Senza di lei...

di Yuichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. La pioggia del cambiamento ***
Capitolo 2: *** 2. Occhi che piangono... ***
Capitolo 3: *** 3. Da uomo a uomo ***
Capitolo 4: *** 4. Pioggia di vetri ***
Capitolo 5: *** 5. Lievi battiti ***
Capitolo 6: *** 6.Indagini ***
Capitolo 7: *** 7. Senza di lei... morirei ***
Capitolo 8: *** 8. La ricerca di acciaio ***
Capitolo 9: *** 9. Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 10: *** 10. Peggioramenti ***
Capitolo 11: *** 11. Il sogno di Riza (I) ***
Capitolo 12: *** 12. Scegli Ed! ***
Capitolo 13: *** 13. Alchimia d'amore ***
Capitolo 14: *** 14. Il sogno di Riza (II) ***
Capitolo 15: *** 15. Il respiro dell'anima ***
Capitolo 16: *** 16. Ricordi sbagliati ***
Capitolo 17: *** 17. Accettare... odiare... fuggire ***
Capitolo 18: *** 18. Speranze perdute ***
Capitolo 19: *** 19. Strani rumori ***
Capitolo 20: *** 20. Si comincia! ***
Capitolo 21: *** 21. Odore di morte ***
Capitolo 22: *** 22. Doppia trasmutazione ***
Capitolo 23: *** 23. Dolore ***
Capitolo 24: *** 24. Voglio vederti ***
Capitolo 25: *** 25. Io esisto! ***
Capitolo 26: *** 26. Non è ancora finita ***
Capitolo 27: *** 27. Con gli occhi del cuore... ***
Capitolo 28: *** 28. Squarci di vita... ***



Capitolo 1
*** 1. La pioggia del cambiamento ***


1. La pioggia del cambiamento

Da giorni non fa che piovere. Con il tempo ho iniziato ad odiare la pioggia, anche se una volta sarei rimasta ore a vederla scendere dal cielo, come se qualcuno dall’alto avesse lasciato i rubinetti aperti e ora non fosse più in grado di controllare il flusso dell’acqua. Mi stupisco di quanto posso ragionare da bambina a volte, anche se non lo sono più, non lo sono mai stata realmente, come a volte non mi sento neanche una vera donna. Forse perché lavoro solo ed esclusivamente con degli uomini e, anche se lo vorrei, non posso esternare la mia femminilità, che forse con la forza dell’abitudine ho perso. Chi lo sa! Quello che so è che da qualche tempo non riesco a fare altro che pensare a ciò che non sono e non ne capisco il motivo. Non mi è importato mai molto di come apparivo, a lui andavo bene in qualsiasi modo mi presentassi, ma per lui non sono che un sottoposto e sono pochi i momenti in cui mi tratta in modo diverso o ha atteggiamenti dolci nei miei confronti, ma in fondo che mi posso aspettare, tra soldati queste cose sciocche non sono permesse. Prima mi davano molto fastidio i suoi atteggiamenti, soprattutto quando se ne usciva, senza che nessuno glielo avesse chiesto, che aveva un appuntamento con una donna. Ora invece, vorrei tanto che tornasse ad essere quello di prima…

- Dannata pioggia, se continua così non posso neanche andare a casa!-
Sbottò Havoc seriamente contrariato del maltempo, che imperversava da giorni. Buttava spesso l’occhio sulla finestra, sperando che smettesse di buttar giù acqua, ma inutilmente.
- Perché hai tanta voglia di andartene a casa, usciamo a bere qualcosa e cerchiamo di scaricare la tensione in qualche modo.- Rispose il sergente maggiore Fury, con qualche punta di incertezza nella voce, a volte riusciva ad essere troppo timido per essere un soldato. Il colonnello da dietro la sua scrivania alzò l’occhio verso quello, che in quel momento, gli sembrava solo un ragazzino imbarazzato e abbozzò un sorriso. Havoc rispose con un segno rassegnato del capo accendendosi un’altra sigaretta. La proposta fu accolta anche dagli altri, gli unici che rifiutarono furono proprio il colonnello e il tenente, seduto alla scrivania che da ore non faceva che esaminare noiosi rapporti. A fine lavoro si prepararono per uscire. Fu Havoc a chiedere per l’ultima volta al colonnello se voleva unirsi a loro.
- Ho ancora del lavoro da sbrigare e devo leggere l’ultimo rapporto di Acciaio, non posso davvero. Sarà per la prossima. -
Havoc rivolse la stessa domanda anche al Tenente Hawkeye, cercando di convincerla. Secondo lui il tenente era una donna troppo dedita al suo lavoro e ultimamente cercava sempre di farla svagare in qualche modo. La guardò a lungo prima di farle la domanda, ma capì subito quale sarebbe stata la risposta.
- Se vado via di sicuro il Colonnello non combinerà niente e domani saremo costretti a svegliarci prima, per coprirlo come al solito…- Mustang l’aveva guardata con aria di stizza cercando di sembrare il più offeso possibile, ma lei non si lasciò intenerire e lo fulminò con lo sguardo, dicendogli di non perdere tempo. Fu una scena divertente che costrinse gli altri ad andarsene. Non appena chiusero dietro di loro la porta, Riza tornò a concentrarsi dietro la piccola scrivania in legno, cercando di correggere alcuni documenti e controllare che Mustang li avesse firmati, mentre il colonnello si immerse nella lettura di tutta quella burocrazia, che gli faceva venire la nausea ogni volta.

Scese un silenzio profondo, ma per nulla imbarazzante, infondo vi erano abituati. Lavorare per entrambi era diventata una questione di vita o di morte, tutto da quando Hughes li aveva lasciati. Mustang non aveva fatto altro che mettere tutto se stesso in quel che faceva e voleva a tutti i costi trovare quel bastardo che gli aveva portato via il suo migliore amico, Riza lo sosteneva come poteva e cercava di stargli accanto, per proteggerlo non solo dai pericoli, ma anche da se stesso. Da quel terribile giorno era cambiato e lei spesso faticava a riconoscerlo, lo guardava per minuti interminabili cercando di vedere, dietro quella maschera di cemento, che si era costruito, il suo Roy Mustang, l’alchimista di Fuoco e l’uomo che stimava e ammirava sopra ogni cosa. I suoi pensieri furono interrotti dal movimento del colonnello, si sistemò sulla sedia stiracchiandosi le braccia e sbadigliando senza pudore. Riza sorrise, a volte sapeva tornare quello di un tempo. Poi i suoi occhi incontrarono quelle scure dell’uomo e ne rimase catturata, di certo sapeva come guardare una donna, come farla sentire osservata e desiderata.
- Tenente…- chiese lui con un filo di voce, cercando l’attenzione della donna. - Ti da fastidio se mi metto più comodo, in questo ufficio fa così caldo che non riesco neanche a respirare.-
Di certo una strana domanda, ma anche lei stava iniziando a soffrire quell’aria viziata e acconsentì al sorriso malizioso che si era delineato sul viso perfetto del colonnello. Tornò a concentrarsi sui fogli che aveva sulla scrivania, ma non poteva non buttare l’occhio su di lui, che nel frattempo si era alzato, gettando su una sedia la divisa blu dell’esercito e rimanendo con una fine camicia bianca. Sbottonò i primi bottoni e accorciò le maniche fino ai gomiti, tirando fuori dalla cintura i bordi della camicia per sentirsi più libero possibile.
- Ultimamente la divisa mi sta sempre più stretta, non la sopporto per più di mezza giornata.- Si grattò la testa, scombinandosi anche i capelli, divenendo una specie di gattino arruffato agli occhi della donna.
- Forse avete messo su peso, non vi vedo molto attivo da un po’ di tempo a questa parte.- Ironizzò sulla situazione, cercando di farlo rilassare. Mustang accolse la battuta di buon grado e si avvicinò alla scrivania della ragazza, poggiò le mani sul tavolo e si piegò in avanti costringendola a guardarlo negli occhi, uno sguardo che ogni volta riusciva a immobilizzarla. Era affascinante e misterioso, perdersi in quel baratro era dolce e bello.
- Io non sono il tipo che mostra il suo fisico come il maggiore Armstrong, posso conquistare una donna solo guardandola negli occhi…- Aveva un tono di voce simile ad un sussurro, Riza ebbe i brividi lungo la schiena, Mustang se ne rese conto e vederla in difficoltà gli piaceva sempre più. Rimasero a fissarsi per minuti che sembrarono interminabili, occhi negli occhi, due cuori che battevano allo stesso ritmo. Poi lei non riuscì a reggere più quello sguardo e si alzò di scatto dirigendosi verso la libreria alle sue spalle, facendo finta di riporre un libro sullo scaffale. Mustang la sorprese di nuovo, si mosse velocemente e la cinse con le braccia da dietro la schiena, poggiando il mento sulla spalla di lei, nello stesso momento in cui il libro che teneva in mano, crollò a terra. Riza lo sentiva respirare, colpendole il collo e provocandole piacevoli brividi. Inclinò il capo verso di lui, che prese quel gesto come un assenso.
- Sai perché mi comporto così?- chiese Roy con un filo di voce, strofinando il naso sulla guancia di lei e cercando la sua pelle con le labbra. Si muoveva con estrema lentezza, esasperando ogni gesto e rendendola desiderosa di approfondire quel contatto così unico. - Sono contento che tu non sia uscita con gli altri, ne sarei stato geloso. Non mi piace come ti guarda Havoc a volte, come se ti desiderasse più di me…- Riza non capiva. Non aveva mai notato quel tipo di attenzione da parte del sottotenente, ma lei non era mai stata brava con certe cose. Roy la costrinse a girarsi verso di lui e la chiuse in un abbraccio più forte e deciso, spingendola verso di lui. Anche sotto la divisa, riuscì a sentire la forma del suo seno, quel contatto gli diede la spinta di spingersi sempre più oltre. Con la mano destra le slacciò il fermaglio che teneva legati i capelli di lei e una chioma morbida e bionda le ricadde sulla schiena, espandendo per la stanza un buon profumo. Iniziò a baciarle il collo, leggermente, poi sempre più forte, lasciandole segni rossi e circolari evidenti.
- Colonnello… basta… la prego… io…- Nonostante quello che stesse dicendo, il suo corpo non ubbidiva alla mente, era guidato da un cuore caldo e pulsante, che da anni batteva per lui e ora che lo sentiva così vicino, che sapeva che anche lui la stava desiderando, non riusciva a fargli capire che non era giusto. Mustang le slacciò la divisa, facendola cadere a terra. Poi iniziò a slacciarle i bottoni della camicetta il lino iniziando a intravedere la biancheria e la forma dei seni. Era un gioco che gli piaceva, lei diceva di no, ma non faceva nulla per allontanarlo e sottostava a tutto quello che faceva, mentre lentamente, la sentiva sciogliersi sotto la sua presa.
- Non vuoi queste attenzioni? Non desideravi che io lo facessi, ho forse interpretato male i tuoi sguardi?- Le strinse forte un seno, facendole quasi male e baciandola sempre più passionalmente. Lei lo voleva, eppure una cosa le mancava terribilmente… nonostante tutto Mustang non l’aveva ancora mai baciata seriamente. Quando sentì che le mani del colonnello avevano iniziato a cercare dell’altro, arrivando a sbottonarle anche i pantaloni, si tirò indietro con forza. Scattò così improvvisamente che perse l’equilibrio e ricadde a terra con un tonfo sordo e imbarazzante.
- Che cosa ti prende?- Sembrava alquanto infastidito, ma si chinò verso di lei dolcemente, cercando una risposta. Le prese il mento con la mano e lo alzò verso di lui, solo allora si ritirò come un riccio, scoprendola in lacrime, gli occhi si erano gonfiati e arrossati, probabilmente lo stava trattenendo da un po’ e lui non si era reso conto di nulla. - Perché piangi?-
Riza cercò di coprirsi alla meglio stringendo la camicia con una mano, mentre con l’altra cercava di fermare le lacrime, ma inutilmente. Perché piangeva, se veramente voleva stare con lui?
- Non stai bene? Ti sei forse fatta male?- Era seriamente preoccupato e quella reazione lo aveva spiazzato, i suoi occhi si erano fatti dolci e comprensivi, ma c’era ancora qualcosa che non andava.
Trattenendo a stento dei singhiozzi, cercò di parlare. Sentire la sua voce così roca e spezzata, fu come se qualcuno lo stesse uccidendo proprio in quel momento.
- Perché lo hai fatto? Io lo volevo, ma non così… non voglio essere solo un divertimento, avrei voluto che almeno mi avessi baciata e non lo hai fatto.-
Aveva persino abbandonato il rispetto per un superiore, dandogli del tu come se nulla fosse, ma la cosa fu anche peggiore per lui, se avesse continuato a dargli del lei, avrebbe anche potuto ordinarle di smettere di piangere come una bambina. Mustang indietreggiò cercando una spiegazione a quelle strane parole, possibile che non lo avesse fatto? Eppure non si era reso conto di nulla? Rimase in silenzio, dando fondamento al dubbio che la donna aveva da tempo, voleva solo passare del tempo, infondo non le interessava. Credere in quello che, fino a quel momento, era stato solo un dubbio lontano e sfocato, la fece cedere. Si portò entrambe le mani al viso, schermandosi da quello sguardo privo di senso che lui le rivolgeva e iniziò a piangere, i singhiozzi le scuotevano le spalle e non accennò a rialzarsi. Le cose peggiorarono…

Quando lui cercò di farla alzare, lei lo evitò con violenza, gridandogli contro che non doveva più toccarla, ma proprio in quel momento, forse per volere del destino, qualcuno rientrò nell’ufficio. Spalancò gli occhi e la bocca, facendo cadere a terra il solito mozzicone di sigaretta che si portava dietro per un po’ prima di buttarlo e accederne un’altra.
- Che diavolo succede qui?- Sembrava arrabbiato, ma cercò di trattenere il sentimento, rivolgendosi al colonnello. - Ero tornato a riprendere il portafogli che ho dimenticato. Colonnello posso avere una spiegazione?- Solo in quel momento Riza alzò lo sguardo verso il nuovo venuto, Havoc sapeva che stava piangendo, ma vedere il suo viso pallido e gli occhi rossi e carichi di lacrime, lo resero furioso. - Forse è meglio che riporti a casa il tenente Hawkeye, non credo che stia molto bene…-
Roy non si oppose e non disse nulla, si tirò solo indietro osservando Havoc che la copriva con la divisa, lasciata in un angolo della stanza e la prendeva di peso da terra, portandola fuori dall’ufficio. Pioveva ancora, forse il cielo voleva accompagnare le lacrime che ancora sgorgavano copiosi dagli occhi color del miele della donna…

 

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Capitolo 2
*** 2. Occhi che piangono... ***


2. Occhi che piangono…

Perché? Me lo sono chiesto a lungo, ma senza una risposta. Non riesco a credere neanche a quello che ho visto. Lei a terra e lui che non faceva nulla, neanche un sussurro quando l’ho portata via. Voglio bene a Riza, in qualsiasi senso si interpreti questa mia dichiarazione, ma ho sempre pensato che lei avesse occhi solo per lui e non per me, non ne sono mai stato geloso, a me bastava che stessimo tutti bene. Invece l’ho vista piangere, sembrava una bambina indifesa e non la donna forte che conosco. Allora perché? Perché continua a difenderlo se le ha fatto del male, perché non mi ha detto cosa è successo? Non mi posso intromettere troppo tra loro due e non solo perché Mustang è un mio superiore, ma se dovessi vederla di nuovo in quello stato… al diavolo tutto!

La sistemò con cura in auto ed entrò di corsa, cercando di bagnarsi il meno possibile. Accese il motore e iniziò ad allontanarsi lentamente dall’edificio. Riza appoggiò la testa al finestrino, aveva smesso di piangere, ma aveva i capelli incollati al viso e gli occhi chiusi, come se stesse dormendo. Havoc la guardò spesso in tutto il tragitto, non riusciva neanche a riconoscere in quella che sembrava una ragazzina, la donna fredda e risoluta con cui lavorava tutti i giorni. Fermò l’auto sotto la palazzina dove viveva la donna e attese in silenzio.
- Posso chiederti un favore?- chiese lei con un filo di voce, rivolgendogli uno sguardo di supplica, che gelò il cuore del sottotenente, Riza notò che si era dimenticato di accedere la sigaretta, la scena doveva averlo sconvolto. - Non dire a nessuno quello che hai visto, non voglio che il colonnello abbia problemi a causa mia.-
Lo stava difendendo, eppure quello che lui aveva visto era una donna seminuda, seduta a terra e in lacrime e un uomo che forse le avrebbe fatto del male, se già non lo aveva fatto.
- Perché lo difendi? Dopo quello che ho visto io lo manderei al diavolo una volta per tutte!- Lo aveva gridato e Riza ne rimase colpita, Havoc aveva sempre avuto una grande ammirazione verso il colonnello eppure avrebbe gettato tutto alle ortiche pur di vendicare il torto che lei aveva subito. Gli sorrise, cercando di calmarlo. Havoc continuava a non capire, neanche il rossore sulle guance della donna era spiegabile, se ne vergognava eppure lo difendeva.
- Grazie per avermi portata a casa… però ti prego, fa che rimanga tra noi.- Havoc le poggiò una mano sulla fronte, era calda e sudata. Aveva la febbre e di lasciarla da sola non ne aveva proprio voglia.
- Ti accompagno dentro, sei troppo stanca.-
Non riuscì a rispondere, chiuse gli occhi e si lasciò prendere nuovamente tra le braccia.

Una volta nell’appartamento, furono accolti da Black Hayate, che abbaiava stizzito per il ritardo e per una cena mancata. Havoc cercò di non far caso al piccoletto e portò la ragazza in camera stendendola sul letto. Le tolse la divisa con cui l’aveva coperta e la appese allo schienale di una sedia per farla asciugare, andò in bagno prendendo un asciugamano e le asciugò i capelli. Riza era stupita di come riuscisse a muoversi senza problemi in casa sua, sapeva cosa fare e non la faceva sentire in imbarazzo.
- Adesso cambiati e mettiti sotto le coperte, io vado a predente una panno e dell’acqua da metterti sulla fronte.- Uscì e si diresse in cucina. Riza ci mise un po’ prima di cambiarsi, indossò il solito e largo pigiama e aspettò che Havoc tornasse in camera.
- Hai fatto? Posso entrare?- Riza rispose con un piccolo e imbarazzato si. Lo vide rientrare con una bacinella e una panno poggiato sul braccio, lo appoggiò sul comodino e la fece sdraiare coprendola fin sotto il mento. Aveva notato i segni sul collo, ma non disse nulla, anche se la cosa lo faceva infuriare. Intinse il panno nell’acqua e lo strizzò, poggiandolo sulla fronte della ragazza, che fu investita da una piacevole sensazione di fresco.
- Hai la febbre alta, domani non venire a lavoro, ti copro io in qualche modo.- Riza notò che aveva iniziato a stringere forte un lembo del lenzuolo con cui era coperta e capì che voleva sapere cosa era successo, ma non aveva il coraggio di chiedere.
- Non mi ha fatto nulla…- Havoc alzò gli occhi incrociando quelli di lei, stava sorridendo, ma la cosa non gli piaceva lo stesso. - In fondo è stata anche colpa mia, mi sono tirata indietro troppo tardi.-
- Sarà anche come dici, ma lui non stava piangendo per il rifiuto. Non doveva neanche avvicinarsi è un nostro superiore e ci sono delle regole da rispettare.- Voltò il panno dalla parte opposta, per donarle ancora un po’ di fresco e continuò. - Tenente, il colonnello è una persona meravigliosa e io lo stimo molto, ma quando si tratta di donne… io non gli ho mai visto prendere sul serio una ragazza. Non è il tipo di uomo che intende mettere su famiglia e io non credo che tu sia il tipo di donna che merita di essere usata per una sola notte.-

“ Ecco, l’ho detto! Adesso che penserà di me? Oddio mi sono cacciato in un casino terribile, domani il colonnello me la farà pagare… ma quando l’ho vista piangere non ci ho visto più, avrei potuto pure prenderlo a pugno quel…

Il filo dei pensieri di Havoc fu interrotto dalla mano di lei, che stringeva la sua, dolcemente.
- Grazie ancora. Forse dovrei rimanere a casa domani, ma cerca di non fare nulla. Il colonnello è dispiaciuto per ciò che è accaduto, lo so bene e non farà nulla contro di te. -
- Tu lo difendi troppo, chi fa piangere una donna non merita di essere protetto.-
- Ma io… io non posso farci niente…- Chiuse gli occhi, era stanca e le emozioni che aveva provato l’avevano sfinita. Havoc rimase qualche istante ad osservarla, fino a che non vide il suo respiro farsi regolare e pesante. Solo allora decise di andare via. Era ancora furioso, non credeva che la persona per cui provava un rispetto smisurato, avesse potuto approfittare in quel modo di lei, prendersi gioco dei sentimenti di Riza, sapendo benissimo che oltre al rispetto, in lei c’era tanto amore. Scese le scale e corse nell’auto scrollandosi di dosso la pioggia battente. Aveva voglia di tornare alla centrale e vedere se anche il colonnello era distrutto da ciò che era accaduto, ma non lo fece. Sapeva che se lo avesse incontrato, forse avrebbe gettato alle ortiche i gradi militari e tutta la sua carriera, ma si sarebbe tolto un peso dallo stomaco prendendolo a pugni…

- Questa cosa mi interessa… magari potrei divertirmi un po’, giusto per passare del tempo.- Una voce nell’ombra ruppe il silenzio di una notte triste e a tratti spettrale.
- Lascia stare, queste non sono cose che ci interessano. Abbiamo già dato troppo nell’occhio.- Ora la voce era femminile, suadente, ma con una punta di malizia che rovinava quel suono. - Non abbiamo ricevuto nessun ordine riguardo quello di fuoco quindi non ci interessa.-
- Ma è pur sempre un alchimista… e poi non vediamo il tappo da giorni starà ancora scappando dopo averla vista e dovrà riprendersi. Lasciami fare, un alchimista in più o in meno che vuoi che sia e poi pensaci, se quel nanetto tornasse in città proprio per lui non credi che ci risparmierebbe un viaggio inutile?-
- Fa come ti pare, basta che non combini disastri o ci metti nei guai.- Scomparve nell’oscurità senza fare alcun rumore, mentre l’altro rimase ad osservare la scena, presto, forse si sarebbe intromesso anche lui.

 

Ringrazio per i bei commenti The_Dark_Side, Shatzy, Malaglar, spero che continuerete a seguire questa piccola storia fino alla fine e che non vi deluda… a presto

 

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Capitolo 3
*** 3. Da uomo a uomo ***


3. Da uomo a uomo

Sono rimasto chiuso in questo schifo di ufficio, non mi sono mosso quando è entrato e me l’ha portata via. Avrei voluto chiederle perché piangeva, perché le attenzioni che le stavo dando non le piacessero, eppure il suo corpo fremeva come il mio… lo voleva come lo volevo io… eppure…
Credo di non aver capito nulla della vita, nulla di lei…e poi mi chiedo perché mai non l’ho baciata? Non volevo che fosse una cosa passeggera, volevo stringerla tra le mie braccia e per una volta proteggerla io, invece che farmi proteggere da lei. C’è sempre quando ne ho bisogno, al contrario io non so nulla di lei. Ora che devo fare? So che è stato un grande errore, uno sbaglio enorme, ma non posso tornare indietro ne far finta che non sia accaduto… sono proprio uno stupido…

Nonostante il sole fosse sorto da qualche ora, il cielo era sempre cupo e minaccioso, continuava a piovere, una pioggia snervante che non faceva che rendere tutto sempre più tetro. Lui odiava la pioggia, era inutile in quelle condizioni, lei glielo aveva detto più di una volta. Non aveva lasciato l’ufficio quella notte, era rimasto seduto su una sedia ad osservare il punto in cui lei era caduta e da dove Havoc gliela aveva portata via. Ma cosa gli era passato per la mente? Perché si era comportato in quel modo, senza contare che quando aveva visto il sottotenente prendere in braccio la donna e portarla fuori dall’ufficio, aveva avuto l’inarrestabile desiderio di bruciare vivo quel traditore. Alzò un braccio osservandosi la mano, aveva persino indossato il guanto speciale e osservava il cerchio alchemico disegnato sul dorso, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma allora perché aveva indossato quel maledetto guanto? Era stanco e pieno di domande irrisolte, poi non riusciva a dimenticare gli occhi di lei carichi di lacrime e tristi, mai l’aveva vista in quello stato, neanche durante il funerale di Maes aveva pianto, o almeno non lo aveva fatto davanti a lui. Era rimasta seria e decisa, cercando di donargli quella forza che a lui mancava. Osservò l’orologio, tra poco si sarebbe visto comparire tutti i suoi subordinati, compresi Havoc e Riza. Come si sarebbe comportato? Havoc avrebbe detto qualcosa in merito a quello che era successo? Non fece in tempo neanche a pensarlo, che già la porta dell’ufficio si era aperta. Entrò, timido ed insicuro come al solito, Fury seguito dagli altri. Stavano chiacchierando spensieratamente e Mustang capì che non sapevano.
- Buongiorno colonnello, non mi dica che è rimasto tutta la notte in ufficio?- Chiese Falman vedendo il colonnello seduto in modo scomposto su una sedia, senza divisa e con la camicia completamente in disordine, aveva gli occhi segnati da due pesanti occhiaie e anche la voce era roca e stanca.
- Ho lavorato…- fu solo quella la risposta che diede, ma gli altri non fecero domande, vedendolo stanco e provato. Solo Fury fu più indiscreto, nella sua ingenuità, chiese proprio di colei che Mustang non voleva nominare in quel momento.
- Anche il tenente Hawkeye ha passato la notte in bianco? - Mustang abbassò lo sguardo verso il pavimento, la rivide di nuovo in lacrime ed ebbe una fitta la cuore. A rispondere fu l’ultimo arrivato, un biondo con una sigaretta perennemente in bocca, che non salutò il colonnello prima di entrare.
- Il tenente non sta molto bene, quando sono tornato in ufficio il colonnello mi ha chiesto di riaccompagnarla a casa perché aveva la febbre e io le ho detto di prendersi un giorno di riposo. Ho fatto male per caso colonnello?-
- Ah… no…- Non lo guardò neanche, ma aveva intuito nella sua voce molta disapprovazione, era frustante farsi riprendere da un sottoposto, lui che era sempre stato un modello di perfezione ora si sentiva solo uno schifo. Si alzò dalla sedia, chiedendo scusa e uscì dall’ufficio dirigendosi verso il bagno.
- Ma cos’ha il colonnello? Sembra distrutto.- Chiese Fury osservando lo sguardo stralunato che aveva Mustang e le facce perplesse dei compagni. - Non sarà successo qualcosa? Aveva quello sguardo anche quando il generale Hughes è…- Non concluse la frase, tutti sapevano a cosa si riferiva e non aveva sbagliato poi di molto. Havoc li spronò ad iniziare a lavorare, ma fu lui il primo a non farlo. Uscì anche lui, seguendo gli stessi passi del colonnello. Entrò nel bagno, c’era un silenzio quasi palpabile, solo dopo qualche secondo, avvertì un tonfo da dentro una cabina, come un pungo contro la parete.
- Colonnello?- Non ricevendo risposta continuò lo stesso.- Il tenente è davvero malata, non è una scusa per non venire oggi, ma non crede che prendersela con un gabinetto non sia la soluzione. Non nego che ieri sera ero davvero deluso e arrabbiato con lei, poi sono rimasto un po’ di tempo con il tenente e lei mi ha detto che non è successo nulla di quello che avevo pensato. Non le credo affatto, visto che vederla piangere, e oltretutto in quel modo, non è una cosa che farebbe per nulla.- Si fermò cercando di capire se il colonnello lo stava ascoltando o meno, ma nuovamente Mustang si negò.
- Ad ogni modo Riza mi ha fatto promettere che non avrei detto nulla ne fatto niente sull’accaduto e io farò come mi ha chiesto. Però parlandoci da uomo a uomo, colonnello… se dovesse succedere di nuovo, butterò via tutto il rispetto che ho per lei. Può avere tutte le donne che vuole, anche quelle degli altri e senza problemi, ma lei non è una donna come tante, è una persona speciale per ognuno di noi e non voglio vederla soffrire a causa di un uomo… che sia lei o qualcun altro.- Havoc si era appoggiato al divisorio delle cabine, aspettando il colonnello.
- Havoc…- la voce giunse bassa e roca, sembrava stesse piangendo o comunque lo stesse trattenendo il più possibile. - Parlando da uomo a bastardo, quale io sono… credi che potrebbe mai perdonarmi per averla offesa in quel modo?-
- Ti ha già perdonato e non sei un bastardo.- Sentirsi dare del tu anche da Havoc gli provocava una strana sensazione, era un amico nonostante tutto e la cosa lo sollevava. Uscì dal bagno, cercando di nascondere le occhiaie e il viso smunto e si fermò a pochi passi dall’altro.
- Se fossi stata una donna, mi sarei messo a piangere…-
- almeno capirei che è dispiaciuto e che non voleva farle del male.- Mustang accennò una specie di sorriso forzato, si avvicinò al lavandino e si sciacquò il viso. Rimase qualche secondo con la testa a penzoloni in avanti, osservando il sottotenente dallo specchio.
- Ieri sera perché sei tornato qui?- Havoc lasciò andare le braccia lungo i fianchi e si avvicinò al colonnello porgendogli un fazzoletto con cui asciugarsi. Aspirò una boccata dalla sigaretta e rispose.
- Avevo dimenticato il portafogli e sono venuto a riprenderlo.-
- Eppure non c’era… dopo che te ne sei andato l’ho cercato, ma non c’era nessun portafogli in ufficio.-
Alzò le spalle, sorridendo sornione. - Meglio così, vuol dire che non l’avevo dimenticato.-

Il giorno era trascorso velocemente per molti di loro, mentre per il colonnello sembrava una giornata interminabile. Era stanco e spesso si appisolava sulla scrivania lasciando tutti sbalorditi. Non era mai capitato di vedere il colonnello così stanco, anche se era già capitato che se la dormisse della grossa a volte. Dormiva ancora quando Fury lo scosse per dirgli che era ora di andare via.
- Colonnello, è meglio che vada a casa. Ha bisogno di dormire decentemente e se vuole la accompagniamo a casa.-
Mustang sbadigliò strofinandosi gli occhi e alzò piano la testa che gli martellava da ore. Persino la voce bassa di Fury gli dava fastidio.
- Io veramente vorrei…-
- Vado io dal tenente a controllare se sta bene. Lei ha bisogno di riposare e se non verrà anche domani, andremo a trovarla tutti che ne dite?- Havoc lo aveva bloccato prima che potesse finire la frase. Non era una comportamento normale da parte del biondino dalla sigaretta perennemente accesa, ma Mustang sembrò non obiettare, anche se si era scurito di colpo e aveva annuito come rassegnato. Non gli era permesso neanche andarla a trovare per ora e a negarglielo era persino un suo subordinato.
Falman aiutò il colonnello ad alzarsi e lo accompagnò a casa, mentre Havoc si dirigeva in macchina seguito dagli altri.
- Saluti il tenente da parte nostra e le dica di riguardarsi, si sente che non c’è.-
- Sei sempre il solito, comunque glielo dirò non preoccuparti.- Havoc salì in auto e corse da Riza, come se non vedesse l’ora di vederla, decise di fermarsi solo per prendere qualcosa da mangiare per entrambi in una piccola locanda che aveva visto la sera precedente, sulla strada verso l'abitazione della donna…

 

Ringrazio di cuore

Malaglar, grazie per tutti i complimenti e vorrei solo anticiparti che andando avanti con i capitoli non mi incentrerò solo su Roy e Riza, anche se lo ammetto, essendo la coppia che amo di più, sono sempre presenti nella storia… ma almeno non sono i soli.

The_Dark_Side, grazie troppo gentile! Credo che aggiungerò un capitolo ogni giorno circa quindi continua a seguirmi, mi farebbe molto piacere.

 

Shatzy, sono felice perché hai capito perfettamente quello che volevo esprimere!!!! La ff in realtà è già completata e sono 28 capitoli in tutto. Come ho detto, visto che è abbastanza lunghetta, la aggiorno velocemente così non perdete il filo delle azioni ( lo faccio anche perché sono sotto esame e tra un po’ me ne torno a casa, dove non ho internet e non potrei aggiornarla per giorni)

Ciao a tutto e a domani…

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Capitolo 4
*** 4. Pioggia di vetri ***


Come da me promesso un altro bel capitolo, avverto che per due giorni non potrò aggiornare, quindi ci si sente sabato, mi dispiace, ma gli esami chiamano e ho due giorni di fuoco.

Angolino dei ringraziamenti:

Per Shatzy, ho sempre fatto molta difficoltà a capire bene il caratteri di ognuno di loro e credevo di averli troppo idealizzati, ma mi hai confermato che non è così e sono molto felice.  Per il fatto che Havoc non volesse mandare Roy da Riza è solo perché temeva che lei non volesse vederlo o avesse reazioni brusche in sua presenza. Protezione nei confronti di una compagna e amica, nulla di più. Continua a seguirmi i tuoi commenti mi rendono davvero felice!!!!!

Per Malaglar, grazie dei complimenti!!! La frase che hai citato ha un significato ben più profondo e lo vedrai, poi questo è un capitolo shock, leggilo e fammi sapere cosa ne pensi…

Ci sentiamo presto un saluto a tutti….

 

4. Pioggia di vetri

So che non dovrei immischiarmi, l’alchimista di fuoco non ci interessa, ma quella donna più di una volta mi ha dato realmente sui nervi. Non so perché, pensavo di provare odio solo per acciaio, ma forse quello che provo verso di lei è semplice invidia… coincidenze della vita direi, anche se la mia non si può chiamare vita. Anche se mi è stato chiesto di non immischiarmi… perché non farlo lo stesso, infondo fuoco sta diventando scomodo anche a lui e provvedere prima del previsto non mi sembra un’idea così sbagliata. Se lui lo vuole ammazzare fisicamente, magari io posso distruggerlo psicologicamente, gli sto girando intorno da troppo tempo, ad iniziare da quel colonnello che ho fatto fuori nella cabina telefonica…se ora gli porto via anche lei magari si ammazzerà da solo e non dovremo sporcarci troppo le mani…

 

Non era riuscita ad alzarsi dal letto per tutta la giornata, eppure non era la prima volta che aveva la febbre. Era andata a lavoro normalmente e nessuno si era reso conto di nulla. Invece questa volta non riusciva a muovere neanche un muscolo del corpo, immobile e dolorante non aveva dato da mangiare neanche a Black Hayate, che ormai guaiva da ore, ma non cercava nulla. Aveva visto che la sua padrona non stava bene e più di una volta aveva provato a farle compagnia. Provò ad alzarsi, si mise seduta, ma ebbe un capogiro così forte, che sbiancò di colpo e dovette appoggiarsi alla spalliera del letto. Respirava in modo irregolare e temeva di svenire, ma resistette.
- Adesso ti do da mangiare, scusa piccolino non volevo ignorarti.-
Nonostante avesse fame, il cagnolino cercò di fermarla prendendole un pezzo del pigiama e cercando di dirle di tornare a letto.
- Sei gentile, ma devo mangiare qualcosa anche io o non mi rimetterò.- Guardò l’orologio e si rese conto che probabilmente erano già tornati tutti a casa dopo il lavoro, Havoc non si era fatto vedere per tutto il giorno, ma quasi certamente avevano avuto molto da fare. Doveva essere grata al sottotenente, meglio essere rimasta a casa, vederlo per lei sarebbe stato troppo difficile. Indossò una vestaglia e andò in cucina, cercando qualcosa da dare al cagnolino e mettendo sul fuoco dell’acqua a bollire, per prepararsi almeno una minestra calda. Si sedette, aveva ancora la febbre alta e faticava a reggersi in piedi, ma doveva resistere, che razza di soldato era se cedeva per qualche linea di febbre? Eppure sapeva che non era quello a fermarla, ma qualcosa di molto più profondo. Solo un piccolo rumore di passi la fece sussultare, qualcuno ora batteva alla sua porta.
- Chi è?- chiese esitante. Possibile che Havoc fosse venuto a trovarla, nonostante la mole di lavoro che avevano accumulato e dovendo coprirla? Chiese di nuovo, ma non ricevette risposta. La cosa la mise in allarme e sebbene a fatica, riuscì a prendere da un cassetto, la fedele pistola e nasconderla sotto la vestaglia. Si avvicinò alla porta e chiese nuovamente.
- Tenente, sono… sono io… Mustang… Mi ha accompagnato il maresciallo Falmann.- Gli occhi di Riza si spalancarono dallo stupore. Perché era venuto a trovarla? - Lo so che non vuoi vedermi, ma volevo solo assicurarmi che stessi bene, anche se mi rendo conto di non averne il diritto dopo…- Il cuore di lei iniziò a battere così forte che temette di perderlo da un momento all’atro, si era appoggiata allo stipite della porta ascoltando le parole di Roy, era dispiaciuto, aveva una voce roca e spezzata dal rimorso. - … quando Havoc mi ha detto che eri malata mi sono preoccupato, pensavo che non fossi venuta solo per colpa mia e in parte credo che sia anche per questo. Se non vuoi aprirmi va bene comunque, basta che mi dici come stai.- Rimase in silenzio aspettando una risposta, che non ricevette. Poi il rumore di una serratura che girava e della porta che si apriva lo fece trasalire. Gli stava aprendo, ma non sapeva se rallegrarsi o temere la reazione della donna. In quel momento Riza gli apparve così piccola, chiusa in quella vestaglia azzurrina, i capelli in disordine e il viso pallido, arrossato solo sulle gote e gli occhi socchiusi. Non lo guardò in faccia, ma gli rispose.
- Io… sono arrabbiata solo perché pensavo di contare qualcosa per voi, ma mi sono sbagliata. Domani verrò in ufficio e le cose riprenderanno come prima.-
- Non saranno mai come prima, tu non vuoi neanche che mi avvicini a te o non avresti la pistola sotto la vestaglia.- Se ne era accorto. Era solo una precauzione, ma non appena aveva sentito la voce del colonnello, non l’aveva poggiata, bensì l’aveva stretta ancora di più in mano. Riza si ritirò in casa chiedendo scusa, ma Mustang le sorride dicendo che se c’era qualcuno che doveva scusarsi era proprio lui.
- Vuole entrare, le offro qualcosa da bere.- Riza tolse da sotto la vestaglia la pistola e la ripose su un piccolo ripiano a fianco della porta. Mustang accettò ed entrò in casa chiudendo la porta dietro di se. La donna si diresse verso il frigorifero cercando qualcosa da bere, non stava bene, ma voleva nasconderlo il più possibile.
- Lascia strare, dovresti metterti a letto e riposare, hai ancora la febbre alta.- Provò ad avvicinarla, ma tra i due si intromise Hayate, che iniziò a ringhiare contro il colonnello. Non voleva farlo accostare alla sua padrona, come se sapesse che era per colpa sua che lei soffriva.
- Anche lui ha capito che ti ho fatto del male e vuole difenderti.-
- Lo lasci stare, infondo non ha tutti i torti. Mi aspetta qui, devo andare un secondo in bagno.-
Hayate guardò la padrona allontanarsi dalla cucina, ma continuò a ringhiare contro il colonnello per impedirgli di raggiungerla. Mustang si avvicinò all’entrata e chiuse a chiave la porta, poi si rivolse al cagnolino ridendogli contro. Lo prese di scatto e lo gettò in un angolo, facendolo guaire dal dolore.
- Cosa è stato quel rumore?- Chiese Riza dal bagno avendo avvertito un frastuono sospetto.
- Black Hayate ha rovesciato la ciotola, credo che ora mi odi molto.-
Riza non rispose, si era chiusa in bagno cercando di darsi una sistemata, aveva le occhiaie e il viso stanco, si lavò e chiuse meglio la vestaglia, poi fece per tornare in cucina, ma appena fuori si trovò davanti Mustang, che la guardava in modo troppo strano.
- Colonnello? C’è qualcosa che non va?- Era cattivo lo sguardo che le rivolgeva, malizioso e sadico e non le piaceva. Mai l’aveva guardata in modo tale, neanche quella notte.
- Magari potremo riprendere il discorso che abbiamo lasciato in sospeso…-
- Cosa…- Non riuscì a finire, Mustang le strinse il collo con una sola mano, una pressione che le impedì di respirare. Provò a divincolarsi, ma era debole e lui troppo forte. La lasciò di colpo facendola ricadere all’indietro, si chinò su di lei strappandole via, con una sola mano, la vestaglia. Riza tossì cercando di fermare la nausea che le saliva vorticosamente dallo stomaco.
- Chi diavolo sei? Non sei il colonnello, lui…- Nuovamente non le diede il tempo di finire la frase, la prese di peso gettandola sul letto e portandosi, con estrema velocità sopra di lei. Le bloccò le braccia con la sola forza di una mano e con l’altra le aprì il pigiama.
- Dici che non sono Mustang? Forse si e forse no, magari ho sempre voluto farlo, ma tu eri troppo stupida per capirlo!-
- No, non è vero!- Le bloccò la bocca con un bacio, era qualcosa di estremamente viscido e rivoltante. Approfittando del fatto che si fosse abbassato per baciarla, lo spinse via con la forza delle ginocchia, facendolo cadere a terra. Lui però fu più veloce a rialzarsi e la punì per averlo scacciato, la prese con forza sbattendola contro uno specchio in un angolo della stanza. Battè forte la schiena contro il vetro, che si frantumò in miriadi di pezzi, segnandole la schiena e le braccia. Alcuni frammenti rimasero conficcati nella pelle, mentre altri la ferirono nuovamente quando ricadde in avanti, segnandole anche il viso. Non riusciva a reagire, la febbre, il dolore delle ferite e lo shock di non capire chi aveva davanti. L’uomo, incurante delle condizioni della ragazza, la spogliò completamente e la prese per i capelli tirandole il viso verso di le, con la lingua le lambì le labbra assaporando il gusto del sangue, poi le infilò una piccola pasticca rossa in bocca costringendola ad ingoiarla.
- Vedrai non sentirai dolore e io potrò divertirmi almeno finché non arriverà quel biondino. Si è fermato a prendere da mangiare e ne avrà ancora per molto.-
La fece sdraiare a terra, incurante della pioggia di vetri che era sparsa a terra. Lui non sentiva dolore e se i frammenti lo ferivano ne rimaneva ancora più estasiato, al contrario lei, anche se aveva smesso dei sentire dolore probabilmente a causa di quella strana pasticca, non riusciva a muovere un muscolo e neanche a gridare, piangere o pregare che qualcuno l’aiutasse…

Stava perdendo tempo, aveva ordinato qualcosa da portare via velocemente, in un piccolo ristorantino poco lontano dalla casa del tenente, ma il cuoco era impegnato e anche scorbutico. Ci stava mettendo un infinità e per di più una cameriera dai lunghi capelli neri e un viso fantastico, lo stava intrattenendo per bene. Era davvero molto bella, alta e slanciata dalle forme ben definite e molto attraente, ma quella era la sera sbagliata per provare a rimorchiarlo, non ne aveva proprio voglia.
- A me piacciono molto i soldati, adoro la divisa, li rende così affascinanti…- Le parlava all’orecchio con una voce sensuale, toccandogli i capelli. L’unica cosa che stonava erano le mani fredde come il ghiaccio, ma lui non ci fece caso.
- Perdonami, sei una donna molto bella, ma stasera sono molto impegnato e non posso fermarmi molto. Per favore puoi chiedere al cuoco di sbrigarsi con la mia ordinazione.- La donna sorrise maliziosamente e scomparve in cucina.
- Ti avevo detto di non mangiarlo, adesso che gli diamo a quel soldatino.-
- Ma io avevo fame e poi aveva già preparato tutto guarda.- La persona che aveva risposto, sollevò un dito obeso verso un cestino sistemato con cura in un angolo, la donna allungò due dita verso il cestino e lo avvicinò a lei, poi uscì dalla cucina e lo porse al giovane.
- Ti conviene sbrigarti, o si fredderà.-
Havoc poggiò delle banconote sul bancone e corse verso la macchina per dirigersi da Riza.
Non appena rientrò in cucina, oltre al grasso e basso uomo che c’era prima, ne trovò un altro, dai lunghi capelli di uno strano colore verde.
- L’hai uccisa?- chiese lei togliendosi la divisa da cameriera e mostrandosi con un abito nero e lungo, che esaltava uno strano tatuaggio rosso tra l’incavo dei seni.
- Forse, chi può saperlo.- Alzò le braccia, come a significare che non gli importava poi molto di quello che sarebbe successo. - Però è stato estremamente divertente, alla fine ha iniziato a piangere e non si muoveva neanche più. L’ho sistemata in una posa scenica, chissà se piacerà anche al biondino come piaceva a me…- Rise. La donna non era molto convinta che avesse fatto una cosa intelligente, ma infondo non le importava. Loro avevano un unico desiderio e avrebbero fatto di tutto per realizzarlo, magari così avrebbero costretto acciaio a tornare in città e loro si sarebbero potuti impossessare una volta per tutti di ciò che bramavano sopra ogni cosa.

 

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Capitolo 5
*** 5. Lievi battiti ***


Come promesso ecco il nuovo capitoletto; innanzitutto ringrazio

Shatzy, grazie per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti interessi così tanto, non rispondo alle domande che mi hai fatto, basta che leggi il capitolo e capirai tutto quindi evito di fare anticipazioni. Purtroppo non ho avuto tempo di rileggere il capito precedente, dov’è che di preciso non si capisce? Grazie per avermelo fatto notare, ciao ciao

Malaglar, dimmi cosa hai pensato, sono curiosa di sapere quello che ti è venuto in mente, ma ti avverto, niente è come sembra e la storia cambia di volta in volta, grazie che continui a seguirmi e goditi questo capitolo. Ciao ciao

 

5. Lievi battiti

Eravamo lontani quando ci giunse la comunicazione. Il colonnello Mustang richiedeva la mia presenza al più presto a Central City. Parlai con il sottotenente Maria Ross, ma capii dal tono che c’era qualcosa di veramente grave dietro quella voce roca e spezzata, tratteneva forse lacrime amare, che non doveva versare, anche se lo voleva. Fortunatamente eravamo a Reesembool quel giorno, Winry volle tornare con me in città a tutti i costi e anche il mio fratellino Al era preoccupato, sebbene il suo viso non poteva esprimerlo. Alla stazione, in una mattina di pioggia in cui il sole non vuole mai sorgere da dietro quelle nubi nere come la pece, ci fu detto tutto. Strinsi così forte i pugni che ad un certo punto sentii uno strano rumore metallico, uno scricchiolio sinistro, ma feci fatica a capire se era il mio auto-mail o il mio cuore ad essersi incrinato. E così avevano colpito di nuovo, il motivo lo avrei scoperto io…

Era sotto casa del tenente, stando attento a non far bagnare la cena che si era conquistato resistendo a quella donna. Dovette fermarsi davanti al portone principale, una figura scura era fissa sulla soglia, indeciso se proseguire o meno, cercava di schermarsi dalla pioggia, che gli ricordavano una qualche colpa, pioggia simile a lacrime. Si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla.
- Lo so che mi avevi detto di non venire, ma voglio solo sapere… Andrò via se non mi vorrà.-
Accennò un assenso con la testa ed entrarono, salirono lentamente le scale.

Udivano la voce di due persone che parlottavano proprio al piano di sopra. Erano una vecchietta dalla faccia simpatica e furba e una donna grassottella, erano ferme proprio davanti la porta del tenente.
- Buona sera signore, è successo qualcosa? Come mai siete davanti la porta di quell’appartamento?- Le donne si voltarono verso i due uomini, riconobbero le divise dell’esercito e sorrisero avvicinandosi ad entrambi.
- Meno male, il cane della signoria Hawkeye non fa che abbaiare, abbiamo cercato di chiamarla ma non risponde, non crede che sia maleducato lasciare un animale solo in casa?- Havoc e Mustang si guardavano pensierosi.
- Si sbaglia signora, il tenente Hawkeye è malata ed è rimasta a casa per tutto il giorno…- Non finì di parlare, che Mustang si era già catapultato contro la porta bussando a più non posso, sentiva i lamenti di Black Hayate da dentro e la cosa non gli piaceva. Anche Havoc capì la preoccupazione dipinta sul viso del colonnello, chiese alla donna di tenergli la cena e alla vecchietta di chiamare subito un ambulanza.
- Tenente! Tenente Hawkeye risponda!... Rispondi Riza!- La chiamarono in coro, ma non ebbero risposta. La porta era chiusa a chiave e la tensione era alle stelle, la donna paffuta era immobile e spaventata allo stesso tempo, preoccupata che potesse essere accaduto qualcosa di male.
- Havoc spostati, butterò giù la porta!- Mustang si infilò il guanto alchemico alla mano destra e si spostò di qualche passo dalla porta. Fissava la maniglia con estrema attenzione, Havoc riconobbe in lui l’alchimista di Fuoco che tanto ammirava. Schioccò le dita provocando una piccola e precisa esplosione a livello della serratura, Havoc aprì la porta con una forte spallata ed entrarono. Il biondino prese in braccio il cucciolo, notando che era ferito e tremante. La stanza era chiusa in un’oscurità opprimente, eppure era permeata da uno strano odore di chiuso e ferro… sangue…

Roy si precipitò in camera da letto, aprì a forza la porta facendola saltare come la precedente, ma non regolò bene il colpo, forse per l’agitazione, che il legno iniziò ad incendiarsi. Entrò cercando la donna e il suo cuore smise di battere nell’istante in cui le sue iridi nere si posarono sul suo corpo. Lo stesso effetto ebbe anche il biondino che, non appena spente le piccole fiammelle dell’asse della porta, volse lo sguardo nella stessa direzione che fissava il colonnello, la sigaretta gli cadde a terra lasciandolo a bocca aperta e pieno di paura.
Solo il grido della donna dietro di loro riuscì a destarli da quel torpore, la donna si era portata le mani davanti agli occhi cercando di non guardare ciò che l’aveva terrorizzata, crollò a terra singhiozzando. Dal soffitto pendeva una corda, fine e logora, alla cui estremità erano legati i polsi della donna, sospesa a mezz’aria, completamente nuda, ricoperta di sangue, che scendeva verso terra creando una pozza rappresa; pallida e priva di vita, gli occhi chiusi e il respiro impossibile da percepire. Mustang si tolse la divisa e cercò di tirarla giù come aiutato da Havoc che tagliò la corda e aiutò il colonnello a stenderla a terra, coprendola come meglio potevano.
- Non… non respira…- la sua voce era simile ad un lamento soffocato, come se qualcuno lo stesse strozzando, le mani di Havoc tremavano, mentre cercava di fermare il sangue che sgorgava dai polsi di Riza.

Mustang le prese il mento con la mano aprendole la bocca e iniziò a insufflarle l’aria per farla respirare, si inginocchiò al suo fianco, contando con due dita la distanza dello sterno e delle costole, poi incrociò le mani e iniziò con il massaggio cardiaco. Havoc lo guardava attentamente, leggendo in lui sentimenti contrastanti, rabbia, paura, tristezza, disperazione…
- Uno… due… tre… quattro… cinque… respira…- Si abbassava ogni cinque massaggi, soffiando l’aria direttamente nei polmoni. Havoc era come ipnotizzato dal movimento automatico del petto della donna che si alzava ogni volta che lui si piegava per respirare, ma poi si riabbassava senza dare segni di continuare quello sforzo. Allora Mustang ricominciava, cinque massaggi e un insufflazione, così per un tempo che sembrava interminabile. In poco tempo, sentirono giungere da lontano le sirene dell’ambulanza, ma Mustang non cessò di soccorrere la donna. Persino i medici fecero fatica a toglierlo dal quel corpo, per curarla e portarla via…

Stava dormendo da qualche ora, come suo solito in una posizione scomposta e a pancia scoperta. Parlava nel sonno agitandosi e cercando di menare le mani al vento, dall’angolo della stanza Al lo guardava stupendosi di come potesse dormire e agitarsi in quel modo. Un po’ lo invidiava, perché chiuso in quell’armatura di ferro ed essendo solo anima, non poteva e non aveva bisogno ne di riposo ne di cibo, ma gli mancavano quelle sensazioni che ormai faticava perfino a ricordare. Il suono del telefono lo colpì improvviso, non si alzò perché sapeva che Winry era ancora sveglia. Erano giorni che continuava a passare notti insonni cercando di migliorare gli auto-mail di Ed prima che ripartisse. Al la sentì rispondere e rimase in ascolto.
- Pronto casa Rockbell, parla Winry.- Al avvertì uno strano silenzio, Winry non parlava più forse rimanendo in ascolto del suo interlocutore, ma era un silenzio strano, come se non sapesse cosa dire. - Si, sono qui entrambi. Sottotenente Ross è successo qualcosa, la sento strana?- Un altro silenzio poi uno strano lamento, che mise in allarme Al. Si alzò e andò a svegliare il fratello dolcemente, scuotendolo con attenzione.
- Fratellone, fratellone svegliati, forse è successo qualcosa…- La voce di Al era accorata, ma Ed scattò a sedere come una molla sbadigliando e reggendosi poi al muro al suo fianco per non perdere l’equilibrio.
- Al, ma che cavolo succede?- Sbadiglio copiosamente, sistemandosi i capelli che si erano completamente sciolti e gli davano fastidio agli occhi.
- Non lo so, ma Winry ha risposto al telefono e ho avuto uno strano presentimento.-
- Va bene mi alzo…- Lo fece come per disperazione, indossava solo i boxer bianchi e per un attimo rabbrividì per il freddo contatto con il pavimento. Uscì dalla stanza lentamente, cercando in quella adiacente la figura di Winry, era ancora attaccata alla cornetta del telefono, ma aveva uno sguardo che ad Ed non piacque affatto. Si precipitò al telefono, strappandogli la cornetta.
- Pronto sono Edward Elric, chi parla?-
- Ed sono Maria Ross…- seguì un silenzio strano, la voce della donna era strana e roca, come se fosse malata o stesse trattenendo le lacrime, poi continuò. - Ed, il colonnello Mustang vuole… devi tornare a Central City, prendi il treno che parte tra un ora e vieni qui, per favore.-
- Che significa? Cosa è successo, Mustang non ci ha mai richiamati in questo modo. Se è successo qualcosa voglio saperlo!-
- Ti prego Ed, non farmelo ripetere… parte tra un ora… Ci vediamo alla stazione.-
Maria Ross, riappese senza dare il tempo a Edward di capire, ma stranamente prese molto seriamente quella chiamata e corse a vestirsi in pochi secondi. Winry entrò nella stanza di Ed osservandolo mentre riordinava alla rinfusa qualche vestito nella valigia e corse ad aiutarlo, spostandolo e provando a calmarlo.
- Ed, voglio venire anche io a Central…- chiese lei mentre piegava una maglietta chiudendo poi la valigia.
- Meglio di no, se è qualcosa di pericoloso è meglio che tu non ne rimanga immischiata. Mustang può richiamarmi per affidarmi un qualche incarico e potrebbe essere pericoloso.- Provò ad essere serio e freddo con la ragazza, ma stranamente lei non reagì in modo violento come era abituata a fare. Gli porse la valigia e lo guardò dritto nelle iridi ambra del giovane.
- Se è solo per un incarico, perché al telefono stava piangendo? Non sono stupida Ed, potrebbe essere morto…-
- Non ci hanno avvertiti quando è morto Hughes, perché dovrebbero farlo ora!- Ed lo aveva gridato, tanto che anche la vecchia Pinako era arrivata nella stanza, rimanendo stupida di trovare tutti svegli e vestiti. Winry abbassò lo sguardo tenendosi il braccio con la mano, non sapeva che cosa dirgli. Non lo aveva mai visto così arrabbiato.
- Potrebbe essere successo qualcosa di grave, non credi?-
- Allora a te che importa? Se fosse crepato dovresti solo esserne felice!-
- Fratellone ma che dici!- Intervenì Al, ma troppo tardi perché Winry lo colpì in pieno viso con uno schiaffo carico di amarezza.
- Non è così, ho imparato a perdonare le persone quando non sono responsabili di ciò che fanno e io verrò in città con te che tu lo voglia o meno.- Ed si voltò di scatto verso la porta esortando il fratello a seguirlo.
- Fa come ti pare, ma il treno parte tra un ora e devi sbrigarti…- Fece ancora qualche passo e si fermò sulla soglia voltandosi di poco per guardala ancora una volta. - Mi dispiace Winry, non volevo dirti quelle cose.-
- Non importa.- sorride dolcemente e anche Ed rispose a quel gesto con una abbozzo di sorriso, anche se estremamente preoccupato. - Mi preparo in dieci minuti.- Corse via nella sua stanza, mentre Ed e Al l’aspettarono fuori. Era freddo e l’aria soffiava fastidiosa e leggermente umida.
- Fratellone, se Winry avesse ragione?-
- Smettila Al! Quello li non lo ammazza nessuno…- Eppure neanche lui ne era convinto. Partirono per la città, il cuore a mille e tanti dubbi, non sapevano che aspettarsi una volta alla stazione e l’idea di dover dare l’addio ad un altro compagno era per loro insostenibile.

