Allison's Mistery.

di Ali_Stan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** «I rumori,le urla,il buio.» ***
Capitolo 3: *** Goodbye,New York. ***
Capitolo 4: *** «Scrivere,l'unica cosa che mi rimane.» ***
Capitolo 5: *** Disperation. ***
Capitolo 6: *** Alone. ***
Capitolo 7: *** Dad,where are you? ***
Capitolo 8: *** Fear and drug. ***
Capitolo 9: *** It was just a dream? ***
Capitolo 10: *** Fuck the world, i go to my father. ***
Capitolo 11: *** I just want happiness. ***
Capitolo 12: *** Memories killed me. ***
Capitolo 13: *** The hope is the last to die. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


«Allison, svegliati che è tardi,devi andare a scuola!.»
Le urla della madre.
Allison, era solare e socievole, sincera con tutti,egoista con nessuno.
Era una ragazza particolare e stravagante: alta,occhi neri, capelli castani con un tocco di rosa, e il sorriso sempre sulle labbra.
Abitava a New York, la sua passione era recitare,partecipava a corsi di teatro e si divertiva molto. Nelle recite le davano sempre la parte più scarsa, ma a lei non importava,lei seguiva il suo sogno, ed era contenta di questo.
Anche nella vita le davano tutti la parte più scarsa, la più inutile, come se lei fosse inesistente..Tutti la evitavano, le uniche persone che la sostenevano erano suo padre Sam,il suo migliore amico Mike, e ovviamente anche il suo cane,Josh.
Un giorno, dovette dire addio a tutto, alla sua città, al suo migliore amico, e alla sua passione.

Lei era qualcosa di unico.
Ma quel qualcosa cambiò.
Tutta colpa di quella dannata macchina,di quella dannata strada, di quella dannata notte.

Portò via il suo angelo,
Portò via suo padre.

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Capitolo 2
*** «I rumori,le urla,il buio.» ***


Era una serata invernale,insieme alla mia famiglia eravamo andati al compleanno di un nostro caro amico.
Mamma, come al solito,aveva dei vestiti lunghissimi e decorati, i capelli apposto e le scarpe firmate.
Papà, invece, una normale camicia e un pantalone.
Il rapporto con mio padre non era ottimo,di più, lo adoravo,era come un fratello per me, gli dicevo di tutto e di più,sapeva consolarmi ogni volta che ero triste.
Con mia madre, invece,ci trattavamo come se fossimo due estranee, le importava solo del mio rendimento scolastico, quando prendevo buoni voti non mi dava mai soddisfazione, invece quando prendevo note e cose varie, secondo lei era la scusa buona per prendersela con me.
Diceva che la scuola di teatro era inutile,che non mi avrebbe mai dato un futuro, e che mi sarei dovuta ritirare.
Ma a me non interessava il giudizio degli altri.
L'importante è seguire il proprio sogno,nonostante ci possano essere ostacoli durante questa 'avventura' bisogna essere disposti ad affrontarli, nel bene o nel male.
Si era fatto tardi, era l'una di notte, entrammo in macchina, e alla guida c'era papà.
«Sam, guida piano, c'è la neve e può essere pericoloso.»Disse mamma.
Papà fece finta di non ascoltarla, io invece stavo messaggiando tranquillamente con il mio migliore amico,Mike, lui sì che era una persona dolce e affidabile.
*TONF* 
Ad un certo punto sentii delle urla e un forte rumore..
E poi, il buio.
Il buio totale.

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Capitolo 3
*** Goodbye,New York. ***


GOODBYE, NEW YORK.

Mi risvegliai presto, o almeno così ricordo. 
Sangue,solo sangue.
La macchina era distrutta.
Con le poche forze che avevo, mi alzai e andai verso i miei genitori.
Erano distesi a terra, sull'asfalto della strada.
«Papà?»
«Papà ci sei? Papà rispondimi!»
«Mamma?parlami,mamma!!»
Avevo perso il controllo, dovevo chiedere aiuto,subito,in quel momento, ma non ci riuscivo, non avevo la forza.
Mi girai di scatto,vidi un uomo coi capelli neri guidare un automobile grigia.
Era lui, era lui che ci aveva investito.
Era lui.
Appena mi vide, fece retromarcia e scappò.
«STRONZO,FIGLIO DI PUTTANA!» Gridai, con le poche forze che avevo.
Incominciai a rincorrere quella macchina, come una cretina, in quel momento non ero cosciente di ciò che stavo facendo, ma correvo,correvo e non smettevo più, non volevo fermarmi, non dovevo farlo.
In un attimo mi sentii crollare,perdere le forze,morire. Era tutto buio.
Mi risvegliai, ero sdraiata in un letto duro e bianco,intorno a me c'erano dei tipi con la mascherina sulla bocca, mi spaventai.
«Ragazza,non spaventarti.»
«Chi siete? cosa volete?»
«Ora raccontaci quello che sai.»
«Dovete dirmi chi siete,ora.»
«Ti trovi a un ospedale, io sono un dottore, e lui è un poliziotto,ti ha ritrovato per strada,insieme ad un uomo e una donna.»Disse il tipo,indicando l'amico.
«I miei genitori, ditemi dove sono i miei genitori.»
«Prima dicci quello che sai, insomma,quello che è successo.»
Dopo un pò gli dissi tutto, ero spaventata,tremavo come una foglia, la paura, cavolo, la paura.
«Contenti adesso?Ora ditemi dove sono i miei genitori.»
«Stanno bene.»
Papà mi diceva sempre di non fidarmi MAI degli sconosciuti,che ne sapevo io se dicevano la verità o no?
Restai due giorni in ospedale, poi,una mattina..
«Prendi i tuoi vestiti,mettili nella valigia, e vieni via con me.»Disse una donna che entrò in stanza spalancando la porta.
Non sapevo chi fosse, ero confusa.
Poi, ripensandoci sù, ricordai che quella era mia madre.
Senza dire niente,feci quel che mi aveva ordinato.
«Ok ma adesso dimmi dove stiamo andando.»
«Andiamo via, via di qua,Allison,New York ci ha portato abbastanza sfiga fin ora, basta.»
«No mamma no, non posso andare via! non posso lasciare il corso di teatro,la scuola, e poi devo salutare il mio migliore amico,Mike!»
Dopo quella frase mi ritrovai cinque dita stampate in faccia.
Quella fù la prima volta che mia madre mi picchiò.
Pensavo a Mike, non l'avevo nemmeno salutato, lui non sapeva niente, e non lo potevo nemmeno chiamare, il mio telefono era stato distrutto dopo quell'incidente..
Non dissi più niente, arrivai in quel dannato aereoporto.
Non volevo partire, volevo restare a New York!
 «Devi spiegarmi una cosa, oh!» Dissi io, andando da lei.
«Sentiamo.» Rispose,con la sua solita arroganza.
«Dov'è Papà?»
«Papà.. è partito per un viaggio di lavoro.»
«Ah,e quando torna?»
«Molto presto, ma ora vieni con me e sta zitta!»
Mi prese dal braccio e me lo strinse,faceva male.
Faceva male come le sue parole.
Faceva male come lei.
Perchè a me, perchè?
E così entrai in quell'aereo e partì.
Ma ero consapevole del fatto che papà da quel 'viaggio di lavoro' non sarebbe mai più tornato.

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Capitolo 4
*** «Scrivere,l'unica cosa che mi rimane.» ***


«Scrivere,l'unica cosa che mi rimane.»

