In defense of our dreams

di Camilla_Echelon
(/viewuser.php?uid=192332)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Capitolo 1- ***
Capitolo 2: *** -Capitolo 2- ***
Capitolo 3: *** -Capitolo 3- ***
Capitolo 4: *** -Capitolo 4- ***



Capitolo 1
*** -Capitolo 1- ***


Molto bene, mi presento. Mi chiamo Camilla, ho quasi sedici anni e vivo in un paese sul lago di Garda, Desenzano del Garda.
Ho una passione, la musica e ho un sogno, inseguirla.
Fino ad oggi mi sono “illusa” di riuscire a diventare tennista professionista ma da quando ho preso in mano una chitarra ho capito che il mio mondo è un altro.
Al mio quindicesimo compleanno mi era stata regalata una chitarra da un mio grande amico, apparteneva a lui, purtroppo è poi partito per l’America, così aveva deciso di lasciarmi un suo ricordo. Da quel giorno ho cominciato a suonare tutti i giorni pur non essendo capace, ma piano piano ho preso la mano.
Un giorno mentre spolveravo la chitarra ho trovato una piccola scritta e un piccolo triangolo accanto diviso a metà da un segmento orizzontale, la scritta era “echelon”, parola che non avevo mai sentito. Mi ero messa a cercare informazioni su quella parola ma nulla, così ho pensato che probabilmente era un semplice soprannome di Nicola, il ragazzo che mi aveva regalato la chitarra, ma quel triangolino non riuscivo proprio a spiegarmelo, poteva essere il simbolo della sua band, non mi vengono altre idee.
Avevo chiesto in giro se qualcuno era a conoscenza dei significati di quel simbolo e di quella parola, ma nessuno è riuscito a darmi una risposta.
Un giorno ero al parco con la mia chitarra e stavo suonando tranquillamente, quando una ragazza mi si avvicina e mi si siede accanto nel prato, all’inizio non le diedi tanta importanza perché volevo finire la canzone, ma appena finita, l’ho guardata in faccia e poi l’occhio mi è caduto sulla sua maglietta, nera con il simbolo che c’era sulla chitarra in bianco.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** -Capitolo 2- ***


Mi guarda e mi dice –Ciao, suoni molto bene. -
-Hey ciao, Grazie mille! Come ti chiami? -
-Alessia e tu? -
-Io mi chiamo Camilla. -
-Che bel nome. Anche io suono la chitarra sai?! -
-Fammi sentire qualcosa dai… Tieni! – Le passo la chitarra e lei comincia a suonare una delle mie canzoni preferite, ovvero “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana, così comincio a cantare insieme a lei, c’era sintonia tra di noi, ci stavamo divertendo molto a can tare e suonare insieme e il piccolo pubblico che si era creato apprezzava.
Si stava facendo tardi ed era ora di andare, ma prima ci siamo fermate ancora una decina di minuti a parlare un po’ di noi e a scambiarci i numeri di cellulare.
Questa ragazza quando parla sembra una macchinetta, allora ad un certo punto la interrompo –Che significa il triangolo sulla tua maglietta? –
-Non è un triangolo... È una triad! – Aveva una faccia un po’ stizzita nel sentirmi dire “triangolo”.
-E che cos’è questa “triad”? Guarda, ne ho una sulla mia chitarra ma non sono mai riuscita a scoprirne il significato. –
-La triad è uno dei simboli di una delle mie band preferite, i 30 Seconds To Mars, sono una band americana composta da tre favolosi ragazzi, Jared, Shannon e Tomo che compongono musica alternative rock. Non li conosci? –
-A dire il vero no. Non li ho mai sentiti… Hai qui da farmi sentire qualcosa? –
-Certamente! Ti faccio sentire subito qualcosa. –Fa un sorrisone soddisfatto e la canzone comincia “A warning to the people, the good and the evil, this is was…” la canzone si stoppa e la schermata del suo cellulare diventa di colpo nera e lei dice –No! Caspita! Mi si è scaricato il cellulare, mi dispiace tantissimo! –
- Tranquilla. Questo significa che ci dovremo rivedere e mi dovrai acculturare su questo gruppo che con questo “This is war” mi ha già conquistata. Comunque il mio numero di cellulare hai fatto in tempo a salvarlo perciò domani magari ti chiamo e ci organizziamo per riuscire a vederci di nuovo, sempre se ti va… -
-Certo che mi va, assolutamente! A domani!-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** -Capitolo 3- ***