Era appena l’alba quando arrivarono alla stazione, erano stanchi e assonnati, ma non avevano chiuso occhio per tutto il viaggio, rimanendo in silenzio a rimuginare su ogni cosa. Sentivano le gocce della pioggia picchiettare sul tetto del treno e scivolare sui vetri. Pioveva da giorni interminabili, chissà se una volta finita tutta quella strana storia, avesse smesso? Scesero piano i gradini del treno, era tutto silenzioso e desolato, a quell’ora del mattino non erano molte le persone che decidevano di partire. L’avevano visti dal treno, il tenente Maria Ross e il sergente Brosh fermi accanto ad una panchina della stazione, seduti e con il viso pallido. Si alzarono non appena li videro arrivare e accennarono un piccolo saluto militare. Ed scosse la testa, come a dire che non era affatto necessario, infine chiese la cosa che più lo opprimeva.
- Si tratta di Mustang, gli è successo qualcosa… è…-
Fu il biondino a rispondere con un segno negativo della testa, strofinandosi nervosamente un braccio.
- Lui… non sta bene, ma non perché è ferito… insomma…- Si morse il labbro inferiore, come se non sapesse come spiegare una cosa simile ad un bambino. Ed spalancò gli occhi facendo un passo indietro e lasciando cadere la valigia a terra.
- Si tratta del tenente Hawkeye… è per lei che ci avete chiamato… non è morta vero?- Maria Ross rimase impressionata dalla capacità del ragazzino di intuire la situazione.
- Sembra che sia stata aggredita nel suo appartamento, quando il colonnello Mustang e il sottotenente Havoc sono andati da lei, l’hanno trovata in condizioni critiche… mi è stato chiesto di consegnarti il fascicolo sul caso, Mustang vuole che te ne occupi tu, anche se per un ragazzino sono immagini forse troppo forti.- Maria Ross gli stese un pacchetto di fogli dentro ad una copertina gialla, Ed slacciò lo spago che chiudeva il fascicolo e lo aprì, cercando di nasconderlo al fratello e alla ragazza. C’erano parecchie foto della casa del tenente, completamente messa a soqquadro, vetri sparsi dappertutto e sangue in ogni dove, immagini del suo corpo, completamente sfigurato dalle lesioni, il cuore di Ed perse qualche battito, ma cercò di rimanere obiettivo e le esaminò come se stesse guardando tutt’altro, si sforzò di rimanere impassibile, ma dentro di lui qualcosa gridava, urlava e si dibatteva per l’ingiustizia a cui doveva assistere. Infine vi trovò un piccolo biglietto, la calligrafia era di Mustang, ma era scritta velocemente e in preda alla rabbia. “ Mi fido di te Ed, ti ho fatto chiamare perché sei l’unico a cui posso affidare la sua vita in questo momento… io non ce la faccio. Te lo chiedo da uomo a uomo, trova quel bastardo che le ha fatto questo…” Trattenne le lacrime, gocce intrise da una rabbia profonda. Chiuse il fascicolo e lo porse ad Al, chiedendogli di custodirlo, ma non leggerlo per nessuna ragione.

- Come sta la signoria Hawkeye ora?- chiese disperatamente Winry dopo che Ed ebbe terminato di leggere il rapporto.
- Ora è in prognosi riservata, nessuno ha il permesso di andare a farle visita. Il colonnello è in ospedale da ore ormai, ma non si sa nulla…- Rispose la donna cercando di essere il più distaccata possibile.
- Al, Winry voi andate in ospedale, vi scorteranno loro e rimanete li fino a che non verrò io.-
- Ed, che hai intenzione di fare?- Chiese la ragazza con le lacrime agli occhi, trattenendolo per un braccio. Ed la scostò dolcemente abbracciandola di sorpresa. Poggiò la fronte sulla spalla della ragazza, parlandogli sottovoce.
- Rimani sempre insieme ad Al e se lui non c’è non ti allontanare dall’ospedale e non uscire senza una scorta. Io devo indagare su questa faccenda, non voglio che ti accada qualcosa.- Le posò un leggero bacio sulla guancia e si rivolse ai due militari, che li guardavano dolcemente, avevano capito bene il motivo di quel gesto.
- Vi affido Winry, non lasciatela sola per nessun motivo.-
- Non serviva neanche chiederlo… stai attento Ed.- Il biondino corse via salutandoli da lontano. Per prima cosa aveva bisogno di indizi e doveva cercarli nell’appartamento della donna. Resistere e continuare senza lasciarsi coinvolgere più di tanto, queste le parole che si ripeteva mente correva, eppure era tardi per farlo, ormai si era lasciato manovrare dalle emozioni…

 

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Capitolo 6
*** 6.Indagini ***


Ecco un nuovo capitolo, chiedo scusa a tutti per il ritardo, ma mi sono ammalata e non ho potuto mettere i capitoli nuovi, per questo ci metterò più tempo ad aggiornare. Non posso neanche ringraziare personalmente chi ha lasciato commenti ai capitoli precedenti, quindi chiedo perdono e non appena mi rimetto giuro che sarò più diligente …. Spero che vi piaccia e spero di sentirci il prima possibile. Ciao ciao

6. Indagini

Quando arrivai in ospedale non sapevo cosa avrei visto, temevo con tutta me stessa di incontrare il colonnello, cosa avrei potuto dirgli io? Io, quella che qualche giorno prima gli aveva dato dell’assassino, come potevo consolarlo? E poi Ed e quello che mi ha detto mi hanno lasciata senza parole, ho sentito il suo cuore battere attraverso i vestiti e arrivare al mio, si sono come sincronizzati ed è stata una sensazione bellissima, anche se mi sento in colpa a pensare a questa felicità dopo quello che sarò costretta a vedere. Speriamo solo che vada tutto bene… prego con tutta me stessa che questa storia finisca presto…

 

Aveva corso come un pazzo, sotto la pioggia battente cercando di arrivare il prima possibile. Conosceva la strada, anche se non ci era mai stato, un istinto irrefrenabile di vedere con i suoi occhi il peccato che si era consumato. E finalmente la meta prese la forma di una porta scardinata, con la serratura bruciata e un odore di chiuso e tristezza. Fu fermato da una vecchietta che gironzolava per il pianerottolo.
- Ragazzino, questo non è posto per te. I militari hanno vietato l’ingresso, non possiamo neanche pulire la stanza.-
- Lei cosa sa di questa storia?- chiese Ed con un filo di voce e recuperando il normale respiro dopo la corsa.
- Niente, solo che la signorina è stata aggredita in casa. Sembra fosse già malata, per questo l’aggressore è stato facilitato. Non ci siamo accorte di nulla… Mi dispiace tanto per quella povera donna.- Era abbattuta, proprio come si sentiva lui in quel momento. Aveva letto nel rapporto che il tenente era a casa con l’influenza e che quindi era debilitata, ma come aveva fatto l’aggressore ad andarsene senza farsi notare? Entrò nell’appartamento, dirigendosi verso la camera da letto. Dal soffitto pendeva ancora la corda tagliata con cui era stata legata, nella mente di Ed passò come un fulmine la foto delle braccia di Riza riportate nel fascicolo, aveva i polsi completamente violacei con i segni della corda, feriti e laceri. Fu un lampo, ma rivide il corpo della donna ancora appeso, indietreggiò prendendosi la testa tra le mani, tremava come una foglia e aveva iniziato a sudare. A terra c’era ancora la pozza di sangue, ora rappreso e incrostato, i pezzi dello specchio distrutto, ma nulla di più. Possibile che non avesse cercato di proteggersi? Iniziò a cercare le fidate pistole che la donna portava sempre con se, una la trovò nel primo cassetto del comodino, mentre per l’altra dovette tornare in cucina, su una mensola accanto alla porta… alla porta…
- Perché in posti così scomodi e lontani? Perché non vicine?... Deve averle spostate…- Nella mente di Ed iniziarono a ricostruirsi i fatti…
“ Il tenente si alza dal letto, va in cucina… qualcuno bussa alla porta… prende la pistola prima di aprire…
- Si ma perché poi la appoggia in quel modo?- Gironzolava per le stanze cercando di capire la cronologia di ogni fatto. - Conosceva la persona che aveva davanti, si fidava di lui…-
“ Ha aperto la porta, poggiando la pistola sulla mensola e lo ha fatto entrare…
- Si ma perché portarlo in camera?-
Dalla porta la vecchia donna continuava ad osservare il ragazzino che gironzolava per l’appartamento, sfregandosi il mento e cercando di sforzarsi a ragionare. Era stupita della freddezza con cui si muoveva.
- Ragazzino… se i militari ti vedono in quella casa passerai dei guai?- chiese la donna cercando di farlo allontanare.
- Signora io sono un alchimista di stato, vede l’orologio…- mostrò l’orologio d’argento che teneva in tasca, non la sopportava più e non riusciva a concentrarsi con quella vecchia tra i piedi.
- Ah sei già un soldato? Proprio come quei due che hanno soccorso la povera Riza, uno di loro era andato via poco prima, poi è tornato con un altro compagno e la cena… dovevano volergli proprio bene.-
Fu come un’illuminazione. Ed corse dalla vecchia, spaventandola e cercando spiegazioni.
- Che significa? Mi sta dicendo che uno di loro è uscito da casa del tenente poi è tornato e l’hanno trovata in quello stato?-
- Io ti dico solo quello che ho visto, mi sono affacciata per dirle di far star zitto il cane e ho visto un uomo in divisa che usciva dall’appartamento. Ho provato a fermarlo, ma è corso via. Dopo qualche minuto sono arrivati gli altri due.-
- Perché non lo ha detto a nessuno, perché non ha parlato prima?- Ed la stava letteralmente aggredendo, per farsi spiegare meglio la situazione, ma nella sua mente si era già insinuato un dubbio.
- Io sono vecchia ragazzo mio, le cose mi sfuggono facilmente…- Ed la lasciò con un palmo di naso, correndo via. Forse aveva capito…
La donna rientrò in casa e chiuse la porta dietro di se, accennò un sorriso strano.
- Vuoi che lo scopra, è questo il tuo gioco?- Una voce femminile la fece voltare da un lato, intravide la figura di una donna appoggiata alla parte con le braccia conserte.
- In verità il mio piano si modifica lentamente, ho tante belle idee, adesso ci rientra anche quel tappo.-
- Così ci metti nei guai Envy.-
- Se raggiungo il mio scopo, non si creeranno guai… al contrario…-

Erano giunti in ospedale, un edificio bianco e anonimo, che appesantiva i cuori di ognuno di loro. Winry chiese subito dove fosse il colonnello Mustang, la richiesta per un attimo spiazzò i due soldati.
- Voglio solo sapere come sta, non credo che sia il momento adatto per fare scenate.- Era seria e sicura di se stessa, ma per quanto ancora non lo sapeva neanche lei. Maria la accompagnò per i corridoi dell’ospedale, percorsero un lungo androne fino ad arrivare ad un punto cieco, da lontano Winry vide la figura di un uomo, seduto su una sedia in metallo, era piegato in avanti e si reggeva la testa con una mano, lasciando che i capelli gli andassero tutti in avanti. Faticò persino a riconoscerlo.
- Per favore, posso chiederle di aspettare fuori con Al?-
Il tenente Ross annuì rassegnata, girando su se stessa ed allontanandosi. Winry iniziò a camminare verso quell’uomo, lentamente e cercando di fare meno rumore possibile.
- Colonnello… colonnello Mustang…- lo disse con un filo di voce, vergognandosi di quanto fosse debole in quella situazione. L’uomo davanti a lei spostò leggermente la testa nella sua direzione, scoprendosi a malapena l’occhio sinistro. Winry rimase colpita da quello sguardo debole e triste, le pupille erano spente e prive di vitalità, come se ci fosse un velo davanti che gli impedisse di vedere, aveva il viso pallido e segnato da una stanchezza senza fine e impossibile da rimuovere.
- Win… Winry… che ci fai tu qui?- Neanche la voce era la sua, dove era finito quel tono sicuro e seducente che lo distingueva dagli altri, quella fierezza e sfrontatezza che solo lui sapeva dimostrare? Il Roy Mustang che conosceva era scemato in pochi secondi, senza lasciare più traccia di ciò che era. Poi la vide e la cosa la fece infuriare. Scorse l’angolo di una bottiglia dal liquido scuro penzolare dalla sua mano, mezza vuota e senza neanche il tappo. Si avvicinò a lui cercando di non fargli notare ciò che in realtà aveva visto, ma si rese presto conto che il colonnello non aveva riflessi pronti per fermarla se avesse deciso di prendergli quella bottiglia.
- Così è questo che fanno i militari quando si sentono in colpa o non sono in grado di tenere a bada i propri sentimenti?- Era fredda e per Mustang fu come essere investiti da un vento polare, le mani gli tremarono, mescolando il liquido nella bottiglia.
- Non conosco altri modi per non soffrire…- Abbassò lo sguardo avvicinando la bottiglia al viso e sorridendo da ebete, sapeva di sbagliare, ma non riusciva a fermarsi.
- Ha fatto la stessa cosa con i miei genitori e quando il Signor Hughes se ne è andato vero? Solo che prima c’era qualcuno a dirle di smettere, prima Hughes e poi la signorina Riza e ora che si sente solo cerca di fare pena a qualcun altro?-
Mustang rimase pietrificato da quelle parole, non sembrava neanche che a pronunciarle fosse lei. Le rivolse uno sguardo di supplica socchiudendo gli occhi e cercando di mettere a fuoco l’immagine della ragazza. Si alzò dalla sedia, forse per avvicinarla, ma le gambe non ressero il suo peso e ricadde in avanti. Winry lo sorresse in tempo e Roy si appoggiò alle spalle della ragazza, come se non volesse farla scappare.
- Voglio morire, come volevo morire in tutte le occasioni che hai detto tu e in molte altre… Non so comportarmi da uomo, ma solo da alchimista e uno scienziato queste cose non è in grado di superarle da solo…-
- Adesso la aiuterò io, ma non è solo… ci sono tante persone che le vogliono bene.-
Mustang alzò il viso verso quello della ragazza e cercò di mettersi nuovamente in piedi, Winry notò che l’odore di alcool non era molto forte, anche se Mustang non riusciva neanche a reggersi in piedi. Lo aiutò a sedersi e si accomodò vicino al colonnello, togliendogli dalle mani la bottiglia e buttandola in un cestino poco distante. Gli sistemò i capelli, completamente scarmigliati e gli asciugò il viso sudato con un fazzoletto. Mustang prese tra le dita una ciocca di capelli della ragazza, lasciando che gli scivolassero morbidi in mano.
- Sono identici ai suoi, hanno quasi lo stesso profumo… se fossi più ubriaco ti avrei scambiato per lei e forse ti avrei anche baciata… quello che avrei dovuto fare ieri notte… - Winry arrossì vistosamente, sconvolta da quelle parole strane, ma piene di sentimento. Forse era vero che non l’aveva riconosciuta, ma lei lo lasciò fare. Mustang si sistemò meglio e appoggiò la testa sulla spalla della ragazza chiudendo gli occhi. Sospirò forte e strinse la mano di Winry, baciandola piano.
- Non perderò anche te… darei la mia vita pur di riaverti indietro…-
La ragazza non rispose, attese che si addormentasse e rimase con lui per tutto il tempo. Mustang si era seduto davanti alla stanza dove era chiusa Riza da ore, la luce sopra la porta era accesa e rossa, non potevano entrare, ma quando quella luce si fosse spenta, che cosa avrebbero saputo? Tutto quello che sapeva era che se Riza non ce l’avesse fatta, con lei sarebbe morto anche lui…

 

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Capitolo 7
*** 7. Senza di lei... morirei ***


Un altro capitolo visto che ora posso usare internet, appena ho tempo mi dedicherò a curare ogni particolare, se ci sono errori fatemelo sapere, non riesco a leggere neanche un capitolo con la febbre alta… che sfortuna, spero che vi piaccia a presto. Un bacio!

 

7. Senza di lei… morirei

Winry ha voluto rimanere sola con il colonnello Mustang. Chissà come sta in questo momento? Quando l’ho visto ho avuto un tuffo al cuore, mi mancava l’aria e credo di aver fatto una faccia da idiota, ma cosa potevo fare? Mi ha chiesto di chiamare Ed e farlo tornare subito in città, era ubriaco quando lo ha fatto, ma io non ho avuto cuore di dirgli nulla. Neanche i suoi sottoposti riuscivano a parlare, Havoc si guardava le mani come se fossero ancora sporche di sangue, mentre gli altri stavano quasi per mettersi a piangere, in quel momento ho pensato che come soldati non erano un gran che, ma quando ho sentito la voce di Ed al telefono, preoccupato che mi chiedeva il motivo della telefonata, ho avuto un groppo in gola ed era molto doloroso. Temo per lui come per tutti gli altri solo che non posso darlo a vedere…questo fa un soldato e a volte odio me stessa per esserlo…

Da quando era tornato in città non aveva fatto altro che correre sotto quella pioggia fine, ora però stava correndo verso l’ospedale. Il cuore e la testa gli martellavano all’unisono e poi voleva sapere delle condizioni del tenente. Non l’avrebbe mai detto, ma è vero che ci si accorge di voler bene ad una persona quando sai di perderla e lui voleva bene al tenente. Quella donna che sapeva essere fredda come un ghiacciolo, ma che sapeva sorridergli scaldandogli il cuore, un sorriso quasi materno. Scosse la testa scacciando quella terribile malinconia e continuò la sua corsa. Ci impiegò più di quindici minuti per arrivare, era bagnato fino alle ossa e stanco, ma non si fermò. Entrò nell’ospedale, fermandosi davanti al banco d’entrata.
- Cerco la stanza del tenente Riza Hawkeye, sono…-
- Fratellone…- Ed volse lo sguardo verso la grande armatura contente l’anima di suo fratello e si avvicinò a lui. Aveva i capelli completamente sciolti che gli si incollavano al viso, i vestiti zuppi che lasciavano una scia di gocce sul pavimento. - Ti prenderai un accidenti se rimani bagnato.- Ed si accorse che Al stava girando intorno al discorso principale, ma cercò di non essere aggressivo e gli sorrise.
- Hai ragione, ma adesso non posso pensare a me stesso. Dov’è il colonnello?- Chiese sistemandosi la treccia dietro la schiena.
- Winry è con lui e ci ha chiesto di lasciarla sola per un po’. Del tenente non si sa ancora nulla.- Al gli porse la valigia con gli abiti chiedendogli di cambiarsi. Ed acconsentì e si chiuse in bagno. Non aveva detto nulla al fratello di quello che aveva scoperto, anche se ne era sicuro. Si cambiò indossando una maglietta rossa e un paio di pantaloni neri e tornò dal fratello, con l’intenzione di andare dal colonnello. Al lo accompagnò verso il corridoio dove incontrarono i sottoposti di Mustang insieme a Maria Ross e al sergente Brosh, tutti seduti su una fila di sedie metalliche e in segreto silenzio. La donna scattò in piedi non appena lo vide, gli accennò un saluto, forza dell’abitudine, ma stavolta Ed non ci fece caso.
- Notizie?- chiese lui con un filo di voce.
- E tu?- Rispose lei tutto d’un fiato. Ed capì che non c’erano novità sulle condizioni della donna, ma lui al contrario ne aveva.
- Devo parlare con il colonnello, credo di avere degli indizi.- Questa volta fu Havoc a scattare dalla sedia come una molla. In tutto il tempo non aveva fatto altro che rimanere in silenzio a guardarsi le mani, come se sentisse ancora l’odore del sangue di Riza su di se. Non aveva acceso neanche una sigaretta per tutto il tempo e non solo perché erano in un ospedale, quella che aveva gettato nell’appartamento della donna, forse era stata per lui l’ultima.
- Hai scoperto chi le ha fatto questo? Ed dimmelo, voglio sapere chi è questo bastardo!-
- Calmati, non sei nelle condizioni di agire ora e poi ho solo degli indizi…- mentiva, ma Havoc era sconvolto e lui non sapeva altro modo per fermarlo. Sarebbe stato capace di correre da lui e prenderlo a pugni in quel momento, ma Ed sapeva che sarebbe stato inutile, il suo avversario non era un tipo facile da far fuori.
- Stai semplicemente mascherando la verità! Noi tutti vogliamo saperlo, basta tenerci all’oscuro!- Anche gli altri assentirono a quelle parole, ma Ed non si fece per nulla impressionare.
- E cosa vorreste fare? Lo capite che in questo momento lei ha bisogno di sentirvi vicini. Non capite che quello che le manca è la forza di svegliarsi? Il colonnello ha affidato a me questa missione e come alchimista di stato posso essere considerato un vostro superiore. Non immischiatevi e questo è un ordine.-
- Fratellone perché ti comporti così?- Al non riconosceva neanche più suo fratello, non aveva mai parlato con quel tono autoritario, ne si era mai appoggiato al suo titolo di alchimista per dare ordini. Al contrario Maria Ross forse lo aveva capito, non voleva comandare, bensì far capire a tutti che ora dovevano fidarsi di lui.
- Ed ha ragione, ma come nostro superiore credo che sappia quali responsabilità comporti il ruolo che si è imposto?- Ed fissò la donna, lei gli rivolse un sorriso di fiducia piena nei suoi confronti, così fecero anche gli altri.
- Vi chiedo di fidarvi di me, io posso combattere chi le ha fatto questo… voi no e non voglio che un’altra persona rimanga coinvolta, se le hanno fatto questo è stato solo per colpa mia.- Aveva tirato fuori la verità che si portava dentro e che faticava ad accettare, ma era vero. Se Envy aveva colpito Riza, era solo perché lo voleva a Central City…

Era rimasta in silenzio per molti minuti, il colonnello si era addormentato dolcemente appoggiato alla sua spalla, ogni tanto mugugnava qualcosa, ma lei non riusciva a capire cosa stesse sognando. Si volse solo quando sentì il rumore di passi provenire dal corridoio, spostò lo sguardo fermandolo sulla figura di un ragazzo biondo che la guardava in modo strano.
- Sei già di ritorno? Hai scoperto qualcosa?- la voce di Winry era simile ad un sussurro. Ed si avvicinò a lei osservando il colonnello che dormiva proprio al suo fianco, sorrise, come se fosse felice di vederlo sereno in qualche modo. - Ha bevuto, per questo si è addormentato. Non era ubriaco, ma se non lo avessi fermato lo sarebbe diventato presto…-
- Ho degli indizi… sai niente sulle condizioni del tenente?-
- Non è uscito ancora nessuno e le infermiere non vogliono dire nulla… ho paura Ed e se…-
- Non dirlo!- Se avesse potuto, lo avrebbe gridato con tutto se stesso, ma si trattenne stringendo i pugni. - La colpa è mia, volevano arrivare a me e naturalmente non si sono accontentati di chiamarmi in modo normale…- In quel momento il colonnello scattò a sedere come se fosse stato fulminato, fu così veloce che il cuore di Winry prese a battere freneticamente per lo spavento. Non riuscì a spiegarsi il perché di quel gesto, ma come un presentimento capì che era ora di sapere qualcosa su di lei.
Quella luce che per ore era rimasta accesa, mandando bagliori rossi sulla parete immacolata opposta, si era ora spenta. Tutti e tre trattennero il respiro, come se fosse vietato. La ragazza e il colonnello si alzarono in attesa, lei prese la mano del biondino cercando come protezione, un sostegno se fossero giunte cattive notizie, lui le diede ciò che cercava. La porta si aprì lentamente, da cui uscì un uomo brizzolato chiuso in un camice verde, si tolse la mascherina gettandola in un cestino e si passò una mano sui capelli, spostandoli dagli occhi nocciola, era sudato e visibilmente stanco. Scese un silenzio quasi mortale…
- Do… dottore come sta?- Più che una richiesta sembrava un lamento di dolore, la voce di Mustang somigliava a quella di un bambino ferito. Il medico ci impiegò un po’ prima di rispondere, anche se il suo sguardo non era dei più confortanti.
- La signorina Hawkeye ha riportato gravi lesioni esterne e un trauma celebrale, abbiamo riscontrato circa tre costole incrinate, la spalla destra completamente lussata, ferite ed ematomi su tutto il corpo non solo causate dalle percosse, ma anche con armi da taglio, le più gravi erano ai polsi… l’emorragia in qualche modo è stata bloccata dalla corda con lui l’hanno legata… - Mustang provò a dire qualcosa, ma il medico lo fermò con un gesto della mano quasi spazientito dall’impertinenza dimostrata. - Mi lasci terminare. L’hanno drogata con qualche strano farmaco che non conosciamo, inquinandole il sistema circolatorio. Ad ogni modo siamo riusciti a stabilizzare le sue condizioni, ma… è entrata in coma. Non possiamo fare altro mi dispiace…-
- Che diavolo significa che non potete fare altro!?- Mustang era furioso, afferrò il medico per il camice sollevandolo quasi da terra.
- Colonnello si calmi per favore!- Winry lo afferrò per un braccio, ma sembrava tutto inutile.
- Come faccio a calmarmi, questo imbecille non sa fare altro che elencarmi quello che ha e dirmi che non può fare niente! La sua compassione può anche mettersela in un altro posto, non…- Winry lo colpì e Mustang lasciò andare il povero dottore sconvolto. Il colonnello si portò una mano al viso, nel punto in cui si stava formando il segno rosso della mano della ragazza.
- Le sembra il modo di fare o di agire? Crede che prendere a pungi il dottore possa far svegliare Riza? Cerchi di ricomporsi e la smetta di fare il bambino!- Fu come se il tempo si fosse fermato, come se tutto non avesse più peso, la rabbia e la frustrazione erano sparite lasciando posto ad uno strano bruciore sul viso. Lacrime calde e piene di tristezza scesero dagli occhi corvini dell’uomo ormai sconvolto. Cadde in ginocchio nascondendo quel sentimento alla vista di chiunque lo stesse guardando. Le mani dolci della ragazza lo presero per le spalle, scusandosi per essere stata così avventata.
- Non devi… sono io che devo scusarmi… ma io senza di lei… morirei!- L’aveva gridato forte, quell’ultima parola era carica di tutto ciò che il colonnello si portava dentro il cuore da tempo. La ragazza lo abbracciò d’istinto proteggendo quel fragile uomo che aveva smesso di essere un soldato o un alchimista. Ed si avvicinò al medico chiedendogli come stesse, l’uomo rispose ancora leggermente scosso.
- Mi dispiace per la reazione che ha avuto. Possiamo vedere il tenente?-
- Solo uno alla volta, potete parlarle, ma dovete rimanere calmi o peggiorerà solo la situazione.- Il medico li lasciò allontanandosi lentamente. Ed si rivolse al colonnello cercando di farlo tornare in se.
- Colonnello credo che il primo a dover entrare sia lei, ma non le permetterò di andare se prima non si calma e non recupererà un po’ di lucidità.-
Il colonnello si alzò in piedi sistemandosi i capelli e cercando di calmarsi. Gli sorrise leggermente ed entrò nella stanza.

Chiuse la porta dietro di se e respirò profondamente, la stanza era permeata da un odore di medicinali e disinfettante, era candida come la neve e fresca. Si avvicinò al lettino sistemato proprio al centro della stanza e si sedette su una piccola sedia in legno proprio al fianco. Con gli occhi percorse la forma del corpo della donna che dormiva nel letto, i capelli erano sparsi sul cuscino, il viso era pallido, le bende la coprivano quasi completamente, lasciando scoperti gli occhi chiusi e la bocca, su cui era posata una maschera per l’ossigeno. Le avevano fatto mettere uno di quei camici ospedalieri bianchi, le braccia che uscivano fuori dal lenzuolo erano immobili e fasciate, osservò il petto che si alzava meccanicamente grazie ad una macchina al fianco del letto, che produceva un fastidioso e regolare rumore metallico. Mustang le accarezzò il viso delicatamente, come se temesse di romperla.
- Sai credo davvero di non capire nulla della vita… come ho fatto a ferirti in questo modo? Che razza di uomo sono e tu come hai potuto seguire ciecamente un essere come me? Quella sera ti desideravo davvero, con tutto il mio corpo e la mia anima, ma mi sono comportato male, non ho dato peso ai tuoi sentimenti credendo che non mi avresti rifiutato… Non credo tu possa perdonarmi, ma non è questo quello che voglio adesso, l’unica cosa che desidero è riaverti indietro, voglio che tu mi prenda a schiaffi per quello che ho fatto, voglio sentire la tua voce che mi grida contro arrabbiata, ma non voglio più vederti piangere. Vorrei vederti davanti a me come tutte le mattine, come tutte le volte che mi riprendi perché non lavoro seriamente o che mi sostieni perché sto per crollare. Temo persino a sfiorarti, ho paura che tu non voglia avermi vicino, ma se è così dimmelo ti prego, apri gli occhi e dimmi di andarmene via… ti prego…-
Da fuori la stanza, anche se non era loro intenzione, tutti ascoltavano le parole di Mustang, le sue suppliche di riaverla indietro. Si erano precipitati non appena erano stati avvertiti che potevano vederla, ma ora nessuno aveva il cuore di entrare. Winry si era stretta tra le braccia di Ed, nascondendo il viso rigato dalle lacrime agli occhi degli altri, lui le accarezzava i capelli chiedendole di calmarsi, eppure anche i suoi occhi dorati bruciavano e ogni parola che sentiva provenire da dentro gli pungeva il cuore. Al non poteva, ma stava piangendo in silenzio seduto in un angolo che si reggeva le gambe con le braccia metalliche, stando attento a non fare rumore. Havoc e gli altri soldati erano chiusi in un sinistro silenzio, tutta quella storia, quel dolore li univa come non mai eppure avrebbero preferito rimanere lontani, nascondere i propri sentimenti per sempre. Dimenticare era impossibile, capire era impossibile, vendicarsi non lo era e di questo Ed ne era certo.
“Ti troverò Envy… questa volta non sarà come le altre, questa volta ti ucciderò… chiunque tu sia, anche se dovrò cercare le tue ossa fino in capo al mondo… prometto che ti rispedirò da dove sei venuto… questa è una promessa… aspettami!

 

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Capitolo 8
*** 8. La ricerca di acciaio ***


Ecco un nuovo capitoletto

X Malaglar, grazie dei commenti e aspetto con ansia i prossimi, la storia si fa sempre più complicata continua a seguirmi e spero che ti piaccia.

X Shatzy, non so se ricordi che nel capitolo 4 ho scritto che Envy le da una piccola pasticca rossa, be aspetta e capirai meglio. Io adoro Roy e mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero solo di non averlo troppo idealizzato e di aver reso bene il suo carattere, è un personaggio difficilissimo da descrivere.

X The_Dark_Side, continua a tifare per Ed, ne avrà molto bisogno, mi fa piacere che sono riuscita commuoverti, vuol dire che sono riuscita a descrivere bene la situazione.

Un saluto a tutti, finalmente mi sono ripresa e posso dedicarmi alla mia ff come si deve, buona lettura

 

8. La ricerca di acciaio

Non ho mai visto mio fratello così deciso, mai in tutta la nostra vita insieme gli ho letto quei sentimenti negli occhi. Non vuole che io vada con lui, non ci siamo mai separati e ora non vuole neanche dirmi cosa ha scoperto. Forse c’entra la pietra filosofale, ancora una volta nella nostra vita, quel mito condiziona le nostre azioni. Eppure non si era mai rifiutato di avermi accanto, mai mi aveva tenuto all’oscuro delle sue azioni… forse so perché lo fa, ha solo paura di perdere anche lui qualcuno a cui tiene e ridursi come il colonnello Mustang e mio fratello è troppo orgoglioso per farlo, anche se questo significherebbe soffrire cento volte di più. Poi mi ha chiesto di non lasciare mai sola Winry… vederli così vicini mi rende felice, anche se un po’ sono geloso, lui può toccarla, sentire il calore della sua pelle… io le ho dimenticate tutte quelle sensazioni. Ad ogni modo farò come mi ha chiesto, questa è la sua battaglia personale ormai, io non posso entrarvi…

Quando il colonnello decise di uscire dalla stanza del tenente erano passate più di due ore. Ed si era appisolato insieme a Winry su una sedia, accanto a lui tutti gli altri stavano sonnecchiando tranne Alphonse, che non ne aveva bisogno. Si affacciò svegliando il ragazzino biondo, che scattò come una molla in piedi.
- Calmo Acciaio, non voglio saltarti addosso!- Lo disse ridendo, come per riacquistare la sua ironia strafottente, ma era stanco, gli occhi scuri segnati da profonde occhiaie.
- Il tenente sta bene?- Chiese Ed cercando di ricomporsi e senza dare a vedere al colonnello che lo trovava troppo stanco e affaticato.
- Sta dormendo, è meglio che riposi così potrà riprendersi… Devo parlarti in privato, andiamo nel mio ufficio alla centrale.- Il ragazzo acconsentì, ma quando sentì che anche il fratello si stava alzando lo fermò in tempo.
- Non questa volta Al ti prego, tu devi rimanere qui a proteggere Winry e Riza, devi prometterlo.-
Voleva ribattere, ma non ne ebbe la forza, era serio, troppo per suo fratello e come risposta si sedette di nuovo.
- Ed? Dove vai?- La voce impastata dal sonno di Winry lo fece voltare di nuovo. Ed incrociò le perle azzurre della ragazza, che brillavano leggermente sotto le palpebre semichiuse. Si avvicinò piano, mentre lei si strofinava gli occhi provando a mettere a fuoco la figura del ragazzo.
- Io ho da fare, tu rimani con il tenente e Al ok?- Si era avvicinano molto a lei, poggiandole le mani sulle spalle e portandola a poggiare la schiena contro il muro. La fissava come se non la vedesse da anni, come se fosse l’unica donna su cui avesse poggiato quelle iridi dorate, così penetranti e affascinanti.
- Cos’hai Ed, è successo qualc…- Fu veloce, forse troppo. Winry lo vide chiudere gli occhi e poggiare le sue labbra sulle sue, calde e morbide, cercando una risposta. Winry schiuse lentamente le sue, permettendo al ragazzo di raggiungerla più facilmente. Era un bacio pieno di sentimento, un bacio voluto e desiderato. Un bacio carico di promesse future, in cui si abbandonarono entrambi senza pensarci. Quando il biondo si staccò le chiese di dormire ancora e lei gli obbedì senza chiedere oltre, osservandolo mentre si allontanava all’ombra del colonnello. Raggiunsero la macchina, il cielo era scuro, ma almeno per qualche ora aveva smesso di versare tutta quell’acqua. Salirono e Mustang accese il motore uscendo dal parcheggio dell’ospedale. Gettò l’occhio sul ragazzino al suo fianco che si toccava le labbra come se non sapesse cosa aveva appena fatto.
- Hai fatto bene… però è vero che si riesce ad essere se stessi quando si teme di perdere una persona, se non fosse accaduto nulla a Riza, tu non l’avresti mai baciata in quel modo.-
- Mi sento un verme in questo momento, il mio cuore gioisce in un momento così brutto.-
- Non sentirti peccatore per una colpa non tua. Hai agito come ti diceva il cuore se lo avessi fatto anche io, lei non si troverebbe in quelle condizioni.-
- Colonnello?- Quella era la prima volta che Mustang si confidava in quel modo, si era sempre tenuto a distanza nonostante avesse capito che teneva ad entrambi, non aveva mai provato a dire una parola dolce nei loro confronti. Tutto quello che faceva era prendersi cura di loro da lontano.
- Cosa hai scoperto Ed? Dimmi ogni cosa e non provare a nascondermi qualcosa perché se verrò a saperlo ne pagherai le conseguenze.-
- Sono andato a casa del tenente e ho cercato in giro qualche indizio. Conoscendo il tenente, anche se malata si sarebbe sicuramente difesa davanti ad un aggressore, ma ho trovato le sue pistole in posti diversi e troppo lontane tra loro, contando anche il fatto che una era proprio accanto alla porta.- Ed aveva iniziato a raccontare ogni dettaglio, sforzando la sua mente di riflettere e ricordare ogni cosa. Mustang ascoltava e assorbiva ogni informazione come una spugna. - Perché tenerle così lontane? Allora ho pensato che qualcuno avesse bussato alla porta e che il tenente si fosse armata prima di aprire, poi però qualcosa deve averla convinta a lasciare l’arma e aprire. Perché farlo se prima lo temeva?-
- Perché conosceva chi c’era fuori dalla porta!-
- Esatto! Poi c’era una vecchia che gironzolava per il pianerottolo è stata lei a farmi capire ogni cosa. Mi ha detto che poco prima che lei e Havoc arrivaste a casa del tenete, un militare era uscito dal suo appartamento correndo via.-
- Un militare!?- Mustang frenò di colpo, costringendo Ed a reggersi alla maniglia della portiera per evitare di sbattere contro il parabrezza. Il colonnello strinse le mani contro il volante, le nocche sbiancarono dallo sforzo. - Non è possibile! Io sono rimasto sotto casa del tenente per diversi minuti prima che arrivasse Havoc e non ho visto uscire nessuno!-
- Per forza… perché il militare che la vecchia ha visto uscire da casa del tenente era lei!-
Mustang gli rivolse uno sguardo gelido, non adatto all’alchimista di fuoco, era furioso per quell’affermazione.
- Che vuoi insinuare? -
- Colonnello lei era l’unico ad avere il potere di convincere Riza a lasciare le pistole e farsi aprire. Lei era l’unico che poteva avere potere su di lei e non farla reagire. Ma con questo non sto dicendo che sia stato lei a farle del male.- Ed stava girando intorno alla questione principale e Mustang lo aveva capito, lo esortò a dire ogni cosa il prima possibile. - Ha già sentito parlare degli Homunculus?-
Annuì, ormai sapeva di loro e di cosa erano in realtà, ma volle ascoltare tutto di nuovo in ogni dettaglio.
- Gli Homunculus sono creature nate da trasmutazioni umane fallite. Non sono esseri umani, ma vogliono diventarlo. Ognuno di loro ha una particolarità, un potere se così vogliamo chiamarlo. Tra loro c’è uno che è in grado di cambiare il proprio aspetto a suo piacimento, divenire un’altra persona, uomo o donna che sia. Il suo nome è Envy.-
- Credi che questo Envy abbia preso le mie sembianze e ingannato Riza? Anche se fosse, quale sarebbe il motivo? Fino ad ora sei sempre stato tu il loro obiettivo, cosa volevano da lei?-
Ed si sistemò meglio sul sedile dell’auto, incrociò le mani davanti al petto e fece un lungo respiro. Chiuse gli occhi come se cercasse di ricordare qualcosa che aveva dimenticato. Le immagini si susseguirono nella sua mente come fulmini, un laboratorio abbandonato, una battaglia contro un’armatura, un alchimista divenuto chimera e una stanza piena di acqua rossa. La pietra filosofale: per crearla era necessario dare in cambio vite umane, molte vite e lui era stato quasi disposto a farlo pur di salvare suo fratello.
- Loro vogliono la pietra filosofale per diventare esseri umani, non gli importa chi la crei e lei, come me, è un alchimista. Possiede tutte le conoscenze per farla e vogliono ricattarla utilizzando lei.-
Mustang accennò un flebile sorriso, poggiò la fronte contro il volante e rise. Ed sapeva che dietro a quella risata decisamente isterica, c’era molto di più.
- Sanno che sarei capace di gettare al vento tutto pur di salvarla. Sanno che gli alchimisti sono persone patetiche che temono di perdere coloro a cui sono legati. Solo un alchimista potrebbe avere l’idea di riportare in vita una persona.-
- Cercherò Envy e pagherà questa volta! Mi ha affidato questo incarico e forse è l’unico che sono disposto ad accettare come cane dell’esercito. Le chiedo una sola cosa in cambio.-
Mustang spostò lo sguardo su quello che ormai non era più un bambino, era un uomo, forse più di quanto non lo fosse lui. S’immerse nelle iridi miele del giovane alchimista cercando con la mente quello che stava per chiedergli. - Voglio che Winry venga sempre tenuta sotto stretta sorveglianza, se non è con Al o in ospedale la faccia sorvegliare dal sottotenente Ross o meglio sarebbe se fosse lei direttamente ad occuparsi di lei.-
- Non preoccuparti, farò disporre massima sorveglianza.- In quel momento Ed uscì dall’auto fermandosi prima di chiudere la portiera. - Dove vuoi andare a quest’ora?-
- Devo andare in un luogo, lei torni in ospedale e si occupi di Riza, credo che abbia bisogno di averla vicina. Mi farò sentire io, non si preoccupi.-
Ed richiuse la portiera e iniziò ad allontanarsi, seguito dallo sguardo dell’alchimista di fuoco, che appena non riuscì più a vedere la figura del ragazzino, ripartì verso l’ospedale.

L’unica cosa di cui si rallegrava era che almeno aveva smesso di piovere e non era costretto a bagnarsi come prima. Non si era mai sentito il cuore così pesante, mai aveva agito diretto solo dalla disperazione. Non riusciva a ragionare con freddezza, ne a controllarsi. Certo che era davvero un ragazzo strano! Un alchimista di stato a soli dodici anni, aveva cercato di riportare in vita sua madre sacrificando l’intero corpo di suo fratello e due suoi arti e poi era entrato a far parte di quella storia assurda in cui vi erano gli Homunculus, tra cui sua madre stessa. Neanche quando si era reso conto di chi fosse, neanche quando l’aveva vista al fianco del comandante supremo si era scomposto, non aveva fatto nulla nonostante il suo cuore piangesse di dolore e rabbia, eppure ora non riusciva a rimanere calmo. Camminava sotto quel cielo plumbeo senza una meta precisa, nonostante avesse fatto credere al colonnello che avesse un piano in mente. Era riuscito a preoccuparsi solo dell’incolumità di Winry e questo lo infastidiva in qualche modo, era stato un egoista, ma non conosceva altro modo. Non sapeva di certo dove andare a cercare Envy, non lo aveva mai cercato realmente, in quando era stato sempre e solo lui a trovarlo. Senza accorgersi di nulla arrivò in quel luogo terribile che aveva ricordato poco prima in macchina. L’edificio era in rovina, le macerie dell’esplosione che era avvenuta in quel luogo erano ancora sparse dappertutto. Era giunto nel laboratorio numero cinque. L’entrata era sorvegliata come sempre, ma lui riuscì ad entrare nello stabile scavalcando il muro di cinta con un solo salto. Ricadde all’interno e ancora una volta fu schiacciato dal peso dei ricordi.
“Che diavolo ci sono venuto a fare in questo posto?”
- Cosa c’è, ti sei perso per caso bimbetto d’acciaio?- Ed si voltò di scatto verso la voce che lo aveva letteralmente spaventato. Era una donna dal tono sensuale, era nascosta in un angolo e lui non riusciva vederla chiaramente, ma conosceva quel tono anche troppo bene.
- Che diavolo avete in mente? Perché avete agito in questo modo?- Lo gridò incappando nel pericolo che le guardie potessero sentirlo, ma in quel momento non gli importava poi molto di cosa fosse accaduto.
- Voglio solo parlarti bimbetto… Troviamo un luogo meno pericoloso vieni con me.-

 

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Capitolo 9
*** 9. Un aiuto inaspettato ***


Siccome sono collegati e vi ho lasciato in sospeso per troppo tempo, vi metto ben due capitoli e buona lettura a tutti, un saluto ciao ciao

 

9. Un aiuto inaspettato

Non so cosa mi sia venuto in mente. Perché mai ho agito in questo modo? Ho fatto tutto quello che era in mio potere per conseguire il mio scopo invece ora sto aiutando il bimbetto ad intralciarmi. Quello che Envy ha fatto non mi piace affatto, ma non ho potuto fermarlo, non sono stata capace neanche di dirgli che non approvavo il suo modo di agire. Io non ricordo nulla di ciò che ero da umana eppure quando ho sentito le grida dell’alchimista di fuoco per quella donna ho come avuto un piccolo flash, doloroso nonostante sia stato troppo veloce per farmi ricordare qualcosa. Un uomo che piange di dolore per la donna che sta perdendo, non lo sopporto. Forse anche quando sono morta qualcuno ha pianto per me e forse per amore ha cercato di riportarmi in vita. Sarebbe una visione romantica per giustificare quello che sono ora…

L’aveva seguita senza dire nulla, avrebbe potuto essere una trappola bella e buona, eppure non si era opposto. La donna aveva mascherato la sua natura indossando un abito normale e forse troppo casto per la sua indole. Lei Lust, il nome stesso che parla di lussuria, era seduta davanti ad un bimbetto alquanto in imbarazzo, indossando un abito di un colore verde spento, a collo alto e lungo fino alle caviglia. Eppure persino lui che era un bambino sapeva di avere davanti una donna bellissima. Si erano chiusi in un locale, era quasi deserto se non per il barista e qualche uomo ubriaco seduto al bancone, eppure nonostante fossero in quello stato avevano notato la donna e il bambino, lanciando qualche apprezzamento poco carino.
- Perché mi hai portato qui?- Chiese Ed freddo e distaccato, cercando con tutto se stesso di non arrossire davanti al sorriso malizioso che lei gli stava lanciando.
- Voglio dirti una cosa, nulla di più. Non potevamo di certo andare nella locanda dove alloggi di solito, sarebbe stato sconveniente non credi.- Ecco, con quella frase non era riuscito a trattenerlo ed era divenuto paonazzo, suscitando l’ilarità della donna che gli sorrise nuovamente. - Sarà lui a farsi vivo… non cercarlo.-
- Perché non dovrei? Il tenete Hawkeye potrebbe non farcela se aspetto quel pazzo, voglio spaccargli la faccia il prima possibile.- In quel momento Lust tese la mano verso di lui toccandogli il viso e accennando una specie di carezza amorevole. Ed ne rimase pietrificato, un tocco gelido che gli fermò il sangue nelle vene.
- Envy non ha tutte le rotelle al posto giusto, ma questo credo che tu già lo sappia. Non ho idea di cosa voglia fare, ma non si accontenterà di quella donna e ora che sei tornato costringerà sia te che fuoco a fare ciò che lui vuole. Potrebbe colpirti duramente questa volta e se non è riuscito a farti creare la pietra minacciandoti con la vita di tuo fratello, ora ha qualcosa di più forte con cui prenderti.-
- Che significa! Non si azzarderebbe a toccare Winry, ho chiesto a Mustang di sorvegliarla e con lei c’è mio fratello, cosa vuole fare… suicidarsi per caso?- Ed era scattato in piedi sbattendo le mani sul tavolo davanti a lui, l’auto-mail provocò un crepa nel legno vecchio. Era strano, ma la donna aveva completamente perso tutta la sua malizia e la sua determinazione, aveva socchiuso gli occhi come se la reazione di acciaio l’avesse ferita. Gli uomini al bar si voltarono verso quella strana coppia rimanendo in ascolto. - Non mi farò fregare da te, non sono un idiota! Credi che sia così scemo da credere che ti sei pentita e che questa tua confessione sia sincera? Mi stai chiedendo perdono per tutto quello che mi hai fatto?-
- Io… voglio solo… ascoltami…- Ed non ci fece caso, ma quella donna lo stava quasi implorando. Se non fosse stato così furioso si sarebbe reso conto che lo sguardo che lei gli stava rivolgendo non era falso. - Ed, sto solo cercando di metterti in guarda da lui. Credi che mi faccia piacere vederlo agire in questo modo? Credi davvero che non provi nulla.-
- Quelle come te non hanno sentimenti, per quanto mi riguarda non sei neanche umana.- Quella frase fece voltare tutti i presenti, scese un silenzio tetro ed imbarazzate. Lust era come pietrificata dalla freddezza con cui quel bambino si era rivolto a lei, ma in fondo non poteva sperare in nulla di positivo. Erano stati loro a manovrare quel ragazzino fin dall’inizio, a farlo agire come volevano, a minacciarlo e farlo crescere troppo in fretta per la sua età. Non poteva sperare che lui gli rivolgesse delle parole gentili o la ringraziasse per averlo messo in guardia. - Mi ha già ferito non lo capisci! Io godevo del fatto che quando tornavo in questa città potevo scontrarmi con un uomo come Mustang, che nonostante tutto in orgoglio riusciva a tenermi testa, arrivare al suo livello per me è sempre stato un traguardo, l’ho sfidato per l’esame d’alchimista e la sfida mi ha reso orgoglioso di me e di lui. Non avete fatto del male solo a Riza, ma a lui e a tutti gli altri, avete distrutto l’unico punto stabile della mia vita e ora volete togliermi anche Winry per raggiungere il vostro scopo. Ora spiegami come posso credere che tutta questa cosa possa ferire una come te?-
- Tu almeno puoi gioire di averla accanto, puoi assaporare la sua pelle e sentire il suo calore. Prima, quando ti ho toccato, io non ho sentito nulla. Ti capisco e accetto quello che pensi di me, ma ho il diritto di vivere anche io, ho il diritto di tornare ciò che ero anche se questo significa sacrificare altre vite. Non sarà giusto, ma nella mia vita non c’è mai stato nulla di giusto e non puoi pretendere che veda la differenza tra bene e male… tutto è bene se serve a rendermi ciò che non ho!-
- Sono solo stronzate! Lo pensavo anche io, ma ero solo un bambino idiota a cui mancava sua madre e per quel desiderio ho perso mio fratello e una parte di me, sono diventato un cane pur di riacquistare ciò che ho perso e che ci ho guadagnato? Niente… in cambio ho solo avuto tanto dolore e colpe, compresa quella di aver fatto diventare mia madre una di voi.- Ed abbassò gli occhi verso il pavimento stringendo i pugni e rimase in silenzio aspettando una replica della donna, che non ci fu. Non disse nulla, rimase semplicemente con lo sguardo basso sul tavolo, coprendosi il viso con i capelli corvini. Ed si avvicinò a lei e le strinse una mano, l’auto-mail scricchiolò costringendo Lust a voltarsi verso di lui. Ed rimase a fissare gli occhi viola della donna, simili a quelle di sua madre ora che anche lei era un Homunculus.
- Anche io se ti stringo con questa mano non riesco a sentire nulla. Anche mio fratello non può più sentire il calore di un abbraccio, però noi abbiamo accettato le nostre colpe e tutti i nostri errori e cerchiamo un modo per non commetterne altri. Tu non sei nata di tua volontà, la colpa quindi non è tua, ma vedila così: sei speciale in qualche modo e forse se sei qui c’è un motivo, ogni esistenza ha uno scopo perché se così non fosse, dovrei ammettere che mio fratello è qui solo perché io lo credo e nulla di più.- Lust ricambiò la stretta del ragazzo sentendo con le dita le finiture dell’acciaio dell’auto-mail. Quelle parole l’avevano colpita a quello che per lei doveva essere un cuore e se fosse stata una donna normale, avrebbe pianto a dirotto come una bambina.
- Envy ha fatto ingerire a quella donna una pietra rossa. Non era molto grande o sarebbe già morta, ma deve espellerla o le corroderà tutti gli organi. La pietra rossa reagisce con altre pietre filosofali incomplete, solo così puoi capire dov’è ed estrarla. Devi fare in fretta però, non le è rimasto molto tempo.-
- Grazie…- Ed la lasciò stringendo qualcosa nella mano, qualcosa che lei le aveva lasciato e iniziò ad uscire dal locale, abbandonandola li da sola. Si voltò proprio prima di uscire girandosi verso di lei, si fissarono per qualche secondo. - Se mai troverò un modo per realizzare i nostri sogni, ti prometto che aiuterò anche te.- Lo osservò mentre si allontanava, lo vide passare davanti alla vetrina del locale e sparire nell’oscurità della notte.
“Forse non ci sarò più quando raggiungerai il tuo scopo bimbetto d’acciaio, ma ti ringrazio davvero.”
Dopo qualche minuto anche lei lasciò quel locale e sparì nell’oscurità della città…

Tornò all’ospedale, per tutto il tragitto non aveva fatto altro che ripensare agli occhi di quella donna nel momento in cui gli aveva fatto quella promessa. Inoltre lei aveva lasciato un piccolo regalo, una piccola pietra rossa circolare, che lui fece attenzione di nascondere per bene. Quelle parole erano partite dal profondo del suo cuore e avrebbe mantenuto la promessa in qualche modo. Forse anche sua madre provava gli stessi sentimenti, chissà se aveva qualche obiettivo da portare a termine? Stranamente sorrise nel ripensare a sua madre, un ricordo felice gli attraversò la mente e lui voleva ricordarla per ciò che era, non per quello che l’avevano fatta divenire.
Si, è così che la voglio ricordare. Bella e raggiante come il sole, dolce e buona. Sapeva sempre come comportarsi con noi, sapeva renderci felici e fermarci quando io e Al litigavamo. Nonostante fossi il maggiore non vincevo mai contro di lui, ma forse lo facevo apposta perchè volevo essere consolato da quel sorriso dolce e bello che solo lei sapeva rivolgermi.”. Si fece aprire da un’infermiera di turno, mostrando l’orologio d’argento dell’esercito. La donna ne rimase quasi spaventata e lo fece entrare nonostante l’ora tarda. Si diresse verso la stanza del tenente e vi trovò ancora suo fratello accovacciato in un angolo e Winry sdraiata sulle sedie, che riposava. Al si mosse cercando il fratello.
- Come vanno le indagini, puoi dirmi qualcosa fratellone?-
- Non qui davanti a lei Al, ne parliamo in un altro luogo. - Andò a svegliare la ragazza lentamente, Winry si stropicciò gli occhi e guardò Ed sorridendo. - Il colonnello è dentro con il tenente?-
- Si, ha mandato tutti a casa tranne me e Al. Cosa succede Ed?-
- Nulla, andiamo via anche noi, a quest’ora non possiamo fare altro. Andiamo nella solita locanda e riposiamoci un po’. -
Entrambi assentirono e si allontanarono dalla stanza cercando di non fare rumore.
In poco tempo arrivarono nella stanza che Ed e Al usavano spesso a Central City. Era una stanza anonima e vuota, con solo due letti, un divano e un tavolino su cui erano poggiati diversi libri e fogli vari. Ed si stupì di come tutto fosse rimasto invariato dall’ultima volta che si erano fermati in città. Decisero di coricarsi, Ed non dovette giustificarsi per non aver preso una stanza anche alla ragazza. Lasciarla sola non era la migliore delle scelte in quel momento e lei lo sapeva. Si cambiò in bagno indossando una leggera camicia da notte e si coricò in un letto, lo stesso fece Ed nell’altro, lasciando Al seduto a terra contro il muro.
- Mi dispiace Al, stare tutta la notte seduto a terra non deve essere bello.-
- Non preoccuparti Winry, io non ho bisogno di dormire ne sento la stanchezza. Non ho bisogno di un letto ed è meglio che lo usi tu.-
- Grazie Al, buonanotte.- Winry si strinse tra le coperte, dopo aver salutato anche Ed. Il biondino si coprì con il lenzuolo, ma non riuscì a prendere sonno. Rimase fermo a pensare a tutto quello che un giorno aveva portato, ma Lust era quella che lo aveva sconvolto di più. Cercò di mettere ordine alle idee, quando si sentì tirare le lenzuola verso il bordo del letto. Si voltò di scatto incrociando gli occhi azzurri della ragazza.
- Cosa c’è Winry? Non riesci a dormire?- Ed la osservò attentamente, era bella con quella camicia bianca che le lasciava scoperte le gambe, i capelli sciolti che le incorniciavano il viso leggermente pallido, ma luminoso.
- Posso stare con te per un po’. Tutto quello che è successo mi ha sconvolto e non riesco a calmarmi.- Lo aveva chiesto con gli occhi bassi, mentre un leggero rossore si espandeva dalle sue guance. Ed le fece posto e la fece stendere al suo fianco coprendola con il lenzuolo e sdraiandosi a sua volta. Il letto piccolo li fece stringere l’uno con l’altra, ritrovandosi fermi in un abbraccio e i visi a pochi millimetri.
- Andrà tutto bene vero? La signorina Riza si salverà, torneremo a Reesembool e io ti sgriderò perché rovini gli auto-mail?- Ed rispose con un solo accenno del capo, mentre la ragazza si voltava verso di lui stringendosi di più, intrecciò le gambe con quelle di Ed, rabbrividendo al contatto con il ferro della protesi e lui cercò di non farle male spostandosi leggermente.
- Non credo che dormirai bene con me, io mi agito molto nel sonno. Chiedilo ad Al.- Sorrise e lei rispose dolcemente baciandolo sulla bocca. In quel momento Al si alzò da terra e si diresse verso la porta. Lei lo fermò in tempo chiedendogli dove stesse andando.
- Se volete posso andare fuori e lasciarvi da soli?-
- Al vieni qui!- Winry lo attirò verso di se chiedendogli di sedersi accanto al loro letto. Al lo fece non riuscendo a capirne il motivo. Solo allora prese la mano di Ed e quella di Al, le strinse forte e diede la buonanotte ad entrambi. Per un attimo, anche se impossibile per uno come lui, Al credette di avvertire il calore di quel gesto attraverso l’armatura e ne rimase estasiato. Ed si girò su un fianco e chiuse gli occhi anche lui. Rimasero in quella posizione per tutto il resto della notte, ne Winry ne Ed si mossero e Al rimase ad osservarli, attento che non prendessero freddo. Era felice per suo fratello, vederlo dormire sereno era una bella sensazione.