 Durante il viaggio, presi carta e penna, e incominciai a scrivere, per ore ed ore.
Scrivere, era l'unica cosa che mi rimaneva. 
'Papà,ovunque tu sia,perdonami, dovevo salvarti ma in quel momento non sapevo come fare, ero confusa, spaesata. Non dovevi andare via per colpa di una maledetta macchina,adesso spiegami: come farò senza di te?sarà tutto una merda, uno schifo totale, sai, mamma vuole portarmi in un'altra città, non so nemmeno dove, ma mi conviene seguirla se non voglio rimanere sola,vuole andare via da New York, ma perchè? io qua avevo il mio migliore amico e il corso di teatro che amavo tanto,perchè vuole cacciarmi tutto quello che mi rimane?Io non la capisco, certe volte penso proprio che mi odi,anzi, ne sono sicura, LEI MI ODIA.  Sai che mi ha detto? che eri partito per un 'viaggio di lavoro' bah, non sono così stupida, papà, tu mi hai insegnato ad essere furba e forte, io sto cercando di esserlo. Non sarà facile andare avanti senza di te, ma ci proverò.. ci proverò, lo farò per te.. ti sembra che io lasci andare tutto così,come se non fosse successo nulla? NO! IO MI VENDICHERO', troverò quell'idiota che ti ha portato via,papà, gliela farò pagare, sul serio, gli farò passare le cose più brutte di questo mondo, te lo prometto,quell'uomo ha portato via il mio angelo,e non posso fargliela passare liscia,andrò alla ricerca di quel tipo finchè non lo troverò, non mollerò, mai,mai,mai.
Ciao papà,ti voglio bene.'
 
Dopo qualche ora, l'aereo era atterrato.

Mamma di corsa mi prese il braccio e mi trascinò via, mentre eravamo sulla scaletta dell'aereo,mi bloccai.
«Mamma, dimmi dove siamo, o non scendo.»
«Sta zitta, Allison, sta zitta,non farmi fare queste brutte figure in pubblico e vieni,muoviti!»
«NO.»
«Cosa hai detto?NO?no a me?»
Mamma era una tipa dura,antipatica e egoista, non gli interessava niente di me,si arrabbiava ogni volta che qualcuno la contraddiva, e scatenava una guerra, con lei non si potevano mai alzare i toni perchè si sentiva una persona importante che doveva essere sempre rispettata.
 
Ma nessuno è perfetto.
 
Ero rimasta pietrificata dopo la sua risposta,cominciò a guardarmi male e mi sentii a disagio.
Poi qualcuno mi toccò le spalle e mi spinse sotto,caddi a terra.
«Ah, sta ragazzina,ma non perdere tempo e fai la matura, va» Disse l'uomo.
Alzai lo sguardo, vidi il tipo che mi aveva buttato a terra.
Oh,aspetta..
 
Gli occhi neri, quegli occhi neri.
Quegli occhi neri che mi fissarono in un modo furbo, quella notte.
Quegli occhi neri che mi avevano impaurito.
Quegli occhi neri che portarono via il mio angelo.

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Capitolo 5
*** Disperation. ***


DISPERATION.

 La confusione, il cuore che batteva forte come se stesse per arrivare un terremoto, le gambe indolenzite e la testa che non smetteva di farmi del male. 
 «Ma che mi guardi?fammi passare và!»  Disse l'uomo.
Non risposi, rimasi stupita, l'avevo trovato, ormai non la passava liscia.
«MA CHE FAI A TERRA? SEMBRI UNA CAPRA CHE MANGIA L'ERBA, ALZATI, RAZZA DI UN'IMMATURA!» Gridò mamma.
Visto che lei non aveva intenzione di dirmi dove ero finita,chiesi a una donna che passava per strada.
«Scusi,sa dirmi che città è questa?»
«I'm sorry, i don't understand.» Mi rispose.
Dopotutto, la scuola mi era servita, quella donna aveva un accento americano e non capiva ciò che dicevo in italiano, fatto sta che ero rimasta nell'USA.
«Excuse me, please tell me which city i'm in?»
«Ah, oh yeah, this is Miami»
«Thank you very much.» 
Miami, wow.
Mamma mi tirò via nuovamente, andò avanti sicura che io la stessi seguendo, ma indietreggiai molto lentamente e scappai.
Come una pazza, al freddo, ritrovai l'uomo e lo seguì per ore ed ore,ad un certo punto entrò in un Garage.
Mi allontanai e mi nascosi dietro un enorme portone, sentivo diverse voci, non era solo.
Avevo molta paura,
Ma nella vita bisogna correre il rischio, affrontare ogni singolo pericolo con forza,godersi tutti i momenti, perchè non si è sicuri di riviverli, e un giorno potremo rimpiangerli.
E se mi scoprivano?Ero rovinata.
«L'hai portata?»
«Certo,eccola qua.»
C'erano due persone, tutti e due uomini, non vedevo niente, provai a girarmi.
Avevano in mano due pacchi grandi e bianchi,pieni di non so cosa.
«Perfetto,bel lavoro,Antony!» 
ANTONY, ANTONY.
Antony era il nome dell'assassino.
Il nome di quell'uomo che portò via mio padre,e insieme a lui portò via anche la mia felicità.
Avevo tutta la situazione in pugno,sapevo il suo nome.
Feci un piccolo sorriso, sapevo che potevo farcela, ero forte.
«A quanto la venderai,allora?.»
«Oh beh, vendere la droga qui a Miami non è che sia molto difficile, ci penserò su..»
Oh mio dio, quei due erano degli spacciatori di droga.
Avrei dovuto chiamare la polizia,ma non era il caso,non in quel momento,non lì.
E poi, il mio telefono era stato distrutto nell'incidente, in quel momento ne avevo uno vecchio vecchio, e non sapevo nemmeno come si usasse.
Ad un certo punto..
«Hey there delilah,what's it like in New York city, 
I'm a thousand miles away but girl tonight you look so pretty,
Yes you do,time square cant shine as bright as you
i swear it's true.»
IL MIO CELLULARE SQUILLO'.
Era mamma.
Ad un certo punto mi sentii morire, non potevo scappare.
Sentivo dei passi,passi duri di persone arrabbiate.
Eccoli là.
Erano arrivati quei due.
Mi fissarono.
E dopo non mi ricordai più niente.
Non sapevo cosa fare, non sapevo come difendermi.
Sapevo solo che era la mia fine.

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Capitolo 6
*** Alone. ***


ALONE.