Finalmente era arrivato il mattino di quel tanto atteso sabato che dava ufficialmente inizio al week-end.
Avevo pensato di chiamare Alessia ma poi mi sono detta che sarebbe stato meglio aspettare, sarei sembrata troppo insistente e poi non sapevo nemmeno se andasse o no a scuola di sabato, così ho deciso di telefonarle nel pomeriggio, per sicurezza.
Quella mattina dopo aver studiato mi ero messa a suonare, cercavo di ricordarmi gli accordi di “Smells Like Teen Spirit” che Alessia suonava così bene, ma non mi entravano in mente, così ho continuato con le mie canzoni da principiante e che ormai pure i miei vicini di casa conoscevano a memoria.
Si era fatta ora di pranzo ormai, così aspettato il ritorno a casa di mio padre dal lavoro ci siamo messi tutti a tavola. Dopo pranzo ho suonato ancora un po’ e poi ho deciso di prendere in mano il telefono e di chiamare Alessia.
-Pronto?! –
-Ciao Alessia, sono Camilla, ci siamo incontrate al parco. Come stai? –
-Ah, ciao Camilla, io sto bene grazie e tu?-
-Tutto bene grazie. Volevo chiederti se oggi ti andrebbe di incontrarci per suonare insieme, ti va? –
- Certo assolutamente… Dove e a che ora? –
-Io direi al parco, anche subito se puoi. –
-Ok arrivo, tanto abito vicino al parco. Allora ci vediamo dove ci siamo incontrate ieri. -
-Va benissimo, a tra poco. –
Ero contenta di aver trovato qualcuno con la mia stessa passione per la musica, è bello condividerla con qualcuno che riesca a capirmi.
Camminavo per la strada con le cuffie alle orecchie ascoltando “Famous Last Words” dei My Chemical Romance, quando vedo un bambino correre, mi passa accanto venendomi contro, allora istintivamente mi giro e vedo più in lontananza un uomo con un brutto aspetto e con viso arrabbiato che correva e che molto probabilmente inseguiva il bambino, non sapevo cosa fare per aiutare il bambino. Presa dal panico, prima che l’uomo passasse accanto a me ho allungato la gamba di lato e l’uomo ha inciampato cadendo, subito sono corsa dal bambino e l’ho afferrato per la mano e l’ho aiutato a correre più velocemente finche non siamo arrivati al parco.
Subito mi sono diretta da Alessia che vista la mia faccia e quella del bambino che piangeva ci ha seguiti correndo senza esitare.
Ci siamo diretti verso il boschetto e ci siamo infilati tra le piante, lo avevamo seminato, così ci siamo seduti a riprendere fiato.
-Chi era quell’uomo piccolo? – Gli ho domandato.
-Mio papà! – Piangeva il bimbo, non sapevo che fare, aveva ad occhio più o meno cinque o sei anni.
Allora l’ho preso in braccio e abbracciato e lui mi ha stretta forte, continuava a piangere.
Alessia mi ha subito chiesto cosa fosse successo, così dopo averglielo spiegato ha detto –Dimmi il tuo nome piccolo cowboy… -
-Stefano. - Ha risposto con le lacrime che ancora gli scendevano.
-Molto bene Stefano, cosa ne dici se andiamo a mangiare un gelato enorme offerto da me? –
-Va bene. – Stava tornando il sorriso sulle sue labbra, così siamo andati a mangiare un gelato tutti assieme nella speranza di capire qualcosa di più su questo bambino e farlo sentire meglio