 

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Capitolo 10
*** 10. Peggioramenti ***


Ringrazio tutti per i bellissimi commenti, oggi vado un po’ di fretta come al solito, il dottore mi aspetta, finalmente sono uscita completamente da questa brutta bronchite… poi capire come ho fatto con questo caldo è ancora un mistero… Bo!!!!

Vi lascio al capitolo, ne metterò anche stavolta due, così quindi aspetto che mi diciate cosa ne pensate, la storia si complica sempre di più e non siamo neanche  a metà…

Un saluto a tutti, ciao ciao

 

10. Peggioramenti

Circa un ora dopo l’alba Al si alzò dal suo giaciglio uscendo dalla stanza. Voleva andare a prendere la colazione per entrambi. Nonostante suo fratello non gli avesse detto nulla, sapeva che quella sarebbe stata un giornata sfiancante e voleva almeno che cominciasse nel migliore dei modi. Si allontanò senza fare rumore dirigendosi verso la mensa della locanda. Ed avvertì il rumore dell’armatura di suo fratello e aprì gli occhi vedendolo andare via di soppiatto. Conosceva il suo fratellino e di sicuro era andato a prendere da mangiare, la cosa avrebbe comportato la solita scena infantile in cui litigavano perché lui non voleva bere il latte. Sorrise al pensiero di potersi svagare e non lo fermò. Al contrario poggiò lo sguardo sulla ragazza, che intanto si era voltata verso di lui stringendosi sempre di più. Dormiva ancora, la bocca era leggermente schiusa e lui sentiva il suo respiro caldo e regolare. Si mosse di nuovo poggiando la testa sul petto del giovane e abbracciandolo, godendo del calore che emanava il suo corpo. Ed arrossì leggermene, ma quel contatto gli piaceva molto. Le accarezzò il viso e le baciò la fronte.
- Mi piacerebbe rimanere così per tutto il giorno, sto bene con te vicino e non vorrei separarmi per nessuna ragione.-
- Allora stringimi di più e chiudi gli occhi per qualche minuto ancora.- Aveva aperto gli occhi e lo stava guardando.

Lui fece come gli era stato chiesto e la strinse a se, sentì la forma del suo corpo tra le braccia, le accarezzò la schiena, portando le mani sotto la camicia da notte e disegnandoli dei cerchi con le dita, facendola rabbrividire al solo contatto. Si spostò leggermente sopra di lei e la baciò con passione, intrecciando la lingua con la sua e continuando ad assaporare con le mani la sua pelle ancora calda. Arrivò con la mano fino ai seni, sfiorandoli soltanto, ma Winry tremò a quel contatto cercando ancora altre attenzioni. Fu come se il resto del mondo non esistesse, come se tutto l’universo fosse chiuso in quella stanza e nessuno avrebbe potuto disturbarli oltre. Ed dimenticò completamente suo fratello e che sarebbe potuto tornare da un momento all’altro, per lui ora esisteva solo lei, la sua pelle, la sua bocca e quei leggeri gemiti che lo estasiavano. Divenne più audace, stupendosi di se stesso e di non essere per nulla in imbarazzo. Winry lo stringeva, come se temesse di poterlo perdere da un momento all’altro, portandolo su di se. Non si accorsero che qualcuno stava arrivando, non udirono la voce tonante di un uomo e quella di altre due persone, che si avvicinavano alla stanza. Ne quella di suo fratello che chiedeva ai venuti di aspettare ancora qualche minuto prima di entrare.

La porta si aprì di colpo sbattendo contro il muro, entrò un uomo nerboruto che si sistemò in una posa imbarazzante esaltando il suo fisico.
- Buongiorno Edward Elrich è da un po’ che…- Le parole gli si fermarono in gola nel guardare la scena. Ed era paonazzo, bloccato in quella posizione sconveniente con la mano ancora sotto la camicia da notte della ragazza. Anche gli altri due, che altri non erano che il sottotenente Ross e il sergente Brosh, rimasero pietrificati.
- Fratellone, ma che combini!- Sbottò Al cercando di farlo reagire. Ed balzò via dalla ragazza cercando di ricomporsi, ma la situazione era troppo imbarazzante e per un po’ rimasero tutti in silenzio.
- Io non mi aspettavo di certo un irruzione in questo modo! Potete aspettare qualche minuto per favore.- Uscirono tutti dalla stanza lasciando i due giovani soli. Ed corse in bagno cercando di mandar via il rossore dal viso, sentì Winry trattenere a stento una risata e anche lui alla fine la seguì in quel gesto liberatorio. Era imbarazzante, ma poter ridere di cuore in quel momento era una liberazione bellissima. Si vestirono in fretta e fecero rientrare tutti chiedendo scusa per il piccolo e imbarazzante spettacolo, ma nessuno tornò sull’argomento.
- Sono passato a salutarvi e per dirti che Mustang mi ha chiesto di aiutarti nelle indagini.- Fece il maggiore Armstrong con viso serio. Ed ne rimase per un attimo scioccato, quella era la prima volta che lo vedeva così serio e non si pavoneggiava davanti a tutti.
- Maggiore non credo che sia il luogo adatto per parlare di certe cose, preferirei in privato.- Anche

Edward aveva riacquistato non solo colore al viso, ma anche un tono autoritario e deciso, ma il maggiore non era tipo da lasciarsi intimorire.
- Il tenente Hawkeye è peggiorata. Questa notte ha avuto una crisi cardiaca improvvisamente, ha iniziato a tossire e sputare sangue e poi il suo cuore si è fermato. Ora si è stabilizzata, ma i medici non sanno ancora il motivo di questo suo peggioramento.-
- Io lo so invece.- Scese un lugubre silenzio in attesa che Ed continuasse la frase. Il maggiore lo esortò e anche Maria Ross lo pregò di parlare. Ed la guardò per qualche secondo e non potendo più tacere davanti agli occhi della donna, che lo stavano praticamente implorando decise di confessare.
- Ho avuto un contatto con una persona ieri notte, lei ha dato fondamento alle mie ipotesi e mi ha spiegato il motivo per cui il tenente non si riprende. L’aggressione è stata fatta da un essere chiamato Envy, è un homunculus che per bloccarla le ha fatto ingerire una piccola quantità di pietra rossa. Il corpo umano non sopporta quella sostanza e se non agiamo in fretta il tenente non ce la farà.- Il maggiore sapeva di cosa stava parlando Ed e anche Maria Ross ricordava la forza della sostanza chiamata Acqua rossa, ad ogni modo non chiesero di più e lasciarono parlare i due alchimisti.
- Come possiamo eliminare la pietra dal corpo del tenente?-
- L’acqua rossa reagisce con se stessa, ma il tenente non può essere esposta oltre alla sostanza. Io non conosco modi efficaci per eliminarla, l’acqua rossa è estremamente tossica, ma se scopriamo esattamente dove si trova nel corpo del tenente forse…-
- Non credo che sopporterebbe un operazione così rischiosa, ci deve essere per forza un altro modo per eliminarla.- il sottotenente Ross si era alzata dirigendosi verso la finestra della stanza, rifletteva sulla situazione anche non conoscendo l’alchimia capiva da sola che la proposta di un operazione era impossibile. - Con l’alchimia non si può fare nulla?-
- Sarebbe simile ad una trasmutazione umana, potrebbe ucciderla o chiedere come scambio equivalente la vita di chi ha provato a farlo.- Rispose Ed, senza pensarci troppo su in realtà. Lo spaventava l’idea di usare il tenente come esperimento alchemico, perché era questo che il sottotenente Ross aveva proposto e la cosa era strana e innaturale.
- Ad ogni modo credo che tu debba andare a vedere il tenente e poi decidere cosa fare, Ed.- Il ragazzino annuì e decise di seguire il consiglio.
- Era mia intenzione parlare con il colonnello Mustang e far visita al tenente. Maggiore le dispiace venire con me?- Armstrong annuì e attese il biondino fuori dalla porta della stanza assieme agli altri due soldati. Chiese a Winry e Al di rimanere nella locanda, ma questa volta trovò parecchia opposizione.
- Voglio andare anche io a far visita alla signorina Riza, per favore Ed non lasciarmi qui da sola.-
- Rimarrai con Al, il sottotenente Ross e il sergente. Non puoi rimanere da sola in ospedale potrebbe essere pericoloso.-
- Ma io…-
Davanti ad un’altra opposizione da parte della ragazza di rimanere nella stanza Ed perse la pazienza, la prese per un braccio facendola sedere in malo modo sul letto e alzò la voce.
- Ora smettila! Non riesco a concentrarmi se sei vicino a me, lo capisci questo? Voglio che tu rimanga qui sotto sorveglianza e basta!-
- Fratellone calmati, rimango io con Winry, ma non gridare per favore!- La voce accorata di Al lo fece desistere, lasciò la ragazza chiedendole scusa e uscì dalla stanza. Non appena fu fuori Winry scoppiò in lacrime tenendosi il braccio che le doleva per la stretta.
- Ed sei uno scemo!- Lo gridò forte in modo che potesse sentirla e così fu, ma il ragazzo non tornò indietro e si allontanò con il maggiore al fianco.

Nella stanza Al cercò di far calmare la ragazza, ma Winry una volta smesso di piangere, iniziò a dare i numeri prendendosela con la prima cosa che le capitava a tiro. Era nervosa e frustata e Al alla fine dovette lasciarla fare.
- Mio fratello è solo preoccupato per te, non vuole di certo escluderti o farti del male. Cerca di calmarti.- Schivò a mala pena una sedia che andò a fracassarsi contro la parete per un soffio.
“Certo che le donne arrabbiate fanno davvero paura!”.
Il rumore dello schianto fece accorrere la donna nella stanza che chiese subito spiegazioni. Vedendo la ragazza fuori di se, chiese ad Alphonse di uscire qualche minuto.
- Calmati Winry, di certo Edward non voleva mancarti di rispetto, ma cerca di capire il suo stato d’animo.- Il sottotenente Ross prese la ragazza per le spalle facendola sedere e si accomodò al suo fianco.
- Lo so questo, ma non doveva trattarmi come un peso inutile.- La ragazza si sistemò i capelli in una coda e si asciugò il viso rigato dalle lacrime con un fazzoletto.
- Sono sicura che non voleva questo, ma lui è sottopressione per questa faccenda e non riesce a badare a tutto da solo. Pensa che non si è accorto di nulla.-
- Accorto di cosa?- Volse lo sguardo verso la donna al suo fianco, le parole che aveva appena pronunciato non erano chiare e voleva spiegazioni, ma vide in lei qualcosa di strano. Il viso sembrava diverso, come se mancasse qualcosa che l’aveva sempre distinta, come se non fosse tutto al posto giusto. La donna increspò le labbra in uno strano sorriso quasi maligno che a Winry non piacque affatto.
- Vi siete divertiti stanotte tu e lui vero?- Anche la voce era diversa, sembrava più mascolina, ma era comunque molto strana. La donna le strinse i polsi con una sola mano.
- Mi sta facendo male… che significa questo sottotenente Ross?-
- Non lo capisci? Allora cercherò di fartelo capire meglio…- Le prese il collo con l’altra mano impedendole di gridare e si avvicinò a lei con il viso, fino a toccarle le labbra in un bacio imbarazzante e orribile. Winry spalancò gli occhi dallo stupore vedendo il corpo della donna mutare improvvisamente. La ragazza le morse il labbro con forza in modo da liberarsi da quella situazione, ma quando incontrò il viso della persona che l’aveva appena baciata ne rimase pietrificata.
- Forse questo aspetto di piace di più?- In quel momento davanti a lei non c’era più Maria Ross, bensì Ed. Incontrò i suoi occhi dorati e i lineamenti del ragazzo, i capelli biondi lasciati liberi.
- Che cosa… chi sei tu?- La voce le uscì roca e strozzata, faticava a respirare a causa della stretta di quella strana e mutevole creatura. In quel momento la voce di Al si fece sentire da fuori la stanza.
- Posso entrare ora? Winry ti sei calmata?-
- Al… Al… aiu…- La sua voce era simile ad un lamento e da fuori Al non poteva di certo sentirla. Il falso Ed le tappò la bocca e prese ora le sue sembianze, in quel momento nella stanza c’erano due Winry; si rivolse ad Alphonse con naturalezza.
- Dammi ancora qualche minuto per favore Al…- Non appena tornò a concentrarsi sulla ragazza questa volta prese le sembianze di un ragazzo, aveva un viso pallido con due grandi occhi viola, i capelli erano lunghi e di uno strano colore simile al verde. Indossava un top nero e pantaloni corti sempre scuri.
- Basta poco per imbrogliare i bambocci, chissà come reagirà il nano d’acciaio quando scoprirà che ti ho portata via sotto il naso del suo fratellino adorato…- Alzò un braccio chiudendo la mano a pugno e la colpì in pieno stomaco, facendole perdere i sensi.

Quando Al decise di entrare nella stanza, stanco di aspettare, trovò solo una camera vuota, la finestra spalancata, ma nessuna traccia di Winry o del sottotenente Ross.

 

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Capitolo 11
*** 11. Il sogno di Riza (I) ***


11. Il sogno di Riza (I)

Non so cosa mi succede, è come se mi trovassi sospesa a mezz’aria e non riuscissi a muovere neanche un muscolo… ricordo a malapena ciò che è successo…
Dov’ero? …
A casa mia… si e con me c’era Havoc… ah è vero! Avevo la febbre, era la sera in cui il colonnello ed io… mi viene da piangere solo a pensare che lui possa avermi usata senza provare nulla in realtà…
No, però manca qualcosa alla mia mente, ai miei ricordi, come se ci fosse qualcosa che non voglio ricordare, ma che so di aver rinchiuso nel più profondo della mia mente. Cerco di sforzarmi, ma ho ottenuto solo un grande mal di testa… credo che se non mi calmo non riuscirò mai a fermare questo martellamento alle tempie. Devo respirare tranquillamente…
Sono nel mio letto, chissà perché Hayate non fa baccano e non mi viene a chiedere la cena? Infondo l’ho addestrato bene… Provo a muovermi, ma non ci riesco, come se ci fosse un peso che mi blocca le mani, provo a vedere di cosa si tratta, sembra una persona… Si, una persona che dorme accanto a me… una persona…
Mi alzo di scatto quasi spaventata e guardo chi ho di fianco spostando le coperte… il mio cuore ha un sobbalzo quando gli vedo il viso… com’è possibile?
- Colon … Roy…- lo dico così piano che quasi temo non mi abbia sentito, ma lui si sposta piano, apre gli occhi e mi guarda dolcemente, facendomi un sorriso.
- Buon giorno tesoro mio! Hai dormito bene? Ti sei agitata molto per la febbre…- Si siede al mio fianco, scoprendosi completamente, non indossa nulla se non un paio di boxer neri. Non capisco cosa succede… eppure non mi sento in imbarazzo a stare davanti a lui. Mi appoggia una mano sulla fronte e mi sorride dicendomi che la febbre è scesa finalmente e che posso alzarmi. Lo fa prima lui però, si gratta la testa e sbadiglia soddisfatto, sembra un gattino arruffato a volte.
- Ti preparo una bella e sostanziosa colazione così riprendi le forze.- Inizia a camminare verso la porta, ma all’improvviso lancia un gemito e cade a terra reggendosi il piede. Mi alzo anche io e mi avvicino a lui per vedere cosa è successo. Sulla pianta del piede ha conficcato un piccolo, ma appuntito, pezzo di vetro, esce del sangue che pulisco subito e poi tolgo la scheggia cercando di non fargli male.
- Chissà come ci sarà finito un pezzo di vetro qui a terra?- fa lui gemendo per il dolore, sta esagerando, ma capisco che vuole solo essere consolato. Lo accarezzo dolcemente e corro in bagno a prendere del disinfettante, mi appoggio al lavandino aprendo l’armadietto dei medicinali, ma ho come una strana sensazione. Un pezzo di vetro in camera mia come può esserci finito? L’unica cosa di vetro è lo specchio che ho alla parete, ma non è scheggiato. Corro in camera a controllare, lo cerco ma non c’è nulla.
- Cosa cerchi tesoro mio?- Mi chiede cercando il disinfettante che ero andata a prendere, glielo porgo, ma rimango a fissare la parete vuota, come se mancasse qualcosa.
- Non c’era uno specchio li? Si è rotto per caso?-
- No tesoro, ma se lo desideri possiamo uscire a comprarne uno, infondo non starebbe male.- Gli rispondo con un sorriso, la strana sensazione non è passata, ma alla fine cerco di non farci caso. Improvvisamente sento dei passi confusi, veloci, ma leggeri. Fanno un gran baccano, forse qualcuno si è introdotto in casa e la cosa mi fa letteralmente tremare di paura.
- Ragazzi piantatela con questo baccano o i vicini si lamenteranno di nuovo!- Grida lui cercando una risposta, ma ottiene solo un leggera risatina ironica. A chi si starà riferendo?- La mamma si è svegliata e sta bene oggi!- A quella frase ho un sussulto. Mamma! Ma che sta succedendo, è tutto così strano, ma è naturale, come quando mi sono resa conto che Roy dormiva al mio fianco. Dalla porta della stanza sbucano due visi, sono dei bambini, uno ha gli occhi color del miele, mentre l’altro li ha azzurri come il cielo.
- Mamma!- lo gridano così forte che quasi mi feriscono le orecchie. Mi corrono incontro e mi abbracciano forte, stringendosi alla camicia da notte che indosso. Non so perché, ma riescono a scaldarmi il cuore e li accarezzo normalmente, come farebbe una madre con i propri figli.
- Ed, Al che avete di prima mattina?- Chiede Roy cercando attenzione dai bambini. Non devono avere più di otto anni e sono dolcissimi, uno di loro ha il pigiama completamente zuppo, forse hanno combinato qualcosa.
- Volevamo preparare la colazione alla mamma, ma come al solito il fratellone ha voluto fare le cose da solo e ha combinato un disastro, si è buttato un’intera bottiglia di latte addosso!-
- La colpa è tua Al, che non mi hai lasciato in pace e poi a me il latte non piace!- Aveva le lacrime agli occhi e la cosa mi ha intenerito. Lo sollevo da terra esaminando il danno e poi lo stringo tra le braccia. Non è per nulla pesante, sembra così piccolo che mi si avvinghia addosso come una piovra.
- Facciamo così, adesso Al e il papà vanno a preparare la colazione. Noi andiamo a cambiarci e poi rimettiamo in ordine la cucina.- Mi sorride felice e fa una smorfia al fratellino che ci rimane male. Andiamo in bagno e lo appoggio su un piccolo sgabello in legno. C’è qualcosa in me che mi chiede di fermarmi e ragionare sulla situazione, so che c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in quello che sta succedendo eppure non voglio pensarci. Ho paura, un timore celato nel profondo della mia anima, paura di soffrire se scopro che tutto questo non è altro che mera finzione.

Non voglio pensarci… Non voglio pensarci… non voglio!

Faccio un lungo sospiro e inizio ad occuparmi del piccolo. Apro l’acqua della doccia e gli tolgo il pigiama, costringendolo a mettersi sotto il getto caldo e a lavarsi per bene.
- Sono pulito adesso posso uscire!- Mi richiama con un sorrido dolcissimo e io lo copro con un grande asciugamano prendendolo nuovamente in braccio. Mi stringe a se come se non mi vedesse da anni, come se temesse di perdermi da un momento all’altro. - Mamma che ti prende? Ti vedo strana, stai ancora male?- La sua voce è accorata e mi accarezza il viso mentre lo chiede, gli rispondo con un sorriso e lo poggio a terra, chiedendogli di asciugarsi.
- Adesso vai in camera e cambiati, ti aspetto in cucina.-
Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo correre via come un fulmine, completamente nudo, agitando l’asciugamano al vento, come se fosse un specie di mantello da supereroe. Sento Roy che lo richiama e sorrido, questa tranquillità è la cosa che più ho desiderato al mondo e mi piace questo clima familiare, non vorrei mai perderlo…
La giornata scorre tranquilla, facciamo colazione tutti insieme e poi mando i bambini a scuola. Ed ha otto anni, mentre Al sette e Roy fa spesso battute su questo, come se non fosse stato naturale avere due bambini così vicini. Rimaniamo a casa da soli, io e lui. Riordino la cucina e lui mi osserva rapito dai miei movimenti. Mi sono cambiata indossando un semplice vestito marrone senza maniche e lungo fino alle ginocchia. Mi ha fermato quando ho cercato di legare i capelli e la frase che mi ha detto mi ha lasciato senza parole.
- Quante volte dovrò chiedertelo ancora… sai che non mi piace quando leghi i capelli… è come se mi portassero indietro nel tempo, a quando per me eri solo un sottoposto e io un stupido colonnello che pensava solo a salire di grado…- Mi da un bacio e corre in camera a cambiarsi. Non so perché mi ha detto quelle cose, non ho ricordi in merito, come se non sapessi neanche che fosse un soldato. Lo aspetto e lo vedo rientrare in cucina, indossa una divisa blu piena di medaglie sul petto. Quindi è ancora un soldato.
- Io devo andare in ufficio, sono anche in ritardo. Di certo questo non è il comportamento di un comandante supremo quale sono, ma non mi importa. La mia famiglia viene prima di ogni cosa!-
Scappa via dopo avermi baciato e chiude la porta.

Comandante Supremo!

Questa parola mi risuona nella mente con forza. No… c’è qualcosa di orribilmente sbagliato in tutto questo e ora che sono sola me ne rendo conto, non posso più appoggiarmi ai suoi baci o agli occhi dei bambini…Sento dolore dappertutto, le gambe e i polsi mi pulsano, lanciandomi fitte terribili tanto che non riesco a stare neanche in piedi. Cado in ginocchio e le lacrime mi scendono copiose dagli occhi. Il perché non lo so, ma è troppo doloroso. Mi sdraio su un fianco cercando di fermare il dolore e il pavimento freddo mi da un po’ di sollievo, ma non basta a farlo fermare.
Poi sento bussare alla porta. Non riesco neanche a muovermi ne a chiedere chi sia. Non emetto un gemito, rimango ferma in quella posizione senza fare nulla. La porta si spalanca di colpo e sento una voce maschile che si avvicina a me. La ricordo, quella voce è presente nella mia memoria, ma non riesco a capire di chi sia. Mi sento sollevare da terra e portare fino in camera, mi adagia dolcemente sul letto e mi chiama cercando una risposta.
- Riza… Riza mi senti? Dimmi qualcosa ti prego!- Non è Roy, sembra una voce più matura. Apro piano gli occhi e intravedo i suoi, verdi come due smeraldi, ha un viso maturo dai lineamenti marcati, con una punta di barba sul mento.
- Ma…Maes…- Lo dico con un filo di voce, il cuore mi batte così forte che sembra volermi uscire dal petto e correre da lui. Mi alzo di colpo e lo abbraccio d’istinto, come per capire se è solo un’illusione.
- Calma! Mia moglie sarà gelosa, non deve scoprire la nostra relazione!-
- Scemo, ti va sempre di scherzare!- Continuo a piangere premendo la fronte contro la sua spalla, non voglio lasciarlo e se dovesse sparire sarebbe un dolore che non sopporterei.
- Mi sono spaventato quando non mi hai risposto. Roy mi ha detto che non stavi bene e mi sono agitato. Se ti dovesse accadere qualcosa, Roy morirebbe insieme a te e a bambini poi chi ci pensa!-
Lo lascio e mi asciugo il viso, mi chiede se sto bene e gli dico di si. Non sento più lo stesso dolore di prima, ora che non sono sola, tutto è scomparso improvvisamente.
- Perché sei venuto qui? Roy è uscito proprio qualche minuto fa!-
- Lo so, sono venuto solo per chiederti una cosa poi vado anche io in ufficio. Da quando Roy è comandante supremo e io generale, le cose vanno molto meglio e il lavoro non è poi molto, ma queste cose le sai.-
No, non le sapevo, ma feci finta di nulla annuendo e chiedendogli cosa voleva chiedermi. Esitò qualche secondo, si guardò intorno osservando la stanza, come se anche per lui ci fosse qualcosa di sbagliato.
- Proprio non te ne rendi conto vero? Oppure lo sai, ma fai comunque finta di niente.-
- Cosa vuoi dire, di che dovrei rendermi conto?- Capivo eppure non volevo ammetterlo, qualcosa era sbagliato e lui lo sapeva, forse perché io credevo fosse morto e ora invece era vivo, fermo davanti a me, che mi sorrideva come un tempo.
- Dammi la mano…- Faccio come dice, allungando la mano verso di lui. La stringe e vi posa un leggero bacio, poi la gira con il palmo rivolto verso l’altro. - … Mi dispiace…-
Lo vedo eppure non riesco a reagire, alza l’altra mano in cui regge un piccolo coltello affilato, poggia la lama sul mio polso e lo taglia con forza. Non sento dolore, ma il sangue esce velocemente, formando dei piccoli ruscelli rossi che mi scorrono su braccio e cadono a terra in piccole pozze. Alzo lo sguardo verso di lui, sta piangendo per me e per quello che mi ha fatto, ma non fa male…Almeno fino a che il suo viso non perde completamente i suo lineamenti e diventa quello del mio Roy, che mi sorride beffardo e soddisfatto di quello che mi ha fatto. Ora si che sento dolore…Ogni parte di me lo avverte, mentre il viso della persona che ho davanti cambia ancora e assume le sembianze di un ragazzino pallido dagli occhi viola e lunghi capelli scuri. Il suo sguardo è cattivo e so che vorrebbe continuare.
- Così va la vita mia cara, non puoi dimenticare le cose che sono accadute sostituendole con altre…Tu sapevi che non era vera la realtà che ti stavi costruendo eppure hai continuato a far finta di nulla…-
- Perché? Cosa vuoi da me?- Ora il dolore è diventato insopportabile, ha ferito anche l’altro braccio e io non l’ho fermato, continuerà finche non ammetterò che tutto ciò non è vero, ma non voglio farlo infondo è quello che ho sempre voluto…

 

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Capitolo 12
*** 12. Scegli Ed! ***


Come sempre ringrazio Malaglar, Shatzy e The_Dark_Side per i meravigliosi commenti che mi lasciate. In questo capitolo c’è la scelta di Ed, spero di non deludervi e a presto!

 

12. Scegli Ed!

Erano giunti in ospedale e avevano chiamato il Colonnello Mustang perché li ricevesse. Quando si presentò ai loro occhi non sembrava neanche lui, persino Armstrong fece difficoltà a capire chi avesse davanti. Non indossava la divisa, ma solo un paio di pantaloni marroni e una camicia bianca, la barba era cresciuta di poco, ma rovinava quella maschera di perfezione per il quale si era sempre contraddistinto. Il capelli completamente disordinati e due occhiaie nere in un viso pallido.
- Non guardatemi in questo modo è quasi imbarazzante. Gli abiti me li ha portati Glacyer ieri sera, è venuta a vedere Riza e mi ha chiesto di cambiarmi, è stata gentile.-
- Nessuna novità colonnello? I medici cosa dicono del tenente?- Chiese Ed preoccupato, sapeva del pericolo dell’acqua rossa e la decaduta della notte scorsa lo metteva in seria difficoltà.
- Niente di buono, ha avuto un collasso stanotte, ma le cause sono sconosciute. Tutti i valori sono caduti in pochi secondi e ha rischiato un infarto. Ora però si è ristabilita.-
- Posso vederla colonnello?- Rispose il biondino e lui lo fece entrare sedendosi accanto al maggiore proprio fuori dalla porta.
Ed entrò nella stanza, c’era aria consumata, ma non ebbe cuore di aprire la finestra, temeva che anche un piccolo spiffero potesse nuocerle. Si avvicinò al lettino, osservando la figura della donna e cercando di rimanere oggettivo, ma era davvero difficile. Quella era la prima volta che la vedeva da quando era accaduto tutto, sapeva che non sarebbe stata una bella visione eppure faticò a tenere gli occhi aperti. Era peggiorata, magra fino all’inverosimile, completamente ricoperta di bende, c’erano tubi dappertutto, anche uno che le permetteva di respirare entrando dalla bocca e due piccoli tubicini al naso. Una macchina le stava ripulendo il sangue, prelevandolo e rimettendolo quasi contemporaneamente, al fianco del letto pendevano due flebo una contenente un liquido trasparente, che doveva essere semplice soluzione salina per idratarla e un’altra in cui c’era un liquido giallino, che lui non seppe identificare. Ormai erano più di due giorni che si trovava in coma e lui sapeva bene che non aveva più molto tempo, un giorno al massimo e per Riza sarebbe stato impossibile riprendere la vita normale se si fosse svegliata. La pietra rossa nel suo corpo la stava distruggendo e lui doveva sapere dove fosse. Mise una mano nella tasca stringendo qualcosa e la tirò fuori. Quello era stato un dono di Lust, una pietra filosofale incompleta che avrebbe reagito in qualche modo con quella nel corpo della donna. Osservò la gemma, rossa come sangue, che mandava strani bagliori vermigli, era davvero potente seppur incompleta e usarla su di lei lo spaventava, anche se non aveva altra scelta.
- Tenente… spero di fare la cosa giusta, non mi perdonerei mai se dovesse peggiorare per colpa mia…- Battè i palmi delle mani e creò un piccolo foro sul dorso della mano d’acciaio in cui vi fermò la pietra. Il metallo si plasmò creando un incavo perfetto. Ed sentì il potere di quella pietra percorrergli tutto il corpo, brividi freddi lo smossero e iniziò a tremare.
“Resisti idiota, non farti prendere dal panico… coraggio Ed non le farai del male, devo solo scoprire dove si trova la pietra.”
Mosse l’auto-mail verso la donna, poggiando la mano prima sulla fronte di lei, non accadde nulla. Sospirò profondamente e riprovò, passandolo sul viso e sul collo. Ancora nulla. Scoprì la donna spostando il leggero lenzuolo, indossava quegli orribili camici ospedalieri bianchi, che le lasciavano scoperte le braccia e le gambe, completamente fasciate. Passò la mano sulle braccia di lei e sulle gambe, ma ancora nulla. Dalle gambe salì verso il bacino, poi al livello dell’intestino e lo stomaco. Nulla. Iniziò a pensare che non fosse il metodo adatto per capire la posizione della pietra, tentò per l’ultima volta, sperando che non accadesse nulla perché ora poggiò la mano tra i seni, proprio a livello del cuore.

“Ti prego, fa che non sia qui… ti prego!”

Il corpo della donna ebbe un fremito, il petto si alzò di scatto e la pietra sulla mano di Ed iniziò a pulsare emettendo una strana luce. Forse l’aveva trovata, anche se a malincuore. Strappò il camice scoprendole il petto, anch’esso fasciato e coperto di lividi. Intravide a livello del cuore una strana protuberanza, come una piccola cisti, che si spostava leggermente se lui muoveva la mano.
- Che diavolo stai combinando Ed!- La voce del colonnello lo fece scattare all’indietro. Puntò gli occhi verso di lui, erano umidi, come se stesse trattenendo le lacrime.
- L’ho trovata…- rispose con un filo di voce. In quel momento anche il maggiore entrò nella stanza ascoltando la voce del ragazzino e ripose per lui.
- Ha trovato la pietra rossa nel corpo del tenente…- Roy si precipitò accanto al lettino e guardò la donna senza vedere nulla, solo quando Ed avvicinò la mano d’acciaio al sorpo, anche il colonnello intravide lo strano gonfiore.
- Che diavolo significa questo? Mi sembrava di essere stato chiaro a proposito, non volevo essere tenuto all’oscuro!-
- Non l’ho fatto. Ieri sera ho avuto un contatto che mi ha detto tutto. Envy ha fatto ingerire una piccola pietra rossa al tenente per immobilizzarla e ora la pietra le sta corrodendo il corpo. Deve essere estratta e l’unico modo per sapere dove fosse era metterla in contatto con una pietra simile.-
- E’ stato questo tuo “contatto” a darti la pietra?- chiese Mustang sull’orlo di una crisi di nervi, osservando la piccola gemma sul dorso dell’auto-mail, la testa gli martellava nervosamente e forse sarebbe svenuto di li a poco. - Dobbiamo estrarla ad ogni costo, bisogna avvertire i medici!-
- Non è così semplice. Se lo fosse stato i medici si sarebbero accorti di questa pietra nel suo corpo, invece non è accaduto. Dobbiamo usare l’alchimia, non c’è altro modo.-
Scese un silenzio orribile, le parole di Ed erano pesanti. C’era bisogno di una trasmutazione umana per togliere la pietra, un pratica tabù che lui stesso aveva sperimentato sulla sua pelle e ora forse avrebbe ripetuto. - Io credo che…-
- Tu non farai proprio nulla!- Roy non diede tempo a Ed di finire la frase, non gli avrebbe permesso di fare una cosa simile, non gli avrebbe permesso di mettere a rischio la sua vita. - Lo farò io, devi solo dirmi come e darò in cambio me stesso pur di salvarla.-
- Colonnello è una trasmutazione umana! Non sappiamo come potrebbe andare a finire e lei vuole davvero mettere a rischio la sua vita? Tutto quello che Riza e non solo lei hanno fatto per farla salire in alto, vuole gettarlo in questo modo?-
- Non ha senso proteggere un paese in cui non ci siamo persone per te importanti non credi!- Lo aveva gridato con tutto se stesso, stringendo i pugni e cercando di non cedere alla stanchezza di quelle lunghe giornate insonni. - Tu cercheresti la pietra filosofale se tuo fratello non ci fosse più? Lui è lo scopo che ti ha spinto ad iniziare questa ricerca giusto?-
Si era vero, se suo fratello fosse morto lui non avrebbe più fatto nulla. Non avrebbe mai cercato la pietra filosofale per se stesso, infondo gli auto-mail non erano poi così male e tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto solo ed esclusivamente per suo fratello. Non c’era bisogno che rispondesse, Mustang sapeva qual’era la risposta e continuò lui.
- Vedila così, sarà una specie di alchimia d’amore… Ora che sono solo non ho motivo di vivere senza di lei e se il mio sacrificio la riporterà indietro ne sarò felice.-

- Vi aiuterò io!- I tre uomini si voltarono quasi contemporaneamente. Sulla soglia videro la figura di una donna vestita di nero, che Ed riconobbe immediatamente: Lust.
- Vi aiuterò con la trasmutazione, vi dirò come dovete fare e di cosa avete bisogno. Ci servono delle pietre rosse e a quelle provvederò io personalmente, per il resto voi seguirete le mie istruzioni e forse nessuno ci rimetterà la pelle.-
- Lust, perché fai questo?- Chiese Ed incapace ancora di comprendere lo strano comportamento di quella donna misteriosa, lei che fin dall’inizio non aveva fatto altro che manovrarlo come un giocattolo per raggiungere i suoi scopi.
- Ne abbiamo già discusso bambino d’acciaio e devo dire che sei stato molto convincente sotto certi aspetti, però… prima di fare qualcosa devi sapere…-
- Cosa dovrei sapere?- Lust si avvicinò ai tre, muovendosi con estrema eleganza e fascino. Era difficile non lasciarsi incantare da una donna così bella, se non fosse per la sua natura sarebbe irresistibile, ma tutti sapevano chi fosse, il segno dell’oroborus sul suo seno era ben in evidenza.
- Envy sa che ti ho contattato e sa che vuoi salvare quella donna. Non te lo permetterà e per questo ha preso la ragazza. Ti sta mettendo di fronte ad una scelta Ed, salvare la ragazza che ami o lei.-
Gli occhi di Ed si spalancarono all’improvviso, non poteva credere che Envy fosse riuscito a prendere Winry, la sua Winry, nonostante fosse sotto stretta sorveglianza e nonostante ci fosse suo fratello con lei. Il suo cuore avrebbe smesso di battere se non fosse stato per Roy e per quella mano sulla spalla che gli trasmetteva un po’ di coraggio.
- Vai Ed…- Lo guardò come se davanti non avesse qualcuno che conosceva, come se la persona che gli parlava fosse un estraneo. - Salva Winry, non mi perdonerei mai se le capitasse la stessa cosa che quel mostro ha fatto a Riza. Non commettere il mio stesso errore, proteggi le persone che hai nel cuore.-
Strinse i pugni forte, facendo scricchiolare l’auto-mail per qualche secondo. Nella sua mente stava avendo luogo forse una delle battaglie più dure della sua vita…

Era buio pesto in quella stanza permeata da un forte e fastidioso odore di chiuso e muffa. Faticò ad aprire gli occhi, come se gli fossero stati chiusi a forza e forse era successo proprio quello. Provò a ricordare ogni avvenimento, la stanza della locanda, il litigio con Ed e il sottotenente Ross che si era trasformata in quello strano e maligno ragazzo, che poi l’aveva portata via in qualche modo. Provò a muoversi, ma si rese presto conto che era impossibile, aveva i polsi legati sopra la testa, con una corda, una scena che le riportò alla mente vecchi ricordi. Era già successo, la prima volta che era andata a Central City a trovare Ed era stata rapita da un pazzo omicida che l’aveva chiusa in una cella frigorifera e legata proprio in quel modo. Sembrava surreale, eppure era vero. Cercò con lo sguardo qualcosa o qualcuno, ma non vide nessuno, l’avevano lasciata sola in quella stanza per chissà quanto tempo. Improvvisamente sentì un rumore di passi veloci avvicinarsi alla sua solitaria prigione e la porta aprirsi in pochi secondi, provocando un rumore sordo contro la parete. Una flebile luce le ferì gli occhi, quando si concentrò per vedere chi fosse arrivato con tanta fretta.
- Winry sei qui vero? Rispondimi!-
- Ed? Ed sono qui!- Aveva riconosciuto quella voce e non aveva esitato a rispondere. Lo vide avvicinarsi a lei e cercare di slegarle i polsi, ci impiegò un po’, ma quando fu libera lei gli cadde tra le braccia cercando protezione. Ed la sentì tremare convulsamente, era ancora spaventata e cercò di calmarla, facendola sedere a terra e accarezzandole il viso.
- Tranquilla è tutto finito… Per fortuna Al mi ha avvertito in tempo e sono riuscito a salvarti.-
- E quel ragazzo che mi ha portato via? Cosa ne è stato di lui?- Winry si strinse a Ed sprofondando il viso tra la spalla e il collo del ragazzo e cercando di trattenere le lacrime.
- Ho risolto anche quello, ora non potrà più farti del male…- La ragazza si staccò leggermente, giusto per guardarlo negli occhi e capire cosa aveva fatto, Ed aveva abbassato lo sguardo come se si vergognasse di guardarla.
- Lo hai ucciso vero?- Lo accarezzò cercando di avvicinarlo a se, sapeva che anche se quel tipo era un mostro, lui stava comunque soffrendo per quello che era stato costretto a fare. Ed strofinò la guancia contro la mano della ragazza e si avvicinò per baciarla.
- Non ho avuto scelta, ero troppo preoccupato per te. Non potevo pensare che quel mostro ti avesse messo le mani addosso.- Le loro labbra si sfiorarono e subito Ed divenne più audace, le prese la testa con la mano e l’avvicinò con forza, si baciarono… eppure…
Winry si staccò di colpo e lo colpì al viso con forza, facendolo cadere all’indietro.
- Non avvicinarti a me!- Si allontanò di qualche passo da lui guardandolo freddamente.
- Perché fai così? Non sei felice che sono venuto a salvarti?- Mentre parlava il viso di Ed assunse un’espressione fredda e maligna, la bocca si schiuse in un sorriso largo e innaturale. Si teneva la guancia, ma era come se godesse di quel dolore.
- Tu non sei Ed, credi che non riesca a riconoscerlo?- Lo gridò con tutto il fiato che aveva in gola, ma il ragazzo non si lasciò impressionare. Si alzò e cambiò nuovamente aspetto tornando ad essere se stesso, guardò la ragazza con quelle iridi violacee che le gelarono il sangue nelle vene.
- Stai dicendo che quel nano bacia meglio di me?- Lo disse con strafottenza, come se sapesse che non era per nulla vero, ma attese la risposta della ragazza, che esitò.
- Le… le tue labbra sono fredde, fredde come la morte…- Venne colpito da quelle parole, Winry le aveva pronunciate con naturalezza, come se stesse soffrendo lei stessa per quella mancanza di calore. Envy si avvicinò a lei e la prese per le spalle, sembrava arrabbiato, ma non con lei. Nei suoi occhi c’era dell’altro.
- Credi che sia colpa mia? Credi che abbia voluto io questo corpo o questa mezza vita che mi ritrovo?- La lasciò di scatto facendola cadere a terra, quando il suo sguardo incontrò le lacrime della ragazza. Perché si era bloccato? Non era la prima volta che vedeva piangere qualcuno, con quella donna, anche se piangeva non aveva avuto pietà. Eppure ora non riusciva neanche a muoversi, forse perché quella ragazza apparteneva al Fullmetal, forse perché quel bimbetto era come una parte di lui.
- Io non so chi sei, non so niente di te, ma tu stai facendo del male ad Ed e questo non posso accettarlo. Perché lo fai?- La fissò attentamente prima di rispondere, l’aveva sempre vista in compagnia del nano d’acciaio, come lo chiamava lui e non l’aveva mai vista così fragile e piccola. Era terrorizzata da lui, lo temeva come se fosse la morte in persona, eppure lui non le aveva fatto nulla. Non l’aveva trattata come con Riza, aveva solo provato a baciarla nel modo più naturale che ci fosse, si era trasformato in Ed con la speranza di poter assaporare quelle labbra invitanti, eppure lei lo aveva scoperto.
- Perché Envy?- Conosceva il suo nome, o almeno il nome che aveva da homunculus. Non era così stupida da non capire chi fosse, ma la cosa lo sorprese.
- Perché lui ha tutto quello che io vorrei, ha una vita, ha degli amici, ha una donna che lo ama. Io non posso avere nulla di tutto questo perché non sono neanche un essere umano. Eppure…-
Voltò lo sguardo da una parte qualsiasi della stanza che non fosse quella in cui era ferma lei.
- Eppure suo fratello, anche se chiuso in quell’armatura è più umano di me… di me che comunque sono suo fratello tanto quanto Al.-
Dopo quella frase nessuno dei due ebbe più cuore di dire nulla…

Nella stanza d’ospedale ormai da qualche minuto non si sentiva nessuno parlare. Ed era chiuso nel suo silenzio cercando una soluzione, doveva scegliere cosa fare, ma gli sembrava una cosa impossibile.
- Allora bimbetto, devi scegliere in fretta non abbiamo molto tempo.- Fece Lust esasperata da quel silenzio sovrumano. Ed si voltò verso di lei e le rivolse un sorriso strano, che Lust non riuscì ad interpretare.
- Facciamo questa trasmutazione… Salverò Riza e poi andrò da Winry…-
“Perdonami, ma non posso abbandonarla proprio adesso che posso salvarla… se ti dovesse accadere qualcosa Winry ti prometto che a costo della mia vita… ti riporterò indietro…

 

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Capitolo 13
*** 13. Alchimia d'amore ***


Aggiungo un nuovo capitolo, voglio lasciarvi un po’ con il fiato sospeso fino al prossimo aggiornamento. Non odiatemi per favore!!!XD

A presto, un saluto a tutti!!!

 

13. Alchimia d’amore

- Come iniziamo? Hai detto che ci servono le pietre, sai dove trovarle?- Fece Ed alquanto esasperato. La scelta a cui era stato sottoposto forse era stata troppo dura per lui, per questo non voleva più pensarci. Aveva deciso di aiutare Riza, ora nella sua mente c’era solo quella donna e la sua vita. Roy e Armstrong erano invece in attesa, non avevano proferito parola per tutto il tempo e ora che stavano per iniziare, i loro cuori mancavano battiti importanti.
- Alle pietre ci penso io.- Rispose Lust, chiudendo a chiave la porta della camera del tenente. - Tu hai con te un oggetto che per me è letale, vero Ed?-
Il ragazzo infilò una mano nella giacca nera e tirò fuori un ciondolo rotondo, in quell’oggetto c’era chiusa la vita di quella donna misteriosa, una parte del suo corpo che l’avrebbe uccisa. Lust indietreggiò di qualche passo alla vista del gingillo, all’apparenza innocuo. - Disegnate questo cerchio alchemico a terra e poi vi dirò come continuare…- La donna porse al ragazzo un foglio vecchio e ingiallito in cui vi era disegnato un cerchio alchemico a sette punte, lo stesso che Ed aveva creato nel laboratorio numero cinque, solo leggermente modificato. Lo fece vedere anche agli altri e iniziarono a disegnarlo. Ci impiegarono qualche minuto, era estremamente difficile e complesso, un minimo sbaglio e avrebbero gettato alle ortiche ogni cosa. Lust li osservava ferma in un angolo, puntava gli occhi anche sul piccolo ciondolo che pendeva dalla cintura di Ed, infine volse lo sguardo verso la donna e si avvicinò al lettino.
- Questa è la prima volta che ti guardò così da vicino… ti invidio perché piacerebbe avere anche a me qualcuno disposto a tanto… forse da umana c’era un uomo che mi amava, ma in queste condizioni non posso sperare di trovare qualcuno…- Le poggiò una mano sulla fronte, era calda, al contrario del suo corpo freddo e privo di quel bellissimo calore umano.
- Lust… è pronto…- La donna si voltò di colpo verso il ragazzino, osservò il cerchio e… era finalmente arrivato il momento…

- Prendete la donna e posizionatela nel cerchio, quando avrete le pietre sistematele sulle sette punte del cerchio alchemico e procedete…- Roy era accanto al letto, aveva staccato le flebo e alcuni tubi, stando bene attento a non staccarla dalla macchina per respirare e da quella per la dialisi, la sollevò lentamente e si avvicinò al cerchio, mentre Armstrong lo seguiva spostando le macchine. Lust accompagnava i movimenti attenta ad ogni dettaglio e non appena Roy ebbe sistemato Riza, anche lei si avvicinò al cerchio.
- Quando sarò entrata dammi il ciondolo, il cerchio si attiverà e mi renderà debole, facendomi espellere le pietre rosse che ho nel corpo. Non pensate a nulla se non alla trasmutazione…- In quel momento Ed la prese per mano, preoccupato. La fermò prima che potesse poggiare il piede nel cerchio.
- Un momento… questa è la stessa cosa che è accaduta a Greed! Morirai in questo modo!-
- Lo so, ma almeno l’ho scelto io e non qualcun altro…- Aveva la voce spezzata e roca, stava per piangere, ma Ed non le vide gli occhi lucidi.
- E la promessa che ti ho fatto allora? Non vale nulla per te?- Non voleva lasciarla andare, non voleva buttare la vita di quella donna in quel modo, doveva per forza esserci un altro modo. Lust si liberò dalla presa del ragazzo e si chinò verso di lui, poggiandogli un leggero bacio sulla fronte.
- Senza sacrificio l’uomo non può ottenere nulla. Per ottenere qualcosa è necessario dare in cambio qualcos’altro che abbia il medesimo valore… in alchimia è chiamato il principio dello scambio equivalente… Io darò la mia immortalità in cambio della vita di quella donna…-

Erano immobili, nessuno dei due riusciva ad emettere un fiato, solo una parola riecheggiava nella mente di entrambi… fratello…
Envy aveva ammesso il suo più grande segreto, era il fratello di Ed e di Al, quindi figlio di Hoheneim della luce.
- Com’è possibile? Tu non puoi…- Winry si era portata una mano davanti alla bocca, ancora incredula.
- Io lo odio, detesto quell’uomo e detesto quel nano! Odio tutti gli esseri umani e gli alchimisti… detesto questo modo dal profondo del mio cuore.- Lo gridò forte, spaventando la ragazza ancora di più. Probabilmente cercava un modo per recuperare quella superiorità che aveva perso con quella spontanea rivelazione.
- Tu provi solo invidia perché non puoi avere ciò che gli uomini hanno! Se odi tutti gli esseri umani significa che odi anche me, quindi uccidimi!-
Non ebbe tempo di reagire, Envy scattò su di lei come un fulmine, le si mise cavalcioni facendole sbattere la testa sul pavimento freddo, le fermò le spalle con le mani, ma Winry resse il suo sguardo provando ad essere più coraggiosa di quanto non fosse.
- Tu che diavolo ne sai? Tu che hai la vita dalla tua parte, cosa ne sai di come mi sento io?-
- Io avrò anche una vita, ma tu puoi togliermela quando vuoi…- Le lacrime le rigarono il viso, bagnandole anche i capelli, che erano sparsi per il pavimento. Vedendo quelle lacrime Envy allentò la presa e con una mano prese una ciocca dei capelli della ragazza, accarezzandola come se fosse seta.
- Anche così sei più viva di me… quelle lacrime dicono molto più di quanto pensi…- Winry scivolò dalle braccia di Envy mettendosi in ginocchio, era bloccata dalla parete, chiusa in un angolo con quello strano e labile ragazzo, si sentiva persa e voleva tanto che Ed giungesse ad aiutarla. Lo invocava nella sua mente, stando attenta a non nominarlo davanti a lui. Lo vide avvicinarsi e si schiacciò contro l’angolo cercando di diventare un’ombra. Sentì la mano gelida di lui sfiorarle le gambe scoperte da una gonna troppo corta, e poi salire sempre più in alto…
- Questo calore… stai tremando… potrei farti quello che voglio…-
Si avvicinò a lei e la strinse tra le braccia, infilandosi tra le gambe della ragazza e costringendola a muoversi come voleva lui, infilò una mano sotto la camicetta e facendo saltare qualche bottone, poggiò la lingua sul collo di lei, lambendolo lentamente.
- No ti prego… non voglio… lasciami andare…-
- Non posso, questa sensazione mi piace troppo per fermarmi…- Winry era immobilizzata, come se ogni suo muscolo fosse diventato di pietra, voleva allontanarlo, ma non ne era capace.
- Non voglio… Ed…- Al suono di quel nome si bloccò staccandosi da lei, spalancò gli occhi quando la ragazza si schermò il viso umido con le mani, mentre invocava il nome di quel ragazzo. Quel nome maledetto che lui odiava.
- Ed… ti prego…- Singhiozzava disperata e lui non riuscì neanche più ad avvicinarsi a lei. Pietà, rabbia o timore, non sapeva perché si era fermato, ma vederla piangere in quel modo lo stava distruggendo e nonostante lei sapesse che lui odiava quel nome tanto quanto la persona che lo portava, continuava imperterrita a chiamarlo. Si alzò e si avvicinò alla porta, fece per uscire, ma si fermò prima di chiuderla completamente.
- Ucciderò quel nano, lo farò fuori con le mie mani. A quel punto verrò a riprenderti e la smetterai di chiamarlo! Alla fine inizierai ad invocare solo il mio di nome.-
- Pretendi che io sostituisca il nome della persona di cui sono innamorata solo perché mi hai detto che la ucciderai? Continuerò a chiamarla fino a che ne sarò capace.-
- Avremo tempo per riparlarne e cambierai idea…- Chiuse la porta facendo cadere la stanza in una cupa oscurità, rimase fermo sulla soglia appoggiando la schiena contro la parete, ascoltando i lamenti della ragazza chiusa all’interno.
“Chiamerai me prima o poi e quando lo farai, allora non smetterai di invocarlo…”

Quando entrò nel cerchio alchemico, sentì subito le forze abbandonarla. La testa iniziò a girarle vorticosamente e cadde in ginocchio di fianco alla donna stesa a terra. Ed provò a soccorrerla, ma Lust gli gridò di non muoversi per nessun motivo.
- Dammi il ciondolo… muoviti Ed o non riuscirò neanche a muovermi.- Non appena il ragazzo tese la mano verso di lei e il ciondolo entrò nel cerchio, tutto il pavimento si illuminò di una luce rossa molto intensa, per un attimo fu come se la terra sotto di loro iniziasse a tremare. Lust prese il ciondolo in mano e lo poggiò con molta fatica accanto al cuore della donna. Non riusciva a muoversi bene e dentro di lei qualcosa si agitava freneticamente, qualcosa che voleva a tutti i costi uscire. Osservò i tre alchimisti disporsi accanto al cerchio e inginocchiarsi appena fuori dall’ultimo segno disegnato sul pavimento. La luce non voleva scendere d’intensità e quando Ed si tolse dal braccio meccanico la pietra rossa poggiandola sul primo angolo del cerchio, le cose peggiorarono. Il corpo di Lust ebbe un sussulto fortissimo, si portò le braccia allo stomaco e si piegò in avanti. Con quel gesto iniziò a rigettare alcune pietre rosse, che Roy si preparò a sistemare come gli era stato detto. Ne rigettò molte altre, ma alcune si scioglievano al contatto con il corpo della donna, mentre le altre, sette in tutto, erano ormai disposte perfettamente. Lust si sdraiò su un fianco sfinita, il suo viso era ancora più pallido e tirato in una smorfia di puro dolore, la bocca spalancata.
- A…adesso… è… è ora…- Solo quelle ultime e tirate parole prima di chiudere gli occhi. In quel momento Ed, Roy e Armstrong poggiarono contemporaneamente le mani sul cerchio alchemico. Si sprigionò una luce fortissima e un vento improvviso li investì, come se cercasse di scacciarli, e come un turbine il vento avvolse le due donne all’interno del cerchio, la stanza fu oscurata improvvisamente e scese un lungo e tenebroso silenzio…

- RIZA!!!!!-

 

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Capitolo 14
*** 14. Il sogno di Riza (II) ***


Purtroppo non riesco ad aggiornare velocemente come vorrei, quindi chiedo scusa a tutti…

Inizio con il ringraziare dei bei commenti

Gold_dragon, sono felice di essere riuscita ad incuriosirti ecco il nuovo capitolo…

The_Dark_Side, non posso rispondere alle tue domande mi dispiace, ma leggendo il capitolo capirai un po’ di cose e spero di sorprenderti

Irene Adler, lieta di ricevere nuovi commenti, grazie per i complimenti e spero che continuerai a seguirmi fino alla fine di questa avventura

Malaglar, lieto fine è? Non dico nulla o rovinerei tutto! Descrivendo Lust mi è diventata simpatica, poi mi sono sorpresa perché non avevo ancora visto gli episodi quando ho scritto questo capitoli e il fatto che nell’anime si era comportata in modo simile a come l’ho descritta io mi ha sorpreso e mi fa felice che non ti sia sembrata banale, mi spaventava un po’ la cosa.