Eccolo lì.
Ecco il buio.
Cazzo,quanto mi faceva paura.
Mi risvegliai, vidi tutto nero.
Mi spaventai,pensavo fossi diventata ceca.
Eh invece no.
C'era un odore bruttissimo, ero in un posto stretto e per niente pulito,non c'era nemmeno una finestra.
Una specie di cabina,insomma.
Volevo uscire, non riuscivo più a respirare, non vedevo la luce,solo buio.
Mi serviva aria.
Cercai di alzarmi, e di colpo caddi a terra.
Ero tutta dolorante,mi faceva male il ginocchio, il gomito, lo stomaco e la guancia.
Forse quelli là mi avevano picchiato,menomale che non ricordavo nulla.
Cominciai a piangere, stavo per soffocare..
Gridai, con le poche forze che avevo.
«FATEMI USCIRE OH,FATEMI USCIRE!.»
Nessuna risposta.
«NON RESPIRO PIU', AIUTATEMI! MI SERVE AIUTO! VI PREGO,C'E' QUALCUNO?.»
Continuai a gridare per secondi,minuti,ore.
Non ce la feci più e crollai.
Era la mia fine.
D'un tratto mi ritrovai sdraiata per terra, ma vedevo la luce.
Accanto a me c'era un ragazzo, più o meno sui 17 anni,alto,carino.
«CHI SEI?.»Dissi io,spaventata.
«Ehi,calmati...»Rispose.
«SEI UN LORO AMICO,VERO?»
«Scusami, amico di chi?»
«NON FINGERE DI NON SAPERLO! TOGLIMI LE MANI DI DOSSO,STRONZO!.»
Corsi via, anche se non avevo la forza.
Correvo come un elefante,e così caddi a terra, ero troppo debole, le ferite mi facevano male, come se avessi avuto un colpo al cuore, un grande colpo al cuore.
«Ehi, ma non vedi che non ce la fai?» Disse il ragazzo,raggiungendomi.
«Me la cavo da sola,LASCIAMI IN PACE!»
«No,senti io non so chi tu sia nè cosa ti sia successo,so solo che eri rinchiusa in una cabina al buio, mi spieghi che ti prende?»
«Tu sei come loro.»
«Come chi?»
«Come quegli uomini, non farmi del male, ti prego..»
«Perchè dovrei farti del male?Oh, mi dici che succede?»
Cominciai a piangere, quel ragazzo mi aiutò.
Gli raccontai tutta la mia storia, per fortuna era disposto ad ascoltarmi.
Dopo un'ora mi portò all'ospedale per fare dei controlli,avevo ancora dolore alla gamba,ma il dottore disse che stavo bene e che in due giorni mi sarei ripresa, ma dovevo rimanere lì.
Quel ragazzo venne nella mia stanza.
«Ah, comunque..piacere,Marco.»
«Allison...»
«Hai un bellissimo nome.»
«Grazie...»
«Che c'è, hai paura degli ospedali?»
«Eh..un pò.»
«Non ti preoccupare, non sei sola, ci sono io.»
«Mi spieghi perchè l'hai fatto?»
«Cosa ho fatto?»
«Perchè sei venuto a salvarmi?sono solo una sconosciuta,scusami se ti dico così, ma devi sapere che nessuno si è mai interessato a me...nessuno mi è stato vicino come stai facendo tu,cioè..molte persone, anche conoscenti, se mi avrebbero visto in quelle condizioni se ne sarebbero fregati di me...»
«Ah,davvero? mi stai dicendo che nessuno si è mai interessato a te?perfetto, adesso ci sono io ad interessarmi.»

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Capitolo 7
*** Dad,where are you? ***


Qualche giorno dopo uscì dall'ospedale,insieme a Marco.
Avevo avuto il piacere di conoscerlo fino infondo, in pochi giorni.
Marco era un ragazzo dolce e sensibile, aggressivo e antipatico quando serviva,un tipo con l'aria da fighetto.
All'inizio pensavo fosse un idiota che si sentiva dio.
Ma non bisogna giudicare dall'apparenza.
Dietro quell'aria da fighetto c'era un ragazzo con un cuore grande,la testa apposto e un sorriso splendido.
Ah,una cosa importantissima.
Aveva la passione del teatro,proprio come me,da grande voleva fare l'attore o il regista.
Lui mi invitò ad abitare a casa sua per qualche giorno visto che mia madre mi aveva abbandonato, o meglio, io avevo abbandonato lei.
Io accettai, anche se avevo la paura di dargli disturbo.
Una sera come tutte le altre..
Anzi no,quella non era una sera normale.
Quella sera successe qualcosa,qualcosa che non mi sarei mai aspettata.
Giravo per casa e lo vedetti seduto sul divano con la testa tra le mani,sembrava triste.
Mi avvicinai.
«Ei, ma che ti succede?»
«Niente Ally,lascia stare..»
«No dai, raccontami, sai che di me ti puoi fidare..»
«Ti ho detto di no.»
«Marco..»
«MI LASCI STARE?EH?TU NON SAI NIENTE DI ME, TI CONVIENE FARTI I FATTI TUOI E NON PARLARMI, CIAO.»
Si alzò dal divano e andò via.
Avevo capito che non stava bene, ma era meglio fare l'egoista e fregarmene.
«NO,Allison,NO.
Ecco dov'è che sbagli,ti rendi conto di cosa hai fatto?
Già stava male di suo, tu l'hai fatto arrabbiare ancora di più!
Sei una merda,Allison,sei solo un errore, un disastro,
se si è comportato così avrà avuto i suoi motivi, no?
E quel motivo sei tu: sei inutile.
L'hai solo deluso,dovresti scomparire dalla faccia della terra,
tutti sarebbero più contenti.»
Ecco cosa pensavo di me, la mia testa ormai era sul colmo di scoppiare.
Mi sentivo uno schifo, ma avevo ragione,Marco era stato troppo gentile ad ospitarmi, e poi, con il mio carattere orrendo, si era già stufato di me.
Tanto vale andarsene,almeno lo lascio in pace.
Era quasi mezzanotte,presi le valigie non ancora disfatte dopo il mio arrivo a casa di Marco,pian piano uscii dalla stanza e cercai di aprire la porta,senza farmi sentire.
BUM!
Un rumore mi fermò, ebbi paura.
Come se qualcuno volesse uccidermi alle spalle.
«Dove stai andando?»Disse Marco.
Uscì dalla stanza,si avvicinò a me e mi prese il braccio.
«Marco,marco, lasciami, mi fai paura.»
Sembrava un pazzo,parlava come un ubriaco, non era più il Marco di prima.
«Perchè dovrei lasciarti?»
«LASCIAMI CAZZO MARCO, MI FAI MALE!»
«Oh cer...»
Cadde a terra, era svenuto.
Avevo perso il controllo, proprio come quella sera in cui persi mio padre.
Solo che qua non c'è una macchina, non c'è una strada,non c'è un pazzo di nome Antony che mi guardava con i suoi occhi neri.
C'è solo una ragazza confusa con le lacrime agli occhi, insieme a un ragazzo svenuto per terra in fin di vita.
Normale,no?
No, non era normale.
La mia vita non è normale.
Avevo sempre sognato di avere un'infanzia felice, con una mamma migliore e il mio caro papà,avrei voluto continuare a vivere a New York,seguire il mio corso di teatro e stare con il mio migliore amico Mike,diventare un'attrice e avere successo,continuare gli studi e laurearmi, trovare l'uomo della mia vita e sposarmi,viaggiare e scoprire luoghi nuovi,avere figli,essere chiamata 'mamma', invecchiare con la mia famiglia e morire felice.
Avrei voluto essere l'orgoglio di mio padre, la figlia esemplare,una buona moglie, una buona madre.
Avrei preferito anche non conoscere mai Antony, non arrivare mai a Miami, e nemmeno abbondanare il teatro.
Ma purtroppo questo era solo un sogno.
Non sempre i sogni si avverano.
O forse siamo noi che non vogliamo? insomma, è stata colpa mia se mio padre è morto,no?
Ho smesso di credere ai sogni.
L'unica cosa in cui credo adesso, è mio padre.
Chissà dove sarà.
Con chi sarà.
Cosa starà facendo.
Spero che lui possa continuare a sognare, al contrario di me.
 

