?
Quello che abbiamo vissuto ora è solo un piccolo stralcio di vita, una
parentesi probabilmente mai chiusa. Avremo altri momenti in cui soffriremo, in
cui verremo messi alla prova, in cui non sapremo a chi
aggrapparci…
Io vado avanti come posso, miro in alto, molto in alto, ma posso farlo solo se
al mio fianco c’è lei, senza non avrebbe senso salvare questo paese. Non mi importa se vengo definito egoista, ma credo che per
salvare qualcuno bisogna essere prima salvati da qualcun altro e lei è quella
che ha salvato me molte volte.
Lo stesso vale per Fullmetal… Sono più che convinto
che se non ci fosse Winry, se tutte le volte che
torna a Reseembool, non ci fosse quella luce alla
finestra ad indicargli il cammino, non ci arriverebbe mai. Non è Al che gli da la forza di andare avanti, ma il pensiero di poter
arrivare in fondo a questa storia per poter tornare in quei luoghi, salutare Pinako con un sorriso, guardare Winry
negli occhi e dirle finalmente “Sono a casa!”
Forse non lo farà mai, forse non è questo il suo destino, come non è il mio
diventare comandante supremo, ma di certo non mi abbatto per un dubbio… bè non lo faccio perché altrimenti lei metterebbe il
broncio e potrebbe anche spararmi una volta di queste!
Forse il mio destino è mettermi contro il comandante KingBradley e morire nel tentativo di fermarlo, o forse
potrei salvarmi e smettere di essere un soldato… no! Credo che questo non
succederà mai, amo troppo il mio titolo e la mia fama di FlameAlchemist che credo di non poterlo mai abbandonare…
Chi può sapere cosa ci aspetta, magari passeremo giorni a roderci il cervello
cercando qualcosa che non esiste, come la pietra filosofale… Io voglio credere
in Ed e in quello che farà… ormai sono convinto di non poter più far parte
della sua vita, non posso controllarlo… Questa strana storia è iniziata un
giorno di pioggia e fortunatamente è finita in un giorno di sole, un giorno in
cui tutto è ricominciato come prima…
L’unica cosa che posso dire ora, l’unica che mi suggerisce il mio cuore in
questo momento è solo:
Buona fortuna FullMetalAlchemist!
RoyMustang
Ringraziamento
personale:
Bene siamo giunti alla fine...
Ho voluto concludere questa ff
con i pensieri di Roy, perchè lo ritengo un
personaggio molto complicato e difficile da descrivere, mi ha davvero dato
molto da fare, a volte non riuscivo a far capire bene cosa stesse facendo o
pensando... spero di aver colto almeno in parte il suo modo di essere.
Non volevo concludere questa storia con un ... e vissero tutti felici e contenti...
non so voi, ma io ho visto la fine della serie e il film e sinceramente ne sono
rimasta talmente colpita che non sono riuscita a trovarne una degna per la mia.
Preferisco aver riportato tutto alla normalità, i personaggi hanno vissuto solo
un periodo della loro vita, sono cambiati e tornati
normali...
sono quelli che conosciamo tutti e non quelli che ho inventato io, perchè lo
ammetto, spesso so di averli idealizzati... ma a me piacciono così
sono particolari, perchè escono dalla mia mente contorta, come credo che sia
per tutti voi che scrivete ff.
Quindi il mio è un arrivederci alla prossima fanfiction...
spero di avervi emozionato e che seguirete magari le mie prossime avventure...
un saluto a tutti quanti, lasciatemi commenti se volete, mi farebbe molto
piacere sapere come la pensate sulla mia storia, dal
canto mio cercherò un modo per rispondere a tutti…