Shatzy, mi piace tenere i lettori con il fiato sospeso, ci saranno altri capitoli da suspence, te lo assicuro. La storia prenderà una piega completamente diversa, mi piace anche stravolgere le aspettative, lo dico per metterti in guardia dalla mia mente contorta. Siiiii sono guarita, ora posso postare i capitoli come voglio, anche se devo rubare il computer di mia cugina per farlo, il mio ha fatto cilecca, puff… morto!!! Certo che sono sfigata!

Bene, auguro a tutti buona lettura, un saluto ciao ciao

14. Il sogno di Riza (II)

Non volevo andare via, quella vita era tutto ciò che desideravo, non me l’avrebbe portata via nessuno…

- RIZA!!!!!-

Il mio nome gridato così forte mi fece sussultare, spostai con forza quel ragazzino da me e ricaddi a terra dolorante. Il sangue usciva dalle ferite, non mi avrebbe lasciato via di scampo… non volevo morire in quel modo assurdo, non in quel momento… Eppure gli occhi iniziarono a chiudersi da soli, cercai di resistere per un po’, ma non ce la feci e il buio mi avvolse…

-Mamma! Mamma stai bene vero? Mamma rispondi!-
La voce di una bambino mi destò da quell’oscurità, aprii velocemente gli occhi scattando a sedere. Voltando lo sguardo incontro gli occhi color del miele del mio bambino.
- Ed…- Mi guardai i polsi terrorizzata e spaventando ancora di più lui. Non avevo alcun segno, non c’erano macchie di sangue, non c’era nulla… era stato tutto un sogno?
- Finalmente… ho avuto tanta paura… paura che non ti saresti svegliata…- trattiene a stento le lacrime e pronuncia il labbro inferiore mordicchiandolo e cercando di non piangere, solo allora lo stringo forte a me e gli dico che è tutto a posto.
- Al è andato a chiamare papà, ha detto che tornerà subito a casa.- Gli accenno un sorriso e nel frattempo anche Al mi raggiunge saltandomi addosso e abbracciandomi forte. Lui invece non si fa tanti scrupoli e piange sulla mia spalla.
- Ora è tutto apposto, ho solo avuto un calo di zuccheri non è niente di grave.-
- Ma eri così pallida, pensavamo che fossi morta!-
- Sciocchini, se io muoio a voi chi ci pensa. Lo sapere che papà non sa cucinare!-
Con quella mia piccola battuta iniziarono a discutere ridendo di Roy e degli errori che aveva sempre commesso in cucina. Li lasciai andare via quando alla porta comparve lui. Aveva corso come un disperato, era sudato e pallido, ansimava e si reggeva a stento alla porta fissandomi. Fece uscire i bambini e chiuse la porta, avvicinandosi al letto e prendendomi le mani tra le sue.
- Non fare quella faccia, io…- Non riesco a finire la frase, che mi da un bacio così profondo e bello da togliermi il respiro, ne rimango completamente scioccata che, anche quando si stacca da me, non riesco a dire nulla.
- Non voglio perderti, non lasciarmi mai!-
- Non lo farò…- Mi bacia di nuovo e mi fa sdraiare sul letto.
Si toglie la divisa e sale anche lui. Ha gli occhi più dolci che abbia mai visto, mentre mi bacia dappertutto e mi dice che per lui sono importante… mentre mi accarezza e mi dice che non vuole lasciarmi mai… mentre facciamo l’amore e mi dice che mi ama e che non vivrebbe senza di me.

Mi sveglio improvvisamente, lui non è con me e non sento neanche le voci dei bambini. Mi guardo intorno spaventata fino a che non scorgo un piccolo biglietto scritto da Roy che mi avverte di aver portato i bambini fuori a cena. La notte è scesa improvvisamente e mi sento tanto sola nella casa vuota, non mi ha svegliata per paura che non mi fossi ancora ripresa. Mi alzo lentamente e provo ad andare in bagno, ma qualcosa cattura la mia attenzione, qualcosa che prima non c’era. Poi lo vedo, sulla parete prima vuota, ora c’è uno specchio lo stesso che ricordavo di avere. Mi avvicino lentamente, come se temessi di specchiarmi e vedere la realtà. Ora sono davanti allo specchio e non vedo altro che la mia immagine riflessa, sono pallida e ho i capelli completamente in disordine. Poi un rumore mi fa voltare di scatto, sento dei passi e chiamo Roy sperando che sia lui, ma non ricevo risposta.
C’è qualcuno in casa mia, lo so, ne percepisco la presenza, ma non riesco a vedere nessuno.

- Riza…-

Mi volto di scatto verso lo specchio e lancio un grido strozzato… Quella non sono io!
Il mio corpo è completamente sporco di sangue, nuda e coperta di ferite ed ematomi, ho una spalla rotta e il braccio pende da una parte in una posa rivoltante. Chi diavolo sei tu?
Non mi aspetto una risposta, perché in fondo al cuore so di essere io quella riflessa nello specchio…

Basta! Basta! Non voglio più vederla, non voglio sentire più questo dolore!
Ancora un rumore mi distrae e in quel momento mi sento afferrare da due braccia alle spalle, sono le mie riconosco le ferite… Mi spingono all’indietro e sbatto con forza sullo specchio che si frantuma per l’impatto, le schegge volano per tutta la stanza, come una pioggia di vetri…

Ho dolore dappertutto, la schiena, le braccia e le gambe, il viso e il cuore mi dolgono insopportabilmente… Aiutami Roy ti prego!
Poi alla fine la vedo, un ombra si aggira per la stanza rimanendo oscurata negli angoli bui.
- Chi diavolo sei? Fatti vedere?- Per gridare quella frase ho raccolto tutto il mio coraggio, ma ammetto a me stessa di essere terrorizzata.
- Devi tornare indietro, questo non è il tuo posto…-
- Non è vero! Questa è la mia casa, questa è la mia famiglia... è tutto quello che avrei sempre voluto…- Inizio a piangere, sono patetica, lo so, ma ho paura e questo è l’unica cosa a cui riesco a pensare.
- Invece non lo è, è solo quello che tu vuoi, ma non è la realtà…-
La voce è di una donna, è molto suadente, ma non riesco a capire di chi sia. Solo in quel momento mi accorgo dei passi veloci fuori dalla casa, avverto anche la voce di Roy che richiama i bambini a stare calmi. Non devono tornare! Sono in pericolo!
Provo a gridarlo, ma non riesco ad emettere neanche un suono, la mia voce, come il mio corpo è paralizzata.
- Ammettilo prima che sia troppo tardi…-

Tardi per cosa? Sono in pericolo lo sento e non devono rientrare. La porta di casa si apre e la figura si rende visibile, è una donna dai lunghi capelli scuri e due occhi viola… viola proprio come quelli di quel ragazzo… proprio come gli occhi di colui che mi ha fatto tutto questo…
La donna si volta in direzione della porta, li lo vedo di nuovo, quel ragazzo pallido dagli strani capelli, che sorride beffardo. Ha in mano un coltello e so che sta per fare. Farà del male alla mia famiglia… Non posso permetterlo eppure non riesco a reagire…Ora anche la porta della mia stanza sta per aprirsi… No, dovete andare via!

- Mamma ti abbiamo portato qualcosa da mangiare!- La voce è quella del mio Ed… nel momento in cui lo vedo entrare, quel ragazzo gli si lancia addosso e lo colpisce alla sprovvista. La vista del sangue del mio bambino mi fa rivoltare lo stomaco, non riesco neanche a gridare… Lo vedo entrare nella cucina e sento le grida di Al e Roy… Stanno combattendo e Roy vuole difendere Al a tutti i costi…

Perché? Il mio cuore è in mille frammenti e non riesco a raggiungerli, vedo il corpo del mio piccolino che ha smesso di agitarsi… me lo hanno strappato sotto gli occhi e non ho potuto fare nulla…Perché questo dolore, perché questo deve capitare a loro!?
Non riesco neanche a piangere, ma rimetto sangue e bile dal dolore. La donna mi si avvicina e mi tende una mano, ma con le uniche forze che ho in corpo mi allontano e mi avvicino al mio piccolo bambino dagli occhi color del miele ormai chiusi…

Provo a chiamarlo, lo stringo forte a me e il suo sangue, ancora caldo, mi sporca le gambe e le braccia… le lacrime che sto versando in questo momento non sono nulla a confronto del dolore che sento nel cuore… dolore di aver perso tutto quello che ho sempre voluto…
Vorrei voltarmi e andare in cucina, ma non ne ho la forza, ne il coraggio… non riesco ad entrare in quella stanza e trovare gli stessi occhi chiusi di Ed, anche sul viso di Roy e del piccolo Al… non ce la faccio…
Se quel maledetto ragazzino vuole la mia vita che venga a prenderla… io sono qui non mi tirerò indietro, mi ha tolto già la voglia di continuare a vivere, non voglio altro che morire insieme a loro
- Ora vieni via o sarà troppo tardi…- La donna mi richiama nuovamente, ma non voglio ascoltarla, non voglio lasciare il mio bambino da solo… non voglio rimanere sola…
- I miei bambini… il mio Roy… perché!-
- Questo è accaduto perché tu non hai accettato che questa vita non fosse vera… vieni via loro ti stanno aspettando e vogliono riavere la vera Riza…-
Nuovamente mi viene accanto e sposta con dolcezza il corpicino del bambino lontano da me… Mi allunga la mano e prende la mia cercando una risposta, che non ha… non voglio lasciarli.
- Ti prego… Se aspetti ancora sarà tardi… ti prego…- Piange. Calde lacrime escono da quegli occhi, lacrime come le mie, possibile che anche lei soffra tanto quanto me? Eppure quelle lacrime sono di qualcuno che non ha mai avuto quella felicità che avevo fino a poco fa, ma il dolore della solitudine è la stessa, si… lei è uguale a me…
Solo allora le stringo a fatica la mano, è calda e piacevole, morbida…Non è cattiva, vuole aiutarmi.

- Riza…-

Sento ancora il mio nome e mi abbandono a quella parola, lei mi rimane vicino, mi stringe a se mentre piango e mi dispero, percepisco tutto il suo calore su di me ed è piacevole…
- Lasciati andare… ti accompagnerò io da colui che ti sta chiamando…-
- Chi mi sta chiamando?…-
Non so chi sia, ma la sua voce è dolce nella mia mente, chiudo gli occhi e il buio prende nuovamente il sopravvento… però mi sento libera e leggera… forse sto morendo davvero…

 

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Capitolo 15
*** 15. Il respiro dell'anima ***


Visto il capitolo precedente, e per lasciarvi ancora un po’ di suspence, nuovo capitoletto… ciao ciao

 

15. Il respiro dell’anima

La luce nella stanza era diventata insopportabile… nessuno dei presenti era riuscito a tenere gli occhi aperti. Da gialla e lucente, era divenuta improvvisamente viola e tenebrosa, era una scena che in Ed riportò alla luce ricordi passati, i ricordi di un bambino che non accettava la morte di sua madre…
La paura in quel momento ebbe il sopravvento, forse avevano sbagliato qualcosa, forse erano stati ingannati o forse… Non voleva neanche pensare a quello che sarebbe potuto accadere a Riza se quella trasmutazione non fosse andata a buon fine, anche se ormai lo sapeva troppo bene. Quella che avevano appena fatto era una trasmutazione umana e dalle trasmutazioni fallite nascono gli homunculus… Continuò a chiamare con la mente il nome della donna e concentrarsi su ciò che doveva fare, ma era davvero una prova impossibile per lui…
Anche Armstrong stava dando tutto se stesso, il suo contributo a quell’esperimento era vitale, era l’unico li in mezzo che possedeva abbastanza forza da reggere la trasmutazione, ma in quel momento si sentiva svuotato nell’anima. Pregava in cuor suo che se qualcuno doveva sacrificare la propria vita per la donna, quel qualcuno sarebbe stato lui…
Roy, il Flame Alchemist, stava sudando e tremando come una foglia. Non aveva mai sofferto così tanto per fare una trasmutazione, lui che con uno schiocco delle dita poteva far ardere una città intera, ora non riusciva neanche a rimanere inginocchiato accanto al cerchio alchemico. Aveva gettato lo sguardo sugli altri due alchimisti, loro stavano dando se stessi, persino quel bambino che aveva sempre preso in giro a causa dell’altezza, si stava impegnando nonostante i suoi occhi dimostrassero tanto timore. Lui non sarebbe stato da meno e continuava a pregare che la donna a cui teneva di più nella sua vita, tornasse indietro da quel mondo oscuro.
In quel momento Ed si sentì mancare, era come se qualcosa lo stesse tirando all’interno del cerchio alchemico, una forza a cui non sapeva resistere, stanco e con ogni muscolo del corpo dolorante, cercò di opporsi, ma non era per nulla semplice. Fu Roy ad accorgersi del suo cedimento, lo chiamò senza staccarsi dal cerchio, ma lo vide crollare al suo interno e sparire velocemente…

- Fammi uscire di qui!- Era questo che Winry gridava da ore, ma nessuno la stava ascoltando e sebbene cosciente di questo, non smetteva di gridare. Aveva freddo, indossava solo una gonna molto corta e fine e una camicetta bianca, i cui bottoni erano saltati a causa dell’intrusione di Envy poco prima e riusciva a coprirla a malapena. I capelli le coprivano il viso, non era riuscita a legarli in nessun modo ed erano molto fastidiosi. Non capiva il perché quello strano ragazzo l’avesse rapita e la teneva segregata in quella piccola stanzetta umida senza fare nulla. Quando l’aveva portata via aveva temuto che lui potesse trattarla come con Riza, invece aveva provato solo una volta ad avvicinarsi e, dopo il rifiuto di lei, non si era più fatto vedere.
- Hai intenzione di lasciarmi morire di fame e solitudine? Rispondimi maledetto!-
Ancora nulla, cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione, ma nulla sembrava smuoverlo. Alla fine si rannicchiò in un angolo, stringendosi le ginocchia con le braccia e invocando il nome della persona che in quel momento gli mancava di più al mondo.
- Ed Ed ti prego aiutami…- Lo disse piangendo e così soffusamente, che nessuno avrebbe potuto sentirla, invece, dopo quell’invocazione dettata solo dal cuore, lo vide entrare velocemente nella stanza, sbattendo la porta. Si avvicinò a lei con una tale velocità che non se ne rese conto, si sentì prendere per la gola e alzare di peso da terra, tanto che i piedi non toccarono neanche il pavimento.
- Ti ho già detto che non voglio sentirti pronunciare quel nome!!- Lo gridò, era arrabbiato tanto che il suo viso era diventato irriconoscibile e i suoi occhi brillavano di pura malvagità.
- Mi… non riesco a respirare…- Solo a quel punto la lasciò, Winry cadde a terra sbattendo la schiena contro il pavimento. Si chiuse a riccio trattenendo le lacrime e cercando di calmarsi, mentre lui la osservava.
- Non devi pronunciare il suo nome…-
- Perché? Per te è così difficile confrontarti con lui, proprio non riesci a capire che non puoi pretendere che lo dimentichi per farti felice?- Winry cercò di rialzarsi, mettendosi seduta e poggiando la schiena contro la parete fredda e umida della sua prigione. Cadendo si era morsa il labbro inferiore e ora un rivolo di sangue le macchiava il viso, scendendo fino al collo. Cercò di pulirsi con il dorso della mano, ma non fece che peggiorare la situazione allargando solo la macchia. Envy si piegò su di lei, fermandole le braccia con le mani e avvicinando il viso a quello della ragazza, poggiò le labbra su di lei, leccando via il sangue e assaporandolo come se fosse il nettare più dolce che esistesse.
- Quando anche io diventerò umano… quando i miei baci non ti faranno ribrezzo… allora in quel momento smetterai di chiamare quel nano…- Le succhiò il labbro facendole male, ma per lui era una sensazione meravigliosa, la sentiva in suo potere, poteva farle ciò che voleva, ma non lo faceva. Una volta che l’impiccio di Fullmetal fosse stato eliminato, avrebbero avuto tutto il tempo…
- No, neanche allora lo farò… se Ed dovesse morire, allora lo farei anche io!- Lo spinse via con tutte le forze che le erano rimaste, intimorita dalla reazione che avrebbe potuto avere, ma per tutta risposta Envy si alzò e uscì dalla stanza.
- Vedremo se non lo farai!- Chiuse la porta percorrendo a gran velocità il corridoio. Winry lo vide tornare poco dopo e gettare un corpo immobile all’interno della stanza. - Così non morirai di solitudine…- Non appena se ne fu andato, Winry si gettò sul corpo che Envy aveva portato, lo girò supino lentamente per capire se fosse ancora vivo. Rimase sconvolta quando si trovò davanti il viso del sottotenente Ross tumefatto.
- Signorina Ross, mi sente? La prego mi dica qualcosa…- La donna aprì piano gli occhi e accennò un lieve sorriso. La ragazza sospirò nel vederla ancora viva, anche se molto provata dalla situazione.
- Winry… meno male…- Tossì forte tanto che sbiancò di colpo. Winry l’aiutò a respirare meglio facendola sedere e appoggiare a lei.
- Perché le ha fatto questo?- Aveva, ancora una volta, le lacrime agli occhi, ma Maria Ross la rasserenò con un altro flebile sorriso.
- Infondo ho solo qualche ammaccatura… a confronto del tenente Hawkeye sono stata fortunata.-
Winry la prese sotto le braccia e la tirò in un angolo, togliendole la divisa sporca di sangue e cercando di recarle sollievo come meglio poteva.
- Ho visto qualcosa Winry…- disse lei soffocando un lamento di dolore al fianco destro. - Hanno in mente qualcosa di orribile… non so perché mi hanno spostata, ma prima ero insieme ad un centinaio di altre persone, ci tenevano segregati in una stanza…- Non riuscì a finire, ma la ragazza non le chiese nulla. Lei non sapeva come funzionava quella maledetta alchimia, ma se Envy aveva riunito così tante persone, forse gli servivano come una specie di scambio per qualcosa… qualcosa che lei temeva terribilmente.

Quando riuscì a riaprire gli occhi, una luce bianca intensa lo colpì alle pupille costringendolo a chiuderle di nuovo. Sentiva tutto il corpo indolenzito e si era addormentato su un fianco, che ora gli doleva da impazzire. Si mise seduto, cercando di capire dove fosse, anche se in cuor suo si rendeva perfettamente conto di dove fosse finito. Ci era già stato…Quando voltò lo sguardo lo vide chiaramente, un grande portale in pietra, ai cui lati c’erano scolpite delle statue deformi di esseri umani, grigio ed enorme, le porte spalancate che mostravano un grande abisso saturo di occhi dalle iridi viola che lo osservavano. Perché era finito in quel posto? Significava che Lust non era riuscita a portare indietro Riza o che lo scambio equivalente richiedeva ancora una volta lui?
- Ed?- Si voltò di scatto quando sentì pronunciare il suo nome. Poggiò i suoi occhi color miele sulla figura di una donna mora che teneva tra le braccia una donna bionda priva di sensi. Era inginocchiata a terra e la abbracciava come se fosse il suo più grande tesoro.
- Lust… perché sono qui?- Lei gli rivolse un sorriso caldo e dolcissimo, gli chiese di avvicinarsi e lui obbedì.
- Io non ce la faccio a riportarla indietro… devi farlo tu per me…- Solo allora si accorse che la donna aveva il viso umido e gli occhi arrossati, aveva pianto molto sperando in un aiuto. La guardò a lungo e si rese anche conto che la donna non aveva più le gambe, erano scomparse nel nulla senza lasciare alcuna traccia.
- Mi sta consumando lentamente, tra un po’ finirà tutto, portala indietro ti prego.- Allungò una mano, era semitrasparente, ma Ed sentì sulla sua guancia il calore di quel gesto.
- E la mia promessa, io volevo davvero aiutarti!-
- Portami vicino al portale e poi vai via il prima possibile.- Lust lasciò a terra il corpo immobile di Riza e si protese verso il ragazzo, che la strinse tra le braccia, era leggerissima, quasi impercettibile il suo peso e si avvicinò al portale poggiandola a terra.
- Grazie di tutto bimbetto d’acciaio…- Lo spinse via mentre delle mani lunghe e nere si avvinghiavano al suo corpo e la trascinavano in quell’oscurità senza fine. Ed si riprese in fretta e corse da Riza per portarla indietro, per riportarla nella realtà… sperando con tutto se stesso di averla salvata…
Quando il portale si chiuse, Ed venne investito da un vento caldo e quasi morbido, come un respiro… un respiro di un anima… l’anima di quella donna…

Quando il fumo e quella strana e accecante luce si ridussero, permettendo ai due uomini ancora inginocchiati di potersi guardare negli occhi, entrambi notarono una piccola figura seduta la centro di quel maledetto cerchio alchemico. Solo dopo qualche minuto Mustang scorse un camice bianco e lunghi capelli color dell’oro. Due occhi ambra lo fissavano e calde lacrime bagnavano quel viso ora perfetto. Riza era seduta immobile nel cerchio alchemico, stringeva tra le braccia il corpo del ragazzino, lo teneva come se fosse il suo tesoro, come se mai volesse lasciarlo andare.
- Riza… Sei salva?- Le parole di Mustang uscirono flebili e smorzate, Riza non lo guardò ma spostò gli occhi sul ragazzino incosciente.
- Roy… il mio bambino non respira…-

 

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Capitolo 16
*** 16. Ricordi sbagliati ***


Nuovo capitolo!!! La canzone che ho aggiunto è “Somewhere” dei Within Temptation, spero vi piaccia e vi saluto al prossimo aggiornamento, grazie a tutti per i bellissimi commenti a presto… ciao ciao

 

16. Ricordi sbagliati

"Lost in the darkness
Perduto nell’oscurità
Hoping for a sign
Sperando in un segno
Instead there's only silence
Invece c’è solo silenzio
Can't you hear my screams?...
Non riesci a sentire le mie urla?...”


Ogni minuto che passava diventava sempre più freddo, si era chiuso in una piccola stanzetta sdraiato supino su un letto con le mani dietro la nuca. Non stava pensando a nulla in quel momento, neanche il freddo della stanza gli dava fastidio, ma forse era fastidioso per lei. Benché si sforzasse non riusciva a non avere impresso nella mente le parole di quella ragazza, l’unica cosa che era stata in grado di dirgli era che le sue labbra erano fredde.
“Oh certo quelle del nano sono calde, per forza! Naturale che si preferisca qualcosa di vivo a qualcuno che è freddo come un dannato cadavere… non è colpa mia maledizione!
In quel momento sentì un leggero battito alla vecchia porta in legno, con non curanza diede il permesso di entrare. Si presentò a lui una figura femminile, chiusa in un lungo e attillato vestito nero, le braccia incrociate sul seno, mettendo ben in evidenza il simbolo rosso dell’oroborus.
- Che diavolo vuoi Sloth? Non sei mica venuta a farmi la predica spero, non è il momento…-
- Per ora puoi fare come credi, quella persona non ha detto niente in merito. Ad ogni modo sono qui per dirti una cosa importante… Lust se ne è andata, ha scambiato la sua vita con quella della donna che hai aggredito.-
- Cosa?- Envy scattò in piedi, saltando giù dal letto con una solo salto. Aveva spalancato gli occhi, come se non riuscisse a capire bene quelle parole. - Quella stupida! Che diavolo le diceva la testa, aiutare quell’alchimista di fuoco… stupida!-
- Non lo ha fatto per Mustang, ma per il Edward e per se stessa. Ad ogni modo io di stupido ne vedo uno proprio davanti a me.- Envy non ebbe tempo per assorbire quella frase, che sentirsi chiamare stupido lo fece andare su tutte le furie.
- Non ho bisogno che mi fai da mamma come con Wrath… sentiamo perché sarei uno stupido?-
- Perché tieni chiusa quella ragazza in questo posto e non l’hai fatta fuori subito?-
Non rispose, si limitò a voltare lo sguardo dalla parte opposta, accennando una nota di disappunto nell’espressione del viso.
- Te lo dico io il perché… tu vuoi per te quella ragazza, magari pensi di usarla per ricattare i fratelli e costruire la pietra filosofale, ma non andrà come pensi. Perché invece non cerchi di creare una nuova Lust?- Solo a quel punto Envy decise di guardare negli occhi quella donna, così pacata e serena, ma anche crudele e senza un briciolo di umanità, proprio come lui. - Pensaci bene, lei non ti accetterà mai neanche se tu fossi un essere umano, allora perché non farla diventare una di noi, ricostruiremo il gruppo, lei rimarrà con te per sempre e anche quando potremo tornare tutti esseri umani… a quel punto non ricorderà nulla di acciaio…-
- Pensi che quel nano commetta due volte lo stesso errore? Non farà una trasmutazione per riportarla in vita…- C’era quasi dispiacere nelle sue parole, ma non aggiunse altro, attese semplicemente che quella donna finisse di parlare.
- Non c’è bisogno che lo faccia lui, anche il fratello è un alchimista e tu sai bene che per la felicità di Ed, Alphonse farebbe qualsiasi cosa…- Quella fu la frase che lo fece sorridere, la sua solita espressione di puro sadismo, impresso su quel viso pallido e freddo. Sloth se ne andò senza aggiungere altro, lasciò la porta socchiusa accompagnata da suono dei suoi passi per il corridoio. Solo quando Envy non avvertì più la presenza della donna, decise di andare dalla ragazza.

“Never stop hoping
Mai smettere di sperare
Need to know where you are
Finchè non sai dove sei
But one thing's for sure
Ma una cosa è sicura
You're always in my heart…
Sei sempre nel mio cuore…”

- Respira maledizione! Respira!- Roy era piegato sul corpo di Ed e cercava di rianimarlo artificialmente, Riza era ancora inginocchiata al loro fianco, piangeva disperata continuando a chiamarlo bambino, ma Roy in quel momento non ci fece molto caso. Solo quando iniziarono a sentirsi le grida dei medici e delle infermiere che bussavano violentemente contro la porta della stanza, Armstrong decise di agire.
- C’è qualcosa che lo sta soffocando!- Gridò Roy cercando aiuto, la fronte imperlata di numerose goccioline di sudore e il viso sempre più pallido. Armstrong sollevò il ragazzo da terra, lo strinse tra le braccia incrociando le mani proprio sotto le gabbia toracica, spinse violentemente le braccia, schiacciando il corpo di Ed contro il suo, ripete il movimento più volte, fino a che il ragazzo non rigettò violentemente una piccola gemma rossa e riprese a respirare. Armstrong lo poggiò sul lettino aspettando che il viso, prima cianotico di Ed, riprendesse colore lentamente.
- Ora respira, deve solo riprendere i sensi…- Si passò una mano sulla fronte calmando il battito del cuore e facendo profondi e rumorosi respiri.
Solo allora Roy si concentrò sulla donna, lei gli rivolse uno sguardo di felicità, gli sorrise e poi si gettò tra le sue braccia, aggrappandosi alla camicia umida del colonnello.
- Meno male, ero così spaventata!- Senza pensarci Roy la chiuse tra le braccia, felice di riaverla indietro, per lui in quel momento non c’era niente di più bello che tenerla stretta a se.
- Ora è tutto a posto… perdonami, io…-
- Tesoro quanto tempo sono rimasta priva di coscienza? Ed sembra così cresciuto, e io non ricordo bene cosa è successo.- Quella, parola. Quel tesoro pronunciato con il sorriso sulle labbra fece voltare persino Armstrong. Anche Roy era incredulo, poi gli tornarono alla mente le parole che aveva pronunciato, “il mio bambino…”, così aveva chiamato Edward nel momento in cui tutto si era calmato. In quel preciso istante sentirono la porta della camera cedere sotto potenti colpi, si spalancò all’improvviso, rompendo i cardini. Nella stanza piombarono due soldati, una donna, alcuni medici e infermieri e Al. Rimasero pietrificati quando videro la scena, un grande cerchio alchemico disegnato sul pavimento, il tenente Hawkeye abbracciata al colonnello Mustang, Edward steso sul letto.
- Colonnello che sta succedendo? Tenente…- Havoc si avvicinò ai due, aveva gli occhi ancora spalancati e increduli, i medici però furono più lesti, si gettarono sulla donna, iniziando a visitarla e cercando di capire se fosse tutto a posto. Fu Armstrong a calmare la situazione, si frappose tra la folla e la coppia, troneggiando con la sua voce sugli altri.
- Credo che sia meglio fare un po’ di silenzio e ordine, usciamo fuori e lasciamo i medici al proprio lavoro, vi spiegherò io tutto quanto.- Era stato convincente, forse solo perché si era messo in mostra pavoneggiando la sua innaturale “bellezza” e sfoderando il suo immenso carisma. Anche Roy fu costretto a lasciare la stanza, riunendosi al gruppo numeroso fuori dalla stanza.
- Colonnello mi dica per favore che sta succedendo?- Sbottò Havoc seriamente preoccupato. Sapendo che nel gruppo c’era anche Glacyer, Mustang cercò di essere più delicato possibile per non spaventarla.- Quello era un cerchio alchemico, non mi dica che ha…-
- Non era morta, quello che abbiamo fatto era solo per toglierle dal corpo una sostanza nociva… era davvero l’unico modo.-
- E riguardo a mio fratello? Perché era steso sul letto?- Si intromise Alphonse, dalla voce si capiva che era molto agitato.
- Non preoccuparti sta bene, ha solo perso i sensi per la stanchezza.- A quelle parole sembrò calmarsi e anche gli altri, sebbene non convinti al cento per cento, accettarono quella misera spiegazione. Mustang si accasciò su una sedia completamente stremato e così anche Armstrong, erano entrambi molto pallidi e la prima ad occuparsi di loro fu proprio Glacyer. La donna estrasse un piccolo fazzoletto bianco dalla borsetta e si piegò sul colonnello, asciugandogli la fronte. Mustang incontrò gli occhi nocciola della donna e sorrise, ringraziandola ancora una volta. Era convinto che lei lo odiasse, era sempre stato del parere che Glacyer non volesse più avere a che fare con lui e che lo incolpasse per la morte di Hughes, ma lei si era dimostrata una donna molto buona ed era andata in ospedale a trovare Riza e ad occuparsi persino di lui.
- Come sta ora Riza? Sei riuscito a guarirla con l’alchimia?- La voce di lei era accorata e lui rispose gentilmente.
- Si sta bene, ma credo che sia molto confusa… prima ha detto che Ed era suo figlio e mi ha… mi ha chiamato tesoro, come se fosse la cosa più naturale del mondo per lei.- Per un attimo quella dichiarazione li lasciò senza parole. Roy si voltò verso la grande armatura che aveva di fianco, si rivolse al ragazzino cercando di non farlo agitare. - Al devo chiederti un favore.-
- Mi dica colonnello.-
- Non entrare nella stanza del tenente, vedrai Ed quando uscirà.-
- Perché?- Al si trattenne dal gridarlo, ma non voleva assolutamente lasciare solo suo fratello. Provò ad opporsi, ma per tutta risposta, ricevette solo una supplica da parte del colonnello.
- Ti prego Al! Se Riza crede che Ed sia suo figlio, può essere la stessa cosa anche per te. Non prenderla a male per favore, ma come credi che reagirebbe se ti vedesse in queste condizioni?-
Anche se quelle parole lo ferivano erano vere. Nessuno avrebbe mai accettato facilmente di vedere quello che si crede un figlio, chiuso in un armatura vuota, e quindi non si oppose. Si accucciò in un angolo in attesa di sapere qualcosa di più.

Dopo quelli che sembrarono minuti interminabili, i medici uscirono dalla stanza dicendo che era tutto a posto, ma che dovevano ancora risolvere una questione riguardo all’esperimento alchemico che era stato svolto in quella camera. Mustang si prese tutte le colpe e promise di risolvere tutto a tempo debito.
Nella camera entrarono Havoc e Glacyer assieme a Roy, mentre Alphonse, Armstrong e il sergente Brosh decisero di rimanere fuori, il sergente avrebbe avvertito Armstrong della scomparsa del sottotenente Ross e di Winry, mentre l’alchimista stava spiegando la situazione al ragazzino. Riza si trovò davanti molti visi felici di rivederla e lei sembrava contenta tanto quanto loro. Cercarono di non notare, che stringeva tra le braccia Ed, ancora addormentato e lo coccolava amorevolmente. Roy si avvicinò a lei chiedendole se ricordava chi fossero quelle due persone.
- Certo che mi ricordo tesoro. Sono Jean e Glacyer. Sono confusa, mica scema!- Lei gli diede un leggerissimo buffetto sul viso sorridendo.
- Perdonami non volevo dire questo.- Anche Glacyer si avvicinò al letto chiedendole come stesse. Ancora una volta disse di stare bene e strinse la mano della donna, senza però lasciare andare il ragazzo. Era una situazione molto strana e per alcuni anche imbarazzante, solo Glacyer sembrava sapere come comportarsi con lei senza farle pesare la situazione.
- Come sta Edward?-
- Fortunatamente bene, ho avuto molta paura quando ho visto che faticava a respirare. Non sopporterei di perdere il mio bambino.- Lo disse con le lacrime agli occhi, aveva davvero quel timore nel cuore e non si vergognava ad ammetterlo ed a esternarlo, lei la capiva perché si sarebbe sentita allo stesso modo se fosse successo qualcosa a sua figlia. - Come stanno Maes e la piccola Alicia? Spero bene…- Ogni parola pronunciata da lei con tanta naturalezza era per loro un dolore, Glacyer faticò a trattenere le lacrime mentre rispondeva che Maes stava bene, quando invece non riusciva ancora a dimenticare il giorno del funerale e le grida della sua bambina. - Sono contenta, Alicia deve essere cresciuta molto, chissà se anche il mio piccolo Alphonse è cresciuto.- Lo disse rivolgendo lo sguardo verso Roy, ma lui non riuscì a sopportare quegli occhi gentili, sapeva di doverle mentire e per lui era davvero terribile prenderla in giro, ma temeva una reazione sbagliata e non conosceva altro modo per ora. Non riuscì comunque a trovare una scusa per coprire il ragazzo, era come dover affrontare una guerra interiore e rimase in silenzio per minuti interminabili. Fu allora che Ed si svegliò, si mosse leggermente attirando l’attenzione della donna.
- Ed sei sveglio finalmente…- Lei lo abbracciò e lui stranamente ricambiò quel gesto, facendo rumore con il braccio meccanico, lei infatti se ne rese conto. - Cosa è successo al tuo braccio?- Era spaventata e molto preoccupata.
- Non ricordi vero? Al è morto mamma e io… sono stato fortunato ad averci rimesso solo il braccio e la gamba.- Iniziò a piangere, le lacrime uscivano copiose dai suoi occhi, mentre gli altri faticavano a capire il perché di quella risposta, perché l’avesse chiamata mamma e perché si fosse inventato quella scusa, ma non riuscirono a dire nulla. Non una parola quando lei prese tra le braccia il ragazzo piangendo sulla sua spalla e lui la strinse forte, cercando di calmarla e nascondendo il viso alla vista degli altri.
“Perdonami Riza, non me la sento di dirti la verità adesso, non dopo quello che ho visto. Eri felice in quella realtà e a modo tuo mi volevi davvero bene. Non so neanche come tu abbia potuto immaginare il vero viso di Al, non credo che tu l’abbia mai visto eppure ti giuro che era lui quel bambino e io ero proprio così a quell’età… Scusa se mento, ma per ora è meglio che tu non sappia in che orribile mondo ti abbiamo riportata…”


“I'll find you somewhere
Da qualche parte ti troverò
I'll keep on trying
Continuerò a cercare
Until my dying day
Fino al giorno della mia morte
I just need to know
Ho solo bisogno di sapere
Whatever has happened
Cosa mai è successo?
The truth will free my soul…
La verità libererà la mia anima…”

Il tenente Ross non si era più svegliata da quel momento e Winry aveva appoggiato il suo corpo in un angolo, coprendola con la divisa logora, ma che per un po’ l’avrebbe tenuta al caldo. Era come essere chiusi in una cella frigorifera, non riusciva più a sentire le mani, erano completamente congelate, le labbra erano cianotiche e screpolate e ogni parte del corpo tremava con la speranza di darle un po’ di calore. Gli occhi erano diventati così pesanti, tanto che non riusciva a tenerli aperti, ma non poteva addormentarsi per nessuna ragione o non si sarebbe svegliata, proprio come era accaduto al tenente. Non poteva neanche piangere, le lacrime erano come piccoli ghiaccioli che le ferivano le guance. Aveva smesso di parlare e quindi anche a chiamare il nome di Ed, anche se nella sua mente quel nome era ben impresso, ma non aveva la forza di invocarlo. Che intenzioni aveva Envy? Voleva forse farla morire assiderata in quella angusta cella? Perché le faceva tutto questo?
- Pe… perché… Envy…- Lo aveva chiamato, aveva ceduto alla stanchezza e aveva invocato il nome di quel mostro invece che quello di Ed, ma forse lui non l’avrebbe sentita. Invece, nel momento in cui i suoi occhi si chiusero, qualcuno entrò nella stanza, prendendola di peso da terra e portandola fuori. Quel corpo, a confronto del suo ormai ghiacciato, sembrava ardere come fuoco…
Aprì a stento gli occhi, sentì scorrere sulla pelle delle lenzuola morbide e calde, si crogiolò in quel calore per qualche secondo, chiudendosi come un riccio. Era in una stanza molto elegante, in un caldo letto a baldacchino dalle tende e lenzuola nere di seta, la camera era scura e non poteva coglierne i particolari, ma aveva uno stile antico molto prezioso.
- Ti sei ripresa, credevo che saresti rimasta un ghiacciolo per sempre.- Riconobbe la voce, era quella di Envy, ma sembrava gentile, come se fosse lui e allo stesso tempo non lo fosse. Lo vide piegato su di lei i visi a pochi centimetri, lui le stava sorridendo.
- Perché mi hai portato qui?- chiese lei ancora sfinita da quella strana prigionia, cercò di alzarsi a fatica e riuscì solamente ad appoggiare la schiena contro la parete. Indossava una camicia da notte di seta bianca, morbida e liscia come una seconda pelle.
- Tu mi hai chiamato e io sono venuto a prenderti, erano questi i patti.-
- Io non ho fatto alcun patto con te!- ribattè con vigore, ma le forze le mancavano persino per respirare ed ebbe un capogiro, Envy la sorresse facendola sdraiare nuovamente.
- Diciamo che le regole le stabilisco io. Ti ho riscaldata per bene stanotte altrimenti saresti già morta.-
- Che vuol dire, cosa mi hai fatto?- Lei lo scacciò imbarazzata interrogando il proprio corpo e cercando qualcosa che le spiegasse la situazione, non si sentiva diversa, lui non l’aveva toccata come aveva pensato.
- Siamo maliziosi è? Non ti ho fatto nulla, ma vederti reagire in quel modo mi piace.- le prese il viso con la mano spostandolo verso di lui, sorrise di nuovo, ma Winry notò che era diverso dalle altre volte che si erano incontrati, sembrava calmo in quel momento, come se avesse raggiunto il suo scopo, come se non avesse preoccupazioni. - Sai, ho trovato il modo di farti dimenticare quel tappo e per averti con me per sempre. Sarai la mia Lust per tutta la vita…-
Quelle parole la spaventarono e iniziò a tremare, quel fremito piacque ad Envy che rise di lei sdraiandosi al suo fianco e bloccandola con le mani.
- Ti ho detto che non succederà mai, io amo Ed!-
- Lo dimenticherai quando morirai, io sarò la prima persona che vedrai nel momento in cui riaprirai gli occhi e a quel punto non potrai più fare a meno di chiamarmi.- Provò a reagire scacciandolo, ma lui sgattaiolò come una biscia fuori dal letto e uscì dalla stanza lasciandola nuovamente sola.

“Lost in the darkness
Perduto nell’oscurità
Tried to find your way home
Tentando di cercare la tua strada verso casa
I want to embrace you
Voglio abbracciarti
And never let you go…
E non lasciarti andare mai…”

Riza si era addormentata dopo aver pianto per ore intere tra le braccia di Ed. Roy non era riuscito neanche ad avvicinarsi e ora l’avevano lasciata in quella stanza a riposare. Il colonnello aveva portato il ragazzo fuori dall’ospedale, la scusa era stata quella di prendere una boccata d’aria.
- Spiegami Ed, perché le hai detto quelle cose?- Fece lui improvvisamente, dopo un forzato silenzio. Ed si mise le mani in tasca alzando le spalle e cercando di non guardarlo, ma sapeva che doveva dargli delle spiegazioni, Roy non si sarebbe accontentato di un silenzio.
- Quando sono svenuto mi sono ritrovato in… bè chiamiamolo mondo alternativo. Ho visto Lust e lei mi ha detto di andarmene insieme al tenente, ma quando ho cercato di riportarla indietro ho visto delle cose. Lei mi stringeva continuando a chiamarmi e piangeva, solo allora ho capito…- Fece una pausa lunga, respirando l’aria fresca della sera, era leggermente umida per via delle piogge passate, ma molto piacevole. - Ho visto me ed Al da piccoli, chiamavamo Riza mamma e lei, colonnello, era nostro padre. Era quello che lei ha creduto di vivere, una vita tranquilla con una famiglia perfetta e con la persona che ama. Chiusa in quella finzione era davvero felice, non esistevano questi orrori, ma solo belle e tranquille giornate. Per questo quando lei si è svegliata e credeva che io fossi ancora suo figlio non me la sono sentita di dirle che non era vero.-
- Le stai mentendo Ed, la illuderai e soffrirà di più. Lo sai questo vero?- Sembrava deluso dal comportamento di Ed, ma in un certo senso, in fondo al suo cuore, capiva bene il perché aveva agito in quel modo e non fu capace di sgridarlo oltre.
- In questo momento non so dirle cosa sia giusto o sbagliato. Dovrei correre a cercare Winry, ma non ho la minima idea di dove sia, vorrei dire al tenente la verità e capire dove abbiamo sbagliato, ma non ne ho la forza…- Ed rivolse all’uomo uno sguardo di supplica, lui capiva lo stato d’animo del ragazzo, lo comprendeva a pieno eppure non poteva aiutarlo. Lo fermò prima che rientrasse in ospedale.
- Dove vai ora? Vuoi parlare con Riza?- Ed annuì semplicemente e rientrò seguito dal colonnello. Si ritrovarono davanti a quella porta ancora una volta, insieme ad un gruppo numeroso di compagni che volevano ancora delle spiegazioni.
- Mustang che succede?- La voce di Glacyer fece sussultare il colonnello, voltò i suoi occhi scuri sulla figura minuta della donna e gli rivolse un debole e falso sorriso.
- Il tenente Hawkeye ha perso la memoria e ora ha una visione tutta sua di questa realtà. Prima Ed le ha parlato in quel modo per non ferirla, ma credo che non sia giusto ingannarla.-
- Vuoi dirle la verità? Non credi che sia troppo presto, deve riprendersi e poi si è appena svegliata.- Rispose lei avvicinandosi all’uomo e prendendogli dolcemente la mano tra le sue, erano calde e morbide, che Roy rimase quasi imbarazzato di quel gesto.
- Io credevo che tu mi odiassi, credevo che non…- Lo zittì non appena la voce di lui iniziò a tremare dall’emozione, lo abbracciò e lo salutò dolcemente, portando con se anche gli altri. Sapeva che ora spettava solo a Roy e al ragazzino mettere a posto la situazione, avere a che fare con altre persone sarebbe stato troppo difficile per lei.
Non appena furono soli decisero di entrare. La trovarono seduta sul letto, con gli occhi ancora gonfi per le lacrime, ma li accolse sorridendo, felice di avere ancora qualcuno accanto, non sapendo che quell’illusione sarebbe presto finita…

 

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Capitolo 17
*** 17. Accettare... odiare... fuggire ***


Altro capitolo,

Grazie Malaglar per la ff che mi hai segnalato, la leggero presto e ti ringrazio per i commenti, sempre ben accetti

Grazie Shatzy per i bei commenti, ma non posso assicurarti ciò che speri per Roy e Riza, leggi questo capitolo e vedrai…

Grazie anche a The_Dark_Side, questo cpaitolo sarà un'altra svolta, continua a seguirmi

17. Accettare… odiare… fuggire!

Le aveva detto che sarebbe morta. Forse lui voleva solo questo da lei, voleva vederla morire e rimanere ad osservare il viso di Ed soffrire. Più che invidia questo sembrava puro sadismo. Sapeva che avrebbe fatto di tutto pur di avere la sua soddisfazione, che avrebbe preso per se qualsiasi cosa pur di vederlo morire, compresa lei. Per questo la teneva chiusa in quella bellissima stanza da tempo, aveva provato persino ad affacciarsi a quella che era solo una falsa finestra, oltre il vetro c’era solo un muro scuro. Faticava persino a capire come riuscisse a respirare, eppure, chiusa in quella vestaglia di seta, era ancora viva. Aveva spento le luci, rimanendo solo con una piccola lampadina accesa, che faticava perfino ad illuminarle il viso, era in piedi davanti a quella finestra, con una mano reggeva la tenda e con l’altra si sistemava i lunghi e biondi capelli. Lui le aveva proibito di legarli, le aveva detto chiaramente che ora apparteneva a lui e che sempre lui, la voleva in quel modo, semplice e debole. Sentì la serratura della porta girare, ma non si voltò verso la porta ad osservare chi fosse, lo sapeva e basta.
- Ti ho portato la cena, non voglio farti dimagrire troppo…- Parlava sempre con quel tono di malizia e cattiveria, ma lei ci stava facendo l’abitudine ormai e non ci faceva neanche più caso.
- Grazie…- rispose flebilmente. Udiva il rumore dei suoi passi che si avvicinavano a lei, poi la mano gelida che si posava sulla sua spalla nuda.
- Ti ho sentita cantare prima, per chi lo facevi?- le chiese a bassa voce, avvicinando il viso al collo di lei e soffiandoci sopra, la sentì rabbrividire.
- Volevo semplicemente farlo, mi sentivo sola…- Era una bugia. Quando aveva aperto gli occhi dopo un lungo sonno e si era alzata da quel letto andando alla finestra, in quel preciso istante, quando aveva visto ogni via d’uscita a lei ormai preclusa, e mentre le lacrime le scendevano dagli occhi inumidendole il viso, aveva iniziato a cantare quella canzone. Non sapeva neanche che fosse in grado di farlo, ma in un certo senso, come in quei film d’amore dove la persona desiderata corre al suono della voce di lei, così Winry sperava che anche Ed la sentisse e corresse da lei.
- Canta ancora, ma fallo solo per me…-

" Lost in the darkness
Hoping for a sign
Instead there's only silence
Can't you hear my screams?
Never stop hoping
Need to know where you are
But one thing's for sure
You're always in my heart

I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened
The truth will free my soul
Wherever you are
I won't stop searching
Whatever it takes me to know…"

E lui ascoltava, sentiva quelle parole scivolare sul suo falso cuore e toccarlo, scaldarlo in qualche modo, nel profondo… Le prese la mano costringendola a sedersi sulle morbide lenzuola del letto e lui si accomodò accanto a lei, osservando le sue labbra che si muovevano a ritmo di quelle parole, era così bello vederla cantare, che quasi potè udire anche la dolce musica che l’accompagnava. Non si era mai sentito in quel modo, era lei a farlo vacillare e a farlo sentire insicuro. Come poteva riuscirci, una semplice ragazza che fino a pochi giorni prima odiava con tutto se stesso?
- Cosa vuoi da me Envy? Se vuoi uccidermi fallo… io non mi tirerò indietro, servirà solo ad allontanare Ed da te.-
- Io voglio te e nient’altro… solo te, ma senza il fantasma di lui nella tua mente.-
- E se mi avrai, lascerai in pace Ed? Se io ti accettassi, tu smetteresti di fargli del male?- Per lei, pronunciare quelle parole furono come togliersi la vita, eppure non conosceva altro modo, non c’era altro modo per allontanarlo da lui. Envy le spostò il viso dalla sua parte, cercando in quegli zaffiri un significato a quelle parole, ma non trovò che un abisso turchese in cui presto si perse. Gli occhi di quella ragazza erano diventati freddi, proprio come i suoi, privi di qualsiasi calore.
- Lo fai solo per lui e io non lo accetto!- fece lui lasciandola in malo modo, la ragazza ricadde in avanti, battendo la fronte contro il petto di lui. Neanche da così vicino riuscì a sentire il suo cuore, ma ormai aveva deciso… Si aggrappò alla piccola ed aderente maglietta nera di lui e si portò proprio davanti al suo viso pallido.
- Lo faccio per me… non voglio più soffrire…- Lentamente, come se fosse un peccato farlo, poggiò le labbra su quelle di lui e lo convinse a baciarla. Questa volta lo aveva fatto lei e a questo gesto non potè sottrarsi, Envy rispose subito con vigore.
“… lo faccio perché questo è l’unico modo per salvarlo… perdonami Ed…
- Ti accetto per quello che sei, umano o meno… rimarrò fino alla fine con te…-
Sul viso pallido di Envy si delineò un sorriso, per la prima volta spontaneo, che esprimeva solo felicità. Si, era felice, era riuscito ad averla senza costringerla, aveva ceduto e ora gli apparteneva. Non si era spinto oltre, avrebbe voluto averla completamente, ma non lo fece. Era ancora troppo presto e lei non era pronta. Per una volta nella sua vita aveva pensato ad altri che non fosse lui, non voleva vederla piangere. Eppure non sapeva, non si era accorto che lei, chiusa nuovamente in quella stanza scura, non stava piangendo, ma china sul letto aveva iniziato a fregarsi forte te labbra con le mani, tanto che erano diventate rosse e il labbro inferiore aveva iniziato a sanguinare. Si rannicchiò quando non le sentì più sensibili e si strinse su se stessa, dicendo addio per sempre ad Ed.