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Capitolo 8
*** Fear and drug. ***


I ricordi di quella dannata sera,tornarono.
Il buio tornò, insieme alla paura.
Era come un flashback: stavo rivivendo tutte le cose successe quella sera in cui persi mio padre.
Ma stavolta no, il buio e la paura non vinceranno.
Mi feci forza,abbandonai il corpo di Marco ormai disteso a terra.
Avrei dovuto chiamare la polizia, un'ambulanza, ma NO.
Corsi per la casa,aprì la porta del bagno.
In un attimo mi sentii morire, il mondo mi crollò addosso.
Per terra c'erano decine e decine di bustine di eroina e droghe varie,aperte.
No, ti prego,no.
Marco non poteva farmi questo.
Rimasi a fissare per terra quelle bustine,per minuti..
«No,Allison, non sono un drogato.» 
Sentivo una voce.
La voce di Marco.
Mi girai, c'era lui in piedi, dietro di me.
Indietreggiai spaventata.
«Non aver paura, non voglio farti del male, io non sono cattivo.»
«NON SONO UN PAZZO ALLISON,CAZZO!»
«Allison, non scappare, ascoltami!»
Ero confusa,ma lui continuava a gridare.
Mi fermai.
Si avvicinò a me, mi abbracciò, ma io mi distaccai.
«Marco, perchè l'hai fatto,perchè?»
«Non era mia intenzione, non volevo...»
«Dimmi il perchè,Marco,dimmelo!.»
Senza dire niente, mi prese per mano e ritornammo sul divano, con la testa abbassata e lo sguardo in giù,incominciò a parlare.
«Il fatto è che...»
«Dimmi.»
«Dimmi?dimmi? il fatto è che non so come dirtelo,Allison, tu non mi capirai mai.»
«Che devi dirmi,Marco?è colpa mia?che ti ho fatto?»
Avevo il cuore che mi batteva a mille, avevo paura che Marco si fosse drogato per colpa mia.
«Nono,Ally, non è colpa tua.»
Feci un enorme sospiro, ma non era finita.
«E' colpa di lei.» Aggiunse, girando lo sguardo verso una foto appesa al muro.
Mi alzai, e andai vicino alla foto.
Era una foto color seppia, una di quelle molto antiche: al centro c'era una signora dai capelli neri con il viso molto raffinato, di fianco c'era un uomo in smoking con lo sguardo serio, e dall'altro lato, una ragazza sui 14 anni,piuttosto magra.
«Chi intendi?»
«Quella al centro.»
«Ma è vecchia questa foto?»
«Nono, è di 7 anni fa all'incirca,solo che l'effetto è come le foto antiche.»
«Capito...»
«Prendi la foto.»
La presi e la portai a lui.
La guardò in un modo strano, da un lato era felice, dall'altro stava morendo dentro: come se i ricordi lo stessero uccidendo.
«Mi spieghi perchè l'hai fatto?che c'entra quella signora?che c'entra questa foto?»
«Allison, tu non mi conosci.»
«Si che ti conosco.»
«Non sai niente di me, non sai la mia storia, non sai cosa ho passato.»
«E raccontami.»
«Ti sembra tanto facile?»Disse,alzando un pò il tono di voce.
«No vabbè scusa, mi faccio i fatti miei.»
«No, perdonami,adesso ti racconto.»
Accennai.
«Da piccolo vivevo a Detroit, sì, sempre qui in America, avevo una bella famiglia: una madre dolcissima e un padre buono e socievole, e per fortuna ero figlio unico. La mia famiglia era molto conosciuta nella città, visto che mio padre faceva un lavoro molto rispettoso e importante, per i miei genitori era una cosa buona, per me no: a scuola tutti mi chiamavano 'figlio di papà' o cose del genere, e mi prendevano per 'viziato'. Le voci giravano e io non avevo nessun amico, solo uno, che poi seguì la massa e mi abbandonò, ma insomma, ero felice con i miei parenti. Quando ebbi compiuto 8 anni, un mese dopo il mio compleanno,un pomeriggio come gli altri, tornai da scuola e mio padre tutto allarmato mi urlò: -Marco, devo uscire urgentemente , tu rimani qua.- Io seguì ciò che mi disse e rimasi tranquillo, incominciai a passare le giornate con la domestica di casa e continuai ad andare a scuola. I giorni passavano e non vedevo mio padre da un pò,e dopo,quando lui tornò a casa, ovviamente io gli chiesi di mamma, e lui non mi diede alcuna risposta. Una sera lo sentii parlare al telefono con un suo collega di lavoro, diceva che mamma si era sentita male, rischiava di prendere un tumore, e così di morire. Io non mi rendevo conto di ciò che stava succedendo e pensai fosse uno scherzo, insomma, avevo solo 8 anni, che potevo capire?
Ma poi scoprì che non era uno scherzo,ma la verità. Due settimane dopo mamma se ne andò per sempre e io non ebbi nemmeno la possibilità di salutarla, e io tutt'oggi lo rimpiango.»
«E quelli nella foto sono tuo padre e tua madre, chi è l'altra?»
«No, nella foto c'è mio padre, un'arpia e una vipera.»
«Come?chi sono?»
«Dopo la morte di mia madre, mio padre prese le valigie e mi portò qui a Miami, si trovò un altro lavoro,e si sposò nuovamente,con quella nella foto. In poche parole cambiò vita, solo che per me la vita non era cambiata. Anche se qua non mi conosceva nessuno,lo stesso non avevo nessun amico,credimi,non ero un tipo molto aperto con gli altri ma cercavo sempre di legare con le persone, solo che mi rifiutavano, senza motivo...E la mia vita peggiorò di giorno in giorno, quella tipa che si era sposato mio padre,era cattiva, mi odiava, aveva una figlia, quella nella foto,e anche lei mi odiava, mi faceva dispetti dalla mattina alla sera, si credeva superiore solo perchè era più grande di me..mi odiavano in quella famiglia, anche mio padre aveva incominciato a trattarmi male, era stato condizionato dalla mia 'matrigna'.»
«E per questo hai preso quella schifo di droga?»
«Non proprio.»
«E perchè?»
«Ti sembrerei un pazzo se te lo dicessi.»
«Ah si? allora io sarò la pazza disposta ad ascoltarti.»
«Grazie Ally,veramente,solo che è una cosa pazza da dire.»
«Prego,se ti senti in grado di dire questa cosa pazza,dilla.»
«Pensi che sia normale, a 14 anni,andarsene di casa?»
«Emh..no..»
«Beh, io l'ho fatto, ero stufo di quella gente pazza, venni a vivere qua ben 3 anni fa,come vedi non sono maggiorenne, ho ancora 17 anni e vivo solo,solo da tutto e da tutti, come son sempre stato. La solitudine mi ha ucciso e tutt'ora mi distrugge,da piccolo non avevo via d'uscita: non sapevo come reagire,come difendermi, ma da quando ho scoperto la droga è tutto cambiato: ho trovato un'arma di difesa, non sarà delle migliori, ma la uso e anche molto bene,sono cosciente di ciò che faccio, e non voglio smettere.»
«Ti rendi conto che questa tua 'arma di difesa' ti porterà alla morte?»
«Eh,si.»
«E perchè lo fai?»
«Perchè ero solo e lo sono ancora,non mi interessa a cosa andrò contro, ho fatto la mia scelta e non la lascerò andare, o almeno fino a quando non cambierà la situazione.»
«Ah,quindi tu sei sempre stato solo?»
«Si.»
«Bene, da adesso non lo sarai più, ci sono io, e non ti lascerò andare,Marco, di me ti puoi fidare.»