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** -Capitolo 4- ***


Ci incamminiamo vero il centro del paese tenendo il piccolo Stefano per mano, una da una parte e una dall’altra, sembrava si stesse riprendendo ma il suo viso aveva comunque un’aria abbastanza triste e confusa. Arrivati alla gelateria lo sguardo di Stefano sembra rinato così siamo entrati e ci siamo messi in coda mentre lui guardava i gusti da scegliere.
Gli chiedo:-Stefano che gusti vuoi?- mi risponde:-Voglio fragola e cioccolato!- -Perfetto.-. Arrivato il mio turno ordino il gelato per Stefano e poi usciamo. Decidiamo di portarlo al molo a mangiare il gelato  per cercare di scoprire di più su questo bambino, così mentre mangia il gelato gli facciamo qualche domanda. La prima cosa che gli abbiamo chiesto è il motivo per il quale il padre fosse tanto arrabbiato e lo stesse inseguendo e la sua risposta non ci ha aiutate a capire la sua situazione perché ha risposto di non saperlo così abbiamo deciso di chiedergli informazioni su di lui. Dopo un po’ di tempo che conversavamo siamo riuscite a capire che la madre è morta, che vive con il padre e la sorella Aurora di 14 anni maltrattata insieme al fratellino dall’uomo che loro chiamano “papà”. Dopo aver preso conoscenza di queste tristi notizie io e Alessia abbiamo parlato mentre Stefano giocava al parco per trovare una soluzione e per poter aiutarlo a vivere meglio, così abbiamo deciso che una di noi lo avrebbe tenuto per la notte, non possiamo lasciarlo da solo, non sapremmo nemmeno dove lasciarlo, è troppo piccolo per stare solo. Così abbiamo deciso che Stefano per la notte sarebbe stato a casa mia e che insieme io e Alessia avremmo fatto di tutto per poterlo aiutare. Arrivate le 17,00 siamo tornati a casa, io e Alessia siamo rimaste d’accordo che ci saremmo sentite il giorno seguente.
Arrivata a casa mia madre rimase sbalordita nel vedere il piccolo bambino così dopo averle spiegato lo spiacevole accaduto decise di ospitare Stefano finchè non si fosse sistemata la situazione. Il mio fratellino Tommaso di 10 anni è molto felice nel vedere un nuovo arrivato in casa, così insieme si dirigono verso la sua stanza per giocare in compagnia. Nel frattempo io e mia madre siamo andate alla ricerca dei vecchi vestiti di Tommaso per poter cambiare i sudici vestiti di Stefano.
Dopo cena io ero in camera mia con Stefano e ho chiamato Alessia per dirle che era tutto sotto controllo e che mia madre non si era opposta, Stefano voleva parlare con lei così gli ho passato il telefono e le ha raccontato i giochi che aveva  fatto con Tommaso e che si stava divertendo un mondo; mi ripassa il telefono e così mi organizzo con Alessia per vederci il giorno seguente. Ad un certo punto mentre cantavo una canzoncina a Stefano sento la sua testa crollare sulla mia spalla, si è addormentato, così lo sistemo per bene nel mio letto matrimoniale, lo avvolgo nel piumone caldo e mi sdraio accanto a lui, stringendolo e chiudendo gli occhi. Dopo pochi istanti ero caduta in un sonno profondo anche io. Poco dopo essermi addormentata cominciai a sognare, a sognare di questo bambino arrivato per caso nella mia vita e che piano piano la renderà sempre più fantastica con la sua ingenuità, solo con uno sguardo riesce a rendermi felice. Grazie all’incontro con Alessia la mia vita ha preso una svolta differente e che mi rende protagonista di situazioni mai vissute e di sensazioni mai provate, è come avere un figlio. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1081404