- Siete tornati…- disse lei sorridendo. Entrambi, ancora sulla soglia della porta, ebbero una stretta al cuore davanti al suo sincero sorriso. Lei gli chiese di avvicinarsi, era seduta sul letto, ma si era vestita, indossava una gonna scura e una camicetta, donatele da Glacyer. Aveva lasciato i capelli sciolti, che le ricadevano morbidi sulle spalle, e per un attimo faticarono a riconoscere in lei il tenente che avevano sempre visto.
- Dobbiamo parlare… Riza io…- fece Ed avvicinandosi a lei e prendendole la mano.
- Perché mi chiami così Ed?... Tesoro che succede?- Lo aveva chiesto a Roy e lui aveva distolto lo sguardo, non era riuscito a guardarla in viso per la seconda volta.
- C’è una cosa che devi sapere, una cosa importate Riza e devi ascoltarci…- Entrambi si sedettero davanti a lei, la fissarono per qualche minuto senza dire una parola, come se tutte le cose che avrebbero dovuto dire, fossero sparite davanti a quel viso gentile e dolce, davanti a quegl’occhi che guardavano Roy con tanto amore e Ed con affetto. Lui per primo ne rimase paralizzato, in quel momento sembravano davvero gli occhi di una madre, ma non potevano tacere, non potevano mentire ancora.
- Io non sono tuo figlio…- lo aveva detto tutto d’un fiato, sperando che il dolore di quelle parole fosse altrettanto veloce, ma non fu così.
- Perché parli in questo modo Ed, non capisco. Roy, ti prego spiegami perché Ed si comporta in questo modo.- Chiedeva aiuto, ma non lo ebbe. Anche Roy fu veloce con lei. - Tesoro ti…-
- Non chiamarmi così ti prego, altrimenti diventa impossibile…- Deglutì abbassando lo sguardo, non voleva vedere l’espressione scioccata della donna, che naturalmente non capiva nulla e voleva che quello brutto scherzo finisse il prima possibile. - Io non sono tuo marito, non lo sono mai stato e lui non è tuo figlio. Tu sei il tenente Hawkeye, mio diretto sottoposto, il colonnello Roy Mustang nonché un alchimista di stato…-
- Bugiardo!- lo gridò sgattaiolando dalla parte opposta del letto e chiudendosi in un angolo della stanza, aveva portato le mani davanti alla bocca, come se si fosse pentita di aver gridato, ma le lacrime le solcavano ancora il viso. - Bugiardo! Ed, piccolo mio ti prego digli anche tu che…-
- Il mio nome è Edward Elrich, sono il Fullmetal Alchemist, un cane dell’esercito.-
- Ma che dite, perché mi state facendo questo?-
- Stiamo solo cercando di aiutarti, non voglio che tu…- Roy si era alzato provando ad avvicinarsi, ma lei lo aveva scacciato gridando ancora una volta. Quei lamenti furono sentiti da troppe persone e quando un medico aprì la porta per vedere cosa stava accadendo, in quel momento Riza intravide una grande armatura ferma davanti all’entrata.
- Che sta succedendo?- Disse Al, dimenticandosi completamente delle avvertenze che il colonnello gli aveva dato. Così quando Riza sentì la voce di quello che credeva essere il suo defunto figlio Alphonse, uscire da quella gigante armatura, ne rimase sconvolta.
- Al, tu non puoi essere il mio Al, ma la tua voce…- Scacciò ancora una volta Roy, che cercava di fermarla e si allontanò nuovamente. - Voi, state solo cercando di confondermi, dove sono i miei figli e mio marito? Se Maes fosse qui, lui ti farebbe ragionare e…-
- Ora smettila, Maes è morto! Lo hanno ucciso e tu eri con me al suo funerale, mi hai visto piangere davanti alla sua tomba!- Non aveva resistito, non era riuscito a controllare il suo cuore, non voleva vederla in quello stato, così debole e fragile. Quella non era la Riza che conosceva, non era la donna fiera e sicura di se, che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, quella non era che una falsa immagine di lei.
- Io rivoglio la mia Riza, rivoglio indietro la donna che amo da sempre. Tu non sei lei e devi ricordarti chi sei realmente!- Dopo quelle parole cadde in ginocchio privo di forze, ogni muscolo del suo corpo aveva ceduto a tutto quello stress. Ed provò ad aiutarlo, ma non ne fu capace, quando lei rispose a quelle parole.
- Io… io ti odio! Tu maledetto come puoi farmi questo, ti ho dato la mia vita, sono sempre stata con te, ti ho dato tutta me stessa e mi tratti in questo modo? Sei un mostro!-
- Riza ti prego cerca di calmarti!- Ed provò a trattenere la donna, ma anche con lui fu spietata, lo scacciò violentemente facendolo sbattere contro il letto.
- E tu chi sei, il mio bambino era innocente e puro, tu invece sei proprio come lui! Perché mi avete riportato indietro se dovete farmi vivere questo inferno?-
Non ricevette che un silenzio vuoto, privo di qualsiasi sentimento. In quel momento non riuscì a capire se stesse ancora sognando o se fosse vero, ora era davvero sola. Anche se in quella stanza con lei c’erano le persone che più amava al mondo, era sola. Il suo cuore era vuoto, debole il suo respiro eppure non voleva più restare in quella stanza, non voleva più vederli perché quelli per lei, non erano nessuno.
Corse via, una fuga dettata dalla ferita che pulsava a livello del cuore, uscì dall’ospedale senza trovare resistenza, come se non importasse se non fosse più tornata, in realtà non era così. Mustang non riusciva a darsi pace, perché le aveva detto quelle cose, perché sentirla parlare in quel modo gli dava solo fastidio? Invece di capirla, comprendere la sua confusione, le aveva gettato la verità addosso, come olio bollente che corrode le carni. E poi, quel ti odio, gridato con tanto rancore… Forse era così che doveva andare, forse era quello il destino che doveva subire, non avrebbe mai dovuto avvicinarsi a lei.
- Colonnello! Colonnello Mustang per la miseria si riprenda!- Ed cercava di svegliarlo, lo scuoteva leggermente cercando di richiamarlo indietro, ma non riusciva a smuoverlo. - Sei solo un idiota! Lo capisci che lasciarla andare via in quel modo è pericoloso!-
Nulla. Non reagiva a nulla. Era fermo e immobile, inginocchiato a terra, che si reggeva la fronte con entrambe le mani.
Al contrario lei correva, muoveva le gambe utilizzando le ultime forze che possedeva, il resto era stato lui a toglierglielo. Quegli occhi onice, quelle labbra e quel corpo che ancora poteva sentire su di se, l’avevano rifiutata e ora di lei e di quello che pensava, non rimaneva che solo polvere. Forse scappare via in quel modo non avrebbe risolto proprio nulla, ma non era riuscita a reggere quel silenzio, non ne aveva la forza.
Ed invece, dopo aver cercato inutilmente di smuovere il colonnello, aveva deciso di correre a riprenderla. Lui sapeva che farle accettare quella realtà sarebbe stato troppo difficile, eppure pensava a come sarebbe stato farle credere realmente di essere suo figlio. Gli mancava il calore di un abbraccio materno e lei sapeva dargli quell’affetto, ma sarebbe stato solo un falso e non poteva mentirle in quel modo. Quella donna era sempre stata presente da quando era diventato un cane dell’esercito, era stata l’unica che a volte riusciva a dirgli qualcosa di realmente sensato, che riusciva a calmarlo. Non poteva lasciarla sola in quel momento, era stato come ferire la propria madre e il suo cuore non lo permetteva.
Quando le gambe non ressero più lo sforzo della corsa cadde a terra riuscendo a malapena a respirare, la pioggia aveva ripreso a battere la città, i capelli le si erano incollati al viso e i vestiti così bagnati erano molto fastidiosi. Chissà cosa stavano pensando le persone che passeggiavano per la strada, coperte dall’ombrello, nel vedere una donna distrutta e in lacrime correre come una pazza.
Era così confusa e ferita che di certo quello di essere presa per una pazza era l’ultimo dei suoi pensieri, ma ora cosa avrebbe fatto? Era scappata improvvisamente lasciando tutti basiti dal suo comportamento e ora non sapeva cosa fare.
- Oh mio dio Riza! Ma cosa!...- Non appena quella voce era giunta alle sue orecchie, aveva spalancato gli occhi come se fosse stata colpita alla sprovvista. Quella voce calda e forte, che lei conosceva bene, la stava facendo piangere ancora di più. Quella persona si era piegata verso di lei, proteggendola con un ombrello scuro e le aveva poggiato sulle spalle un cappotto caldo, stringendola in un lieve e piacevole calore affettuoso. - Quando ti sei svegliata? Mia moglie non mi ha detto niente.-
- Maes… come…- parlava a fatica e per lei fu ancora più difficile quando lo vide in faccia, i suoi occhi verdi così buoni e dolci, quella punta di barba e i capelli leggermente umidi dalla pioggia. Era davanti a lei e non come avevano detto, non era morto e ora poteva stringerlo a se.
- Cosa è successo Riza, come mai Roy ti ha lasciata uscire in questo stato? Sei gelata e bagnata come un pulcino…- la prese di peso da terra, stringendola forte, la chiuse tra se e il cappotto che le aveva prestato. - Vieni ti porto a casa così mi racconti.-
Come una bambina tra le braccia di suo padre, Riza si accoccolò in quell’abbraccio così caldo e si lasciò cullare da quella premura. Chiuse gli occhi addormentandosi in pochi minuti e lasciandosi trasportare senza pensare a nulla che non fosse la vicinanza del suo migliore amico.

Ancora chiusa in quella camera aveva smesso di agitarsi da qualche ora, ormai tutto le scivolava addosso come se nulla fosse, persino quel bacio che l’aveva così turbata, nonostante fosse stata lei stessa ad agire, ora non era più importante. Aveva fatto una scelta e quello ora era il suo destino, doveva dimenticare ogni cosa, togliersi dalla mente le persone che amava e far in modo che quei visi non la turbassero più, doveva diventare fredda e distaccata, doveva essere come lui la voleva. Ora le si prospettava l’ultima sfida, come avrebbe reagito?
Il silenzio della stanza fu bruscamente interrotto dal rumore di passi veloci, che provenivano dall’esterno. Sentì qualcuno poggiarsi alla porta e cercare di aprire la maniglia. Si alzò dal letto in attesa di vedere chi fosse, forse era nuovamente Envy oppure un suo compagno, anche se fino a quel momento non ne aveva mai visti nessuno.
- Winry? Winry sei li dentro?- Rimase come paralizzata quando riconobbe quella voce, era quella di una donna, quella del sottotenente Ross. Non riuscì quasi a credere che potesse essere realmente lei, si era quasi convita che fosse morta dentro quella stanza gelida, dove anche lei aveva ceduto.
- Sottotenente Ross, è lei?- La donna fuori dalla camera rispose con un si deciso, ma in quel momento Winry riportò alla mente la facoltà di Envy, lui poteva mutare il suo aspetto a piacimento e si era già trasformato in lei. Per questo non poteva essere per nulla sicura che fosse la vera.
- Winry meno male! Apri la porta, dobbiamo andarcene ora che non c’è nessuno! Apri ti prego o sarà tardi!-
- Io… io non posso! La porta è chiusa da fuori…- Si era avvicinata alla porta nel frattempo, poggiandosi ad essa. Ascoltava la voce che la chiamava da fuori e non riusciva a capire se fosse vera o meno.
- Ma Winry, tu sei un meccanico sarai capace di aprire una serratura! Ti ha fatto del male? Sei ferita per caso?- Era preoccupata, e da dentro Winry sentiva la voce del sottotenente tremare dalla fretta e dalla paura. Non era Envy. Lui non aveva questo timore e non sapeva simularlo in quel modo realistico. Eppure era riluttante, anche quello poteva davvero essere il momento adatto per scappare.
- No… io non posso! Lei vada e dica ad Ed di non cercarmi. Non mi accadrà nulla, ma lui non deve più avvicinarsi ad Envy!- Dire che il sottotenente era sorpresa era dire poco. Winry non voleva andare via e lei non ne capiva il motivo.
- Se vuoi te lo spiego io il perché?- La donna si voltò di colpo trovandosi davanti un ragazzo vestito in modo strano, dalla pelle chiara e due occhi lilla. La guardava sorridendo, come se fosse pienamente compiaciuto delle parole sentite da Winry. Tirò fuori una chiave e aprì la porta, avvicinandosi alla ragazza, le passò un braccio sopra le spalle, stringendola a se. Il sottotenente era ferma a guardare quella scena. Era riuscita a scappare dalla prigione per qualche strano miracolo, quando aveva riaperto gli occhi aveva visto la porta socchiusa e la temperatura si era stranamente alzata. Che lo avessero fatto per farla assistere a quella scena orribile? Winry non riusciva a tenere gli occhi alti verso di lei, ma al contrario quello strano ragazzo la guardava con fierezza.
- Che significa questo? Winry ti prego spiegami il perché!- Era stanca, faticava persino a parlare, ma si era trascinata a forza fino a quel punto di quella strana casa per cercarla e ora era costretta a sentire un suo rifiuto.
- Io non posso andarmene… lei non avrebbe dovuto sprecare tempo a cercarmi.-
A quel punto Envy si staccò da lei avvicinandosi alla donna, la prese di peso per le spalle, come se non pesasse affatto.
- Ora è tempo di farti fuori, credo che tu abbia visto anche troppo.-
- No Envy! Avevi promesso, avevi promesso di non far del male a nessuno!- Winry si era gettata su di lui, prendendolo per il braccio e cercando di fargli lasciare la donna. Envy lasciò la presa in malo modo, facendola cadere a terra e strinse ancora una volta la ragazza, era strano per lui non vederla piangere, non uscivano più lacrime da quegl’occhi cristallini e un po’ gli dispiaceva, ma quella determinazione era per lui molto importante. In quel momento da dietro apparve la figura di una donna alta e bella, vestita di nero. Il viso di quella donna era fin troppo conosciuto agli occhi di Winry, ma lei non fece in tempo a sorprendersi, che immediatamente il sottotenente venne colpita alla sprovvista, perdendo i sensi.
- Che hai intenzione di fare con lei Envy?- chiese Sloth incrociando le braccia sul petto e guardandolo in modo truce.
- Occupati della mia compagna, penso io a lei.- Detto questo si precipitò sul corpo della donna e la prese appoggiandola sulla spalla destra, chiuse la porta con dentro le due donne e andò via. Winry rimase fissa ad osservare quel volto, era la madre di Ed non poteva di certo sbagliarsi, ma allo stesso tempo non lo era.
- Signora Trisha? Lei è…-
- Il mio nome è Sloth, non chiamarmi con altro nome se non questo.- Rispose risoluta, ma Winry si accorse che, anche se in modo quasi impercettibile, sentirsi chiamare con quel nome l’aveva ferita.
- Sloth… credi che Envy ucciderà il sottotenente Ross?-
- Se tu gli hai detto di no, non lo farà. Credo che tu sia l’unica che riesca a farlo stare buono…- Le rivolse un debole e stanco sorriso, come se cercasse di rassicurarla, ma non fu molto brava. Anche lei, come Envy, faticava a capire i sentimenti umani, eppure quella che aveva davanti era la donna bella e gentile che conosceva da quando era piccola, quella per cui Ed e Al avevano commesso un grande peccato e quello era il risultato.
- Perché?- Chiese lei improvvisamente, ma Winry non riuscì a capire il significato di quella domanda. - Puoi ingannare lui, ma non me. Non sei di certo innamorata di Envy, da scegliere di rimanergli accanto di tua volontà. Allora perché non sei scappata quando potevi?-
- Non è proprio così. Lui non mi ha costretta, avrei potuto continuare a negarmi per sempre e forse un giorno mi avrebbe uccisa, magari nel momento in cui Ed fosse venuto a salvarmi. Se le cose devono andare in questo modo allora preferisco essere io a scegliere il mio destino…-
- Hai accettato Envy solo perché non vuoi morire o perché vuoi salvare i miei figli da lui?-
- Non lo so, l’ho fatto e basta!- Forse era la realtà o forse non lo era, ma non poteva neanche ammettere a se stessa il motivo per cui aveva agito in quel modo. Sapeva solo che Envy ora prendeva in considerazione quello che lei le chiedeva, in qualche modo, avrebbe potuto avere una possibilità di fermare la sua furia. Forse poteva donargli qualcosa, forse poteva fargli capire che la rabbia che covava nel cuore era insensata. Eppure ora lo comprendeva un po’ di più, sapeva che l’unico suo desiderio era quello di diventare un essere umano, era stato richiamato indietro e chiuso in quel corpo a metà, senza una vera vita. Lei ora, gli avrebbe fatto dimenticare quella terribile vendetta che si covava dentro.
- Envy ha portato un’altra donna in casa poco fa…- fece Sloth interrompendo il filo dei pensieri di Winry e facendo in modo che la ragazza le prestasse la massima attenzione. - Deve essere successo qualcosa, mi ha detto di averla trovata in uno stato orribile e che si è trasformato nel tizio che ha ucciso pochi mesi fa e l’ha portata qui. Tu la conosci bene, è la donna del Flame Alchemist.-
- La signorina Riza?- Sloth annuì semplicemente.- Come è possibile? Era in coma e non poteva di certo spostarsi dall’ospedale!-
- Non credo tu possa capire a fondo quello che è accaduto, ti basti sapere che Edward ha scelto di salvare quella donna anziché te, ha tentato una trasmutazione alchemica molto pericolosa, rischiando anche la vita.- A quelle parole Winry non riuscì a rispondere. Non capiva nulla di alchimia, ma aveva imparato bene che quando quella scienza veniva a contatto con esseri viventi il risultato non era dei migliori e una prova l’aveva proprio davanti ai suoi occhi. Possibile che Ed avesse commesso di nuovo lo stesso peccato? Possibile che non si fosse preoccupato minimamente di lei? Fino a quel momento pensare che Ed la stesse cercando, pensare che lui si stava preoccupando per la sua vita, per quella ragazza che con un solo gesto era riuscito a far sentire importante, era stata la sua unica salvezza. E invece si era solo sbagliata. Lui aveva preferito nuovamente quella dannata alchimia a lei.
- Posso vedere la signorina Riza per favore?- chiese dopo qualche minuto di silenzio. Sloth acconsentì e la condusse in una stanza vicina, identica alla sua. Nel corridoio Winry aveva osservato bene la casa, sembrava una di quelle ville antiche, c’era un forte odore di chiuso e alcune porte che vedeva al piano inferiore erano sbarrate. Entrò nella camera osservando il corpo di Riza steso sul letto, dormiva profondamente, era ancora umida a causa della pioggia, ma non era quello che catturò l’attenzione di Winry. Nonostante non fosse mai entrata nella camera dell’ospedale, conosceva bene le sue condizioni, ma sul copro che vedeva ora, non c’era alcun segno. Sembrava in perfetta forma, se non per il colorito pallido del viso. Decise che si sarebbe occupata di lei. Quando Envy tornò a chiamarla, chiese il permesso di rimanere in quella stanza. L’homunculus accettò senza dire nulla, darle qualcosa da fare per uccidere il tempo era la cosa migliore, le riferì che aveva lasciato il sottotenente Ross in un posto dove l’avrebbero trovata facilmente. Questo fece capire alla ragazza che Envy voleva far sapere ad Ed che lei aveva scelto un’altra persona, che lo aveva fatto di sua volontà.
In quel momento pensò che forse era meglio se non si fossero più visti…

 

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Capitolo 18
*** 18. Speranze perdute ***


18. Speranze perdute

Era così che il tempo passava…

Vuoti nel corpo e nell’anima…

Soli come non si erano sentiti fino a quel momento.

Ed quella sera era corso a cercare Riza, sotto la pioggia, bagnato fino alle ossa, correva per le strade di Central City chiamando il nome della donna e chiedendo ai passanti, di quella notte cupa e uggiosa, se l’avevano vista. Si sentiva in colpa come non mai per aver reagito in quel modo, era stato crudele da parte sua e del colonnello dirle la verità a quel modo, ma era stato proprio Roy quello che lo aveva sconvolto di più. Ancora non riusciva a capacitarsi di aver visto nuovamente il viso di quell’uomo fiero ed altezzoso, contorto dal dolore e dalla paura.

Non lo accettava!

Però quella sera, non era riuscito a trovarla. Aveva vagato senza una meta precisa, era tornato a casa del tenente, ma non aveva trovato traccia del suo passaggio. Inoltre si sentiva in colpa anche perché stava sprecando tempo, minuti utili e preziosi, che poteva dedicare alla ricerca della sua Winry, perché ora lei era nelle mani di Envy. Era stata Lust a dirgli tutto, ma lui aveva scelto Riza e ora non sapeva se fosse ancora viva o meno. Si fermò sotto la pioggia, alzando gli occhi al cielo plumbeo e implorando un dio che non conosceva di aiutare la sua ragazza. Si sentiva estremamente stupido in quel momento, lui era uno scienziato in qualche modo e non credeva nell’esistenza di un Dio, ma in quel momento capì il perché le persone si rifugiassero tanto facilmente dietro alla religione.

Era passato un mese, trenta lunghi giorni in cui l’evento più importante era stato il ritrovamento del sottotenente Ross. Era stata raccolta da dei passanti, priva di sensi, un braccio rotto in più punti, ma nulla di estremamente serio. Quando Mustang ed Edward furono avvertiti si precipitarono in ospedale. Li, vi trovarono un sergente Brosh con le lacrime agli occhi da ore, forse felice di aver ritrovato la donna che amava da sempre, anche se non ricambiato e Alphonse, in attesa in un angolo. Erano stati ricevuti da lei nella stanza, volevano farsi spiegare cosa le era accaduto e se sapeva dove fosse Winry. Lei aveva annuito abbassando lo sguardo, poi aveva raccontato ogni cosa di getto, come se non riuscisse più a tenerle nascoste.
- Sono stata catturata da quello strano ragazzo che riesce a trasformarsi, mi ha ingannata facilmente e anche se ho provato a fare resistenza ho ottenuto solo questo. - disse alzando leggermente il braccio ingessato. - Mi sono risvegliata in una stanza fredda e scura, vicino a me c’erano molte altre persone, alcune erano chiuse li dentro da molto tempo da quello che ho capito. Sembravano dei vagabondi e senza tetto, ma non possono esserne sicura. Ho faticato in quelle ore per restare sveglia, fino a quando quel ragazzo non è venuto a prendermi. Mi ha fatto perdere i sensi e trascinato via. Quando mi sono ripresa ero con Winry, anche lei era stata rinchiusa in una di quelle strane prigioni, ma era sola. Non sembrava ferita, solo molto spaventata. Ha provato ad aiutarmi, ma era freddo, troppo freddo e non ho resistito.- Ed e Roy ascoltavano le parole di Maria Ross, rimanendone pietrificati. Tutte quelle persone rinchiuse in quella stanza era qualcosa che soprattutto Ed conosceva bene, probabilmente quelle persone erano solo dei sacrifici. - Quando sono riuscita a riprendere i sensi Winry non c’era più, la porta della prigione era aperta e sono uscita. Non mi ha fermato nessuno, non c’erano guardie o cose simili. Ho vagato per i corridoi, fino ad arrivare in una strana casa vuota. Sono salita al piano di sopra e senza pensarci ho iniziato a cercare nelle stanze, fino a che non l’ho trovata. Era chiusa dentro, ma quando le ho chiesto di provare a scassinare la serratura mi ha risposto che non poteva. La cosa mi è sembrata strana, infondo è un meccanico e di certo una serratura non poteva fermarla, ma lei mi ha chiesto di…- Si fermò, deglutì e ci impiegò molto prima di continuare. Era riluttante, sapeva bene che le parole che avrebbe detto avrebbero ferito Ed e lei non voleva. Era affezionata a quel ragazzino, gli voleva bene come se fosse suo figlio e dirgli una cosa simile era difficile, ma dovette farlo. - Mi dispiace Ed, ma non è voluta venire via con me. Mi ha chiesto di dirti di non cercarla, di stare lontano da Envy. Non capivo il significato di quelle parole, ma quando anche quel ragazzo è arrivato… bè ho capito. Lui ha aperto la porta facendomi vedere la ragazza, era in una camera da letto e lui l’ha abbracciata senza che lei facesse nulla. Io credo che Winry abbia accettato di stare con lui a patto che non facesse del male a nessuno, o almeno è quello che lei ha detto.- Gli occhi di Ed si erano scuriti di colpo e Maria se ne era accorta. Roy aveva poggiato una mano sulla spalla del ragazzo, cercando di donargli un po’ di forza, ma alla fine era solo riuscito a chiedere se Envy le avesse fatto del male.
- Non credo, non aveva segni sul corpo, l’ho notato perché non indossava gli stessi abiti che le avevo visto la prima volta. Ad ogni modo io credo che quel ragazzo, Envy, mi abbia lasciato in vita perché dovevo dirti quello che ho visto. Sicuramente lui l’avrà costretta, l’avrà minacciata in qualche modo e lei non ha potuto tirarsi indietro.-
Nonostante Ross cercasse di rincuorarlo, lui non le credeva. Conosceva Winry da sempre, conosceva bene il carattere di lei e sapeva che non si sarebbe fatta minacciare facilmente senza reagire, era una ragazza forte. Allora perché? Perché il suo cuore gli provocava dolore al solo pensiero di saperla con lui, perché temeva così tanto che lei avesse ceduto? Se magari avesse agito prima, se avesse scelto Winry invece di Riza, ora magari non sarebbe stato costretto a sentire quelle parole.
“Dimmi che non mi hai abbandonato, dimmi che non hai scelto lui solo per salvare me, perché se così fosse sarebbe inutile. Io verrò a prenderti, ti troverò Winry e solo allora mi dirai la verità. Aspettami ti prego, non dimenticarmi.”

Un mese…

Giorni passati chiusa in quella casa.

Minuti trascorsi senza vedere segni di cambiamenti…

Era circondata dal silenzio e dal nulla chiuso nel suo cuore.

Dove lui fosse? Cosa stesse facendo? Se la stava cercando?

Domande che sarebbero rimaste tali forse per sempre.

Da quando si era rifiutata di scappare Envy non l’aveva più chiusa a chiave, ora era libera di girare per la casa e andava spesso a trovare Riza. Dal momento in cui lui l’aveva portata li e lei gli aveva chiesto di prendersi cura della donna, non era più accaduto nulla.
Riza si era svegliata, ma non parlava. Non faceva altro che passare giorni interi a letto, in un tetro silenzio, il viso completamente privo di qualsiasi tipo di espressione. Winry cercava di farla reagire, ma sembrava tutto inutile e per di più, non sapeva il motivo di quel cedimento.
E poi c’era il suo rapporto con Envy.
Ogni mattina era lui a svegliarla, le posava un gelido bacio sulla guancia dandole il buon giorno, le portava abiti nuovi e profumati e poi spariva per tutto il resto della giornata. Lei si alzava e andava da Riza a farle compagnia.
Anche lei, come tutto ciò che la circondava stava diventando fredda ed insensibile. Aveva incontrato in quei giorni anche altri homunculus, aveva rivisto Wrath, lo aveva sentito chiamare Sloth mamma, poi aveva incontrato un tipo basso ed obeso, con un dito perennemente fermo in bocca e un rivolo di bava al lato ed infine c’era lui, Pride. Era un soldato, indossava sempre e con orgoglio una divisa piena di fregi e aveva un occhio coperto da una benda. Lui era quello che ogni volta le metteva i brividi, nonostante la salutasse con aria bonaria e le chiedesse se si trovava bene in casa. Falso, lo pensava ogni volta che lo vedeva. Si sentiva un piccolo oggetto davanti a lui e ogni volta cercava di evitarlo.
Spesso trascorreva le ore in completo silenzio, oppure provava a parlare con Riza senza ricevere risposta o la forzava a mangiare, ma nulla la smuoveva.
La sera si chiudeva in camera, indossava le lunghe camicie da notte di seta che Envy le portava e si metteva sotto le coperte, e ogni notte, quando lei dormiva, Envy si infilava sotto le lenzuola e la abbracciava forte a se, poi si addormentava anche lui. Da quando lei si era dedicata a quel ragazzo, lui non le aveva chiesto nulla di più di quello, voleva dormire con lei e basta, non aveva neanche provato a baciarla di nuovo.
Una notte cercò di rimanere sveglia, lo aspettò come ogni sera e lo vide entrare di soppiatto in camera e salire sul letto. Envy rimase sorpreso di vederla ancora alzata, ma ne fu quasi felice.
- Mi aspettavi?- chiese lui avvicinando il viso a quello di lei.
- Volevo parlarti…- Envy la fece sdraiare e anche lui poggiò la testa sul cuscino, erano l’uno di fronte all’altra, gli occhi di lui sprofondavano nel mare di quelli della ragazza. Era bella e lui lo sapeva; la voleva, ma non ci riusciva. - Envy, non ti piaccio più per caso? Non sei più attratto da me? Eppure sei tu il primo che lo ha voluto.-
Non riuscì a rispondere, non credeva che fosse proprio lei a dirle quelle cose. Lo stava in qualche modo implorando, voleva attenzioni dalla persone che aveva scelto, ma lui non ne era capace.
- Io ti ho scelto Envy, ho abbandonato ogni cosa. Non mi sono mai lamentata, ho fatto quello che mi hai chiesto, non sono fuggita. Allora perché adesso mi stai ignorando? Vuol dire che tutto quello che hai fatto era solo per allontanarmi da Ed?- Si alzò, mettendosi seduto, i capelli gli scivolarono davanti al viso, coprendo gli occhi spalancanti per la sorpresa. Anche lei seguì quel movimento, mascherando le lacrime che le stavano scendendo dagli occhi, dopo giorni che non piangeva più per Ed, ora lo stava facendo per lui e la cosa lo disorientava.
- Non mi dici nulla? Dimmi che non è come penso, perché se lo fosse allora ti prego uccidimi adesso, non voglio più vivere pensando che anche tu mi hai solo usata, proprio come ha fatto Ed. Mi sto quasi abituando a stare qui, non dirmi che non servo più neanche a te!-
Completamente spiazzato, non sapeva come reagire e l’unica cosa che fu in grado di fare, fu lasciarla sola. Se ne andò lasciandola in lacrime, ancora una volta quella ragazza lo aveva spiazzato.
Iniziò a correre per il corridoio, chiudendosi frettolosamente in una stanza scura e vuota. Respirava a fatica, i polmoni gli facevano quasi male e non ne conosceva il motivo. Lui, un homunculus non provava dolore, non poteva neanche morire e allora perché?
Riusciva a capire il significato di quella supplica, capiva il perché lei gli stesse chiedendo di fare qualcosa, ma perché, nonostante lo volesse, non riusciva neanche a sfiorarla?
Cercò di tranquillizzarsi e provare a mettere ordine nei suoi pensieri, fatica inutile, non ci era mai riuscito!

Uscì da quello sgabuzzino e tornò nel grande corridoio del piano superiore della casa. Era deserta, non si sentiva nessun rumore. Grandi tende di velluto rosso coprivano le finestre completamente oscurate dalle mura, lui sapeva il perché di quello sbarramento. Nessuno doveva vedere dove si trovassero, era un luogo dimenticato da tutti, un luogo proibito sprofondato nel profondo della terra a causa della pietra filosofale.
- Non ti ho mai visto così agitato…- Si voltò di scatto verso la voce che lo aveva colto alla sprovvista, era una donna. Il tono che usava era malizioso tanto quanto il suo, una voce calda quasi umana, anche se ormai di quel corpo non c’era più nulla di umano.
- Che vuoi da me? Ti sembra il caso di sbucare fuori così all’improvviso?- Rispose di rimando, cercando di mascherare quella strana tensione e confusione che lo tormentavano in quel momento.
- Che ti prende Envy, possibile che quella ragazzina ti sconvolga così tanto? Vuole solo un po’ di attenzione da te, non è così difficile…-
- Piantala! Non mi servono consigli amorosi soprattutto da te!-
- Ma io so molto sull’amore e anche qualche cosa che tu ancora non conosci, di mariti ne ho avuti tanti e quindi posso vantarmi di una certa esperienza, non credi?-
Era irritante, era come se le alitasse sul collo, costringendolo a fare quello che voleva. Quella persona era tra tutti loro la più spietata. La sentì ridere in modo quasi isterico e questo lo mise in allarme.
- Ti lascio il tuo giocattolo Envy, ma sappi che è ancora per poco. Ho bisogno di altri seguaci, ora che Greed e Lust non ci sono più. Lei sarebbe perfetta e lo sai anche tu, porterebbe da me il figlio di Hoeneim e io…-
- Lo so! Ti interessa molto di più quel nano, di me di certo non te ne importa nulla. Non preoccuparti di niente, mi servono solo alcuni giorni per chiarire una cosa.-
Non sentì rispondere, quella persona era scomparsa proprio come era venuta. Sparita nel buio di quel grande corridoio lasciando solo un lieve odore alle sue spalle.
Tornò da Winry con la consapevolezza che quella ragazza sarebbe rimasta se stessa solo per qualche giorno ancora. Era dispiaciuto, perderla era doloroso, ma non poteva disubbidire a quella persona, però poteva averla. Doveva decidere in fretta, doveva capire il prima possibile cosa provava per lei e perché in sua presenza era così diverso.
Lo vide rientrare lentamente, come se temesse una sua reazione, ma lei non avrebbe detto o fatto nulla se prima lui non le avesse dato una spiegazione. Envy si mosse con estrema lentezza fino a letto, dove salì rimanendo in ginocchio proprio di fronte a lei. Le prese le mani portandole verso il suo viso, il profumo di quella ragazza era inebriante, gli provocava uno strano sussulto allo stomaco, ma era piacevole, quasi simile al brivido caldo.
- Io volevo… insomma devo dirti una cosa.- Era impacciato, le parole gli si intrecciavano in gola e uscivano spezzate, lei se ne accorse, ma aspettò che proseguisse. - Io ti voglio, ti desidero con tutto me stesso, ma… Oddio mi sembro un lattante!- Sbottò Envy lasciandola completamente basita, eppure sulle sue labbra si disegnò un leggero sorriso, come se fosse felice. Non sapeva spiegarsi il motivo di quel sorriso eppure era contenta che lui, in qualche modo, anche se molto personale, si stava aprendo.
- Mi stai forse dicendo che non riesci a prendere qualcosa se questa ti viene offerta?- Si fermò aspettando una qualche risposta, ma lui non fece nulla. Di certo quella frase lo aveva lasciato senza parole, ultimamente aveva imparato molto di lui e, quindi, anche come spiazzarlo completamente.
- Envy io voglio essere sincera… Non sono innamorata di te e dirti quelle cose prima è stato davvero difficile, ma cerca di capirmi. Da quando sono qui ho sempre sperato che Ed venisse a prendermi, l’ho invocato tutte le notti, anche quando tu eri al mio fianco….- Envy lasciò le mani di Winry in malo modo, come se fossero tizzoni ardenti, gli occhi divennero piccoli, simili a fessure nascosti dietro la frangia. Ancora il suo nome, ancora una volta doveva sentire il nome di quel maledetto sulla sua bocca e non lo accettava.
- Non aggiungere altro! Non voglio ascoltarti!- Lo gridò preso dalla disperazione. Era stato uno stupido, ci aveva quasi creduto eppure doveva sapere bene che era impossibile per un essere umano accettare uno come lui.
- Ascoltami fino alla fine ti prego!-
- No! Non voglio più saperne di te io…- Le parole gli morirono in gola, quando la sentì stretta a lui. Lo aveva abbracciato per calmare la sua rabbia e ci stava riuscendo, per qualche incomprensibile motivo, anche se lui ora la stava detestando, quel gesto lo calmava.
- L’ho fatto e ti chiedo scusa… solo ora ho capito che lui non mi sta affatto cercando! Ora che anche Riza è qui me ne rendo conto. Ed è un alchimista, mi ha già abbandonato più di una volta per quella scienza maledetta… io non valgo quando la pietra filosofale! Non sono nulla a confronto, però per te valgo qualcosa? La mia vita ti è utile in qualche modo?-
- Si… io ho un disperato bisogno di te, della tua presenza e del tuo profumo… ho bisogno di guardarti mentre dormi o quando ti occupi di quella donna…- Chiuse l’abbraccio stringendola a se, riuscendo a percepire, dietro quella fine camicia da notte e quella pelle calda, il battito del suo cuore.
- Ho sentito quella donna poco fa…- In quel momento Envy si ritrovò su di lui quegl’occhi che amava, ma erano lucidi e pieni di paura. Aveva sentito le parole di quella persona e sapeva che quella donna voleva ucciderla. - Io non voglio diventare un homunculus, so come funziona. Tu dovresti uccidermi e sperare che Ed mi riporti in vita, ma non succederà perché io non conto nulla per lui, non valgo quando una madre o suo fratello.-
- Io non ti farò diventare come me… anche a costo di tradire quella persona, non glielo permetterò!-
- Grazie, almeno con queste parole posso sperare…-

- Che diavolo significa che non posso ancora andare?!- Ed lo aveva gridato, sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania in legno dell’ufficio di Mustang. Lui lo guardava con quel’occhi onice, erano seri, ma estremamente tristi. Da quando avevano perso le tracce di Riza, Mustang aveva smesso di sorridere, parlava a monosillabi la maggior parte delle volte e Havoc aveva detto ad Ed, che mangiava a stento. - Se sta così male, perché non fa qualcosa?-
- Smettila…-
- Non le interessa di Riza, non vuole sapere dove si trova o se le è accaduto qualcosa? Come fa a rimanere seduto senza fare nulla.- Ed non capiva, non riusciva a comprendere come fosse possibile per lui rimanere inerme davanti a quello che stava accadendo. Lui al contrario non ci riusciva, Mustang gli aveva ordinato di non fare nulla da solo, di non cacciarsi nei guai, perché lui non aveva tempo di dedicarsi anche ai suoi capricci. Aveva detto più volte che se stava occupando, ma Ed non vedeva progressi e il tempo scorreva inesorabile. Provò a ribattere qualcosa, ma Mustang lo scacciò con un segno della testa, indicandogli la porta. Una volta fuori incontrò Havoc e lui si rese ben conto della frustrazione del giovane alchimista.
- Non credere che a lui non importi. Tiene a Winry tanto quanto al tenente. Sta facendo tutto quello che è in suo potere, ma non deve assolutamente far sapere al comandante supremo ciò che sta facendo. Capisci questo non è vero Ed?-
- Si certo, ma io non riesco a stare con le mani in mano…-
- Lo so, per questo dovrai aiutarci. Il sottotenente Ross non è in grado di ricordare da sola dove è stata lasciata, ma tu potresti darle una mano. Ora è in licenza fino a che non si rimetterà e anche tu lo sei.-
- Cosa?- A quelle parole Ed scattò come una molla verso il sottotenente fissandolo truce, solo allora si rese conto che da giorni non vedeva Havoc fumare, anche lui stava mettendo anima e corpo nella ricerca.
- Sei troppo coinvolto in questa storia e Mustang ha deciso di lasciarti fuori, se posso suggerirti qualcosa, perché non vai a trovare il sottotenente Ross, magari uscite insieme e chi lo sa… potrebbe ricordare qualcosa, girando per la città.-
Non era necessario che rispondesse, aveva capito cosa intendeva con quella frase. Non avevano indizi, nulla che potesse dire loro dove si trovassero in quel momento le due donne. Vagavno in un mare oscuro senza bussola, persi in quei silenzi e bugie, che reggevano quel mondo corrotto. Gli homunculus non si erano fatti vivi, nessuna notizia da parte di Envy.
Però Maria Ross era l’unica che potesse fornirgli qualche informazione e lui forse poteva aiutarla a ricordare qualche dettaglio. Era una speranza, una piccola e lieve speranza di sapere qualcosa e lui doveva sfruttarla, ma nel suo cuore lui non faceva altro che pensare a lei. Non riusciva a credere di averla persa, dopo tutto il tempo che aveva impiegato per capire quanto quella ragazza, sempre presente nella sua vita, sempre pronta ad aiutarlo, a donargli quel caldo sostegno di cui aveva bisogno, non accettava che ora fosse Envy ad averla.

 

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Capitolo 19
*** 19. Strani rumori ***


19. Strani rumori…

Di certo non credeva che fosse così difficile comportarsi come una persona normale. Doveva soltanto andare a trovare qualcuno, ma in quel momento avrebbe preferito sottoporsi alla prova annuale per rimanere un alchimista di stato. Sapeva bene che per un alchimista non era semplice comportarsi come un uomo qualsiasi, la prova l’aveva avuta con Mustang stesso. Non solo il modo con cui aveva affrontato tutta quella storia, dall’aggressione di Riza fino alla sua scomparsa, ma anche come si comportava con Glacyer. Se non fosse stato per il suo tenente non sarebbe mai andato a trovarla, nonostante volesse bene sia a lei che alla bambina. In un certo senso pensare agli errori di quell’uomo lo rassicurava, ma era lui che ora doveva andare in quella casa e fare finta di nulla. Perché lui non stava andando dal sottotenente Ross perché era semplicemente preoccupato per la salute della donna, ma lo faceva con il preciso scopo di usarla e in quel momento si sentiva un verme, o qualcosa di molto simile. Havoc gli aveva dato l’indirizzo dell’abitazione del sottotenente, mettendogli in mano un mazzo di fiori rosa. Era agitato quella mattina, aveva persino legato i capelli con una semplice coda alta, come se non volesse farle vedere che era in missione, ma solo in visita. Mossa sciocca, Maria Ross non era una sprovveduta.

Era fermo davanti al portone del palazzo da qualche minuto, quando un uomo andò ad aprire. Indossava una giacca nera da cui si intravedeva la camicia bianca, perfettamente inamidata e una cravatta scura

- Hai bisogno di aiuto ragazzino?- Fece l’uomo guardandolo con espressione bonaria, forse credeva che un ragazzo come lui stesse andando a trovare la sua fidanzata e fosse nel panico più assoluto.

- Io cerco la signorina Maria Ross, il mio nome è Edward Elric.- L’uomo lo squadrò attentamente, non poteva avere che una quindicina d’anni ed era strano che un ragazzino andasse a trovare una donna come lei e per giunta anche un soldato dell’esercito.

- L’avverto subito, aspetta un secondo.- Detto questo entrò in quella che doveva essere la portineria dell’edificio, una piccola stanzetta completamente decorata in legno. L’uomo alzò il telefono e digitò un numero aspettando che rispondesse. - Maria? Cara qui c’è un ragazzino molto carino che chiede di te, posso farlo salire?- Il viso di Ed diventò paonazzo dalla vergogna a causa di quelle parole, abbassò lo sguardo verso la moquette rossa dell’entrata e attese. - Bene, tra un secondo te lo mando su, però non credevo che circuissi così i ragazzini e sei anche un soldato, dovrei denunciarti tesoro per questo.- L’imbarazzo di Ed era sempre più evidente, non poteva sentire le risposte della donna all’altro capo del telefono, ma sperava tanto che non stesse ridendo di lui. L’uomo riagganciò e tornò dal ragazzo indicandogli il piano e il numero dell’appartamento dove doveva andare.

Si ritrovò davanti ad una porta in legno, con un grande battente dorato in cima. Ed bussò timidamente e sentì i passi di lei all’interno. Maria aprì la porta accogliendolo con un grande sorriso, era felice di vederlo e non lo nascondeva. Edward rimase qualche secondo ad osservarla, indossava un paio di jeans fino al ginocchio molto aderenti e una canottiera rosa, con un grande fiore disegnato sulla pancia e lui non ricordava di averla mai vista in quel modo, era radiosa e molto bella.

- Ed? Sono rimasta sorpresa quando Reiv mi ha chiamato al citofono. Spero non ti abbia messo troppo in imbarazzo, non farci caso fa sempre l’idiota. Vieni entra.- La casa del sottotenente era un piccolo appartamento, dall’entrata si accedeva direttamente alla cucina e alla sala da pranzo, come quello di Riza, ma questo aveva qualcosa di particolarmente accogliente. Tutto era decorato con la minima attenzione, dalle tende rosa alle finestre ai piccoli soprammobili. C’era un buon profumo di casa, odore di pulito e di fresco. Per un attimo fu assalito da una tremenda nostalgia, ma cercò di riprendersi il prima possibile. Porse i fiori alla donna, che spalancò gli occhi dalla sorpresa. In quel momento Ed capì perché Havoc li avesse scelti tutti di quel colore, Maria Ross adorava il rosa.

- Ed sono bellissimi! Come fai a sapere che mi piace questo colore?-

- Ho tirato ad indovinare…- rispose timidamente. Si trovata in imbarazzo davanti alla normalità in cui era stato catapultato. Non si aspettava che Maria lo ricevesse in quel modo, era abituato a vederla con la divisa, sempre seria e ligia al suo dovere. Lo fece accomodare e gli offrì del the e qualche biscotto al cioccolato, mentre lei si era seduta proprio di fronte a lui, stringendo in mano una tazza di latte caldo. - So che odi il latte, per questo di ho offerto il the, ho fatto bene?-

Ed annuì semplicemente, non pensava minimamente che potesse ricordare un simile particolare di lui e in un certo senso ne era anche contento. Stava bene in sua compagnia, era una donna con cui si era confrontato più di una volta, che lo aveva aiutato e gli era stata sempre vicino, proteggendolo e sgridandolo quando ce ne era bisogno. Per questo motivo, ora che la vedeva sorridere dolcemente, felice della visita, si sentiva ancora peggio.

- Come mai sei venuto a trovarmi? Non dirmi che è successo ancora qualcosa?-

- Non preoccuparti… Mustang mi ha messo in licenza ed io volevo sapere come stavi, infondo se ti è successo questo è per colpa mia.-

- Smettila di incolparti! Io sto bene, ho solo un braccio fuori uso per qualche giorno.- Ed alzò le spalle, come se non sapesse cosa risponderle.

- Pensavo che potessimo trascorrere un po’ di tempo insieme, uscire magari.- Maria si rese subito conto che quella proposta non proveniva da lui direttamente, ma vederlo arrossire, come se stesse chiedendo ad una ragazza di diventare la sua fidanzata, le piaceva molto e giocò molto su questo aspetto del carattere di Ed.

- Mi stai chiedendo un appuntamento? Dammi qualche minuto che mi preparo.- La donna si alzò velocemente e corse in camera. In quei minuti in cui rimase da solo fu percorso da un miriade di sensi di colpa, lei sembrava davvero felice di quella proposta, mentre lui sapeva bene che era solo per usarla. Maria Ross tornò in sala da pranzo dopo aver indossato una gonna lunga fino al ginocchio e una camicia bianca aderente e anche molto scollata. Si era truccata leggermente, mettendo in risalto soprattutto le labbra fini, ma perfette. Ed rimase come un ebete ad osservarla, non avrebbe mai pensato che sotto quella divisa blu ci fosse una donna così bella, neanche i capelli tagliati corti riuscivano a rovinare quell’immagine. Si avvicinò alla porta prendendo le chiavi e chiamò Ed perché la seguisse. Lui si fermò poco prima di uscire, con lo sguardo basso verso il pavimento e intrecciando qualche parola, roso dalla vergogna.

- Sei… sei molto bella, però io… ecco, mi dispiace!-

Lei si voltò verso il ragazzo, piegandosi su di lui e prendendogli il viso con la mano perché alzasse lo sguardo.

- Grazie del complimento e non pensare a nulla che non sia oggi. So perché sei qui Ed non sono una ragazzina anche se mi comporto così a volte. Se posso aiutarti in qualche modo lo farò e questa è una promessa. Ora vogliamo andare?-

Il giovane alchimista annuì, con quelle parole lei era riuscita a spazzare via ogni sua indecisione e decise di godersi quella piccola vacanza dedicata un po’ alla spensieratezza. Davanti alla portineria vennero fermati nuovamente da Reiv, che salutò la donna con qualche battuta sulla differenza di età tra lei e il giovane. Trascorsero la mattina per le vie della città, attraversarono un grande mercato e Maria si fermò ad ogni banco osservando tutto con molto interesse, trascinò Ed in un negozio di abbigliamento comprandogli un nuovo soprabito, simile a quello rosso che indossava di solito, di colore nero e con le rifiniture in argento. Ed provò a dissuaderla in ogni modo, ma lei non sembrava sentire ragioni e per l’ora di pranzo il ragazzo si ritrovò con due paia di pantaloni nuovi e una decina di maglie diverse. Si fermarono per il pranzo, in una locanda molto pittoresca ma dalla buona cucina.

- Perché hai voluto comprarmi tutte queste cose, non era necessario.-

- Lasciami fare, voglio solo passare una mattina nella più completa normalità. Un po’ mi dispiace, ti sto monopolizzando per i miei capricci, ma ti prometto che oggi pomeriggio lavoreremo un po’ sulla mia memoria lacunosa.-

- Non voglio obbligarti a nulla, lo faremo solo te la senti.-

Maria si limitò a rispondere con un sorriso e un cenno della testa. Osservava Ed mentre mangiava, era la prima volta che lo vedeva rilassato, era riuscita nel suo intento, vederlo tranquillo almeno per una volta. Si sentiva completamente appagata, quel ragazzino era cresciuto velocemente, se non fosse per l’età sarebbe stato già migliore di qualsiasi uomo sulla terra, anche se in quel momento non dimostrava neanche di essere così giovane, forse per gli abiti o i capelli legati in quel modo.

- Sei molto carino sai Ed? Se fossi più giovane mi sarei presa una cotta per te!-

Cercando di non strozzarsi per quella confessione inaspettata, Ed cercò di risponderle, ma infondo non era necessario. Finito di pranzare, Ed la fermò prima che potesse prendere nuovamente in mano il portafogli.

- Questa volta pago io! Mi hai già riempito di regali nonostante sia stato io a chiederti di uscire con me.-

Le guance della donna assunsero un colorito rosa sempre più vivo, Ed lo aveva detto ad alta voce e molte persone si erano voltate a guardare quella strana coppia. Era una situazione strana e allo stesso tempo molto piacevole. Pagato il conto iniziarono ad incamminarsi nuovamente.

 

Rannicchiata nel grande letto, faticava ad aprire gli occhi. Era da giorni che soffriva di un grande mal di testa e non ne capiva il motivo. Aveva cercato di nasconderlo in tutti i modi ad Envy, si comportava normalmente, andando a trovare Riza nella sua stanza e cercando anche si istaurare un dialogo con lui e con gli altri homunculus. Negli ultimi giorni aveva visto spesso Wrath, il ragazzino era andato a trovarla una mattina, entrando con strafottenza in camera e cercando forse di falsa arrabbiare, punzecchiandola con battute poco carine, ma lei non si era mai arrabbiata e alla fine il bambino ci aveva anche rinunciato e avevano iniziato a parlare normalmente. Quel giorno però il dolore alle tempie era insopportabile e non riusciva ad alzarsi dal letto. C’era Sloth al suo fianco, le poggiava ogni tanto un panno umido sulla fronte, ma non lo faceva con preoccupazione nei suoi confronti. A metà mattina, rimasta sola, cercò di alzarsi per andare in bagno, ma non appena provò a mettersi seduta, una nausea terribile la invase facendola sbiancare.

- Non dovresti sforzarti in questo modo, sembri una donna incinta.- La voce era di una donna, ma Winry faticò a mettere a fuoco la sua immagine, era entrata nella camera senza che lei se ne accorgesse. Poco dopo si sentì prendere per le spalle e sistemare nuovamente sotto le coperte.

- Chi sei?- la voce le uscì spezzata da un dolore invisibile, fece fatica persino a riconoscersi.

- Nessuno che tu possa capire. Non sono un homunculus comunque.-

- Quella persona… tu sei quella che persino Envy teme.-

La sentì ridere e quel suono le fece male. Sembrava molto giovane dalla voce, però aveva un tono che metteva i brividi. Si sentì accarezzare le guance calde e umide, da una mano altrettanto calda poi avvertì uno strano odore, che le fece aumentare la nausea.

- Non preoccuparti non sono venuta per ucciderti, non è ancora il momento adatto, ma ho bisogno che tu ti sottometta a me, per questo sei così stanca in questi giorni. Piano piano riuscirò a controllarti come voglio, Envy smetterà di essere ossessionato da te e tornerà ad obbedirmi, poi io mi prenderò il tuo corpo e anche il figlio di Hoheneim.-

- Lui non verrà a salvarmi…-

Rise di nuovo, bloccandola con entrambe le mani. Lo stomaco di Winry era in subbuglio, ma in qualche modo quella persona le impediva di rimettere.

- Se vomiti adesso, ti passerà anche il dolore. Ti ho drogato per impedirti di cambiare il mio Envy. Gli darai quello che vuole e una volta che si sarò tolto lo sfizio tornerà da me.-

La lasciò in malo modo, Winry crollò sul cuscino trattenendo un conato. La sentì mentre si allontanava dalla stanza e la lasciava sola. Cercò di alzarsi per andare in bagno, voleva liberarsi di qualsiasi cosa quella strega le avesse dato, ma era molto difficile mettere un piede davanti all’altro.  Si liberò della camicia da notte che le intralciava i movimenti e scese dal letto reggendosi al muro. Teneva la testa piegata in avanti, i capelli che la schermavano come un sipario e le davano tremendamente fastidio. La testa le girava terribilmente, e alla fine cadde in ginocchio a pochi passi dal bagno. Strisciò sul pavimento freddo cercando di avvicinarsi, ma ogni movimento sembrava impossibile. Faticava persino a distinguere la porta dalla parete scura della stanza, la vista era offuscata e spariva velocemente. Avvertì che qualcuno era entrato nella camera, ma non riuscì a muoversi oltre.