Gli diedi un abbraccio, uno di quelli che  fanno mancare l'aria.
Uno di quelli che non scordi più,
uno di quelli che ti dicono 'non sei solo' e lo dimostrano.

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Capitolo 9
*** It was just a dream? ***


Quella fù una conversazione molto interessante,una di quelle che non scordi più, che ti rimangono incise sul cuore.
Mentre ascoltavo le parole molto toccanti di Marco, le lacrime non mancavano.
E' triste sapere che  Marco ha avuto una storia più brutta della mia,ma è anche bello sapere che io posso aiutarlo.
 
I giorni passavano,eravamo molto uniti e ci volevamo bene sempre di più.
Mi disse che mi sarei dovuta iscrivere a scuola qua a Miami, essendo che avevo ancora 15 anni.
Ero un pò indecisa, ma poi ci pensai sù, infondo aveva ragione ma non lo volevo fare per lui,nemmeno per me, ma per mio padre.
Si, lo so che mio padre non c'è più, che è in cielo e che non tornerà più.
Ma io vivo ancora con lui, lui vive ancora con me.
Lui vive dentro di me, dentro il mio cuore, dentro la mia anima.
E non ne andrà mai, e so che un giorno lo ritroverò e potrò abbracciarlo nuovamente, proprio come facevo prima che venisse a mancare.
Lui fa parte di me, lui è essenziale.
Se non fossi andata a scuola di sicuro l'avrei deluso,quindi decisi di continuare gli studi.
Ho sempre sognato di essere l'orgoglio di mio padre, lo so che è troppo tardi per dimostrargli di essere una buona figlia, ma anche se lui non c'è, lo faccio lo stesso, meglio tardi che mai.
 
Una sera,io e Marco decisimo di vederci un film sul computer, e quindi sarei andata a dormire piuttosto tardi.
Mi addormentai sul divano, e poi mi risvegliai di scatto.
Lui non era lì.
Eh non mi ero svegliata perchè era mattina, qualcosa mi aveva infastidio, c'era qualche rumore.
ORE: 3.00
Mi alzai dal divano e andai in giro per casa.
Cercai Marco,ma non lo trovai.
Dove era finito?
Mentre lo cercavo, qualcosa mi colpì, cosa era successo?dove ero finita? era tutto buio.
Quel dannatissimo buio che tornava ogni volta.
Quanto lo potevo odiare? ormai era diventata la mia paura più grande.
«Non lo dovevi fare,signorina.» 
Queste parole furono le ultime parole che sentii.
Aprì gli occhi dopo ore, ero in una casa abbastanza accogliente.
Ma non era la casa di Marco.
Non feci in tempo ad alzarmi, che entrò lei.
Capelli biondi, occhi castani e il solito carattere orrendo da persona vanitosa ed egoista.
La mamma.
Entrai in panico, cosa ci facevo lì con lei?
Perchè ero lì?
Stai calma Allison, stai calma.
«E' solo un sogno,dai, tutto tornerà come prima, devo solo svegliarmi.» Sussurravo tra me e me, per cercare di consolarmi.
Ma lei mi fissava.
Mi fissava nel modo in cui un gatto avrebbe ucciso un topo.
«E' inutile che fai finta di niente,SO CIO' CHE HAI FATTO, e non sono per niente contenta.» Disse lei.
«Ma cosa stai dicendo?che ci fai qua?»
«Ah, certo che hai proprio una bella faccia tosta, carissima Allison,ma sei ancora immatura, si, immatura proprio come tuo padre,quel coglione. Menomale che è morto lui e non io, sennò sai dove saresti ora? in quello schifo di città, a New York, a fare ancora quel corso di teatro così tanto idiota, ritieniti fortunata che non sono morta io...e dopo tutto, tuo padre era un idiota: e gli idioti sono destinati a morire.»
«MA STAI SCHERZANDO? COME TI PERMETTI? mio padre non lo devi nemmeno nominare,anzi, tuo marito. NON TI AZZARDARE A DIRE COSE DEL GENERE,capito? solo perchè sei più grande e più 'matura' non sei nessuno.»
Incominciai ad alterarmi e a gridare, non vedevo l'ora che potesse finire questo brutto incubo.
«Sei solo una bambina, Allison.. non sai com'è la vita e non lo saprai mai, mi vergogno di avere una figlia come te, e si, mi vergogno anche di aver sposato quel coglione di tuo padre, ma tanto ormai, è fuori, non c'è più a rompermi: adesso sei sotto il mio comando ed è inutile che lo pensi ancora,tanto lui da lassù se ne frega di te e non tornerà più,nemmeno se lo implori, riesci a capire almeno questo o sei così stupida? anzi no, sei proprio stupida,hai cercato di scappare da me dopo che sono uscita dall'aereo, e cara mia, dovrei proprio portarti da uno psicologo, ti rendi conto?SEI ANDATA AD ABITARE CON UNO SCONOSCIUTO, CHE E' ANCHE UN DROGATO.»
«TU COME LO SAI QUESTO?»
«Il mio carissimo 'amico' me l'ha detto, ti ha visto.»
In meno di cinque secondi entrò in stanza un uomo.
Alto, occhi e capelli neri, vestito come un mafioso, con l'aria da pazzo.
Oh cazzo, era Antony.
«ANTONY!» gridai.
«Sì, sono proprio io, cara Allison.» Ribattè l'uomo.
«Come fai a sapere il mio nome?»
«Lo so, e so anche che mi hai sentito quel giorno dietro al garage,ti sembra che sia stato un caso che sono venuto a Miami proprio quando siete venute tu e tua madre? no, io e lei stiamo insieme da molto tempo, poi un giorno è venuta a dirmi che si era stufata di tuo padre, e così vi investì e uccisi lui. Quando tua madre mi disse che eri scomparsa ti cercai, e ti trovai con quel drogato di Marco, andai a casa sua e ti portai via. Bene,adesso sai la verità.» Disse Antony, con quelle parole mi uccise.
Mamma aveva tradito mio padre con un pazzo,Antony lo aveva ucciso,non ci capivo più niente, trattenevo a stento le lacrime, dov'ero io quando lei faceva queste cose? è colpa mia, se solo me ne fossi accorta prima e l'avessi detto a papà, non sarebbe successo tutto questo.
Marco dove era finito?cosa gli avevano fatto?ero in ansia, volevo solo tornare da lui,stare con lui e dimenticare tutto.
 
Ero scioccata,mia madre faceva schifo.
Anzi no, non era mia madre quella.
Non è degna di chiamarsi 'mamma', dopo ciò che mi ha fatto per ben 15 anni, dovrebbe solo vergognarsi.
Ha perso la mia fiducia, da anni ormai.
Perchè la fiducia non è come un bicchiere che se si rompe si può ricomprare,se la si perde,non la si riavrà più.
Ma il problema è che lei non si è nemmeno preoccupata di riconquistare la mia fiducia,come se io fossi il nulla.
Cominciai a piangere, pensando a papà, cosa avrebbe fatto se l'avesse scoperto?
«Mamma, hai tradito papà...»
«Certo, e adesso che è morto sono molto felice,e lo seguirà anche quel drogato del tuo amico, Marco. Il mio fidanzato Antony vi ha trovati e l'ha sistemato per bene, adesso sei mia figlia e basta, non c'è più tuo padre, perciò farai ciò che dico io, ti sembra normale andare a vivere con un pazzo drogato, e pure un minorenne?» Urlò mamma, con tono soddisfatto.
«CHE AVETE FATTO A MARCO? E' UN MIO AMICO,DITEMELO.»
«Non sono cose che ti riguardano, tu adesso calmati, sei mia figlia e decido io per te, dimentica quel drogato.»
«Preferisco essere amica di un drogato piuttosto che tua figlia.» Urlai.
Doveva solo finire quell'incubo orrendo.
Stavo morendo dentro.
Allison, svegliati..
Mamma incominciò a guardarmi con aria infuriata, e Antony si guardò attorno senza dire niente.
«Sei solo una bambina, saresti dovuta morire tu insieme a tuo padre, quella sera.» disse lei, con tono acido.
Quanto la potevo odiare, non ce la feci più.
«Puttana.»
Dopo averle gridato quella parola, mi ritrovai cinque dita stampate in faccia.
E poi mi accorsi che non era un sogno.
Nemmeno un incubo.
Era solamente la fine.