- Che diavolo combini!- Era Envy, lo sentì aumentare il passo e avvicinarsi a lei, la prese da terra e la riportò indietro poggiandola sul letto. Era sudata ed estremamente calda, il viso arrossato e gli occhi socchiusi. - Perché non mi hai detto che stavi male?- Envy la coprì con il lenzuolo e la abbracciò. Winry si sentiva troppo debole, non riusciva neanche a dire una parola, non ce la faceva a chiedergli di portarla in bagno o di farle vomitare quella schifezza che le era stata data e di certo sapeva bene che lui non se ne sarebbe mai reso conto.

- Mi spieghi che cosa ti prende?- Non rispose e anche se sapeva che era inutile, provò a fargli capire che doveva aiutarla. Si strinse a lui cercando aiuto, aggrappandosi ai suoi vestiti, ma non ottenne l’effetto sperato. Riuscì solo a farlo innervosire, si sent stringere per le spalle e tirare verso di lui. La testa le ricadde all’indietro, il respiro irregolare.

Dal canto suo, lui non capiva che cosa le stesse succedendo. L’aveva vista per terra, seminuda e ora non riusciva a farsi dire nulla. Stava male per qualche motivo, ma lui non la capiva. All’ennesimo silenzio la prese di forza avvicinandola al suo viso, la sentiva estremamente calda tra le mani, ma quella differenza di temperatura era naturale, per uno perennemente senza calore come lui. Vederla in quello stato, sofferente, con il respiro flebile, le guance rosse, gli occhi socchiusi era per lui estremamente eccitante. La poggiò sul letto togliendole i capelli da davanti al viso, poggiò una mano sul viso e poi le accarezzò il resto del corpo, sentendola fremere a quel tocco. Lei non riusciva a muovere un muscolo, aveva capito il gioco di quella persona, conosceva bene le sue pedine e sapeva come manovrarle. Aveva capito il perché Envy non l’avesse mai toccata fino a quel momento, era cosciente del fatto che la mente di quell’homunculus era strana e non riuscisse ad apprezzare le cose non ottenute con la forza. Ora che lui la sentiva così debole e sapeva che lei, anche se non reagiva, non voleva quelle attenzioni da lui, non riusciva a fermarsi. Le tolse gli ultimi indumenti che indossava e continuò ad esaminarla. Si piegò su di lei baciandole le labbra e scendendo sempre più in basso, sui seni, sulla pancia e il bacino. Si infilò tra le gambe di lei continuando a toccarla, non voleva farle del male e resistere per lui era difficile. Invidiava la perfezione che vedeva in quel corpo, che anche in un momento come quello, malata e spaventata, perché lui sapeva che lo era, ma non se ne preoccupava, era bellissimo e molto invitante. Senza contare che sapeva che quella perfezione era solo sua… Lui non l’aveva mai potuta avere, magari solo assaggiata, con qualche carezza, ma non si era spinto fino a quel punto. In poco tempo si ritrovò senza abiti anche lui, la sua pelle lattea al contatto con quella rosea di lei. Non aveva mai provato quella sensazione, era già successo che avesse qualcuno, come perla donna chiusa nella stanza a fianco. Lei aveva cercato di proteggersi, ma non ci era riuscita e l’unica sensazione quella volta era stata puro e semplice divertimento. Quella era una donna matura e non ci aveva provati gusto, ma ora era diverso. Lui amava quella ragazza, ma la sua natura era più forte, era fatto così e non riusciva a fermarsi.

- Envy… non farmi del male…-

Attirato da quella voce sofferente, da un sussulto del suo corpo, volse lo sguardo verso il viso di lei. Piangeva come non l’aveva mai vista fare, erano fiumi lucenti quelli che uscivano dai suoi occhi… eppure fermarsi era troppo difficile… a che scopo privarsi di quel piacere e soffrire per non averlo avuto?

 

Avevano camminato per qualche minuto, ritrovandosi in una via secondaria praticamente deserta. Maria Ross si era fermata davanti ad una vicolo cieco, ai lati della via c’erano diverse buste dell’immondizia in cui rovistavano i gatti.

- Da quanto mi ha detto il sergente Brosh sono stata ritrovata in questo vicolo.- Disse lei avvicinandosi alle mura che costeggiavano la via. Poggiò la mano sana sulle pietre, seguendo le crepe con i polpastrelli.

- Ti riporta alla mente qualcosa questo posto?- Chiese Ed osservando la serietà con cui lei si impegnava ad aiutarlo. In quel momento, come se avesse un qualche presentimento, si portò la mano sul cuore, inspirò profondamente, ricevendo come risposta una piccola scossa elettrica.

“Che cos’è questa sensazione? Come se mi mancasse qualcosa… come se l’avessi persa in questo momento? Mi fa male il cuore…” In quel momento, il braccio emise uno strano scricchiolio, Ed si scoprì l’auto-mail cercando il problema, ma non trovò nulla.

- Va tutto bene Ed? Mi sembri pallido.-

- Credo che sa ora di far revisionare il mio auto-mail, fa degli strani rumori.-

- Vedrai che andrà tutto bene. Ti aiuterò a trovare Winry.-

Non rispose, continuò ad osservare la donna che si concentrava sui suoi ricordi e attese da lei qualche novità in più.

 

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Capitolo 20
*** 20. Si comincia! ***


20. Si comincia!

 

- Non ero del tutto priva di coscienza quando mi ha portato in quel posto orribile… mi ha trasportato sulle sue spalle, come se fossi una piuma… -

Maria Ross aveva il viso contratto in un’espressione di dolore, era impallidita e gli occhi le si erano arrossati. Ed la osservava preoccupato, le aveva già chiesto di fare una pausa, ma lei si era opposta in modo categorico. Si era spostata dal vicolo e percorreva a passi stretti e lenti la piccola via, era un quartiere povero, i pochi negozi ancora chiusi e le case in stile vecchio e alcune anche decadenti. C’era uno strano odore di muffa nell’aria, ma entrambi ci avevano ormai fatto l’abitudine.

- Ricordo una grande porta in pietra chiara, faceva un gran rumore quando l’ha aperta, poi è sceso in basso e tutto è diventato scuro… c’era anche tanto eco…-

La donna ebbe un capogiro e il ragazzino corse ad aiutarla, facendola sedere sul bordo del piccolo e malandato marciapiede. Era evidentemente molto stanca, ma non aveva voluto fermarsi. Ora si stava comportando come la conosceva e stimava molto questa sua grande forza di volontà.

- Credo che dovresti riposare un secondo, sei troppo pallida.-

- Uno strano rumore mi ha ferito le orecchie quella volta come… dum… dum… dum…-

Nonostante il ragazzo cercasse di farla calmare, non riusciva neanche a raggiungerla. Aveva iniziato a ripetere quel verso con un tono cupo e lui non capiva a cosa si riferisse, almeno fino a quando non gli giunsero alle orecchie gli stessi suoni, solo più lontani. Erano campane di una chiesa non molto distante e Maria Ross aveva preso ad andare a tempo con quei rintocchi sinistri.

 

“Una porta in pietra chiara…”

- Un’entrata in marmo…-

 

“ Un posto dove c’è eco…”

- Una chiesa… il rumore delle campane…-

 

“Un luogo buio e freddo…”

- Un sotterraneo!-

 

In pochi minuti tutti i pezzi stavano tornando al loro posto, la facilità con cui Envy era riuscito a portar via entrambe senza farsi vedere, era rimasta fino a quel momento un grande interrogativo, ora almeno aveva una traccia e non avrebbe più sprecato tempo.

- Grazie, senza di te non sarei riuscito a capire nulla.-

La donna era molto affaticata, ma era riuscita comunque a vedere l’impazienza di Edward, ora che sapeva non voleva aspettare.

- Ti prego Ed, avverti prima il colonnello Mustang, non fare le cose da solo.- La voce di lei era roca e spezzata da una qualche sofferenza, oltre che dalla preoccupazione di lasciar andare il ragazzo da solo.

- Non posso più aspettare, le è successo qualcosa lo sento… me lo dice il mio cuore.-

- Ed, avvicinati per favore.- Il ragazzo acconsentì avvicinando il viso alla donna, che allungò il braccio portandolo dietro al collo di lui e stringendolo dolcemente a se. Ed appoggiò il mento sulla spalla di lei, inalando il suo dolce profumo. - Stai attento, non voglio venirti a trovare in ospedale, sono stanca di quel posto…- La sua voce aveva iniziato a tremare, Ed lo sentiva chiaramente, ma lei non gli permetteva di guardare il suo viso. Ed si spostò leggermente poggiandole un leggero bacio sulla guancia. - Va bene vai, non pensare a me, tornerò a casa e ti aspetterò li, quando tornerai… usciremo ancora insieme.-

Il ragazzo annuì di nuovo e si slacciò da quel gesto affettuoso iniziando ad allontanarsi a grandi passi da lei.

Quando Maria non lo vide più si alzò a fatica e corse verso una cabina telefonica, estrasse qualche moneta dal borsellino e digitò il numero di telefono. All’altro capo rispose un uomo dalla voce leggermente impastata dal sonno.

- Eddy che diavolo combini, dormi sul posto di lavoro!-

- Sottotenente Ross!- Sentire la voce della donna che lo riprendeva lo aveva fatto scattare a sedere sulla sedia, aveva anche fatto il saluto militare, mossa stupita visto che lei non poteva vederlo.

- Sergente, devi farmi un favore. Ho ricordato insieme ad Edward il luogo in cui mi ha rinchiusa l’homunculus, voglio che tu vada dal colonnello Mustang e gli dica dove sono e che Ed è andato da solo a cercare Winry.-

- Certo, dimmi dove sei.-

Maria Ross iniziò a dettargli la via e come raggiungerla, il sergente appuntò tutto su un foglio e poi riagganciò correndo nell’ufficio del colonnello.

 

- Colonnello Mustang, vuole mangiare qualcosa?- Chiese timidamente Fury al suo superiore, che da giorni disdegnava qualsiasi tipo di cibo solido. L’alchimista rispose con un segno negativo della testa e tornò a concentrarsi sulle montagne di fogli e cartelle che aveva accumulato in quei giorni, erano tutti rapporti che Hughes aveva tenuto nascosti per proteggerlo, erano i suoi appunti sugli homunculus e su cosa stessero combinando all’interno dell’esercito, ma c’erano poche tracce su dove si nascondessero, troppo poche. - La signora Glacyer le ha preparato il pranzo, perché non si sforza un po’.-

- Smettila e torna a lavorare!- Lo aveva gridato e sembrava anche piuttosto arrabbiato, ma Fury non sembrò prendersela per quella sfuriata, come se ci fosse abituato, infatti da giorni non faceva altro che gridare.

- Mustang, cerca di controllarti…- Roy alzò lo sguardo sulla persona che aveva parlato, per un attimo gli era sembrato di sentire la voce di Riza. Era Glacyer, ferma sulla porta dell’ufficio, lo aveva visto sfuriare e ora si vergognava come un ladro. Fury li lasciò soli per qualche minuto, la donna si sedette al fianco del colonnello, tamponandogli il sudore sul viso con un fazzoletto.

- Perdonami… non volevo offenderti, ma non è bene che tu stia qui, perché non vai a casa da Alicia.-

La donna fu felice di sentirlo parlare, visto che si era sempre espresso a monosillabi in quei giorni e gli sorrise.

- La bambina è all’asilo e quindi venire qui non è un problema. Io non posso aiutarti, non capisco nulla di queste cose, ma posso sostenerti in qualche modo. Hai bisogno di dormire e mangiare, quindi comincia…- Gli fermò sotto il naso un piatto e lo costrinse a prendere in mano la forchetta e mangiare.

- Mi tratti come un bambino, mi hai anche tagliato la carne… sei gentile.-

- Con Maes lo facevo sempre, lui a volte s’impuntava peggio di te dimenticandosi spesso di venire a cena, ma io sapevo come costringerlo… però non posso fare la stessa cosa con te, la mia era una minaccia molto particolare.-

Roy la osservò, era arrossita come una ragazzina al ricordo di quei momenti. Forse solo ora, guardandola da così vicino era riuscito a capire il perché Hughes fosse tanto innamorato di lei. Glacyer era una donna dalle mille doti, dolce e gentile, ma anche forte e sicura di se. Roy poggiò il piatto semi vuoto sulla scrivania, spostando un cumulo di fogli e prese la mano della donna tra la sua.

- Vuoi che ti dia una mano a riordinare tutte queste carte?- chiese lei non riuscendo a capire perché le stesse tenendo la mano in quel modo. In quel momento le tornarono alla mente tutte le volte che Maes le parlava di Roy, lo descriveva come un eterno Don Giovanni che doveva mettere la testa a posto e trovare una moglie. Solo ora si rendeva conto che non era quella la verità, Roy aveva semplicemente paura di rimanere solo, era sicuro di se solo quando qualcuno lo appoggiava e ora che Riza non c’era, voleva appoggiarsi un po’ a lei.

- Grazie per tutto quello che fai, grazie per essermi vicina anche se non lo merito.- Lei si staccò da lui, iniziando a raccogliere i fogli sparsi per terra e riordinandoli sulla scrivania di Riza. Mustang si concentrò di nuovo sul lavoro, gettandole un occhio ogni tanto.

Scattò come una molla quando la porta del suo ufficio si aprì di colpo, mostrando un sergente Brosh senza fiato per la corsa.

- Colonnello abbiamo novità, poco fa il sottotenente Ross mi ha avvertito di aver ricordato ogni cosa, ma Ed è andato avanti da solo!-

Mustang si alzò cercando ulteriori spiegazioni, aveva mutato la sua espressione in pochi secondi. Glacyer faticò a riconoscere l’uomo di pochi minuti prima, da quello che aveva davanti in quel momento. Messo al corrente della situazione, richiamò tutti i suoi sottoposti in ufficio. Havoc, Falmann, Breda, Fury insieme al maggiore Armstrong avvertito da quest’ultimo.

- Dobbiamo agire il prima possibile, non ho avuto alcuna autorizzazione, quindi non posso ordinarvi di venire con me. Agirò in borghese, chi vuole venire si prepari ora.-

- Colonnello lei è il nostro superiore, come lo è anche il tenente Hawkeye, credo di parlare a nome di tutti quando le dico che deve continuare ad essere il nostro capo anche in una missione come questa.- Rispose Havoc, trovando l’assenso di tutti i presenti.

In poco tempo era cambiato tutto, Mustang era tornato il solito colonnello e anche gli altri, che in quei giorni oscuri erano cambiati, stavano tornando come prima. Glacyer porse a Mustang i guanti alchemici che aveva trovato nel cassetto della scrivania di Riza.

- Sta attento mi raccomando.-

- Torna a casa e dimenticati di tutto questo, non devi entrarci anche tu in questa storia. Forse dovresti lasciare Central City per qualche giorno, so che il genitori di Maes vivono qui vicino…-

- Non sono mai scappata Roy, non c’è pericolo per me e per Alicia. Stai tranquillo e pensa a recuperare Riza e Winry.-

Prima di uscire Roy si infilò un secondo paio di guanti in tasca e lasciò l’ufficio.

Stavano iniziando!

Tutto si sarebbe risolto con loro, non voleva neanche pensare che fosse troppo tardi, non voleva neanche pensare che in quell’operazione avrebbe potuto dire addio a qualche suo amico, perché tutti quelli che avevano deciso di seguirlo non erano solo dei suoi sottoposti, erano una parte di lui, da solo si sarebbe lasciato andare da molto tempo.

 

La porta si aprì lentamente, entrò uno spiffero d’aria consumata molto fastidiosa.

- Sta iniziando Envy, lui è già all’entrata e presto arriveranno anche gli altri.-

- Che le hai fatto?- rispose l’invidia a quella persona così irritante. Stava sorridendo nel vederli in quello stato, come se fosse una scena troppo divertente. La ragazza era stesa sul letto, coperta dalle lenzuola, respirava ancora in maniera difficoltosa, mentre Envy era seduto al suo fianco, indossando solo i pantaloncini neri e cercando di alleviarle il dolore.

- Ora che ti sei tolto dalla mente la tua ossessione per lei, puoi dedicarti a quello che è il tuo scopo. Ti ho dato una mano, forse tra qualche giorno tornerà normale. Ti aspetto il quel luogo.-

Detto questo chiuse la porta lasciandoli soli. Winry aprì leggermente gli occhi, cercando a fatica la figura di Envy al suo fianco. La ragazza gli poggiò una mano sulla gamba, cercando attenzione. Envy spostò lo sguardo, la sentiva ancora troppo calda, ma lui non poteva sapere se fosse febbre.

- Non si è accorta di niente, era troppo presa da quello che deve succedere.- Detto questo si mise in ginocchio, prendendola con entrambe le braccia e alzandola dal letto, scese con un salto e si avvicinò alla porta del bagno. La fece inginocchiare davanti al water e si mise al suo fianco, tenendogli i capelli con una mano.

- Forza, lo so che ti fa male, ma devi liberarti di quella schifezza che ti ha dato.-

- Grazie…-

Envy non rispose, la fece piegare in avanti aiutandola a rimettere. Era già la terza volta che lo faceva, ma la ragazza non dava segni di miglioramento, forse era troppo tardi e aveva già assimilato quella strana sostanza, ma doveva provarci.

Terminata l’ennesima tortura, la ragazza si aggrappò a lui cercando un sostegno, faticava persino a tenere gli occhi aperti, lui sapeva che non riusciva a mettere a fuoco. Envy le fece bere un bicchiere d’acqua a forza, aveva bisogno di molti liquidi in quel momento. Non poteva neanche immaginare quanto lei stesse male, lui che non era umano, non aveva di questi problemi, sicuro non si sarebbe mai fatto mettere ko da una simile cosa, ma lei era debole. Tutte le volte che l’aveva vista insieme a quel tappo, tutte le volte che ne aveva preso l’aspetto, per capire cosa ci fosse in lei che ad Ed piacesse, non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Era sempre forte, risoluta e a volte anche molto nervosa per essere una ragazza, invece era da ore che non faceva che aggrapparsi a lui, dirgli grazie e cercare qualcosa che lui non capiva. Nonostante tutto, era quel grazie ripetuto fino all’inverosimile, a farlo sentire strano. Non capiva se fosse un ringraziamento all’aiuto che le stava dando o al fatto che prima, nonostante potesse farle ciò che voleva, aveva invece scelto di non fare nulla? Da quando aveva iniziato ad avere i sensi di colpa per quello che faceva? Da quando aveva iniziato a dare ascolto alla sua coscienza se mai ne aveva una? Forse da quando l’aveva incontrata.

La riportò a letto e la coprì per bene. Si rivestì in fretta, ma prima di poterla lasciare, lei lo fermò ancora una volta. Sembrava aver ripreso un po’ di lucidità, era riuscita ad aprire completamente gli occhi, anche se erano pallidi e privi di luminosità.

- Non andare… rimani qui…-

- Hai visto anche tu che il tappo alla fine è venuto a prenderti, quindi smettila di fare tante scene, di certo non ti importa di me.-

- Rimani con me… Non voglio che tu combatta contro di lui, vi ucciderete…-

- Piantala!- si voltò di scatto staccandosi da lei, il braccio di Winry ricadde senza forza sul letto e lui ne fu quasi dispiaciuto. - Non credere che mi lasci ammazzare da uno come lui! Quando lo avrò fatto fuori tornerò qui e non ci saranno più scuse, smetterò di sentirmi in colpa per qualcosa che non ho ancora fatto.-

- Non è colpa, ma amore.-

Non volle ascoltare oltre e la lasciò chiudendo a chiave la porta.

“Amore… io non sono umano e quelli come me non provano simili cose… se non l’ho fatto era perché non lo volevo punto e basta. Non certo perché mi dispiaceva per lei o perché stava piangendo. Ora devo solo pensare a far fuori quel nano, solo allora smetterò di stare in questo modo

 

Aveva trovato la chiesa quando ancora le campane segnavano l’ora, la porta della struttura era come aveva detto Maria Ross, grande e in marmo bianco. Entrò nella chiesa, sembrava in disuso da un po’ di tempo, le panche delle navate erano accumulate agli angoli e sul pavimento c’erano più di cinque centimetri di polvere, tanto che si riusciva a distinguere se qualcuno era passato di recente, ed infatti era così. In un angolo c’era un pezzo di pavimento in cui non si era accumulata tanta polvere, portava da una porta nascosta in un angolo. Si incamminò ascoltando l’eco dei suoi passi. Arrivò alla porta, era ferro, costruita di recente, l’aprì forzando la serratura con l’alchimia e si ritrovò a dover scendere una lunga scala scura. Dall’interno proveniva un forte odore di marcio, come di carne putrida, così forte da dare il volta stomaco. Continuò a scendere, cercando di fare meno rumore possibile, se magari fosse stato attento a non farsi scoprire, avrebbe potuto liberare Winry evitando inutili battaglie, eppure voleva confrontarsi con Envy, voleva averlo davanti e farsi dire ogni cosa. La confessione di quel pazzo, sentirsi dire in faccia che aveva fatto del male alla sua Winry, lo avrebbe reso cieco e si sarebbe lanciato contro di lui cercando una sciocca vendetta. Ma in un certo senso lo voleva.

Terminata la scalinata si trovò a dover percorrere un lungo corridoio, al lato solo mura di pietra scura e umida, eppure davanti a lui sentiva provenire un lieve spiffero d’aria. Non aveva incontrato alcun tipo di resistenza, ma la cosa non lo sollevava affatto.

- Sei arrivato finalmente Edward… ti stavamo aspettando tutti con molta impazienza.- La voce era di una donna, con una cadenza lenta e quasi soporifera, stanca in qualche modo.

- Mamma…- Il tremore nella sua voce era ben evidente. L’aveva già vista, ci aveva già parlato, eppure ogni volta era una tale sofferenza vedere quel corpo. Quello era l’homunculus che lui e suo fratello avevano creato, quello era il frutto del loro grande peccato, un essere con lo stesso aspetto della loro madre, ma completamente diverso. - Ah, no! Il tuo nome è Sloth non è vero?-

- Sono stata chiamata in questo modo, ma tu puoi anche continuare a chiamarmi mamma, non mi disturba affatto.-

- Ma disturba me! Tu non sei lei, solo una sua brutta copia.-

- Se sono così brutta avresti dovuto farmi meglio, non credi?-

- Piantala! Sei qui per conversare o per combattere?- Evidentemente per Ed era difficile parlare con quella donna, non riusciva a trattarla realmente con la freddezza con cui poteva parlare ad un nemico, era pur sempre il corpo di sua madre.

- Sono qui per accompagnarti, potresti perderti in questi vicoli e quella persona ti vuole sano e salvo. Sei importante…-

Sloth iniziò a camminare per il corridoio seguito da un Ed con i sensi tesi e molto concentrato, che non facessi brutti scherzi. Sentire il ticchettio dei tacchi sulla roccia era quasi ipnotizzante, la osservava da dietro anche se non voleva. Somigliava davvero molto a sua madre e sapeva che avrebbe dovuto combattere con lei, doveva vederla quindi come un nemico e nulla di più.

- A cosa pensi Ed?-

- Nulla, ero solo concentrato.-

- Vuoi sapere di quella ragazza, Winry?- Ed si fermò, come paralizzato, Sloth si voltò sorridendo, aveva centrato il nocciolo della questione, Ed era in ansia per quella ragazza. - Ora appartiene ad Envy, non credo che voglia tornare con te. Ci hai impiegato troppo e ha ceduto. Non voleva morire e quella persona l’ha sottoposta a uno stress non indifferente. Le ha messo paura, dicendole che l’avrebbe trasformata nella nuova Lust. Se tu avessi agito prima, ora avresti avuto qualche chance in più di riaverla.-

- Envy le ha fatto del male, non dirmi che…-

- Non ha agito di certo da solo, se hanno fatto quello che tu pensi, lo hanno fatto in due, lei non è mai stata obbligata, questa volta Envy ha fatto le cose per bene.- Aveva di nuovo colpito, girato il coltello nella piaga, Ed stava soffrendo. Lo dimostravano il viso basso e i pugni serrati. - Se vuoi rinunciare a salvarla sappi che ti impedirò di lasciare questo posto.-

- No, non me ne vado. Voglio sentire da lei la verità, voglio che mi dica che non vuole più vedermi. So di aver sbagliato, so che avrei dovuto agire prima, ma mi fidavo di lei.-

- A volte la fiducia non basta e la paura di morire diventa più forte di qualsiasi sentimento… Io credo che tu lo sappia Ed, ma non tutti hanno la tua stessa forza. Qualcun altro al tuo posto avrebbe già ceduto da tempo.-

- Mamma…- Sloth rimase per un attimo sorpresa di sentirsi chiamare ancora in quel modo, credeva che Ed la odiasse o che provasse disgusto nel vederla, invece aveva alzato il viso e le aveva quasi sorriso.

- Dimmi.-

- Potresti non parlare più con me… quando ti comporti così sembri davvero mia madre e non riuscirei a combattere con te con questa consapevolezza.-

Rimase in silenzio per qualche secondo, poi sorrise anche lei di rimando, voltandosi dalla parte opposta.

- Certo…-

Per tutto il resto del viaggio non disse più una parola, Ed recuperò un po’ del coraggio che con quel dialogo aveva perso e si concentrò su quello che doveva fare… Non voleva pensare che Winry lo avesse dimenticato, glielo avrebbe detto lei di persona… come fossero andate le cose, alla fine quello scontro si sarebbe svolto comunque, ma crederlo una battaglia d’amore, forse era più romantico e meno crudele di quanto non fosse la realtà.

 

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Capitolo 21
*** 21. Odore di morte ***


21. Odore di morte

 

- Sottotenente Ross!-

Il sergente Brosh non ragionava bene quando si trattava del sottotenente, nonostante Mustang lo avesse avvertito di non dare troppo nell’occhio, lui si era gettato sulla donna, felice di rivederla, ma come risposta aveva ricevuto in cambio un pugno in testa e un idiota gridato con rabbia.

- Colonnello Mustang.- La donna accennò il saluto militare come poteva e si mise automaticamente sull’attenti.

- Non c’è bisogno, nessuno di noi è in servizio adesso. Sa che vestita così è proprio una bella donna?- rise leggermente, ma il suo sguardo tornò subito serio e chiese immediatamente di Ed.

- Ho provato a dirgli di aspettare, ma non ha sentito ragioni. Poco distante c’è una chiesa, ho saputo da alcuni di qui che nessuno la usa da anni. Deve esserci un passaggio o qualcosa che conduca a dei sotterranei. Forse siete ancora in tempo e incontrerete Ed ancora li.-

- Speriamo che sia così, ma quel nanetto sa il fatto suo e avrà già trovato l’entrata. Grazie di tutto. Ora è meglio che torni a riposare, la vedo stanca.-

- Vorrei esservi di aiuto in qualche modo, ma con il braccio in queste condizioni non sono neanche in grado di mirare.- Maria si scusò ancora con il colonnello, ma Mustang cercò di rassicurarla, le poggiò una mano sulla spalla sforzandosi di sorriderle.

Maria Ross osservò il gruppo che si dirigeva per la stessa strada che aveva percorso Ed poco prima, aveva il cuore a mille in quel momento. Mustang aveva lasciato indietro il sergente Brosh con l’ordine di occuparsi della donna.

- Sottotenente sarebbe meglio se la accompagnassi a casa ora.-

- Mi dispiace che tu sia dovuto rimanere qui ad occuparti di me.- rispose con tono triste, mentre lui la accompagnava verso la macchina che avevano usato per arrivare fin li.

- A dire la verità Mustang mi ha chiesto di occuparmi di Alphonse, lui non sa nulla di quello che è accaduto ad Ed e il colonnello teme che possa fare qualche sciocchezza.-

- Vengo con te se non ti dispiace.-

- Certo che no…-

Il sergente continuò a mordersi il labbro inferiore per tutto il viaggio, cercando di non farle notare che le stava guardando ad intervalli molto regolari, le gambe lasciate scoperte dalla gonna.

- Ecco io… sei molto bella vestita così…-

Il sergente fece per cambiare marcia, lei ne approfittò per incrociare la sua mano con l’altra. Non era riuscita a rispondergli in quel momento, ma a lui bastava quel piccolo gesto.

 

Suo fratello era uscito la mattina presto, ci aveva impiegato un sacco di tempo per vestirsi e non aveva neanche voluto farsi la solita treccia ai capelli. Lui sapeva che doveva andare a trovare il sottotenente Ross per aiutarla a recuperare qualche ricordo di quel periodo, ma Al avrebbe voluto seguirlo almeno questa volta. Da quando era cominciata tutta quella strana storia, suo fratello non aveva fatto altro che lasciarlo fuori. Non sapeva che cosa stesse facendo o a cosa pensava, non sapeva se era preoccupato per Winry o meno. Neanche il colonnello Mustang si era fatto vivo, era rimasto solo in quella stanza della loro solita locanda, ad aspettare che qualcuno lo rendesse partecipe. Si sentiva escluso, forse perché tutti pensavano che fosse troppo piccolo, ma nonostante non avesse un corpo di carne e ossa, la sua anima era cresciuta insieme a suo fratello, solo che nessuno lo sapeva. La noia di quella giornata fu interrotta da una visita inaspettata. Al sentì bussare alla porta, ma non rispose subito.

- Che c’è gigante, hai paura che possa farti del male? Sei quattro volte più grande di me!-

Ci mise un po’ a riconoscere quella voce, era di un bambino e all’ennesimo silenzio entrò senza attendere oltre, era Wrath.

- Sono venuto a prenderti, il tuo caro fratellone tra un po’ si troverà in un mare di guai e magari potresti dargli una mano.-

- Che gli avete fatto? Dov’è mio fratello adesso?-

- Calma, calma! Vieni con me prima che ti fermino e lo incontrerai.- rispose Wrath fingendo di temere la mole di Al. Non era stato poi così difficile convincerlo, al contrario di Ed, lui non era così risoluto da capire che lui lo stava ingannando. Uscirono dalla locanda, senza preoccuparsi minimamente di dare nell’occhio, un’armatura e un bambino a dir poco terrificante, che vagavano per le strade di Central.

 

Non fu difficile per Mustang e gli altri trovare la via giusta, Ed aveva lasciato delle tracce più che evidenti e Roy provò un senso di fierezza totale verso quel ragazzino. S’incamminarono anche loro per la scala, facendosi luce con delle torce elettriche. L’odore nauseante sembrava diventare sempre più forte e penetrante mentre scendevano. Nessuno di loro parlava, camminavano in un muto silenzio osservandosi intorno. In poco tempo si ritrovarono a dover scegliere quale via seguire. La strada principale si diramava in tre diverse direzioni.

- Colonnello, non ci sono tracce di Edward, credo che a questo punto dovremo separarci.- fece Havoc, cercando qualche indizio che potesse aiutarli.

- Come avrà fatto Ed a scegliere la via giusta?- si chiese Mustang senza potersi dare una risposta.

- Ha ragione Havoc, dobbiamo dividerci o non riusciremo ad uscirne.-

Decisero le tre squadre da due membri, nel cunicolo di destra entrarono Mustang assieme a Fury, Havoc e Breda presero quello centrale, mentre Armstrong e Falmann quello di sinistra.

- D’ora in poi non potremo comunicare, se vi trovate in pericolo, prego tutti di scappare. Non strafate e non rimetteteci la pelle o dovrete vedervela con me.-

Si congedarono con il saluto militare e proseguirono.

 

- Quanto manca ancora?-

Non ricevette risposta, infondo era stato lui e chiederle di non parlare e Sloth stava rispettando perfettamente quella richiesta. Solo che ora si era stancato di quel silenzio, per tutto il tragitto aveva cercato di memorizzare la strada, ma ora aveva perso completamente il senso dell’orientamento. Improvvisamente si trovò a sentire aria meno consumata, respirò a fondo cercando di capire se fosse giunto alla fine, ma continuando a seguire quella donna alla fine si ritrovò in una strana stanza molto grande. Infondo scorse come un palco in legno, parzialmente coperto da tende in velluto rosso; si guardò in giro. Intorno era come se ci fossero delle piccole stanze per l’osservazione, era in una specie di vecchio teatro.

- Finalmente sei arrivato moccioso d’acciaio! Mi stavo stancando di aspettare.- Ed si voltò verso la voce irritante che conosceva bene. Envy lo attendeva con le braccia conserte sul palco. - Sloth hai altro da fare, puoi lasciarci.- La donna sparì in pochi secondi, proprio come le era stato ordinato.

- Envy!!!!- Ed lo gridò senza volerlo. Era stanco ed estremamente frustrato.

- Non serve gridare nanetto, guarda che ci sento benissimo.- Scese dal palco con un solo salto e iniziò ad avvicinarsi indicandogli di guardare bene dove stava mettendo i piedi. Ed abbassò lo sguardo, sul pavimento era disegnato un grande cerchio alchemico a sette punte, lo stesso che avevano usato per la trasmutazione di Riza in ospedale, con qualche leggera differenza.

- Cosa vuoi da me Envy? Dov’è Winry?-

- Oh, lei non è più affar tuo nano. Piuttosto pensa a quello che devi fare.-

Ora gli era vicinissimo, così tanto che Ed poteva sentire il suo respiro sul collo, mentre ad Envy prudevano terribilmente le mani, voleva prendere a pugni quella faccia, che tanto somigliava a quella di un uomo che lui odiava forse più di Ed.

- Che vuoi che faccia? Che diavolo vi siete messi in mente?-

Per  Envy, sentirsi rispondere il quel modo era troppo e non resistette, strinse il pugno colpendolo al viso. Ed stramazzò a terra reggendosi la mandibola e spuntando sangue. Envy lo prese per il colletto tirandolo su e guardandolo con rabbia.

- Fa scendere un po’ la tua arroganza tappo, qui sono io che dirigo il gioco e tu fai quello che io dico, così è sempre stato.-

Ed rispose con un calcio, scacciandolo da lui e rialzandosi. Batté  i palmi delle mani, passando poi sull’auto- mail per creare una specie di lama.

- Buono, buono barattolo! Se ti scaldi così ora, non avrai forze per quello che devi fare. Abbiamo in custodia non solo la donna del Flame Alchemist, ma anche il tuo caro fratellino, quindi vedi di collaborare.-

- Come siete arrivati anche ad Al, gli avevo detto di rimanere fermo?-

- Vedi, il caro fratellino era in pensiero per te, ho mandato Wrath a prenderlo e lui lo ha seguito senza fare storie.-

Envy aveva colpito nel segno, Ed sembrava essersi calmato e pronto ad ascoltarlo.

- Dov’è Al adesso?-

- Wrath!!- Gridò Envy al vuoto e in quel momento il ragazzino comparve da un angolo tirando verso il basso una leva in legno e indicando di guardare in alto. Ed alzò lo sguardo verso il soffitto, attaccato ad una corda c’era l’armatura di Al, gli arti erano stati staccati e agganciati alla stessa corda. In quello stato era impossibilitato a muoversi.

- Fratellone mi dispiace!- Gridò Al da sopra, ad Ed giunse la sua voce ovattata dall’eco del salone e molto debole.

- Quello che devi fare caro Fullmetal tappo è una trasmutazione, come quella che ti abbiamo chiesto nel laboratorio numero cinque. Qui sotto ci sono i tuoi sacrifici e tutta l’acqua rossa di cui hai bisogno, ogni cosa è al suo posto. La volta scorsa ti sei emozionato vedendo in faccia i sacrifici, ma questa volta è diverso, non credi?-

- Envy sei un bastardo, non farò mai una cosa simile!-

- Non ti importa di tuo fratello? Non sai neanche chi siano i tizi chiusi li sotto, mi spieghi dov’è il problema?-

- Io non posso uccidere tutte quelle persone…-

Come risposta ebbe solo una triste risata da parte di Envy, l’homunculus lo colpì di nuovo alla sprovvista, facendolo capitolare a terra. Questa volta era stato ancora più feroce e non appena cercò di rialzarsi, Ed sentì uno strano scricchiolio alle costole, che gli mozzò il respiro.

- Envy! Se fai così lo ammazzi prima del tempo.- L’invidia si voltò di colpo a quella voce, sul palco da dove era sceso lui poco prima, c’era la figura di quella persona. Aveva indossato un vestito nero con un velo che le copriva il viso, in mano reggeva un pugnale vecchio stile e teneva per i capelli una ragazza bionda. La costrinse ad inginocchiarsi davanti a lei e le fermò la lama proprio sul collo, Envy la sentì lamentarsi per il trattamento brusco.

- Che diavolo significa questo? Perché l’hai portata qui?- Gridò Envy preso dalla rabbia, Ed volse lo sguardo verso ciò che succedeva ed incontrò il viso di Winry, pallido e spento.

- Se non vuole farlo per il fratello, vediamo se lo fa per la persona che è venuto a salvare.-

Ed provò a chiamare il nome della ragazza, ma il colpo di Envy gli strozzò le parole in gola.

- Vedi mio caro, questa ragazzina non sta molto bene e tu non hai neanche molto tempo. Adesso ha perso la vista, tra un po’ non riuscirà neanche più a parlare.-

In quel momento Envy fu travolto dalla rabbia di prendere a calci quella persona, ma non poteva farlo e cercò di non badare a Winry.

- Ora che rispondi Fullmetal, vuoi che la uccida davanti ai tuoi occhi?- La donna vestita di nero tirò ancora di più indietro la testa della ragazza, procurandole un leggero taglio sul collo, Ed vide alcune gocce di sangue scorrerle in basso e morire tra i seni, scoperti dalla vestaglia.

- Smettila!- Gridò Ed, accorgendosi che la ragazza aveva sentito la sua voce e si era leggermente agitata, eppure il nome che invocò non fu il suo, il ragazzo la vide muovere le labbra, ma da quella distanza non riuscì a cogliere cosa stesse dicendo, aspettò quindi che la donna riferisse ogni cosa.

- Envy, la ragazzina ti sta chiamando, vuole che tu non faccia del male al figlio di Hoheneim. Non so, dice che è una promessa.-

- Che significa questo?- Forse non era così, forse quella donna si stava semplicemente prendendo gioco di lui, eppure sapere che lei poteva solo aver pronunciato il nome di Envy anziché il suo, lo infastidiva. Di certo non poteva immaginare che lei temesse di chiamarlo, aveva imparato a conoscere l’homunculus e sapeva che se solo avesse invocato il nome di Ed lui si sarebbe arrabbiato e gli avrebbe fatto del male, eppure così facendo feriva entrambi.

- Basta con questa falsa, cerchiamo di non perdere altro tempo.- Irruppe Envy esortando a fare come gli era stato ordinato. - Hai tutto ciò che ti serve, quindi procedi o perderai entrambi.-

 

Il vicolo che stavano percorrendo sembrava diventare sempre più stretto, Mustang e Fury facevano fatica a muoversi, per di più si respirava a malapena. Si fermarono per riprendere fiato un secondo, appoggiandosi alle pareti.

- Colonnello non le sembra tutto troppo strano… da un po’ c’è un odore particolare che mi sta dando fastidio e…- Si bloccò di colpo e senza dire altro, tirò fuori la pistola, mirando alla cieca davanti a lui. - Ho sentito un rumore sospetto, sembrano come… sembrano passi trascinati…-

Anche Mustang si mise in ascolto, teso come una corda di violino, se li avessero attaccati in quel luogo così stretto, lui non avrebbe potuto utilizzare l’alchimia, il pericolo di far esplodere tutto era grande.

- Non tema colonnello, non sono bravo come il tenente Hawkeye, ma ho una buona mira.-

- Non ne dubito sergente maggiore, mi fido…- In quel momento sentì anche lui gli stessi passi trascinati a forza, poi un odore nauseante di carne putrida diede entrambi allo stomaco.

- Mio dio è rivoltante!- Sbottò Fury trattenendo un conato a fatica. La via si riempì di strani rumori gutturali, come versi di animali, sembrava di essere in un film horror, in cui improvvisamente sbuca il mostro. Infatti fu proprio così. Quando Mustang alzò la torcia verso il corridoio incrociò figure deformi che avanzavano verso di loro, una sorta di zombi mutati, chimere di persone defunte.

- Come è possibile fare una cosa simile?- Fury non ebbe risposta, Mustang non avrebbe saputo come rispondergli. In quel momento percepirono in lontananza il rumore di spari, anche gli altri avevano incontrato qualcosa di molto simile a quell’orrore che avevano davanti agli occhi.

Mustang si preparò con i guanti alchemici, cercando di concentrare le fiamme in punti ben precisi ed evitare danni a loro o alla struttura. Schioccò le dita ripetutamente, ad uno ad uno quegli strani esseri prendevano fuoco o cadevano sotto i colpi del sergente Fury.

- Quante munizioni hai?- Domandò Mustang schivando una chimera prima che potesse afferrarlo.

- Abbastanza per ora, mi chiedo se siano come gli zombie dei film?- mirò alla testa di un secondo, facendolo stramazzare a terra.

- Non ho intenzione ne di chiederlo ne di sperimentarlo.-

In quel momento Fury fu afferrato per una gamba e tirato giù come un sacco, Mustang fece esplodere la testa di quell’obbrobrio appena in tempo, ma non si accorse che qualcosa stava arrivando alle sue spalle.

- Colonnello!!-

 

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Capitolo 22
*** 22. Doppia trasmutazione ***


22. Doppia trasmutazione

 

Armstrong non era il tipo da tirare le cose per le lunghe, aveva messo al tappeto una ventina di quelle chimere orribili, cercando di capire come fossero state create. Alcune avevano parti intere di animali, altri invece avevano un corpo simile a quello umano, ma si comportavano come bestie senza contare che la maggior parte erano solo cadaveri che camminavano. Non avvertivano il dolore delle ferite e bisognava metterle fuori gioco con un colpo preciso. Falmann se la cavava molto bene con la pistola e il fuoco di protezione, che concedeva allo Strong Alchemist, era molto utile.

- Dovreste sentirvi onorati di sperimentare l’alchimia artistica tramandata da generazione in generazione dalla famiglia Armstrong!-

- Con tutto il rispetto maggiore, ma non credo che a loro interessi.-

- Ma interessa me!- Il maggiore sfoderò tutto lo splendore del suo corpo, meravigliandosi che quelle chimere non svenissero davanti alla sua enorme ed esuberante bellezza. - Io comincio a stare un po’ stretto!- Detto questo colpì con forza la parete alla sua destra aprendo un grande varco e connettendo, tra loro, la via che stavano percorrendo e quella che Havoc e Breda avevano preso. Anche loro erano in difficoltà, sparavano a raffica cercando di fermare quell’orrenda ondata, ma sembra tutto inutile.

- Maggiore splendida entrata!-

- Grazie sottotenente Havoc, credo di aver dato il meglio di me!-

- Maggiore! Crede di poterci ricongiungere anche con il colonnello?- Chiese Breda prendendo una chimera per il braccio e usandola a mo di spolverino, mentre il maggiore si concentrava per capire se potesse aprire un secondo varco. Tastò la parete del cunicolo con molta cura e attenzione, nonostante la situazione.

- No, questo cunicolo non è collegato con quello preso dal colonnello! Qui la parete è piena rischierei di far crollare tutto!-

Le imprecazioni del sottotenente furono coperte da una decina di spari continui, ma ora dovevano occuparsi di uscire il più presto possibile da quella situazione.

 

Era stato colpito alla sprovvista, ma non era stata una chimera a ferirlo. Il colpo era venuto netto e preciso facendogli perdere i sensi in pochi secondi. L’ultima cosa che ricordava erano state le grida di Fury. Si alzò lentamente tenendosi la testa dolorante. Era stato portato in una strana stanza dalle mura in pietra, fredde come il ghiaccio.

- Certo che gli umani sono prevedibili, vero mamma?-

- Si Wrath, ma smettila di chiamarmi mamma.-

Cercò di concentrarsi sulle voci che lo avevano attirato, scorse una donna dal lungo vestito nero e un bambino che gli scodinzolava intorno.

- Dove sono?- chiese biascicando qualche altra parola, ma era ancora molto stordito dal colpo ricevuto.

- Ben sveglio Flame Alchemist, ti conviene aprire gli occhi e darti un’occhiata intorno.- Roy fece come gli era stato ordinato, davanti a lui c’era una grande prigione in cui erano rinchiusi molte persone, sotto di loro un grande cerchio alchemico a sette lati. Sapeva cosa significava tutto quello, ma lo temeva come non aveva mai temuto nulla nella sua vita.

- Volete che faccia una trasmutazione?-

- Sei perspicace! Vogliamo proprio questo, ma in cambio riceverai qualcosa, non siamo così egoisti.-

Wrath si spostò impedendo a Mustang di vedere dove stesse andando e tornò poco dopo trascinandosi dietro il corpo di una donna.

- Riza…- al suono del suo nome la donna spostò leggermente la testa nella sua direzione, ma non gli rispose. Non cambiò minimamente espressione nel vederlo.

- Non capisco come mai, ma io me la ricordavo più combattiva, invece non ha mai detto una parola da quando Envy l’ha portata qui.- Wrath la stava esaminando come fosse un giocattolo e lei si lasciava manovrare. Solo in quel momento Roy scorse il calcio della pistola di Fury appeso alla cintura dei pantaloncini del bambino.

- Che avete fatto al sergente Fury?-

- Oh quell’altro tizio lo abbiamo chiuso con questi, servirà anche lui come ingrediente.- Mustang spostò nuovamente lo sguardo verso i prigionieri, erano tutti ridotti allo stremo e anche per questo nessuno si lamentava o cercava di dire qualcosa, tra loro scorse il viso di Fury, era ancora privo di sensi appoggiato in un angolo della prigione.

- Ingredienti per cosa? Volete creare la pietra filosofale usando tutte queste persone, ma è una follia!-

- Queste e un altro centinaio circa!- rispose Wrath lasciando in malo modo la donna. Riza ricadde priva di forze a terra, senza emettere un solo lamento. Roy non riusciva neanche a guardarla in quello stato.

- Non hai molto tempo Flame Alchemist, i tuoi compagni verranno uccisi dalle chimere tra poco, ma possiamo concederti qualche minuto con la donna, tanto in queste condizioni non andrà lontano.- Sloth ordinò a Wrath di far avvicinare Riza al colonnello, il bambino obbedì sorridendo, come se fosse felice che la donna gli avesse dato un ordine. Lasciò Riza a pochi centimetri da lui rimanendo ad osservare la scena. Mustang si avvicinò e provò a toccarla, ma lei sussultò come se non volesse.

- Riza…Mi riconosci?- Allungò la mano verso il suo viso, notando che anche i guanti alchemici gli erano stati portati via, in quelle condizioni e con Riza priva di coscienza non poteva che obbedire a loro. Le prese la mano baciandola leggermente, senza spaventarla. Lei lo lasciò fare, ma in un certo senso non se ne era neanche accorta di averlo così vicino. - Mi dispiace… è solo colpa mia se sei in questo stato…-

- Se la vuoi salvare devi creare la pietra con queste persone. Tu non sei uno sciocco come Edward e lo farai, infondo hai già ucciso senza motivo, sei un alchimista e un soldato.-

Mustang volse ancora lo sguardo verso le vittime, non si muovevano e nessuna di loro sarebbe vissuta ancora a lungo, erano persone dimenticate da tutti, nessuno avrebbe sofferto se fossero sparite. Riza al contrario era importante, per lui e per molte altre persone. In guerra aveva ucciso molta più gente di quelle e le colpe di cui si era macchiato erano anche peggiori, se fosse servito per lei lo avrebbe fatto.

- Liberate Fury da lì ed io farò quello che volete.-

 

Envy lo aveva costretto a inginocchiarsi davanti al cerchio alchemico, lo aveva picchiato e lui non aveva reagito minimamente. Dal palco quella persona guardava ogni cosa compiaciuta di quello che sarebbe di lì a poco successo. Tutto stava andando come lei voleva. Davanti ai suoi occhi il figlio di Hoheneim e al piano inferiore il Flame Alchemist, insieme avrebbero avuto la forza necessaria per creare una nuova pietra filosofale, c’erano tutti gli ingredienti. Nessuno dei due alchimisti si rendeva conto di quante persone avesse rinchiuso in quelle prigioni e ognuna di loro era collegata, in modo da entrare a far parte della trasmutazione. L’acqua rossa scorreva nelle tubature di tutto l’edificio, tonnellate di acqua rossa per dar forza all’alchimia. Avrebbe così ottenuto ciò che voleva, la vita eterna e un nuovo corpo in cui vivere, quello che utilizzava in quel momento stava deteriorando a vista d’occhio.

- Che diavolo stai aspettando? Vuoi muoverti a procedere, mi sono stancato di aspettare!-

- Fratellone non farlo, non ascoltarlo!- Dall’alto Al cercava di raggiungere suo fratello come poteva, ma Ed sembrava stanco. Non aveva più combattuto da quando quella donna aveva detto quelle cose di Winry, non aveva reagito minimamente alle percosse di Envy e ora sembrava una marionetta nelle mani dell’homunculus.

- Fratellone!-

- Ed non farlo!- Solo il suono del suo nome, gridato da lei lo fece destare. Envy si voltò di scatto verso il palco, tremava come una foglia, lei lo aveva chiamato dopo tanto tempo. Era riuscita a raccogliere le ultime forze scacciando la donna, ma non riuscendo a vedere dove si muoveva, era precipitava dal palco. La caduta era stata forte e il colpo ricevuto la fece stare molto male, iniziò a tossire convulsamente macchiandosi di sangue il viso.

- Win…-

- Winry!- Nel momento in cui Ed la stava chiamando, Envy era scattato verso di lei ad una velocità sovrumana e in pochi secondi l’aveva raggiunta, stringendola tra le braccia e controllando i danni della caduta. Ed li osservava e in quel momento era come se gli mancasse l’aria per respirare, era cosciente del fatto che lei sapesse che al suo fianco c’era quell’homunculus, ma non ne era per nulla spaventata, al contrario si era aggrappata a lui con forza.

- Sei una stupida! Se ti agiti in questo modo peggiori la situazione.-

- Mi… avevi promesso che non gli avresti fatto del male…- faticava a parlare e nonostante lui le stesse chiedendo di non fare altri sforzi, lei non lo ascoltava, sembrava arrabbiata.

- Queste non sono cose che io posso scegliere… senza contare che la promessa è venuta meno ora… tu lo hai chiamato!-

- Allora uccidimi e facciamola finita con questa falsa… in fondo al mio cuore non ho mai smesso di aspettarlo…- Nonostante il dolore che stava provando in quel momento, nonostante tutto quello che era stata costretta a sopportare, era riuscita ad essere forte, li in mezzo era sicuramente la migliore di tutti.

Envy strinse le mani intorno al collo della ragazza e lei chiuse gli occhi, da lontano Ed provò a fermarlo, ma l’invidia lo bloccò prima che potesse fare una sola mossa e allontanarsi dal cerchio.

- Prova ad avvicinarti e le spezzo il collo con un solo gesto! Sarai contento vero? Ti fa piacere?!-

- Envy lasciala andare!- gridò di rimando, ma il tono con cui lo aveva detto non era neanche paragonabile a quello usato dall’homunculus. Era arrabbiato, forse deluso o triste, non era abituato a tutti quei sentimenti e non sapeva neanche controllarli.

- Muoviti tappo, in queste condizioni mi basta davvero poco per ammazzarla!-

Ed battè le mani richiamando l’attenzione della donna, la vedeva impaziente, fremeva al solo pensiero che era bastato davvero poco per farlo cedere. Envy al contrario non si voltò neanche, rimase fermo a fissare la ragazza che aveva tra le mani, non aveva stretto la presa, ma le sue labbra erano diventate violacee e respirava in modo troppo irregolare.

- Dimmi di non ucciderti!- gli chiese in preda a un turbinio di emozioni che lo rendevano forse più pazzo di quanto non fosse in realtà.

- Fermalo…- rispose a fatica, non si sforzava neanche di aprire gli occhi, tanto ormai la vista se ne era andata da tempo, riusciva solo a sentire la sua voce a stento e quelle mani gelide su di lei ancora una volta. Provò ad allungare un braccio verso di lui, strinse un lembo della sua maglietta e si tirò su a forza, Envy allentò la presa non riuscendo a capire cosa volesse fare. Se la ritrovò tra le braccia, con il viso sul suo petto, lo stringeva con quelle poche forze che le erano rimaste. - Fermalo ti scongiuro…- Envy spostò lo sguardo verso il biondino, aveva le braccia tese in avanti, le mani stavano per toccare il cerchio alchemico.

 

Si era inginocchiato a terra, Wrath aveva ripreso in custodia Riza e si era riparato in un angolo della grande stanza aspettando che lui compisse la trasmutazione. Avevano liberato Fury e legato accanto alla donna, proprio come gli era stato chiesto. Non doveva essere un elemento importante se ci avevano rinunciato tanto facilmente, questo gli fece capire che oltre a quelli che aveva davanti ce ne erano molti altri. Ad ogni modo non poteva esitare, quelle persone sarebbero alla fin fine morte comunque, mentre lui voleva salvare la donna a cui probabilmente aveva rovinato la vita. Allungò le braccia in avanti, pronto a poggiare le mani sul grande cerchio alchemico…

- Muoviti alchimista… non abbiamo tempo…-

 

Erano riusciti ad arrivare molto avanti, le chimere avevano perso forza o forse loro si erano abituati a farle fuori in poco tempo. Erano giunti davanti ad una porta immensa costruita in ferro molto spesso, all’interno non si sentiva nessun rumore. Armstrong poggiò le mani sulla porta cercando un punto dove potesse aprire un varco per passare, prima che le chimere li raggiungessero. Erano tutti salvi a parte qualche leggera ferita e ammaccatura, ma erano stanchi e a corto di munizioni.

- Muoviti alchimista… non abbiamo tempo…-

Quando da dentro, Armstrong sentì quella voce, non perse più tempo, preparò un colpo potente con i suoi guanti speciali e colpì la porta facendola cadere in avanti…

 

… eppure in quel momento qualcosa fu attivato, delle mani furono poggiate sul grande cerchio alchemico… una luce rossa investì tutti i presenti… grida di dolore e sangue versato…

 

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Capitolo 23
*** 23. Dolore ***


Scusate il ritardo, ma sono andata in vacanza, ben due settimane senza internet, oddio che incubo!!! Spero che il capitolo vi piaccia e prometto di aggiornare presto, un saluto a tutti ciao ciao

 

23. Dolore…

 

La stanza si era riempita di un bagliore rosso accecante, nonostante lui non avesse ancora toccato il cerchio alchemico, qualcosa si era attivato automaticamente. Le grida delle persone all’interno della prigione gli ferivano le orecchie, senza contare il colpo improvviso che era giunto dalla porta, ora completamente sfondata. Era difficile tenere gli occhi aperti a causa di quel bagliore, le pareti tremavano violentemente e lui ne approfittò per tirare fuori il secondo paio di guanti dimenticati a causa della tensione, li infilò in pochi secondi e cercò nel trambusto il viso di lei.

- Colonnello Mustang!- la voce baritonale del maggiore Armstrong lo fece voltare verso destra, senza rendersi conto di nulla si ritrovò in braccio al nerboruto uomo, che cercava di portarlo via da quel luogo.

- Mi metta subito giù, devo salvare Riza!-

- Il tenente è qui? Non la vedo da nessuna parte!- rispose lui iniziando a cercarla in ogni dove. Da lontano udirono le voci di Wrath e Sloth che cercavano di andarsene, neanche loro sapevano cosa stava succedendo.

- Mamma, non doveva andare in questo modo! Deve essere successo qualcosa al piano di sopra!- Non ricevette risposta dalla donna, ma in quel momento il maggiore fu bloccato da un’ondata d’acqua gelida simile ad uno schiaffo. Capitolò a terra facendo cadere anche Mustang. Il colonnello corse nella direzione in cui aveva visto la donna poco prima e iniziò a cercarla freneticamente.

- Riza! Dove sei, ti prego rispondimi!- Nel trambusto di grida e rumori non fu in grado di capire se avesse risposto, ma non volle demordere. Come se non bastasse, anche le chimere li stavano raggiungendo, Armstrong aveva dato l’ordine agli altri di rimanere di guardia alla porta e sparare a vista a chiunque si avvicinasse, infatti in poco tempo oltre al trambusto si era unito il rumore degli spari.

- Wrath, uccidila subito! Nessuno deve scappare da qui!- questa volta era stata Sloth a gridare, nonostante il suo tono di voce fosse sempre stato pacato e debole. Mustang avvertì il rumore di uno sparo lontano dagli altri e si diresse in quella direzione senza pensarci. Scorse la figura del bambino che si divincolava, qualcuno gli aveva impedito di sparare nella direzione giusta.

- Fury!- gridò Mustang riconoscendo la figura del soldato. Il sergente fece volare via la pistola dalle mani del bambino, ma la forza dell’homunculus era superiore e il povero soldato fu sbalzato via senza troppi problemi. Mustang intervenì appena in tempo, fece schioccare le dita in direzione del moccioso, che subito prese fuoco, ma non appena le fiamme si estinsero il bambino tornò normale in pochi secondi.

- Brutto idiota, pensi che basti questo per far fuori uno come me!- Lo vide avvicinarsi velocemente, provò a ferirlo di nuovo, ma era tutto inutile. Poi uno sparo, preciso e sicuro, colpì Wrath alla testa facendolo cadere all’indietro. Mustang concentrò la vista in direzione dello sparo e la vide. In ginocchio in un angolo della stanza, la pistola ben salda nelle mani, la mira come sempre perfetta, aveva dato loro qualche minuto in più.

- Riza…-

- Colonnello!- la donna sparò di nuovo non appena vide il bambino rialzarsi da terra. Sapeva di non poterlo uccidere, ma in quel modo poteva fermarlo anche di poco. Il colonnello si avvicinò a lei in fretta, Hawkeye non si mosse, tenendo ben ferma la mira verso l’homunculus.

- Quando ti sei ripresa?-

- Quando l’ho sentita gridare e ho visto la pistola accanto a me, ho come avuto l’istinto di proteggerla colonnello, mi dispiace per tutto quello che ho…- Non finì, non ne fu capace. Mustang l’aveva presa dietro la nuca e tirata verso di se, baciandola con foga. Lei aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa, ma il suo cuore stava esultando dalla felicità. Nonostante tutto non si distrasse, non appena vide Wrath rialzarsi gli sparò di nuovo, staccandosi da lui a malincuore.

- Dobbiamo andare, al piano di sopra c’è Edward e Winry, sono in pericolo.- riferì lei alzandosi e facendo segno al colonnello di seguirla.

- Credi sia stato lui ad attivare la trasmutazione?-

- Probabilmente, dato il fatto che nessuno a parte il bambino può utilizzare l’alchimia. Conosco la strada, mi segua…-

Mustang chiamò a gran voce gli altri verso di se, vide per primo il maggiore che cercava di sfuggire ai colpi di Sloth, baciato fradicio, faticava persino a rimanere in piedi. Riza mirò in direzione della donna, colpendola con precisione e facendola stramazzare a terra. Accorsero anche gli altri del gruppo, felici di vederla sana e salva. Riza li condusse attraverso una porta e la chiusero dietro di loro. Armstrong la bloccò con l’alchimia.

- Non abbiamo più molte munizioni e quelle chimere sono tantissime!- fece Havoc gettando la pistola ormai inutile. - Tenente, sono felice di rivederla.- Riza gli sorrise di rimando, era molto stanca, ma cercò di non dare a vedere a nessuno il suo stato, infondo anche loro erano molto provati. La donna li condusse per un lungo corridoio fino a sbucare davanti ad una scala in legno, alquanto cadente. Al termine si trovarono davanti ad una porta, dall’altra parte c’era molto rumore soprattutto molte grida.

- Winry!!!-

Nonostante il nome gridato fosse quello della ragazza, la voce non sembrava quella di Edward.

 

La stringeva ancora tra le braccia quanto tutto ebbe inizio. Nonostante le grida del fratello, Ed aveva attivato il cerchio e la stanza si era riempita di una luce accecante, il pavimento aveva iniziato a tremare pericolosamente e lui non si era reso conto di quello che stava succedendo. Lei lo aveva pregato di fermare il piccolo alchimista e per un attimo aveva ceduto a quella supplica, solo che quella persona se ne era resa conto molto prima e lo aveva fermato, o per lo meno aveva fermato la responsabile di quel cedimento. Era scesa dal palco senza farsi vedere ed era sbucata alle spalle della ragazza quando aveva abbracciato l’homunculus, alzando il pugnale e colpendola con forza tra le scapole. Lei si era accasciata priva di forze sul corpo dell’invidia, il sangue fuoriusciva dalla ferita forse troppo lentamente, ma bastava per farle perdere conoscenza.

- Winry!-

Envy aveva gridato il suo nome con rabbia, come se fosse arrabbiato più con lei che con quella persona che l’aveva colpita.

- Sei solo un peso Envy, in queste condizioni non mi servi.- Senza preoccuparsi minimamente di lui, quella donna si voltò verso il cerchio alchemico aspettando con ansia di veder comparire la sua agognata pietra filosofale, ma una volta che la luce si fu ridotta e il fumo prodotto dalla trasmutazione abbassato, non vide nulla se non un enorme cratere sul pavimento.

- Che diavolo significa questo? Dov’è la pietra, maledizione?-

Edward era steso a terra privo di sensi, dall’alto Al si agitava come poteva per cercare di raggiungere suo fratello, la corda vibrava terribilmente e il tremore della terra era ancora pericoloso.

Quando il gruppo di militari entrarono a forza nel salone, si trovarono davanti una scena terribile. Envy teneva tra le braccia la ragazza coperta di sangue, non si era mosso da quella posizione ne cercava di soccorrerla, sembrava non capire cosa stesse succedendo. Riza fu la prima a correre in suo soccorso, per nulla intimorita dalla presenza dell’homunculus. Lo scansò da lei con una spinta e la fece voltare per esaminare la ferita, era profonda, ma la ragazza respirava ancora. Senza pensarci oltre si tolse la camicetta e iniziò a tamponarle la ferita, Mustang si avvicinò a lei togliendosi la giacca e coprendo il tenente come poteva.

- Respira ancora, ma è molto debole… ha bisogno di un dottore, dobbiamo andare via.-

- Voi…- la voce di Envy li fece voltare verso di lui, si era alzato tenendo la testa bassa, anche la sua voce era mutata, roca e piena di una strana e innaturale rabbia. - Voi… non me la porterete via!- Riza passò la ragazza nelle mani di Mustang e puntò la pistola verso l’homunculus.

- La colpa è tua, sta male per colpa tua! Ricordo tutto quello che mi raccontava, come la trattavi, perché allora hai permesso questo?-

- Io non ho fatto nulla, non c’entro con questo!- Envy si lanciò sulla donna con furia, sbattendola a terra e stringendole il collo.

- Tu… sei innamorato di lei… ammettilo!- Riza lo scacciò con le gambe, ma la forza del ragazzo era cento volte superiore alla sua e non riuscì ad allontanarlo di molto, lui tornò all’attacco con più forza.

- Innamorato? Non farmi ridere, io non sono umano e non provo questi sentimenti!- Fu Mustang ad agire, prese il ragazzo per il bacino sbattendolo dalla parte opposta alla donna, la aiutò a rialzarsi chiedendole se stava bene. Riza annuì poco convinta, ancora pochi minuti e l’avrebbe strangolata senza rendersene conto.

Nel frattempo Armstrong si era adoperato per far scendere Al dal soffitto, aveva tagliato la corda con un proiettile di pietra e lo aveva preso al volo, provando a riattaccargli gli arti come poteva e cercando di non danneggiare il simbolo di sangue, che legava l’anima del ragazzo all’armatura, con l’alchimia.

- Mi dispiace, ma meglio di questo non posso, serve Ed!- Si scusò il maggiore, anche se non ce ne era bisogno. Entrambi provarono ad avvicinarsi al ragazzo privo di sensi poco lontano, ma la donna vestita di nero sbarrò loro la strada creando un muro dal pavimento. Solo a quel punto Havoc e gli altri cercarono di tenerla buona puntandogli contro le pistole, ma non bastò a spaventarla. A gran voce, la donna invocò il nome di Gluttony e l’homunculus obeso comparve dall’alto scaraventandosi verso di loro infuriato.

- Divorali! Per colpa loro Lust è scomparsa!- Sembrava una furia, avanzava a bocca aperta sbavando dappertutto, preso dall’ira e continuando a gridare il nome di Lust. A poco servivano le pallottole, quelle a lui non facevano che il solletico.

Al si fiondò sul corpo del fratello invocandolo a gran voce mentre Armstrong si dedicava a tenere a bada quella strana donna.

- Fratellone riprenditi! Fratellone!- La voce del ragazzino usciva da quell’armatura disperata, lo scuoteva leggermente preoccupato che fosse ferito. Poco dopo Ed accennò un movimento, schiuse gli occhi con fatica, trovandosi davanti il fratello minore.

- Al… sei vivo? Che…- come un fulmine gli tornò alla mente quello che aveva fatto. Non era riuscito a resistere e aveva attivato il cerchio alchemico, però qualcosa era andato storto, la trasmutazione gli stava risucchiando tutta la forza e si era staccato all’ultimo momento, eppure le aveva sentite. Le grida di dolore e disperazione delle persone che in quei secondi avevano perso la vita, aveva sentito i loro lamenti nella testa e questo lo stava distruggendo.

- Fratellone che ti prende?- chiese Al spaventato, Ed era sbiancato di colpo, la bocca gli tremava e gli occhi erano spalancati.

- Io… io ho ucciso tutte quelle persone… io ho fatto tutto questo…-

- No, hai interrotto la trasmutazione in tempo. Non sono…- Forse non erano tutti morti, ma alcuni di loro erano stati veramente risucchiati dall’alchimia e questo Al non poteva negarlo. - Non lo hai fatto di tua volontà, non hai colpe.-

Ed si mise in ginocchio guardandosi intorno, Mustang teneva Winry tra le braccia, era sporco di sangue, cercava di fermare Envy insieme a Riza, ma l’invidia aveva perso completamente la ragione. Poco distanti Havoc, Falmann, Breda e Fury cercavano, come potevano, di tenere a bada Gluttony, mentre Armstrong si difendeva dalla donna. Tutto quello per colpa sua… In quel momento nel suo cuore non c’era spazio per altro che non fosse la colpa di cui si era macchiato, non pensava ad altro e il pensiero lo dilaniava, come un cancro.

Ricadde in avanti, piangeva di dolore e Al non sapeva come consolarlo.

- Fratellone… Winry è stata ferita, dobbiamo andare via di qui…-

Winry… quel nome non lo toccava per niente. Lei lo aveva tradito e lo dimostrava la furia di Envy in quel momento, ma forse anche questo era stato per colpa sua.

- Al vattene! Non starmi vicino…-

- Perché fratellone? Che significa questo?- Non riusciva a capire il perché suo fratello si stesse comportando in quel modo, ancora una volta non voleva condividere con lui quello che pensava.

Non rispose, si limitò a spostarsi, sbattè le mani e le poggiò a terra creando un grande cerchio alchemico. Al lo riconobbe subito, era quello che serviva per sigillare gli homunculus. Ed si sistemò al centro del cerchio, allargò le braccia e chiamò il nome di Envy a gran voce. L’homunculus lo sentì e bloccò l’attacco che voleva scagliare contro il colonnello, si voltò verso il ragazzo e sorrise, un’espressione maligna che non stava a preannunciare nulla di buono.

- Proprio te volevo! Edward!- L’invidia si scagliò contro di lui senza rendersi conto del cerchio alchemico, troppo preso dalla rabbia e dalla furia di scontrarsi con l’oggetto della sua invidia. Ed modificò l’auto-mail per formare nuovamente una spada e lo attese. Neanche la voce di quella donna, che fino a quel momento aveva avuto il massimo controllo su di lui, riuscì a fermarlo. Envy correva a perdi fiato, gli si scagliò contro e Edward lo colpì allo stomaco con la lama, la ferita non era nulla, al contrario Envy sorrise avvicinandosi di più al viso del ragazzo.

- Che credi di fare pezzo d’idiota! Non hai nulla con cui sigillarmi, non hai ne pezzi del mio vecchio corpo ne la forza necessaria…-

- Forse è vero… ma posso ucciderti tante volte quante sono le pietre che hai dentro di te.-

- Ancora più stupido, io ho quasi quattrocento anni, credi di avere abbastanza forza per uccidermi tutte quelle volte!- Con una mossa veloce Envy riuscì a rompere la lama liberandosi dalla presa del Fullmetal e gli saltò addosso facendolo sbattere contro il terreno, Ed fece appena in tempo ad attivare il cerchio impedendo ad Envy di uscire. Iniziarono a picchiarsi come due bulli, Ed lo prendeva a pugni e ad ogni colpo Envy cambiava aspetto, prendendosi gioco di lui.

- Sai è stato divertente giocare con la tua ragazza, non puoi immaginare quante volte me la sono spassata mentre tu eri occupato a fregartene altamente di lei…-

- Bastardo! Non voglio neanche sentirti!- Lo colpì di nuovo con l’auto-mail cercando di fargli più male possibile. - Non credo ad una parola di quello che dici!-

- Fai male, in tutto questo tempo non ti ha mai cercato. Abbiamo dormito insieme, abbiamo fatto l’amore ogni volta che ne avevo voglia e non si è mai tirata indietro… Mi sono divertito che neanche immagini!-

- Piantala!-

 

Mustang era corso ad aiutare gli altri alle prese con l’homunculus obeso, la donna vestita di nero era sgattaiolata via in pochi secondi senza che nessuno se ne accorgesse. Roy aveva lasciato Riza con Winry, la ragazza era in gravi condizioni. Stretta tra le sue braccia la sentì muoversi leggermente.

- Ferma Winry non devi muoverti ora che il sangue ha smesso di uscire.-

- E…e…- Riza avvicinò l’orecchio alla sua bocca per cercare di capire cosa stesse cercando di dirle. - … portami li… io…-

- Non sforzarti così, stai tranquilla vedrai che andrà tutto bene.-

- … Envy… Ed… ti prego…- Aveva aperto gli occhi appena, Riza notò che non vedeva nulla, le iridi erano pallide e molto arrossate. Non potè tirarsi indietro, chiamò Alphonse e l’armatura corse da loro per vedere cosa stesse accadendo.

- Tenente, come sta Winry?-

- Devi aiutarmi, riesci a prenderla e portarla da loro senza muoverla troppo.-

- Il maggiore non mi ha attaccato bene le braccia, potrebbe cadere.- rispose lui esaminandosi l’armatura e rendendosi perfettamente conto di non essere in buone condizioni per trasportare una persona ferita.

- Allora lo faremo insieme, stai attento mi raccomando.- Al prese la ragazza da sotto, aiutato dal tenente, che le reggeva la testa e le gambe in modo che non pesasse troppo sugli arti del ragazzino. Coordinarono bene i movimenti, in modo da non farla sussultare e iniziarono ad avvicinarsi al cerchio alchemico. Mustang li aveva notati, ma in quel momento non poteva nulla, si stava praticamente consumando le dita a forza di far bruciare quel mostro, lo stesso valeva per Armstrong, che lo tratteneva a forza e per gli altri completamente esausti.

Avanzavano lenti, ascoltando le grida dei due ragazzi che si picchiavano, Envy rideva continuando a prenderlo in giro, mentre Ed stava perdendo il lume della ragione davanti a quelle parole. Una volta vicini Winry chiese loro di poggiarla a terra, iniziò a strisciare a fatica verso le voci che sentiva.

- Fermati ti prego Winry, riaprirai la ferita!- A nulla servirono le urla di Al o la resistenza di Riza, lei aveva deciso che, in qualche modo, li avrebbe fermati. Avanzava con la sola forza delle braccia, si rese conto di toccare il cerchio alchemico quando sentì le forze venirle meno. Lo stesso fecero i due, voltandosi praticamente nello stesso istante. Vedendola muoversi Envy sorrise e approfittando di un attimo di distrazione di Ed, lo spinse via da se. In quel momento sperava che lei lo chiamasse, in modo da dare fondamento a tutte le cattiverie che aveva detto poco prima, voleva vederlo soffrire davanti ai suoi occhi.

Anche se non poteva vederlo riusciva ad avvicinarsi a lui, guidata da un istinto che solo in quel momento aveva scoperto di avere. Toccò con la mano quella di Envy, era fredda come al solito, quindi sicura che fosse lui.

- Aiutami...- chiese lei con una voce simile ad un sussurro. Lui la tirò a se facendole poggiare la testa sul petto, la strinse guardando Ed con occhi maligni. - Basta… smettila di farti del male… morirò anche io…- Quella frase lo incuriosì, forse non riusciva a rendersi conto che lei era solo un essere umano, che si era già spinta oltre le sue possibilità. In quel momento gli importava solo che lei si fosse rivolta a lui davanti agli occhi di Ed, vederlo soffrire era l’unica ragione della sua vita. Forse per questo non lo vide arrivare, senza che nessuno si rendesse conto Winry aveva recuperato il pugnale con cui quella donna l’aveva colpita, lo aveva tenuto nascosto fino a quel momento e ora lo aveva usato. Con le ultime forze lo aveva conficcato nel petto di Envy, colpendolo alla sprovvista, lui l’aveva lasciata andare e lei era ricaduta a terra, priva di sensi.

Poi tutto accadde in pochi secondi, Al corse a recuperare la ragazza e Ed uscì dal cerchio alchemico. Envy non riusciva neanche a muoversi, non poteva essere ucciso in quel modo, la mossa di quella ragazza era stata inutile, eppure non riusciva a muovere un muscolo del suo corpo. Ed attivò ancora una volta il cerchio alchemico, si sprigionò una luce azzurra molto forte, che fece rigettare all’homunculus le pietre rosse che aveva in corpo. La terra tremò sotto i loro piedi, il pavimento iniziò a frantumarsi in mille pezzi, tutto stava crollando. La voce di Mustang e degli altri in lontananza, le grida di Riza che cercavano aiuto, i passi di Al che correvano a recuperare anche il fratello. Ed si sentì sollevare, era privo di forze, perse in pochi secondi i sensi.

 

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Capitolo 24
*** 24. Voglio vederti ***


Ecco un nuovo capitolo, ringrazio come sempre tutti quelli che lasciano delle bellissime recensioni, mi rendono molto felice

Ecco un nuovo capitolo, ringrazio come sempre tutti quelli che lasciano delle bellissime recensioni, mi rendono molto felice.

In questo capitolo ci sono molti sviluppi e colpi di scena, spero che vi appassioni ed emozioni, come ha fatto con me mentre scrivevo…. (Questi ultimi capitoli sono stati i più difficili….)

Ciao a tutti!!!!

 

24. Voglio vederti

 

Era sera, le strade di Central City erano deserte, nonostante fossero appena le otto. Bussò alla porta rimanendo in attesa che qualcuno gli aprisse. Da dentro sentì la vocina allegra di una bambina che era corsa alla porta senza riuscire ad aprirla. Poi una donna che rideva e le chiedeva di calmarsi. La porta si aprì mostrando il viso gentile di Glacyer con in braccio la piccola Alicia, che non appena vide il visitatore spalancò gli occhi dalla felicità.
- Roy!- gridò a gran voce cercando un abbraccio da lui. Il colonnello fu felice di darle quelle attenzioni, da un po’ di tempo la bambina aveva smesso di vergognarsi in sua presenza, forse da quando aveva iniziato a far visita regolarmente alla madre. - Mi hai portato un regalo?-
- Alicia, non si chiedono queste cose!- la rimproverò la madre, scusandosi con lo sguardo nei riguardi di Roy, ma lui a sorpresa tirò fuori una piccola busta rosa da dietro la schiena e la porse alla bambina.
- Te lo avevo promesso mi sembra, spero che ti piaccia.- Alicia scartò il pacco scoprendo un grazioso gattino di peluche con un grande fiocco rosso sulla testa e due occhi azzurri molto dolci.
- Oh! Bello! Lo chiamerò Roy-chan!- Alicia saltò giù iniziando a correre per casa gridando il nome del gatto.
- Entra Roy, ti stavamo aspettando per la cena.- Glacyer lo fece accomodare in salotto, Roy rimase qualche minuto a fissare le fotografie di Maes sul mobile, fu preso da tanta nostalgia in quel momento, forse nessuno si rendeva conto di quanto gli mancasse il suo più grande amico.
- Dov’è Riza? - chiese Mustang mentre Glacyer iniziava ad apparecchiare la tavola. Da quando quella brutta storia era finita, Riza aveva chiesto alla donna di ospitarla per qualche giorno, almeno fino a che sarebbe stata in grado di tornare a casa sua e lei aveva accettato di buon grado.
- Era sotto la doccia poco fa, credo che scenderà tra qualche minuto.- La donna poggiò i piatti sulla tavola e si avvicinò all’uomo di soppiatto. - Ho saputo come sono andate le cose. Come sta adesso?-
- Io starei allo stesso modo se lo avessi fatto e non ti nego che ci sono andato molto vicino. Se penso che li avrei uccisi pur di salvare Riza, adesso mi sento un miserabile, ma lo avrei fatto comunque. Senza contare che ci sono tante cose che non abbiamo ancora risolto.-
- Mi dispiace per lui, Maes teneva molto a quei ragazzi. Ora però non parliamo di questo, non ti ho invitato a cena per farti demoralizzare.-
- Hai ragione scusami.- Roy gli sorrise cercando di non farle vedere, soprattutto alla bambina che si divertiva a giocare con il peluche, che non era di buono umore.
- Riza mi ha raccontato che tra voi è successo qualcosa…- Roy arrossì di colpo, strano per uno come lui provare imbarazzo per una cosa simile. Era successo tutto in pochi secondi, l’adrenalina, la felicità di riaverla indietro e una miriade di altre emozioni, l’aveva baciata senza pensarci.
- Ecco, … è successo tutto all’improvviso.-
Glacyer sorrise divertita nel vederlo in imbarazzo e tornò in cucina. In quel momento, a parte le grida della piccola Alicia che continuava a chiamare il gatto con il nome di Roy, arrivò anche Riza. Indossava gli abiti di Glacyer, un vestito azzurro che le rimaneva molto aderente. Roy rimase a fissarla per un po’, aveva legato nuovamente i capelli, una specie di segnale che stava ad indicare che era tornata se stessa, ma era comunque molto bella.
- Buonasera colonnello.- Anche se lo chiamava ancora così Roy ne rimase comunque felice, almeno non le aveva fatto il saluto militare, il che era un buon passo avanti.
- Buonasera tenente.- Rispose spostandosi i capelli dal viso, ancora leggermente in imbarazzo. Dalla cucina sentirono all’improvviso la voce di Glacyer che proibiva entrambi di chiamarsi in quel modo.
- A casa mia ci si chiama per nome…- Risero insieme a quella frase, Riza si avvicinò a lui lentamente, e prese ad aggiustargli il colletto della camicia.
- Sempre sbadato come al solito.-
- Forse lo faccio apposta per averti vicino.- Rispose lui, prendendogli la mano tra la sua e facendola avvicinare ancora di più al suo viso. Era così vicina, che tutto di lei gli provocava un mare di emozioni, voleva baciarla di nuovo e lei sembrava non tirarsi indietro.
- Oh mamma… guarda si baciano!-
- Alicia lasciali stare, è una cosa normale quando due persone si amano, non ricordi la mamma e il papà quando stavano insieme?-
Forse un po’ indiretta come dichiarazione, ma alla fine era la semplice e pura verità, quella che per anni avevano tenuta nascosta.
Dopo la cena Glacyer li fece accomodare in salotto, mentre lei sistemava alcuni piatti su un vassoio, Roy la seguì con lo sguardo mentre saliva le scale ed entrava in una stanza chiudendo la porta.
- Non magia?- chiese rivolgendosi a Riza, lei rispose abbassando lo sguardo.
- Non esce dalla stanza, a pranzo al massimo spizzica qualcosa, poi a cena non se ne parla neanche di mangiare. Forse tu potresti fare qualcosa, con me è inutile, non vuole neanche ascoltarmi.-
- Proviamo…-

Attese che Glacyer uscisse dalla stanza, come prevedibile non aveva voluto mangiare nulla. Bussò nonostante la donna avesse lasciato la porta socchiusa, non ricevette risposta, ma entrò comunque.
- Perdonami se entro in questo modo, volevo vedere come stavi.- Cercò di sembrare il più naturale possibile, ma la situazione non lo era per niente. Scorse la sua figura, seduta sul letto, le braccia strette sui fianchi, i biondi capelli legati in una coda alta. Non si mosse neanche quando lui si sedette al suo fianco.
- Winry… ti prego dimmi qualcosa.- Le poggiò delicatamente la mano sulla guancia, stando molto attento a non farle male. Quando erano riusciti a scappare da quel luogo orribile, avevano subito provveduto a portarla in ospedale. I medici le avevano medicato la ferita con una lunga operazione durata tutta la notte e l’avevano sottoposta ad una lavanda gastrica per liberarla dallo strano intruglio che le era stato dato. Era rimasta una settimana in osservazione, ma i medici non potevano fare nulla più di quello. Stava a lei recuperare le forze, la vista sarebbe tornata da sola, il danno era temporaneo, anche se ancora non dava segni di miglioramento. Era debole, bastava anche un piccolo urto per provocarle dolore ed ematomi, per questo si rifiutava di uscire dalla camera. Alla luce della luna che filtrava dalla finestra, sembrava un fantasma, pallida come la morte, gli occhi vacui e parlava a fatica.
- Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi. Io voglio aiutarti, lo sai vero?-
- Voglio vederlo… ma tu non puoi obbligarlo se è lui che non vuole.- Fece scivolare la mano sulla sua spalla, sapeva che soffriva molto per questo. Ed non aveva mai voluto vederla da quando si erano salvati, era come se la credesse morta, per lui non esisteva più, infatti le uniche parole che aveva pronunciato in tutto quel tempo, erano state proprio: “Non voglio vederla… è morta!”
Nessuno, Al compreso, era riuscito a fargli cambiare idea.
- Ed deve riprendersi dallo shock, i medici lo tengono ancora sotto sedativi. Dobbiamo essere pazienti con lui. Però tu devi reagire, perché non ti sfoghi un po’.- Solo in quel momento riuscì a farla muovere un po’, Winry spostò il viso verso di lui, nonostante non potesse vederlo e alzò il braccio, gemette per lo sforzo, i muscoli del suo corpo erano ancora atrofizzati. Poggiò la mano sul suo viso e con il dito ne percorse i lineamenti. Si spostò a fatica verso di lui.
- Sei gelida… perché non ti copri.- La ragazza si appoggiò completamente a lui e lo abbracciò debolmente, solo allora lui provò a donarle un po’ di calore, stringendola senza farle troppo male.
- Io non ho fatto nulla di quello che ha detto Envy, lui non mi ha mai toccata… io non ho tradito Ed, non ho fatto nulla di sleale nei suoi confronti. Volevo proteggerlo e basta, pensavo che se fossi rimasta con Envy lui non sarebbe stato in pericolo, ma non ho fatto altro che pensare ad Ed per tutto il tempo…-
- Lo so, non devi giustificarti con me… Ed ha solo bisogno di tempo e capire cosa prova.- Iniziò a piangere, Mustang potè sentire le sue lacrime bagnargli la camicia e toccargli il cuore. Ora che tutto sembrava essersi concluso, le persone soffrivano ancora di più.
- Il mio cuore ha sopportato di tutto per lui, l’ho aspettato fino alla fine, ma in quei giorni ho creduto davvero che lui non volesse salvarmi. Mi sono sentita sola, avevo paura… Envy mi ha trattato bene, mi ha aiutato quando quella donna mi ha avvelenato, non ha approfittato di me neanche se poteva…-
Continuò così per molto tempo, piangendo e cercando di capire dove avesse sbagliato. Si era appoggiata a Roy e lui in quel momento non si sentiva all’altezza di consolarla, forse perché senza volerlo aveva ricordato di essere lui l’assassino dei genitori di lei. Se non fosse arrivata Riza a sostenerlo forse non ce l’avrebbe fatta. Lei lo prese per mano e poggiò l’altra sulla testa della ragazza, rimanendo ad ascoltare il suo sfogo fino a quando non si addormentò tra le braccia di Roy senza accorgersene…

La prima a svegliarsi quella mattina fu Alicia, la bambina corse in camera della madre saltando sul letto e svegliandola di colpo.
- Alicia che ti prende a quest’ora del mattino?- con la voce ancora impastata dal sonno cercò di calmare la bambina.
- Mamma… mamma… Roy e la signorina Riza dormono insieme, sono tanto carini!-
- Davvero? Allora che ne dici di preparare la colazione ad entrambi e a Winry, scendiamo prima che si sveglino.-
La bambina sprizzava gioia da ogni poro, scese dal letto prendendo con se il regalo che le aveva fatto Roy la sera prima e scese di corsa per le scale andando in cucina. Il trambusto della bambina, che non riusciva a controllarsi, svegliò proprio Roy. Si mosse leggermente, sentendo sul braccio sinistro un piacevole peso. Aprì gli occhi trovandosi davanti il viso addormentato di Riza, la bocca leggermente schiusa e il respiro pesante di chi, ancora, dorme della grossa. Cosa non aveva fatto per poterla vedere serena, proprio come in quel momento. Cercò di svegliarla posandole un leggero bacio sulla fronte. Lei si mosse voltandosi dalla parte opposta e biascicando qualcosa di poco comprensibile. Roy non volle cedere e iniziò a stuzzicarla passandole delicatamente una mano sulla schiena, lei rabbrividì, ma non diede segni di volersi svegliare.
- Mi stai sfidando?- Aggrottò le sopracciglia indignato e scivolò sotto le coperte con un sorriso malizioso dipinto sul viso, anche se ancora leggermente addormentato. Riza sentì su di se le mani di Mustang che la toccavano, ma forse per colpa del sonno non si rese conto di quello che stava facendo e improvvisamente scattò a sedere di colpo, tirando via le coperte e scoprendo il viso dell’uomo acquattato ai piedi del letto.
- Buongiorno! Ci impieghi sempre tanto a svegliarti?-
- Roy! Ero convinta che fosse Hayate, la mattina mi sveglia sempre infilandosi nel letto.-
Mustang raccolse le lenzuola che lei aveva gettato via, risalì fino al cuscino e coprì entrambi, portandosi sopra di lei.
- sono stato già paragonato ad un cane, ma non credevo che facessero certe cose!-
- Ma che hai capito, io intendevo che per svegliarmi mi tocca i piedi!-
- Birichina!- Pur di togliersi quel viso insolente da davanti alla faccia, Riza prese il cucino sbattendoglielo addosso. Iniziarono una piccola battaglia, ma alla fine fu lei a cedere, gettando un’occhiata all’orologio sul comodino.
- Io sono in licenza, ma tu dovresti andare in ufficio. Farai tardi.- Mustang sbuffò e come risposta si infilò nuovamente sotto le coperte girandosi dalla parte opposta alla sua.
- Buonanotte!-
- Colonnello Mustang, le sembra il modo di comportarsi, lei deve dare il buon esempio ai suoi sottoposti!- Rispose con un gesto annoiato della mano, stringendosi poi il cuscino sulle orecchie e tornando a sonnecchiare. Lasciò perdere, tanto sapeva che non sarebbe riuscita a farlo alzare facilmente, se si era impuntato in quel modo. Conosceva il suo colonnello e a volte sapeva comportarsi proprio peggio di un ragazzino.
- Ci rinuncio… vado a farmi la doccia, spero di trovarti vestito o questa volta ti butto fuori dal letto!- Al nominare la doccia, come se avesse ricevuto una scarica elettrica, balzò giù dal letto tirandola con se nel bagno.
- Ma che ti prende?-
- I cani non fanno il bagno da soli…-

Glacyer aveva preparato una colazione abbondante e ne aveva portato un po’ anche a Winry, ma era tornata in cucina con il vassoio ancora mezzo pieno. Finito di mangiare Roy fu il primo ad andare via, era già in ritardo, ma non se l’era sentita di lasciare quella casa prima. Glacyer lo accompagnò alla porta consegnandogli un piccolo cestino, coperto da una tovaglietta a quadri rossi e bianchi.
- Io non posso andare a trovare Edward ora che Winry è con me, non me la sento di lasciarla sola. Ho preparato una torta e qualche panino, potresti portarglieli tu per favore.-
- Certo non preoccuparti. Mi dispiace di essermi fermato qui stanotte, non succederà più, sono stato indelicato. - Rispose lui prendendo in mano il cestino.
- Non dirlo neanche per scherzo, finché Riza rimane qui puoi venire a trovarla e rimanere tutte le volte che vuoi, mi fa piacere aveva la casa piena di persone.-
Si diresse alla macchina e mise in moto salutando la bambina ferma al portone che si sbracciava cercando di mandargli un bacio.
Ci impiegò poco per arrivare al quartier generale, era raro vederlo arrivare senza la divisa, ma non aveva avuto il tempo di tornare a casa a cambiarsi e indossò quella che teneva nello spogliatoio. In ufficio trovò tutti i suoi sottoposti, sembravano essere tornati quelli di sempre, Havoc aveva anche ripreso a fumare come un disperato.
- Quella roba ti ucciderà.-
- Devo recuperare il tempo perduto colonnello.-
Si sedette alla scrivania contemplando la mole di lavoro che lo aspettava, senza Riza al suo fianco non sapeva da che parte cominciare.
- Odio il lavoro d’ufficio, scartoffie inutili.- blaterò per un buon quarto d’ora ancora, ma alla fine riuscì a concentrarsi sul lavoro.
La mattinata trascorse lenta e monotona, Mustang si aspettava di venir chiamato da un momento all’altro dal comandante supremo e essere punito per aver agito di sua iniziativa, ma per ora non era ancora successo nulla. Verso l’ora di pranzo decise di andare a trovare anche Ed. Si fece accompagnare dal sottotenente Havoc in ospedale, Ed era ricoverato da quasi due settimane, era stato chiuso in una specie di isolamento, riceveva solo il fratello e il colonnello, ma raramente faceva entrare qualcun altro, infatti Havoc fu costretto ad aspettarlo fuori.
La struttura era separata dal resto dell’ospedale, c’erano poche stanze e la maggior parte erano vuote. Arrivò davanti alla porta della stanza di Ed, strinse per bene il cestino del pranzo e bussò. Sentì la voce di Al da dentro che chiedeva chi fosse.
- Sono Mustang, posso entrare?- Rimase in ascolto, sentendo Al che chiedeva al fratello il permesso di farlo passare, molto probabilmente Ed rispose con un cenno della testa, visto che Mustang non sentì nulla e poco dopo si trovò davanti l’armatura di Al. Ed non l’aveva ancora sistemata, Roy poteva vedere le suture provvisorie che gli aveva fatto Armstrong, ma in fondo non era neanche colpa di Ed. L’auto-mail era rimasto seriamente danneggiato durante lo scontro e l’unica in grado di poterlo riparare era proprio Winry.
- Vi lascio soli per un po’.- fece Al uscendo dalla stanza, Mustang si accomodò su una sedia osservando il ragazzo seduto sul letto. Indossava uno di quegli orrendi camici ospedalieri, i medici gli avevano rimosso il braccio chiudendo la manica con delle spille. Era pallido, non guardava mai nessuno in faccia e rispondeva a stento, forse a causa dei sedativi che i dottori erano stati costretti a somministrargli per impedirgli di farsi del male. Era capitato più di una volta che tentasse di ferirsi da solo e oltre a tenerlo legato per tutto il giorno, non potevano fare altro che narcotizzarlo.
- Come ti senti oggi? Ti ho portato qualcosa da mangiare, lo ha fatto Glacyer, te la ricordi?-
Fece un semplice si con la testa continuando ad osservare in una indefinita direzione.
- Riza vorrebbe venire a trovarti, te la senti di vederla?-
Questa volta mosse la testa in un no indeciso, ma Mustang se lo aspettava e non insistette.
- Vorresti riparare il braccio? Non è scomodo muoverti in queste condizioni?- Mustang gli parlava dolcemente, il suo tono era calmo e pacato, non doveva e non voleva farlo agitare. Come risposta Ed alzò il braccio sano, mostrandogli la cintura in pelle con cui era legato al letto, stava a significare che non avrebbe potuto comunque muoversi a suo piacimento.
- Se tu ti calmassi un po’, potrei anche convincere i medici a non farti questo. Ed devi collaborare, non hai colpa di quello che è accaduto.-
- Tu però non lo hai fatto…- Anche se poco era riuscito a farlo parlare, aveva toccato il tasto dolente in qualche modo, quello che gli stava accadendo era a causa della trasmutazione che era stato costretto a compiere.
- Lo stavo per fare e lo avrei fatto se non mi avessero fermato, non c’è differenza Ed. Io ho ucciso molte più persone di te e a volte l’ho fatto secondo la mia volontà.-
- Ma ora non sei solo, mentre io ho perso tutto.-
- Questo non è affatto vero! Hai tante persone che ti vogliono bene, ci sono Al, io, Riza, Glacyer e poi c’è Winry non lo dimenticare.-
- Lei è morta!- Solo in quel momento si era deciso a guardarlo in faccia, aveva spostato di fretta il viso verso il colonnello, arrabbiato e deluso da quella frase. - Io ho solo mio fratello, lui è l’unico che non mi tradirebbe mai.-
- Neanche lei ti ha tradito!-
- Non è vero!- Si stava agitando di nuovo, aveva iniziato a tirare le cinghie ferendosi il polso, il viso era tirato in una strana smorfia di ira, somigliava molto ad una persona che aveva detto di odiare.
- Sai a chi somigli in questo momento? Non sei diverso da Envy, hai la sua stessa espressione, ma lui almeno è stato più coerente di te.-
- Vattene!-
Attirato dalle grida del fratello, Al si precipitò nella stanza cercando di bloccarlo come poteva, Ed si dibatteva come una biscia e non si rese conto di colpire anche suo fratello. In quel momento il braccio destro dell’armatura di Al si staccò dal resto del corpo cadendo a terra, solo quel rumore riuscì a calmarlo. Rimase qualche secondo a contemplare quel braccio metallico, come se non lo avesse mai visto.
- Al ti sei fatto male? Mi dispiace tanto, vedrai che appena riparo il braccio ti rimetto a posto.- Iniziò a passare le dita sull’armatura, come per calcolare il danno, poi voltò lo sguardo verso il colonnello, che nel frattempo si era alzato dalla sedia, per aiutare Al.
- Colonnello da quanto è qui? Mi ha portato qualcosa?- chiese osservando il cestino che Mustang aveva poggiato sul pavimento. Lo aveva chiesto sorridendo e Mustang non riusciva a capacitarsi di come riuscisse a cambiare umore in quel modo. Lo stava perdendo, lo vedeva morire davanti ai suoi occhi e non poteva nulla. Pranzarono tranquillamente con le cose che Glacyer aveva preparato, Ed rimase sereno per tutto il tempo.
- Io devo tornare a lavoro ora, ci vediamo presto Ed. Ciao Al mi raccomando.- Uscì dalla stanza incrociando il medico che seguiva Ed da quando era in quelle condizioni.
- Cosa è accaduto poco fa?- chiese l’uomo sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Ha avuto una crisi, ma è passata subito. Dottore che gli sta succedendo?-
Il medico lo fece accomodare su una sedia della sala d’aspetto e si sistemò al fianco del militare. Poco lontano Havoc li vide e si avvicinò ai due chiedendo al colonnello se poteva prendere parte alla conversazione. Havoc era l’unico che conosceva bene le vere condizioni di Edward, Mustang era stato chiaro su questo, nessuno doveva saperlo. Il medico squadrò per qualche secondo il biondino con la sigaretta spenta in bocca poi iniziò a parlare.
- Ha delle perdite di memoria a breve termine causate da uno shock molto forte, ma io credo che lui sappia bene il motivo per cui si comporta in quel modo, solo non vuole ammetterlo. Vuole auto convincersi che sia pazzo per non pensare a cosa gli è successo, solo che il suo cervello ormai non riesce più a distinguere la realtà dalla finzione, che lui stesso si crea.-
- Non c’è nulla che possiamo fare per aiutarlo a recuperare?- Ogni volta che sentiva quelle parole dal dottore, Havoc faticava a riconoscere Edward in quella descrizione, fino a quel momento non lo aveva mai visto, ma anche se lontane, era riuscito a sentire le sue grida.
- Ho parlato molto con lui, il ragazzo ricorda bene chi è, sa di essere un alchimista e non fa fatica a ricordare le cose inerenti a questa scienza, ma quando gli chiedo della sua famiglia o dei suoi amici, si chiude in se stesso continuando a ripetere che per lui esiste solo suo fratello. Io vorrei aiutarlo, ma mi state tenendo all’oscuro di troppi particolari, ha per caso subito una perdita di recente? I genitori magari?-
- A parte Alphonse non ha nessuno della sua famiglia, il padre è scomparso anni fa e la madre è morta.- a rispondere fu Mustang, sperando che il dottore non chiedesse il motivo per cui i corpi di quei ragazzi erano ridotti in quello stato.
- Allora chi è questa Winry? Lui la crede morta, ne è convinto o cerca di convincersi che è così, dice che lei l’ha tradito, ma una delusione d’amore non provoca tanto.- Roy era pienamente cosciente di non poter tenere nascosti al medico certi avvenimenti, cercò di raccontargli i fatti omettendo alcuni particolari e modificandone altri e cercando un appoggio morale dal sottotenente al suo fianco. Il dottore ascoltava attento, senza lasciarsi sfuggire la mia informazione.
- Quindi questa ragazza è viva. Vorrei vederla se non è un problema. Deve aver subito un trauma non indifferente a quello di Edward, se potessi parlarle almeno un po’ avrei più informazioni a riguardo.-
Mustang acconsentì promettendo che sarebbe tornato il giorno successivo con la ragazza.

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Capitolo 25
*** 25. Io esisto! ***


Un nuovo capitolo fresco fresco…

Un nuovo capitolo fresco fresco….

Ringrazio tutti per i bei commenti,

Shatzy: grazie per i complimenti, felice di averti sorpreso ancora una volta… stiamo arrivando alla fine… per ora purtroppo non ho altri porgetti, sono impegnata con l’università e il trasferimento, ma prometto che mi dedicherò a qualcosa il prima possibile.

Irene Adler: grazie mille! Roy\Riza ed Ed\Winry sono le coppie che adoro, mi piace sconvogliergli la vita con la mia pazzia in rapida crescita… spero che ti piaccia anche il finale

The_Dark_Side: si, ne succedono di tutti i colori e sono contenta di riuscire a sorprenderti… non ti posso dire che succederà ad Ed, ma ti posso dire che ci saranno altri colpi di scena…

Buona lettura con il 25 capitolo

 

25. Io esisto!

 

If I tell you
Se ti parlo
Will you listen?
mi ascolterai?
Will you stay?
Resterai?
Will you be here forever?
Starai qui per sempre?
Never go away?
Non andrai mai via?
Never thought things would change, hold me tight
Non ho mai pensato che le cose sarebbero cambiate, stringimi forte,
Please don't say again that you have to go
per favore non dire di nuovo che devi andare. ”

- Vuole vedere Winry e capire come aiutare Ed.- Roy era tornato a casa di Glacyer e stava discutendo con Riza della questione e di come aveva trovato il ragazzo dopo la visita.
- Non credo che lei sia pronta per uscire e poi farla parlare con un perfetto sconosciuto.-
- Hai ragione, ma io non so cos’altro fare.- Mustang si prese la testa con le mani, sforzandosi di trovare una qualche soluzione. Glacyer portò loro una tazza di caffè sedendosi di fronte alla coppia.
- Però
mi sembra che ora Winry sia più disposta a parlare, oggi ha accettato di giocare qualche minuto con Alicia, forse se le diciamo che potrebbe aiutare Ed accetterà.-
Roy decise di salire da solo dalla ragazza, entrò bussando e cercando di non farla spaventare, non si era ancora abituata a riconoscere le persone ed era molto suscettibile. Come al solito la stanza era in perfetta oscurità, solo la sera le era permesso aprire la finestra, la luce naturale o artificiale, le dava molto fastidio agli occhi.
- Ti ho spaventata?-
- No, sei venuto per farmi una ramanzina sul cibo per caso?-
- Magari più tardi.- Si sedette sulla sponda del letto. La osservò bene, era molto dimagrita, non camminava da quel giorno e i muscoli ne risentivano troppo. - Sono qui per chiederti una cosa, ma prima non te la senti di scendere un po’ in cucina, ci sono Alicia, Glacyer e Riza. Sarebbero contente di vederti fuori da questa camera almeno per un po’.-
- Io non posso camminare…- Era come una rinuncia, ma questa volta non aspettò un suo assenso. Le passò un braccio dietro la schiena e uno sotto le gambe, era così leggera che non fece alcuno sforzo. Winry gemette per il dolore della presa.
- Stringi i denti, devi solo abituarti alla posizione.- Lei si aggrappò a lui cingendogli il collo con le braccia e poggiando la testa sulla sua spalla.
- In questi giorni, trovo sempre qualche pretesto per abbracciarti…- Sorrise leggermente, lui se ne accorse e ne fu molto felice. Prima di uscire chiamò Riza pregandola di spegnere le luci, lei obbedì lasciando accese solo due lampade accanto ai divani. Entrambe le donne attesero di vederlo uscire, il loro cuore esultò quando videro anche la ragazza con lui. Roy scese le scale lentamente e la poggiò sul divano inginocchiandosi al suo fianco.
- Ti ho fatto male?- chiese preoccupato di averle causato qualche ematoma in più.
- No, sono solo un po’ indolenzita. Di cosa volevate parlarmi?-
Roy si sistemò i capelli con la mano, cercando di non farli andare davanti agli occhi, in quei giorni erano cresciuti senza controllo e continuavano ad infastidirlo parecchio.
- Si tratta di Ed.- Quel nome la fece sussultare, si portò una mano davanti al viso cercando di calmarsi e di non piangere davanti a loro. - Noi non ti abbiamo detto tutta la verità su di lui. In questo momento è tenuto sotto stretta sorveglianza in un istituto di igiene mentale. Il dottore che segue il suo caso non capisce perché si comporti in questo modo, ha degli attacchi di rabbia molto violenti in cui non riesce a riconoscere nessuno, seguiti da perdite di memoria. Il medico crede che sia lui stesso ad obbligare la sua mente ad agire in quel modo. Io gli ho parlato di quello che ha passato e anche di te, vorrebbe parlati per capire come aiutarlo. Sei disposta ad andare a trovarlo domani?-
- Dovrei raccontare ad una persona che neanche conosco quello che mi è accaduto? Io non ci riesco…- Era ancora sconvolta per quello che Mustang le aveva detto su Ed, lei non sapeva nulla di questa sua pazzia, ma solo che per ora era chiuso in ospedale e non voleva vederla.
- Non sei sola, se vuoi saremo tutti con te domani.-
- Che cosa dovrei dirgli, volete che gli parli di Envy?- Si rendeva conto da sola di non poter dire al medico tutta la verità, di certo non avrebbe mai accettato l’esistenza degli homunculus e non avrebbe capito cosa era stato costretto a fare Ed per salvarla.
- Cerca solo di non parlare di quello che sono in realtà, per il resto puoi essere sincera, puoi dire cosa ha fatto Ed, in quelle condizioni non può essere incolpato di nulla.-

“ A bitter thought
un pensiero amaro
I had it all
l'ho avuto tutto
But I just let it go
ma l'ho appena lasciato andare
Hold your silence
Stringo il tuo silenzio
It's so violence since you're gone
è così violento da quando sei andato via. ”

Il mattino successivo Winry accettò di uscire, si fece aiutare da Riza per cambiarsi e sistemarsi e si fece prestare un paio di occhiali da sole molto scuri. Attesero che Roy venisse a prenderla, aveva lavorato tutta la notte per concedersi la mattina libera quel giorno, fu lui a trasportare la ragazza fino alla macchina. Arrivarono in ospedale in pochi minuti, aveva guidato Riza, come ai vecchi tempi, ma Mustang non ne era stato molto contento.
All’entrata chiesero agli infermieri di poter usare una sedia a rotelle per la ragazza, in quel momento Winry si sentì molto in imbarazzo, avrebbe voluto recuperare la vista e tornare quella di sempre, ma per il momento non ne aveva la forza. Vennero ricevuti tutti e tre nello studio del dottore che seguiva Ed, era una uomo giovane per essere già un primario, aveva una testa piena di capelli ricci e folti e un paio di grossi occhiali dalla montatura nera. Il fatto di non poterlo vedere, la metteva molto a disagio. Il dottore li fece accomodare, voleva parlare da solo con la ragazza, ma si rendeva perfettamente conto della difficoltà in cui lei si trovava e la presenza, inizialmente, degli altri l’avrebbe aiutata.
- Piacere di conoscerti Winry, io sono il dottor Krad, seguo Edward da quando è stato trasferito in questo istituto.-
- Buongiorno Dottore.- lo disse abbassando la testa e sperando che lui non le avesse allungato la mano per stringerla, sarebbe stato molto imbarazzante se lei non avesse risposto.
- Non devi vergognarti, sono un medico e queste cose le capisco molto bene. Sentiti libera di comportarti come meglio credi.-
Parlarono per una mezz’ora piena, il dottore continuava a farle domande semplici per metterla a suo agio, sembrava una persona molto gentile e cordiale, spesso faceva delle battute simpatiche che la facevano sorridere. Infine chiese ai due accompagnatori di lasciarli soli e Winry acconsentì serenamente.
- Ora credo che sia meglio parlare di questioni più serie. So che ci conosciamo appena e parlare di certe cose può risultare imbarazzante, ma io ho il dovere di aiutare quel ragazzo con tutte le mie forze, solo che senza il tuo aiuto non posso nulla.-
- Cosa vuole sapere? Non ho mai raccontato tutto neanche a Roy e agli altri, mi sono limitata a dirgli che non avevo fatto niente di male.-
- Cosa è successo in quei giorni? Cosa ha fatto Edward per ridursi così?-
Non fu semplice, raccolse tutto il suo coraggio per raccontare ogni particolare di quello che era accaduto, dall’aggressione di Riza, al suo rapimento e ai giorni trascorsi insieme ad Envy in quella camera.
- Quindi questa persona che tu chiami Envy, non ti ha mai costretta a fare ciò che lui voleva?-
- All’inizio era così, ma poi si è calmato, voleva solo che io lo accettassi per quello che era e io l’ho fatto, con la speranza che non si accanisse contro Ed.-
- Cosa mai era per dover essere accettato? Da quello che ho capito sembra un ragazzo con problemi di schizofrenia molto gravi. Perché si era accanito tanto contro Edward?-
Rifletté molto prima di rispondere, doveva stare attenta a quello che diceva, Roy non voleva che si parlasse degli homunculus, ma lei poteva girare come voleva la verità, conosceva un particolare che nessuno sapeva.
- Non so quale sia il suo vero nome, si è sempre fatto chiamare Envy, ma mi ha detto che in realtà è il fratello maggiore di Ed, hanno lo stesso padre. Da quello che ho capito credo che lui sia arrabbiato per il fatto che il padre abbia scelto Ed e Al a lui.- Il dottore continuava ad appuntare ogni cosa sul suo quaderno, aveva riempito pagine intere di appunti e informazioni, che lui non avrebbe mai neanche immaginato.
- Poi cos’è successo?- Ora per lei arrivava la parte dolorosa, doveva raccontagli di essere stata avvelenata da quella persona perché si sottomettesse ad Envy, del fatto che lui nonostante poteva farlo, si era fermato e l’aveva aiutata a stare meglio.
- Quando Ed è venuto a salvarmi, Envy non mi ha permesso di uscire visto che stavo male, ma una donna mi ha portato nel luogo dove si stavano confrontando.-
- Questa donna è la stessa che aveva ordinato ad Envy di ucciderti?-
Winry fece un segno positivo con la testa e cercò di raccontare il resto della storia, quella era la parte più dolorosa e difficile, non solo per quello che era accaduto, ma anche per il fatto che doveva basarsi solo su quello che aveva sentito, visto che la vista se ne era già andata da tempo.
- Envy ha minacciato Edward, gli ha detto che se non avesse usato l’alchimia per lui, mi avrebbe uccisa. C’erano delle persone tenute prigioniere che sarebbero state uccise se Ed avesse fatto la trasmutazione, in più tenevano in ostaggio anche Al, suo fratello.- Il medico aveva per un attimo allontanato la penna dal foglio, tracciando una strana linea dettata solo dalla sorpresa. Aveva spostato gli occhi verso la ragazza vedendola molto in difficoltà, si mordeva il labbro inferiore e continuava a stringere un piccolo fazzoletto tra le mani nervosamente. - C’è stato uno strano tonfo e poi la terra ha iniziato a tremare, ho capito subito che Ed aveva usato l’alchimia, ha ucciso quelle persone per salvare me… Ho sentito tante grida… era orribile…- Il dottore si era tolto gli occhiali, passandosi una mano sulla fronte. Ecco spiegato il motivo della pazzia di Ed, aveva ucciso molte persone per salvare quella ragazza, la stessa che ora non voleva neanche vedere. - Io ero stata ferita gravemente ed ero con Envy quando Ed ha fatto la trasmutazione, poi sono arrivati il colonnello Mustang e la signorina Riza ed Envy si è arrabbiato con loro perché volevano portarmi via. Hanno iniziato a combattere fino a che non ho sentito la voce di Ed che chiamava Envy. Li sentivo anche da li, ma non potevo muovermi, allora ho chiesto ad Al e a Riza di portarmi da loro… mi sono avvicinata ad Envy e l’ho colpito con lo stesso coltello con cui ero stata ferita, poi ho perso i sensi e mi sono svegliata in ospedale, cieca e sola.-
- Quindi sei stata tu ad uccidere Envy. Hai avuto una grande forza di volontà Winry, per quello che vale, hai agito bene.-
- Dice?- aveva iniziato a piangere di nuovo. Cercava di tamponare le lacrime con il fazzoletto, ma era inutile e lei lo sapeva bene. - Io, Ed e Al siamo cresciuti insieme, erano con me quando i miei genitori sono stati uccisi e io con loro quando la loro madre è morta. Ho costruito io gli auto-mail di Ed, ho pianto al suo posto quando ha bruciato la sua casa ed è diventato un alchimista di stato. Ogni notte tenevo accesa una luce dalla mia finestra per indicargli la strada di casa e ho aspettato che tornasse. Vorrei essere forte, vorrei andare in quella stanza e gridargli che esisto, che non l’ho abbandonato, ma non sono forte… non ne sono capace…-
Nonostante la conoscesse da poche ore non poteva fare altro che rammaricarsi per lei, vederla in quello stato era difficile anche per un estraneo. Aveva analizzato la sua storia, ogni parte della sua vita, sapeva tracciare un profilo psicologico estremamente dettagliato per ognuno di loro, eppure non sapeva come comportarsi in quel momento.
- Posso andare dottore? Non mi sento molto bene e vorrei andare a casa.-
- Vorresti incontrarlo? Parlare un po’ con lui?- Aveva preso la sedia a rotelle guidandola verso la porta, mentre le parlava per convincerla ad incontrare Ed.
- Quello che io voglio non credo conti in questo momento.-
Il dottore la portò fuori, dove Roy corse ad accoglierla chiedendole se stava bene. Lei rispose accennando un sorriso nonostante i suoi occhi fossero molto arrossati. In quel momento, cercando di seguire la voce di Roy per capire dove si trovasse, riuscì a scorgere debolmente una strana ombra. Chiuse gli occhi, le bruciavano molto e iniziò a sfregarli.
- Cos’hai Winry? Non stai bene?- Roy sembrava preoccupato, il dottor Krad si frappose tra lui e la ragazza, inginocchiandosi davanti alla sedia e tirando fuori una piccola torcia elettrica a forma di penna. La accese puntandola verso gli occhi della ragazza e costringendola a guardare dritto nella sua direzione.
- Riesci a vedere la luce, seguine il movimento se ci riesci…-
- Mi fanno male gli occhi, non riesco a tenerli aperti.- Lacrimava, ma nonostante tutto cercava di seguire le direttive del dottore. - Vedo solo una strana ombra che si muove, non riesco a seguire la luce… Mi viene da vomitare…-
- Ok basta così, va bene comunque.- Ripose la torcia elettrica e cercò di farla rilassare, le chiuse gli occhi con la mano chiedendole di respirare regolarmente e a pieni polmoni. Il viso della ragazza riprese gradualmente colore, fino a che non si fu completamente calmata. - Stai facendo progressi… complimenti Winry.-
In quel momento, forse attirato dalla voce di Mustang, sentirono avvicinarsi a grandi falcate, Alphonse. Lo videro sbucare dal corridoio scuro, sembrava abbastanza in ansia. Fissò per un po’ la ragazza sulla sedia a rotelle, chiamandola dolcemente. Winry voltò appena la testa verso la direzione da cui aveva sentito la voce, ma subito dopo Al si rivolse al dottore allarmato.
- Dottore, Ed si sta agitando non riesco a calmarlo in nessun modo!- Il dottore senza dire nulla, si alzò e corse verso la stanza del ragazzo chiamando a raccolta un robusto infermiere di nome Karl. Anche gli altri seguirono il dottore, Mustang condusse la sedia di Winry fino alla porta della stanza di Ed, stando attento a non renderla visibile agli occhi del ragazzo.
Edward si stava agitando, continuava a gridare parole senza senso, tirando con forza le cinghie che lo tenevano legato al letto e provocandosi ematomi e ferite al polso e alla caviglia. L’infermiere gli bloccò i movimenti mentre il dottore preparava un’iniezione di calmante da somministrargli.
- Lasciami andare! Lo so che è qui, lo ammazzo con le mie mani! Lasciami!-
- Non c’è nessuno Edward, calmati ora.- Il dottore cercava di calmarlo a parole, mentre l’infermiere gli tendeva il braccio per la puntura.
- Envy! Lui è qui, vuole portarmi via tutto un’altra volta!- Era furioso, i suoi occhi sembravano due braci ardenti, colmi di rabbia, Riza da lontano ne fu quasi spaventata e Winry, che poteva solo sentire le sue grida, cercava di tapparsi le orecchie con le mani senza successo. Anche Roy corse a dar loro una mano, chiamando il ragazzo.
- Non lo vedi? Possibile che riesca ad ingannarvi tutti? Vuoi che metta nuovamente le mani su Riza? Fermalo… Roy…- Lentamente la sua voce, come la sua forza, si stavano affievolendo. L’anestetico stava entrando in circolo velocemente. Dopo che si fu calmato, l’infermiere lo sistemò per bene sul letto e lo legò ancora più stretto. Il dottore si deterse il sudore dalla fronte, fissandolo come se non riuscisse a riconoscere lo stesso ragazzo di pochi minuti prima, ora che dormiva beatamente. Da fuori Al continuava a guardare la ragazza che cercava di calmarsi, si avvicinò a lei chiedendole come stava, si accorse subito che non vedeva bene, in quando non aveva neanche provato a guardarlo.
- Al… portami dentro un secondo per favore.-
- Non credo che sia una buona idea, Ed crede che…- si bloccò di colpo, dirle che lui la credeva morta forse era troppo, non sapeva di certo che lei era già al corrente di tutto.
- Ora dorme non credo che si accorga di me… ti prego…- Al acconsentì e anche il dottore non sembrava contrario a quella breve visita.