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Capitolo 10
*** Fuck the world, i go to my father. ***


So che ormai era inutile,ma io ci speravo,speravo che quello fosse solo un sogno.
Ero così convinta che fosse così, che dissi a mia madre quelle cose.
Proprio come nei sogni,pensavo che dopo avergliele dette, mi sarei potuta svegliare, fermare il sogno,e incominciarne un altro più bello.
Eh, invece no.
Non è così.
Non si torna indietro.
MA IO DICO, PERCHE'?
Perchè non possiamo vivere ogni attimo come se fosse l'ultimo?perchè non possiamo bloccare la nostra vita quando non ci piace,andare avanti e spingere 'play' quando ci sarà una parte più bella?Perchè non possiamo scappare via quando c'è un problema per poi evitarlo?Perchè non possiamo volare come facciamo nei sogni?Perchè cerchiamo amore e affetto in persone che non ricambiano?Perchè ci fidiamo così tanto, e poi veniamo fregati?
Il problema non è la vita,sono i sogni.
Sono come dei film: va tutto come vuoi tu,ci sono ostacoli ma poi si va avanti e c'è un lieto fine.
MA IN QUESTA VITA IL LIETO FINE NON C'E', E NON CI SARA' MAI SE NON IMPARIAMO A CERCARLO.
Ma come impariamo a cercarlo se facciamo sogni così belli che illudono e basta?
Perchè non si può decidere cosa succederà o come andrà, accadrà tutto così,senza accorgersene.
 
La mia testa era piena di pensieri del genere,mille parole,tante domande,nessuna risposta.
«Alzati capra,e muoviti.» Disse la mamma.
Non ci capivo più niente, ma sapevo che non era il momento di reagire, e anche se avessi voluto farlo, come avrei fatto?con quali forze?con quale coraggio?con quali speranze?
Era finita.
Io ero finita.

*TWO MONTHS LATER*
 
Passarono due mesi e ogni notte sognavo Marco,Papà e Mike.
Dove erano finiti?Gli mancavo o ero solo un brutto ricordo?Oh, no. Non ero nemmeno un loro ricordo, ero il nulla.
Marco si sarà fatto una bella vita dopo che Antony mi portò via da lui.
E Mike si sarà trovato un'altra migliore amica.
Però sapevo che Papà non avrebbe mai avuto il coraggio di sostituirmi.
Era l'unico di cui mi fidavo.
 
Qualche settimana e sarebbe iniziata la scuola.
Ormai ero caduta in depressione, e non pensavo proprio di poterla superare.
Non parlavo con nessuno da due mesi, due lunghissimi mesi.
La mia ultima conversazione fù con la mamma e Antony,quando io ero convinta che fosse solo un sogno,mah.
Non cambiava nulla: non uscivo mai, non avevo amici e stavo sempre a casa. Ogni mattina vedevo mamma ed Antony baciarsi,io li fissavo e loro mi guardavano male, mi insultavano,mi picchiavano,mi sgridavano e io non reagivo, non sapevo come fare.
Con me avevo solo dei lividi su tutto il corpo,dei ricordi e delle lacrime mai versate per colpa di passare per una debole, quando invece lo ero,e anche tanto.
Subivo un incubo ogni santo giorno.
Ero veramente sul punto di mollare tutto.
Avrei voluto fare le valigie e scappare via, per sempre.
O sarebbe stato meglio andarmene,dire addio a tutti e morire?
Ero indecisa, in entrambi i casi non sarei mancata a nessuno.
Ma se fossi partita, di sicuro avrei incontrato altre persone e avrei avuto altre delusioni.
Invece se fossi morta, avrei visto Papà ed avrei avuto un abbraccio da lui.
Ed era quello che volevo.
"Perchè so che lui è lì ad aspettarmi, è lì che mi fissa e che mi vuole bene."
Volevo andare da Papà.
La vita mi aveva cacciato tutto ciò a cui tenevo: Il mio papà,il mio migliore amico, il corso di teatro,eh si, anche quel pazzo di Marco a cui volevo tanto bene.
Avevo sempre il suo pensiero, di dove fosse finito, e di cosa gli avesse fatto Antony.
Ma per una volta, dovevo lasciare stare tutto e reagire.
 
Carissima stronza vita, io ti sfido e ti dichiaro guerra.
E stavolta non vincerai tu, ma io.
Per una volta te la faccio vivere a te una delusione, vediamo come ci si sente,eh?
Ero decisa.
Papà,sto venendo.
Papà,aspettami.
 

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Capitolo 11
*** I just want happiness. ***


Passarono giorni,settimane, e la mia voglia di scappare via da questo mondo era sempre più forte.
Non è facile andare avanti così,come se non fosse successo niente, perchè qualcosa è accaduto, e quel qualcosa non si può cancellare.
 