All my thoughts are with you forever
Tutti i miei pensieri sono con te per sempre,
'Till the day we'll be back together
sino al giorno in cui saremo di nuovo insieme
I will be waiting for you
ti aspetterò.”

Portò la sedia accanto al letto, Riza le prese la mano portandola accanto al corpo di Ed, poi la lasciarono sola per qualche minuto.
Lei cercò una mano che non riuscì a trovare, camminò fino al viso delineandone i contorni, la bocca, gli occhi chiusi in un sonno forzato.

If I had told you
se ti avessi parlato,
You would've listened
mi avresti ascoltato,
You had stayed
saresti restato
You would be here forever
saresti stato qui per sempre
Never went away
non saresti mai andato via.


- Sono qui… io sono viva… So che tu ora non vuoi la mia presenza nella tua vita e se questo potrà farti stare meglio sparirò per sempre, ma sappi che continuerò ad aspettarti fino alla fine…-

It would never have been all the same
non sarebbe mai dovuto essere così
All our time what have been in vain
tutto il nostro tempo è stato inutile
Cause you had to go
perchè sei dovuto andare. ”


Ed si mosse leggermente attirato da quella voce dolce e carica di lacrime che lo stava chiamando. Il medico e l’infermiere scattarono come molle vedendolo leggermente sveglio, schiuse appena gli occhi senza essere in grado di descrivere bene la figura che aveva davanti, percepiva a malapena la mano di lei che lo accarezzava. Mosse appena le labbra cercando di dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì neanche un suono.

“ The sweetest thought
il pensiero più dolce
Had it all
l'ho avuto tutto
Cause I did let you go
perchè ti ho lasciato andare
All our moments keep me warm
tutti i momenti insieme mi scaldano
When you're gone
quando non ci sei. ”

- Io esisto Ed! Nella mia vita ti ho perso e ritrovato tantissime volte e non vorrei mai che tutto finisse proprio ora che sembrava ci fossimo trovati per sempre… Mi dispiace se ti ho fatto soffrire, mi dispiace se ho pensato che non mi avresti salvato, mi dispiace se adesso non sono in grado di arrivare fino al tuo cuore… perdonami…-

All my thoughts are with you forever
Tutti i miei pensieri sono con te per sempre,
'Till the day we'll be back together
sino al giorno in cui saremo di nuovo insieme
I will be waiting for you
ti aspetterò. ”

 

 

Continua...
La canzone è sempre dei Within Temptation, come la precedente... in pratica adoro questo gruppo, ma le inserisco perchè hanno tutte un significato che coincide con la mia storia... Si chiama "BetterSweets" è una melodia triste e malinconia, ci stava a pennello!!!
Bene al prossimo aggiornamento... ciauuuuu

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Capitolo 26
*** 26. Non è ancora finita ***


26

26. Non è ancora finita

 

Riportò sia Winry che Riza a casa di Glacyer e tornò al quartier generale per riprendere il lavoro. Era rimasto alquanto scosso da quello che era accaduto in quella stanza, Ed sembrava davvero aver perso ogni speranza di poter uscire da quel luogo orribile e questo lui non riusciva ad accettarlo. In ufficio tutti i suoi compagni vollero sapere delle condizioni di Edward, trovò ad attenderlo anche il sergente Brosh e il sottotenente Ross, ormai ristabilita e rientrata in servizio da quasi una settimana. Mustang sedette alla sua scrivania incrociando le mani sotto il mento e sbuffando, trovare le parole adatte per descrivere lo stato del Fullmetal era davvero difficile.
- Colonnello Mustang, non c’è ancora permesso andare a far visita ad Edward, mi spiega il perché, sono in ansia per lui.- A parte Havoc, nessuno di loro era a conoscenza delle vere condizioni del ragazzo, nessuno di loro poteva neanche immaginare come stesse in quel momento e quanto si sentisse frustato il Flame Alchemist.
- Ed non riceve nessuno in questo momento, ha bisogno di riprendersi e stare lontano dall’esercito… , non può che giovargli.-
- Perché non la smette di prenderci in giro per una buona volta!- Maria Ross si era alzata in piedi, mettendo da parte il rispetto che doveva ad un suo superiore. - Mi spieghi questo allora?-
La donna sbattè con forza un piccolo plico di fogli sulla scrivania del colonnello e gli ordinò di leggerli attentamente. Gli occhi del Flame Alchemist si spalancarono dalla sorpresa, era un rapporto dettagliato su quello che era successo in quei giorni, del recupero del tenente Hawkeye e di Winry, della trasmutazione eseguita da Ed e di dove fosse ricoverato in quel momento. Il rapporto era firmato proprio dal colonnello Mustang.
- Chi le ha dato questo rapporto?- disse
con un filo di voce, le mani gli tremavano terribilmente.
- Era diretto all’ufficio del comandante supremo, non era stato lei a dirci di tenere tutto in segreto? Devo dedurre che sia un modo come un altro per ottenere una gratifica e magari una promozione a generale di brigata per caso?-
- Sottotenente Ross, cerca di calmarti è sempre un nostro superiore…- Brosh era intervenuto per calmare la rabbia della donna, parlando in quel modo rischiava una punizione se non direttamente il posto e lui non avrebbe mai accettato che la donna di cui era innamorato venisse punita, visto che era stato lui ad intercettare quel rapporto qualche ora prima.
- Al diavolo i gradi, il rispetto e altre stupidaggini! Io amo quel ragazzino da profondo del mio cuore e non le permetterò di sfruttare quello che è successo per ottenere una promozione… adesso lei mi spiega che significa che Ed è chiuso in un istituto d’igiene mentale, che gli è successo?!- Stava gridando, non riusciva più a controllare le sue emozioni, gli occhi le si erano riempiti di lacrime senza volerlo, nonostante avesse promesso a se stessa di non piangere davanti a nessuno. A parte il sergente Brosh, nessuno in quell’ufficio cercava di calmarla, forse perché erano più che convinti che avesse ragione o si fidavano ciecamente del loro colonnello.
- Non ho scritto io il rapporto.-
- Ah no? Allora mi spieghi perché c’è scritto tutto quello che Ed ha fatto, ma non una parola sulla trasmutazione che lei e il maggiore avete fatto in ospedale per il tenente Hawkeye?-
Un’altra cocente e cruda verità gli era stata gettata addosso. Tutto sembrava fatto a posta per far credere che fosse stato proprio lui ad avvertire il comandate supremo di quello che era accaduto.
- Questo rapporto è già arrivato dal comandante supremo?-
- No signore, era sulla scrivania della sua segretaria, ma il comandante è fuori da giorni, quindi non ne sa nulla.-
- Bene sergente, ha fatto un buon lavoro.- Detto questo Mustang indossò ad una velocità impressionante i guanti alchemici, gettò il rapporto nel cestino e gli diede fuoco senza pensarci troppo. - Che tu lo creda o meno non ho redatto io questo rapporto. Quindi c’è qualcuno che sa ogni cosa, non voglio puntare il dito contro nessuno, solo che non mi fido del comandante supremo e tanto meno della sua segretaria.- E come poteva fidarsi, aveva visto quella donna molte volte e ricordava alla perfezione il suo viso, identico a quello dell’homunculus che, assieme al bambino, lo stavano costringendo a mettere in atto la trasmutazione della pietra filosofale. Non poteva essere sicuro che anche il comandante supremo fosse implicato in una simile questione, ma non poteva neanche escluderlo. Mustang si alzò dalla sedia e fece per andarsene dall’ufficio, fermato all’ultimo momento dal sottotenente.
- Voglio sapere di Ed, la prego colonnello… poi potrà punirmi per essere stata violenta nei suoi confronti.- Mustang voltò lo sguardo verso la donna, facendola indietreggiare di qualche passo. Sorrise, come per rassicurarla e le prese il braccio tirandola verso di se.
- Le va di uscire con un suo superiore sottotenente Ross? Le prometto che non mi approfitterò del mio grado in nessuna circostanza.-
Lei annuì semplicemente e si allontanò insieme al suo superiore, lasciando tutti, soprattutto Brosh, con un palmo di naso.

Erano in macchina, Mustang guidava tenendo gli occhi fissi sulla strada e non aveva detto neanche una parola da quando erano partiti, sul lato del passeggero Maria Ross era alquanto imbarazzata dalla situazione, soprattutto da quello strano silenzio.
- Colonnello… è arrabbiato con me per caso?- lo chiese a voce molto bassa, sperando che lui non si adirasse ulteriormente, ma Mustang non era il tipo da prendersela con gli altri e gli rispose rivolgendole un semplice sorriso.
- Anzi dovrei ringraziarti. Sei una donna forte e decisa, ammiro il tuo carattere.-
- La ringrazio, ma sono stata molto scortese con lei.-
Dopo qualche secondo di silenzio, Mustang decise di fermare la macchina in un piccolo parcheggio coperto, spense il motore e chiuse ogni finestrino della vettura, voltandosi verso la donna. Maria Ross rimase basita da quel modo di fare, lo aveva davanti, lo osservava mentre spostava i capelli corvini dagli occhi felini che lo contraddistinguevano, era davvero un uomo affascinante.
- In questo periodo non ho né la forza né il tempo per occuparmi di queste faccende, come ad esempio scoprire chi ha scritto quel rapporto, ma con questo non voglio dire che me ne lavo le mani.-
- Vuole che investighi io su questo caso?- gli aveva risposto senza mai staccare lo sguardo dagli occhi di lui, come se fosse stata catturata da una strana magia.
- No, nessuno di voi dovrà investigare su questo per ora e questo è un ordine, non dovete fare nulla.- lei annuì poco convinta, ma non poteva ribattere. - Ora parliamo di Ed, infondo è lui che ti interessa.- Come se si stesse sfogando, rigettò tutto quello che sapeva in un mare di parole e informazioni che Maria faticò ad assimilare tutte in una volta. Solo in quel momento lo vide davvero come un uomo normale, osservò ogni suo movimento, tutte le volte che parlava di Riza e intrecciava le dita tra loro, imbarazzato; ogni volta che nominava Winry e si spostava i capelli dal viso; oppure quando si riferiva ad Ed e si appoggiava senza forze al sedile della vettura sbuffando. Lei d’altro canto non si comportava in modo molto diverso, continuava ad accavallare le gambe ad intervalli regolari e teneva tra le mani un piccolo e ormai distrutto fazzoletto di carta.
- Povero Ed, io non avrei mai immaginato una cosa simile. E Winry come l’ha presa?-
- Non ne ho idea… non mi ha mai detto niente, continua a tenersi tutto dentro… Vorresti andare a trovare Fullmetal, credo che ti farebbe entrare.-
Lei annuì e Mustang accese nuovamente l’auto, uscì dal parcheggio e imboccò la strada per l’ospedale. Una volta arrivati era come se qualcuno le avesse attaccato un peso sul cuore, non era come andarlo a trovare in ospedale, cosa che aveva fatto un paio di volte, era una cosa completamente diversa che la metteva in difficoltà.
- Se non te la senti non sei obbligata, capisco che possa essere difficile, lo è stato anche per me.-
- No voglio andare, credo che essere chiusi qui sia molto peggio.-
Non avrebbe saputo che parole usare per descrivere quel luogo, tetro e disperato forse erano quelle che si avvicinavano di più. Come al solito, fermo davanti alla camera di Ed incontrarono il suo dottore, che li fermò prima che potessero avvertire il giovane.
- Lei chi è mi scusi? Non per essere maleducato signorina, ma Ed riceve solo due persone per ora.-
- Non si preoccupi, se Ed saprà che è qui vorrà vederla.- Il dottore rimase qualche secondo ad osservare la donna, la divisa da militare non le donava e avrebbe potuto mettere in ansia anche il ragazzo, però non si oppose oltre. Maria Ross bussò delicatamente alla porta, nuovamente fu Al a rispondere per primo.
- Al, sono Maria Ross, posso entrare?- sentì Al rivolgersi al fratello per chiedergli il permesso e stranamente, sorprendendo sia Roy che il dottore, fu proprio Ed a dirle di si, sembrava felice. La donna entrò nella stanza chiudendo la porta. In quel momento, forse curioso della reazione di Ed, il dottore invitò il colonnello ad osservare la scena in un luogo appartato. Lo portò in una stanza con un grande specchio sulla parete, da cui riuscivano a vedere la camera di Ed e la donna che si avvicinava al lettino. In quel momento Al decise di lasciarli soli e uscì senza che nessuno gli dicesse nulla.
- Ciao Ed, sono felice di vederti.- Il ragazzo sembrava eccitato nel vederla, si agitava contento cercando di attirarla verso di se e le sorrideva continuamente, il suo viso era rilassato e dolce, come quello di un bambino.
- Sono contento che il tuo braccio sia guarito e che sei venuta a trovarmi, grazie.- La donna sedette ai piedi del letto, si accorse delle cinghie in pelle che lo tenevano fermo ed era come se in quel momento le stessero stringendo il cuore. Ed si accorse che le stava osservando e alzò il braccio sano per mostrargliele meglio, alzò le spalle senza abbandonare il suo sorriso.
- Dicono che a volte divento violento per questo mi tengono legato e non avendo l’auto-mail non riesco neanche a muovermi, però… se prometto di rimanere buono, potresti liberarmi almeno la mano, mi fa male.- Lei non temeva che potesse avere reazioni violente, si fidava di lui e non riusciva a vederlo in quello stato, ci pensò bene eppure non riusciva a resistergli, si avvicinino a lui iniziando a sciogliere la cinghia. Dalla stanza il dottore osservò la scena e avvertì subito l’infermiere perché si preparasse a fermare il ragazzo se si fosse comportato male, eppure Roy non sembrava affatto in pensiero.
Maria allontanò la cinghia, facendola ricadere al lato del letto ed esaminò l’abrasione che aveva lasciato sulla pelle di Ed. Teneva la sua mano tra le sue, la sentiva più piccola del normale, era smagrito molto.
- Posso abbracciarti?- chiese lui sorprendendola.
- Certo che puoi.- Maria si avvicinò al ragazzino cingendolo con delicatezza, lui gli passò il braccio dietro al collo e poggiò la testa sul suo petto, ascoltando i battiti del cuore di lei accelerare.
- Io non ti farei mai del male, ti voglio bene. Mi piacerebbe che tu fossi la mia mamma in questo momento…- aveva abbassato la voce, adagiandosi sul suo profumo e appoggiandosi a quel calore che la distingueva da tutte le altre. Lei gli passò una mano sui capelli, li aveva lasciati sciolti e il quello stato, lo facevano sembrare ancora più piccolo.
- Ti prego portami via di qui, non fanno altro che dirmi cose cattive, continuano a ricordarmi cosa sono stato costretto a fare, mi parlano di Winry come se fosse ancora viva e io non lo sopporto più. Voglio solo essere lasciato in pace per un po’, non riesco a dimenticare di aver ucciso tutte quelle parsone…- Si strinse a lei come se fosse l’unica salvezza, come se non avesse nient’altro che lei nella vita.
- Non sei solo Ed, ci sono io adesso e anche gli altri ti sono vicini…- Ed si aggrappò alla divisa della donna, chiedendole di sdraiarsi insieme a lui, Maria poggiò la schiena alla parete mentre lui appoggiava nuovamente la testa sul suo petto, cercando un altro abbraccio. - Dormi un po’ ora, io ti rimango vicino lo prometto.-
- Mi fido di te, non mi abbandonerai come ha fatto lei.-
- Neanche lei lo ha fatto, ci credi se sono io a dirlo?- Ed alzò il viso verso di lei e gli sorrise, si avvicinò e gli poggiò un bacio veloce sulle labbra, tornando poi nella posizione di prima.
- Va bene… se lo dici tu non posso arrabbiarmi… mi manca tanto…- lo aveva detto con un filo di voce prima di addormentarsi senza volerlo tra le braccia della donna.

Il dottor Krad li aveva convocati entrambi nel suo ufficio, aveva osservato bene il comportamento di Ed insieme a quella donna e se ne era compiaciuto molto.
- Non si è agitato anche se lei le ha parlato della ragazza, Edward ha piena fiducia in lei e crede a ciò che dice, potrebbe essere un buon passo avanti.-
- Però dottore vorrei che venisse liberato da quelle corde, non fanno che peggiorare la situazione.- Maria Ross era una donna risoluta e sapeva far rispettare il suo volere, il dottore sentì subito su di se il peso di quelle parole e il modo in cui le aveva dette, non poteva far altro che far pensare ad un militare quale era.
- E’ una precauzione, non sappiamo quando possa avere delle crisi e il fatto che non le ha avute oggi non significa nulla. Si rende conto di essere stata imprudente? Con questo non voglio dire che sono d’accordo nel tenerlo legato o imbottirlo di narcotici, ma a volte fatica a riconoscere persino suo fratello e questo è pericoloso per gli altri e soprattutto per lui stesso.-
Il dottore si tolse gli occhiali e li pulì con un panno, stava riflettendo sulla condizione di Edward, come faceva da giorni. Inforcò nuovamente le lenti e incrociò le mani sul mento.
- Io credo che sia giunto il momento di mettere Edward davanti alla verità, deve vedere la ragazza, capire che è viva e rendersi conto che non è solo. Se ci riusciamo possiamo sperare di fargli superare anche il trauma di ciò che ha fatto.-

Edward Elric, quindici anni. Alchimista di Stato all’età di dodici anni e conosciuto con il nome di Fullmetal Alchemist. Orfano di madre, padre scomparso, l’unico famigliare in vita è il fratello minore Alphonse. Del passato di entrambi e di come abbiamo potuto ridurre i loro corpi in quello stato non so molto. Il paziente presenta gravi disturbi della psiche e perdite di memoria riconducibili ad un forte trauma. Pur di salvare la ragazza di cui probabilmente era innamorato, Winry Rockbell, è stato costretto ad uccidere molte persone con una trasmutazione alchemica. Lo shock lo ha portato a credere che anche la ragazza sia perita in quello scontro, responsabile il soggetto nominato da tutti come Envy. Un ragazzo dal passato oscuro, sembra essere fratello maggiore di Edward, ma manifesta una forte schizofrenia e sadismo. Da quando è stato ricoverato ha ricevuto poche persone, tra cui il fratello minore, il colonnello Roy Mustang e il sottotenente Maria Ross. Di particolare interesse il rapporto con quest’ultima. Fino ad ora il ragazzo si è sempre rifiutato di sentire nominare il nome di Winry, reagendo con violenza contro chiunque gli dicesse che la ragazza era viva, al contrario non ha avuto nessuna reazione quando è stata la donna a dirlo. La vede come una specie di figura materna, quindi un qualcosa di sacro e intoccabile. Per ora è l’unico miglioramento appurato da quando è stato ricoverato. Ho parlato anche con la ragazza, ha riportato una temporanea cecità e difficoltà di movimento dovuta ad un avvelenamento. Mi ha messo al corrente di molti dettagli che il colonnello Mustang mi ha tenuto nascosti, ho compreso meglio il rapporto che lega Edward alla ragazza ed a Envy. Ad ogni modo vorrei mettere Edward davanti alla realtà, comprendere quale reazione possa avere vedendo la ragazza viva con i suoi occhi, visto che fin ora si sono incontrati solo una volta e il paziente non era in grado di capire la situazione in quanto sotto sedativi, dopo una violenta crisi…”

Il dottore aveva riletto e riletto più volte i suoi appunti cercando qualche soluzione meno drastica, ma non ne aveva trovata. Quella mattina si era diretto nella stanza del giovane, aveva fatto uscire il fratello e si era seduto accanto al letto.
- Buongiorno Edward, come ci sentiamo oggi?-
- Meglio da quando mi avete slegato.- sembrava sereno e questo rese felice il medico.
- Ti sei comportato bene in questi giorni, devo dedurre che la visita di quella donna ti abbia giovato?-
- Si, lei è una persona speciale.- Lo aveva detto sorridendo, era la prima volta che aveva una simile reazione parlando di una persona del suo passato. Di solito o non ne parlava affatto o aveva una reazione violenta.
- Te la senti di rispondere a qualche domanda?- Annuì semplicemente, aveva promesso al sottotenente di collaborare e lo avrebbe fatto pur di uscire da quel luogo. Il dottore prese la sua cartella e una penna iniziando ad annotare tutto quello che gli avrebbe detto.
- Edward come ti senti da quando il sottotenente Ross viene a trovarti tutti i giorni?-
- Sto bene, lei è gentile con me e non cerca di farmi del male, vuole aiutarmi.-
- Ma anche gli altri vogliono aiutarti. Che mi dici di tuo fratello Alphonse.-
- Lui è molto paziente con me, a volte è lui il maggiore tra i due. La mia vita non avrebbe senso senza di lui.-
Tutte queste cose lui le sapeva bene, ma era un modo come un altro per mettere il giovane a suo agio, farlo parlare era la soluzione migliore.
- Perché non mi racconti qualcosa tu adesso, va bene tutto.-
- Che dovrei dirle?- Nonostante sembrasse riluttante, la cosa lo aveva incuriosito non poco e di questo il dottor Krad se ne compiacque.
- Quello che vuoi, ad esempio se c’è qualcosa a cui pensi spesso in questo periodo, qualche desiderio o magari qualcosa del tuo passato. Scegli tu.-
Rimase qualche secondo a riflettere su cosa dire, non era semplice visto che si era sempre limitato a rispondere alle sue domande.
- Ultimamente ho in mente una canzone, mi sembra di averla sentita da qualche parte, ma non ricordo dove. Mi ha messo tanta nostalgia.-
- Di cosa parlava la canzone?-
- Parlava di qualcosa che era sfuggito, pensieri e parole mai dette… giorni futuri in cui si sarebbero ricongiunti… Due persone lontane che vogliono rivedersi, ma non possono.- La cosa lo aveva incuriosito, sembrava si stesse riferendo proprio al rapporto che c’era tra lui e Winyr, anche se da solo non se ne rendeva conto, forse era davvero arrivato il momento di farli incontrare.
- Edward, vorrei che tu incontrassi una persona, lo devi fare se vuoi uscire da qui e guarire…-
- Volete farmi incontrare di nuovo il fantasma di Winry, era lei che cantava quella volta, ma lei non lo farebbe mai per me, lei non la conosce come la conosco io…-
- Devi capire la differenza tra ciò che è vero e ciò che credi… nessuno ti tradirà questa volta, ti do la mia parola che non soffrirai mai più… domani Ed la vedrai…-
- Ma io la vedo già adesso è questo che non capite. Lei è qui con me, la vera Winry non quella che volete farmi vedere e io lo proverò domani, così capirete tutti che non sono pazzo.-

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Capitolo 27
*** 27. Con gli occhi del cuore... ***


Penultimo capitolo della mia storia, l’incontro tra Winry ed Ed… come andrà a finire, sarà un lieto epilogo

Penultimo capitolo della mia storia, l’incontro tra Winry ed Ed… come andrà a finire, sarà un lieto epilogo?

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e spero che il finale vi emozioni… almeno un po’…

Buona lettura a tutti, siete stati meravigliosi!!!!

 

27. Con gli occhi del cuore…

 

Il telefono squillò più volte, visto che nessuno sembrava correre a rispondere, fu Alicia ad alzare la cornetta, euforica perché quella era la prima volta che lo faceva.
- Pronto! Io sono Alicia, la mamma non può rispondere ora.-
- Ciao piccolina, mi riconosci?-
- Roy!!!!- lo gridò così forte che Mustang dall’altra parte del ricevitore dovette allontanarlo dall’orecchio per non perdere un timpano. - Vuoi parlare con Riza?-
- Ti ringrazio piccolina, la prossima volta che ci vediamo ti porterò un altro pensierino…-
Attese qualche minuto, sentiva la voce della bambina che chiamava Riza, poi la voce di lei all’apparecchio che lo salutava.
- Roy, è successo qualcosa?-
- Io per ora non mi posso allontanare dall’ufficio, dovresti avvertire Winry che il dottor Krad ha deciso di farle incontrare Ed domani mattina.-
- Ed ha chiesto di vederla?- la notizia la rallegrava, un piccolo sorriso le increspò le labbra, ma la risposta di Mustang spense subito il suo entusiasmo.
- In verità è stato il dottore a dirlo, Ed è ancora convinto che lei sia morta e ora che gli è stato imposto di vederla, ha accettato solo per dimostrare che l’unico che ha ragione è lui.-
- Non è una situazione semplice, Winry potrebbe non farcela?-
- Ma non abbiamo altra scelta, avvertila. Deve prepararsi.- Roy riagganciò senza darle il tempo di rispondere, sapeva che la situazione non le piaceva e avrebbe ribattuto e lui non se la sentiva di litigare per una cosa del genere, visto che nessuno poteva farci nulla. A casa di Glacyer, Riza tornò da Winry per dirle quello che doveva fare. Entrò nella stanza, stupendosi di trovare le luci accese.
- Non mi da fastidio la luce, riesco persino a vedere la tua ombra accanto alla porta.-
- Riesci a distinguermi?-
- No, vedo solo un’ombra sfocata, ma è sempre qualcosa.- Riza si avvicinò al letto e le prese le mani tra le sue attirando l’attenzione della ragazza. Winry si rese subito conto che doveva dirle qualcosa di importante, lo capiva dal modo di respirare.
- Domani il dottor Krad ti farà incontrare Ed. Te la senti?-
- Si. Io devo essere forte per lui, anche se mi respingerà o mi tratterà male, perché accadrà, ma io non cederò. Basta piangere, non credi che lo abbia fatto abbastanza?-
- Brava Winry, non sai quanto queste parole mi rendano felice.- La abbracciò dolcemente, rimanendo in quella posizione per alcuni minuti.
- Non ti nego che ho paura…-
- Lo so bene, tutti abbiamo paura di ferire le persone a cui teniamo…-

Dopo una notte praticamente insonne Winry fu aiutata da Riza a prepararsi. Era agitata e tesa, non era ancora riuscita a camminare, ma ci aveva provato più di una volta ed era un buon segno. Come al solito Mustang andò a prenderle a casa di Glacyer, caricò la ragazza sul sedile posteriore e lui si accomodò al suo fianco, lasciando guidare Riza. Rimasero in silenzio per tutto il viaggio fino all’ospedale e una volta arrivati furono ricevuti dal sottotenente Ross, Alphonse e il dottor Krad, che salutò la ragazza.
- Come va la vista Winry? Mi sembri abbastanza in forma!-
- Riesco a distinguere le figure, anche se non metto a fuoco praticamente nulla.- Ripose sorridendo, come ad indicare che non era affatto agitata, mera bugia visto che persino Roy che in quel momento non doveva fare nulla, non riusciva a stare tranquillo.
- Ti porteremo nella stanza di Ed e verrai lasciata sola. Un’infermiere rimarrà fuori nel caso Ed diventi violento, mentre io osserverò tutto dalla stanza adiacente. Va bene per te?-
- Non potrei comunque rifiutare. Sono pronta.- Era seria e decisa e il dottore ne rimase molto colpito. Fu lui ad accompagnarla da Ed, dopo aver pregato gli altri di chiudersi nella stanza con lo specchio per osservare la scena. Aprì la porta richiamando l’attenzione di Ed, il ragazzo si voltò verso quella direzione puntando gli occhi sulla sedia a rotelle e sulla ragazza.
- La riconosci Edward? Vi lascio soli per un po’, mi raccomando non fare niente di cui potresti pentirti.-
Ed annuì semplicemente e attese che uscisse, il medico aveva avvicinano la sedia della ragazza al letto, ma non abbastanza perché lui potesse arrivare a toccarla. Continuò a guardarla, sembrava lei eppure il suo cuore gli diceva che non lo era. I suoi occhi, i capelli, la bocca e il suo corpo erano simili, ma non uguali. Lei dal canto suo non riusciva a distinguere bene la figura di Ed, forse perché non si muoveva.
- Ed? Sei qui vero?- Le tremava la voce nonostante avesse fatto credere a tutti che non era agitata. Si torturava le mani e lui se ne era reso conto.
- Sei agitata?- disse spostando lo sguardo in un’altra direzione, tanto era sicuro che non se ne fosse accorta.
- Un po’ si. Come ti senti?-
- Come qualcuno a cui non rimane che essere preso in giro…- Il tono che stava usando, nonostante non fosse aggressivo, era distruttivo per lei, avrebbe preferito vederlo urlare e gridare piuttosto che così freddo e distante. - Mi credete uno stupido, ma io conosco la mia Winry e tu non le somigli affatto!-
- Ed guardami… sono io… che devo fare per fartelo capire!-
- Non lo capisci vero? Anche se ti ho qui davanti a me, non riesco a considerarti come la stessa ragazza per cui da piccoli io e Al ci picchiavamo per chi dovesse sposarla, non sei la stessa che ha messo tutta se stessa per costruirmi gli auto-mail… Ora per me sei solo il giocattolo preferito da Envy e quel giorno sarei dovuto morire io al suo posto, magari saresti stata più felice.- Se fosse stata investita in quel preciso istante, sarebbe stato meno doloroso. Ed non era arrabbiato ne furioso, era sereno e parlava con la consapevolezza di avere ragione, ed era proprio questa sua consapevolezza che la feriva. Non riuscì a rispondere, non riusciva neanche a parlare, aveva abbassato la testa, facendo ricadere i capelli in avanti.
- Puoi anche andartene ora, non voglio più vederti.-
- Io non sono la persona forte che tu credi, non lo sono mai stata. Non puoi di certo sapere quante lacrime ho versato per te da quando te ne sei andato di casa. Tutte le volte che mi sono affacciata alla finestra sperando di vederti arrivare. Ti ho sempre aspettato, ma se ora la mia lontananza ti farà stare meglio allora sparirò. Però prima devi sapere quello che è successo.-
- Oh ma io lo so già e non ho voglia di ascoltare altre storielle… mi basta sapere che mi hai tradito e questo è quanto.- Non rispose, sapeva che era inutile fargli capire qualcosa che non avrebbe mai accettato. Si asciugò quelle poche lacrime che i suoi occhi continuavano a gettare automaticamente, e strinse le mani sui braccioli della sedia tirandola leggermente indietro.
- Ed guardami…- gli chiese con un filo di voce, ricevendo come risposta un secco no da parte sua.
- Guardami ho detto!- lo ripetè con più voce, cercando di capire se era riuscita a farlo voltare, ma lui continuava ad ignorarla. - Brutto pidocchio ti ho detto di guardarmi adesso!-
- Vattene, non voglio più sentire la…- senza neanche rendersene conto aveva involontariamente voltato la testa verso di lei e le parole, in quel momento, gli erano morte in gola. Era in piedi, aveva spostato la sedia da una parte e cercava di tenersi in equilibrio come poteva, le tremavano le gambe. Alzò il viso verso di lui, sperando di capire se la stesse guardando.
- Io non riesco a vederti e non cammino da quel giorno, le gambe e tutto il resto del mio corpo sono un continuo dolore. Questo mi è accaduto perché non ho dato ad Envy quello che voleva e quella donna mi ha avvelenato sperando che lui ne approfittasse…- Avanzò incerta mettendo un piede davanti all’altro e sperando di non inciampare in qualcosa lungo la strada, sarebbe arrivata da lui a qualsiasi costo, anche se l’avesse scacciata. - … ma non lo ha fatto, non mi ha mai neanche sfiorata e io l’ho sempre preso in giro sperando che lui non si avvicinasse più a te. Sono stanca di aspettarti inutilmente, stanca di soffrire per qualcosa che non avrò mai, perché continuerai a scappare da me e di questo ne sono pienamente cosciente.- Era arrivata accanto al letto, in tutto quel tempo Ed non era riuscito a dire una parola né a staccarle gli occhi di dosso. Nella sua mente era in corso una lotta, una parte di lui voleva scacciare quell’immagine, voleva mandarla via, mentre un’altra sarebbe corsa da lei in men che non si dica. Per questo non mosse un muscolo. Attese che si appoggiasse al letto, aveva il fiatone, segno che per lei era stato davvero difficile arrivare fin li. Persino la fronte si era riempita di piccole goccioline di sudore, poggiò entrambe le mani sulla sponda del letto per riprendere fiato e successivamente cercò con la mano di arrivare a lui. Non avvertì il minimo spostamento da parte sua e continuò in quello che voleva fare. Riuscì a sfiorargli la spalla senza sentire l’auto-mail, poi andò sempre più in alto cercando il viso e gli poggiò una lieve carezza sulla guancia.
- Che cosa vuoi da…- Senza dargli il tempo di dire altro allontanò la mano velocemente e con forza lo schiaffeggiò facendogli spostare il viso dalla parte opposta. Sulla sua guancia divennero subito ben evidenti le impronte rosse delle dita di lei e non potè che reggersi la parte dolorante.
- Pezzo di idiota buono a nulla! Hai rovinato di nuovo il mio auto-mail e scommetto che la gamba non sta messa meglio! Quante volte te lo devo dire che sono delicati e adesso che non ci vedo non posso neanche rimetterli a posto, ti rendi conto di quello che hai combinato?-
Dalla stanza adiacente, erano tutti senza parole, forse solo Alphonse si aspettava una simile uscita da parte della ragazza. Il dottor Krad aveva già avvisato l’infermiere quando aveva visto Winry avvicinarsi al letto, ma Roy lo aveva fermato prima chiedendogli di aspettare. Infatti Ed non si era mosso di una millimetro, ascoltava senza dire nulla le lamentele della ragazza che gli sbraitava contro come una pazza.
- Credi che basti impuntarsi come un bambino per farmi cedere? Ammetto di avere avuto un periodo di depressione, ma la colpa è solo tua! Non mi sarei mai fatta mettere le mani addosso da quel tipo! L’unico che… l’unico che…-
Non era riuscita a finire la frase, le guance le erano diventare rosse e aveva cercato di nascondersi da lui. Ed al contrario non aveva ancora detto nulla, era come paralizzato dalla furia che si era trovato davanti.
- L’unico sei tu… non esiste nessun altro per me. Non ti sto chiedendo di perdonarmi, ne di dimenticare… voglio solo che tu non sparisca dalla mia vita, mi basta rimanere anche solo il tuo meccanico, ma ti prego non cancellarmi in questo modo…-
Senza dire ancora una parola, allungò il braccio prendendole la mano e tirandola verso di se, Winry ricadde sul letto sbattendo la fronte sul petto di lui, si sentì stringere sulla schiena dolcemente, avvertì il suo respiro sul collo, quel calore che le mancava e che solo lui doveva donarle.
- Sei tornata… finalmente sei ritornata da me…-
- Stupido… stupido… stupido… stupido… non me ne sono mai andata.- Ricambiò il suo abbraccio, stringendosi a lui più forte che poteva, si ripromise di non piangere, non doveva farlo perché era felice in quel momento e non lo avrebbe rovinato con le lacrime.
- Vorrei tanto poterti vedere in questo momento…- Alzò il viso verso quello di lui, scorgendone a malapena i contorni, nonostante questo era felice, lo accarezzò sentendo la sua guancia ancora calda per il colpo che gli aveva dato poco prima.
- Allora fai come me… guarda con gli occhi del tuo cuore e riuscirai a vedermi… -
Lei annuì sorridendo e si avvicinò come poteva per sentirlo ancora più vicino, lui l’aiutò poggiando per prima le sue labbra su quelle di lei, quel sapore di buono che aveva avvertito la prima volta che l’aveva baciata non era cambiato, era lei e lo sapeva bene, perché nessun’altra lo avrebbe picchiato con tanta forza e poi baciato con la stessa intensità.
In quel momento si ritrovò la stanza ghermita di persone che lo guardavano. Si sentiva strano, come se avesse dormito per tutto il tempo e svegliato di colpo con un colpo ben assestato. Roy Mustang lo guardava con il suo sguardo malizioso, ma anche pieno di un affetto che a lui piaceva, Riza era accanto al suo colonnello finalmente, era felice per lui e lo dimostravano i suoi occhi color del miele. Maria Ross invece non si tratteneva, piangeva senza vergognarsi, felice di averlo nuovamente indietro. Accanto a loro Al, il suo corpo non gli permetteva di esprimere alcuna emozione, ma lui era suo fratello e non servivano espressioni, lo sentiva nel cuore che era felice per lui.

Passarono cinque giorni prima che Ed potesse essere dimesso. Ringraziò di cuore il dottor Krad per tutto quello che aveva fatto per lui e che di certo non avrebbe dimenticato.
Riza era tornata nel suo appartamento, lo aveva rimesso a nuovo, cercando di cancellare i segni di ciò che era accaduto ed era tornata ad occupare il posto di tenente accanto al colonnello.
Winry aveva ripreso a camminare tranquillamente e la vista riaffiorava velocemente, poteva dirsi davvero fortunata per non aver avuto danni permanenti. Era ancora ospite a casa della signora Glacyer e lei aveva offerto una stanza anche ad Ed, ma lui l’aveva rifiutata educatamente con una scusa.
Aveva delle cose da fare, qualcosa che solo lui poteva risolvere. Come se fosse guidato da una forza sconosciuta, ripercorse tutta la strada che aveva fatto giorni prima per arrivare in quello strano e tetro teatro. Non aveva incontrato nessuno sulla strada, nessuna traccia degli homunculus o di quella donna. Tutto era lasciato all’abbandono, quel grande salone era semidistrutto, sul pavimento c’era ancora il cerchio alchemico che aveva usato e il grande cratere che si era creato. Si fermò proprio sul brodo del precipizio guardando verso il basso osservando solo oscurità senza fine.
- Non dimentico, non riuscirò mai a togliermi dal cuore una tale colpa, però vado avanti con la consapevolezza che non sono più solo. Qualsiasi cosa mi aspetti in futuro non cederò mai più e non farò mai più del male alle persone che amo…- Si piegò in avanti portandosi le mani di fianco alla bocca, per il momento, finché Winry non riprendeva completamente la vista, aveva indossato un auto-mail provvisorio e anche molto scomodo, ma svolgeva bene il compito. - Mi senti vero? La prossima volta chiuderemo i conti!- Lo gridò con tutto il fiato che aveva in gola, poi se ne andò in completo silenzio.

Era ancora presto per andare a dormire, infatti non riusciva a stare buona nel letto nonostante si sentisse stanca. Sentì bussare alla porta e diede il permesso di entrare.
- Sono Glacyer, non riesci a dormire?-
- No, mi sento agitata e non ne conosco il motivo.- Sorrise mettendosi seduta e aspettando che lei si avvicinasse. Distingueva bene la sua figura, ma i lineamenti erano ancora sfocati per lei e con il buio della stanza era ancora più difficile. Avvertì il movimento del letto e sentì la mano di lei che le stringeva la sua, era fredda, ma molto morbida.
- Fa un po’ freddo stasera vero? Ero venuta a chiederti se volevi qualcosa da bere per rilassarti.-
- Io sto bene così, grazie. Volevi dirmi qualcos’altro?- Lo aveva avvertito dalla sua voce che voleva qualcosa, ma attese che fosse lei a dirlo. Avvertì che si era avvicinata molto a lei e le sorrise cercando di farle forza.
- Sei contenta così? Ti va bene tornare a casa da sola, come se niente fosse accaduto?-
- Avrò ripetuto questa frase un milione di volte, ma non mi stancherò mai. Il mio compito è aspettarlo, ha molto da fare prima di potersi riposare, ma io ho fiducia in lui e so che un giorno i miei sforzi saranno ripagati. Quando avrà compiuto il suo compito tornerà da me… lo sento nel mio cuore o non potrei andare avanti.-
- Quindi hai scelto così…- si alzò allontanandosi da lei e avvicinandosi alla porta. Lei la seguì con lo sguardo nonostante le difficoltà che aveva. - Buonanotte Winry.-
- Buonanotte… buonanotte Envy!- Non fece in tempo a rendersi conto di come era stato chiamato, che quando si voltò lei era già addormentata o forse faceva finta, il fatto era che nonostante tutto, riusciva sempre a riconoscerlo…

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Capitolo 28
*** 28. Squarci di vita... ***


Questa è la fine della mia storia… Buona lettura a tutti, i miei ringraziamenti sono alla fine…

Questa è la fine della mia storia… Buona lettura a tutti, i miei ringraziamenti sono alla fine….

 

28. Squarci di vita.

 

La vita riprende a scorrere, anche se in realtà è sbagliato dire così, perché in fondo non si è mai fermata. Siamo noi esseri umani ad aver arrestato il nostro modo di vivere. Quello che è successo sembrava aver cambiato ogni cosa… ma si può davvero dire che sono cambiate?

In fondo cosa c’è di veramente diverso? Cosa ci ha fatto diventare questa esperienza?

Io credevo che non ci fosse nulla di diverso, forse solo i sentimenti che ci hanno trascinato in questa avventura sono cambiati, ma poi neanche questo è vero in assoluto. Personalmente ho provato ogni genere di emozione, dalla più bella alla più orribile, ma sono andato avanti sperando di tenere per me solo quelle belle alla fine, invece non credo proprio che ci sia riuscito.

Amore. Cosa significa questa parola? Ci ho pensato spesso ultimamente, ho forse provato amore in questo periodo? Non credo proprio, quello che mi ha sempre spinto ad agire era la voglia di non rimanere solo e di questo se ne è resa conto una sola persona. L’unica, forse, che non avrei mai fatto avvicinare a me, invece ora mi trovo spesso ad incrociare il suo sorriso e quella della bambina… Ti prego amico mio, non volermene a male, ma voglio bene ad entrambe e farò di tutto per restare loro vicino, come credo che avresti fatto tu per me se fossi stato al mio posto e io chiuso in quella fredda e solitaria bara, con lo stupido rango di generale di brigata, che in questo momento suona così orribile da farmi venire voglia di vomitare!

In realtà non so neanche cosa significhino queste sensazioni che mi stringono il cuore, devo assolutamente capire perché voglio allontanare l’unica donna che non posso proteggere e non merito neanche di farlo. E’ proprio vero, non so comportarmi da uomo. Mi sono trovato molte volte a rivedere ogni cosa e come alla fine sono andate a finire…

Winry ha riacquistato la vista, ora deve portare degli occhiali, ma sono solo temporanei. Ha riparato gli auto-mail poi è ripartita per Reseembool qualche giorno dopo, proprio come era stato deciso. Tenerla lontana dalla città poteva solo essere un bene e lei non ha mai obiettato. Siamo andati tutti a salutarla, Ed l’ha baciata e lei gli ha detto di avergli lasciato un piccolo ricordo sul braccio. Mentre il treno partiva, Fullmetal ha cercato di capire cosa fosse, poi l’ha trovata: una piccola incisione su cui la ragazza aveva scritto “ti aspetterò per sempre”, se non fossimo stati tutti con lui sarebbe scoppiato a piangere.
Qualche giorno dopo anche lui ha ripreso il suo viaggio, non mi ha detto dove era diretto, infondo non lo ha mai fatto e non ha visto motivo per cui dovesse iniziare proprio in quel momento… Ho una strana sensazione su quei due fratelli, sensazione che un giorno dovrò dire addio ad entrambi o saranno loro a dirlo a me… Ho paura… paura di morire e non rivedere nessuno, compresa lei che nella mia vita è così importante…

Sto indagando su chi ha scritto quello strano rapporto. Ci sono molte cose che devono ancora essere chiarite, come stabilire se il comandante supremo ha a che fare con gli homunculus rimasti. Non sappiamo neanche quanti ne siano realmente rimasti, Ed non mi ha dato la certezza assoluta di aver ucciso Envy, è stato molto vago su questo argomento.
Per questo continuo il mio lavoro come se in realtà non sapessi nulla, Riza è tornata in servizio come mio tenente e questa è la cosa che mi lascia più perplesso. Tutto è tornato come primam per questo ho detto che forse non è mai cambiato, mi chiama colonnello, mi sgrida se poltrisco e mi aiuta quando non arrivo con il lavoro. Chissà cosa ci riserverà il futuro, se mai ci sarà un futuro insieme. Non ne sono affatto certo, in questo periodo non sono sicuro neanche di essere vivo. Però ho imparato a gioire dei piccoli momenti, di quei secondi in cui la vedo sorridere e quelle rare sere in cui vado a trovarla nel suo appartamento. Non mi rifiuta, non lo farebbe mai…
Forse è vero che le persone capiscono le cose quando sono in pericolo o quando non vedono che oscurità davanti a loro. Solo in quel momento si riesce a dare il vero peso alle cose e soprattutto alle persone e pensandoci mi viene da dire: quanto tempo ho sprecato nella mia vita!!!!

Chissà come finirà questa strana storia, che ci avvicina e ci allontana con estrema facilità?
Quello che abbiamo vissuto ora è solo un piccolo stralcio di vita, una parentesi probabilmente mai chiusa. Avremo altri momenti in cui soffriremo, in cui verremo messi alla prova, in cui non sapremo a chi aggrapparci…
Io vado avanti come posso, miro in alto, molto in alto, ma posso farlo solo se al mio fianco c’è lei, senza non avrebbe senso salvare questo paese. Non mi importa se vengo definito egoista, ma credo che per salvare qualcuno bisogna essere prima salvati da qualcun altro e lei è quella che ha salvato me molte volte.

Lo stesso vale per Fullmetal… Sono più che convinto che se non ci fosse Winry, se tutte le volte che torna a Reseembool, non ci fosse quella luce alla finestra ad indicargli il cammino, non ci arriverebbe mai. Non è Al che gli da la forza di andare avanti, ma il pensiero di poter arrivare in fondo a questa storia per poter tornare in quei luoghi, salutare Pinako con un sorriso, guardare Winry negli occhi e dirle finalmente “Sono a casa!”
Forse non lo farà mai, forse non è questo il suo destino, come non è il mio diventare comandante supremo, ma di certo non mi abbatto per un dubbio… non lo faccio perché altrimenti lei metterebbe il broncio e potrebbe anche spararmi una volta di queste!
Forse il mio destino è mettermi contro il comandante King Bradley e morire nel tentativo di fermarlo, o forse potrei salvarmi e smettere di essere un soldato… no! Credo che questo non succederà mai, amo troppo il mio titolo e la mia fama di Flame Alchemist che credo di non poterlo mai abbandonare…

Chi può sapere cosa ci aspetta, magari passeremo giorni a roderci il cervello cercando qualcosa che non esiste, come la pietra filosofale… Io voglio credere in Ed e in quello che farà… ormai sono convinto di non poter più far parte della sua vita, non posso controllarlo… Questa strana storia è iniziata un giorno di pioggia e fortunatamente è finita in un giorno di sole, un giorno in cui tutto è ricominciato come prima…
L’unica cosa che posso dire ora, l’unica che mi suggerisce il mio cuore in questo momento è solo:


Buona fortuna FullMetal Alchemist!

Roy Mustang

 

 

Ringraziamento personale:

Bene siamo giunti alla fine...
Ho voluto concludere questa ff con i pensieri di Roy, perchè lo ritengo un personaggio molto complicato e difficile da descrivere, mi ha davvero dato molto da fare, a volte non riuscivo a far capire bene cosa stesse facendo o pensando... spero di aver colto almeno in parte il suo modo di essere.
Non volevo concludere questa storia con un ... e vissero tutti felici e contenti...
non so voi, ma io ho visto la fine della serie e il film e sinceramente ne sono rimasta talmente colpita che non sono riuscita a trovarne una degna per la mia.
Preferisco aver riportato tutto alla normalità, i personaggi hanno vissuto solo un periodo della loro vita, sono cambiati e tornati normali...
sono quelli che conosciamo tutti e non quelli che ho inventato io, perchè lo ammetto, spesso so di averli idealizzati... ma a me piacciono così
sono particolari, perchè escono dalla mia mente contorta, come credo che sia per tutti voi che scrivete ff.
Quindi il mio è un arrivederci alla prossima fanfiction... spero di avervi emozionato e che seguirete magari le mie prossime avventure...
un saluto a tutti quanti, lasciatemi commenti se volete, mi farebbe molto piacere sapere come la pensate sulla mia storia, dal canto mio cercherò un modo per rispondere a tutti…

Ciao e un bacio di cuore…

 

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