Ecco arrivato quel giorno,il primo giorno di scuola.
Come al solito mi svegliai presto, non salutai nè mamma nè Antony,mi vestii e me ne andai via.
Già sapevo che sarebbe andato uno schifo, non ero sicura di me stessa,figuriamoci se avrei potuto affrontare quel giorno da sola.
Si, da sola.
Mi ricordo tutti gli altri anni che mi accompagnava Papà, mi salutava e mi dava la buona fortuna prima di entrare, dicendomi di studiare e di stare attenta in classe.
Ovviamente lì non conoscevo nessuno, non sapevo come fossero le scuole di Miami..
*DRIN DRIN*
Ecco la campanella.
«Dai Ally,fatti coraggio ed entra.» Pensai,tra me e me.
Ce la feci, entrai in quel portone.
Andai in segreteria.
«Mi scusi,sa dirmi dov'è la mia classe?» Chiesi alla bidella.
«No,vattene bambina.» Mi rispose, in un modo molto arrogante.
Incominciava bene la giornata.
«Non ti preoccupare, fa così con tutti!» Disse un ragazzo.
Chi era? che voleva da me?
«Ciao,cerchi la tua classe vero?» Ribattè.
«Emh..si..»
«Come ti chiami?»
«Allison Jones,tu?»
«George Dixon, ah,sei newyorkese?»
«Si..da cosa si deduce?»
«Dall'accento scema ahaha, comunque,vieni nella mia stessa classe,benvenuta nella 2°F.»
Mi accompagnò in classe, camminavo vicina a lui e il corridoio era pieno di ragazzi e ragazze che mi guardavano male.
«Ma quella è nuova..»
«Quella cessa, come fa a stare vicino a quel figone?»
Ecco cosa dicevano di me.
Boh, non li conoscevo.
Entrai in classe.
«MUOVETEVI AD ENTRARE, DIXON VAI A SEDERTI,GIA' DALL'INIZIO DELL'ANNO INCOMINCI A FARE CAVOLATE!» Gridò la professoressa.
La lezione era già iniziata da un bel pò, ed erano tutti seduti in silenzio, e anche quelli che dovevano essere i miei 'compagni' mi guardarono male.
George si sedette, io rimasi in piedi.
«Che lingua parlo ragazzina?vai a sederti!» Disse con aria maligna la professoressa.
«Emh..si, mi scusi, ma sono nuova e non so dove sedermi..»
«Si che sei nuova e blabla, basta che ti siedi, comunque io sono la professoressa Williams, ma dovete chiamarmi Mrs.Williams ed esigo rispetto da voi o diventerò molto severa.»
«Va bene..comunque,dove posso sedermi?»
«ANCORA? VAI A SEDERTI DOVE TI CAPITA!»
«Si può sedere con me! se vuole,ovviamente..» Gridò George.
Andai vicino a lui senza dire alcuna parola, e mi sedetti.
La lezione iniziò.
«Bell'accoglienza,vero?»Sussurrò.
«Eh, non mi lamento..»
«E vabbè dai, mi dispiace..»
«Nessun problema,anzi tu sei stato molto gentile rispetto agli altri..»
Mentre parlavo con George, due mie compagne si girarono verso di noi, una cominciò a guardarmi male, l'altra no.
Una aveva la chewingam in bocca,capelli apposto,si sentiva tutta figa e si atteggiava.
Invece l'altra mi fece un sorriso grande come un'oceano, mi sembrava simpatica.
Era ricreazione, mi alzai.
Camminai per la classe.
«Ehi ciao,piacere Jessica» Mi disse,quella ragazza che mi sorrise prima.
«Allison.»
«Benvenuta in questa scuola,sei di Miami?»
«No,sono nata ed ho vissuto fino a mesi fa a New York, poi per motivi sono venuta qua, insomma,lasciamo stare il perchè..» 
«Va bene,vuoi venire fuori dalla classe con me?sono sola..»
«Certo.» Le sorrisi, era una ragazza molto dolce.
Uscimmo dalla classe.
«TI RENDI CONTOOOOOOOOOOOOOOOOO?» Mi gridò.
«Di cosa,scusami?» Risposi,confusa.
«Sei seduta ed hai parlato con il ragazzo più figo della scuola, il sogno di tutte le ragazze, è bellissimo mamma mia!»
«Ma di chi parli?»
«Di George,stupida!»
«Ecco perchè mi guardavano male..»
«Chi?»
«Prima di entrare in classe ero con lui e tutti mi guardavano male, e anche una nostra compagna, durante la lezione.»
«La nostra compagna, intendi, quella che si sente tre cazzi e mezzo? Ops,scusami, non volevo dire parolacce.»
«Non ti preoccupare,ahahaha..comunque si,quella.»
«Eh certo,quella è Tiffany ed è innamorata persa di George,se vede qualcun'altra corteggiarlo si arrabbia di brutto come se fosse l'unica a cui piace, non è una ragazza per bene, in un anno ha avuto più di 30 ragazzi,e non ci ha fatto 'belle cose' con loro.»
«Il concetto mi è chiaro,ahahaha..»
Quelle cinque ore passarono molto velocemente,e così tornai a casa.
Arrivai,presi le chiavi e aprii la porta.
«Ciao,com'è andata a scuola?» disse mia mamma,vedendomi entrare.
Le passai davanti come se non avessi sentito,senza fermarmi.
«Che c'è,non merito nemmeno la tua parola adesso?» aggiunse.
Continuai a non rispondere.
Salii in camera mia,volevo distrarmi,da tutto.
Presi il pc e mi connessi su facebook,oh wow, due richieste d'amicizia.
'George Dixon'
'Tiffany Smith'
Oddio,la prima richiesta era di George,quel ragazzo di oggi, ovvero il mio compagno di banco.
La seconda..Tiffany?quella che oggi mi guardava male?
Va bene,accetto tutti e due.
Ero felice per quello che aveva fatto oggi George con me,è stato molto buono,ma da un lato ero triste per quelle ragazze all'entrata che parlavano male di me che ero con lui,ma perchè? non mi conoscono nemmeno,come fanno a giudicarmi?
Non mi interessa,mi è successo di peggio,devo solo essere felice e affrontare tutto.
Si,sono felice.
Ma come al solito,succede sempre qualcosa che deve rovinare la mia felicità.
Quella sera,successe qualcosa.

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Capitolo 12
*** Memories killed me. ***


Avete mai avuto quella sensazione di sentirvi vuoti dentro?come se vi mancasse qualcosa,come se ci fosse l'assenza di qualcuno.
"Il fatto è che io avevo bisogno di qualcuno,di qualcuno che mi potesse accettare."
 
Ebbene si,quella sera successe qualcosa.
Ero come al solito nella mia camera,con il computer sulle gambe e tutti i vestiti buttati a terra,un tempo non ero così,ora sono molto disordinata: purtroppo questo disordine non c'è solo nella camera,ma anche nella testa.
«Disordine»
«Angoscia»
«Confusione»
«Tristezza»
Queste erano le parole che girovagavano nella mia mente.
«Felicità»
Questa invece no,è una parola che non sento nominare da mesi ormai.
"Vorrei solo essere felice,chiedo troppo?"
Affondo la testa nei pensieri,nella voglia di scomparire da questo dannato mondo,o di gettare questa dannata vita.
«ALLISON!» 
Qualcuno interruppe i miei pensieri,tutto d'un tratto.
Chi era?quel dannato Antony,quello che uccise mio padre,eh si,ora vive nella mia stessa casa insieme a quella stronza di mia madre.
«Che vuoi?» Risposi.
«Hai studiato per domani?» mi chiese.
«AHAHAHAH,e da quando ti interessa di me?»
«Brutta sciocca,lo sai benissimo che a me non fotte nulla di te,ma a tua madre si.»
«Ah davvero a lei interessa qualcosa di me? e allora perchè non è venuta lei a chiedermi se ho studiato?perchè non mi è mai stata vicino?perchè mi tratta sempre male?perchè non si comporta da VERA MADRE?perchè?»
«Non le dai la possibilità di farlo.»
E furono quelle maledette parole a farmi innervosire,a farmi arrabbiare più che mai.
Con tutta la rabbia che avevo dentro,mi avvicinai ad Antony e gli diedi uno schiaffo.
Io ho sempre dato tutto per mia madre,TUTTO,e ora che mi venga a dire questo,no,non lo posso accettare.
«NON TI PERMETTERE MAI PIU' BAMBINA!» Urlò Antony,prendendomi dal braccio e buttandomi a terra.
Mamma sentì le urla e corse in camera.
«Che cosa sta succedendo qua?» Chiese,con aria allarmata.
«Chiedilo alla tua cazzo di figlia,dovrebbe morire,non si merita niente.» Rispose Antony in modo diretto,andandosene via.
«Tu...tu..» Disse la mamma.
«Cosa?io cosa?» dissi.
«Tu..sei la rovina della mia vita.» rispose.
Se ne andò,uscì dalla porta senza degnarmi di un altro sguardo.
E così io rimasi ferma,su quel pavimento freddo,a pensare.
 
*7.00 AM*
'Drin drin'
Ecco la sveglia,si va a scuola.
Mi preparai e corsi via di scatto fuori casa,non volevo manco vedere a quei due.
 
Eccola,c'era la mia amica Jessica,andai da lei.
«Ehi ciao Jess»
«Ehi Ally,sei di buon umore oggi»
«Emh,vabbè lasciamo stare..ma si dai»
«Mi fa piacere,senti ti da fastidio se ti chiedo una cosa?»
«Dimmi»
«Per caso provi attrazione per quel..George Dixon?no sai chiedevo,visto che lo dicono tutti ormai..»
«Ma chi?quello?ahah ma no,siamo solo amici,figurati..ma chi lo dice?»
«La voce l'ha fatta girare Tiffany,quella che ama George,che ti guardava male ieri.»
«Oddio e che ha detto?»
«Dice che dopo la scuola vuole picchiarti,emh..»
«COSA?»
Jessica abbasso lo sguardo e se ne andò.
Giravo per il cortile della scuola attendendo la campanella,affondando nei miei pensieri,come faccio sempre.
«Ehi ally posso parlarti?»
Era George.
«Si,dimmi..»
«Hai saputo che quella Tiffany ti vuole picchiare?»
«Si lo so,perchè pensa che io sia innamorata di te,senti george,io,insomma..non è vero nulla,cioè..»
«Eh calma,dai,tranquilla,non ti toccherà nemmeno.»
«Lo spero..»
«Ti voglio bene,non pensare a quelle.»
Mi abbracciò.
Sentivo piacere in quell'abbraccio,mi ricordavo tutti gli abbracci che mi dava papà,che mi dava mike..
 
Mi mancano troppe cose,troppe persone,e sono sicura che questi ricordi un giorno...mi distruggeranno.

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Capitolo 13
*** The hope is the last to die. ***


Affetto.
Era questo ciò di cui avevo bisogno.
 

Affetto,affetto.
Tanto desiderio,e nessuno che riesca a soddisfarmi.
Ho bisogno di qualcuno che mi accetti per ciò che sono.
Ho bisogno di avere una vita di una normale quindicenne,spensierata come le altre.
Ho bisogno di vivere.
 
 
*DRIN*
Ecco la campanella.
Entrai in classe,come al solito tutti mi guardarono male,tra cui la 'gentilissima' Tiffany che mi vuole picchiare.
Mi sedetti accanto a George,come al solito,forse lui era l'unico che mi potesse aiutare,ma come al solito c'è sempre un problema,e il problema è quel mostro di tiffany.
Finite le lezioni,uscì di scatto dalla classe e mi incamminai verso di casa.
Mentre ero ancora nel cortile,mi ritrovai accerchiata da un gruppo di ragazze e ragazzi.
Molti non li conoscevo,ma una si. Tiffany.
 
«Pensavi di poter riuscire a scappare?eh no cara mia.» disse Tiffany.
Mi prese dal collo e mi sbattè contro il muro.
Si avvicinò un ragazzo,più o meno alto,capelli rossi,occhi verdi,anche lui con l'aria da bullo.
Tutti gridavano: «Su dai,picchiala!»
Con le poche forze che avevo girai la testa,e vidi in lontananza Jessica che stava assistendo alla scena,senza fare nulla,con aria un pò preoccupata.
«Perchè mi fate questo?» chiesi.
«Tze,ma che bambina!» urlò il ragazzo,dandomi uno schiaffo.
«La-la-lasciatemi andare,ora» implorai.
«BOTTE!BOTTE!BOTTE» urlavano.
Così mi arrivarono calci,schiaffi e pugni e caddi a terra,senza alcuna forza,ma loro continuavano.
«MA CHE STA SUCCEDENDO QUA? FERMI TUTTI!» urlò un ragazzo correndo verso di me.
«MA VI RENDETE CONTO DI COME LA STATE TRATTANDO? LASCIATELA STARE! ORA! ANDATE VIA!» ribattè.
Tutti se ne andarono,e io rimasi lì a terra.
«Ehy,come stai?» mi chiese il ragazzo.
«Emh,scusa,ma chi sei?» risposi.
«Sono George,scema..dai,vieni,ti aiuto ad alzarti.»
 
Era George,lo riconobbi a stento dato che stavo male.
Lui mi aveva salvata.
Mi aiutò a riprendere le forze e mi fece rialzare.
 
«Sai,ho avuto paura,tanta.» dissi.
«Sarei dovuto arrivare prima,quanto sono stupido!» rispose.
«No,non ti preoccupare. E' già tanto che sei venuto,per me..è stato importante..grazie,grazie davvero.»
«Non mi devi ringraziare,dovevo farlo. Scusa se ti sto dando problemi,prometto che non succederà mai più.» Disse,sorridendo.
 
Qualcosa di incredibile.
Lo fissai,i miei occhi brillavano guardandolo.
E così,mi resi conto di essermi innamorata di quel sorriso.
 
Mi accompagnò a casa,ero felice.
Entrando,trovai Mamma e Antony che mi fissarono.
«Eh?ma che hai combinato in faccia?»
Avevano visto i segni dei pugni e degli schiaffi,ma senza rispondergli,me ne andai.
Dopo qualche ora decisi di fare un giro in centro,da sola,volevo stare il più possibile lontana da quella merda di casa.
Così,presi l'autobus e arrivai in centro.
C'erano tantissime persone: tante coppie che si tenevano per mano,gruppi di amiche che facevano shopping insieme,e io..io ero sola.
Camminavo tranquilla e spensierata,poi decisi di sedermi nella panchina di un parco per rilassarmi un pò,era un posto bellissimo.
«Allora non sei scomparsa.» 
sentii una voce dire questo,ma pensando che non fosse riferito a me feci finta di non sentire.
«Hai sentito,Allison,vuoi girarti?» 
Parlava con me,ma chi era?
mi girai.
Oddio.
Quegli occhi azzurri e quei capelli castani.
Era lui.
MARCO.
«Oh mio dio,oh mio dddio. Ma tu,tu sei..Marco.» dissi balbettando.
«Esatto,ti ricordi di me quindi.»
«E chi ti ha mai dimenticato.»
Marco si sedette accanto a me.
«Sai,sapevo che ci saremo rivisti,un giorno.»
«Non ho fatto altro che pensarti.»
«Ma cos'è successo?dove vivi ora?»
«Allora..senti..io..» dissi, con un tono molto debole.
Scoppiai a piangere,di punto in bianco.
Marco mi abbracciò.
«Ehy Ally,che ti succede?»
«Scusami,sarà stata l'emozione,ma mi sei mancato tanto..sei stato il ragazzo che mi ha salvato la vita,ed ero convinta che non ci saremo mai più rivisti,sto passando un periodo orrendo e vederti è stata la cosa più bella che mi potesse capitare,anzi no,conoscerti è stata la cosa più bella. Quei due ci hanno divisi,Marco,io..io non so quanto ti possa voler bene,non so come faccio adesso ad essere triste perchè sono con te,con te. Credimi,è il primo sorriso che faccio dopo ben tre mesi,ti giuro.» Dissi,sorridendo.
Marco non rispose,mi abbracciò forte forte,dicendo solo tre parole:
«Mi sei mancata.»
 
Da quel giorno ho capito una cosa: che bisogna sperare,sperare e ancora sperare. Sperare che tutto andrà bene,e così succederà,che non ci si deve mai perdere nella tristezza,perchè poi è difficile uscirne.
 
«Spesso pensiamo che tutto sia impossibile,che sorridere sia impossibile,ma bisogna solo credere in se stessi e,aspettare.»

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